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DISPENSE SULLA LINGUA FRANCA

(per Glottologia A)

TESTI AGGIUNTIVI

CERVANTES

Sappiamo che il grande scrittore Miguel de Cervantes Saavedra fu prigioniero ad Algeri, e si
ricord di questa esperienza nel Don Quijote, dove per non risulta aver messo espressioni in lingua
franca: invece se ne trovano in due commedie, Los Tratos de Argel e Los Baos de Argel. La prima
sembra essere stata la commedia pi antica di Cervantes, scritta non molto dopo la sua prigionia; la
seconda pare risalire ai primi anni del secolo XVII. Confesso di non aver compiuto ricerche
personali e sistematiche su tutta lopera di questo autore, ma di aver seguito le indicazioni di Couto
(2002), pp. 108-9; comunque le citazioni sono tratte dal volume di Obras de Miguel de Cervantes
Saavedra, vol. II Obras Dramaticas, Estudio preliminar y edicin de don Francisco Yndurin,
Madrid 1962. Nella prima di queste due commedie, allinizio della Tercera jornada (p. 593
delledizione da me consultata), si dice: Salen dos esclauos y dos muchachillos moros, que les
salen diiendo estas palabras, que se vsan deir en Argel: Joan, Juan, non rescatar, non fugir.
Don Juan no venir; ac morir, perro, ac morir; Don Juan no venir; ac morir. Juan era il
nome generico che si dava a tutti i Cristiani; ma il don Juan a cui si allude il vincitore di Lepanto,
don Giovanni dAustria, perch subito dopo interviene un esclavo 1 che dice: Bien des,
perros; bien des, traidores! Que si don Juan el valeroso de Austria gozara del vital amado aliento,
a slo l, a sola su ventura la destruiin de vuestra infame tierra guardara el justo y piadoso ielo.
Successivamente un moro ripete tre volte la stessa frase: Don Juan no venir; ac morir!,
mentre gli schiavi cristiani continuano il loro discorso, e rispondono agli insulti.
Nella commedia Los Baos de Argel, nella Jornada segunda (pp. 144-5 delledizione da me
consultata), ad un certo punto Entran dos o tres muchachos morillos, aunque se tomen de la calle,
los quales han de dezir no ms que estas palabras: Rapaz cristiano, non rescatar, non fugir;
don Juan no venir, ac morir, perro, ac morir! E poi lo ripetono, mentre i Cristiani rispondono
con insulti.
A causa dellesperienza di Cervantes, probabile che egli avesse unautentica competenza
di lingua franca barbaresca; daltra parte le parole che riporta sono perfettamente coerenti con
quanto sappiamo dalle altre testimonianze; e sappiamo pure che i ragazzi di Algeri avevano la
cattiva abitudine di beffeggiare gli stranieri. Perci ritengo che questi brani si possano inserire fra le
testimonianze autentiche, a differenza di tutti gli altri testi letterari. Quanto al significato, sono da
interpretare cos: Juan (nome generico per rivolgersi ad uno schiavo), non sarai riscattato, non
fuggirai. Don Giovanni (dAustria) non verr; morirai qui. E ancora: ragazzo cristiano non sarai
riscattato, non fuggirai; qui morirai, cane, qui morirai.


DE BRVES

Lambasciatore francese presso la Porta, Monsieur de Brves, fece un lungo viaggio di
ritorno da Costantinopoli in Francia che, fra il 1605 e il 1606, lo port a visitare la maggior parte
dei Paesi del Mediterraneo, e che raccontato nella Relation des voyages de Monsieur de Brves
tant en Grce, Terre Saincte & Egypte, quaux Royaumes de Tunis & Arger, Paris 1628. A p. 39
parla di Tripoli dellEst o di Siria (oggi in Libano): Or ayant t fait mention cy dessus des
habitants de Tripoli, il convient savoir que la langue commune de la province de Syrie, et encore
lgypte, est lArabesque, ou Moresque, qui est le mesme, et quoutre icelle, les citadins des villes
marchandes parlent quasi tous Italien, mais un parler corrompu, ou pour mieux dire un iargon, que
la pratique des marchands de cette nation, avec les Italiens et Franois, pour le besoin de leur
commerce leur a fait apprendre: il est bien compos de termes Italiens, mais sans liaison, sans ordre,
ny syntaxe, ne gardant s noms la concordance des genres, meslans les masculins avec les fminins,
et ne prenant des verbes que les infinitifs, pour tous temps et personnes, avec les pronoms mi et ti:
nanmoins on les entend aussi bien que sils y observaient toutes les rgles de grammaire, et faut
que ceux qui ont affaire avec eux, en usent de mme, sils veulent tre entendus.


MASCARENHAS

Il testo delle memorie di Joo C. Mascarenhas, prigioniero ad Algeri per cinque anni, fu
pubblicato in brossura, in una stampa popolare e di poco costo, a Lisbona nel 1627;
successivamente in due edizioni (secondo il moderno editore ancora pi trascurate), nel 1905 e nel
1937; nel 1993 usc in traduzione francese, col titolo Esclave Alger. Rcit de captivit de Joo
Mascarenhas (1621-1626), trad. du portugais, annot et prsent par P. Teyssier, Paris, ditions
Chandeigne, a cui facciamo riferimento. La lingua franca qui citata appare lusitanizzata, non
sappiamo se a causa dellautore o degli editori.
Alle pp. 82-83 si riferisce la seguente situazione: nel 1625 un vento di grecale prese di
traverso lentrata del portodi Algeri, distruggendo le navi che vi erano ormeggiate, ed i prigionieri
cristiani esultavano; ma il pasci che era presente, indicando unaltra nave che era stata tirata in
secco e perci sera salvata, grid loro: O christianos, non por, que aun que todo romper, ali
resta la madre!, ed il significato, secondo il traduttore, sarebbe: Chrtiens, rien faire! Mme si
tout tre dmoli, la mre rester l!, nel senso che con quella nave che rimaneva ne potevano
catturare altre, con cui esercitare la pirateria. Lo stesso Teyssier, in nota a p. 173, spiega: Por est
peut-tre le futur de pouvoir (poder) en provenal. Non por: cela ne se pourra pas, impossible,
rien faire.
A p. 130 si racconta di un tentativo di evasione da parte di alcuni schiavi cristiani, sostenuto
da un coraggioso capitano, padron Segui, che in precedenza era stato schiavo ad Algeri, ed era
venuto apposta su un veliero da Mayorca per prelevarli; si fece sbarcare, riun quelli che dovevano
evadere, e li condusse sul luogo dappuntamento. Ma la barca che doveva passare a prenderli aveva
fatto naufragio, dunque il tentativo fall; allora tutti i prigionieri scapparono per i giardini, ma Segui,
che non era schiavo di qualcuno, correva pi pericolo di tutti, perch se lavessero trovato lo
avrebbero scorticato vivo, intuendo che era venuto ad Algeri solo per quella missione. And per le
vigne e incontr un turco, qui devait tre brave homme et de bon caractre. Questi, sapendo che
cera stato un tentativo di evasione e che i soldati erano sulle loro tracce, fece per aiutarlo; Segui gli
domand di non denunciarlo, ed egli rispose: non por, figliolo, quem est patro de ti? che il
commentatore traduce pas question, figliolo. Qui est patron de toi? Ed ancora (in nota, p. 180):
Non por: cela ne se pourra pas, ce nest pas possible, il nest pas question. Il fuggiasco disse
cos il nome del suo antico padrone che, ben consapevole di come fossero andate le cose, anzich
farlo scorticare gli fece tagliare le orecchie; ma pi tardi egli riusc ugualmente a fuggire in barca.
A p.144 menzionata unaltra frase di lingua franca, nel contesto seguente. Un giovane
francese, che viaggiava da Alessandria a Marsiglia, a causa del suo carattere estroso si mise in urto
col capitano, che decise di abbandonarlo su unisola greca del mar Ionio; qui, raccontando molte
bugie fantasiose, riusc a convincere gli abitanti a spedirlo in Francia; ma quando era in vista di
Tolone fu catturato dai pirati algerini. Ad Algeri riusc a convincere un costruttore di navi
veneziano che lavrebbe fatto fuggire usando la magia; convinse anche altri schiavi, ed in ventidue
si misero su una spiaggia, a fingere di essere su una nave (incantata) per Venezia. Ma poi
trascorsero troppe ore, senza che la nave magica si muovesse, perci i suoi compagni lo
lasciarono disillusi, ed un turco, venuto a sapere della cosa, simpadron di lui, lo mise ai ferri, lo
frust e gli disse: Cani Francs trillenho, ti querer levar christiano de mi para terra de
Espanha per arte de diabo. Non por, cani sense f, agora pagar! Teyssier traduce Chien de
Franais dgnr, toi vouloir emmener chrtien de moi terre dEspagne par astuce diabolique.
Pas possible, chien sans religion! Maintenant payer! E in nota (p. 183): Trillenho reprsente
tresleo, mot employ par Cervantes dans El trato de Argel, 3
e
journe [...] Cest un terme driv de
trans + linea, qui donne en italien tra(s)lignare : sortir de sa ligne, dgnrer , do tralignato,
dgnr, en forme abrge traligno. De l lespagnol tresleo, mot galement employ par
Haedo (f. 185 v.). Quanto a diabo e agora, sono regolari forme portoghesi rispetto a sp. diablo e
ahora.


PIJNACKER

Secondo A.H. de Groot (1985), p. 136, nel 1622 lOlanda invi come ambasciatore ad
Algeri il professor Pynacker (stando alla sua grafia), che fu accolto con le seguenti parole: Ben
venito ben venito Signore Ambasciator Fiamenco, all fede de Dio, il ambasciator porta bella
gente. E poi il Divan accett il trattato con lOlanda gridando: Tuto buono sta pace pace;
come fonte egli sembra citare K. Heeringa, Bronnen tot de Geschiedenis van den Levantschen
Handel, I (2 parts) 1590-1660, s-Gravenhage 1917, che non ho potuto consultare. Invece altre
notizie da questa ambasceria si ricavano dal volume di memorie dello stesso ambasciatore, curato
da G.S. Van Krieken, Dr. Cornelis Pijnacker, Historysch verhael van den steden Thunes, Algiers
ende andere steden in Barbarien gelegen, den Haag 1975
1
; a p. 55 leggo infatti: Aen landt
tredende, hebben veel Turcken van groote qualiteijt mij welcomen geheeten ende alle de gemeene
man met luijder stem geroepen ben venito signori Flamenci, neigden tmij waerts met haer
hoofden ende alsoo gewelcoomt over de geheele straet totdat ick in des consuls huijsinge ben
ingetreden. Ed ancora, un insulto si trova a p. 72 (ma la mia citazione comincia da p. 71): Indien
iemandt van de Christen blijft een weijnig staen voor de deur omme eens in te syn, terstont sall hij
hooren op Turcx imsi guipeck ofte is langua Franca va cane, da is: gaet voort hont.

CHASTELET DES BOIS

R. Chastelet des Bois, prigioniero ad Algeri, parla delle trattative per il suo riscatto, e dice
del suo padrone: ayant plus daffection pour moi que de bonne opinion, il ne mavait point encore
parl de me tagliar, ou cortar, cest, en langue franque, composer avec le patron de son rachat. La
citazione da Chastelet des Bois, LOdysse ou diversit daventures, rencontres et voyages en
Europe, Asie et Afrique, La Flche, Gervais Labo 1665, ripreso in Revue Africaine, 1866-70, p.
452, ed ancora da J. Dakhlia (2008), p. 71.

TRINITARI

Nel 1666 una missione di Trinitari francesi si present nel porto di Tunisi per trattare il
riscatto degli schiavi e subito essi dovettero arrangiarsi con la lingua, oscillando tra spagnolo e
lingua franca. voicy le (dit) Capitaine du Port qui vient et accourt bien veill en nostre bord dans
un Sandale six rames et demande donde el vesello? do vient le Vaisseau? Nostre Capitaine luy
ayant rpondu en mme langue, do, de la part de qui et pour quel sujet nous venions, il dit ben
venido, soyez les bien venus. Incontinent il demande sil ny a pas de quoi faire la collation.
Chacun bien aise de ce quil semblait ne penser qu manger, se met luy servir avec empressement
tout ce quil y avait de meilleur au Vaisseau ; il mange sans vouloir boire du vin, noquiero bever de
esso, disait-il, mis il boit simplement un peu deau, qui nestait plus gure bonne, mais qui ltait
encore trop pour luy. Ma in quel periodo i francesi a Tunisi erano malvisti, perci il capitano si
vede intimare di ammainare le vele e consegnarle ai Tunisini; allora si mette a brindare alla salute
del capitano del porto: Ce Barbare, bien estonn de lentendre ainsi parler, et ne respondant autre
chose, en une langue qui nous est inconnue, sinon, mira, mira como tin fantasia est Francse.
Voyez, voyez comme ce Franais est fantasque. [] Aprs avoir bu sa sant, il se met luy dire
avec un agrable souris: Senor, espera por la manana de tomar las velas, que tengo de ver al senor

1
La grafia leggermente diversa nei due autori, ma certo si tratta della stessa persona.
Dey en compania de los Padres, Monsieur, attendez demain prendre les voiles, par ce que jirai
avec les Pres voir le Seigneur Day. Da Le tableau de pit envers les captifs, Chlons, Bouchard
1668, pp. 103 ss., cfr. J. Dakhlia (2008), pp. 120-122.

BAKER

Dalle memorie del Padre Quartier, Lesclave religieux et ses aventures, Paris 1690, p. 240,
citato da J. Dakhlia (2008), pp. 219-20, si ricava il seguente episodio: dopo una notte di bagordi col
nipote del dey di Tripoli, il console inglese Thomas Baker si era presentato al dey ancora sotto
effetto dellalcool, ed allora le Bacha, pendant lentretien, saperut que le Consul avait bu dautres
liqueurs que celles commandes par le Prophte. Et voyant que les Turcs sen raillaient il lui dit,
Signor Consule per que non restar casa tova quando ti estar sacran? Monsieur le consul,
pourquoy ne demeurez-vous pas en votre logis quand vous tes pris de vin? [...] Le Consul qui
ntait pas dhumeur souffrir, piqu de ces paroles, et le vin faisant oublier son devoir, rpondit
hardiment au bacha, Saper Sultan que gente comme mi bever vin, et bestie comme ti bever
acqua. Sache Sultan que les hommes comme moi boivent le vin et que les bestes comme toi
boivent leau. Baker rimase a Tripoli dal 1677 al 1685, lasci delle memorie, e nelloccasione qui
menzionata rischi seriamente la testa. Quanto alla parola sacran, un arabismo che il Padre
Quartier commenta: Les barbares ont plus dhorreur pour les yvrognes que pour les autres
coupables, ils les appellent en leur langage Sacran, comme si ctait une chose sacre de la Barbarie
de voir un homme de la nation pris de vin. Naturalmente lassonanza tra larabo sakrn e i derivati
dal lat. sacer puramente casuale.


