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RACCOLTA
DEI CRITERI ED INDIRIZZI
DELLAUTORIT DI BACINO REGIONALE
IN MATERIA DI PIANIFICAZIONE DI BACINO
PER LASSETTO IDROGEOLOGICO
Marzo 2009
PREMESSA AL DOCUMENTO
Il presente testo coordinato rappresenta la raccolta dei criteri,
indirizzi e chiarimenti emanati dallAutorit di Bacino regionale in
materia di pianificazione di bacino per lassetto idrogeologico.
I documenti fondamentali di riferimento rimangono gli allegati 1 e 2
alla DGR 357/01 e ss.mm. e ii. (documenti 1.1 e 1.2 della
presente raccolta), che contengono rispettivamente i criteri per la
redazione della normativa dei piani di bacino stralcio regionali per
lassetto idrogeologico e la normativa-tipo prodotta quale esempio
tecnico di conformit ai suddetti criteri, assunta a riferimento nelle
normative di attuazione dei piani di bacino stralcio regionali vigenti.
Nel corso del tempo, peraltro, sono stati forniti chiarimenti ed indirizzi
interpretativi su tali criteri, nonch emanati ulteriori indirizzi
procedurali e/o nuovi criteri su aspetti specifici della normativa di che
trattasi.
Nel seguito vengono pertanto riportati gli estratti dei documenti di
rilievo per la pianificazione di bacino regionale. Al fine di agevolare la
lettura e la consultazione di tutti i testi attinenti allo stesso
argomento, stato anche introdotto nei documenti relativi ai criteri e
alla normativa ex DGR 357/01 (documenti 1.1 e 1.2 ), laddove
possibile, un richiamo specifico ai documenti di integrazioni, indirizzi
o chiarimenti successivamente approvati e riportati nella presente
raccolta.
Restano invariati il valore e lefficacia dei provvedimenti originari.
Documento 2.3.
Documento 2.4.
Documento 2.5.
Documento 2.6.
merito allart. 97, c.15 della l.r. 18/99, relativo alle modifiche e/o
integrazioni dei piani di bacino di rilievo regionale.
Documento 3.2.
Documento 3.3.
Documento 3.4.
alla
DGR
Documento 4.2.
Pubblici
n. 27699/519 del 08.02.2005: Circolare applicativa
dellart.110 bis della l.r. n. 18/1999, introdotto dalla l.r. n. 24/2004,
relativo alla facolt di rilascio di titoli abilitativi edilizi
contestualmente alla realizzazione di interventi di sistemazione
idraulica.
Documento 6.2.
Documento 1.1
AVVERTENZA:
Le modifiche e le integrazioni al testo iniziale (DGR 357/01) sono segnalate con nota
esplicativa.
Nella presente versione sono inoltre evidenziati, laddove possibile, i richiami ad altri
documenti di rilievo, contenenti chiarimenti e/o indirizzi interpretativi forniti
dallAutorit di Bacino ovvero indirizzi procedurali e/o integrazione ai criteri emanati
in merito a specifici aspetti.
Restano invariati il valore e lefficacia dei provvedimenti originari.
Testo integrato dei criteri per la normativa dei piani di bacino stralcio
per la tutela dal rischio idrogeologico ex all. 1 DGR 357/01 e ss.mm
Premessa
Il presente elaborato si inserisce nellambito della complessa attivit di indirizzo e coordinamento
connessa alla pianificazione di bacino, posta in essere dallAutorit di Bacino di rilievo regionale
al fine di standardizzare ed omogeneizzare i criteri e i metodi relativi alla individuazione delle
aree a rischio di inondazione e di frana sul territorio regionale e le conseguenti modalit di
utilizzazione del suolo, che consentano la tutela dal rischio idrogeologico e la salvaguardia della
pubblica incolumit.
Nellelaborazione dei presenti indirizzi si tenuto conto dei criteri e delle raccomandazioni gi
adottate dallAutorit di bacino di rilievo regionale e dei risultati della attivit di pianificazione in
corso, oltrech a quanto previsto dallatto di indirizzo e coordinamento per lindividuazione dei
criteri relativi agli adempimenti di cui allart. 1, commi 1 e 2, del D.L. 180/98 di cui al DPCM del
29/09/1998.
Con i presenti criteri si persegue la finalit di garantire lomogeneit di gestione del rischio
idrogeologico sul territorio regionale, in modo che situazioni di uguale pericolosit abbiano
identico regime di salvaguardia. A tal fine relativamente alla pericolosit idraulica ed alla
pericolosit geomorfologica, sono individuati gli indirizzi di gestione del territorio, che consentono
il non aumento del rischio idrogeologico attuale e la salvaguardia della pubblica incolumit.
In particolare, tali criteri individuano i contenuti minimi essenziali della normativa relativa ai piani
di bacino stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico da adottarsi entro giugno 2001 ai sensi
del comma 1, art.1, del D.L. 180/98, che, ai sensi del comma 6ter, dellart. 17 della L. 183/89,
costituiscono uno stralcio per settori funzionali, e che pertanto rappresentano parte integrante dei
piani di bacino, anche stralcio, gi in fase di elaborazione. In ogni caso detti contenuti sono
suscettibili di integrazioni in termini di individuazione di aree, di tematiche trattate, di maggiore
dettaglio degli studi, restando ferma la possibilit di adottare normative con contenuti pi
restrittivi.
Documento 1.1
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Testo integrato dei criteri per la normativa dei piani di bacino stralcio
per la tutela dal rischio idrogeologico ex all. 1 DGR 357/01 e ss.mm
Vedere anche il Documento 3.4, contenente il testo della DGR 1509/2008 con la
quale stato chiarito quali modifiche al reticolo principale siano configurabili come
modifiche od integrazioni da approvarsi con al procedura di cui al c. 15 dellart. 97
della l.r. 18/99.
Vedere anche:
Documento 3.2 contenente lallegato 1 alla DGR 1634/05, nel quale sono forniti gli
indirizzi laggiornamento dei piani di bacino in relazione a modifiche dei valori delle
portate di piena di riferimento
Documento 5.1, contenente le linee guida per la verifica e valutazione delle portate
Documento 1.1
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Testo integrato dei criteri per la normativa dei piani di bacino stralcio
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Per quanto riguarda i franchi minimi di sicurezza si rinvia alle indicazioni riportate nellallegato
A (Paragrafo 3) al presente atto, del quale costituisce parte integrante e sostanziale. 3
c)
Al fine di garantire un congruo rispetto dellambiente fluviale devono essere individuate lungo
lintero corso dacqua fasce di inedificabilit assoluta, a prescindere dalle condizioni di
pericolosit idrauliche esistenti. In ogni caso nella determinazione della relativa ampiezza si
deve tenere conto delle caratteristiche dei vari tratti del corso dacqua oggetto di disciplina.
d)
Le fasce di rispetto relative ai tratti di corsi dacqua non indagati con studi
idraulici nellambito del piano. 5
Al fine di evitare che esistano nel bacino zone non soggette alla disciplina vincolistica prevista
dal piano relativa alla pericolosit idraulica, in considerazione del fatto che delle stesse non
noto leffettivo stato di pericolosit, trattandosi di aree interessanti tratti di corsi dacqua non
oggetto di studi, ogni qual volta si intenda procedere ad interventi urbanistico-edilizi
necessaria una verifica preventiva della potenziale inondabilit di dette zone.
Nelle fasce di rispetto di cui trattasi, in conformit con quanto previsto dallart. 26 della L.R.
9/93, non possono essere consentiti interventi edilizi se non previo parere favorevole della
Provincia, basato su uno specifico studio idraulico che individui le fasce di inondabilit delle
aree secondo i criteri di cui allallegato A. Lampiezza minima di tale fascia di rispetto deve
essere pari a 40 m dai limiti dellalveo.
e)
Tombinature e coperture.
In considerazione del fatto che il piano di bacino deve prospettare soluzioni alle criticit, che
tengano conto anche degli aspetti urbanistico-ambientali e che le tombinature, configurandosi
quali elementi di notevole criticit idraulica (v. nota sul Rischio idraulico residuale nellambito
della pianificazione di bacino regionale approvata dal C.T.R. il 24.3.99), non possono essere
considerate opere di difesa idraulica, il Piano deve prevedere il divieto di nuove tombinature e
coperture, salvo il caso di quelle dirette ad ovviare a situazioni di pericolo, a garantire la tutela
della pubblica incolumit e la tutela igienico-sanitaria, o necessarie per la realizzazione di
discariche di rifiuti solidi urbani e di inerti qualora non siano possibili soluzioni alternative (v.
Nota su rischio idraulico residuale associato alla realizzazione delle discariche di inerti,
approvata dal C.T.R. il 01.07.99). Le tombinature ammesse devono comunque garantire,
almeno sul reticolo idrografico principale, il deflusso della portata duecentennale con adeguato
franco di sicurezza. Oltre a ci il Piano deve prevedere le dimensioni minime della sezione di
deflusso, che consentano lispezionabilit e le necessarie attivit di manutenzione,
Vedere anche il Documento 2.2, recante alcuni chiarimenti tecnici e normativi sui
franchi di sicurezza per la progettazione di opere in alveo, approvati dal CTR nella
seduta del 11/11/2002.
Vedere anche il Documento 2.6, contenente lallegato alla DGR 1339/07 recante
chiarimenti sul regime normativo applicabile nella fascia di inedificabilit assoluta dai
limiti dell'alveo ai sensi dell'art. 8, c.3 della normativa-tipo dei piani di bacino
stralcio regionali per il rischio idrogeologico.
Vedere anche il Documento 2.5, contenente lallegato 1 alla DGR 359/07, nel quale
sono stati forniti chiarimenti sulla nozione di centro urbano ai fini dell'applicazione
dell'art. 8, c.3 e 4, della normativa-tipo dei piani di bacino stralcio.
Documento 1.1
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nonch le opportune opere di intercettazione del materiale a monte delle zone di imbocco ed i
programmi di mantenimento e di pulizia periodica.
Ai fini della determinazione della disciplina relativa alle diverse categorie di aree sopra
richiamate, si rinvia alla raccomandazione n.7/99 Definizione delle fasce di inondabilit e di
riassetto fluviale, approvata dal Comitato Istituzionale il 30.04.1999, da integrare con le
indicazioni di seguito enunciate.
a)
Alveo Attuale.
Nellambito del Piano deve essere effettuata una individuazione dellalveo attuale, anche di
massima, sui tratti principali. La stessa deve comunque essere condotta sulla base di una
definizione oggettiva ed univoca che tenga conto di rilievi fisici e catastali, con la eventuale
previsione delle ulteriori specificazioni alla scala pi opportuna in sede di predisposizione
degli atti per i quali sia necessario.
Nellalveo attuale, in conformit anche a quanto previsto dalle normative vigenti, non deve
essere previsto alcun tipo di nuova edificazione, di ampliamento dei manufatti esistenti o
di recupero del patrimonio edilizio esistente eccedenti la manutenzione ordinaria come
definita dalla lett. a), c.1, art. 31, l. n.457/78, n linstallazione di manufatti anche non
qualificabili come volumi edilizi n la sistemazione di aree, che comportino la permanenza
o sosta di persone n depositi di qualsiasi genere. Devono inoltre essere vietate opere che
restringano lalveo, le rettificazioni, le deviazioni e le plateazioni, salvo specifiche deroghe
normate dal Piano.
Coerentemente devono invece essere previsti interventi di rimozione dellesistente.
Vedere anche Documento 2.1 contenente lallegato 1 alla DGR 848/03, che riporta
indirizzi interpretativi e chiarimenti dei criteri per la redazione della normativa dei
piani di bacino per la tutela dal rischio idrogeologico di cui alla DGR 357/01, nel
quale sono forniti, tra laltro, chiarimenti ed indirizzi interpretativi su specifiche
definizioni di tipo urbanistico-edilizio nellottica della pianificazione di bacino.
Documento 1.1
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b)
c)
Fasce di inondabilit.
Rappresentano porzioni di territorio esterne allalveo caratterizzate da uguale probabilit di
inondazione, e quindi da uguale pericolosit idraulica.
Secondo i criteri gi forniti
dallAutorit di bacino di rilievo regionale, in accordo anche con indirizzi nazionali, tali
fasce rappresentano tre livelli di pericolosit idraulica: elevata, media e bassa.
1) Fascia A - pericolosit idraulica molto elevata (Pi3) 7 : aree perifluviali inondabili al
verificarsi dellevento di piena con portata al colmo di piena corrispondente a periodo di
ritorno T=50 anni.
In ragione della caratteristica di elevata pericolosit idraulica di tale fascia, possono essere
consentiti solo gli interventi edilizi sul patrimonio edilizio esistente fino al restauro e
risanamento conservativo come definito dalla lett. c), c.1, art. 31, l. n.457/78, che non
aumentino la vulnerabilit e non comportino cambi di destinazione duso che aumentino il
carico insediativo. Non sono invece consentiti linstallazione di manufatti anche non
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(*)
Ai sensi della L.R. 26 agosto 2001, n. 24 sono compresi tra gli interventi di ristrutturazione edilizia
anche quelli volti al recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti.
In proposito, appare opportuno chiarire che, anche se urbanisticamente pu essere considerato cambio
di destinazione duso, il recupero dei sottotetti, tenuto conto delle finalit proprie della normativa di
piano di bacino, deve essere ritenuto ammissibile purch riguardi edifici aventi destinazione in
prevalenza residenziale o turistico-ricettiva che mantengano tale destinazione. Resta fermo in ogni
caso ogni altro requisito previsto nel presente criterio.
(**)
Vedere anche:
Documento 4.1
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2) Fascia B - pericolosit idraulica media (Pi2) 9 : aree perifluviali, esterne alle precedenti,
inondabili al verificarsi dellevento di piena con portata al colmo di piena corrispondente a
periodo di ritorno T=200 anni.
Sono consentiti interventi edilizi fino al restauro e risanamento conservativo come definito
dalla lett. c), c.1, art. 31, l. n.457/78. Possono inoltre essere consentiti interventi edilizi fino
alla ristrutturazione edilizia (art. 31, c.1 lett.c) l. n.457/78), purch non aumentino la
vulnerabilit degli edifici stessi rispetto ad eventi alluvionali, anche attraverso lassunzione
di idonee misure e di accorgimenti tecnico-costruttivi e purch risultino assunte le azioni e
le misure di protezione civile previste nel Piano stesso e nei piani comunali di protezione
civile. Sono altres consentiti, in tessuti di contesto urbano consolidato o da completare e a
seguito del parere favorevole della Provincia, interventi di nuova edificazione e di
ristrutturazione urbanistica, come definita dalla lett. e), comma 1, art. 31 della l. n.457/78,
purch interessino aree individuate a minor pericolosit, prevedano le opportune misure
od accorgimenti tecnico-costruttivi, e risultino assunte le azioni e le misure di protezione
civile di cui al presente Piano e ai piani comunali di protezione civile. Sono infine
consentite le nuove infrastrutture corredate da uno specifico studio di compatibilit
idraulica (**) e coniugate alle idonee azioni e misure di protezione civile.
Sono altres consentiti, sempre in tessuti di contesto urbano consolidato o da completare e
a seguito del parere favorevole della Provincia, interventi di nuova edificazione e di
ristrutturazione urbanistica, come definita dalla lett. e), comma 1, art. 31 della l. n.457/78,
purch interessino aree individuate a minor pericolosit, prevedano le opportune misure
od accorgimenti tecnico-costruttivi, e risultino assunte le azioni e le misure di protezione
civile di cui al presente Piano e ai piani comunali di protezione civile.
Sono infine consentite le nuove infrastrutture corredate da uno specifico studio di
compatibilit idraulica (**) e coniugate alle idonee azioni e misure di protezione civile.
3) Fascia C pericolosit idraulica bassa (Pi1): aree perifluviali, esterne alle precedenti,
inondabili al verificarsi dellevento di piena con portata al colmo di piena corrispondente a
periodo di ritorno T=500 anni, o aree storicamente inondate ove pi ampie, laddove non si
siano verificate modifiche definitive del territorio tali da escludere il ripetersi dellevento.
Questa fascia deve essere considerata una zona di attenzione, sulla quale sono consentiti
tutti gli interventi purch realizzati con tipologie tali da ridurre la vulnerabilit e coerenti con
e misure di protezione civile.
d)
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indagate con studi inadeguati, deve essere prevista la definizione di una ulteriore fascia,
individuata ad esempio come B*, sulla quale vige, in fase transitoria sino allintegrazione
degli studi, la normativa della fascia B. Tale disciplina, in analogia con quanto previsto per
i tratti non indagati di cui al punto 2.2, lett b), pu essere aggiornata attraverso un
adeguato studio idraulico che determini nel tratto corrispondente le fasce di inondabilit
con i criteri dellallegato A. Ove emerga una particolare criticit delle aree suddette, per
esempio in rapporto alla frequenza degli eventi storici, pu essere prevista una disciplina
pi restrittiva quale quella della fascia A (definizione di una fascia A* anzich B*). 10
e)
f)
g)
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(i)
(ii)
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13
Sulla base di quanto gi previsto dalla raccomandazione n. 4B/96 Valutazione della pericolosit
e del rischio idrogeologico. Carte derivate. approvata dal CTR il 29.11.96, dalla
raccomandazione 8/2000 Redazione della carta del rischio idrogeologico nei piani di bacino
stralcio e di quanto concordato ai fini delladempimento al DL 180/98 in relazione ai contenuti
dellatto di indirizzo e coordinamento del dl stesso, vengono individuate, di norma, le seguenti
classi con la relativa normativa di riferimento. Nel caso di piani che non prevedano la distinzione
tra le classi di suscettivit al dissesto molto elevata (Pg4) ed elevata (Pg3), le stesse devono
essere accorpate e assoggettate alla disciplina relativa alle aree a suscettivit al dissesto molto
elevata (Pg4).
13
Vedere anche Documento 2.1 contenente lallegato 1 alla DGR 848/03, che riporta
indirizzi interpretativi e chiarimenti dei criteri per la redazione della normativa dei
piani di bacino per la tutela dal rischio idrogeologico di cui alla DGR 357/01, nel
quale sono forniti, tra laltro, chiarimenti ed indirizzi interpretativi su specifiche
definizioni di tipo urbanistico-edilizio nellottica della pianificazione di bacino.
Documento 1.1
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Testo integrato dei criteri per la normativa dei piani di bacino stralcio
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Qualora, inoltre, nella Carta di suscettivit al dissesto siano individuate classi speciali, quali cave
abbandonate, discariche dismesse nonch riporti, la Provincia, con valutazione da effettuare
caso per caso, determina la normativa di riferimento in considerazione degli effetti che le stesse
producono sul territorio in termini di suscettivit al dissesto.
Infine, le indagini e gli studi previsti devono tenere in debita considerazione eventuali aree a
maggiore suscettivit presenti nei pressi della zona di intervento, valutando anche possibili
espansioni di movimenti gravitativi.
a) Suscettivit al dissesto molto elevata - frana attiva (Pg4)
movimenti di massa in atto.
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8 Condoni edilizi
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A riguardo degli interventi abusivi soggetti a regime di condono edilizio ai sensi del capo IV della
L. 47/85 il Piano prevede le condizioni in base alle quali le opere oggetto di istanza di condono
edilizio possono essere sanate, previo parere favorevole della Provincia, in quanto trattasi di
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interventi gi a suo tempo realizzati, sia pure abusivamente, e, come tali, oggi di fatto esistenti e,
quindi, non assoggettabili alla nuova disciplina introdotta dal Piano con riferimento alle opere
ancora da realizzare.
La Provincia pu peraltro esprimere parere favorevole a condizione che tali interventi non
pregiudichino o interferiscano con il deflusso della portata al colmo di piena duecentennale, non
pregiudichino la stabilit del versante, non siano compresi nellalveo attuale o nella fascia di
riassetto fluviale, non pregiudichino la possibilit di attuazione delle previsioni del Piano. Il parere
della Provincia pu peraltro prevedere limposizione di opportuni accorgimenti tecnico-costruttivi
e/o di misure e cautele per la tutela della pubblica incolumit sotto forma di prescrizioni.
Non pu essere rilasciato parere favorevole nei casi di tratti di corsi dacqua non sufficienti allo
smaltimento della portata duecentennale relativamente ai quali il Piano non individui la fascia di
riassetto fluviale ovvero interventi alternativi in grado di riportare il rischio di inondazione ai livelli
stabiliti, stante limpossibilit di valutare leventuale interferenza degli interventi edilizi in
questione con la messa in sicurezza del corso dacqua.
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Vedere anche:
Documento 3.1 contenente lallegato 1 alla DGR 1624/04, nel quale sono forniti
chiarimenti in merito allapplicazione dellart. 97, c. 15, l.r. 18/99 reltivamente alle
modifiche ed integrazioni dei piani di bacino regionali;
Documento 3.2 contenente lallegato 1 alla DGR 1634/05, nel quale sono forniti gli
indirizzi laggiornamento dei piani di bacino in relazione a modifiche dei valori delle
portate di piena di riferimento.
Documento 3.3 contenente lallegato 1 alla DGR 893/08, contenente indirizzi e
modalit procedurali per lespressione del parere della Sez. competente del CTR ai
sensi del c. 15, art. 97, l.r. 18/99.
Documento 3.4 contenente la DGR 1509/08, con la quale sono stati forniti
chiarimenti relativamente alle modifiche del reticolo idrografico principale dei piani
di bacino.
Documento 4.2 contenente lallegato 1 alla DGR 1532/05, nel quale sono forniti gli
indirizzi procedurali per laggiornamento dei piani di bacino in relazione
allindividuazione degli ambiti normativi delle fasce di inondabilit ex DGR 250/05.
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ALLEGATI TECNICI
ALLEGATO A:
INDIRIZZI TECNICI PER LA REDAZIONE DI STUDI IDRAULICI
Gli studi idraulici finalizzati sia alla determinazione delle aree inondabili sia alla progettazione ed
alla verifica di opere, devono essere conformi alle seguenti indicazioni.
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effettuata applicando schema di moto pi opportuno, tra quelli sopra indicati, in considerazione
della morfologia del sito e delle caratteristiche del fenomeno fisico da considerare.
In particolare, al fine di valutare il grado di pericolosit delle aree inondabili, devono essere
determinati, almeno in corrispondenza della portata duecentennale, i livelli idrici che vi si
realizzano, anche attraverso la suddivisione in opportune classi di tiranti idrici, nonch, con
particolare riferimento alle aree urbane, le zone a pi alta velocit di scorrimento.
Negli studi connessi alla progettazione di opere i calcoli idraulici per la definizione della
condizione di deflusso vanno condotti con riferimento alle condizioni antecedenti e successive
alla realizzazione dellopera nella configurazione definitiva; vanno esaminate le condizioni di
deflusso relative alle fasi intermedie di realizzazione dellopera nel caso in cui le stesse
aggravino il regolare deflusso rispetto alla fase finale.
I progetti di sistemazione idraulica, che non garantiscano il deflusso di portata duecentennale,
devono quantificare il rischio residuo e determinare le aree ancora inondabili a seguito della
realizzazione delle opere.
In generale, poich il trasporto di sedimenti costituisce una componente che pu influenzare in
modo significativo la dinamica della corrente, opportuno che gli studi idraulici effettuino
considerazioni, anche qualitative, relative al trasporto solido, finalizzate a valutare limportanza di
tale fenomeno nel caso in esame (ad esempio, effetto della dinamica dellalveo sui livelli idrici
durante gli eventi di piena e/o effetto dellopera sulla dinamica del trasporto di sedimenti) e ad
evidenziare la necessit di eventuali approfondimenti in tal senso attraverso modelli a fondo
mobile. Ove necessario, ovvero su indicazione della Provincia, la capacit di trasporto della
corrente in diverse condizioni di piena pu essere valutata, in prima approssimazione, sulla base
della modellazione idraulica effettuata nello studio e di una speditiva caratterizzazione dei
sedimenti in alveo, ottenendo indicazioni di massima sulla quantit e sulla tipologia del materiale
trasportato e sulla tendenza morfologica evolutiva (deposito o erosione) dei vari tratti d alveo.
2. Parametri di scabrezza
Nella modellazione di moto permanente monodimensionale il parametro di scabrezza
rappresenta, per il tronco fluviale compreso fra due sezioni di calcolo, oltre alla natura e alle
condizioni dellalveo e delle sponde, macroresistenze dovute alla variabilit longitudinale della
geometria o a possibili variazioni brusche del perimetro bagnato al crescere della portata; ci
assume particolare rilevanza nei casi in cui il rilievo delle sezioni disponibile non sia fitto lungo il
corso dacqua. In questi casi, il parametro di scabrezza deve tener conto di molteplici processi
di resistenza e dovrebbe essere assunto superiore (inferiore in termini di Gauckler-Strickler) a
quanto detterebbero condizioni solo locali dellalveo.
I parametri di scabrezza da utilizzare nel calcolo idraulico, ai fini sia delle verifiche idrauliche
sia della determinazione delle aree inondabili, devono tenere conto delle reali e documentabili
condizioni di manutenzione del corso dacqua. Tali valori di parametro di scabrezza devono
essere desunti da quelli individuati dalla tabella seguente (per semplicit riportati solo in termini
di scabrezza di Gauckler-Strickler; si ricorda, comunque, che il coefficiente di Manning n pari
allinverso del coefficiente Ks di Gauckler-Strickler), tenendo conto che gli stessi dovrebbero
essere considerati valori massimi non superabili.
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Coeff. di scabrezza di
1/3 -1
Gauckler-Strickler Ks (m s )
25-30
30-35
35-40
40-45
45-55
3. Franchi di sicurezza
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Tutte le opere devono avere franchi adeguati, rispetto al livello di piena previsto per la portata
duecentennale. Alla loro valutazione devono concorrere considerazioni sia relative alla tipologia
di opera e alla sua rilevanza determinata anche in funzione della vulnerabilit delle zone
limitrofe, sia relative alle caratteristiche cinetiche della corrente, con la distinzione dei casi di
correnti lente e di correnti veloci.
Per i corsi dacqua sul reticolo idrografico principale i franchi non devono essere inferiori al valore
maggiore tra:
a) il carico cinetico della corrente determinabile come U2/2g, dove U la velocit media della
corrente (m/s) e g laccelerazione di gravit (m/s2) (valore particolarmente rilevante per
correnti veloci)
ed
b) i valori per categorie di opere di seguito indicati:
I. argini e difese spondali
cm. 50/100
1
II. ponti e similari fino a estensioni longitudinali di m. 10
cm. 100/150
III. coperture o tombinature, ponti e similari oltre m. 10
cm. 150/200
ove i due valori estremi corrispondono rispettivamente a bacini poco dissestati con
previsione di modesto trasporto solido ed a bacini molto dissestati con previsione di forte
trasporto solido in caso di piena.
Per le opere di cui al punto III, nel caso di modesta rilevanza dellopera stessa e di bacini
ben sistemati, il valore minimo del franco come sopra indicato pu essere derogato
dallamministrazione competente fino a 100 cm.
25
Vedere anche il Documento 2.2, recante alcuni chiarimenti tecnici e normativi sui
franchi di sicurezza per la progettazione di opere in alveo, approvati dal CTR nella
seduta del 11/11/2002.
Per estensione longitudinale si intende lestensione dellopera misurata parallelamente alla direzione
della corrente. Per opere non ortogonali alla direzione della corrente si valuta come estensione la
distanza, sempre misurata in senso parallelo alla corrente, tra il lembo pi a monte e quello pi a valle
dellopera stessa.
Documento 1.1
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Testo integrato dei criteri per la normativa dei piani di bacino stralcio
per la tutela dal rischio idrogeologico ex all. 1 DGR 357/01 e ss.mm
ALLEGATO B:
ACCORGIMENTI TECNICO-COSTRUTTIVI PER IL
NON AUMENTO DELLE CONDIZIONI DI RISCHIO IDRAULICO
Documento 1.1
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Documento 1.2
Documento 1.2
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TITOLO I
FINALIT, CONTENUTI ED ELABORATI DI PIANO
CAPO I
Finalit ed ambito di applicazione del Piano
Art. 1 Finalit generali del Piano
1. Il presente Piano per la tutela dal rischio idrogeologico nei bacini del (o dei)
., redatto ai sensi del comma 1, dellart. 1, del d.l. 11 giugno 1998
n.180 convertito, con modificazioni, in legge 3 agosto 1998 n.267:
a) costituisce piano stralcio di bacino ai sensi del comma 6 ter, dellart.17 della l. n. 18
maggio 1989 n.183 relativo ai settori funzionali individuati dal comma 3 dello stesso
art.17;
b) ha valore di piano territoriale di settore;
c) lo strumento conoscitivo, normativo e tecnico operativo mediante il quale sono
pianificate e programmate le azioni e le norme duso relative alle aree suscettibili di
dissesto idrogeologico finalizzate alla conservazione, alla difesa e alla valorizzazione
del suolo, sulla base delle caratteristiche fisiche ed ambientali del territorio.
2. Il Piano definisce le sue scelte attraverso la valutazione unitaria dei vari settori di disciplina
con lobiettivo di assicurare un livello di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni di
esondazione, di perseguire il ripristino, la riqualificazione e la tutela delle caratteristiche del
territorio, nonch la programmazione degli usi del suolo ai fini della difesa, della
stabilizzazione e del consolidamento dei terreni.
3. Il Piano persegue le finalit della difesa idrogeologica e della rete idrografica, il miglioramento
delle condizioni di stabilit del suolo, di recupero delle aree interessate da particolari
fenomeni di degrado e dissesto, di salvaguardia della naturalit mediante la definizione :
a) del quadro della pericolosit e del rischio idrogeologico in relazione ai fenomeni di
inondazione e di dissesto considerati;
b) dei vincoli e delle limitazioni duso del suolo in relazione al diverso grado di pericolosit;
c) delle esigenze di manutenzione, completamento ed integrazione dei sistemi di difesa
esistenti in funzione del loro livello di efficacia in termini di sicurezza;
d) degli interventi per la sistemazione del dissesto dei versanti e delle aree instabili a
protezione degli abitati e delle infrastrutture, adottando modalit di intervento che
privilegino la conservazione ed il recupero delle caratteristiche naturali del territorio;
e) degli interventi per la difesa e la regolazione dei corsi dacqua;
f) di nuovi sistemi di difesa, ad integrazione di quelli esistenti, con funzioni di controllo
dellevoluzione dei fenomeni di dissesto e di esondazione, in relazione al livello di
riduzione del rischio da conseguire.
Documento 1.2
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2.
Per gli aspetti non trattatati nel presente Piano continuano a restare in vigore le norme di
salvaguardia di cui alle lett. a), c), d) ed e) del comma 1, dellarticolo 26 l.r. n.9/93.
CAPO II
Contenuti del Piano
Art. 3 Oggetto del Piano
1. Il Piano persegue gli obiettivi di settore ai sensi dell art. 15 della l.r. n.9/93 e successive
modificazioni ed integrazioni, con particolare riferimento alle lettere a, c, d, e, g, m, o, t, v,
per gli aspetti attinenti allassetto idrogeologico ed ha i seguenti contenuti essenziali:
I.
II.
III.
IV.
V.
VI.
Tale materiale non oggetto di pubblicazione in fase di divulgazione del piano approvato, ma
deve essere tenuto a disposizione per la consultazione presso la Regione, la Provincia ed i Comuni
e le Comunit Montane competenti.
(2)
Tale elenco suscettibile di integrazioni e/o modifiche in considerazione delle cartografie
elaborate nellambito degli specifici piani. In ogni caso gli elaborati del presente articolo
costituiscono elementi propedeutici alla elaborazione della descrizione fondativa dei PUC ai sensi
della l.r. n.36/1997.
Documento 1.2
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XII.
XIII.
XIV.
XV.
XVI.
XVII.
XVIII.
XIX.
XX.
XXI.
XXII.
Carta geomorfologica
Carta idrogeologica
Carta della franosit reale
Carta delluso del suolo
Carta delle aree storicamente inondate
Carta delle tracce delle sezioni idrauliche
Carta delle aree inondabili (qualora prodotta)
Carta dei tiranti idrici per aree inondabili a T= 50, 200, 500 anni
Carta degli elementi a rischio
Allegati relativi alle verifiche idrauliche (profili, sezioni, tabelle, etc.)
Schede di censimento dei movimenti franosi.
TITOLO II
DISCIPLINA DELLASSETTO IDROGEOLOGICO DEL TERRITORIO
CAPO I
Indirizzi e norme di carattere generale
Sezione I - Norme generali di carattere idrogeologico
Documento 1.2
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II
Vedere anche il Documento 3.4, contenente il testo della DGR 1509/2008, che, ad
integrazione della DGR 1624/04, d indirizzi procedurali in merito alle modifiche
relative al reticolo principale.
I
II
Vedere anche:
Documento 3.2 contenente lallegato 1 alla DGR 1634/05, nel quale sono forniti gli
indirizzi laggiornamento dei piani di bacino in relazione a modifiche dei valori delle
portate di piena di riferimento
Documento 5.1, contenente le linee guida per la verifica e valutazione delle portate
(4)
Ogni volta che nel testo della presente normativa compare il termine Provincia ci si riferisce alla
Provincia in quanto organo dellAutorit di Bacino ai sensi del comma 2, dellart. 96 della l.r.
n.18/99. La Provincia pu inserire nel testo la previsione dellacquisizione del parere del proprio
Comitato Tecnico in qualit di organo tecnico consultivo ai sensi del comma 1 dellart. 97 della l.r.
n. 18/99.
Documento 1.2
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Vedere anche il Documento 2.2, recante alcuni chiarimenti tecnici e normativi sui
franchi di sicurezza per la progettazione di opere in alveo, approvati dal CTR nella
seduta del 11/11/2002.
III
Vedere anche il Documento 2.6, contenente lallegato alla DGR 1339/07 recante
chiarimenti sul regime normativo applicabile nella fascia di inedificabilit assoluta dai
limiti dell'alveo ai sensi dell'art. 8, c.3 della normativa-tipo dei piani di bacino
stralcio regionali per il rischio idrogeologico.
IV
Vedere anche il Documento 2.5, contenente lallegato 1 alla DGR 359/07, nel quale
sono stati forniti chiarimenti sulla nozione di centro urbano ai fini dell'applicazione
dell'art. 8, c.3 e 4, della normativa-tipo dei piani di bacino stralcio.
(5)
Lindividuazione dei tratti dei corsi dacqua, che non hanno formato oggetto di studi idraulici
nellambito del Piano, pu essere effettuata mediante sia una apposita tavola sia una delle tavole di
cui allart. 4 della presente normativa. Qualora non si proceda alla suddetta individuazione la
fascia di rispetto, di cui al comma in oggetto, deve essere stabilita lungo lintero corso dacqua, ad
eccezione dei tratti ricadenti nelle fasce di inondabilit.
