Quando la rappresentazione politica rifiuta la politica
Da "il Mulino" n. 3/10 Doi: 10.1402/32026 - Copyright 2010 by Societ editrice il Mulino, Bologna ancora possibile, in un clima di diffusa spoliticizzazione, di apatia, se non di anti-patia, verso tutto ci che attiene alla politica, rilanciare la politica come progetto? Perch cos difficile proporre un soggetto della politica che non si appiattisca semplicemente sullaspetto sociale ed economico, ma si faccia carico di quel compito che la politica ha avuto nella modernit di dare forma al sociale, di offrire progetti e raccogliere un consenso che permetta di realizzarli? Come si intrattiene questa difficolt con le sempre pi diffuse forme di populismo? Vorrei qui suggerire che declino della politica e populismo sono collegati alla radicale trasformazione della rappresentazione del soggetto della politica moderna, il popolo. In questa trasformazione si iscrive il nuovo populismo, che ne tradisce limplicazione conflittuale e la natura politica. IL DISSOLVERSI DELLA SEPARAZIONE TRA PUBBLICO E PRIVATO Non facile, oggi, individuare lo spazio del politico. Eppure lautonomia della politica, il gesto di delimitare il campo di ci che politico da ci che non lo si pu considerare latto fondativo della modernit. Oggi il nitore di quel gesto appare del tutto offuscato. Il ritrarsi del politico, il suo subordinarsi ad altri ordini dalla morale a, soprattutto, leconomia coincide con il dissolversi di quella separazione tra pubblico e privato che era alla base delle istituzioni politico-giuridiche liberali. Questa separazione era, beninteso e ora, al suo tramonto, possiamo esserne meglio consapevoli , una costruzione che occultava nelle fondamenta qualcosa che non doveva essere visto fantasmi, spettri che emergevano in occasione delle crisi. Cosa significa ci? La democrazia non si definisce solo in rapporto ai regimi diversi da s: le non-democrazie; ma anche rispetto a quanto essa dichiara come non politico: per le democrazie liberali, il foro interno, la vita privata e, naturalmente, leconomia. evidente che il gesto che definisce i confini di ci che politico rispetto a ci che si dichiara non esserlo (per esempio ci che attiene al corpo, al proprium) il gesto politico per eccellenza, quello che disegna artificialmente i confini della rappresentazione, della visibilit nello spazio pubblico. Disegnare questi confini significa sempre lasciare al di fuori di essi un rovescio, un non-visibile. Questo non-visibile il privato, losceno (il fuori della scena che diventa osceno se reso visibile), che viene sottratto alla discussione pubblica e non pu essere modificato dalla politica. Ma possibile oggi separare pubblico e privato? possibile delimitare il campo del politico nellattuale pervasivit del potere in settori privati, vitali? Andrebbe ricordato che lelegante separazione tra pubblico e privato comincia a entrare in crisi gi a partire dalla rivoluzione democratica del 1789 e poi nella dura critica marxiana della natura formale, non sostanziale delle libert giuridiche e politiche borghesi. Democrazia e socialismo spingono i fantasmi della vita concreta bisogni, differenze di genere e di razza a fare il loro ingresso nella scena politica, e non un caso se la storia dellOtto-Novecento ha cercato di porvi un argine, coniugandoli con la divisione privato/pubblico: liberal-democrazia, socialismo liberal-democratico. Quella architettura di regole e di garanzie cui siamo abituati e, soprattutto dopo le esperienze totalitarie, molto affezionati. Perch di questo, in fondo, si tratta: la rappresentazione politica del popolo, nella modernit, unifica escludendo: costruisce ledificio dello Stato unitario seppellendo qualcosa o qualcuno, coprendo tensioni e differenze. Mai, come in questo momento, in cui siamo chiamati a celebrare lUnit dItalia, si rende evidente la sua natura