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2014, fascicolo 1
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L O E S C H E R E D I TO R E
TO R I N O
Nel novembre 1486 lumanista piacentino Giorgio Valla (14471500), da poco trasferitosi a Venezia in qualit di docente di humanitas presso la seconda cattedra della scuola di San Marco, destinato
a subentrare nellincarico allalessandrino Giorgio Merula (1430 circa-1494) passato alla corte degli Sforza, dava alle stampe con i torchi
del tipografo cremonese Antonio da Strada il suo dotto commento
alle Satire di Giovenale1. Il lavoro veniva edito non casualmente in
1 Valla 1486. Il commento godette di una certa fortuna in ambito scolastico sino alla fine del secolo XV, considerando che i repertori di incunaboli individuano ben undici ristampe del lavoro esegetico preparato
dal Valla sul testo di Giovenale. Sappiamo che queste edizioni, allestite
appositamente per gli studenti, giacch raccoglievano in un unico volume
i commentari di pi magistri, erano state stampate senza lapprovazione
dellautore, come si intuisce da una lettera di Giorgio Valla indirizzata a
Giovan Maria Ruzinento in data 19 luglio 1498 (edita in Heiberg 1896,
89-90). Sul tipografo Antonio da Strada, stampatore di fiducia di Giorgio
Valla dopo il trasferimento di questultimo a Venezia, cfr. BMC, xxiii e
292; Bertieri 1929, 131.
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serviana sono sei citazioni di passi di autori antichi, quattro dei quali
non pervenutici in nessun altro corpus di scoli giovenaliani: in ordine
di apparizione, due esametri di Turno, poeta satirico di et flavia (ad
I 71)7, un frammento del De viris illustribus di Svetonio (fr. 19 Reifferscheid ad 3, 74)8, gli unici quattro esametri superstiti del De bello
Germanico di Stazio (ad 4, 94)9, due trimetri giambici della Sulpicia
di et flavia (ad 6, 537)10, un frustum dellorazione Corneliana di
7 FPL, 332-33 (con bibliografia pregressa). Per una dettagliata analisi
del frammento, anche per confronto con la forma differente attestata in P,
cfr. Tandoi 1979, 808-820.
8 Tale glossa si ritrova in forma simile, senza per la menzione di Svetonio, solo nel codice L: cfr. Stephan 1882, 44; Wessner 1931, 35. Il riconoscimento di una probabile interpolazione, giacch a una prima parte
in cui riconoscibile la presenza di una fonte che attingeva a parti per noi
perdute del De viris illustribus svetoniano (Isaeus rhetor fuit Atheniensis,
ut Probus inquit, illius temporis cuius et Tranquillus meminit), segue una
seconda in cui invece riconoscibile con certezza la mano del Valla, il
quale menziona lalter Iseo, ossia il pi celebre retore vissuto tra V e IV
secolo a. C., traducendo quasi alla lettera la voce corrispondente del lessico
bizantino Suda ( 620 Adler, s. v. ), ha indotto taluni a ritenere che
in questo caso ci si trovi di fronte a un conclamato falso umanistico: cfr.
Brugnoli 1963; ma nel complesso pare considerazione troppo sbrigativa.
9 Questo celebre frammento unicamente tramandato dal Probus Vallae: cfr. Luisi 1998, 26; FPL, 330; Santorelli 2012, 9-13.
10 Anche per questo frammento il Probus Vallae unico testimone:
cfr. FPL, 331 (con bibliografia pregressa); Parker Braund 2012, 454456. Nel Fragmentum bobiense de nomine edito in GLK 7, 544 (su cui
cfr. Mariotti 1984), si legge una breve glossa al raro lessema cadurcum
che compare appunto nellunico frammento superstite della seconda
Sulpicia; lanonimo compilatore del frammento bobbiese riteneva che
il cadurcum corrispondesse alla cinghia stesa sullintelaiatura del letto per sostenere i materassi (cadurcum: fascem lecti), interpretazione
che di fatto coincide con quella che Valla nel proprio commento riporta dal Probus, il quale a sua volta laveva ricavata da imprecisati alii
commentatori: cfr. Valla 1486, f. gr: Magnaque debetur violato poena
cadurco. Ut si haec poena cadurco debeatur; membrum mulieris, inquit
Probus, intelligitur, cum sit membri mulieris velamen. Vel, ut alii, est
instita, qua lectus intenditur, unde ait Sulpicia. Tale glossa viene
ribadita pi avanti nel commento, ad 7, 221, in occasione della seconda
e ultima occorrenza della parola cadurcum nel testo di Giovenale: cfr.
