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numero 13 anno VI 2 aprile 2014


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MALPENSA, LINATE, ALER: LO STESSO NODO


Luca Beltrami Gadola
Le tre vicende delle quali parlo, in
particolare Malpensa (con lannessa
handling) e Aler, hanno caratteri simili. Per le amministrazioni pubbliche attuali sono una pesante eredit
del passato con la quale si costretti a fare i conti. Tutte e due
scontano pesanti vizi di origine: per
Malpensa un progetto nato pi da
ragioni politiche che da un approfondito esame delle prospettive economiche di redditivit o di utilit
complessiva; per Aler (gi IACP) un
modo di rispondere alla reale necessit di case a basso costo per i
ceti meno abbienti, sostenuto vigorosamente da attese elettorali della
DC.
La deriva stata la stessa: assunzioni clientelari, consigli di amministrazione nominati seguendo in particolare il manuale Cencelli in tutte
le sue possibili versioni: per peso
politico, per rappresentanza sindacale, per appartenenza a organizzazioni della societ civile pi o meno identificabili. Ognuna ha poi generato societ possedute e controllate, spesso con il solo obbiettivo di
far proliferare consigli di amministrazione remunerati. Fin che la
barca va, ossia fino a quando i bilanci reggono, magari con sostanziosi apporti di denaro pubblico (e i
relativi fulmini della UEE), tutti desiderano metterci su le mani ma
quando le cose cominciano a non
andare per il verso giusto tutti vogliono liberarsene. Per Malpen-

sa/Linate il problema si complica


per il legame con le sorti di Alitalia.
Proteggere Alitalia garantendole diritti di atterraggio preferenziali sui
due aeroporti lombardi vuol dire salvare Alitalia nel suo assetto attuale
ma Etihad per entrare nel capitale di
Alitalia vuole mano libera, come dire
che vuole guardare al mercato e
non ai nostri precari equilibri politici
e ai relativi interessi elettoralterritoriali. Tra il ministro Lupi, il governatore Maroni e il sindaco Pisapia iniziato un menage a trois di
separati in casa. Il compito pi difficile sembra quello del ministro Lupi
che dietro di s ha un quarto convitato, i famosi cavalieri senza macchia (!) e senza paura (?) che spinti
da Berlusconi e col miraggio di altri
consistenti favori, hanno accontentato lallora primo ministro buttando
soldi nel forno di Alitalia. Come si
dice oggi: Un bel casino.
Per Aler le cose sono pi semplici.
Fallito il tentativo di sbarazzarsi del
problema vendendo il patrimonio di
edilizia pubblica, fallimento che qualunque non decerebrato avrebbe
previsto, laffanno per trovare una
soluzione parte dal fondo del problema, ossia dalla governance, con
la complicazione, non manca mai, di
una convenzione tra Aler e il Comune di Milano nata sotto il regno Moratti e frutto delle tortuosit proprie
degli avvocati amministrativisti che
lhanno redatta. La solita architettura giuridica perfetta dove il meglio

nemico del bene ma trionfa, con


soddisfazione di tutti.
Come venirne fuori? Non lo so e se
anche lo sapessi non mi azzarderei
a dare consigli, e per non sprecare
tempo e perch tanto nessuno ti ascolta. Per qualche commento si
pu fare. Perch ci si occupa prima
della governance e poi dellefficienza delle aziende? Perch pi
semplice spartire che non gestire?
E ancora: in tutto questo turbinio di
trattative chi rappresenta gli interessi dei cittadini utenti e comunque di
tutti quelli che non hanno una rappresentanza organizzata?
Non sono un fanatico renziano, ma
quando il nostro premier consulta le
parti sociali e se non sono
daccordo, dice Ce ne faremo una
ragione, cattura una po della mia
simpatia: mi sono sempre domandato chi rappresenti i non rappresentati (consumatori, utenti, massaie di Voghera, luomo della strada, tutti quelli che per atteggiamento
di comodo sono spesso relegati nel
ruolo di qualunquisti). Anche qui
una risposta lavrei ma non voglio
portare
acqua
al
mulino
dellantipolitica e della demagogia.
Per una cosa certa: se la soluzione ai problemi di cui ho parlato
con strategie in continuit con quelle passate, nessuno si deve stupire
del successo del movimento 5 stelle
e compagnia cantante.

LA SALUTE E IL CITTADINO CAVIA: IL COMUNE DECIDE PER NOI?