orgogliosamente politica, la costruzione artificiale e responsabile dellunit, che rimuove differenze, che lascia inespresse profonde linee di rottura. Una Padania unita e indipendente esclude dalla rappresentazione di s quello che di s non vuole vedere Il problema che non si tratta di qualcosa che si pu semplicemente includere, come a lungo la teoria politica liberale ha sostenuto, estendendo a neri, omosessuali, donne la qualifica di cittadino: o, almeno, non si tratta solo di questo. Pi radicalmente occorre riconoscere che la rappresentazione unitaria del soggetto popolo, il gesto che delimita ci che politico e pubblico da ci che non lo , sempre un gesto che esclude, spettralizza e dunque inaugura un conflitto intestino, minando dal di dentro ledificio. da un punto di vista logico che non si pu immaginare una rappresentazione politica unitaria che non nasconda qualcosa. Una Padania unita e indipendente esclude dalla rappresentazione di s quello che di s non vuole vedere, per esempio lutilizzo del lavoro clandestino: lo lascia non-rappresentato, spettrale, perch solo non riconoscendolo pu definirsi positivamente. Lesclusione (di ambivalenze e disuguaglianze, ma anche di emozioni e desideri) nel privato, nel non-politico o addirittura nella spettralit esattamente ci che permette alledificio di rimanere in piedi. Daltra parte e questo deve essere chiaro proprio questa parzialit della rappresentazione unitaria che genera i conflitti che contestano la rappresentazione stessa; questa la politica: questa la sua differenza dal sociale. La politica democratica se linevitabile residuo antagonistico non rimosso nel consenso, ma organizzato come dissenso e confronto [1] . Pu stupire luso di termini spettro, fantasma che rendono un po gotica questa storia. Molti autori impegnati nel rilancio della politica fanno un uso critico, non scientifico, della psicoanalisi: questa offre un allargamento dellorizzonte e strumenti per articolare la scena giuridico-politica liberale, che, osservata sempre dalla stessa angolatura, non spiega cosa stia accadendo. Abbiamo bisogno di movimentare la scena, di vedere quello che non abbiamo visto con le lenti abituali: abbiamo quindi bisogno di vedere ci che non manifesto e visibile: i fantasmi, dunque... Il lessico psicoanalitico, poi, oltre ad articolare la rappresentazione con fantasmi rimossi, permette anche di dare peso adeguato allelemento non-intenzionale e affettivo del legame sociale (anche quando, come nel caso del mercato, si autorappresenta come calcolo razionale) [2] : ed ci che la destra da tempo ha imparato a fare. Il dato di fatto che la politica ha difficolt ad affermare il suo primato, il suo compito di costituzione del sociale. Quando ci riesce, come nel caso dellintervento politico della Bce sulla crisi, ci si stupisce. possibile che questo ripiegamento non sia definitivo? Cosa ha a che fare questa impotenza della politica con il fantasma della vita concreta (la sopravvivenza di alcuni e non di altri, lempowerment di alcuni e non di altri, la frammentazione infinita dei percorsi di vita) che ora viene alla luce, ma in modo ibrido, senza riuscire a dar luogo a precise soggettivazioni politiche, ma piuttosto rifluisce in una ondata populista? Certo largine non tiene. C una spinta, che viene dalla stessa cultura economica liberista, verso la centralit delle esigenze del corpo, della vita pi che mai, bene supremo e corpi e vita diventano sempre pi il luogo della politica. Questo fenomeno prende il nome generico, ma oggi assai diffuso, di biopolitica. La vita che quanto ci sia di pi privato e personale, ma anche generico e comune messa in gioco dal potere e in quanto potere. Questo ci coglie di sorpresa e ci turba. Non tanto per lorribile frullato di pezzi di vita privata dei personaggi politici in cui siamo costretti a galleggiare, ma perch sconfessa tutta la nostra