Valla 1486, f. hiiiir: Cadurcum ob similitudinem nominavit, cum, ut
supra diximus, quod sit supra lectum intenditur et tegit undique. assai
probabile in questo caso la presenza di una fonte comune alle due glosse,
verosimilmente da identificare nel passo perduto di un grammatico in
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La nota esegetica, inerente ad 3, 293, si propone di rendere perspicuo il significato del sostantivo conchis, una specie di fava gi ricordata in Mart. 7, 78, 1-2, come esempio di pasto frugale unitamente
allo sgombro, fatto che aveva indotto alcuni umanisti a interpretare
la parola come il nome di un pesce14. Lesegesi quindi ampliata
con la menzione del diminutivo di conchis, ossia conchicula, lessema
presente nella forma variante concic(u)la in Apic. 5, 4, 9, ove sta a
indicare un piatto di fave formato con vari ingredienti, oltre che in
cui una dotta delucidazione sui significati del termine cadurcum era
stata impreziosita dalla citazione di un auctor raro quale Sulpicia.
11 Il frammento sopravvive anche negli scoli dei codici carolingi L e
Z, sebbene in tali manoscritti compaia solo il nome di Cicerone senza la
menzione del titolo dellorazione da cui tratto il breve frustulo: Wessner
1931, 128-129. Per una discussione del frammento cfr. Puccioni 1967.
12 Sul frammento, tramandato unicamente dal commento del Valla,
giacch P presenta una lacuna in corrispondenza di 7, 128-158, cfr. Timpanaro 1947, 190-193; Skutsch 1985, 620-622.
13 Valla 1486, f. dv.
14 Cfr. Tortelli 1471, f. <103v>, s. v. Cocche: Stare tamen potest
chonche pro pisce, quod inveniri nonnulli affirmant in Martiale. Si
citato dalledizione veneziana, che rivaleggia con una coeva stampa romana per lo statuto di princeps dellopera lessicografica: Tom 2011b, 517.
Sempre alla voce Cocche lumanista aretino aveva precedentemente sostenuto la validit di tale lezione in Giovenale sulla base di imprecisati codici
antichissimi e vetustissimi, attribuendo alla parola il significato di vinum
corruptum, certo suggestionato dal contesto, giacch Giovenale subito
prima aveva menzionato laceto (cuius aceto / cuius conche tumes?): cfr.
Donati 2006, 18-19, ove si segnala la medesima voce con identico significato nella Politia litteraria di Angelo Decembrio.
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Marcell. med. 33, 115. Tuttavia Valla, come emerge dal testo della sua
esegesi, non cita nessuna di queste fonti ma menziona quale auctoritas che attesterebbe il diminutivo conchicula il nome di un oscuro
grammatico, Nestus Fustius, il cui nome accompagnato dal titolo
di un trattatello grammaticale che il medesimo avrebbe scritto e dedicato ad Asinio Pollione16. Una prima ipotesi consiste nel valutare
questa citazione di un grammatico altrimenti ignoto come una reliquia delloriginale commento probiano, supponendo che in questo,
come in altri casi gi individuati, Valla abbia sottaciuto la sua vera
fonte17. Ma, a una attenta lettura della restante produzione scolasticoenciclopedica dellumanista piacentino, ci si accorge come questa
ipotesi di lavoro debba essere altres scartata, giacch Valla dimostra
in pi punti di conoscere citazioni del medesimo grammatico diverse
da quella riportata nel commento alle Satire di Giovenale.
Nel dicembre 1501, e dunque quasi due anni dopo la morte di
Giorgio Valla verificatasi a causa di una polmonite nel gennaio del
1500, usciva dalla tipografia di Aldo Manuzio e grazie alle cure di
Giovan Pietro Cademosto, figlio adottivo del Valla, la monumentale enciclopedia De expetendis et fugiendis rebus opus, articolata in
sette ebdomadi (per un totale dunque di quarantanove libri impressi
su due grandi volumi in folio), sulla quale lumanista aveva lavorato
alacremente negli ultimi anni della propria vita18. Sovvertendo lorCfr. TLL 4, 29.
