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ABERRATIO DELICTI

1) La seconda ipotesi di reato aberrante espressamente disciplinata in via generale dal codice
penale l'aberratio delicti, consistente in una deviazione del processo causale con
diversit di evento: si determina dunque, a seguito della discontinuit eziologica non
preventivata nel corso della realizzazione del reato, uno iato tra evento voluto ed evento
realizzato.

2) L'ultimo elemento evidenzia la peculiare caratteristica differenziale rispetto alla fattispecie


dellaberratio ictus di cui allart. 82 (criterio dell'eterogeneit dell'offesa realmente
prodotta), della quale ripete invece il requisito tipico dell'errore nell'uso dei mezzi di
esecuzione o dell'altra causa: questa (oltre alla presenza di una clausola espressa di
rinvio all'inizio della norma sull'aberratio delicti) anche la ragione per cui la dottrina
privilegia una lettura sinottica delle due tipologie aberranti, tanto che si parlato di una
derivazione, anche da un punto di vista storico, per partenogenesi dell'art. 83 dall'art. 82.

3) L'istituto stato, per altro profilo, associato alla preterintenzione all'interno di un presunto
genus di responsabilit mediana tra quella dolosa e l'assoluta impunit, fondata su un
modulo di imputazione anomalo, costituito da un elemento soggettivo di un reato non
realizzato connesso all'elemento oggettivo di altro reato non voluto: la ratio comune di tale
categoria sul piano politico-criminale sarebbe la necessit di evitare che una volont
criminosa che non arrivi a materializzare neppure gli estremi del tentativo, a cui segua la
realizzazione di un'offesa penalmente rilevante ma tuttavia divergente dal voluto e non
punibile, perch in concreto non colposa o per mancanza di espressa previsione legislativa
della colpa nella fattispecie de qua, resti del tutto priva di sanzione.

4) Il limite del principio di personalit nella sua dimensione evolutiva (inteso nel senso del
nullum crimen sine culpa) di cui all'art. 27 Cost., peraltro ancora parzialmente inattuato nel
nostro ordinamento, pone ovviamente una cesura netta alla possibilit di snaturare il volto

del rimprovero penale sacrificando la necessit di colpevolezza nell'incriminazione, in


funzione del rafforzamento della razionalit generalpreventiva.

5) Quanto agli elementi di fattispecie dell'aberratio delicti, si discute anzitutto se il termine


evento di cui all'art. 83 vada inteso in senso naturalistico (giacch la norma parla di
evento cagionato) o in senso giuridico (nell'accezione ristretta di profilo oggettivo
esterno dell'offesa, e non quale generale contenuto lesivo dell'illecito).

6) In proposito si puntualizza che la dicotomia di voluto e realizzato configurata dall'art. 83


si deve riflettere anche sulla funzione dell'evento, e quindi, almeno a una prima
impressione, sul suo valore semantico: l'evento voluto si caratterizza appunto quale oggetto
del dolo (in una significazione dunque giuridica), l'evento divergente rileva invece quale
conseguenza della condotta aberrante (in una dimensione prettamente naturalistica);
esclusa la configurabilit di una duplice significazione di uno stesso termine all'interno della
medesima norma (che, gi evidentemente insostenibile per ragioni di logica, oltre tutto
renderebbe impraticabile il raffronto tra i due eventi, trattandosi di realt radicalmente
eterogenee, raffronto necessario, come detto, per distinguere aberratio delicti da aberratio
ictus), la soluzione pi plausibile, accolta da autorevole dottrina, sembra essere nel senso
dell'accoglimento della dimensione giuridica dell'evento.

7) Si detto del criterio dell'eterogeneit dell'evento: quest'ultimo deve essere eterogeneo


rispetto a quello che la fattispecie-base intende evitare vietando il comportamento doloso,
purch la diversit non dipenda da mutamento delle condizioni o qualit personali
dell'offeso, o da rapporti tra offeso e colpevole, altrimenti si ricade nell'aberratio ictus. Pi
esattamente, ai sensi della clausola di riserva stabilita dall'art. 83 in favore dell'applicazione
dell'art. 82, rispetto ai beni giuridici tutelati dalla norma e offesi dal delitto che
richiesta la relazione di eterogeneit: non potr considerarsi perci diverso l'evento meno
grave di quello voluto incidente su un bene la cui tutela gi assorbita in quella di cui al
reato doloso base voluto: es. A vuole uccidere B, ma provoca lesioni a C per errore nel
processo attuativo della volont, art. 82.

