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molto larghe potrebbero essere legate al progetto del palazzo (ill. 3)19. Il palazzo rivolge il fronte posteriore verso corte delle Candele, una
piazzetta rettangolare la cui larghezza equivale
circa alla met della larghezza complessiva del
palazzo. Questo spazio comunica con il Campo
dei Gesuiti tramite un sottoportego, un lungo
e stretto passaggio parzialmente coperto. La
facciata occidentale era prospiciente un orto
adiacente una calle (ill. 2, 12).
Il fronte principale scandito da quattro portali (A, B, C, D) che rispondono ancora
alla suddivisione originaria in quattro unit abitative previste per il capofamiglia e per tre figli (ill.
3, 4)20. Secondo un sommario disegno cinquecentesco, per, le due porte centrali corrispondevano alla casa de M. Vincenzo Zen21, mentre
quella situata allestremit est, abitata originariamente da Pietro, doveva appartenere ora a Caterino (ill. 2). Infatti un maestro Antonio muratore,
che aveva lavorato nel cantiere, durante unudienza in sede giudiziaria del 9 dicembre 1566,
gettando luce sui nuovi accordi, testimonier che:
li detti Zen vivendo M.Francesco volevano far 4
case, et fu fatto il modello per 4 et venne a morte
M.Francesco et fu ritirato in 3 case22. Dopo la
morte di Francesco dunque, nellestate del 1538,
e quella del padre, avvenuta un anno dopo, il cantiere era quindi troppo avanzato per modificare
fondamentalmente lorganizzazione interna del
palazzo. Cos i tre eredi dovettero dividersi loriginario sistema a quattro unit: Vincenzo, il primogenito, prese le due unit centrali e formalmente pi definite, mentre Caterino, successore
di Pietro come ambasciatore nel Levante, eredit
la casa orientale del padre. La casa occidentale
infine doveva essere assegnata forse a Giovan
Battista Zen. Questa nuova ripartizione fu articolata in modo irregolare: i proprietari delle case
orientali e occidentali disponevano probabilmente di tre unit, mentre quella centrale era composta solo da due23 (ill. 5).
La struttura in parte irregolare rivela che
alcuni muri preesistenti condizionarono il sistema interno (ill. 4, 5). Il palazzo composto da
otto comparti paralleli di taglio lungo e stretto,
che a due a due originariamente corrispondevano a ognuna delle quattro abitazioni. Larchitetto sembra aver adeguato abilmente le pareti
intermedie ai tre muri precedenti, facilmente
riconoscibili dallallineamento irregolare: quello
che separa i due comparti della casa orientale,
quello che delimita la terza unit occidentale,
costeggiando un cortile rettangolare, e quello
posteriore verso corte delle Candele. Le antiche
casette, situate nella zona posteriore del palazzo,
individuabili nella veduta prospettica di Jacopo
de Barbari, sono riconoscibili dal taglio irregolare e rimangono fuori dal sistema geometrico
della ristrutturazione (ill. 1, 5). Tre cortili interni (poco pi che cavedi), integrati irregolarmente nella fabbrica, garantiscono unilluminazione
sufficiente agli ambienti centrali del palazzo (ill.
5). Quelli pi grandi nella parte retrostante sembrano risalire allassetto precedente. Il piccolo
cortile quadrato dislocato nella porzione anteriore del palazzo forse posto sul terreno di
quello che doveva essere il giardino dellantica
casa di Pietro fa invece ovviamente parte della
ristrutturazione. Esso d luce a due oscuri porteghi, secondo la prescrizione del Sesto Libro di
Serlio: et se la casa sara troppo longa farano
[] una corticella per dar luce al portico24.
Tuttavia la scelta di quattro unit doppie, e cio
di otto comparti, non era legata alle strutture
preesistenti e corrispondeva, con grande probabilit, a una direttiva del committente. Tale scelta di organizzare il palazzo come sequenza di
case in serie, riflette una mentalit giuridica spiccatamente democratica e fondamentalmente
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diversa per esempio dal tradizionale fidecommesso adottato a Firenze o a Roma, dove il primogenito era sempre lerede universale.
I muri irregolari delle antiche case, le modifiche intervenute durante la costruzione, le
diverse istanze dei singoli proprietari e le trasformazioni delle generazioni seguenti, rendono
problematica la restituzione esatta dellorganismo originario. Tuttavia si possono distinguere
approssimativamente le linee principali del
sistema distributivo cinquecentesco (ill. 4, 5).
