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Televisione e alienazione

Di Gianantonio Valli - Altri Testi - 22/08/2005

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Questa razza di casa nostra [...] dura a morire e qualche volta si risveglia bruscamente. Bisognava impedire quel
risveglio. Da qui i negri, da qui le naturalizzazioni in massa di ghetti interi, l'abbrutimento per mezzo dei quotidiani,
della radio, della pornografia e della pubblicit, dell'idolatria del ricco, dell'adorazione dell'orpello, la beatificazione del
pugile e della ballerina nuda, tutta questa fiera che sa di polvere e carta d'Armenia e nella quale passeggia docilmente
una generazione inebetita, assordata dai giradischi e dalle orchestre dei maneggi, sussultante fra i petardi, a bocca
aperta davanti alle sirene e ai mostri, con la gola secca, gli occhi opachi, senza tregua in movimento dentro questa
kermesse senza baldorie, in questa ressa senza sguardi, sognando vagamente un'eterna scoraggiante domenica che
sarebbe stata tutta la loro vita. Questo era l'antifascismo.
Maurice Bardche, L'uovo di Colombo, 1952
Oggi sono essenzialmente i media stampati ed elettronici a plasmare le nostre attitudini percettive, a stabilizzare criteri
di senso collettivi che ci consentono la comprensione del presente e che fungono da costante contesto di riferimento
per orientare anche la nostra esperienza personale [...] Altrettanto evidente dovrebbe essere l'inconsistenza della linea
di demarcazione fra democrazia e totalitarismo che i teorici del pluralismo tentano di tracciare assumendo come
discriminanti delle nozioni tanto deboli quanto ambigue di autonomia dell'opinione pubblica e di policentrismo dei
mezzi di comunicazione di massa. Contro le tesi classiche del pluralismo democratico, l'indagine scientifica e
l'esperienza storica sembrano provare che l'efficacia persuasoria dei massmedia opera assai pi in profondit nei paesi
a democrazia pluralistica (e a economia di mercato) che non nei paesi totalitari.
Danilo Zolo, Il principato democratico, 1992
La televisione e gli altri media elettronici hanno cambiato la base delle attivit umane. Ci possiamo permettere di
ripetere questa ovviet, visto che anche i critici pi acuti della societ odierna non sono pienamente coscienti dei
cambiamenti che questo comporta per le nostre relazioni cognitive, emotive e funzionali con il nuovo ambiente globale
prodotto dai media.
Derrick de Kerckhove, La civilizzazione video-cristiana, 1995
Come che sia, la base della potenza americana sta, in larghissima parte, nel dominio del mercato mondiale delle
comunicazioni. L'ottanta per cento delle parole e delle immagini che circolano nel mondo provengono dagli Stati Uniti.
Zbigniew Brzezinski, 15 dicembre 1990
Distruggeremo la vostra cultura come abbiamo distrutto la nostra.
il conduttore (ebreo americano) Jay Leno, in uno spot per l'European Super Channel della NBC
La parte del laudator temporis acti sempre imbarazzante, ma l'approdo di una rincorsa ossessiva dello sviluppo
scientifico e tecnologico il vicolo cieco di un nichilismo triviale. Come recitava una vecchia canzone d[el cantautore
Franco] Battiato: Pi diventa tutto inutile, e pi credi che sia vero, e il giorno della Fine non ti servir l'inglese.
Roberto Zavaglia, Nanotecnologo - Il mestiere del futuro, 1997
Quello che in Occidente chiamiamo pensiero il prodotto della resistenza del cervello al flusso dell'informazione.
Derrick de Kerckhove, La civilizzazione video-cristiana, 1995
--------------------------------------------------------Se teniamo presente l'influenza enormemente pi vasta e incisiva del Piccolo Schermo rispetto al grande del cinema e
la possibilit di essere messi in contatto in ogni momento con l'immaginario collettivo televisivo ci gioco capire come,
col passare degli anni, i moduli comportamentali televisivi abbiano rivoluzionato e plasmato, e stiano tuttora
plasmando, lo psichismo dell'uomo in modo molto pi profondo che non il cinema.
Per la prima volta nella nostra storia scrive l'americano Jeff Greenfield possibile rispondere alla domanda "Chi
ha fatto l'America?": la televisione. In a very real sense continua John O'Connor, docente di Storia al New Jersey

Institute of Technology e co-direttore del periodico Film & History television is American Culture, in senso letterale
la televisione la civilt dell'America.
A differenza di quanto possa pensare taluno dei meglio-intenzionati oppositori del Sistema Mondialista, come non
esistono armi neutre rispetto alle strutture sociali e ai Sistemi di Valori in cui sono nate, non esiste neppure la
neutralit della Scienza (e tantomeno ancora della Scienza moderna, portatrice di una propria morale totalitarioprogressista perfettamente inscrivibile in quella giudaico-cristiana, di cui anzi legittima figlia) n, a maggior ragione,
la neutralit della Tecnologia e delle tecniche. La Tecnologia, come la conosciamo oggi e come stato dimostrato da
studiosi quali il primo Jeremy Rifkin e da noi stessi in Lo specchio infranto un fenomeno storico generato da una
certa precisa idea della natura, da una certa precisa idea del progresso, da specifici ideali sociali e da specifiche
aspirazioni sui fini della vita umana e del cosmo, ideali ed aspirazioni di chiara ascendenza giudaico-cristiana. E ci non
solo sotto il profilo ideologico-morale, ma anche dal lato pratico.
Ma c' qualcosa di ancor pi terribile e non-umano: pi ancora della Scienza, le Tecniche infatti non sono e non sono
mai state strumenti inerti, governabili a piacimento dai loro inventori o direttori pro-tempore (di qui la profonda
diffidenza ellenica per la techn). Pi ancora della Scienza quadro di riferimento che lascia pur sempre all'uomo
un'autonomia spirituale la Tecnologia ha una sua logica, una logica ancor pi impersonale che non solo contrasta e
distrugge i suoi nemici, cio le logiche e i Sistemi di Valori che le si oppongono, ma entra in conflitto perfino con le
ideostrutture che l'hanno giustificata sul piano sia filosofico che emozionale, potenziandola su quello fattuale
(cristianesimo, marxismo, capitalismo, democrazia).
Quanto a due brevissimi esempi, oltretutto esplicatisi in epoca ancora tranquilla, prima cio dello scoppio della
rivoluzione concettuale baconiana, basti pensare all'introduzione della polvere da sparo nelle contese guerresche, che
comport il declino del potere della cavalleria medioevale e il sovvertimento delle tecniche costruttivo-architetturali.
Basti pensare a come l'introduzione della semplice staffa abbia, ancor prima, reso possibile, col maggiore e decisivo
potere di offesa conferito all'uomo a cavallo, l'affermazione dell'universo feudale, innestandone le strutture sociopolitiche sulle strutture ideazionali della trifunzionalit indoeuropea.
E tale discorso vale ancor pi per i media. Essi non sono semplici canali di trasmissione tra due o pi ambienti; poco o
nulla conta, nella genesi dei pi profondi mutamenti sociali (psico-esistenziali), la qualit delle informazioni. I media
sono in realt, al di l di ogni presunzione faustiana e di ogni futuristica brama di dominio, ambienti in se stessi e per
se stessi. Svincolati da umana volont, col tempo essi seguono una loro logica intrinseca, comportando conseguenze
che, indipendentemente dalla sostanza del messaggio, sono non solo quasi sempre imprevedibili ai controllori di
turno, ma in ogni caso eversive dell'ordine in cui sono nati.
Ben rilevano infatti Daniel Yergin e Joseph Stanislaw: Dopo gli sconvolgimenti delle guerre mondiali, delle rivoluzioni
e della depressione, assistiamo oggi al processo di rinascita di un'economia globale. Cos come nell'Ottocento il motore
a vapore e il telegrafo hanno reso il mondo pi piccolo, l'odierna tecnologia sta tornando a erodere distanze e confini.
Questa volta per gli effetti di tale fenomeno sono molto pi globali, non escludendo nessun paese o comunit. La
tendenza in atto appare evidente sotto molti aspetti. Il numero di passeggeri di voli internaziomnali passato da 75
milioni nel 1970 a 409 nel 1996. Tra il 1976 e il 1996 il costo di una telefonata di tre minuti dagli Stati Uniti alla Gran
Bretagna passato in termini reali da circa otto dollari a trentasei centesimi, e il numero di telefonate internazionali
passato da 3,2 miliardi del 1985 a 20,2 miliardi del 1996. Oggi il mondo vede gli stessi film e spettacoli; dai satelliti
rimbalzano le stesse notizie e informazioni, creando istantaneamente un vocabolario comune per qualsiasi evento.
Del tutto immatura e volpinamente fuorviante quindi la dichiarazione di David Sarnoff, presidente della RCA Radio
Corporation of America e nel 1926 creatore della prima rete radio americana, la NBC National Broadcasting Company
(anche la CBS, seconda rete radiotelevisiva, viene fondata da ebrei), attivo sionista, membro del direttivo della
Educational Alliance, primo socio onorario del Weizmann Institute of Science, nonch alto dirigente dello Jewish
Theological Seminary: Siamo troppo propensi a fare degli strumenti tecnologici i capri espiatori dei peccati di coloro
che li maneggiano. In se stessi i prodotti della scienza moderna non sono n buoni n cattivi: il modo in cui vengono
usati che ne determina il valore.
Tale opinione, da una parte naturalmente diffusasi tra le masse moderne, dall'altra ad arte predicata da tecnici
superficiali o interessati, viene aspramente criticata da Marshall McLuhan: Proprio nulla nella frase di Sarnoff regge ad
un esame appena attento, nonch viene definita, con incisiva semplicit, la voce dell'attuale sonnambulismo. O
anche, con immagine altrettanto felice: i media moderni sono ormai diventati, per tutti coloro e sono la maggioranza
che ne hanno accettato l'influenza in modo docile e subliminale, prigioni senza mura per gli uomini che ne fanno
uso. Il medium il messaggio, suona l'abusato, spesso non capito e male interpretato motto del sociologo
canadese: l'impatto della forma comunicativa, indipendentemente da ogni bont o meno delle intenzioni e del
contenuto, oltrepassa cio sempre e comunque la sostanza del messaggio; l'estrinsecit prevale sull'intrinsecit.
Certo i media non crescono n si sviluppano nel vuoto; varie forze sociali, politiche ed economiche favoriscono lo
sviluppo di alcune tecnologie, nonch i loro usi e configurazioni (nulla pi chiaro al proposito della storia del cinema).
E tuttavia, al di l di ogni volont, la Tecnica stessa si svincola, nel tempo, dai suoi direttori, imponendo dapprima
profonde ristrutturazioni ad alcune articolazioni societarie, portando poi alla ristrutturazione, coerente coi nuovi
moduli, dell'intera societ.
Quando poi tale ristrutturazione si muova nel senso della Weltanschauung di quei direttori dei loro desideri e delle
loro aspirazioni di dominio finanziario, politico e ideologico l'osservatore rischia di non scorgere o di sottovalutare la

logica sistemica che ne sta alla base, illuminando in modo eccessivo il ruolo dei promotori, addebitando loro la genesi
dei mutamenti, rischiando di trovarsi spiazzato nell'analisi del fenomeno e di fronte alle obiezioni dei laudatori della
Modernit. D'altra parte e al contrario, supervalutando asetticamente la logica del Sistema dando cio indebita
importanza alla speculazione sociologica e mettendo in secondo piano la ricerca storica e ideologica l'osservatore
rischia di perdersi nell'astrattezza. In realt, se certo esiste una logica sistemica, se esiste un Sistema autosostenentesi ed ormai impersonale nella sua struttura di fondo, esistono anche non solo influenze, azioni e retroazioni
di tipo cibernetico, non solo teste pensanti che, se pure non pi dirigenti, del Sistema sono i regolatori e i custodi, i
difensori ed i giudici. Esiste soprattutto la consapevolezza della genealogia profonda del Sistema, genealogia che,
prima che tecnica e settoriale, storica e ideologica, quindi spirituale e religiosa.
Quanto alla televisione, i suoi veri portati, finora non avvertiti dai giubilanti spettatori e funzionali a chi delle strutture
mentali della Modernit stato il promotore, cio il Popolo Santo, consiste: 1. nell'appiattimento delle esperienze (pi
spietato di noi, scrive Daniel J. Boorstin: Come la stampa cinque secoli or sono inizi a democratizzare l'istruzione,
cos la televisione democratizzer l'esperienza), 2. nell'indifferentismo, cio nella perdita del senso del valore della
notizia, 3. nella distruzione delle differenze tra i popoli, 4. nella distruzione di tutte le vecchie strutture di luogo o, pi
chiaramente, di tutte le precedenti strutture di relazione, e non solo tra gli individui od i popoli, ma tra l'uomo e il suo
ambiente (Umwelt: ci che sta immediatamente intorno), tra l'uomo e il mondo (Welt), tra l'uomo e il Cosmo. In
un'unica espressione: consiste nel condurre al compimento finale la separazione dell'uomo dalla Natura che si
primamente fondata sull'antico, eterno odio giudaico per Questo Mondo.
A simili conclusioni giunge Joshua Meyrowitz, docente di Comunicazione all'Universit del New Hampshire: La mia
teoria sostiene che questa ristrutturazione delle occasioni e delle rappresentazioni sociali stata, almeno in parte,
all'origine delle recenti tendenze sociali, comprese la confusione dei concetti di infanzia e maturit, la fusione delle
nozioni di mascolinit e femminilit e l'abbassamento degli eroi politici al livello del cittadino medio [...] Riunendo tanti
tipi di persone nello stesso "luogo", i media elettronici hanno favorito la confusione di molti ruoli sociali un tempo
distinti. Dunque, i media elettronici ci influenzano non tanto coi loro contenuti, ma modificando la "geografia
situazionale" della vita sociale.
La confusione dei ruoli, con l'abbattimento delle antiche istituzioni e la formazione di nuovi centri direttivi e di strutture
pi omogenee, investe le religioni, le gerarchie, la famiglia, i sessi, le razze, le differenze nazionali, il rapporto
pubblico-privato, la semantica, i concetti stessi: comporta l'eversione di ogni precedente strutturazione umana. Nulla
di strano che l'espressione politically correct sia nata nel Paese di Dio; non a caso quella confusione dei ruoli detta
androginia situazionale ha partorito proprio l termini neutri quali chairperson (persona che presiede), meno
offensivo di chairwoman (presidentessa) e di chairman. La banalizzazione dell'esistenza, la volgarizzazione dei
vissuti, il senso d'impotenza, intercambiabilit e inutilit personale, la mancanza di ruoli definiti tutto ci ne
consegue. I nuovi media aboliscono i concetti di sfere maschili o femminili, di capanne o edifici particolari, di luoghi
sacri o profani. Il mutamento del rapporto tra luogo fisico e luogo sociale investe ogni ruolo e persona. Per la
maggioranza il mondo diviene senza senso perch, per la prima volta nella storia, il mondo privo di luogo e di
centro.
Ma la perdita di luogo e la mancanza di centro, la scomparsa delle articolazioni sociali all'interno di societ
intercambiabili e sostanzialmente identiche (fenomeno che investe in misura infinitamente minore i
regolatori/mediatori/manipolatori di quelle societ), la mancanza di individuazione personale e di gerarchia sociale
fanno precipitare la massima parte degli esseri umani i pi fragili, insicuri e bisognosi di solidariet da parte dei
connazionali nell'anomia, nel solipsismo, nella disperazione. Porsi oltre il senso del luogo comporta, data la natura
umana com' stata plasmata in milioni di anni, il porsi oltre ogni senso, perdere ogni senso, ogni coordinata non solo
spaziale ma temporale, societaria, familiare, psichica e mentale.
Noi non concordiamo col retorico, criminale quesito/incitamento di Francesco Remotti: Ma proprio poi necessario
avere un'identit nel nostro mondo?. Noi non siamo non vogliamo essere quei transhumants ebraici, quei
vagabonds de l'univers staffilati da Henri Labroue, e neppure quei tecno-allucinati nuovi nomadi cantati da Arianna
Dagnino. Noi non siamo non vogliamo essere quegli irrevocabili figli di Babele cantati dal sociologo Guy
Scarpetta in Eloge du cosmopolitisme. Non vogliamo esserlo perch sappiamo dalla personale esperienza e
dall'insegnamento dei padri che or mezzo secolo caddero, armi in pugno, per contrastare la decadenza dell'uomo
che l'esserlo comporta il disfacimento delle qualit pi vere e sofferte dell'essere umano. Solo un puro nichilista pu
apprezzare la fortuna dell'esilio, solo un puro nichilista pu venir confortato da una condizione psico-sociale in cui si
abbia l'agio, come predica Scarpetta, di fare scoppiare le identit e l'appartenenza, da una condizione il cui punto di
riferimento primario sono gli USA, paese modello, rete attraverso le maglie della quale si pu [sempre] sfuggire.
***
Un'indagine del Congresso riferisce che l'americano medio degli ultimi anni Ottanta consuma un quarto dell'esistenza
da sveglio guardando la televisione e che, per i figli, la sola attivit che prende pi tempo della TV il sonno. Altri studi
rivelano che le famiglie con redditi inferiori ai diecimila dollari guardano la TV in media 47 ore e 3 minuti settimanali,
mentre quelle con redditi superiori a trentamila restano davanti al teleschermo 47 ore e 50 minuti. Le abitudini
televisive sono quindi sostanzialmente uniformi per ceto sociale, mentre la differenza concerne i gruppi di et. Gli
adolescenti sono quelli che guardano meno la TV, con una media di sole 22 ore e 30 minuti (oltre tre ore al giorno);
gli individui oltre i 55 anni toccano invece le 35 ore e 6 minuti (cinque ore al giorno). Il bambino della pi recente TV
generation guarda, fra i tre e i cinque anni, la TV per 54 ore (quasi otto ore quotidiane). Prima dell'inizio del ciclo
scolare our boy assorbe quindi 5000-5500 ore di TV, per un quinto pubblicitarie; prima di terminare le medie ha
riempito la vita con oltre 20.000 ore di Piccolo Schermo.

Anche in Italia il consumo di televisione vertiginosamente aumentato: gli adulti (sopra gli undici anni) passano
davanti al video quasi quattro ore al giorno; i ragazzi sotto gli undici, qualcosa di pi. In dettaglio, quanto alle ore di
esposizione ripartite nelle quattro classi 0-2, 3-4, 5-6 e oltre 6, le percentuali concernenti i ragazzi (6-13 anni), gli
adolescenti (14-19 anni) e gli adulti sono: 26, 52, 18 e 4; 32, 52, 14 e 3; 42, 45, 11 e 2. Il che significa che il Piccolo
Schermo intrattiene soprattutto individui delle et pi basse. Dopo il sonno e il lavoro, il guardare la televisione la
terza grande attivit dell'uomo soprattutto del minore moderno.
Oltre a due effetti di rilevanza individuale: 1 la caduta verticale della capacit di fissare l'attenzione per pi di un
certo tempo (se a un buon insegnante occorre anche un'ora per sviluppare un dato argomento, gli spazi televisivi
obbligati di novanta secondi troncano quello stesso argomento in modo irreparabile) e 2 la perdita di interesse per la
lettura aspetti che coinvolgono per mimetismo inconscio (vale a dire per l'inconscia occupazione degli spazi mentali
ad opera non solo delle immagini ma dell'intera atmosfera televisiva che foggia l'Umwelt dell'uomo moderno) anche
persone che fruiscono della TV per tempi ben sotto la media l'esposizione allo sbarramento delle immagini
televisive hanno due rilevanti effetti sociali:
3 il conformismo applicato e 4 l'ignoranza generalizzata. Se del primo Marie Winn ad affermare che il Piccolo
Schermo influenza necessariamente le abitudini di gioco dei ragazzi, per cui un giovane che non conosce i suoi
programmi ha difficolt a farsi degli amici o ad entrare a far parte della banda del quartiere e pu diventare, papale
papale, lo scemo del condominio, della seconda si fa paladino il tecnocrate Nicholas Negroponte (fondatore e
direttore del Media Lab del MIT): La maggior parte dei bambini americani non fa differenza tra il Baltico e i Balcani,
non sa chi erano i visigoti e ignora dove abitava Luigi XIV. E con questo? Perch sarebbe cos importante? Sapevate voi
che Reno a ovest di Los Angeles?.
Un quinto effetto 5 la distorsione del tempo e dello spazio indotta nei cervelli. Essa rende vaghe e irreali le
sensazioni e, al contempo, rivendica a s un maggiore grado di realt. Se da un lato favorisce l'effetto gregario,
indebolisce dall'altro le relazioni con chi ci sta intorno, poich riduce, e talvolta elimina, le normali occasioni per
comunicare. Come quindi stupirci che siano proprio gli americani ad avere il senso pi ottuso dell'irrealt, nei confronti
dell'essere umano e del mondo?
Infatti, se la televisione una ladra di tempo, inchiodando per ore i ragazzi ed escludendoli da attivit che sul lungo
periodo sono indubbiamente assai pi importanti per il loro sviluppo, altrettanto gravi sono quindi altre distorsioni.
Come scrive John Condry: Per lo pi, l'attenzione del bambino non si fissa, perch il materiale facilmente
comprensibile. I bambini capiscono qualcosa del contenuto dei singoli programmi, ma non alla stessa maniera degli
adulti. Ad esempio, non capiscono le sequenze lunghe e hanno una comprensione ridotta delle motivazioni e delle
intenzioni dei singoli personaggi. Non sono capaci di trarre deduzioni da un'azione cui non assistono direttamente, cio
da un'azione sottintesa ma non esplicitamente mostrata [...] La televisione non li informa sul mondo, anzi spesso li
disinforma. La televisione non concepita per fornire ai bambini informazioni circa il mondo reale. Quando viene usata
per questo scopo, fa un pessimo lavoro. La TV moderna, specie nel modo in cui viene attualmente utilizzata negli Stati
Uniti, ha un unico obiettivo: vendere merci. La televisione fondamentalmente uno strumento commerciale. I suoi
valori sono i valori del mercato; la sua struttura e i suoi contenuti rispecchiano tale obiettivo [...] La cosa davvero
assurda che la TV non mostra mai nessuno intento a lavorare per guadagnare le ricchezze che ostenta. Non esiste
alcun legame fra il lavoro e la vita. I bambini, che preferiscono la soluzione pi rapida ai problemi, cercano la bella vita
cos come la definisce la televisione, vale a dire possedere tante cose, ma non sanno come procurarsele. E come
potrebbe essere diversamente? Mostrar gente che lavora, per la televisione una bestemmia, uno spreco di tempo!
Rende la TV noiosa, e ci sarebbe inammissibile. In televisione ogni momento dev'essere emozionante, ogni
avvenimento deve attrarre l'attenzione.
Allo scopo tutto buono, a partire dalla presentazione ossessiva della violenza. Ma se l'onnipervadenza della violenza
le conferisce un valore morale, altri aspetti vengono martellati a foggiare le coscienze. I valori strumentali
dell'essere belli, giovanili, sexy, capaci e furbi (di gran lunga meno citati/vantati sono l'essere
coraggiosi, coerenti e il saper perdonare) servono a conseguire i due massimi valori terminali della Modernit: la
felicit e il riconoscimento da parte della societ (anche l'eguaglianza e l'amicizia vengono posti, sia nella
fiction che negli spot pubblicitari, in netto secondo piano).
La moralit di un'azione viene inoltre sempre pi a dipendere da chi la compie, la correttezza o meno di un
comportamento viene riferita non a quel comportamento in s, ma al personaggio che lo agisce: A quanto pare
conclude Condry gli spettatori di un programma hanno a disposizione diverse strutture morali, a seconda della loro
familiarit con i personaggi. I giudizi morali di persone che non hanno familiarit con essi, pare, vengono dati in base
ad una scala di moralit ideale, senza tener conto della simpatia dei personaggi stessi. Ben diversi, invece, i giudizi
morali di persone che hanno familiarit con i personaggi, che li "conoscono" o nutrono sentimenti positivi o negativi nei
loro riguardi. Ci che non ammissibile per le persone che ci stanno antipatiche perfettamente accettabile da parte
di coloro che amiamo. L'oggettiva 6 induzione di una doppia morale (tanto cara, del resto, alle ideocrazie comunista
e giudaica) allora il sesto degli aspetti devastanti la psiche dell'uomo.
Per quanto concerne infine la mondializzazione (la democratizzazione cantata da Boorstin!) delle esperienze,
gravissimi appaiono 7 la distruzione delle culture e l'appiattimento delle civilt su di un unico modello psico-sociale,
quello del demoliberalismo/giudaismo. Riguardo ai bambini delle ultime generazioni, ben scrive Marina D'Amato: Si
assiste per la prima volta nella storia dell'umanit alla diffusione di miti uguali per bambini di paesi e culture diversi.
Gli stessi cartoni e gli stessi telefilm sono diffusi infatti in molti paesi del mondo contemporaneamente. Non esistono al
momento attuale ricerche che indaghino comparativamente su questo fenomeno, e quindi non possibile intervenire
con opinioni in merito che non siano puramente ipotetiche. Ma si pu ipotizzare che con le generazioni degli anni