Documento 1.2
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40 m (5 bis) , misurata dai limiti dellalveo, come definiti ai commi 1 e 2, nella quale sono
consentiti interventi urbanistico-edilizi, a condizione che la Provincia esprima parere
favorevole (5 ter) , sulla base di uno studio idraulico, che individui le fasce di inondabilit delle
aree secondo i criteri di cui allallegato 3.
Le risultanze dei suddetti studi idraulici sono recepite nelle fasi di aggiornamento del Piano
secondo la procedura di cui al comma 15 dellart. 97, della l.r. n.18/1999.
CAPO II
Articolazione del territorio in categorie
Art.12 Individuazione e categorie di aree
1. Sono individuate le seguenti tipologie di aree :
a) Alveo Attuale: individuato sulla base di rilievi fisici e catastali, considerando il pi
esterno tra il limite catastale demaniale e le opere di arginatura e/o protezione esistenti,
salvo una eventuale pi affinata determinazione in sede di adeguamento o
(5 bis)
Qualora esistano tratti di corsi dacqua ricadenti in ambiente urbano, non studiati con apposite
verifiche idrauliche nellambito del presente Piano, la Provincia pu, allinterno dei perimetri dei
centri urbani, ridurre la fascia di rispetto, di cui al presente comma, a 20 m.
(5 ter)
In coerenza con la disciplina dellassetto idraulico della presente normativa, gli interventi
urbanistico-edilizi che possono essere realizzati nella fascia di rispetto, senza il preventivo parere
della Provincia, sono quelli ammessi nella fascia A, di cui al comma 2 dellart. 15.
Documento 1.2
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aggiornamento del Piano (6) . La sua individuazione di massima per i tratti principali e
per quelli che presentano situazioni di criticit riportata nella Tav. Carta delle
fasce di inondabilit (scala 1:5000); ulteriori specificazioni vengono individuate dagli
Enti e dai privati interessati, in sede di predisposizione degli atti che lo richiedano;
b) Fascia di riassetto fluviale (RF): individuata nella Tav. Carta e
comprende le aree esterne allalveo attuale necessarie per ladeguamento del corso
dacqua allassetto definitivo previsto dal presente Piano. La sua delimitazione
effettuata sulla base delle strategie e delle scelte pianificatorie del Piano e dellinsieme
degli interventi strutturali individuati nellambito dello stesso. Comprende in particolare le
aree necessarie al ripristino della idonea sezione idraulica, tutte le forme fluviali
riattivabili durante gli stati di piena e le aree da destinare alle opere di sistemazione
idraulica previste. Pu comprendere, inoltre, aree ritenute di pertinenza fluviale e/o di
elevato pregio naturalistico-ambientale limitrofe al corso dacqua.
2. Sono individuate le seguenti categorie di aree relative alla pericolosit idrogeologica
(7), (8)
a) Fasce di inondabilit (Aree AIN): sono individuate nella Tav. Carta delle
fasce di inondabilit ed articolate nel modo seguente:
1) Fascia A pericolosit idraulica molto elevata (Pi3): aree perifluviali inondabili al
verificarsi dellevento di piena con portata al colmo di piena corrispondente a
periodo di ritorno T=50 anni;
2) Fascia B pericolosit idraulica media (Pi2): aree perifluviali, esterne alle
precedenti, inondabili al verificarsi dellevento di piena con portata al colmo di
piena corrispondente a periodo di ritorno T=200 anni;
3) Fascia C pericolosit idraulica bassa (Pi1): aree perifluviali, esterne alle
precedenti, inondabili al verificarsi dellevento di piena con portata al colmo di
piena corrispondente a periodo di ritorno T=500 anni, o aree storicamente
inondate ove pi ampie, laddove non si siano verificate modifiche definitive del
territorio tali da escludere il ripetersi dellevento;
4) Fascia B* (ovvero A*): aree storicamente inondate, per le quali non siano
avvenute modifiche definitive del territorio tali da escludere il ripetersi dellevento,
ovvero aree individuate come a rischio di inondazione sulla base di considerazioni
geomorfologiche o di altra evidenze di criticit, in corrispondenza delle quali non
siano state effettuate nellambito del Piano le adeguate verifiche idrauliche
finalizzate allindividuazione delle fasce di inondabilit.
(6)
In ogni caso una pi precisa individuazione dellalveo attuale pu essere effettuata, attraverso
uno specifico elaborato cartografico a scala adeguata, gi in sede di elaborazione del presente
piano.
(7)
Tali aree sono sovrapponibili alle eventuali aree soggette ai regimi normativi di assetto del
territorio con conseguente applicazione delle norme pi restrittive.
(8)
Le Province nella redazione del piano possono integrare le categorie di aree relative alla
pericolosit idrogeologica. Le nuove categorie di aree a diversa pericolosit sono individuate in
considerazione di aspetti non trattati nella presente normativa, quali lo studio di aree interessate
dallevoluzione dinamica dei fenomeni franosi, linterazione di fenomeni geomorfologici ed idraulici
o la gradazione del livello della pericolosit nellambito delle fasce di inondabilit in
considerazione dellentit dei tiranti idrici e delle velocit di scorrimento. Resta ferma la
possibilit di accorpare le suddette categorie di aree a quelle definite nella presente normativa tipo.
Documento 1.2
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(9)
Nel caso di piani che non prevedano la distinzione tra le classi di suscettivit al dissesto molto
elevata (Pg4) ed elevata (Pg3), le stesse si intendono accorpate e sono soggette alla disciplina
relativa alle aree a suscettivit al dissesto molto elevata (Pg4).
Qualora, inoltre, nella Carta di suscettivit al dissesto siano individuate classi speciali, quali cave
abbandonate, discariche dismesse nonch riporti, la Provincia applica, con valutazione da
effettuare caso per caso, la normativa di riferimento, di cui al Presente Piano, in considerazione
degli effetti che le stesse producono sul territorio in termini di suscettivit al dissesto.
Documento 1.2
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CAPO III
Norme specifiche per ciascuna categoria di area
Sezione I - Disciplina dellassetto idraulico dei fondovalle
VI
Vedere anche il Documento 2.1 contenente lallegato 1 alla DGR 848/03, che
riporta indirizzi interpretativi e chiarimenti dei criteri per la redazione della
normativa dei piani di bacino per la tutela dal rischio idrogeologico di cui alla DGR
357/01, nel quale sono forniti, tra laltro, chiarimenti ed indirizzi interpretativi su
specifiche definizioni di tipo urbanistico-edilizio nellottica della pianificazione di
bacino.
VI
Documento 1.2
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2. In tali ambiti sono previsti eventuali interventi di delocalizzazione al di fuori della fascia dei
manufatti esistenti, a seguito di specifici progetti di messa in sicurezza.
3. A seguito della progettazione degli interventi di messa in sicurezza di cui al comma
precedente la Provincia pu procedere ad nuova perimetrazione della fascia con la
procedura di cui al comma 15 dell'art. 97, della l.r. n.18/99.
4. Delleventuale maggior valore acquisito degli immobili a seguito degli interventi di
manutenzione straordinaria come definita dalla lett. b), comma 1, dell'art. 31 della l.
n.457/78 non si tiene conto ai fini della determinazione dellindennit di espropriazione.
c)
(9bis)
4. Nella fascia C consentito ogni tipo di intervento purch realizzato con tipologie costruttive
finalizzate alla riduzione della vulnerabilit delle opere e, quindi, del rischio per la pubblica
incolumit, e coerenti con le azioni e misure di protezione civile previste dal presente Piano
e dai piani di protezione civile comunali.
4-bis: Nella fascia B* (ovvero A*) si applica la normativa di cui al comma 3 (ovvero: la
normativa di cui al comma 2). A seguito di adeguato studio idraulico, che individui le fasce
di inondabilit delle aree secondo i criteri di cui allallegato 3, sono consentiti gli interventi
studio idraulico di dettaglio redatto in conformit allallegato 3 alla normativa-tipo di cui alla DGR
357/2001, che permetta la valutazione delle conseguenze in termini idraulico-ambientali della
realizzazione dellopera per un tratto significativo del corso dacqua.
La tipologia e le
caratteristiche progettuali dellopera stessa devono essere individuati sulla base del suddetto
studio idraulico, al fine di minimizzare il rischio connesso in tutte le aree interessate e di
individuare tutti gli accorgimenti costruttivi e le misure necessarie per la tutela della pubblica
incolumit.
Documento 1.2
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Vedere anche:
il Documento 2.1, contenente lAllegato 1 alla DGR 848/03 con particolare
riferimento al punto 8) che ha specificato gli elementi minimi necessari per la
riperimetrazione delle fasce di inondabilit a seguito di interventi di sistemazione
idraulica;
il Documento 2.3, contenente lallegato 1 alla DGR 16/07, recante indirizzi per la
riperimetrazione delle fasce di inondabilit a seguito di interventi di sistemazione
idraulica.
Vedere anche il Documento 2.4, contenente lAllegato 2 alla DGR 16/07, recante
indirizzi per la riperimetrazione delle fasce di inondabilit a seguito di studi di
maggior dettaglio.
VIII
Documento 1.2
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contenuto nel piano di interventi di mitigazione del rischio o nelle misure di protezione civile,
il Piano demanda ai Comuni lassunzione, nellambito degli strumenti urbanistici, dei piani di
settore, e dei piani di prevenzione ed emergenza di protezione civile (l.r. n.9/2000), di tutte
le misure opportune per ridurre il rischio per la pubblica incolumit, delle quali, a titolo
esemplificativo, riportata una elencazione non esaustiva nellallegato 6, da promuovere
anche attraverso incentivi, e da attivare prioritariamente per le strutture altamente
vulnerabili.
IX
Vedere anche il Documento 2.1 contenente lallegato 1 alla DGR 848/03, che
riporta indirizzi interpretativi e chiarimenti dei criteri per la redazione della
normativa dei piani di bacino per la tutela dal rischio idrogeologico di cui alla DGR
357/01, nel quale sono forniti, tra laltro, chiarimenti ed indirizzi interpretativi su
specifiche definizioni di tipo urbanistico-edilizio nellottica della pianificazione di
bacino.
IX
Documento 1.2
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pericolosit dellarea anche attraverso la messa in opera di tutti gli accorgimenti tecnici
e le misure finalizzate a tutelare la pubblica incolumit. Sono fatti salvi gli interventi di
viabilit, servizi tecnologici ed aree a verde attrezzato, corredati di progetti supportati
dal parere vincolante della Provincia e basati su studi che dettaglino le caratteristiche
geologiche, geomorfologiche e geotecniche che determinano la suscettivit elevata e
che verifichino che la realizzazione dellopera non interferisca negativamente con le
condizioni di stabilit dellintera area.
3 bis. (9ter) Nelle aree classificate Pg3 indagini di maggior dettaglio possono accertare se,
allinterno delle stesse, siano individuabili aree che presentino un livello di pericolosit pi
contenuto rispetto allentit dei parametri geologici, geomorfologici e geotecnici ed alla
propensione al movimento gravitativo proprio delle frane quiescenti.
3 ter. Le indagini, sulla base delle specifiche caratteristiche geologiche, geomorfologiche e
geotecniche delle aree considerate, sono dirette a verificare che:
a) in coerenza con la metodologia di classificazione sviluppata nel piano, tali aree
presentino caratteristiche fisiche tali da confermare il relativo inquadramento nella
classe di suscettivit al dissesto elevata (Pg3);
b) tali aree presentino, peraltro, un livello di pericolosit pi contenuto rispetto allentit dei
parametri geologici geomorfologici geotecnici e alla propensione al movimento
gravitativo proprio delle frane quiescenti, tale da consentire anche interventi di nuova
edificazione;
3 quater. Nel caso sussistano i presupposti di cui alla precedente lettera b) comma 3 ter, le
indagini verificano che:
a) lattuazione degli interventi consentiti non aggravi il grado di suscettivit al dissesto
dellarea ma permetta il miglioramento delle condizioni di stabilit dellareale
interessato, attraverso le opportune e le possibili opere volte a modificare i fattori
geomorfologici e geotecnici, determinanti il relativo grado di suscettivit al dissesto;
b) le condizioni di suscettivit del territorio a contorno dellarea di intervento non
interferiscano negativamente sullintervento stesso;
c) gli interventi prevedano ogni accorgimento tecnico-costruttivo necessario ad assicurare
la tutela della pubblica incolumit e il non aumento del rischio.
3 quinquies. Le indagini di maggior dettaglio, di cui al precedente comma 3bis, possono essere
svolte dalla Provincia ovvero dai soggetti pubblici o privati interessati. In questo secondo
caso la Provincia approva lindagine di maggior dettaglio ed indica, contestualmente, gli
interventi compatibili con le condizioni di suscettivit al dissesto accertate.
3 sexies. Le risultanze dellindagine di maggior dettaglio approvate dalla Provincia, di cui al
precedente comma 3 quinquies, costituiscono aggiornamento del piano. (9quater)
4. Nelle aree a suscettivit al dissesto media (Pg2) e bassa (Pg1) si demanda ai Comuni,
(9ter)
I commi 3 bis e seguenti sono da inserire solo nel caso in cui il piano di bacino effettui la
scelta che, nelle aree classificate Pg3, non di frana quiescente, si possano effettuare indagini di
maggior dettaglio volte a verificare il livello di pericolosit dellarea e la compatibilit di interventi
di tipo edificatorio di maggiore entit rispetto a quelli previsti in via generale nelle aree Pg3.
(9quater)
Le modifiche conseguenti allaggiornamento del piano, previste dal presente comma,
possono essere approvate dalla Giunta Provinciale, acquisito il parere del proprio organo tecnico.
Documento 1.2
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Vedere anche il Documento 2.7, contenente lallegato 1 alla DGR 1338/07, che
riporta indirizzi per la riperimetrazione e riclassificazione delle frane attive e
quiescenti a seguito di studi di maggior dettaglio
Documento 1.2
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TITOLO III
INTERVENTI DI SISTEMAZIONE IDROGEOLOGICA E
DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO
Art. 17 Interventi di sistemazione idrogeologica dei versanti e sui corsi d'acqua
1. Gli interventi di cui alla tabella . del capitolo .. del Piano hanno carattere vincolante
in relazione alle priorit e ai soggetti tenuti alla realizzazione degli stessi, in rapporto alle
disponibilit finanziarie.
2. La tabella degli interventi e le relative priorit possono essere aggiornate dalla Provincia a
seguito del verificarsi di gravi emergenze successive allapprovazione del Piano con le
procedure di cui al comma 15, dellarticolo 97, della l.r. n.18/1999.
TITOLO IV
ATTUAZIONE DEL PIANO
Art 19 Effetti del Piano nei confronti dei restanti strumenti di pianificazione
territoriale
1. Le prescrizioni degli articoli 5, 8, 9, 10, 13, 14, 15, 16, 17 prevalgono, ai sensi e per gli
effetti del comma 2, dellart. 17, della l.r. n.9/1993, sulle previsioni contenute negli strumenti
urbanistici comunali e vincolano, in base al combinato disposto del comma 4, dell art. 17
della l.r. n.9/1993, del comma 5 dellart. 2 della l.r. n.36/1997 e del comma 3 dellart.8 della
l.r. n.18/1999, la pianificazione territoriale di livello regionale, provinciale e comunale, con
effetto di integrazione della stessa e, in caso di contrasto, di prevalenza su di essa.
2. Il Piano specifica quali previsioni impongono ladeguamento da parte dei Comuni, i cui
territori rientrano nellambito di applicazione del Piano, dei rispettivi strumenti urbanistici
entro e non oltre il termine di 270 gg. dalla data della sua entrata in vigore ai sensi del
comma 3, dellart.17, della l.r. n.9/1993 (10) .
(10)
Tale previsione va inserita solo se il Piano individua interventi che richiedano ladeguamento
degli strumenti urbanistici.
Documento 1.2
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TITOLO V
DISPOSIZIONI FINALI E TRANSITORIE
Art.23 Regime transitorio
1. Dalla data di adozione del Piano, nel caso di interventi urbanistici ed edilizi gi assentiti
mediante rilascio di concessioni od autorizzazioni edilizie o di interventi previsti da strumenti
urbanistici attuativi approvati prima della data di adozione del Piano, non possono essere
realizzate le opere che risultino in contrasto con i divieti e le prescrizioni contenuti nel Piano
medesimo, fatti salvi i casi in cui i relativi lavori siano stati effettivamente iniziati ai sensi
dellart. 1, penultimo e ultimo comma della l.r. 18.1.1975 n. 4, ovvero la Provincia esprima
parere favorevole previa verifica che, sulla base degli scenari di pericolosit del presente
Piano, lintervento non aumenti le attuali condizioni di rischio, anche attraverso ladozione
delle opportune misure ed accorgimenti tecnico-costruttivi, di cui allallegato 5 nel caso di
inondabilit, e lassunzione delle misure di protezione civile di cui allallegato 7.
Documento 1.2
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XI
XI
Vedere anche:
Documento 3.1 contenente lallegato 1 alla DGR 1624/04, nel quale sono forniti
chiarimenti in merito allapplicazione dellart. 97, c. 15, l.r. 18/99 reltivamente alle
modifiche ed integrazioni dei piani di bacino regionali;
Documento 3.2 contenente lallegato 1 alla DGR 1634/05, nel quale sono forniti gli
indirizzi laggiornamento dei piani di bacino in relazione a modifiche dei valori delle
portate di piena di riferimento.
Documento 3.3 contenente lallegato 1 alla DGR 893/08, contenente indirizzi e
modalit procedurali per lespressione del parere della Sez. competente del CTR ai
sensi del c. 15, art. 97, l.r. 18/99.
Documento 3.4 contenente la DGR 1509/08, con la quale sono stati forniti
chiarimenti relativamente alle modifiche del reticolo idrografico principale dei piani di
bacino.
Documento 4.2 contenente lallegato 1 alla DGR 1532/05, nel quale sono forniti gli
indirizzi procedurali per laggiornamento dei piani di bacino in relazione
allindividuazione degli ambiti normativi delle fasce di inondabilit ex DGR 250/05.
Documento 1.2
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Documento 1.2
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Documento 1.2
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condizione di deflusso vanno condotti con riferimento alle condizioni antecedenti e successive
alla realizzazione dellopera nella configurazione definitiva; vanno esaminate le condizioni di
deflusso relative alle fasi intermedie di realizzazione dellopera nel caso in cui le stesse
aggravino il regolare deflusso rispetto alla fase finale.
I progetti di sistemazione idraulica, che non garantiscano il deflusso di portata duecentennale,
devono quantificare il rischio residuo e determinare le aree ancora inondabili a seguito della
realizzazione delle opere.
In generale, poich il trasporto di sedimenti costituisce una componente che pu influenzare in
modo significativo la dinamica della corrente, opportuno che gli studi idraulici effettuino
considerazioni, anche qualitative, relative al trasporto solido, finalizzate a valutare limportanza
di tale fenomeno nel caso in esame (ad esempio, effetto della dinamica dellalveo sui livelli idrici
durante gli eventi di piena e/o effetto dellopera sulla dinamica del trasporto di sedimenti) e ad
evidenziare la necessit di eventuali approfondimenti in tal senso attraverso modelli a fondo
mobile. Ove necessario, ovvero su indicazione della Provincia, la capacit di trasporto della
corrente in diverse condizioni di piena pu essere valutata, in prima approssimazione, sulla
base della modellazione idraulica effettuata nello studio e di una speditiva caratterizzazione dei
sedimenti in alveo, ottenendo indicazioni di massima sulla quantit e sulla tipologia del
materiale trasportato e sulla tendenza morfologica evolutiva (deposito o erosione) dei vari tratti
d alveo.
2. Parametri di scabrezza
Nella modellazione di moto permanente monodimensionale il parametro di scabrezza
rappresenta, per il tronco fluviale compreso fra due sezioni di calcolo, oltre alla natura e alle
condizioni dellalveo e delle sponde, macroresistenze dovute alla variabilit longitudinale della
geometria o a possibili variazioni brusche del perimetro bagnato al crescere della portata; ci
assume particolare rilevanza nei casi in cui il rilievo delle sezioni disponibile non sia fitto lungo
il corso dacqua. In questi casi, il parametro di scabrezza deve tener conto di molteplici
processi di resistenza e dovrebbe essere assunto superiore (inferiore in termini di GaucklerStrickler) a quanto detterebbero condizioni solo locali dellalveo.
I parametri di scabrezza da utilizzare nel calcolo idraulico, ai fini sia delle verifiche
idrauliche sia della determinazione delle aree inondabili, devono tenere conto delle reali e
documentabili condizioni di manutenzione del corso dacqua. Tali valori di parametro di
scabrezza devono essere desunti da quelli individuati dalla tabella seguente (per semplicit
riportati solo in termini di scabrezza di Gauckler-Strickler; si ricorda, comunque, che il
coefficiente di Manning n pari allinverso del coefficiente Ks di Gauckler-Strickler), tenendo
conto che gli stessi dovrebbero essere considerati valori massimi non superabili.
Coeff. di scabrezza di
Gauckler-Strickler Ks (m1/3s-1)
25-30
Documento 1.2
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30-35
35-40
40-45
45-55
(1)
cm. 50/100
cm. 100/150
cm. 150/200
ove i due valori estremi corrispondono rispettivamente a bacini poco dissestati con
previsione di modesto trasporto solido ed a bacini molto dissestati con previsione di forte
trasporto solido in caso di piena.
Per le opere di cui al punto III, nel caso di modesta rilevanza dellopera stessa e di bacini
ben sistemati, il valore minimo del franco come sopra indicato pu essere derogato
dallamministrazione competente fino a 100 cm.
Vedere anche il Documento 2.2, recante alcuni chiarimenti tecnici e normativi sui
franchi di sicurezza per la progettazione di opere in alveo, approvati dal CTR nella
seduta del 11/11/2002.
XII
(1)
Documento 1.2
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Documento 1.2
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2. la riorganizzazione della rete di smaltimento delle acque meteoriche nelle aree limitrofe;
3. la difesa mediante sistemi passivi dal rigurgito delle acque nella rete di smaltimento delle
acque meteoriche, dei quali sia predisposto un adeguato programma di manutenzione;
4. linstallazione di sistemi di allarme.
Documento 1.2
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Documento 1.2
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Documento approvato
con DGR 848 del 18.7.2003
Documento 2.1
Premessa
unico delledilizia (D.P.R. n. 380/2001), che innova le definizioni degli interventi edilizi
delineate nella l.n.457/1978, cui fa riferimento la normativa di piano stralcio. Infatti, tali
definizioni devono ritenersi prevalenti per quanto concerne il regime dei titoli abilitativi e
non anche in termini sostanziali, rispetto alle definizioni degli interventi stessi contenuti
negli strumenti urbanistici generali vigenti ovvero ad altre disposizioni quali la disciplina
dei piani di bacino i cui divieti e limiti vanno riferiti alla natura sostanziale
dellintervento, a prescindere dalla categoria in cui gli stessi sono ascritti in base allo
strumento urbanistico ovvero al T.U.
di tutta evidenza che lammissibilit degli interventi che non risultano tra quelli vietati
nella normativa del piano di bacino comunque subordinata alla loro ammissibilit
negli specifici SUG.
Si ricorda inoltre che resta fermo il principio generale, sotteso alla pianificazione di
bacino relativamente alle tematiche del rischio idrogeologico, in base al quale qualsiasi
intervento, pur se non incluso tra quelli esplicitamente vietati, non deve aumentare la
pericolosit di inondazione o di frana ed il rischio connesso, sia localmente, sia
a monte e a valle, e non deve pregiudicare la realizzabilit degli interventi di
sistemazione e di mitigazione del rischio previsti dal Piano; riguardo alla
pericolosit idraulica, non deve inoltre costituire significativo ostacolo al deflusso delle
acque di piena o ridurre significativamente la capacit di invaso delle aree stesse.
Si evidenzia infine che lapplicazione della normativa del Piano di bacino, finalizzata al
non aumento delle condizioni attuali di rischio, non dispensa dalla necessit di
prevedere le adeguate azioni e misure di protezione civile in considerazione delle
condizioni di pericolosit idrogeologica delle diverse aree individuate dal Piano stesso,
condizioni che, tra laltro, devono essere assunte come base per la redazione dei piani
di protezione civile comunali.
Documento 2.1
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Documento 2.1
Pagina 3 di 8
ammetta, nonch gli interventi volti al recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti,
posto che gli stessi comportano il mutamento di destinazione duso di una parte di
edifici gi destinati ad un prevalente uso abitativo.
5) Fasce di inondabilit (Art. 15: comma 2, lett. a); comma 3, lett. a); comma 8)
Definizione di tessuto urbano consolidato o da completare mediante interventi
di integrazione urbanistico-edilizia sempre allinterno di ambiti gi edificati.
In conformit con quanto gi precisato nella circolare esplicativa della DGR
2615/98, con la dizione contesti di tessuto urbano consolidato o da completare
mediante interventi di integrazione urbanistico-edilizia sempre allinterno di ambiti
gi edificati si intende di norma far riferimento a zone omogenee classificate di tipo
A e/o B in base al DM 2-4-1968. Vi possono rientrare anche zone di tipo D
che inglobino insediamenti produttivi di varia natura (industriali, commerciali,
artigianali o misti) gi esistenti o da riconvertire o da completare, nonch altre zone
comunque classificate, e quindi anche al limite di tipo C, che siano
sostanzialmente assimilabili a zone di tipo A o B e che, in ogni caso, risultino
caratterizzate dalla presenza di un tessuto edilizio consolidato ovvero da
completare in alcune sue parti.
Di conseguenza, tali completamenti devono
necessariamente riguardare lotti di limitata estensione ancora liberi ma interni a
zone gi densamente edificate.
In coerenza con le finalit del piano di bacino per la tematica di riferimento,
sicuramente non rientrano in tali ipotesi i casi in cui lintervento edilizio, qualora
realizzato, determini un aumento della classe di rischio attuale valutata secondo i
criteri regionali.
Si precisa ancora che laddove il Comune sia dotato di PUC, dovr comunque far
riferimento al criterio sopra indicato, tenuto conto che tale strumento, a norma
dellart. 27, comma 3, della L.R. 36/97 deve contenere lindicazione di riferimento
delle proprie previsioni alle zonizzazioni in base al DM 2-4-1968.
Documento 2.1
Pagina 6 di 8
In tutti gli altri casi i criteri regionali individuano interventi ammessi o vietati in
ciascuna classe di pericolosit sulla base della tipologia degli interventi stessi,
senza necessit dellespressione di pareri da parte della Provincia.
Si evidenzia, inoltre, che i criteri regionali non prevedono un ruolo del Comitato
Tecnico Provinciale (CTP) nellespressione dei pareri, che sono invece di
competenza delle Province. I CTP, ai sensi della LR 18/99, sono, infatti, organo
consultivo della Provincia ed quindi una scelta autonoma delle Province stesse se
e quando richiedere un parere del CTP al fine di formulare il proprio parere di
competenza, ai sensi della normativa di piano di bacino.
Documento 2.1
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Documento 2.2
Franchi di sicurezza
per la progettazione di opere in alveo
Al fine di meglio chiarire gli aspetti tecnici e normativi connessi alla applicazione
dei franchi di sicurezza previsti per la progettazione di opere interferenti con
lalveo dei corsi dacqua, la Sezione del Comitato Tecnico Regionale per il
Territorio per le funzioni dellAutorit di Bacino di rilievo Regionale, nella seduta
dell11.11.2002, si espressa nei termini seguenti.
1) Sotto il profilo tecnico noto che, nellambito della progettazione di opere che
interessano lalveo dei corsi dacqua, necessario prevedere adeguati franchi tra la
sommit arginale o lintradosso delle strutture in progetto ed il previsto livello della
piena di riferimento, al fine di garantire il corretto funzionamento delle opere in
questione ed assicurare il deflusso della portata di progetto con un adeguato
coefficiente di sicurezza, tenendo conto di tutte le incertezze legate alla modellazione
idrologico-idraulica e ai vari fenomeni che possono occorrere durante levento di piena,
dei quali la modellazione non tiene solitamente conto (a titolo di esempio ostruzioni,
trasporto solido, forti depositi etc.).
A tal fine i criteri regionali per lelaborazione della normativa dei piani di bacino per la
tutela dal rischio idrogeologico, di cui alla DGR 357/2001 e ss.mm. e ii., prevedono che
i franchi di sicurezza non debbano essere inferiori al maggiore tra:
(a) il carico cinetico della corrente determinabile come U2/2g, dove U la velocit
media della corrente (m/s) e g laccelerazione di gravit (m/s2) (valore
particolarmente rilevante per correnti veloci)
ed
b) i valori per categorie di opere di seguito indicati:
I. argini e difese spondali
II. ponti e similari fino a estensioni longitudinali di m. 10
III. coperture o tombinature, ponti e similari oltre m. 10
cm. 50/100
cm. 100/150
cm. 150/200
Documento 2.2
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Si noti che tali valori, compresa la valutazione del carico cinetico quale parametro di
riferimento per la determinazione dei franchi di sicurezza, erano gi stati introdotti nella
circolare applicativa dellart. 26 della L.R 9/93, assunta con nota n. 3410/93,che
richiamava, peraltro, il piano di bacino campione del t. Bisagno redatto dalla
Commissione Scientifica Regionale per la difesa del suolo (DGR 975/1978).
2)
Documento 2.2
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Documento 2.2
Pagina 3 di 4
Documento 2.2
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INDIRIZZI RELATIVI
ALLA RIPERIMETRAZIONE
DELLE FASCE DI INONDABILIT
A SEGUITO DI
INTERVENTI DI SISTEMAZIONE IDRAULICA
Documento approvato
con DGR 16 del 12.1.2007
- Allegato 1 -
Documento 2.3
1. Premessa
I piani di bacino stralcio per lassetto idrogeologico determinano le aree inondabili a
diversi tempi di ritorno in funzione delle varie criticit idrauliche individuate per i vari
corsi dacqua indagati. Individuano altres il quadro di interventi di sistemazione
idraulica che consentano leliminazione o la riduzione delle criticit idrauliche e di
conseguenza la mitigazione delle condizioni di pericolosit delle aree limitrofe.
I criteri per la normativa di attuazione dei piani di bacino stralcio di cui alla DGR 357/01
e ss.mm. prevedono che a seguito della realizzazione degli interventi previsti i limiti
delle fasce di inondabilit possano essere modificati da parte della Provincia al fine di
conformarli alla nuova situazione con la procedura semplificata di cui al comma 15,
dellart. 97 della l.r. n.18/99. Tali criteri sono stati recepiti dalla normativa-tipo di cui
allallegato 2 della DGR 357/01 1 e dalle normative di attuazione dei vari piani stralcio
regionali approvati.
Con DGR 848/03 sono stati emanati alcuni chiarimenti ed indirizzi interpretativi sulla
normativa di cui sopra, trattando, tra laltro, anche laspetto delle riperimetrazioni delle
aree inondabili conseguenti ad interventi di messa in sicurezza idraulica. In quella
sede, infatti, a seguito di manifestati dubbi interpretativi si reso opportuno richiamare i
requisiti minimi per procedere, in tali casi, alle riperimetrazioni delle aree inondabili.
Si ricorda ancora che, secondo i criteri regionali, in coerenza con gli indirizzi nazionali,
la messa in sicurezza del corso dacqua e conseguentemente delle corrispondenti
aree perifluviali stata convenzionalmente associata allo smaltimento senza
esondazioni e con adeguato franco di sicurezza della portata a tempo di ritorno
1
Documento 2.3
Pagina 1 di 6
duecentennale.
Bench questa rappresenti di norma la finalit degli interventi di
sistemazione idraulica, peraltro possibile procedere ad interventi dimensionati su
portate a tempi di ritorno inferiori, nei casi in cui non sia possibile raggiungere la messa
in sicurezza a breve termine e comunque sui tratti di interventi che si configurino come
una fase realizzativa intermedia e che consentano una significativa mitigazione del
rischio, individuando contestualmente lo stato di pericolosit residua per le portate
superiori a quelle di progetto.
Poich allo stato attuale sono stati finanziati molti interventi di sistemazione idraulica
ed una buona parte di essi si trovano in fase realizzativa o sono stati conclusi, assume
particolare rilevanza lomogeneit a livello regionale nellapplicazione dei criteri per le
riperimetrazioni e la valutazione degli esiti delle riperimetrazioni stesse sul territorio,
anche avuto riguardo alle conseguenze sul regime normativo delle fasce.
circolare prot. n.27699/519 del 2.8.2005, pubblicata sul BURL n. 8 parte II del
23.2.2005 relativa allapplicazione dellart. 110 bis della L.R. 18/99.
Nel confermare la validit generale di tali criteri, ed a fronte della esigenza di
assicurare lomogeneit a livello regionale delle procedure di riperimetrazione, si
forniscono nel seguito alcuni ulteriori elementi tecnici, ad integrazione e migliore
esplicitazione dei criteri di cui alla DGR 357/01 e ss.mm.m in particolare a riguardo
della fase di determinazione della pericolosit residua, richiamata anche tra gli
elementi sopra ricordati.
Documento 2.3
Pagina 4 di 6
documento approvato dal CTR nella seduta del 11 novembre 2002 e trasmesso
agli uffici provinciali con nota n.165209/4714/2002), necessario prevedere la
permanenza di una pericolosit residua, e quindi la permanenza di aree inondabili,
per la portata di progetto.
In particolare, in accordo con il contenuto del
documento sopracitato, la portata per la quale lopera progettata assicura il
deflusso senza esondazioni deve essere identificata con la portata smaltibile con
ladeguato franco, presupponendo, quindi, un livello di pericolosit residua per le
portate superiori.
Documento 2.3
Pagina 6 di 6
INDIRIZZI RELATIVI
ALLA RIPERIMETRAZIONE
DELLE FASCE DI INONDABILIT
A SEGUITO DI
STUDI DI MAGGIOR DETTAGLIO
Documento approvato
con DGR 16 del 12.1.2007
- Allegato 2 -
Documento 2.4
1.
Premessa
2.
Documento 2.4
Pagina 1 di 5
deve essere verificato che gli studi sulla base dei quali vengono effettuate la nuove
determinazioni siano effettivamente di maggior dettaglio e di approfondimento
rispetto a quelli del piano di bacino vigente;
deve inoltre essere verificato che lo studio porti sempre ad una determinazione pi
affidabile delle aree inondabili e delle relative caratteristiche di inondazione, avendo
cura di determinare i margini di incertezza sia delle aree inondabili gia perimetrate,
sia delle nuove perimetrazioni;
Pur dando atto che il tipo di indagine e di acquisizione di nuovi dati devono essere
commisurati anche allentit e alla motivazione della riperimetrazione richiesta, e che il
maggior dettaglio dipende da vari fattori, spesso interagenti, si rileva quindi che la
modifica alle perimetrazioni vigenti va sempre accompagnata da un reale e concreto
approfondimento di dati di base, valutazioni, modellistica, etc., come meglio
evidenziato ai paragrafi seguenti.
