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Sabine Frommel

1. Jacopo de Barbari, Venetie MD,


1500, particolare: larea dei Crociferi
con le case quattrocentesche degli Zen.

Sebastiano Serlio e il palazzo Zen a Venezia

Situato nei pressi dellospizio dei padri Crociferi,


tra il campo dei Gesuiti a est e la chiesa di Santa
Caterina a ovest, palazzo Zen doveva stupire
ogni visitatore del Cinquecento. Ledificio forma
un blocco autonomo ritmato da sequenze di finestre in parte cuspidate, come un grande gioiello,
che sembra nascondere qualche mistero orientale (ill. 6, 7). Originariamente le facciate laterali
erano dipinte ad affreschi che illustravano limportante ruolo svolto dalla famiglia nella politica
della Serenissima, e tra essi episodi della vita di
Carlo Zen, pater patriae ed esempio della virt su
cui era fondata la libertas Reipublicae1. A prima
vista il palazzo oggi appare tradizionale se non
arcaico. Ma a unosservazione pi attenta colpiscono immediatamente numerosi dettagli di
carattere spiccatamente moderno. Nei suoi
appunti redatti nel 1865 sui palazzi veneziani
Gian Jacopo Fontana sottolineava, con sguardo
perspicace e allo stesso tempo ingenuo, questo
carattere ibrido: laspetto della odierna facciata
vario, e a cos dire fantastico, perch di un
misto di architettura, parte in analogia allo stile
gotico, e parte in relazione alle riforme posteriori, di stile lombardesco, introdotte circa nel
15302. Effettivamente, la struttura tettonica in
pietra viva caratterizzata da una coerenza e da
una logica del tutto sorprendenti rispetto al linguaggio architettonico veneziano dei primi anni
Trenta del Cinquecento. E se tanti particolari
alludevano al passato degli Zen e ai loro brillanti
successi nel Levante3, il sistema architettonico, il
vocabolario e la sintassi rivelano uno stretto legame con le tendenze pi innovative del periodo.

Il committente e larchitetto: il dialogo tra Francesco


Zen e Sebastiano Serlio
Un incontro affascinante dal punto di vista
umano e fecondo artisticamente tra Sebastiano
Serlio e Francesco Zen, discendente da una famiglia di primo piano nel quadro della politica e
della cultura veneziane del tempo, allorigine
dellideazione e della costruzione del palazzo4.
Nel Sesto Libro, Serlio ricorda con nostalgia i suoi
contatti con i nobili colti della Serenissima:
citt di Vinezia, veramente Madre: patria di
tutte le nazioni: et massimamente di me: nella
quale ho dispensato buona parte di miei anni:
Tenendo di continuo comerzio con quei nobilissimi ingegni dottati di tutte le buone arti [] la
qual degna Amicizia giamai si partira dalla
memoria mia5. In palazzo Zen si fondono le idee
di un committente e le competenze di un architetto6 un dialogo che caratterizza alcuni dei progetti ed edifici pi importanti del Rinascimento.
Per capire in che modo si articolato il dialogo tra Francesco Zen e Sebastiano Serlio durante lideazione e la costruzione del palazzo, bisogna ricordare alcuni fatti rivelatori. Nel suo viaggio a Costantinopoli Francesco Zen mostr
grandissimo interesse per larchitettura e per gli
aspetti tecnici, costruttivi ed estetici non solo di
Santa Sofia tanto che egli fu tra i pochissimi
europei del suo tempo ad averne accesso ma
anche delle rovine classiche e dellarchitettura
islamico-ottomana7. Nella premessa del suo
Quarto Libro Serlio loda le competenze straordinarie di Francesco Zen come conoscitore dellarte architettonica e progettista dilettante: Potremo accopiar con questi molti gentilhomini de la
nobilit, che non pur si dilettano, ma fanno di
quellarte quanti i migliori maestri, come messer Gabriel Vendramino, messer Marcantonio
Michele, e messer Francesco Zen, e molti altri
che del continuo hanno in opere qualche diligente maestro particulare, a comodo loro e ad
universale ornamento del la terra. Nel suo
testamento dellagosto 1538 Francesco rivelava
quanto gli stesse a cuore il suo ruolo di architetto-dilettante e il rapporto con Sebastiano, dal
quale voleva essere accompagnato alla tomba
assieme al capomastro Innocenzo Lombardo:
vogli[a] esser portato per maestranza tra mureri, marangoni et taiapieri acompagnado per i do
testimoni infrascripti [] Nozenzo lombardo

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2. Case Zen in fondamenta Santa Caterina,


disegno sommario di natura patrimoniale,
circa 1560 (Biblioteca Museo Correr,
Venezia, Mss.P.D.c 1004/95).
3. Palazzo Zen, planimetria (Atlante di
Venezia, a cura di E. Salzano, Venezia
1989).
4. Palazzo Zen, pianta (G. Cristinelli,
Cannaregio: un sestiere di Venezia,
Roma 1987).
5. Palazzo Zen, restituzione schematica
della pianta del piano nobile con indicazione
della collocazione dei portali del piano terra
(A, B, C, D) (disegno
di Friedericke Michalek).

murer [] e Sebastiano Serlio8. Sembra che la


sua passione per larchitettura fosse gi stata
condivisa dai suoi avi e parenti: lo stemma gentilizio sulla facciata del palazzo accompagnato,
oltre che dal timone di una galera, dal lauro e
dalla palma, anche dal compasso dellarchitetto9.
Serlio si era trasferito a Venezia nel 1527-28,
dopo aver studiato a Roma larchitettura antica
e moderna presso il suo maestro Baldassarre
Peruzzi10. A Venezia il linguaggio del Rinascimento non era ancora bene consolidato e Sebastiano godeva di grande reputazione e prestigio,
come uno dei pochi esperti del nuovo vocabolario. Il suo soggiorno nella Serenissima fino al
1541 coincide infatti con una svolta nella disciplina architettonica, svolta alla quale egli, accanto a Jacopo Sansovino, dette un contributo
sostanziale. I suoi consigli furono cercati e
apprezzati dalla Serenissima. Grazie allamicizia

con umanisti come Giulio Camillo Delminio e


Pietro Aretino, con artisti come Lorenzo Lotto,
Tiziano e Jacopo Sansovino, e rappresentanti
dotti del mondo diplomatico come Gian Giacomo Leonardi, ambasciatore di Francesco Maria
della Rovere a Venezia, e degli ambasciatori
francesi Lazare de Baf, Georges dArmagnac e
Georges Pellicier, Sebastiano ebbe accesso ai
circoli pi esclusivi della vita intellettuale, culturale e politica di Venezia. Illustri personaggi
come Pietro Bembo, Marcantonio Michiel,
Marco Grimani, Giangiorgio Trissino e Alvise
Cornaro apprezzavano la sua frequentazione11.
Nella sua casa, intorno a Francesca Palladia, la
sua giovane e affascinante moglie, egli stesso
riuniva un circolo di eruditi.
Appena arrivato a Venezia, Serlio si era concentrato sul trattato che doveva renderlo poi
famoso. In questo progetto ambizioso, ispirato

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6. Venezia, palazzo Zen: incisione


ottocentesca.