Per quanto riguarda le due case situate alle
estremit del palazzo, il loro portale (A, D)
apre su un atrio passante lungo, stretto e buio.
Nel palazzo orientale il muro posteriore dellatrio dal quale si accedeva a uno scalone illuminato da est25 si conclude con una serliana (ill.
25). La prima rampa raggiunge il primo piano
posto sopra magazzini ricavati a un livello notevolmente ribassato rispetto alla fondamenta e
allatrio passante. Al piano nobile la sala apre con
tre finestre sulla facciata principale, la triade,
composta da due archi cuspidati che fiancheggiano un arco a tutto sesto26 un sistema che
permetteva di dissimulare abilmente le larghezze disuguali delle singole unit con muri intermedi (ill. 7, 9). I due portali nel centro della fabbrica (B, C) si aprono invece su due porteghi adiacenti (ill. 5). La distribuzione deve
essere stata pi o meno analoga a quella delle
case di testata: dallatrio passante si accedeva
allo scalone le cui rampe dovevano essere collo-
cate accanto ai due cortili (lunico modo di illuminare una tale gabbia) e del quale oggi non
rimane traccia. Secondo il progetto originario,
nel piano nobile ai due porteghi dovevano corrispondere due sale. Probabilmente la sala occidentale fu divisa in stanze quando un solo proprietario disponeva della casa. I singoli appartamenti erano spaziosi, con camere ai lati della
sala, mentre altre stanze pi piccole erano sistemate verso corte delle Candele e ai lati degli scaloni. Un piano mezzanino completava lorganismo interno di ogni casa.
Allinterno, solo pochi elementi risalgono al
tempo della costruzione del palazzo. Indubbiamente autentica la serliana che si apre nella
parete posteriore del portego della casa sul
lato orientale (A), quella di Pietro Zen (ill. 25),
nella quale colonne doriche reggono unarcata di
profilo astratto e nelle campate laterali sostengono un architrave a tre fasce. Questo sistema
segue la tradizione di cortili romani come quello
del progetto raffaellesco per la sua casa in via
Giulia o di palazzo Regis ai Baullari27. Ancora nel
suo Settimo Libro, Serlio dovette utilizzare soluzioni di questo tipo per conferire unit al formato allungato di un cortile per Lione28.
Nel cortile adiacente a questo portego si
sono conservati resti di membrature architettoniche in laterizio. possibile che le propriet degli
Zen si spingessero fino a tutta la corte retrostante, tuttavia lo stato frammentario di questi elementi non permette una restituzione complessi-
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Le facciate
La parete in mattoni di piccolo taglio originariamente rivestiti da uno strato di intonaco chiaro (ill. 7, 9). I membri strutturanti pilastri,
colonnette, archi, incorniciature, architravi,
cornici e profili sono realizzati in pietra dIstria. Il ritmo delle finestre rivela gi la funzione e la gerarchia degli ambienti interni. Mentre
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mente calcolato di queste alternate, sottili rientranze. Grazie al doppio aggetto, il centro della
facciata domina in modo incontrastato, mentre il
ritmo si allenta nelle campate adiacenti e in quelle dei due avancorpi angolari, dove larcata centrale cieca. Il predominio dellavancorpo centrale rispetto agli avancorpi angolari ricorda lantica
tradizione dei palazzi veneziani con ampie superfici murarie cieche tra lasse centrale traforato e le
finestre laterali31. Le campate dei settori pi esterni continuano simmetricamente nelle facciate
laterali, senza aggetto della parete (ill. 7, 10).
Attraverso tali leggere variazioni sottolineato il centro delledificio, il che contraddice
per la disposizione interna delle quattro case
individuali un indizio che allarchitetto importavano pi il gesto e il linguaggio architettonico
che non la verit strutturale32. Durante il suo
soggiorno a Roma Serlio aveva potuto studiare
facciate simili. Nel palazzo della Cancelleria gli
avancorpi angolari sporgono solo leggermente,
sottolineando il loro ruolo di torri urbane33,
ma ancora pi vicino il palazzo Adimari, dove
Giulio Romano accentuava non solo le campate
angolari ma anche il centro, con le finestre della
sala grande34. Questo sistema fu elaborato da
Girolamo Genga dopo il 1529 nel cortile di villa
Imperiale a Pesaro dove i rilievi sottilissimi
distinguono il centro con la loggia e le estremit della facciata (ill. 28). Serlio elogia con
entusiasmo le opere che Girolamo fece a Pesaro
per Francesco Maria della Rovere35 ed egli doveva conoscere approfonditamente villa Imperiale,
in quanto era stato incaricato nel 1531 di dise-
gnare una fontana per il suo giardino36. Distinguendo lavancorpo di palazzo Zen con due
risalti, Serlio contribu ancora notevolmente a
questa gerarchizzazione delle facciate (ill. 8).
