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La Famiglia Mozzoni

La famiglia Mozzoni fece la sua comparsa in Valceresio nel XI secolo,[1] ed ancora oggi i
discendenti di quella famiglia abitano a Bisuschio. I Mozzoni si fecero più volte portavoce delle
esigenze e richieste della Comunità della Pieve di Arcisate come testimonia il fatto che spesso
vennero eletti come rappresentanti della Comunità presso i palazzi di Milano. L'apice del potere la
famiglia lo raggiunse nel XV e XVI secolo. Infatti fu proprio in quel periodo che la famiglia decise
di costruire il casino di caccia (attorno al 1440) e poi la Villa ora Villa Cicogna Mozzoni con i
giardini (1530-1560), per adeguarsi alla moda del tempo e accogliere ospiti illustri, amici e parenti.

Fra i Mozzoni citiamo:

• Forcolio de Mozonis console di Induno Olona nel 1229.


• Jacobus de Mozonis abitante a Bisuschio e morto prima del 1320, che viene considerato il
capostipite dei Mozzoni di Bisuschio.
• Pecinus de Mozzonibus, vir potens che il tirannico Signore di Milano, Bernabò Visconti,
aveva fatto mettere in carcere nel 1354, rilasciandolo solo quando due persone degne di fede
garantirono che Pezino in futuro non avrebbe agito contro l’onore del detto Signore.[2]
• Giovanni, Capitano e Vicario di Varese nel 1406 in nome del duca Giovanni Maria
Visconti.
• Agostino Mozzoni fu tra i cinque nobili e prudenti uomini incaricati nel 1486 della riforma
dell’estimo di tutta la pieve. Devoti ai duchi viscontei, i Mozzoni furono nelle grazie dei
duchi Sforza successi ai Visconti e vediamo Agostino Mozzoni partecipare alla caccia
all’orso nel Vicariato di Varese e nell’autunno del 1476 in occasione della venuta del duca
Galeazzo Maria Sforza venne stanato un orso di grosse dimensioni del peso di ben 250
libbre (190 Kg), come annotò il ministro del duca Cicco Simonetta nel suo diario, di indole
feroce e che si rivoltò contro i cacciatori muniti di lancia e spada, ferendone tre ed
ammazzando un cane. Tra i feriti Agostino, carissimo al duca, che volle premiare la fedeltà
del Mozzoni e ricompensarlo della ferita causatagli dall’orso, concedendo a questi ed al
fratello Antonio ed ai loro discendenti in infinitum l’esenzione da tutti i dazi, gabelle e ogni
tassa, imposte dalla Camera ducale o dai Comuni sui loro beni situati nel Vicariato di Varese
ed in ogni altro luogo del Dominio sforzesco, purché non superasse i dieci ducati d’oro; fatta
eccezione della tassa del sale e dei dazi ordinari di competenza ducale.[3] Poco dopo il duca
veniva assassinato dai congiurati di Cola Montano e la duchessa vedova Bona di Savoia con
il figlio minore Gian Galeazzo, nuovo duca, confermarono il privilegio ai Mozzoni con
lettera datata dal Castello di Porta Giovia di Milano 10 febbraio 1477.
• I fratelli Francesco e Mayno che nel 1536 iniziarono l’ampliamento e la trasformazione del
casino di caccia a Bisuschio in Villa.
• Ascanio (1558 – 1592), giureconsulto collegiato di Milano, padre di Angela. E’ annoverato
da Bartolomeo Taegio nel 1559 nel Dialogo della Villa, fra gli infiniti altri honoratissimi et
vertuosissimi gentil’huomini vaghi dei bei giardini, non per altro se non perché
rappresentano la Villa, cotanto amata da tutte le persone di spirito et valore inoltre lo stesso
Agostino fu pure elegante autore di versi in latino, tanto da meritarsi l’elogio da parte del
contemporaneo Paolo Morigia, che ne La Nobiltà di Milano scrisse: fu anche eccellente
nella Poesia et ha lasciato gran numero di versi latini molto eleganti e degni di esser letti,
dati alla stampa. Filippo Piccinelli nell’Ateneo dei letterati milanesi (edito a Milano nel
1670) confermò la sua ammirazione per il Mozzoni: con l’eccellenza della poesia latina
meritò quella ghirlanda, che cinse la fronte di Virgilio e del Petrarca. Furono date alle
stampe e ben piene di spiritosa eleganza le di lui Opere poetiche.
• Camilla ( - 1574), che sposando nel 1544 Guido Antonio Arcimboldi[4], rinsaldò
maggiormente i legami con la famiglia Arcimboldi feudataria di Arcisate.
• Angela (1562 – 26 Aprile 1625), che sposando nel 1580 il conte Giovan Pietro Cicogna
diede origine ai Cicogna Mozzoni.
• Giulio Cesare II Mozzoni Frosoni ( - 24 marzo 1754), Segretario del Regio Commissario
Generale di guerra dello Stato di Milano (1713), ha 28 figli dei quali 14 (10 maschi e 4
femmine) viventi nel 1748, assume il cognome Mozzoni Frosoni quale erede per
fedecommesso dello zio materno Carlo Giuseppe Frosconi.
• Ambrogio Mozzoni Frosconi, Brigadiere delle Reali Guardie del Corpo del Re delle due
Sicilie, Governatore dell'Arsenale di Napoli, Colonnello di Cavalleria (1756).
• Celso (28 luglio 1752 – Biumo 29 novembre 1821), Rappresentante del dipartimento del
Verbano durante la Repubblica Cisalpina. Operò con Luigi Sacco e col Marchese Recalcati
(1797).
• Benedetto Alessandro ( -Belluno 14 ottobre 1840), Prefetto del Dipartimento del Rubicone e
del Dipartimento del Piave durante il Regno Italico.
• Luigi Andrea (9 ottobre 1754 – 11 novembre 1842), Professore di fisica e matematica
all’Università di Pavia.
• Carlo (Biumo 21 dicembre 1859 – Biumo 22 settembre 1905), studioso di scienze agrarie,
coltivatore, Consigliere, Assessore e Sindaco di Varese.
• Guglielmo Mozzoni (Milano, 1915), architetto e partigiano italiano, capitano di
complemento del genio paracadutisti, medaglia di bronzo al valore militare.