al suo maestro Peruzzi, dovevano confluire tutti


i suoi studi e le sue esperienze. Il Quarto Libro
dedicato agli ordini fu pubblicato nel 1537 da
Francesco Marcolini, editore di cui sono documentati stretti rapporti tanto con gli Zen12,
quanto con Ercole II, duca di Ferrara, che finanzi la pubblicazione13. Perfino il trasferimento di
Sebastiano dalla sua prima residenza in contrada
di Santa Giustina in casa Priuli, parenti degli
Zen, alla fondamenta Santa Caterina e cio nelle
immediate vicinanze del palazzo patrizio, si spiega con la sua familiarit con gli Zen14. Un appassionato di architettura come Francesco doveva
seguire le ricerche del suo amico Sebastiano con
grande attenzione e trarne profitto per i suoi
pensieri architettonici.
Palazzo Zen costituisce un episodio centrale
che aiuta a comprendere in che modo larchitettura allantica si sia introdotta nella prassi edilizia veneziana. Manfredo Tafuri e Ennio Concina15, riconoscendo limportanza del rapporto tra
committente e architetto, hanno sottolineato
come la progettazione del palazzo rappresentasse un caso esemplare allinterno di questa storia.
Rimane tuttavia ancora da scoprire il reale coinvolgimento serliano nelle scelte prettamente
architettoniche.
Lattribuzione dellopera al committente
fondata in primo luogo sul testamento del padre
Pietro Zen del 1538, in cui egli chiede ai figli di
rispettare il primitivo progetto di Francesco per
la costruzione del palazzo familiare e di seguire i
consigli di Serlio per eventuali modifiche dellinterno: le mie case che fabrico ali Crosechieri
voglio le siano compide al desengo che feze el
quondam messer francesco sopra la faz; dele
parti son dentro et dornamenti, faza mie fioli
come li piaze, et mi laudo far la opinion de messer Bastianello16. Esisteva quindi un disegno
vero e proprio di mano di Francesco. Il problema
capire fino a che livello di dettaglio questo
giungesse e non sappiamo fino a che punto esso
determin la facciata (faz) e la distribuzione

interna del palazzo e se corrispondesse a unidea


approssimativa o a un programma preciso. Un
disegno di mano di Francesco avrebbe dovuto
rassomigliare agli schizzi schematici di altri dilettanti di architettura come Giangiorgio Trissino o
Lorenzo de Medici17. Trattandosi dellunica
impresa di portata considerevole nella quale
interveniva Francesco, un paragone con altre operazioni, che potrebbe rivelare le sue preferenze
estetiche, impossibile. Nonostante il suo carattere tradizionale, il palazzo impregnato di
invenzioni raffinate che riflettono una specie di
compromesso tra il linguaggio vitruviano di Serlio e la tradizione locale. Non a caso Serlio si
occuper, nel suo Settimo Libro, degli accidenti
e cio di adeguamenti, di trasformazioni e di
integrazioni di edifici esistenti come nel caso di
palazzo Zen (ill. 27). Questi indizi fanno pensare
che la responsabilit di Serlio sia stata pi importante di quanto supposto a partire dalle fonti
finora analizzate. Fino a che punto questo palazzo ordinato sul modello di Francesco Zen18
corrispondeva a un progetto di Serlio sviluppato
sulla base di indicazioni preliminari del committente? Per comprendere il ruolo svolto dallarchitetto bolognese nellideazione e nella realizzazione della casa degli Zen dunque indispensabile analizzare il linguaggio architettonico delledificio e indagare il rapporto con le regole, le
forme e le esperienze architettoniche di Serlio.

Il blocco edilizio e la sua organizzazione interna


Palazzo Zen deve la sua forma a una ristrutturazione articolata in fasi successive che iniziarono
probabilmente, come si vedr pi tardi, nella
seconda met del Quattrocento. Ledificio configura un blocco autonomo, con una lunghissima
facciata principale di circa 50 metri rivolta sul
rio di Santa Caterina (ill. 6, 7). Avvicinandosi da
sud attraverso il ponte e scendendo i gradini
verso il campo dei Gesuiti, il visitatore vede
apparire di spigolo il suo volume. Tra ledificio e
il rio le fondamenta perfettamente dritte e non

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7. Palazzo Zen, facciata vista dal ponte


dei Gesuiti.
8. Palazzo Zen, rilievo della parete della
facciata principale (disegno di Friedericke
Michalek).

molto larghe potrebbero essere legate al progetto del palazzo (ill. 3)19. Il palazzo rivolge il fronte posteriore verso corte delle Candele, una
piazzetta rettangolare la cui larghezza equivale
circa alla met della larghezza complessiva del
palazzo. Questo spazio comunica con il Campo
dei Gesuiti tramite un sottoportego, un lungo
e stretto passaggio parzialmente coperto. La
facciata occidentale era prospiciente un orto
adiacente una calle (ill. 2, 12).
Il fronte principale scandito da quattro portali (A, B, C, D) che rispondono ancora
alla suddivisione originaria in quattro unit abitative previste per il capofamiglia e per tre figli (ill.
3, 4)20. Secondo un sommario disegno cinquecentesco, per, le due porte centrali corrispondevano alla casa de M. Vincenzo Zen21, mentre
quella situata allestremit est, abitata originariamente da Pietro, doveva appartenere ora a Caterino (ill. 2). Infatti un maestro Antonio muratore,

che aveva lavorato nel cantiere, durante unudienza in sede giudiziaria del 9 dicembre 1566,
gettando luce sui nuovi accordi, testimonier che:
li detti Zen vivendo M.Francesco volevano far 4
case, et fu fatto il modello per 4 et venne a morte
M.Francesco et fu ritirato in 3 case22. Dopo la
morte di Francesco dunque, nellestate del 1538,
e quella del padre, avvenuta un anno dopo, il cantiere era quindi troppo avanzato per modificare
fondamentalmente lorganizzazione interna del
palazzo. Cos i tre eredi dovettero dividersi loriginario sistema a quattro unit: Vincenzo, il primogenito, prese le due unit centrali e formalmente pi definite, mentre Caterino, successore
di Pietro come ambasciatore nel Levante, eredit
la casa orientale del padre. La casa occidentale
infine doveva essere assegnata forse a Giovan
Battista Zen. Questa nuova ripartizione fu articolata in modo irregolare: i proprietari delle case
orientali e occidentali disponevano probabilmente di tre unit, mentre quella centrale era composta solo da due23 (ill. 5).
La struttura in parte irregolare rivela che
alcuni muri preesistenti condizionarono il sistema interno (ill. 4, 5). Il palazzo composto da
otto comparti paralleli di taglio lungo e stretto,
che a due a due originariamente corrispondevano a ognuna delle quattro abitazioni. Larchitetto sembra aver adeguato abilmente le pareti
intermedie ai tre muri precedenti, facilmente
riconoscibili dallallineamento irregolare: quello
che separa i due comparti della casa orientale,
quello che delimita la terza unit occidentale,
costeggiando un cortile rettangolare, e quello
posteriore verso corte delle Candele. Le antiche
casette, situate nella zona posteriore del palazzo,
individuabili nella veduta prospettica di Jacopo
de Barbari, sono riconoscibili dal taglio irregolare e rimangono fuori dal sistema geometrico
della ristrutturazione (ill. 1, 5). Tre cortili interni (poco pi che cavedi), integrati irregolarmente nella fabbrica, garantiscono unilluminazione
sufficiente agli ambienti centrali del palazzo (ill.
5). Quelli pi grandi nella parte retrostante sembrano risalire allassetto precedente. Il piccolo
cortile quadrato dislocato nella porzione anteriore del palazzo forse posto sul terreno di
quello che doveva essere il giardino dellantica
casa di Pietro fa invece ovviamente parte della
ristrutturazione. Esso d luce a due oscuri porteghi, secondo la prescrizione del Sesto Libro di
Serlio: et se la casa sara troppo longa farano
[] una corticella per dar luce al portico24.
Tuttavia la scelta di quattro unit doppie, e cio
di otto comparti, non era legata alle strutture
preesistenti e corrispondeva, con grande probabilit, a una direttiva del committente. Tale scelta di organizzare il palazzo come sequenza di
case in serie, riflette una mentalit giuridica spiccatamente democratica e fondamentalmente

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9. Palazzo Zen, facciata della sala con triade.


