Vous êtes sur la page 1sur 184

Nadia Barrella

Principi e princpi della tutela


Episodi di storia
della conservazione dei monumenti
a Napoli tra Sette e Ottocento

Nel corso di questa ricerca diverse persone mi sono state vicine, sostenendomi in vario
modo. Rosanna Cioffi e Renata de Lorenzo, innanzitutto, che hanno letto e seguito le varie
fasi della stesura incoraggiandomi alla pubblicazione con consigli, critiche e suggerimenti. Devo molto anche ai preziosi pareri di Arturo Fittipaldi e alla disponibilit di Gaia
Salvatori che mi ha ascoltata con pazienza e con affetto, sorreggendomi con la sua
competenza. Un grazie di cuore va anche a Carlo Rescigno e a Giovanni Luciano.
Questo libro dedicato a Massimo e a Ferdinando, sperando vogliano perdonarmi il
tempo sottratogli.

Si ringrazia la Regione Campania per il contributo concesso

Vietata la riproduzione anche parziale

ISBN 88-88141-65-0

2003 by LUCIANO EDITORE - Napoli

Via P. Francesco Denza, 7 - Napoli


Tel./Fax 0815525472 - 0815538888
http://www.lucianoeditore.com
e-mail: info@lucianoeditore.com

Indice

Premessa

VII

Dal re proprio allUnit: leggi e provvedimenti


per il patrimonio storico artistico napoletano
dal 1755 al 1860

La soppressione dellasse ecclesiastico a Napoli:


strategie di tutela degli edifici sacri riutilizzati
per lindustria e il commercio

63

Per la storia, le arti e le industrie:


metodi e obiettivi della ricerca di
Gaetano Filangieri nella Napoli di fine 800

81

Un protagonista del servizio di tutela napoletano:


Bartolomeo Capasso

119

Indice dei nomi

151

Bibliografia di riferimento

157

Premessa

I saggi contenuti in questo libro coprono, sia pur per episodi,


centocinquantanni di storia della conservazione dei monumenti a Napoli, seguono lavvicendarsi dei provvedimenti legislativi e delle istituzioni preposte alla tutela dei monumenti e accennano al dibattito culturale e politico sotteso allemissione delle leggi verificando alcuni esiti
dei provvedimenti e lattivit di taluni protagonisti. Dalle prammatiche
caroline (1755) a Bartolomeo Capasso (morto nel 1900), il racconto si
sofferma sulle peculiarit e, laddove esiste, sulla precocit delle opzioni
e delle riflessioni napoletane. A partire dai primi provvedimenti borbonici
presi per aumentar la fama del re e, solo in parte, per pubblica
utilit si assiste ad un progressivo affinarsi della coscienza storica e
delle capacit tecnico-scientifiche degli addetti alla conservazione che
consente, via via, di stabilire inedite modalit, forme e mezzi desercizio della tutela. Le leggi, le istituzioni, le scelte dei protagonisti sono
elementi di un sistema che si aggiorna costantemente sotto la spinta di
precisi obiettivi sempre meno squisitamente politici e sempre pi culturali e riesce ad offrire, allindomani dellUnit, utili spunti per
ampliare e approfondire il dibattito sulla tutela artistica in Italia.
Parte di ci che scritto noto da tempo. Sulla legislazione borbonica, ad esempio, esiste una discreta bibliografia. Gi presenti nella
primissima letteratura sui codici dantichit e di belle arti, le prammatiche caroline, cos come alcune disposizioni dei suoi successori,
sono state recentemente oggetto di ricerche che ne hanno arricchito la
conoscenza con inedite fonti documentarie; offerto apprezzabili approfondimenti di specifici problemi e sottolineato alcune peculiarit.
Anche sulle questioni postunitarie c, da tempo, una discreta attenzione. Manca completamente, invece, una lettura dinsieme degli ordinamenti che sappia riconnettere la ricca esperienza preunitaria ai

VIII

NADIA BARRELLA

primi tentativi concreti, ai successi e agli insuccessi del nuovo stato


unitario. Eppure dalla met del XVIII secolo alla fine del XIX gli interventi legislativi per la salvaguardia del patrimonio storico-artistico
sono quasi sempre la risultanza di un serio ripensamento sui precedenti. Questa cadenza di bandi e leggi come si diceva prima il
segno di un continuo e progressivo affioramento e affinamento di strumenti, una vera e propria politica dei beni culturali che, in assenza
di un forte e coerente sistema nazionale, resta anche nella giovane
Italia unita profondamente napoletana e, nella sua interezza, ancora da scrivere. Con il presente volume non si pensa certo di colmare
questa mancanza. Occorrono tempi, spazi e soprattutto finalit diverse da quelle di un libro che ha voluto porre in sequenza cronologica
interventi elaborati per alcuni convegni1 o per altre pubblicazioni
ma che, letti di seguito, possono suggerire nuovi percorsi di ricerca e
sottolineare la necessit di dar vita a connessioni molto pi ampie
di quanto sia stato fatto finora tra i pi recenti contributi della
storiografia e gli studi specialistici sulle istituzioni culturali e la legislazione per le belle arti.

Titoli delle relazioni e dei convegni:


a) Tutela ed esposizione dellantico tra Rivoluzione e Restaurazione, Convegno
Antonio Canova. La cultura figurativa e letteraria dei grandi centri italiani,
Bassano del Grappa, 4-8 novembre 2002. Il saggio pubblicato in questo libro, per, amplia larco cronologico dellintervento al convegno (1755-1822)
e giunge fino alla fine della dinastia borbonica.
b) Napoli: le strategie di tutela degli edifici riutilizzati per lindustria e per il commercio, Convegno Nuove funzionalit per la citt Ottocentesca. Il riuso degli
edifici ecclesiastici dopo la soppressione del 1866-67, Bologna, 16 marzo 2001.
c) Bartolomeo Capasso e la tutela dei monumenti, Convegno Bartolomeo Capasso.
Centenario della morte, Napoli-Sorrento, 14-15 marzo 2001.
Il saggio su Filangieri, invece, stato pubblicato come introduzione alla ristampa anastatica dei Documenti per la storia, le arti e e le industrie delle provincie napoletane (Napoli, 2002). Si ritenuto opportuno ripubblicarlo in questa
sede perch i volumi filangieriani, ricchi di riferimenti al dibattito sulla tutela,
sono il segno pi evidente di quellaffinarsi della coscienza storica dellarte cui
prima si faceva riferimento.

Dal re proprio allUnit: leggi e provvedimenti


per il patrimonio artistico napoletano
dal 1755 al 1860

I primi provvedimenti di tutela del Regno di Napoli


Il problema della tutela delle opere darte nel Regno di Napoli
si pone, per la prima volta1, allindomani dellinsediamento di Carlo
sul trono. Sebbene in precedenza non fossero mancate considerevoli sottrazioni di antichit valga per tutte la notissima vicenda
delle statue del principe dElboeuf2 o rilevanti dispersioni di collezioni private, n il viceregno spagnolo n quello austriaco vi
avevano mai posto un argine normativo o istituzionale. Per il re
proprio, tuttavia, in un territorio gi ricco di antiche testimonianze, divenuto con le scoperte di Ercolano e Pompei da lui stesso
promosse il centro dellattenzione di tutto il mondo colto dellepoca, lassenza di qualsiasi tradizione legislativa e conservativa diventa intollerabile. I folgoranti ritrovamenti dellarea vesuviana,
difatti, avevano acceso rapidamente lamore e talvolta il furore
delle antichit3 e se per essi, nati sotto il segno del privilegio reale, sin dallinizio, erano stati approntati severi provvedimenti, nelSi parla, in questo caso, della parte pensinsulare del Regno. La Sicilia, come
si vedr in seguito, avr storia a parte.
2
Nel 1711, diverse statue raffiguranti Vestali, riportate alla luce negli scavi
iniziati per volere del principe, furono spedite a Vienna per arricchire la collezione di Eugenio di Savoia Carignano e di l passarono a Dresda, nel 1736, per
volere di Augusto II di Sassonia.
3
M. RUGGIERO, Degli scavi di antichit delle provincie di terraferma dellantico Regno di Napoli dal 1743 al 1876, Napoli, 1888, p. 5.
1

NADIA BARRELLA

la restante parte del Regno una moltitudine di persone si era data


a rimescolar la terra i pi per ingordigia di guadagno, pochi
per giovamento dellarte e della erudizione4 senza che si facesse
nulla per impedirlo. Disposizioni atte a raffrenare la furia di questi lavori ed impedire che fossero estratte o mandate a male le cose
trovate o se ne smarrisse la memoria erano quanto mai opportune ed estremamente interessante, al riguardo, un rapporto dello
scultore Giuseppe Canart di recente pubblicato5. Canart scrive al
re Carlo di sei statue ritrovate in Abruzzo sotto alla casa dun
povero villano due delle quali acefale perch le teste eran state
troncate e trasportate a Roma dal Sig. re Duca di Cesarini. Il
gesto selvaggio e lindebita appropriazione non restano semplice
oggetto di denuncia ma offrono allo scultore loccasione per preziosi suggerimenti al sovrano affinch se sia di suo aggrado possa
impedire lestrazione da un Regno quello di Napoli dove, non
essendovi proibizione alcuna, si assisteva, inermi, ad una costante
diminuzione di rare testimonianze del passato.
In Roma suggerisce Canart proibito sotto pena a qual
sivoglia il far cavare anche ne propri territori senza il permesso, e
la vista del luogo, affinch non segua demolizione di vestigi antichi, o pericolo per la vicinanza dessi, ed allorch se ne accorda il
permesso, vien tenuta da persona interessata a denunciare quanto
trova. La legislazione dello Stato pontificio inoltre apprezzabile
anche per il divieto di estrazione senza preventiva supplica e per
limposizione di una tassa di esportazione da applicarsi non tanto per quella tal contribuzione (che per altro non lascia di formar
qualche somma in capo allanno) ma per esser intesi de lo che si
ritrova, ed estrae6.
M. RUGGIERO, Degli scavi... cit., p. 5.
Il rapporto di Giuseppe Canart a Carlo di Borbone del 2 ottobre 1752
stato pubblicato e commentato per la prima volta da P. dAlconzo in Lanello del
re. Tutela del patrimonio storico-artistico nel Regno di Napoli, Firenze, 2000. Il
testo della DAlconzo, cui si rimanda anche per lampia appendice documentaria, stato da me largamente utilizzato per questi primi paragrafi.
6
Rapporto di G. Canart, in P. DAlconzo, Lanello cit., p. 97.
4

Dal re proprio allUnit:

Controllare gli scavi condotti dai privati (attraverso una regolare licenza rilasciata dalle autorit competenti che avrebbe come
logica conseguenza la denuncia degli oggetti ritrovati) e, soprattutto, impedire lesportazione indiscriminata di tali beni fuori dai
confini del regno sono dunque i due compiti primari suggeriti al
sovrano che, di l a poco, invia un dispaccio alla Camera della
Sommaria dalla cui ampia premessa emerge con chiarezza la necessit di porre una volta rimedio, acci che questo Regno non
vada sempre pi impoverendosi di ci che abbonda7. Ricche di
singolari monumenti dantichit, le province del Regno si affermava nel dispaccio avevano costantemente stimolato lavanzamento degli studi storici ma dal momento che non vi era stata
niuna cura e diligenza per raccoglierli e custodirli si era assistito purtroppo ad una loro progressiva dispersione. Ripensando a
tutto ci nella sua mente con rammarico e, soprattutto, considerando lesperienza degli Stati pi culti dellEuropa in cui lestrazione di s fatte reliquie dantichit, senza espressa licenza de sovrani stata vietata, Carlo ordina che a nessuna persona di qualunque stato, grado, e condizione che sia venga consentito di
estrarre, o fare estrarre o per mare, o per terra, dalle Provincie del
Regno per Paesi esteri, qualunque monumento antico8. Con queste disposizioni emanate nella Prammatica LVII del 25 settembre del 17559 si apre il cammino della legislazione borbonica
per la conservazione di beni che, in assenza di un concetto che
possa in qualche modo racchiuderli tutti, vengono accuratamente
elencati. Per qualunque monumento antico, statue, o grandi o
piccole che sieno; tavole, in cui caratteri sieno incisi; medaglie;
7

Bando da parte di S.M. Carlo III, e del suo Tribunale della Regia Camera della
Summaria. Prammatica LVII. in Nuova Collezione delle Prammatiche del regno di
Napoli, a cura di L. Giustiniani, Napoli 1803-1808, IV, 1804, pagg. 201-203.
8
Ibidem.
9
Il 25 settembre 1755 vengono in realt emanate due prammatiche. La prima quella discussa nel testo, la seconda prammatica LVIII un ulteriore
approfondimento della LVII. In essa, infatti, si precisano tipologie di beni, pene
e sanzioni e modalit di diffusione del bando.

NADIA BARRELLA

vasi, istrumenti, ed ogni altra cosa antica, o sia di terra, o di marmo, o doro o dargento, o di bronzo, o dogni altro metallo viene
proibita lestrazione, pena la perdita della roba, oltre che tre
anni di galera o di relegazione a seconda dello status. Il divieto di
esportazione, tuttavia, importante ricordarlo, non sintende
allintutto ma solo di quello che, secondo il parere di esperti, o
per eccellenza di lavoro ed artificio, o per altra rarit merita esser
tenuto in pregio. Gli esperti, persone dotate non solo di bastante
perizia in si fatte cose, ma anche dintegrit e rettitudine, sono
individuati e nominati con lo stesso provvedimento. Alla ricognizione delle medaglie, statue, tavole, dove sieno incisi caratteri, vasi,
istrumenti, e qualunque altro monumento di antichit si destina
Alessio Simmaco Mazzocchi10 Canonico della cattedrale di questa citt, uomo dotato non solamente di somma perizia in s fatte
cose, ma anche di una gran probit ed onoratezza11. Per le pitture
(siano in tele, o in tavole, o di legno, o di rame, o dargento, o
tagliate da muri) nominato il Magnifico D. Giuseppe Bonito
Pittore di S.M., uomo perito assai in questa materia, mentre per
la ricognizione delle statue scelto Giuseppe Canart Statuario di
S.M. uomo assai meritevole, cos per la probit, come per lespertezza in simili materie. Con queste designazioni, contraddistinte
da uninteressante sottolineatura della professionalit, si gettano
le basi, anche per Napoli, di quella presenza congiunta di artisti
ed eruditi nella gestione del servizio di tutela che rimarr a lungo
una costante e si crea, di fatto, il primo organismo di vigilanza
(una sorta di ufficio esportazioni ante litteram) che il Regno possa
vantare. Se taluno desiderasse licenza per lestrazione dalcune
delle suddette reliquie dantichit, o di pitture si legge ancora
10
Su Mazzocchi si vedano gli Atti del Convegno Nazionale di Studi nel
bicentenario della morte di Alessio Simmaco Mazzocchi, S. Maria C. V., 25-27
giugno 1972, in Archivio Storico di Terra di Lavoro, IV, 1965-1975, Caserta, e
il volume Alessio Simmaco Mazzocchi e il Settecento meridionale, a cura di P.
Borraro, Salerno, 1972. Ampi riferimenti bibliografici si ritrovano in A. PERCONTE
LICATESE, Alessio Simmaco Mazzocchi, S. Maria C.V., 2001.
11
Bando da parte di S.M. Carlo III cit., p. 202.

Dal re proprio allUnit:

nella Prammatica pu infatti farle riconoscere dalla Persona a


ci deputata; e quando ella giudichi non contenere pregio tale,
onde meritino esser tenute care () faccia certificato di potersene
lestrazione permettere12. Dagli esperti il tutto passa alla Segreteria di Stato, dAzienda, Guerra, Marina e Commercio e da questa
alla Maest Sua che ne concede la licenza senza della quale
qualunque estrazione come criminosa sar punita13.
Animato da quello spirito vincolistico e proibitivo che contraddistingue tutta la legislazione del tempo, caratterizzato rispetto al
modello pontificio da sanzioni ancor pi repressive14 che mettono in evidenza la preoccupazione di Carlo di Borbone e, al contempo, la fiducia riposta nel potere dissuasivo delle pene stesse15, lintervento di tutela carolino stato giudicato precoce e ispirato da
concreta consapevolezza culturale16. Sulla precocit dellintervento credo che possano esserci pochi dubbi. Leditto Valenti, summa
della legislazione settecentesca per i monumenti dello stato pontificio e punto di riferimento per molta parte degli stati italiani
preunitari, del 1750; del 26 dicembre 1754 leditto di reggenza del granducato toscano, pi o meno contemporanei sono i provvedimenti parmensi17. Napoli, pertanto, si adegua in tempi estreBando da parte di S.M. Carlo III cit., p. 202.
Ibidem.
14
Pena della perdita della roba che sestrae, e di tre anni di galea per glIgnobili, e danni tre di relegazione per li Nobili. Bando da parte di S.M. Carlo III cit.
15
P. DALCONZO, Lanello cit. p. 19.
16
A. FITTIPALDI, Tutela, conservazione e legislazione dei beni cultturali a Napoli nel secolo XVIII in Musei, tutela e legislazione dei beni culturali a Napoli tra
700 e 800, a cura di A. Fittipaldi, Quaderni del dipartimento di discipline storiche, 1, Napoli, Luciano Editore,1995, p. 26.
17
Proibizione della estrazione delle statue di marmo o metallo, pitture, antichit e simili, Roma, 1750; Editto che proibisce lesportazione di manoscritti, medaglie, statue, Firenze, 26 dicembre 1754; Grazie e privilegi accordati dalla munificenza del Real Sovrano alla Real Accademia di Belle Arti in Parma, Parma, 8
giugno 1760.
Per il testo e per un ampio commento delle disposizioni cfr. A. EMILIANI, Leggi, bandi e provvedimenti per la tutela dei Beni artistici e culturali negli antichi
stati italiani (1571-1860), Bologna, 1996.
12
13

NADIA BARRELLA

mamente rapidi alle riforme che la riscoperta dellantico, con le


sue ricadute in termini di fruizione ma anche di illecito commercio, imponeva ai governanti. Quella che invece dovrebbe forse essere quanto meno attenuata lipotesi di concreta consapevolezza culturale dellintervento legislativo borbonico e questo non
per la scelta del modello di riferimento indubbiamente il pi
avanzato dellepoca , n per le difficolt o le incongruenze della
sua attuazione18 limite condiviso da tutte le norme emesse dagli
stati preunitari , quanto piuttosto per la selezione e la successione degli enunciati che evidenziano preoccupazioni non sempre
associate allideologia del bene archeologico e al suo complesso
valore culturale. Vale la pena, per meglio precisare tale perplessit
al riguardo, riprendere il confronto certamente non nuovo ma
suscettibile di alcune puntualizzazioni con il modello pontificio.
Punto di partenza, per leditto Valenti, la conservazione in Roma
delle opere illustri di scoltura e pittura che importano sommamente al publico decoro della citt. Conservare queste opere, infatti, non solo conferisce molto alla erudizione ma promuove il
turismo e d norma sicura di studio a quelli che si applicano
allesercizio di quelle nobili arti19. Custodire le antichit per gli
studi storici e per le arti un principio presente anche nellampia
premessa alla prammatica carolina dove, tuttavia, di non poco
conto non solo la mancanza dellinteressante annotazione pontificia sullincitamento ai forastieri ma anche il contesto in cui si
rimarca il rapporto tra opere darte antica e studiosi. La consapevolezza della grandissima copia di rari monumenti dantichit
presenti nel Regno di Napoli si associa infatti, pi che allerudizione
o alla romana norma sicura di studio, a due significative constaCfr. al riguardo P. DALCONZO, Lanello cit.
Proibizione alla estrazione delle statue di marmo o metallo, pitture, antichit e simili. Roma 5 gennaio 1750 in F. MARIOTTI, Le legislazione delle belle arti,
Roma, 1892, p. 223. SullEditto Valenti si veda anche M. SPERONI, La tutela dei
beni culturali negli stati preunitari, I, Let delle riforme, Milano, 1988, pp. 17 e
ss.
18

19

Dal re proprio allUnit:

tazioni: la prima la gi citata coscienza dellassenza di una tradizione legislativa in grado di porre rimedio agli abusi; la seconda,
esito della prima, laccorata denuncia dellindebita appropriazione
dei tesori dellantichit perpetrata ai danni del Regno dai paesi
stranieri che riporto la significativa successione delle sue conseguenze se ne sono arricchiti, ne fanno i loro maggiori ornamenti, e ne traggono profitti per lintelligenza dellantichit, per
rischiaramento dellIstoria e della cronologia e per perfezione di
molte Arti20.
Il divieto di esportazione che scaturisce da simili presupposti
ripreso quasi letteralmente dalleditto romano. Nellelenco dei beni
sottoposti al vincolo, evidente indizio della coscienza della peculiarit del patrimonio archeologico napoletano, sono inseriti gli
istrumenti e le pitture antiche tagliate da muri, ma completamente ignorata quella produzione artistica pi recente che il provvedimento Valenti, sia pur con meno rigore che per lantica, sottopone invece a tutela. Sostanzialmente simile alleditto romano
anche la presenza dei tre esperti. A Roma, per, come membri
della camera apostolica, gli assessori sono parte di una struttura
organizzativa pi complessa che, pur affidando al cardinale camerlengo la competenza generale ed esclusiva in materia di tutela dei
beni culturali, prevede, sin dal XVI secolo, lintervento, accanto ai
funzionari non specialisti, di un Commissario sopra le antichit e le
cave che svolge, avendone adeguata competenza21, compiti tecnici
che vanno dalla vigilanza alla licenza di esportazione e che ha pienissima facolt di poter procedere contro gli estrattori dolosi22.
La differenza tra i due interventi legislativi tuttavia ancor pi
significativa di obiettivi e patrimoni di conoscenze diverse nella
Bando da parte di S.M. Carlo IIIcit., p. 201.
Creato nel 1534 da Paolo III, lincarico venne quasi sempre ricoperto da
personalit di prestigio. Nel settecento, ad esempio, furono commissari F. Bartoli,
R. Venuti, J.J. Winckelmann e G. M. Visconti. Del breve di Paolo III ne d notizia
M. SPERONI, op. cit., p. 14.
22
Proibizione alla estrazione cit., p. 223.
20

21

NADIA BARRELLA

gestione dei beni. A Roma, infatti, la normativa non si ferma alla


sola regolamentazione delle esportazioni e alla disciplina degli
scavi (assente comunque nel bando napoletano) ma si apre, ed
questo laspetto pi eloquente, ad una nuova ipotesi di tutela che
vieta di danneggiare edifici o fabbrica o altra opera antica;di fare
scavi vicino a costruzioni depoca acci non ne restino danneggiate o ancora, ma lelenco potrebbe allungarsi, proibisce di rompere le statue antiche, di fondere metalli che abbiano figurazione
o memoria di cose antiche23, di rimuovere dal luogo dove si trovano le iscrizioni antiche. Dietro alle misure legislative c, e in
questo caso davvero inconfutabile, non solo la preoccupazione
della dispersione dei beni ma, pi in generale, la volont di salvaguardare un patrimonio di cui ben si comprende il ruolo di testimonianza storica e limportanza come modello, norma cui riferirsi per il rinnovamento dellestetica. Non un caso, pertanto,
che, nello stesso editto, sede delle robe sequestrate diventino proprio i Musei Capitolini pubblici dal 1471 dove saranno unite e custodite con laltre, a publico comodo ed a perpetua gloria di
Sua Baetitudine24. Nulla di tutto ci compare nella prammatica
carolina e la stessa destinazione al Museo di Portici di quanto
proveniva dalle citt vesuviane non sancita dalla prammatica ma
prevista dalla prassi degli scavi avr, come vedremo, ben altre
caratteristiche. Se dunque la minuziosa normativa romana, anchessa senzaltro indice di una non costante osservanza delle proibizioni affermate, nasce soprattutto da una consolidata coscienza
del valore del patrimonio storico-artistico e da un affinamento nei
secoli degli strumenti stessi della tutela che consentiva spunti di
novit specificamente connessi con la teoria dellantico, Napoli
sembra limitarsi ad acquisire regolamenti ritenuti dalllite intellettuale completi e aggiornati. Lestremo peso dato allindebito
arricchimento dei paesi esteri, la realizzazione di unorganizzazione amministrativa che culmina di fatto con lintervento della Mae23
24

Proibizione alla estrazione cit., p. 223.


Ibidem.

Dal re proprio allUnit:

st e la completa assenza di misure preventive, pi che concreta


consapevolezza culturale fanno allora presupporre una coscienza
diversa,che trova una pi compiuta spiegazione alla luce del contesto politico che seppe esprimerla, allinterno cio di pi generali
strategie che, pur avendo scarsi legami con la tutela tout court, ne
caratterizzeranno di fatto il processo evolutivo.

Lantichit al servizio del prestigio reale


Il 1755, anno di emissione delle prammatiche, coincide con la
nomina di Bernardo Tanucci a Segretario di Stato25, incarico che
comport, tra gli altri compiti, anche quello di soprintendere agli
scavi di antichit, ai musei e alle belle arti. Convinto sostenitore
del primato della sovranit, del re cardine e referente di ogni politica di rinnovamento, Tanucci aveva lavorato, sin dal suo arrivo a
Napoli, in direzione del rafforzamento dello Stato e dellaffermazione del prestigio reale. Questa linea politica fu ovviamente confermata ed esaltata quando gli venne affidata, con le Segreterie di
Casa Reale e dei Siti Reali, quella degli Esteri. Il momento era
particolarmente delicato, alla vigilia del cosiddetto rovesciamento
delle alleanze: una guerra non ancora dichiarata, ma gi in atto
nelle colonie americane minacciava di estendersi in Europa e di
coinvolgere il giovane ed inerme Regno. Il carteggio di Tanucci
rivela la preoccupata tenacia con cui egli affront il non facile
problema delle successioni borboniche a Napoli e a Parma, e linstancabile abnegazione con cui lavor mentre reggeva i fili della
complessa macchina diplomatica, per accreditare di fronte alle

Tanucci subentra al marchese Fogliani nella Segreteria di Stato il 29 giugno


1755. Su questo periodo storico si veda R. AJELLO, La vita politica napoletana
sotto Carlo di Borbone, in AA.VV., Storia di Napoli, VII, Napoli, 1972; A. M. Rao,
Il riformismo borbonico a Napoli, in AA. VV., Il secolo dei lumi e delle riforme,
Milano, 1989, pp. 215-290.
25

10

NADIA BARRELLA

potenze europee limmagine del Regno autonomo26. Sin da principio non era stato tralasciato nessuno degli strumenti di prestigio
e di propaganda del potere (regge, siti reali, teatri, palazzi, fabbriche di oggetti preziosi, sono tutti attributi della regalit) ma con
Tanucci, grazie anche alla sua stessa formazione, lerudizione storica e lantiquaria vengono sempre pi considerate come ulteriore
strumento al servizio della politica. Non a caso lanno del colpo
di stato archeologico, com stato definito il 1755, anche quello
della fondazione dellAccademia Ercolanese, altro tassello del progetto di affermazione e consolidamento della monarchia il cui tanto discusso atteggiamento di chiusura nei confronti degli stranieri
non pu certo ridursi alla gretta gelosia di un piccolo e mediocre
gruppo di antiquari meridionali. I ripetuti interventi dello stesso
Tanucci per rivendicare agli accademici ercolanesi il diritto esclusivo di illustrare i reperti si chiariscono quindi molto meglio, alla
luce del significato politico che fin per rivestire lintera operazione napoletana delle scoperte archeologiche. Costretto a combattere su due fronti: uno, interno, per controllare le spinte antidispotiche
alimentate dal fronte chegli stesso definiva magnatizio; laltro,
esterno, dei complessi equilibri della diplomazia europea, Tanucci,
come si detto, ricercava valide garanzie per la continuit della
dinastia. La costruzione del mito del re, lesaltazione del favore
della provvidenza, la glorificazione del sovrano sincontravano
allora con esigenze contingenti di governo ed esprimevano le aspirazioni e la volont politica di quanti vedevano nel rafforzamento
dello Stato lunico possibile baluardo contro le ingerenze straniere e i gruppi interni di poteri. Sicch non per la gelosia fra eruditi,
che pure cera, ma per questo preciso disegno politico venivano
drasticamente troncate tutte le iniziative editoriali volte a raccogliere e diffondere prima della corte napoletana le conoscenze sulla scoperta di Ercolano.
26
E. CHIOSI, Il Regno dal 1734 al 1799, in Storia del Mezzogiorno, IV, tomo
II, Il Regno dagli Angioini ai Borboni, Roma, 1986, p. 415. Al testo della Chiosi
si rinvia anche per ulteriori riferimenti bibliografici.

Dal re proprio allUnit:

11

Io ora ho chiusa la bocca perch tra le mie nuove incombenze


vi quella di presiedere anche a queste antichit scriveva Tanucci
non vi son pi un privato che ne possa parlare e scriver liberamente. Quando io non era ministro delle cose ercolane, era un che
poteva parlarne: or non lo sono perch in questo tutte le mie parole son del Re, di cui son organo27. Solo al sovrano spettava divulgare i tesori delle antichit dissepolti. Le corti dEuropa, impegnate in guerre militari e diplomatiche per il controllo di sempre pi
ampi territori, dovevano stupire di fronte allo spettacolo che il re
di Napoli poteva offrire al mondo intero delle sue conquiste estese
come si disse sin nelle viscere della terra28.
Le premesse della prammatica e dunque la prammatica stessa,
in questa cornice, assumono ben altro peso ed evidenziano le reali preoccupazioni sottese alla sua emanazione. Non tanto la necessit culturale di tutelare un patrimonio di cui tra laltro non si
erano comprese fino in fondo le valenze educative (il singolare
patrimonio archeologico napoletano era per Tanucci destinato al
godimento dei soli dotti eruditi) quanto la precisa volont dimpedire che tali ricchezze andassero a rafforzare altri stati, ad arricchirli e a fornire loro motivi di lustro che dovevano rimanere invece prerogativa del re di Napoli. Ornamento non ultimo del Regno, lantichit andava a sostegno della infaticabile azione
ministeriale volta ad offrire allEuropa limmagine di una nazione
che potesse comparire degnamente fra le pi colte per forza, per
arti, per commercio, per pulizia, per splendore. Lo stesso approccio allantico, che ha fatto erroneamente parlare di un ministro
archeologo, seguiva, daltro canto, il vecchio ideale di un testo
pieno di erudizione e di note, ed era privo, quindi, di una seria
27
Lettera di Bernardo Tanucci a Nefetti, Napoli 5 agosto 1755, cit. in E.
CHIOSI, La Reale Accademia Ercolanese. Bernardo Tanucci fra politica e antiquaria,
in Bernardo Tanucci statista, letterato, giurista. Atti del convegno Internazionale
di Studi per il secondo centenario 1783-1983, a cura di R. Ajello e M. DAddio,
Napoli, 1986, II, p. 503.
28
E. CHIOSI, La Reale Accademia Ercolanese. Bernardo Tanucci cit., p. 504.

12

NADIA BARRELLA

discussione su problemi metodologici e critici come la questione


del gusto e del bello o lo sviluppo dellarte che animava invece il
dibattito romano29.
Nato per produrre consenso pi che elaborazione scientifica,
lintero sistema di cultura che Carlo elabora negli anni della sua
presenza a Napoli fortemente condizionato da questa ambiguit
di base e non un caso che anche la storia dei luoghi di conservazione per eccellenza, quella dei musei darte, confermi quanto detto ponendosi come una sorta di tornasole della politica culturale
del Regno e degli obiettivi di cui furono caricate le belle arti.

La nascita del sistema museale napoletano


Il sistema museale carolino nasce, com noto, con il trasferimento a Napoli del patrimonio Farnese30. Figlio di Filippo V e di
Elisabetta Farnese, Carlo eredita, nel 1731, il ducato di Parma e
Piacenza assumendo, conseguentemente, anche la propriet delle
ricchissime raccolte darte, della Biblioteca, del Medagliere e di
A Napoli sera formata unatmosfera tanto differente da quella romana,
dove, fra collezionisti, amatori dellarte, eruditi antiquari, artisti e commercainti,
il Piranesi ed il Winckelmann sviluppavano le loro idee, proponendo le loro
visioni dellantichiit come modelli per rinnovare lestetica moderna (). A Roma
() per effetto delloppressione ecclesiastica, larcheologia era lunica occupazione scientifica permessa nello Stato pontificio perch innocua () Lambiente
culturale e politico napoletano era troppo occupato a discutere le riforme della
legislazione, della distribuzione dei grani, del sistema monetario, per dedicarsi
pi del necessario allantiquaria. Larcheologia e lantiquaria in genere rimanevano cos, nellambiente della corte come un impegno ufficiale, un passatempo
erudito, senza assumere idee nuove. A. ALLROGGEN-BEDEL, Tanucci e la cultura
antiquaria, in Bernardo Tanucci statista cit. pp. 535-536. Su questi argomenti
cfr. anche A. EMILIANI, Leggi, bandi e provvedimenti per la tutela dei beni artistici
e culturali negli antichi stati italiani (1571-1860), Bologna, 1996.
30
Sulla storia della collezione Farnese (anche per la bibliografia precedente)
cfr. I Farnese, arte e collezionismo, catalogo della mostra Parma-Monaco-Napoli
1995, Milano, 1995.
29

Dal re proprio allUnit:

13

tutti gli altri oggetti (arredi e curiosit) che avevano reso la collezione Farnese una delle pi celebri dellantichit. Spostata sin dal
febbraio del 1734 a Genova con il pretesto di porla al riparo dai
possibili danni della guerra con lAustria ma, pi verosimilmente,
con il programma di trasferire il tutto a Napoli non appena si
fossero verificate le condizioni favorevoli al suo insediamento sul
trono napoletano, la raccolta parmense viene inviata nella capitale
a partire dal 1735. Nello stesso anno Carlo dispone il passaggio a
Napoli di Bernardino Lolli (custode a Parma del patrimonio
farnesiano)31; il trasferimento dellarmeria, della biblioteca e dellarchivio di casa Farnese e linvio di tutti i dipinti che decoravano
lappartamento degli stucchi. Nel 1736, la maggior parte dei
quadri, cose rare, medaglie ed oggetti di arte applicata ha preso
la via del nuovo regno diretta a Palazzo Reale, il primo dei luoghi
individuati per concentrare i diversi nuclei del patrimonio ereditato. Nellantico Palazzo, tuttavia, gli ingenti tesori non trovano immediata e adeguata sistemazione. Allarrivo di Carlo, difatti, la
reggia era non solo priva del necessario per accogliere il re, ma
versava anche in condizioni di degrado e di generale abbandono32.
Nonostante la rapidit con cui verranno ordinati alcuni lavori di
ristrutturazione, la reggia, negli anni di cui stiamo parlando,
parzialmente un cantiere. Tale circostanza, unita alla drastica
31
Pienamente condivisibile lipotesi che, con questa scelta, Carlo abbia mostrato di comprendere la necessit di non interrompere la relazione stratificata
e colta esistente tra un soprintendente ed i beni a lui affidati. A. FITTIPALDI,
Tutela e legislazione dei beni culturali a Napoli nel secolo XVIII, in Musei, tutela e
legilazione dei beni culturali, cit., p. 9.
32
Per la storia del Palazzo, cfr. AA.VV., Il Palazzo reale di Napoli, Napoli, 1987;
M. DE CUNZO, A. PORZIO, P. MASCILLI MIGLIORINI, C. GUARINO, Il palazzo reale di
Napoli, Napoli, 1994; P. DALCONZO, Lallestimento dei reali appartamenti della
Reggia di Napoli nel 1766, in Dialoghi di storia dellarte, nn. 8-9, 2000. P. MASCILLI
MIGLIORINI, Progetto e manutenzione del Palazzo Reale di Napoli (1600-2000), in P.
FARINA (a cura di), Dal Restauro alla manutenzione. Dimore Reali in Europa, atti del
convegno, Monza. Milano, 12-15 ottobre 2000, Milano, 2002. Merita di essere
segnalata per la ricca bibliografia anche la recente guida multimediale a cura di A.
BUCCARO e P. MASCILLI MIGLIORINI, Il Palazzo Reale di Napoli, 2001.

14

NADIA BARRELLA

decontestualizzazione di una collezione come quella parmense,


cos ricca di tipologie e adattata nel tempo a contenitori architettonici specifici porta ovviamente ad un passo indietro, ad
una fase confusa e contraddittoria, pi di accumulo che di esposizione che comporta inesorabili critiche e, purtroppo, inevitabili
danni33. Nel 1738, del resto, solo una piccola parte della collezione indicata come Museo Farnesiano adeguatamente esposta
e la situazione non migliora di molto negli anni successivi se, ancora nel 1753, Luigi Vanvitelli richiama lattenzione su quadri della
galleria di Parma che sono spaventi34. La nascita della reggia e
quindi anche del museo di Capodimonte pu essere, in parte,
legata a questa situazione, alla necessit, cio, di identificare una
sede pi idonea in grado di ospitare degnamente un celebrato
patrimonio artistico rimasto, sostanzialmente, abbandonato. Sebbene siano contrastanti i pareri sulla contemporaneit esistente
tra linizio dei lavori e lipotesi di musealizzare gli ambienti della
reggia collocati verso il mare e quindi meglio illuminati, resta comunque indubbio che molto presto il palazzo di Capodimonte
viene individuato come la sede delle collezioni, bench le note
vicende delledificio, le estreme difficolt e la lentezza dei lavori,
non vi resero comunque immediatamente realizzabile il trasferimento degli oggetti. Nel 1754, avvertito che corrodevali la vicinanza del mare35, il re acconsent al trasporto dei dipinti e degli
Il palazzo reale scrisse Charles de Brosses la sola opera che valga
qualcosa (). Se il mio diario fosse ancora in vita, quanti particolari e quante
esclamazioni vi avrei sprecato per i mirabili quadri della Famiglia Farnese, che
sono stati trasportati qui! Ma questi barbari di spagnoli, che per me sono come
i goti moderni, non paghi di averli strappati mentre li rubavano dal palazzo di
Parma, li hanno lasciati per tre anni su una scala cieca, dove tutti andavano a
pisciare. Sissignore, pisciavano su Guido e sul Correggio. Il brano riportatao
da F. STRAZZULLO, Le manifatture darte di Carlo di Borbone, Napoli, 1979, p. 35.
34
Le lettere di Luigi Vanvitelli della Biblioteca Palatina di Caserta, a cura di F.
Strazzullo, Galatina, 1976-1977, I, p. 245.
35
Dispaccio del 2 luglio 1754 del conte Rubion riportato in B. MOLAJOLI, Il
Museo di Capodimonte, cit., p. 17.
33

Dal re proprio allUnit:

15

altri tesori farnesiani a Capodimonte. Qui, affidati a Giovanni Maria


della Torre32, rimasero in attesa di sistemazione fino al 1759, anno
in cui lo stesso custode potr annunziare che il Real Museo di
Capo di Monte era gi posto in ordine, tanto per quel che riguarda le antichit in esso contenute, quanto per quello che spetta la
Galleria dei Quadri37.
Negli anni di Tanucci, quindi, Carlo riesce a dotare Napoli anche di un grande e prestigioso museo organizzato in base ad un
preciso regolamento e notevolmente arricchito di dipinti di diversa provenienza e di parte dei preziosi averi (vasi, cristalli, terraglie,
cartoni) conservati a Roma. Snaturata e poi definitivamente abbandonata lidea iniziale di ricostituire un Museo Farnesiano, si
pensa ed questa una scelta perfettamente in linea con la politica culturale precedentemente descritta ad un pi vasto e articolato museo farnesiano-borbonico, nel quale accanto al nucleo
originario e pi consistente di libri, quadri e oggetti gi di pertinenza dei Farnese, erano stati aggregati, in tempi diversi e attraverso varie acquisizioni () numerosi e non meno prestigiosi dipinti
di scuola napoletana o di pittori di altre scuole italiane e straniere () insieme verosimilmente, a preziosi manufatti o a raffinati
oggetti darredo e decorazione prodotti in quegli stessi anni da
maestranze locali e dalle varie Manifatture Reali fondate38. Collocandosi nel solco della tradizione avviata dagli stessi Farnese con
la Ducale Galleria di Parma, Capodimonte, in linea con illustri esempi
36
Il padre somasco, subentrato a Bernardino Lolli, era dal 1756 custode e
ordinatore delle raccolte. Al custode, che aveva il compito anche di osservare
mancanze o alcun disordine da ripararsi, stando al regolamento dell11 marzo
1785, si affiancavano tre sottocustodi, e due Ajutanti e Barandieri.
37
La lettera riportata da B. MOLAJOLI, Il Museo di Capodimonte, Cava deTirreni,
1961, p. 19. Sui tempi effettivi di ordinamento di Capodimonte dopo il 1759 cfr.
N. SPINOSA, Le collezioni farnesiane a Napoli: da raccolta di famiglia a Museo e
Galleria Nazionale di Capodimonte, in La collezione Farnese, Napoli, 1995.
38
N. SPINOSA, Le collezioni farnesiane, cit. p. 85. Nello stesso volume si
veda anche il saggio di P. Leone de Castris, Breve itinerario delle raccolte farnesiane
attraverso le fonti e gli inventari, pp. 27-54.

16

NADIA BARRELLA

italiani e stranieri, vorrebbe anche porsi come illuminata iniziativa


destinata allo studio e alla conoscenza. Lingresso alle collezioni,
infatti, sia pur con precise condizioni, consentito per tre ore la
mattina e due al giorno ed nota la presenza dillustri visitatori
da Winckelmann a Goethe che apprezzarono, se non lesposizione, la ricchezza, la variet e la qualit degli oggetti contenuti.
Quello che da noi settentrionali si trova importato isolatamente qua e l, in fatto di monete, di gemme, di vasi, rari a vedersi
scrisse Goethe qui, dove questi tesori sono a tutti familiari, producono in massa, unimpressione totalmente diversa; infatti, dove
le opere darte sono rare, la rarit stessa conferisce loro anche un
valore; qui invece simpara ad apprezzare solo quello che merita
di essere apprezzato39.
Interna alla residenza reale, tuttavia, la collezione continua ad
avere come finalit prevalente quella di essere prestigiosa manifestazione di potere. Questo aspetto privato, negli anni in cui si punta decisamente al museo come scuola di formazione degli artisti e
istituto di conservazione per pubblica utilit, non pu non essere
tenuto in debita considerazione e certamente contrasta con lindubbia intelligenza di un disegno unitario che, accordando museo, biblioteca e archivio in un unico contenitore, anticipava la
polifunzionalit del successivo Real Museo che, legato alle pi
ampie e articolate implicazioni civili e culturali che vedremo, segner la fine della raccolta collinare, smembrata e ricollocata nel
Palazzo dei vecchi Studi insieme alle accademie, alle biblioteche e
al Museo Ercolanese di Portici, il pi curioso ed il pi ricco che si
vegga in Italia40.
39
W. GOETHE, Viaggio in Italia, citato in B. MOLAJOLI, Il museo di Capodimonte,
cit. p. 24.
40
P. NAPOLI SIGNORELLI, Vicende della coltura nelle due Sicilie o sia storia ragionata della loro legislazione e polizia, delle lettere, del commercio, delle arti, e
degli spettacoli delle colonie straniere insino a noi, divisa in quattro parti, Vol. V,
Napoli, 1786, p. 532. Il brano di Signorelli riportato in A. ALLROGGEN-BEDEL e
H. KAMMERER-GROTHAUS, Il Museo Ercolanese di Portici, in AA.VV., La Villa dei

Dal re proprio allUnit:

17

Inaugurato anchesso dopo il 175541, il Museo Ercolanese


laltro polo espositivo carolino era stato impiantato nelle stanze
del Palazzo Caramanico, un preesistente edificio inglobato nelle
nuove costruzioni del Palazzo reale di Portici. Nato in prossimit
dei luoghi di scavo, diversamente da altri spazi della stessa residenza reale in cui statue e marmi svolgevano una funzione
celebrativa e decorativa, lErcolanese fu sin dallinizio pensato come
luogo di conservazione e di esposizione del materiale che incessantemente proveniva da essi. Deposito dei quei beni che venivano ritenuti degni desser testimonianza dello splendore del regno
risent, ovviamente, dellassenza di una sistemazione definitiva (i
reperti di ogni genere arrivavano continuamente) ma da questo stesso limite che deriv la peculiarit e la modernit di un
museo, in stretto rapporto topografico con le aree di scavo, che
per Tommaso Puccini direttore della galleria degli Uffizi era
loggetto che pi dogni altro faceva desiderare dintraprendere il
viaggio di Napoli42. Alternando mosaici, oggetti duso domestico, papiri, statue e pitture, lantiquarium vesuviano43 permetteva
uno stimolante rapporto con le rovine e consentiva al visitatore di
ammirare monumenti () piacevoli per la finezza dellarte o
Papiri, secondo supplemento a Cronache Ercolanesi, Napoli, Macchiaroli, n.
13, 1983. Il saggio delle studiose tedesche ha molto ben riscostruito la storia del
Museo ercolanese. In questo scritto, pertanto, ci si limiter ad utilizzare, ai fini
del discorso che si sta svolgendo, dati ed osservazioni che le due studiose mettono a disposizione.
41
Lanno dellinaugurazione il 1758.
42
Relazioni epistolari di un viaggio da Roma a Napoli, e di altri viaggi in
Italia scritte dal Sig.re Cav.re Tommaso Puccini, Direttore dellImp. Galleria. Il
manoscritto, conservato nella raccolta Puccini, Segnatura C. 238 della Biblioteca
Forteguerri di Pistoia citato da A. FERRI MISSANO, Nuove fonti per la storia dei
musei napoletani dellEt Borbonica: la testimonianza di Tommaso Puccini, in
Musei, tutela e legislazione dei beni culturali cit. p. 79. Al saggio della Ferri
Missano si rimanda anche per linteressante descrizione che Tommaso Puccini fa
dellErcolanese e del Museo di Capodimonte.
43
Per il dettaglio del percorso cfr. A. ALLROGGEN-BEDEL e H. KAMMERERGROTHAUS, Il Museo Ercolanese di Portici, cit.

18

NADIA BARRELLA

istruttivi () perch somministrano [di che compilare] unIstoria


molto estesa delle costumanze degli antichi Popoli che abitavano
una volta queste ridenti contrade, onde furono estratte44. Per la
compresenza di oggetti, gabinetti di restauro e lofficina dei papiri, inoltre, lErcolanese finiva con lessere una sorta di precursore
dei musei-laboratorio concentrandosi in esso attivit di conservazione, catalogazione, restauro ed esposizione. Notevole anche per
i criteri allestitivi (le prime stanze erano organizzate per tipologie
di oggetti45, nella settima si ricostruiva una cucina46, nelle seguenti
si collocava al centro un capolavoro47) il Museo Ercolanese aveva, molto pi di Capodimonte, il grave limite della scarsissima
fruibilit. Malgrado che nelliscrizione stessa per linaugurazione
si affermasse perentoriamente, la funzione didattico-scientifica del
Relazioni epistolari di un viaggio cit. p. 79.
Accorpati soprattutto in base alla loro funzione, nelle prime stanze, erano
esposti arnesi da sacrificio, lampadari, lanterne e candelabri in bronzo, strumenti
chirurgici, musicali, domestici, bilance, pesi e misure. Nella quinta stanza, accanto al luogo originario dove lavorava padre Piaggio e dove erano custoditi 800
papiri, erano stati collocati busti-ritratto (quasi tutti provenienti dalla Villa dei
Papiri) che riprendevano lantico legame biblioteca-galleria degli uomini illustri.
46
Questo vano () era allestito come una cucina antica scavata a Pompei.
Qui il visitatore poteva immaginarsi la vita quotidiana degli antichi. Sul lato
breve cera il forno dove si trovava una grande quantit di arnesi per luso della
cucina anche alle pareti. A. ALLROGGEN-BEDEL e H. KAMMERER-GROTHAUS, Il Museo Ercolanese di Portici, cit. p. 115.
47
probabile, ha scritto Fittipaldi, che per questo cambio di rotta, il direttore Paderni (che non a caso proveniva da Roma) si sia ispirato allallestimento di
alcune sale del museo Capitolino, che Clemente XII Corsini aveva aperto al pubblico nel 1734. Il direttore del Capitolino, il marchese Alessandro Gregorio Capponi che condivideva con lantiquario Giovanni Bottari, estensore del catalogo,
una concezione muratoriana didattica, della storia, capace di legare la strenua
informazione filologico-documentaria con la formazione morale aveva organizzato limponente raccolta statuaria del museo in nuclei tematico-iconografici,
con singoli capolavori messi al centro degli ambienti. Non inoltre impossibile
che lelemento estetico di questa scelta abbia potuto influenzare non solo il
Winckelmann museologo di Villa Albani ma anche listituzione borbonica. A.
FITTIPALDI, Tutela, conservazione cit. p. 22.
44
45

Dal re proprio allUnit:

19

museo48, implicita anche nel suo razionale allestimento, era completamente negata dai concreti comportamenti gestionali49. A Portici, infatti, la limitazione dellingresso alle collezioni era fortemente
accentuata dal divieto, imposto a quanti venivano ammessi, di
prendere appunti e disegnare. Cos come a Capodimonte, quindi,
anche nella cittadina vesuviana un istituto museale fortemente caratterizzato dallidea tutta settecentesca di uno spazio organizzato
per presentare la documentazione archeologica in successione ordinata e chiaramente leggibile, finiva con lesser contraddetto dal
venir meno di uno dei suoi presupposti fondamentali: la pubblica
fruizione, la larga libert di accesso e la conseguente possibilit di
una ricerca, indipendente e concorrenziale, aperta agli specialisti
di tutta Europa. Ai visitatori che richiedevano un rapporto operativo con lantico era solo concesso, ed cosa estremamente significativa, vedere ci che bastava per apportare la fama della rarit
desso museo nelle altre Provincie.