8) In senso contrario al criterio dell'omogeneit-eterogeneit dell'offesa come connotato


dell'evento diverso si , nondimeno, evidenziato il fatto che esso sancirebbe la sostanziale
disapplicazione clausola di riserva (fuori dei casi previsti...) di cui all'art. 83, che
stabilisce proprio l'esclusione dell'applicazione della norma stessa nei casi in cui la
divergenza tra voluto e realizzato sia confgurabile come aberratio ictus: infatti, gi in s
l'art. 82 disciplina solo l'ipotesi di offese omogenee, e non di offese eterogenee, perci la
clausola che apre l'art. 83 sarebbe del tutto inutile (cos una dottrina, che parte dal
presupposto per cui l'art. 83 rappresenterebbe, in realt, una disposizione generale atta a
disciplinare tutte le ipotesi di divergenza sotto qualsiasi aspetto dell'evento
concretamente realizzatosi, con l'eccezione di quelle che si appuntino sull'identit
personale, regolamentate dall'art. 82 in ragione della clausola suddetta: e cos reputa doversi
ridescrivere il volto della tipologia aberrante non solo attraverso raffronto interno delle
due norme, ma identificando la ratio e la sfera applicativa di tutte le norme che si iscrivono
nella generale problematica della divergenza astratta tra voluto e realizzato [oltre agli artt.
82 e 83, anche gli artt. 47, 2 co., 49, 3 co., ecc.], di tal che l'art. 83 opererebbe come
norma di chiusura, il cui contenuto andrebbe desunto per esclusione dagli altri istituti,
come limite estremo della responsabilit penale per le ipotesi di divergenza al di l del
quale c' l'assoluta impunit).

9) Non si , peraltro, mancato di sottolineare come la comparazione tra eventi o beni giuridici
non sia pertinente in s, ma solo con riguardo alla continenza nell'oggetto del dolo del
profilo strutturale della fattispecie su cui cade la divergenza: si avr, perci, aberratio delicti
quando la divergenza tra voluto e realizzato si appunti su uno degli elementi oggettivi
che rientrino nell'oggetto del dolo (onde il delitto di omicidio e quello di lesioni personali
non possono considerarsi eterogenei quanto ad offesa, poich entrambi si appuntano sulla
medesima oggettivit giuridica, per cui il dolo dell'offesa contenuta nel primo assorbe quella
del secondo); ecco perch l'offesa realizzata che si ponga in linea di progressione rispetto a
quella ideata non pu essere ritenuta non voluta, quindi potr rientrare nell'aberratio ictus,
proprio in ragione della clausola di apertura dell'art. 83.

10) Per quel che concerne l'espressione evento diverso da quello voluto, alquanto ambigua,
sembra desumibile dal fatto che l'art. 83 parla di errore nell'uso dei mezzi di esecuzione
del reato, nonch dal rinvio alle regole sul concorso dei reati al 2 co., che l'evento voluto
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deve essere costitutivo di reato (delitto o contravvenzione) e non penalmente lecito: non
rientra pertanto nella previsione dell'art. 83 l'ipotesi di evento lesivo diverso dal voluto,
verificatosi per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione o per altra causa, che consegua a
un'attivit lecita: occorrer in tale ordine di casi fare riferimento ai generali principi in
materia di responsabilit colposa dettati dall'art. 43.

11) , peraltro, necessario verificare se, in effetti, la previsione dell'art. 83 in materia di


imputazione dell'evento diverso: a) sia essenzialmente derogatoria di quanto stabilito dal
codice per l'imputazione colposa ovvero b) assimilabile ai principi generali.

12) L'art. 83 con l'espressione a titolo di colpa sembrerebbe sancire la colpa come requisito
strutturale di fattispecie, nel senso di richiedere rispetto all'evento lesivo diverso dal voluto
l'accertamento positivo della sussistenza dei requisiti tipici dell'imputazione colposa ex art.
43 (inosservanza di regole cautelari, giuridiche o sociali, ricavabili sulla base del criterio
della prevedibilit-evitabilit in concreto e continenza necessaria del fatto cagionato con lo
scopo della norma di diligenza violata, nonch personale attribuibilit al soggetto agente).
Nulla quaestio dunque, pur nell'ambiguit della formula legislativa (meglio sarebbe stato
ovviamente prevedere la responsabilit per anzich a titolo di colpa), rispetto a
un'interpretazione che si attaglierebbe perfettamente al principio della responsabilit
colpevole di cui all'art. 27 Cost.

13) Tuttavia si contestata a tale impostazione una sostanziale portata vanificatrice del
disposto dell'art. 83: la norma infatti perderebbe autonomia e ragion d'essere nel
sistema, sarebbe un'inutile ripetizione di quanto gi disposto dalle regole generali del
concorso (nel caso di specie, tra un reato doloso e uno colposo) e si perverrebbe dunque a
una interpretatio abrogans della stessa. In realt, secondo l'opinione dei critici della lettura
personalistica dell'aberratio delicti, non si pu fare a meno di riconoscere, per ragioni di
logica interna all'ordinamento penale, che l'art. 83 prevede una vera e propria ipotesi di
responsabilit oggettiva, in cui il legislatore punisce secondo la logica del versari in re
illicita con la sanzione prevista per il delitto colposo (ovviamente solo se sussiste l'espressa
previsione di legge ex art. 42 c.p.) un fatto anche non colposo. La funzione della norma
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sarebbe dunque quella di esprimere unicamente un'equiparazione quoad poenam alle


ipotesi di imputazione colposa, di indicare dunque soltanto il modo di disciplina dell'evento
diverso realizzato.

