SOGGETTO, SOGGETTIVAZIONE, VERIT Foucault e Pasolini Serena Di Giaimo
Michel Foucault ha mostrato come il costituirsi dellindividuo moderno sia legato a una forma di soggettivit precaria. La sua precariet consiste precisamente nella rinuncia ad una forma pi felice di costruzione di s, radicata nel rapporto specifico che ha scelto di intrattenere con la verit. Riferendosi continuamente ad essa, cercando di trarla fuori da s, dove suppone che risieda, il soggetto della relazione di potere si imbriglia in forme di assoggettamento e non riesce a liberarsene se non reiterando la trasposizione di se stesso in oggetto. Questultima attuata attraverso il discorso, il parlare di s, il vedersi come soggetto e insieme come centro di conoscenza. Assumendo come modello del potere e delle sue relazioni un modello essenzialmente giuridico-repressivo, il soggetto continua a riproporsi come oggetto di quel sapere che suole opporre al potere, mentre realizza su se stesso uninvoluzione etica. Foucault pone lattenzione su quelle pratiche che il soggetto, in quanto prodotto storico, ha utilizzato, anche inconsapevolmente, per costituirsi, e fissa i punti di rottura che hanno spostato le modalit di soggettivazione a concentrarsi in sistemi di assoggettamento. Lo studio delle forme storiche di soggettivit che si sono succedute nel tempo utilizzato in chiave critica del presente, di quellattualit che serve al soggetto per assumere un atteggiamento di sfida dei sistemi di verit che lo vogliono imprigionato in un unico modo di essere, il non poter essere altro. Il soggetto deve ritrovare un modo di vivere ascetico, nella misura in cui il termine rimanda a un lavoro di s su s che si d anche in un esercizio estetico. Aspetto politico ed etico dovrebbero coincidere in unestetica dellesistenza come rivalutazione del rapporto con la verit nella misura in cui essa stessa si pone come rapporto che allorigine dellelemento ascetico produttivo di alterit. qui che la ricerca di Michel Foucault incontra quella di Pier Paolo Pasolini.
-La responsabilita della verita sul soggetto
[] Loggetto della mia ricerca sono stati i tre problemi tradizionali: primo, quali siano i rapporti che noi instauriamo con la verit tramite quei giochi di verit che sono cos importanti per la civilt e nei quali fungiamo sia da soggetto che da oggetto; secondo, quali rapporti abbiamo con gli altri attraverso quelle strane strategie e quegli strani rapporti di potere; e terzo, quali siano le relazioni tra verit, potere e s. [] cosa c di pi classico di queste domande e di pi sistematico del passaggio dal primo problema al secondo e poi al terzo per ritornare infine al primo? (1)
Per definire il tipo di condizionamento che interessa lindividuo nella relazione con gli altri e con se stesso, Foucault utilizza il termine tecnologie, che designa quelle pratiche associate a particolari forme di dominio, e implicanti specifici metodi di educazione e modificazione delle sue capacit e dei suoi atteggiamenti (2) . Foucault indica quattro tipi interdipendenti di tecnologie, tra le quali figurano come ultime
le tecnologie del potere, che regolano la condotta degli individui e li assoggettano a determinati scopi o domini esterni, dando luogo a unoggettivizzazione del soggetto; le tecnologie del s, che permettono agli individui di eseguire, con i propri mezzi o con laiuto degli altri, un certo numero di operazioni sul proprio corpo e sulla propria anima - dai pensieri, al comportamento, al modo di essere - e di realizzare in tal modo una trasformazione di se stessi [] (3).
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La parola conserva dunque il suo significato etimologico nella misura in cui indica limpiego di regole atte a dirigere un attivit e a raggiungere un effetto, nel primo caso da parte del potere sugli individui, nel secondo da parte dellindividuo su se stesso e sugli altri. Le tecnologie implicano inoltre linterrelazione di quelle tecniche, che confluiscono in un esercizio, una strategia di potere, e di una norma prodotta da un regime di verit, da un investimento di sapere. Lindividuo soggetto e insieme oggetto di giochi di verit, perch soggetto e oggetto di elementi di conoscenza, che esercitano effetti di potere. Il sapere tale in quanto esercita un potere, perch mentre ogni enunciato considerato vero crea una possibilit, ovvero esercita un certo potere, ogni esercizio di potere implica un saper fare (4). Foucault ha insistito pi volte sul fatto che il principale oggetto del suo studio non fosse il potere, ma il soggetto (5) : non soltanto il potere non doveva essere inteso giuridicamente, come frutto di una decisione, della cessione di un diritto (hobbesianamente intesa) nella ricerca del formarsi di una volont unica, del dominio di un individuo sugli altri, di un gruppo sugli altri, di una classe su unaltra, n come una sovrastruttura costruita intorno a rapporti di produzione storicamente determinati, ma andava studiato laddove la sua intenzione fosse investita allinterno di pratiche reali e di effetti reali; in pi bisognava chiedersi non chi e perch volesse dominare, ma quale fosse il processo di assoggettamento di corpi, gesti, comportamenti. Altrove Foucault afferma che []il potere non unistituzione, e non una struttura, non una certa potenza di cui alcuni sarebbero dotati: il nome che si d a una situazione strategica in una societ data (6) . La situazione strategica cui fa riferimento provocata dalla molteplicit dei rapporti di forza che generano situazioni di potere. Il potere dunque non mai sempre uguale a se stesso, ma onnipresente, perch non proviene da ununica entit; non pu definirsi in termini di propriet, ma si esercita a partire da innumerevoli punti localizzati allinterno di relazioni, immanenti ad altri tipi di rapporti quali quelli economici, di conoscenza, relazioni sessuali, etc. e produttivi rispetto ad essi dal punto di vista di effetti che determinano allinterno del corpo sociale delle forme di dominazione: queste forme non sono spiegabili dal punto di vista di unistanza superiore, ma sono intelligibili perch attraversate da un calcolo. Non v, rispetto al potere, unesteriorit assoluta raggiunta la quale si possa essere in grado di annullarlo, ma innumerevoli punti di resistenza che si configurano come antagonisti allinterno del potere stesso, per cui non si pu mai pensare di essere fuori dallambito del potere, nemmeno quando lo si combatte (7). Dunque il potere non una sostanza che possa essere applicata alle relazioni, ma una condizione di queste ultime, e gli individui sono degli elementi attraverso i quali esso transita. Strumenti del potere sono appunto quelle tecnologie la cui definizione ha unimportanza enorme perch ci permette di comprendere come anche il sapere nella sua costituzione faccia parte del gioco del potere, e come a tale gioco partecipi anche quella verit che attraverso di esso si produce. Linterconnessione di sapere e potere dal punto di vista delle tecnologie fa emergere il lato produttivo, e non esclusivamente repressivo, del potere. La costituzione correlativa del soggetto e delloggetto avviene attraverso un modo di agire e al tempo stesso di pensare che Foucault riassume sotto il termine di pratiche: lanalisi delle relazioni di potere assume un ruolo fondamentale dal momento in cui quelle pratiche sono inscritte in contesti istituzionali in cui le diverse tecnologie agiscono per mezzo di esse modificando il comportamento dellindividuo; Foucault inoltre mostra come alcune forme di governo degli individui, e in particolare di alcune tipologie di individuo, come i folli, i malati, i criminali, siano state determinanti nei differenti modi di oggettivazione del soggetto (8) . Il termine governo assume un accezione particolare in Foucault: esso va oltre il significato propriamente istituzionale per assumere quello derivato direttamente dalletimologia della parola (Foucault ne fa un excursus nella lezione dell8 febbraio 1978 al Collge de France (9), e che si riferisce al dominio che si pu esercitare direttamente su se stessi e sugli altri, sul corpo come sullanima e sul modo di agire. Governo dunque significa per Foucault il modo in cui la condotta degli individui pu essere diretta: condotta nel senso di maniera di condursi e farsi condurre, la maniera in cui ci si comporta sotto leffetto di una condotta, in quanto atto di condotta o di conduzione (10). Il modo di azione o condotta che agisce sulle azioni o condotte degli altri lesercizio del potere che definisce una relazione di potere, unazione su unazione, su azioni attuali, oppure su azioni eventuali, future o presenti (11). In questo senso il potere esiste solo in atto, perch non consiste esclusivamente in 3
una relazione tra individui, ma nel modo in cui si agisce come soggetti in quella relazione sulle azioni dellaltro, il quale daltra parte interamente riconosciuto come soggetto che agisce e che capace di azioni. Il potere non si riduce dunque alla manifestazione di un consenso, per esempio alla rinuncia alla libert come diritto, n a un rapporto di violenza che agisce su un corpo o sulle cose, anche se non esclude n il consenso n la violenza come strumenti o risultati del suo proprio esercizio; ma la sua natura proprio quella condotta definita come campo aperto di azioni su possibili azioni al fine di determinare altre azioni possibili. La sua natura consiste nel governare nel senso di strutturare il campo di azione possibile degli altri (12). Condizione fondamentale del potere dunque la libert intesa come libert di agire insita nella capacit di azione che si riconosce a un soggetto, come apertura di un campo di possibilit di azione. necessario che vi sia libert affinch il potere venga esercitato, e libert c anche nel rifiuto a sottomettervisi che apre a una possibilit di resistenza. Nel cuore della relazione di potere, e a provocarla costantemente, c la resistenza della volont e lintransigenza della libert (13). Potere e libert non si oppongono, ma si implicano reciprocamente. Quando Foucault dice che nel pensiero e nellanalisi politica non si ancora tagliata la testa al re (14), sottolinea lesigenza di domandarsi, piuttosto che chiedersi come il sovrano appare in alto, [] come si sono a poco a poco, progressivamente, realmente, materialmente costituiti i soggetti, [] (15). E il soggetto si costituisce come tale perch sottomesso a una produzione di verit che il motore del funzionamento del potere e il motore di quella verit a sua volta la volont alla quale esso sfugge, pur essendone determinato attraverso il discorso vero. Le forme di conoscenza di s che mirano al raggiungimento di una verit liberatoria dagli effetti coercitivi del potere legalmente e istituzionalmente inteso come esclusivamente repressivo, non possono dunque essere concepite come opposte al potere, perch prodotto di quello stesso assoggettamento che le sottomette. La soggettivit , spiega Foucault, il modo in cui il soggetto fa esperienza di se stesso in un gioco di verit in cui in rapporto con s (16) , e avviene attraverso il suo modo di soggettivazione, ovvero il suo determinarsi, costituirsi come soggetto di conoscenza, e il suo modo di oggettivazione, ovvero il determinare le condizioni attraverso le quali stabilire loggetto di conoscenza, nella misura in cui si pone esso stesso ad esserne oggetto, conferendo ai discorsi generati dai saperi legati a quella conoscenza valore di verit. Il soggetto viene dunque a coincidere con la soggettivit che in quel momento gli connessa, che sempre soltanto una delle possibilit di organizzare una coscienza di s in quel momento. questo che Foucault intende dire quando asserisce che il soggetto non una sostanza ma una forma, pi precisamente una forma di soggettivit che non mai identica a se stessa in quanto varia a seconda delle forme di rapporto che intrattiene con se stesso (17). Il termine s, di conseguenza, non sostanzializzato, reificato, ad indicare una struttura o un oggetto, ma indica lesperienza, ogni volta diversa, di una soggettivit. Non il S come istanza psichica, ma il s come rappresentazione di s. Il problema dellOccidente che la volont di sapere, di conoscere il nostro profondo s, ci assoggetta a rapporti di potere difficili da riconoscere. Il desiderio culturale di conoscere la verit su di s spinge infatti lindividuo a dire la verit, la quale viene sottoposta a esame da altri individui e si connette ad un sapere. Questo sapere crea effetti di potere che si intersecano nei sistemi di controllo gi presenti che consistono nelle dottrine morali e religiose e nelle scienze, a loro volta generate attraverso altre tecnologie. Gli individui divengono oggetti di sapere che, volendo conoscersi, si raccontano e apprendono ad operare delle trasformazioni su se stessi, mediante le tecnologie di s, cos come venivano trasformati in corpi docili (18) dalle tecnologie disciplinari: queste ultime sono il prodotto di un potere disciplinare, che prende corpo nelle istituzioni chiuse del XIX sec. (prigioni, ospedali, fabbriche, scuole), investendo gli individui in un meccanismo di oggettivazione, il quale, rendendoli utili e disciplinati, ne fa condizioni rinnovabili del funzionamento del potere, attraverso un principio di sorveglianza gerarchizzata introdotto dalla diffusione dei castighi incorporeisostitutivi della punizione generalizzata in uso fino al Settecento. Le discipline dunque, addestrando e curando il corpo e convertendo in valore economico la forza della persona, assoggettano lindividuo aumentandone lefficienza, controllandolo e consacrandolo a un sapere. Non pu darsi dunque verit che si opponga dialetticamente al potere, ma necessariamente si d un potere che ha valore di verit, in quanto il sapere che la produce condizione del suo funzionamento; inoltre non pu darsi 4
potere che sia indipendente da una volont di verit che luomo moderno sente come parte integrante della propria cultura e natura e che auspica nellesperienza della conoscenza di s. Dire la verit su se stessi equivale a prendere parte a tecnologie che si intrecciano a quelle disciplinari, anche se non sono dello stesso tipo, in una strategia di potere e di dominio. Nei secoli XVII e XVIII, dietro grandi garanzie di libert, meccanismi non rivelati di potere hanno inglobato lindividuo e la sua esistenza, la sua vita biologica, concentrandosi in quello che Foucault chiama il bio- potere: esso associa alle tecniche disciplinari un principio di regolazione dei fenomeni di massa, come nascita, morte, procreazione, malattia. Lo Stato diventa garante non della societ riunita attraverso un contratto, non dei corpi individuali, ma della popolazione, nuovo concetto biologicopolitico che viene posto al centro dellinteresse scientifico. Lindividuo diventa per questo oggetto di un sapere politico e scientifico: se ne occupano le scienze umane e sociali. Lunificazione di interesse per la specie e politica del corpo si realizza, come precedentemente accennato, nel XIX sec., mediante il discorso sul sesso, erede del meccanismo di controllo e di sapere sugli individui gi presente allinterno della pratica cristiana della confessione, legittimante un rapporto di s con s in termini di verit (19).
