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Lo spirito di Versailles aleggia sull'Europa

di G. Colonna
Ha colpito, nella vicenda dell'Ucraina, l'affermazione del presidente Usa Obama secondo cui la
Russia di Putin sarebbe dalla parte sbagliata della storia.
Stupisce intanto perch la storiografia americana posteriore alla dissoluzione dell'Urss aveva
dogmaticamente quanto miopemente visto in questo evento la fine della storia, proprio quando
invece le ragioni di essa (vale a dire le idee, i popoli, le esigenze economiche) hanno ripreso a
marciare incuranti degli schemi ideologici del XX secolo.
Stupisce ancor di pi perch oggi, mentre vediamo una Russia che faticosamente tenta di risorgere
dalle ceneri dell'Urss, abbiamo davanti agli occhi anche il terribile spettacolo delle rovine
conseguenti al modo in cui l'Occidente anglosassone ha condotto il Medio Oriente dalla parte
giusta della storia: dall'Iraq all'Afghanistan, dalla Siria al Libano, per non parlare del tragico
fallimento delle cosiddette primavere arabe, che hanno disintegrato la Libia e riportato l'Egitto
alla dittatura militare.
Ma Obama sembra dimenticare anche la situazione dei Balcani, in cui gli accordi di Dayton (1995)
non hanno in realt risolto alcuno dei problemi di convivenza e di sviluppo civile ed economico
della ex-Jugoslavia, lasciando innescato nel sud-est dell'Europa un minaccioso focolaio di tensioni
religiose, etniche e sociali.
Quel che stupisce infine che sembra che in nessuna delle cancellerie europee si stia ponendo
mente al fatto che, cento anni dopo lo scoppio della Grande Guerra, quanto sta avvenendo in
Ucraina, esattamente come quello che avvenuto in Medio Oriente e nei Balcani, il risultato di
uno spirito, potremmo dire, di un modo di concepire la storia, i popoli e il loro destino. Uno
spirito che lo spirito di Versailles: fu infatti la pace di Versailles (1919), alla fine appunto della
Grande Guerra, a rivelare al mondo quello che si celava dietro l'apparenza dei Quattordici Punti coi
quali il presidente Usa Woodrow Wilson vinse la battaglia per le coscienze contro le potenze austrotedesche, mostrandosi quale alfiere dei diritti dei popoli in Europa.
Lo spirito di Versailles proprio quello che ha ridisegnato la carta del Medio Oriente, dei Balcani,
dell'Europa Centrale ed Orientale, incurante della storia appunto, nell'intento, dietro l'etichetta
propagandistica dell'autodeterminazione dei popoli, di impedire l'affermarsi di una potenza
egemone in Europa, di neutralizzare l'impero russo, di controllare le allora nuove fonti energetiche
indispensabili a sostenere la potenza navale e commerciale dell'Occidente atlantico.
L'autodeterminazione dei popoli cos strumentalmente intesa, creando nazioni che sono mosaici di
etnie, costringendovi minoranze ostili, tracciando confini sovente con semplici tratti di penna,
stato il criterio con cui lo spirito di Versailles ha posto in Europa, come da tempo riconosce senza
esitazioni la stessa storiografia anglosassone, le condizioni per la Seconda Guerra mondiale, in
particolare attizzando la volont di rivalsa di una Germania che, umiliata a Versailles, accolse
entusiasticamente Hitler al potere.
Negli anni del crollo del Muro di Berlino (1989), la facile ebrezza per la riunificazione tedesca
(della cui spartizione troppo in fretta si dimenticarono i responsabili) e per il processo di
unificazione europea (di cui raramente si ricordano le vere motivazioni, quali ad esempio affiorano
nell'autobiografia di Jean Monnet) hanno lasciato in secondo piano agli occhi degli Europei quanto
era avvenuto dell'Urss: l dove una classe dirigente, forgiata dal materialismo dialettico dei
fondatori, e, proprio come questi indifferente a quanto dovrebbe animare gli Stati ed ancor pi gli
imperi, vale a dire una missione civile, culturale e spirituale, rinunciava, con un atto di incurante
irresponsabilit, all'unico elemento storicamente importante della storia sovietica, la stabilizzazione
dell'est europeo. Proprio l, vale a dire, dove l'Europa e l'Asia si connettono sottilmente ed
inestricabilmente.
L'Ucraina uno pi evidenti esempi di cosa possa produrre lo spirito di Versailles, di cui sono
tuttora impregnate le classi dirigenti occidentali, quand'esso viene abilmente ad amalgamarsi con la
cieca indifferenza degli ultimi epigoni sovietici; quando coloro che pensano che le patrie si creino
disegnando confini e facendo esercizio, pi o meno autonomo, di democracy building convivono

