Académique Documents
Professionnel Documents
Culture Documents
La Vita Di Stalin
Il dittatore che domin per mezzo secolo la storia dell'U.R.S.S.
1985
PREFAZIONE
L'uomo al centro della storia. Questo il principio al quale mi sono
ispirato quando, alcuni anni fa, ho intrapreso la strada della divulgazione
storica attraverso le biografie.
L'uomo protagonista della storia. Lo ciascun essere umano, ma
incontrovertibile che vi sono personaggi che occupano posizioni di
privilegio, nel bene o nel male. I grandi sono veramente pochi Stalin
uno di essi.
Si pu dire con certezza scrive Isaac Deutscher, uno dei pi
autorevoli biografi del grande e discusso statista sovietico che Stalin
appartenne alla famiglia dei grandi despoti rivoluzionari la stessa di
Cromwell, Robespierre e Napoleone. Come Cromwell, Robespierre e
Napoleone egli ha cominciato come servitore di un popolo in rivolta e se
n' reso poi padrone.
Stalin perseguitato, Stalin idolatrato, Stalin odiato a morte, Stalin
efferato, Stalin marito e vedovo, Stalin padre, i volti dell'uomo sono tanti,
alcuni in piena luce, altri avvolti nell'ombra, ma tutti tali da suscitare una
grande curiosit, il desiderio di fissare tutti questi volti in altrettante
fotografie da consegnare alla storia, quindi agli altri uomini che ne sono
protagonisti.
Anche nelle pagine che seguono c' una raccolta di queste fotografie,
scattate cercando di allontanare quanto pi possibile emozioni e passioni
che un personaggio di tale portata inevitabilmente suscita Intendiamoci,
nessuna pretesa o presunzione d'impossibile obiettivit, ma senza lusinghe
e senza livori.
Il 5 marzo 1953, giorno nel quale Stalin mor, mi trovavo sul portone di
casa, nel quartiere operaio di Genova Sampierdarena. A pochi passi da
me un anziano operaio cincischiava tra le mani una copia dell'Unit
listata a lutto, piangeva e tra i singhiozzi diceva: sono rimasto orfano un
'altra volta.
Ivan Lantos
CAPITOLO I
IL FIGLIO DEL CIABATTINO
Da qualche ora aveva smesso di nevicare. Il vento gelido di nord-est
aveva spazzolato il cielo, trasformando in una crosta di ghiaccio la neve
nei campi e sulle strade. Era il primo giorno d'inverno, il 21 dicembre
1879. Il giorno pi corto dell'anno. La notte era scesa presto sulla cittadina
di Gori, in Georgia, tra le montagne del Caucaso.
Ekaterina, moglie ventenne del calzolaio Vissarion Ivanovic
Giugashvili, si era coricata non appena le prime ombre della precoce sera
invernale s'erano allungate nell'unica stanza della sua poverissima casa.
Aveva fatto appena in tempo a mettere l'unico lenzuolo della sua dote
sopra al pagliericcio del letto e, contrariamente al solito, aveva lasciato
acceso il lume. Solitamente lo spegneva prima di infilarsi sotto la spessa
trapunta; soldi in casa per l'olio non ce n'erano davvero. Ma quella era una
sera del tutto particolare. Ekaterina, forte dell'esperienza dei tre precedenti
parti, sentiva che stava per venire al mondo il quarto dei suoi figli. Sperava
soltanto che questo riuscisse a sopravvivere: i primi tre erano morti poco
dopo la nascita.
S'era spogliata tenendo indosso soltanto la sottoveste e, sotto la coperta,
rabbrividiva nell'attesa che arrivasse la babuska che l'avrebbe assistita
durante il parto. Faceva freddo, molto freddo, nella stanza. Nella piccola
stufa finiva di bruciare la poca legna che il calzolaio Vissarion Ivanovic
Giugashvili era riuscito a comperare, avendo cura di tenersi qualche
Ivan Lantos
moglie.
Andarono ad abitare in una casa da poveri, poco pi che una
catapecchia, alla periferia di Gori e l'affitto di un rublo e mezzo sembrava
loro un capitale. E, forse, non si pu dire neppure che si trattasse della
capanna per i classici due cuori. Il matrimonio tra due esseri poveri e
ignoranti si esauriva in una specie di rapporto di mutuo soccorso e il
sentimento, seppure ci fosse stato, restava comunque inespresso per la
mancanza di un linguaggio idoneo a comunicarlo, soffocato dalle mille
preoccupazioni e angosce del quotidiano. Quanto all'alcova, se cos
possiamo definire il misero pagliericcio dei coniugi Giugashvili, si
riduceva a teatro di frettolosi abbracci mortificati dalla brutalit di
Vissarion, al quale il vizio del bere eccitava i sensi quanto obnubilava la
mente, e dai pudori ancestrali e dall'inesperienza della giovanissima sposa.
Ma accadeva talvolta che Vissarion Ivanovic tornasse dall'osteria cos
ubriaco da cadere sul letto come un sacco capace soltanto di emettere sibili
e brontoli. In questi casi, Ekaterina faceva un rapido segno di croce e
ringraziava il Signore perch le venivano risparmiate le pesanti attenzioni
del suo sposo.
Il frutto degli amori tra il calzolaio Vissarion Ivanovic e sua moglie
Ekaterina, erano stati, tra il 1875 e il 1878, tre figli concepiti pi per i
capricci del caso che per una manifesta volont, venuti al mondo e morti in
un breve volgere di tempo, senza troppi rimpianti da parte dei genitori.
Bastava guardare la casa per capire che davvero una prole numerosa non
poteva essere davvero considerata una benedizione di Dio.
Isaac Deutscher, uno dei pi autorevoli biografi di Stalin, cos descrive
la casupola dove nacque il futuro zar rosso: L'abitazione era costituita
da una cucina e da una sola stanza di superficie non superiore ai cinque
metri quadrati e scarsamente illuminata dalla luce che entrava attraverso
un'unica finestrella. La porta dava direttamente su un cortile sudicio dal
quale, nei giorni di pioggia, l'acqua e il fango potevano entrare liberamente
nell'abitazione, poich il pavimento era allo stesso livello del cortile, senza
scalini interni. Il pavimento era di mattoni nudi, e tutta la mobilia di casa
consisteva in un tavolino, una sedia, un divano e un rozzo letto di legno
coperto da un pagliericcio.
La botteguccia da ciabattino di Vissarion Ivanovic non era meno
squallida: una panchetta sgangherata, un minuscolo deschetto, pochi
attrezzi ne erano l'intero arredamento. Oggi, sia la casa, sia il negozio sono
Ivan Lantos
patate bollite, pomidoro, riso e frutta. Soso era cresciuto bene, sano e
robusto; gran nuotatore, il suo svago preferito era quello di misurarsi con
le acque fredde e le forti correnti dei fiumi di casa, il Kura e il Liakhva.
Alto non lo divenne mai, la sua statura si ferm a un metro e
sessantacinque, ma era forte e agile. Aveva grandi occhi neri nei quali
brillava una luce che, secondo il biografo Iremashvili, incuteva in chi lo
guardava paura e sfiducia.
A scuola, Soso era uno degli alunni migliori. Dotato di un'intelligenza
pronta e di una memoria prodigiosa imparava senza fatica. Ma non era
tutto: fino dai primi giorni aveva maturato la consapevolezza di essere, tra
i suoi compagni, un diverso, un diseredato. Gli altri allievi della scuola
ecclesiastica erano tutti figli di commercianti e artigiani agiati che non
perdevano occasione per far sentire a Josif che lui era soltanto il figlio
d'una misera lavandaia. Proprio in quell'oscura scuola di Gori scrive
Isaac Deutscher il futuro Stalin assapor per la prima volta le differenze e
l'odio di classe. Svilupp e accrebbe cos il patrimonio di volont,
ostinazione e ambizione che la natura gli aveva dato. L'orfano del
ciabattino super ben presto i suoi compagni sia nel profitto scolastico, sia
nei giochi di abilit e coraggio. E se il disprezzo per le sue umili
condizioni non spar, esso venne mascherato da un'insopprimibile
ammirazione: era nato un leader. Emilian Jaroslavskij, gi amico di
Stalin e storico del partito bolscevico, scrisse: Era primo negli studi e nei
giochi, era quello che dirigeva tutti gli svaghi, un buon amico e il
beniamino dei compagni di scuola. Altri per sostengono che Josif
imponeva la sua supremazia a suon di pugni, che era intollerante con chi la
pensava diversamente da lui, che si divertiva a spaventare e ad angariare i
pi deboli.
Se nel confronto con gli altri allievi della scuola Soso aveva preso
coscienza delle differenze che tra gli esseri umani crea il denaro e la
posizione sociale, nel suo quotidiano misurarsi con le materie
d'insegnamento ebbe la sensazione delle differenze etniche che
determinavano i problemi delle minoranze razziali.
I suoi genitori, Vissarion Ivanovic e Ekaterina, non conoscevano per
niente la lingua russa, in casa parlavano il georgiano e, in georgiano, Soso
aveva imparato ad esprimersi. A scuola invece la lingua ufficiale era il
russo e al georgiano erano destinate pochissime ore di lezioni settimanali.
Soso impar il russo facilmente e molto bene, ma fuori della scuola, con
Ivan Lantos
10
gli amici e con la madre continu a parlare georgiano; altri suoi compagni
avevano come madre lingua l'armeno o il turco: nella scuola era vietato
qualsiasi idioma che non fosse il russo. Lo scontro tra la dura opera di
russificazione messa in atto dalle pubbliche istituzioni e spirito
nazionalistico che, albergava nell'animo di ogni georgiano non potevano
non trasformarsi anche in Josif in spirito di ribellione.
Persino i ragazzi partecipavano a scioperi scolastici o ad altre
manifestazioni in difesa della madrelingua scrive Isaac Deutscher. Dopo
il 1870 i disordini furono frequenti nelle scuole della Georgia; gli
insegnanti russi venivano aggrediti e percossi mentre gli allievi
appiccavano il fuoco alle scuole. Negli anni in cui Giugashvili frequent la
scuola di Gori non avvennero incidenti del genere, ma il risentimento
doveva essere ancora molto forte.
La tradizione georgiana era ricca di storie che narravano di eroici
briganti: nobili caucasici che combattevano contro gli stranieri, mongoli,
turchi o russi; valorosi figli del popolo che animati dall'odio per i ricchi e
dalla piet per i poveri organizzavano bande per la difesa dei diritti dei pi
deboli. Nell'un caso e nell'altro i banditi avevano i loro inaccessibili
rifugi tra le montagne e scendevano sulle strade per operare le loro
scorrerie. E qualcuno di questi leggendari personaggi sopravviveva ancora
ai tempi di Josif Vissarionovic mescolandosi, nelle storie che si
raccontavano nelle osterie o nelle notti d'inverno davanti ai camini delle
case, ai mitici eroi nazionali.
C' chi sostiene che, clandestinamente, il giovanissimo Soso esercitasse
fin dagli anni della scuola ecclesiastica di Gori la sovversione
nazionalistica tra i suoi compagni. Nei verbali della scuola non c' traccia
di un comportamento del genere il quale certamente non sarebbe sfuggito
agli attentissimi insegnanti. Pare invece che Soso partecipasse con grande
fervore alle cerimonie religiose durante le quali si pregava per la salute
dello zar e della sua augusta famiglia. Se un certo fermento nazionalistico
doveva provarlo, certamente non lo manifestava in maniera palese e ancor
meno violenta.
I biografi, o meglio, gli agiografi cercarono con ogni mezzo di
accreditare l'immagine di uno Josif Vissarionovic Giugashvili che, fin
dall'adolescenza avesse in s le stigmate dello Stalin. Il gi citato Emil
Jaroslavkij, per esempio, sosteneva che a tredici anni, Soso, aveva gi letto
Darwin e Marx, aveva ripudiato la fede dei padri e s'intratteneva quanto
Ivan Lantos
11
pi gli era possibile non soltanto con gli studenti, ma con operai e
contadini per spiegare loro le ingiustizie di classe. lecito dubitare di
queste affermazioni, anche se, condividendo l'opinione di Isaac Deutscher,
possiamo credere che una sommaria infarinatura di darwinismo Soso
potesse essersela fatta leggendo qualche opuscolo o manuale di
divulgazione scientifica. Molto pi improbabile la sua iniziazione
precoce al marxismo, dottrina assai poco diffusa, all'epoca, non soltanto
nella capitale della Georgia, Tiflis, per non dire nella modesta cittadina di
Gori.
Alla fine dell'estate del 1894, Josif Vissarionovic Giugashvili sostenne
gli esami finali nella scuola ecclesiastica di Gori classificandosi primo
assoluto e ottenendo uno speciale attestato di merito.
Poche settimane dopo, accompagnato da mamma Keke, si recava a Tiflis
per l'esame d'ammissione al seminario teologico di Tiflis. persino
superfluo dire che super brillantemente tutte le prove.
Il sogno di Ekaterina Giugashvili sembrava realizzarsi.
CAPITOLO II
DESTINATO AL SACERDOZIO
Cos, nell'autunno del 1894, Josif Vissarionovic Giugashvili venne
iscritto nel registro degli allievi del seminario teologico di Tiflis.
Certamente nel percorrere le settanta verste che separavano la natia Gori
dalla capitale della Georgia il suo pensiero era andato all'analogo viaggio
che suo padre aveva compiuto, senza successo, alcuni anni prima, da Didi
Lilo a Gori: l'itinerario della speranza verso il riscatto sociale, rivelatosi
poi una crudele chimera. Ma lui, Josif Vissarionovic, era determinato a
riuscire dove suo padre aveva fallito. Non accadeva tutti i giorni che il
figlio di una povera lavandaia, discendente di servi della gleba, varcasse la
soglia del prestigioso seminario.