Ottanta e Novanta, che a livello planetario stanno crescendo con lo stesso scenario fantastico, psicologi e antropologi
dovranno fare i conti considerando questa variabile.
Per secoli le fiabe sono state, con le leggende e le storie, parti essenziali di ogni realt culturale, della quale si
proponevano come esemplificatrici di miti, valori, simboli e comportamenti. Sempre la socializzazione dei giovani
passata attraverso il racconto degli eventi accaduti prima, capaci di fornire sia paradigmi e strumenti d'azione per
l'esperienza quotidiana, sia risposte per i fini ultimi della vita. Il mito, nelle sue diverse accezioni, ha sempre avuto una
funzione di guida e riferimento, passando, da elemento religioso e cultuale, a informare da una parte poesia ed arte,
dall'altra storia e morale. Anche la fiaba, trasposizione popolare di mitologemi e modalit di trasmissione culturale tra
le pi efficaci, stata per millenni, in forme diverse secondo il diverso psichismo dei popoli, depositaria della cultura,
che ritrasmetteva ad ogni sua riproposizione. Per millenni essa ha fatto s che i processi interiori venissero
esteriorizzati e resi comprensibili attraverso i personaggi e gli eventi della vicenda. Oggi, con l'avvento della televisione
multirete e la contestuale diffusione mondiale del mezzo, si assiste, continua la studiosa, ad un fenomeno nuovo,
perch gli stessi episodi di commedie seriali, di telefilm o di cartoni intrattengono bambini brasiliani, francesi,
statunitensi, giapponesi e persino cinesi... lecito pensare che per la prima volta nella storia dell'uomo si possa
andare verso una sorta di "omogeneizzazione culturale"? Siamo entrati da questa via nel villaggio globale ipotizzato da
McLuhan? L'ideologia dei giovani del Novanta avr a che fare con questo processo di socializzazione che la televisione
sta operando oggi?.
infatti evidente commenta Alberto Ostidich che, con l'azione incessante e coordinata di immagini e suoni,
l'agto [e non lo spettatore quale attore e sceglitore del programma] venga a subire ci che gli vien presentato come
informazione, suggerimento, esempio, o altro; e la sua disponibilit ad accettarlo come valido ed oggettivo, ossia a
coglierne acriticamente il messaggio, cresce nella misura in cui diminuiscono le sue difese inibitorie immerso com'egli
si trova in una realt dove interagiscono toni suadenti ed effetti speciali, brio e relax, zapping e pensiero episodico.
Immagini e suoni, inoltre, si avvalgono di forme non mediate per descrivere l'insieme, recepito come "vero", e quel
loro succedersi, rapido e incalzante, imprime nello spettatore sensazioni tali da ridurre molto, assai spesso, o
addirittura annullare ogni capacit analitica da parte sua. Se poi consideriamo che il destinatario del "messaggio" altri
non se non un individuo racchiuso ed isolato in una abitazione arredata in serie, e del tutto simile a quella di milioni
di altri individui dagli stessi suoi orari di lavoro, pausa-pranzo, trasporto, etc.; che si tratta di un individuo con evasioni
programmate, divertimenti e ferie organizzate; alle prese con gli identici, soliti "problemi quotidiani" di tanti e tanti
altri, alle prese, soprattutto, con la mancanza di una propria vita interiore; ebbene, risulter facile che quest'essere
massificato e spotizzato vada a confluire, a seconda dei casi o delle situazioni, nella fascia degli sportivi, delle
casalinghe pulitodipendenti, dei giovani, degli uomini che non debbono chiedere mai [personaggi-tipo di una campagna
pubblicitaria], etc.; fasce verso cui sono distintamente indirizzate le varie forme di "acquisto del consumatore"... nel
senso che quest'ultimo ad essere di fatto acquistato.
Come per il cinema, uno degli aspetti pi rilevanti dell'Operazione Piccolo Schermo la diffusione cio dei paradigmi
mondialisti praticata dai Regimi di Occupazione Democratica imposti dopo il conflitto mondiale si lega strettamente
all'antirazzismo del Sistema, all'esaltazione della societ multiculturale come massima ed anzi unica espressione
possibile dell'essenza umana, alla raffigurazione del crogiolo multirazziale come Sommo Bene. Nulla serve di pi, allo
scopo, delle fittizie famiglie multicolori di serial tipo Diff'rent Strokes, Arnold, o Webster (id.), o Small Wonder,
Super Vicky. Nel primo, prototipo di tutti gli altri, il protagonista, un ragazzino nero particolarmente odioso
interpretato dal venticinquenne Gary Coleman cui un morbo renale ha donato un eterno aspetto infantile, viene
adottato da una coppia di bianchi dell'alta borghesia newyorkese. Con lui, in una casa elegante e dotata di domestica
bianca, vive un fratello pi grande, anch'egli negro adottato. I problemi affrontati in ogni episodio riguardano i
contrasti del Nostro con gli altri e con il mondo esterno, che la saggezza e la bont del padre riescono di solito a
ricomporre. La saggezza di Arnold, le sue analisi delle situazioni sono talmente proverbiali da costituire uno
stereotipo; le sue espressioni di rammarico, di gioia o di meraviglia vengono talmente esaltate dai tratti del viso da
sembrare una maschera (gli spettatori devono conoscere il mondo non dall'interazione con esso, non dagli specifici
contesti storico-sociali o dal particolare comportamento dei diversi gruppi razziali, ma unicamente dalle smorfie dei
protagonisti, smorfie uguali per il bianco come per il negro, per il giallo come per il meticcio). Il viso del protagonista
mette in risalto ancor pi la diversit razziale dei genitori e contribuisce a creare nella retina (e nel cervello) dello
spettatore l'immagine dell'integrazione totale.
L'elemento che caratterizza i tre serial, secondo anche la D'Amato, quello dell'adozione di un "essere" diverso. Il
fatto che famiglie bianche di media e alta borghesia adottino un bambino nero un messaggio esplicito di integrazione
razziale e di disponibilit a ridurre fino ad annullare la distanza sociale. Il problema del pregiudizio etnico viene cos
affrontato e risolto nel migliore [e pi falso] dei modi, la commedia annienta la distanza sociale, paradossalmente
esaltando le diversit. Infatti, in tutti i serial esaminati, i genitori hanno un aspetto che denuncia la loro origine WASP,
detentori di buone posizioni sociali [...] di attivit lavorative gratificanti, di mogli emancipate, gradevoli,
intraprendenti.
Nella massima parte di tali spettacoli la quotidianit prevale sul mondo dell'avventura, caratterizzandosi per la perdita
dell'eccezionale e il predominio dell'intimismo sentimentale: il minimalismo la fa da sovrano. La quotidianit offerta
non mai drammatica e si basa sulla contrapposizione dell'elemento interno con quello esterno, perturbatore ed
imprevedibile, con lo scioglimento della vicenda in un'apoteosi di riassicurazione, finale ampiamente prevedibile fin
dall'inizio. L'amicizia, l'affetto, l'amore sono gli elementi pi frequenti; il conflitto sostituisce la guerra che, quando
compare, in relazione a cartoni tipo Robotech e Transformers (anche tali guerre sono sempre e solo azioni di difesa
nei confronti di attacchi esterni, che minacciano la sempre pacifica esistenza dei nostri). La famiglia, cio il contesto
pi scontato del piccolo teleutente, non viene comunque pressoch mai rappresentata nella sua dimensione
normale: non esiste la famiglia biologica, composta da padre, madre e figli (e, perch no, anche nonni). La famiglia
televisiva invece un'unit atipica, fatta di volta in volta di padre e di figli, di madre e di bambini, di genitori separati o

di vedovi, talvolta risposati fra loro, di nonni e di nipoti (l'unico esempio di famiglia normale, nota caustica la
D'Amato, la mostruosa Famiglia Addams).
Nuovi schemi vengono instillati nel software della mente e nell'hardware delle reti neuronali, categorie di valori non
solo differenti da quelle del plurimillenario vivere dei popoli, ma proprio nuove modalit di pensiero. L'incessante flusso
di immagini e suoni relega la parola tra i ferrivecchi, poich tutto pu essere percepito anche senza l'audio (si pensi
che, se nel Medioevo una persona-tipo entrava in contatto con una quarantina di immagini finte affreschi, dipinti
ed icone nel corso di tutta una vita, oggi la stessa viene assalita da qualcosa come 400.000 immagini al giorno).
All'aumento di importanza della comunicazione non-verbale segue quindi la resa della parola, poich il significato di
tutte le azioni pu essere dedotto senza difficolt anche dalle sole espressioni e dai gesti: La fisiognomica ha un ruolo
fondamentale, i volti sono degli universali simbolici. La collera, l'ira, la dolcezza, la bont, la cattiveria, l'invidia sono
atteggiamenti irrevocabilmente definiti dai segni che definiscono, pietrificandoli, tutti i personaggi. In questo contesto
la vista ridiventa infinitamente pi importante dell'udito, l'espressione diviene assolutamente pi significativa delle
parole, l'ambiente quasi inutile.
In questo contesto che privilegia l'azione e la suggestione, non ha pi spazio la riflessione, nessuna cittadinanza
l'argomentazione, nessuna possibilit la ragione.
Come hanno documentato Marie Winn e Allan Bloom, la TV ha effetti oltremodo perniciosi sia sull'educazione che
sull'istruzione dei ragazzi. Il costante calo di voti degli studenti USA viene messo da molti in chiara correlazione con
l'aumento del numero dei possessori di televisione dal 1950. inoltre nell'autunno 1974 che un sondaggio indica che
per la prima volta la maggioranza degli americani si abbevera, per conoscere il mondo, pi alla televisione che ai
quotidiani. La storia non offre altri esempi di Stati all'apogeo della potenza il cui livello culturale medio sia declinato
cos in fretta e con tanta profondit. Quattro soli dati tra i mille che potremmo citare: 42 studenti su cento
dell'Universit di Miami non hanno la minima idea di dove sia Londra; quasi 50, di fronte a una carta muta degli USA,
non sanno trovare Chicago; uno su due non ha mai sentito nominare Moby Dick, uno dei romanzi fondanti della
letteratura americana; due cittadini su tre non sanno indicare, nell'ottobre 1993, in quale continente si trovi la
Somalia, terreno di caccia ai riottosi seguaci del generale Aidid per gli elicotteri clintoniani (da giugno ad ottobre, per
inciso, a fronte della morte di un'ottantina di militari onusici vengono uccisi 6-8000 somali; nella sola maxi-sparatoria
del 3 ottobre gli americani, presi dal panico, mitragliano indiscriminatamente la folla, uccidendo a fronte delle
duecento vittime ufficialmente ammesse oltre mille persone, tra cui centinaia di donne e bambini).
Netta la contrapposizione tra l'approccio televisivo al sapere e quello offerto dalla scrittura, tra l'uomo-non-verbale
della televisione (homo videns, lo dice Giovanni Sartori, sottolineando come il Piccolo Schermo, producendo immagini
passive, cancelli i concetti e atrofizzi la nostra capacit astraente e con essa tutta la nostra capacit di capire) e
l'uomo-tipografico del libro (che da parte nostra potremmo, con un pizzico di parzialit in suo favore, dire tout court
homo sapiens); netta la contrapposizione tra il mondo dell'intelligenza simultanea, che opera sui dati simultanei e
per cos dire sinottici (come gli stimoli visivi, che si presentano in gran numero nello stesso momento, e tra i quali
difficile stabilire un ordine) e quindi ignora il tempo e richiede un basso grado di governo (Raffaele Simone) e quello
dell'intelligenza sequenziale, che opera sulla successione degli stimoli e li dispone in linea, astraendoli, analizzandoli e
articolandoli gerarchicamente.
Come si esprime Neil Postman: Nella scuola due grandi tecnologie si scontrano, senza possibilit di compromesso, per
conseguire il controllo dei cervelli degli studenti. Da una parte sta il mondo della parola stampata, che punta sulla
logica, i rapporti di successione, la storia, l'esposizione, l'obiettivit, il distacco, la disciplina. Dall'altra, il mondo della
televisione, imperniato sulla fantasia, il racconto, la contemporaneit, la simultaneit, l'intimit, la gratifica immediata
e la rapida risposta emotiva. A sei anni i bambini sono gi profondamente condizionati dalla televisione. A scuola fanno
conoscenza col mondo della parola stampata e si instaura una specie di guerra psichica, in cui i feriti sono molti: i
bambini che non possono o non vogliono imparare a leggere, i bambini che non riescono ad organizzare il pensiero
nemmeno nella struttura logica di una semplice frase, i bambini che non sono capaci di seguire una lezione o una
spiegazione verbale per pi di pochi minuti. Sono un disastro, ma non perch siano stupidi. Sono un disastro perch
in corso una guerra dei media e loro sono dalla parte sbagliata, almeno per il momento.
La televisione, continua il neurofisiologo Herbert Krugman in Memory without recall, exposure without perception,
"Memoria senza ricordo, esposizione senza percezione", insegna al bambino piccolo a "imparare a imparare" in un
modo molto particolare, in qualche misura prima che sia in grado di parlare e, in molte famiglie di bassa condizione
socio-economica o in societ semi-analfabete, prima ancora che abbia mai visto un libro. Cos il bambino impara a
imparare con occhiate veloci. In seguito, se il bambino vive in una societ in cui si richiede la capacit di leggere, egli
confronta il nuovo strumento per "imparare a imparare" con le abitudini acquisite in precedenza dalla TV. Si sforza di
comprendere i caratteri con occhiate veloci. Non funziona. Imparare a leggere difficile, faticoso, e arriva come un
fulmine a ciel sereno, in molti casi intollerabile.
I bambini che guardano la televisione molte ore al giorno aggiunge l'olandese Cees Koolstra dell'Universit di Leida,
sottolineando di avere riscontrato in loro pi difficolt dei loro coetanei nella comprensione di testi scritti e
nell'organizzazione del linguaggio pensano per schermate, come facessero zapping col pensiero, percependo la realt
non come un tutto organico, ma come un insieme di immagini accostate a caso, non come una serie di eventi connessi
da cause ed effetti. In pi, tali bambini sono meno creativi di chi dedica il tempo libero alla lettura, sono pi impoveriti
nel gioco simbolico, fondamentale per lo sviluppo cognitivo. Diversi studi hanno ormai dimostrato che i ritmi rapidi e
spezzati, le dissolvenze, gli zoom e la musica ad alto volume abbassano la soglia di attenzione. L'abitudine alla
comunicazione per immagini, e quindi a tempi di attenzione brevissimi, rende gli scolari insofferenti ai ritmi esplicativi,
piuttosto lenti, di una lezione dalla cattedra; i programmi densi di stimoli eccitativi ne aumentano i comportamenti

impulsivi, le emozioni forti li allontanano da una vera comprensione degli eventi, spingendoli a rispondere ai problemi
senza pensare pi che tanto.
Significativamente, all'enorme aumento della variet degli stimoli uditivi che veicolano messaggi e della tipologia delle
immagini visive corrisponde un graduale e sempre pi rapido arrestarsi, in tutto il mondo, del decremento
dell'analfabetismo e all'aumento dell'analfabetismo di ritorno: Stiamo tornando a una dominanza dell'orecchio e della
visione non-alfabetica, e le giovani generazioni sono un'avanguardia di questa migrazione a ritroso. Il passaggio dalla
dominanza dell'orecchio a quella dell'occhio, conseguente alla nascita della scrittura, era apparso un progresso
definitivo, e ora invece si mostra come una delle fasi di un pendolo, una fase in cui l'uomo ha forse rinunciato a una
conquista evolutiva che la scrittura aveva stimolato, per fare un passo indietro. quasi come se si lasciasse da parte la
visione alfabetica un medium pieno di trensioni e di "fatica" per tornare a media pi naturali, pi primitivi, di minor
grado di governo (Raffaele Simone).
Sempre a prescindere dall'intrinsecit delle cose trasmesse, i media che veicolano le notizie vengono generalmente
percepiti dall'uomo come supporti neutrali di accumulo e trasmissione di dati obiettivi; non viene cio considerata
nel giusto peso la loro natura di elaboratori di un'informazione che viene sempre e comunque pre-disposta dal
cameraman e dal regista. Il Piccolo Schermo agisce sull'inconscio grazie al suo linguaggio particolare, poich il
funzionamento degli strumenti di ripresa molto diverso da quello dell'occhio umano: la telecamera non riprende mai
quello che lo spettatore vedrebbe se fosse davvero sul posto. L'occhio opera sui campi lunghi, offre continuit di azione
e panoramiche complete, eventualmente scendendo sui dettagli in un secondo tempo. La telecamera invece riprende,
indugiandovi innaturalmente, soprattutto i particolari, poich i dettagli attirano maggiormente l'attenzione dello
spettatore. Non solo: essa pu essere posta in modo da deformare o persino celare la realt: due inquadrature diverse
di una piazza riempita da scioperanti, nota Focus, possono far sembrare la manifestazione un successo o un fallimento.
L'impressione di vedere gli avvenimenti coi propri occhi pu poi essere accresciuta in diversi modi. Nei collegamenti in
diretta i rumori di fondo, anche se forti, vengono solitamente conservati, anche se le diverse piste del sonoro
permetterebbero di eliminarli. Inoltre, il conduttore pu interrogare dallo studio l'inviato sul posto, inducendo lo
spettatore a far sue le domande a questo rivolte. Tale effetto ancora pi evidente se il presentatore posto davanti a
uno schermo dal quale le immagini arrivano in diretta: l'identificazione di chi guarda da casa completa, la censura
invisibile completa, essendo fatta implicita, interiorizzata negli occhi, ricreata e persino voluta dal cervello dello
spettatore (altro, quindi, che finestra sul mondo!).
L'idea del medium neutrale deriva in effetti dall'alfabetizzazione, che ci fa considerare la stampa come il medium
informativo tipico, ove il lettore ad agire da elaboratore, e cio da soggetto attivo. Per intendere una sequenza di
parole, cio una successione di neri segni grafici su una superficie, l'uomo deve infatti trasformarli attivamente in
immagini mentali; la lettura richiede al lettore di ricreare da s il mondo del testo nella sua mente, ricostruendo da s
e dentro di s il contenuto dell'informazione. Quando leggiamo, scrive Derrick de Kerckhove, allievo di McLuhan,
dobbiamo creare un senso interiore: Oltre ad essere il materiale di cui fatta la nostra immaginazione, la lettura
anche il principale strumento grazie a cui possiamo mantenere il controllo di un processo immaginativo destinato a
nutrirsi di libri nel corso della vita. Durante la lettura di una sequenza di lettere prefissate la mente libera di prendere
autonome decisioni. anzi addirittura plausibile che l'idea stessa di Io individuale e di senso d'identit derivi in primo
luogo dalla lettura.
Solo chi pu sviluppare un proprio punto di vista , invero, a tutti gli effetti un agente libero: Con la TV, per, il punto
di vista al di fuori, e vi guarda dentro attraverso un fascio di elettroni [...] Quando il mondo occidentale era regolato
solo dai libri, c'erano un "dentro" e un "fuori" per le nostre esperienze psicologiche. Il dominio esterno era pubblico,
collettivo, stabile, affidabile ed oggettivo, era istituzionalizzato dalla legge, dall'istruzione e dalla scienza. Il dominio
interno della mente, per ognuno di noi, rimaneva privato, personale e soggettivo [...] La TV fornisce [invece] un tipo di
realt "mentale" al di fuori del corpo e della mente. Mentre guardate la TV, se la vostra mente non si mette a vagare,
se non avete in mano il telecomando, le immagini dello schermo si sostituiscono alle vostre. Partecipate
all'immaginario collettivo, al pensiero collettivo che essa vi offre. In televisione, le immagini non provengono da
esperienza personale, ma dal lavoro di una quipe di produzione professionale, spesso fortemente influenzata dalle
statistiche e dalle indagini di mercato.
***
Le confuse particelle d'informazione lanciateci dal Piccolo Schermo e concernenti il nostro mondo problematico,
complesso ed estremamente vario, non rappresentano alcunch di vicino al reale. Non con gli spezzoni sincopati
d'immagini accompagnati da commenti artefatti, che possiamo avvicinarci alla realt. Quanti dei telespettatori
dell'esecuzione, il 1 febbraio 1968, del povero giovane Van Lem, ufficiale dei Vietcong celato dietro il nome di
battaglia di Bay Lop, da parte del generale Nguyen Ngoc Loan, capo della polizia di Saigon, conoscono i retroscena del
fatto? L'esecuzione, ripresa dal fotografo Eddie Adams dell'Associated Press e dal cameraman sudvietnamita Vo Suu
della NBC, viene trasmessa il giorno seguente col titolo Rough Justice on a Saigon Street, "Giustizia sommaria in una
via di Saigon", ed entra nei libri di storia. Enorme l'impressione sul pubblico, nonostante i ritocchi compiuti onde
evitare agli spettatori il fiotto di sangue che sprizza dalla testa del condannato. Quanti condividono i termini, usati da
Stanley Karnow per Loan, di spietato ufficiale, spietata repressione e ben poca magnanimit, e della riduttiva
qualifica di uomo sospetto di appartenere al Vietcong per il terrorista? Molti, certo. Quasi tutti, forse. Ma quanti
sanno che, poco prima, il povero giovane cui salta la testa sotto l'impatto della pallottola aveva brutalmente
assassinato diverse persone, tra cui un poliziotto, sua moglie e i tre bambini, ai quali non era stata concessa l'eguale
fortuna di avere a disposizione una squadra di cameramen, cadendo per questo in un eterno oblio? (rintracciata
trent'anni dopo dal settimanale People, ben confessa ad Adams la propria gratitudine Nguyen Thi Lop, vedova di Van
Lem: Senza la sua foto mio marito sarebbe scomparso nel nulla).

