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RIVISTA DI STUDI TRADIZIONALI

Nello stesso brano, egli parlava di un cmpito arduo


e non privo di contrariet, ma affermava anche netta-
mente quale sia la potenza insita nella verit, e di
certo le sue affermazioni al riguardo valgono per ciascu-
no esattamente nella misura in cui aderisca effettiva-
mente ad essa e mantenga tale adesione: Quando si
ha dalla propria parte la potenza della verit, quand'an-
che non si possieda nient'altro di fronte agli ostacoli
piu temibili, non si pu cedere allo scoraggiamento per-
ch questa potenza tale che nulla riuscir infine a
prevalere su di essa: soli possono dubitarne coloro che
non sanno che tutti gli squilibrz parziali e transitori
devono necessariamente concorrere al grande equili-
brio totale dell'Universo.
GIOvANNI PoNTE
POVERT E RICCHEZZA
una constatazione corrente che il numero di colo-
ro che ai giorni nostri sono attratti dalle dottrine tradi-
zionali, e quindi in grado di comprenderle in qualche
misura, non molto elevato; l'essere compresi in que-
sto numero perci gi l'indizio di una condizione
favorevole abbastanza eccezionale, della quale norma-
le che ciascuno approfitti concentrando tutte le sue for-
ze per portare le proprie conoscenze fino al termine
consentito dal suo orizzonte intellettuale .
Non bisogna per credere che, per il solo fatto di
essersi accostati alle dottrine tradizionali e di aver ma-
gari ottenuto un ricollegamento iniziatico valido e rego-
lare, si sia assiomaticamente al riparo dal pericolo di
interpretazioni dottrinali ancora molto superficiali e,
in quanto tali, soggette all'influsso della mentalit del-
l'ambiente in cui ci si trova in conseguenza della pro-
pria nascita, mentalit che, nel nostro caso di Occiden-
tali moderni , come si sa, il prodotto di tendenze
esattamente opposte a quelle che concorrono a forma-
re la mentalit tradizionale.
Sar anzi proprio in questa fase iniziale della pro-
pria carriera iniziatica che si correranno i maggiori
rischi di trovarsi impreparati di fronte ad attacchi del-
le forze avverse, suscitati dallo stesso tentativo di
sfuggire alla presa delle potenze di illusione che perva-
dono il nostro ambiente e sono capaci di assumere gli
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aspetti piu propri a impedirci di raggiungere la meta
intravista nel primo contatto con le realt tradizionali.
Una delle componenti della mentalit moderna piu
contrarie allo spirito tradizionale sicuramente quella
che R. Gunon defnisce come la tendenza all'individua-
lismo; in particolare, nel capitolo della Crisi del Mon-
do moderno che porta tale titolo, egli descrive questa
tendenza come una predisposizione alla negazione di
ogni principio superiore all'individualit e per conse-
guenza, la riduzione della civilt, in tutti i suoi aspetti,
ai soli elementi puramente umani ; questa tendenza
che caratterizza propriamente il punto di vista profa-
no e una delle sue manifestazioni piu negative consi-
ste nel rifutare, fno a negarlo, qualsiasi principio di
autorit.
Ci sar perci da aspettarsi che uno degli ostacoli
piu difficili da superare per chi si sia accinto ad opera-
re nel senso indicato da R. Gunon nei suoi libri , sia
proprio questa predisposizione innata ad attribuire a
se stesso in quanto individuo i risultati - quando ci
siano - di t ali operazioni, e in particolare anche le
acquisizioni di c t ~ t t e r e intellettuale che sono normal-
mente il frutto dell'assimilazione della dottrina tradizio-
nale.
Si tratta, come abbastanza facile rendersene con-
to, del prototipo stesso degli errori di fondo capaci di
infrmare qualsiasi sforzo fatto in direzione di una rea-
lizzazione spirituale, errori che possono manifestarsi
in qualsiasi momento del cammino iniziatico, per lo
meno fnch non si sia arrivati a superare, per l'appun-
to, l'istinto di separativit, ovvero il desiderio dell'esi-
stenza individuata. quasi inutile dire qui che per
manifestarsi nel corso dell'iter iniziatico di un essere,
questo genere di errore deve corrispondere a un punto
di vista non corretto, o a un carente approfondimento
nella fase preliminare o teorica della preparazione
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POVERT E RICCHEZZA
di quest'essere alla via iniziatica, cosicch tanto piu
interessante parlarne in questa sede in quanto, essen-
do speculativa o teorica essa stessa, la piu appro-
priata perch vi si rilevino chiaramente le interpretazio-
ni distorte della dottrina per rettifcarle ed eventual-
mente combatterne le manifestazioni esteriori.