GALLAND

cos interessante la testimonianza su Smirne di A. GALLAND (2000), che giudico
opportuno riprodurla per esteso, anche se non si riferisce alle Reggenze del Maghreb. Questo
Autore, alle pp. 150-151, ha un capitoletto intitolato Smyrne tour de Babel? (qui riportato
interamente) che dice: Puisque toutes ces nations, qui sont si diffrentes les unes davec les autres
de murs, de religion, de rites et de faon de faire, ont commerce ensemble, et que leur langage ne
se ressemble pas, quelque curieux pourrait demander comment elles se font entendre lorsquelles
ont traiter lune avec lautre. Jai dj remarqu que les consuls ont des interprtes par la bouche
desquels ils font entendre au cadi et aux autres qui ils ont affaire ce quils souhaitent quils
sachent ; et quoiquils soient ordinairement Grecs, ils savent nanmoins litalien, et quelquefois la
langue des nations auxquelles ils sont engags. Litalien est une langue commune avec laquelle les
Franais, les Anglais et les Hollandais sexpliquent, et jai remarqu que la plupart des Hollandais
parlent notre langue. Les Juifs lentendent fort bien, quoiquils ne la parlent pas, moins quils ne
soient venus dItalie. Ils se servent de celle quils ont apporte dEspagne, laquelle approche plus du
portugais que de lespagnol, que chacun entend assez bien parce quils y mettent des mots italiens,
et ainsi ils nont point de peine se faire entendre aux marchands dont ils sont les sensaux. Les
Armniens qui viennent de Perse savent ordinairement trois langues: celle de leur pays, la persienne
et la turque qui ne peuvent servir pour traiter daffaire avec les Francs qui employent leurs Juifs
pour ce sujet, ou traitent par eux-mmes, pour peu quils aient appris le turc. Mais il y en a
beaucoup qui, en peu de temps, apprennent assez de langue franque, ce que font aussi quelques
Turcs et quelques Grecs, pour se passer de truchement. Cest ainsi que lon appelle un certain
langage par ti et mi, qui est corrompu de litalien, dont voici un exemple: Hau ven aqui, ti voler
per questo, per Dio mi far bon mercato, star bona roba, pigliar perti, cest--dire: Viens a!
Veux-tu acheter cela, je ten ferai bon march, la marchandise est bonne, prends l. Le frquent
usage de ce jargon et de la langue italienne fait que les marchands sappliquent peu apprendre ni
la turque, ni la grecque, si ce nest quelquefois celle-ci dont il y en a qui apprennent quelque chose
par la conversation quils ont avec les femmes. Sur quoi jai fait un reproche nos marchands de
leur ngligence puisque dans les chelles dgypte et de Syrie, ils apprennent larabe qui est une
langue bien plus difficile. Ils mont repondu que tout le monde parlant arabe dans ces lieux-l,
jusquaux Juifs desquels ils ne peuvent se passer, ce leur est une ncessit de lapprendre. Mais
quils ont ici si peu de frquentation avec les Turcs quils ne se soucient pas dtudier leur langue.
Un curieux de langues peut avoir le plaisir Smyrne den entendre parler prs dune douzaine et
dapprendre celles qui lui plaireient le plus: larabe, le turc, le persien, larmnien, le grec vulgaire,
la langue de Russie parmi les esclaves tant hommes que femmes, lhebreu, litalien, le portugais, le
franais, langlais et lhollandais. Mais il nen pourrait apprendre lrudition et le beau parler que
par son tude particulire, parce quil en a peu ou point qui sachent toutes ces langues au-del de ce
quil suffit pour pratiquer et pour faire commerce. Il faut pourtant excepter la langue hbraque, que
les Juifs apprennent par les livres comme nous faisons nous-mmes pour en acqurir la
connaissance: cest une langue morte parmi eux comme le latin et le grec littral parmi nous.


FERCOURT

Nellarticolo di L. Misermont, Relation de lesclavage des sieurs de Fercourt et Regnard en
1678, crite par Mr de Fercourt, Revue des tudes historiques 1917, p. 234-251, si riferisce il
racconto della schiavit di un francese, M. de Fercourt, catturato dai pirati algerini nellottobre 1678
presso le coste della Provenza, e riscattato lanno seguente. Dopo che arrivato ad Algeri ed stato
comprato da un Tagarino (musulmano esule dal regno dAragona), egli progetta la fuga con la
complicit del console di Francia Le Vacher, ma scoperto e punito dal suo padrone (p. 245): Ce
barbare maant pris par le bras et crach au visage, me dit avec des yeux de fureur et de colre:
chien de chrtien, couche-toy par terre. Perro sensa fede, gyaour, sentar abasso. E poi comincia
la punizione in stile turco, sospendendo il prigioniero per le mani ed i piedi ad un grosso bastone, e
colpendolo sulla pianta dei piedi con un nerbo di bue. Quanto alla parola gyaour, il turco gvur
che Steuerwald (1988) traduce cos: 1 Giaur, Unglubiger 2 unglubig, gottlos. 3 unbarmherzig,
grausam, etc. Ed ancora, a p. 248-9 dellarticolo sopra citato si afferma: Tous les esclaves nont
pas un sort aussi malheureux que le ntre. Ceux qui ont le bonheur de tomber entre les mains dun
vray musulman ou turc naturel ne souffrent quautant quils ont perdu la libert. On voit souvent ces
bons musulmans consoler les esclaves quils rencontrent dans les rues chargs de chanes en leur
disant: No piliar fantasia, Dios grande, mondo cousi, cousi, Dios fera il tuo camino, si venira
ventura, ira a casa tua, qui veulent dire: Ne te chagrine pas, Dieu est grand, le monde tellement,
tellement, Dieu fera ton chemin, il viendra une occasion qui te fera retourner en ta maison.


BRANGER

Da Nicolas Branger, La rgence de Tunis la fin du XVII
e
sicle, Introd. et notes par Paul Sebag,
d. LHarmattan, Paris 1993.
p. 109: si racconta che il Bey di Tunisi Murd III aveva un modo di agire strano e
capriccioso; cos un giorno del 1700 volle andare ad un bagno di Cristiani. Le soir du mme jour
Amurat, transport de folie et rvant pour trouver dans sa tte quelque belle imagination, rsolut
daller un bain nomm Sainte Croix, o sont presque tous les esclaves chrtiens. Il sy rendit vers
minuit, et aprs sen tre fait ouvrir les portes, il commanda deux (qui taient ses crivains et dont
lun sappelait Georges et lautre Pierre) de lui faire un soufre, cest--dire un repas de tout ce quils
pourraient avoir pour manger, et surtout de lui avoir du vin rouge. Ils eurent beau lui reprsenter
quils nen avaient que du blanc, il persista en vouloir du rouge, et leur dit quautrement ils
passeraient mal cette nuit; ce qui les obligea davoir recours M. le consul de France, qui leur en
donna. Amurat mangea dans la chapelle, et son repas dure jusquau matin, quil commena dautres
extravagances. Il prit la croix de dessus lautel et la fit baiser des renis qui taient avec lui, en
leur disant: voil votre patron. Il fit faire la mme chose aux marabouts qui lavaient accompagn
en proferant ces paroles: Sans si fede Beisse, Dieu des chrtiens, matre de tout. Un de ses
esclaves chrtiens stant mis genoux devant lautel par son ordre, il ajouta: Lorsque lon est
devant un autel, cest pour prier. Nota del commentatore, sulla frase detta dal Bey: Murd ibn
Al sest exprim en langue franque, et ses propos ont t sans doute mal transcrits par lauteur ou
mal dchiffrs par lditeur. Nous croyons que Murd Bey a dit: senza fede, bs, employant dans
la mme phrase deux mots italiens (senza fede = sans foi) et un mot arabe (bs = mal), ce qui
signifierait: il est mal dtre sans foi. Personalmente non concordo del tutto con la sua
interpretazione, perch bs col significato di male mi risulta usato pressoch esclusivamente in
frasi che lo negano, tipo non c male; invece mi pare che Beisse possa essere meglio interpretato
come bi-sa in Ges, ovvero tutta la frase senza fede in Ges.


LAUGIER DE TASSY

Dalla Histoire du Royaume dAlger, Amsterdam 1727.
p. 120: il faut que les Chrtiens et les Juifs se donnent bien la garde de parler contre la Loi
de Mahomet: en ce cas ils sont punis trs svrement. Il y a environ sept ans quun Capitaine dun
petit Btiment Anglois ayant dit un Mahometan, F de merde, ou foi de merde, fut men devant
le Dey, o ayant t accus & convaincu du fait, il fut puni sur le champ de 500 coups de bton sous
la plante des pieds.
P. 186: En 1650 on contruit cinq Btiments, ou corps de logis, trs-beaux, quon apelle
casseries. Ce sont les cazernes pour loger les soldats Turcs, qui ne sont point mariez.
P. 226-7: Dans lespace de quatre lieus aux environs de la Ville, qui est un plat pas
enferm par une montagne, on prtend quil y a 2000 Jardins ou biens de campagne, quon /p. 227
appelle Masseries. Il y en a plusieurs o il ny a point de maison, mais seulement des cabanes faites
avec des branches darbres.
p. 232: Outre la paye, tous les soldats qui ne sont point mariez sont logez dans des maisons
grandes & commodes, ou cazernes quon apelle Cacheries.
p. 264: Le Hazenadar ou Cazenadar, est le Tresorier Genral de lEtat. [] Il a avec lui un
Commis quon apelle Contador, qui est un Turc charg de tout largent, tant de la recette que de la
dpense.
p. 267: Le Dragoman, ou Interprte de la Maison du Roy, est un Turc qui sait lire & crire
en Turc & en Arabe. Il explique toutes les Lettres des Arabes & des Maures, qui viennent au Dey
des differens endroits du Royaume, de mme que celles des esclaves Algeriens dans les Pas
Chrtiens.
p. 305: Ds que la prise est encre, les gardiens du Port vont semparer de toutes les voiles,
manuvres & agrez qui sy trouvent, du grand mt de poupe, ce que leur apartient de droit, &
sapelle Caraporta. Ce qui est du grand mt de prou apartient lquipage, qui a soin de ny rien
laisser. Ce Caraporta nest pas entirement la prise en Mer. Il ne laisse ordinairement que ce qui
est indispensablement ncessaire pour naviguer, de trs-mauvaises voiles & de mauvais cordages
quil porte exprs, & prend tout ce quil trouve de bon pour sen servir ou pour le vendre.

LA CONDAMINE

Dalla relazione di viaggio di La Condamine, citata nellarticolo di Marcel Emerit, Le voyage de
la Condamine Alger (1731), in Revue Africaine 98 (1954), pp. 354-381, interessante il
capitolo intitolato Langue Franque (a p. 375): Le mauresque est la langue du pays. Les Turcs
parlent turc entre eux; mais la langue dont se servent les uns et les autres pour se faire entendre aux
Europens est ce quon appelle la langue franque. On dit quon la parle dans tout le Levant et dans
tous les ports de la Mditerrane, avec cette diffrence que celle qui est en usage du ct de Tripoli
et plus en avant vers le Levant est un mlange de provenal, de grec vulgaire, de latin et surtout
ditalien corrompu, au lieu que celle quon parle Alger, et quon appelle aussi petit mauresque,
tient beaucoup plus de lespagnol que les Maures ont retenu de leur sjour en Espagne. On assure
mme quil y a dans les terres de Barberie plusieurs endroits o le bon espagnol sest conserv et la
plupart des Maures lentendent. On ne se sert presque pas des infinitifs dans ce jargon, qui sentend
aisment quand on est accoutum laccent, surtout quand on sait le latin: cest celui des
divertissements turcs du Bourgeois Gentilhomme et de LEurope Galante.
Stupisce la notizia che quasi non ci si serva di infiniti nella lingua franca: certamente un lapsus,
probabilmente dello stesso Condamine. Tradotto in italiano, questo brano si ritrova in F. Hoefer,
Luniverso o storia e descrizione di tutti i popoli, volume Reggenza di Tripoli, Venezia 1853, pp.
123-4 (il manoscritto di La Condamine nel suo complesso viene tradotto nelle pagg. 119-127).
In questo autore si trovano anche un paio di parole in lingua franca: da Vicomte Begou n
(d.), La Condamine. Tunis, le Bardo, Carthage, Revue tunisienne 5, 1898, p.82, si riferisce che
al palazzo del Bardo di Tunisi (sede del bey) egli vide un uomo dalla bella fisionomia, qui parlait
bon italien; je lentendais fort bien et je lui ai dit en mauvais baragouin moiti italien moiti franais
au moyen duquel on se fait entendre en ce pays-ci, que je le croyais Europen,il ma rpondu en
riant, et dun air ne pas douter quil ne mentit, quil tait Turco fino, quoi jai rparti quil
sentait le rengat chrtien. (Cfr. J. Dakhlia, 2008, p. 103). Da notare che fino tra le parole rimaste
nei dialetti arabi.

PELLOW

Il rinnegato inglese Thomas Pellow visse ventitr anni in Marocco, e pubblic una relazione
delle sue avventure nel 1739: cfr. M. Morsy (d.), La Relation de Thomas Pellow. Une lecture du
Maroc au XVIII
e
sicle, Paris 1983; da questa si ricava una frase in lingua franca gi nota da altre
fonti, quando parla dei prigionieri cristiani: Bien qupuiss, ces hommes sont encore souvent
rveills la nuit au cri de: Vamos a travacho, cornutos, cest--dire: au travail, cocus, terme
injurieux chez les Maures, peine moins offensant que celui de fils de chrtien


THOMAS

Possiamo solo rammaricarci che finora la correspondenza dei consoli francesi ad Algeri non sia
stata esaminata da linguisti interessati alla lingua franca. Nel volume Archives Nationales.
Correspondance des Consuls de France Alger 1643-1792. Inventaire analytique des articles
A.E.B
I
115 145, par Mohammed Touili, Paris 2001, pp. XIV-XV, lAutore scrive : La
correspondance formelle fourmille encore dinformations pittoresques. Ainsi sur les usages
linguistiques: on rapporte par exemple ce piquant tmoignage destime du dey au consul Thomas,
en petit mauresque: Quando clamar per andar in Francia altri luoghi, mi non mollar per
ti [p. XV] Lorsquon vous rappellera pour aller en France ou en dautres lieux, je ne vous
lcherai point. Come riferimento citato il Registre 111, F
o
142. Ma andando alle pp. 329-30,
dove si riferisce sul F
o
139-142, si ottiene solo la data, 17 juillet 1743; per il resto si indicano i titoli
dei singoli documenti, Lettre de Thomas Maurepas. - Relation de son arrive Alger le 29 juin,
de sa prsentation au dey et du respect de lexigence protocolaire du baiseman, conformment aux
ordres du ministre; distribution des prsents consulaires la satisfaction gnrale; visites de
courtoisie aux consuls anglais, sudois et hollandais; ngotiation couronne de succs des s.
Fougasse et de Salve avec le bey de Constantine pour renouveler le trait de la Compagnie
dAfrique; etc., nulla che faccia capire in che contesto questa frase fu pronunciata. Notare mollar,
perch nel lessico marittimo arabo si usa limperativo molla!