Ci che le immagini fanno realmente, invero, con le parole di Jeffrey Mander, rendere il mondo tanto confuso,
grossolano e spento quanto lo stesso mezzo televisivo. Al posto del silenzio, della completezza dell'informazione,
della meditazione permessa dal libro e dalla ricerca, spesso non facile, di una esaustiva documentazione, ci sono nella
televisione frastuono, frammentazione, suggestione e tecniche di persuasione, esplicita o pi o meno occulta, facenti
leva sulle caratteristiche sensoriali e mentali pi basse dell'essere umano. Con la sua sola presenza, e a maggior
ragione col vibrare delle onde elettromagnetiche, la televisione minaccia la sacrosanta autonomia che l'essere umano
ha faticosamente acquisito grazie al leggere-scrivere.
Sempre pi arduo, quando non impossibile per chi non abbia la mente e il cervello pre-strutturati, si fa il pensiero
meditato e lineare, logico e consequenziale. Come rileva lo psichiatra Vittorino Andreoli, la televisione, in particolar
modo quella commerciale, porta a smarrire la parola, disorganizza e de-struttura il pensiero (soprattutto nei giovani),
massacra non solo e non tanto i programmi trasmessi ai suoi fini, quanto la pi profonda capacit di coerenza
dell'essere umano, la sostituisce con l'evocazione (passiva) di punti meramente suggestivi spot e schegge
telefilmiche. Ogni storia scrive Andreoli frammentata dal produttore per inserirvi spot, la vera motivazione
dell'impresa televisiva, e dal singolo per la curiosit di verificare gli altri canali [...] Le immagini sono pi efficaci del
linguaggio verbale, sia perch sono immediate, sia perch suscitano emozioni forti. Una foto generalmente pi
espressiva di una parola e ancor pi di un suono e di un rumore. Nello zapping si uniscono i due codici di
comunicazione e l'insieme ricorda un caleidoscopio parlante, con variazioni di colore, di toni e di vocaboli urlati o
sussurrati [...] Se confrontato con il sistema della Scolastica e dunque con il procedere per gradi e per regole fisse (il
sillogismo, la metafora, la sineddoche), lo zapping appare follia, schizofrenia appunto. Un disturbo che si caratterizza
per la dissociazione logico-verbale e per la mancanza di qualsiasi coerenza razionale [...] Lo zapping ha tre possibilit:
ordinarsi in categorie della mente preformate (innate) o di formazione storica, o riflettersi senza elaborare nulla. La
mente in quest'ultimo caso passiva e si azzera non appena lo stimolo si spegne. La constatazione che il giovane
d'oggi non funziona per sistemi: non rispetta le sequenze n della logica razionale n di altre logiche. Come se tutto si
accumulasse senza ordine. Rimane naturalmente la facolt di pronunciare parole, suoni, di usare espressioni mimiche:
insomma di comunicare per zapping. I giovani d'oggi sono abilissimi nell'evocare, ma incapaci di costruire periodi.
Come se le strutture della mente si fossero fermate e, appunto, dissociate.
E all'italiano si affianca De Kerckhove (nel saggio dal significativo titolo Il corpo tecnologico): Quando si legge un
romanzo, la parola scritta interiorizzata e questa interiorizzazione anche la condizione di appartenenza al S e di
organizzazione della coscienza personale. La coscienza individuale non esiste senza questa appropriazione
dell'immaginario e la riappropriazione dell'immaginario dipende dallo sviluppo della storia della letteratura, che
fondamentale per l'educazione dell'immaginario privato degli individui: leggere romanzi, poesie, una forma di
riappropriazione di s stessi. Ma quando appaiono la fotografia, il cinema e soprattutto la televisione, tutto cambia [...]
con la televisione che si completa la rivoluzione dell'esteriorizzazione totale del principio d'immaginazione, portato
all'esterno della mente, su di uno schermo. Tra tutti i sistemi di scrittura continua il canadese in La civilizzazione
video-cristiana l'alfabeto fonetico quello che favorisce maggiormente la messa in circolazione dei concetti. Questo
implica che le attivit cerebrali incoraggiate dalla scrittura e dalla lettura alfa-fonetiche ci allontanino doppiamente
dall'esperienza sensoriale immediata, innanzitutto con la rappresentazione e poi con la concettualizzazione a cui questa
rappresentazione rinvia.
Analizzando il contrasto o, meglio, la radicale alternativa tra parola ed immagine, uno studio inglese compiuto su un
campione di quarantamila persone, pubblicato nell'autunno 1994 dalla rivista scientifica Nature rileva lo strapotere del
medium televisivo nei confronti, ad esempio, della radiofonia (e tanto pi nei confronti della parola scritta). Conviene
maggiormente chiedono gli autori ad un uomo politico che vuol dare di s un'immagine suadente, servirsi pi della
radio o del Piccolo Schermo? L'ovvia risposta ne concorder il lettore la seconda: in televisione, a meno di
evenienze del tutto singolari, legate soprattutto a chi lancia il messaggio, le bugie passano pi inosservate, sicch lo
spettatore si lascia convincere pi facilmente. E la differenza tra i media non dipende dal tipo di pubblico che segue i
programmi, perch, nel caso della radio, una stessa persona rileva pi facilmente se chi parla afferma il falso o non
convincente. A governare l'imbonimento televisivo infatti il meccanismo dello sfruttamento dell'attenzione selettiva: il
concentrarsi dello spettatore su stimoli particolari, accompagnato dallo spegnimento, pi o meno radicale, degli altri.
Sul Piccolo Schermo passano cos in netto secondo piano i segnali verbali (le parole, il loro numero, la lunghezza delle
frasi), travolti o perfino sostituiti da quelli vocali (il modo con cui le parole sono pronunciate, l'intensit della voce, le
pause, le esitazioni) e da quelli visivi emessi durante la comunicazione (presentazione globale, sguardo, movimento
del corpo, espressione del viso).
Inoltre, rileva Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dell'Et Evolutiva, a differenza che per la vita reale, ove
quando guardiamo un gruppo di persone o un paesaggio percepiamo soltanto una parte del quadro visivo con la fovea
cio con quel punto della retina in cui la visione raggiunge la maggiore acutezza percependo il resto con la meno
nitida visione periferica, quando guardiamo il teleschermo poich esso di piccole dimensioni, noi percepiamo l'intera
immagine con l'acuta visione della fovea: in questo modo, mancando la visione periferica, la nostra attenzione per
l'immagine televisiva aumenta e, aumentando l'attenzione, tende ad aumentare anche il rilievo che noi diamo alle
immagini che stiamo guardando. Un secondo fattore legato al movimento. La nostra attenzione di spettatori dipende
anche dalla quantit di movimento presente sullo schermo: un ritmo veloce ha in linea di massima l'effetto di
aumentare il livello di attenzione. Movimenti rapidi, musica incalzante o forte producono uno stato di allerta del
sistema nervoso.
Col passare del tempo, tale ipercinesia comporta per conseguenze sgradite di affaticamento, calo dell'attenzione
cosciente e intorpidimento: In pi dell'80% delle persone il cervello ha un ritmo alfa durante l'ascolto prolungato, si
verifica cio una condizione cerebrale di rilassamento prossima al dormiveglia in cui i muscoli sono rilassati e gli occhi
atonici. A quel punto gli stimoli provenienti dal teleschermo possono assumere una valenza irreale, simile al sogno.
Questo spiega quella sorta di trance in cui cadono molti spettatori dopo un'ora o pi di esposizione al teleschermo. E

pu spiegare anche la funzione ipnotica della TV, la difficolt a "staccarsi" dallo schermo e il fatto che su alcuni la
televisione agisce come un sonnifero.
Dal punto di vista neurofisiologico l'attenzione stata studiata misurando i tipi di onde cerebrali che si attivano quando
uno stimolo viene inviato da un certo centro piuttosto che da un altro e attraverso un certo canale sensoriale piuttosto
che un altro. Nell'area corticale in cui lo stimolo viene decodificato, ad esempio, si verificano particolari modificazioni
elettro-chimiche, dovute all'entrata in gioco della formazione reticolare e del talamo, due centri nervosi da cui
dipendono le caratteristiche degli stati di vigilanza. Come rileva De Kerckhove: Alcuni generi di attivit concertate e
praticate a lungo incoraggiano delle specializzazioni selettive, che si inscrivono e si consolidano nell'insieme
relativamente flessibile del cervello e di tutto il sistema nervoso, soprattutto nella prima infanzia.
Sono i nuclei della base la sostanza reticolare ed il talamo a determinare gli stati di attivazione della corteccia,
cio uno stato di maggiore o minore attenzione a questo o a quello stimolo; attraverso un complesso gioco di
azione/retroazione, essi aprono per i canali preferenziali per gli stimoli non tanto in modo autonomo, quanto in
seguito alla superiore decisione della corteccia di prestare al mondo esterno un particolare tipo di attenzione.
Attraverso tali meccanismi la coscienza, cio la risultante sistemica dell'attivit integrata di ogni singolo centro
nervoso, tale per i miliardi di eventi che l'hanno strutturata quale unicum irripetibile, pu 1. focalizzarsi su un certo
aspetto del mondo esterno, 2. vagare senza un punto fisso di interesse o 3. trovarsi in uno stato di confusione nel
quale gli stimoli si accavallano in continuazione e l'attenzione fluttua anarchicamente.
stato in tal modo osservato, rileva il fisiologo Alberto Oliverio, che se si presta attenzione ad un unico canale
sensoriale quello uditivo nel caso della radio tutti gli altri stimoli vengono tagliati fuori, per cui l'ascoltatore ha
modo di rilevare, e analizzare criticamente a dovere, le pause, le inflessioni della voce, i tentennamenti e le ripetizioni,
tutte cose che spesso spiazzano chi vuol far credere qualcosa di falso. Nel caso del Piccolo Schermo, invece, l'abile
mentitore ha tutto il modo di distrarre lo spettatore, in quanto questi si sofferma naturalmente sullo sguardo
accattivante di quello, magari sul tic che lo "fa personaggio", sul modo in cui vestito, etc., trascurando le
caratteristiche intrinseche del messaggio uditivo.
Inoltre, spettacolarit e ritmi delle trasmissioni creano condizioni di facile credibilit e favoriscono il formarsi di
opinioni che sono razionali solo in apparenza [...] La nostra mente, infatti, caratterizzata da strategie che le
consentono di rispondere rapidamente a una particolare situazione sulla base di un giudizio di massima, ma questo
giudizio va rivisto e corretto attraverso una logica meno "intuitiva", il che non generalmente possibile quando i tempi
sono molto rapidi, come negli show televisivi in cui succedono "tante cose", una serie di eventi e testimonianze che di
continuo propongono nuovi problemi, senza lasciare il tempo di affrontare razionalmente un problema posto all'inizio.
In particolare nel campo della pubblicit (ma non meno in quello dei notiziari giornalistici), a prescindere
dall'incredibile alluvione di vacuit e (apparenti) insensatezze, si sparano senza problemi immagini velocissime con
continui mutamenti di scena che provocano una conoscenza involontaria attraverso un autistico aumento dell'attivit
cerebrale (in uno spot della Pontiak l'immagine pi lunga fu di un secondo e mezzo, la pi breve di un quarto di
secondo!). indispensabile, quando ci si proponga di catturare l'attenzione dei telespettatori, rispettare una precisa
cronodinamica fatta di ritmi rapidi, di frasi semplici e brevi, di immagini che colpiscono immediatamente la fantasia e i
sentimenti, indipensabile limitare quando non escludere esplicitamente il processo logico.
Ben commenta, attraverso un suo personaggio, il romanziere John Fowles: Per qualche minuto parlammo di cinema.
Avevo l'impressione che continuasse a recitare. Mi ascoltava fissando il suo bicchiere e scuotendo i cubetti di ghiaccio,
con deferenza innaturale come se avesse preferito chiacchierare con la hostess. Poi ricominci a parlare di televisione,
della sua natura effimera, della "quantit sbalorditiva di puttanate" che i suoi programmi contenevano. Era un trauma,
o un tormento, per il quale ero passato anch'io; la tirannide di un pubblico di massa, la necessit di eliminare istinto,
cultura, finezze e tante altre cose per arrivare alla verit basilare della condizione umana: che la maggioranza
ignorante e vuol essere trattata da idiota, o almeno per questo che paga. Gli spettatori sono coglioni, come mi disse
sinteticamente una volta un famoso regista di Hollywood, e i coglioni odiano l'intelligenza.
Come sottolinea compiaciuto uno dei maghi del palinsesto, l'ex anarchico sessantottino Carlo Freccero, gi direttore
della programmazione di Italia 1 e nel 1996 sinistro direttore di Raidue, per avvincere il maggior numero di spettatori
per il maggior tempo possibile, la TV deve domandare uno sforzo mentale minimale. La maggior parte delle tecniche
televisive affonda infatti le radici nello sfruttamento e nell'inversione di una tendenza umana con basi emotive:
l'interesse per i momenti salienti. Con ci non solo suggerendo implicitamente l'inutilit dello sforzo, dell'applicazione e
della fatica personale ai fini della crescita informativa/intellettuale (e quindi in ogni caso morale), ma anche
trascurando o relegando in secondo piano ogni sfumatura psicologica e l'incredibile, meravigliosa complessit della
vita.
Occorre quindi da parte nostra avere sempre presente tutta la profondit della confessione di Bob Silberberg, che va
perfino al di l di ogni manipolazione specificamente politica (anche se fare di una persona uno zombi un fatto,
ovviamente, politico): L'errore pi grave consiste nel credere che noi in televisione lavoriamo per produrre
programmi. Ci assolutamente falso. Bench le trasmissioni siano il nostro prodotto visibile, in realt le grandi reti
televisive americane lavorano per produrre telespettatori (corsivo nostro). Dovere dello spettatore, oltre certo che
lasciarsi educare alla way of life americana, quindi in primo luogo (od in ultima istanza) dimostrarsi, attraverso il
consumo dei prodotti offertigli in cos calda abbondanza, concretamente solidale col Sistema che di tale way of death
ha fatto il suo marchio e il suo vanto. Nulla quindi di pi naturale che la produzione di telespettatori, adescati da
programmi totalmente coinvolgenti nella loro irrealt, debba essere affinata dai necessari consigli per gli acquisti.

proprio per questa ragione che negli otto anni in cui rimane alla Casa Bianca, Reagan blocca con veto ogni proposta
di legge tesa a limitare la presenza oraria delle interruzioni pubblicitarie nei programmi per ragazzi (l'ultima proposta,
respinta pochi giorni prima della scadenza del suo mandato, prevede limitazioni assai modeste: un massimo di dieci
minuti e mezzo ogni ora durante i weekend e di dodici minuti nei giorni feriali). Due anni dopo, ottobre 1990, in
seguito ad un contrastato voto favorevole del Senato, anche il Congresso finisce per per approvare quel
provvedimento. Ma il nuovo presidente Bush, dopo aver minacciato di porre il veto in nome del Primo Emendamento
(quello introdotto a tutela della libert di parola) e visto che la proposta gode ormai di un largo appoggio tra
insegnanti, genitori, psicologi e del clero pi illuminato, deve lasciarla passare (dissociandosi col rifiuto di firmarla).
Nonostante l'opposizione di Bush possa far pensare che le nuove norme comportino una radicale riforma del settore in
questione, esse non costituiscono tuttavia nulla di rivoluzionario n di illuminato. La nuova legge, in vigore dal 1991
pur senza la firma presidenziale, non fa infatti che un riferimento marginale ai program-lenght commercials
(comunicati commerciali che hanno la stessa durata dei programmi per ragazzi) e a quei prodotti in cui spettacolo e
pubblicit sono fusi indissolubilmente.
I program-lenght commercials cui la legge non applica limitazioni sono per lo pi programmi di cartoni animati. I loro
personaggi sono, come per il cinema, anche giocattoli di successo, albi a fumetti, magliette, spugne e saponi, scarpe e
sandali, dischi e orchestrine, presenti nell'inesauribile galassia del merchandising. I pi redditizi sono The Simpsons,
New Kids On The Block e soprattutto, per i pi piccoli, Teenage Mutant Ninja Turtles, mostruose tartarughe
extraterrestri nomate Michelangelo, Leonardo, Raffaello e Donatello. Il mercato mondiale dei prodotti su licenza
dell'industria dei sogni passa dai poco pi di dieci miliardi di dollari del 1980 ai ben sessantacinque del 1989. Il 90%
delle licenze riguarda immagini prodotte nel Paese di Dio e, al contrario di quanto accaduto agli inizi degli anni
Ottanta, oggi si punta solo su personaggi e programmi gi affermati nel circuito elettronico multimediale.
Di Roberto Giammanco una prima conclusione sull'onnipervadenza del medium televisivo che dietro la frenesia
operativo/ideazionale non rivela per un sano movimento, la differenza, la vita, ma il pullulare della putrefazione, il
movimento della decomposizione incessante: Con l'avvento del mercato multimediale sono cadute tutte le barriere
tra fiction, informazione, programmi per adulti o per ragazzi, elettorali o seriali. Ci, inutile dirlo non significa che non
esistono pi mercati specifici [...] La totalit del mercato, nel suo complesso modo di produzione sociale, esige che
tutti i suoi prodotti siano intercambiabili perch regolati da obiettivi unicamente promozionali, indissolubilmente
sincronizzati. La circolazione delle merci esige una frenetica pluralit, ma teme come nient'altro la diversit.
La televisione potenzia il consumatore universale che sonnecchia in ogni esemplare di uomo moderno, quel tipo sociale
ormai ridotto ad eroe che prolunga la sua esistenza solo nel plurale: come pubblico che ascolta ed acquista o, ancor
pi astrattamente, come richiesta di informazione e quota di partecipazione. Avanguardia dell'umanit, gli
States investono il loro cittadino il loro utente/usato con una miriade di immagini: 12.000 quotidiani e altrettanti
periodici riempiono di foto rutilanti le edicole, 20.000 cinema proiettano per ore ventiquattro fotogrammi al secondo di
inquadrature audiovisive, 30.000 negozi noleggiano milioni di chilometri di videonastri, centosessanta milioni di
televisori diffondono immagini per una media di sette ore giornaliere ciascuno.
Icone commenta Luigi Allori feticci, informazione, pubblicit, spettacolo, arte: le immagini sono l'"altra vita" di
noi tutti, forse pi vera, o verosimigliante, di quella primaria. Sono palcoscenico, giornale, specchio, guida, documento,
veicolo, immaginazione, messaggio, imbonimento, propaganda, manipolazione, compagnia, babysitter, solitudine,
sapere, ignoranza.
All'et di sessantacinque anni, l'americano medio ha inoltre assorbito, frammezzo a tale caos di immagini televisive,
due milioni di annunci pubblicitari. Se a questi si assommano poi quelli radiofonici, quelli sui quotidiani, i periodici e i
cartelli stradali, le dimensioni del sovraccarico simbolico, e quindi dello svuotamento del simbolo, non hanno
precedenti nella storia dell'umanit. I freni sono cos pochi scrive al proposito Postman che si pu parlare di
una forma di violenza culturale, sancita da una ideologia che conferisce una supremazia senza limiti al progresso
tecnologico ed indifferente al disfacimento della tradizione.
La televisione, nota il tedesco Bernd Guggenberger, fa parte del mondo del denaro di carta e degli alberi di plastica,
delle societ-fantasma e dei matrimoni per prova, dei piani bellici e della simulazione di volo, dei valori-limite e dei
contatori geiger. Quando natura e valori, attivit e unioni, volo e decisione, rischio e pericolo vengono simulati, in
queste condizioni non dunque normale simulare la vita stessa, per mezzo della televisione, e tutta la scala dei
sentimenti e delle sensazioni, finch l'illusione riempir i vuoti della vita?. La televisione determina l'essere e il nonessere, l'esistenza sociale e l'indifferenza. Ci che penetra nel cuore e nel cervello delle masse deve prima passare
attraverso l'obiettivo. Solo la televisione crea oggi una dimensione pubblica, nel senso che essa fornisce
definitivamente ad una persona o ad un avvenimento il valore di notizia. Essa ha la massima competenza di accredito,
cui nessuno dei media minori pu sottrarsi. L'attestato di nobilt lo concedono oggi i moderatori delle grandi
trasmissioni con molto pubblico: Da tempo permettiamo che, cacciata la precedente, una nuova aristocrazia la faccia
da padrone sullo schermo e noi concediamo, a questo fior fiore dei media, dei privilegi che hanno tolto di mezzo i
privilegi di nascita del passato e ogni rossore pudico sul viso [...] La televisione il potere culturale imperiale, che
adegua tutto a se stesso, dal cerimoniale delle visite del papa fino ai giochi infantili, dalle abitudini alimentari della
famiglia media fino alla retorica e alla drammaturgia dei dibattiti parlamentari. La televisione crea uomini e temi,
decide, in misura che non ha precedenti storici, delle possibilit creative, individuali, vitali e sociali.
Ma all'illusione a parte quegli spiriti liberi che, pur consci degli attuali rapporti di forza e della presunta irreversibilit
del Sistema, restano fedeli sempre e comunque all'insegnamento dei Padri sugli spalti del realismo e
dell'antidemocrazia c' qualcuno che riesce a sottrarsi. E quel qualcuno sono proprio gli artefici, i promotori di