14) Di recente si , invece, ancora ribadito come un'interpretazione non fondata sull'ascrizione
per colpa, oltre a rendere incostituzionale la norma, non rispecchi neppure le intenzioni del
legislatore. A fronte dell'ambivalenza della formula legislativa a titolo di colpa, si
scontrano due opposte istanze: l'opzione oggettivistica risulta conservativa del disposto
legislativo, ma dalla sua adozione discende il mantenimento di un principio incostituzionale
quale quello della responsabilit oggettiva, mentre l'interpretazione opposta comporta
l'abrogazione implicita dello stesso; in tale prospettiva dicotomica, la lettura evolutiva
sarebbe, secondo questo orientamento, senz'altro preferibile, ove non incontri ostacoli di
natura lessicale e logica nella norma; l'impedimento costituito dalla desemantizzazione
dell'art. 83 pu ben essere aggirata ove si accetti di attribuire alla stessa una funzione
meramente chiarificatrice di quanto gi stabilito dall'art. 43 in via generale.

15) Si tratta allora semmai di appurare in che modo ricostruire e quali limiti di operativit
attribuire

al

dovere

di

diligenza

nei

confronti

di

eventi

lesivi

cagionati

involontariamente a terzi nello svolgimento di attivit illecite, tema (quello della c.d.
culpa in re illicita) ricorrente nella letteratura che si occupa di delitti qualificati dall'esito e
di preterintenzione, tenendo conto, peraltro, che nel caso dell'aberratio delicti la condotta
illecita non vietata all'ulteriore scopo di impedire la verificazione dell'evento non
voluto diverso (altra differenza essendo quella costituita dal grado di sviluppo richiesto per
l'azione dolosa di base: nel caso della preterintenzione si tratta di vedere, a seconda della
struttura linguistica e logica delle singole norme, se sia necessaria la sola univocit o anche
l'idoneit o la compiuta realizzazione degli atti nell'esecuzione del delitto di base, laddove
l'art. 83 non richiede l'idoneit e l'univocit degli atti). Lo stesso errore nei mezzi di
esecuzione o l'altra causa andrebbero perci connotati nel significato di violazioni di
regole cautelari (scritte o sociali) dirette alla prevenzione dell'esito effettivamente
realizzatosi.

16) Alla tesi che tenta di ridurre in una prospettiva evolutiva le residue ipotesi di imputazione
fondata sulla base del mero versari si obietta come non si possa superare l'ostacolo di natura
logica costituito dall'assoluta inutilit nell'ordinamento di una norma che ribadisca, sia pure
in funzione chiarificatrice, che l'evento non voluto vada ascritto per colpa secondo i principi
generali.

17) Ancora, si cercato ulteriormente di ricostruire l'istituto dell'aberratio delicti in chiave


colposa interpretando l'inciso errore nell'uso dei mezzi di esecuzione come una forma
di imperizia: tuttavia l'imperizia come qualifica della colpa generica ex art. 43 richiede che
alla violazione di leges artis si accompagni il dovere per l'autore di prevedere ed evitare
l'inosservanza stessa; ancora una volta dunque la lettura in chiave soggettiva-colposa sembra
dovere pagare lo scotto di un'aggiunta surrettizia di elementi non contenuti nell'art. 83 (e,
per quanto si detto, non compatibili con esso).

18) Recentemente si proposta una sorta di criterio d'imputazione per colpa autonomo
rispetto a quanto previsto dall'art. 43 per l'art. 83: secondo tale impostazione la
responsabilit va esclusa solo se il reato diverso da quello voluto dovuto a caso fortuito o
forza maggiore ex art. 45 c.p.; si dovrebbe parlare, dunque, propriamente di responsabilit
colposa, pur in un'accezione peculiare, nel senso che non la positiva prevedibilit ed
evitabilit dell'evento a fondare la responsabilit dell'agente, come stabilito dall'art. 43, 1
co., 3 al., ma, in negativo, la sua imprevedibilit o inevitabilit ad escluderla, secondo
la consueta misura dell'homo eiusdem condicionis et professionis. Fondamentalmente si
tratta di un criterio di imputazione per colpa semplificato dal punto di vista
dell'accertamento in sede processuale, conforme, secondo la tesi, al principio di
personalit della responsabilit penale di cui all'art. 27 Cost., inteso nel suo significato
minimo di prevedibilit ed evitabilit del fatto concretamente posto in essere.

