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UNIVERSIT
`
A DEGLI STUDI DI FIRENZE
Dipartimento di Matematica per le Decisioni
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Equazioni Differenziali
PierLuigi Zezza
Versione 0.9 beta del 1 marzo 2001
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Indice . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3
1 Equazioni differenziali 7
1.1 Classicazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8
2 Equazioni del primo ordine 13
2.1 Equazioni lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 14
2.2 Equazioni a variabili separabili . . . . . . . . . . . . . . . . . 29
3 Dinamica delle popolazioni 35
3.1 Il modello di Malthus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 36
3.2 Crescita esponenziale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
3.3 Il modello logistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39
3.4 Esistenza di una soglia critica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 47
3.5 Crescita logistica con una soglia critico . . . . . . . . . . . . 51
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4 Equazioni del secondo ordine 55
4.1 Equazioni lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57
4.2 Equazioni omogenee a coefcienti costanti . . . . . . . . . . . 59
4.2.1 Radici reali distinte . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 60
4.2.2 Radici reali coincidenti . . . . . . . . . . . . . . . . . 61
4.2.3 Radici complesse . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 62
4.3 Equazioni non omogenee a coefcienti costanti . . . . . . . . 63
4.3.1 Variazione delle costanti . . . . . . . . . . . . . . . . 63
5 Sistemi di equazioni 65
5.1 Equazioni di ordine superiore e sistemi . . . . . . . . . . . . . 66
5.1.1 Teoremi di esistenza ed unicit` a . . . . . . . . . . . . . 68
5.2 Sistemi lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
5.2.1 Struttura dellinsieme delle soluzioni . . . . . . . . . 70
5.2.2 Matrici fondamentali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72
5.3 Determinazione delle soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . 74
6 Stabilit` a 95
6.1 Equazioni differenziali autonome . . . . . . . . . . . . . . . . 96
6.2 Stabilit` a dei sistemi lineari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 102
6.3 Stabilit` a dei sistemi nonlineari . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
7 Esercizi 105
7.1 Equazioni del primo ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 106
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7.2 Equazioni del secondo ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111
7.3 Studio qualitativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115
8 119
Soluzioni degli Esercizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 120
8.1 Equazioni del primo ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
8.2 Equazioni del secondo ordine . . . . . . . . . . . . . . . . . . 146
8.3 Studio qualitativo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 165
Elenco delle gure 181
Indice analitico 185
Bibliograa 187
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Capitolo 1
Equazioni differenziali
Questa parte rappresenta una breve introduzione alle equazioni differenziali che
ha come scopo quello di introdurre il problema, dare allo studenti alcuni sempli-
ci tecniche risolutive ed introdurre alcuni metodi di analisi quantitativa che sono
di grande importanza nelle applicazioni. Per una rassegna dei metodi risolutivi
anche numerici rimandiamo a [2], per una introduzione allanalisi qualitativa
ed al ruolo delle equazioni differenziali nella teoria del controllo a [1] mentre
per un discussione di aspetti di rilevanza teorica a [4].
ESERCIZIO 1.1. gsdvd
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1.1. Classicazione
Una equazione differenziale ` e una equazione la cui incognita ` e una funzione
della variabile x e che contiene una o pi` u derivate della funzione incognita;
possiamo quindi scriverla come
F(x, (x), D(x), D
2
(x), . . . , D
n
(x)) = 0. (1.1)
Vi sono molti tipi diversi di equazioni differenziali, di seguito, diamo uno
schema per la loro classicazione.
Equazioni differenziali ordinarie (EDO).
Se la funzione incognita : A R R ` e una funzione di una sola
variabile allora parleremo di equazione differenziale ordinaria..
Equazioni differenziali alle derivate parziali (EDP).
Se la funzione incognita : A R
p
R ` e una funzione di p > 1 varia-
bili allora parleremo di equazione differenziale alle derivate parziali.
Sistemi di equazioni differenziali ordinarie (EDO).
Se la funzione incognita : A R R
q
` e una funzione a valori
vettoriali q > 1 allora parleremo ancora di equazione differenziale or-
dinaria o, se vogliamo sottolineare questa loro caratteristica, parleremo
di sistema di equazioni differenziali ordinarie .
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Poich e siamo interessati soltanto allo studio delle equazioni differenziali or-
dinarie (EDO) introduciamo una terminologia che ci permetta di descrivere
alcune loro caratteristiche.
E abitudine indicare con la funzione incognita e con

, . . . ,
(n)
le
prime n derivate della funzione incognita rispetto ad x e quindi scriveremo
lequazione (1.1) come
F(x,

(x),

(x), . . . ,
(n)
(x)) = 0. (1.2)
Chiamiamo ordine di una equazione differenziale il pi` u grande ordine di deri-
vazione che appare nellequazione. Nellenunciare teoremi e propriet` a suppor-
remo sempre che lequazione (1.2) possa essere scritta in forma normale que-
sto vuol dire che lequazione pu` o essere risolta rispetto alla derivata di ordine
massimo e quindi lequazione si pu` o scrivere come

(n)
(x) = f(x,

(x),

(x), . . . ,
(n1)
(x)). (1.3)
Per soluzione dellequazione (1.3) nellintervallo (a, b) intendiamo una fun-
zione : (a, b) R di cui si possano fare le prime n derivate e per cui si
abbia

(n)
(x) = f(x,

(x),

(x), . . . ,
(n1)
(x)) per ogni x (a, b),
in altre parole se sostituiamo la funzione nellequazione otteniamo una iden-
tit` a fra funzioni denite nellintervallo (a, b).
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Importante.
Ad una soluzione associeremo sempre un intervallo aperto (a, b) nel quale essa
` e denita e dove ` e soluzione dellequazione differenziale che pu` o anche essere
illimitato: a = o b = . Chiariamo quanto abbiamo detto con un esempio
Esempio. Sia f : R
2
R data da
f : (x, y) x (2 y 1)
si tratta di una funzione di due variabili che denisce lequazione differenziale

(x) = f(x, (x)) = x [2 (x) 1]. (1.4)


Per x (a, b) = R, la funzione : x
1
2
+ c e
x
2
` e una soluzione dellequa-
zione (1.4) cio` e le due funzioni di una variabile reale
1. x

(x) = 2 x c e
x
2
, ottenuta sostituendo al primo membro nelle-
quazione (1.4).
2. x x (2 (x) 1) = 2 x c e
x
2
, ottenuta sostituendo al secondo
membro nellequazione (1.4).
sono eguali per ogni x (a, b) = R.
Notazioni.
Praticamente ogni testo sulle equazioni differenziali utilizza delle notazioni
speciche, in questo testo sono state fatte alcune scelte. La variabili in R
p
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sono indicate con lettere dellalfabeto occidentale (x, y, . . . ) mentre le funzio-
ni con quelle dellaalfabeto greco (, , . . . ) o, come avete gi` a fatte con lettere
come f, g, p, q, . . . . Molto spesso viene indicata con y la funzione, chiamata va-
riabile dipendente, e con x o spesso t la variabile effettiva, chiamata variabile
indipendente. Inoltre noi indichiamo con D, o con lapice, loperatore derivata
che spesso ` e indicato con
d
d t
. La lettera t viene usata per indicare una variabile
reale, t R. Le seguenti scritture sono quindi equivalenti per x.t R
D(x) = f(x, (x))

(x) = f(x, (x))


y

(x) = f(x, y(x))


d
d t
y(t) = f(t, y(t))
e scritture analoghe.
Nello studio delle equazioni differenziali dobbiamo essere in grado di ri-
spondere a diverse domande
Esistenza. Esiste una soluzione dellequazione differenziale?
Unicit` a. Ne esiste una sola o ne esistono molte? In questo secondo caso
cosa dobbiamo specicare per averne una sola?
Calcolabilit` a. Se la soluzione esiste come faccio a trovarla?
Nel corso di questa parte impareremo a rispondere ad alcune di queste domande
per alcune classi di EDO.
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La classicazione fondamentale delle EDO riguarda la loro linearit` a o me-
no. Diremo che una EDO ` e lineare se F ` e una funzione lineare di

, . . . ,
(n1)
,
ovvero se possiamo scrivere lequazione come

(n)
(x) + a
1
(x)
(n1)
(x) + + a
n
(x) (x) = g(x), (1.5)
la chiameremo nonlineare altrimenti.
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Capitolo 2
Equazioni del primo ordine
In questo capitolo consideriamo equazioni differenziali del primo ordine in
forma normale, ovvero equazioni del tipo

(x) = f(x, (x))


dove f : A R
2
R
q
` e una funzione data. Poich e il nostro obiettivo ` e quello
di dare una semplice descrizione delle soluzioni in alcuni casi particolari ci
limiteremo al caso cosiddetto scalare q = 1.
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2.1. Equazioni lineari
Il tipo pi ` u semplice di equazione del primo ordine che possiamo studiare si
ottiene nel caso in cui la funzione f non dipenda dalla variabile y e sia quindi
una funzione della sola variabile x, e quindi f(x, y) = g(x). In questo caso
lequazione differenziale diventa

(x) = g(x). (2.1)


Questo problema ` e gi` a stato studiato e corrisponde alla ricerca di una primitiva
della funzione g in qualche intervallo I di R. Al problema dellesistenza da
una risposta il Teorema fondamentale del calcolo integrale che asserisce che
la continuit` a della funzione g sullintervallo I ` e una condizione sufciente per
lesistenza di una primitiva in quello stesso intervallo e che tutte le primitive
differiscono fra di loro per una costante. Se g C(I) allora possiamo scrivere
le soluzioni dellequazione (2.1) come
: (x, c)
_
g(x) dx + c, x I,
ovvero
: (x, c)
_
x
a
g(s) ds + c, x I,
dove a ` e un qualsiasi punto dellintervallo I. Questa seconda espressione della
primitiva di una funzione g ci permette anche di determinare un modo per sce-
glierne una in particolare: la costante c ` e il valore della primitiva nel punto a
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((a, a) = c) e quindi, se ssiamo il valore della primitiva in un punto x
0
I
chiedendo che (x
0
) = y
0
, allora abbiamo ununica soluzione
: (x, x
0
)
_
x
x
0
g(s) ds + y
0
.
Al problema di come calcolare la primitiva lo studente ha gi` a dedicato parte del
suo tempo e delle sue energie.
Lesempio che abbiamo visto introduce due speciche caratteristiche delle
EDO, ` e necessaria una integrazione per eliminare la derivata e questo intro-
duce nellespressione della soluzione una costante. Non esiste un metodo ge-
nerale per risolvere le EDO del primo ordine, in questo capitolo illustreremo
alcune tecniche che permettono di risolverne alcune classi; le questioni riguar-
danti lesistenza saranno analizzate in seguito. EDO lineari del primo ordine.
Consideriamo lequazione differenziale ordinaria lineare del primo ordine

(x) + p(x) = g(x). (2.2)


Come negli esempi precedenti le soluzioni dipenderanno da un parametro reale
c, costante di integrazione e quindi la soluzione sar` a una funzione (x, c)
(x, c) ma, per mettere in risalto il ruolo diverso di x e c, la scriveremo come

c
` e cio` e una funzione della variabile x che dipende dal parametro c. Dal punto
di vista matematico ` e semplicemente una funzione di due variabili ma questa
notazione diversa ed i nomi diversi ci permettono di distinguerne il ruolo.
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Per imparare a risolvere lequazione (2.2) iniziamo da un caso molto parti-
colare che ci permetter` a di individuare un metodo risolutivo generale. Consi-
deriamo lequazione differenziale

(x) + a (x) = 0; (2.3)


il problema consiste quindi nel trovare una funzione la cui derivata ` e la funzione
stessa moltiplicata per a. La risposta la conoscete gi` a, la soluzione ` e

c
: x c e
a x
, x R,
come ` e facile vericare, infatti sostituendo
c
nellequazione differenziale ot-
teniamo

c
(x) + a
c
(x) = a c e
a x
+ a c e
a x
= 0, x R.
Per studiare il comportamento delle soluzioni e il modo con cui variano in fun-
zione del parametro c disegnamo il graco di
c
al variare di c, questi graci
sono descritti dalle curve integrali dellequazione (2.2) e cio` e dalle curve
x (x,
c
(x)), x (a, b)
il cui supporto (immagine) ` e il graco di
c
. Nel nostro esempio, se poniamo
a = 0.5, otteniamo una famiglia di esponenziali con esponente negativo, gura
2.1 a pagina 17. Ogni curva integrale ` e il graco di una soluzione, per indivi-
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3
2
1
0
1
2
3
y
2 1 1 2
x
Figura 2.1: Curve integrali dellequazione (2.3) per a = 0.5

duarne una in particolare possiamo richiedere che passi per uno specico punto
(x
0
, y
0
) R
2
, ovvero richiedere che
(x
0
) = y
0
,
una condizione di questo tipo si chiama condizione iniziale. Se, ad esempio,
per lequazione (2.3) cerchiamo la soluzione per cui (1) = e, allora dobbiamo
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richiedere che
(1) = c e
a
= e
da cui otteniamo c = e
1+a
e quindi la soluzione cercata ` e
:= x e
1a(x1)
.
Unequazione differenziale del primo ordine con una condizione iniziale asse-
gnata
_

(x) = f(x, (x))


(x
0
) = y
0
si chiama problema di Cauchy o problema ai valori iniziali notate che il
punto (x
0
, y
0
) deve appartenere ad A.
Consideriamo ora lequazione

(x) + a (x) = g(x),


e poniamoci la seguente domanda: possiamo scrivere il primo membro di que-
sta equazione come la derivata di qualcosa? Se questo fosse possibile allora
avremmo
D
_

qualcosa

_
= g(x)
e potremmo risolvere lequazione integrando ambo i membri dellequazione.
Per ottenere unespressione di questo tipo moltiplichiamo ambo i membri per
e
a x
ed abbiamo
e
a x

(x) + a e
a x
(x) = e
a x
g(x).
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al primo membro ho ora la derivata del prodotto e
a x
(x) e possiamo quindi
scrivere
D
_
e
a x
(x)
_
= e
a x
g(x)
e quindi e
a x
(x) ` e una primitiva dellespressione al secondo membro ovvero
e
a x
(x) =
_
e
a x
g(x) dx + c
da cui segue che
: x e
a x
__
e
a x
g(x) dx + c
_
.
Siamo ora in grado di trovare la soluzione generale dellequazione (2.2. Se-
guiamo la stessa procedura, moltiplichiamo ambo i membri per la funzione
:= x e
_
p(x) dx
che si chiama fattore integrante, per ottenere
(x)

(x) + (x)p(x) (x) = (x) g(x).


Notando che

(x) = p(x) (x), al primo membro abbiamo la derivata del


prodotto (x) (x) e possiamo quindi scrivere
D
_
(x) (x)
_
= (x) g(x).
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ovvero la funzione tra parentesi al primo membro ` e una primitiva di quella al
secondo membro e cio` e
(x) (x) =
_
(x) g(x) dx + c
da cui
(x) =
1
(x)
_
_
(x) g(x) dx + c
_
.
La procedura descritta pu` o essere sintetizzata nel seguente
Teorema 2.1. Se le funzioni p, g sono continue sullintervallo I allora le solu-
zioni
c
dellequazione

(x) + p(x) = g(x),


esistono sullintervallo I e si possono scrivere come

c
: x
1
(x)
_
_
(x) g(x) dx +c
_
, (2.4)
dove ` e il fattore integrante
: x e
_
p(x) dx
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e
c
si chiama integrale generale dellequazione differenziale. A partire da
questa espressione ` e univocamente determinata la soluzione
0
che soddisfa la
condizione iniziale
(x
0
) =
0
,
dove x
0
I, la funzione
0
si chiama integrale particolare dellequazione
differenziale.
NOTA. Grazie alle propriet` a degli integrali deniti di funzioni continue ` e
possibile scrivere esplicitamente la soluzione che soddisfa la data condizione
iniziale come
: x e

_
x
a
p(s) ds
_
_
x
a
e
_
t
a
p(s) ds
g(t) dt + c
_
, (2.5)
dove a ` e un punto qualsiasi che appartiene allintervallo I. Se scegliamo a = x
0
allora il valore della costante c ` e c = y
0
.
Invece di utilizzare le espressioni (2.4) e (2.5) ` e comunque preferibile pro-
cedere nel seguente modo
1. Determinare gli intervalli di continuit` a delle funzioni p, g ed in particolare
quello che contiene il punto x
0
.
2. Determinare il fattore integrante.
3. Determinare la soluzione generale.
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4. Trovare il valore della costante c.
Illustriamo questa procedura con un esempio
Esempio. Vogliamo trovare la soluzione dellequazione differenziale

(x) + 3 (x) = x,
che corrisponde alle condizioni iniziali
(0) = 1.
I coefcienti sono continui in tutto R e quindi la soluzione ` e unica ed ` e denita
in tutto R. Il fattore integrante ` e
(x) := e
_
3 dx
= e
3 x
.
Moltiplichiamo ambo i membri dellequazione per (x),
e
3 x

(x) + 3 e
3 x
(x) = x e
3 x
D(e
3 x
(x)) = x e
3 x
e
3 x
(x) =
_
x e
3 x
dx + c.
Calcoliamo lintegrale al secondo membro per parti ottenendo
_
x e
3 x
dx =
1
3
x e
3 x

