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RISONANZA STOCASTICA E
SISTEMI BIOLOGICI
CORSO DI CIBERNETICA E TEORIA
DELL’INFORMAZIONE – PROF. M.RIANI
ALESSANDRO ESPOSITO
SOMMARIO
SOMMARIO..........................................................................................................................................................................1
PREFAZIONE.......................................................................................................................................................................1
INTRODUZIONE ................................................................................................................................................................2
PREFAZIONE
Gli studi sulla risonanza stocastica sono oramai vasti e condotti nei più svariati si-
stemi. In questa tesina si vuole evidenziare l’importanza di questo fenomeno nei si-
stemi biologici, senza addentrarsi nel formalismo matematico per dare più ampio
spazio alle più recenti ricerche. Fino qualche anno fa l’idea che la risonanza stoca-
stica ricoprisse un ruolo importante nella percezione di deboli segnali rumorosi era
consolidata, ma non si era risolto il quesito se essa poteva essere un fenomeno
strutturalmente utilizzato anche dal sistema nervoso nell’elaborazione dei segnali in
presenza del rumore interno.
Oggi, benché non sia possibile affermare che ciò accada, sono state costruite le
basi teoriche ed i modelli adatti a dire che i neuroni sarebbero comunque in grado
di sfruttare il rumore interno per migliorare l’efficienza di elaborazione dei segnale.
1
INTRODUZIONE
Il rumore è normalmente considerato un aspetto negativo della fenomenologia, il
quale affligge ricercatori e telecomunicazioni. Negli ultimi anni si sono scoperti in-
vece aspetti positivi del rumore, il quale non solo comincia ad essere utilizzato in
maniera opportuna per ottimizzare particolari sistemi, ma si è scoperto avere dei
compiti basilari nei sistemi biologici reali.
Con l’attributo “stocastico” si indica che tale fenomeno è strettamente legato a fe-
nomeni casuali, nel senso che l’aspetto probabilistico e statistico dei sistemi in esa-
me è fondamentale; il sostantivo “risonanza” è legato soprattutto alla forma delle
curve sperimentali analizzate più che ad una risonanza nel senso stretto del termine
anche se è possibile trovare della motivazioni fisiche a tale termine.
Il concetto di risonanza stocastica (SR) è nato nei primi anni ottanta dallo studio
delle glaciazioni1. Questo fenomeno climatico è un evento periodico con scale di
tempi di 105 anni e l’unica causa possibile è la variazione dell’eccentricità dell’orbita
terrestre dovuta a perturbazioni gravitazionali. Tale variazione sembrerebbe non es-
sere sufficientemente grande da generare le enormi modificazioni climatiche, ma i
cicli atmosferici locali (rumore) possono amplificare gli effetti della dinamica plane-
taria innescando una era glaciale o meno. Anche se il dibattito su tale teoria è anco-
ra aperto, in questi venti anni si sono trovati numerosi sistemi la cui risposta
migliora ad un livello ottimale di rumore.
Ai primi studi di Benzi del 1981 seguirono studi su Trigger Schmitt nel 1983 sino
ai fondamentali esperimenti di McNamara 2 sui laser bistabili ad anello nel 1988.
Negli anni novanta sono stati studiati sistemi che presentano SR in tutte le branche
della fisica, dalla fisica delle particelle alla neurofisiologia. Fra il 1993 ed il 1996 fu
dimostrata l’esistenza di tale fenomeno nei sistemi biologici, soprattutto a livello
percettivo, come negli esperimenti di Douglass3 sui meccanorecettori posti sulla
coda del gamberone di fiume.
Oggi giorno si considera risonanza stocastica ogni sistema il cui rapporto segnale
rumore (SNR) ha una curva simile ad una risonanza e cioè ha un massimo per un
determinato livello, detto per l'appunto ottimale, di rumore. L’esempio più semplice
che sarà trattato in seguito sarà un sistema bistabile in cui il passaggio ad un livello
più energetico sarà favorito dalla presenza di rumore, cioè si potrà raggiungere uno
stato “eccitato” con minore energia rispetto il necessario. Tale aspetto giustifica
l’attributo “risonanza” che può essere pertanto considerato non solo una definizio-
ne formale dovuta alle curve SNR.
