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Ivan Lantos

La Vita Di Stalin
Il dittatore che domin per mezzo secolo la storia dell'U.R.S.S.
1985

PREFAZIONE
L'uomo al centro della storia. Questo il principio al quale mi sono
ispirato quando, alcuni anni fa, ho intrapreso la strada della divulgazione
storica attraverso le biografie.
L'uomo protagonista della storia. Lo ciascun essere umano, ma
incontrovertibile che vi sono personaggi che occupano posizioni di
privilegio, nel bene o nel male. I grandi sono veramente pochi Stalin
uno di essi.
Si pu dire con certezza scrive Isaac Deutscher, uno dei pi
autorevoli biografi del grande e discusso statista sovietico che Stalin
appartenne alla famiglia dei grandi despoti rivoluzionari la stessa di
Cromwell, Robespierre e Napoleone. Come Cromwell, Robespierre e
Napoleone egli ha cominciato come servitore di un popolo in rivolta e se
n' reso poi padrone.
Stalin perseguitato, Stalin idolatrato, Stalin odiato a morte, Stalin
efferato, Stalin marito e vedovo, Stalin padre, i volti dell'uomo sono tanti,
alcuni in piena luce, altri avvolti nell'ombra, ma tutti tali da suscitare una
grande curiosit, il desiderio di fissare tutti questi volti in altrettante
fotografie da consegnare alla storia, quindi agli altri uomini che ne sono
protagonisti.
Anche nelle pagine che seguono c' una raccolta di queste fotografie,
scattate cercando di allontanare quanto pi possibile emozioni e passioni
che un personaggio di tale portata inevitabilmente suscita Intendiamoci,
nessuna pretesa o presunzione d'impossibile obiettivit, ma senza lusinghe
e senza livori.
Il 5 marzo 1953, giorno nel quale Stalin mor, mi trovavo sul portone di
casa, nel quartiere operaio di Genova Sampierdarena. A pochi passi da
me un anziano operaio cincischiava tra le mani una copia dell'Unit
listata a lutto, piangeva e tra i singhiozzi diceva: sono rimasto orfano un
'altra volta.
Ivan Lantos

1985 - La Vita Di Stalin

Nei giorni della rivoluzione ungherese del 1956, ancora a Genova


Sampierdarena vidi un gruppo di comunisti disperati che bruciavano un
ritratto di Stalin.
Io non mi sono mai sentito n figlio, n parente di quello che
popolarmente gli italiani chiamavano Baffone? Ma non ho mai neppure
partecipato a roghi!
Ho voluto raccontare la sua vita, che poi quella di oltre mezzo secolo
della Russia, con il disincanto del cronista, ricollocando Stalin al centro
delle vicende.
I.I.

CAPITOLO I
IL FIGLIO DEL CIABATTINO
Da qualche ora aveva smesso di nevicare. Il vento gelido di nord-est
aveva spazzolato il cielo, trasformando in una crosta di ghiaccio la neve
nei campi e sulle strade. Era il primo giorno d'inverno, il 21 dicembre
1879. Il giorno pi corto dell'anno. La notte era scesa presto sulla cittadina
di Gori, in Georgia, tra le montagne del Caucaso.
Ekaterina, moglie ventenne del calzolaio Vissarion Ivanovic
Giugashvili, si era coricata non appena le prime ombre della precoce sera
invernale s'erano allungate nell'unica stanza della sua poverissima casa.
Aveva fatto appena in tempo a mettere l'unico lenzuolo della sua dote
sopra al pagliericcio del letto e, contrariamente al solito, aveva lasciato
acceso il lume. Solitamente lo spegneva prima di infilarsi sotto la spessa
trapunta; soldi in casa per l'olio non ce n'erano davvero. Ma quella era una
sera del tutto particolare. Ekaterina, forte dell'esperienza dei tre precedenti
parti, sentiva che stava per venire al mondo il quarto dei suoi figli. Sperava
soltanto che questo riuscisse a sopravvivere: i primi tre erano morti poco
dopo la nascita.
S'era spogliata tenendo indosso soltanto la sottoveste e, sotto la coperta,
rabbrividiva nell'attesa che arrivasse la babuska che l'avrebbe assistita
durante il parto. Faceva freddo, molto freddo, nella stanza. Nella piccola
stufa finiva di bruciare la poca legna che il calzolaio Vissarion Ivanovic
Giugashvili era riuscito a comperare, avendo cura di tenersi qualche
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copeco da spendere all'osteria.


Il bambino, un maschio, era venuto al mondo dopo un travaglio breve.
Nel momento in cui era uscito dal suo ventre, a Ekaterina era sembrato che
la creatura si portasse dietro anche la sua anima, s'era raccomandata alla
Madonna, ma sapeva bene che quel dolore lacerante era dovuto soltanto al
fatto che il bambino era grosso.
Lo sent vagire e, in cuor suo, ringrazi il Padreterno. Per ora era vivo.
La babuska, nel mettere il piccolo fagotto di fasce nel letto accanto a lei,
disse: Ekaterina Giugashvili, un maschio.
Era nato Josif Vissarionovic Giugashvili, destinato a essere conosciuto
in tutto il mondo come Josif Stalin.
Mentre il piccolo Josif si apprestava a fare la sua apparizione nel
consorzio umano, suo padre, Vissarion Ivanovic, se ne stava, come suo
solito, nell'osteria, consolandosi con il vino della sua miseria e del suo
fallimento.
Vissarion Ivanovic Giugashvili era figlio di contadini georgiani che, fino
ai primi decenni del 1800, erano stati servi della gleba. S'erano poi
riscattati diventando piccoli coltivatori e artigiani: i Giugashvili
esercitavano, in particolare, il mestiere di calzolai.
I servi della gleba non godevano di dignit umana; venivano comperati e
venduti come se fossero stati oggetti facenti parte del podere.
Vissarion Ivanovic era nato a Didi Lilo, un villaggio non lontano da
Tiflis, capitale del Caucaso. Per un giovanotto come lui, pieno di
ambizioni e sogni, il paese natale ricordava troppo un passato abbastanza
recente di abiezione sociale. Se, come voleva, c'era una possibilit di dare
la scalata alla condizione di borghese, questa andava cercata altrove.
Fu cos che il giovane Vissarion emigr a Gori, dove, come artigiano
indipendente, sperava di costruirsi un'esistenza all'insegna della dignit che
deriva dal benessere.
A Gori, Vissarion Ivanovic Giugashvili conobbe Ekaterina, figlia
quindicenne del servo della gleba Georgij Gheladze del villaggio di
Gambaruelli. Ekaterina, gi donna nonostante la giovane et, s'era
trasferita a Gori per fare la serva. Molte ragazze della sua condizione erano
domestiche nelle case dei russi, armeni o ebrei che costituivano la
borghesia abbiente della Georgia.
Quando e in quali circostanze si fossero conosciuti il giovane calzolaio e
la graziosa servetta non lo sappiamo, ma nel 1875 erano gi marito e
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moglie.
Andarono ad abitare in una casa da poveri, poco pi che una
catapecchia, alla periferia di Gori e l'affitto di un rublo e mezzo sembrava
loro un capitale. E, forse, non si pu dire neppure che si trattasse della
capanna per i classici due cuori. Il matrimonio tra due esseri poveri e
ignoranti si esauriva in una specie di rapporto di mutuo soccorso e il
sentimento, seppure ci fosse stato, restava comunque inespresso per la
mancanza di un linguaggio idoneo a comunicarlo, soffocato dalle mille
preoccupazioni e angosce del quotidiano. Quanto all'alcova, se cos
possiamo definire il misero pagliericcio dei coniugi Giugashvili, si
riduceva a teatro di frettolosi abbracci mortificati dalla brutalit di
Vissarion, al quale il vizio del bere eccitava i sensi quanto obnubilava la
mente, e dai pudori ancestrali e dall'inesperienza della giovanissima sposa.
Ma accadeva talvolta che Vissarion Ivanovic tornasse dall'osteria cos
ubriaco da cadere sul letto come un sacco capace soltanto di emettere sibili
e brontoli. In questi casi, Ekaterina faceva un rapido segno di croce e
ringraziava il Signore perch le venivano risparmiate le pesanti attenzioni
del suo sposo.
Il frutto degli amori tra il calzolaio Vissarion Ivanovic e sua moglie
Ekaterina, erano stati, tra il 1875 e il 1878, tre figli concepiti pi per i
capricci del caso che per una manifesta volont, venuti al mondo e morti in
un breve volgere di tempo, senza troppi rimpianti da parte dei genitori.
Bastava guardare la casa per capire che davvero una prole numerosa non
poteva essere davvero considerata una benedizione di Dio.
Isaac Deutscher, uno dei pi autorevoli biografi di Stalin, cos descrive
la casupola dove nacque il futuro zar rosso: L'abitazione era costituita
da una cucina e da una sola stanza di superficie non superiore ai cinque
metri quadrati e scarsamente illuminata dalla luce che entrava attraverso
un'unica finestrella. La porta dava direttamente su un cortile sudicio dal
quale, nei giorni di pioggia, l'acqua e il fango potevano entrare liberamente
nell'abitazione, poich il pavimento era allo stesso livello del cortile, senza
scalini interni. Il pavimento era di mattoni nudi, e tutta la mobilia di casa
consisteva in un tavolino, una sedia, un divano e un rozzo letto di legno
coperto da un pagliericcio.
La botteguccia da ciabattino di Vissarion Ivanovic non era meno
squallida: una panchetta sgangherata, un minuscolo deschetto, pochi
attrezzi ne erano l'intero arredamento. Oggi, sia la casa, sia il negozio sono
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diventati museo, forse a testimoniare con le prove materiali di una infanzia


di miseria l'autenticit delle origini proletarie dell'imperatore del
proletariato internazionale.
Pochi giorni dopo la nascita, il figlio di Ekaterina, chiamata
familiarmente Keke, e di Vissarion Ivanovic Giugashvili, detto Beso,
venne portato al fonte battesimale; il pope greco-ortodosso gli impose il
nome di Josif e poich fungeva anche da ufficiale dello stato civile, lo
iscrisse nei registri dell'anagrafe come Josif Vissarionovic Giugashvili.
Josif, che secondo l'uso georgiano di imporre a tutti un diminutivo
veniva chiamato Soso, divenne cos cittadino russo, suddito dello zar
Alessandro II, padre di tutte le Russie.
Tra le Russie che formavano lo sterminato impero zarista c'era anche
la Georgia caucasica.
Il Caucaso apparteneva alla leggenda ancor prima di entrare nella
storia scrive Boris Souvarine che di Stalin ha redatto una monumentale
biografia.
Il Caucaso la mitica Colchide dove, secondo l'antica leggenda greca,
Giasone insieme con i suoi Argonauti erano andati a cercare il vello d'oro.
Ai monti del Caucaso appartiene l'Ararat sulla vetta del quale, secondo la
tradizione biblica, si pos l'arca di No scampato al diluvio universale. E
ancora a una roccia del Caucaso, nel mito pagano, venne incatenato l'eroe
semidivino Prometeo, colpevole, per Giove, di aver insegnato agli esseri
umani la potenza del fuoco, origine dell'evoluzione degli uomini.
Geograficamente il Caucaso terra di confine tra Europa e Asia,
appartenente un po' all'uno e un po' all'altro continente, senza essere n
dell'uno n dell'altro. Terra di montagne altissime dalle vette perennemente
innevate, di strette vallate percorse da torrenti, bagnata dal mar Caspio,
ricca di una vegetazione rigogliosa, di una fauna che secoli di caccia non
sono riusciti a compromettere. Forse anche la vite ebbe origine in questo
strabiliante angolo di mondo.
Ma il Caucaso non soltanto questo. Lo storico greco Strabone
affermava che le popolazioni della regione erano settanta; Plinio,
divulgatore scientifico romano, sosteneva che vi si parlavano ben
centotrenta lingue diverse; gli arabi chiamavano questa zona Montagna
delle lingue.
Tra le innumerevoli trib caucasiche, Stalin discendeva da quella di
Carteveli (georgiani), ma certamente non poteva conservarne le
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caratteristiche di purezza originaria. La storia del Caucaso, infatti, scritta


da invasori: conquistatori feroci o pacifici, ma altrettanto inquinanti,
uomini di commerci.
Venticinque secoli fa annota Boris Souvarine la Georgia aveva
raggiunto una civilt superiore a quella della maggior parte dell'Europa.
Sulle sue coste (il Ponto Eusino) s'erano stanziati colonizzatori greci,
persiani, ebrei, romani e, successivamente, genovesi avevano navigato i
suoi mari, il mar Nero e il mar Caspio. Fu terra di conquista per
Alessandro Magno (re dei Macedoni), per Mitridate Eupatore, per le orde
devastatrici degli unni.
I monaci itineranti della Chiesa di Bisanzio vi portarono il cristianesimo
e, per altra via, giunse la religione di Maometto. Il francese Elise Reclus,
in L'Asie Russe, scrive: Vi si form un ambiente molto colto
caratterizzato da una singolare sintesi della civilt bizantina e con influssi
dell'oriente arabo e iraniano.
Se volessimo identificare uh rinascimento georgiano lo potremmo
collocare nel XII secolo, all'epoca dei regni del re David e del suo
successore, la regina Tamara. Un periodo di pace cancellato con il ferro, il
fuoco e il sangue dalle orde tatare di Genghiz khan prima e da quelle di
Tamerlano successivamente.
Per cinque secoli la Georgia fu un campo di battaglia sia per le bellicose
popolazioni locali, sia per gli eserciti turchi, terreno di caccia dal quale i
razziatori del sultano di Costantinopoli strappavano prede pregiate:
splendide ragazze e delicati fanciulli destinati all'harem. Nel 1801, i
Romanov annetterono la Georgia alla grande madre Russia
garantendone cos la sicurezza, ma pretendendone in cambio la
russificazione. Per qualche decennio piccoli, ma determinati gruppi di
partigiani combattenti tentarono di opporsi al processo di forzata
assimilazione. I russi scrive Boris Souvarine per motivi strategici
costruirono strade, facilitando cos la circolazione e gli scambi;
incoraggiarono la viticoltura, che non poteva far concorrenza alla loro, e
contribuirono al ripopolamento inviando militari, funzionari, mercanti,
turisti, esuli politici e deportati religiosi. Un secolo di pace rianim lo
sfortunato paese senza tuttavia elevarne sensibilmente il livello spirituale e
materiale n farne progredire la tecnica.
Gori, la cittadina natale di Stalin, si trova sulla riva sinistra del fiume
Kura; dista una settantina di vherste da Tiflis, capitale della Georgia e
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della Transcaucasia e, all'epoca della nascita di Josif Vissarionovic


Giugashvili contava cinquemila abitanti.
situata al centro di una pianura d'origine alluvionale con terra
fertilissima che consente di produrre vino e grano. Un anonimo viaggiatore
citato da Boris Souvarine scrive: Non c' nulla di pi pittoresco della
fortezza vecchia di dieci secoli che domina la citt dall'alto di una collina
la quale s'innalza, isolata in mezzo a una pianura circondata da alte
montagne dominate in lontananza dalla vetta nevosa del Kazbek.
Questo lo scenario della prima infanzia di Josif Vissarionovic. Per sua
madre fu quasi una sorpresa che riuscisse a sopravvivere una settimana
dopo l'altra e si convinse che fosse un miracolo la guarigione dal vaiolo
che lo aveva colpito quando aveva sette anni. Il vaiolo all'epoca era
considerato come la peste dagli esiti normalmente letali. Il piccolo Josif,
un autentico kinto (monello), rest soltanto con il viso butterato. Poco
tempo dopo si fer a una mano, la ferita si trasform in una brutta piaga e
l'infezione gli procur una setticemia. Rimase alcuni giorni in fin di vita,
ma neppure questa volta mor. Ekaterina, profondamente religiosa come
sono solite esserlo le contadine russe, si convinse ancor pi che il suo Soso
godeva di una particolare protezione divina. Quanto a Josif, divenuto
ormai Stalin e negatore dell'esistenza di qualsiasi divinit, commentava
cos l'episodio della sua infanzia: Non so che cosa mi abbia salvato allora,
la mia forte costituzione o gli impiastri del ciarlatano del villaggio. In
seguito alla malattia l'articolazione del gomito sinistro perse un po' della
sua motilit e per questo Josif venne dichiarato inabile al servizio militare
nel 1916.
Come fu l'infanzia di Stalin? La domanda legittima (ma rischia di
rimanere senza una risposta precisa) se si considerano la totale assenza di
documenti (lettere, pagelle e relazioni scolastiche, diari) e le profonde
discordanze che si riscontrano nelle testimonianze dei coevi.
C' chi sostiene la tesi di una vita all'insegna della miseria pi dura e
dell'abbrutimento. Vissarion Ivanovic, detto Beso, riusciva a racimolare a
malapena qualche rublo con il suo lavoro di ciabattino, e anche quei pochi
soldi finivano inevitabilmente in vino e vodka. Ekaterina cercava di tirare
avanti la pericolante baracca familiare spaccandosi la schiena come
lavandaia. Vissarion tornava a casa ubriaco e violento.
Svetlana Alliluieva, figlia di Stalin, nel suo libro di memorie Soltanto un
anno, scrive: Talvolta mio padre mi raccontava qualcosa della sua
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infanzia. Le risse, la grossolanit non sono un fenomeno raro in una


famiglia povera e ignorante, dove il padre beve. La madre picchiava il
bambino, il marito picchiava lei. Ma il bambino amava la madre e la
difendeva; una volta lanci un coltello contro suo padre. Costui lo insegu
gridando ed egli trov rifugio presso dei vicini.
Il biografo e contemporaneo di Stalin, Josif Iremashvili, scrive: Le
percosse terribili e non meritate resero il fanciullo duro e senza cuore come
il padre.
E c' persino chi attribuisce l'atrofia del braccio di Stalin, dovuta, come
s' detto, a una ferita infetta, alla tara ereditaria dell'alcolismo paterno.
Sul fronte delle testimonianze positive ce n' una dello stesso Stalin il
quale, nel 1931, confidava allo scrittore Emil Ludwig: I miei genitori non
avevano alcuna cultura ma fecero molto per me.
E, nel 1930, ormai settantenne, Ekaterina Giugashvili, in una delle
rarissime interviste, aveva affermato: Soso sempre stato un bravo
ragazzo. Non ho mai avuto occasione di punirlo. Soso era il mio unico
figliolo, certo mi era caro. Suo padre voleva farne un calzolaio. Io invece
non volevo che facesse il calzolaio, volevo che diventasse prete.
La verit, probabilmente, come accade il pi delle volte, da ricercarsi
nel mezzo.
I Giugashvili erano veramente molto, ma molto poveri. I sogni di
riscatto economico e sociale di Vissarion Ivanovic erano naufragati nella
misera botteguccia nella quale doveva arrangiarsi a riparare le calzature
scalcagnate di clienti poveri quanto e pi di lui. All'osteria certamente
andava, qualche bicchiere di vino o di vodka erano l'unico mezzo per
affogare i dispiaceri, per dimenticare il fallimento d'una illusione cullata a
lungo e perseguita forse con tenacia e certamente con sfortuna.
Quando il piccolo Josif ebbe quattro anni, suo padre, consapevole e
rassegnato ormai che la sua botteguccia non si sarebbe mai trasformata in
un negozio per signori e men che meno in una fabbrichetta, si decise ad
andare a cercare lavoro in citt. Divenne cos operaio nel calzaturificio
Adelchanov di Tiflis.
La non comune intelligenza di Josif registr l'avvenimento. Qualche
anno dopo, in uno dei suoi primi opuscoli politici di ispirazione marxista,
scrisse: Immaginate un calzolaio che, non potendo resistere alla
concorrenza delle grandi fabbriche, abbia dovuto chiudere il suo
negozietto e sia andato a lavorare, per esempio, dagli Adelchanov, nel
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calzaturificio di Tiflis. Egli entrato nella fabbrica non gi per fare


l'operaio tutta la vita, ma per risparmiare un po' di denaro, per mettere da
parte un piccolo capitale che gli permetta poi di riaprire un negozio di sua
propriet. Come vedete, la condizione di questo operaio gi quella di un
proletario, mentre la sua coscienza non ancora proletaria, bens in tutto e
per tutto piccolo borghese.
Mentre a Tiflis pap Giugashvili tentava la sua sfida alla sorte nella
fabbrica (la diagnosi postuma di Stalin era sostanzialmente esatta), a Gori,
mamma Ekaterina affrontava con altrettanto coraggio il destino assegnato
ai figli dei poveri. Josif aveva nove anni, et nella quale, solitamente, i
ragazzini della sua condizione andavano a imparare un mestiere da qualche
artigiano, quando sua madre decise di mandarlo invece alla scuola
ecclesiastica di Gori.
Ekaterina, povera e analfabeta (impar a leggere e scrivere soltanto da
vecchia per adeguarsi alla posizione del figlio), aveva capito che il
fallimento del marito poteva essere riscattato a una sola condizione: Josif
doveva diventare un uomo colto e, possibilmente, un prete al quale tutti si
sarebbero rivolti con deferenza e rispetto.
Josif Vissarionovic Giugashvili frequent la scuola ecclesiastica di Gori
nel quinquennio 1888-1893. Nel 1890, quando Josif aveva undici anni, suo
padre, Vissarion Ivanovic, detto Beso, mor a Tiflis, appena trentottenne e,
forse, l'alcol non fu del tutto estraneo a quel decesso prematuro. Keke
(Ekaterina) and a Tiflis a riprendersi i resti mortali del marito e diede loro
sepoltura in una fossa comune del piccolo cimitero di Gori.
La morte di Vissarion Ivanovic non cambi sostanzialmente l'esistenza
della vedova e dell'orfano. Mamma Keke guadagnava quanto serviva per
vivere lavando i panni altrui; le spese per l'istruzione di Soso erano coperte
da una borsa di studio di tre rubli al mese che veniva integrata da altri due
rubli che sua madre guadagnava facendo piccoli lavori domestici per la
scuola.
Non se la passavano poi cos male. H. Montgomery Hyde, biografo
inglese di Stalin, scrive: Si dice che Keke abbia serbato lindo e pulito il
bambino e durante il freddo inverno lo vestiva con un cappotto caldo.
Spesso gli cantava canzoni popolari georgiane, e da lei gli deriv l'amore
che pi tardi dimostr per la musica e il canto. Nonostante le difficolt, di
rado i due patirono la fame, anzi mangiavano passabilmente bene,
nutrendosi dei prodotti della cucina georgiana: carne arrostita, fave rosse,
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patate bollite, pomidoro, riso e frutta. Soso era cresciuto bene, sano e
robusto; gran nuotatore, il suo svago preferito era quello di misurarsi con
le acque fredde e le forti correnti dei fiumi di casa, il Kura e il Liakhva.
Alto non lo divenne mai, la sua statura si ferm a un metro e
sessantacinque, ma era forte e agile. Aveva grandi occhi neri nei quali
brillava una luce che, secondo il biografo Iremashvili, incuteva in chi lo
guardava paura e sfiducia.
A scuola, Soso era uno degli alunni migliori. Dotato di un'intelligenza
pronta e di una memoria prodigiosa imparava senza fatica. Ma non era
tutto: fino dai primi giorni aveva maturato la consapevolezza di essere, tra
i suoi compagni, un diverso, un diseredato. Gli altri allievi della scuola
ecclesiastica erano tutti figli di commercianti e artigiani agiati che non
perdevano occasione per far sentire a Josif che lui era soltanto il figlio
d'una misera lavandaia. Proprio in quell'oscura scuola di Gori scrive
Isaac Deutscher il futuro Stalin assapor per la prima volta le differenze e
l'odio di classe. Svilupp e accrebbe cos il patrimonio di volont,
ostinazione e ambizione che la natura gli aveva dato. L'orfano del
ciabattino super ben presto i suoi compagni sia nel profitto scolastico, sia
nei giochi di abilit e coraggio. E se il disprezzo per le sue umili
condizioni non spar, esso venne mascherato da un'insopprimibile
ammirazione: era nato un leader. Emilian Jaroslavskij, gi amico di
Stalin e storico del partito bolscevico, scrisse: Era primo negli studi e nei
giochi, era quello che dirigeva tutti gli svaghi, un buon amico e il
beniamino dei compagni di scuola. Altri per sostengono che Josif
imponeva la sua supremazia a suon di pugni, che era intollerante con chi la
pensava diversamente da lui, che si divertiva a spaventare e ad angariare i
pi deboli.
Se nel confronto con gli altri allievi della scuola Soso aveva preso
coscienza delle differenze che tra gli esseri umani crea il denaro e la
posizione sociale, nel suo quotidiano misurarsi con le materie
d'insegnamento ebbe la sensazione delle differenze etniche che
determinavano i problemi delle minoranze razziali.
I suoi genitori, Vissarion Ivanovic e Ekaterina, non conoscevano per
niente la lingua russa, in casa parlavano il georgiano e, in georgiano, Soso
aveva imparato ad esprimersi. A scuola invece la lingua ufficiale era il
russo e al georgiano erano destinate pochissime ore di lezioni settimanali.
Soso impar il russo facilmente e molto bene, ma fuori della scuola, con
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gli amici e con la madre continu a parlare georgiano; altri suoi compagni
avevano come madre lingua l'armeno o il turco: nella scuola era vietato
qualsiasi idioma che non fosse il russo. Lo scontro tra la dura opera di
russificazione messa in atto dalle pubbliche istituzioni e spirito
nazionalistico che, albergava nell'animo di ogni georgiano non potevano
non trasformarsi anche in Josif in spirito di ribellione.
Persino i ragazzi partecipavano a scioperi scolastici o ad altre
manifestazioni in difesa della madrelingua scrive Isaac Deutscher. Dopo
il 1870 i disordini furono frequenti nelle scuole della Georgia; gli
insegnanti russi venivano aggrediti e percossi mentre gli allievi
appiccavano il fuoco alle scuole. Negli anni in cui Giugashvili frequent la
scuola di Gori non avvennero incidenti del genere, ma il risentimento
doveva essere ancora molto forte.
La tradizione georgiana era ricca di storie che narravano di eroici
briganti: nobili caucasici che combattevano contro gli stranieri, mongoli,
turchi o russi; valorosi figli del popolo che animati dall'odio per i ricchi e
dalla piet per i poveri organizzavano bande per la difesa dei diritti dei pi
deboli. Nell'un caso e nell'altro i banditi avevano i loro inaccessibili
rifugi tra le montagne e scendevano sulle strade per operare le loro
scorrerie. E qualcuno di questi leggendari personaggi sopravviveva ancora
ai tempi di Josif Vissarionovic mescolandosi, nelle storie che si
raccontavano nelle osterie o nelle notti d'inverno davanti ai camini delle
case, ai mitici eroi nazionali.
C' chi sostiene che, clandestinamente, il giovanissimo Soso esercitasse
fin dagli anni della scuola ecclesiastica di Gori la sovversione
nazionalistica tra i suoi compagni. Nei verbali della scuola non c' traccia
di un comportamento del genere il quale certamente non sarebbe sfuggito
agli attentissimi insegnanti. Pare invece che Soso partecipasse con grande
fervore alle cerimonie religiose durante le quali si pregava per la salute
dello zar e della sua augusta famiglia. Se un certo fermento nazionalistico
doveva provarlo, certamente non lo manifestava in maniera palese e ancor
meno violenta.
I biografi, o meglio, gli agiografi cercarono con ogni mezzo di
accreditare l'immagine di uno Josif Vissarionovic Giugashvili che, fin
dall'adolescenza avesse in s le stigmate dello Stalin. Il gi citato Emil
Jaroslavkij, per esempio, sosteneva che a tredici anni, Soso, aveva gi letto
Darwin e Marx, aveva ripudiato la fede dei padri e s'intratteneva quanto
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pi gli era possibile non soltanto con gli studenti, ma con operai e
contadini per spiegare loro le ingiustizie di classe. lecito dubitare di
queste affermazioni, anche se, condividendo l'opinione di Isaac Deutscher,
possiamo credere che una sommaria infarinatura di darwinismo Soso
potesse essersela fatta leggendo qualche opuscolo o manuale di
divulgazione scientifica. Molto pi improbabile la sua iniziazione
precoce al marxismo, dottrina assai poco diffusa, all'epoca, non soltanto
nella capitale della Georgia, Tiflis, per non dire nella modesta cittadina di
Gori.
Alla fine dell'estate del 1894, Josif Vissarionovic Giugashvili sostenne
gli esami finali nella scuola ecclesiastica di Gori classificandosi primo
assoluto e ottenendo uno speciale attestato di merito.
Poche settimane dopo, accompagnato da mamma Keke, si recava a Tiflis
per l'esame d'ammissione al seminario teologico di Tiflis. persino
superfluo dire che super brillantemente tutte le prove.
Il sogno di Ekaterina Giugashvili sembrava realizzarsi.

CAPITOLO II
DESTINATO AL SACERDOZIO
Cos, nell'autunno del 1894, Josif Vissarionovic Giugashvili venne
iscritto nel registro degli allievi del seminario teologico di Tiflis.
Certamente nel percorrere le settanta verste che separavano la natia Gori
dalla capitale della Georgia il suo pensiero era andato all'analogo viaggio
che suo padre aveva compiuto, senza successo, alcuni anni prima, da Didi
Lilo a Gori: l'itinerario della speranza verso il riscatto sociale, rivelatosi
poi una crudele chimera. Ma lui, Josif Vissarionovic, era determinato a
riuscire dove suo padre aveva fallito. Non accadeva tutti i giorni che il
figlio di una povera lavandaia, discendente di servi della gleba, varcasse la
soglia del prestigioso seminario.
Quello che immediatamente dopo la buona riuscita degli esami
d'ammissione era sembrato un ostacolo insormontabile, il reperimento dei
fondi per pagare la retta, s'era risolto al meglio: grazie ai buoni uffici del
direttore della scuola di Gori e del prete gli venne assegnata una borsa di
studio per le tasse, l'alloggio, i libri e i vestiti.
Tiflis apparve al giovanissimo seminarista come un mondo immenso e
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straordinario: la capitale della Georgia aveva, allora, circa


centocinquantamila abitanti; oltre ai georgiani c'erano russi, armeni,
persiani, tatari, tedeschi, ebrei che creavano un ambiente vivace e
cosmopolita, un caleidoscopio di costumi, usanze e parlate. La citt era
attraversata da belle strade, il fiume era scavalcato da ponti; c'erano
giardini, teatri, alberghi. L'illuminazione elettrica dava un'impressione di
ricchezza c'erano giardini, teatri, alberge di magia. Il quartiere orientale,
alla fine del corso Rustaveli, aveva un qualcosa di misterioso con i suoi
bazar pieni di ombre e mercanzie, con le botteghe dei venditori di tappeti,
degli orefici, degli armaioli, degli artigiani del cuoio. Tiflis era anche il
principale nodo ferroviario della ferrovia transcaucasica che collegava
l'occidente all'oriente e ci incrementava traffici animatissimi.
Il seminario teologico di Tiflis aveva fama d'essere la miglior scuola
superiore della Russia europea. Era situato in piazza Pushkin sulla quale
era collocato il monumento al grande poeta. L'edificio aveva la struttura
austera e un po' lugubre della caserma e al rigore militare era ispirata la
disciplina che vigeva tra quelle mura garantita da un numeroso gruppo di
monaci intransigenti.
Quando il quindicenne Josif Vissarionovic Giugashvili sent chiudersi
alle spalle il monumentale portone di legno era gi consapevole che i
regolamenti gli imponevano una pressoch totale separazione dal mondo
esterno; non avrebbe potuto allontanarsi dal seminario n di giorno, n di
notte, salvo ottenere dal monaco addetto alla sorveglianza della sua classe
due ore di permesso ogni tanto.
Come figlio di poveri, Josif avrebbe dormito in uno sterminato
camerone con venti o trenta compagni e avrebbe avuto un vitto pi scarso
e pi scadente di quello destinato ai seminaristi figli di famiglie agiate.
La giornata incominciava alle sette del mattino con una funzione
religiosa che, in diverse occasioni, durava anche molte ore ed era seguita
in piedi dagli allievi. Alle nove, se appunto la cerimonia non si
prolungava, suonava la campana per il t del mattino. Seguivano le lezioni
di teologia scolastica e poi ancora preghiere e preghiere. Alle cinque e
mezzo del pomeriggio scattava puntualmente il coprifuoco e per
nessuna ragione gli studenti avrebbero potuto uscire dal seminario.
Leon Trotskij, coetaneo di Josif Vissarionovic, nella biografia dedicata
al compagno della rivoluzione, riferisce la testimonianza di un ex allievo
del seminario: Chiusi notte e giorno tra le muraglie d'una caserma, ci
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

sentivamo molto simili a prigionieri che dovessero scontare anni e anni di


detenzione senza essere colpevoli di alcun delitto. Eravamo tutti avviliti e
di pessimo umore. Soffocata in quelle stanze e in quei corridoi l'allegria
giovanile non poteva manifestarsi quasi mai. Se, di tanto in tanto,
l'esuberanza degli allievi tentava di erompere liberamente, i monaci e i
censori si affrettavano a imbavagliarla.
Una censura implacabile veniva esercitata sulle letture dei seminaristi ai
quali era vietato prender libri a prestito dalle biblioteche e i monaci
sorvegliavano che fosse rispettato l'elenco delle opere consentite.
Trasgressioni anche di insignificante entit, lamentele e qualsiasi altro
comportamento non in linea con i regolamenti veniva punito con la
segregazione in apposite celle.
Nel 1930, Stalin, intervistato dal giornalista Emil Ludwig, affermava a
proposito della vita di seminario e, in particolare, sulla condotta dei
monaci: Il loro sistema prediletto quello di spiare, rovistare, infiltrarsi
nell'animo della gente e offenderne i sentimenti pi segreti. Che cosa c' di
positivo in questo comportamento? Per esempio, spiare nelle stanze degli
studenti. Alle nove del mattino suona la campana per il t, scendiamo in
refettorio e quando torniamo di sopra costatiamo che i dormitori sono stati
perquisiti e tutti i cassetti messi sottosopra. Dov' mai la bont di un
sistema come questo?. Paradossalmente per il seminario di Tiflis
costituiva un autentico vivaio di intellettuali e attraverso le sue mura
impenetrabili filtravano le pi avanzate idee politiche e sociali che
finivano col fermentare nell'animo dei giovani e trasformavano la truce
scuola per preti in un attivo centro di opposizione politica.
Nel 1930, la facolt di storia dell'universit comunista della
Transcaucasia pubblic i rapporti di polizia sul seminario di Tiflis relativi
al periodo 1873-1894. Secondo tali rapporti, nel 1873, nel corso di una
perquisizione erano state rinvenute opere proibite di Darwin, Stuart
Mill, Buckle e Cerniscevskij. In un'altra occasione vennero sequestrati la
Vita di Ges di Renan e Napoleone il Piccolo di Victor Hugo. Tre docenti
che ispiravano le loro lezioni a uno spirito liberale furono espulsi,
denunciati alle autorit di polizia e condannati al termine di un processo
che vide sul banco degli imputati anche altri insegnanti ritenuti colpevoli
per non aver denunciato l'attivit sovversiva dei loro colleghi rei di
nazionalismo georgiano.
La tensione raggiunse il parossismo quando, nel giugno del 1886, Josif
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Laghijev, un seminarista espulso per comportamento antirusso, uccise il


rettore Pavel Ciudeskij. L'omicida era figlio di un prete di Gori. Il
responsabile dell'ordine pubblico di Tiflis redasse un rapporto dal quale
emergevano tutte le (giustificate) preoccupazioni del capo della
gendarmeria. Rispetto agli altri seminari russi, quello di Tiflis si trova
nelle condizioni peggiori denunciava il rapporto. Gli allievi che
s'iscrivono al seminario dimostrano sovente una mentalit antireligiosa e
sono ostili all'elemento russo. E quasi sempre impossibile emendare
codesti allievi a causa dell'estrema suscettibilit e del morboso amor
proprio degli indigeni.
Dopo l'assassinio del rettore il seminario rimase chiuso per alcuni mesi.
L'esarca della Georgia, Paolo, ventil l'ipotesi che l'omicidio di Pavel
Ciudeskij non fosse opera di un singolo, ma avrebbe potuto trattarsi di un
complotto organizzato in quella roccaforte di attivit antirusse che era il
seminario di Tiflis. L'esarca faceva riferimento all'aggressione che il
rettore aveva subito un anno prima d'essere ucciso. L'aggressore era lo
studente Silvester Gibladze destinato a diventare fondatore e capo di
un'organizzazione socialdemocratica e maestro politico di Josif
Vissarionovic Giugashvili. Tra gli studenti indicati come coinvolti nel
complotto a danno del defunto rettore c'era anche Michail Tskhakaja,
figlio di un pope, successivamente amico di Lenin, presidente della
Georgia sovietica e membro del comitato centrale bolscevico.
La repressione non scoraggi gli studenti del seminario i quali diedero
vita a una nuova serie di scioperi che culminarono nel dicembre del 1893.
I seminaristi chiesero l'allontanamento di molti insegnanti russi e
l'istituzione di una cattedra di letteratura georgiana. I tentativi dell'esarca
per indurre i giovani a desistere dal blocco delle lezioni e d'ogni altra
attivit del seminario si rivelarono vani. Dopo un'intera giornata di
trattative intervenne la polizia che chiuse il seminario congedando tutti gli
allievi. Il provvedimento venne aspramente criticato anche da coloro che
non condividevano i metodi di lotta degli studenti: anche i benpensanti
considerarono la chiusura del seminario una arrogante risposta alle istanze
della nazione georgiana.
Ottantasette allievi vennero espulsi e tra questi Lado Ketskhoveli, ex
allievo della scuola ecclesiastica di Gori, di tre anni pi anziano di Josif
Vissarionovic Giugashvili destinato a diventare una delle sue guide
politiche. Nei rapporti della polizia, firmati dal generale Jankovskij,
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1985 - La Vita Di Stalin

figurava, come ispiratore dei torbidi, Michail Tskhakaja. importante


rilevare a questo punto che il socialismo non faceva parte, in quel periodo,
del patrimonio ideologico dei turbolenti seminaristi di Tiflis i quali
s'agitavano mossi dal sentimento patriottico georgiano avvilito e offeso
dallo strapotere russo.
Quando Josif Vissarionovic Giugashvili, detto Soso, entr nel seminario
la protesta s'era sopita. Dei disordini dell'anno precedente e di quelli del
passato si parlava soltanto e sottovoce. Soso sentiva in cuor suo d'esser
solidale con quei colleghi che avevano rivendicato elementari diritti
nazionali e che, per questo, avevano pagato di persona, ma seppe
nascondere i suoi veri sentimenti. Le sue condizioni non gli permettevano
di mostrarsi meno che ossequiente a tutte le regole della casa, essere
espulso sarebbe stato come ripercorrere la strada del fallimento che gi era
stata sperimentata da suo padre e perdere il diritto alla borsa di studio
significava dover automaticamente abbandonare gli studi.
Agli occhi del rettore, il monaco russo Ermogene, e dell'ispettore, il
georgiano Abascidze (che per i russi ostentava una servile sottomissione),
il giovane Giugashvili si rivelava quello che era stato alla scuola di Gori:
un allievo modello, intelligente e volonteroso. I due responsabili del
seminario non sapevano e non si rendevano conto del fatto che Josif
Vissarionovic era un maestro della simulazione. Il gruppo clandestino del
quale faceva parte riusciva persino ad avere contatti con i giovani che
erano stati espulsi dal seminario. Nonostante la rigorosissima sorveglianza
il seme della sedizione e della rivolta si sviluppava dentro le mura della
fortezza ecclesiastica di Tiflis alimentando la trasgressione civile e quella
religiosa.
Dopo il primo anno di condotta esemplare, Josif Vissarionovic
incominci a scoprire le sue carte mettendosi in contatto con membri
dell'opposizione di Tiflis. Il 29 ottobre 1895, la rivista Iberija, diretta dal
leader liberale Ilija Ciavciavadze, pubblic una poesia che il futuro Stalin
aveva dedicato a un poeta georgiano, Eristavi. Strapper la mia veste / e
scoprir il mio petto alla luna / e con le mani tese / adorer colei che fa
piovere la sua luce sul mondo dicevano alcuni versi del componimento
che rivelava un'ancor confusa ispirazione socialdemocratica e che era
firmato Soselo (Giuseppino).
Se la firma era servita a nascondere ai capi del seminario la vera identit
del poeta, Josif Vissarionovic si fece prendere con le mani nel sacco
Ivan Lantos

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quando vi introdusse libri proibiti presi in prestito da una biblioteca


circolante. G. Glurgidze, un compagno di Josif, ricordava: Qualche volta
leggevamo anche nella cappella durante il servizio divino, nascondendo i
libri sotto i banchi. Naturalmente dovevamo stare molto attenti per non
farci sorprendere dai maestri. I libri erano gli amici inseparabili di Josif:
non li lasciava neppure durante i pasti.
Nel novembre del 1896, sui registri disciplinari del seminario apparve la
seguente nota di biasimo redatta da uno dei monaci: Risulta che
Giugashvili in possesso di una tessera della libreria economica dalla
quale prende volumi in prestito. Oggi gli ho sequestrato I lavoratori del
mare di Hugo, nel quale ho trovato la tessera in questione. Il rettore mise
il suo visto alla nota e aggiunse: Che sia chiuso nella cella di punizione
per un lungo periodo. L'ho gi ammonito una volta per un libro interdetto,
Il '93 di Hugo.
Josif Vissarionovic non nascondeva pi la natura dei suoi interessi.
Quattro mesi dopo la severa nota di biasimo della quale abbiamo appena
riferito, nel marzo del 1897, ne ebbe un'altra. Alle undici di sera era
scritto nel registro dei provvedimenti disciplinari ho sequestrato a Josif
Giugashvili L'evoluzione letteraria delle nazioni del Letourneau, libro
preso a prestito dalla biblioteca itinerante. Giugashvili stato sorpreso
mentre leggeva sui gradini della cappella. Questa la tredicesima volta che
lo studente in questione viene sorpreso a leggere libri presi in prestito dalla
biblioteca economica. Il volume stato consegnato al padre ispettore.
Chiosa del rettore: Chiuderlo nella cella di rigore per un lungo periodo
e con un ammonimento severo.
Le trasgressioni del giovane seminarista non si limitavano per soltanto
alle letture proibite: Josif Vissarionovic aveva aderito a un gruppo di
protesta clandestino che si era costituito all'interno del seminario e a
un'organizzazione segreta socialista di Tiflis, il Messame Dossi.
Messame Dossi significa letteralmente terzo gruppo e l'organizzazione
si chiamava cos per distinguerla dal Piriveli Dossi o primo gruppo una
vecchia associazione di aristocratici progressisti georgiani che si erano
battuti, a loro tempo, per l'abolizione della servit della gleba; c'era stata
anche una Meori Dossi, secondo gruppo, organizzazione di intellettuali
liberali progressisti che aveva operato negli anni intorno al 1880.
Il Messame Dossi era stato fondato nel 1893 da patrioti georgiani i quali
avvertivano accanto alle istanze di tipo nazionalistico forti motivazioni
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1985 - La Vita Di Stalin

socialiste. Tra i promotori c'erano No Jordania, Georgij Chkheidze e


Georgij Tseretelli a costoro, destinati a diventare famosi anche oltre i
confini della Georgia come esponenti del socialismo moderato, s'era
aggiunto anche Silvester Gibladze, espulso da seminario per aver aggredito
il rettore Pavel Ciudeskij poi ucciso da un altro studente.
Il Messame Dossi pubblicava anche un proprio giornale, Kvali (Il solco).
No Jordania, nel 1936, esule a Parigi, raccont quello che dovette
essere il primo incontro di Josif Vissarionovic Giugashvili con il gruppo
dei socialdemocratici. Nella redazione di Kvali si present un giovanotto
dai lunghi capelli neri e il viso segnato dal vaiolo. Era il futuro Stalin che
offriva il suo aiuto. Jordania era ben disposto ad accettare la
collaborazione del giovane, volle tuttavia accertare il suo grado di
preparazione storica, politica, economica e sociologica. Le poche e
lacunose nozioni che Josif Vissarionovic dimostr di possedere erano
frutto di una sola fonte di letture, Kvali per l'appunto. Era un po' poco per
intraprendere la rischiosa carriera di agitatore politico. Era difficile
poterlo utilizzare in quelle condizioni disse Jordania. I nostri operai
erano curiosi e avidi d'imparare. Quando si fossero resi conto
dell'impreparazione del propagandista si sarebbero rifiutati d'ascoltarlo.
Consigliai perci al giovanotto di non abbandonare il seminario e di
approfondire nel frattempo la sua preparazione.
Gli iniziatori e maestri del futuro Stalin furono Sascia Tsulukidze e Lado
Ketskhoveli. Sascia Tsulukidze aveva soltanto ventidue anni, ma gi
godeva nel movimento di un notevole prestigio. Era un letterato ed era
costretto a smorzare la sua ansia d'attivismo a causa della tubercolosi che
gli devastava i polmoni e che nel giro di qualche anno doveva ucciderlo. Si
sfogava cos scrivendo articoli e saggi sui giornali progressisti georgiani,
facendosi apprezzare per la vasta cultura e per lo stile chiaro. Lo sfortunato
Tsulukidze aveva anche redatto uno scrupoloso compendio delle opere
economiche di Marx.
Lado Ketskhoveli, uno degli ottantasette studenti espulsi nel 1894 dal
seminario di Tiflis, era un uomo pi pratico e il ruolo che si era scelto nel
movimento era quello del proselitismo. Dopo l'allontanamento dal
seminario era andato a Kiev dove aveva potuto approfondire l'esperienza
socialista grazie anche a contatti con i compagni di Pietroburgo e con i
leader esiliati in Inghilterra, in Francia e in Svizzera. Era tornato a Tiflis
pi consapevole e maturo deciso a rimuovere le remore provinciali che
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

frenavano l'azione dei compagni suoi concittadini. Fu lui che intu


l'importanza di dar vita a una stampa clandestina. La stampa locale di
ispirazione semisocialista e semiliberale non poteva essere di alcuna
utilit scrive a questo proposito Isaac Deutscher i redattori di questi
giornali, infatti, dovevano continuamente guardarsi alle spalle, pesare
attentamente ogni parola che scrivevano, sottoporre ogni articolo alla
censura zarista. Una propaganda di tal genere, timida e flebile, non poteva
convincere nessuno, non poteva condurre a nulla. Era necessario che essi, i
rivoluzionari della nuova generazione, si svincolassero dalla schiavit
della censura: occorreva, cio, una stampa clandestina. E appunto verso
questi problemi pratici Ketskhoveli indirizz la mente di Giugashvili,
quando questi divenne membro del Messame Dassi.
Dopo un breve quanto intenso periodo di istruzione teorica, Sascia
Tsulukidze e Lado Ketskhoveli spedirono in campo Josif Vissarionovic
affidandogli la direzione di alcuni circoli di studio per operai.
Gli toccava tenere lezioni di socialismo a piccoli gruppi di muratori,
calzolai, tessitori, tipografi, addetti alla lavorazione del tabacco,
conducenti di tram a cavalli ricorda Isaac Deutscher. L'organizzazione si
serviva di studenti come lui per diffondere le teorie socialiste tra il
proletariato che, a causa dell'analfabetismo, non poteva leggere gli
opuscoli e i libri. Le lezioni erano clandestine e venivano tenute nei
miserabili alloggi degli stessi operai, in piccole stanze sovraffollate, piene
di tanfo, annebbiate dal fumo denso del tabacco dei poveri, la micidiale
makorka, con i nervi tesi per il timore che il compagno lasciato fuori della
porta a fare da palo annunciasse l'arrivo della polizia zarista. Non si
trattava certamente dell'azione rivoluzionaria alla quale legittimamente con
l'intemperanza caratteristica dell'et avrebbe potuto aspirare un giovane,
tuttavia Josif Vissarionovic Giugashvili si sentiva sufficientemente
gratificato dal suo compito che lo collocava in una posizione di prestigio.
Estremamente problematici si presentavano alla sua coscienza i rapporti
con i superiori del seminario. Non si preoccupava certo di dover assumere
un atteggiamento ipocrita e accondiscendente che considerava una giusta
risposta al regime di spionaggio e di delazione instaurato dai monaci.
Lo angosciava semmai il timore di essere scoperto ed espulso: un lusso
questo che non si poteva permettere. La permanenza in seminario gli
consentiva infatti di avere, oltre all'istruzione, vitto, alloggio, abiti. Se ne
fosse stato allontanato sarebbe stato costretto a trovarsi un lavoro e non
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1985 - La Vita Di Stalin

avrebbe potuto aspirare ad altro che a un posto da operaio o da


modestissimo impiegato, in alternativa avrebbe potuto farsi mantenere
dalla madre. Ma nessuna di queste soluzioni lo attraeva; quanto
all'organizzazione essa era troppo povera per mantenerlo.
Egli era figlio di gente appena uscita dalla servit della gleba scrive
Isaac Deutscher e, bench ora lavorasse per trasformare la vita di tutto un
popolo, aveva pur sempre ereditato, almeno in parte, quell'immobilit e
quell'inerzia proprie dei contadini, nate nel timore di qualsiasi mutamento.
Era vero che per rimanere nel seminario era necessario sorvegliarsi e
dissimulare costantemente; ma, fin da fanciullo, egli si era esercitato in
queste arti, che ormai erano per lui una seconda natura.
La situazione per s'andava facendo sempre pi difficile da sostenere.
Spesso le due nature di Josif Vissarionovic, quella portata palesemente alla
ribellione e quella ipocrita, entravano in conflitto e, sovente, aveva la
meglio la prima. Una delle ultime annotazioni del registro di disciplina del
seminario che lo riguarda porta la data del 16 dicembre 1898 e dice: Nel
corso di una perquisizione degli studenti della quarta classe, condotta dai
membri della commissione di supervigilanza, Josif Giugashvili cerc
parecchie volte di attaccare una discussione con loro protestando per le
ripetute perquisizioni degli studenti e dichiarando che tali perquisizioni
non erano mai effettuate negli altri seminari. Giugashvili solitamente
poco rispettoso e villano con le persone che godono d'autorit e
sistematicamente si rifiuta di fare l'inchino a uno dei professori come ha
pi volte riferito il docente alla commissione di supervigilanza.
Il 29 maggio 1899, Josif Vissarionovic Giugashvili usc per sempre dal
seminario di Tiflis. Perch? Ufficialmente scrive Emilian Jaroslavskij
il compagno Stalin fu espulso dal seminario in quanto non aveva pagato
la retta e aveva disertato gli esami per motivi non chiari.
Diversa la versione dell'altro biografo di Stalin, Josif Iremashvili, il
quale sostiene che Josif Vissarionovic decise di lasciare il seminario un
anno prima del termine degli studi perch s'era disgustato.
Colui che era stato il pi brillante dei seminaristi era diventato il
peggiore: studiava sempre meno, il minimo indispensabile per passare da
una classe a quella superiore e i suoi voti diventavano sempre pi scadenti;
rispondeva con strafottenza e disprezzo alle rimostranze dei monaci.
Insomma non ne poteva pi.
Ma anche mamma Keke volle dire la sua. Fui io a portarlo a casa per
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1985 - La Vita Di Stalin

motivi di salute dice Ekaterina Giugashvili. Quando era entrato in


seminario era robustissimo. Ma il troppo lavoro fino a diciannove anni lo
indebol e c'era il pericolo che potesse ammalarsi di tubercolosi. Perci lo
portai via dalla scuola. Lui non voleva andarsene, ma io lo portai via. Era
il mio unico figlio. Quanto alla versione di Stalin, egli la forn qualche
anno dopo, quando rispondendo a un questionario del partito comunista,
scrisse: Espulso da un seminario teologico per aver svolto propaganda
marxista.
Quale che sia la verit, non si pu ignorare quanto scrive Josif
Iremashvili: Usc dal seminario portando in s un odio feroce contro
l'amministrazione religiosa, contro la borghesia e contro tutto ci che nel
paese rappresentava lo zarismo.

CAPITOLO III
ESORDIO RIVOLUZIONARIO
Sono diventato marxista grazie, per cos dire, alla mia condizione
sociale. Mio padre era infatti operaio in un calzaturificio e operaia era mia
madre. Ma anche perch sentivo le prime avvisaglie minacciose della
rivolta nell'ambiente che mi circondava, al livello sociale dei miei genitori,
infine a causa dell'intolleranza rigorosa e della disciplina gesuitica che
imperversavano nel seminario ortodosso in cui trascorsi alcuni anni.
Cos, alcuni lustri pi tardi, Stalin giustific la sua metamorfosi da prete
mancato a socialista militante.
Io sono stato e sono ancora un discepolo degli operai pionieri delle
officine ferroviarie di Tiflis diceva ancora. Ricordo l'anno 1898, quando,
per la prima volta, i lavoratori delle officine ferroviarie mi affidarono la
direzione di un circolo. Mi ricordo bene come, nelle stanze del compagno
Sturua, alla presenza di Gibladze, che fu allora uno dei miei maestri, di
Ninua e di altri operai progressisti di Tiflis, imparai il lavoro pratico.
Una piccola andata della rivoluzione industriale aveva investito anche
Tiflis. Vladimir Ilic Uljanov, l'allora poco conosciuto Lenin, non ancora
trentenne, aveva cos descritto le condizioni socio-economiche della
regione caucasica: Il paese, scarsamente popolato negli anni posteriori
alla riforma, abitato da montanari, ignari degli sviluppi dell'economia
mondiale, ignari perfino della storia, andava trasformandosi in un paese di
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1985 - La Vita Di Stalin

petrolieri, di mercanti di vino, di industriali del tabacco e del grano.