1
9
e
3 x
+ c
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la soluzione generale ` e quindi

c
: x
1
3
x
1
9
+ c e
3 x
.
Calcoliamo ora la soluzione particolare corrispondente alle condizioni iniziali
y(0) = 1.
Sostituendo nella soluzione generale otteniamo lequazione

1
9
+ c = 1
da cui troviamo c =
10
9
, che individua la soluzione cercata

0
:= x
1
3
_
x
1
3

10
3
e
3 x
_
.
EDO non lineari.
Per le equazioni differenziali non lineari non esiste un metodo risolutivo ge-
nerale ma esistono molte classi di speciali equazioni che si possono risolvere.
In queste note non riporteremo questa classicazione, ci limiteremo ad alcuni
esempi e ad una classe specica. Per le equazioni differenziali ordinarie non
lineari ` e per` o possibile enunciare un teorema di esistenza ed unicit` a locale.
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Teorema 2.2 (Teorema di Cauchy).
Consideriamo il problema di Cauchy
_

(x) = f(x, (x))


(x
0
) = y
0
(2.6)
dove f : A R
2
R, ed A ` e il rettangolo aperto (a, b) (c, d), (x
0
, y
0
) A.
Se le funzioni f, D
2
f sono continue in A allora esiste un h > 0 ed ununica
funzione
: (x
0
h, x
0
+ h) (a, b) R
che sia soluzione del problema (2.6).
Per la versione dello stesso teorema nel caso dei sistemi di equazioni differen-
ziali vedi il Teorema 5.1. Notiamo una differenza di grande rilevanza fra questo
teorema ed il precedente, lintervallo di esistenza della soluzione NON ` e lin-
tervallo di continuit` a dei dati, illustriamo con un esempio questa importante
differenza
Esempio. Consideriamo il problema di Cauchy
_

(x) = (x)
2
y(0) = 1.
(2.7)
La funzione f : (x, y) y
2
soddisfa le ipotesi del teorema precedente e la
soluzione, che impareremo a trovare nel prossimo paragrafo, ` e
:= x
1
1 x
.
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Questa funzione ` e denita in (, 1) (1, ) ma ` e soluzione dellequazione
differenziale in (, 1) che ` e lintervallo che contiene il punto iniziale x
0
= 0.
Se cerchiamo le soluzioni che soddisfano la condizione iniziale y(0) = x
0
troviamo le funzioni

x
0
: x
x
0
1 x
0
x
che sono soluzioni dellequazione differenziale in
_

_
(,
1
x
0
) se x
0
> 0,
(
1
x
0
, ) se x
0
< 0.
mentre la soluzione per x
0
= 0 ` e la funzione nulla che ` e denita su tutto R.
Lintervallo di esistenza della soluzione dipende quindi dalla condizione inizia-
le e non dai dati del problema come nel caso lineare. Per i graci delle soluzioni
gura 2.2 a pagina 26.
Dal Teorema di esistenza ed unicit` a di Cauchy, Teorema 2.2, segue anche
unaltra conseguenza che sar` a di grande utilit` a i graci di due soluzioni diverse
della stessa equazione differenziale non si possono incontrare in un punto in
cui valgono le ipotesi del teorema di esistenza ed unicit` a. Questo accade per-
ch e, altrimenti, avremmo due soluzioni diverse dello stesso problema ai valori
iniziali.
Nel prossimo esempio vediamo una situazione in cui il Teorema 2.2 non ` e
applicabile ed in cui non c` e unicit` a delle soluzioni
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4
3
2
1
0
1
2
3
4
y
2 1 1 2
x
Figura 2.2: Diversi intervalli di esistenza

Esempio. Consideriamo il problema di Cauchy


_

(x) =
3
_
(x)
y(0) = 0
(2.8)
le soluzioni di questo problema di Cauchy, che impareremo a trovare nel pros-
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simo paragrafo, sono

a
: x
_
0 0 x x
0

_
2
3
(x a)

3/2
x > a.
dove a ` e un numero non negativo qualsiasi. La situazione ` e quindi la seguente:
la soluzione parte dallorigine e segue lasse orizzontale che pu` o lasciare in
qualsiasi momento, per x = a, seguendo una delle due funzioni descritte, gura
2.3 a pagina 28. Abbiamo quindi innite soluzioni corrispondenti allo stesso
problema ai valori iniziali.
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1
0.5
0
0.5
1
0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2
x
Figura 2.3: Non unicit` a delle soluzioni

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2.2. Equazioni a variabili separabili
Consideriamo ora una classe di equazioni differenziali per le quali abbiamo un
metodo risolutivo, sono quelle che si possono scrivere come
M(x) + N((x))

(x) = 0. (2.9)
La riduzione a questa forma non ` e possibile in generale ma solo per alcune
equazioni differenziali del primo ordine. Illustriamo questo fatto tramite un
esempio
Esempio. Consideriamo lequazione differenziale

(x) =
x
2
1 + (x)
2
,
che possiamo riscrivere come
x
2
+
_
1 + (x)
2

(x) = 0,
che ` e unespressione del tipo 2.9. Mentre, ad esempio, lequazione

(x) = ln(x + (x))


non pu` o essere scritta in questa forma.
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Le equazioni differenziali ordinarie che si possono scrivere nella forma
2.9 si chiamano equazioni a variabili separabili. Vediamo come ` e possibile
risolvere questa classe di equazioni.
Supponiamo di essere in grado di trovare, su un certo intervallo I, una pri-
mitiva H
1
di M ed una primitiva H
2
di N, grazie alla regola di derivazione delle
funzioni composte abbiamo che
d
dx
H
2
((x)) = H

2
((x))

(x) = N((x))

(x)
e quindi possiamo riscrivere la nostra equazione differenziale come
d
dx
_
H
1
(x) + H
2
((x))
_
= 0, x I
da cui possiamo dedurre
H
1
(x) + H
2
((x)) = c.
Come vedete si tratta di una equazione da cui, se lespressione di H
2
ce lo
consente, possiamo ricavare esplicitamente la funzione y, in ogni caso abbiamo
trovato quello che si chiama un integrale primo ovvero una equazione in cui
non appare pi ` u la derivata. Se abbiamo le condizioni iniziali possiamo scrivere
_
x
x
0
M(t) dt +
_
x
x
0
N(y(t)) dt = 0
_
x
x
0
M(t) dt +
_
y
y
0
N(t) dt = 0.
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Il procedimento astratto appena descritto viene applicato nel seguente esempio
Esempio. Consideriamo lequazione

(x) =
x
2
(x)
.
Pe prima cosa vediamo se possiamo ridurla nella forma richiesta. Moltiplichia-
mo per (x) e riscriviamo lequazione come
(x)

(x) = x
2
;
notate che nel fare questo potremmo avere aggiunto delle ulteriori soluzioni in
quanto, in questa nuova forma, la funzione incognita y pu` o assumere anche il
valore zero, cosa che non era possibile in precedenza. Di questo fato dovremo
tenere conto alla ne. Per portarla nella forma richiesta scriviamo
x
2
+ (x)

(x) = 0.
Poich` e una primitiva di x x
2
` e x
1
3
x
3
ed una primitiva di x
(x)

(x) ` e x (x)
2
allora il processo di integrazione che abbiamo appena
descritto ci porta ha

1
3
x
3
+
1
2
y
2
= c
y
2
= 2 c +
2
3
x
3
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quando il secondo membro di questa espressione ` e non negativo (positivo per
lequazione di partenza) possiamo risolvere lequazione e troviamo le due so-
luzioni che sono

c
:= x
_
2 c +
2
3
x
3
, per 2 c +
2
3
x
3
0
se ad esempio cerchiamo la soluzione con condizioni iniziali y(0) =

2 da
y
2
= 2 c +
2
3
x
3
sostituendo otteniamo 2 = 2 c e quindi c = 1. Dobbiamo
richiedere anche che il secondo membro sia non negativo e quindi che 2+
2
3
x
3

0 ovvero x
3

3. La soluzione cercata ` e
: x
_
2 +
2
3
x
3
, per x
3

3,
abbiamo scelto la radice positiva afnch e la condizione iniziale sia soddisfatta.
Nel riportare una equazione differenziale alla forma (2.9) dobbiamo proce-
dere con attenzione.
Esempio. Consideriamo lequazione

(x) = x
2
_
(x)
2
1
_
si tratta di una equazione a variabili separabili che possiamo scrivere come
x
2
+
1
((x) 1) ((x) + 1)

(x) = 0
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ma per fare questo abbiamo dovuto dividere per un fattore che non sappiamo se
` e zero oppure no.
Per capire cosa accade studiamo lequazione algebrica ottenuta ponendo il
secondo membro dellequazione eguale a zero
(y 1) (y + 1) = 0.
Questa equazione ha due soluzioni y = 1 e y = 1 e le due funzioni costanti

1
:= x 1,
2
:= x 1
sono soluzioni dellequazioni differenziale come si pu` o facilmente vericare
per sostituzione. Laltro elemento importante di cui dobbiamo tenere conto ` e
che le ipotesi del Teorema di Cauchy sono soddisfatte in tutto il piano e quindi
le soluzioni non possono mai intersecarsi. Le due soluzioni costanti dividono
il piano in tre regioni da cui le soluzioni non possono mai uscire. Risolviamo
lequazione
_
x
2
dx
_
(x)
1
(y 1) (y + 1)
dy + c = 0
e calcolando gli integrali per 1 y 1 otteniamo
1/3 x
3
1/2 ln((x) 1) + 1/2 ln((x) + 1) + c = 0
un po di calcoli ci portano alla soluzione
:= x
1 e
2
3
x
3
c
1
e
2
3
x
3
c
1
1
.
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Lo studente verichi che questa espressione delle soluzioni ` e sempre valida per
y ,= 1 e y ,= 1 in tutte e tre le regioni del piano, gura 2.4 a pagina 34.
3
2
1
0
1
2
3
y
1 0.5 0.5 1 x
Figura 2.4: Soluzioni di equilibrio

Vedi lesercitazione che riguarda questo Capitolo


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Capitolo 3
Dinamica delle popolazioni
Questo capitolo ` e dedicato allo studio qualitativo del comportamento delle so-
luzioni di alcuni modelli matematici che descrivo la dinamica di sviluppo di
popolazioni, per un ampio trattamento di questi modelli facciamo riferimento a
[3].
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3.1. Il modello di Malthus
Il primo modello di dinamica delle popolazioni che descriviamo ` e dovuto alle-
conomista inglese Thomas Malthus che sembra essere stato il primo ad osser-
vare che alcune specie esibivano una crescita proporzionale alla popolazione
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3.2. Crescita esponenziale
Sia N(t) la popolazione di una data specie al tempo t. Lipotesi piu sempli-
ce che possiamo fare sul tasso di variazione della popolazione N ` e che es-
so sia proporzionale al suo valore corrente N, ovvero che la dinamica della
popolazione soddis lequazione differenziale
N

(t) = r N(t), (3.1)


dove r ` e la costante di proporzionalit` a, che chiamiamo tasso di crescita o di
declino a secondo che sia positiva o negativa, noi supporremo che sia r > 0.
Se risolviamo lequazione differenziale (3.1) con le condizioni iniziali
N(0) = N
0
,
otteniamo la soluzione
N := t N
0
e
r t
.
Questo modello matematico prevede una crescita esponenziale della popolazio-
ne, gura 3.1 a pagina 38. Questo tipo di comportamento ` e stato osservato in
natura per periodi brevi ed in condizioni ideali, ma ` e chiaro che prima o poi
limitazioni di spazio, di cibo o di altre risorse non permettono la continuazione
di questo comportamento.
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dN/dt

N
Figura 3.1: Modello di Malthus

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3.3. Il modello logistico
Per tenere conto del fatto che il tasso di crescita in effetti non ` e costante ma
dipende dal livello della popolazione sostituiamo r con una funzione f(N)
ottenendo lequazione
N

(t) = f(N(t)) N(t). (3.2)


Le propriet` a a cui vogliamo che la funzione f soddis sono
1. Per valori di N piccoli abbiamo f(N)

= r > 0.
2. La funzione f decresce al crescere di N.
3. La funzione f diventa negativa per N sufcientemente grande.
La funzione pi` u semplice che soddisfa queste ipotesi ` e la funzione lineare
(afne)
f := N r a N.
Infatti abbiamo che f(0) = r, e quindi f(N)

= r > 0 per N piccolo, f

(N) =
a e quindi f ` e decrescente,
lim
N
f(N) =
e quindi f ` e negativa per N abbastanza grande. Lequazione che descrive la
dinamica della popolazione diventa quindi
N

(t) = [r a N(t)] N(t). (3.3)


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Questa equazione ` e conosciuta come equazione logistica o equazione di Ve-
rhulst, dal nome del matematico belga Pierre Verhulst che di solito viene scritta
come
N

(t) = r
_
1
1
K
N(t)
_
N(t). (3.4)
dove abbiamo posto K :=
r
a
.
La costante r si chiama tasso intrinseco di crescita, che, come abbiamo
visto, ` e il tasso di crescita in assenza di limitazioni esterne, vedremo in breve il
signicato della costante K.
La soluzione di questa equazione si pu` o trovare in quanto si tratta di una
equazione a variabili separabili, ma procederemo in modo diverso, cercheremo
di descrivere il comportamento delle soluzioni in base a considerazioni di tipo
geometrico. Questo tipo di approccio riveste una grande importanza nello stu-
dio delle equazioni differenziali in quanto spesso non siamo in grado di trovare
esplicitamente le soluzioni mentre possiamo ricavare moltissime informazioni
dallequazione stessa.
Trarremo tutte le informazioni che ci sono necessarie dal graco della fun-
zione al secondo membro dellequazione (3.4) che descrive la derivata prima
della funzione incognita, gura 3.2 a pagina 41. Si tratta di una parabola che
incontra lasse orizzontale nei due punti N = 0 ed N = K ed ha un massimo
per N =
K
2
.
Ora vogliamo disegnare il graco delle soluzioni per t positivo e per N > 0.
Faremo questo senza cercare di risolvere lequazione ma in base al graco di
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r K/4
dN/dt
K/2 K
N
Figura 3.2: Il graco di N

in funzione di N

in funzione di N. Per valori compresi nellintervallo (0, K) vediamo che


la derivata della funzione, N

, ` e positiva e quindi la funzione ` e crescente, in


modo analogo possiamo dire che per N > K la funzione ` e decrescente. Nei
due estremi dellintervallo 0, K abbiamo che la derivata prima ` e zero e N(t)
non cambia. Le due soluzione costanti N =
1
(t) = 0 e N =
2
/t) = K,
si chiamano soluzioni di equilibrio, esse corrispondono ai due punti N = 0 e
N = K sullasse N si chiamano punti di equilibrio o punti critici. Notate che
la funzione N non pu` o attraversare questi due punti poich e la nostra equazio-
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Se f(N) ` e N(t) ` e
Positiva crescente Crescente e convessa
Positiva decrescente Crescente e concava
Negativa crescente Decrescente e concava
Negativa decrescente Decrescente e convessa
Tabella 3.1: Relazioni fra il graco di f(N) e quello di N(t)
ne soddisfa le ipotesi del Teorema di esistenza ed unicit` a. Per poter disegnare
il graco delle soluzioni possiamo ricavare ancora delle informazioni che sono
contenute nella tabella 3.1 a pagina 42. La spiegazione di queste relazioni ` e ab-
bastanza semplice. Prendiamo ad esempio come valore iniziale della soluzione
un numero compreso fra 0 ed
K
2
, poich e la derivata ` e positiva la soluzione sar` a,
inizialmente, crescente, inoltre, per questi valori di N anche la derivata prima
` e crescente e quindi la sua derivata, cio e la derivata seconda di N ` e positiva, il
che implica che la funzione ` e convessa, questo ragionamento continua a valere
nch` e la funzione non raggiunge il valore
K
2
in cui la derivata smette di crescere
ed inizia a decrescere, si tratta quindi di un punto di esso per la soluzione che
per` o poi continua a crescere avvicinandosi al valore limite K, che chiamiamo
livello di saturazione o capacit` a di sostentamento dellambiente. In tutte le
altre regioni valgono considerazioni analoghe; prendiamo ad esempio un valore
iniziale N
0
> K poich e la derivata prima ` e negativa allora la funzione decresce
e, dal graco di N

vediamo che al suo decrescere il valore della derivata cre-


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sce, la soluzione risulta quindi essere convessa,gura 3.3 a pagina 43. In molte
K/2
K

