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Con riferimento alla tematica del giudizio e all affermazione che, a partire dal t
eatro di Sofocle, si instaura un tribunale, Deleuze e Guattari vanno ad indagare
il rapporto tra la tragedia sofoclea per eccellenza, l Edipo Re, e la psicanalisi
.
Gi in Logica del senso, Deleuze affronta la questione dell Edipo, in particolare ri
spetto alla formazione del linguaggio; la tragedia dell Apparenza , in cui Edipo agis
ce come l eroe delle superfici e l autore se ne serve per delineare il percorso che po
rta dalle formazioni pre-linguistiche, alla parola e all organizzazione della supe
rficie fisica, che precede la costituzione della superficie metafisica. proprio co
me la superficie fisica una preparazione della superficie metafisica, l organizzaz
ione sessuale una prefigurazione dell organizzazione del linguaggio. .[1] In Logica
del Senso, quindi, Deleuze, approfondisce le proprie riflessioni a partire dall Ed
ipo e pur criticando la psicanalisi non si pone in netta opposizione, come accad
r invece in seguito.
Gi dall anti-Edipo, invece, il colloquio con Deleuze e Guattari riportato in Deleuz
e,[2] l indagine psicanalitica, per i metodi di cui si servita finora, viene defin
ita una messa in scena da teatro che sostituisce semplici valori rappresentativi
alle vere forze produttive dell inconscio , ossia un processo di personificazione de
lle macchine di desiderio, che imbriglia il loro potenziale riducendole a macchin
e illusionistiche . Il desiderio, forza positiva e produttiva dell inconscio, che si
esprime tramite un linguaggio delirante, intensivo, appartenente ad una follia d
ella profondit dalla quale, come si detto, proviene l esperienza teatrale di Artaud,
viene qui bloccato e ridotto ad una scena da teatro .
La tragedia non rappresenta pi un esempio esplicativo della differenza che passa
tra romanzo famigliare ed opera d arte:[3] ne L anti-Edipo Deleuze e Guattari rimprov
erano a Freud di aver mascherato la produzione desiderante inconscia alienandola
nella rappresentazione famigliare di Edipo, e sebbene il loro attacco sia dirett
o sostanzialmente all uso che la psicanalisi fa di Amleto e Edipo Re, la portata c
reativa di questa tragedia sembra messa in secondo piano.
Tuttavia: Non vogliamo dire che Edipo, o il suo equivalente, varia con le forme s
ociali considerate. Crederemmo piuttosto, con gli strutturalisti, che sia un invar
iante. Ma l invariante di un distoglimento delle forze dell inconscio. per questo ch
e noi attacchiamo Edipo, non in nome di societ che non lo comporterebbero, ma in
quella che lo comporta eminentemente, la nostra, la capitalistica. [4] La nozione
di invariante riferita all Edipo, nel successivo L immagine-tempo. Cinema 2, ad esem
pio, rappresenta una delle condizioni essenziali alla conservazione degli ideali
trascendenti su cui si fondano i sistemi maggioritari, per cui l attacco diretto
contro la psicanalisi in quanto sistema o Strato repressivo.
La messa in scena nella quale il desiderio viene rappresentato nega perci il real
e e si presenta sotto un altra luce rispetto a quel teatro della ripetizione come
manifestazione della differenza, di cui Deleuze parla in Differenza e ripetizion
e e al quale attribuisce una valenza eversiva ed un diverso potenziale.
Con la riduzione dei processi inconsci alla scena di Edipo, la riduzione delle fa
bbriche dell inconscio a una scena di teatro, Edipo, Amleto [...] Edipo non affatt
o una formazione dell inconscio ,[5] quella che stata definita una svolta idealistica
della psicanalisi l ha condotta a fissarsi sulla nevrosi, impedendole di confronta
rsi con la psicosi, e con le manifestazioni inconsce che la originano, se non ri
conducendole alla scena famigliare e teatrale.
Come conseguenza di questa rimozione, il processo psicotico schizofrenico che pe
r D&G una manifestazione delle forze dell inconscio desiderante, per riuscire ad e
sprimersi non pu che costruirsi un linguaggio altro , quello della poesia o di una c
erta letteratura: non a caso, emergono nuovamente i nomi di Artaud e di Beckett.
Deleuze e Guattari riconoscono a questi autori la capacit di messa in atto, attr
averso la scrittura, di un procedimento schizofrenico, di decodificazione e deter
e, caso pressoch unico nel mondo greco di evoluzione di una tragedia la cui prima
parte appartiene ad una struttura sociale imperiale, dispotica, paranoica, inter
pretativa, pretesca della significanza e dell interpretazione , [11] mentre nella seco
nda parte, l Edipo a Colono, come sostenuto in Conversazioni, si dipana quella lin
ea di fuga conseguenza del tradimento, dell erranza, del sottrarsi all ordine divino
(contemporaneo al suo distogliere il volto), che conduce verso la sopravvivenza
e l autonomia della scelta del soggetto.
Ma l analisi di Mille Piani prosegue, e sposta la linea di fuga ancora pi in l, poic
h la direzione che la seconda fase dell Edipo ha preso porta anch essa verso una rite
rritorializzazione, in questo caso nel regime della soggettivazione, con la cost
ituzione di un altra linea. L alternativa alla riterritorializzazione la possibilit d
i una deterritorializzazione assoluta positiva sul piano di consistenza, sul corpo
senza organi ,[12] il quale assume su di s il peso della desoggettivizzazione assol
uta, dell assenza di ogni interpretazione, al contrario di ci che persegue la psica
nalisi.