Tutto ci va evidenziato in uno specifico allegato tecnico di sintesi che illustri le
peculiarit dello studio di dettaglio rispetto agli studi precedenti a fondamento delle
perimetrazioni del piano in essere e che verifichi che gli studi presentati contengano gli
elementi adeguati per valutare tali aspetti e certifichi la sussistenza delle condizioni di
cui sopra.
Documento 2.4
Pagina 3 di 5
Qualora infine le valutazioni relative al deflusso delle acque di piena siano basate su
ipotesi relative alla dinamica dellesondazione diverse da quelle previste negli studi
originari, deve essere adeguatamente dimostrata la fondatezza delle nuove ipotesi di
base.
Inoltre, lo studio idraulico di dettaglio deve riportare una validazione del metodo
adottato basata sulla ricostruzione delle alluvioni salienti registrate nel sito. Essa va
condotta tramite la ricostruzione idrologica dellevento generatore, la ricostruzione
dellarea allagata e il confronto tra tale ricostruzione e le tracce dellevento determinate
da unapprofondita analisi storico documentale, tenendo altres conto delleffettivo
assetto topografico dellepoca, riportato sulla base cartografica di dettaglio adottata. In
assenza di episodi documentati nel sito in esame, la validazione andr comunque
condotta su un sito campione.
In particolare quando il moto ed il deflusso risulti condizionato da situazioni non
rappresentate da opere idrauliche (quali ad esempio allagamento tramite sottopassi,
aperture o discontinuit nelle opere esistenti, ovvero presenza di muretti o recinzioni,
etc.), e pertanto legato a situazioni che possono rivelarsi contingenti, in quanto
derivanti da motivi e condizioni di tipo urbanistico-edilizio, deve essere garantito che le
ipotesi poste a base dello studio non abbiano a venir meno n siano influenzate e
modificate da eventuali interventi antropici, in quanto questi interventi non risultano
soggetti a pareri ed autorizzazioni da parte delle autorit idrauliche competenti.
In assenza delle garanzie suddette devono essere assunte perimetrazioni che
prendano contemporaneamente in considerazione le diverse ipotesi di dinamica
dellevento di esondazione, attraverso linviluppo dei diversi possibili scenari di
pericolosit idraulica od una loro opportuna combinazione sulla base della loro
probabilit di evenienza.
In tal senso vanno evitate, di norma, riperimetrazioni che dipendono esclusivamente da
fattori urbanistico-edilizi.
Le fasce di inondabilit sono infatti delle zone a valenza normativa derivanti dalle aree
inondabili e non possono presentare morfologie ad isola in corrispondenza di
manufatti edilizi o blocchi di manufatti o interi isolati. A meno che tale morfologia non
risulti suffragata da particolari conformazioni topografiche, evidenziate dalla planimetria
e dai transetti, tale morfologia non consentita anche qualora la tipologia e
conformazione degli edifici, dei blocchi o degli isolati li renda protetti da barriere
impermeabili.
Le eventuali protezioni edilizie corrispondono, infatti, non ad una messa in sicurezza
areale della zone, ma piuttosto ad accorgimenti tecnico-costruttivi, attivabili nelle zone
a rischio, al fine di proteggere passivamente gli insediamenti dagli allagamenti e di non
aumentare il rischio attuale. Proprio perch tali interventi non rappresentano opere
idrauliche con obbligo di controllo e manutenzione, n sono soggetti a polizia idraulica
n sono di propriet demaniale, essi non sono soggetti ad alcuna autorizzazione di tipo
idraulico in occasione di modifiche degli elementi edilizi in questione. Di conseguenza,
le aree protette da strumenti di difesa passiva a scala locale non possono essere tenuti
in considerazione ai fini della perimetrazione delle aree a pericolosit idraulica di cui si
tratta.
Documento 2.4
Pagina 4 di 5
la distanza verticale tra due punti adiacenti lungo il transetto della piana alluvionale non superi il
10% della dimensione verticale totale (altezza) del transetto;
la distanza orizzontale tra due punti adiacenti lungo il transetto della piana alluvionale non superi il
5% della larghezza totale del transetto;
la distanza orizzontale tra due punti adiacenti lungo la sezione dellalveo fluviale non superi il 10%
della larghezza totale della sezione attiva.
Opere idrauliche
Sia le opere longitudinali, sia quelle trasversali presenti nellalveo attivo e nella zona golenale devono
essere accuratamente rilevate, con una tolleranza verticale inferiore almeno della met di quella adottata
nel rilievo del piano quotato e una tolleranza orizzontale appropriata alla geometria e alla dimensione dei
particolari di interesse idraulico dellopera.
Documento 2.4
Pagina 5 di 5
Documento 2.5
PREMESSA
I presenti chiarimenti riguardano la nozione di centro urbano cos come richiamata
nellart. 8, della normativa-tipo dei piani di bacino stralcio regionali per il rischio
idrogeologico allegata alla DGR 357/01 quale esempio tecnico di conformit ai criteri
approvati con la stessa deliberazione, e recepita dai piani di bacino stralcio regionali
vigenti.
La disposizione normativa di cui trattasi riguarda le distanze dai corsi dacqua, con
particolare riferimento alle fasce di inedificabilit assoluta dai limiti dellalveo e alle
fasce di rispetto relative ai tratti di corsi dacqua non indagati con studi idraulici
nellambito del piano di bacino approvato.
Tali disposizioni, come si evince dai criteri approvati con DGR 357/01, sono finalizzate
a porre lappropriato regime normativo in relazione allesigenza, da una parte, di
garantire un adeguato rispetto dellambiente fluviale a prescindere dalle condizioni di
pericolosit idraulica esistente, anche tenuto conto delle caratteristiche dei vari tratti di
corsi dacqua, e dallaltra di assicurare unopportuna disciplina alle zone perifluviali
(cosiddette fasce di rispetto), limitrofe a tratti di corsi dacqua non studiati nellambito
del Piano, per i quali, quindi, non noto leffettivo stato di pericolosit idraulica. In
questo ultimo caso, al fine della realizzazione di interventi edilizi in tali zone, pertanto
previsto un parere favorevole della Provincia, basato su uno specifico studio idraulico
che individui le fasce di inondabilit ai tempi di ritorno stabiliti.
La corrispondente normativa-tipo (recepita dai piani di bacino stralcio approvati)
prevede, allart. 8, comma 3, che sia stabilita una fascia di inedificabilit assoluta dai
limiti dellalveo, la cui ampiezza differenziata allinterno e allesterno del perimetro dei
centri urbani; prevede inoltre, al comma 4, che sia altres stabilita una fascia di 40 m,
riducibile dalla Provincia a 20 m allinterno dei centri urbani, nella quale subordinare gli
interventi urbanistico-edilizi a parere della Provincia sulla base di adeguati studi
idraulici.
A fini di completezza, in allegato al presente documento sono riportati gli estratti dei
criteri e della normativa tipo di cui alla DGR 357/01 relativi agli aspetti su richiamati,
rilevanti per i presenti chiarimenti.
Documento 2.5
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INQUADRAMENTO TECNICO-NORMATIVO
Lapprovazione dei piani di bacino stralcio per la tutela dal rischio idrogeologico, ha
determinato il superamento delle disposizioni dellart. 26 della L.R. 9/93, recante il
regime transitorio da osservare nelle more dellapprovazione dei piani di bacino,
laddove le disposizioni stesse siano relative ad aspetti compiutamente trattati
nellambito del piano di bacino, anche stralcio.
Per quanto riguarda, in particolare, i piani di bacino stralcio regionali (bacini liguri
escluso il bacino del F. Magra), il combinato disposto dei commi 3 e 4 dellart. 8 sopra
ricordati disciplina gli aspetti relativi al rispetto di distanze dai corsi dacqua,
comportando quindi il superamento del regime relativo alle cosiddette deroghe alle
distanze di cui alla lettera b) del comma 2 del citato art. 26, da ritenersi perci
attualmente non pi vigente.
Peraltro, il nuovo assetto normativo, per quanto riguarda gli aspetti analoghi, si pone in
piena continuit con il precedente assetto come definito dalla legge regionale citata,
ancorch non vi si faccia pi esplicito riferimento, come di seguito meglio specificato.
Lart. 26 della L. R. 9/93, come regime transitorio in attesa dellapprovazione dei piani
di bacino, prevedeva, infatti, un uguale regime normativo su tutti corsi dacqua in
quanto, al momento, in assenza dei piani di bacino, non era noto lo stato di
insufficienza idraulica e quindi di pericolosit degli stessi. Subordinava, quindi, gli
interventi edilizi ricadenti in una fascia di 40 m dallalveo, ridotti a 20 m nel perimetro
dei centri urbani, ad una valutazione di esondabilit per la portata maggiore tra quella a
tempo di ritorno di 200 anni e quella certificata dal Servizio Idrografico dello Stato. Nei
casi in cui fossero state accertate le condizioni dettate dalla legge stessa, la distanza
minima dal corso dacqua poteva essere derogata fino a 3 m.
I piani di bacino hanno introdotto rilevanti elementi di conoscenza ed approfondimento
che hanno condotto, oltre alla determinazione della portate ad assegnati tempi di
ritorno, alla individuazione dei tratti di corsi dacqua insufficienti allo smaltimento delle
piene di riferimento e alla conseguente determinazione delle aree inondabili. In questi
tratti stato quindi valutato lo stato di pericolosit ed apposta una corrispondente
specifica normativa (si fa particolare riferimento alla fascia di riassetto fluviale e alle
fasce A, B e C individuate nei piani stralcio). Evidentemente, in questo caso, il
disposto dellart. 26 e le verifiche ivi previste ai fini degli interventi edilizi non hanno pi
alcun motivo di esistere, e sono pertanto completamente superati.
Esistono, peraltro, nei Piani vigenti tratti di corsi dacqua, pur ricompresi nel reticolo
idrografico principale, non indagati attraverso adeguate verifiche idrauliche, per i quali,
al contrario, permane una condizione di non conoscenza dello stato di criticit idraulica
e conseguente pericolo nelle aree limitrofe. Per tale motivo, al comma 4 dellart. 8,
prevista, in coerenza con il disposto del citato art. 26, la definizione di fasce di
rispetto nelle quali subordinare gli interventi edilizi ad approfondimenti idraulici. In tale
ambito, il Piano di bacino prevede uno studio idraulico pi completo di quello previsto
dallex art. 26, finalizzato non solo alla verifica dellesondabilit della portata 200ennale, ma anche alla determinazione delle aree inondabili per le tre portate di
riferimento adottate nel Piano. Tali studi, infatti, consentono ladozione dello stesso
regime normativo dei tratti studiati in relazione a stesse condizioni di pericolosit
Documento 2.5
Pagina 2 di 4
Peraltro, in coerenza con quanto gi specificato nella nota n. 28134 del 18 marzo 1997
inviata dallallora struttura regionale Assetto e Rischio idrico alle Province Liguri ai fini
dellapplicazione dellart. 26 della L.R. 9/93, laddove un Comune non sia dotato della
perimetrazione del centro edificato (considerato anche che ad oggi la L. 865/71 non
pi vigente) ovvero la perimetrazione esista ma sia palesemente superata, si deve
fondare lapplicazione della normativa di Piano in questione su una specifica verifica
della rispondenza della situazione di fatto dellarea oggetto di intervento alla definizione
generale sopra riportata.
Pertanto, allorch tale delimitazione non esista ovvero sia palesemente superata, il
Comune dovr procedere ad una adozione o aggiornamento della stessa sulla base
della definizione sopra ricordata, o comunque ad acquisire e fornire i dati e gli elementi
necessari a comprovare la collocazione dellarea stessa allinterno del centro urbano,
sia a corredo degli atti urbanistici di competenza dello stesso Comune sia nellambito di
procedimenti di istanze alla Provincia per lacquisizione dei pareri che ad essa
competono per i tratti non studiati.
Va da s che in tali casi, il Comune e/o la Provincia, oltre che ad esercitare il proprio
potere-dovere di verificare lattendibilit di detti elementi di prova, devono tenere conto
degli atti e dei pareri gi rilasciati, nellottica della coerenza e della omogeneit della
applicazione normativa.
Documento 2.5
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Documento 2.6
1. PREMESSA
I presenti chiarimenti riguardano il regime normativo associato alla fascia di
inedificabilit assoluta dai limiti dellalveo, introdotta dai criteri per la redazione della
normativa dei piani di bacino stralcio per il rischio idrogeologico di cui alla DGR 357/01
e come richiamata nellart. 8, c. 3 della normativa-tipo approvata con DGR 357/01
quale esempio tecnico di conformit ai criteri sopraccitati, e recepita dai piani di bacino
stralcio regionali vigenti.
Ai sensi del punto 2.2, lett. c) dellallegato 1 alla DGR 357/01 1 , prevista una fascia di
inedificabilit assoluta lungo lintero corso dacqua, finalizzata a garantire un congruo
rispetto dellambiente fluviale, a prescindere dalle condizioni di pericolosit idrauliche
esistenti; previsto altres che nella determinazione della relativa ampiezza si debba
tenere conto delle caratteristiche dei vari tratti del corso dacqua oggetto di disciplina.
La corrispondente normativa tipo, allart. 8, prevede la disciplina relativa al rispetto di
distanze dai corsi dacqua. In particolare, al comma 3 2 , prevede che sia stabilita una
fascia di inedificabilit assoluta dai limiti dellalveo, come definiti dai commi 1 e 2 dello
stesso articolo, la cui ampiezza differenziata allinterno e allesterno del perimetro dei
centri urbani, proponendo un limite rispettivamente di metri 5 e metri 10.
Documento 2.6
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2. INQUADRAMENTO NORMATIVO
Il regime di cui allart. 96 lett. f) del R.D. n. 523/1904 3 , Testo unico sulle opere
idrauliche, prevede il divieto di alcune fattispecie di interventi entro determinate
distanze dalle arginature dei corsi dacqua; in particolare sono vietate in modo assoluto
le piantagioni di alberi e siepi e lo smovimento del terreno a distanza minore di metri
quattro dal piede dellargine, le fabbriche e gli scavi a distanza minore di metri 10, a
meno di diverse distanze stabilite dalle discipline vigenti nelle diverse localit. Divieto
che si applica anche ai corsi dacqua non muniti di argini artificiali, misurando la
distanza di cui sopra dal ciglio della sponda o del c.d. argine naturale.
Tale disciplina, riguardo agli interventi edilizi, si riferisce essenzialmente alle opere di
nuova edificazione o comunque comportanti scavi o movimenti di terra.
Successivamente, lart. 26 della l.r. 9/93 ha introdotto, come regime transitorio nelle
more dellapprovazione dei piani di bacino, un regime vincolistico di rispetto di
distanze dai corsi dacqua, stante la mancata conoscenza dello stato di sufficienza
idraulica e, conseguentemente, delle condizioni di pericolosit degli stessi.
Tale disposizione, al comma 2, lett. b) vietava le nuove edificazioni ad una distanza
inferiore a metri venti all' interno del perimetro dei centri urbani e a metri quaranta al di
fuori di esso dai corsi d' acqua pubblici a sponde naturali o protette, distanza da
misurarsi dal piede della sponda o dell'opera di protezione e comunque dal limite della
propriet demaniale. Potevano peraltro essere autorizzate deroghe alle distanze
suddette fino a metri 3 e metri 10, rispettivamente allinterno ed allesterno dei centri
urbani, sulla base di specifiche valutazioni circa il regolare deflusso senza esondazioni,
e con adeguato franco, della portata maggiore tra quella a tempo di ritorno di 200 anni
e quella certificata dal Servizio Idrografico dello Stato.
Al comma 2, lett. c), inoltre, erano vietate, senza possibilit di deroghe, le nuove
edificazioni a distanza inferiore a metri dieci dal piede esterno degli argini maestri
soprelevato dal piano di campagna per i corsi d' acqua arginati per le portate sopra
ricordate.
Documento 2.6
Pagina 2 di 5
Anche la disciplina di cui al citato art. 26, relativamente ad interventi edilizi, pone,
quindi, il divieto di interventi di nuova edificazione.
Alcune specificazioni sullapplicazione del regime transitorio di cui allart 26 sono fornite
dalla circolare applicativa n. 3410 del 31/5/1993; in particolare stato precisato che i
divieti di cui sopra valevano indifferentemente per le nuove edificazioni sia interrate sia
in elevazione. Riguardo alla riconducibilit o meno di alcune tipologie di interventi
edilizi alla categoria della nuova edificazione sono anche state fornite, nel tempo,
alcune ulteriori precisazioni. A titolo di esempio, con nota n. 4524/1994 dellallora
Servizio Difesa del Suolo - Ufficio Opere idrauliche, veniva specificato che, ai fini della
norma in esame, non erano ascrivibili alla categoria della nuova edificazione i modesti
ampliamenti di manufatti preesistenti finalizzati ad adeguamenti igienico-sanitari e
tecnologici, purch non riducessero la distanza del fabbricato esistente dal corso
dacqua, cos come sbalzi o poggioli, recinzioni, cancelli, condotte di servizio. Erano
invece da considerarsi nuova edificazione, e pertanto vietati, la demolizione e
ricostruzione fabbricati esistenti nonch le soprelevazioni (a meno che non rientrassero
nei modesti ampliamenti di cui sopra).
Come noto, lapprovazione dei piani di bacino stralcio per la tutela dal rischio
idrogeologico, ha determinato il superamento delle disposizioni dellart. 26 della L.R.
9/93, relativamente agli aspetti compiutamente trattati nellambito del piano stralcio, ed
in particolare del regime relativo alle cosiddette deroghe di cui alla lettera b) del
comma 2.
Peraltro va evidenziato come il nuovo assetto normativo si pone in continuit ed in
coerenza con il precedente assetto definito dalla legge regionale, alla luce dei dati e
degli elementi acquisiti sulla base degli studi propedeutici ai piani di bacino. In
particolare si rileva che nellambito della pianificazione di bacino di rilievo regionale la
materia complessivamente disciplinata come segue:
1) stata introdotta la fascia di inedificabilit assoluta, che prevede una distanza
minima dai limiti dellalveo nel quale sono vietati interventi edilizi,
indipendentemente dallo stato di pericolosit (e quindi valida sia per tratti studiati
che non studiati nellambito del Piano), quale quella posta dal comma 3 dellart. 8
della normativa-tipo di cui alla DGR 357/01, la cui ampiezza, in particolare, stata
definita in continuit con quanto stabilito dallex art. 26 della l.r. 9/93;
2) gli elementi di conoscenza ed approfondimento acquisiti hanno condotto alla
individuazione dei tratti di corsi dacqua insufficienti allo smaltimento delle piene di
riferimento e alla conseguente determinazione delle aree inondabili a diversi tempi
di ritorno. In questi tratti stato quindi valutato lo stato di pericolosit,
corrispondente alla perimetrazione delle cosiddette fasce di inondabilit, ed
apposta una corrispondente specifica disciplina di tutela (punto 3.1 dei criteri di cui
allallegato 1 alla DGR 357/01 e ss.mm., corrispondente allart. 15 della normativatipo di cui allallegato 2 della stessa deliberazione);
3) per i tratti di corsi dacqua, pur significativi, ma non indagati attraverso adeguate
verifiche idrauliche nellambito del piano, permane una condizione di non
conoscenza dello stato di criticit idraulica e conseguente pericolo nelle aree
Documento 2.6
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Documento 2.6
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A titolo di esempio, tale circostanza si verifica qualora un tratto di corso dacqua sia
risultato non idoneo allo smaltimento della portata cinquantennale e abbia pertanto
dato origine ad una fascia di inondabilit di tipo A: in tal caso il regime normativo di cui
alla fascia di inedificabilit assoluta (relativo al rispetto della distanza dei corsi dacqua)
risulter integrato da quello della fascia di inondabilit A (relativo alle condizioni di
pericolosit dellarea), talch, ad esempio, un eventuale intervento di ristrutturazione
edilizia, ammesso senza limitazioni dalla disciplina della fascia di inedificabilit
assoluta, viene ad essere condizionato al rispetto dei limiti derivanti dalla disciplina
della fascia di A.
Documento 2.6
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Documento 2.7
Per riperimetrazione di frana si intende la ridefinizione del perimetro della frana stessa senza modifica
dello stato di attivit.
2
Per riclassificazione si intende il passaggio dello stato di attivit della frana da attivo a quiescente, da
quiescente a stabilizzato.
Documento 2.7
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Si fornisce, inoltre, una Linea guida, non vincolante, avente ad oggetto gli elaborati
geologici a supporto delle istanze di riperimetrazione e riclassificazione delle aree di
frana attiva e quiescente che determinano aree a suscettivit al dissesto elevata e
molto elevata Pg3 e Pg4, che costituisce, peraltro, un valido strumento di riferimento,
quale manuale duso, nel caso si proceda ad approfondimenti tecnici sui corpi franosi.
Tale documento, infatti, individua gli aspetti qualitativi della documentazione tecnica a
supporto delle istanze in oggetto, esplicitando i rilievi, le carte, le indagini e le analisi
che concorrono alla definizione del modello geologico e del modello geotecnico
dellareale oggetto della proposta di modifica.
Documento 2.7
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concorre, insieme alla ricostruzione dei caratteri stratigrafici, alla definizione del
modello geologico dell'area in esame.
E pertanto fondamentale, sulla base di rilievi, analisi di dettaglio, studi e ricerche,
considerare i seguenti elementi:
a) lineamenti geologici e geomorfologici, derivati da osservazioni di campagna
integrate da analisi di fotointerpretazione e comunque sempre desunti da rilievi
specificatamente finalizzati, che rappresentino gli affioramenti, lassetto
stratigrafico, tettonico-strutturale e giaciturale, la valutazione della potenza delle
coltri detritiche ed ogni altro elemento ritenuto significativo ai fini della
riperimetrazione o riclassificazione dellarea;
b) raccolta di notizie storiche riferite allevoluzione morfologica del versante con
specifico riferimento agli eventi franosi storicamente documentabili nonch ad
eventuali danni subiti dalle strutture o infrastutture esistenti;
c) rilievo di indicatori cinematici significativi, quali ad esempio lo stato di consistenza
dei manufatti nel tempo, compresa lanalisi temporale del quadro fessurativo
(geometrie, sviluppo, evoluzione ecc. delle lesioni), lassenza o la presenza sul
terreno di fratture, trincee, crolli, rigonfiamenti ecc., lo stato e lo sviluppo della
copertura vegetazionale comprese le condizioni del soprassuolo;
d) schema della circolazione idrica sia superficiale che sotterranea, per valutare
eventuali rapporti con possibili fenomeni di innesco e di riattivazione del corpo
franoso;
e) eventuale presenza ed efficienza di interventi di consolidamento precedentemente
realizzati .
Qualora linsieme delle risultanze degli elementi sopraindicati non risultasse sufficiente
ed esaustivo per la ricostruzione dei caratteri stratigrafici, strutturali, idrogeologici, e pi
in generale di pericolosit geologica ai fini della caratterizzazione e della modellazione
geologica del sito per la riperimetrazione e la riclassificazione dei corpi franosi, il
quadro degli approfondimenti deve essere completato con lacquisizione dei dati
stratigrafici e geotecnici di sottosuolo e con lutilizzo di strumenti e tecniche di
monitoraggio.
Gli strumenti e le tecniche di monitoraggio, quali inclinometri, fessurimetri, GPS,
traguardi topografici, interferometria radar-satellitare, ecc., utilizzati anche in modo
complementare, costituiscono, infatti, oggettivi strumenti a supporto delle istanze,
qualora siano disponibili misure per un periodo temporale adeguato, e, comunque,
caratterizzato da valori di precipitazione rientranti almeno nelle medie annuali, su cui
fondare la determinazione dello stato di attivit del corpo franoso.
La riclassificazione dellarea non pu essere, in ogni caso, basata esclusivamente sugli
esiti dei monitoraggi strumentali ma necessariamente deve anche derivare da
valutazioni dinsieme del corpo franoso con particolare riferimento alle evidenze
geomorfologiche ed alla presenza o meno di elementi potenzialmente destabilizzanti
(es. erosione al piede da corso dacqua ecc.).
Documento 2.7
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PARTE B
Linea guida in merito agli elaborati geologici a supporto delle
istanze di riperimetrazione e riclassificazione delle aree di frana
attiva e quiescente che determinano aree a suscettivit al
dissesto elevata e molto elevata (Pg3 e Pg4), a seguito di studi
di maggior dettaglio nella pianificazione di bacino di rilievo
regionale modifiche ai sensi dellart.97, comma 15 della
L.R.18/1999
1 Cartografia
Listanza di riperimetrazione o riclassificazione corredata dai seguenti stralci
cartografici alla scala di maggior dettaglio e comunque adeguata ad una
rappresentazione esaustiva delle problematiche. Le simbologie delle legende fanno
riferimento agli standard gi codificati con le seguenti Raccomandazioni: n.3bis/1999
"Legende per: Carta Geolitologica - Carta dell'orientamento dei versanti - Carta
dell'acclivit dei versanti - carta Idrogeologica - Carta Geomorfologica" e n.4/1996
"Legende per: Carta della vegetazione reale - Carta di copertura e di uso del suoloCarta di dettaglio dei movimenti franosi- Scheda per il censimento dei movimenti
franosi".
Larea viene inquadrata nel contesto geologico generale attraverso:
-
Cartografia geologica nella quale sono riportati gli affioramenti del substrato
roccioso, le aree con roccia sub affiorante (spessore copertura < 1 m) e le
coperture, indicandone la natura (eluvio colluviali, gravitative) e lo spessore
stimato (almeno diviso nelle due categorie coperture sottili spessore da 1 a 3 m
e coperture potenti spessore oltre 3 m). Sono, inoltre, cartografate le eventuali
giaciture di strato, i sistemi di discontinuit e le lineazioni tettoniche riconosciute o
presunte.
La struttura di tale guida richiama in buona parte quella del documento approvato dal Comitato Tecnico
dellAutorit di Bacino del F.Magra nella seduta del 19/06/07 ad oggetto Allegato 7 modalit
applicative.
Documento 2.7
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2 Caratterizzazione litotecnica
Le formazioni ed i terreni presenti possono essere classificati in Unit litologico
tecniche in base al comportamento geotecnico. Per valutare il comportamento globale
di un ammasso roccioso in termini di resistenza, si pu ricorrere a:
-
Tale cartografia tematica pu altres utilizzare i dati ricavati dalle prove in situ e dalle
eventuali prospezioni geofisiche.
Documento 2.7
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3 Sezioni geologiche
Le sezioni geologiche sono convenientemente estese in senso longitudinale e
trasversale al versante e realizzate in scala adeguata. Il loro numero deve essere tale
da consentire la ricostruzione e la comprensione dellassetto stratigrafico e geologicostrutturale dellarea indagata. Ove effettuate vengono altres riportati i dati acquisiti con
le prove in situ.
Viene evidenziato landamento delleventuale stratificazione/fratturazione del substrato
e dei piani di scivolamento riconosciuti o ipotizzati, sia nella coltre superficiale che nel
substrato roccioso.
Documento 2.7
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Ulteriori elementi da valutare nellinsieme dei dati raccolti sono costituiti dallo stato
della vegetazione e dalle condizioni del soprassuolo. In particolare viene rilevato lo
stato e la funzionalit idrogeologica della copertura vegetazionale, con particolare
riferimento a forma di governo e struttura del soprassuolo (stratificata, monoplana,
ecc.), composizione specifica (copertura del suolo, sviluppo degli apparati radicali
ecc.), stato vegetativo e fitosanitario, valutazione della stabilit complessiva del
soprassuolo, presenza di indicatori di ristagno idrico (specie igrofile) e/o di movimento
dellarea (singoli fusti e/o soprassuoli inclinati, distacco di ceppaie,..), valutazione dei
precedenti aspetti in relazione allo stato dei suoli.
Infine per le istanze di riclassificazione da frana quiescente a stabilizzata opportuno
tenere conto in tali verifiche dei possibili effetti dovuti allazione sismica locale
utilizzando i parametri di riferimento in base alla normativa vigente, a tale proposito si
richiamano le indicazioni contenute nelle Nuove norme tecniche per le costruzioni
(NTC) in corso di imminente emanazione.
7 Monitoraggi
Sulla base del grado di conoscenza delle caratteristiche cinematiche del corpo di frana
viene stabilita la necessit dellimpiego di tecniche e strumenti di monitoraggio quali:
inclinometri, fessurimetri, crepemetri, traguardi topografici, rilievi GPS, ecc. Inoltre
valutazioni in merito alle risultanze di analisi dei dati di interferometria radar-satellitare
relative al periodo temporale 1996-2003, qualora disponibili, possono essere messi a
disposizione dalla Regione.
Gli strumenti di monitoraggio in generale devono essere letti per un periodo
significativo e sufficiente e comunque caratterizzato da valori di precipitazione rientranti
almeno nelle medie annuali.
Documento 2.7
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9 Documentazione fotografica
A corredo di quanto sopra viene prodotta idonea documentazione fotografica dellarea
indagata, degli affioramenti, del rilevamento strutturale e dello stato di integrit dei
manufatti, della campagna di indagini condotta e dei saggi, se eseguiti, e comunque di
tutti gli aspetti ritenuti pi significativi.
I punti e le direzioni di ripresa sono ubicati su idonea cartografia ed opportunamente
numerati.
Allegato tecnico alla DGR n. 1182/2002 Approvazione ai sensi dellart. 17,c.6, della L.R.
183/89 delle disposizioni riguardanti lattuazione del PAI del F.Po nel settore urbanistico
Regione Liguria
Bozza Norme Tecniche per le costruzioni testo approvato dallAssemblea Generale del
Consiglio Superiore dei LL.PP. in data 27/07/2007
La caratterizzazione e la modellazione geologica del sito consiste nella ricostruzione dei caratteri
litologici, stratigrafici, strutturali, idrogeologic, geomorfologici e, pi in generale, di pericolosit
geologica del territorio.
Per modello geotecnico si intende, in generale, uno schema rappresentativo delle condizioni
stratigrafiche, del regime delle pressioni interstiziali e della caratterizzazione fisico-meccanica dei terreni
e delle rocce, comprese nel volume significativo, finalizzato allanalisi quantitativa di uno specifico
problema geotecnico.
Documento 2.7
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CHIARIMENTI IN MERITO
ALLART. 97 COMMA 15 DELLA L.R. 18/1999,
RELATIVO ALLE MODIFICHE E/O INTEGRAZIONI
DEI PIANI DI BACINO DI RILIEVO REGIONALE.
Documento approvato
con DGR 1624 del 23.12.2004
Documento 3.1
Documento 3.1
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Un altro criterio interpretativo rappresentato dagli elementi desumibili dai noti criteri
per lelaborazione delle norme di attuazione dei piani di bacino per la tutela dal rischio
idrogeologico, approvati dal Comitato istituzionale dellautorit di bacino di rilievo
regionale con d.g.r. n. 357/2001.
A tal fine si rinvia al paragrafo 9 dei criteri, che, non solo, individua, a titolo
esemplificativo, talune fattispecie, ma indica anche il possibile iter procedurale da
seguire. Fattispecie analoghe sono, inoltre, individuate al paragrafo 4 e, daltra parte,
chiarificatore lo stesso art.24 recante durata del piano e suo adeguamento della
normativa tipo allegata ai criteri. Per completezza si evidenzia che sono riconducibili
alla fattispecie in esame le modifiche conseguenti a studi di maggior dettaglio, quali
quelli integrativi eseguiti dalla Provincia ovvero quelli svolti nellambito degli studi
fondativi degli strumenti urbanistici comunali, riguardanti le zone perimetrate,
relativamente alla prevista possibilit di prevedere nel piano che i limiti delle fasce di
inondabilit e/o delle aree a diversa suscettivit al dissesto possono essere modificati
con tale procedura semplificata, che trova, altres, applicazione anche nei casi di
riperimetrazioni conseguenti allattuazione di interventi di sistemazione idrogeologica.
A ci si aggiunga che la scelta della procedura applicabile nel caso concreto risolta, a
priori, dagli stessi piani di bacino stralcio approvati, che, nella normativa di attuazione
del piano stesso, individuano le ipotesi riconducibili allambito di applicazione della
procedura di che trattasi.
In conclusione la Provincia applicher la procedura ordinaria di riadozione ex art. 97,
c.4 e segg. nelle sole ipotesi, in cui le parti di Piano, sia testuali sia cartografiche, siano
oggetto di modifiche sostanziali, in quanto incidono sullimpostazione del piano stesso
con lattivazione conseguente del sistema di garanzie ivi previsto.
Sicuramente costituiscono modifica sostanziale le variazioni della normativa del piano,
in quanto per loro natura disciplinano limpostazione, gli obiettivi e le metodologie del
piano stesso.
Qualora, peraltro, le modifiche ovvero le integrazioni, pur ricadendo nelle ipotesi di cui
allart.97, c.15, interessino ampie porzioni di territorio, ovvero siano diffuse su ampie
zone del territorio del bacino, appare opportuno che la loro efficacia sia
preliminarmente preceduta da una fase di inchiesta pubblica 1 , ovvero da altre forme
di pubblicit da valutarsi di volta in volta da parte della Provincia, che consentano agli
interessati pubblici e privati di far pervenire eventuali osservazioni. Avviso specifico
dellinchiesta pubblica deve essere dato al Comitato Istituzionale dellAutorit di bacino
di rilievo regionale.
Ai fini della definizione della procedura di inchiesta pubblica, si pu prendere a riferimento, in via
analogica, lart.12 della l.r. n. 18/1999, che individua le modalit dellinchiesta ai fini della
approvazione dei piani regionali ambientali. In ogni caso si pu parlare di inchiesta pubblica in
presenza di una procedura che consenta agli interessati, sia pubblici sia privati, assicurando le
necessarie forme di pubblicit, di venire a conoscenza di un documento e di presentare osservazioni al
riguardo in un tempo predefinito.
Documento 3.1
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ALLEGATO 1
CASI TIPO SOGGETTI ALLA PROCEDURA SEMPLIFICATA DI CUI ALLART. 97,
C.15 L.R. 18/1999 SULLA BASE DEI CRITERI E DELLA NORMATIVA TIPO DI CUI
ALLA D.G.R. 357/2001.
1.Pericolosit Idraulica:
a) nel caso di tratti di corso dacqua non studiati recepimento delle risultanze degli
studi idraulici, che individuano le fasce di inondabilit delle aree secondo i criteri di
cui allallegato 3 (art. 8, c.4 normativa-tipo ex d.g.r. 357/2001);
b) nella fascia di riassetto fluviale: modifica della perimetrazione della fascia a seguito
della progettazione degli interventi di messa in sicurezza (art. 14, c. 3 normativatipo ex d.g.r. 357/2001);
c) nelle aree inondabili:
1. modifica dei limiti della fasce A, B e C a seguito della realizzazione degli
interventi di sistemazione idraulica previsti dal Piano (art.15, c. 7 normativa-tipo
ex d.g.r. 357/2001);
2. modifica dei limiti della fasce A, B, C, B* (A*) a seguito di studi di maggior
dettaglio riguardanti le intere zone perimetrate, e, comunque tratti significativi
dei corsi dacqua, quali quelli svolti nellambito degli studi fondativi degli
strumenti urbanistici comunali ovvero quelli integrativi eseguiti dalla Provincia
stessa (art. 15, c. 7 bis normativa-tipo ex d.g.r. 357/2001).