-La soggettivita come differenza nella storia
La cosa importante che Foucault ha voluto mettere in evidenza con una storia della sessualit che la repressione della sessualit costituisce un modello di sapere che giuridico, e che quindi va messo in discussione. La sessualit viene considerata repressa ad opera di un potere appunto repressivo, che impedirebbe la finalit di una liberazione sessuale insieme al diffondersi di un sapere sulla sessualit; che impedirebbe il raggiungimento di una verit. Quindi fa sorgere la possibilit di un sapere che si opponga al potere e che elimini la repressione della sessualit insieme ad esso. il discorso ad unificare legge, potere, sessualit, sapere. Quel discorso , per Foucault, un modo di assoggettamento, perch provenendo dal soggetto ne fa un oggetto, proprio sfruttando il suo spirito di libert, la sua volont di sapere di s. Ne deriva unavversione a quelle forme di discorso che mettono al centro il soggetto come oggetto privilegiato di studio e di sapere, soggetto che in questo modo si soggettivizza secondo unidentit precisa. Foucault rifiuta lidea di un soggetto trascendente, che trova la verit in se stesso e che fondamento di ogni conoscenza e perci nucleo privilegiato di conoscenza. Il soggetto per lui costruito dalla storia, ovvero dalle pratiche politiche e sociali, che hanno come condizioni le relazioni di potere. Per questo bisogna studiare il potere a partire dalla relazione di potere, e abbandonare il modello giuridico di un soggetto di diritto e di potere: questultimo viene amministrato rapportandosi a categorie universali, valori universali che sono sempre pericolosi, e che sono giustificati dalla propria trascendenza, dal fatto che egli si collochi sempre al centro del proprio sapere e ne discuta continuamente. Let moderna, come Foucault ha spiegato in Le parole e le cose (20), ha assegnato alluomo la funzione di oggetto del sapere e di soggetto che conosce, quando esso resta sempre un prodotto storico, e la storia produzione continua di differenze, che hanno un ruolo estremamente condizionante nella costituzione di nuove forme di esperienza: per questo la ricostruzione storica vitale per la comprensione dellesperienza in cui ci troviamo, dei vincoli che la condizionano, dei margini di libert che in essa sono praticabili. Foucault fa propria lidea della discontinuit storica, che caratterizzata da rotture epistemologiche nellordine del sapere e che libera da ogni prospettiva di progresso, spostando lattenzione dalla domanda sulla verit a quella sul senso di ogni esperienza, senso che si d soltanto sullo sfondo dellassenza di quel senso stesso in una precedente esperienza storica. In Microfisica del potere (21) Foucault sottolineava la necessit di giungere a unanalisi storica che rendesse conto della costituzione del soggetto nella sua trama storica: sottolineava lesigenza di una genealogia, ovvero una storia che rendesse conto della costituzione dei saperi, dei discorsi, dei campi di oggetti, senza aver bisogno di riferirsi a un soggetto trascendente rispetto agli avvenimenti che ricopre lungo la storia, nella sua identit vuota (22). Pertanto la storia risulta intelligibile dal punto di vista delle strategie, delle tattiche e delle lotte interne a relazioni di potere che 5
producono, attraverso rapporti di forza, un disporsi di avvenimenti che a loro volta producono effetti diversi a seconda della loro portata, e che devono essere analizzati sin nel pi piccolo dettaglio (23). Parafrasando Nietzsche, Foucault afferma che compito della genealogia reperire la singolarit degli avvenimenti al di fuori di ogni finalit monotona e spiarli in ci che sembra non aver storia: sentimenti, coscienza, istinti (24). La genealogia si oppone in questo modo alla ricerca dellorigine, in quanto scopre che dietro le cose non c alcuna essenza autentica, ma il segreto che sono senza essenza, o che la loro essenza stata costruita da figure che le erano estranee. Dietro ci che si presume essere la verit dellorigine, si cela lazione del disparato, si cela che il luogo della verit altro non che il risultato della proliferazione di errori, di cedimenti, di agitazioni febbrili, che il corpo stesso del divenire storico (25). Ricercando la provenienza, non lorigine, di quel divenire storico, scopriamo che alla radice di ci che conosciamo e che siamo non v la verit dellessere, ma lesteriorit dellaccidente (26). La genealogia, dunque, deve essere la storia del divenire dellumanit, i cui avvenimenti sono emergenze di interpretazioni diverse delle morali, degli ideali, dei concetti metafisici (27). La genealogia deve opporre una storia effettiva al senso storico tradizionale: la storia non serve, sottolinea Foucault, per riconoscerci nel passato, per supporre in noi una coscienza sempre identica a se stessa, perch se il senso storico si lascia conquistare dal punto di vista sovrastorico, facile per la metafisica riassumerlo sotto le specie di una scienza oggettiva. La storia effettiva non deve fondarsi su nessuna costante, ma deve fare a pezzi il gioco dei riconoscimenti, introducendo il discontinuo nel nostro essere, poich il sapere non fatto per comprendere, ma per prendere posizione. Il vero senso storico, dunque, riconosce che viviamo senza punti di riferimento n coordinate originarie, in miriadi davvenimenti perduti (28). La genealogia ci serve per capire che la storia non ha come fine quello di permetterci di ritrovare le radici della nostra identit, ma di dissiparla, facendo emergere tutte le discontinuit che ci attraversano: bisogna, secondo la lezione di Nietzsche, sacrificare la nostra preoccupazione di verit al movimento della vita, facendo s che il nostro volere-sapere disfi continuamente lunit del soggetto di conoscenza, di nuovo continuamente ricreandolo, a dispetto dellaccostarsi a una verit universale (29). Luso del passato per Foucault sempre volto a mostrare loggi come differenza nella storia, piuttosto che come continuit di una soggettivit universale.
-Tra il dentro e il fuori
Il famoso dipinto di Velasquez, Las Meninas, raffigura un pittore che osserva il suo modello, discostandosi dal proprio lavoro, in un momento di pausa: della tela che sta dipingendo possiamo vedere solo il retro. Accanto al pittore si trovano la principessa Margherita con le sue damigelle donore e il resto del suo seguito, mentre la luce di una finestra sfonda lateralmente la stanza illuminandone i personaggi. Ci che non vediamo il modello della raffigurazione, al quale per rivolto lo sguardo di quasi tutti i componenti del quadro. I modelli sono il Sovrano Filippo IV e sua moglie, la cui immagine, per, si riflette in uno specchio che posto al centro del quadro, affisso alla parete della stanza della scena, ed lunica, tra le cornici esposte, a brillare di una luce che sembra sua propria. Velasquez ha forzato la prospettiva che costringe lo specchio a duplicare limmagine che gli si pone davanti, che in questo caso avrebbe dovuto essere incarnata dallinfanta Margherita con il suo seguito; invece proietta le figure dei sovrani, che sono un frammento dello spazio esterno e che, confinate in quella posizione incerta, non in piena luce, come gli altri personaggi, non permettono allo spettatore di assumere il loro punto di vista, cio al centro della scena. Infatti, sullo sfondo del dipinto, a testimonianza di ci, si trova uno spettatore di passaggio, che, incerto sulla soglia di una porta, al limite tra la stanza e un altro spazio esterno, indugia tra il dentro e il fuori della scena, non dominandola, ma osservandola da un punto di vista simmetrico a quello dei sovrani. In Le parole e le cose (30) Foucault, attraverso la descrizione di questo dipinto, aveva cercato di mostrare come il soggetto trascendente fosse uninvenzione recente della modernit. Il dipinto compendiava tre funzioni del rappresentare e del guardare: il pittore che entra nella rappresentazione, raffigurando se stesso mentre si astiene per un momento dal dipingere; i modelli della sua opera, che raccolgono lo sguardo di tutti i personaggi rappresentati, ma che compaiono di riflesso in uno specchio, che diventa il centro 6
dellattenzione; e lo spettatore, che mentre osserva di spalle la scena, viene trascinato allinterno del quadro. Si tratta, dunque, di un gioco di rappresentazione, nel quale per, sottolinea Foucault, manca il punto di vista di un soggetto che riassuma in s tutte le funzioni del vedere e del rappresentare: prima dellet moderna, nellepisteme classica, incarnata dal dipinto di Velasquez, non esisteva un soggetto che si collocasse al centro, che fosse insieme oggetto di un sapere e soggetto di conoscenza, ma un soggetto che sfugge alla rappresentazione e si raffigura come un fuori-quadro; luomo, dunque, non aveva una funzione predominante, ma si limitava ad essere una rappresentazione delle cose, il cui ordine si rifletteva nelluomo. Anche Pier Paolo Pasolini ha insistito sul dipinto di Velasquez in pi occasioni, tra le quali il suo scritto per il Teatro Caldern (31), in cui la doppia natura della rappresentazione, in cui ogni cosa rimanda a qualcosaltro, si realizza nella storia dei sogni e dei risvegli di Rosaura, personaggio che rincorre la consistenza di unidentit che le sfugge continuamente assumendo, di volta in volta, tutte le forme di soggettivit della storia borghese. La moltiplicazione degli sguardi e delle rappresentazioni, la riflessivit della realt in un gioco di visibilit-invisibilit, costituiscono linteresse di cui intrisa lintera sua opera. La sovrapposizione fra modello, spettatore e pittore, lelisione del soggetto, per cui la rappresentazione si offre come pura rappresentazione, assumono una connotazione politica, funzionale alla comunicazione con il lettore-spettatore, con il pubblico: tematizzano il guardare e lessere guardati, lessere dentro e lessere fuori, vivendo sulla propria pelle gli effetti della propria opera, entrandoci in carne ed ossa, con il proprio corpo: si tratta degli elementi caratterizzanti una particolare forma di porsi come soggetto di rapporto come modo nuovo di utilizzare corpo ed esperienza, pensiero e passato, come apertura a una forma di soggettivit altra. Esigenza comune a Foucault e Pasolini un atteggiamento al limite tra passato e presente che implica una desacralizzazione delle forme di soggettivit pensate come universali. Esse sogliono infatti utilizzare la storia come conferma di s anzich come opposizione, nella stratificazione dellesperienza, di esperienze possibili non univoche e autoreferenziali, allidea di una conoscenza vera che si debba avere di s. Spostando cosi sullazione diretta sullattualit, la concentrazione di forze che il soggetto investe nella produzione di un sapere che lo assoggetta.
-Necessita di una costituzione etica del soggetto
Il fatto che si possa opporre continuamente resistenza allinterno di una relazione di potere non significa che non possano esservi situazioni di dominio: Foucault spiega nel saggio Letica della cura di s come pratica di libert (32) che uno stato di dominio possibile e individuabile laddove un individuo o un gruppo sociale giungano a rendere immodificabili delle relazioni di potere, nelle quali, dunque, non siano pi possibili delle pratiche di libert. Per pratica di libert si deve intendere quellesercizio di s su s attraverso il quale il soggetto, allinterno delle relazioni che intrattiene con se stesso e con gli altri, definisce continuamente le condizioni di ammissibilit, di accettabilit della propria esistenza. Le pratiche di libert sono destinate ad arricchire continuamente gli effetti di un processo di liberazione che ha interessato, per esempio, un popolo o una societ. Non esiste un fondo, una natura umana che vada liberata una volta per tutte. La pratica di libert si definisce come un ethos, ovvero un modo di condursi, una pratica di s, che consenta di giocare con il minimo possibile di dominio, sempre per allinterno di una relazione di potere, ed basata sul riconoscimento della libert del soggetto che sceglie di utilizzarla nel modo in cui pu disporne meglio. Foucault inquadra quella pratica di s nellottica di un etica intesa come pratica riflessa della libert (33). Altrove precisa che letica il genere di relazione che si dovrebbe avere con se stessi, il rapporto con s, [] che determina il modo in cui lindividuo si costituisce come soggetto morale delle sue azioni (34), una relazione che si inserisce in una posizione in qualche modo intermedia tra il codice morale e gli atti morali, che costituiscono il comportamento effettivo degli individui rispettivamente ad esso. Foucault pone continuamente alla nostra attenzione letica greca e romana, e per un motivo preciso: essa si fondava su una scelta personale dettata da un obiettivo estetico, quello della volont di vivere una vita bella e lasciare agli altri il ricordo di una bella esistenza (35), obiettivo che era estraneo sia a un tentativo di normalizzazione della popolazione, sia a una relazione con un sistema autoritario, giuridico, disciplinare. Il vero oggetto di interesse consisteva nelle relazioni con se stessi e con gli altri e non nei problemi religiosi. Foucault vuole lasciare intendere che il nostro problema simile: noi non crediamo pi in una fondazione religiosa o 7
giuridica delletica, e non riusciamo a trovarne una che non si fondi sulla conoscenza scientifica di ci che il s (36). Dobbiamo smettere di pensare che letica debba necessariamente relazionarsi alle altre strutture sociali, politiche, economiche (37). La scelta personale, come quella estetica o politica che caratterizzavano il modo di assoggettamento dei greci e che comportavano laccettazione consapevole degli obblighi, il punto di svolta del passaggio da una soggettivit politica legata al rapporto del soggetto col suo s attraverso il conformarsi alla verit, a una soggettivit etica pratica fondata sul rapporto con gli altri, che non esclude il raggiungimento di una verit politica altra. Questa scelta strettamente legata a quella del rapporto che si intrattiene con se stessi e che i greci focalizzavano sulla epimeleia heautou, la cura di s, loccuparsi di se stessi, a sua volta connessa allidea di trasformare la propria vita in un oggetto che fosse disponibile per una forma di sapere, unarte (38). Questa idea di un s che doveva essere creato stata rovesciata dal cristianesimo a favore dellidea di un s al quale si doveva rinunciare per avvicinarsi alla volont divina dalla quale dipendeva la salvezza. Lo gnothi seauton, il conosci te stesso prende il posto del prenditi cura di te stesso: lesperienza di s smette di essere un tentativo di scegliere cosa fare della propria libert per diventare la scoperta di una verit nascosta dentro se stessi (39), sul cui discorso si svilupperanno il sapere occidentale intorno alla soggettivit e contemporaneamente il divieto intorno alla sessualit. La pratica dello svelamento di s attraverso il discorso comincia con una rinuncia a se stessi; ma a partire dal XVIII sec. le scienze umane recuperano le tecniche di formazione del discorso per inserirle non pi nel contesto negativo dellautorinuncia, ma in quello positivo della costituzione di un nuovo s. Certi tipi di divieto hanno pertanto determinato certe forme di conoscenza di s, favorendo la disposizione del soggetto alla rinuncia a qualcosa (40), a un altro tipo di soggettivit. Tornando all ethos, in quanto il rapporto con se stessi viene ontologicamente prima del rapporto con gli altri, ancora maggiore attenzione bisogna rivolgere a quel lavoro di s su s che lo costituisce. il potere su se stessi che regola il potere sugli altri (41), in quanto la possibilit di instaurare relazioni di dominio che tendono a stati di dominio dipende, prima che dalla cristallizzazione di rapporti di potere, di forza, dal non voler riconoscere la condizione di libert del soggetto, dal non voler instaurare una padronanza di s, dal rinunciare a s. Il non dominio degli altri dipende dal dominio (in senso greco) di se stessi, dato dal livello di rapporto con s, di esercizio su di s, di padronanza di s. Per definire la condotta altrui bisogna saper dirigere la propria, che presuppone il sapere in che modo essa viene determinata. Pi le persone sono libere le une nei confronti delle altre, pi la voglia di determinare il comportamento degli altri grande. Pi il gioco aperto, pi risulta attraente e affascinante (42). Agendo si determina necessariamente la condotta degli altri, la si dirige, la si modifica, la si condiziona. Ecco perch il costituirsi del soggetto un problema politico ed etico: perch ne vanno di mezzo anche gli altri. E la libert un problema non pi soltanto politico ma anche etico nel momento in cui si situa tra se stessi e gli altri, prima che o piuttosto che tra se stessi e la verit.