I Cicogna
L’insegna dei Cicogna avrebbe avuto origine da un fatto accaduto ad un Beltramo, uomo
valorosissimo, che mentre dormiva nelle campagne fuori dalla città venne assalito da una grossa
serpe, che però venne uccisa da una generosa cicogna. Beltramo, in segno di gratitudine per lo
scampato pericolo, fece mettere sopra il suo scudo l’effigie di una cicogna. Questa leggenda viene
puntualmente riportata in comparizioni dei Cicogna davanti al Collegio dei giureconsulti di Milano
per ottenere la cooptazione, nel XVII secolo. Come molte altre antiche famiglie milanesi, anche i
Cicogna facevano risalire le loro origini ad una antica gens romana che in epoca imperiale diede
all’Urbe consoli e cavalieri. Veniva citato lo storico Publio Cornelio Tacito (vissuto tra il 55 ed il
120 dopo Cristo) che nei suoi Annales e nelle sue Historiae parla di un Cingonio Varrone,
comandante militare dell’imperatore Nerone e console designato per gli ultimi mesi del 68 dopo
Cristo, vittima della sanguinosa repressione ordinata dall’imperatore Galba succeduto al suicida
Nerone. Da Roma i Cicogna si sarebbero diffusi nell’Italia settentrionale (Pasquale Cicogna fu
Doge della Serenissima nel XVI secolo) ed anche Oltralpe, in Germania. Venivano ricordati da
autori del XV secolo Egenulfo Cicogna, nobilissimo cavaliere, e Venceslao Cicogna, comandante
germanico, che concorse all’ampliamento della città di Brescia. Quanto al ramo milanese troviamo
nei "Nobilium familiarum Mediolanensium Commenta" di Raffaele Fagnani documentazioni sui
Cicogna sin dal Trecento. Il 2 febbraio 1387 Picinino de la Cigonia venne eletto tra i trentasei
cittadini garanti presso il podestà di Milano per l’oblazione annua a cui erano tenuti i cittadini più
nobili della città. Nel 1388 Picinino de la Cigonia residente nella parrocchia di San Michele al
Gallo, fece parte del Consiglio dei Novecento, eletto dal Vicario e dai XII di Provvisione, per
ordine di Giangaleazzo Visconti, a quel tempo Signore di Milano. Durante la dominazione
sforzesca Giacomo Cicogna fu nella Cancelleria della duchessa Bona di Savoia, moglie del duca
Galeazzo Maria Sforza (1468), ed il figlio Giovanni Bartolomeo, che il Sitoni di Scozia indica come
notaio di Trecate nel Novarese (1516), sarebbe stato anche al servizio dell’imperatore Massimiliano
I d'Asburgo. Due figli di questi seguirono la carriera militare sotto gli Austrias: Giovanni Paolo
mastro di campo di Carlo V nel 1561, capitano dei cavalli e Cavaliere dell’Ordine di Santiago e
Giovan Pietro. Il brillante curriculum di Giovan Pietro fu minuziosamente descritto dal gesuato
Paolo Morigia (1524-1604), informato storico della nobiltà milanese del suo tempo: Cameriere di
Antonio de Leyva, primo Governatore spagnolo di Milano per l’imperatore Carlo V, egli fu
nominato Cavaliere dell’Ordine di San Giacomo e nel 1542 ammesso dal Governatore Alfonso
d'Avalos d'Aquino Marchese di Vasto, nel Consiglio dei Sessanta Decurioni della Città di Milano.
Poi il 5 agosto 1543 fece parte del Consiglio Segreto, l’organismo politicamente più determinante
dello Stato di Milano. Altrettanto rapida fu la sua carriera militare: capitano di fanteria, colonnello,
mastro di campo nelle guerre del Piemonte contro la Francia, governatore della città di Novara,
collaterale e commissario generale delle tasse e dell’esercito in Lombardia. Filippo II lo creò nel
1554 conte di Terdobbiate con Tornaco e Peltrengo. Sposato a Ippolita di Castelsanpietro, Giovan
Pietro ebbe cinque maschi dei quali il primogenito, Antonio, fu come il padre, collaterale e
commissario generale delle tasse e dell’esercito, e in seguito commissario generale dell’artiglieria
durante la presa di Finale nel 1571 da parte del Governatore spagnolo Gabriel de la Cueva Duca di
Albuquerque.