t
Figura 3.3: Il modello logistico

situazioni le informazioni che abbiamo derivato sul comportamento delle solu-


zioni sono sufcienti, ma se vogliamo avere delle informazioni pi` u dettagliate,
come ad esempio dei valori numerici, dobbiamo risolvere lequazione. La so-
luzione dellequazione differenziale con le condizioni iniziali N(0) = N
0
` e
N := t
N
0
K
N
0
+ (K N
0
)e
r t
(3.5)
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da questa espressione troviamo conferma alla nostra analisi qualitativa ed in
particolare otteniamo che
lim
t
N(t) = K.
Esprimeremo questo fatto dicendo che la soluzione costante N =
1
= K di
equilibrio ` e una soluzione asintoticamente stabile, o che il punto N = K ` e
un equilibrio o un punto critico asintoticamente stabile. Questo vuol dire
che, dopo un tempo sufcientemente lungo, la popolazione ` e vicina al livello
di saturazione K indipendentemente dal suo valore iniziale.
Daltra parte in comportamento della soluzione di equilibrio N =
2
=
0 ` e sostanzialmente diverso. Anche una soluzione che parte molto vicina a
zero, cresce no ad avvicinarsi al valore K. Diremo che
2
` e una soluzione di
equilibrio instabile o che N = 0 ` e un equilibrio o punto critico instabile.
Possiamo visualizza questi due diversi comportamenti nel modo seguen-
te. State svolgendo un esperimento in un ambiente sterile, un ambiente cio` e
in cui la popolazione di batteri presente ` e praticamente zero, la dinamica della
popolazione di batteri ` e governata dallequazione (3.4). E corretto svolgere
lesperimento nellipotesi che lambiente ` e sterile? La risposta ` e no, in quanto
come abbiamo visto la popolazione dei batteri crescer` a no a raggiungere il
valore critico, chiaramente se la durata dellesperimento ` e breve e se il livello
iniziale di contaminazione N
0
` e basso allora lesperimento pu` o essere svolto.
Da un altro punto di vista se state effettuando un esperimento su una popola-
zione di batteri che per` o viene a contatto con degli elementi contaminanti che
ne uccidono una parte, correte il rischio che ad un certo punto la popolazione di
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batteri si estingua? Ancora una volta la risposta ` e no in quanto la popolazione
tender` a sempre a crescere e ritornare al livello di saturazione.
Esempio. Il modello logistico ` e stato utilizzato per studiare la crescita della
popolazione di halibut (ippoglosso o salmone atlantico) in alcune aree dellO-
ceano Pacico, vedi [3].
Sia N(t), la massa totale o biomassa misurata in chili della popolazione
di halibut al tempo t. I parametri nellequazione logistica sono stimati in r :=
0.71/anno e K := 80.5 10
6
kg, se la massa iniziale ` e N
0
:= 0.25 K, trovare
il valore della biomassa dopo due anni, trovare il tempo per il quale N() =
0.75 K.
E conveniente riscalare lequazione rispetto alla capacit` a di sostentamento
K riscrivendo lequazione (3.5) come
N(t)
K
=
N
0
K
N
0
K
+ (1
N
0
K
)e
r t
.
Dai dati del problema ricaviamo
N(2)
K
=
0.25
0.25 + 0.75 e
1.42
0.5797,
e quindi N(2) 46.7 10
6
Kg.
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Per trovare dobbiamo risolvere lequazione trovata rispetto a t ottenendo
e
r t
=
N
0
K
[1
N
K
]
N
K
[1
N
0
K
]
e quindi
t =
1
r
ln
N
0
K
[1
N
K
]
N
K
[1
N
0
K
]
Utilizzando i dati forniti troviamo che
= 3.095anni.
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3.4. Esistenza di una soglia critica
Consideriamo o ora lequazione
N

(t) = r
_
1
1
T
N(t)
_
N(t). (3.6)
dove r e T sono costanti positive assegnate. Notate che, a parte il fatto di avere
sostituito il parametro K con T, questa equazioni differisce dalla precedente so-
lo per il segno, nondimeno questo avr` a un profondo effetto sul comportamento
delle soluzioni.
Se anche in questo caso disegnamo il graco della funzione al secondo
membro dellequazione differenziale otteniamo un graco molto diverso in
quanto si tratta sempre di una parabola ma concava invece di convessa, gu-
ra 3.4 a pagina 48. I punti di incontro con lasse N sono i due punti critici
N = 0 ed N = T, che corrispondo no alle due soluzioni (costanti) di equilibrio

1
= 0 e
2
= T. Per valore di N compresi fra 0 e T questa volta la soluzione
` e decrescente, e per valori pi` u grandi di T la soluzione ` e crescente. Quindi
1
` e
un equilibrio asintoticamente stabile mentre
2
` e instabile. Unanalisi qualita-
tiva analoga a quella fatta nel caso precedente ci permette di stabilire quando la
soluzione ` e concava o convessa e di descrivere quindi il comportamento delle
soluzioni di questa equazione, gura 3.5 a pagina 49. Come vedete abbiamo
due comportamenti molto diversi, la soluzione cresce indenitamente se il va-
lore iniziale ` e a T, mentre tende a zero se il valore iniziale ` e inferiore. Il valore
critico N = T si chiama soglia critica.
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rT/4
dN/dt
T/2 T
N
Figura 3.4: Il graco di N

in funzione di N

Anche in questo caso si tratta di una equazione a variabili separabili che


pu` o essere risolta, la soluzione con condizioni iniziali N(0) = N
0
otteniamo
N := t
N
0
T
N
0
+ (T N
0
)e
r t
.
In questo caso ` e importante determinare lintervallo in cui la soluzione ` e de-
nita. Se N
0
< T allora la soluzione ` e denita per ogni t 0 e la soluzione
tende a zero quando t tende a . Se invece abbiamo che N
0
> T allora c` e un
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T/2
T
dN/dt

N
Figura 3.5: Esistenza di una soglia critica

asintoto verticale per un valore positivo di t ed esattamente per


t
0
:=
1
r
ln
N
0
N
0
T
,
la soluzione ` e quindi denita soltanto no a questo valore, avvicinandosi al
quale tende a .
La popolazione di qualche specie esibisce questo comportamento, se il suo
livello sceglie sotto una certa soglia allora la popolazione se estingue, altrimenti
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ha un comportamento di crescita, chiaramente questa non pu` o essere indenita;
lequazione quindi deve essere modicata.
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3.5. Crescita logistica con una soglia critico
Come abbiamo detto in precedenza nel caso dellesistenza di una soglia cri-
tica abbiamo ancora soluzioni che crescono esponenzialmente. Per riassume-
re tutti i comportamenti analizzati ` e possibile combinare i modelli esaminati
considerando lequazione
N

(t) = r
_
1
1
T
N(t)
_ _
1
N(t)
K
_
N(t). (3.7)
con 0 < T < K. Il graco della funzione al secondo membro ` e, gura 3.6
a pagina 52. In questo caso abbiamo in corrispondenza dei tre punti critici
N = 0, N = T, N = K abbiamo le tre soluzioni di equilibrio
1
= 0,
2
=
T,
3
= K. E chiaro che
d N
dt
> 0 per T < N < K e quindi in questo inter-
vallo di valori la soluzione sar` a crescente, mentre allesterno sar` a decrescente.
Questo ci suggerisce che le due soluzioni di equilibrio
1
= 0,
3
= K sono
stabili mentre la soluzione di equilibrio
2
= T ` e instabile. Il comportamento
qualitativo delle soluzioni sono, gura 3.7 a pagina 53.
Un modello di questo genere sembra potersi applicare alla popolazione del
passenger pigeon che era presente negli Stati Uniti in grandissime quantit` a. Es-
so fu cacciato in grande quantit` a per sport e come cibo, sfortunatamente, sembra
che questa specie potesse riprodursi solo se presente in una quantit` a sufciente
e quindi, sebbene nel 1880 rimanesse una popolazione non trascurabile non era
sufciente a garantire un incremento, lultimo passenger pigeon mor` nel 1914.
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dN/dt
T K
N
Figura 3.6: Il graco di N

in funzione di N

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N_1
K
T
N_2
N(t)
Figura 3.7: Il modello logistico con soglia critica

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Capitolo 4
Equazioni del secondo ordine
In questo capitolo consideriamo equazioni differenziali del secondo ordine,
ovvero equazioni del tipo

(x) = f(x, (x),

(x))
In questo caso per determinare ununica soluzione dobbiamo dare non solo il
valore della funzione incognita in un punto ma anche il valore della derivata
prima nello stesso punto, il problema ai valori iniziali si ottiene in questo caso
aggiungendo le condizioni
y(x
0
) = y
0

(x
0
) = y
1
,
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e quindi un problema ai valori iniziali per questo tipo di equazioni si scrive
come
_

(x) = f(x, (x),

(x))
y(x
0
) = y
0

(x
0
) = y
1
.
Questa come altre propriet` a generali delle equazioni differenziali lineari che
utilizzeremo in questo capitolo saranno dimostrate nel prossimo capitolo.
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4.1. Equazioni lineari
Nello studio delle equazioni differenziali lineari ` e molto utile introdurre una
notazione specica. Se p, q C(I) sono funzioni continue sullintervallo aper-
to (I) e C
2
(I) ` e una funzione derivabile due volte sullo stesso interval-
lo consideriamo la funzione, che in questo contesto chiameremo operatore
differenziale,
L : C
2
(I) C(I), L :

+ p

+ q .
Se per esempio prendiamo p(x) = x
2
, q(x) = 3 e (x) = cos(x) allora
abbiamo
L(x) = (cos(x))

+ x
2
(cos(x))

+ 3 =
= cos(x) x
2
sin(x) + 3.
Per sottolineare la struttura delloperatore scriveremo
L := D
2
+ p D + q I.
Si tratta di una funzione diversa da quelle con cui siete abituati a lavorare perch e
ha come variabile (input) una funzione e come valore (output) unaltra funzio-
ne; ma grazie alle propriet` a che conoscete delloperatore derivata si tratta di un
semplice operatore lineare che gode di tutte le propriet` a di questi operatori e
quindi in particolare lo studio dellequazione

(x) + p(x)

(x) + q(x) (x) = g(x)


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si riduce a quello dellequazione
Ly = g,
che gode di tutte le propriet` a delle equazioni lineari.Se consideriamo il proble-
ma ai valori iniziali
` e possibile enunciare un Teorema di esistenza ed unicit` a analogo a quello
delle equazioni lineari del primo ordine
Teorema 4.1 (Teorema di Cauchy).
Consideriamo il problema di Cauchy
_

(x) + p(x)

(x) + q(x) (x) = g(x)


(x
0
) = y
0

(x
0
) = y
1
.
(4.1)
Se le funzioni p, q, g sono continue in un intervallo I allora esiste ununica
soluzione del problema (4.1) che ` e denita sullintervallo I.
Come nel caso dei sistemi con un numero nito di incognite studiamo prima
il corrispondente problema omogeneo, ci limiteremo al caso in cui i coefcienti
siano costanti.
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4.2. Equazioni omogenee a coefcienti costanti
In questa sezione studieremo lequazione differenziale

(x) + b

(x) + c (x) = 0, (4.2)


dove b, c R, che, con le notazioni appena introdotte, corrisponde alla ricerca
del nucleo delloperatore
L := D
2
+ b D + c I,
ovvero linsieme delle soluzioni dellequazione omogenea Ly = 0. Questo
sottospazio, come vedremo in seguito, ha dimensione due.
Come nel caso delle equazioni di ordine uno, cerchiamo le soluzioni fra
quelle del tipo := x e
x
se sostituiamo nellequazione otteniamo
_
D
2
+ b D + c I

()(x) =

(x) +b

(x) +x(x) = (
2
+b +c) e
x
= 0.
Poich e lesponenziale ` e sempre diversa da zero deve essere

2
+ b + c = 0.
Il polinomio al primo membro si chiama polinomio caratteristico dellequa-
zione differenziale e le sue radici
1
,
2
ci diranno quale forma hanno le solu-
zioni dellequazione differenziale. Distinguiamo il metodo risolutivo a seconda
di come sono le radici del polinomio, ricordando che possiamo scrivere

2
+ b + c = (
1
)(
2
).
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4.2.1. Radici reali distinte
Nel caso che il polinomio caratteristico abbia due soluzione reali e distinte

1
,
2
abbiamo subito a disposizione due soluzioni le cui combinazioni lineari
descrivono completamente linsieme delle soluzioni (che ha dimensione due)
:= x c
1
e

1
x
+ c
2
e

2
x
,
In effetti dovremmo vericare che le due soluzioni sono effettivamente linear-
mente indipendenti. Questo pu` o essere fatto nel modo seguente. Date due
soluzioni
1
,
2
dellequazione (4.2) costruiamo la matrice
M(x) =
_

1
(x)
2
(x)

1
(x)

2
(x)
_
e indichiamo con
W(
1
,
2
)(x) := det M(x)
il suo determinante. E possibile dimostrare che le due soluzioni
1
,
2
sono
linearmente indipendenti se e solo se
W(
1
,
2
)(x) ,= x, per ogni x I.
Nel nostro caso questo ` e vero poich e
W(e

1
x
, e

2
x
) = det
_
e

1
x
e

2
x

1
e

1
x

2
e

2
x
_
= e
(
1

2
) x
(
1

2
) ,= 0.
Vedremo nel prossimo capitolo perch e questo criterio ` e valido.
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4.2.2. Radici reali coincidenti
Nel caso che il polinomio caratteristico abbia una sola soluzione reale
1
con
molteplicit` a due abbiamo a disposizione una sola soluzione. Per determinare
laltra notiamo che, poich e in questo caos
2
+ b + c = (
1
)
2
allora
possiamo scrivere
D
2
+ b D + c I, = (D
1
I)
2
e quindi se troviamo una soluzione dellequazione
(D
1
I)(x) = e

1
x
applicando loperatore D
1
I ad entrambi i membri di questa equazione
otteniamo
(D
1
I)
2
y = (D
1
I)e

1
x
= 0
e quindi y ` e una soluzione dellequazione. Ma lequazione da risolvere
(D
1
I)(x) = e

1
x
` e una equazione differenziale lineare del primo ordine che possiamo scrivere in
modo equivalente come

(x)
1
(x) = e

1
x
.
Questa equazione si risolve facilmente trovando cos` la seconda soluzione del-
lequazione differenziale e troviamo che la soluzione generale dellequazione
differenziale ` e
:= x c
1
e

1
x
+ c
2
x e

1
x
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4.2.3. Radici complesse
Nel caso di radici complesse del polinomio
2
+b +c = 0 sappiamo che sono
coniugate
1
= + i e
2
= i . Se procediamo come nel caso delle
radici reali e distinte troviamo due soluzioni complesse

1
:= x e

1
x
,
2
:= x e

2
x
.
Poich e lequazione ` e lineare sappiamo che una loro combinazione lineare ` e
ancora soluzione dellequazione differenziale. Ricordando lidentit` a di Euler
e
+i
= e

(cos() + i sin()),
possiamo procedere nel modo seguente, prendiamo le sue soluzioni
y
1
:=
1
2
(
1
+
2
)
y
2
:=
1
2 i
(
1

2
),
ottenute come combinazione lineare delle precedenti. Semplici calcoli ci danno
y
1
:= x e
x
sin( x)
y
2
:= x e
x
cos( x),
ed avendo a disposizione due soluzioni indipendenti, come ` e facile vericare,
possiamo affermare che la soluzione generale dellequazione differenziale ` e
:= x c
1
e
x
sin( x) c
2
e
x
cos( x).
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4.3. Equazioni non omogenee a coefcienti costan-
ti
Consideriamo ora il problema di trovare una soluzione particolare dellequa-
zione

(x) + p(x)

(x) + q(x) (x) = g(x).


Se il termine forzante g ` e del tipo
g(x) = P
k
(x) e
x
cos( x), oppure g(x) = P
k
(x) e
x
sin( x)
possiamo cercare una soluzione particolare fra le funzioni del tipo

0
: x x
s
e
x
[Q
1
(x) cos( x) + Q
2
(x) sin( x)]
dove s ` e la molteplicit` a algebrica di = + i come soluzione del polino-
mio caratteristico dellequazione omogenea associata, se non ` e soluzione di
questo polinomio prendiamo s = 0.
4.3.1. Variazione delle costanti
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Capitolo 5
Sistemi di equazioni
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5.1. Equazioni di ordine superiore e sistemi
Le equazioni differenziali di qualsiasi ordine possono essere ridotte ad un siste-
ma lineare del primo ordine, infatti sia

(p)
(x) = F(x,

(x),

(x), . . . ,
(p1)
(x))
una equazione differenziale ordinaria di ordine n. Trasformeremo questa equa-
zione in un sistema del primo ordine prendendo come vettore y incognito quello
formato dalla funzione z e dalle sue prime p 1 derivate. Poniamo
1
= e
costruiamo il seguente sistema equivalente allequazione

1
(x) =
2
(x)

2
(x) =
3
(x)
.
.
. =
.
.
.

p1
(x) =
p
(x)

p
(x) = F(x,
1
(x),
2
(x), . . . ,
p
(x)).
Notate che abbiamo posto
1
= ,
2
=

,
3
=

, . . .
p
=
(p1)
e da que-
sto segue facilmente lequivalenza. Con notazione vettoriale possiamo scrive il
sistema come

(x) = f(x, (x)),


dove := (
1
,
2
, . . . ,
p
) e f(x, y) = (y
2
, y
3
, . . . , F(x, y)).
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Per i sistemi di equazioni differenziali ` e possibile enunciare la corrispon-
dente versione del Teorema di esistenza ed unicit` a in una forma che generalizza
il precedente.
Teorema 5.1 (Teorema di Cauchy).
Consideriamo il problema di Cauchy
_

(x) = f(x, (x))


(x
0
) = y
0
(5.1)
dove f : A R
p+1
R, dove A ` e un insieme aperto a cui appartiene il punto
(x
0
, y
0
). Se le funzioni f, D
2
f sono continue in A allora esiste un h > 0 ed
ununica funzione
: (x
0
h, x
0
+ h) R R
p
che sia soluzione del problema (5.1).
Notiamo che se applichiamo questa Teorema ad una equazione di ordine
p dopo averla trasformata in un sistema abbiamo che ssare una condizione
iniziale per il sistema corrisponde, per lequazione di ordine p, a ssare il valore
della soluzione e delle sue prime p 1 derivate nel punto x
0
, in altre parole la
condizione y(x
0
) = y
0
corrisponde, nelle vecchie coordinate, a
(x
0
) = z
0
,