Il riferimento teatrale pi immediato resta anche in questo caso Artaud, uno dei p
ochi interpreti in grado di spingersi oltre la dialettica dell Uno e del Molteplice
verso quel piano d immanenza-consistenza del desiderio che il corpo senza organi,
o CsO . La questione non qui forse se e come Artaud sia riuscito, anche solo teoret
icamente, nel suo tentativo di formulare un ipotesi di teatro totale, crudele e sacro ,
quanto di cogliere nei rimandi che Deleuze e Guattari ne fanno, lungo tutta la
loro comune produzione filosofica, un segnale che invita a considerarlo come una
figura provocatoria rispetto al comune modo di pensare e produrre arte, una mac
china da guerra per l arte teatrale contemporanea.[13]
Per un breve sguardo pi generale sulla questione edipica in Deleuze e Guattari, M
aurizio Ferrarsi sostiene che: si visto come ne L anti-Edipo il problema non fosse
la rivendicazione del desiderio contro la sua repressione, ma l affermazione del m
olteplice contro le istanze negative comportate dal monismo. [14] Sostanzialmente,
laddove la psicanalisi interpreta il desiderio come negativit, servendosi di grig
lie simboliche quali la ragione e l Edipo, schizofrenia e nevrosi si rivelano invec
e come due momenti del desiderio, l uno attivo, l altro reattivo, e la scelta cade s
ulla schizofrenia in quanto modalit affermativa della molteplicit del reale, e sul
la schizoanalisi come un progetto di critica affermativa, soprattutto dopo L antiEdipo: eccezion fatta per le proposte circa la schizoanalisi, L anti-Edipo pu essere
letto come una critica a partire dall affermativo, e non come una critica affermat
iva . Il suo seguito in Mille Plateaux, annunciato esplicitamente, vi era perci imp
licato logicamente. [15]
Resistenza
L opposizione ad ogni impedimento al processo creativo dipende in sostanza sopratt
utto dalla capacit degli artisti minori di riaprire il processo di divenire, nece
ssario alla creazione delle proprie opere e che appartiene altres ad ogni opera d a
rte in quanto tale, compiuta in s eppure aperta ad ogni utilizzo e manipolazione
(in senso positivo come negativo), mediante quella che Deleuze definisce resiste
nza o cura di s .
In uno scritto precedente a L Abecedaire [16]Deleuze descrive la complessit di ques
t operazione di critica ovvero minorazione dei classici, diversa da una semplice i
nterpretazione, che implica una radicale trasformazione da parte dell artista qual
e macchina da guerra che se ne fa portavoce: in questo caso egli vede in Bene un
o degli artisti in grado di realizzare questo progetto nel cinema come in teatro
.
Il lavoro del filosofo analogo a quello dell artista, in quanto entrambi affrontan
o processi di creazione di concetti come di percetti e appunto, di resistenza, p
oich per l artista come per il filosofo necessario resistere
alla volgarit, alla best
ialit del pensiero, dell opinione
attraverso la creazione delle proprie opere.[17]
sottile equilibrio. Chiunque sia l intermediario umano attraverso cui l arte si conc
retizza tramite sensazioni, queste non fanno riferimento al soggetto percipiente
, alla sua memoria o esperienze personali; di conseguenza la follia diventa un e
lemento marginale rispetto all opera stessa.
La persistenza ed autonomia dell opera d arte non prescinde, per del tutto dal proces
so creativo che coinvolge l artista, come detto in Logica del Senso a proposito de
lla differenza che intercorre tra il romanzo famigliare e l opera d arte, ribadita q
ui tra le nevrosi e le sensazioni, ad indicare una linea sottile ma determinante
che definisce la dimensione in cui agisce un artista in quanto tale.I diversi mom
enti del processo di creazione artistica che di volta in volta era stato indagat
o con l ausilio delle parole di Proust e di Kafka, della pittura di Francis Bacon,
del teatro di Artaud e Bene, solo per citare alcuni autori ricorrenti nei loro
scritti, vengono infatti analizzati qui nell insieme del piano proprio dell arte e d
elle sue relazioni con quello della filosofia e della scienza.
In questo processo l artista crea diventando un tramite, dal momento in cui non pa
rla di s nella sua creazione: il divenire-qualcos altro richiede necessariamente, i
n ogni arte, uno stile: la sintassi di uno scrittore, i modi e i ritmi di un musi
cista, i tratti e i colori di un pittore per elevarsi dalle percezioni vissute a
l percetto, dalle affezioni vissute all affetto. [20]
Ritroviamo qui la nozione di divenire cos come quella di stile, caratteristiche n
ecessarie al processo creativo, ed anche l immagine dell artista come colui che, all
o stesso modo del filosofo, si fa testimone di ci che sarebbe difficilmente soppo
rtabile per altri, attraverso esperienze che, pur avvicinandolo alla morte, (seg
uendo un legame sottolineato gi in Differenza e ripetizione) gli sono necessarie
per vivere.
Ed anche la minorazione e le variazioni che lo scrittore fa subire al linguaggio
trovano qui una propria collocazione all interno dei concetti di affetto e percet
to, in quanto questo proprio il compito del linguaggio dell arte in generale: la pi
ttura, la musica a loro volta strappano ai colori e ai suoni i nuovi accordi, i
paesaggi plastici o melodici, i personaggi ritmici che li elevano fino al canto
della terra e al grido degli uomini: questo che fa il tono, la salute, il diveni
re, un blocco visivo e sonoro. [21]
Ogni artista genera quindi delle variazioni, delle alterazioni nella propria art
e, che vanno a confluire in un divenire necessario all arte stessa (ed all artista),
sostanzialmente in quel divenire-altro pi volte descritto da Deleuze e Guattari:
d altro canto, c un divenire che concerne anche i concetti filosofici ed il filosof
o che li elabora, tuttavia non si tratta dello stesso che specifico dell arte. Il d
ivenire sensibile l atto in virt del quale qualcosa o qualcuno non cessa di divenir
e-altro (continuando a essere ci che ), girasole o Achab, mentre il divenire conce
ttuale l atto attraverso cui l evento comune stesso schiva ci che . [22]
Questa affermazione introduce in parte la natura e per cos dire le differenze che
intercorrono tra i piani della filosofia, della scienza e dell arte, i modi in cu
i questi piani si intersecano (di cui un esempio fondamentale lo Zarathustra di
Nietzsche) cos come i limiti che si constatano all interno di questo processo di re
ciproche interferenze.