tradizione culturale che delimita privato e pubblico. Nessuno sapeva nulla della vita personale di quei soggetti democristiani che hanno tanto a lungo governato lItalia, dietro doppipetti grigi o blu, facce grigie, macchine dai vetri oscurati: si pensi allassoluta mancanza di interesse della vita privata di Andreotti nel film Il divo. Unultima osservazione preliminare. Ci si potrebbe chiedere se lesigenza di un soggetto politico che avanzi un progetto per dare forma al sociale sia davvero tanto urgente. Sembrerebbe talvolta, nellOccidente liberale, che si possa vivere abbastanza bene anche cos, senza quellagire politico che Arendt definiva raro, non necessario. Ma sufficiente assumere davvero, una volta tanto, lo sguardo globalizzato che la realt economica, culturale e politica richiede per capire come non solo tutto il pensiero politico postcoloniale, ma oggi anche il nostro, attraversato dal brivido di insicurezza della crisi, dovendo misurarsi con un mondo sempre pi unificato e sempre pi diviso, eterogeneo, violento, non possa rinunciare a identit politiche riconoscibili e strategiche, che permettano il posizionamento sulla scena del potere. VISIBILIT SENZA RESIDUI: LA CRISI DELLA RAPPRESENTAZIONE Di ritrarsi del politico si cominciato a parlare negli anni Novanta, inaugurando discorsi sulla post-politica e sulla post-democrazia [3] . La politica era messa fuori gioco dal tramonto delle ideologie. Il potere sempre pi dislocante del capitalismo non portava alla nascita di un unico soggetto politico, ma alla moltiplicazione degli attori sociali, definiti da localit, lingua, etnia, sesso. Cos la politica si fa police, cedendo a dispositivi e pratiche di tipo governamentale [4] . Il termine foucaultiano indica linclinazione del potere moderno a svincolarsi dal paradigma giuridico-repressivo della sovranit per una forma di gestione manageriale, che fa presa sulla vita, e mira a incrementare le forze vitali dei governati: un potere che circola, ripartisce gli spazi sociali, penetra in quelli privati, organizza gerarchie su base tecnica. Un potere ibrido: meno statuale e sempre pi sociale, la cui logica economica, tarata sullefficacia e sul successo piuttosto che sulla giustizia, un potere capace di produrre e governare forme di vita che, nella temperie attuale, si definiscono allinterno del codice di mercato. Si passa dalla logica politica della rappresentazione identitaria a quella governamentale police o, alla tedesca, Polizei. Nello Stato sociale questa logica ancora ibrida e intreccia al governo disciplinare una direttiva forte, politica, che sa offrire alla societ divisa una riconfigurazione unitaria, rendendo visibili le domande sociali. Venendo a patti con gli spettri: vita, bisogni, disparit economiche e marginalizzazioni sociali entrano nel disegno politico sottoponendosi al governo [5] . La logica governamentale, leconomicizzazione delle richieste di riconoscimento, la traduzione degli antagonismi in negoziazioni sul pi e il meno dei salari e dei servizi, e la produzione di profili identitari in termini di lavoro e di consumo, spostano il carattere politico degli antagonismi riscrivendoli in un registro problem solving. Nella traslazione, qualcosa viene neutralizzato, qualcosa viene spettralizzato: per esempio, allinterno dellegualitarismo dichiarato, la stretta dipendenza dei diritti sociali dalla identit lavorativa e dunque dalla mediazione del mercato. Elemento aggregante della societ non pi tanto il progetto politico, quanto il tema della tutela securitaria Questo processo di svuotamento della logica politica culmina nella nuova, ma ormai consolidata, egemonia liberista. Leconomia fornisce direttamente il quadro di verit e di potere che struttura le soggettivazioni, orienta le rivendicazioni, le speranze e i piani di vita: la politica cede alla societ. E la societ pretende di autogovernarsi