10. Palazzo Zen, spigolo.

diversa per esempio dal tradizionale fidecommesso adottato a Firenze o a Roma, dove il primogenito era sempre lerede universale.
I muri irregolari delle antiche case, le modifiche intervenute durante la costruzione, le
diverse istanze dei singoli proprietari e le trasformazioni delle generazioni seguenti, rendono
problematica la restituzione esatta dellorganismo originario. Tuttavia si possono distinguere
approssimativamente le linee principali del
sistema distributivo cinquecentesco (ill. 4, 5).
Per quanto riguarda le due case situate alle
estremit del palazzo, il loro portale (A, D)
apre su un atrio passante lungo, stretto e buio.
Nel palazzo orientale il muro posteriore dellatrio dal quale si accedeva a uno scalone illuminato da est25 si conclude con una serliana (ill.
25). La prima rampa raggiunge il primo piano
posto sopra magazzini ricavati a un livello notevolmente ribassato rispetto alla fondamenta e
allatrio passante. Al piano nobile la sala apre con
tre finestre sulla facciata principale, la triade,
composta da due archi cuspidati che fiancheggiano un arco a tutto sesto26 un sistema che
permetteva di dissimulare abilmente le larghezze disuguali delle singole unit con muri intermedi (ill. 7, 9). I due portali nel centro della fabbrica (B, C) si aprono invece su due porteghi adiacenti (ill. 5). La distribuzione deve
essere stata pi o meno analoga a quella delle
case di testata: dallatrio passante si accedeva
allo scalone le cui rampe dovevano essere collo-

cate accanto ai due cortili (lunico modo di illuminare una tale gabbia) e del quale oggi non
rimane traccia. Secondo il progetto originario,
nel piano nobile ai due porteghi dovevano corrispondere due sale. Probabilmente la sala occidentale fu divisa in stanze quando un solo proprietario disponeva della casa. I singoli appartamenti erano spaziosi, con camere ai lati della
sala, mentre altre stanze pi piccole erano sistemate verso corte delle Candele e ai lati degli scaloni. Un piano mezzanino completava lorganismo interno di ogni casa.
Allinterno, solo pochi elementi risalgono al
tempo della costruzione del palazzo. Indubbiamente autentica la serliana che si apre nella
parete posteriore del portego della casa sul
lato orientale (A), quella di Pietro Zen (ill. 25),
nella quale colonne doriche reggono unarcata di
profilo astratto e nelle campate laterali sostengono un architrave a tre fasce. Questo sistema
segue la tradizione di cortili romani come quello
del progetto raffaellesco per la sua casa in via
Giulia o di palazzo Regis ai Baullari27. Ancora nel
suo Settimo Libro, Serlio dovette utilizzare soluzioni di questo tipo per conferire unit al formato allungato di un cortile per Lione28.
Nel cortile adiacente a questo portego si
sono conservati resti di membrature architettoniche in laterizio. possibile che le propriet degli
Zen si spingessero fino a tutta la corte retrostante, tuttavia lo stato frammentario di questi elementi non permette una restituzione complessi-

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11. Palazzo Zen, facciata orientale.

va. Sembra che anche al piano superiore si


dovesse aprire una serliana: una colonna a tre
quarti di ordine toscaneggiante o dorico regge
un tratto di trabeazione che potrebbe aver sorretto un arco (ill. 26). Le campate chiuse potrebbero essere state ritmate da nicchie come quella
ancora conservata allestremit della parete.
Lo scalone della parte occidentale conservato nella sua forma originale. Poich si tratta
dellultima fase del cantiere, dovrebbe essere
stato realizzato verso linizio degli anni Cinquanta da un maestro locale. Non da escludere che egli si sia appoggiato al progetto di Serlio, ma le forme grossolane e licenziose rivelano le difficolt di interpretazione del vocabolario classico. Al primo piano il pianerottolo
comunicava direttamente con la sala tramite due
arcate, una disposizione che potrebbe risalire al
progetto originario29. Lo scalone nella parte
orientale, lantica casa di Pietro Zen, stato
modificato, mentre di quelli nel centro non
rimangono vestigia. Negli appartamenti solo
alcune porte delle stanze dellantica casa di Pietro Zen con architrave a due fasce, fregio e cornice sembrano autentiche.

Le facciate
La parete in mattoni di piccolo taglio originariamente rivestiti da uno strato di intonaco chiaro (ill. 7, 9). I membri strutturanti pilastri,
colonnette, archi, incorniciature, architravi,
cornici e profili sono realizzati in pietra dIstria. Il ritmo delle finestre rivela gi la funzione e la gerarchia degli ambienti interni. Mentre

le quattro sale si distendono alle spalle delle


triadi di finestre oggi facilmente riconoscibili
dai balconi ciascuna delle stanze adiacenti
fornita di due finestre con arco a tutto sesto
separate da un arco cieco cuspidato, che delineano un ritmo inverso a quello delle sale30.
Ogni sala comunicava quindi con una camera
spaziosa di taglio rettangolare orientata verso le
fondamenta (ill. 5). Per le abitazioni situate
allestremit, queste camere prendevano luce da
due lati: la distanza delle finestre dallangolo
uguale, secondo una disposizione corrispondente in egual misura alla tradizione romana e a
quella veneziana (ill. 10).
Larchitetto nasconde virtuosisticamente la
sequenza monotona delle quattro case a schiera in
un vero crescendo gerarchico (ill. 5, 6, 7, 8). La
facciata sporge leggermente in corrispondenza
delle due sale centrali, formando un avancorpo,
che, sfruttando la straordinaria luminosit lagunare e lorientamento a sud, mette in evidenza il
sottile gioco di luci e ombre delle modanature (ill.
8). Questo risalto, che comprende i due portali al
piano terra e due triadi di finestre al piano nobile,
viene fiancheggiato a ogni lato da due campate
leggermente arretrate. Esse corrispondono alle
stanze adiacenti alle sale, tutte e due articolate da
triadi con larcata centrale cieca. Ai due lati di
questo motivo centrale a doppio risalto, la parete
retrocede unaltra volta in tre campate per ciascun
lato, per avanzare poi di nuovo nei due avancorpi
angolari. I balconi, aggiunti in un secondo
momento tra lavancorpo centrale e quelli angolari, attenuano sensibilmente leffetto accurata-

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12. Palazzo Zen, facciata occidentale


(foto Vitale Zanchettin).
13. Palazzo Zen, facciata retrostante.

mente calcolato di queste alternate, sottili rientranze. Grazie al doppio aggetto, il centro della
facciata domina in modo incontrastato, mentre il
ritmo si allenta nelle campate adiacenti e in quelle dei due avancorpi angolari, dove larcata centrale cieca. Il predominio dellavancorpo centrale rispetto agli avancorpi angolari ricorda lantica
tradizione dei palazzi veneziani con ampie superfici murarie cieche tra lasse centrale traforato e le
finestre laterali31. Le campate dei settori pi esterni continuano simmetricamente nelle facciate
laterali, senza aggetto della parete (ill. 7, 10).
Attraverso tali leggere variazioni sottolineato il centro delledificio, il che contraddice
per la disposizione interna delle quattro case
individuali un indizio che allarchitetto importavano pi il gesto e il linguaggio architettonico
che non la verit strutturale32. Durante il suo
soggiorno a Roma Serlio aveva potuto studiare
facciate simili. Nel palazzo della Cancelleria gli
avancorpi angolari sporgono solo leggermente,
sottolineando il loro ruolo di torri urbane33,
ma ancora pi vicino il palazzo Adimari, dove
Giulio Romano accentuava non solo le campate
angolari ma anche il centro, con le finestre della
sala grande34. Questo sistema fu elaborato da
Girolamo Genga dopo il 1529 nel cortile di villa
Imperiale a Pesaro dove i rilievi sottilissimi
distinguono il centro con la loggia e le estremit della facciata (ill. 28). Serlio elogia con
entusiasmo le opere che Girolamo fece a Pesaro
per Francesco Maria della Rovere35 ed egli doveva conoscere approfonditamente villa Imperiale,
in quanto era stato incaricato nel 1531 di dise-

gnare una fontana per il suo giardino36. Distinguendo lavancorpo di palazzo Zen con due
risalti, Serlio contribu ancora notevolmente a
questa gerarchizzazione delle facciate (ill. 8).
Sul fronte nord, un simile avancorpo di quattro campate guarda la piazzetta della corte delle
Candele, in cui le pareti arretrate ai lati sono
scandite da tre finestre (ill. 13). Mentre a destra
la parete arretra come nel fronte principale, a
sinistra il passaggio verso lattuale campo dei
Gesuiti impedisce una rientranza analoga. Tuttavia lavancorpo centrale sfalsato rispetto alla
facciata verso le fondamenta. Questo rapporto
diretto tra facciata e piazzetta rivela uno straordinario senso scenografico, pi realisticamente
attribuibile a un maestro a conoscenza delle
ultime innovazioni dellarchitettura rinascimentale come Sebastiano Serlio, che non a Francesco Zen. Allo stesso tempo, il carattere lieve e
sottile del rilievo, che intelligibile quasi solo
allocchio esperto, rivela un artista di non prorompente vitalit, come testimoniano anche gli
altri edifici di Serlio37. Daltro canto gi unincisione ottocentesca aveva colto perfettamente il
gioco sofisticato delle sporgenze e delle rientranze, rendendole graficamente pi visibili e
leggibili e dislocando palazzo Zen nel Canal
Grande per conferire maggiore rilievo alla fabbrica (ill. 6).
Anche la sequenza verticale della facciata
testimonia una grande familiarit con i princip
del Rinascimento romano: il piano terra caratterizzato da un seminterrato le cui finestre rettangolari, concluse da una trabeazione tripartita,