Forse ai nostri giorni lobiettivo non quello di scoprire cosa siamo, ma di rifiutare quello che siamo. [] la conclusione allora sarebbe che il problema politico, etico, sociale, filosofico dei nostri giorni non quello di liberare lindividuo dallo Stato e dalle istituzioni statali, ma di tentare di liberarci sia dallo Stato sia dal tipo di individualizzazione che legata allo Stato. Dobbiamo promuovere nuove forme di soggettivit rifiutando il tipo di individualit che ci stato imposto per tanti secoli (43).
Un riconoscimento in questa chiave del contesto nel quale il soggetto agisce e attraverso il quale si costituisce la via pi auspicabile per sfuggire a una naturalizzazione dei rapporti di potere. Per costituirsi eticamente bisogna costituirsi per scelta e questa scelta non pu prescindere da una presa di posizione che implichi il riconoscimento che le forme di soggettivit, attraverso le quali ci costituiamo, ci rendono oggetti di tecnologie disciplinanti e oggettivanti prima, individualizzanti e soggettivanti poi, e allo stesso tempo soggetti inconsapevoli di azioni che sono leffetto di quelle. Questo riconoscimento non un punto di arrivo, ma il momento di un passaggio critico che si colloca fra una dimensione di consapevolezza e unaltra di azione. Si tratta di una pratica che si pone fra se stessi, in quanto predispone a un certo tipo di rapporto con 8
s, e gli altri, in quanto questo rapporto con s un rapporto etico, e il costituirsi del s dovr incontrare quello dellaltro, se non coinvolgerlo in una regola comune.
-Soggetto di diritto e soggetto etico
Il soggetto etico un soggetto che forgia se stesso attraverso le pratiche di s: attraverso lo studio di queste ultime in epoca classica, ellenistica e romana, che Foucault ha voluto mostrare come contrapporre una forma dausterit legata a unestetica dellesistenza, in cui la verit viene interiorizzata attraverso una trasformazione di s che mira a costituire un soggetto dentro il soggetto, che lo faccia agire correttamente e razionalmente, a una forma di austerit legata alla rinuncia a s, in cui la verit si deve decifrare a partire da unanalisi di s, poich la si suppone dentro di s. La nostra morale ascetica e austera impone infatti come condizione della conoscenza di s la rinuncia a s e ci dice che il s ci di cui ci si pu liberare per rispettare una morale che impone il rispetto della legge esteriore e lautorinuncia come condizione di salvezza. Nella prima lezione di Ermeneutica del Soggetto (44), Foucault spiega come nellantichit non vi siano regole senza una trasformazione del soggetto, non vi sia filosofia senza spiritualit: la filosofia si interessa solo alle condizioni delle regole per avere accesso alla verit e la spiritualit intesa come linsieme di pratiche necessarie allaccedervi. Questa trasformazione di s necessita di un movimento di ascensione che strappi il soggetto al suo statuto, leros, e di un lavoro continuo di s su s, laskesis. Gli effetti di ritorno della verit raggiunta grazie a un lavoro ascetico sul soggetto erano quelli di una beatitudine dellanima che salvava il soggetto. Con quello che Foucault definisce il momento cartesiano (45), ovvero un cambiamento concettuale legato a Cartesio, ma non un momento storico preciso, la verit cessa di essere un principio razionale ascetico, e diventa un principio cognitivo dato dallevidenza. Non lo spirito, ma la conoscenza del soggetto garantisce la verit e le sue condizioni interne ed estrinseche sono sufficienti ad avervi accesso. Un soggetto con capacit cognitiva e razionale pu raggiungere la verit e il soggetto ideale quello onnisciente, cui estraneo il dubbio. Levidenza dunque sostituita allascesi. Foucault nota come il soggetto sia ritenuto gi capace di verit: a priori e solo accessoriamente esso il soggetto etico capace di azioni rette; infatti si pu essere immorali e tuttavia conoscere la verit, la quale non connessa, come nellantichit, a un movimento di conversione che implica la formazione di un soggetto etico. Il rapporto tra ascesi e conoscenza di s risulta invertito, mentre il soggetto etico viene soppiantato dal soggetto morale e giuridico che non ha bisogno di trasformarsi. Emerge in Foucault lesigenza di far apparire la precariet storica di questo tipo di soggetto, e le pratiche di s che egli passa in rassegna nelle sue opere sono un modo per dire che la possibilit di un soggetto che si cura di s, quale quella che avevano sperimentato gli antichi, solo una delle possibilit di scegliersi come soggetto di azioni rette piuttosto che di conoscenze vere. Foucault non ha voluto dire che tale esperienza dovrebbe essere rivissuta estirpandola dallantichit ed emulandola, ma ha sicuramente voluto dire che necessario studiarla per accorgersi che le nostre modalit di sperimentare la soggettivit non sono naturali. Si tratta sicuramente di un modo per riabilitare alla nostra mente la storicit della soggettivit. Spesso, nelle interviste, quando gli si chiedeva che cosa pensasse del superamento della morale borghese in favore di unemancipazione che potesse sostituire dei nuovi valori a quelli in crisi, Foucault rispondeva che bisognava domandarsi invece se fosse possibile instaurare una nuova etica al di l del Bene e del Male. Nelle forme di soggettivit dellantichit, su cui egli aveva tanto insistito, aveva trovato importante la volont ferrea, sentita come una necessit, di dover stabilire un ordine nella propria vita che non fosse vincolato da norme sociali e da valori trascendenti, pur avvertendone la presenza, ma che si fondasse sulla scelta personale. Lidea di fare della propria vita unopera darte da forgiare continuamente ha unintenzione di base che poi va modificandosi con la pratica. Quando si scrive unopera non si sa mai che cosa verr fuori alla fine, aveva specificato in unintervista (46). Una formazione artigianale che aspiri a una coerenza interna non dipende dunque da qualche legge civile o religiosa, da qualche prescrizione morale, ma da un esercizio di scelta personale. 9
Foucault cerca di proporre un tipo di soggettivit che si esprima in un rapporto ironico e critico col mondo, che viva per interrogare il mondo, pur non dipendendone, pur non fondendovisi; e che nello stesso tempo mantenga sempre una sorta di autonomia attraverso la distanza dagli affetti attraverso i quali pure realizza con pienezza la sua percezione dellesistenza; un ascetismo che per non si trasformi in una debolezza che renda il soggetto dominabile da parte di un potere che gli impone vigilanza e rinuncia continue. Foucault ha cercato di contrapporre a una forma di soggetto universale, quale quello giuridicamente riconosciuto, dei soggetti particolari con stili desistenza individuali ma etici. Luguaglianza giuridica non basta, perch istituzionalizzerebbe le minoranze. In Le triomphe social du plaisir sexuel (47), Foucault si augurava il costituirsi di un diritto relazionale che si accompagnasse a quello giuridico istituzionale da arricchire continuamente con sempre nuove pratiche culturali che andassero oltre la lotta contro le leggi repressive, indicando il problema fondamentale di oggi in una carenza nella condivisione e comprensione reciproca di stili di vita, piuttosto che in unopposizione dialettica. La resistenza semmai nella pratica di una ascesi trasversale. Si tratta di trovare vie di fuga piuttosto che riconoscimenti ufficiali, dal momento che determinate concessioni riguardo alla possibilit di agire alla luce del sole, non implicano necessariamente lassenza di discriminazioni future; il riconoscimento da parte delle Istituzioni non basta spesso a favorire la piena realizzazione di stili di esistenza legati al sorgere di nuove relazioni. La vera questione sta nel riconoscimento di pratiche culturali, di un nuovo modo di vivere che trasferisca il rapporto verticale con le istituzioni giuridiche, morali, religiose, in un rapporto trasversale tra singoli, spostando in secondo piano lesaltazione di quelle pratiche come baluardo di trasgressione.
Mentre la morale solo un modo per condurre gli individui, letica il collegamento tra il modo di condurre gli individui e quello di condurre un rapporto con s. Solo unetica permetterebbe di problematizzare ogni volta quei valori umanistici come libert e diritti, prodotto delle nostre forme di verit, che sono percepiti come universali. La morale dei Greci era una morale di uomini, non universale, ma frutto dellelaborazione di unattivit nellesercizio del potere e nella pratica della libert. La libert, come si gi detto, un potere che si esercita su se stessi nel potere che si esercita sugli altri. Il dominio inteso come governalit ha un rapporto diretto con letica, che, come sappiamo, il collegamento tra la sfera privata in cui si gestisce la vita propria, della famiglia e dei beni, con la vita pubblica, in cui si d vita e si sostenta lequilibrio della polis. Inoltre la libert-potere sempre in rapporto con la verit. Il logos, che non una condizione epistemologica ma ontologica, non pu prescindere dalla struttura etica delluomo. Il soggetto morale un soggetto di conoscenza, non nel senso di conoscenza di s, ma conoscenza dellatteggiamento che si deve assumere, di come esercitare il piacere per essere un soggetto morale a pieno titolo. Il rapporto con la verit non si d in unermeneutica del desiderio, ma in unestetica dellesistenza. Il rapporto con il logos serve per mantenere e riprodurre un ordine ontologico che insieme la struttura del soggetto morale e la sua condizione di possibilit, perch mostra la sua bellezza e ne fa modello per gli altri attraverso il ricordo. Il modo dessere proprio di un soggetto libero, attivo e morale, anche etico in quanto inseparabile da unaskesis, un esercizio, che si d nella lotta con se stessi per il dominio di s, in continuo rapporto con il logos; ma, soprattutto, etico perch sceglie degli obblighi da imporre a se stesso per avere una bella vita ai fini del ricordo altrui e dellarmonia con il logos. Il valore del giudizio morale cui questo soggetto sottoposto dunque anche estetico, pertanto le prescrizioni pratiche attraverso le quali avviene una modificazione del suo comportamento non sono soggette a una codificazione, ma a una stilizzazione: il codice di comportamento del proprio stile di vita, ovvero il bios, un opera darte da perfezionare attraverso una pratica costante e una riflessione morale che si colloca al di fuori di ci che lecito o illecito, pur definendosi come una questione comune di stile. Il problema che questa stilizzazione della condotta, per chi avesse voluto dare alla propria esistenza la forma pi bella possibile, e lesigenza di unausterit sessuale che necessariamente ne deriva e che serve a rendere lindividuo che la pratica pi forte di se stesso anche nellesercizio del potere che ha sugli altri, con tutte le implicazioni del pensiero filosofico, medico, morale che se ne occupava, vengono inglobate e assunte 10
come principi fondamentali dalle societ cristiane, con la conseguenza che tali prescrizioni, che acquistano un carattere universale, vengono riconosciute come proprie di una forma atemporale e permanente della legge morale e religiosa; senza considerare una storia delletica che ben diversa da quella dei codici, sebbene essi rimangano pi o meno simili durante le varie epoche. La cura di s e i suoi correlati, il corpo e latto sessuale, difficile da padroneggiare, pericoloso, problematico, sono tanto al centro dellattenzione estetica in epoca greca ed ellenistica, che questausterit, fondamentale nella risoluzione del problema di dipendenza e indipendenza, sovranit e padronanza di s nel rapporto con se stesso e con altri, si innester nella tradizione cristiana. Morali e precetti sono simili e costanti, ma impongono rapporti differenti col proprio s, unetica rimaneggiata e un modo diverso di percepirsi come soggetto morale.
Le forme di soggettivazione non possono dunque prescindere da unetica, ovvero una forma di rapporto con s che crea il soggetto morale. Unazione per essere detta morale non deve limitarsi a un atto conforme al codice vigente, ma implica un certo rapporto con se stessi che non semplicemente coscienza di s ma anche soggettivazione morale. La resistenza, che il luogo dove si forma unetica del s, non pu seguire solo il filo della legge giuridica, ma arriva fino alla volont, che non una sostanza metafisica, ma un metodo che deve essere sempre praticato. Bisogna fare di questa volont una contro-condotta, come la chiama Foucault (48), che insieme una resistenza al potere e un cambiamento di se stessi, un atteggiamento, non solo un rivolgimento contro la legge. La contro-condotta, dunque politica in quanto cambia i rapporti di forza ma anche etica solo se un modo nuovo, diverso di vedere se stessi, di condursi.
-I mattini grigi della tolleranza
In un bellissimo saggio degli anni Settanta (49), Foucault si esprimeva in merito a un documentario condotto in forma di intervista (50) da Pier Paolo Pasolini nel 1963, che testimoniava larretratezza della coscienza dellItalia di quel periodo rispetto alla realt che si trovava a vivere.
Inchiesta sulla sessualit [Enqute sur la sexualit] unassai strana traduzione per Comizi d'amore: comizi, riunioni dove ha luogo una sorta di forum sull'amore. il gioco millenario del banchetto, ma a cielo aperto, sulle spiagge e sui ponti, all'angolo delle strade, con bambini che giocano a palla, giovanotti che gironzolano, donne che s'annoiano, le prostitute in attesa su un viale, operai che escono dalla fabbrica. Molto distanti dal confessionale, ma anche da quelle inchieste in cui, con la garanzia della discrezione, si indagano le cose pi intime, queste sono delle interviste di strada sullamore. Dopotutto la strada la forma pi spontanea di convivialit mediterranea. Al gruppo che passeggia, Pasolini tende il microfono: fa quasi di sfuggita una domanda sull'amore, quel regno indeciso dove si incrociano il sesso, la coppia, la famiglia, il fidanzamento con i sui costumi, la prostituzione con le sue tariffe. [] Non si puo apprezzare i documentario se non ci si interessa di pi alle cose che vengono dette rispetto al mistero che resta impronunciato. Dopo il lungo dominio della morale cristiana, ci si poteva pure aspettare, da quest'Italia dei primi anni Sessanta, un certo ribollire sessuale. Nientaffatto, le risposte sono date in termini di diritto: pro o contro il ruolo preminente del marito, pro o contro l'obbligo a preservare la verginit per le ragazze, pro o contro la condanna dellomosessualit. Come se la societ italiana di quest'epoca, tra i segreti della penitenza e le prescrizioni della legge, non avesse ancora trovato la voce per discutere pubblicamente del sesso come fanno i nostri media oggi. Ci che attraversa tutto il film, non , credo, l'ossessione del sesso, ma una sorta d'apprensione storica, d'esitazione premonitrice e confusa di fronte a un nuovo regime che nasce allora in Italia, quello della tolleranza. qui che emergono le differenze, tra questa folla che si ostina a parlare di diritto, quando la si interroga sull'amore. Differenze tra uomini e donne, contadini e cittadini, ricchi e poveri? Si, di sicuro, ma sopratutto tra i giovani e gli altri. Questi temono un regime che s'avvia a sconvolgere gli aggiustamenti dolorosi e sottili che avevano assicurato l'ecosistema del sesso (con il divieto del divorzio, che considera ineguali fra loro l'uomo e la donna, con la casa chiusa che serve da figura complementare alla famiglia, col prezzo della verginit e il costo del matrimonio). I giovani affrontano questo cambiamento in maniera assai differente; non con grida di gioia, ma con un misto di seriet e diffidenza, perch lo sanno legato a delle trasformazioni economiche, che rischiano fortemente di rimarcare le disuguaglianze dell'epoca, della fortuna e dello statuto giuridico. Infondo, i mattini grigi della tolleranza non incantano nessuno, e nessuno vede in essi la festa del sesso. Con rassegnazione o furore, i vecchi si preoccupano. Che ne sar del diritto? E i giovani, con ostinazione rispondono: che ne sar dei 11
diritti? Dei nostri diritti? [] E poi, il 1963, era l'epoca in cui l'Italia entrava in questo movimento d'espansione- consumismo-tolleranza di cui Pasolini dovette fare un bilancio, dieci anni dopo, negli Scritti Corsari. La violenza del libro risponde all'inquietudine del film. 1963, era l'epoca in cui cominciava dappertutto in Europa e negli Stati Uniti questa messa in discussione delle forme molteplici del potere che i nostri saggi definiscono alla moda. E sia! La moda rischia di trascinarsi ancora per qualche tempo, come in questi giorni a Bologna (51).
