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Volume 142,

2014, fascicolo 1

2 01 4

L O E S C H E R E D I TO R E
TO R I N O

Nestus Fust(i)us, Nestus Fuscus:


frammenti inediti di un ignoto grammatico
antico nella produzione enciclopedica
di Giorgio Valla (1447-1500)
Abstract: In 1486, Giorgio Valla (1447-1500), scholar and teacher of
humanities in Venice, published a commentary on Juvenal that preserved fleeting traces of an ancient corpus of scholia assigned to an
unknown Probus. In addition to rare fragments of many ancient authors, the commentary preserved also a fragment, until now ignored, of
an unknown Nestus Fustius, whose grammatical pamphlet would have
been directed to the famous politician Asinius Pollio. Other fragments
of this mysterious grammaticus, extracted from an encyclopedic work
of G. Valla that was published in 1501, are here listed and discussed.
Keywords: lost grammatical works, humanistic discoveries, ancient
scholia on Juvenal.

Nel novembre 1486 lumanista piacentino Giorgio Valla (14471500), da poco trasferitosi a Venezia in qualit di docente di humanitas presso la seconda cattedra della scuola di San Marco, destinato
a subentrare nellincarico allalessandrino Giorgio Merula (1430 circa-1494) passato alla corte degli Sforza, dava alle stampe con i torchi
del tipografo cremonese Antonio da Strada il suo dotto commento
alle Satire di Giovenale1. Il lavoro veniva edito non casualmente in
1 Valla 1486. Il commento godette di una certa fortuna in ambito scolastico sino alla fine del secolo XV, considerando che i repertori di incunaboli individuano ben undici ristampe del lavoro esegetico preparato
dal Valla sul testo di Giovenale. Sappiamo che queste edizioni, allestite
appositamente per gli studenti, giacch raccoglievano in un unico volume
i commentari di pi magistri, erano state stampate senza lapprovazione
dellautore, come si intuisce da una lettera di Giorgio Valla indirizzata a
Giovan Maria Ruzinento in data 19 luglio 1498 (edita in Heiberg 1896,
89-90). Sul tipografo Antonio da Strada, stampatore di fiducia di Giorgio
Valla dopo il trasferimento di questultimo a Venezia, cfr. BMC, xxiii e
292; Bertieri 1929, 131.

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anni cruciali per il Fortleben umanistico di Giovenale, le cui Satire


costituirono il terreno privilegiato per aspre polemiche filologiche tra
i pi brillanti umanisti del tempo2. A causa di un linguaggio spesso
criptico ed ellittico, ricco di grecismi e neologismi, non raramente
segnato da una ardita sentenziosit, lopera del pi spietato poeta satirico della letteratura latina ben si prestava a continui emendamenti
testuali nonch a indispensabili letture esegetiche: in una situazione
invero alquanto caotica di circolazione del sapere, nella quale i professori potevano avere facile accesso alle recollectae manoscritte di
allievi che avevano seguito lezioni sul medesimo autore presso altri
studia, solo la nascente arte della stampa aveva il potere di cristallizzare in una forma definita questa brulicante attivit intellettuale nata
sui testi degli autori antichi3.
Il commento di Giorgio Valla, che dunque si inseriva in una tradizione gi ben consolidata, poteva altres a buon diritto primeggiare
sui precedenti lavori esegetici preparati sul testo giovenaliano, giacch per una parte non trascurabile (fino ad 8, 197) sosteneva di attingere a una fonte antica ignota ai commentatori precedenti, quel
non meglio identificato Probus pervenuto a Valla in un vetus codex,
subito citato in apertura del prohoemium al commento per rivendicarne inequivocabilmente la paternit della scoperta, scomparso nuovamente e definitivamente dopo la stampa veneziana del 14864.
2 Per la fortuna di Giovenale in et umanistica fondamentale Sanford
1960 cui si aggiunga ora Parker Braund 2012, 444-448; utile anche lampia panoramica discorsiva in Highet 1954, 180-232, cos come Knoche
1979, 218-221. Sulla prima diffusione a stampa delle Satire cfr. Shaw 1988.
3 In particolare prima di quello del Valla, gi tre commenti alle Satire
giovenaliane, di cui erano autori altrettanti magistri inseriti nel mondo accademico nella seconda met del Quattrocento, avevano trovato diffusione
grazie alla nuova arte tipografica: i Paradoxa in Iuvenali di Angelo Sabino
pubblicati a Roma nel 1474 [IGI 8493], seguiti dai Commentarii in Satyras
Iuvenalis di Domizio Calderini editi a Venezia nel 1475 [IGI 5575], e infine le Enarrationes Satyrarum Iuvenalis di Giorgio Merula impresse sempre a Venezia nel 1478 [IGI 6377].
4 Valla 1486, f. [aIIIv]: Sane comperti mihi sunt nuper Probi grammatici in Iuvenalem commentarii quantum adhuc audiverim nulli alii cogniti,
sed mirae brevitatis. Alioquin tamen perquam opportune [opportunos ed.]
aliquando se nobis obtulerunt: obtulissent vero sese adhuc magis, nisi nobis singula rimantibus codicis nimium cariosa invidisset vetustas et si in
omnes libros comparati habeantur, qui vix tertii libri secundam attigere
satyram. Invigilavimus vero ipsi, si modo id consequi potuerimus [? ed. ], ut

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Non questa la sede per addentrarsi in quellannosa Probusfrage


che ha visto gli studiosi collocare cronologicamente tale antico scoliaste, probabile nomen fictum generato dalla stessa tradizione manoscritta in ossequio allauctoritas del celebre grammatico Probo di
Berito, in un arco temporale estendentesi tra la fine del III e gli inizi
del IV secolo5. Qui basti ricordare come tutti gli studiosi abbiano
concordato sul fatto che il contenuto del manoscritto attribuito a Probo e rinvenuto dal Valla non possa certo essere un falso umanistico,
poich in svariati punti serba tracce di quegli scholia vetustiora le cui
pi consistenti reliquie sarebbero riemerse solo un secolo pi tardi in
seguito alla scoperta del cosiddetto codex Pithoeanus, oggi Montpellier, Facult de Mdecine, 125 (P)6. In particolare, segni inequivocabili di una derivazione diretta del materiale attribuito a Probo dal
commentum vetustum a Giovenale allestito presumibilmente in et

omnis huius poetae pateret eruditio; Probi interpretamenta cuiusmodi ea


fuerunt, quae plane perexigua sunt, ne in minima quidem parte subtraximus aut immutavimus. Ceterum quanam peritia nostra et quonam demum iudicio aliena tradiderimus docti et pariter acuti viri iudicarint, quae,
quotcumque [quotacumque ed.] sint, talia esse puto ut nec nos nec alios
nostrae paeniteat pigeatque industriae. Ancora nel 1489 Ermolao Barbaro, sodale del Valla, in una sua lettera ricorder di aver letto nella libreria
dellumanista piacentino un codice di Probo exesum et ambustum aevo:
Branca 1943, 45, nr. cxxx (lettera a Iacopo Trotti dell11 marzo 1489).
5 Sul Probus Vallae cfr. Stephan 1882, 26-73; Wessner 1931, xx-xxiii; Boyer
1934, 240-241; Knoche 1940, 161-163; Highet 1954, 318 n. 3; Helm 1957; Sanford 1960, 223-224; Anderson 1965, 383-424; Townend 1972; Bartalucci 1973;
Parker Braund 2012, 435-439. Su un presunto tentativo di identificazione di
questo ignoto Probus da parte dello stesso Giorgio Valla cfr. qui infra.
6 Leditio princeps dei cosiddetti scholia Pithoeana si legge in Pithou
1585. Ancora insuperata ledizione degli scholia vetustiora a Giovenale in
Wessner 1931, la quale, oltre al corpus scoliastico di P, poggia su altri soli
due testimoni altomedievali: il codice conservato a Sankt Gallen, Stiftsbibliothek, 870 (S) e i cosiddetti Fragmenta Aroviensia (Q), quattro fogli
conservati Aarau, Staatsarchiv, I, nr. 0. Il testo scoliastico ricostruibile dalla collazione di questi tre testimoni, dipendenti da un esemplare comune
perduto (), costituisce il corpus dei cosiddetti scholia vetustiora (recensio ): Wessner 1931, viii-xx. Presentano una redazione scoliastica in certi
punti affine al corpus pi antico i codici di et carolingia ora conservati a
Leiden, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, B.P.L. 82 (L), London, British
Library, Addit. 15600 (Z), e Cambridge, Kings College 52 (Kings 52), i
quali condividono per ampie parti anche con le recensioni recenziori e
: Grazzini 2011, xxiv-xxvi.