19) Non , tuttavia, parso agevole giustificare una simile conclusione, laddove la stessa
dottrina ad ammettere che il nucleo ispiratore di tale disciplina, in particolare di tale sorta di
presunzione legislativa, sia pure juris tantum (ovvero, se si preferisce, di tale anomalia
processuale costituita dall'inversione dell'onere probatorio a carico dell'autore) allocabile
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nell'esigenza generalpreventiva (legittimata in ragione del maggior disvalore soggettivo di


una condotta diretta dolosamente alla commissione di un reato) riflessa dalla logica del
versari in re illicita. Senza contare che la pretesa di innestare siffatto criterio d'imputazione
asseritamente personale, pur nel significato minimo del termine, su un paradigma che si
definito sostanzialmente apofatico di responsabilit colposa, nel senso che quest'ultima sia
esclusa unicamente dall'accertamento del limite negativo appunto dell'imprevedibilitinevitabilit dell'evento, obliando il profilo, verisimilmente essenziale, dell'effettiva
violazione di regole cautelari (da ricostruirsi rigorosamente in base ai parametri elaborati da
tempo dalla teoria generale della colpa), si inserisce all'interno di certe tendenze, oggi in
espansione sulla scia del dibattito sulla vexata quaestio della responsabilit oggettiva
(soprattutto in seguito alla sent. 364/88 e alla riforma della disciplina delle circostanze), a
ridimensionare quasi il ruolo e la portata del principio di colpevolezza, in modo da poter
celatamente salvare dall'illegittimit costituzionali istituti storici del nostro sistema
suffragandone la ratio e l'esistenza, nell'attesa di una revisione globale dello stesso
ordinamento penale.

20) Interessante parsa, per contro, la prospettiva di valorizzare al massimo delle proprie
potenzialit la figura del fortuito (alla cui evocazione nella fattispecie in esame non par
lecito obiettare che il fortuito sarebbe gi ricompreso nella nozione di altra causa
dell'inciso di cui all'art. 83, giacch la stessa dizione non pu arrivare ad abbracciare quei
fattori, pur compatibili in astratto con essa, che, trovando espressa regolamentazione in
senso simmetricamente opposto a tale significazione, valgono ad interrompere la catena
causale, come appunto il fortuito), in antitesi con certa propensione della giurisprudenza a
interpretare la stessa nel significato ristretto di assoluta imprevedibilit o eccezionalit
(significati che semmai si attagliano pi correttamente alla previsione dell'art. 41, 2 co.
c.p.), vanificando sostanzialmente la fecondit di un utilizzo dell'art. 45 in molti casi in cui
attraverso lo stesso di fatto possibile elidere le conseguenze inique e repressive derivanti
dall'applicazione di fattispecie fondate sulla responsabilit oggettiva (e ci pur non
sembrando che il caso fortuito possa essere sufficiente a una reinterpretazione generale in
chiave personale dell'illecito penale).

21) Per quanto riguarda gli altri requisiti di fattispecie, non necessario il verificarsi di atti di
tentativo del delitto realmente progettato: l'art. 83 fa riferimento solo alla causazione
dell'evento aberrante. Ragioni di ordine logico-sistematico portano a tale conclusione: la tesi
opposta porterebbe o a un'interpretatio abrogans del 1 co. dell'art. 83, ove si ritenesse il
tentativo realizzazione, pur non perfetta, dell'evento voluto, giacch si configurerebbe
sempre la fattispecie plurilesiva; oppure, interpretando pi correttamente il termine evento
di cui all'art. 83 nel senso della consumazione, si arriverebbe irragionevolmente a punire
meno gravemente (a titolo di colpa per l'evento non voluto, senza alcuna residua
responsabilit per il fatto tentato, ai sensi della norma sull'aberratio delicti monolesiva) chi
commetta due delitti rispetto a chi invece compia solo atti di tentativo. Sulla base di tale
ordine di idee si correttamente escluso che il verificarsi in concreto di atti di tentativo
rispetto al reato avuto di mira possa essere assorbito nel diverso evento realizzato, tra
l'altro eterogeneo anche quanto a titolo di imputazione: nel caso si dovr applicare il 2 co.
dell'art. 83.

22) Va notato peraltro che un peculiare elemento differenziale tra art. 43 e art. 83 dato dal
fatto che la prima norma non richiede come elemento della tipicit del fatto la
volizione effettiva della condotta, mentre nella previsione della disposizione sull'aberratio
delicti assunta la necessit di un fatto costituente reato che sia voluto, e quindi deve essere
necessariamente voluta la condotta (aberrante) diretta soggettivamente alla sua
realizzazione.