Sul fronte nord, un simile avancorpo di quattro campate guarda la piazzetta della corte delle
Candele, in cui le pareti arretrate ai lati sono
scandite da tre finestre (ill. 13). Mentre a destra
la parete arretra come nel fronte principale, a
sinistra il passaggio verso lattuale campo dei
Gesuiti impedisce una rientranza analoga. Tuttavia lavancorpo centrale sfalsato rispetto alla
facciata verso le fondamenta. Questo rapporto
diretto tra facciata e piazzetta rivela uno straordinario senso scenografico, pi realisticamente
attribuibile a un maestro a conoscenza delle
ultime innovazioni dellarchitettura rinascimentale come Sebastiano Serlio, che non a Francesco Zen. Allo stesso tempo, il carattere lieve e
sottile del rilievo, che intelligibile quasi solo
allocchio esperto, rivela un artista di non prorompente vitalit, come testimoniano anche gli
altri edifici di Serlio37. Daltro canto gi unincisione ottocentesca aveva colto perfettamente il
gioco sofisticato delle sporgenze e delle rientranze, rendendole graficamente pi visibili e
leggibili e dislocando palazzo Zen nel Canal
Grande per conferire maggiore rilievo alla fabbrica (ill. 6).
Anche la sequenza verticale della facciata
testimonia una grande familiarit con i princip
del Rinascimento romano: il piano terra caratterizzato da un seminterrato le cui finestre rettangolari, concluse da una trabeazione tripartita,
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prendente di 14 anni tra porta e balcone si spiega solo con laggiunta posteriore del poggiolo
(ill. 14, 15). Questultimo doveva essere accordato sia con il parapetto delle finestre del piano
nobile sia con la trabeazione del piano terra. Le
due mensole, che corrispondono al fregio e
anche al partito dellarchitrave, sono collegate al
sistema della porta sottostante. Proprio questo
collegamento deve essere stato difficile, in quanto la porta originale, a quanto pare, era ionica e
le sue due mensole reggevano una cornice che
finiva direttamente sotto larchitrave (ill. 16)73.
Larchitetto, per creare una transizione tecnicamente ed esteticamente convincente tra la porta
e il balcone, inser, al livello del fregio, due altre
mensole sulle quali appoggia il balcone (ill. 14,
15). Tale artificio attribuibile solo a un architetto di grande dimestichezza con le regole
vitruviane e con il vocabolario classico. Il collegamento delle porte laterali ai balconi, invece,
era pi semplice in quanto esse originariamente
erano sprovviste di sontuose volute (ill. 17, 19).
I loro poggioli sono pi larghi e vengono sostenuti da quattro mensole inserite direttamente
nelle cornici delle finestre.
Gli Zen, in un primo momento, avevano
rinunciato ai balconi, e cio a un elemento tipico della citt. Probabilmente questa scelta era
stata suggerita da Serlio, che critica, in un commento molto lungo del Quarto Libro, luso di
poggioli nellarchitettura veneziana per motivi
estetici e tettonici: ma perch in cotali facciate si dilettano i Venetiani dalcuni poggiuli,
che sportano in fuori delle finestre, i quale in
questa citt si chiamano pergoli, & questo fanno
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Ringrazio Renata Codello per la sua assistenza amichevole durante le mie ricerche a palazzo Zen e Claudia Conforti e
Annarosa Fusco Cerrutti per la redazione di questo testo. Ringrazio inoltre
Vitale Zanchettin per i suggerimenti
preziosi e la rilettura critica di questo
articolo.
31. Si tratta di una caratteristica peculiare della tipologia del palazzo veneziano
(ibid., p. 20).
32. Cfr. Concina, Fra Oriente e Occidente, cit. [cfr. nota 1], p. 268.
33. C.L. Frommel, Der rmische Palastbau, cit. [cfr. nota 27], III, 3, tavv. 161a,
162a.
34. Ibid., 3, tav. 125.
35. S. Frommel, Sebastiano Serlio, cit.
[cfr. nota 10], p. 14.
36. Ibid., p. 22.
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