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serviana sono sei citazioni di passi di autori antichi, quattro dei quali
non pervenutici in nessun altro corpus di scoli giovenaliani: in ordine
di apparizione, due esametri di Turno, poeta satirico di et flavia (ad
I 71)7, un frammento del De viris illustribus di Svetonio (fr. 19 Reifferscheid ad 3, 74)8, gli unici quattro esametri superstiti del De bello
Germanico di Stazio (ad 4, 94)9, due trimetri giambici della Sulpicia
di et flavia (ad 6, 537)10, un frustum dellorazione Corneliana di
7 FPL, 332-33 (con bibliografia pregressa). Per una dettagliata analisi
del frammento, anche per confronto con la forma differente attestata in P,
cfr. Tandoi 1979, 808-820.
8 Tale glossa si ritrova in forma simile, senza per la menzione di Svetonio, solo nel codice L: cfr. Stephan 1882, 44; Wessner 1931, 35. Il riconoscimento di una probabile interpolazione, giacch a una prima parte
in cui riconoscibile la presenza di una fonte che attingeva a parti per noi
perdute del De viris illustribus svetoniano (Isaeus rhetor fuit Atheniensis,
ut Probus inquit, illius temporis cuius et Tranquillus meminit), segue una
seconda in cui invece riconoscibile con certezza la mano del Valla, il
quale menziona lalter Iseo, ossia il pi celebre retore vissuto tra V e IV
secolo a. C., traducendo quasi alla lettera la voce corrispondente del lessico
bizantino Suda ( 620 Adler, s. v. ), ha indotto taluni a ritenere che
in questo caso ci si trovi di fronte a un conclamato falso umanistico: cfr.
Brugnoli 1963; ma nel complesso pare considerazione troppo sbrigativa.
9 Questo celebre frammento unicamente tramandato dal Probus Vallae: cfr. Luisi 1998, 26; FPL, 330; Santorelli 2012, 9-13.
10 Anche per questo frammento il Probus Vallae unico testimone:
cfr. FPL, 331 (con bibliografia pregressa); Parker Braund 2012, 454456. Nel Fragmentum bobiense de nomine edito in GLK 7, 544 (su cui
cfr. Mariotti 1984), si legge una breve glossa al raro lessema cadurcum
che compare appunto nellunico frammento superstite della seconda
Sulpicia; lanonimo compilatore del frammento bobbiese riteneva che
il cadurcum corrispondesse alla cinghia stesa sullintelaiatura del letto per sostenere i materassi (cadurcum: fascem lecti), interpretazione
che di fatto coincide con quella che Valla nel proprio commento riporta dal Probus, il quale a sua volta laveva ricavata da imprecisati alii
commentatori: cfr. Valla 1486, f. gr: Magnaque debetur violato poena
cadurco. Ut si haec poena cadurco debeatur; membrum mulieris, inquit
Probus, intelligitur, cum sit membri mulieris velamen. Vel, ut alii, est
instita, qua lectus intenditur, unde ait Sulpicia. Tale glossa viene
ribadita pi avanti nel commento, ad 7, 221, in occasione della seconda
e ultima occorrenza della parola cadurcum nel testo di Giovenale: cfr.
Valla 1486, f. hiiiir: Cadurcum ob similitudinem nominavit, cum, ut
supra diximus, quod sit supra lectum intenditur et tegit undique. assai
probabile in questo caso la presenza di una fonte comune alle due glosse,
verosimilmente da identificare nel passo perduto di un grammatico in

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Cicerone (1, 13 Schoell ad 7, 118)11 e infine lesametro enniano Ann.


6, 226 Vahlen (ad 7, 134)12.
Coloro che in passato hanno studiato approfonditamente questi
sei celebri passi per valutare i rapporti di parentela intercorrenti tra
il cosiddetto Probus Vallae e il commentum vetustum a Giovenale
allestito in et serviana, hanno invece sempre soprasseduto sulla
menzione, allinterno del commento, di un altrimenti ignoto Nestus
Fustius:
Cuius conche tumes. Fabae cacabo tumes. Nam conchis fabae species
est, cuius diminutivum est conchicula, veluti inquit Nestus Fustius de
octo partibus orationis ad Asinium Pollionem13.

La nota esegetica, inerente ad 3, 293, si propone di rendere perspicuo il significato del sostantivo conchis, una specie di fava gi ricordata in Mart. 7, 78, 1-2, come esempio di pasto frugale unitamente
allo sgombro, fatto che aveva indotto alcuni umanisti a interpretare
la parola come il nome di un pesce14. Lesegesi quindi ampliata
con la menzione del diminutivo di conchis, ossia conchicula, lessema
presente nella forma variante concic(u)la in Apic. 5, 4, 9, ove sta a
indicare un piatto di fave formato con vari ingredienti, oltre che in
cui una dotta delucidazione sui significati del termine cadurcum era
stata impreziosita dalla citazione di un auctor raro quale Sulpicia.
11 Il frammento sopravvive anche negli scoli dei codici carolingi L e
Z, sebbene in tali manoscritti compaia solo il nome di Cicerone senza la
menzione del titolo dellorazione da cui tratto il breve frustulo: Wessner
1931, 128-129. Per una discussione del frammento cfr. Puccioni 1967.
12 Sul frammento, tramandato unicamente dal commento del Valla,
giacch P presenta una lacuna in corrispondenza di 7, 128-158, cfr. Timpanaro 1947, 190-193; Skutsch 1985, 620-622.
13 Valla 1486, f. dv.
14 Cfr. Tortelli 1471, f. <103v>, s. v. Cocche: Stare tamen potest
chonche pro pisce, quod inveniri nonnulli affirmant in Martiale. Si
citato dalledizione veneziana, che rivaleggia con una coeva stampa romana per lo statuto di princeps dellopera lessicografica: Tom 2011b, 517.
Sempre alla voce Cocche lumanista aretino aveva precedentemente sostenuto la validit di tale lezione in Giovenale sulla base di imprecisati codici
antichissimi e vetustissimi, attribuendo alla parola il significato di vinum
corruptum, certo suggestionato dal contesto, giacch Giovenale subito
prima aveva menzionato laceto (cuius aceto / cuius conche tumes?): cfr.
Donati 2006, 18-19, ove si segnala la medesima voce con identico significato nella Politia litteraria di Angelo Decembrio.