Il ruolo dellIlluminismo nelle scelte di Ferdinando IV


Nel 1759 Carlo lascia Napoli per la Spagna affidando il trono
al piccolo Ferdinando e il governo ad un consiglio di reggenti in
cui Tanucci riveste il ruolo di protagonista. Furono anni non facili
quelli della Reggenza, caratterizzati da una crisi produttiva che,
grave per lEuropa, assunse dimensioni catastrofiche per il regno
di Napoli evidenziando linadeguatezza dellorganizzazione statale, le debolezze della sua economia e i limiti di unazione riforma-

48

CAROLUS REX VTRIUSQVE SICILIAE PIVS FELIX AVGVSTVS

STVDIO ANTIQVITATVM INCENSVS QVID QVID VETERIS GAZAE


EX EFFOSSIONIBVS HERCVLANENSIBVS POMPEIANIS STABIENSIBUS
CONTRAHERE TOT ANNIS IMPENDIO MAXIMO POTVIT
IN HAEC MUSARVM SEDEM ILLATVM SVISQUE APTE PINACOTHECIS SISPOSITVM
VETVSTATUM AMATORIBVS EXPOSVUIT ANNO MDCCLVII
49

A. FITTIPALDI, Tutela e conservazione cit., p. 23.

20

NADIA BARRELLA

trice che sino a qualche anno addietro aveva suscitato tante speranze. Di fronte allo spettacolo di tale miseria, tuttavia, maturano
le riflessioni dellelite intellettuale e comincia a farsi strada il convincimento che la soluzione dei problemi del Mezzogiorno possa
passare attraverso lincremento delle conoscenze tecniche e scientifiche. Linsegnamento di Antonio Genovesi50, la sua nozione di
una cultura allargata, estesa allintero popolo, la certezza che scienza
ed educazione svolgono una funzione di rinnovamento sociale
assurgono, proprio in questi anni, al ruolo di idee guida. Tanucci
intuisce la validit civile dei valori che il pensiero illuministico
tendeva a imporre ma non era facile rinunciare alle antiche armi
di difesa dellassolutismo rappresentate dalla concezione aristocratica e trascendente dellautorit. () Abbandonare quellidea
sacrale avrebbe portato ad uno scontro diretto con le magistrature
() ma la realistica scelta di continuare ad avvalersi del sistema in
vigore, per operare allinterno di esso limitati progressi, veniva
messa in crisi, da una parte, dallesigenza di uneffettiva e diretta
gestione del potere e, dallaltra, dalle richieste di garanzie civili per
il pubblico51. La sua sostituzione con il marchese della Sambuca,
nel 1776, segna la fine di unepoca. Alla funzione sacrale della
regalit succede lidea del Sovrano realizzatore di un programma
di riforma della societ ma solo come esecutore di una volont
generale. La funzione dellopinione pubblica non pi vista come
ricerca di consenso al potere, ma strumento per orientare e determinare le scelte politiche. La politica culturale in generale e le scelte di tutela e conservazione, per tornare al nostro discorso, risentono di una simile trasformazione e diventano esse stesse il segno
della volont di dare al paese un indirizzo pi consono al secolo
dei Lumi.
50
Oltre ai fondamentali testi di F. VENTURI, Illuministi italiani, V, Riformatori
napoletani, Milano-Napoli, 1962 e Il Settecento Riformatore, V, LItalia dei lumi
1764-1790, Torino 1987, opportuno indicare, per Antonio Genovesi e per il
contesto culturale napoletano, linteressante volume di E. CHIOSI, Lo spirito del
secolo. Politica e religione a Napoli nellet dellilluminismo, Napoli, 1992.
51
E. CHIOSI, Il Regno dal 1734 al 1799 cit, p. 435.

Dal re proprio allUnit:

21

Archeologia e territorio, conchiglie e fossili erano terreno di


verifica di letture filologiche di testi antichi e di ipotesi cosmologiche
complessive, che sollevavano inquietanti interrogativi geologici
legati a pi ampi problemi filosofici e teologici sulle et del mondo;
non solo ma attraverso questi interrogativi e letture si affinavano gli
strumenti tecnici di nuovi campi del sapere. Negli anni settanta la
massoneria sembr poter offrire una risposta unitaria alla
frammentazione delle scienze e ai confini interni che ne derivavano
rilanciando aspirazioni baconiane a uno studio della natura volto a
ricercarne gli antichi segreti e le stratificazioni storiche52. Il rapporto con lantico, senza rinunciare alla possibilit e alla necessit di
costituirsi come scienza autonoma, era rapidamente diventato uno
dei percorsi privilegiati per la ricerca scientifica, la denuncia politica, o per progetti economici. Intorno allo studio dellantichit si
intrecciavano anche adesso molteplici finalit ma la ricerca storica
erudita, gli scavi e il collezionismo non puntavano pi al solo
recupero della memoria del passato ma, attraverso questo, alle vere
radici della nazione e quindi ad unapprofondita conoscenza della
storia patria in tutte le sue manifestazioni. La riflessione sul passato,
non pi fine a se stessa, determinava spinte riformistiche pi decisamente volte allammodernamento del potere statale. Diffondere la
cultura, suscitare interesse politico, formare una forte ed estesa opinione pubblica costituiva la vera opera dincivilimento che,
massonicamente, coincideva con la rigenerazione delluomo e della
societ53. Il patrimonio culturale in possesso del re richiedeva ora
pi che mai, adeguati strumenti di promozione e di coordinamento
della ricerca nonch nuove norme di tutela e di conservazione.
Nel periodo della Reggenza, momento in cui, proprio attraverso Tanucci, prevale una forte continuit con lepoca carolina, le
due prammatiche emanate (la LIX del 14 agosto 1766 e la LX del
A.M. RAO, Tra erudizione e scienza: lantiquaria a Napoli alla fine del Settecento, in Lincidenza dellantico. Studi in memoria di Ettore Lepore, III, Napoli,
1996, pp. 99-100.
53
E. CHIOSI, Il Regno dal 1734 al 1799 cit, p. 427.
52

22

NADIA BARRELLA

17 marzo 176954) si limitano soltanto a precisare e a ribadire il


divieto di esportazione senza implicare modifiche significative alla
precedente normativa ritenuta, probabilmente, ancora adeguata
ma non convenientemente conosciuta. Nuovi provvedimenti, stando ad alcune recenti pubblicazioni, vennero invece presi nel 178555
allorch si pens ad imporre lobbligo di richiedere specifica
licenza per gli scavi, di rendere noto il risultato delle ricerche e di
prevedere la possibilit di acquistare per il Museo gli oggetti ritenuti di merito ; e nel 1798, anno in cui vennero emanate dal
Soprintendente Generale Domenico Venuti, le Istruzioni a Soprintendenti Locali agli Scavi di Antichit. Strumento per lorganizzazione della tutela del patrimonio archeologico del regno, le Istruzioni chiarivano le modalit di esecuzione degli scavi; i ruoli di
quanti, a livello periferico o centrale, venivano coinvolti nellattivit di controllo dei reperti e sancivano infine lo spostamento di
quanto reputato degno dalla Giunta di Antichit al Real Museo.
Questultimo, sia pur come patrimonio del re, venne a porsi
Tali provvedimenti potrebbero quasi non considerarsi una vera e propria
nuova legge in materia, giacch non sono individuabili sostanziali correttivi rispetto alla normativa precedente, ma piuttosto la volont di rinnovazione della
medesima. Ci induce a ritenere che in fondo le norme previste nel 1755 fossero ancora reputate idonee alla risoluzione dellabusiva pratica dellestrazione di
antichit; ma si ravvisava evidentemente lesigenza di far s che la legge fosse ben
nota a tutti, onde superare leccezione di buona fede solitamente proposta dai
contravventori. Nellottica di porre un freno ai continui tentativi di eludere le
normative possono esser viste anche le piccole variazioni del nuove testo che
prevede un inasprimento delle pene ed il coinvolgimento degli intermediari. P.
DALCONZO, Lanello cit. p. 34 Per il testo degli editti vedi F. MARIOTTI, La
legislazione, cit., pp. 267-269.
55
Della normativa del 1785 hanno parlato, per la prima volta, L. BOCCIERO e
A. CASTORINA, in Storie saticulane (in Studi sulla Campania preromana, s. III, II,
1995) indicando per, in maniera errata, la fonte di provenienza. La DAlconzo,
che ha tentato il ritrovamento della normativa, non ne ha trovato traccia n sui
testi di legislazione n nelle carte darchivio. Le poche notizie sul contenuto del
provvedimento che si danno nel presente saggio sono, pertanto, la sintesi delle
conclusioni a cui giunge la studiosa per confronti con altre fonti documentarie.
Cfr. P. DALCONZO, Lanello del re, cit., p. 49.
54

Dal re proprio allUnit:

23

almeno in teoria come il nuovo organismo culturale finalmente


in linea con quelle istanze illuministiche della ricerca del bene
pubblico e dellinteresse comune che si manifestarono, contemporaneamente, nella riforma degli studi e nel progetto della Reale
Accademia di Scienze e Belle Lettere56.

Il museo nel Palazzo degli Studi


Trasferita lUniversit nella Real Casa del Salvatore, determinato e disposto che si formino oltre allAccademia della Pittura,
Scultura ed Architettura () altre due accademie, una per le Scienze e laltra per le Belle Lettere, Ferdinando IV, nel 1777, individua, come sede unica della sua nuova politica culturale, ledificio
ove finora stata lUniversit degli Studj. Qui, con lo stesso dispaccio, stabilisce di situare le magnifiche sue due Reali Biblioteche, Farnesiana e Palatina, destinandole alluso del pubblico. Ed
oltracci vi saranno trasportati i due ricchissimi suoi Reali Musei,
Farnesiano ed Ercolanense per lo stesso uso. E perch nulla manchi alla perfezione di questa grandopera ed alla compiuta istruzione della giovent, ha disposto inoltre che si formi nello stesso
luogo un Museo di Storia Naturale, un Orto Botanico ed un Laboratorio Chimico, e che vi siano tutte le macchine per far le sperienze,
e tutte le altre operazioni corrispondenti57.
Lidea che il popolo veda e sistruisca, il passo pi tipico dellilluminismo per quel che concerne i musei, ossia il passaggio dalla
galleria principesca al luogo di conservazione e di esposizione per
pubblica utilit viene compiuto anche a Napoli. Nellantica sede
degli Studi, per una parte significativa dello scibile umano, per i
56
Molto interessante, al riguardo, lo scritto di E. CHIOSI, Humanitates e scienze.
La Reale Accademia Napoletana di Ferdinando IV: Storia di un progetto, in Studi
Storici, n. 2., 1989, pp. 435-456.
57
Dispaccio del primo novembre 1777 pubblicato da F. STRAZZULLO, Tutela del
patrimonio artistico nel regno di Napoli sotto i Borboni, in Atti dellAccademia
Pontaniana, n.s., vol. XXI, 1972, p. 336.

24

NADIA BARRELLA

tesori fino ad allora presentati ad un selezionatissimo pubblico


diviene centrale laspetto educativo. Le collezioni scientifiche servono alla compiuta istruzione della giovent; le opere darte sono
finalizzate alluso pubblico e in sintonia con le nuove esigenze
didattiche e teorico estetiche det neoclassica che richiedono
una sempre pi larga e impersonale accessibilit allarchivio delle
forme esemplari vedono rafforzato dal legame fisico allinterno del palazzo tra raccolte e Real Accademia del Disegno il
rapporto fra museo ed esperienza operativa dellarte. Un giusto
omaggio reso da una Nazione e da un secolo illuminato a queste
Belle arti scriver lAbate di Saint-Non che, nel suo Voyage pittoresque ou description des Royaumes de Naples et de Sicilie (17811786), immaginer anche il trionfale Trasporto delle antichit di
Ercolano che, in realt, avvenne molto tempo dopo e in maniera
sicuramente diversa. Ledificio degli Studi, fatiscente e inadatto
allidea di museo universale ipotizzata da Ferdinando, necessit
infatti di una lunga serie di progetti, ripensamenti e interventi che
comportarono non solo modifiche allipotesi di partenza58 ma anche un lento prendere forma del museo che pu considerarsi tale
solo nei primi trentanni dellottocento. Lidea del grande polo in
cui unificare raccolte, istituti e funzioni (nel frattempo sera anche
deciso il trasporto delle ingenti antichit farnesiane di Roma) nasceva a Napoli in maniera monca, privata dellindispensabile supporto duna sede sufficientemente ampia per ospitare tante strutture. Al di l del teorizzato e del progettato, sul finire del secolo, il
nuovo Museo di Napoli non ha ancora, di fatto, preso forma59.
Gli eventi rivoluzionari del 99 e il ripudio, con la prima restaurazione, di quellidea di cultura concreta e pragmatica che aveva
caratterizzato il periodo precedente, ne rimandarono ulteriormente il completamento.
Cfr. al riguardo AA.VV., Da Palazzo degli studi, cit.
A. MILANESE, Il Museo Reale di Napoli al tempo di Giuseppe Bonaparte e di
Gioacchino Murat, Estratto dalla Rivista dellIstituto Nazionale dArcheologia e
Storia dellArte, Serie III, Anno XIX-XX 1996-1997, Roma, 1998 p. 2.
58

59

Dal re proprio allUnit:

25

Il vento della rivoluzione: tutela e politica museale nel decennio francese


Limponente opera di trasformazione delle strutture dellordinamento statale, il nuovo ordine sociale imposto dai francesi non
pot non avere significative ripercussioni nel settore oggetto del
nostro studio. Anche per la tutela, la conservazione e la promozione delle opere darte, infatti, sincoraggiarono e attuarono riforme
fondamentali destinate a mutare lassetto del vecchio stato e a
durare ben oltre il decennio, giacch con il radicarsi di nuove istituzioni si trasformava la societ, sorgevano nuove idee, nuovi bisogni e fermenti di cui la Seconda Restaurazione seppe tener conto. Con il decreto del 15 aprile 1807 viene, innanzitutto, soppresso il Ministero di Casa Reale e si attua, in tal modo, la separazione
dellamministrazione pubblica da quella patrimoniale dei beni del
sovrano. Il provvedimento, che sinserisce nel sovraccennato piano di riforma e di trasformazione delle strutture istituzionali che
doveva condurre alla progressiva affermazione del modello burocratico moderno e della monarchia amministrativa, assegna significativamente al Ministero dellInterno le competenze relative a
musei, scavi e biblioteche60. Il settore dellistruzione, in tal modo,
viene fatto rientrare nel pi articolato degli apparati ministeriali
comprendente tutte le principali attivit sulle quali il governo francese sembrava puntare per il progresso civile del Regno e il rafforzamento del potere costituito. Nello stesso anno, seguendo il valido criterio del rinnovamento, dapprima dei luoghi di formazione
dei gestori del patrimonio poi delle istituzioni, Giuseppe BonaparListruzione, le scuole pubbliche ed universit degli studi si legge a proposito del terzo ripartimento i musei e biblioteche pubbliche, che non fan parte
delle cose e dominj reali, le societ letterarie, i depositi letterarj, i premi e ricompense per le scoverte, ed i soccorsi ai letterati, ASN, Decreti originali, vol. 1,
citato in LArchivio del Ministero della Pubblica Istruzione del Regno delle Due
Sicilie, a cura di R. Spadaccini, Napoli, Luciano Editore, 1999, p. 11. Ulteriori
riferimenti al decennio francese si ritrovano anche nel volume a cura di ROSSANA
SPADACCINI, Antichit e Belle Arti. le istituzioni, catalogo della mostra, Napoli,
1997.
60

26

NADIA BARRELLA

te fonde nellAccademia di Storia e di Antichit (Societ Reale)61


le due Accademie di Scienze e Belle Lettere e lErcolanese e, con il
decreto del 7 aprile, per frenare gli scavi clandestini e le esportazioni abusive di reperti archeologici ordina la sospensione di tutti
gli scavi per prendere le convenienti disposizioni per conservare
nel tempo ci che pu essere utile alla istruzione de regnicoli, che si
applicano a questa scienza, o servire di lustro al Museo nazionale62. AllArditi63, accademico della Reale Accademia di istoria, ed
antichit e Direttore del Museo Reale e Soprintendenza Generale
agli scavi, viene affidato lincarico di realizzare un progetto tendente a regolarizzare tutto ci che interessa questo ramo. Il suo programma, recentemente analizzato, mostrerebbe unindubbia modernit esemplato com, su quello che era al momento il codice pi
avanzato e completo in materia di tutela degli oggetti darte e dantichit, cio il Chirografo di Pio VII che da appena cinque anni era
in vigore negli stati romani. Il Chirografo come ricorda Andrea
Emiliani64 ha alle sue spalle personalit di indubbie qualit civili e
politiche come Antonio Canova, al quale, del resto, di l a poco il
pontefice rimetteva lincarico di Ispettore Generale delle belle arti.
Arditi doveva senza dubbio conoscere bene Canova avendolo ospitato varie volte a casa sua nellottobre del 1807, quando lo scultore
fu in visita a Napoli e al Museo. probabile, stato scritto, che
questa ospitalit possa avergli offerto la possibilit di discutere di61
Dalla Societ reale, importante ricordarlo, usciranno i direttori del Museo e Scavi, dei Papiri e della Stamperia Reale.
62
Decreto di Giuseppe Napoleone del 7 aprile 1807 n. 85. Conservato presso
larchivio Centrale di Stato pubblicato in M. BENCIVENNI, R. DALLA NEGRA, P.
GRIFONI, Monumenti e istituzioni. Parte I. La nascita del servizio di tutela dei
monumenti in Italia 1860-1880, Firenze, 1987 p. 83.
63
Su Michele Arditi cfr. E. TAGLIALATELA, Michele Arditi (1746-1838) tra scavo
e museo, in Musei, tutela e legislazione, cit., pp. 107-142. Sulle scelte di Arditi
cfr. anche gli scritti di Andrea Milanese e le schede di Assunta Giugliano, Sonia
Napoletano e Salvatore Racise in R. SPADACCINI, Antichit... cit., pp. 13-19.
64
A. EMILIANI, Leggi, bandi e provvedimenti per la tutela dei beni artistici e
culturali negli antichi stati italiani 1571-1860, Bologna, 1978, pp. 5 e ss.

Dal re proprio allUnit:

27

rettamente con colui che, per lincarico ricevuto dal papa, era il
principale garante dellapplicazione del provvedimento del 180265.
Punti di contatto tra il piano Arditi e il Chirografo romano sono
evidenti: obbligatoriet della licenza di scavo; sorveglianti incaricati dalle autorit; divieto di estraregnazione assoluto per tutti
gli oggetti antichi. Rispetto al Chirografo, inoltre, il piano Arditi
presenta una pi opportuna articolazione delle disposizioni relative al diritto di prelazione riservato al Museo Reale; unaccurata
definizione delle modalit di compilazione di un registro e, soprattutto, uninteressante proposta sullistituzione di musei provinciali. Su questultimo punto torner in seguito. Vorrei, invece,
anche alla luce di quanto del piano conflu nel decreto 16 febbraio
1808, puntualizzare alcune cose. indubbio che la parte che potremmo definire vincolistica delleditto romano sia completamente
ripresa dallArditi ed altrettanto probabile che indicazioni sul
cosa consentire e cosa vietare siano state anche suggerite da Canova.
Ci che per rende davvero unico il chirografo romano altro.
per citare Emiliani e Gualandi66 il suo essere la pi alta celebrazione dellaspetto didattico del patrimonio, nonch il suo valore
di norma per i mestieri produttivi. Il Chirografo tutto di indole
operativa, dal momento in cui definisce produzioni le opere darte, allaltro in cui le colloca fra le pi utili e pi interessanti occupazioni dei suoi sudditi. Avvalorate da una spontanea identit fra
storia e presente cito ancora Emiliani che ci sembra frutto di
una cultura neoclassica assai impegnata, esse servono poi di ali65
A. MILANESE, Il piano Arditi del 1808 sui musei provinciali: centro e periferia della tutela in Magna Grecia, in I Greci in Occidente. La Magna Grecia nelle
Collezioni del Museo Archeologico di Napoli, Catalogo della mostra, Napoli,
1996, pp. 275-280.
66
G. GUALANDI, Neoclassico ed antico. Problemi e aspetti dellarcheologia nellet neoclassica, in Ricerche di Storia dellArte, 8, 1978-1979, pp. 19 ss. Nello
stesso numero della rivista cfr. anche il saggio di A. PINELLI, Storia dellarte e
cultura della tutela. Le Lettres a Miranda di Quatremre de Quincy e O. ROSSI,
Carlo Fea e il chirografo del 1802: cronaca, giudiziaria e non, delle prime battaglie per la tutela delle Belle arti, pp. 27-41.

28

NADIA BARRELLA

mento alle arti stesse e di esemplare, di guida e di eccitamento a


quelli che le professano e si conservano quindi quasi i veri Prototipi ed esemplari del Bello, religiosamente per ornamento e per
istruzione pubblica67. Nulla di tutto ci compare nel piano Arditi
e nel conseguente decreto di Giuseppe Bonaparte. Le preoccupazioni napoletane sono molto pi semplici: il regno ricco di oggetti darte che facilmente escono fuori dai suoi confini, i privati
eseguono scavi senza permesso e, quasi sempre, per principio di
far traffico degli oggetti e di cavar da quelli profitto68. Da queste
premesse lobbligo di richiedere licenza, di comunicare il risultato
delle ricerche e la possibilit di farne acquisto per i reali musei. Il
dettagliato elenco delleditto romano del 1802 che afferma una
gerarchia il cui metro di carattere qualitativo, con una tendenza a
etichettare gli oggetti con precisione critica, lattenzione al riutilizzo
delle antichit, la consapevolezza del valore anche economico dei
beni cui corrisponde la predisposizione in bilancio di somme destinate a contribuire allincremento delle raccolte69 sono ulteriori
elementi la cui novit Arditi non riesce probabilmente nemmeno a
cogliere perch, di fatto, gli sfugge per intero quel nuovo modo di
leggere lantico come ricerca di gusto e archivio delle tecniche e
della cultura materiale. Il limite suo e del contesto in cui opera
sostanzialmente culturale. Egli, infatti, non riesce ad emanciparsi dal voler cogliere nellarte antica la conferma ad una puntuale
ermeneutica dei testi giuridici o letterari e da una concezione strumentale dei reperti. Sicuramente pi interessante, ma in linea con
la sua cultura erudita, lidea che aveva del museo come istituto
pubblico con programmatiche funzioni didattico-scientifiche che
trova giustificazione nella formazione stessa dellArditi iniziato alla
scuola del gi citato Antonio Genovesi e di Gaetano Filangieri che
videro nel museo soprattutto un fondamentale strumento di cre-

A. EMILIANI, Leggi, bandi cit., p. 8.


Decreto di Giuseppe Bonaparte... cit., p. 83.
69
G. GUALANDI, Neoclassico cit., p.

67

68

Dal re proprio allUnit:

29

scita delle masse popolari70. Nel suo piano, pertanto, partendo dal
presupposto singolare per quei tempi che adeguate misure
preventive possano egualmente guidare allo adempimento delle
sovrane intenzioni, cio alla conservazione, bench a passi alquanto pi lenti71, Arditi individua come strumento di prevenzione la costituzione, in ciascuna provincia del Regno, di un museo.
una vera e propria rete quella che simmagina ed stupefacente riscontrare con quanta lungimiranza questuomo ne individui i
molteplici vantaggi. Con una simile organizzazione, infatti,i culti
stranieri (i quali oggid, dopo aver visitati i Musei della Capitale,
partono immediatamente da noi) potrebbero da oggi girare per
tutto il Regno () il che darebbe una novella dignit alle provincie medesime e con la dignit anche un lucro non mezzano; si
potrebbero inoltre selezionare pi facilmente quegli oggetti degni
di essere esposti nel Museo del re ma, soprattutto, il vantaggio
maggiore (per venire pi da vicino al proposito) consister in questo che le provincie () prenderanno via via un certo gusto verso
de monumenti antichi; e, preso che avranno un tal gusto, saranno
pi accorte a conservarli con gelosia72. C, com evidente, molta parte dellodierno dibattito sul ruolo dei musei locali, la consapevolezza dellimportanza della custodia reale e c, altro dato di
non poco conto, la precisa coscienza delle ricadute anche economiche di molteplici poli dattrazione turistica sul territorio. Si
inoltre riconosciuto73 ed unipotesi pienamente condivisibile
anche considerando la sua formazione il peso che sulla proposta
di Arditi ebbe il dibattito sviluppatosi tra gli illuministi napoletani sul profondo divario tra Napoli e le sue provincie e sulla
necessit di un deciso decentramento delle strutture che, nel no70
Su Gaetano Filangieri, principe di Arianello, oltre a F. VENTURI, op. cit., cfr.
anche G. GALASSO, La filosofia in soccorso de Governi. La cultura napoletana del
Settecento, Napoli, 1989.
71
A. MILANESE, Il piano Arditi cit., p. 278.
72
A. MILANESE, Il piano Arditi... cit., p. 279.
73
Ibidem.

30

NADIA BARRELLA

stro caso, avrebbero quantomeno soddisfatto le esigenze conservative ed educative di luoghi anche i pi remoti e meno culti74.
Al riguardo, comunque, potrebbe anche essere interessante, ma
non ovviamente questa la sede per farlo, valutare se in qualche
modo lArditi si sia ispirato al rapporto con il quale il ministro
francese degli Interni, Jean Antoine Chaptal, ipotizz la nascita di
una rete di musei posti sotto la responsabilit della citt ma
tutelati anche dallo stato distribuiti sullintero territorio francese
al fine di ridistribuire lingente patrimonio di opere darte conservate a Parigi75.
Il piano di Arditi, privato per delle valide intuizioni su questa
sorta di rete museale, venne rapidamente utilizzato da Giuseppe
Bonaparte. Con il decreto del 16 febbraio 1808 vengono infatti
ratificati nuovi provvedimenti. Gli scavi, sospesi lanno precedente, possono nuovamente essere effettuati da privati previa regolare
licenza purch non si tocchino n mettino in pericolo i monumenti ragguardevoli, come sono i Tempi, le Basiliche, gli Anfiteatri, i Ginnasi, le mura di Citt distrutte, gli acquidotti, e i mausolei
di nobile architettura76.
Con lo stesso decreto vengono inoltre chiariti i meccanismi di
rilascio del permesso:
la licenza sar accordata comunicandola aglIntendenti delle
Provincie, ed al Direttore generale degli scavi, il quale incaricher persona di sua fiducia per invigilare sulla esecuzione delle dette condizioni, e far noto del risultato delle ricerche

A. MILANESE, Il piano Arditi... cit., p. 279.


Su questi argomenti E. BAIRATI, Alle origini del museo moderno: leredit
della Rivoluzione nella crescita dei musei europei dellOttocento, in Ideologie e
patrimonio storico-culturale nellet rivoluzionaria e napoleonica, Atti del convegno di Tolentino (18-21 settembre 1997), Roma, 2000.
76
Decreto di Giuseppe Napoleone del 16 febbraio 1808 in M. BENCIVENNI, R.
DALLA NEGRA, P. GRIFONI, Monumenti e istituzioni, I, cit. p. 83.
74

75

Dal re proprio allUnit:

31

e le modalit di divulgazione delle informazioni:


saranno inviati in ogni fine di mese al Ministro dellInterno,
e partecipati allAccademia di Storia, ed Antichit, la quale
determiner gli oggetti, che rimarranno alla libera disposizione deproprietari, e quelli che per la loro eccellenza si
dovran riguardare come conducenti alla istruzione, e decoro
nazionale.

In questo secondo caso si legge nellarticolo successivo che


ne rafforza ulteriormente il ruolo lAccademia ne far rapporto
per determinarci a farne lacquisto per i Reali Musei, o a prendere
le opportune precauzioni, perch non si disperdano, n siano ()
estratte fuori dal regno77.
Una regolamentazione, dunque, ben strutturata e coerente ma,
cos come per la legislazione precedente, risulta difficile stabilire
quanto venne effettivamente attuato, non tanto a Napoli o nelle
immediate vicinanza, ove ipotizzabile un maggiore controllo data
la diretta presenza degli organismi deputati, bens in tutte le altre
province meridionali, dove il controllo inevitabilmente era destinato a stemperarsi. Facendo riferimento ai numerosissimi documenti attestanti lattivit di scavo nelle provincie della terraferma
dellantico regno di Napoli dal 1743 al 187678 che Michele Ruggiero volle pubblicare nel 1888 e sottolineando la non completezza di questa verifica, pare possibile ipotizzare che, sebbene appaia
confermata, per alcuni luoghi del regno (vedi la Calabria ed il
Molise), la difficolt, presente del resto anche nellamministrazione in generale, della nomina del personale del servizio di tutela,
per le province non solo napoletane ma in generale campane e
pugliesi (e in questo caso la vicinanza al centro non pu essere
una giustificazione), c stato comunque un tentativo di funzionaDecreto di Giuseppe Bonaparte... cit.
M. RUGGIERO, Degli scavi di antichit nelle provincie di terraferma dellantico regno di Napoli dal 1743 al 1876, Napoli, 1888.
77
78

32

NADIA BARRELLA

mento del servizio79 e si pu, in ogni caso, almeno documentare


lesistenza del personale preposto alla vigilanza degli scavi ed esecutore delle disposizioni del decreto del 180880.

Da Ruggiero sono pubblicati documenti relativi a:


Distretto di Napoli: Napoli pp. 15-19;
Distretto di Castellamare: Capri pp. 70-71; Sorrento 95-97.
Distretto di Pozzuoli: Pozzuoli pp. 119-123, 146; Bacoli p. 163; Baia p. 163;
Cuma pp. 201-203; Torre di cappella p. 233; luoghi vari p. 241.
Distretto di Caserta: Caserta p. 254; S. Agata de Goti pp. 262-263; S. Maria
Capua Vetere p. 296; Teano pp. 371-372.
Distretto di Gaeta: Minturno p. 390; Sessa Aurunca p. 410.
Distretto di Sora: Sora p. 412.
Distretto di Salerno: Castiglione p. 440.
Distretto di Campagna: Pesto pp. 459-464.
Distretto di Vallo: Vallo p. 477.
Distretto di Avellino: S. Giorgio la Montagna p. 478.
Distretto di Ariano: Mirabella pp. 480-482.
Distretto di S. Angelo dei Lombardi: Conza p. 484.
Distretto di Potenza: Anzi p. 495, Armento pp. 486-488.
Distretto di Foggia: Cerignola p. 506.
Distretto di Bari: Bari p. 508; Carbonara p. 508; Conversano p. 512; Polignano
pp. 514-515; Rutigliano p. 515; Torre dagnazzo p. 515; Canosa pp. 523-528;
Ruvo pp. 516-562.
Distretto di Gerace: Gerace p. 605.
80
Valga come esempio la seguente lettera da Foggia: Foggia 28 aprile 1807
(in margine. Nella citt di Cerignola vi ha un monte chiamato il monte Kinatti).
Lintendente della provincia Sig. Nolli di Capitanata al Sig. Miot ministro dellinterno rimette col procaccio in cassa ben condizionata il seguente. Nolli. Lagrimali
n. 14; di questi, due pi grandi. Saliere n. 11. Lucerne n. 3. Vasi n. 8., dei quali
figurati i pi grandi e gli altri colorati. Scodelle n. 7. Sottocoppe n. 2 ed un
barilotto. Coverchio figurato 1. Boccali n. 4. Giarle n. 5. Pignatte n. 3. Scodella
grande 1. Pignattine n. 2. Saliere di pi due piccole. Idoletto di creta 1. Cassettino
con n. 650 monete di rame. Monete urbiche di argento n. 22. Monete di oro n. 3.
Un idoletto rappresentante labbondanza. Monete di rame distinte n. 29. Pi tre
anelli di oro dei tempi bassi, due dei quali hanno impressione di pietre dure ed il
terzo in pastiglia. Una collana di oro lavorata similmente, dei tempi bassi, oltre
un pezzettino inutile di vile metallo. E tutto ci rimesso nel R. Museo. In M.
RUGGIERO, Degli scavi, cit. p. 505.
79

Dal re proprio allUnit:

33

La soppressione degli enti religiosi e le proposte per il patrimonio


storico-artistico
Il fervore riformistico del decennio francese non si esaurisce,
ovviamente, alla regolamentazione dei soli scavi81. Lestensione a
Napoli dei decreti di soppressione dei monasteri (3 luglio 1806) e
il conseguente passaggio alla nazione dei beni della chiesa, resero
infatti necessari una serie di provvedimenti atti a tutelare dapprima
i soli dipinti provenienti dagli edifici sacri soppressi82, poi con
successive disposizioni83 biblioteche, istrumenti fisici statue, bas il caso di accennare, ad esempio, al Consiglio degli Edifici Civili cui
vennero attributite tutte le questioni concernenti i lavori pubblici, la costruzione
di mercati, di cimiteri, piazze e strade, e tutto ci che riguarda labbellimento
della citt, alla costruzione, rifazione, o riattazione di publici edifizj, ponti, o altri
pubblici monumenti, ed a tutti gli altri oggetii rimasti nella dipendenza dellIntendente della Provincia.
82
Decreto per la conservazione de quadri esistenti nelle chiese e conventi
soppressi. Napoli 15 settembre 1806. Giuseppe Napoleone Re di Napoli e di
Sicilia. Visto il rapporto del nostro Ministro di casa reale; Abbiamo decretato e
decretiamo quanto segue:
art. 1 Tutti i quadri delle chiese e conventi soppressi saranno inventariati, e
tenuti in deposito dal direttore dellamministrazione de beni dello Stato.
2. Ne sar subito passato avviso al Ministro di Casa reale, il quale far la
scelta de migliori quadri, e li far passare nella galleria del real museo, facendo
far ricevuta di essi dallintendente medesimo.
3. I quadri, che rimarranno, saranno conservati fino a nuova disposizione.
4. I nostri ministri di casa reale, e di finanze sono incaricati della esecuzione
del presente decreto, ciascuno per la parte che gli spetta. Bollettino delle leggi del
regno di Napoli, anno 1806, n. 173.
83
Decreto del 26 agosto 1806 sul riutilizzo delle biblioteche, istrumenti fisici
e suppellettili di qualunque sorte () per addirsi alle case di educazione, ed agli
stabilimenti scientifici, decreto del 26 febbraio 1807 con il quale si concedono
alle parrocchie gli arredi sacri appartenenti ai monasteri soppressi; decreto del
30 aprile 1807 con il quale si vieta lo spostamento delle opere dai monasteri e se
ne ordina linventario; decreto del 13 giugno 1811 con il quale si estende il
controllo e la tutela statale anche alle opere presenti in chiese e monasteri non
soppressi, indipendentemente dalla loro condizione giuridica. Per ulteriori approfondimenti cfr. P. DALCONZO, Lanello cit. pp. 70 e ss.
81

34

NADIA BARRELLA

sorilievi ed altri oggetti darte. Tra le diverse disposizioni contenute


dai decreti, assume rilevanza la procedura relativa allinventariazione
dei beni da effettuarsi, ai sensi della deliberazione del 26 agosto
1806, appena eseguita la soppressione. Lobbligo di conservare
con diligenza tali effetti da tenere a disposizione del ministero dellinterno e soprattutto il divieto assoluto di distrarre alcuno oggetto senza il sovrano permesso sono altre disposizioni di notevole interesse anche perch la loro attuazione comport la stesura di
veri e propri processi verbali che offrono un quadro esauriente della consistenza dei beni ecclesiastici posseduti dal singolo monastero (era prevista la compilazione di elenchi di quadri, arredi sacri,
argenti e libri). Nel 1810, Nicola Macedonio, amministratore dei
beni della Corona, fu inoltre autorizzato a procedere ad un rigoroso inventario di tutti gli oggetti darte esistenti nelle chiese e nei
monasteri, anche non soppressi, della provincia di Napoli ed attualmente in corso una ricerca da parte di chi scrive che, confrontando, quantizzando e analizzando i campi compilati nei vari
momenti ottocenteschi dinventariazione del patrimonio artistico
possa contribuire, per quel che concerne la situazione napoletana,
allo studio dellevoluzione del concetto di catalogo dei beni.
La soppressione degli enti ecclesiastici, cos come in altre province italiane, includer anche per Napoli lipotesi della creazione
di una raccolta di origine politica, strumento ultimo della salvaguardia del patrimonio religioso ma anche istituzione precipuamente
finalizzata ad una conoscenza modellata sui luoghi e sulle cose84.
84
Non credo sia necessario, in questo caso, ricorrere necessariamente alla Storia pittorica di Lanzi e prevedere forzati punti di riferimento con labate come fa P.
DAlconzo, op. cit., p. 73. proprio di questi anni, infatti, come ricorda A. Emiliani
(Il Museo laboratorio della storia, in Musei, Milano, TCI, 1980) lidea di un museo
come punto superiore di un diagramma che aveva gi visto dipanarsi una coscienza storica modellata sui luoghi e sulle opere (). Molto pi probabile, pertanto, supporre una via tutta francese che, con Quatremre de Quincy, aveva
denunciato la perdita dinformazione dovuta alla deportazione delle opere darte
e con lindefesso propugnatore della modernizzazione amministrativa della Francia, il gi citato ministro degli interni Jean Antoine Chaptal (1756-1832), aveva

Dal re proprio allUnit:

35

Considerando che nulla pi valevole ad eccitare il genio della


giovent che lesempio degli antichi maestri Gioacchino Murat,
con decreto 18 dicembre 1809, dispone di dar vita ad una Galleria
di pittori napoletani nel Palazzo degli Studi e sancisce il collegamento fra le collezioni pubbliche e le raccolte darte dei monasteri
con lobbligo di raccogliere i quadri delle Chiese e Monasteri soppressi precisando, inoltre, che laddove manchino in questi, sar
presa qualche opera ragguardevole anche allinterno dei luoghi non
soppressi. Nella capitale, cos come altrove, la retata effettuata nei
luoghi pii sopppressi fu massiccia. Chiese e conventi furono spogliati dei migliori dipinti che andarono a popolare non solo la nascente Galleria, ma anche i Reali Appartamenti e altre raccolte del
Real Museo che privato di molta parte dei materiali portati da
Ferdinando a Palermo nel 180685 fu ulteriormente arricchito anche dalla raccolta Borgia e dal cosiddetto Museo Palatino86. La
ipotizzato, per ciascuna citt, una galleria decorosa in modo che ogni collezione presenti una serie interessante di dipinti di tutti i mestri, di tutti i generi e di
ogni scuola.
85
Sul trasferimento degli oggetti da Napoli a Palermo cfr. A. FILANGIERI DI CANDIDA, Monumenti ed oggetti trasportati da Napoli a Palermo nel 1806, in Napoli
Nobilissima, X, 1901, p. 13 e ss. Per i dipinti di Capodimonte cfr. G. BERTINI, La
Galleria del Duca di Parma. Storia di una collezione, Bologna, 1987, p. 45 e sgg.
86
Al di l degli incrementi legati alle soppressioni e ai trasferimenti da Portici
(inizio 1805) e da Capodimonte (a partire dal 1806), continuati anche durante il
decennio, negli anni del dominio francese vanno ad arricchire il Palazzo degli Studi
la collezione di Carolina Murat e quella Borgia. Nota con il nome di Museo Palatino,
la collezione della regina comprendeva materiali provenienti da Pompei e da altri
scavi oltre che da doni e acquisti vari. La collezione Borgia, invece, costituita dal
cardinale Stefano Borgia era composta da un discreto numero di pezzi di scultura
greca e, soprattutto, da un significativo nucleo di antichit egiziane. Immessa nel
museo tra il 1816 e il 1817 era stata acquistata da Murat nel 1814. Per la storia degli
incrementi cfr. A. DE FRANCISCIS, Il Museo Nazionale di Napoli, Cava dei Tirreni Napoli, 1963, e AA.VV., Da palazzo degli studi cit., e per lo specifico del museo
nel decennio francese A. MILANESE, il Museo Reale di Napoli cit. Per la collezione
Borgia cfr. A. GERMANO, M. NOCCA (a cura di), La collezione Borgia: curiosit e tesori
da ogni parte del mondo, Napoli, 2001 e M. NOCCA (a cura di), Le quattro voci del
mondo: arte, cultura e saperi nella collezione di Stefano Borgia, Napoli 2001.

36

NADIA BARRELLA

Galleria dei pittori napoletani, in ogni modo, non ebbe lesito


auspicato e questo sia per le oggettive difficolt di ubicazione nel
Palazzo degli Studi che per i criteri di selezione dei dipinti87. Resta
indubbio, comunque, il delinearsi in questi anni di un intervento
organico e coerente che caricando anche il museo di quelle nuove
ragioni che i napoleonidi avevano ereditato dalla Francia rivoluzionaria88 evidenzia linsorgere di una nuova sensibilit e rafforza
lidea che le opere darte siano sempre pi strumenti dellimpegno
educativo dello Stato89. Il tentativo dintrodurre una certa professionalit che potesse consentire la costruzione e il funzionamento di
un moderno apparato amministrativo anche nel settore dei beni
culturali unulteriore conferma in tal senso. Nel dirigere il museo,
ad esempio, lArditi non solo formalizz uninteressante pianta
dellorganico adeguata alle contingenti necessit di un istituto in
corso di allestimento90 ma introdusse una pi severa gestione del
personale che sostitu alla precedente anarchia, lobbligo e il conPer la storia della Galleria, cfr. F. STRAZZULLO, Un progetto di Murat per una
galleria dei pittori napoletani, in Napoli Nobilissima, II, 1962, pp. 29-39 e P.
DALCONZO, op. cit., pp. 72-74.
88
Il ruolo educativo del museo e la sua utilit di istituzione pubblica vengono
costantemente invocati nellet Napoleonica che, in tal modo, giustifica moralmente il saccheggio delle opere darte e il loro trasporto dal privato al pubblico.
Resta inteso, comunque, che accanto alle nuove ragioni restano forti le antiche
motivazioni che ai capolavori dellantichit legavano da sempre il prestigio e la
legittimazione al potere. Cfr. E. Bairati, op. cit.
89
Merita di essere ricordato, al riguardo, il progetto di dar vita, allinterno di
S. Domenico maggiore, ad una raccolta di macchine utili affiancata da una collezione di tutte le mostre degli oggetti dindustria nazionale ed estera (Decreto
de 26 luglio 1812 col quale si stabilisce che il monistero di S. Domenico maggiore
sia addetto alla Scuola di Arti e Mestieri, al deposito delle macchine e alla conservazione de monumenti della storia del regno). Per approfondimenti cfr. F.
STRAZZULLO, Un progetto di Murat per una galleria di pittori napoletani, in Napoli
Nobilissima serie III, vol. II, 1962 pp. 29-39; P. DALCONZO, Lanello cit., pp.
71-75, U. BILE, Musei e Scuole Tecnico Industriali e formazione professionale a
Napoli tra il 1806 ed il 1848, in Musei, tutela e legislazione, cit. pp. 143-172.
90
Cfr. linteressante appendice al saggio di A. MILANESE, Il Museo Reale di
Napoli, cit. pp. 398 e ss.
87

Dal re proprio allUnit:

37

trollo delle presenze giornaliere, il rispetto di un preciso orario di


lavoro, il divieto di far uscire oggetti dal Museo e labolizione dellapprezzo. Si trattava in generale, della nascita di una vera e propria amministrazione del Museo con un organico definito e una
prevedibilit di bilancio e del superamento del pi incerto statuto
del dipendente al servizio di Corte, insicuro dei suoi diritti e sempre
in attesa della generosit e del paternalismo del re91, che sar la
sicura base dei successivi sforzi di professionalizzazione del lavoro
e di delineamento dei contorni di una specializzazione disciplinare
di quanti opereranno allinterno della Soprintendenza e del museo.
In questi stessi anni, daltra parte, il Museo entra in una fase
decisiva anche per quel che riguarda lassetto espositivo di alcune
sue parti, prima fra tutte e comprensibilmente la raccolta di
statue riorganizzata tra il 1808 ed il 1812. Nelle gallerie e nei
portici le sculture vennero collocate in fitta sequenza lungo le pareti, allogate in nicchie per conferire loro maggior risalto, disposte
isolatamente o in gruppi lungo lasse centrale delle sale. Criteri
tematicoiconografici si univano a scelte dettate anche da esigenze decorative, da un certo gusto scenografico o pi semplicemente, dalla ricerca di ordine simmetrico e di un calibrato equilibrio
tra le varie grandezze. Dal Portico de Miscellanei cos chiamato per la presenza di quelle sculture che non erano rientrate coerentemente nella classificazione dei restanti portici e sale si passava a quello denominato delle Divinit. Qui lArditi seguendo lindicazione datagli da Antonio Canova in occasione di una
sua visita al museo nel 180792 espose le statue equestri dei Balbi
collocandole nei punti dincrocio con gli altri due portici: posizione di spicco e in grado di assicurare grande visibilit ai due monumenti. Lattenzione alleffetto scenografico, richiesto dallunicit
della statua, ribadita anche dalla scelta per lErcole Farnese che,
esposto in un vano di comunicazione con le altre stanze del museo, appariva come sotto una tribuna ed era visibile anche ne
91
92

A. MILANESE, Il Museo Reale di Napoli, cit., p. 357.


La notizia riportata da A. MILANESE, Il Museo, cit.

38

NADIA BARRELLA

punti pi lontani a traverso dellintera lunghezza del cortile93. Il


Portico degli Imperatori, la Galleria della Flora e quella dei marmi colorati erano ulteriori tasselli di un percorso che, come nel
caso dellultima sala citata, cedeva il passo alla rarit e alla preziosit del materiale. Completavano lallestimento la sala delle Muse,
quella delle Veneri, i bronzi, le sale dedicate alle sedute delle tre
accademie e, per finire, i modelli in sughero dei monumenti antichi, i vetri e lappartamento dei vasi etruschi. Coniugando elementi culturali dellerudizione antiquaria, lostensivit della grandeur
royale, il bisogno di promozione educativa e professionale e la
domanda di visibilit e di studio dei reperti archeologici, Arditi
seppe garantire, per la prima volta al museo, una concreta possibilit di fruzione costituendo anche lanello di continuit tra il decennio e la restaurazione. Ferdinando, infatti, gli conferm la direzione del museo garantendogli di poter proseguire quellopera di
governo di unistituzione che andava sempre pi accrescendosi e
cui occorreva fornire uniformit di criteri di tutela, organizzativi
ed espositivi.

Ferdinando I e il Real Museo Borbonico


Il ritorno di Ferdinando, I del Regno delle due Sicilie, mostra,
sia pur con le modifiche che vedremo, una sostanziale continuit
con il precedente regime sia per quel che concerne la legislazione
di tutela che per la pubblica fruizione delle raccolte. Gran parte
dellapparato ministeriale creato nel decennio francese viene confermato e nel Piano di organizzazione del 1817 continuano ad
essere attribuite al Ministero degli Affari Interni le competenze
relative allistruzione e ai musei, antichit e belle arti. Le preziose
testimonianze di civilt esposte nel museo vengono per dichiara-

93

A. MILANESE, Il museo... cit., p. 357.

Dal re proprio allUnit:

39

te di nostra libera propriet allodiale94, svincolate da ogni vincolo feudale, di piena disponibilit del re e quindi alienabili. Lidea
di bene protetto e tutelato dallo Stato portata avanti dai francesi
veniva dunque negata da tale dichiarazione di principio. Rivendicando il titolo squisitamente privato del possesso da parte della
sua persona fisica, il re ne affermava, di fatto, la separazione netta
dai beni della corona e, pertanto, anche dalla propriet dello Stato. questa una peculiarit giuridica del decreto ferdinandeo pi
volte sottolineata e in un recente scritto, a tal proposito, si ricorda
non solo la restituzione dellamministrazione dei suddetti beni agli
organismi propri di Casa Reale ma anche la significativa
differenziazione operata fra contenuti e contenitori: i primi (collezioni darte e di antichit) considerati appunto allodiali, i secondi (siti reali, regge e palazzi) beni della corona95.
La restaurata monarchia borbonica, sia pur con questi limiti,
rafforza comunque il fine educativo e pubblico del Museo dei vecchi studi, lo inaugura nel 1816 e lo denomina ufficialmente Real
Museo Borbonico96. Uniformandosi a quei principi che si erano
ormai irreversibilmente affermati, il museo continua ad accrescersi e, sia pur faticosamente, ad organizzarsi. Arricchito di nuove e
importanti collezioni pu ormai contare su di un edificio comple-

94
La libera propriet allodiale,ossia una propriet svincolata da ogni gravame e limite di tipo feudale, corrisponde sostanzialmente alla nostra propriet
privata. Il patrimonio artistico del regno, dunque, viene dichiarato propriet privata del re in quanto individuo e pertanto nettamente distinto dai beni della
corona che facevano capo a una dinastia. Sulla condizione giuridica di allodio
vedi anche M. AZZINNARI, Il Real Museo Borbonico Reggia delle Arti, in Archivio
di Stato di Napoli, op. cit., pp. 63-72.
95
Cfr. R. SPADACCINI, LArchivio del Ministero della Pubblica Istruzione cit.,
p. 13.
96
Real Decreto del 22 febbraio 1816. Il nome con il quale verr ufficialmente
battezzato il museo sar mantenuto fino allunit dItalia quando listituto verr
denominato Nazionale. Per il testo del decreto cfr. Collezione delle leggi, de
decreti e altri atti riguardanti la Pubblica Istruzione promulgati nel gi Reame di
Napoli dal 1806 in poi, vol. I, Napoli, 1861, p. 422.