2
La biocristallografia, per esempio, analizza proteine sfruttando la diffrazione a raggi
X, costruendo modelli tridimensionali delle molecole in questione che sono co-
munque imprecisi. Associando ad essi un’energia potenziale si può tentare di mini-
mizzare tale energia per ottenere la struttura più stabile e quindi la più probabile.
Pertanto si effettua una simulazione al calcolatore in cui si “scalda” la molecola per
poi raffreddarla. In pratica se ne minimizza l’energia con un termine dovuto al mo-
to di agitazione termica il quale è a tutti gli effetti rumore. Per scavalcare minimi
energetici locali si utilizzano alti valori di rumore per poi far rilassare il sistema sul
presunto minimo assoluto raffreddando la molecola durante la simulazione.
Analogamente le reti neurali stocastiche sfruttano il rumore per sfuggire punti sta-
bili nella dinamica del sistema, che non corrispondono ai punti di equilibrio deside-
rati e pertanto definiti spuri. In una memoria associativa, per esempio, più patterns
memorizzati originano dei patterns stabili dalla loro sovrapposizione. Tali minimi
spuri sono meno stabili di quelli memorizzati e pertanto, ad un determinato livello
di rumore, si può sfuggire da essi facendo convergere il sistema verso ai punti di
equilibrio corretti ai quali corrispondono minimi di energia più profondi e bacini di
attrazione più grandi.
3
Il rilevamento di un debole segnale può essere considerato come la transizione
della molecola sotto l’azione di una forza periodica di energia più bassa di ∆V.
Questa può essere vista come una modulazione periodica del potenziale, il quale
rende il profilo di energia asimmetrico facendo sì che durante ogni semi periodo
uno dei due stai risulti essere più stabile (energia più bassa) dell’altro.
In tali condizioni il rumore può generare la sufficiente perturbazione per far avve-
nire una transizione di stato. Se, quindi, le basi temporali della forzante si trovano
sincrone con quelle indotte dal rumore può avvenire una transizione sincrona con
la forzante stessa. Tale vincolo viene rispettato se 2TK(D)= TΩ (2), dove con
TK(D) si indica l’inverso della frequenza di Kramer e con TΩ il periodo del segnale
“sottosoglia”.
( )
SNR = 10 log 10 S B (3)
dove S è l’altezza del picco del segnale
(centrato su ν Ω ) e B è l’altezza della base
del picco.
Figura 2 - Spettro di potenza di un se-
gnale di uscita con rumore ed un segnale
Normalmente le curve segnale rumore piccato a ν Ω in ingresso.
(cioè SNR vs D) decrescono in maniera
monotona mentre per sistemi in cui si innesca un processo di risonanza stocastica è
presente un picco per un valore di rumore in accordo con la teoria di Kramer.
A bassi livelli di rumore, infatti, il segnale non può essere rilevato perché sottoso-
glia. Al crescere di D aumenta la probabilità che il segnale venga portato casual-
4
mente soprasoglia fino a che vi è un massimo dovuto all’avvenuta sincronizzazione
del segnale e del rumore. Aumentando ancora D, non solo si perde la sincronia, ma
la componente casuale del segnale di uscita diventa dominante degradando irrime-
diabilmente l’SNR.
Figura 3 Curva SNR per un laser nell'espe- Figura 4 Curva SNR per un meccanorecet-
rimento di McNamara (1988). tore del gamberone di fiume nell’esperimento
di Douglass (1993)
I TEMPI DI RESIDENZA
La risonanza stocastica può essere caratterizzata oltre che dal rapporto segnale
rumore e, quindi, dallo spettro di potenza del segnale di uscita, anche dalla distribu-
zione dei tempi di residenza e cioè dai tempi spesi in uno stato o l’altro.