Quello che immediatamente dopo la buona riuscita degli esami
d'ammissione era sembrato un ostacolo insormontabile, il reperimento dei
fondi per pagare la retta, s'era risolto al meglio: grazie ai buoni uffici del
direttore della scuola di Gori e del prete gli venne assegnata una borsa di
studio per le tasse, l'alloggio, i libri e i vestiti.
Tiflis apparve al giovanissimo seminarista come un mondo immenso e
Ivan Lantos
12
13
14
15
16
17
18
19
20
CAPITOLO III
ESORDIO RIVOLUZIONARIO
Sono diventato marxista grazie, per cos dire, alla mia condizione
sociale. Mio padre era infatti operaio in un calzaturificio e operaia era mia
madre. Ma anche perch sentivo le prime avvisaglie minacciose della
rivolta nell'ambiente che mi circondava, al livello sociale dei miei genitori,
infine a causa dell'intolleranza rigorosa e della disciplina gesuitica che
imperversavano nel seminario ortodosso in cui trascorsi alcuni anni.
Cos, alcuni lustri pi tardi, Stalin giustific la sua metamorfosi da prete
mancato a socialista militante.
Io sono stato e sono ancora un discepolo degli operai pionieri delle
officine ferroviarie di Tiflis diceva ancora. Ricordo l'anno 1898, quando,
per la prima volta, i lavoratori delle officine ferroviarie mi affidarono la
direzione di un circolo. Mi ricordo bene come, nelle stanze del compagno
Sturua, alla presenza di Gibladze, che fu allora uno dei miei maestri, di
Ninua e di altri operai progressisti di Tiflis, imparai il lavoro pratico.
Una piccola andata della rivoluzione industriale aveva investito anche
Tiflis. Vladimir Ilic Uljanov, l'allora poco conosciuto Lenin, non ancora
trentenne, aveva cos descritto le condizioni socio-economiche della
regione caucasica: Il paese, scarsamente popolato negli anni posteriori
alla riforma, abitato da montanari, ignari degli sviluppi dell'economia
mondiale, ignari perfino della storia, andava trasformandosi in un paese di
Ivan Lantos
21
22
nell'organizzazione.
Torn a Tiflis con l'assillo di trovare un posto di lavoro che gli
consentisse di percepire uno stipendio seppure modesto. Non era
un'impresa facile, anche perch Josif Vissarionovic non aveva alcuna
intenzione di rassegnarsi a fare l'operaio.
Grazie all'aiuto dei compagni trov ospitalit in casa d'un ferroviere
membro dell'organizzazione e la maniera di guadagnare qualche rublo
impartendo lezioni private a figli di borghesi agiati. Tra i suoi allievi ci fu
certamente Semion Ter Petrosian, armeno originario di Gori, al quale non
fece soltanto ripetizione delle materie scolastiche. Lo inizi anche alla
dottrina marxista e con successo: Semion Ter Petrosian, qualche anno
dopo, divenne uno dei pi audaci rivoluzionari terroristi della Georgia con
il nome di battaglia di Kamo.
Alla fine del 1899, presso l'Osservatorio geofisico di Tiflis si rese
vacante un modesto posto d'impiegato. Josif Vissarionovic Giugashvili, su
segnalazione e consiglio di Lado Ketskhoveli il fratello minore del quale,
Vano, lavorava gi all'osservatorio, present domanda d'assunzione. La
domanda venne accolta. L'impiego, s' detto, era di poco conto e lo
stipendio irrisorio, ma il posto offriva alcuni vantaggi non irrilevanti: il
lavoro non era impegnativo, Josif aveva una stanza tutta per s' e la
sorveglianza in pratica non esisteva. Dopo l'atmosfera da convento e da
penitenziario della scuola teologica, Josif Vissarionovic poteva finalmente
assaporare il piacere dell'indipendenza e dell'isolamento; nella sua stanza
poteva tenere qualche riunione e, come afferma Isaac Deutscher, sperare
che lo schermo rispettabile dell'osservatorio l'avrebbe protetto, almeno per
un po' di tempo, dagli occhi della polizia, la famigerata Okrana.
La polizia segreta esisteva, in Russia, fino dai tempi di Ivan il Terribile,
nel XVI secolo, ma soltanto nel 1881, dopo l'assassinio dello zar
Alessandro II, ucciso da terroristi politici, venne istituito il servizio di
sicurezza che prese il nome di Okrana, sinonimo di oscure delazioni, di
interrogatori e sevizie, di repressione spietata, di esecuzioni sommarie e di
deportazioni.
L'Okrana agiva alle dirette dipendenze del ministero degli interni di
Mosca e all'organizzazione poliziesca facevano capo tutti i servizi di
informazione, spionaggio e controspionaggio su tutto il territorio
dell'impero zarista che comprendeva, allora, anche la Finlandia e la
Polonia.
Ivan Lantos
23
24
25
radunarono insieme con i capi del movimento sulle rive del lago Salato,
alla periferia di Tiflis, cio in una localit di scarso interesse per la polizia.
C'era anche la coreografia (poi divenuta consueta) delle bandiere rosse e
dei grandi cartelli portati a mano sui quali campeggiavano i ritratti (in
quell'occasione eseguiti a mano in maniera naive) di Marx e Engels.
Quella modesta riunione commenta Isaac Deutscher assomigli
piuttosto a una processione religiosa, in cui il posto delle icone ortodosse
fosse stato preso dalle effigi dei padri del comunismo.
Ma qual era la condizione del movimento marxista in Russia in
quell'anno di inizio secolo?
Il socialismo marxista era, per la Russia, una scoperta abbastanza
recente. Quasi fino al 1890 le idee di giustizia ed equit sociale erano state
propagandate dai populisti, i narodniki, i quali perseguivano una specie di
socialismo agrario piuttosto primitivo. La grande aspirazione dei narodniki
era di evitare le calamit dell'industrialismo affaristico moderno
proponendo, in alternativa, un socialismo fondato sul mir o sull'obshcina,
cio sulla primitiva comunit rurale sopravvissuta nelle campagne. I
narodniki perseguivano l'ideale di un socialismo slavo e agricolo, in aperto
dissenso da quello internazionalista e industriale dei rivoluzionari
dell'Europa occidentale.
Nel 1879, proprio nell'anno di nascita di Josif Vissarionovic Giugashvili,
durante un congresso segreto dei narodniki, si produsse nelle file del
movimento (la riunione si tenne a Voronez) una insanabile scissione. Da
una parte si schierarono gli ortodossi, fedeli alle idee originali dei
narodniki, dall'altra coloro che si riconoscevano nel socialismo industriale
di tipo occidentale; costoro erano guidati da Georgij Plekhanov,
intelligente divulgatore della filosofia e della sociologia marxiste, maestro
di Lenin e di tutta una generazione di rivoluzionari russi.
Plekhanov aveva intuito, forse con troppo anticipo per trovare largo
credito, che l'industrialismo capitalista stava per sostituire, in Russia, la
struttura patriarcale-feudale e questa metamorfosi avrebbe finito col
cancellare quelle primitive comunit rurali (il mir e l'obshcina) sulle quali i
narodniki fondavano le loro speranze di riscossa.
Ma la polemica tra narodniki e marxisti non si esauriva nella divergenza
di valutazione politica, investiva e in modo pesantissimo anche i metodi di
lotta: i primi, vista l'impossibilit di dar vita a un'insurrezione contadina,
avevano optato per il terrorismo individuale (l'assassinio dello zar
Ivan Lantos
26
27
28
lontano, delle sue idee e dei suoi progetti. L'emissario di Lenin, del resto,
viene rappresentato da tutte le fonti come una personalit ricca di
ascendente. Pi tardi divenne un eroe leggendario della rivoluzione del
1905. Giugashvili ne fu profondamente impressionato, ma per
Kurnatovskij egli rimase soltanto un fidato componente del gruppo di
dirigenti locali e niente altro: non risulta, infatti, che vi siano stati legami
pi stretti fra i due uomini.
Tutti gli sforzi dei socialisti di Tiflis erano concentrati per un unico
scopo: organizzare un 1 maggio 1901 che restasse memorabile nella storia
del movimento operaio. Ovviamente la polizia ne era al corrente, vigilava
e prendeva provvedimenti. Josif Vissarionovic Giugashvili era nel centro
del mirino dell'Okrana. Il compagno Georgi Ninua gli trov un
nascondiglio abbastanza sicuro in una casa della citt, altri gli davano da
mangiare, le sue assenze dall'osservatorio incominciarono a farsi pi
frequenti. Appariva alle riunioni all'improvviso e nessuno sapeva da dove
venisse, era sempre accompagnato da due o tre compagni, uno dei quali
aveva il compito di far da sentinella vicino alla porta del locale. Parlava
brevemente e quando aveva terminato spariva velocemente.
Il 1 maggio s'avvicinava. Era stato diffuso un volantino che suonava
come una sfida violenta e sfrontata alle autorit. I lavoratori di tutta la
Russia era scritto hanno deciso di celebrare il primo maggio
apertamente, nelle strade principali di Tiflis. Essi dicono fieramente alle
autorit che le fruste e le sciabole dei cosacchi, la tortura della polizia e
della gendarmeria non bastano a incutere in loro il terrore.
Per l'Okrana era davvero troppo. Nella notte tra il 21 e il 22 marzo ci fu
una vasta operazione di rastrellamento: tutti gli edifici di Tiflis nei quali si
sospettava fosse rifugiato un sovversivo vennero accuratamente perquisiti.
Le autorit irritate e, forse, spaventate; avevano deciso di decapitare il
movimento rivoluzionario. Vennero messe ai ferri cinquanta persone tra le
quali No Jordania, Silvester Gibladze e lo stesso Victor Kurnatovskij.
Josif Vissarionovic Giugashvili invece sfugg alla cattura. Eppure
l'osservatorio era stato messo sottospra dagli zelanti e infallibili segugi
dell'Okrana. Trovarono infatti Vaso Berdzenishvili, collega di Josif.
Perquisirono accuratamente la sua stanza e vi sequestrarono una notevole
quantit di opuscoli d'ispirazione marxista. Si fecero poi mostrare la
camera di Josif Vissarionovic, nella quale, nonostante avessero perfino
sventrato i materassi, secondo la testimonianza dello stesso Berdzenishvili,
Ivan Lantos
29
30
31
32
CAPITOLO IV
IL CLANDESTINO
L'epoca della clandestinit, destinata a durare per Josif Vissarionovic
fino al 1917, incominci, secondo alcuni biografi, con un episodio che di
eroico aveva proprio poco.
Fuggito da Tiflis, Koba (useremo spesso questo suggestivo nome di
battaglia) aveva trovato un rifugio sicurissimo in uno sperduto villaggio
sulle montagne nelle vicinanze di Gori: pochi casolari e una baita tra i
vigneti, di propriet di un suo amico. Koba fu costretto ad abbandonare
precipitosamente la baita per un motivo che non aveva niente a che fare
con la politica. Uno degli abitanti del villaggio riferiscono J. Fishman e
J. Bernard Hutton aveva scoperto che Koba non solo era stato l'amante di
sua moglie, ma aveva anche violentato la sua giovanissima sorella di
quattordici anni. Il malcapitato paesano avrebbe voluto consegnare il
fuggiasco nelle mani della polizia, ma poi l'affare si concluse soltanto con
una ragguardevole dose di legnate.
Uno dei primi atti compiuti da Koba nella clandestinit fu la fondazione
di un giornale illegale in lingua georgiana: il primo numero del giornale,
intitolato Brdzola (La lotta), usc nel settembre del 1901.
Brdzola era il primo giornale libero, poich realizzava la libert dalla
censura scrive Isaac Deutscher. Veramente caratteristica era la modestia
politica dei redattori. Essi dichiaravano esplicitamente di non voler iniziare
nessuna politica propria, poich il socialismo georgiano doveva far parte
del movimento operaio di tutta la Russia. Perci la loro condotta si sarebbe
inevitabilmente subordinata a quella dei capi del socialismo dell'impero
zarista. Anche questo era un colpo di spillo alla maggioranza del Messame
Dassi, la quale propugnava invece la creazione di un partito georgiano
indipendente, federato col partito russo, ma non subordinato ad esso.
Nel secondo numero di Brdzola c'era un lungo saggio intitolato Il
partito socialdemocratico russo e i suoi compiti immediati, non era
firmato, ma l'autore era Josif Giugashvili. Vi si riprendevano concetti
fondamentali pi volte espressi da Lenin sulle pagine di Iskra; l'articolo di
Ivan Lantos
33
34
35
36
Segni particolari:
Aspetto esteriore:
Capelli:
Barba e baffi:
Fronte:
Viso:
Alla scheda era unita anche la consueta serie di foto segnaletiche: il viso
diritto e di profilo e la figura intera.
Nel rude linguaggio carcerario, i poliziotti soprannominarono Koba,
Riaboi (il butterato). Tra le mura della prigione, Koba non si comport mai
come un martire della rivoluzione, un po' per temperamento un po' perch
non ce n'era necessit. Nelle prigioni e nei luoghi di deportazione della
Russia zarista vigeva un regime nel quale brutalit e inettitudine "liberale"
si combinavano stranamente scrive Isaac Deutscher. Vi era abbastanza
brutalit per rinfocolare nei detenuti l'odio contro l'ordinamento politico, e
abbastanza inettitudine e disorganizzazione per consentire un'efficace
continuazione dell'attivit rivoluzionaria anche dietro le sbarre del carcere.