DE PROPAGANDA FIDE

J. Dakhlia, nel suo volume lingua franca, p. 266, scrive testualmente: ainsi peut-on lire dans les
archives de la Congrgation De propaganda fide, propos dun prfet de la Mission, ces paroles
du pacha deTripoli, en 1794 affirmant que ce personnage est le prtre de tous les consuls chrtiens
et ne saurait tre malmen: Papass prigion? Papass prigion? No star di Console Francese
Papass, ma di tutti Consoli, di tutti Cristiani, non ardir di toccar. E in nota aggiunge:
Archives historiques de la congrgation De propaganda fide, Barbarie (SC Barbaria), vol. 9
(1790-1799), Tripoli 18 GH, 247 r. Mes remerciements Christian Windler pour cette rfrence.


BUGIA

Il primo documento ascrivibile in qualche modo al sabir si riferisce allassedio di Bugia
(Bijya) in Cabilia: J. Dakhlia (2008) lo riporta (p. 442) da un Dossier de Bachir Ou Bou Ammar,
septembre 1836, 1
er
conseil de guerre (Alger) ed aggiunge in nota: je remercie infiniment Ahmed
Ourabah de mavoir communiqu cette information. Si tratta di una lettera redatta il 6 agosto 1836
dal sostituto di un capitano assassinato, che racconta precisamente lassassinio. Un certo Cad
Medani fa sapere che uno sceicco, tale Amezian, vuole allearsi coi Francesi: Amezian venir Semi
Semi, annonce-t-il. Quelques pas plus loin, explique lofficier, je rencontrais Benkassem qui
mexpliqua en franais ce que voulait dire Medani de la manire suivante: Amezian veut faire la
paix avec les Franais ... Ma quando il capitano va a trovare Amezian, limam Si Hamet lo mette
in guardia: No bono no andar commandant, tradotto il vaut mieux ne pas y aller
commandant. Tre quarti dora pi tardi, una spia porta la notizia: Commandant esta morto.

SCHWARTZ

Nel 1850 una turista, Marie van Schwartz, pubblic a Londra un Diary of a Ladys travel in
Barbary; dalle pp. 30-31 la Dakhlia (p. 430) ricava la citazione che segue: Toi mirar! [] His
language was a jargon composed of Italian, French, Spanish and Arabic jumbled together a sort of
Lingua franca to me unintelligible. Toi parla arabe, toi saber marabu etc. were the only words I
could distinguish among all those he articulated.
Ed ancora, a p. 132, pp. 430-1 di Dakhlia: In the anteroom, I was met by a hideous-looking old
Negress, who, laying her hand on my arm, seemed resolutely determined to arrest my further
advance. I was about to withdraw, when as if suddenly guessing that I wished merely to see the
place, she exclaimed in a sort of broken Spanish jargon: No lavar, no lavar: mirar, mirar?
meaning that I could not be permitted to bathe, but that I might look around me.

LE MONDE ILLUSTR

Secondo J. Dakhlia (op. cit., pp. 460-1), il 9 luglio 1859 su Le Monde illustr fu pubblicata
una lettera in sabir, spacciata come opera di un soldato chiamato Mohamed-ben-Mohamed,
impegnato nella campagna dItalia, ad un suo amico di Marsiglia, tale Sidi Bellamy, mercante di
datteri.
Caro bueno Bellamy,
Vengo a tenir la parola que mi aver dato di escribir a ti con la pluma quando mi arribar in Italia,
per mi battir: combattir contra gente di poca roba que star ennemi de li Franchesi buoni.
Lo capitano mio venir mi trovar in la caserna, al momento que mi mangar couscoussou con gallina
e bivir araqui e disir mi: Mohamed, sabalher! E mi respondir: Sabalher! Capitan, que mi volir.
Star buen turcos, mi disir; star buon turcos, mi respondir. Lascia il couscoussou, la gallina,
laraqui e camina con tuo capitano: andiamo far razzia ettirar boumba. Jallah, jallah!
Mi prendir ciabolla, bichtoula, tabaco per fumar i chiquar, e discendir col capitano sobre il molo.
Dientra la falouka mi ti trovar una foula dotros turcos con bichtoula, turcos di prima qualita,
turcos finos, birbanti buoni, que non tenir paura di rien, ni del fuoco, ni de la falaka, ni di Dio, ni
del diabolo, ni de la thebadja, e qui disir alle koura: -Kelb, emchi!
Poi la falouka ha partito, e il rs nous disir en lingua francesa pura: -Mes braves turcos, moi
porter vous sur leau en Italie, et l vous battir comme des lions contre les Autrichiens; faites-vous
tuer mais respectez il seqse.
-Cosa il seqse? Mi demandar a un turcos kateb; que volir desir il rs con questa parola: il seqse;
il kateb no sabir. Ma quando descendir in Genova, mi sabir que il seqse vol dire: ragazze, donne,
dama, damigella.
Dopo arba giorni que noi star in Genova, tutte le donne corir a noi e parlar di questa maniera: -
Bel turcos, tu star un jasmino, la tua barba un giardino; il tua bocca un carmino; il tuo naso vale
un secchino; il tuo fiato e il zefiro del mattino, ti volar star mi turchino?
2
etc.
Lintento parodistico e canzonatorio di questo documento mi pare fin troppo evidente, perci non lo
considero autentico (anche i nomi sono chiaramente artefatti) e non ne ho inserito i vocaboli nel
Glossario sabir.


THIERRY-MIEG

Il volume Six semaines en Afrique di Charles Thierry-Mieg, pubblicato nel 1861 presso J :
Claye, Paris, si diffonde alquanto sulluso del sabir, tramandandoci molte notizie interessanti. A p.
103 lAutore comincia: Sur tout le littoral de la Mditerrane, les frquents rapports qui ont exist
depuis lantiquit entre les peuples chrtiens et les musulmans, et surtout depuis les croisades, ont
fini par crer une pareille langue, de racine moiti latine et moiti arabe, et qui est connue
gnralement sous le nom de langue franque. En Algrie cet idiome revt certaines formes
spciales dues des particularits locales, et prend le nom de langue sabir, driv de lun de ses
mots les plus importants et les plus employs, le verbe sabir, dans lequel on reconnat [p. 104]
facilement le verbe latin sapere, et qui veut dire savoir, connatre, comprendre, penser, croire, etc.
La langue sabir, telle quelle se parle aujourdhui en Algrie, comprend environ moiti de mots
arabes, un quart de mots plus ou moins franais, le reste emprunt litalien, lespagnol ou
directement au latin, et souvent altr. On conoit quun semblable idiome ne soit pas riche.
Comme il ne sert qu certaines transactions commerciales ou aux rapports des voyageurs avec les
indignes, on ny trouve gure quun petit nombre de mots, tous relatifs ces deux ordres de
questions. Pour suppler cette pauvret de la langue, chaque mot revt en gnral plusieurs sens
analogues, et sert exprimer toutes les nuamces, mme les plus diffrentes, dune ide. En voici
quelques exemples, choisis parmi les plus usuels :

RACINES ARABES

Beseff, - beaucoup. Kadche, combien.
Barka, - assez. Ache ou Eche, quoi.
Fissa, - vite. Balek, - gare
3
.
Chouya, - doucemente, lentement, Esbeur
4
, - attend.
halte. Selam, - la paix, adieu.

2
La Dakhlia non traduce lultima frase, ti volar star mi turchino; ma secondo me se si cambia volar in voler risulta
unespressione che si traduce fin troppo bene in francese: veux-tu tre mon petit Turc?. Invece la traduzione italiana
quasi impossibile, perch turchino ha un altro significato, e soprattutto perch lesprimersi cos non corrisponde alle
tradizioni del Bel Paese.
3
Evidentemente qui per gare non si intende la stazione, ma limperativo gare!, riprati!; in questo caso si pu usare
lar. blak, abbreviazione per rudd blak fa ritornare il tuo spirito, fa attenzione!.
4
Ar. usbur.
Kifkif, - comme, galement, aussi. Ala, - sur.
H, - oui. Selam alek, - la paix sur toi.
Makach, - non, ne pas. Selam alekoum, - la paix sur vous.
Ouan, - o. El ioum, - aujourdhui.
Meneh, - ici, l. Rhedoua
5
, - demain.
Meleh, - bon, bien. El Kabale, - le Kabile.
Kifche, - Comment ? El Arabi, el Arbi, - lArabe.

[p.105]

Djezar, - Alger. Halouf, - porc.
Ksentina, - Constantine. Essa, - heure.
Bariz, - Paris. Kadeche essa, - quelle heure
Boudjaia, - Bougie. est-il ?
Andekchi, - as-tu ? Requad, - se coucher, dormir.
Ouled, - enfant. Cahoua, - caf.
Ya ouled, - coute, enfant ; employ pour Cahouadji, - cafetier
appeler les Arabes. Cherob, - boire.
Ben, pl. beni, - fils. Doukhran, - tabac.
Baba, - pre. Helib, - lait.
Maboul, - fou. Khrobs, - pain.
El trek, le chemin. Toubib, - mdecin.
Chouf el trek, - vois le chemin, ceci est Kebir, - grand.
le chemin. Ana, - je, moi.
Oued, - rivire. Enta, - toi.
Kantara, - pont. Ouahed, - un.
Bab, - porte. Zoudj, etnin, - deux.
Cherab, - vin. Tlata, - trois.
Hammam, - bain. Arba, - quatre.
Aoud, - cheval. Khramsa, - cinq.
Sad, - lion
6
. Setta, - six.
Sada, lionne. Seba, - sept.
Keleb, - chien. Tsemenia, - huit.
Keleb ben keleb, - chien fils de Tessaa, - neuf.
chien. Aachera, - dix.

RACINES LATINES.

FRANAIS
Dis donc, - employ par les Arabes pour appeler les Franais.
El Francis, - le Franais.
Mulet, - id.
Cheval, - id.
Tomber, - Descendre.
Zallamette, - allumette, feu, lumire.
Babour, - vapeur, machine ou bateau, vapeur, chemin de fer.
Samisami, - ami.


5
Ar. magreb. udwa.
6
In arabo magrebino si pu usare sayd o sd (propriamente caccia, selvaggina) per indicare la selvaggina per
antonomasia, cio il leone. Ringrazio il collega Bannour per queste informazioni, per nulla scontate anche se si conosce
larabo.
[p. 106]
ESPAGNOL
Muchacho, - enfant.
Muher (pron. muher avec laspire), - femme.
Borrico, - bourrique, ne.
Crossar (esp. cruzar), - traverser.
Tocar, - frapper, tirer avec une arme feu.
El agoua, - leau.
Douro, - cinq francs, cu.

ITALIEN

Andar, - aller.
Mangiar, - manger.
Casa, - hutte, maison.
Carta, - papier.
Morto, - fatigu.
Carrozzo [sic], - voiture, diligence.
Caldo, - chaud.
Mercanti, - marchand, civil (oppos militaire).

LATIN

Sourdi, des sous.
Roumi, - Romain, chrtien.
Bibir, - boire.
Chanti (ascendere), - monter.
Bono, - bon, bien.

Inutile dajouter que le sabir varie avec les conditions locales. L o les colons espagnols sont en
grand nombre, leur langue y joue un rle plus important que dhabitude. Il en est de mme de
litalien. Llment germanique mme a fourni son contingent ce salmigondis de langages, l o
les Allemands forment masse. Cest ainsi quen certains endroits, et probablement sous linfluence
de la lgion trangre, le dimanche a fini par sappeler fouchta (driv de festtag, jour de fte), et
que lon dsigne les aliments sous le nom de frichti (frhstck, djeuner). Disons cependant que le
franais gagne de plus en plus, aussi bien chez les Arabes et [p. 107] les Kabyles que chez les
colons trangers; et lon peut prvoir le moment o notre langue sera comprise et parle sur le
territoire entier. Les coles sont en effet nombreuses et frquentes, et lintercourse des populations
va croissant. Pi avanti lo stesso autore descrive una situazione in cui si usava questo parlare: a p.
107 egli racconta di essere andato a casa della sua guida, dopo ripetuti inviti: Il me fit arrter
devant lune delles [des chaumires] en me disant: voil la casana (na affixe signifie notre en
arabe. Ed una volta entrati (a p. 109), enta tomber (cest--dire : toi descendre), me dit mon
hte.
Questo autore si distingue per il lessico copioso che registra, e per labbondanza di voci
arabe: ma va rilevato che anche la maggior parte delle parole di origine romanza da lui indicate,
probabilmente gi a quel tempo facevano parte dei dialetti arabi di Tunisia e Algeria. Per questo mi
sono permesso di aggiungere un [sic] alla voce Carrozzo, perch mi risulta che in arabo magrebino
si usi /karru:sa/, pi vicino allitaliano carrozza. Le etimologie che egli prospetta sono il pi delle
volte discutibili: ad esempio Samisami non deriva dal fr. ami, ma evidentemente continua il sim
sim del Dictionnaire e semi-semi di Mac-Carthy e Varnier; fouchta (da me registrato in Tunisia
come fiita) dovrebbe derivare da festa, ma con pronuncia dellItalia meridionale.

