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Fascicolo 1
ELENCHOS
Rivista di studi sul pensiero antico
fondata da
Gabriele Giannantoni
BIBLIOPOLIS
SOMMARIO
STUDI E SAGGI
Jean-Claude Picot William Berg: Along a Mountain
Path with Empedocles (31 b 24 D.-K.)
Mauro Bonazzi: Antifonte presocratico
Anna Maria Ioppolo: Il concetto di piacere nella filosofia
di Aristone di Chio
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logie platonicienne. Livre I, Texte etabli et traduit, Paris 1968, pp. xxxvxlviii e, per una discussione piu aggiornata M. Di Branco, La citta dei
filosofi. Storia di Atene da Marco Aurelio a Giustiniano, Firenze 2006).
Tuttavia, in anni recenti la situazione e cambiata piuttosto velocemente
e si e cercato di rivendicare il significato genuinamente filosofico delle
personalita prima richiamate.
Come osserva F. Ferrari nella Prefazione, oggi, diversamente da circa
trent'anni fa, non sarebbe pensabile ricostruire la storia del platonismo dopo
Giamblico senza fare riferimento a Giuliano (oltre al volume di De Vita,
possono d'altronde contarsi altri lavori apparsi in questi ultimi anni: cfr. in
particolare I. Tanaseanu-Dobler, Konversion zur Philosophie in der Spatantike:
Kaiser Julian und Synesios von Kyrene, Stuttgart 2008; Ch. Schafer (Hrsg.),
Kaiser Julian `Apostata' und die philosophische Reaktion gegen das Christentum,
Berlin-New York 2008, oltre ai numerosi contributi di J. Bouffartigue). Tuttavia, sarebbe evidentemente sbagliato considerare Giuliano come una figura
poco studiata: e certamente una delle personalita tardoantiche su cui meglio
siamo informati, le sue opere sono largamente conservate e la mole di studi
dedicati a lui e imponente. La situazione e dunque del tutto diversa rispetto
agli altri autori prima richiamati e l'ampia bibliografia che conclude il volume
qui recensito da adeguata testimonianza di questo fatto. Vi sono pero due
ordini di problemi. Da un punto di vista generale, Giuliano ancora oggi
suscita atteggiamenti diametralmente opposti e un po' estremi. Formulare
una valutazione equanime e certamente piu difficile nel suo caso che in altri.
Dall'antichita a oggi, chi ne esamini la figura e l'opera sembra inevitabilmente
stretto tra due alternative: o la polemica o l'apologetica (si vedano in proposito le osservazioni di A. Marcone, L'imperatore Giuliano tra politica e cultura:
una nota a proposito di due libri recenti, Rivista Storica Italiana, xcv (1983)
pp. 504-9, ora in Id., Di tarda antichita. Scritti scelti, Firenze 2008, pp. 9-14).
Da un punto di vista piu limitato, il rapporto di Giuliano con la filosofia del
suo tempo e difficile da determinare. Che Giuliano non fosse provvisto di un
retroterra paragonabile a quello di Plotino, Porfirio o Giamblico e sicuro ed e,
d'altronde, Giuliano stesso a suggerirlo quando dichiara di essere amante
della filosofia, senza pero avere una formazione completa (Ad Themistium,
254 b). Tuttavia, questo giudizio rimane davvero troppo vago, se non e
sostenuto da un dettagliato esame dei temi propriamente filosofici nella sua
opera messi in parallelo con quelli del platonismo dell'epoca. Il punto (su cui si
tornera in seguito) non e quello di presentare a tutti i costi Giuliano come un
pensatore geniale (egli, molto semplicemente, non lo e stato), ma di comprendere in modo non generico il carattere della sua cultura filosofica, di indivi-
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duarne sia i limiti sia i punti di forza, di stabilire quale posizione la filosofia
abbia avuto nel suo progetto politico, ideologico e religioso. Un ``dilettante''
di filosofia in epoca tardoantica poteva d'altronde avere un bagaglio culturale
e teoretico molto piu ampio e raffinato di quanto non saremmo immediatamente disposti ad ammettere: come si vedra in seguito, questo sembra proprio essere stato il caso di Giuliano. Per esaminare simili intricate questioni, il
libro di Maria Carmen De Vita offre un contributo competente, approfondito
ed equilibrato. La pubblicazione di questo studio importante va salutata con
estremo favore.