Consistenti apporti di capitale francese e inglese contribuirono allo
sviluppo dell'industria petrolifera a Batum e Baku e la scoperta, a Ciaturi,
di imponenti giacimenti di manganese fece nascere e prosperare l'industria
mineraria. Nel 1886-87 il valore complessivo della produzione industriale
di due regioni georgiane, quelle di Tiflis e di Kutaisi, ammontava appena a
dieci milioni di rubli scrive Isaac Deutscher. In capo a quattro anni
questo valore fu pi che triplicato. Nel 1891-92 raggiungeva trentadue
milioni di rubli. Nello stesso periodo il numero dei lavoratori industriali
passava da dodicimila a ventitremila, senza contare i ferrovieri. Tiflis era il
principale nodo ferroviario sulla linea che congiungeva la costa del Caspio
col mar Nero, Baku con Batum. Le officine ferroviarie divennero la
principale industria della stessa Tiflis, nonch il ganglio pi importante del
movimento operaio del Caucaso che cominciava a formarsi
clandestinamente.
In quelle officine Josif Vissarionovic Giugashvili conobbe il fabbro
Sergei Alliluiev e il tornitore Michail Kalinin destinati a lasciare ricordo di
s nella storia del movimento rivoluzionario. Qualche anno prima avrebbe
potuto incontrarvi il manovale Aleksei Peskov entrato nella storia della
letteratura mondiale con il nome di Maksim Gorkij.
Il movimento dei lavoratori stava acquistando in tutta la Russia una
fisionomia ben definita: i circoli operai d'avanguardia clandestini, i kruziki,
si davano un'organizzazione e una direzione politico-strategica. A Minsk
ebbe luogo una riunione ristretta di nove delegati che si defin
audacemente: Congresso del partito socialdemocratico operaio russo
scrive Boris Souvarine. In una provincia dell'Ucraina, vicino a Nikolaev,
un adolescente dell'et di Soso aveva gi subito un arresto e, trasferito di
carcere in carcere, era in attesa della deportazione in Siberia: si trattava del
futuro Trotskij. Nella Siberia orientale, un deportato di ventinove anni
stava lavorando a un'opera documentata sullo sviluppo del capitalismo in
Russia, scriveva un saggio sul "romanticismo economico" di Sismondi,
traduceva la Storia del tradunionismo di Sydney e Beatrice Webb: si
trattava del futuro Lenin.
Quanto al futuro Stalin, studente espulso dal seminario teologico di
Tiflis, trascorse i primi sei mesi, dopo l'allontanamento dalla scuola, a casa
della madre, a Gori. Ma non poteva rimanerci a lungo: Ekaterina non era
in grado di mantenerlo nell'ozio e, a Tiflis, si reclamava la sua presenza
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

nell'organizzazione.
Torn a Tiflis con l'assillo di trovare un posto di lavoro che gli
consentisse di percepire uno stipendio seppure modesto. Non era
un'impresa facile, anche perch Josif Vissarionovic non aveva alcuna
intenzione di rassegnarsi a fare l'operaio.
Grazie all'aiuto dei compagni trov ospitalit in casa d'un ferroviere
membro dell'organizzazione e la maniera di guadagnare qualche rublo
impartendo lezioni private a figli di borghesi agiati. Tra i suoi allievi ci fu
certamente Semion Ter Petrosian, armeno originario di Gori, al quale non
fece soltanto ripetizione delle materie scolastiche. Lo inizi anche alla
dottrina marxista e con successo: Semion Ter Petrosian, qualche anno
dopo, divenne uno dei pi audaci rivoluzionari terroristi della Georgia con
il nome di battaglia di Kamo.
Alla fine del 1899, presso l'Osservatorio geofisico di Tiflis si rese
vacante un modesto posto d'impiegato. Josif Vissarionovic Giugashvili, su
segnalazione e consiglio di Lado Ketskhoveli il fratello minore del quale,
Vano, lavorava gi all'osservatorio, present domanda d'assunzione. La
domanda venne accolta. L'impiego, s' detto, era di poco conto e lo
stipendio irrisorio, ma il posto offriva alcuni vantaggi non irrilevanti: il
lavoro non era impegnativo, Josif aveva una stanza tutta per s' e la
sorveglianza in pratica non esisteva. Dopo l'atmosfera da convento e da
penitenziario della scuola teologica, Josif Vissarionovic poteva finalmente
assaporare il piacere dell'indipendenza e dell'isolamento; nella sua stanza
poteva tenere qualche riunione e, come afferma Isaac Deutscher, sperare
che lo schermo rispettabile dell'osservatorio l'avrebbe protetto, almeno per
un po' di tempo, dagli occhi della polizia, la famigerata Okrana.
La polizia segreta esisteva, in Russia, fino dai tempi di Ivan il Terribile,
nel XVI secolo, ma soltanto nel 1881, dopo l'assassinio dello zar
Alessandro II, ucciso da terroristi politici, venne istituito il servizio di
sicurezza che prese il nome di Okrana, sinonimo di oscure delazioni, di
interrogatori e sevizie, di repressione spietata, di esecuzioni sommarie e di
deportazioni.
L'Okrana agiva alle dirette dipendenze del ministero degli interni di
Mosca e all'organizzazione poliziesca facevano capo tutti i servizi di
informazione, spionaggio e controspionaggio su tutto il territorio
dell'impero zarista che comprendeva, allora, anche la Finlandia e la
Polonia.
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1985 - La Vita Di Stalin

A Parigi era stato istituito un ufficio estero dell'Okrana che aveva


giurisdizione sui paesi dell'Europa occidentale, del Medioriente,
dell'America del Nord e su ogni angolo di mondo dove ci fosse il sospetto
di attivit clandestine antizariste.
Al servizio dell'Okrana erano assoldate spie, agenti provocatori e
doppiogiochisti. Non c'era organizzazione clandestina che non fosse stata
infiltrata da agenti dell'Okrana e, spesso, dietro un acceso rivoluzionario, si
nascondeva una spia della polizia segreta. Il pi famoso doppiogiochista
scrive H. Montgomery Hyde fu Jevno Azev, un venditore di burro che,
dopo un periodo di latitanza, entr nell'Okrana e organizz un certo
numero di attentati terroristici importanti, compreso l'assassinio dell'odiato
ministro degli interni Plehve, mentre nello stesso tempo forniva alla
polizia segreta molte informazioni sui suoi compagni rivoluzionari.
L'Okrana talvolta faceva a bella posta ad arrestare un suo agente e lo
metteva in carcere o lo esiliava in Siberia per stornare i possibili sospetti
da parte dei rivoluzionari nei confronti dei quali l'agente aveva compiuto le
delazioni.
Alcuni biografi, tra i quali Isaac Don Levine, Alexander Orlov e Edward
Ellis Smith, hanno avanzato l'ipotesi che, fino alla rivoluzione, Josif
Vissarionovic avesse collaborato con l'Okrana. Edward Ellis Smith, nel
suo Stalin giovane, deduce l'attivit d'infiltrato di Josif Gingashvili
dall'esame di una serie di documenti, dalla valutazione delle date dei suoi
spostamenti, da considerazioni sulla facilit con la quale il giovane
rivoluzionario, ufficialmente braccato dalla polizia, riusc a sfuggire
diverse volte alla cattura o a evadere.
Negli anni '40 cominci a circolare una lettera che venne riprodotta, nel
1956, sulla rivista americana Life a cura di Isaac Don Levine la quale
dimostrerebbe in maniera ine quivocabile il tradimento di Josif
Vissarionovic Giugashvili. Sarebbe stata scritta, nel 1913, dal colonnello
dell'Okrana di Tiflis, Aleksandr Mikhailovic Eremin, a un suo collega.
Eccone il testo: Caro Aleksei Fedorovic, Josif Vissarionovic GiugashviliStalin, che stato esiliato d'autorit nella regione di Turuchansk, dopo il
suo arresto nel 1906, forn importanti informazioni delatorie al capo della
gendarmeria di Tiflis. Nel 1908 il capo dell'Okrana di Baku ebbe da Stalin
una serie di rapporti spionistici e in seguito, dopo il suo arrivo a
Pietroburgo, Stalin divent un agente dell'Okrana di quella citt. Il lavoro
di Stalin era notevole per l'accuratezza, ma frammentario. Dopo la sua
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elezione nel comitato centrale del partito a Praga, e il suo ritorno a


Pietroburgo, si pose in aperta opposizione al governo e si stacc
definitivamente dall'Okrana. Vi informo, caro signore, perch vi sappiate
regolare nel vostro lavoro. Con la mia massima stima, Eremin.
Diversi storici e tra questi alcuni certamente non sospetti di simpatia o di
facile condiscendenza verso Stalin e il bolscevismo, negano l'autenticit
del documento. Edward Ellis Smith, per esempio, sostiene che esso
contiene strani errori; uno di essi riguarda il destinatario, cio il capitano
Zelezniakov il quale si chiamava Vladimir Fedorovic e non Aleksandr.
dubbio il riferimento all'arresto del 1906, cos come appare strano quello
allo pseudonimo Stalin che non figura in nessun rapporto di polizia
dell'epoca.
Tuttavia, sempre sul numero del 23 aprile 1956 della rivista Life, c' la
testimonianza di Aleksandr Orlov, ex ufficiale della polizia segreta
bolscevica, il quale riferisce della sensazionale scoperta fatta frugando tra i
documenti della polizia segreta zarista. C'erano rapporti e lettere scritte a
mano dice Orlov la calligrafia era quella ben nota del dittatore,
indirizzate al capo della polizia segreta Vissarionov. La pratica cio
riguardava non uno Stalin rivoluzionario bens uno Stalin agente
provocatore che aveva lavorato assiduamente per la polizia segreta degli
zar. Bench fosse evidente che i documenti erano autentici, furono fatti
tutti gli esami e le analisi per accertare la qualit e l'invecchiamento della
carta e l'autenticit della scrittura.
Non rimase nemmeno la pi pallida ombra di dubbio: Josif Stalin era
stato per molto tempo una spia zarista e lo era ancora nel 1913. Il fascicolo
non conteneva soltanto i rapporti delatori di Stalin, ma rivela anche che
egli si era intensamente prodigato per far carriera nelle file dell'Okrana.
Per quanto riguarda un giudizio obiettivo su questo aspetto oscuro e
inquietante della vita di Stalin, opportuno sottolineare che gli elementi
dei quali si dispone sono indizi e non prove. Ai posteri dunque il beneficio
del dubbio.
Durante i primi mesi trascorsi nell'osservatorio, Josif Vissarionovic
lavor intensamente, insieme con alcuni compagni, per preparare la prima
grande dimostrazione del 1 maggio nel Caucaso. Scopo della
manifestazione era provare la solidariet verso i lavoratori del resto
d'Europa e misurarsi con le forze dell'ordine. Si tratt, tuttavia, di una
prova poco riuscita: vi parteciparono circa cinquecento operai i quali si
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radunarono insieme con i capi del movimento sulle rive del lago Salato,
alla periferia di Tiflis, cio in una localit di scarso interesse per la polizia.
C'era anche la coreografia (poi divenuta consueta) delle bandiere rosse e
dei grandi cartelli portati a mano sui quali campeggiavano i ritratti (in
quell'occasione eseguiti a mano in maniera naive) di Marx e Engels.
Quella modesta riunione commenta Isaac Deutscher assomigli
piuttosto a una processione religiosa, in cui il posto delle icone ortodosse
fosse stato preso dalle effigi dei padri del comunismo.
Ma qual era la condizione del movimento marxista in Russia in
quell'anno di inizio secolo?
Il socialismo marxista era, per la Russia, una scoperta abbastanza
recente. Quasi fino al 1890 le idee di giustizia ed equit sociale erano state
propagandate dai populisti, i narodniki, i quali perseguivano una specie di
socialismo agrario piuttosto primitivo. La grande aspirazione dei narodniki
era di evitare le calamit dell'industrialismo affaristico moderno
proponendo, in alternativa, un socialismo fondato sul mir o sull'obshcina,
cio sulla primitiva comunit rurale sopravvissuta nelle campagne. I
narodniki perseguivano l'ideale di un socialismo slavo e agricolo, in aperto
dissenso da quello internazionalista e industriale dei rivoluzionari
dell'Europa occidentale.
Nel 1879, proprio nell'anno di nascita di Josif Vissarionovic Giugashvili,
durante un congresso segreto dei narodniki, si produsse nelle file del
movimento (la riunione si tenne a Voronez) una insanabile scissione. Da
una parte si schierarono gli ortodossi, fedeli alle idee originali dei
narodniki, dall'altra coloro che si riconoscevano nel socialismo industriale
di tipo occidentale; costoro erano guidati da Georgij Plekhanov,
intelligente divulgatore della filosofia e della sociologia marxiste, maestro
di Lenin e di tutta una generazione di rivoluzionari russi.
Plekhanov aveva intuito, forse con troppo anticipo per trovare largo
credito, che l'industrialismo capitalista stava per sostituire, in Russia, la
struttura patriarcale-feudale e questa metamorfosi avrebbe finito col
cancellare quelle primitive comunit rurali (il mir e l'obshcina) sulle quali i
narodniki fondavano le loro speranze di riscossa.
Ma la polemica tra narodniki e marxisti non si esauriva nella divergenza
di valutazione politica, investiva e in modo pesantissimo anche i metodi di
lotta: i primi, vista l'impossibilit di dar vita a un'insurrezione contadina,
avevano optato per il terrorismo individuale (l'assassinio dello zar
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Alessandro II, nel 1881, avrebbe dovuto esserne il momento culminante). I


marxisti rifiutavano invece i metodi terroristici: secondo loro bisognava
attendere ed educare le masse a diventare proletariato attivo, aspettare che
lo sviluppo industriale producesse un grande esercito di operai in grado di
rovesciare il sistema. Frattanto dice Isaac Deutscher essi potevano
soltanto far propaganda, arruolare i proseliti del socialismo e organizzare
gruppi sparsi di persone unite dalla medesima fede.
Georgij Plekhanov aveva visto giusto. Nel 1894 (anno dell'ingresso di
Josif Vissarionovic Giugashvili nel seminario teologico di Tiflis), il
giovane Lenin sferr un duro attacco contro i narodniki, Chi sono gli
amici del popolo?. Per i seguaci del vecchio e superato movimento
populista era l'inizio della fine.
Ma i dissidi non mancavano neppure in campo marxista ed erano
destinati a produrre lacerazioni profonde. Da una parte si erano schierati i
cosiddetti marxisti legali, coloro cio, in gran parte sociologi ed
economisti, i quali si fermavano a una teorizzazione del marxismo, si
preoccupavano di non urtare eccessivamente la suscettibilit delle autorit,
cercavano di non attirare su di s l'attenzione della censura. Tra costoro
figuravano: Petr Struve, M.T. Tugan-Baranovskij e S. Bulgakov (omonimo
dell'autore di Il maestro e Margherita). Sull'altro fronte si ritrovavano i
giovani decisi a preparare concretamente il terreno alla rivoluzione, essi
agivano e rischiavano in una continua sfida alle autorit. Si ispiravano alle
idee di lotta di Herzen, Bakunin, Tkacev e di Lavrov.
Nel 1898, a Minsk, la polizia fece irruzione nei locali dove s'erano
riuniti i delegati. Georgij Plekhanov dovette andare in esilio, Lenin fu
condannato alla deportazione. Per tre anni attese, in un villaggio sperduto
della Siberia nord-orientale, nella provincia dello Jenissei, a cinquecento
chilometri dalla stazione ferroviaria pi vicina, che la condanna avesse
termine. Le opere scritte durante la deportazione lo avevano reso famoso
non soltanto in Russia, ma in tutto il mondo, tuttavia, come sottolinea
Isaac Deutscher, l'esule non era soddisfatto del successo letterario: lo
divorava l'ansia di fare qualcosa per costruire un vero partito socialista.
Nel 1900, liberato, Lenin si ricongiunse con i compagni esuli, a Monaco
di Baviera, insieme con Plekhanov, Akselrod e Vera Zazulic fond l'Iskra
(La scintilla), giornale del partito socialdemocratico operaio. La
redazione ricorda Boris Souvarine nell'affermare la continuit della
tradizione rivoluzionaria russa, poneva come epigrafe le parole che i
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martiri decabristi (autori di un fallito tentativo rivoluzionario nel dicembre


del 1825) indirizzarono a Puskin: Dalla scintilla divamper la fiamma.
Il primo numero di Iskra fu pubblicato a Stoccarda, la dichiarazione
introduttiva e l'articolo d'apertura erano di Lenin.
In breve tempo il modesto giornale dei rivoluzionari esuli divenne il
punto di riferimento dei socialisti russi. Per vie misteriose esso giungeva
anche a Tiflis e l'arrivo di un nuovo numero rappresentava un
avvenimento solenne. Tra i lettori pi avidi c'era Josif Vissarionovic
Giugashvili. Iskra era la fonte che alimentava il pensiero e forniva solidi
argomenti per il dibattito con i compagni e gli avversari.
Nel corso della manifestazione del 1 maggio 1900, Josif Vissarionovic
pronunzi il suo primo discorso pubblico; altri oratori si avvicendarono su
un piccolo palco improvvisato. Poi, al canto di inni socialisti, la riunione
ebbe termine. I partecipanti si allontanarono alla chetichella.
La majevka (cos si chiamava in russo quel genere di manifestazione)
non ebbe conseguenze clamorose, n gli organizzatori, Giugashvili, Vano
Sturua, Sergei Alliluiev e Mikho Bocioridze, se ne aspettavano. Accadde
tuttavia che qualche operaio fosse licenziato per aver preso parte alla
majevka. La risposta dei socialdemocratici non si fece attendere: un'ondata
di scioperi blocc l'apparato produttivo di Tiflis. Nel movimento c'era
anche chi era contrario, il Messame Dossi era diviso: No Jordania guidava
l'ala moderata che contestava diverse richieste dei lavoratori in lotta e
particolarmente quella relativa all'abolizione del lavoro straordinario che,
secondo i pi oltranzisti danneggiava la salute degli operai, incrementava
la disoccupazione e contribuiva ad abbassare il livello dei salari di base.
Lo sciopero pi imponente fu quello dell'agosto 1900: quattromila
operai incrociarono le braccia nelle officine ferroviarie; erano guidati da
Michail Kalinin, divenuto, successivamente, presidente del Presidium
sovietico. Per dare un sostegno ideologico alle lotte dei lavoratori era
giunto a Tiflis Victor Kurnatovskij, ingegnere chimico, gi esponente del
movimento dei narodnik, convertitosi poi al marxismo leninista. Di Lenin,
con il quale aveva condiviso un lungo periodo d'esilio, era grande amico e,
nella capitale georgiana; era stato mandato da Lenin stesso come suo
rappresentante personale.
L'arrivo di Kurnatovskij scrive Isaac Deutscher impresse un
improvviso impulso al socialismo di Tiflis. Amico e ammiratore di Lenin
deve certamente aver parlato ai compagni georgiani del condottiero
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lontano, delle sue idee e dei suoi progetti. L'emissario di Lenin, del resto,
viene rappresentato da tutte le fonti come una personalit ricca di
ascendente. Pi tardi divenne un eroe leggendario della rivoluzione del
1905. Giugashvili ne fu profondamente impressionato, ma per
Kurnatovskij egli rimase soltanto un fidato componente del gruppo di
dirigenti locali e niente altro: non risulta, infatti, che vi siano stati legami
pi stretti fra i due uomini.
Tutti gli sforzi dei socialisti di Tiflis erano concentrati per un unico
scopo: organizzare un 1 maggio 1901 che restasse memorabile nella storia
del movimento operaio. Ovviamente la polizia ne era al corrente, vigilava
e prendeva provvedimenti. Josif Vissarionovic Giugashvili era nel centro
del mirino dell'Okrana. Il compagno Georgi Ninua gli trov un
nascondiglio abbastanza sicuro in una casa della citt, altri gli davano da
mangiare, le sue assenze dall'osservatorio incominciarono a farsi pi
frequenti. Appariva alle riunioni all'improvviso e nessuno sapeva da dove
venisse, era sempre accompagnato da due o tre compagni, uno dei quali
aveva il compito di far da sentinella vicino alla porta del locale. Parlava
brevemente e quando aveva terminato spariva velocemente.
Il 1 maggio s'avvicinava. Era stato diffuso un volantino che suonava
come una sfida violenta e sfrontata alle autorit. I lavoratori di tutta la
Russia era scritto hanno deciso di celebrare il primo maggio
apertamente, nelle strade principali di Tiflis. Essi dicono fieramente alle
autorit che le fruste e le sciabole dei cosacchi, la tortura della polizia e
della gendarmeria non bastano a incutere in loro il terrore.
Per l'Okrana era davvero troppo. Nella notte tra il 21 e il 22 marzo ci fu
una vasta operazione di rastrellamento: tutti gli edifici di Tiflis nei quali si
sospettava fosse rifugiato un sovversivo vennero accuratamente perquisiti.
Le autorit irritate e, forse, spaventate; avevano deciso di decapitare il
movimento rivoluzionario. Vennero messe ai ferri cinquanta persone tra le
quali No Jordania, Silvester Gibladze e lo stesso Victor Kurnatovskij.
Josif Vissarionovic Giugashvili invece sfugg alla cattura. Eppure
l'osservatorio era stato messo sottospra dagli zelanti e infallibili segugi
dell'Okrana. Trovarono infatti Vaso Berdzenishvili, collega di Josif.
Perquisirono accuratamente la sua stanza e vi sequestrarono una notevole
quantit di opuscoli d'ispirazione marxista. Si fecero poi mostrare la
camera di Josif Vissarionovic, nella quale, nonostante avessero perfino
sventrato i materassi, secondo la testimonianza dello stesso Berdzenishvili,
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non trovarono nulla. Stranamente Vaso Berdzenishvili non venne arrestato.


Rimase nell'osservatorio messo a soqquadro ad aspettare il ritorno di Josif
Vissarionovic.
Questi era rientrato appena gli uomini della polizia erano andati via. Al
collega aveva detto che avvicinatosi una prima volta s'era reso conto della
presenza dei poliziotti e quindi s'era allontanato girovagando per le vie
della citt finch non era tornata la calma e non s'era liberata la via per
rientrare nell'osservatorio. Secondo i biografi J. Fishman e J. Bernard
Hutton, i fatti si svolsero un po' diversamente. Durante la perquisizione,
Josif Vissarionovic Giugashvili sfugg alla cattura non perch era fuori
casa, ma perch era riuscito a eludere le ricerche dei gendarmi che
frugavano l'edificio. Passando attraverso un lucernario, era sgusciato sul
tetto e v'era rimasto acquattato finch la polizia non se n'era andata.
Non c' dato sapere quale sia la versione pi attendibile sull'accaduto,
una cosa tuttavia certa: l'essere scampato all'arresto era una gran fortuna,
ma la sicurezza di Josif per il futuro era irrimediabilmente compromessa. Il
comando locale dell'Okrana aveva diramato un ordine di servizio nel quale
era scritto tra l'altro di ricercare e arrestare il detto Josif Giugashvili.
Il terreno dunque scottava, restare nell'osservatorio significava mettersi
in trappola con le proprie mani, ma non era ancora il momento di
abbandonare Tiflis. La sfida del 1 maggio era un appuntamento al quale
Josif non poteva mancare. Sarebbe rimasto ancora in citt, si sarebbe
mimetizzato e avrebbe cessato di esistere legalmente.
Per prima cosa aveva bisogno di un rifugio sicuro e, dopo la grande
retata della polizia, non era facile trovarlo, le case dove l'Okrana
sospettava abitassero sovversivi sfuggiti al blitz del 21 marzo erano
sorvegliate. D'altra parte, Josif aveva amici fidati soltanto tra i compagni di
lotta.
Gli venne in aiuto Alioscia Svanidze, gi suo condiscepolo nel
seminario teologico, membro attivo del Messame Dossi Alioscia aveva una
zia, Ekaterina, una brava donna, georgiana all'antica, non coinvolta in
alcun modo con le attivit del nipote e dei suoi amici. L'anziana signora
non esit ad aprire le porte della sua casa a quello strano giovanotto dal
volto butterato e dai penetranti occhi neri.
Presso zia Ekaterina abitava anche la giovane sorella di Alioscia, si
chiamava Ekaterina pure lei, ma tutti le si rivolgevano con il soprannome
Keke. Aveva diciotto anni, era la tipica bellezza bruna georgiana, aveva un
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temperamento dolce e riservato che tuttavia non riusciva a dissimulare del


tutto una sottile e penetrante sensualit.
Non sappiamo che genere di vita sentimentale avesse avuto fino ad
allora il giovane Josif Vissarionovic. Certamente i regolamenti severi e
ipocriti del seminario non gli avevano consentito frequentazioni femminili
e, in ogni caso, il tempo che gli era riuscito di sottrarre alle lezioni di
teologia e alle preghiere l'aveva destinato totalmente all'impegno politico.
Possiamo affermare dunque con certezza che fino a quel momento nella
sua esistenza non c'era stato spazio per l'amore. Si pu supporre
verosimilmente che avesse potuto sfogarsi in frettolosi rapporti con
qualche ospite di bordello (ma certamente non disponeva di denaro per
potersi concedere frequentemente questo genere di compagnia) o con
qualche servotta disinibita e disponibile a cedere al fascino dei suoi occhi
neri, della sua parlantina suadente, del suo carattere un po' tenebroso.
Keke Svanidze era la prima ragazza che Josif poteva frequentare. Gli era
piaciuta subito, fisicamente attraente, lasciava intendere di essere stata
allevata nel sacro obbligo di servire come tutte le brave georgiane, non
diversamente da mamma Ekaterina la quale, per Josif, costituiva il modello
ideale di donna. Bastarono poche settimane perch fosse chiaro che tra i
due giovani era nato un sentimento destinato ad avere un qualche seguito.
Ma quale? In circostanze normali, Keke, la quale era religiosissima e l'ateo
Josif si sarebbero trovati davanti al pope per diventare marito e moglie
secondo un rito al quale neppure il miscredente Josif avrebbe voluto
rinunciare.
Il futuro di Soso, cos lo chiamava Keke, era oscuro, il suo destino
quello di un clandestino braccato dalla polizia.
A Keke non restava che pregare e sperare.
L'amore non riusc a distrarre Josif Vissarionovic dalle attivit politiche:
se una parte del suo cuore batteva per Keke, tutto il resto del suo corpo e
del suo spirito era impegnato per la riuscita della manifestazione del 1
maggio.
Era una giornata bellissima, faceva caldo e il sole splendeva in un cielo
che sembrava di smalto. Nonostante la temperatura quasi estiva si
potevano vedere per le vie di Tiflis frettolosi passanti imbacuccati in
pelliccioni e pesanti cappotti di panno con in testa i colbacchi. Erano
coloro che avrebbero guidato la sfilata. Lo strano abbigliamento era un
ordine di Giugashvili, bizzarro ma non privo di logica. Sui capifila si
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sarebbero abbattuti i primi e pi violenti colpi di frusta dei cavalieri


cosacchi addetti all'ordine pubblico, pellicce, cappotti e colbacchi
avrebbero attutito la violenza delle scudisciate.
Una folla di duemila lavoratori (cinque volte pi numerosa di quella
dell'anno precedente) si riun in Soldatski bazaar, non lontano dal giardino
Alessandro, nel centro di Tiflis. La polizia e i cosacchi erano pronti ad
attaccare. Sergei Alliluiev, testimone oculare della manifestazione, la
ricorder nelle sue memorie. La polizia scrive Alliluiev si gett
sull'uomo che portava la bandiera rossa, ma questa fu passata di mano in
mano. Tutte le volte che la polizia caricava, la bandiera ricompariva in un
punto diverso della folla. Segu una rissa sanguinosa. Le fruste dei
cosacchi sibilavano nell'aria, le sciabole mandavano scintille sotto il sole, e
i lavoratori rispondevano con sassi e bastoni. Fu uno scontro disperato.
Molti operai vennero feriti, anche la polizia ebbe i suoi contusi.
Alla fine degli scontri, dopo che la manifestazione si sciolse, il bilancio
fu di quindici dimostranti feriti pi o meno gravemente e di quindici
arrestati.
Josif Vissarionovic Giugashvili non era n tra gli uni n tra gli altri. Era
incolume e libero, ma anche consapevole che quel 1 maggio chiudeva un
ciclo della sua esistenza. Era venuto il momento di abbandonare Tiflis, la
confortevole casa degli Svanidze e gli occhi scuri e i dolci sorrisi di Keke.
Le promise di tornare per sposarla.
Josif Vissarionovic Giugashvili cessava d'esistere legalmente. Al suo
nome scritto nei registri dell'anagrafe e nell'elenco dei ricercati dalla
polizia, sostitu quello di battaglia di Koba, antico eroe guerrigliero
georgiano celebrato nei romanzi del poeta Aleksandr Quazbegi. Ma
all'occorrenza si sarebbe potuto chiamare anche David Nizeradze, Josif
Ivanovic, Budu Bosocvili, David Cizikov, Organess Totomianz,
Muradiats, Lado Dumbadze, Papadzanian, Stefan Papadopulos, Piotr
Galkin. Mille nomi per il nemico senza volto dell'odiato regime zarista,
nascosto nelle ombre fitte della clandestinit dalle quali uscire per colpire
e poi rientrarvi. L'eroe di una guerra spietata, continua, combattuta senza
esclusione di colpi e senza regole, fino a che uno degli avversari non
avesse riportato la vittoria.
Se l'esito della battaglia del 1 maggio non fu lusinghiero, tuttavia
estremamente significativo suona il commento che su Iskra venne redatto
personalmente da Lenin: Ci che avvenuto a Tiflis un fatto
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d'importanza storica per tutto il Caucaso: quel giorno ha segnato l'inizio di


un aperto movimento rivoluzionario nel Caucaso.

CAPITOLO IV
IL CLANDESTINO
L'epoca della clandestinit, destinata a durare per Josif Vissarionovic
fino al 1917, incominci, secondo alcuni biografi, con un episodio che di
eroico aveva proprio poco.
Fuggito da Tiflis, Koba (useremo spesso questo suggestivo nome di
battaglia) aveva trovato un rifugio sicurissimo in uno sperduto villaggio
sulle montagne nelle vicinanze di Gori: pochi casolari e una baita tra i
vigneti, di propriet di un suo amico. Koba fu costretto ad abbandonare
precipitosamente la baita per un motivo che non aveva niente a che fare
con la politica. Uno degli abitanti del villaggio riferiscono J. Fishman e
J. Bernard Hutton aveva scoperto che Koba non solo era stato l'amante di
sua moglie, ma aveva anche violentato la sua giovanissima sorella di
quattordici anni. Il malcapitato paesano avrebbe voluto consegnare il
fuggiasco nelle mani della polizia, ma poi l'affare si concluse soltanto con
una ragguardevole dose di legnate.
Uno dei primi atti compiuti da Koba nella clandestinit fu la fondazione
di un giornale illegale in lingua georgiana: il primo numero del giornale,
intitolato Brdzola (La lotta), usc nel settembre del 1901.
Brdzola era il primo giornale libero, poich realizzava la libert dalla
censura scrive Isaac Deutscher. Veramente caratteristica era la modestia
politica dei redattori. Essi dichiaravano esplicitamente di non voler iniziare
nessuna politica propria, poich il socialismo georgiano doveva far parte
del movimento operaio di tutta la Russia. Perci la loro condotta si sarebbe
inevitabilmente subordinata a quella dei capi del socialismo dell'impero
zarista. Anche questo era un colpo di spillo alla maggioranza del Messame
Dassi, la quale propugnava invece la creazione di un partito georgiano
indipendente, federato col partito russo, ma non subordinato ad esso.
Nel secondo numero di Brdzola c'era un lungo saggio intitolato Il
partito socialdemocratico russo e i suoi compiti immediati, non era
firmato, ma l'autore era Josif Giugashvili. Vi si riprendevano concetti
fondamentali pi volte espressi da Lenin sulle pagine di Iskra; l'articolo di
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Giugashvili era una specie d'atto di riconoscimento di paternit ideologica


nei confronti di Lenin e vi si ribadiva il principio di stretta dipendenza
politica del partito georgiano da quello russo. Per il resto la vita di Koba si
svolgeva con una certa monotonia, tra riunioni clandestine, giorni passati
in nascondigli segreti a leggere, a scrivere e a progettare la rivoluzione
prossima ventura.
I suoi movimenti, per quanto cauti, non sfuggivano alla polizia, tanto
che in un rapporto si legge: La domenica del 28 Ottobre, alle nove di
mattina, in via della Stazione, ha avuto luogo una riunione d'operai
d'avanguardia delle ferrovie, con la partecipazione dell'intellettuale Josif
Giugashvili. Altre denunce e ulteriori informazioni scrive il biografo
Boris Souvarine si riferiscono ai suoi spostamenti, alla sua
corrispondenza e segnalano la sua estrema prudenza. Perch, viene fatto
di chiedersi, se la polizia lo controllava cos scrupolosamente e da vicino
non lo ha mai arrestato? Perch non condivideva il destino degli altri
sovversivi come lui? Nasce, da queste domande che non trovano una
risposta precisa, il sospetto che le accuse mosse da qualcuno di connivenza
e collaborazione con l'Okrana possano avere qualche fondamento. Oppure,
come affermano i suoi apologeti, Koba era davvero una specie di
abilissima primula rossa del Caucaso?
L'11 novembre 1901, venticinque delegati dei vari circoli operai si
riunirono a Tiflis, nel sobborgo popolare di Avlabar, per eleggere il
comitato del partito socialdemocratico di Tiflis. Josif Vissarionovic
Giugashvili venne eletto nell'importante organismo, formato da nove
persone, che per qualche tempo ebbe funzioni di esecutivo per tutta la
regione del Caucaso. Per Koba era un passo avanti estremamente
importante nella carriera politica ma forse anche il motivo di una
delusione: ambiziosissimo s'era illuso d'essere eletto non semplice
membro, ma presidente del comitato, invece la carica centrale era andata a
Silvester Gibladze lo stesso uomo che un giorno aveva aggredito il rettore
del seminario teologico ed era stato il mentore di Giugashvili nel
socialismo. I rapporti tra allievo e maestro, forse gi deteriorati, finirono
con il guastarsi del tutto. Koba, come avremo modo di verificare
ampiamente e tragicamente nel corso di tutta la sua esistenza, aveva un
carattere incline al rancore e alla vendetta, la riconoscenza gli era un
sentimento tutto sommato sconosciuto. Era quel che si direbbe oggi un
duro.
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Alla fine del 1901, Josif Vissarionovic lasci improvvisamente Tiflis. La


sola spiegazione a questa strana partenza ci fornita dalla rivista
socialdemocratica georgiana Brdzola chma (L'eco della lotta), redatta da
un gruppo di menscevichi esuli a Parigi nel 1930. Sin dai primi tempi
della sua attivit nei circoli operai scrive l'anonimo estensore dell'articolo
Giugashvili, con i suoi intrighi, attir l'attenzione contro il principale
dirigente dell'organizzazione, Silvester Gibladze. A questo proposito,
ricevette un avvertimento che tuttavia ignor, continuando a diffondere
calunnie per denigrare i rappresentanti autentici e riconosciuti del
movimento e accedere cos alla direzione. Deferito a un tribunale del
partito e riconosciuto colpevole di calunnia indegna contro Silvester
Gibladze, fu espulso all'unanimit dall'organizzazione di Tiflis.
Il provvedimento ebbe probabilmente aspetti ed effetti meno drammatici
di quelli che l'articolo di Brdzola chma (di certo un po' fazioso data l'epoca
e le circostanze nelle quali fu redatto) lascia intendere. Si trattava di una
soluzione di ripiego, la migliore per Gibladze, per Giugashvili e per il
comitato di Tiflis, che non estrometteva Josif Vissarionovic dall'attivit
politica.
La destinazione di Koba fu Batum, cittadina portuale sul mar Nero.
Batum era stata, nel passato, un villaggio di pescatori e un rifugio di pirati.
Situata al confine con la Turchia, in una regione poco salubre, aveva
soltanto venticinquemila abitanti, contro i centocinquantamila di Tiflis, ma
nel giro di pochi anni, tra la fine del 1800 e l'inizio del 1900, la sua
importanza era cresciuta in maniera incredibile. Batum infatti era il pi
importante centro caucasico per la lavorazione del petrolio, al terminale di
un oleodotto che partiva da Baku, principale centro d'estrazione del grezzo.
Oltre alle raffinerie c'erano a Batum due tabacchifici, una fonderia per la
lavorazione del ferro e uno stabilimento per l'imbottigliamento dell'acqua
minerale. La popolazione operaia era di undicimila lavoratori costretti a
sgobbare per quattordici ore al giorno che, con l'obbligo degli straordinari,
potevano diventare anche diciassette; la paga giornaliera era compresa tra
sessanta copechi e un rublo. I principali nuclei operai erano concentrati
nelle raffinerie Rothschild e nelle officine Mantasev: gente gi aperta alla
propaganda socialista, ma ancora poco organizzata.
In realt, a Batum esisteva una cellula del Messame Dossi, diretta da
Nikolaj Chkedidze e Isidor Ramishvili, moderati, che seguivano la linea
legalitaria che faceva capo, nel Caucaso, a No Jordania. Koba attu
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contro di loro un colpo di mano, perfettamente consono al suo modo


d'agire cinico e privo di scrupoli morali. Fu lo stesso Jordania a denunciare
i metodi troppo spicci (anche se straordinariamente efficaci) di Koba.
Aggirando alle spalle i capi locali Nikolaj Chkedidze e Isidor
Ramishvili afferma Jordania prese come base il quartiere operaio e
incominci a raccogliere lavoratori intorno a s. Detestando tutti i
compagni progressisti, li accusava di vilt, di mancanza di iniziativa e di
tradimento nei confronti della classe lavoratrice e chiamava i lavoratori a
dimostrazioni di piazza. Dentro l'organizzazione ne cre una personale,
fedele a lui soltanto e che rifiutava qualsiasi responsabilit verso il
comitato.
Koba mise in piedi anche una tipografia clandestina, analoga a quella
che Lado Ketskhoveli aveva allestito a Baku. La macchina da stampa era
stata sistemata in una casa di operai alla periferia della citt. La strada per
arrivarci scrive il biografo H. Montgomery Hyde era cos malridotta e
fangosa, da essere quasi intransitabile, e per questa ragione, a quanto pare,
la polizia locale lasciava in pace gli abitanti della zona
La macchina venne istallata in una stanza del seminterrato priva di
finestre e con due porte, una che dava sull'interno della casa, l'altra sulla
strada consentendo una certa sicurezza. I caratteri da stampa erano
sistemati in vecchie scatolette per fiammiferi. Koba sedeva a un tavolinetto
collocato al centro della stanza e scriveva il testo dei documenti e dei
manifestini su piccoli fogli che passava a mano a mano ai tipografi. Ma
quella piccola stanza non era soltanto una stamperia, vi si riunivano gli
agitatori delle fabbriche con i quali Koba discuteva i temi generali della
politica e i piani delle agitazioni operaie.
Ovviamente la presenza e l'attivit di Koba non erano sfuggite
all'attenzione della polizia. Ecco quanto si legge in un rapporto segreto
dell'Okrana: Nell'autunno 1901, il comitato socialdemocratico di Tiflis ha
inviato a Batum uno dei suoi membri, Josif Vissarionovic Giugashvili, gi
allievo della classe sesta del seminario di Tiflis, con l'incarico di svolgere
propaganda tra gli operai delle fabbriche. Come risultato dell'attivit di
Giugashvili organizzazioni socialdemocratiche sono sorte in tutti gli
stabilimenti di Batum. Gi nel 1902 gli effetti della propaganda
socialdemocratica si sono potuti constatare nel prolungato sciopero degli
stabilimenti Rothschild e in una serie di dimostrazioni di piazza.
Agli scioperi, la direzione delle aziende rispondeva con massicci
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

licenziamenti; alle dimostrazioni di piazza, la polizia reagiva con arresti.


Alla fine di marzo, nel 1902, proprio per protestare contro l'incarcerazione
di alcune centinaia di operai, Koba organizz una massiccia protesta
davanti alla prigione. Duemila lavoratori, con bandiere rosse, si
radunarono di fronte all'edificio nel quale erano rinchiusi i loro compagni,
cantando la Marsigliese. Era una scena magnifica e terribile. Koba,
convinto che i soldati, chiamati a dar manforte alla polizia, non avrebbero
sparato sulla massa dei dimostranti, incitava i suoi ad attaccare. Ma aveva
fatto male i conti. Il battaglione dei fucilieri del Caucaso apr il fuoco:
quindici lavoratori caddero uccisi, i feriti furono cinquantaquattro.
Al di l delle conseguenze immediate gi per se stesse gravissime, i fatti
del marzo 1902, aspramente criticati dai socialisti pi moderati, ebbero
come effetto un ulteriore irrigidimento delle autorit di polizia: la
sorveglianza nei confronti degli attivisti politici fu aumentata, le indagini
si fecero pi serrate e s'infittirono le perquisizioni nelle case sospette di
esser luoghi di cospirazione.
Il 5 aprile, Koba fu invitato a una festicciola a casa dei fratelli
Darachvelidze, due operai amici suoi. Riferisce Emilian Jaroslavskij:
Soso vi si rec insieme con Kotzia Kandelaki (un altro operaio e il pi
stretto collaboratore di Giugashvili). Soso aveva ventitr anni; era bello,
con barba e baffi neri. Sembrava un artista romantico con la capigliatura
scura sempre arruffata. Ad un certo momento qualcuno not che l'Okrana
di Batum aveva circondato la casa. Soso che fumava una papirosa (la
tipica sigaretta russa con il bocchino di cartone molto lungo) e parlava con
Kandelaki, non si scompose. Disse con calma: "Non nulla". Pochi istanti
dopo la polizia fece irruzione nella stanza e dichiar in arresto i fratelli
Darachvelidze, Kandelaki e Soso.
Cos, dopo soli quattro mesi e mezzo, aveva termine l'attivit
rivoluzionaria di Koba a Batum e, per la prima volta, si aprivano per lui le
porte della prigione.
Ebbe, come tutti i carcerati, la sua scheda d'identificazione personale,
redatta personalmente dal capo della polizia di Batum, colonnello Sergei
Petrovic Shabelskij:
Altezza:
Corporatura:
Et:
Ivan Lantos

2 arsinij, 4 verski e mezzo (m. 1,60 circa).


media.
ventitr anni.
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Segni particolari:
Aspetto esteriore:
Capelli:
Barba e baffi:
Fronte:
Viso:

2 e 3 dito del piede sinistro uniti.


comune.
castano scuro.
castano scuro.
diritta e bassa.
lungo, di colorito bruno, butterato (dal vaiolo).

Alla scheda era unita anche la consueta serie di foto segnaletiche: il viso
diritto e di profilo e la figura intera.
Nel rude linguaggio carcerario, i poliziotti soprannominarono Koba,
Riaboi (il butterato). Tra le mura della prigione, Koba non si comport mai
come un martire della rivoluzione, un po' per temperamento un po' perch
non ce n'era necessit. Nelle prigioni e nei luoghi di deportazione della
Russia zarista vigeva un regime nel quale brutalit e inettitudine "liberale"
si combinavano stranamente scrive Isaac Deutscher. Vi era abbastanza
brutalit per rinfocolare nei detenuti l'odio contro l'ordinamento politico, e
abbastanza inettitudine e disorganizzazione per consentire un'efficace
continuazione dell'attivit rivoluzionaria anche dietro le sbarre del carcere.
Per molti giovani socialisti le prigioni erano "universit", nelle quali
avevano modo di formarsi una solida educazione rivoluzionaria, spesso
sotto la guida di docenti esperti. In generale i detenuti politici, che
godevano di certi "privilegi" negati ai criminali comuni, organizzavano la
loro vita in uno spirito di solidariet e di mutua assistenza. Il carcere era, di
solito, un grande circolo di discussioni politiche.
Koba affront la detenzione imponendosi una disciplina assai pi
rigorosa di quella prescritta dai regolamenti carcerari. Si svegliava
prestissimo, lavorava senza risparmiarsi, leggeva molto ed era uno dei
membri pi attivi e ascoltati dell'assemblea dei detenuti. Nei suoi
interventi mostrava un'oratoria essenziale, logica, acuta; era sempre pronto
ad attaccare con feroci polemiche i socialisti che ancora mostravano di
sostenere le teorie socialiste-agrarie dei narodniki e tutti coloro che
avevano un atteggiamento diverso o contrario a quello suggerito dal
giornale Iskra. Era in generale calmo fino all'impassibilit, poco incline a
mostrare calore umano, distaccato.
Dopo aver trascorso circa un anno nella prigione di Batum, Koba venne
trasferito in quella di Kutaisi da dove venne ricondotto a Batum. Mentre
Koba si trovava chiuso in carcere accaddero tre fatti importanti, dei quali il
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detenuto venne a conoscenza per quelle misteriose vie di comunicazione


che collegano le prigioni al mondo esterno.
Nel marzo 1903, i gruppi socialisti del Caucaso s'erano riuniti in una
federazione regionale, Koba venne eletto membro dell'esecutivo. Non
succedeva spesso che un militante detenuto fosse eletto negli organismi
direttivi del partito e non tanto per ragioni di carattere morale, ma perch
risultava difficile, per non dire impossibile, tenere al corrente il compagno
recluso sulla vita di partito e consultarlo in caso di decisioni che
comportassero un voto collegiale. Se l'elezione del detenuto avveniva,
come nel caso di Koba, questo significava che si trattava di un membro di
prestigio e la collaborazione del quale era ritenuta indispensabile a
prescindere dalle circostanze.
Il secondo fatto provoc a Koba dispiacere e fece crescere, se era
possibile, il suo odio per la tirannica autorit zarista. Lado Ketskhoveli,
amico e maestro di Koba, prigioniero nella fortezza-carcere Metekh di
Tiflis, era stato ucciso, con un colpo di fucile da una delle guardie di
custodia. L'episodio viene riferito da Sergei Alliluiev. Lado s'era affacciato
alla finestra della sua cella e aveva chiamato un gruppo di pastori armeni
che si trovavano sull'altra sponda del fiume Kura. Quel tentativo di dialogo
a distanza non era piaciuto all'ufficiale delle guardie carcerarie il quale
aveva ordinato a uno dei suoi uomini in servizio all'esterno dell'edificio di
puntare il fucile verso la finestra alla quale s'era affacciato Ketskhoveli.
Altri prigionieri che assistevano alla scena avevano gridato a Ketskhoveli
di togliersi, ma lui era rimasto. S'era sentito uno sparo e Ketskhoveli era
caduto all'indietro fulminato, con il cuore spaccato dalla pallottola.
Il terzo e pi importante avvenimento era destinato ad avere indelebili
ripercussioni sia sul futuro di Koba sia su quello dell'intero movimento
operaio internazionale.
Nel luglio del 1903, preceduto da lunghe trattative preparatorie, si apr, a
Bruxelles, il congresso costitutivo del Partito socialdemocratico operaio
russo. La sede dei lavori era una piccola stanza stipata di balle di lana e
infestata dalle pulci nella Maison du peuple socialista. La polizia aveva
disturbato i lavori e il congresso s'era trasferito nella pi tollerante Londra.
I delegati erano cinquantotto, quattordici avevano voto consultivo, gli
operai erano soltanto quattro e nel corso delle trentasette sedute dovettero
faticare molto per ottenere la parola.
Riferisce Boris Souvarine: In un primo tempo gli iskristi (coloro cio
Ivan Lantos

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che si rifacevano alla linea dura di Lenin), che avevano la maggioranza


nell'assemblea, fecero blocco principalmente contro il Bund che voleva
conservare la proprio indipendenza in seno a un'organizzazione federativa.
Ma sul primo articolo dello statuto si divisero in due frazioni quasi uguali:
28 voti a Martov e 23 a Lenin. In mancanza di una definizione politica
valida questi furono detti i "duri" (bolscevichi), quelli "molli"
(menscevichi) per caratterizzarli secondo il loro temperamento. Con una
differenza di pochi voti, la maggioranza oscill ora a destra, ora a sinistra.
Finalmente quando l'elezione degli organi direttivi pose il problema delle
persone, Lenin, favorito dall'assenza dei congressisti pi moderati, ottenne
un vantaggio di 19 voti contro 17 e 3 astensioni, ma la minoranza rifiut di
sottomettersi. Il partito era virtualmente giunto alla scissione. D'ora in poi
la socialdemocrazia avr due grosse frazioni distinte, quella maggioritaria
(bolscevichi), quella dei minoritari (menscevichi), senza menzionare quelli
che, come Riazanov, si mantennero indipendenti da entrambi.
Tra i menscevichi s'era distinto un giovane marxista: Lev Davidovic
Brnstein detto Trotskij, nato il 7 novembre 1879 (lo stesso di Josif
Vissarionovic Giugashvili). A ventidue anni aveva gi conosciuto la galera
e la deportazione, tornato libero, era andato a Londra dove s'era presentato
a Lenin. Gi conosciuto per la sua attivit pubblicistica, il grande capo lo
aveva inserito nella redazione di Iskra dove s'era distinto per lo zelo di
propagandista, per l'avidit di cultura, per la passione verso i pi complessi
problemi di dottrina. Fra gli emigrati russi, Trotskij divenne ben presto un
personaggio di primo piano sia come scrittore, sia come oratore.
Anche se non aveva potuto assistere al congresso, Koba non esit a
scegliere la parte dalla quale schierarsi: quella di Lenin e dei bolscevichi.
Da Lenin, Koba era stato completamente sedotto, come testimoniano le
sue stesse parole. La conoscenza dell'attivit rivoluzionaria di Lenin negli
ultimi anni del secolo scorso e particolarmente dopo il 1901, dopo la
fondazione dell'Iskra, mi aveva convinto che avevamo in Lenin un uomo
straordinario. Non lo giudicavo allora un semplice dirigente del partito, ne
era il vero creatore. Quando lo confrontavo con gli altri dirigenti del nostro
partito, avevo sempre l'impressione che i suoi compagni d'armi,
Plekhanov, Martov, Akselrod e gli altri, non arrivassero neppure alla spalla
di Lenin, e che in loro confronto Lenin non fosse soltanto uno dei
dirigenti, ma un capo di tipo superiore, un'aquila delle montagne, impavido
nella lotta e audace guida del partito sulle vie inesplorate del movimento
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

rivoluzionario russo.
Il 17 agosto 1903, per una bizzarra coincidenza lo stesso giorno della
tragica morte di Lado Ketskhoveli, il ministro della giustizia di
Pietroburgo firm il decreto di deportazione di Koba. Le accuse contro di
lui non trovavano riscontri specifici in prove, sul suo conto c'erano soltanto
i rapporti della polizia segreta che un giudice normale non avrebbe potuto
accettare come base per un'azione legale. Cos, come accadeva
normalmente per individui fortemente indiziati, Koba fu oggetto di una
sanzione amministrativa secondo la quale il prigioniero Jsif
Vissarionovic Giugashvili veniva inviato nella Siberia orientale e costretto
a starvi per tre anni sotto la stretta sorveglianza della polizia.
Il luogo nel quale Koba era destinato a scontare la deportazione era
Novaja Uda, un villaggio dimenticato da Dio e dagli uomini, ma non
dall'Okrana che vi spediva con regolarit e abbondanza i nemici
conclamati o semplicemente sospettati del regime zarista.
Il trasferimento della lunga colonna dei deportati dalle rive del Mar Nero
alle pianure siberiane attanagliate dal gelo dell'inverno dur pi di un
mese. Un po' a piedi e un po' in treno. Ogni tanto il convoglio si fermava
lungo il percorso per caricare altre persone destinate alla deportazione.
Racconta Isaac Deutscher: A mano a mano che si spostavano verso est,
gli esuli sentivano sempre pi chiaramente l'avvicinarsi del conflitto russogiapponese. V'erano troppa febbre e troppa eccitazione nell'aria perch
Koba potesse rassegnarsi all'idea d'esser tagliato fuori dalla politica per tre
lunghi anni.
Cos appena arrivato a Novaja Uda il suo pensiero fisso divenne la fuga,
il progetto dell'evasione. L'attenzione delle autorit s'era attenuata, lungo la
frontiera con la Manciuria, per l'imminente scoppio della guerra
consentendo il crearsi di un'atmosfera di incertezza e di disordine. Il 5
gennaio 1904, Koba incominci il viaggio di ritorno. L'immensa pianura
coperta di neve, oggi grande bacino industriale del Kuzneck, appariva al
fuggiasco come un terrificante deserto gelato inospitale per qualsiasi forma
di vita. Comp la sua fuga un po' a piedi e talvolta sui carri dei contadini
che andavano a ovest, verso gli Urali. Soffr la fame e fu colpito da
dolorosissimi geloni, ma nei primi giorni di febbraio era nuovamente a
Tiflis.
E a Tiflis, ad aspettarlo fedele, e paziente come una Penelope, c'era
Ekaterina Svanidze, la giovane Keke. La vita personale e privata di un
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

rivoluzionario clandestino in Russia era quasi sempre tenuta in ombra: di


solito essa si identificava con un concetto comune di rivoluzione scrive
H. Montgomery Hyde. Sotto questo aspetto della vita rivoluzionaria,
Trotskij un testimone pertinente. Secondo la sua esperienza, la medesima
lotta, lo stesso pericolo, un comune isolamento dal resto del mondo,
portavano a stretti legami fra i due sessi. Le coppie si mettevano insieme
nella clandestinit, erano divise dalla prigione e di nuovo si cercavano
nell'esilio.
Anche Koba e Keke Svanidze avevano seguito una sorte analoga:
s'erano incontrati tre anni prima, ai tempi della grande majevka, avevano
incominciato ad amarsi, erano stati separati dalla sfortunata vicenda
politica di lui. Non si sa in che modo, ma quasi certo che anche durante
la prigionia e la deportazione di Koba fossero riusciti a mantenere dei
contatti.
Ora Koba veniva a riprendere l'attivit politica e a riprendersi la donna.
Per qualche mese convissero; Keke aveva accettato, per amore, una
situazione che era in conflitto con le sue convinzioni morali e il suo spirito
profondamente religioso, ma pi d'una volta s'era lamentata con l'anziana
suocera, Ekaterina Giugashvili, del fatto che l'amante si mostrasse poco
disposto a regolarizzare la loro unione davanti al prete.
Ekaterina Giugashvili s'era molto affezionata a quella mite ragazza
georgiana, graziosa e piena d'attenzioni, e si dette molto da fare perch il
suo Soso si decidesse a portarla all'altare. Koba, il rude e austero
rivoluzionario, nato per comandare pi che per obbedire, non seppe dire di
no all'anziana madre: il 22 giugno 1904, nella chiesa di Gori, si un in
matrimonio, secondo il rito ortodosso, a Keke Svanidze. Alla cerimonia
oltre a Ekaterina Giugashvili, unica parente dello sposo, c'erano numerosi
familiari della sposa venuti da Tiflis e da diversi villaggi, anche da Didi
Lilo, paese d'origine di Vissarion Ivanovic Giugashvili, il defunto
ciabattino, padre di Koba. C'era anche Aleksandr Svanidze, fratello di
Keke e grande amico di Josif Vissarionovic, il quale aveva efficacemente
contribuito alla combinazione del matrimonio.
E fu un'unione felice, come testimonia Josif Iremashvili: Questo fu un
matrimonio felice. vero: era impossibile scorgere nella casa di Koba
l'uguaglianza dei sessi che lui stesso sosteneva come forma base del
matrimonio del nuovo ordine nello Stato socialista. Non rientrava nel suo
carattere dividere, con chiunque fosse, la parit dei diritti. Poich sua
Ivan Lantos

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moglie non aveva la pretesa di mettersi al suo livello e considerava Koba


una specie di divinit, il matrimonio fu felice. Come donna georgiana,
cresciuta nella sacrosanta tradizione che obbliga le donne a servire, Keke
badava al benessere del marito con tutto il cuore; passava le notti, mentre
aspettava il suo ritorno, a pregare che Soso abbandonasse le idee che
dispiacevano a Dio e ritornasse alla tranquilla e soddisfatta vita familiare.
Cos quest'uomo irrequieto trov l'amore soltanto nella sua povera casa,
dove solo la moglie, il figlio e la madre si salvavano dallo scherno amaro
che lui riversava su tutti gli altri.
E come si conveniva a una moglie perfetta, Keke diede a Koba un figlio
maschio, Jakov, destinato a una sorte infelice.
Quanto alla situazione politica, Koba si trov in mezzo a polemiche
caotiche che coinvolgevano fazioni e sottofazioni del movimento
socialista, l'insanabile divisione che si era creata al centro tra i bolscevichi
di Lenin e i menscevichi si rifletteva sulla periferia. Lenin aveva lasciato il
comitato centrale del partito e l'Iskra, progettava un nuovo giornale,
Vperiod (Avanti).
Leonid Borisovic Krasin, l'ingegnere amico di Lenin, che era stato
mandato in Georgia a rimpiazzare Victor Kurnatovskij dopo l'arresto come
emissario diretto di Lenin, aveva compiuto un completo voltafaccia e
aveva rilasciato dichiarazioni compiaciute sulle dimissioni del suo ex
capocorrente.
La risposta di Lenin non si fece aspettare: Noi non abbiamo pi un
partito scrisse ma sta nascendo un partito nuovo e nessun sotterfugio e
delazione, nessun senile e maligno rimprovero da parte dell'Iskra possono
impedire la vittoria finale e decisiva di questo partito.
Nell'estate del 1904, ritornava a Tiflis da una prigione di Mosca Lev
Borisovic Kamenev, un giovane e brillante intellettuale ebreo, che
successivamente avrebbe sposato la sorella di Trotskij, Olga. Kamenev,
nato a Mosca, era giunto a Tiflis da bambino insieme con il padre,
funzionario della ferrovia. Kamenev, quattro anni meno di Koba, aveva
conosciuto Lenin durante uno dei molti periodi d'esilio in Europa
occidentale. Aveva maturato, sotto la personale guida di Lenin, una
notevole esperienza rivoluzionaria, messa in pratica tra gli studenti
dell'universit di Mosca e tra gli esuli russi nelle principali capitali
europee. Lenin aveva inviato il suo giovane luogotenente a Tiflis per
organizzare il congresso regionale dei bolscevichi del Caucaso,
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

analogamente a quanto era stato fatto nella Russia meridionale e nella


Russia settentrionale. Koba non prese parte al congresso caucasico che fu
tenuto in novembre e non si conoscono le ragioni di questa assenza. Dai tre
congressi (quello della Russia meridionale, quello della Russia
settentrionale e quello del Caucaso) venne eletto un ufficio centrale
bolscevico presieduto da Aleksej Rykov (che sarebbe diventato primo
ministro sovietico) e da Maksim Litvinov (il futuro commissario per gli
affari esteri).
L'ufficio centrale bolscevico doveva servire, secondo Lenin, a
controbilanciare il comitato centrale ormai privo di significato. Ora
Lenin scrive Isaac Deutscher poteva affermare che il suo atteggiamento
di intransigenza nei confronti dei menscevichi era approvato e sostenuto
dai socialisti clandestini operanti in Russia. Perci propose la
convocazione di un nuovo congresso che ponesse fine all'ambigua
situazione creatasi per effetto della scissione.
Koba si trov, senza esitazione, impegnato attivamente nella campagna
di preparazione del congresso. Era pi che mai un leninista convinto,
poich grazie a Lenin aveva trovato un modello di rivoluzionario nel quale
identificarsi; Koba sottolinea Isaac Deutscher non aveva una posizione
riconosciuta nella societ ufficiale e non poteva recitare una parte brillante
neppure nel mondo clandestino, ma Lenin aveva dato dignit al
rivoluzionario di professione, all'agitatore infaticabile braccato dalla
polizia, l'organizzatore instancabile e miserabile era il sale della terra.
Nella pronta risposta di Koba all'atteggiamento di Lenin annota
acutamente Isaac Deutscher vi era, quindi, una sfumatura di
inconsapevole gratitudine, come di chi si sentisse debitore di una
promozione morale.