nellassoluta frammentazione delle singolarit, e nellinsieme depoliticizzato del mercato. Lelemento che aggrega non il progetto politico la costruzione politica di un soggetto per il riconoscimento ed eventualmente la lotta o la mediazione ma una categoria ibrida sociologica, biologica, economica: il rischio; le aggregazioni si formano e si disfano sul tema del rischio e sulla tutela sicuritaria: questultima sempre meno demandata allo Stato e sempre pi gestita attraverso deroghe, eccezioni e casi speciali dalla expertise tecnica, dai consulenti finanziari alle agenzie di rating ai comitati etici. Si ricostruisce cos leteronomia allinterno del pi enfatico immaginario di auto- realizzazione, di self help, di capitale umano. La politica viene ad assumere, come dice Bruno Latour, una funzione subalterna di coordinamento, di traslazione [6] . Eppure, paradossalmente nelle vesti dellattuale populismo mediatico proprio ora la politica riempie la scena, si afferma prepotentemente negli spazi mediatici. Costruisce come era proprio della logica politica moderna il soggetto popolo? Offre una forma al sociale? Le analisi sociologiche, che tagliano la realt al livello dei dispositivi che la governano, evidenziano come laltra faccia della rappresentazione politica sia un insieme di pratiche eterogenee che assoggettano le persone producendo la loro produttivit, il loro adattamento al quadro sistemico. Queste pratiche erodono il meccanismo di rappresentazione che custodiva come abbiamo detto quellincompletezza strutturale, generatrice di conflitti e di politica. La rappresentazione del popolo, la messa in scena dellunit, grazie alla potenza dei mezzi di comunicazione, non solo subordina e oscura la rappresentanza giuridico-politica, che legata alla fiducia, al legame territoriale, ma anche nasconde la frammentazione stessa dei soggetti sociali, la complessit e la fragilit delle loro vite. Non pi possibile vederle, queste vite, proprio quando la nuova rappresentazione mediatica afferma di presentificarle pi che rappresentarle e le esibisce nella loro presunta immediatezza, proponendo un mondo in cui tutto si vede. Questo tutto lesibizione del popolo, tutto cancella la vecchia spettralizzazione, le zone di ombra sulle quali la politica lavorava per proporre il cambiamento. La nuova imago del popolo con il suo carattere virtuale, di fiction, non mira a dare forma al sociale, ma lo mette in scena cos com, un totale le cui parti sono contate senza residui: Che cosa rappresenta infatti lidentificazione tra lopinione democratica e il sistema dei sondaggi e delle simulazioni? Rappresenta appunto la revoca della sfera di apparenza del popolo. La comunit viene senza tregua offerta a se stessa. Il popolo non sar pi impari, incalcolabile, irrappresentabile. Sar sempre totalmente presente e totalmente assente, interamente coinvolto in una struttura del visibile in cui tutto si vede, in cui non esiste pi un luogo dellapparire [7] . Lapparire che qui Rancire rimpiange la rappresentazione politica sempre incompleta del popolo e si contrappone alla visibilit della simulazione, del tutto presente senza residui del sondaggio. Criticabile non perch falsifica il reale, ma perch distrugge lapparenza e le sue potenzialit. Il regime dellonnivisibile [] non corrisponde alla liberazione dallapparenza. Al contrario la sua perdita. Il mondo della visibilit globale predispone un reale in cui lapparenza non ha modo di manifestarsi n di produrre i suoi effetti di raddoppiamento e di divisione. In effetti lapparenza, in particolare lapparenza politica, non ci che nasconde la realt, ma ci che la rende duplice, introducendovi questioni conflittuali [8] . In un mondo di sondaggi lossimoro dellimmediatezza attraverso i media! che esibiscono la presenza della totalit, distribuendo le parti in modo da adempierla compiutamente, non c pi leterogeneit