Tre sono le principali direttive secondo cui si sviluppa la ricerca. In
primo luogo, si ha un'accurata ricostruzione del contesto filosofico in cui
ebbero luogo la formazione di Giuliano e la sua adesione all'Ellenismo (Il
contesto storico-culturale, pp. 23-76). Secondariamente, e esaminata la concezione della filosofia di Giuliano considerando la definizione della filosofia, le sue ripartizioni, le metodologie adottate (La filosofia nell'opera di
Giuliano: definizioni e metodologie, pp. 91-136). Infine, l'A. delinea quelli
che, a suo avviso, sono i punti nevralgici del neoplatonismo giulianeo: il
sistema teologico e cosmologico, la teoria dell'anima, la teurgia (I nuclei
problematici del neoplatonismo giulianeo, pp. 139-314). La sezione sul contesto storico offre un'aggiornata ricognizione del platonismo immediatamente
posteriore a Giamblico. Sono delineate sia le figure vicine a Giuliano (in
particolare Massimo di Efeso, Crisanzio e Prisco, gli esponenti della cosiddetta ``Scuola di Pergamo'') sia quelle rispetto a cui i suoi rapporti furono
piu distanti (Temistio). Dall'analisi dell'A. emerge un aspetto su cui non
sempre si soffermano gli interpreti: le innovazioni introdotte da Giamblico
non furono subito accolte senza resistenze. Nelle presentazioni (non solo in
quelle sintetiche e manualistiche) si passa spesso da Giamblico alla Scuola
d'Atene mettendo in evidenza il debito del tardo platonismo ateniese rispetto a Giamblico. In questo modo, pero, si compie un salto di circa un
secolo e non si considera adeguatamente la posterita immediata di Giamblico, che a uno sguardo attento si rivela piuttosto movimentata.
Nel 1968 Saffrey e Westerink suggerirono che Prisco (allievo di Edesio, a sua volta allievo di Giamblico) ebbe il ruolo di introdurre la filosofia di
Giamblico ad Atene, sostituendo la sua influenza a quella di Teodoro di
Asine (cfr. H.D. Saffrey-L.G. Westerink, op. cit., pp. xlii-xliii). La testimonianza di Giuliano e in questo caso centrale. Nell'ep. 12, di datazione
incerta, Giuliano si rivolge infatti a Prisco (il quale si trovava molto probabilmente ad Atene) invitandolo a sostenere Giamblico senza lasciarsi influenzare dai seguaci di Teodoro di Asine (discussione in De Vita, pp. 38-9).
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Teodoro era stato un discepolo prima di Porfirio e poi di Giamblico, ma, per
quel che sappiamo, non accetto le innovazioni introdotte quest'ultimo e
rimase fedele a una versione del platonismo piu vicina a Plotino e ai suoi
primi discepoli (Porfirio, Amelio), facendo propria la dottrina dell'anima
non discesa (raccolta delle fonti in W. Deuse, Theodoros von Asine. Sammlung der Testimonien und Kommentar, Wiesbaden 1973 e si veda l'importante studio di H.D. Saffrey, Le ``philosophe de Rhodes'' est-il Theodore
d'Asine? Sur un point obscur de l'histoire de l'exegese neo-platonicienne du
`Parmenide', in E. Lucchesi-H.D. Saffrey (eds.), Memorial Andre-Jean Festugiere, Geneve 1984, pp. 65-76, rist. in Id., Le neoplatonisme apres Plotin,
Paris 2000, pp. 101-17). Del tutto diversa rispetto a Teodoro era l'impostazione congeniale a Giuliano e rappresentata in particolare da Massimo di
Efeso, il filosofo giamblicheo prediletto dell'imperatore che De Vita, basandosi sulla biografia di Eunapio, definisce efficacemente come personalita carismatica, a meta fra quella di un ``pagan holy man'' e quella di un
indovino-stregone, ma non privo di una certa scaltrezza in campo politico
(p. 41; ma e comunque attestato anche l'interesse di Massimo per Aristotele: cfr. De Vita, p. 69 nota 167). Seppure in forma forse meno esasperata
rispetto a Massimo, e assai probabile che anche Prisco seguisse fedelmente
la lezione di Giamblico e, come si e accennato sopra, l'ep. 12 potrebbe
suggerire che si debba proprio a Prisco l'introduzione ad Atene di un tipo
di platonismo affine a Giamblico e distante da Teodoro. Su questo punto
regna pero l'incertezza, sia per l'esiguita delle fonti, sia per le diverse valutazioni degli interpreti. In effetti, dopo aver assegnato a Prisco il ruolo di
ideale precursore del platonismo ateniese, Saffrey ha cambiato idea avanzando, attraverso una brillante interpretazione di Procl. in Parm. 10571058, l'ipotesi che questo ruolo vada invece assegnato a Teodoro di Asine,
il quale farebbe da intermediario tra l'interpretazione delle ipotesi del Parmenide proposta da Giamblico e quella di Plutarco di Atene (Le ``philosophe
de Rhodes'', cit.). Sarebbe dunque Teodoro, non Prisco, il vero capostipite
del neoplatonismo ateniese e Teodoro andrebbe identificato con il misterioso ``filosofo di Rodi'' menzionato nel passo (forse corrotto) di Proclo.