Rispetto alle tre interferenze tra i piani estrinseche, intrinseche ed illocaliz
zabili entrambi si sono dedicati pi spesso a quella sorta di scivolamento di concet
ti e personaggi concettuali, tra le sensazioni e le figure estetiche, di spostam
ento relativo dal piano della filosofia in quello dell arte.
Ma sull interferenza illocalizzabile che le riflessioni fatte sinora trovano un pu
nto d incontro: i due autori affermano, infatti, l esistenza di una zona d ombra, un No
n che accompagna ogni disciplina in tutto il suo percorso, dalla quale attingiamo
necessariamente poich: La filosofia ha bisogno di una non-filosofia che la compre
nda, ha bisogno di una comprensione non-filosofica, come l arte ha bisogno di nonarte e la scienza di non-scienza. [23], e che si colloca dove ancora i confini dei
suddetti piani non sono definiti.
Il tema delle interferenze che si verificano tra i piani di filosofia, scienza e
d arte nelle opere di determinati autori viene ripreso da Deleuze anche nell ambit
o de L Abecedaire; in questo contesto l autore riprende anche il tema della creazion
e di concetti, del fare filosofia come di un attivit pratica, che comporta l uscita dal
la filosofia stessa, poich restare dentro un certo territorio implica al contempo
uscirne; questo comporta soprattutto l accogliere e il farsi tramite di stimoli,
di sollecitazioni provocate da determinati incontri. Il momento dell incontro
con
oggetti, dipinti, brani musicali, scritti filosofici altrui un evento sostanzial
mente casuale attraverso il quale la creazione di concetti nasce e si sviluppa:
da filosofo, in queste pagine egli descrive in prima persona il processo grazie
al quale si fatto testimone e portavoce di quelle interferenze tra piani, in que
sto contesto tra quello della filosofia e quello dell arte, che lo hanno influenza
to, segnando il percorso della sua produzione filosofica.[24]
Attraverso un incontro viene infatti concessa al filosofo la possibilit di testim
oniare direttamente con la propria filosofia il proprio mezzo
le contaminazioni
possibili tra due piani, di andare oltre la filosofia attraverso la filosofia , e d
i confermarne la funzione pratica (vedi L immagine-tempo. Cinema 2).
Durante l intervista Deleuze si riferisce quasi esclusivamente all arte: l incontro av
viene nel suo caso pi facilmente con un dipinto, o al cinema, pi raramente a teatr
o, eccezion fatta per Wilson e Bene. Quello che l artista pu offrire, le idee o le
immagini che suggerisce e che il filosofo pu accogliere, proviene da quella zona
d indeterminazione, il caos, dalla quale entrambe le discipline
arte e filosofia n
ascono e prendono poi forma: ed forse grazie a quella zona d ombra che le accompag
na sempre, prima ancora che queste assumano una qualunque consistenza, che l una f
a riferimento e si ritrova nell altra nell incontro successivo tra i rispettivi piani,
senza che questo reciproco influsso abbia origine o termine
in qualche punto pr
eciso.
L incontro con il cinema: un confronto tra cinema e teatro
I due volumi di Cinema rappresentano un approfondita incursione di Deleuze nella s
fera dell arte, dovuta anche al proficuo incontro con le opere di alcuni registi c
inematografici, e pur collegandosi ad altre riflessioni fatte in precedenza, cos
tituiscono tuttavia un blocco a s stante: degno di nota che, fatta qualche rara ec
cezione [...] l enorme batteria di concetti utilizzati in Cinema non ha riscontro
in nessuno dei suoi libri precedenti e non avr una eco diretta in quelli successi
vi. [25]
Come gi ricordato, l autore stesso ribadisce l importanza di fare filosofia anche att
raverso l analisi del fatto cinematografico, di sviluppare cio le interferenze tra
piani diversi; in questi volumi, seguendo la storia del cinema si infatti occupa
to anche di storia della filosofia.[26]
Una delle questioni riprese quella relativa al giudizio, gi affrontata a partire
da Spinoza e poi riferita al cinema di Orson Welles, a cui connessa la nozione d
i falso movimento (o movimento decentrato), potenza del falso che si manifesta a
ttraverso l artista, colui che non crea verit ultime ma arte, continua produzione d
i verit.[27]
Nel capitolo Il cinema e il pensiero, invece, Deleuze analizza il rapporto che i
ntercorre tra i vari tipi di immagini cinematografiche ed il pensiero, di cui l ul
timo genere definito con l identificazione di concetto e immagine, pensiero-azione
, prassi che designa il rapporto fra l uomo e il mondo ,[28] secondo una caratterist
ica propria del cinema e sconosciuta al teatro, un movimento che va dall esterno al
l interno . In questo contesto riappare la figura di Artaud, poich Deleuze riscontra
nella sua ricerca continua di una vibrazione , di uno choc necessario a provocare i
l pensiero, l indicazione della frattura del rapporto uomo-mondo che emerge nel ci
nema moderno e non in quello classico.