Il titolo, de octo partibus orationis, indicherebbe che il presunto trattato si riallacciasse alla tradizione grammaticale ellenistica facente capo a
Dionisio Trace, una volta effettuata linevitabile sostituzione dellarticolo,
parte del discorso assente nella lingua latina, con linteriezione. Sul sistema categoriale dei grammatici alessandrini e sul suo trapianto in ambito
latino cfr. Matthaios 2002. Sono grato a Ramn Gutirrez Gonzlez per il
suggerimento bibliografico.
17 Meritori lavori di confronto sistematico tra gli scoli del commento
valliano e quelli conservati in P hanno messo in evidenza almeno un centinaio di passi in cui Valla si sarebbe appropriato di materiale esegetico che
egli aveva reperito nel codice pi antico a sua disposizione. In particolare
il pi accurato lavoro di raffronto, svolto alla fine del XIX secolo, si deve
a Stephan 1882, 31-73; Anderson 1965, 408-411, ha poi segnalato ulteriori
passi di interesse dopo lottava satira tralasciati dalleditore degli scholia
vetustiora Paul Wessner, il quale nella seconda fascia di apparato della
sua edizione aveva riportato solo i passi del commento del Valla in cui
menzionato esplicitamente Probo.
18 G. Valla, De expetendis et fugiendis rebus opus, Venetiis, in aedibus
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31-40 del De expetendis in effetti si presentano come una compilazione poco originale sulle artes sermocinales che attinge a piene mani
da fonti gi ben note agli umanisti tardo-quattrocenteschi, ossia Prisciano e Diomede per la grammatica, lo ps. Cicerone della Rhetorica
ad Herennium, i Topica di Cicerone e Quintiliano per la dialettica, la
poetica e la retorica21. Ma a unattenta lettura si nota come in alcuni
passi Valla abbia menzionato Nestus Fustus (la variante Nestus Fuscus si legge in tre occorrenze), indubbiamente la medesima fonte di
cui lumanista piacentino si era avvalso per la glossa a Iuv. 3, 293.
Il libro 31 del De expetendis, il primo dei quattro dedicati alla
grammatica, dopo unintroduzione di carattere generale dedicata alla
mantica e allars (capitoli 1-2), entra nel merito della materia con il
terzo capitolo, intitolato quid sit grammatica, nel quale Valla riassume in una sorta di lungo elenco di nomi la storia della filologia antica,
iniziata in Grecia con Apollodoro di Atene e Aristofane di Bisanzio,
seguendo fedelmente lauctoritas pliniana (nat. 7, 123), e proseguita
in ambito latino da una fitta schiera di illustri dotti: da Ottavio Lampadione a Marco Antonio Gnifone, da Pompilio Andronico a Valerio
Probo di Berito. La fonte dichiarata, spesso ricalcata verbatim, il
trattatello De grammaticis et rhetoribus di Svetonio. E proprio ricollegandosi allultimo grammatico citato da Svetonio, Valla alla fine
del capitolo aggiunge alcune righe non derivate da fonti antiche:
Hunc [sc. Valerium Probum Beritium] Probi quoque secuti sunt aliquot,
non modo qui Aemilius est dictus historicus, sed qui in Virgilium commentaria scripsit et qui Lactantii tempore vixit, qui in poetas varios multa
scripsere; praeclari quoque alii secuti grammatici: Donatus, Caper, Nestus
Fustus, Manlius Theodoricus, Urbanus, Asper, Sergius, Servius, Diomedes, Focas22.
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identificare il suo Probus, ossia lautore di quel vetusto commentario a Giovenale che lumanista piacentino aveva pubblicato nel
1486, con il dedicatario di una silloge epistolare di Lattanzio non
pervenutaci ma menzionata da Girolamo (in Gal. 2, praef.; vir. ill.