quell'illusione, gli appartenenti alla classe A dell'huxleyano Brave New World. ancora Guggenberger ad illuminarci
con linguaggio pregnante: Ci che comincia a delinearsi sono i contorni di una nuova divisione di classe contro quella
diagnosticata da Karl Marx, che era soprattutto incomparabilmente pi "innocua", se non altro perch non costrinse al
silenzio definitivo l'"arma della critica", l'unica vera, e propria, "forza del debole", che pu volgersi in superiorit. Ci
che si va delineando un disfacimento del corpo sociale tra i pochi attuali suoi fautori e la grigia massa dei
"manipolati", tra gli affannati utilizzatori e i massacratori del tempo, divertimento-dipendenti e sempre bisognosi di
distrazione, tra chi non ha mai tempo e chi ne ha sempre, tra gli attivi e i passivi, tra i pochi potenti produttori di realt
ed i molti consumatori di questa "realt di seconda mano".
ancora l'antica, sempre nuova conferma dell'impossibilit logica, dell'immoralit filosofica e dell'inganno pratico della
democrazia.
Conoscere se stessi ed il mondo, pensare ed agire con coerenza sono le attivit pi faticose e pi nobili che la vita
permette all'uomo. La televisione, a prescindere dal cosa, esercita una cos forte attrazione proprio perch non
richiede, democraticamente, n lavoro fisico n sforzo mentale. Fatica e durezza ribadisce Guggenberger sono
ormai virt non previste in una comunit del divertimento teleservita. I promotori dei programmi di massa patteggiano
in modo palese con le nostre inclinazioni pi basse: con la nostra pigrizia e la nostra seducibilit. Ci si pu veramente
mostrare inorriditi di fronte al costante aumento della criminalit violenta e allo stesso tempo non trovar niente da
ridire sul fatto che noi adattiamo la generazione che ci segue, fin dalla prima infanzia, sistematicamente, ad un mondo
in cui delitto e assassinio rappresentano la massima attrazione.
Non esiste divoratore di avvenimenti pi affamato del Piccolo Schermo, non esiste istituzione socialmente pi
distruttiva della televisione, non esiste caricatura pi mordace della famiglia di quella che la ritrae raccolta in posizione
allineata di fronte al tubo catodico. Nient'altro insidia pi potentemente il valore e l'essenza della famiglia e
dell'amicizia, della particolarit regionale, dell'orgoglio razziale e della trasparenza politica. Nulla ostacola di pi la
mente umana, nella serena valutazione di un fatto, quanto l'assidua consumazione di divertimento e di spezzoni
informativi offerti dai video-media. Chi cerca le sensazioni e le finzioni offerte (imposte) dal Piccolo Schermo perso
per i problemi del mondo reale.
Il solipsismo, l'alienazione, il disfarsi di quei legami interpersonali che formano la struttura non solo di una ridotta
comunit, ma di un'intera societ che sono quella comunit e quella societ sono stati, se pure non generati,
ricreati e potenziati dal mezzo televisivo. Ancora pi allucinanti sono le prospettive: in Giappone, nel piccolo centro di
Higashi-Hikoma, interamente sottoposto a telecollegamento via cavo, i bambini non vanno pi a scuola (il maestro
insegna per televisione), il medico visita i pazienti nello stesso modo, le casalinghe fanno la spesa per televideo, le
famiglie dialogano l'una con l'altra elettronicamente. Ognuno chiuso nel suo mondo soffice, fatto di suoni e colori,
senza asperit, senza contatti umani. Ognuno costruisce il suo mondo, dissociato da quello di ogni altro.
addirittura il liberale Alberto Pasolini Zanelli, cantore tra i massimi della Bont del Paese di Dio, a notare, trattando di
quella Droga Virtuale che avanza in tutti i campi, ci abbraccia e ci soffoca, che l'America, il mondo si fanno al tempo
stesso pi sfacciati e pi furtivi, l'irrealt elettronica una tentazione pigra ma potenzialmente avvelenata. Gi
l'impoverimento e la rarefazione del dialogo hanno ridotto a due principali le occasioni e le forme di concetto fra gli
individui: il sesso e la ginnastica. Se le Realt Virtuali invadono anche questi campi, si pu avverare l'incubo di una
societ ridotta al solipsismo pi o meno onirico, a scrivere, leggere, guardare, "sentire" le cose invece di farle. Il
teleschermo come sostituto della vita, lo svuotamento ulteriore delle comunit naturali o storiche (la famiglia, la
piazza, il bar, il luogo di lavoro) da parte di quello che qualcuno esalta come il "nuovo stare assieme". Tante Comunit
Virtuali in cui si faccia capo unicamente a tastiere che alla fine sono sempre pi cieche.
Chi vuole al contrario un cittadino attivo, aperto e responsabile; chi vuole che i giovani si impegnino, si pongano mete
comunitarie, lavorino alla propria maturazione e si prendano seriamente (perch solo in tal modo imparano a
rispettare e a prendere sul serio anche gli altri); chi vuole sottrarre al termine democrazia la sostanza, distorta e
imprigionata da due millenni in un mefitico fonema, e abbandonare, guscio vuoto, mero fiato di voce, il vocabolo; chi
vuole restare fedele, con slancio supremo d'amore, alla memoria dei Padri chi voglia opporsi e distruggere nei
fondamenti l'illusione democratica, la truffa democratica, il cancro democratico chi vuole questo complesso
inscindibile di cose, credibile solo se combatte con la massima consequenzialit ci che pi di tutto si oppone, sul
piano concreto, alla formazione di queste posizioni e capacit: l'egemonia psicologica e culturale della televisione.
***
In ultima analisi il pericolo operativo che deriva dalla televisione delineato dalla sua assoluta neutralit e volgarit.
Da un lato, il processo di involgarimento funzionale al raggiungimento del maggior numero possibile di spettatori,
attuando una spinta verso il basso dei contenuti delle trasmissioni, in una spirale demoniaca di azioni e retro-azioni
che abbassano non solo la cultura e l'intelletto dell'essere umano, ma anche e soprattutto la sua coscienza. Dall'altro, il
fatto che il potere industriale/finanziario cio chi impegna il denaro e sponsorizza i programmi si interessa a tutto,
meno che a che cosa viene trasmesso (all'interno, ovviamente, dei limiti ideologici fissati/riconosciuti dal Sistema),
fa della televisione il medium-zero. Se i programmi vengono costruiti attorno al prodotto/messaggio da sponsorizzare,
va da s che non esistono messaggi all'infuori del prodotto/messaggio sponsorizzato.
Va da s, scrive Maurizio Naj, che i programmi finiscono allora tendenzialmente con l'assomigliarsi tra loro,
annullando la differenza tra lo stare spento o acceso del televisore, che (per pigrizia o necessit di una presenza)
ovviamente rester acceso. Non ci sar pi la scelta di vedere "quel programma" ma, pi semplicemente, si guarder

"la televisione". Similare giudizio esprime il regista Brian De Palma: La televisione la cosa pi pericolosa che il
capitalismo abbia creato, una macchina educatrice che ti fornisce un insieme di valori completamente defunti e
moralmente deprecabili. Almeno per ora nessuno ti obbliga ad accendere la TV e nemmeno a possederla: abbiamo la
possibilit teorica di evitare il lavaggio del cervello. Ma difficile, quando te lo fanno fin dal primo giorno di vita. Devi
avere un forte controllo su te stesso per riuscire a rifiutare queste cose.
Con la televisione si compie l'aspirazione pi segreta del Sogno Americano: al di l dei miti del successo e
dell'autorealizzazione, la molla psicologica ancora la frustrazione giudaica (e quindi cristiana) che obbliga l'uomo alla
ricerca/creazione di un Mondo Nuovo che non abbia le asperit, le incoerenze, le contraddizioni, il dolore di questo.
l'antico, sempre nuovo odio per il reale e quindi l'antico, sempre nuovo odio per l'uomo com', coi suoi fallimenti, le
sue durezze e le sue crudelt certamente, ma altrettanto certamente con le sue migliori qualit: il senso del reale; la
freddezza intellettuale che rifiuta ogni suadente, sensoriale velo mistificante; il controllo di se stessi; l'accettazione,
serena ed attiva, dei limiti insiti nella propria natura; il riconoscimento della sacralit del Cosmo, autarchica essenza.
Con la televisione, certo nelle attuali strutture e con gli attuali condizionamenti economici, ma altrettanto certamente
sotto qualsivoglia diverso cielo, si realizza per fortuna non del tutto, viste le resistenze opposte dal mondo reale
l'Incubo Americano (e quindi cristiano e quindi ancora giudaico) del Mondo Nuovo, incubo che, prima di incarnarsi nel
mondo hard orwelliano, il morbido Mondo Nuovo huxleyano. Il teleschermo ha un impatto talmente diretto ed
onnipervasivo sul sistema nervoso e sulle emozioni e un effetto talmente ridotto sulla mente che la maggior parte
dell'elaborazione delle informazioni in effetti opera sua, e non dello spettatore.
Non c', in tali processi, tempo sufficiente n volont perch lo spettatore possa integrare su base pienamente
cosciente le informazioni ricevute. Ribadisce la tedesca Hertha Sturm, studiosa dei massmedia: Il rapido mutare delle
immagini presentate menoma la verbalizzazione. Tra esse ci sono mutamenti non decodificati dell'angolo di
osservazione, imprevedibili oscillazioni dall'immagine al testo e dal testo all'immagine. Di fronte al rapido mutare delle
immagini presentateci e alla loro accelerazione, lo spettatore letteralmente trascinato da un'immagine all'altra. Ci
esige costantemente nuovi e inattesi adattamenti alle stimolazioni percettive. Di conseguenza lo spettatore non pi
in grado di tenere il passo e rinuncia ad una codifica interiore. Abbiamo scoperto che, quando questo accade,
l'individuo agisce e reagisce con un innalzamento di eccitazione fisiologica che a sua volta si traduce in una riduzione di
comprensione. Lo spettatore diventa, per cos dire, vittima di una forza esterna, di una rapida sequenzializzazione
audio-visiva.
La programmazione televisiva deliberatamente concepita per impedire reazioni verbalizzate; tutto si traduce in
un'immane operazione di condizionamento subliminale, in una rimozione delle capacit di riflessione personale e di
autodeterminazione. A differenza del libro, lo schermo televisivo una struttura rigorosamente prescrittiva, poich in
un colpo solo incornicia le dimensioni di tutto quello che c' da vedere e focalizza l'occhio e l'attenzione dello
spettatore, condizionando completamente le modalit di elaborazione e destinazione dell'informazione.
al contrario, pienamente coerente coi postulati spersonalizzanti della sua ideologia religiosa, l'arcivescovo milanese
Carlo Maria Martini ad esplicitare nel 1991, nell'incredibile scimmiottamento francescano della pastorale sul medium
televisivo, le attese che muovono ogni progressista: Laudato sii mio Signore con tutte le tue creature / specialmente
fratello televisore / che riempie ore delle nostre giornate / ed bello e irradiante con grande splendore / e di te
Altissimo porta significazione. un suo sodale stonacato, il socialista don Gianni Baget Bozzo, a sociologizzare
l'afflato mistico del porporato: La televisione libera da molte cose, la nuova Bibbia dei poveri, perch dando visione
a tutti eleva anche gli incolti e svolge la sua funzione capitale di far crescere la coscienza dei singoli, la TV un
mezzo innocente.
Ancor pi lirico il sillogismo teologico di don Tonino Lasconi, esperto di media, sul bollettino della Conferenza
Episcopale Italiana Servizio Informazioni Religiose: necessario affermare che questa abbondanza di informazione
bella: conoscere una cosa in pi sempre meglio che conoscere una cosa in meno. Se Dio colui che sa tutto, pi
informazioni si raggiungono e pi si diventa simili a lui, come ci stato comandato. Lentamente, inesorabilmente, e
del tutto coerentemente con l'impostazione delle cose, il moderno mondo cattolico, con le parole del nostro Lasconi,
getta la spugna di fronte al progredire del Mostro: La Chiesa sempre restia ai cambiamenti. Ogni novit, in quanto
novit, va respinta. Invece io credo che un mondo senza TV sarebbe un mondo pi povero. Basta insegnare alla gente
come guardarla. una realt di oggi e demonizzarla assurdo [...] sterile invitare le famiglie a spegnere o a
razionare la televisione. velleitario esortare gli operatori dell'informazione televisiva ad essere profondi, oggettivi,
pacati, perch sarebbe come invitarli a non farsi ascoltare.
Nessun codice di regolamentazione, quindi, nessuna esortazione all'auto-regolamentazione, nessun progetto educativo
n del pubblico n, tantomeno, degli operatori, cui lecito, e spetta, fare il loro dovere professionale. Con l'eterna,
criminale buona fede illuminista il Lasconi, palesandosi oltretutto ignorante di cibernetica e di scienza dei sistemi,
sostiene che inutile e ipocrita accusare la TV di essere un elemento di disgregazione. Come sempre, le colpe
risiedono altrove: Il bombardamento quotidiano delle famiglie dagli schermi accesi non un aspetto negativo in s.
necessario che la famiglia unita, armoniosa, ricca di interessi veda i programmi "in compagnia" tra genitori e figli, e
sappia scegliere quelli migliori e dedichi tempo e spazio ad altre attivit (inutile dire che ci che non esiste, ci che va
costruito e che proprio la TV impedisce di costruire, sono tale unit, armoniosit ed interessi).
A nulla valgono allora, di fronte all'ubiquitaria accettazione di tale professione di fede, i distinguo compiuti dal Lasconi
in articulo mortis, in margine al peana innalzato al Piccolo Schermo: dovere prendere coscienza che questa
grandinata di informazioni, cos efficaci e penetranti, se subita passivamente e acriticamente produce pensiero debole,
cervello frastornato, giudizi superficiali, bisogni inventati, debolezza cronica di fronte ai discorsi vuoti sulla bocca di

volti affascinanti. Come possa il comune mortale non venir frastornato dall'imbonimento televisivo, come possa
resistere al quotidiano lavaggio del cervello, il Nostro deve ancora spiegarcelo.
Qualcuno che ha vissuto un po' prima il trionfo del ciclope bruto si esprime per in modo diverso dai tre fidenti
religiosi, come il producer in Network, Quinto potere, rivolto ad una collega: Tu sei l'incarnazione della televisione,
indifferente alla sofferenza, insensibile alla gioia. Tutta la vita ridotta al comune pietrisco della banalit. Guerra,
assassinio, morte tutto lo stesso per te, come bottiglie di birra, e la vita di tutti i giorni una commedia corrotta.
Arrivi persino a frantumare le sensazioni del tempo e dello spazio in frazioni di secondo e in replay istantanei. Sei la
follia.
E pienamente controbatte l'aspirazione dei tre cristiani suddetti, vacuizzante dell'intelletto umano, il drammaturgo
tedesco Botho Strauss: Il regime della comunicazione telecratica insieme la meno cruenta delle dittature e il pi
completo dei totalitarismi. Non ha bisogno di far rotolare delle teste, le rende superflue.
Ma l'Avvento del Regno la Fine della Storia, l'Uscita dal Mondo Corrotto, l'Allucinazione della Realt Virtuale pu
essere reso possibile soltanto attraverso la deprivazione dell'io personale:
1. Eliminare la conoscenza di se stessi la Coscienza rendendo impossibile la distinzione tra naturale ed artificiale.
Solo l'introspezione, la conoscenza dei propri limiti, della propria fragilit e delle proprie possibilit, dei propri sensi e
della propria umana strutturazione fisio-psichica permettono di affrontare il mondo esterno.
2. Abolire i termini di confronto col passato la Memoria che non tanto va criticato, quanto ignorato, giusta
l'insegnamento di Isaia, LV 17: Ecco, infatti, io sto per creare cieli nuovi e terra nuova! Il passato non sar pi
ricordato, non verr pi in mente. Come si pu infatti criticare un qualcosa che, anzi, non mai esistito?
3. Tenere gli uomini separati l'uno dall'altro, anche all'interno della famiglia, riducendo la comunicazione interpersonale
grazie ad uno stile di vita che enfatizzi, incoraggi ed obblighi alla separatezza facendo coltivare unicamente i propri
hobbies, le proprie fantasie, i propri interessi, i propri appetiti individualistici.
4. Unificare, distorcere ed appiattire l'esperienza permessa dai sensi, da un lato incoraggiando l'esperienza mentale
a spese di quella sensoriale, dall'altro guidando questa, pur sempre ineliminabile, in aree ristrette del comportamento
(vedi l'esasperazione del sesso a discapito della totalit dei sensi e della psiche).
5. Tenere occupate le menti con pensieri, e soprattutto immagini, preordinati di qualsiasi tipo (il contenuto meno
importante del fatto che la mente sia riempita), in un mondo che valorizza la velocit e non la profondit, cosicch non
siano pi disponibili spazi mentali vuoti, che possano permettere una riflessione autogestita.
6. Incoraggiare l'uso della droga a livello sociale, incoraggiare ogni tipo di devianza, giustificare un tasso fisiologico
di criminalit, offrire modelli umani e stili di vita alternativi, promuovere incessantemente liberazioni,
contenendo in tal modo ogni possibile manifestazione di rivolta ad un mero livello individuale.
7. Centralizzare la conoscenza e l'informazione, in modo che a rilasciare dati e notizie sia un'unica fonte autorizzata,
democraticamente riconosciuta, solidalmente avallata e introiettata in quanto legittima (pi che la distruzione dei
libri in s, la distruzione cio di fonti alternative: questo il senso di Fahrenheit 451).
8. Ridefinire la felicit e il significato della vita secondo ideologie sempre pi astratte, poich qualunque cosa acquista
un senso nel vuoto. Evitare le filosofie del realismo, che portano i soggetti ad una coscienza incontrollabile dai
Persuasori. Le filosofie cui meno si pu resistere sono infatti quelle pi razionali, e cio pi arbitrarie, quelle che
acquistano un senso solo in rapporto a se stesse.
A livello di massa la televisione crea dipendenza. Per il modo con cui il segnale visivo viene elaborato nella mente, esso
ribalta il rapporto tra capire e vedere, ed anzi inibisce strutturalmente i processi cognitivi. La televisione produce
immagini e cancella i concetti; ma cos atrofizza la nostra capacit astraente e con essa tutta la nostra capacit di
capire [...] La riduzione-compressione gigantesca: e quel che sparisce in quella compressione l'inquadramento del
problema al quale le immagini si ascrivono. Perch l'immagine, sappiamo, nemica dell'astrazione, mentre spiegare
svolgere un discorso astratto. I problemi, ho detto pi volte, non sono "visibili". E il visibile privilegiato della televisione
quello che "fa colpo" sui sentimenti e sulle emozioni [...] Il visibile ci imprigiona nel visibile. Per l'uomo vedente (e
basta) il non visto non esiste. L'amputazione colossale. Ed peggiorata dal perch e dal come la televisione sceglie
quel particolare visibile, tra cento o mille altri eventi egualmente degni di considerazione (Giovanni Sartori).
La televisione si propone dunque pi come uno strumento per il lavaggio del cervello e per l'induzione dell'ipnosi che
come qualcosa che possa stimolare coscienti processi d'apprendimento. La televisione una forma di deprivazione
sensoriale, poich provoca disorientamento, confusione, incapacit di riflessione astratta e analitica, balbettio nella
dimostrazione logica e nella deduzione razionale. Diminuisce negli spettatori la capacit di distinguere il reale dal non
reale (altro che lo slogan di Walter Cronkite l'immagine non mente!, altro che gli effetti prodotti sui radioascoltatori
dall'invasione marziana di Welles suggestivi, peraltro, di un'invasione nazista del Paese di Dio in quel lontano 30
ottobre 1938!), l'interno dall'esterno, ci che viene sperimentato personalmente da ci che viene inculcato da fuori.
Disorienta il senso del tempo, dello spazio, della storia, della natura.

La televisione sopprime e sostituisce la creativit dell'immaginazione, incoraggia la passivit collettiva (icastica


l'espressione USA per definire il video-dipendente: couch potato, patata in poltrona) e addestra la gente ad accettare
qualsiasi forma di autorit. uno strumento di mutazione, spegne le interiorit e trasforma le persone concrete, coi
loro vissuti, la loro storia, le loro reticenze, le loro contraddizioni, la complessit tutta della loro evoluzione spirituale e
caratteriale, nell'effimero istantaneo delle loro immagini televisive. Con lo stimolare all'azione mentre simultaneamente
la sopprime, il Piccolo Schermo contribuisce infine a causare un'inquieta, afinalistica iperattivit del sistema nervoso.
La televisione limita e circoscrive la conoscenza umana. Cambia il modo con cui gli uomini ricevono informazioni dal
mondo. In luogo della naturale ricezione multidimensionale, propone una ridottissima esperienza sensoriale, poich
diminuisce sia la quantit che la specie d'informazione che la gente riceve. Mantenendo la coscienza entro i suoi canali,
minuscola frazione dell'area naturale dell'informazione, induce l'uomo a credere di sapere di pi, quando sa invece
sempre meno.
Con l'uniformare tutti entro i propri schemi e col centralizzare in s l'esperienza, il tubo catodico prende il posto
dell'ambiente. Accelera l'alienazione dell'uomo dalla natura e perci accelera la distruzione della natura. Distruggendo
la natura, distrugge l'uomo, spingendolo ancor pi dentro una realt artificiale gi invadente.
Accresce, infine, la perdita della conoscenza personale, della coscienza personale e della Memoria storica dei popoli per
mantenerne in vita una sola Ci devo riflettere, ma forse l'unico modello di memoria esistente in Occidente quello
ebraico, conferma al confratello Wlodek Goldkorn l'olostorico Saul Friedlnder, gi segretario di Nahum Goldmann e
Shimon Peres concentrando il potere dell'informazione, ed anzi l'informazione stessa, nelle mani di un'lite ideotecno-industriale-commerciale.
Chi siano stati i preveggenti promotori di tale lite, chi siano stati e chi siano gli araldi, i portatori, gli allucinati
missionari e gli zelanti difensori del Sistema di Valori che ne ha sostanziato gli atti e distorto le menti, chi siano stati e
chi siano i redditieri di quell'incubo rappresentato dal Sogno Americano e dell'Unico Mondo, di quel Tempo della Fine
l'Et Qetz del Libro di Verit in Daniele XI 40 e X 21 vantato e difeso per l'intero pianeta da una miriade di
manutengoli, lo sappiamo.
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Il compimento del Regno
La distruzione dell'uomo attraverso la televisione.
Questa razza di casa nostra [...] dura a morire e qualche volta si risveglia bruscamente. Bisognava impedire quel
risveglio. Da qui i negri, da qui le naturalizzazioni in massa di ghetti interi, l'abbrutimento per mezzo dei quotidiani,
della radio, della pornografia e della pubblicit, dell'idolatria del ricco, dell'adorazione dell'orpello, la beatificazione del
pugile e della ballerina nuda, tutta questa fiera che sa di polvere e carta d'Armenia e nella quale passeggia docilmente
una generazione inebetita, assordata dai giradischi e dalle orchestre dei maneggi, sussultante fra i petardi, a bocca
aperta davanti alle sirene e ai mostri, con la gola secca, gli occhi opachi, senza tregua in movimento dentro questa
kermesse senza baldorie, in questa ressa senza sguardi, sognando vagamente un'eterna scoraggiante domenica che
sarebbe stata tutta la loro vita. Questo era l'antifascismo.