tra popolazione e censimento sondaggistico delle parti. La perdita postmoderna del reale, tanto spesso lamentata, in verit la perdita dellapparenza, lo svuotamento della rappresentazione e delle sue conflittualit interne, a vantaggio di una immagine esaustiva, di una realizzazione immediata dellopinione, che specchia senza residui il posto di ciascuno e lopinione adeguata a quel posto, senza scarti, senza torti, senza fantasmi: niente dietro lo specchio. Una totalit che brucia le mediazioni, che galleggia su se stessa. LA COSTRUZIONE EGEMONICA DEL POPOLO E IL POPULISMO MEDIATICO Su quella totalit si sovrappone limago personalizzata, biopolitica, del leader. Il populismo mediatico laltra faccia di una rappresentazione del popolo schiacciata sulla presentazione simulata attraverso i sondaggi. Questo leader populista non perch in grado di proporre un mito politico al popolo, ma perch la sua immagine, apparentemente concreta e corporea, appunto biopolitica, totalmente omogenea allimmaginario simulato del popolo. Cosa voglio dire? Il populismo una costruzione egemonica dellidentit popolare il popolo, appunto che raccoglie e coagula, rendendole intercambiabili ed equivalenti, domande sociali differenti. Il popolo non esiste prima della costruzione egemonica e retorica compiuta dal potere politico: nel momento stesso in cui lazione politica lo rappresenta e lo nomina, lo fa esistere incarnandolo nella persona vivente del leader: allora soltanto le domande diverse e spesso incompatibili diventano popolo [9] . Il vecchio concetto gramsciano di egemonia descrive bene questa costruzione strategica del popolo. La logica egemonica strettamente politica, ideologica cio culturale, sovrastrutturale [10] . Legemonia aggancia il nuovo sapere sullimmaginario. Si richiede inventiva e immaginazione politica [] La dislocazione capitalista rivela spietatamente la contingenza della vita sociale, il suo carattere costruito, la sua articolazione politica: cio egemonica [] Egemonia significa primato di una alleanza, di una catena di equivalenze, con leadership culturale che forma un nuovo terreno ideologico, un nuovo spazio per il mito, per limmaginario comune. la logica generale della istituzione politica del sociale [11] . La politica opera dunque organizzando retoricamente la polarizzazione egemonica delle domande disperse, dello scontento. Si intende che tramontata la verit oggettiva dello sfruttamento economico, ancora operante in Gramsci si accentuano i tratti di contingenza e di decisionismo, evidenti negli esiti populisti. C un destino nichilistico in questa pratica? Certo la catena delle equivalenze pu addensare lo scontento su qualsiasi termine comune: dalla paura al risentimento, dalla fuga individualistica alla responsabilit sociale (meno tasse!) allodio verso lo straniero. Il meccanismo egemonico populista non argomenta: rappresenta con una parola dordine Retorica, vaghezza, imprecisione sono indispensabili al meccanismo. Lefficacia della costruzione egemonica del popolo sta nella capacit retorica e mediatica di coagulare le differenze in una equivalenza: per esempio, non pagare le tasse allo Stato ladrone (domanda dei liberisti che vogliono uno Stato leggero) e avere paura degli extracomunitari (quindi domanda di uno Stato forte con una polizia ben pagata). Oppure volerli cacciare, ma anche volerli tenere come lavoratori clandestini sotto ricatto. Cose vaghe, imprecise, incoerenti; se formalizzassimo in modo preciso le domande, non sarebbe possibile lequivalenza. Il meccanismo egemonico populista non argomenta: rappresenta con una parola dordine o, meglio, con limmagine di una persona fisica coinvolgente ma indefinibile, il popolo, del quale anche, in quello stesso momento, costruisce limmagine. Gli studi sulla comunicazione mediatica attestano un operare senza riflessivit, che lavora sulla rapidit e quantit