40

NADIA BARRELLA

tamente restaurato e su di un regolamento, varato nel 182897, nel


quale viene fissato un preciso ordinamento in tredici collezioni98.
Completato il trasferimento del materiale archeologico dal museo
di Portici nel 1822, arricchitosi sempre pi con i reperti che affluivano dagli scavi dellarea vesuviana molti dei quali difficilmente
classificabili in base a valori codificati il Real Museo Borbonico
continua a sfuggire ad ogni criterio e si presenta, nonostante tutto,
come un sovraffollato deposito bisognoso di un organico assetto
per nulla rispondente alle condizioni attuali de progrediti studi e
dellarcheologia99. La messa a punto di un primo, serio progetto di
riordino risalente alla direzione di Francesco Maria Avellino (18391850) coincide, purtroppo, con la breve esperienza del governo
costituzionale del 1848100 e fallisce in una con il rilevante programRegolamento pel Museo Reale Borbonico, Napoli, 1828.
Alcune raccolte, in realt, verranno riordinate solo pi tardi. Sulle vicende
del riordino del medagliere cfr. A. MILANESE, Il Giovane Fiorelli,il riordino del
Medagliere e il problema della propriet allodiale del Real Museo Borbonico, in
Musei, Tutela e legislazione cit. pp. 175-206 e Id., Lattivit giovanile di Giuseppe Fiorelli e lesperienza nella Commissione per le Riforme del Museo Borbonico: nascita di un protagonista della storia della tutela in Italia, in A Giuseppe
Fiorelli nel primo centenario della morte. Atti del convegno. Napoli 19-20 marzo
1997, a cura di S. De Caro e P.G. Guzzo, Napoli, 1999, pp. 69-100.
99
Cfr. al riguardo E. POZZI PAOLINI, Il Museo in due secoli di vita, cit., p. 12.
100
Rapporto presentato a S.M. il Re nel consiglio ordinario del 2 maggio 1848 e
decreto dell8 maggio 1848, per un riordinamento e riforma del Museo real Borbonico e degli scavamenti di antichit del Regno. Lallora Ministro della Istruzione Paolo
Emilio Imbriani aveva proposto a Ferdinando II la nomina di una Commessione
straordinaria di dotti e di artisti egregi per proceder in primo luogo ad osservare lo
stato in che trovasi il Museo e deliberare, poi, sul sollecito riordinamento delle diverse raccolte secondo le ragioni della scienza e dellarte. Lobiettivo iniziale era
additare i migliori modi per la buona conservazione de preziosi oggetti che fanno la
dovizia del luogo ma compito della commissione era anche quello di proporre tutti
i miglioramenti da farsi nello edifizio del Museo in quanto a renderne le sale pi atte
ed acconce alle varie raccolte e gli immegliamenti di ogni sorta a fin di ottenere appo
noi verace incremento alle scienze ed alle arti. Provvedere alla realizzazione di cataloghi e descrizioni delle collezioni e visitare gli scavi per proporre nuovi criteri non
solo di custodia e conservazione dei reperti ma anche di scavo, diventava il fine ultimo
da perseguire unitamente alla proposta di una nuova legge per il museo, scavi e belle
97
98

Dal re proprio allUnit:

41

ma di riforma delle principali istituzioni di cultura della citt. Per


una sua prima e completa riorganizzazione occorrer di fatto attendere lunit dItalia e il decisivo intervento di Giuseppe Fiorelli101.
Il proseguimento delle iniziative avviate nel decennio francese
evidente, come si detto, anche sul piano legislativo: con il Real
decreto del 13 maggio 1822 si tende, sostanzialmente, a razionalizzare le disposizioni precedentemente emanate e, per la prima volta, si estende anche alla Sicilia un provvedimento relativo al patrimonio culturale102.

La tutela delle belle arti in Sicilia103


Rispetto allevoluzione delle leggi finora analizzate, la parte
insulare del Regno aveva avuto un percorso autonomo legato ad
arti e ad una ridefinizione dei ruoli, dei titoli e delle funzioni del personale del servizio
di tutela. La riforma di Imbriani era, in realt, parte di un pi vasto programma politico-culturale che mirava non solo ad un aggiornamento dei contenuti ma anche ad
uno svecchiamento della reazionaria oligarchia che governava i maggiori organismi
di cultura ed alla sua sostituzione con i pi giovani gruppi intellettuali liberali. La riforma, come noto, venne sospesa dalla reazione borbonica del 1849 che comport anche lesilio di Fiorelli (indicato come il vero animatore della commissione) e di
Raffaele dAmbra (altro suo componente) di cui si parler anche in seguito. Oltre al
saggio di A. MILANESE, Lattivit giovanile... cit., si veda, nello stesso volume, A.
FRASCHETTI, Note su Francesco Maria Avellino e Giuseppe Fiorelli, pp. 43-50.
101
Cfr. E. POZZI PAOLINI, Il Museo in due secoli di vita, in AA.VV., Da Palazzo
degli studi cit. p. 13 e ss. Sullattivit di Fiorelli cfr., anche per la bibliografia
precedente, L. A. SCATOZZA HORICHT, Giuseppe Fiorelli, in AA.VV., La cultura
classica a Napoli nellOttocento, I, Napoli 1987; gli scritti di A. MILANESE citati; N.
BARRELLA, La tutela dei monumenti cit. e il recente A Giuseppe Fiorelli nel centenario della sua morte, cit.
102
R. DALLA NEGRA, Leredit pre-unitaria: gli organismi di Vigilanza dalla
Restaurazione ai Governi Provvisori (1815-1859), in M. BENCIVENNI, R. DALLA
NEGRA, P. GRIFONI, Monumenti e Istituzioni, I, cit., pp. 47-48.
103
Questa breve parentesi sulla tutela in Sicilia inserita allinterno di questo
testo solo per segnalare la complessit e la variet degli interventi borbonici. Le
notizie riportate rielaborano, pertanto, la bibliografia esistente sullargomento.

42

NADIA BARRELLA

una ben pi antica e consolidata tradizione di tutela del patrimonio storico e artistico risalente addirittura al secolo XVI. in questo periodo, infatti, che si registrano i primi due provvedimenti per
la conservazione degli edifici sacri: la prammatica di Ferdinando il
Cattolico del 1514 (con la quale si stabilisce di destinare la quinta
parte delle rendite annue delle diocesi per la manutenzione delle
chiese monumentali) e lordine del Vicer de Vega del 1552 (con il
quale sistituisce la figura del Visitatore, una sorta di ispettore che
opera per delega del re e vigila sulleffettivo stato delle chiese che
fu mantenuta fino al XVIII secolo). Durante il regno di Carlo,
difatto, ci si limit a razionalizzare e dare una definitiva codificazione alle antiche disposizioni che Monsignor De Ciocchis, nominato Visitatore il 4 maggio 1741, aveva raccolto e fatto approvare dal
Senato nel 1743. La Sicilia mantenne una sua strategia dintervento anche per glinteressantissimi provvedimenti nel settore archeologico che, necessitando ben altri spazi ed approfondimenti, verranno in questa sede solo accennati. Con un decreto del 1778,
infatti, lintero territorio venne diviso in circoscrizioni archeologiche
(Sicilia orientale e Sicilia occidentale) e le attivit di ricerca, custodia e conservazione furono affidate rispettivamente ad Ignazio
Patern principe di Biscari104 ed a Gabriele Lancellotto Castelli,
104
Per approfondimenti si vedano, nel volume a cura di E. IACHELLO, I Borbone
di Sicilia (1734-1860), Catania, 1998, i saggi di L. DAGATA-G. SALMIERI, Dai
Principi agli Scienziati: vicende dellarcheologia siciliana sotto i Borbone (17341860) e di A. M. IOZZA, La tutela archeologica in Sicilia, utile anche il contributo di A. MOMIGLIANO, La riscoperta della Sicilia antica da T. Fazello a P. Orsi, in E.
GABBA-G. VALLET, la Sicilia Antica, Napoli, 1992 e il testo di M. CAMPISI, Cultura
del restauro e cultura del revival. Il dibattito sulle antichit in Sicilia nel contesto
della cultura neoclassica europea, 1764-1851, Palermo, 1981. Sullinteressantissima figura di Ignazio Biscari si veda, inoltre, G. AGNELLO, Il Museo Biscari di
Catania nella storia della cultura illuministica italiana del Settecento, in Archivio
Storico della Sicilia Orientale, X, 1957, pp. 142-157.
Altre riflessioni sulla tutela dei monumenti in Sicilia si ritrovano nel testo di
M. GUTTILLA, Camillo Boito e la cultura del restauro nella Sicilia dellOttocento,
Palermo, 1990 e nei Quaderni del Museo Archeologico Regionale Antonino Salinas
di seguito indicati.

Dal re proprio allUnit:

43

Principe di Torremuzza. Esempi significativi della trasformazione


delle ricerche di antichit da ozio nobiliare e mera curiosit erudita in concreta attivit, solo in parte patrocinata dalla Corona, i due
gentiluomini siciliani che fin dagli anni sessanta avevano lanciato a Palermo e a Catania un programma di scavi e restauri di
monumenti creando anche propri musei ebbero, con il suddetto
decreto, lincarico di redigere un piano delle antichit per le valli
loro assegnate. Affiancati dai Regi Segreti, i Proconservadori ed i
Collettori delle varie citt, i due Regi custodi (con questo titolo vennero indicati i due principi nel Dispaccio del 15 maggio 1779) poterono avvalersi anche dellaiuto delle strutture amministrative statali o incaricare persone di fiducia (Vice custodi) per gli interventi
di vigilanza su singoli monumenti o su precise aree monumentali.
Sul finire del XVIII secolo, quindi, la Sicilia presenta un complesso e strutturato sistema di tutela che si rafforza, in tempi molto rapidi, con lemanazione di una serie di regolamenti e con la
nascita di nuove figure preposte alla conservazione quale, ad esempio, il Soprintendente Generale delle Antichit della Sicilia. Al vertice dellorganizzazione di tutela, il Soprintendente Generale coordin le attivit dei Sopraintendenti delle Antichit di ciascuna
valle, e di tutti gli Incaricati in qualunque modo delle antichit
medesime, proponendo direttamente alla M.S. gli affari di questa dipendenza per le Sovrane Risoluzioni, chegli in seguito
cominicher alla Real Segreteria di Stato, e Casa Reale per la dovuta esecuzione. Ulteriori disposizioni per i beni archeologici vennero dettate nel 1793 (Biglietto del Governo dell11 maggio 1793
con il quale venivano stabilite pene contro i distruttori delle Regie
Antichit) e con un ordine del 28 dicembre 1801 nel quale si
dichiarano di sovrano dominio le antichit, e i monumenti de
remoti tempi, o scoverti, o da scovrirsi. Siamo, evidente, in un
contesto profondamente diverso da quello napoletano, dove la
tradizione di tutela gioca un ruolo determinante e dove la capacit
decisionale dei Regi custodi confermata anche da provvedimenti
quali il Dispaccio del 7 febbraio 1802 firmato dal Principe di
Biscari con il quale si proibisce di fare scavi, o piantar fondamen-

44

NADIA BARRELLA

ta senza un suo regolare permesso. La necessit di un controllo


sempre pi attento sul territorio spinse, nel 1814, a suddividere
ulteriormente le circoscrizioni archeologiche e nel 1827, ad estendere alla Sicilia il citato decreto ferdinandeo. Listituzione a Palermo di una Commissione di Antichit e Belle arti105 (composta diversamente da quella napoletana di cui parleremo in seguito, prevedendo quattro individui, due versati nellantiquaria e due professori di belle arti) non diede comunque i risultati sperati. Nel
1830, per poter esercitare unaccorta azione di vigilanza sui monumenti dellintera isola vennero istituiti dei Corrispondenti e nel
1839, oltre ai decreti del 1822, venne esteso alla Sicilia anche il
Real rescritto 22 settembre 1824 di cui diremo pi avanti. Negli
anni successivi, in aggiunta ai provvedimenti tesi a chiarire i compiti della Commissione, venne promulgato il Real Decreto del 21
agosto 1851 con il quale si stabil di far sostenere i costi dei restauri e della conservazione dei monumenti antichi o darte alle
Province, ai Comuni e ai privati a seconda che prospettassero su
strade provinciali, comunali o vicinali. Un decreto importante non
solo perch riaffermava la volont che i monumenti fossero ben
conservati () e non soffrissero il menomo degradamento ma
anche perch stabiliva il modo, come doversi provvedere alle spese occorrenti per la conservazione o restaurazione di tali monumenti, onde preservarli da qualsiasi deturpazione o rovina106.

I presupposti di un pi moderno servizio di tutela


Il decreto del 1822, per riprendere la nostra analisi incentrata
sostanzialmente su Napoli e sulla parte pensinsulare del Regno,
Cfr. al riguardo G. LO IACONO-C. MARCONI, Lattivit della Commissione di
Antichit e Belle Arti in Sicilia, in Quaderni del Museo Archeologico Regionale
Antonino Salinas supplementi ai nn. 3/97, 4/99, 6/2000, Palermo.
106
R. DALLA NEGRA, Leredit pre-unitaria: gli organismi di Vigilanza dalla
Restaurazione ai Governi Provvisori (1815-1859), in M. BENCIVENNI, R. DALLA
NEGRA, P. GRIFONI, Monumenti e Istituzioni, I, cit., p. 48.
105

Dal re proprio allUnit:

45

aggiunge non poche modifiche alla precedente legislazione aggiornandosi, anche in questo caso, al romano editto del cardinale Pacca. Promulgato nel 1820, leditto romano stato giustamente definito il massimo sforzo del governo papale di codificare in modo
preciso e organico lorganizzazione dei beni culturali, un lucido condensato del pensiero neoclassico107 in cui il rapporto con
lantico assume una caratterizzazione operativa che coinvolge tutte le manifestazioni artistiche, dalle produzioni pi alte alle realizzazioni pi umili e di livello applicativo. Aggiornandosi e ampliandosi lesigenza normativa sulla scia della legislazione pontificia,
anche a Napoli dunque si vieta di togliere dal loro sito attuale i
quadri, le statue, i bassi-rilievi, e tutti gli oggetti e monumenti storici o darte, che esistono tanto nelle chiese ed edifizi pubblici,
quanto nelle cappelle di padronato particolare; di demolire o in
qualsiasi modo degradare anche nei fondi privati le antiche costruzioni di publici edifizi, come sono i templi, le basiliche, i teatri,
gli anfiteatri, i ginnasi, del pari che le mura di citt distrutte, gli
acquidotti, i mausolei di nobile architettura ed altro; di asportare fuori dei nostri Reali Domini ogni oggetto di antichit, o di
arte, ancorch di propriet privata108.
Con larticolo 4, nuova rispetto al passato ma anche in questo caso evidentemente ispirata ai provvedimenti romani, viene
inoltre sancita la nascita di una Commissione di Antichit e Belle Arti. Composta dal Direttore del Real Museo, da due soci dellAccademia Ercolanese e da due altri soci dellAccademia di Belle
Arti, la Commissione assume, almeno in teoria, un ruolo notevole allinterno del servizio di tutela. Spetta ad essa, infatti, esaminare gli oggetti da esportare (art. 5) e, relativamente agli scavi

G. GUALANDI, Neoclassico e antico. Problemi e aspetti dellarcheologia nellet neoclassica, in Storia dellarte e politica della Tutela, Ricerche di Storia
dellarte, 8, 1978-1979, Firenze, pp. 11-12.
108
Decreto di Ferdinando I del 13 maggio 1822. In F. MARIOTTI, La legislazione, cit. pp. 270-271.
107

46

NADIA BARRELLA

riorganizzati con il decreto del 14 maggio dello stesso anno109,


indicare:
quelli oggetti che per la loro eccellenza si dovranno riguardare come conducenti alla istruzione ed al decoro della nazione
proponendo le misure necessarie, perch se ne prendano immediatamente i disegni, da servire allAccademia ercolanese
per lillustrazione delle antichit patrie, e perch non sieno in
contravvenzione del Nostro decreto de 13 corrente mese asportati fuori del Regno110.

Dagli scavi alle belle arti, la Commissione viene pensata come


uno strumento per operare in modo completo e vigile sul territorio ma rimase come scrisse Giuseppe Fiorelli lettera morta sin
dal suo nascere. Fiorelli aveva iniziato la sua carriera archeologica
nel 1844 come ispettore degli Scavi per il governo borbonico. Le
sue considerazioni, pertanto, meritano di essere attentamente valutate, avendo lenorme importanza della testimonianza di un protagonista di spicco. Non essendo provvista n (di) mezzi pecuniari, n (di) agenti suoi dipendenti nelle diverse provincie scrive il
noto archeologo mancarono alla Commissione i modi per esercitare i doveri imposti e la sua opera si limit a vigilare, esclusivamente per Napoli, che non venissero esportati dalla Citt monumenti di arte senza il suo consentimento, ed a proporre, e periziare
la compra di qualche monumento, creduto degno di doversi acquistare dal Museo111. Il dettato del decreto, inoltre, prevedendo
la necessit di una licenza data dal Re per intraprendere scavi,
Decreto di Ferdinando I del 14 maggio 1822 in F. MARIOTTI, La legislazione cit. pp. 271-272. Sulla commissione si veda anche la scheda di R. SPADACCINI,
Per listruzione e il decoro della Nazione. Lattivit della commissione di Antichit
e Belle Arti, in Archivio di Stato di Napoli, op. cit., pp. 25-32.
110
Decreto di Ferdinando I del 14 maggio 1822, cit. pp. 271.
111
Relazione del Soprintendente del Museo nazionale e Scavi dAntichit, Giuseppe Fiorelli, al Ministro della Istruzione Pubblica del 13 aprile 1864. A.C.S., I
Versamento, B. 490, f. 540.
109

Dal re proprio allUnit:

47

instaurava una complessa rete di controlli in base alla quale il


sindaco e un corrispondente dellAccademia Ercolanese (rispettivamente incaricati dallIntendente Provinciale e dal Direttore del
Museo) avevano il compito di sorvegliare lo scavo comunicando,
con una nota, eventuali ritrovamenti. Rimessa dal corripondente
dellAccademia al Direttore del Museo, dal Sindaco allIntendente, e dal medesimo al Nostro Segretario di Stato di Casa Reale
con tutte quelle osservazioni, che gli riuscir di fare sulla qualit
del luogo ove si intrapreso lo scavo, per conoscerne limportanza la nota veniva poi inviata alla Commissione di antichit e Belle Arti112 per lo svolgimento dei compiti sopraindicati.
Il trovare accademici Ercolanesi ne lontani luoghi degli Scavi
i quali in tutti i punti si son sempre praticati da privati, era per,
come ricorda Fiorelli cosa impossibile perocch questi, erano
venuti in quel tempo, e doveano dimorare tutti per ragion del loro
ufficio nella Citt di Napoli. Fu forza allora scegliere delle persone
di fiducia del Direttore, e queste vennero dal Marchese Arditi ()
chiamati ispettori degli Scavi. Sparsi nelle diverse provincie, tentarono questi sul bel principio, nellinteresse della Scienza e del governo, spendere lopera loro sui monumenti nelle province sistenti
(sic), e sugli scavi de privati. Ma furono vani sforzi. Non potendo
glispettori provvedersi di una forza da sostenere le loro disposizioni ogni tentativo torn inutile, e si stancarono infine, perocch
senza alcuna ricompensa, era loro gravoso correre spesso lunghe
miglia, e quasi sempre infruttuosamente113. La consapevolezza
che molti ricercatori di oggetti antichi intraprendono scavi senza
Sovrano permesso, e molti altri dopo averlo ottenuto, trascurano
losservanza delle condizioni prescritte costringe ad incrementare
la rete di controlli. Il 22 settembre 1824, al Sindaco ed allincaricato del Direttore del museo, si aggiungono gli agenti di polizia
Decreto di Ferdinando I del 14 maggio 1822 cit. (artt. 1-2-3-5).
Relazione del Soprintendente del Museo nazionale e Scavi dAntichit, Giuseppe Fiorelli, al Ministro della Istruzione Pubblica del 13 aprile 1864, A.C.S., I
Versamento, B. 490, f. 540.
112

113

48

NADIA BARRELLA

imponendosi loro sotto la pi stretta responsabilit dinvestigare


e vigilare tutte le operazioni dericercatori, ed aver cura particolare
che non si nascondano, n sinvolino gli oggetti trovati114.
Il controllo delle norme garantito attraverso lazione della polizia che, come stato pi volte detto, caratterizza tutte le leggi del
periodo preunitario sostanzialmente prive di una motivazione che
si rifacesse ad un concetto di patrimonio nazionale come ricchezza culturale della collettivit, appare, in questo rescritto, in
tutta la sua chiarezza. Il decreto del 16 settembre 1839115 che,
confermando quello del 1822, sottolinea la nuova responsabilit
delle autorit amministrative e ribadisce lapporto consultivo della Real Accademia di Belle Arti, piuttosto che risolvere limpasse
crea ulteriori difficolt per linsorgere di conflitti di competenze
tra potere politico, Direzione del Museo e Accademia di Belle Arti116.
Il dualismo surto con questo novello decreto per le autorit
politiche e il Direttore del museo, e lintrusione inoltre dellAccademia di Belle Arti si legge ancora nella relazione di Fiorelli
rese anche pi difficile, nella sua pratica attuazione, la desiderata
vigilanza; ed avvenne perci che questo novello Decreto, e la elaborata lettera Ministeriale, ebbero a rimanere, come le altre precedenti disposizioni, lettera morta. A conferma di tale situazione il
noto archeologo cita un episodio accaduto durante la Soprintendenza di Francesco Maria Avellino che val la pena di leggere come
ulteriore prova. Avellino, nel 1841, aveva richiesto al Ministro
senza peraltro ottenerlo che fosse convalidato il titolo dIspettore alle persone di fiducia del Soprantendente che venivano preposte
a vigilare gli scavi. Non pago di una risposta che lasciava al Soprintendente possibilit di ulteriori nomine senza chiarirne precisamente il ruolo, prendendo spunto da restauri riguardanti il tempio di S.a
M.a Maggiore a Nocera e dalla grave confusione nascente dallintervento congiunto delle Autorit Amministrative, del Direttore del
Museo, dellAccademia Ercolanese, di quella di Belle Arti, deglIspet114
115

Rescritto del 22 settembre 1824, in F. MARIOTTI, La legislazione cit. p. 272.


Decreto del 16 settembre 1839, in F. MARIOTTI, La legislazione cit. p. 274.

Dal re proprio allUnit:

49

tori della Soprintendenza, dei Sindaci Municipali, Avellino chiese


precise dilucidazioni al Ministro dellInterno, dal quale dipendevano in quel momento il Museo e gli Scavi. Il suddetto Ministro rispose con una rassegna di tutte le svariate disposizioni emesse
antecedentemente e stimandole in armonia fra loro, e trovandole
attuabili, mentre di fatto avevano dimostrato lopposto dichiarava:
1 Che la Direzione del Museo, in ordine alle citate anteriori disposizioni, per mezzo dei suoi corrispondenti doveva
essere tenuta a giorno di quanto vi era dimportante per le
anticaglie.
2 Che i proprietari dovessero, sotto la vigilanza delle Autorit Amministrative mantenere i monumenti a proprie spese,
non essendo per disdetto che la direzione del Museo informata da suoi corrispondenti del bisogno de restauri, fosse
facoltato a darne conoscenza al Ministro.
() Che la Soprantendenza e Direzione dovesse inoltre prendere diretta ingerenza sopra gli antichi monumenti, con parziali decreti e Sovrane disposizioni messe sotto la sua sorveglianza ed amministrazione117.

Ad onta di questaltra dichiarazione ministeriale tuttavia le


cose non mutarono in meglio. Rimasero incerte le autorit Amministrative, paralizzata la Commissione di Antichit e Belle Arti,
obbliate le Accademie, impotenti glIspettori delle Province e taciturno il Direttore del Museo118.
La nomina voluta dal Consiglio provinciale di Napoli, nel 1844,
di un Ispettore dei monumenti della provincia aggiunse nuovi
imbarazzi alle antiche confusioni. Avellino, infatti, faceva notare
al Ministro che lIntendente di Napoli ha tanto diritto dincaricare me della esecuzione del Real Rescritto riguardante il CommenSulla vicenda vedi anche M. Bencivenni, R. DALLA NEGRA, P. GRIFONI, Monumenti, cit. pp. 41-42.
117
Relazione del Soprintendente del Museo nazionale e Scavi dAntichit, cit.
118
Ibidem.
116

50

NADIA BARRELLA

datore dAloe [ispettore provinciale n.d.a.], quanto io ne avrei dritto


dincaricarne lui. Alla confusione, succedeva il pettegolezzo e,
quel che peggio labbandono sempre maggiore de Classici monumenti della nostra cultura119.
Che la situazione del settore archeologico nel Regno delle Due
Sicilie non fosse ottimale, inutile negarlo cos come estremamente credibile che laccavallarsi di ruoli120 provocasse saltuaria119
Lettera di Fiorelli del 3 luglio 1844. I molti ed importanti documenti che
rinvengosi nelle tombe della via campana in Pozzuoli spingono gli abitanti di
quelle vicinanza a scavarle di nascosto senza chiedere superiore permesso; si
perdono in tal modo e van disperse centinaia discrizioni, vetri delle pi singolari
forme, monete e lucerne, il cui numero finora giunto a pi migliaia. Avviene lo
stesso in altri luoghi del Distretto e specialmente verso Montagna spaccata nel
luogo detto Pianura di Quarto, dove fra molti oggetti, stato ultimamente
disotterrato un vaso di bronzo rinchiuso tra due di terracotta pruova non dubbia
del pregio in che gli antichi stessi lo tenevano Fiorelli. In M. RUGGIERO, Degli
scavi, cit., pp. 230-231.
120
Interessante, al fine di comprendere i meccanismi di funzionamento, i limiti del servizio di tutela borbonico e la possibilit di superare dannosi conflitti
di competenza, una relazione del 1850 firmata da Cal, Finati e Minervini ed
indirizzata al Direttore del R. Museo Borbonico. Napoli 13 maggio 1850. In
esecuzione dellincarico ricevuto ci recammo in Castellammare per farle rapporto sulle antichit scavate nel fondo di D. Salvatore Vellante e sulle altre ritrovate
nei fondi del Barone Gerace nella parte elevata del paese al luogo detto Varano.
Siamo stati accompagnati sempre cortesemente dal Guardia generale Sig. Giulio
Avellino, dallarchitetto D. Giuseppe Vitelli che lo stesso a cui si dee il primo
rapporto sulle antichit del Sig. Vellante e da uno dei due fratelli Gerace per
quelle rinvenute a Varano. Segue unampia relazione sui ruderi e la descrizione
di alcune statue ritrovate. Nellannunziare queste importanti scoverte non possiamo fare a meno, sig. Direttore, di manifestare il nostro cordoglio pel barbaro
modo come si veggono eseguiti questi scavi. Le lastre marmoree di covertura
strappate da muri a cui si erano attaccate; un grosso arco di fabbrica costruito
sulledificio antico ad evitare lo slamamento della terra ed a sostegno di una
vicina stalla. Queste operazioni hanno deturpata lantica costruzione, la quale
meriterebbe di mettersi tutta allaperto. Noi nel proporre di promuovere uno
scavo in quel sito le facciamo osservare che trattar si potrebbe lacquisto di quel
giardino per parte del Comune ed istituir si potrebbero regolari scavi sotto la
direzione di un Ispettore che attualmente manca a Stabia. Cos il distretto di
Castellammare con spesa non grave acquisterebbe maggior decoro e lustro. ()

Dal re proprio allUnit:

51

mente notevoli blocchi al lavoro degli addetti. Quello che, forse,


non del tutto esatto limitare il problema del servizio di tutela
borbonico ottocentesco ad una serie di proposte mai rese operative o ad un grande caos di competenze. probabile, infatti, che
unauspicabile revisione della reale attivit svolta dalla Sopraintendenza e dagli Ispettori tra gli anni 30 e gli anni 50 dellOttocento
permetta di individuare un diverso stato di cose, un accrescersi di
sensibilit verso la disciplina archeologica, un intervenire mirato
e, talvolta, efficace. Il lavoro tutto da svolgersi e potrebbe risultare utile adoperare, come possibile punto di partenza, il gi citato
testo di Michele Ruggiero. I documenti da lui riportati, infatti, sebLasciato il fondo del Sig. Vellante, ci siamo condotti a Varano ne beni del Barone
D. Flavio Gerace per osservare i ruderi antichi ivi rinvenuti dopo alcuni saggi di
escavazione. Questi antichi ruderi appariscono in varii punti della collina verso il
mare. () La ben diretta continuazione dello scavo potrebbe dare maggior luce
e farci conoscere se si tratti di antichit gi tutte precedentemente scavate da
nostri maggiori. () Comunque sia, noi abbiamo conosciuto dal signor Gerace
la sua lodevole idea di tentare uno scavo pi grande. Egli per impedito dal
proseguire qualunque operazione per un Rescritto di cui ora parleremo, Sig.
Direttore, affinch possa ella raddrizzare questo affare. Il Sig. Barone Gerace
avendo domandato il permesso di fare uno scavo nel suo fondo, gli fu a proposizione della sciolta Commissione per la riforma accordato a condizione che si
avvalesse di due persone di Pompei alle quali doveva egli stesso prestare una
ricompensa. Questa condizione ha fin ora paralizzato qualunque scavo ulteriore,
sicch non ne guadagner larcheologia dallo zelo represso di un proprietario
desideroso di scoprire antichi monumenti. Noi crediamo in questo stato di cose
assolutamente necessaria la nomina di un ispettore particolare per le antichit
stabiane. Queste gi famose per modo che ottennero un posto speciale anche tra
lavori dellAccademia ercolanese, ora vanno acquistando una maggiore importanza per gli scavi del sig. Vellante e per quelli del Sig. Gerace. Un ispettore locale
dunque assolutamente indispensabile, tanto pi se questi nuovi scavi saranno
come speriamo attivati. () Preceduta la nomina dellIspettore, la quale tutta
di sua particolare attribuzione senza dipendere da altri noi vediamo il mezzo di
raddrizzare altres quanto concerne lo scavo de Sig.i Gerace, giacch essendovi
una persona intelligente sopra luogo a far da Ispettore, cessa la necessit dellintervento deglimpiegati di Pompei e sar facile ottenere dal Ministero lannullamento di una condizione radicalmente contraria al buon esito dello scavo. In M.
RUGGIERO, Degli scavi, cit. pp. 57-60.

52

NADIA BARRELLA

bene evidenzino difficolt (non sempre tanto diverse da quelle dei


nostri funzionari di Soprintendenza), sottolineano anche lesistenza di controlli effettuati in punti diversi delle province della terraferma e una lettera di Fiorelli a De Sanctis del 27 aprile 1861
(precedente quindi alla relazione) ci fornisce altri spunti di riflessione. Di questa lettera, conservata presso lArchivio Centrale di
Stato, forse opportuno citare alcuni passi. Pretesto della comunicazione la risposta che Fiorelli d al ministro circa lopportunit
di far effettuare ad un certo Vassalli (conservatore del museo) un
viaggio in Egitto121: E poich siamo a parlare di antichit scrive
larcheologo permettetemi che io vi accenni un dubbio che mi
sorto leggendo lannunzio dei lavori a cui intende il governo cost
pel rinnovamento delle cose artistiche, cio che non si abbia a dar
mano a simili riforme per quanto riguarda i Musei e gli Scavi di
antichit in tutta Italia. In tal caso tanta la preponderanza di
queste province meridionali sul resto della penisola, e per la copia
immensa de monumenti, e per le tradizioni e le istituzioni governative che vi hanno relazione, e per gli amatori ed i cultori di
queste discipline, che sarebbe rischio gravissimo, e mi permetto di
dirvelo con espansiva schiettezza, non consultare gli elementi che
sono in Napoli [il corsivo mio n.d.a.]. Alla dipendenza di codesto
Ministero vi il consiglio della Soprintendenza del Museo e degli
121
Interessanti sono le motivazioni del diniego di Fiorelli che, ad un viaggio
che Vassalli desidera fare anche a motivo di salute, poich la vita sedentaria
(Vassalli era un assenteista) gli dee nuocer moltissimo, obietta non solo e non
tanto la mancanza di mezzi quanto linutilit di una dozzina o due di sarcofagi
i quali non rappresenteranno mai n la storia civile, n quella militare dellEgitto. Inoltre, fa notare che nel museo di Napoli la raccolta Egizia un dippi, e
tranne che qualche oggetto trovato in Pompei nel tempio di Iside, ed altri pochi
provenienti dai Borgia, il rimanente non sta allaltezza di varie altre collezioni,
che non solo in Italia ma in tutta Europa non hanno eguali. Lasciamo adunque a
ciascun museo dItalia le sue specialit, e noi contentiamoci di revocare alla luce
tanti splendidi avanzi dellarte italica, che la terra ogni giorno ci offre, e che
troveremo a dovizia, se ci fossero mezzi da intraprendere scavi in tanti luoghi
diversi. Lettera di Giuseppe Fiorelli a Francesco De Sanctis del 27 aprile 1861,
A.C.S., I Vers. Antichit e Belle Arti, B. 243, f. 2.

Dal re proprio allUnit:

53

Scavi di Napoli, che potrebbe fornire alluopo molti lumi [il corsivo
mio n.d.a.]122.
Che gli anni del De Sanctis abbiano portato, a Napoli, un notevole rinnovamento nel mondo della cultura e delle sue istituzioni
facendole compiere un deciso passo in avanti ormai un fatto
accertato ma un po troppo pensare che la tutela del patrimonio
archeologico sia stata modificata nel giro di pochi mesi. Ricordando che la Soprintendenza postunitaria nasce il 7 dicembre 1860123
ed dotata di un suo regolamento nellagosto 1861, difficile
pensare che lesperienza cui fa riferimento Fiorelli sia stata tutta
acquisita in un arco di tempo cos breve. ovvio che larcheologo
citi soprattutto il periodo luogotenenziale (daltra parte era stato
allontanato dal Museo nel 1850) ma altrettanto evidente che,
quando parla di tradizioni e istituzioni governative, il suo pensiero corra agli anni precedenti lUnit e, a quanto pare, in modo
niente affatto contrario. Molto pi probabile, dunque, pensare
ad una discreta attivit gi svolta durante il governo borbonico
che sembrerebbe confermata dal fatto che, mentre in altre istituzioni vennero effettuate vere e proprie epurazioni di personale,
nella Soprintendenza italiana furono riconfermati molti dei precedenti componenti. Senza nulla togliere alla figura geniale e
fascinosa di Fiorelli, che irrompe nella Napoli conformista e
paludata di Francesco Maria Avellino e di Bernardo Quaranta124,
certo che gi con questi ultimi si assiste ad una graduale dilatazione dello spettro dellattenzione archeologica e, con Avellino
soprattutto, si comincia ad avvertire lesigenza di un rigoroso impegno per la documentazione e la conservazione di quanto rinvenuto. Merita di essere riportato, al riguardo, il giudizio della
Scatozza che, sebbene giustamente ricordi che siamo ancora negli
ambiti dellerudizione tradizionale, sottolinea come la precisa e
Lettera di Fiorelli a De Sanctis, cit.
Su questi argomenti cfr. N. BARRELLA, Il servizio di tutela cit.
124
L.A. SCATOZZA HORICHT, Giuseppe Fiorelli, cit. p. 866. S. DE CARO- P. G.
GUZZO (a cura di), A Giuseppe Fiorelli... cit.
122

123

54

NADIA BARRELLA

ordinata documentazione delle scoperte, conservata in documenti


darchivio e soltanto parzialmente pubblicata dal Fiorelli e dal
Ruggiero, costituisce una riprova dellefficienza125 del Real Museo Borbonico negli anni di Avellino in cui affluiva tutto il materiale delle scoperte che avvenivano nella Magna Grecia, facendo
di Napoli il centro dellorganizzazione archeologica e museografica
del Regno delle Due Sicilie126.
125
L.A. SCATOZZA HORICHT, Francesco Maria Avellino, in AA.VV., La cultura
classica, cit., p. 835.
126
Un ulteriore elemento di conferma di come il problema della tutela in epoca borbonica sia molto pi interessante e complesso di quanto non sia apparso
finora, ci viene dal pregevole Indice delle riviste di V. TROMBETTA in AA.VV. La
cultura classica a Napoli nellOttocento, v. II, Napoli, 1991, pp. 329 ss. A proposito di F. M. Avellino, ad esempio, Trombetta riporta la Prefazione al suo Bullettino
Archeologico Napoletano in cui si definisce il programma di quello che, di fatto,
un organo della Soprintendenza generale degli scavi del Regno e che vuole
fornire: 1) le notizie pi recenti delle scavazioni s di Pompei, che di qualunque
altro sito del Regno, le prime verificate e studiate da noi sul luogo, le seconde,
quando lo stesso non potr da noi farsi, secondo le descrizioni pi esatte che ne
riceveremo; 2) le notizie de monumenti patrii, o inediti, o degni di esser
novellamente conosciuti e pubblicati () 4) qualunque miscellanea notizia, osservazione o dilucidazione, che possa in qualunque modo opportuna a conoscersi
per la illustrazione delle patrie memorie. Emerge, con sicura convinzione, scrive Trombetta il proposito di bandire dalle colonne del Bullettino ogni forma di
pedante eruditismo per ancorarsi, al contrario, allattenta valutazione dei dati
concreti, della pratica diretta, dei fatti. Che Avellino considerasse il Bullettino
legato allattivit della sua Direzione e Soprintendenza e che con lui, quindi, la
tutela fosse da intendersi anche come conoscenza e documentazione confermato dal suo Congedo da lettori del Bullettino pubblicato dallo stesso Trombetta:
Ho sempre considerato il bullettino archeologico napoletano come un dovere inseparabile dalla Direzione del real Museo Borbonico: poich tale e cos gran
centro dincivilimento, e di sapere, qual quel Museo, dee per sua propria indole
esser diffusivo, e velocemente diffusivo de novelli lumi, che accrescer possono la
scienza archeologica, e per conseguenza far che immegli anche il nostro viver
civile. Lo stesso a dire della soprantendenza degli scavi delle nostre antiche
regioni, i cui risultati debbono al pi presto possibile farsi noti alluniversale.
Cos pensando, mi studiai, dopo la mia nomina a Direttore di far s che il real
museo pubblicasse un suo bullettino, come ormai fanno le pi celebri accademie

Dal re proprio allUnit:

55

La relazione di Fiorelli del 1864, per tornare al punto da cui


eravamo partiti, sembrerebbe in contrasto con tutto questo. Tale
contraddizione, tuttavia, pu essere spiegata se si guarda al suo
scritto come alla risposta di un dirigente che, nel dare spiegazioni,
punta anche ad offrire soluzioni. Continuando il suo excursus fino
al 1860, Fiorelli conclude: da quanto ho avuto lonore di esporre
a V.S., io non posso dal mio canto che aspettare sul proposito le
superiori disposizioni di cotesto Ministero. Debbo per, per debito
del mio uffizio, insistere perch le idee della S.V. siano prontamente attuate; onde venga proveduto alla tutela demonumenti storici,
merc uffiziali ci preposti, con facolt ben definite, e che io credo
dovrebbero dipendere da questa Soprintendenza. Ove cotesto Ministero stimer i modi, coi quali io crederei si dovesse istallare questo importante servizio governativo, sar presto ad eseguire gli ordini che per avventura la S.V. stimer di comunicarmi127.
Fiorelli sar uno dei maggiori protagonisti dellorganizzazione
del servizio di tutela dei monumenti tra il 1875 ed il 1885 nonch
fautore del decentramento delle strutture di vigilanza. Le sue idee,
miranti alla definizione di una legge nazionale di tutela e ad una
precisa divisione di compiti tra centro e periferia verranno splendidamente esposte nelle due relazioni Sullordinamento del servizio
archeologico del 1883 e del 1885128. Sin dal 1864, tuttavia, si pu
notare una precisa volont di ribadire quei punti che saranno una
ed istituzioni letterarie Ora dunque che il real museo borbonico e gli scavi del
regno sono affidati a tanto superior senno, non ispetta pi certamente a me, e mi
sarebbe anzi impossibile il continuare una intrapresa che former con migliori
auspici delle altrui cure. V. Trombetta, Indice delle riviste, cit. p. 350.
127
Relazione del Soprintendente, cit.
128
G. FIORELLI, Sullordinamento del servizio archeologico. Relazione del Direttore Generale delle Antichit e Belle Arti a S. E. il ministro della Istruzione
Pubblica, Roma, 1883 e Id., Sullordinamento del servizio archeologico. Seconda
relazione del Direttore Generale delle Antichit e Belle Arti a S. E. il ministro della
Istruzione Pubblica, Roma, 1885.
Sulle relazioni di Fiorelli, oltre ai volumi gi citati di Bencivenni, Dalla Negra,
Grifoni, si veda lintervento di P. G. GUZZO, Le relazioni al Ministro per lIstruzione Pubblica, in S. DE CARO E P. G. GUZZO, op. cit., pp. 195-200, preceduto, nello

56

NADIA BARRELLA

costante del suo operare: 1) riorganizzazione globale di tutti i rami


del servizio; 2) istituti periferici decentrati con personale da essi
dipendente; 3) uffiziali a ci preposti ossia un organico competente. La volont di sottolineare, in una relazione ufficiale, le disfunzioni di un servizio preesistente devono intendersi, sotto certi
aspetti, come una forzatura, una tendenza a far emergere soprattutto le indiscutibili difficolt e carenze di una struttura accentrata
e agglomerante e la necessit di fare del servizio archeologico un
ramo autonomo rispetto a quello delle cosiddette belle arti.
Con questultimo settore le cose si complicano. Parlando delle
leggi di tutela borboniche, finora, si dato spazio prevalentemente allarcheologia. Questo accaduto per due motivi: il primo
che il settore a cui furono rivolte le maggiori attenzioni, il secondo (logica conseguenza del primo) che il meglio documentato.
Parlare dellattenzione per i monumenti storico-artistici diventa,
pertanto, molto pi complicato. Delle leggi finora citate il decreto 13 maggio 1822 quello che ci interessa poich sancisce il divieto di rimozioni arbitrarie di quadri e statue da edifici pubblici, da
chiese e cappelle patronali; vieta lesportazione clandestina e proibisce ogni demolizione arbitraria affidando la vigilanza sulle norme alla Commissione di Antichit e Belle Arti. Pochi, al momento129, sono i riscontri che possiamo avere sullesito dellapplicaziostesso volume, dal contributo di A. EMILIANI, Nella battaglia tra pubblico e privato:
listituzione della Direzione Generale e Giuseppe Fiorelli, pp. 101-134.
Spunti interessanti su Fiorelli si ritrovano in P. G. GUZZO, Antico e archeologia.
Scienza e politica delle diverse antichit, Bologna, 1993; F. DE ANGELIS, Giuseppe
Fiorelli: la vecchia antiquaria di fronte allo scavo, in Ricerche di Storia dellArte, 50
(1993), pp. 6-16; M. BARBANERA, Larcheologia degli italiani, Roma, 1998.
Meritano, inoltre, di essere ricordate le poche ma significative pagine di Daniele Jalla ne Il museo contemporaneo. Introduzione al nuovo sistema musicale
italiano, Torino, 2000, pp. 40-62.
129
attualmente in atto, da parte di chi scrive, unopera di revisione dei fasci
dellArchivio di Stato di Napoli (Ministero della Pubblica Istruzione e Intendenza Borbonica) che potranno sicuramente offrire nuovi spunti di riflessione sul
problema della tutela delle opere darte nel primo ottocento e sulla reale applicazione dei provvedimenti borbonici.

Dal re proprio allUnit:

57

ne del provvedimento. Strazzullo130, nel suo saggio sulla tutela del


patrimonio artistico sotto i Borboni, cita, come esempio, un rapporto del 13 marzo 1830 indirizzato dalla Real Accademia di
Belle arti alla Societ Reale Borbonica (di cui lAccademia era una
sezione) da cui si deduce, anche per la capitale, una situazione di
estremo degrado: Con sommo rincrescimento si legge nel comunicato lAccademia vede tutto giorno perire la maggior parte
de monumenti di arte di cui arricchita questa Capitale. Essendosi essa portata in S. Giovanni a Carbonara, ha osservato la rovina
di tutti i bei monumenti di cui ornata quella chiesa. Il superbo e
ricco sepolcro del re Ladislao, come tutti gli altri sepolcri ancora
esistenti in detta chiesa, giacciono sotto le rovine di un tetto cadente e per la maggior parte scoverto. Le antiche bellissime dipinture
a fresco nelle mura della celebre cappella di Ser Gianni Caracciolo,
posta dietro lAltare maggiore della chiesa medesima, sono gi
quasi deperite dallumido che ha invaso quellabbandonata cappella. Similmente nellArcivescovado, ove lAccademia stessa si
port, vide lo stato rovinoso de musaici esistenti nella Cappella
di Costantino detta S. Giovanni in fonte, lavoro pregevolissimo
per lantichit, per bellezza e pel soggetto. Sono egualmente minacciate da rovina le belle dipinture a fresco di Garzi poste sotto
della Chiesa di S. Caterina a Formello, e particolarmente quelle
della cupola. Non potendo lAccademia tollerare tanta rovina, cagionata o per trascuraggine de possessori di detti monumenti o
perch sono talune chiese interamente abbandonate, come quella
di S. Giovanni a Carbonara, prego lE.V. Rev.ma a voler prendere i
pi efficaci mezzi onde siano conservati tutti i cennati monumenti,
i quali oltre allesser costati somme immense formano lornamento
e il decoro cos delle chiese medesime come della Capitale131.
Un tentativo di risposta a queste esigenze il gi citato decreto
F. STRAZZULLO, Tutela del patrimonio artistico cit.
Rapporto della reale Accademia di belle Arti alla Societ Reale Borbonica
in F. STRAZZULLO, Tutela del patrimonio artistico nel Regno di Napoli sotto i Borboni,
cit. p. 351.
130

131

58

NADIA BARRELLA

16 settembre 1839132, che affida alle autorit amministrative dipendenti dal Ministro degli affari interni la verifica della buona
manutenzione dei monumenti di propriet privata e la vigilanza
dei restauri. Qualora fra i monumenti designati () ve ne sia
alcuno che per la sua importanza meriti di essere in particolar
modo conservato al fine di sottrarlo al deperimento o perch di
132
Per quel che concerne la politica di tutela di Ferdinando II, pur esulando
dal nostro discorso incentrato prevalentemente sulla conservazione e la fruizione
delle opere darte, meritano di essere ricordati una serie di provvedimenti che,
proprio a partire dal 1839, saranno finalizzati alla salvaguardia del decoro cittadino e alla cura del paesaggio. Con il decreto del 22 marzo 1839, infatti, viene
creato il Consiglio Edilizio della citt di Napoli che, composto da tre distinti
cittadini, tre uomini di arte ed un segretario, avr, tra laltro, anche il mandato
di tutelare il patrimonio architettonico della citt e di regolare lattivit costruttiva
privata. Alliniziativa del Consiglio edilizio, infatti, va legata la proposta di estendere i vincoli di salvaguardia del paesaggio stabiliti per il Corso Maria Teresa a
tutte le zone paesistiche della citt. Considerando che le nuove strade di Posillipo,
del Campo e di Capodimonte hanno la maggiore bellezza dal lato che guarda il
mare ed i luoghi loro sottoposti, il Consiglio, nel luglio del 1841, deliber
dimplorare lapprovazione Sovrana, acci siano proibiti dora innanzi edifizi
novelli di ogni osrta, che sorpassino il pavimento delle vie medesime, ed affinch
non siano permesse ricostruzioni in caso di crollamento naturale o procurato.
Accolta immediatamente, la delibera divenne esecutiva con unordinanza del 17
gennaio 1842 che sanc il divieto di innalzare e costruire fabbriche che impediscono la vista del mare () da Mergellina sino al piano di Coroglio; () dal
ponte della strada del Campo che sovrasta la via Arenaccia a dritta scendendo
sino al punto dove la detta strada del Campo incontra la via che mena a Poggioreale
ed a sinistra () salendo dal summentovato Ponte sino alle colline che sono a
manca della strada di capodimonte, ascendendo dal ponte della Sanit sino al
cancello delluscio che d adito alla tenuta Ruffo. Un ulteriore decreto, quello
del 31 maggio 1853 specifico per il corso Maria Teresa, stabil inoltre il divieto
di alzare edifizii, muri o altre costruzioni, le quali impediscano o scemino la
veduta della Capitale de suoi dintorni e del mare. Rispetto a tali delibere cfr. G.
BRUNO E R. DE FUSCO, Errico Alvino architetto e urbanista napoletano dell800,
Napoli, 1962, R. DE FUSCO, Architettura e Urbanistica dalla seconda met dellOttocento ad oggi, in Storia di Napoli, Napoli, 1971, pp. 273-342; A. BUCCARO,
Istituzioni e Trasformazioni urbane nella Napoli dellOttocento, Napoli, 1985 e
Id., Architettura e Urbanistica dellOttocento, in AA. VV., Storia e civilt della
Campania, lOttocento, a cura di G. Pugliese Carratelli, Napoli, 1995.

Dal re proprio allUnit:

59

tal pregio da essere utile alla illustrazione della storia patria ed


allo accrescersi dei mezzi di eccitare il genio della giovent collesempio degli antichi maestri dellarte133, il suddetto decreto concede inoltre allo stesso ministro di disporne il trasporto nel Real
Museo Borbonico sostituendolo con copie. Luigi Catalani che, con
lo scultore Antonio Solari e il pittore Paolo Falciani134, viene incaricato dal Ministro degli Affari Interni, Nicola Santangelo, di eseguire il mandato del decreto ci fornisce qualche indicazione sullesito del lavoro menato a termine con quello zelo che maggior
si poteva. Pur troppo egli vero scrive che i monumenti di
cui siamo ricchi a sufficienza abbisognano di essere meglio indicati, illustrati, disposti e custoditi: dappoich la pi parte sendo mal
collocati, nascosti, o mal garantiti dallopera distruggitrice del tempo, sovente addiviene o che si renda pressoch impossibile lammirarli, o che ci riesca penoso il vederli di giorno in giorno correre
alla loro quasi total distruzione. N solo in Napoli, ma nel Regno
tutto ed in generale in pi parti dItalia un tale inconveniente a
deplorare135. Quasi per confermare il valore della sua denuncia
Catalani riporta, nel testo, una lettera di Giorgio Cuming Scott.
Ne citiamo alcuni passi funzionali al discorso: Il vostro governo
scrive linglese che stende una mano protettrice sopra i monumenti esposti alla violenza della ignoranza e della rapacit, ha,
colleditto emanato ultimamente (quello del 1839 n.d.a.), dimostrato la generale risoluzione dinvigilare per lavvenire supatrii
monumenti; e la scelta della Commissione, della quale voi fate
parte, per loggetto di esaminare e registrare tutte le opere darte
degne di considerazione, d nuove pruove della sua saggia determinazione, conoscendo bene la vostra abilit nella professione, il
vostro sincero amore per le belle arti, e quellassiduit infaticabile
Decreto del 22 marzo 1839, cit.
Anche in questo caso, continuando lantica e consolidata tradizione che
unificava il saper fare arte al saperla tutelare, i Borbone reclutano i conservatori
fra gli artisti dellaccademia di Belle Arti.
135
L. CATALANI, Discorso su monumenti, cit. p. 21.
133

134

60

NADIA BARRELLA

che vi distingue nelle vostre ricerche: per lo che nutro grandi speranze, che oltre loggetto speciale della Commissione, avr il mondo a congratularsi di una ricca supellettile di cognizioni per la
storia delle arti di Napoli ancora mancanti136.
Affiora, in questa lettera, un nesso importantissimo: quello tra
la tutela delle belle arti e lo studio della loro storia che Catalani
non manca di ribadire.
Mediante queste ricerche potranno rivivere alla posterit tanti
egregi artisti napoletani di cui le opere si vedono, e signorano i
nomi da coloro che ne hanno scritto, perch molti perirono nelle
due pesti del 1445 e del 1656 () e molti ancor perir dovettero in
quella singolarissima faccenda della rivoluzione di Masaniello ().
A queste sciagurate cagioni si deve lobblio che aggrava al fondo i
nomi di molti valenti artisti, poich troncarono di repente il filo di
tante vite che promettevano bellissime speranze di onore alla patria non meno che alle arti. Non pertanto, un accurato esame delle
loro opere, esatte ricerche per entro agli archivi e nelle case private
di Napoli si conservano, potranno far rinvenire sottoscrizioni ne
quadri, ricevute di pagamenti fatti a quegli artisti per le loro opere
o altri simili documenti, e cos sottrarre dallindegno obblio e dalle tenebre i nomi di uomini che tanto hanno sudato per la gloria
delle arti del proprio paese137.
Mentre larcheologia, gi negli anni 30, cominciava ad allontanarsi dallantiquaria e modificando latteggiamento verso i manufatti ed affinando tecniche di scavo, perfezionava o comunque discuteva i metodi di tutela e di fruizione; la tutela delle Belle Arti,
a Napoli, continuava a rimanere bloccata dai limiti dellerudizione
locale che non aveva compreso quellinteressante passo in avanti
di Catalani, lunico in grado di offrire nuove motivazioni alla conservazione dei monumenti. I decreti borbonici, quindi, finivano
con lavere esiti differenti perch diversi erano i metodi, gli uomini
e gli obiettivi che, con il rispetto delle leggi, essi volevano perse136
137

Ivi, pp. 23-24.