(x
0
) = z
1
, . . . ,
p1
(x
0
) = z
p1
,
dove (z
0
, z
1
, . . . , z
p1
) = y
0
.
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Questo enunciato del Teorema di Cauchy pu` o essere dedotto da una sua ver-
sione pi ` u generale, nella sezione seguente enunceremo e dimostreremo questi
teoremi di esistenza
5.1.1. Teoremi di esistenza ed unicit` a
Teorema 5.2 (Peano). Se f ` e continua su A allora per ogni (x
0
, y
0
) A esiste
ununica soluzione di (5.1) passante per questo punto.
Teorema 5.3 (Cauchy-Picard). Se f ` e continua su Ae Lipschitziana in y allora
per ogni (x
0
, y
0
) A esiste ununica soluzione di (5.1) passante per questo
punto.
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5.2. Sistemi lineari
Fra i sistemi di equazioni differenziali di particolare interesse sono i sistemi
lineari e cio` e quelli che possiamo scrivere come

(x) = A(x) (x) + g(x) (5.2)


dove A := x A(x) M
pp
e g := x g(x) R
p
sono due funzioni
che supporremo sempre continue su un insieme aperto R; nel caso del-
la funzione A continua vuol dire che sono continue tutte le funzioni a
i j
che
descrivono le sue componenti
Con le stesse notazioni utilizzate per le equazioni, il sistema (5.2) pu` o essere
scritto come
L(y) := (D A)y = g,
in questo modo L ` e unoperatore lineare
L : C
1
(, R
p
) C(, R
p
).
Lavere ridotto lequazione differenziale ad una equazione della forma Ly = g,
` e importante perch e ci permette di utilizzare molte propriet` a dei sistemi lineari,
in particolare se
0
` e una soluzione di questo sistema allora linsieme di tutte le
soluzioni pu` o essere rappresentato come
[ +
0
, L = 0 .
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In altre parole linsieme delle soluzioni ` e un sottospazio afne ottenute traslan-
do linsieme delle soluzioni dellequazioni omogenea (soluzione generale) con
una soluzione di quella non omogenea (soluzione particolare). Procedimen-
to che abbiamo seguito per le equazioni lineari del secondo ordine che come
abbiamo visto sono riducibili ad un sistema del due equazioni del primo ordine.
Poich e i due spazi C
1
(, R
p
) e C(, R
p
) non hanno dimensione nita non
abbiamo un modo per calcolare la dimensione del nucleo delloperatore L
(insieme delle soluzioni dellequazione omogenea), nel prossimo paragrafo
dimostreremo che ha dimensione p.
5.2.1. Struttura dellinsieme delle soluzioni
Linsieme delle soluzioni di un sistema lineare omogeneo ` e un sottospazio di
dimensione p.
Consideriamo i seguenti p problemi di Cauchy
L(x) =

(x) A(x) (x) = 0


y(x
0
) = e
i
dove e
i
` e un elemento della base canonica di R
p
. Per il Teorema di esistenza
ed unicit` a per i sistemi, Teorema 5.1, ciascuno di questi problema ha ununica
soluzione che indichiamo con
i
. Abbiamo quindi trovato p soluzioni, voglia-
mo fare vedere che sono indipendenti e che ogni altra soluzione del sistema
omogeneo pu` o essere scritta come loro combinazione lineare.
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Indipendenza lineare.
Prendiamo una combinazione lineare delle
i
f :=
p

i=1

i
,
se f = 0 (cio` e f ` e la funzione nulla, che vale sempre zero) allora
0 = f(x
0
) =
p

i=1

i
e
i
= (
1
,
2
, . . . ,
p
)
e quindi tutti i coefcienti sono zero.
Generano tutte le soluzioni.
Sia una soluzione dellequazione omogenea, L = 0. Consideriamo la
soluzione
=
p

i=1

i
(x
0
)
i
nel punto x
0
vale
(x
0
) =
p

i=1

i
(x
0
)
i
(x
0
) =
p

i=1

i
(x
0
)e
i
= (x
0
).
Quindi e sono due soluzione della stessa equazione che soddisfano le stesse
condizioni iniziali esse sono quindi eguali.
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Abbiamo quindi dimostrato che linsieme delle soluzioni di un sistema li-
neare afne (omogeneo) ` e un sottospazio afne (lineare) di dimensione p. Que-
sto risultato applicato alle equazioni lineari del primo e secondo ordine ci con-
fermano che le soluzioni di queste dipendono, rispettivamente, da uno o due
parametri.
5.2.2. Matrici fondamentali
Consideriamo p soluzioni dellequazione lineare e costruiamo la matrice che ha
queste soluzioni per colonne
M(x) = [
1
(x),
2
(x), . . .
p
(x)],
` e semplice dimostrare il seguente
Lemma 5.4. Le p soluzioni
1
(x),
2
(x), . . .
p
(x) sono linearmente indipen-
denti se e solo se det M(x) ,= 0 per ogni x I.
Dimostrazione. La dimostrazione ` e una semplice applicazione del Teorema di
esistenza ed unicit` a. Notiamo innanzi tutto che il sistema ha per soluzione la
funzione nulla. Se esistesse un valore x
0
I per cui det M(x
0
) = 0 allora
esistono
1
,
2
, . . .
p
tali che la funzione
:=
p

i=1

i
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Esci
ha le seguenti propriet` a
1. ` e una soluzione in quanto combinazioni lineare di soluzioni
2. (x
0
) = 0 in quanto la condizione det M(x
0
) = 0 ci dice che i vettori
delle condizioni iniziali sono linearmente indipendenti e quindi esiste una
loro combinazione lineare (x
0
) che vale zero.
Per il Teorema di esistenza ed unicit` a deve essere = 0 e quindi le soluzioni
sono dipendenti. Il viceversa ` e ovvio.
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5.3. Determinazione delle soluzioni
Consideriamo un sistema omogeneo di equazioni lineari a coefcienti costanti

(x) = A(x) (5.3)


dove A ` e una matrice costante, pp. In analogia a quanto fatto per le equazioni
scalari cerchiamo la soluzione fra quelle del tipo
y := x e
x
dove R e R
p
sono da determinare. Se sostituiamo nellequazione (5.3)
otteniamo
e
x
= A e
x
,
cancellando il fattore non nullo e
x
, questa equazione diventa
(A I) = 0,
dove I ` e la matrice identit` a. Il problema della determinazione delle soluzioni
dellequazione differenziale (5.3) si ` e quindi ridotto a quello della soluzione di
una equazione algebrica, in particolare a quello della determinazione degli au-
tovalori e degli autovettori di una data matrice A. Illustriamo cosa pu` o accadere
con una serie di esempi nel caso di dimensione due
Sistemi piani
Nel caso piano per determinare gli autovalori dobbiamo risolvere una equazioni
di secondo grado, gli esempi successivi analizzano i vari casi che si possono
presentare
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Esempio (Autovalori reali distinti). Troviamo la soluzione generale dellequa-
zione

(x) =
_
1 1
2 0
_
(x) (5.4)
il polinomio caratteristico della matrice A ` e
P() =
2
2
le radici del polinomio e quindi gli autovalori della matrice sono
1
= 1,
2
=
2. Cerchiamo ora i corrispondenti autovettori risolvendo il sistema
(A
1
I) v =
_
2 1
2 1
_
v = 0,
poich e il rango della matrice ` e uno abbiamo un solo autovettore, prendiamo, ad
esempio,
v
1
:= (1, 2).
Facciamo lo stesso per laltro autovettore risolvendo
(A
2
I) v =
_
1 1
2 2
_
v = 0,
ancora una volta abbiamo un solo autovettore, prendiamo, ad esempio,
v
2
:= (1, 1).
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Le due soluzioni v
1
e
x
e v
2
e
2x
sono linearmente indipendenti in quanto i loro
valori in t = 0 sono linearmente indipendenti. Esse formano quindi una base
per lo spazio delle soluzioni dellequazione (5.4). La soluzione generale pu` o
essere descritta come
:= x c
1
v
1
e
x
+ c
2
v
2
e
2x
ovvero

1
(x) = c
1
e
x
+ c
2
e
2 x
,

2
(x) = 2 c
1
e
x
+ c
2
e
2 x
Landamento delle orbite di questo sistema ` e caratterizzato dalla presenza di
due autovalori reali di segno discorde, gura 5.1 a pagina 77.
Consideriamo ora il caso in cui i due autovalori abbiamo lo stesso segno.
Studiamo il sistema

(x) =
_
3

2 2
_
(x). (5.5)
Gli autovalori della matrice sono
1
= 1,
2
= 4. Cerchiamo ora i corri-
spondenti autovettori risolvendo il sistema
(A
1
I) v =
_
2

2 1
_
v = 0,
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Esci
4
2
0
2
4
y
4 2 2 4
x
Figura 5.1: Autovalori reali discordi, sella

poich e il rango della matrice ` e uno abbiamo un solo autovettore, prendiamo, ad


esempio,
v
1
:= (

2
2
, 1).
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Esci
Facciamo lo stesso per laltro autovettore risolvendo
(A
2
I) v =
_
1

2 2
_
v = 0.
ancora una volta abbiamo un solo autovettore, prendiamo ad esempio
v
2
:= (

2, 1).
Le due soluzioni v
1
e
4 x
e v
2
e
x
sono linearmente indipendenti in quanto i
loro valori in t = 0 sono linearmente indipendenti. Esse formano quindi una
base per lo spazio delle soluzioni dellequazione (5.5). La soluzione generale
pu` o essere descritta come
:= x c
1
v
1
e
4 x
+ c
2
v
2
e
x
ovvero

1
(x) = c
1
e
4 x
+ c
2
e
x
,

2
(x) =

2
2
(c
1
e
4 x
2 c
2
e
x
)
Landamento delle orbite di questo sistema ` e caratterizzato dalla presenza di
due autovalori reali entrambi negativi, gura 5.3 a pagina 80.
Landamento delle orbite nel caso di due autovalori reali entrambi positivi
` e del tutto analogo, gura 5.2 a pagina 79.
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4
2
0
2
4
y
4 2 2 4
x
Figura 5.2: Autovalori concordi negativi, nodo

Esempio (Autovalori coincidenti). Il caso in cui vi siano degli autovalori ripe-


tuti incomincia creare delle difcolt` a. Se invece la dimensione dellautospa-
zio ` e due allora possiamo procedere come nel caso precedente ed ottenere un
andamento analogo.
Studiamo il sistema

(x) =
_
1 0
0 1
_
(x) (5.6)
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4
2
0
2
4
y
4 2 2 4
x
Figura 5.3: Autovalori concordi positivi, nodo

gli autovalori della matrice sono


1
= 1,
2
= 1. Cerchiamo ora i corrispon-
denti autovettori risolvendo il sistema
(A
1
I) v =
_
0 0
0 0
_
v = 0.
poich e il rango della matrice ` e zero abbiamo due autovettore, prendiamo ad
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esempio
v
1
:= (0, 1), v
2
:= (1, 0).
La dimensione dellautospazio ` e quindi due ed ` e eguale alla molteplicit` a del-
lautovalore, il comportamento ` e analogo a quello con due autovalori distinti
dello stesso segno, gura 5.4 a pagina 81. Se la dimensione dellautospazio ` e
4
2
0
2
4
y
4 2 2 4
x
Figura 5.4: Autovalori coincidenti con due autovettori, nodo stellato

uno abbiamo un numero di soluzioni linearmente indipendenti minore di quello


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necessario. Non daremo un metodo generale per risolvere il problema in questo
caso ma illustreremo un esempio concreto

(x) =
_
1 0
1 1
_
(x) (5.7)
gli autovalori della matrice sono
1
= 1,
2
= 1. Cerchiamo ora i corrispon-
denti autovettori risolvendo il sistema
(A
1
I) v =
_
0 0
1 0
_
v = 0.
poich e il rango della matrice ` e uno abbiamo un solo autovettore, prendiamo ad
esempio
v
1
:= (0, 1).
La dimensione dellautospazio ` e quindi uno ed ` e strettamente minore della
molteplicit` a dellautovalore.
in analogia con il caso delle equazioni lineari del secondo ordine cerchiamo
lulteriore soluzione fra quelle del tipo
: x (u + v x) e

1
x
dove u e v sono vettori incogniti, se sostituiamo questa funzione nellequazione
differenziale otteniamo lequazione algebrica
v + (u + x v) = A(u + x v)
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afnch e questa eguaglianza valga dobbiamo risolvere
(A I) v = 0
(A I) u = v
e quindi v ` e lautovettore trovato e u ` e soluzione del secondo sistema
(A
1
I) u =
_
0 0
1 0
_
u = v
1
.
poich e il rango della matrice completa ed incompleta ` e uno abbiamo una solu-
zione, prendiamo ad esempio
v
2
:= (1, 1).
Le due soluzioni v
1
e
x
e v
2
e
x
sono linearmente indipendenti in quanto i loro
valori in t = 0 sono linearmente indipendenti. Esse formano quindi una base
per lo spazio delle soluzioni dellequazione (5.7). La soluzione generale pu` o
essere descritta come
:= x c
1
v
1
e
x
+ c
2
[v
1
x e
x
+ v
2
e
x
]
ovvero

1
(x) = c
2
e
x
,
2
(x) = (c
2
x + c
1
) e
x
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4
2
0
2
4
y
4 2 2 4
x
Figura 5.5: Autovalori coincidenti con un autovettore, nodo improprio

Landamento delle orbite di questo sistema ` e caratterizzato dalla presenza di


due autovalori reali concordi, gura 5.5 a pagina 84. Come vedete anche in
questo caso abbiamo una situazione simile a quella delle equazioni lineari del
secondo ordine con la sostanziale differenza che il polinomi a moltiplicare ha
per coefciente dei vettori.
Autovalori Complessi
Consideriamo ora il caso in cui ci siamo degli autovalori complessi. Se cerchia-
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mo la soluzione fra quelle del tipo
y := x e
x
Abbiamo visto che e sono rispettivamente un autovalore ed un autovettore
della matrice A. Essi risolvono quindi il problema
(A I) = 0.
Se
1
= +i ` e un autovalore con autovettore = u +i v allora lequazione
coniugata
(A I) = 0
ci dice che anche
1
= i ` e un autovalore con autovettore = u i v.
Abbiamo quindi due soluzioni complesse e coniugate

1
: x (u + i v) e
(+i )x
= (u + i v) e
x
(cos( x) + i sin( x))
svolgendo i calcoli arriviamo a

1
: x e
x
(u cos( x) v sin( x)) + i e
x
(u sin( x) + v cos( x))
e quindi

e
=
1
.
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Procedendo come nel caso delle equazioni del secondo ordine possiamo pren-
dere la parte reale e la parte immaginaria di queste funzioni come soluzioni
reali della nostra equazione e cio` e
u
1
: x e
x
(u cos( x) v sin( x))
u
2
: x e
x
(u sin( x) + v cos( x))
Se questi autovalori sono semplici possiamo determinare la soluzione generale
come nel seguente esempio
Esempio (Autovalori complessi).

(x) =
_
1 2
1 3
_
(x) (5.8)
gli autovalori della matrice simmetrica sono
1
= 2 + i,
2
= 2 i.
Cerchiamo ora i corrispondenti autovettori risolvendo il sistema
(A
1
I) v =
_
3 + i 2
1 5 + i
_
v = 0.
poich e il rango della matrice ` e uno abbiamo un solo autovettore, prendiamo ad
esempio
v
1
:= (1 + i, 1).
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Facciamo lo stesso per laltro autovettore risolvendo
(A
2
I) v =
_
3 i 2
1 5 i
_
v = 0.
ancora una volta abbiamo un solo autovettore, prendiamo ad esempio
v
2
:= (1 i, 1).
Si tratta di due soluzioni indipendenti in quanto il loro valori in t = 0 sono
linearmente indipendenti e quindi sono una base dello spazio delle soluzioni
che possono essere descritte come
:= x c
1
v
1
e
(1+i) x
+ c
2
v
2
e
(1i) x
ovvero

1
(x) = e
2 x
(c
1
sin(x) + c
2
cos(x))

2
(x) = 1/2 e
2 x
(c
1
sin(x) + c
1
cos(x) c
2
cos(x) c
2
sin(x))
Landamento delle orbite di questo sistema ` e caratterizzato dalla presenza di
due autovalori complessi coniugati con parte reali non zero, gura 5.6 a pagina
88. Un sottocaso importante da menzionare ` e quello in cui gli autovalori abbia-
mo parte reale nulla, nel qual caso scompare lesponenziale dalla espressione
delle soluzioni che diventano combinazioni lineari di seni e coseni

(x) =
_
0 1
1 0
_
(x) (5.9)
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0.01
0.005
0
0.005
0.01
0.015
0.02
y
0.02 0.015 0.01 0.005 0.005 0.01
x
Figura 5.6: Autovalori complessi, Re ,= 0, fuoco

gli autovalori della matrice simmetrica sono


1
= i,
2
= i. le soluzioni che
possono essere descritte come
:= x c
1
v
1
e
(1+i) x
+ c
2
v
2
e
(1i) x
ovvero

1
(x) = c
1
sin(x) + c
2
cos(x)

2
(x) = c
1
cos(x) c
2
cos(x)
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Landamento delle orbite di questo sistema ` e caratterizzato dalla presenza
di due autovalori complessi coniugati con parte reali zero, gura 5.7 a pagina
89.
2
1
0
1
2
y
2 1 1 2
x
Figura 5.7: Autovalori complessi, Re = 0, centro

Il caso Singolare
Per concludere la rassegna delle possibili situazioni che si presentano nel piano
dobbiamo analizzare il caso in cui det A = 0. In questo caso lorigine non ` e
lunico punto di equilibrio ed almeno uno degli autovalori deve essere zero.
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Analizziamo il caso in cui uno degli autovalori sia zero e laltro, che ` e
necessariamente reale, sia diverso da zero.
Esempio.