CAPITOLO V
IL BANDITO
Cecile Spring-Rice, in quegli anni primo segretario e incaricato d'affari
dell'ambasciata di Gran Bretagna a Pietroburgo, descrive cos, in una nota
la situazione politico-sociale russa: Qui c' un curioso stato di cose.
Innanzitutto l'imperatore, al limite del fanatismo religioso, senza uno
statista e senza un Consiglio, circondato invece da un vero e proprio
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

esercito di granduchi: sono trentacinque e non uno di loro, in questo


momento, compie il proprio dovere in guerra (il diplomatico si riferisce al
conflitto russo-giapponese), con un piccolo gruppo di preti e di donne
bigotte alle loro spalle. Non esiste il ceto medio; l'aristocrazia rovinata e
del tutto ininfluente. La burocrazia malpagata e di conseguenza corrotta.
Sottomessi a questo fantasma d'organizzazione statale ci sono cento
milioni di uomini assolutamente fedeli al loro zar, completamente
ignoranti, tenuti nell'ignoranza per paura delle conseguenze dell'istruzione
(attraverso una complessa complicit tra Chiesa e Stato) e che diventano
sempre pi poveri in quanto sono loro a sopportare il peso delle tasse e
quello del reclutamento per il quale vengono arruolati a migliaia
nell'esercito. Questo esercito devoto, coraggioso, resistente e religioso e
disposto a far tutto ci che lo zar ordina. I polacchi servono a tener
sottomessi i caucasici i quali, a loro volta, presidiano la Polonia. Gli uni e
gli altri combattono insieme, per la Russia e la gloria dello zar, in Estremo
oriente o nell'Asia centrale. Non ci fu mai, ne sono certo, da quando questo
mondo ha avuto inizio, un meccanismo cos spaventoso in una sola mano.
Neppure nell'esercito di Napoleone, perch quell'esercito dipendeva dal
successo del suo capo, mentre quello russo fedele allo zar, che abbia
successo o che fallisca. E i due fini dello zar sono di opprimere i pagani e
distruggere i liberali; in questa missione convinto che Dio sia con lui.
Quanto durer? Naturalmente il sistema alimenta l'interrogativo e da
questo pu conseguire che, un giorno, i contadini scoprano come sono
trattati, in pratica ridotti alla fame....
La situazione, cos come l'aveva descritta il diplomatico britannico e
come realmente era, rappresentava il terreno ideale per una rivoluzione. I
socialdemocratici russi, bolscevichi o menscevichi che fossero, non
facevano che parlarne, ma tutto restava confinato nel campo (sterile) delle
grandi enunciazioni teoriche. Nella realt quotidiana il socialismo
clandestino era perduto a seguire le polemiche interne: i bolscevichi erano
assorbiti dalla preparazione del congresso che avrebbe dovuto tenersi a
Londra nell'aprile del 1905; i menscevichi a fornire spiegazioni sui motivi
che li avrebbero indotti a disertare il congresso al quale avrebbero
contrapposto una loro conferenza alternativa.
Alle tensioni interne si aggiunse anche la sconfitta nella guerra russogiapponese, risoltasi a favore delle armi nipponiche con la caduta di Port
Arthur. Nel dicembre 1904, a Baku, era scoppiato uno sciopero,
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

organizzato dai socialdemocratici, che aveva segnato una recrudescenza


delle agitazioni operaie. Nel gennaio 1905, un incidente sul lavoro,
avvenuto nelle officine Putilov di Pietroburgo, aveva provocato uno
sciopero di solidariet al quale aveva partecipato tutto il proletariato della
capitale.
Ma la vera scintilla della prima rivoluzione rossa scocc domenica 22
gennaio 1905 (secondo il vecchio calendario russo) senza che i socialisti se
ne accorgessero e certamente senza esserne i protagonisti.
Il prete Gapon, figura ambigua e secondo alcuni agente provocatore
dell'Okrana, s'era messo alla testa di duecentomila proletari che si
dirigevano in corteo verso la reggia pietroburghese. Si trattava di una
manifestazione pacifica nelle intenzioni e lealista nel programma. Gli
operai portavano con s donne e bambini e innalzavano icone e ritratti
dello zar. Il prete Gapon marciava davanti a tutti reggendo tra le mani,
come fosse stato un ostensorio, la petizione indirizzata al piccolo padre,
allo zar di tutte le Russie.
Maest. Noi lavoratori, i nostri figli, le nostre mogli e i nostri disperati
genitori era scritto nel documento siamo venuti a cercare verit e
protezione presso di te. Noi siamo immiseriti e oppressi. Ci imposto un
lavoro insopportabile; siamo disprezzati e non siamo considerati esseri
umani. Seguiva un lungo elenco di angherie e atrocit subite dalla classe
operaia e la richiesta di garanzie costituzionali. La petizione si concludeva
drammaticamente: Se tu non vuoi esaudire la nostra supplica, noi
moriremo qui sulla piazza davanti al tuo palazzo.
La folla avanzava verso il palazzo d'Inverno costeggiando la Neva
ghiacciata: nessuno portava armi, nessuno levava grida ostili, il silenzio
gravido di tensione era rotto soltanto dallo scricchiolio delle suole sulla
neve gelata che ricopriva la strada e coloro che portavano i caratteristici
stivali di feltro non facevano neppure rumore camminando.
Ma quando la processione giunse in prossimit del palazzo d'Inverno si
scaten il finimondo: crepitarono le mitragliatrici della guardia imperiale,
le scariche di fucileria dei poliziotti, i cavalieri cosacchi si lanciarono in
cariche selvagge brandendo le sciabole e i micidiali scudisci.
Fu un massacro. Le vittime rimasero sul selciato a migliaia. Il sangue
che macchi quella domenica, nel quale venne soffocata una
manifestazione non violenta, cancell per sempre una leggenda che era
sopravvissuta a lungo nell'anima russa: la leggenda di uno zar buono
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

malgrado tutto, dedito al benessere del suo popolo, e nel caso di errori
malamente influenzato da cattivi consiglieri.
La domenica di sangue provoc un'insurrezione generale, una catena
di scioperi che coinvolse pi di cento citt.
La rivoluzione sperata da molte generazioni scrive Boris Souvarine
cos spesso profetizzata e alla quale tanti eroi avevano sacrificato la vita,
era iniziata senza aspettare il segnale dei rivoluzionari di professione.
Gli episodi di rivolta si susseguirono: anche la famiglia imperiale pag il
suo tribut con la vita del granduca Sergio, assassinato dai rivoluzionari.
Poi l'apocalisse che minacciava di travolgere e cancellare per sempre un
ordine pluricentenario parve placarsi. Ma si trattava di una tregua effimera.
Agli scioperi degli operai seguirono le rivolte dei contadini, il bacillo della
rivoluzione attecchiva dovunque trovasse il terreno fertile della miseria e
dell'oppressione; la febbre si propagava dal centro all'estrema periferia
dell'impero. A Lodz, in Polonia, gli scioperi degenerarono in insurrezione
armata, con scontri sanguinosissimi che si protrassero per sette giorni. Le
strade di Varsavia e di Odessa furono bloccate dalle barricate. Persino gli
uomini in uniforme disattesero al giuramento di fedelt: nel porto di
Odessa l'equipaggio dell'incrociatore Potemkin fece causa comune con gli
insorti; l'atto di ribellione dei marinai entr a far parte della leggenda
rivoluzionaria, immortalato da un film del regista Eisenstein.
Il menscevico Vladimir Antonov Ovssenko guid una sfortunata
sedizione militare nel campo di Nova Aleksandrja e il tenente Schmidt, un
giovane ufficiale sedotto dalle idee socialiste, pag con la vita per aver
capeggiato un ammutinamento a Sebastopoli; nel sangue naufrag anche
un analogo tentativo a Kronstadt.
Ovviamente neppure la Georgia era rimasta fuori del ciclone
rivoluzionario: alla domenica di sangue di Pietroburgo gli operai
georgiani reagirono con gli scioperi, i contadini con l'insurrezione. A
Tiflis, in risposta alle violenze dei cosacchi, i lavoratori organizzarono
numerosi attentati.
E Koba dov'era? La domanda sorge spontanea e legittima poich il suo
nome non compare in nessuna delle cronache di quei giorni convulsi e
tumultuosi.
Da quanto ci dato ricostruire, Koba si era limitato a un'attivit di
agitazione e propaganda, ben guardandosi d'esporsi fisicamente in prima
linea; l'altro aspetto, ormai istituzionale del suo lavoro, era la lotta
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

contro i menscevichi. Come la pensasse su questo argomento l'aveva


esposto in un opuscolo pubblicato nel maggio del 1905, intitolato In breve
sui dissensi nel partito, talmente virulento da attirare l'attenzione di Lenin
e della compagna di questo Nadezda Kostantinova Krupskaia. Uno degli
elementi della polemica di Koba contro i menscevichi nasceva dal suo
radicato antisemitismo e dal fatto che nelle file dei menscevichi di ebrei ce
n'erano molti. In realt scriveva Koba che razza di gente questa:
Martov, Dan, Axelrod. Soltanto ebrei non circoncisi! E quella vecchia
cagna di Vera Zasulic! Va bene, andate a lavorare con loro. Essi non
vogliono lottare e nelle loro feste non c' gioia. Sono dei vigliacchi e dei
bottegai. Non sanno gli operai georgiani che il popolo ebraico genera
soltanto codardi, inutili nel combattimento?. Nell'ottobre del 1905, sotto
la spinta di uno sciopero generale promosso dai tipografi di Mosca che
minacciava di trasformarsi in rivoluzione totale, lo zar promulg un
manifesto costituzionale e promise la convocazione di una duma, cio di
un'assemblea rappresentativa con potere consultivo alla quale avrebbero
partecipato anche gli operai.
Ai partiti d'opposizione l'editto imperiale non piacque e gli scioperi
ripresero. A Pietroburgo i lavoratori elessero un consiglio di loro delegati
che chiamarono soviet (consiglio) di Pietroburgo, alla presidenza del quale
venne messo Leon Trotskij. Il soviet di Pietroburgo divenne la pi
importante centrale rivoluzionaria di tutta la Russia che si contrappose
all'amministrazione ufficiale come una specie di governo clandestino gli
ordini del quale venivano eseguiti con prontezza e obbedienza da gran
parte della popolazione. Il soviet invit i cittadini alla disobbedienza civile
e in primo luogo a non pagare le tasse. La polizia rispose con durezza
arrestando i membri del soviet non escluso Trotskij e alla repressione segu
immediata l'insurrezione che venne prontamente soffocata.
Koba intanto continuava nel suo lavoro di agitatore e propagandista,
s'era trasformato in una specie di commesso viaggiatore delle idee
rivoluzionarie e della polemica contro tutti coloro che non s'erano allineati
con le direttive bolsceviche. Intervenne anche nel grande sciopero di Baku,
ma non in prima linea, si limit a fare il consigliere e, ovviamente, i suoi
avversari ne approfittarono per accusarlo di codardia e per dire che nel
movimento aveva un ruolo del tutto irrilevante.
Comunque fossero le cose, i proclami e i documenti redatti da Koba
testimoniano la sua attivit di apologeta della rivoluzione e del
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

bolscevismo.
giunta l'ora di distruggere il governo zarista tuonava Koba e noi lo
distruggeremo. Oppure affermava: La Russia come una pistola carica
con il cane alzato, pronta a far fuoco alla minima percussione.
Stringiamoci dunque la mano e riuniamoci intorno ai comitati del partito.
Non dobbiamo dimenticare, neppure per un momento, che soltanto i
comunisti del partito possono guidarci in maniera degna e che essi soli
possono illuminare la via che condurr alla terra promessa di un mondo
socialista.
Isaac Deutscher commenta: Com'era ancor vivo l'antico seminarista
sotto le vesti del duro uomo dei comitati! Nella sua visione il popolo
vagava attraverso il deserto alla ricerca della terra promessa del
socialismo, mentre il partito, simile alla biblica colonna di fuoco,
illuminava la strada da percorrere. Chi altri, dunque, poteva guidare il
popolo, nella gioia e nel dolore, se non i sacerdoti e i leviti dei comitati di
partito?. E tra questi sacerdoti e leviti, se a Lenin spettava, di diritto, il
ruolo di Mos, certamente Koba aspirava a quello di Aronne.
La rivoluzione minacciava seriamente la regione del Caucaso e il
ministero dell'interno zarista corse ai ripari sguinzagliando le famigerate
centurie nere contro i socialisti, i liberali e gli ebrei. L'antisemitismo era
profondamente radicato nell'anima russa e l'autorit zarista ne aveva fatto
uno strumento istituzionale di potere: gli ebrei venivano indicati dalla
propaganda come la causa di tutti i mali ed era inevitabile che essi
diventassero le vittime del malcontento che si traduceva spesso in
violenza. Vale la pena di ricordare che pogrom, cio l'azione persecutoria
violenta contro gli ebrei e le loro propriet, parola del lessico slavo. Nel
Caucaso, le centurie nere adottarono i metodi antiebraici applicandoli
contro gli armeni che in quella regione rappresentavano agli occhi della
popolazione locale ci che gli ebrei rappresentavano altrove. Le centurie
nere non ebbero difficolt ad aizzare i musulmani contro la borghesia
armena. Il risultato fu il massacro degli armeni e la riuscita della manovra
diversiva contro i fermenti rivoluzionari.
Ma neppure la durissima repressione era servita a spegnere le braci. Due
mesi dopo la concessione paternalistica e contestata dello zar, il
sovrintendente della polizia del Caucaso telegrafava angosciato a
Pietroburgo: Nella provincia di Kutaisi la situazione critica. Gli insorti
hanno disarmato i gendarmi, si sono impadroniti della linea ferroviaria
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

occidentale e sono loro a gestire la biglietteria e a mantenere l'ordine


pubblico. I documenti dei corrieri della gendarmeria vengono
regolarmente sequestrati e io sono privo di notizie. Il vicereggente ha
avuto un collasso nervoso, cerca di sbrigare le faccende pi importanti, ma
ancora molto debole....
Nell'atmosfera di semilibert i partiti erano usciti dalla clandestinit e i
socialisti stampavano, pubblicavano e distribuivano i loro giornali:
Litvinov e Krasin, la Novaija zizn (La vita nuova); Trotskij, Nacialo (La
partenza) e, a Tiflis, Koba dirigeva Kavkaski rabocij listok (Foglio
d'informazioni dei lavoratori caucasici). Tuttavia i giornali avrebbero
avuto una vita effimera.
Lenin s'era tenuto abbastanza distante da quell'embrione di rivoluzione
del 1905; per diversi mesi s'era trattenuto all'estero e soltanto verso la fine
dell'anno aveva fatto ritorno a Pietroburgo. Era rimasto defilato poich non
era uomo tagliato per azioni clamorose, era un tessitore paziente e
instancabile. Ma c'era anche un'altra ragione: i bolscevichi non erano i
protagonisti della vicenda rivoluzionaria, ruolo che s'erano assunti i
menscevichi e i social-rivoluzionari. Il commento di Lenin all'insurrezione
di Mosca era stato: Non si sarebbero dovute prendere le armi. Lenin era
convinto che prima dell'azione fosse necessaria una meticolosa messa a
punto della base ideologica e la definizione della strategia politica.
Insomma rifiutava l'improvvisazione, ne conosceva i limiti e i pericoli.
E se era tornato in Russia non era certamente per partecipare in qualche
modo alla rivoluzione, ma per preparare adeguatamente la conferenza
nazionale del partito.
Koba diede il suo contributo lavorando per l'organizzazione della quarta
conferenza dei bolscevichi del Caucaso durante la quale fu, secondo alcuni
biografi, eletto delegato alla conferenza nazionale. Altri sostengono che
Koba fosse soltanto inviato al congresso poich mai e poi mai la
maggioranza menscevica caucasica avrebbe affidato la propria delega a
quello che considerava il suo principale nemico.
Lenin aveva programmato che, per la prima volta, e non senza
significato provocatorio nei confronti del regime zarista, la conferenza
fosse tenuta sul territorio russo. Alla fine la scelta era caduta su
Tammerfors, in Finlandia, poich questa regione godeva di una certa
autonomia e di maggiore libert di altre dell'impero e consentiva quindi
maggior sicurezza ai delegati.
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Per Koba fu un avvenimento memorabile: era la prima volta, a parte la


deportazione in Siberia, che lasciava la regione del Caucaso per recarsi
nella Russia europea e, soprattutto, era la prima volta che avrebbe
incontrato Lenin di persona.
Incontrai Lenin per la prima volta nel dicembre 1905 durante la
conferenza dei bolscevichi a Tammerfors, in Finlandia ricorder qualche
anno pi tardi Koba. Mi aspettavo di vedere l'aquila del nostro partito, il
grande uomo, grande non soltanto politicamente, ma se vogliamo anche
fisicamente; nella mia immaginazione infatti, Lenin appariva come un
gigante maestoso e imponente. Quale fu invece la mia delusione nel vedere
un uomo dall'aspetto comunissimo, di statura inferiore alla media, che non
si distingueva in nulla, letteralmente in nulla, dai comuni mortali. Si ritiene
di solito che un "grande uomo" debba giungere in ritardo alle riunioni
affinch gli altri lo attendano con il fiato sospeso e ne annuncino
l'apparizione sussurrando: "Zitti.... silenzio... sta arrivando". Questo rito
non mi sembrava superfluo poich ispira e impone rispetto. Quale fu la
mia delusione nell'apprendere che Lenin era arrivato alla riunione prima di
tutti i delegati e che s'era andato a mettere in un angolo qualunque dove,
con la massima indifferenza, stava facendo conversazione, la pi comune
delle conversazioni, con i pi comuni delegati. Non vi nasconder che,
allora, tutto ci mi sembrava, in qualche modo, una violazione di certe
norme essenziali.
La conferenza, alla quale Koba s'era recato con un passaporto falsificato,
intestato a un certo Ivanovic, ebbe luogo tra il 12 e il 17 dicembre.
Nadezda Kostantinova Krupskaia, moglie di Lenin, descrisse l'atmosfera
generale della conferenza in termini decisamente trionfalistici.
L'entusiasmo fu straordinario scrive la Krupskaia. Ogni compagno era
pronto alla lotta. Negli intervalli imparavamo a sparare. Una sera
assistemmo a una manifestazione di massa finlandese alla luce delle torce
e la sua solennit fu pienamente adeguata allo stato d'animo dei delegati.
Dubito che qualcuno dei presenti alla conferenza abbia potuto
dimenticarlo.
Alla delusione per l'aspetto fisico insignificante di Lenin e per il suo
comportamento troppo disinvoltamente democratico dovette certamente
seguire e fu senz'altro pi pesante, quella per la condotta e le scelte
politiche congressuali. C' da credere che di quest'ultima delusione, Koba
non fece mai pubblicamente menzione soltanto per ragioni d'opportunit.
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Al primo posto, nell'ordine del giorno, c'era la fusione tra bolscevichi e


menscevichi. A livello nazionale infatti le imperscrutabili vie del
trasformismo politico avevano riavvicinato le due fazioni ed entrambe
erano consapevoli e preoccupate della debolezza che la loro divisione
provocava al movimento operaio. Koba-Ivanovic non era in grado di
comprendere a fondo il problema almeno per due motivi: l'avversione
violenta e irrazionale che provava per i menscevichi e la scarsa importanza
che aveva la scissione nel Caucaso per la presenza irrilevante dei
bolscevichi. Venne approvata la proposta di delegare direttamente la
riunificazione alle organizzazioni locali senza rendere vincolante il parere
della direzione. I menscevichi, anche loro riuniti in conferenza,
approvarono un analogo ordine del giorno.
L'altro argomento che trov Koba su posizioni completamente opposte a
quelle del maestro furono le elezioni alla Duma. Si poneva il quesito se i
socialdemocratici dovessero parteciparvi o meno. Koba, alla conferenza
dei bolscevichi caucasici, aveva affermato che le elezioni dovevano essere
boicottate. La classe lavoratrice doveva risolvere i propri problemi nelle
piazze e sulle barricate e non nei seggi elettorali. Lenin invece si
pronunci a favore della partecipazione alle elezioni. Non gi perch fosse
un convinto assertore del parlamentarismo borghese fatto di discorsi
roboanti e di compromessi nati da mercanteggiamenti, ma perch riteneva
giusta, d'accordo con i menscevichi, la presenza nella Duma di forze che
avrebbero potuto trasformarne positivamente la fisionomia politica. Lenin
insomma era convinto che si potesse difendere la causa della rivoluzione
anche dai banchi del parlamento zarista: sosteneva che la rivoluzione
potesse essere predicata anche da un letamaio o da un porcile.
Koba si trov schierato con i delegati che disapprovavano il parere di
Lenin. Anche lui scrive Isaac Deutscher come altri aveva pensato che il
capo, analogamente a quanto era successo a molti emigrati, aveva perso i
contatti con la vita della Russia e sottovalutava il significato e la portata
degli avvenimenti pi recenti. Essi invece, gli oscuri lavoratori clandestini
che studiavano il corso della rivoluzione nei tuguri di Mosca, Kazan o
Baku e non nelle biblioteche di Ginevra, Londra o Parigi, essi erano
meglio informati.
Lenin rest stupito da quella reazione che non s'aspettava cos violenta,
ammise che poteva anche non avere ragione e annunci giovialmente di
voler "ritirarsi in buon ordine dalla sua posizione". Per risolvere la
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

questione fu deciso di costituire una commissione che avrebbe redatto un


testo risolutivo: tra i membri di questa commissione fu eletto anche KobaIvanovic. Era la prima volta che partecipava a una assemblea nazionale e
gi riportava una prestigiosa affermazione. Averla ottenuta contro Lenin
commenta Deutscher poteva soltanto aumentare la sua fiducia in se
stesso.
Qualche giorno dopo la conferenza di Tammerfors si legge in un
rapporto dell'Okrana che, inevitabilmente, aveva un suo infiltrato nel
partito il comitato centrale socialdemocratico e un certo numero di
delegati, menscevichi e bolscevichi, s'incontrarono al numero 9 della
prospettiva Zagorodnij a Pietroburgo, per discutere del problema
dell'unit. Nell'elenco della polizia c' anche il nome di Ivanovic,
delegato di Tiflis.
Ancora una volta, Koba ebbe di che dolersi: Lenin e Martov (il capofila
dei menscevichi) si trattavano con grande cordialit e discutevano di
problemi correnti; Martov accett proprio quelle proposte che, tempo
prima, avevano provocato la scissione. E se Koba aveva sufficienti motivi
per rodersi il fegato, altrettanti ne aveva Lenin per essere soddisfatto: la
riunificazione sembrava cosa fatta e alle sue condizioni.
Nei primi giorni di gennaio del 1906, Koba fece ritorno a Tiflis agitato
da sentimenti antitetici: la soddisfazione per essere diventato qualcuno
nel movimento rivoluzionario e il disappunto per aver dovuto
ridimensionare il mito personale che s'era costruito intorno alla figura di
Lenin.
Per analizzare gli avvenimenti dell'anno che era appena passato, dalla
domenica di sangue di Pietroburgo in aprile, alla fallita insurrezione di
Mosca in dicembre, scrisse un opuscolo intitolato Due scaramucce.
Questa volta (cio a Mosca) non si vedevano stendardi religiosi, n icone,
n ritratti dello zar sottolineava. Sventolavano invece le bandiere rosse e
venivano issati i ritratti di Marx e di Engels. Non s'udiva il canto dei salmi
o di Dio salvi lo zar, ma ad assordare i tiranni si cantavano la Marsigliese
e altri inni rivoluzionari. E a commento del sanguinoso fallimento dei due
tentativi di rivolta annotava: Il proletariato russo non abbasser la sua
bandiera insanguinata. Non ceder a nessuno la guida della rivolta. Sar
l'unica degna guida della rivoluzione russa.
Qualche settimana dopo un periodico menscevico georgiano ospitava un
articolo con il quale i suoi avversari consentivano a Koba d'esprimere un
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

parere sulla Duma nell'approssimarsi delle elezioni. Koba non si fece


davvero troppi scrupoli d'esser ospite sulle pagine del foglio menscevico
e scrisse parole durissime e sprezzanti. Defin la Duma un parlamento
bastardo. Afferm che non avrebbe avuto alcun potere poich sarebbe
stato dominato in qualit di censori dalla Camera alta e da un governo
armato fino ai denti.
La Duma non sar un parlamento di popolo ma un parlamento dei
nemici del popolo, perch le elezioni per la Duma non saranno n
universali, n uguali per tutti, n dirette, n segrete.
Ancora una volta, pervicacemente, Koba invitava i veri democratici al
boicottaggio delle votazioni. Intanto la repressione continuava senza
tuttavia riuscire a stroncare del tutto l'attivit insurrezionale. I soldati e i
marinai che s'erano resi colpevoli d'aver partecipato a sommosse e
ammutinamenti venivano fucilati dopo processi sommari. La condanna a
morte o la deportazione erano il destino di molti insorti civili, ma n i
plotoni d'esecuzione, n i tristi convogli diretti in Siberia facevano paura ai
druziny veri e propri distaccamenti di tipo militare che compivano azioni
contro obiettivi ben determinati. Scrive Boris Souvarine: Abbandonata la
loro originaria missione difensiva, i boevichi (militanti armati, franchi
tiratori) passavano all'attacco seguendo l'esempio dei lanciatori di bombe
caucasici, dei bojowcy polacchi. Attentati mortali contro poliziotti,
cosacchi e agenti governativi, incominciarono a moltiplicarsi, cos come
gli espropri a mano armata di fondi pubblici o privati.
Gli espropri (ekspropriacija), sequestri con forza di somme di denaro
sia custodite presso banche, sia presso uffici postali, magazzini di Stato,
trasportate da treni postali o furgoni, ma all'occorrenza anche appartenenti
a privati divennero una pratica frequente nel 1906 e 1907.
Nella maggior parte dei casi le ekspropriacija avvenivano senza
spargimento di sangue: le operazioni riuscivano a rimanere incruente
perch le bande sfruttavano l'elemento sorpresa e una grande rapidit
d'esecuzione. Accadeva tuttavia che qualche guardiano addetto alla
sorveglianza degli obiettivi scelti dai druziny fosse ucciso. Quanto agli
espropriatori rischiavano, in caso di cattura, la pena di morte per
banditismo.
Qualche biografo sostiene che gi in questo periodo, cio subito dopo il
ritorno dalla Finlandia, anche Koba fosse impegnato in operazioni del
genere sopra descritto, ma non accertato. sicuro, invece, che fu
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

coinvolto nella preparazione di un complotto per l'assassinio del generale


Grisanov, il governatore militare della Georgia che aveva personalmente
comandato le cariche dei cosacchi contro i dimostranti e aveva fatto
cannoneggiare i quartieri operai di Tiflis. Koba partecip alla riunione per
l'estrazione del nome di colui che, materialmente, avrebbe dovuto eseguire
l'operazione. L'incontro avvenne in una osteria dei sobborghi di Tiflis. La
sorte indic un giovane operaio, Arsenius Dzhordzhashvili. Nell'atmosfera
di diffusa esaltazione che accompagnava queste macabre liturgie, mentre
tutti si congratulavano con il prescelto e brindavano alla sua salute, Koba
smorz gli entusiasmi richiamando l'attenzione dei suoi compagni sulla
possibilit che il prescelto avesse commesso qualche errore, in tal caso
avrebbe eseguito lui stesso l'attentato. Secondo Koba, la mano
dell'attentatore avrebbe potuto tremare o la bomba, lanciata troppo in
fretta, non esplodere. Un'operazione importante come la sopressione del
generale Grisanov non poteva essere affidata a una sola persona. Le parole
di Koba trovarono tutti d'accordo e fu incaricato lui stesso di trovare un
vice-attentatore volontario.
L'attentato non avrebbe comunque dovuto presentare complicazioni: il
generale era solito fare una passeggiata servendosi di una carrozza aperta e
offriva un bersaglio facile da colpire. Tuttavia, nel giorno scelto, il piccolo
commando che accompagnava l'esecutore materiale s'accorse che insieme
con il generale c'era anche la figlia. La bomba non venne lanciata; a un
autentico georgiano, anche se bandito, ripugnava infatti di far del male a
una donna.
Il giorno dopo per il generale era solo, Dzhordzhashvili lanci i suoi
ordigni e il famigerato Grisanov mor dilaniato. Lo sventurato attentatore
fin immediatamente nelle mani dei cosacchi, venne processato per
direttissima da un tribunale militare e condannato a morte per pubblica
impiccagione. Era stato sottoposto a un pesantissimo interrogatorio e,
nonostante le sevizie, non aveva rivelato i nomi dei suoi complici.
Affront coraggiosamente la morte da solo sulla forca che era stata issata
nella piazza principale di Tiflis. Il vero eroe, il guerrigliero impavido e
temerario di questo genere d'azioni era Semion Ter-Petrosian, il giovane
armeno che era stato allievo di Koba al tempo in cui, immediatamente
dopo esser stato espulso dal seminario teologico, questi si guadagnava da
vivere facendo lezioni private. Semion Ter-Petrosian aveva assunto il
nome di battaglia di Kamo e con questo nome era destinato ad entrare
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

nella leggenda della lotta partigiana.


Non tutti per, e soprattutto i menscevichi, condividevano questi metodi
di lotta e non per un aprioristico rifiuto del terrorismo, ma perch s'erano
resi conto che il fenomeno, generalizzandosi, sfuggiva sempre pi al
controllo delle organizzazioni. A coloro che agivano in nome di un ideale
politico si mescolavano e si sostituivano veri e propri banditi i quali
taglieggiavano, rapinavano e uccidevano soltanto per proprio personale
tornaconto. Agli atti di guerra partigiana s'affiancavano delitti comuni,
gettando sospetto e discredito sul movimento anche presso coloro che lo
vedevano di buon occhio.
Il problema venne affrontato durante il quarto congresso che si tenne
nell'aprile del 1906 a Stoccolma e nel corso del quale si doveva sancire la
riunificazione dei menscevichi e dei bolscevichi. Il Caucaso aveva inviato
undici delegati, dieci menscevichi e soltanto un bolscevico: era KobaIvanovic.
Il congresso approv una risoluzione che condannava i furti, gli
espropri, i contributi forzosi, la distruzione di edifici pubblici e di linee
ferroviarie, ma i bolscevichi riuscirono a far passare un loro emendamento,
caldeggiato da Lenin con il quale si riconosceva la fatale necessit di una
lotta attiva contro il terrore governativo e le violenze dei Cento neri. La
raccomandazione era di evitare gli attentati alle propriet personali di
cittadini pacifici.
Altro tema di fondo, dibattuto al congresso di Stoccolma, e che vide una
volta tanto menscevichi e bolscevichi attestati su posizioni non molto
lontane, riguardava il destino delle propriet terriere, argomento
importantissimo per una nazione che, come quella russa, fondava la sua
economia soprattutto sull'agricoltura.
I menscevichi progettavano la repubblica russa ventura dominata dalla
borghesia liberale e intendevano conferire poteri rilevanti alle
amministrazioni locali.
Lenin ipotizzava invece una dittatura democratica degli operai e dei
contadini nella quale la propriet di tutte le terre fosse affidata al governo
centrale.
Il delegato caucasico Koba-Ivanovic si dichiar contrario a entrambe
queste ipotetiche soluzioni, sia alla municipalizzazione, sia alla
nazionalizzazione. Per lui la riforma fondiaria doveva essere attuata con la
ridistribuzione delle grandi propriet ai contadini. Secondo Koba, che bene
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

o male era d'origine contadina e affermava d'avere quindi specifica


competenza sul problema, n la municipalizzazione, n la
nazionalizzazione avrebbero accontentato i lavoratori della terra. Anche
nei loro sogni sottoline Koba i mugichi vedono i campi dei signori
come una loro propriet.
La soluzione prospettata da Koba venne definita distributismo e
condannata dalla maggior parte dei socialisti come una concessione
reazionaria all'individualismo dei contadini.
Scrive Isaac Deutscher: Lenin tuon contro quei militanti del partito
che pensavano soltanto a ingraziarsi il mugic arretrato e, trascurando i
principi socialisti, giocavano senza scrupoli sulla sua brama di propriet.
Koba-Ivanovic replic che la riforma agraria da lui proposta poteva, s,
promuovere il capitalismo nelle campagne, ma questo era appunto lo
scopo che i rivoluzionari, di comune accordo, si prefiggevano. Le piccole
propriet e il capitalismo rurale rappresentavano certamente un progresso
rispetto al vigente feudalesimo.
Lenin, alla fine, vot a favore della tesi del distributismo, ma continu
ad accusare di miopia politica i personaggi del tipo di Koba-Ivanovic.
Al suo ritorno da Stoccolma, Koba redasse un opuscolo informativo:
secondo lui il bilancio del congresso era da ritenersi fallimentare, le
risoluzioni adottate erano l'immagine dello spirito opportunistico che
animava la maggioranza menscevica.

CAPITOLO VI
VEDOVO INCONSOLABILE
Il 1906 fu per gli ekspropriacija e per i terroristi un anno degno d'essere
ricordato. In marzo, a Mosca, un gruppo d'assalto socialista prese di mira
una banca portandosi via un bottino di 875 mila rubli. Sempre in marzo, a
Duseti, nella zona di Tiflis, sei socialisti federalisti che erano riusciti a
impadronirsi di divise militari, mascherati da soldati, confiscarono 315
mila rubli. In Polonia, i bojowcy di Josef Pisudski portarono un attacco
simultaneo in diverse citt a soldati e poliziotti uccidendone alcune decine.
In agosto un commando misto di massimalisti e di uomini scelti
dall'ufficio tecnico bolscevico di Pietroburgo comp un attentato contro la
villa del ministro Piotr Stolipin e, in ottobre, assal e saccheggi
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

un'automobile portavalori della Banca di Stato.


In quell'anno memorabile, il mese d'ottobre fu certamente il pi animato
per i terroristi. Eccone il bilancio: 121 atti terroristici, 47 scontri con la
polizia, 362 espropri. In soli quattro mesi erano stati uccisi 2118 funzionari
o rappresentanti del regime.
Uno dei centri pi attivi era quello di Tiflis. E il cervello del
terrorismo di Tiflis era Josif Vissarionovic Giugashvili nascosto dietro il
nome di battaglia di Koba. Il Caucaso scrive Isaac Deutscher fu la
principale zona di operazioni delle squadre di combattimento. In principio,
queste furono avvolte da un'aura di romanticismo che si addiceva
perfettamente alla tradizione locale di brigantaggio cavalleresco.
Nel maggio 1907, Koba torn a servirsi del suo pseudonimo da
congresso Ivanovic. Doveva infatti recarsi a Londra dove si teneva un
nuovo congresso del partito. Rispetto alla precedente assise di Stoccolma
c'erano rilevanti novit sia dal punto di vista qualitativo, sia quantitativo.
Evidentemente il movimento stava davvero crescendo. A Stoccolma
(aprile 1906) la ripartizione dei delegati era la seguente: trentasei operai e
centotto intellettuali che si dividevano trecentoquarantatr incriminazioni
per reati politici e duecentottantasei anni di carcere o di deportazione. A
Londra, poco pi che un anno dopo, i delegati operai erano centosedici e
gli intellettuali erano centonovantasei, pi diversi altri d'incerta
collocazione. I rivoluzionari di professione erano cinquantasei,
centodiciotto vivevano a spese del partito; quanto al certificato penale
collettivo registrava settecentodieci imputazioni, ottocentotrentaquattro
anni di reclusione o di deportazione, duecentodieci evasioni. E ancora, in
un solo anno, i menscevichi erano passati da diciottomila a quarantatremila
iscritti, i bolscevichi da tredicimila a trentatremila, i bundisti erano anche
loro trentatremila, i polacchi ventinovemila, i lettoni tredicimila.
Il congresso di Londra si tenne in una chiesa e si svolse attraverso
trentacinque sedute alcune delle quali estremamente burrascose.
Anche la partecipazione di Koba era stata oggetto di non poche
complicazioni. I menscevichi non ritennero valido il suo mandato e, dopo
estenuanti discussioni, venne ammesso con il solo voto consultivo. La
Georgia ricorda Isaac Deutscher era diventata una fortezza menscevica,
al punto che Koba non pot ottenere credenziali da nessun organismo
caucasico riconosciuto.
La presenza pi significativa al congresso di Londra fu quella di Leon
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Trotskij, da poco evaso dalla Siberia. Il giovane intellettuale aveva assunto


una posizione centrista, cercando di conciliare due posizioni che avevano
raggiunto un tale equilibrio numerico da rischiare la paralisi del partito.
Dove vi ha condotto la scissione chiedeva Trotskij a menscevichi e
bolscevichi a fare le stesse cose gli uni a fianco degli altri, a calpestare un
terreno comune e a pestarvi i piedi a vicenda. E tutto questo a che cosa vi
ha portato? Prima siete stati costretti a trovare un accordo federativo, poi
avete pensato alla riunificazione. Il monito a evitare successive scissioni
e riunificazioni era solenne. Tuttavia la posizione di mediatore che Trotskij
s'era assunto era priva di qualsiasi facile accondiscendenza: verso la
sinistra del partito era estremamente critico, aveva accusato Lenin di
ipocrisia tanto che il presidente del congresso s'era sentito in dovere di
richiamarlo all'ordine. Ma i suoi discorsi non erano rimasti nel campo
sterile della polemica, molti delegati avevano recepito il suo messaggio
all'unit.
Persino la combattiva Rosa Luxemburg, la passionarla anarco-socialista,
pronunci un intervento vicino alla concezione di rivoluzione
permanente proposta da Trotskij.
Nella Brotherhood church di Londra riesplose la polemica tra Martov e
Lenin sul terrorismo rivoluzionario al quale anche molti bolscevichi
volevano rinunciare. La risoluzione che condannava tutte le azioni armate
e le espropriazioni venne approvata a larghissima maggioranza.
Koba-Ivanovic fu, al congresso di Londra, una comparsa muta; forse
Lenin stesso gli aveva chiesto di non mettersi in mostra. Era la prima volta
che Koba vedeva di persona Leon Trotskij il quale non s'era neppure
accorto dell'esistenza di quello che per lui era soltanto un oscuro delegato
caucasico.
Tornato in Georgia, Koba rifer del congresso londinese su Bakinski
proletari} (Il proletario di Baku), giornale clandestino. Quanto alla non
sopita polemica tra menscevichi e bolscevichi, Koba aveva scritto:
Qualcuno tra i bolscevichi ha osservato scherzosamente che essendo i
menscevichi la fazione degli ebrei e i bolscevichi quella dei russi, ci
converrebbe fare un pogrom nel partito. Affermazione di agghiacciante
ambiguit se si pensa all'intimo antisemitismo di Giugashvili e alle sue
dichiarazioni ufficiali che condannavano l'odio di razza.
Quanto a Trotskij, Koba aveva pesantemente sottolineato la magnifica
inutilit dell'ex presidente del soviet di Pietroburgo. Era sancita cos una
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

rivalit che doveva, alcuni anni dopo, costare cara, molto cara, al brillante
Trotskij.
Nonostante l'esplicita condanna pronunciata contro le varie azioni di
guerriglia dal congresso di Londra, questo genere di risoluzioni e di
raccomandazioni trovavano scarso seguito alla periferia del partito. Fin dal
primo giorno del suo ritorno a Tiflis, Koba si dedic alla preparazione
della pi clamorosa ekspropriacija della storia del movimento bolscevico:
coinvolse oltre sessanta cospiratori e provoc la morte di una cinquantina
di persone tra le quali numerosi poliziotti e guardie cosacche.
Il mattino del 26 giugno 1907 (13 giugno secondo il vecchio calendario
russo), verso le dieci e trenta, un reparto di cavalieri cosacchi armati fino ai
denti passava per piazza Erivan, a Tiflis. Era la scorta di un furgone che
trasportava trecentomila rubli in denaro contante e altri valori che dagli
uffici della Posta centrale dovevano essere trasferiti alla filiale cittadina
della Banca imperiale. Poco prima che il convoglio fosse apparso sulla
piazza, un tale che indossava la divisa da capitano dell'esercito aveva
invitato i passanti ad allontanarsi, facendo vaghe allusioni a qualche cosa
di pericoloso che avrebbe potuto verificarsi. All'arrivo del furgone, l'uomo
travestito da capitano gli si era lanciato contro gettando bombe. Dal tetto
di una casa, di propriet del principe Zumbatov, sulla piazza, venne
scagliata un'altra bomba. Altri rivoluzionari, con ordigni vari, sbucarono
improvvisamente da dietro gli angoli delle strade: almeno altre dieci
bombe esplosero in rapida successione. Nel mezzo di una indescrivibile
confusione, tra i fumi, i vetri infranti, i morti e i feriti sul selciato
macchiato di sangue, il falso ufficiale s'era lanciato sui cavalli che
imbizzarriti trascinavano all'impazzata il furgone. Era riuscito a fermarli.
Dal furgone semidistrutto dalle bombe prelev i sacchetti che contenevano
il denaro e li pass ai suoi complici che sparirono come se fossero stati
fantasmi. Poi anche lui si dilegu in una nuvola di polvere.
Il falso capitano dell'esercito era l'ormai leggendario Kamo (Semion
Ter-Petrosian) ed era assistito dal suo braccio destro Kote Tsintsadze,
entrambi dotati di un fisico gigantesco e di un coraggio da eroi della
mitologia banditesca georgiana. Al colpo avevano partecipato anche due
donne: Pacija Goldava e Anja Sulamidze.
Il bottino della sanguinosa rapina fu di trecentoquarantunomila rubli,
quasi tutti in taglio da cinquecento rubli. Quello che n Koba, cervello
dell'assalto, n gli esecutori potevano sapere che i numeri di serie
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1985 - La Vita Di Stalin

compresi tra AM 62900 e 63650 erano stati registrati. Accadde cos che il
cambio del bottino presso le banche estere (immediatamente avvertite)
divenne quasi impossibile. Diversi personaggi di spicco del bolscevismo,
tra i quali lo stesso Litvinov, vennero arrestati in vari paesi dell'Europa
occidentale mentre tentavano di cambiare il denaro.
L'intera vicenda venne ripresa con grande risalto sia dalla stampa russa,
sia da quella europea: sul movimento rischiava d'essere impresso un
marchio d'infamia. I menscevichi lanciarono pesantissime accuse contro lo
stesso Lenin, colpevole secondo loro d'aver tradito i principi sanciti dai
congressi di Stoccolma e Londra e denunciarono la questione a una giuria
di partito presieduta dal menscevico Georgij Cicerin. Leon Trotskij scrisse
articoli di fuoco sui giornali socialdemocratici tedeschi indicando Lenin
come responsabile della disintegrazione materiale e morale del socialismo
russo.
Koba venne sottoposto a un'inchiesta e al successivo giudizio della
maggioranza menscevica del partito caucasico. Alcuni membri della
commissione raccomandarono l'espulsione di Koba e di tutti coloro che
avevano partecipato alla fallimentare rapina di piazza Erivan. L'andamento
dell'inchiesta e i risultati non sono noti; questo genere di procedimenti
disciplinari interni non veniva mai verbalizzato per evitare che l'eventuale
confisca dei verbali da parte della polizia danneggiasse l'intero movimento.
poco probabile che Koba fosse stato espulso, pi verosimilmente fu
sottoposto a censura e indotto a lasciare Tiflis, cos come era accaduto
quando sei anni prima s'erano scoperti i suoi intrighi contro Gibladze e gli
altri menscevichi ed era stato esiliato a Batum.
Costretto a lasciare Tiflis, non gradito a Batum dove era ancora vivo il
ricordo della manifestazione che era costata la vita a tanti operai, a Koba
restava soltanto una citt del Caucaso dove poter trasferire le sue attivit:
Baku, la capitale del petrolio georgiano.
Antica cittadina tataro-persiana, Baku era cresciuta in fretta dopo la
scoperta dell'oro nero: dai quattordicimila abitanti del 1865 ai
centododicimila del 1897 fino ai duecentomila del 1907. Aveva conservato
la caratteristica fisionomia orientale con moschee e minareti, il grande
bazar, l'intrico dei vicoli dove, in abitazioni minuscole e sordide
s'ammassava la popolazione musulmana. I pozzi di petrolio dalla
produzione in continuo aumento davano da lavorare a un proletariato
miserabile e analfabeta composto da turchi, persiani, armeni, tatari e russi.
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1985 - La Vita Di Stalin

Era il proletariato industriale pi numeroso della Georgia sottolinea H.


Montgomery Hyde e, grazie agli sforzi di Leonid Krasin, il pi
impregnato di socialismo marxista in tutto l'impero russo, fatta eccezione
per Pietroburgo e Mosca.
A Baku, Josif Vissarionovic Giugashvili abbandon il nome fittizio di
Koba per quello di Kaios Vissarion Nisciaradze, un defunto commerciante
di tappeti. Insieme con lui c'era la moglie, Keke: abitavano secondo la
testimonianza di Sergei Alliluiev in una modesta casetta a un solo piano.
Il lavoro politico a Baku non era agevole. La citt era troppo
marcatamente oriente asiatico e occidente europeo per consentire
l'adozione di un metodo di proselitismo e di lotta univoco. Il quarantotto
per cento degli operai era costituito da russi e armeni, il quarantadue per
cento da persiani e tatari. C'erano poi i persiani che formavano un gruppo
soggetto a migrazioni stagionali. Riunire tutte queste razze diverse sotto la
bandiera del denominatore comune marxista era un'impresa ciclopica. I
russi, operai specializzati, vivevano secondo i canoni dell'Europa
industrializzata; i musulmani, la manovalanza, brancolavano ancora in una
miseria di stampo medievale; i tatari, come annota Isaac Deutscher,
praticavano ancora l'autoflagellazione nei giorni della loro festivit lo
sciakhssei-vakssei.
Spesso faide e vendette erano gli strumenti extragiudiziari che
regolavano le controversie tra singoli e gruppi.
Il quartiere musulmano era una specie di roccaforte misteriosa e
impenetrabile, scenario ideale per attivit clandestine e fu proprio in
questo quartiere che Kaios Vissarion Nisciaradze, alias Koba, alias
Ivanovic, cio Josif Vissarionovic Giugashvili istall la tipografia
clandestina.
Aveva individuato immediatamente il terreno sul quale operare per
destare la sensibilit politica di quelle masse amorfe e semiselvagge:
quello dei salari.
Le grandi compagnie petrolifere erano propriet di azionisti europei, ma
il sistema retributivo rifletteva curiosamente la mentalit asiatica ed era
formato da pochi denari contanti, il bacscisc o beshkes (come lo chiamava
Koba) e da pagamenti in natura. La propriet metteva in atto tutte le truffe
che l'astuzia levantina poteva escogitare per truffare i lavoratori sul salario.
pur vero che nelle officine meccaniche nelle quali erano impiegati
soprattutto lavoratori russi il sistema salariale era molto simile a quello
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1985 - La Vita Di Stalin

occidentale, ma ci contribuiva ad accentuare la discriminazione e la


divisione tra i lavoratori.
Oltre a occuparsi dei problemi salariali da convogliare nell'alveo della
lotta politica, Koba s'interessava attivamente delle elezioni preliminari per
la Duma previste per settembre. Le elezioni non erano dirette e ogni
categoria sociale doveva scegliere separatamente i propri grandi elettori;
a Baku, grazie al lavoro svolto da Koba, la scelta degli operai cadde sui
bolscevichi. Per l'occasione, Koba scrisse un opuscolo dal titolo Istruzioni
degli operai di Baku al loro deputato: il rappresentante doveva dipendere
strettamente dagli ordini del partito e del comitato centrale, il suo compito
non era quello di tutti gli altri membri della Duma, ma doveva in pratica
portare nell'assemblea legislativa i fermenti rivoluzionari. Doveva, in altre
parole, fungere da coscienza proletaria della Duma, mettendone in risalto
l'illegalit in quanto espressione del potere zarista.
Terminate le elezioni, Koba riprese la sua attivit preferita:
l'esacerbazione dei conflitti di lavoro nell'ambito delle industrie di Baku. I
padroni, sosteneva Koba, dovevano trattare con le organizzazioni dei
lavoratori e la base per avviare le trattative era abbandonare i metodi di
retribuzione asiatica per adottare quelli europei. Koba espose il suo
pensiero in una serie di articoli sul giornale Gudok (Il segnale), bollettino
legale delle organizzazioni sindacali bolsceviche. La linea intransigente dei
bolscevichi ebbe successo: gli industriali accettarono di trattare con tutti i
rappresentanti dei lavoratori. Allora, Koba chiese ai cinquantamila operai
di Baku di eleggere i loro delegati; ottenne anche dalle autorit che la
polizia non disturbasse i lavori dell'assemblea.
Tutto questo mentre i menscevichi s'erano dichiarati disposti a trattare
senza porre alcuna condizione e i rappresentanti della comunit operaia
armena avevano proposto di boicottare le trattative.
Koba non era solo in quella battaglia, l'unica ancora in corso mentre nel
resto della Russia infuriava la reazione imposta dal nuovo primo ministro
Piotr Stolipin dopo che lo zar s'era rimangiato una gran parte delle
concessioni semiliberali. Accanto a Koba, a Baku, ultima roccaforte della
rivoluzione, c'erano uomini destinati a un futuro illustre: un giovane
operaio metalmeccanico del bacino del Don di nome Kliment (Klim)
Voroscilov che avrebbe portato la greca di maresciallo; Sergej
Orgionikidze; i fratelli Jenukidze, Abel diventer vicepresidente
dell'Unione Sovietica; Suren Spandarian; Prokofi Giaparidze e Stepan
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1985 - La Vita Di Stalin

Georgevic Sciaumian futuri commissari di Baku.