2. Suscettivit al dissesto:
1. modifica da parte della Provincia della classe di suscettivit al dissesto, a seguito
della realizzazione degli interventi di bonifica e di sistemazione su richiesta del
soggetto attuatore, corredata di idonei monitoraggi comprovanti la stabilizzazione
dell'areale oggetto dintervento (art. 16, c. 7 normativa-tipo ex d.g.r. 357/2001);
2. modifica della perimetrazione delle zone a suscettivit al dissesto a seguito di studi
di maggior dettaglio riguardanti lintero areale perimetrato o comunque areali di
ampiezza significativa, quali quelli svolti nellambito degli studi fondativi degli
strumenti urbanistici comunali ovvero quelli integrativi eseguiti dalla Provincia
stessa (art.16, c.7 bis normativa-tipo ex d.g.r. 357/2001).
3. Interventi di sistemazione idrogeologica dei versanti e dei corsi dacqua:
Aggiornamento, da parte della Provincia, della tabella degli interventi e delle
relative priorit a seguito del verificarsi di gravi emergenze successive
allapprovazione del Piano (art. 17, c.2 normativa-tipo ex d.g.r. 357/2001).
4.Adeguamento del Piano:
modifiche puntuali e/o integrazioni delle previsioni del Piano in considerazione
di nuove conoscenze scientifiche e tecnologiche, di studi o indagini di maggior
dettaglio, di rischi residuali, sussistenti anche a seguito della realizzazione di
interventi, nonch in considerazione di sopravvenute situazioni di pericolosit o
di rischio (Art.24 normativa tipo ex d.g.r. 357/2001).
Documento 3.1
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Documento 3.2
Documento 3.2
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deve essere verificato ed attestato che gli studi idrologici sulla base dei quali viene
effettuata la nuova stima siano effettivamente di maggior dettaglio e di
approfondimento rispetto a quelli del piano di bacino vigente;
deve inoltre essere verificato che lo studio porti sempre ad una determinazione pi
affidabile del valore della massima portata di piena a ciascun tempo di ritorno,
assicurandosi quindi che lapprofondimento abbia presupposti tecnico-scientifici tali
da escludere ragionevolmente che eventuali ulteriori affinamenti possano
nuovamente mutare in modo sostanziale i risultati ottenuti; ci in particolare nei
casi in cui lo studio conduca ad una riduzione di tale valore, tenuto conto
dellesigenza della tutela della pubblica e privata incolumit;
Per quanto sopra, quindi, la modifica dei valori di portata di un piano di bacino vigente
non pu mai costituire una modifica a s stante, ma deve necessariamente includere la
valutazione degli effetti sulla cartografia di piano e sulle conseguenti previsioni. La
variante di cui trattasi, sia essa configurata come variante sostanziale al piano e
pertanto soggetta alla procedura di cui al comma 14 dello stesso articolo o come
modifica puntuale ai sensi del comma 15 dellart. 97 nei casi di modesta rilevanza,
dovr quindi essere costituita almeno dai seguenti elaborati:
Documento 3.2
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Al fine di consentire una migliore applicazione dei criteri sopra esposti il CTR fornir
indicazioni di tipo tecnico, che, in particolare, individuano la metodologia ed il
contenuto minimo degli studi idrologici di maggior dettaglio qualora si intenda
procedere ad una verifica ed eventuale modifica dei valori assunti dal piano di bacino
vigente per le portate di massima piena, al fine di assicurarne una rideterminazione pi
affidabile ed omogenea.
Documento 3.2
Pagina 3 di 3
Documento approvato
con DGR 893 del 25.07.2008
Documento 3.3
al comma 14, che gli aggiornamenti dei piani vigenti siano approvati con le modalit
della procedura ordinaria;
Documento 3.3
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1.
ASPETTI PROCEDURALI
Documento 3.3
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Fermo restando che per rientrare nei requisiti di cui al citato comma 15, le fattispecie di
approfondimenti devono necessariamente riguardare modifiche od integrazioni del
piano vigente che siano puntuali o che non incidano sulle linee e sullimpostazione
del piano, e non costituire aggiornamenti o variazioni che sostituiscano integralmente il
piano vigente, e che rappresentino quindi varianti non sostanziali al piano vigente, le
attivit istruttorie e le connesse valutazioni su tali modifiche ed integrazioni rimangono
immutate rispetto a quanto gi veniva effettuato. Linnovazione della norma sta nella
previsione della sospensione dellefficacia delle modifiche od integrazioni ex comma 15
per lespressione di un parere da parte del CTR - Sezione per le funzioni dellAutorit di
Bacino regionale (nel seguito abbreviato con CTR) entro 60 gg dalla comunicazione.
Liter procedurale da seguire, pertanto, pu essere schematizzato come segue.
1) Le Province procedono alla istruttoria e valutazione delle modifiche ed integrazioni
e, ai sensi del citato comma 15, alla conseguente approvazione secondo la propria
autonoma organizzazione interna, dando atto nel provvedimento di approvazione
della sospensione dellefficacia delle stesse (e quindi della loro non entrata in
vigore) nelle more dellespressione del parere della competente sezione del CTR.
Resta ferma che in tale periodo resta in vigore il piano previgente.
2) Le Province procedono quindi alla comunicazione al CTR, per il tramite dellufficio
regionale competente, delle modifiche approvate, ed alla contestuale trasmissione
delladeguata documentazione, come meglio specificata nel seguito (vedi
successivo paragrafo 3);
3) Dal ricevimento della comunicazione di cui sopra il CTR ha 60 gg per esprimere un
parere in merito alla compatibilit delle modifiche od integrazioni ai criteri ed
indirizzi dellAutorit di Bacino.
4) Qualora il CTR, anche per il tramite dellufficio regionale competente, ravvisi la
necessit di chiarimenti e/o integrazioni rispetto alla documentazione prodotta, ne
fa richiesta alla Provincia, con conseguente sospensione dei termini.
5) Nel caso che nellesame da parte del CTR non emerga la necessit di apportare
rettifiche o variazioni delle modifiche in questione, latto di approvazione pu
assumere immediata validit; dovr essere previsto quindi un apposito atto (la cui
tipologia determinata da parte delle Province secondo la propria organizzazione)
con il quale, dando atto della conferma delle modifiche od integrazioni gi
approvate, le si renda efficaci, stabilendone quindi la effettiva data di entrata in
vigore.
6) Nel caso invece ci siano osservazioni o rilievi che prevedano lacquisizione di
ulteriori elementi, o la necessit di approfondimenti, revisioni o modifiche, il CTR
ne d tempestiva comunicazione alla Provincia; la Provincia esamina le
osservazioni pervenute, recependo le indicazioni del CTR in relazione alla
conformit ai criteri ed indirizzi regionali.
7) Qualora lo ritenga opportuno, la Provincia pu presentare controdeduzioni alle
osservazioni del CTR, attraverso la fornitura di adeguati elementi o chiarimenti, che
mettano in luce la coerenza con i criteri regionali; in questo caso i termini di
sospensione dellefficacia vengono riavviati ai fini di una verifica ed eventuale
aggiornamento del parere espresso.
Documento 3.3
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Lart. 15, comma 7 della normativa-tipo di cui alla DGR 357/01 recita come segue:
A seguito della realizzazione degli interventi di sistemazione idraulica previsti dal
Piano, la Provincia provvede alla conseguente modifica dei limiti della fasce A, B, C di
cui ai commi precedenti, al fine di conformarli alla nuova situazione, con la procedura di
cui al comma 15 dell'art. 97, della l.r. n.18/99.
Nel caso di interventi complessi, sottoposti a strumentazione urbanistica attuativa,
comprensivi anche del progetto delle opere di sistemazione idraulica congruenti con
quelle previste dal Piano, la riperimetrazione delle fasce A, B e C pu essere deliberata
dalla Provincia, ai sensi del comma 15 dell'art. 97, della l.r. n.18/99, anche
contestualmente allapprovazione e/o al controllo dello strumento attuativo, ferma
restando la natura prioritaria delle opere di sistemazione idraulica, la cui effettiva
Documento 3.3
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357/01, o in applicazione dellart. 110-bis della l.r. 18/99 (cfr. anche circolare
applicativa n. 27699/519/2005), laddove, rispettivamente, siano stati progettati e/o
consegnati i lavori interventi di sistemazione idraulica.
Come noto, gli scenari di pericolosit modificati possono essere approvati
preliminarmente in relazione agli interventi previsti, ma possono costituire effettiva
modifica al piano vigente solo al momento delle completa realizzazione, collaudo e
verifica da parte della Provincia, secondo i criteri regionali (cfr. chiarimenti di cui alla
DGR 848/03, punto 8, o allegato 1 alla DGR 16/07). Di tale condizione si deve dare
atto gi nellatto di prima approvazione della variante stessa.
Anche in tali casi, trattandosi di una approvazione, ancorch preventiva, deve esserne
data comunicazione al CTR, che render il proprio parere in merito ai sensi del comma
15. A seguito dellespressione di tale parere, fermo restando che la modifica non pu
assumere comunque efficacia se non a seguito della completa e verificata conclusione
degli interventi, si pu inviare la comunicazione dellavvenuta approvazione preventiva
agli enti e soggetti interessati, con specificazione (da apportare anche sulla relativa
cartografia) della natura di riperimetrazione preventiva, non in vigore, quindi, e
soggetta a successiva verifica.
Si ritiene peraltro, in questo caso, che, tenuto conto che la riperimetrazione non entra
in vigore e non nota a priori la data di inizio efficacia, e pertanto non pu considerarsi
avvenuta ai sensi del comma 15, la Provincia non debba procedere alla immediata
pubblicazione di avviso sul BURL, da demandare invece alla effettiva entrata in vigore.
Deve essere, in ogni caso, previsto un successivo atto da parte delle Provincia (di
tipologia da determinare da parte della Provincia stessa secondo la propria
organizzazione) con cui si attestano le avvenute verifiche sugli interventi realizzati e si
stabilisce lefficacia e lentrata in vigore della modifica, della quale, invece, avviso va
pubblicato sul BURL.
Resta fermo, comunque, che la cartografia di piano non pu essere aggiornata fino a
che le nuove perimetrazioni siano state rese efficaci ed effettivamente entrate in vigore,
a seguito della conclusione e verifica degli interventi, in coerenza con i criteri regionali
gi citati.
2.
ASPETTI TECNICI
Relativamente ai contenuti e alle metodologie di tipo sia tecnico sia normativo, come
noto, sono stati emanati nel tempo criteri ed indirizzi per la formazione dei piani di
bacino stralcio per lassetto idrogeologico. Si ricorda in particolare la DGR 357/01 3 e
ss.mm., che rappresenta tuttora il riferimento fondamentale per i contenuti dei piani di
bacino stralcio per lassetto idrogeologico, nonch chiarimenti ed indirizzi interpretativi
DGR 357/2001, ad oggetto: Approvazione dei criteri per la redazione della normativa di
attuazione dei Piani di bacino per la tutela dal rischio idrogeologico e relativi allegati
tecnici
Documento 3.3
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in merito sia ad alcuni aspetti normativi (quali la DGR 848/03 4 ) sia ad aspetti tecnici di
applicazione dei criteri (quali, in parte, la stessa DGR 848/03, la DGR 16/07 5 , e la
DGR 1338/07 6 ).
In tale ambito, la Giunta Regionale, quale Comitato Istituzionale dellAutorit di Bacino,
ha fornito, nel tempo, chiarimenti ed indirizzi relativi alle procedure di aggiornamento e
modifica dei piani di bacino stralcio vigenti, in relazione a diversi aspetti (quali le DGR
1624/2004 7 , DGR 1532/2005 8 , DGR 1634/2005 9 , DGR 359/07 10 , DGR 1339/07 11 ).
A riguardo del contenuto delle modifiche da approvarsi con le procedura del citato
comma 15, occorre ricordare la necessit che le modifiche c.d. puntuali rispondano a
specifiche disposizioni delle Norme di attuazione dei PAI e ai criteri vigenti. Lart. 97
della l.r. 18/99, spesso indicato quale presupposto per le modifiche effettuate,
definisce, infatti, soltanto le procedure che devono essere seguite nel caso di modifiche
non sostanziali, cos come previste dal Piano, ma non pu rappresentare la
motivazione tecnica sottesa alle modifiche stesse, motivazione da ascrivere invece alle
disposizioni del piano di bacino e/o ai criteri ed indirizzi dellAdB regionale (si veda ad
esempio la ricostruzione effettuata nellallegato 1 alla DGR 1624/04).
Per tale ragione, si ritiene innanzi tutto necessario richiamare le Province ad
unapplicazione coerente con lo spirito e le finalit degli indirizzi e dei criteri emanati
dallAutorit di Bacino Regionale, considerati nel loro complesso, e sulla necessit in
particolare di non snaturare la visione unitaria a scala di bacino, che rappresenta
laspetto peculiare dei piani stessi, attraverso una continua serie di modifiche puntuali,
potenzialmente disorganiche.
4
10
11
DGR 1339/2007, ad oggetto: Chiarimenti sul regime normativo applicabile nella fascia
di inedificabilit assoluta dai limiti dellalveo ai sensi dellart. 8, c.3 della normativa-tipo
dei piani di bacino stralcio regionali per il rischio idrogeologico ex DGR 357/01
Documento 3.3
Pagina 6 di 10
Documento 3.3
Pagina 7 di 10
i)
j)
nelle Pg3 per frana quiescente non sono consentite mai nuove edificazioni, anche
a fronte di studi di maggior dettaglio;
nelle Pg3 non per frana quiescente, a fronte di studi di maggior dettaglio, la
Provincia, oltre ad approvare lindagine di dettaglio, deve di norma indicare
contestualmente gli interventi compatibili in relazione alle condizioni di suscettivit
al dissesto accertate.
Documento 3.3
Pagina 8 di 10
Le suddette indicazioni (sia per gli aspetti idraulici sia geomorfologici) possono essere
integrate o maggiormente specificate a seguito dei primi esiti dellapplicazione del
novellato comma 15 dellart. 97.
3.
DOCUMENTAZIONE
Ai fini dellespressione del parere del CTR ex comma 15, ed in continuit con quanto
gi previsto dalla DGR 700/07, la comunicazione dellapprovazione della modifica od
integrazione deve essere accompagnata da una relazione di sintesi, da produrre sulla
base degli elementi acquisiti e degli atti assunti in merito, nonch delle indicazione di
cui al presente documento, finalizzata ad illustrare nel dettaglio la modifica effettuata e
le motivazioni tecniche sottese, inclusi gli elaborati di analisi necessari per la
comprensione della modifica apportata.
In particolare la suddetta relazione (da inviare anche in formato informatico) deve
avere i seguenti contenuti minimi:
1)
2)
3)
4)
5)
indicazione del piano di bacino e del bacino di riferimento in cui ricade la modifica
di cui trattasi, con specificazione della localizzazione della modifica (comune,
corso dacqua, localit, etc.);
specificazione della norma di piano ai sensi della quale si approvata la modifica
e criteri ed indirizzi dellAdB applicati per la modifica specifica;
descrizione di dettaglio della modifica apportata, con specificazione dellarea
interessata e relativa tipologia di pericolosit, tipologia della modifica stessa,
sintesi degli esiti degli studi alla base della modifica, carte modificate,
motivazione, etc.;
descrizione degli elementi di approfondimento acquisiti in merito alla modifica
apportata (ad esempio: rilievi topografici, studi di dettaglio, approfondimenti
tecnici, rilevamenti geologici e geotecnci, monitoraggi, etc) e degli specifici effetti
di tali elementi sulle risultanze degli studi e sulle modifiche approvate, anche in
rapporto a quanto previsto dai criteri dellAutorit di bacino;
Esplicitazione degli elementi tecnici determinanti che hanno supportato la
modifica.
dai necessari stralci cartografici, corredati dai rispettivi file vettoriali, che
evidenzino le modifiche o integrazioni apportate e riportino il necessario raffronto
con il piano oggetto della modifica stessa;
Documento 3.3
Pagina 9 di 10
A conclusione delliter procedurale previsto dal comma 15, allatto della comunicazione
al CTR della avvenuta entrata in vigore delle modifiche approvate, la trasmissione degli
elaborati finali deve essere corredata anche dai corrispondenti file informatici ai fini
dellaggiornamento sul sito web regionale, previsto dallart. 33 della l.r. 20/06,
relativamente agli strati informativi della pericolosit e del rischio dei piani di bacino
stralcio.
Documento 3.3
Pagina 10 di 10
Documento 3.4
LA GIUNTA REGIONALE
[omissis]
RITENUTO pertanto di approvare, in qualit di Comitato Istituzionale dellAutorit di
bacino di rilievo regionale ai sensi dellart. 96, c.3 della l.r. n. 18/1999, ad integrazione
della DGR n 1624/2004 i chiarimenti relativi alle modifiche puntuali del reticolo
idrografico principale, da applicare anche qualora risulti nella normativa di piano una
differente denominazione del reticolo, sul quale deve essere applicata la normativa di
piano, fermo restando, ai fini dellespressione del parere del CTR ex comma 15,
quanto stabilito al punto 3, (Documentazione), dellAllegato 1 parte integrate e
sostanziale della DGR 893/2008;
SU PROPOSTA dellAssessore allAmbiente
DELIBERA
per i motivi indicati in premessa:
1. di stabilire, ad integrazione della D.G.R. n. 1624/2004 anche ai fini
dellespressione del parere di cui allart 97 c.15 l.r. n. 18/99, che costituiscono
modifiche puntuali od integrazioni ai sensi del citato comma 15, le sole modifiche
relative alla correzione di eventuali errori materiali o alla miglior definizione del
tracciato, con particolare riferimento ai tratti tombinati, sia che le stesse
interessino corsi dacqua iscritti negli elenchi delle acque pubbliche, sia corsi
dacqua ricompresi nel reticolo idrografico principale in ragione di una significativa
rilevanza idraulica;
2. di disporre la pubblicazione del presente atto sul Bollettino Ufficiale Regionale.
Documento 3.4
Pagina 1 di 1
Documento approvato
con DGR 250 del 15.2.2005
Documento 4.1
PREMESSA
I criteri regionali, di cui alla raccomandazione n.7/99 Definizione delle fasce di inondabilit e di
riassetto fluviale e alla DGR 357/2001 e ss. mm. e ii., prevedono che, nellambito della
pianificazione di bacino di rilievo regionale, il livello standard di individuazione della
pericolosit idraulica sia rappresentato dalla individuazione delle cosiddette fasce di
inondabilit, che rappresentano porzioni di territorio esterne allalveo caratterizzate da uguale
probabilit di inondazione. In particolare la normativa regionale prevede lindividuazione di 3
fasce di inondabilit, che corrispondono a tre tempi di ritorno della piena di riferimento,
rispettivamente pari a 50, 200, e 500 anni.
Questa impostazione si basa sulla consolidata assunzione che un evento di inondazione sia
tanto pi pericoloso quanto pi frequente; la pericolosit idraulica, pertanto, attualmente
legata al solo tempo di ritorno T della piena di riferimento, il quale fornisce una stima del
valore di portata che pu venire mediamente superato ogni T anni.
I criteri regionali, peraltro, prevedono la possibilit di individuare, sulla base di opportuni
approfondimenti, allinterno delle aree inondabili ad assegnato tempo di ritorno, aree che
risultino a minor pericolosit relativa, sulle quali prevedere una disciplina pi adeguata che
consenta possibilit edificatorie diversificate rispetto a quelle ammesse nelle rispettive fascia di
inondabilit (rif.: paragrafo 3.1, lettera c), punto 1) e punto 2) dei criteri approvati con D.G.R.
357/2001).
In particolare sulla base di opportuni approfondimenti degli studi idrologico-idraulici di supporto,
possono essere determinate appropriate grandezze di riferimento, utili per il conseguimento di
una pi puntuale determinazione delle aree inondabili ed una conseguente migliore definizione
del grado di pericolosit idraulica, tale da risultare maggiormente rappresentativa delleffettivo
assetto dei territori e degli eventi di riferimento. Lentit dei massimi tiranti idrici e delle velocit
di scorrimento che si realizzano nelle aree inondabili stesse rappresentano grandezze
fondamentali a questo fine, delle quali devono, quindi, essere determinate le soglie
caratteristiche per la discriminazione di classi di diversa pericolosit relativa.
Il presente documento definisce in modo omogeneo sul territorio i criteri che permettono, sulla
base dellelaborazione dei dati e delle informazioni provenienti dagli studi idraulici, di individuare
1
Tali criteri
le succitate aree a minor pericolosit relativa e la corrispondente normativa.
costituiscono, in particolare, una attuazione e migliore specificazione dei criteri assunti con
D.G.R. 357/2001 e, come tali, hanno carattere vincolante.
E importante ricordare che la finalit del presente documento individuare un criterio per
definire, sulla base delle caratteristiche di inondabilit delle zone, specifici ambiti sui quali
prevedere una disciplina differenziata, connessa, in sostanza, alla possibilit di nuova
edificazione. Quanto segue non quindi finalizzato alla definizione della pericolosit in senso
assoluto, ai fini per esempio di protezione civile, ma alla individuazione di un criterio a fini
normativi, da applicare nellattuale contesto normativo della pianificazione di bacino a riguardo
delle fasce di inondabilit.
Il tema di notevole attualit e, per la relativa carenza di studi specifici in materia di vulnerabilit del
territorio in relazione ai fenomeni di inondazione, fortemente innovativo nel campo della pianificazione di
bacino. Per tali ragioni, la Regione Liguria ha affidato una apposita consulenza scientifica al Prof. Renzo
Rosso, Professore Ordinario di Costruzioni Idrauliche e Marittime e Idrologia del Politecnico di Milano, che
ha, in una prima fase fornito limpostazione metodologica necessaria alla definizione di aree a minor
pericolosit relativa nellambito delle fasce di inondabilit nonch lindividuazione dei pi adeguati valori
dei parametri di riferimento, ed in una seconda fase analizzato le osservazioni pervenute nellambito
dellinchiesta pubblica indetta a seguito delladozione dei primi criteri e valutato le prime applicazioni
sperimentali della metodologia. Sugli esiti di tale lavoro basato il presente documento.
Documento 4.1
Pagina 1 di 9
FINALIT GENERALE
La finalit generale della metodologia qui delineata lelaborazione di una carta di applicazione
normativa relativa agli eventi di inondazione, definita degli ambiti normativi delle fasce di
inondabilit, che tenga conto di caratteristiche delle inondazioni ulteriori rispetto al tempo di
ritorno della piena di riferimento, quali tiranti idrici e relative velocit di scorrimento che si
realizzano nelle aree inondabili. Tale metodologia elaborata nel rispetto dellimpostazione
normativa dei piani di bacino stralcio vigente, e non ne rappresenta quindi una modifica ma
piuttosto una migliore specificazione ed articolazione.
In tal senso, la carta degli ambiti normativi relativi alla pericolosit delle inondazioni sar
costruita a partire dalla determinazione delle fasce di inondabilit relative ai diversi periodi di
ritorno secondo il metodo standard dei criteri regionali, attraverso una impostazione che
interessa i seguenti due aspetti, come illustrato nel dettaglio nel seguito:
1) il criterio di individuazione degli ambiti normativi con costruzione della relativa
cartografia e di associazione della relativa normativa;
2) lindividuazione dei valori di soglia delle grandezze considerate (tiranti e velocit) sulla
base dei quali definire sottozone delle aree inondabilI quali aree a minor pericolosit
relativa.
In tal senso, si evidenzia che la determinazione di aree a diversa pericolosit relativa, al fine
della differenziazione della corrispondente disciplina, si applica alle sole fasce A e B, in quanto
non influenza in modo significativo la fascia C, la cui disciplina consiste, nella sostanza, in una
semplice normativa di attenzione.
Documento 4.1
Pagina 2 di 9
alta pericolosit relativa, indipendentemente dal tempo di ritorno dellevento che li ha prodotti,
sono riportate in tabella 1.
Con riferimento alla figura 1, quindi, le coppie di valori tirante idrico-velocit di scorrimento
superiori alla soglia indicata dalla linea intera, sono individuate come ricadenti in condizioni
di alta pericolosit relativa, mentre le coppie di valori inferiori alla soglia indicata dalla
linea tratteggiata ricadono in condizioni di bassa pericolosit relativa. La zona compresa
tra le due relazioni non risulta definibile con certezza in relazione alla pericolosit relativa e,
quindi, ai fini applicativi, viene qui indicata come zona a media pericolosit relativa.
Tale criterio relativo ai soli valori di tiranti idrici e velocit di scorrimento in un evento di
inondazione, indipendentemente cio dal tempo di ritorno dellevento che li ha prodotti.
Nellambito della pianificazione di bacino ed ai fini dellapplicazione alla normativa di riferimento,
si dovr necessariamente tenere conto anche del periodo di ritorno dellevento di riferimento, in
coerenza con gli indirizzi consolidati, che individuano levento con tempo di ritorno 50-ennale a
pericolosit pi elevata di quello a tempo di ritorno 200-ennale in quanto pi frequente.
0,8
0,7
Alta pericolosit
Alta pericolosit
relativa
relativa
Media pericolosit
relativa
0,6
0,5
0,4
0,3
Bassa pericolosit
relativa
0,2
0,1
0
0
0,5
1,5
2,5
Velocit (m/s)
Figura 1. Soglie di pericolosit relativa in termini di tirante idrico condizionato alla velocit
della corrente.
h < 0,50 m
h > 0,70 m
h < 0,30 m
h > 0,50 m
h < 0,30 m
h > 0,30 m
elocit di scorrimento
Tabella 1. Soglie di pericolosit relativa in termini di tirante idrico condizionato alla velocit della
corrente.
Documento 4.1
Pagina 3 di 9
Documento 4.1
Pagina 4 di 9
0,8
Fascia A individuazione
ambiti AA
Evento di piena per T= 50 anni
0,7
AMBITO AA
AMBITO NORMATIVO AA
0,6
0,5
0,4
V 50< 1 m/s
0,3
Aree A0 da
riclassificare come
ambiti di fascia B
0,2
0,1
0
0
0,5
1,5
2,5
V50 2 m/s
h50 > 0 m
Figura 2. Soglie di pericolosit relativa in termini di tirante idrico locale h50 condizionato alla
velocit della corrente locale V50 ai fini della definizione degli ambiti normativi in
fascia A.
Fascia B individuazione
ambiti BB
Evento di piena per T= 200 anni
0,7
AMBITO
AMBITOBB
NORMATIVO BB
0,6
0,5
V 200< 1 m/s
h200 0,70 m
0,4
0,3
AMBITO
AMBITO
NORMATIVO
BO
B0
0,2
0,1
0
0
0,5
1,5
2,5
V50 2 m/s
h50 > 0 m
Figura 3. Soglie di pericolosit relativa in termini di tirante idrico locale h200 condizionato
alla velocit locale della corrente v200 ai fini della definizione degli ambiti
normativi in fascia B
Documento 4.1
Pagina 5 di 9
si ritiene che, attraverso una puntuale definizione delle perimetrazioni, il valore di tirante
massimo di 0,70 m possa essere incremententato fino a ulteriori 0,20 m massimi,
motivatamente ed in ragione delle specifiche condizioni dei siti.
3. Nella cartografia dovr essere inoltre evitata la mappatura di aree a bassa pericolosit
relativa inglobate in aree ad alta pericolosit relativa, specie se di modesta estensione
rispetto alla area complessiva, anche se risultante dalla applicazione automatica dei criteri
descritti (ad es. ambito B0 completamente contornate da un ambito BB o AA); le singole
situazioni dovranno, quindi, essere valutate nel merito dal redattore dello studio, in quanto
tali isole, derivanti dalla mera applicazione della procedura sui risultati degli studi idraulici,
sono da ritenersi non significative in termini di pianificazione di bacino, sia relativamente
allapplicazione della relativa disciplina, sia relativamente alle condizioni di sicurezza e di
non aumento del rischio.
4. Nellambito degli studi di dettaglio e della redazione della cartografia finale, in
considerazione della normativa ad essa associata, opportuno valutare anche eventuali
ulteriori problematiche relative ad altre cause, quali linsufficienza dello smaltimento delle
acque superficiali da parte delle reti di drenaggio urbano, o linterferenza con corsi dacqua
non studiati nellambito del Piano.
4. ELABORATI GRAFICI
Al fine di fornire tutti i dati di rilievo per assicurare la completa conoscenza delle caratteristiche
delle aree inondabili e di garantire la corretta applicazione della normativa di riferimento,
devono essere prodotti, nellambito del Piano di bacino, i seguenti elaborati (nellipotesi pi
generale di studio di dettaglio completo sia per T=50 anni sia per T=200 anni):
1) Carta aggiornata delle aree inondabili ai tempi di ritorno di 50 e 200 anni (senza distinzione
di tiranti e velocit) sulla base della modellistica di maggior dettaglio;
2) Carta dei tiranti idrici massimi per le aree inondabili a tempi di ritorno di 50 e 200 anni (1
carta ciascuno);
3) Carta delle velocit di scorrimento massime (ovvero contestuali ai tiranti massimi di cui al
punto 1) per le aree inondabili a tempi di ritorno di 50 e 200 anni (1 carta ciascuno);
4) Carta delle fasce di inondabilit di cui ai criteri regionali (A, B e C) con indicazione delle
zone A0 e B0 individuate come a minor pericolosit relativa ciascuna per il corrispondente
tempo di ritorno; tale carta rimane la base per la determinazione delle classi di rischio per la
redazione della carta del rischio idraulico secondo i criteri regionali vigenti;
5) Carta degli ambiti normativi relativi alle fasce di inondabilit (AA, BB, B0, C).
Le cartografie devono essere prodotte alla scala almeno 1:5000 e far parte degli elaborati
di piano, in quanto contenenti elementi indispensabili per la applicazione della normativa;
quelle di cui ai punti 1) e 4) possono, se del caso, essere accorpate..
Documento 4.1
Pagina 7 di 9
1)
Ove non si proceda alla individuazione degli ambiti normativi (AA, BB, B0), rimangono in
vigore le consuete norme delle fasce di inondabilit (A, B). Si specifica che, a riguardo
della disciplina di fascia B come attualmente vigente, la quale prevede la possibilit di
nuova edificazione e ristrutturazione urbanistica prevista in tessuto urbano consolidato o
da completare, con parere della Provincia, se ricadenti nelle c.d. aree a minor
pericolosit, tali aree vanno determinate con riferimento alle condizioni di tirante idrico e
velocit di scorrimento indicate nel presente documento (figura 3).
2)
Ove si proceda alla individuazione degli ambiti normativi (AA, BB, B0) attraverso la
procedura qui delineata, per le porzioni di territorio relativamente alle quali sia stata
approvata la relativa perimetrazione, tali ambiti sostituiscono, ai fini normativi, le fasce di
inondabilit standard (A e B), con la seguente articolazione generale, come specificato
nello schema riassuntivo di tabella 2:
-
nellambito B0 vige la norma della fascia B nella sua interezza, che prevede la
ammissibilit, quindi, di nuova edificazione e ristrutturazione urbanistica prevista in
tessuto urbano consolidato o da completare, previo parere favorevole della Provincia, e
purch siano assunte le opportune misure od accorgimenti tecnico-costruttivi nonch le
azioni e le misure di protezione civile
Uno schema riassuntivo della classificazione degli ambiti normativi e della normativa
associata riportato in tabella 2.
importante evidenziare che nelle aree denominate B0 la disciplina prevista dai criteri, di cui
alla DGR 357/01, consente la possibilit di interventi di nuova edificazione nonch di
ristrutturazione urbanistica nei casi in cui gli stessi siano corredati da parere favorevole della
Provincia, ricadano in contesti di tessuto urbano consolidato, o da completare mediante
interventi di integrazione urbanistico-edilizia sempre allinterno di ambiti gi edificati, e
interessino aree individuate a minor pericolosit in relazione a modesti tiranti idrici e a ridotte
velocit di scorrimento, e purch prevedano le opportune misure od accorgimenti tecnicocostruttivi di cui allallegato 5, e risultino assunte le azioni e le misure di protezione civile
di cui al presente Piano e ai piani comunali di protezione civile.
Sar compito della progettazione dei singoli interventi valutare la possibilit di
individuare, nelle specifiche situazioni e caratteristiche dellevento atteso, accorgimenti
tecnico-costruttivi o altre misure che consentano ladeguata protezione dellelemento
dalle inondazioni, e prevederne la messa in opera, anche attraverso ulteriori analisi di dettaglio
relative al sito specifico.
La Provincia, ai fini dellespressione del parere previsto dalla disciplina in questione, valuter,
nellambito del previsto parere di competenza, lefficacia e laffidabilit delle misure
progettate in funzione delle grandezze idrauliche di riferimento. Inoltre, effettuer, anche
in funzione dellentit dellintervento edilizio in questione e dellentit delle grandezze idrauliche
di riferimento, una valutazione della possibile influenza sia dellintervento edilizio richiesto sia
degli accorgimenti costruttivi proposti sulla dinamica dellinondazione, garantendo che non
vengano aumentate le condizioni di pericolosit ed di rischio nelle aree limitrofe.
Ai fini della tutela della pubblica e privata incolumit e con riferimento alla necessit di non
aumento delle condizioni di pericolo e rischio, specie se si agisce in contesti di aree vaste,
costituisce, in ogni caso, indirizzo di riferimento quanto indicato nei criteri approvati con DGR
Documento 4.1
Pagina 8 di 9
509/2003, con particolare riferimento alle cautele e verifiche da porre in essere da parte della
Provincia.
Si ricorda inoltre la necessit che la realizzazione di interventi in aree B0, aree che sono
comunque suscettibili di inondazione, sia accompagnata da tutte le adeguate misure e
azioni di protezione civile, previste dai piani di bacino vigenti nonch dalla L.R.9/2000.
Si specifica, infine, che la mappatura degli ambiti normativi non pu sostituire la mappatura
delle fasce di inondabilit ai fini della redazione della carta del rischio, in quanto tale carta
rappresenta la fotografia delle condizioni di rischio attuale delle varie zone, fornendo la base
per lindividuazione delle priorit degli interventi di messa in sicurezza e per la messa in opera
di azioni e misure di protezione civile e di tutela della pubblica e privata incolumit.
Ambito
Disciplina associata
secondo la normativa-tipo di cui alla
DGR 357/01 ss.mm. e ii.