Antonella Nappi*
Vogliamo rendere la tutela primaria
della salute una pratica non generica ma puntuale della amministrazione comunale e un progetto politico delle donne. Vogliamo rendere
Milano pi salubre e i cittadini pi
consapevoli di quanto corpo e salute siano il loro patrimonio di forza e
di sicurezza a cui non rinunciare.
Il programma di Pisapia, fa accenno
a unidea pi femminile di salute da
trasmettere e far vivereda affermare con campagne di prevenzionee con la realizzazione di informazione e cura sul territorio. Le
donne infatti hanno pi degli uomini
esperienza di osservazione, crescita
e cura dei corpi; questa cultura del
costruire salute e benessere rimasta arginata nel privato e oggi rischia di sparire anche di l, tanto
prevale la cultura pubblica patriarca-

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le che abusa dei corpi e della salute


per raggiungere altri scopi: economici e di consenso. Noi vogliamo
rivalutare lottica delle donne sulla
salute e farne un progetto politico
collettivo.
La salute dipende pi dalla salubrit
dellambiente che dalla medicina, lo
scrivono epidemiologi, demografi e
molti medici. Spesso non vogliamo
pensare che lambiente in cui viviamo possa danneggiare gravemente
la nostra salute: per non aver paura,
per non arrabbiarci, per non sentirci
impotenti! Ma pi conveniente dare voce al desiderio di difenderci e
di essere difese, accettando una
prospettiva di consapevolezza dei
rischi che corriamo, diffondendo il
sapere che ci viene dagli scienziati
critici e indipendenti da interessi economici sugli inquinanti e chieden-

do alla Giunta e agli assessori del


Comune di Milano di aiutarci in questo, di condividere con i cittadini le
difficolt di rendere la Citt pi salubre e le rinunce che su altri fronti
questo pu comportare.
Il gruppo Difendiamo la salute ha
realizzato due incontri di informazione sugli inquinanti urbani e sulle
ricadute che hanno sulla salute dei
bambini e degli adulti. Abbiamo ascoltato scienziate e scenziati parlarci di inquinamento atmosferico da
traffico, da combustione della legna,
di quella dei rifiuti (inceneritori); dei
pericoli delle comunicazioni senza
fili: cellulari e Wi-Fi; del costo economico della malattia e anche di
quello in sofferenza (Paolo Crosignani dellIstituto dei tumori; Laura
Masiero della associazione Associazione per la lotta allelettro-

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magnetismo (A.P.P.L.E.); Paola


Marciani insegnante al corso di laurea di Scienze della Sicurezza Chimica e Tossicologica Ambientale;
Maria Letizia Rabbone di Pediatri
per un mondo possibile ed Elena
Sisti economista di Genitori Antismog)
Vogliamo farne altri in tutte le zone
di Milano (e presso le associazioni
femminili ), abbiamo bisogno di un
sostegno organizzativo pi vasto e
della partecipazione del Comune e
degli Assessori perch questi diventino dei momenti di impegno e di
responsabilit. Vogliamo che lamministrazione pubblica accolga le
informazioni scientifiche critiche a
proposito delle ricadute sulla salute
di prodotti, infrastrutture e comportamenti e assuma un atteggiamento
pi problematico verso gli interessi
commerciali e verso il consenso
consumistico, fino a realizzare un
principio di precauzione.
Gli interessi economici sospingono
ladozione e la diffusione di prodotti
e innovazioni chimiche e fisiche di
cui non sanno, o tacciono, la nocivit; alle consumatrici, appaiono solo i
benefici e cos impossibile fare un
confronto con i danni. Viviamo in un
contesto sconosciuto e siamo obbligate e obbligati a subire danni fisici
(e mentali) nella inconsapevolezza,
e nella stessa inconsapevolezza
spesso chi ha le redini della comunit.
Largomento pi eclatante oggi
quello del diffondersi nellambiente
di radiazioni elettromagnetiche nel
silenzio Istituzionale sulla nocivit
che molte ricerche nel mondo han-

no mostrato. Non il caso di felicitarsi dessere le cavie di sistemi di


comunicazione senza fili che ci sottopongono a radiazioni elettromagnetiche e a microonde di cui non
dimostrata la innocuit e al contrario
molte ricerche nel mondo segnalano
i gravi rischi dei danni biologici (non
sono normati) che si producono nel
tempo.
I pericoli per la salute additati da
studi scientifici onesti e indipendenti
da interessi economici non devono
pi essere censurati e negati come
si fatto per tanto tempo davanti ai
prodotti mossi dagli interessi del
mercato. Troppe volte sedicenti "esperti" hanno rassicurato sulla innocuit di sostanze, prima che una
conoscenza reale fosse stata raggiunta: cos stato per il DDT, i
raggi X, la radioattivit, il fumo, l'amianto, la BSE, lesposizione a metalli pesanti, l'uranio impoverito, ecc.
Dire che sono innocui i prodotti o le
soglie degli inquinanti, fino alla dimostrazione schiacciante del contrario, forse un crimine. Il silenzio
che impedisce un confronto tra benefici e potenziali pericoli deve essere vinto.
Vogliamo sia costantemente monitorato il livello dei Tesla e delle onde
radio, e i cittadini possano facilmente vedere la situazione del loro
quartiere e della loro casa, possano
dire la loro sulle presenze inquinanti: come fili dellalta tensione (anche
interrati), cabine di scambio di energia anche interrate, stazioni base
per cellulari e quelle per radio e televisione. Possano conoscere le distanze che hanno segnalato dei pe-

ricoli in qualche parte del mondo.