L'ipotesi di Saffrey, sostenuta con argomenti eccellenti, si e imposta tra gli
studiosi, ma e possibile che vi sia ancora spazio per qualche approfondimento. Rimane infatti piuttosto difficile considerare Teodoro, un filosofo
per molti aspetti lontano da Giamblico, come l'ideale iniziatore del neoplatonismo che poi sara di Plutarco, Siriano e Proclo. L'epistola di Giuliano
suggerisce che Prisco fosse un candidato piu adatto a svolgere questo ruolo
(sulle questioni rapidamente accennate qui, si veda ora la discussione appro-
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polo di Giamblico (Simpl. in cat. 2, 25), propone nella sua opera sulle Categorie, parzialmente conservata, una lettura diversa e piu moderata: la menzione di tesi pitagoriche e ridotta e, in generale, Dessippo sembra piuttosto
vicino all'esegesi di Aristotele propria di Porfirio (cfr. P. Hadot, L'harmonie
des philosophies de Plotin et d'Aristote selon Porphyre dans le commentaire de
Dexippe sur les `Categories', in AA.VV., Plotino e il Neoplatonismo in Oriente e
in Occidente, Roma 1974, pp. 32-47, rist. in Id., Plotin, Porphyre. Etudes
neoplatoniciennes, Paris 1999, pp. 355-82, le cui conclusioni sono tuttavia
in parte da rivedere). Quanto a Temistio, e molto significativo che egli,
solo tra i commentatori antichi, abbia messo in dubbio l'autenticita del trattato di Archita sulle categorie (cfr. Boeth. in cat. 162 a). Piu che uno scrupolo
filologico, sembra un deciso attacco alla lettura pitagorizzante di Giamblico.
In effetti, le parafrasi di Temistio sono quanto di piu lontano dall'interpretazione di Giamblico, sono molto piu vicine ad Alessandro di Afrodisia e
Porfirio, e molto difficilmente avrebbero potuto suscitare l'ammirazione che
Giuliano dichiara di nutrire per Prisco. Da questo punto di vista, andrebbe
forse riconsiderata anche l'Epistola a Temistio, nella quale Giamblico riconosce l'autorita di Temistio su Aristotele, ma suggerisce di fatto che egli non ne
sia un interprete impeccabile (cfr. De Vita, p. 128 nota 87). Attraverso
Prisco, in effetti, Giuliano conosceva un modo di leggere Aristotele decisamente piu congeniale a lui. L'eredita immediata di Giamblico si rivela insomma decisamente complessa. Studiare il rapporto di Giuliano con gli intellettuali del suo tempo (Massimo, Prisco, Temistio, Libanio) puo chiarire
meglio il quadro filosofico di un periodo relativamente poco esplorato, e
l'accurata presentazione di De Vita offre un'ottima base per studi ulteriori.
Molto utile e anche la ricognizione del retroterra religioso di Giuliano e del
rapporto con il cristianesimo. Come e prevedibile, il debito di Giuliano verso
la teurgia della Scuola di Pergamo e la sua accesa polemica anticristiana sono
ampiamente presentati, ma l'A. pone ripetutamente in luce un altro aspetto,
ossia il condizionamento implicito [...] esercitato sugli scritti dell'Apostata
proprio dalla nascente teologia cristiana, visibile sia nella presentazione di
alcune figure divine, sia in alcune scelte lessicali e metaforiche (p. 49).