Lenin seguiva con attenzione l'attivit di Koba il quale aveva rinunciato
a scrivere in georgiano per adottare il russo, lingua unificante nella babele
di idiomi locali che divideva i lavoratori di Baku. Lenin leggeva con
curiosit quegli articoli, certamente non brillanti, ma redatti con grande
rigore logico e ne ammirava l'ortodossia bolscevica. Koba non era pi
l'anonimo delegato che Lenin aveva conosciuto e forse subito dimenticato
al congresso del partito a Londra, era diventato, agli occhi del capo, uno
dei protagonisti della politica nazionale.
Tuttavia, se da una parte la stella politica di Koba era in piena ascesa nel
partito, lo aspettavano giorni terribili.
Nell'autunno del 1907 la dolce e graziosa Keke si ammal di polmonite.
La malattia degener in una forma tubercolare acuta. Fino all'ultimo essa
preg perch il suo Soso si riconvertisse alla fede dei padri che lei non
aveva mai abbandonato. Keke spir serenamente all'alba di una giornata
ventosa e soleggiata. Koba ne aveva seguito la breve agonia rigido come
una statua di sale, senza lasciar trasparire la bench minima emozione.
Con gli occhi asciutti, dinanzi alla salma di quella donna che forse non
aveva avuto tempo e capacit d'amare come avrebbe voluto, disse: Le
avevo promesso che sarebbe stata sepolta con il rito ortodosso e manterr
la promessa. Per il rivoluzionario ateo e materialista, per l'esponente di un
partito che negava il diritto d'esistenza a qualsiasi chiesa, doveva esser
stata una promessa difficile da fare e ancor pi difficile doveva essere
mantenerla.
Testimone di quella personale tragedia di Koba fu Josif Iremashvili il
quale raccont che ai funerali, Koba era sconvolto, distrutto dal dolore.
Josif Iremashvili era diventato avversario politico di Koba passando nelle
file dei menscevichi; nonostante ci era stato accolto all'ingresso del
cimitero con un abbraccio fraterno. Soso gli disse Koba, questa
creatura addolciva il mio cuore di pietra.
Ora morta e con lei sono morti i miei ultimi sentimenti di bont per
tutti gli esseri umani. Poi con una mano appoggiata alla bara e l'altra
contratta sul petto, aveva aggiunto: Adesso tutto cos desolato qui
dentro, cos indicibilmente desolato.
E Josif Iremashvili che ben conosceva quell'uomo annientato dal dolore,
comment: Dal giorno in cui seppell la moglie, egli perdette le ultime
tracce di sentimento umano. Il suo cuore fu pieno dell'odio inalterabile che
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

suo padre aveva incominciato a generare in lui quando era ancora


bambino. Privo di piet verso se stesso lo divenne anche con tutti gli altri.
Il piccolo Jakov, tre anni, figlio di Koba e della defunta Keke, venne
affidato a parenti della madre, il fratello Aleksandr Svanidze e alla moglie
di questo. Per dieci anni il bambino doveva vivere convinto di essere
orfano d'entrambi i genitori.
Poco tempo dopo la scomparsa della moglie, Koba e il suo compagno
Sergej Orgionikidze vennero arrestati dalla polizia segreta e rinchiusi nel
carcere Bailov.
Le spesse mura e le sbarre del carcere non furono d'ostacolo al
proseguimento dell'attivit politica dentro e fuori della prigione. Gli
opuscoli di propaganda entravano per quelle stesse misteriose vie per le
quali uscivano gli articoli di giornale redatti dal detenuto Koba. Tra i
carcerati per motivi politici si svolgevano animati dibattiti e se
appartenevano a fazioni avversarie roventi polemiche. Ma la popolazione
carceraria non era costituita soltanto dai reclusi e dai loro custodi, c'erano,
mescolati ai primi, gli agenti provocatori dell'Okrana. La consapevolezza
di queste inquietanti presenze rendeva l'atmosfera del carcere tesa, lacerata
dai sospetti e talvolta la violenza faticosamente repressa esplodeva.
L'uomo sospettato, qualche volta a torto, di essere un infiltrato della
polizia politica segreta veniva ucciso. Si trattava di una misura
autodifensiva prevista e accettata dal codice non scritto del movimento
clandestino.
La vita, nella prigione costruita per ospitare quattrocento detenuti e nella
quale ne erano invece rinchiusi millecinquecento, era durissima, ma Koba
sopportava disagi, percosse, insulti con una tale freddezza, una tale
indifferenza come se non lo riguardassero. Simon Verescak, un socialista
rivoluzionario compagno di pena di Koba, forn sul suo comportamento
interessanti testimonianze anche se forse in alcuni casi un po' alterate
dall'antagonismo politico. Gli elementi essenziali sono comunque tali da
poter essere creduti.
Non era raro che i condannati a morte in attesa dell'esecuzione
trascorressero gli ultimi giorni di vita insieme agli altri detenuti. Le
impiccagioni avvenivano nel cortile della prigione e tutti potevano
assistere alla terribile passeggiata del compagno che si avviava verso la
forca. Per i nervi dei detenuti si trattava di una vera e propria tortura.
Simon Verescak ricorda a questo proposito: Mentre l'intero carcere era in
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agitazione per una condanna a morte che doveva essere eseguita nel corso
della notte, Koba dormiva, s'esercitava nella grammatica tedesca o recitava
frasi in esperanto che, secondo lui, sarebbe stata la futura lingua
dell'Internazionale.
Simon Verescak insinua anche che Koba fosse stato l'istigatore occulto
dell'assassinio di alcuni detenuti ritenuti agenti provocatori. Questa abilit
nel colpire segretamente con la mano altrui, pur restando inosservato, fece
di Koba un perfido organizzatore al quale non ripugnava l'uso di nessun
mezzo e che eludeva ogni resa dei conti, ogni responsabilit. Un giudizio
questo che pare estremamente grave e non privo di faziosit.
Dal carcere ammon i compagni delle industrie petrolifere di Baku a non
abusare dell'arma degli scioperi generali e a non lasciarsi andare a violenze
individuali contro i padroni o i dirigenti delle istallazioni e delle fabbriche.
Ovviamente tutto ci non doveva essere scambiato per una resa o un
atteggiamento accomodante di fronte ai comportamenti paternalistici dei
padroni e dei capi.
Alla fine di novembre del 1908 venne notificato a Koba il decreto di
deportazione, ma questa volta non era destinato alla Siberia. Avrebbe
dovuto restare per due anni a Solvicegodsk, una minuscola colonia fondata
nel XIV secolo dai mercanti russi nella parte settentrionale della provincia
di Vologda come centro di scambio di sale e di pellicce, a circa
cinquecento chilometri a nord-est di Pietroburgo. La localit aveva un
clima certamente meno ostile di quello, polare, dei luoghi di deportazione
siberiani.
Durante il viaggio di trasferimento, Koba si ammal di tifo e venne
ricoverato nell'ospedale di Viatka. La malattia rappresent soltanto una
sosta forzata; appena ristabilito il prigioniero riprese il disagevole viaggio
verso la localit designata per la sua deportazione. Koba arriv a
Solvicegodsk nel febbraio 1909.
Poco si sa di come Koba trascorresse le sue giornate nella piccola
localit della Vologda sulle rive del fiume Sukhona; certamente godeva di
un regime di semilibert poich la categoria di prigionieri alla quale
apparteneva, deportati a seguito di un decreto amministrativo e non di una
vera condanna penale, erano sottoposti a controlli polizieschi periodici. Un
rapporto della gendarmeria lo definisce volgare, insolente, privo di
qualsiasi rispetto nei confronti delle autorit.
A Solvicegodsk, Koba rest soltanto quattro mesi. Il 24 giugno 1909
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fugg e questa evasione facile aliment ancora una volta le voci di una
sua connivenza con l'Okrana. Secondo alcuni detrattori, ma un'involontaria
conferma venne successivamente anche dal suo amico Lavrentij Beria,
capo della polizia sovietica, Koba pot lasciare l'esilio di Solvicegodsk con
un passaporto rilasciatogli dalla gendarmeria locale e intestato a tale
Oganess Vartanovic Totomiants. Il passaporto aveva il numero 982 e la
data del rilascio era quella del 12 maggio 1909, soltanto poche settimane
prima della fuga di Koba.
Prima di ritornare a Baku, Koba si ferm a Pietroburgo dove incontr
l'amico (e futuro suocero) Sergei Alliluiev e successivamente a Mosca.
Durante la tappa a Pietroburgo, Koba aveva ripreso i contatti con i membri
del quartier generale clandestino del partito dal quale era stato accolto
come un amico e come un eroe di quell'ultima trincea della rivoluzione che
era unanimemente considerato il Caucaso e in particolare la citt operaia di
Baku; Koba garant ai compagni che avrebbe inviato dal Caucaso le sue
corrispondenze ai giornali di partito che venivano pubblicati dagli esuli
russi nei vari paesi dell'Europa occidentale. In cambio della sua fedelt e
disponibilit ebbe un nuovo passaporto, anche questo naturalmente falso,
intestato a Zachar Grigorian Melikiants.
Con questa nuova identit, Koba giunse a Baku nel luglio del 1909. La
situazione che trov nell'ultima trincea della rivoluzione non gli piacque,
la trincea infatti era squallidamente in disarmo: gli iscritti s'erano ridotti a
duecento bolscevichi e poco pi di cento menscevichi; l'attivit dei
sindacati languiva soprattutto per mancanza di aderenti; i circoli culturali,
prima della sua partenza per la deportazione, vere e proprie centrali
dell'eversione, agonizzavano. Le finanze del partito erano inesistenti e
l'attivit della stampa clandestina s'era ridotta a zero: dal giorno che Koba
aveva lasciato Baku per Solvicegodsk il Bakinski proletari] aveva sospeso
le pubblicazioni. Le ore di lavoro, negli impianti d'estrazione del petrolio,
erano state aumentate da otto a dieci e i lavoratori non avevano ottenuto
nessuna contropartita economica. Insomma era lo sfascio.
Koba non perse tempo in sterili recriminazioni, semmai la situazione era
la prova della sua forza, del fatto che il suo lavoro era indispensabile
all'organizzazione.
Koba, cio Zachar Grigorian Melikiants, trov rifugio nel campo
petrolifero di Balaklana dove mise in piedi una stamperia clandestina: tre
settimane dopo il Bakinski proletari] riprendeva le pubblicazioni. Nei suoi
Ivan Lantos

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articoli non firmati la talpa esaminava le ragioni che avevano prodotto la


crisi del partito non soltanto in Georgia e nel Caucaso, ma in tutta la
Russia e persino in esilio. Mancanza di collegamento, soggiorno della
direzione all'estero e quindi mancanza di contatti reali con la realt russa,
dissensi non soltanto tra le varie fazioni, ma all'interno dello stesso gruppo
bolscevico, questi erano i sintomi principali della malattia che aveva
colpito secondo Koba il partito e dalla quale avrebbe dovuto affrettarsi a
guarire se non avesse voluto soccombere. Inutile dire che il medico al
quale Koba si rivolgeva era Lenin.
L'allarme accorato del rivoluzionario georgiano era stato lanciato in un
momento tanto poco opportuno per essere ascoltato, quanto emblematico
del fatto che si trattava di un allarme giustificato. Infatti mentre la
situazione, in Russia, era fallimentare, all'estero i grandi capi erano
impegnati in una disputa ideologica ad altissimo livello che sconfinava nel
campo della filosofia.
Lenin e i suoi seguaci, assertori dell'ortodossia marxista, erano
ingabolati in una dura polemica con i radicali che pretendevano di
modificare alcuni fondamenti del materialismo storico. Lenin, isolato nelle
biblioteche di Parigi, s'era dedicato alla redazione della sua opera
filosofica Materialismo e empiriocriticismo, i suoi allievi riuniti nella
scuola di Longjumeau (vicino a Parigi). I radicali, sponsorizzati, come si
direbbe oggi, dallo scrittore Maksim Gorkij, avevano istituito la loro
scuola alternativa nell'isola di Capri. La polemica, non a torto ritenuta
sterile e distruttiva da Koba, assorbiva energie, denaro e uomini
sottraendoli alla vera e urgente causa rivoluzionaria.
Koba evit di entrare in aperto conflitto con Lenin del quale affermava
di condividere la concezione filosofica, ma era evidente che dal suo rifugio
nel campo petrolifero di Balaklana non aveva alcuna intenzione di lasciarsi
coinvolgere in dissertazioni che non avevano alcuna attinenza con la realt
russa.
E quasi per sottolineare di essere rimasto solo a confrontarsi con le
preoccupazioni del quotidiano scrisse una serie di articoli per Social
democrat, l'organo del comitato centrale bolscevico-menscevico che
veniva pubblicato a Parigi e a Ginevra. Social democrat era diretto da un
comitato nel quale figuravano Lenin, Zinoviev, Kamenev, Dan e Martov e
a loro, pi che alla vasta cerchia di lettori, erano indirizzate le Lettere dal
Caucaso (questo era il titolo delle corrispondenze di Koba). Vi si riferiva
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

con scrupolo notarile della situazione dell'industria petrolifera, della


condotta delle autorit locali, delle vicende sindacali, delle attivit legali e
clandestine dei socialisti; e dal contesto affioravano i termini di un
dibattito a distanza che Koba voleva restasse saldamente ancorato al reale.
Il movimento dei lavoratori era stato rivitalizzato da Koba anche se non
erano stati raggiunti i livelli precedenti.
Il 23 marzo 1910, proprio alla vigilia di uno sciopero generale che
avrebbe dovuto paralizzare le industrie petrolifere, Koba venne arrestato
nuovamente dalla polizia. Zachar Grigorian Melikiants era stato scoperto,
ma era comunque riuscito a stampare nella tipografia clandestina un
opuscolo in onore di August Bebel, settant'anni, prestigioso leader della
socialdemocrazia tedesca. L'opuscolo dedicato a colui che con le sue
parole ha fatto tremare le teste coronate di tutt'Europa incominci a
circolare clandestinamente proprio nel giorno in cui i poliziotti
rinchiudevano Koba nella prigione Bailov.
Il giorno successivo all'arresto, il capitano Fedor Ivanovic
Galimbatovski, ufficiale addetto alla gendarmeria di Baku, invi a
Pietroburgo una relazione nella quale raccomandava alle autorit di
sicurezza di tener conto della pericolosit del recidivo rivoluzionario e
delle due evasioni da lui compiute. Lo zelante poliziotto suggeriva anche
che contro il detenuto fossero prese misure particolarmente severe: almeno
cinque anni di deportazione in un distretto lontano della Siberia.
Lo scrupolo poliziesco del capitano Galimbatovski fu profondamente
deluso, Josif Vissarionovic Giugashvili venne rimandato, con il consueto
decreto amministrativo, a Solvicegodsk, dove avrebbe dovuto finire di
scontare il biennio d'esilio interrotto la volta precedente. Inoltre in base a
un'ordinanza del vicer, una volta rientrato dalla deportazione, gli era
interdetta la residenza nella regione del Caucaso e in tutte le grandi citt
industriali dell'impero russo.
Koba lasciava il Caucaso per sempre.

CAPITOLO VII
NASCE STALIN
Nell'ottobre 1910, Koba giunse per la seconda volta a Solvicegodsk,
localit amena di boschi e praterie dove per i deportati non potevano
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recarsi n per passeggiare, n per raccogliere funghi. Secondo lo storico


bolscevico V. Nevskij, Koba partecip alla creazione di
un'organizzazione socialdemocratica, tenne conferenze, lavor alla
formazione di propagandisti.
Poche sono tuttavia le notizie relative a questo periodo: Koba abitava
nella casa di una certa Maria Kuzakova e certamente s'annoiava molto. La
sorveglianza della polizia era costante e la censura sulla corrispondenza
abbastanza meticolosa. Nonostante ci egli invi almeno due lettere, una
indirizzata al bolscevico Isaac Schwarz, membro del comitato centrale,
molto vicino a Lenin, con la quale suggeriva la formazione di un centro di
coordinamento russo, offrendosi senza per dirlo esplicitamente come
responsabile del centro.
Questa lettera, Koba l'aveva, inspiegabilmente, inviata per mezzo della
posta ordinaria; quel che ancora pi strano, certamente intercettata dalla
censura zarista, era stata poi fatta proseguire fino al destinatario.
La seconda lettera, affidata a una maestra di nome Bobrovskaia, era
diretta ai bolscevichi di Mosca e riflette lo stato d'animo irrequieto e
irritato di Koba il quale scriveva tra l'altro: Nel luglio di quest'anno avr
termine la mia segregazione in questo luogo. Ilic e compagni mi chiamano
a uno o due centri senza aspettare che sia giunto il momento (le possibilit
sono maggiori per una persona che in regola con la giustizia). Ma se ci
fosse una necessit urgente, in tal caso, naturalmente, io prender il largo.
Qui si soffoca nell'inedia. Io boccheggio. Ci giunta notizia della tempesta
in un bicchier d'acqua che s' scatenata all'estero: i blocchi di LeninPlekhanov da una parte e quello di Trotskij-Bogdanov dall'altra.
L'atteggiamento dei lavoratori nei confronti del primo blocco, per quello
che risulta a me, favorevole. Tuttavia, in generale, i lavoratori
incominciano a guardare con disprezzo "l'estero". Protestano: "Che
striscino pure sul muro come e finch vogliono, ma la nostra opinione
che colui il quale ha a cuore gli interessi del movimento debba darsi da
fare. Quanto agli altri, baderanno a se stessi". Questo penso per il meglio.
Indirizzo: esiliato politico Josif Giugashvili, Solvicegodsk, provincia di
Vologda.
Alcuni storici sostengono che le parole durissime rivolte da Koba
all'estero cio a quel gruppo di compagni che si trovavano esiliati
volontariamente nei diversi paesi d'Europa avessero fatto irritare Lenin il
quale aveva gratificato l'irrequieto e irascibile georgiano d'immaturit
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politica. Ma Lenin non era uomo da covare a lungo la malapianta del


risentimento.
Questa volta, Koba fin di scontare per intero il periodo di deportazione
che si concluse nel giugno del 1911. Poteva lasciare Solvicegodsk, ma non
far ritorno nel Caucaso e nemmeno stabilirsi in qualche grande citt: come
residenza scelse Vologda, capoluogo dell'omonima provincia, ben
collegata sia con Mosca, sia con Pietroburgo, citt dalle quali la divideva
la medesima distanza.
Ma poteva un uomo come Josif Vissarionovic Giugashvili-Koba
intristire nell'inattivit, assistere passivamente al passaggio di quel treno
della storia che per tanto tempo aveva contribuito a far marciare?
Cambiata ancora una volta identit facendosi chiamare Cizikov, il 6
settembre 1911, alla stazione di Vologda, sal sul treno del pomeriggio
diretto a Pietroburgo. La trasgressione era per lui uno degli esercizi pi
eccitanti. C'erano nuvole basse e pioveva sulla capitale quando la mattina
presto il treno arriv alla stazione Nikolaevskij. KobaCizikov si mise a
girovagare per la citt, un vagabondo vestito modestamente non attirava
l'attenzione dei poliziotti: il suo scopo era d'incontrare all'uscita del turno
di lavoro qualche compagno al quale chiedere aiuto e alloggio. Sulla
prospettiva Newski riconobbe in un gruppo di operai il tipografo Sila
Todria. Lo segu con prudenza, poi quando fu certo che nessuno lo notasse
gli si avvicin. Non ci furono n abbracci, n gesti di gioisa o di
commozione per quell'incontro sorprendente per Sila Todria. Neppure una
stretta di mano. Koba, da parte sua era troppo allenato alla prudenza del
clandestino per meravigliarsi dell'apparente indifferenza del compagno.
In poche parole Sila Todria gli illustr la situazione: l'Okrana era in stato
di massima all'erta poich poche ore prima, durante uno spettacolo di gala
nel teatro dell'Opera di Kiev, presenti lo zar e diversi membri della
famiglia imperiale, era stato assassinato il primo ministro Piotr Stolipin.
L'attentatore che aveva freddato l'odiatissimo Stolipin con un solo colpo di
rivoltella era un certo Bagrov, agente provocatore al soldo dell'Okrana, il
quale con quel gesto estremo aveva voluto redimersi agli occhi del
movimento clandestino.
Sila Todria trov alloggio a Koba in un piccolo albergo nella via
Gonciarnaia sul registro del quale fu registrato come Cizikov. Il mattino
successivo si recarono insieme a casa di Sergei Alliluiev che abitava nel
quartiere operaio di Viborg. Tutta la zona e, in particolare, la casa di
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Alluiluiev del quale era nota l'attivit politica erano sottoposte a una
scrupolosa sorveglianza da parte di poliziotti in borghese, ma Koba, una
volta tanto, aveva rinunciato all'abituale circospezione.
Bussarono. And loro ad aprire una delle figlie di Sergei Alliluiev, Anna
Alliluieva. Todria fece le sommarie presentazioni e Anna si rese conto che
l'uomo magro, dalla barba lunga, coperto da un lungo e dimesso cappotto
nero che le stava davanti era il grande rivoluzionario georgiano del quale
suo padre tante volte aveva parlato come d'un romantico eroe.
Sergei Alliluiev torn dal lavoro per l'ora di cena. L'incontro con il
compagno di lavoro di Tiflis e di Baku fu calorosissimo. Dopo cena i tre
uomini si chiusero in una stanza per parlare mentre Anna e suo fratello
Fedia vennero mandati in strada per verificare se i poliziotti in borghese,
ovviamente riconoscibilissimi, fossero ancora appostati. C'erano, con in
testa le loro assurde bombette che li rendevano pi identificabili della
stessa uniforme. Successivamente, a casa di Sergei Alliluiev, si present
un altro operaio, tale Zabelin, il quale, a notte fonda, si offr di
accompagnare Koba al sicuro. Zabelin conosceva ogni strada e ogni vicolo
della citt e non gli fu difficile far perdere le tracce. Ospit Koba per il
resto della notte che trascorse senza incidenti. Il giorno dopo il clandestino
incontr altri compagni, poi la sera ritorn al suo albergo. Non era ancora
spuntata l'alba che ud bussare con violenza alla porta della stanza. Mezzo
inebetito dal sonno sent gridare la fatidica frase: Aprite, polizia!.
Gli uomini dell'Okrana che a sua insaputa lo seguivano dal momento in
cui aveva posato i piedi sul marciapiede della stazione Nikolaevski, gli
diedero appena il tempo di sciacquarsi il viso e di indossare gli abiti. Era di
nuovo in arresto. Lo condussero al carcere di Pietroburgo dove trascorse
tre mesi tra inattivit forzata e interrogatori.
Neppure in questa non fortunata occasione la sorte gli fu particolarmente
avversa: a met dicembre gli venne comunicata la destinazione dove
avrebbe dovuto trascorrere tre anni di deportazione. No, non. era la temuta
Siberia. Era, inaspettatamente, Vologda. Meglio di cos non gli poteva
andare.
Per Koba era un momento decisamente favorevole. Nel gennaio del
1912, Lenin riun a Praga i bolscevichi e un gruppo di seguaci di
Plekhanov: lo scopo della riunione era quello di comunicare la costituzione
in partito della sua fazione o, come dice Isaac Deutscher per fare della
sua fazione "il" partito. Dopo tante polemiche, dopo innumerevoli e
Ivan Lantos

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pazienti tentativi di riunificazione, era venuto il momento della definitiva


rottura con i menscevichi. In occasione di quel congresso praghese, Lenin
propose Josif Vissarionovic Giugashvili-Koba come candidato a far parte
del comitato centrale. Il nome del candidato georgiano non era cos
popolare tra i delegati come invece aveva creduto Lenin. Il fatto che la
maggior parte dei congressisti svolgeva la propria militanza in esilio e gli
esuli si conoscevano bene tra loro, ma sapevano ben poco (e soltanto per
sentito dire) di Koba che, per questa ragione, non venne eletto. Venne
invece eletto Sergei Orgionikidze che di Koba era stato uno degli aiutanti e
che aveva diviso con lui la cella nella prigione di Baku. L'elezione di
Orgionikidze non fu altro che la conferma della condotta dei delegati: egli
infatti era conosciuto in quanto viveva a Parigi dove frequentava la scuola
ideologica leninista di Longjumeau.
Ma Lenin non si diede per vinto. Aveva deciso che Koba doveva far
parte del comitato centrale e cos sarebbe stato. Secondo lo statuto del
partito il comitato centrale eletto aveva diritto a cooptare un certo numero
di membri e Lenin fece valere per Koba questa norma. Il nuovo comitato
centrale era formato da Lenin, Grigorij Zinoviev, Sergei Orgionikidze,
Roman Malinovskij (un polacco naturalizzato russo che successivamente
si rivel un agente dell'Okrana) e Josif Vissarionovic Giugashvili detto
Koba, assente giustificato.
Josif Vissarionovic Giugashvili, o meglio Ivanovic come era chiamato
da Lenin, dovette attendere la met di febbraio (del 1912) per sapere della
prestigiosa nomina e dei lavori del congresso. Soltanto allora, Sergei
Orgionikidze, emissario del comitato centrale, riusc a recarsi a Vologda
per informarlo. Sono stato a trovare Ivanovic rifer poi Orgionikidze a
Lenin e ho chiarito con lui ogni cosa. molto contento di come si sono
svolti i fatti e le notizie che gli ho portato lo hanno molto soddisfatto.
Koba era senz'alcun dubbio lusingato per la nomina, tanto pi che
l'aveva voluta personalmente Lenin, e non poteva non compiacersi per il
definitivo divorzio tra bolscevichi e menscevichi.
Entrambi i fatti gli misero addosso una gran voglia d'evadere, di far
ritorno tra i vivi per riprendere la lotta tanto pi che ora poteva fregiarsi
dei gradi di ufficiale e, finalmente, la distinzione tra nemici e
alleati era chiara e inequivocabile.
Mentre studiava un piano d'evasione rivolse un proclama ai socialisti
russi per spiegare e commentare il congresso di Praga e lo firm comitato
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

centrale del partito socialdemocratico russo dei lavoratori; per la prima


volta parlava a nome della direzione nazionale del bolscevismo. Le
seimila copie del proclama vennero distribuite nei principali centri
industriali del paese.
Il 29 febbraio, cinque giorni dopo la visita di Sergei Orgionikidze, Koba
si allontan da Vologda. La sua prima mta era il Caucaso, la regione che
gli era stata interdetta per decreto vicereale. Una sfida? Forse, ma pi
verosimilmente volle recarsi a Tiflis e a Baku per illustrare di persona ai
suoi compaesani le decisioni del congresso di Praga. Di certo non ebbe il
tempo per placare la nostalgia della sua terra d'origine. Pochi giorni dopo
era gi a Mosca per consultarsi con Sergei Orgionikidze su alcuni aspetti
operativi del leninismo.
Ai primi d'aprile rientr a Pietroburgo: c'era parecchio da lavorare, si
doveva preparare la manifestazione del 1 maggio e, soprattutto, l'uscita
del primo numero della Pravda (La verit).
Koba si dette da fare con la consueta solerzia e il grande entusiasmo di
sempre. Organizz riunioni con i deputati bolscevichi della Duma dei quali
controllava l'attivit su incarico del comitato centrale, scrisse alcuni
articoli per la Sveszda (La stella) e la presentazione della Pravda e redasse
il testo di un altro proclama. Il tono, tenuto conto che si trattava del
proclama di preparazione del 1 maggio, era tremendamente retorico e
riecheggiava la cultura religiosa assimilata da Koba ai tempi del seminario
teologico di Tiflis. Sempre pi s'allarga l'oceano del movimento operaio,
inghiottendo sempre nuovi paesi e Stati, dall'Europa all'Asia, dall'America
all'Africa e all'Australia aveva scritto Koba. Il mare della collera
proletaria si sta gonfiando in altissime ondate e sferza in maniera sempre
pi minacciosa le rocce ormai corrose del capitalismo. Fiduciosi nella loro
vittoria, calmi e forti, i lavoratori marciano con fierezza sulla strada della
terra promessa. I lavoratori russi debbono dire oggi che, al pari dei loro
compagni dei paesi liberi, essi non adorano e non adoreranno mai il vitello
d'oro.
La Pravda usc il 22 aprile 1912: il primo articolo di fondo, come
abbiamo detto, era opera di Koba; il segretario di redazione si chiamava
Viaceslav Michajlovic Scriabin, aveva ventidue anni, era nipote del
celebre musicista Aleksandr Scriabin, era destinato a condividere la buona
sorte dell'impero sovietico insieme con Koba con il nome di Molotov (che
in russo significa martello).
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Nell'articolo di fondo della Pravda, Koba assicurava che non avrebbe


cercato di nascondere o attenuare le polemiche che dividevano i socialisti.
Noi crediamo che un movimento forte e vitale scrisse Koba sia
inconcepibile senza qualche polemica. La perfetta identit di vedute pu
essere realizzata soltanto in un cimitero.
Koba viveva a Pietroburgo in un nascondiglio sicuro: la casa del
giornalista Politaiev, deputato bolscevico alla Duma, l'abitazione del quale,
proprio per il mandato dell'inquilino, non era sottoposta a sorveglianza da
parte dell'Okrana. Ma il 22 aprile 1912, giorno dell'uscita del primo
numero della Pravda, Koba decise di abbandonare il suo comodo rifugio.
Poche ore dopo essere uscito venne arrestato. Rinchiuso nella prigione di
Pietroburgo, attese tre mesi che gli fosse notificato il consueto ordine di
deportazione: questa volta la destinazione fu Narim, nella provincia di
Tomsk, nella Siberia centrale, a circa duemilacinquecento chilometri da
Pietroburgo.
A Narim, Koba trov un'ottima compagnia di deportati. C'erano Jakov
Sverdlov, futuro presidente della repubblica sovietica; Michail Lascevic e
Ivan Smirnov, destinati a portare la greca di comandante dell'Armata
rossa; Semion Verescak che era stato compagno di Koba nella prigione
Bailov di Baku e Semion Suri, un socialrivoluzionario, compagno di Koba
nell'esilio di Vologda, sospettato di essere un informatore della polizia.
Poco dopo l'arrivo di Koba, Jakov Sverdlov tent la fuga servendosi di un
passaporto abilmente falsificato da Semion Verescak, ma venne catturato e
ricondotto a Narim.
Koba s'imbarc su un battello che risaliva il fiume Irtish senza che
nessuno lo fermasse. Fece due tappe, la prima a Tobolsk e la successiva a
Tomsk dove sal, sempre indisturbato, su un vagone della Transiberiana.
Qualche giorno dopo scendeva alla stazione di Pietroburgo. Avrebbe
dovuto restare a Narim tre anni, c'era rimasto due mesi esatti.
Koba venne ospitato nella casa di Sergei Alliluiev, in via
Sampsonievskaia e si mise immediatamente al lavoro: c'era da organizzare
e seguire la campagna elettorale del partito nelle elezioni della quarta
Duma.
Redasse un manifesto, il destinatario del quale era, idealmente, il
candidato bolscevico: suscit l'entusiasmo di Lenin, a tal punto che ne
pubblic il testo su Social democrat. Nella situazione attuale l'arena della
Duma uno dei mezzi pi efficaci per guidare e organizzare le grandi
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masse del proletariato scrisse Koba. Proprio per questa ragione noi
mandiamo un nostro deputato alla Duma e incarichiamo lui e tutta la
delegazione socialdemocratica alla quarta Duma di rendersi interpreti delle
nostre richieste. Vogliamo udire le voci del gruppo risuonare forte dalla
tribuna della Duma, proclamando le finalit ultime del proletariato,
ribadendo le richieste globali e intatte del 1905, proclamando la classe
lavoratrice russa guida del movimento popolare, i contadini come l'alleato
pi affidabile della classe lavoratrice e la borghesia come traditrice della
libert popolare.
Per tutta la durata della campagna elettorale bolscevichi e menscevichi si
contesero duramente i suffragi dell'elettorato operaio. Le operazioni si
svolsero in tre fasi: elezione dei rappresentanti nelle fattorie e nelle
fabbriche; elezione degli elettori; elezione dei deputati. Le autorit
tentarono di invalidare la prima fase dopo aver verificato i risultati ottenuti
dai bolscevichi in alcune delle aziende industriali pi importanti, ma
dovettero fare marcia indietro. Lenin, che si trovava a Cracovia, allora
nella Polonia austriaca, aveva dato istruzioni a Koba di riunire l'esecutivo
bolscevico di Pietroburgo per indire uno sciopero generale. Di fronte alla
minaccia il governo convalid tutti i risultati.
Furono eletti tredici deputati socialdemocratici: sei bolscevichi
espressione dell'elettorato operaio e contadino e sette deputati menscevichi
che ricevettero il mandato dalla borghesia.
Concluse le elezioni, Lenin convoc una riunione del comitato centrale a
Cracovia, chiese che intervenisse anche Valentina Lobova che fungeva da
segretaria del gruppo bolscevico alla Duma. Valentina Lobova aveva
anche l'incarico di procurare a Koba un passaporto finlandese, il
documento doveva essere fornito da Aleksandr Shotman, un bolscevico
che abitava a Helsinki e che era in grado di ottenere con grande facilit
passaporti dalle autorit finlandesi. Valentina Lobova accompagn Koba a
Helsinki dove Aleksandr Shotman spieg che per recarsi a Cracovia
avrebbero potuto seguire due itinerari: quello pi rapido, ma pi rischioso,
partiva dal porto di Abo, via mare; l'altro, pi lungo e pi sicuro, da Tornio
a Harapanda e fino alla frontiera svedese. Koba scelse la strada pi rapida:
Shotman, Valentina Lobova e lui si diressero verso il porto di Abo e
mentre si avvicinavano al traghetto vennero fermati da due gendarmi per il
controllo dei passaporti. Fu, per Shotman, un momento d'angoscia, temeva
infatti che i poliziotti s'insospettissero per l'aspetto fisico di Koba che non
Ivan Lantos

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era certamente finlandese. Ma non accadde niente. L'imbarco avvenne


regolarmente e dopo alcuni giorni Koba e Valentina Lobova giunsero a
Cracovia.
Lenin avrebbe voluto che, anche in seno alla Duma, si realizzasse la
divisione netta tra deputati menscevichi e bolscevichi che riflettesse la
situazione generale del movimento socialdemocratico. Con sua grande
sorpresa Lenin dovette constatare che proprio il suo pupillo Koba era
quello che con maggior decisione gli era contrario. Koba per sapeva, per
esperienza diretta, che la classe operaia, anche quella parte di essa che era
pi vicina ai bolscevichi, non condivideva la scissione. Neppure i deputati
bolscevichi alla Duma s'entusiasmavano all'idea di rendere pubblico un
dissidio, atto che significava ammettere la propria debolezza in
un'assemblea di blocchi reazionari fortissimi. Koba, tornato a Pietroburgo,
non nascose la volont scissionista di Lenin ai compagni, ma cerc di
limitarne gli effetti. Tutto ci non piacque a Lenin, tanto pi che Koba si
serv della Pravda per manifestare il suo dissenso verso il capo.
Lenin riconvoc il comitato centrale e i sei deputati bolscevichi della
Duma a Cracovia.
Era dicembre e Koba part da Pietroburgo senza passaporto con il treno.
Scese alla stazione di frontiera di Dabrowa Gornicza dove aveva fatto in
modo di arrivare prima dell'alba, convinto che a quell'ora la sorveglianza
della polizia fosse allentata. Era saltato gi dall'ultimo vagone mentre il
treno rallentava prima di fermarsi e aveva imboccato la strada che, gli
avevano detto, portava in direzione di Cracovia. Aveva percorso alcune
verste quando giunse in prossimit di una casa di contadini, si avvicin
con circospezione e sbirci da una finestra dietro la quale ardeva un lume.
Dentro c'era un uomo di mezz'et che stava riparando la suola d'uno
stivale. Un ciabattino, come Vissarion Ivanovic, il padre di Koba. Gli
parve un buon segno. Buss. L'uomo chiese chi fosse e lui rispose: Un
rivoluzionario.
L'uomo scost l'uscio e lo fece entrare domandandogli che cosa volesse.
Koba gli espose brevemente il suo problema: doveva passare il confine per
andare a Cracovia ed era senza passaporto. Il contadino si offr
d'accompagnarlo, ma prima gli diede da mangiare e mentre consumavano
il cibo semplice ma saporito gli chiese da dove venisse. Saputo che era
georgiano si mostr lieto e pieno di comprensione, lui era polacco e sapeva
che la Georgia, come la Polonia, era oppressa dal regime zarista. E
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particolarmente contento fu nell'apprendere che il padre del suo ospite era


stato ciabattino come era lui. S'era messo in movimento un complesso
sistema di solidariet e di complicit.
Poi si misero in cammino. Koba non era del tutto certo che il polacco lo
conducesse veramente verso il confine. E se lo avesse consegnato alla
polizia? Dopo un'ora erano al limitare di un bosco e stava per spuntare il
giorno. Il ciabattino indic a Koba un sentiero. Avrebbe dovuto proseguire
da solo. A un'altra ora di cammino c'era la stazione ferroviaria di Trzebinia
dove avrebbe potuto salire sul treno diretto a Vienna che l'avrebbe portato
a Cracovia.
Il contadino-ciabattino rifiut d'accettare la modesta somma (in rubli)
che Koba gli offr; dichiar che era sufficientemente soddisfatto d'aver
potuto aiutare un avversario del regime russo. Non avendo pratica del
luogo gli ci vollero due ore per arrivare alla stazione di Trzebinia. In attesa
del treno per Vienna si sedette al ristorante. Qui gli accadde un curioso
incidente: era affamato e ordin da mangiare al cameriere. L'uomo serv
gli avventori che avevano ordinato prima di Koba, poi quelli che erano
arrivati dopo di lui, poi altri ancora. Arrivavano i treni, i viaggiatori
s'affrettavano a lasciare il ristorante per salire nelle vetture, ai tavoli del
ristorante s'alternavano i clienti che venivano serviti dal solerte cameriere
che continuava a ignorare Koba. Finalmente arriv il treno per Cracovia e
Koba affamato e inviperito si mise in viaggio.
Arrivato a destinazione, la prima cosa che chiese a Lenin fu di poter
mangiare qualche cosa e gli raccont quello che gli era capitato nel
ristorante della stazione di Trzebinia. Lenin ascolt l'ancora furente Koba
con aria divertita, poi gli forn la spiegazione di quell'episodio che
sembrava misterioso e assurdo, ma che misterioso e assurdo non era.
Koba, naturalmente, non conoscendo il polacco, aveva ordinato in russo; e
qui stava la chiave di tutto. Il cameriere polacco, come la stragrande
maggioranza dei suoi connazionali, odiava talmente i russi oppressori della
sua patria da far finta di non capire la loro lingua. Koba scoppi in una
gran risata: proprio lui era rimasto vittima di un'azione di boicottaggio
antizarista. Lenin gli sugger per un'altra eventuale occasione analoga di
servirsi, visto che non sapeva il polacco, di gesti da sordomuto,
sicuramente gli avrebbero dato da mangiare.
Nel corso della riunione di Cracovia, Lenin nomin un nuovo direttore
della Pravda. era Jakov Sverdlov (futuro presidente della repubblica
Ivan Lantos

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sovietica) ritenuto in grado di garantire un pi elevato livello qualitativo al


giornale e a Lenin una pi ferrea ortodossia.
Il capo riusc anche a convincere i sei deputati bolscevichi della
Duma a staccarsi dal gruppo menscevico.
Koba non si accorse, o fece finta di non accorgersi, che Lenin gli
impartiva una garbata, ma rigorosa lezione di disciplina. E dopo la lezione
fu sottoposto a uno scrupoloso esame al termine del quale il maestro gli
espresse apprezzamento e soddisfazione: a Koba vennero assegnate alcune
delicate missioni a Cracovia e a Vienna. Lenin gli chiese anche di
preparare un ampio articolo sul problema delle nazionalit nel Caucaso;
durante i loro colloqui infatti aveva avuto modo di accertare che quel
giovanotto georgiano di trentatr anni, intelligente e astuto (anche se non
geniale e culturalmente un po' limitato) aveva dell'argomento una
conoscenza pratica e teorica veramente ragguardevole. L'articolo sarebbe
stato pubblicato sulla prestigiosa rivista teorica del partito, la Prasvescenie
(L'illuminazione). Lenin, con tutta la discrezione della quale era capace,
sugger a Koba l'impostazione generale dell'articolo.
Koba si mise a lavorare, ma si rese ben presto conto che non si poteva
limitare un esame serio del problema delle nazionalit al pur complesso
mondo del Caucaso trascurando tutto il resto dell'impero russo e di quello,
non meno caleidoscopico, austro-ungarico. Espose le sue riserve a Lenin
che lo ascolt con entusiasmo e gli sugger di approfittare della sua
missione a Vienna per approfondire ed estendere le sue ricerche.
Nacque cos il grande saggio I problemi delle nazionalit e la
socialdemocrazia. E, possiamo dire, nacque anche Stalin, nome con il
quale, per la prima volta, Koba comparve nella firma in calce al saggio.
Boris Souvarine commenta: Diventato uomo politico a livello nazionale,
Koba sceglie un nome con la desinenza russa ed esprime con una segreta
soddisfazione la sua principale qualit: la durezza dell'acciaio. Rupert
aveva chiamato gli uomini di Cromwell "fianchi di ferro", Augustin
Robespierre a suo fratello Maximilien indicava nella persona del giovane
Bonaparte un "soldato di ferro". Stalin non aspett nessuno per far
risuonare il metallo nel suo nome di battaglia.
Del lavoro di K Stalin sulla questione delle nazionalit, Lenin scrisse in
termini di grande e sincero entusiasmo a Maksim Gorkij, definendo il suo
pupillo un magnifico georgiano.
A met febbraio del 1913, Stalin era sulla strada del ritorno verso
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Pietroburgo, ignaro del tradimento ordito da Roman Malinovskij, deputato


bolscevico alla Duma, membro del comitato centrale, ma, soprattutto, spia
dell'Okrana (attivit scoperta soltanto nel 1917 quando furono aperti gli
archivi della polizia segreta zarista).
Roman Malinovskij aveva riferito al suo principale interlocutore, il capo
della polizia in persona, S.P. Beletskij, tutto ci che era avvenuto ed era
stato detto a Cracovia. La trappola dell'Okrana era dunque pronta a scattare
non appena i capi bolscevichi avessero fatto ritorno a Pietroburgo.
Il 23 febbraio (1913) i bolscevichi avevano organizzato un concerto
pubblico pomeridiano per celebrare il primo anniversario della fondazione
della Pravda: le autorit avevano regolarmente autorizzato la
manifestazione che doveva avere soltanto aspetti culturali e faceva parte
delle attivit legittime del partito.
Stalin aveva chiesto proprio a Roman Malinovskij se c'era qualche
rischio a partecipare alla manifestazione e il traditore gli aveva dato ampie
assicurazioni. Ma aveva anche provveduto ad avvisare i suoi amici
dell'Okrana: la preda era pronta per essere catturata.
Qualche cosa per aveva insospettito gli organizzatori del concerto e
all'arrivo di Stalin lo avevano portato in una stanzetta per travestirlo con un
cappotto da donna. L'operazione non riusc. La polizia irruppe nella
stanzetta, Stalin venne identificato per il pericoloso rivoluzionario e
plurievaso Josif Vissarionovic Giugashvili e portato via.
Pochi giorni dopo l'arresto di Stalin e del direttore della Pravda Jakov
Sverdlov, Lenin preoccupato di non avere notizie dei suoi collaboratori
scrisse una lettera chiedendo informazioni circa la sorte di Vasilij
(questo era il nome in codice di Stalin), proprio a Roman Malinovskij.
Il giuda s'affrett a rispondere: La nostra cara anima, il georgiano,
stata arrestata l'altra sera.
A questo punto la faccenda si fece veramente grottesca.
Stalin era stato deportato a Krasnoiarsk, provincia di Turukansk, nella
Siberia settentrionale, a oltre tremilasettecento chilometri da Pietroburgo,
distanza ritenuta tale da scoraggiare un tentativo d'evasione. In pi, il
deportato era sottoposto a misure di sorveglianza speciale.
Nel luglio del 1913, a Poronino, in Galizia (Polonia), dove aveva
affittato una casa in campagna, Lenin indisse una riunione alla quale
parteciparono sua moglie Nadezda Krupskaia, Zinoviev, Kamenev e
Malinovskij. Si doveva scegliere uno speciale comitato ristretto, formato
Ivan Lantos

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di tre persone, per coordinare un'attivit particolarmente delicata:


l'eliminazione degli agenti dell'Okrana infiltrati nel movimento e
l'organizzazione delle evasioni dei compagni detenuti o deportati. Vennero
nominati Lenin, la Krupskaia e, ironia della sorte, Roman Malinovskij.
Il risultato di questa crudele beffa del destino non si fece attendere
troppo a lungo.
Stalin venne imbarcato su un battello che faceva servizio sul fiume
Jenissei e trasferito di altri milleottocento chilometri, nel villaggio di
Monastirskoie. Ma l'odissea non era ancora giunta al termine.
Nel marzo del 1914, a poco pi di un anno dal suo arresto, grazie ai
buoni uffici del famigerato Malinovskij, Stalin venne nuovamente
trasferito: destinazione Kureika, oltre il circolo polare artico. Insieme a lui
c'era Jakov Sverdlov, il direttore della Pravda.
Cos, Isaac Deutscher, uno dei pi attendibili biografi di Stalin, descrive
la colonia di Kureika. Circa diecimila persone, tra russi e indigeni, erano
sparse su un territorio di superficie pari a quella della Scozia. Abitavano in
piccoli villaggi, separati l'uno dall'altro da decine o centinaia di chilometri
di terra selvaggia e coperta di ghiaccio. L'inverno vi durava otto o anche
nove mesi, e l'estate era breve, calda e asciutta. In estate, gli indigeni, gli
ostiachi, vivevano in tende di pelle di renna; durante l'inverno si ritiravano
in abitazioni primitive, per met capanne e per met caverne. Il suolo
gelato non produceva nulla di commestibile. Gli indigeni ostiaxhi
vivevano di caccia e di pesca, si scaldavano con pellicce e vodka.
Nel secondo decennio del XX secolo, in quel remoto angolo di mondo,
sopravviveva una glaciale preistoria.
In questo strano luogo, Stalin trascorreva le giornate pescando,
cacciando con le trappole e leggendo i libri e i giornali che gli amici gli
mandavano e che gli arrivavano dopo molte settimane e talvolta dopo
qualche mese. Stalin, il quale aveva imparato a pescare secondo l'usanza
degli ostiachi, cio praticando un foro nella superficie ghiacciata del fiume
e facendo passare di l la lenza, amava ricordare, qualche anno pi tardi,
quel periodo della sua esistenza.
Mi chiamavano Osip, gli ostiachi, e mi avevano insegnato a pescare
rammentava. Presto riuscii a portare a casa pi pesci di loro e un bel
giorno mi mandarono una delegazione per dirmi che s'erano convinti che
io conoscevo formule magiche adatte a propiziare una pesca abbondante.
Mi venne da ridere. Spiegai loro che la mia magia consisteva nel non
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restare fermo sull'orlo della medesima buca se i pesci non abboccavano,


mentre loro perdevano ore e ore in inutili attese. Se una buca non
funzionava io cambiavo appostamento finch la pesca non era fruttuosa.
Non fui creduto. Restarono convinti che io possedevo una formula magica
segreta.
Sul soggiorno di Stalin a Kureika c' una testimonianza interessante:
quella di Vera Shweister, moglie di Suren Spandarian, gi commissario
politico a Baku, entrambi esiliati a Monastirskoie. I coniugi Spandarian
erano andati a far visita a Stalin in un giorno d'inverno.
Durante quella parte dell'anno il giorno e la notte si perdono in una
continua notte artica devastata da gelate spaventose ricordava Vera
Shweister. Scendemmo velocemente lungo lo Jenissei gelato con una
slitta trainata da cani, senza fermarci, attraverso quel desolato deserto che
si stende lungo il fiume da Monastirskoie a Kureika: una corsa di circa
centonovanta chilometri tra branchi di lupi ululanti. Arrivati a Kureika
andammo alla ricerca della capanna dove abitava il compagno Stalin. Il
villaggio era composto di quindici capanne e la sua era la pi misera. Una
stanza esterna, una cucina nella quale s'erano ridotti a vivere il proprietario
e la sua famiglia e sul retro la stanza del compagno Stalin. Lui si mostr
felice della nostra visita inattesa e fece tutto quello che pot per procurarci
un po' di benessere. Ci chiamava "i viaggiatori dell'Artico". And di corsa
al fiume dove aveva gettato le lenze attraverso dei larghi fori aperti nel
ghiaccio e, dopo non molto, torn con in spalla uno storione di notevoli
dimensioni. Mi insegn a pulire il pesce con il quale preparammo una
zuppa saporita e a estrarre dal suo ventre il caviale. Mentre preparavamo
da mangiare discutemmo di politica.
Ci che Vera Shweister omise di dire, forse perch non se n'era accorta,
che nella piccola stanza sul retro della capanna, Stalin non abitava da
solo. La divideva con Jakov Sverdlov il quale ricord quel periodo con
queste parole: Siamo in due, poich divido la mia stanza con il georgiano
Giugashvili. un bravo ragazzo, ma troppo individualista e disordinato
nella sua vita d'ogni giorno, mentre io non posso rassegnarmi a vivere
senza almeno una parvenza di ordine. Appunto per questo, qualche volta,
mi lascio prendere dai nervi. Ma quel che peggio, non c' modo di
condurre un'esistenza separata da quella della famiglia del padrone di casa.
La nostra stanza attigua alla loro e non c' un ingresso separato. Hanno
diversi bambini e questi, naturalmente, trascorrono molte ore in nostra
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compagnia.
Vi sono poi gli altri componenti della colonia che spesso vengono a fare
una visitina nella nostra capanna. Vengono, si siedono, se ne stanno cos,
zitti, per una mezz'ora, poi s'alzano all'improvviso e dicono: "Va bene,
adesso debbo proprio andare. Addio". Ma come uno esce, ne arriva un
altro e la scena si ripete identica. Neanche a farlo apposta questo viavai si
verifica sempre nelle ore serali che sarebbero le migliori da dedicare alla
lettura. Qui non c' petrolio e dobbiamo leggere a lume di candela.
Jakov Sverdlov non dovette per sopportare molto a lungo il disordine
che Stalin creava nella stanza della quale erano inquilini, n il fastidio
delle insolite visite degli indigeni alla famiglia proprietaria della capanna,
venne trasferito in un'altra colonia per deportati.
Un'altra testimonianza tra le non molte sul periodo che Stalin trascorse
nell'esilio di Kureika ci viene dallo stesso esule ed una lettera inviata a
Olga Evgenievna Alliluieva, moglie di Sergei (e futura suocera di Stalin).
Tante, tante grazie, cara Olga Evgenievna, per i cortesi e affettuosi
sentimenti che nutrite verso di me. Non dimenticher mai le vostre
premure. Aspetto con ansia il momento di essere rilasciato e non appena
sar tornato a Pietroburgo la prima cosa che far sar di venire a
ringraziare voi e anche Sergei per tutto quello che fate per me scriveva
Stalin. Ho ricevuto un altro pacco che ho gradito molto. Ne avevo chiesto
uno soltanto. Non spendete altro denaro per me: quei soldi servono a voi.
Sar felice se mi manderete ogni tanto una cartolina con una bella veduta.
In questo maledetto paese anche la natura diventa brutta: d'estate c' il
fiume e d'inverno la neve. Niente altro. Ho tanto desiderio di vedere un bel
paesaggio sia pure soltanto in cartolina. Tutti i miei auguri e saluti ai
ragazzi e alle ragazze. Vivo come prima. La salute buona, anzi ottima.
Mi sto abituando a questo posto. Il clima piuttosto rigido: tre settimane fa
abbiamo avuto 45 sotto zero. Fino alla prossima lettera, rispettosamente
vostro Josif.
Nella mente di Stalin s'agitava il progetto di una nuova, irrealizzabile,
evasione. E mentre il deportato trascorreva le sue giornate andando a
caccia o a pesca, continuando gli studi sul problema delle minoranze
nazionali e sognando gli ameni paesaggi della sua Georgia e la fuga, la
storia accelerava i suoi passi verso un disastro di dimensioni ancora mai
viste, verso l'apocalisse.
Il vero primo ministro dello zar e confidente della zarina era un ambiguo
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

monaco nero, dedito alla crapula, al sesso e all'intrigo, al quale i sovrani


attribuivano poteri magici: Rasputin. Il torvo personaggio, appartenente a
una setta eretica che predicava la pi bieca abiezione come unico
strumento di riscatto spirituale, invi, un giorno, allo zar questo
telegramma: Caro amico, torno a ripeterti che su tutta la Russia si sta
addensando una nube spaventosa. Calano da ogni parte le tenebre e non
vedo su tutto l'arco dell'orizzonte una sola luce di speranza; ma lacrime
ovunque, uno sterminato oceano di lacrime! E quanto al sangue, non trovo
parole idonee a dipingere tutto l'orrore. L'unica cosa che so con certezza
che il destino dipende da te. Coloro che vogliono la guerra non
comprendono che si tratta della rovina totale e per tutti. Tu, zar, sei il
nostro piccolo padre, impedisci che gli insensati vincano; non permettere
che essi trascinino il popolo alla rovina! Se pure riuscissimo a sconfiggere
la Germania che ne sar della Russia? Te lo dico con sincerit: da che
mondo mondo non vi sar stato martirio pi grave di quello che colpir
la Russia; essa verr sommersa dal sangue.
Ma lo zar Nicola II non volle, o non pot, dar retta agli ammonimenti del
suo profeta di corte. La Russia entr nella danza macabra della prima
guerra mondiale. Stalin ne ebbe notizia nell'esilio di Kureika: le
conseguenze per lui (e per gli altri deportati) furono l'istituzione della
legge marziale, l'intensificazione delle misure di sicurezza e quindi la
rinuncia a qualsiasi progetto d'evasione.
Russia e Austria erano nemiche: Lenin che si trovava ancora a Cracovia
(quindi in territorio austriaco) venne sospettato d'essere una spia russa e fu
espulso. Trov rifugio in Svizzera e da questo paese, campione di
neutralit, incominci la sua predicazione contro la guerra in nome
dell'internazionalismo proletario. La guerra infatti, secondo Lenin, era
stata voluta dalle potenze europee per poter estendere i propri interessi a
danno dei nemici. Con un manifesto, Lenin chiamava a raccolta tutte le
forze interessate a creare una nuova Internazionale con lo scopo di
iniziare a organizzare le forze del proletariato per un attacco
rivoluzionario ai governi capitalisti, per la guerra civile contro la borghesia
di tutti i paesi, per il conseguimento del potere politico e la vittoria del
socialismo.
Poco prima dell'entrata in guerra della Russia, Roman Malinovskij, il
traditore e spione dell'Okrana, aveva dato le dimissioni dalla Duma: allo
scoppio delle ostilit s'era arruolato volontariamente nell'esercito ed era
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

stato mandato a combattere sul fronte tedesco.


Il messaggio di Lenin era giunto in Russia inatteso e particolarmente
sgradito alle autorit.
All'inizio della guerra scrive Isaac Deutscher il governo zarista mise
in prigione i deputati bolscevichi, accusandoli di tradimento. Con loro sal
sul banco degli imputati anche Kamenev, il quale dopo la deportazione di
Stalin aveva ispirato la politica bolscevica e diretto la Pravda di
Pietroburgo. Il pubblico ministero addusse le dichiarazioni disfattiste di
Lenin come prove contro gli imputati. Allora Kamenev e alcuni deputati si
staccarono da Lenin, sia perch erano realmente contrari al suo
disfattismo, sia perch speravano di difendersi dai colpi dell'accusa. I
deputati e Kamenev furono deportati in Siberia, nelle colonie penali dello
Jenissei. Con il loro arrivo incominciarono tra gli esuli aspre e tumultuose
polemiche. I seguaci di Lenin, i disfattisti, rinfacciavano ai nuovi arrivati
la mancanza di principi politici e l'indegna condotta tenuta davanti alla
corte. Alle riunioni che obbligavano i partecipanti a estenuanti
trasferimenti su slitte trainate da cani o da renne, partecip anche Stalin.
Sulla sua condotta, come accadde in altre occasioni, le testimonianze sono
controverse. I biografi ufficiali affermano che egli fosse il portavoce e il
sostenitore pi intransigente delle tesi disfattiste di Lenin. I detrattori lo
descrivono ambiguo e distaccato da un problema che sembrava non lo
riguardasse.
Isaac Deutscher, solitamente obiettivo, scrive: In ogni caso certo che
Stalin non si prese molto a cuore la controversia. Si trovava a migliaia di
chilometri di distanza dalle scene dell'azione politica e il battersi per
principi astratti, senza la pi vaga possibilit di dar loro un'applicazione
immediata, non era la sua occupazione preferita. Gli esuli pi ottimisti o
pi portati al pensiero speculativo s'agitarono, discussero e scrissero trattati
e tesi per tutta la durata di due o tre lunghi inverni artici. Stalin si isol
sempre pi, e alla fine si ritir in una solitudine da eremita.
La guerra, per la Russia, cos come aveva ammonito Rasputin, si stava
rivelando una catastrofe senza rimedio. Lo stesso Rasputin aveva indotto
lo zar e la zarina, ormai in sua bala, a liquidare i ministri liberali e a
sostituirli con ministri a lui graditi. Nicola II e sua moglie erano forse
convinti che il monaco possedesse una formula magica per esorcizzare il
pericolo mortale che sempre pi evidentemente incombeva sulla santa
madre Russia.
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Leon Trotskij descrive cos la situazione interna dell'ormai fatiscente


impero zarista: Verso la fine del 1916 il costo della vita aumenta a salti.
All'inflazione e alla disorganizzazione dei trasporti s'aggiunge una vera e
propria penuria di medici. La curva del movimento operaio delinea una
brusca ascesa. A partire dall'ottobre, la lotta entra in una fase decisiva che
unisce insieme tutte le svariate gamme del malcontento: Pietrogrado
(nome rivoluzionario di Pietroburgo) prende la rincorsa per il grande salto
di febbraio.
Nelle fabbriche i comizi dilagano. Argomenti trattati: i rifornimenti
alimentari, l'alto costo della vita, la guerra, il governo. Vengono distribuiti
i volantini dei bolscevichi. Si proclamano scioperi politici. All'uscita delle
fabbriche si svolgono manifestazioni improvvisate. Capita che gli operai
fraternizzino con i soldati.
L'atteggiamento mentale della corte imperiale si riconosce facilmente in
una brevissima nota della zarina allo zar, datata 13 dicembre 1916:
Opporsi soprattutto a quella che sembra essere l'idea fissa di tutti: un
governo costituzionale. La calma torner, la situazione sta continuamente
migliorando, ma vogliono sentire il tuo pugno. da molto tempo che da
molte parti mi sento ripetere la solita storia: ai russi piace sentirsi
accarezzare la schiena dallo staffile, nella loro natura.
La verit era che lo zarismo s'era ormai definitivamente sfiancato negli
sforzi d'una guerra senza speranza. Il meglio della giovent russa s'era
perduto nelle fangose trincee dei vari fronti. Cos l'agonizzante regime
imperiale non trov di meglio che chiamare alle armi i deportati.
Negli ultimi gelidi giorni del 1916, Stalin si trov insieme con i
compagni della colonia di Kureika, in viaggio per Krasnojarsk, dove aveva
posto la sua base la commissione medica addetta al reclutamento.
Stalin non venne giudicato abile a causa del difetto al braccio sinistro
che aveva contratto per l'infezione contratta da bambino e che gli impediva
di imbracciare correttamente il fucile. Con lui vennero scartati Lev
Borisovic Kamenev, cognato di Trotskij, e M.K. Muranov, gi deputato
alla Duma. Secondo le autorit non era necessario che Stalin ritornasse a
Kureika, gli venne permesso di trascorrere gli ultimi mesi di deportazione
a Akinks, a centocinquanta chilometri da Krasnojarsk, importante stazione
della Transiberiana.
Il 30 dicembre 1916, sulle acque non ancora completamente gelate della
Neva, a Pietrogrado, affior un cadavere. Il giudice istruttore accorso
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

subito dopo che il corpo era stato ripescato aveva steso un verbale nel
quale si leggeva: il cadavere di uno sconosciuto dell'et apparente di
cinquant'anni. Di statura superiore alla media, vestito di una blusa azzurra
ricamata sopra una camicia bianca. Le gambe, chiuse in alti stivaloni di
capretto, sono legate con una corda. La stessa che stringe anche i polsi.
Porta una grande catena d'oro al collo. Capelli color castano chiaro, barba
e baffi lunghi e in disordine. L'autopsia subito eseguita rivel che l'uomo
era stato ucciso prima d'essere scaraventato in acqua, in stato di grave
ubriachezza. Si trattava di Rasputin.
La congiura per togliere di mezzo il nefasto plagiatore dello zar e della
zarina era stata organizzata dal principe Felix Jussupov, marito di una
nipote dello zar. L'assassinio di Rasputin era avvenuto per mano dello
stesso Jussupov aiutato dal granduca Dimitri e da un deputato di destra alla
Duma, un tale Puriskevic.
Ma non era sufficiente l'eliminazione di Rasputin per salvare la
monarchia, anzi, la popolazione di Pietrogrado accolse la notizia della
morte del monaco malefico con manifestazioni di giubilo, per molti era il
segno della fine del regime, il prologo della rivolta.

