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DEFENDING RATIO

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Questa breve riflessione vuole approfondire e stimolare alcune tematiche riguardanti


l’istruzione e portare a conoscenza un dibattito già presente da diversi anni a livello
nazionale. Per questo motivo è stato incentrata molta parte del ragionamento su “Segmenti
e bastoncini, dove sta andando la scuola?” del prof. Lucio Russo che uscito in stampa a fine
anni ’90 ha dato il via a un largo dibattito ancora oggi da rispolverare per contrattaccare l'
irrazionalismo presente nella didattica.

Notizia non più degli ultimi tempi è infatti il continuo sminuimento della teoria
evoluzionistica nei programmi per le scuole che lascia il campo all’intromissione di moderne
posizioni creazioniste. Prima di proseguire penso sia necessario sottolineare che per sistema
di istruzione si debba intendere tutto ciò che concorre a formare nella società un sostrato
culturale portatore di una determinata concezione e visione del mondo reale. Non si può
prescindere da una citazione del ruolo dei mass-media che ormai indirizzano e tendono a
sostituire i contenuti delle conversazioni, della scuola e dell’università, le forme classiche
della circolazione del sapere. Viviamo in una società in cui è immenso il numero di
informazioni che assimiliamo ogni giorno; c’è però da chiedersi: questo tipo di informazioni
forniscono la persona umana del libero arbitrio, ossia della capacità razionale di scegliere,
raccogliere ed elaborare in maniera positiva e sistematica le proprie esperienze quotidiane?
In sintesi, per dirla costituzionalmente, permettono “il pieno sviluppo della persona umana”?

Concentrazione della produzione e della conoscenza


“La tesi fondamentale di quel mio libretto [Segmenti e bastoncini] […], è che sia in atto un
processo di globalizzazione e di concentrazione della produzione e dei processi decisionali
che rende superflua la diffusione delle competenze” (Lucio Russo, L’espulsione della cultura
dalle istituzioni educative, in Antasofia 2 sapere, AA.VV. pag. 66-67).
La saturazione dei mercati della gran parte dei vecchi settori industriali spinge questi ultimi
alla riconversione, alla concentrazione e ad un’estensione della capacità di mercato che,
attraverso l’utilizzo della ogni giorno sempre più nuova tecnologia informatica e
massmediatica, permette di raggiungere ogni singola persona dell’intera società umana. Il
processo di globalizzazione neoliberista consiste di fatto in un grandissimo progresso
tecnologico-informatico che accorcia le distanze indirizzandosi però sempre verso scopi
consumistici e di sfruttamento. E’ un dato di fatto che chi ha in mano le leve dell’attività
produttiva mondiale e di conseguenza delle tecnologie di ultima generazione tenda a
imporre all’economia le proprie esigenze favorendo un'alternanza della “suddivisione del
lavoro” tra nazioni produttrici e nazioni-mercato che tendono a seguire l'onda sviluppando
economie consumistiche e servizievoli. In questi paesi si assiste ad un vertiginoso
ridimensionamento del numero dei lavoratori occupati nel settore dell’industria a favore di
un incremento del terziario che in stati quali l’Italia e ancor più in Gran Bretagna è ormai
largamente maggioritario.
L'idea di un' istruzione ancella di una tale economia porta, in maniera emergente, alla
formazione di pochi supertecnici e di molta manovalanza passiva e precaria consumatrice di
beni e servizi. La struttura e i contenuti dell’istruzione portano verso la medesima soluzione
della società ideale e oligarchica di Platone: "la scienza per pochi e il mito per molti”.
“Gli Stati Uniti hanno trovato una soluzione apparentemente efficiente dei problemi
precedenti […]. A una scuola secondaria di massa completamente dequalificata e a una
maggioranza di università meno che mediocri gli Stati uniti hanno affiancato una serie di
“centri di eccellenza”, costituiti soprattutto da prestigiose scuole di dottorato collegate a
centri di ricerca di alto livello” (Lucio Russo, Segmenti e bastoncini, dove sta andando la
scuola?, pag. 62). La soluzione è figlia della cultura pragmatista, nata in sordina agli inizi
dell’800 e divenuta in seguito lo strumento dell’ attivismo USA fino al dominio economico-
culturale attuale.