Per molti giovani socialisti le prigioni erano "universit", nelle quali
avevano modo di formarsi una solida educazione rivoluzionaria, spesso
sotto la guida di docenti esperti. In generale i detenuti politici, che
godevano di certi "privilegi" negati ai criminali comuni, organizzavano la
loro vita in uno spirito di solidariet e di mutua assistenza. Il carcere era, di
solito, un grande circolo di discussioni politiche.
Koba affront la detenzione imponendosi una disciplina assai pi
rigorosa di quella prescritta dai regolamenti carcerari. Si svegliava
prestissimo, lavorava senza risparmiarsi, leggeva molto ed era uno dei
membri pi attivi e ascoltati dell'assemblea dei detenuti. Nei suoi
interventi mostrava un'oratoria essenziale, logica, acuta; era sempre pronto
ad attaccare con feroci polemiche i socialisti che ancora mostravano di
sostenere le teorie socialiste-agrarie dei narodniki e tutti coloro che
avevano un atteggiamento diverso o contrario a quello suggerito dal
giornale Iskra. Era in generale calmo fino all'impassibilit, poco incline a
mostrare calore umano, distaccato.
Dopo aver trascorso circa un anno nella prigione di Batum, Koba venne
trasferito in quella di Kutaisi da dove venne ricondotto a Batum. Mentre
Koba si trovava chiuso in carcere accaddero tre fatti importanti, dei quali il
Ivan Lantos
38
39
40
rivoluzionario russo.
Il 17 agosto 1903, per una bizzarra coincidenza lo stesso giorno della
tragica morte di Lado Ketskhoveli, il ministro della giustizia di
Pietroburgo firm il decreto di deportazione di Koba. Le accuse contro di
lui non trovavano riscontri specifici in prove, sul suo conto c'erano soltanto
i rapporti della polizia segreta che un giudice normale non avrebbe potuto
accettare come base per un'azione legale. Cos, come accadeva
normalmente per individui fortemente indiziati, Koba fu oggetto di una
sanzione amministrativa secondo la quale il prigioniero Jsif
Vissarionovic Giugashvili veniva inviato nella Siberia orientale e costretto
a starvi per tre anni sotto la stretta sorveglianza della polizia.
Il luogo nel quale Koba era destinato a scontare la deportazione era
Novaja Uda, un villaggio dimenticato da Dio e dagli uomini, ma non
dall'Okrana che vi spediva con regolarit e abbondanza i nemici
conclamati o semplicemente sospettati del regime zarista.
Il trasferimento della lunga colonna dei deportati dalle rive del Mar Nero
alle pianure siberiane attanagliate dal gelo dell'inverno dur pi di un
mese. Un po' a piedi e un po' in treno. Ogni tanto il convoglio si fermava
lungo il percorso per caricare altre persone destinate alla deportazione.
Racconta Isaac Deutscher: A mano a mano che si spostavano verso est,
gli esuli sentivano sempre pi chiaramente l'avvicinarsi del conflitto russogiapponese. V'erano troppa febbre e troppa eccitazione nell'aria perch
Koba potesse rassegnarsi all'idea d'esser tagliato fuori dalla politica per tre
lunghi anni.
Cos appena arrivato a Novaja Uda il suo pensiero fisso divenne la fuga,
il progetto dell'evasione. L'attenzione delle autorit s'era attenuata, lungo la
frontiera con la Manciuria, per l'imminente scoppio della guerra
consentendo il crearsi di un'atmosfera di incertezza e di disordine. Il 5
gennaio 1904, Koba incominci il viaggio di ritorno. L'immensa pianura
coperta di neve, oggi grande bacino industriale del Kuzneck, appariva al
fuggiasco come un terrificante deserto gelato inospitale per qualsiasi forma
di vita. Comp la sua fuga un po' a piedi e talvolta sui carri dei contadini
che andavano a ovest, verso gli Urali. Soffr la fame e fu colpito da
dolorosissimi geloni, ma nei primi giorni di febbraio era nuovamente a
Tiflis.
E a Tiflis, ad aspettarlo fedele, e paziente come una Penelope, c'era
Ekaterina Svanidze, la giovane Keke. La vita personale e privata di un
Ivan Lantos
41
42
43
CAPITOLO V
IL BANDITO
Cecile Spring-Rice, in quegli anni primo segretario e incaricato d'affari
dell'ambasciata di Gran Bretagna a Pietroburgo, descrive cos, in una nota
la situazione politico-sociale russa: Qui c' un curioso stato di cose.
Innanzitutto l'imperatore, al limite del fanatismo religioso, senza uno
statista e senza un Consiglio, circondato invece da un vero e proprio
Ivan Lantos
44
45
46
malgrado tutto, dedito al benessere del suo popolo, e nel caso di errori
malamente influenzato da cattivi consiglieri.
La domenica di sangue provoc un'insurrezione generale, una catena
di scioperi che coinvolse pi di cento citt.
La rivoluzione sperata da molte generazioni scrive Boris Souvarine
cos spesso profetizzata e alla quale tanti eroi avevano sacrificato la vita,
era iniziata senza aspettare il segnale dei rivoluzionari di professione.
Gli episodi di rivolta si susseguirono: anche la famiglia imperiale pag il
suo tribut con la vita del granduca Sergio, assassinato dai rivoluzionari.
Poi l'apocalisse che minacciava di travolgere e cancellare per sempre un
ordine pluricentenario parve placarsi. Ma si trattava di una tregua effimera.
Agli scioperi degli operai seguirono le rivolte dei contadini, il bacillo della
rivoluzione attecchiva dovunque trovasse il terreno fertile della miseria e
dell'oppressione; la febbre si propagava dal centro all'estrema periferia
dell'impero. A Lodz, in Polonia, gli scioperi degenerarono in insurrezione
armata, con scontri sanguinosissimi che si protrassero per sette giorni. Le
strade di Varsavia e di Odessa furono bloccate dalle barricate. Persino gli
uomini in uniforme disattesero al giuramento di fedelt: nel porto di
Odessa l'equipaggio dell'incrociatore Potemkin fece causa comune con gli
insorti; l'atto di ribellione dei marinai entr a far parte della leggenda
rivoluzionaria, immortalato da un film del regista Eisenstein.
Il menscevico Vladimir Antonov Ovssenko guid una sfortunata
sedizione militare nel campo di Nova Aleksandrja e il tenente Schmidt, un
giovane ufficiale sedotto dalle idee socialiste, pag con la vita per aver
capeggiato un ammutinamento a Sebastopoli; nel sangue naufrag anche
un analogo tentativo a Kronstadt.
Ovviamente neppure la Georgia era rimasta fuori del ciclone
rivoluzionario: alla domenica di sangue di Pietroburgo gli operai
georgiani reagirono con gli scioperi, i contadini con l'insurrezione. A
Tiflis, in risposta alle violenze dei cosacchi, i lavoratori organizzarono
numerosi attentati.
E Koba dov'era? La domanda sorge spontanea e legittima poich il suo
nome non compare in nessuna delle cronache di quei giorni convulsi e
tumultuosi.
Da quanto ci dato ricostruire, Koba si era limitato a un'attivit di
agitazione e propaganda, ben guardandosi d'esporsi fisicamente in prima
linea; l'altro aspetto, ormai istituzionale del suo lavoro, era la lotta
Ivan Lantos
47
48
bolscevismo.
giunta l'ora di distruggere il governo zarista tuonava Koba e noi lo
distruggeremo. Oppure affermava: La Russia come una pistola carica
con il cane alzato, pronta a far fuoco alla minima percussione.
Stringiamoci dunque la mano e riuniamoci intorno ai comitati del partito.
Non dobbiamo dimenticare, neppure per un momento, che soltanto i
comunisti del partito possono guidarci in maniera degna e che essi soli
possono illuminare la via che condurr alla terra promessa di un mondo
socialista.
Isaac Deutscher commenta: Com'era ancor vivo l'antico seminarista
sotto le vesti del duro uomo dei comitati! Nella sua visione il popolo
vagava attraverso il deserto alla ricerca della terra promessa del
socialismo, mentre il partito, simile alla biblica colonna di fuoco,
illuminava la strada da percorrere. Chi altri, dunque, poteva guidare il
popolo, nella gioia e nel dolore, se non i sacerdoti e i leviti dei comitati di
partito?. E tra questi sacerdoti e leviti, se a Lenin spettava, di diritto, il
ruolo di Mos, certamente Koba aspirava a quello di Aronne.
La rivoluzione minacciava seriamente la regione del Caucaso e il
ministero dell'interno zarista corse ai ripari sguinzagliando le famigerate
centurie nere contro i socialisti, i liberali e gli ebrei. L'antisemitismo era
profondamente radicato nell'anima russa e l'autorit zarista ne aveva fatto
uno strumento istituzionale di potere: gli ebrei venivano indicati dalla
propaganda come la causa di tutti i mali ed era inevitabile che essi
diventassero le vittime del malcontento che si traduceva spesso in
violenza. Vale la pena di ricordare che pogrom, cio l'azione persecutoria
violenta contro gli ebrei e le loro propriet, parola del lessico slavo. Nel
Caucaso, le centurie nere adottarono i metodi antiebraici applicandoli
contro gli armeni che in quella regione rappresentavano agli occhi della
popolazione locale ci che gli ebrei rappresentavano altrove. Le centurie
nere non ebbero difficolt ad aizzare i musulmani contro la borghesia
armena. Il risultato fu il massacro degli armeni e la riuscita della manovra
diversiva contro i fermenti rivoluzionari.
Ma neppure la durissima repressione era servita a spegnere le braci. Due
mesi dopo la concessione paternalistica e contestata dello zar, il
sovrintendente della polizia del Caucaso telegrafava angosciato a
Pietroburgo: Nella provincia di Kutaisi la situazione critica. Gli insorti
hanno disarmato i gendarmi, si sono impadroniti della linea ferroviaria
Ivan Lantos
49
50
51
52
53
54
55
56
CAPITOLO VI
VEDOVO INCONSOLABILE
Il 1906 fu per gli ekspropriacija e per i terroristi un anno degno d'essere
ricordato. In marzo, a Mosca, un gruppo d'assalto socialista prese di mira
una banca portandosi via un bottino di 875 mila rubli. Sempre in marzo, a
Duseti, nella zona di Tiflis, sei socialisti federalisti che erano riusciti a
impadronirsi di divise militari, mascherati da soldati, confiscarono 315
mila rubli. In Polonia, i bojowcy di Josef Pisudski portarono un attacco
simultaneo in diverse citt a soldati e poliziotti uccidendone alcune decine.
In agosto un commando misto di massimalisti e di uomini scelti
dall'ufficio tecnico bolscevico di Pietroburgo comp un attentato contro la
villa del ministro Piotr Stolipin e, in ottobre, assal e saccheggi
Ivan Lantos
57
58
59
rivalit che doveva, alcuni anni dopo, costare cara, molto cara, al brillante
Trotskij.
Nonostante l'esplicita condanna pronunciata contro le varie azioni di
guerriglia dal congresso di Londra, questo genere di risoluzioni e di
raccomandazioni trovavano scarso seguito alla periferia del partito. Fin dal
primo giorno del suo ritorno a Tiflis, Koba si dedic alla preparazione
della pi clamorosa ekspropriacija della storia del movimento bolscevico:
coinvolse oltre sessanta cospiratori e provoc la morte di una cinquantina
di persone tra le quali numerosi poliziotti e guardie cosacche.
Il mattino del 26 giugno 1907 (13 giugno secondo il vecchio calendario
russo), verso le dieci e trenta, un reparto di cavalieri cosacchi armati fino ai
denti passava per piazza Erivan, a Tiflis. Era la scorta di un furgone che
trasportava trecentomila rubli in denaro contante e altri valori che dagli
uffici della Posta centrale dovevano essere trasferiti alla filiale cittadina
della Banca imperiale. Poco prima che il convoglio fosse apparso sulla
piazza, un tale che indossava la divisa da capitano dell'esercito aveva
invitato i passanti ad allontanarsi, facendo vaghe allusioni a qualche cosa
di pericoloso che avrebbe potuto verificarsi. All'arrivo del furgone, l'uomo
travestito da capitano gli si era lanciato contro gettando bombe. Dal tetto
di una casa, di propriet del principe Zumbatov, sulla piazza, venne
scagliata un'altra bomba. Altri rivoluzionari, con ordigni vari, sbucarono
improvvisamente da dietro gli angoli delle strade: almeno altre dieci
bombe esplosero in rapida successione. Nel mezzo di una indescrivibile
confusione, tra i fumi, i vetri infranti, i morti e i feriti sul selciato
macchiato di sangue, il falso ufficiale s'era lanciato sui cavalli che
imbizzarriti trascinavano all'impazzata il furgone. Era riuscito a fermarli.
Dal furgone semidistrutto dalle bombe prelev i sacchetti che contenevano
il denaro e li pass ai suoi complici che sparirono come se fossero stati
fantasmi. Poi anche lui si dilegu in una nuvola di polvere.
Il falso capitano dell'esercito era l'ormai leggendario Kamo (Semion
Ter-Petrosian) ed era assistito dal suo braccio destro Kote Tsintsadze,
entrambi dotati di un fisico gigantesco e di un coraggio da eroi della
mitologia banditesca georgiana. Al colpo avevano partecipato anche due
donne: Pacija Goldava e Anja Sulamidze.
Il bottino della sanguinosa rapina fu di trecentoquarantunomila rubli,
quasi tutti in taglio da cinquecento rubli. Quello che n Koba, cervello
dell'assalto, n gli esecutori potevano sapere che i numeri di serie
Ivan Lantos
60
compresi tra AM 62900 e 63650 erano stati registrati. Accadde cos che il
cambio del bottino presso le banche estere (immediatamente avvertite)
divenne quasi impossibile. Diversi personaggi di spicco del bolscevismo,
tra i quali lo stesso Litvinov, vennero arrestati in vari paesi dell'Europa
occidentale mentre tentavano di cambiare il denaro.