Disciplina di Fascia A
AA
Art.15, c.2
BB
B0
Disciplina di Fascia B,
Art. 15, c.3, lett a) ad esclusione della
possibilit di nuova edificazione e
ristrutturazione urbanistica, lett. b) e c),
Disciplina di Fascia B,
laddove, in contesto di tessuto urbano
consolidato sono consentite nuove
edificazioni con accorgimenti tecnico
costruttivi, accompagnati da misure di
protezione civile]
Documento 4.1
Pagina 9 di 9
Documento approvato
con DGR 1532 del 2.12.2005
- Allegato 1 -
Documento 4.2
Premessa
La Giunta Regionale, in qualit di Comitato Istituzionale dellAutorit di bacino di rilievo
regionale, ha approvato, con DGR 250/05, i criteri per la definizione di ambiti normativi
delle fasce di inondabilit in funzione di tiranti idrici e velocit di scorrimento, che
modificano ed integrano gli analoghi criteri adottati con DGR 299/03 e sottoposti ad
inchiesta pubblica.
In estrema sintesi, tali criteri prevedono che, sulla base di studi idraulici di dettaglio,
possano essere determinate allinterno sia della fascia A (T=50 anni) sia della fascia B
(T=200 anni) aree a minor pericolosit relativa, sulle quali pu essere posta una
disciplina meno restrittiva, con particolare riferimento alla possibilit di nuova
edificazione e ristrutturazione urbanistica. Lapplicazione di tali criteri non comporta,
peraltro, alcun adeguamento obbligatorio a carico delle Province, che hanno pertanto
la facolt, e non lobbligo, di apportare ai piani gli approfondimenti e le modifiche di cui
trattasi, e quindi potranno valutare nel merito delle singole situazioni la priorit e la
significativit dellelaborazione di studi di dettaglio, anche in relazione ad analisi del
tipo costi-benefici. Non infatti necessario coprire tutto il territorio con studi di dettaglio
al fine di determinare gli ambiti normativi, in particolare laddove gli studi gi effettuati
siano di sufficiente dettaglio ed affidabilit, caso in cui peraltro possibile effettuare la
suddivisione in ambiti normativi anche sulla base della metodologia semplificata di cui
alla DGR 250/05 che permette di riclassificare le aree sulla base di classi di tiranti max
di 30 cm.
A seguito dellapprovazione dei criteri in oggetto, emersa la necessit di chiarimenti
a riguardo della procedura di modifica ed integrazione dei piani vigenti per recepire i
criteri di cui trattasi, con particolare riferimento ai casi ricadenti nella fattispecie delle
modifiche puntuali di cui al comma 15 dellart. 97 della L.R. 18/99 ovvero alla
necessit di adozione di varianti sostanziali dei piani, con la procedura ordinaria di cui
al comma 14 dello stesso articolo.
Al fine di inquadrare al meglio la problematica di che trattasi, si ricorda che:
-
per quanto riguarda la fascia A, allo stato attuale non prevista dalle normative
dei piani di bacino vigenti alcuna differenziazione di disciplina in relazione ad
aree a minor pericolosit, anche se la sua possibilit era stata introdotta, come
linea di principio generale, nei criteri regionali di cui alla DGR 357/01;
per quanto riguarda la fascia B, nei piani di bacino vigenti esiste gi attualmente,
ancorch solo a livello normativo e non cartografico, la distinzione tra aree a
Documento 4.2
Pagina 1 di 3
b)
larticolazione delle fasce di inondabilit in ambiti normativi (AA, BB, B0) sulla
base dei risultati dello studio di cui sopra con la relativa associazione di una
specifico regime normativo.
Per tutto quanto sopra premesso, e alla luce di quanto indicato nei chiarimenti di cui
alla DGR 1624/04, lindividuazione sulla base dello studio idraulico di dettaglio, degli
ambiti normativi di cui alla DGR 250/05 (AA, BB, B0) con lapplicazione del relativo
regime normativo, rientra pertanto nel campo delle modifiche sostanziali, e quindi
rappresenta una variante al piano vigente da assoggettare alla procedura
ordinaria di cui al comma 14 dellart. 97.
La variante di cui trattasi, che comprende necessariamente sia le parti cartografiche sia
quelle normative, deve essere costituita dagli elaborati minimi individuati dai criteri di
cui alla DGR 250/05 (vedi paragrafo 5 dellallegato alla stessa 1) e dalla modifica
normativa connessa (vedi normativa-tipo di cui allallegato 2 al presente atto).
Nellambito della procedura ordinaria dovr essere acquisito, tra laltro, lapporto
istruttorio da parte del CTR Sezione per le funzioni dellAdB regionale, che appare
Tale paragrafo recita: Nel piano di bacino devono essere prodotti, nellambito del Piano di bacino, i seguenti
elaborati (nellipotesi pi generale di studio di dettaglio completo sia per T=50 anni sia per T=200 anni):
1) Carta aggiornata delle aree inondabili ai tempi di ritorno di 50 e 200 anni (senza distinzione di tiranti e velocit)
sulla base della modellistica di maggior dettaglio;
2) Carta dei tiranti idrici massimi per le aree inondabili a tempi di ritorno di 50 e 200 anni (1 carta ciascuno);
3) Carta delle velocit di scorrimento massime (ovvero contestuali ai tiranti massimi di cui al punto 1) per le aree
inondabili a tempi di ritorno di 50 e 200 anni (1 carta ciascuno);
4) Carta delle fasce di inondabilit di cui ai criteri regionali (A, B e C) con indicazione delle zone A0 e B0 individuate
come a minor pericolosit relativa ciascuna per il corrispondente tempo di ritorno; tale carta rimane la base per la
determinazione delle classi di rischio per la redazione della carta del rischio idraulico secondo i criteri regionali
vigenti;
5) Carta degli ambiti normativi relativi alle fasce di inondabilit (AA, BB, B0, C).
Documento 4.2
Pagina 2 di 3
Documento 4.2
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Documento approvato
con DGR 1532 del 2.12.2005
- Allegato 2 -
Documento 4.3
carta delle aree inondabili ai tempi di ritorno di 50 e 200 anni (ed eventualmente 500 anni
se studiato) (senza distinzione di tiranti e velocit) sulla base della modellistica di maggior
dettaglio;
carta dei tiranti idrici massimi per le aree inondabili a tempo di ritorno di 50 anni;
carta dei tiranti idrici massimi per le aree inondabili a tempo di ritorno di 200 anni;
carta delle velocit di scorrimento massime (ovvero contestuali ai tiranti massimi) per le
aree inondabili a tempo di ritorno di 50 anni;
carta delle velocit di scorrimento massime (ovvero contestuali ai tiranti massimi) per le
aree inondabili a tempo di ritorno di 200 anni;
carta delle fasce di inondabilit (A, B e C) con indicazione delle zone A0 e B0 individuate
come a minor pericolosit relativa ciascuna per il corrispondente tempo di ritorno;
carta degli ambiti normativi relativi alle fasce di inondabilit (AA, BB, B0, C).
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Ovvero: esterne alla fascia A nel caso non si sia proceduto alla determinazione degli ambiti
normativi di fascia A.
Ovvero: esterne alla fascia A e/o alle aree BB nel caso non si sia proceduto alla
determinazione degli ambiti normativi di fascia A.
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1. Nelle porzioni di territorio nelle quali siano stati perimetrati gli ambiti normativi delle
fasce di inondabilit di cui allart. 12, comma 2 bis, individuati nella tav, si applica
la seguente disciplina:
a) negli ambiti AA si applica la disciplina di cui al comma 2 dellart. 15;
b) negli ambiti BB si applica la norma di cui al comma 3 dellart. 15 ad esclusione
dellammissibilit degli interventi di nuova edificazione e ristrutturazione urbanistica
di cui alla lettera a) dello stesso comma 3;
c) negli ambiti B0 si applica la norma di cui al comma 3 dellart.15. 4
2. In deroga a quanto previsto dal precedente comma 1, lettera c), negli ambiti B0
possono essere consentiti interventi di nuova edificazione nonch di ristrutturazione
urbanistica, come definita dalla lett. e), comma 1, dell'art. 31 della l. n.457/78, ricadenti
al di fuori di contesti di tessuto urbano consolidato o da completare, esclusivamente a
condizione che gli stessi:
a) siano corredati da parere favorevole della Provincia, che verifichi in particolare che
gli interventi previsti:
4
Documento 4.3
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Documento 4.3
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ALLEGATO 8:
CARTA DEGLI AMBITI NORMATIVI DELLE FASCE DI INONDABILIT
In conformit a quanto previsto nei criteri approvati con DGR 250/2005, che si intendono
integralmente richiamati, la carta degli ambiti normativi relativi alle fasce di inondabilit di
cui al comma 2bis dellart. 12 della presente normativa deve essere definita, a partire dalla
determinazione delle fasce di inondabilit corrispondenti ai diversi periodi di ritorno, seguendo
la procedura delineata nel seguito.
Nelle porzioni di territorio in cui tali ambiti sono stati perimetrati, essi sostituiscono, ai fini
dellapplicazione normativa, le corrispondenti fasce di inondabilit, la cui perimetrazione
permane peraltro tra gli elaborati di piano in qualit di dato conoscitivo e ai fini di protezione
civile, nonch come base per la determinazione delle classi di rischio.
La metodologia di costruzione della carta degli ambiti normativi, sulla base di studi idraulici di
dettaglio che consentono lindividuazione dei valori di tiranti idrici e velocit di scorrimento per
eventi di inondazione a vari tempi di ritorno, pu essere cos sintetizzata:
Individuazione
cartografica
normativi di fascia A.
ambiti
gli ambiti AA
gli ambiti BB e
0,8
0,7
0,7
AMBITO
AA
AMBITO
NORMATIVO
AA
0,6
0,5
0,4
0,3
Aree A0 da
riclassificare come
ambiti di fascia B
0,2
AMBITO
AMBITOBB
NORMATIVO BB
0,6
0,5
0,4
0,3
AMBITO
AMBITO
NORMATIVO
BO
B0
0,2
0,1
0,1
0
0
0,5
1,5
2,5
0,5
1,5
Documento 4.3
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2,5
metodologia
standard,
in assenza
di studi di dettaglio
metodologia
DGR 250/05,
in presenza di
studi di dettaglio
Ambito AA
Soglie fig.1
FASCIA A
Aree A0
Ambito BB
Soglie fig.2
FASCIA B
Ambito B0
Soglie fig.2
Documento 4.3
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Parte I
LINEE GUIDA
Documento 5.1
Linee guida
Premessa al documento
Nei piani di bacino stralcio vigenti sul territorio dellAutorit di Bacino di rilievo
regionale, in conformit a quanto previsto dai criteri di cui alla DGR 357/01 e ss.mm., si
sono assunti i valori di portata massima annuale a tempi di ritorno pari a 50, 200 e 500
anni come riferimento per la determinazione delle fasce di inondabilit, e la portata a
tempo di ritorno duecentennale come portata di progetto per gli interventi di messa in
sicurezza, di norma assunta per la progettazione delle opere di sistemazione idraulica.
In tali piani sono state calcolate le portate massime annuali corrispondenti ai suddetti
tempi di ritorno, sulle quali sono basate le determinazioni del piano stesso in relazione al
quadro di pericolosit idraulico determinato. prevista, peraltro, dalla normativa di
attuazione dei piani di bacino stralcio regionali vigenti la possibilit di variare il valore
della portata di progetto, in relazione al possibile sopravvenire di nuove evidenze
scientifiche o della realizzazione di studi idrologici pi dettagliati, ove questo permetta di
giungere a valutazioni via via pi approfondite ed affidabili.
Con DGR 1634/2005 la Giunta Regionale in qualit di Comitato Istituzionale ha fornito
chiarimenti a riguardo della procedura di aggiornamento dei piani vigenti per recepire i
risultati degli studi ed approfondimenti di cui sopra, con particolare riferimento alla
procedura di approvazione delle varianti, di cui al comma 14 e al comma 15 dellart. 97
della L.R. 18/99.
Nellambito di tale deliberazione stato chiarito che si tratta, in ogni caso, di una modifica
da attivarsi con la massima cautela. In particolare deve essere verificato che gli studi sulla
base dei quali viene effettuata la nuova stima siano effettivamente di maggior dettaglio e di
approfondimento rispetto a quelli del piano di bacino vigente e che risultino chiare le
ragioni tecniche che portano ad una diversa valutazione del valore della stessa entit.
stato inoltre chiarito che, considerata la centralit della determinazione dei valori di
portata nellambito dei singoli piani, si tratta, di norma, di varianti di tipo sostanziale (ex
art. 14 l.r. 18/99) a meno che le modifiche si configurino come modesti aggiustamenti delle
precedenti valutazioni senza conseguenze di rilievo sulle stesse.
Nellambito della DGR 1634/05 stato, tra laltro, dato mandato al CTR- Sezione per le
funzioni dellAutorit di Bacino (per brevit nel seguito: CTR-AdB), organo dellAutorit
di Bacino di rilievo regionale ai sensi della .r.r 18/9, di fornire indicazioni di tipo tecnico,
al fine di individuare, in particolare, la metodologia ed il contenuto minimo degli studi
idrologici di maggior dettaglio qualora risulti necessario procedere ad una verifica ed
eventuale modifica dei valori assunti dal piano di bacino vigente per le portate di massima
piena, al fine di assicurarne una rideterminazione pi affidabile ed omogenea sul territorio.
Al fine di corrispondere adeguatamente al mandato della Giunta Regionale, nella sua
qualit di Comitato istituzionale, ed in considerazione della indubbia esigenza di
affidabilit dei risultati conseguibili e di omogeneit sul territorio dellAutorit di Bacino
regionale per il tema in oggetto, stato affidato un apposito incarico di ricerca al
Politecnico di Milano, Dipartimento di Ingegneria Idraulica, Ambientale, Infrastrutture
viarie, Rilevamento (DIIAR) finalizzato alla definizione di criteri e/o linee guida di tipo
tecnico relative alla metodologia di riferimento per studi idrologici di maggior dettaglio
Documento 5.1
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rispetto a quanto effettuato nella vigente pianificazione di bacino per quei casi in cui
emerga la necessit di una verifica delle portate massime annuali al colmo piena a vari
tempi di ritorno e/o la determinazione del relativo idrogramma di piena.
A conclusione della ricerca condotta dal citato istituto universitario, il CTR-AdB ha
verificato che la stessa risponde a quanto richiesto dal Comitato Istituzionale in sede di
approvazione della DGR 1634/05, in quanto fornisce adeguate indicazioni ed indirizzi di
tipo tecnico, che, in particolare, individuano la metodologia ed il contenuto minimo degli
studi idrologici di maggior dettaglio, ivi incluse indicazioni sulla determinazione degli
idrogrammi di piena.
Il CTR-AdB, nella seduta del 19/03/2008, ha pertanto espresso parere favorevole in ordine
agli elaborati prodotti nellambito della convenzione con il Politecnico di Milano,
assumendoli quali linee guida ed indirizzi di tipo tecnico per la verifica e valutazione delle
portate al colmo di piena e dei relativi idrogrammi.
Ha conseguentemente stabilito, altres, che tali linee guida costituiscano il riferimento
obbligatorio per valutazione degli studi idrologici di dettaglio da parte del CTR-AdB,
finalizzati alla verifica ed alleventuale aggiornamento delle portate al colmo di piena ad
assegnati tempi di ritorno nonch alla determinazione dei corrispondenti idrogrammi di
piena, qualora, in specifici casi, si ravvisi la necessit di una verifica ed eventuale
modifica dei valori assunti dal piano di bacino vigente per le portate di massima piena.
Tali linee guida costituiscono pertanto riferimento a cui attenersi nella elaborazione di
studi idrologici di dettaglio sopraddetti.
Con DGR 357/2008, la Giunta Regionale, in qualit di Comitato Istituzionale dellAutorit
di Bacino Regionale, ha preso atto dellavvenuta approvazione da parte CTR-AdB delle
suddette linee guida ed indirizzi tecnici, quale attuazione del mandato corrisposto
nellambito della DGR 1634/05; ha altres dato mandato agli uffici regionali competenti di
intraprendere le iniziative opportune al fine di corrispondere alle finalit poste dal CTR
AdB, prevedendo in particolare ladeguata divulgazione ed illustrazione degli elaborati
approvati nei termini e modalit previste dal CTR-AdB stesso.
Ci premesso si specifica che i presenti elaborati, cos come approvati, sono articolati in
due parti principali:
III) Linee guida, nelle quali sono descritti i criteri e le procedure utili alla valutazione
della portata al colmo di piena e degli idrogrammi di riferimento. In particolare
viene individuato il percorso metodologico da seguire per la valutazioni di dette
grandezze in sede di studi di dettaglio, con indicazione a possibili diverse tipologie
di casi in relazione ai dati disponibili.
IV) Allegato Tecnico. Le metodologie sopra introdotte sono descritte in maggior
dettaglio, con una trattazione pi estesa di alcuni aspetti, quali lapplicazione dei
metodi a livello regionale e a livello locale, la valutazione dellincertezza delle
stime di piena, la valutazione dellidrogramma di piena, nonch alcune osservazioni
ed approfondimenti per temi specifici.
Documento 5.1
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Indice
PREMESSA ................................................................................................................................................4
INTRODUZIONE ......................................................................................................................................6
A. VALUTAZIONE DELLA PORTATA AL COLMO DI PIENA.......................................................9
A.1.
GENERALIT ..............................................................................................................................9
A.2.
VALUTAZIONE DEL FATTORE DI CRESCITA ...............................................................................10
A.3.
VALUTAZIONE DELLA PORTATA INDICE ...................................................................................14
A.3.1. Siti fluviali dotati di stazioni idrometriche .........................................................................16
Impostazione del problema .......................................................................................................................... 16
Stima della CDF locale contro metodo della portata indice ......................................................................... 17
Stima della portata indice ............................................................................................................................. 19
A.3.3.
A.3.4.
A.3.5.
A.3.6.
A.3.7.
GLOSSARIO ............................................................................................................................................55
Documento 5.1
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PREMESSA
Questa relazione illustra la procedura per la valutazione della portata al colmo di piena
associata a un prefissato valore di periodo di ritorno, o frequenza di superamento, da
utilizzare al fine dello sviluppo di studi idrologici di dettaglio nei bacini idrografici
liguri, sia con versante tirrenico, sia ricadenti nel bacino del fiume Po di pertinenza
ligure. La procedura proposta si basa sui metodi sviluppati a suo tempo dallUnit
Operativa 1.8 del Gruppo Nazionale per la Difesa dalle Catastrofi Idrogeologiche
(GNDCI) del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) nel quadro del Progetto
Speciale di Valutazione delle Piene (VAPI) promosso dalla Linea di Ricerca sulla
Previsione e prevenzione dagli eventi idrologici estremi (Linea 1). Essa si avvale anche
dei risultati di altri progetti, quali il Progetto Speciale sulla Modellazione degli Eventi di
Piena (MIUR) e il Progetto Framework (Commissione Europea) promossi nello stesso
ambito scientifico, dove sono stati condotti approfondimenti della tematica sia di natura
generale, sia di specifico riferimento a casi di studio liguri. Le linee guida qui
presentate, rivolte ai tecnici della Regione Liguria e delle pubbliche amministrazioni
liguri, intendono fornire un ausilio per la pianificazione, la progettazione e la gestione
dei sistemi e delle infrastrutture che interagiscono con i corsi dacqua e, pi in generale,
per la prevenzione del rischio idrogeologico, anche in relazione allapplicazione delle
normative in materia emanate negli anni recenti dalla stessa Regione Liguria.
Sotto il profilo scientifico, la procedura qui delineata rappresenta un ulteriore stato di
avanzamento degli studi rispetto alla preliminare sintesi tecnica di Brath & Rosso
(1994) e alla procedura di De Michele & Rosso (2000) per la valutazione delle piene
nellItalia Nord Occidentale. Infatti, essa tiene conto dei successivi approfondimenti di
De Michele & Rosso (2002) in merito alla metodologia di regionalizzazione, di
Bocchiola et al. (2003) in materia di valutazione della piena indice, e di Bocchiola et al.
(2004) relativamente allestensione del modello GEV a scala nazionale. Inoltre, sono
presentate in modo dettagliato le modalit di applicazione della procedura nellarea
geografica in esame, al fine di guidare i tecnici e gli operatori nella valutazione pratica
della portata al colmo di piena.
Il rapporto di sintesi qui presentato si articola in tre parti.
La prima parte (Linee Guida, qui riportata) illustra in modo sequenziale i criteri e le
procedure utili alla valutazione della portata al colmo di piena (Capitolo A) e degli
idrogrammi di riferimento (Capitolo B). Essa definisce il percorso metodologico che
viene suggerito per la valutazione di tali grandezze in sede di studi di dettaglio. A tal
fine, delinea i percorsi da seguire nelle diverse tipologie di casi pratici, con particolare
riferimento ai dati idrologici disponibili.
La seconda parte (Allegato Tecnico) descrive in dettaglio le metodologie proposte. Il
Capitolo 1 dellAllegato Tecnico introduce la metodologia proposta, che prevede due
fasi di valutazione. La prima fase, a sua volta descritta nel Capitolo 2, viene svolta a
livello regionale, mentre la seconda fase, di cui riferisce il Capitolo 3, viene condotta a
Documento 5.1
Pagina 4 di 56
livello locale ed legata allo specifico sito fluviale oggetto di valutazione. Il Capitolo 4
illustra i criteri con cui valutare lincertezza delle stime di piena. Il Capitolo 5 affronta il
problema della valutazione dellidrogramma di piena. Nel Capitolo 6 alle valutazioni di
piena a frequenza assegnata sono associati i concetti di orizzonte progettuale e rischio
residuale, utili a finalizzare le decisioni sulla mitigazione del rischio alluvionale nelle
diverse situazioni. Nel Capitolo 7 sono riportate alcune avvertenze per limpiego delle
metodologie, alcune indicazioni di larga massima per affrontare i casi non contemplati
dalla tale metodologia e, infine, alcune considerazioni sui futuri percorsi da
intraprendere per approfondire i vari aspetti, tuttora inesplorati, della materia trattata.
Infine viene riportato un ampio elenco bibliografico delle citazioni, che comprendono
pubblicazioni e rapporti scientifici su specifici aspetti della problematica affrontata. In
Appendice allAllegato Tecnico si riportano anche (i) un glossario minimo per la
comprensione di alcuni termini specialistici usati nel testo, nel quale si richiamano in
modo semplice e sintetico le definizioni di base e le notazioni adottate; (ii) la
caratterizzazione delle piogge intense tramite la procedura CNR-GNDCI-VAPI, utile
allapplicazione pratica dei metodi proposti nei bacini della Regione Liguria.
Poich nella stesura di queste Linee Guida e del relativo Allegato Tecnico ci si rivolge
specificamente a tecnici e operatori, sono state ridotte al minimo indispensabile, ma non
eliminate, le formulazioni matematiche, presentando soltanto quelle necessarie allo
sviluppo pratico delle metodologie proposte. Allo stesso modo, la discussione delle
questioni scientifiche viene rimandata alle varie pubblicazioni specialistiche citate.
Documento 5.1
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INTRODUZIONE
superficie siano dimensionati in modo tale da poter smaltire la massima portata di piena
prevista, senza che il livello superi la quota franca al coronamento. Tale verifica
consiste nel sollecitare il serbatoio con lidrogramma di piena pi gravoso rispetto alla
vita dellopera e controllare che gli scarichi di superficie siano in grado di smaltire la
piena in maniera tale che il livello non superi la quota franca al coronamento. In molti
casi, lidrogramma pi gravoso non quello con la massima portata, ma, per via della
laminazione, gioca un ruolo fondamentale leffetto combinato della portata e del volume
idrico, che assieme determinano la capacit o meno degli scarichi di soddisfare la
sicurezza del regolare smaltimento della piena.
Dal punto di vista normativo, la valutazione della pericolosit idraulica si fonda su una
indicazione abbastanza generica degli eventi di riferimento.
Per esempio, il D.P.C.M. 29 settembre 1998 (Atto di indirizzo e coordinamento per
lindividuazione dei criteri relativi agli adempimenti di cui allart. 1, commi 1 e 2, del
decreto legge 11 giugno 1998, n. 180, Gazzetta Ufficiale Serie gen. - n. 3 del 5 gennaio
1999) recita
Disponendo di adeguati studi idraulici ed idrogeologici, saranno identificate sulla cartografia aree,
caratterizzate da tre diverse probabilit di evento e, conseguentemente, da diverse rilevanze di piena:
a) aree ad alta probabilit di inondazione (indicativamente con tempo di ritorno "Tr" di 20-50 anni);
b) aree a moderata probabilit di inondazione (indicativamente con "Tr" di 100-200 anni);
c) aree a bassa probabilit di inondazione (indicativamente con "Tr" di 300-500 anni).
senza definire esplicitamente se con tempo di ritorno si intenda quello della portata al
colmo di piena, del volume di piena ovvero della coppia di valori portata-volume. Il
significato specifico di evento idrologico T-ennale resta indeterminato. In senso
stretto, la pericolosit dovrebbe essere valutata tramite una molteplicit di scenari
idrologici volti a valutare lassetto dellarea inondata. Ci comporterebbe una procedura
di simulazione Montecarlo assai complessa e, allo stato attuale, mai affrontata in modo
sistematico sotto laspetto tecnico-scientifico.
Soltanto la successiva indicazione:
i valori delle portate di piena con un assegnato tempo di ritorno possono essere dedotti anche sulla
scorta di valutazioni idrologiche speditive o di semplici elaborazioni statistiche su serie storiche di dati
idrometrici. Comunque, ove possibile, e' consigliabile che gli esecutori traggano i valori di riferimento
della portata al colmo di piena con assegnato tempo di ritorno dalle elaborazioni eseguite dal Servizio
idrografico e mareografico nazionale oppure dai rapporti tecnici del progetto VAPI messo a disposizione
dal GNDCI-CNR.
Documento 5.1
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Quindi, nel definire la pericolosit idraulica, anche lAutorit della Regione Liguria
indica quale principale riferimento la portata al colmo T-ennale.
Nello stesso tempo, la necessit di delimitare le aree potenzialmente inondabili, prevista
dalla stessa normativa, richiede la valutazione di un idrogramma di riferimento o,
meglio, di un insieme di idrogrammi di riferimento.
Documento 5.1
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A.1. Generalit
La procedura di valutazione si basa sul metodo della portata indice, che integra
linformazione idrometrica a scala regionale con lanalisi idrologica di dettaglio
dellassetto del bacino idrografico sotteso dalla sezione fluviale di interesse 1 . Il metodo
porge la portata al colmo temibile sotto forma di prodotto di due fattori: il fattore di
crescita, xT, valutato a scala regionale, e la portata indice, qindice, valutata a scala di
bacino per lo specifico sito fluviale preso in esame. Si ha quindi
qT = qindice xT ,
(A.1)
dove qT indica il valore della portata al colmo che pu venire superato con periodo di
ritorno T, in anni (vedi Figura A.1). Per il suo significato probabilistico, il valore di qT
viene anche denominato quantile T-ennale.
Parametri
Regionali della
Curva di
Crescita GEV
Periodo di Ritorno
y = ln ln
T 1
Figure A.1.1.
Schema di calcolo
della massima
portata temibile in
un sito fluviale per
un assegnato
periodo di ritorno
di T anni.
Regione
Omogenea
xT = +
xT
qT = qindice xT
(1 e )
xT
qindice
qindice
Bacino
Idrografico
ky
Metodo
Diretto
Metodi
Indiretti
Il metodo, basato sulla regionalizzazione statistica, muove dal presupposto che, per via
della carenza intrinseca di informazione in una singola serie di osservazioni di piena al
De Michele, C. & R. Rosso, La valutazione delle piene nellItalia Nord-Occidentale: bacino padano e
Liguria tirrenica, in: La valutazione delle piene, a cura di S. Gabriele & F. Rossi, Pubbl. CNRGNDCI, Roma, 2000.
Documento 5.1
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(A.1)
xT = +
(1 e ),
k
kyT
(A.2)
dove yT indica la variabile ridotta di Gumbel, funzione del periodo di ritorno T in anni,
data da
yT = ln ln
,
T 1
(A.3)
Per le regioni omogenee di interesse ligure, in Tabella A.2.2 sono riportati i relativi
valori dei parametri k, ed ; le curve di crescita sono anche tracciate nellabaco di
Figura A.2.2, mentre la Tabella A.2.3 riporta i valori del fattore di crescita per alcuni
valori salienti del periodo di ritorno.
Una pi dettagliata descrizione della soluzione adottata per la regionalizzazione 2 e la
valutazione del fattore di crescita3 viene riportata nel Capitolo 2 dellAllegato Tecnico,
dove si riportano anche le considerazioni e le metodologie utili alla valutazione delle
incertezze di stima 4 .
Regione A
Regione B
aa
ZT1
Regione D
ZT2
Regione C
De Michele, C. & R., Rosso, A multi-level approach to flood frequency regionalization, Hydrology and
Earth System Sciences, Vol.6, no.2, p.185-194, 2002.
3
Bocchiola, D., De Michele, C., & R. Rosso, Lapplicazione della legge generalizzata del valore estremo
GEV allanalisi regionale delle piene in Italia, LAcqua, no.1/2004, p.3552, 2004.
4
De Michele, C. & R. Rosso, Uncertainty assessment of regionalized flood frequency estimates, Journal
of Hydrologic Engineering ASCE, Vol.6, no.6, p.453-459, 2001.
Documento 5.1
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8
B
Fattore di crescita, xT
Regione B
6
Regione C
5
4
3
2
1
1
10
100
1000
Tabella A.2.1. - Regioni omogenee di piena dellItalia Nord Occidentale di interesse per il territorio della
Regione Liguria e loro campo di validit in funzione dellarea A del bacino idrografico sotteso.
Area idrografica
A, km2
401900
Regione
B
Appennino Nord
Occidentale e Bacini
Tirrenici
151500
501500
Tabella A.2.2 Parametri della distribuzione GEV del fattore di crescita xT per le regioni omogenee di
piena dellItalia Nord Occidentale di interesse per il territorio della Regione Liguria (n indica la numerosit
del campione utilizzato).
Regione
347
0.352
0.635
-0.320
753
0.377
0.643
-0.276
Documento 5.1
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Tabella A.2.3 Valori del fattore di crescita xT per alcuni valori salienti del periodo di ritorno T.
Regione
10
20
50
100
200
500
(2.250)
(2.970)
(3.902)
(4.600)
(5.296)
(6.214)
1.80
2.38
3.37
4.33
5.52
7.57
1.82
2.38
3.29
4.14
5.17
6.87
Per le caratteristiche delle serie AFS osservate in sei stazioni idrometriche, il bacino del
fiume Tanaro non raggruppabile tra i bacini della Regione B, n tra quelli della
Regione C. Poich le massime piene osservate descrivono un regime tipicamente di
transizione tra queste due regioni, tale bacino viene considerato come una zona di
transizione (ZT2) tra le stesse regioni B e C. Per valutare le piene nei corsi dacqua
della ZT2 si consiglia quindi la parametrizzazione della curva di crescita GEV sito per
sito, pesando i parametri della legge GEV in base alla distanze minime del sito stesso
dai confini delle limitrofe regioni B e C. Ai fini pratici, linterpolazione pesata con la
distanza dalle regioni limitrofe si pu condurre direttamente sui valori del fattore di
crescita (p.es., sui valori di Tabella A.2.3 per i periodi di ritorno salienti ivi riportati).
xT = +
(1 e ),
k
kyT
(A.2)
yT = ln ln
,
T 1
(A.3)
Documento 5.1
Pagina 13 di 56
Alla portata indice compete un periodo di ritorno variabile da regione a regione, con
valori compresi comunque tra 2.86 anni (Regione C: Appennino Nord-Occidentale e
Bacini Tirrenici, che comprende lintera Liguria Tirrenica) e 2.98 anni (Regione B: Alpi
e Prealpi Occidentali, di interesse per il versante padano). Questa considerazione
permette di valutare, ancorch in modo affatto approssimato e qualitativo, il valore della
portata indice in un sito di interesse in base a osservazioni e ricostruzioni di piena e/o
tramite considerazioni di geomorfologia fluviale.
Per valutare in modo quantitativo la portata indice, qindice, ossia il valore atteso di portata
al colmo massima annuale che particolarizza la formula (A.1) per un generico sito
fluviale di interesse, si possono applicare diverse metodologie 5 .
Esse comprendono sia metodi diretti, sia metodi indiretti, caratterizzati da vario grado di
complessit (v. Figura A.3.1). Con i metodi diretti il valore di qindice viene calcolato
dalle statistiche osservate in situ ed utilizzabile se e soltanto se, nel sito in esame, sono
disponibili sufficienti osservazioni dirette di portata al colmo. Con i metodi indiretti il
valore di qindice viene derivato, per via della carenza o dellinsufficienza di osservazioni
dirette, da quello di grandezze esogene. Una dettagliata descrizione di tali metodi viene
riportata nel Capitolo 3 dellAllegato Tecnico, cui si fa riferimento per le metodologie
e le tecniche di stima citate nel seguito.
Metodi Diretti
Portata Indice
Figura A.3.1.
Metodi di
valutazione
della portata
indice in un sito
fluviale.
Metodi Indiretti
AFS
PDS
Formule
empiriche
Tracce
storiche
Metodo geomorfoclimatico
Simulazione a
Ingressi Noti
Simulazione
Idrologica
Simulazione
dellEvento Critico
Simulazione a
Ingressi Stocastici
Bocchiola, D., De Michele, C. & R. Rosso, Review of recent advances in index flood estimation,
Hydrology and Earth System Sciences, Vol.7, no.3, p.283-296, 2003.
Documento 5.1
Pagina 14 di 56
Le tipologie sopra delineate non sono mutuamente esclusive, in quanto una specifica
applicazione pu essere talora assimilata a pi di una tipologia. In questa circostanza, si
possono incrociare le diverse opzioni metodologiche, confrontandone le prestazioni.
Figura A.3.2.
Schema di calcolo
della portata
indice in un sito
fluviale.
Metodi
Indiretti
Traslazione
Metodi
Diretti
Ricostruzione
idrogrammi
indisturbati
Analisi storico
documentale
Documento 5.1
Pagina 15 di 56
Nel primo e nel secondo caso, la stima della portata indice va principalmente condotta
con i metodi diretti, ossia stimando il valore di qindice dalla media osservata dei massimi
annuali di portata al colmo (AFS) o della corrispondente serie di durata parziale (PDS).
Nel secondo caso, per i siti prossimi a stazioni idrometrografiche, va adottata
lavvertenza di riscalare la media osservata rispetto allarea del bacino idrografico
sotteso. Lapplicazione dei metodi diretti comunque vincolata dalla disponibilit di
serie di dati osservati per un periodo sufficientemente lungo con sufficiente affidabilit.
Anche in presenza di serie osservate, si possono quindi presentare situazioni in cui
bisogna ricorrere a metodi indiretti.
Nel terzo caso si possono adottare sia metodi diretti, con la successiva traslazione scalainvariante rispetto allarea sottesa, sia metodi indiretti. Nei primi tre casi, inoltre, le
osservazioni dirette disponibili, lungo la stessa asta fluviale ovvero in corsi dacqua
dello stesso bacino, agevolano lapplicazione dei metodi indiretti, che pu giovarsi
dellinformazione locale al fine di restringere i larghi margini di incertezza che affligge
comunque le stime indirette.