COME SORSE E SI DIFFUSE LA LINGUA FRANCA BARBARESCA

5.1 Pare che gi nel XV secolo abbia cominciato a diffondersi luso dellitaliano come
lingua di scambio nel Mediterraneo (si vedano i testi citati in Richard 1962 e Rll 1967), e di
conseguenza, non essendovi ancora un insegnamento organizzato, tendeva ad essere parlato male;
ma come sappiamo, ci non basta perch si possa parlare di pidgin. I linguisti constatano lesistenza
di un pidgin quando riscontrano unabitudine socialmente consolidata: quando cio a parlare in quel
modo tutto uno strato sociale, e preferibilmente se si tratta di unabitudine bilaterale, vale a dire
che non tipica solo di quelli che parlano la lingua meno prestigiosa, ma imitata anche dai
parlanti nativi della lingua di maggior prestigio. In questo senso, non sappiamo se sia il caso di
parlare di lingua franca come pidgin autonomo gi dalle prime testimonianze: per il Contrasto della
Zerbitana (citato in 3.2 al n. 1) siamo quasi certamente al di fuori di tutti i limiti cronologici, perch
a quel tempo si pu dire che non esistesse neppure la lingua italiana, ed infatti il testo presenta
marcate caratteristiche dialettali e non toscane (oltre ad essere lontano almeno due secoli da tutti gli
altri testi magrebini); anche il testo etichettato come Schambek (il primo riportato in 3.1) troppo
isolato perch si possa decidere se a quel tempo ad Alessandria esistesse una convenzione di questo
genere; lo stesso dicasi del testo di Paolo Giovio (ma siccome i locutori qui sono magrebini, la
probabilit che questi si riallaccino ad una consuetudine del proprio Paese aumenta); molto pi
convincente il testo di Dragut (intorno al 1540), dove il dialogo si svolge tra un cavaliere francese
ed un pirata turco, che entrambi usano la lingua franca. Con le successive testimonianze di
Cervantes e Haedo, luso della lingua franca ad Algeri ormai sicuro ed incontestabile, tanto pi
che il secondo di questi autori fa anche una descrizione della situazione linguistica della citt; i
viaggiatori e diplomatici che dopo di allora visitarono il Maghreb, riferirono quasi tutti delluso di
questo particolare linguaggio, che oggi chiamiamo pidgin, ed anzi le loro testimonianze collimano a
tal punto da diventare a volte ripetitive e far sorgere il sospetto (a mio avviso infondato) che siano
copiate. I testi di lingua franca provenienti dalla Barberia, ovvero dalle reggenze di Algeri,
Tripoli e Tunisi in et ottomana, sono talmente numerosi e coerenti da schiacciare tutti gli altri e da
giustificare una trattazione a parte, come di una lingua autonoma: mentre in altre epoche o in altre
localit luso di questa lingua era probabilmente sporadico, o ridotto a cerchie pi ristrette, o forse
non era una realt linguistica cos autonoma, in questa vasta regione (almeno nelle sue citt) esso
era generale e doveva far parte dellesperienza di ognuno, anche delle donne e dei bambini. Ne
fanno fede le testimonianze dei viaggiatori: quelli che avevano visitato quei Paesi riferiscono che
non c bisogno di interpreti, perch tutti conoscono questa lingua, che agevole ad intendersi per
gli Europei (specialmente se sono esperti ditaliano o di spagnolo), ed riconosciuta da loro come
una realt autonoma; mentre al contrario nei secoli precedenti testimoniata la necessit di servirsi
di dragomanni per qualsiasi comunicazione
7
. Per quanto riguarda il bacino orientale del
Mediterraneo in et ottomana, la lingua franca doveva certamente essere nota anche qui: si legga la
testimonianza di Galland del 1678, da cui risulta che a Smirne la lingua franca era pure usata, ma in
contesti pi ristretti: pare che i principali fruitori fossero dei mercanti armeni, e si usasse in
concorrenza con litaliano (principale lingua di scambio) e con molte altre lingue, fra cui il ladino o
spagnolo degli Ebrei sefarditi (ma italianizzato), oltre al turco ed alle principali lingue europee. Lo
stesso Autore ci testimonia che negli scali di Egitto e Siria era invece necessario per i mercanti
francesi imparare larabo, per esercitare il proprio lavoro. Secondo De Brves, anche a Tripoli del
Libano allinizio del secolo XVII si usava diffusamente la lingua franca; non possediamo altre
notizie sicure, ed anche il solo fatto che le fonti non ci trasmettano dei testi dovrebbe essere
indicativo di un minore uso: non a caso, alcuni degli Autori che saranno citati nel presente libro
nella sezione dedicata ai testi scrivevano memorie di viaggi lunghissimi, per tutta lestensione

7
B. CAMUS BERGARECHE (1993a), p. 442: no se encuentra en las crnicas histricas o de viajes que contienen
descriptiones de estas zonas del Mediterraneo (las obras de Villehardouin, Muntaner, Tafur, Clavijo, Marco Polo, Dez
de Games, etc.) la ms mnima alusin a la lingua franca. Ms bien al contrario, todas ellas aluden a la necesidad de
contar con trujamanes e intrpretes para viajar tanto por Tierra Santa como por Berbera.
dellImpero ottomano, da Costantinopoli ad Algeri, passando per Siria Palestina ed Egitto: ma poi
citavano espressioni in lingua franca solo quando arrivavano a parlare dei Paesi magrebini
8
. Il
Marocco sembra facesse parzialmente eccezione: in questo Paese, che non fu mai sottomesso
allimpero ottomano, cera il porto di Sal che era praticamente una repubblica di pirati come Algeri
e Tunisi, ma probabilmente la vicinanza della Spagna e soprattutto la presenza di numerosi
immigrati Moriscos (Spagnoli di fede musulmana) fecero s che la lingua spagnola vi fosse
largamente conosciuta e facesse concorrenza alla lingua franca, che quindi non era di uso cos
generale
9
. A questo punto occorre domandarsi quali siano state le circostanze storiche che hanno
determinato lo stabilirsi di questa situazione nelle reggenze barbaresche: e confesser che su questo
argomento ho formulato successivamente tre ipotesi, le quali per non si escludono affatto, anzi si
completano vicendevolmente.
5.2 Per prima cosa occorre notare il predominio politico europeo instauratosi allinizio del
XVI secolo su tutta larea magrebina. Tutta questa vasta regione era da secoli in situazione di grave
instabilit e anarchia, fin da quando nellXI secolo vi si erano installate le trib di beduini
provenienti dallEgitto: si legga quanto scriveva in proposito il grande storico tunisino ibn Khaldn:
guarda le regioni che i beduini hanno conquistato e governato ab initio come la civilt vi
decaduta, la popolazione diminuita, la terra stessa si trasformata e non pi terra. Nel Yemen i
centri abitati sono desolati, meno poche citt maggiori; nellIrq arabo sono andate in perdizione le
colture dei Persiani e il Paese tuttora nelle stesse condizioni; lIfriqia [Tunisia-Algeria] e il
Marocco sono stati rovinati dai Banu Hill e dai Banu Sulaim, fin dal 150 dellgira; sono trecento
cinquantanni che le consumano e vi stanno attaccati, e le loro pianure sono una desolazione,
mentre prima fra il Sudn e il Mediterraneo tutto era abitato, come dimostrano i ruderi dei
monumenti e degli edifici, le rovine di villaggi e citt.
10
Nei libri di storia si racconta che al
principio del XVI secolo sul Maghreb regnavano tre dinastie, lemirato Hafside di Tunisi, i Beni
Abd el-Wd di Tlemcen (Algeria occidentale) e i Merinidi (poi sostituiti dai Wattasidi) a Fs in
Marocco: ma in effetti il loro dominio era molto instabile, al di fuori delle rispettive capitali la loro
autorit era spesso contestata o ignorata, le campagne erano in mano alle trib beduine, insomma
cera un vuoto di potere. In questo vuoto cercarono dinserirsi i re di Spagna (che per, non si
dimentichi, a quel tempo regnavano anche su mezza Italia: Napoli, Sicilia e Sardegna): in
particolare nel 1505 si impossessarono di Mers el Kebir, nel 1508 di Orano, nel 1510 fecero una
grande spedizione agli ordini di don Pedro di Navarra che conquist Bugia (Bijya) e Tripoli. Nello
stesso anno gli Spagnoli ottennero di poter costruire una fortezza sullisolotto del Pen che
dominava lapprodo di Algeri, e negli anni successivi le truppe spagnole intervennero anche a
puntellare la traballante dinastia di Tlemcen e pi tardi (fino al 1574) perfino gli emiri hafsidi di
Tunisi; alcuni centri importanti, come Mahdiyya o lisola di Jerba, in quel secolo cambiarono pi
volte padrone, passando di volta in volta in mano cristiana o musulmana. Poi si svilupp la riscossa
islamica: degli avventurieri come i fratelli Barbarossa (rinnegati greci) simpadronirono di Algeri e
ne fecero un centro di pirati; nel 1529 Khayr ed Dn Barbarossa riusc ad espugnare lisolotto del
Pen e da allora pot operare molto pi agevolmente, tanto che nel 1541 il suo successore Hassn
pot respingere un assalto condotto da Carlo V in persona; pi tardi (nel 1551) una flotta guidata da
Dragut (uno dei pochi pirati che fosse turco musulmano di nascita) conquist Tripoli, e nel 1574 vi
fu la presa definitiva di Tunisi: da allora in poi queste citt portuali divennero covi di corsari, in cui
dominavano i soldati immigrati dalla Turchia, i rinnegati dal Cristianesimo erano parificati a loro,
mentre gli indigeni magrebini erano tenuti in soggezione; gli Ebrei locali erano considerati anche
peggio degli schiavi cristiani. A questo proposito va aggiunto che con lavvento della pirateria, un
grande numero di Europei fin in mano di questi corsari chiamati barbareschi: essi erano trattenuti
nei porti come schiavi, e costretti a lavorare (a volte alle dipendenze di privati, a volte nei bagni

8
Cos il de Brves e il cavaliere dArvieux, riportati nella sezione dei testi di questo libro.
9
Cfr. DAKHLIA (2008), pp.243-254.
10
Dalla famosa Muqaddima di Ibn Khaldn secondo la traduzione di V. Vacca, in F. GABRIELI, V. VACCA (1976), p.
291.
statali, a volte come rematori nelle navi); al contrario della tratta dei negri (attiva in quei secoli
anche nei porti magrebini) questa schiavit non era senza speranza di ritorno, perch i pi ricchi
potevano farsi riscattare dalla propria famiglia, per altri cerano degli ordini religiosi
(particolarmente benemerito fu lordine dei Trinitari) che raccoglievano il denaro per il riscatto dei
prigionieri poveri, altri in situazioni fortunate potevano arrivare a svolgere un lavoro indipendente e
cos a guadagnarsi la somma per il riscatto, alcuni riuscirono anche a fuggire in circostanze
avventurose; ma ugualmente erano molte le probabilit di finire i propri giorni in Barberia perch in
quei Paesi le condizioni di vita erano particolarmente insicure, sia a causa di frequenti epidemie di
peste sia perch le autorit molto facilmente condannavano a morte (ed effettivamente in quei secoli
quelle contrade si spopolarono, nei primi decenni del XIX secolo cera un grave vuoto
demografico). Comunque testimoniato che la lingua franca era usata continuamente in quei porti
proprio per il colloquio con gli schiavi europei, ed il fatto alquanto singolare (generalmente ci si
aspetta che siano gli schiavi quelli che adottano la lingua dei padroni): ma bisogna tener presente
che nel periodo precedente (allinizio del XVI secolo) gli Europei avevano fatto da padroni proprio
in quei porti, perci gli abitanti dovevano avere imparato una lingua di contatto, ed avendo il
possesso di questo mezzo di comunicazione continuarono ad usarlo con altri Europei, giunti questa
volta come schiavi.
5.3 Questa che ho appena esposto la prima ipotesi che ho avanzato per spiegare luso della
lingua franca, ed oggi non mi pare sbagliata, ma insufficiente: meglio tener conto anche del
prestigio delle diverse lingue. Occorre ricordare che a quel tempo la lingua franca si usava anche in
alcuni porti del Mediterraneo orientale (mai conquistati dai re di Spagna), seppure in modo pi
limitato; e questo perch il prestigio della lingua araba era ai minimi storici (anzi era nel periodo del
suo pi nero declino), il prestigio del turco rimase sempre relativamente modesto, mentre invece gli
Europei andavano assumendo una posizione preminente, anche se sul piano puramente militare
limpero ottomano restava in grado di infliggere loro delle dure sconfitte. Occorre inoltre
considerare il grandissimi prestigio di cui godeva in Europa la lingua italiana in quei secoli:
soprattutto nel secolo XVII, quando brillava il ricordo della civilt rinascimentale, ed alcuni fra i
maggiori letterati europei poetavano anche in italiano (ad esempio Molire inser intermezzi in
italiano in alcune commedie; Milton compose dei sonetti italiani); sappiamo che i capitani delle
navi inglesi di solito sapevano parlare italiano, e cos pure i diplomatici. Questo stato di cose si
riverberava anche in Oriente e nei Paesi islamici, per cui la conoscenza dellitaliano (o
secondariamente dello spagnolo) faceva parte del bagaglio culturale degli uomini pi in vista, anche
nellimpero ottomano
11
. stata gi rilevata una decisa preferenza che gli Ottomani operavano nei
confronti dellitaliano, usato regolarmente nei loro territori come lingua diplomatica e lingua di
scambio, fino al XIX secolo: forse le ragioni erano pi duna (litaliano era una lingua di prestigio
in tutta lEuropa, ma allo stesso tempo non era la lingua duna potenza che fosse in grado
dimpensierire seriamente il Sultano, e perci poteva essere intesa come una specie di campo
neutro; la gran parte dei segretari e cancellieri dellimpero ottomano appartenevano alla comunit
greco-ortodossa, in cui di solito si usava mandare i giovani pi promettenti a studiare in Italia); sta
di fatto che, in perfetto parallelismo con luso della lingua franca nel parlato, esisteva anche un uso
dellitaliano nello scritto, come lingua di comunicazione tra limpero ottomano e lEuropa. Ma
siccome a quel tempo non esistevano sulle sponde meridionali ed orientali del Mediterraneo delle
scuole che assicurassero un apprendimento adeguato delle lingue europee (tranne forse nella
comunit maronita ed in pochi ambiti cristiani), facilmente il plurilinguismo dei Musulmani si
fermava allo stadio di pidgin (spesso unilaterale): e come tale pu essere intesa (grosso modo) la
lingua franca usata nel bacino orientale del Mediterraneo; gran parte del lessico italiano aveva una
larga diffusione in turco e nellarabo parlato, e ci che ne rimane ora nei dialetti arabi devessere
una pallida immagine della conoscenza che se ne aveva a quel tempo. Ma con la pirateria dei porti
barbareschi, alcuni parlanti di questa lingua pidginizzata assunsero un enorme prestigio agli occhi

11
Sul prestigio della lingua italiana nellimpero ottomano e sulluso che se ne faceva come lingua diplomatica fino alla
met del XIX secolo si pu vedere larticolo di Francesco BRUNI (1999), pp. 65-79.
degli Europei che erano detenuti come schiavi: questi (che provenivano da tutti i Paesi europei e
non avevano una lingua in comune) imitarono il modo di parlare dei padroni e cos la lingua franca
pot divenire bilaterale e stabilizzarsi.
5.4 Ma anche questa seconda ipotesi insufficiente, e va completata. Per comprendere quale
fosse il sentimento dei musulmani di fronte alla conoscenza delle lingue europee, occorre leggere
quanto scrive il dott. Frank, ancora allinizio del XIX secolo (quando la supremazia europea si era
fatta ormai evidente): a p. 70 della sua Histoire de Tunis egli parla del bey che allora regnava in
quella citt, Hammda: Il parle, lit et crit facilement larabe et le turc; la langue franque, cest--
dire cet italien ou provenal corrompu quon parle dans le Levant, lui est galement familire: il
avait mme voulu essayer dapprendre lire et crire litalien pur-toscan; mais les chefs de la
religion lont dtourn de cette tude, quils prtendaient tre indigne dun prince musulman.
12