Anche i funzionari devono imparare
a conoscere questi fatti e porli in
discussione.
Scienza e futuro della ricerca sono
al centro del dibattito pubblico in
questi giorni per iniziativa del Comune, sono un rilevante fattore di
traino economico dice lassessore
Tajani, ma in questo stanno anche
gli aspetti critici della ricerca: gli interessi mercantili denunciati da molti
scienziati indipendenti. Il dibattito
pubblico deve vertere anche sul
senso delle ricerche e sul loro finanziamento. Ai tavoli di Pisapia per
la stesura del programma le donne
presenti misero in evidenza che
lattivit scientifica anche quella
umanistica, non riguarda solo la cura medica ma anche la prevenzione
dalla malattia, la ricerca scientifica
si pu occupare di come rendere
sano lambiente, una ricerca di contrasto al cancropu essere quella
che permette di togliere dallambiente una buona parte di cancerogeni!
* con Gabriella Grasso, Franca Maffei, Giovanna Cifoletti, Maresa De
Filippi, Silvia Bragonzi, Lea Melandri, Maria Carla Baroni, Tiziana Giacalone, Adalisa Innocenti, Vittoria
Longoni e altre del gruppo Difendiamo la salute
Intervento alla quinta assemblea
delle donne in Sala Alessi "Sogni
realizzati e sogni da realizzare" organizzato dalla Commissione pari
opportunit del Comune di Milano
presieduta da Anita Sonego

CASE POPOLARI AI COMUNI. UN PROGETTO POLITICO NAZIONALE


Emilio Vimercati
Lo spirito umanitario sociale che favor la creazione degli Iacp, Istituti
Autonomi Case Popolari, si perso
nel tempo. La legge n. 251 del 31
maggio 1903 di iniziativa del veneziano Onorevole Luigi Luzzatti, appartenente alla destra storica, presidente del consiglio e pi volte ministro, ideatore delle Banche Popolari, rispondeva a principi di solidariet e giustizia sociale e interveniva
nel sistema delle abitazioni avendo
come obbiettivo il bene casa senza
un interesse economico volto al profitto.
Lo sviluppo degli Istituti che ne
seguito dovette affrontare il nuovo
scenario demografico, economico e
sociale di quel periodo: Milano, ad
esempio, in poco meno di 40 anni
pass da 186.000 abitanti del 1860

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agli oltre 400.000 dei primi anni del


novecento; lo spopolamento delle
campagne accompagn il bisogno
di mano dopera nelle zone industrializzate del nord consumando
suolo e ingrossando le periferie di
casermoni popolari, le coree si dir
nel secondo dopoguerra. La funzione degli Iacp intesa a risolvere le
domande di case dei ceti meno abbienti diventer un appetitoso potere politico da maneggiare e i partiti,
in particolare per trentanni la Democrazia Cristiana e poi il Partito
Socialista, ne faranno un feudo elettorale e clientelare sia nei confronti
degli assegnatari sia dellapparato
burocratico, con la complicit un po
di tutti volta a distribuire equamente
alloggi e posti.

Come si impone oggi nelle istituzioni la semplificazione delle sedi decisionali, via il Senato e via le Province, diminuzione dei componenti le
assemblee, occorre accorciare la
filiera degli organi che si occupano
di edilizia pubblica conferendo direttamente in capo ai Comuni gestione
e titolarit dei patrimoni eliminando i
carrozzoni mantenuti in vita solo per
rimuovere e scaricare i fastidi. In
sintesi: le Regioni dettano le regole,
i Comuni assegnano, le Aziende
gestiscono, una tri ripartizione anacronistica che non pu funzionare e
infatti non funziona: difficolt di rapporti, competenze disarticolate, interessi separati, autonomia e conservazione, con gli inquilini che per un
reclamo sono sballottati da un ufficio allaltro.