Maurice Bardche, L'uovo di Colombo, 1952


Oggi sono essenzialmente i media stampati ed elettronici a plasmare le nostre attitudini percettive, a stabilizzare criteri
di senso collettivi che ci consentono la comprensione del presente e che fungono da costante contesto di riferimento
per orientare anche la nostra esperienza personale [...] Altrettanto evidente dovrebbe essere l'inconsistenza della linea
di demarcazione fra democrazia e totalitarismo che i teorici del pluralismo tentano di tracciare assumendo come
discriminanti delle nozioni tanto deboli quanto ambigue di autonomia dell'opinione pubblica e di policentrismo dei
mezzi di comunicazione di massa. Contro le tesi classiche del pluralismo democratico, l'indagine scientifica e
l'esperienza storica sembrano provare che l'efficacia persuasoria dei massmedia opera assai pi in profondit nei paesi
a democrazia pluralistica (e a economia di mercato) che non nei paesi totalitari.
Danilo Zolo, Il principato democratico, 1992
La televisione e gli altri media elettronici hanno cambiato la base delle attivit umane. Ci possiamo permettere di
ripetere questa ovviet, visto che anche i critici pi acuti della societ odierna non sono pienamente coscienti dei
cambiamenti che questo comporta per le nostre relazioni cognitive, emotive e funzionali con il nuovo ambiente globale
prodotto dai media.
Derrick de Kerckhove, La civilizzazione video-cristiana, 1995
Come che sia, la base della potenza americana sta, in larghissima parte, nel dominio del mercato mondiale delle
comunicazioni. L'ottanta per cento delle parole e delle immagini che circolano nel mondo provengono dagli Stati Uniti.
Zbigniew Brzezinski, 15 dicembre 1990
Distruggeremo la vostra cultura come abbiamo distrutto la nostra.
il conduttore (ebreo americano) Jay Leno, in uno spot per l'European Super Channel della NBC
La parte del laudator temporis acti sempre imbarazzante, ma l'approdo di una rincorsa ossessiva dello sviluppo
scientifico e tecnologico il vicolo cieco di un nichilismo triviale. Come recitava una vecchia canzone d[el cantautore
Franco] Battiato: Pi diventa tutto inutile, e pi credi che sia vero, e il giorno della Fine non ti servir l'inglese.
Roberto Zavaglia, Nanotecnologo - Il mestiere del futuro, 1997
Quello che in Occidente chiamiamo pensiero il prodotto della resistenza del cervello al flusso dell'informazione.
Derrick de Kerckhove, La civilizzazione video-cristiana, 1995
Se teniamo presente l'influenza enormemente pi vasta e incisiva del Piccolo Schermo rispetto al grande del cinema e
la possibilit di essere messi in contatto in ogni momento con l'immaginario collettivo televisivo ci gioco capire come,
col passare degli anni, i moduli comportamentali televisivi abbiano rivoluzionato e plasmato, e stiano tuttora
plasmando, lo psichismo dell'uomo in modo molto pi profondo che non il cinema.
Per la prima volta nella nostra storia scrive l'americano Jeff Greenfield possibile rispondere alla domanda "Chi
ha fatto l'America?": la televisione. In a very real sense continua John O'Connor, docente di Storia al New Jersey
Institute of Technology e co-direttore del periodico Film & History television is American Culture, in senso letterale
la televisione la civilt dell'America.
A differenza di quanto possa pensare taluno dei meglio-intenzionati oppositori del Sistema Mondialista, come non
esistono armi neutre rispetto alle strutture sociali e ai Sistemi di Valori in cui sono nate, non esiste neppure la
neutralit della Scienza (e tantomeno ancora della Scienza moderna, portatrice di una propria morale totalitarioprogressista perfettamente inscrivibile in quella giudaico-cristiana, di cui anzi legittima figlia) n, a maggior ragione,
la neutralit della Tecnologia e delle tecniche. La Tecnologia, come la conosciamo oggi e come stato dimostrato da
studiosi quali il primo Jeremy Rifkin e da noi stessi in Lo specchio infranto un fenomeno storico generato da una
certa precisa idea della natura, da una certa precisa idea del progresso, da specifici ideali sociali e da specifiche
aspirazioni sui fini della vita umana e del cosmo, ideali ed aspirazioni di chiara ascendenza giudaico-cristiana. E ci non
solo sotto il profilo ideologico-morale, ma anche dal lato pratico.
Ma c' qualcosa di ancor pi terribile e non-umano: pi ancora della Scienza, le Tecniche infatti non sono e non sono
mai state strumenti inerti, governabili a piacimento dai loro inventori o direttori pro-tempore (di qui la profonda
diffidenza ellenica per la techn). Pi ancora della Scienza quadro di riferimento che lascia pur sempre all'uomo
un'autonomia spirituale la Tecnologia ha una sua logica, una logica ancor pi impersonale che non solo contrasta e
distrugge i suoi nemici, cio le logiche e i Sistemi di Valori che le si oppongono, ma entra in conflitto perfino con le
ideostrutture che l'hanno giustificata sul piano sia filosofico che emozionale, potenziandola su quello fattuale
(cristianesimo, marxismo, capitalismo, democrazia).

Quanto a due brevissimi esempi, oltretutto esplicatisi in epoca ancora tranquilla, prima cio dello scoppio della
rivoluzione concettuale baconiana, basti pensare all'introduzione della polvere da sparo nelle contese guerresche, che
comport il declino del potere della cavalleria medioevale e il sovvertimento delle tecniche costruttivo-architetturali.
Basti pensare a come l'introduzione della semplice staffa abbia, ancor prima, reso possibile, col maggiore e decisivo
potere di offesa conferito all'uomo a cavallo, l'affermazione dell'universo feudale, innestandone le strutture sociopolitiche sulle strutture ideazionali della trifunzionalit indoeuropea.
E tale discorso vale ancor pi per i media. Essi non sono semplici canali di trasmissione tra due o pi ambienti; poco o
nulla conta, nella genesi dei pi profondi mutamenti sociali (psico-esistenziali), la qualit delle informazioni. I media
sono in realt, al di l di ogni presunzione faustiana e di ogni futuristica brama di dominio, ambienti in se stessi e per
se stessi. Svincolati da umana volont, col tempo essi seguono una loro logica intrinseca, comportando conseguenze
che, indipendentemente dalla sostanza del messaggio, sono non solo quasi sempre imprevedibili ai controllori di
turno, ma in ogni caso eversive dell'ordine in cui sono nati.
Ben rilevano infatti Daniel Yergin e Joseph Stanislaw: Dopo gli sconvolgimenti delle guerre mondiali, delle rivoluzioni
e della depressione, assistiamo oggi al processo di rinascita di un'economia globale. Cos come nell'Ottocento il motore
a vapore e il telegrafo hanno reso il mondo pi piccolo, l'odierna tecnologia sta tornando a erodere distanze e confini.
Questa volta per gli effetti di tale fenomeno sono molto pi globali, non escludendo nessun paese o comunit. La
tendenza in atto appare evidente sotto molti aspetti. Il numero di passeggeri di voli internaziomnali passato da 75
milioni nel 1970 a 409 nel 1996. Tra il 1976 e il 1996 il costo di una telefonata di tre minuti dagli Stati Uniti alla Gran
Bretagna passato in termini reali da circa otto dollari a trentasei centesimi, e il numero di telefonate internazionali
passato da 3,2 miliardi del 1985 a 20,2 miliardi del 1996. Oggi il mondo vede gli stessi film e spettacoli; dai satelliti
rimbalzano le stesse notizie e informazioni, creando istantaneamente un vocabolario comune per qualsiasi evento.
Del tutto immatura e volpinamente fuorviante quindi la dichiarazione di David Sarnoff, presidente della RCA Radio
Corporation of America e nel 1926 creatore della prima rete radio americana, la NBC National Broadcasting Company
(anche la CBS, seconda rete radiotelevisiva, viene fondata da ebrei), attivo sionista, membro del direttivo della
Educational Alliance, primo socio onorario del Weizmann Institute of Science, nonch alto dirigente dello Jewish
Theological Seminary: Siamo troppo propensi a fare degli strumenti tecnologici i capri espiatori dei peccati di coloro
che li maneggiano. In se stessi i prodotti della scienza moderna non sono n buoni n cattivi: il modo in cui vengono
usati che ne determina il valore.
Tale opinione, da una parte naturalmente diffusasi tra le masse moderne, dall'altra ad arte predicata da tecnici
superficiali o interessati, viene aspramente criticata da Marshall McLuhan: Proprio nulla nella frase di Sarnoff regge ad
un esame appena attento, nonch viene definita, con incisiva semplicit, la voce dell'attuale sonnambulismo. O
anche, con immagine altrettanto felice: i media moderni sono ormai diventati, per tutti coloro e sono la maggioranza
che ne hanno accettato l'influenza in modo docile e subliminale, prigioni senza mura per gli uomini che ne fanno
uso. Il medium il messaggio, suona l'abusato, spesso non capito e male interpretato motto del sociologo
canadese: l'impatto della forma comunicativa, indipendentemente da ogni bont o meno delle intenzioni e del
contenuto, oltrepassa cio sempre e comunque la sostanza del messaggio; l'estrinsecit prevale sull'intrinsecit.
Certo i media non crescono n si sviluppano nel vuoto; varie forze sociali, politiche ed economiche favoriscono lo
sviluppo di alcune tecnologie, nonch i loro usi e configurazioni (nulla pi chiaro al proposito della storia del cinema).
E tuttavia, al di l di ogni volont, la Tecnica stessa si svincola, nel tempo, dai suoi direttori, imponendo dapprima
profonde ristrutturazioni ad alcune articolazioni societarie, portando poi alla ristrutturazione, coerente coi nuovi
moduli, dell'intera societ.
Quando poi tale ristrutturazione si muova nel senso della Weltanschauung di quei direttori dei loro desideri e delle
loro aspirazioni di dominio finanziario, politico e ideologico l'osservatore rischia di non scorgere o di sottovalutare la
logica sistemica che ne sta alla base, illuminando in modo eccessivo il ruolo dei promotori, addebitando loro la genesi
dei mutamenti, rischiando di trovarsi spiazzato nell'analisi del fenomeno e di fronte alle obiezioni dei laudatori della
Modernit. D'altra parte e al contrario, supervalutando asetticamente la logica del Sistema dando cio indebita
importanza alla speculazione sociologica e mettendo in secondo piano la ricerca storica e ideologica l'osservatore
rischia di perdersi nell'astrattezza. In realt, se certo esiste una logica sistemica, se esiste un Sistema autosostenentesi ed ormai impersonale nella sua struttura di fondo, esistono anche non solo influenze, azioni e retroazioni
di tipo cibernetico, non solo teste pensanti che, se pure non pi dirigenti, del Sistema sono i regolatori e i custodi, i
difensori ed i giudici. Esiste soprattutto la consapevolezza della genealogia profonda del Sistema, genealogia che,
prima che tecnica e settoriale, storica e ideologica, quindi spirituale e religiosa.
Quanto alla televisione, i suoi veri portati, finora non avvertiti dai giubilanti spettatori e funzionali a chi delle strutture
mentali della Modernit stato il promotore, cio il Popolo Santo, consiste: 1. nell'appiattimento delle esperienze (pi
spietato di noi, scrive Daniel J. Boorstin: Come la stampa cinque secoli or sono inizi a democratizzare l'istruzione,
cos la televisione democratizzer l'esperienza), 2. nell'indifferentismo, cio nella perdita del senso del valore della
notizia, 3. nella distruzione delle differenze tra i popoli, 4. nella distruzione di tutte le vecchie strutture di luogo o, pi
chiaramente, di tutte le precedenti strutture di relazione, e non solo tra gli individui od i popoli, ma tra l'uomo e il suo
ambiente (Umwelt: ci che sta immediatamente intorno), tra l'uomo e il mondo (Welt), tra l'uomo e il Cosmo. In
un'unica espressione: consiste nel condurre al compimento finale la separazione dell'uomo dalla Natura che si
primamente fondata sull'antico, eterno odio giudaico per Questo Mondo.
A simili conclusioni giunge Joshua Meyrowitz, docente di Comunicazione all'Universit del New Hampshire: La mia
teoria sostiene che questa ristrutturazione delle occasioni e delle rappresentazioni sociali stata, almeno in parte,

all'origine delle recenti tendenze sociali, comprese la confusione dei concetti di infanzia e maturit, la fusione delle
nozioni di mascolinit e femminilit e l'abbassamento degli eroi politici al livello del cittadino medio [...] Riunendo tanti
tipi di persone nello stesso "luogo", i media elettronici hanno favorito la confusione di molti ruoli sociali un tempo
distinti. Dunque, i media elettronici ci influenzano non tanto coi loro contenuti, ma modificando la "geografia
situazionale" della vita sociale.
La confusione dei ruoli, con l'abbattimento delle antiche istituzioni e la formazione di nuovi centri direttivi e di strutture
pi omogenee, investe le religioni, le gerarchie, la famiglia, i sessi, le razze, le differenze nazionali, il rapporto
pubblico-privato, la semantica, i concetti stessi: comporta l'eversione di ogni precedente strutturazione umana. Nulla
di strano che l'espressione politically correct sia nata nel Paese di Dio; non a caso quella confusione dei ruoli detta
androginia situazionale ha partorito proprio l termini neutri quali chairperson (persona che presiede), meno
offensivo di chairwoman (presidentessa) e di chairman. La banalizzazione dell'esistenza, la volgarizzazione dei
vissuti, il senso d'impotenza, intercambiabilit e inutilit personale, la mancanza di ruoli definiti tutto ci ne
consegue. I nuovi media aboliscono i concetti di sfere maschili o femminili, di capanne o edifici particolari, di luoghi
sacri o profani. Il mutamento del rapporto tra luogo fisico e luogo sociale investe ogni ruolo e persona. Per la
maggioranza il mondo diviene senza senso perch, per la prima volta nella storia, il mondo privo di luogo e di
centro.
Ma la perdita di luogo e la mancanza di centro, la scomparsa delle articolazioni sociali all'interno di societ
intercambiabili e sostanzialmente identiche (fenomeno che investe in misura infinitamente minore i
regolatori/mediatori/manipolatori di quelle societ), la mancanza di individuazione personale e di gerarchia sociale
fanno precipitare la massima parte degli esseri umani i pi fragili, insicuri e bisognosi di solidariet da parte dei
connazionali nell'anomia, nel solipsismo, nella disperazione. Porsi oltre il senso del luogo comporta, data la natura
umana com' stata plasmata in milioni di anni, il porsi oltre ogni senso, perdere ogni senso, ogni coordinata non solo
spaziale ma temporale, societaria, familiare, psichica e mentale.
Noi non concordiamo col retorico, criminale quesito/incitamento di Francesco Remotti: Ma proprio poi necessario
avere un'identit nel nostro mondo?. Noi non siamo non vogliamo essere quei transhumants ebraici, quei
vagabonds de l'univers staffilati da Henri Labroue, e neppure quei tecno-allucinati nuovi nomadi cantati da Arianna
Dagnino. Noi non siamo non vogliamo essere quegli irrevocabili figli di Babele cantati dal sociologo Guy
Scarpetta in Eloge du cosmopolitisme. Non vogliamo esserlo perch sappiamo dalla personale esperienza e
dall'insegnamento dei padri che or mezzo secolo caddero, armi in pugno, per contrastare la decadenza dell'uomo
che l'esserlo comporta il disfacimento delle qualit pi vere e sofferte dell'essere umano. Solo un puro nichilista pu
apprezzare la fortuna dell'esilio, solo un puro nichilista pu venir confortato da una condizione psico-sociale in cui si
abbia l'agio, come predica Scarpetta, di fare scoppiare le identit e l'appartenenza, da una condizione il cui punto di
riferimento primario sono gli USA, paese modello, rete attraverso le maglie della quale si pu [sempre] sfuggire.
***
Un'indagine del Congresso riferisce che l'americano medio degli ultimi anni Ottanta consuma un quarto dell'esistenza
da sveglio guardando la televisione e che, per i figli, la sola attivit che prende pi tempo della TV il sonno. Altri studi
rivelano che le famiglie con redditi inferiori ai diecimila dollari guardano la TV in media 47 ore e 3 minuti settimanali,
mentre quelle con redditi superiori a trentamila restano davanti al teleschermo 47 ore e 50 minuti. Le abitudini
televisive sono quindi sostanzialmente uniformi per ceto sociale, mentre la differenza concerne i gruppi di et. Gli
adolescenti sono quelli che guardano meno la TV, con una media di sole 22 ore e 30 minuti (oltre tre ore al giorno);
gli individui oltre i 55 anni toccano invece le 35 ore e 6 minuti (cinque ore al giorno). Il bambino della pi recente TV
generation guarda, fra i tre e i cinque anni, la TV per 54 ore (quasi otto ore quotidiane). Prima dell'inizio del ciclo
scolare our boy assorbe quindi 5000-5500 ore di TV, per un quinto pubblicitarie; prima di terminare le medie ha
riempito la vita con oltre 20.000 ore di Piccolo Schermo.
Anche in Italia il consumo di televisione vertiginosamente aumentato: gli adulti (sopra gli undici anni) passano
davanti al video quasi quattro ore al giorno; i ragazzi sotto gli undici, qualcosa di pi. In dettaglio, quanto alle ore di
esposizione ripartite nelle quattro classi 0-2, 3-4, 5-6 e oltre 6, le percentuali concernenti i ragazzi (6-13 anni), gli
adolescenti (14-19 anni) e gli adulti sono: 26, 52, 18 e 4; 32, 52, 14 e 3; 42, 45, 11 e 2. Il che significa che il Piccolo
Schermo intrattiene soprattutto individui delle et pi basse. Dopo il sonno e il lavoro, il guardare la televisione la
terza grande attivit dell'uomo soprattutto del minore moderno.
Oltre a due effetti di rilevanza individuale: 1 la caduta verticale della capacit di fissare l'attenzione per pi di un
certo tempo (se a un buon insegnante occorre anche un'ora per sviluppare un dato argomento, gli spazi televisivi
obbligati di novanta secondi troncano quello stesso argomento in modo irreparabile) e 2 la perdita di interesse per la
lettura aspetti che coinvolgono per mimetismo inconscio (vale a dire per l'inconscia occupazione degli spazi mentali
ad opera non solo delle immagini ma dell'intera atmosfera televisiva che foggia l'Umwelt dell'uomo moderno) anche
persone che fruiscono della TV per tempi ben sotto la media l'esposizione allo sbarramento delle immagini
televisive hanno due rilevanti effetti sociali:
3 il conformismo applicato e 4 l'ignoranza generalizzata. Se del primo Marie Winn ad affermare che il Piccolo
Schermo influenza necessariamente le abitudini di gioco dei ragazzi, per cui un giovane che non conosce i suoi
programmi ha difficolt a farsi degli amici o ad entrare a far parte della banda del quartiere e pu diventare, papale
papale, lo scemo del condominio, della seconda si fa paladino il tecnocrate Nicholas Negroponte (fondatore e
direttore del Media Lab del MIT): La maggior parte dei bambini americani non fa differenza tra il Baltico e i Balcani,