CAPITOLO VIII
ZAR, ADDIO
Pietrogrado. Fine febbraio 1917. qui, in questi giorni, che ha inizio la
fine. La pi importante rivoluzione della storia moderna nasce con
l'aspetto confuso dell'insurrezione popolare. La fame e il freddo avevano
esasperato lo scontento, fino dai primi giorni di febbraio a Pietrogrado il
pane era diventato una rarit. Gli operai indicono uno sciopero dopo l'altro
e le donne del popolo non esitano a scendere in strada al fianco dei loro
uomini. L'esercito che da principio esita a obbedire agli ordini di
repressione, si unisce al movimento di protesta.
Il diario della zarina, in quei giorni, testimonia la totale insipienza
politica di un regime che era gi morto senza sapere di esserlo. Bisogna
far sapere, e con fermezza, agli operai che vietato scioperare e inviare per
punizione al fronte chi infrange questa legge scriveva l'imperatrice. Le
sparatorie sono inutili: basta mantenere l'ordine e impedire che gli operai
passino i ponti.
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Un cronista francese rifer: L'inevitabile si avvicina di ora in ora.


L'esercito incomincia a parteggiare per il popolo. Ormai le autorit non
possono fare affidamento altro che sulla lealt dei gendarmi e della polizia.
Dappertutto la folla si ammassa al grido di "pane, pane". Ovunque si
assiste a scene drammatiche. Un battaglione del reggimento della guardia
Semenovskij ha ricevuto l'ordine di far sgomberare la prospettiva Nevskij.
Corre sul posto e si scontra con un battaglione del reggimento Volinskij
che si schierato dalla parte del popolo insorto. La folla scossa da un
brivido: che cosa accadr? Poi un fatto straordinario. L'anziano ufficiale
che comanda i soldati della guardia si alza sulle staffe e arringa i suoi
uomini: "Soldati" grida "non posso davvero ordinarvi di sparare sui vostri
fratelli, ma sono troppo vecchio per mancare al mio giuramento di
militare". Estratta la pistola, si spara un colpo alla tempia e si accascia sul
collo del cavallo, fulminato. Poi, lentamente, crolla a terra. Il corpo senza
vita viene avvolto nella bandiera del reggimento e i suoi soldati si
schierano ai lati della folla.
Il 2 marzo 1917, lo zar Nicola II abdic in favore di suo fratello, il
granduca Michele. Ma questo, il giorno successivo, aveva gi rinunciato a
una corona troppo pesante e che, da tempo, aveva perso il suo lustro. I
ministri dello zar erano stati messi agli arresti. Il principe Georgi Lvov,
monarchico liberale, si mise alla testa del nuovo governo provvisorio;
come ministro degli esteri c'era il professore liberale Pavel Miliukov e al
dicastero della giustizia l'ex deputato di sinistra Aleksandr Kerenskij. Circa
la validit costituzionale del nuovo gabinetto c'era molto da eccepire,
infatti esso era l'espressione di pochi membri dell'ultima Duma, cio di un
parlamento mutilato e disciolto dallo zar. Nonostante questa situazione di
precariet istituzionale nessuno volle creare difficolt; il popolo era
entusiasta d'avere un governo liberale e persino il soviet (consiglio)
degli operai e dei soldati di Pietrogrado, rinato pochi giorni prima
dell'abdicazione dello zar, si dichiar disposto a collaborare.
Le notizie dei grandi mutamenti giunsero a Akinsk due giorni dopo
l'abdicazione di Nicola II. Stalin riun immediatamente tutti i rivoluzionari
deportati nella zona: la caduta della dinastia dei Romanov meritava di
essere festeggiata.
L'8 marzo 1917, Stalin e gli altri militanti bolscevichi salivano su un
treno diretto verso Pietrogrado. Si fermarono a Perm da dove inviarono un
telegramma, destinatario Lenin, Ginevra, Svizzera: Saluti fraterni,
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

partiamo oggi per Pietrogrado. Firmato: Kamenev, Muranov, Stalin.


Leon Davidovic Bronstein detto Trotskij ebbe notizia dell'inizio della
rivoluzione in Canada.
Il 12 marzo, Stalin e i suoi compagni di viaggio arrivarono a Pietrogrado
e siccome i capi storici erano ancora nei rispettivi paesi d'esilio vennero
accolti come dignitari anziani. Stalin si rec immediatamente a cercare i
suoi amici e benefattori, gli Alliluiev, nella loro casa nel quartiere operaio
di Viborg. Ma essi s'erano trasferiti in un'altra abitazione, pi vicina alle
officine elettriche dove lavorava Sergei Alliluiev.
Gli ex vicini non ebbero difficolt a dare a Stalin il nuovo indirizzo e le
indicazioni per arrivarci.
Fu Anna Alliluieva, la maggiore delle figlie di Sergei, ad aprirgli la
porta. La ragazza, che pure lo conosceva bene, ebbe un attimo d'esitazione:
l'uomo che le stava davanti era senza barba e mostrava cos un volto
scavato, aveva i baffi in ordine e i capelli tagliati con cura. Certo gli occhi
erano sempre gli stessi e immutato era quello strano sorriso che gli
increspava le labbra. E non aveva pi quell'aspetto da mendicante
vagabondo dell'ultima volta, quando cinque anni prima s'era presentato da
evaso alla loro porta chiedendo aiuto; ora indossava una blusa scura pulita
abbottonata fino al collo e alti stivali di feltro siberiani.
Il ritorno di Stalin fu, per tutta la famiglia Alliluiev, motivo di grande
gioia e, forse per la prima volta, egli not che Nadia, la figlia minore di
Sergei, s'era fatta una graziosa ragazza. Nadia aveva quindici anni, quando
Stalin era stato deportato era soltanto una bambina.
Al ritorno di Sergei dal lavoro, tra i due uomini ci fu un lungo silenzioso
abbraccio, una stretta che esprimeva l'amicizia, ma anche la solidariet di
chi, come loro, insieme avevano combattuto e sofferto per una causa che
ora, dopo tante vicissitudini dolorose, dopo tante traversie, sembrava
avviata alla vittoria.
Tutta la famiglia si riun intorno a Stalin il quale fu costretto a raccontare
per ore e ore la sua odissea siberiana. Non aveva ancora terminato un
episodio che gi veniva bersagliato di nuove domande, doveva soddisfare
nuove e crescenti curiosit.
Venne l'ora di coricarsi. Per Stalin fu allestito un letto di fortuna in sala
da pranzo accanto al divano dove dormiva Sergei. Al buio i due uomini
continuarono a parlare sottovoce; ora era Stalin che faceva domande e
Sergei gli rispondeva illustrandogli la situazione del movimento operaio a
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Pietrogrado. Ma, nell'altra stanza, neppure le ragazze dormivano:


attraverso le pareti s'udivano il loro cicaleccio e le loro risatine soffocate.
Il ritorno di Stalin, il racconto delle sue avventure, le aveva riempite di
eccitazione, erano rimaste affascinate da quella specie d'eroe che le
trattava con la familiarit d'un parente. La pi affascinata di tutte sembrava
la piccola Nadia che, da quando era tornata a casa dalla lezione di musica,
per tutta la giornata e fino al momento d'andare a letto, non era riuscita a
distogliere lo sguardo dagli occhi magnetici di zio Josif.
Al mattino s'alzarono di buon'ora. Stalin doveva recarsi alla redazione
della Pravda che s'era trasferita in un elegante edificio della centralissima
via Moika, non lontano dal palazzo del principe Jussupov, dove era stato
assassinato Rasputin.
Anche le ragazze avevano qualche cosa da sbrigare in citt. Era
domenica e a Stalin parve strano che ci potesse essere una commissione
cos importante da dover essere sistemata nel giorno di festa. Anna
Alliluieva spieg che andavano a trattare l'affitto di una nuova casa, pi
grande e non lontana dalla sede del soviet di Pietrogrado, quindi pi
comoda per gli incarichi di Sergei. Stalin disse subito che nel nuovo
alloggio degli Alliluiev avrebbe voluto una stanza tutta per s.
Per recarsi in centro presero il trenino a vapore. Quando scesero, al
momento di separarsi, Stalin ricord alle ragazze la sua camera. Fu
accontentato, ma per molti mesi la stanza dello zio Josif
confortevolmente arredata con un grande letto e un tavolo da lavoro, rest
vuota.
Stalin infatti and ad abitare in una casa di via Shivokaia, nella citt
vecchia, dividendo l'alloggio con Viaceslav Michajlovic Scriabin, meglio
conosciuto come Molotov, e con Ivan Smilga, rappresentante degli operai
e dei contadini finlandesi e amico personale di Lenin.
Quanto alla situazione politica, Stalin aveva trovato una notevole
confusione.
Durante la rivoluzione, a Pietrogrado, il comitato centrale bolscevico era
stato diretto da una troika provvisoria della quale facevano parte il gi
citato Molotov e due operai autodidatti, Aleksandr Shliapnikov e Piotr
Zalutskij. Nonostante il febbrile attivismo e la grande buona volont i
giovanissimi triumviri non avevano il prestigio e l'ascendente necessario a
dominare una situazione resa particolarmente complicata dalle divisioni
interne al movimento alle quali s'aggiungeva il grande caos generato dalla
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

rivoluzione.
Il gruppo bolscevico s'era diviso in due fazioni, destra e sinistra, tra le
quali lo stato permanente d'estrema tensione minacciava di degenerare in
frattura, mentre n da una parte, n dall'altra c'erano capi in grado di
ricomporre il dissidio in nome della disciplina di partito. La destra
bolscevica aveva, in pratica, fatto causa comune con i menscevichi i quali
avevano nel soviet di Pietrogrado la maggioranza insieme con i socialisti
agrari. Bolscevichi di destra e menscevichi sostenevano il governo del
principe Lvov e l'opportunit di continuare la guerra fino alla sua
conclusione vittoriosa. Alla guida della destra bolscevica c'era V.
Voitinskij.
Molotov, Shliapnikov e Zalutskij appartenevano invece alla sinistra
bolscevica che avversava il liberalismo borghese del governo Lvov e il suo
atteggiamento patriottico, o difensivismo, per quello che riguardava
l'impegno della Russia nella perdurante guerra mondiale.
Molotov, che era anche direttore della Pravda, si serviva anche del
giornale per sostenere le tesi della sinistra bolscevica e reclamava la
destituzione del principe Lvov.
L'arrivo di Stalin e Kamenev contribu a sistemare un po' le cose, ma
certamente non nella maniera sperata da Molotov e dal suo gruppo di
radicali. Con l'appoggio di Leon Kamenev infatti fu la destra a sentirsi
rinforzata e per quanto riguarda Stalin egli cerc di collocarsi in una
posizione mediana, tale, in ogni caso, secondo la sua opinione, da
costituire una cerniera tra i due blocchi; l'ipotesi di Stalin era quella di
rappresentare l'unit del partito che riteneva indispensabile in un momento
come quello. In effetti egli divenne il capo del partito.
La maggior parte dei militanti non lo conosceva, ma questo si dimostr
essere tutto sommato un fatto positivo poich evitava il sorgere di sospetti
di personalismo.
Scrive Isaac Deutscher: Quando Stalin, alcuni giorni dopo il suo
ritorno, partecip a una riunione dell'esecutivo del soviet di Pietrogrado, fu
salutato come una vecchia conoscenza soltanto da alcuni menscevichi
georgiani che, come Chkheidze, ricoprivano ora posizioni di primissimo
piano nella capitale. Per tutti gli altri, Stalin era un milite ignoto della
rivoluzione.
L'atteggiamento moderato di Kamenev e quello sostanzialmente neutrale
di Stalin non tardarono a produrre i loro effetti nell'ambito del gruppo
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

bolscevico. Molotov era stato praticamente esautorato sia nell'ambito del


partito, sia alla direzione della Pravda. Sul giornale incominciarono ad
apparire gli articoli di Stalin. Il suo pensiero sulla guida politica del paese
era contenuto in un saggio sulla funzione dei soviet che rappresentavano
l'alleanza tra gli operai dell'industria e i contadini. Tra queste due
fondamentali categorie di lavoratori non s'era ancora creata una perfetta
fusione d'intenti e di strategia, pertanto esse dovevano trovare un loro
momento di convergenza sotto la guida di un soviet centrale in grado di
rappresentare tutto il popolo intento a realizzare la sua rivoluzione.
L'articolo di Stalin sviluppava l'ormai consolidato slogan di Lenin tutto
il potere ai soviet, ma secondo i bolscevichi pi rigorosi non riusciva a
essere immune da una certa ambiguit laddove non prendeva una
posizione di netto rifiuto del governo retto dal principe Lvov. La poca
chiarezza di Stalin si poteva rilevare anche laddove egli riassumeva il
proprio saggio affermando: Terra per i contadini, sicurezza di lavoro per
gli operai, repubblica democratica per tutti i cittadini della Russia
affermazioni che prefiguravano una rivoluzione che si limitava ad essere
soltanto antifeudale e non anticapitalista e un nuovo ordine democratico e
non socialista. Ma le critiche non potevano certo spaventare un cocciuto
georgiano come Stalin. Anche l'articolo successivo che affrontava il tema
spinoso della guerra finiva con l'essere nebuloso; Stalin, come afferma
Isaac Deutscher abbin ancora il radicalismo dei principi generali con
l'indeterminatezza delle conclusioni pratiche.
Dato per scontato che anche dopo la caduta del regime zarista la
partecipazione alla prima guerra mondiale della Russia non aveva perduto
le sue caratteristiche di operazione capitalistica, Stalin finiva con
l'accogliere e far sue le tesi semipacifiste e semidifensiviste lanciate dal
soviet di Pietrogrado di marca menscevica. Nell'articolo di Stalin si
mescolavano confusamente le ipotesi di una pace separata tra Russia e
Germania promossa dalla pressione di operai, contadini e soldati e quella
di un'azione internazionalista tale da indurre tutte le potenze coinvolte nel
conflitto a mettere da parte le armi e sedersi al tavolo della pace. In
aggiunta a tutto ci, Stalin si dichiarava convinto che i cosiddetti
difensivisti, fossero essi liberali o menscevichi, agivano in perfetta buona
fede.
Il disegno politico di Stalin sfuggiva alla comprensione dei bolscevichi
di sinistra ai quali non erano chiare, vuoi per poca esperienza, vuoi per la
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

rigida ortodossia, certe finezze strategiche.


A creare maggiore sgomento venne un altro articolo, ancora sul tema
della guerra, nel quale Stalin recuperava completamente la linea del rigore
disfattista.
Commentando una dichiarazione del ministro degli esteri Pavel
Miliukov, Stalin aveva scritto: I lettori della Pravda sanno bene che gli
scopi della guerra sono, da parte russa, imperialistici: conquista di
Costantinopoli, annessione dell'Armenia, smembramento dell'Austria e
della Turchia, annessione della Persia settentrionale. quindi chiaro che i
soldati russi spargono il loro sangue sui campi di battaglia non gi per la
difesa della patria, non in nome della libert, come afferma la corrotta
stampa della borghesia, ma per la conquista di terre straniere.
L'improvvisa sterzata a sinistra di Stalin aveva colto di sorpresa anche il
ministro della giustizia Aleksandr Kerenskij, che rappresentava le istanze
pi avanzate del governo. Kerenskij s'era fatto scrupolo di ribadire a Stalin
che le dichiarazioni di Miliukov sugli esiti della guerra si dovevano
considerare esclusivamente un punto di vista personale che non coincideva
con quello dell'esecutivo.
La replica di Stalin era stata durissima: O Kerenskij ha mentito, o
Miliukov deve rassegnare immediatamente le dimissioni. Vale la pena di
ricordare a questo punto, in ossequio all'obiettivit storica, che una trentina
di anni dopo, alla fine della seconda guerra mondiale, i progetti
espansionistici del ministro Miliukov, che tanto l'avevano scandalizzato,
erano diventati esattamente quelli perseguiti (con successo) da Stalin.
Alla fine di marzo, i bolscevichi si riunirono a Pietrogrado; avevano
requisito per adibirla a loro quartier generale una sontuosa villa che era
appartenuta alla danzatrice Kscesinskaia, ballerina di corte e amante dello
zar. Si trattava della prima conferenza bolscevica dopo la caduta
dell'ordinamento imperiale. Il chiarimento che sarebbe dovuto venire da un
confronto di idee che andava ben oltre la lealt fino ad essere brutale, non
ci fu.
Qual era il ruolo della rivoluzione? Quale la sua fisionomia? Certamente
non quella di una rivoluzione socialista: il sistema che avrebbe prodotto
era una repubblica democratica di operai e contadini e non una dittatura
del proletariato. E quale sarebbe stato l'atteggiamento della borghesia
liberale? Secondo una parte dei bolscevichi essa si sarebbe arroccata nella
difesa dello zarismo, lasciando che il proletariato si muovesse a tutto
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

campo per la creazione di un assetto istituzionale alternativo. Invece s'era


verificato che il fallimento e la liquidazione dello zarismo e la creazione
della repubblica erano avvenuti proprio a opera dell'aristocrazia liberale e
dei ceti medi progressisti.
I bolscevichi si trovavano spiazzati da avvenimenti che, almeno secondo
loro, non avevano seguito le regole della logica.
Che fare? Appoggiare il governo del principe Lvov o attuare
un'opposizione dura e intransigente con lo scopo di sbarazzarsi, quando se
ne fosse presentata l'opportunit, di quel vecchio strumento del capitalismo
borghese?
La discussione si rivelava sterile, persa in un labirinto senza uscita.
Stalin, il quale presiedeva la conferenza, intervenne ancora una volta con
l'ambiguit che distingueva la sua azione in quel momento. Non intendeva
affatto suggerire una soluzione, anzi il suo scopo era allontanare quanto
pi possibile i termini del problema, al fine di evitare che la polemica si
esacerbasse procurando una frattura.
Attrito e lotta esistono e non potrebbero non esistere, disse riferendosi
al conflitto di poteri tra il governo del principe Lvov e i soviet degli operai
e dei contadini. Le funzioni sono state divise. Il soviet dei delegati degli
operai e dei contadini ha preso l'iniziativa di attuare una trasformazione
rivoluzionaria. Il soviet la guida rivoluzionaria del popolo insorto,
l'organo incaricato di controllare il governo provvisorio. D'altra parte, il
governo provvisorio si assunto l'impegno di consolidare le conquiste del
popolo in rivoluzione. Il soviet mobilita le forze ed esercita il controllo,
mentre il governo provvisorio, pur tra molti tentennamenti, s'incarica di
consolidare le conquiste popolari. Questa situazione ha i suoi vantaggi e i
suoi svantaggi. Non sarebbe utile per noi, in questo momento, forzare gli
avvenimenti e provocare fin d'ora l'ostilit dei gruppi borghesi che,
inevitabilmente, ci abbandoneranno in avvenire. necessario guadagnare
tempo, ritardando la diserzione di quei gruppi, in modo da poterci
preparare per la lotta contro il governo provvisorio.
Riemerse anche il problema dell'unificazione con i menscevichi, contro
il quale prese una posizione durissima Molotov il quale sosteneva che la
questione non si doveva affrontare finch i menscevichi non avessero
abiurato la loro posizione bellicista.
Stalin liquid anche la polemica resuscitata da Molotov. inutile
precorrere i tempi afferm Stalin e voler prevedere dissidi. La vita di un
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

partito non possibile senza qualche dissenso. Noi sopravviveremo alle


leggere divergenze che si potranno manifestare in seno al partito.
Al di l dei giudizi di ambiguit, sembrava (ed verosimile che fosse
proprio cos) che Stalin facesse sforzi colossali per rinviare ogni decisione
o ogni deliberazione di una certa importanza fino all'ormai imminente
rientro di Lenin.
Attivo uomo di partito, Stalin non era ancora pronto, e di questo era
senz'altro consapevole, per essere il vero capo del partito.
Il 3 aprile, dopo aver attraversato la Germania a bordo dell'ormai mitico
vagone piombato, Lenin, accompagnato dalla moglie Nadezda
Krupskaia, da Grigori Zinoviev e da altri esuli bolscevichi, giunse alla
stazione di Finlandia, a Pietrogrado.
Alcune biografie ufficiali narrano che Stalin si fosse recato, con una
delegazione ufficiale, incontro a Lenin alla stazione di Belo-Ostrov, sul
confine finlandese. Emilian Jaroslavskij, successivamente sconfessato
come storico del partito, scrisse: Fu con grande gioia che i due capi della
rivoluzione e del bolscevismo s'incontrarono dopo la lunga separazione.
Durante il viaggio per Pietrogrado, Stalin inform Lenin dello stato delle
cose nel partito e dei progressi della rivoluzione.
Pare invece che Stalin non fosse nemmeno alla stazione di Finlandia
dove Kamenev ed altri erano andati ad accogliere Lenin. In ogni caso,
Lenin espresse la propria irritazione per quanto aveva letto sulla Pravda
proprio a Kamenev.
Lenin era estremamente teso a causa della situazione della quale era
perfettamente a conoscenza, ma anche per il timore di essere arrestato e
rinchiuso nella fortezza dei santi Pietro e Paolo, carcere di molti dei
rivoluzionari della prima ora. Dovette ricredersi: a salutare il suo ritorno in
patria c'erano operai, contadini e soldati che facevano ala al passaggio
della sua automobile. Ma quelle ovazioni non gli piacquero, l'istinto gli
suggeriva che mescolati a quella folla di lavoratori c'erano anche i
menscevichi, i socialrivoluzionari, i borghesi, insomma i traditori del vero
socialismo.
Lenin era sdegnato e proprio il giorno dopo il suo ritorno in patria,
quando bolscevichi e menscevichi progettavano d'incontrarsi per discutere
ancora di una possibile riunificazione, scaten la sua offensiva che era
destinata a colpire tutti coloro che non stavano dalla sua parte. Il vangelo
del bolscevismo, o meglio, se ci si concede l'analogia biblica, i suoi
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comandamenti, erano contenuti in dieci tesi.


Ci che in Russia veramente caratteristico il passaggio
incredibilmente rapido dalla violenza pi sfrenata alla finzione pi
raffinata afferm Lenin riferendosi alla metamorfosi del popolo insorto in
masse che s'inchinavano dinanzi al governo provvisorio che continuava a
sostenere le ragioni della guerra. Ai bolscevichi, secondo Lenin, non era
consentito condividere le posizioni difensivistiche. Anche i nostri
bolscevichi aveva detto ironizzando dimostrano d'avere fiducia nel
governo. Ci si pu spiegare soltanto con un'accidentale intossicazione del
movimento rivoluzionario.
Quello che Lenin predicava non era un colpo di stato bolscevico, reso
impossibile dal fatto che i bolscevichi erano ancora in minoranza, ma essi
dovevano convincere le masse che era necessario prepararsi a una nuova
rivoluzione dalla quale doveva nascere non una repubblica parlamentare,
ma una repubblica dei soviet. E si dovevano preparare cambiamenti
radicali come l'abolizione della polizia e dell'esercito, la requisizione dei
latifondi, la fusione di tutte le banche in una sola banca nazionale
controllata dai soviet, il controllo dei lavoratori sulla produzione e
distribuzione nelle industrie. Insomma si doveva dar vita alla rivoluzione
socialista.
E per prima cosa si doveva cambiare il partito, incominciando dal nome
stesso. Io propongo di chiamarlo partito comunista aveva detto Lenin.
La maggioranza socialdemocratica ufficiale ha tradito il socialismo.
Avete forse paura dei vostri vecchi ricordi? Ma tempo di cambiare la
nostra biancheria: dobbiamo toglierci la camicia sporca e indossarne una
pulita.
Propose poi la costituzione della terza Internazionale. Infine avvert i
compagni che se non si sentivano preparati a seguirlo non avrebbe avuto
cedimenti. Solo, come Karl Liebknecht in Germania, avrebbe combattuto
contro di loro nella certezza che alla fine la vittoria sarebbe stata sua.
Lenin sembrava davvero un Mos che tuonava contro gli adoratori del
vitello d'oro, un santo che lanciava anatemi contro una massa di eretici, la
tensione emotiva aveva raggiunto il parossismo, ma s'era ben guardato dal
lasciarsi andare ad accuse o coinvolgimenti personali. Sapeva che anche
nel suo gregge c'erano pecorelle smarrite e voleva che esse tornassero
spontaneamente all'ovile.
Nikolai Suchanov, uno scrittore non bolscevico che aveva assistito al
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

discorso di Lenin, scrisse: Non dimenticher mai quel discorso tonante


che scosse e sorprese profondamente non soltanto me, eretico capitato l
per caso, ma anche tutti gli ortodossi. Affermo che nessuno s'aspettava
niente di simile. Sembrava che tutti gli elementi naturali fossero usciti dai
loro recessi e che lo spirito della distruzione universale, che non conosceva
n limiti, n dubbi, n difficolt, n calcoli, si librasse nella sala della
Kscesinskaia sopra le teste dei discepoli stregati.
Il 20 aprile le dieci tesi di Lenin furono pubblicate sulla Pravda:
Kamenev e Kalinin affermarono che si trattava di posizioni inaccettabili e
accusarono Lenin di essere completamente all'oscuro della realt russa. Un
gruppo di bolscevichi di destra abbandon Lenin affermando che aveva
perso tutti i connotati socialisti e s'era trasformato in un anarchico dello
stampo di Bakunin. Tuttavia la maggioranza dei bolscevichi gli rest
entusiasticamente al fianco.
Stalin si trovava in una posizione quanto mai imbarazzante, era lui che
aveva dato alla Pravda un colpo di timone verso destra e toccava a lui
l'umiliazione di dover pubblicare le tesi radicali del capo. Ma Stalin non
era uomo da lasciarsi disarmare per quello che non gli sembrava pi che
un paterno rimprovero: se aveva sbagliato era pronto a fare mea culpa.
Per dimostrare l'autenticit del suo pentimento scrisse, per la Pravda, un
articolo di fondo intitolato Terra ai contadini nel quale ritrattava tutto
ci che aveva scritto prima dell'arrivo di Lenin. L'articolo era un trionfo di
retorica radicale con espressioni del tipo: La terra brucia sotto i piedi dei
predoni capitalisti, la bandiera rossa dell'Internazionale torna a garrire
sull'Europa. C'era anche un severo ammonimento ai menscevichi e ai
bolscevichi moderati: Coloro che tentano di fermarsi durante una
rivoluzione sono condannati a restare indietro; e chi resta indietro non
trover misericordia. La rivoluzione lo butter nel campo della
controrivoluzione.
Alla fine d'aprile, una nuova conferenza nazionale del partito bolscevico
elesse il nuovo comitato centrale che risult formato di nove membri:
Stalin che la volta precedente era stato cooptato, o meglio imposto da
Lenin, raccolse in questa occasione un grandissimo numero di voti. Non
era pi uno sconosciuto, per quanto attivissimo, manovale della
rivoluzione, era salito al superiore livello dei grandi leader bolscevichi.
Insieme a lui c'erano anche Lenin, Zinoviev, Kamenev, Sverdlov. A Stalin,
per la sua particolare conoscenza del problema delle minoranze che si
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1985 - La Vita Di Stalin

faceva sempre pi acuto (finlandesi e polacchi s'agitavano per costituire


partiti autonomi) e probabilmente per l'atto di fede e sottomissione a
Lenin, venne conservata la direzione della Pravda.
Il bolscevismo era una forza crescente, emergente, come si dice oggi:
durante la rivoluzione di febbraio erano a malapena trentamila, tre mesi
dopo circa settantamila e la loro presenza nei soviet degli operai, dei
contadini e dei soldati era ampia e qualificata. E proprio a Stalin e
Sverdlov venne affidato il compito di guidare e coordinare l'azione dei
bolscevichi all'interno dei soviet, in modo da farne le avanguardie della
rivoluzione prossima ventura.
In quei giorni si verific un'importantissima conversione al bolscevismo:
quella di Leon Davidovic Bronstein detto Trotskij. Trotskij era rientrato in
Russia, proveniente dal Canada, un mese dopo Lenin. S'era reso conto che
la sua antica aspirazione, veder unificati menscevichi e bolscevichi, era
naufragata, ma non era tutto, i menscevichi, contrariamente a quanto aveva
sperato, non s'erano spostati a sinistra di un solo passo, anzi, tenacemente
attaccati alle tesi difensiviste, avevano finito con lo sterzare ancor pi a
destra. I bolscevichi invece, dei quali aveva sempre denunciato il
radicalismo settario, ora che la rivoluzione evolveva ed erano praticamente
usciti dalla clandestinit, gli apparivano pi aperti, pi adeguati alla
situazione reale.
Trotskij era troppo intelligente per non riconoscere che i fatti avevano
dato torto a lui e ragione a Lenin ed era pronto a un abbraccio di
pacificazione. Lenin, da parte sua, non riteneva opportuno giocarsi per un
atto di pura e ottusa testardaggine il contributo di un personaggio della
levatura intellettuale di Trotskij. D'altra parte le tesi d'aprile esposte da
Lenin coincidevano con quanto Trotskij aveva detto molto tempo prima
sulla necessit che la rivoluzione russa aveva di diventare dittatura del
proletariato.
Il successo di Trotskij tra i rappresentanti dei soviet fu immediato: le
cose che diceva non avevano soltanto il fascino superficiale di un'oratoria
seducente, ma seguivano un rigore logico patrimonio di pochi.
Attorno a Leon Davidovic Bronstein detto Trotskij si coagul un esiguo
gruppo di intellettuali che ader al bolscevismo. C'era Anatol Lunaciarskij,
destinato a ricoprire la carica di commissario all'educazione, c'era lo
storico Michail Pokrovskij, il biografo di Karl Marx D.B. Riazanov, e poi
Manuilskij, Joffe e Jurieniev che avrebbero ricoperto importanti incarichi
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

diplomatici. Il contributo degli intellettuali era indispensabile alla


rivoluzione fino da questa fase preparatoria e Lenin ne era perfettamente
consapevole.
E certamente la marea rivoluzionaria cominciava a montare. In giugno le
elezioni municipali a Pietrogrado sanzionarono la debolezza politica dei
liberali, il governo avvertiva aria di tempesta. Dal fronte arrivavano notizie
allarmanti, i soldati sempre pi numerosi reclamavano la pace. Nei
quartieri operai la maggioranza bolscevica diventava sempre pi potente.
Il 4 luglio, Stalin istig i marinai della base navale di Kronstadt a una
dimostrazione pacifica, lasciando per intendere, con molta ambiguit, che
sarebbe stato preferibile che, pacifici o no, portassero con s i fucili.
I marinai, armati, risalirono il corso della Neva, sbarcarono sulla sponda
settentrionale e, pacificamente, marciarono fino alla villa Kscesinskaia da
un balcone della quale Lenin parl loro dell'immancabile vittoria della
rivoluzione. Aleksandr Kerenskij, ministro della guerra, il quale riteneva
contrario allo spirito degli uomini alle armi qualsiasi impegno politico,
interpret la manifestazione dei marinai di Kronstadt come un atto di
insubordinazione. Ordin dunque a reparti, sulla fedelt dei quali era certo
di poter contare, d'intervenire. Tra i marinai e gli uomini di Kerenskij
scoppi una vera e propria battaglia; all'angolo tra la via Sadovaia e la
prospettiva Nevskij i fucili crepitarono a lungo. Alla fine dello scontro
giacevano a terra numerosi morti e feriti. Quattrocento, secondo le stime
dei bolscevichi; venti morti e centoquattordici feriti secondo i bollettini
ufficiali.
Aleksandr Kerenskij non voleva arrendersi all'evidenza, la Russia era in
guerra e l'unico ideale di chi portasse una divisa doveva essere combattere
per sconfiggere il nemico; i soviet, il bolscevismo, la rivoluzione
appartenevano a una realt che si rifiutava di riconoscere e che andava
repressa. Scrive H. Montgomery Hyde: Il governo provvisorio rispose al
colpo mandando truppe ad occupare il quartier generale bolscevico di
palazzo Kscesinskaia e anche ad accettare la resa dei marinai di Kronstadt
che avevano occupato la fortezza dei santi Pietro e Paolo. Successivamente
i soldati fecero irruzione anche negli uffici della Pravda e fecero a pezzi le
macchine tipografiche. Vennero anche emessi ordini di cattura per coloro
che erano considerati i capi bolscevichi: Lenin, Zinoviev, Kamenev e
Trotskij. Ma non Stalin, a quanto pare perch non era sufficientemente
famoso e non lo si riteneva pericoloso.
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Lenin non aveva nessuna intenzione di trasformarsi in martire di una


rivoluzione che non era neppure ancora entrata nel vivo e che desiderava
continuare a guidare e decise quindi di sparire dalla circolazione. Fu
proprio Stalin a trovargli un rifugio in casa di Sergei Alliluiev. In quella
casa sulla Rozdestvenskaia c'era una stanza arredata per lui (le ragazze
avevano mantenuto la promessa) nella quale non era mai andato ad abitare;
sarebbe stato il luogo ideale dove nascondere Lenin.
L'11 luglio, dopo essere stato reso irriconoscibile da una rasatura
effettuata dallo stesso Stalin e travestito con abiti prestati da Sergei
Alliluiev, Lenin, accompagnato da Stalin e Alliluiev, raggiunse la stazione
ferroviaria dove sal su un treno diretto a Razliv, una citt sulla costa
settentrionale del golfo di Finlandia, dove c'era un compagno di nome
Nikolai Emilianov pronto a ospitare Lenin finch le acque non si fossero
calmate.
Mentre Lenin, dopo tre soli mesi dal suo ritorno in Russia, era
nuovamente costretto alla clandestinit, Kamenev e Trotskij vennero
incarcerati. Anche Zinoviev era fuggito. Toccava nuovamente a Stalin di
mettersi alla guida del partito.
Pochi giorni dopo la partenza di Lenin, sulle affettuose insistenze di
Olga Evgenievna Alliluieva, moglie di Sergei, Stalin trasloc nella casa
degli amici, nella stanza che era stata preparata apposta per lui. Quello
stesso giorno, il principe Georgi Lvov, capo del governo provvisorio, al
quale la situazione stava sfuggendo sempre pi di mano, pass le consegne
al ministro della guerra Aleksandr Kerensky.
L'essere andato ad abitare dagli Alliluiev cambi le condizioni di vita di
Stalin che da tempo era considerato uno di famiglia; Olga Evgenievna e le
figlie Anna e Nadia, lo colmarono di quelle attenzioni e di quelle cure che
nessuno, a parte la defunta moglie Keke, gli aveva riservato.
Stalin, quando si trasfer con il suo esiguo bagaglio (una piccola valigia
di vimini e un pacco di libri) a casa degli Alliluiev, provvide ad avvisare i
suoi ospiti dei suoi movimenti di lavoro e dei suoi orari; li tranquillizz per
quanto poteva riguardare certe sue assenze notturne. I suoi mancati rientri
potevano dipendere da impegni o da motivi di sicurezza. In nessun caso
avrebbero dovuto cercarlo e parlare con chicchessia. Il guardaroba di
Stalin era poverissimo: una sola giacca della quale, sotto gli innumerevoli
rammendi, non si riconosceva pi il tessuto originale, un solo paio di
calzoni anche quelli devastati dall'uso. Se Stalin andava in giro conciato
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come un mendicante vagabondo, non era pi per mancanza di denaro; il


comitato centrale, infatti, gli passava uno stipendio di cinquecento rubli al
mese, la sua trascuratezza nasceva dal fatto che non c'era accanto a lui una
persona che si prendesse cura delle sue cose e lui non aveva n il
temperamento, n il tempo, per occuparsi del proprio decoro. Ci pens
Olga Evgenievna Alliluieva: gli comper un bell'abito e gli fece
confezionare dei panciotti di velluto nero con il collo alto poich Stalin
non portava camicie senza il tradizionale colletto duro e non indossava mai
la cravatta.
L'esistenza di Stalin trascorreva abbastanza monotona tra il lavoro di
partito, quello presso la redazione della Pravda e le serate in casa Alliluiev
con innumerevoli bicchieri di t e il fumo della pipa che scandivano le
chiacchiere finch, mentre gli altri si ritiravano nelle loro stanze per
dormire, lui continuava a lavorare nella sua camera. Talvolta il sonno lo
coglieva al tavolino.
Tocc a Stalin presiedere un congresso del partito, il sesto, tenuto in
condizioni di semiclandestinit. I menscevichi cercarono di far cadere
sull'assente Lenin l'accusa di tradimento dei soldati russi impegnati sui
fronti di guerra. Il congresso provvide anche a nominare un nuovo
comitato centrale composto di ventiquattro membri: gli esuli o reclusi
Lenin, Zinoviev, Kamenev e Trotskij e poi Sverdlov, Rykov, Bucharin,
Nogin, Uritskij, Miliutin, Artem, Krestinskij, Dzerzhinski (un polacco
destinato a diventare capo della polizia segreta bolscevica), Joffe,
Sokolnikov, Smilga, Bubnov, Muranov, Sciaumian, Berzin, Aleksandra
Kollontai e lo stesso Stalin. Lenin, Trotskij, Zinoviev, Lunaciarskij,
Kamenev e la Kollontai, in riconoscimento della loro particolare
condizione di perseguitati furono nominati membri del Presidium onorario.
Stalin, come di consueto, si dimostr un capo burocratico, freddo,
determinato, incapace di grandi idee e di originalit, ma interprete rigoroso
dell'ortodossia.
Nel giorno stesso in cui il congresso termin, Kamenev venne rilasciato
dalla polizia segreta e immediatamente i menscevichi scatenarono una
campagna denigratoria contro di lui, accusandolo d'essere una spia
dell'Okrana. Stalin, dalla nuova sede del comitato centrale, nell'istituto
Smolny, una volta scuola per ragazze aristocratiche, fondata da Caterina la
Grande, e dalle pagine di Rabocki put (La strada dei lavoratori organo del
partito in sostituzione della Pravda gli uffici della quale erano stati
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devastati) si lanci in una appassionata difesa del compagno,


contrattaccando i menscevichi tacciati d'essere reazionari malamente
camuffati. Forse Stalin ordin anche una di quelle azioni delle quali era
stato in altri tempi brillante organizzatore: un gruppo di rivoluzionari riusc
a fare un'irruzione negli uffici dell'Okrana dove una gran parte del
materiale venne dato alle fiamme. Non tutti i documenti andarono distrutti,
vennero tra gli altri conservati quelli relativi alla colpevolezza di Roman
Malinovskij che, al ritorno dal fronte, scont il suo continuato tradimento.
A poco a poco anche altri capi bolscevichi uscirono dal carcere, Stalin
non era pi solo alla testa del partito, ben felice di condividere con altri
responsabilit ancora troppo gravose per le sue capacit.
Alla fine d'agosto racconta Isaac Deutscher la capitale fu messa in
allarme dalla rivolta del comandante supremo, generale Kornilov, contro il
governo provvisorio. Le origini della rivolta, che confermava i continui
moniti bolscevichi sul pericolo di una controrivoluzione, rimasero oscure.
Il primo ministro Kerenskij, prevedendo la possibilit di uno scontro
decisivo con i bolscevichi, aveva invitato il generale Kornilov a inviare
truppe fidate nella capitale. Ma il generale non si accontent del progetto
di sopprimere il bolscevismo: intendeva liberare il paese dai soviet, dai
socialisti moderati e dallo stesso Kerenskij. Pieno di fiducia nella propria
forza, esaltato dall'importanza della sua missione di "salvatore della
societ", non esit a prendere l'iniziativa e, rifiutata obbedienza al governo,
consegn Riga ai tedeschi e ordin alle sue truppe di marciare su
Pietrogrado.
Il momento era difficile e drammatico, Kerenskij e le forze politiche pi
vicine a lui erano nel panico, senza l'appoggio dei bolscevichi non c'era
nessuna possibilit di opporsi al progetto revanscista di Kornilov, d'altra
parte coinvolgere i bolscevichi significava anche ridare potere ai soviet e,
eventualmente, riarmare le guardie rosse messe in congedo forzato dopo
l'insurrezione di luglio. Era indispensabile che i bolscevichi convincessero
i marinai di Kronstadt a intervenire. I bolscevichi compresero
immediatamente l'occasione che si offriva loro; senza tener conto di
rivalit e risentimenti persuasero i marinai di Kronstadt a scendere in
campo e li convinsero a limitare la loro azione contro Kornilov, mentre
essi si erano offerti di eliminare tutti gli avversari del movimento
bolscevico compreso Kerenskij. Fu Trotskij a suggerire ai determinati
marinai un comportamento moderato: la rivoluzione si poteva permettere
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tempi lunghi, tanto pi che le forze controrivoluzionarie avevano perduto


la loro credibilit in quanto s'erano rese responsabili del tentativo di
Kornilov. Non era certamente merito del governo di Kerenskij, dei
menscevichi e dei socialrivoluzionari se Kornilov era stato sconfitto: loro
l'avevano chiamato per far fuori i bolscevichi senza sapere che, a loro
volta, sarebbero stati vittime del generale legittimista.
La liquidazione della rivolta di Kornilov e il suo arresto non tardarono a
produrre il loro effetto positivo per i bolscevichi. Pochi giorni dopo, nelle
elezioni supplementari, i bolscevichi ottennero la maggioranza, non
soltanto a Pietrogrado, ma anche a Mosca e in altre citt importanti.
Trotskij venne eletto presidente del soviet di Pietrogrado, carica che gi
era stata sua nel 1905. Il potere dei bolscevichi aumentava consolidando il
terreno sul quale si sarebbe giocato l'ultimo atto della rivoluzione.
In questo periodo l'attenzione di Stalin non era tutta rivolta ai problemi
della politica. Nadia Alliluieva, la figlia pi giovane di Sergei Alliluiev,
che aveva trascorso le vacanze estive presso amici a Mosca, era tornata a
casa nell'imminenza dell'inizio dell'anno scolastico. La ragazza aveva
subito una di quelle metamorfosi cos frequenti nell'adolescenza avviata
verso la piena maturazione. Una mattina, di buon'ora, Stalin s'accorse che
una graziosa donnina stava facendo le pulizie di casa: i rumori di mobili
spostati l'avevano svegliato. S'era affacciato dalla porta della sua stanza
con l'intenzione di protestare, ma di fronte a Nadia, cos bella anche se
vestita da casa, con un fazzolettone che ne fasciava la testa perse ogni
velleit. Al burbero georgiano piaceva quella piccola massaia e la
incoraggi a continuare senza curarsi di lui.
Nadia non era soltanto un'abile donna di casa scrive H. Montgomery
Hyde ma anche una fervente giovane bolscevica che accantonava
bruscamente le critiche delle compagne secondo le quali "i bolscevichi
vogliono distruggere tutto" e dichiarava apertamente la sua fede politica.
Quando Stalin non era in casa, cercava di strappare notizie alla sorella
Anna che lavorava al quartier generale bolscevico. La giovane Nadia era
curiosa, attenta e innamorata della rivoluzione. Una sera, Stalin port a
casa degli Alliluiev l'eroe-terrorista Semion Ter-Petrossian, meglio
conosciuto con il nome di battaglia di Kamo; per le ragazze fu una serata
indimenticabile ed eccitante.
Kamo raccont, per ore ed ore, le sue avventure: gli espropri nelle
banche, negli uffici pubblici e gli assalti ai treni che trasportavano denaro e
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valori, la sua vita di bandito da strada costretto alla clandestinit, l'arresto e


gli orrori della prigione, la finzione della pazzia per sottrarsi agli spietati
interrogatori dell'Okrana, il rocambolesco progetto di evasione da Karkov
fingendo d'essere morto in maniera da essere trasferito all'obitorio e di l
poter raggiungere i compagni impegnati nella rivoluzione di febbraio,
l'inaspettato rilascio. Anna e Nadia Alliluieva avevano tempestato di
domande il leggendario Kamo, ne avevano seguito i racconti con l'aria
stregata, ma a Stalin non era sfuggito che, proprio nei momenti di maggior
tensione, i grandi occhi scuri di Nadia saettavano sguardi infuocati su di
lui. Insomma era evidente che il vero eroe per la piccola Nadezda era il
baffuto georgiano, amico dei suoi genitori, pensionante fisso nella loro
casa, di vent'anni pi anziano di lei. Stalin, da parte sua, pensava soltanto
alla rivoluzione.
I problemi in effetti erano molti e complessi: il potere dei soviet
cresceva, ma il governo provvisorio non intendeva prendere atto del
cambiamento in corso; menscevichi e socialrivoluzionari tentavano,
bench ormai in minoranza, di far valere i loro diritti; i tempi sembravano
maturi per l'insurrezione finale, ma Lenin e gli altri capi erano esuli
all'estero e, in loro assenza, Stalin non se la sentiva di prendere decisioni
radicali, era consapevole di essere ancora un gregario.
Sulla Domenica del Corriere del 2 settembre 1917, si legge una
divertente annotazione, apparentemente marginale, pi di colore che
dettata da rigore storico, ma estremamente significativa della situazione.
La passione dei comizi scriveva l'autorevole settimanale si ormai
generalizzata in tutte le citt russe, e a Odessa ha assunto forme
stranissime, che non si spiegano se non con la natura ingenua e col troppo
repentino passaggio di quel popolo immaturo dalla schiavit a una libert
senza limiti. A Odessa, dunque, vi sono state innumerevoli riunioni
plenarie non solo politiche, ma anche professionali: e persino le
professioni illecite, non hanno esitato a presentarsi nell'arringo per dettar le
leggi civili e morali della societ nuova. I borsaiuoli, per esempio, hanno
tenuto il loro bravo meeting votando un ordine del giorno con il quale la
confraternita si obbligava a non esercitare la sua ladresca attivit durante le
dimostrazioni del primo maggio; e il giorno dopo un accolito si recato in
questura per chiedere se qualche compagno non avesse per caso trascurato
la parola d'ordine. Ma non basta. Anche i reclusi comuni, evasi dalle
carceri allo scoppio della rivoluzione, si sono riuniti in comizio per
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1985 - La Vita Di Stalin

promettere d'astenersi d'ora innanzi dai delitti. Alla riunione assisteva la


stampa; cosicch il presidente del comizio, un delinquente che aveva
quaranta omicidi sulla coscienza, si credette in dovere di recarsi subito a
ringraziare i direttori dei giornali.
I tempi per il colpo finale, come s' detto, erano maturi; c'era soltanto
da aspettare un segno di Lenin. E questo arriv verso la met di settembre.
A casa Alliluiev giunse una serie di lettere indirizzate a Stalin il quale
doveva fungere da tramite tra Lenin, clandestino, e i membri del comitato
centrale; il capo invitava i compagni a prepararsi per la fase decisiva. In
sostanza, Lenin riassumeva in due memorie le sue disposizioni; i
documenti erano intitolati: I bolscevichi devono prendere il potere e
Marxismo e insurrezione. Il 15 settembre, Stalin li present al comitato
centrale. Si trattava di prescrizioni operative, del tutto prive di valutazioni
che tenessero conto della realt, della situazione politica, delle
conseguenze immediate e di altri fattori dai quali sarebbe stato
indispensabile non prescindere.
Affrontare l'insurrezione in maniera marxista n pi n meno che
un'arte scriveva Lenin. Senza aspettare un solo minuto, noi dobbiamo
organizzare uno stato maggiore dei reparti insurrezionali, distribuire le
forze, dislocare i reggimenti fidati nei punti pi importanti, circondare il
teatro Aleksandrinskij (sede dei lavori della cosiddetta assemblea
democratica), occupare la fortezza di Pietro e Paolo, arrestare lo stato
maggiore generale e il governo, occupare gli uffici telegrafici e telefonici,
insediare il nostro stato maggiore insurrezionale nella centrale telefonica,
collegarlo per telefono con tutte le fabbriche, i reggimenti, gli avamposti,
eccetera. Stalin e Trotskij accolsero quel documento con stupore e
incredulit, esso era cos lontano dalla realt da sembrare d'esser stato
redatto da uno studente un po' fanatico. Alla luce dei fatti, quali
successivamente si svilupparono, il primo abbozzo pu sembrare un saggio
piuttosto ingenuo di letteratura avventurosa scrive Isaac Deutscher.
Successivamente lo stesso Lenin ammise che non era sua intenzione dare
indicazioni precise, ma soltanto provocare i membri del comitato centrale,
dando loro la sensazione dell'urgenza del problema. Tuttavia le
disposizioni non mancarono di scatenare una pesante polemica all'interno
del comitato centrale che si divise in due gruppi: uno, del quale faceva
parte anche Stalin, aveva il suo portavoce in Trotskij, l'altro in Kamenev.
Trotskij era d'accordo con Lenin sulla necessit d'agire in tempi molto
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1985 - La Vita Di Stalin

brevi, ma proponeva l'elaborazione di un piano insurrezionale


dettagliatamente articolato sia sul piano politico, sia sul piano militare.
Secondo Trotskij non era opportuno escludere dalla responsabilit
dell'insurrezione i soviet e poich c'era gi un congresso panrusso dei
soviet stessi convocato per la seconda met d'ottobre, si doveva cogliere
quell'occasione come inizio dell'insurrezione.
C'era dunque tra Trotskij e Lenin una parziale identit di vedute, il
dissenso si limitava ai tempi e ai modi che Trotskij, presente sul luogo
delle operazioni, riteneva di poter valutare con maggior cognizione di
causa.
Kamenev e Zinoviev, invece, dissentivano totalmente. Kamenev arriv
addirittura a proporre la distruzione dei documenti redatti da Lenin
giustificando la sua richiesta con l'opinione che essi avrebbero potuto
recare grave danno all'immagine del partito.
Con l'inasprirsi della polemica, Stalin adott un atteggiamento che gi
aveva collaudato in circostanze analoghe: le due posizioni contrapposte
dovevano essere mediate sottoponendole al giudizio delle organizzazioni
periferiche. Ma la proposta di Stalin venne clamorosamente bocciata.
Intanto un elemento nuovo, esterno, s'aggiunse al dissenso rendendolo
pi acuto. Il capo del governo, Kerenskij, consapevole che ormai il terreno
gli stava irrimediabilmente e velocemente franando sotto ai piedi, aveva
convocato un'assemblea consultiva, detta preparlamento, che avrebbe
dovuto, secondo i suoi progetti, arginare il potere dirompente dei soviet. I
membri del preparlamento sarebbero stati designati dal governo stesso, ma
per salvare un'apparenza di democrazia, sarebbero stati chiamati a farne
parte anche alcuni bolscevichi. Ora al comitato centrale si poneva il
dilemma: accettare le eventuali designazioni o rifiutarle?
In pieno clima insurrezionale, secondo Trotskij, la proposta di Kerenskij
non aveva alcun valore, era opportuno dunque boicottarla; secondo il
gruppo di Kamenev sarebbe stato invece giusto accettare. La maggioranza
si raccolse intorno alla posizione deviazionista di Kamenev.
Un determinante passo falso il governo provvisorio lo commise quando
avanz l'ipotesi di trasferire, per ragioni connesse con il catastrofico
andamento della guerra, la capitale da Pietrogrado a Mosca. I bolscevichi
sostennero che non c'erano ragioni strategiche valide per un tale progetto,
se non quelle di preparare la controrivoluzione e proposero la difesa di
Pietrogrado non come capitale dell'impero, ma della rivoluzione. Il
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compito della difesa se lo assunsero i soviet che, in questo modo


acquistarono prestigio agli occhi della popolazione che, dopo il tentativo
golpista del generale Kornilov, diffidava sempre pi degli ufficiali, e
ottennero in pratica il controllo assoluto sui movimenti di truppe e le
decisioni dei comandi militari. Venne nominato un comitato militare
rivoluzionario, la presidenza del quale venne affidata allo stesso presidente
del soviet.
Commenta Isaac Deutscher: Quasi incredibile a dirsi, l'organo direttivo
dell'insurrezione non era un gruppo clandestino, non era una combriccola
di cospiratori autoelettisi, bens un comitato eletto pubblicamente da un
istituto numeroso e rappresentativo come il soviet. Poich la cospirazione
era, per cos dire, paludata nella legalit del soviet, si cre uno stato di cose
che paralizz in gran parte l'opposizione dei socialisti moderati. I
menscevichi e i socialrivoluzionari restarono nel soviet come spettatori
impotenti e sbigottiti e, fino a un certo punto, come complici dei progetti
bolscevichi. Trotskij (tutte le file dell'insurrezione erano adesso nelle sue
mani) riusc a dare alla rivolta l'apparenza di un'operazione difensiva
destinata a prevenire o piuttosto a fronteggiare una controrivoluzione:
finissimo accorgimento tattico che spinse i settori ancora esitanti della
classe operaia e della guarnigione a schierarsi dalla parte degli insorti. Ci
non significa che il carattere difensivo dell'insurrezione fosse in tutto e per
tutto falso e pretestuoso. Il governo, e dietro a esso i generali monarchici e
i politici di destra, si preparavano alla riscossa: tant' vero che alla vigilia
dell'insurrezione, Kerenskij dichiar fuori legge il comitato militare
rivoluzionario, emise nuovi mandati di cattura contro i capi bolscevichi,
tent di mobilitare le truppe fedeli e di sopprimere la stampa bolscevica.
Ma nella corsa tra la rivoluzione e la controrivoluzione, la prima aveva
acquistato un forte vantaggio iniziale; e questo vantaggio fu aumentato
dall'abilit con la quale il capo dell'insurrezione seppe accreditare, sino alla
fine, il suo apparente scopo difensivo.
Trotskij, nella sua qualit di presidente del soviet di Pietrogrado,
preparava il terreno per l'ultimo atto della rivoluzione; Lenin si dava un
gran daffare per recuperare Kamenev, Zinoviev e il loro gruppo al rigore
bolscevico, convincendoli dell'opportunit di uscire dal preparlamento di
Kerenskij, definito una assemblea di complicit controrivoluzionaria.
Dopo molto tergiversare, Kamenev e Zinoviev si lasciarono convincere e il
7 ottobre la delegazione bolscevica abbandon il preparlamento.
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Alle prime luci dell'alba dell'8 ottobre, uno strano personaggio buss alla
porta di casa Alliluiev. Fu Anna ad aprire con una certa diffidenza: aveva
davanti un uomo non molto alto, imbacuccato in un lungo cappotto nero,
con in testa un berretto finlandese, aveva gli occhiali e sul volto
perfettamente rasato spiccavano i baffetti scuri. Soltanto quando lo
sconosciuto visitatore chiese se Stalin fosse in casa, Anna Alliluieva si rese
conto della sua identit, la voce era quella di Vladimir Ilic Ulianov, cio
Lenin, rientrato clandestinamente in Russia. Il travestimento era perfetto,
sotto al berretto Vladimir Ilic portava anche una parrucca.
Davanti a un'abbondante colazione preparata da Olga Evgenievna
Alliluieva, Lenin e Stalin convennero che era indispensabile riunire al pi
presto il comitato centrale. L'unico grosso problema da superare era quello
della sicurezza, il governo provvisorio era in stato d'allerta e la possibilit
di mettere le mani sull'intero stato maggiore bolscevico era estremamente
allettante, era quindi necessario agire con la massima prudenza e
segretezza. Di riunirsi nei locali della scuola Smolny non c'era proprio da
parlarne e l'appartamento degli Alliluiev poteva essere sotto sorveglianza.
Si decise allora per la casa di Nicolai Sukhanov, un giornalista, la moglie
del quale, Galina, era una delle pi attive collaboratrici di Lenin e che gi
aveva offerto il proprio ufficio come nascondiglio per il capo.
Il 10 ottobre, dodici dei ventiquattro membri del comitato centrale
bolscevico si presentarono alla riunione. Uno soltanto l'argomento
all'ordine del giorno: fissare la data per l'inizio dell'insurrezione.
Kamenev e Zinoviev espressero il loro parere sfavorevole. Davanti alla
storia, davanti al proletariato internazionale, davanti alla rivoluzione russa
e alla classe operaia di questo paese, noi non abbiamo il diritto di puntare
tutto l'avvenire sulla sola carta di un'insurrezione armata sostennero. Il
governo provvisorio aveva promesso la convocazione di un'assemblea
costituente e, secondo Kamenev e Zinoviev, si doveva attendere
quantomeno questo evento. Secondo loro si poteva instaurare il nuovo
ordine utilizzando per met i risultati gi conseguiti dalla rivoluzione e per
un'altra met l'arma incruenta delle deliberazioni parlamentari. Non
esistevano, secondo loro, i presupposti affinch l'insurrezione armata
potesse essere vittoriosa.
Lenin era profondamente irritato: diffidava totalmente delle promesse
del governo, era convinto che differire i tempi dell'insurrezione avrebbe
consentito alla classe politica e militare conservatrice di prepararsi al
Ivan Lantos