(x) =
_
1 1
2 2
_
(x) (5.10)
Per prima cosa notiamo che esiste una retta di punti di equilibrio rappresentata
dal nucleo di A di equazione y = x. Semplici calcoli analoghi ai precedenti
ci portano a determinare le soluzioni che sono della forma
_
x(t) = c
1
+ c
2
e
3 t
, y(t) = 2 c
2
e
3 t
c
1
_
Landamento delle orbite di questo sistema ` e caratterizzato dalla presenza
di un autovalore nullo ed un diverso da zero (positivo nel disegno), gura 5.8 a
pagina 91.
Nel caso in cui, invece gli autovalori siano entrambi nulli dobbiamo de-
scrivere fra il caso in cui lautospazio che non ` e altro che il nucleo di A abbia
dimensione due o abbia dimensione uno. Nel primo caso la matrice A ` e nulla
e tutti i punti del piano sono di equilibrio, il secondo caso invece pu` o essere
descritto dal seguente esempio
Esempio.

(x) =
_
0 1
0 0
_
(x) (5.11)
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2
1
0
1
2
2 1 1 2
x
Figura 5.8: Un autovalore zero ed uno no

Per prima cosa notiamo che esiste una retta di punti di equilibrio rappresentata
dal nucleo di A di equazione y = 0. Semplici calcoli analoghi ai precedenti ci
portano a determinare le soluzioni che sono della forma
y(t) = c
2
, x(t) = c
2
t + c
1

Landamento delle orbite di questo sistema ` e caratterizzato dalla presenza da


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un autovalore nullo di molteplicit` a due con un solo autovettore), gura 5.9 a
pagina 92.
2
1
0
1
2
2 1 1 2 x
Figura 5.9: Autovalore nullo di molteplicit` a due con un solo autovettore

Sistemi lineari
Ritorniamo al nostro sistema (5.3), la determinazione delle soluzioni richiede
di trovare gli autovalori e gli autovettori della matrice A.
Nel caso fortunato in cui tutti gli autovalori
1
,
2
, . . . ,
p
siano reali e vi
siano p autovettori v
1
, v
2
, . . . , v
p
linearmente indipendenti la soluzione generale
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di (5.3) pu` o essere scritta come
:= x c
1
v
1
e

1
x
+ c
2
v
2
e

2
x
+ + c
p
v
p
e

p
x
poich e ciascun addendo ` e soluzione dellequazione differenziale ed inoltre sono
fra di loro linearmente indipendenti in quanto la loro valutazione in zero mi
genera vettori indipendenti.
Sistemi Hermitiani.
Il caso pi ` u semplice in cui siamo nella situazione appena descritta ` e quello della
matrici simmetriche (Hermitiane) per le quali sappiamo che
1. Tutti gli autovalori sono reali.
2. Esistono p autovettori linearmente indipendenti, a prescindere dalla molte-
plicit` a degli autovettori.
3. Se v
i
, v
j
sono autovettori corrispondenti ad autovalori distinti allora v
i
, v
j
) =
0.
In questo caso quindi possiamo utilizzare la precedente rappresentazione delle
soluzioni
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Capitolo 6
Stabilit` a
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6.1. Equazioni differenziali autonome
Chiameremo una equazione differenziale autonoma se la funzione f non di-
pende dalla variabile indipendente x e quindi quando possiamo scrivere
y

(x) = f(y(x)) (6.1)


questo speciale struttura conferisce a questa equazione alcune propriet` a speci-
che.
Ipotesi e Propriet` a
Nel corso di questo capitolo faremo sempre due ipotesi semplicative:
1. f : R
p
R
p
` e una funzione continua e derivabile su tutto R
p
e quindi per
il sistema (6.1) vale il Teorema di esistenza ed unicit` a, Teorema 5.1; in altre
parole per ogni y
0
R
p
esiste ununica soluzione dellequazione (6.1) che
soddisfa le condizioni iniziali y(x
0
) = y
0
per ogni valore di x
0
.
2. Supponiamo inoltre che tutte le soluzioni siano denite per ogni valore di
x R.
Come abbiamo detto le equazioni differenziali autonome hanno delle propriet` a
particolare la pi ` u importante delle quali ` e la seguente:
Lemma 6.1. Se := x (x) ` e una soluzione dellequazione (6.1) e x
0
R
allora anche := x (x+x
0
) ` e una soluzione dellequazione (6.1). Se ,
sono due soluzioni dellequazione (6.1) tali che
(x
1
) = (x
2
)
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allora (x) = (x + (x
1
x
2
)).
Ogni soluzione dellequazione differenziale (6.1) ` e una parametrizzazione
di una curva in R
p
e il vettore tangente alla curva in x coincide con f(x) per
questo motivo la funzione f viene chiamata campo vettoriale
Tutte queste soluzioni che possiamo ottenere per traslazione sono parame-
trizzazioni diverse della stessa curva che hanno lo stesso supporto, questa curva
che si chiama orbita o traiettoria della soluzione dellequazione (6.1). Pos-
siamo rappresentare le soluzioni direttamente tramite i loro valori in R
p
e non
tramite il loro graco in R
p+1
. Questo fatto pu` o essere illustrato dal seguente
esempio.
Esempio. Consideriamo il sistema
x

(t) = y(t)
y

(t) = x(t)
le soluzioni di questo sistema possono essere scritte come
x := t A sin(t) + B cos(t), y := t A cos(t) B sin(t).
Una curva integrale di questa equazione (t, x(t), y(t)) ` e una spirale che si avvol-
ge su un cilindro poich e x(t)
2
+y(t)
2
= A
2
+B
2
, mentre unorbita, (x(t), y(t)),
` e una circonferenza.
Classicazione delle soluzioni
Per avere a disposizione una nomenclatura atta a descrivere le soluzioni di
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una equazione autonoma introduciamo dei nomi che corrispondono ad alcune
caratteristiche delle traiettorie.
Le soluzioni dellequazione
f(y) = 0
si chiamano punti di critici o punti singolari per il sistema (6.1) e corrispondo-
no a soluzioni costanti del sistema di equazioni differenziali che chiameremo
soluzioni di equilibrio; dovrebbe essere chiaro che la traiettoria corrispondente
ad un equilibrio ` e composta da un solo punto, traiettoria costante.
Sia una soluzione dellequazione (6.1) se esistono due valori distinti x
1
<
x
2
tali che
/x
1
) = (x
2
)
allora per X := x
2
x
1
per il Lemma 6.1 abbiamo che
(x) = (x + X) per ogni x R
in questo caso parleremo di soluzione periodica. Tutte le altre traiettorie le
chiameremo traiettorie aperte distinguendo eventualmente fra limitate e non
limitate. Introduciamo inoltre la seguente notazione, la soluzione del problema
aivalori iniziali
_
y

(x) = f(y(x))
y(0) = y
0
sar` a indicata come (x, y
0
)
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Descrivendo le caratteristiche delle soluzioni delle equazioni che descrivo-
no la dinamica delle popolazioni abbiamo fatto uso del concetto di stabilit` a,
deniamolo con maggiore chiarezza precisione.
Denizione 6.2 (Stabilit` a delle soluzioni di equilibrio).
Sia y
e
una soluzione di equilibrio del sistema (6.1) diremo che
e
` e una solu-
zione di equilibrio stabile se, per ogni > 0 ` e possibile trovare > 0 tale che
se |y
0

e
| < allora
|(x, y
0
)
e
| < per ogni x 0.
Possiamo illustrare questa denizione dicendo che tutte le soluzioni che
partono, per x = 0, sufcientemente vicino alla soluzione di equilibrio riman-
gono vicine quanto voglio alla soluzione stessa, gura 6.1 a pagina 101. in
cui la soluzione stabile ` e quella nulla, lorigine, ed abbiamo preso = 1.5 e
= 0.5.
Denizione 6.3 (Attrattivit` a delle soluzioni di equilibrio).
Sia
e
una soluzione di equilibrio del sistema (6.1) diremo che
e
` e una solu-
zione di attrattiva se esiste
0
> 0 tale che se |y
0

e
| < allora
lim
x+
(x, y
0
) =
e
.
In altre parole tutte le soluzioni che partono da un certo intorno della solu-
zione di equilibrio tendono a quel valore.
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Denizione 6.4 (Stabilit` a asintotica delle soluzioni di equilibrio).
Sia
e
una soluzione di equilibrio del sistema (6.1) diremo che
e
` e una solu-
zione di equilibrio asintoticamente stabile se ` e stabile ed ` e attrattiva. Se la
condizione di attrattivit` a vale per tutte le condizioni iniziali ( = +) allora
parleremo di stabilit` a asintotica globale.
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1.5
1
0.5
0
0.5
1
1.5
1.5 1 0.5 0.5 1 1.5
Figura 6.1: Lorigine ` e un equilibrio stabile

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6.2. Stabilit` a dei sistemi lineari
Da quanto abbiamo detto sulle soluzioni sistemi lineari omogenei a coef-
cienti costanti non ` e difcile dedurre un criterio di stabilit` a per questi sistemi.
Consideriamo il sistema
y

(x) = Ay(x), (6.2)


e supponiamo che det A ,= 0. Questo sistema ha un unico punto di equilibrio
y = 0 e vale il seguente
Teorema 6.5. Lorigine ` e una soluzione di equilibrio per il sistema (6.2) che ` e
1. Asintoticamente stabile se e solo se ogni autovalore di A ha parte reale
negativa.
2. Stabile se e solo se tutti gli autovalori hanno parte reale non positiva e
quelli con parte reale nulla hanno degli autospazi con dimensione eguale
alla molteplicit` a dei corrispondenti autovalori.
Notiamo che se esiste un autovalore con parte reale positiva allora lorigi-
ne ` e una soluzione di equilibrio per il sistema (6.2) che ` e instabile, lo stesso
accade se esiste un autovalore con parte reale nulla e molteplicit` a strettamente
maggiore della dimensione del corrispondente autospazio.
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6.3. Stabilit` a dei sistemi nonlineari
Torniamo ora al sistema (6.1), poich e la funzione f ` e derivabile possiamo
scrivere
f(y) = Df(
e
)(y
e
) + g(y
e
)
dove g(y
e
) := |y
e
|
0
(|y
e
|) e quindi in particolare g(0) = 0.
Consideriamo ora il sistema
z

(x) = Az(x) + g(z(x)), (6.3)


dove abbiamo indicato con A := Df(
e
) ed abbiamo effettuato il cambiamento
di variabili z := y
e
. Come al solito questo cambiamento di variabile ` e
motivato dalla necessit` a di traslare gli assi nel nuovo punto di riferimento
e
in
modo che la nuova variabile sia la variazione della precedente. I due sistemi
(6.3) e (6.1) sono lo stesso sistema, lo abbiamo scritto in questa seconda forma
perch e speriamo che in un intorno del punto di equilibrio il comportamento
delle soluzioni di (6.1) possa essere simile a quello del corrispondente sistema
lineare.
Il sistema lineare
z

(x) = Az(x), (6.4)


si chiama linearizzazione del sistema (6.1) nel punto di equilibrio
e
. Questo
sistema approssima il sistema non lineare vicino al punto di equilibrio
e
ed ha
lorigine come punto di equilibrio; questo punto ` e isolato se det A ,= 0.
Vale il seguente Teorema
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Teorema 6.6. Supponiamo che il sistema (6.1) abbia come soluzione di equili-
brio y :=
e
, allora
1. Se ogni autovalore di A ha parte reale negativa allora
e
` e asintotica-
mente stabile.
2. Se esiste un autovalore di Acon parte reale positiva allora
e
` e instabile.
Quando la matrice A ha un autovalore con parte reale zero non possiamo
dire nulla sulle propriet` a del sistema (6.3) in quanto una perturbazione, sia pur
piccola come g non conserva le propriet` a associate a questi tipo di autovalore.
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Capitolo 7
Esercizi
Questa parte contiene alcuni esercizi sulle equazioni differenziali
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7.1. Equazioni del primo ordine
Iniziamo con alcuni esercizi svolti
ESERCIZIO 7.1. Data lequazione differenziale
y

(x) + 3 x
2
y(x) = x
2
. (7.1)
1. Dire se lequazione ammette soluzioni costanti.
2. Calcolare il
lim
x
(x)
per una generica soluzione .
3. Trovare la soluzione che soddisfa le condizioni iniziali y(0) = 2.
ESERCIZIO 7.2. Data lequazione differenziale
y

(x) = cos(x)
_
y(x) 1. (7.2)
1. Vericare se valgono le ipotesi del Teorema di esistenza ed unicit` a in
x
0
= 0, y
0
= 1.
2. Trovare le due soluzioni che soddisfano, rispettivamente, le due condi-
zioni iniziali y(0) = 2, y(0) =
17
16
.
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3. Determinare in quale intervallo, contenente in punto iniziale, le soluzioni
del punto precedente rimangono nellinsieme in cui valgono le ipotesi del
Teorema di esistenza ed unicit` a.
ESERCIZIO 7.3. Data lequazione differenziale
(x + 1) y

(x) y(x) + 3 y(x)


2
= 0
1. Determinare gli equilibri.
2. Calcolare le soluzioni che soddisfano le condizioni iniziali y(0) = 1/2 e
y(0) =
1
4
e dire in quale intervallo sono soluzioni.
ESERCIZIO 7.4. Determinare la soluzione dellequazione differenziale
y

(x) = x
_
y(x) 2
che soddisfa le condizioni iniziali
y(1) = 3
determinare lintervallo massimale di esistenza e analizzare gli equilibri.
ESERCIZIO 7.5. Data lequazione differenziale
y

(x) = (y(x) 2) sin(x)


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1. Determinare la soluzione massimale che soddisfa la condizione iniziale
y(1) = 1
2. Determinare la soluzione massimale che soddisfa la condizione iniziale
y(1) = 3
ESERCIZIO 7.6. Data lequazione differenziale
y

(x) = y(x)
3
1. Determinare gli equilibri.
2. Determinare la soluzione massimale che soddisfa la condizione iniziale y(1) =
1
3. Esiste una soluzione y dellequazione differenziale tale che 0 < y(1) e
y(5) < 0 ?
ESERCIZIO 7.7. Determinare la soluzione dellequazione differenziale
y

(x) =
x
y 1
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che soddisfa la condizione iniziale
y(

2) = 2
Determinare lintervallo massimale di esistenza della soluzione trovata.
ESERCIZIO 7.8. Determinare la soluzione dellequazione differenziale
y

(x) = 3
x
2
2 y + 2
che soddisfa la condizione iniziale
y(2) = 2
Determinare lintervallo massimale di esistenza della soluzione trovata.
ESERCIZIO 7.9. Risolvere le seguenti equazioni differenziali
1. y

(x) = 2 +
y(x)
x

1
x
Risolvere i seguenti problemi ai valori iniziali e determinare lintervallo
massimale di esistenza
2. y

(x) = y(x) + x
3
, y(0) = 0
3. y

(x) =
x+y(x)

x
, y(0) = 0
4. y

(x) = y(x) cos(x) +


1
2
sin(2 x), y(0) = 1
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5. y

(x) = y(x) cot(x) +


x
sin(x)
, y(1) = 1
6. y

(x) = x (1 + y(x)
2
), y(0) = 1
7. y

(x) y(x) = 1 + x, y(1) = 0


8. y

(x) = x

y 2, y(0) = 2
9.
y(x)
y

(x)
= tan(x), y(

2
) = 1
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7.2. Equazioni del secondo ordine
ESERCIZIO 7.10. Trovare la soluzione dellequazione differenziale
y

(x) 6 y

(x) + 5 y(x) = 5 x (7.3)


che soddisfa le condizioni iniziali y(0) = 1 e y

(0) = 0.
ESERCIZIO 7.11. Data lequazione differenziale
y

(x) y(x) = 4 x e
x
1. Dire se esiste e dove risulta denita la soluzione di condizioni iniziali
y(
5

) = ln(), y/(
5

) =
3
.
2. Dire se ammette soluzione unica il problema ai limiti
y(0) = 4, y(1) = 4.
3. Determinare, se esistono, le soluzioni dellequazione differenziale tali che
lim
x+
y(x) = +

lim
x
y(x)

< +
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ESERCIZIO 7.12. Data lequazione differenziale
y

(x) 4 y(x) = 16 x e
2 x
1. Dire se esiste e dove risulta denita la soluzione di condizioni iniziali
y(
3

) = ln(), y/(
3
_
) =
2
.
2. Dire se ammette soluzione unica il problema
y(0) = 4, y(
1
2
) = 4
3. Determinare le soluzioni dellequazione differenziale tali che
lim
x+
y(x) = +

lim
x
y(x)

< +
ESERCIZIO 7.13.
Determinare le soluzioni dellequazione differenziale
(y

(x) y

(x) = e
(x)
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che soddisfano la condizione iniziale
y(0) = 1
e che siano denite e limitate sulla semiretta 0 x.
ESERCIZIO 7.14. Determinare le soluzioni dellequazione differenziale
(y

(x) + 2 y

(x) 3 y(x) = e
(x)
che soddisfano la condizione iniziale
y(0) = 1
e che siano limitate sulla semiretta 0 x.
ESERCIZIO 7.15. Determinare la soluzione y dellequazione differenziale
(y

(x) y

(x) 2 y(x) = e
(x)
che soddisfa la condizione iniziale
y(0) = 2
e tale che
lim
x
y(x) = 0
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ESERCIZIO 7.16. Determinare le soluzioni dellequazione differenziale
eqd := (y

(x) + 2 y

(x) = 3 x
che soddisfano la condizione iniziale
y(0) = 1
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7.3. Studio qualitativo
ESERCIZIO 7.17. Data lequazione differenziale
y

(x) = y(x) e
(
1
2
y(x)
2
)
. (7.4)
1. Determinare gli eventuali punti di equilibrio .
2. Sapendo che il graco della funzione al secondo membro ` e in gura 7.1 a
pagina 115. disegnare le soluzioni che hanno, rispettivamente, condizioni
0.6
0.4
0.2
0
0.2
0.4
0.6
3 2 1 1 2 3 y
Figura 7.1: Il graco della funzione che descrive lequazione differenziale 7.4
iniziali y(0) = 2, y(0) =
1
2
, y(0) =
1
2
, y(0) = 2. (Le soluzioni non
si possono calcolare)
3. Gli equilibri eventualmente trovati sembrano stabili?
4. La soluzione di condizioni iniziali y(0) =

2 ` e unica?
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5. Per questultima soluzione calcolare y

(0), y

(0).
ESERCIZIO 7.18. Si consideri lequazione differenziale
y

(x) = y(x) (y(x) 2).