80)23. Nella seconda parte la lista dei praeclari grammatici successivi
a Probo risulta alquanto eterogenea: il nome di Nestus Fustus figura
allinterno di un bizzarro canone che giustappone nomi di grammatici
antichi assai noti ad altri che potevano risultare pressoch sconosciuti
a buona parte dei lettori: oltre a Urbanus, quasi certamente da identificare con il commentatore di Virgilio citato da Servio24 piuttosto
che con lumanista bellunese Urbano Bolzanio (1443-1524), le cui
Institutiones grecae grammaticae, stampate in unaldina del 149825,
pure erano assurte a immediata e grande popolarit, spiccano Mallio
Teodoro (Theodoricus nel testo del Valla) e Foca, i cui rispettivi testi, De metris e De orthographia, erano riemersi solo di recente, nel
1473, in una stampa milanese contenente una silloge di grammatici
antichi [IGI 3550], mentre il trattato ortografico attribuito dalla tradizione a Flavio Capro, ma certamente spurio26, era tornato a circolare
solo dopo il 1475, anno nel quale Nicolas Jenson, a Venezia, diede
alle stampe una miscellanea di testi grammaticali comprendente, tra
gli altri, le editiones principes di Diomede e, appunto, dello ps. Capro
[IGI 3471]27. Gi nel suo commento a Giovenale Valla aveva dimostrato di aver consultato entrambi i volumi28, e con tutta probabilit
23 La medesima identificazione stata avanzata in tempi moderni anche
da Bartalucci 1973, 253-257.
24 Auctoritas che godette di una discreta fortuna intorno alla met del
Quattrocento, come dimostrano due annotazioni anonime a manoscritti
umanistici di Properzio e Ovidio, che riportano sotto il nome di Urbanus materiale esegetico non pervenutoci nel corpus serviano: cfr. Reeve
1996, 31.
25 Bolzanio 1498. Questa grammatica conobbe straordinaria fortuna nel
XVI secolo, come dimostrano le ventitr edizioni conosciute: cfr. Rollo
2001, 201; Balsamo 2002, 180. Tuttavia, come mi suggeriscono acutamente Paolo De Paolis e Mario De Nonno, il canone proposto dal Valla
contempla unicamente nomi antichi e pertanto per ragioni di coerenza interna assai pi probabile lidentificazione con la fonte serviana, bench
nota per unopera esegetica anzich grammaticale.
26 Per la datazione del trattato falsamente attribuito a Capro cfr. De
Paolis 2010, 260-261 n. 87.
27 Cfr. De Paolis 1995, 263.
28 Nel commento sono impiegati esplicitamente come fonti sia Foca sia
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lesemplare delledizione veneziana del 1475 registrato nellinventario della biblioteca di Rodolfo Pio di Carpi proveniva direttamente
dal fondo librario personale dellumanista29.
Concluso il capitolo dedicato alla storia della grammatica e della
filologia, Valla propone una sua ripartizione teorica della disciplina
in methodica, historica e media (cap. 4), di cui la prima a sua volta si
suddivide in locutio, scriptura e pronunciatio30. E poich la locutio
poggia su tre momenti costitutivi in progressione, ossia littera, dictio
e oratio, Valla procede con ordine ricordando linvenzione dellalfabeto (cap. 5), portato in Grecia dal fenicio Cadmo secondo la testimonianza di molte auctoritates (Hdt. 5, 58-59; Suid. 22 Adler, s.
v. ; Plin. nat. 7, 192; Tac. ann. 11, 16; Lucan. 3, 220), soffermandosi successivamente sulle modalit di pronuncia delle consonanti e delle sillabe (capp. 6-7). A questa sezione fonetica ne segue
una pi propriamente morfologica dedicata alle parti del discorso:
si inizia cos con i nomi, categoria ampia che comprende tanto i sostantivi e i nomi propri (cap. 10: i patronimici), quanto gli aggettivi,
suddivisi in denominativi, deverbativi e derivati da toponimi (capitoli 11-12). La trattazione morfologica sulle nominum derivationes
prosegue, sul modello di Prisciano, con i comparativi (cap. 13: controversia su quale forma corretta scegliere tra plura e pluria) e i superlativi, per giungere infine al diminutivo (cap. 15), definito come
derivatum nomen primitivi significationis diminutionem referens.
Qui, per ogni declinazione, Valla precisa i suffissi di diminuzione
lo ps. Capro, rispettivamente ad 7, 7 e ad 7, 134. Il primo viene menzionato come auctoritas (GLK 5, 424), unitamente a Diomede (GLK 1, 328) e a
Quintiliano (Inst. 1 5, 63), per sostenere la correttezza della flessione alla
greca per nomi propri greci terminanti in -o al nominativo quali Clio e
Dido; dello ps. Capro invece citato un breve passo (GLK 7, 107) nel
quale veniva riportata la forma corretta dellaggettivo stlataris derivato dal
sostantivo di prima declinazione stlata, ae.