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14. Palazzo Zen, dettaglio del portale


dellavancorpo centrale (secondo orientale,
B).
15. Palazzo Zen, portale dellavancorpo
centrale (foto Vitale Zanchettin).

sono legate verticalmente a quelle del piano


nobile (ill. 7). Questultimo distinto come tale
dalla sua maggiore altezza e da un linguaggio pi
ricco e variato. Coronato da una semplice cornice, il piano nobile sembra saldarsi con il mezzanino, dando cos luogo a un piano ancora pi
predominante. Questa gerarchia si riallaccia a
prototipi romani, come palazzo Branconio dellAquila, dove Raffaello aveva distinto virtuosisticamente un piano terra subordinato e un
piano che assieme ai due mezzanini sovrastanti
formava un imponente piano nobile38.
Gli spigoli della facciata sono accentuati da
snelle colonnette angolari, con capitelli fitomorfici di carattere gotico, incluse nellangolo,
probabilmente spoglie della casa antica, che
dovevano testimoniare la lunga tradizione della
famiglia (ill. 10, 21) e che diventano una sorta di
leitmotiv nellarticolazione del pian terreno
accentuando in modo discreto e persuasivo le
sporgenze e le rientranze. Altri piedritti sono
leggermente sfaccettati e accompagnano landamento verticale delle finestre, comprendendo
laltezza complessiva del piano terra (ill. 22): lapertura rettangolare del sotterraneo legata,
tramite fasce piatte delimitate da due profili
sporgenti, al parapetto della finestra principale
(ill. 7, 20). Sopra la finestra la trabeazione sporge in avanti, sottolineando lo slancio ascendente della campata finestrata. Il dettaglio architettonico caratterizzato da una nitida chiarezza

strutturale: i piedritti sorreggono laggetto. Il


motivo delle semicolonne che fiancheggiano
linquadratura della porta sembra ispirato al
progetto michelangiolesco per la porta della
Biblioteca Laurenziana39. Forse Serlio conosceva anche alcuni sistemi del tardo gotico, come il
portale della cappella Strozzi in Santa Trnita a
Firenze, dove Ghiberti aveva incorniciato larcata con snelle colonnette che reggono un fregio40. Allo stesso tempo le finestre di palazzo
Zen ricordano le edicole del Pantheon collegate da una trabeazione continua che Raffaello
aveva ripreso nel palazzo Branconio dellAquila
e che lo stesso Serlio deve aver riprodotto nel
suo Terzo Libro del 154041. Se larticolazione del
piano terra caratterizzata da una logica tettonica e da una grande accuratezza, le colonnette
rappresentano un richiamo al genius loci e
aggiungono una dimensione poetica.
Le finestre del piano nobile si alzano su un
parapetto le cui fasce laterali lisce sono ornate da
rosette (ill. 15, 17). Pilastri reggono gli archi,
che si innestano su unimposta con modanatura
sobria. Per sottolineare la continuit verticale
del sistema, un profilo sottilissimo collega limposta con la cornice aggettante sopra le arcate,
motivo gi noto al Medioevo veneziano42. Larco
cuspidato culmina in un concio di chiave a glifi
(chiara allusione al dorico), sovrastato da un
altro risalto aggettante. Solo dopo il 1520 Giulio Romano, Peruzzi e Michelangelo avevano

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16. Restituzione schematica della porta


ionica di palazzo Zen secondo il progetto
originario di Sebastiano Serlio.

cominciato a usare forme antiche fuori contesto


come i triglifi e i chiodi nel fregio dorico altro
argomento importante per lattribuzione a
unartista con esperienze romane. Questo dettaglio cos singolare avr successo ancora nel Seicento, come attestano le edicole di Bernini nella
facciata occidentale di palazzo Barberini43. La
mensola che pende discretamente dallintradosso
dellarco cuspidato di palazzo Zen un altro dettaglio di grande originalit. Grazie alla doppia
sporgenza della cornice, gli archi cuspidati si
distinguono chiaramente dagli archi a tutto sesto
incoronati da una cornice a semplice ghiera (ill.
17). Questo dettaglio, che da pi risalto alle triadi finestrate delle sale, rivela larchitetto che
cerca la coerenza strutturale: in un tale sistema
gli archi corrispondono allarchitrave, la chiave
triglifata rappresenta la cornice.
Il dinamismo ascendente del piano nobile
continua nel piano mezzanino, grazie ai parapetti leggermente sporgenti anche questo un
motivo che risale a palazzi romani come la Cancelleria e tiene conto della distanza crescente del
punto di vista. Come negli altri piani larchitrave
aggetta sopra le piccole finestre del mezzanino44.
Mensole snelle ed eleganti ornano il fregio del
cornicione e sono accuratamente distribuite
sugli spigoli dei risalti e sulla larghezza delle
finestre, accentuando, ancora una volta, le linee
verticali. Il predominio del movimento verticale
a palazzo Zen si spiega con la tradizione locale
veneziana, cos spiccatamente diversa dalla predilezione degli architetti romani per un rapporto
equilibrato tra forze orizzontali e verticali, tra
peso e sostegno.
Nelle facciate laterali, che sono molto pi
irregolari, il sistema semplificato e abbreviato.
Per rafforzare la campata angolare e armonizzarla con quella di facciata, la finestra articolata come nel fronte principale (ill. 10, 20). Nelle
altre campate la trabeazione tripartita del piano

terra, il profilo superiore del parapetto delle


finestre del primo piano, larchitrave della cornice principale vengono semplificate in profili
piatti e sobri, che garantiscono la continuit e
dai quali sporgono gli aggetti (ill. 12). Tanto la
gerarchia delle diverse facciate quanto la riduzione delle cornici delle facciate secondarie a
nastri piatti erano state prefigurate nel palazzo
della Cancelleria e nei palazzi della cerchia di
Bramante, come il palazzo Ferratini di Amelia45,
un principio che anche Sansovino adotter a
villa Garzoni46.
Le pareti mostrano numerose modifiche e
aggiunte posteriori, tra le quali il portale tuscanico sul campo dei Gesuiti, il cui vocabolario
grossolano denuncia chiaramente il suo inserimento in un secondo momento47 (ill. 11). La facciata retrostante la pi austera, e le sue finestre
irregolari sembrano il risultato di interventi successivi che hanno completamente cambiato il
carattere originale (ill. 13). In nessunaltra parte
del palazzo le idee individuali dei singoli committenti hanno lasciato tante tracce.
I due portali dellavancorpo centrale della
facciata principale (B, C) rivelano un eccellente conoscitore degli ordini vitruviani48 (ill.
14, 15, 18). Prima dellaggiunta dei balconi, essi
seguivano la gerarchia della facciata: i due portali rappresentavano eleganti porte ioniche,
mentre quelle esterne erano pi semplici (ill.
19). La loro forte differenziazione viene sottolineata dalle finestre della cantina: quelle che
fiancheggiano le porte ioniche sono aperte,
quelle delle porte laterali invece murate. Grazie
a questo dettaglio, le campate arretrate si
distinguono in modo ancora pi spiccato da
quelle sporgenti.
Nelle due porte ioniche, allarchitrave a due
fasce segue un alto fregio ornato da foglie (ill.
14, 15, 16): modonati con folgie a ricurva di
eccellente scapello49. Le due mensole arrivano
fino al vano dellapertura altro elemento caratteristico della porta ionica e originariamente
reggevano la cornice che toccava larchitrave
(ill. 16). La voluta superiore viene in buona
parte coperta da una foglia dacanto e si riduce a
uno spessore sottilissimo prima di formare la
voluta inferiore, sotto la quale esce unaltra carnosa foglia dacanto (ill. 14). Questa forma si
riallaccia al modello antico della porta del tempio della Fortuna a Palestrina, come illustrata
nel Quarto Libro di Serlio50. Le mensole ovviamente godevano di una grande ammirazione a
Venezia: molto lodate sono alcune mensole,
sorreggenti i poggiuli, e glintagli delle porte; e
si gli uni che gli altri prendosi di continuo a
modello da chi studia lornato51.
Le mensole che reggono i balconi somigliano
ai modiglioni degli archi trionfali, anchessi
decorati da una foglia dacanto, mentre un moti-

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17. Palazzo Zen, facciata principale,


portale laterale.
18. Palazzo Zen, dettaglio del portale
dellavancorpo centrale.
19. Palazzo Zen, dettaglio del portale laterale.