L'intera vicenda venne ripresa con grande risalto sia dalla stampa russa,
sia da quella europea: sul movimento rischiava d'essere impresso un
marchio d'infamia. I menscevichi lanciarono pesantissime accuse contro lo
stesso Lenin, colpevole secondo loro d'aver tradito i principi sanciti dai
congressi di Stoccolma e Londra e denunciarono la questione a una giuria
di partito presieduta dal menscevico Georgij Cicerin. Leon Trotskij scrisse
articoli di fuoco sui giornali socialdemocratici tedeschi indicando Lenin
come responsabile della disintegrazione materiale e morale del socialismo
russo.
Koba venne sottoposto a un'inchiesta e al successivo giudizio della
maggioranza menscevica del partito caucasico. Alcuni membri della
commissione raccomandarono l'espulsione di Koba e di tutti coloro che
avevano partecipato alla fallimentare rapina di piazza Erivan. L'andamento
dell'inchiesta e i risultati non sono noti; questo genere di procedimenti
disciplinari interni non veniva mai verbalizzato per evitare che l'eventuale
confisca dei verbali da parte della polizia danneggiasse l'intero movimento.
poco probabile che Koba fosse stato espulso, pi verosimilmente fu
sottoposto a censura e indotto a lasciare Tiflis, cos come era accaduto
quando sei anni prima s'erano scoperti i suoi intrighi contro Gibladze e gli
altri menscevichi ed era stato esiliato a Batum.
Costretto a lasciare Tiflis, non gradito a Batum dove era ancora vivo il
ricordo della manifestazione che era costata la vita a tanti operai, a Koba
restava soltanto una citt del Caucaso dove poter trasferire le sue attivit:
Baku, la capitale del petrolio georgiano.
Antica cittadina tataro-persiana, Baku era cresciuta in fretta dopo la
scoperta dell'oro nero: dai quattordicimila abitanti del 1865 ai
centododicimila del 1897 fino ai duecentomila del 1907. Aveva conservato
la caratteristica fisionomia orientale con moschee e minareti, il grande
bazar, l'intrico dei vicoli dove, in abitazioni minuscole e sordide
s'ammassava la popolazione musulmana. I pozzi di petrolio dalla
produzione in continuo aumento davano da lavorare a un proletariato
miserabile e analfabeta composto da turchi, persiani, armeni, tatari e russi.
Ivan Lantos
61
62
63
64
65
agitazione per una condanna a morte che doveva essere eseguita nel corso
della notte, Koba dormiva, s'esercitava nella grammatica tedesca o recitava
frasi in esperanto che, secondo lui, sarebbe stata la futura lingua
dell'Internazionale.
Simon Verescak insinua anche che Koba fosse stato l'istigatore occulto
dell'assassinio di alcuni detenuti ritenuti agenti provocatori. Questa abilit
nel colpire segretamente con la mano altrui, pur restando inosservato, fece
di Koba un perfido organizzatore al quale non ripugnava l'uso di nessun
mezzo e che eludeva ogni resa dei conti, ogni responsabilit. Un giudizio
questo che pare estremamente grave e non privo di faziosit.
Dal carcere ammon i compagni delle industrie petrolifere di Baku a non
abusare dell'arma degli scioperi generali e a non lasciarsi andare a violenze
individuali contro i padroni o i dirigenti delle istallazioni e delle fabbriche.
Ovviamente tutto ci non doveva essere scambiato per una resa o un
atteggiamento accomodante di fronte ai comportamenti paternalistici dei
padroni e dei capi.
Alla fine di novembre del 1908 venne notificato a Koba il decreto di
deportazione, ma questa volta non era destinato alla Siberia. Avrebbe
dovuto restare per due anni a Solvicegodsk, una minuscola colonia fondata
nel XIV secolo dai mercanti russi nella parte settentrionale della provincia
di Vologda come centro di scambio di sale e di pellicce, a circa
cinquecento chilometri a nord-est di Pietroburgo. La localit aveva un
clima certamente meno ostile di quello, polare, dei luoghi di deportazione
siberiani.
Durante il viaggio di trasferimento, Koba si ammal di tifo e venne
ricoverato nell'ospedale di Viatka. La malattia rappresent soltanto una
sosta forzata; appena ristabilito il prigioniero riprese il disagevole viaggio
verso la localit designata per la sua deportazione. Koba arriv a
Solvicegodsk nel febbraio 1909.
Poco si sa di come Koba trascorresse le sue giornate nella piccola
localit della Vologda sulle rive del fiume Sukhona; certamente godeva di
un regime di semilibert poich la categoria di prigionieri alla quale
apparteneva, deportati a seguito di un decreto amministrativo e non di una
vera condanna penale, erano sottoposti a controlli polizieschi periodici. Un
rapporto della gendarmeria lo definisce volgare, insolente, privo di
qualsiasi rispetto nei confronti delle autorit.
A Solvicegodsk, Koba rest soltanto quattro mesi. Il 24 giugno 1909
Ivan Lantos
66
fugg e questa evasione facile aliment ancora una volta le voci di una
sua connivenza con l'Okrana. Secondo alcuni detrattori, ma un'involontaria
conferma venne successivamente anche dal suo amico Lavrentij Beria,
capo della polizia sovietica, Koba pot lasciare l'esilio di Solvicegodsk con
un passaporto rilasciatogli dalla gendarmeria locale e intestato a tale
Oganess Vartanovic Totomiants. Il passaporto aveva il numero 982 e la
data del rilascio era quella del 12 maggio 1909, soltanto poche settimane
prima della fuga di Koba.
Prima di ritornare a Baku, Koba si ferm a Pietroburgo dove incontr
l'amico (e futuro suocero) Sergei Alliluiev e successivamente a Mosca.
Durante la tappa a Pietroburgo, Koba aveva ripreso i contatti con i membri
del quartier generale clandestino del partito dal quale era stato accolto
come un amico e come un eroe di quell'ultima trincea della rivoluzione che
era unanimemente considerato il Caucaso e in particolare la citt operaia di
Baku; Koba garant ai compagni che avrebbe inviato dal Caucaso le sue
corrispondenze ai giornali di partito che venivano pubblicati dagli esuli
russi nei vari paesi dell'Europa occidentale. In cambio della sua fedelt e
disponibilit ebbe un nuovo passaporto, anche questo naturalmente falso,
intestato a Zachar Grigorian Melikiants.
Con questa nuova identit, Koba giunse a Baku nel luglio del 1909. La
situazione che trov nell'ultima trincea della rivoluzione non gli piacque,
la trincea infatti era squallidamente in disarmo: gli iscritti s'erano ridotti a
duecento bolscevichi e poco pi di cento menscevichi; l'attivit dei
sindacati languiva soprattutto per mancanza di aderenti; i circoli culturali,
prima della sua partenza per la deportazione, vere e proprie centrali
dell'eversione, agonizzavano. Le finanze del partito erano inesistenti e
l'attivit della stampa clandestina s'era ridotta a zero: dal giorno che Koba
aveva lasciato Baku per Solvicegodsk il Bakinski proletari] aveva sospeso
le pubblicazioni. Le ore di lavoro, negli impianti d'estrazione del petrolio,
erano state aumentate da otto a dieci e i lavoratori non avevano ottenuto
nessuna contropartita economica. Insomma era lo sfascio.
Koba non perse tempo in sterili recriminazioni, semmai la situazione era
la prova della sua forza, del fatto che il suo lavoro era indispensabile
all'organizzazione.
Koba, cio Zachar Grigorian Melikiants, trov rifugio nel campo
petrolifero di Balaklana dove mise in piedi una stamperia clandestina: tre
settimane dopo il Bakinski proletari] riprendeva le pubblicazioni. Nei suoi
Ivan Lantos
67
68
CAPITOLO VII
NASCE STALIN
Nell'ottobre 1910, Koba giunse per la seconda volta a Solvicegodsk,
localit amena di boschi e praterie dove per i deportati non potevano
Ivan Lantos
69
70
71
Alluiluiev del quale era nota l'attivit politica erano sottoposte a una
scrupolosa sorveglianza da parte di poliziotti in borghese, ma Koba, una
volta tanto, aveva rinunciato all'abituale circospezione.
Bussarono. And loro ad aprire una delle figlie di Sergei Alliluiev, Anna
Alliluieva. Todria fece le sommarie presentazioni e Anna si rese conto che
l'uomo magro, dalla barba lunga, coperto da un lungo e dimesso cappotto
nero che le stava davanti era il grande rivoluzionario georgiano del quale
suo padre tante volte aveva parlato come d'un romantico eroe.
Sergei Alliluiev torn dal lavoro per l'ora di cena. L'incontro con il
compagno di lavoro di Tiflis e di Baku fu calorosissimo. Dopo cena i tre
uomini si chiusero in una stanza per parlare mentre Anna e suo fratello
Fedia vennero mandati in strada per verificare se i poliziotti in borghese,
ovviamente riconoscibilissimi, fossero ancora appostati. C'erano, con in
testa le loro assurde bombette che li rendevano pi identificabili della
stessa uniforme. Successivamente, a casa di Sergei Alliluiev, si present
un altro operaio, tale Zabelin, il quale, a notte fonda, si offr di
accompagnare Koba al sicuro. Zabelin conosceva ogni strada e ogni vicolo
della citt e non gli fu difficile far perdere le tracce. Ospit Koba per il
resto della notte che trascorse senza incidenti. Il giorno dopo il clandestino
incontr altri compagni, poi la sera ritorn al suo albergo. Non era ancora
spuntata l'alba che ud bussare con violenza alla porta della stanza. Mezzo
inebetito dal sonno sent gridare la fatidica frase: Aprite, polizia!.
Gli uomini dell'Okrana che a sua insaputa lo seguivano dal momento in
cui aveva posato i piedi sul marciapiede della stazione Nikolaevski, gli
diedero appena il tempo di sciacquarsi il viso e di indossare gli abiti. Era di
nuovo in arresto. Lo condussero al carcere di Pietroburgo dove trascorse
tre mesi tra inattivit forzata e interrogatori.
Neppure in questa non fortunata occasione la sorte gli fu particolarmente
avversa: a met dicembre gli venne comunicata la destinazione dove
avrebbe dovuto trascorrere tre anni di deportazione. No, non. era la temuta
Siberia. Era, inaspettatamente, Vologda. Meglio di cos non gli poteva
andare.
Per Koba era un momento decisamente favorevole. Nel gennaio del
1912, Lenin riun a Praga i bolscevichi e un gruppo di seguaci di
Plekhanov: lo scopo della riunione era quello di comunicare la costituzione
in partito della sua fazione o, come dice Isaac Deutscher per fare della
sua fazione "il" partito. Dopo tante polemiche, dopo innumerevoli e
Ivan Lantos
72
73
74
75
masse del proletariato scrisse Koba. Proprio per questa ragione noi
mandiamo un nostro deputato alla Duma e incarichiamo lui e tutta la
delegazione socialdemocratica alla quarta Duma di rendersi interpreti delle
nostre richieste. Vogliamo udire le voci del gruppo risuonare forte dalla
tribuna della Duma, proclamando le finalit ultime del proletariato,
ribadendo le richieste globali e intatte del 1905, proclamando la classe
lavoratrice russa guida del movimento popolare, i contadini come l'alleato
pi affidabile della classe lavoratrice e la borghesia come traditrice della
libert popolare.
Per tutta la durata della campagna elettorale bolscevichi e menscevichi si
contesero duramente i suffragi dell'elettorato operaio. Le operazioni si
svolsero in tre fasi: elezione dei rappresentanti nelle fattorie e nelle
fabbriche; elezione degli elettori; elezione dei deputati. Le autorit
tentarono di invalidare la prima fase dopo aver verificato i risultati ottenuti
dai bolscevichi in alcune delle aziende industriali pi importanti, ma
dovettero fare marcia indietro. Lenin, che si trovava a Cracovia, allora
nella Polonia austriaca, aveva dato istruzioni a Koba di riunire l'esecutivo
bolscevico di Pietroburgo per indire uno sciopero generale. Di fronte alla
minaccia il governo convalid tutti i risultati.
Furono eletti tredici deputati socialdemocratici: sei bolscevichi
espressione dell'elettorato operaio e contadino e sette deputati menscevichi
che ricevettero il mandato dalla borghesia.
Concluse le elezioni, Lenin convoc una riunione del comitato centrale a
Cracovia, chiese che intervenisse anche Valentina Lobova che fungeva da
segretaria del gruppo bolscevico alla Duma. Valentina Lobova aveva
anche l'incarico di procurare a Koba un passaporto finlandese, il
documento doveva essere fornito da Aleksandr Shotman, un bolscevico
che abitava a Helsinki e che era in grado di ottenere con grande facilit
passaporti dalle autorit finlandesi. Valentina Lobova accompagn Koba a
Helsinki dove Aleksandr Shotman spieg che per recarsi a Cracovia
avrebbero potuto seguire due itinerari: quello pi rapido, ma pi rischioso,
partiva dal porto di Abo, via mare; l'altro, pi lungo e pi sicuro, da Tornio
a Harapanda e fino alla frontiera svedese. Koba scelse la strada pi rapida:
Shotman, Valentina Lobova e lui si diressero verso il porto di Abo e
mentre si avvicinavano al traghetto vennero fermati da due gendarmi per il
controllo dei passaporti. Fu, per Shotman, un momento d'angoscia, temeva
infatti che i poliziotti s'insospettissero per l'aspetto fisico di Koba che non
Ivan Lantos
76
77
78
79
80
81
82
compagnia.