Ci che va sottolineato l impensato del pensiero , il fatto che noi in realt non pensiam
o ancora: la consapevolezza di tale mancanza si ottiene proprio tramite l aberrazi
one del movimento, quel decentramento di cui l autore parlava in relazione a Welle
s, la rottura dell immagine senso-motoria che di conseguenza rende visibile l incrin
atura del rapporto tra l uomo e il mondo ad essa preesistente: La rottura senso-mot
oria fa dell uomo un veggente colpito da qualcosa di intollerabile nel mondo e con
frontato con qualcosa di impensabile nel pensiero. Tra i due, il pensiero subisc
e una strana pietrificazione, che come se fosse la sua impotenza a funzionare .[29]
Artaud si sforza di riconciliare ogni separazione attraverso la riscoperta della
dignit del corpo, della carne, alla ricerca dei mezzi tramite cui esso possa esp
rimersi: in accordo con quest impostazione, anche per Deleuze il corpo diventa la
dimensione nella quale il pensiero deve immergersi per recuperare l impensato, la
vita, per colmare questo legame perduto che l origine della nostra nevrosi moderna
. Il cinema, dal canto suo, rappresentando il corpo rappresenta anche il tempo c
he su di esso si inscrive, immagine-tempo: L atteggiamento del corpo come un immagine
-tempo, quella che mette il prima e il dopo nel corpo, la serie del tempo. [30]
Deleuze afferma che la sua opera sul cinema propone dei parallelismi tra i siste
mi filosofici classici e le forme di montaggio tipiche del cinema classico, con
le problematiche emerse nel cinema moderno, collegate a quelle della filosofia c
ontemporanea (la rottura dello schema senso-motorio come quella del rapporto uom
o-mondo). Inoltre, i filosofi di riferimento sono ancora Kant, Kierkegaard, Niet
zsche, grazie ai quali la stessa operazione di accostamento tra concetti filosof
ici e storia della filosofia con l evoluzione artistica indicata da Deleuze in rel
azione anche ad altre arti, tra cui il teatro, stata possibile.
Facendo un passo indietro, si possono individuare alcuni tra i momenti in cui l au
tore specifica le possibilit espressive di teatro e cinema: le differenze emergon
o soprattutto nell analisi del rapporto cinema-corpo-pensiero; la ricerca di Artau
d viene qui accostata a quella di Bene, poich sembra che anche quest ultimo abbia c
reduto che il cinema possa operare una teatralizzazione pi profonda del teatro ste
sso, ma lo crede solo per un breve istante [...] alla capacit che avrebbe il cine
ma di dare un corpo, cio di farlo, di farlo nascere e scomparire in una cerimonia
, in una liturgia. [31]
D altro canto, secondo Deleuze non tanto sulla presenza dei corpi, che agisce nel te
atro, ma non al cinema, che si gioca questa differenza, quanto sulla possibilit p
ropria dell immagine cinematografica di restituirci, a partire dalla loro assenza,
la genesi dei corpi, di un corpo sconosciuto che abbiamo dentro la testa, come l imp
ensato del pensiero, nascita del visibile che ancora si sottrae alla vista. [32]
Carmelo Bene indaga le possibilit espressive del corpo nell immagine cinematografic
a opponendo invece alla visibilit dell immagine cinematografica quella cecit dell imma
gine che, da cineasta, ha sempre perseguito. Aggiunge un ulteriore sfaccettatura a
l legame cinema-corpo-pensiero poich crea un corpo nel cinema, per il cinema, fac
endolo passare attraverso un rituale, una cerimonia e poi una decostruzione fina
lizzata alla scomparsa del corpo visibile ,[34] alla ricerca di sonorit pure, separa
te dal corpo che le esprime. Cos come avevo inaugurato un teatro irrappresentabile
in cui la presenza-assenza attoriale eccede la visione e il ridire (riferito) d
el dis-corso nella musicalit della voce-ascolto. Ho sentito l urgenza di sfidare
fr
antumandola l immagine-corpo .[35]
Un altra caratteristica del cinema riguarda la gestione del sonoro, (in relazione
all immagine visiva) come ulteriore aspetto dell immagine-tempo: Deleuze prende in c
onsiderazione rispettivamente l elemento della conversazione sonora, l inseparabilit
di voce e rumori in una sorta di continuum sonoro, e la possibilit dell indipendenz
a e della prevalenza di quest ultimo sull immagine visiva, come tre possibilit espres
sive che generalmente in teatro non si possono rendere.
In precedenza aveva per affermato che l operazione di liberazione delle potenze son
ore in teatro la sfida principale che Bene ha raccolto in vista proprio di un su
o rinnovamento, e per meglio approfondire questa ricerca in ambito esclusivament
e teatrale, servendosi di supporti elettronici, ha abbandonato il cinema, ritenu
ta un arte troppo limitata per i suoi scopi.[36] Anche per quel che riguarda la co
nversazione sonora, Deleuze non esclude la sua realizzazione anche in teatro; Wi
lson viene citato come l unico regista in grado di metterla in scena.
Sembra allora che l inadeguatezza del teatro rispetto al cinema, almeno per quel c
he riguarda il sonoro, sia relativa, pi che ad una qualche mancanza del mezzo art
istico in s, all esiguit di sperimentatori contemporanei che hanno creduto ed osato
un rinnovamento teatrale.