23) Per tale ragione, di conseguenza, non sarebbe applicabile l'art. 83 in caso di evento
diverso dal voluto posto in essere nell'erronea convinzione della sussistenza di una
situazione scriminante (o in caso di eccesso nella stessa), ove al pi potr residuare una
responsabilit per colpa. Diversamente, in caso di eccesso su scriminante ignorata per
errore (cosiddetta scriminante ipotetica), la volont dell'offesa presente, ma manca
l'antigiuridicit obiettiva di quest'ultima: se si ritiene sufficiente al fine dell'applicazione
dell'art. 83 la mera volizione di un qualunque fatto di reato, essa causa di giustificazione
ipotetica sar irrilevante. Analogamente si dovrebbe ragionare in caso di evento aberrante
prodotto per errore nell'esecuzione di reato putativo. In contrario si potrebbero avanzare
riserve gi palesate in dottrina a proposito dell'aberratio ictus circa la possibilit di
addebitare all'autore un fatto collegato a una mera volont criminosa comunque
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manifestata, a un mero atteggiamento interiore, sulla base peraltro del puro versari: almeno
se si ritiene imprescindibile, per configurare l'aberratio delicti, l'accertamento di un reale
legame psicologico di tipo doloso, integrato nei requisiti soggettivi e anche oggettivi,
rispetto all'evento avuto di mira, non volatilizzabile in una mera volontariet.

24) Come gi per l'aberratio ictus, si addotto che l'inciso per altra causa starebbe a
ricomprendere pure lerrore-vizio anche con riguardo all'art. 83, norma derivata per
filiazione dall'art. 82: per vero gi l'art. 47 prevede l'errore rappresentativo o di valutazione
sul fatto costituente reato, con diversa conseguenza, l'esclusione della responsabilit penale
(salva l'eventuale punibilit per colpa ove ne sussistano gli estremi e il fatto sia previsto
dalla legge come reato) anzich l'imputazione del fatto a titolo di colpa; tuttavia, nel caso di
evento lesivo diverso dal voluto commesso per inabilit nell'esecuzione di un fatto (voluto e
non realizzato) lecito, escluso l'art. 83 (che presuppone una condotta dolosa criminosa,
vanificata dall'evolversi del processo causale), dovr applicarsi l'art. 43 in materia di delitto
colposo, dunque con identiche conseguenze, sul piano dell'imputazione, rispetto alla
previsione dell'art. 47; da ci si desumerebbe l'equivalenza, se pur non strutturale, comunque
funzionale al fine della disciplina da applicarsi, di errore-giudizio ed errore-inabilit.

25) Si , tuttavia, obiettato che, se appaiono incontestabili le considerazioni circa i rapporti


tra art. 43 e art. 47 (del resto, che quest'ultimo sia esplicitazione dei principi generali in
tema di nesso psicologico tra agente e reato scontato), tuttavia il fatto che il legislatore
abbia ritenuto, derogando ai principi generali in tema di colpa, di configurare un criterio di
imputazione pi severo per la produzione di un evento derivante da attivit illecita, e
sia pure per qualsiasi causa, non sembra consentire l'assimilazione all'interno di tale
paradigma cos generico anche di quella mancata corrispondenza tra voluto e realizzato che
si concreta proprio nella fase ideativa e che informa nella sua essenza l'atteggiamento
psicologico dell'autore. Diverso ovviamente il problema se ed entro quali limiti nella
nozione di fatto di cui all'art. 47 (norma richiamata, come noto, ormai comunemente per
l'integrazione in via deduttiva della definizione monca dell'oggetto del dolo di cui all'art.
43) debba rientrare anche la descrizione dello svolgimento causale, e quindi delle deviazioni
dello stesso. Che poi sia discutibile la scelta, operata dal legislatore, di differenziare titoli
di responsabilit in senso pi o meno rigoroso a seconda che l'errore consista in una
mancata capacit o in una mancata conoscenza, circostanza in fondo spesso occasionale
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e secondaria nell'economia dell'illecito, sembra incontestabile: la ratio di questa opzione,


comunque criticabile, va ricercata proprio nell'essere l'ignoranza-errore di rappresentazione
per cos dire l'ipostasi della negazione del dolo, mentre l'inabilit un elemento di cui
l'agente pu ben essere consapevole, e da cui il nostro ordinamento fa discendere
conseguenze assai gravose, anche in mancanza dell'effettiva rappresentazione del fatto (,
appunto, il caso dell'aberratio delicti).