Vi sono poi gli altri componenti della colonia che spesso vengono a fare
una visitina nella nostra capanna. Vengono, si siedono, se ne stanno cos,
zitti, per una mezz'ora, poi s'alzano all'improvviso e dicono: "Va bene,
adesso debbo proprio andare. Addio". Ma come uno esce, ne arriva un
altro e la scena si ripete identica. Neanche a farlo apposta questo viavai si
verifica sempre nelle ore serali che sarebbero le migliori da dedicare alla
lettura. Qui non c' petrolio e dobbiamo leggere a lume di candela.
Jakov Sverdlov non dovette per sopportare molto a lungo il disordine
che Stalin creava nella stanza della quale erano inquilini, n il fastidio
delle insolite visite degli indigeni alla famiglia proprietaria della capanna,
venne trasferito in un'altra colonia per deportati.
Un'altra testimonianza tra le non molte sul periodo che Stalin trascorse
nell'esilio di Kureika ci viene dallo stesso esule ed una lettera inviata a
Olga Evgenievna Alliluieva, moglie di Sergei (e futura suocera di Stalin).
Tante, tante grazie, cara Olga Evgenievna, per i cortesi e affettuosi
sentimenti che nutrite verso di me. Non dimenticher mai le vostre
premure. Aspetto con ansia il momento di essere rilasciato e non appena
sar tornato a Pietroburgo la prima cosa che far sar di venire a
ringraziare voi e anche Sergei per tutto quello che fate per me scriveva
Stalin. Ho ricevuto un altro pacco che ho gradito molto. Ne avevo chiesto
uno soltanto. Non spendete altro denaro per me: quei soldi servono a voi.
Sar felice se mi manderete ogni tanto una cartolina con una bella veduta.
In questo maledetto paese anche la natura diventa brutta: d'estate c' il
fiume e d'inverno la neve. Niente altro. Ho tanto desiderio di vedere un bel
paesaggio sia pure soltanto in cartolina. Tutti i miei auguri e saluti ai
ragazzi e alle ragazze. Vivo come prima. La salute buona, anzi ottima.
Mi sto abituando a questo posto. Il clima piuttosto rigido: tre settimane fa
abbiamo avuto 45 sotto zero. Fino alla prossima lettera, rispettosamente
vostro Josif.
Nella mente di Stalin s'agitava il progetto di una nuova, irrealizzabile,
evasione. E mentre il deportato trascorreva le sue giornate andando a
caccia o a pesca, continuando gli studi sul problema delle minoranze
nazionali e sognando gli ameni paesaggi della sua Georgia e la fuga, la
storia accelerava i suoi passi verso un disastro di dimensioni ancora mai
viste, verso l'apocalisse.
Il vero primo ministro dello zar e confidente della zarina era un ambiguo
Ivan Lantos
83
84
85
86
subito dopo che il corpo era stato ripescato aveva steso un verbale nel
quale si leggeva: il cadavere di uno sconosciuto dell'et apparente di
cinquant'anni. Di statura superiore alla media, vestito di una blusa azzurra
ricamata sopra una camicia bianca. Le gambe, chiuse in alti stivaloni di
capretto, sono legate con una corda. La stessa che stringe anche i polsi.
Porta una grande catena d'oro al collo. Capelli color castano chiaro, barba
e baffi lunghi e in disordine. L'autopsia subito eseguita rivel che l'uomo
era stato ucciso prima d'essere scaraventato in acqua, in stato di grave
ubriachezza. Si trattava di Rasputin.
La congiura per togliere di mezzo il nefasto plagiatore dello zar e della
zarina era stata organizzata dal principe Felix Jussupov, marito di una
nipote dello zar. L'assassinio di Rasputin era avvenuto per mano dello
stesso Jussupov aiutato dal granduca Dimitri e da un deputato di destra alla
Duma, un tale Puriskevic.
Ma non era sufficiente l'eliminazione di Rasputin per salvare la
monarchia, anzi, la popolazione di Pietrogrado accolse la notizia della
morte del monaco malefico con manifestazioni di giubilo, per molti era il
segno della fine del regime, il prologo della rivolta.
CAPITOLO VIII
ZAR, ADDIO
Pietrogrado. Fine febbraio 1917. qui, in questi giorni, che ha inizio la
fine. La pi importante rivoluzione della storia moderna nasce con
l'aspetto confuso dell'insurrezione popolare. La fame e il freddo avevano
esasperato lo scontento, fino dai primi giorni di febbraio a Pietrogrado il
pane era diventato una rarit. Gli operai indicono uno sciopero dopo l'altro
e le donne del popolo non esitano a scendere in strada al fianco dei loro
uomini. L'esercito che da principio esita a obbedire agli ordini di
repressione, si unisce al movimento di protesta.
Il diario della zarina, in quei giorni, testimonia la totale insipienza
politica di un regime che era gi morto senza sapere di esserlo. Bisogna
far sapere, e con fermezza, agli operai che vietato scioperare e inviare per
punizione al fronte chi infrange questa legge scriveva l'imperatrice. Le
sparatorie sono inutili: basta mantenere l'ordine e impedire che gli operai
passino i ponti.
Ivan Lantos
87
88
89
90
rivoluzione.
Il gruppo bolscevico s'era diviso in due fazioni, destra e sinistra, tra le
quali lo stato permanente d'estrema tensione minacciava di degenerare in
frattura, mentre n da una parte, n dall'altra c'erano capi in grado di
ricomporre il dissidio in nome della disciplina di partito. La destra
bolscevica aveva, in pratica, fatto causa comune con i menscevichi i quali
avevano nel soviet di Pietrogrado la maggioranza insieme con i socialisti
agrari. Bolscevichi di destra e menscevichi sostenevano il governo del
principe Lvov e l'opportunit di continuare la guerra fino alla sua
conclusione vittoriosa. Alla guida della destra bolscevica c'era V.
Voitinskij.
Molotov, Shliapnikov e Zalutskij appartenevano invece alla sinistra
bolscevica che avversava il liberalismo borghese del governo Lvov e il suo
atteggiamento patriottico, o difensivismo, per quello che riguardava
l'impegno della Russia nella perdurante guerra mondiale.
Molotov, che era anche direttore della Pravda, si serviva anche del
giornale per sostenere le tesi della sinistra bolscevica e reclamava la
destituzione del principe Lvov.
L'arrivo di Stalin e Kamenev contribu a sistemare un po' le cose, ma
certamente non nella maniera sperata da Molotov e dal suo gruppo di
radicali. Con l'appoggio di Leon Kamenev infatti fu la destra a sentirsi
rinforzata e per quanto riguarda Stalin egli cerc di collocarsi in una
posizione mediana, tale, in ogni caso, secondo la sua opinione, da
costituire una cerniera tra i due blocchi; l'ipotesi di Stalin era quella di
rappresentare l'unit del partito che riteneva indispensabile in un momento
come quello. In effetti egli divenne il capo del partito.
La maggior parte dei militanti non lo conosceva, ma questo si dimostr
essere tutto sommato un fatto positivo poich evitava il sorgere di sospetti
di personalismo.
Scrive Isaac Deutscher: Quando Stalin, alcuni giorni dopo il suo
ritorno, partecip a una riunione dell'esecutivo del soviet di Pietrogrado, fu
salutato come una vecchia conoscenza soltanto da alcuni menscevichi
georgiani che, come Chkheidze, ricoprivano ora posizioni di primissimo
piano nella capitale. Per tutti gli altri, Stalin era un milite ignoto della
rivoluzione.
L'atteggiamento moderato di Kamenev e quello sostanzialmente neutrale
di Stalin non tardarono a produrre i loro effetti nell'ambito del gruppo
Ivan Lantos
91
92
93
94
95
96
97
98
99
100
101
102
103
104
105
106
107
Alle prime luci dell'alba dell'8 ottobre, uno strano personaggio buss alla
porta di casa Alliluiev. Fu Anna ad aprire con una certa diffidenza: aveva
davanti un uomo non molto alto, imbacuccato in un lungo cappotto nero,
con in testa un berretto finlandese, aveva gli occhiali e sul volto
perfettamente rasato spiccavano i baffetti scuri. Soltanto quando lo
sconosciuto visitatore chiese se Stalin fosse in casa, Anna Alliluieva si rese
conto della sua identit, la voce era quella di Vladimir Ilic Ulianov, cio
Lenin, rientrato clandestinamente in Russia. Il travestimento era perfetto,
sotto al berretto Vladimir Ilic portava anche una parrucca.
Davanti a un'abbondante colazione preparata da Olga Evgenievna
Alliluieva, Lenin e Stalin convennero che era indispensabile riunire al pi
presto il comitato centrale. L'unico grosso problema da superare era quello
della sicurezza, il governo provvisorio era in stato d'allerta e la possibilit
di mettere le mani sull'intero stato maggiore bolscevico era estremamente
allettante, era quindi necessario agire con la massima prudenza e
segretezza. Di riunirsi nei locali della scuola Smolny non c'era proprio da
parlarne e l'appartamento degli Alliluiev poteva essere sotto sorveglianza.
Si decise allora per la casa di Nicolai Sukhanov, un giornalista, la moglie
del quale, Galina, era una delle pi attive collaboratrici di Lenin e che gi
aveva offerto il proprio ufficio come nascondiglio per il capo.
Il 10 ottobre, dodici dei ventiquattro membri del comitato centrale
bolscevico si presentarono alla riunione. Uno soltanto l'argomento
all'ordine del giorno: fissare la data per l'inizio dell'insurrezione.
Kamenev e Zinoviev espressero il loro parere sfavorevole. Davanti alla
storia, davanti al proletariato internazionale, davanti alla rivoluzione russa
e alla classe operaia di questo paese, noi non abbiamo il diritto di puntare
tutto l'avvenire sulla sola carta di un'insurrezione armata sostennero. Il
governo provvisorio aveva promesso la convocazione di un'assemblea
costituente e, secondo Kamenev e Zinoviev, si doveva attendere
quantomeno questo evento. Secondo loro si poteva instaurare il nuovo
ordine utilizzando per met i risultati gi conseguiti dalla rivoluzione e per
un'altra met l'arma incruenta delle deliberazioni parlamentari. Non
esistevano, secondo loro, i presupposti affinch l'insurrezione armata
potesse essere vittoriosa.
Lenin era profondamente irritato: diffidava totalmente delle promesse
del governo, era convinto che differire i tempi dell'insurrezione avrebbe
consentito alla classe politica e militare conservatrice di prepararsi al
Ivan Lantos
108
109
110
111
112
Ivan Lantos
113
CAPITOLO IX
NELLA GUERRA CIVILE
L'insurrezione d'ottobre segn l'inizio di un lungo e drammatico
travaglio che costrinse il partito della rivoluzione a mutamenti di rotta che
potrebbero apparire assurdi rispetto alle promesse, ma che rappresentavano
un indispensabile adeguamento alla situazione reale. La nuova classe
dirigente dovette confrontarsi con la guerra, la carestia, il caos nei servizi
sociali (trasporti, sanit, eccetera).
Ogni grande rivoluzione scrive Isaac Deutscher incomincia con una
straordinaria esplosione di energia, insofferenza, collera e speranza; e
ognuna termina nella stanchezza, nell'esaurimento e nella disillusione del
popolo che l'ha iniziata. questa una regola valida per tutte le rivoluzioni
e quella sovietica non pot sottrarvisi. Ma, quali che siano i termini
dell'involuzione, anche vero che il processo rivoluzionario non pu n
arrestarsi, n tantomeno tornare indietro.
La vittoria dell'insurrezione ebbe come conseguenza immediata per gli
uomini che l'avevano organizzata un radicale cambiamento di vita:
dall'oscurit alla fama, dalla miseria a un potere praticamente illimitato,
dalla persecuzione all'immunit totale e addirittura alla possibilit di
diventare persecutori.
Lenin stesso, che finalmente poteva abbandonare il suo travestimento e
spostarsi liberamente e senza timori per le strade di Pietrogrado, ammise
che quel trapasso lo aveva profondamente emozionato.
Una sensazione analoga scrive Isaac Deutscher dovette provarla
Stalin, il 26 ottobre 1917, quando sent leggere da Kamenev, davanti ai
delegati dei soviet, i nomi degli uomini chiamati a formare il primo
governo sovietico, il primo consiglio dei commissari del popolo. La lista
comprendeva il nome di Josif Vissarionovic Giugashvili-Stalin "presidente
del commissariato per le nazionalit".
Il congresso s'era riunito nel collegio Smolnij. Era toccato ad Anna
Alliluieva, nella sua qualit di segretaria, di controllare la validit delle
deleghe e di assegnare i posti ai congressisti e agli ospiti. Assolti i compiti
organizzativi era tornata a casa per prendere la sorella Nadezda che aveva
insistito per assistere ai lavori. Aveva incominciato a nevicare e la coltre
bianca che rapidamente ispessiva sui tetti e sulle strade dava alla citt un
aspetto pulito e di grande pace.
Ivan Lantos
114
115
116
117
118
119
120
aspettava la pace come unico segno di seriet del nuovo governo. Perdite
paurose avevano decimato le truppe al fronte e, come se questo non fosse
bastato, la riforma agraria con l'ipotesi di una ridistribuzione delle terre
aveva indotto i contadini alle armi ad abbandonare i campi di battaglia per
quelli di casa, la propriet dei quali passava dalle mani dei latifondisti a
quelle dei mugiki.
Una pace o quantomeno una pace separata con i tedeschi era
indilazionabile, ma le condizioni dettate dalla Germania erano
pesantissime e prevedevano, tra l'altro, umilianti concessioni territoriali.