L. CATALANI, Discorso su monumenti, cit. p. 25.

Dal re proprio allUnit:

61

guire. Il settore archeologico, quindi, sia pure tra tante difficolt si


presenta alla giovane Italia con un organico gi definito e con
proposte precise e basate sulla concreta esperienza. Per i monumenti di altre epoche, invece, bisogner aspettare ancora alcuni
anni. Sar necessario, infatti, aspettare che quegli uomini che negli
anni 40 non riuscirono a far sopravvivere la prima Societ di Storia Patria napoletana138, trovassero la forza e il clima culturale adatto
138
Promossa da Carlo Troya, lo studioso grazie al quale sin dal 1832, a Napoli, si comincia a fare storia documentaria rivolta allaccertamento dei fatti sulla
base di rigorose ricerche di fonti documentarie in grado di spianare la via allo
storico, la societ storica napoletana prende corpo nel 1844, anno in cui ne
compare lannuncio nel periodico Museo di Scienze e Letteratura col titolo
programmatico di Ricerche e pubblicazioni di documenti spettanti alla storia napoletana e siciliana. Vicina alle altre coeve societ storiche italiane (prima fra
tutte quella torinese fondata da Carlo Alberto nel 1833), liniziativa di Troya
come si legge nel suo Manifesto aveva come finalit lindagine delle fonti massimamente greche, e la pubblicazione delle pergamene di Napoli e di Sicilia
con altre scritture o non mai stampate o fatte rare dallanno 568 fino al 1734.
Diviso in dieci parti o serie, suddivise in vari Ordini, il lavoro della Societ doveva essere affidato ad un cospicuo numero di ricercatori che lo stesso Troya indic
sulla rivista precedentemente citata. Di fatto, al di l della Tabula de Amalfa e di
alcuni fascicoli del Codice diplomatico longobardo e delle Carte aragonesi, la societ napoletana non riusc a raggiungere gli obiettivi propostisi. Nel 1848, daltronde, la breve vita dellistituzione napoletana pot ritenersi conclusa e, a quanto pare, non per le note vicende politiche. Il pensiero della Societ scrisse
Trevisani (Brevi notizie della vita e delle opere di Carlo Troya, Napoli, 1858, p.
41) fu accolto con grande entusiasmo, come suole accadere e tosto molta gente
si raccolse intorno al Troya () ma tosto il primo favore venne mancando, e pi
non vi fu verso da tener fermi insieme i componenti di questa utile Societ, i
quali si sperperarono, e gi al 1846 la Societ pi non esisteva. Alfredo Parente
in suo saggio (Preistoria della societ storica Napoletana, in Studi in onore di
Riccardo Filangieri, III, Napoli, 1959) addusse come motivo il carattere individualistico degli studiosi napoletani, lentusiasmo degli studi storici privo di profonde radici o comunque il difetto di attitudine e di preparazione adeguata di
diversi componenti. La prima societ storica napoletana nacque e mor in un
paio danni, mentre alcuni pochi soci, per i quali le ricerche storiche rispondevano a un non superficiale bisogno, le proseguirono privatamente, e mantennero
cos quel filo di tradizione che rese pi agevole lattuazione dellidea quando

62

NADIA BARRELLA

per ribadire il ruolo primario della conservazione dei monumenti


in verit i pi vivi e parlanti documenti della storia139.

quelle volont sporadiche trovarono pi larga eco e favore. A Parente, Preistoria cit., p. 621.
139
Usata da Gaetano Filangieri (Documenti per la storia, le arti e le industrie
delle province napoletane, Napoli, 1883-1892 vol. IV. p. 4), lespressione si adatta perfettamente ai nuovi obiettivi ed alle motivazioni della Societ Napoletana
di Storia patria fondata nel 1875. Per ulteriori riferimenti al riguardo si vedano,
in questo stesso volume, i saggi dedicati a Gaetano Filangieri e a Bartolomeo
Capasso.

La soppressione dellasse ecclesiastico a Napoli:


strategie di tutela degli edifici riutilizzati
per lindustria e il commercio

Tra i diversi impieghi dei monasteri soppressi dopo lUnit1,


quello per lindustria e il commercio , senza dubbio, per Napoli,
il meno diffuso. Tolto il riconoscimento civile alle case degli ordini
monastici si ordin infatti che nellex capitale borbonica vi fosse
una destinazione in preferenza, per la pi sollecita diffusione di
asili infantili e scuole popolari, festive e serali e, di fatto, cos fu.

Si tratta del Regio decreto del 7 luglio n. 3036 per la soppressione delle
corporazioni religiose e la Legge 15 agosto 1867 n. 3848. Su questi argomenti,
per problematiche generali e per ulteriori riferimenti soprattutto al vivace dibattito coevo, si veda A.C. JEMOLO, Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni,
Torino, 1949; P. BORZOMATI, Appunti per una storia delle riduzioni delle chiese e
della soppressione dellasse ecclesiastico in alcune diocesi del Mezzogiorno dItalia (1866-1867), in Bollettino dellarchivio per la storia del movimento sociale
cattolico in Italia, IX, 1974, pp. 211-227; G. BONFANTI, La politica ecclesiastica
nella formazione dello stato unitario, Brescia 1977; F. BONANNI DOCRE, Le chiese
degli enti soppressi, Napoli, 1977. Per le conseguenze sul patrimonio artistico
cfr. A. EMILIANI, Musei e museologia, in Storia dItalia, I documenti, V, 2, Torino,
1973; Id.,Una politica dei beni culturali, Torino, 1974; M. BENCIVENNI R. DALLA
NEGRA P. GRIFONI; Monumenti e istituzioni. Parte I. La nascita del servizio di
tutela dei monumenti in Italia 1860-1880, Firenze, 1987; A. GIOLI, Monumenti e
oggetti darte nel Regno dItalia. Il patrimonio artistico degli enti religiosi soppressi tra riuso, tutela e dispersione. Inventario dei Beni delle corporazioni religiose
1860-1890, Roma, 1997; D. JALLA, Il Museo contemporaneo, Utet, Torino, 2000.
Per lo specifico napoletano, ampio spazio al rapporto tra soppressione dellasse
ecclesiastico e tutela dei monumenti dato nel mio testo La tutela dei monumenti cit., pp. 96-104.
1

64

NADIA BARRELLA

Le fonti storiche e archivistiche2 sullutilizzo dei monasteri soppressi parlano, sostanzialmente, di educandati, collegi, reclusori
di monelli o, in alternativa, di dispensari antitubercolari, cliniche,
caserme e musei. Il riutilizzo per lindustria, nei casi in cui si verifica , piuttosto, continuit dimpiego di strutture conventuali gi
soppresse nella prima met del secolo mentre gli spazi commerciali traggono origine dallabbattimento degli antichi monasteri
pi che dalla loro trasformazione. Cos come le altre, tuttavia, queste
nuove funzionalit, anche se marginali, consentono egualmente di
leggere scelte politiche, economiche, sociali e culturali di una citt.
Con il mio scritto, dunque, tenter dinterpretare i dati che gli
studi sullargomento hanno messo a disposizione3 aggiungendo,
2
Faccio riferimento al Fondo Monasteri soppressi dellArchivio di Stato di
Napoli ma anche alle buste 490-498 dellArchivio della Direzione generale delle
antichit e belle arti (1860-1890), I versamento, conservato presso lArchivio
Centrale dello Stato. Sullutilizzo dei monasteri napoletani estremamente utile
la Guida Sacra della Citt di Napoli di Gennaro Aspreno Galante (Napoli, 1872)
e la relazione di A. COLOMBO, Commissione per la Conservazione dei Monumenti
Municipali (Lavori compiuti dal giugno 1874 a tutto lanno 1898), Napoli, 1900.
3
Per unanalisi puntuale delle vicende architettoniche ed urbanistiche della
citt ottocentesca cfr. G. RUSSO, Il risanamento e lampliamento della citt di
Napoli, Napoli, 1959; R. DI STEFANO, Storia, architettura, urbanistica, in Storia
di Napoli, IX, Napoli, 1971, pp. 647-743; Id., Edilizia e urbanistica napoletana
dellOttocento, in Napoli Nobilissima, XI, 1972; R. De FUSCO, Architettura e
urbanistica dalla seconda met dellOttocento ad oggi, in Storia di Napoli, X,
1972, pp. 273- 342; G.C. ALISIO, Sviluppo Urbano e storia della citt, in Storia di
Napoli, VIII, Napoli, 1971; Id., Lamont Young. Utopia e realt nellurbanistica
napoletana dellOttocento, Roma, 1978; Id., Napoli e il risanamento edilizio.
Recupero di una struttura urbana, Napoli, 1982; C. DE SETA, Le citt nella storia
dItalia. Napoli, Bari, 1981, pp. 211-241; A. BUCCARO, Istituzioni e trasformazioni urbane nella Napoli dellOttocento, Napoli 1985; Id., Opere pubbliche e tipologie
urbane nel Mezzogiorno preunitario, Napoli, 1992 (con ampia bibliografia cui si
rimanda per ulteriori approfondimenti); Id., Architettura e urbanistica dellOttocento, in Storia e civilt della Campania. Lottocento, Electa Napoli, Napoli 1995,
pp. 117-204. Altre fonti utili per largomento trattato sono: G. ALIBERTI, Profilo
delleconomia napoletana dallunit al fascismo, in Storia di Napoli, X, Napoli
1972 pp. 401-468; F. STRAZZULLO, La situazione dei monasteri soppressi a Napoli
dopo il Concordato del 1818, in Napoli Nobilissima, XII, 1973; G.C. ALISIO, La

La soppressione dellasse ecclesiastico a Napoli: strategie di tutela

65

se possibile, qualche riflessione originale. Frutto della rielaborazione


della bibliografia esistente sar soprattutto la prima parte, relativa
al rapporto tra gli eventi sopra citati e la dimensione urbanistica di
Napoli, alla localizzazione di nuove funzioni nel tessuto urbano e
alle modifiche strutturali degli edifici di cui parleremo4. Del tutto
inedita, invece, lindagine svolta sul dibattito interno alle istituzioni preposte alla tutela dei monumenti.

Il riuso per lindustria


La continuit dimpiego degli antichi conventi per attivit produttive trova la sua ragion dessere nelle modalit e nei tempi di
espansione dellindustria napoletana, il cui primo momento di sviluppo connesso ai vari piani di intervento adottati dal governo
francese5. Favorendo profonde trasformazioni, economiche e sodistruzione del patrimonio artistico religioso tra soppressione degli Ordini e sisma
del 1980, in G. A. GALANTE, Guida Sacra della citt di Napoli, a cura di N. Spinosa, Napoli, 1985; S. DE MAJO, Lindustria protetta. Lanifici e cotonifici in Campania
nellOttocento, Napoli, 1989; Id., Manifattura e fabbrica, in A. Vitale (a cura di),
Napoli, un destino industriale, Napoli, 1992; L. DE ROSA, La Campania industriale tra Settecento e Ottocento, in Storia e civilt della Campania, cit., pp. 91116; R. DE SANTO, Dal Chiostro allopificio nella Napoli dellOttocento: il riutilizzo
di due antichi edifici conventuali nella Real manifattura di tabacchi, in Napoli
Nobilissima, II, 2000, pp. 105-132.
4
Largamente utilizzati, in questa prima parte, sono gli studi di Alfredo Buccaro
precedentemente citati e il bel saggio di Rosalba de Santo che desidero ringraziare per la disponibilit e la generosit delle informazioni fornitemi.
5
Su tali argomenti si veda G. ALIBERTI, Economia e societ a Napoli da Carlo III ai
Napoleonidi, in Storia di Napoli,VIII, 1972; Id., La vita economica a Napoli nella prima met dellOttocento, ivi, IX, 1973, pp. 579-645; P. VILLANI, Mezzogiorno tra riforme
e rivoluzione, Roma-Bari, 1977; A. LEPRE, DallAntico Regime alla societ borghese
(1657-1860), in Storia del Mezzogiorno, II, Napoli,, 1986; G. GALASSO, Intervista sulla
storia di Napoli, a cura di P. Allum, Roma-Bari 1978; A. MASSAFRA (a cura di), Il Mezzogiorno preunitario, Bari, 1988; D.L. CAGLIOTI e P. MACRY, La Campania nel XIX secolo, in Storia e civilt della Campania, cit., pp. 27-72; R. DE LORENZO, Un regno in
bilico: uomini, eventi e luoghi nel Mezzogiorno prreunitario, Roma, 2001.

66

NADIA BARRELLA

ciali, accordando privative, prestiti e sgravi fiscali i napoleonidi


diedero un significativo impulso allasfittica produzione settecentesca napoletana. La requisizione dei beni appartenenti alla chiesa
ebbe, in questo, un ruolo significativo poich consent il riutilizzo
di ampi locali con poca spesa e permise di trasformare in parte
integrante del sistema metropolitano immobili che per secoli ne
avevano, di fatto, condizionato lo sviluppo. Consapevoli dei vantaggi apportati da tale intervento i Borbone, pur cessando, per
ovvi motivi politici, le soppressioni degli enti, approfittarono del
non facile ritorno alla situazione precedente e attuarono una cauta politica di compromesso che mirava a conciliare le istanze politico-religiose con gli interessi economici connessi allo sviluppo
delle attivit industriali e manifatturiere. Anche con la restaurazione, dunque, seppure in maniera meno generalizzata, si consent il
riutilizzo delle fabbriche conventuali e almeno fino agli anni 30,
lantico nucleo urbano partecipa al processo di sviluppo industriale.
Gli impianti di cui si ha notizia sono diffusi su tutta larea della
capitale6: San Pietro Martire la sede della Real Manifattura di
tabacchi7, San Girolamo a Mezzocannone il luogo di un opificio
tessile e di unofficina meccanica; Santa Maria della Vita una
fabbrica di porcellana; Santa Maria della Verit dapprima una
manifattura di cotone e poi la Real fabbrica delle carte da gioco, il
Palazzo Como, divenuto Convento di S. Severo a Pendino, lo
spazio di una fabbrica di birra. Per essere adattati alle nuove destinazioni duso questi edifici vengono sottoposti ad interventi pi o
meno estesi, che molto spesso ne alterano la conformazione, ne
trasformano sensibilmente loriginario aspetto architettonico e lo
segnano in modo degenerante.
La tendenza allutilizzo degli spazi conventuali per attivit industriali si arresta partire dagli anni 40 quando si avvia un nuovo
e pi ampio disegno di trasformazione e di sviluppo della citt che
Cfr. al riguardo, A. VITALE, Napoli, un destino cit.
Per la vicenda di S. Pietro Martire cfr. R. DE SANTO, Dal chiostro allOpificio cit.
6

La soppressione dellasse ecclesiastico a Napoli: strategie di tutela

67

esclude il centro urbano come spazio di localizzazione di nuove


fabbriche o di opifici8.
Landamento pianeggiante dei suoli, la vicinanza del mare e
linsalubrit che la sottraeva alla domanda insediativa di tipo residenziale aveva gi portato, nei primi del secolo, a privilegiare larea
a oriente della citt. La costruzione del primo tratto ferroviario
della penisola, la linea NapoliPortici del 1839, seguito dalla linea di collegamento con Caserta (1843), determina un nuovo assetto per la destinazione funzionale della zona che, identificata gi
con Ferdinando II come area di sviluppo industriale, viene
definitivamente scelta, dopo lUnit, come quartiere operaio posto in diretto rapporto con gli interventi di risanamento del centro
cittadino. Nellarea in questione le nuove industrie trovarono spazio in edifici appositamente costruiti, nel centro cittadino, invece,
si progettano strade e si prevedono massicci interventi di sventramento per reperire nuove aree adatte alla citt borghese.
Nella Napoli italiana, dunque, le sole industrie in antichi conventi sono solo quelle che, tra le preesistenti, avevano resistito ai
momenti involutivi e alle trasformazioni politiche: la Real Manifattura di Tabacchi e il Lanificio Sava.
Impiantata nel monastero domenicano di San Pietro Martire
da Gioacchino Murat che aveva individuato nella lavorazione e
commercializzazione del tabacco una fonte di certo e notevole
profitto la manifattura tabacchi era stata lasciata nellex convento anche da Ferdinando I. Come sede di una delle pi importanti
attivit statali, il convento era stato pi volte modificato senza
alcuna preoccupazione di ordine conservativo e delle molteplici
trasformazioni aveva pagato le conseguenze soprattutto lelegante
portico del chiostro9. Visibile parzialmente in una pianta di Napoli

Per le trasformazioni urbanistiche della Napoli ottocentesca, oltre ai saggi


gi citati che cfr. anche LArchitettura dei Borbone, a cura di A. GAMBARDELLA,
Napoli, ESI, in corso di stampa.
9
Cfr. R. DE SANTO, Dal chiostro cit., pp. 107 e ss.
8

68

NADIA BARRELLA

del 183610, il chiostro venne successivamente inglobato nei corpi


di fabbrica edificati allinterno del cortile dello stabilimento. In
una successiva pianta del 187211, le strutture claustrali non sono
pi riportate e si nota, invece, levidente riduzione dellarea del
cortile diminuita a seguito delledificazione delle nuove costruzioni.
Legata alla vicenda di S. Pietro Martire quella del convento dei
Santi Apostoli12, lunico adattato ad industria dopo lUnit. Soppresso nel 1809, il convento non era stato pi restituito allente di
appartenenza. Aveva infatti ospitato larchivio notarile e, dopo il
Concordato del 1818, era stato messo a disposizione del Ministero
della Guerra come caserma delle truppe di Linea. Adibito ad usi
militari fino allinizio del 1861 fu, in quello stesso anno, destinato a
Manifattura dei tabacchi poich la produzione di San Pietro Martire
era ormai insufficiente per laccresciuta richiesta del mercato. Anche
nel caso dei SS. Apostoli lutilizzo a manifattura comporta modifiche sostanziali che cambiano radicalmente la disposizione e la destinazione di numerosi ambienti. Una descrizione del monastero
del 1868 ricorda che lantico locale del Refettorio fu ridotto a magazzino, lintero secondo piano divenne laboratorio di Sigari, il terzo fu riservato per Asciugamento e parte per Perfezionamento dei
sigari, il quarto aggiustato per uso di altro perfezionamento dei
Sigari. Rilevante fu, anche, la trasformazione planimetrica attuata
mediante la chiusura dello antico ingresso della Strada SS. Apostoli e con riduzione a magazzino di deposito del vestibolo, dimezza10
Linformazione tratta da R. DE SANTO, op.cit., che fa riferimento al rilievo
di 12 quartieri napoletani effettuato, proprio nel 1836, dal Real Officio Topografico
della Guerra. Cfr. A. BUCCARO (scheda) in G. C. ALISIO e V. VALERIO, Cartografia
Napoletana dal 1781 al 1889. Il Regno, Napoli, la Terra di Bari, Prismi, Napoli
1983,pp. 200-201.
11
la mappa redatta in 24 fogli dagli Uffici Tecnici del Comune di Napoli tra
il 1872 e il 1880. Cfr. C. DE SETA, Napoli, cit. pp. 258 e ss. e G.C. ALISIO (scheda)
in G. C. ALISIO e V. VALERIO, op.cit.,pp. 196-198.
12
Per il convento in questione, oltre al saggio della DE SANTO, cfr. pure P.
Rossi, Le principali manifatture nel centro della capitale (1815-1860) in A. VITALE (a cura di), Napoli, un destino... cit. pp. 335-341.

La soppressione dellasse ecclesiastico a Napoli: strategie di tutela

69

to in altezza per aversi altra sala superiore. Ampie variazioni riguardarono, anche in questo caso, il cortile. Un braccio di porticato venne chiuso per realizzare il portone dingresso, lufficio della
porta ed i locali per la visita e servizi inerenti, in un altro erano stati
ricavati vari depositi e magazzini e nellarea meridionale, un magazzino a due navate una delle quali ricavata dalla tompagnatura del
porticato per uso di custodia di Sigari in casse13. Dellantica struttura, di fatto, persistevano soltanto i pilastri di sostegno delle arcate: il resto era stato sacrificato dalla logica del massimo sfruttamento degli spazi disponibili che caratterizza anche la vicenda del chiostro di Santa Caterina a Formello. Ceduto allimprenditore Raffaele
Sava, nel 1823, per impiantarci una fabbrica di panni e di castori
alluso di Francia14, il lanificio ancora produttivo dopo lUnit.
Dello spazio occupato dallarea produttiva nota la seguente descrizione: La porta poi a dritta mena al chiostro dellantico monastero gi soppresso fin dal Decennio, e si rattrista lanimo nel contemplare le poche pitture in parte contraffatte, reliquie della prisca
grandezza di questo cenobio, il quale oltre ai molti pregi artistici e
storici serbava una ricca biblioteca ed un museo, il primo che fosse
stato raccolto in Napoli; luna e laltro furono preda del sacco dato
in quel tempo a questo monastero, che poscia fu mutato in lanificio15.
Siamo nel 1872 e il testo citato tratto dalla Guida Sacra della
citt di Napoli di Gennaro Aspreno Galante. Membro di una delle
locali commissioni conservatrici16, Galante la prima voce che,
dopo lUnit, lamenta gli esiti dei riusi impropri degli antichi mona13
Archivio di Stato di Napoli (ASN), Genio Civile, fs. 262, Chiarimenti circa
i lavori di riduzione eseguiti nello Edificio de SS. Apostoli. Il documento in gran
parte riportato da R. De Santo, op. cit.
14
G. A. GALANTE, Guida Sacra della citt di Napoli, Napoli, 1872, p. 48.
15
Ibidem.
16
Monsignor Gennaro Aspreno Galante fu personaggio di spicco della Commissione Municipale per la Conservazione dei Monumenti di Napoli. Sulla Commissione, nata nel 1874 per volont della Giunta Municipale di Napoli, e sulle
battaglie svolte dal Galante cfr. N. BARRELLA, La tutela dei monumenti cit. e, in
questo stesso volume, il saggio su Bartolomeo Capasso.

70

NADIA BARRELLA

steri e ci introduce allanalisi dellattenzione rivolta ai monasteri


soppressi dai diversi organi conservativi periferici che operarono
in citt.
Il primo, in ordine di tempo, la Soprintendenza agli scavi17
che aveva assunto, sin dal dicembre 1860, anche le funzioni della
borbonica Commissione di Antichit e Belle Arti18. allo staff di
Fiorelli, dunque, che spetta vigilare e porre rimedio al degrado dei
monumenti meridionali. Ma lattivit dellente, efficace in molteplici contesti, finisce con lessere molto meno adeguata alla tutela
del patrimonio storico-artistico. Questa scarsa capacit dintervento
certamente da riferirsi alla necessit di consolidare il ramo archeologico (non si dimentichi che gli scavi di Pompei finivano con
lessere anche una risposta alla crescente crisi occupazionale), trova adeguata giustificazione in pi generali difficolt di gestione e
nei finanziamenti inadeguati pi volte lamentati da Fiorelli, ma
non pu prescindere anche da altri limiti interni alla disciplina
storico-artistica. Pur non mancando lavori apprezzabili per certe
verit filologiche, a Napoli domina, nello studio dellarte, o la
pedissequa ripetizione dei dati di De Dominici, o peggio, una
storiografia pittoresca ricca di escogitazioni arbitrarie come i nomi
e glincarti di De Dominici ma, questa volta, senza la giustificazione n delle finalit nazionali e didattiche, n soprattutto dellintelligenza critica di quegli19. Il credo attardato predominante si traVoluta da Giuseppe Bonaparte, la Soprintendenza Generale degli scavi
nacque grazie al decreto del 16 febbraio 1808 (vedi saggio precedente) e fu, di
fatto, confermata dal decreto luogotenenziale del 7 dicembre 1860 come Soprintendenza del Museo Nazionale e Scavamenti di Antichit. Su questi argomenti si
veda anche R. SPADACCINI (a cura di), Civilt dellOttocento a Napoli. Antichit e
Belle Arti. Le istituzioni, Luciano Editore, Napoli, 1997, pp. 13-15.
18
Cfr. saggio precedente.
19
Su tali argomenti resta ancora utile il capitolo introduttivo di F. BOLOGNA a
I pittori alla corte angioina di Napoli, Ugo Bozzi editore, Roma, 1969. Su
Bernando de Dominici invece, si vedano soprattutto F. BOLOGNA, La dimensione
europea della cultura artistica napoletana nel XVII secolo, in C. DE SETA (a cura
di), Arti e civilt del Settecento a Napoli, Bari, 1982, pp. 31-78 e T. WILLETTE,
Bernardo De Dominici e le Vite de pittori, scultori ed architetti napoletani: contri17

La soppressione dellasse ecclesiastico a Napoli: strategie di tutela

71

duce in una sostanziale incapacit di penetrazione del linguaggio


figurativo, in unintelligenza parziale del prodotto artistico e, dunque, nellassenza di concrete soluzioni di tutela che vadano al di l
del trasporto allinterno del museo del singolo oggetto. In questo
contesto, privo di funzioni e tecniche di intervento in grado di
assicurare un controllo diversificato sul territorio e sulle emergenze che vi insistono, molto rare sono le osservazioni sui monasteri
soppressi, inesistenti stando a quanto finora ho consultato i
riferimenti al riuso per lindustria o per il commercio.
Al controllo della Soprintendenza va ad aggiungersi, nel 1864,
lattivit di una Commissione legata alla Casa Ecclesiastica e voluta, a Napoli, dal ministro Giuseppe Pisanelli20. Pur anticipando
compiti e struttura delle successive Commissioni conservatrici,
anche la delegazione di Pisanelli non d esiti molto diversi. Alla
notizia di un contributo di 19.000 lire annue per consentire la
realizzazione di alcune incisioni raffiguranti parti di monumenti
soppressi si aggiungono poche lettere tra Fiorelli ed i responsabili
della Cassa Ecclesiastica relative anche, in questo caso, ad oggetti
da destinarsi al Museo.
Un maggiore interesse per i monasteri devoluti caratterizza,
ovviamente, lattivit della Commissione Consultiva di Belle Arti
creata nel 186621. Al di l del noto nesso tra questa istituzione e il

buto alla riabilitazione di una fonte, in Ricerche sul 600 napoletano, V, 1986,
pp. 255-269. Un commento alle Vite di De Dominici, a cura di F. Sricchia Santoro,
attualmente in corso di stampa per i tipi della Paparo Editore di Napoli.
20
Nata nel 1864, la Commissione, voluta dal Ministro Guardasigilli pel Ramo
Culto Giuseppe Pisanelli, ebbe breve vita. Istituita con il preciso intento di formare un esatto catalogo di tutti gli oggetti darte che si fossero rinvenuti nei
Monasteri Soppressi delle Provincie Napoletane la commissione oper solo fino
al 1866 anno in cui venne sostituita dalla Commissione Consultiva di Belle Arti
di Napoli. Sulla composizione di questo organismo e sulle sue peculiarit, cfr. N.
BARRELLA, La tutela dei monumenti, cit.
21
Istituita il 15 agosto 1866, la Commissione consultiva di Belle Arti di Napoli ebbe il compito di vegliare su tutta la Provincia.

72

NADIA BARRELLA

provvedimento eversivo, il rinnovato interesse per gli antichi edifici


monastici, non pu non essere anche riportato al nuovo ruolo assunto allinterno di queste commissioni dalla sezione di erudizione artistica parificata ai settori consueti di scultura, pittura e architettura.
Composta da personaggi di spicco della vita culturale napoletana22,
la sezione di erudizione comincia a consolidare quel gusto per la
ricerca storica e quella sempre pi scaltrita indagine archivistica, documentaria e filologica di tipo positivo che avr di l a poco interessanti ricadute sui metodi di studio e di tutela dei monumenti. Operante dal 1869, la Commissione sar lartefice dei primi inventari
degli edifici religiosi che attestano questa sempre pi chiara attenzione al dato storico e, per la prima volta, un rapido ma costante interesse alle trasformazioni subite nei secoli. Tra quelli inventariati, tuttavia,
non appare nessun convento adattato a sede di industria23.
Testimonianza della progressiva maturazione di una coscienza
conservativa sempre pi generalizzata , nel 1874, la Commissione Municipale per la conservazione dei monumenti24. Alter ego
della Societ di Storia Patria che ricerca, pubblica documenti inediti e promuove gli studi di storia napoletana, la commissione
cura che non vadano disperse le opere darte che sono in verit i
22
Membri della Commissione furono: Antonio Franchi, Tommaso Solari,
Michele Ruggiero, Camillo Minieri Riccio, Camillo Guerra, Tito Angelini, Enrico
Alvino, Giulio Minervini, Achille Mantese, Leopoldo Rodin e Paolo Emilio
Imbriani. Imbriani, Minieri, Riccio e Minervini andarono a comporre la sezione
di erudizione artistica.
23
Tra il 1869 e il 1875 vennero redatti gli inventari di S. Maria La Nova; S.
Domenico Maggiore; SS. Severino e Sossio; S. Lorenzo Maggiore; S. Chiara e
Ges Nuovo. Cfr. N. BARRELLA, La tutela... cit., pp. 121 ss.
24
Al riguardo cfr. N. BARRELLA, Lattivit e i protagonisti della commissione
municipale per la conservazione dei Monumenti a Napoli (1875-1905), in Musei,
tutela e legislazione dei beni culturali a Napoli tra 700 e 800, Quaderni del
Dipartimento di discipline storiche,Universit degli studi di Napoli Federico II,
I, Napoli, 1995, pp. 233-260 e Eadem, La tutela discentrata: la Commissione
municipale per la conservazione dei monumenti dal 1874 a Napoli Nobilissima,
in Beni culturali a Napoli nellOttocento, Atti del convegno di studi, Napoli 5-6
novembre 1997, Roma, 2000,pp. 93-112.

La soppressione dellasse ecclesiastico a Napoli: strategie di tutela

73

pi vivi e parlanti documenti della storia25. Napoli e tutto ci che


municipale , in questa fase e per molteplici ragioni anche politiche, un punto di osservazione privilegiato. La storia, protetta e
ricostruita dai nostri uomini prosegue lerudizione municipale 6700esca o si riallaccia consapevolmente a quella 700esca ampliando, nel secondo caso, non solo il grado di osservazione ma anche
il respiro storiografico. Segno evidente ricorda Ferdinando Bologna che ad onta degli sforzi dei cosiddetti maggiori per estrarre
ed strapolare unessenza dellarte italiana separata dagli accidenti
concreti che ne costituiscono il corpo vivo, in loco continuava ad
essere vivissima la coscienza delle realt particolari, e non meno
della possibilit di indagarle, ricostruirle26 e, sembra doveroso a
questo punto aggiungerlo, gestirle autonomamente. Tratti dallamore per le memorie patrie i commissari giravano per le strade della
citt e annotavano velocemente che a Porta Capuana casupole e
botteghe di friggitori sudice ed indecenti sono addossate ai due
fronti della porta, con fornelli e fumaioli che ne deturpano i marmi27. Entrano nei palazzi, nelle chiese, nei monasteri e rilevano
che un opificio di segatura a vapore di legname stabilito nel sotterraneo della Cappella di Candida in San Pietro ad Aram con lo
scuotimento continuo della macchina a vapore compromette le
condizioni statiche dellintero edificio e ne scrosta gli intonachi
ove sono pitture e decorazioni28. con questa Commissione, cui
apparteneva anche il Galante prima citato, che anche il riuso dei
monasteri come fabbrica viene sentito come problema e si accoglie, pertanto, per la prima volta, la protesta del rettore della chiesa dei SS. Apostoli che facea forti reclami al Municipio e alla Commissione perch i vicini lavoratori della fabbrica del tabacco, aveSullattivit della Commissione e sul rapporto documento-monumento si
veda il saggio dedicato a B. Capasso.
26
F. BOLOGNA, La coscienza storica dellarte in Italia, Torino, 1982, p. 188.
27
Appunti per materie da svilupparsi nelle varie tornate della Commissione
per la conservazione dei monumenti, Archivio Filangieri (AF), vol. 48, fasc. 6, s.d.
28
Ibidem.
25

74

NADIA BARRELLA

vano in uso di rovesciare grandi botti cariche della loro


mercatanzia. Il peso nelle cadute produceva notabili scotimenti
nel prossimo edificio sacro ed egli che se nera forte impensierito
() volgevasi alla Commissione perch se ne occupasse29. da
questultima, infatti, che venne consigliato adoperarsi una cos
detta gru o carrucola ben solida, col mezzo della quale si sarebbero eseguiti i traslocamenti di uno in un altro luogo, senza scotimenti
notevoli. E cos fu fatto30. Tutti gli edifici religiosi finora citati
sono oggetto dinteresse dei nostri uomini. Di S. Caterina a
Formello si riscontra e rileva il deplorevole abbandono. Oltre ai
soliti trasporti di materiali epigrafici nel Museo civico di Donnaregina, la Commissione, verificando che oltre il progressivo decadimento degli oggetti darte, oltre le vecchie deturpazioni, sapersero
altri vani per dar luce a novelle costruzioni, alterandosi la purezza
delle linee architettoniche, se ne richiam novellamente e reiteratamente presso lAmministrazione municipale31. E, se non altro si
legge nelle loro relazioni riusc ad evitare altri danni, che di certo
si sarebbero avverati, ovessa non avesse recisamente rigettato i
progetti di nuove costruzioni per sopralzamento di talune fabbriche poste accanto alla chiesa32. San Pietro Martire interessa il
nostro gruppo di esperti a partire dal 1880, anno in cui uno
spaventevole incendio scoppiato nella fabbrica dei tabacchi danneggi in modo non lieve33 la chiesa vicina. La deputazione municipale insistette in doppio senso presso il Comune: perch ottenesse dal Governo del Re un concorso ai provvedimenti necessari,
e perch esso stesso sovvenisse direttamente al bisogni di rinettamento ed altre opere occorrenti a notevoli dipinti su tavole. Che
se glinvocati provvedimenti si conclude nel documento
29
A. COLOMBO, Commissione per la Conservazione dei monumenti municipali.
Lavori compiuti dal giugno 1874 fino a tutto lanno 1898, Napoli, 1900,p. 37.
30
Ibidem.
31
Ivi, p. 39.
32
Ibidem.
33
Ivi, p. 43.

La soppressione dellasse ecclesiastico a Napoli: strategie di tutela

75

limitaronsi solamente a far ricollocare a posto i gi rimossi quadri,


non manc la commissione a vagliare la importanza artistica di
taluni frammenti in marmo ritrovati nel sottosuolo delledificio34,
nel 1883, in seguito ad un suo sopralluogo nella manifattura. Quei
marmi decorativi eran parte di una distrutta nicchia, opera finissima
del pi puro cinquecento. E dileguati glinsorti dubbi che quei
frammenti fossero appartenuti alla Cappella de Gennaro, sita nellomonima chiesa attigua, la Commissione deliber proporre al
Municipio chessi fossero custoditi nel Museo civico di Donnaregina: provvedimento in seguito pi volte sollecitato35. Il controllo,
stavolta, analitico, diversificato e molto costante36. Lobiezione
che giustamente pu muoversi che, anche in questo caso, scarso linteresse per lo spazio architettonico riutilizzato. Il convento
di S. Pietro Martire semplicemente la fabbrica di Tabacchi, lattenzione tutta rivolta alla chiesa e si recupera dellex convento
solo quanto poteva essere salvato come testimonianza materiale e
trasportato nel museo sede privilegiata di questo patrimonio ormai senza casa. Si faranno dopo alcune considerazioni al riguardo. Al momento opportuno completare il nostro discorso con
gli spazi conventuali modificati per il commercio. In questi casi il
discorso diverso perch, come si diceva in apertura, pi che di
trasformazioni si dovr parlare di distruzioni. Se si esclude un progetto dellarchitetto Antonio Francesconi che propone la riduzione a Gran Bazar del soppresso monastero di San Tommaso
dAquino, risulta veramente difficile individuare attivit commerciali strutturate allinterno dei monasteri soppressi. La proposta
Francesconi era legata al dibattito, molto sentito nella Napoli deA. COLOMBO, Commissione cit., pp. 43-44.
Ibidem.
36
Dal testo di A. Colombo si deducono tempi e modalit dintervento: nota
al Municipio del 10 dicembre 1880; adunanze del 7 e 8 aprile 1881. Nota al
Municipio del 30 aprile 1881; adunanza del 9 giugno 1881; comunicazione el
municipio alla commissione del 21 dicembre 1883, 20 febbraio 1884, 20 dicembre 1884, 18 novembre 1885, 30 giugno 1886, 20 marzo 1887, 6 giugno
1888 e 20 gennaio 1889.
34
35

76

NADIA BARRELLA

gli anni 50-60, dellutilit dei bazar allo scopo di scoraggiare la


vendita ambulante e prevedeva unampia modifica dello spazio
esistente, coperture in ferro e vetro e un dignitoso prospetto su
via Toledo, con rivestimento in marmi policromi nella parte centrale e in travertino nelle laterali. Il capitolato dei lavori, per,
non fu mai approvato37. A proposito del rapporto tra soppressione e creazione di ampi spazi per il commercio pu essere tuttavia
fatta qualche altra osservazione. Se le leggi eversive francesi avevano per la prima volta restituito alla funzione urbana ampi spazi
precedentemente esclusi dal sistema metropolitano, quelle
postunitarie consentono la realizzazione di quegli interventi per la
trasformazione della citt borghese che, fino ad allora, erano stati sempre impediti dalla presenza di propriet ecclesiastiche e complessi conventuali. Uno degli esempi pi noti riguarda la zona del
nuovo quartiere museo dove sullarea del convento di S. Maria di
Costantinopoli fu realizzata la Galleria Principe di Napoli, mal
riuscito tentativo di conciliare un porticato continuo che potesse
accogliere attivit commerciali, con uno sbocco adeguato alla strada postica, asse del nuovo quartiere borghese in tale parte della
citt38. Della Galleria Principe di Napoli merita di essere ricordato
il fatto che essa venne realizzata senza il quarto braccio sostituito da una nicchia semicircolare per la presenza della chiesa di
Santa Maria di Costantinopoli conservata per gli affreschi di
Belisario Corenzio. Sempre una chiesa, quella di Santa Brigida,
animer il dibattito sulla costruzione dellaltro grande centro della
vita commerciale e culturale cittadina: la Galleria Umberto I39.
Inaugurata nel 1892, la galleria vede di nuovo protagonista la
Per ulteriori dettagli su tale vicenda e, pi in generale sul dibattito per i
Bazar, cfr. A. BUCCARO, Opere pubbliche e tipologie cit., pp. 256 e ss, da cui
sono tratti anche i riferimenti al progetto Francesconi.
38
Oltre ai saggi gi citati e alla monografia di Ugo Carughi di seguito indicata si veda anche A. BUCCARO, Architettura e urbanistica dellottocento, in Storia e
civilt della Campania, LOttocento, Napoli, 1995, pp. 117-203.
39
Su questo argomento U. CARUGHI, La Galleria Umberto I. Architettura del
ferro a Napoli, Sorrento,1996.
37

La soppressione dellasse ecclesiastico a Napoli: strategie di tutela

77

Commissione municipale. La demolizione degli edifici circostanti


per i lavori alla costruzione della Galleria parte di questi era la
casa dei Padri Lucchesi soppressa nel 1862 aveva arrecato danni
alla chiesa in questione e segnatamente alla cupola40. A salvare
gli affreschi di Luca Giordano l dipinti, intervenne la nostra Commissione che giudic le puntellature costruite alla cupola non corrispondenti allo scopo e in quanto alle pitture, riconoscendone il
merito e necessit di conservarle, ritenne non potersi pronunziare
momentaneamente sul modo come preservarle da possibili guasti,
se prima non avesse cognizione deglintenti di chi doveva assicurare staticamente ledificio. La descrizione degli interventi che seguirono di estremo interesse. Occorrendo probabilmente, per i
lavori della Societ dellEsquilino cito ancora dal testo originale
guastare in parte alcune opere di pittura e di stucco, la Commissione giudic necessario, dopo attento e ripetuto esame, proporre
fra laltro: che la chiesa dovesse essere conservata perfettamente
nel modo come era, non solo per le pitture decorative, ma anche
per quelle prospettiche, essendo quel tempio unico in Napoli di
tal genere artistico: che il restauro dovesse farsi in modo da distruggere o danneggiare il meno possibile le antiche pitture, e che
le parti distrutte savessero riprodurre comerano in antecedenza.
E chiese fossero eseguite le fotografie dei dipinti o delle parti soggette a restauro, e fossero i lavori a farsi sottoposti alla sorveglianza di apposita sottocommissione41. Le premure della Commissione, in questo caso, ebbero concreti riscontri. Limpresa costruttrice
costru sottarchi a quelli gi esistenti ed intervenne restaurando a
sue spese gli affreschi.
Con S. Brigida, che potrebbe consentire ulteriori annotazioni
sui metodi di restauro proposti e sulluso della fotografia come

A. COLOMBO, Commissione... cit., p. 57.


Nota del Municipio alla Commissione del 14 giugno 1892. Adunanza del
22 e 30 giugno, 5 e 6 luglio 1892. Nota del Municipio dello stesso giorno. A.
COLOMBO, Commissione... cit., p. 58.
40

41

78

NADIA BARRELLA

strumento di documentazione42, siamo ormai arrivati alle soglie


del Novecento e alla fine della nostra deputazione municipale che
verr sostituita da unormai meglio definita organizzazione nazionale. Ne prender il testimone, per quel che concerne lo stretto
rapporto con la storia locale, la rivista Napoli Nobilissima43 che
ne continua il capillare lavoro di ricerca e la prevalente attivit di
denuncia. La rivista, attenta com alla conoscenza e alla sussistenza dei singoli monumenti e delle opere darte piuttosto che
alla grande trasformazione della citt, ne ripropone anche i limiti. Consapevoli dellimprescindibili dello sventramento i commissari, molti dei quali e non a caso divennero collaboratori
della rivista, avevano ritenuto molto pi concreto considerando
il loro ruolo esclusivamente consultivo salvare il salvabile, ricorrere al museo ex machina44 (il sistema museale napoletano nasce, di fatto, in questi anni), stimolare, con la parola e con gli
scritti lopera di tutela e di restauro e conservare divulgandolo
almeno il ricordo dei monumenti epigrafici, artistici e architettonici
che sarebbero stati coinvolti nella ristrutturazione urbana del
Risanamento. E non poco si scritto per Napoli Nobilissima ma il commento si adatta anche alla nostra Commissione
tenuto conto dellabitudine allora consueta a considerare le cose e
i giudizi dellarte come situati in certo modo al di sopra ed al di
La vicenda della chiesa di S. Brigida, di cui ho riportato alcuni stralci,
interamente descritta in A. COLOMBO, Commissionecit, pp. 57-60.
43
Cfr. N. BARRELLA, La tutela discentrata cit., pp. 105-107, e Ead, Come
capitoli di un libro per la storia della citt: la prima serie di Napoli Nobilissima,
tra erudizione, topografia e storia dellarte, in Le riviste darte in Italia dallOttocento allet contemporanea. Forme, modelli, funzioni, atti del convegno di studi,
Torino, 3-5 ottobre 2002 (in corso di stampa).
44
la definizione solitamente data al museo civico italiano, quello in cui
prende ad abitare ogni frammento dellarredo urbano rimasto senza casa. Su
questo argomento restano ancora insuperate le pagine di Andrea Emiliani ne Il
museo, laboratorio della storia, Milano, 1980, pp. 19-44. Sempre di Emiliani,
sullo stesso argomento, si vedano Il museo alla sua terza et, Bologna, 1985; e I
musei civili: significato storico di un modello italiano, in C. MOVIGI GOVI- A. MOTTOLA
MOLFINO, La gestione dei musei civili: Pubblico o privato, Torino, 1996.
42

La soppressione dellasse ecclesiastico a Napoli: strategie di tutela

79

fuori della stessa materiale sussistenza dei loro oggetti: ed ecco ancora un motivo di sostanziale novit che cio dovesse essere norma
di elementare coerenza culturale, lestensione del proprio giudizio,
dal ristretto ambito degli addetti ai lavori a quello pi vasto dellintero ambiente culturale; e questo evidentemente comportava anche
ladozione degli strumenti della polemica affinch lavvenuto riconoscimento di valori darte e di storia si conducesse fino alle ultime
conseguenze che consistevano appunti nella salvaguardia dei beni
che avevano testimoniato tali valori e nellassicurazione del loro
perpetuo godimento45.
con un giudizio tratto proprio da Napoli Nobilissima, ultimo documento sulla percezione ottocentesca del riuso per lindustria, che si conclude dunque questo scritto, ritornando ancora
una volta su di S. Pietro Martire. Ove era silenzio e tranquillit
si legge il rumore delle macchine e laffaccendarsi degli operai
attestano la ben pi proficua attivit del lavoro: i dormitori, i refettori, le celle, il chiostro dove ancor zampilla lacqua dellantico
formale, sono ora ingombri di tabacco lavorato o grezzo, che ammorba () laria circostante. Gli stemmi del Governo sono attaccati alle mura, gli agenti della Dogana stazionano le porte; e dalla
grande porteria, ove un tempo i buoni frati dai pingui visi soddisfatti ricevevano i lauti prodotti dei loro campi, si vedono uscire
adesso od entrare grosse balle di merce, che serve a fomentare uno
dei vizii pi incorreggibili e pi dannosi dellumanit.
Conservata sul davanti della chiesa la piazzetta, il cui lato
nord rimane aperto sul nuovo Rettifilo: e l, dove la Morte dalle
vuote occhiaie ammoniva la gente mondana a pensar vie di fare
forte in via di salvamento, ora serge la statua in bronzo di Ruggiero
Bonghi,() simboleggiando il trionfo del pensiero moderno sullantico46.
45
R. PANE, Benedetto Croce e Napoli Nobilissima, in Napoli Nobilissima,
1978, p. 17.
46
G. COSENZA, La chiesa e il convento di S. Pietro Martire, in Napoli Nobilissima, IX, 1900, p. 139.

Per la storia, le arti e le industrie:


metodi e obiettivi della ricerca di
Gaetano Filangieri nella Napoli di fine 800

Se si provasse a ripercorrere la bibliografia dei maggiori


contributi novecenteschi alla storia dellarte napoletana,
emergerebbe come dato costante il ricorso ai Documenti di
Gaetano Filangieri. Infatti, generazioni di studiosi hanno lavorato,
e lavorano ancora, su questo primo e fondamentale ristabilimento
erudito dei dati di fatto su basi documentarie1 pubblicato a partire
dal 1883. Il ricorrere continuo alla pagine filangieriane, per, non
ha mai portato2 ad una lettura del significato complessivo
dellopera n ad unindagine sull apporto dato dallautore alla
nascita di una storia dellarte napoletana. Eppure il principe di
Satriano, anche a volersi fermare ad una verifica superficiale della
sua attivit, appare tra i personaggi pi interessanti della Napoli
postunitaria. Vivace componente dei diversi organi periferici di
tutela operanti nel territorio cittadino3, egli seppe individuare e
condividere alcuni dei pi interessanti spunti di quellacceso

F.BOLOGNA, Dalle arti minori allindustrial design. Storia di unideologia,


Laterza, Bari, 1968, p. 247.
2
Complice, forse, la generale disattenzione per la cultura tardo-ottocentesca
che ha caratterizzato a lungo gli studi di storia della critica darte.
3
Si fa riferimento alla Commissione Municipale e alla Commissione
Provinciale per la Conservazione dei Monumenti, primi tentativi del nuovo Stato
unitario di predisporre strumenti e istituzioni per la tutela decentrata del
patrimonio storico-artistico. Al riguardo cfr. N. BARRELLA, La tutela dei monumenti
nella Napoli postunitaria, Luciano Editore, Napoli, 1996; G. FIENGO, Tutela e
restauro dei monumenti in Campania 1860-1900, Electa, Napoli, 1993
1

82

NADIA BARRELLA

dibattito, politico e culturale, che port alla nascita del servizio di


tutela nazionale. Recuperando inoltre, anche dalla tradizione
familiare4, il ruolo del museo come servizio sociale cre un sistema
di grande modernit trasformando la sua creatura, il Filangieri5
di via Duomo, in una macchina perfetta, non solo per il suo
progetto culturale ma anche per il raffinato e colto percorso
espositivo. Instancabile organizzatore, seppe coordinare una fitta
rete di ricercatori che gli consent dapprima di pubblicare i sei
volumi dei Documenti6, poi dipotizzare un libro sulla storia
dellarte in Italia di cui restano frammenti, tutti ancora da studiare,
4
Il museo come spazio della ricognizione sperimentale e immediata ritenuto
un fondamentale luogo di formazione dal nonno del nostro autore, il filosofo
Gaetano Filangieri (1752-1788) ne La Scienza della Legislazione, [II ed. siciliana,
Catania, 1833, Libro IV, T.VIII, pp.20 e ss.] ed oggetto di uninteressante
Proposta per la creazione di una scuola politecnica che Carlo Filangieri (17841867), padre del nostro Principe, sottopose, nel 1831, a Ferdinando II di
Borbone (C. FILANGIERI, Proposta per la creazione di una scuola politecnica,
1831, Archivio del Museo Filangieri, Vol. 3, fasc.42).
5
Il Museo Gaetano Filangieri Principe di Satriano, fondato nel 1882 nel
quattrocentesco Palazzo Como fu pensato, sin dal suo nascere, come il fulcro di
una precisa politica culturale interessata da un lato, alla conservazione dei
monumenti (Palazzo Como era stato salvato dal piccone demolitore grazie
allintervento della Commissione Municipale), dallaltro allo sviluppo industriale
di Napoli. La fondazione del museo, infatti, proseguiva la linea ideale che, nel
1878, aveva portato il Filangieri stesso a presiedere il Museo Artistico-Industriale
scuola officine di Napoli. Con questultimo museo, come si dir anche in seguito,
il Principe di Satriano aveva tentato di riunire in ununica istituzione diverse
necessit dellepoca: listruzione industriale ed il design, la teoria e la pratica
della produzione industriale, il recupero del passato (nelle forme) e laggancio
con il futuro (nelle tecniche). Attrezzato di laboratori ed officine, lArtisticoIndustriale scarseggiava di modelli utili ai futuri designer. Il Museo di via Duomo
diventa il luogo dove studiare e copiare i modelli. Due istituzioni diverse sono
unite, grazie a Filangieri, da un unico obiettivo ideale: il museo inteso come
strumento didattico, luogo di studio e di crescita della citt. Al riguardo cfr. N.
BARRELLA, Il Museo Filangieri, Guida, Napoli, 1988.
6
G. FILANGIERI, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle provincie
napoletane, Tipografia dellAccademia Reale delle Scienze, Napoli, voll.I-VI,
1883-1891 (in seguito indicati solo come Documenti).