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Marcell. med. 33, 115. Tuttavia Valla, come emerge dal testo della sua
esegesi, non cita nessuna di queste fonti ma menziona quale auctoritas che attesterebbe il diminutivo conchicula il nome di un oscuro
grammatico, Nestus Fustius, il cui nome accompagnato dal titolo
di un trattatello grammaticale che il medesimo avrebbe scritto e dedicato ad Asinio Pollione16. Una prima ipotesi consiste nel valutare
questa citazione di un grammatico altrimenti ignoto come una reliquia delloriginale commento probiano, supponendo che in questo,
come in altri casi gi individuati, Valla abbia sottaciuto la sua vera
fonte17. Ma, a una attenta lettura della restante produzione scolasticoenciclopedica dellumanista piacentino, ci si accorge come questa
ipotesi di lavoro debba essere altres scartata, giacch Valla dimostra
in pi punti di conoscere citazioni del medesimo grammatico diverse
da quella riportata nel commento alle Satire di Giovenale.
Nel dicembre 1501, e dunque quasi due anni dopo la morte di
Giorgio Valla verificatasi a causa di una polmonite nel gennaio del
1500, usciva dalla tipografia di Aldo Manuzio e grazie alle cure di
Giovan Pietro Cademosto, figlio adottivo del Valla, la monumentale enciclopedia De expetendis et fugiendis rebus opus, articolata in
sette ebdomadi (per un totale dunque di quarantanove libri impressi
su due grandi volumi in folio), sulla quale lumanista aveva lavorato
alacremente negli ultimi anni della propria vita18. Sovvertendo lorCfr. TLL 4, 29.
Il titolo, de octo partibus orationis, indicherebbe che il presunto trattato si riallacciasse alla tradizione grammaticale ellenistica facente capo a
Dionisio Trace, una volta effettuata linevitabile sostituzione dellarticolo,
parte del discorso assente nella lingua latina, con linteriezione. Sul sistema categoriale dei grammatici alessandrini e sul suo trapianto in ambito
latino cfr. Matthaios 2002. Sono grato a Ramn Gutirrez Gonzlez per il
suggerimento bibliografico.
17 Meritori lavori di confronto sistematico tra gli scoli del commento
valliano e quelli conservati in P hanno messo in evidenza almeno un centinaio di passi in cui Valla si sarebbe appropriato di materiale esegetico che
egli aveva reperito nel codice pi antico a sua disposizione. In particolare
il pi accurato lavoro di raffronto, svolto alla fine del XIX secolo, si deve
a Stephan 1882, 31-73; Anderson 1965, 408-411, ha poi segnalato ulteriori
passi di interesse dopo lottava satira tralasciati dalleditore degli scholia
vetustiora Paul Wessner, il quale nella seconda fascia di apparato della
sua edizione aveva riportato solo i passi del commento del Valla in cui
menzionato esplicitamente Probo.
18 G. Valla, De expetendis et fugiendis rebus opus, Venetiis, in aedibus
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dine tradizionale delle discipline, Valla volle dedicare i primi trenta


libri della sua enciclopedia alla trattazione delle scienze esatte, ossia
aritmetica, musica, geometria, astronomia, fisica e medicina. In questa prima ampia sezione, lopera rispondeva infatti a un intento ben
preciso, ossia raccogliere in un unico volume traduzioni latine di testi
greci spesso rari se non addirittura sconosciuti allepoca, al fine dunque di favorirne una prima circolazione: per le scienze matematiche
si propongono passi allora inediti di Apollonio Pergeo, Erone, Archimede (con il suo antico commentatore Eutocio); in astronomia (libri
16-19) traduzioni integrali o parziali di Proclo, Ipsicle e Autolico,
mentre nella sezione dedicata alla medicina (libri 24-30) primeggiano
come fonti i bizantini Ezio di Amida e Paolo dEgina19.
Se questa prima parte dellenciclopedia valliana ha da sempre riscosso la pi viva attenzione da parte degli studiosi stante la meritoria
attivit di traduzione di testi inediti che in essa si dispiega, decisamente meno fascinosi apparivano i dieci libri seguenti dedicati alla
trattazione delle arti del Trivio (con aggiunta della poetica)20. I libri
A. Romani, 1501 [dora innanzi semplicemente De exp.; per le citazioni si
far riferimento ai numeri di libro e capitolo, seguiti dal numero di foglio
quale si legge nelledizione]. stato consultato l'esemplare conservato a
Milano, Biblioteca Trivulziana, Triv. At. 96. 2. Dalla corrispondenza del
Valla, cos come tramandata nel codice di Citt del Vaticano, Biblioteca
Apostolica Vaticana, Vat. lat. 3537, ff. 145r-182v, e edita in Heiberg 1896,
54-96, la prima testimonianza in merito alla stesura del De expetendis risale al 28 dicembre 1491, allorch, in una lettera a Iacopo Antiquari, Valla
afferma di aver gi scritto i primi diciannove libri dellopera, dedicati in
successione ad aritmetica, musica, geometria e astronomia (cfr. Heiberg
1896, 65); lenciclopedia risultava pressoch ultimata sette anni dopo, con
la stesura del quarantanovesimo e ultimo libro (lettera a Giovan Maria
Ruzinento del 19 luglio 1498: cfr. Heiberg 1896, 90). evidente come
il progetto enciclopedico di Giorgio Valla presenti notevoli affinit con
quello, praticamente coevo, del Panepistemon di Angelo Poliziano: cfr.
Gardenal 1981, 22; Mandosio 1996, 143-45.
19 Sulla sezione dellenciclopedia valliana dedicata alle scienze esatte si
veda Rose 1973, 97-98. Studi sulle fonti di singole sezioni del De expetendis sono stati svolti da Patrizia Landucci Ruffo: cfr. Landucci Ruffo 1971;
Landucci Ruffo 1977; Landucci Ruffo 1981; per la traduzione di una sezione del De re medica (2, 13) di Paolo dEgina in De exp. 48, 3, cfr. Rice
1980, 151, mentre in De exp. 16, 1 si legge un volgarizzamento di alcune
parti della Sphaera dello ps. Proclo: cfr. Todd 2003, 24-25.
20 De exp. 31, 2, f. <Svr>: Ars autem liberalis est quae sicut etiam
scientia nos vi suapte ad sese alicit, non tenens commodo sed dignitate
trahens ut sunt Grammatica, Poetica, Rhetorica, Dialectica. Sunt qui Me-

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31-40 del De expetendis in effetti si presentano come una compilazione poco originale sulle artes sermocinales che attinge a piene mani
da fonti gi ben note agli umanisti tardo-quattrocenteschi, ossia Prisciano e Diomede per la grammatica, lo ps. Cicerone della Rhetorica
ad Herennium, i Topica di Cicerone e Quintiliano per la dialettica, la
poetica e la retorica21. Ma a unattenta lettura si nota come in alcuni
passi Valla abbia menzionato Nestus Fustus (la variante Nestus Fuscus si legge in tre occorrenze), indubbiamente la medesima fonte di
cui lumanista piacentino si era avvalso per la glossa a Iuv. 3, 293.
Il libro 31 del De expetendis, il primo dei quattro dedicati alla
grammatica, dopo unintroduzione di carattere generale dedicata alla
mantica e allars (capitoli 1-2), entra nel merito della materia con il
terzo capitolo, intitolato quid sit grammatica, nel quale Valla riassume in una sorta di lungo elenco di nomi la storia della filologia antica,
iniziata in Grecia con Apollodoro di Atene e Aristofane di Bisanzio,
seguendo fedelmente lauctoritas pliniana (nat. 7, 123), e proseguita
in ambito latino da una fitta schiera di illustri dotti: da Ottavio Lampadione a Marco Antonio Gnifone, da Pompilio Andronico a Valerio
Probo di Berito. La fonte dichiarata, spesso ricalcata verbatim, il
trattatello De grammaticis et rhetoribus di Svetonio. E proprio ricollegandosi allultimo grammatico citato da Svetonio, Valla alla fine
del capitolo aggiunge alcune righe non derivate da fonti antiche:
Hunc [sc. Valerium Probum Beritium] Probi quoque secuti sunt aliquot,
non modo qui Aemilius est dictus historicus, sed qui in Virgilium commentaria scripsit et qui Lactantii tempore vixit, qui in poetas varios multa
scripsere; praeclari quoque alii secuti grammatici: Donatus, Caper, Nestus
Fustus, Manlius Theodoricus, Urbanus, Asper, Sergius, Servius, Diomedes, Focas22.

Il passo risulta interessante gi nella prima parte, giacch in quel


Probo qui Lactantii tempore vixit, qui in poetas varios multa scripsere pare legittimo cogliere un tentativo da parte di Giorgio Valla di
dicinam inter artes ponant, sunt qui negent, sunt qui tum scientiam, tum
artem faciant.
21 A questa sezione linguistica del De expetendis hanno dedicato una
certa attenzione Grassi 1975, 60-65, e Vasoli 1982.
22 De exp. 31, 3, f. <Sviv>. Su questa lista aveva gi attirato lattenzione
Bcheler 1884, 285, il quale proponeva lidentificazione di Nestus Fustus
con lAufustius citato in GLK 7, 35 (su cui si veda qui, infra).