Pasolini si impegnava in quegli anni in una vera e propria battaglia giornalistica contro lassunzione di quelle forme molteplici da parte del potere che Foucault cita nel commento qui sopra riportato. Gran parte degli articoli che vi fanno riferimento raccolta in Scritti corsari (53) e in Lettere luterane (54) : un vero e proprio testamento in cui lautore fotografa in maniera mirabile, spietata e quasi profetica il destino politico e sociale dell Italia, uscita da non pi di trentanni dalla dittatura fascista e avviatasi allespansione economica e allemancipazione sociale, oltre che al riconoscimento dei diritti delle minoranze e della tolleranza delle diversit, patrimonio comune di tutte le democrazie occidentali. Si tratta di scritti di unaggressivit che non ha nulla di retorico, ma molta lucidit di giudizio nel bilancio complessivo di una nazione in cui emerge con troppa evidenza il contrasto tra una popolazione legata a una cultura e a una religione contadina e parrocchiale, i cui valori tradizionali avevano pi innocenza che senso, e una realt che assumeva come necessari i modelli consumistici di massa mascherandoli dietro ondate di progressismo intellettuale e di pretese di benessere sociale. Pasolini faceva luce su unItalia che tradiva se stessa e il suo passato, le sue realt particolari, per essere inglobata, ancora incosciente e impreparata nel non poter difendersi da una contaminazione imminente, in unidea di nazione estranea alle sue possibilit e alla sua effettiva frammentariet linguistica e culturale, per lo pi gestita da un potere politico corrotto e incapace, ancora pi incosciente di chi esso pretendeva di rappresentare, relativamente al suo utilizzare vecchi modelli ideologici per definire i contrasti al suo interno. LItalia degli anni Settanta si presentava divisa tra una classe politica corrotta e colpevole, unautorit religiosa che non aveva scelta nel far da spalla alle nuove esigenze consumistiche, cui si tendeva a dare il contentino in materia di valori quando ci si trovava di fronte a una sua opposizione soltanto formale, una borghesia ignorante e bigotta, una opposizione politica che aveva gi fatto i compromessi necessari ad assumere un ruolo democratico permanente allinterno del governo, una minoranza intellettuale incapace di assumere una funzione critica e riformatrice,e una popolazione entusiasta che non sapeva di dovere andare incontro a cose che non avevano ancora un nome (55). Particolarmente critico nei confronti dei propositi rivoluzionari giovanili, Pasolini prevedeva che un cambiamento sociale attraverso la promozione dei diritti civili non sarebbe stato sufficiente e risolutivo in un contesto di carenza generalizzata di consapevolezza, e che linneggiare a una trasgressione delle norme non avrebbe portato a nulla, se non a una promozione di etichette che avrebbero favorito una svalutazione dei valori correnti senza un terreno per una effettiva transvalutazione produttiva. Non sfuggiva a Pasolini che la crisi di valori voleva essere colmata da un riconoscimento di diritti attraverso forme giuridiche svuotate del loro effettivo valore, della loro storicit, baluardo di un potere che stava cambiando, che stava assumendo nuove forme. Pasolini si rendeva conto della continuit del potere attraverso forze desacralizzanti rispetto al passato il cui effetto sarebbe stato sempre socialmente inefficace quando andasse a cozzare contro una carenza che si rivelava pi profonda e di una natura ben diversa da come poteva sembrare. Quel che Pasolini lamentava nelle generazioni che vivevano quel cambiamento una carenza etica, alla quale non avrebbe potuto far fronte nessun tipo di emancipazione civile. In Lettere luterane (56) si esprimeva contro linefficacia della disubbidienza politica che si professava come manifestazione di ansia democratica e di progresso; la disubbidienza infatti era legata a forme di ribellione nei confronti di un passato autoritario, in cui si doveva obbedire, mentre in quel momento si assisteva a un ribaltamento della disubbidienza in ubbidienza a qualcosa di cui non si aveva coscienza:
In realt, semanticamente, le parole hanno rovesciato il loro senso scambiandoselo; in quanto consenziente all ideologia distruttrice del nuovo modo di produzione, che si crede disobbediente (e come tale si esibisce) in realt obbediente; mentre chi dissente dalla suddetta ideologia distruttrice e, in quanto crede nei valori che il nuovo capitalismo vuole distruggere, obbediente - dunque in realt disobbediente (57).
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Era infatti avvertita unesigenza di un avanzamento nel senso della demistificazione, della democratizzazione e del progresso puramente enfatici, che facevano capo al privilegiamento, da parte della nuova qualit di vita, del consumo e delle sue esigenze edonistiche. Pasolini rimproverava alle istituzioni di aver governato male in relazione al vecchio potere, cosa che implicava che i beni superflui, in quantit enorme, non potessero essere un fatto positivo, ma un fatto di deterioramento antropologico. In Intervento al congresso del partito radicale (58) Pasolini fa un discorso sui diritti civili, rilevandone la volgarizzazione quando essi divengono patrimonio di coloro i quali intendono affermarsi su una minoranza che gi li possiede, situazione che riproduce quella della lotta di classe attraverso la quale ci si vuole appropriare del diritto del padrone e promuoversi dunque al grado di borghesi. Lottare per la realizzazione dei propri diritti e di quelli degli altri dovrebbe accompagnarsi a una consapevolezza della propria posizione storica e culturale, che non riuscirebbe a prevedere una forma di alterit ottenuta in modo dialettico laddove fosse scomparsa la cultura della classe dominata. Raggiungere una forma di alterit, ovvero una condizione che sia in grado di promuovere la realizzazione umana attraverso i diritti civili, che sono i diritti degli altri, il risultato del confronto dialettico fra il rapporto che si intrattiene con la propria cultura, ovvero la consapevolezza di come ci si costituisce come portatori di un diritto, e quello che si intrattiene con il codice morale della propria societ. La possibilit di unalterit , ovvero la condizione etica che ci riscatta dalle forme di sfruttamento allinterno dei rapporti sociali, perch prima ce li rende manifesti e poi ci permette di difenderci dal potere degli altri attraverso unemancipazione attiva, non pu prescindere in nessun modo dalla resistenza che vi si pu opporre: un movimento di affermazione sociale non pu sostituire il soggetto etico, soprattutto in una societ in cui non pi possibile lo scontro fra classi e in cui sarebbe necessario, quando si parla di diritti, occuparsi dei doveri, degli obblighi, di un codice morale che si tende a negare attraverso la disubbidienza e che invece fondamentale perch il soggetto libero possa determinarsi rispetto ad esso e scegliere come rapportarvisi o come non rapportarvisi. Il soggetto giuridico una forma insufficiente di soggetto, e i diritti devono essere piuttosto una conquista, che non da porre in primo piano quando si tratti invece di una concessione. Fuori da un contesto realmente democratico i diritti tendono a realizzare unidentificazione, e non unalterit. Questalterit, fino a quando la lotta di classe aveva ancora un senso, mirava a escludere unassimilazione degli sfruttati con gli sfruttatori, e mirava alla conservazione di una cultura, che era quella della classe dominata. Laddove vi sia ancora modificabilit di rapporti sociali, oggi, bisogna lottare per tutte le forme alterne e subalterne di cultura, il che significa s promuovere attraverso i diritti quella della maggioranza, e ottenere dei successi, ma spesso significa anche mantenere, da parte delle minoranze, unirriconoscibilit della propria cultura per non cedere a una realizzazione solo formale dei diritti civili. In tutta la sua opera, letteraria, giornalistica, poetica e cinematografica, Pasolini ha denunciato la condizione di un sottoproletariato che sarebbe divenuto colpevole della propria innocenza e della propria estraneit al corso della storia, della cultura e della morale borghese, in quanto sarebbe stato colonizzato culturalmente senza rendersi conto di non poter opporre resistenza alla propria inconsapevolezza. Il vero pericolo sociale era per Pasolini lassenza di unetica consapevole, di un rapporto critico con s che andasse oltre la pura sopravvivenza della vita biologica. La sola ostinazione della volont di integrazione sociale non porta che a una degradazione di s e a un conformismo senza progresso, allassunzione di uno status giuridico che resta un dono incompreso, come nellebetudine dell uomo medio. In una postilla in versi a Lettere luterane (59), che potrebbe passare per un esempio di conservatorismo reazionario, Pasolini scriveva:
Capi, padri, signori, i pi adorabili di tutti sono quelli che non sanno di avere diritti. Sono adorabili anche quelli che pur sapendo di avere dei diritti, non li pretendono.
Sono abbastanza simpatici, poi, quelli che lottano per i diritti degli altri. [] 13
Vogliamo sorridere come i ragazzini di BalsoranoVoi pensate ai nostri doveri ch ai nostri diritti, se vorremo, ci penseremo noi (60).
Non a caso, in questo testo incluso un breve trattato pedagogico, cui Pasolini stava lavorando e che risulta incompleto a causa della sua morte, dedicato alla figura immaginaria di un ragazzo adolescente di nome Gennariello, il cui scopo quello di promuovere lesercizio etico del discepolo. Pasolini concludeva il suo documentario Comizi damore (61) filmando una coppia di sposi, facendo loro un augurio per lassunzione di una consapevolezza del proprio vivere:
Ma davvero agli uomini interessa qualcosaltro che vivere? Tonino e Graziella si sposano. Del loro amore essi sanno soltanto che amore. [] Dei loro futuri figli sanno soltanto che saranno figli. soprattutto quando lieta e innocente che la vita non ha piet. Due ragazzi italiani si sposano. E in questo loro giorno tutto il male e tutto il bene precedenti ad essi sembrano annullarsi, come il ricordo della tempesta nella pace. Ogni diritto crudele, ed essi, esercitando il proprio diritto ad essere ci che furono i loro padri e le loro madri, non fanno altro che confermare, cari come sono alla vita, la lietezza e linnocenza della vita. Cos la conoscenza del male e del bene - la storia, che non n lieta n innocente - si trova sempre di fronte a questa spietata smemoratezza di chi vive, alla sua sovrana umilt. Tonino e Graziella si sposano: e chi sa, tace, di fronte alla loro grazia che non vuole sapere. E invece il silenzio colpevole: e laugurio a Tonino e a Graziella sia: Al vostro amore si aggiunga la coscienza del vostro amore (62).