Fra i Cicogna citiamo oltre ai precedenti:

• Ludovico ( - 1532), Senatore creato da Carlo V quando ristabilì e ampliò il Senato di


Milano.
• Luigi (anch’esso fratello), Segretario e famigliare Ducale.
• Giovan Pietro (1565 - 27 Marzo 1637), Giureconsulto collegiato, uno dei XII componenti
del Tribunale di Provvigione di Milano, sposa Angela Mozzoni. I suoi discendenti
assumeranno il cognome Cicogna Mozzoni.

I Cicogna Mozzoni
Di questa famiglia citiamo:

• Giovanni Gaetano (26 dicembre 1664 – 22 gennaio 1738), Mastro di campo dell’Imperatore
Carlo VI, Colonnello.
• Giovanni Ascanio Maria (26 marzo 1700 – 1756), Generale di Fanteria, Generale
dell’Esercito Austriaco (1753), Cavaliere di Giustizia del Sovrano Militare Ordine di Malta
(26 marzo 1712).
• Giuseppe Antonio Maria (8 marzo 1710 - ), Colonnello nel I.R. Reggimento Clerici,
Colonnello dell’Esercito Austriaco.
• Francesco Maria Leopoldo (Milano 25 settembre 1748 – Milano 22 novembre 1823),
Ciambellano di S.M.R.I.A. (1770).
• Carlo Francesco (1 aprile 1784 – 8 marzo 1857), Ufficiale di ordinanza del Principe Eugenio
Napoleone ed alla battaglia di Wagram fu fatto Cavaliere della Corona di ferro (5-6 luglio
1809), Barone del Regno Italico (8 novembre 1809), Ciambellano del Regno Italico,
Aiutante di Campo del Vicerè, Cavaliere del Sovrano Militare Ordine di Malta.
• Leopoldina (1786 – Varsavia 17 febbraio 1874), già vedova del Conte Alessandro Annoni,
sposa nell’ottobre 1830 Friedrich Wilhelm Rembert von Berg (Sagnitz Estonia 27 maggio
1790 – San Pietroburgo 18 gennaio 1874) Governatore Generale della Finlandia, Generale
Russo membro del consiglio dell'impero russo, Comandante in capo delle truppe russe in
Polonia (1868). Leopoldina ha contribuito a fondare la parrocchia di Helsinki nel 1856
(vedere Wikipedia inglese en:Roman Catholicism in Finland).
• Giovanni Ascanio Antonio Cesare (Milano 4 giugno 1790 – Milano 30 aprile 1875),
Scudiero dell’Imperatore Napoleone, Ciambellano S.M.I.R.A. e Cavaliere del Sovrano
Militare Ordine di Malta.
• Gian Pietro (24 agosto 1839 – 17 maggio 1917), Capitano nel Regio Esercito, due medaglie
d'argento al valore militare, Cavaliere d'onore e devozione e Commendatore di
giuspatronato del Sovrano Militare Ordine di Malta
• Carlo (27 maggio 1867 – 14 giugno 1928), Ingegnere, Tenente d'artiglieria nella milizia
territoriale del R.Es., Commendatore di Giuspatronato del S.M.O. di Malta.
• Alessandro (Bisuschio 9 ottobre 1911 - ) colonn. T.O. d’artigl. nella riserva, camp. A.O.I.,
1940-43, liberazione, avanz. per mer. di guerra, cav. del lavoro, cav. gr. Cr. al merito della
Repubblica, cav. gr. Cr. d’on e dev. del S.M.O. di Malta, cav. Cor. d’It., dell’Ord. dei SS.
Maur. e Lazz., Ord. Coloniale Stella d’It., comm. dell’Ord. al Mer. Melitense, dec. di 5 cr.
di guerra al mer., cr. al merito con spade d’arg. polacca, bronze star medal U.S.A., volontar.
camp. di liberazione, comb. per la libertà.
• Giampietro (Milano 4 luglio 1918 – 16 giugno 2008), cap. d’artigl. nella riserva, camp.
1940-43, camp. Liberazione, dec. med. di br., 3 cr. di guerra.
• Giovanni Ascanio (Milano 17 maggio 1883 – Milano 17 agosto 1951), maestro
compositore, comm. Cor. d’It., ten. della Croce Rossa Italiana nella guerra 1915-18.
• Giuseppe Ascanio (Roma, 29 novembre 1935 – Rio de Janeiro, 17 dicembre 1971) detto
“Bino” produttore cinematografico. Produttore esecutivo del film “C'era una volta il West”
del 1968 regia di Sergio Leone, produttore e sceneggiatore del film “I quattro dell'Ave
Maria” del 1968 regia di Giuseppe Colizzi, produttore dei film “Il prof. dott. Guido Tersilli
primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue” del 1969 regia di Luciano
Salce, “Gli intoccabili” del 1969 regia di Giuliano Montaldo, “Nell'anno del Signore” del
1969 regia di Luigi Magni, “I cannibali” del 1970 regia di Liliana Cavani.