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identificare il suo Probus, ossia lautore di quel vetusto commentario a Giovenale che lumanista piacentino aveva pubblicato nel
1486, con il dedicatario di una silloge epistolare di Lattanzio non
pervenutaci ma menzionata da Girolamo (in Gal. 2, praef.; vir. ill.
80)23. Nella seconda parte la lista dei praeclari grammatici successivi
a Probo risulta alquanto eterogenea: il nome di Nestus Fustus figura
allinterno di un bizzarro canone che giustappone nomi di grammatici
antichi assai noti ad altri che potevano risultare pressoch sconosciuti
a buona parte dei lettori: oltre a Urbanus, quasi certamente da identificare con il commentatore di Virgilio citato da Servio24 piuttosto
che con lumanista bellunese Urbano Bolzanio (1443-1524), le cui
Institutiones grecae grammaticae, stampate in unaldina del 149825,
pure erano assurte a immediata e grande popolarit, spiccano Mallio
Teodoro (Theodoricus nel testo del Valla) e Foca, i cui rispettivi testi, De metris e De orthographia, erano riemersi solo di recente, nel
1473, in una stampa milanese contenente una silloge di grammatici
antichi [IGI 3550], mentre il trattato ortografico attribuito dalla tradizione a Flavio Capro, ma certamente spurio26, era tornato a circolare
solo dopo il 1475, anno nel quale Nicolas Jenson, a Venezia, diede
alle stampe una miscellanea di testi grammaticali comprendente, tra
gli altri, le editiones principes di Diomede e, appunto, dello ps. Capro
[IGI 3471]27. Gi nel suo commento a Giovenale Valla aveva dimostrato di aver consultato entrambi i volumi28, e con tutta probabilit
23 La medesima identificazione stata avanzata in tempi moderni anche
da Bartalucci 1973, 253-257.
24 Auctoritas che godette di una discreta fortuna intorno alla met del
Quattrocento, come dimostrano due annotazioni anonime a manoscritti
umanistici di Properzio e Ovidio, che riportano sotto il nome di Urbanus materiale esegetico non pervenutoci nel corpus serviano: cfr. Reeve
1996, 31.
25 Bolzanio 1498. Questa grammatica conobbe straordinaria fortuna nel
XVI secolo, come dimostrano le ventitr edizioni conosciute: cfr. Rollo
2001, 201; Balsamo 2002, 180. Tuttavia, come mi suggeriscono acutamente Paolo De Paolis e Mario De Nonno, il canone proposto dal Valla
contempla unicamente nomi antichi e pertanto per ragioni di coerenza interna assai pi probabile lidentificazione con la fonte serviana, bench
nota per unopera esegetica anzich grammaticale.
26 Per la datazione del trattato falsamente attribuito a Capro cfr. De
Paolis 2010, 260-261 n. 87.
27 Cfr. De Paolis 1995, 263.
28 Nel commento sono impiegati esplicitamente come fonti sia Foca sia

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lesemplare delledizione veneziana del 1475 registrato nellinventario della biblioteca di Rodolfo Pio di Carpi proveniva direttamente
dal fondo librario personale dellumanista29.
Concluso il capitolo dedicato alla storia della grammatica e della
filologia, Valla propone una sua ripartizione teorica della disciplina
in methodica, historica e media (cap. 4), di cui la prima a sua volta si
suddivide in locutio, scriptura e pronunciatio30. E poich la locutio
poggia su tre momenti costitutivi in progressione, ossia littera, dictio
e oratio, Valla procede con ordine ricordando linvenzione dellalfabeto (cap. 5), portato in Grecia dal fenicio Cadmo secondo la testimonianza di molte auctoritates (Hdt. 5, 58-59; Suid. 22 Adler, s.
v. ; Plin. nat. 7, 192; Tac. ann. 11, 16; Lucan. 3, 220), soffermandosi successivamente sulle modalit di pronuncia delle consonanti e delle sillabe (capp. 6-7). A questa sezione fonetica ne segue
una pi propriamente morfologica dedicata alle parti del discorso:
si inizia cos con i nomi, categoria ampia che comprende tanto i sostantivi e i nomi propri (cap. 10: i patronimici), quanto gli aggettivi,
suddivisi in denominativi, deverbativi e derivati da toponimi (capitoli 11-12). La trattazione morfologica sulle nominum derivationes
prosegue, sul modello di Prisciano, con i comparativi (cap. 13: controversia su quale forma corretta scegliere tra plura e pluria) e i superlativi, per giungere infine al diminutivo (cap. 15), definito come
derivatum nomen primitivi significationis diminutionem referens.
Qui, per ogni declinazione, Valla precisa i suffissi di diminuzione
lo ps. Capro, rispettivamente ad 7, 7 e ad 7, 134. Il primo viene menzionato come auctoritas (GLK 5, 424), unitamente a Diomede (GLK 1, 328) e a
Quintiliano (Inst. 1 5, 63), per sostenere la correttezza della flessione alla
greca per nomi propri greci terminanti in -o al nominativo quali Clio e
Dido; dello ps. Capro invece citato un breve passo (GLK 7, 107) nel
quale veniva riportata la forma corretta dellaggettivo stlataris derivato dal
sostantivo di prima declinazione stlata, ae.
29 Nellinventario dei libri appartenuti a Rodolfo Pio, stilato il 2 maggio
1564 e conservato nel codice di Citt del Vaticano, Biblioteca Apostolica
Vaticana, Barb. lat. 3108, ff. 1r-163r (pubblicato solo parzialmente in Dorez 1892, 379-382, e in Heiberg 1896, 109-118), al n 1 del f. 47v si legge
il titolo Diomedis grammatica di prima stampa, in folio con tavole in
corame, inequivocabilmente attribuibile alla stampa veneziana del 1475.
Alla morte di Giorgio Valla (23 gennaio 1500), Alberto Pio aveva rilevato
in blocco la biblioteca personale dellumanista al prezzo di ottocento scudi
doro: cfr. Gardenal 1981, 15-16.
30 In merito si gi soffermato Vasoli 1982, 251-252.

Nestus Fust(i)us, Nestus Fuscus

151

da innestare sul tema del sostantivo, elencando di seguito una lunga


serie di esempi; in corrispondenza della quarta declinazione si legge
la seguente considerazione:
Quartae autem declinationis pariter nomina mutata u in i et addita culus
vel cula faciunt diminutivum, ut [] acus, aculeus, at magis denotativum
est non aculea. Acus, ut inquit Nestus Fustus ad Asinium Pollionem, cuius
genitivus aceris pro frumenti grani folliculo, acicula facit31.

La discussione verte dunque sul diminutivo di acus, -us, nome di


genere femminile con cui i Latini designavano tanto un ago da cucito, quanto uno spillone per la capigliatura delle donne (Paul. Fest.
p. 8 Lindsay): lattestazione di aculeus quale forma diminutivale
maschile di acus era nota a Valla da Prisciano (GLK 2, 114-15), il
quale poco oltre (GLK 2, 162) menzionava Probo come sua specifica
fonte in merito allargomento; in questo stesso passo il Cesarense
ricordava anche un altro sostantivo con la forma acus al nominativo ma appartenente alla terza declinazione e di genere neutro ossia
acus, -eris, parola con cui si indicava il purgamentum grani, cio
la pula del grano. Ed proprio per il diminutivo di questo sostantivo,
per il cui significato Valla segue fedelmente la definizione priscianea
(frumenti grani folliculus)32, che viene chiamato in causa Nestus
Fustus e il dedicatario del suo trattato: loscuro grammatico sarebbe
lunica fonte antica a indicare acicula quale diminutivo di acus, -eris,
giacch altrove (CTh. 3, 16, 1) tale parola usata come diminutivo di
acus, -us (la variante fonetica acucula in Marcell. med. 21, 6), mentre
in ambito farmacologico indica il cerfoglio, erba che i Greci conoscevano con il nome di 33.
Nel lungo capitolo 16 (De generibus nominum) Valla tratta dei
generi dei sostantivi, elencando per ogni declinazione particolarit
ed eventuali cambi di genere per calchi dal greco. Nellambito della

De exp. 31, 15, f. <Tvv>.