-Lesercizio di se
In Lermeneutica del soggetto (63), e in Tecnologie del s (64) Foucault compie uno studio dei testi greci e romani rilevando come in essi il precetto di conoscere se stessi sia associato e subordinato a quello della cura di s nonostante una morale austera, e come invece nella cristianit il conosci te stesso abbia oscurato il prenditi cura di te stesso. La cura di s nella sua evoluzione assume diverse determinazioni. Lanalisi di Foucault parte dallAlcibiade di Platone, in cui la cura di s ha una funzione pedagogica legata allet giovanile, basata su un rapporto di amore filosofico con il maestro che si realizza nella forma del dialogo e in cui il discepolo il soggetto attivo della cura dellanima, intesa come principio dazione. Il fine quello di diventare abbastanza padroni di se stessi da poter governare anche gli altri, e in particolare la polis, quindi adempiere a un compito politico. La cura dellanima consiste nella contemplazione del divino che simile ad essa e dalla quale solo pu derivare una conoscenza di s: rivolgendo lo sguardo dellanima alle essenze che si potranno conoscere le regole per unazione politica giusta. In epoca ellenistica (Foucault prende in esame in particolare gli stoici e gli epicurei) invece la cura di s si configura come unattivit estesa a tutte le et e a tutti, consistente in un ozio attivo, impiegato nello studio e nella lettura. Il s diviene oggetto dellattivit di scrittura: la vigilanza su s, ovvero sulle proprie azioni e non sui propri pensieri, acquista molta importanza. Si tratta di un regime di vita universale, non legato alla carriera politica, da cui anzi necessario staccarsi per ritirarsi in comunit. Abbiamo un passaggio dal modello pedagogico a quello medico, per cui ci si occupa di se stessi personalmente, come farebbe un medico col suo paziente, al fine di raggiungere una compiutezza della vita non nellet adulta ma a fine vita. Il dialogo viene sostituito dal discorso del maestro, mentre da parte del discepolo prende vita unarte dellascolto. Viene introdotta la pratica dellesame di coscienza, in cui ha molta importanza lattivit di memoria, grazie alla quale si rilevano le regole, che servono ad attuare il giusto comportamento, e gli errori, che sono considerati il risultato di una strategia sbagliata, intenzioni rimaste irrealizzate, e non cattive intenzioni, peccati, significato che assumeranno nella dottrina cristiana. La verit non la natura del soggetto, ma la regola di condotta, che il soggetto deve ricordare attraverso lanakoresis, ritiro spirituale da compiere ogni giorno. Per gli stoici la verit nei logoi, non in noi, pertanto laskesis quella pratica che permette di assimilarla e trasformarla in un principio di azione. In questo modo laletheia, la verit, diventa ethos, portando allaccrescimento progressivo della soggettivit. Laskesis si comprende di esercizi quali melete e ghymnasia, meditazioni i primi e allenamenti in situazioni reali i 14
secondi, che servono a saggiare lindipendenza dal mondo esterno. Pratiche necessarie per gli stoici sono inoltre lanalisi delle rappresentazioni e linterpretazione dei sogni, che servono a pensare continuamente alle regole per gestire e valutare tali fenomeni, mentre nel Cristianesimo assumeranno una funzione di controllo della purezza delle idee da contaminazioni quali concupiscenza e desiderio. La techne tou biou dei Greci era un modo dassoggettamento che prevedeva che ognuno dovesse porsi degli obblighi in modo estetico. Nel Cristianesimo invece il modo dassoggettamento finisce per coincidere con un modo di vivere rinunciando a s, obbedendo a delle regole religiose espresse giuridicamente. Mentre nellet classico-ellenistica le tecniche di s si differenziavano a seconda del telos, ora il telos uno soltanto, ovvero limmortalit dellanima, e la sua sostanza etica il desiderio. Tutte le conoscenze per i greci erano connesse con la cura di s: conoscere equivaleva a dominarsi, a dominare e dominarsi; la conoscenza era subordinata alla padronanza. Il culto contemporaneo di s, che si differenzia da quello dei greci, condannato dal Cristianesimo, che lo intende come una forma di distaccamento da Dio; ma in ogni caso oggi non proprio concepibile il culto di s inteso come il forgiare unopera darte, si tratta di una pratica completamente occultata. Il potere pastorale utilizzer alcune delle tecniche legate alla thekne tou biou per altri motivi e con altri effetti, e la governamentalit, che oggi il governo degli uomini sugli uomini, si appogger a questo modello e alle sue tecniche; noi quindi siamo i discendenti di quel potere pastorale, e la cosa importante per Foucault capire che la forma di soggetto che abbiamo ereditato una forma che quel potere ha ridotto al grado zero, perch ha separato la tecnica dalla pratica di s, dallascetismo, per cui il soggetto solo effetto dellassoggettamento ma non della pratica di s. Una delle tante forme di askesis, addestramento, che Foucault ha trattato, la scrittura di s: la sua funzione nella tarda antichit il raccogliere il gi detto, allo scopo di costituire se stessi, ricapitolare un logos frammentario per stabilire una relazione con se stessi. Tra le tecniche di formazione di s, quali astinenze, memorizzazioni, esami di coscienza, meditazioni, silenzio e ascolto dellaltro, la scrittura assume importanza abbastanza tardi. La scrittura ethopoietica, quella che si associa alla meditazione attualizzando una regola e in questo modo prepara il soggetto ad affrontare il reale, attraverso un esercizio lineare, e infine rilancia la rielaborazione attraverso un esercizio circolare, si affianca tra il I e il II sec. d.C. alle tecniche gi utilizzate degli hupomnemata e della corrispondenza. I primi sono quaderni personali, materiale scritto delle cose lette, ascoltate o pensate, che servivano per una rielaborazione che li integrasse nellanima; costituivano un passato cui fare ritorno e in cui ritirarsi, e una sintesi che era, nello scrittore, il risultato della loro costituzione e consultazione e diventava suo principio razionale. La seconda consisteva, oltre che in una formazione di s, in un modo per manifestarsi a se stessi e agli altri: la lettera rendeva lo scrittore presente, non solo tramite le informazioni su di s, ma anche mediante una presenza quasi fisica, al destinatario. Si trattava di una reciprocit non solo del consiglio e dellaiuto, ma anche dello sguardo e dellesame, che implicava lintrospezione di s come unapertura di s offerta allaltro, attraverso il mostrare le interferenze dellanima e del corpo, le attivit nei momenti di libert, il corpo e i giorni. Non si trattava per ancora di stanare dallanima i pensieri pi reconditi per purificarsene, come avverr nelle annotazioni monastiche, ma di far coincidere lo sguardo dellaltro con il proprio (65). La scrittura di s per Foucault una delle modalit in cui lindividuo forgia la propria attivit spirituale, crea il proprio s. Attraverso la scrittura il s supera continuamente un punto di partenza e questo consiste in un creare continuamente sul gi creato. Si tratta di una pratica non terminabile, perch finisce soltanto con la morte. Essa una pratica ascetica, perch consente di elaborarsi senza staccarsi dalla propria individualit, essa non scopre nulla, ma un modo per inventare, creare. Si tratta appunto di unarte, un luogo despressione di s, che sarebbe positivo ispirasse un nostro atteggiamento nel contesto politico ed etico. Foucault definisce lascesi come un esercizio di s nel pensiero, che non consiste nel legittimare ci che gi si sa, ma nel cominciare a sapere fino a che punto sia possibile pensare in modo diverso. La stessa filosofia, precisa Foucault non niente altro che lavoro critico del pensiero su se stesso: quello che oggi viene inteso come compito della filosofia nellantichit costituiva una prova che ognuno che si prendesse cura di s doveva svolgere quotidianamente. Una prova modificatrice di s nel gioco della verit, non approvazione 15
semplificatrice di altri a scopi di comunicazione. Questa prova, cui erano legate pratiche ragionate e volontarie attraverso le quali gli uomini non solo si fissano dei canoni di comportamento ma cercano essi stessi di modificarsi nella loro essenza singola, di fare della loro vita unopera che esprima certi valori estetici e risponda a determinati criteri di stile (66), chiamate arti desistenza, costituiva un vero e proprio problema che si sviluppa proprio attraverso queste pratiche e che non si pu fare a meno che venga posto. Foucault si chiede perch larte sia diventata qualcosa che in relazione soltanto con gli oggetti (67). Le persone pensano che la loro vita sia basata sulla conoscenza della verit sul desiderio, sulla natura e sul corpo. La nostra relazione con noi stessi dovrebbe essere continuamente ricondotta ad unattivit di creazione piuttosto che ad attribuirci noi stessi la prerogativa di creare altro. Sicuramente oggi lascetismo smetterebbe di essere una contro-condotta se volessimo riprenderlo dalla cura di s dellantichit. Infatti una contro-condotta deve sempre avere una condotta di riferimento, e battersi contro una specifica tecnica di potere. Per questo Foucault fa pressione sullanalisi storica delle tecnologie e delle pratiche di s, perch questi eventi sono sempre storicamente determinati e in quanto tali la genealogia e larcheologia del potere, che li studiano, e il pensiero critico che vi si rapporta devono sempre essere aggiornati e non possono essere anacronistici. Daltro canto vero che per Foucault qualsiasi etica possibile non pu staccarsi da unestetica: il termine va inteso nella sua accezione originaria che lo lega alla sensibilit, aisthesis. Compito di tutti indistintamente, del filosofo come delluomo comune, oggi la trasformazione di s attraverso la percezione del mondo. A partire dalla separazione cartesiana tra filosofia e spiritualit non ci stato pi possibile comprendere la trasformazione di s come accesso alla verit. In Ermeneutica del soggetto (68), Foucault specifica, criticando la proposta marxista di una trasformazione della coscienza deformata e falsa, che un cambiamento della coscienza non sufficiente per un accesso alla verit, che non concepita come un concetto epistemologico, ma pi vicina a essere intesa come una realizzazione del soggetto ascetico, non di quello cognitivo, che consista in una sorta di illuminazione che assicuri la tranquillit dellanima; si tratta di una conquista individuale, che interessa il rapporto col mondo attraverso una condotta spirituale, ma che ha un fondamento comunitario in quanto ha come materia danalisi e di esercizio le cose del mondo, che sono patrimonio del senso comune. Il problema per Foucault cambiare laffettivit, la sensibilit, non solo il pensiero. Per noi moderni, concetti come kalos, riferito alla bellezza, e agathon, riferito al bene, a ci che buono, hanno valenza diversa e si presentano come separati rispetto al contesto greco, in cui invece erano legati.
-Io stesso, in carne e ossa
Sappiamo come le rivoluzioni non bastino a riscattare definitivamente lesistente: bisogna salvaguardarlo attraverso pratiche consapevoli che vadano oltre la pura trasgressione delle norme, altrimenti si rischia di far ricadere la novit nella convenzionalit istituzionalizzata, di trasformare la disubbidienza in ubbidienza. Carla Benedetti ha affermato che Pasolini la prova che in qualsiasi tempo esiste la possibilit della rottura della convenzione, con la sua scandalosa opera letteraria, n tradizionale n trasgressiva, priva di ogni autonomia formale, paradossalmente sottomessa a fini pratici, non leggibile senza un riferimento alla persona dellautore, e tuttavia capace di parlare, con la forza del suo mondo poetico costruito non si sa come, a dispetto di tutti i criteri di letterariet correnti, in una radicale impurit estetica (69) . La studiosa sottolinea come Pasolini fosse stato lunico scrittore italiano a riflettere sullimpotenza della letteratura come istituzione di fronte a un potere che ne minaccia lautonomia, utilizzando la parola come unarma paradossale (70) che potesse riscattare la letteratura al di l delle battaglie formali delle avanguardie, realizzando un tipo di rapporto con il lettore che potesse attraverso la scrittura fare della vita unarte pratica al sevizio della critica. Pasolini ha sempre rimproverato alle avanguardie il voler sconvolgere la convenzionalit della letteratura restando allinterno del suo gioco elitario, ovvero, come nota Benedetti, allargandone il territorio ad altri linguaggi, che potevano comprendere anche materiali bassi, contaminati, estranei alla purezza di stile (71). Pasolini invece, in tutta la sua carriera letteraria e cinematografica, lascia testimonianza di un modo nuovo di concepire lopera, la poesia, la scrittura, aprendole a qualcosa che capace di sfondarne lautoreferenzialit. 16
Pasolini comincia con lutilizzare i dialetti nella poesia e nei suoi romanzi, ma ancora caratterizzandoli come unespressione di qualcosa di autentico, di passionale che si distacchi dal mondo della prassi, per poi scegliere una modalit di rapporto col pubblico che si d in appunti, frammenti, documentari cinematografici in cui lautore stesso ad annunciare intenzioni che rimarranno irrealizzate, progetti di opere volontariamente incompiute, che come se invitassero a un completamento dallesterno e dal futuro. Si tratta di un pensare lopera come una prova in cui ci che viene coinvolto in prima persona lautore stesso. La scrittura diviene un mezzo utilizzato ai fini puramente comunicativi, diviene una testimonianza dellazione, un metodo progressivo che si esplica nellesercizio continuo di manifestare il proprio rapporto col mondo e nello stesso tempo trascurare loggetto estetico rifiutandosi di definirlo affinch il lettore o lo spettatore possa comprenderlo soltanto aggiungendovi qualcosa della propria relazione col mondo. Petrolio (72) un romanzo dalla trama e dalla lettura difficile, che offre al lettore, attraverso la storia dello sdoppiamento, della dissociazione del protagonista, una visione non realistica, non consolatoria del potere, non rappresentabile attraverso la forma romanzesca del complotto, al quale inutile opporsi perch diretto da una mente, un ordine, perch presenta la realt intrappolata in uno schema prestabilito, una realt non reale, e nello stesso tempo presenta una nuova forma di rapporto tra autore e lettore. Petrolio una forma-progetto intenzionale, ovvero costituita di appunti, una forma romanzo che si rifiuta di essere una narrazione escludente il lettore-spettatore. Esso non esclude la narrazione, ma la propina al lettore come una voce che gli si rivolge, e lo coinvolge, lo chiama in causa ad essere appunto inserito in quanto spettatore di visioni, ad assistervi insieme ai protagonisti e all'autore. Non un rifiuto del romanzo, ma del ritagliare storie per escludere chi legge, un rifiuto della certezza di non potere agire, dell'adattamento, della comodit. Chi scrive e chi legge agiscono sullo stesso piano, hanno lo stesso potere modificativo. Nella Lettera a Moravia (73), lautore dice di non aver voluto fare del romanzo scritto un oggetto destinato solo al lettore, distanziandosene: [] io stesso, in carne ossa,[] ho messo tale oggetto fra il lettore e me, e ne ho discusso insieme (come si pu fare da soli, scrivendo) (74). Questa scrittura in forma di frammenti vuol dire la volont di sforzo di comprensione di chi legge, vuol dire atto positivo, costruzione e non ricezione passiva. Da parte di chi scrive o parla essa azione, dialogo, non discorso. Il romanzo realista, illusionistico per eccellenza, taglia fuori lo spettatore, lo accomoda, lo mette a proprio agio perch lo esclude dalle trame, lo spinge ad un adattamento, presentandogli una forma di realt che invero un teatrino della realt, in cui egli non pu intervenire. Questopera smentisce la critica pasoliniana di un potere che viene soltanto dall'alto, escludente i corpi, di un Potere: non v' solo un aspetto del potere, e questo si accompagna alla volont di superamento di tutte sue le rappresentazioni tradizionali. Il romanzo costituito, dunque, dallalternarsi di due tipologie di appunti, alle quali avrebbero dovuto corrispondere le titolature di mistero, in cui si racconta ci che evidente, e per questo si dice solo ci che si vede, e progetto, in cui si raccolgono lettere dellautore o di amici dellautore, testimonianze orali riportate su giornali, illustrazioni e diagrammi, documenti giornalistici, visioni oniriche in forma mitica, circolare, le quali sono come dei diaframma attraverso i quali si manifesta il potere nelle sue realt molteplici; la visione un tentativo di contenere la stratificazione dei tempi, il noto e lignoto degli intrecci del potere. Tema della stratificazione la sovrapposizione di passato e presente nellattualit della realt, che insieme leffetto degli eventi storici e delle creazioni del pensiero che non sono riconducibili a ununica visione, n esplicabili attraverso un discorso lineare. Si tratta dunque di una forma di rappresentazione alternativa a quella convenzionale ma pi scomoda, perch non facilmente controllabile, che riesce a far cogliere il potere nei suoi effetti sui corpi, che coglie la realt nel particolare e nello sfondo, non nell'astrazione della realt stessa. La scrittura a strati particolarmente significativa, perch presentava il libro nella forma di un diario, in cui ogni stesura veniva presentata come una nota e datata, e il materiale accumulato non doveva essere eliminato, presentandosi come un processo formale vivente a testimonianza del passaggio di pensiero. Il romanzo doveva avere la forma magmatica e progressiva della realt, che non cancella nulla, che fa coesistere il passato con il presente (75). 17
Il soggetto agisce sempre in relazione a una realt che la sua stessa esperienza e che egli mette continuamente alla prova in unaltra realt, che quella del mondo e degli altri, cui si rapporta. Pasolini afferma: questopera [] fa riferimento a se stessa attraverso la realt(76). Lautore si mette in gioco attraverso larte, che per lui matrice della realt, e invita il lettore, o meglio linterlocutore, a fare altrettanto. Non ci si pu comprendere a parole, lunica dimostrazione di buona volont reale lazione comune: anche, e tanto pi, se scandalosa (77). Laltro, sia che legga o che ascolti, non pu sfuggire al fraintendimento, e deve impegnarsi continuamente in un rapporto con s che gli permetta di recuperare un senso da apportare a una possibile conclusione, a una possibile interpretazione, a una possibile riorganizzazione dei fatti prodotti da quella stessa scrittura. Laltro si trasforma in un interlocutore che deve mettere sempre in discussione se stesso e lopera cui si va rapportando. Oltre a creare un paradosso che si esprime nel contrasto tra linutilit dello strumento letterario (che inutile per eccellenza) e la funzione pragmatica della poesia come azione; oltre a collocarsi contemporaneamente dentro e fuori dalla sfera estetica, dentro perch si scrive e fuori perch ci che si vuole comunicare ha carattere puramente pragmatico, lopera anche una spinta a un esercizio critico eterno.