Dunque il parlare correttamente litaliano (in quanto lingua di Cristiani, cio infedeli) poteva essere
considerato disdicevole per un musulmano (o almeno per un principe di Musulmani), mentre nei
confronti della lingua franca non si percepiva questa sconvenienza. Viene in mente la situazione
descritta da R.A. Hall a proposito del Pidgin English della Cina: The English regarded the
language of the heathen Chinee as beyond any possibility of learning, and began to pidginize their
own language for the benefit of the Chinese. The latter held the English, like all foreign devils, in
extremely low esteem, and would not stoop to learning the foreigners language in its full form.
They were willing, though, to learn what they perfectly knew to be an imperfect variety of English
or of some other Western tongue, and considered that this was abasing themselves less than learning
real English.
13
In entrambi i casi, il motivo che aveva condotto alla nascita del pidgin era un
meccanismo identitario: si voleva evitare di parlare la lingua del nemico per non identificarsi con
lui. A questo punto si pu cominciare a comprendere come abbia fatto la lingua franca a mantenersi
per pi di tre secoli (che per un pidgin un tempo lunghissimo) senza mai diventare un creolo:
allinizio i Magrebini dovettero per forza comunicare con gli Europei che si installavano nel loro
Paese, e furono in qualche modo costretti ad imparare quella che a quel tempo diventava la lingua di
scambio internazionale; una volta stabilita la consuetudine del pidgin (che forse in un primo tempo,
agli inizi del Cinquecento, era unilaterale), questa prese un enorme impulso dalla pirateria, che
port decine di migliaia di Europei come prigionieri e schiavi nei porti barbareschi; nei secoli XVII
e XVIII la pirateria declin, gli schiavi europei si ridussero ad un numero forse trascurabile, ma
questuso della lingua franca prosegu, proprio perch essa era diventata un mezzo di
comunicazione bilaterale ed allo stesso tempo un terreno neutro su cui incontrarsi. Cos si spiega
anche il perch dun dialogo quasi surreale, tra il pasci di Tripoli Yusuf Qaramanli che parla in
lingua franca e il console sardo che parla un italiano molto forbito e letterario
14
: a quel tempo
litaliano fungeva da lingua diplomatica, e probabilmente il pasci ne aveva una buona competenza,
ma non si poteva abbassare a parlare in pubblico una lingua di infedeli. Per spiegare ancora il
perdurare di questa situazione occorre ricordare anche lestremo rispetto che i Magrebini avevano
per le loro usanze e tradizioni, che spesso sconfinava in un conservatorismo fanatico (la Broughton,
una testimone tra le pi gradevoli da leggere, ampiamente citata nella sezione dei testi, scrive:
usanza ... was supposed to be rhyme and reason for every piratical, injust, and tyrannical action, -
for every unintelligible, strange, or absurd custom, Star usanza, and all must bow before its
sound
15
). Proviamo a chiarire meglio il salto identitario che cera tra le due culture, quella
europea e quella turco-islamica: sappiamo che tra gli Europei chi voleva farsi musulmano in
Barberia prendeva il turbante, cio cambiava anche di vestito, e recideva praticamente ogni
contatto col mondo da cui proveniva: diventava un rinnegato, parola aborrita da tutti, Cristiani e
Musulmani: questi ultimi generalmente consideravano insincere queste conversioni, ma nondimeno
il governo della Sublime Porta teneva in grande considerazione questi nuovi credenti ( questo il

12
Si veda la testimonianza di Frank nella sezione dei Testi.
13
R.A. HALL, jr. (1966), p. 8.
14
Si veda nella sezione dei Testi, sotto il titolo Yusuf Qaramanli.
15
Si veda Broughton nella sezione dei Testi.
significato della parola giannizzeri), perch sapeva che di solito erano i migliori combattenti ed i
migliori generali. Quanto ai Turchi che decidevano di farsi cristiani e si stabilivano in Europa, il
loro Paese li considerava come morti. Riguardo alla riluttanza che avevano i Musulmani ad usare
una lingua dinfedeli, anche questa comprensibile: non solo nella loro tradizione larabo ha un
posto tutto speciale tra le lingue del mondo, ma probabilmente a quel tempo era viva la memoria dei
secoli in cui essi avevano una preminenza politica e culturale, e perci era pi cocente lo smacco a
dover riconoscere la superiorit di altri popoli fino ad allora poco considerati. Le relazioni tra
Europa e mondo arabo-islamico in et moderna non si comprendono se non si tiene conto di una
profonda religiosit in entrambi i contendenti: i singoli cristiani e musulmani potevano essere poco
osservanti, anzi in molti casi quelli che si combattevano erano da entrambe le parti dei malfattori
(sappiamo in quanto poca stima tenessero gli Europei la moralit dei propri soldati, e daltra parte
limpero ottomano favoriva apertamente dei grassatori e briganti come erano spesso i rinnegati, anzi
li metteva sullo stesso piano dei Turchi e li faceva salire alle pi alte cariche dello Stato), ma ci
non metteva in discussione le rispettive identit: possibile essere poco osservanti, o addirittura
empi, senza per questo tendere ad un cambiamento di religione o allateismo, ed a maggior ragione
si deve pensare a situazioni di questo genere per lepoca presa in considerazione (in sostanza
collocabile interamente nellAncien Rgime). Non si deve nemmeno dimenticare, sullo sfondo, il
jihd senza il quale tutta la storia dellimpero ottomano fino al secolo XIX diventerebbe
incomprensibile: per quanto le relazioni tra uno Stato islamico ed uno europeo potessero essere
pacifiche (e coi re di Francia, o alternativamente con lInghilterra, furono spesso amichevoli), la
rivalit di fondo permaneva sempre. Va aggiunto per che, dopo la battaglia di Lepanto,
praticamente limpero ottomano non mise pi al centro della sua attenzione il progetto di
unespansione nel Mediterraneo: daltra parte anche le principali potenze europee erano pi
interessate alla navigazione oceanica, e perci il Mare nostrum pass in seconda linea. Non per
questo cess lattivit dei corsari barbareschi: in parte declin (con alcuni ritorni di fiamma, ad
esempio al tempo delle guerre napoleoniche), ma assunse sempre pi i caratteri di unattivit
economica, ovvero di rapina: le Reggenze dovevano stare attente a che non ci fosse pace
contemporaneamente con Francia e Inghilterra (le due potenze maggiori), perch in quel caso non
avrebbero quasi pi avuto navi da depredare. Tutto ci ebbe un termine, perch nei primi decenni
dellOttocento il divario di civilt tra le due sponde del Mediterraneo divenne troppo evidente, ed in
pratica (pur senza un pronunciamento ufficiale delle autorit religiose) la comunit islamica fu
costretta a rinunciare alla guerra santa. Questo signific che alcuni Paesi musulmani si aprirono
allimmigrazione europea: nel 1815 il Congresso di Vienna proib la schiavit, e ci si tradusse
lanno successivo nel bombardamento di Algeri da parte della flotta inglese, per cui la pirateria fu
fortemente ridimensionata o quasi soppressa; negli anni seguenti, Tunisi divenne mta
dimmigrazione dallItalia (in quanto gli Italiani non potevano pi essere fatti schiavi dai pirati
tunisini); alcuni immigrati europei si erano gi stabiliti in Egitto, attirati dalla politica di
Muhammad Ali, ed altri ne arrivarono per tutto il XIX secolo. Ma il colpo di grazia alla pirateria
barbaresca arriv nel 1830 quando Algeri fu conquistata dalla Francia, e questo mondo di corsari,
soldati turchi e rinnegati fin per sempre ed in modo traumatico: a Tunisi ed a Tripoli i potentati
locali si mantennero pi a lungo, ma si accorsero subito che la situazione era cambiata, e non era
pi possibile trattare con lEuropa su un piede di parit (ed anzi pretendendo dei tributi per tenere a
freno i capitani corsari, come nei secoli precedenti); con il mutamento della situazione politica
anche luso linguistico cambi, anche perch era cambiato latteggiamento dei Musulmani verso la
civilt europea. Fu proprio nellOttocento che alcuni Egiziani facoltosi cominciarono a mandare i
propri figli a studiare in Europa, cosa inconcepibile prima di allora: in quelle condizioni era
necessaria una migliore conoscenza delle lingue europee, che gi di per s escludeva il ricorso al
pidgin; a ci si aggiunse il decadere del prestigio dellitaliano, che in ambito mediterraneo si fece
sentire soprattutto nella seconda met del secolo XIX, quando al suo posto si afferm il francese.
Comunque per i secoli antecedenti, se si leggono le testimonianze da me raccolte, si vedr che la
lingua franca era usata anche sulle navi corsare dagli stessi pirati: dunque non campato in aria il
nesso col lessico marittimo comune del Mediterraneo, la Lingua Franca dei Kahane
16
; ma
altrettanto certo che luso di questo pidgin spaziava in ben altri campi. Sappiamo pure che cerano
dei commercianti europei residenti nei Paesi magrebini, ed estremamente probabile che anchessi
usassero questa lingua nelle transazioni commerciali: ma non ce ne sono rimaste delle
testimonianze sicure
17
. Invece la maggior parte dei testi in nostro possesso riguarda rapporti
diplomatici (i viaggiatori che ce ne riferiscono sono spesso dei diplomatici), le relazioni con le
autorit locali (spesso quelle dei religiosi venuti a riscattare i prigionieri), o il colloquio con gli
schiavi (ci rimangono anche alcune memorie di ex-schiavi). Naturalmente possibile che questa
carenza delle fonti sia dovuta al caso, al fatto cio che nessun commerciante lasci delle memorie
18
.
Quanto allOriente, si tratta di unarea pi vasta e pi variegata rispetto allOccidente islamico o
Maghreb; come si diceva, sulluso della lingua franca in questa vasta regione si sa troppo poco, e
probabilmente le situazioni mutavano a seconda dei tempi e dei luoghi: De Brves nel 1606 diceva
che a Tripoli del Libano si usava diffusamente la lingua franca, ma nel 1678 secondo Galland i
mercanti francesi negli scali di Egitto e Siria (dunque implicitamente anche a Tripoli) dovevano
imparare larabo per poter lavorare, mentre invece a Smirne ci non era necessario. Per disegnare
un quadro preciso della situazione della lingua franca in Oriente ci servirebbero perci molti dati in
pi di quelli che possediamo; quanto alle particolarit linguistiche, i pochissimi testi provenienti da
Oriente non presentano caratteri sostanzialmente diversi da quelli occidentali, e la vera cesura
sembra essere quella tra i testi documentari (tramandati cio da autentici testimoni) e le
ricostruzioni letterarie, opera di poeti e scrittori che usavano questa lingua per farne delle parodie.
5.5 Non sono sicuro dinterpretare correttamente, ma ho limpressione che J. Dakhlia, nel
suo volume sulla lingua franca, non creda, o creda poco, alla mia tesi (cio che la lingua franca sia
sorta per evitare ai Musulmani di parlare la lingua del nemico): anche se non la controbatte
apertamente, nel capitolo IV (Une langue dans lIslam) cita numerosi casi di Musulmani poliglotti,
che per un verso o per laltro avevano acquistato una notevole maestria nelle lingue dellEuropa
(soprattutto per quanto riguarda litaliano) e sapevano servirsene in tutte le occasioni; a p.374
interpreta il passo di Frank sopra citato nel senso che le bey de Tunis Hammda Bacha se voit-
il empch, par les ulmas de son entourage, dapprendre crire litalien (corsivo suo); ma poi a
p. 377, e soprattutto nella conclusione del libro, afferma esplicitamente per la lingua franca questa
dimensione di lingua neutra, a met strada. Mi rendo perfettamente conto che la mia tesi non
geometricamente dimostrabile: anzitutto perch sappiamo bene che non mai esistita, nel diritto
islamico, una proibizione alluso di lingue non arabe (eccetto lambito della preghiera), ma anche
perch i sentimenti sopra descritti, riguardo alle lingue straniere, sono sempre individuali: ne
abbiamo avuto esempi recenti nellEuropa dellEst, dove nella seconda met del XX secolo era
praticamente obbligatorio per tutti studiare il russo, e per moltissimi non riuscivano ad impararlo
in maniera decente, perch non apprezzavano il popolo russo n lideologia di cui si era fatto
portatore. Ma perch cerco esempi cos lontani? NellItalia di oggi facile incontrare ragazzi che
hanno studiato linglese per tredici anni, quanti ne sono previsti nel corso di studi fino alla maturit,
eppure sono incapaci di spiccicar parola: probabilmente la colpa non solo della loro pigrizia o di
un cattivo insegnamento. Il fatto che linglese odierno, come tutte le lingue del mondo, si porta
appresso alcuni valori che non sono apprezzati da tutti: in questo caso probabile che sia sentito
come il veicolo di una globalizzazzione cattiva, che vuol fare tabula rasa delle vecchie tradizioni
nazionali e delle vecchie identit. Per questo motivo, molti fanno resistenza passiva e si rifiutano di
parlarlo: probabilmente ci avviene nella stessa Inghilterra, dove molti si ostinano a parlare dialetto
anche con gli stranieri. Non qui la sede per discutere quanto sia razionale o proficuo un simile

16
Michela RUSSO (2001) indica i vocaboli in comune tra il Dictionnaire ed il volume dei KAHANE; con la raccolta di
testi della presente opera si potrebbero trovare altre corrispondenze.
17
Invece sappiamo da testimonianze certe che la lingua franca era usata per il commercio nellEst del Mediterraneo,
cfr. DAKHLIA (2008), pp. 83-4, 136-8.
18
Probabilmente non un caso che i commercianti non pubblicassero le proprie memorie; ma preferisco che ad
approfondire questargomento siano gli storici professionisti.
comportamento, quel che mimporta solo mostrare come questi atteggiamenti, pur nascendo
nellanimo dei singoli (dunque come fenomeni strettamente individuali, che molti altri possono non
condividere) riescano a diventare fatti di rilevanza sociale e ad influire sulla sorte delle lingue.
Anzi, secondo me un meccanismo di questo genere pu spiegare anche lorigine dei creoli: queste
lingue nacquero generalmente in contesti di schiavit, con gli schiavi che (si dice) non erano in
grado dimparare correttamene la lingua dei padroni; ma a mio avviso pi probabile che non la
volessero imparare, e soprattutto che non la volessero parlare perch non sidentificavano
etnicamente con loro, e quindi inventarono una lingua nuova per affermare unidentit differente
19
.
Quanto allipotesi della Dakhlia che in realt linterdizione verso le lingue dinfedeli riguardasse
solo il livello scritto, la trovo poco verisimile: anzitutto mi pare evidente che il parlato abbia un
coinvolgimento emozionale maggiore; e daltra parte significher pur qualcosa il fatto che
nellimpero ottomano si usasse di solito litaliano (lingua straniera) per comunicare con lesterno a
livello scritto, mentre la lingua franca (neutra) era limitata alla comunicazione orale.