Il significato del termine ribadito anche nel capitolo successivo
intitolato De generibus nominum, ove si precisa anche che aculeus diminutivo di acus, -us trova la sua attestazione sia in Probo (ap. Prisc. GLK 2,
162) sia in Nesto Fusco: De exp. 31, 16, f. <Tviir>: Acus, unde aculeus
diminutivum, teste Probo ac Nesto Fusco; at in usu hodie est haec acus.
Dicitur etiam acus, aceris neutrum foliculus frumenti qui evanuatur e grano iactaturque vento.
33 Cfr. TLL 1, 456.
31
32

152

francesco LO conte

prima declinazione vengono individuati sostantivi appartenenti a tutti


e tre i generi: infatti oltre alla maggior parte dei femminili e a un ridotto numero di maschili figurano con il tema in -a anche due nomi
di genere commune, ossia advena e verna34, che oltre a poter essere
adoperati indifferentemente al maschile e al femminile come tutti i
communia, prevedono anche luso nel genere neutro:
In a trium generum, ut Nestus Fustus, ad Asinium Pollionem de octo partibus orationis scribens, inquit: hic et haec et hoc advena, hic et haec et hoc
verna, neutri porro generis inquit unum Turia in secundo Historiarum
Sallustii libro35.

Il frustum che Valla qui avrebbe recuperato da Nestus Fustus sembra quasi una rielaborazione di quanto tramanda Plozio Sacerdote nel
secondo libro delle sue Artes grammaticae (GLK 6, 480)36, ma lappartenenza del nome del fiume iberico Turia al genere neutro confermata da unattestazione nel secondo libro delle Historiae sallustiane
trova il suo parallelo solo in un passo iniziale dei Catholica Probi
(GLK 4, 6-7), che costituiscono, come noto, una rielaborazione seriore del secondo libro di Sacerdote37. Il medesimo segmento testuale
La categoria dei nomi di genere commune ricordata qui dal Valla
trova il suo corrispondente nelle grammatiche umanistiche con i verba
communia, ossia verbi di forma passiva ma aventi un possibile valore sia
attivo sia passivo: cfr. Rizzo 2002, 184.
35 De exp. 31, 16, f. <Tvir>.
36 Hoc naptas primae est -tae genetivo faciens, huius naptae, nomen
barbarum neutrum contra rationem neutrorum, quae latina genetivum -ae
diphthongo non terminant, exceptis tribus, hic et haec et hoc verna huius
vernae, hic et haec et hoc advena huius advenae, hoc [sc. flumen] Turia,
huius Turiae. Solo lievemente differente nella forma la diversa redazione del passo che si legge nei Catholica Probi (GLK 4, 29): Hoc naptas
primae est -tae genetivo faciens, huius naptae, nomen barbarum contra
rationem neutrorum, quae latina genetivum -ae diphthongo non terminant,
exceptis quattuor, hic et haec et hoc verna huius vernae, hic et haec et hoc
advena huius advenae, et hoc Turia, huius Turiae flumen, hoc naptas huius
naptae.
37 Cfr. De Nonno 1983, 387-388. Ecco quanto si legge nei Catholica Probi: -A enim terminatum nomen generis neutri Latinitas non habet
exceptis tribus, hic et haec et hoc verna, advena et hoc Turia, nomen fluminis lectum in secunda historia Sallustii. Nel corrispondente passo di
Sacerdote (GLK 6, 471) si legge solo un riferimento generico a Sallustio
come auctoritas: -A enim terminata nomina generis neutri solius latinitas
34

Nestus Fust(i)us, Nestus Fuscus

153

sallustiano (hist. 2 fr. 54 Maurenbrecher), in una forma pi ampia,


tramandato anche da Prisciano (GLK 2, 143), il quale per sosteneva,
contrariamente al resto della tradizione grammaticale antica38, che
Sallustio avesse assegnato al nome di prima declinazione il genere
maschile, riportando dunque nel frammento la variante decisiva Turiam allaccusativo singolare:
Quod autem Turia et similia fluminum nomina masculina sunt, ostendit
etiam Sallustius in am terminans eius accusativum in II Historiarum: Inter laeva moenium et dextrum flumen Turiam. Nam si esset neutrum,
similis esset accusativus nominativo39.

Anche la particolarit dei sostantivi di genere commune viene ripresa poco oltre nella trattazione del Valla: dopo due sezioni dedicate
rispettivamente ai numerali (cap. 17) e alla figura (cap. 18), intesa
sul modello dello schema funzionale di Prisciano (GLK 2, 177)40, nel
capitolo diciannovesimo oggetto del discorso il sistema flessivo e
non habet praeter hoc Turia, nomen fluminis lectum in Sallustio, et trium
generum hic et haec et hoc verna. Nei Catholica Probi il frammento sallustiano era gi stato riportato, senza tuttavia la specificazione del libro
delle Historiae da cui era stato ricavato: cfr. GLK 4, 3: Lectum est et
unum hac [sc. prima] declinatione nomen generis neutri apud Sallustium
et dextrum flumen Turia, huius Turiae.
38 Oltre a Mario Plozio Sacerdote, anche Cledonio (GLK 5, 41) e Foca
(GLK 5, 412) attribuiscono il genere neutro a Turia, -ae; da Sacerdote verosimilmente Foca ricava la generica auctoritas sallustiana per confermare la propria affermazione. Uno sguardo alle poche attestazioni del nome
nelle fonti letterarie sembra tuttavia dare ragione a Prisciano: Mela 2, 92,
preferisce Turiam allaccusativo singolare, mentre in Plin. nat. 3, 20, si
legge la forma Turium di seconda declinazione.
39 Il concetto verr ribadito da Prisciano poco oltre, in un passo nel
quale pure si ammetter la possibile concordanza figurata con flumen,
nome comune di genere neutro: cfr. GLK 2, 201: Mulucha flumen et
Turia et siqua similia inveniuntur, magis figurate masculina cum neutris iunguntur, ut si dicam Tiberis flumen vel Hister flumen. Quod
autem non sunt neutra Turia et Mulucha et similia, ostendit etiam natura ipsius sermonis Punici, in quo omnia nomina vel masculina sunt vel
feminina.
40 De exp. 31, 18, f. Vr: Figura quoque dictionis in quantitate compraehenditur: aut enim simplex est ut magnus, vel composita ut magnanimus, vel decomposita ut magnanimitas; quae omnia sub uno accentu
proferuntur ut iusiurandum, triumvir, satiloquus, apparitor, versicolor.

154

francesco LO conte

casuale della lingua latina, affrontato sulla base del cambiamento che
la terminazione della parola attraversa nel passaggio da nominativo,
casus rectus, a genitivo singolare, casus obliquus. La fonte della trattazione ancora una volta Prisciano (GLK 2, 195)41, di cui si ricopiano ampi stralci intervallati per talora da qualche inserto inedito:
Quattuordecim ergo sunt litterae quibus latina nomina finiuntur. In -a desinentia nomina sive latina sive graeca aut etiam barbara masculina, vel
foeminina, vel communia, vel neutra, vel generis omnis. Praeterea quae
greca tertiae sunt declinationis, de quibus mox dicetur, addita e faciunt
genitivum per ae diphthongon, ut [] advena, advenae, quod figurate
dictum Priscianus [GLK 2, 195] putat advena mancipium; id Nestus Fustus
ad Asinium Pollionem putat recte, quod sit generis omnis enuntiatum42.