Nel quarto caso la stima della portata indice va giocoforza condotta con metodi indiretti,
ossia stimando il valore di qindice per mezzo di una delle opzioni previste nel
Paragrafo 3 del Capitolo 3 dellAllegato Tecnico.
Un quinto caso, affatto particolare, riguarda i siti fluviali in corrispondenza o prossimi
agli sbarramenti e, in particolare, alle dighe di ritenuta. Le dighe italiane sono state
realizzate prevalentemente nel corso del secolo scorso, se non in precedenza. Poich
molte dighe sono in esercizio da lungo tempo, sono disponibili registrazioni pi o meno
lunghe dei livelli dinvaso, che lattuale normativa prescrive peraltro ai gestori degli
impianti di conservare e mettere a disposizione degli organi di controllo. Questo tipo di
informazione pu fornire indicazioni assai utili per i bacini interessati da questo tipo di
asservimento.
Lultimo caso si applica alle sezioni torrentizie e fluviali prossime ad agglomerati
urbani dove storicamente si sono verificate esondazioni, ovvero laddove sia possibile
ricostruire i livelli idrici di massima piena in base a documentazioni affidabili,
soprattutto in relazione a opere di ingegneria idraulica di asservimento del corso
dacqua (quali ponti, restringimenti, canalizzazioni) e di difesa fluviale (quali argini,
scolmatori, casse di espansione).
A.3.1.
Per i siti fluviali dove sono localizzate stazioni idrometrografiche dotate di scala delle
portate la procedura di valutazione segue lo schema di Figura A.3.3, che discende dalla
posizione di due ordini di problemi.
(i)
Documento 5.1
Pagina 16 di 56
(ii)
Metodo della
Portata Indice
Metodi di
Inferenza
Statistica
Metodi Diretti
Stima
Diretta
AFS
Stima
Diretta
PDS
Curva di Crescita
Regionale
Portata
Indice
Metodi Indiretti
Simulazione
Idrologica
Tracce
storiche
Metodo
Geomorfoclimatico
Formule
Empiriche
Prima di rispondere ai due quesiti, va ricordato come il metodo della portata indice,
basato sulla regionalizzazione statistica, muova dal presupposto che, per via
dellintrinseca carenza di informazione in una singola serie di osservazioni di piena al
fine di estrapolarne le previsioni a bassa frequenza, sia possibile sostituire lo spazio al
tempo. Linsieme delle osservazioni idrometriche di una regione omogenea viene perci
impiegato per esplorare un campo di frequenze osservate di gran lunga superiore a
quello coperto da una singola serie di osservazioni. A tale scopo, si prende in esame una
serie (rinormalizzata) di dati di portata al colmo, che presenta una lunghezza sufficiente
a stabilire la frequenza degli eventi rari, ossia dei valori di portata (rinormalizzata) con
elevato periodo di ritorno.
Stima della CDF locale contro metodo della portata indice
T =
{Var[qT ]}Regionale
,
{Var[qT ]}InSitu
Documento 5.1
Pagina 17 di 56
assume valori inferiori allunit per stime regionali a minor varianza di quelle locali;
valori superiori in caso contrario. Esso dipende dal periodo di ritorno (=T) e dalla
specifica legge probabilistica di previsione che viene adottata e, quindi, stimata. Il
calcolo di T richiede quindi che siano noti a-priori la legge (distribuzione)
probabilistica della portata al colmo di piena e la tecnica inferenziale adottata per la
stima dei parametri.
In caso di distribuzione GEV/PWM con k0, il valore di T si pu valutare come
2
kyT
k + 1 e
2 k
k
n' +
,
+
k 2 H k ,T
nk 2
T n
n' 2 ( + y )2 2
T
+
+
,
n
6
H
n
k ,T
per k < 0;
(A.4)
per k = 0;
dove k, e sono i parametri della legge GEV regionale qui adottata; inoltre,
k = (1 + 2k ) 2 (1 + k ) ,
(A.5)
(A.6)
dove yT la variabile ridotta di Gumbel, il cui valore viene calcolato con la formula
(A.3).
In base allindice di efficienza T, gli abachi di Figura A.3.4 discriminano, per ognuna
delle regioni omogenee illustrate in precedenza, tra procedura regionale ed
estrapolazione locale in ragione del periodo di ritorno prefissato.
2.5
2.5
T = 5 anni
T = 5 anni
T = 10 anni
2.0
T = 10 anni
2.0
T = 25 anni
T = 25 anni
T = 100 anni
T = 100 anni
1.5
Stima
Locale
1.0
Metodo
Portata
Indice
0.5
Regione B
0.0
Stima
Locale
1.5
1.0
Metodo
Portata
Indice
0.5
Regione C
0.0
0.0
0.2
0.4
0.6
0.8
1.0
0.0
n'/n
0.2
0.4
0.6
0.8
1.0
n'/n
Figura A.3.4. Abachi di efficienza. Lefficienza diagrammata in funzione del rapporto n/n per valori salienti
del periodo di ritorno di 5, 10, 50 e 100 anni. Ogni abaco si riferisce a una specifica regione omogenea
caratterizzata da valori noti dei parametri k, ed della curva di crescita regionale GEV. Lefficienza di stima
definita come rapporto tra la varianza di stima del quantile T-ennale determinato con il metodo della portata
indice (essendo n la numerosit del campione regionale) e quella relativa allo stesso quantile stimato dai dati
locali, di numerosit n.
Documento 5.1
Pagina 18 di 56
kyT
k + 1 e
2 k
k
n' +
+
,
k 2 H k ,T
nk 2
T n
n' 2 ( + y )2 2
T
+
+
,
n
6
H
n
k ,T
per k < 0;
(A.4)
per k = 0;
Kottegoda, N.T. & R. Rosso, Statistics, Probability and Reliability for Civil and Environmental
Engineers, Mc-Graw-Hill Publishing Company, New York, 1997, pp.290-293.
7
Reed, D., Flood Estimation Handbook, 1. Overview, Institute of Hydrology, Wallingford, U.K., 1999.
Documento 5.1
Pagina 19 di 56
Tabella A.3.1 Metodologia di valutazione della portata indice in un sito dotato di stazione idrometrica in
ragione della lunghezza del campione locale disponibile. Si riportano le indicazioni del Flood Estimation
Handbook (Reed, 1999) che sono per riferite alla mediana e non alla media del massimo annuale di
portata al colmo, nonch alla distribuzione log-logistica della curva di crescita, anzich alla distribuzione
GEV utilizzata in questa sede. Tali indicazioni sono state modificate in base ad alcune simulazioni
Montecarlo riferite alla media della distribuzione GEV.
FEH
FEH modificata
I suggerimenti di Tabella A.3.1 sono affatto indicativi; per una migliore risposta al
quesito, bisogna operare unanalisi specifica sui campioni estratti di diversa lunghezza
di dei campioni dati disponibili per il bacino del fiume Po (Regione B e C) e la Liguria
Tirrenica. Tali indicazioni vanno riferite a una ipotesi statistica, ossia allassunto che il
metodo diretto fornisca comunque una stima contenuta entro i limiti di confidenza
dellipotesi nulla a un prefissato livello di significativit a (p.e. 0.05, livello di
confidenza del 95%). Si possono anche condurre simulazioni Montecarlo al fine di
determinare i limiti di applicabilit delle diverse metodologie. La valutazione diretta
presenta vantaggi anche quando siano disponibili pochi anni di registrazioni e va
comunque confrontata con i risultati dellapplicazione di eventuali metodi indiretti.
In caso di difficolt di reperimento dei dati osservati della serie PDS, si ricorrer
comunque al metodo diretto AFS in tutti i casi i cui la stima della CDF locale non sia
affidabile secondo le indicazioni di Tabella A.3.1.
Documento 5.1
Pagina 20 di 56
qindice =
1 n'
q'i ,
n' i=1
(A.7)
(A.8)
1k
q PDS
k
, se < (1 + k )1 + ,
k
+ 1
k 1 + k
(A.9)
A.3.3.
Per i siti fluviali prossimi a stazioni idrometriche dotate di scala di deflusso il problema
riconducibile al caso precedente, con lavvertenza che i valori di progetto vanno
riscalati in base alla superficie del bacino idrografico sotteso. In pratica, questo caso
corrisponde alla traslazione monte-valle o valle-monte dellinformazione idrologica.
La prossimit definita dalla circostanza che stazione idrometrica S1 e sito fluviale in
esame S2 insistano sullo stesso tronco fluviale, definito, per esempio, in base al criterio
gerarchico di classificazione della rete idrografica secondo lo schema Horton-Strahler
Documento 5.1
Pagina 21 di 56
(v. Figura A.3.5). Essa va quindi stabilita non soltanto in base a intuitivi criteri
geografici, ma anche in base a considerazioni di geomorfologia fluviale.
In questo caso, inoltre, bisogna tenere conto della omogeneit di risposta dei versanti
nei bacini identificati dalle sezioni S1 e S2. A tale fine, il calcolo dellindice CN o
Curve Number, che si esegue combinando le informazioni qualitative sulla natura
idrologica del suolo e sulluso del suolo pu fornire utili indicazioni al riguardo 8,9 .
Un altro fattore di omogeneit rappresentato dalle caratteristiche statistiche dei
nubifragi. Quali indici di riferimento si possono considerare, secondo il modello scalainvariante, il valore atteso a1 dellaltezza di pioggia massima annuale per durata unitaria
(unora) e lesponente di scala , che esprime la variazione di tale grandezza con la
durata. I valori di questi due indici vanno pesati sullarea di bacino sotteso nelle due
sezioni.
A2
1
1
1
S1
1
1
A1
1
i + j
k = Max i, j, int 1 +
S2
Soil Conservation Service, National Engineering Handbook, section 4, Hydrology, Rev. ed., U.S.
Department of Agriculture, Washington D.C., U.S.A, 1986.
9
De Michele, C., Guidi, G. & R. Rosso, La valutazione della risposta idrologica del terreno nel bacino
padano. Caratterizzazione spaziale e mappatura del massimo potenziale di ritenzione idrica,
LAcqua, no.6, p.17-24, 2000.
10
Rosso, R., Bacchi, B. & P. La Barbera, Fractal relation of mainstream length to catchment area in river
networks, Water Resour. Res., 27(3), 381-388, 1991.
Documento 5.1
Pagina 22 di 56
A
qindice [S 2 ] = qindice [S1 ] 2 ,
A1
(A.10)
Documento 5.1
Pagina 23 di 56
Metodo della
Portata Indice
Figura A.3.6.
Procedure di
valutazione per
i siti fluviali
prossimi a
stazioni
idrometriche.
Curva di
Crescita
Regionale
Portata Indice
Portata Indice nel
Sito Idrometrico
Omogenea
Risposta dei
Versanti
Traslazione
Simulazione
Idrologica
Disomogenea
Risposta dei
Versanti
Metodo
Scala-Invariante
Traslazione
geomorfoclimatica
A.3.4.
Questo caso saliente, in parte assimilabile al caso precedente, si riferisce alla situazione
in cui non sono disponibili osservazioni di portata lungo lasta fluviale in esame, ma
sono presenti nel bacino stazioni idrometriche dotate di scala di deflusso (v.
Figura A.3.7). A rigore, in caso di omogenea risposta dei versanti del bacino in esame e
di quello dotato di stazione idrometrica, si potrebbe ancora ricorrere al metodo della
traslazione scala-invariante. In questo caso, per, le incertezze di stima sono di norma
maggiori che nel caso precedente.
Documento 5.1
Pagina 24 di 56
A1
A3
S3
S1
A2
S2
A
qindice [S 2 ] = qindice [S1 ] 2 ,
A1
(A.10)
Metodo della
Portata Indice
Curva di
Crescita
Regionale
Portata Indice
Metodi Indiretti
Simulazione
Idrologica
Taratura e validazione del
modello per i bacini
limitrofi dotati di stazioni
idrometriche
Traslazione
Metodo
Geomorfoclimatico
Formule
Empiriche
Figura A.3.8. Procedura di valutazione per i siti fluviali di bacini dotati di stazioni idrometriche.
A.3.5.
Questa tipologia dipinge la situazione che si presenta nella maggior parte delle
applicazioni pratiche, laddove la necessit di valutare la piena di progetto si scontra con
lassoluta carenza di informazioni idrometriche. La stima della portata indice va
Documento 5.1
Pagina 26 di 56
giocoforza condotta con metodi indiretti, ossia stimando il valore di qindice per mezzo di
una delle opzioni illustrate nel Paragrafo 3 del Capitolo 3 dellAllegato Tecnico.
Quando si dispone di osservazioni dirette in corsi dacqua di bacini idrologicamente
simili, lapplicazione del metodo indiretto pu altres giovarsi di tale informazione al
fine di restringere i larghi margini di incertezza che affligge comunque le stime
indirette, come indicato nello schema di Figura A.3.9.
Quali parametri di identificazione del bacino idrologicamente simile per il controllo di
qualit della procedura si possono utilizzare, in prima istanza,
11
12
13
14
15
La Barbera, P. & R. Rosso, On the fractal dimension of stream networks, Water Resour. Res., 25(4),
735-741, 1989.
Agnese, C., Dasaro, F., Grossi, G. & R. Rosso, Scaling properties of topologically random channel
networks, Journal of Hydrology, Vol. 187, p.183-193, 1996.
Soil Conservation Service, National Engineering Handbook, section 4, Hydrology, Rev. ed., U.S.
Department of Agriculture, Washington D.C., U.S.A, 1986.
De Michele, C., Guidi, G. & R. Rosso, La valutazione della risposta idrologica del terreno nel bacino
padano. Caratterizzazione spaziale e mappatura del massimo potenziale di ritenzione idrica,
LAcqua, no.6, p.17-24, 2000.
Rosso, R., De Michele, C. & A. Montanari, La previsione statistica delle piogge di forte intensit e
breve durata. Applicazione alla liguria tirrenica e al bacino del Po, in: La difesa idraulica del
territorio, a cura di U. Maione e A. Brath, Editoriale Bios, 1-30, Cosenza, 1997.
Documento 5.1
Pagina 27 di 56
Portata indice nei siti fluviali privi di osservazioni idrometriche. Nei siti
fluviali di bacini privi di stazioni idrometriche sono applicabili, in ordine di
affidabilit crescente, le formule empiriche, il metodo geomorfoclimatico, e
la simulazione idrologica. Questultima fornisce le maggiori garanzie di
robustezza ed affidabilit delle stime.
Metodo della
Portata Indice
Figura A.3.9.
Procedura di
valutazione
per i siti
fluviali di
bacini privi di
stazioni
idrometriche.
Simulazione
Idrologica
Metodo
Geomorfoclimatico
A.3.6.
Curva di
Crescita
Regionale
Portata Indice
Formule
Empiriche
Per i siti fluviali in corrispondenza o prossimi alle dighe, laddove si dispone di serie
consistenti di registrazioni del livello idrometrico, la procedura di valutazione segue lo
Documento 5.1
Pagina 28 di 56
schema di Figura A.3.10. Almeno in via teorica, il patrimonio storico dei rilevamenti
condotti sugli organi di scarico delle dighe reperibile presso i diversi Servizi Tecnici
di controllo nazionali e regionali o presso gli stessi concessionari. Tale patrimonio
rappresenta in questi casi una importante fonte alternativa di osservazioni dirette
rispetto ai dati ufficiali pubblicati dallex-SIMN (o dagli enti regionali poi subentrati).
Limpiego di tale informazione richiede un notevole sforzo di ricostruzione
dellidrogramma in ingresso agli invasi, al fine di determinare il dato di portata al colmo
di piena indisturbata. La procedura di simulazione idraulica necessaria alla ricostruzione
degli idrogrammi in ingresso viene illustrata nellAllegato Tecnico. Sono peraltro
disponibili diversi prodotti software implementabili a tale scopo.
In base alla ricostruzione dellidrogramma in ingresso q(t) per lintero periodo
disponibile, viene determinata la serie indisturbata dei massimi annuali (AFS) ovvero,
se la durata delle osservazioni disponibili limitata, la serie indisturbata di durata
parziale (PDS). Le serie di dati indisturbati cos ricostruiti sono assimilabili a serie
osservate e la procedura di valutazione prosegue quindi secondo le indicazioni
introdotte in precedenza per i metodi diretti AFS e PDS. Rispetto alle osservazioni nei
siti dotati di stazione idrometrica, i dati ottenuti dalla procedura di ricostruzione
possono comunque presentare una maggiore incertezza di campionamento legata alla
qualit dellinformazione disponibile. Le maggiori fonti di incertezza sono date dalla
risoluzione relativa con cui viene osservata la quota dinvaso rispetto ai volumi
invasabili; dalla modalit e dalle procedure di acquisizione e archiviazione dei dati di
gestione dellimpianto; e dalleffettivo funzionamento idraulico delle luci di efflusso
rispetto alla configurazione di progetto della diga.
In particolare, se la serie AFS dei dati ricostruiti (q1,, qn) di lunghezza sufficiente,
si pu stimare la portata indice con il metodo diretto tramite la formula (A.7). Tramite la
metodologia riportata nellAllegato Tecnico si calcola il relativo errore standard di
stima. Quando si utilizza la serie PDS, se ne calcola il valore medio con la formula
(A.8) e si valuta la portata indice con la formula (A.9) particolarizzata per la regione
omogenea in esame. Quando la durata delle osservazioni insufficiente allapplicazione
del metodo diretto AFS o PDS, gli idrogrammi ricostruiti fornisco dati utili per
lapplicazione del metodo della simulazione idrologica, che, in questo caso, costituisce
il metodo indiretto di riferimento. In caso di simulazione, gli idrogrammi ricostruiti
costituiranno una preziosa fonte di informazione. Quando il modello di trasformazione
afflussi-deflussi contiene parametri di calibrazione, tali informazioni consentono infatti
la taratura del modello. Se si utilizza invece un modello concettuale o fisicamente
basato, che non prevede parametri di calibrazione, questa informazione consente la
validazione del modello stesso.
Documento 5.1
Pagina 29 di 56
Figura A.3.10.
Procedura di
valutazione per i siti
fluviali in
corrispondenza o
prossimi alle dighe.
Metodo della
Portata Indice
Curva di
Crescita
Regionale
Portata Indice
Metodo Diretto
Stima
Diretta
AFS
Metodo Indiretto
Stima
Diretta
PDS
Simulazione
Idrologica
Tracce
storiche
Metodo
Geomorfoclimatico
Formule
Empiriche
Portata indice nei siti diga. Per i siti fluviali in corrispondenza o prossimi
alle dighe, laddove si dispone di serie consistenti di registrazioni del livello
idrometrico, viene ricostruita la serie indisturbata delle portate al colmo di
piena tramite simulazione idraulica dellinvaso. I dati ottenuti vengono
quindi elaborati con metodi diretti o indiretti, secondo il ventaglio
procedurale illustrato in precedenza per i siti dotati di stazione idrometrica.
A.3.7.
Nei siti fluviali in corrispondenza o prossimi ad agglomerati urbani dove non sono
applicabili i metodi diretti in assenza di dati specifici, si possono spesso surrogare i dati
idrometrici tradizionali con dati di origine storico-documentale, legati a eventi
alluvionali salienti, ovvero si pu fare riferimento a sezioni idrauliche di controllo,
laddove si ha notizia certa del superamento di prefissati livelli caratteristici.
In questi casi il metodo delle tracce storiche (v. Capitolo 3 dellAllegato Tecnico)
fornisce uno strumento utile ad affrontare le situazioni dove storicamente si sono
verificate esondazioni, ovvero laddove sia possibile ricostruire i livelli idrici di massima
piena in base a documentazioni affidabili, soprattutto in relazione a opere di ingegneria
idraulica di asservimento del corso dacqua (quali ponti, restringimenti, canalizzazioni e
coperture) e di difesa fluviale (quali argini, scolmatori e casse di espansione).
Documento 5.1
Pagina 30 di 56
Figura A.3.11.
Procedura di
valutazione per i siti
fluviali di bacini
fortemente
antropizzati, non
dotati n prossimi a
una stazione
idrometrica, n
posti in bacini dotati
di stazioni
idrometriche.
Metodo della
Portata Indice
Metodo Indiretto
Simulazione
Idrologica
MAPPAVI
16
Curva di
Crescita
Regionale
Portata Indice
Tracce
storiche
Metodo
Geomorfoclimatico
Formule
Empiriche
Analisi storico-documentale
qindice =
qs
,
xT
(A.11)
n'+1
.
Tq s =
h +1
(A.12)
Documento 5.1
Pagina 32 di 56
B. IDROGRAMMI DI PIENA DI
RIFERIMENTO
B.1. Introduzione
In estrema sintesi, lidrogramma di una piena fluviale si caratterizza per il valore della
portata di picco, ossia della portata la colmo, e del volume idrico, ossia il valore
integrale del processo, valutato generalmente dallistante in cui inizia la fase di risalita
allistante in cui il contributo del ruscellamento superficiale viene ad esaurirsi.
Dal punto di vista probabilistico, se si considerano quali variabili progettuali soltanto la
portata al colmo di piena, Q, e il volume di piena, V, e si assume il quadro normativo
sopra delineato, vanno caratterizzati in modo quantitativo gli eventi
EV*T ,QT , = [{V v} {Q q} , con v vT e q qT ] ,
(B.1)
assumendo una forma sintetica per descrivere lidrogramma, noti la portata al colmo e
il volume idrico dello stesso.
La valutazione di un idrogramma di riferimento o, meglio, di un insieme di idrogrammi
di riferimento pu essere condotta con varie e diverse metodologie.
In caso di disponibilit di dati osservati per un periodo di tempo sufficientemente
prolungato, possono essere impiegati a tal scopo metodi diretti. Poich non si tratta di
un caso frequente, bens assolutamente eccezionale, bisogna generalmente ricorrere in
pratica a metodi indiretti.
Documento 5.1
Pagina 33 di 56
Se si dispone nel sito in esame di dati osservati di portata idrica in continuo per un
periodo di tempo sufficientemente prolungato, possono essere implementati i seguenti
metodi diretti.
B.2.1.
Metodo probabilistico
Realizzazioni (Q,V)
Q50
V50
Tr(Q,V)=50anni
Tr(Q,V|Q<=Q50,V<=V50)=50anni
5.000
Figura B.2.1.
Eventi di
riferimento per
la valutazione
della
pericolosit
idraulica
(T=50anni) alla
luce della
normativa. I
punti indicano
le possibili
realizzazioni
(Q,V)
determinate via
simulazione
Montecarlo per
un caso di
studio.
4.000
3.000
2.000
1.000
100
200
300
400
500
B.2.2.
1200
700
Portata (m /s)
500
Portata (m 3/s)
T = 100 anni
1000
600
400
300
T = 50 anni
800
600
T = 10 anni
400
200
rD
0
0
24
48
72
96
T = 5 anni
200
100
12
24
36
48
60
72
Durata (ore)
Tempo (ore)
Documento 5.1
Pagina 36 di 56
Per via delle difficolt che si incontrano in pratica sia nellapplicazione delle
metodologia probabilistica, sia nella valutazione delle curve di riduzione, si deve
ricorrere allimpiego dei metodi indiretti nella maggior parte dei casi.
La valutazione indiretta dellidrogramma di piena richiede a costruzione di un modello
idrologico di piena, che descrive la trasformazione afflussi-deflussi e consente di
ricostruire una successione di eventi di piena nel sito fluviale di interesse, ovvero eventi
sintetici in grado di cogliere le caratteristiche salienti del fenomeno.
Sono state anche sviluppate svariate metodologie indirette di calcolo, talora speditivo,
scarsamente documentate dal punto di vista scientifico, ma largamente adottate in
pratica. Anche questi metodi si basano generalmente su semplificazioni della
trasformazione afflussi deflussi con il metodo razionale o con formule empiriche. Per
via della modesta letteratura disponibile e per la natura fortemente empirica di tali
procedure, sconsigliabile ladozione di questi metodi se si vuole addivenire a un
sistema organico di valutazione di dettaglio.
In linea teorica, sarebbe possibile ricorrere a una vasta gamma di soluzioni, che
comprendono ladozione di procedure di
Questa impostazione comporta peraltro un carico assai gravoso, sia per la quantit e la
qualit dei dati necessari, sia per lo sviluppo delle simulazioni idrologiche.
In alternativa, si pu sviluppare un variante del metodo della simulazione dellevento
critico, condizionato al verificarsi di una portata al colmo pari alla portata T-ennale di
riferimento.
Documento 5.1
Pagina 37 di 56
B.3.1.
La simulazione a ingressi noti ricostruisce, tramite il modello di trasformazione afflussideflussi, una serie esaustiva di episodi di piena per un congruo periodo, documentato da
registrazioni pluviografiche sullarea del bacino sotteso dal sito fluviale di interesse.
Dagli idrogrammi vengono quindi estratte le serie ricostruite q1,, qn e v1,, vn
di n anni di portata al colmo e volume, in base alle quali calcolare la distribuzione
congiunta. Poich si opera nel continuo temporale, il modello idrologico di piena deve
prevedere laggiornamento continuo dello stato di imbibimento del terreno o, almeno, la
sua valutazione allinizio di ogni scroscio saliente.
Il metodo abbastanza consolidato con numerose applicazioni tecniche, ma richiede
uno sforzo non indifferente di raccolta e digitalizzazione delle serie storiche di dati di
precipitazione a fine risoluzione temporale (p.es. oraria).
La simulazione a ingressi noti fornisce per campioni di numerosit abbastanza limitata
nel contesto bi-variato [portata, volume] e la stima della distribuzione congiunta portatavolume per un singolo sito risulta affetta da un elevato (e intrinseco) grado di
incertezza.
B.3.2.
Rosso, R. & M.C. Rulli, An integrated simulation approach for flash-flood risk assessment: 2. Effects
of changes in land use under a historical perspective, Hydrology and Earth System Sciences, Vol.6,
no.2, p.285-294, 2002.
Documento 5.1
Pagina 38 di 56
Questo metodo si presta alla valutazione approssimata degli eventi di interesse alla luce
della normativa, EV*T ,QT , = [{V v} {Q q} , con v vT e q qT ] , ossia le coppie di
valori di portata e volume che si possono verificare con periodo di ritorno
incondizionato T-ennale della portata al colmo qT, che si assume nota. Per via delle
difficolt a valutare vT, si considerano cautelativamente gli eventi
[{V v} {Q q} , con
q qT ].
Il metodo muove dallassunto che le piogge temibili siano rappresentate dal modello
scala-invariante e che gli eventi di interesse siano comunque prodotti da un assetto
meteorologico caratterizzato dalla struttura di invarianza di scala tipica dellarea in
esame, rappresentata dallesponente caratteristico . In pratica, si assume che
lesponente caratteristico rappresenti limpronta climatica degli eventi pluviali estremi
nellarea in esame. Questa ipotesi di lavoro implica che la portata T-ennale di progetto
qT sia prodotta da una precipitazione h = a d, dove lesponente caratteristico della
pluviometria del bacino sotteso dalla sezione di interesse, e il parametro a dato dal
18
Burlando, P. & R. Rosso, Comment on Parameter estimation and sensitivity analysis for the modified
Bartlett-Lewis rectangular pulses model of rainfall by S. Islam et al., Journal of Geophysical
Research, Vol.96, no.D5, p.9391-9395, 1991.
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valore del coefficiente pluviale che, con il metodo dellevento critico, produce la portata
al colmo qT.
Dato il valore T-ennale di portata al colmo qT, calcolato con il metodo della portata
indice illustrato nel precedente Capitolo A, viene quindi ricercata la coppia di valori
{a , dCR} che produce come risultato la portata di picco qT quando si applichi la
trasformazione afflussi-deflussi, essendo dCR la durata critica. La soluzione del
problema viene illustrata in dettaglio nel Capitolo C.
Con questo procedimento viene determinato lidrogramma di riferimento dellevento
[{V v} {Q q} , con q = qT ] e, contestualmente, il modello idrometeorologico di
riferimento in grado di descrivere in modo sintetico il complesso fenomeno che pu
produrre una portata al colmo qT nella sezione fluviale di interesse.
Per la valutazione approssimata degli altri eventi di interesse alla luce della normativa,
[{V v} {Q q} , con q < qT ] , si utilizza lipotesi di criticit idrometeorologica, in
base alla quale gli eventi di interesse sono comunque prodotti da un assetto
meteorologico caratterizzato dalla struttura di invarianza di scala, rappresentata
dallesponente caratteristico . Nel Capitolo C viene quindi illustrato il procedimento
per la determinazione degli idrogrammi di riferimento per la valutazione della
pericolosit idraulica T-ennale, in quanto prodotti da situazioni meteorologiche simili
(in termini di autosomiglianza statistica o invarianza di scala) a quella che pu produrre
levento critico T-ennale in termini di portata al colmo. Si ottengono cos idrogrammi
equivalenti che presentano una portata al colmo inferiore a qT, ma volumi di piena
superiori.
Questo procedimento indipendente dal modello di trasformazione afflussi-deflussi che
viene adottato, anche se si adatta soprattutto allimpiego di modelli globali di tipo
concettuale.
Questa procedura comporta varie incertezze, legate sia allaffidabilit del modello di
trasformazione della pioggia temibile in portata temibile, sia alla congettura di evento
critico, sia alle approssimazioni sulla configurazione spazio-temporale della pioggia
stessa. Questo ultimo svantaggio pu essere tuttavia annullato utilizzando modelli di
tipo spazialmente distribuito, sia del campo di precipitazione, sia dellidrologia al suolo.
La procedura indiretta dellevento idrometeorologico critico si ispira ad una consolidata
pratica applicativa e pu essere impiegata con successo nei calcoli speditivi, tenendo
comunque presente il margine di incertezza dei risultati ottenibili. Va peraltro rilevato
che, se si vogliono determinare in modo quantitativo idrogrammi di piena a frequenza
assegnata, va comunque accettato un notevole grado di incertezza nella valutazione.
Il metodo si presta anche alla valutazione del massimo volume esondabile nei casi
pratici, in cui si vogliano valutare gli idrogrammi di riferimento per eventi che superano
una certa soglia stabile di esondazione, ossia una portata di smaltimento q0 < qT data
dallofficiosit idraulica del tronco fluviale in esame.
Nei casi in cui la soglia non sia stabile, ma venga modificata dal sormonto delle acque,
gli idrogrammi di riferimento andranno invece valutati sollecitando la struttura di difesa
e valutando la dinamica di tale struttura in risposta allevoluzione dellidrogramma.
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Per lapplicazione del metodo della simulazione dellevento critico vanno considerate le
precipitazioni di forte intensit e breve durata, caratterizzabili a partire dalle
osservazioni condotte nelle stazioni pluviografiche comprese e/o prossime al bacino in
esame. Tale regime, per un certo intervallo di durate dello scroscio pi intenso del
nubifragio, caratterizzabile tramite la costruzione delle Linee Segnalatrici di
Probabilit Pluviometrica (LSPP).
Le LSPP caratterizzano il regime pluviometrico delle piogge puntuali di forte intensit e
breve durata, segnalando il valore di altezza di pioggia, rilasciabile da un nubifragio in
un intervallo di tempo pari a d, che pu venire superato con probabilit 1-F, ovvero
caratterizzate da un periodo di ritorno T = 1/(1 F) in anni.
Una valutazione di tali curve pu essere condotta in base alle osservazioni disponibili
utilizzando la legge generalizzata del valore estremo GEV 19 e il metodo scala
invariante 20 . Nel suo complesso, il modello noto in letteratura come Scale-Invariance
Generalized Extreme Value (SIGEV). Tale modello stato altres adottato dal CNRGNDCI per lanalisi pluviometrica dellItalia Nord-Occidentale 21 .
In forma generalizzata, una LSPP scala-invariante si pu scrivere come 22
hT (d ) = a1 wT d ,
(C.1)
(C.2)
19
Rosso, R., De Michele, C. & A. Montanari, La previsione statistica delle piogge di forte intensit e
breve durata. Applicazione alla liguria tirrenica e al bacino del Po, in: La difesa idraulica del
territorio, a cura di U. Maione e A. Brath, Editoriale Bios, 1-30, Cosenza, 1997.
20
Burlando, P. & R. Rosso, Scaling and multiscaling models of depth-duration-frequency curves of storm
precipitation, J. Hydrol., 187, 45-64, 1996.
21
De Michele, C. & R. Rosso, La valutazione delle piene nellItalia Nord-Occidentale: bacino padano e
Liguria tirrenica, in: La valutazione delle piene, a cura di S. Gabriele & F. Rossi, Pubbl. CNRGNDCI, Roma, 2000.
22
Kottegoda, N.T. & R. Rosso, Statistics, Probability and Reliability for Civil and Environmental
Engineers, Mc-Graw-Hill Publishing Company, New York, 1997, pp.470-472.
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riferimento, per esempio, unora. Questo coefficiente viene anche indicato con la
denominazione di pioggia indice;
rappresenta lesponente di scala con cui la variabilit del fenomeno si
trasmette dalla scala temporale di riferimento alle altre scale temporali;
wT rappresenta il fattore di crescita in frequenza, in quanto esso dipende del
tempo di ritorno T e dalla distribuzione di probabilit scelta per rappresentare la
variabile normalizzata W a media unitaria (E[W] = 1) che si ottiene dal campione
dei dati di pioggia massima annuale normalizzati rispetto alla relativa media per
ogni durata.
'
k'
(C.3)
(C.4)
dove E[h] indica il valore atteso della altezza di pioggia cumulata temibile in d ore
consecutive sul bacino sotteso, mentre i valori dei parametri a1 (coefficiente pluviale
orario, pari al valore atteso della pioggia oraria massima annuale) e (esponente di
scala, 0<<1) sono da intendersi ragguagliati sullarea del bacino sotteso dalla sezione
di interesse, ovvero in posizione baricentrica rispetto allarea drenata.
Il tasso medio (temporale) di precipitazione risulta quindi
E [ p ] = a1d 1 ,
23
(C.5)
Salvadori G., De Michele C., Kottegoda N. T., & R. Rosso, Extremes in Nature: An approach using
Copulas, Springer, 298 pp., 2007.
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dove E[p] indica il valore atteso del tasso medio di pioggia temibile in d ore consecutive
sul bacino sotteso.
Applicando questa metodologia, bisogna altres ridurre il tasso di pioggia in ragione
della superficie del bacino sotteso e della durata dello scroscio secondo formulazioni
adeguate 24 . Va rilevato in proposito che gli usuali abachi di letteratura si basano su
osservazioni della costa orientale degli Stati Uniti 25 e su alcune aree italiane 26 , che non
comprendono la Liguria, la riduzione va quindi apportata con una certa cautela.