-Logos e bios
Foucault, in Discorso e verit (78) si sofferma sulla nozione di parresia, parola che compare per la prima volta in Euripide nel V sec. a. C. e che indica il dire tutto ci che si pensa essere la verit, poich, dalla sua etimologia, pan vuol dire tutto e rhema fa riferimento alle cose dette. La parresia designa in primo luogo una relazione fra se stessi e ci che viene detto, ovvero la verit; poi una relazione fra se stessi e coloro cui si dice la verit allo scopo di modificarne azioni e comportamenti; una critica di se stessi o di altri; unesposizione in prima persona in quanto si soggetti dellenunciazione che si pronuncia e dellopinione che essa esprime, ovvero si soggetti di ci che in essa viene detto; il coraggio di esporsi a un pericolo, dato che il parresiastes, il soggetto di parresia, sempre in una condizione di inferiorit rispetto a colui al quale si rivolge. Foucault aggiunge che nei testi classici la parola in questione assume un significato positivo, e designa una coincidenza fra opinione e verit: il parresiastes dice ci che vero perch sa che vero. Mentre infatti da Cartesio in poi la corrispondenza fra opinione e verit sar il risultato di unesperienza mentale evidenziale, per i Greci lo era di unattivit verbale, che era determinata dal possesso di alcune qualit morali, ovvero conoscere la verit, comunicarla agli altri, essere abbastanza coraggiosi da affrontare il pericolo; per cui valeva la possibilit di vivere inespressi ed essere falsi con se stessi oppure di rischiare la vita essendo veritieri con se stessi. La parresia democratica era un requisito non comune a tutti: potevano beneficiarne coloro che in base al proprio status politico, quello di cittadino libero maschio, potevano usufruire del diritto di parola in assemblea; il dire la verit era considerato come un dovere e una espressione di libera scelta per aiutare altre persone o se stessi a vivere bene o meglio. In democrazia la parresia un requisito del discorso pubblico e si esercita nellagor. In epoca ellenistica esercitata dal consigliere rispetto al sovrano presso la sua corte, consigliere che rappresenta la maggioranza silenziosa. Foucault sottolinea come la parresia, con la crisi delle istituzioni democratiche, sia stata problematizzata in modo sempre diverso, assumendo anche significati negativi, fino a coincidere con una scelta di vita, di bios, e diventando una caratteristica individuale, una qualit morale personale. Nei dialoghi platonici Socrate svolge un ruolo parresiastico: la parresia qui intesa come una relazione fra esseri umani e fra logos e bios. Il maestro di verit verifica la relazione che linterlocutore intrattiene con la verit, la quale consiste nei logoi che devono essere trasmessi attraverso leducazione. Il ruolo filosofico del maestro conciliava allora tre tipi di attivit parresiastica: assumeva un ruolo epistemico, allorch si occupava della conoscenza di verit circa il mondo; un ruolo politico, in quanto curava la relazione coi nomoi, le leggi; 18
un ruolo infine etico-estetico, poich svolgeva e insegnava a svolgere delle pratiche parresiastiche che consentivano laccesso alla verit mediante una modificazione del bios. Epicurei e stoici utilizzarono le pratiche parresiastiche nella vita in comunit, i primi, e nelle relazioni interpersonali, i secondi. qui che viene meno la forma dialogica utilizzata da Socrate e acquistano importanza pratiche quali il discorso e la scrittura. Presso gli epicurei (79), colui che parla lo fa allo scopo di dar vita nellaltro a un rapporto con se stesso che sia autonomo, non di dipendenza. La verit serve a suggellare lautonomia dellaltro. La parresia la trasmissione della verit e si esercita sugli altri per far s che riescano a instaurare con se stessi un rapporto di sovranit; pertanto questa pratica avviene in gruppo: il maestro parla e incita i discepoli alla benevolenza reciproca, allamicizia, alla salvezza degli uni grazie agli altri che si fonda sulla generosit che un dovere nei confronti dellaltro. La parresia indicativa di coerenza tra verit e comportamento: la verit data dalla presenza di chi parla, del soggetto parlante che dice le cose che ama, e che un soggetto di comportamento. Foucault nota che in questo contesto che prende vita la pratica della confessione, che sar ripresa dalle societ cristiane; avverr il passaggio da una pedagogia della verit atta alla trasmissione di verit al fine di dotare i discepoli di capacit costitutive di un soggetto autonomo, come avveniva presso gli epicurei e gli stoici, a una psicagogia della verit, volta allestrazione di verit attraverso la pratica della confessione in presenza del maestro, che guida il discepolo a fare di s un oggetto del suo proprio discorso vero. Il principio ascetico che potrebbe, secondo Foucault, regolare una possibile estetica dellesistenza, sembra implicare quasi un rifiuto della forma di discorso tradizionale, che tipica del moderno discorso filosofico: un discorso teorico verticale, che a ha che fare con un tipo di conoscenza lineare e progressiva, con una meta precisa ma indefinita. Questo rifiuto di base, paradossale ma emergente dalla sua opera, favorisce invece un rapporto trasversale, col mondo e con la sua interiorizzazione, che non si costruisce mai attraverso un superamento che anche una purificazione del vissuto nella conoscenza, ma per sovrapposizione di esperienze della realt. Sembra che la meraviglia e la frammentariet dellesperienza del mondo costituisca il materiale migliore per un progresso ascetico del soggetto, proporzionato ogni volta alle sue capacit di apprendimento. Lesercizio ascetico si d sempre come un cambiamento nello stile di vita, una conversione. Il rapporto col maestro di verit nellantichit aveva questa funzione, che Foucault dimostra di apprezzare particolarmente soprattutto per quanto riguarda linsegnamento socratico, che non si basava su un discorso teorico, ma privilegiava soprattutto una forma di dialogo in cui c lidea di voler modificare una condotta non prescindendo dal livello di formazione dellinterlocutore: il dialogo non una forma di discorso dogmatico, ma implica una predisposizione di chi parla a farsi capire da chi deve controbattere, quindi un rapporto che si basa sullintegrazione reciproca a seconda della situazione particolare, in cui fondamentale il percorso, non la definizione finale. Per Foucault importante che nellantichit la relazione del s con la verit non implicasse una concezione teoretica della verit, ma soprattutto delle regole di condotta che devono essere memorizzate per riattivare continuamente i principi razionali per un fine etico, per vivere bene, in accordo con unestetica del s che non significa comportarsi come un giudice nei confronti di se stessi, ma come un artista, termine inteso in senso pi propriamente tecnico, un artigiano che ha sempre bisogno di visionare la sua materia e vagliarla attraverso le regole di quellarte. La verit qui si presenta come unattivit, non come unanalisi, per cui importante la domanda chi dice la verit? e non cos la verit?. Questa domanda, sottolinea Foucault, linterrogativo che caratterizza lapproccio filosofico occidentale che per questo viene detto critico, e che si interessa non solo al problema politico e filosofico, ma a un problema etico (80). Una problematizzazione, spiega Foucault (81), che legata alla domanda perch certe cose divengono un problema?, sempre una creazione dovuta a un certo tipo di risposta che si data a una situazione storica, e non solo una situazione che si determinata storicamente. dunque un effetto dellincontro tra pensiero e realt storica, mai soltanto una rappresentazione o un effetto diretto della realt storica cui fa riferimento. Foucault ci aiuta a porre lattenzione su un soggetto, quale quello moderno, che si trova a essere ingabbiato in una sorta di processo ciclico che lo costringe ad adattarsi a una verit oggettivizzata che per paradossalmente proviene dalla sua stessa interiorite che per questo infondo considerata autentica e naturale. difficilissimo uscire da questimpasse, allinterno della quale le pratiche di libert possibili 19
rifluiscono continuamente nelle discipline dellobbedienza. Resta da capire in che modo si possa elaborare se stessi indipendentemente da una verit data, se il legame analitico fra morale, politica e societ sempre storico e contingente, e come costituirsi secondo delle regole che ci servono per orientarci tra tutte queste verit prodotte, indipendentemente da unidentit che ci restituisce alloggettivazione, che ci normalizza come universali. Sembra che bisogni continuamente opporre una via duscita alla verit che viene da s, collocandola e riconoscendola continuamente tra quelle verit che verranno oggettivate allesterno, e che se oggi fanno una differenza nella storia, domani dovranno essere sottoposte anchesse a una rottura critica che a sua volta sattende una differenza. Foucault stesso identifica la critica in un ethos, un atteggiamento limite che, esercitato nella forma del superamento possibile delle strutture formali che hanno valore universale, attraverso unindagine storica degli eventi che ci permettono di riconoscerci come soggetti di ci che facciamo, pensiamo e diciamo, possa autodefinirsi archeologico e non trascendentale, nella misura in cui si occupa non di cogliere le strutture universali di ogni conoscenza e morale possibile, ma di trattare i discorsi che articolano ci che noi pensiamo, diciamo e facciamo come eventi storici essi stessi; e possa dirsi genealogico nella misura in cui definisce la possibilit non di dedurre ci che non possiamo conoscere e fare dalla forma di ci che siamo, ma di cogliere, nella nostra contingenza di soggetti storici, la possibilit di non essere, non fare, non pensare pi quello che siamo, facciamo o pensiamo (82). Non vi nessuna esperienza, secondo Foucault, che non sia riconducibile a un modo di pensare e che non possa essere ricondotta a una storia del pensiero che solo il pensiero pu compiere lavorando su se stesso; per questo il pensiero anche azione, considerato forma stessa dellazione, che implica il gioco del vero e del falso, laccettazione o il rifiuto della regola, i rapporti con se stessi e con gli altri; questo pensiero contiene delle strutture universali che sono per sempre storicamente vincolate, e che pertanto danno luogo a eventi di pensiero che possono essere analizzati e trasformati dal soggetto di pensiero critico in questione (83). Che cosa del presente ha attualmente senso per una riflessione del pensiero? Qual la nostra attualit, qual il nostro senso? Foucault pensava la modernit in termini di atteggiamento ovvero modo di relazione con lattualit, piuttosto che un periodo della storia; modo di relazione che consistesse in una scelta che, alla maniera di Baudelaire, si traducesse nellinventare se stessi facendo della propria esistenza, del proprio corpo, passioni, sentimenti unopera darte, violentando il presente e rispettandolo allo stesso tempo attraverso la trasfigurazione del reale (84). La modernit un modo di pensare, agire, sentire, comportarsi, che testimonia la nostra appartenenza allattualit e si presenta come un compito al tempo stesso, caratterizzandosi come un ethos. In Baudelaire, sottolinea Foucault, v un atteggiamento rispetto al movimento perpetuo del tempo, ed essere moderni non riconoscere questo movimento, ma trovare nella relazione con il presente qualcosa di eterno, di eroico, trasfigurarla attraverso un gioco tra la verit del reale e lesercizio della libert, facendo del proprio corpo un comportamento, unopera darte. Sembra che Foucault abbia prospettato la critica come una regola, uno strumento, un metodo; un principio che non potesse essere legge ma che potesse essere ricollegato alla virt, che si collocasse sul confine, tra il dentro e il fuori del soggetto. Egli la definisce un modo per non essere eccessivamente governati (85), pur giocando nellinterrogare la verit nei suoi effetti di potere sul soggetto; conoscendola, la critica non serve la verit, ma la corregge nelle sue degenerazioni. Ci che atto a indagare il campo delle esperienze possibili, contrapponendosi a unanalitica della verit, che si interroga sulle condizioni per le quali possibile una conoscenza vera, lontologia del presente, che si chiede che ruolo abbiamo come soggetti produttori di verit, nel determinare quelle rotture tra verit e verit che ci fanno riconsiderare il presente e ci rapportano continuamente allattualit, avviando letica perch distaccano da un unico modo di essere, creano un modo di soggettivazione proiettato verso altro.
-Esprimersi e morire o essere immortali e inespressi
Carla Benedetti in Il tradimento dei critici (86), definisce limpulso alla critica come una pulsione di tutto ci che vive e opera nel mondo, riprendendo la formula delleuresi di Gadda, per cui ogni essere n 20
tenderebbe verso ln+1, dove n sta per lacquisito e l1 sta per lacquisendo che ancora ignoto, rimettendo in moto la costruzione, laggiunta di nuovo, in ci che dopo un certo tempo si trova privo di realt ma viene dato comunque per evidente allinterno del pensiero comune (87).
La critica [] in qualsiasi campo si eserciti, [],mira a tenere aperti i possibili, a lasciar parlare lalterit, e in definitiva come scriveva Foucault a far vedere alle persone come esse siano pi libere di quello che pensano (88).
Benedetti riprende il concetto foucaultiano di critica come costruzione di nuovi nessi sapere-potere, di effetti di verit che modifichino il discorso corrente, in cui la verit non il campo delluniversale, ma il campo stesso di azione del potere, che a sua volta si d in una continua lotta per la produzione di effetti di verit (89). Nota dunque che la verit non un qualcosa cui la conoscenza debba adeguarsi, non legata alloggettivit dei fatti, ma un effetto che si costruisce dentro la comunicazione stessa, e ad ogni effetto corrispondono fatti che si creano attraverso i discorsi. Dunque la verit risulta essere il campo di un conflitto, non delluniversale, nel quale campo lintellettuale in quanto critico non pu porsi come portatore di una verit universale falsata dal potere, in quanto per le stesse ragioni sopra esposte non pu opporre la verit al potere. Il compito del critico dunque sbloccare i contesti, tracciare linee di fuga, muovere verso qualcosa di radicalmente altro (90). Lintellettuale non pu restare luniversalista di un tempo, ma deve aprire dei varchi agendo allinterno dei micropoteri, svilendo i punti di vista dominanti in un mondo della cultura che sembrerebbe privo di conflitti (91). Il problema delloggi infatti proprio questa apparenza di quiete dopo la tempesta, vissuta come unespansione del post-rivoluzionario, del post-liberatorio. Tutto ci che viene prodotto, in qualsiasi settore culturale viene indicato premettendo a ci di cui si vuole che sia espressione il prefisso post, come se si dovesse trattare di una pura appendice, che non solo non in grado ma neppure ha intenzione di provocare scandalo, sancendo con la sua sola nascita la propria impotenza e la propria impersonalit.
[] Sia larte, sia lazione rivoluzionaria sono finite in questo doppio legame paralizzante: se disubbidisci ubbidisci, se scandalizzi sei nella norma, qualunque cosa tu faccia resti prigioniero del gi dato. Dappertutto registrata limpossibilit dello scandalo, che poi anche limpossibilit del conflitto (92).
in questo contesto che Carla Benedetti recupera la figura di Pier Paolo Pasolini:
Egli non solo fu il primo in Italia a denunciare lesaurirsi dellavanguardia, ma anche a denunciare limpotenza di quel tipo di trasgressione [] e anche a capire le trasformazioni del potere. Un potere che non reprime ma imbriglia, anche quando trasgredisci le sue regole, anche quando ti ribelli al padre e vai a manifestare a Berlino [] poich se disubbidisci ubbidisci (93).