108

1985 - La Vita Di Stalin

contrattacco o addirittura a un'azione preventiva, aveva la radicata certezza


di poter contare sull'appoggio dei movimenti socialisti europei. Insomma
Kamenev e Zinoviev erano soltanto dei codardi.
La discussione si protrasse per tutta la giornata e per l'intera notte:
all'alba dell'11 ottobre si giunse alla votazione; dei dodici membri del
comitato centrale presenti soltanto Kamenev e Zinoviev votarono contro la
decisione d'incominciare l'insurrezione armata il 20 d'ottobre.
Su proposta di Felix Dzerzhinski venne eletto un Politburo, cio l'ufficio
politico destinato alla direzione politica nel futuro immediato. I suoi
membri erano: Lenin, Stalin, Trotskij, Sokolnikov, Bubnov, Kamenev e
Zinoviev. Potrebbe sembrare contraddittoria la presenza di Kamenev e
Zinoviev nel nuovo organismo direttivo, ma si voleva proprio garantire la
dialettica interna, soltanto qualche tempo dopo il dissenso sarebbe stato
liquidato con la violenza. Vale anche la pena di ricordare che il Politburo,
organismo che era stato previsto come provvisorio sarebbe diventato
l'istituto che un giorno doveva dominare sovrano sopra lo stato, il partito
e la rivoluzione.
Accanto all'aperto e duro contrasto tra Lenin e Kamenev-Zinoviev ne era
sorto un altro, meno radicale, tra Lenin piuttosto indeciso sulla citt dalla
quale far partire il segnale dell'insurrezione (Helsinki, Pietrogrado, Mosca)
e Trotskij il quale nella sua qualit di presidente del soviet di Pietrogrado e
del comitato militare procedeva per la sua strada, incurante delle
discussioni del comitato centrale, assistito da due personaggi di assoluta
fiducia, Vladimir Antonov-Oveseenko e Nicolai Podvoisky. Trotskij
considerava Lenin strategicamente inattendibile, un profano della rivolta
armata.
Il 16 ottobre vi fu una nuova riunione del comitato centrale che
conferm le decisioni di quello precedente. Kamenev e Zinoviev, pi che
mai fermi nella loro opposizione, resero pubblico il loro dissenso dalle
colonne del giornale di Maksim Gorkij, Novaija zizn (Vita nuova) che si
trovava in una posizione intermedia tra il radicalismo bolscevico e il
riformismo menscevico. Il gesto esasper Lenin che accus Kamenev e
Zinoviev d'infamia, d'essere crumiri, traditori della rivoluzione, e
chiese che fossero immediatamente espulsi dal partito.
Fu proprio Stalin ad assumere un atteggiamento di mediazione che
indusse il comitato centrale a non adottare un provvedimento giudicato
dalla maggioranza troppo severo. Stalin pubblic sul giornale bolscevico
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

un articolo che praticamente replicava a quello di Kamenev e Zinoviev e


nel quale era scritto tra l'altro: certo che la proposta di Kamenev e
Zinoviev offre alla controrivoluzione la possibilit di prepararsi e
organizzarsi. Noi dovremmo ritirarci all'infinito e perdere la rivoluzione.
In un momento come questo occorre dimostrare pi fede. Vi sono due
strade dinanzi a noi: una conduce alla vittoria della rivoluzione e a
guardare all'Europa; l'altra non segnata dalla fede nella rivoluzione e
conduce il partito a restare semplicemente un partito d'opposizione.
Tuttavia il soviet di Pietrogrado s' gi messo sulla strada
dell'insurrezione.
Insomma Trotskij, come s' detto, non stava perdendo tempo in
polemiche di carattere dogmatico, fuori del comitato centrale, nel soviet,
era gi sceso sul campo di battaglia.
Molti storici s'interrogano sui motivi della posizione ambigua di Stalin il
quale proclamava a gran voce la sua ortodossia leninista, redarguiva ma
non condannava Kamenev e Zinoviev limitandosi a un commento di tipo
censorio nei confronti della loro opposizione, enfatizzava l'opera di
Trotskij che certamente non era in linea con le direttive generali di Lenin.
C' chi sostiene che l'atteggiamento di Stalin fosse dettato da un certo
attendismo opportunista: la situazione era estremamente fluida, gli esiti
dell'insurrezione incerti e mantenendosi equidistante, o ambiguo, lui si
garantiva in ogni caso una buona posizione per il futuro quale che esso
fosse. Un'interpretazione certamente dettata dalla malevolenza, ma resta il
fatto che quando al successivo comitato centrale Kamenev present le
dimissioni, Stalin lo difese. Inevitabilmente le dimissioni di Kamenev
vennero accettate, Lenin espresse critiche sul comportamento di Stalin e
cos anche lui offr di andarsene. Il comitato centrale rigett le dimissioni
di Stalin, Lenin replic con tono conciliante preoccupato forse di perdere il
contributo di un uomo discutibile in certe prese di posizione, ma
certamente indispensabile alla rivoluzione. Lenin e Trotskij vennero
designati come capi della delegazione bolscevica al congresso panrusso
dei soviet che si sarebbe dovuto tenere di l a qualche giorno e che in
pratica avrebbe dovuto sancire la rivoluzione.
L'esecutivo dei menscevichi prese la decisione di rinviare dal 20 al 25
ottobre l'inizio del congresso, decisione che non venne contestata dai
bolscevichi che si resero conto di poter utilizzare quei cinque giorni per
concretizzare l'insurrezione.
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Il 21 ottobre i rappresentanti dei comitati militari riconobbero i pieni


poteri al comitato militare rivoluzionario, cio a Trotskij e ai suoi
luogotenenti, Antonov-Ovseenko e Podvoiskij, senza le firme dei quali
nessun ordine aveva valore. Il 23 ottobre il comitato rivoluzionario
militare nomin i propri commissari presso le varie unit militari della
capitale i quali dovevano assicurare i vari collegamenti.
Intanto lo stato maggiore governativo, resosi conto dell'evolversi della
situazione, aveva incominciato a emanare ordini di trasferimento per i vari
reparti; l'intenzione era quella di allontanare da Pietrogrado le unit
rivoltose e farvi affluire truppe fedeli. Gli ordini vennero sistematicamente
disattesi. Gli ufficiali che tentarono di opporsi all'autorit del soviet
vennero sollevati e taluni anche messi agli arresti.
Mancava soltanto il casus belli, un pretesto anche irrisorio offerto dal
governo, per scatenare l'insurrezione armata. E fu veramente, come spesso
accade in questi casi, un piccolo pretesto: un esiguo reparto di soldati
governativi occup la redazione del giornale bolscevico diretto da Stalin e
chiuse la tipografia. Una rappresentanza dei tipografi invit il comitato
militare rivoluzionario a mandare truppe che garantissero la preparazione e
la stampa del giornale. I soldati della rivoluzione accorsero rapidamente.
Era il 24 ottobre 1917.
Un pezzetto di ceralacca con lo stemma del governo sulla porta della
redazione bolscevica come sanzione militare: non era certamente una gran
cosa. Ma quale magnifico segnale di battaglia comment Trotskij in
Storia della rivoluzione russa.
Scrive Isaac Deutscher: La battaglia si estese rapidamente ai ponti, alle
strade, alle stazioni della ferrovia, agli uffici postali e agli altri obiettivi
strategici: tutti furono occupati senza colpo ferire dalle truppe agli ordini
di Trotskij. L'unico vero combattimento si svolse durante l'assalto degli
insorti al palazzo d'Inverno, sede del governo provvisorio. Il palazzo era
difeso soprattutto da truppe femminili che non opposero una gran
resistenza, ma molte soldatesse si lamentarono nelle giornate successive
all'insurrezione di essere state violentate dalle truppe rivoluzionarie.
Qualche sparatoria senza conseguenze ci fu attorno alla fortezza di
Pietro e Paolo e l'incrociatore Aurora che aveva risalito la Neva per
difendere il governo tir alcune bordate che si rivelarono essere a salve. Il
governo si dissolse nell'ignominia: Kerenskij si diede alla fuga su
un'automobile dell'ambasciata degli Stati Uniti garantendosi l'immunit
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

sotto la bandiera a stelle e strisce.


Il governo provvisorio commenta Isaac Deutscher era ridotto in uno
stato tale d'isolamento politico e gli insorti godevano di una cos
schiacciante superiorit che bast l'urto lievissimo d'una gomitata per
togliere di mezzo il governo.
Il 25 ottobre, come fissato, si riun il congresso panrusso dei soviet. La
rivoluzione aveva vinto e, in pratica, era gi terminata. Il suo eroico
condottiero era Leon Davidovic Bronstein, detto Trotskij.
E Stalin dov'era? La domanda sorge legittima in quanto nelle cronache
convulse di quei giorni il suo nome praticamente non compare tra quelli
dei protagonisti. Poco conta che, nella riunione del comitato centrale del
16 ottobre, Stalin, insieme con Sverdlov, Dzerzhinski, Bubnov e Uritskij,
fosse stato designato a rappresentare il comitato centrale nel comitato
militare rivoluzionario che era in pratica un monopolio di Trotskij nel
quale era impossibile cacciare il naso. Trotskij afferm: Quanto maggiore
era la portata degli eventi tanto minore era il ruolo di Stalin.
da credere che l'assenza di Stalin dalla prima linea dell'insurrezione
non fosse dovuta n a vigliaccheria, che certamente vigliacco non era, n
ad altri motivi reconditi, quanto piuttosto alla consueta abilit del
georgiano nel valutare le situazioni e le opportunit. Egli stava ancora
costruendo il proprio destino politico, la sua immagine non era ancora
completa, tanto valeva restare nell'ombra, non esporsi. Il suo
temperamento, come s' gi avuto modo di dire, non era facile agli
entusiasmi, anzi era freddo e di conseguenza non s'era messo in luce
neppure per salutare in toni trionfalistici e calorosi la buona sorte
dell'insurrezione. Insomma, Stalin riteneva pi utile tessere le trame del
suo progetto personale protetto dall'anonimato. La sua trincea, durante
l'insurrezione, fu la redazione del Rabocij put (La strada del lavoratore), il
giornale che aveva sostituito la Pravda. La sua violenza rivoluzionaria
l'espresse, seppure evasivamente, in un articolo.
Ecco la risposta scrisse Stalin. Quanto alla borghesia e al suo
apparato: con costoro regoleremo i nostri conti in separata sede. Quanto
agli agenti e ai mercenari della borghesia: saranno deferiti al
controspionaggio; cos potranno chiarire a se stessi e agli altri il giorno e
l'ora del colpo che gi stato laboriosamente digerito dagli agenti
provocatori della diena. A quegli eroi (i socialisti moderati) che si sono
schierati con il governo, contro i lavoratori, i soldati e i contadini, non
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

dobbiamo loro alcuna spiegazione. Ma sar nostra cura registrare questi


eroi del raggiro sul libro mastro del congresso dei soviet... Quanto ai
nevrastenici della Novaija zizn (il giornale di Maksim Gorkij) non siamo in
grado di comprendere che cosa vogliano da noi. La rivoluzione russa ha
rovesciato non pochi idoli. La sua potenza si rivela, tra l'altro, anche in
questo: non s'inchina dinanzi ai "grandi nomi". La rivoluzione li ha
arruolati al suo servizio o li ha gettati nel nulla quando essi non hanno
voluto imparare alla sua scuola. C' tutta una legione di questi "grandi
nomi" rigettati dalla rivoluzione: Pleckanov, Kropotkin, la Breskovskaija,
Zazulic e in genere tutti quei vecchi rivoluzionari che sono notevoli
soltanto perch sono "vecchi". Noi temiamo che gli allori di queste
colonne non facciano dormire Gorkij. Temiamo che queste anticaglie
abbiano avuto un vantaggio enorme su Gorkij. Ebbene, ciascuno padrone
di se stesso. La rivoluzione incapace di rimpiangere o di seppellire i suoi
morti. Un documento questo redatto da Stalin che la dice pi lunga di
quanto non sembri sul suo modo di pensare, sul suo modo di concepire la
storia e la realt. C' in esso un livore che affonda le radici nella sua
vicenda personale, nell'amara odissea dei suoi avi servi della gleba, uomini
senza storia e senza tradizione, nel fallimento di suo padre, ciabattino
alcolizzato, incapace di redimere se stesso e la sua famiglia nel segno del
passaggio alla condizione di borghese. C' forse inconsapevolmente il
rammarico per essere lui stesso, seppure in conseguenza di una scelta, una
figura di piccola fama nella vicenda rivoluzionaria.
Commenta Isaac Deutscher: Gli avvenimenti successivi dovevano
attribuire alle parole di Stalin il significato di una sfida inconsapevole, o
forse semicosciente, a quei nuovi "grandi nomi". Per il momento la
rivoluzione mostrava al mondo soltanto una delle sue facce: quella
raggiante d'entusiasmo e di nobili speranze. L'altra faccia, quella del
mostro che divora i propri figli, era ancora nascosta. Eppure sembrava che
gi in quei giorni, Stalin adorasse quest'altra faccia. "La rivoluzione
incapace di rimpiangere o di seppellire i suoi morti": eloquente epitaffio
per le grandi epurazioni alle quali egli avrebbe dato corso una ventina
d'anni dopo.
Per ora, nell'ombra, il discendente degli schiavi georgiani preparava la
sua ascesa e covava la sua vendetta contro la storia.

Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

CAPITOLO IX
NELLA GUERRA CIVILE
L'insurrezione d'ottobre segn l'inizio di un lungo e drammatico
travaglio che costrinse il partito della rivoluzione a mutamenti di rotta che
potrebbero apparire assurdi rispetto alle promesse, ma che rappresentavano
un indispensabile adeguamento alla situazione reale. La nuova classe
dirigente dovette confrontarsi con la guerra, la carestia, il caos nei servizi
sociali (trasporti, sanit, eccetera).
Ogni grande rivoluzione scrive Isaac Deutscher incomincia con una
straordinaria esplosione di energia, insofferenza, collera e speranza; e
ognuna termina nella stanchezza, nell'esaurimento e nella disillusione del
popolo che l'ha iniziata. questa una regola valida per tutte le rivoluzioni
e quella sovietica non pot sottrarvisi. Ma, quali che siano i termini
dell'involuzione, anche vero che il processo rivoluzionario non pu n
arrestarsi, n tantomeno tornare indietro.
La vittoria dell'insurrezione ebbe come conseguenza immediata per gli
uomini che l'avevano organizzata un radicale cambiamento di vita:
dall'oscurit alla fama, dalla miseria a un potere praticamente illimitato,
dalla persecuzione all'immunit totale e addirittura alla possibilit di
diventare persecutori.
Lenin stesso, che finalmente poteva abbandonare il suo travestimento e
spostarsi liberamente e senza timori per le strade di Pietrogrado, ammise
che quel trapasso lo aveva profondamente emozionato.
Una sensazione analoga scrive Isaac Deutscher dovette provarla
Stalin, il 26 ottobre 1917, quando sent leggere da Kamenev, davanti ai
delegati dei soviet, i nomi degli uomini chiamati a formare il primo
governo sovietico, il primo consiglio dei commissari del popolo. La lista
comprendeva il nome di Josif Vissarionovic Giugashvili-Stalin "presidente
del commissariato per le nazionalit".
Il congresso s'era riunito nel collegio Smolnij. Era toccato ad Anna
Alliluieva, nella sua qualit di segretaria, di controllare la validit delle
deleghe e di assegnare i posti ai congressisti e agli ospiti. Assolti i compiti
organizzativi era tornata a casa per prendere la sorella Nadezda che aveva
insistito per assistere ai lavori. Aveva incominciato a nevicare e la coltre
bianca che rapidamente ispessiva sui tetti e sulle strade dava alla citt un
aspetto pulito e di grande pace.
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Se fuori la temperatura era gi invernale, nella grande sala del congresso


era arroventata dall'accalcarsi della folla e dall'entusiasmo, il fumo di
innumerevoli pipe e sigarette formava una fitta nebbia dall'odore
penetrante.
Fu, come s' detto, Kamenev a leggere la composizione del governo che
era presieduto da Lenin; ne facevano parte undici intellettuali e soltanto
quattro lavoratori. A Trotskij era stato affidato il commissariato per gli
Affari esteri, a Aleksej Rykov quello degli Interni, a Vladimir Miliutin
quello dell'Agricoltura, a Aleksandr Shliapnikov il commissariato del
Lavoro. A presiedere il commissariato per l'Educazione venne designato il
coltissimo Anatol Lunaciarskij e gli Affari militari e navali furono affidati
a una troika formata da Vladimir Antonov-Ovseenko, gi braccio destro di
Trotskij nel comitato militare rivoluzionario, Nikolai Krilenko, avvocato, e
Pavel Dibenko, un marinaio dal fisico gigantesco, pi o meno analfabeta,
di temperamento allegro e di modi piuttosto primitivi.
L'ordine del giorno del congresso comprendeva anche altre questioni
pratiche e di principio: l'arresto di Kerenskij, l'abolizione della pena di
morte nell'esercito, la confisca delle scorte di viveri private, la proibizione
del saccheggio, l'abolizione della propriet terriera.
Il governo, comunemente chiamato con la sigla sovnarkom, tenne le sue
prime riunioni in un ufficio che Lenin s'era fatto allestire alla bell'e meglio
a palazzo Smolnij. E fino dai primi giorni incominciarono le difficolt.
Non soltanto i partiti non bolscevichi cercarono in ogni modo di boicottare
il lavoro dei commissariati, ma anche una considerevole parte degli
impiegati e funzionari governativi, eccettuati quelli destinati a mansioni
pi umili, come uscieri e messi, si rifiut di collaborare con i commissari.
Aleksandra Kollontai era stata nominata commissario per l'Assistenza
pubblica e si vide impedita di esercitare il suo delicato mandato da uno
sciopero al quale aveva aderito in pratica tutto il personale del suo
ministero. La massa di indigenti, di vedove e orfani, di invalidi e d'ogni
genere di disgraziati, la sopravvivenza dei quali era garantita soltanto dai
sussidi del commissariato, era enorme, e incontenibile la sua rabbia
provocata dalla disperazione. Aleksandra Kollontai, in preda a una
violenta crisi di pianto, dovette ordinare l'arresto degli impiegati e
funzionari scioperanti per costringerli almeno a consegnarle le chiavi degli
uffici e delle casseforti, aperte le quali constat che il loro contenuto era
stato trafugato dal suo predecessore.
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Mentre a Mosca l'insurrezione armata era ancora in corso, giunse a


Pietrogrado la notizia che il Cremlino era stato praticamente raso al suolo
dai bombardamenti. Immediatamente Anatol Lunaciarskij si dimise dal
suo incarico di commissario per l'Educazione in segno di protesta contro il
comportamento vandalico delle truppe bolsceviche, scrivendo in una nota
pubblica: Compagni, quanto avviene a Mosca orrendo, un'irreparabile
catastrofe. Il popolo, nella sua lotta per il potere, ha mutilato la nostra
gloriosa capitale. particolarmente penoso, in questi giorni di aspra lotta e
di guerra devastatrice, essere il responsabile del commissariato per
l'Educazione. Anche i pi ignoranti si desteranno e capiranno quale fonte
di letizia, di forza e di saggezza sia l'arte. La notizia sulla distruzione del
Cremlino si rivel ben presto infondata, ma Lenin dovette faticare non
poco per far recedere il sensibile Lunaciarskij dai suoi propositi.
Neppure Trotskij ebbe un insediamento facile: quando arriv a quella
che era stata la sede del ministero degli Affari esteri, ribattezzato
commissariato affinch persino nel linguaggio ci fosse il segno di tempi
nuovi, i dipendenti si ammutinarono chiudendosi nelle loro stanze e
rifiutandosi di riconoscere l'autorit di Trotskij. Quando questi, con
l'impiego della forza, li stan dai loro rifugi, presentarono le dimissioni in
massa. Si rifiutarono anche di consegnare le chiavi degli archivi per cui fu
necessario chiamare dei fabbri nel caso si fosse reso necessario forzare le
serrature. Finalmente dopo estenuanti discussioni, Trotskij riusc a farsi
dare le chiavi. La sua soddisfazione fu di brevissima durata: gli archivi
erano vuoti, tutti i documenti riservati erano spariti. Il commissario per il
Lavoro, Aleksandr Shliapnikov dovette affrontare il problema del
riscaldamento del suo ministero, ridotto a una specie di ghiacciaia dal
boicottaggio degli addetti alle caldaie.
L'unico tra i commissari a non dover combattere con grane di questo tipo
fu proprio Stalin, per la semplice ragione che un ministero per le varie
nazionalit russe non era mai esistito. Dovette perci organizzarsi il
commissariato dal nulla.
Stalin s'era insediato in una stanza spoglia a palazzo Smolnij e non
riusciva a trovare neppure un tavolo e una sedia con i quali arredarla. In
suo aiuto giunse Stanislav Pestkovskij, un anziano rivoluzionario polacco,
gi esule in Siberia. Fattosi firmare un mandato da Stalin, requis, non si sa
dove, un tavolo e alcune sedie, poi inchiod alla parete un pezzo di cartone
sul quale c'era scritto Commissariato del popolo per gli affari delle
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

nazionalit. Restava insoluto il problema dei fondi: il nuovo


commissariato non disponeva neppure di un copeco. Con un nuovo
mandato, Stanislav Pestkovskij si fece imprestare dai funzionari di Trotskij
tremila rubli che non furono mai restituiti. Successivamente partecipando
con energia alle risse che avvenivano tra i vari commissari per ottenere le
sedi migliori, anche Stalin riusc a trasferire il commissariato per le
nazionalit in uffici pi dignitosi e mise insieme un gruppo di collaboratori
georgiani, polacchi, ucraini ed ebrei esperti nei problemi dei propri gruppi
etnici.
Ma non era certamente solo il caos organizzativo a mettere in difficolt
il giovane governo rivoluzionario. Un generale cosacco, Krasnov, s'era
messo in marcia con i suoi cavalieri verso Pietrogrado, con l'intenzione di
impadronirsi della citt e liquidare i soviet e il loro governo. Venne
fermato e fatto prigioniero dalle guardie rosse. Convinto di essere passato
per le armi, rest sconvolto nel sentirsi dire dal tribunale militare
rivoluzionario che veniva rilasciato in cambio di un impegno solenne a
non attentare pi alla sicurezza dello Stato. Ovviamente il generale
Krasnov promise e se ne and nella Russia meridionale dove costitu
un'armata controrivoluzionaria. Ci volle del tempo scrive Isaac
Deutscher prima che la rivoluzione, tra le atroci esperienze della guerra
civile, si asciugasse le lacrime, smettesse di credere alle promesse dei suoi
nemici e imparasse ad agire con quella fanatica risolutezza che le diede
sembianze nuove e forse ripugnanti, ma alla quale dovette in ogni modo la
sua salvezza. Presto troveremo l'"uomo d'acciaio" tra coloro che
svezzarono la rivoluzione dal suo sensibile (o sentimentale?) idealismo.
E cos, tra mille difficolt e vittima delle lacerazioni tra l'ala moderata
del partito (che era stata avversaria dell'insurrezione e nel governo aveva
ampia rappresentanza), il primo consiglio dei commissari and in crisi. La
causa determinante furono le dimissioni di Kamenev, eletto presidente
della repubblica, Lunaciarskij, Rykov (commissario degli Interni), Miliutin
(commissario per l'Agricoltura), Nogin (commissario per l'Industria e
Commercio) e Zinoviev. Questi commissari volevano costringere Lenin ad
affrontare la questione della riunificazione delle diverse forze socialiste
(bolscevichi, socialrivoluzionari, menscevichi). Lenin non rifiut di
rimettere sul tappeto il problema, ma qualsiasi possibilit di riconciliazione
venne vanificata da un'assurda pregiudiziale pretesa dei menscevichi:
Lenin e Trotskij non avrebbero dovuto far parte del nuovo governo.
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

L'esclusione dei due protagonisti dell'insurrezione era improponibile, i


bolscevichi pi intransigenti l'interpretarono come un tentativo di
decapitare il partito. La situazione si fece convulsa; numerosi dimissionari
moderati furono minacciati di espulsione dal partito, Lenin, Trotskij e
Stalin si schierarono sul fronte dell'intransigenza. Alla fine si riusc a
mettere insieme un governo nel quale accanto ai bolscevichi c'erano anche
gli esponenti dell'ala sinistra dei socialrivoluzionari, entrati a far parte
della coalizione con la speranza di poter attuare una loro riforma agraria.
Venne anche costituito una specie di superministero, un consiglio di
gabinetto formato da tre commissari bolscevichi e da due
socialrivoluzionari; i bolscevichi erano Lenin, Trotskij e Stalin.
La carriera politica di Stalin procedeva lenta, ma senza perdere i colpi.
L'8 novembre 1917, Trotskij indirizz agli ambasciatori dei paesi alleati
una nota per l'armistizio immediato su tutti i fronti e il contemporaneo
inizio delle trattative di pace. Il generale Nicolai Dukhonin, comandante in
capo, ricevette l'ordine di avviare negoziati con il nemico; gli ambasciatori
alleati protestarono e cercarono di trovare consensi tra i commissari per far
fallire il progetto pacifista, ma invano, Dukhonin si rifiut di eseguire
l'ordine di Trotskij giustificandosi con il pretesto di non avere autorit
sufficiente per trattare a nome del governo.
Un durissimo telegramma lo sollev dall'incarico. In nome del governo
della repubblica russa e per ordine del consiglio dei commissari del
popolo, siete sollevato dall'incarico per non aver adempiuto le istruzioni
del governo e per esservi comportato in modo da minacciare calamit
senza precedenti per le masse lavoratrici di tutti i paesi e particolarmente
per le forze armate. Perci vi si ordina, pena le sanzioni previste dalla
legge marziale, di restare al vostro posto fino all'arrivo del nuovo
comandante in capo o di un suo rappresentante autorizzato che vi rilever
assumendo le consegne. stato designato comandante in capo il
guardiamarina Krilenko. Firmato: Lenin, Stalin, Krilenko.
Tre settimane dopo l'insurrezione, Stalin si rec a Helsinki quale
rappresentante del governo sovietico al congresso del partito
socialdemocratico finlandese. Dinanzi a un uditorio stupefatto e
commosso, uno Stalin quasi impacciato, proclam: Diamo completa
libert al popolo finlandese e agli altri popoli della Russia affinch
dispongano come meglio credono della propria esistenza. Una volontaria e
sincera alleanza tra i popoli di Russia e Finlandia. Nessuna protezione,
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

nessun controllo dall'alto sul popolo finnico. Questi sono i principi


ispiratori della politica dei commissari del popolo. Soltanto tramite questa
politica si pu attuare una mutua fiducia tra i popoli della Russia; soltanto
una tale fiducia pu spingere i popoli di Russia a unirsi in un solo esercito.
Soltanto in una tale unit di popoli si possono consolidare le conquiste
della rivoluzione d'ottobre e portare avanti la causa della rivoluzione
internazionale socialista. Per queste ragioni noi sorridiamo quando si dice
che la Russia andr allo sfascio se l'ideale del diritto
all'autodeterminazione dei popoli sar messo in atto.
Era stato lo zar Alessandro I, dopo la sconfitta di Napoleone in Russia,
ad annettere completamente la Finlandia all'impero. Il governo
repubblicano di Kerenskij aveva confermato la sovranit russa sulla vicina
nazione baltica. Il governo socialista sovietico inaugurava la propria
esistenza con un atto solenne di riparazione.
Ben presto i sorrisi che Stalin e Lenin, redattori dei principi
d'autodeterminazione delle nazioni, avevano riservato ai loro critici, sia
antibolscevichi, sia bolscevichi si spensero. Il 22 dicembre 1917 Stalin
dovette ammettere davanti all'esecutivo centrale dei soviet, che
l'autodeterminazione funzionava come fenomeno borghese e antisocialista.
Emblematici e preoccupanti i casi dell'Ucraina e della Russia meridionale.
In Ucraina s'era formato un governo provvisorio, la Rada, decisamente
antibolscevico e l'atamano Petliura, comandante in capo delle milizie
ucraine, aveva ordinato a tutte le sue truppe di abbandonare il fronte e
rientrare in patria. Nella Russia meridionale il generale Kaledin, graziato
dopo la promessa che non avrebbe commesso nessun atto contro la
repubblica sovietica, disattese l'impegno, mise insieme un'armata
controrivoluzionaria e il governo dei commissari si trov costretto a
inviare truppe per difendere il distretto minerario Donez, nella parte sud
del paese. Le guardie rosse avrebbero dovuto attraversare l'Ucraina per
raggiungere la zona delle operazioni, ma la Rada, rivendicando il principio
di autodeterminazione, neg il permesso di passaggio.
Al terzo congresso panrusso dei soviet, nel gennaio del 1918, Stalin
annunci una revisione del principio di autodeterminazione che doveva
essere uno strumento nelle mani dei lavoratori e non della borghesia, uno
strumento di attuazione del socialismo e non della sua liquidazione. Ne
deriv uno schema per la costituzione del nuovo stato sovietico inteso
come federazione di soviet, la possibilit di distacco delle nazioni pi
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

piccole, prevista da Stalin nel documento sulle nazionalit del 1913,


veniva abolita.
Ma non fu questo il solo provvedimento autoritario del governo dei
commissari. Un altro passo verso la progressiva scomparsa della
democrazia si ebbe quando l'assemblea costituente, eletta secondo una
legge elaborata sotto il governo di Kerenskij, si rifiut di avallare alcuni
importanti provvedimenti rivoluzionari. Si trattava della nazionalizzazione
delle banche, dell'esproprio dei latifondi, dell'immediato inizio dei
negoziati di pace e del controllo degli operai sulle industrie. I bolscevichi e
i socialrivoluzionari di sinistra reagirono al rifiuto sciogliendo l'assemblea
costituente che non trov nessuno disposto a difenderne la sopravvivenza.
Abortiva cos il primo e unico embrione di democrazia parlamentare della
Russia postzarista, tutto il potere era concentrato nelle mani dei soviet.
Sul fronte della guerra le complicazioni non mancavano. Nikolai
Krilenko, promosso da ufficiale subalterno a comandante in capo, si rec a
rilevare il caparbio e sventurato generale Dukhonin a Mogilev, sede del
quartier generale. Dukhonin, un vecchio militare con un radicato senso
dell'onore, non aveva intuito che per lui si trattava della fine, cos non
aveva minimamente pensato a salvarsi fuggendo. Venne catturato e
condotto nel vagone ferroviario sul quale Krilenko aveva installato il suo
comando. La stazione di Mogilev pullulava di soldati, marinai e contadini.
Alla loro giustizia proletaria Krilenko affid l'anziano generale che
venne massacrato a pugni e calci.
Il destino di Dukhonin scrive H. Montgomery Hyde segn la fine del
vecchio esercito russo e l'emergere di una nuova Armata rossa
"democratizzata" senza spalline e segni di gradi.
Il ristabilimento della pace era molto pi complesso di quanto i grandi
capi bolscevichi avevano sperato; essi s'erano illusi che la rivoluzione si
sarebbe rapidamente propagata a tutta l'Europa mettendo fine alla guerra, il
proletariato in armi avrebbe gettato i fucili e abbandonato i cannoni e i
soldati delle varie nazioni in conflitto si sarebbero abbracciati sulle trincee
in nome della fraternit socialista. Ma evidentemente la rivoluzione era
una merce difficile da esportare e le grandi potenze non avevano alcuna
intenzione di abbandonare i campi di battaglia. Non lo voleva la Germania
che conservava un formidabile potenziale militare e non lo volevano la
Francia, l'Inghilterra e l'Italia rafforzata dall'entrata nel conflitto degli Stati
Uniti. Soltanto la Russia non era pi in grado di combattere e il popolo
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

aspettava la pace come unico segno di seriet del nuovo governo. Perdite
paurose avevano decimato le truppe al fronte e, come se questo non fosse
bastato, la riforma agraria con l'ipotesi di una ridistribuzione delle terre
aveva indotto i contadini alle armi ad abbandonare i campi di battaglia per
quelli di casa, la propriet dei quali passava dalle mani dei latifondisti a
quelle dei mugiki.
Una pace o quantomeno una pace separata con i tedeschi era
indilazionabile, ma le condizioni dettate dalla Germania erano
pesantissime e prevedevano, tra l'altro, umilianti concessioni territoriali.
La Russia doveva cedere alla Germania gli Stati baltici, una parte
dell'Ucraina e la Polonia, pi tutti i territori russi che l'esercito tedesco
aveva occupato nel corso della guerra. Come conciliare queste
rivendicazioni con la promessa incautamente fatta dai bolscevichi al
popolo russo di una pace senza indennit n annessioni? Che cosa fare
quando s'era perfino proclamato che la pace sarebbe stata discussa soltanto
con un governo tedesco socialista e rivoluzionario e non con i
rappresentanti del kaiser Guglielmo?
Lenin, affranto, ma realista, cercava di convincere i compagni pi
irriducibili, capeggiati da Bucharin, ad accettare le condizioni dei tedeschi,
riservandosi di preparare in Germania una rivoluzione analoga a quella
russa. Bucharin e i suoi, apocalittici, dichiaravano che era preferibile la
distruzione totale a qualsiasi umiliante compromesso.
Preso tra due fuochi, Trotskij al quale erano state affidate le trattative
che si svolgevano a Brest-Litovsk, mostr di non curarsi della polemica.
Stalin s'era schierato sulle posizioni di Lenin. Anche lui aveva sognato la
grande rivoluzione proletaria europea, anche lui s'era realisticamente
arreso all'evidenza dei fatti. Non s'era lasciato troppo coinvolgere dalla
durissima polemica tra bolscevichi di sinistra e socialrivoluzionari, ma non
aveva nascosto la sua opinione.
Poi alcuni fatti avevano accelerato il cammino verso quella pace che
Lenin non esit a definire ignominiosa: i tedeschi, rotto l'armistizio,
avanzarono quasi fino a Pietrogrado; il governo indipendente ucraino
firm la pace separata con la Germania; i soviet erano sul piano militare
ridotti all'impotenza.
Trotskij era stato sostituito, come capo della delegazione sovietica a
Brest-Litovsk, da Grigori Brilliant Sokolnikov e a lui tocc, il 3 marzo
1918, di firmare il trattato di pace. Le conseguenze, all'interno del partito
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1985 - La Vita Di Stalin

bolscevico e della coalizione di governo, furono immediate. La sinistra


bolscevica si dissoci dal resto del partito. Essa rappresentava
commenta Isaac Deutscher l'ingenua donchisciottesca e utopistica fedelt
ai principi primitivi, la purezza irrazionale della fede rivoluzionaria. I
socialrivoluzionari abbandonarono il governo lasciando i bolscevichi
padroni assoluti. Il caos e l'incertezza di quei tempi generarono anche un
figlio destinato a crescere nel segno del terrore: la famigerata Ceka
(abbreviazione di Crezvicajnaia komissija), Commissione straordinaria
panrussa per combattere la controrivoluzione e lo spionaggio e che in anni
successivi cambi il proprio nome in Ghepeu e in Nkvd, ma non i propri
compiti di polizia politica. A presiedere la Ceka venne designato Felix
Dzerzhinski che nei primi tempi ebbe un limitato numero di collaboratori,
ma in pochi mesi gli addetti della Ceka divennero 31 mila che
assicuravano un controllo repressivo capillare. Le prime vittime
dell'organizzazione poliziesca furono criminali comuni, poi essa
incominci a occuparsi anche dei controrivoluzionari e dei nemici del
popolo. Accanto a Felix Dzerzhinski c'erano il lettone Jakov Peters e il
georgiano Sergej Orgionikidze, amico e uno dei primi compagni di lotta di
Stalin nel Caucaso. La sede definitiva della Ceka fu il numero 11 di via
Lubianka, a Mosca, e Lubianka divenne sinonimo, per ogni russo, di
terrore. Il 12 marzo 1918 il governo dei commissari si trasfer da
Pietrogrado a Mosca. La decisione dettata fondamentalmente da motivi di
sicurezza ebbe anche giustificazioni di carattere storico: Mosca era stata la
prima capitale della Russia, finch lo zar Pietro il Grande non aveva deciso
di trasferire la corte in una citt fondata da lui, che portasse il suo nome,
sulle rive della Neva.
Il governo s'install negli edifici del Cremlino, la fortezza di Mosca, un
complesso di monumentali palazzi sormontati dalle caratteristiche cupole a
cipolla. I ministeri, cio i commissariati, trovarono posto nell'ex edificio
del senato e nel palazzo Kavalerskij dove venne sistemato anche il
comandante del Cremlino con i suoi miliziani. Il sontuoso arredamento
venne sistemato in un museo e sostituito con tavoli, sedie e letti spartani.
Trotskij dichiar: Il profumo della vita scioperata della classe
padronale esalava da ogni sedia. Venne ripristinata la grande campana di
bronzo della porta Spaskij che immette sulla piazza Rossa e i carillon che
ogni quarto d'ora avevano suonato Dio salvi lo zar vennero sostituiti con
un concerto di campane che diffondevano le note dell'Internazionale. La
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1985 - La Vita Di Stalin

sovietizzazione del Cremlino comprese anche l'allestimento di una


mensa dove, per ammissione dello stesso Lenin, si mangiavano cibi
pessimi: carne in scatola di dubbia freschezza e cereali poco puliti. Unico
alimento di pregio era il caviale rosso, abbondante perch ne era cessata
l'esportazione. Il sempre acuto e sarcastico Trotskij aveva commentato:
Quell'inevitabile caviale color i primi anni della rivoluzione e non
soltanto per me.
Tra il personale del Cremlino c'era anche Nadezda Alliluieva, assunta
come dattilografa nell'ufficio di Lenin. Il suo trasferimento da Pietrogrado
a Mosca avrebbe avuto conseguenze straordinarie per il suo futuro.
Dalla met del 1918 la guerra civile si estese e sal di tono, coinvolgendo
su fronti diversi bolscevichi (soli contro tutti) e socialisti antibolscevichi e
controrivoluzionari.
In luglio, i socialrivoluzionari di sinistra si assunsero il ruolo di
provocatori; un loro esponente, Jakov Blumkin, assassin l'ambasciatore
tedesco von Mirbach con il progetto di far fallire il trattato di BrestLitovsk e indurre la Germania a riprendere la guerra. Il 30 luglio, ancora i
socialrivoluzionari misero a segno un attentato contro Lenin che rest
ferito e uccisero i capi bolscevichi Moses Uritskij e Volodarskij, mentre
l'attentato contro Trotskij fall per un pelo.
La risposta dei bolscevichi fu immediata e violentissima. Stalin, in quei
giorni in missione a Zarizin (la futura Stalingrado) come commissario del
popolo, scrisse a Sverdlov un messaggio che riassume in maniera
eloquente il clima di violenza che s'era creato. Il consiglio di guerra della
zona militare del Caucaso scrive Stalin avendo appreso del subdolo
attentato dei mercenari capitalisti contro la vita del pi grande
rivoluzionario, il provato capo e maestro del proletariato, compagno Lenin,
risponde a questo volgare e proditorio attacco con l'organizzazione
dell'aperto e sistematico terrore di massa contro la borghesia e i suoi
agenti.
La Ceka poteva incominciare a lavorare a pieno ritmo.
A rendere pi complessa e drammatica la situazione c'era, accanto ai
nemici interni della rivoluzione, la presenza straniera sul suolo russo.
Cos essa viene descritta dallo stesso Stalin. Dalla prima met del 1918,
apparvero due forze distinte, pronte a rovesciare il potere sovietico: gli
imperialisti dell'Intesa e la controrivoluzione interna. S'ebbe in questo
modo l'intervento militare straniero contro il potere dei soviet, intervento
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

appoggiato dalle rivolte controrivoluzionarie dei nemici interni del


governo sovietico. Gli imperialisti inglesi, francesi, giapponesi, americani
sferrarono l'intervento armato senza neppure dichiarare la guerra, bench
esso fosse di fatto una guerra e della peggior specie. Quei banditi
civilizzati s'infiltrarono furtivamente come ladri sul territorio della Russia
e vi sbarcarono le loro truppe. Nel Caucaso del nord i generali Kornilov,
Alekseev e Denikin, sorretti dagli anglofrancesi, organizzarono un esercito
volontario di guardie bianche. Sul Don, i generali Krasnov e Mamontov,
aiutati segretamente dagli imperialisti tedeschi (alla luce del giorno non
osano farlo per il trattato di pace concluso con la Russia) scatenano una
rivolta di cosacchi del Don. Nella regione del medio corso del Volga e in
Siberia, gli intrighi degli anglofrancesi provocano la rivolta del corpo
d'armata cecoslovacco, composto da prigionieri di guerra.
W.H. Chamberlain, autore di una monumentale storia della rivoluzione
russa, cerca di giustificare quanto Stalin denunciava. Il crollo militare
della Germania scrive lo storico anglosassone mise gli alleati di fronte
alla Russia rivoluzionaria. Come abbiamo ricordato, l'intervento militare
da parte degli alleati fu deciso nell'estate del 1918 e le loro forze armate
occuparono Vladivostok, Arkangelo, Murmansk e altre citt russe.
Tuttavia questa prima parte dell'intervento si presentava come una fase
dell'offensiva contro la Germania, anche se, in alcuni casi, quelli che lo
dicevano non erano tanto ingenui da crederci. Per esempio l'occupazione
di Arkangelo e la spedizione siberiana furono giustificate con la necessit
di salvaguardare i depositi militari allestiti nel corso della guerra, di
vanificare i piani tedeschi d'impiantare basi di sottomarini sulla costa del
mar Glaciale Artico e di utilizzare, armandoli, i prigionieri di guerra
tedeschi e austro-ungarici che si trovavano in Siberia. Bisogna anche tener
presente che in quel tempo era diffusa la convinzione, sia nei paesi
stranieri, sia nell'interno della Russia tra gli elementi antibolscevichi, che i
bolscevichi fossero agenti della Germania e che combatterli, quindi, fosse
come combattere i tedeschi.
Durissima la critica di Winston Churchill, espressa senza mezzi termini.
Erano gli alleati in guerra con la Russia sovietica? si chiedeva lo statista
inglese e rispondeva Certamente no. Eppure sparavano a bruciapelo sui
russi sovietici. Armavano i nemici del governo sovietico; bloccavano i
porti della Russia; affondavano le sue navi da guerra; desideravano
ardentemente e facevano progetti per liquidare quel regime. Ma la guerra,
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

che orrore! L'intervento, che vergogna! Non si cessava di ripetere che gli
affari interni di quel paese non ci riguardavano. Eravamo imparziali,
caspita! E nel frattempo cercavamo di attuare tentativi di riconciliazione e
di ripresa dei rapporti commerciali.
Il 10 luglio, Stalin chiese a Lenin i pieni poteri militari per le operazioni
nella zona di Zarizin. Per il bene della causa scrisse i pieni poteri
militari mi sono indispensabili. Ho gi scritto su questo argomento senza
ottenere risposta. Benissimo. In questo caso metter alla porta senza
nessuna formalit quei comandanti e quei commissari che rovinano il
nostro lavoro. Se i nostri "esperti" militari (nient'altro che ciabattini) non
avessero dormito e non fossero rimasti con le mani in mano, la ferrovia
non sarebbe saltata. Se verr rimessa in funzione, sar a dispetto dei
militari e certamente non per merito loro.
Incominciava cos un dissidio insanabile tra Stalin e Trotskij che di quei
militari tacciati d'incompetenza era il capo. Stalin si faceva forte per
esempio del fatto d'essere riuscito, il 16 giugno, a far partire per Mosca un
carico di provviste indispensabili alla sopravvivenza della capitale.
Poich gli antibolscevichi attuavano un durissimo blocco dei trasporti
via terra, Stalin s'era servito dei mezzi di comunicazione fluviale. Ma non
intendeva continuare ad affrontare l'emergenza, era fermamente
determinato a ripristinare la normalit.
Il 19 luglio, Stalin venne nominato membro del consiglio di guerra del
fronte di Zarizin. Insieme con lui c'erano Klim Voroscilov, l'operaio che
una decina d'anni prima gli era stato vicino nel comitato bolscevico di
Baku e che era stato responsabile del sindacato dei lavoratori petroliferi e
Sergei Orgionikidze. Il quartier generale della decima armata sembrava
ricreare il primo nucleo rivoluzionario del Caucaso. Alla troika s'era
aggiunto Smen Budiennij, ex sergente maggiore, il quale aveva progettato
la costituzione di un'armata a cavallo rossa. L'idea fantasiosa e suggestiva
di Budiennij venne respinta sia dagli esperti militari, sia da Trotskij il
quale temeva che nella nuova armata potessero infiltrarsi cosacchi ostili al
regime sovietico. Solamente pi tardi scrive Isaac Deutscher Trotskij
decise di diramare il suo ordine: "Proletari a cavallo!" che riprendendo
l'idea di Budiennij, doveva dare origine alla pi romantica leggenda della
guerra civile, la leggenda della cavalleria rossa e del suo comandante
Budiennij. Ma sul fronte di Zarizin non c'erano soltanto la guerra civile, il
terrore bolscevico e le polemiche tra Stalin e Trotskij. In quella
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

desolazione, in quella specie di deserto dei sentimenti, accadde qualche


cosa destinato a mutare le vicende umane dell'uomo d'acciaio.
Nadezda Alliluieva, segretaria nell'ufficio di Lenin, era stata promossa
da dattilografa ad addetta al codice e al cifrario segreto e in questa veste
svolgeva anche funzioni di inviata di Lenin presso i comandanti delle
formazioni militari. Nadezda, giovanissima, era affidata alle cure di una
compagna anziana, Natalia Truscina, amica degli Alliluiev, i quali
l'avevano pregata di vegliare sulla figlia a Mosca.
Fu proprio Natalia Truscina la prima testimone del nascente idillio tra
Stalin e Nadezda. Andai con lei a Zarizin ricorda la Truscina. Allora
chi comandava in quella citt era Stalin. Una sera, aveva bevuto un po',
fece delle proposte a Nadia.
L'11 ottobre 1918 la sorte di Zarizin sembrava segnata. La citt era
completamente assediata dalle guardie bianche. Tuttavia, pochi giorni
dopo, grazie anche al trasferimento di truppe dal fronte settentrionale del
Caucaso che attaccarono dall'esterno le forze assedianti, la citt venne
liberata. Stalin, Voroscilov, Orgionikidze e Budiennij, il cosiddetto
gruppo di Zarizin, vennero considerati da una larga parte della
popolazione autentici eroi, Trotskij, da parte sua, fece di tutto per
ridimensionare quello che affermava essere un "mito" montato ad arte, ma
privo di fondamento reale: non agli assediati andava il merito della
liberazione della citt, ma all'intervento delle truppe esterne. La polemica
sulla vicenda di Zarizin rinvigor le fiamme dell'inimicizia, ormai
insanabile, tra Stalin e Trotskij. Lenin, consapevole della tensione, decise
che era opportuno far rientrare a Mosca il focoso georgiano. Per non
urtarne la suscettibilit incaric il presidente della repubblica Sverdlov di
riportare Stalin a Mosca con un treno speciale e con tutti gli onori dovuti a
un eroe. Mentre il treno di Stalin viaggiava in direzione della capitale, un
altro treno con a bordo Trotskij correva verso Zarizin. I due convogli
s'incontrarono. Trotskij ricevette nel suo vagone Stalin. Nonostante la
presenza dell'autorevole Sverdlov l'atmosfera era glaciale. Stalin, capace di
fingere quando le circostanze lo richiedevano, recit da grande attore il
copione della modestia. Con tono quasi mellifluo chiese a Trotskij di non
essere troppo severo con i ragazzi di Zarizin. Il commissario alla
Guerra, sincero fino alla brutalit, rispose: Quei bravi ragazzi saranno la
rovina della rivoluzione e la rivoluzione non pu concedersi il lusso
d'aspettare che diventino adulti. Il suo primo provvedimento, appena
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

giunto a Zarizin, fu di trasferire Voroscilov sul fronte ucraino. A Mosca,


tra le mura del Cremlino, Stalin si concesse il riposo del guerriero.
Natalia Truscina, alla tutela della quale era stata affidata Nadezda
Alliluieva, ricorda: Quando Stalin ritorn da Zarizin al Cremlino,
incominci a corteggiarla. Decisi di avvertire la famiglia, ma essi, in un
primo momento, non dettero importanza ai miei avvertimenti. Soltanto
dopo, quando Kalinin, vecchio amico degli Alliluiev, richiam la loro
attenzione su ci che stava accadendo, si preoccuparono. Ma ormai Stalin
aveva fatto girare la testa a Nadia... Nadia era affascinata dall'abilit di
Stalin nel districarsi tra gli scogli delle polemiche e dei conflitti interni del
Cremlino. Stalin, a sua volta, era lusingato dall'interesse che lei gli
dimostrava. E non soltanto perch era tanto giovane e bella, ma anche per
il fatto che essa aveva una posizione chiave nell'amministrazione del
Cremlino. Spesso Nadia gli fu di grande aiuto facendogli conoscere in
anticipo il contenuto di comunicazioni che aveva decifrato per conto di
Lenin. Ci consent a Stalin di prevenire e neutralizzare i progetti dei suoi
avversari. Naturalmente non era il caso di parlare d'amore autentico tra di
loro. C'era la grande differenza d'et. Lui aveva il doppio degli anni di lei e
non era per nulla attraente. La pelle scura del suo viso era butterata dal
vaiolo e aveva un aspetto volgare e rozzo. Era anche di un'altra nazionalit.
Nadia invece era diventata straordinariamente bella. Mi sembra di
rivederla: graziosa, soave di modi, le guance rosate, la carnagione come il
cielo all'alba. La piccola Nadia era un sogno.
Accadde tutto una sera. S'era organizzata una festicciola in onore di un
vecchio amico di Stalin, un georgiano di nome Lominadze. Abel Jenukidze
mise a disposizione il suo appartamento. Gli invitati erano pochi, tra essi
Stalin e Nadezda Alliluieva, le bottiglie di vino molte. L'atmosfera era
calda e allegra resa pi vivace dai canti, poi l'ebbrezza attenu
l'eccitazione, le canzoni si fecero tenere e nostalgiche e Nadezda si
rannicchi tra le braccia forti di Stalin con la complicit della penombra.
La compagnia si sciolse soltanto alle prime luci del giorno. Sul bellissimo
viso di Nadezda, insieme con la stanchezza, c'era un'espressione nuova.
Qualche settimana dopo Nadia Alliluieva confessava all'esterrefatta
Natalia Truscina d'essere incinta.
Il compagno Sergei Alliluiev, a Pietrogrado, ne venne subito informato.
Come comunista era un sostenitore delle teorie del libero amore codificate
da Aleksandra Kollontai, ma come padre di una figlia messa nei guai la
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

sua reazione fu quella di un comunissimo borghese. Stalin aveva tolto


l'illibatezza alla piccola Nadia e doveva quindi riparare sposandola. Il
georgiano, messo brutalmente davanti alle sue responsabilit, accett.
Il matrimonio riparatore venne celebrato in un giorno di marzo del 1919
in un ufficio di Mosca. Fu una cerimonia semplice e riservata alla famiglia,
non c'era nessuno dei dirigenti del partito. I testimoni furono Stanislav
Redens, un bolscevico lettone, marito di Anna Alliluieva e Abel
Jenukidze, il quale era, in un certo modo, il responsabile dell'incidente
nel quale era incappata Nadezda.
Stalin e la sua giovanissima sposa trovarono alloggio in una piccola casa
del Cremlino: una grande stanza e una cucina al piano terreno e due
camere al primo piano in un edificio, vicino alla porta Spaskij, che era
servito come alloggio per i domestici durante l'epoca zarista. Quanto
all'arredamento, pochi modestissimi mobili usati, provvide il comandante
delle guardie del Cremlino.
Vi sono alcuni biografi che danno poco credito all'episodio della
festicciola. Nadezda Alliluieva sarebbe diventata l'amante di Stalin in
occasione di una delle trasferte a Zarizin; la relazione s'era poi trascinata
finch, dopo l'allegra serata in casa di Abel Jenukidze, la ragazza s'accorse
di aspettare un bambino.
La situazione economica della Russia era fallimentare, come risulta
anche da una nota di Leonid Krasin, commissario dell'Industria e del
Commercio. Le condizioni rasentano l'assurdo scriveva l'uomo di
governo. Mentre i commissari mangiano nella sala dei banchetti del
Cremlino, le loro famiglie talvolta hanno difficolt a procurarsi il pane.
Nelle grandi citt si vive come in fortezze assediate. Nei villaggi invece il
pane e i viveri in genere sono abbastanza abbondanti e i mugichi hanno
mucchi di cartamoneta per comperare altri generi di prima necessit.
Spesso rifiutano di vendere quello che hanno a meno di trarne un profitto
enorme e sproporzionato, al confronto del quale quello ricavato dagli
speculatori pu apparire esiguo. Stiamo mettendo a punto i provvedimenti
da adottare nei loro confronti: a volte sufficiente la buona volont, altre
volte invece occorre la repressione. La distribuzione delle derrate resa
difficilissima dal caos nel quale versano i trasporti ferroviari. I treni per
passeggeri sono praticamente inesistenti poich le vetture sono necessarie
per le esigenze militari e i rifornimenti. Tutto questo accade dopo quattro
anni dalla grande guerra europea e dopo due dalla rivoluzione.
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1985 - La Vita Di Stalin