1. Determinare gli eventuali punti di equilibrio e disegnare le soluzioni che
hanno, rispettivamente, condizioni iniziali y(0) = 1, y(0) = 1, y(0) = 3.
2. La soluzione con condizioni iniziali y(0) = 1 ` e unica ?
3. Per questultima soluzione calcolare Dy(0), D
2
y(0) .
4.

Gli equilibri eventualmente trovati sono stabili ?
ESERCIZIO 7.19. Data lequazione differenziale
y

(x) = y(x)
2
+ 1
1. Determinare gli eventuali punti di equilibrio e disegnare le soluzioni che
hanno, rispettivamente, condizioni iniziali y(0) = 2, y(0) = 0, y(0) = 2.
2. La soluzione di condizioni iniziali y(0) = 3 ` e unica ?
3. Per questa soluzione calcolare Dy(0), D
2
y(0).
4.

Gli equilibri eventualmente trovati sono stabili ?
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ESERCIZIO 7.20. Determinare gli eventuali punti di equilibrio e disegnare le
soluzioni dellequazione differenziale
y

(x) = e
y(x)
+e
(y(x))

5
2
che hanno, rispettivamente, condizioni iniziali y(0) = 1, y(0) = 0, y(0) = 1
1. Gli equilibri eventualmente trovati sono stabili ?
2. La soluzione di condizioni iniziali y(0) = 3 ` e unica?
Il graco della funzione e
y
+e
(y)

5
2
` e riportato in gura gura 7.2 a pagina
118.
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0
1
2
3
4
5
2 1 1 2
x
Figura 7.2: Graco di e
y
+e
(y)

5
2

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Capitolo 8
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Soluzioni degli Esercizi
Di seguito riportiamo le soluzioni agli esercizi proposti nel testo.
Esercizio 1.1. Da preparare Esercizio 1.1
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8.1. Equazioni del primo ordine
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Esercizio 7.1. Si tratta di una equazione differenziale ordinaria lineare del
primo ordine: I suoi coefcienti sono continui in tutto R e quindi anche le
soluzioni risulteranno denite su tutto R. Per risolverla calcoliamo il fattore
integrante che ` e
: x e
_
3 x
2
dx
= e
x
3
se moltiplichiamo lequazione differenziale per otteniamo
e
x
3
_
y

(x) + 3 x
2
y(x)

= e
x
3
x
2
.
Una primitiva del primo membro dellequazione ` e il prodotto y in quanto
(y)

(x) = e
x
3
(y

(x) + 3 x
2
y(x))
una primitiva del secondo membro ` e
_
e
x
3
x
2
dx =
1
3
e
x
3
e quindi abbiamo che
e
x
3
y(x) =
1
3
e
x
3
+ c.
La soluzione generale dellequazione differenziale ` e

c
: x
1
3
+e
x
3
c
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Da questa espressione della soluzione generale vediamo che 1. Lequazione
ammette la soluzione costante
o
: x
1
3
2. Per ogni soluzione abbiamo che
lim
x

c
(x) =
1
3
.
Se sostituiamo le condizioni iniziali richieste otteniamo lequazione
2 =
1
3
+ c
che risolta rispetto alla costante ci da
c =
5
3
,
la soluzione richiesta ` e quindi
: x
1
3
+
5
3
e
(x
3
)
Per completezza riportiamo i graci delle soluzioni per diverse condizioni ini-
ziali, gura 8.1 a pagina 124.
Esercizio 7.1
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2
1
1
2
3
y
1 0.5 0.5 1 1.5 x
Figura 8.1: Curve integrali dellequazione differenziale 7.1
Esercizio 7.2. Si tratta di una equazione a variabili separabili. Gli equilibri
sono le soluzioni dellequazione
_
y 1 = 0
e quindi abbiamo un punto di equilibrio per y = 1 e la corrispondente soluzione
costante
: x 1,
notiamo inoltre che lequazione ` e denita nel piano x y soltanto nella striscia
1 y e che lungo la retta y = 1 non sono soddisfatte le ipotesi del Teorema di
esistenza ed unicit` a . La soluzione si trova integrando
_
cos(x) dx
_
y(x)
1

s 1
d s + c
1
= 0
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facili calcoli ci danno
sin(x) 2
_
y(x) 1 + c
1
= 0
che possiamo scrivere come
_
y(x) 1 =
1
2
sin(x) +
1
2
c
1
.
ATTENZIONE: Per poter risolvere rispetto ad y(x) dobbiamo ipotizzare che il
secondo membro sia non negativo. Troviamo il valore di c
1
che individua la
soluzione che ha condizioni iniziali y(0) = 2. Sostituendo x = 0 e y(0) = 2
otteniamo
1 =
1
2
c
1
che ha per soluzione
c
1
= 2
sostituiamo nellespressione trovata per la soluzione
_
y(x) 1 =
1
2
sin(x) + 1.
Considerando i valori che pu` o assumere la funzione sin(x) il secondo membro
di questa equazione ` e sempre positivo, possiamo quindi risolvere rispetto ad
y(x) elevando al quadrato e troviamo

1
: x 2 +
1
4
sin(x)
2
+ sin(x)
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che ` e soluzione per ogni valore di x. Troviamo la soluzione che ha condizioni
iniziali y(0) =
17
16
. Sostituendo x = 0 e y(0) =
17
16
otteniamo
1
4
=
1
2
c
1
che ha per soluzione
c
1
=
1
2
sostituiamo nellespressione trovata per la soluzione
_
y(x) 1 =
1
2
sin(x) +
1
4
.
Considerando i valori che pu` o assumere la funzione sin(x) e del fatto che il
punto iniziale ` e x = 0 il secondo membro di questa equazione ` e non negativo
nellintervallo [a, b] dove
a :=
1
6
, b :=
7
6

nellintervallo [

6
,
7
6
] possiamo quindi risolvere rispetto ad y(x) elevando al
quadrato e trovando

2
: x
17
16
+
1
4
sin(x)
2
+
1
4
sin(x)
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1.5
2
2.5
3
0 1 2 3 x
Figura 8.2: Le due soluzioni dellequazione differenziale (7.3)
che ` e certamente soluzione dellequazione nellintervallo aperto (
1
6
,
7
6
),
gura 8.2 a pagina 127. Agli estremi dellintervallo [a, b] abbiamo che

2
(a) = 1,
2
(b) = 1
e la soluzione raggiunge la retta in cui non valgono pi` u le ipotesi del Teorema
di esistenza ed unicit` a. La soluzione si potrebbe in effetti continuare assegnan-
dogli il valore uno che possiamo proseguire o abbandonare seguendo unaltra
soluzione, gura 8.3 a pagina 128. Esercizio 7.2
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1
1.5
2
2.5
3
y
0 2 4 6 8 10 x
Figura 8.3: Le curve integrali dellequazione differenziale (7.2)
Esercizio 7.3. 1. Le soluzioni di equilibrio sono le due soluzioni costanti
y
0
: x 0, y
1
: x 1/3.
Lequazione non ` e in forma normale, ma poich e ci occupiamo di soluzioni con
dato iniziale x
0
,= 1 possiamo portarla in forma normale scrivendo
y(x)

y(x)
x + 1
+
3 y(x)
2
x + 1
= 0
Il Teorema di esistenza ed unicit` a ` e applicabile in ogni punto del piano tranne
che lungo la retta verticale di equazione x = 1 e quindi le soluzioni da cercare
al punto 2. non possono attraversare le due soluzioni di equilibrio se non per
x = 1.
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2. Si tratta di una equazione a variabili separabili che scriviamo come
y(x)

y(x) 3 (y(x))
2
(x + 1)
1
= 0
integrando otteniamo
ln(|y(x)|) ln(| 1 + 3 y(x)|) ln(|x + 1|) = c.
Cerchiamo la soluzione che soddisfa la condizione iniziale y(0) = 1/4, per
quanto detto sullesistenza ed unicit` a lungo tutta la soluzione deve essere 0 <
y(x) < 1/3 e x > 1 come nel punto iniziale. Possiamo quindi eliminare i
valori assoluti ottenendo
ln
_
y(x)
1 3 y(x)
_
= ln(x + 1) + c
imponendo le condizioni iniziali troviamo c = 0 e quindi risolvendo troviamo

1
= x
x + 1
3 x + 4
,
che ` e denita per x >
4
3
. Notate che in effetti la soluzione dellequazione dif-
ferenziale in forma normale ` e denita per x > 1 ma se consideriamo lequa-
zione data (non in forma normale) questa soluzione attraversa la retta verticale
x = 1 ed ` e denita per x >
4
3
; questo pu` o accadere perch e per x = 1
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vale esattamente zero e quindi lequazione, in forma non normale, ` e soddi-
sfatta anche per questo valore e soddisfatta inoltre per x >
4
3
come si pu` o
vericare per sostituzione. Per la seconda soluzione richiesta dalle condizioni
iniziali possiamo dedurre che lungo tutta la soluzione deve essere y(x) > 1/3
e x > 1, calcoli analoghi ci portano a
ln(
y(x)
3 y(x) 1
) = ln(x + 1) + c
ed alla seconda soluzione

2
= x
4 (x + 1)
12 x + 1
,
che ` e denita per x >
1
12
, che corrisponde allintervallo massimale di conti-
nuit` a.
Esercizio 7.3
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Esercizio 7.4. Data la funzione
f := (x, y) x
_
y 2
lequazione differenziale da studiare ` e
y

(x) = x
_
y(x) 2
Le ipotesi del Teorema di Cauchy sono soddisfatte per 2 < y poich e f ` e denita
per 2 y ma ` e derivabile solo se y ,= 2 il quanto la derivata di f rispetto a y ` e
D
2
(f)(x, y) =
1
2
x

y 2
Pertanto la soluzione particolare richiesta, di condizione iniziali y(1) = 3 esiste
ed ` e unica. Gli equilibri si determinano risolvendo, rispetto ad y, lequazione
f(x, y) = 0
y = 2
e quindi lequazione ha per soluzione la funzione costante eguale a due. Le-
quazione ` e a variabili separabili poich e la possiamo scrivere come
y

(x)
_
y(x) 2
= x
la soluzione si trova integrando
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_
1

y 2
dy =
_
x dx + C
si tratta di due integrali elementari
sol := 2
_
y 2 =
1
2
x
2
+ C
Per risolvere rispetto ad y bisogna supporre che 0
x
2
2
+ C , la soluzione sar` a
funzione di x e del parametro C
g(x, C) = 2 +
1
16
x
4
+
1
4
x
2
C +
1
4
C
2
Troviamo la soluzione che soddisfa le condizioni iniziali y(1) = 3
33
16
+
1
4
C +
1
4
C
2
= 3
C :=
5
2
,
3
2
abbiamo trovato due valori di C mentre la soluzione deve essere unica. Dob-
biamo scegliere C in modo che la condizione
0
1
2
x
2
+ C
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sia vericata in un intorno di x = 1 questo ci dar` a anche lintervallo massimale
di esistenza. Discusssione: Sia C =
5
2
Per x = 1 si ha che
x
2
2
+ C vale 2
e quindi questo valore di C non ` e accettabile. Sia C =
3
2
Per x = 1 si ha che
x
2
2
+ C vale 2, questo valore di C ` e accettabile e quindi la soluzione cercata ` e
y(x) =
41
16
+
1
16
x
4
+
3
8
x
2
ed inoltre 0
x
2
2
+
3
2
per ogni x e quindi la soluzione ` e denita in tutto R.
La gura rappresenta la regione di non esistenza, la frontiera dellinsieme di
esistenza dove, si potrebbe vericare che non vi ` e unicit` a, e la soluzione (in
rosso), gura 8.4 a pagina 133.
0
1
2
3
4
5
y
2 1 1 2
x
Soluzione
Figura 8.4: Soluzione dellequazione diffrenziale
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Esercizio 7.4
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Esercizio 7.5. Consideriamo la funzione
f := (x, y) (y 2) sin(x)
Esistenza e unicit` a locale.
Per ogni condizione iniziale, sono soddisfatte le ipotesi del Teorema di Cauchy
perch e la derivata di f rispetto a y
D
2
(f)(x, y) = sin(x)
` e continua e limitata su tutto R
Equilibri.
Determiniamo gli equilibri risolvendo, rispetto ad y, lequazione f(x, y) = 0
y = 2
e quindi lequazione differenziale ha per soluzione la funzione costante y :=
x 2. La retta y = 2 divide il piano in due parti, in quanto, per il Teorema
di Cauchy, le soluzioni non possono attraversarla. 1. La soluzione particolare
richiesta, di condizioni iniziali y(1) = 1 esiste ed ` e unica. Lequazione ` e a
variabili separabili e in un intorno del punto ( 1, 1) e la possiamo scrivere come
y

(x)
y(x) 2
= sin(x)
la soluzione si trova integrando
_
y
1
1
t 2
dt =
_
x
1
sin(s) ds
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si tratta di due integrali elementari e, poich e possiamo supporre che y < 2, si
ha che
sol1 := ln(2 y) = cos(x) + cos(1)
e risolvendo rispetto a y
y1 = e
(cos(x)+cos(1))
+ 2
2. La soluzione particolare richiesta, di condizione iniziali y(1) = 3 esiste ed
` e unica. Lequazione ` e a variabili separabili e in un intorno del punto ( 1, 3) la
possiamo scrivere come
y

(x)
y(x) 2
= sin(x)
la soluzione si trova integrando
_
y
3
1
t 2
dt =
_
x
1
sin(s) ds
si tratta di due integrali elementari e, poich e possiamo supporre che 2 < y, si
ha che
sol2 := ln(y 2) = cos(x) + cos(3)
e risolvendo rispetto a y
y2 = e
(cos(x)+cos(3))
+ 2
La gura rappresenta le due regioni in cui, la soluzione di equilibrio divide il
piano e le due soluzioni trovate,gura 8.5 a pagina 137. Esercizio 7.5
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1
2
3
y~
5 4 3 2 1 0 1 2 3 4 5 x
Soluzioni
Figura 8.5: Soluzione dellequazione differenziale
Esercizio 7.6. Consideriamo la funzione
f := (x, y) y
3
Esistenza e unicit` a locale.
Per la nostra condizione iniziale, sono soddisfatte le ipotesi del Teorema di
Cauchy, nellintorno di ogni punto, perch e la derivata di f rispetto a y
D
2
(f)(x, y) = 3 y
2
` e continua su R
2
e limitata in un intorno di ogni punto ( x
0
, y
0
). Equilibri.
Determiniamo gli equilibri risolvendo, rispetto ad y, lequazione f(x, y) = 0
y = 0
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e quindi lequazione ha la soluzione costante y := x 0. La retta y = 0
divide il piano in due parti, in quanto, per il Teorema di Cauchy le soluzioni
non possono attraversarla.
Calcolo soluzione.
La soluzione particolare richiesta, di condizione iniziali y(1) = 1 esiste ed ` e
unica; inoltre, dato che non pu` o attraversare lasse x, ` e sempre positiva. Le-
quazione ` e a variabili separabili e in un intorno del punto ( 1, 1) la possiamo
scrivere come
y

(x)
y
3
= 1
la soluzione si trova integrando
_
y
1
1
s
3
ds =
_
x
1
1 ds
si tratta di due integrali elementari e, poich e 0 < y si ha che
sol1 :=
1
2
1 + y
2
y
2
= x 1
se risolviamo rispetto a y questa equazione di secondo grado, troviamo due
soluzioni
sol :=