Si torna dunque a parlare del sostantivo advena, -ae, gi ricordato nel capitolo dedicato ai generi. Qui viene ricordato un dettaglio
in pi, ossia, secondo lauctoritas priscianea, il possibile impiego di
tale termine in genere neutro solo nel senso attributivo di straniero,
come nellespressione advena mancipium, gi menzionata due volte
da Pompeo nel suo commento allArs di Donato (GLK 5, 165 e 189).
Valla aggiunge quindi che Nestus Fustus, nel suo opuscolo indirizzato ad Asinio Pollione, specificava come fosse lecito impiegare advena, -ae nel suo significato figurato non solo al neutro, ma anche nei
generi maschile e femminile.
Laffermazione confermata in De exp. 31, 20, capitolo dedicato
specificatamente ai nomi di prima declinazione (De prima nominum
declinatione), ove ribadito che Nestus Fustus aveva attribuito ad
advena, -ae tutti e tre i generi. Qui Valla ritorna sul genere attribuito
dai grammatici a Turia, -ae, menzionando accanto a Nestus Fustus
anche Manlius Theodoricus, ossia Mallio Teodoro, che pure nel suo
De metris non menziona mai il nome del fiume iberico. assai verosimile che in questa circostanza Giorgio Valla abbia commesso un

41 Prisciano anche fonte diretta dellanonima compilazione medievale


di origine insulare nota come Ars Bernensis nella quale si fa riferimento
a advena, -ae come particolare parola di genere commune utilizzabile sia
al maschile, sia al femminile, sia eccezionalmente al neutro: cfr. GLK 8,
92: In -a desinentia seu Graeca seu Latina masculina vel feminina vel
communia []. Commune trium generum, ut hic et haec et hoc advena,
huius advenae.
42 De exp. 31, 19, f. Vr.

Nestus Fust(i)us, Nestus Fuscus

155

errore di memoria nella citazione dalle sue fonti, attribuendo a Mallio


Teodoro un passo in realt di Foca (GLK 5, 412): si ricordi che i testi di questi due grammatici erano stati stampati insieme nelleditio
princeps milanese del 1473 [IGI 3550]. Subito dopo Nestus Fustus
viene chiamato nuovamente in causa come auctoritas per sostenere la
legittimit dellimpiego di advena, -ae in tutti e tre i generi:
Quae ergo in -a finiuntur, ea aut masculina sunt latina ut hic Catilina,
aut foeminina ut haec musca, aut communia ut hic et haec conviva,
aut Nesti Fusti et Manli Theodorici sententia neutri generis ut hoc Turia
quod fluminis est nomen, aut generis omnis ut Nestus Fustus ad Asinium
Pollionem scribens, inquit veluti et hic et haec et hoc advena. [] Si
Nestum Fustum sequimur, primum in hoc genere primae declinationis invenitur Turia, quod tamen renuit Priscianus43.

Sembra proprio che in questo passo Valla abbia di fatto riproposto il frammento di Nestus Fustus da lui recuperato nel capitolo 16,
con la sola omissione di verna, -ae quale parola di genere polivalente unitamente ad advena, -ae. Del resto questa tendenza a ribadire
pi volte allinterno di una trattazione enciclopedica nozioni e concetti prassi tuttaltro che infrequente nelle vaste compilazioni erudite della seconda met del Quattrocento. Per mettere ordine possiamo dire che delle sei attestazioni finora esaminate di Nestus Fustus/
Fuscus, tre riguardano forme diminutivali (i rari conchicula e acicula), mentre le restanti tre riguardano sostantivi di prima declinazione di genere commune. Di differente argomento sono infine le
ultime due attestazioni della medesima auctoritas rinvenibili allinterno del De expetendis nei libri 33 e 34, gli ultimi due dedicati alla
grammatica.
Allinterno del trentaduesimo libro, dopo unestesa trattazione dei
dictionum genera, ossia delle otto parti del discorso, per la quale Valla ancora una volta mostra tutta la sua dipendenza da Prisciano, in
particolare dal decimo libro dellArs grammatica per la parte relativa
al verbo e ai diversi modi di formazione del perfetto, lumanista focalizza la propria attenzione nel libro 33 sulloratio, le parti di cui essa
costituita e la sua struttura: in termini moderni si potrebbe dire
che i primi due libri del De expetendis dedicati alla grammatica sono
incentrati sulla morfologia, mentre a partire dal terzo libro il discorso

43

De exp. 31, 20, f. <Vvir>.

156

francesco LO conte

si volge alla sintassi44. Cos il libro 33 si apre con due lunghi capitoli
(2-3) riservati alla sintassi del verbo esibendo come fonti grammaticali Foca (GLK 5, 428) e Diomede (GLK 1, 397), nonch il consueto
Prisciano, dal cui diciassettesimo libro dellArs grammatica (GLK 3,
158-167) si ricavano qui ampie parti; nei capitoli 4 e 5 la trattazione procede ordinatamente esponendo le reggenze dei pronomi, delle
preposizioni, degli avverbi e delle congiunzioni. E proprio allinterno
del capitolo 5 (De constructione praepositionum, adverbiorum et coniunctionum) troviamo unulteriore menzione del presunto grammatico contemporaneo di Asinio Pollione, stavolta nella variante forma
onomastica Nestus Fuscus:
Accusativo autem aliae [sc. praepositiones] connectuntur ut circum, circa et circiter. Circum, inquit Nestus Fuscus ad Asinium Pollionem, ut
circum theatrum, circa temporis ut circa calendas, circiter numeri ut
circiter horas decem45.

Il passo in questione tratta delle preposizioni reggenti il caso accusativo, e in particolare di tre preposizioni dal significato affine ma
il cui uso, secondo una tradizione grammaticale risalente a Carisio
(GLK 1, 301) e allo ps. Capro (GLK 7, 96), era regolato dal significato del sostantivo retto: cos circum doveva essere impiegato per nomi
di luogo, circa per le date, circiter per i numeri. Sorprende come in
questo caso Valla si svincoli dalla fonte prediletta, ossia Prisciano46;

Cfr. De exp. 33, 1, f. Yiiir: Hactenus de arte grammatica disserentes duobus voluminibus quae nobis compendiose attingenda videbantur
diximus de littera syllabaque et de toto genere dictionum quod certe de
omnibus orationis partibus est. In hoc autem quod tertium grammatices
volumen est, de oratione dicemus, nempe de omnium orationis partium
compage ac structura parce et utiliter loquemur quam maxime a nobis fieri
potuerit.
45 De exp. 33, 5, f. <Yviiv>.
46 Prisciano, pur trattando delle tre preposizioni circa, circum e circiter
non opera una netta distinzione nei rispettivi ambiti duso e, a differenza di
Carisio, ritiene che sia la preposizione circiter e non circa a dover essere
impiegata esclusivamente per le determinazioni di tempo: cfr. GLK 3, 41:
Circum quando significat, praepositio accipitur tam in compositione quam in separatione, ut circumfero , circum montem,
; [] circa quoque Graecam significat, quando pro
iuxta accipitur, ut circa forum, circa templum, circa viginti annos
[] circiter vero cum similiter Graecam significat, tum pro iuxta
44

Nestus Fust(i)us, Nestus Fuscus

157

infatti la citazione qui attribuita a Nestus Fuscus coincide piuttosto


quasi verbatim con lanalogo passo carisiano.
Ancora la variante onomastica Nestus Fuscus ricorre nellottava
e ultima attestazione del nome allinterno dellenciclopedia valliana,
in De exp. 34, 2 (De parte grammatices media), laddove lautore sta
discutendo della consuetudo, definita sulla scorta di Quint. inst. 1, 6,
3, certissima loquendi magistra. Allinterno di una breve lista di
auctoritates le quali, seguendo il magistero ciceroniano (orat. 158),
sostennero contro la ratio la correttezza di forme dissimilate quali
ignoti, ignavi e ignari anzich innoti, innavi e innari, compare anche
il nome di Nestus Fuscus:
Dulcius visum est ignoti, ignavi, ignari dicere quam innoti, innavi
et innari []. Illud porro non satis olet quod Diomedes, Servius, Nestus
Fuscus, Aulus Gelius [15, 3, 2], Quintilianus [Inst. 1, 5, 69], ducem omnes
secuti Ciceronem [Orat. 158] elegantius pronuntiari putaverint47.