Inoltre, bisogna eventualmente introdurre un verosimile profilo di pioggia in grado di
riprodurre gli ietogrammi osservati, ossia la variabilit temporale della pioggia durante
lo scroscio stesso (profilo di pioggia). A tal fine bisogna tenere conto che questo aspetto
va valutato in ragione sia della sensibilit del modello di trasformazione afflussideflussi e sia della durata critica. Molti modelli concettuali sono sta costruiti e
sperimentati nellipotesi di profilo uniforme della pioggia incidente, cos come per brevi
durate la sensitivit al profilo abbastanza ridotta.
Le precipitazioni calcolate a partire dalla linea segnalatrice attesa di probabilit
pluviometrica vengono quindi utilizzate in ingresso al modello di trasformazione
afflussi-deflussi, determinando lidrogramma di risposta e il relativo valore di picco.
Per via della indeterminatezza della durata dello scroscio critico, bisogna procedere a un
insieme di simulazioni per diverse durate. Per ogni simulazione si ricava il valore di
portata di picco, qp = maxt[q(t; d)]. Ripetendo la simulazione con precipitazioni di
diversa durata d, si determina levento critico, ossia la piena che produce la massima qp,
la quale si realizza per una particolare durata di pioggia d, detta durata critica dCR (v.
Figura C.1.1).
In pratica, si risolve il problema di ottimo
dCR : maxd {maxt [q(t; d)]}
(C.6)
dove maxt [q(t; d)] indica la portata di picco qp dellidrogramma q(t) prodotto da un
precipitazione di durata d. La portata indice quindi data da
qindice = maxt [q(t; dCR)]},
(C.7)
24
De Michele, C. Kottegoda, N.T. & R. Rosso, The derivation of areal reduction factor of storm rainfall
from its scaling properties, Water Resources Research, Vol.37, no.12, p.3247-3252, 2001.
25
U.S. Weather Bureau, Rainfall intensity-frequency regime, Technical Report 29, Washington, D.C.,
1958.
26
De Michele, C., Kottegoda, N. T. & R., Rosso, IDAF curves of extreme storm rainfall: A scaling
approach, Water Science and Techology, Vol.45, no.2, p.8390, 2002.
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speditivi e nei bacini di piccola e media dimensione, dove tale variabilit ha modesta
importanza, tenendo comunque presente il margine di incertezza dei risultati ottenibili.
E[h(d)]
E[p(d)]
E[h(d)]
E[p(d)]=h(d)/d
d1 dCR
d2
q(t)
t
Figura C.1.1. Schema di soluzione per la simulazione idrologica dellevento critico.
Quando utilizzata per la stima della portata indice, questa procedura peraltro meno
distorta di quanto avvenga quando essa viene applicata alla stima dei quantili, per i quali
lipotesi di isofrequenza tra piogge intense e deflussi di piena in molti casi confutata
dagli episodi osservati. Tale ipotesi peraltro anche confutabile sotto laspetto teorico,
per via del comportamento nonlineare della trasformazione afflussi-deflussi.
Il metodo indipendente dal modello idrologico adottato. Lesperienza indica che, nei
bacini liguri, si ottengono risultati in accordo con le osservazioni utilizzando anche
modelli concettuali di tipo semplice. Per esempio,
27
De Michele, C., Kottegoda, N. T. & R., Rosso, IDAF curves of extreme storm rainfall: A scaling
approach, Water Science and Techology, Vol.45, no.2, p.8390, 2002.
U.S. Weather Bureau, Rainfall intensity-frequency regime, Technical Report 29, Washington, D.C.,
1958.
28
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La portata di progetto qT viene quindi calcolata con il metodo della portata indice in
base alla relazione (A.1) e risulta
(C.8)
dove qindice data dal valore precedentemente calcolato e yT indica la variabile ridotta di
Gumbel, funzione del periodo di ritorno T in anni, data da
T
yT = ln ln
,
T 1
(C.9)
E stata sopra illustrata, ai fini della valutazione della portata indice, la procedura della
simulazione idrologica che utilizza (in ingresso a un modello di trasformazione afflussideflussi) la linea segnalatrice di probabilit pluviometrica attesa nel centro di scroscio
localizzato in posizione baricentrica.
Si vuole ora procedere alla valutazione approssimata degli eventi di interesse alla luce
della normativa, EV ,Q = {V > v} | {Qmax q} , che sono illustrati schematicamente in
29
Soil Conservation Service, National Engineering Handbook, section 4, Hydrology, Rev. ed., U.S.
Department of Agriculture, Washington D.C., U.S.A, 1986.
30
Beven, K.J. & M.J Kyrkby, A physically-based variable contributing area model of basin hydrology,
Hydrol. Sci. Bull., 24, 43-69, 1979.
31
Rosso, R., Nash model relation to Horton order ratios, Water Resour. Res., 20(7), 914-920, 1984.
32
Soil Conservation Service, National Engineering Handbook, section 4, Hydrology, Soil Conservation
Service, U. S. Department of Agriculture, Washington, D.C., 1972.
33
Chow, V.T., Maidment, D.R. & L.W. Mays, Applied Hydrology, McGraw-Hill, New York, 1988, pp.
228-230.
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Figura C.4.1, ossia le coppie di valori di portata e volume che si possono verificare con
periodo di ritorno incondizionato T-ennale della portata al colmo qT.
Quando questa procedura viene utilizzata per la stima della portata T-ennale, utilizzando
a tal scopo la linea segnalatrice di probabilit pluviometrica T-ennale, questa procedura
fornisce in generale risultati distorti. Ci dovuto alla nonlinearit della risposta
idrologica dei bacini imbriferi. In pratica, lipotesi di isofrequenza tra piogge intense e
deflussi di piena confutata non solo sotto il profilo teorico ma, in molti casi, anche
confutata dallanalisi degli episodi di piena osservati.
Q50
Tr(Q,V)=50anni
Tr(Q,V|Q<=Q50)=50anni
Portata al
Colmo
q(t)
Tr(Q)
Volume di Piena
100 50 20
20
50
100
Tr(V)
Fig. C.4.1. Idrogrammi di riferimento di interesse per la determinazione di idrogrammi di riferimento T-ennali.
h = ad ,
(C.10)
in una forma nota gi dagli studi idrometeorologici della fine del secolo XIX, dove h
indica il valore atteso della altezza di pioggia cumulata temibile in d ore consecutive sul
bacino sotteso, il parametro a indica il coefficiente pluviale orario, di norma in mm/h
(pari al valore della pioggia oraria in mm) e lesponente caratteristico di scala
(0<<1). In termini di tasso medio di pioggia, p, la (C.3.1) si pu anche scrivere come
p = at 1 .
(C.11)
Si pu assumere a tale scopo che gli eventi di interesse siano comunque prodotti da un
assetto meteorologico caratterizzato dalla struttura di invarianza di scala tipica dellarea
in esame, rappresentata dallesponente caratteristico . In pratica, si assume che
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h = aT* d,
(C.12)
dove lesponente caratteristico della pluviometria del bacino sotteso dalla sezione di
interesse, e il parametro aT* dato dal valore di a che, con il metodo dellevento critico,
produce la portata al colmo qT.
In generale, il valore di aT* differente dal valore di aT proprio della linea segnalatrice
T-ennale, poich in generale lipotesi di isofrequenza non applicabile, sia sotto il
profilo teorico, sia, nella maggioranza dei casi, sotto laspetto pratico 34 .
La procedura da applicare quindi la seguente: dato il valore T-ennale di portata al
colmo qT, va ricercata la coppia di valori {aT* , dCR} che produce come risultato la
portata di picco qT quando si applichi la trasformazione afflussi-deflussi. Il problema
risulta indeterminato se non si tiene conto del secondo assioma di criticit, ossia che il
campo di pioggia critico sia anche quello che corrisponde alla minima altezza di pioggia
cumulata in grado di provocare una piena con portata di picco pari a qT. Quindi, la
coppia di valori {aT* , dCR} dovr anche soddisfare la condizione aT* = min{a}. In
pratica, la criticit idrometeorologica dellevento comporta anche che, tra tutte le
possibili situazioni rappresentate dalla curva h = aT* d, quella che produce la portata di
picco qT sia anche quella pi frequente, ossia quella che presenta il minimo coefficiente
pluviale a.
Dato il valore T-ennale di portata al colmo qT, tramite il modello di trasformazione
afflussi-deflussi,
[ p(d) = ad-1 ] q(t; a ,d)
indicata con il simbolo , va ricercata la coppia di valori {aT* dCR} che produce la
portata di picco qT, sotto la condizione che aT* = min{a}.
Viene cos caratterizzato levento [{V v} {Q q} , con q = qT ] , ottenendo il volume
critico V(qT) e ricavandone contestualmente lidrogramma caratteristico.
Nella maggioranza dei casi, la ricerca dei valori della durata dello scroscio critico e del
coefficiente pluviometrico critico va condotta tramite un procedimento di soluzione
numerica. Infatti, una soluzione analitica in forma esplicita pu essere sviluppata solo
per modelli di trasformazione di tipo elementare. Bisogna quindi procedere a un insieme
di simulazioni per diverse durate e diversi valori del coefficiente pluviale critico, in base
alle quali ricavare il valore di portata di picco con il metodo dellevento critico.
In pratica, utilizzando il modello di trasformazione afflussi-deflussi in modo iterativo, si
risolve un problema di ottimo, determinando la coppia di valori a = aT* e d = dCR per cui
si ha
{ maxt [q(t ; aT*, dCR)] = qT } { aT*,= min a }
34
(C.13)
Reed, D., Flood Estimation Handbook, 1. Overview, Institute of Hydrology, Wallingford, U.K., 1999.
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dove:
Per la valutazione approssimata degli altri eventi di interesse alla luce della normativa,
[{V v} {Q q} , con q < qT ] , si utilizza lipotesi di criticit idrometeorologica, in
base alla quale gli eventi di interesse sono comunque prodotti da un assetto
meteorologico caratterizzato dalla struttura di invarianza di scala, rappresentata
dallesponente caratteristico . Il procedimento illustrato dal diagramma di flusso di
Figura C.4.2.
Una volta noto il valore del coefficiente pluviometrico critico aT* e determinata quindi
la linea segnalatrice critica (C.12), tale relazione pu essere quindi impiegata in ingresso
al modello di trasformazione afflussi-deflussi, assumendo una generica durata di
pioggia dp diversa da dCR, ossia
[ p(dp) = aT* dp-1 ] q(t; aT* ,dp)
e calcolando il valore di picco qp(aT* ,dp) = maxt [q(t; aT* ,dp)]. Il valore della portata al
colmo risulter sempre inferiore a qT, in virt del concetto di evento critico, ma per
valori di durata della precipitazione dp maggiori di dCR si otterranno volumi di piena
Documento 5.1
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Modello
Episodico
Globale
Portata al
Colmo T-ennale
Linea segnalatrice di
probabilit
pluviometrica
Simulazione
dellEvento Critico
Durata critica, dCR
Coefficente pluviale critico, aT*
Modello
Afflussi
Deflussi
Durata di pioggia
d =dCR
Modello
Episodico
Globale
Durata di pioggia
d >dCR
Evento (idrogramma)
T-ennale Equivalente
qp< qT
Evento (idrogramma)
T-ennale Riferimento
qp = qT
Figura C.4.2. Procedura di simulazione idrologica con il metodo dellevento meteorologico critico.
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Portata al
Colmo T-ennale
0
12
16
20
28
32
36
40
44
48
0
p = aT*d1-
m3/s
1500
Portata [m 3/s]
Durata di pioggia
10,29 ore
Tempo Corrivazione
6,80 ore
Coeff Afflusso
0,49
24
2000
1122
Simulazione
dellEvento
Critico
20
Portata
Pioggia Locale
Pioggia Ragguagliata
1000
40
Pioggia Netta
LSPP
500
60
Volume di Piena
39,617 106 mc
Durata
Critica, dCR
Torrente
Cellina
a Barcis
Torrente
..
a
Portata al
colmo,
q max
80
0
12
16
20
24
28
32
36
40
44
48
12
16
20
24
28
32
40
44
48
1500
aT*d1-
20
Portata
Pioggia Locale
Pioggia Ragguagliata
1000
40
Pioggia Netta
LSPP
500
60
p=
1069
Volume di Piena
56,060 106 mc
36
2000
m3/s
Durata di pioggia
15,43 ore
Tempo Corrivazione
6,80 ore
Coeff Afflusso
0,56
Linea
segnalatrice
di probabilit
pluviometrica
critica
Torrente
Cellina
a Barcis
Torrente
..
a
Portata al
colmo,
q max
Portata [m 3/s]
Durata di pioggia
d p > dCR
Evento
(idrogramma)
T-ennale
Equivalente
Evento
(idrogramma)
T-ennale
Equivalente
80
0
12
16
20
24
28
32
36
40
44
48
Fig. C.4.3. Schema di simulazione idrologica con il metodo dellevento meteorologico critico.
distribuiti. Soltanto in casi affatto particolari, dove limportanza economica del danno
atteso e delle opere eventualmente necessarie alla sua mitigazione risulti di impatto
elevato, si potranno adottare tali tecnologie, che comportano anche elevati costi di
implementazione.
La procedura indiretta dellevento idrometeorologico critico, che muove da una
consolidata pratica applicativa, pu essere peraltro impiegata con successo per i calcoli
speditivi, tenendo comunque presente il margine di incertezza dei risultati ottenibili. Va
peraltro rilevato che, se si vogliono determinare in modo quantitativo idrogrammi di
piena a frequenza assegnata, va comunque accettato un notevole grado di incertezza
nella valutazione.
Il metodo si presta anche alla valutazione del massimo volume esondabile nei casi
pratici, in cui si vogliano valutare gli idrogrammi di riferimento per eventi che superano
una certa soglia stabile di esondazione, ossia una portata di smaltimento q0 < qT data
dallofficiosit idraulica del tronco fluviale in esame.
In questo caso, andr ricercata la durata di precipitazione d0 che produce lidrogramma
di riferimento con il massimo volume al di sopra della soglia q0. Matematicamente, di
risolve il problema di ottimo incondizionato:
t 2
(C.14)
dove:
Dal punto di vista pratico, la soluzione di pu ottenere rapidamente per via iterativa
tramite una serie di simulazioni successive.
Affidabilit del metodo indiretto dellevento idrometeorologico critico
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Portata, mc/s
500
450
400
350
300
250
200
150
100
1
Tempo, ore
Fig. C.4.4. Confronto tra simulazione idrologica con il metodo dellevento meteorologico critico e
risultati della simulazione Montecarlo.
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Portata, mc/s
500
450
400
350
300
Soglia di
esondazione
250
q0
200
150
100
1
Tempo, ore
Fig. C.4.5. Applicazione della simulazione idrologica con il metodo dellevento meteorologico
critico per la determinazione di idrogrammi di riferimento in caso di potenziali inondazioni
associate al superamento di una soglia di esondazione stabile.
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GLOSSARIO
AFS: acronimo di Annual Flood Series, ovvero serie di dati massimi annuali di di
portata al colmo di piena, qi con i = 1,, n, generalmente espressi in m3s-1.
Contributo unitario di piena: portata al colmo per unit di superficie del bacino
idrografico sotteso dalla sezione di interesse del corso dacqua, espresso in m3s-1km-2.
Durata critica: durata di pioggia per la quale, nella sezione di chiusura del bacino
idrografico, si manifesta la massima portata al colmo tra tutte quelle potenzialmente
prodotte da un tasso di pioggia variabile con la durata stessa secondo una legge nota,
p.es. la legge di potenza che discende dalla propriet dellinvarianza di scala. -attesa:
durata dellevento critico prodotto dal valore atteso del tasso di pioggia.
Evento critico: evento idrologico (puramente ipotetico) caratterizzato da un tasso di
pioggia corrispondente alla durata critica e dalla corrispondente portata al colmo nella
sezione di chiusura del bacino idrografico.
Funzione di distribuzione cumulata di probabilit o CDF: esprime la probabilit che
una variabile aleatoria X assuma valori inferiori o uguali a un valore x, FX(x) = Pr[Xx].
La corrispondente probabilit di superamento pari a Pr[X>x] = 1 - FX(x). La relativa
funzione di densit di probabilit o pdf data da fX(x) = dFX(x)/dx.
GEV: acronimo di Generalised Extreme Value distribution, ovvero la funzione di
distribuzione di probabilit generalizzata del valore estremo, che comprende, come casi
particolari, le leggi di Gumbel e Frchet.
Idrogramma: diagramma (andamento) dellevoluzione temporale della portata idrica in
un corso dacqua; diretto: la quota parte del deflusso idrico che non deriva dalla
restituzione delle acque accumulate nelle falde sotterranee.
Ietogramma: diagramma (andamento) dellevoluzione temporale del tasso di
precipitazione; netto: la funzione temporale della pioggia netta, ossia la quota parte di
precipitazione che origina il ruscellamento.
Invarianza di scala: propriet statistica di una variabile aleatoria X a parametro t (scala
temporale, scala spaziale, ecc.) per cui si ha Pr[X(t)x] = Pr[nX(t)x] per ogni valore
x di X, dove >0 un fattore di scala e lesponente n viene chiamato esponente di scala.
IUH o idrogramma unitario istantaneo, u(t): risposta impulsiva di un sistema lineare
che descrive la trasformazione della funzione temporale di ingresso (ietogramma netto)
in funzione temporale uscita (portata). Pu anche essere interpretato come la funzione di
densit di probabilit del tempo di residenza della pioggia netta nel bacino idrografico.
Linea segnalatrice di probabilit pluviometrica: funzione h = h(d;T) non decrescente
dellaltezza di pioggia caduta in funzione del tempo (o durata, d) che esprime la
variabilit dellaltezza di precipitazione meteorica massima annuale H con la scala
temporale d di aggregazione, a parit di frequenza o periodo di ritorno T. scala
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invariante: la funzione h(d;T) segue una legge di potenza del tipo hT = a1 wT d, dove hT
indica il quantile di H caratterizzato da un periodo di ritorno pari a T, a1 indica il valore
atteso dellaltezza di pioggia massima annuale per una durata unitaria, ossia
a1 = E[H(1)], un esponente di scala e wT una funzione del periodo di ritorno, il cui
valore dipende dalla legge probabilistica utilizzata; il corrispondente tasso di pioggia
pari a pT = a1 wT d-1. scala invariante attesa massima annuale: valore atteso o media
dellaltezza di pioggia massima annuale E[H] = a1 d, cui corrisponde un tasso di
pioggia atteso pari a E[p] = a1 d-1, essendo E[W] = 1 per definizione.
PDS: acronimo di Partial Duration Series, ovvero serie di dati di portata al colmo di
piena con valore superiore a un livello di soglia qs prefissato, qi con i = 1,, n e
qi > qs, generalmente espressi in m3s-1.
Quantile: termine statistico con cui si indica il valore di una variabile aleatoria X al
quale corrisponde una prefissata frequenza di non superamento ovvero un prefissato
periodo di ritorno, u : FX() = u, ovvero Pr[X>x] = 1 u.
Periodo di ritorno, T: per una variabile idrologica (p.es. la portata al colmo di piena in
un sito fluviale, la pioggia oraria in una stazione pluviografica, ecc.) T il reciproco
della probabilit di superamento di un assegnato valore di progetto nel corso di un
prefissato intervallo temporale di riferimento, p.es. un anno; T anche pari alla media
dellintervallo di tempo tra due superamenti successivi di tale valore (v. Kottegoda e
Rosso, 1997, p.190-191).
Plotting position: frequenza campionaria Fi = Pr[Qi qi] che compete alla generica
realizzazione qi (i = 1,, n) di una serie ordinata di osservazioni
q1 ... qi qi+1 ... qn. formule di valutazione: la plotting position di Weibull, data
dalla formula Fi = i / (n + 1), porge la probabilit indistorta Fi; per ottenere il quantile
indistorto E[Qi] della statistica ordinata delle vv.aa. Q1 ... Qi qi+1 ... Qn si pu
utilizzare la formula approssimata Fi = (i 0.2) / (n + 0.4) di Cunnane (1978).
Portata al colmo: massimo assoluto della portata idrica in un sito fluviale durante un
evento di piena. massima annuale: massimo valore nel corso di un anno (solare).
Rischio residuale, r: probabilit che, nel sito fluviale di interesse, il valore qr,L della
portata di progetto venga superato almeno una volta in un orizzonte temporale di L anni.
Tempo di ritardo, tL: momento del primo ordine della funzione IUH rispetto
allorigine, ossia la distanza temporale tra il baricentro dellidrogramma diretto e il
baricentro dello ietogramma netto.
Valore atteso, E[X]: indica il valore atteso o media o speranza matematica della
variabile aleatoria X indicata dallargomento.
Variabile aleatoria, X: rappresenta una grandezza misurabile la cui entit incerta o
deterministicamente imprevedibile; ovvero: funzione misurabile, il cui dominio lo
spazio dei campioni (insieme di tutte le possibili realizzazioni di valori di X) e
codominio un sottoinsieme dei numeri reali, ossia [0, 1].
Varianza, Var[X] = E[X2] (E[X])2: indica la varianza della variabile aleatoria X
indicata dallargomento.
Documento 5.1
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CRITERI E DIRETTIVE
IN MATERIA DI ASPORTAZIONE
DI MATERIALI LITOIDI DAI CORSI DACQUA
DEI BACINI IDROGRAFICI REGIONALI
Documento approvato
con DGR 226 del 6.3.2009
- Allegato 1 -
Documento 5.2
PREMESSA
Il presente documento finalizzato a specificare le direttive vincolanti in materia di
movimentazione ed asportazione di materiale litoide e di gestione degli stessi nei corsi
dacqua dellAutorit di Bacino regionale, quale riorganizzazione ed aggiornamento
integrazione di criteri, indirizzi e direttive gi emanati.
Tali criteri e direttive sono pertanto elaborati in continuit con quanto gi disposto
precedentemente in merito dallAutorit di Bacino regionale, ed in coerenza con quanto
disposto dalle altre Autorit di Bacino operanti sul territorio sulla stessa materia e si
configurano come direttive vincolanti per lesercizio delle competenze in materia di
polizia idraulica in capo alle Province, di cui allart. 8 della l.r. 9/93, nonch come criteri
ed indirizzi per la formazione dei piani di bacino, ad integrazione della DGR 357/01 e
ss.mm.
Il presente provvedimento sar integrato da linee guida su aspetti tecnici al fine della
predisposizione di studi e progetti che interessino aspetti di morfodinamica fluviale,
sulla base degli esiti della convenzione sottoscritta con il DICAT dellUniversit di
Genova.
CRITERI E DIRETTIVE
Al fine di mantenere il regime dei corsi dacqua e perseguire lequilibrio del trasporto
solido nei corsi dacqua e nei bacini idrografici, con riferimento agli impatti generati sui
sistemi idrogeologici ed ecologicoambientali, sugli arenili dei litorali connessi ai bacini
idrografici, e sui sistemi idrogeologici di fondovalle, sono approvati i seguenti criteri e
direttive vincolanti per i bacini idrografici ricadenti nel territorio di competenza
dellAutorit di bacino di rilievo regionale.
1.
Documento 5.2
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2.
Lasportazione dei materiale litoide dagli alvei dei corsi dacqua e dalle aree di
demanio fluviale e lacuale consentita, salvo obblighi derivanti da norme speciali
in materia ambientale, solo nei seguenti casi:
a) interventi che si rendano necessari per finalit di riduzione delle condizioni di
rischio idraulico e di connessa tutela della pubblica e privata incolumit. Si
possono configurare in particolare come:
a1) interventi finalizzati alla conservazione della sezione utile di deflusso, alla
eliminazione di manifesti sovralluvionamenti di alveo a seguito di eventi di
piena eccezionali, al mantenimento o al recupero dellofficiosit delle opere
e delle infrastrutture, laddove, sulla base di adeguati studi, verifiche e
progettazioni, tali interventi risultino necessari ed adeguati alla mitigazione
del rischio idraulico;
a2) asportazioni incluse, sulla base di adeguati studi e verifiche, in interventi di
difesa e sistemazione idraulica finalizzati alla riduzione delle condizioni di
rischio idraulico, purch conformi ai criteri ed indirizzi dellAutorit di bacino
regionale;
b) asportazione di materiali in bacini regolati da opere di sbarramento idraulico, al
fine di mantenere lofficiosit idraulica dei canali di scarico e/o del volume di
ritenzione dei bacini stessi;
c) asportazioni costituenti parte integrante di interventi di rinaturazione e
riqualificazione di ambiti fluviali.
3.
4.
5.
Documento 5.2
Pagina 2 di 4
7.
8.
La progettazione degli interventi di cui trattasi deve contenere gli elementi e gli
approfondimenti necessari per garantire il raggiungimento degli obiettivi preposti e
assicurare la rispondenza degli interventi ai criteri di ammissibilit e di priorit di
cui ai presenti criteri.
A tale scopo la progettazione deve contenere almeno i seguenti elementi, fermo
restando che lapprofondimento progettuale sar commisurato alla rilevanza e
allimporto degli interventi previsti:
a) adeguate valutazioni e studi al fine di dimostrare la necessit degli interventi ai
sensi del punto 2, con particolare riferimento alle situazioni di rischio da
mitigare, nonch di definirne le modalit di utilizzo di cui al punto 5; tali
valutazioni, devono, in particolare, evidenziare i previsti benefici idraulici sulla
base di adeguate analisi, anche di tipo morfodinamico, estese a tratti
significativi del corso dacqua, anche in relazione alla stabilit nel tempo della
configurazione ottenuta ed alle possibili ripercussioni a monte e a valle;
b) la previsione di specifici piani di manutenzione, laddove necessari per la
garanzia di mantenimento delle sezioni di deflusso ottenuto, che individuino
modalit, tempistica e costi della stessa, nonch indicazione esplicita del
soggetto preposto alla manutenzione stessa, in coerenza con quanto previsto
nellallegato 1 alla DGR 16/07;
c) adeguate valutazioni sugli aspetti di tutela degli elementi ambientali coinvolti
dagli interventi, anche in relazione al contesto ambientale-naturalistico in cui
lintervento si inserisce;
d) previsione di attivit di monitoraggio a seguito della realizzazione
dellintervento, di norma attraverso un monitoraggio delle sezioni interessate
Documento 5.2
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anche al fine della verifica della tendenza evolutiva del corso dacqua, di durata,
modalit e caratteristiche da valutare nellambito delle progettazioni in funzione
delle tipologie dellintervento.
9.
10. Lasportazione dei materiale litoide dalle aree golenali limitrofe allalveo attivo ed,
in particolare, dalle aree individuate come fascia di riassetto fluviale ai sensi della
definizione di cui alla DGR 357/01 e ss.mm., pu riguardare, oltre gli interventi di
cui al punto 2:
a) interventi di sistemazione idraulica e/o di rinaturalizzazione degli alvei fluviali e
dei territori alluvionali connessi, anche mediante la creazione di zone umide o di
ripristino dei collegamenti con le zone di pertinenza fluviale;
b) interventi finalizzati alla creazione di aree di espansione o casse di laminazione.
I relativi progetti di asportazione sono approvati previo parere della Provincia, nella
sua qualit di organo dellAutorit di Bacino regionale ed il materiale rimosso deve
essere utilizzato nei modi e con le priorit indicate al punto 5.
11. A fini di monitoraggio e di verifica dellimpatto degli interventi, le Province inviano
alla Sezione dellAutorit di Bacino del Comitato Tecnico Regionale per il territorio
una relazione informativa annuale a consuntivo, riguardante lo stato di
approvazione ed attuazione degli interventi di cui al punto 2.
12. Resta fermo quanto gi disposto dai criteri ed indirizzi regionali dellAutorit di
Bacino in relazione alla possibilit di riperimetrazione delle aree inondabili a
seguito di interventi di risagomatura e di scavo degli alvei, con particolare
riferimento a quanto previsto nellallegato 1 alla DGR 16/07, nonch quanto
disposto in criteri e direttive emanati dalla Giunta regionale in materia di
ripascimento degli arenili, con particolare riferimento a quanto previsto dalla DGR
173/06.
Documento 5.2
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Circolare del
Dipartimento Ambiente Edilizia e Lavori Pubblici
Prot. n. 27699/519 del 08.02.2005
Pubblicata sul BURL n8, parte II,
del 23.02.2005
Documento 6.1
Con la legge regionale n. 24 del 29 novembre 2004, pubblicata sul BURL n.11, parte I,
del 1 dicembre 2004, entrata in vigore il 16 dicembre 2004, stato inserito larticolo
110 bis 1 nella legge regionale n.18 del 21 giugno 1999.
Tale articolo volto a consentire il rilascio di titoli abilitativi edilizi per interventi
conformi agli strumenti urbanistici vigenti, in aree che saranno difese da interventi di
sistemazione idraulica gi in corso, anche contestualmente alla realizzazione degli
interventi stessi e comunque prima della loro conclusione e collaudo.
La finalit della norma in questione , pertanto, quella di permettere, ed, anzi, ove
possibile, agevolare, uno sviluppo di tipo edilizio e socio-economico in aree in cui il
livello di pericolosit idraulica sar ricondotto, a breve termine, ai livelli previsti dai piani
di bacino attraverso adeguati interventi di sistemazione idraulica, senza dover
attendere la completa conclusione delle opere e la conseguente riperimetrazione delle
aree inondabili, diversamente da questo previsto nella procedura ordinaria dei piani
stessi.
Tale possibilit, anticipando gli effetti urbanistici della messa in sicurezza delle aree,
pu consentire, in particolare, di promuovere ed incentivare sinergie sia tra i vari enti
locali coinvolti sia con soggetti privati interessati.
In considerazione del fatto che la normativa in oggetto pone in capo ai Comuni non un
obbligo ma una facolt, caratterizzata da unampia discrezionalit tecnica, e tenuto
conto della delicatezza delle problematiche connesse e del relativo livello di
responsabilit, si rende opportuno fornire criteri ed indirizzi che consentano un
omogeneo ed uniforme esercizio della suddetta discrezionalit.
Nella presente circolare sono forniti altres alcuni chiarimenti in merito alle condizioni di
applicabilit della disciplina contenuta nella norma in esame, nonch criteri ed indirizzi
al fine di assicurare omogeneit a livello regionale a riguardo dellespressione del
previsto parere da parte delle Autorit di Bacino.
Larticolo recita: I Comuni che sul proprio territorio abbiano in corso cantieri per lattuazione di opere
idrauliche, il cui finanziamento sia gi interamente disponibile, deliberato ed impegnato, debitamente
assentite dallEnte competente in materia idraulica, atte a condurre il livello di rischio finale di un
comparto alle previsioni del Piano di bacino ivi vigente, possono in tale zona, previo parere favorevole
dellAutorit di bacino competente, rilasciare concessioni edilizie, comunque congruenti con gli strumenti
urbanistici. Il rilascio del certificato di abitabilit e/o di agibilit della nuova struttura edilizia sar
vincolato allacquisizione, da parte dellamministrazione comunale, del verbale di collaudo attestante il
completamento delle opere idrauliche su menzionate.
Documento 6.1
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1. COMPETENZE E RESPONSABILIT
Il rilascio del titolo edilizio secondo quanto previsto dallart. 110 bis in esame, pur
subordinato al parere favorevole dellAutorit di bacino competente, rientra nelle
competenze del Comune interessato, al quale quindi spettano le necessarie valutazioni
e verifiche finalizzate ad assicurare il corretto risultato delloperazione, in
considerazione da un lato delle esigenze di tutela della pubblica e privata incolumit e
dallaltro dei diritti che i terzi acquisiscono con il titolo edilizio.
Si evidenzia, pertanto, che tali procedimenti comportano un alto livello di responsabilit
in termini di sicurezza ma anche di possibili danni e di contenzioso conseguente alla
discrezionalit insita nella facolt che la norma offre ai Comuni.
fondamentale, di conseguenza, che il rilascio del titolo edilizio, ed, in particolare,
lavvio dei lavori relativi che pu avvenire contestualmente alla consegna dei lavori
delle opere di messa in sicurezza idraulica, sia effettuato a seguito dellaccertamento
da parte del Comune della sussistenza delle condizioni che ne garantiscano la
fattibilit, assicurando la tutela della pubblica e privata incolumit nonch il rispetto
degli interessi della collettivit.
Per tali ragioni, il titolo edilizio deve contenere lesplicito riferimento alla particolare
fattispecie di rilascio secondo le disposizioni dellart.110 bis e quindi alla stretta
correlazione con la realizzazione delle opere di sistemazione idraulica secondo la
norma in esame, nonch riportare chiaramente tutti i presupposti e le condizioni di
efficacia.
In particolare dovranno essere tenuti in debito conto almeno i seguenti elementi, da
acquisire anche attraverso lopportuno raccordo con gli altri enti coinvolti, dando atto
degli esiti della loro valutazione negli atti di competenza:
a) deve essere verificata la congruenza dei tempi di realizzazione delle opere di
sistemazione idraulica con quelli propri degli interventi urbanistico-edilizi per i quali
richiesto il titolo edilizio; in particolare i tempi di conclusione degli interventi edilizi
dovrebbero essere tali da consentire di prevedere lultimazione degli stessi
contestualmente o successivamente al termine di ultimazione dei lavori di
sistemazione idraulica. Ci al fine di evitare situazioni in cui nuove opere edilizie
risultino completate in aree che si trovino ancora a livelli di pericolosit idraulica
non compatibili con la nuova edificazione, e si debba mantenere, per periodi lunghi,
lesistenza di strutture, regolarmente dotate di titolo edilizio, ma per le quali non
possa essere rilasciato il certificato di abitabilit o agibilit, con elevata possibilit di
contenzioso;
b) deve essere specificata la responsabilit riguardo agli eventuali danni alle opere
connesse al titolo edilizio che si verifichino prima della conclusione e collaudo delle
opere di messa in sicurezza e del conseguente rilascio del certificato di abitabilit o
agibilit. Tenuto conto che tali danni non potranno essere risarciti dagli enti pubblici
quali danni alluvionali, affinch gli stessi non debbano gravare sul Comune e
restino, di norma, a carico del soggetto realizzatore, si ritiene opportuno che alla
richiesta del titolo edilizio sia allegato un atto unilaterale dobbligo con il quale il
soggetto attuatore dichiara di volersi avvalere della norma regionale con
conseguente assunzione dei relativi oneri in caso di danni, sottoscrivendo la
rinuncia alla richiesta del risarcimento degli stessi;
Documento 6.1
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2. PRESUPPOSTI DI APPLICABILIT
Circa le possibilit di applicazione della norma opportuno evidenziare e chiarire
quanto segue:
1) la norma prevede per i Comuni la facolt di poter rilasciare titoli edilizi
antecedentemente la conclusione dei lavori di sistemazione idraulica a condizione
che siano in corso cantieri per lattuazione delle opere idrauliche; di tutta
evidenza quindi che condizione di applicabilit e presupposto per il rilascio dei titoli
edilizi lavvenuta consegna dei lavori delle stesse;
2) le potenzialit della norma, peraltro, non sono ristrette ai casi di lavori gi in corso,
ma possono essere efficacemente messe a frutto anche nei casi in cui i lavori non
siano ancora iniziati. E infatti possibile, ed anzi preferibile, procedere alla
predisposizione e sottoscrizione di appositi accordi che coinvolgano sia enti
pubblici sia, ove necessario, soggetti privati, come meglio descritto nel seguito, tali
da consentire lavvio delle iniziative sulla base di un quadro di riferimento
complessivo, eventualmente prevedendo la progettazione contestuale degli
interventi urbanistico-edilizi e delle opere di sistemazione idraulica, e fornendo
adeguate garanzie per tutti gli "attori" coinvolti;
3) il rilascio del titolo abilitativo nei modi previsti dalla legge presuppone che
lattuazione delle opere di sistemazione idraulica, anche se parziale, consenta il
superamento delle problematiche di tipo idraulico nel comparto di interesse.