Questo carattere dell'opera di Giuliano e efficacemente contestualizzato e
al condizionamento esercitato dal cristianesimo sull'ultima cultura pagana
l'A. dedica considerazioni interessanti, soffermandosi ad esempio sugli elementi cristiani ripaganizzati nei mosaici di Apamea (IV sec.).
Il secondo capitolo e dedicato alla concezione e alla classificazione
della filosofia nell'opera di Giuliano e, ancora una volta, il suo punto di
forza sta nell'approfondita analisi parallela dell'opera di Giuliano rispetto
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cata. Un buon numero di passi attesta l'ammirazione di Giuliano per Aristotele e per i suoi esegeti (si veda, ad esempio, il passo prima richiamato
dell'ep. 12). Questi riferimenti rimangono generici, ma non sono gli unici.
L'Epistola a Temistio rivela una conoscenza di prima mano forse non di
tutta la Politica aristotelica, ma comunque di alcune parti di essa (e, come si
e prima accennato, un uso sottilmente polemico dei richiami ad Aristotele
contro Temistio). Fatto ancor piu sorprendente, l'orazione Contro il cinico
Eraclio (215 c-216 a) e alcune testimonianze posteriori attestano l'interesse
di Giuliano per la dottrina del sillogismo (si veda in particolare lo scritto
conservato in arabo di Temistio, In risposta a Massimo sulla riduzione dei
sillogismi di seconda e terza figura a quelli di prima, recentemente analizzato
da J. Barnes, Truth, etc., Oxford 2007, pp. 377-82). Qualche dubbio puo
rimanere, ma e veramente difficile togliere ogni credibilita a questo dossier. Altri riferimenti ad Aristotele, e riguardanti le dottrine della visione,
del quinto corpo, dell'anima etc., sono d'altronde presenti nelle opere di
Giuliano e accuratamente considerati dall'A. Ne emerge un quadro in
qualche modo inverso a quello riscontrato a proposito di Platone. In quel
caso, si e notato che l'abbondanza di riferimenti non deve indurre ad
attribuire a Giuliano una familiarita simile a quella dei filosofi ``professionisti''. Nel caso di Aristotele, invece, l'esigua quantita di riferimenti e il
carattere apparentemente poco congeniale di Aristotele rispetto agli interessi di Giuliano (ma si trattava con ogni probabilita, e bene ricordarlo
ancora, di un Aristotele letto attraverso l'esegesi di Giamblico e dei suoi
discepoli piu fedeli) non devono indurre a escludere che Giuliano ne conoscesse alcuni trattati (o parti di essi) e avesse una reale competenza su
aspetti anche piuttosto tecnici del suo pensiero. Anche l'esame dei riferimenti a Giamblico (pp. 103-5) conferma questa generale valutazione, perche gli elogi altissimi che Giuliano tributa al neoplatonico non si uniscono a
una reale e capillare ripresa delle sue dottrine. In realta, poche sono le tesi
di Giamblico esplicitamente menzionate da Giuliano e tra queste la piu
importante e meglio richiamata attribuisce a Giamblico l'elaborazione
della dottrina sul mito nell'orazione Contro il cinico Eraclio (il mito e
d'altronde un tema evidentemente caro a Giuliano: si veda la discussione
alle pp. 107-20). Le conclusioni che un simile quadro suggerisce sono degne
di nota e suscettibili di ulteriori sviluppi. Come si e osservato prima, uno
dei punti meno convincenti negli studi su Giuliano consiste nel delineare la
sua cultura filosofica in modo generico: e un merito indiscutibile di questa
ricerca aver assai meglio definito il quadro. Sicuramente Giuliano fu fortemente influenzato da Platone e dal neoplatonismo, e sicuramente non fu
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alla dottrina plotiniana dell'anima non discesa (pp. 213-4). Ancora una volta,
le conclusioni (enunciate alle pp. 212-3) appaiono condivisibili: e vero che in
alcuni passi Giuliano insiste sulla natura divina del nous e sulla sua origine
celeste (si veda, in particolare, Contra cynicos indoctos, 183 b), ma il carattere
piuttosto generico del riferimento non basta ad attribuirgli la concezione
plotiniana contestata da Giamblico e difesa da Teodoro di Asine. Il testo
dell'orazione Contro i cinici ignoranti fa parte d'altronde di un'argomentazione retorica volta a dare rilievo all'attivita filosofica dell'introspezione.