Per la storia, le arti e le industrie

83

allinterno del suo archivio7. Queste attivit sono strettamente


collegate tra loro. Il filo rosso Napoli, la sua storia da ricostruire
con gli strumenti che il tempo metteva a disposizione; le tracce
del suo passato da difendere come parlanti documenti della storia8
e un futuro da organizzare nel presente, trasformando lantica
tradizione artigiana in produzione industriale. I Documenti sono
dunque lobiettivo intermedio di un grande sogno9, unutopia
che doveva far parte, probabilmente, del bagaglio culturale
ereditato dal nonno illuminista. Essi appaiono inoltre un punto di
partenza per individuare, pi che risolvere, i numerosi interrogativi
che lopera di Gaetano Filangieri pone a quanti oggi, finalmente,
stanno affrontando le origini della storia dellarte in Italia, le
metodologie di approccio ai suoi materiali e i loro nessi, strettissimi,
con la nascita delle prime istituzioni di tutela.

Allorigine del progetto dei Documenti


La prima domanda, quella pi ovvia, riguarda lorigine del
progetto. A sessantanni pare abbia detto Gaetano Filangieri si cessa di essere uomo di azione e si diventa uomo di studio10.
Non so se sia davvero del principe questa espressione, ma
indubbiamente appare coerente con le sue scelte di vita. Nato nel
1824, Gaetano Filangieri11 comincia a contribuire alla vita culturale
7
Cfr. R. De LORENZO- N.BARRELLA, Ritratto di famiglia in un museo,Istituto
per la Storia del Risorgimento Italiano, Comitato di Napoli, Napoli, 1996
8
lespressione usata dallo stesso Filangieri nellintroduzione al IV volume
dei Documenti.
9
Sul progetto culturale del Principe cfr. anche E. ALAMARO, Il sogno del
Principe, in Faenza, nn. 1-2. 3-4, a. LXX (1984) e nn. 1-2, 3-4 a. LXXI (1985).
10
Riporto un affermazione del Principe di Satriano che mi fu riferita, molti
anni fa, dal Barone Franceso Acton allepoca direttore del Museo Filangieri.
11
Per cenni biografici su Gaetano Filangieri cfr. la voce a cura di G. Fagioli
Vercelloni, Gaetano Filangieri in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto
della Enciclopedia Italiana, Roma, 1997, vol. XLVII, pp.583-585.

84

NADIA BARRELLA

napoletana solo sul finire degli anni 70 quando coinvolto


nellorganizzazione dellEsposizione Nazionale di Belle Arti. Degli
anni precedenti si sa molto poco. E sicuramente tra i firmatari
della petizione a Francesco II per la costituzione da dare al Regno
e, subito dopo lUnit, tra i candidati di una lista di conservatori,
cattolici e patrioti, pubblicata ne La tromba cattolica del 9 ottobre
1866. Rifiutando la sterile opposizione limitata alle sole proteste,
Gaetano Filangieri dovrebbe potersi ascrivere tra quanti, animati
da una certa avversione verso lo Stato sabaudo, avevano puntato,
proprio negli anni 60, allintervento attivo in politica attraverso la
costituzione di un polo conservatore che, ravvicinando diversi
gruppi politici, avrebbe dovuto assicurare la pi salda guarentigia
degli interessi di Napoli e del Sud, offesi dalla politica accentratrice
e livellatrice del nuovo stato unitario e che avevano diritto di
essere riparati12. Dopo il 1866 di Filangieri si perdono notizie.
Daltra parte, stando ad un suo breve profilo biografico, scritto da
Lylircus, egli avrebbe scelto di togliersi dalla vita politica per
iniziare incessanti peregrinazioni a traverso tutti i pi cospicui
centri dEuropa. E fu in tale occasione si legge chegli abituossi
[...] a starsi ognora tra artisti ed industriali, a consacrarsi in una
parola, con integrit di propositi, a tali discipline. Unico suo scopo
vedere rifiorire le patrie industrie e rendere meno sconsolato di
amarezze ed angustie il lavoro delloperaio, men triste e severa la
sua sorte13. Limpegno per la citt, com evidente, non in
alcun modo accantonato. Viene, semplicemente, riorientato grazie

La citazione tratta dalleditoriale del giornale La Borsa del 10 maggio


1865. Tra i tanti emersi negli anni 60, La Borsa pu essere in qualche modo
considerato lorgano di questo polo conservatore cui appartenne Filangieri. Al
riguardo cfr. A. SCIROCCO, DallUnit alla prima guerra mondiale, in Storia di
Napoli, X, Napoli, Societ editrice napoletana, 1971,pp.1-124. e Id., Il
Mezzogiorno nellItalia unita ( 1861-1865), Societ editrice napoletana, Napoli,
1979.
13
Lylircus (E. CERILLO), Profilo biografico di Gaetano Filangieri, Napoli, s.d.,
p. 11.
12

Per la storia, le arti e le industrie

85

ad una straordinaria coincidenza tra gli interessi del Principe e il


dibattito che, proprio in quegli anni, animava buona parte dellelite
culturale napoletana alla ricerca di nuove espressioni artistiche,
moderni strumenti di educazione e aggiornati criteri di studio della
storia.
Eterogenea per et e per formazione, questa cerchia di uomini
mescolava vecchio e nuovo, tenendo ancora saldata, in organica
unit, lultima Napoli borbonica e la prima Napoli italiana, quella
dei nostalgici del precedente regime e quella dei fautori ed epigoni
del movimento risorgimentale. LEsposizione nazionale di Belle
Arti del 1877 e il contemporaneo III Congresso Artistico sono il
primo momento pubblico di questo gruppo di cui fanno parte,
sia pure con ruoli e in tempi diversi, Domenico Morelli, Filippo
Palizzi, Demetrio Salazaro, Giuseppe Fiorelli e Giulio Minervini.
Intorno a questo evento si aggrega quanto di meglio Napoli, in
quegli anni, riesce ad esprimere relativamente al fare, scrivere e
tutelare larte. Il fare arte sincarna in Palizzi e Morelli e nella loro
ricerca di un nuovo linguaggio figurativo, di una nuova didattica
dellarte e di una sperimentazione pittorica su materiali quali la
maiolica e la ceramica. Anche Demetrio Salazaro un pittore, ma
dal 1860 ha intrapreso una nuova carriera come Ispettore Generale
delle Gallerie dello Stato 14 e collabora, con Fiorelli, alla
conservazione del patrimonio storico-artistico. Negli anni 60,
inoltre, comincia quel lavoro di ricognizione sui monumenti
dellItalia meridionale che lo porter a pubblicare, nel 1871, gli
Studi sui monumenti dellItalia meridionale, primo tentativo
limitato tuttavia da una lettura formale estremamente debole - di
fondere ricerca documentaria e verifica de visu del patrimonio
artistico meridionale. La ricerca documentaria invece il campo
Nel 1861 reggente dUfficio dIspettore nel Museo Nazionale di Napoli,
nel 1862 responsabile della 1 sezione e dal 1863 responsabile della Pinacoteca.
Su D. Salazaro cfr. N.BARRELLA, La tutela... cit., pp. 23-89. Cfr. anche, presso la
Societ Napoletana di Storia Patria, linventario del Fondo Salazar a cura di
Silvana Musella.
14

86

NADIA BARRELLA

dazione privilegiato da Giulio Minervini che, dal 1876, membro


della Societ Napoletana di Storia Patria.
La molteplicit di anime della Napoli postunitaria, si
giustamente detto, trova fattore di identit e di aggregazione
proprio nel culto delle memorie locali, nel bisogno di ripercorrere
la storia preunitaria del Mezzogiorno, di farsene una ragione, di
darsene un esplicazione annodata intorno ad un filo valido alla
luce della dominante cultura positivistica15. La Societ Napoletana
di Storia Patria, di cui spesso torneremo a trattare, fu lespressione
pi significativa di questo clima intellettuale.
Vari e complessi furono quindi gli stimoli che Gaetano Filangieri
dovette ricevere nel momento in cui, possedendo una delle pi
grandi collezioni private della citt, venne chiamato ad esibire
molti dei suoi tesori nellEsposizione di Arte Antica (sezione
dellEsposizione nazionale di Belle Arti) ed a presiederne i lavori.
La raccolta darte antica fece nascere il desiderio di unesposizione
permanente e stabile che raccogliesse il maggior numero possibile
di oggetti darte applicata. dai lavori del 1877, dunque, che
nacque lidea di istituire a Napoli un Museo Artistico Industriale.
Si pens-infatti- che i migliori tesori dellarte che giacevano poco
meno che ignorati presso i privati cittadini erano stati recati alla
gran mostra solo per onorare il nome napoletano, quanto
maggiormente si sariano prestati se avessero dovuto servire al
risorgimento di quelle industrie artistiche che fanno ancora
desiderare in Europa i suoi prodotti ora purtroppo diventati solo
una ricordanza presso di noi! E, come duno nasce un altro e pi
fecondo pensiero e se laccoglie chi per autorit di nome e per
potenza di stato, pu attuarlo esso piglia forma di possibile fatto,
questo del Museo Artistico Industriale ebbe una sua buona fortuna:
il ministro della Pubblica Istruzione De Sanctis, napoletano, lo
accolse e, come si fa da chi veramente vuole, pose locchio sopra

G. ACOCELLA , G. CACCIATORE, F. TESSITORE, Istituzioni ed lites culturali, in


AA.VV., Le Regioni dallUnit ad oggi. La Campania, Einaudi, Torino, 1990.
15

Per la storia, le arti e le industrie

87

uomini che amavano e sapevano fare16. Gli uomini erano Palizzi


e Morelli, che da tempo andavano sostenendo la necessit di un
museo industriale da realizzarsi sul modello inglese, Demetrio
Salazaro che, in occasione del III Congresso Artistico, aveva votato
per listituzione di un Museo Industriale nellistituto darte, Giulio
Minervini, Annibale Sacco, il Marchese di Campodisola, e Gaetano
Filangieri, nominato Presidente della Commissione Istitutiva del
Museo Artistico- Industriale17.
Non questa la sede pi adatta per ripercorrere la vicenda
della paternit del Museo Industriale18, ma questulteriore incarico
che segna definitivamente lentrata di Gaetano Filangieri nella vita
culturale della citt. Alla Presidenza del museo, infatti, si
susseguono, rapidamente, la nomina a componente delle due
Commissioni per la conservazione dei Monumenti (quella
municipale e quella provinciale 19 ) e lingresso da socio e
collaboratore nella Societ Napoletana di Storia Patria. Non ci
dato di sapere dove si siano incontrati. Quel che certo che
nella vita e nelle scelte di Gaetano Filangieri irrompe Bartolomeo
Capasso e il suo metodo storico20. Con Don Bartolommeo,

Avvertenze delleditore. Relazione sul museo artistico industriale, Napoli,


1879, pp. 3 e ss.
17
La commissione era completata dai sigg. De Luca e Sorrentino.
18
Al riguardo N. BARRELLA, Il Museo Filangieri cit.; E. ALAMARO, Il sogno del
principe cit., e AA.VV., Il sogno del principe, Centro Di, Firenze, 1984
19
Sulla Commissione municipale cfr. N. BARRELLA, La tutela discentrata: la
Commissione municipale per la conservazione dei monumenti dal 1874 a Napoli
Nobilissima, in Beni culturali a Napoli nellOttocento, atti del convegno di studi,
Napoli, 5-6 novembre 1997, Ministero per i beni e le attivit culturali, Roma,
2000, pp.93-110.
Sulla Commissione provinciale cfr. il saggio dedicato a Capasso in questo
stesso volume.
20
Per una completa revisione dellattivit di Bartolomeo Capasso cfr.
Bartolomeo Capasso, cit. e S. PALMIERI, Bartolommeo Capasso e ledizione delle
fonti storiche napoletane, in Napoli Nobilissima, V serie, Napoli, settembredicembre 2001.
16

88

NADIA BARRELLA

laffinit immediata, condividono limmenso amore per Napoli


e per la sua storia, linteresse per le testimonianze materiali del
passato e una cultura attenta ai valori dellesperienza ed ai fatti
provati. Filangieri, per, non ha alle spalle il mestiere di storico.
La sua preoccupazione iniziale, come si detto, lindividuazione
di un nuovo ruolo da dare allex capitale.
Il progetto del Museo Artistico Industriale soddisfa uno dei
suoi bisogni pi urgenti: fornire lapplicazione tecnica
professionale e le scuole officine. Io credo- scrive Filangieri al
ministro Minghetti- che un Museo Artistico-Industriale come
conviene a noi nel nostro stato presente debba constare di tre
parti, di una raccolta di modelli antichi e moderni; di una scuola
dove si insegni disegno e plastica propria alle industrie, e
soprattutto delle scuole officine, ove si apprenda la tecnica delle
diverse lavorazioni. Simili scuole, continua Filangieri, non possono
avere un indirizzo unico. E infatti necessario adattarsi ai bisogni
locali, se a Napoli esistono 6500 operai lavoratori in legno
opportuno correggere e migliorare questo mestiere. Altrove sar
unindustria diversa su cui bisogna concentrare lo studio, perch
pi consona alle tradizioni locali, alla natura del suolo e finalmente
alla frequenza con cui viene attualmente esercitata 21.
Bisogni locali, tradizioni locali, studio della realt locale. Alle
necessit del Museo Artistico-Industriale corrisponde perfettamente
il programma di Capasso e della Societ Napoletana di Storia
Patria fondata per promuovere gli studi di storia napoletana e
pubblicare a tal fine documenti e ricerche. Espressione del processo
di risoluzione dei vecchi centri politici della penisola nel nuovo
stato unitario, Storia patria infatti mirava a comporre una sintesi
equilibrata tra antichit storiche locali e rinnovata dinamica

Lettera di Gaetano Filangieri al Ministro Marco Minghetti, Napoli, 13


maggio 1884. La lettera, conservata presso lArchivio dellIstituto darte di Napoli
( AISANA) , Corrispondenza, vol .2 , n. 672 pubblicata in AA.VV., Il sogno
del principe, cit., p. 117.
21

Per la storia, le arti e le industrie

89

nazionale22. Tale sintesi, bene precisarlo, non implicava il tentativo


di minimizzare dati caratterizzanti e tradizioni delle province
napoletane quanto, piuttosto, una ancora pi precisa volont di
definizione delle loro peculiarit. Definizione e, ovviamente,
conservazione. Capasso e gli altri membri della Societ entrano
tutti a far parte dei diversi organi di tutela che operano sul territorio
campano o come diretta emanazione del Ministero della Pubblica
Istruzione o come scelta autonoma del municipio. Per loro, il
rispetto della realt storica napoletana tuttuno con la conoscenza
e, dunque, sinonimo di fatto accertato, di documento. Tra
documento e monumento, in questi anni, non c alcuna differenza.
I due termini vengono usati indifferentemente.
Allinterno delle commissioni questi uomini curavano che non
andassero disperse le opere darte, i pi vivi documenti della
storia, come componenti della Societ pubblicano documenti
da far confluire nei Monumenta. La storia da loro protetta e
ricostruita. Filangieri sceglie di seguire lo stesso percorso,
funzionale ai suoi obiettivi di Presidente del Museo Industriale e
22
Sulla Societ Napoletana di Storia Patria restano estremamente utili gli
scritti di B. CROCE, La Societ Storica Napoletana e la Napoli Nobilissima, in
Pagine sparse, Napoli, 1919, pp. 2 -7; E. PONTIERI, Benedetto Croce e la Societ
Napoletana di Storia Patria, in Archivio Storico per le Province Napoletane (
in seguito ASPN), XXXIV, 1953-54, pp. 3-20; A. PARENTE, Preistoria della Societ
Storica Napoletana, in Scritti in onore di Riccardo Filangieri, vol. III, Napoli,
1959, pp. 614 e ss.; E. PONTIERI, Nella ricorrenza del primo centenario della
Societ Napoletana di Storia Patria, in ASPN, XV, 1977, pp. 9-30; B. CROCE, La
vita letteraria a Napoli dal 1860 al 1900, in La letteratura della nuova Italia,
Laterza, Bari, 1938; G. ACOCELLA, G. CACCIATORE, F. TESSITORE, op.cit.; S. MUSELLA,
Le Societ di Storia Patria e la storia locale nellOttocento: il caso napoletano, in
Beni culturali a Napoli.. cit., pp. 245-252. Fondamentali per la comprensione
del contesto culturale in cui oper la Societ, sono inoltre: il volume X della
Storia di Napoli cit., il libro a cura di Giuseppe Galasso, Napoli, Laterza, Bari,
1987, le recenti riedizioni di Croce, curate sempre da Galasso per lAdelphi di
Milano (Contributo alla critica di me stesso, 1989; Teoria e storia della storiografia,
1989; Storie e leggende napoletane, 1990) e ancora, dello stesso autore, Croce e
lo spirito del suo tempo, Il Saggiatore, Milano, 1990.

90

NADIA BARRELLA

d innamorato della citt partendo, forse proprio per questultima


ragione, dalla battaglia per la salvezza dei monumenti che sembra
interessargli di pi. Nel suo archivio, databili in questi anni,
compaiono spesso Appunti per materia da svilupparsi nelle varie
tornate della Commissione23 ed soprattutto allazione di controllo
del territorio che dedica molta parte del suo tempo. Nel 1880,
durante uno dei suoi sopralluoghi, nella Chiesa di San Pietro a
Majella, Filangieri scopre al di sotto della densa imbiancatura di
calce delle tracce di pittura a fresco a modo di medaglioni. Il
confronto con il tecnico immediato. Ne parla a Domenico Morelli
affinch gli suggerisca dei nomi di artisti pittori, per far cavare
una copia di tali avanzi. Lincarico viene affidato ai pittori Vetri e
Pistilli24 che posti a studiare i pochi indizi che apparivano di tali
pitture, compresero che a forza di semplici lavature di acqua,
operate con un pennello a spazzola avrebbero potuto facilmente
nettarle dallo strato di calce che le copriva25. In poco tempo viene
fuori un largo affresco. Gennaro Aspreno Galante contribuisce
allo studio delliconografia, Nunzio Faraglia, Camillo Minieri
Riccio e Bartolomeo Capasso sono coinvolti nella ricerca dei
documenti relativi allintero complesso monumentale.
Nel 1881 Gaetano Filangieri pubblica il suo primo contributo
alla conoscenza delle cose darte napoletane ricostruendo, grazie
ai risultati ottenuti da questo primo lavoro di squadra, la storia
degli affreschi scoperti26. Nello stesso anno, sullArchivio Storico,
Capasso scrive i suoi Appunti per la storia delle Arti in Napoli,

Cfr. gli elenchi dei volumi pubblicati da R. DE LORENZO E N. BARRELLA in


Ritratto di famiglia.. cit.
24
Noto agli storici dellarte Paolo Vetri ( 1855-1937), allievo e genero di
Domenico Morelli. Scarne sono invece le notizie su Ulrico Pistilli, nato a Napoli
nel 1854 e ricordato da M. SCALINGER, I pittori a Napoli, in Napoli doggi, Pierro,
Napoli, 1900, pp. 293-328.
25
G. FILANGIERI, Di alcuni dipinti a fresco in San Pietro a Majella, Tip. Sellitto,
Napoli, 1881, p. 3.
26
G. FILANGIERI, Di alcuni dipinti a fresco... cit.
23

Per la storia, le arti e le industrie

91

notizie e documenti riguardanti la storia delle arti in Napoli che


potranno per avventura servire a rettificare o ad ampliare le
cognizioni, che sullargomento si hanno nelle Vite degli architetti,
scultori e pittori napoletani di Bernardo de Dominici27. La strada
che porter alla nascita dei Documenti ormai spianata.

Cronologia e tematiche dei Documenti


Egregio e Chiarissimo Comm.re Capasso, avendo fermato il
proposito di pubblicare per gli eleganti tipi della casa Treves alcune
monografie illustrate con disegni dei nostri pi valorosi artisti
intercalati nel testo, come han praticato in Francia il Viollet Le
Duc ed altri. Dette monografie cominceranno con quella di S.
Pietro a Majella e di San Lorenzo, affinch se mai destino che
tutta questa superba massa di monumenti di arte debba andare
sempreppi distruggendosi per la incuria o maltalento dei nostri
amministratori, si serbi almeno ne disegni onorata ed aperta
memoria. Ad arricchire in questo il mio lavoro nella sua parte
storica mi sono affrettato a far eseguire delle ricerche in ispecial
modo intorno a San Pietro a Majella. Per dellArchivio dei
PP.Celestini che diceasi trasferito allAlbergo dei Poveri, non si ha
il menomo avanzo, essendo stato sventuratamente saccheggiato
nel 1799. Per modo che al mio incaricato di tali ricerche finora
stato impossibile di rinvenire alcun che sulle origini e sulle fasi
diverse dello interessante e sventurato monumento. Stando cos le
cose, io mi rivolgo a lei la cui amicizia e benevolenza non mi fece
mai difetto, perch voglia compiacersi dindicarmi a quali fonti
possibilmente sia facile poter ottenere sicure e genuine e non sul
genere delle viste e viste e ricopiate mai sempre da tutti i compilatori
di nostre memorie patrie. Ma tal domanda la estendo pure per ci

27
B. CAPASSO, Appunti per la storia delle arti in Napoli, in ASPN,vol. VI, a.
1881, Napoli, p. 68.

92

NADIA BARRELLA

che riguarda la Chiesa di San Lorenzo di cui ho gi il sentore che


il mio incaricato abbia trovato qualche documento. Sicuro pertanto
che tutto ci non sia per darle noia maffermo di lei egregio
Comm.re coi pi veri sensi di profonda stima ed amicizia. Gaetano
Filangieri28.
Questa lettera, datata 12 dicembre 1880, segna
verosimilmente lavvio della grande opera di ricognizione delle
fonti per la storia dellarte napoletana. Il progetto iniziale, come
si evince dalla lettera a Capasso, per in parte diverso dalla
successiva realizzazione. Prevale, in questa prima ipotesi
dintervento, la volont di procedere per eleganti monografie
illustrate seguendo un modello francese, Viollet le Duc 29,
probabilmente richiamato anche dallimpianto medioevale delle
due chiese citate. Il desiderio di recuperare fonti scritte in grado di
superare la precariet della bibliografia precedente, apre, in ogni
caso, la strada a quella complessa rete informativa, fatta di amici
e collaboratori, che avviciner sempre di pi Filangieri
allappassionata ricerca di documenti e alla novella scuola storica
che si fa a richiedere documenti certi e irrefrenabili su cui fondare
i suoi giudizi30. A partire dal 1881, il ricorrer ognor maggiore
agli archivi pubblici, quel frugare tutto e da per ogni dove con
animo intento allopera di rettificazione che si affida soltanto nella
scrupolosa ricerca del vero31, attestato dalla notevolissima
quantit di lettere e di minute conservate presso lArchivio
Filangieri. Collaboratori appositamente pagati, amici e sodali delle
diverse Societ Storiche italiane collaborano nellassidua ricerca
di fonti documentarie. La monografia della gi citata chiesa di
28
Lettera di Gaetano Filangieri a Bartolomeo Capasso, Napoli,12 dicembre
1880, Archivio del Museo Filangieri (in seguito AMF), B.40 f.1
29
Su Eugne Emmanuel Viollet le Duc (1814-1879) cfr. AA.VV., Viollet le
Duc, larchitettura del desiderio, Napoli, 1980 e A. M. DE STEFANO, Viollet le
Duc. Un architetto nuovo per conservare lantico, ESI, Napoli, 1994.
30
Documenti, vol. II, 1884, p. VIII.
31
Ibidem.

Per la storia, le arti e le industrie

93

San Pietro ancora il pensiero dominante in una lettera inviata


allarcivescovo di Napoli nellottobre 188132 ma estremamente
probabile che la quantit di documenti recuperati nei diversi archivi
napoletani sul cospicuo patrimonio monumentale della citt stia
rapidamente modificando il progetto filangieriano. Nel novembre
dello stesso anno, infatti, Filangieri, scrivendo al Ministro di Grazia
e Giustizia, sembra aver accolto linvito fatto da Capasso nei suoi
Appunti. Mosso dallamore che sente grandissimo verso il proprio
paese il Principe si dato ad illustrare in varii modi la storia delle

Sono da qualche tempo occupato a scrivere e a raccogliere i materiali per


la monografia intorno alla chiesa e convento di San Pietro a Majella qui a
Napoli, che intendo corredare di una quantit di disegni ad illustrare
maggiormente il mio scritto. V.E. Rev. certamente dallalto del suo acume ben
vede quale sia il mio scopo che tende alla maggior gloria e splendore della
nostra sacrosanta Religione, i cui pi insigni monumenti lignavia dei presenti
lascia disonestamente languire nella pi abietta dimenticanza. E San Pietro a
Majella n un esempio, giacch malgrado la sua bellezza architettonica ed
artistica e la lunga serie di fatti gloriosi che ad essa si collega nello stato di pi
miserando oblio. Ora a discorrere delle sue origini e della sua vita a traverso i
secoli, rari documenti ed incerti ritrovo, giacch il suo archivio fu distrutto nel
1799 e quello dei P. P. Celestini dellAbbadia Morronese disperso, essendo
stato parte trasferito a Monte Cassino e parte delle pergamene convertite in
pelli per tamburelli e per far colla, come mi dice il Minieri Riccio. Al grande
archivio di Stato di Napoli eguale assenza di documenti e gli amici archeologi
da me sollecitati con lettere pur essi non trovano nulla; come nulla mi d un
diligente spoglio di tutti gli storici e cronisti napoletani, salvo poche notizie e
che si contraddicono tra loro; e che pappagallescamente ripetono tutte le guide.
Ununica e sola speranza mi resta e questa nelle sue mani. Nellarchivio della
Curia Arcivescovile debbono per certo esistere i processi verbali di chi sa quante
sante visite fatte dai prelati del tempo per secoli e secoli. Deh! Permetta lE.V.R.
che io, affin solo di bene e perch sia richiamata maggiormente lattenzione del
Governo su di un cos interessante sacro monumento per cui spero migliori
giorni, possa fare eseguire delle ricerche dal mio Segretario. Lantica bont e
deferenza che Ella sempre mi ha addimostrata e la santit del mio scopo, mi
fanno augurare che V.E.R.a sia per far paghi i miei voti co quali passo a baciarle
le mani. Lettera di G.Filangieri a Mons. Sanfelice, Napoli 27 ottobre 1881,
AMF, B. 40 f. 1.
32

94

NADIA BARRELLA

belle arti e delle industrie artistiche dellItalia Meridionale; storia


rimasta finora per diverse ragioni o ignota, o avvolta fra mille
errori; tanto che a giudizio deglintelligenti, essa tutta intera da
rifare. A raggiungere un tal fine necessario il ricercare e mettere
in salvo quanto ancora possibile rintracciare di antiche memorie
e documenti dogni fatta riguardanti le arti e gli artisti di queste
nostre provincie; le quali, meno fortunate di altre nel conservare i
patrii ricordi, videro pi volte, nei rivolgimenti dei tempi passati,
distrutti insieme ai loro monumenti anche le carte che ne
tramandavano notizia ai posteri. Di tanta massa di carte antiche
ben poche ora ne avanzano, e quelle poche neppure facile
rinvenirle e trarne partito; e giacciono tuttora ignorate ed ascose
nei pubblici e privati depositi. Uno di essi, e forse quello che d
maggiori speranze di felici risultamenti nelle suddette ricerche,
lArchivio Notarile di questa citt, ed il sottoscritto desideroso di
studiarvi a fin di proseguire glintrapresi lavori sulla storia dellarte,
prega lE.V., il cui patriottismo ben noto, a volergli agevolare
unopera che ha per iscopo la gloria dItalia33, col permettergli di
accedere nel detto Archivio in tutte le ore in cui aperto; ricercare
nelle Schede e Protocolli, che ivi si conservano, quei documenti
che si riferiscono alle arti e alle industrie, e trarre copia degli stessi
senza pagare alcun diritto: nei quali lavori gli sia lecito avvalersi
di quelle persone di sua fiducia, di cui sar uopo, e di cui il
sottoscritto sar pienamente responsabile34.
In un brevissimo volgere di tempo, Filangieri ha dunque
riformulato i propri obiettivi e modificato anche i modelli di
riferimento. Probabilmente grazie alla Societ napoletana di Storia
Patria ed ai numerosi congressi storici cui partecip ( il primo dei
quali fu tenuto a Napoli nel 1879), il Principe dovette convincersi
Il desiderio di contribuire a rafforzare lidentit nazionale emancipando
gli studi dal predominio straniero un altro topos che Filangieri recupera dalla
storiografia positivistica italiana.
34
Lettera di Gaetano Filangieri al Ministro di Grazia e Giustizia, Napoli, 14
novembre 1881, AMF, B. 40, f. 1.
33

Per la storia, le arti e le industrie

95

di come la storia artistica, divenuta sulla traccia dei viennesi e dei


tedeschi, storia autonomia e scientifica, trovasse il suo momento
di partenza proprio nel riesame della situazione documentaria. A
le Duc si sostituisce Cesare Cant e, soprattutto, Gaetano Milanesi
che, sin dal 1866, aveva posto laccento sul vantaggio che lo storico
dellarte moderno, in analogia con lo storico tout court, poteva
ricevere dalle fonti darchivio: il moderno scrittore della storia
aveva scritto ne La Nuova Antologia - se ha vantaggio sopra i
passati, questo gli viene massimamente dal potere di usare i
documenti raccolti da uomini pazienti e studiosi. Io so che alcuni
riguardano queste fatiche quasi con disprezzo. Ma di grazia,
potrebbesi egli giammai avere storia vera dellarte, senza di esse?35.
A partire dal 1881, Filangieri individua come suo il ruolo del
ricercatore paziente e studioso, rintraccia le antiche memorie e
documenti dogni fatta riguardanti le arti e gli artisti napoletani e
rinnova una storia dellarte insufficiente e inesatta.
Al pacato invito rivolto da Capasso a rinnovare lo studio
dellarte napoletana attraverso la ricerca di documenti -e a
dimostrazione della reale convergenza di metodi e obiettivi tra i
protagonisti della Societ storica napoletana- aveva gi risposto,
a distanza di un anno, Nunzio Federico Faraglia che, sempre
sullArchivio Storico, pubblicava il saggio sulle Memorie degli
artisti napoletani pubblicate da Bernardo de Dominici36 vero e
proprio processo, dinanzi al tribunale dellevidenza
documentaria, della principale fonte per la storia dellarte
napoletana. Lo scritto di Faraglia, utilizzando un metodo filologico
assai simile a quello utilizzato da Capasso per la Cronaca di
Ubaldo, evidenzia le contraddizioni e le inesattezze del testo
dedominiciano dimostrando apocrifi i manoscritti dei vari Marco
G. MILANESI, Dellerudizione e della critica nella storia delle belle arti, in
La Nuova Antologia, 1866, I, pp. 442-450.
36
N. F. FARAGLIA, Le memorie degli artisti napoletani pubblicate da Bernardo
De Dominici. Studio critico, in ASPN, VII, 1882, pp. 328-364; VIII, 1883, pp.
83-110; 259-286.
35

96

NADIA BARRELLA

Pino, Notar Crisconius e Massimo Stanzione che lo storico


settecentesco era solito citare nelle Vite a garanzia delle proprie
asserzioni37. Smentire il falsario38 sar uno dei principali obiettivi
anche della ricerca del Principe che, in pari tempo, per, rafforzer
e preciser il suo iniziale desiderio di conoscere con esattezza per
promuovere una pi che scrupolosa conservazione dei patrii
monumenti.
Che il solo contributo di fonti documentarie non basti al
Filangieri credo sia evidente dalla profonda differenza esistente
tra il primo volume dei Documenti ed i cinque successivi. Le
Effemeridi delle cose fatte per il duca di Calabria (1484 1491) di
Joampiero Leostello da Volterra, ossia il primo tomo,
significativamente dedicato a Bartolomeo Capasso, guida e
conforto a questi (...) studi39, probabilmente il frutto di una
prima, entusiastica ma ancora non precisata, adesione agli scopi
della Societ. Filangieri scrisse Capasso appena fondata la
nostra Societ (...) volse tosto lanimo a rendersi utile per lo scopo
della medesima. Nei suoi periodici viaggi a Parigi, una delle
principali sue cure dal 1877 in poi fu quella di far ricercare nelle
biblioteche di col e dellInghilterra documenti e scritture che
37
In verit Faraglia, sin dal 1878 aveva lamentato il grave stato di incertezza
in cui versava la storia dellarte a Napoli per le inesattezze ed i frequenti errori
del de Dominici, copiati, accresciuti e divulgati con tanta leggerezza. N.F.
Faraglia, Memorie artistiche della Chiesa Benedettina dei SS. Severino e Sossio,
in ASPN, vol, III, a.1878. Su Faraglia cfr. R. Mormone, Scrittori darte a Napoli
nel sec. XIX: Nunzio Federico Faraglia, in Napoli Nobilissima, vol. XXVIII,
ff.I-II, gennaio-aprile 1991, pp.3-9.
38
Lespressione venne usata dal giovane Croce nel noto Sommario critico
della Storia dellarte nel napoletano. Il falsario, in Napoli Nobilissima, vol.I,
1892, ff. 8-9. Su Bernardo De Dominici cfr. F. BOLOGNA, La dimensione europea
della cultura artistica napoletana nel XVII secolo, in C. De Seta ( a cura di), Arti
e civilt del Settecento a Napoli, Bari, 1982, pp. 31-78 e T. WILLETTE, Bernardo
De Dominici e le Vite de pittori, scultori ed architetti napoletani: contributo alla
riabilitazione di una fonte, in Ricerche sul 600 napoletano, V, 1986, pp. 255269.
39
Documenti, I, 1883.

Per la storia, le arti e le industrie

97

riguardassero le provincie napoletane40. La trascrizione delle


Effemeridi, citate proprio da Capasso nel 187741 che ne segnala
lesistenza presso la Biblioteca nazionale di Parigi, appartiene a
questa fase. Ricco di dettagli di chiara matrice archivistica, il volume
se si eccettua il formato e la copertina ha poco in comune con
gli altri immediatamente successivi. Edito a Napoli nel 1883 dalla
Tipografia dellAccademia Reale delle Scienze, il testo delle
Effemeridi introdotto da una serie di riflessioni sulle vicende del
manoscritto tra Napoli e Parigi, le sue caratteristiche fisiche e da
un ampio regesto. Cos come i successivi, completato da un
indice generale dei nomi e dei luoghi.
Ad un solo anno di distanza dalle Effemeridi, Filangieri pubblica
il secondo volume e, come estratto elegantemente illustrato da
trentuno tavole, la monografia Chiesa e Convento di S. Pietro a
Majella in Napoli. Nuovamente dedicato a Capasso, il volume del
1884 pubblica, commenta e utilizza documenti ritrovati presso
lArchivio Notarile di Napoli, per la storia e la descrizione artistica
della Chiesa e convento di San Lorenzo Maggiore e della Chiesa e
convento di San Pietro a Majella.
Nellintroduzione che precede lillustrazione della scheda di
Notar Cesare Malfitano, il Principe mostra, rispetto allo scritto di
un anno prima, unormai matura e piena consapevolezza delle
possibilit che lenorme mole di documenti da lui recuperata offre
alla ricerca storico-artistica. Coi documenti che giorno per giorno,
per cura del valente paleografo e filologo Sig. Alfonso Miola,
andiam traendo dal solo archivio notarile, in cui non son carte
anteriori al 1400, c da ricomporre scrive - pi duna pagina
della nostra storia delle grandi e minori arti42. Pi avanti, dopo
aver illustrato i suoi nuovi traguardi (attenderemo pel resto dei
B. CAPASSO, Commemorazione di Gaetano Filangieri Principe di Satriano,
in ASPN,a. XVII, 1892, p. 885.
41
Id., Fonti della Storia delle Provincie Napoletane, in ASPN, a. II, 1877, p.
32.
42
Documenti, II, 1884, pp. X-XI.
40

98

NADIA BARRELLA

nostri giorni a tal compito, pubblicando man mano una scelta di


documenti, tolti dallArchivio notarile in cui trovansi 47 schede di
notai del XV secolo), il nostro ribadisce: spero che in tal modo
saranno dileguate parecchie asserzioni di date e di fatti, bene spesso
erronee, perch o tratte da fonte non certa, o dedotte con pi o
meno intenso spirito regionale. Donde una nuova luce su molti
nomi ignorati di artisti e di scuole, di cui finora si ebbero notizie o
scarse, o incomplete, o nessuna; e cos pure la prova, come ogni
regione dItalia pose la sua pietra alledifizio della comune gloria
artistica. Agli storici venturi dellarte italiana adunque la soluzione
dei tanti svariati problemi, ancora a mala pena formulati. Ad essi,
coi dati gi raccolti e da raccogliersi, il determinare come e quando
larte di una regione giunse a primeggiare su quella di unaltra.
Ad essi, per mezzo dei documenti, confrontati coi monumenti,
distrigare tutto quel rimescolarsi e confondersi di maniere delle
varie scuole dItalia e di oltre alpe, qui convenute nel napoletano;
da cui forse il germe della scuola indigena, se pur questa non si fu
continuazione di unarte tutta nostra, tramandataci dagli avi43.
Avendo scelto come proprio il ruolo di ricercatore di documenti
in grado di costituire - grazie alla definizione del quanto, quando
e dove- la base di partenza per fornire un esauriente chiarimento
allindagine sul come e addivenire al pieno e definitivo giudizio
estetico44, Filangieri precisa di accontentarsi di una diligente e
coscienziosa ricerca, e lapparecchiare ed ammannire, quanto pi
per noi si potr, materiali e prove, e documenti, su cui possano
con i lumi della critica lavorare quelli che verranno dopo: e
confrontando, aggiungendo, meglio che noi non facemmo,
compiere lopera45.
In realt, a leggere soprattutto le monografie delle chiese citate

Documenti, II, 1884, pp. XXIII-XXV.


Si riprende unespressione utilizzata da R. Mormone per Nunzio Faraglia
(Scrittori darte... cit., p. 3).
45
Documenti, II, 1884, pp. XXV-XXVI.
43

44

Per la storia, le arti e le industrie

99

e le altre presenti nei volumi successivi46, la sensazione generale


che Filangieri non si accontenti del solo accertamento erudito su
basi documentarie di alcuni fatti, ma tenti anche di evidenziare le
fondamentali peculiarit stilistiche di alcune delle opere descritte
provando a dare un primo giudizio critico. Gli scritti e i
confortevoli incoraggiamenti di Milanesi, probabilmente, lo
autorizzavano a spingersi oltre. Sempre nello scritto del 66, lo
studioso toscano aveva precisato: ma il ricercare e il pubblicare i
documenti non basta; bisogna anche saperne fare buono e
giudizioso uso, affinch servano a rischiarare, non a confondere
la verit. Perci necessario che nellerudito sia conoscenza tecnica
e istorica delle diverse maniere che nel processo de tempi furono
tra gli artefici, delle scuole che ne derivarono, delle qualit e delle
differenze loro. E questa conoscenza non si acquista che dopo
lungo, vario ed assiduo studio che avvezzi locchio a ben vedere, e
lintelletto a ben giudicare47. Per Milanesi, stato giustamente
osservato, il documento sussidio allo studioso, perch gli fornisce
dei dati oggettivi che necessario poi storicamente interpretare48.
Pu lerudito metter fuori il documento ma con questo solo ei
non giova alla storia, quanto le gioverebbe se allerudizione
accoppiasse la pratica conoscenza dellarte. Il documento scoprir
un nome, unopera, una data; e queste cose vi faranno stabilire
lesistenza di unartefice, i particolari, loccasione, il tempo in cui
fu fatta quellopera, ma voi non potrete dire quale fu il suo modo

46
Nel terzo volume ( Napoli, 1885) Chiese di San Domenico Maggiore, dei
SS. Pietro e Sebastiano, di San Gregorio Armeno, Estaurita dei SS. Giovanni e
Paolo, di S. Francesco alle Monache, dei SS. Crispino e Crispiniano, del Carmine
Maggiore; nel quarto ( Napoli, 1888) Chiesa di S.Maria delle Grazie Maggiore
e Chiesa e Monastero di San Gaudioso.
47
G. MILANESI, op.cit., p. 450.
48
G. C. SCIOLLA, Documento, opera darte e analisi dello stile. LArchivio
storico dellarte e la nuova kunstwissenschaft, in G. C. SCIOLLA - F. VARALLO (a
cura di), LArchivio Storico dellarte e le origini della Kunstwissenschaft in
Italia, Edizioni dellOrso, Torino, 1999, p. 34.

100

NADIA BARRELLA

di dipingere, da che scuola derivi, di chi possibilmente sia stato


discepolo, quale pregi e difetti suoi, se non siete fornito della
seconda qualit. Insomma lerudito getta il seme, il pratico
conoscitore lo feconda e lo rivolge al vero progresso della storia.
Sarebbe perci desiderabile che queste due qualit derudito cio
e dartista, o almeno dintendente dellarte, si trovassero riunite in
una sola persona; perch meglio allora si aiuterebbero
scambievolmente la erudizione e la pratica artistica insieme49.
Ladesione di Filangieri a tali principi totale e convinta. Due
modi- scriver nellintroduzione al quarto volume- sono da tenere,
chi voglia illustrare le patrie memorie, cio ricercare con
perseveranza i materiali storici; indi lavorare su questi materiali ,
insieme ai monumenti sopravvissuti, raffrontandoli con la critica,
ordinandoli, facendone scaturire lume di verit storica50. A mo
di esempio, quanto Filangieri scrive a proposito dei dipinti di Mattia
Preti in S. Pietro a Majella (sono questi i soggetti delle dieci istorie
del Calabrese, nel cui fare pi che manifesta la influenza della
scuola spagnola col suo colore cinereo, e con lalta sua impronta
di realismo, oltre a quel particolare e mirabile studio di positure
in iscorcio, di cui abbondano i dipinti di questo artista)51 o per il
monumento di Ludovico Aldomorisco in San Lorenzo. Va notatosi legge nel secondo volume- come nellinvenzione della massa e
nella trovata delle linee, che formano la parte architettonica del
monumento, che si fonde perfettamente colla parte scultoria e
statuaria, siavi proprio una imitazione dellantico. E cos pure
nellopera di rilievo delle figure, il cui fare bench si avesse un
modo tutto a s, e meramente estraneo, come dicemmo, alla scuola
toscana, che bevve pure alla stessa fonte, improntato come da
unidea tutta affatto pagana; idea peraltro, che nella scuola del
Baboco52 ha sempre un sentimento di naturalezza e di verit. Come
G. MILANESI, op. cit., p. 447.
Documenti, IV, 1888, pp. XI-XII.
51
G. FILANGIERI, Chiesa e Convento di San Pietro a Majella... cit., p. 28.
52
Si tratta dello scultore Antonio Baboccio (Priverno 1351 ca.- 1435).
49

50

Per la storia, le arti e le industrie

101

n prova la diligenza onde son condotti i particolari pi minuti, e


la maniera pulita colla quale sono imitate le maglie ed i broccati
delle cotte darmi messe ad ornature, da sembrar lavori del pi
fine cesello53.
Tentativi di lettura del dato stilistico di unopera, problemi di
attribuzione o di riattribuzione delle opere darte emergono pi
volte anche nel terzo e nel quarto volume ed evidenziano il
desiderio di leggere il documento allinterno del monumento,
ulteriore e definitivo banco di prova della validit storiografica
del documento stesso. indubbio che nei suoi studi restino
dominanti le ragioni della filologia e dellerudizione, ma va
sottolineato il fatto che, per Filangieri, arte e artisti non siano mai
materiali storici nudi e crudi. Partendo dai procedimenti della
storiografia positivistica (da cui deriva anche il concetto
darwiniano di crescita e decadenza dellarte), il nostro studioso
si avvicina, progressivamente, allidea dellopera come documento
da trattare e spiegare con criticaed inoltre interessante la sua
volont di non considerare separatamente lo sviluppo delle varie
arti e, soprattutto, di non prescindere dallarchitettura. Pur dovendo
ammettere chegli non ebbe la capacit di dar vita ad unesatta
lettura del manufatto finalizzata alla ricostruzione stilistica delle
singole personalit artistiche, tent comunque di mettere a fuoco
alcuni elementi morfologici specifici di unopera o di un artista e
riusc ad andare oltre il compito rigido dellerudito che si riduce a
classificare gli stili e incasellare i monumenti entro quelle rigide e
astratte categorie. indiscutibile, anche alla luce dei numerosi
manoscritti intitolati alla storia dellarte presenti nel suo archivio54,
chegli ebbe quanto meno lintuizione di una storia dellarte come
storia di una cultura figurativa complessa ed insieme unitaria ma
non riusc a elaborare, o forse a sviluppare in tempo, quel metodo
di ricerca che ne avrebbe potuto fare un vero storico dellarte.
Lo studio allarte come cultura figurativa unitaria gli consent

53

Documenti, II, 1884, p. 98

102

NADIA BARRELLA

tuttavia, ed anche questo un dato non trascurabile, di rivolgere


unattenzione particolare alla produzione darte applicata. Sempre
nel secondo volume, al riguardo, Filangieri scrive: vha tra queste
ultime, qualcheduna delle nostre branche dindustrie, di cui assai
poco finora siam giunti a sapere. Larte del ricamo, della
tappezzeria, della tipografia, dei lavori di cuoio, dellorafo, del
gioielliere, delle grosserie, delle minuterie in ogni sorta di metallo,
larte dello intagliatore in legno, in ferro, larte delle finestre in
vetro, tutte le vecchie eleganze financo degli aromatarii, ne saranno
giovate. (...) In breve, levocazione di tutto un nuovo mondo
dindustrie artistiche, che risorge ed lantico55. Quanto si detto
inizialmente a proposito del Museo Artistico-Industriale di Napoli
e del progetto di trasformazione della produzione artigianale
napoletana in produzione industriale consona alle tradizioni
locali costituisce il vero substrato di queste parole che, per di
pi, attestano anche il completo recupero critico effettuato dal
Filangieri delle cosiddette arti minori ritenute finalmente degne
di ricerche particolari56.

I Documenti e il dibattito sul servizio di tutela nazionale


Partito dalla verifica dello stato di conservazione di un
monumento ( S. Pietro a Majella) Filangieri aveva sentito, come si
detto, la necessit di approfondire attraverso lo scavo
archivistico le sue vicende storiche. Muovere dalla ricognizione

AMF, B. 30, ff. 5, 6, 7,8,9, 10, 11 e 12; B. 32 f. 1.