delle immagini. Realt e finzione entrano in un gigantesco frullatore, dando vita a una miscela espressiva che coinvolge, d la sensazione di essere l, di vedere la vita in diretta, di poter quasi toccare luomo della provvidenza, che si lascia accostare come uno di noi; ma non troppo, perch ci sono i bodyguard, con gli occhiali a specchio, come nei film, e questo accresce il suo fascino: potente, risolutivo. Non un fenomeno esclusivamente italiano, anzi. Ma in Italia ha subito unaccelerazione a partire dagli anni Ottanta e oggi giunge a compimento attraverso la sintesi personale di potere economico sui media e potere politico [12] . Se il populismo assesta un duro colpo alla democrazia liberale, perch agisce dallinterno, esplicitando molti nodi irrisolti della rappresentazione democratica. Certo, si muove con la consapevolezza della dimensione rappresentativa della politica e delle dinamiche affettive e inconsce del consenso: come ogni buona agenzia di marketing. Lavora sulla soglia antagonistica che segretamente presente in ogni rappresentazione popolare, dando voce allo scontento, al fantasma (naturalmente, ad alcuni fantasmi piuttosto che ad altri). Ma, ripeto la domanda: d forma al sociale o no? Ha un progetto politico o no? Non mia intenzione sottovalutare questa pericolosa miscela di politica e vita: una immagine (perch sempre una immagine!) di un uomo potente vivo, con un corpo libidico straripante, con una infaticabile energia attivista, una grande voglia di vivere e di godere, il quale costruisce a sua volta, nei talk show, nelle fiction o nei reality, il suo popolo a sua immagine e somiglianza. La parte che non si identifica non esiste, viene cancellata dalla parola popolo. Non c nulla da sottovalutare. Vorrei solo ripercorrere il dispositivo per capire dove trova il suo limite. Dobbiamo tenere conto di un doppio livello: quello che abbiamo gi visto, che fa coincidere il popolo con la sua presentazione e totale visibilit, senza residui, nei sondaggi e quello della relazione di questo popolo con il leader. Il perno concettuale sempre il popolo, che viene rappresentato come una cosa sola, una sola volont sovrana, senza conflitti e antagonismi interni: solo cos pu incarnarsi nel leader. Come possibile in una realt cos eterogenea, cos refrattaria alla sintesi? La dinamica della rappresentazione, come sappiamo, sarebbe doppia, inevitabilmente creatrice di esclusioni e dunque di fantasmi e di potenziali conflitti allinterno del popolo stesso. La presentificazione toglie ogni ambiguit, il disaccordo visibile, i sondaggi per quanto standardizzati lo contano: ma cos ne decretano lesclusione. La mossa egemonica populista sta infatti nellescludere il disaccordo dalla rappresentazione- presentazione del popolo: fuori, altro dal popolo, la minoranza non avversaria, ma criminale: non fantasma segreto del popolo, estraneo, straniero. Il secondo livello lidentificazione con il leader. Gli elementi di natura affettiva e non-intenzionale del legame sociale, a lungo esecrati o semplicemente sottovalutati dalla teoria politica, elementi che invece tradizionalmente la destra padroneggia assai bene, sono cruciali. La libido si rivela la categoria chiave del legame sociale. Abbiamo detto che il popolo non esiste, creato dallazione politica egemonica e retorica che mobilita le emozioni e le polarizza Freud ce lo insegna attraverso lidentificazione nel leader narcisista. Questo interessante ma va chiarito. Non adeguato oggi il termine massa, ma piuttosto quello paradossale, date le sue nobili origini nella societ civile di pubblico, che invece ora pubblico dei media, prevalentemente passivo, selezionato dal messaggio che si orienta e si modella su di lui. I tradizionali studi sul populismo evidenziano la relazione di identificazione e idealizzazione delle masse col leader; ma, con lattuale pubblico dei media, si