La Russia doveva cedere alla Germania gli Stati baltici, una parte
dell'Ucraina e la Polonia, pi tutti i territori russi che l'esercito tedesco
aveva occupato nel corso della guerra. Come conciliare queste
rivendicazioni con la promessa incautamente fatta dai bolscevichi al
popolo russo di una pace senza indennit n annessioni? Che cosa fare
quando s'era perfino proclamato che la pace sarebbe stata discussa soltanto
con un governo tedesco socialista e rivoluzionario e non con i
rappresentanti del kaiser Guglielmo?
Lenin, affranto, ma realista, cercava di convincere i compagni pi
irriducibili, capeggiati da Bucharin, ad accettare le condizioni dei tedeschi,
riservandosi di preparare in Germania una rivoluzione analoga a quella
russa. Bucharin e i suoi, apocalittici, dichiaravano che era preferibile la
distruzione totale a qualsiasi umiliante compromesso.
Preso tra due fuochi, Trotskij al quale erano state affidate le trattative
che si svolgevano a Brest-Litovsk, mostr di non curarsi della polemica.
Stalin s'era schierato sulle posizioni di Lenin. Anche lui aveva sognato la
grande rivoluzione proletaria europea, anche lui s'era realisticamente
arreso all'evidenza dei fatti. Non s'era lasciato troppo coinvolgere dalla
durissima polemica tra bolscevichi di sinistra e socialrivoluzionari, ma non
aveva nascosto la sua opinione.
Poi alcuni fatti avevano accelerato il cammino verso quella pace che
Lenin non esit a definire ignominiosa: i tedeschi, rotto l'armistizio,
avanzarono quasi fino a Pietrogrado; il governo indipendente ucraino
firm la pace separata con la Germania; i soviet erano sul piano militare
ridotti all'impotenza.
Trotskij era stato sostituito, come capo della delegazione sovietica a
Brest-Litovsk, da Grigori Brilliant Sokolnikov e a lui tocc, il 3 marzo
1918, di firmare il trattato di pace. Le conseguenze, all'interno del partito
Ivan Lantos
121
122
123
124
che orrore! L'intervento, che vergogna! Non si cessava di ripetere che gli
affari interni di quel paese non ci riguardavano. Eravamo imparziali,
caspita! E nel frattempo cercavamo di attuare tentativi di riconciliazione e
di ripresa dei rapporti commerciali.
Il 10 luglio, Stalin chiese a Lenin i pieni poteri militari per le operazioni
nella zona di Zarizin. Per il bene della causa scrisse i pieni poteri
militari mi sono indispensabili. Ho gi scritto su questo argomento senza
ottenere risposta. Benissimo. In questo caso metter alla porta senza
nessuna formalit quei comandanti e quei commissari che rovinano il
nostro lavoro. Se i nostri "esperti" militari (nient'altro che ciabattini) non
avessero dormito e non fossero rimasti con le mani in mano, la ferrovia
non sarebbe saltata. Se verr rimessa in funzione, sar a dispetto dei
militari e certamente non per merito loro.
Incominciava cos un dissidio insanabile tra Stalin e Trotskij che di quei
militari tacciati d'incompetenza era il capo. Stalin si faceva forte per
esempio del fatto d'essere riuscito, il 16 giugno, a far partire per Mosca un
carico di provviste indispensabili alla sopravvivenza della capitale.
Poich gli antibolscevichi attuavano un durissimo blocco dei trasporti
via terra, Stalin s'era servito dei mezzi di comunicazione fluviale. Ma non
intendeva continuare ad affrontare l'emergenza, era fermamente
determinato a ripristinare la normalit.
Il 19 luglio, Stalin venne nominato membro del consiglio di guerra del
fronte di Zarizin. Insieme con lui c'erano Klim Voroscilov, l'operaio che
una decina d'anni prima gli era stato vicino nel comitato bolscevico di
Baku e che era stato responsabile del sindacato dei lavoratori petroliferi e
Sergei Orgionikidze. Il quartier generale della decima armata sembrava
ricreare il primo nucleo rivoluzionario del Caucaso. Alla troika s'era
aggiunto Smen Budiennij, ex sergente maggiore, il quale aveva progettato
la costituzione di un'armata a cavallo rossa. L'idea fantasiosa e suggestiva
di Budiennij venne respinta sia dagli esperti militari, sia da Trotskij il
quale temeva che nella nuova armata potessero infiltrarsi cosacchi ostili al
regime sovietico. Solamente pi tardi scrive Isaac Deutscher Trotskij
decise di diramare il suo ordine: "Proletari a cavallo!" che riprendendo
l'idea di Budiennij, doveva dare origine alla pi romantica leggenda della
guerra civile, la leggenda della cavalleria rossa e del suo comandante
Budiennij. Ma sul fronte di Zarizin non c'erano soltanto la guerra civile, il
terrore bolscevico e le polemiche tra Stalin e Trotskij. In quella
Ivan Lantos
125
126
127
128
129
130
131
tutti. Il primo colpo stato tirato. Il maresciallo Trotskij sporco del sangue
degli operai, per primo ha aperto il fuoco su Kronstadt rivoluzionaria,
insorta contro la dittatura comunista per ristabilire il vero potere dei soviet.
Senza un colpo d'arma da fuoco, senza aver sparso una sola goccia di
sangue, noi marinai e operai di Kronstadt ci siamo liberati dal giogo dei
comunisti. Abbiamo anche risparmiato la vita ai bolscevichi che erano tra
noi. Ora, i comunisti, con la minaccia dei cannoni, vogliono imporci
nuovamente il loro potere. Desiderosi di evitare un massacro, avevamo
proposto a Pietrogrado di inviare qui dei delegati imparziali perch
potessero rendersi conto che Kronstadt in lotta per ridare il potere ai
soviet. Ma i comunisti hanno tenuto nascosta la nostra richiesta agli operai
di Pietrogrado e hanno aperto il fuoco contro di noi. questa la risposta
consueta del cosiddetto governo popolare alle esigenze delle masse
lavoratrici. opportuno che gli operai di tutto il mondo sappiano che noi,
ultime sentinelle del potere dei soviet, veglieremo sulle conquiste della
rivoluzione sociale. Noi vinceremo o moriremo sotto le rovine di
Kronstadt, combattendo per la causa del popolo lavoratore. Soltanto gli
operai del mondo intero potranno giudicarci.
A debellare l'insurrezione fu inviato Tuchacevskij e alle truppe rosse si
unirono molti delegati del congresso, i lavori del quale erano stati
precipitosamente sospesi.
Ancora dalle pagine dell'Izvestija di Kronstadt: Oggi si scava un'altra
tomba sulla piazza dell'Ancora a Kronstadt. su questa piazza che sono
state poste le prime pietre della terza rivoluzione; l che sono sepolti i
primi eroi morti nella lotta. Fratelli, per le nostre idee essi giaceranno nella
tomba comune. Saranno calate venti bare rosse con dentro i corpi dei
nostri difensori. Queste bare rosse sono il simbolo del sangue versato nella
lotta. Il simbolo dell'incendio rivoluzionario che spazza via dalla sua strada
tutti quelli che osano alzare la mano contro la volont del popolo. Esso
rianima la fiamma della libert.
Lenin, il quale aveva capito perfettamente la situazione, comment: Ci
eravamo spinti troppo avanti e non ci eravamo assicurati una base
sufficiente. Le masse avevano intuito ci che noi stessi non riuscivamo
ancora a esprimere in forma cosciente e concreta, cio il passaggio diretto
a forme puramente socialiste, alla distribuzione puramente socialista, era
un compito superiore alle nostre forze, e che un disastro ci avrebbe
minacciato se non fossimo stati capaci di ritirarci e limitarci a compiti pi
Ivan Lantos
132
facili.
L'economia di guerra venne sostituita con la cosiddetta nuova politica
economica, meglio conosciuta con la sigla NEP. Secondo la definizione di
Stalin, convinto assertore del nuovo corso economico, la NEP era una
particolare politica dello stato proletario, intesa a tollerare il capitalismo,
ma a conservare nelle mani dello stato proletario le posizioni chiave. La
NEP mira alla lotta tra elementi capitalisti e socialisti, all'incremento
dell'importanza degli elementi socialisti a scapito di quelli capitalisti,
all'abolizione delle classi e a gettare le fondamenta di un sistema
economico socialista.
L'iniziativa privata era limitata alla piccola industria e al commercio; i
trasporti e i servizi pubblici in genere e la grande industria erano invece
propriet dello Stato. Si cercava d'incoraggiare gli investimenti industriali
stranieri in Russia. La normale tassazione, prima in natura e
successivamente in denaro, doveva sostituire, nelle campagne, il sistema
della requisizione delle derrate alimentari. Doveva essere stabilizzato, sia
sul mercato valutario interno, sia su quello internazionale, il valore del
rublo.
Se, in un primo tempo, la NEP si rivel un buon sistema economico
riferito alla classe lavoratrice, successivamente essa fin con l'esprimere
una nuova classe di potere, quella degli industriali di Stato, d'origine
borghese, infiltrati nella gerarchia politica, insomma una classe di
privilegiati, scollegata dalle masse.
Edward Carr in Storia della Russia sovietica, osserva: La politica del
lavoro della NEP somigliava a quella di un'economia capitalistica per il
modo in cui, consapevolmente o no, essa si serviva della disoccupazione
come strumento per la tutela della disciplina e la direzione del lavoro.
Secondo quelle che furono in un secondo tempo accettate come statistiche
ufficiali, il totale degli operai disoccupati sal rapidamente da mezzo
milione nel settembre 1922 a un milione e duecentocinquantamila alla fine
del 1923, e nel 1924 era ancora cresciuto.
CAPITOLO X
IL POTERE
Al 3 aprile 1922, alla chiusura dell'XI congresso, Josif Vissarionovic
Ivan Lantos
133
134
135
136
137
138
139
140
141
142
143
144
insinuare pesanti sospetti sul ruolo avuto da Stalin nel decesso, peraltro
ipotizzato dai medici, del povero Frunze. Quale che sia la verit, resta il
fatto che fu Stalin a mettere nelle mani del chirurgo il bisturi. Frunze lasci
erede del commissariato della Guerra Klim Voroscilov, uomo di Stalin.
Kamenev e Zinoviev, ormai consapevoli della loro malasorte, cercarono
di attaccare Stalin al quattordicesimo congresso del partito, alleandosi con
Trotskij e cercando appoggi nel gruppo bolscevico di Leningrado, nome
che era stato dato, dopo la morte di Lenin, all'ex capitale imperiale
Pietrogrado. Stalin si appoggi a nuovi alleati: Bucharin, Rykov e Tomskij
e accus gli ex triumviri d'essere disertori e crumiri. L'opposizione
antistalinista si trov in minoranza. Stalin invi a Leningrado un uomo di
sua fiducia, Sergej, Kirov con lo scopo di ristabilire la disciplina tra i
bolscevichi di quella citt e la missione ebbe successo.
Nel luglio 1926 Zinoviev venne espulso dal Politburo ed estromesso
dalla carica di presidente dell'Internazionale comunista. Nell'ottobre del
1927, Trotskij e Zinoviev vennero allontanati dal comitato centrale e nel
novembre dal partito. In quello stesso mese venne estromesso dal comitato
centrale anche Kamenev. Nel dicembre 1927, Kamenev e Zinoviev
ammisero i propri errori, ritrattarono e chiesero d'essere riammessi nel
partito.
Trotskij non si pieg, con il risultato che nel 1928 venne esiliato ad
Alma Ata, nel Kazakistan, al confine con la Cina e, un anno dopo, espulso
dall'Unione Sovietica.
L'espulsione di Trotskij e Zinoviev dal partito ebbe anche una vittima
innocente e laterale: Adolf Joffe, un vecchio bolscevico di 47 anni,
esponente di spicco del commissariato per gli Affari esteri che si suicid
con un colpo di pistola alla testa nel suo ufficio del Cremlino. Un estremo
gesto di protesta come scrisse in una lettera contro coloro che hanno
ridotto il partito in uno stato tale da impedire qualsiasi reazione contro
l'obbrobrio dell'espulsione di Trotskij e Zinoviev. Joffe chiedeva anche a
Trotskij di combattere contro l'usurpatore Stalin con tutti i mezzi
solitamente adottati dai rivoluzionari per abbattere i nemici del popolo.
L'asse Stalin, Bucharin, Rykov, Tomskij non resse a lungo e si frantum
in circostanze analoghe a quelle che avevano portato alla liquidazione
della troika (Stalin, Zinoviev, Kamenev). Il copione prevedeva che gli
alleati resi inutili dopo il raggiungimento di un determinato obiettivo
fossero gettati a mare. Stalin, questo vero, non s'era servito dei suoi
Ivan Lantos
145
nuovi pretoriani soltanto per basse manovre di potere. Aveva, per esempio,
sostenuto la politica economica elaborata da Bucharin il quale riteneva,
esattamente all'opposto di Trotskij, che l'industrializzazione dovesse essere
un processo graduale. Si trattava di una politica errata e che non teneva
conto delle esigenze di una corretta pianificazione.
In agricoltura, Stalin mostr una certa predilezione per i contadini ricchi,
i cosiddetti kulaki, concedendo loro sgravi fiscali e agevolandoli negli
obblighi d'assunzione dei braccianti. Secondo l'idea di Bucharin un
potenziamento del capitalismo agrario avrebbe agevolato gli
approvvigionamenti.
Gli errori si sommavano agli errori: nel gennaio del 1928 l'ombra scura
della carestia minacciava la Russia. La produzione di grano era stata di due
milioni di tonnellate inferiore al fabbisogno.