Tra l altro, anche per quel che riguarda Artaud, l autore premette che anch egli, come
Bene, si occup di cinema fino ad un certo punto: Per un breve momento Artaud crede
nel cinema [...] ma molto presto rinuncia .[37] Sia Bene che Artaud hanno utilizza
to il cinema come un campo entro cui sperimentare la propria creativit, ritenendo
per, in ultima analisi, la settima arte inadatta a soddisfarla: Artaud dal canto s
uo, rifiuta l iscrizione e conseguente appiattimento sulla pellicola di quella vib
razione vitale ricercata tramite il teatro: Il mondo cinematografico un mondo mor
to, illusorio e segmentato. Oltre a non socchiudere le cose, a non entrare nel c
entro della loro vita, oltre a trattenere solo l epidermide delle forme e a posizi
onarsi in un angolo visuale estremamente ristretto, impedisce ogni risistemazion
e e ogni ripetizione, condizione fra le pi necessarie dell azione magica. [38]
nque l evento, ma in modo ben diverso da quello in cui l evento si effettua nella pr
ofondit delle cose. O piuttosto egli raddoppia tale effettuazione cosmica con un al
tra a modo suo singolarmente superficiale, tanto pi netta, tagliente e pura per q
uesto, che viene a delimitare la prima, ne libera una linea astratta e serba del
l evento soltanto il contorno o lo splendore: diventare il commediante dei propri
eventi, contro-effettuazione. [48]
I complessi legami che si instaurano tra rappresentazione, tempo e movimento in
opposizione al sistema del giudizio, ovvero alla rappresentazione/falso moviment
o in Differenza e ripetizione, diventano tanto pi evidenti nel cinema moderno, se
condo l ottica de L immagine-tempo. Cinema 2, laddove in questo caso il termine falso
in relazione al movimento definito tale perch si contrappone all ideale di verit-con
formit tipico di un sistema di giudizio, ossia di ogni sistema che si riferisca a
d un istanza superiore, ad un valore trascendente.
Il movimento falso, quand decentrato , in questo caso si configura come divenire qual
e potenza del falso e libera la vibrazione descritta da Artaud, che permette di
riconsiderare il nostro rapporto con il mondo, sempre mediante un processo di ma
scheramento dell evento che l immagine avvolge: l immagine cinematografica, non appena
assume la propria aberrazione di movimento, opera una sospensione di mondo, o co
lpisce il visibile con un disturbo che, lungi dal rendere il pensiero visibile [
...] si rivolgono al contrario a ci che non si lascia pensare nel pensiero cos com
e a ci che non si lascia vedere nella visione. [49]
Con le stesse caratteristiche Deleuze delinea il movimento demoniaco, sempre all i
nterno di un sistema maggioritario, il concetto di doppio distoglimento, (a part
ire dalla tragedia dell Edipo Re, come si visto) e la nozione di tradimento, in re
lazione al processo creativo del divenire.
Per quel che riguarda l artista e le sue opere, sono coinvolti nei diversi aspetti
del divenire stesso le molteplicit, l anomalo, le trasformazioni
meglio riconoscib
ili con il termine di minorazione , poich: Ogni divenire molecolare, in quanto il mol
ecolare ha la capacit di fare comunicare l elementare con il cosmico. Ogni divenire
minoritario. [50]
Combattere il sistema del giudizio implica il sostenere un processo di creazione
ed espressione del molteplice, di contro alla logica dialettica della contraddi
zione e della rappresentazione/falso movimento cos come Deleuze li ha tratteggiat
i a partire da Differenza e ripetizione.
Il concatenamento rappresentazione, movimento e tempo che emerge da queste pagin
e, condizione necessaria per ogni procedimento creativo, vede quindi identificat
o il suo opposto nel blocco della formazione di tali molteplicit; d altro canto, gi
a partire da L anti-Edipo e Mille Piani. Capitalismo e schizofrenia, Deleuze e Gua
ttari avevano chiarito ed approfondito i pericoli che queste forme di rappresent
azione costituiscono in quanto negazione del reale.
Anche in questo caso la nozione a fare la differenza, poich impedisce (o falsifica )
ogni divenire in quanto movimento non rinchiuso all interno di una struttura arbo
rescente. Ed in particolare in Mille Piani,con l introduzione dei concetti di vari
azione continua, di minorazione, identificata anche come stile, la rappresentazi
one assume il suo senso pi proprio, facendosi espressione di una realt artistica e
d insieme di un pensiero intensivo, creativo, che permette inoltre quelle contam
inazioni reciproche tra i diversi piani pi volte descritte da entrambi gli autori
.
Questo perch la variazione (o minorazione) un movimento di eliminazione delle inv
arianti e di destabilizzazione della chiusura per esempio dell apparato teatrale c
lassico su cui si inscrive la logica maggioritaria, e svela le condizioni della
rappresentazione in quanto falso movimento che questa struttura promuove, cos com
e accaduto per l arte cinematografica grazie ad un certo utilizzo dell immagine nel
cinema moderno.
Carmelo Bene e Gilles Deleuze: un incontro tra teatro e filosofia
Nel percorso sull importanza che riveste l arte teatrale in Deleuze, sono emersi alc
uni meccanismi attraverso i quali ogni dimensione artistica minoritaria pu manife
starsi in quanto tale, e fra questi il processo di variazione continua degli ele
menti stabili, che porta ad un assunzione dello spazio in divenire, instabile e pr
oblematico, di sperimentazione e di critica.