Naturalmente si tratta della guerra civile e il nostro isolamento dal resto


del mondo contribuisce al completo dissesto della nostra economia. Tutto
deve essere requisito dall'esercito: metalli, pellami, stoffe. Un certo
numero di fabbriche inattivo e la flotta del Volga paralizzata dalla
mancanza di combustibile. difficile per chiunque non ne abbia
esperienza diretta rendersi conto della situazione nella quale siamo
costretti a vivere.
Il 1919 segn il momento pi acuto della guerra civile. I diversi
comandanti bianchi che combattevano per ripristinare il vecchio ordine
in Russia, appoggiati dalle potenze occidentali sferravano gli ultimi
durissimi colpi di coda. Kolciak, Denikin, Judenic riportarono effimeri
successi, ma le milizie rosse comandate da Trotskij e in subordine da
Stalin e da altri luogotenenti.
In margine alla guerra civile ci fu, nel 1920, la guerra russo-polacca. Nel
maggio di quell'anno le truppe di Josef Pilsudski invasero l'Ucraina e
occuparono Kiev. La conquista non dur a lungo; ai polacchi venne meno
l'appoggio dei contadini ucraini i quali temevano la restaurazione
dell'aristocrazia terriera polacca sui loro territori. Osteggiati dalla
popolazione locale, attaccati a settentrione da Tuchacevskij e a meridione
da Budiennij e Jegorov, i polacchi evacuarono Kiev. L'offensiva
dell'armata rossa si spinse fino al fiume Bug che rappresentava la frontiera
etnica tra ucraini e polacchi. Il Bug costitu per i sovietici quello che era
stato secoli prima il Rubicone per Giulio Cesare e le sue centurie. Era
opportuno passarlo e tentare la conquista di Varsavia?
Lenin era dell'opinione di proseguire la campagna contro i polacchi e di
attizzare in questo modo le fiamme della rivoluzione socialista in Europa;
Trotskij, che conosceva a fondo la situazione delle risorse militari, era
contrario al progetto di Lenin e suggeriva la pace.
Stalin, in un primo tempo, condivise la linea pacifista di Trotskij, poi si
lasci affascinare dal maestro e si schier decisamente sulle posizioni
bellicistiche di Lenin. Il 12 luglio ritorn al suo quartier generale sul
fronte meridionale. La marcia di Tuchacevskij verso Varsavia sembrava
irresistibile, in poche settimane il generale era in vista della capitale
polacca. Venne dato ordine a Jegorov e Budiennij di andare ad appoggiare
Tuchacevskij e ad arginare la controffensiva di Pilsudski. Stalin, coerente
alla indisciplinata condotta adottata a Zarizin, disattese l'ordine: intim a
Jegorov e Budiennij di dirigersi su Lvov. Fu un errore clamoroso. I
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polacchi contrattaccarono vittoriosamente sulla Vistola. Stalin, Jegorov e


Budiennij tentarono in extremis di riparare la catastrofe, ma era troppo
tardi. L'armata rossa si ritirava precipitosamente.
Il commento di Trotskij fu feroce: Una delle ragioni per le quali la
nostra catastrofe sotto Varsavia ebbe proporzioni colossali, fu il
comportamento del comando di quel gruppo occidentale delle armate del
gruppo meridionale che aveva il compito di puntare su Leopoli. Al centro
di questo gruppo, almeno come figura politica, c'era Stalin.
La replica di Stalin, con lo scopo di ribaltare le accuse su Trotskij, un
esempio d'acrimonia. L'esercito dei feudatari polacchi scrive Stalin
stava per essere definitivamente sgominato. Ma le losche trame di
Trotskij e dei suoi seguaci nel quartiere generale dell'esercito rosso
compromisero i nostri successi. Per colpa di Trotskij e di Tuchacevskij
l'offensiva dell'esercito rosso sul fronte occidentale, in direzione di
Varsavia, procedeva in modo del tutto disorganizzato. Ai soldati non si
lasciava il tempo di consolidare le posizioni conquistate. Le unit d'assalto
furono lanciate avanti troppo in fretta e si trovarono senza munizioni e
senza riserve, rimaste troppo indietro nelle retrovie. La linea del fronte era
stata allungata esageratamente e ci la rendeva vulnerabile ai tentativi di
sfondamento.
Per queste ragioni, quando un debole contingente di truppe polacche
ruppe il nostro fronte occidentale in un settore, le nostre truppe, sprovviste
di munizioni, furono costrette a ripiegare.
L'ultimo epigono dell'antibolscevismo fu il barone Wrangel,
rappresentante l'agonia del vecchio ordine zarista. Venne cacciato dal suo
ridotto in Crimea e spinto fino al mare. La guerra civile era praticamente
terminata. Aveva anche i suoi eroi. Nel novembre del 1920 a Trotskij e
Stalin venne solennemente conferito l'ordine della Bandiera Rossa.
Verso la fine del 1920, Stalin dovette essere ricoverato in ospedale per
una forte infezione all'appendice. Il primario dell'ospedale militare ritenne
urgente e indispensabile un intervento che si rivel pi complicato di
quanto la diagnosi aveva previsto. Lenin segu con costanza e amichevole
trepidazione la malattia di Stalin tenendosi continuamente in contatto con
il medico. Quando Stalin venne dimesso cerc anche di convincerlo a
prendersi un periodo di convalescenza. Tenuto conto del pessimo
funzionamento dei convalescenziari, gli sugger di tornare per qualche
tempo in Georgia. Certamente l'aria del paese natale gli avrebbe giovato.
Ivan Lantos

130

1985 - La Vita Di Stalin

Ma a Stalin il suggerimento del capo non piacque. La Georgia, in quel


momento, per lui, non era la possibile mta per una vacanza, ma un
personale assillo politico. Nel maggio del 1920, un trattato internazionale
ne aveva sancito l'indipendenza e un governo menscevico guidato da No
Jordania s'era istallato alla guida del paese. Stalin ne era contrariato.
Riteneva intollerabile che la sua terra natale fosse restata fuori dello stato
russo bolscevico e fosse guidato dai menscevichi che odiava. Voleva
vendicarsi dei torti che gli avevano fatto subire quando, anni prima,
avevano osteggiato la sua linea politica e per realizzare i suoi piani
progettava un'invasione militare.
Stalin si guard bene dall'informare Trotskij o gli altri responsabili
dell'alto comando: l'11 febbraio 1921, a capo della seconda armata rossa,
attravers la frontiera russogeorgiana. Fu un autentico blitz. Tre giorni
dopo, Stalin annunci al Politburo l'intervento militare in Georgia al quale,
afferm, era stato costretto per aiutare l'insurrezione bolscevica. La
sovietizzazione della Georgia richiese diverse settimane: la popolazione
era in realt ostile ai bolscevichi e agli atti di saccheggio perpetrati dalle
truppe seguirono quelli del terrore messi in atto dalla Ceka.
Stalin s'illuse di poter celebrare il proprio trionfo nel corso di una grande
riunione popolare nel Teatro dell'opera di Tiflis nel luglio del 1921. Ma
invece delle ovazioni e degli applausi trov fischi e pesantissimi insulti da
parte del pubblico. Lasci precipitosamente il teatro protetto da una folta
schiera di guardie rosse e di agenti della Ceka, spaventato e fuori di s per
la rabbia, tanto che ebbe un malore. Poich le sue condizioni di salute non
erano buone, Lenin decise di mettere a sua disposizione un alloggio pi
confortevole di quello che gli era stato assegnato quando s'era sposato.
Il nuovo appartamento, secondo la testimonianza di Abel Jenukidze, era
sontuosissimo e si trovava all'interno dell'ex palazzo imperiale. Era
arredato lussuosamente con mobili antichi e sedie dorate imbottite di
velluto rosso; c'erano preziosi tappeti orientali e pesanti tendaggi che in
altri tempi avevano fatto bella mostra di s alle finestre del palazzo
d'Inverno a Pietroburgo. Nel salotto c'era anche un imponente pianoforte
Bechstein che Nadezda suonava spesso e con grande maestria.
Nel marzo del 1921, la rivolta scoppiata a Kronstadt fece temere un
improvviso riaccendersi della guerra civile proprio in coincidenza del
decimo congresso del partito. L'8 marzo, sulle pagine dell'Izvestija di
Kronstadt era apparso il seguente articolo-proclama: A tutti... a tutti... a
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

tutti. Il primo colpo stato tirato. Il maresciallo Trotskij sporco del sangue
degli operai, per primo ha aperto il fuoco su Kronstadt rivoluzionaria,
insorta contro la dittatura comunista per ristabilire il vero potere dei soviet.
Senza un colpo d'arma da fuoco, senza aver sparso una sola goccia di
sangue, noi marinai e operai di Kronstadt ci siamo liberati dal giogo dei
comunisti. Abbiamo anche risparmiato la vita ai bolscevichi che erano tra
noi. Ora, i comunisti, con la minaccia dei cannoni, vogliono imporci
nuovamente il loro potere. Desiderosi di evitare un massacro, avevamo
proposto a Pietrogrado di inviare qui dei delegati imparziali perch
potessero rendersi conto che Kronstadt in lotta per ridare il potere ai
soviet. Ma i comunisti hanno tenuto nascosta la nostra richiesta agli operai
di Pietrogrado e hanno aperto il fuoco contro di noi. questa la risposta
consueta del cosiddetto governo popolare alle esigenze delle masse
lavoratrici. opportuno che gli operai di tutto il mondo sappiano che noi,
ultime sentinelle del potere dei soviet, veglieremo sulle conquiste della
rivoluzione sociale. Noi vinceremo o moriremo sotto le rovine di
Kronstadt, combattendo per la causa del popolo lavoratore. Soltanto gli
operai del mondo intero potranno giudicarci.
A debellare l'insurrezione fu inviato Tuchacevskij e alle truppe rosse si
unirono molti delegati del congresso, i lavori del quale erano stati
precipitosamente sospesi.
Ancora dalle pagine dell'Izvestija di Kronstadt: Oggi si scava un'altra
tomba sulla piazza dell'Ancora a Kronstadt. su questa piazza che sono
state poste le prime pietre della terza rivoluzione; l che sono sepolti i
primi eroi morti nella lotta. Fratelli, per le nostre idee essi giaceranno nella
tomba comune. Saranno calate venti bare rosse con dentro i corpi dei
nostri difensori. Queste bare rosse sono il simbolo del sangue versato nella
lotta. Il simbolo dell'incendio rivoluzionario che spazza via dalla sua strada
tutti quelli che osano alzare la mano contro la volont del popolo. Esso
rianima la fiamma della libert.
Lenin, il quale aveva capito perfettamente la situazione, comment: Ci
eravamo spinti troppo avanti e non ci eravamo assicurati una base
sufficiente. Le masse avevano intuito ci che noi stessi non riuscivamo
ancora a esprimere in forma cosciente e concreta, cio il passaggio diretto
a forme puramente socialiste, alla distribuzione puramente socialista, era
un compito superiore alle nostre forze, e che un disastro ci avrebbe
minacciato se non fossimo stati capaci di ritirarci e limitarci a compiti pi
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

facili.
L'economia di guerra venne sostituita con la cosiddetta nuova politica
economica, meglio conosciuta con la sigla NEP. Secondo la definizione di
Stalin, convinto assertore del nuovo corso economico, la NEP era una
particolare politica dello stato proletario, intesa a tollerare il capitalismo,
ma a conservare nelle mani dello stato proletario le posizioni chiave. La
NEP mira alla lotta tra elementi capitalisti e socialisti, all'incremento
dell'importanza degli elementi socialisti a scapito di quelli capitalisti,
all'abolizione delle classi e a gettare le fondamenta di un sistema
economico socialista.
L'iniziativa privata era limitata alla piccola industria e al commercio; i
trasporti e i servizi pubblici in genere e la grande industria erano invece
propriet dello Stato. Si cercava d'incoraggiare gli investimenti industriali
stranieri in Russia. La normale tassazione, prima in natura e
successivamente in denaro, doveva sostituire, nelle campagne, il sistema
della requisizione delle derrate alimentari. Doveva essere stabilizzato, sia
sul mercato valutario interno, sia su quello internazionale, il valore del
rublo.
Se, in un primo tempo, la NEP si rivel un buon sistema economico
riferito alla classe lavoratrice, successivamente essa fin con l'esprimere
una nuova classe di potere, quella degli industriali di Stato, d'origine
borghese, infiltrati nella gerarchia politica, insomma una classe di
privilegiati, scollegata dalle masse.
Edward Carr in Storia della Russia sovietica, osserva: La politica del
lavoro della NEP somigliava a quella di un'economia capitalistica per il
modo in cui, consapevolmente o no, essa si serviva della disoccupazione
come strumento per la tutela della disciplina e la direzione del lavoro.
Secondo quelle che furono in un secondo tempo accettate come statistiche
ufficiali, il totale degli operai disoccupati sal rapidamente da mezzo
milione nel settembre 1922 a un milione e duecentocinquantamila alla fine
del 1923, e nel 1924 era ancora cresciuto.

CAPITOLO X
IL POTERE
Al 3 aprile 1922, alla chiusura dell'XI congresso, Josif Vissarionovic
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Giugashvili-Stalin venne nominato segretario generale del comitato


centrale del partito comunista pan-russo, Viaceslav Michajlovic ScriabinMolotov e Valerian Kuibiscev suoi assistenti. Il primo atto significativo
per la conquista del potere da parte di Stalin era stato compiuto.
A due anni dalla conclusione della guerra civile la societ russa viveva
gi sotto il virtuale governo di Stalin, senza rendersene conto e senza
neppure conoscere il nome di chi la governava.
Stalin era commissario per le Nazionalit e questa carica gli consentiva
di controllare quasi il cinquanta per cento dell'intera popolazione della
repubblica federativa socialista sovietica russa; infatti su centoquaranta
milioni d'abitanti, oltre sessantacinque milioni appartenevano a
popolazioni non russe. Stalin era anche commissario per l'Ispettorato degli
operai e dei contadini e membro del Politburo, organismo del quale,
durante la guerra civile avevano fatto parte soltanto cinque membri: Lenin,
Trotskij, Kamenev, Bucharin e Stalin. Nelle mani del Politburo era
accentrato il potere effettivo. Quanto al partito esso era controllato
dell'Orgburo, organismo eletto dal comitato centrale, con il compito di
dirigere il personale del partito stesso. Dal 1919, Stalin ebbe l'incarico
permanente di collegamento tra il Politburo e l'Orgburo. Isaac Deutscher
annota: Egli assicurava l'unit politica e organizzativa, cio disponeva
delle forze del partito secondo le direttive del Politburo. A differenza di
tutti i suoi colleghi, vivendo immerso nel lavoro giornaliero del partito,
fin con il conoscere tutte le cabale e gli intrighi pi sottili.
Ma c'era un'altra e pi oscura carica che doveva diventare nelle mani di
Stalin un'arma micidiale. Nel 1921 era stata istituita la commissione
centrale di controllo, incaricata di tutelare la moralit all'interno del partito.
Alla commissione centrale di controllo facevano capo le commissioni
locali chiamate a giudicare l'operato dei membri del partito. Chi s'era reso
colpevole di qualche irregolarit poteva essere ammonito e censurato e in
casi di particolare gravit poteva essere epurato, cio espulso. La
commissione centrale di controllo di Mosca fungeva da grado d'appello nei
confronti delle commissioni periferiche. Secondo il progetto originale,
scrive Isac Deutscher, essa doveva restare indipendente dal comitato
centrale e dal Politburo. Successivamente fu posta su un piede di parit
con il comitato centrale e i due organismi tennero regolarmente le loro
sedute in comune. Il segretariato generale rappresent allora l'anello di
congiunzione tra essi. Cos, anche se non ufficialmente, Stalin divenne il
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

principale artefice delle epurazioni.


C' nell'ascesa di Stalin una strana bizzarra, della sorte: Lenin era
preoccupato della crescita politica del georgiano che conosceva bene e del
quale aveva capito perfettamente l'indole. Questo cuoco capace di
preparare soltanto piatti molto pepati aveva dichiarato. Trotskij trovava
Stalin insopportabile; Zinoviev e Kamenev lo disprezzavano
moderatamente. Tuttavia nessuno dei membri del Politburo imped a Stalin
di assumere le varie cariche che a loro sembravano troppo pratiche,
troppo lontane da quei problemi di principio che soddisfacevano
maggiormente le loro esigenze di intellettuali. Nelle ruvide mani contadine
di Stalin la democrazia lentamente soffocava mentre cresceva la
burocrazia.
Il 26 maggio 1922, Lenin fu colpito da una piccola emorragia cerebrale.
Il capo del partito bolscevico, che da diverse settimane aveva avvertito un
certo malessere al quale, per, aveva attribuito scarsa importanza, aveva da
poco terminato di fare colazione quando una piccola vena si ruppe nel suo
cervello. La mano e la gamba sinistra si paralizzarono e Lenin perse
completamente l'uso della parola.
Appena le sue condizioni lo permisero venne trasportato nella sua casa
di campagna, vicino a Gorki, dove Stalin gli fece visita, trovandolo di
buon aspetto, ma estremamente teso, preoccupato della proibizione
assoluta di lavorare che gli avevano imposto i medici.
Nel corso della convalescenza di Lenin, Stalin lavor alacremente a uno
dei progetti che pi gli stavano a cuore: l'assorbimento delle repubbliche
satelliti nell'impero sovietico. In particolare l'attenzione di Stalin
s'appuntava sulle repubbliche caucasiche della Georgia, dell'Arzebaigian e
dell'Armenia, sull'Ucraina e sulla Bielorussia. Secondo il suo progetto esse
dovevano aderire alla federazione sovietica rinunciando a una serie di
servizi autonomi e indipendenti come gli affari esteri, le poste e i telegrafi,
il commercio estero, la finanza, l'approvvigionamento dei viveri, il lavoro
e l'economia. Per quanto riguardava il dissenso politico interno, cio le
attivit controrivoluzionarie, esse dovevano passare sotto l'esclusivo
controllo del comando centrale della Ceka. Si trattava, in pratica, di
liquidare quei margini d'autonomia, formale e sostanziale, ai quali lo stesso
Stalin, nel progetto per le nazionalit del 1913, era parso attribuire
fondamentale importanza.
Il 15 settembre Stalin si rec a Gorki per sottoporre il suo piano a Lenin.
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Il capo ne fu profondamente contrariato, anche se non dichiar tutto il suo


dissenso, limitandosi a formulare alcune critiche in maniera estremamente
pacata. Tuttavia qualche settimana dopo il suo atteggiamento cambi. Che
cosa ci fosse all'origine del cambiamento non ci dato saperlo, ma
verosimile che Lenin avesse raccolto una massa d'informazioni sia
attraverso il responsabile della Ceka, Felix Dzerzhinski, sia direttamente
dai dirigenti georgiani, dalle quali traspariva la volont colonizzatrice di
Stalin. Lenin era del parere che dovessero essere salvaguardati alcuni
margini d'indipendenza alle repubbliche autonome; Stalin, il quale s'era
accorto che il capo andava perdendo le energie, nutriva la segreta speranza
che i membri del governo e del Politburo si sarebbero convertiti alla linea
dura che lui proponeva.
In ottobre, Lenin ritorn a Mosca e riprese a lavorare con grande
impegno trasgredendo le prescrizioni dei medici. Le cose tuttavia non
andavano pi come prima, c'era qualche elemento che sfuggiva alla sua
valutazione e che gli impediva un controllo meticoloso dell'apparato
governativo e di partito. C' chi, come H. Montogomery Hyde, sostiene
che un fatto determinante fosse la presenza nella segreteria particolare di
Lenin, diretta da Lidia Fotieva, di Nadezda Alliluieva, la quale faceva per
cos dire da talpa. Nadezda avrebbe fornito al marito le informazioni
necessarie a prevenire e aggirare le decisioni di Lenin che non erano in
sintonia con il suo pensiero.
I rapporti tra maestro e discepolo si stavano rapidamente deteriorando. Il
13 novembre, Lenin ebbe un collasso mentre svolgeva un intervento al
quarto congresso dell'Internazionale; era il segnale di un nuovo attacco che
lo colp il 16 dicembre, anche se in forma non grave. In quei giorni
accadde un episodio destinato a compromettere definitivamente l'amicizia
tra Lenin e Stalin.
Stalin, nella sua qualit di segretario generale del comitato centrale, era
stato incaricato di seguire l'evolversi della malattia del capo e di assicurarsi
che le prescrizioni mediche fossero scrupolosamente applicate. Lenin,
nonostante gli fosse stato prescritto il riposo assoluto (avrebbe dovuto
trasferirsi a Gorki, ma le cattive condizioni meteorologiche avevano
indotto i medici a lasciarlo al Cremlino) aveva dettato alcuni appunti alla
moglie.
Stalin ne era venuto a conoscenza e aveva affrontato Nadezda
Costantinova Krupskaia per telefono coprendola d'insulti, minacciandola
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

persino di denunciarla alla commissione centrale di controllo per


comportamento negligente.
La Krupskaia reag indignata scrivendo una lettera durissima a Lev
Borisovic Kamenev. A causa di una breve missiva che con
l'autorizzazione dei medici Vladimir Ilic mi ha dettato per lui, Stalin ieri
s' permesso di farmi una scenata. Da trent'anni sono nel partito e nessuno
mi ha mai rivolto una parola sgarbata. Gli interessi di Ilic e del partito
stanno a cuore a me non meno che a Stalin. Ho bisogno in questo
momento di tutto il mio sangue freddo. Quello che si pu o non si pu
discutere con Vladimir Ilic lo so meglio di tutti i medici e, in ogni caso,
molto meglio di Stalin. Mi rivolgo a te e a Grigorij Zinoviev come i
compagni pi vicini a Vladimir Ilic per pregarvi di proteggermi da brutali
interferenze nella mia vita privata, da volgari insulti e da minacce
meschine. Non ho dubbi su quale sar la decisione unanime della
commissione centrale di controllo con la quale Stalin ha ritenuto
opportuno minacciarmi. In ogni caso, mi mancano il tempo e la forza per
sprecarmi in questa stupida farsa. Sono un essere umano e i miei nervi
sono tesi allo spasimo.
I rimproveri di Stalin e le sue premure di dubbia origine non impedivano
a Lenin di continuare a occuparsi delle vicende del partito e del governo e
con grande lucidit annotava in quei giorni: Il compagno Stalin, eletto
segretario generale, ha concentrato nelle sue mani enormi poteri; e io non
sono certo che egli sappia usare questi poteri con sufficiente cautela.
E ancora, il 30 dicembre, riferendosi alla questione georgiana: Ritengo
che la brutalit, la superficialit amministrativa, l'intemperanza di Stalin e
il disprezzo nel quale egli tiene il patriottismo delle minoranze, abbiano
avuto conseguenze disastrose. Il disprezzo degli altrui sentimenti sempre
stato un vile e stupido consigliere.
Lenin lavorava ormai alla stesura del suo testamento politico,
consapevole com'era della possibilit di dover, in un modo o nell'altro,
uscire di scena. La sua preoccupazione riguardava le sorti del partito e del
paese una volta che lui non fosse stato pi presente a smussare polemiche,
a mediare tra le fazioni, a dirimere le grandi questioni ideologiche, ad
assumere con l'autorit che gli veniva dal prestigio e dalla dottrina
decisioni salomoniche. Era consapevole della lotta esiziale che si
consumava al vertice dell'organizzazione soprattutto tra Stalin e Trotskij
ed era in grado di prevedere, da straordinario politico qual era, che la vera
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

vittima di quella guerra non dichiarata e combattuta nell'ombra sarebbe


stato soprattutto il popolo russo.
Il 24 gennaio 1923, Lenin dett alla sua segretaria particolare, Lidia
Fotieva, la seguente aggiunta: Stalin troppo rozzo e questo difetto,
anche se abbastanza tollerabile nel modo di fare di noi comunisti, diventa
assolutamente insopportabile nello svolgimento dei compiti di un
segretario generale. Perci io propongo ai compagni d'escogitare un modo
per esonerare Stalin da quell'incarico ed eleggervi un altro il quale, sotto
ogni aspetto, sia diverso da Stalin per qualit. Cio qualcuno pi paziente,
pi leale, pi comprensivo nei confronti dei compagni, meno
imprevedibile. Questa circostanza pu sembrare insignificante, eppure io
credo che, per prevenire una frattura tra Stalin e Trotskij, che ho esaminato
prima, non sia affatto insignificante, al contrario possa diventare decisiva.
E ancora l'irrisolto affare georgiano e i rapporti tra Stalin e la Krupskaia
erano gli elementi che corrodevano quella che, un tempo, era stata pi che
un'amicizia.
Esaminati tutti i rapporti sulla Georgia, Lenin, nel marzo 1923, aveva
scritto alcune lettere. Una, indirizzata ai bolscevichi georgiani Budu
Mdivani e Philip Macharadze, d'una eloquenza sconcertante. Miei
stimati compagni scriveva Lenin nella presente questione sono vicino a
voi con tutto il cuore. Sono sdegnato della brutalit di Orgionikidze e della
disonest di Stalin e Dzerzhinski.
A Trotskij: Caro compagno Trotskij, ti chiedo molto seriamente di
assumere la difesa dell'affare georgiano al comitato centrale del partito.
Ora esso viene condotto da Stalin e da Dzerzhinski, ma con modalit tali
da non permettermi di avere fiducia nella loro imparzialit. Anzi, proprio il
contrario! Se tu acconsentissi di assumerne la difesa, io sarei pi
tranquillo. Se invece, per qualche ragione, tu non lo volessi fare, ti prego
di restituirmi la relativa documentazione. Considerer la sua restituzione
come la conferma del tuo rifiuto.
Quanto al comportamento di Stalin nei confronti di Nadezda
Costantinova Krupskaia, ecco ci che Lenin scrisse a Stalin in una
segretissima personale: Al compagno Stalin e per conoscenza ai
compagni Kamenev e Zinoviev.
Caro compagno Stalin, ti sei permesso di chiamare mia moglie al
telefono e di rimproverarla aspramente. Anche se ti ha comunicato che
disposta a dimenticare l'accaduto, ho ritenuto opportuno informare della
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

cosa Zinoviev e Kamenev. Io non ho intenzione di dimenticare facilmente


quanto viene fatto contro di me. Mi sembra quasi superfluo precisare che
ci che viene fatto a mia moglie lo considero fatto a me. Ti invito quindi a
comunicarmi se sei disposto a porgere le tue scuse o se, invece, preferisci
che vengano rotti i rapporti tra noi.
Stalin, probabilmente consigliato da Trotskij, scrisse una lettera di scuse
che per Lenin non fu mai in grado di leggere: un nuovo attacco del male
ne compromise definitivamente le facolt fisiche e mentali.
La lotta per la successione era aperta, ma ancora i contendenti, Stalin e
Trotskij non erano arrivati al mortale confronto diretto. Entrambi sapevano
che i tempi non erano maturi: Lenin era fuori causa, ma era ancora vivo e
molti nel partito non erano disposti a riconoscergli un successore. Trotskij
stesso non aveva del tutto abbandonato la speranza che il grande capo
potesse riprendersi. Stalin, invece, pi realista, sfruttando le numerose
antipatie delle quali Trotskij era oggetto ai vertici del partito, aveva
incominciato a muovere le sue pedine. S'era alleato con Zinoviev e
Kamenev: il primo, presidente del soviet di Pietrogrado e
dell'Internazionale, il secondo brillante ideologo e presidente del soviet di
Mosca. Il triumvirato aveva in pratica il controllo del partito e del governo
isolando sempre pi Trotskij, arrivando persino ad accusarlo di essersi
candidato alla successione di Lenin, di ambizione personale e di
negligenza. Trotskij, sostenuto da poco pi di quaranta seguaci replic con
un documento nel quale denunciava la stratificazione burocratica del
partito.
Scrive Isaac Deutscher: Alla fine di dicembre, Stalin scese
pubblicamente in lizza, sparando una prima bordata diretta principalmente
contro gli estremisti dell'opposizione e soltanto secondariamente contro la
persona di Trotskij. Le sue argomentazioni, per quanto irte di solecismi e
di contraddizioni, riuscirono nondimeno efficacissime, poich misero in
luce le riserve mentali e le incongruenze dell'opposizione. Che cosa
chiedeva l'opposizione? Chiedeva l'abolizione delle leggi di Lenin che
mettevano al bando le fazioni e i raggruppamenti in seno al partito? S o
no? Proprio su questo punto l'opposizione non era in grado di rispondere
nettamente con un s o con un no.
Trotskij rischiava quantomeno di trovarsi in una posizione ambigua e
contraddittoria: egli voleva, s, che restassero in vigore le disposizioni di
Lenin, alle quali aveva dato egli stesso il proprio avallo, ma sosteneva che
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

quelle disposizioni erano state svisate o contorte. Su questo punto


delicatissimo Stalin concentr tutto il suo fuoco, costringendo Trotskij a
ripiegare, a vacillare, ad abbandonare una posizione dopo l'altra e infine a
tentare di riprendere il terreno perduto quando ormai era troppo tardi,
quando i suoi seguaci s'erano gi lasciati confondere e intimidire.
Trotskij, alcuni anni dopo, dall'esilio annot: A quel tempo la prognosi
medica fu meno favorevole. Sentendosi sicuro di s, Stalin cominci ad
agire come se Lenin fosse gi morto. Ma l'ammalato pareva prenderlo in
giro. Il suo organismo fortissimo, sostenuto da una volont inflessibile,
s'impose. Verso l'inverno Lenin incominci a migliorare lentamente, a
muoversi con maggiore libert; ascoltava quanto gli si leggeva e leggeva
qualcosa lui stesso; incominci a riprendere l'uso della parola. I bollettini
medici si fecero sempre pi ottimistici. Per Stalin non era in gioco il
generale svolgersi degli avvenimenti ma piuttosto il suo stesso destino; o
riusciva subito a diventare il padrone della macchina politica e quindi del
partito e del paese o sarebbe stato relegato per il resto della sua vita in un
posto di terza categoria. Stalin mirava al potere, a tutto il potere, a
qualunque costo. Lo teneva gi forte nelle sue mani. Il traguardo era
vicino, ma in quel tempo si faceva sempre pi vicino il pericolo che veniva
da Lenin. In quel tempo egli concluse probabilmente che doveva agire
senza esitazioni. Ovunque aveva complici il destino dei quali era del tutto
legato al suo. Al fianco gli stava il farmacista Jagoda. Non so se Stalin
abbia mandato il veleno a Lenin forte del fatto che i medici non avevano
lasciato alcuna speranza di una guarigione. Ma sono fermamente convinto
che egli non pu aver atteso passivamente in un momento in cui il suo
destino era sospeso a un filo e la decisione dipendeva da un piccolo,
piccolissimo gesto della sua mano.
L'insinuazione di Trotskij sul conto di Stalin, presunto avvelenatore di
Lenin, destituita, alla luce dei documenti che si possiedono, di qualsiasi
fondamento. Lo stesso Trotskij, precedentemente, aveva affermato di aver
sentito Stalin dire che Lenin, quando era ancora in possesso delle sue
facolt mentali, gli aveva chiesto di mettergli a disposizione un flacone di
veleno da usare in casi estremi. Questa affermazione, non dimostrata, pare
preparatoria a quella successiva, una vera e propria accusa di eutanasia.
Il 21 gennaio 1924, Lenin mor a Gorki. Erano le 6 e 50 del mattino.
Alle 9 e 30, Stalin, accompagnato da altri componenti del Politburo, giunse
all'abitazione del defunto. Aveva deciso che il protagonista delle
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

complesse liturgie funebri sarebbe stato lui, agevolato in questo


dall'assenza di Trotskij il quale, per ragioni di salute, si stava recando sulla
riviera del Caucaso. Successivamente, Trotskij accus Stalin d'avergli fatto
avere le comunicazioni sulla morte di Lenin in maniera tale da escluderlo
dalle cerimonie. Il 22 gennaio, Stalin redasse un documento indirizzato a
tutti i lavoratori dell'Unione Sovietica invitandoli a mantenere fede agli
insegnamenti di Lenin. Alle 9 del mattino del 23 gennaio, Stalin e gli altri
dirigenti del partito uscirono dalla casa di Lenin a Gorki. Portavano a
spalle il feretro che conteneva le spoglie del capo. Stalin aveva predisposto
tutti gli adempimenti: dall'autopsia, all'imbalsamazione, alla rega dei
solenni funerali.
Alle 13 e 30 il feretro viene portato a spalla da Stalin e da altri membri
del Politburo dalla stazione Paveltskij al palazzo dei Sindacati di Mosca
dove rester esposto per quattro giorni. Alle 18 e 10, Stalin monta la
guardia d'onore al catafalco.
Il 26 gennaio, al secondo congresso dei soviet, Stalin legge il giuramento
di fedelt a Lenin, un documento sconcertante. Isaac Deutscher afferma:
In esso lo stile del Manifesto comunista si mescola stranamente con
quello del libro di preghiere ortodosso e la terminologia marxista si sposa
al vecchio frasario slavo. Le sue invocazioni rivoluzionarie riecheggiano le
litanie composte per i cori ecclesiastici. Insomma nel burocrate di partito
georgiano convivono le antiche eredit dell'allievo del seminario teologico
di Tiflis e le radicate convinzioni del rivoluzionario bolscevico.
Compagni, noi comunisti siamo uomini d'una specie particolare. Siamo
stati tagliati in una materia speciale. Non vi titolo pi solenne che quello
d'essere membri del partito di cui il compagno Lenin stato fondatore e
guida. Non a tutti dato d'essere membri d'un partito siffatto. Non a tutti
dato di resistere alle difficolt e alle tempeste che si accompagnano
all'appartenenza a un partito siffatto. Figli della classe lavoratrice, figli
della miseria e della lotta, figli d'incredibili privazioni e di eroiche
imprese, questi soprattutto debbono essere i membri d'un partito siffatto.
Nel lasciarci, il compagno Lenin ci ordin di tenere alto e di conservare
puro il grande titolo di membro del partito. Ti giuriamo, compagno Lenin,
di osservare con onore questo tuo comandamento.
Nel lasciarci, il compagno Lenin ci ordin di custodire l'unit del
partito come la pupilla dei nostri occhi. Ti giuriamo, compagno Lenin, di
osservare con onore anche questo tuo comandamento.
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

Nel lasciarci, il compagno Lenin ci ordin di conservare e consolidare


la dittatura del proletariato. Ti giuriamo, compagno Lenin, di osservare
con onore anche questo tuo comandamento.
Nel lasciarci, il compagno Lenin ci ordin di rinforzare con tutti gli
strumenti in nostro potere l'alleanza degli operai e dei contadini. Ti
giuriamo, compagno Lenin, di osservare con onore anche questo tuo
comandamento.
Nel lasciarci, il compagno Lenin ci ordin di rafforzare e allargare
l'Unione delle repubbliche. Ti giuriamo, compagno Lenin, di osservare con
onore anche questo tuo comandamento.
Nel lasciarci, il compagno Lenin ci ordin di tener fede ai principi
dell'Internazionale comunista. Ti giuriamo, compagno Lenin, che non
risparmieremo le nostre vite nello sforzo di consolidare e allargare
l'alleanza dei lavoratori di tutto il mondo: l'Internazionale comunista.
Il 27 gennaio, alle 8 del mattino, Stalin torn a montare la guardia alla
salma del grande compagno. Intanto una folla sterminata e chiassosa,
accompagnata da una babele di suoni (campane, strumenti musicali d'ogni
genere, sirene di fabbriche) sfilava ininterrottamente davanti al feretro.
Alle 9 esso venne portato fuori dal palazzo dei sindacati e alle 16 venne
deposto, dopo esser stato portato a spalla da Stalin e da altri illustri
necrofori, nella cripta dell'erigendo mausoleo.
Nadezda Costantinova Krupskaia aveva seguito contrariata quella
liturgia che lasciava trasparire l'anima d'una Russia barbara legata a remote
religioni pagane. Il grande mausoleo di marmo rosso ricorda quello di
Tamerlano. Boris Souvarine commenta: La tomba di Karl Marx, nel
cimitero di Highgate a Londra, consiste in una semplice pietra. Le spoglie
di Engels furono incenerite, l'urna contenente le ceneri gettata nel mare del
Nord... Non era sufficiente che Lenin fosse stato un eroe, un superuomo,
un genio; i triumviri della troika lo trasformarono in una sorta di divinit
di cui aspirano a essere considerati i profeti... Pi di chiunque altro Stalin
conduce l'orchestrazione di queste chiassose manifestazioni di delirio
collettivo, nelle quali il fariseismo si coniuga all'impeto spontaneo.
Per Isaac Deutscher: La complicata cerimonia funebre era in aperto
contrasto con le concezioni e con lo stile di Lenin, del quale erano quasi
proverbiali la sobriet e il disprezzo per la pompa. La cerimonia
rispondeva allo scopo di colpire la mente di un popolo primitivo e
semiorientale, portandola in uno stato di esaltazione quanto mai favorevole
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

all'affermarsi del nuovo culto leninista.


Sepolto Lenin, a Stalin restava ora da liquidare i suoi avversari, ma
prima ancora doveva evitare d'essere liquidato dal feroce testamento di
Lenin che la Krupskaia insisteva fosse reso pubblico. Stalin invece faceva
di tutto per archiviarlo definitivamente. Nadezda Costantinova Krupskaia,
minacciando un pubblico scandalo, ottenne che il testamento di Lenin
fosse letto nel corso di una seduta plenaria del comitato centrale,
delegando ad esso la decisione se presentarlo al prossimo congresso del
partito o tenerlo segreto.
Per Stalin era un momento terribile e decisivo. Seduto sulla tribuna con
aria di falsa indifferenza sembrava piccolo e meschino nell'attesa che il suo
destino, nel bene o nel male, si compisse. Fu l'abilissimo Zinoviev a
salvarlo, senza sapere che in questo modo egli perdeva se stesso e molti
compagni. Ogni parola di Ilic disse Zinoviev per noi legge. Abbiamo
giurato di osservare con scrupolo e lealt tutto ci che in punto di morte
Ilic ci ha ordinato. Voi sapete che manterremo questo giuramento. Ma
siamo felici di poter affermare che su un punto i timori di Lenin si sono
mostrati privi di fondamento. Mi riferisco al punto che riguarda il nostro
segretario generale. Voi tutti, negli ultimi mesi, siete stati testimoni della
nostra armoniosa collaborazione; e, come lo sono io, anche voi sarete felici
di dire che i timori di Lenin si sono dimostrati non avere alcun
fondamento.
Poi fu la volta di Kamenev il quale chiese al comitato centrale di
confermare Stalin al suo posto. Soltanto la Krupskaia protest, peraltro
inutilmente, della totale disattenzione al testamento del marito. Trotskij
non intervenne, soltanto le sue smorfie e gli scuotimenti della testa
segnarono, senza alcun risultato pratico, il suo disappunto.
Stalin era salvo. Ora toccava a lui colpire. Ma non intendeva esporsi
direttamente: si serv delle annotazioni di Lenin che riguardavano
polemiche con Trotskij e dell'opera dottrinaria di Zinoviev e Kamenev per
isolare progressivamente ed espellere l'avversario numero uno.
Quanto a Stalin adott un atteggiamento talmente moderato da sembrare
ambiguo, limitandosi a polemizzare con Trotskij sul piano teorico. Trotskij
continuava a sostenere la teoria della rivoluzione permanente che non
era dispiaciuta, nel passato, n a Lenin, n allo stesso Stalin. Secondo
Trotskij era opportuno esportare la rivoluzione nei paesi dell'Europa
occidentale poich una societ socialista non avrebbe potuto resistere a
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

lungo se non su ampie basi internazionali: il mondo intero avrebbe dovuto


diventare socialista poich anche la minima sopravvivenza di capitalismo
poteva rappresentare un pericolo mortale. Stalin replic con la sua teoria
del socialismo in un solo paese fondata sul principio esattamente
opposto a quello di Trotskij, cio che in una grande nazione come quella
russa, ricca di risorse, un forte governo proletario poteva senza intoppi
mantenere e consolidare il socialismo. Stalin intendeva dimostrare cos a
un paese logorato che poteva ritrovare forze nell'applicazione
dell'ortodossia leninista.
Nei confronti dei partiti comunisti stranieri e dell'organizzazione che li
riuniva, il Comintern, Stalin mostr indifferenza e in taluni casi, come
quello tedesco, disprezzo. Il Comintern avrebbe dovuto diventare uno dei
tanti strumenti di potere nelle sue mani. All'atteggiamento di Stalin si pu
attribuire in parte il fallimento della repubblica di Weimar in Germania e
la conseguente ascesa di Adolf Hitler fino all'involuzione nazista.
In Cina, Stalin appoggi il borghese nazionalista Ciang Kai Shek e il suo
partito, il Kuomintang, senza curarsi del viscerale anticomunismo di Ciang
Kai Schek stesso.
Nel gennaio 1925, Trotskij venne indotto a dimettersi dal commissariato
della Guerra. La degradazione, inutile dirlo, era stata voluta da Stalin, ma
attuata da Zinoviev il quale propose anche di arrestare Trotskij trovando la
decisa opposizione di Stalin. Quello invece che fu sciolto, per aver
sostanzialmente esaurito la sua missione, fu il triumvirato. Stalin s'avviava
a diventare il padrone assoluto del partito e del paese.
Emblematico circa i metodi di gestione del potere da parte di Stalin
l'episodio che riguarda il successore di Trotskij al commissariato della
Guerra: Michail Frunze, uomo di Zinoviev. Frunze, che fino dai primi
giorni del suo incarico s'era scontrato con Stalin, aveva quarant'anni, era
stato un eroe della guerra civile combattendo contro Kolciak e Wrangel,
soffriva da tempo di ulcera allo stomaco e di disturbi cardiaci. Il suo
medico personale gli aveva sconsigliato di sottoporsi a un intervento
chirurgico nel timore che il suo cuore malandato non reggesse
all'anestesia. Alla decisione del medico si sostitu il comitato centrale che
impose a Frunze di farsi operare. Frunze resse bene alla narcosi,
l'intervento da un punto di vista tecnico riusc, ma qualche giorno dopo il
commissario della Guerra da poco nominato mor. Stalin in persona ne
fece l'elogio funebre, ma questo non imped, successivamente, a Trotskij di
Ivan Lantos

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insinuare pesanti sospetti sul ruolo avuto da Stalin nel decesso, peraltro
ipotizzato dai medici, del povero Frunze. Quale che sia la verit, resta il
fatto che fu Stalin a mettere nelle mani del chirurgo il bisturi. Frunze lasci
erede del commissariato della Guerra Klim Voroscilov, uomo di Stalin.
Kamenev e Zinoviev, ormai consapevoli della loro malasorte, cercarono
di attaccare Stalin al quattordicesimo congresso del partito, alleandosi con
Trotskij e cercando appoggi nel gruppo bolscevico di Leningrado, nome
che era stato dato, dopo la morte di Lenin, all'ex capitale imperiale
Pietrogrado. Stalin si appoggi a nuovi alleati: Bucharin, Rykov e Tomskij
e accus gli ex triumviri d'essere disertori e crumiri. L'opposizione
antistalinista si trov in minoranza. Stalin invi a Leningrado un uomo di
sua fiducia, Sergej, Kirov con lo scopo di ristabilire la disciplina tra i
bolscevichi di quella citt e la missione ebbe successo.
Nel luglio 1926 Zinoviev venne espulso dal Politburo ed estromesso
dalla carica di presidente dell'Internazionale comunista. Nell'ottobre del
1927, Trotskij e Zinoviev vennero allontanati dal comitato centrale e nel
novembre dal partito. In quello stesso mese venne estromesso dal comitato
centrale anche Kamenev. Nel dicembre 1927, Kamenev e Zinoviev
ammisero i propri errori, ritrattarono e chiesero d'essere riammessi nel
partito.
Trotskij non si pieg, con il risultato che nel 1928 venne esiliato ad
Alma Ata, nel Kazakistan, al confine con la Cina e, un anno dopo, espulso
dall'Unione Sovietica.
L'espulsione di Trotskij e Zinoviev dal partito ebbe anche una vittima
innocente e laterale: Adolf Joffe, un vecchio bolscevico di 47 anni,
esponente di spicco del commissariato per gli Affari esteri che si suicid
con un colpo di pistola alla testa nel suo ufficio del Cremlino. Un estremo
gesto di protesta come scrisse in una lettera contro coloro che hanno
ridotto il partito in uno stato tale da impedire qualsiasi reazione contro
l'obbrobrio dell'espulsione di Trotskij e Zinoviev. Joffe chiedeva anche a
Trotskij di combattere contro l'usurpatore Stalin con tutti i mezzi
solitamente adottati dai rivoluzionari per abbattere i nemici del popolo.
L'asse Stalin, Bucharin, Rykov, Tomskij non resse a lungo e si frantum
in circostanze analoghe a quelle che avevano portato alla liquidazione
della troika (Stalin, Zinoviev, Kamenev). Il copione prevedeva che gli
alleati resi inutili dopo il raggiungimento di un determinato obiettivo
fossero gettati a mare. Stalin, questo vero, non s'era servito dei suoi
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

nuovi pretoriani soltanto per basse manovre di potere. Aveva, per esempio,
sostenuto la politica economica elaborata da Bucharin il quale riteneva,
esattamente all'opposto di Trotskij, che l'industrializzazione dovesse essere
un processo graduale. Si trattava di una politica errata e che non teneva
conto delle esigenze di una corretta pianificazione.
In agricoltura, Stalin mostr una certa predilezione per i contadini ricchi,
i cosiddetti kulaki, concedendo loro sgravi fiscali e agevolandoli negli
obblighi d'assunzione dei braccianti. Secondo l'idea di Bucharin un
potenziamento del capitalismo agrario avrebbe agevolato gli
approvvigionamenti.
Gli errori si sommavano agli errori: nel gennaio del 1928 l'ombra scura
della carestia minacciava la Russia. La produzione di grano era stata di due
milioni di tonnellate inferiore al fabbisogno.
Stalin invert improvvisamente rotta. I kulaki furono accusati di essere
nemici della rivoluzione e affamatori del popolo e contro essi vennero
presi durissimi provvedimenti repressivi.
Il fallimento della politica economica fu il pretesto per bandire il gruppo
Bucharin, Rykov, Tomskij. Bucharin che aveva capito bene la situazione
era terrorizzato. Stalin scrisse un intrigante senza principi che
subordina tutto alla brama del potere. Pu cambiare parere da un momento
all'altro, a seconda della persona della quale si vuole sbarazzare. Adesso
temporeggia per poterci strangolare meglio. Ci strangoler.
Allontanati dalle loro cariche i reprobi cercarono di ottenere il perdono
con un'umiliante autocritica che per non serv a nulla in quanto giudicata
assolutamente insufficiente dal congresso del partito nel 1929. Insomma
non c'era nessuna possibilit di remissione. Il ciclone delle grandi purghe
degli anni Trenta travolse anche fisicamente Bucharin e Rykov condannati
a morte e Tomskij che si suicid.
Nel 1929, Stalin era il padrone del partito e della Russia: dietro di lui si
schieravano gli oltre seicentomila iscritti al partito (e c'era un mezzo
milione di candidati), l'impero dello zar rosso rappresentava un sesto del
mondo.
Se Lenin era stato il primo dio ammesso nell'olimpo ateo del
materialismo storico e c'era salito dopo la morte, il processo di
deificazione di Stalin incominci quasi subito come dimostrano queste
reboanti attestazioni.
Kruscev (i tempi del XX congresso erano lontani): Lunga vita al genio
Ivan Lantos

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che si erge come una torre su tutta l'umanit, al maestro e alla guida che ci
conduce vittoriosamente al comunismo. Lunga vita al nostro amato
compagno Stalin!. Lo scrittore Avdienko: Scrivo libri. Sono uno
scrittore; grazie a te, grande educatore, Stalin. Amo una donna e
perpetuer la mia vita nei miei figli; grazie a te, grande educatore, Stalin.
Ogni cosa ti appartiene, o capo del nostro grande paese. Quando la donna
che amo mi regaler un figlio, la prima parola che io pronuncer in quel
momento sar: Stalin!.
Un anonimo agiografo: O grande Stalin, o capo dei popoli, tu che fai
nascere l'uomo, tu che fecondi la terra, tu che ringiovanisci i secoli, tu che
fai fiorire la primavera, tu che fai vibrare la cetra, tu, sole riflesso da
migliaia di cuori.
E ancora: Le stelle dell'aurora obbediscono al tuo volere, il tuo estro
meraviglioso arriva fino al cielo, il tuo ingegno scandaglia l'oceano
profondo. Nel 1929 venne anche varato il primo piano economico
quinquennale: potenziamento della produzione di carbone, dell'acciaio,
dell'energia elettrica.
Riorganizzazione della rete di trasporti. Controllo della produzione
agricola attraverso la collettivizzazione.
Alcuni anni dopo Charles de Gaulle commentava: Solo di fronte alla
Russia, Stalin la vide misteriosa, pi forte e pi duratura di tutte le teorie e
di tutti i regimi. A modo suo l'am. Anch'essa lo accett come uno zar per
tutto un terribile periodo e sopport il bolscevismo per servirsene come di
uno strumento. Unire gli slavi, schiacciare i tedeschi, estendersi in Asia,
accedere ai mari liberi, erano i sogni della patria e divennero i fini del
despota. Due le condizioni per riuscirvi: fare del paese una grande potenza
moderna cio industriale e, al momento opportuno, vincere in una guerra
mondiale.