Stalin invert improvvisamente rotta. I kulaki furono accusati di essere
nemici della rivoluzione e affamatori del popolo e contro essi vennero
presi durissimi provvedimenti repressivi.
Il fallimento della politica economica fu il pretesto per bandire il gruppo
Bucharin, Rykov, Tomskij. Bucharin che aveva capito bene la situazione
era terrorizzato. Stalin scrisse un intrigante senza principi che
subordina tutto alla brama del potere. Pu cambiare parere da un momento
all'altro, a seconda della persona della quale si vuole sbarazzare. Adesso
temporeggia per poterci strangolare meglio. Ci strangoler.
Allontanati dalle loro cariche i reprobi cercarono di ottenere il perdono
con un'umiliante autocritica che per non serv a nulla in quanto giudicata
assolutamente insufficiente dal congresso del partito nel 1929. Insomma
non c'era nessuna possibilit di remissione. Il ciclone delle grandi purghe
degli anni Trenta travolse anche fisicamente Bucharin e Rykov condannati
a morte e Tomskij che si suicid.
Nel 1929, Stalin era il padrone del partito e della Russia: dietro di lui si
schieravano gli oltre seicentomila iscritti al partito (e c'era un mezzo
milione di candidati), l'impero dello zar rosso rappresentava un sesto del
mondo.
Se Lenin era stato il primo dio ammesso nell'olimpo ateo del
materialismo storico e c'era salito dopo la morte, il processo di
deificazione di Stalin incominci quasi subito come dimostrano queste
reboanti attestazioni.
Kruscev (i tempi del XX congresso erano lontani): Lunga vita al genio
Ivan Lantos
146
che si erge come una torre su tutta l'umanit, al maestro e alla guida che ci
conduce vittoriosamente al comunismo. Lunga vita al nostro amato
compagno Stalin!. Lo scrittore Avdienko: Scrivo libri. Sono uno
scrittore; grazie a te, grande educatore, Stalin. Amo una donna e
perpetuer la mia vita nei miei figli; grazie a te, grande educatore, Stalin.
Ogni cosa ti appartiene, o capo del nostro grande paese. Quando la donna
che amo mi regaler un figlio, la prima parola che io pronuncer in quel
momento sar: Stalin!.
Un anonimo agiografo: O grande Stalin, o capo dei popoli, tu che fai
nascere l'uomo, tu che fecondi la terra, tu che ringiovanisci i secoli, tu che
fai fiorire la primavera, tu che fai vibrare la cetra, tu, sole riflesso da
migliaia di cuori.
E ancora: Le stelle dell'aurora obbediscono al tuo volere, il tuo estro
meraviglioso arriva fino al cielo, il tuo ingegno scandaglia l'oceano
profondo. Nel 1929 venne anche varato il primo piano economico
quinquennale: potenziamento della produzione di carbone, dell'acciaio,
dell'energia elettrica.
Riorganizzazione della rete di trasporti. Controllo della produzione
agricola attraverso la collettivizzazione.
Alcuni anni dopo Charles de Gaulle commentava: Solo di fronte alla
Russia, Stalin la vide misteriosa, pi forte e pi duratura di tutte le teorie e
di tutti i regimi. A modo suo l'am. Anch'essa lo accett come uno zar per
tutto un terribile periodo e sopport il bolscevismo per servirsene come di
uno strumento. Unire gli slavi, schiacciare i tedeschi, estendersi in Asia,
accedere ai mari liberi, erano i sogni della patria e divennero i fini del
despota. Due le condizioni per riuscirvi: fare del paese una grande potenza
moderna cio industriale e, al momento opportuno, vincere in una guerra
mondiale.
CAPITOLO XI
LA TRAGEDIA
Dopo che la prima moglie di Stalin, Keke Svanidze, era morta, Josif
Iremashvili aveva scritto: Dal giorno in cui seppell la moglie, egli perse
le ultime vestigia del sentimento umano. Il suo cuore si riemp dell'odio
inalterabile che il padre aveva cominciato a generare in lui quando era
Ivan Lantos
147
ancora bambino. Spietato con se stesso, lo divenne anche con tutti gli
altri.
Gi, Stalin aveva molto amato Ekaterina Svanidze, una donna fatta su
misura per lui, modesta, sottomessa, un autentico modello di moglie
georgiana. Quando la tubercolosi l'aveva uccisa, aveva giurato sulla sua
tomba che non avrebbe pi amato nessuna.
E Nadezda Alliluieva? Essa fu protagonista d'una tragedia che ebbe
origine con ogni probabilit dalla durezza di cuore di Stalin e che non si
limit all'ambito privato della vita familiare, ma ebbe anche un fosca
connotazione politica.
Svetlana Stalin, la primogenita del georgiano e di Nadia Alliluieva, ha
alzato il sipario sulla vicenda.
La mamma non era, n poteva essere felice con lui scrive Svetlana.
Ma anche per mio padre lei era una donna troppo complicata, troppo fine,
troppo esigente. Egli era soddisfatto poich la mamma era una brava donna
di casa e i bambini erano puliti e ordinati, ma le sue aspirazioni, le sue
opinioni, il suo spirito d'indipendenza gli procuravano soltanto irritazione.
Una donna moderna, indipendente nel pensare, che difendeva la propria
concezione dell'esistenza, gli sembrava qualche cosa di innaturale in casa
sua. pur vero che ufficialmente egli s'espresse spesso a favore della
parit femminile, soprattutto quando ci serviva a spronare le masse al
lavoro. Le sue affermazioni come: "Le donne nei kolchoz sono una grande
forza" facevano bella mostra di s in tutti circoli dei villaggi. Ma in casa
propria le sue affermazioni erano totalmente diverse.
Da Nadezda, Stalin aveva avuto un figlio maschio, Vassilij, detto Vasja,
e una femmina, Svetlana, appunto, che era solito chiamare Setanka
(passerotto). Alla famiglia s'era riunito anche Jakov, il figlio avuto da
Keke Svanidze. Era un giovanotto di ventiquattro anni, dal carattere
difficile, allevato, in Georgia, dal fratello della sua defunta mamma,
Aleksandr Svanidze. Quasi coetaneo della matrigna, aveva trovato in lei
quell'affetto e quella comprensione che il padre continuava a negargli.
L'unica preoccupazione di Stalin era stata quella d'avviarlo agli studi
d'ingegneria ai quali per Jakov s'applicava ben poco. I calcoli che
preferiva erano quelli delle traiettorie delle palle sul tavolo del biliardo,
passione che condivideva con il figlio del capo della polizia segreta
Ghepeu, Menzinskij. I rapporti tra padre e figlio erano improntati a una
perenne tensione che talvolta esplodeva in aperti conflitti. Pare addirittura
Ivan Lantos
148
149
150
151
parte sua moglie, non esistono per lui, altre testimonianze accreditano
uno Stalin assai diverso.
Gi nel 1927 s'era verificata una crisi familiare profonda, quando
Nadezda, scoperta una relazione dell'illustre marito con una cantante
georgiana, aveva minacciato di uccidersi se l'adulterio non fosse
immediatamente cessato.
La cantante era stata diplomaticamente esiliata nel consolato sovietico
di Kandahar, in Afghanistan. L'episodio non fu che uno dei tanti analoghi,
anche se meno drammatici e, secondo alcuni personaggi vicini a Stalin, gi
dopo la nascita di Svetlana, marito e moglie dormivano in camere separate.
Ma il distacco di Nadezda dal marito pi che a causa di dispiaceri di
cuore divenne pi serio e radicale per motivi morali e politici. Essa non
aveva potuto dimenticare quanto aveva appreso, quasi clandestinamente,
dai compagni di scuola dell'Accademia sulle condizioni del popolo russo e
successivamente divenne un'attenta osservatrice di quanto avveniva nel
paese che i dirigenti volevano far passare per una culla di democrazia, per
il paradiso dei lavoratori, ed era invece uno stato poliziesco nel quale ogni
cittadino viveva in un regime di libert provvisoria.
Accadde nei primi mesi del 1931. Un'amica di Nadezda Alliluieva, Zoia
Mossina, funzionarla della sezione codici segreti del commissariato degli
Affari esteri, venne accusata di essere una spia al soldo delle potenze
capitalistiche occidentali. Nadezda era certa che l'amica fosse innocente,
qualcun altro, nell'ambito della sezione aveva fornito la chiave dei cifrari,
ma nessuno era disposto a difendere la Mossina. Lo stesso Maksim
Litvinov, commissario (cio ministro) degli Affari esteri, il quale
conosceva la verit e il nome della vera spia (un impiegato d'origine
polacca di nome Vinogradov), non ebbe il coraggio di contraddire i
sospetti, anzi le certezze degli uomini della Ghepeu. Invano Nadezda lo
preg personalmente di intervenire per salvare l'amica, Litvinov si
comport da Ponzio Pilato, cercando di restare il pi estraneo possibile alla
faccenda.
Zoia Mossina venne deportata in un gulag nella provincia di Vologda, la
stessa dove era stato esiliato (dal regime zarista) anche Stalin. Il campo
7, questo il nome del luogo di detenzione, era noto come uno dei pi duri
tra quelli esistenti, al quale erano destinati i dissidenti, membri del partito e
dell'apparato statale accusati di congiura contro il popolo. La vita di
coloro che venivano inviati al campo 7 che si trovava sotto il controllo
Ivan Lantos
152
153
154
155
palazzo dei Sindacati, dove c'erano stati quelli di Lenin. I membri del
Politburo e del governo sfilarono davanti al feretro aperto, al popolo non
fu invece consentito di vedere la piccola padrona del Cremlino; i sudditi
di Stalin le rivolsero l'ultimo saluto dopo che il coperchio era stato
inchiodato sulla bara.
L'atteggiamento di Stalin durante i funerali fu quello d'un uomo irritato
da un improvviso contrattempo. Ci fu chi sostenne che egli fosse
estremamente preoccupato per una serie di lettere che Nadezda aveva
scritto e spedito prima di uccidersi: si trattava di pesanti documenti
d'accusa sia personali, sia politici. Se queste lettere ci furono davvero, esse
furono anche tempestivamente intercettate e distrutte e tutti coloro che
erano venuti a conoscenza del loro contenuto compromettente per
l'immagine di Stalin, eliminati.
L'11 novembre 1932, poco dopo le ore 14, il corteo funebre s'avvi
attraverso la piazza Rossa. Il feretro era portato a spalla da alcuni membri
della famiglia Alliluiev, da Molotov, Kaganovic e Jenukidze, Stalin lo
seguiva a piedi.
In un primo tempo egli aveva assicurato che avrebbe seguito a piedi la
bara della moglie fino al cimitero Novedevichij, in un convento nei
sobborghi di Mosca e ci aveva indotto Jagoda a predisporre un imponente
servizio di sicurezza che aveva previsto anche lo sgombero degli edifici,
sia uffici, sia abitazioni sul percorso del corteo. Poi Stalin aveva cambiato
idea e aveva raggiunto il cimitero in automobile.
La gente di Mosca si chiedeva perch la moglie di Stalin non venisse
sepolta insieme con gli eroi della rivoluzione e i maggiorenti del partito
nella piazza Rossa.
La risposta non rivela affatto, come qualcuno avrebbe voluto, un
supremo atto d'offesa nei confronti della scomparsa: furono invece i vecchi
genitori di Nadezda a chiedere che i suoi resti non fossero cremati ma
affidati alla terra, secondo l'antica usanza russa, nel piccolo cimitero dove
riposavano anche la prima moglie di Pietro il Grande, lo scrittore Anton
Cechov, i musicisti Rimskij-Korsakov e Scriabin.
Lazar Kaganovic pronunci poche parole a nome del partito, il professor
Kalashnikov parl a nome dei docenti e degli allievi dell'Accademia
industriale dove, quell'anno, Nadezda avrebbe dovuto diplomarsi. Poi
qualche palata di terra copr la bara nella quale giaceva Nadia Sergievna
Alliluieva Stalin figlia di un operaio rivoluzionario, compagna
Ivan Lantos
156
CAPITOLO XII
LA CRISI
Stalin certamente non aveva amato Nadezda Alliluieva, quantomeno non
l'aveva amata come Keke Svanidze, ma incontrovertibile che nelle
settimane seguite ai funerali della seconda moglie egli parve estremamente
provato, come testimoniano tutti coloro che lo videro alle due sole
apparizioni pubbliche di quel periodo: la riunione del comitato centrale al
quale rifer sui risultati del primo piano quinquennale e la
commemorazione della morte di Lenin.
Abbandon l'appartamento nel quale Nadia s'era tolta la vita e si trasfer
nel palazzo del Senato, in un'abitazione che confinava con la sala di
riunione del Politburo e quella del Consiglio dei commissari. Rinunci
Ivan Lantos
157
anche alla dacia di Zubalovo e si fece costruire una villa tutt'altro che
sontuosa a Kuntsevo, pi vicino a Mosca, che divenne, nel tempo, la sua
residenza principale. La sua vita casalinga si svolgeva tutta in una sola
stanza: dormiva su un divano-letto accanto al quale c'era un tavolino
ingombro di apparecchi telefonici, un altro tavolo grande gli serviva come
piano d'appoggio per lavorare e per consumare i pasti.
Dei figli pi piccoli, Vassily e Svetlana s'occupava poco limitandosi a
cenare insieme con loro la sera.