Per affrontar.:: il pregiudizio da cui traggono origi-
ne la tendenza all'individualismo e le sue manifestazio-
ni in tutti i campi, ci sembra opportuno fare riferimen-
to a un concetto di fondo di cui R. Gunon tratta
specificamente nel suo studio intitolato El-Faqru \
contenuto ora nella raccolta postuma che porta il titolo
di Aperus sur l'Esotrisme islamique et le T aozsme.
All'inizio di questo articolo R. Gunon afferma: L'es-
sere contingente pu essere defnito come l'essere che
non ha in se stesso la sua ragione sufficiente; di conse-
guenza un tale essere - egli aggiunge - non nulla
di per se stesso, e nulla di ci che esso gli appartiene
in proprio. questo il caso dell'essere umano, in quan-
to individuo, cosi come il caso di tutti gli esseri mani-
festati, in qualsiasi stato, giacch, quale che sia la diffe-
renza tra i gradi dell'Esistenza universale, essa sem-
pre nulla nei confronti del Principio. Questi esseri,
umani o di altro tipo, sono perci, in tutto quello che
sono, in una dipendenza completa nei riguardi del Prin-
cipio, "al di fuori del quale non c' nulla, assolutamen-
te nulla che esista"; nella coscienza di questa dipen-
denza che consiste propriamente quella che molte tra-
dizioni descrivono come la "povert spirituale" .
In questo passo, vero, non si fa accenno alla cono-
scenza, quindi il lettore di Gunon potr istintivamen-
te obiettare che invece proprio perch spinto dal
desiderio di conoscenza stimolato in lui da quest'opera
che egli ha intrapreso una ricerca di carattere spiri-
1
Tradotto nel n. 50 di questa rivista.
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tuale e ha affrontato la Via . Se si riflette un po'
profondamente su alcuni dati di quest'opera, si potr
per osservare che R. Gunon, pur attribuendo ai risul-
tati conoscitivi di quelle che egli chiama scienze tradi-
zionali un certo valore relativo, riserva soltanto alla
conoscenza disinteressata le caratteristiche della de-
finitivit e dell'assolutezza, e questo disinteresse non
che un altro modo per qualificare, nei limiti del linguag-
gio umano, qualcosa che comporta uno svincolamento
dai condizionamenti individuali, riassunti in questo ca-
so sinteticamente nell' interesse , che un modo di
manifestarsi della tendenza di questi condizionamenti
a perdurare.
Del resto, sempre nell'articolo El-Faqru , si tro-
va la seguente citazione da Lie-Tseu: A colui che
risiede nel non-manifestato, tutti gli esseri si manifesta-
no ... Unito al Principio, egli in armonia, attraverso
di lui, con tutti gli esseri. Unito al Principio, egli cono-
sce tutto, in virtu delle ragioni generali superiori, e
non si serve piu, di conseguenza, dei suoi diversi sensi
per conoscere in particolare e in dettaglio. La vera ra-
gion d'essere delle cose (che l'oggetto dell'unica cono-
scenza reale) invisibile, inafferrabile, indefinibile, in-
determinabile. Soltanto lo spirito ristabilito nello stato
di semplicit perfetta pu raggiungerla nella contempla-
zione profonda .
Alla citazione di Lie-Tseu, Gunon fa seguire que-
sta spiegazione: La "semplicit", espressione dell'uni-
ficazione di tutte le potenze dell'essere, caratterizza il
ritorno allo "stato primordiale"; ... Questa "semplici-
t" anche quel che viene chiamato da altre parti lo
stato di "infanzia" (in sanscrito, bttlya), inteso natural-
mente in senso spirituale, e che, nella dottrina indu,
considerato un prerequisito per l'acquisizione della co-
noscenza per eccellenza .