Pasolini si esprime con tutte le sue forze nel recuperare un rapporto con il lettore nella scrittura e con lo spettatore nel teatro, che si strutturi attraverso la coincidenza, il compenetrarsi di pensiero e azione, in modo che lautore sia coinvolto personalmente, in carne e ossa in quello che dice e che esula dalla narrazione. Il tentativo di Pasolini un tentativo che si scaglia contro il realismo del racconto borghese, dellesposizione dei fatti attraverso la coerenza, la linearit, la fluidit della narrazione; quello di voler ridare forza a una parola morta in partenza, e, come nota ancora Benedetti, di scagliarsi contro quella convenzionalit non delle forme artistiche, bens della sfera in cui esse trovavano posto. Per questo la sua parola vuole uscire dalla Letteratura e dal Teatro, per agire nel mondo al di fuori della sua istituzionalizzazione. Si tratta di quella forma di coerenza tra pensiero e azione, che consiste quasi in una riattualizzazione di quella parresia che serviva nella democrazia ateniese a esercitare una critica in rapporto diretto col potere, quellattivit che comportava un rischio e di quel rischio stesso faceva unaffermazione di verit, attraverso quella relazione fra se stessi e ci che si dice (94). Pasolini mostrava il proprio corpo e il proprio pensiero consapevole, non distaccandolo mai dallesperienza diretta, dal rischio che comportava l esporre la propria professione e la propria persona 21
contemporaneamente al potere delle istituzioni letterarie e di quelle politiche, alla verit del logos che esse diffondevano per mezzo di quella stessa parola, che lautore tender a rifiutare sempre pi drasticamente. La sfiducia nel logos tradizionale ha trovato in Empirismo eretico (95) la sua espressione teorica. Pasolini stato sempre affascinato, durante lintero corso della sua opera, dal passaggio dalla falsa dialettica antiborghese a quello che chiamava il linguaggio della realt, a discapito della ricezione del messaggio da parte del pubblico: la sua carriera subisce infatti una svolta improvvisa quando da poeta e romanziere, che pure aveva preferito lincursione dialettale nella narrazione perch pi vicina a una forma di comunicazione lontana dalla prigione della lingua borghese, passa allattivit di regista cinematografico. Partendo dallidea di un linguaggio senza lingua, giunge alla tesi un po provocatoria che la lingua del cinema la Realt stessa, in quanto lo spettatore decodifica le immagini filmiche con lo stesso sguardo col quale decodifica la realt; il linguaggio della realt pertanto pi vicino alla fisicit onirica del caos delle cose che alla astrattezza dei simboli del linguaggio parlato. Gli oggetti infatti, afferma Pasolini, conservano sempre una certa impenetrabilit, perch non si adattano come le parole alle creazioni che indicano, ma essendo patrimonio comune, il loro significato quello del senso comune; pertanto attraverso una sorta di memoria onirica si realizza una forma di rapporto comunicativo del soggetto, che percepisce limmagine, con se stesso e indirettamente con gli altri: questo costituiva per Pasolini una poeticit della comunicazione al di fuori della strumentalit del linguaggio. La realt dunque potrebbe definirsi come cinema in natura il cui primo linguaggio lazione umana nella realt stessa che si eprime attraverso il corpo, la presenza fisica, il comportamento e infine la lingua scritto-parlata (96).
Vivendo, dunque, noi ci rappresentiamo, e assistiamo alla rappresentazione altrui. La realt del mondo umano non che questa rappresentazione doppia, in cui siamo attori e insieme spettatori: un gigantesco happening, se vogliamo (97).
Nel cinema, inteso come tecnica audiovisiva, Pasolini vedeva un mezzo per esercitare resistenza contro quei codici rivelatori di verit che tendono a unire il mondo e ad amministrarlo, facendolo apparire naturale attraverso lottica di una sua dimensione spazio-temporale. Il cinema rappresenta dunque un tentativo di isolare feticisticamente le cose del mondo e non considerarle naturali. Condizione di naturalit infatti il tempo, che il passare di una cosa che non c, di cui il cinema in ogni sua espressione pratica, ovvero in ciascuna realizzazione cinematografica, in grado di abolire la continuit, presentando le azioni della vita come dopo la morte, rendendole significative e morali (98). Lautore, che in carne e ossa decifra il linguaggio dellazione umana facendone rappresentazione, muore anchegli ogni volta dentro le sue opere, perch il suo esempio ha fine e in questo modo esercita la sua libert, mentre lo spettatore gode di tale libert. O esprimersi e morire o essere immortali e inespressi (99). Si tratta di quella esigenza, parresiastica, perch dice ecco ci che sono e ci che dico, in una coerenza di espressione e di azione, di voler eroicizzare il presente facendo di se stessi, nellatto di creare, un atteggiamento che al tempo stesso un comportamento, un esempio che si rinnova in ogni forma di espressione e in essa ogni volta ha fine, perch quella fine che vi conferisce un significato morale, segnando al tempo stesso linterminabilit di quellesercizio che si fermer soltanto con la morte, stavolta intesa non metaforicamente, e che a sua volta eroicizza lintera vita come esempio. Pasolini poi, nelle sue opere, d forma allapprensione per il presente attraverso il ricorso allesaltazione del passato, che metteva in luce una esigenza di allarmarsi di fronte a una carenza di comprensione storica che minava la possibilit di una relazione consapevole con lattualit. Egli fa recitare al protagonista di un suo film (100) dei suoi versi:
Io sono una forza del Passato. Solo nella tradizione il mio amore. Vengo dai ruderi, dalle chiese, dalle pale daltare, dai borghi abbandonati sugli Appennini o le Prealpi, dove sono vissuti i fratelli. Giro per la Tuscolana come un pazzo, per lAppia come un cane senza padrone. 22
O guardo i crepuscoli, le mattine su Roma, sulla Ciociaria, sul mondo, come i primi atti della Dopostoria, cui io assisto, per privilegio danagrafe, dallorlo estremo di qualche et sepolta. Mostruoso chi nato dalle viscere di una donna morta. E io, feto adulto, mi aggiro pi moderno di ogni moderno a cercare fratelli che non sono pi (101).
Il rifiuto delle forme espressive amministrate deve fino allestremo trovare nuove modalit di manifestare il proprio pensiero, che Pasolini definisce sempre come un esempio, con riferimento immediato alla fisicit, alla presenza che rischia di restare incompresa: non a caso alcuni dei suoi versi pi famosi recitano: La morte non nel non poter pi comunicare, ma nel non poter pi essere compresi (102) . La morte latto inspiegabile che in grado di dare senso alla vita, rivelazione misteriosa di quella bellezza che Pasolini cercher di rendere soffermandosi sullimmagine della realt, dei suoi corpi, delle sue azioni ritratte come dopo la morte. Che cosa sono le nuvole? (103) una rivisitazione dellOtello di Shakespeare che Pasolini presentava come una rappresentazione nella rappresentazione: immaginava la tragedia come messa in scena da un teatro di burattini, che sono i protagonisti veri e propri in quanto animati, ossia impersonati da attori in carne ed ossa: Otello in particolare, in quanto creato da poco, si chiede il perch di dover compiere degli atti che non avverte come corrispondenti alla propria natura, si chiede il perch di dover essere amministrato in quel modo. La prima risposta gli verr fornita da Jago, il bugiardo traditore:
la nostra vita come una polenta. Prende le forme della caldara dov rovesciata. Ma qual questa forma? La forma della superficie della polenta contro la parete della caldara, o la forma della parete della caldara che contiene la polenta? Noi siamo la polenta, e il giudizio degli altri la caldaraeh figlio mio, noi siamo in un sogno dentro un sogno (104).
La seconda risposta gli verr data dal burattinaio e poi ancora da Jago, i quali cercano di far capire a Otello che il motivo del sentirsi cos diverso da come crede risiede in una verit che nascosta nel profondo dellanima e che d ragione degli atti compiuti, coincidendo con una volont inconsapevole; verit che non bisogna nominare, perch appena la si nomina, essa non c pi. I due personaggi principali della commedia, Otello, che deve uccidere Desdemona, e Jago, i quali non possono fare a meno di recitare, essendo burattini, vengono fagocitati nel bel mezzo della scena da un pubblico di estrazione popolare che non riesce a scindere tra realt e rappresentazione, e che irrompe sul palcoscenico aggredendo i personaggi, avvertiti come colpevoli dei loro atti. I malridotti Otello e Jago, il giorno seguente, vengono gettati in una discarica allaria aperta perch ormai inutilizzabili, e, alzando gli occhi al cielo per la prima volta in punto di morte, si meravigliano, volgendo lo sguardo alle nuvole, della straziante bellezza del creato (105). Qui la morte vitale in quanto spalanca una porta verso la bellezza di un mondo altro che fino a quel momento non era stato scorto guardando dentro di s. Questo mondo non pu e non deve essere ridotto a spettacolo, ma deve essere unapertura a un possibile ancora ignoto che si pu costruire, che per Pasolini assumeva una dimensione sacra; la finitezza umana in rapporto col presente deve essere una spinta allazione. Bisogna fare della vita unarte a cui la morte d un significato nel momento in cui rivela che la verit non va cercata dentro di s, ma tendendo il proprio esprimersi verso il mondo, accorgendosi del mondo per turbarlo senza esserne divorati: offrire allo spettatore la propria consapevolezza, essere spettatori del proprio rapporto col mondo per essere spettacolo per il mondo. Questa pratica dellesistenza come esperienza del rapporto con lignoto possibile, Pasolini la definiva anche una dimensione sacra alternativa alla razionalit illuministica della cultura borghese. Questultima viene posta in Teorema (106) a contatto con una dimensione ad essa estranea. Una famiglia borghese indotta alla dissoluzione di tutti i suoi componenti attraverso la messa in discussione dei loro valori universali da un personaggio che Pasolini presenta nelle vesti di un ospite, che attraverso la dimesione 23
sessuale, distrugge lidentit di tutti i membri della famiglia, ma che ha una dimensione umana bench estraniante. Il risultato lo smarrimento di tutti i componenti della famiglia. Si riscontra la necessit dellaffermazione di qualcosa di differente, di altro, che corrisponda a una spiritualit intesa come uno spazio pieno, ri-creato. La razionalit ordinatrice che, attraverso le categorie di ordine, benessere, possesso, riduce tutto a oggetto, non pu concepire il sacro che come senso di colpa per aver trasgredito allobbedienza alla propria cultura legata a una dimensione identificatoria che non pu rapportarsi alla differenza se non cercando di assimilarla a s, integrandola. Non conosce per questo che la dimensione dello sfruttamento, della dialettica schiavo-padrone e riconosce la diversit, lalterit soltanto attraverso il formale, tollerando. La cultura occidentale, incarnata dalla borghesia, o rivoluziona e assimila a s, o tollera escludendo il particolare attraverso il riconoscimento formale. Per questo Pasolini immagina che a contatto con lestraneo essa si autodistrugga per eccesso di cultura e di appartenenza. Il senso del sacro congiunto al corpo diviene in Pasolini un modo per rapportarsi nuovamente al proprio s, una rifondazione della propria soggettivit dopo la rinuncia che appartiene a quella borghese, e che necessita di un nuovo modo di vedere, di conoscere, di convivere. Lidentit con la sua dinamica di accoglienza/esclusione in questo senso una condizione sempre insufficiente del percepire la propria soggettivit. Ci che deve metterla per Pasolini in discussione unalterit spirituale. Nel documentario Sopraluoghi in Palestina (107) , lo scrittore, (durante la visita ai luoghi della vita di Ges, allo scopo di raccogliere materiale per girare il suo capolavoro Il Vangelo secondo Matteo (108), affermava che spirituale corrispondesse per lui a un qualcosa di non religioso o intimo, ma di estetico; Pasolini, rimasto sconvolto da quei luoghi, che avevano conservato pochissimo della loro autenticit quasi barbarica, di cui ci che era sopravvissuto emergeva nelle cose piccole, che per tradizione cristiana immaginiamo immense, si dichiarava sempre pi persuaso dalla sua idea che le cose, quanto pi sono piccole e umili, tanto pi sono belle e profonde, e si ritrovava altrettanto profondamente nella frase di san Paolo che dice:
ci che stolto per il mondo, Iddio lo scelse per confondere i sapienti. E ci che per il mondo debole, Iddio lo scelse per confondere quello che forte. Scelse ci che per il mondo non ha nobilt e valore, ci che non esiste, per ridurre al nulla ci che esiste (109).
La rivelazione estetica era dunque spirituale nella misura in cui si ricollegava a una rilevanza dellignoto, di ci che di sacro si apre alla scoperta. Lidea della morte in Pasolini metteva in evidenza questignoto proprio mentre manifestava che finch siamo vivi manchiamo di senso, e il linguaggio della nostra vita nel caos di possibilit che si aprono nella relazione. Il sacro quella sostanzialit dellirresolubile, che non richiede qualcosa di ulteriore per essere compresa se non levidenza della vita. Il fiore delle mille e una notte (110), girato tra il 1973 e il 1974 tra Etiopia, Iran, Yemen e Nepal, che riprende lo schema della raccolta araba, in cui da una storia sboccia unaltra storia, privilegiandone alcuni temi, un capolavoro della vita esposta, in cui risaltano le atmosfere oniriche e i colori caldi. Lintenzione di Pasolini proprio una rappresentazione dellevidenza nella nudit dei corpi non eccessivamente scandalizzante perch giustificata da un modello di povert. La dimensione di alterit che qui e altrove in Pasolini si d nella forma della nostalgia viene proiettata nel passato ma vuole essere una dimensione possibile, in cui la realt gode gi della propria ri-creazione pur non perdendo la sua condizione particolare di esperienza, poich la verit non sta in un solo sogno, ma in molti sogni (111), o come riportato, ancora pi chiaramente, nella sceneggiatura, la verit nella vita, non nel sogno (112). La verit data dal carattere esperienziale inclassificabile della relazione, dal momento che ogni personaggio che racconta una storia lo fa vivendone una a sua volta, la cui conclusione felice o infelice non dice una verit su di s, ma espone la propria sacra e vera evidenza della vita presentandola come archi-possibilit della differenza, dello scarto che essa esprime. Da ogni relazione ne nasce unaltra, perfino dalla morte si schiude una relazione attraverso una storia. La morte lo scarto che sposta lattenzione dalla grazia dei singoli corpi allelemento co-esitenziale della relazione, alla bellezza co-esistenziale dei corpi.
-Per concludere 24
Per Foucault un modo di disassoggettamento un modo di smettere di essere legati a unidentit, di esercitare il proprio potere sugli altri nel senso di una condotta, pertanto una forma di resistenza. Esistono soggetti attivi, attraverso le pratiche di s, sia soggetti passivi, cio vittime di un sistema di coercizione. Ma i casi di attivit o passivit, le pratiche di s o modi di soggettivazione, sono per Foucault il modo in cui un individuo accede, forma la propria soggettivit, dunque sono anche il modo attraverso il quale si conduce rispetto agli altri. Sono il modo in cui regola il proprio potere a partire da una pratica di resistenza e si oppone al potere, ma, contemporaneamente, si costituisce eticamente come soggetto morale, rispetto a se stesso e ad altri, attraverso unarte dellesistenza. Essa la chiave della possibilit di una soggettivazione etica che sia anche politica, e che implichi una reciprocit tra questi due ruoli del soggetto. In Microfisica del potere (113), Foucault afferma che esiste un meccanismo per cui alla repressione si oppone il discorso e la ribellione del corpo a quel discorso; il potere ne prende atto e proprio attraverso e grazie a quel discorso si ripresenta sottoforma di controllo-stimolo alla verit piuttosto che di repressione, recuperando sempre attraverso i soggetti. La coscienza del corpo dunque sempre determinata da un investimento di quel corpo da parte del potere. In questo si verifica sempre un controllo capillare del potere (114). Se i Greci dunque si curavano della verit curandosi di se stessi, e si curavano degli altri attraverso il rapporto con s, escludendo che si possa riprendere la cura di s come principio imitativo dei Greci, potremmo porci, secondo Foucault, il problema della verit in negativo. Perch dobbiamo curarci della verit pi che di noi stessi? Foucault sottolinea che in occidente ci sono delle possibilit di cambiare le regole del gioco di verit perch non ne esiste una definizione chiusa, che escluda tutti gli altri giochi di verit. Limportante lezione di Foucault che il lavoro da compiere innanzitutto sul soggetto come sullelaborazione dalterit: laddove oggi lascetismo inteso essenzialmente come rinuncia, astensione da qualcosa, si deve a far maturare lelemento positivo-affettivo, produttivo dellascesi. Larte di vivere in questo senso una forma produttiva di creazione di s che non pu prescindere dalla pratica politica, dallopposizione, dalla resistenza; nello stesso tempo non si pu prendere una posizione ed esercitare uninfluenza politica senza unetica, senza un lavoro su di s, senza un riconoscimento politico, una consapevolezza dei rapporti che soltanto quel lavoro su di s pu dare. Pier Paolo Pasolini si impegnato in un tentativo etico e insieme politico di ricerca artistica che implicasse il coinvolgimento dellesistenza stessa, nella persona dellautore, fino alla sua morte, coerentemente con il suo pensiero: Ogni nostra vita, in quanto linguaggio dellazione, o semplicemente, della presenza fisica, un esempio: in quanto tale, ogni nostra vita unopera: con il suo stile e la sua morale: il suo messaggio. Rispetto al codice, cio alla media delle vite umane, la nostra vita pu essere inventata, com inventato, appunto, un messaggio. [...] Invasato da un vecchio spirito ereticale, metto laccento piuttosto sulle opere che sulla fede (115).