con la volont di potenza dei capitalisti di Stato e con la smisurata ricchezza di quanti hanno creato
enormi fortune personali grazie alla disgregazione dell'Urss, come la tanto celebrata Timoshenko.
Ecco allora fabbricare un Paese, l'Ucraina, che in parte anche polacco ed in parte anche russo, nel
quale si intrecciano complesse linee di faglia religiose ed etniche, alle quali da ultimo si
sovrappongono interessi strategici militari e di politica energetica, vale a dire i grandi disegni del
nostro tempo: un Paese strutturalmente in mano ad una classe dirigente che l'erede diretta, in
chiave capitalista, dei grandi boiardi ex-sovietici, un'oligarchia in cui si intrecciano affari, politica e
intelligence.
Che uso potr mai fare allora lo spirito di Versailles di queste classi dirigenti, dopo averle
abilmente costrette, tra rivoluzioni arancioni e flussi energetici, ad una scelta tanto radicale
quanto irrealistica fra Europa e Russia, ancora una volta strumentalmente contrapposte?
Davvero era interesse dell'Europa obbligare l'Ucraina a questa scelta, ben sapendo che la Russia non
avrebbe mai e poi mai potuto rinunciare al suo essenziale balcone sul Mar Nero, la Crimea, dove si
trova uno dei suoi soli cinque porti con pescaggio adeguato alle navi da guerra?
Davvero in questione la libert degli Ucraini, i cui dirigenti europeisti hanno esportato centinaia
di milioni di dollari nei paradisi finanziari off-shore dell'Occidente, sottraendoli al controllo fiscale
del proprio Paese, di cui pure si proclamano liberatori e patrioti?
La sola cosa concreta che lo spirito di Versailles pu offrire all'Ucraina l'ombrello militare della
Nato, quella Nato che altro non che l'estensione militare dei Paesi anglosassoni, la cui disastrosa
condizione economico-produttiva richieder sempre pi in futuro eserciti di paesi terzi pronti a
combattere conflitti per procura alle periferie dell'impero. Non certo quindi una pi piena sovranit,
ma l'assoggettamento a strategie sulle quali l'Ucraina difficilmente avr modo di dire la sua.
La questione ora di comprendere se la sfida lanciata alla Russia, non appena questa mostra di
riemergere, sia pure per vie e con modalit diverse da quelle su cui l'Europa sperava, negli
interessi della pace futura. La Germania, che ha ben sperimentato nella sua carne tutti i possibili
effetti dello spirito di Versailles, dovrebbe pertanto interrogarsi con estrema attenzione su cosa gli
Stati Uniti si attendano dal confronto apertosi con la Russia di Putin. E l'Unione Europea, se fosse
un'entit politica degna di questo nome, dovrebbe interrogarsi sulla compatibilit della sua esistenza
autonoma con quella di una Nato schierata in armi alle sue frontiere orientali.
Cento anni sono trascorsi dallo scoppio della Grande Guerra, ma gli esiti di quel conflitto non sono
stati mai realmente superati, perch lo spirito di Versailles non ha mai consentito una vera pace,
n in Europa n altrove: non possiamo e non dobbiamo dimenticarlo.
La vera pace e la vera Europa unita infatti avrebbero potuto e potranno solo sorgere quando essa
sapr unificare le sue cento Patrie, facendo delle frontiere semplici riferimenti amministrativi,
dando al lavoro dei nostri popoli la forza per contrapporsi alle oligarchie della speculazione
finanziaria, elevando le tre grandi anime, latina, germanica e slava, che l'anno creata, al livello di
una nuova civilt dell'avvenire, al servizio dei nostri popoli e di tutta quell'umanit che invoca
libert, eguaglianza e fraternit.

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