Completato il quadro complessivo dei passi del De expetendis


in cui compare il nome di Nestus Fust(i)us/Fuscus, scaturiscono
alcune immediate riflessioni circa la possibile tipologia di fonte dalla quale Valla pot ricavare simili estratti. Anzitutto il fatto
che questo non altrimenti noto grammatico sia stato chiamato in
causa in almeno quattro circostanze con citazioni che presentano
forti tratti di somiglianza non solo argomentativa, ma anche lessicale, con i Catholica Probi e Carisio, induce a supporre che lumanista piacentino fosse entrato in possesso, conformemente alla
propria figura di appassionato bibliofilo e cultore di testi rari48, di
accipitur; ad tempus tamen solum pertinet, ut circiter Kalendas Ianuarias. Invece Carisio operava una distinzione fra le tre preposizioni utilizzando le stesse parole e gli stessi esempi che si leggono nella citazione
attribuita da Valla a Nestus Fuscus. Nel testo del De expetendis manca
solo loci subito dopo circum, parola utile per creare una simmetria con le
successive espressioni circa temporis e circiter numeri.
47 De exp. 34, 2, f. <Zviiv>.
48 Oltre al noto Probus, Valla entr in possesso di altri codici rari che
ebbe la prontezza di pubblicare avvalendosi della nuova arte tipografica.
Nelledizione degli Astronomici veteres [IGI 1131] approntata a Venezia
nel 1488 da un fedele auditor del Valla, Vittore Pisani, fu inclusa lopera
completa di Rufo Festo Avieno, di cui lepistola in 31 esametri e lOra
maritima in 713 senari giambici sono a noi noti solo grazie a questa stampa (il codice di Milano, Biblioteca Ambrosiana, D 52 inf., tramanda i soli

158

francesco LO conte

materiale di notevole vetust ancora inedito ma che tuttavia almeno


in alcuni ambienti eruditi conosceva una discreta circolazione tra
Quattro e Cinquecento. Solo per citare un esempio, si rammentino quegli excerpta carisiani pervenuti ad Aulo Giano Parrasio dopo
la scoperta effettuata a Bobbio nel 1493 ma comunque ben prima
delleditio princeps stampata soltanto nel 153249. Questi estratti furono trascritti nel codice ora a Napoli, Biblioteca Nazionale, V D
32, unitamente ad alcune differentiae verborum riconducibili alla
rarissima Appendix Probi50. In particolare proprio la compresenza di materiale affine a Carisio e ai Catholica Probi indurrebbe in
prima battuta a pensare a materiale di origine bobbiese pervenuto nelle mani del Valla diversi anni prima che questo venisse divulgato a stampa, tenendo in debita considerazione il rapporto che
legava lumanista piacentino a Giorgio Merula, suo immediato
predecessore alla cattedra di humanitas presso la scuola di San
Marco51.
Ma tale supposizione dimostra di avere forse basi meno solide
allorch si chiamati a cercare di identificare il Nestus Fust(i)us/
vv. 52-163 dellOra maritima): cfr. Holder 1887, x-xii; Parks Cranz
1976, 26-27; Raschieri 2011, 37-39. Nella medesima edizione fu impresso
anche il Liber Medicinalis di Quinto Sereno, opera che di fatto torn a
circolare solo dopo questa divulgazione a stampa e il cui codice pervenne
al Valla presumibilmente da un deposito milanese proprio come il Probus:
cfr. Billanovich 1974, 58; Bellettini 2004, 101-114. Precedentemente, nel
1485 [IGI 2860], Valla aveva pubblicato unopera ciceroniana dimenticata, ossia la traduzione parziale del Timeo di Platone: cfr. Hankins 2009,
35 n. 3.
49 Ledizione fu curata da Giovan Pietro Cimino, auditor di Giano Parrasio, il quale aveva portato con s a Napoli nel 1510 il codice bobbiese
con Carisio rinvenuto da Giorgio Galbiate ex auspicio di Giorgio Merula:
cfr. Ferrari 1970, 164. Ulteriori delucidazioni sulla fortunata spedizione
condotta nel dicembre 1493 presso il cenobio piacentino in Ferrari 1973,
mentre sulle varie liste pervenuteci elencanti i testi rinvenuti cfr. Morelli
1989 e Morelli 2000.
50 Sulla sezione (ff. 42-44) per la quale il Neapol. V D 32 pu considerarsi apografo parziale del codice conservato a Napoli, Biblioteca Nazionale, lat. 1, prezioso testis unicus bobbiese dellAppendix ad Probi artem
minorem (edita in GLK 4, 193-204), cfr. Stok 2005. Sono grato a Francesco Lo Monaco per il suggerimento bibliografico.
51 Giorgio Merula aveva iniziato lattivit di magistero a Venezia nel
1468; per la successione tra i due nella carica di docente si veda il documento darchivio pubblicato in Heiberg 1896, 16.

Nestus Fust(i)us, Nestus Fuscus

159

Fuscus menzionato dal Valla, autore di un opuscolo grammaticale dedicato ad Asinio Pollione. Il medesimo nome, infatti, anche se in una
variante leggermente diversa, riportato in un frammento anepigrafo,
ossia il Fragmentum de praepositionibus collocato in calce a una versione ridotta della cosiddetta Appendix scaurina52 (GLK 7, 35) e tramandato unicamente dal vetusto codice di Parigi, Bibliothque Nationale, Lat. 7520, f. 1r, databile entro la fine del secolo VIII, membrum
disiectum per i primi 24 fogli di una pi ampia raccolta grammaticale
floriacense tramandata nel codice di Bern, Burgerbibliothek, 20753. A
conclusione del frammento pseudoterenziano lanonimo compilatore
menziona quale auctoritas a sostegno della correttezza delle forme
contratte per gli imperfetti dei verbi dal tema in un Abnestus Fustus grammaticus, autore di un trattato rivolto ad Assinum Pollionum
(sic):
Est enim nunc genus dilatandi verba quae -io litteris finiuntur, de quo Abnesti Fusti grammatic (sic) liber ad Asinium Pollionem rectius dici veniebam, audiebam, salliebam, leniebam, molliebam, quam venibam, audibam, sallibam, lenibam, mollibam54.

Lidentificazione tradizionalmente accettata prevede di leggere in


Abnestus Fustus una forma degradata del nome Aufustius, grammatico menzionato da Prisciano (GLK 2, 383) e da Paolo Diacono epitomatore di Festo (p. 84 Lindsay, s. v. Genium)55. Studi pi recenti hanno invece avanzato la suggestiva ipotesi di leggere nei duo nomina
del grammatico citato nellAppendix scaurina una forma corrotta di
Aristius Fuscus, il ben noto magister di Orazio menzionato da Porph.
in Hor. sat. 1, 9, 60, i cui estremi cronologici, per quanto sfuggenti,
ne rendono pi che probabile la contemporaneit rispetto ad Asinio
52 Su tale frammento acefalo, invero quasi certamente non attribuibile a
Terenzio Scauro, cfr. Biddau 2008, lxviii-lxxi.
53 Sul codice parigino, che ebbe tra i suoi possessori Pierre Daniel e
Pierre Pithou, cfr. Boyer 1937, Lowe 1950, nr. 568, Passalacqua 1978,
228, De Nonno 1983, 389-390, Simoni 1988, 131, De Paolis 2003, 33-34
(con ampia bibliografia pregressa).
54 Cfr. Eichenfeld Endlicher 1837, 452, n. f. Per la riproduzione fototipica del f. 1r del codice parigino, ove si legge la citazione, cfr. Boyer
1937, 118.
55 Cfr. GRF, 491-93. Si veda in merito anche Goetz 1896, ove ricordato pure un altro C. Aufustius menzionato in Plin. nat. 7, 181, tuttavia
difficilmente identificabile con il grammatico.