Anche questo potrebbe spiegare la maniera particolare in cui Giuliano si
riferisce all'anima. La concezione dell'anima di Giuliano sembra dunque
caratterizzata da due linee di pensiero: una linea plotiniana (almeno in senso
lato), imperniata sulla razionalita come aspetto proprio dell'uomo e sull'esortazione alla contemplazione filosofica e all'introspezione, e una linea
giamblichea, volta a sottolineare una concezione mistica dell'anima la cui
tensione verso il mondo divino puo trovare esplicazione solo attraverso i riti
della teurgia (p. 225). Proprio quest'ultima componente viene in primo piano
nella sezione dedicata alla teurgia di Giuliano, che l'A. investiga nei rapporti
con la filosofia da un lato e con la religione tradizionale dall'altro. Il metodo
di questo studio ha qui un'applicazione particolarmente efficace, poiche la
posizione di Giuliano e inquadrata non solo dal punto di vista filosofico e
dottrinale, ma dando pieno risalto, attraverso una minuziosa discussione
delle fonti, all'importanza della sua polemica religiosa. Viene cos pienamente in luce il tema che, come si e gia accennato, percorre come un filo
conduttore lo studio di De Vita, ossia l'idea che Giuliano abbia subito un
reale condizionamento da parte del cristianesimo e che il suo progetto di
restaurazione pagana possa essere compreso efficacemente anche come un
tentativo di emulazione della religione combattuta. Nel programma teurgico
di Giuliano sarebbe cos percepibile la volonta di riorganizzare la liturgia
pagana sul modello di questa cristiana (p. 241).
E prevedibile che alcune conclusioni dell'A. susciteranno la discussione
e potranno dare adito a qualche dissenso. La tendenza a staccare Giuliano da
Giamblico e a spiegare molti aspetti della sua opera come effetto del condizionamento da parte del cristianesimo puo effettivamente suscitare qualche
interrogativo (ad esempio, l'interpretazione, suggerita dall'A. a p. 165, della
figura di Attis come alter Christus, puo apparire forzata in alcuni dettagli).
D'altra parte, la prudenza dell'A., anche se e generalmente piu che benvenuta, ha talora l'effetto di confondere leggermente le acque, poiche sono
richiamate piu ipotesi senza prendere una chiara posizione. Un esempio si
trova a p. 143 sgg., in rapporto alla definizione del Primo Principio come
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i\de*a sx&m o>msxm e so+ mogso+m nt*lpam nell'Inno a Helios re (132 d). Giusta-
mente l'A. sottolinea che simili espressioni sono poco compatibili con la
dottrina del Primo Principio al di sopra dell'essere e dell'intelligibile fatta
propria da Plotino e sviluppata da Giamblico. Tuttavia, secondo l'A. (che si
allinea all'ipotesi gia avanzata da J.C. Foussard e C. Moreschini) Giuliano
potrebbe riprendere lo schema metafisico proprio del commento anonimo al
Parmenide attribuito da Hadot a Porfirio, secondo il quale il Primo Principio
al di sopra dell'essenza e dell'ente sarebbe agire puro, Essere stesso
anteriore all'Ente ([Porph.] in Parm. xii 22-27) e, come viene detto poco
sotto, Essere in senso assoluto e, per cos dire, Idea dell'Ente (xii 29-35, le
traduzioni sono tratte da Commentarium in Platonis `Parmenidem', a cura di
A. Linguiti, in Corpus dei papiri filosofici greci e latini, iii: Commentari, Firenze 1995, pp. 63-202). Giuliano, dunque, non farebbe propria la teologia
apofatica di alcuni illustri neoplatonici, ma si baserebbe su un retroterra
affine a Porfirio e (come aggiunge l'A.) a Numenio, il cui primo dio e
effettivamente caratterizzato con vari appellativi tra cui quello di ``essere
in se'' ( at\soo*m, fr. 17). A questa discussione fa pero seguito una spiegazione
molto diversa, poiche l'A. suggerisce che la menzione del Primo Principio
nell'Inno a Helios re dipenderebbe dal contesto politico-religioso in cui e
inserita l'orazione giulianea: il fine non e presentare un Principio trascendente e inconoscibile, ma un dio dal volto definito che si adeguava alle
esigenze spirituali dell'imperatore e dei fedeli cui egli si rivolgeva in qualita
di pontefice supremo (p. 145). Anche se non sono teoricamente incompatibili, non e semplice armonizzare le due ipotesi proposte: o Giuliano riprende una raffinata concezione metafisica gia teorizzata da Porfirio, oppure
e guidato da esigenze non tanto metafisiche, quanto politico-religiose e
collegate al suo ruolo di pontefice supremo. A mio parere, la seconda ipotesi
e piu plausibile, perche le formule usate da Giuliano sembrano essere un'allusione rapida, funzionale al contesto dell'inno. In effetti, non e davvero
semplice leggere la sua caratterizzazione del Primo Principio come affine a
quella dell'anonimo commentatore del Parmenide. Lascio qui da parte la
questione di stabilire se il commentatore sia effettivamente Porfirio, come
ipotizzato da Hadot, oppure sia un autore anteriore (come supposto da G.