Fra tutti gli autori e fautori di teatro dei quali Deleuze si occupato, colui ch
e maggiormente ha tentato di pensare e realizzare lo spazio critico del teatro,
e stimolato a riflettere sulle zone d intersezione con il piano filosofico senz altr
o Artaud: dopo di lui, Bene stato uno dei pochi ad aver saputo fare del teatro ci
che Artaud, talvolta, aveva sognato .[51]
A questo proposito: Il rapporto tra incompossibilit e virtualit anche uno dei temi
maggiori del testo di Deleuze sul teatro di C. Bene, nella misura in cui per es.
l amputazione di un personaggio maggiore (per es. Romeo) toglie la incompossibili
t dello sviluppo di un personaggio minore (per es. Mercuzio) Cos C. B., togliendo l el
emento del potere dalla rappresentazione teatrale, sviluppa la virtualit del teat
ro come non
rappresentazione, come costituzione di personaggi sulla scena (a parti
re da voci e postura), come una forza non rappresentativa sempre instabile , sempre
nel mezzo , (senza inizio, senza fine, senza storia), l dove si trovano il divenire,
il movimento, la velocit, il turbine . Personaggi senza io (e senza storia) perch non
nascono che in una serie continua di metamorfosi e di variazioni (op. cit., pp. 9
-12). In generale: la virtualit appartiene al reale, al contrario del possibile c
he vi si contrappone. Il reale l attuale pi il virtuale. [52]
Sovrapposizioni. Riccardo III di Carmelo Bene. Un Manifesto di meno di Gilles De
leuze il testo di riferimento, in cui posta la questione della non-rappresentati
vit e della messa in variazione del testo (e quindi la sua scomparsa come tale).
Deleuze conosce Bene di persona nel 1977 a Parigi, nel periodo in cui quest ultimo
andava in scena con i suoi due spettacoli Romeo e Giulietta e S.A.D.E. all Opra Co
mique. Da quell incontro nasce una collaborazione ed un amicizia duratura, fondata s
u un reciproco riconoscimento, una stima ed un ammirazione contraccambiata: durant
e uno degli incontri del dopo-scena, Bene espone a Deleuze un proprio progetto,
il Riccardo III, ed sulla base di quella conversazione che il nostro autore deci
der di scrivere un testo su uno spettacolo che non aveva ancora visto.[53]
Sovrapposizioni viene pubblicato nel 1978, e sar il primo di alcuni scritti (appe
ndici e prefazioni) dedicati alla pratica teatrale e cinematografica di questo c
ontroverso attore/autore: come gi ricordato infatti, ne L Abecedaire, Deleuze lo ci
ta come uno dei due soli autori teatrali capaci di catturare la sua attenzione e
trattenerlo per lungo tempo seduto in platea, dandogli quindi la possibilit di e
ffettuare i suoi incontri anche in teatro.
E dal canto suo, Bene riassume in una frase tratta dalla sua recente autobiograf
ia: questi grandi revisori, de-costruttori del pensiero occidentale, (Gilles D.),
quando trattano cinema, teatro o arte in genere, in realt
ed questo l importante
d
el proprio pensiero che si occupano. S interessano d altro, per fortuna. tra le pieg
he del loro proprio ripensamento che frugano. Anche se, naturalmente, la loro pr
odigiosa indisciplina assai pi rigorosa e lucida di qualsiasi materia bistrattata d
alle anche oneste esegesi dello specifico paraocchiato. E, proprio perch s intratteng
ono altrove, ci sono pi preziosi. [54]
un rapporto di interconnessione: Bene auspica un filosofo come non-critico dell ar
te ed una filosofia produttrice di concetti anche attraverso l arte, e, a sua volt
a, attraverso la decostruzione dell opera classica, egli produce una critica/creaz
ione, cos come la intende Deleuze all inizio di Sovrapposizioni, realizzando una su
Ci che conta, infatti, sono le possibilit di sperimentazione insite all interno dell
a rappresentazione stessa, l operazione di svelamento attraverso intensit e dinamic
he attraverso un movimento di variazione, di minorazione
oltre ogni mediazione,
l opportunit quindi per la rappresentazione di farsi espressione del reale.
Il processo di sperimentazione si riconferma un incrocio tra livelli e piani cos
come teorizzato da Deleuze e Guattari in Mille Piani, che non procede per gerarc
hie o giudizi ed definibile sostanzialmente come un processo di critica affermat
iva, termine con cui si potrebbe riassumere tutta la produzione artistica di Ben
e.
Uno degli elementi che consentono questo processo di creazione e di critica, e c
he stabilisce una relazione con l attore-mimo di cui Deleuze parla in Logica del s
enso, perci proprio quel movimento
di variazione, o sottrazione, o amputazione
ch
e consente una rappresentazione non imitativa, contraria ad ogni presenza, persi
stenza e visibilit d identit e ruoli fissi.[57]
Leggendo un classico, Shakespeare ad esempio, quello che si crede l autore compie u
na scelta definitiva, ma nessuno di noi autore di quel che pensa, uno pu pensare
un pensiero, ma l immediato un altra cosa Il testo non quello scritto. Io leggo l Amleto
in originale, l l autore sbaglia, perch obbligato a compiere una scelta definitiva
e questo il teatro di rappresentazione. Io guardo sempre cosa c fuori, accanto, gu
ardo tutte le occasioni mancate che l autore si inibito, di cui si privato. Ma non
per comprendere meglio il centro del testo [...] non c un centro. [58]
Ogni messa in scena di Bene non riguarda infatti una storia o un interpretazione d
i elementi predefiniti, ma si costituisce come l evento di una macchina attoriale .
Sovrapposizioni: Riccardo III di Carmelo Bene
Un manifesto di meno di Gilles Deleuze
Il teatro e la sua critica la prima di cinque sezioni in cui suddiviso questo brev
e saggio interamente dedicato alla produzione artistica di Bene. Come gi accennat
o, l operazione di critica secondo Deleuze non corrisponde ad un confronto o una r
einterpretazione sotto una diversa ottica di un testo gi dato ed inviolabile , ma co
incide invece con un processo di sperimentazione che allo stesso tempo creazione
, ed assume quindi le caratteristiche di critica affermativa.