La conoscenza a cui invita Gunon, e di cui egli
POVERT E RICCHEZZA
presenta agli esseri umani il riflesso sotto forma logica
nella sua opera scritta, perci non tanto il frutto di
una acquisizione da parte dell'individuo (al massimo
l'assimilazione di quest'opera attraverso l'utilizzazione
delle facolt individuali pu avere questo aspetto)
quanto il risultato di uno sforzo teso a liberare l'essere
dai condizionamenti che costituiscono questa individua-
lit. Dall'influsso di questi condizionamenti deriva al-
l'essere individuale il senso della propria autonomia, o
ricchezza, nei confronti del Principio, sicch pro-
prio attivando il senso della nostra povert di fon-
do che si favorisce la conoscenza, perch la prima
un'illusione e la seconda una realt.
Questo vale per qualsiasi modalit o facolt specifi-
ca a cui sia transitoriamente legata la nostra coscienza
individuale, e vale quindi anche per le facolt superio-
ri a cui riferito l'apprendimento teorico della dottri-
na; l'identificarsi individualmente a dati dottrinali, sia-
no pure ortodossi, se pu avere un valore di conserva-
zione, per s e per gli altri, della lettera della dottrina,
nella sua espressione formale, pu non significare realiz-
zazione compiuta dei loro significati profondi. Gunon
del resto parla, a questo proposito, di rinuncia al
mentale perch sia possibile una conoscenza diret-
ta e reale (o piu esattamente "realizzata") delle veri-
t di ordine iniziatico; fintantoch la conoscenza
soltanto mentale, essa non che una semplice conoscen-
za "di riflesso", come quella delle ombre che vedono i
prigionieri della caverna simbolica di Platone, dunque
una conoscenza indiretta ed esclusivamente esteriore;
passare dall'ombra alla realt, afferrata direttamente in
se stessa, passare in modo proprio dall'"esterno" al-
l' "interno", e anche, dal punto di vista dal quale ci
poniamo qui piu particolarmente, dall'iniziazione vir-
tuale all'iniziazione effettiva. Questo passaggio implica
la rinuncia al mentale, vale a dire ad ogni facolt discor-
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siva che ormai diventata impotente, perch non pu
oltrepassare i limiti impostile dalla sua stessa natu-
ra
2
Nello stesso spirito, un Sufz afferma: La ragio-
ne fa il giro del mondo creato; se per caso essa porta
verso il Creatore, si liquefa
3

In questo campo la grande guerra santa da con-
durre per ovviare il rischio di gonfare il proprio
mentale invece di rinunciarvi, di arricchirlo invece
di concorrere attivamente a fargli prendere coscienza
della sua intrinseca impotenza o povert , consiste
nel costante riferimento ai contenuti metafsici della
dottrina, che devono costituire come la pietra di para-
gone a cui deve sottoporre ogni impulso e, nel limite
del possibile, ogni pensiero , chi si sia avventurato
sul sentiero iniziatico. In altre parole, l'obiettivo fna-
le, che si deve sempre avere presente, a costituire la
salvaguardia contro le forze che nel nostro interno,
sollecitate o no talvolta dall'esterno, tenderebbero a
far deviare dal sentiero diritto : se tale obiettivo
a misura della nostra individualit, la via si arresta
per noi ad esso, ed i risultati ottenuti ne porteranno i
caratteri parimenti individuali; solo quando esso real-
mente di l dalle contingenze gli sforzi messi in opera
per raggiungerlo saranno in qualche modo omoge-
nei con esso, e si potr parlare di avanzamento nella
via iniziatica.
Ma non che l'iniziato, in particolare se al princi-
pio della sua via, possa illudersi di essere in grado di
condurre a buon fne da solo questa propedeutica ridu-
zione della propria individualit, soprattutto quando
si tratti, come accade molto spesso, non di esercitazio-
2
Cfr. Les limites du menta! in Aperus sur l'Initiation
(tradotto nel n. 47 di questa rivista).
3
In: G. C. Anawati-Gardet, Mistica islamica; Conclusione,
p. 273 (SEI, Torino 1960).
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ni teoriche (la cui portata, del resto, va ben piu lonta-
no di quanto il piu delle volte si sospetti), ma di appli-
cazioni della dottrina a situazioni vitali .
La pietra di paragone di cui parlavamo piu so-
pra in realt incorporata, se cosi si pu dire, nella
gerarchia iniziatica, la cui ragion d'essere esattamen-
te quella di fornire in modo sensibile agli esseri da cui
riconosciuta l'occasione per esercitare su se stessi le
operazioni che li potranno portare a realizzare la co-
scienza della loro dipendenza dal Principio.