Attraverso una nuova possibilit di concepire il modo di essere, entrambi, Foucault e Pasolini, collegano politica, etica e verit nella loro ricerca. Per Foucault la creazione di forme nuove di soggettivazione, di una cultura di s attraverso larte di vivere, la dimensione pi appropriata, auspicabile per ritrovare una forma di combattimento politico che non si dia nella forma di unillusione, di un accaparramento di realt, di una presa di possesso, di un progresso crescente, di un valore universale. importante che la trasformazione sociale parte da un lavoro interno a questo spazio comune di ricerca dove il discorso e la razionalit non sono lunica promessa di felicit e dove il soggetto capace di crearsi altro per s e per altri anche a costo di essere, talvolta, un soggetto muto. Il rapporto, quando mediato da un interesse confessionale, privilegia quasi sempre il ruolo oggetto del soggetto che si pente o che si libera del peso della sua verit: emerge come questa sia una caratteristica che si estende a tutti i rapporti e riempie tutte le forme di soggettivit che sono legate a unestrazione di verit che si fa discorso, e che promette salvezza o guarigione dalle pene dellanima. Nel cammino verso la salvezza e nel progresso della conoscenza il soggetto non ha bisogno di trasformazione, ma non rinuncia alla valorizzazione del discorso come forma di possesso del mondo. Laltro solo un simile che alloccorrenza viene a tirar fuori la verit che dentro di noi. 25
Il potere che esercitiamo sugli altri posto fra se stessi e la verit, e la salvezza che essa promette una salvezza individuale. Il momento della verit un momento di comprensione individuale, non relazionale, come lo la morte; e la comprensione non qualcosa che si condivide, un atto razionale. Ci che ci responsabilizza verso gli altri qualcosa di esterno, naturale e universale, come il diritto: ci sufficiente a concepirci in una dimensione parallela a quella dellaltro, riconoscendoci un comune fine razionale. Niente dellaltro compromette il s, la cui unica ascesi possibile quella della conquista della verit, e la forma di discorso che se ne ricava, strumentale e verticale, favorisce uno strutturarsi di relazioni il cui unico frutto il prodursi negli individui di percorsi paralleli e lineari, che degenerano qualora deviati, messi in discussione dagli altri. Lindividuo si analizza, ma non si scalfisce. Bisogna invece opporre continuamente, secondo la lezione di Foucault, una via duscita alla verit che viene da s, via duscita che nel corpo dellaltro e nel mondo e va cercata opponendo al presente la consapevolezza del passato e del vissuto: niente deve scomparire, niente va liberato, tutto va rivisitato continuamente nella sua stratificazione. A questo proposito Pasolini concepisce, attraverso una forma particolare di scrittura, la comprensione a partire dal fraintendimento, e la fa diventare una costruzione di esperienze stratificate, accessibili soltanto mediante unazione comune dellautore e del lettore-interlocutore, esercitata innanzitutto sullelaborazione del proprio vissuto, necessario per loperazione dialogica. Una volta soggetto etico e soggetto di verit, come spiega Foucault, erano congiunti grazie a una forma di ascetismo attivo: il fatto che le forme di soggettivit non siano delle categorie universali implica che esse possano sempre costituirsi in verit come alterit politiche ed etiche. Questa possibilit si d in unestetica dellesistenza trasversale, che attraverso il lavoro su s e sul proprio corpo agisce anche sulle regole di condotta degli altri, e che necessita di una continua attenzione critico-percettiva alle possibilit che essa stessa apre. Il soggetto pu tornare ad essere un soggetto di conoscenza se la conoscenza quella che deve assumere per essere un soggetto morale a pieno titolo: questo atteggiamento etico in quanto si pone il problema di esercitare un modo di condursi e di condurre e presuppone uno spazio fra s altro, che, nei termini di questa relazione, lequivalente del momento eroico baudelairiano nella relazione col presente: il momento della meraviglia. La relazione va trasfigurata attraverso levidenza del reale e lesercizio della libert, che fa del proprio corpo unopera darte e il cui senso il compito legato allatteggiamento che si assume, fino alla fine di quel vissuto. Pasolini, che aveva cercato la poeticit della comunicazione al di l della strumentalit del linguaggio, ritrovandola nellimmagine della realt, in Affabulazione (116), nei panni dellombra di Sofocle, si esprime cosi:
Luomo si accorto della realt Solo quando lha rappresentata. [] comincia ad albeggiare, lora in cui il silenzio pi profondoMa un rossore corrompe col suo profondo essere, lazzurro dellaria gelida: fra poco ne brilleranno i vetri riflettendo il triste orizzonte. Ah, rimpianger per sempre di non aver rappresentato abbastanza nelle mie tragedie questa inanimata volont della terra a rivivere; questo po di rosa, questo leggero spirare del vento cose, non parole (117).
(04/2008)
Note
(1) MICHEL FOUCAULT, Tecnologie del s. Bollati Boringhieri, Torino 2005, p. 10. 26
(2) ib, p. 14. (3) Ib, p. 13. (4) Ib, p. 66. (5) MICHEL FOUCAULT, Poteri e strategie, Associazione Culturale Mimesis, Milano 2004, cfr. p. 104. Si veda inoltre ID., Letica della cura di s come pratica di libert, in Archivio Foucault 3, Feltrinelli, Milano 2005, cfr. p. 282. (6) MICHEL FOUCAULT, La volont di sapere, Feltrinelli, Milano 2004, p. 83. (7) Ib, pp. 82-85. (8) MICHEL FOUCAULT, Foucault, in Archivio Foucault 3. cit. p. 252. (9) MICHEL FOUCAULT, Tecnologie del s, cit. p. 14 (10) MICHEL FOUCAULT Sicurezza, territorio, popolazione, Feltrinelli, Milano 2005, p. 143. (11) MICHEL FOUCAULT, Il soggetto e il potere, in H. L. DREYFUS, P. RABINOW, La ricerca di Michel Foucault, Ponte alle Grazie, Firenze, 1989, p. 248. (12) Ibidem, p. 249. (13) Ibidem. (14) Ibidem, p. 79. (15) MICHEL FOUCAULT, Microfisica del potere, Einaudi, Torino 1977, p. 183. (16) MICHEL FOUCAULT, Foucault 1984, in Archivio Foucault 3, cit., p. 250. (17) MICHEL FOUCAULT, Letica della cura di s come pratica di libert, in Archivio Foucault 3, cit., p. 283. (18) Si fa riferimento alla definizione foucaultiana che costituisce il titolo di un paragrafo in MICHEL FOUCAULT, Sorvegliare e punire, Einaudi, Torino 1993, cfr. p. 147. (19) Sul dispositivo di sessualit cfr. MICHEL FOUCAULT, La volont di sapere, cit., pp. 138 - 139. (20) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Le parole e le cose, Bur Saggi, Milano, 2004. (21) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Microfisica del potere, cit. (22) Cfr. Intervista a Michel Foucault, ibidem, p. 11. (23) Cfr. ibidem, pp. 8-9. (24) Cfr. Nietzsche, la genealogia, la storia, ibidem, p. 29. (25) Cfr. ibidem, pp. 30-34. (26) Cfr. ibidem, p. 35. (27) Cfr. ibidem, p. 41. (28) Cfr. ibidem, pp. 42-44. (29) Cfr. ibidem, pp. 51-54. (30) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Le parole e le cose, cit. (31) Cfr. PIER PAOLO PASOLINI, Caldern, in Pasolini. Teatro, Mondadori, Milano, 2001. (32)MICHEL FOUCAULT. Letica della cura di s come pratica di libert, in Archivio Foucault 3, cit. (33) Cfr. ibidem, p. 276. (34) Sulla genealogia delletica, in H. L. DREYFUS, P. RABINOW, La ricerca di Michel Foucault, cit., p. 266. (35) Ibidem, p. 258. (36) Ibidem, p. 259. (37) Ibidem, p. 268. (38) Ibidem, p. 273. (39) Ibidem, p. 278. (40) MICHEL FOUCAULT, Tecnologie del s, cit., p. 12. (41) MICHEL FOUCAULT. Letica della cura di s come pratica di libert, cit., p. 280. (42) Ibidem, p. 293. (43) Ibidem. (44) MICHEL FOUCAULT, Poteri e Strategie, cit. p. 114. (45) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Lezione del 6 gennaio 1982, in Ermeneutica del soggetto, Feltrinelli, Milano 2003. (46) Ibidem. (47) MICHEL FOUCAULT, Tecnologie del s, cit, p. 3. (48) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Le triomphe social du plaisir sexuel, in Dits et crits, Gallimard, 1994. (49) Cfr. MICHEL FOUCAULT Lezione del 1 marzo 1978, in Sicurezza, territorio, popolazione, cit. (50) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Les matins gris de la tolerance, in Dits et crits, cit. (51) PIER PAOLO PASOLINI, Comizi damore, 1963, in Pasolini. Per il cinema, Mondadori, Milano, 2001. (52) MICHEL FOUCAULT, Les matins gris de la tolerance, in Dits et crits, cit., p. 269-271 (traduzione mia). (53) Cfr. PIER PAOLO PASOLINI, Scritti Corsari, in Pasolini. Scritti sulla politica e sulla societ, Mondadori, Milano 2006. (54) Cfr. PIER PAOLO PASOLINI, Lettere luterane, in Pasolini. Scritti sulla politica e sulla societ, cit. (55) PIER PAOLO PASOLINI, Pannella e il dissenso, ibidem,cit., p. 606. (56) Ibidem. 27
(57) Ibidem, p. 608. (58) Cfr. Intervento al congresso del partito radicale, ibidem, cit. (59) Ibidem, cit. (60) Ibidem, p. 721. (61) PIER PAOLO PASOLINI, Comizi damore, cit. (62) Ibidem. (63) MICHEL FOUCAULT, Lermeneutica del soggetto, cit. (64) MICHEL FOUCAULT, Tecnologie del s, cit. (65) Cfr. MICHEL FOUCAULT, La scrittura di s, in Archivio Foucault 3, cit. (66) MICHEL FOUCAULT, Luso dei piaceri, Feltrinelli, Lilano, 2004, p. 16. (67) Cfr. MICHEL FOUCAULT, La genealogia delletica, in H.L. DREYFUS, P. RABINOW, La ricerca di Michel Foucault, cit, p. 264. (68) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Lezione del 6 gennaio 1982, in Ermeneutica del soggetto, cit. (69) CARLA BENEDETTI, Pasolini contro Calvino, Bollati Boringhieri, Torino 1998, p. 181. (70) Ibidem, p. 185. (71) Ibidem, p. 151. (72) Cfr. PIER PAOLO PASOLINI, Petrolio, Mondadori, Milano 2005. (73) Ibidem, p. 579. (74) Ibidem. (75) Cfr. PIER PAOLO PASOLINI, La Divina Mimesis, Mondadori, Milano 2006, p. 44. (76) PIER PAOLO PASOLINI, Petrolio, cit., p. 39. (77) Ibidem, pp. 14-15. (78) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Discorso e Verit, Donzelli, Roma 2005. (79) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Lezione del 10 marzo 1982, in Lermeneutica del soggetto, cit. (80) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Discorso e verit, cit., pp. 111-114. (81) Cfr. ibidem. (82) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Che cos l Illuminismo?, in Archivio Foucault 3, cit., p. 228. (83) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Prefazione alla storia della sessualit, ibidem, pp. 234-235. (84) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Che cos lIlluminismo, ibidem, pp. 223-225. (85) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Illuminismo e Critica, Donzelli, Roma 1997. (86) CARLA BENEDETTI, Il tradimento dei critici, Bollati Boringhieri, Torino 2002. (87) Ibidem, p. 7. (88) Ibidem, p. 8. (89) Ibidem, pp. 115-116. (90) Ibidem, p. 117. (91) Ibidem, pp. 117-119. (92) Ibidem, p. 130. (93) Ibidem, p. 131. (94) Ibidem, p. 133. (95) PIER PAOLO PASOLINI, Empirismo eretico, Garzanti, Milano 2005. (96) Cfr. Sezione Cinema, ibidem. (97) Ibidem, p. 606. (98) Ibidem, p. 253. (99) Ibidem. (100) PIER PAOLO PASOLINI, La ricotta, 1963, in Pasolini. Per il cinema, Mondadori, Milano, 2001. (101) PIER PAOLO PASOLINI, Poesia in forma di rosa, in Tutte le poesie, Mondadori, Milano 2003, p. 1099. (102) Ibidem, p. 1183. (103) PIER PAOLO PASOLINI, Che cosa sono le nuvole?, 1967, in Pasolini. Per il cinema, Mondadori, Milano, 2001. (104) Ibidem, pp. 939-40. (105) Cfr. Ibidem. (106) Cfr. PIER PAOLO PASOLINI, Teorema, Garzanti, Milano 2006. (107) Cfr. PIER PAOLO PASOLINI, Sopraluoghi in Palestina, 1963-64, in Pasolini. Per il cinema, cit. (108) Cfr. PIER PAOLO PASOLINI, Il Vangelo secondo Matteo, 1964, Pasolini. Per il cinema, cit. (109) Cfr. PIER PAOLO PASOLINI, Sopraluoghi in Palestina, cit. (110) PIER PAOLO PASOLINI, Il fiore delle mille e una notte, 1973-74, in Pasolini. Per il cinema, Mondadori, Milano, 2001. (111) Cfr. ibidem. (112) Cfr. ibidem, p. 1722 (113) Cfr. MICHEL FOUCAULT, Microfisica del potere, cit. (114) Cfr. ibidem, p. 140. 28
(115) PIER PAOLO PASOLINI, Appendice a Porno Theo Kolossal, in Pasolini. Per il cinema, cit, p. 2758. (116) Cfr. PIER PAOLO PASOLINI, Affabulazione, in pasolini. Teatro, cit. (117) Ibidem, pp. 520-522.