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20. Palazzo Zen, finestra della facciata


occidentale (foto Vitale Zanchettin).
21. Palazzo Zen, dettaglio con elementi
gotici.

vo vegetale stilizzato accentua il loro profilo (ill.


14)52. Anche le mensole che sostengono i davanzali delle finestre del piano terra sono disegnate
con grande cura: dalla semplice voluta escono
foglie astratte sovrapposte a scaglia (ill. 22, 23).
I parapetti di queste finestre erano ornati da
bassorilievi; quello a sinistra della porta occidentale del risalto centrale, ad esempio, mostra
due maschere a bocca aperta inserite in due file
di corone (ill. 23). I numerosi elementi scultorei
conferiscono vita e plasticit a questa facciata
scarna e un po austera.
Il dettaglio della balaustra dei poggioli
perfettamente adeguato allarticolazione della
facciata (ill. 14, 15). I quattro pilastrini sono
rispondenti alle fasce dei parapetti delle finestre
e aggettano leggermente dai balconi. Come
nelle fabbriche veneziane di Jacopo Sansovino,
amico strettissimo di Serlio53, il centro dei
balaustri viene sottolineato da un dado creando
cos un piacevole contrasto tra linee curve ed
elementi squadrati54. Anche gli ornamenti sotto
le cornici e i balconi rivelano grande accuratezza in ogni minimo dettaglio (ill. 18, 19). Rose
circondate da un cerchio si alternano a cartocci
di forma talvolta ovale bombata, talvolta rettangolare oppure delineando i contorni di uno
stemma. Grazie a Baldassarre Peruzzi, uno dei
primi a utilizzare i cartocci, Serlio ne aveva
dimestichezza e li aveva sperimentati nel suo
Quarto Libro55.
Secondo Ridolfi, Schiavone e il giovane Tin-

toretto avevano decorato lesterno di palazzo


Zen56. Pietro Zen aveva deciso di affrescare la
parete con questi episodi della vita di Carlo Zen:
sopra le mie case [] depenti tutti i fati
notabili del quondam messer Carlo Zen, che
fece per la Reppublica57. Questo ciclo pittorico
era destinato a celebrare il prestigio della casa e
il suo ruolo politico importante. Tintoretto
avrebbe dipinto in un canto di sommit la figura di una donna distesa; e dopo qualche tempo
oper da se verso il campo la conversione di San
Paolo, con molte figure, delle quali appena
appariscono i vestigi58. Altri affreschi dovevano
rappresentare Nettuno col tridente sopra un
Delfino, con lunga barba e scomposte chiome, e
il Dio guerriero, e due ben coloriti Tritoni59.
Ovviamente queste decorazioni si concentrarono sulla facciata orientale, gi finita verso il
1540 e su quella occidentale, con le loro larghe
superfici murarie, mentre la densa sequenza di
finestre della facciata principale, completata
solo verso il 1555, offriva poco spazio. Bassorilievi sotto la cornice del pianterreno, dove
accanto a torri o porte urbiche stanno carri,
cammelli e palmeti, alludono, con ogni probabilit, alle missioni degli Zen nel Levante60.
Lanalisi delle diverse parti del palazzo permette di confrontare la sua struttura con le scelte prettamente architettoniche in esso realizzate, per cercare di distinguere con un certo margine di probabilit le responsabilit dellarchitetto. In primo luogo la presenza di un piano

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22. Palazzo Zen, dettaglio di una mensola


del pian terreno.
23. Palazzo Zen, dettaglio di una mensola
del pian terreno.
24. Palazzo Zen, dettaglio del portale
orientale con le iniziali PZ (foto Vitale
Zanchettin).

interrato, caratteristica del tutto eccezionale nel


panorama delledilizia veneziana per ovvi motivi legati alla presenza dellacqua, porta con s
conseguenze del tutto inaspettate. La realizzazione di un livello posto a oltre ottanta centimetri al di sotto dellattuale quota della fondamenta, consente di sovrapporre alle piccole
finestre inferiori quelle pi grandi del primo
piano abitabile sostenute da mensole. Si realizza in questo modo un accostamento diffuso nelledilizia romana sin dalla fine del Quattrocento, ma formulato con chiarezza esemplare in
palazzo Farnese.
Sia nella sua opera architettonica che nei
trattati Serlio si sofferma sullopportunit di
realizzare un piano inferiore di aerazione,
riprendendo in questo raccomandazioni gi
espresse da Alberti.
Al di sopra di questi due livelli inferiori sono
costruiti il piano nobile e un mezzanino, cosicch il palazzo si presenta con unaltezza limitata
se confrontata con il suo sviluppo orizzontale.
Tale altezza contenuta anche se confrontiamo
il palazzo con il contesto allinterno del quale
esso inserito: sul lato opposto del canale oltre
il ponte le case della confraternita della Misericordia, costruite intorno al 1494, raggiungevano
gi unaltezza notevolmente superiore.

Appunti sulla cronologia


Dato che il palazzo il risultato di fasi successive che si conclusero non prima degli anni Sessanta, necessario chiarire in che modo e fino a
che punto esso sia riconducibile alla responsabilit di Serlio. Gi prima del Cinquecento gli
Zen possedevano una residenza sulla fondamenta composta duna casa da statio con cortile e orto. Pu darsi che attorno al 1466 fosse
stato attuato qualche intervento61, ma solo nel
1509 Pietro di Caterino laveva ampliata, acquistando un paio di case contigue e cominciando
forse gi un progetto di rifacimento. I primi
lavori sono per documentati soltanto ventanni pi tardi. Nel 1533 furono preparati gli
interventi per rinnovare la parte orientale della
facciata: misure tolte il la contr de Santo
Apostolo sula fondamenta di S. Cattarina dove
intende far de novo, el Magnifico S. Pietro Zen
parte de una faza dela sua caxa62. Questi primi
lavori coincidono con il ritorno di Pietro Zen
dalla fortunata missione degli anni 1531-33
come oratore veneziano alla corte ottomana di
Costantinopoli63. Questo successo aument
considerevolmente il prestigio e lorgoglio della
famiglia: Pietro divenne oggetto della stima
personale del grande Solimano come risulta da
una famosa lettera64.

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25. Palazzo Zen, serliana del portego


orientale (foto Vitale Zanchettin).
26. Palazzo Zen, serliana nel cortiletto
della casa orientale (foto Vitale Zanchettin).

I lavori iniziarono allestremit orientale


della fabbrica, allangolo tra lattuale campo dei
Gesuiti e le fondamenta di Santa Caterina A
(ill. 5). La veduta prospettica di Jacopo de Barbari del 1500 mostra una casa alta e compatta,
rivolta verso il futuro campo dei Gesuiti (ill. 1).
Verso le fondamenta e il canale ledificio si
estende in unarea bassa e recintata, forse un
giardino. La parte occidentale del terreno
occupata da case di dimensioni diverse e pi
distanti dal rio Santa Caterina. Dalle misurazioni del 1533 risulta che la casa orientale corrispondeva a una larghezza di 4 passi e cio di
circa 6,95 metri: et prima mexurando ala
banda verso Santa Cattarina al canton resta in
pie fo trovada larga dicta fondamenta sopra
canal passa do, quarte tre de pe men mexo dido;
ittem mexurando da laltro canton verso el
ponte trovando la mexura stessa lontan dala
prima pasa 4 fo trovada larga dicta fondamenta
passa do quarte 3 de pe men mezo dedo65. Dato
che le fondamenta erano perfettamente dritte e
corrispondevano gi allora a un po meno di due
passi e di piede (= 3,70 metri ca)66, gi prima del
1533 sembra che Pietro abbia ampliato la sua
casa verso il rio. In ogni caso lallineamento
della facciata laterale di questa casa vecchia
costituir un fattore determinante per quello
della facciata del nuovo palazzo.
Altre case daffitto, menzionate da Pietro
Zen nella sua denuncia dei beni patrimoniali e
dei redditi del 153767, dovevano essere situate