non sa chi erano i visigoti e ignora dove abitava Luigi XIV. E con questo? Perch sarebbe cos importante? Sapevate voi
che Reno a ovest di Los Angeles?.
Un quinto effetto 5 la distorsione del tempo e dello spazio indotta nei cervelli. Essa rende vaghe e irreali le
sensazioni e, al contempo, rivendica a s un maggiore grado di realt. Se da un lato favorisce l'effetto gregario,
indebolisce dall'altro le relazioni con chi ci sta intorno, poich riduce, e talvolta elimina, le normali occasioni per
comunicare. Come quindi stupirci che siano proprio gli americani ad avere il senso pi ottuso dell'irrealt, nei confronti
dell'essere umano e del mondo?
Infatti, se la televisione una ladra di tempo, inchiodando per ore i ragazzi ed escludendoli da attivit che sul lungo
periodo sono indubbiamente assai pi importanti per il loro sviluppo, altrettanto gravi sono quindi altre distorsioni.
Come scrive John Condry: Per lo pi, l'attenzione del bambino non si fissa, perch il materiale facilmente
comprensibile. I bambini capiscono qualcosa del contenuto dei singoli programmi, ma non alla stessa maniera degli
adulti. Ad esempio, non capiscono le sequenze lunghe e hanno una comprensione ridotta delle motivazioni e delle
intenzioni dei singoli personaggi. Non sono capaci di trarre deduzioni da un'azione cui non assistono direttamente, cio
da un'azione sottintesa ma non esplicitamente mostrata [...] La televisione non li informa sul mondo, anzi spesso li
disinforma. La televisione non concepita per fornire ai bambini informazioni circa il mondo reale. Quando viene usata
per questo scopo, fa un pessimo lavoro. La TV moderna, specie nel modo in cui viene attualmente utilizzata negli Stati
Uniti, ha un unico obiettivo: vendere merci. La televisione fondamentalmente uno strumento commerciale. I suoi
valori sono i valori del mercato; la sua struttura e i suoi contenuti rispecchiano tale obiettivo [...] La cosa davvero
assurda che la TV non mostra mai nessuno intento a lavorare per guadagnare le ricchezze che ostenta. Non esiste
alcun legame fra il lavoro e la vita. I bambini, che preferiscono la soluzione pi rapida ai problemi, cercano la bella vita
cos come la definisce la televisione, vale a dire possedere tante cose, ma non sanno come procurarsele. E come
potrebbe essere diversamente? Mostrar gente che lavora, per la televisione una bestemmia, uno spreco di tempo!
Rende la TV noiosa, e ci sarebbe inammissibile. In televisione ogni momento dev'essere emozionante, ogni
avvenimento deve attrarre l'attenzione.
Allo scopo tutto buono, a partire dalla presentazione ossessiva della violenza. Ma se l'onnipervadenza della violenza
le conferisce un valore morale, altri aspetti vengono martellati a foggiare le coscienze. I valori strumentali
dell'essere belli, giovanili, sexy, capaci e furbi (di gran lunga meno citati/vantati sono l'essere
coraggiosi, coerenti e il saper perdonare) servono a conseguire i due massimi valori terminali della Modernit: la
felicit e il riconoscimento da parte della societ (anche l'eguaglianza e l'amicizia vengono posti, sia nella
fiction che negli spot pubblicitari, in netto secondo piano).
La moralit di un'azione viene inoltre sempre pi a dipendere da chi la compie, la correttezza o meno di un
comportamento viene riferita non a quel comportamento in s, ma al personaggio che lo agisce: A quanto pare
conclude Condry gli spettatori di un programma hanno a disposizione diverse strutture morali, a seconda della loro
familiarit con i personaggi. I giudizi morali di persone che non hanno familiarit con essi, pare, vengono dati in base
ad una scala di moralit ideale, senza tener conto della simpatia dei personaggi stessi. Ben diversi, invece, i giudizi
morali di persone che hanno familiarit con i personaggi, che li "conoscono" o nutrono sentimenti positivi o negativi nei
loro riguardi. Ci che non ammissibile per le persone che ci stanno antipatiche perfettamente accettabile da parte
di coloro che amiamo. L'oggettiva 6 induzione di una doppia morale (tanto cara, del resto, alle ideocrazie comunista
e giudaica) allora il sesto degli aspetti devastanti la psiche dell'uomo.
Per quanto concerne infine la mondializzazione (la democratizzazione cantata da Boorstin!) delle esperienze,
gravissimi appaiono 7 la distruzione delle culture e l'appiattimento delle civilt su di un unico modello psico-sociale,
quello del demoliberalismo/giudaismo. Riguardo ai bambini delle ultime generazioni, ben scrive Marina D'Amato: Si
assiste per la prima volta nella storia dell'umanit alla diffusione di miti uguali per bambini di paesi e culture diversi.
Gli stessi cartoni e gli stessi telefilm sono diffusi infatti in molti paesi del mondo contemporaneamente. Non esistono al
momento attuale ricerche che indaghino comparativamente su questo fenomeno, e quindi non possibile intervenire
con opinioni in merito che non siano puramente ipotetiche. Ma si pu ipotizzare che con le generazioni degli anni
Ottanta e Novanta, che a livello planetario stanno crescendo con lo stesso scenario fantastico, psicologi e antropologi
dovranno fare i conti considerando questa variabile.
Per secoli le fiabe sono state, con le leggende e le storie, parti essenziali di ogni realt culturale, della quale si
proponevano come esemplificatrici di miti, valori, simboli e comportamenti. Sempre la socializzazione dei giovani
passata attraverso il racconto degli eventi accaduti prima, capaci di fornire sia paradigmi e strumenti d'azione per
l'esperienza quotidiana, sia risposte per i fini ultimi della vita. Il mito, nelle sue diverse accezioni, ha sempre avuto una
funzione di guida e riferimento, passando, da elemento religioso e cultuale, a informare da una parte poesia ed arte,
dall'altra storia e morale. Anche la fiaba, trasposizione popolare di mitologemi e modalit di trasmissione culturale tra
le pi efficaci, stata per millenni, in forme diverse secondo il diverso psichismo dei popoli, depositaria della cultura,
che ritrasmetteva ad ogni sua riproposizione. Per millenni essa ha fatto s che i processi interiori venissero
esteriorizzati e resi comprensibili attraverso i personaggi e gli eventi della vicenda. Oggi, con l'avvento della televisione
multirete e la contestuale diffusione mondiale del mezzo, si assiste, continua la studiosa, ad un fenomeno nuovo,
perch gli stessi episodi di commedie seriali, di telefilm o di cartoni intrattengono bambini brasiliani, francesi,
statunitensi, giapponesi e persino cinesi... lecito pensare che per la prima volta nella storia dell'uomo si possa
andare verso una sorta di "omogeneizzazione culturale"? Siamo entrati da questa via nel villaggio globale ipotizzato da
McLuhan? L'ideologia dei giovani del Novanta avr a che fare con questo processo di socializzazione che la televisione
sta operando oggi?.

infatti evidente commenta Alberto Ostidich che, con l'azione incessante e coordinata di immagini e suoni,
l'agto [e non lo spettatore quale attore e sceglitore del programma] venga a subire ci che gli vien presentato come
informazione, suggerimento, esempio, o altro; e la sua disponibilit ad accettarlo come valido ed oggettivo, ossia a
coglierne acriticamente il messaggio, cresce nella misura in cui diminuiscono le sue difese inibitorie immerso com'egli
si trova in una realt dove interagiscono toni suadenti ed effetti speciali, brio e relax, zapping e pensiero episodico.
Immagini e suoni, inoltre, si avvalgono di forme non mediate per descrivere l'insieme, recepito come "vero", e quel
loro succedersi, rapido e incalzante, imprime nello spettatore sensazioni tali da ridurre molto, assai spesso, o
addirittura annullare ogni capacit analitica da parte sua. Se poi consideriamo che il destinatario del "messaggio" altri
non se non un individuo racchiuso ed isolato in una abitazione arredata in serie, e del tutto simile a quella di milioni
di altri individui dagli stessi suoi orari di lavoro, pausa-pranzo, trasporto, etc.; che si tratta di un individuo con evasioni
programmate, divertimenti e ferie organizzate; alle prese con gli identici, soliti "problemi quotidiani" di tanti e tanti
altri, alle prese, soprattutto, con la mancanza di una propria vita interiore; ebbene, risulter facile che quest'essere
massificato e spotizzato vada a confluire, a seconda dei casi o delle situazioni, nella fascia degli sportivi, delle
casalinghe pulitodipendenti, dei giovani, degli uomini che non debbono chiedere mai [personaggi-tipo di una campagna
pubblicitaria], etc.; fasce verso cui sono distintamente indirizzate le varie forme di "acquisto del consumatore"... nel
senso che quest'ultimo ad essere di fatto acquistato.
Come per il cinema, uno degli aspetti pi rilevanti dell'Operazione Piccolo Schermo la diffusione cio dei paradigmi
mondialisti praticata dai Regimi di Occupazione Democratica imposti dopo il conflitto mondiale si lega strettamente
all'antirazzismo del Sistema, all'esaltazione della societ multiculturale come massima ed anzi unica espressione
possibile dell'essenza umana, alla raffigurazione del crogiolo multirazziale come Sommo Bene. Nulla serve di pi, allo
scopo, delle fittizie famiglie multicolori di serial tipo Diff'rent Strokes, Arnold, o Webster (id.), o Small Wonder,
Super Vicky. Nel primo, prototipo di tutti gli altri, il protagonista, un ragazzino nero particolarmente odioso
interpretato dal venticinquenne Gary Coleman cui un morbo renale ha donato un eterno aspetto infantile, viene
adottato da una coppia di bianchi dell'alta borghesia newyorkese. Con lui, in una casa elegante e dotata di domestica
bianca, vive un fratello pi grande, anch'egli negro adottato. I problemi affrontati in ogni episodio riguardano i
contrasti del Nostro con gli altri e con il mondo esterno, che la saggezza e la bont del padre riescono di solito a
ricomporre. La saggezza di Arnold, le sue analisi delle situazioni sono talmente proverbiali da costituire uno
stereotipo; le sue espressioni di rammarico, di gioia o di meraviglia vengono talmente esaltate dai tratti del viso da
sembrare una maschera (gli spettatori devono conoscere il mondo non dall'interazione con esso, non dagli specifici
contesti storico-sociali o dal particolare comportamento dei diversi gruppi razziali, ma unicamente dalle smorfie dei
protagonisti, smorfie uguali per il bianco come per il negro, per il giallo come per il meticcio). Il viso del protagonista
mette in risalto ancor pi la diversit razziale dei genitori e contribuisce a creare nella retina (e nel cervello) dello
spettatore l'immagine dell'integrazione totale.
L'elemento che caratterizza i tre serial, secondo anche la D'Amato, quello dell'adozione di un "essere" diverso. Il
fatto che famiglie bianche di media e alta borghesia adottino un bambino nero un messaggio esplicito di integrazione
razziale e di disponibilit a ridurre fino ad annullare la distanza sociale. Il problema del pregiudizio etnico viene cos
affrontato e risolto nel migliore [e pi falso] dei modi, la commedia annienta la distanza sociale, paradossalmente
esaltando le diversit. Infatti, in tutti i serial esaminati, i genitori hanno un aspetto che denuncia la loro origine WASP,
detentori di buone posizioni sociali [...] di attivit lavorative gratificanti, di mogli emancipate, gradevoli,
intraprendenti.
Nella massima parte di tali spettacoli la quotidianit prevale sul mondo dell'avventura, caratterizzandosi per la perdita
dell'eccezionale e il predominio dell'intimismo sentimentale: il minimalismo la fa da sovrano. La quotidianit offerta
non mai drammatica e si basa sulla contrapposizione dell'elemento interno con quello esterno, perturbatore ed
imprevedibile, con lo scioglimento della vicenda in un'apoteosi di riassicurazione, finale ampiamente prevedibile fin
dall'inizio. L'amicizia, l'affetto, l'amore sono gli elementi pi frequenti; il conflitto sostituisce la guerra che, quando
compare, in relazione a cartoni tipo Robotech e Transformers (anche tali guerre sono sempre e solo azioni di difesa
nei confronti di attacchi esterni, che minacciano la sempre pacifica esistenza dei nostri). La famiglia, cio il contesto
pi scontato del piccolo teleutente, non viene comunque pressoch mai rappresentata nella sua dimensione
normale: non esiste la famiglia biologica, composta da padre, madre e figli (e, perch no, anche nonni). La famiglia
televisiva invece un'unit atipica, fatta di volta in volta di padre e di figli, di madre e di bambini, di genitori separati o
di vedovi, talvolta risposati fra loro, di nonni e di nipoti (l'unico esempio di famiglia normale, nota caustica la
D'Amato, la mostruosa Famiglia Addams).
Nuovi schemi vengono instillati nel software della mente e nell'hardware delle reti neuronali, categorie di valori non
solo differenti da quelle del plurimillenario vivere dei popoli, ma proprio nuove modalit di pensiero. L'incessante flusso
di immagini e suoni relega la parola tra i ferrivecchi, poich tutto pu essere percepito anche senza l'audio (si pensi
che, se nel Medioevo una persona-tipo entrava in contatto con una quarantina di immagini finte affreschi, dipinti
ed icone nel corso di tutta una vita, oggi la stessa viene assalita da qualcosa come 400.000 immagini al giorno).
All'aumento di importanza della comunicazione non-verbale segue quindi la resa della parola, poich il significato di
tutte le azioni pu essere dedotto senza difficolt anche dalle sole espressioni e dai gesti: La fisiognomica ha un ruolo
fondamentale, i volti sono degli universali simbolici. La collera, l'ira, la dolcezza, la bont, la cattiveria, l'invidia sono
atteggiamenti irrevocabilmente definiti dai segni che definiscono, pietrificandoli, tutti i personaggi. In questo contesto
la vista ridiventa infinitamente pi importante dell'udito, l'espressione diviene assolutamente pi significativa delle
parole, l'ambiente quasi inutile.
In questo contesto che privilegia l'azione e la suggestione, non ha pi spazio la riflessione, nessuna cittadinanza
l'argomentazione, nessuna possibilit la ragione.

Come hanno documentato Marie Winn e Allan Bloom, la TV ha effetti oltremodo perniciosi sia sull'educazione che
sull'istruzione dei ragazzi. Il costante calo di voti degli studenti USA viene messo da molti in chiara correlazione con
l'aumento del numero dei possessori di televisione dal 1950. inoltre nell'autunno 1974 che un sondaggio indica che
per la prima volta la maggioranza degli americani si abbevera, per conoscere il mondo, pi alla televisione che ai
quotidiani. La storia non offre altri esempi di Stati all'apogeo della potenza il cui livello culturale medio sia declinato
cos in fretta e con tanta profondit. Quattro soli dati tra i mille che potremmo citare: 42 studenti su cento
dell'Universit di Miami non hanno la minima idea di dove sia Londra; quasi 50, di fronte a una carta muta degli USA,
non sanno trovare Chicago; uno su due non ha mai sentito nominare Moby Dick, uno dei romanzi fondanti della
letteratura americana; due cittadini su tre non sanno indicare, nell'ottobre 1993, in quale continente si trovi la
Somalia, terreno di caccia ai riottosi seguaci del generale Aidid per gli elicotteri clintoniani (da giugno ad ottobre, per
inciso, a fronte della morte di un'ottantina di militari onusici vengono uccisi 6-8000 somali; nella sola maxi-sparatoria
del 3 ottobre gli americani, presi dal panico, mitragliano indiscriminatamente la folla, uccidendo a fronte delle
duecento vittime ufficialmente ammesse oltre mille persone, tra cui centinaia di donne e bambini).
Netta la contrapposizione tra l'approccio televisivo al sapere e quello offerto dalla scrittura, tra l'uomo-non-verbale
della televisione (homo videns, lo dice Giovanni Sartori, sottolineando come il Piccolo Schermo, producendo immagini
passive, cancelli i concetti e atrofizzi la nostra capacit astraente e con essa tutta la nostra capacit di capire) e
l'uomo-tipografico del libro (che da parte nostra potremmo, con un pizzico di parzialit in suo favore, dire tout court
homo sapiens); netta la contrapposizione tra il mondo dell'intelligenza simultanea, che opera sui dati simultanei e
per cos dire sinottici (come gli stimoli visivi, che si presentano in gran numero nello stesso momento, e tra i quali
difficile stabilire un ordine) e quindi ignora il tempo e richiede un basso grado di governo (Raffaele Simone) e quello
dell'intelligenza sequenziale, che opera sulla successione degli stimoli e li dispone in linea, astraendoli, analizzandoli e
articolandoli gerarchicamente.
Ben si esprime Neil Postman: Nella scuola due grandi tecnologie si scontrano, senza possibilit di compromesso, per
conseguire il controllo dei cervelli degli studenti. Da una parte sta il mondo della parola stampata, che punta sulla
logica, i rapporti di successione, la storia, l'esposizione, l'obiettivit, il distacco, la disciplina. Dall'altra, il mondo della
televisione, imperniato sulla fantasia, il racconto, la contemporaneit, la simultaneit, l'intimit, la gratifica immediata
e la rapida risposta emotiva. A sei anni i bambini sono gi profondamente condizionati dalla televisione. A scuola fanno
conoscenza col mondo della parola stampata e si instaura una specie di guerra psichica, in cui i feriti sono molti: i
bambini che non possono o non vogliono imparare a leggere, i bambini che non riescono ad organizzare il pensiero
nemmeno nella struttura logica di una semplice frase, i bambini che non sono capaci di seguire una lezione o una
spiegazione verbale per pi di pochi minuti. Sono un disastro, ma non perch siano stupidi. Sono un disastro perch
in corso una guerra dei media e loro sono dalla parte sbagliata, almeno per il momento.
La televisione, continua il neurofisiologo Herbert Krugman in Memory without recall, exposure without perception,
"Memoria senza ricordo, esposizione senza percezione", insegna al bambino piccolo a "imparare a imparare" in un
modo molto particolare, in qualche misura prima che sia in grado di parlare e, in molte famiglie di bassa condizione
socio-economica o in societ semi-analfabete, prima ancora che abbia mai visto un libro. Cos il bambino impara a
imparare con occhiate veloci. In seguito, se il bambino vive in una societ in cui si richiede la capacit di leggere, egli
confronta il nuovo strumento per "imparare a imparare" con le abitudini acquisite in precedenza dalla TV. Si sforza di
comprendere i caratteri con occhiate veloci. Non funziona. Imparare a leggere difficile, faticoso, e arriva come un
fulmine a ciel sereno, in molti casi intollerabile.
I bambini che guardano la televisione molte ore al giorno aggiunge l'olandese Cees Koolstra dell'Universit di Leida,
sottolineando di avere riscontrato in loro pi difficolt dei loro coetanei nella comprensione di testi scritti e
nell'organizzazione del linguaggio pensano per schermate, come facessero zapping col pensiero, percependo la realt
non come un tutto organico, ma come un insieme di immagini accostate a caso, non come una serie di eventi connessi
da cause ed effetti. In pi, tali bambini sono meno creativi di chi dedica il tempo libero alla lettura, sono pi impoveriti
nel gioco simbolico, fondamentale per lo sviluppo cognitivo. Diversi studi hanno ormai dimostrato che i ritmi rapidi e
spezzati, le dissolvenze, gli zoom e la musica ad alto volume abbassano la soglia di attenzione. L'abitudine alla
comunicazione per immagini, e quindi a tempi di attenzione brevissimi, rende gli scolari insofferenti ai ritmi esplicativi,
piuttosto lenti, di una lezione dalla cattedra; i programmi densi di stimoli eccitativi ne aumentano i comportamenti
impulsivi, le emozioni forti li allontanano da una vera comprensione degli eventi, spingendoli a rispondere ai problemi
senza pensare pi che tanto.
Significativamente, all'enorme aumento della variet degli stimoli uditivi che veicolano messaggi e della tipologia delle
immagini visive corrisponde un graduale e sempre pi rapido arrestarsi, in tutto il mondo, del decremento
dell'analfabetismo e all'aumento dell'analfabetismo di ritorno: Stiamo tornando a una dominanza dell'orecchio e della
visione non-alfabetica, e le giovani generazioni sono un'avanguardia di questa migrazione a ritroso. Il passaggio dalla
dominanza dell'orecchio a quella dell'occhio, conseguente alla nascita della scrittura, era apparso un progresso
definitivo, e ora invece si mostra come una delle fasi di un pendolo, una fase in cui l'uomo ha forse rinunciato a una
conquista evolutiva che la scrittura aveva stimolato, per fare un passo indietro. quasi come se si lasciasse da parte la
visione alfabetica un medium pieno di trensioni e di "fatica" per tornare a media pi naturali, pi primitivi, di minor
grado di governo (Raffaele Simone).
Sempre a prescindere dall'intrinsecit delle cose trasmesse, i media che veicolano le notizie vengono generalmente
percepiti dall'uomo come supporti neutrali di accumulo e trasmissione di dati obiettivi; non viene cio considerata
nel giusto peso la loro natura di elaboratori di un'informazione che viene sempre e comunque pre-disposta dal
cameraman e dal regista. Il Piccolo Schermo agisce sull'inconscio grazie al suo linguaggio particolare, poich il
funzionamento degli strumenti di ripresa molto diverso da quello dell'occhio umano: la telecamera non riprende mai
quello che lo spettatore vedrebbe se fosse davvero sul posto. L'occhio opera sui campi lunghi, offre continuit di azione

e panoramiche complete, eventualmente scendendo sui dettagli in un secondo tempo. La telecamera invece riprende,
indugiandovi innaturalmente, soprattutto i particolari, poich i dettagli attirano maggiormente l'attenzione dello
spettatore. Non solo: essa pu essere posta in modo da deformare o persino celare la realt: due inquadrature diverse
di una piazza riempita da scioperanti, nota Focus, possono far sembrare la manifestazione un successo o un fallimento.
L'impressione di vedere gli avvenimenti coi propri occhi pu poi essere accresciuta in diversi modi. Nei collegamenti in
diretta i rumori di fondo, anche se forti, vengono solitamente conservati, anche se le diverse piste del sonoro
permetterebbero di eliminarli. Inoltre, il conduttore pu interrogare dallo studio l'inviato sul posto, inducendo lo
spettatore a far sue le domande a questo rivolte. Tale effetto ancora pi evidente se il presentatore posto davanti a
uno schermo dal quale le immagini arrivano in diretta: l'identificazione di chi guarda da casa completa, la censura
invisibile completa, essendo fatta implicita, interiorizzata negli occhi, ricreata e persino voluta dal cervello dello
spettatore (altro, quindi, che finestra sul mondo!).
L'idea del medium neutrale deriva in effetti dall'alfabetizzazione, che ci fa considerare la stampa come il medium
informativo tipico, ove il lettore ad agire da elaboratore, e cio da soggetto attivo. Per intendere una sequenza di
parole, cio una successione di neri segni grafici su una superficie, l'uomo deve infatti trasformarli attivamente in
immagini mentali; la lettura richiede al lettore di ricreare da s il mondo del testo nella sua mente, ricostruendo da s
e dentro di s il contenuto dell'informazione. Quando leggiamo, scrive Derrick de Kerckhove, allievo di McLuhan,
dobbiamo creare un senso interiore: Oltre ad essere il materiale di cui fatta la nostra immaginazione, la lettura
anche il principale strumento grazie a cui possiamo mantenere il controllo di un processo immaginativo destinato a
nutrirsi di libri nel corso della vita. Durante la lettura di una sequenza di lettere prefissate la mente libera di prendere
autonome decisioni. anzi addirittura plausibile che l'idea stessa di Io individuale e di senso d'identit derivi in primo
luogo dalla lettura.
Solo chi pu sviluppare un proprio punto di vista , invero, a tutti gli effetti un agente libero: Con la TV, per, il punto
di vista al di fuori, e vi guarda dentro attraverso un fascio di elettroni [...] Quando il mondo occidentale era regolato
solo dai libri, c'erano un "dentro" e un "fuori" per le nostre esperienze psicologiche. Il dominio esterno era pubblico,
collettivo, stabile, affidabile ed oggettivo, era istituzionalizzato dalla legge, dall'istruzione e dalla scienza. Il dominio
interno della mente, per ognuno di noi, rimaneva privato, personale e soggettivo [...] La TV fornisce [invece] un tipo di
realt "mentale" al di fuori del corpo e della mente. Mentre guardate la TV, se la vostra mente non si mette a vagare,
se non avete in mano il telecomando, le immagini dello schermo si sostituiscono alle vostre. Partecipate
all'immaginario collettivo, al pensiero collettivo che essa vi offre. In televisione, le immagini non provengono da
esperienza personale, ma dal lavoro di una quipe di produzione professionale, spesso fortemente influenzata dalle
statistiche e dalle indagini di mercato.
***
Le confuse particelle d'informazione lanciateci dal Piccolo Schermo e concernenti il nostro mondo problematico,
complesso ed estremamente vario, non rappresentano alcunch di vicino al reale. Non con gli spezzoni sincopati
d'immagini accompagnati da commenti artefatti, che possiamo avvicinarci alla realt. Quanti dei telespettatori
dell'esecuzione, il 1 febbraio 1968, del povero giovane Van Lem, ufficiale dei Vietcong celato dietro il nome di
battaglia di Bay Lop, da parte del generale Nguyen Ngoc Loan, capo della polizia di Saigon, conoscono i retroscena del
fatto? L'esecuzione, ripresa dal fotografo Eddie Adams dell'Associated Press e dal cameraman sudvietnamita Vo Suu
della NBC, viene trasmessa il giorno seguente col titolo Rough Justice on a Saigon Street, "Giustizia sommaria in una
via di Saigon", ed entra nei libri di storia. Enorme l'impressione sul pubblico, nonostante i ritocchi compiuti onde
evitare agli spettatori il fiotto di sangue che sprizza dalla testa del condannato. Quanti condividono i termini, usati da
Stanley Karnow per Loan, di spietato ufficiale, spietata repressione e ben poca magnanimit, e della riduttiva
qualifica di uomo sospetto di appartenere al Vietcong per il terrorista? Molti, certo. Quasi tutti, forse. Ma quanti
sanno che, poco prima, il povero giovane cui salta la testa sotto l'impatto della pallottola aveva brutalmente
assassinato diverse persone, tra cui un poliziotto, sua moglie e i tre bambini, ai quali non era stata concessa l'eguale
fortuna di avere a disposizione una squadra di cameramen, cadendo per questo in un eterno oblio? (rintracciata
trent'anni dopo dal settimanale People, ben confessa ad Adams la propria gratitudine Nguyen Thi Lop, vedova di Van
Lem: Senza la sua foto mio marito sarebbe scomparso nel nulla).
Ci che le immagini fanno realmente, invero, con le parole di Jeffrey Mander, rendere il mondo tanto confuso,
grossolano e spento quanto lo stesso mezzo televisivo. Al posto del silenzio, della completezza dell'informazione,
della meditazione permessa dal libro e dalla ricerca, spesso non facile, di una esaustiva documentazione, ci sono nella
televisione frastuono, frammentazione, suggestione e tecniche di persuasione, esplicita o pi o meno occulta, facenti
leva sulle caratteristiche sensoriali e mentali pi basse dell'essere umano. Con la sua sola presenza, e a maggior
ragione col vibrare delle onde elettromagnetiche, la televisione minaccia la sacrosanta autonomia che l'essere umano
ha faticosamente acquisito grazie al leggere-scrivere.
Sempre pi arduo, quando non impossibile per chi non abbia la mente e il cervello pre-strutturati, si fa il pensiero
meditato e lineare, logico e consequenziale. Come rileva lo psichiatra Vittorino Andreoli, la televisione, in particolar
modo quella commerciale, porta a smarrire la parola, disorganizza e de-struttura il pensiero (soprattutto nei giovani),
massacra non solo e non tanto i programmi trasmessi ai suoi fini, quanto la pi profonda capacit di coerenza
dell'essere umano, la sostituisce con l'evocazione (passiva) di punti meramente suggestivi spot e schegge
telefilmiche. Ogni storia scrive Andreoli frammentata dal produttore per inserirvi spot, la vera motivazione
dell'impresa televisiva, e dal singolo per la curiosit di verificare gli altri canali [...] Le immagini sono pi efficaci del
linguaggio verbale, sia perch sono immediate, sia perch suscitano emozioni forti. Una foto generalmente pi
espressiva di una parola e ancor pi di un suono e di un rumore. Nello zapping si uniscono i due codici di
comunicazione e l'insieme ricorda un caleidoscopio parlante, con variazioni di colore, di toni e di vocaboli urlati o
sussurrati [...] Se confrontato con il sistema della Scolastica e dunque con il procedere per gradi e per regole fisse (il