genera una potente inversione di questo meccanismo che era stato al cuore del populismo totalitario. In quella formazione carismatica, lidentificazione avviene dal basso verso lalto: le masse si alienano in un leader che incarna un ideale, un mito, una missione (la razza ariana, la giustizia sociale, la romanit). La struttura psichica ed emotiva delle masse edipica, disponibile al meccanismo di sublimazione, al sacrificio e alla alienazione di s per seguire la guida profetica. Il popolo, diventato pubblico, identifica il proprio leader per somiglianza, in una figura mediocre alla portata di tutti Quando le masse diventano pubblico pubblico mediatico linfluenza si fa virtuale, tanto vivida quanto labile. Ciascuno mantiene il proprio narcisismo, il proprio immaginario che sappiamo disegnato oggi dal racconto dellauto-imprenditorialit , ciascuno, in una realt post-edipica, segue limperativo del godimento a portata di mano che satura le ansie e il vuoto attraverso cose che placano, riempiono: il legame mediatico segue una logica commerciale. In questo caso limmagine del leader (costruita dai media come fisica, concreta, ma immagine virtuale) non ideale: cristallizza piuttosto un sentimento diffuso, di identificazione per somiglianza. Lo scontento che non trovava espressione, che era non-dicibile nellassetto egemonico precedente uno scontento magari incoerente, spesso non confessabile (come laspirazione a evadere le tasse, a fare la bella vita circondati da donne e avere successo in modo astuto, senza troppa fatica n doveri); ma anche il legittimo scontento di veder premiare gli indolenti o gli eterni politici di professione, e non il proprio coraggio imprenditoriale e personale, lo scontento per il moralismo del political correct si catalizza in una figura alla portata di tutti, di facile immedesimazione. Niente sublimazione, n alienazione, n sacrificio delle idiosincrasie private nellidentit unitaria del popolo. Se la societ diffusamente narcisistica, come lo una societ consumistica e post-edipica, il leader pu essere accettato solo a patto di presentare in maniera particolarmente marcata le stesse caratteristiche di coloro che si propone di guidare. Il capo deve limitarsi a possedere in forma particolarmente pura e incisiva sono parole di Freud le caratteristiche tipiche di questi individui e dare limpressione di una maggiore forza e di una maggiore libert libidica [13] . Lidentificazione non idealizzante, verticale, dalle differenti anime del pubblico verso il leader, ma al contrario questi che imita, che asseconda e si identifica con le immagini standardizzate del pubblico che emergono dai sondaggi, con le preferenze, con le opinioni che, abbiamo visto, rispecchiano, nella mediazione statistica, identificazioni senza ombre, senza ambivalenze n fantasmi. Il capo non un padre dispotico, ma un fratello pi fortunato, pi dotato, pi furbo, per in fondo come noi, anche fragile, anche ridicolo, anche peccatore. Quale differenza ne segue? Il populismo di un popolo che si identifica in un leader super-io movimentista, si costruisce su un progetto politico, talvolta affascinante, molto spesso pericoloso. La mancanza di prospettive politiche di questo tipo di populismo in s un progetto politico Il populismo in cui il leader si conforma allimmaginario, statisticamente rilevato, dei governati, che sollecita e d espressione alla parte a lungo censurata in ciascuno di essi, replica il paradosso del siamo tutti capitalisti dellimmaginario economico, in una situazione di sempre maggiore eteronomia del mercato. un populismo che sembra accondiscendere alla democrazia, ma la intende non come forma e rappresentazione dei conflitti, ma come condizione sostanziale e sociale, che si legittima nel presunto rispecchiamento senza forma del mondo com. In realt ignora i disagi, i torti, le dissimmetrie; soprattutto, come abbiamo