Pragmatismo e deconcettualizzazione
Dalla trasformazione strutturale della scuola e dell’università è evidente come un tale tipo di
istruzione piaccia tanto anche in Italia. Nelle Indicazioni nazionali per i Piani di Studio
Personalizzati nella Scuola Primaria, le direttive pedagogiche del ministero Moratti, si
sosteneva: “L’ esperienza è l’abbrivo di ogni conoscenza […]. La scuola primaria è il luogo in
cui ci si abitua a radicare le conoscenze (sapere) sulle esperienze (il fare e l’agire) a
integrare con sistematicità le due dimensioni e anche a concepire i primi ordinamenti
formali, semantici e sintattici, disciplinari e interdisciplinari, del sapere così riflessivamente
ricavato”.
L’istruzione pragmatista si presenta quindi strettamente dedita all’attività pratica. Il sapere
come riflesso del fare e dell’agire è un sapere che rompe l’unidualità' scientifica tra teoria e
pratica valorizzando esclusivamente quest’ultima ed escludendo le conoscenze direttamente
non utili che rimangono impigliate nelle reti dell'irrazionalismo. Come questo tipo di cultura
anti-teorica sia da tempo presente nel “senso comune” lo dimostra la continua ricerca
dell’utile da parte di studenti e insegnanti che in questo modo relegano importanti studi a
semplice livello di “astratti” o “morti”. “Il latino”, ad esempio, “si presenta (così come il
greco) alla fantasia come un mito anche per l’insegnante.” Ma “il latino non si studia per
imparare il latino, il latino, da molto tempo per una tradizione culturale scolastica di cui si
potrebbe ricercare l’origine e lo sviluppo, si studia come elemento di un ideale programma
scolastico, elemento che riassume e soddisfa tutta una serie di esigenze pedagogiche e
psicologiche; si studia per aiutare i fanciulli a studiare in un determinato modo, ad
analizzare un corpo storico che si può trattare come un cadavere che continuamente si
ricompone in vita, per abituarli a ragionare, ad astrarre schematicamente pur essendo
capaci dall’astrazione a ricalarsi nella vita reale immediata, per vedere in ogni fatto o dato
ciò che ha di generale e ciò che di particolare, il concetto e l’individuo” (Antonio Gramsci,
Per la ricerca del principio educativo, in Quaderni dal carcere-Gli intellettuali e
l’organizzazione della cultura, pag. 139).
Non si può dire che la citazione gramsciana non renda chiaro il ruolo della teoria nell’attività
di studio. La deconcettualizzazione dell’attività umana, ossia la negazione o il traviamento
dell’aspetto teorico, è in realtà una negazione della capacità di ragionamento e amputa la
personalità della capacità di scelta e di critica presente solo quando vi è la possibilità di
attingere da un bagaglio personale ampio e variegato. Attenzione quindi, nella presunta
semplificazione dei programmi scolastici vi è un’insidia alla ragione e al libero arbitrio.
Prendiamo come esempio la didattica geometrica. Dal secondo dopoguerra un’ondata
pragmatista proveniente dai paesi anglosassoni dopo aver sostenuto “che il metodo
dimostrativo fosse troppo difficile per i ragazzi delle scuole secondarie” sarebbe stato meglio
“invece di dimostrare sulla base dei postulati euclidei che in un triangolo ogni lato è più
corto della somma degli altri due” limitarsi “a dare ai ragazzi dei bastoncini e far loro
verificare che se un bastoncino è più lungo degli altri due non è possibile “chiudere il
triangolo” (segmenti e bastoncini pag. 27-28). In tal modo si ottiene lo stesso effetto che si
otterrebbe nel voler insegnare ad un bambino le quattro operazioni fornendogli una
calcolatrice anziché gli strumenti concettuali adeguati.
Un’istruzione specialistico-pragmatista del genere è semplicemente banale, è una pura e
semplice collezione di fatti e dati priva di connessioni logiche. E non riguarda solo la scuola.
Chi ha infatti un forte impatto nel rendere egemone una cultura sono i media grazie alla
capacità di raggiungere un ampio pubblico. Il riferimento è verso alcuni format televisivi che
infondono una conoscenza banale e agli occhi dello spettatore si presentano con sfumature
culturali. Per non parlare dell'utilizzo medio dell' web e dei social-network. Tutti questi
medium contribuiscono allo sviluppo di una “forma mentis” irrazionale e incompetente.
“Il dilagare dell’ignoranza ha riguardato anche conoscenze elementari che una volta erano
acquisite nella scuola secondaria. Ad esempio se un treno corre in curva il peso delle
carrozze si combina con la forza centrifuga dando luogo a una forza risultante che è
facilmente calcolabile in funzione della velocità e del raggio di curvatura. Se la retta che
passa per il baricentro della carrozza e la direzione della forza risultante intersecano il
terreno in un punto esterno ai binari, il treno deraglia e si rovescia. Se nessuno sa
prevedere più questo fenomeno capita che i treni effettivamente deraglino.Se poi si manda
una gru a sollevare le carrozze rovesciate e se la verticale passante per il baricentro del
sistema gru-carrozza esce dal poligono d’appoggio della gru, non è difficile prevedere cosa
accade: tentando di sollevare la carrozza si rovescia anche la gru. Se nessuno spiega tutto
ciò né al gruista né a chi dirige il lavoro, si verifica ciò che tutti leggiamo sui giornali”
(Segmenti e bastoncini pag. 71).