Considerato il termine comparto, non propriamente tecnico, usato dalla legge,
opportuno chiarire che condizione fondamentale che gli interventi di sistemazione
idraulica di cui si tratta consentano la completa sistemazione del corso dacqua o
costituiscano almeno un lotto funzionale dellintervento complessivo, in grado cio
di ricondurre nelle aree di interesse il grado di pericolosit di inondazione a livelli
compatibili con la disciplina del relativo piano di bacino e, quindi, con lo specifico
intervento oggetto del titolo edilizio. In altri termini, lopera idraulica in corso pu
anche essere relativa ad un primo lotto di intervento, ma in ogni caso deve
garantire, alla conclusione delle opere, la possibilit di riperimetrazione
dellinondabilit nellarea in cui ricade lintervento edilizio, tenendo anche conto, tra
Documento 6.1
Pagina 3 di 7
norma in esame, e alla luce della procedura di formazione ed approvazione dei piani di
bacino regionali lorgano deputato a rilasciare il parere la Provincia. Peraltro, la
Giunta Regionale, in qualit di Comitato Istituzionale dellAdB regionale, potr fornire,
con successivo atto, criteri ed indirizzi specifici per lattuazione della disciplina in
esame ed il recepimento dei contenuti della presente circolare.
Documento 6.1
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4. ACCORDI PREVENTIVI
Tenuto conto delle considerazioni sopra svolte, che evidenziano la complessit e
delicatezza della questione nonch i livelli di responsabilit conseguente che gravano
su tutti gli interessati, la forma pi adeguata di attuazione della normativa in oggetto
appare la stipula di accordi preventivi, quali accordi di programma, accordi di
pianificazione, programmi complessi, convenzioni, ecc., da sottoscriversi tra tutti gli
Enti che possono essere a vario titolo interessati, quali Regione, Provincia, Comuni,
AdB, ecc., nonch i soggetti privati interessati dalla realizzazione delle opere di messa
in sicurezza idraulica e dagli interventi per i quali sia richiesto il contestuale rilascio del
titolo edilizio.
Nellambito di tali accordi dovranno essere affrontati e disciplinati tutti gli aspetti
delineati in precedenza, ed, in particolare, definiti tempi, finanziamenti, suddivisione dei
compiti e modalit di esecuzione tali da garantire la congruenza delle opere di messa
in sicurezza idraulica con gli interventi da avviare contestualmente alle stesse, e tali da
individuare da un lato le responsabilit e dallaltro i diritti di ciascun sottoscrittore e
contestualmente assicurare la tutela della pubblica e privata incolumit.
Tali accordi appaiono essenziali soprattutto nei casi in cui gli interventi di sistemazione
idraulica non siano ancora iniziati e consentono, tra laltro, di promuovere pi
Documento 6.1
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agevolmente iniziative complesse favorendo sinergie, anche del tipo pubblico privato. La norma, infatti, consente, ed anzi incoraggia, lente pubblico ad agire in una
fase preventiva per coinvolgere i soggetti privati che potrebbero beneficiare dagli
interventi, al fine di ricevere da essi contributi, sotto le varie forme possibili, che
consentano la realizzazione od il completamento di opere di interesse pubblico.
Nellaccordo potrebbe pertanto essere anche prevista la destinazione degli oneri di
urbanizzazione ad integrazione della copertura finanziaria dellopera di sistemazione
idraulica, con leventuale impegno a corrisponderli anticipatamente rispetto alleffettivo
rilascio del titolo edilizio.
In conformit allo spirito della norma, si ritiene, infine, che, attraverso i suddetti accordi,
la disciplina prevista possa essere applicabile anche ai casi in cui unarea sia messa in
sicurezza grazie ad interventi localizzati nel territorio di un altro Comune.
Documento 6.1
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Documento 6.2
FINALIT
Ogni anno il territorio della nostra Regione percorsa da incendi boschivi con
ingenti danni non solo al patrimonio naturalistico. Gli incendi, che colpiscono
lattenzione dellopinione pubblica per gli aspetti visivi connessi, soprattutto, se ne
risultano interessate aree di elevato pregio ambientale ovvero messa in pericolo la
pubblica e privata incolumit, assumono, infatti, rilevanza anche sotto il profilo
strettamente idrogeologico. E noto che, oltre ai danni allassetto vegetazionale, effetti
evidenti del passaggio del fuoco sono i fenomeni di degrado, che comportano riduzione
della funzione protettiva della vegetazione sul suolo, modificazioni dirette della
componente pedologica, nonch fenomeni erosivi diffusi ed accelerati, che incidono
sulla suscettivit al dissesto.
A fronte di tali fenomeni la Regione Liguria ha predisposto le seguenti linee guida
che rappresentano le prime indicazioni tecniche applicabili in presenza di criticit
idrogeologiche ed ambientali legate al passaggio del fuoco.
Con le presenti linee guida, che non hanno carattere vincolante anche in
considerazione delle differenti casistiche che un accidente ambientale come il
passaggio del fuoco pu causare, lamministrazione regionale auspica di fornire agli
operatori pubblici e privati UNA BUONA PRATICA utile nella predisposizione di progetti
di riqualificazione territoriale di aree percorse da incendio boschivo, che devono
privilegiare il ricorso alle tecniche di ingegneria naturalistica.
In ogni caso lattuazione degli interventi di riqualificazione idrogeologica e
vegetazionale resta soggetta allambito di applicazione della normativa vigente in
materia ed, in particolare, all art. 10 della legge n.353 /2000, Legge quadro in materia
di incendi boschivi, che dispone: sono vietate per cinque anni, sui soprassuoli percorsi
dal fuoco, le attivit di rimboschimento e di ingegneria ambientale sostenute con
risorse finanziarie pubbliche salvo specifica autorizzazione concessa dal Ministero
dellAmbiente per le aree naturali protette statali, o dalla Regione 1 competente, negli
altri casi, per documentate situazioni di dissesto idrogeologico e nelle situazioni in cui
sia urgente un intervento per la tutela di particolari valori ambientali e paesaggistici.
Nellattuale assetto di competenze quale risulta dalla l.r. 4/1999 spetta alle Comunit Montane ovvero alle Province
nelle rispettive aree di competenza la valutazione ed il rilascio dellautorizzazione in deroga, qualora ne ricorrano le condizioni, in
quanto enti competenti in relazione alla tutela del vincolo idrogeologico
Documento 6.2
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2.
3.
4.
5.
Nei primi due casi si tratta di impatti di tipo geopedologico, riscontrabili nel breve
periodo, se si considera che le perdite di suolo avvengono nel corso dei due mesi
successivi allincendio. Gli altri aspetti interessano, propriamente il dissesto
idrogeologico e si esprimono nel medio e lungo periodo.
Appare evidente come le criticit suddette siano strettamente legate tra loro, e tali
da innescare elementi di criticit idrologica sino a veri e propri fenomeni di propensione
alla desertificazione e allinstaurarsi di nuove fitocenosi con caratteristiche a volte
differenti rispetto alla copertura vegetale pre-incendio .
I processi di danno idrogeologico hanno luogo a partire in presenza di temperature
che alterano sensibilmente le caratteristiche chimico-fisiche dei suoli; i dati vanno da
temperature di circa 170 C per incendi di residui di vegetazione erbacea (stoppie o
praterie ad erbe alte), fino ad 850 C negli incendi di bosco.
A tali temperature le alterazioni dei suoli sono molto importanti; in condizioni
particolari si forma uno strato idrorepellente, formato da sostanza organica migrata
verso il basso dopo un processo di pirolisi; tale strato idrorepellente subsuperficiale
determina condizioni di maggiore ritenzione idrica sul sottile strato soprastante che, in
presenza di piogge, facimente soggetto ad erosione accelerata.
Anche le caratteristiche fisiche dei suoli sono profondamente modificate; il suolo
perde plasticit, si riduce la porosit (e la capacit di ritenzione idrica) e si perde la
coesione; in definitiva, vengono favorite le condizioni di erosione del suolo stesso.
Dal punto di vista chimico, vero che lincendio, nel breve periodo, rende disponibili
elementi inorganici facilmente solubili ed assimilabili da parte del terreno,
aumentandone sostanzialmente la fertilit, ma occorre sottolineare che tali elementi
sono anche molto pi facilmente erodibili con le prime piogge; infatti prima dellincendio
erano presenti in composti organici legati al suolo, risultando pi difficilmente
asportabili dalle piogge.
In caso di asportazione della copertura i suoli vengono pesantemente esposti
allerosione, con la seguente cadenza di fasi:
- splash erosion: indotta dallimpatto diretto delle gocce sul suolo, determina la
disgregazione del suolo, la fluidificazione della componente humifera e
locclusione dei pori;
- sheet erosion: o erosione laminare, in terreni a bassa pendenza;
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potenzialmente pericolose per gli elementi antropici presenti a valle ovvero allinterno
delle stesse e pertanto da ritenersi a rischio.
Di seguito si individua un primo elenco di fattori che, se presenti nellareale in esame,
costituito dalla zona percorsa dallincendio boschivo e dalla sua immediata espansione
a valle, possono rendere lo stesso come areale a rischio in caso di piogge
particolarmente intense.
1. Sono state interessate da incendio boschivo aree in frana attiva (pg4), aree con
suscettivit al dissesto elevata o in frana quiescente (pg3) e media (pg2) solo se
queste ultime presentano particolari criticit geomorfologiche desumibili dalla carta
geomorfologica stessa;
2. Larea, particolarmente acclive, percorsa da incendio sottende un elemento a
rischio ovvero lo stesso risulta in prossimit di un corso dacqua o di un impluvio
direttamente interessato dallincendio boschivo;
3. In prossimit dellelemento a rischio e comunque a valle di una estesa area
interessata da incendio il corso dacqua presenta elementi idraulici di particolare
criticit quali tombinamenti, ponti non verificati etc.
4. sono state interessate da incendio boschivo aree antropizzate quali discariche di
rifiuti inerti, terrapieni etc, boscate prima del passaggio del fuoco.
Indirizzi progettuali
Si indicano di seguito alcuni indirizzi progettuali utili per la stesura del progetto di
riqualificazione e di mitigazione del rischio dellarea dinteresse. Si ritiene, infatti,
opportuno che:
1. le opere di salvaguardia siano realizzate prioritariamente lungo le aree prospicienti i
corsi dacqua;
2. gli interventi applichino, per quanto possibile, tecniche di ingegneria naturalistica
(IN) recuperando i materiali di risulta presenti in situ o utilizzando materiali di
origine comunque naturale;
3. le opere per il consolidamento e il trattenimento del suolo consistano
prevalentemente in briglie in legname e pietrame o palizzate utilizzando, ove
possibile, le ceppaie rimaste se presentano ancora le necessarie capacit di
ancoraggio al substrato;
4. il materiale legnoso morto sia in piedi che a terra sia riutilizzato in opere di I.N. e,
pertanto, reso solidale al terreno ovvero asportato dal sito in questione o cippato
sul luogo stesso al fine di evitarne la fluitazione e la conseguente ostruzione di
manufatti in alveo ;
5. le vie di accesso alle aree di cantiere siano realizzate con tutti gli accorgimenti
necessari ad evitare fenomeni di infiltrazione preferenziale delle acque di
ruscellamento ed ad aumentare, comunque, la propensione al dissesto;
6. nel caso in cui si debba intervenire in aree interessate da frane attive o quescienti o
coltri superficiali con potenza tale da poter essere causa di frane superficiali se
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intaccate, siano posti preventivamente in opera tutti gli accorgimenti necessari alla
prevenzione del possibile dissesto;
7. per la ricostituzione del suolo e della sua frazione organica, a supporto di possibili
operazioni di idrosemina e stesura di bio reti, sia utilizzato, tra laltro, il materiale
cippato nonch, se del caso in aree campione e previa verifica qualitativa del
materiale , compost di qualit;
8. si proceda ad una valutazione comparativa delle fitocenosi esistenti prima
dellincendio e del nuovo assetto vegetazionale dellarea interessata dagli
interventi, tenuto conto della capacit di recupero spontaneo delle fitocenosi
incendiate;
9. sia previsto un programma di gestione e manutenzione dellarea interessata
dallintervento.
Risultati attesi
Dallapplicazione dei sopra citati indirizzi progettuali possono derivare i seguenti
risultati ad avvenuta realizzazione degli interventi di riqualificazione dellarea con le
modalit indicate nel presente documento:
1. la regimazione delle acque superficiali e il conseguente ripristino della funzionalit
idrogeologica dellarea al fine di:
a) limitare il trasporto solido e la conseguente perdita di suolo;
b) evitare linnesco di movimenti franosi anche superficiali recuperando le aree in
dissesto anche di limitata potenza;
c) riportare i tempi di corrivazione a valori naturali recuperando la permeabilit
propria del suolo e la sua capacit di infiltrazione diffusa;
2. la messa in sicurezza degli elementi, che in occasione di eventi meteorologici
anche non eccezionali, possono ostruire le opere in alveo poste a valle;
3. la ricostituzione di un soprassuolo confacente con le caratteristiche vegetazionali
del sito e, per quanto possibile, gli ambienti naturali distrutti dal passaggio del fuoco
se in linea con gli indirizzi di programmazione forestale della Regione Liguria.
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riutilizzare i materiali di risulta per il ricarico di aree con limitati profili pedologici, e
per il riempimento di opere di I.N.;
in caso di riporti di terreno, privilegiare il rinterro delle opere di I.N. e la posa del
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Considerata la limitata potenza media del suolo, gli scavi di fondazione possono
essere poco approfonditi e, comunque, realizzati tenuto conto della presenza della
roccia. In ogni caso deve essere mantenuta la contropendenza a monte.
Tale tipologia di opera offre il grande vantaggio della modularit, della leggerezza
e del trasporto del materiale. Il terreno di riempimento rappresenta un punto di facile
attecchimento e sviluppo della vegetazione. In caso di limitata disponibilit di terreno
in loco o di sterilit dello stesso, il riempimento potr essere effettuato in parte con
terreno e detrito locale, in parte con terreno di riporto, compost, chips legnosi, ecc..
2. palificata viva in legname a parete semplice:
pu essere utilmente impiegata per:
- la sistemazione al piede di piccoli fenomeni franosi e scarpate stradali;
- la formazione di gradonature sui versanti per piccoli rimodellamenti;
- il consolidamento a valle di tracciati forestali e di servizio;
In relazione alle limitate necessit di terreno per il loro riempimento possono
essere utili in zone con limitata disponibilit di materiali per i rinterri in loco,
mantenendo buone condizioni per lattecchimento di piantine e semine.
Offre il grande vantaggio della modularit, della leggerezza e del trasporto del
materiale.
3. scogliera rinverdita:
un opera poco utilizzata per la sistemazione dei versanti, considerata la necessit di
accesso al sito di intervento con mezzi di trasporto pesanti e della mobilizzazione dei
massi con mezzi meccanici pesanti.
Pu, comunque, essere usata per :
- la sistemazione al piede di fenomeni franosi e scarpate stradali;
- la formazione di gradonature sui versanti per il loro rimodellamento;
- la sistemazione di erosioni incanalate in solchi e calanchi;
- il consolidamento a valle di tracciati forestali e di servizio;
In caso di utilizzo di massi di limitate dimensioni (per sistemazione di piccole
scarpate stradali, nicchie di erosione e piccoli impluvi sui versanti, ecc.) possono
essere realizzate strutture con pietrame a secco, riutilizzando materiale locale in zone
ad elevata pietrosit, con caratteristiche simili ai muri a secco.
Non presentano elementi particolarmente favorevoli per lo sviluppo di piantine, fatti
salvi eventuali riporti e riempimenti a tergo con terreno
4.gabbioni rinverditi:
valgono le considerazioni usualmente effettuate per limpiego di gabbioni. Il loro
impiego pu essere favorevole in presenza di abbondante pietrosit, che pu essere
reimpiegata per il loro riempimento.
Possono, comunque, essere usati per :
- la sistemazione al piede di limitati fenomeni franosi e scarpate stradali;
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I picchetti infissi nel terreno devono essere preferibilmente di legno; in caso di roccia
subaffiorante, detrito, ecc. si potranno utilizzare piloti in acciaio, anche ad aderenza
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migliorata. Ove possibile saranno, comunque, preferibili i picchetti in legno per evitare
la posa di ostacoli potenzialmente pericolosi sui versanti.
Le palizzate devono essere disposte in piccoli tratti di 4-5 m. di sviluppo, alternati sui
versanti, con andamento irregolare; tali accorgimenti tecnico-costruttivi sono
particolarmente importanti in aree ampie come quelle percorse dal fuoco, in relazione
allinserimento paesaggistico dellintervento.
Nel rinterro a monte la posa di compost, terre di coltivo ed altro materiale organico
(paglia, chips legnosi, ecc.) migliora le condizioni di attecchimento delle piantine.
2.graticciate, viminate morte:
consistono nella posa di picchetti infissi nel terreno e fasci di ramaglia morta posti a
tergo o ad intreccio tra i picchetti. Sono strutture utilizzabili solo in caso di forte
disponibilit di materiale vegetale sul terreno. In caso contrario la ramaglia non svolge
efficace azione di contenimento del terreno e non apporta consistente sostanza
organica al suolo.
Si tratta di strutture, da utilizzare solo dove il rinterro a monte sia di quantit e
qualit tale da garantire un rapido attecchimento delle piantine.
Laddove vi sia disponibilit di ramaglia fine, la situazione migliore la cippatura ed il
reimpiego dei chips sul terreno.
3.grata viva:
tra le opere di stabilizzazione superficiale la pi massiccia e la pi onerosa. Offre
indubbi vantaggi per la stabilizzazione e la ricostituzione della vegetazione in aree a
fortissima pendenza e roccia affiorante, spesso in abbinamento con palificate a doppia
parete. Pu essere utilizzata per:
-
Anche in questo caso, il rinterro delle maglie della struttura, piuttosto limitato, pu
essere integrato con materiali ad alta componente di sostanza organica (compost, terre
di coltivo, ecc.), a vantaggio delle piantine e delle semine.
Nelle aree percorse dal fuoco , peraltro, utilizzabile il legname di risulta dalle
operazioni di bonifica della vegetazione colpita dallincendio, purch risulti ancora
funzionale per almeno del proprio volume e purch sia impiegato per opere di
stabilizzazione superficiale, quali palizzate semplici per sviluppare principalmente la
funzione di contenimento del suolo lungo i versanti soggetti ad erosione diffusa
escludendo palificate e grate. Per queste ultime il legname di risulta potr essere
Documento 6.2
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impiegato solo valutando, caso per caso, che le funzioni strutturali possano ancora
essere svolte efficacemente. Inoltre dovr essere particolarmente curato il rinterro di
tali opere, eventualmente con parti di compost, concimi e/o terre ricche di humus,
nonch la scelta delle specie di nuovo impianto.
In sostanza, si pu accettare una minore durabilit dei materiali strutturali (legname)
a fronte di una maggiore attenzione per lo sviluppo di vegetazione con funzione di
consolidamento del suolo.
Resta, comunque, inteso che limpiego di legname di risulta dalle operazioni di
bonifica, adatto in termini dimensionali, risulta, comunque, preferibile sia per i costi
contenuti sia per il reimpiego di biomasse legnose che, a lungo termine, contribuiranno
al riequilibrio della sostanza organica al suolo, asportata dallincendio. In tale senso, i
materiali di risulta dalle operazioni di bonifica non dovranno essere oggetto di
abbruciamento, fatti salvi quei casi in cui vi possano essere rischi concreti di innesco di
nuovi incendi, con interessamento di elementi a rischio.
dei ricacci esistenti, eliminando i fusti morti in piedi; nel caso in cui tale operazione
sia materialmente difficoltosa e purch i ricacci siano giovani, si provvede al
rinnovo della ceppaia, tagliando tutti i polloni al di sotto del loro punto di inserzione,
favorendo la ripresa vegetativa della ceppaia. Per i materiali di risulta valgono le
stesse considerazioni gi fatte per la bonifica.
2. impianto della vegetazione ex-novo
Per limpianto della vegetazione ex-novo, valgono i seguenti criteri generali:
riservare una quota del 10-30 % alle specie arboree, che, in ogni caso,
dovranno essere scelte tra quelle pioniere, proprie degli stadi di transizione tra
gli arbusteti ed il bosco;
nel miscuglio delle specie arbustive, riservare una quota del 30-40 % a
leguminose (come le ginestre) che consentono buone garanzie di
attecchimento ed ottime qualit di miglioramento del suolo, a vantaggio anche
delle altre specie;
anche nelle specie arboree, almeno in piccole aree ristrette e/o nellambito di
eventuali parcelle pilota, riservare una quota minima a leguminose arboree
come la mimosa, lalbero di Giuda, ecc., al fine di verificare le capacit di
miglioramento del suolo e di aumento dellaccrescimento;
utilizzare sempre, salvo casi particolari, piantine con pane di terra (fitocella,
paper pot, ecc.) per ridurre gli stress di impianto;
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utilizzare sempre piante giovani (1-2 anni) che meglio si adattano alle difficili
condizioni dei siti di intervento;
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ALLEGATO 1
INDICAZIONI PROGETTUALI
Di seguito si forniscono talune indicazioni, desunte dalla normativa sui lavori
pubblici, per la redazione di un progetto di recupero di un area percorsa dal fuoco,
articolato per approfondimenti tecnici successivi, utilizzabili dagli operatori pubblici e
privati impegnati nella riqualificazione del territorio.
PROGETTO PRELIMINARE
Rappresenta la fase di avvo della progettazione ed finalizzato alla definizione dei
criteri tecnici fondamentali del progetto, i costi, la sua fattibilit. Nel caso specifico di un
progetto di opera di recupero si suggerisce di sviluppare la progettazione avendo
presente la seguente documentazione tecnica:
relazione tecnico-illustrativa, articolata in:
- inquadramento dellopera, del finanziamento, delle motivazioni;
- descrizione dello stato attuale, negli aspetti vegetazionali, di degrado e
dissesto idrogeologico, di elementi a rischio;
- indicazioni di progetto, con individuazione degli obiettivi e dei criteri di scelta
del progetto, individuazione e descrizione degli interventi;
- valutazioni sulla fattibilit dellopera, con riferimento alla documentazione
geologica preliminare;
- valutazioni sulla disponibilit delle aree ed eventuali espropri o occupazioni
temporanee;
- cronoprogramma delle fasi attuative;
- individuazione delle operazioni di accessibilit al cantiere, di manutenzione
delle opere;
- prime indicazioni e disposizioni per il piano di sicurezza.
studio di prefattibilit ambientale, comprensivo di:
- verifica compatibilit Assetto Vegetazionale P.T.C.P. 1:25.000;
- verifica compatibilit Assetto Geomorfologico P.T.C.P. 1:25.000;
- verifica compatibilit Assetto Insediativo P.T.C.P. 1:25.000;
- verifica di compatibilit con la pianificazione di bacino;
- eventuali presenze di aree Parco, SIC, ecc.;
- verifica disposizioni in materia urbanistica (PUC, PRG,ecc.);
- valutazioni di fattibilit, incidenza sulla salute dei cittadini, mitigazione degli
impatti, ecc.
planimetria generale, in scala 1:10.000 o 1:5.000
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PROGETTO DEFINITIVO
Rappresenta la fase di progettazione finalizzata allottenimento dei titoli abilitativi
necessari alla realizzazione delle opere di recupero, alla maggiore definizione dei
criteri tecnici di progetto. Nel caso specifico di un progetto di opera di recupero si
suggerisce di sviluppare la progettazione avendo presente la seguente
documentazione tecnica:
relazione descrittiva, articolata in:
inquadramento dellopera, del finanziamento, delle motivazioni;
descrizione dello stato attuale, negli aspetti vegetazionali, di degrado e dissesto
idrogeologico, di elementi a rischio, con riguardo a tutti gli aspetti esplorati del
territorio;
indicazioni di progetto, con individuazione degli obiettivi e dei criteri di scelta del
progetto, individuazione e descrizione degli interventi, motivazioni di eventuali
modifiche rispetto al preliminare;
valutazioni sulla disponibilit delle aree ed eventuali espropri o occupazioni
temporanee;
eventuali modifiche al cronoprogramma delle fasi attuative;
individuazione delle operazioni di accessibilit al cantiere, di manutenzione
delle opere;
studio di fattibilit ambientale, con approfondimenti rispetto al preliminare ed
individuazione di tutti gli aspetti relativi ad autorizzazioni in campo ambientale;
relazioni geologica, geotecnica, idrologica, idraulica, in relazione alle singole
necessit dellarea e degli interventi;
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PROGETTO ESECUTIVO
Definisce compiutamente tutte le opere previste in progetto ed redatto nel rispetto
delle indicazioni del definitivo, fatte salve eventuali modifiche imposte da prescrizioni in
fase autorizzativa. Nel caso specifico di un progetto di opera di recupero si suggerisce
di sviluppare la progettazione avendo presente la seguente documentazione tecnica:
relazione generale, articolata in:
illustrazione dei criteri seguiti e delle scelte per rendere esecutivi ed oggetto di
contratto tutte le lavorazioni previste, le caratteristiche dei materiali, ecc.;
definizione delle indagini e dei rilievi realizzati al fine di evitare imprevisti;
Documento 6.2
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Documento 6.2
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ALLEGATO 2
Caratterizzazione di alcune aree percorse dal fuoco in Liguria
Relativamente al problema del recupero del territorio dopo il passaggio del fuoco, la
Regione Liguria ha effettuato studi specifici nelle seguenti aree:
9 loc. S.Bernardino, Comune di Sestri L. (GE), incendio agosto 1999
9 loc. S.Anna, Comune di Sestri L. (GE), incendio settembre 2000
9 loc. Tosse e Voze, Comuni di Spotorno e Noli (SV), incendio agosto 1998
9 loc. Rio Portigliolo, Comuni di Cogoleto e Varazze (Ge e SV), incendio
settembre 2001
Dallesame delle risultanze degli studi condotti emerso che:
o
nelle aree oggetto di studio si sono innescati fenomeni di erosione, cos attribuiti
nelle 31 aree di rilievo:
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La pietrosit dipende, comunque, dal substrato roccioso. Ad es. a NoliSpotorno larea caratterizzata da un substrato molto alterabile, che tende a
frantumarsi molto, creando detrito fine. Sul Rio Portigliolo, al contrario, la
pietrosit molto rilevante;
o
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ALLEGATO 3
LIMPIEGO DEL COMPOST E DEL CIPPATO NEL RECUPERO AMBIENTALE
Tra i principali effetti degli incendi in aree forestali, ed in particolare di quelli che si
sviluppano in territori come quello costiero ligure, vi sono le modificazioni chimicofisiche a danno del suolo, provocate dalle temperature raggiunte durante il passaggio
del fuoco, oltre ai fenomeni erosivi e di eliminazione della copertura edafica, che
succedono levento vero e proprio.
Le ricerche e le sperimentazioni effettuate in Italia ed allestero hanno accertato che
le possibilit di un efficace recupero ambientale di aree percorse dal fuoco, risultano
strettamente correlate con la capacit degli operatori di limitare tali processi erosivi con
immediati interventi di difesa del suolo.
In Liguria eventi ambientalmente traumatici di varia natura, quali incendi boschivi,
varie fitopatologie, fenomeni meteorologici di particolare intensit etc., hanno ridotto in
numerose zone la potenza dei suoli e impoverito le loro caratteristiche chimico-fisiche,
con il risultato evidente di ampie aree in cui si verificano fenomeni di propensione alla
desertificazione, per la difficolt di insediamento di formazioni vegetali adeguate.
1) Un valido supporto meccanico e chimico-fisico per limpianto e lo sviluppo di
una adeguata copertura vegetale pu essere rappresentato dallimpiego del
compost di qualit e del cippato , che consentono la riqualificazione delle
porzioni di suolo asportate. A tal fine questi materiali devono presentare le
seguenti caratteristiche:
2) larga disponibilit e relativa economicit che ne consentano un impiego
estensivo su aree vaste;
3) buone caratteristiche di stabilit fisica e di drenaggio;
4) un adeguata fertilit;
5) assenza di elementi inquinanti (inquinanti organici, metalli pesanti etc.).
E inutile soffermarsi sullimpiego estensivo di terreno vegetale, tal quale o miscelato
con materiali inerti, nel ripristino di aree percorse da incendi, soprattutto per il costo
eccessivo di tale materiale. Discorso diverso vale quanto allutilizzo del compost di
qualit, ottenuto dalla lavorazione di matrici selezionate provenienti da rifiuti solidi
urbani o da altre biomasse di scarto. Tale materiale, diretto alla ricostituzione di
substrati in grado di ospitare il reinsediamento di coperture vegetali e di permettere,
quindi, la ricostituzione di situazioni ecologiche adeguate ai principali processi
pedogenetici, appare, infatti, come una delle poche soluzioni percorribili nel ripristino di
aree forestali percorse dal fuoco.
Il compost pu garantire un buon contenuto in sostanza organica, un sufficiente
apporto in elementi nutritivi, una buona dotazione in microelementi e caratteristiche
fisiche assimilabili al terreno naturale per quanto riguarda granulometria, capacit
idrologiche, omogeneit.
Le capacit fertilizzanti del compost di qualit possono essere comparate a
quelle di mezzi agronomici pi tradizionalmente conosciuti, quali per esempio i
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75
Sostan
Sostanz
Azo
Fosfo
Potas
za secca a organica to %
ro %
sio %
%
%
35
19,2
0,5
0,66
0,6
0,5
0,25
0,2
0,9
1,05
0,7
5
Compost da scarti
verdi
50
Compost da scarti
alimentari
50
50
22,0
5
50
25,1
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Substrato
Germinazione %
Energia germinativa
100/0
70,7
4,71
80/20
62,9
6,40
60/40
63,2
6,41
40/60
60,8
7,13
20/80
51,6
7,77
0/100
49,4
8,17
suolo/compost
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Pertanto si ritiene che i dati rilevati siano sostanzialmente validi, anche se rilevati in un
breve lasso di tempo.
Infatti, anche a distanza di pochissimi mesi dalla posa dei chips si osservata una
buona coesione nello strato superficiale degli stessi, tale da conferirgli una valida
funzione antierosiva. Tale strato pu essere indicato in 1-3 cm. di spessore.
Ne consegue che limpiego di chips su terreni percorsi dal fuoco pu fornire una
duplice funzione:
o a breve termine, a partire dai primissimi mesi post-incendio, pu fornire uno sorta
di feltro biodegradabile con evidenti funzioni antierosive;
o a medio-lungo termine contribuisce allapporto di sostanza organica in terreni
che, proprio per il passaggio del fuoco, ne risultano fortemente carenti.
In termini pratici, si ritiene che nella progettazione e nella esecuzione degli interventi
sia opportuno procedere alla cippatura dei materiali legnosi ancora presenti in sito,
compresi quelli parzialmente combusti, provvedendo a spargere i chips
omogeneamente sul terreno e si ritengono sufficienti strati di 2-3 cm.
Nel cantiere di Noli-Spotorno si impiegata tale tecnica, sia con la cippatura della
necromassa presente, sia con lapporto di cippato da altri cantieri.
Infine rimanendo in un contesto di sperimentazione pratica di sistemi e
tecniche innovative per il recupero delle aree percorse dal fuoco, occorre fare
accenno allimpiego delle micorrize. Si tratta di funghi che possono formare
simbiosi con gli apparati radicali del 90% delle specie vegetali presenti sul
pianeta. Questa relazione e particolarmente importante per le piante che in
agricoltura hanno bisogno di considerevoli quantita di nutrienti ed acqua per
raggiungere ottimi risultati di crescita.
Il fungo micorrizico produce enzimi che aiutano ad estrarre facilmente dalle
particelle del suolo elementi come azoto, calcio, ferro e fosforo; favorisce anche
lassorbimento dellacqua, ritarda lazione degli agenti patogeni del suolo, e facilita
laggregazione delle particelle del terreno in una struttura porosa migliorandone le
condizioni. In cambio, riceve dalle piante, con cui ha attivato la simbiosi, carboidrati ed
altri composti importanti per le sue attivit vitali.
Si possono dividere in due principali categorie :
o le Ectomycorrhizae, le pi numerose, che si attaccano alla parete esterna delle
cellule dellapparato radicale delle conifere;
o le Endomycorrhizae che invece colonizzano il tessuto radicale penetrando
direttamente nelle cellule;
Queste ultime si associano preferibilmente con specie arbustive ed erbacee, incluse
le pi importanti piante a livello commerciale nel settore agricolo ed ornamentale.
La continua ricerca e sperimentazione ha dimostrato che questa simbiosi migliora
considerevolmente lassorbimento, da parte del vegetale, dei nutrienti, favorisce la
crescita dellapparato radicale, la resistenza ad una vasta gamma di patologie, riduce
lo shock del trapianto, lo stress dovuto alla siccit e ad altre situazioni atmosferiche
molto critiche, e luso di fertilizzanti.
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Negli Stati Uniti le micorrize vengono utilizzate nelle aree percorse dal fuoco per
stimolare laccrescimento degli apparati radicali e delle parti di piante (semi, parti di
fusto, ecc.) ancora presenti in sito, favorendo pertanto la ripresa vegetativa delle
formazioni forestali un tempo presenti nellarea danneggiata, e migliorandone
contestualmente le caratteristiche del suolo.
Lapparato radicale micorizzato di un albero sviluppa una fitta ed estesa rete di
filamenti da 2 a 5 volte pi sottili delle normali radici, ed hanno una superficie di
assorbimento per unita di volume da 10 a 1000 volte superiore; questo consente ai
suddetti filamenti di esplorare gli spazi meno accessibili del terreno ed un assorbimento
molto pi efficiente e permette anche una maggiore tolleranza alla siccit, alla salinit,
agli agenti patogeni ed agli squilibri chimici del suolo.
Inoltre, come gi detto, questi filamenti micorrizici producono humus e collanti
organici che aiutano laggregazione delle particelle del terreno e ne aumentano la
porosit, quindi laerazione e la permeabilit del suolo.
Tutti questi elementi influenzano positivamente il trapianto e la crescita di specie
arboree od arbustive di ogni genere, oltre ad una riduzione ed un maggior controllo dei
fenomeni erosivi.
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