29 Nellinventario dei libri appartenuti a Rodolfo Pio, stilato il 2 maggio
1564 e conservato nel codice di Citt del Vaticano, Biblioteca Apostolica
Vaticana, Barb. lat. 3108, ff. 1r-163r (pubblicato solo parzialmente in Dorez 1892, 379-382, e in Heiberg 1896, 109-118), al n 1 del f. 47v si legge
il titolo Diomedis grammatica di prima stampa, in folio con tavole in
corame, inequivocabilmente attribuibile alla stampa veneziana del 1475.
Alla morte di Giorgio Valla (23 gennaio 1500), Alberto Pio aveva rilevato
in blocco la biblioteca personale dellumanista al prezzo di ottocento scudi
doro: cfr. Gardenal 1981, 15-16.
30 In merito si gi soffermato Vasoli 1982, 251-252.
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Il frustum che Valla qui avrebbe recuperato da Nestus Fustus sembra quasi una rielaborazione di quanto tramanda Plozio Sacerdote nel
secondo libro delle sue Artes grammaticae (GLK 6, 480)36, ma lappartenenza del nome del fiume iberico Turia al genere neutro confermata da unattestazione nel secondo libro delle Historiae sallustiane
trova il suo parallelo solo in un passo iniziale dei Catholica Probi
(GLK 4, 6-7), che costituiscono, come noto, una rielaborazione seriore del secondo libro di Sacerdote37. Il medesimo segmento testuale
La categoria dei nomi di genere commune ricordata qui dal Valla
trova il suo corrispondente nelle grammatiche umanistiche con i verba
communia, ossia verbi di forma passiva ma aventi un possibile valore sia
attivo sia passivo: cfr. Rizzo 2002, 184.
35 De exp. 31, 16, f. <Tvir>.
36 Hoc naptas primae est -tae genetivo faciens, huius naptae, nomen
barbarum neutrum contra rationem neutrorum, quae latina genetivum -ae
diphthongo non terminant, exceptis tribus, hic et haec et hoc verna huius
vernae, hic et haec et hoc advena huius advenae, hoc [sc. flumen] Turia,
huius Turiae. Solo lievemente differente nella forma la diversa redazione del passo che si legge nei Catholica Probi (GLK 4, 29): Hoc naptas
primae est -tae genetivo faciens, huius naptae, nomen barbarum contra
rationem neutrorum, quae latina genetivum -ae diphthongo non terminant,
exceptis quattuor, hic et haec et hoc verna huius vernae, hic et haec et hoc
advena huius advenae, et hoc Turia, huius Turiae flumen, hoc naptas huius
naptae.
37 Cfr. De Nonno 1983, 387-388. Ecco quanto si legge nei Catholica Probi: -A enim terminatum nomen generis neutri Latinitas non habet
exceptis tribus, hic et haec et hoc verna, advena et hoc Turia, nomen fluminis lectum in secunda historia Sallustii. Nel corrispondente passo di
Sacerdote (GLK 6, 471) si legge solo un riferimento generico a Sallustio
come auctoritas: -A enim terminata nomina generis neutri solius latinitas
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Anche la particolarit dei sostantivi di genere commune viene ripresa poco oltre nella trattazione del Valla: dopo due sezioni dedicate
rispettivamente ai numerali (cap. 17) e alla figura (cap. 18), intesa
sul modello dello schema funzionale di Prisciano (GLK 2, 177)40, nel
capitolo diciannovesimo oggetto del discorso il sistema flessivo e
non habet praeter hoc Turia, nomen fluminis lectum in Sallustio, et trium
generum hic et haec et hoc verna. Nei Catholica Probi il frammento sallustiano era gi stato riportato, senza tuttavia la specificazione del libro
delle Historiae da cui era stato ricavato: cfr. GLK 4, 3: Lectum est et
unum hac [sc. prima] declinatione nomen generis neutri apud Sallustium
et dextrum flumen Turia, huius Turiae.
38 Oltre a Mario Plozio Sacerdote, anche Cledonio (GLK 5, 41) e Foca
(GLK 5, 412) attribuiscono il genere neutro a Turia, -ae; da Sacerdote verosimilmente Foca ricava la generica auctoritas sallustiana per confermare la propria affermazione. Uno sguardo alle poche attestazioni del nome
nelle fonti letterarie sembra tuttavia dare ragione a Prisciano: Mela 2, 92,
preferisce Turiam allaccusativo singolare, mentre in Plin. nat. 3, 20, si
legge la forma Turium di seconda declinazione.