Come espresso dalla condizione (2), avviene una transizione ogni semiperiodo,
dunque, nella distribuzione degli intervalli, vi sarà un primo picco centrato a ½T Ω
ed altri ad ogni n½T Ω con n=1,2,3,… L’esistenza dei picchi secondari è dovuta alla
stocasticità del sistema che non impone un vincolo stretto alla transizione ad ½T Ω ,
ma semplicemente fa sì che sia il momento più probabile.
L’altezza dei picchi decresce esponenzialmente come si può vedere in figura 5.
La distribuzione dei tempi di residenza contiene analo ghe informazioni dello spet-
tro di potenza ed è utilizzato, soprattutto in neurofisiologia, per studiare gli effetti
della risonanza stocastica. L’altezza del primo picco, che determina la probabilità
che il sistema sia sincrono con il segnale periodico, passa attraverso un massimo al
crescere del rumore, presentando quindi una forma del tipo di risonanza in maniera
analoga al rapporto segnale rumore.
5
Nei sistemi biologici spesso i picchi della distribuzione dei tempi di residenza sono
centrati a multipli interi di T. Ciò accade perché i sistemi non sono realmente bista-
bili, ma presentano uno stato stabile di riposo ed uno non stabile di attivazione. Le
transizioni rivelate dalle distribuzioni dei tempi di residenza corrispondono pertan-
to ad una doppia transizione stato di riposoàstato attivoàstato di riposo.
Figura 5
Distribuzioni dei
tempi di residenza per
un sistema bistabile:
(a) Incrementando D
a Ω fisso dal bas-
so;
(b) incrementando Ω
a D fisso dal bas-
so;
nei riquadri la varia-
zione dell'altezza del
primo picco presenta
la caratteristica forma
di una risonanza.
Ogni sensore, artificiale o biologico, possiede comunque una soglia al di sotto del-
la quale i segnali non verranno rivelati. Per cercare di ottimizzare queste componen-
ti, di norma, si tenta di costruire dispositivi sempre più precisi e sensibili, ma
necessariamente soffrono del rumore interno e, quindi, si devono utilizzare tecno-
logie sempre più avanzate per produrre mezzi a basso rumore. Una strategia che si
sta svelando vincente è invece quella di costruire sensori con opportuni valori di
rumore atti a migliorare le sensibilità ai deboli segnali per mezzo della risonanza
stocastica come nel caso di SQUID attualmente in progettazione.
6
canismo esiste e, pertanto, è plausibile pensare che, nel corso dell’evoluzione, i sensi
possano “essersi accorti” di questo vantaggio ed averlo utilizzato attivamente.
LA PERCEZIONE VISIVA
La percezione visiva avviene attraverso “sensori” che di norma presentano una
soglia sotto la quale non sono in grado rilevare alcun segnale. In presenza di scarsa
luminosità un oggetto può essere completamente sottosoglia dunque non potrebbe
essere visto. In presenza di rumore però i singoli punti dell’immagine possono e-
mergere dallo sfondo scuro. Appena l’ampiezza del rumore è sufficiente a far supe-
rare tale livello, l’oggetto può essere rilevato, ma dopo un primo aumento del
rapporto segnale rumore, l’immagine risultante si degraderà a causa del prevalere
della componente casuale nella percezione visiva che pian piano porta alla satura-
zione dei detectors.
7
Poiché l’occhio possiede una certa costante di integrazione temporale,
un’immagine sottosoglia può essere dapprima portata soprasoglia da rumore il qua-
le, in seguito, sarà parzialmente eliminato dal processo di media temporale permet-
tendo al cervello di distinguere l’oggetto in esame.
In figura 6 si può vedere che al crescere del rumore un viso umano viene dappri-
ma meglio intuito per poi degradarsi. L’immagine centrale, catturata in presenza di
un livello di rumore ottimale, non è il miglior risultato ottenibile; vedendo, infatti,
una animazione, il processo appena accennato porterà ad una corretta visualizza-
zione del soggetto di gran lunga migliore rispetto al singolo frame presentato.