3 2 x
3 + 2 x
,

3 2 x
3 + 2 x
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che sono denite per 0 < 3 2 x e delle quali solo una ` e positiva per x = 1
y =
1

3 2 x
che ` e denita per x <
3
2
3. Per quanto detto la una soluzione con condizioni iniziali positive non pu` o
attraversare lasse y e diventare negativa. La gura rappresenta, in rosso e ver-
de, le due regioni in cui, la soluzione di equilibrio divide il piano e la soluzione
trovata che ha un asintoto verticale, gura 8.6 a pagina 139. Esercizio 7.6
2
1
0
1
2
y~
4 2 2 4
x
Soluzioni
Figura 8.6: Soluzione dellequazione diffrenziale
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Esercizio 7.7. Consideriamo la funzione
f := (x, y)
x
y 1
Lequazione differenziale da studiare ` e del tipo
y

(x) = f(x, y)
Lequazione differenziale ` e denita per y ,= 1 (dominio di f) e soddisfa le
ipotesi del Teorema di Cauchy perch e

y
x
y 1
=
x
(y 1)
2
` e localmente limitata essendo continua. Quindi in ogni punto ( x
0
, y
0
) con
y
0
,= 1 esiste ununica soluzione denita localmente. Lequazione ` e a variabili
separabili
y

(x) (y(x) 1) = x
Per trovare la soluzione integriamo ambo i membri, tenendo conto delle
condizioni iniziali
_
y
2
t 1 dt =
_
x

2
s ds
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Questo integrale non presenta difcolt` a e fornisce l` aespressione implicita
della soluzione
1
2
y
2
y =
1
2
x
2
1
Possiamo risolvere rispetto a y ottenendo
y(x) = 1 +

1 + x
2
, 1

1 + x
2

La soluzione che soddisfa la condizione iniziale ` e soltanto


y(x) = 1 +

1 + x
2
Il dominio di denizione di questa funzione ` e 0 x
2
1 ma noi cerchiamo
il pi ` u grande intervallo in cui la funzione ` e derivabile e che contenga x =

2
pertanto la soluzione trovata ` e denita in ( 1, ) Disegnamo la funzione,gura
8.7 a pagina 142.
Come vedete il ramo che ci interessa termina in x = 1 dove incontra la fron-
tiera del dominio di f . Lintervallo massimale di esistenza ` e per la soluzione
cercata ` e
:= 1 < x
Esercizio 7.7
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0
1
2
3
y
2 1 1 2 x
Figura 8.7: Soluzione dellequazione diffrenziale
Esercizio 7.8. Consideriamo la funzione
f := (x, y) 3
x
2
2 y + 2
Lequazione differenziale da studiare ` e del tipo
y

(x) = f(x, y)
Lequazione differenziale ` e denita per y ,= 1 (dominio di f) e soddisfa
le ipotesi del Teorema di Cauchy in quanto

y
(3
x
2
2 y + 2
) = 6
x
2
(2 y + 2)
2
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` e localmente limitata e quindi in ogni punto ( x
0
, y
0
) con y
0
,= 1 esiste
ununica soluzione denita localmente. Lequazione ` e a variabili separabili
y

(x) [2 y(x) + 2] = 3 x
2
Per trovare la soluzione integriamo ambo i membri tenendo conto della
condizioni iniziali
_
y
2
2 t + 2 dt =
_
x
2
3 s
2
ds
Questo integrale non presenta difcolt` a e fornisce lespressione implicita
della soluzione
y
2
8 + 2 y = x
3
8
Possiamo risolvere rispetto a y ottenendo
y(x) = 1 +

1 + x
3
, 1

1 + x
3

La soluzione che soddisfa la condizione iniziale ` e soltanto


y(x) = 1 +

1 + x
3
Il dominio di denizione di questa funzione ` e 0 1 +x
3
ma noi cerchiamo
il pi ` u grande intervallo in cui la funzione sia derivabile e che contenga x = 2
pertanto la soluzione trovata ` e denita in ( 1, ) Disegnamola,gura 8.8 a
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2
1
1
2
3
1 1 2 x
Figura 8.8: Soluzione dellequazione differenziale
pagina 144. Come vedete il graco termina in x = 1 dove incontra la frontiera
del dominio di f. Lintervallo massimale di esistenza ` e per la soluzione cercata
` e
:= 1 < x
Esercizio 7.8
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Esercizio 7.9.
1. y(x) = (x
1
+ 2 ln(x) + c) x
2. y(x) = x
3
3 x
2
+6 x6+6 e
x
3. y(x) = x

x 1/2 +
1/2 e
2

x
4. y(x) = sin(x) 1 + 2 e
sin(x)
5. y(x) =
1/2 x
2
1/2+sin(1)
sin(x)
6. y(x) = tan(1/2 x
2
+ 1/4 )
7. non unicit` a y(x) = |x + 1|,
8. non unicit` a y(x) = 2, y(x) =
2 + (1/4 x
2
)
2
9. y(x) =
tan(x)

1+(tan(x))
2
Esercizio 7.9
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8.2. Equazioni del secondo ordine
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Esercizio 7.10. Si tratta di una equazione differenziale ordinaria lineare del
secondo ordine a coefcienti costanti il cui termine noto (forzante) ` e denito su
tutto R, le sue soluzioni sono quindi anchesse denite su tutto R. Il polinomio
caratteristico dellequazione omogenea ` e

2
6 + 5
che ha per soluzioni reali distinte
= 1, 5.
La soluzione generale dellequazione omogenea ` e quindi
y : x c
1
e
x
+ c
2
e
5 x
;
un integrale particolare ` e della forma
p : x + x
che sostituito nellequazione differenziale mi da
6 + 5 + 5 x = 5 x
eguagliando i termini dello stesso grado ottengo
= 1, =
6
5
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e quindi la soluzione generale ` e
: x
6
5
+ x + a e
x
+ b e
5 x
.
Se utilizziamo le condizioni iniziali richieste otteniamo il sistema
6
5
+ c
1
+ c
2
= 1
1 + c
1
+ 5 c
2
= 0
la cui soluzione ` e
c
1
= 0, c
2
=
1
5

la soluzione particolare richiesta ` e quindi
: x
6
5
+ x
1
5
e
5 x
.
Esercizio 7.10
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Esercizio 7.11. Si tratta di una equazione differenziale lineare del secondo
ordine non omogenea a coefcienti costanti
y

(x) y(x) = 4 x e
x
il cui termine noto ` e denito in tutto R, vale quindi il Teorema di esistenza
ed unicit` a e le soluzioni sono denite su tutto R e quindi in particolare anche
quella con le condizioni iniziale date. Lequazione caratteristica dellequazione
omogenea associata
y

(x) y(x) = 0
` e
2
1 = 0 che ha per radici reali = (1, 1). La soluzione generale
dellequazione omogenea ` e
y : x c
1
e
x
+ c
2
e
x
.
Cerchiamo ora una soluzione particolare della forma
y
0
: x x e
x
(a x + b)
in quanto = 1 ` e radice di molteplicit` a uno per lequazione caratteristica. Se
sostituiamo nellequazione differenziale
y

0
(x) y
0
(x) = 4 x e
x
con semplici calcoli otteniamo
2 e
x
(a x + b) + 2 e
x
a + 2 x e
x
a = 4 x e
x
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raccogliendo e
x
si ha
(4 a x + 2 b + 2 a) e
x
= 4 x e
x
da cui (e
x
,= 0)
4 a = 4, 2 a + 2 b = 0
e quindi
a = 1, b = 1
sostituendo nellespressione di y
0
otteniamo la soluzione particolare
y
0
(x) = x e
x
(x 1)
e quindi la soluzione generale ` e
y : x x
2
e
x
x e
x
+ c
1
e
x
+ c
2
e
x
, x R.
Imponiamo ora le due condizioni al contorno y(0) = 4, y(1) = 4
c
1
+ c
2
= 4, c
1
e + c
2
e
1
= 4
si tratta di un sistema lineare i due equazioni in due incognite
_
1 1
e e
1
_ _
c
1
c
2
_
=
_
4
4
_
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la cui matrice completa ` e
_
1 1 4
e e
1
4
_
con lalgoritmo di Gauss troviamo
_
1 1 4
0 e
1
e 4 4 e
_
vediamo che il sistema ha ununica soluzione.
Non si richiedeva di calcolarla esplicitamente ma i due coefcienti sono
c
1
= 4
1
e + 1
, c
2
= 4
e
e + 1
e la corrispondente soluzione ` e
y
1
: x
e
(1+x)
x
2
+ 4 e
(1x)
e
(1+x)
x + 4 e
x
+ x
2
e
x
x e
x
e + 1
, x R.
Studiamo il limite
lim
x+
y(x) = lim
x+
_
x
2
e
x
x e
x
+ c
1
e
x
+ c
2
e
x
_
il termine che prevale ` e x
2
e
x
e quindi
lim
x+
_
x
2
e
x
x e
x
+ c
1
e
x
+ c
2
e
x
_
= lim
x+
x
2
e
x
= +
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Esci
per ogni scelta di c
1
, c
2
. Studiamo inne il limite
lim
x
y(x) = lim
x
_
x
2
e
x
x e
x
+ c
1
e
x
+ c
2
e
x
_
.
Tutti i termini che contengono unesponenziale con coefciente positivo tendo-
no a zero e quindi
lim
x
_
x
2
e
x
x e
x
+ c
1
e
x
+ c
2
e
x
_
= lim
x
c
2
e
x
e quindi questo limite ` e nito (eguale a zero) se e solo se c
2
= 0.
Esercizio 7.11
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Esercizio 7.12. Si tratta di una equazione differenziale lineare del secondo
ordine non omogenea a coefcienti costanti
y

(x) 4 y(x) = 16 x e
2 x
il cui termine noto ` e denito in tutto R, vale quindi il Teorema di esistenza ed
unicit` a e le soluzioni sono denite su tutto R e quindi in particolare anche con
le condizioni iniziale date. Lequazione caratteristica dellequazione omogenea
associata
y

(x) 4 y(x) = 0
` e
2
4 che ha per radici reali = (2, 2). La soluzione generale dellequa-
zione omogenea ` e
y : x c
1
e
2 x
+ c
2
e
(2 x)
.
Cerchiamo ora una soluzione particolare della forma
y
0
: x 16 x e
2 x
(a x + b)
in quanto = 1 ` e radice di molteplicit` a uno pe lequazione caratteristica, se
sostituiamo nellequazione differenziale
y

0
(x) 4 y
0
(x) = 16 x e
2 x
con semplici calcoli otteniamo
64 e
2 x
(a x + b) + 32 e
2 x
a + 64 x e
2 x
a = 16 x e
2 x
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raccogliendo e
x
otteniamo
(128 a x + 64 b + 32 a) e
2 x
= 16 x e
2 x
da cui
128 a = 16, 32 a + 64 b = 0
e quindi
a =
1
8
, b =
1
16
sostituendo nellespressione di y
0
otteniamo la soluzione particolare
y
0
: x 16 x e
2 x
(
1
8
x
1
16
)
e quindi la soluzione generale ` e
y : x x e
2 x
+ 2 x
2
e
2 x
+ c
1
e
2 x
+ c
2
e
2 x
, x R.
Imponiamo ora le due condizioni al contorno y(0) = 4, y(1/2) = 4
c
1
+ c
2
= 4, c
1
e + c
2
e
1
= 4
si tratta di un sistema lineare i due equazioni in due incognite
_
1 1
e e
1
_ _
c
1
c
2
_
=
_
4
4
_
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la cui matrice completa ` e
_
1 1 4
e e
1
4
_
con lalgoritmo di Gauss troviamo
_
1 1 4
0 e
1
e 4 4 e
_
vediamo che il sistema ha ununica soluzione. Non si richiedeva di calcolarla
esplicitamente ma i due coefcienti sono
c
1
= 4
1
e + 1
, c
2
= 4
e
e + 1
e la corrispondente soluzione ` e
y
1
: x
e
(1+2 x)
x + 4 e
(12 x)
+ 2 e
(1+2 x)
x
2
+ 4 e
2 x
x e
2 x
+ 2 x
2
e
2 x
e + 1
.
Studiamo il limite
lim
x+
y(x) = lim
x+
x e
2 x
+ 2 x
2
e
2 x
+ c
1
e
2 x
+ c
2
e
2 x
il termine che prevale ` e 2 x
2
e
2 x
e quindi
lim
x+
_
x e
2 x
+ 2 x
2
e
2 x
+ c
1
e
2 x
+ c
2
e
2 x
_
= lim
x+
2 x
2
e
2 x
= +
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per ogni scelta di c
1
, c
2
. Studiamo inne il limite
lim
x
y(x) = lim
x
_
x e
(2 x)
+ 2 x
2
e
2 x
+ c
1
e
2 x
+ c
2
e
2 x
_
.
Tutti i termini che contengono unesponenziale con coefciente positivo tendo-
no a zero e quindi
lim
x
x e
(2 x)
+ 2 x
2
e
2 x
+ c
1
e
2 x
+ c
2
e
2 x
= lim
x
c
2
e
(x)
e quindi questo limite ` e nito (eguale a zero) se e solo se c
2
= 0.
Esercizio 7.12
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Esercizio 7.13. Risolviamo prima lequazione omogenea
(y

(x) y

(x) = 0
la sua equazione caratteristica ` e

2
= 0
che possiamo scrivere come
( 1) = 0
e quindi le soluzioni dellequazione omogenea sono
y(x) = c
1
+ c
2
e
x
Un integrale particolare ` e della forma
y1 := x k e
(x)
sostituendo nellequazione differenziale otteniamo
2 k e
(x)
= e
(x)
e quindi
k :=
1
2
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la soluzione generale ` e quindi
y(x) :=
1
2
e
(x)
+ c
1
+ c
2
e
x
Consideriamo ora le altre condizioni richieste. Afnch e la soluzione sia limitata
per 0 x non ci deve essere lesponenziale positiva e quindi deve essere
c
2
:= 0
e afnch e in x = 0 valga 1 deve essere
c
1
:=
1
2
la soluzione richiesta ` e quindi unica ed ` e data da
y(x) :=
1
2
+
1
2
e
(x)
ed ` e denita in
= 0 x
Esercizio 7.13
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Esercizio 7.14. Risolviamo prima lequazione omogenea
(y

(x) + 2 y

(x) 3 y(x) = 0
la sua equazione caratteristica ` e

2
+ 2 3 = 0
che possiamo scrivere come
( + 3) ( 1) = 0
e quindi le soluzioni dellequazione omogenea sono
y(x) = c
1
e
x
+ c
2
e
(3 x)
Un integrale particolare ` e della forma
y1 := x k e
(x)
sostituendo nellequazione differenziale otteniamo
4 k e
(x)
= e
(x)
e quindi
k :=
1
4
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Esci
la soluzione generale ` e quindi
y(x) :=
1
4
e
(x)
+ c
1
e
x
+ c
2
e
(3 x)
Consideriamo ora le altre condizioni richieste.
Afnch e la soluzione sia limitata per 0 x dobbiamo eliminare lesponen-
ziale positiva e quindi deve essere
c
1
:= 0
e afnch e in x = 0 valga 1 deve essere
c
2
:=
5
4
la soluzione richiesta ` e quindi unica ed ` e data da
y(x) :=
5
4
+
1
4
e
(x)
che ` e denita in
= 0 x
Esercizio 7.14
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Esci
Esercizio 7.15. Consideriamo lequazione differenziale
e d := (y

(x) y

(x) 2 y(x) = e
(x)
lequazione caratteristica della parte omogenea ` e

2
2 = 0
che possiamo scrivere come
( + 1) ( 2) = 0
e quindi le soluzioni dellequazione omogenea sono
y(x) = c
1
e
(x)
+ c
2
e
(2 x)
Dato che e
(x)
` e gi` a soluzione dellequazione differenziale, allora un inte-
grale particolare ` e della forma
y1 := x k x e
(x)
sostituendo nellequazione differenziale otteniamo
3 k e
(x)
= e
(x)
e quindi
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k :=
1
3
la soluzione generale ` e quindi
y(x) =
1
3
x e
(x)
+ c
1
e
(x)
+ c
2
e
(2 x)
Consideriamo ora le altre condizioni richieste. Afnch e il limite per x che
tende a pi ` u innito della soluzione sia zero deve essere
c
2
:= 0
e afnch` e in x = 0 valga 2 deve essere
c
1
:= 2
la soluzione richiesta ` e quindi unica ed ` e data da
y(x) =
1
3
x e
(x)
+ 2 e
(x)
che ` e denita in tutto R Esercizio 7.15
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Esercizio 7.16. Risolviamo prima lequazione differenziale lineare omogenea
del secondo ordine
(y

