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Cesare Vasoli, nel saggio Dante Alighieri dalla citt allImpero,

evidenzia la molteplicit degli interessi culturali Sommo Poeta. Se


ne presenta una piccola parte
La dolente coscienza della crisi che travolgeva le sacre
istituzioni entro le quali si era iscritta, per tanti secoli, la vicenda
terrena e la speranza oltremondana della societ medievale; il
senso di una progressiva, inarrestabile decadenza dei princpi etici
e religiosi tradizionali; la certezza drammatica e sofferta di una
profonda trasformazione di tutti gli antichi paradigmi intellettuali,
politici e civili; e, insieme a tutto questo, la speranza, mai smentita,
di un vicino, integrale rinnovamento civile, morale e spirituale
dell'umanit sono, non a caso, i temi dominanti della pi alta
esperienza poetica di questo tempo che, proprio nei primi decenni
del Trecento, si esprime nell'universo totale della Commedia
dantesca. Uomo di cultura che partecipa profondamente al
travaglio spirituale di un'et conclusiva della lunga stagione
medievale, Dante Alighieri (1265-1321) infatti un intellettuale di
cultura chiaramente scolastica, ma estraneo alla professione del
clericus, che vive, in ogni senso, al confine tra due mondi, al
limite tra la fede e il richiamo nostalgico alla tradizione dei secoli
passati e l'attesa, ricca di spunti ed echi profetici, di una nuova et
finalmente riscattata. Nel suo pensiero, come nella sua poesia, la
forza ancora vitale del sentimento religioso e il gusto della sottile
indagine teologica s'incontrano con un nuovo interesse per il
mondo e le vicende degli uomini, e non contrastano con la
passionale partecipazione agli eventi politici di cui stato
protagonista o spettatore. La tensione verso il trascendente e
un'intima vocazione mistica non negano il culto della bellezza
letteraria e l'appassionata meditazione degli antichi. Il lungo,
intenso studio dei maggiori filosofi scolastici del Duecento non
impedisce e anzi alimenta la viva, costante curiosit per le cose, le
forme e i fenomeni naturali. N, infine, il criterio di una funzione
allegorica della poesia e, addirittura, di una sua destinazione
profetica mortifica l'intensa espressione dei pi forti, terreni
sentimenti umani. Dante che si formato in una grande citt
comunale, anzi proprio nella citt in cui stata forse pi rapida la
maturazione delle nuove lites intellettuali e politiche, ,
insomma, il cittadino orgoglioso della sua piena partecipazione alla
vita civile della sua patria, l'uomo di parte che non sconfessa mai
i propositi e gli ideali che lo guidarono nella sua breve esperienza
politica. Ma , insieme, il discepolo delle scuole de' religiosi, il
lettore di Boezio e di Bonaventura, di Avicenna e di Bernardo, di
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Averro e di Alberto Magno, di Sigieri e di Tommaso,


profondamente partecipe dell'intenso lavoro intellettuale compiuto
nel corso del secolo XII e XIII dalla cultura filosofica e scientifica
che recuperava all'Occidente il grande patrimonio del sapere
greco-arabo e cercava di conciliarlo con la continuit della
tradizione teologica ortodossa. Se, nei versi culminanti del
Paradiso, egli pu far propri i temi pi intensi della mistica
cistercense e francescana ed esaltarsi nella visione della
Cristianitas restituita alla sua antica, originaria purezza , pure, il
filosofo che modella la sua riflessione sui grandi testi di Aristotele e
che, specie nella Monarchia, non teme di evocare alcune delle tesi
pi ardite care agli artistae parigini e usare gli strumenti di
una logica cogente.
Simili considerazioni possono spiegare, almeno in parte, le
difficolt spesso incontrate dagli studiosi del suo pensiero politico
e, insieme, anche l'estrema divergenza delle interpretazioni, legate
al preciso proposito di racchiudere l'opera dantesca entro un
definito filone filosofico o di giudicarla, comunque, sul fondamento
di rigide definizioni di carattere ideologico o addirittura
confessionale. E le difficolt sono certamente accresciute dal
fatto che Dante non stato un filosofo sistematico o
professionale, ma, piuttosto, un intellettuale aperto a molte
suggestioni dottrinali e, in sostanza, estraneo ad una precisa e
definita collocazione scolastica. Come hanno mostrato gli studi pi
equilibrati e filologici (e penso, in particolare, alle pagine del
Nardi e del Gilson), il vero interesse storico del suo pensiero
consiste, piuttosto, nell'aver raccolto ed elaborato, nel corso della
sua esperienza umana e letteraria, alcune delle posizioni teoriche
pi significative che egli traeva da una larga conoscenza delle
discussioni dottrinali e della letteratura filosofica e scientifica della
seconda met del Duecento. Sicch la sua aderenza a talune
concezioni proprie di questa o quella scuola filosofica e teologica
si accompagna sempre ad una indiscutibile libert di scelta di
fronte al complesso materiale speculativo del suo tempo che gli
permette di accettare e di far proprie idee e opinioni che siamo
indotti a considerare come nettamente contrastanti e inconciliabili.
L'influenza degli scritti di Alberto Magno che forse il filosofo
maggiormente influente sulla sua formazione dottrinale
contribuisce indubbiamente ad orientarlo verso l'aristotelismo, ma
secondo quel particolare indirizzo neoplatonizzante che sempre
presente nella scuola albertista; e proprio attraverso l'influenza di
Alberto egli pu giungere a incontrarsi non solo con le grandi tesi
tomiste, ma anche con posizioni notevolmente lontane da quelle
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del Doctor Angelicus e talvolta vicine alle tesi di Averro o di


Sigieri. Tuttavia l'accettazione, in talune opere o momenti della sua
meditazione, di certi punti o elementi particolari della dottrina
averroistica o sigeriana non implica affatto che Dante non senta
anche la potente attrazione di Tommaso e di Bonaventura; cos
come la sua esaltazione di Gioacchino da Fiore o la ripresa dei
motivi tradizionali della polemica contro la mondanizzazione e la
decadenza spirituale della Chiesa e le rinnovate tendenze
ierocratiche non impedisce che si consideri un devoto figlio
della Chiesa. Si dovr anzi aggiungere che l'importanza anche
filosofica e dottrinale dell'opera dantesca consiste proprio nella sua
capacit di sollevarsi al di sopra delle distinzioni fissate da una
classificazione rigorosamente scolastica, al di l degli schieramenti
o delle dottrine legate a una parte o ad un potere politico ben
definito, per recuperare dalla cultura e dall'esperienza del suo
tempo quei motivi che possono meglio inserirsi nella misura
cosmica della sua poesia, restituire la temperie di un'et storica
aspramente travagliata, mirare a un rinnovamento civile e
spirituale davvero integrale.
In Cesare Vasoli, Dante Alighieri dalla citt allImpero:premesse di una riflessione politica,
in Storia delle idee politiche, economiche e sociali (Luigi Firpo, a cura di), Torino, UTET, 1995,
pag 549 e sgg.

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