nella parte posteriore del terreno verso la corte


delle Candele e a ovest verso un altro orto e il
futuro campiello SantAntonio (ill. 1, 2). Infatti,
soltanto dopo il 1537 queste casette daffitto
situate a ridosso delledificio occidentale furono
abbattute fino alle fondazioni, per installare sul
terreno i laboratori dei lapicidi e dei carpentieri68. La data 1534 nel secondo portale orientale (B), con laccenno allundicesimo anno del
dogado Gritti anno XI D A G 69, fa per
capire che la parte orientale della fabbrica, a
questa data, era arrivata almeno fino a questa
campata (ill. 7, 8, 14, 15). E se Pietro nella sua
denuncia dei beni patrimoniali, dice di abitare a
palazzo Zen, deve aver vissuto sempre nella vecchia casa: Casa una de statio dove io habito,
posta in la contr de Sancto Apostolo sopra le
fondamenta de Crosechieri70.
Abbiamo gi rammentato che originariamente era prevista una suddivisione interna del
palazzo in quattro abitazioni destinate al capofamiglia e ai suoi figli71 e che la morte di Francesco, avvenuta il 13 agosto del 1538, pochi giorni dopo la stesura del testamento72, aveva provocato un cambiamento nella ripartizione delle
abitazioni previste per i tre eredi rimasti. Altri
indizi sulla cronologia sono forniti dai balconi,
ovviamente aggiunti in un secondo momento,
come risulta dallattacco e dai loro dettagli.
Mentre il secondo portale a est porta la data
1534 (B), il pilastrino sinistro del suo balcone reca quella dellanno 1548: lintervallo sor-

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27. Sebastiano Serlio, progetto dal Settimo


Libro.

prendente di 14 anni tra porta e balcone si spiega solo con laggiunta posteriore del poggiolo
(ill. 14, 15). Questultimo doveva essere accordato sia con il parapetto delle finestre del piano
nobile sia con la trabeazione del piano terra. Le
due mensole, che corrispondono al fregio e
anche al partito dellarchitrave, sono collegate al
sistema della porta sottostante. Proprio questo
collegamento deve essere stato difficile, in quanto la porta originale, a quanto pare, era ionica e
le sue due mensole reggevano una cornice che
finiva direttamente sotto larchitrave (ill. 16)73.
Larchitetto, per creare una transizione tecnicamente ed esteticamente convincente tra la porta
e il balcone, inser, al livello del fregio, due altre
mensole sulle quali appoggia il balcone (ill. 14,
15). Tale artificio attribuibile solo a un architetto di grande dimestichezza con le regole
vitruviane e con il vocabolario classico. Il collegamento delle porte laterali ai balconi, invece,
era pi semplice in quanto esse originariamente
erano sprovviste di sontuose volute (ill. 17, 19).
I loro poggioli sono pi larghi e vengono sostenuti da quattro mensole inserite direttamente
nelle cornici delle finestre.
Gli Zen, in un primo momento, avevano
rinunciato ai balconi, e cio a un elemento tipico della citt. Probabilmente questa scelta era
stata suggerita da Serlio, che critica, in un commento molto lungo del Quarto Libro, luso di
poggioli nellarchitettura veneziana per motivi
estetici e tettonici: ma perch in cotali facciate si dilettano i Venetiani dalcuni poggiuli,
che sportano in fuori delle finestre, i quale in
questa citt si chiamano pergoli, & questo fanno

per poter pi commodamente goder delle acque


decanali, & il fresco che di continuo se sente in
quelle: perche per lo pi le case loro hanno le
facciate sopra i detti canali, & anco per li trionfi, & feste navali, che spesse volte si fanno in
questa feliciima citt, prestano gran commodit al vedere, & rappresentano ornamento
grande in ee fabriche; & sono nondimeno cose
vitiose, fuor della utilit delle fabriche, & fuor
dellornamento: perche ponendole fuori quasi
come in aria, non hanno altro sostegno che le
mensole: & perche ancora quella cosa che non
ha il suo posamento stabile, nuoce alla mura, si
come previdero gli antichi, che non sporsero
mai fuori desse sporto alcuno, se non cornice
sostenuta dalor membri, o dalle mensole74.
Secondo questa ipotesi, Serlio, quando in seguito dovette piegarsi alla tradizione veneziana,
inser i balconi in modo cos ingegnoso e tettonico, che solo locchio esperto si accorge della
modifica posteriore.
La decisione di aggiungere balconi deve
essere stata presa prima della morte di Pietro
Zen nel 1539, dato che nel balcone della sua
casa (A) sono incise le sue iniziali PZ (ill.
24). Il capofamiglia, che si avviava agli
ottantanni75, deve aver dato priorit al compimento della sua abitazione, alla quale era affezionato e della cui ristrutturazione voleva godere. Nel 1539 alcune campate della parte orientale del palazzo devono essere state visibili e il
loro effetto estetico evidente, se i committenti si
sentirono spinti a chiedere linserimento dei
quattro balconi per animare la lunga facciata e
per trarre sollievo dalla calura estiva. Nonostante i lavori molto avanzati in questa parte del
palazzo, il secondo portale (B) del 1534 rimase senza balcone fino a 1548.
La trasformazione dellorganizzazione interna nel 1538 probabilmente non era ancora
cominciata, se Pietro nel suo testamento del 31
agosto 1538, e cio poco dopo la morte di Francesco, raccomand agli eredi di rivolgersi a Serlio per la distribuzione degli ambienti e la loro
decorazione76. Forse dopo la morte dei due protagonisti, Francesco e Pietro, i lavori rallentarono. Per finire il palazzo ci vorranno ancora quasi
ventanni se possiamo fidarci delle parole di
maestro Salvatore, anchegli impegnato nella
fabbrica e testimone nel 1566: puol esser da 14
anni in circa che la casa Zen fabbricata77.
Serlio avrebbe potuto quindi dirigere il cantiere dallinizio dei lavori fino alla primavera del
1541, allorch part per la Francia. In pi di sette
anni egli sarebbe stato in grado di elaborare il
progetto, e costruire pi o meno la met del
palazzo. Larticolazione della facciata e del dettaglio architettonico rivelano infatti fino a che
punto lintervento di Serlio sia stato determinante per laspetto delledificio.

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28. Pesaro, villa Imperiale.

Palazzo Zen e lopera di Serlio


Sembra quindi che Palazzo Zen sia opera di
Sebastiano Serlio. Solo un architetto provvisto
di un ampio orizzonte culturale poteva amalgamare tradizioni e forme cos diverse, poteva
armonizzare e sistematizzare strutture preesistenti e trasformarle in un organismo omogeneo unesperienza che si riflette ancora nel
Settimo Libro. Con una sensibilit notevole, ma
anche con grande disinvoltura, egli riusc a
unire elementi veneziani con temi e princip
innovativi dei grandi centri artistici. Nellintervento confluiscono esperienze romane, forme
fiorentine, elementi vitruviani, quali la porta
ionica e invenzioni come la strutturazione
gerarchica della facciata con la parte centrale
che funge da elemento focale. Anche la tendenza a collegare tutti i membri architettonici con
fasce e cornici in un sistema verticalmente e
orizzontalmente coerente tipico dellarchitettura davanguardia dopo il 1520 e risale a prototipi come villa Madama e villa Turini-Lante.
Palazzo Zen colpisce quindi meno per la sua
originalit, che non per la capacit di integrare
e di omogeneizzare un vocabolario in parte eterogeneo, ma di alta qualit architettonica.
Lunico architetto allora attivo a Venezia che
disponesse di un vocabolario cos ampio e di una
compentenza tale da declinare allantica forme
moderne era Jacopo Sansovino. Tuttavia la sua
architettura appare lontana dalle variazioni sottilissime che si sono notate nella liscia facciata di
Palazzo Zen. Proprio la rivalit con un tale genio
deve aver acceso tutte le energie creative di Serlio,
il quale poco dopo, in Francia avrebbe dovuto
accontentarsi di progetti molto pi tradizionali.