CAPITOLO XI
LA TRAGEDIA
Dopo che la prima moglie di Stalin, Keke Svanidze, era morta, Josif
Iremashvili aveva scritto: Dal giorno in cui seppell la moglie, egli perse
le ultime vestigia del sentimento umano. Il suo cuore si riemp dell'odio
inalterabile che il padre aveva cominciato a generare in lui quando era
Ivan Lantos

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ancora bambino. Spietato con se stesso, lo divenne anche con tutti gli
altri.
Gi, Stalin aveva molto amato Ekaterina Svanidze, una donna fatta su
misura per lui, modesta, sottomessa, un autentico modello di moglie
georgiana. Quando la tubercolosi l'aveva uccisa, aveva giurato sulla sua
tomba che non avrebbe pi amato nessuna.
E Nadezda Alliluieva? Essa fu protagonista d'una tragedia che ebbe
origine con ogni probabilit dalla durezza di cuore di Stalin e che non si
limit all'ambito privato della vita familiare, ma ebbe anche un fosca
connotazione politica.
Svetlana Stalin, la primogenita del georgiano e di Nadia Alliluieva, ha
alzato il sipario sulla vicenda.
La mamma non era, n poteva essere felice con lui scrive Svetlana.
Ma anche per mio padre lei era una donna troppo complicata, troppo fine,
troppo esigente. Egli era soddisfatto poich la mamma era una brava donna
di casa e i bambini erano puliti e ordinati, ma le sue aspirazioni, le sue
opinioni, il suo spirito d'indipendenza gli procuravano soltanto irritazione.
Una donna moderna, indipendente nel pensare, che difendeva la propria
concezione dell'esistenza, gli sembrava qualche cosa di innaturale in casa
sua. pur vero che ufficialmente egli s'espresse spesso a favore della
parit femminile, soprattutto quando ci serviva a spronare le masse al
lavoro. Le sue affermazioni come: "Le donne nei kolchoz sono una grande
forza" facevano bella mostra di s in tutti circoli dei villaggi. Ma in casa
propria le sue affermazioni erano totalmente diverse.
Da Nadezda, Stalin aveva avuto un figlio maschio, Vassilij, detto Vasja,
e una femmina, Svetlana, appunto, che era solito chiamare Setanka
(passerotto). Alla famiglia s'era riunito anche Jakov, il figlio avuto da
Keke Svanidze. Era un giovanotto di ventiquattro anni, dal carattere
difficile, allevato, in Georgia, dal fratello della sua defunta mamma,
Aleksandr Svanidze. Quasi coetaneo della matrigna, aveva trovato in lei
quell'affetto e quella comprensione che il padre continuava a negargli.
L'unica preoccupazione di Stalin era stata quella d'avviarlo agli studi
d'ingegneria ai quali per Jakov s'applicava ben poco. I calcoli che
preferiva erano quelli delle traiettorie delle palle sul tavolo del biliardo,
passione che condivideva con il figlio del capo della polizia segreta
Ghepeu, Menzinskij. I rapporti tra padre e figlio erano improntati a una
perenne tensione che talvolta esplodeva in aperti conflitti. Pare addirittura
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

che un giorno, dopo un ennesimo scontro, spinto dalla disperazione, Jakov


avesse tentato di spararsi un colpo di pistola alla testa. Si fer soltanto
leggermente e il padre comment con sarcasmo il fallimento persino nel
suicidio. Nadezda, preoccupata per la situazione e per le condizioni di
nervi disastrose di quel figliastro al quale voleva molto bene, lo mand a
Leningrado, a casa dei suoi genitori. Stalin, ovviamente, non approv
quella decisione, segno, secondo lui di debolezza, e di eccessiva
indulgenza verso un buono a nulla.
La verit che Jakov aveva un disperato bisogno d'affetto, pianta che in
casa Stalin era destinata a morire o a sopravvivere soltanto per la piccola
Svetlana, non per altri. A Leningrado, Jakov Josipovic Giugashvili tent di
formarsi una famiglia; spos una ragazza, ebbe una bambina la quale per
mor e con la sua scomparsa naufrag anche il matrimonio dei suoi
genitori.
Stalin, a quel punto, mand il figlio a studiare ingegneria ferroviaria nel
Caucaso, ordinandogli di non farsi rivedere finch non fosse laureato.
Anche nei confronti dell'altro figlio maschio, Vassily, Stalin nutr una
sorta d'avversione, di astio. Neppure Vassily mostr una particolare
propensione per lo studio, era uno scolaro poco diligente e ci contribu a
peggiorare, se era possibile, la sua posizione nei confronti del padre che
era autoritario tra le mura domestiche cos come lo era nella vita pubblica.
Come s' detto, affettuoso e tollerante, addirittura permissivo lo era
soltanto con Svetlana. Mi viziava ricorda e gli piaceva giocare con me.
Per lui ero il riposo, lo svago. Mia madre, invece, era pi indulgente con
Vassily, poich a lui toccava subire la ferrea disciplina imposta da mio
padre. Eppure tra i due era mia madre che amavo di pi.
Nadzda Alliluieva aveva sposato Stalin per amore, anche se difficile
capire quali elementi di fascino potesse trovare in quell'uomo tanto pi
anziano di lei che non s'era mai tolto di dosso l'originaria rozzezza
contadina. Poi, con il passare del tempo e l'affievolirsi di una passione che
inevitabilmente perdeva lo slancio giovanile, l'unione cominci a
deteriorarsi.
Vi sono diverse testimonianze che ci danno la misura dei dissapori che
dividevano la coppia. K.V. Pauker, capo dipartimento operativo della
Ghepeu e responsabile della sicurezza di Stalin e dei suoi familiari e
Stanislav Redens, cognato di Nadezda, riferiscono entrambi che Nadezda
trovava insopportabile la volgarit del marito, le sue espressioni triviali, il
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suo modo di scherzare da caserma. Ogni ricevimento era occasione per


formidabili ubriacature che scatenavano i peggiori istinti del georgiano e
provocavano pesanti umiliazioni alla delicata e signorile Nadezda.
Sei mesi dopo la nascita di Svetlana, il piccolo Vassily aveva allora due
anni, Nadia, arrivata al limite della sopportazione, prese i figli e torn a
Leningrado dai genitori, decisa ad abbandonare per sempre le imponenti
mura del Cremlino dentro le quali si sentiva prigioniera e il marito del
quale si sentiva vittima.
Dopo qualche tempo, Stalin telefon alla moglie: giur di cambiare
atteggiamento e preg Nadezda di consentirgli di raggiungerla a
Leningrado da dove sarebbero tornati insieme a Mosca. Nadia replic che,
nella capitale, sarebbe tornata da sola; non c'era bisogno che Stalin
abbandonasse i suoi impegni per andarla a prendere.
Nel 1929, Nadezda, dopo molte insistenze e con l'appoggio di Jenukidze
e Orgionikidze, convinse Stalin a darle il permesso di frequentare
l'Accademia industriale di Mosca. Nessuno, all'infuori del direttore,
doveva sapere la vera identit della nuova allieva che veniva
accompagnata da un'automobile di servizio fino ad una via adiacente alla
scuola. Nell'Accademia erano stati introdotti anche due giovani agenti
della polizia segreta, ovviamente camuffati da alunni, con lo scopo di
riferire a Stalin tutto ci che la moglie diceva e faceva.
Nadia ebbe un compagno di scuola eccezionale, si chiamava Nikita
Krusciov il quale la ricordava cos: Nadezda Alliluieva e io eravamo
compagni di studi all'Accademia industriale di Mosca. Lei era iscritta alla
facolt tessile ai corsi di chimica e voleva specializzarsi nelle fibre
artificiali. Era molto scrupolosa e non abusava mai del suo legame con
Stalin, tanto che erano pochissimi coloro che sapevano che fosse sua
moglie. Non sfrutt mai i privilegi che le derivavano dalla sua
condizione.
Nella scuola, Nadezda ebbe modo di scoprire un mondo completamente
diverso da quello rappresentato nella fortezza del Cremlino, scambiando
opinioni con gli altri studenti pot rendersi conto di qual era e di come
viveva la vera Russia e ne fu sconvolta. Era un paese che non conosceva,
gli abitanti del quale erano sottoposti a pesantissime rinunce e privazioni.
La gente aveva poco o niente per nutrirsi, molti bambini morivano di fame,
c'erano orfani, vedove, invalidi che vivevano in condizioni inumane.
Un giorno, un gruppo di studenti ucraini le rifer un caso di
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

cannibalismo estremo segno di degradazione alla quale s'era giunti a causa


della carestia: un cadavere era stato fatto a pezzi e venduto poi come carne
commestibile. Nadia affront l'argomento con Stalin il quale la rimprover
di prestare attenzione alle chiacchiere calunniose dei nemici del popolo
trotskisti. Quando Nadezda gli rifer della faccenda del cannibalismo,
Stalin esplose in una di quelle sue collere destinate a restare nella storia: i
rimproveri alla moglie si trasformarono in insulti e nella proibizione di
tornare a frequentare l'Accademia. Diede poi ordine alla polizia segreta di
arrestare gli studenti che avevano rivelato l'episodio a sua moglie e a
procedere all'allontanamento e all'arresto dei disfattisti che diffondevano
idee controrivoluzionarie nelle scuole. Soltanto qualche tempo dopo e con
la promessa che non si sarebbe pi fatta coinvolgere in volgari
pettegolezzi, Stalin consent alla moglie di riprendere a frequentare la
scuola.
La famiglia Stalin trascorreva lunghi periodi in una piccola tenuta di
campagna, a Zubalovo, nella regione di Usovo, a una trentina di chilometri
da Mosca, era la residenza preferita di Stalin, la sua dacia che aveva
modellato sul modello georgiano con una piccola coltivazione di grano
saraceno, un allevamento d'api, un orto con aiuole di fragole e ribes, un
piccolo recinto con animali da cortile. Nella stessa zona avevano la loro
dacia altri bolscevichi caucasici e ci consentiva allegre riunioni: la musica
era garantita dalla fisarmonica di Semion Budiennij, Stalin e Voroscilov
guidavano vecchi cori georgiani e, talvolta, Nadezda ballava.
La famiglia Stalin disponeva di un'altra dacia a Soci, sul mar Nero, per
le vacanze estive, ma Josif Vissarionovic preferiva la calde acque delle
terme di Matsesta a quelle del mare che poco giovavano ai suoi dolori
reumatici. Non gli piaceva prendere il sole e trascorreva lunghe ore
sdraiato all'ombra a leggere o passeggiava nei boschi.
Poi, a mano a mano che il potere di Stalin crebbe si moltiplic il numero
delle residenze disponibili, nei dintorni di Mosca, sulle rive del mar Nero,
nel Caucaso, tuttavia le visite di Stalin erano piuttosto rare poich egli
preferiva, tra tutte, quella di Kuntsevo.
Le stigmate del potere non corrisposero per i coniugi Stalin a quelle
della felicit e dell'armonia familiare, anzi i loro rapporti continuarono a
deteriorarsi. Se da una parte il segretario particolare di Stalin, Bazanov,
sosteneva: Stalin, questo politico appassionato, non ha altri vizi al di fuori
della politica. Non ama n il denaro, n il piacere, n lo sport. Le donne, a
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parte sua moglie, non esistono per lui, altre testimonianze accreditano
uno Stalin assai diverso.
Gi nel 1927 s'era verificata una crisi familiare profonda, quando
Nadezda, scoperta una relazione dell'illustre marito con una cantante
georgiana, aveva minacciato di uccidersi se l'adulterio non fosse
immediatamente cessato.
La cantante era stata diplomaticamente esiliata nel consolato sovietico
di Kandahar, in Afghanistan. L'episodio non fu che uno dei tanti analoghi,
anche se meno drammatici e, secondo alcuni personaggi vicini a Stalin, gi
dopo la nascita di Svetlana, marito e moglie dormivano in camere separate.
Ma il distacco di Nadezda dal marito pi che a causa di dispiaceri di
cuore divenne pi serio e radicale per motivi morali e politici. Essa non
aveva potuto dimenticare quanto aveva appreso, quasi clandestinamente,
dai compagni di scuola dell'Accademia sulle condizioni del popolo russo e
successivamente divenne un'attenta osservatrice di quanto avveniva nel
paese che i dirigenti volevano far passare per una culla di democrazia, per
il paradiso dei lavoratori, ed era invece uno stato poliziesco nel quale ogni
cittadino viveva in un regime di libert provvisoria.
Accadde nei primi mesi del 1931. Un'amica di Nadezda Alliluieva, Zoia
Mossina, funzionarla della sezione codici segreti del commissariato degli
Affari esteri, venne accusata di essere una spia al soldo delle potenze
capitalistiche occidentali. Nadezda era certa che l'amica fosse innocente,
qualcun altro, nell'ambito della sezione aveva fornito la chiave dei cifrari,
ma nessuno era disposto a difendere la Mossina. Lo stesso Maksim
Litvinov, commissario (cio ministro) degli Affari esteri, il quale
conosceva la verit e il nome della vera spia (un impiegato d'origine
polacca di nome Vinogradov), non ebbe il coraggio di contraddire i
sospetti, anzi le certezze degli uomini della Ghepeu. Invano Nadezda lo
preg personalmente di intervenire per salvare l'amica, Litvinov si
comport da Ponzio Pilato, cercando di restare il pi estraneo possibile alla
faccenda.
Zoia Mossina venne deportata in un gulag nella provincia di Vologda, la
stessa dove era stato esiliato (dal regime zarista) anche Stalin. Il campo
7, questo il nome del luogo di detenzione, era noto come uno dei pi duri
tra quelli esistenti, al quale erano destinati i dissidenti, membri del partito e
dell'apparato statale accusati di congiura contro il popolo. La vita di
coloro che venivano inviati al campo 7 che si trovava sotto il controllo
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

direttto di Genric Jagoda, capo della polizia politica, era in costante


pericolo: l'esito di un processo per tradimento era quasi sempre la
condanna a morte. Nadezda Alliluieva, consapevole della situazione nella
quale si trovava l'amica, chiese aiuto al marito. La reazione di Stalin fu
tremenda: ordin alla moglie di non immischiarsi in faccende che non la
riguardavano, l'assicur che Jagoda svolgeva il suo lavoro con scrupolo e
onest, si dichiar certo della colpevolezza di Zoia Mossina. Nadezda non
resse alla scenata che era degenerata negli insulti pi volgari: usc
precipitosamente di casa dirigendosi verso i boschi. Era ormai notte fonda
quando Stalin s'accorse che non era ancora rientrata. I poliziotti la
ritrovarono stesa a terra tra i cespugli di un bosco, non lontano da casa, in
uno stato di gravissima prostrazione fisica e nervosa. Per consolarla, Stalin
la minacci di farla rinchiudere in una clinica per malati di mente, poi,
rendendosi conto d'aver esagerato, promise a Nadia che sarebbe
intervenuto presso Jagoda affinch la Mossina fosse trasferita in un gulag
meno duro.
Il trasferimento ci fu, il campo 2 era di certo meno peggiore del
campo 7, ma si trattava pur sempre di una potenziale tappa intermedia
prima di finire davanti al plotone d'esecuzione. La Mossina riusc a tenere
aggiornata Nadezda con una fitta corrispondenza clandestina che una
guardia rimasta segretamente fedele a Trotskij faceva uscire dal campo.
Nell'agosto del 1932, la moglie di Stalin venne avvertita che un tribunale
moscovita stava per celebrare un processo contro quaranta giovani del
Komsomol accusati di cospirazione; la Mossina chiese all'amica di fare
qualcosa per salvare i quaranta ragazzi.
Nadezda ne parl con Stalin senza ottenere altro risultato che rivelargli
la fuga di notizie dal campo 2 e scatenare una durissima inchiesta.
Jagoda non risparmi nessun mezzo per dimostrare che esisteva un vasto
complotto il fine ultimo del quale era l'assassinio di Stalin e che
coinvolgeva oltre ai quaranta giovani anche la Mossina e la guardia
trotskista che portava i suoi messaggi a Nadia e quelli di Nadia a Zoia
Mossina. Tutti finirono davanti ai tre inesorabili giudici del tribunale
speciale di Mosca. Pochi giorni dopo il processo, Nadezda venne a sapere
da una dottoressa che prestava servizio presso il comitato centrale che Zoia
Mossina e i suoi complici erano stati fucilati.
La morte di Zoia Mossina fece precipitare ulteriormente i rapporti tra
Nadia e Stalin. Alle accuse della moglie che gli rinfacciava di essere un
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

usurpatore preoccupato soltanto di estendere il suo potere usando gli


strumenti del terrore sanguinario, lui le rispondeva di aver perduto la fede
rivoluzionaria, di essere diventata un bagaglio inutile e ingombrante.
Nei loro continui e violentissimi scontri compariva il nome di Rosa
Kaganovic, la bella e seducente sorella di Lazar Kaganovic, membro
influente del Politburo. Rosa, a quanto si dice, consolava con grande
ardore rivoluzionario il compagno Stalin dei suoi dispiaceri coniugali.
Il 7 novembre 1932 ricorreva il quindicesimo anniversario della
rivoluzione. Per celebrare la solennit, Kliment Voroscilov offr un pranzo
nella sua dacia: ospiti i massimi dirigenti del Cremlino con le rispettive
mogli. Un mancato brindisi fu l'occasione di una clamorosa lite pubblica
tra Stalin e Nadia, la quale s'era rifiutata di bere della vodka. Stalin sapeva
bene che la moglie era astemia e l'insistere perch bevesse il liquore
sembrava soltanto una provocazione. Ai ripetuti dinieghi di Nadezda Stalin
rispose con l'insolenza che gli era tipica nei momenti d'ira. Nadia, offesa,
abbandon la sala del pranzo. Nessuno attribu importanza alla scenata,
non Stalin per il quale si trattava di una consuetudine, non gli altri troppo
impegnati a mangiare, bere e conversare. Soltanto Polina Zemchuzhina,
moglie di Molotov e grande amica di Nadezda, la segu in giardino, poi la
riaccompagn al Cremlino.
La mattina dopo Nadia Alliluieva era morta: s'era sparata un colpo di
rivoltella alla tempia.
Com'erano andate le cose? Che cosa era successo tra le mura del
Cremlino quella notte?
La balia, addetta alla sorveglianza dei bambini, rifer a Svetlana, che al
mattino s'era affacciata alla camera di Nadezda per darle, come di consueto
la sveglia. Ma si rese conto che la padrona non si sarebbe mai pi
svegliata: era stesa per terra, accanto al letto, in una pozza di sangue. Nella
mano destra stringeva ancora un piccola rivoltella.
Inorridita aveva chiesto aiuto alla governante. Il corpo senza vita di
Nadezda era stato steso sul letto, il viso imbrattato di sangue lavato, la
stanza ripulita.
Stalin, rientrato tardissimo dal pranzo e obnubilato dalle grandi bevute
s'era chiuso in camera ed era sprofondato in un sonno dal quale non s'era
svegliato n per la detonazione, n, qualche ora dopo, per il trambusto.
La balia e la governante avevano telefonato immediatamente al
comandante delle guardie del Cremlino, a Polina Zemchuzhina Molotov e
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

ad Abel Jenukidze. La notizia della morte di Nadezda Alliluieva Stalin si


diffuse rapidamente. Quando finalmente Stalin si riebbe dal suo sonno
d'ubriaco trov il salone di casa pieno di gente, c'erano anche Voroscilov e
Molotov che gli dissero che Nadia era morta.
Una testimonianza pi dettagliata viene fornita da Natalia Truscina, la
donna che aveva assistito Nadezda quando s'era trasferita dalla casa dei
genitori a Mosca per lavorare nella segreteria di Lenin. La Truscina che,
come si ricorder, era stata contraria sia alla relazione, sia al matrimonio di
Nadia Alliluieva con Stalin, non aveva abbandonato la sua protetta.
L'aveva seguita prima come domestica e poi come governante dei bambini;
in realt essa era l'alter ego di Nadezda, sostituendola nel mandare avanti
la casa quando essa era impegnata con i suoi studi.
La Truscina riferisce che Nadezda era tornata a casa accompagnata da
Voroscilov che poi era stato congedato. Nadezda era crollata a sedere sul
letto in uno stato pietoso. Piangendo confess all'anziana amica che era
terrorizzata all'idea che Stalin potesse farla uccidere. Era consapevole che
il loro matrimonio era definitivamente naufragato e conosceva i metodi
che il marito adottava nei confronti di coloro che riteneva superflui e
ingombranti.
Poi s'era ritirata in bagno per prepararsi ad andare a letto. Forse aveva
anche telefonato a Stalin che ancora si tratteneva a casa di Voroscilov. Tra
i due ci sarebbe stata una conversazione particolarmente drammatica,
terminata con la minaccia di Nadezda di uccidersi.
Quando Natalia Truscina era tornata aveva trovato Nadia Alliluieva
stesa al suolo nella stanza da letto, la pistola in mano, un rivolo di sangue
che le usciva dalla tempia e s'allargava sul tappeto. Bench apparisse
chiaro che non c'era pi niente da fare, l'aveva trascinata sul letto, aveva
lavato la ferita e il viso e aveva bendato la testa di Nadezda.
Avvertiti telefonicamente, Voroscilov, Molotov, Jenukidze si
precipitarono al Cremlino: la loro pi grande preoccupazione fu, insieme
con Stalin, di evitare che le vere circostanze della morte di Nadia
Alliluieva fossero conosciute fuori delle mura del Cremlino. Il viso della
morta, ridotto piuttosto male dalla revolverata, venne sottoposto ad
un'accurata quanto macabra operazione di maquillage.
Natalia Truscina venne allontanata con un pretesto, confinata in un
vecchio monastero e successivamente deportata in un gulag.
I solenni funerali di Nadezda si svolsero nella sala delle Colonne nel
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

palazzo dei Sindacati, dove c'erano stati quelli di Lenin. I membri del
Politburo e del governo sfilarono davanti al feretro aperto, al popolo non
fu invece consentito di vedere la piccola padrona del Cremlino; i sudditi
di Stalin le rivolsero l'ultimo saluto dopo che il coperchio era stato
inchiodato sulla bara.
L'atteggiamento di Stalin durante i funerali fu quello d'un uomo irritato
da un improvviso contrattempo. Ci fu chi sostenne che egli fosse
estremamente preoccupato per una serie di lettere che Nadezda aveva
scritto e spedito prima di uccidersi: si trattava di pesanti documenti
d'accusa sia personali, sia politici. Se queste lettere ci furono davvero, esse
furono anche tempestivamente intercettate e distrutte e tutti coloro che
erano venuti a conoscenza del loro contenuto compromettente per
l'immagine di Stalin, eliminati.
L'11 novembre 1932, poco dopo le ore 14, il corteo funebre s'avvi
attraverso la piazza Rossa. Il feretro era portato a spalla da alcuni membri
della famiglia Alliluiev, da Molotov, Kaganovic e Jenukidze, Stalin lo
seguiva a piedi.
In un primo tempo egli aveva assicurato che avrebbe seguito a piedi la
bara della moglie fino al cimitero Novedevichij, in un convento nei
sobborghi di Mosca e ci aveva indotto Jagoda a predisporre un imponente
servizio di sicurezza che aveva previsto anche lo sgombero degli edifici,
sia uffici, sia abitazioni sul percorso del corteo. Poi Stalin aveva cambiato
idea e aveva raggiunto il cimitero in automobile.
La gente di Mosca si chiedeva perch la moglie di Stalin non venisse
sepolta insieme con gli eroi della rivoluzione e i maggiorenti del partito
nella piazza Rossa.
La risposta non rivela affatto, come qualcuno avrebbe voluto, un
supremo atto d'offesa nei confronti della scomparsa: furono invece i vecchi
genitori di Nadezda a chiedere che i suoi resti non fossero cremati ma
affidati alla terra, secondo l'antica usanza russa, nel piccolo cimitero dove
riposavano anche la prima moglie di Pietro il Grande, lo scrittore Anton
Cechov, i musicisti Rimskij-Korsakov e Scriabin.
Lazar Kaganovic pronunci poche parole a nome del partito, il professor
Kalashnikov parl a nome dei docenti e degli allievi dell'Accademia
industriale dove, quell'anno, Nadezda avrebbe dovuto diplomarsi. Poi
qualche palata di terra copr la bara nella quale giaceva Nadia Sergievna
Alliluieva Stalin figlia di un operaio rivoluzionario, compagna
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

splendidamente fedele al partito.


La stampa sovietica fu piuttosto avara di spazio con la povera Nadezda.
Dopo un laconico annuncio che ne comunicava l'improvvisa e immatura
scomparsa, venne pubblicata una commemorazione scritta dal poeta
Demian Bednij e un breve ringraziamento rivolto da Stalin a tutti coloro
che avevano voluto prendere parte al grande dolore per la scomparsa
della diletta amica e compagna.
Sulla tomba di Nadia venne successivamente eretta una stele sormontata
da un busto che la ritrae in atteggiamento pensoso con il mento appoggiato
alla mano. Le date di nascita e di morte ne ricordano la breve esistenza:
trent'anni meno due mesi.
Alcuni anni dopo, Svetlana Stalin scrisse in Soltanto un anno. La
versione secondo la quale sarebbe stato mio padre a uccidere mia madre
sembra a molti molto pi verosimile della verit (cio che lei si sia uccisa)
ed essi si ostinano a non credere la verit. Egli port mia madre al suicidio,
ve la condusse per il fatto di essere quello che era. E giunse il momento in
cui mia madre non resistette pi. Se avesse retto al momento della
massima tensione, forse avrebbe trovato in se stessa la forza di allontanarsi
da lui, come pi volte aveva minacciato di fare. In questo modo, egli fu
naturalmente il suo indiretto assassino. Uccideva sempre "indirettamente",
anche quando mandava a morte milioni di persone mediante i suoi
esecutori.

CAPITOLO XII
LA CRISI
Stalin certamente non aveva amato Nadezda Alliluieva, quantomeno non
l'aveva amata come Keke Svanidze, ma incontrovertibile che nelle
settimane seguite ai funerali della seconda moglie egli parve estremamente
provato, come testimoniano tutti coloro che lo videro alle due sole
apparizioni pubbliche di quel periodo: la riunione del comitato centrale al
quale rifer sui risultati del primo piano quinquennale e la
commemorazione della morte di Lenin.
Abbandon l'appartamento nel quale Nadia s'era tolta la vita e si trasfer
nel palazzo del Senato, in un'abitazione che confinava con la sala di
riunione del Politburo e quella del Consiglio dei commissari. Rinunci
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

anche alla dacia di Zubalovo e si fece costruire una villa tutt'altro che
sontuosa a Kuntsevo, pi vicino a Mosca, che divenne, nel tempo, la sua
residenza principale. La sua vita casalinga si svolgeva tutta in una sola
stanza: dormiva su un divano-letto accanto al quale c'era un tavolino
ingombro di apparecchi telefonici, un altro tavolo grande gli serviva come
piano d'appoggio per lavorare e per consumare i pasti.
Dei figli pi piccoli, Vassily e Svetlana s'occupava poco limitandosi a
cenare insieme con loro la sera.
Amareggiato per la morte della moglie che considerava forse un atto di
trasgressione nei propri confronti, consapevole dell'insuccesso del piano
quinquennale, Stalin propose al Politburo le dimissioni. Forse sono
diventato un ostacolo per l'unit del partito disse per giustificarsi in
questo caso, compagni, sono pronto a scomparire. I membri del Politburo,
tutti fedeli a Stalin dopo che gli elementi di destra erano stati epurati, lo
guardarono esitanti e imbarazzati. Nessuno di loro si sentiva in grado di
rispondere: Vattene, nessuno riusciva a trovare parole diverse, adeguate
al momento. Soltanto Molotov, insolitamente emozionato, riusc a
mormorare: Basta, basta. Avete la fiducia del partito. La crisi era in
questo modo superata, anche se, per qualche mese, Stalin si mostr cupo e
taciturno. Alla successiva seduta del comitato centrale egli parl con
ritrovata sicurezza, anche se non con la consueta grinta. Il partito
afferm ha spronato il paese accelerando la sua corsa in avanti. Eravamo
obbligati a spronare il paese. Esso era arretrato di cent'anni, minacciato da
pericoli mortali.
Alcuni giorni dopo, Stalin ammon contro la situazione che minacciava
le campagne, sia sul piano produttivo, sia sul piano politico. La
collettivizzazione infatti aveva legato i contadini in gruppi che potevano
appoggiare i soviet, ma allo stesso modo avrebbero potuto rappresentare
una forte opposizione organizzata; in questa prospettiva vennero istituite
sezioni rurali del partito destinate a un severo controllo dei contadini.
Un anno dopo, nel 1934, al diciassettesimo congresso del partito, Stalin
pot tracciare le linee della rivoluzione culturale in atto nel paese.
Centoundicimila tecnici agrari avevano svolto un proficuo lavoro nelle
campagne: due milioni di mugichi avevano imparato a servirsi dei trattori
e altri due milioni, tra uomini e donne, avevano appreso, attraverso
appositi corsi d'istruzione, le tecniche d'amministrazione delle aziende
agricole collettive. L'analfabetismo era stato ridotto ad appena il dieci per
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

cento della popolazione totale.


Si consolid in questo periodo una specie di religione del lavoro. Il
lavoro era stato trasformato, come scrive Isaac Deutscher da un peso
vergognoso e intollerabile in un motivo di gloria, di valore e di eroismo.
Certo espressioni che suonavano amara ironia agli ospiti dei campi di
lavoro. Ma il loro suono fu assai diverso per quei lavoratori pi fortunati,
ai quali l'industrializzazione aveva offerto una reale possibilit di
miglioramento sociale.
Il 31 agosto 1935 la religione del lavoro ebbe il proprio santo o in
un'accezione pi materialista, il proprio eroe: il minatore Aleksei Stakanov
il quale, in una sola giornata, da solo, riusc ad estrarre centodue tonnellate
di carbone, moltissime in pi di quanto prescriveva la norma fissata per
ciascun lavoratore. Stakanov entr nella leggenda del lavoro sovietico e
nel linguaggio internazionale per indicare il superlavoratore. Per gli
operai e i contadini sovietici, il compagno Aleksei Stakanov divenne
l'esempio al quale riferirsi in termini di emulazione, anche perch il
lavoro socialista veniva premiato non soltanto con medaglie, diplomi ed
altri riconoscimenti formali, ma anche con aumenti retributivi, dopo che,
nel 1931, era stato abolito il sistema del salario uguale per tutti, uno dei
capisaldi della rivoluzione bolscevica.
facile vedere quanto Stalin si fosse allontanato da quella che finora
era stata la principale corrente socialista e marxista scrive Isaac
Deutscher. Ci che il suo socialismo aveva in comune con la nuova
societ, immaginata dai socialisti di quasi tutte le sfumature, era la
propriet pubblica dei mezzi di produzione e la pianificazione. Ne
differiva invece per la degradazione alla quale sottoponeva alcuni settori
della comunit, sia per la riapparizione di stridenti diseguaglianze sociali
in mezzo alla miseria che la rivoluzione aveva ereditato dal passato. Ma la
differenza radicale tra lo stalinismo e il pensiero socialista tradizionale
stava nel diverso concetto della funzione che la forza doveva esercitare per
la trasformazione della societ... In Stalin il concetto della funzione della
forza politica, rispecchiato dalle sue azioni pi che dalle sue parole, risente
dell'atmosfera del totalitarismo del ventesimo secolo. Stalin avrebbe potuto
parafrasare cos il vecchio aforisma marxista: la forza non pi la
levatrice, la forza la madre della nuova societ.
Tra il 1934 e il 1935, Stalin ebbe modo di provare la propria forza
destreggiandosi con l'abilit di un funambolo sulla corda dell'ambiguit tra
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

provvedimenti liberalizzanti e improvvise restrizioni. Egli giocava con se


stesso e con i membri del partito sottoposti a continue provocazioni che ne
dovevano provare la coerenza e la fedelt. Un gioco perverso che
consentiva a Stalin di redigere un elenco di buoni e cattivi.
Il gioco ebbe termine, trasformandosi in un qualche cosa di terribilmente
serio, il 1 dicembre 1934, quando in una stanza dell'ex istituto Smolnij, a
Leningrado, un giovane di nome Nikolaev assassin Sergej Kirov,
membro del comitato centrale del Politburo.
Kirov era stato mandato a Leningrado, dopo che Zinoviev era caduto in
disgrazia, per dirigere l'epurazione degli zinovievisti. Era portato ad
aperture di tipo liberale e, tra i pi diretti collaboratori di Stalin, aveva
sostenuto l'opportunit di alleggerire il peso della dittatura. Kirov godeva
di una vasta popolarit e non aveva temuto di mettersi in polemica con
Voroscilov, commissario della Difesa, confiscando e facendo distribuire ai
lavoratori di Leningrado derrate alimentari destinate all'esercito. Chiamato
a giustificarsi davanti al Politburo, aveva dichiarato che se si pretendeva
che i lavoratori producessero era necessario dar loro da mangiare. Sul
problema del razionamento alimentare, Kirov aveva anche osato mostrare
il proprio dissenso anche a Stalin. Appena avuta notizia dell'assassinio di
Kirov Stalin era partito per Leningrado. Aveva anche preteso e ottenuto
d'interrogare personalmente il giovane omicida.
L'occasione sembrava fabbricata ad arte per incominciare un processo
d'eliminazione degli oppositori del regime. Secondo alcuni dissidenti,
Nikolaev era un provocatore, pi o meno consapevole, manovrato a bella
posta dal Cremlino, carnefice e vittima di un progetto del quale certamente
non era a conoscenza.
Nikolaev e i suoi complici vennero fucilati. Il processo ebbe luogo a
porte chiuse come impose un decreto emanato appositamente e che negava
ai terroristi il diritto di difesa e d'appello. In questo modo, Stalin evit,
nella specifica circostanza e per il futuro, che il banco degli imputati fosse,
come dice Isaac Deutscher una tribuna dalla quale si potessero esporre le
idee dell'opposizione e lanciare accuse al governo. Lo sventurato
Nikolaev s'era dichiarato zinovievista e tanto bast perch anche Zinoviev
e Kamenev si trovassero sul banco degli imputati accusati di aver ispirato
l'assassinio di Kirov. Anche per loro il processo fu celebrato a porte
chiuse.
Ovviamente, sia Zinoviev sia Kamenev rifiutarono categoricamente
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

l'accusa d'aver avuto rapporti di qualsiasi genere con l'omicida Nikolaev


del quale condannarono il gesto. Ammisero tuttavia che esso avrebbe
potuto essere ispirato, in qualche modo, dalle critiche che, in passato, essi
avevano formulato a Stalin. D'altra parte essi sostennero anche il principio
che il comportamento liberticida dello stesso Stalin poteva indurre i
comunisti pi giovani, i komsomoltsy, ad azioni sconsiderate. Insomma se
proprio si volevano trovare responsabilit remote esse dovevano essere
equamente ripartite. Il processo si concluse con la condanna di Zinoviev a
dieci anni di carcere e di Kamenev a cinque. L'apparente lievit delle
condanne era strumentale: a Stalin serviva dimostrare la colpevolezza dei
suoi due ex amici e alleati della troika, non riteneva, fino a quel momento,
di farne dei martiri utili all'opposizione.
Alternando le minacce pi dure alle blandizie e alla promessa di
prosciogliere Zinoviev e Kamenev dall'accusa di complicit nell'omicidio,
Stalin riusc ad ottenere da entrambi l'ammissione che, in quanto membri
dell'opposizione, essi avevano anche potuto ispirare la degenerazione di
quei criminali. Commenta Isaac Deutscher: I capi dell'opposizione
avevano fatto un altro scivolone lungo la china che portava ai grandi
processi di epurazione.
L'assassinio di Kirov fece balenare davanti agli occhi di Stalin uno
spettro assai pi temibile del dissenso, quello del terrorismo: ne vide
aggirarsi il fantasma persino nei suoi uffici e di conseguenza, sulla base di
semplici e non provati sospetti, nella primavera del 1935, quaranta uomini
della sua guardia del corpo vennero processati in segreto. Due finirono
davanti al plotone d'esecuzione, tutti gli altri vennero condannati a pene
durissime. Poi la caccia alle streghe si estese a tutte le organizzazioni del
partito e colp con particolare rigore Leningrado dove le epurazioni furono
affidate al giovane e risoluto Andrej Zdanov, nominato successore di
Kirov. Decine di migliaia di iscritti vennero deportati in Siberia, sia da
Leningrado, sia da altre citt, con generiche accuse di complicit
nell'omicidio di Kirov.
Il trattamento riservato ai prigionieri politici sub un mutamento
radicale scrive Isaac Deutscher. Fino ad allora non v'era stata una grande
differenza con il comportamento del regime zarista. I prigionieri politici
avevano goduto di certi privilegi, avevano potuto dedicarsi agli studi e
anche alla propaganda politica. I manifesti, gli opuscoli e i periodici
dell'opposizione non soltanto erano passati con una certa libert da una
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

prigione all'altra, ma qualche volta avevano anche raggiunto, di


contrabbando, l'estero. Come ex detenuto, Stalin sapeva perfettamente che
le carceri e i luoghi di deportazione erano le "universit" dei rivoluzionari.
Gli avvenimenti pi recenti gli suggerirono un maggiore rigore anche in
questo campo. D'ora in avanti si dovevano eliminare tutte le discussioni e
le attivit politiche nelle prigioni e nei luoghi di deportazione. Le
privazioni e i lavori forzati dovevano ridurre gli uomini dell'opposizione a
un'esistenza miserabile e animalesca che li rendesse incapaci di pensare e
di formulare le loro idee.
Il 6 febbraio 1935, Stalin pose un'altra pietra che consolidava l'edificio
del suo potere, il settimo congresso dei soviet approv la mozione di una
riforma costituzionale e nel novembre del 1936 l'ottavo congresso approv
la nuova costituzione. Il vero volto della dittatura era feroce, ma Stalin,
abile regista di se stesso, cerc di mostrare al suo popolo la maschera della
cordialit. I servizi fotografici e cinematografici della propaganda lo
mostravano sorridente in mezzo agli operai e ai contadini, tra giovani che
gli offrivano fiori o spighe di grano e con bambini in braccio. Cos come i
suoi colleghi, capi d'altri regimi totalitari, Mussolini e Hitler, gli piaceva
mostrarsi in atteggiamenti da buon padre dei suoi sudditi.
Nel 1936 anche l'esercito sub una trasformazione; non pi
prevalentemente milizia territoriale, ma forza permanente. All'ordinamento
esasperatamente democratico del periodo rivoluzionario si sostitu quello
gerarchico: Tuchacevskij, Voroscilov, Budiennij, Blcher e Jegorov
furono insigniti del grado di maresciallo.
Insomma, come solitamente accade, la reazione precedeva il
completamento della rivoluzione, i sogni di una societ utopisticamente,
ma autenticamente nuova morivano all'alba di un ritorno al totalitarismo.
L'agosto del 1936 segn l'inizio, o la ripresa, di un periodo nerissimo per la
Russia. Kamenev, Zinoviev e altri quattordici eminenti membri del partito,
tornarono davanti ai giudici per subire quello che passato alla storia delle
nefandezze come il processo dei sedici. Il dibattimento, una tragica farsa
dominata dal pubblico accusatore Andrej Viscinskij, si concluse con un
verdetto egualitario: la fucilazione.
Quei folli cani del capitalismo aveva dichiarato Viscinskij nella sua
requisitoria si sforzano di dilaniare pezzo per pezzo il meglio della nostra
patria sovietica. Uccisero colui che ci era pi caro tra i rivoluzionari,
l'ammirevole e delizioso Kirov, allegro e brillante, come allegro e brillante
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

era il suo sorriso, come allegra e brillante la nostra nuova vita. Lo


uccisero e ci colpirono diritto al cuore. Chiedo che questi cani impazziti
siano fucilati, tutti!.
Al fascino di un cos straordinario esempio di oratoria giudiziaria non
riusciva a sottrarsi neppure chi, nel rispetto formale della liturgia
dibattimentale, era incaricato della difesa. Il difensore dell'imputato
Grigori Piatakov aveva mirabilmente replicato: Compagni giudici, non vi
nasconder la posizione particolarmente difficile, anzi senza precedenti,
nella quale si viene a trovare la difesa in questo processo. Premetto,
compagni giudici, che anche l'avvocato della difesa figlio del nostro
paese; anche lui un cittadino dell'Unione Sovietica e non pu esimersi
dal condividere l'indignazione, la rabbia e l'orrore che prova tutto il nostro
popolo, sentimenti tanto efficacemente espressi dal compagno procuratore
generale. I fatti sono stati ampiamente provati e su questo la difesa non
intende certamente polemizzare con il procuratore generale. Cos come
non possibile contraddire il procuratore generale sugli aspetti morali e
politici del caso che proposto alla nostra attenzione. Le circostanze sono
chiare, la valutazione espressa dal procuratore generale incontrovertibile,
tanto che la difesa non pu che associarsi.
In questo clima per il quale superfluo spendere aggettivi, si tennero
tutti i grandi processi per i quali Stalin aveva predeterminato la sentenza e
la pena. Nel gennaio del 1937, il processo dei diciassette: vittime pi
illustri, Radek, Sokolnikov, Piatakov, Serebriakov.
Giugno 1937: processo contro Tuchacevskij e molti alti ufficiali
dell'Armata rossa.
Marzo 1938: processo dei ventuno che spazz via Rykov, Bucharin,
Rakovski, Jagoda, Krestinskij e altri personaggi minori.
Soltanto un imputato, il principale di tutti i procedimenti, il colpevole
per antonomasia, Leon Davidovic Bronstein, detto Trotskij, ebbe salva la
vita, ma con una serie di condanne a morte in contumacia.
Non uno dei padri della rivoluzione, compagni del Politburo voluto da
Lenin, rimase in vita.
Nel 1938, la tortura precedentemente dichiarata illegale, venne
ripristinata con l'eufemistica designazione di pressione fisica. La
testimonianza di Nikita Krusciov: Il comitato centrale spiega che
l'applicazione del metodo di pressione fisica nei procedimenti della polizia
politica ammissibile dal 1937 in poi, in conformit all'autorizzazione del
Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

comitato centrale stesso. Tutti i servizi di spionaggio borghesi adottano


sistemi di pressione fisica nei confronti dei rappresentanti del proletariato
socialista, metodi applicati nelle forme pi scandalose. Ci si chiede dunque
perch i servizi di spionaggio socialisti debbano adottare sistemi pi
umanitari nei confronti degli agenti della borghesia, contro i nemici
mortali della classe lavoratrice.
Perch tanto orrore? La domanda sorge legittima e angosciosa. Una
risposta plausibile la fornisce Isaac Deutscher.
La cronologia dei processi non si pu spiegare con considerazioni di
politica interna scrive il grande biografo di Stalin. Se una ragione ci
poteva essere a una tale diffusa violenza, essa deve essere ricercata nella
consapevolezza maturata da Stalin, che non si pu considerare un ottuso
dispensatore di morte, della minaccia che stava sull'Europa. Il georgiano,
scaltro e attento nel valutare i sintomi politici anche i pi irrilevanti, aveva
fiutato venti di guerra. Un grande conflitto non poteva e non doveva
cogliere la Russia travagliata da lacerazioni interne, il pericolo di un
capovolgimento, di un improvviso cambiamento di rotta, favorito
dall'impegno in una guerra globale, andava prevenuto ad ogni costo. Stalin
era stato protagonista di una rivoluzione che proprio l'impegno della
Russia zarista nella prima guerra mondiale aveva favorito e la sua
determinazione era che la storia non si ripetesse.
Stalin teneva d'occhio con malcelata preoccupazione quanto accadeva in
Germania, dove dal 1933, l'ex imbianchino austriaco Adolf Hitler,
divenuto cancelliere, aveva riarmato il paese e farneticava sul dominio
mondiale del regime nazista. Hitler poteva anche essere un pazzo, ma il
suo atteggiamento non era quello di un visionario, di un puro teorico. La
guerra civile spagnola, dalla quale Stalin aveva cercato di prendere le
distanze, nel 1936, era sembrata, giustamente, un allarmante banco di
prova.
Il 30 settembre 1938 a Monaco di Baviera, i primi ministri di Gran
Bretagna e Francia consegnavano di fatto la Cecoslovacchia nelle mani di
Hitler. Per Stalin era la conferma delle sue intuizioni e dei suoi sospetti,
tuttavia non ritenne opportuno prendere posizione nei confronti dei
tedeschi. Si trattava senza dubbio di nemici, ma, almeno fino a quel punto,
andavano affrontati con prudenza.

Ivan Lantos

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1985 - La Vita Di Stalin

CAPITOLO XIII
LA GUERRA E IL DOPOGUERRA
Adolf Hitler era determinato a invadere la Polonia, ma temeva che
Francia e Inghilterra potessero contrastare con le armi i suoi progetti
espansionistici, di conseguenza le manovre d'avvicinamento di Stalin non
lo trovavano indifferente. Un accordo con il dittatore sovietico l'avrebbe
certamente garantito a oriente; Stalin, da parte sua, era convinto che
l'atteggiamento cauto, quasi accomodante delle potenze occidentali nei
confronti di Hitler non dipendesse tanto da debolezza, quanto piuttosto da
una diabolica strategia: erano tutti d'accordo, egli pensava, per deviare da
occidente il ciclone nazista dirigendolo sulle steppe russe.
Incominci cos un balletto diplomatico, una specie di gioco dei quattro
cantoni, tra Mosca, Londra, Parigi e Berlino.
Alla fine, tenuto conto delle incertezze e delle riserve morali d'inglesi e
francesi, il gioco venne condotto da Molotov, sostituito al commissariato
degli Affari esteri a Litvinov, ebreo del quale Stalin non si fidava del tutto
e dal conte von Schulenburg, ambasciatore del terzo Reich a Mosca.
Il diplomatico tedesco, alla fine del luglio 1939, invi al suo governo
una nota telegrafica nella quale scriveva: La mia impressione generale
che il governo sovietico si attualmente deciso a firmare un accordo con
l'Inghilterra e con la Francia, a patto che esse accolgano tutti i desiderata
dei sovietici.
Qualche giorno dopo per la situazione era di fatto cambiata: Hitler
intendeva dare contenuti reali all'amicizia con Stalin. Il 3 agosto
l'ambasciatore von Schulenburg consegn a Molotov un messaggio del suo
collega tedesco il ministro Ribbentrop che prometteva rispetto per gli
interessi sovietici in Polonia e negli Stati baltici.
Stalin scrive Isaac Deutscher prese allora la sua decisione. Tutto
sommato il suo scopo immediato era restare fuori della guerra.
Il 23 agosto 1939, Stalin e il ministro degli Esteri nazista Joachim von
Ribbentrop firmarono, a Mosca, un patto di non aggressione e di neutralit
nel caso che uno dei due paesi si fosse trovato coinvolto in una guerra.
Il patto nazi-sovietico aveva spiazzato i partiti comunisti dell'Europa
occidentale aderenti al Comintern: Maurice Thorez, il segretario generale
dei comunisti francesi, aveva espresso con estrema chiarezza quale sarebbe
stato l'atteggiamento del suo partito nel caso di azioni aggressive da parte
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di Hitler. Se Hitler scatener la guerra aveva scritto Thorez bene


sappia che il popolo di Francia, con i comunisti in prima fila, gli
sbarreranno il cammino, per difendere la sicurezza del paese, la libert e
l'indipendenza dei popoli. Per questa ragione il partito comunista francese
approva le misure adottate dal governo per tutelare le nostre frontiere e
offrire, se ce ne fosse bisogno, l'aiuto alla nazione che potrebbe essere
aggredita e alla quale siamo legati da un trattato d'alleanza. Thorez
alludeva proprio alla Polonia. Ma, come in altre circostanze, a Stalin poco
interessavano il parere e le deliberazioni dei partiti comunisti fratelli,
quando l'opportunit lo suggeriva essi diventavano fratellastri o peggio.
Il patto sottoscritto tra l'Unione Sovietica e la Germania comprendeva un
protocollo addizionale segreto nel quale erano contenute le rivendicazioni
espansionistiche e le sfere d'influenza dei firmatari.
Hitler si ritenne autorizzato ad effettuare i blitz che gli consentirono
d'occupare non soltanto la Polonia, ma anche il Belgio, i Paesi Bassi e la
Francia.
L'unico nemico della Germania che resisteva grazie a una strenua
difesa combattuta nei cieli era l'Inghilterra.
Hitler, maestro d'inganni e d'ambiguit quanto e pi di Stalin,
incominci a interferire nelle zone baltiche (d'influenza sovietica secondo i
patti) trovando pretestuose giustificazioni di tipo antibritannico. L'attrito
tra gli alleati si limit inizialmente allo scambio di note diplomatiche, ma
intanto Hitler ammassava 150 divisioni sui confini orientali, si trattava
della fase preparatoria del piano Barbarossa, cio l'invasione dell'Unione
Sovietica.
D'altra parte Hitler non aveva di Stalin una grande opinione. Stalin
una delle figure pi straordinarie nella storia del mondo sosteneva il
dittatore tedesco. Ha incominciato come un piccolo impiegato e non ha
mai cessato d'essere un mezzemaniche. Governa dal suo ufficio con gli
strumenti di una burocrazia che gli obbedisce ciecamente. Si atteggia
anche ad araldo della rivoluzione bolscevica, ma in pratica si identifica con
la Russia degli zar, poich ha soltanto resuscitato le tradizioni del
panslavismo. Il bolscevismo, per Stalin, non che uno strumento, un
trucco escogitato contro i tedeschi e i popoli latini. Stalin mezzo bestia e
mezzo gigante. Gli aspetti sociali dell'esistenza non gli interessano affatto;
per quello che gl'importa il popolo pu anche andare in malora.
E se Hitler si faceva i fatti suoi, alla faccia dell'alleato sovietico, Stalin
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non gli era da meno: il 13 aprile stipul un patto di non aggressione con il
governo nipponico in modo tale da garantirsi dall'eventuale pericolo di un
fronte estremo orientale.
Il 22 giugno 1941, le truppe di Hitler sfondarono il confine sovietico:
Stalin non aveva voluto credere ai segnali d'allarme che Richard Sorge, un
giornalista tedesco in missione a Tokio, da diciassette anni agente dello
spionaggio sovietico, gli aveva inviato. Secondo Stalin, poche settimane
prima dell'invasione tedesca, il povero Sorge era un visionario, e le notizie
che egli con scrupolo inviava a Mosca erano da ritenersi false, insensate e
provocatorie.
I fatti per davano ragione a Sorge e a tutti coloro, come gli agenti del
servizio segreto inglese, che avevano quantomeno tentato di mettere in
stato di allerta Stalin.
Il 3 luglio 1941, egli cerc di fornire giustificazioni al popolo russo. In
un discorso radiofonico disse: Compagni, probabile che vi stiate
chiedendo come il governo sovietico abbia potuto concludere un patto di
non aggressione con gente cos perfida, con autentici mostri come Hitler e
Ribbentrop. Certamente un dubbio vi tormenta: stato un errore?
Naturalmente non si trattato di uno sbaglio. Abbiamo assicurato un anno
di pace al nostro popolo e quest'anno ci ha consentito di apprestare le forze
per difenderci nel caso la Germania nazifascista avesse osato aggredirci
nonostante il patto. Questo ha senza dubbio rappresentato un vantaggio per
noi.
L'avanzata delle truppe tedesche sul territorio russo fu rapida: settecento
chilometri in meno d'un mese: sembrava ripetersi la situazione che s'era
verificata centotrent'anni prima quando Napoleone aveva tentato di
conquistare e sottomettere le estreme propaggini orientali d'Europa. Stalin
seppe rileggere e rendere nuovamente attuali quelle pagine di storia: cos
come nel 1812, il popolo russo avrebbe trovato il modo di difendersi
vittoriosamente dall'invasore.
Della resistenza Stalin divenne il simbolo e il supremo condottiero
concentrando nelle proprie mani tutto il potere decisionale. Scrive Isaac
Deutscher: ... faceva tutto da s... Dal suo tavolo, in costante contatto con
i comandi dei diversi fronti, Stalin seguiva e dirigeva le operazioni... Dopo
una giornata tempestosa, tutta trascorsa tra rapporti militari, decisioni
operative, istruzioni economiche e sondaggi diplomatici, all'alba si curvava
sugli ultimi dispacci dal fronte o su qualche rapporto confidenziale sul
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morale della popolazione. Cos continu Stalin giorno per giorno, per tutti
i quattro anni della guerra: un prodigio di pazienza, di fortezza e di
vigilanza, quasi onnipresente, quasi onnisciente.
Nel novembre del 1941, i tedeschi erano a una trentina di chilometri da
Mosca; Hitler aveva ordinato di distruggere il Cremlino, ma nella fortezza
assediata era rimasto soltanto Stalin. Aspettava l'arrivo del tradizionale
alleato dei russi in tutte le guerre, quel generale inverno contro il quale
ben poco avrebbero potuto le centonovanta divisioni germaniche, i loro
oltre tremila carri armati e altrettanti aerei. Il prezioso alleato arriv e la
sua offensiva fu dura: l'8 dicembre le condizioni meteorologiche erano tali
da costringere Hitler a ordinare la sospensione delle operazioni. Non si
sarebbe mai aspettato che il suo avversario avrebbe contrattaccato.
Dopo una battaglia durissima le armate tedesche furono costrette a
ripiegare. A Stalin non riusc di annientare il nemico, ma Mosca era salva
e i nuovi alleati, Winston Churchill e Franklin Delano Roosevelt, furono
costretti a prendere atto dei meriti di Stalin, dovettero riconoscerne
l'abilit, ammettere che era stato l'artefice della prima seria sconfitta dei
tedeschi in quella guerra, garantirgli il loro appoggio.
Poco meno di un anno dopo, il 19 novembre 1942, Stalin scaten quella
che si deve considerare la controffensiva chiave, decisiva, per gli esiti
della seconda guerra mondiale: Stalingrado, parola che evoca terrori
apocalittici, ma anche esaltanti immagini di vittoria.
Il 6 dicembre, Stalin scriveva a Churchill: Sia a Stalingrado, sia sul
fronte centrale, i combattimenti si sviluppano. A Stalingrado abbiamo
accerchiato un forte gruppo di truppe tedesche e speriamo di condurre a
termine l'accerchiamento.
La pi grande battaglia di tutta la seconda guerra mondiale si concluse il
2 febbraio 1943, per Hitler era l'inizio della fine. Il contrattacco di Stalin
da oriente verso occidente si concluse soltanto nel maggio del 1945, a
Berlino. Vittoriosamente.
Il 6 febbraio 1943, ancora Stalin a Churchill: Vogliate gradire i sensi
della mia gratitudine per le amichevoli espressioni di congratulazione per
la resa di von Paulus e della vittoriosa conclusione dell'annientamento dei
tedeschi accerchiati a Stalingrado.
I costi della vittoria furono, per l'Unione Sovietica, altissimi sia in
termini economici, sia in sacrifici umani: i caduti sui fronti della guerra, i
deportati nei campi di sterminio tedeschi, i civili. Anche Stalin pag il suo
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personale tributo all'angelo sterminatore. Jasha, il figlio che gli aveva dato
la prima moglie, Keke Svanidze, perse la vita in un lager nazista, Vassily,
avuto da Nadezda Alliluieva, cadde nella spirale dell'alcolismo.
Il fatto che durante la guerra Jasha fosse caduto prigioniero, per suo
padre era soltanto una vergogna agli occhi del mondo scrive nelle sue
memorie Svetlana Alliluieva Stalin. In Unione Sovietica questo fatto
venne taciuto. Quando un giornalista straniero pose a mio padre una
domanda precisa a questo proposito, egli rispose che non c'erano
prigionieri russi nei lager tedeschi, ma soltanto traditori russi. "Di loro ci
occuperemo non appena sar finita la guerra". Quanto a Jasha, rispose:
"Non ho nessun figlio con questo nome". Jasha fu estremamente colpito e
abbattuto da questa notizia che venne riferita in una trasmissione radio per
prigionieri. Secondo molti testimoni, in prigionia s'era comportato come
spettava a un ufficiale, difendendo le buone ragioni del suo paese. Ma quel
giorno cerc la morte e mor gettandosi sul filo spinato percorso
dall'elettricit.
Certamente il destino di Vassily Josipovich Giugashvili, figlio minore di
Stalin, avrebbe potuto essere diverso da quello del suo sfortunato
fratellastro. Vassily, all'inizio della guerra, incominci una folgorante
carriera d'ufficiale d'aviazione: da membro dello Stato maggiore a
comandante di corpo d'armata aerea. A trent'anni era generale, ma era
anche giunto per misteriosi percorsi, forse l'eccessivo peso delle
responsabilit, forse l'ereditariet del nonno paterno, all'estremo
dell'alcolismo. Stalin stesso fu costretto a destituirlo.
Se con Lenin la Russia aveva avuto il suo semidio, ora con Stalin
aveva trovato il suo eroe circonfuso d'una aureola di gloria. Ma Stalin, al
quale peraltro il ruolo non dispiaceva, era anche un uomo estremamente
pratico per farsi irretire e immobilizzare dal ruolo.
Gi nel corso della guerra, trattando con i suoi alleati inglesi e americani
a Teheran i futuri assetti dell'Europa, aveva gettato i semi di una nuova
guerra, questa volta non cruenta e combattuta a distanza dai palazzi: un
conflitto che avrebbe, talvolta drammaticamente, opposto il blocco dei
paesi socialisti a quello dei paesi capitalisti. Nel febbraio del 1945, a Yalta,
la svendita del mondo tra i grandi compratori Stalin, Churchill e
Roosevelt, si svolse in un clima di apparente armonia, il nodo della guerra
legava ancora i tre personaggi a comuni interessi.
Dal 1945 al 1948 Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania e
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Bulgaria vennero trasformate, senza cercare il consenso della popolazione,


in repubbliche comuniste. A sorvegliare che la trasformazione avvenisse
senza traumi c'erano i soldati dell'Armata rossa.
Negli anni successivi si riaffaccia lo spettro della guerra, quella fredda
minaccia di degenerare: nel marzo del 1948 c' il blocco di Berlino, con il
quale Stalin aveva tentato di impedire agli occidentali l'accesso alla
capitale tedesca.
Nel 1950 la guerra di Corea iniziava l'era dei conflitti a distanza, fuori
del territorio nazionale russo o degli americani, delegata a paesi
appartenenti all'una o all'altra area d'influenza.
Nel 1950 l'Unione Sovietica diventa potenza nucleare facendo esplodere
la prima atomica marchiata con il simbolo della falce e del martello.
E subito dopo si rimette in movimento la spirale del terrore interno: le
epurazioni colpiscono i dissidenti avviati di nuovo verso i plotoni
d'esecuzione o verso la morte lenta nei gulag. Nel gennaio del 1953 il
turno di nove medici del Cremlino, eminenti clinici, quasi tutti ebrei:
l'accusa di connivenza con l'imperialismo americano e sionismo. Come
agenti nemici sarebbero stati responsabili della morte di due capi del
partito, Zdanov e Serbiakov.
In Unione Sovietica non c' nessuno, uomo di partito, intellettuale,
scienziato o semplice operaio che non sia attanagliato dalla paura.

CAPITOLO XIV
MORTE PER EMORRAGIA?
Il 5 marzo 1953 l'agenzia ufficiale della stampa sovietica, la Tass,
annuncia al mondo intero che Stalin morto.
Lo ha stroncato, secondo i referti medici, un'emorragia cerebrale che lo
aveva colpito sei giorni prima. Alle nove e trenta del mattino il decesso.
Stalin aveva settantatr anni. Intorno al cadavere del dittatore si scaten la
ridda delle pi disparate ipotesi. Qualcuno insinuava con insistenza che
fosse stato ucciso dai suoi stessi collaboratori.
Finiva un uomo, incominciava un mito. Nel bene e nel male.
A Stalin, alla testa dell'immenso impero russo, successe Malenkov,
primo proconsole. Ma il potere gli rest nelle mani per poco.
A Malenkov successe Krusciov. Tra il 14 e il 15 febbraio, al ventesimo
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congresso del partito, Krusciov lesse il suo famoso rapporto. Era il


tramonto del mito.
Ora Stalin, indubbiamente un grande, nel bene e nel male, appartiene
soltanto alla storia. Ma molte verit sono ancora da rivelare.
FINE

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