Bechtle) o posteriore (come supposto da Linguiti e da altri). La questione e,
in questo caso, priva di reale importanza, ma sarebbe stato forse opportuno
richamarla almeno in nota (nella nota 43 a p. 256 si da per scontata l'attribuzione a Porfirio senza neppure far menzione dell'edizione di Linguiti:
questo e un po' sorprendente). In ogni caso, anche ammettendo che l'In
Parmenidem sia effettivamente un'opera porfiriana (e sembra la soluzione
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di gran lunga piu plausibile) restano alcuni punti aperti che rendono poco
attraente il parallelo con l'Inno a Helios re. Il commentatore anonimo, infatti,
non suggerisce affatto che il Primo Principio sia ``Idea degli enti'', secondo la
formula adottata da Giuliano, ma afferma che esso e per cos dire Idea
dell'Ente (x%rpeq i\de*a sot& o>mso|). La presenza di x%rpeq e l'uso del singolare
invece del plurale non sono casuali, poiche l'Anonimo intende sostenere che
l'ente e l'attivita, ossia le proprieta generalissime che caratterizzano il Secondo Principio, preesistono in uno stato puramente ``infinitivo'' al livello
del Primo Principio, come puro essere e puro agire. Per questa ragione, il
Primo Principio puo essere definito, in modo comunque improprio (x%rpeq!),
come un'Idea dell'Ente (non, e bene ribadirlo, degli enti: l'uso del plurale non
avrebbe senso nell'argomentazione dell'Anonimo). E una tesi molto complessa e dibattuta, sulla quale non e possibile soffermarsi qui, ma che ha ben
poco ha a che vedere con le formule dell'Inno a Helios re di Giuliano (e, a dire
il vero, e piuttosto distante anche da Numenio).
Simili osservazioni non inficiano comunque minimamente il giudizio
su questa ottima monografia, della quale un solo punto sostanziale appare
discutibile. In uno studio aggiornato e ben documentato sul retoterra neoplatonico di Giuliano, trova poco spazio la questione del ``neoplatonismo
politico'' di Giuliano, che pure ha animato il dibattito degli studiosi soprattutto a partire della pubblicazione del libro Platonopolis di D.J. O'Meara
(Oxford 2003). L'A. (pp. 332-3 note 47 e 51) da conto della posizione di
O'Meara, che considera Giuliano il rappresentante di una precisa filosofia
politica neoplatonica incentrata sulle Leggi di Platone, opera che, a detta
dello studioso, costituirebbe la vera base del programma politico-religioso di
Giuliano. Inoltre, il dibattito sul pensiero politico di Giuliano e richiamato
in vari punti della monografia (ad esempio p. 46). Tuttavia, un maggiore
approfondimento sarebbe stato opportuno. In effetti che la politica rientri a
pieno titolo tra i ``temi neoplatonici'' di Giuliano e una tesi difesa da
O'Meara con argomenti di estremo interesse, ma che non hanno trovato
consenso unanime (si vedano in particolare le osservazioni critiche di M.
Perkams, Eine neuplatonische politische Philosophie gibt es sie bei Kaiser
Julian?, in Ch. Schafer (Hrsg.), Kaiser Julian `Apostata', cit., pp. 105-25).
Tenuto conto della perizia con cui l'A. affronta le altre questioni collegate al
neoplatonismo di Giuliano, l'assenza di un capitolo specificamente eticopolitico lascia un po' di rammarico (cfr., adesso, S. Elm, Sons of Hellenism,
Fathers of the Church, Berkeley-Los Angeles-London 2012, pp. 88-143).
Riccardo Chiaradonna