26) L'impostazione richiamata, addirittura, si spinge fino a ritenere che lo stesso art. 47, non
specificando in alcun modo la causa dell'errore sul fatto costitutivo del reato,
permetterebbe pacificamente di accogliere in tal senso lo sviamento dell'attivit
esecutiva, a patto che sia assente il dolo. In senso critico, si tuttavia puntualizzato che lo
stesso errore che deve escludere il dolo, quindi un errore di rappresentazione, giacch
l'errore esecutivo non sembra potere svolgere tale ruolo: vero che l'art. 47 non esplicita in
maniera evidente che proprio l'errore debba costituire il pendant in negativo del dolo, ma
non si comprenderebbe la ratio della norma, che esclude la punibilit per dolo ma non quella
per colpa, se tra errore e (negazione del) dolo non dovesse richiedersi la simbiosi che si
detta; del resto non vale addurre che proprio lerrore-inabilit potrebbe ben essere la causa
della mancata previsione del fatto, perch, ancora una volta, ex art. 47 il difetto di
rappresentazione che rileva, e non la sua causa, che al pi potrebbe giustificare l'ulteriore
esclusione della colpa.

27) La conclusione cui giunge l'impianto teorico riportato, come detto, l'idoneit dell'art. 83 a
ricomprendere anche l'errore di percezione o di valutazione, equivalente dal punto di vista
normativo all'errore-inabilit; analogamente l'art. 47. La norma sull'aberratio delicti dunque
regolamenterebbe tutte le ipotesi di fatti lesivi divergenti prodotti per qualsiasi causa (anche
per errore di giudizio-ignoranza) da condotte illecite, e questa radice in re illicita (e non la
causa della divergenza tra supposto e reale accadimento) spiegherebbe la diversa
disciplina rispetto all'art. 47, che si attaglierebbe invece a eventi non voluti cagionati per
qualsiasi causa (anche per inabilit) da condotte lecite. L'identit tra errore-vizio ed erroreinabilit troverebbe in realt una corrispondenza effettuale anche sul piano del dolo: la
seconda tipologia anzi si paleserebbe quale positivo ed errato convincimento che dalla
propria condotta si produrr un dato accadimento, costitutivo di reato, convincimento
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frustrato per l'insorgere di un errore nell'uso dei mezzi di esecuzione o di un'altra causa
deviante. Si tratterebbe dunque di una sorta di errore sull'idoneit della propria
azione od omissione a cagionare il fatto ideato, assimilabile perfettamente a quello di
giudizio: entrambi (anche l'art. 83) si risolverebbero fondamentalmente in un vero e
proprio errore sul fatto costitutivo di reato, a prescindere dalla causa della divergenza, a
nulla rilevando l'unica differenza sul piano psicologico riguardante l'oggetto della (errata)
rappresentazione, qualcosa gi realmente esistente nel caso dell'errore-vizio, qualcosa che
deve ancora venire ad esistenza al momento della condotta nel caso dell'errore inabilit.

28) Si , peraltro, criticamente rimarcato come il ragionamento sembra assumere come


scontata la pertinenza del nesso eziologico all'oggetto del dolo, che nel nostro
ordinamento sembra tutt'altro che certa, cos come, del resto, la presunta omogeneit sul
piano psichico tra previsione (errata) circa l'effettivo decorso causale e rappresentazione
attuale dell'insieme degli elementi denotativi della realt: diversa questione invece
l'affermazione di una rilevanza (peraltro da dimostrare) della prima sul processo
motivazionale dell'autore. Comunque, non sembrato condivisibile lo sforzo, pur
apprezzabile nel senso di uniformare organicamente le previsioni normative concernenti
discrepanze tra voluto e realizzato, di conglobare l'errore nell'uso dei mezzi di esecuzione
nell'errore sul fatto, a fronte della disciplina sancita dall'art. 83 nel senso di una
responsabilit fondata sul mero versari che non sembra dare spazio alla possibilit di
un'indagine sul versante psicologico circa il rapporto tra quanto ideato e quanto
materialmente estrinsecatosi nella realt.

29) Il 2 co. dell'art. 83 (c.d. aberratio delicti plurilesiva) contempla l'ipotesi che l'autore cagioni
anche l'evento voluto, eventualmente anche soltanto nella forma del tentativo. La norma
rimanda alla disciplina del concorso di reati, in particolare del concorso formale tra delitto
di base doloso, consumato o anche solo tentato, e reato ascritto a titolo di colpa in via
legale, pur essendo imputato (almeno secondo diffusa ed autorevole concezione) sulla base
del mero nesso eziologico.

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30) Secondo altra interpretazione, invece, l'art. 83 cpv., disciplinerebbe un'ipotesi sui generis
costituita dall'accostamento di un reato doloso voluto e un evento non voluto accollato
all'agente sulla base del versari non inquadrabile nel concorso formale di reati.

31) Nella previsione della disposizione (cui sono riconducibili figure criminose come quelle
previste dagli artt. 424 cpv., 427 cpv., 429 cpv., 431 cpv., 549, 572 cpv., 591, 3 co., 592 ult.
cpv. c.p.) non sono compresi gli eventi diversi ulteriori (n ovviamente la norma pu
essere estesa per il divieto di analogia in malam partem), per i quali varranno dunque gli
ordinari criteri di attribuibilit per colpa.