Famiglie imparentate [modifica]


Angelantoni, Annoni, Appiani, Appiani d’Aragona, Arcimboldi, Arconati, Barbiano di Belgioioso,
Barbò, Bensoni, Berardis, Berlingieri, Bernasconi, Bertoglio, Besozzi di Arolo, Bianchi, Biffignato,
Birmingham, Boca, Bonavia, Bontignari, Borromeo d’Adda, Bossi di Azzate, Bosso, Brambilla,
Brivio, Brovelli, Browning, Caccia, Caimi, Calvi, Cartier, Castelbarco Albani Visconti Simonetta,
Castelsanpietro, Castiglioni di Masnago, Cavazzi della Somaglia, Cermelli, Cittadini, Clerici,
Corio, Crespi, Crippa, Crivelli, Crotti, d’Adda, da Rho, Dal Pozzo, de Gallitis, de Ossola, de Papiis,
de Rido della Silva, de Tolentino, del Rio, Durini, Eleizaldi, Fadini, Ferme, Ferrari, Ferraroli,
Fieschi, Foppa, Frosconi, Gallardo, Gallio, Gambaloita, Gavazzi, Ghiringhelli, Grassi di Cannobio,
Imbonati, Jacini, Landriano, Litta Modignani, Locatelli, Luini o da Luino, Malaspina, Mandelli,
Marcadero, Marliani, Marocco, Martignoni, Mazenta, Mazza, Messerati, Michelazzi, Miglio, Milost
de Mildenhausen, Moncalieri, Montecuccoli degli Erri, Moroni, Negroli, Orrigoni, Paar, Pagani,
Panceri, Passalacqua, Perabò, Pessina, Piacenza, Piantanida, Piazza, Pirovano, Porro, Pozzi, Proli,
Quadrio, Rendon, Rescalli, Riva, Romanin Jacur, San Martino di Agliè, Serponti, Sola, Tarlarini,
Terzaghi, Tisco, Tizzoni, Toeplitz de Grand Ry, Tornielli, Torriani, Tosi, Trivulzio, Ventimiglia di
Monteforte, Verri, Vico, Villa, Visconti, Visconti di Pogliano, Volpi di Misurata, von Berg, von
Daun, von Steinau, Winspeare.