160

francesco LO conte

Pollione56. Oltre i tentativi pur sempre rischiosi di ricondurre a una


forma onomastica plausibile e corroborata da attestazioni epigrafiche
il nome di questo presunto grammaticus cos come trdito nel Par. lat.
7520 e nei lavori eruditi di Giorgio Valla57, qui interessa verificare la
reale attendibilit dei frammenti finora esaminati e dunque leffettiva consistenza storica di un grammatico vissuto tra la fine dellet
repubblicana e linizio dellet imperiale di cui sinora si erano perse
completamente le tracce.
Si visto come il codice Par. lat. 7520 tramandi il frammento De
praepositionibus intercalato al testo dei catholica nominum (ff. 1v9r), che costituiscono la prima parte dei Catholica Probi (GLK 4, 3.2
Nunc 33.7 nullo)58, e da cui sar stata estratta la parte pi consisten56 Lipotesi di identificazione, non accolta da Gino Funaioli in GRF,
491-493, gi avanzata da Haupt 1838, 40, ora riproposta da Ramn Gutirrez Gonzlez dellUniversit di Bologna, che qui ringrazio per la preziosa consulenza e la possibilit concessami di consultare materiale ancora
inedito, discusso in occasione del Colloquio internazionale La norme et la
pouvoir. Grammaire et littrature lpoque impriale (Lyon, 4-6 Avril
2013).
57 Albio Cesare Cassio avanza unipotesi alternativa, mai formulata in
precedenza a quanto mi risulta, secondo la quale la forma Abnestus Fustius
tramandata dal Par. lat. 7520 sarebbe lesito di un deterioramento dalloriginario Au. Nestius Fustius; tuttavia, stando agli indici del Corpus Inscriptionum Latinarum, il nome Nest(i)us non risulta mai attestato, anche
se un graffito pompeiano riporta liscrizione Nigru(m) cum Nesto Cumis
(cfr. AE 1977, 214); proviene invece dallAfrica proconsolare unepigrafe
sepolcrale (cfr. CIL 8, 4783) tramandante il nome Iulius Anestius (Aimnestus invece nome di uno schiavo in CIL 6, 11288). Per quanto concerne
invece il presunto cognomen, dalla Numidia giunge lunica testimonianza
(cfr. CIL 8, 8062), in funzione per di nomen, di un Fustius Babius (la
variante Fustus non risulta mai attestata). In ambito greco troviamo un
(genitivo ) in uniscrizione numismatica proveniente da
Adbera e risalente al V secolo a. C. (cfr. Fraser Matthews 2005, 248, s. v.
), mentre un (PA 10655) menzionato in unepigrafe templare attica del II secolo a. C.: cfr. IG 1346. Le due occorrenze della forma
Fuscus riportate dal Valla, se da un lato inducono a ritenere che proprio
questo potesse essere il corretto cognomen del grammatico, assai diffuso
in epoca classica, dallaltro, a causa del loro isolamento, sono passibili di
essere interpretate come lesito di errore dovuto a lectio difficilior.
58 I catholica nominum sono trasmessi anche, in forma pi estesa, dal
tardoantico codice bobbiese ora a Napoli, Biblioteca Nazionale, lat. 2, ff.
95v-111v, rinvenuto da Giorgio Galbiate nel 1493: cfr. De Nonno 1983,
389 n. 4.

Nestus Fust(i)us, Nestus Fuscus

161

te del materiale pervenuto al Valla sotto il nome di Nestus Fust(i)us/


Fuscus, ossia la discussione sui sostantivi di prima declinazione di
genere neutro e commune. La presenza di questi elementi nella prima sezione dellautorevole manoscritto parigino induce dunque a
formulare lipotesi in base alla quale lumanista potrebbe essere entrato in possesso o di un apografo poi scomparso del vetusto codice
attualmente a Parigi, o di schedature da questultimo ricavate, in cui
il materiale eterogeneo dei Catholica Probi era assegnato tout court
a Nestus Fust(i)us/Fuscus59. Non si dimentichi infatti che nelle tradizioni medievali dei grammatici latini abbondano compilazioni o raccolte di estratti, sia anonime sia anepigrafe, che facilmente potevano
trasformarsi in testi pseudepigrafi in base a citazioni vicine o interne
al testo60.
Tuttavia, se si accoglie questa ipotesi, resta comunque problematica lattribuzione di quei brevi estratti che non presentano corrispondenza alcuna con lintera tradizione grammaticale antica e che
riguardano essenzialmente lattestazione di rare forme diminutivali.
In quanto non altrimenti attestati tali frammenti, allo stato attuale delle conoscenze e in attesa che studi approfonditi sulla sterminata produzione enciclopedica di Giorgio Valla possano in futuro fare luce
sulla storia della trasmissione di questi singolari estratti61, rendono

59 Come mi suggeriscono Paolo De Paolis e Mario De Nonno, un dettaglio non trascurabile la presenza della grafia Turia nel codice parigino
identica a quella dei presunti frammenti di Nestus Fustus, laddove invece
il manoscritto bobbiese, ora Napoli, Biblioteca Nazionale, lat. 2, stando
alleditio princeps dei Catholica Probi curata da Aulo Giano Parrasio e
pubblicata a Vicenza nel 1509, riportava il nome del fiume iberico con la
grafia aspirata Thuria.
60 Una simile situazione potrebbe essersi verificata per i presunti frammenti del Dubius sermo di Plinio il Vecchio rinvenuti nelle postille manoscritte dellerudito duecentesco Guido de Grana: cfr. Stagni 2008, 495.
61 Sostanzialmente priva di valore poich di seconda mano la citazione
di un Nestus Fuscus vetustissimus grammaticus, lunica a quanto mi risulta
posteriore al Valla, che si legge in van Pauteren 1537, 28. Si tratta di una
citazione senza valore poich una fonte diretta della Grammaticae prima
pars di Jan van Pauteren, o Jean Despautre, da Ninove (1480 circa-1520),
stampata in editio princeps nel 1512, senza dubbio proprio il De expetendis, anzitutto perch Nestus Fuscus viene citato nellambito della controversia sul genere di Turia, -ae, e secondariamente perch van Pauteren
in un altro suo fortunato compendio di grammatica, la Syntaxis, pubblicato
per la prima volta nel 1511, mostra di conoscere bene lenciclopedia val-

162

francesco LO conte

pi probabile la suggestiva ipotesi di un recupero avvenuto nel tardo Quattrocento di materiale inedito risalente allantichit, per secoli
obliterato e quindi, dopo una fugace riemersione, nuovamente naufragato nel mare magnum della produzione umanistica a stampa. Un
simile scenario potrebbe suggerire, con le dovute cautele del caso,
dietro la problematica forma onomastica Nestus Fust(i)us/Fuscus,
la concreta personalit storica di un grammaticus contemporaneo di
Asinio Pollione sinora ignoto e forse identificabile con lillustre Aristio Fusco di Ascalona, maestro di Orazio; questa suggestiva ipotesi
potr sembrare non del tutto peregrina allorch si terranno in debita
considerazione le ben note condizioni tipiche che riguardano la tradizione dei testi grammaticali latini, sostanzialmente bipartita tra un
numero ristretto di testimoni altomedievali e la riscoperta umanistica
avvenuta dopo uno iato plurisecolare62.
Francesco Lo Conte
liana nominandone spesso lautore e talvolta citandone persino numero di
libro e capitolo: cfr. van Pauteren 1538, passim. Sulla fortuna dei trattati
grammaticali di van Pauteren nelle scuole del XVI secolo cfr. Grendler
1991, 209, Henderson 2007, 149-151.
62 In merito De Paolis 1995, 267, De Paolis 2007, 696-697. Non sembrano cos rari i casi di compilazioni grammaticali antiche riemerse solo
alla fine del secolo scorso, sebbene gi note in ambienti umanistici, come
ad esempio i cosiddetti Excerpta Andecavensia, conosciuti da Pomponio
Leto e Lorenzo Valla: cfr. De Nonno 1992. Proprio questa particolare situazione nella trasmissione dei testi grammaticali avrebbe consentito a
numerosi eruditi quattrocenteschi di entrare in possesso di materiale raro,
talora talmente unico da cadere definitivamente nelloblio a distanza di pochi anni: in merito la figura pi emblematica e discussa negli ultimi anni
indubbiamente quella di Giovanni Tortelli (1400 circa-1466), il quale nella sua Orthographia, monumentale e fortunatissima compilazione lessicografica, tramanda frammenti altrimenti ignoti del Dubius sermo di Plinio il
Vecchio, nonch di Papiriano e di un non meglio identificato grammatico
Parthenius. Su tali discusse citazioni nel repertorio tortelliano si vedano
i recenti studi di Paola Tom: Tom 2009, Tom 2010 e Tom 2011a.
Sullannosa controversia circa lattendibilit delle fonti grammaticali esibite dal Tortelli, in passato considerate unanimemente falsi umanistici, cfr.
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