(x) + 2 y

(x) = 0
la sua equazione caratteristica ` e

2
+ 2 = 0
che possiamo scrivere come
( + 2) = 0
e quindi le soluzioni dellequazione omogenea sono
y(x) = c
1
+ c
2
e
(2 x)
Poich e = 0 ` e soluzione con molteplicit` a uno un integrale particolare ` e della
forma
y1 := x a x
2
+ b x
sostituendo nellequazione differenziale otteniamo
2 a + 4 a x + 2 b = 3 x
che possiamo scrivere come
(4 a 3) x + 2 a + 2 b = 0
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da cui ricaviamo facilmente
a :=
3
4
b :=
3
4
la soluzione generale ` e quindi
sol := y(x) =
3
4
x +
3
4
x
2
+ c
1
+ c
2
e
(2 x)
Consideriamo ora l altra condizioni richiesta. Afnch e la soluzione in x =
0 valga 1 deve essere
c
1
+ c
2
= 1
e quindi poniamo
y(x) =
3
4
x +
3
4
x
2
c
2
+ 1 + c
2
e
(2 x)
ottenendo innite soluzioni che dipendo dal parametro c
2
. Esercizio 7.16
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8.3. Studio qualitativo
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Esercizio 7.17. Le ipotesi del Teorema di esistenza ed unicit` a sono soddisfatte
in tutto R
2
. Gli equilibri sono le soluzioni dellequazione
y e
(
1
2
y
2
)
= 0
e quindi y = 0 ` e lunico punto di equilibrio, notiamo inoltre che i due estre-
mi locali della funzione sono in x = 1 il minimo e in x = 1 il massimo.
Consideriamo la soluzione il cui punto iniziale ` e (0, 2) si tratta di una fun-
zione inizialmente crescente e convessa no a che il suo graco non interseca
la retta y = 1 dove, pur continuando a crescere presenta un esso passando
da convessa a concava. Il graco non pu` o mai attraversare lasse delle x per la
propriet` a di unicit` a delle soluzioni. La retta y = 1 ` e il luogo dei essi delle
soluzioni negative, che sembrano tendere asintoticamente a zero. Considerazio-
ni analoghe valgono per le soluzioni positive che hanno un graco speculare.
La soluzione nulla sembra essere asintoticamente stabile,gura 8.9 a pagina
167. Se prendiamo come condizione iniziale y(0) =

2 otteniamo ununi-
ca soluzione in quanto nel punto (x
0
, y
0
) = (2,

2) valgono le condizioni del


Teorema di esistenza ed unicit` a. Il valore della derivata prima in zero si trova
direttamente dallequazione differenziale y

(0) =

2
e
mentre per calcolare la
derivata seconda dobbiamo derivare lequazione ottenendo
y

(x) = y

(x)e
1/2 (y(x))
2
+ (y(x))
2
y

(x)e
1/2 (y(x))
2
da cui il valore delle derivata seconda ` e y

(0) =

2
e
2
.
Esercizio 7.17
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Esci
2
1
0
1
2
y(x)
1 1 2 3 x
Figura 8.9: Le soluzioni dellequazione differenziale (7.4)
Esercizio 7.18. Notiamo innanzitutto che le ipotesi del Teorema di esistenza ed
unicit` a sono valide in tutto R
2
in quanto la funzione di due variabili
f : (x, y) y (y 2)
che denisce lequazione differenziale, ` e continua ed ha derivata parziale rispet-
to a y continua ovunque. Le soluzioni con condizioni iniziale ssate, y(x
0
) =
y
0
, esistono in un intorno del punto x
0
e sono uniche, qualunque siano x
0
e
y
0
. Notiamo, inoltre, che si tratta di una equazione differenziale autonoma in
quanto la funzione f non dipende dalla variabile indipendente x. Per studiare il
comportamento qualitativo delle soluzioni e gli equilibri dobbiamo studiare il
graco della funzione f; si tratta di una parabola con la concavit` a rivolta verso
lalto e che incontra lasse orizzontale per y = 0, y = 2. Per il suo graco
gura 8.10 a pagina 168. I minimo viene raggiunto per y = 1.
Analisi qualitativa.
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Esci
1
0
1
2
3
1 1 2 3 y
Figura 8.10: Graco di y y (y 2)

Ci sono due soluzioni di equilibrio e sono le soluzioni costanti y(x) 0, y(x)


2. Esse dividono il piano in tre regioni che le soluzioni non possono lasciare
perch e, per il Teorema di esistenza ed unicit` a, due soluzioni non si possono
incrociare e non ` e quindi possibile attraversare queste due rette orizzontali che
sono il graco delle soluzioni di equilibrio. Guardando il graco di f possia-
mo disegnare le tre soluzioni richieste. Quella con y(0) = 1 ` e una funzione
negativa crescente (ha derivata positiva) ed ` e concava perch e la sua derivata
decresce e non pu` o attraversare lasse orizzontale ( y = 0). Il comportamento
di quella con y(0) = 3 ` e speculare in quanto ` e una funzione positiva crescente
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Esci
(ha derivata positiva) ma convessa perch e la sua derivata cresce. Leggermente
pi ` u complicato il comportamento di quella con condizione iniziale y(0) = 1
perch e proprio in quel punto ha un punto di esso, si tratta di una funzione
decrescente poich e ha derivata negativa e convessa per 0 < y < 1, concava per
1 < y < 2. Per le tre soluzioni descritte gura 8.11 a pagina 169. Calcoliamo
4
2
0
2
4
y
2 1 1 2
x
Figura 8.11: Soluzioni dellequazione differenziale

il valore in zero della derivata prima e seconda della soluzione con condizioni
iniziali y(0) = 3. Valutando lequazione differenziale in 0 otteniamo
Dy(0) = 1.
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Derivando otteniamo
y

(x) = 2 y(x)y

(x) 2 y

(x)
che valutata in zero mi da
D
2
y(0) = 0.
La stabililit` a locale degli equilibri ` e di facile studio in quanto pu` o essere dedotta
dalle propriet` a del sistema ottenuto per linearizzazione nellequilibrio. Per y =
0 abbiamo lequazione lineare
z

(x) = Df(0) z(x)


e quindi
z

(x) = 2 z(x)
che ` e asintoticamente stabile in quanto il coefciente di z ` e negativo: gli auto-
valori della matrice del sistema lineare sono negativi e quindi la soluzione nul-
la ` e localmente stabile per lequazione non lineare, mentre in y = 2 abbiamo
lequazione
z

(x) = 4 z(x)
che ` e instabile in quanto il coefciente di z ` e positivo e quindi la soluzione
costante eguale a due non ` e localmente stabile per lequazione non lineare.
Nota.
Si tratta di una equazione a variabili separabili la cui soluzione generale ` e
y : x 2
_
1 + C
1
2 e
2 x
_
1
, C
1
R
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Esercizio 7.18
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Esercizio 7.19. Notiamo innanzitutto che le ipotesi del Teorema di esistenza ed
unicit` a sono valide in tutto R
2
in quanto la funzione di due variabili
f : (x, y) y
2
+ 1
che denisce lequazione differenziale, ` e continua ed ha derivata parziale rispet-
to a y continua ovunque. Le soluzioni con condizioni iniziale ssate, y(x
0
) =
y
0
, esistono in un intorno del punto x
0
e sono uniche qualunque siano x
0
e
y
0
. Notiamo, inoltre, che si tratta di una equazione differenziale autonoma in
quanto la funzione f non dipende dalla variabile indipendente x. Per studiare il
comportamento qualitativo delle soluzioni e gli equilibri dobbiamo studiare il
graco della funzione f; si tratta di una parabola con la concavit` a rivolta verso
lalto e che incontra lasse orizzontale per y = 1, y = 1. Per il suo graco,
gura 8.12 a pagina 173. il massimo viene raggiunto per y = 0.
Analisi qualitativa.
Ci sono due soluzioni di equilibrio e sono le soluzioni costanti y(x) 1, y(x)
1. Esse dividono il piano in tre regioni che le soluzioni non possono lasciare
perch e, per il Teorema di esistenza ed unicit` a, due soluzioni non si possono
incrociare e non ` e quindi possibile attraversare queste due rette orizzontali che
sono il graco delle soluzioni di equilibrio. Guardando il graco di f possia-
mo disegnare le tre soluzioni richieste. Quella con y(0) = 2 ` e una funzione
negativa decrescente (ha derivata negativa) ed ` e concava perch e la sua derivata
decresce e non pu` o attraversare la retta orizzontale ( y = 1). Il comporta-
mento di quella con y(0) = 2 ` e speculare in quanto ` e una funzione positiva
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Esci
3
2
1
0
1
2 1 1 2
y
Figura 8.12: Graco di y y
2
+ 1

decrescente (ha derivata negativa) ma convessa perch e la sua derivata cresce.


Leggermente pi` u complicato il comportamento di quella con condizione ini-
ziale y(0) = 0 perch e proprio in quel punto ha un punto di esso, si tratta di
una funzione crescente poich e ha derivata positiva e concava per 0 < y < 2 e
convessa per 2 < y < 0. Per le tre soluzioni descritte, gura 8.13 a pagina
174. Calcoliamo il valore in zero della derivata prima e seconda della soluzio-
ne con condizioni iniziali y(0) = 3. Valutando lequazione differenziale in 0
otteniamo
Dy(0) = 9 + 1 = 8.
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Esci
4
2
0
2
4
y
2 1 1 2
x
Figura 8.13: Soluzioni dellequazione differenziale

Derivando otteniamo
y

(x) = 2 y(x)y

(x)
che valutata in zero mi da
D
2
y(0) = 48.
La stabililit` a locale degli equilibri ` e di facile studio in quanto pu` o essere dedotta
dalle propriet` a del sistema ottenuto per linearizzazione nellequilibrio. Per y =
1 abbiamo lequazione lineare
z

(x) = Df(1) z(x)


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e quindi
z

(x) = 2 z(x)
che ` e asintoticamente stabile in quanto il coefciente di z ` e negativo: gli au-
tovalori della matrice del sistema lineare sono negativi e quindi la soluzione
costante y = 1 ` e localmente stabile per lequazione non lineare, mentre in
y = 1 abbiamo lequazione
z

(x) = 2 z(x)
che ` e instabile in quanto il coefciente di z ` e positivo e quindi la soluzio-
ne costante eguale a meno uno non ` e localmente stabile per lequazione non
lineare.
Nota.
Si tratta di una equazione a variabili separabili la cui soluzione generale ` e
y : x
C
1
e
2 x
+ 1
C
1
e
2 x
1
, C
1
R
Esercizio 7.19
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Esercizio 7.20. Notiamo innanzitutto che le ipotesi del Teorema di esistenza ed
unicit` a sono valide in tutto R
2
in quanto la funzione di due variabili
f(x, y) = e
y
+e
(y)

5
2
` e continua ed ha derivata parziale rispetto a y continua ovunque. Le soluzioni
con condizioni iniziale ssate y(x
0
) = y
0
sono quindi uniche ed esistono in
un intorno del punto x
0
, qualunque siano x
0
e y
0
. Notiamo inoltre che si tratta
di una equazione differenziale autonoma in quanto la funzione f non dipende
dalla variabile indipendente x. Per studiare il comportamento qualitativo delle
soluzioni e gli equilibri dobbiamo studiare il graco della funzione f, esso
incontra lasse orizzontale per y = ln(2), y = ln(2). In quanto
e
x
+e
(x)

5
2
= 0
moltiplicando per e
x
otteniamo
(e
x
)
2
+ 1
5
2
e
x
= 0
ponendo e
x
= y abbiamo
y
2
+ 1
5
2
y = 0
si tratta di una equazione di secondo grado con soluzioni
2,
1
2
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tornando alla variabile originaria si ha
ln(2), ln(2)
inoltre il minimo viene raggiunto per x = 0 come si vede ponendo la derivata
prima eguale a zero.
e
x
e
(x)
= 0
Analisi qualitativa.
Ci sono due soluzioni di equilibrio, le soluzioni costanti y = ln(2) 1, y =
ln(2) che dividono il piano in tre regioni che le soluzioni non possono lascia-
re perch e, per il Teorema di esistenza ed unicit` a, due soluzioni non si possono
incrociare e non ` e quindi possibile attraversare queste due rette orizzontali che
sono il graco delle soluzioni di equilibrio. Guardando il graco di f possia-
mo disegnare le tre soluzioni richieste. Quella con y(0) = 1 ` e una funzione
negativa decrescente (ha derivata negativa) ed ` e concava perch` e la sua derivata
decresce e non pu` o attraversa la retta orizzontale ( y = ln(2)). Il compor-
tamento di quella con y(0) = 1 ` e speculare in quanto ` e una funzione positiva
decrescente (ha derivata negativa) ma convessa perch e la sua derivata cresce.
Leggermente pi ` u complicato il comportamento di quella con condizione inizia-
le y(0) = 0 perch e proprio in quel punto ha un punto di esso, si tratta di una
funzione crescente poich e ha derivata positiva e concava perch e la sua deriva-
ta ` e crescente. Le tre soluzioni descritte sono riportate in gura gura 8.14 a
pagina 178. Le soluzioni esplicite sono
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4
2
0
2
4
y
1 0.8 0.6 0.4 0.2 0.2 0.4 0.6 0.8 1 x
Figura 8.14: Soluzione dellequazione differenziale

y(x) = ln
_
e
(3/2 x)
c
1
2
1 + 2 e
(3/2 x)
c
1
_
y(x) = ln(
e
3/2 x
c
1
2
1 + 2 e
3/2 x
c
1
)
La stabilit` a locale degli equilibri ` e di facile studio in quanto pu` o essere dedotta
dalle propriet` a del sistema ottenuto per linearizzazione nellequilibrio. Per y =
1 abbiamo lequazione lineare
z

(x) = Df(ln(2)) z(x)


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Esci
e quindi
z

(x) =
3
2
z(x)
che ` e asintoticamente stabile e quindi la soluzione y = ln(2) ` e localmente
stabile per lequazione non lineare, mentre in y = ln(2) 1 abbiamo lequazione
z

(x) =
3
2
z(x)
che ` e instabile e quindi la soluzione costante eguale a ln(2) non ` e localmente
stabile per lequazione non lineare. Esercizio 7.20
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Elenco delle gure
2.1 Curve integrali dellequazione (2.3) per a = 0.5 . . . . . . . . 17
2.2 Diversi intervalli di esistenza . . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
2.3 Non unicit` a delle soluzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28
2.4 Soluzioni di equilibrio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
3.1 Modello di Malthus . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
3.2 Il graco di N

in funzione di N . . . . . . . . . . . . . . . . 41
3.3 Il modello logistico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43
3.4 Il graco di N

in funzione di N . . . . . . . . . . . . . . . . 48
3.5 Esistenza di una soglia critica . . . . . . . . . . . . . . . . . . 49
3.6 Il graco di N

in funzione di N . . . . . . . . . . . . . . . . 52
3.7 Il modello logistico con soglia critica . . . . . . . . . . . . . . 53
5.1 Autovalori reali discordi, sella . . . . . . . . . . . . . . . . . 77
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5.2 Autovalori concordi negativi, nodo . . . . . . . . . . . . . . . 79
5.3 Autovalori concordi positivi, nodo . . . . . . . . . . . . . . . 80
5.4 Autovalori coincidenti con due autovettori, nodo stellato . . . 81
5.5 Autovalori coincidenti con un autovettore, nodo improprio . . 84
5.6 Autovalori complessi, Re ,= 0, fuoco . . . . . . . . . . . . . 88
5.7 Autovalori complessi, Re = 0, centro . . . . . . . . . . . . 89
5.8 Un autovalore zero ed uno no . . . . . . . . . . . . . . . . . 91
5.9 Autovalore nullo di molteplicit` a due con un solo autovettore . 92
6.1 Lorigine ` e un equilibrio stabile . . . . . . . . . . . . . . . . . 101
7.1 Il graco della funzione che descrive lequazione differenziale
7.4 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 115
7.2 Graco di e
y
+e
(y)

5
2
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 118
8.1 Curve integrali dellequazione differenziale 7.1 . . . . . . . . 124
8.2 Le due soluzioni dellequazione differenziale (7.3) . . . . . . 127
8.3 Le curve integrali dellequazione differenziale (7.2) . . . . . . 128
8.4 Soluzione dellequazione diffrenziale . . . . . . . . . . . . . 133
8.5 Soluzione dellequazione differenziale . . . . . . . . . . . . . 137
8.6 Soluzione dellequazione diffrenziale . . . . . . . . . . . . . 139
8.7 Soluzione dellequazione diffrenziale . . . . . . . . . . . . . 142
8.8 Soluzione dellequazione differenziale . . . . . . . . . . . . . 144
8.9 Le soluzioni dellequazione differenziale (7.4) . . . . . . . . . 167
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8.10 Graco di y y (y 2) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 168
8.11 Soluzioni dellequazione differenziale . . . . . . . . . . . . . 169
8.12 Graco di y y
2
+ 1 . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 173
8.13 Soluzioni dellequazione differenziale . . . . . . . . . . . . . 174
8.14 Soluzione dellequazione differenziale . . . . . . . . . . . . . 178
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Indice analitico
Campo vettoriale, 97
Equazione differenziale, 8
alle derivate parziali, 8
autonoma, 96
condizione iniziale, 17
curve integrali, 16
forma normale;, 9
lineare, 12
nonlineare, 12
ordinaria, 8
sistema di, 8
ordine, 9
soluzione, 9
Problema di Cauchy, 18
problemi ai valori iniziali,, 18
Variabili separabili, 30
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Bibliograa
[1] A. Bacciotti. Teoria Matematica dei Controlli. Quaderni di Matematica
per le Scienze Applicate. Celid, Torino, Italia, 1998.
[2] E. W. Boyce and R. C. DiPrima. Elementary Differential Equations and
Boundary Value Problems. John Wiley & Sons, New York, 1986.
[3] C. W. Clark. Mathematical Bioeconomics. Wiley Interscience, New York,
1976.
[4] J. H. Hale. Ordinary Differential Equations. Pure and Apllied
Mathematics. Krieger, Malabar, Florida, 2nd edition, 1980.

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