Amareggiato per la morte della moglie che considerava forse un atto di
trasgressione nei propri confronti, consapevole dell'insuccesso del piano
quinquennale, Stalin propose al Politburo le dimissioni. Forse sono
diventato un ostacolo per l'unit del partito disse per giustificarsi in
questo caso, compagni, sono pronto a scomparire. I membri del Politburo,
tutti fedeli a Stalin dopo che gli elementi di destra erano stati epurati, lo
guardarono esitanti e imbarazzati. Nessuno di loro si sentiva in grado di
rispondere: Vattene, nessuno riusciva a trovare parole diverse, adeguate
al momento. Soltanto Molotov, insolitamente emozionato, riusc a
mormorare: Basta, basta. Avete la fiducia del partito. La crisi era in
questo modo superata, anche se, per qualche mese, Stalin si mostr cupo e
taciturno. Alla successiva seduta del comitato centrale egli parl con
ritrovata sicurezza, anche se non con la consueta grinta. Il partito
afferm ha spronato il paese accelerando la sua corsa in avanti. Eravamo
obbligati a spronare il paese. Esso era arretrato di cent'anni, minacciato da
pericoli mortali.
Alcuni giorni dopo, Stalin ammon contro la situazione che minacciava
le campagne, sia sul piano produttivo, sia sul piano politico. La
collettivizzazione infatti aveva legato i contadini in gruppi che potevano
appoggiare i soviet, ma allo stesso modo avrebbero potuto rappresentare
una forte opposizione organizzata; in questa prospettiva vennero istituite
sezioni rurali del partito destinate a un severo controllo dei contadini.
Un anno dopo, nel 1934, al diciassettesimo congresso del partito, Stalin
pot tracciare le linee della rivoluzione culturale in atto nel paese.
Centoundicimila tecnici agrari avevano svolto un proficuo lavoro nelle
campagne: due milioni di mugichi avevano imparato a servirsi dei trattori
e altri due milioni, tra uomini e donne, avevano appreso, attraverso
appositi corsi d'istruzione, le tecniche d'amministrazione delle aziende
agricole collettive. L'analfabetismo era stato ridotto ad appena il dieci per
Ivan Lantos
158
159
160
161
162
163
Ivan Lantos
164
CAPITOLO XIII
LA GUERRA E IL DOPOGUERRA
Adolf Hitler era determinato a invadere la Polonia, ma temeva che
Francia e Inghilterra potessero contrastare con le armi i suoi progetti
espansionistici, di conseguenza le manovre d'avvicinamento di Stalin non
lo trovavano indifferente. Un accordo con il dittatore sovietico l'avrebbe
certamente garantito a oriente; Stalin, da parte sua, era convinto che
l'atteggiamento cauto, quasi accomodante delle potenze occidentali nei
confronti di Hitler non dipendesse tanto da debolezza, quanto piuttosto da
una diabolica strategia: erano tutti d'accordo, egli pensava, per deviare da
occidente il ciclone nazista dirigendolo sulle steppe russe.
Incominci cos un balletto diplomatico, una specie di gioco dei quattro
cantoni, tra Mosca, Londra, Parigi e Berlino.
Alla fine, tenuto conto delle incertezze e delle riserve morali d'inglesi e
francesi, il gioco venne condotto da Molotov, sostituito al commissariato
degli Affari esteri a Litvinov, ebreo del quale Stalin non si fidava del tutto
e dal conte von Schulenburg, ambasciatore del terzo Reich a Mosca.
Il diplomatico tedesco, alla fine del luglio 1939, invi al suo governo
una nota telegrafica nella quale scriveva: La mia impressione generale
che il governo sovietico si attualmente deciso a firmare un accordo con
l'Inghilterra e con la Francia, a patto che esse accolgano tutti i desiderata
dei sovietici.
Qualche giorno dopo per la situazione era di fatto cambiata: Hitler
intendeva dare contenuti reali all'amicizia con Stalin. Il 3 agosto
l'ambasciatore von Schulenburg consegn a Molotov un messaggio del suo
collega tedesco il ministro Ribbentrop che prometteva rispetto per gli
interessi sovietici in Polonia e negli Stati baltici.
Stalin scrive Isaac Deutscher prese allora la sua decisione. Tutto
sommato il suo scopo immediato era restare fuori della guerra.
Il 23 agosto 1939, Stalin e il ministro degli Esteri nazista Joachim von
Ribbentrop firmarono, a Mosca, un patto di non aggressione e di neutralit
nel caso che uno dei due paesi si fosse trovato coinvolto in una guerra.
Il patto nazi-sovietico aveva spiazzato i partiti comunisti dell'Europa
occidentale aderenti al Comintern: Maurice Thorez, il segretario generale
dei comunisti francesi, aveva espresso con estrema chiarezza quale sarebbe
stato l'atteggiamento del suo partito nel caso di azioni aggressive da parte
Ivan Lantos
165
166
non gli era da meno: il 13 aprile stipul un patto di non aggressione con il
governo nipponico in modo tale da garantirsi dall'eventuale pericolo di un
fronte estremo orientale.
Il 22 giugno 1941, le truppe di Hitler sfondarono il confine sovietico:
Stalin non aveva voluto credere ai segnali d'allarme che Richard Sorge, un
giornalista tedesco in missione a Tokio, da diciassette anni agente dello
spionaggio sovietico, gli aveva inviato. Secondo Stalin, poche settimane
prima dell'invasione tedesca, il povero Sorge era un visionario, e le notizie
che egli con scrupolo inviava a Mosca erano da ritenersi false, insensate e
provocatorie.
I fatti per davano ragione a Sorge e a tutti coloro, come gli agenti del
servizio segreto inglese, che avevano quantomeno tentato di mettere in
stato di allerta Stalin.
Il 3 luglio 1941, egli cerc di fornire giustificazioni al popolo russo. In
un discorso radiofonico disse: Compagni, probabile che vi stiate
chiedendo come il governo sovietico abbia potuto concludere un patto di
non aggressione con gente cos perfida, con autentici mostri come Hitler e
Ribbentrop. Certamente un dubbio vi tormenta: stato un errore?
Naturalmente non si trattato di uno sbaglio. Abbiamo assicurato un anno
di pace al nostro popolo e quest'anno ci ha consentito di apprestare le forze
per difenderci nel caso la Germania nazifascista avesse osato aggredirci
nonostante il patto. Questo ha senza dubbio rappresentato un vantaggio per
noi.
L'avanzata delle truppe tedesche sul territorio russo fu rapida: settecento
chilometri in meno d'un mese: sembrava ripetersi la situazione che s'era
verificata centotrent'anni prima quando Napoleone aveva tentato di
conquistare e sottomettere le estreme propaggini orientali d'Europa. Stalin
seppe rileggere e rendere nuovamente attuali quelle pagine di storia: cos
come nel 1812, il popolo russo avrebbe trovato il modo di difendersi
vittoriosamente dall'invasore.
Della resistenza Stalin divenne il simbolo e il supremo condottiero
concentrando nelle proprie mani tutto il potere decisionale. Scrive Isaac
Deutscher: ... faceva tutto da s... Dal suo tavolo, in costante contatto con
i comandi dei diversi fronti, Stalin seguiva e dirigeva le operazioni... Dopo
una giornata tempestosa, tutta trascorsa tra rapporti militari, decisioni
operative, istruzioni economiche e sondaggi diplomatici, all'alba si curvava
sugli ultimi dispacci dal fronte o su qualche rapporto confidenziale sul
Ivan Lantos
167
morale della popolazione. Cos continu Stalin giorno per giorno, per tutti
i quattro anni della guerra: un prodigio di pazienza, di fortezza e di
vigilanza, quasi onnipresente, quasi onnisciente.
Nel novembre del 1941, i tedeschi erano a una trentina di chilometri da
Mosca; Hitler aveva ordinato di distruggere il Cremlino, ma nella fortezza
assediata era rimasto soltanto Stalin. Aspettava l'arrivo del tradizionale
alleato dei russi in tutte le guerre, quel generale inverno contro il quale
ben poco avrebbero potuto le centonovanta divisioni germaniche, i loro
oltre tremila carri armati e altrettanti aerei. Il prezioso alleato arriv e la
sua offensiva fu dura: l'8 dicembre le condizioni meteorologiche erano tali
da costringere Hitler a ordinare la sospensione delle operazioni. Non si
sarebbe mai aspettato che il suo avversario avrebbe contrattaccato.
Dopo una battaglia durissima le armate tedesche furono costrette a
ripiegare. A Stalin non riusc di annientare il nemico, ma Mosca era salva
e i nuovi alleati, Winston Churchill e Franklin Delano Roosevelt, furono
costretti a prendere atto dei meriti di Stalin, dovettero riconoscerne
l'abilit, ammettere che era stato l'artefice della prima seria sconfitta dei
tedeschi in quella guerra, garantirgli il loro appoggio.
Poco meno di un anno dopo, il 19 novembre 1942, Stalin scaten quella
che si deve considerare la controffensiva chiave, decisiva, per gli esiti
della seconda guerra mondiale: Stalingrado, parola che evoca terrori
apocalittici, ma anche esaltanti immagini di vittoria.
Il 6 dicembre, Stalin scriveva a Churchill: Sia a Stalingrado, sia sul
fronte centrale, i combattimenti si sviluppano. A Stalingrado abbiamo
accerchiato un forte gruppo di truppe tedesche e speriamo di condurre a
termine l'accerchiamento.
La pi grande battaglia di tutta la seconda guerra mondiale si concluse il
2 febbraio 1943, per Hitler era l'inizio della fine. Il contrattacco di Stalin
da oriente verso occidente si concluse soltanto nel maggio del 1945, a
Berlino. Vittoriosamente.
Il 6 febbraio 1943, ancora Stalin a Churchill: Vogliate gradire i sensi
della mia gratitudine per le amichevoli espressioni di congratulazione per
la resa di von Paulus e della vittoriosa conclusione dell'annientamento dei
tedeschi accerchiati a Stalingrado.
I costi della vittoria furono, per l'Unione Sovietica, altissimi sia in
termini economici, sia in sacrifici umani: i caduti sui fronti della guerra, i
deportati nei campi di sterminio tedeschi, i civili. Anche Stalin pag il suo
Ivan Lantos
168
personale tributo all'angelo sterminatore. Jasha, il figlio che gli aveva dato
la prima moglie, Keke Svanidze, perse la vita in un lager nazista, Vassily,
avuto da Nadezda Alliluieva, cadde nella spirale dell'alcolismo.
Il fatto che durante la guerra Jasha fosse caduto prigioniero, per suo
padre era soltanto una vergogna agli occhi del mondo scrive nelle sue
memorie Svetlana Alliluieva Stalin. In Unione Sovietica questo fatto
venne taciuto. Quando un giornalista straniero pose a mio padre una
domanda precisa a questo proposito, egli rispose che non c'erano
prigionieri russi nei lager tedeschi, ma soltanto traditori russi. "Di loro ci
occuperemo non appena sar finita la guerra". Quanto a Jasha, rispose:
"Non ho nessun figlio con questo nome". Jasha fu estremamente colpito e
abbattuto da questa notizia che venne riferita in una trasmissione radio per
prigionieri. Secondo molti testimoni, in prigionia s'era comportato come
spettava a un ufficiale, difendendo le buone ragioni del suo paese. Ma quel
giorno cerc la morte e mor gettandosi sul filo spinato percorso
dall'elettricit.
Certamente il destino di Vassily Josipovich Giugashvili, figlio minore di
Stalin, avrebbe potuto essere diverso da quello del suo sfortunato
fratellastro. Vassily, all'inizio della guerra, incominci una folgorante
carriera d'ufficiale d'aviazione: da membro dello Stato maggiore a
comandante di corpo d'armata aerea. A trent'anni era generale, ma era
anche giunto per misteriosi percorsi, forse l'eccessivo peso delle
responsabilit, forse l'ereditariet del nonno paterno, all'estremo
dell'alcolismo. Stalin stesso fu costretto a destituirlo.
Se con Lenin la Russia aveva avuto il suo semidio, ora con Stalin
aveva trovato il suo eroe circonfuso d'una aureola di gloria. Ma Stalin, al
quale peraltro il ruolo non dispiaceva, era anche un uomo estremamente
pratico per farsi irretire e immobilizzare dal ruolo.
Gi nel corso della guerra, trattando con i suoi alleati inglesi e americani
a Teheran i futuri assetti dell'Europa, aveva gettato i semi di una nuova
guerra, questa volta non cruenta e combattuta a distanza dai palazzi: un
conflitto che avrebbe, talvolta drammaticamente, opposto il blocco dei
paesi socialisti a quello dei paesi capitalisti. Nel febbraio del 1945, a Yalta,
la svendita del mondo tra i grandi compratori Stalin, Churchill e
Roosevelt, si svolse in un clima di apparente armonia, il nodo della guerra
legava ancora i tre personaggi a comuni interessi.
Dal 1945 al 1948 Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria, Romania e
Ivan Lantos
169
CAPITOLO XIV
MORTE PER EMORRAGIA?
Il 5 marzo 1953 l'agenzia ufficiale della stampa sovietica, la Tass,
annuncia al mondo intero che Stalin morto.
Lo ha stroncato, secondo i referti medici, un'emorragia cerebrale che lo
aveva colpito sei giorni prima. Alle nove e trenta del mattino il decesso.
Stalin aveva settantatr anni. Intorno al cadavere del dittatore si scaten la
ridda delle pi disparate ipotesi. Qualcuno insinuava con insistenza che
fosse stato ucciso dai suoi stessi collaboratori.
Finiva un uomo, incominciava un mito. Nel bene e nel male.
A Stalin, alla testa dell'immenso impero russo, successe Malenkov,
primo proconsole. Ma il potere gli rest nelle mani per poco.
A Malenkov successe Krusciov. Tra il 14 e il 15 febbraio, al ventesimo
Ivan Lantos
170
Ivan Lantos
171