Il sabir
6.1 Un uso cos radicato della lingua franca non rimase senza strascichi: in Algeria, ed in
parte anche in Tunisia, fin verso la fine del XIX secolo ci segnalato luso di un particolare pidgin,
che ha il nome di sabir: questo nuovo nome, attestato la prima volta in Thophile Gautier, nelle
memorie dun viaggio in Algeria che risale al 1845
20
, devessere nato nellambiente dei coloni
francesi
21
, che affibbiavano i pi svariati nomignoli a tutte le etnie con cui erano a contatto; il
sostantivo con ogni probabilit non deriva dal verbo sabir in quanto tale (che in lingua franca
significava sapere), ma piuttosto dallintermezzo del Bourgeois Gentilhomme di Molire, che il
brano in lingua franca di gran lunga pi famoso, e che comincia con Se ti sabir .... Fin dalle prime
attestazioni questa lingua ci si presenta ben differente dalla lingua franca depoca anteriore, pur
essendone certamente la continuazione storica. Consideriamo larticolo di Mac-Carthy e Varnier del
1852, citato nella sezione dei testi: anche se gli autori magnificano questa lingua (quel est le
voyageur [...] qui, en posant le pied sur cette terre privilgie dAlgrie, ne sest pas senti tout
coup dou, non pas dune seconde vue, mais de la connaissance dune seconde langue qui lui a
permis de comprendre ses nouveaux htes et de se faire comprendre deux: miracle inverse de celui
de la tour de Babel!), poi le frasi che citano sono ben pi rudimentali di quelle dei documenti
anteriori: ad esempio ti andar mirar, mi andar semi-semi, certo riprende unespressione tipica della
lingua franca, attestata come sim sim nel Dictionnaire, semen lemen in Serrano; ma anzitutto la
fonetica si fatta pi araba (in finale assoluta si accetta solo la vocale pi chiusa i mentre la vocale
intermedia ammessa in sillaba tonica aperta); e in pi anche la morfologia s ridotta, come si
vede confrontando la traduzione che ne danno gli stessi autori: tu vas sortir pour visiter la ville:
veux tu que je taccompagne?. Una frase complessa come questa del francese, nel Dictionnaire del
1830 avrebbe potuto essere tradotta diversamente ed in modo pi appropriato, ad esempio *ti andar
mirar chit, volir mi venir con ti (o anche *volir mi venir sim sim)? Limpressione non cambia
se si passa a leggere Faidherbe (anchegli riportato fra i testi in sabir), che tutto sommato il
principale testimone di questa fase della lingua, e che cita le seguenti frasi: Moi meskine, toi donnar
sordi. Toi bibir lagua. Lui tenir drahem bezzef. Sbanioul chapar bourrico, andar labrizou. Quand
moi gagner drahem, moi achetir moukre. La traduzione di alcune frasi si trova nella recensione del
Waille
22
: je suis pauvre, donne-moi des sous (ma giustamente, questautore al posto di donnar
scrive dounar, pi conforme alle abitudini degli arabofoni); lespagnol a vol un ne, il va en
prison (ma non potrebbe valere anche per il est all en prison, o per il ira en prison?); quand
jaurai de largent, jacheterai une femme. Si noter che in queste frasi non si distinguono pi i

19
Cfr. CIFOLETTI (2008).
20
Th. GAUTIER, Loin de Paris, Paris 1865, p. 31: quelques mots baragouins en langue sabit, idiome extrmement
born, et qui sert aux communications de portefaix tranger ; cfr. DAKHLIA (2008), pp. 429 e 444.
21
Cfr. Waille nella sezione dei testi in sabir.
22
Si veda ancora Waille nella sezione dei testi sabir.
tempi, presente passato e futuro sono resi tutti con linfinito, mentre la lingua franca antecedente li
poteva distinguere. Limpressione di impoverimento della lingua si accentua leggendo i testi di
Mayet (pure riportati in questo libro): qui i parlanti sabir appaiono quasi dei minorati, persone
capaci di esprimersi solo in modo molto approssimativo e rudimentale. A questo punto, se non
sapessimo che si tratta duna lingua giunta al capolinea, potremmo pensare di avere a che fare con
un pidgin iniziale o pre-pidgin. Ma occorre a questo punto sottolineare che le testimonianze di sabir
fin qui considerate si riferiscono sempre a persone del basso popolo, e gi il solo fatto che questo
linguaggio sia attestato solo come tipico di persone di basso livello sociale dovrebbe far riflettere: la
lingua franca antecedente, al contrario, in quasi tutti i testimoni la lingua dei pi alti dignitari degli
Stati barbareschi, del Dey e dei suoi pi stretti collaboratori.
6.2 In realt gli stessi autori ci danno notizie anche di altre variet di sabir, usate alla stessa
epoca: si legga ad esempio Waille: Disons en outre que ce sabir varie, selon quil passe de la
bouche dun Arabe, dun Juif ou dun Maltais. La syntaxe est toujours bouleverse, et la
prononciation dfectueuse et avachie, mais pas de la mme manire. E poi fornisce qualche
esempio di sabir juif, da una Bible comique pubblicata a Costantina: la primire foi qui li monde, ti
a rien di tout, gnia pas di franci, gnia pas di jouif, gnia rien di tout, nic di poisson, nic di zouazou,
nic dou bli ... li moun Diou, il a dic: ti pi pas risti comme a .... il a douni oun coup di signal bour
fire li ciel et la tire, etc. Gi Schuchardt aveva osservato che questo non pi un pidgin, e se si
considera questa parlata isolatamente gli si deve dare ragione. Ma secondo me non sbagliavano
neppure i contemporanei che assegnavano lo stesso nome a due realt apparentemente cos distanti
come il sabir dei Musulmani ed il sabir degli Ebrei: sia pure con una documentazione povera ed
incompleta, pare di vedere qui una situazione del tipo che oggi si dice continuum post pidgin: ben
documentato il cosiddetto basiletto, ovvero il pidgin parlato dalle persone pi incolte, e che
continua meglio la tradizione precedente; ma c anche un acroletto usato dalle persone che
desiderano emergere, in prima linea gli Ebrei, ma con loro anche i Maltesi che pure partivano da
una prima lingua di matrice araba, ma essendo cristiani si sentivano pi vicini ai colonizzatori e
perci avevano un minor problema identitario a parlarne la lingua. Non si dimentichi poi che
proprio in quegli anni si sviluppava in Algeria il particolare linguaggio dei coloni (francesi ma pi
spesso francesizzati) detto pataoute o cagayous, che solo in modo marginale si potr far rientrare
in questo processo di depidginizzazione (nel senso che i parlanti non avevano alle spalle la
tradizione della lingua franca, n provenivano da un contesto arabofono), ma ugualmente contribu
alla particolare mescolanza linguistica di quei Paesi.
6.3 Negli anni seguenti, dopo che queste popolazioni ebbero imparato meglio la lingua
coloniale, il termine sabir fu applicato soprattutto al francese usato dai nuovi immigrati e dai
Musulmani, che per non serviva pi come lingua di scambio, come testimonia chiaramente Marcel
Cohen scrivendo a Schuchardt
23
. Nel 1916 ad Algeri fu pubblicata una raccolta di favolette in sabir
nello stile di La Fontaine
24
, ma non solo: nella prima met del XX secolo a Tunisi fu attivo Kaddour
ben Nitram (pseudonimo di Eugne-Edmond Martin, nato a Tunisi nel 1888) che scrisse ed
interpret tutta una serie di farse proprio sul tema dei Sabirs, ovvero dei diversi linguaggi poco
comprensibili che si potevano ascoltare nella Tunisi di allora
25
. Questa denominazione suscit le

23
Si veda quanto ne dice Marcel COHEN, nella sua lettera a Schuchardt riportata nella sezione dedicata al sabir: Il est
bon dindiquer clairement que le mauvais franais bariol darabe nest pas particulier aux juifs, mais tous ceux qui ne
savent pas encore bien le franais; il est par consquent actuellement beaucoup moins rpandu chez les juifs qui parlent
de mieux en mieux franais (et chez qui larabe est en rgression) que chez les musulmans qui commencent apprendre
le franais.
24
Cfr. KADDOUR-MERMEL (1916); lautore deve essere distinto dallaltro Kaddour di cui si parler subito dopo; un
piccolo saggio si pu leggere nella sezione dei testi in sabir.
25
Dallarticolo di Kmar MECHRI-BENDANA (1992), pp. 283-291, si ricavano numerosi titoli di sue pubblicazioni,
dallinizio degli anni 30 fino agli anni 50; comunque la sua opera pi nota intitolata proprio Les Sabirs de Kaddour
ben Nitram, d. Bonici, Tunis 1931. Anche da questo libro si pu leggere un piccolo saggio nella sezione dei testi in
sabir.
proteste di qualche studioso
26
, ma non si pu far carico ad un umorista di aver usato quello che
evidentemente a quel tempo era il termine pi comune per indicare quella realt: compito del
linguista sar semmai distinguere tra il sabir ottocentesco, che a buon diritto si pu ritenere
propaggine e conclusione della lingua franca, ed i sabir novecenteschi darea magrebina, che in
qualche modo (almeno per continuit storica) sono collegati a quello che verso il 1880 si chiamava
ancora sabir, ma ormai hanno poco o niente in comune con la lingua franca, e non hanno pi nulla
del pidgin.
6.4 A grandi linee si pu quindi vedere il processo di sparizione della lingua franca come
una depidginizzazione: a contatto con una lingua vicina a quella che prima faceva da modello e
forniva il lessico, questa lingua entr (come si visto) in una fase di continuum e poi lasci il posto
alla lingua di prestigio. In questo senso si pu affermare che il francese del Maghreb (ormai tanto
diffuso da poter essere considerato lingua indigena) il vero continuatore della lingua franca: anche
se la coincidenza geografica non perfetta, perch dallarea francofona magrebina resta fuori la
Tripolitania dove la lingua franca era usata, ed invece ne fa parte il Marocco dove probabile che
questa lingua fosse di uso sporadico.

Ulteriori precisazioni
7.1 Sento il dovere di giustificare il motivo per cui non condivido la suddivisione in periodi
della lingua franca operata da Couto (2002)
27
, ma soprattutto il fatto che egli attribuisca anche il
Dictionnaire alla fase del sabir, adducendo il motivo che esso stato composto in occasione della
spedizione francese contro Algeri, che avrebbe poi portato alla colonizzazione del Paese. Su questo
punto ritengo si debba essere chiari: compito del linguista operare con categorie linguistiche, e
non socio-storiche. Secondo me (spero di averlo dimostrato con quanto ho raccolto in 3.1, e di
dimostrarlo meglio in seguito) esiste una continuit fra la lingua di Haedo e quella del Dictionnaire,
anche se queste due testimonianze differiscono in molti punti (soprattutto perch i compilatori del
Dictionnaire paiono avere familiarit con litaliano e non col castigliano, mentre al contrario Haedo
era spagnolo di nascita); viceversa, tra la lingua del Dictionnaire e quella descritta da Faidherbe (ma
anche dallarticolo La langue sabir) esiste una frattura, che si potr agevolmente controllare
leggendo i testi da me riportati. C sicuramente dellarbitrario anche nella divisione da me operata,
per cui un testo del 1834 (Calligaris) attribuito alla lingua franca, ed uno del 1836 (che va sotto il
titolo di Bugia) classificato come sabir; nel primo caso, la frase riportata (Ti avir comandate per
mi de fasir lo guardia a la porta de fortizza) sembra ancora italianeggiante ed i mezzi espressivi
sono relativamente ampi (ma forse dipende dal fatto che questo documento viene da Tunisi, dove il
passaggio allet coloniale fu pi graduale e meno traumatico che ad Algeri), mentre le frasi della
seconda testimonianza (Amezian venir Semi Semi; no bono no andar commandant; commandant
esta morto) risentono gi di una riduzione dei mezzi espressivi (tant vero che la prima frase ha
bisogno di essere interpretata: Amezian veut faire la paix avec les Franais); certo difficile
decidere operando con testi cos brevi, mentre sul Dictionnaire non si possono avere dubbi.
7.2 Va chiarito anche il motivo per cui ho escluso quasi completamente dalla mia raccolta i
testi letterari di lingua franca (in 3.2 ne ho presentato un breve elenco, senza per riportarli; tra i

26
Pierre PEREGO (1968) scrisse a p. 602: Un fonctionnaire franais nomm Martin et qui sest donn le pseudonyme
anagrammatique de Si Kaddour ben Nitram, a notamment publi une anthologie de son cru sous le titre les Sabirs. Et
dans ces sabirs, il range indiffremment le sabir des arabophones musulmans, celui des Juifs de Tunis, le sabir
particulier des Maltais, le sicilien ( peu prs sans mlange!) le langage populaire franais de Bne, le franais de Corse
(!). Et personne ny a trouv redire. Ma subito dopo egli osservava giustamente: On voit donc que le mot sabir, qui
a persist, ne dsigne plus, tout au moins dans le langage courant, la mme ralit linguistique quil y a un sicle.
27
In realt, egli non fa che riprendere dalla mia monografia del 1989 una suddivisione della lingua franca in tre periodi,
1) le origini, 2) let della pirateria, 3) let del sabir. Ora ho modificato questa visione: let delle origini, secondo i
documenti che ho visto finora, testimonia soltanto che si stava cominciando ad usare litaliano come lingua di scambio,
e perci esisteva la tendenza a pidginizzarlo; ma probabilmente un pidgin stabile non si form che in et moderna, e
quasi solo in ambito barbaresco. Invece sono in netto disaccordo con COUTO sul suo modo di dividere tra lingua franca
e sabir, includendo in questultimo il Dictionnaire che linguisticamente va con la fase precedente. Anche la DAKHLIA
(2008) parla del Dictionnaire facendo riferimento allet coloniale, ma lei storica e non linguista.
testi in sabir ne ho riportato uno, intitolato Le Monde illustr, ma senza prenderlo in considerazione
nel Glossario). Questa lingua ai contemporanei appariva divertente, anzi un po ridicola: dunque era
una gradita opportunit per i commediografi e per tutti gli autori di brani comici. Si capisce molto
bene quanto sia vera losservazione che, ben lungi dal rappresentare la regola, il pidgin sorge solo
eccezionalmente nelle situazioni di contatto linguistico: occorre prima di tutto superare il naturale
senso del ridicolo suscitato da una lingua cos monca. Come abbiamo visto in 5.4, la lingua franca
super agevolmente questa difficolt, perch aveva soprattutto la funzione di evitare ai musulmani
lonta di parlare una lingua di infedeli; ma il rischio del ridicolo permaneva sempre. Una vena
comica si trova in tutti i testi letterari di lingua franca, dal Contrasto della Zerbitana al Villancico di
Encina alla Zingana di Giancarli, per non parlare di Molire: per questo penso che accostare simili
testimonianze a quelle documentarie sia un po come mettere insieme dei ritratti con delle
caricature. A ci si aggiunga che quasi tutte le testimonianze letterarie a noi note non sono
attribuibili agli Stati barbareschi; e che sempre (per quanto ne sappiamo) gli autori non avevano
esperienza diretta della lingua franca barbaresca, ma la ricostruivano ed interpretavano secondo la
propria fantasia. Nondimeno penso si possa fare uneccezione per il Cervantes, che era stato
personalmente ad Algeri (suo malgrado), e che in due commedie, Los tratos de Argel e Los baos
de Argel, inser alcune battute in una lingua franca coerente con le nostre testimonianze.
7.3 stato notato che tutte le testimonianze di lingua franca barbaresca sono riportate da
fonti europee, e nessuna da fonti arabe; ed giusto che ce ne chiediamo il motivo. vero che quello
di cui trattiamo fu un periodo estremamente negativo per la cultura araba, tanto che quei Paesi erano
in una decadenza gravissima, ed i viaggiatori descrivono un pesante arretramento, anche rispetto
alla cultura araba medioevale; ma si conosce pur sempre il nome di qualche cronista locale che ci
tramand le vicende di quei secoli bui. Se questi non menzionarono la lingua franca deve esistere
un motivo, e non difficile intuirlo quando si conosce la mentalit islamica. Come noto lIslm
un mondo variegato, in cui oltre tutto non esiste unautorit centrale, per cui moltissimi musulmani
possono avere concezioni del tutto diverse da quelle che andr esponendo: occorre quindi affermare
chiaramente che indicher solo delle tendenze. Dopo queste precisazioni, posso dire che in generale
per i musulmani le lingue non stanno tutte su uno stesso piano: siccome secondo loro (o almeno
secondo la grande maggioranza di loro
28
) il Corano non creato, ma fin dalleternit esisteva nella
mente di Dio in arabo, questultima lingua ha una considerazione del tutto speciale, ed da qui che
deriva lo scarso interesse per i dialetti: in molte universit dei Paesi arabi, ancora oggi i colleghi che
si occupano di dialettologia sono spesso di sinistra, o comunque sono considerati laici, mentre i
musulmani pi devoti tendenzialmente preferiscono dedicarsi allarabo classico. In una prospettiva
del genere (che privilegia larabo innanzitutto, e pu concedere degli spazi solo a grandi lingue di
prestigio) comprensibile la riluttanza degli storici musulmani a dedicare una qualche attenzione
alla lingua franca; ricordiamoci che pure in Europa i linguisti dellOttocento (eccetto Schuchardt)
evitarono di occuparsi dei pidgin, ritenendo che fossero realt linguistiche di livello troppo basso. J.
Dakhlia insiste su unaltra asimmetria fra le memorie pervenuteci: sappiamo che diversi Europei
descrissero la loro prigionia tra i pirati barbareschi, ma non ci risulta che qualcuno dei Mori e
Turchi che furono detenuti in Europa abbia fatto altrettanto. Qui occorre chiarire, per sommi capi,
unaltra differenza tra le due sponde del Mediterraneo: in Europa agivano delle confraternite
religiose (specialmente i Trinitari) che si occupavano del raccoglimento di somme per riscattare gli
schiavi detenuti nei Paesi islamici, ed alla loro azione queste memorie erano daiuto, in quanto
descrivevano eloquentemente le angustie in cui quelle persone si trovavano; in ambito turco non si
faceva altrettanto, chi finiva schiavo in Europa poteva a volte essere liberato per intervento delle
autorit, ma non esistevano simili confraternite; anzi in fondo il viaggiare per terre dinfedeli era
considerato un po imbarbarirsi
29
.