Ci sembra che le osservazioni da noi fatte fnora
siano sufficienti per poter concludere in questo modo:
la tendenza ad arricchirsi , e a conservare e difende-
re la propria ricchezza , in qualunque campo possa
presentarsi, un impulso naturale e istintivo degli esse-
ri umani; essa collegata con l'aspetto illusorio della
manifestazione concepita come non riferita al suo prin-
cipio. Questa tendenza, assecondata, conduce in modo
ugualmente naturale alla ripetizione dei cicli di esi-
stenza; si tratta della via degli esseri periferici, travolti
dalla ruota della necessit a causa della loro igno-
ranza. quest'ultima, infatti, che alla radice del desi-
derio di ricchezza , inestricabilmente legato a un'illu-
soria autonomia nei riguardi del Principio. Poich la
realt ultima che all'infuori del Principio non c'
nulla, assolutamente nulla che esista , soltanto sman-
tellando questo senso di autonomia che gli esseri posso-
no acquisire la visione corretta delle cose, riconducen-
dole interiormente alla loro origine.
Questa demolizione, la quale pu assumere secon-
do i casi le apparenze e la denominazione di un distac-
co , di una rinuncia , di una spogliazione ,
per il solo mezzo che possa condurre alla realizzazio-
ne della propria povert nei riguardi del Principio,
ma questo , per converso, l'unico stato che corrispon-
da a una vera normalit .
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La spogliazione in questo senso profondo non pe-
r la rinuncia alle qualit o facolt che costituiscono la
propria individualit, cosa che sarebbe del resto impos-
sibile perch contraddittoria, bensf la rinuncia ad attri-
buirle a se stessi in quanto individui, vale a dire una
negazione attiva delle limitazioni che fanno di un esse-
re qualcuno, situandolo in un tempo e in uno spa-
zio determinati, e lo escludono per conseguenza dal
Tutto in cui risiede la sua ragion d'essere e la sua
identit profonda. Sicch si potr dire, con R. Gu-
non, che sono i "ricchi" dal punto di vista della mani-
festazione che sono veramente i "poveri" nei riguardi
del Principio, e inversamente ; e ci sembra cosf an-
che sufficientemente chiarito il valore metodologico fon-
damentale della povert in una via di conoscenza.
PIETRo NuTRIZIO
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Matrimonio tra Oriente e Occidente
Matrimonio tra Oriente e Occidente (Edizioni Dehoniane,
Bologna, 1983} stato scritto da Bede Griffths, un monaco
benedettino inglese che si stabilito in India da una trentina
d'anni. L'operato di Padre Griffths si inserisce nel contesto di
una nuova corrente cattolica che intenderebbe assimilare dal-
l'interno i valori della tradizione indu e piu in generale i
valori dell'Oriente, ritrovando di pari passo i valori piu pro-
fondi dello stesso Cristianesimo. Questo movimento fu iniziato
da due monaci francesi, Jules Monchanin e Henri Le Saux, che
si trasferirono in India alla fne degli anni 40, assumendo nomi
indu, indossando il mantello dei stdhu e dedicandosi a una vita
di meditazione in cui riunivano dottrine e pratiche rituali
indu e cristiane. Questi due monaci francesi fondarono un cen-
tro (da loro chiamato ashram )che poi lasciarono alle cure di
Padre Griffths e di altri due monaci. Di questo ashram
parla lo stesso Padre Griffths in Matrimonio fra Oriente e
Occidente in questi termini: In Shantivanam ( = foresta della
pace) ciascuno di noi ha una piccola capanna dal tetto di paglia,
in mezzo agli alberi, tra i quali viviamo e preghiamo, ci radunia-
mo tre volte al giorno per la preghiera. Non la preghiera for-
male ... ma una preghiera piu informale, dove ci sono letture
della Bibbia, dei Salmi e dei libri sacri di altre religioni. Al
mattino leggiamo dai Veda, a mezzogiorno dal Corano e dal
Grant Sahib (il libro sacro dei Sikh) e alla sera leggiamo dei
canti tradizionali dei poeti, specialmente quelli del grande mi-
stico del Tamil Nadu, Manikkar Vasagar. Cosi ogni giorno ci
confrontiamo nella nostra preghiera col problema della relazione
tra le diverse religioni . Egli non precisa in quale lingua ven-
gano fatte queste letture, ma si pu presumere che si tratti
dell'inglese.
normale che il fallimento del lavoro missionario in
Oriente, di cui parla lo stesso autore del libro, abbia condotto

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