Documenti, II, 1884, pp. X-XI.
56
Su tali argomenti, per lo specifico filangieriano, cfr. N. BARRELLA, Il Museo
Filangieri... cit., pp. 84-89, per Napoli in generale, con ampi riferimenti
bibliografici, G. SALVATORI, Il Museo-Scuola Officina nel dibattito tra arte e
industria. Napoli nelle testimonianze di Giovanni Tesorone ed Enrico Taverna
(1877-1912), in F. VARALLO, L. DE FANTI, Larte nella storia. Contributi di critica
e storia dellarte per Gianni Carlo Sciolla, Skira- Ginevra, Milano, 2000.
54

55

Per la storia, le arti e le industrie

103

di un edificio per approdare alla ricerca storica aveva gi consentito,


diversi anni prima della pubblicazione dei Documenti, lemersione
di alcuni rari e seri contributi alla riscrittura della storia dellarte
meridionale. Molto acutamente, nella sua Bibliografia delle arti
figurative del 1937, Giuseppe Ceci57 aveva restituito a Luigi
Catalani ed al suo Discorso sui monumenti patrii il merito di aver
scosso pel primo luniversale fiducia goduta per un secolo dalle
Vite del De Dominici e iniziato il lavoro di ricerche per la storia
dellarte nellItalia meridionale al quale dovevano poi attendere
tanti eruditi e critici58. Catalani aveva scritto il suo Discorso in
seguito allincarico di compilare un inventario dei monumenti
esistenti a Napoli e in provincia affidatogli dal Ministro Santangelo
ed questa attivit che gli consentir di affinare il proprio metodo
basato su un accurato esame delle loro opere, esatte ricerche per
entro agli archivi e nelle case private di Napoli (...), [che] potranno
far rinvenire sottoscrizioni ne quadri, ricevute di pagamenti fatti
a questi artisti per le loro opere o altri simili documenti, e cos
sottrarre allindegno obblio e dalle tenebre i nomi di uomini che
tanto hanno sudato per la gloria delle arti del proprio paese59. Il
rapporto tra la ricognizione delle opere darte finalizzata ad
interventi di tutela e il loro studio attraverso il recupero di una
ricca suppellettile di cognizioni per la storia delle arti di Napoli
ancora mancanti60 si riproporr, negli anni immediatamente
successivi allUnit, anche con lattivit della Commissione
Consultiva di Belle Arti che, non a caso, esprime serie perplessit
sulla validit del testo dedominiciano, nellopera dinventariazione
delle chiese e dei monasteri napoletani svolta tra il 1869 ed il
G. CECI, Bibliografia per la storia delle arti figurative nellItalia Meridionale,
Napoli, 1937, pp. 73-74.
58
Heinrich Wilhelm Schulz, innanzitutto, che dal 1830 al 1842 raccolse
uningente quantit di notizie storiche e documenti darchivio pubblicati nei
Denkmareler der Kuns des Mittealters in Unteritalien, Dresden, 1860.
59
L. CATALANI, Discorso sui monumenti patrii, con nota introduttiva di R.
Pane, Napoli, 1977, p. 25.
60
Ibidem.
57

104

NADIA BARRELLA

1874. In occasione di questo lavoro di catalogo, caratterizzato da


unimportante azione di verifica in loco dello stato del monumento,
pi volte lattribuzione di De Dominici viene contestata perch
non appoggiata a nessun documento storico o perch smentita
dal contatto diretto con loggetto: il De Dominici crede che questo
dipinto possa essere di Bruno discepolo del Mormillo ma fra le
due figure di Santi vi la firma di Antonius Stabilis potenti61.
Filangieri, per tornare al nostro discorso, compie lo stesso cammino
dal contatto diretto con lopera darte alla ricerca di nuove fonti
documentarie. Stavolta, per, grazie ad unassai pi ampia messe
di materiali, si scardina definitivamente una consolidata tradizione
storica, si apre la strada a nuove indagini e, soprattutto, si ritorna,
con ancora pi vigore, al problema della corretta conservazione
dei monumenti. Ladesione alle teorie di Milanesi, prevedendo il
contatto diretto con lopera e unattitudine ad individuarne i
caratteri formali, implicava, come presupposto, una buona
leggibilit della stessa. La conservazione dei monumenti e la
correttezza degli interventi di restauro diventano quindi, unitamente
al metodo storiografico adottato, argomenti fondamentali delle
Introduzioni ai Documenti e anche in questo caso, Filangieri si
dimostra attento interprete del suo tempo.
Il primo lustro di funzionamento del complesso meccanismo
delineato dalle grandi riforme bonghiane62 del 1875 ha scritto
Inventario della Chiesa dei SS.Severino e Sossio, Bibl. Naz. di Napoli,
Sez. Manoscritti, Bibl. Prov. 31. Sul problema degli inventari N. BARRELLA, Le
commissioni provinciali napoletane per la conservazione dei monumenti e il
problema del restauro nella catalogazione, in Studi e storia del restauro dei dipinti
a Napoli e nel Regno nel XIX secolo, atti del convegno internazionale di studi,
Napoli 14-15-16 ottobre 1999 (in corso di stampa).
62
Ministro della Pubblica Istruzione dal 1874 al 1876, Ruggiero Bonghi
apre la strada ad una pi coerente riorganizzazione del servizio di tutela nazionale
istituendo la Direzione Centrale degli Scavi e Musei del Regno, affidata a
Giuseppe Fiorelli, e la Giunta di Archeologia e Belle Arti. legata al ministero
di Bonghi, inoltre, la riorganizzazione della Commissioni Conservatrici
provinciali e la creazione degli Ispettori agli scavi e monumenti.
61

Per la storia, le arti e le industrie

105

Mario Bencivenni offriva spunti per ampliare e approfondire il


dibattito sulla tutela artistica in Italia che aveva caratterizzato gli
anni Sessanta, non pi solo sulla scorta di illuminate considerazioni
e riflessioni di uomini di cultura oppure della pur ricca esperienza
preunitaria, ma anche alla luce delle prime esperienze concrete,
dei successi o degli insuccessi realizzati dal nuovo stato unitario.
Documenti significativi di questa nuova coscienza e del nuovo
atteggiamento di discussione e di approfondimento delle
problematiche relative alla tutela artistica in Italia sono le relazioni
del 1883 e del 1885 di Fiorelli (...); lacceso dibattito sviluppatosi
fra gli artisti, i tecnici e i cultori darte nei numerosi congressi
nazionali (...); una nuova attenzione tributata da importanti
periodici alle problematiche della tutela artistica e
allorganizzazione statale ad essa preposta fra i quali sufficiente
richiamare la Nuova Antologia con gli scritti di Boito su I nostri
vecchi monumenti pubblicati fra il 1885 e il 1886, e la rivista Arte
e storia fondata nel 1882 a Firenze da G.Carocci63.
Con le sue Introduzioni, dunque, anche Filangieri partecipa a
questa importante produzione teorico-critica che avr il merito di
mettere a fuoco tutti i nodi sia teorici che politico-organizzativi
collegati allesperienza di tutela artistica in generale e di tutela dei
monumenti in particolare. La rapida maturazione del nostro
studioso , ancora una volta, lelemento dominante. Dai primi
generici sfoghi dovuti allamarezza che proviamo per cos fatto
oblio ed abbandono di quei monumenti sfoghi che Filangieri
definisce adempimenti ad un uffizio di patria carit64 si passa,
gi nel 1885, ad un primo tentativo di analisi delle cause pi
diffuse del degrado del patrimonio storico artistico. Temi quali la
scarsit delle risorse finanziarie a disposizione del Ministero, le
M.BENCIVENNI, Un decennio di transizione (1880-1890): i Delegati Regionali
e i Commissariati per le Antichit e Belle Arti, in M.BENCIVENNI, R.DALLA NEGRA,
P. GRIFONI, Monumenti e Istituzioni. Parte II. Il Decollo e la riforma del servizio
di tutela dei monumenti in Italia, Alinea, Firenze, 1992, p. 4 .
64
G. FILANGIERI, Chiesa e convento di San Pietro a Majella, cit., p. V.
63

106

NADIA BARRELLA

modalit di restauro dei monumenti antichi o la competenza di


quanti hanno il compito di curare i beni affidatigli vengono
affrontati con adeguata cognizione di causa e con fare propositivo.
Inizialmente le sue proposte appaiono frutto pi della concreta
esperienza che di unaccurata riflessione sul dibattito nazionale65
poi, la stessa voglia di approfondire le sue intuizioni che lo aveva
spinto, per la metodologia della ricerca storica, a guardare a
Capasso, Cant e Milanesi, lo porta ad affinare i propri strumenti
critici alla luce degli scritti di Giuseppe Fiorelli e di Camillo Boito
ed a seguire con attenzione i provvedimenti ed i progetti del
Ministero della Pubbica Istruzione per il varo di un servizio di
tutela nazionale.
Il quarto volume, pubblicato nel 1888, la testimonianza pi
efficace in tal senso. Nellintroduzione alle schede, dopo aver
ribadito motivazioni della ricerca ed argomenti del volume,
Filangieri affronta nuovamente il problema del degrado del
patrimonio artistico. Stavolta, per, focalizza la propria attenzione
su di un importante documento che proprio in quegli anni veniva
discusso tra Camera e Senato66: il Disegno-Legge Coppino Per la
conservazione dei monumenti e degli oggetti di antichit e di arte
del 16.II.1886 n.64. Ulteriore tentativo di formulazione di una
65
Nel terzo volume, ad esempio, rilevando la scarsa competenza di Parroci
e Rettori di chiese -che da una parte permettono in occasione delle feste ai
paratori di appiccare a furia chiodi ed arazzi e festoni a quelle mura, che ne
riescono goffe e ridicole; e dallaltra avendo modo di attendere i restauri, li
fanno eseguire a capriccio, e fuori ogni ragione e regola di carattere artistico,
Filangieri nota il danno e invoca il rimedio. Semplice, concreto e realizzabile
con gli strumenti legislativi di cui immediatamente dispone: lobbligo della
vigilanza della Commissione Municipale sui lavori sovvenzionati dal Municipio
ai Parroci per riparazioni ed abbellimenti delle loro chiese. Documenti, III,
1885, pp. XL-XLII.
66
Il progetto di legge del Ministro della Pubblica Istruzione Michele Coppino
venne presentato alla Camera dei Deputati il 22 giugno 1886, ripresentato il
19 novembre 1887 ed approvato il 26 dello stesso mese. Bocciato al Senato a
scrutinio segreto l8 marzo 1888, provoc le dimissioni dello stesso Ministro.
Cfr. al riguardo M. BENCIVENNI, R. DALLA NEGRA, P. GRIFONI, op. cit., pp. 6 e ss.

Per la storia, le arti e le industrie

107

legge generale di tutela67, il progetto Coppino poneva laccento


sui temi principali del dibattito postunitario e sulla tutela, ma
fall, come i precedenti, nel tentativo di conciliare una legislazione
di carattere coercitivo con lo spirito liberale che trionfava dopo
lunificazione.Conciliare il rispetto dovuto alla propriet privata
con il pubblico interesse della conservazione dei monumenti68
infatti una delle disposizioni del disegno di legge su cui focalizza
la propria attenzione Gaetano Filangieri, che al riguardo, tuttavia,
pur lasciando pensare ad una leggera propensione per il superiore
interesse pubblico, evita di scendere nei dettagli. Maggiore risalto
viene invece dato al problema del catalogo degli edifici
monumentali pi importanti, nonch degli oggetti e ruderi.Tra i
temi pi scottanti del tempo, il dibattito sul catalogo verteva da
un lato, sui metodi di compilazione, dallaltro sulla sua efficacia.
Non era infatti stato ancora definitivamente chiarito se a
questultimo dovesse essere attribuito un semplice valore di
accertamento e supporto conoscitivo dellesercizio dellattivit di
tutela o invece una rilevanza giuridica che comportasse liscrizione
delle opere in elenchi come condizione allintervento pubblico di
salvaguardia. Lambiguit degli obiettivi del catalogo ben
individuata da Filangieri che apre la sua critica al progetto Coppino
proprio interrogandosi sulle finalit dei criteri di compilazione.
Saranno essi molto ampii, come richiederebbe la grande ricchezza
dei monumenti italiani; o saranno ristretti solo a qualche centinaio
di edifizi e di oggetti antichi, come lo stesso Ministero ed il Relatore
ebbero a dichiarare alla Camera? Nel primo caso non sar impresa
n breve n facile, anzi ardua, se guardiamo ai molti nostri
monumenti poco studiati. Nel secondo, cio che il catalogo sia
ristrettissimo, chi sar larbitro inappellabile della scelta? E, quando
Per unelencazione dettagliata dei progetti che, solo nel 1902, portarono
al varo di una legge nazionale di tutela, oltre al citato testo di Bencivenni, Dalla
Negra, Grifoni cfr. anche AA.VV., Verso una gestione dei beni culturali come
servizio pubblico, Garzanti, Milano 1978, pp. 23 e ss.
68
Documenti, IV, 1888, p. XLV.
67

108

NADIA BARRELLA

la legge tutela solo quegli edifizii che vengono notati nel catalogo,
tutti gli altri, poi, potranno essere distrutti e manomessi
impunemente? Pure sarebbe questa la conseguenza assurda del
privilegio costituito dal catalogo ufficiale69.
Procedendo nellanalisi del disegno legislativo, Filangieri sposta
laccento sul nodo onde tutto il meccanismo vien mosso ossia
sui responsabili della tutela. A chi sar affidato questo geloso
incarico della vigilanza? La legge non lo dice. Dirallo il
regolamento; e cos dunque dal contesto della legge trovasi escluso
quello che dovrebbe essere il nodo, anzi la leva, onde tutto il
meccanismo viene mosso. Saranno per avventura deglispettori
scolastici, saranno i prefetti e sottoprefetti alle provincie (...) ma
ispettori scolastici, prefetti, ispettori speciali, saranno competenti
abbastanza, avranno sufficiente attitudine a bene disimpegnarla?
Ne dubitiamo forte; perciocch fu proprio per un tale difetto che
gli editti anche rigorosissimi non approdarono a niente 70.
Lattenzione posta sulla competenza, sulla professionalit di chi
opera per la conservazione del patrimonio culturale uneco
evidente delle battaglie che Fiorelli, allora Direttore Generale alle
Antichit e Belle Arti aveva condotto per ottenere personale
appositamente a ci preposto e unicamente dedicato al proprio
ufficio senza essere distratto in altre cure nelle due relazioni al
Ministro P.I. Sullordinamento del Servizio archeologico del 1883
e del 188571. Estremamente interessante, inoltre, la sua ipotesi
di custodia discentrata e regionale cui concedere diritti e facolt

Documenti, IV, 1888, p. XLV.


Documenti, IV, 1888, p. XLVI.
71
G. FIORELLI, Sullordinamento del servizio archeologico. Relazione a S.E. il
Ministro della Istruzione pubblica, Tip. Forzani & C., Roma, 1885, pp. 72-73.
Su Fiorelli e il suo fondamentale ruolo nella riorganizzazione del servizio di
tutela nazionale oltre Bencivenni, Dalla Negra, Grifoni, cit., si veda anche S. DE
CARO e P.G. GUZZO (a cura di), A Giuseppe Fiorelli nel primo centenario della
morte, atti del convegno, Napoli 19-20 marzo 1997, Arte Tipografia, Napoli,
1999.
69

70

Per la storia, le arti e le industrie

109

che escano dalla sfera del semplice voto consultivo motivata dalla
giusta riflessione che nessuno pi [dei cittadini] pu avere interesse
a quella conservazione, i quali avvezzi a veder sempre tali
monumenti, e lusingati dal lustro che ne proviene al luogo natale,
li considerano quasi come parte della loro personalit72. La
differenza- purtroppo sostanziale- che mentre Fiorelli arriver
alla moderna quanto incompresa richiesta di persone
convenientemente addestrate e che non rifuggano dallo entrare in
questa nuova via, vedendovi giusta ricompensa per lopera prestata,
ed ordine di carriera che non tradisca le speranze oneste di gente
laboriosa e meritevole di riguardo73, Filangieri continuer ad
individuare come possibili operatori Consessi o Comitati di
notabili cittadini per ciascuna regione (...) [in cui potranno]
raccogliersi e amalgamarsi i diversi elementi, che debbono
concorrere al fine, e possono trovarsi a fianco il prete, larchitetto,
larcheologo e lartista74.

Gli Indici degli artefici


Sospendendo la pubblicazione dei documenti tratti dalle schede
notarili75, Filangieri, nel 1891, pubblica come V e VI volume
della sua opera lIndice degli Artefici. Facendo precedere, anche
stavolta, il suo sommario da unampia introduzione, il principe
ripercorre le tappe fondamentali del suo pi che decennale lavoro

Rimanda alle relazioni di Fiorelli e, in generale al dibattito svolto


soprattutto attraverso alcune riviste come Arte e Storia o la Nuova Antologia,
anche losservazione sulla scarsit dei fondi a disposizione del settore. Cfr.
Documenti, IV, 1888, p. XLVI.
73
Documenti, IV, 1888, p. XLVII.
74
Ibidem.
75
NellArchivio Filangieri sono ancora conservati i documenti trascritti e
non pubblicati e la prima bozza della monografia su San Giovanni a Carbonara
cui Filangieri si stava dedicando nel 1892, anno della sua morte.
72

110

NADIA BARRELLA

che proprio negli indici trova la sua naturale conclusione, ribadisce


le ragioni metodologiche che lo avevano ispirato ed indica le
possibili utili conseguenze. Seguendo le parole del nostro
studioso, quindi, proviamo ad aggiungere alcune altre osservazioni.
Ipotizzato nel 1884 (anno di pubblicazione del II volume) come
strumento fondamentale per lorganizzazione delle basi certe e
inconcusse della storia dellarte, lIndice stando a quanto
racconta Filangieri - era gi in cantiere nel 1885. Nel III volume
dei Documenti, infatti, si legge cherano gi stati registrati in ordine
alfabetico gli artisti delle arti maggiori e minori, operanti in Napoli
e nelle provincie napoletane, durante i secoli XV e XVI, (...)
designando [di ciascuno] le diverse opere, quando se ne pu dare
notizia certa, indicando anche le fonti di provenienza delle notizie
stesse e disponendo i fatti in rigoroso ordine di tempo al fine di
realizzare una collana di prospetti cronologici dai quali
determinare le opere e gli estremi limiti76 del periodo operativo
di ogni singolo artista.
Preceduti da un saggio pubblicato nel 1887 sull<<Archivio
Storico>> napoletano77, glindici richiederanno per cinque anni
di lavoro. Avendo pur sempre proseguito nelle ricerche preciser
Filangieri- i nuovi documenti ci sono tanto cresciuti fra le mani, e
tanto si aggravata la difficolt di sceverarli ed ordinarli, che il
ritardo non pu esserci imputato a colpa, come quello ch tornato
a vantaggio dellopera stessa78. Con i due nuovi volumi, ammette
con malcelato orgoglio, si potuto procedere alla registrazione in
ordine alfabetico dei nomi di quanti nacquero e/o operarono nelle
province napoletane e siciliane e indicare la patria, le date estreme
del loro periodo operativo, le opere79.

Documenti, II, 1884, p. XI e ss.


G. FILANGIERI, Saggio dun indice di prospetti cronologici della vita e delle
opere di alcuni artisti che lavorarono in Napoli, ASPN, XII, 1887, pp. 47-78.
78
Documenti, V, 1891, p. IX.
79
Ibidem.
76

77

Per la storia, le arti e le industrie

111

Lavoro in costante evoluzione, lIndice, rispetto allipotesi del


1885, si arricchisce di nuovi ed interessanti strumenti di confronto. A completamento dellopera, accanto ai documenti raccolti, le
notizie provenienti da fonti bibliografiche ed un nuovo sommario in cui le arti e i mestieri vengono distinte per categorie. Di
questa nuova rielaborazione dei dati, Filangieri d unampia spiegazione: in ciascuna categoria viene notato per prima il secolo
cronologicamente, indi la citt o il villaggio, in cui nacquero gli
artisti, poi i nomi di costoro anche disposti in ordine abbecedario,
e gli anni dei loro periodi operativi, finalmente i richiami alle diverse pagine del testo. Cos ognuno che verr a riscontrare questi
volumi, potr di un solo sguardo conoscere quanti pittori o scultori o architetti, e quanti orafi, maestri nellarte del tessere,
armajuoli fonditori, organai, ceramici, legnajuoli e via via, abbiano operato presso di noi e siano menzionati nel testo. A questo
modo continua- abbiamo cercato di prevedere e apprestare quel
lavoro di sintesi, di critica e di ragionamento storico, che altri far
su i documenti da noi raccolti80.
La lezione di Gaetano Milanesi81 (documenti come sussidio
allo studioso) torna nuovamente in queste pagine, che si aprono
per a nuove prospettive di ricerca e sembrano voler fornire
materiali a quel bisogno di ricostruzione delle singole personalit
artistiche fortemente sentito, in quegli stessi anni, da Adolfo
Venturi82 e dal suo Archivio Storico dellarte. Milanesi aveva
sottolineato con chiarezza limportanza di stabilire lesistenza di
un artefice, i particolari, il tempo in cui fu fatta quellopera ma la

Documenti, V, 1891, p. XII.


Va notata, come attestato della la stima profonda nutrita dal Principe per
lo studioso toscano e comprensibile motivo dorgoglio, la pubblicazione, a m
di introduzione al VI volume, di una lettera inviatagli proprio dal Milanesi
contenente parole di lode per il precedente volume dei Documenti.
82
Su Venturi, oltre al gi citato scritto di G.C.Sciolla, si veda anche il bel
contributo di G. AGOSTI, La nascita della storia dellarte in Italia. Adolfo Venturi:
dal museo alluniversit, Marsilio, Venezia, 1996.
80

81

112

NADIA BARRELLA

molteplicit di relazioni che Filangieri crea tra i dati raccolti,


assomiglia sempre di pi ad un primo tentativo di suggerire, sia
pur attraverso la schematica successione di fatti, un possibile
itinerario storico formale dellartista. Le prospettive di ricerca offerte
dalla sua banca dati, del resto, gli appaiono distintamente e non
tanto perch finalmente vengono ora a dileguarsi incertezze ed
errori ma soprattutto perch potr nascere una storia dellarte
meridionale intesa come identificazione delle peculiarit di unarea
geografica. Larte meridionale era il prodotto dellindole speciale
di questi popoli, di questo clima, di questo suolo, si legava alle
tradizioni dellarte greco-romana e della campana83. Elencando
rapidamente momenti e luoghi significativi di questa produzione
indigena, Filangieri, di fatto, porr quegli interrogativi che
costituiranno la base della ricerca storica successiva.

Conclusioni
Nel novembre del 1892, mentre ancora attendeva alla
correzione delle bozze della monografia sulla Chiesa di San
Giovanni a Carbonara, Gaetano Filangieri muore, lasciando inedito
il VII volume dei Documenti. Nel suo testamento, comunque, il
Principe individua lerede del proprio lavoro. All Archivio Storico
per le Province Napoletane ossia alla Societ
Napoletana di Storia Patria- lascia un legato di quarantamila
lire per continuare le ricerche e la stampa dei documenti storici
artistici industriali nelle schede notarili ed altrove. Il Presidente
insieme al consiglio direttivo- stabilisce nel suo lascito- faranno
tutto quello che crederanno senza obbligo di rendere conto alcuno.
I volumi che si pubblicheranno continueranno a portare il mio
nome diunita (sic) a quello che faranno le ricerche e le

83

Documenti, V, 1891, p. XV.

Per la storia, le arti e le industrie

113

illustrazioni 84. In unaltra copia delle sue ultime volont,


conservata presso lArchivio del Museo e risalente al 188485,
Filangieri aveva individuato persino il redattore dei successivi
volumi: allarticolo 2, punto c) si legge quanto segue: al mio
segretario Eduardo Cirillo (sic) lego e lascio se sar ancora vivo ed
al mio servizio il giorno di mia morte un vitalizio di lire duecento/
200/ mensile con lobbligo di dover lavorare per lArchivio Storico
delle Provincie Napoletane, secondo glincarichi che avr dal
Presidente Pro tempore. Cerillo, sin dai primissimi anni 80, il
segretario del Principe e gli sicuramente ancora vicino nel 1888,
quando una nuova modifica del testamento lascia comunque
inalterato il punto c)86. Negli anni in cui Filangieri si dedica alla
monografia su S.Giovanni a Carbonara, Cerillo continua ad essere
un fedele collaboratore. suo il disegno a china del Monumento
di Ladislao87, firmato ma senza data, di suo pugno sono i numerosi
appunti conservati presso il Museo e gli schizzi di particolari
architettonici della chiesa. Se a tutto questo aggiungiamo quanto
scrisse Ceci -ossia che lopera ideata e ispirata dal Filangieri, fu in
realt composta in collaborazione da varii scrittori e specialmente
da Edoardo Cerillo (Lylircus) e da Alfonso Miola88- qualche ultima
precisazione intorno ai Documenti forse necessaria.
Ceci appartenne a quel gruppo di giovanissimi ricercatori che,
Per una dettagliata ricostruzione dellutilizzo del fondo Filangieri dal 1892
al 1899 si rimanda ai verbali delle riunioni della Societ Napoletana di Storia
Patria conservati presso la stessa Societ.
85
Questo testamento tra le carte non riordinate dellArchivio Filangieri,
non mi pertanto possibile indicarne la collocazione.
86
Anche per questa seconda copia vale quanto detto precedentemente.
Allepoca della mia consultazione, comunque, il testamento, con altra
corrispondenza, era conservato negli scaffali in basso dellarmadio n.1 contenente
il cosiddetto Archivio A (cfr. R. DE LORENZO- N. BARRELLA, Ritratto di famiglia..
cit.).
87
Conservato nella busta relativa alla Chiesa di San Giovanni a Carbonara,
AMF, B. 44.
88
G. CECI, op. cit., p. 82.
84

114

NADIA BARRELLA

formatisi presso la Societ di Storia Patria, ne ereditarono lo spirito


e il metodo storico giungendo a nuovi e significativi risultati di
cui ampia traccia rimane in quella preziosa costola dellArchivio
Storico rappresentata dalla rivista Napoli Nobilissima89. La sua
dunque unapprezzabile testimonianza coeva di cui va tenuto
conto per valutare quanto, dei Documenti, si debba realmente
ascrivere al Filangieri. Che Miola e Cerillo fossero regolarmente
pagati per svolgere ricerche presso gli archivi napoletani noto e
dichiarato dallo stesso Principe in tutti i volumi pubblicati. A loro,
stando alle parole del Filangieri, era demandato il compito
materiale di leggere e trascrivere le antiche carte.
Miola comincia a collaborare ai Documenti sin dal primo
volume. La trascrizione del codice si legge nellintroduzione
alle Effemeridi venne affidata al signor Alfonso Miola, assistente,
addetto ai Manoscritto nella Biblioteca Nazionale di Napoli, il
quale fatto da me venire a bella posta a Parigi, con paziente
assiduit in poco pi dun mese men a termine un lavoro pieno
di non comuni difficolt paleografiche e linguistiche; ed ha di poi
non poco contribuito a far che la presente pubblicazione
rispondesse al fine propostici 90. Allabilit del paleografo
napoletano si deve dunque il primo proposito filangieriano di
mettere a disposizione fatti per la storia. Nelle pagine precedenti,
tuttavia, si rilevata la differenza tra il primo ed i successivi volumi
dei Documenti e rimarcato come, al di l della semplice trascrizione
del documento, la vera novit dellopera fosse rappresentata dalla
progressiva consapevolezza delle potenzialit del lavoro che si
andava svolgendo in direzione di una riscrittura della storia dellarte
napoletana. Non credo che questa evoluzione possa attribuirsi a
89
Su Napoli Nobilissima cfr. N. BARRELLA, Come capitoli di un libro per
la storia della citt: la prima serie di Napoli Nobilissima tra erudizione,
topografia e storia dellarte, in Le riviste darte in Italia dallOttocento allet
contemporaneo. Forme, modelli, funzioni, atti del convegno di studi, Torino, 3-5
ottobre 2002, in corso di stampa.
90
Documenti, I, 1883, p. LXXIX.

Per la storia, le arti e le industrie

115

Miola che manterr, sostanzialmente, il ruolo del ricercatore di


documenti negli archivi napoletani, contribuir -con Capasso- ai
riferimenti bibliografici e si occuper, per garantire la correttezza
della stampa dei documenti, anche della revisione delle bozze. Il
suo, di conseguenza, fu esclusivamente un corretto e preciso lavoro
paleografico della cui necessit, comunque, il Principe fu sempre
conscio, com evidente dalla gi citata affermazione che: coi
documenti che giorno per giorno, per cura del valente paleografo
e filologo sig. Alfonso Miola, andiamo traendo dal solo archivio
notarile c da ricomporre pi duna pagina della nostra storia
delle grandi e minori arti91.
Pi problematico resta il contributo di Edoardo Cerillo
ricordato per le ricerche presso gli Archivi del Real Albergo de
Poveri e citato anche da Miola in una lettera del 12 settembre
188392, in cui si fa riferimento ad una sua relazione. Nulla di pi
emerge dalla documentazione conservata presso il Museo e, in
generale, su questo personaggio poco ci dato di sapere. Al di l
di una descrizione artistica delle antiche facciate di Palazzo Como,
comparsa nel catalogo del Museo del 188893, si ha notizia di un
suo precedente intervento sul problema di via Duomo 94, di un
discorso per linaugurazione del monumento a Luigi Vanvitelli nello
stesso anno e di un saggio del 1887 sul restauro del Duomo di
Cosenza. Cerillo non fu membro della Societ di Storia Patria n
scrive per lArchivio Storico sul quale non compare nemmeno la
sua necrologia. Non tra i collaboratori di Napoli Nobilissima
che vedr invece pi volte presente Alfonso Miola e non fa
parte di nessuna delle Commissioni Conservatrici che operano a
Documenti, II, 1884, pp. X-XI.
AMF, B. 44, f. 1.
93
E. CERILLO, Descrizione artistica delle antiche facciate del Palazzo Como e
delle opere fattevi da Gaetano Filangieri Principe di Satriano, in Catalogo del
Museo Civico Gaetano Filangieri Principe di Satriano, Napoli, 1888, pp.LIXLXXIII.
94
Id, Il proseguimento della nuova via del Duomo ed il Palazzo Como,Napoli,
1879.
91

92

116

NADIA BARRELLA

Napoli in quegli anni. Le tracce del personaggio sono dunque


estremamente labili ma pur volendo pensare a questo architettoingegnere come al braccio destro del Principe tenderei ad escludere
che possa attribuirsi a lui larchitettura dei Documenti. poco
credibile che un uomo, eventualmente dotato di tali capacit,
accettasse, per anni, un ruolo subordinato e senza mai desiderare,
non dico di ribadire leventuale paternit di una simile opera, ma
quanto meno di affermarsi come studioso al di l del Principe
stesso. molto probabile, comunque, che Filangieri facesse
riferimento proprio allesperienza di Cerillo sia per la descrizione
architettonica delle chiese sia per i frequenti prospetti di spesa o
per le indicazioni sul restauro, conservate nei faldoni dellarchivio,
che sono chiaramente opera di un tecnico.
Qui, per, non si sta parlando di chi abbia materialmente
trascritto i documenti o fornito dati per la descrizione delle
strutture95, si sta tentando, piuttosto, di affrontare un problema
pi ampio che relativo allelaborazione di un progetto complesso,
allindividuazione di precise finalit, al coordinamento dellattivit
di un gruppo che non pu ascriversi ad altri che alla poliedrica
figura del Principe di Satriano, lunico che per formazione, cultura,
capacit di rielaborazione di stimoli familiari, obiettivi politici e,
perch no, anche potere economico potesse davvero concepire
unopera come i Documenti. Questi ultimi vanno quindi molto al
di l della semplice raccolta di fonti archivistiche e trovano evidenti
connessioni solo con le altre scelte operate dal nostro autore: la
fondazione di un museo civico, la scelta di una didattica mirata
95
Anche Capasso, in questo, diede un contributo fondamentale di cui si
conservano tracce interessantissime nelle Notizie inedite raccolte da Bartolomeo
Capasso conservate presso lArchivio Filangieri. Molto materiale scrisse Don
Bartolommeo nel citato necrologio di Filangieri aveva raccolto ed andava
raccogliendo, al quale io era lieto di contribuire comunicandogli gli spogli fatti
per conto mio da un giovane studioso della nostra storia in volumi e scritture
dellArchivio di Stato non ancora per lo innanzi sfruttare. E quando io gli portavo
qualche quaderno di queste ricerche non a dire con quanta gioia e soddisfazione
egli lo accogliesse.

Per la storia, le arti e le industrie

117

alla trasformazione dei tradizionali processi lavorativi nelle scuoleofficine dellArtistico-Industriale, le battaglie per la conservazione
dei monumenti napoletani, lattivit di consigliere comunale.
Affidata ad altri lattivit di ricerca archivistica e bibliografica
Filangieri96 tenne i fili del sistema, gest e rielabor criticamente le
informazioni ricevute, le adegu al suo sogno di trasformazione
del futuro di Napoli. Per questa ragione, e nonostante il legato di
quarantamila lire, i Documenti cos come lintero sistema culturale
creato , di fatto, moriranno con lui97.

96
Andrebbe certamente ricostruita, ma occorrerebbero tempi e spazi diversi,
la fortuna critica dellopera filangeriana. In questa sede vale forse solo la pena
di ricordare la famosa osservazione del giovane Croce che, nella recensione ai
due ultimi volumi, scrisse: nel suo recente ed importantissimo Indice degli
artefici, il Filangieri, parecchie notizie riferisce desumendole dal Lanzi e non
saccorge che il Lanzi copia il De Dominici, il quale, per tal modo, cacciato
dalla porta, rientra per la finestra ( ASPN,1892,p.213).
97
Storia Patria, in verit, utilizzando i fondi del lascito di Gaetano Filangieri,
nel 1899, pubblic il primo libro di Emile Bertaux su Santa Maria di Donnaregina
e larte senese a Napoli nel secolo XIV. Probabilmente, nei suoi studi ricchi di
dati e di documenti non disgiunti da unaccurata sintesi storica, i soci della
Deputazione napoletana avevano individuato il prosieguo pi naturale dei
filangieriani Documenti. Ma il volume monografico su Donnaregina, scritto dall
erede della grande tradizione erudita storico-documentaria francese, ,
comprensibilmente, il tassello di unaltra storia e di un altro percorso culturale.
Una profonda divergenza di obiettivi e di metodo caratterizzeranno anche lopera
di Antonio Filangieri di Candida incaricato, dalla stessa Societ, di completare
la monografia su S. Giovanni a Carbonara.

Un protagonista del servizio di tutela napoletano:


Bartolomeo Capasso

Gli incarichi rivestiti da Bartolomeo Capasso nelle diverse istituzioni che, dallUnit agli inizi del 900, operarono per la conservazione dei monumenti campani, sono talmente numerosi da consentirci di ripercorrere la storia dei primi, difficili passi, del servizio di tutela nazionale e dei suoi organi periferici1. Capasso infatti, sin dal 1874, nella napoletana Commissione Municipale per
la Conservazione dei Monumenti2; nel 1876, nominato Ispettore agli scavi e ai monumenti per la provincia di Napoli e Sorrento3; nel 1880 entra a far parte della Commissione Conservatrice
dei monumenti ed oggetti darte e dantichit per la provincia di
Terra di Lavoro4 e, negli stessi anni, partecipa, proprio in quanto
Ispettore, ai lavori della Commissione Provinciale di Napoli. Come
vicepresidente della Commissione municipale tra i promotori
del Museo Civico di Donnaregina5; collaboratore e riconosciuto
maestro di metodo, affianca Gaetano Filangieri nellistituzione
del suo Museo e, pur non essendo tra i fondatori, vive tutte le pi
importanti fasi della nascita del Museo Provinciale Campano. Nel
1882, morto Camillo Minieri Riccio, Capasso ottiene la direzione
Per la storia del servizio di tutela in Italia, risultano fondamentali i due
volumi di M. BENCIVENNI, R. DALLA NEGRA, P. GRIFONI, Monumenti e istituzioni,
Alinea, Firenze, 1987-1992 cui far costantemente riferimento.
2
Vi rester fino alla morte.
3
Manterr questo incarico fino al 1895.
4
Rester in carica fino al 1896.
5
Sul museo di Donnaregina cfr. N. BARRELLA, Il Museo Filangieri, Guida,
Napoli, 1988 ed Ead., La tutela dei monumenti nella Napoli postunitaria, Luciano Editore, Napoli, 1995.
1

120

NADIA BARRELLA

dellArchivio di Stato di Napoli e istituisce al suo interno un museo, tra gli iniziatori della Societ di Storia Patria cui, giustamente, si riconosce un ruolo determinante anche nel dibattito sulla
difesa dei monumenti ed il vecchio venerando che ispira (almeno inizialmente) i giovani redattori della rivista Napoli Nobilissima che non poche battaglie intraprese per la salvezza del patrimonio storico-artistico napoletano. A questo elenco di incarichi,
evidentemente cospicuo, non corrisponde per unadeguata quantit di documenti che ci aiutino a comprendere la sua opinione
rispetto alle scelte delle istituzioni cui appartenne.
Molti degli uomini che animarono i primi organi consultivi del
Ministero della Pubblica Istruzione (cui spettava la conservazione
del patrimonio monumentale) seppero gettare le premesse di quel
fondamentale dibattito sui metodi e gli obiettivi della salvaguardia dei beni culturali che port ad una progressiva coerenza del
servizio di tutela in Italia. Le proposte, le battaglie, lattivit di
persone come Giuseppe Fiorelli, Luca Beltrami, Felice Barnabei,
Antonio Salinas ed altri6, riuscirono a fornire un fondamentale
contributo di teorie e metodi dintervento che risulter talmente
importante, da lasciare tracce profonde sulle ulteriori vicende della conservazione in Italia, facilmente riscontrabili in epoche anche
molto vicine a noi. Di tale dibattito, inoltre, Napoli fu tra le citt
protagoniste. La lunga esperienza preunitaria aveva di sicuro contribuito ad affinare specifiche capacit in alcuni settori quali ad
esempio, lo scavo archeologico o la musealizzazione degli oggetti
che costituirono il retroterra culturale ideale non solo per il priAl di l dei pi volte citati volumi di Bencivenni, Dalla Negra, Grifoni, del
saggio di Guzzo e degli Atti del Convegno per il centenario della morte di Giuseppe Fiorelli, per la ricostruzione dellattivit dei nostri protagonisti si vedano
anche: M. BARNABEI-F. DELFINO (a cura di), Le memorie di un archeologo di Felice
Bernabei, Roma, 1991; L. POLVERINI ( a cura di), Lo studio storico del mondo
antico nella cultura italiana dellottocento, Napoli, 1993; A. SALINAS, Scritti scelti,
I, (con introduzione di V. Tusa), Palermo, 1989; S. DE VIDO, Antonino Salinas: il
museo come scuola e il genio proprio delle arti in Sicilia, in Ricerche di Storia
dellArte, 50, 1993, pp. 17-26.
6

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

121

mo Direttore Generale degli scavi e dei musei del regno, il gi


citato Fiorelli, ma, in generale, per pi di una generazione di conservatori che va da Demetrio Salazaro a Giulio Minervini, da
Gaetano Filangieri a Giulio De Petra, da Adolfo Avena a Vittorio
Spinazzola7. Ciascuno di loro seppe recepire e interpretare, a volte
anche con grande originalit, gli spunti pi interessanti della vivace discussione sulle cose darte che anim la seconda met dellOttocento italiano ed europeo. Bartolomeo Capasso li conobbe
7
A lungo terreno di studio degli storici dellarchitettura, il dibattito sulla
conservazione dei monumenti divenuto oggetto di ricerca degli archeologi e
degli storici dellarte napoletani solo nei primi anni 80 quando sono state avviate una serie di attivit di ricerca sui materiali del passato e le istituzioni per la
sua conservazione. Nuovi obiettivi e, soprattutto, nuove metodologie, hanno contribuito a ricostruire fenomeni storici e complesse situazioni politiche e culturali
fino ad allora assolutamente ignorati ed da queste indagini che sono riemersi i
protagonisti sopra indicati. Da un lato gli studi del Dipartimento di Filologia
Classica della Federico II che hanno portato ai due volumi curati da Marcello
Gigante (La cultura classica a Napoli... cit.), dallaltro lattivit di ricerca del
settore di storia delle arti allinterno del Dipartimento di Discipline storiche. Da
questultimo il quaderno a cura di A. Fittipaldi, Musei, tutela ... cit. ampio
excursus sulla tutela tra 7 e 800 i miei studi su Gaetano Filangieri (Il museo
Filangieri, Napoli, 1988) seguiti dalle indagini sul gruppo dei commissari provinciali e municipali (La tutela dei monumenti... cit.) e le ricerche di Andrea Milanese e di Paola DAlconzo pi volte ricordate in questo testo.
Come segno dellinteresse per la storia del servizio di tutela, va citato anche il
volume a cura di G. Fiengo, Tutela e restauro dei monumenti in Campania, (Napoli, 1993) utile per la ricca bibliografia sulla storia del restauro, alcune mostre
promosse dalla Soprintendenza per i beni architettonici di Napoli (ricordo soprattutto Nascita di una Soprintendenza del 1994) e lattivit degli Archivisti di
Stato di Napoli che ha portato al convegno Beni culturali a Napoli nellOttocento,
cit.
Molto stato fatto ma molto resta ancora da fare. Meritano uno studio
monografico sia Adolfo Avena (pi volte comunque ricordato dagli storici dellarchitettura) che Vittorio Spinazzola, primo direttore del Museo di San Martino.
Un maggiore approfondimento critico lo richiede anche la poliedrica figura di
Demetrio Salazaro (solo sfiorata da A. ALOIGI, Demetrio Salazaro e la promozione
delle arti, in A. FITTIPALDI (a cura di), Musei... cit.) e va comunque riaffrontata,
dopo quasi ventanni dalle prime giovanili e pionieristiche ricerche, la figura
di Filangieri museologo.

122

NADIA BARRELLA

tutti e per molti di loro fu un costante punto di riferimento. Eppure, come dicevo prima, attribuirgli in questo specifico settore
qualche azione o considerazione personale non facile. Quasi
sempre presente nelle sedute delle Commissioni cui appartenne,
ligio nello svolgere gli incarichi affidatigli dal Ministero, Capasso
come conservatore appare sfocato, talmente confuso con le
posizioni del gruppo da far pensare costantemente al duro giudizio del giovane Croce che, paragonandolo al buon frate daltri
tempi, invit a non domandargli se il suo ordine domenicano
stato un bene o no per la societ, e quando stato un bene e
quando un male. I precetti di obbedienza e di umilt ricorda
Croce nel suo famosissimo scritto Capasso e la storia regionale
gli vietano di rispondere, anzi queste domande stesse gli parranno
peccaminose o fatte per tormentarlo8. Don Bartolomeo, per quel
che riguarda la tutela dei monumenti, pare privo del piglio intelligentemente polemico di altri suoi contemporanei e, certamente,
non prese mai in esame specifici problemi conservativi. Pur tuttavia, a rileggere i suoi interventi nelle Commissioni, la corrispondenza conservata negli archivi e quantaltro, al riguardo, si pu
estrapolare dalla sua vastissima bibliografia, Capasso mostra uninteressante e significativa coerenza metodologica che ci aiuta probabilmente a capire meglio perch, anche per la difesa dei monumenti, i suoi ben pi vivaci interlocutori vollero riconoscergli un
ruolo prestigioso.
Il primo incarico, come si detto, fu quello di Vicepresidente
della Commissione Municipale per la conservazione dei monumenti9. Capasso fu tra i promotori di questa istituzione di cui il
Municipio di Napoli volle dotarsi nel 1874. Gli obiettivi precisati
B. CROCE, Capasso e la storia regionale, in Napoli Nobilissima, a. IX, fasc.
III, marzo 1900.
9
Sulla Commissione Municipale si veda N. BARRELLA, La Commissione Municipale per la Conservazione dei monumenti, in Beni Culturali a Napoli nellOttocento,
atti del convegni di Studi, Napoli 5-6 novembre 1997, Roma, 2000, pp. 93-112.
8

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

123

nella delibera di giunta, del resto, sono perfettamente in linea con


il suo credo: la Commissione, infatti, cura che non vadano distrutti o dispersi stemmi, iscrizioni e monumenti di ogni maniera
che abbiano attinenza alle nostre antiche istituzioni, o che ricordino fatti e nomi degni di essere trasmessi alla posterit, studia il
modo onde questi monumenti () diventino pi visibili, e dove
occorra sieno reintegrati, o messi in rilievo con apposite iscrizioni
commemorative; indaga e ordina nellArchivio Municipale tutti
documenti concernenti la storia civile di questo Municipio, dando
notizia al pubblico del loro contenuto10. Allinterno di questa istituzione, il nostro studioso si ritaglia, inizialmente, lo spazio a lui
pi consono. Il suo mandato iniziale quello di riordinare lArchivio municipale potendo quelle carte e quei documenti di grande
utilit tornare alla illustrazione della Citt nostra. E il lavoro, proprio grazie al suo impegno, viene alacremente compiuto11. Nel
1875, vista indi la ragione di far chiara limportanza di alcuni
monumenti, Capasso sincarica di scrivere una memoria sulla gran
sala della Chiesa di S. Lorenzo e negli anni immediatamente successivi, affianca Beniamino Cal nel suo lavoro di esecuzione degli
stemmi in terracotta colorata degli antichi sei Sedili di Napoli. Fa
adottare unepigrafe per la casa di Masaniello cansando le espressioni che potevano generare ambiguit di pensieri12 e istituisce
una sottocommissione per indagare quali fossero le pitture pi
necessarie a riprodursi a disegno colorato della antica chiesa dellIncoronata. Essa si legge nella relazione ad onta della cura
della Congrega vedeva marcire ogni giorno di pi e perdersi le
pitture storiche di gran rilievo che decorano la cappella del Crocifisso. E la Commissione dal canto suo stim di non accettare per
10
Commissione per la conservazione dei monumenti. Regolamento, Napoli,
1875, p. 2.
11
Commissione per la conservazione dei monumenti. Lavori eseguiti nel primo
anno 1875, Napoli, 1876, p. 4.
12
Commissione per la conservazione dei monumenti. Lavori eseguiti per tutto
lanno 1878, Napoli, 1880, p. 8.

124

NADIA BARRELLA

tali lavori quelli artisti che non avessero la pratica del buon disegno e la pazienza dello studio negli antichi originali13.
Purtroppo, con quella del 1878, terminano le relazioni date
alle stampe. A ricostruire lattivit della Commissione Municipale
contribuiscono pochi documenti presenti in alcuni archivi cittadini larchivio della Commissione andato disperso e unampia
relazione di Antonio Colombo14. Da queste fonti, per, poche altre volte possibile desumere uniniziativa personale di Capasso.
certo che fu tra i sostenitori dellappello al Ministero della Istruzione Pubblica per la salvezza dellArco di Alfonso e che scrisse la
narrazione storica sulla Chiesa di San Giorgio Maggiore minacciata dal prolungamento di via Duomo15. Gli spett, inoltre, il testo
delle lapidi che furono poste a ricordo dei sedili e dei palazzi abbattuti ed probabilmente anche per questi testi che il nostro stato
pi volte tacciato di colpevole allineamento con quella che fu lideologia devastatrice del Risanamento16. Abbattute le luride case
dett nel 1893 per la lapide del Sedile di Porto ed il contiguo
supportico angioino che da un lato e dallaltro rendevano stretti ed
oscuri i vichi e costruite nuove e vaste vie e comode abitazioni a
risanamento e decoro della citt, il municipio fece qui collocare
Ivi, p. 12.
Commissione per la conservazione dei monumenti municipali, Lavori compiuti dal giugno 1874 fino a tutto lanno 1898. Relazione del commissario incaricato cav. Antonio Colombo, Giannini, Napoli, 1900 (in seguito COLOMBO, 1900).
15
Labside dellantica basilica di San Giorgio Maggiore. Relazione della Commissione municipale per la conservazione dei monumenti e deliberazione della
Giunta, Napoli, 1881. Merita di essere segnalato il fatto che almeno stando ai
documenti da me raccolti - quella per deliberare in ordine al ricollocamento a
posto dei monumenti della Chiesa di San Giorgio Maggiore(22 novembre 1884)
lunica sottocommissione cui il nostro abbia preso parte.
16
Ho gi discusso altrove (N. BARRELLA, La Commissione municipale per la
conservazione dei monumenti, cit., pp. 102 e ss.) della scarsa validit di queste
considerazioni ex post e della necessit di storicizzare le affermazioni di Capasso
inquadrandole in un contesto molto pi sfaccettato di quanto non possa apparire ad una prima e generica lettura.
13
14

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

125

queste lapidi superstiti affinch ricordassero ai posteri il sito e la


impresa del vecchio seggio di porto che fino dallanno MDCCXXXXII
nellangolo del vicolo Mezzocannone esistette17. Nientaltro di significativo ci giunge dai documenti recuperati. Di fronte allavanzamento dei lavori del Risanamento che mettevano a rischio la
chiesa di S. Aspreno Capasso non saprebbe quale temperamento
tenere al pericolo che ci minaccia16 e le poche lettere degli anni
90 a lui indirizzate come componente della Commissione Municipale sono, per lo pi, quelle notizie sulle scoperte di antichit in
Napoli che utilizz per la sua Napoli Greco-Romana e che vennero
pubblicate da Ferdinando Colonna nel 1902 proprio su consiglio
del nostro19.
Riservandomi di effettuare una valutazione critica complessiva
dellattivit svolta da Capasso conservatore, continuo questo che
un primo forse incompleto ma certamente inedito tentativo
di disamina dei suoi interventi, spostando la mia attenzione sulla
Commissione Provinciale di Terra di Lavoro.
Istituita nel 186920, considerando come nella Provincia di Terra di Lavoro esistono monumenti ragguardevoli per la storia e per
larte, la Commissione ha il compito di vegliare la conservazione
ed i restauri dei monumenti ed oggetti di antichit e di belle arti di
quella provincia e riferirne al Ministero di Pubblica Istruzione e
COLOMBO 1900, p. 87.
Sono le parole scritte dal Segretario della Commissione, Ferdinando Colonna di Stigliano, a Gennaro Aspreno Galante in una lettera del 21 marzo 1892
conservata presso lArchivio della Facolt Teologica di Napoli, vol. 259.
19
F. COLONNA DI STIGLIANO, Scoperte di antichit in Napoli dal 1876 a tutto il
1897, Giannini, Napoli, 1898 e Id., Il Museo Civico di Napoli e Scoperte di antichit in Napoli dal 1898 a tutto agosto 1901, Giannini,Napoli, 1902. Sui rapporti tra
Capasso e Colonna risultano interessanti anche alcune lettere conservate presso
lArchivio della Societ Napoletana di Storia Patria, Fondo Capasso, B. 13.
20
Regio Decreto 21 agosto 1869 n. 5251 col quale istituita una commissione
per la conservazione dei monumenti ed oggetti di antichit e belle arti nella Provincia di Terra di Lavoro. Il documento pubblicato in M. BENCIVENNI, R. DALLA
NEGRA, P. GRIFONI, Monumenti e Istituzioni, cit., vol. I, pp. 260-261.
17

18

126

NADIA BARRELLA

dovr compilare e tenere in regola gli inventari di tutti gli oggetti


darte esistenti in edifizi pubblici, sacri e profani, o che sono esposti al pubblico in edifici privati21. Contemporanea agli altri consessi
provinciali nati in seguito alla promulgazione delle leggi di soppressione dellasse ecclesiastico, la Commissione di Terra di Lavoro, cos come analoghe istituzioni egualmente limitate da un potere esclusivamente consultivo, fu, almeno fino alla costituzione degli Uffici Regionali del 1891, lunico organismo territoriale in grado di esercitare una qualche azione di vigilanza su un ingente
patrimonio artistico e monumentale che solo a partire dal 190222
inizier ad essere concretamente tutelato. Rispetto alla consorella
napoletana, inoltre, essa ebbe lenorme merito di identificare nellistituzione di un museo il Provinciale Campano di Capua lo
strumento fondamentale per porre un argine concreto alla dispersione delle pi interessanti testimonianze di storia patria23 e, a
Artt. 1 e 6 del Regio Decreto 21 agosto 1869 cit.
lanno di emanazione della Legge sulla conservazione dei monumenti e
degli oggetti darte e di antichit.
23
Pochi mesi dopo il suo insediamento, nella tornata del 4 aprile 1870, la
Commissione decide latto di formazione di un Museo Provinciale, mettendo
alla discussione la sua Necessit, il Titolo da darglisi, il Programma della sua
istituzione e il luogo dove meglio istituirsi, onde di comune accordo fu stabilito:
1) Essere essenzialmente necessaria la istituzione di esso Museo Provinciale.
2) Doversi appellare col titolo di Museo Campano.
3) Il suo programma dover essere basato sopra i quattro seguenti articoli:
I) Conterrebbe il museo tutti i monumenti ed oggetti, di cui i Municipi e i
proprietari intendessero di fare spontaneamente la cessione, o il semplice deposito ().
II) Conterrebbe i monumenti ed oggetti, che la Commissione inviterebbe i
proprietari a deporre in esso Museo, quando riconoscesse che si trovano in condizione di andare dispersi ed essere deprezzati e distrutti.
III) Conterrebbe i monumenti ed oggetti che la Commissione acquistasse coi
propri fondi.
IV) Conterrebbe i monumenti ed oggetti provenienti dagli scavi eseguiti per
conto della medesima Commissione. (Atti della Commissione Consultiva di Terra di Lavoro, Verbale della tornata del 4 aprile 1870, vol. I, p. 35).
La scelta della sede, decisa in seguito ad un confronto tra tre pretendenti S.
21

22

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

127

differenza dei due consigli napoletani (quello municipale e quello


provinciale), diede anche costantemente alle stampe i resoconti
della sua attivit. Ho potuto quindi seguire, ininterrottamente, le
assemblee cui Capasso partecip sin dal 13 febbraio 1880. Nel
novembre dello stesso anno, incaricato dalla Commissione di
esaminare, per un eventuale acquisto, un volume manoscritto di
un tal Giuseppe de Cristoforo, nativo di Casapulla. Pochi mesi
dopo, nel gennaio del 1881, Capasso presenta la sua relazione
alla Commissione. Cito solo alcuni passi del suo dotto discorso
che, dopo aver posto laccento sullamore delle memorie patrie
dellautore e precisato la scarsa originalit delle notizie ivi riportate (lautore non fa altro che trascrivere i brani degli autori che
spoglia, ed assai raramente vi frammezza qualche osservazione
propria che sia da rilevare) sottolinea come siano meritevoli di
qualche attenzione le istoriche notizie di Capua trascritte a carta
195 () perch inedite e provenienti da un manoscritto di un tal
Giuseppe La Ratta e, soprattutto, la seconda parte del volume.
questa, infatti,
labbozzo di unopera, che il de Cristoforo intendeva di pubblicare sul villaggio di Casapulla e sopra alcune citt o paesi
vicini, che in qualunque modo potevano aver relazione con la
storia di esso. Tratta quindi di Capua() di Atella e di Aversa
() e tratta della ragione e della etimologia del nome di CasaMaria Capua Vetere, Caserta e Capua-, cadde su Capua anche grazie alla relazione di Gabriele Jannelli che sostenne la necessit di istituirlo nella regina del
Volturno perch nessuna citt, in tutta Terra di Lavoro, poteva presentare tanta
moltitudine di tali monumenti e doggetti darte per tutti e tre successivi periodi
di tempo che il museo intendeva presentare. Dotata di archivi e biblioteche,
inoltre, Capua si prestava inoltre alla nascita di un sistema di cultura ben individuato da Jannelli - che riaffermava il luogo della citt come principio unico
dogni storia e quello del museo come accumulo delle voci storiche in stretto
rapporto con essa (cfr. al riguardo N. BARRELLA, La vocazione al territorio: i musei
in provincia di Caserta, in R. CIOFFI- N. BARRELLA, La memoria dei luoghi. Giornate di studio sul futuro dei musei locali della Campania, Napoli 7-8 giugno 2001,
in corso di stampa).