28
Gli Ibaditi, ridotti a poche comunit nel Sud della Tunisia e dellAlgeria, a quanto pare non accettano questa teoria
del Corano increato (ed infatti, spesso conservano luso della lingua berbera).
29
J. DAKHLIA (2008), pp. 150-154. In realt il diritto islamico prevede come debba comportarsi il Musulmano che abiti
in terra dinfedeli, si veda KHADDURI (1955), pp. 170-174; ma fino al XIX secolo si cercava devitare questa situazione.
7.4 Infine, due parole sulla vecchia idea che la lingua franca sia allorigine del pidgin
portoghese, da cui, secondo unipotesi oggi poco seguita (ma di per s questo non sarebbe un
argomento), sarebbero derivati gli altri pidgin e creoli (ipotesi monogenetica)
30
. Si visto come le
testimonianze storiche non ci consentano di concludere che un pidgin a base italiana (o italo-
castigliana) esistesse gi nel Medioevo, allepoca delle Crociate: gi cos potremmo chiudere il
discorso, ma vorrei rafforzare questaffermazione con altre considerazioni. impossibile che la
lingua di scambio derivata dallitaliano sia pi antica della lingua italiana: e questultima, a mio
avviso, non cos antica come comunemente si ritiene. Dal latino non deriv litaliano tout court,
bens dei dialetti molto diversificati, dei quali la maggior parte molto distante dalla lingua
letteraria: si d il caso paradossale che la maggior parte dei dialetti italiani siano per gli stessi
Italiani meno comprensibili che lo spagnolo. Sappiamo inoltre che tra il 1304 ed il 1307 Dante
Alighieri scrisse il De vulgari eloquentia in cui andava proprio alla ricerca della lingua italiana,
cercando di vedere quale dialetto potesse essere preso a modello: e stranamente, giunse alla
conclusione che il meno peggio fosse il dialetto bolognese. La lettura di questo opuscolo dantesco ci
dimostra alcune cose importanti e per nulla scontate: 1) che a quel tempo gli Italiani, bench divisi
politicamente fra varie Signorie, si sentivano un popolo unico; 2) che volevano dotarsi di una lingua
unica, sul modello francese, nonostante le differenze dialettali che gi allora dovevano essere forse
altrettanto acute come oggi. Ne consegue che 3) allinizio del XIV secolo
31
la lingua italiana non
esisteva! Ma qualche anno pi tardi, lo stesso Dante scrisse la Divina Commedia, e dopo di allora
gli Italiani non ebbero pi dubbi sul modello di lingua da seguire. Mi rendo conto che
probabilmente lesistenza di questo sommo poema di per s non sufficiente, che vi furono altre
cause concomitanti quali il grande prestigio di Firenze ed il fatto che il dialetto toscano fosse ancora
abbastanza vicino al latino, ed inoltre rappresentasse in qualche modo un compromesso tra dialetti
settentrionali e centro-meridionali; resta per il fatto che quel modello linguistico si afferm
precisamente dopo lopera di Dante.
Di conseguenza, se una lingua italiana esistita dal secolo XIV, non la si pu per far risalire al
tempo delle Crociate (che termin alla fine del secolo XIII), dunque sarebbe molto strano se si
trovassero documenti di un italiano pidginizzato provenienti da quellambiente: a quel tempo si
formarono invece degli standard letterari per il francese e provenzale, che certamente influenzarono
le comunicazioni fra Europei; come gi espresso, non ci dato sapere se nel regno di Gerusalemme
e negli altri Stati crociati si sia sviluppata una lingua di scambio, e se essa abbia avuto le
caratteristiche del pidgin, ma il silenzio delle fonti lo fa ritenere molto improbabile.
7.5 Anche se non sono propenso a datare troppo presto la nascita della lingua italiana, non
sono daccordo neppure con quanti ritengono che litaliano fosse scarsamente usato come lingua
parlata fino ad et molto recente (e dunque lo considerano solo una lingua scritta, di dotti): come
esempio posso citare van Rijsingen (2004) che scrive, a p. 53, to avoid the term Italian infinitive,
which would imply [] that the form derives from Italian, which did not even exist at the time (al
tempo dei primi documenti di lingua franca). In nota aggiunge: Standard Italian is based on the
Fiorentine dialect of the 14
th
century, but was not spoken much until the 1950s (corsivo mio).
Coerentemente con questo assunto, lAutrice ricerca le origini della lingua franca nei dialetti delle
repubbliche marinare italiane, giungendo ad alcuni paragoni interessanti, che nel complesso per
non convincono. Alla base delle sue affermazioni stanno evidentemente le ricerche di Tullio De
Mauro, che nel suo grande studio di storia recente dellitaliano afferm (senza fare valutazioni a
caso, ma citando precise statistiche del Regno dItalia sulla scolarizzazione) che a parlare litaliano

30
Si veda WHINNOM (1965), ripreso da COUTO (2002), p. 119-120.
31
Cio allepoca in cui fu composto il Contrasto della Zerbitana, ritenuto da molti il primo documento di lingua franca;
a me pare invece una prefigurazione della lingua franca, un primo tentativo di pidginizzare le parlate volgari dItalia; e
del resto CAMUS BERGARECHE (1993) ha scritto giustamente a questo proposito (a p. 442): un dato interesante que
contradice la idea tradicional acerca del poema editado por Grion [Contrasto della Zerbitana] ... es el hecho, narrado en
su Crnica, de que a Ramon Montaner se le nombre gobernador de Djerba gracias a que su dominio del rabe facilita el
entendimiento con los naturales del la isla, condicin innecesaria en el caso que en ese lugar se hubiera generalizado ya
una forma de lingua franca.
nel 1861 era a malapena il 2,5% della popolazione; in precedenza secondo le relazioni che egli cita
la situazione doveva essere ancora peggiore, e nei decenni successivi si modific molto
lentamente
32
. Questi risultati, malgrado la documentazione addotta, sono apparsi esagerati a molti,
ed hanno suscitato perplessit: se ne fece portavoce Arrigo Castellani che prov a rifare i calcoli, ed
usando criteri pi ampi, cercando dincludere leducazione privata, gli ecclesiastici ecc., propose
altre statistiche in base alle quali si poteva considerare italofona, nel 1861, una percentuale tra il 9%
e il 12,5% della popolazione (concentrata soprattutto nelle regioni dellItalia mediana); e concluse,
assennatamente, che nel 1861, insomma, la lingua di Dante era normalmente usata da poco meno
(o poco pi) dun decimo deglItaliani; poteva essere usata, alloccorrenza, da parecchi altri; doveva
esser nota a larghissimi strati della popolazione
33
. Personalmente ho affrontato il problema in un
articolo a parte, in via di pubblicazione
34
: riassumendolo, posso anzitutto precisare che non
propongo altre percentuali anche perch nella mia ottica (partendo cio dallo studio della lingua
franca) il 1861 non una data interessante, anzi si trova nel periodo del sabir, cio del disfacimento
di questo pidgin. Vorrei per aggiungere che occorre aver presente lidea (non oso dire ideologia)
che animava i funzionari del Regno dItalia nel compilare le statistiche a cui attingono De Mauro e
Castellani: essi avevano il compito preciso di costruire uno Stato moderno, secondo il noto dettame
lItalia fatta, facciamo gli Italiani; in questottica la diffusione dellistruzione e della conoscenza
sempre pi standardizzata della lingua nazionale aveva grande importanza
35
. Le ricerche di De
Mauro, certamente rigorose e ben documentate, si riferiscono alla situazione del Regno dItalia nel
1861, e possono fornirci indicazioni, pi che sullItalia preunitaria, su come gli Italiani di allora
percepissero la propria situazione; ma bisogna considerare che, per la maggior parte di loro,
lannessione allo Stato sabaudo non signific soltanto un cambio di dinastia, bens segn il
passaggio dallAncien Rgime allo Stato moderno; e se nei secoli antecedenti alla rivoluzione
giacobina, per garantire unidentit nazionale (di Francese, Inglese, ecc.) bastava la lealt ad un
sovrano, e come soprappi la conoscenza della lingua nazionale cos come simparava studiando sui
libri (ed a maggior ragione ci valeva per gli Italiani, che non avevano uno Stato a cui riferirsi), in
seguito si diffuse la mentalit per cui oltre a ci occorreva che si parlasse in privato la lingua
nazionale (che doveva perci diventare lingua materna). In questa prospettiva si capisce lansia
dei maestri e dei funzionari del neonato Regno dItalia, che si sentivano in ritardo rispetto alla
Francia, e dipingevano la situazione a tinte fosche; ma la situazione al tempo della lingua franca va
valutata con metri dAncien Rgime, che sono diversi. Durante i decenni e secoli che precedono
lunit dItalia, probabile che ci si accontentasse di molto meno per dire che si parlava italiano.
Cos Manzoni rievoca il modo di parlare italiano che era in uso nel primo Ottocento a Milano, e che
localmente si diceva parlar finito: Voleva dire adoprar tutti i vocaboli italiani che si sapevano, o
quelli che si credevano italiani, e al resto supplire come si poteva, e per lo pi, sintende, con
vocaboli milanesi, cercando per di schivar quelli che anche ai milanesi sarebbero parsi troppo
milanesi, e gli avrebbero fatti ridere; e dare al tutto insieme le desinenze della lingua italiana
36
.
Certamente un simile modo di parlare nel secondo Ottocento era passato di moda ed appariva
comico, ma probabile che fosse molto usato nei secoli precedenti, e fornisse una base su cui gli
Italiani di diverse regioni si potevano intendere; e ne troviamo le tracce anche nella lingua franca.
Un vocabolo come mangiaria cibo, pasto non propriamente dorigine italiana: in italiano esiste

32
Tullio DE MAURO (1974), passim, ma soprattutto le pp. 42-3.
33
Arrigo CASTELLANI (1982); si veda anche Francesco BRUNI (2003).
34
Guido CIFOLETTI, Venezia e lespansione dellitaliano in Oriente: problemi connessi con la storia della lingua franca
del Mediterraneo, da pubblicarsi negli Atti del XIII Incontro di Linguistica Camito-Semitica, Udine 21-24 maggio
2007.
35
Fra laltro, mi preme sottolineare come la diffusione della lingua italiana nella seconda met dellOttocento fu una
politica condivisa, che non sollev contrasti: si ha notizia di resistenze popolari o di rivolte per le tasse eccessive, la
coscrizione obbligatoria, la politica anticlericale del governo, ma non risulta che ci siano state opposizioni alla politica
ditalianizzazione linguistica.
36
La citazione presa da MIGLIORINI (1978), p. 348, che indica la fonte, da un foglio di scarto del trattato manzoniano
Della lingua italiana; v. Opere inedite o rare, V, p. 348.
solo mangeria profitto illecito ottenuto esercitando disonestamente una funzione statale, troppo
distante come significato; si tratta invece di una italianizzazione del veneziano magnaria, e non pu
essere un errore di trascrizione dovuto alle nostre fonti, perch si ritrova nei dialetti arabi:
/manjariyya/ a Tunisi, /mangariyya/ al Cairo. Ugualmente il pronome ellou usato comunemente nel
Dictionnaire, pu risalire al genovese elu come al veneziano elo, ma la doppia ll- il segno di una
italianizzazione. Cos pure counchar o contchar col significato di fare, risale al siciliano cunzari,
ma italianizzato. Per noi che non abbiamo le preoccupazioni di purismo n abbiamo lassillo di
modernizzare lItalia (come avevano invece i funzionari statali nei decenni successivi al 1861) un
simile modo di parlare si pu classificare agevolmente come italiano su sostrato dialettale, ma pur
sempre italiano, nel senso che i parlanti lo intendevano cos: ed questa la lingua che dobbiamo
supporre sia stata alla base del pidgin lingua franca. In questa prospettiva si capiscono meglio
anche tutte le parole di origine francese o spagnola che compaiono nel Dictionnaire in forma
italianizzata: si trattava di un procedimento usuale a quel tempo.