Questa simulazione5 è un chiaro esempio di come la percezione di deboli segnali
può essere amplificata da rumore e che pertanto il rumore interno ai sensori può
essere addirittura una caratteristica positiva degli stessi se utilizzati in determinate
circostanze.
Che tale meccanismo percettivo sia realmente utilizzato dal sistema visivo umano
è stato dimostrato con recenti esperimenti6 psicologici su esseri umani. Sono state
presentate ad un insieme di osservatori strisce con funzioni di contrasto differenti
come in figura 8. Queste sono state mostrate con l’aggiunta di rumore non statico
per mezzo di un monitor e, variando la funzione di contrasto, si è ricercato il limite
di percezione delle sette bande chiare.
Figura 7 - Limite del livello di contrasto Figura 8 - (a) funzione di contrasto pa-
percepito in funzione del livello di rumore rametrizzata Asin(1/x)+128, usata per
per un singolo soggetto creare le strisce di contrasto; (b) tre
esempi di strisce con valori di contrasto
decrescenti.
Graficando tali limiti si ottiene una curva di risonanza come ci si aspetterebbe per
la risonanza stocastica, con curvatura opposta poiché bassi livelli di contrasto signi-
ficano una alta percezione e pertanto alti valori di SNR. La corretta sovrapposizio-
ne dei dati sperimentali con le previsioni fatte sotto l’ipotesi dell’utilizzo del
meccanismo di SR è una conferma che tale fenomeno sia di rilevanza nella perce-
zione di deboli segnali rumorosi.
8
Altri esperimenti sono stati condotti con figure illusorie che possono essere per-
cepite in due modi distinti. In tal caso il rumore può essere rappresentato da un
punto che si muova nella visuale o da variazioni geometriche e le due immagini
possibili possono essere considerate come un sistema bistabile. Il cervello, sotto
condizioni di rumore ottimale, è in grado di distinguere correttamente entrambi gli
stati. In questo caso, se si può parlare di risonanza stocastica, tale fenomeno inter-
viene al livello finale della percezione e cioè nell’associazione di un concetto allo
stimolo visivo.
LA PERCEZIONE TATTILE E GLI ALTRI SENSI
La percezione tattile è stato il senso indagato agli inizi con gli esperimenti neurofi-
siologici già accennati condotti sui meccanorecettori (vedi fig.4) del gambero di
fiume ed altri. Un interessante esperimento psicologico pubblicato nel 19987 alcuni
soggetti sono stati stimolati attraverso un attuatore meccanico con un segnale sot-
tosoglia sui polpastrelli. Del rumore sotto forma di impulsi elettrici è stato contem-
poraneamente immesso attraverso opportuni elettrodi. La risposta ad impulsi
sottosoglia si è dimostrata sensibile ad un livello ottimale di rumore nella maggior
parte dei soggetti ottenendo risultati statisticamente attendibili.
Gli aspetti interessanti sono molteplici. Se, infatti, si poteva ipotizzare l’esistenza
del meccanismo di risonanza stocastica, non era scontato che rumore elettrico so-
vrapposto ad un segnale meccanico potesse innescare tale fenomeno. Normalmen-
te, infatti, lo stimolo ed il rumore sono della stessa natura mentre in questo
esperimento sono di natura differente. Inoltre le applicazioni della SR in questo ca-
so possono essere numerosi. Un operatore che guida strumenti meccanici (si pensi
ad un chirurgo che interviene con strumenti di precisione) potrebbe lavorare con
un guanto che fornisca l’opportuno rumore elettrico per rivelare le più lievi pres-
sioni oppure soggetti con desensibilizzazione parziale delle dita potrebbero recupe-
rare una parte della sensibilità tattile.