Una delle questioni analizzate in queste pagine riguarda, infatti, la troppa imp
ortanza da sempre attribuita al testo originale, fondamento di ogni messa in sce
na, al quale ogni interprete successivo si limiterebbe ad aggiungere degli eleme
nti; cos stigmatizza la questione lo stesso Bene: Non sar mai pi concepibile una CRI
TICA che non sia al tempo stesso OPERAZIONE CRITICA, ma OPERAZIONE CRITICA TAUMA
TURGICA, cio OPERA D ARTE [...] SI RISCRIVE PERCH NON SI PU SCRIVERE. [59]
A questo proposito, Camille Dumouli sottolinea l opposizione inevitabile tra la cri
La sua nozione di perversione teatrale, di cui uno degli esempi costituito dal t
eatro elisabettiano, si collega a quella di Deleuze, che la assimila, come si vi
sto,[75] al mascheramento o contro-effettuazione dell evento: Ci che chiamiamo perve
rso, [...] quella determinazione a sbalzi, quella differenziazione che non soppr
ime mai l indifferenziato che si divide in essa, quella suspense che contraddistin
gue ogni momento della differenza. [76]
La rappresentazione-perversione teatrale cos intesa, non-luogo in cui la differen
za si manifesta, si realizza in scena grazie alla ricerca beniana dell assenza del
teatro, di una scena che rimandi e differisca continuamente l evento, (la drammatu
rgia dell assenza si realizza come tale a fronte dell irrappresentabilit dell evento) al
lo scopo di produrre la ripetizione quale differenza senza concetto .[77] Tenendo
perci come punto di riferimento le riflessioni di Deleuze, il teatro di Bene effe
ttua nella prassi, con il togliere di scena e la ripetizione, un unico gesto che
si oppone alla rappresentazione: il fine di una incessante ripetizione allora qu
ello di trattenersi fuori il pi possibile dalla tentazione e persino dalla capaci
t di rappresentare, e intanto di confinarsi (condannarsi) nel campo delle infinit
e variazioni di una incontaminata e indefinita differenza. [78]
Il processo di variazione degli elementi teatrali (sottrazione e costituzione) c
he garantisce il divenire dell opera stessa uno degli effetti di questa drammaturg
ia dell assenza, che si realizza col togliere dalla scena tutto ci che garantisce e
perpetua la rappresentazione teatrale in senso classico, il teatro-intrattenime
nto per un pubblico che ne esige conferma e rassicurazione, secondo determinati
passaggi;[79] questo teatro si sviluppa quindi come un operare (l operazione criti
ca) del non-attore il quale a questo punto definibile piuttosto come artefice.
A questo proposito, la deficienza-assenza della donna in scena appare come uno d
ei pre-requisiti necessari del teatro; la ricerca del femminile che da sempre as
sente nella donna, scatena una serie di eventi di volta in volta diversi, un vuo
to mai riempito, n dalla donna stessa, ovviamente ( fantasmatica presenza ), come si
visto in Riccardo III, n dall attore che a partire da tale assenza si confronta con
la propria mancanza, e la femminilit si conferma meta necessaria rivendicata da
Bene per l artista-artefice.[80]
Tra l altro, il blocco dell identit dell attore in un personaggio-ruolo, scongiurato da
l teatro operatore di Bene, potrebbe essere evitato sempre se l attore contemporan
eo fosse in grado di recuperare, fra le altre potenzialit della sua arte, anche l
a sua capacit di mentire, di scavalcare l attendibilit del personaggio, del testo e
della coerenza di tutta la messinscena. Non si tratta ovviamente della semplice
menzogna, quanto di recuperare quella derisione dell apparato di potere e di certezz
e che tutta la struttura teatrale rappresenta e che fa parte del teatro stesso n
el suo rappresentare, ma che in questo modo egli potrebbe far saltare , sovvertire.
[81]
Ogni messinscena di Bene che dalla negazione o sottrazione si costituisce per po
i dissolvere immediatamente le apparenze di personaggi, di ruoli, d identit, o d intr
ecci cos creati, e quindi nuovamente demoliti (derisi) mediante vari artifici sce
nici inciampi, protesi, trasformazioni
gioca appunto con quest alternarsi di prese
nza-assenza che egli rievoca dal teatro elisabettiano, in un equilibrio teso sul
limite che le separa, e sul quale si articola tutto il divenire, il costituirsi
dell opera: Nel suo non muoversi da quel limite, un movimento che si muove stando
fermo e sospende cos qualunque possibilit di rappresentare. [82]
Alleanze
In queste prime pagine si riconferma l essere minore sia della scrittura che della
prassi scenica di Bene due momenti in realt inseparabili della sua attivit artist
ica, poich non v prevalenza dell uno sull altro, e lo stesso autore rinnega sempre qual
siasi aderenza ad un testo fissato, a s stante
ed in particolare proprio di questo
addistinguono un teatro minore da uno maggiore costituito dall affermazione che L int
eressante in mezzo, ci che succede nel mezzo (au milieu). [89] La riflessione da pa
rte di Deleuze rimanda alla critica che egli, come Bene, indirizza alla Storia,
considerata quale proiezione e trasmissione di eventi selezionati in un tempo st
abilito da precise coordinate, opposta a quel divenire a cui invece entrambi si
rivolgono, che si produce senza punti di partenza o arrivo e che si trova , per l app
unto, nel mezzo.