39 Il concetto verr ribadito da Prisciano poco oltre, in un passo nel
quale pure si ammetter la possibile concordanza figurata con flumen,
nome comune di genere neutro: cfr. GLK 2, 201: Mulucha flumen et
Turia et siqua similia inveniuntur, magis figurate masculina cum neutris iunguntur, ut si dicam Tiberis flumen vel Hister flumen. Quod
autem non sunt neutra Turia et Mulucha et similia, ostendit etiam natura ipsius sermonis Punici, in quo omnia nomina vel masculina sunt vel
feminina.
40 De exp. 31, 18, f. Vr: Figura quoque dictionis in quantitate compraehenditur: aut enim simplex est ut magnus, vel composita ut magnanimus, vel decomposita ut magnanimitas; quae omnia sub uno accentu
proferuntur ut iusiurandum, triumvir, satiloquus, apparitor, versicolor.
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casuale della lingua latina, affrontato sulla base del cambiamento che
la terminazione della parola attraversa nel passaggio da nominativo,
casus rectus, a genitivo singolare, casus obliquus. La fonte della trattazione ancora una volta Prisciano (GLK 2, 195)41, di cui si ricopiano ampi stralci intervallati per talora da qualche inserto inedito:
Quattuordecim ergo sunt litterae quibus latina nomina finiuntur. In -a desinentia nomina sive latina sive graeca aut etiam barbara masculina, vel
foeminina, vel communia, vel neutra, vel generis omnis. Praeterea quae
greca tertiae sunt declinationis, de quibus mox dicetur, addita e faciunt
genitivum per ae diphthongon, ut [] advena, advenae, quod figurate
dictum Priscianus [GLK 2, 195] putat advena mancipium; id Nestus Fustus
ad Asinium Pollionem putat recte, quod sit generis omnis enuntiatum42.
Si torna dunque a parlare del sostantivo advena, -ae, gi ricordato nel capitolo dedicato ai generi. Qui viene ricordato un dettaglio
in pi, ossia, secondo lauctoritas priscianea, il possibile impiego di
tale termine in genere neutro solo nel senso attributivo di straniero,
come nellespressione advena mancipium, gi menzionata due volte
da Pompeo nel suo commento allArs di Donato (GLK 5, 165 e 189).
Valla aggiunge quindi che Nestus Fustus, nel suo opuscolo indirizzato ad Asinio Pollione, specificava come fosse lecito impiegare advena, -ae nel suo significato figurato non solo al neutro, ma anche nei
generi maschile e femminile.
Laffermazione confermata in De exp. 31, 20, capitolo dedicato
specificatamente ai nomi di prima declinazione (De prima nominum
declinatione), ove ribadito che Nestus Fustus aveva attribuito ad
advena, -ae tutti e tre i generi. Qui Valla ritorna sul genere attribuito
dai grammatici a Turia, -ae, menzionando accanto a Nestus Fustus
anche Manlius Theodoricus, ossia Mallio Teodoro, che pure nel suo
De metris non menziona mai il nome del fiume iberico. assai verosimile che in questa circostanza Giorgio Valla abbia commesso un
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Sembra proprio che in questo passo Valla abbia di fatto riproposto il frammento di Nestus Fustus da lui recuperato nel capitolo 16,
con la sola omissione di verna, -ae quale parola di genere polivalente unitamente ad advena, -ae. Del resto questa tendenza a ribadire
pi volte allinterno di una trattazione enciclopedica nozioni e concetti prassi tuttaltro che infrequente nelle vaste compilazioni erudite della seconda met del Quattrocento. Per mettere ordine possiamo dire che delle sei attestazioni finora esaminate di Nestus Fustus/
Fuscus, tre riguardano forme diminutivali (i rari conchicula e acicula), mentre le restanti tre riguardano sostantivi di prima declinazione di genere commune. Di differente argomento sono infine le
ultime due attestazioni della medesima auctoritas rinvenibili allinterno del De expetendis nei libri 33 e 34, gli ultimi due dedicati alla
grammatica.