L’irrazionalismo
Abdicare al ragionamento porta quindi nelle grinfie dell'rrazionalismo. La divulgazione di una
letteratura pseudo scientifica spinge ad esempio verso una conoscenza mistica, favolosa,
ufologica e astrologica. Un ruolo negativo viene assunto anche dalle teorie negatrici di una
conoscenza reale e veritiera, quali le teorie falsificazioniste, assolutiste, relativiste e banali
che aprono le porte alla barbarie culturale. “La divulgazione superficiale, ha forse per
principale scopo, ma certo come principale effetto, l’indurre un atteggiamento di reverente
ammirazione per la scienza proprio in quanto è ritenuta incomprensibile. Si fornisce così un
poderoso aiuto alla diffusione dell’irrazionalismo” (Segmenti e bastoncini pag. 38). Se è vero
che una democratizzazione della società passa per una democratizzazione culturale è anche
vero il contrario. “Tra gli insegnamenti della storia vi è certamente quello importante che la
civiltà non avanza sempre automaticamente, ma può anche subire arretramenti e crolli”
(Segmenti e bastoncini pag. 70). Non possiamo sottovalutare questo aspetto soprattutto se
l’allarme è lanciato da parte della comunità scientifica, intendendo con ciò anche settori e
personalità non necessariamente legate alla grande ricerca. Questo allarme può essere
sintetizzato dalle parole di Pietro Greco che a proposito dell’estendersi delle nuove teorie
antievoluzioniste anche in Italia sostiene: “abbiamo il dovere almeno di chiederci se non
tentino di dirci qualcos’altro. Che non ci avvertano che è in atto o stia per avviarsi un inedito
processo culturale con uno schietto carattere reazionario. Che stia emergendo una
pericolosa critica premoderna alla modernità. Che peraltro si accompagna (vedi recente
riforma Moratti degli Enti pubblici di ricerca) alla proposta di un modello “banale” della
scienza, intesa come produttrice di beni di mercato che non di una nuova conoscenza.”

Idee per una scuola nuova


Sicuramente la filosofia pragmatista porta ad un’istruzione specialistica e ad una concezione
della scuola strettamente legata alla formazione lavorativa. “Ma il compito specifico della
scuola è proprio la preparazione dell’uomo alla vita sociale, alla collaborazione per l’opera
comune di civiltà” (Antonio Banfi, La scuola italiana, piccola antologia filosofica, pag. 16). La
scuola deve insegniare a comprendere le leggi che regolano il mondo naturale e la società
umana in maniera tale da garantire una formazione ampia tale da permettere all’individuo
di affrontare le proprie esperienze quotidiane e di accrescere e completare in maniera libera
la propria personalità. La scuola deve fare in modo che l’aspetto istruttivo e quello educativo
vengano coniugati in una nuova concezione dello studente non più contenitore vuoto e
passivo di nozioni ma personalità da potenziare a cui insegnare come imparare. E' una
questione di civiltà.
“La tendenza democratica, intrinsecamente, non può solo significare che un operaio
manovale diventi qualificato, ma che ogni “cittadino” può diventare “governante” e che la
società lo pone, sia pure “astrattamente”, nelle condizioni generali di poterlo diventare; la
democrazia politica tende a far coincidere governanti e governati” (Antonio Gramsci, per la
ricerca del principio educativo, pag.142).

Piccola Bibliografia
• Antasofia 2 Sapere, AA.VV. ed. Eterotopie Mimesis Milano 2003
• Lucio Russo, Segmenti e bastoncini, dove sta andando la scuola. Universale
economica Feltrinelli, Milano 2001
• Indicazioni nazionali per i Piani di Studio Personalizzati nella Scuola Primaria
• Antonio Gramsci, per la ricerca del principio educativo, in Quaderni dal carcere-Gli
intellettuali e l’organizzazione della cultura, editori riuniti Roma 1996
• Pietro Greco, Gli scienziati di Dio sbarcano a Milano
• Antonio Banfi, La scuola italiana, piccola antologia filosofica ed. La città del sole
Napoli 2000

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