RECENSIONE

JOCELYNE DAKHLIA, lingua franca. Histoire dune langue mtisse en Mditerrane, d. Actes Sud,
Paris 2008, 591 pp., ISBN 978-2-7427-8077-8.
Quando avevo praticamente gi pronta per la stampa la seconda edizione della mia
monografia La lingua franca barbaresca uscito questo volume, che mi costringe a modificare
almeno in parte le prospettive: non solo vi si trovano nuovi testi di lingua franca e di sabir (non
lunghi, ma che comunque non possibile ignorare), ma vi si dimostra inoppugnabilmente che
questa lingua non si parlava solo a Tripoli, Tunisi e Algeri: ce ne sono testimonianze sicure anche
per lOriente, nonostante che i testi siano quasi assenti; e si chiarisce la situazione linguistica del
Marocco, dove nei secoli dal XVI allinizio del XIX la lingua franca era conosciuta, ma subiva la
forte concorrenza del castigliano, noto a molti sia per loggettiva vicinanza geografica, sia perch
erano numerose le famiglie di Moriscos esiliati, che per conservarono per generazioni luso della
lingua spagnola. Oltre a queste importanti novit, possiamo dire che lAutrice si giova di
uninvidiabile bibliografia, e certamente si documentata attingendo ad un numero impressionante
di opere, spesso di difficile reperimento. Va detto che il suo lavoro ha una chiara impronta
storiografica, la Dakhlia di formazione storica e non linguistica, perci mi sarei potuto limitare a
recepire i nuovi testi di lingua franca e sabir da lei trovati, lasciando ad altri di giudicare lopera nel
suo complesso: ma penso che una lunga frequentazione con gli stessi testi da lei studiati mi
autorizzi a dire qualcosa di pi, anche se, per il fatto di essere un linguista e non uno storico, mi
rendo conto che facilmente potrei cadere in numerose ingenuit. Posso dire anzitutto che, dal punto
di vista della storia linguistica, abbiamo a che fare con unopera provvidenziale: noi Italiani non
sappiamo quanto la nostra lingua stata diffusa nel Mediterraneo in et moderna, siamo pressoch
alloscuro del suo uso come principale lingua di scambio con lestero nellimpero ottomano, perch
nessuno ci ha mai raccontato questa vicenda: finora a questo proposito cerano quasi soltanto degli
articoli di Francesco Bruni
37
, ma non mi risulta che sia mai stato fatto un lavoro dinsieme come
quello che abbiamo ora. Perci questopera mi sar molto utile per unaltra monografia che ho in
cantiere, sugli italianismi nei dialetti arabi: non mi sar difficile spiegare che fino al XIX secolo in
quei Paesi litaliano era la lingua straniera di maggior prestigio, e che gli italianismi che rimangono
ora sono probabilmente solo una pallida immagine della conoscenza dellitaliano che si aveva a
quel tempo. Certo per (se si vuole passare alle critiche) il fatto che lAutrice abbia una formazione
storica, non linguistica n filologica, a volte la porta a strani fraintendimenti: come quando parla del
Contrasto della Zerbitana, componimento risalente ad un periodo a cavallo tra i secc. XIII e XIV
38
,
quando Jerba era sotto dominio siciliano (p. 48), e dice che le jeune Italien [...] va aussi jusqu la

37
Cfr. gli articoli di BRUNI citati in bibliografia.
38
Il testo si pu trovare ad esempio in MINERVINI, p. 281.
menacer de srieuses reprsailles. Il lui promet de lattraper par les cheveux et de la molester, fort
de la protection de son amiral, ma qui secondo me c uno scambio di battute. Evidentemente nel
manoscritto originale non si indica quali strofe sono da attribuire allinterlocutore italiano e quali
alla Zerbitana (o donna di Jerba), ma se si trova scritto E ardire, ardir? Minacciami?/ Non aver di
te paura!/ E mantenemi lamiralia/ che me ne star ben sigura/ questo sar certamente da ascrivere
alla donna: un Italiano non avrebbe mai parlato di s al femminile, e se in alcuni testi (parodistici)
di lingua franca si trovano desinenze femminili attribuite a dei maschi, per accentuare leffetto
comico (come nel Bourgeois Gentilhomme di Molire: Mahametta per Giourdina/ mi pregar sera e
mattina:/ voler far un Paladina/ d Giourdina, d Giourdina), queste espressioni sono sempre
messe in bocca a degli stranieri.
Ma pi che da questi particolari (e da piccole sviste di questo genere), le mie perplessit
riguardo a questo libro sono determinate dagli orientamenti di fondo, a mio avviso troppo inclini
alle mode culturali dei nostri giorni, se non addirittura alla correttezza politica. Non si tratta di un
caso isolato: limpressione che ho, da profano, che troppo spesso gli storici si leggano tra di loro
anzich approfondire lo studio delle fonti, e perci tendano a proiettare nel passato dei modi di
pensare troppo simili a quelli dellambiente in cui vivono, finendo col precludere a s ed ai lettori
ogni comprensione del periodo di cui trattano e soprattutto della sua mentalit. Certamente la
Dakhlia si ben documentata anche con la lettura scrupolosa delle fonti, e non ho da rimproverarle
fraintendimenti plateali: per vorrei portare qualche esempio di come secondo me sarebbe stato
possibile fare uno sforzo ulteriore, per interpretare correttamente dei fatti storici (parlo da uomo
della strada, perch ribadisco la mia estraneit a questo indirizzo di studi). Alle pp. 377-378 si parla
in termini positivi della mobilit sociale che cera nellimpero ottomano: citando Venture de Paradis
(un testimone del XVIII secolo), si riferisce che tous les jours, dans tout lOrient, on voit un
esclave gorgien devenir Bey ou Pacha, et un domestique remplacer son matre dans une place plus
minente, sans que personne sen scandalise; e nelle stesse pagine la Dakhlia confronta la sorte
brillante di molti rinnegati, divenuti appunto bey o pasci, col destino pi oscuro di quei musulmani
che serano stabiliti in Europa convertendosi al Cristianesimo, e ne conclude che esisteva in queste
societ islamiche una maggiore capacit integrativa verso gli stranieri. Cerchiamo di mettere ordine
in queste valutazioni: nella nostra mentalit la mobilit sociale considerata positivamente, ma non
detto che davvero lo sia sempre e in tutti i casi: un conto sono le odierne societ europee,
generalmente in sviluppo (anche se sempre possibile qualche temporanea recessione), nelle quali
anche le discese nella scala sociale quasi mai diventano drammatiche, ed un altro conto lambiente
delle reggenze ottomane, dove ad ogni ascesa di qualcuno corrispondeva la discesa (solitamente
repentina) di qualcun altro: e spesso, chi saliva troppo in alto rischiava di dare ombra al principe, e
perci di perdere non solo gli averi ma anche la vita (magari anche in modo particolarmente
doloroso). Se la mobilit sociale si esprime in questi modi, forse preferibile vivere in una societ
statica. Quanto ai rinnegati (a parte il fatto che non mi sembra un fulgido esempio dintegrazione,
quello in cui si chiede allimmigrato di rinunciare totalmente alla propria identit e tutto in una
volta), non necessario guardarli in modo cos positivo come fa lAutrice: secondo una mentalit
ben diffusa nellEuropa di quel tempo, essi erano dei traditori, uomini che si facevano musulmani
non per convinzione ma per convenienza
39
, e che si mettevano dalla parte del nemico, se ne
facevano complici o addirittura parte attiva nel rapire i propri compaesani per trarli in schiavit; tra
i pirati residenti in Barberia si era raccolta (secondo loro) la feccia dellEuropa. Non dico che si
debba condividere questa visione delle cose, noi siamo liberi e la possiamo rifiutare, ma se
facciamo storia non dobbiamo neppure passarla sotto silenzio (come fa la Dakhlia), perch era
corrente fra gli Europei di quel tempo. Non solo, ma si potrebbero far entrare in questo discorso
anche delle differenze teologiche. So bene che la questione delicata, le leggi religiose possono
essere trasgredite anche pi spesso delle altre, troveremo sempre qualcuno che se ne infischia ed
arriva fino al dileggio e alla bestemmia; nondimeno, sappiamo pure che la religione di un popolo

39
Gli stessi Algerini erano ben consapevoli di ci, come riferisce lAutrice a p. 351; si veda anche VENTURE DE
PARADIS, p. 51.
determina il volto di un Paese, ed influisce grandemente su tutti i comportamenti. Sullargomento in
questione c una differenza tra Islm e Cristianesimo: in questultima religione le conversioni
forzate non sono ammesse (anche se la storia presenta dei controesempi), chi si converte lo deve
fare in tutta libert, senza perseguire vantaggi materiali: perci non considerato opera pia favorire
le conversioni offrendo incentivi economici o comunque mondani. Viceversa nellIslm, la
conversione forzata espressamente prevista per chi non appartenga ad una religione del Libro
(anche questa legge non sempre stata rispettata), e gli incentivi materiali alla conversione sono
perfettamente ammessi. In particolare limpero ottomano favoriva apertamente i nuovi credenti: sia
i ragazzi reclutati a forza per diventare giannizzeri e costretti alla conversione, sia quanti si
facevano musulmani di propria volont, anche se si era perfettamente coscienti che queste
conversioni di solito non erano sincere. Il fatto che questi uomini sradicati, privati del proprio
passato attraverso la conversione, ma anche del futuro perch teoricamente (almeno nel caso dei
giannizzeri) era proibito loro il matrimonio, diventavano molto spesso i pi feroci ed abili
combattenti: e questo Stato che si fondava sulla guerra molto pi che sulla pace, si avvaleva
grandemente della loro opera, anche perch spesso essi erano in grado di far conoscere nuove
tecniche di navigazione o di combattimento, e spesso portavano importanti conoscenze sui propri
Paesi. Nulla di simile si pu trovare nellEuropa cristiana di quei secoli, e non mi pare un male. Se
non consideriamo il jihd
40
, lintera storia dellimpero ottomano fino al secolo XIX diventa
incomprensibile, mentre al contrario in Europa nello stesso periodo, la vocazione alla crociata era
regolarmente repressa: tranne che nelle famose battaglie di Lepanto nel 1571 e di Vienna nel 1683
(a cui partecip pur sempre un numero ridotto di nazioni europee) di solito chi aveva la disgrazia di
confinare coi Turchi li doveva affrontare da solo. Oltre tutto, la situazione dei rinnegati come
descritta dalla Dakhlia non mi pare corrisponda neppure alla realt storica: le fonti, ovvero gli
uomini che li conobbero personalmente e che ebbero a che fare con loro, ce ne danno una
descrizione molto diversa. Certo non mancavano fra di loro i ribaldi come dalla concezione
popolare di cui sopra; ma nella maggioranza dei casi, pare che si trattasse di persone profondamente
infelici perch costrette a diventare qualcosa di molto diverso da ci che avrebbero voluto essere, e
con in pi la prospettiva angosciante di terminare la propria esistenza allinferno: molti fra noi
cittadini del XXI secolo potrebbero anche ridere di questa credenza, ma per chi viveva a quel tempo
era una realt, e lo storico dovrebbe tenerne conto. Cito casi di rinnegati (in ordine di pagina) da una
delle fonti di cui lAutrice fa uso, il volume Esclave Alger. Rcit de captivit de Joo
Mascarenhas (1621-1626) che riporto in bibliografia (ma solo perch ce lho per le mani in questi
giorni, potrei citare anche altri autori): a p. 57 parla di una madre che vede il proprio figlio partire
per Costantinopoli dove lo faranno giannizzero, dopo che laltro figlio morto di peste, e dice elle
aurait bien voulu que Dieu en ft autant de lautre avant quil ft emmen pour tre fait turc; a p.
62 parla di un cappellano, dicendo il confessait beaucoup de rengats et rengates qui ne ltaient
pas au fond de leur coeur; pp. 109-112, un rinnegato si pente e tenta la fuga, ma catturato e
condannato a una morte atroce; pp. 123-4, uno di Mayorca vuol farsi turco, e per dimostrare il suo
zelo svela i piani devasione di un gruppo di cristiani; pp. 132-5, un francese rinnega, sposa una
bellissima turca, insieme ai fratelli della moglie compra una barca per esercitare la pirateria, ma una
volta in mare si dirige in Spagna, dove torna cristiano e vende come schiavi i propri cognati, e di
fronte alle loro rimostranze risponde che finire schiavi era scritto nel loro destino; pp. 135-9, un
portoghese messo al servizio di una donna che sinnamora di lui; siccome c unepidemia di
peste, gli consigliano di confessarsi e comunicarsi, perch chi si sente forte danimo pi
difficilmente si ammala; lui mette in atto, ma due ore dopo aver ricevuto i sacramenti, convinto
dalla donna, decide di farsi musulmano. Qualche tempo dopo si ammala di peste ed ha gravissimi
deliri, crisi violente nelle quali a volte si dice cristiano, a volte musulmano: cos rifiutato da tutti,
finch lo confinano in un cortile, dove muore bestemmiando. Ed ancora, a p. 153 si parla di un
proprietario di nave che, catturato, rinnega e porta i pirati a saccheggiare la sua citt, Sperlonga. Per

40
Espressamente prescritto dalle principali scuole di diritto islamico, cfr. lopera di KHADDURI in bibliografia, pp. 55-
73.
concludere, direi che a mio modesto avviso si dovrebbe anche essere un po pi indipendenti dalla
mentalit dominante, che ci porta a valutare il benessere di una persona come dipendente
esclusivamente dal successo materiale (denaro, potere); e soprattutto non bisognerebbe farsi un tab
di parlare della fede degli uomini del passato.
Forse proprio perch si riferisce a tempi pi recenti e dunque a modi di pensare pi vicini ai
nostri, la descrizione che fa lAutrice di come la lingua franca arriv a spegnersi nel secolo XIX mi
pare molto pi convincente, anzi superiore a quanto finora aveva saputo esprimere il sottoscritto. In
particolare non si indica come causa della fine della lingua franca la sola conquista di Algeri nel
1830, ma si inquadra il tutto in un nuovo clima politico e culturale, a cui gli stessi musulmani in
qualche maniera cercavano di adeguarsi: gi con la spedizione di Napoleone in Egitto, quel Paese
aveva percepito la proprio arretratezza ed aveva iniziato un movimento di occidentalizzazione che
avrebbe facilitato linstallazione di numerosi Europei nella valle del Nilo, e (fatto fino ad allora
inaudito) avrebbe spinto molte famiglie egiziane a mandare i propri figli a studiare in Europa; in
Tunisia il rinnovamento fu pilotato dal bey Ahmed II, di madre genovese
41
e che si avvaleva
dellopera del visir (pure genovese) Raffo; ormai la cultura europea non era pi vista come qualcosa
da cui tenersi distanti, e ci aveva come diretta conseguenza la necessit di conoscere e parlare al
meglio le lingue europee. Non solo, ma il periodo del prestigio della lingua italiana volgeva al
declino e si accresceva il prestigio del francese, favorito oltremodo da politiche ufficiali dalla
Francia, che promosse la fondazione di scuole francesi in tutto il mondo.
Trovo sagge, infine, le constatazioni finali di questo libro (p. 473):La lingua franca
nabolissait [...] aucune diffrence entre des locuteurs que son usage mme dfinissait comme
trangers lun lautre. Elle consacrait, au fond, laltrit, et ce dans le moment mme o elle
prouvait, linverse, le continu, se donnait [...] comme langue commune [...] Ctait donc la langue
dun mi-parcours rciproque vers lautre, qui oprait aussi bien entre eux le rle de frein, dans le
maintien de la diffrence et lidentification de lieux disjoints [...] On pourrait la dire, cet gard,
langue du milieu du gu. E pi avanti, lAutrice ammonisce che bisogna stare attenti a non
idealizzare il meticciato come se fosse di per s un valore; per concludere (a p. 487, nelle ultime
righe di testo vero e proprio) la diffrence ou le dsaccord peuvent persister dans le lieu mme
dune identit commune et mtisse. Parler une mme langue nest pas parler dune mme voix.


BIBLIOGRAFIA

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FRANCESCO BRUNI, Litaliano fuori dItalia: destini continentali e mediterranei, Atti del Convegno
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MAJID KHADDURI, War and Peace in the Law of Islam, Baltimore 1955.
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PAUL TEYSSIER, Esclave Alger. Rcit de captivit de Joo Mascarenhas (1621-1626), traduit du
portugais & prsent par P. T., Paris 1993.
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Mediterraneo, ed. Le Mani, Recco (GE) 2001.
JEAN-MICHEL VENTURE DE PARADIS, Alger au XVIII
e
sicle, d. Bouslama, Tunis s.d.


41
Cfr. TOSO p. 35

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