Allinterno del trentaduesimo libro, dopo unestesa trattazione dei
dictionum genera, ossia delle otto parti del discorso, per la quale Valla ancora una volta mostra tutta la sua dipendenza da Prisciano, in
particolare dal decimo libro dellArs grammatica per la parte relativa
al verbo e ai diversi modi di formazione del perfetto, lumanista focalizza la propria attenzione nel libro 33 sulloratio, le parti di cui essa
costituita e la sua struttura: in termini moderni si potrebbe dire
che i primi due libri del De expetendis dedicati alla grammatica sono
incentrati sulla morfologia, mentre a partire dal terzo libro il discorso
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si volge alla sintassi44. Cos il libro 33 si apre con due lunghi capitoli
(2-3) riservati alla sintassi del verbo esibendo come fonti grammaticali Foca (GLK 5, 428) e Diomede (GLK 1, 397), nonch il consueto
Prisciano, dal cui diciassettesimo libro dellArs grammatica (GLK 3,
158-167) si ricavano qui ampie parti; nei capitoli 4 e 5 la trattazione procede ordinatamente esponendo le reggenze dei pronomi, delle
preposizioni, degli avverbi e delle congiunzioni. E proprio allinterno
del capitolo 5 (De constructione praepositionum, adverbiorum et coniunctionum) troviamo unulteriore menzione del presunto grammatico contemporaneo di Asinio Pollione, stavolta nella variante forma
onomastica Nestus Fuscus:
Accusativo autem aliae [sc. praepositiones] connectuntur ut circum, circa et circiter. Circum, inquit Nestus Fuscus ad Asinium Pollionem, ut
circum theatrum, circa temporis ut circa calendas, circiter numeri ut
circiter horas decem45.
Il passo in questione tratta delle preposizioni reggenti il caso accusativo, e in particolare di tre preposizioni dal significato affine ma
il cui uso, secondo una tradizione grammaticale risalente a Carisio
(GLK 1, 301) e allo ps. Capro (GLK 7, 96), era regolato dal significato del sostantivo retto: cos circum doveva essere impiegato per nomi
di luogo, circa per le date, circiter per i numeri. Sorprende come in
questo caso Valla si svincoli dalla fonte prediletta, ossia Prisciano46;
Cfr. De exp. 33, 1, f. Yiiir: Hactenus de arte grammatica disserentes duobus voluminibus quae nobis compendiose attingenda videbantur
diximus de littera syllabaque et de toto genere dictionum quod certe de
omnibus orationis partibus est. In hoc autem quod tertium grammatices
volumen est, de oratione dicemus, nempe de omnium orationis partium
compage ac structura parce et utiliter loquemur quam maxime a nobis fieri
potuerit.
45 De exp. 33, 5, f. <Yviiv>.
46 Prisciano, pur trattando delle tre preposizioni circa, circum e circiter
non opera una netta distinzione nei rispettivi ambiti duso e, a differenza di
Carisio, ritiene che sia la preposizione circiter e non circa a dover essere
impiegata esclusivamente per le determinazioni di tempo: cfr. GLK 3, 41:
Circum quando significat, praepositio accipitur tam in compositione quam in separatione, ut circumfero , circum montem,
; [] circa quoque Graecam significat, quando pro
iuxta accipitur, ut circa forum, circa templum, circa viginti annos
[] circiter vero cum similiter Graecam significat, tum pro iuxta
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Fuscus menzionato dal Valla, autore di un opuscolo grammaticale dedicato ad Asinio Pollione. Il medesimo nome, infatti, anche se in una
variante leggermente diversa, riportato in un frammento anepigrafo,
ossia il Fragmentum de praepositionibus collocato in calce a una versione ridotta della cosiddetta Appendix scaurina52 (GLK 7, 35) e tramandato unicamente dal vetusto codice di Parigi, Bibliothque Nationale, Lat. 7520, f. 1r, databile entro la fine del secolo VIII, membrum
disiectum per i primi 24 fogli di una pi ampia raccolta grammaticale
floriacense tramandata nel codice di Bern, Burgerbibliothek, 20753. A
conclusione del frammento pseudoterenziano lanonimo compilatore
menziona quale auctoritas a sostegno della correttezza delle forme
contratte per gli imperfetti dei verbi dal tema in un Abnestus Fustus grammaticus, autore di un trattato rivolto ad Assinum Pollionum
(sic):
Est enim nunc genus dilatandi verba quae -io litteris finiuntur, de quo Abnesti Fusti grammatic (sic) liber ad Asinium Pollionem rectius dici veniebam, audiebam, salliebam, leniebam, molliebam, quam venibam, audibam, sallibam, lenibam, mollibam54.