32) Vi chi ritiene per che il primo evento non voluto sarebbe imputabile sulla base del
solo nesso eziologico, e solo gli altri a titolo di colpa; si tratta allora di stabilire quale dei
diversi fatti penalmente rilevanti sia da ascriversi ad un titolo o ad un altro, evidentemente
evitando di risolvere la scelta in una specie di gioco alla lotteria (condotto tra l'altro sulla
pelle del reo, viste le gravose conseguenze dell'applicazione della fattispecie aberrante); la
soluzione pi credibile sembra essere quella dell'imputazione a titolo di colpa (cio: nei
termini sanzionatori della colpa anche laddove tale tipo di responsabilit in concreto
strutturalmente sia assente) del reato pi grave.

33) Si potrebbe altrimenti, portando alle estreme conseguenze l'argomento del divieto di
analogia in malam partem, ipotizzare l'assoluta estraneit di tale eventualit
dall'aberratio delicti, fino a ritenere che tutti gli eventi non voluti sarebbero da accollare
all'agente unicamente secondo i presupposti dell'art. 43: tuttavia si arriverebbe all'assurdo
di punire secondo criteri pi severi chi cagioni un solo evento non voluto ulteriore rispetto a
quello voluto (in base a responsabilit oggettiva per la porzione del fatto non voluta), di chi
ne cagioni una pluralit.

34) Altra tesi opina doversi imputare comunque a titolo di colpa l'offesa meno grave, in
ragione del favor rei, e secondo il titolo di responsabilit realmente presente le altre.

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35) La disposizione di parte speciale di cui all'art. 586 c.p. prevede un'ipotesi di reato
inquadrabile, secondo orientamento radicato, all'interno della categoria dell'aberratio delicti
plurilesiva, ovvero, secondo altra impostazione, come responsabilit preterintenzionale. In
realt si tratta di una figura che ripete dati lessicali-strutturali ascrivibili a entrambi i
paradigmi, tanto che si parlato di un vero crocevia dommatico. La norma prevede un
fatto previsto dalla legge come delitto doloso, non tipizzato, oggetto di volizione, a cui si
connette quale conseguenza non voluta la morte o le lesioni di una persona, sanzionati in
base alla disciplina dell'art. 83 c.p., ma con pene aumentate. Dell'aberratio delicti, tra l'altro
richiamata dallo stesso art. 586, ricalca la natura oggettiva del criterio d'imputazione della
responsabilit per l'evento morte-lesioni, nonch la peculiarit di richiedere la volizione del
delitto da cui l'evento ulteriore scaturisce: poich tuttavia tale delitto doloso, secondo la
disposizione in questione, deve essere almeno tentato, sembra doversi privilegiare
l'assimilazione allo schema dell'ipotesi plurilesiva dell'art. 83 (laddove a diverse conclusioni
si dovrebbe giungere, ovviamente, ove si ritenesse necessario il tentativo del primum
delictum gi rispetto al 1 co. dell'art. 83).

36) Rigettando invece di adagiarsi su una lettura dommatica improntata alla pura
responsabilit oggettiva, tra l'altro in relazione ad un'ipotesi che prevede un trattamento
sanzionatorio di notevole severit, la riconduzione alla preterintenzione viene motivata sulla
base del maggior disvalore del fatto rispetto all'omicidio (art. 589) o alla lesione (art. 590);
in mancanza di una precisa indicazione testuale, della struttura preterintenzionale dovr in
particolare essere accertata la concretizzazione nell'evento aggravatore morte o lesioni di
quella tipica sfera di pericolo indicata dal delitto doloso di base, pur con l'anomalia della
mancata descrizione del delitto di base stesso (la cui determinazione rimessa
completamente al giudice). Si deve escludere comunque che il delitto doloso di base possa
consistere in lesioni o percosse, perch allora sarebbe integrata la figura dell'omicidio
preterintenzionale di cui all'art. 584 c.p., ovvero in un reato rispetto al quale la morte o le
lesioni siano gi previste da una qualche norma di parte speciale del codice quali eventi
aggravatori costituente fattispecie autonoma aggravata (ad es., artt. 438, 2 co., 571, 2 co.,
ecc.).

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37) Recentemente l'inquadramento dell'art. 586 all'interno della responsabilit preterintenzionale


stato criticato sulla base della considerazione che, facendo la norma riferimento a un
qualunque fatto preveduto come delitto doloso, non assumerebbe nella descrizione la
struttura di una condotta dolosa vietata allo scopo di impedire la realizzazione dell'evento
(morte o lesione). Ma si obiettato che decisiva sarebbe la connotazione da assegnare, in via
interpretativa, all'espressione conseguenza non voluta contenuta nella disposizione.