128

NADIA BARRELLA

pulla (p. 1) della chiesa di S. Elpidio (209) delle vicende della


regione circostante e delle antichit trovate nel territorio.

la parte pi importante del manoscritto


perch vi si parla di monumenti esaminati dallo stesso autore,
alcuni de quali ora forse non pi esistono. Cos si ricorda di
una figura di metallo, e di alcuni amuleti scavati nel 1753, di
un vetro antico, di alcuni bolli in terracotta, di un tumolo trovato vicino le Curti, e specialmente di una iscrizione sopra di
una corniola, mista di latino e di greco, che, se vera e ben
letta, a me sembra di qualche importanza () Per queste ragioni dunque, e perch anche si tratta di uno scrittore appartenente al territorio capuano, io credo che, ove voi lapproviate, ed il
prezzo che se ne richiede sia discreto, il manoscritto possa essere acquistato per arricchire la Biblioteca Campana. La Commissione lieta di tale proposta, delibera di facoltarsi il tesoriere
a trattarne lacquisto24.

Ho voluto dare ampio spazio a questa citazione perch contiene interessanti spunti di riflessione che in seguito utilizzer e perch, di fatto, resta uno dei rarissimi interventi effettuati da Capasso
che, nella maggior parte dei casi, viene citato esclusivamente come
il Vicepresidente della Commissione Municipale di Napoli che ringrazia per il dono dei verbali a stampa. Se Giulio Minervini, Gabriele Jannelli o Gaetano Caporale (solo per citare alcuni dei pi
noti commissari) svolgono una costante attivit di controllo sul
territorio e un intenso lavoro per il nascente Museo Campano,
Capasso compare esclusivamente se c da valutare un manoscritto o un nuovo contributo alla storia del regno. di nuovo protagonista, infatti, nel novembre del 1881, quando risponde allinvito fattogli dalla Commissione di leggere un scritto di Giuseppe
Faraone dal titolo Iscrizione sullentrata della casa di Pier della
24
Atti della Commissione Conservatrice di Terra di Lavoro, Verbale della tornata del 12 gennaio 1881.

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

129

Vigna in Caiazzo restituita ed illustrata. Valido manifesto del suo


metodo storico, anche questulteriore contributo allattivit della
Commissione sembrerebbe del tutto distante dalle reali necessit
che tali istituzioni avevano di conservare la fisicit del monumento, salvandolo dal degrado, dallincuria del tempo e delluomo e,
pi di ogni altra cosa, dallinevitabile dispersione successiva alla
soppressione degli enti ecclesiastici e allabolizione del
fidecommesso25. Simile a questi interventi, quello sulle Dissertazioni istoriche delle antichit alifane di Gianfrancesco Trutta, cui
riconosce il merito di segnalare unepigrafe s perch poco conosciuta, e s per le illazioni che il Trutta da essa vuol ricavare, onde
definire il sito dellantica Trebula26. Al di l di poche e scarsamente significative partecipazioni alle discussioni, dal 1881 si dovranno attendere dieci anni, per poter segnalare qualche altro episodio
utile al nostro discorso. Morto Minervini, nel dicembre del 91,
Capasso diventa Vicepresidente della Commissione di Terra di
Lavoro ed in tal veste che opera per lacquisizione, al museo
Campano, dellArchivio storico del Comune di Capua. Nel marzo
del 1892, rispondendo ad una lettera del Sindaco di Capua da cui
si evince la disponibilit al deposito dellArchivio presso il Museo,
Bartolomeo Capasso scrive:
facendomi interprete del sentimento della Commissione di
codesta illustre Provincia, sento il dovere di esprimere allAmministrazione municipale () il plauso e la gratitudine che
merita la deliberazione recentemente presa di affidare alla nostra Commissione il deposito e la conservazione dellantico e
pregiato Archivio di cotesta citt. Questa nobile deliberazione,
mentre tende a rendere utile alluniversale ricco patrimonio stoAnche in questo caso, rimando per approfondimenti ai gi citati e fondamentali contribuiti di Andrea Emiliani e al pi recente saggio di A. GIOLI, Monumenti e oggetti darte nel Regno dItalia, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato,
Roma, 1997.
26
Atti della commissione provinciale di Terra di Lavoro, Verbale della tornata
del 10 maggio 1882.
25

130

NADIA BARRELLA

rico della Citt, che ebbe tanta parte nelle vicende dellantico
Reame, onora grandemente lAmministrazione, che ne ebbe il
patriottico pensiero. Imperocch le importanti scritture, che in
esso si trovano, messe accanto al Museo Campano, che accoglie i monumenti insigni della prisca civilt di questa regione, e
uniti alla Biblioteca Campana, che contiene le opere che la
illustrano, potranno dare a chi scalda il cuore ed illumina la
mente il pensiero della grandezza della Patria una serie continuata e non interrotta di studi che varranno a metterla nella
splendida luce che merita.27.

un brano interessantissimo che evidenzia, tra laltro, anche la


straordinaria affinit intellettuale tra Capasso e laltro grande protagonista della tutela casertanache fu Gabriele Jannelli, ancora
in attesa di unadeguata riconsiderazione. Con questo importante
successo ottenuto larchivio comunale ancora oggi tra i pi
interessanti fondi conservati al Museo Campano si chiude, comunque, anche lattivit in Terra di Lavoro.
Seguendo ancora i suoi passi, arriviamo al lavoro di Ispettore
delle province di Napoli e Sorrento.
Sorta nel 1875, la rete degli Ispettori agli Scavi e ai Monumenti
era destinata ad esercitare unampia azione di vigilanza su tutto il
territorio nazionale ed a fungere da collegamento con il Ministero.
Era questa unesigenza che gi da molto tempo era stata avvertita
giacch unattenta sorveglianza sulle campagne di scavo non poteva essere garantita n dai soli funzionari che prestavano servizio
presso lamministrazione centrale, n dai membri delle commissioni conservatrici provinciali impegnati come erano principalmente
nel settore dei monumenti medievali e delle belle arti, e comunque costretti a prendere decisioni solo collegialmente28. Voluti
Atti della Commissione Provinciale di Terra di Lavoro, Verbale della tornata
del 24 marzo 1892.
28
M. BENCIVENNI, R. DALLA NEGRA, P. GRIFONI, Monumenti e istituzioni, cit.
vol. I, pp. 290-291. A questo scritto si rimanda anche per ulteriori approfondimenti sul ruolo degli ispettori e per lampia appendice documentaria.
27

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

131

soprattutto dal Direttore Generale Fiorelli, gli Ispettori che nel


1876 erano gi 111 in tutta Italia rappresentarono per molti
anni lasse portante della politica di protezione del patrimonio
monumentale del governo centrale. Membri di diritto delle locali
Commissioni Provinciali, gli Ispettori assicuravano al Governo
una corrispondenza assidua ed una non interrotta vigilanza sui
monumenti e tornavano altres utili alle Commissioni consultive,
le quali per mezzo del Proprio Presidente, il Prefetto, potranno
richiedere agli Ispettori tutte quelle notizie che credessero giovare
alle loro ricerche scientifiche29. Lattivit di Capasso come Ispettore ricostruibile attraverso alcuni fondi archivistici della Societ
di Storia Patria, della Soprintendenza Archeologia di Napoli e
Caserta e, soprattutto, grazie al I versamento del Ministero della
Pubblica Istruzione, Direzione Generale delle Antichit e Belle Arti
conservato presso lArchivio Centrale dello Stato di Roma. Questultimo, opportuno ricordarlo, data la sua vastit non stato
da me completamente consultato. Pur non escludendo la possibilit di aver trascurato qualche interessate documento credo, tuttavia, di aver verificato (anche attraverso opportuni riscontri con
quanto conservato altrove) materiale bastevole per unadeguata
valutazione del lavoro del nostro studioso.
Capasso viene nominato Ispettore poco dopo la nascita della
Direzione Generale30. infatti datata 9 ottobre 1875 la lettera di
ringraziamento chegli scrive al Ministro della Pubblica Istruzione
per lincarico ricevuto.
In questa regione che fu tanto frequentata dai romani principalmente nei tempi imperiali scrive il novello Ispettore e
che ha sempre dato moltissimi monumenti alla Scienza, ed ora

29

Circolare 25 agosto 1875 n. 451 relativa agli Ispettori degli Scavi e Monumenti. La circolare pubblicata in M. BENCIVENNI, R. DALLA NEGRA, P. GRIFONI,
op.cit., vol. I, pp. 320-321.
30
R. Decreto 28 marzo 1875 n. 244 col quale viene istituita una direzione
centrale degli scavi e musei del regno.

132

NADIA BARRELLA

ne conserva ancora parecchi tra quali alcuni come lepigrafe di


Fausta moglie di Costantino di una grande importanza giover
moltissimo la sorveglianza del governo per questi oggetti. Ed
io per quanto le mie deboli forze lo comporteranno non mancher di adoprarmi allo scopo e secondare le nobili intenzioni
dellE.V. che col recente ordinamento degli scavi e Musei dItalia ha dato un nuovo impulso al progresso degli studi archeologici ed ha ben meritato della scienza e della patria31.

Al di l delle buone intenzioni, almeno per i primi due anni,


dellattivit di Capasso come Ispettore non ho trovato alcuna
traccia. molto probabile, tuttavia, che ci sia da collegare ad
una pi ampia e nazionale incertezza legislativa su compiti e
ruoli dei diversi operatori che, a livello locale, agivano per il Ministero e che venne solo in parte risolta dallistituzione, nel 1876,
di nuove Commissioni conservatrici provinciali di cui facevano
parte di diritto gli Ispettori agli Scavi e Monumenti. Una nuova
Commissione provinciale napoletana infatti istituita l8 settembre 187632 ma comincia a dare i primi segni di s quasi un anno
dopo. Capasso, nei verbali delle tornate che ho verificato, quasi
sempre presente. Partecipa alla sottocommissione che opter per
la dichiarazione di non monumentalit della Chiesa del Ges
Nuovo e a quella che seguir per molti anni la vicenda dellArco
di Alfonso33, svolger alcuni incarichi di routine (si veda ad esempio la consegna della Cappella del Pontano alla ditta che ne aveva ottenuto lappalto per i lavori di restauro) ma non compare

Archivio della Societ Napoletana di Storia Patria, Fondo Capasso, B. 14,


Lettera del 9 ottobre 1875, Bartolomeo Capasso a Ruggiero Bonghi Ministro
della Pubblica Istruzione.
32
R. Decreto dell8 settembre 1876 n. 3338. Sul succedersi di Commissioni
consultive a Napoli, a partire dal 1860, cfr. N. BARRELLA, La tutela cit.
33
La vicenda dellArco di Alfonso, in realt, vedr coinvolti molti dei protagonisti degli organi di tutela napoletani. Lo stato di degrado di uno dei monumenti pi importanti della citt coinvolger la Soprintendenza, le Commissioni
municipale e provinciale, il Genio Civile e lUfficio Regionale dei Monumenti.
31

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

133

mai tra quanti verificano gli inventari dei monumenti n effettua,


come subcommissario, sopralluoghi tecnici. Una significativa
eccezione rappresentata dalla riunione straordinaria del 30 dicembre 1879 che, per volont dellabate Luigi Tosti, Soprintendente generale dei monumenti sacri, vide per la prima volta riuniti i membri dei diversi consessi operanti sul territorio napoletano34 per discutere dello stato dei monumenti cittadini. Convinto
della necessit di una maggiore attenzione al patrimonio artistico
della citt, Luigi Tosti propone di dar vita ad un elenco
per vedere se ve ne fosse alcuno abbisognevole di restauri, e
perch in appresso vi si potesse portare una attenzione continua, propone di affidarsi allIspettore dei monumenti lo incarico di fare in ogni semestre una relazione sullo stato degli stessi
per quei provvedimenti che si credessero opportuni35.

Oggetto delle sue premure sarebbe stato quello di patrocinare


per quei monumenti che non sono stati dichiarati nazionali e che
pure sono degni della attenzione delle due commissioni e dar vita
alle relative proposte circa quei monumenti che avessero bisogno
di restauro, nel fine di provvedersi per la esecuzione degli stessi,
facendosi analoghe proposte al governo, alla provincia od al Municipio, a seconda che i monumenti fossero nazionali, provinciali
e comunali. Chiamato in causa direttamente da Tosti, cui lo legava una lunga amicizia, Capasso accetta lincarico36.
34
Commissione Municipale, Commissione Provinciale, Ispettore, Soprintendenza generale dei monumenti sacri.
35
Atti della Commissione Conservatrice dei monumenti di Napoli, Verbale della tornata del 30 dicembre 1879, ACS, Ministero della Pubblica Istruzione, I
versamento, Antichit e Belle Arti, B. 490.
36
La proposta conclusiva della Commissione
Che si accetti che lispettore dei monumenti faccia una relazione semestrale
sullo stato dei monumenti tutti, indicando le opere di riparazioni di cui avessero
bisogno;
2 che si nomini una sottocommissione composta dal proponente abate Sig.

134

NADIA BARRELLA

Degli esiti di questo ufficio, per, non ho trovato alcunch ed


molto probabile che ci non dipenda dalla semplice dispersione dei
documenti o dallincompletezza delle mie ricerche quanto, piuttosto,
dal nulla di fatto, che sembra in qualche modo confermato da una
seduta del 15 novembre 1881 che ripropone sullo stesso tema
una nuova sottocommissione composta sempre da Capasso cui si
affianca Gherardo Rega del Genio Civile. Non chiaro se sia legata a
questo incarico o sia frutto della normale attivit di Ispettore, una
lettera del 1886 che Capasso invia al Presidente della Commissione
Provinciale intorno alla Cappella di S. Giovanni in fonte nella chiesa

Tosti, dallIspettore Cav. Capasso, di due componenti la Commissione provinciale e di due di quella comunale, con incarico di proporre il modo pratico di effettuare lopera dellIspettore.
I tempi della Commissione furono, anche in questo caso, abbastanza lunghi.
Una lettera inviata a Capasso dal Prefetto, Presidente della Commissione Provinciale, attesta che, solo nel mese di aprile dellanno successivo si provvide a nominare la sottocommissione di cui si diceva sopra. Nella riunione straordinaria
tenuta dalla commissione prov.le conservatrice di belle arti si legge nel documento- collintervento della commissione comunale del Rev. Tosti Sovrintendente generale ai monumenti sacri, costui propose di affidarsi a V.S. Ill.ma quale
Ispettore dei monumenti lo incaric di fare una relazione semestrale sullo stato
dei monumenti additando quelli che avessero bisogno di restauri, nel fine di
potersi poi richiamare su di essi lattenzione del governo, della provincia o dei
comuni a seconda che si trattasse di monumenti nazionali, provinciali o comunali ed ottenere che si facessero i restauri indispensabili per la loro conservazione.
Tale proposta essendo stata accettata ad unanimit, venne poi prescelta una
sottocommissione composta dallabate Tosti, da V.S. Ill.ma da due componenti
della comm. Provinciale Comm. Michele Ruggiero, Comm. Camillo Minieri Ricci, e da due componenti la Comm. Mun. Duca di Castellaneta e Comm. Federico
Travaglini con incarico alla stessa di proporre e stabilire il modo pratico di effettuare lopera dellispettore in conformit dei divisamenti dellAbate Tosti.
Or essendo stato approvato il verbale di siffatta tornata nella riunione tenuta
dalla commissione provinciale ai 18 dello scorso marzo, io stimo opportuno
farlene ricordo onde si compiaccia mettersi di accordo cogli altri componenti
della sottocommissione (ai quali ho pur scritto con questa stessa data) per ottemperare allincarico alla stessa affidata. Con distinta stima
Il Prefetto presidente

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

135

di S. Restituta37. Rispetto a molti altri eruditi interventi sui monumenti napoletani, spesso privi di unattenta analisi della situazione presente, questa lettera una denuncia delle deplorevolissime condizioni della cappella che sulla via della completa sua distruzione. La
denuncia rafforzata da unanalisi delle sue condizioni:
imperocch si legge da una parte la copertura di zinco,
eseguita da varii anni sulla scodella per garantirla dalle piogge,
ossidata e male costruita, cos che le acque pluviali, che sinfiltrano, non hanno scolo, e vengono assorbite dalla detta scodella; e dallaltra le originali colonne che sostengono lantico
arco acuto, pregevoli per la loro antichit, hanno bisogno di
serii restauri dalla fondazione, che ne manca, in guisa che la
parte statica ne soffre, e la scodella che da un lato poggia su
dette colonne, aiutate da piloni, gi screpolata, potrebbe finire
col crollare. Un tanto monumento [deturpato sempre nelle diverse epoche con modificazioni di muratura e restauri inopportuni, da perderne quasi del tutto le primitive forme] non dovrebbe certamente lasciarsi abbandonato allintemperie ed alla
rovina. Gi furono iniziate alcune opere urgenti per la conservazione di questo monumento a spese di un Ill.mo e R.mo
Canonico della Metropolitana, amatore dei patrii monumenti,
e si costruito un cancello da mettersi nel vano dingresso per
tenere sempre viva la corrente di aria. Altre opere sono state
proposte ma non eseguite per insufficienza dei mezzi38.

Lassenza di altre lettere simili non ci consente di comprendere


quanto tale relazione (davvero unica, per quel che riguarda il nostro Ispettore) sia lesito di una sua sensibilit o, abbastanza verosimilmente, la risultanza della sinergia pi volte sperimentata
dai membri dei diversi organi di tutela periferici per il raggiungimenArchivio della Societ Napoletana di Storia Patria, Fondo Capasso, B. 13
Lettera di Bartolomeo Capasso al Presidente della Commissione conservatrice dei
monumenti della provincia di Napoli, Napoli, 19 agosto 1886.
38
Lettera di Bartolomeo Capasso al Presidente della Commissione... cit.
37

136

NADIA BARRELLA

to di un risultato. Tale sinergia giustificherebbe linedito linguaggio tecnico di Capasso e ci porterebbe a pensare allIspettore come
il portavoce delle istanze di un gruppo che gli si affida affinch,
come referente previsto dalla legge, solleciti la Commissione a voler
interessare il Ministro della P.I., perch provvegga alle opere necessarie per non far deperire questo importante monumento39.
Questultima, a ogni buon conto, non si segnal per risultati concreti. Vincolata dal solo parere consultivo, dalla compresenza della consulta Municipale e dellautorevole Soprintendenza, dalla scarsit dei fondi a sua disposizione e, in generale, da un meccanismo
nazionale complesso che proprio in questi anni andava verificando il proprio funzionamento, la Commissione Provinciale Napoletana diede buone prove di s solo per quel che riguarda linventario dei monumenti.
Al di fuori del consesso provinciale, cos come previsto dal suo
incarico, Capasso svolse anche una costante opera dinformazione per il Ministero che attestata da diverse minute di risposta a
Fiorelli o a Pasquale Villari su specifici problemi40.
39

Ibidem.
Si vedano, come esempio della molteplicit delle richieste ministeriali, i
documenti di seguito trascritti (Archivio Societ Napoletana di Storia Patria, Fondo
Capasso, B. 13)
Minuta di Capasso a Giuseppe Fiorelli s.d.
Incaricato di dare le indicazioni bibliografiche circa le Guide o le illustrazioni
della Provincia di Napoli e dei Comuni, che in essa si comprendono, io escluder
Pompei, Ercolano e Stabia, avendo leditore Fourchein stampato nel 1891 una
bibliografia abbastanza compiuta di queste antiche citt, dalle quali il ministero
potr rilevare quanto fa al suo scopo. Intorno poi al resto della Provincia debbo
dichiarare che io mi limiter a quei soli comuni di essa che presentino antichit e
monumenti notevoli e tralascer le monografie di quelli che danno semplicemente
notizie storiche o topografiche, che non mi pare rientrino nel tema imposto, avvertendo che terr per recenti le opere stampate da mezzo secolo a questa parte.
Sono quindi da notare le seguenti opere:
Capri. Canale (M. A.) Storia dellisola di Capri, Napoli 1887.
Caivano Scherillo (Giov.) La terra di Caivano e S. Maria di Campiglione,
Napoli 1852.
40

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

137

Questi dunque i fatti, pochi per larco cronologico coperto, ma


utili per provare a rispondere al quesito iniziale: possibile parlare
di un reale interesse di Capasso per la conservazione del nostro
patrimonio o la sua presenza nelle diverse istituzioni ricordate fu solo
Casamicciola (Volpicella Scipione) Studi di letteratura, storia ed arti, Napoli
1876.
Castellammare Gigante (Achille) Viaggio da Napoli a Castellammare, Napoli
1843.
Gragnano idem.
Ischia Volpicella cit- Ascia Giuseppe d, Storia dellIsola dIschia, Napoli
1867.
Portici Rapolla Diego Portici.
Pozzuoli Criscio de ab. Giuseppe, Notizie istoriche archeologiche topografiche
dellantica Citt di Pozzuoli, Napoli 1881- Dellantica e moderna terma puteolana,
Napoli 1886.
Cantera Biagio, Memorie istoriche della Chiesa Puteolana, Napoli 1886.
Resina Galante Aspreno Gennaro, Memoria del santuario di S. Maria a
Pugliano nella villa di Resina, Napoli 1875.
S. Giorgio a Cremano Palomba Davide, Memorie istoriche di S. Giorgio a
Cremano, Napoli 1881.
Succavo Scherillo Michele, Succavo, s.a.
Sorrento P. Bonaventura da Sorrento Sorrento Sacra Sorrento illustre
Epitome della storia sorrentina, S. Agnello di Sorrento 1877.
Beloch, Surrentum in Alterthum 1874.
Torre del Greco Gigante cit.
Torre Annunziata idem.
Vico Equenze Parascandolo Gaetano, Monografia del comune di Vico Equense,
Napoli 1858.
Valle di Pompei Pepe Ludovico, Memorie storiche dellantica valle di Pompei,
Valle di Pompei 1889.
Per la citt di Napoli, senza parlare di quelle piccole guide che sono piuttosto
manuali per viaggiatori e gli annuarii pubblicati dal signor Lo Gatto che quantunque non trascurino la parte storico-artistica, pure sono piuttosto guide commerciali e dindirizzi, noter le seguenti opere che mi sembrano le pi importanti:
Celano pubblicato con note diffusissime dal Chiarini ed Un mese a Napoli
edito dal tipografo Nobile.
Galante Aspreno, Guida sacra di Napoli.
Dalbono Carlo Tito, Nuova guida di Napoli e dintorni, Napoli 1877.
Ceva Grimaldi (Franc.).
Conforti Luigi e di Giacomo Salvatore.

138

NADIA BARRELLA

formale? Alcuni anni fa, a proposito della Commissione Municipale, scrissi che dietro alle sue iniziative cera una precisa idea della storia
e del come farla e che, soprattutto, occorreva guardare a questa istituzione come al risultato di un dibattito che, per la prima volta, in
Lettera di Pasquale Villari a Bartolomeo Capasso, Roma, 11 agosto 1891.
Ministero dellIstruzione Pubblica.
Direzione Generale Delle antichit e bb.aa.
Oggetto: Consegna temporanea del monumento dei SS. Severino e Sossio.
AllIll.mo Signor. Bartolomeo Capasso R. Ispettore degli scavi e monumenti
di Napoli.
Il Rev. Don Timoteo Ruggiero, Soprintendente al monumentale edifizio sacro dei SS. Severino e Sossio in codesta citt, mi ha raccomandato un congedo
per ragioni di salute, ed io glielho concesso, autorizzandolo a farsi surrogare, in
via temporanea nelluffizio di soprintendente dal Rev. Don Carlo Canfora, custode delledifizio stesso.
Il Rev. Don Timoteo Ruggiero ha gi consegnato il monumento e gli oggetti
che vi sono contenuti al Rev. Canfora, con verbale del 27 luglio n. 1.
Credo utile di dare avviso di ci alla S.V. Ill.ma potendo occorrere che nella
sua qualit di Ispettore degli scavi e monumenti di Napoli, Ella abbia ad aver
rapporti con la predetta Soprintendenza. Il Ministro P. Villari.
Circolare della Direzione Generale delle antichit e Belle Arti, Roma 6 aprile
1883.
AllIspettore Bartolomeo Capasso di Napoli.
Per norma di V.S. pregiami farle noto che ai Signori Prefetti delle province
meridionali stata indirizzata la seguente lettera. Voglia quindi prestare il maggior aiuto per rendere efficace il provvedimento governativo diretto ad impedire
danni alle memorie patrie.
Da qualche tempo giungono notizie al Ministero circa abusi che devono
sollecitamente essere impediti. In molte parti delle provincie meridionali i
proprietarii dei fondi si credono in pieno diritto di ricercare i materiali per le
nuove costruzioni, togliendoli da avanzi di antichi fabbricati, che si nascondono
sotto le terre da essi possedute, recando grave danno allo studio. mestieri che i
Signori Prefetti delle provincie prestino al Governo tutta la loro assistenza per la
tutela delle memorie patrie, deferendo subito al potere giudiziario quelli che
agiscono contro le prescrizioni tuttavia in vigore nelle provincie meridionali,
contenute nel Decreto Reale del 13 maggio 1822 e nellaltro del 14 maggio
dello stesso anno. Tali prescrizioni devono essere osservate fino a nuova disposizione di legge. Per conseguenza a nessuno dovr essere concesso di eseguire
scavi se non dopo averne ottenuta regolare licenza dal Governo, acci sia dato

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

139

un contesto non squisitamente archeologico, superava i confini cittadini e si arricchiva di nuove valenze culturali. Attraverso il recupero
e la conservazione dei monumenti, la commissione lavorava per
conoscere, recuperare e conservare limmagine della citt. Gli interalla pubblica amministrazione di esercitare sopra gli scavi quella sorveglianza
che necessaria per raccogliere dalle indagini il maggior frutto scientifico, e per
mettere il Governo in grado di usare il diritto di prelazione sopra gli oggetti
rinvenuti, in caso che il proprietario volesse venderli.
Sar quindi oltremodo grato alle R. Prefetture, se per mezzo degli agenti di
P.S. e per mezzo dellArma dei Reali Carabinieri vorranno assumere esatte informazioni sopra gli scavi in luoghi che contengono antichi avanzi, richiedendo il
concorso dei R. Ispettori degli scavi, e deferendo ai Tribunali i contravventori.
Per il Ministro Fiorelli.
Lettera del Prefetto della Provincia di Napoli a Bartolomeo Capasso, Napoli,
27 gennaio 1888.
Oggetto: Arazzi di S. Domenico Maggiore.
Il Ministero della I.P. mi ha incaricato di fornirgli ragguagli intorno agli antichi arazzi con fondo doro esistenti in S. Domenico Maggiore e non tenuti giusta
quanto ad esso stato riferito, con quelle cure che esige limportanza loro e di
significargli in pari tempo quali provvedimenti sarebbero opportuni per la conservazione dei preziosi tessuti.
Ora, per poter corrispondere a tale ministeriale richiesta, io prego la S.V. I. a
voler aver la compiacenza per lo stato di conservazione e manutenzione, favorirmi il suo apprezzato parere in proposito. Colla maggiore considerazione. Il Prefetto.
Minuta della risposta di Bartolomeo Capasso al Prefetto, Napoli, 17 marzo 1888
Oggetto: Arazzi di S. Domenico Maggiore.
Appena che le condizioni dei miei occhi per pi settimane travagliati da congiuntivite me lhanno permesso, mi son portato, pi volte, nella chiesa di S.
Domenico Maggiore in esecuzione degli ordini di S.E. il Ministro della P.I. trasmessimi con nota di V.S. Ill.mo del 27 gennaio p.s. Gli antichi arazzi sulla cui
conservazione il M. desidera avere ragguagli furono donati al convento dalla
Sig.ra Vincenza dAquino Principessa di Ferdate morta nel novembre 1799. Gli
arazzi (neri in fondo doro) esprimono fatti riguardanti la vita di S. Tommaso
dAquino, con al di sotto una leggenda, che spiega la figura superiore. Una volta
nella festivit di S. Tommaso decoravano nel convento il Corridoio ossia dormitorio ove sita la cella che porta la denominazione del Santo, il quale in detto
Convento vest labito domenicano, comp i suoi studi ed insegn pubblicamente.

140

NADIA BARRELLA

venti di Capasso (recupero di fonti, analisi di manoscritti,


acquisizione di fondi archivistici) non sono assolutamente altro da
ci, anzi, ne sono le premesse fondamentali. Il rispetto per la realt
storica e sociale napoletana e per la base naturale su cui essa pogGli arazzi sono ora tenuti in una stanza a fianco della sagrestia, luogo asciutto, e si
osservano avvolti e chiusi dentro armadi di legno noce con i sportelli ben condizionati.
Essi soltanto nellestremit sono un poco maltrattati dai chiodi coi quali
appendevansi nella Cappella del Crocifisso o di S. Tommaso al tempo che la
chiesa era officiata dalla Confraternita del sacramento. In somma a me parso
che la manutenzione degli Arazzi sia lodevole. Volendo per contribuire a conservarli con maggiore cautela si potrebbero frammezzarli nellavvolgerli con liste di
mussola bianca che li garantirebbe anche di pi.
Tanto doveva rassegnare alla S.V. Ill.ma e chiedendole scusa dellindugio per
causa indipendente dalla mia volont, mi ripeto con ogni osservanza.
Lettera del Sindaco di Sorrento a Bartolomeo Capasso, Sorrento, 1 luglio 1895
Sebbene con alquanto ritardo a causa di qualche difficolt avuta nel raccogliere le notizie chiestemi dalla S.V. onorevolissima intorno alla pietra tufo che
qui si adopera per costruzioni, mi grato di poterle dare le notizie medesime con
la maggiore esattezza che mi stata possibile.
Il tufo di Sorrento costituito da roccia vulcanica che si ritiene come una variet di trachite, di colore bigio uniforme, di consistenza tenera, facilissima alla
lavorazione per la sua poca durezza. Era adoperata nella parte decorativa degli
antichi edificii specialmente nelle ornee dei portoni e nelle balaustrate. di molta durata ma i profili delle cornice perdono, col tempo, la loro precisione, a causa
della poca durezza della pietra.
Esiste la variet molle di tufo la quale trovasi in banchi estesi in tutta la parte
piana della Penisola, e serve a tutte le ordinarie costruzioni per formare il nucleo
di esse, ma non atta alla decorazione dei monumenti.
Una cava di tufo esiste nel tenimento di Piano di Sorrento, e precisamente a
Ponte Maggiore.
Essa ora quasi esaurita e d poco quantit di pietra, s appartiene ad un tale
di Amalfi di Piano. Altra cava rattrovasi nel tenimento del Comune di SantAgnello
e si appartiene ad un tale De Angelis Andrea, finalmente in Sorrento vi pure
una cava di appartenenza di un tal Raffaele Galano la quale pur non essendo
esaurita non per esercitata dal proprietario per propria convenienza.
Gli edifici o ruderi antichi nei quali si trova impiegata la sopra cennata pietra
sono pi o meno i seguenti.
a) finestre gotiche del conservatorio della Piet di Sorrento (secolo XIII).

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

141

gia, doveva necessariamente passare dalla sua conoscenza. E la conoscenza, nella seconda met del XIX secolo, sinonimo di fatto
accertato, di documento.Tra documento e monumento, inoltre, non
viene fatta molta differenza. Per la Commissione per la conservazione dei monumenti ed il suo alter ego, la Societ napoletana di
Storia Patria, documento e monumento sono termini quasi sempre
usati indifferentemente. La Commissione cura che non vadano disperse le opere darte che sono in verit i pi vivi e parlanti documenti della storia, la Societ di storia patria pubblica documenti
inediti da far confluire nei Monumenta e promuove gli studi di storia
napoletana41. Capasso lanima di questa Societ che seppe dedicarsi allesame critico delle testimonianze della storia napoletana,
confrontandosi ogni volta con il proprio oggetto di studio, documento o monumento, unico, irripetibile e da conservare.
Eredi del patrimonio lasciato dai nostri padri scrive Capasso
noi abbiamo lobbligo non solo di custodirlo a vantaggio di
coloro, ai quali dobbiamo a nostra volta trasmetterlo, ma anche
di lavorare per far s che questo ricco patrimonio fruttificasse42.

Se per alcuni limpegno conservativo si spinge in direzione di


b) Ornea del portone nel Vico della Grazia con vano ad arco di cerchio ed
ornati gotici (secolo XIV).
c) Piano del Verone della casa () a San Nicola con mensole () barocco
(secolo XVI).
d) Facciata della Chiesa di S. Paolo con colonne e pilastri (secolo XVII).
e) Diverse ornee di portoni secolo XVI e XVII.
f) Statua di SantAntonio che trovasi sulla antica porta della citt (forse secolo XVI).
Oltre le suddette non mi riuscito avere pi diffuse indicazioni.
Io quindi nel secondare i pregiati di Lei comandi un poco tardivamente, la
prego
Luigi de Majo.
41
N. BARRELLA, La Commissionecit., p. 107.
42
B. CAPASSO, Gli archivi e gli studii paleografici e diplomatici nelle provincie
napoletane fino al 1818, Napoli, p. 77.

142

NADIA BARRELLA

un concetto di tutela molto pi vicino al nostro, Capasso conservatore emerge dal suo metodo storico e da quel rinnovamento
radicale degli studi paleografici e diplomatistici chegli seppe effettuare nel solco di unantica tradizione che non ha mai rinnegato e
dalla quale ha tratto il meglio che poteva43. Da un intelligente e
aggiornato recupero dellerudizione settecentesca gli provengono,
infatti, gli interessi topografici e di storia del territorio che lo portano a quella necessit di posizionare nel tessuto urbano monumenti scomparsi o destinati a scomparire che, da un lato, attraverso una lettura sostanzialmente nuova del documento, verr esperita
in Monumenta ad Neapolitani ducatus Historiam pertinentia, trover compiuta sistemazione nella Topografia della citt di Napoli
nellXI secolo e nella postuma Napoli greco-romana44, dallaltro
apparir nella decisione di far acquistare un manoscritto che consenta di identificare un luogo e nellaffannosa richiesta di epigrafi
per fermare linevitabile dispersione di un segno.
Percorrendo le vie, entrando nelle chiese e nelle cappelle,
fermandomi innanzi allumile casa ed al superbo palagio, io
condurr il lettore a traverso i secoli che furono, tra i tanti
mutamenti, che il tempo e gli uomini talvolta pi di questo
distruttori, arrecarono. Spesso un sepolcro, una colonna, una
pietra, un semplice nome ci daranno argomento ad importanti
narrazioni. Quei fatti specialmente, che la storia tace ed appena accenna, episodi perduti nel gran dramma dei secoli, ma
che pure servono tanto a conoscere uomini e tempi: quelle
costumanze principalmente, che allora vigevano e che sono
cos diverse dalle presenti e che pure ci trasportano nella vita di
allora, daranno ampia materia al mio dire45.
43
Cfr. S. PALMIERI, Bartolomeo Capasso e ledizione delle fonti storiche napoletane, in Napoli Nobilissima, V serie, Napoli, settembre-dicembre 2001.
44
A. DE SIMONE, Neapolis: topografia e urbanistica, in AA.VV., Rigenerazione
dei centri storici, Napoli, 1986, p. 104.
45
B. CAPASSO, La Vicaria Vecchia. Pagine della storia di Napoli studiata nelle
sue vie e nei suoi monumenti, in Archivio Storico per le Province Napoletane,
XIV, 1899, pp. 98-99.

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

143

Chiese, palazzi, strade, vicoli insomma tutto quellimmane inventario della qualit che il passato storico ci ha trasmesso , per
Capasso, documento da studiare, indicare e se, possibile, conservare. In loco, oppure, nel museo. Don Bartolomeo non intraprese
alcuna battaglia contro il piccone demolitore del Risanamento.
vero, in linea con il sentire del suo tempo, seppe per individuare
nellistituto museale i nuovi spazi di vita per il patrimonio senza
casa. Musei della colpa, spazi della tranquillizzante separazione
dei valori cosiddetti ideali da quelli materiali, i musei ottocenteschi
sono indubbiamente i depositi delle opere asportate dai loro contesti originari ma in Italia, proprio grazie al clima culturale cui il
nostro indubbiamente appartiene, divennero tra i pi interessanti
punti di approdo del razionalismo illuministico. Sistema complesso di beni culturali, di cui sono parte integrante, accanto agli oggetti darte, la biblioteca, larchivio, le collezioni naturalistiche, i
musei ottocenteschi a vocazione locale si pongono come archivio
della storia e dellimmagine della citt. Illuminismo, razionalismo
e positivismo ossia le componenti fondamentali della cultura di
Capasso sono le idee informatrici di quello che noi chiamiamo
genericamente museo italiano, punto cruciale della riflessione
storica sulle nostre citt e punto di partenza per ogni futura conoscenza, tutela e valorizzazione del patrimonio culturale di interi
territori46. Si spiega cos il costante riferirsi a Don Bartolommeo
di Ferdinando Colonna che, proprio in Capasso, trov il referente
privilegiato per comprendere e selezionare i frammenti della Napoli risanata che trovarono posto nel Museo di Donnaregina;
ma si comprende anche perch, in qualit di Vicepresidente della
Commissione abbia sollecitato con entusiasmo, per il Provinciale
Campano di Capua, lacquisizione dellArchivio del Comune e
individuato testi per la biblioteca.
Per il Museo Gaetano Filangieri di Napoli, invece, Capasso scrisse
le Memorie storiche del Palazzo Como che introducono al suo corposo
46
A. EMILIANI, Il museo laboratorio della storia, in I Musei, TCI, Milano, 1980,
p. 39.

144

NADIA BARRELLA

Catalogo. Al di l delle inedite fonti documentarie, ancora oggi determinanti per la storia del contenitore, merita di essere sottolineata losservazione conclusiva dello studioso che, dopo aver ricordato la vicenda pi recente delledificio e larretramento della sua facciata, scrive:
ma dopo tutto ci sorgeva un altro problema a risolversi. A
quale uso ledificio sarebbe stato destinato? Il frontespizio
monumentale di esso avrebbe corrisposto a quel che linterno
doveva servire, o sarebbe stato piuttosto una menzogna, unantitesi, una disillusione? Poteva convenire a quellartistica facciata una scuola, un ufficio municipale, labitazione di un privato?
Di ci dai pi diffidavasi () Il Principe Filangieri volendo mandare ad effetto un suo antico e nobilissimo disegno, propose
donare alla sua patria il Museo, che () aveva raccolto. ()
Cos allimportanza storica ed artistica del vecchio Palazzo Como
si aggiunse quella del nuovo Museo Filangieri ()47.

una riflessione singolare che ci mostra un uomo preoccupato


della destinazione duso di un edificio e la sua convinta adesione
allidea di museo come strumento di crescita di una comunit (il
Filangieri era per fermo una fortuna per Napoli48) potenziale
motore di rinascita, di rivitalizzazione e sviluppo cittadino.
La prima triade del pensiero illuminista (museo, archivio, biblioteca) approdata, come si detto, nel museo civico italiano,
viene dunque condivisa e sostenuta dal nostro studioso a Capua;
salutata con gioia nellistituzione del Filangieri e, finalmente, realizzata senza intermediari presso lArchivio di Stato di Napoli.
Divenutone direttore, Capasso progetta infatti al suo interno un
Museo storico-paleografico49.
B. CAPASSO, Il Palazzo Como. Memorie storiche, in Catalogo del Museo Civico Gaetano Filangieri Principe di Satriano, Napoli, 1888, p. XXXIV.
48
Ibidem.
49
In questa sede mi limiter a valutare esclusivamente il progetto presentato
nella relazione che B. Capasso pubblic nel 1899 (LArchivio di Stato in Napoli
dal 1883 a tutto il 1898, DAuria, Napoli, 1899).
47

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

145

Una stanza chiamata Museo esisteva nellArchivio gi prima


del suo incarico ma, come egli stesso ci ricorda, gli parve che
questo nome non fosse adatto ad indicare s tenue raccolta50.
Mostrando una moderna attenzione per le aspettative del pubblico (opinai, che i visitatori si sarebbero fatte le meraviglie, se dopo
avere ascese tante scale con lo scopo di osservare un Museo, si
fossero poi imbattuti in due soli scaffali di libri51) Capasso immagina un nuovo spazio espositivo individuando unutenza estremamente varia (curiosi, dotti visitatori, colte dame italiane e straniere) ed un percorso che alterna ai codici membranacei miniati ed
ai manoscritti cartacei di grande interesse storico e giuridico appartenuti ad antiche magistrature, oggetti esistenti nei diversi locali dellarchivio ed altri preziosi documenti sparsi qua e l tra le
svariate scritture vetuste depositate in Archivio52. Il buon frate,
parlando di musei, evidenzia ottima conoscenza della macchina
e intelligenza delle sue finalit divulgative non disgiunte dalla capacit di incuriosire ed emozionare il visitatore53. La fiducia che
Nellandare visitando i locali dellArchivio si legge ne LArchivio di Stato cit. p. 47 mi si offersero precipuamente allo sguardo la bilancia di precisione del prof. Steinheil di Monaco, conservata fin dal 1854, nella sala de Catasti;
i campioni dei pesi e delle misure eseguiti, giusta la legge del 6 aprile 1840, ()
pochi documenti membranacei, non iscevri dimportanza storica e paleografica,
sospesi in apposite cornici alle pareti della sala diplomatica, e finalmente un
certo numero di codici in pergamena miniati ed alcuni manoscritti, collocati in
due scaffali, chiusi con vetrine, in una stanza allultimo piano, la quale appellavasi
museo.
51
Ibidem.
52
B. CAPASSO, LArchivio cit., pp. 47-48.
53
Mi sembra oltremodo interessante la riflessione di Capasso circa lutilit di
istituire un museo presso lArchivio. La collocazione delle mostre permanenti
negli Archivi scrive-, in uso in Francia, in Inghilterra ecc., ed anche in alcuni
degli Archivi di Stato italiani non approvata da tutti i cultori di Dottrina
Archivistica. E per vero, come scrive il Lupi, la scienza fredda e severa non permetterebbe le mostre (non dovendosi spostare i documenti dalla sede propria),
ma esse stanno bene, e sarebbe pedanteria limpedirle, quando vi hanno dei
documenti preziosi sotto pi rapporti, per forma che sarebbe ingiusto non metterli tutti in evidenza. B. CAPASSO, Larchivio cit., p. 48.
50

146

NADIA BARRELLA

mostra verso questo tipo distituzione tale chegli si diede a


spigolare () nella scientifica suppellettile archivistica, quanto vi
fosse di speciale importanza da poter richiamare lattenzione dei
visitatori medesimi54. Ed il ricolto non fu scarso: diplomi, autografi, punzoni, stampe in rame e sigilli furono acconciamente
disposti in mobili di legno noce con intaglio artistico di moda
(quanto avr influito lallestimento del Filangieri?) e, nel determinarne il quadro conoscitivo, in linea con la sua formazione di
stampo positivistico, Capasso inventari, catalog e organizz tutti
i suoi materiali seguendo una precisa seriazione tipologica che,
nel rispetto della verit storica, seppe essere attenta anche a valori
puramente estetici.
Spazio di raccolta di materiali e tipologie minori, specialistico
rispetto alle grandi raccolte, il museo di Capasso levidente testimonianza di quel fervore culturale che, nella Napoli del secondo
Ottocento, individu, proprio nel possesso collettivo che tale istituzione era in grado di offrire, la sola vera e possibile protezione
del patrimonio culturale. Libera fruizione museale come protezione e salvaguardia ma anche strumento per garantire alleguaglianza
dei cittadini, luso e il possesso dei tesori darte e di storia altrimenti sottratti a una pubblica gestione55.
Strappare dalloblio, magari anche dal contesto originario, ma
in nome della pubblica utilit. questo laspetto pi interessante
che merita di essere sottolineato e che, allontanando Capasso dallimmagine del mite studioso cui non bisogna toccare i suoi amici
del tempo aragonese, ci restituisce il ritratto di un uomo che
seppe cogliere e rielaborare, pure per alcuni aspetti della conservazione del passato, gli stimoli pi interessanti offerti dal suo tempo.
Anche a conferma di ci, e come conclusiva testimonianza del suo
impegno, una relazione sullacquisto della Biblioteca Casella.

B. CAPASSO, LArchivio... cit., p. 48.


A. EMILIANI, Musei e Museologia, in Storia dItalia, Einaudi, Torino, 1973,
p. 1621.
54

55

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

147

In adempimento allincarico ricevuto, avendo minutamente esaminato il catalogo della biblioteca del fu Comm. F.A.
Casella, ed avendo anche ocularmente riscontrato parecchie
opere di essa che meritavano maggiore attenzione, mi onoro di
rimettere a V.S. Ill.ma lannessa relazione sul proposito. Dalla
medesima Ella rilever che sarebbe utile ed opportuno conservare integralmente questa preziosa raccolta di opere e di opuscoli importanti e rari raccolti che assai difficilmente si potr in
appresso rifare da un privato. Da sessantanni a questa parte,
io ho veduti sperperare o andar via parecchie interessanti collezioni fatte da uomini benemeriti, essendosi solamente salvate
quelle acquistate o donate a questi dalla generosit dei possessori. Questa fortuna toccata alle biblioteche di Carlo Parascandolo, e quelle della famiglia Volpicella, ora per compra e per
dono della Societ napoletana di Storia Patria, e quelle di Agostino Gervasio e di D. Vincenzo Cuomo donate ai Gerolamini
ed al Municipio di Napoli. Daltra parte in questo frattempo io
ho visto sparire la biblioteca di scienze teologiche ed ecclesiastiche del Can. Parascandolo; quelle di letteratura specialmente italiana di Giacomo Filioli, Gaspare Selvaggi e F.P. Ruggieri;
quella di giurisprudenza dellavv. Antonio Storace, e quella di
varia letteratura antica e moderna, di archeologia, di numismatica e di storia del Marchese Arditi, del Cav. Avellino, del Principe di S. Giorgio e della famiglia Fusco, del duca Vargas, del
principe di Cimitile e del Conte di Policastro, nonch quella
ricca di storia napoletana e di letteratura patria di Camillo Minieri Riccio. Ultimamente andata via la collezione del Comm.
Maglione assai notevole per le rarit bibliografiche. Sarebbe
quindi assai doloroso che anche questa del Casella, alle nominate non inferiore, andasse miseramente perduta come le altre.