Ma quale pu essere stato il ruolo di Francesco Zen in questa progettazione? Il committente


deve aver avuto idee chiare sulla ripartizione
interna del palazzo e determinato il sistema di
quattro case a schiera. Per quanto riguarda il rifacimento della facciata, al quale si riferisce il testamento di Pietro, a Francesco risalgono probabilmente soltanto i motivi legati allidentit della
famiglia e alle sue preferenze estetiche, e cio larco cuspidato che doveva sottolineare le antiche
origini familiari veneziane e forse anche le esperienze gloriose nel Levante78. Larchitettura severa delle facciate e il rifiuto di ogni magnificenza
riflettono le idee di Nicol Zen su unedilizia
compatibile con la libertas Reipublicae79. Lamalgama di tutte queste scelte e la coerenza del sistema
tettonico ed estetico non sono per attribuibili a
un committente, per quanto colto e preparato.
Un brevissimo intervallo separa Palazzo Zen
dalle opere francesi di Serlio. Confrontando gli
edifici, si nota una metamorfosi importante e
solo il rilievo sottilissimo della parete o elementi astratti come i nastri nudi delle facciate laterali ricordano la sua opera doltralpe80. Dopo la sua
partenza da Venezia questo dinamismo verticale
sarebbe stato stranamente sostituito da una prevalenza delle sottolineature orizzontali forse
leggibile come esplicita reazione al verticalismo
francese. Tuttavia anche in Francia Serlio rimase fedele a se stesso: e anche l il suo linguaggio
stupisce meno per la sua forza inventiva o la sua
espressivit monumentale, che non per il gioco
delicatissimo delle luci e delle ombre, per la sua
capacit di fondere insieme tradizioni eterogenee e per la sua sensibilit nel controllare il sistema fino al minimo dettaglio.

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Ringrazio Renata Codello per la sua assistenza amichevole durante le mie ricerche a palazzo Zen e Claudia Conforti e
Annarosa Fusco Cerrutti per la redazione di questo testo. Ringrazio inoltre
Vitale Zanchettin per i suggerimenti
preziosi e la rilettura critica di questo
articolo.

Architettura Andrea Palladio [dora in


poi BCISA], XI, 1969, pp. 361, 368
15. M. Tafuri, Venezia e il Rinascimento,
Torino 1985; Concina, Fra Oriente e Occidente, cit. [cfr. nota 1], pp. 267, 277; Id.,
Dellarabico, cit. [cfr. nota 1], pp. 18 ss.;
cfr. Cfr. G.C. Argan, Sebastiano Serlio, in
LArte, XXXV, 1932, pp. 183-199; W.
Wolters, Sebastiano Serlio e il suo contributo alla villa veneziana prima di Palladio, in
BCISA, XI, 1969, pp. 83 s.

1. La storia del capitano da mar della


guerra di Chioggia, padre e liberator
della Patria, grecista nella vecchiaia, ha
un ruolo centrale nellideologia umanistica di Venezia come altera Roma. Nel
Cinquecento Carlo viene celebrato,
richiamando i tratti distintivi della famiglia, per lorigine romana, per il ruolo
svolto a sostegno dellimpero, per i legami di stirpe con le famiglie imperiali di
Trebisonda e di Persia (E. Concina, Fra
Oriente e Occidente: gli Zen, un palazzo e il
mito di Trebisonda, in M. Tafuri, Renovatio Urbis. Venezia nellet di Andrea Gritti
(1523-1538), Roma 1984, p. 272; Id.,
Dellarabico a Venezia tra Rinascimento e
Oriente, Venezia 1994, pp. 24 ss.; W.
Wolters, Architektur und Ornament,
Mnchen 2000, p. 40).

17. S. Frommel, Lorenzo de Medici e


Giuliano da Sangallo: due disegni del codice
barberiniano in Il principe architetto, atti
del convegno organizzato dal Centro
Leon Battista Alberti (Mantova ottobre
2000), in corso di stampa.

2. G.J. Fontana, Cento Palazzi di Venezia,


Venezia 1934, p. 220

18. F. Sansovino, Venetia citt nobilissima,


Venezia 1663, p. 386.

3. Concina, Fra Oriente e Occidente, cit.


[cfr. nota 1], pp. 274 ss.; Id., Dellarabico,
cit. [cfr. nota 1], pp. 77 ss.

19. Le fondamenta sono anche rappresentate in un disegno cinquecentesco


allegato al fascicolo processuale in
Biblioteca Civico Museo Correr (dora
in poi BCMC), Mss. P.D.c 1004/95.

4. Concina, Fra Oriente e Occidente, cit.


[cfr. nota 1], pp. 271; Id., Dellarabico,
cit. [cfr. nota 1], pp. 19 ss.; Id., Storia dellarchitettura di Venezia dal VII al XX secolo, Milano 1995, pp. 208 ss.
5. Sebastiano Serlio, Sesto Libro, Ms New
York, f. LIV (cfr. Sebastiano Serlio, On
domestic Architecture, testo a cura di M.N.
Rosenfeld, introduzione di J.S. Ackerman, New York 1978).
6. Cfr. Concina, Fra Oriente e Occidente, cit. [cfr. nota 1], p. 267; Id., Dellarabico, cit. [cfr. nota 1], pp. 18 ss.
7. Marino Sanudo, I Diarii, 58 voll.,
Venezia 1879-1902, XXV, col. 385, lettera da Costantinopoli di Pietro Zen del 23
luglio 1523; ivi, XXV, coll. 257-260:
Sommario di quanto intesi da sier Francesco Zen di Sier Pietro [] venuto da
Costantinopoli per tera (cfr. Concina,
Fra Oriente e Occidente, cit. [cfr. nota
1], p. 270).
8. Fontana, Cento Palazzi, cit. [cfr. nota
2], p. 219; L. Olivato, Per il Serlio a Venezia: documenti nuovi e documenti rivisitati,
in Arte Veneta, 25, 1971, p. 286.
9. Concina, Fra Oriente e Occidente, cit.
[cfr. nota 1], p. 280.
10. S. Frommel, Sebastiano Serlio architetto, Milano1998, p. 15.

16. Archivio di Stato di Venezia [dora in


poi ASV], Notarile A. Marsilio. Testamenti, b. 1213, n. 0889: Laus Deo, 1538, a
di ultimo avosto in Venezia (F. Lucchetta, Laffare Zen in Levante nel primo
Cinquecento, in Studi Veneziani, 10,
1968, pp. 215 ss.; Olivato, Per il Serlio,
cit. [cfr. nota 8], p. 286).

12. Concina, Fra Oriente e Occidente,


cit. [cfr. nota 1], p. 272.
13. Ibid., p. 270.
14. L. Kolb, Portfolio for the villa Priuli:
dates, documents and designs, in Bollettino
del Centro Internazionale di Studi di

31. Si tratta di una caratteristica peculiare della tipologia del palazzo veneziano
(ibid., p. 20).
32. Cfr. Concina, Fra Oriente e Occidente, cit. [cfr. nota 1], p. 268.
33. C.L. Frommel, Der rmische Palastbau, cit. [cfr. nota 27], III, 3, tavv. 161a,
162a.
34. Ibid., 3, tav. 125.
35. S. Frommel, Sebastiano Serlio, cit.
[cfr. nota 10], p. 14.
36. Ibid., p. 22.

20. Ovviamente fu rispettato questo


primo disegno come lascia intendere
anche il testamento di Pietro.
21. Si veda nota 19.
22. BCMC, Mss. P.D.c 1004/95, 134, testimonianza del 9 dicembre 1566 (cit. da
Concina, Fra Oriente e Occidente, cit.
[cfr. nota 1], p. 285). Concina (ivi, p. 267)
suppone che il progetto originario prevedesse quatto linee di discendenza del capostipite, e cio le famiglie di Vincenzo, Giovan Battista, Francesco e Caterino il giovane. Gli emblemi del primo portale
orientale e il disegno cinquecentesco
fanno per capire che Pietro fece parte
degli abitanti del palazzo.
23. Secondo il disegno cinquecenteso la
casa di Vincenzo corrispondeva a due
unit facilmente riconoscibili tramite le
due porte.
24. Serlio, Sesto Libro, cit. [cfr. nota 5], f.
LIV.
25. Lo scalone della casa occidentale
del Cinquecento, quello della casa orientale risulta completamente modificato.
26. Concina, Fra Oriente e Occidente,
cit. [cfr. nota 1], p. 268.
27. C.L. Frommel, Der rmische Palastbau der Hochrenaissance, Tbingen 1973,
3, tav. 110a, b, 113.