Il filosofo francese ha fatto pi volte riferimento nei suoi scritti a questa cara
tteristica, evidente in autori quali Woolf o Beckett; il trovarsi nel mezzo , il cr
eare intersezioni senza costituire punti di partenza o arrivo si qualifica quind
i come parte di un percorso in divenire, di un evoluzione necessaria ad ogni autor
e minore.[90] Una tale condizione gli appartiene, parte integrante del suo stile
, ed indice di un intempestivit che lo colloca in un movimento che va al di l di ogn
i appartenenza ad un tempo storico, e che lo rende concatenamento collettivo d enunc
iazione, linea di fuga che intacca i sistemi maggioritari, rizoma.[91]
Il teatro di Bene partecipa senz altro di questo divenire in cui Deleuze lo colloc
a; in quanto antiumanista, antistorico e antisoggettivo, esso rifiuta e sottrae
ogni fondamento ed ogni ruolo, ogni elemento stabile e rassicurante all arte teatr
ale, (e non solo, anche alla scrittura e al cinema) che si tratti del testo, del
l autore, del regista o del linguaggio e della forma dell arte stessa, e diventa qui
ndi concatenamento collettivo d enunciazione, negazione di qualsiasi punto d origine
o d arrivo, di qualsiasi principio significante nelle sue opere.
Il suo percorso artistico lo porta, infatti, sin dall inizio a scongiurare una rap
presentazione teatrale come ri-presentazione, espressione di una realt scenica or
mai privata di qualsiasi immediatezza, e a realizzare invece un teatro dell irrapp
resentabile, testimonianza di un evento che in questa scena non si lascia chiude
re e che non ha passato, non ha testo a monte [...] Non conosce il prima e non co
nosce il dopo. prima del prima e dopo il dopo. [92]
Il teatro di Bene quindi non si prefigge di esprimere qualcosa nemmeno secondo i d
ettami del linguaggio (cos come rifiuta qualsiasi sistema di codificazione formal
e), e a questo proposito, uno degli elementi che a suo parere lo differenziano d
a Artaud, proprio la ricerca di una parola prima delle parole che si configura c
ome lacerazione ossessiva e inconsolabile rimpianto d unit originaria .[93]
Bene si colloca al di fuori di qualsiasi nostalgia e ricerca di un fondamento su
cui il teatro poggerebbe, da ogni tentativo d espressione, rifiuta il prima e il
dopo della parola esercitando sia nei testi che nella prassi teatrale una scritt
ura disarticolata, che nega se stessa, la propria necessit, il proprio senso, il
suo essere funerale dell orale [94] e quindi rappresentazione e rivisitazione della s
toria, che possibile solo attraverso il linguaggio.[95]
L atteggiamento nei confronti della storia si rivela in particolare in due delle s
ue opere, Giuseppe Desa da Copertino A boccaperta e Lorenzaccio,[96] di cui la s
econda in particolare un esempio dell essere stranieri nella propria lingua (cos dov
rebbe essere ogni scrittura minore, per Deleuze), di minorazione del linguaggio,
della storia e del tempo che in essa inscrive e seleziona solo determinati even
ti, sulla base della loro successione. Non a caso, sin dalle operazioni critiche
su Shakespeare, Bene intende mettere in crisi l idea del testo in quanto fondamen
to, ripresentazione fedele di un passato rappresentabile poich attendibile, censura
to a scapito di ogni tradizione orale, dei non-detti e delle virtualit lasciate i
nespresse dalla codificazione storica, che ogni scritto porta con s e che il suo
teatro di fatto lascia emergere.
A boccaperta una sceneggiatura cinematografica scritta nel 1970 e dedicata a San
Giuseppe da Copertino, testimonianza di un santo illetterato et idiota che prop
rio in virt della sua inconsapevolezza, devozione e irregolarit vive ai margini de
l sistema ecclesiastico ed accanto al quale il periodo storico del suo tempo, il
1600, scorre senza riuscire ad inquadrarlo.
iarisce che per questa scienza le variazioni che intaccano una lingua devono esse
re considerate come estrinseche e al di fuori del sistema, oppure come testimoni
anze di una commistione tra i due sistemi ciascuno dei quali sarebbe di per s omo
geneo. [113] D altro canto, per, Deleuze si interroga sull uso maggiore, di potere, che
sottende e marchia la lingua stessa quale suo strumento, cui contrappone la min
orazione quale variabilit continua di una lingua, il suo uso minore, o il suo teat
ro , la sua propriet creatrice per eccellenza.[114] In Mille Piani, questa propriet
anche sottrazione creatrice , un uso minore della lingua stessa al posto della nozi
one di sottosistema, o dialetto, o gergo, che agirebbe nella lingua, proposta da
i linguisti; in virt di elementi come i tensori, la lingua in quanto macchina ast
ratta traccia le proprie linee di variazione.[115]
Non quindi corretto distinguere e classificare le lingue in maggiori o minori, m
a utilizzare piuttosto questi termini solo sulla base dell uso che ne viene fatto
nel contesto del linguaggio e della facilit o meno con cui una lingua si adatta a
lla minorazione, nonch della possibilit che il processo di variazione ne rimetta i
n gioco le potenzialit creative.
La riflessione sul teatro della lingua la variabilit continua insita nella lingua
se considerata nel suo uso minore indice quindi di una potenzialit creativa, rip
orta al Deleuze in Differenza e ripetizione a proposito del pensiero di Nietzsch
e e Kierkegaard: Essi non considerano pi il teatro alla maniera hegeliana, non fan
no pi un teatro filosofico, ma inventano, per la filosofia, uno straordinario equ
ivalente di teatro .[116]
Il teatro della lingua, cos come quel teatro della filosofia indicato anche da Foucau
lt, si riallacciano all emergere della differenza, alla contro-effettuazione dell ev
ento differita in scena, all avventura del mimo com descritta il Logica del senso.