RETI NEURALI
RISONANZA STOCASTICA NEI NEURONI
L’assone di un neurone può trovarsi in due stati, o propaga un potenziale d’azione
causato dalla risposta dei segnali elaborati dal soma oppure non conduce. Quando il
potenziale d’azione raggiunge la parte finale di un assone esso induce la liberazione
di neurotrasmettitori all’interno dell’interstizio intersinaptico i quali inducono
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l’apertura di canali ionici nella postsinapsi e, quindi, l’ingresso di ioni e la stimola-
zione del neurone postsinaptico. Tali correnti fluiscono verso il soma perdendo
man mano di intensità. Il soma integra spazio-temporalmene gli stimoli presinaptici
e se lo stimolo risultante supera una certa soglia il neurone propaga, attraverso il
suo assone, un potenziale d’azione.
Il neurone dunque si comporta come un sistema a due stati, uno stato eccitato ed
uno di riposo, benché il primo decada spontaneamente nel secondo e vi sia un cer-
to lasso temporale di refrattarietà.. Già nel 1967 furono misurati gli intervalli fra i
segnali neurali, registrati da una fibra nervosa del sistema auditivo stimolata da un
segnale sinusoidale.8 In figura 9 si possono notare gli intervalli i quali rispondono
all’andamento proprio della risonanza stocastica.
Figura 9 (a) e (b) Distribuzione dei tempi fra uno "sparo" del neurone ed un successivo, ri-
spettivamente con uno stimolo di 60 e 30dB; (c) e (d) analoghe curve elaborate con la teorica
del potenziale a doppia buca.
Concordemente alla teoria l’altezza del primo picco, coincidente con il periodo
dello stimolo, passa attraverso un massimo all’aumentare del rumore in maniera a-
naloga al rapporto segnale rumore.
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RUMORE INTERNO AI SISTEMI NEURALI9
Tipici esperimenti su sistemi neurobiologici
reali di SR mostrano, contrariamente a ciò che
ci si aspetterebbe, dei valori non nulli del rap-
porto segnale rumore in assenza di rumore. In
tali condizioni un segnale sottosoglia non do-
vrebbe essere rilevato portando il SNR ad an-
nullarsi. Ciò è dovuto al rumore interno
esistente nel sistema nervoso originato
dall’attività dei neuroni adiacenti, alla fluttua-
zione dell’efficienza sinaptica o degli svariati
parametri che regolano la trasmissione del se-
gnale nervoso.
Figura 10 Spettri di potenza di: (a)
Il sistema nervoso sembra che possa utilizzare Ingresso di W da parte di B (b) uscita
per la rilevazione di deboli segnali il “chiacchie- di W in assenza di ingresso (c) uscita
riccio” di sottofondo presente al suo interno. di W con ingresso; le scale verticali
sono differenti.
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La novità è invece che, in tali sistemi, il rapporto segnale rumore cresce in maniera
marcata, anche di sei ordini di grandezza, se lo stimolo periodico ha frequenze vici-
ne ai 30Hz. Ciò accade congruentemente al fatto che nel modello utilizzato le oscil-
lazioni intrinseche sono pari a 33Hz.
1 N
N ∑∑
e l’ingresso sinaptico medio: I syn ( t ) = ω ij S j (t ) (6)
i =1 j ≠i
N i =1
13
Figura 15 (a) e (c) curve SNR per differenti frequenze per un singolo neurone della rete e per
la rete rispettivamente; (b) attività sinaptica media in funzione del tempo per uno stimolo di
30Hz a due livelli di rumore; (d) SNR della rete in funzione della frequenza
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Sia W un neurone che elabora un segnale sinusoidale sottosoglia, neurone inserito
in una rete di N cellule di tipo B, cioè di sottofondo (Background), le quali provve-
deranno a fornire l’opportuno livello di rumore. Il modello è analogo a quello pre-
sentato per la discussione sul rumore interno.
N
La risposta del neurone W è: S (t + 1) = sgn ∑ω W iS i (t ) + A sen( Ωt) − θ (8)
i =1
Si è visto che tale sistema manifesta risonanza stocastica e che il vettore delle con-
nessioni sinaptiche ω modifica l’attività della rete e dunque il rumore ricevuto dal
neurone W.