sillogismo, la metafora, la sineddoche), lo zapping appare follia, schizofrenia appunto. Un disturbo che si caratterizza
per la dissociazione logico-verbale e per la mancanza di qualsiasi coerenza razionale [...] Lo zapping ha tre possibilit:
ordinarsi in categorie della mente preformate (innate) o di formazione storica, o riflettersi senza elaborare nulla. La
mente in quest'ultimo caso passiva e si azzera non appena lo stimolo si spegne. La constatazione che il giovane
d'oggi non funziona per sistemi: non rispetta le sequenze n della logica razionale n di altre logiche. Come se tutto si
accumulasse senza ordine. Rimane naturalmente la facolt di pronunciare parole, suoni, di usare espressioni mimiche:
insomma di comunicare per zapping. I giovani d'oggi sono abilissimi nell'evocare, ma incapaci di costruire periodi.
Come se le strutture della mente si fossero fermate e, appunto, dissociate.
E all'italiano si affianca De Kerckhove (nel saggio dal significativo titolo Il corpo tecnologico): Quando si legge un
romanzo, la parola scritta interiorizzata e questa interiorizzazione anche la condizione di appartenenza al S e di
organizzazione della coscienza personale. La coscienza individuale non esiste senza questa appropriazione
dell'immaginario e la riappropriazione dell'immaginario dipende dallo sviluppo della storia della letteratura, che
fondamentale per l'educazione dell'immaginario privato degli individui: leggere romanzi, poesie, una forma di
riappropriazione di s stessi. Ma quando appaiono la fotografia, il cinema e soprattutto la televisione, tutto cambia [...]
con la televisione che si completa la rivoluzione dell'esteriorizzazione totale del principio d'immaginazione, portato
all'esterno della mente, su di uno schermo. Tra tutti i sistemi di scrittura continua il canadese in La civilizzazione
video-cristiana l'alfabeto fonetico quello che favorisce maggiormente la messa in circolazione dei concetti. Questo
implica che le attivit cerebrali incoraggiate dalla scrittura e dalla lettura alfa-fonetiche ci allontanino doppiamente
dall'esperienza sensoriale immediata, innanzitutto con la rappresentazione e poi con la concettualizzazione a cui questa
rappresentazione rinvia.
Analizzando il contrasto o, meglio, la radicale alternativa tra parola ed immagine, uno studio inglese compiuto su un
campione di quarantamila persone, pubblicato nell'autunno 1994 dalla rivista scientifica Nature rileva lo strapotere del
medium televisivo nei confronti, ad esempio, della radiofonia (e tanto pi nei confronti della parola scritta). Conviene
maggiormente chiedono gli autori ad un uomo politico che vuol dare di s un'immagine suadente, servirsi pi della
radio o del Piccolo Schermo? L'ovvia risposta concorder il lettore la seconda: in televisione, a meno di evenienze
del tutto singolari, legate soprattutto a chi lancia il messaggio, le bugie passano pi inosservate, sicch lo spettatore si
lascia convincere pi facilmente. E la differenza tra i media non dipende dal tipo di pubblico che segue i programmi,
perch, nel caso della radio, una stessa persona rileva pi facilmente se chi parla afferma il falso o non convincente.
A governare l'imbonimento televisivo infatti il meccanismo dello sfruttamento dell'attenzione selettiva: il concentrarsi
dello spettatore su stimoli particolari, accompagnato dallo spegnimento, pi o meno radicale, degli altri. Sul Piccolo
Schermo passano cos in netto secondo piano i segnali verbali (le parole, il loro numero, la lunghezza delle frasi),
travolti o perfino sostituiti da quelli vocali (il modo con cui le parole sono pronunciate, l'intensit della voce, le pause,
le esitazioni) e da quelli visivi emessi durante la comunicazione (presentazione globale, sguardo, movimento del corpo,
espressione del viso).
Inoltre, rileva Anna Oliverio Ferraris, docente di Psicologia dell'Et Evolutiva, a differenza che per la vita reale, ove
quando guardiamo un gruppo di persone o un paesaggio percepiamo soltanto una parte del quadro visivo con la fovea
cio con quel punto della retina in cui la visione raggiunge la maggiore acutezza percependo il resto con la meno
nitida visione periferica, quando guardiamo il teleschermo poich esso di piccole dimensioni, noi percepiamo l'intera
immagine con l'acuta visione della fovea: in questo modo, mancando la visione periferica, la nostra attenzione per
l'immagine televisiva aumenta e, aumentando l'attenzione, tende ad aumentare anche il rilievo che noi diamo alle
immagini che stiamo guardando. Un secondo fattore legato al movimento. La nostra attenzione di spettatori dipende
anche dalla quantit di movimento presente sullo schermo: un ritmo veloce ha in linea di massima l'effetto di
aumentare il livello di attenzione. Movimenti rapidi, musica incalzante o forte producono uno stato di allerta del
sistema nervoso.
Col passare del tempo, tale ipercinesia comporta per conseguenze sgradite di affaticamento, calo dell'attenzione
cosciente e intorpidimento: In pi dell'80% delle persone il cervello ha un ritmo alfa durante l'ascolto prolungato, si
verifica cio una condizione cerebrale di rilassamento prossima al dormiveglia in cui i muscoli sono rilassati e gli occhi
atonici. A quel punto gli stimoli provenienti dal teleschermo possono assumere una valenza irreale, simile al sogno.
Questo spiega quella sorta di trance in cui cadono molti spettatori dopo un'ora o pi di esposizione al teleschermo. E
pu spiegare anche la funzione ipnotica della TV, la difficolt a "staccarsi" dallo schermo e il fatto che su alcuni la
televisione agisce come un sonnifero.
Dal punto di vista neurofisiologico l'attenzione stata studiata misurando i tipi di onde cerebrali che si attivano quando
uno stimolo viene inviato da un certo centro piuttosto che da un altro e attraverso un certo canale sensoriale piuttosto
che un altro. Nell'area corticale in cui lo stimolo viene decodificato, ad esempio, si verificano particolari modificazioni
elettro-chimiche, dovute all'entrata in gioco della formazione reticolare e del talamo, due centri nervosi da cui
dipendono le caratteristiche degli stati di vigilanza. Come rileva De Kerckhove: Alcuni generi di attivit concertate e
praticate a lungo incoraggiano delle specializzazioni selettive, che si inscrivono e si consolidano nell'insieme
relativamente flessibile del cervello e di tutto il sistema nervoso, soprattutto nella prima infanzia.
Sono i nuclei della base la sostanza reticolare ed il talamo a determinare gli stati di attivazione della corteccia,
cio uno stato di maggiore o minore attenzione a questo o a quello stimolo; attraverso un complesso gioco di
azione/retroazione, essi aprono per i canali preferenziali per gli stimoli non tanto in modo autonomo, quanto in
seguito alla superiore decisione della corteccia di prestare al mondo esterno un particolare tipo di attenzione.
Attraverso tali meccanismi la coscienza, cio la risultante sistemica dell'attivit integrata di ogni singolo centro
nervoso, tale per i miliardi di eventi che l'hanno strutturata quale unicum irripetibile, pu 1. focalizzarsi su un certo
aspetto del mondo esterno, 2. vagare senza un punto fisso di interesse o 3. trovarsi in uno stato di confusione nel
quale gli stimoli si accavallano in continuazione e l'attenzione fluttua anarchicamente.

stato in tal modo osservato, rileva il fisiologo Alberto Oliverio, che se si presta attenzione ad un unico canale
sensoriale quello uditivo nel caso della radio tutti gli altri stimoli vengono tagliati fuori, per cui l'ascoltatore ha
modo di rilevare, e analizzare criticamente a dovere, le pause, le inflessioni della voce, i tentennamenti e le ripetizioni,
tutte cose che spesso spiazzano chi vuol far credere qualcosa di falso. Nel caso del Piccolo Schermo, invece, l'abile
mentitore ha tutto il modo di distrarre lo spettatore, in quanto questi si sofferma naturalmente sullo sguardo
accattivante di quello, magari sul tic che lo "fa personaggio", sul modo in cui vestito, etc., trascurando le
caratteristiche intrinseche del messaggio uditivo.
Inoltre, spettacolarit e ritmi delle trasmissioni creano condizioni di facile credibilit e favoriscono il formarsi di
opinioni che sono razionali solo in apparenza [...] La nostra mente, infatti, caratterizzata da strategie che le
consentono di rispondere rapidamente a una particolare situazione sulla base di un giudizio di massima, ma questo
giudizio va rivisto e corretto attraverso una logica meno "intuitiva", il che non generalmente possibile quando i tempi
sono molto rapidi, come negli show televisivi in cui succedono "tante cose", una serie di eventi e testimonianze che di
continuo propongono nuovi problemi, senza lasciare il tempo di affrontare razionalmente un problema posto all'inizio.
In particolare nel campo della pubblicit (ma non meno in quello dei notiziari giornalistici), a prescindere
dall'incredibile alluvione di vacuit e (apparenti) insensatezze, si sparano senza problemi immagini velocissime con
continui mutamenti di scena che provocano una conoscenza involontaria attraverso un autistico aumento dell'attivit
cerebrale (in uno spot della Pontiak l'immagine pi lunga fu di un secondo e mezzo, la pi breve di un quarto di
secondo!). indispensabile, quando ci si proponga di catturare l'attenzione dei telespettatori, rispettare una precisa
cronodinamica fatta di ritmi rapidi, di frasi semplici e brevi, di immagini che colpiscono immediatamente la fantasia e i
sentimenti, indipensabile limitare quando non escludere esplicitamente il processo logico.
Ben commenta, attraverso un suo personaggio, il romanziere John Fowles: Per qualche minuto parlammo di cinema.
Avevo l'impressione che continuasse a recitare. Mi ascoltava fissando il suo bicchiere e scuotendo i cubetti di ghiaccio,
con deferenza innaturale come se avesse preferito chiacchierare con la hostess. Poi ricominci a parlare di televisione,
della sua natura effimera, della "quantit sbalorditiva di puttanate" che i suoi programmi contenevano. Era un trauma,
o un tormento, per il quale ero passato anch'io; la tirannide di un pubblico di massa, la necessit di eliminare istinto,
cultura, finezze e tante altre cose per arrivare alla verit basilare della condizione umana: che la maggioranza
ignorante e vuol essere trattata da idiota, o almeno per questo che paga. Gli spettatori sono coglioni, come mi disse
sinteticamente una volta un famoso regista di Hollywood, e i coglioni odiano l'intelligenza.
Come sottolinea compiaciuto uno dei maghi del palinsesto, l'ex anarchico sessantottino Carlo Freccero, gi direttore
della programmazione di Italia 1 e nel 1996 sinistro direttore di Raidue, per avvincere il maggior numero di spettatori
per il maggior tempo possibile, la TV deve domandare uno sforzo mentale minimale. La maggior parte delle tecniche
televisive affonda infatti le radici nello sfruttamento e nell'inversione di una tendenza umana con basi emotive:
l'interesse per i momenti salienti. Con ci non solo suggerendo implicitamente l'inutilit dello sforzo, dell'applicazione e
della fatica personale ai fini della crescita informativa/intellettuale (e quindi in ogni caso morale), ma anche
trascurando o relegando in secondo piano ogni sfumatura psicologica e l'incredibile, meravigliosa complessit della
vita.
Occorre quindi da parte nostra avere sempre presente tutta la profondit della confessione di Bob Silberberg, che va
perfino al di l di ogni manipolazione specificamente politica (anche se fare di una persona uno zombi un fatto,
ovviamente, politico): L'errore pi grave consiste nel credere che noi in televisione lavoriamo per produrre
programmi. Ci assolutamente falso. Bench le trasmissioni siano il nostro prodotto visibile, in realt le grandi reti
televisive americane lavorano per produrre telespettatori (corsivo nostro). Dovere dello spettatore, oltre certo che
lasciarsi educare alla way of life americana, quindi in primo luogo (od in ultima istanza) dimostrarsi, attraverso il
consumo dei prodotti offertigli in cos calda abbondanza, concretamente solidale col Sistema che di tale way of death
ha fatto il suo marchio e il suo vanto. Nulla quindi di pi naturale che la produzione di telespettatori, adescati da
programmi totalmente coinvolgenti nella loro irrealt, debba essere affinata dai necessari consigli per gli acquisti.
proprio per questa ragione che negli otto anni in cui rimane alla Casa Bianca, Reagan blocca con veto ogni proposta
di legge tesa a limitare la presenza oraria delle interruzioni pubblicitarie nei programmi per ragazzi (l'ultima proposta,
respinta pochi giorni prima della scadenza del suo mandato, prevede limitazioni assai modeste: un massimo di dieci
minuti e mezzo ogni ora durante i weekend e di dodici minuti nei giorni feriali). Due anni dopo, ottobre 1990, in
seguito ad un contrastato voto favorevole del Senato, anche il Congresso finisce per per approvare quel
provvedimento. Ma il nuovo presidente Bush, dopo aver minacciato di porre il veto in nome del Primo Emendamento
(quello introdotto a tutela della libert di parola) e visto che la proposta gode ormai di un largo appoggio tra
insegnanti, genitori, psicologi e del clero pi illuminato, deve lasciarla passare (dissociandosi col rifiuto di firmarla).
Nonostante l'opposizione di Bush possa far pensare che le nuove norme comportino una radicale riforma del settore in
questione, esse non costituiscono tuttavia nulla di rivoluzionario n di illuminato. La nuova legge, in vigore dal 1991
pur senza la firma presidenziale, non fa infatti che un riferimento marginale ai program-lenght commercials
(comunicati commerciali che hanno la stessa durata dei programmi per ragazzi) e a quei prodotti in cui spettacolo e
pubblicit sono fusi indissolubilmente.
I program-lenght commercials cui la legge non applica limitazioni sono per lo pi programmi di cartoni animati. I loro
personaggi sono, come per il cinema, anche giocattoli di successo, albi a fumetti, magliette, spugne e saponi, scarpe e
sandali, dischi e orchestrine, presenti nell'inesauribile galassia del merchandising. I pi redditizi sono The Simpsons,
New Kids On The Block e soprattutto, per i pi piccoli, Teenage Mutant Ninja Turtles, mostruose tartarughe
extraterrestri nomate Michelangelo, Leonardo, Raffaello e Donatello. Il mercato mondiale dei prodotti su licenza

dell'industria dei sogni passa dai poco pi di dieci miliardi di dollari del 1980 ai ben sessantacinque del 1989. Il 90%
delle licenze riguarda immagini prodotte nel Paese di Dio e, al contrario di quanto accaduto agli inizi degli anni
Ottanta, oggi si punta solo su personaggi e programmi gi affermati nel circuito elettronico multimediale.
Di Roberto Giammanco una prima conclusione sull'onnipervadenza del medium televisivo che dietro la frenesia
operativo/ideazionale non rivela per un sano movimento, la differenza, la vita, ma il pullulare della putrefazione, il
movimento della decomposizione incessante: Con l'avvento del mercato multimediale sono cadute tutte le barriere
tra fiction, informazione, programmi per adulti o per ragazzi, elettorali o seriali. Ci, inutile dirlo non significa che non
esistono pi mercati specifici [...] La totalit del mercato, nel suo complesso modo di produzione sociale, esige che
tutti i suoi prodotti siano intercambiabili perch regolati da obiettivi unicamente promozionali, indissolubilmente
sincronizzati. La circolazione delle merci esige una frenetica pluralit, ma teme come nient'altro la diversit.
La televisione potenzia il consumatore universale che sonnecchia in ogni esemplare di uomo moderno, quel tipo sociale
ormai ridotto ad eroe che prolunga la sua esistenza solo nel plurale: come pubblico che ascolta ed acquista o, ancor
pi astrattamente, come richiesta di informazione e quota di partecipazione. Avanguardia dell'umanit, gli
States investono il loro cittadino il loro utente/usato con una miriade di immagini: 12.000 quotidiani e altrettanti
periodici riempiono di foto rutilanti le edicole, 20.000 cinema proiettano per ore ventiquattro fotogrammi al secondo di
inquadrature audiovisive, 30.000 negozi noleggiano milioni di chilometri di videonastri, centosessanta milioni di
televisori diffondono immagini per una media di sette ore giornaliere ciascuno.
Icone commenta Luigi Allori feticci, informazione, pubblicit, spettacolo, arte: le immagini sono l'"altra vita" di
noi tutti, forse pi vera, o verosimigliante, di quella primaria. Sono palcoscenico, giornale, specchio, guida, documento,
veicolo, immaginazione, messaggio, imbonimento, propaganda, manipolazione, compagnia, babysitter, solitudine,
sapere, ignoranza.
All'et di sessantacinque anni, l'americano medio ha inoltre assorbito, frammezzo a tale caos di immagini televisive,
due milioni di annunci pubblicitari. Se a questi si assommano poi quelli radiofonici, quelli sui quotidiani, i periodici e i
cartelli stradali, le dimensioni del sovraccarico simbolico, e quindi dello svuotamento del simbolo, non hanno
precedenti nella storia dell'umanit. I freni sono cos pochi scrive al proposito Postman che si pu parlare di
una forma di violenza culturale, sancita da una ideologia che conferisce una supremazia senza limiti al progresso
tecnologico ed indifferente al disfacimento della tradizione.
La televisione, nota il tedesco Bernd Guggenberger, fa parte del mondo del denaro di carta e degli alberi di plastica,
delle societ-fantasma e dei matrimoni per prova, dei piani bellici e della simulazione di volo, dei valori-limite e dei
contatori geiger. Quando natura e valori, attivit e unioni, volo e decisione, rischio e pericolo vengono simulati, in
queste condizioni non dunque normale simulare la vita stessa, per mezzo della televisione, e tutta la scala dei
sentimenti e delle sensazioni, finch l'illusione riempir i vuoti della vita?. La televisione determina l'essere e il nonessere, l'esistenza sociale e l'indifferenza. Ci che penetra nel cuore e nel cervello delle masse deve prima passare
attraverso l'obiettivo. Solo la televisione crea oggi una dimensione pubblica, nel senso che essa fornisce
definitivamente ad una persona o ad un avvenimento il valore di notizia. Essa ha la massima competenza di accredito,
cui nessuno dei media minori pu sottrarsi. L'attestato di nobilt lo concedono oggi i moderatori delle grandi
trasmissioni con molto pubblico: Da tempo permettiamo che, cacciata la precedente, una nuova aristocrazia la faccia
da padrone sullo schermo e noi concediamo, a questo fior fiore dei media, dei privilegi che hanno tolto di mezzo i
privilegi di nascita del passato e ogni rossore pudico sul viso [...] La televisione il potere culturale imperiale, che
adegua tutto a se stesso, dal cerimoniale delle visite del papa fino ai giochi infantili, dalle abitudini alimentari della
famiglia media fino alla retorica e alla drammaturgia dei dibattiti parlamentari. La televisione crea uomini e temi,
decide, in misura che non ha precedenti storici, delle possibilit creative, individuali, vitali e sociali.
Ma all'illusione a parte quegli spiriti liberi che, pur consci degli attuali rapporti di forza e della presunta irreversibilit
del Sistema, restano fedeli sempre e comunque all'insegnamento dei Padri sugli spalti del realismo e
dell'antidemocrazia c' qualcuno che riesce a sottrarsi. E quel qualcuno sono proprio gli artefici, i promotori di
quell'illusione, gli appartenenti alla classe A dell'huxleyano Brave New World. ancora Guggenberger ad illuminarci
con linguaggio pregnante: Ci che comincia a delinearsi sono i contorni di una nuova divisione di classe contro quella
diagnosticata da Karl Marx, che era soprattutto incomparabilmente pi "innocua", se non altro perch non costrinse al
silenzio definitivo l'"arma della critica", l'unica vera, e propria, "forza del debole", che pu volgersi in superiorit. Ci
che si va delineando un disfacimento del corpo sociale tra i pochi attuali suoi fautori e la grigia massa dei
"manipolati", tra gli affannati utilizzatori e i massacratori del tempo, divertimento-dipendenti e sempre bisognosi di
distrazione, tra chi non ha mai tempo e chi ne ha sempre, tra gli attivi e i passivi, tra i pochi potenti produttori di realt
ed i molti consumatori di questa "realt di seconda mano".
ancora l'antica, sempre nuova conferma dell'impossibilit logica, dell'immoralit filosofica e dell'inganno pratico della
democrazia.
Conoscere se stessi ed il mondo, pensare ed agire con coerenza sono le attivit pi faticose e pi nobili che la vita
permette all'uomo. La televisione, a prescindere dal cosa, esercita una cos forte attrazione proprio perch non
richiede, democraticamente, n lavoro fisico n sforzo mentale. Fatica e durezza ribadisce Guggenberger sono
ormai virt non previste in una comunit del divertimento teleservita. I promotori dei programmi di massa patteggiano
in modo palese con le nostre inclinazioni pi basse: con la nostra pigrizia e la nostra seducibilit. Ci si pu veramente
mostrare inorriditi di fronte al costante aumento della criminalit violenta e allo stesso tempo non trovar niente da
ridire sul fatto che noi adattiamo la generazione che ci segue, fin dalla prima infanzia, sistematicamente, ad un mondo
in cui delitto e assassinio rappresentano la massima attrazione.