38) In giurisprudenza, si ritiene in prevalenza sufficiente ai fini del giudizio di responsabilit per
l'evento non voluto l'accertamento del mero nesso eziologico tra accadimento di morte o
lesioni e precedente condotta dell'agente; coerente con tale impostazione appare la lettura
che la Suprema Corte assegna all'istituto, laddove, con la solita truffa delle etichette, nega
la natura oggettiva della responsabilit, pur assumendo il semplice nesso di causalit
materiale quale collegamento, adducendo che la punibilit dell'attivit volontaria di base,
rischiosa, importerebbe di per s la punibilit anche per l'ulteriore porzione di rischio
estrinsecantesi nell'evento morte o lesioni di cui l'attivit stessa pone per cos dire le
premesse.

39) Rispetto alla figura prevista dall'art. 116 c.p., va detto come si tratti di ipotesi che, a detta di
parte della dottrina, non sarebbe altro che un fenomeno di aberratio delicti in ambito
concorsuale: la divergenza tra il voluto e il realizzato in questo caso si avrebbe con riguardo
a uno solo dei compartecipi. Anche l'art. 116 addossa infatti al concorrente la responsabilit
per un reato che diverso da quello da lui voluto, sulla base della mera riconducibilit dello
stesso a sua azione od omissione. Inoltre l'applicazione di tale norma implica come
presupposto che il fatto voluto non sia commesso, analogamente alla struttura del reato
aberrante.

40) Non trascurabili appaiono tuttavia le differenze tra le due fattispecie, di cui peraltro sembra
costituire gi un indizio la tangibile disparit di trattamento, poich l'art. 116 prevede la
responsabilit dolosa del concorrente esterno, sia pure mitigata dall'attenuante del 2 co.
(mentre ex art. 83 il colpevole risponde a titolo di colpa).

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41) In particolare si precisato che l'ipotesi in questione non richiede che l'evento non voluto sia
cagionato per errore di carattere esecutivo (per quanto la formula indeterminata dall'art. 83
o per un'altra causa, come visto, escludendo la possibilit di circoscrivere la tipologia
aberrante al mero errore-inabilit, lascerebbe sostanzialmente impregiudicato l'accostamento
delle due tipologie sotto questo aspetto, almeno se si accetta di ricomprendere nella nozione
di causa anche la condotta di altro concorrente) ma anzi che esso sia voluto e realizzato di
propria iniziativa da uno dei compartecipi.

42) Non pu tralasciarsi in pi la considerazione che l'art. 83 non ha subito quel processo di
personalizzazione costituito dall'inserzione del requisito della prevedibilit (in concreto,
secondo la migliore dottrina) del reato diverso, per cui l'evento diverso va ascritto sulla base
del puro rapporto di causalit. Peraltro il disvalore del fatto complessivo contenuto nella
previsione dell'art. 116 risiede fondamentalmente nel significato obiettivo della fase
organizzativa del reato progettato da tutti i compartecipi e nella potenzialit della stessa
come causalit efficiente rispetto alla produzione del fatto divergente: un disvalore
peculiare, dunque, attinente all'esecuzione collettiva dell'illecito, riflesso di una precisa
scelta consapevole operata dal legislatore.

43) Inoltre, si notato, la nozione di reato diverso indicherebbe un'offesa completa di tutti gli
elementi essenziali richiesti dalla fattispecie, sotto il profilo sia oggettivo che soggettivo,
posta in essere da almeno uno dei compartecipi: in ci si differenzierebbe nettamente
dall'espressione pi delimitata evento diverso di cui all'art. 83, che rinvia ad un evento
legato naturalisticamente da nesso materiale con la condotta dell'agente, o al pi al portato
lesivo esterno dell'offesa se inteso in senso giuridico.

44) Le peculiarit suddette che sembrano escludere dunque la piena assimilazione dell'ipotesi
dell'art. 116 a sottospecie dell'art. 83 permettono di delineare anzi un diverso spazio
applicativo per i due distinti istituti: si dovr ritenere applicabile solo l'art. 116 in tutti i casi
in cui uno dei concorrenti, di sua iniziativa, realizzi volutamente un fatto diverso.
Naturalmente nulla esclude peraltro che l'art. 83 possa venire in gioco anche in fattispecie
concorsuali, in particolare laddove l'evento realizzato sia diverso da quello voluto e
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concordato tra i partecipi e la causa della divergenza risieda in un errore dell'esecutore


materiale (o sia costituita da altra causa).

45) Ci si chiesto infine se la norma di cui all'art. 116 sia compatibile con la tipologia
plurilesiva dell'aberratio delicti, quando sia il reato voluto che quello diverso siano
concretamente realizzati. Punctum dolens sembra essere l'inapplicabilit, nel caso di specie,
dell'attenuante dell'art. 116, 2 co. al reato diverso che sia meno grave: pi correttamente si
dovrebbe inquadrare l'ipotesi nella previsione dell'art. 83, 2 co. anzich in quella dell'art.
116.

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