11. Ibid., pp. 15 ss.

30. Non condivido lopinione di Concina


secondo il quale tutte le finestre furono
originariamente aperte (Concina, Dellarabico, cit. [cfr. nota 1], pp. 19 s.).

28. Sebastiano Serlio, Settimo Libro, f. 187.


29. Una delle arcate nascosta dietro
una parete integrata ulterioremente per
creare una transizione tra il pianerottolo
e lappartamento. La decorazione sembra risalire alla fine del Cinquecento.

37. Come ad esempio le facciate del


castello di Ancy-le-Franc e del Grand
Ferrare, ibid., pp. 125-170.
38. C.L. Frommel, Der rmische Palastbau, cit. [cfr. nota 27], vol. 3, tav. 7a.
39. Studio della porta tra sala di lettura e
ricetto della biblioteca Laurenziana, Casa
Buonarroti A 111, c. 555r (G.C. Argan,
B. Contardi, Michelangelo architetto,
Milano 1990, p. 195).
40. R. Krautheimer, T. KrautheimerHess, Lorenzo Ghiberti, Princeton-New
York 1982, p. 261, ill. 93.
41. Tutte le opere dArchitettura et prospettiva di Sebastiano Serlio Bolognese ... diviso
in sette libri da M. Gio. Domenico Scamozzi
Vicentino, Venezia 1600, Terzo Libro, f.
55r.
42. Larticolazione dello slancio verticale
tramite un collegamento tra limposta
dellarco e della cornice soprastante un
elemento tipico del palazzo veneziano
dal Quattrocento in poi.
43. C.L. Frommel, S. Frommel, Bernini
e la tradizione classica, in M.G. Bernardini, M. Fagiolo dellArco (a cura di),
Gian Lorenzo Bernini, Roma 1999, p.
123.
44. Nella met occidentale, queste finestre sono state ingrandite.
45. C.L. Frommel, Der rmische Palastbau, cit. [cfr. nota 27], III, 3, tav. 168a.
46. M. Morresi, Jacopo Sansovino architetto, Milano 2000, pp. 240 ss.
47. Tra la trabeazione del portale e i
nastri che comunicano con le finestre si
notano delle irregolarit.
48. C.L. Frommel, La porta ionica nel
Rinascimento, in Studi in onore di Renato
Cevese, a cura di G. Beltramini, A. Ghisetti Giavarina e P. Marini, Vicenza
2000, pp. 251-292, in particolare pp.
268-276.
49. Fontana, Cento Palazzi, cit. [cfr.
nota 2], p. 221.
50. Tutte le opere dArchitettura..., cit. [cfr.
nota 41], Quarto Libro, f. 173r.

51. Fontana, Cento Palazzi, cit. [cfr.


nota 2], p. 220.
52. Tutte le opere dArchitettura..., cit. [cfr.
nota 41], Terzo Libro, f. 109.
53. S. Frommel, Sebastiano Serlio, cit.
[cfr. nota 10], p. 16.
54. Ad esempio alla Libreria Marciana,
cfr. Morresi, Jacopo Sansovino, cit. [cfr.
nota 46], p. 194s.
55. Serlio sperimentava queste forme sul
foglio dedicato agli armi (f. 200r); cfr. S.
Frommel, Sebastiano Serlio, cit. [cfr.
nota 10], p. 164.
56. C. Ridolfi, Le maraviglie dellarte,
Venezia 1648, II, pp. 15-16; L. Foscari,
Affreschi esterni a Venezia, Milano 1936,
p. 67; R. Pallucchini, La giovinezza del
Tintoretto, Milano 1950, p. 83.
57. Per il testamento di Pietro Zen dell8
agosto 1538, si veda la nota 16; cfr. Concina, Dellarabico, cit. [cfr. nota 1], pp.
24 s.
58. Ridolfi, Le maraviglie, cit. [cfr. nota
70].
59. Ibid.. (G. Fontana, Venezia Monumentale. I Palazzi, nuova edizione, Venezia
1967, p. 240).
60. Concina, Dellarabico, cit. [cfr. nota
1], ill. 9, 10.
61. Concina, Fra Oriente e Occidente,
cit. [cfr. nota 1], p. 266.
62. ASV, Giudici del Piovego, b. 24/2, c.
35r (Concina, Fra Oriente e Occidente,
cit. [cfr. nota 1], p. 267).
63. Concina, Fra Oriente e Occidente,
cit. [cfr. nota 1], p. 274, nota 52 (riportato da Sanudo, I Diarii, cit. [cfr. nota 7],
LV, coll.182-183, 22 agosto 1538).
64. Concina, Dellarabico, cit. [cfr. nota
1], p. 274.
65. ASV, Giudici del Piovego, b. 24/2, c.
35r.
66. Un passo corrisponde a 1,738674 m e
consiste in 5 piedi e 0,347735 m (A. Martini, Manuale di metrologia, Roma 1876,
p. 817).
67. ASV, X Savi sopra le decime, Redecima
1537, Condizion Canareggio 496, b. 97
(Lucchetta, Laffare Zen, cit. [cfr.
nota 16], pp. 115 e 211 ss.); Cfr. Concina, Fra Oriente e Occidente, cit. [cfr.
nota 1], pp. 267, 285, nota 8.
68. Le maestranze addette ai lavori attestano questo fatto. La condizione di
decima di Pietro Zen cita ancora come
esistenti la casa con tre casette daffitto
gi appartenuta a una famiglia Uberti,
oggetto dellacquisto del 1509; le altre
informazioni provengono dalle testimonianze di Giovanni Antonio de Nasis del
9 gennaio 1566 (m.v. = 1567) e di maestro Antonio di Gaspare, lapicida, del 29
gennaio 1566 (m.v. = 1567), BCMC, Mss.
P.D.c 1004/95, 139 e 143 (Concina, Fra
Oriente e Occidente, cit. [cfr. nota 1], p.
285).

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69. Si tratta di una circostanza del tutto


inconsueta per un edificio privato, che si
spiega con il fatto che Francesco fu per
gran tempo legato al doge Andrea Gritti,
cfr. Concina, Fra Oriente e Occidente,
cit. [cfr. nota 1], pp. 265 e 276.
70. ASV, X Savi sopra le decime, Redecima
1537 (si veda supra nota 20); Lucchetta,
Laffare Zen, cit. [cfr. nota 16], p.
211.
71. Concina, Fra Oriente e Occidente,
cit. [cfr. nota 1], p. 267; una pianta del
palazzo stata publicata da G. Cristinelli, Cannaregio un sestiere di Venezia. La
forma urbana, lassetto edilizio, le architetture, Roma s.d. (le ricerche sono state
attuate tra il 1975 e il 1979).
72. Olivato, Per il Serlio, cit. [cfr. nota
8], pp. 290 s.
73. C.L. Frommel, La porta ionica, cit.
[cfr. nota 48], pp. 251 ss.
74. Tutte le opere dArchitettura, cit. [cfr.
nota 41], Quarto Libro, f. 155v.
75. Pietro era nato verso il 1458 e morir
in Bosnia quasi ottantaquatrenne, nel
1539, durante unultima missione per
conto della Repubblica presso il Gran
Turco. Lo stesso incarico verr affidato
dieci anni dopo al figlio Caterino il giovane. Cfr. Luchetta, Laffare Zen, cit.
[cfr. nota 16], p. 109, e Concina, Fra
Oriente e Occidente, cit. [cfr. nota 1], p.
274.
76. Per il testamento di Pietro Zen si
veda nota 16; cfr. Concina, Fra Oriente e
Occidente, cit. [cfr. nota 1], p. 267.
77. BCMC, Mss. P.D.c 1004/95, 133,
testimonianza del 5 dicembre 1566
(Concina, Fra Oriente e Occidente, cit.
[cfr. nota 1], p. 285).
78. Si veda Concina, Fra Oriente e Occidente, cit. [cfr. nota 1], pp. 268 ss.; Id.,
Dellarabico, cit. [cfr. nota 1], pp. 21 ss.,
84 ss.
79. Concina, Fra Oriente e Occidente,
cit. [cfr. nota 1], p. 281.
80. I nastri nudi ricordano la facciata
posteriore del Pavillon de lOfficialit a
Auxerre (S. Frommel, Sebastiano Serlio,
cit, [cfr. nota 10], p. 328).

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