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59 Come mi suggeriscono Paolo De Paolis e Mario De Nonno, un dettaglio non trascurabile la presenza della grafia Turia nel codice parigino
identica a quella dei presunti frammenti di Nestus Fustus, laddove invece
il manoscritto bobbiese, ora Napoli, Biblioteca Nazionale, lat. 2, stando
alleditio princeps dei Catholica Probi curata da Aulo Giano Parrasio e
pubblicata a Vicenza nel 1509, riportava il nome del fiume iberico con la
grafia aspirata Thuria.
60 Una simile situazione potrebbe essersi verificata per i presunti frammenti del Dubius sermo di Plinio il Vecchio rinvenuti nelle postille manoscritte dellerudito duecentesco Guido de Grana: cfr. Stagni 2008, 495.
61 Sostanzialmente priva di valore poich di seconda mano la citazione
di un Nestus Fuscus vetustissimus grammaticus, lunica a quanto mi risulta
posteriore al Valla, che si legge in van Pauteren 1537, 28. Si tratta di una
citazione senza valore poich una fonte diretta della Grammaticae prima
pars di Jan van Pauteren, o Jean Despautre, da Ninove (1480 circa-1520),
stampata in editio princeps nel 1512, senza dubbio proprio il De expetendis, anzitutto perch Nestus Fuscus viene citato nellambito della controversia sul genere di Turia, -ae, e secondariamente perch van Pauteren
in un altro suo fortunato compendio di grammatica, la Syntaxis, pubblicato
per la prima volta nel 1511, mostra di conoscere bene lenciclopedia val-
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pi probabile la suggestiva ipotesi di un recupero avvenuto nel tardo Quattrocento di materiale inedito risalente allantichit, per secoli
obliterato e quindi, dopo una fugace riemersione, nuovamente naufragato nel mare magnum della produzione umanistica a stampa. Un
simile scenario potrebbe suggerire, con le dovute cautele del caso,
dietro la problematica forma onomastica Nestus Fust(i)us/Fuscus,
la concreta personalit storica di un grammaticus contemporaneo di
Asinio Pollione sinora ignoto e forse identificabile con lillustre Aristio Fusco di Ascalona, maestro di Orazio; questa suggestiva ipotesi
potr sembrare non del tutto peregrina allorch si terranno in debita
considerazione le ben note condizioni tipiche che riguardano la tradizione dei testi grammaticali latini, sostanzialmente bipartita tra un
numero ristretto di testimoni altomedievali e la riscoperta umanistica
avvenuta dopo uno iato plurisecolare62.
Francesco Lo Conte
liana nominandone spesso lautore e talvolta citandone persino numero di
libro e capitolo: cfr. van Pauteren 1538, passim. Sulla fortuna dei trattati
grammaticali di van Pauteren nelle scuole del XVI secolo cfr. Grendler
1991, 209, Henderson 2007, 149-151.
62 In merito De Paolis 1995, 267, De Paolis 2007, 696-697. Non sembrano cos rari i casi di compilazioni grammaticali antiche riemerse solo
alla fine del secolo scorso, sebbene gi note in ambienti umanistici, come
ad esempio i cosiddetti Excerpta Andecavensia, conosciuti da Pomponio
Leto e Lorenzo Valla: cfr. De Nonno 1992. Proprio questa particolare situazione nella trasmissione dei testi grammaticali avrebbe consentito a
numerosi eruditi quattrocenteschi di entrare in possesso di materiale raro,
talora talmente unico da cadere definitivamente nelloblio a distanza di pochi anni: in merito la figura pi emblematica e discussa negli ultimi anni
indubbiamente quella di Giovanni Tortelli (1400 circa-1466), il quale nella sua Orthographia, monumentale e fortunatissima compilazione lessicografica, tramanda frammenti altrimenti ignoti del Dubius sermo di Plinio il
Vecchio, nonch di Papiriano e di un non meglio identificato grammatico
Parthenius. Su tali discusse citazioni nel repertorio tortelliano si vedano
i recenti studi di Paola Tom: Tom 2009, Tom 2010 e Tom 2011a.
Sullannosa controversia circa lattendibilit delle fonti grammaticali esibite dal Tortelli, in passato considerate unanimemente falsi umanistici, cfr.
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