Note [modifica]
1. ^ In documenti del XVIII secolo, in occasione di cooptazioni di Mozzoni nel Collegio dei
Giureconsulti di Milano, o di domande di conferma della antica loro nobiltà, si dice che i
Mozzoni del Duecento, al tempo delle lotte tra popolo e nobili, furono costretti a ritirarsi, al
pari di altre famiglie nobili, nelle loro terre dell’alto Seprio. Nel caso specifico, nella
certificazione del 9 luglio 1760 rilasciata dal segretario della Cancelleria Segreta della
Lombardia Austriaca e prefetto del Regio Archivio, si legge: Allorché i Torriani col favore
della plebe ascesero al principato della città di Milano, scacciarono, per vivere più sicuri,
quelle nobili famiglie che avevano per la potenza maggiormente sospette… Quindi i
Visconti ritiraronsi nelle Terre di Invorio, Masino e Oleggio sul Lago Maggiore…li Pusterla
a Tradate… li Bossi ad Azzate…li Castiglioni a Venegono, Lozza, Masnago ed in altri
luoghi…gli Orrigoni e Mozzoni nelle Terre del Vicariato di Varese, quella in Biumo e
questa in Bessuzio. Infatti i Torriani o Della Torre venuti dalla Valsassina a Milano nel
1240, quando Pagano fu eletto podestà, raggiunsero il culmine del loro potere, Signori di
fatto di Milano, con Napo, eletto nel 1265 a capo della fazione popolare, mentre la parte
nobiliare era stata messa al bando dal contado di Milano nel 1262 da Martino Della Torre.
2. ^ Lettera di Bernabò Visconti a Guidolo Vimercati da Cusago 23 settembre 1354.
3. ^ 1476- Novembre 4- Esenzione fino alla somma di ducati 10 d’oro sui beni posseduti nelle
terre del ducato di Milano da Agostino e Antonio fratelli Mozzoni. (Libera traduzione dal
latino). Galeazzo Maria Sforza, Visconte e Duca di Milano, conte di Pavia e di Angera,
Signore di Genova e Cremona In una delle cacce all’orso che abbiamo ultimamente fatto nel
nostro Vicariato di Varese, ci è divenuto molto caro Agostino Mozzoni del luogo di
Bisuschio dello stesso Vicariato di Varese e desideriamo beneficiarlo per le attenzioni, la
diligenza e la sollecitudine e per ripagarlo in parte di quella ferita infertagli dall’orso in
quella battuta di caccia. Per la qual cosa a tenore del presente, nel pieno dei nostri poteri,
diritti, in ogni modo e forma concediamo privilegi ed immunità ai beni del predetto
Agostino e di Antonio suo fratello, dei loro figli e discendenti, e dei discendenti dei
discendenti, situati nel vicariato di Varese o in qualsiasi altra parte del nostro dominio, in
perpetuo, a partire da oggi e sino a che durerà il nostro beneplacito li rendiamo immuni ed
esenti da dazi, imposte, imbottato, angherie, citazioni, e da qualsiasi altro onere dovuto alla
nostra Camera, o in qualunque modo da Comuni, ora ed in futuro con qualsiasi legge sia
imposto, e con qualsiasi nome venga chiamato, a meno che non vengano emanati ordini
contrari, ad eccezione degli oneri dovuti per il sale ed i dazi ordinari. Stabiliamo che
l’esenzione fatta ad essi fratelli non ecceda la somma di 10 ducati d’oro, oltre la quale
intendiamo e vogliamo che detti fratelli e discendenti siano tenuti al dovuto pagamento.
Diamo mandato ai nostri Maestri delle Entrate, al Podestà di Varese ed a tutti gli altri nostri
Ufficiali presenti e futuri a cui spetta, perché questa nostra lettera di immunità e questo
nostro intendimento osservino e facciano inviolabilmente osservare, in fede della quale
abbiamo comandato di farla registrare sotto la fede del nostro sigillo. Data a Galliate il 4
novembre 1476, segnata col sigillo ducale in cera bianca, come è consuetudine, etc. Io
Francesco; e in calce A. Jacobus. Registrata alla Camera degli Uffici Referendari del
Comune di Milano nel libro degli incanti dei dazi e deliberazioni degli anni 1475-1477 nel
foglio 202 a tergo. Così si ritrova nell’Archivio degli Illustrissimi Magistrati Camerali dello
Stato di Milano per esecuzione del Decreto, osservata la dichiarazione fatta di non usarla
contro il Regio Fisco Ducale, e per fede. Angelo Maria Brugus Regio archivista.
4. ^ appartiene a questa famiglia l’artista Giuseppe detto l’Arcimboldo (1527-1593)

Bibliografia [modifica]
• Archivio Cicogna-Mozzoni
• “il Calandari dra famiglia Bosina par ur 2003”, Varese 2002 pp. 71-82 Giampiero Buzzi e
Leonida Besozzi
• “Il Patriziato subalpino” del Barone Antonio Manno

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