Rimando in nota per il testo completo della relazione56 e mi


limito a riprenderne solo le conclusioni:
La biblioteca del compianto magistrato F. A. Casella era gi a me in complesso nota per lamicizia di cui mi onorava lillustre Uomo, e per la fama che
essa aveva presso tutti i dotti si italiani che stranieri; ma avendo avuto loccasione ora di esaminare il catalogo per riferire a V.S. Ill.ma e sul pregio e sullimpor56

148

NADIA BARRELLA

La provincia e il Comune di Napoli faranno dunque certamente opera assai lodevole e patriottica se non lasceranno disperdere e conserveranno integralmente questa preziosa bibliotanza della medesima, da esso, comunque compilato non molto esattamente n
secondo le esigenze bibliografiche, ho potuto rilevare che lidea che io me nera
formata era molto al disotto della realt, e che essa superiore alla sua fama,
Formata da un uomo intelligente e di gusto, non solo essa contiene le opere
principali e pi importanti in legislazione e giurisprudenza specialmente penale,
nella storia generale e municipale di Italia e specialmente delle nostre provincie
sulla storia letteraria e bella grafia e nella letteratura antica e moderna, ma
anche notevolissima per le edizioni migliori e pi rare, e per la scelta, bellezza e
singolarit dei diversi esemplari.
Essa quindi ricca di un bellissimo assortimento di classici greci e di autori
neolatini delle migliori edizioni conosciute col nome di variorum, di Diversorum,
e di quelle stampate dagli Elzevirii, e dal Comino, n mancano alcune del primo
secolo della Stamperia ed altri del Bolono, che verso la fine del secolo scorso cos
splendidamente illustr la tipografia italiana. Assai numerosa e pi completa la
collezione dei classici italiani nella quale figurano principalmente i libri citati
dalla Crusca che ne danno il testo migliore. Oltre a ci, per lo pi belli e scelti
sono gli esemplari cos dei libri di Crusca, come di qualunque altra collezione
che trovasi nella biblioteca Casellina. E tra laltro vi si possono notare alcuni
singolari, perch stampati in carta di varii colori. E quindi trovi libri in carta
azzurra, gialla, giallognola, amaranto, blu, rosa, celeste, avana, lione, cenere e
verde, e quel che pi qualcuno pure impressa recentemente in carta del secolo
XVI. Accresce il pregio di moltissime opere la loro bella ed elegante rilegatura in
vitella di Olanda, in cuojo di Russia, in marocchino, in vitello dorato ed in altre
forme di lusso.
Alle opere stampate bisogna aggiungere i codici in pergamena e i mss. in
carta bambagina che, sebbene in poco numero perch non oltrepassano la settantina pure offrono due o tre codici di una massima importanza, e molte opere
aneddote, degne di grande considerazione perch si riferiscono o ai primordii
della lingua italiana, o alla nostra storia patria.
Quello per che rende singolare questa biblioteca, la raccolta che si pu
dire unica nel suo genere di circa 5000 opuscoli di occasione pubblicati a pochissimi esemplari e stampati appositamente su carta di lusso o su pergamena.
Questa raccolta, come disse gi il Settembrini fin dal 1875 nelle sue lezioni
di letteratura della lingua italiana un monumento importante per la storia
della nostra lingua e si pu aggiungere anche della nostra storia politica e letteraria dItalia, perch spesso contiene cronache o lettere inedite che trattano delle
vicende delle nostre regioni e di varii illustri italiani e ci danno notizie che invano

Un protagonista del servizio di tutela napoletano: Bartolomeo Capasso

149

teca che assai difficilmente potr pi da un privato rifarsi, s


perch i bibliofili collettori che cinquantanni fa erano tra noi
numerosi e appassionati, ora pi non esistono, ne le propensioni attuali fanno prevedere che ne sorgeranno in appresso; e
si perch le biblioteche pubbliche ora soddisfano le esigenze
degli studiosi e non fanno risentire costoro il bisogno di una
privata collezione. La biblioteca del Casella divenuta patrimonio comune ed addetto al pubblico uso in Napoli; ove una
biblioteca speciale di tal genere manca, far testimonianza dellamore che la vecchia generazione metteva nei libri e in tutto
ci che li rende maggiormente pregevoli ed attraenti, e dar il
modo come la nuova generazione potr ammirare e studiare
queste rarit bibliografiche che nelle altre biblioteche non si
rinvengono57.

altrove si cercherebbero.
Ma non volendo restare in sui generali, e parendomi necessario indicare, al
disimpegno dello incarico ricevuto, le principali e pi importanti collezioni delle
quali si compone questa biblioteca,e sommariamente anche qualche pezzo singolare e pi raro di ciascuna di essa categoria, senza parlare dei libri francesi e
scientifici che sono in minor numero, e dei libri di legislazione e di giurisprudenza che, sebbene numerosi e importanti, pure non sono specialmente notevoli,
dir:
1) dei classico greci e latini e dei scrittori neolatini;
2) dei classici italiani;
3) dei libri di storia dItalia e specialmente delle provincie napoletane;
4) della storia letteraria dItalia e bibliografia;
5) dei mss. ed edizioni del sec. XV;
6) di alcuni libri illustrati o curiosi e rari;
7) e degli opuscoli doccasione.
Cos, per quanto minime e superficiali queste indicazioni potessero essere,
esse, se pur non minganno, daranno a V.S. Ill.ma una idea abbastanza soddisfacente del merito e dellimportanza della biblioteca Casellina. Archivio Societ
Napoletana di Storia Patria, Fondo Capasso, B. 13/1. Relazione di Bartolomeo
Capasso al Presidente della Deputazione Provinciale di Napoli, Napoli, 6 novembre 1898.
57
Relazione di Bartolomeo Capasso al Presidente della Deputazione Provinciale... cit.

150

NADIA BARRELLA

La nuova generazione, tuttavia, dichiarer altri interessi e tendenze. Commemorando Capasso, Croce scriver che tutto quel
che Don Bartolomeo aveva rappresentato moriva con lui e ne prendeva, di fatto, le distanze. La distanza indicata da Croce ha per
acutamente precisato Giuseppe Galasso indicata a partire da
una identit, da una solidariet del sentire, da una parentela dello
spirito, da una comunanza di memorie e di affetti nel segno e
nellethos di Napoli. Non tutto moriva, dunque, perch Croce
stesso e altri con lui hanno procurato, con i loro scritti e la loro
opera, che cos non fosse58.

58
G. GALASSO, Nota del curatore, in B. Croce, Storie e leggende napoletane,
Milano, 1990, p. 357.

Indice dei nomi

Acton, Francesco 83, 87


Agnello, Giuseppe 42
Agosti, Giacomo 112
Ajello, Raffaele 9, 11
Alamaro, Eduardo 83, 87
Albertini, Giovan Battista,
principe di Cimitile 147
Aliberti, Giovanni 64-65
Alisio, Gian Carlo 64, 68
Allegri, Antonio detto il
Correggio 14
Allroggen-Beden, Agnes 12, 1618
Allum, Paolo 65
Alvino, Enrico 72
Angelini, Tito 72
Arditi, Michele 26-30, 36-37,
47, 147
Augusto II di Sassonia 1
Avellino, Francesco Maria 40,
48-50, 53-54, 147
Avellino, Giulio 50
Avena, Adolfo 121
Azzinnari, Marina 39
Baboccio, Antonio 101
Bairati, Eleonora 30, 36
Barbanera, M. 56
Barnabei, Felice 120

Bartoli, Francesco 7
Beccadelli, Giuseppe, marchese
della Sambuca 20
Beloch, Giulio 137
Beltrami, Luca 120
Bencivenni, Mario 26, 30, 41,
43, 63, 105
Bertaux, Emile 117
Bertini, Giuseppe 35
Bile, Umberto 36
Bocciero, Luisa 22
Boito, Camillo 105-106
Bologna, Ferdinando 70, 73, 96
Bonanni dOcre, Francesco 63
Bonaparte, Giuseppe 25, 28,
30, 33, 70
Bonaventura da Sorrento 137
Bonfanti, G. 63
Bonghi, Ruggiero 79, 105, 132
Bonito, Giuseppe 4
Borbone, famiglia 66
Borgia, Stefano 35
Borraro, Pietro 4
Borzomati, Pietro 63
Bottari, Giovanni 18
Bruno, G. 58
Buccaro, Alfredo 13, 58, 64, 68,
76

152

Caglioti, Daniela 65
Cal, Antonio 50
Cal, Beniamino 123
Campisi, Maria Teresa 42
Canale, Antonio 136
Canart, Giuseppe 23
Canfora, Carlo 138
Canova, Antonio 26, 27, 37
Cantera, Biagio 137
Cant, Cesare 95, 106
Capasso, Bartolomeo VII, 62,
88-97, 106, 115-116, 119150
Caporale, Gaetano 128
Capponi, Alessandro Gregorio
18
Carlo Alberto, di Savoia Carignano, re di Sardegna 61
Carlo di Borbone, re di Napoli,
III di Spagna 1-3, 5, 12-13,
15, 19, 42
Carocci, Guido 105
Carughi, Ugo 76
Casella, Francescantonio 146149
Castorina, Agata 22
Catalani, Luigi 59-60, 103
Ceci, Giuseppe 103, 114
Celano, Carlo 137
Cerillo, Eduardo (Lylircus) 8485, 113-116
Cesarini, duca di 2
Ceva Grimaldi, Francesco 137
Chaptal, Jean-Antoine 30, 34
Chiarini, Giovan Battista 137

NADIA BARRELLA

Chiosi, Elvira 10-12, 20-21, 23


Cioffi, Rosanna 127
Clemente XII, (Lorenzo Corsini), papa 18
Colombo, Antonio 64, 74-78,
124
Colonna di Stigliano, Ferdinando 125, 143
Conforti, Luigi 137
Coppino, Michele 107
Corenzio, Belisario 76
Cosenza, Giuseppe 79
Croce, Benedetto 89, 117, 122,
150
Cuming Scott, Giorgio 59
Cuomo, Vincenzo 147
DAddio, Mario 11
DAgata, Lucia 42
DAlconzo, Paola 2, 5-6, 13, 22,
33-34, 36
DAloe, Stanislao 50
DAmbra, Raffaele 41
DAquino, Vincenza, principessa di Ferdate 139
DAscia, Giuseppe 137
Dalbono, Carlo Tito 137
Dalla Negra, Riccardo 26, 30,
41, 43, 63
De Angelis, Andrea 140
De Angelis, F. 56
De Brosses, Charles 14
De Caro, Stefano 40, 55, 109
De Ciocchis, Angelo 42
De Criscio, Giuseppe 137
De Cristoforo, Giuseppe 127

Indice dei nomi

De Cunzo, Mario 13
De Dominici, Bernardo 70, 91,
103
De Franciscis, Alfonso 35
De Fusco, Renato 58, 64
De Lorenzo, Renata 65, 83,
113
De Majo, Luigi 141
De Majo, Silvio 65
De Mari, Gaetano duca di Castellaneta 134
De Petra, Giulio 121
De Rosa, Luigi 65
De Saint - Non, Jean Claude
Richard 24
De Sanctis, Francesco 52-53, 87
De Santo, Rosalba 65-69
De Seta, Cesare 64, 68
De Simone, Antonio 142
Della Torre, Giovanni Maria 15
Della Vigna, Piero 128
Di Giacomo, Salvatore 137
Di Stefano, Renato 64
Emiliani, Andrea 35, 12, 26-28,
34, 56, 63, 78, 143
Eugenio di Savoia Carignano 1
Falciani, Paolo 59
Faraglia, Nunzio Federico 9596
Faraone, Giuseppe 128
Farnese, Elisabetta 12
Farnese, famiglia 12,15
Fazello, Tommaso 42
Fea, Carlo 27
Ferdinando I di Borbone re delle

153

Due Sicilie, (vedi anche Ferdinando III, re di Sicilia e Ferdinando IV, re di Napoli) 38,
46-47, 63
Ferdinando II dAragona, il
Cattolico 42
Ferdinando II di Borbone, re
delle Due Sicilie 40, 58, 67,
82
Ferdinando III, re di Sicilia 35
Ferdinando IV di Borbone, re
di Napoli,(vedi anche Ferdinando III, re di Sicilia e Ferdinando I, re delle Due Sicilie) 19, 23, 24
Ferri Missano, Antonella 17
Fiengo, Giuseppe 81
Filangieri di Candida, Antonio
35
Filangieri, Carlo, principe di
Satriano 82
Filangieri, Gaetano, principe di
Arianello 28-29, 82
Filangieri, Gaetano, principe di
Satriano 62-63, 81-117,
119, 121
Filioli, Giacomo 147
Filippo V, re di Spagna 12
Finati, Antonio 50
Fiorelli, Giuseppe 40-41, 46-56,
70-71, 85, 105-106, 108109, 120, 131, 136
Fittipaldi, Arturo 5, 13, 18, 121
Fogliani, Giovanni 9
Franchi, Antonio 72

154

Francesco II di Borbone, re delle


due Sicilie 84
Francesconi, Antonio 75
Fraschetti, Augusto 41
Fusco, famiglia 147
Gabba, Emilio 42
Galano, Raffaele 140
Galante, Gennaro Aspreno 64,
65, 69, 73, 90, 125, 137
Galasso, Giuseppe 29, 65, 89,
150
Gambardella, Alfonso 67
Garzi, Luigi 57
Genovesi, Antonio 20, 28
Gerace, Flavio 51
Germano, Anna 35
Gervasio, Agostino 147
Gigante, Achille 137
Gigante, Marcello 121
Gioli, Antonella 63, 129
Giordano, Luca 77
Giugliano, Assunta 26
Giustiniani, Lorenzo 3
Goethe, Johann Wolfgang von
16
Grifoni, Paola 26, 30, 41, 43, 63
Gualandi, Giorgio 26, 28, 45
Guerra, Camillo 71
Guttilla, Mariny 42
Guzzo, Pier Luigi 40, 55-56,
109
Iachello, Enrico 42
Imbriani, Paolo Emilio 40-41,
72
Iozza, A.M. 42

NADIA BARRELLA

Jalla, Daniele 56, 63


Jannelli, Gabriele 127-128, 130
Jemolo, Arturo Carlo 63
Kammerer-Grothaus, Helke 1618
La Ratta, Giuseppe 127
Lancellotto Castelli, Gabriele,
principe di Torremuzza 42
Lanzi, Luigi 34
Leone de Castris, Pierluigi 15
Lo Iacono, Giuseppe 43
Lolli, Bernardino 13, 15
Lorena, Emanuele Maurizio di,
principe d Elboeuf 1
Macedonio, Nicola 34
Macry, Paolo 65
Maglione, commendatore 147
Mantese, Achille 72
Marconi, Clemente 43
Mariotti, Filippo 6, 22, 45-46,
48
Masaniello (Aniello Tommaso,
detto) 60
Mascilli Migliorini, Paolo 13
Massafra, Antonio 65
Mazzocchi, Alessio Simmaco 4
Milanese, Andrea 24, 29-30, 3538, 40-41
Milanesi, Gaetano 95, 99, 100,
104, 106, 111
Minervini, Giulio 50, 72, 85-86,
121, 128-129
Minghetti, Marco 88
Minieri Riccio, Camillo 72, 93,
119, 134, 147

Indice dei nomi

Miola, Alfonso 98, 114-116


Miot, Andr 31
Molajoli, Bruno 14-15
Momigliano, Arnaldo 42
Morelli, Domenico 85, 87, 90
Morigi Govi, Cristina 78
Mormone, Raffaele 96, 98
Mottola Molfino, Alessandra 78
Murat, Carolina 35
Murat, Gioacchino 34, 67
Musella, Silvana 89
Napoletano, Sonia 26
Napoli Signorelli, Pietro 16
Nocca, Marco 35
Nolli, Antonio 31
Orsi, Paolo 42
Pacca, Bartolomeo, cardinale
45
Paderni, Camillo 18
Palizzi, Filippo 85, 87
Palmieri, Stefano 142
Palomba, Davide 137
Pane, Roberto 79
Paolo III, ( Alessandro Farnese),
papa 7
Parascandolo, Carlo 147
Parascandolo, Gaetano 137
Parente, Alfredo 61, 89
Patern, Ignazio, principe di
Biscari 42, 43
Pepe, Ludovico 137
Perconte Licatese, Alberto 4
Piaggio, Antonio 18
Pio VII, (Gregorio Luigi Barnaba Chiaramonti), papa 26

155

Piranesi, Giovan Battista 12


Pisanelli, Giuseppe 71
Pistilli, Ulrico 90
Policastro, conte di 147
Pontieri, Ernesto 89
Porzio, Annalisa 13
Pozzi Paolini, Enrica 40-41
Preti, Mattia 100
Puccini, Tommaso 17
Quaranta, Bernardo 53
Quatrmere de Quincy,
Antoine-Chrysostome 34
Rao, Anna Maria 9, 21
Rapolla, Diego 137
Racise, Salvatore 26
Rega, Gherardo 134
Reni, Guido 14
Rodin, Leopoldo 72
Rossi Pinelli, Orietta 27
Rossi, Pasquale 68
Rubion, Conte 14
Ruggieri, F.P. 147
Ruggiero, Michele 1-2, 30, 31,
50, 51, 71
Ruggiero, Timoteo 138
Russo, Giuseppe 64
Sacco, Annibale 87
Salazaro, Demetrio 85, 121
Salinas, Antonino 120
Salmieri, G. 42
Salvatori, Gaia 102
Santangelo, Nicola 59, 103
Sava, Raffaele 69
Scatozza Horicht, Lucia Amalia
41, 53

Scherillo, Giovanni 136


Scherillo, Michele 113
Schulz, Heinrich Wilhelm 103
Sciolla, Gianni Carlo 99, 112
Scirocco, Alfonso 84
Selvaggi, Gaspare 147
Settembrini, Luigi 148
Solari, Antonio 59
Solari, Tommaso 71
Spadaccini, Rossana 25-26, 39,
46
Speroni, Mario 6-7
Spinazzola, Vittorio 121
Spinelli, Domenico, principe di
San Giorgio 147
Spinosa, Nicola 15
Steinheil, Karl August, von 145
Storace, Antonio 147
Strazzullo, Franco 14, 23, 36,
57, 64
Taglialatela, Emilia 26
Tanucci, Bernardo 9-12, 15, 1921
Tosti, Luigi 133-134
Travaglini, Federico 134
Trombetta, Vincenzo 54
Troya, Carlo 61

Trutta, Gianfrancesco 129


Valenti, Silvio, cardinale 5-6, 7
Valerio, Vladimiro 68
Vallet, Georges 42
Vanvitelli, Luigi 14, 116
Vargas, duca di 147
Vassalli 52
Vega, Juan de, vicer di Sicilia
42
Vellante, Salvatore 50-51
Venturi, Adolfo 112
Venturi, Franco 20
Venuti, Domenico 22
Venuti, Ridolfino 7
Vetri, Paolo 90
Villani, Pasquale 65
Villari, Pasquale 136, 138
Violet Le Duc, Eugne
Emmanuel 91-92
Visconti,Giovanni Maria 7
Vitale, Augusto 65-66
Vitelli, Giuseppe 50
Volpicella, famiglia 147
Volpicella, Scipione 137
Willette, Thomas 70, 96
Winckelmann, Johann Joachim
7, 12, 16, 18

Bibliografia di riferimento

1748
VENUTI M., Descrizione delle prime scoperte dellantica citt di
Ercolano, Venezia 1748, ed. cons. ristampa anastatica con saggio introduttivo di F. Strazzullo, Napoli 1990
1797
DE SARIIS A., Epitome o sia Indice generale delle Storie e del Codice
delle leggi del Regno di Napoli, Napoli 1797
1803-1808
GIUSTINIANI L. (a cura di), Nuova collezione delle Prammatiche del
Regno di Napoli, Napoli 1803-1808
1806-1815
Bollettino delle leggi del Regno di Napoli, Napoli 1805-1815
1806-1862
Collezione degli editti, determinazioni, decreti e leggi di S.M., Napoli 1806-1862
1816-1824
Collezione delle leggi e de decreti reali del Regno delle Due Sicilie,
Napoli 1816-1824
1827
FINATI G., Il Regal Museo Borbonico, Napoli 1827

158

NADIA BARRELLA

1828
Regolamento pel Museo Borbonico, Napoli 1828
1833
FEA C., Memorie legali riguardanti antichit e pubblici stabilimenti, Roma 1833
1841-1845
DIAZ F., Legislazione positiva del Regno delle Due Sicilie dal 1806
a tutto il 1840, Napoli 1841-1845
1845-1853
CATALANI L., Le chiese di Napoli, descrizione storica ed artistica,
Napoli 1845-1853
1848
DE NAPOLI M., Considerazioni intorno alle Istituzioni artistiche
napoletane, Napoli 1848
1860-1864
FIORELLI G. (a cura di), Pompeianarum Antiquitatum Historia, 3
voll., Napoli 1860-1864
1863
CAVALCASELLE G. B., Sulla conservazione dei monumenti e degli oggetti darte e sulla riforma dellinsegnamento accademico, in
Rivista dei Comuni italiani, 5, 1863, pp. 25- 37
1866
MILANESI G., Dellerudizione e della critica nella storia delle belle
arti, in La Nuova Antologia, 1866, I, pp. 442-450
1869-1898
Atti della Commissione conservatrice dei monumenti ed oggetti di
antichit e belle arti nella provincia di Terra di Lavoro, Caserta
1869-1898

Bibliografia di riferimento

159

1872
GALANTE G.A.,Guida Sacra della Citt di Napoli, Napoli 1872
1873
FIORELLI G., Del Museo Nazionale di Napoli, Napoli 1873
1875
Commissione per la conservazione dei monumenti. Regolamento,
Napoli 1875
1876
Commissione per la conservazione dei monumenti. Lavori eseguiti
nel primo anno 1875, Napoli 1876
1878-1880
Documenti inediti per servire alla storia dei Musei dItalia pubblicati per cura del Ministero della Pubblica Istruzione, FirenzeRoma 1878-80
1880
Commissione per la conservazione dei monumenti. Lavori eseguiti
per tutto lanno 1878, Napoli 1880
1881
Labside dellantica basilica di San Giorgio Maggiore. Relazione
della Commissione municipale per la conservazione dei monumenti e deliberazione della Giunta, Napoli 1881
CAPASSO B., Appunti per la storia delle arti in Napoli, in Archivio Storico per le Provincie Napoletane, VI, 1881, Napoli, pp. 65-74
FIORELLI G. (a cura di), Leggi, decreti, ordinanze e provvedimenti
dei cessati governi dItalia per la conservazione dei monumenti
e la esportazione delle opere darte, Roma 1881
RUGGIERO M., Degli scavi di Stabia dal 1749 al 1782, Napoli 1881

160

NADIA BARRELLA

1882- 1883
FARAGLIA N., Le memorie storiche degli artisti napoletani pubblicate da Bernardo de Dominici. Studio critico, in Archivio Storico
per le Province Napoletane, VII, 1882, pp. 328-364; a. VIII,
1883, pp. 83-110 e 259-286
1883-1891
FILANGIERI G., Documenti per la storia, le arti e le industrie delle
provincie napoletane, Napoli 1883-1891
1883
FIORELLI G., Sullordinamento del servizio archeologico. Relazione
del Direttore Generale delle Antichit e Belle Arti a S.E. il Ministro della Istruzione Pubblica, Roma 1883
1885
FIORELLI G., Sullordinamento del servizio archeologico. Seconda
relazione del Direttore Generale delle Antichit e Belle Arti a
S.E. il Ministro della Istruzione Pubblica, Roma 1885
RUGGIERO M., Storia degli scavi di Ercolano, ricomposta sui documenti superstiti, Napoli 1885
1886
FIORELLI G., Relazione a S.E. il Ministro dellIstruzione. Intorno al
servizio archeologico del Regno, in Bollettino ufficiale del Ministero della Pubblica Istruzione, aprile 1886, pp. 536-581
1888
Catalogo del Museo Civico Gaetano Filangieri Principe di Satriano,
Napoli 1888
RUGGIERO M., Degli scavi di antichit delle provincie di terraferma
dellantico Regno di Napoli dal 1743 al 1876, Napoli 1888

Bibliografia di riferimento

161

1892
MARIOTTI F., La legislazione delle Belle Arti, Roma 1892
1895
FARAGLIA N.F., La R. Pinacoteca di Napoli nel 1802, in Napoli
Nobilissima, IV, 1895, pp. 109-111, 156-157
1898
BALLERINI F., Le Belle Arti nelle legislazioni passate e presenti italiane e straniere, Genova 1898
Colonna di Stigliano F., Scoperte di antichit in Napoli dal 1876 a
tutto il 1897, Napoli 1898
Don FASTIDIO, I marmi del palazzo reale di Portici, in Napoli Nobilissima, VII, 1898, pp. 30-32
FILANGIERI DI CANDIDA A., Notizie e documenti per la storia dellarte
nel Napoletano. Quadri venuti dal Palazzo Farnese di Roma nel
1759, in Napoli Nobilissima, VII, 1898, pp. 93-95
1899
SPINAZZOLA V., Note e documenti sulla fondazione, i riordinamenti e
gli inventari della R. Pinacoteca del Museo Nazionale, in Napoli Nobilissima, VIII, pp. 45-48, 60-62, 76-78
Id., La Pinacoteca del Museo Nazionale di Napoli. Primo contributo al riordinamento (1806-1815), Trani 1899
1900
COLOMBO A., Commissione per la Conservazione dei Monumenti
Municipali (Lavori compiuti dal giugno 1874 a tutto lanno
1898), Napoli 1900
COSENZA G., La chiesa e il convento di S. Pietro Martire, in Napoli
Nobilissima, IX, 1900, pp. 139-142

162

NADIA BARRELLA

CROCE B., Capasso e la storia regionale, in Napoli Nobilissima,


IX, 1900, pp. 28-30
1901
FILANGIERI DI CANDIDA A., Monumenti ed oggetti darte trasportati
da Napoli a Palermo nel 1806, in Napoli Nobilissima, X, 1901,
pp. 13-15
1902
COLONNA DI STIGLIANO F., Il Museo Civico di Napoli e Scoperte di
antichit in Napoli dal 1898 a tutto agosto 1901, Napoli 1902.
DEL PEZZO N., Siti Reali. Capodimonte, in Napoli Nobilissima,
XI, 1902
FILANGIERI DI CANDIDA A., La Galleria Nazionale di Napoli, documenti e ricerche, in Gallerie Nazionali italiane, notizie e documenti, V, 1902, Roma, pp. 208-354
1906
CECI G., Il Palazzo degli Studi, in Napoli Nobilissima, XVII, 1906
pp. 151- 154
Don FASTIDIO, Il Museo sotto i Borboni, in Napoli Nobilissima,
XV, 1906, pp. 30-31
1913
FALCONE N. A., Il codice delle Belle Arti ed Antichit. Raccolta di
leggi, decreti e disposizioni relative ai Monumenti, antichit e
scavi dal diritto romano ad oggi, Firenze 1913
1919
CROCE B., La Societ Storica Napoletana e la Napoli Nobilissima,
in Pagine sparse, Napoli, 1919, pp. 2-7

Bibliografia di riferimento

163

1923
SCHIPA M., Il regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, MilanoRoma-Napoli 1923
1927
CROCE B., Uomini e cose della vecchia Italia, Bari 1927
1932
PARPAGLIOLO L., Codice delle antichit e degli oggetti darte, I, Roma
1932
1937
CECI G., Bibliografia per la storia delle arti figurative nellItalia
Meridionale, Napoli 1937
1938
CROCE B., La vita letteraria a Napoli dal 1860 al 1900, in La letteratura della nuova Italia, Bari 1938
1939
FIORELLI G., Appunti autobiografici, a cura di A. Avena, Roma 1939
1944-1946
DE FRANCISCIS A., Per la storia del Museo Nazionale di Napoli, in Archivio Storico per le Provincie Napoletane, n.s., XXX, 1944-46
1949
JEMOLO A.C., Chiesa e Stato in Italia negli ultimi cento anni, Torino
1949
1950
NICOLINI F., Della societ nazionale di Scienze, Lettere e Arti e di
talune accademie napoletane che la precederono. Notizie storiche, Napoli 1950

164

NADIA BARRELLA

1952
LORENZETTI C., LAccademia di Belle Arti di Napoli (1752-1952),
Firenze 1952
1953-1954
PONTIERI E., Benedetto Croce e la Societ Napoletana di Storia Patria, in Archivio Storico per le Province Napoletane, XXXIV,
1953-54, pp. 3-20
1957
AGNELLO G., Il Museo Biscari di Catania nella storia della cultura
illuministica italiana del Settecento, in Archivio Storico della
Sicilia Orientale, X, 1957, pp. 142-157
1959
PARENTE A., Preistoria della societ storica Napoletana, in Studi in
onore di Riccardo Filangieri, III, Napoli 1959
RUSSO G., Il risanamento e lampliamento della citt di Napoli,
Napoli 1959
1961
MOLAJOLI B., Il Museo di Capodimonte, Napoli 1961
VENDITTI A., Architettura neoclassica a Napoli, Napoli 1961
1962
BRUNO G. DE FUSCO R., Errico Alvino architetto e urbanista napoletano dell800, Napoli 1962
STRAZZULLO F., Un progetto di Murat per una galleria di pittori
napoletani, in Napoli Nobilissima, n.s., II, 1962, pp. 29-39
VENTURI F., Illuministi italiani, V, Riformatori napoletani, MilanoNapoli, 1962

Bibliografia di riferimento

165

1963
DE FRANCISCIS A., Il Museo Nazionale di Napoli, Cava dei Tirreni
Napoli 1963
1966-1967
VALENTE A., Per la storia delle collezioni darte dei musei di Napoli,
in Archivio storico per le province napoletane, III serie, 5-6.
1966-1967, pp. 391-399
1969
BOLOGNA F., I pittori alla corte angioina di Napoli, Roma 1969
1971
ALISIO G.C., Sviluppo urbano e storia della citt, in Storia di Napoli, VIII, Napoli 1971
DE FUSCO R., Architettura e Urbanistica dalla seconda met dellOttocento ad oggi, in Storia di Napoli, IX, Napoli 1971, pp. 273-342
DI STEFANO R., Storia, architettura, urbanistica, in Storia di Napoli, IX, Napoli 1971, pp. 647-743
LA VEGLIA P., Paestum dalla decadenza alla riscoperta fino al 1860.
Primi studi, primi provvedimenti di tutela, in Scritti in memoria
di Leopoldo Cassese, Napoli, 1971
SCIROCCO A., DallUnit alla prima guerra mondiale, in Storia di
Napoli, X, Napoli, 1972, pp. 1-124
1972
DI STEFANO R., Edilizia e urbanistica napoletana dellOttocento, in
Napoli Nobilissima, XI, 1972
ALIBERTI G., La vita economica nella prima met dellOttocento, in
Storia di Napoli, X, Napoli 1972, pp. 579-643
DE FUSCO R., Architettura e urbanistica dalla seconda met dellOt-

166

NADIA BARRELLA

tocento ad oggi, in Storia di Napoli, X, Napoli, 1972, pp. 273342


SCIROCCO A., Politica e amministrazione a Napoli nella vita unitaria, Napoli 1972
STRAZZULLO F., Tutela del patrimonio artistico nel Regno di Napoli
sotto i Borboni, in Atti dellAccademia Pontaniana, n.s., XXI,
1972, pp. 329-369
1973
EMILIANI A., Musei e Museologia, in Storia dItalia, V, Documenti,
Torino 1973, pp. 1615-1655
RUBINI G.E., La sistemazione del Museo Borbonico di Napoli nei
disegni di Fuga e Schiantarelli (1777-1779), in Napoli Nobilissima, n.s., XII, 1973, pp. 125-144
STRAZZULLO F., Situazione dei monasteri soppressi a Napoli dopo il
concordato del 1818, in Napoli Nobilissima, n.s., XII, 1973,
pp. 231-238
1974
EMILIANI A., Una politica dei beni culturali, Torino 1974
BORZOMATI P., Appunti per una storia delle riduzioni delle chiese e
della soppressione dellasse ecclesiastico in alcune diocesi del
Mezzogiorno dItalia (1866-1867), in Bollettino dellarchivio
per la storia del movimento sociale cattolico in Italia, IX, 1974,
pp. 211-227
1975
Atti del Convegno nazionale di studi nel bicentenario della morte di
Alessio Simmaco Mazzocchi, S. Maria C. V., 25-27 giugno 1972,
in Archivio Storico di Terra di Lavoro, LV, 1965-1975.

Bibliografia di riferimento

167

1976-1977
STRAZZULLO F., Cultura ed arte a Napoli nella seconda met del
700. Documenti, in Lettere di Luigi Vanvitelli della Biblioteca
Palatina di Caserta, Galatina 1976-1977
1977
AA.VV., Da Palazzo degli Studi a Museo Archeologico, Napoli 1977
BONANNI DOCRE F., Le chiese degli enti soppressi, Napoli 1977
BONFANTI G., La politica ecclesiastica nella formazione dello stato
unitario, Brescia 1977
CATALANI L., Discorso su monumenti patrii, con nota introduttiva
di R. Pane, Napoli 1977
PONTIERI E., Primo centenario della Societ Napoletana di Storia
Patria, in Archivio Storico per le Province Napoletane, IV serie, XV, Napoli, 1977
VILLANI P., Mezzogiorno tra riforme e rivoluzione, Roma- Bari 1977
1978
AA.VV., Verso una gestione dei beni culturali come servizio pubblico. Attivit legislativa e dibattito culturale dallo stato unitario
alle regioni (1860-1977), Milano 1978
ALISIO G.C., Lamont Young. Utopia e realt nellurbanistica napoletana dellOttocento, Roma 1978
EMILIANI A. (a cura di), Leggi, bandi e provvedimenti per la tutela
dei beni artistici e culturali negli antichi stati italiani 15711860, Bologna 1978
GALASSO G., Intervista sulla storia di Napoli, a cura di P. Allum,
Roma-Bari 1978

168

NADIA BARRELLA

GONZALES PALACIOS A., Il trasporto delle statue farnesiane da Roma


a Napoli, in Antologia di Belle Arti, VI, 1978, pp. 168-174
PANE R., Benedetto Croce e Napoli Nobilissima, in Napoli Nobilissima, 1978, pp. 17
1978-1979
GUALANDI G., Neoclassico ed antico. Problemi e aspetti dellarcheologia
nellet neoclassica, in Ricerche di Storia dellarte, 8, 1978-1979,
pp. 10-26
ROSSI PINELLI O., Carlo Fea e il chirografo del 1802: cronaca,
giudiziaria e non, della prima battaglia per la tutela delle Belle
Arti, in Ricerche di Storia dellarte, 8, 1978-1979, pp. 27-41
1979
BOLOGNA F., Le scoperte di Ercolano e Pompei nella cultura europea
del XVIII secolo, in La parola del passato, XXXIV, 1979
BORRARO P. (a cura di), Alessio Simmaco Mazzocchi e il Settecento
meridionale, Salerno 1979
EMILIANI A., I materiali e le istituzioni, in Storia dellarte italiana, I,
Questioni e metodi, Torino 1979, pp. 99-162
STRAZZULLO F., Le manifatture darte di Carlo di Borbone, Napoli
1979
Fonti documentarie per la storia degli scavi di Pompei, Ercolano e
Stabia, a cura degli archivisti napoletani, Napoli 1979
GIULIANO A., Documenti per servire alla storia del Museo di Napoli, in Rendiconti dellAccademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, n.s., LIV, 1979, pp. 93- 107
Pompei 79. XIX Centenario, supplemento al n. 15 di Antiqua,
ott.-dic. 1979, anno IV, pp. 150-165

Bibliografia di riferimento

169

SCIROCCO A., Il Mezzogiorno nellItalia unita (1861-1865), Societ editrice napoletana, Napoli, 1979
1980
AA.VV., Civilt del 700 a Napoli, 1734-1799, Firenze 1980
AA.VV., I Musei, Milano 1980
1981
AA.VV., Pompei 1748-1980. I tempi della documentazione, Roma
1981
CAMPISI M., Cultura del restauro e Cultura del Revival. Il dibattito
sulle antichit in Sicilia nel contesto della cultura neo-classica
europea, 1764-1851, Palermo 1981.
CALVANI A., Sulle cose di notevole interesse artistico e storico, in
Mostra documentale degli Atti amministrativi del 700, Caserta
1981, pp. 59-106
DE SETA C., Le citt nella storia dItalia. Napoli, Bari 1981
HASKELL F., La dispersione e la conservazione del patrimonio artistico, in Storia dellarte italiana, X, Conservazione, falso e restauro, Torino 1981, pp. 3-35
WINCKELMANN JJ., Le scoperte di Ercolano, a cura di Strazzullo F.,
Napoli 1981
1982
ALISIO G.C., Napoli e il risanamento edilizio. Recupero di una struttura urbana, Napoli 1982
BOLOGNA F., La dimensione europea della cultura artistica napoletana nel XVII secolo, in C. De Seta (a cura di), Arti e civilt del
Settecento a Napoli, Bari, 1982, pp. 31-78
BOLOGNA F., La coscienza storica dellarte in Italia, Torino 1982

170

NADIA BARRELLA

CAUSA R., Le collezioni del Museo di Capodimonte, Milano 1982


OTTANI CAVINA A., Il Settecento e lantico, in Storia dellarte italiana. Dal cinquecento allOttocento, VI **, Settecento e Ottocento,
Torino 1982, pp. 599-669
PINTO S., la promozione delle arti negli Stati italiani dallet delle riforme allUnit, in Storia dellarte italiana. Dal Cinquecento allOttocento, II. Settecento e Ottocento, VI**, Torino 1982, pp. 793-1060
STRAZZULLO F. (a cura di), Settecento napoletano, Documenti, I, Napoli 1982
1983
ALISIO G.C.-VALERIO V., Cartografia Napoletana dal 1781 al 1889.
Il Regno, Napoli, la Terra di Bari,Napoli 1983
ALLROGGEN-BEDEL A., KAMMERER-GROTHAUS H., Il Museo Ercolanese
di Portici, in La villa dei Papiri, secondo suppl. a Cronache
Ercolanesi, n. 13, 1983
1984
MOMIGLIANO A., Sui fondamenti della storia antica, Torino 1984
FERRI MISSANO A., Il funzionamento dei musei napoletani in et
borbonica. Alcune novit, in Museologia, n. 16, luglio-dicembre 1984
STRAZZULLO F. (a cura di), Settecento Napoletano. Documenti, II,
Napoli 1984
1985
ALISIO G.C., La distruzione del patrimonio artistico religioso tra soppressione degli Ordini e sisma del 1980, in G.A. Galante, Guida
Sacra della citt di Napoli, a cura di N. Spinosa, Napoli 1985
BUCCARO A., Istituzioni e Trasformazioni urbane nella Napoli dellOttocento, Napoli 1985

Bibliografia di riferimento

171

BASSO PERESSAUT L. (a cura di), I luoghi del museo. Tipo e forma fra
tradizione e innovazione, Roma 1985
AA.VV., Memoria dellantico nellarte, Torino 1985
1986
CAROLA PERROTTI A., Omaggio a Domenico Venuti, intendente della
Real fabbrica ferdinandea e promotore della cultura napoletana,
in Ead. (a cura di), Le porcellane dei Borbone a Napoli.
Capodimonte e Real Fabbrica Ferdinandea, Napoli 1986, pp.
289-300
CHIOSI E., La Reale Accademia Ercolanese. Bernardo Tanucci fra
politica e antiquaria, in Bernardo Tanucci statista, letterato,
giurista, Atti del convegno Internazionale di Studi per il secondo
centenario 1783-1983, a cura di R. Ajello e M. DAddio, Napoli, 1986, II, p. 503-534
CHIOSI E., Il Regno dal 1734 al 1799, in Storia del Mezzogiorno,
IV, tomo II, Il Regno dagli Angioini ai Borboni, Napoli
DE SIMONE A., Neapolis: topografia e urbanistica, in AA.VV.,
Rigenerazione dei centri storici, Napoli 1986, pp. 102-106
LEPRE A., DallAntico Regime alla societ borghese (1657-1860),
in Storia del Mezzogiorno, II, Napoli 1986
WILLETTE T., Bernardo De Dominici e le Vite de pittori, scultori ed
architetti napoletani: contributo alla riabilitazione di una fonte,
in Ricerche sul 600 napoletano, V, 1986, pp. 255-269.
1986-1987
FERRI MISSANO A., Alcune novit su Capodimonte e sul sistema
museale borbonico a Napoli, in Annali della Facolt di Lettere
e Filosofia dellUniversit di Napoli, vol. XXIX, n.s., XVII
(1986-1987)

172

NADIA BARRELLA

1987
AA.VV., La cultura classica a Napoli nellOttocento, I, Napoli 1987
BERTINI G., La galleria del Duca di Parma, Storia di una collezione,
Bologna 1987
CONDEMI L., Dal decoro et utile alle antiche memorie. La tutela
dei beni artistici e storici negli antichi stati italiani, Bologna 1987
VENTURI F., Settecento riformatore, V, LItalia dei lumi (1764-1790),
Torino 1987
1987- 1992
BENCIVENNI M., DALLA NEGRA R.-GRIFONI P., Monumenti e istituzioni, voll. I-II, Firenze 1987-1992
1988
AA.VV., Le antichit di Ercolano, Napoli 1988
BARRELLA N., Il Museo Filangieri, Napoli 1988
MASSAFRA A. (a cura di), Il Mezzogiorno preunitario, Bari 1988
SPERONI M., La tutela dei Beni culturali negli stati preunitari, I,
Milano 1988
1989
AA. VV., Il secolo dei lumi e delle riforme, Milano 1989
CHIOSI E., Humanitates e scienze. La Reale Accademia Napoletana
di Ferdinando IV: Storia di un progetto, in Studi Storici, n. 2,
1989
DE MAJO S., Lindustria protetta. Lanifici e cotonifici in Campania
nell Ottocento, Napoli 1989
GALASSO G., La filosofia in soccorso de Governi. La cultura napoletana del Settecento, Napoli 1989

Bibliografia di riferimento

173

1990
ACOCELLA G., CACCIATORE G., TESSITORE F., Istituzioni ed lites culturali, in Le Regioni dallUnit ad oggi. La Campania, Torino
1990
CROCE B., Storie e leggende napoletane, a cura di G. Galasso, Milano
1990
GUTTILLA M., Camillo Boito e la cultura del restauro nella Sicilia
dellOttocento, Palermo 1990
1991
AA.VV. La cultura classica a Napoli nellOttocento, II, Napoli 1991
CATELLO E., Il recupero delle opere darte di S.M. Siciliana dopo il
Novantanove, in Scritti di Storia dellarte per il Settantesimo
dellAssociazione Napoletana per i monumenti e il Paesaggio
1920-1990, Napoli 1991, pp. 101-108
DORA GAPITO C., I riordinamenti della Quadreria del Museo Nazionale di Napoli, in Bollettino dArte, 70, 1991, pp. 165170
MORMONE R., Scrittori darte a Napoli nel sec. XIX: Nunzio Federico Faraglia, in Napoli Nobilissima, XXVIII, ff. I-II, gennaioaprile 1991, pp. 3-9
1991-1992
STRAZZULLO F., Domenico Venuti e il recupero delle opere darte
trafugate dai francesi a Napoli nel 1799, in Rendiconti dellAccademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, LXIII, 19911992 [ ma 1994], pp. 13-62
1992
Alla ricerca di Iside. Analisi, studi e restauri delliseo pomepiano
nel Museo di Napoli, coord. di S. De Caro, Napoli 1992

174

NADIA BARRELLA

BUCCARO A., Opere pubbliche e tipologie urbane nel Mezzogiorno


preunitario, Napoli 1992
CHIOSI E., Lo spirito del secolo, Napoli 1992
GABBA E.-VALLET G., La Sicilia antica, Napoli 1992
VITALE A. (a cura di), Napoli, un destino industriale, Napoli 1992
1993
AA.VV., Ercolano 1738-1988: 250 anni di ricerca archeologica, Roma
1993
AGOSTI G., MANCA M.E., PANZERI M. (a cura di), Giovanni Morelli e
la cultura dei conoscitori, Bergamo 1993
DE ANGELIS

F., Giuseppe Fiorelli: la vecchia antiquaria di fronte allo


scavo, in Ricerche di storia dellarte, 50, 1993, pp. 6-16

GUZZO P.G., Antico e archeologia. Scienza e politica delle diverse


antichit, Bologna 1993
FIENGO G., Tutela e restauro dei monumenti in Campania 18601900, Napoli 1993
1994
DE CUNZO M.-PORZIO A.-MASCILLI MIGLIORINI P.-GUARINO G., Il palazzo reale di Napoli, Napoli 1994
SPINOSA N. (a cura di), La Collezione Farnese. La Scuola Emiliana: i
dipinti. I disegni, Napoli 1994
MUSACCHIO M., Larchivio della Direzione Generale di Antichit e
Belle Arti (1860-1890), Roma 1994
FITTIPALDI A., Alle origini del sistema museale napoletano, in La
citt nuova, a. IX, nn. 1-2., Napoli 1994

Bibliografia di riferimento

175

1995
AA.VV., Farnese, Arte e collezionismo, catalogo della mostra, Parma-Napoli 1995
BOCCIERO L. e CASTORINA A., Storie saticulane, in Studi sulla
Campania preromana, s. III, II, 1995
BUCCARO A., Architettura e urbanistica dellOttocento, in Storia e
civilt della Campania. Lottocento, Napoli 1995, pp. 117- 204.
FITTIPALDI A. (a cura di), Musei Tutela e legislazione dei beni culturali a Napoli tra 700 e 800, Quaderni del Dipartimento di
Discipline Storiche, I, Napoli 1995
Guzzo P.G., Collezioni di antichit in Italia meridionale. Appunti per
una ricerca, in Bollettino darte, XXXI, 1995, pp. 105-110
1996
AGOSTI G., La nascita della storia dellarte in Italia. Adolfo Venturi:
dal museo alluniversit, Venezia 1996
BARRELLA N., La tutela dei monumenti nella Napoli post unitaria, Napoli 1996
CARUGHI U., La Galleria Umberto I. Architettura del ferro a Napoli,
Sorrento 1996
EMILIANI A., Leggi, bandi e provvedimenti per la tutela dei beni artistici e culturali negli antichi stati italiani (1571-1860), Bologna 1996
FORNARI SCHIANCHI L. (a cura di), I Farnese. Arte e Collezionismo.
Studi, Milano 1996
MILANESE A., Il piano Arditi del 1808 sui musei provinciali: centro
e periferia nella tutela in Magna Grecia, in I Greci in Occidente. La Magna Grecia nelle collezioni del Museo Archeologico di
Napoli, catalogo della mostra, Napoli 1996, pp. 275-280

176

NADIA BARRELLA

RAO A.M., Tra erudizione e scienza: lantiquaria a Napoli alla fine


del Settecento, in Montepaone C. (a cura di), Lincidenza dellantico, III, Napoli 1996, pp. 91-135
1996-1997
MILANESE A., Il Museo Reale di Napoli al tempo di Giuseppe
Bonaparte e di Giacchino Murat. Le prime sistemazioni del Museo delle Statue e delle altre raccolte, in Rivista dellIstituto
Nazionale di Archeologia e Storia dellArte, s. III, XIX-XX,
1996-97 [ma 1998], pp. 345-405
1997
Civilt dellOttocento. Le arti a Napoli dai Borbone ai Savoia, catalogo della mostra, Napoli 1997
GIOLI A., Monumenti e oggetti darte nel Regno dItalia. Il patrimonio
artistico degli enti religiosi soppressi tra riuso, tutela e dispersione.
Inventario dei Beni delle corporazioni religiose 1860-1890, Roma
1997
SPADACCINI R. (a cura di), Civilt dellOttocento a Napoli. Antichit
e Belle Arti. Le istituzioni, Napoli 1997
1998
BARBANERA M., Larcheologia degli italiani, Roma 1998
IACHELLO E. (a cura di), I Borbone di Sicilia (1734-1860), Catania
1998
1999
DE CARO S.-GUZZO P.G. (a cura di), A Giuseppe Fiorelli nel primo
centenario della morte, atti del convegno, Napoli 19-20 marzo
1997, Napoli 1999
SCIOLLA G.C.-VARALLO F. (a cura di), LArchivio Storico dellarte e
le origini della Kunstwissenschaft in Italia, Torino 1999

Bibliografia di riferimento

177

SPADACCINI R. (a cura di), LArchivio del Ministero della Pubblica


Istruzione del Regno delle Due Sicilie, Napoli 1999
1997-2000
LO IACONO G.-MARCONI C., Lattivit della Commissione di Antichit e Belle Arti in Sicilia, Quaderni del Museo Archeologico
Regionale Antonino Salinas, suppl. ai nn. 3/97, 4/98, 5/99,
6/2000, Palermo
2000
BAIRATI E., Alle origini del museo moderno. leredit della Rivoluzione nella crescita dei musei europei dellOttocento, in Ideologie e patrimonio storico-culturale nellet rivoluzionaria e
napoleonica, Atti del convegno di Tolentino (18-21 settembre
1997), Roma 2000
DALCONZO P., Lanello del re, Firenze 2000
DE

SANTO R., Dal Chiostro allopificio nella Napoli dellOttocento:


il riutilizzo di due antichi edifici conventuali nella Real manifattura di tabacchi, in Napoli Nobilissima, II, 2000, pp. 105132

JALLA D., Il Museo contemporaneo, Torino


2001
CIOFFI R., Riscoperta dellantico e ideologia massonica a Napoli, in
A. Gambardella (a cura di), Ferdinando Fuga 1699-1999. Roma,
Napoli, Palermo, Atti del convegno, Napoli 2001, pp. 23-33
DE LORENZO R., Un regno in bilico: uomini, eventi e luoghi del
Mezzogiorno preunitario, Roma 2001
GERMANO A., NOCCA M. (a cura di), La collezione Borgia: curiosit
e tesori da ogni parte del mondo, catalogo della mostra (VelletriNapoli 2001), Napoli 2001

178

NADIA BARRELLA

NOCCA M. (a cura di), Le quattro voci del mondo: arte, culture e


saperi nella collezione di Stefano Borgia, Atti delle giornate internazionali di studi, Napoli 2001
PALMIERI S., Bartolommeo Capasso e ledizione delle fonti storiche
napoletane, in Napoli Nobilissima, V serie, Napoli, settembre-dicembre 2001.
2002
BARRELLA N., Per la storia, le arti e le industrie: metodi e obiettivi
della ricerca di Gaetano Fulangieri nella Napoli di fine 800, in
G. Filangieri, Documenti per la storia, le arti e le industrie delle
provincie napoletane, rist. anast. Napoli, 2002, pp. XXXVIILXXI
FARDELLA P., Antonio Canova a Napoli tra collezionismo e mercato,
Napoli 2002
MAZZOCCA F., COLLE E., MORANDOTTI A. E SUSSINNO S. (a cura di), Il
Neoclassicismo in Italia. Da Tiepolo a Canova, catalogo della
mostra, Milano 2002
In corso di stampa
BARRELLA N., Le commissioni provinciali napoletane per la conservazione dei monumenti e il problema del restauro nella catalogazione, in Studi e storia del restauro dei dipinti a Napoli e nel
Regno nel XIX secolo, atti del convegno internazionale di studi,
Napoli 14-15-16 ottobre 1999
BARRELLA N., La vocazione al territorio: i musei in provincia di
Caserta, in R. Cioffi-N. Barrella, La memoria dei luoghi. Giornate di studio sul futuro dei musei locali della Campania, Napoli
7-8 giugno 2001
BARRELLA N., Come capitoli di un libro per la storia della citt: la

Bibliografia di riferimento

179

prima serie di Napoli Nobilissima tra erudizione, topografia e


storia dellarte, in Le riviste darte in Italia dallOttocento allet contemporanea. Forme, modelli, funzioni, atti del convegno di studi, Torino, 3-5 ottobre 2002

Vous aimerez peut-être aussi