visto, nasconde ed esclude il disaccordo della parte perdente, nella presentazione in diretta dellimmaginario consensuale, dei suoi stereotipi. Un populismo cos , in verit, senza progetto, pi simile a un centro commerciale che a un popolo in movimento: il che ovviamente, da un certo punto di vista, pu essere un vantaggio. Non c progetto politico nella decisione di costruire una veranda o aggiungere un piano alla casa; non un progetto politico modificare la Costituzione per non avere intralci ai propri interessi privati. In questo scenario solo la Lega sembra portare avanti un progetto, discutibile quanto si vuole, attraverso un populismo ibrido, con qualche tratto della vecchia forma. Infatti mediatico, ma anche rappresentanza territoriale, fiduciaria, carnale, contaminata con gli umori delle persone che vengono sollecitate direttamente a parlare, piuttosto che organizzate statisticamente in sondaggi. Per il resto, non c progetto politico. Ma in realt anche lanti-politica un progetto politico: se politica quel gesto che separa ci che privato, sottratto alla discussione e alla modificabilit politica, e ci che pubblico, discutibile e politicamente modificabile, il progetto sta nella privatizzazione del politico, nello slittamento di aree sempre pi vaste della scena pubblica dove appunto si discute e si modifica verso lapparente autogoverno del sociale, dove, secondo appunto una logica commerciale, ciascuno sceglie ci che preferisce, assecondato e orientato, gestito da tecniche governamentali di marketing che regalano limpressione di essere consumatori sovrani. Anche per questo, risulta indispensabile analizzare e comprendere a fondo il meccanismo di costruzione delle identit politiche, la relazione tra parole e immagini, il predominio del registro emotivo su quello razionale. Un compito, questo, da tenere sempre in primissimo piano. Note [1] Cfr. C. Mouffe, Sul politico. Democrazia e rappresentazione dei conflitti (2005), Milano, B. Mondadori, 2007. [2] Cfr. autori, anche molto diversi tra loro (C. Mouffe, G. Spivak, E. Said, S. Critchley, B. Honig, E. Balibar o A. Badiou), che coprono lo spettro che va dalla democrazia radicale a un liberalismo performativo a identit strategiche, i quali utilizzano strumenti psicoanalitici; cfr. in questa chiave J. Butler, E. Laclau e S. iek, Dialoghi sulla sinistra. Contingenza, egemonia, universalit (a cura di L. Bazzicalupo), in corso di stampa per Laterza. [3] B. Honig, Political Theory and the Displacement of Politics, Ithaca - London, Cornell University Press, 1993; G. Mulgan, Politics in an Antipolitical Age, Cambridge, Polity Press, 1994; U. Beck, The Reinvention of Politics, Cambridge, Polity Press, 1997; Z. Bauman, In Search of Politics, Cambridge, Polity Press, 1999. [4] Cfr. per i governmentality studies: G. Burchell, C. Gordon e P. Miller (a cura di), The Foucault Effect: Studies in Governmentality, London, Harvester Wheatsheaf, 1991. [5] N. Fraser, From Discipline to Flexibilization? Rereading Foucault in the Shadow of Gobalization, Costellations, X, 2, 2003. [6] B. Latour, Science in Action, Milton Keynes, Open University Press, 1987, pp. 132 ss. [7] J. Rancire, Il disaccordo (1995), Roma, Meltemi, 2007, p. 116. [8] Ibidem, p. 117. [9] E. Laclau, La ragione populista (2005), Roma - Bari, Laterza, 2008. [10] Cfr. E. Laclau e C. Mouffe, Hegemony and Socialist Strategy, London - New York, Verso, 1985. [11] S. Critchley, Responsabilit illimitata (2007), Roma, Meltemi, 2008, p. 118. [12] Cfr. Y. Surel, Berlusconi, leader populiste?, in O. Ihl, J. Chene, E. Vial e G. Wartelot (a cura di), La tentation populiste en Europe, Paris, La Dcouverte, 2003, pp. 113-129; cfr Id., Par le peuple, pour le peuple. Le poupulisme et les democraties, Paris, Fayard, 2000. [13] S. Freud, Psicologia delle masse e analisi dellIo (1921), Torino, Bollati Boringhieri, 2007, p. 79.