∂SNR(t ) ∂SNR(t ) ∂D
ω ij (t + 1) = ω ij (t ) + µ ( t ) = ω ij (t ) + µ (t ) (9)
∂ω ij ∂D ∂ω ij
2
N N N N N
D =σ = n(t ) 2
= ∑ ω iW S i = ∑∑ ω iW S iω jW S j = ∑∑ ω iW ω jW S i S j
i=1 i =1 j =1 i =1 j =1
Poiché stiamo utilizzando il modello di Hopfield lo stato dei neuroni può essere –
1 o 1 la media su indici differenti sarà nulla mentre per i=j si avrà un 1:
N
D= ∑ω
i =1
2
iW = ωW (10)
15
quindi:
ω iW
∂D
∂ω ij
= 1
2 (∑ ω )
i
2
iW
−1
2
2ω iW =
ωW
(11)
Figura 16 Curva SNR per un neurone e stabilizzazione del livello di rumore al livello ottimale
per tre punti di partenzza: 0 in alto 1 (vicino il livello) al centro e 2 in basso.
CONCLUSIONI
La risonanza stocastica è dunque un fenomeno molto diffuso e sembra essere di
basilare importanza per i sistemi biologici. La ricerca, che in questo campo è solo
agli inizi, avrà il compito di spiegare quale vero ruolo ricopre tale fenomeno nel si-
stema nervoso, quali altri nuovi sistemi manifestano comportamenti analoghi, ed
applicazioni innovative.
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Potrebbero esistere meccanismi attivi di autoregolazione all’interno del sistema
nervoso che permettano di adattare il livello di rumore interno alle condizioni in at-
to.
Per questi e innumerevoli altri esempi la risonanza stocastica sembra poter occu-
pare un ruolo fondamentale nei sistemi biologici
RISORSE DI RETE
http://xxx.sissa.it
http://www.sba.unige.it/cgi-erl/webspirs.cgi?sp.nextform=top.htm
http://neurodyn.umsl.edu/~simon/sr.html
http://www.umbrars.com/sr
http://www.users.cloud9.net/~cgseife/PRL01186.pdf
http://www.aip.org/journals/chaos/5803.pdf
http://virgo4p.pg.infn.it/sr/preprint/index.html
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RIFERIMENTI
Figura 1 da [1] pag. 224
Figura 2 da [1] pag. 228
Figura 3 da [1] pag. 247
Figura 4 da [1] pag. 258
Figura 5 da [1] pag. 230
Figura 6 da http://neurodyn.umsl.edu/~simon/sr.html
Figura 7 da [6] e http://www.users.cloud9.net/~cgseife/PRL01186.pdf
Figura 8 da [6] e http://www.users.cloud9.net/~cgseife/PRL01186.pdf
Figura 9 da [1] pag. 257
Figura 10 da [2] pag. 7380
Figura 11-12 da [2] pag. 7381
Figura 13 da [4] pag. 3455
Figura 14 da [4] pag. 3456
Figura 15 da [4] pag. 3457
Figura 16 da [8] pag. 44
5 http://neurodyn.umsl.edu/~simon/sr.html
6 vedi bibl. [6]
11 Tale paragrafo è stato elaborato in relazione al riferimento bibliografico [8], ma la teoria è stata adattata
alle finalità della tesina. Qui si è voluto dimostrare che una rete neurale può essere in grado di utilizzare in
maniera attiva e non solo passiva la risonanza stocastica. Nell’articolo citato invece il soggetto era mag-
giormente riferito a sistemi fuzzy con un formalismo consono alla tematica. L’adattamento di parti di
quell’articolo potrebbero essere pertanto non pienamente corretto, ma la tesi sviluppata in questo paragrafo
dovrebbe essere suffragata comunque dall’esposizione fatta nello stesso. La teoria esposta dovrebbe essere
congruente ed autoconsistente anche se non pienamente coincidente con quella in bibliografia.
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