Non esiste divoratore di avvenimenti pi affamato del Piccolo Schermo, non esiste istituzione socialmente pi
distruttiva della televisione, non esiste caricatura pi mordace della famiglia di quella che la ritrae raccolta in posizione
allineata di fronte al tubo catodico. Nient'altro insidia pi potentemente il valore e l'essenza della famiglia e
dell'amicizia, della particolarit regionale, dell'orgoglio razziale e della trasparenza politica. Nulla ostacola di pi la
mente umana, nella serena valutazione di un fatto, quanto l'assidua consumazione di divertimento e di spezzoni
informativi offerti dai video-media. Chi cerca le sensazioni e le finzioni offerte (imposte) dal Piccolo Schermo perso
per i problemi del mondo reale.
Il solipsismo, l'alienazione, il disfarsi di quei legami interpersonali che formano la struttura non solo di una ridotta
comunit, ma di un'intera societ che sono quella comunit e quella societ sono stati, se pure non generati,
ricreati e potenziati dal mezzo televisivo. Ancora pi allucinanti sono le prospettive: in Giappone, nel piccolo centro di
Higashi-Hikoma, interamente sottoposto a telecollegamento via cavo, i bambini non vanno pi a scuola (il maestro
insegna per televisione), il medico visita i pazienti nello stesso modo, le casalinghe fanno la spesa per televideo, le
famiglie dialogano l'una con l'altra elettronicamente. Ognuno chiuso nel suo mondo soffice, fatto di suoni e colori,
senza asperit, senza contatti umani. Ognuno costruisce il suo mondo, dissociato da quello di ogni altro.
addirittura il liberale Alberto Pasolini Zanelli, cantore tra i massimi della Bont del Paese di Dio, a notare, trattando di
quella Droga Virtuale che avanza in tutti i campi, ci abbraccia e ci soffoca, che l'America, il mondo si fanno al tempo
stesso pi sfacciati e pi furtivi, l'irrealt elettronica una tentazione pigra ma potenzialmente avvelenata. Gi
l'impoverimento e la rarefazione del dialogo hanno ridotto a due principali le occasioni e le forme di concetto fra gli
individui: il sesso e la ginnastica. Se le Realt Virtuali invadono anche questi campi, si pu avverare l'incubo di una
societ ridotta al solipsismo pi o meno onirico, a scrivere, leggere, guardare, "sentire" le cose invece di farle. Il
teleschermo come sostituto della vita, lo svuotamento ulteriore delle comunit naturali o storiche (la famiglia, la
piazza, il bar, il luogo di lavoro) da parte di quello che qualcuno esalta come il "nuovo stare assieme". Tante Comunit
Virtuali in cui si faccia capo unicamente a tastiere che alla fine sono sempre pi cieche.
Chi vuole al contrario un cittadino attivo, aperto e responsabile; chi vuole che i giovani si impegnino, si pongano mete
comunitarie, lavorino alla propria maturazione e si prendano seriamente (perch solo in tal modo imparano a
rispettare e a prendere sul serio anche gli altri); chi vuole sottrarre al termine democrazia la sostanza, distorta e
imprigionata da due millenni in un mefitico fonema, e abbandonare, guscio vuoto, mero fiato di voce, il vocabolo; chi
vuole restare fedele, con slancio supremo d'amore, alla memoria dei Padri chi voglia opporsi e distruggere nei
fondamenti l'illusione democratica, la truffa democratica, il cancro democratico chi vuole questo complesso
inscindibile di cose, credibile solo se combatte con la massima consequenzialit ci che pi di tutto si oppone, sul
piano concreto, alla formazione di queste posizioni e capacit: l'egemonia psicologica e culturale della televisione.
***
In ultima analisi il pericolo che deriva dalla televisione delineato dalla sua assoluta neutralit e volgarit. Da un lato,
il processo di involgarimento funzionale al raggiungimento del maggior numero possibile di spettatori, attuando una
spinta verso il basso dei contenuti delle trasmissioni, in una spirale demoniaca di azioni e retro-azioni che abbassano
non solo la cultura e l'intelletto dell'essere umano, ma anche e soprattutto la sua coscienza. Dall'altro, il fatto che il
potere industriale/finanziario cio chi impegna il denaro e sponsorizza i programmi si interessa a tutto, meno che a
che cosa viene trasmesso (all'interno, ovviamente, dei limiti ideologici fissati/riconosciuti dal Sistema), fa della
televisione il medium-zero. Se i programmi vengono costruiti attorno al prodotto/messaggio da sponsorizzare, va da s
che non esistono messaggi all'infuori del prodotto/messaggio sponsorizzato.
Va da s, scrive Maurizio Naj, che i programmi finiscono allora tendenzialmente con l'assomigliarsi tra loro,
annullando la differenza tra lo stare spento o acceso del televisore, che (per pigrizia o necessit di una presenza)
ovviamente rester acceso. Non ci sar pi la scelta di vedere "quel programma" ma, pi semplicemente, si guarder
"la televisione". Similare giudizio esprime il regista Brian De Palma: La televisione la cosa pi pericolosa che il
capitalismo abbia creato, una macchina educatrice che ti fornisce un insieme di valori completamente defunti e
moralmente deprecabili. Almeno per ora nessuno ti obbliga ad accendere la TV e nemmeno a possederla: abbiamo la
possibilit teorica di evitare il lavaggio del cervello. Ma difficile, quando te lo fanno fin dal primo giorno di vita. Devi
avere un forte controllo su te stesso per riuscire a rifiutare queste cose.
Con la televisione si compie l'aspirazione pi segreta del Sogno Americano: al di l dei miti del successo e
dell'autorealizzazione, la molla psicologica ancora la frustrazione giudaica (e quindi cristiana) che obbliga l'uomo alla
ricerca/creazione di un Mondo Nuovo che non abbia le asperit, le incoerenze, le contraddizioni, il dolore di questo.
l'antico, sempre nuovo odio per il reale e quindi l'antico, sempre nuovo odio per l'uomo com', coi suoi fallimenti, le
sue durezze e le sue crudelt certamente, ma altrettanto certamente con le sue migliori qualit: il senso del reale; la
freddezza intellettuale che rifiuta ogni suadente, sensoriale velo mistificante; il controllo di se stessi; l'accettazione,
serena ed attiva, dei limiti insiti nella propria natura; il riconoscimento della sacralit del Cosmo, autarchica essenza.
Con la televisione, certo nelle attuali strutture e con gli attuali condizionamenti economici, ma altrettanto certamente
sotto qualsivoglia diverso cielo, si realizza per fortuna non del tutto, viste le resistenze opposte dal mondo reale
l'Incubo Americano (e quindi cristiano e quindi ancora giudaico) del Mondo Nuovo, incubo che, prima di incarnarsi nel
mondo hard orwelliano, il morbido Mondo Nuovo huxleyano. Il teleschermo ha un impatto talmente diretto ed
onnipervasivo sul sistema nervoso e sulle emozioni e un effetto talmente ridotto sulla mente che la maggior parte
dell'elaborazione delle informazioni in effetti opera sua, e non dello spettatore.

Non c', in tali processi, tempo sufficiente n volont perch lo spettatore possa integrare su base pienamente
cosciente le informazioni ricevute. Ribadisce la tedesca Hertha Sturm, studiosa dei massmedia: Il rapido mutare delle
immagini presentate menoma la verbalizzazione. Tra esse ci sono mutamenti non decodificati dell'angolo di
osservazione, imprevedibili oscillazioni dall'immagine al testo e dal testo all'immagine. Di fronte al rapido mutare delle
immagini presentateci e alla loro accelerazione, lo spettatore letteralmente trascinato da un'immagine all'altra. Ci
esige costantemente nuovi e inattesi adattamenti alle stimolazioni percettive. Di conseguenza lo spettatore non pi
in grado di tenere il passo e rinuncia ad una codifica interiore. Abbiamo scoperto che, quando questo accade,
l'individuo agisce e reagisce con un innalzamento di eccitazione fisiologica che a sua volta si traduce in una riduzione di
comprensione. Lo spettatore diventa, per cos dire, vittima di una forza esterna, di una rapida sequenzializzazione
audio-visiva.
La programmazione televisiva deliberatamente concepita per impedire reazioni verbalizzate; tutto si traduce in
un'immane operazione di condizionamento subliminale, in una rimozione delle capacit di riflessione e di
autodeterminazione. A differenza del libro, lo schermo televisivo una struttura rigorosamente prescrittiva, poich in
un colpo solo incornicia le dimensioni di tutto quello che c' da vedere e focalizza l'occhio e l'attenzione dello
spettatore, condizionando completamente le modalit di elaborazione e destinazione dell'informazione.
Al contrario, pienamente coerente coi postulati spersonalizzanti della sua ideologia religiosa, l'arcivescovo milanese
Carlo Maria Martini esplicita nel 1991, nell'incredibile scimmiottamento francescano della pastorale sul medium
televisivo, le attese che muovono ogni progressista: Laudato sii mio Signore con tutte le tue creature / specialmente
fratello televisore / che riempie ore delle nostre giornate / ed bello e irradiante con grande splendore / e di te
Altissimo porta significazione. Al contempo un suo sodale stonacato, il socialista-berlusconico don Gianni Baget
Bozzo, sociologizza l'afflato mistico del porporato: La televisione libera da molte cose, la nuova Bibbia dei poveri,
perch dando visione a tutti eleva anche gli incolti e svolge la sua funzione capitale di far crescere la coscienza dei
singoli [...] la TV un mezzo innocente.
Ancora pi lirico il sillogismo teologico di don Tonino Lasconi, esperto di media, sul bollettino della Conferenza
Episcopale Italiana Servizio Informazioni Religiose: necessario affermare che questa abbondanza di informazione
bella: conoscere una cosa in pi sempre meglio che conoscere una cosa in meno. Se Dio colui che sa tutto, pi
informazioni si raggiungono e pi si diventa simili a lui, come ci stato comandato. Lentamente, inesorabilmente, e
del tutto coerentemente con l'impostazione delle cose, il moderno mondo cattolico, con le parole del nostro Lasconi,
getta la spugna di fronte al progredire del Mostro: La Chiesa sempre restia ai cambiamenti. Ogni novit, in quanto
novit, va respinta. Invece io credo che un mondo senza TV sarebbe un mondo pi povero. Basta insegnare alla gente
come guardarla. una realt di oggi e demonizzarla assurdo [...] sterile invitare le famiglie a spegnere o a
razionare la televisione. velleitario esortare gli operatori dell'informazione televisiva ad essere profondi, oggettivi,
pacati, perch sarebbe come invitarli a non farsi ascoltare.
Nessun codice di regolamentazione, quindi, nessuna esortazione all'auto-regolamentazione, nessun progetto educativo
n del pubblico n, tantomeno, degli operatori, cui lecito, e spetta, fare il loro dovere professionale. Con l'eterna,
criminale buona fede illuminista il Lasconi, palesandosi oltretutto ignorante di cibernetica e di scienza dei sistemi,
sostiene che ipocrita accusare la TV di essere un elemento di disgregazione. Come sempre, le colpe sono altrove: Il
bombardamento quotidiano delle famiglie dagli schermi accesi non un aspetto negativo in s. necessario che la
famiglia unita, armoniosa, ricca di interessi veda i programmi "in compagnia" tra genitori e figli, e sappia scegliere
quelli migliori e dedichi tempo e spazio ad altre attivit (inutile dire che ci che non esiste, ci che va costruito e che
proprio la TV impedisce di costruire, sono tale unit, armoniosit ed interessi).
A nulla valgono allora, di fronte all'ubiquitaria accettazione di tale professione di fede, i distinguo compiuti dal Lasconi
in articulo mortis, in margine al peana innalzato al Piccolo Schermo: dovere prendere coscienza che questa
grandinata di informazioni, cos efficaci e penetranti, se subita passivamente e acriticamente produce pensiero debole,
cervello frastornato, giudizi superficiali, bisogni inventati, debolezza cronica di fronte ai discorsi vuoti sulla bocca di
volti affascinanti. Come possa il comune mortale non venir frastornato dall'imbonimento televisivo, come possa
resistere al quotidiano lavaggio del cervello, il Nostro deve ancora spiegarcelo.
Qualcuno che ha vissuto un po' prima il trionfo del ciclope bruto si esprime per in modo diverso dai tre fidenti
religiosi, come il producer in Network, Quinto potere, rivolto ad una collega: Tu sei l'incarnazione della televisione,
indifferente alla sofferenza, insensibile alla gioia. Tutta la vita ridotta al comune pietrisco della banalit. Guerra,
assassinio, morte tutto lo stesso per te, come bottiglie di birra, e la vita di tutti i giorni una commedia corrotta.
Arrivi persino a frantumare le sensazioni del tempo e dello spazio in frazioni di secondo e in replay istantanei. Sei la
follia.
E pienamente controbatte l'aspirazione dei tre cristiani suddetti, vacuizzante dell'intelletto umano, il drammaturgo
tedesco Botho Strauss: Il regime della comunicazione telecratica insieme la meno cruenta delle dittature e il pi
completo dei totalitarismi. Non ha bisogno di far rotolare delle teste, le rende superflue.
Ma l'Avvento del Regno la Fine della Storia, l'Uscita dal Mondo Corrotto, l'Allucinazione della Realt Virtuale pu
essere reso possibile soltanto attraverso la deprivazione dell'io personale:
1. Eliminare la conoscenza di se stessi la Coscienza rendendo impossibile la distinzione tra naturale ed artificiale.
Solo l'introspezione, la conoscenza dei propri limiti, della propria fragilit e delle proprie possibilit, dei propri sensi e
della propria umana strutturazione fisio-psichica permettono di affrontare il mondo esterno.

2. Abolire i termini di confronto col passato la Memoria che non tanto va criticato, quanto ignorato, giusta
l'insegnamento di Isaia, LV 17: Ecco, infatti, io sto per creare cieli nuovi e terra nuova! Il passato non sar pi
ricordato, non verr pi in mente. Come si pu infatti criticare un qualcosa che, anzi, non mai esistito?
3. Tenere gli uomini separati l'uno dall'altro, anche all'interno della famiglia, riducendo la comunicazione interpersonale
grazie ad uno stile di vita che enfatizzi, incoraggi ed obblighi alla separatezza facendo coltivare unicamente i propri
hobbies, le proprie fantasie, i propri interessi, i propri appetiti individualistici.
4. Unificare, distorcere ed appiattire l'esperienza permessa dai sensi, da un lato incoraggiando l'esperienza mentale
a spese di quella sensoriale, dall'altro guidando questa, pur sempre ineliminabile, in aree ristrette del comportamento
(vedi l'esasperazione del sesso a discapito della totalit dei sensi e della psiche).
5. Tenere occupate le menti con pensieri, e soprattutto immagini, preordinati di qualsiasi tipo (il contenuto meno
importante del fatto che la mente sia riempita), in un mondo che valorizza la velocit e non la profondit, cosicch non
siano pi disponibili spazi mentali vuoti, che possano permettere una riflessione autogestita.
6. Incoraggiare l'uso della droga a livello sociale, incoraggiare ogni tipo di devianza, giustificare un tasso fisiologico
di criminalit, offrire modelli umani e stili di vita alternativi, promuovere incessantemente liberazioni,
contenendo in tal modo ogni possibile manifestazione di rivolta ad un mero livello individuale.
7. Centralizzare la conoscenza e l'informazione, in modo che a rilasciare dati e notizie sia un'unica fonte autorizzata,
democraticamente riconosciuta, solidalmente avallata e introiettata in quanto legittima (pi che la distruzione dei
libri in s, la distruzione cio di fonti alternative: questo il senso di Fahrenheit 451).
8. Ridefinire la felicit e il significato della vita secondo ideologie sempre pi astratte, poich qualunque cosa acquista
un senso nel vuoto. Evitare le filosofie del realismo, che portano i soggetti ad una coscienza incontrollabile dai
Persuasori. Le filosofie cui meno si pu resistere sono infatti quelle pi razionali, e cio pi arbitrarie, quelle che
acquistano un senso solo in rapporto a se stesse.
A livello di massa la televisione crea dipendenza. Per il modo con cui il segnale visivo viene elaborato nella mente, esso
ribalta il rapporto tra capire e vedere, ed anzi inibisce strutturalmente i processi cognitivi. La televisione produce
immagini e cancella i concetti; ma cos atrofizza la nostra capacit astraente e con essa tutta la nostra capacit di
capire [...] La riduzione-compressione gigantesca: e quel che sparisce in quella compressione l'inquadramento del
problema al quale le immagini si ascrivono. Perch l'immagine, sappiamo, nemica dell'astrazione, mentre spiegare
svolgere un discorso astratto. I problemi, ho detto pi volte, non sono "visibili". E il visibile privilegiato della televisione
quello che "fa colpo" sui sentimenti e sulle emozioni [...] Il visibile ci imprigiona nel visibile. Per l'uomo vedente (e
basta) il non visto non esiste. L'amputazione colossale. Ed peggiorata dal perch e dal come la televisione sceglie
quel particolare visibile, tra cento o mille altri eventi egualmente degni di considerazione (Giovanni Sartori).
La televisione si propone dunque pi come uno strumento per il lavaggio del cervello e per l'induzione dell'ipnosi che
come qualcosa che possa stimolare coscienti processi d'apprendimento. La televisione una forma di deprivazione
sensoriale, poich provoca disorientamento, confusione, incapacit di riflessione astratta e analitica, balbettio nella
dimostrazione logica e nella deduzione razionale. Diminuisce negli spettatori la capacit di distinguere il reale dal non
reale (altro che lo slogan di Walter Cronkite l'immagine non mente!, altro che gli effetti prodotti sui radioascoltatori
dall'invasione marziana di Welles suggestivi, peraltro, di un'invasione nazista del Paese di Dio in quel lontano 30
ottobre 1938!), l'interno dall'esterno, ci che viene sperimentato personalmente da ci che viene inculcato da fuori.
Disorienta il senso del tempo, dello spazio, della storia, della natura.
La televisione sopprime e sostituisce la creativit dell'immaginazione, incoraggia la passivit collettiva (icastica
l'espressione USA per definire il video-dipendente: couch potato, patata in poltrona) e addestra la gente ad accettare
qualsiasi forma di autorit. uno strumento di mutazione, spegne le interiorit e trasforma le persone concrete, coi
loro vissuti, la loro storia, le loro reticenze, le loro contraddizioni, la complessit tutta della loro evoluzione spirituale e
caratteriale, nell'effimero istantaneo delle loro immagini televisive. Con lo stimolare all'azione mentre simultaneamente
la sopprime, il Piccolo Schermo contribuisce infine a causare un'inquieta, afinalistica iperattivit del sistema nervoso.
La televisione limita e circoscrive la conoscenza umana. Cambia il modo con cui gli uomini ricevono informazioni dal
mondo. In luogo della naturale ricezione multidimensionale, propone una ridottissima esperienza sensoriale, poich
diminuisce sia la quantit che la specie d'informazione che la gente riceve. Mantenendo la coscienza entro i suoi canali,
minuscola frazione dell'area naturale dell'informazione, induce l'uomo a credere di sapere di pi, quando sa invece
sempre meno.
Con l'uniformare tutti entro i propri schemi e col centralizzare in s l'esperienza, il tubo catodico prende il posto
dell'ambiente. Accelera l'alienazione dell'uomo dalla natura e perci accelera la distruzione della natura. Distruggendo
la natura, distrugge l'uomo, spingendolo ancor pi dentro una realt artificiale gi invadente.
Accresce, infine, la perdita della conoscenza personale, della coscienza personale e della Memoria storica dei popoli per
mantenerne in vita una sola Ci devo riflettere, ma forse l'unico modello di memoria esistente in Occidente quello
ebraico, conferma al confratello Wlodek Goldkorn l'olostorico Saul Friedlnder, gi segretario di Nahum Goldmann e

Shimon Peres concentrando il potere dell'informazione, ed anzi l'informazione stessa, nelle mani di un'lite ideotecno-industriale-commerciale.
Chi siano stati i preveggenti promotori di tale lite, chi siano stati e chi siano gli araldi, i portatori, gli allucinati
missionari e gli zelanti difensori del Sistema di Valori che ne ha sostanziato gli atti e distorto le menti, chi siano stati e
chi siano i redditieri di quell'incubo rappresentato dal Sogno Americano e dell'Unico Mondo, di quel Tempo della Fine
l'Et Qetz del Libro di Verit in Daniele XI 40 e X 21 vantato e difeso per l'intero pianeta da una miriade di
manutengoli, lo sappiamo.

Gianantonio Valli

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