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Con poche righe contenute nelle
tante leggi degli anni 90, il patrimonio degli Iacp, divenuti Aziende, fu
trasferito in capo alle Regioni avendo in pi i poteri della riforma del
titolo V della Costituzione. ora
confacente decidere di conferire
detti patrimoni ai Comuni rimettendo
nella loro potest le decisioni che
riguardano i requisiti di assegnazione, i limiti di reddito per laccesso, la
determinazione dei canoni e altro,
secondo il principio non faccia la
comunit maggiore ci che pu fare
o che naturale faccia la comunit
minore. Altres secondo il principio
di sussidiariet fra Unione Europea
e Stati membri, lattribuzione delle
competenze amministrative e delle
relative responsabilit deve far capo
allautorit territorialmente e funzionalmente pi vicina ai cittadini, principio di prevalenza che privilegia la
centralit dei Comuni.
Esempio: qual il problema se per
un alloggio pubblico del Monferrato

quella
comunit
decide
che
linquilino versi cento euro al mese e
che per un pari alloggio in Oltrep
ne paghi centodieci o novanta, fa
scandalo? Decidano i Comuni secondo una equa logica socioeconomica territoriale. O lo devono decidere le Regioni? I Comuni non devono fuggire dal problema ma farsi
carico di salvare e non vendere il
patrimonio pubblico. Non mancano
gli esempi nei paesi del nord Europa dove il settore delle case popolari comunque gestito fa sempre capo
ai Comuni stimolati a competere
con la cooperazione nel proporre
quartieri modello.
Per le Regioni il patrimonio di edilizia residenziale pubblica un mezzo di potere: ecco perch concentrano. Il conferimento ai Comuni della titolarit dei quartieri popolari significa peraltro una pi complessiva
e diretta capacit progettuale, di
programmazione e dintervento per
la riqualificazione delle periferie ur-

bane. Esempio: io Comune decido


di riprogettare il tal quartiere, che
della Regione, gestito dallAzienda:
che senso ha? Alle Regioni resti il
compito innanzitutto di ripianare i
deficit delle Aziende, poi di stanziare le risorse per nuove opere e vigilare sullattuazione dei programmi:
per far questo non necessario disporre del patrimonio.
Si conviene che una tale riforma avvenga in modo graduale, tutelando i
dipendenti. Limportante gettare il
seme di un rinnovamento avendo
chiaro lobbiettivo finale rivolto a una
migliore efficienza della gestione
che ora evidenzia un crescendo di
insoddisfazione degli inquilini per la
non brillante qualit dei servizi oltre
che elevati deficit di bilancio simbolo
di una esperienza fallita, superata e
della necessit di cambiare sistema
con una vera sostanziale riforma
tornando a perseguire lo scopo sociale delle case popolari.

UN EXPO UNIVERSALMENTE ACCESSIBILE


Maurizio Trezzi
La Casa dei Diritti di Milano ha ospitato nelle ultime due settimane, altrettanti incontri sul tema dellaccessibilit della citt in occasione del
prossimo Expo 2015. A 14 mesi
dallevento la questione rischiava
infatti di restare confinata nel perimetro
(fisicamente
ristretto)
dellesposizione nella zona nordovest di Milano e nella visione (culturalmente ristretta) della mera applicazione di normative su altezze,
pendenze, elevatori e montascale.
Per fare un primo passo avanti il 18
marzo scorso, su proposta del Consigliere regionale Umberto Ambrosoli, lassessore alle Politiche Sociali del Comune di Milano Pierfrancesco Majorino, ha riunito nellincontro: Expo 2015: esposizione universalmente accessibile, i diversi
attori di un sistema di accessibilit
metropolitano che riguarder i visitatori di Expo ma anche Milano e la
Lombardia. Il secondo momento di
confronto si tenuto il 31 marzo
quando, per la prima volta, si riunita la task-force antibarriere per
Expo
2015,
istituita
proprio
dallassessorato alle Politiche sociali
del Comune di Milano. Secondo le
intenzioni di Majorino, il gruppo di
lavoro si occuper del processo per
garantire laccessibilit alla citt e ai
luoghi dellEsposizione dei cittadini
e dei turisti con disabilit motorie e
sensoriali.
Quattro anni fa a Shangai - con 73
milioni di visitatori - furono 1.5 milio-

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ni i turisti, in gran parte cinesi e molti con disabilit, che visitarono il padiglione Lives and Sunshine, il
primo nella storia di Expo dedicato
alle persone disabili. Da questo dato
possibile stimare in almeno
250.000 il numero di visitatori disabili (motori, sensoriali, cognitivi) presenti a Milano nei sei mesi
dellEsposizione Universale. Persone, turisti, consumatori, che porteranno in citt aspettative, la voglia di
essere protagonisti di un evento
planetario e anche le loro esigenze
in termini di mobilit e accessibilit.
Un tema, questultimo, certamente
presente nelle agende e nei programmi di chi sta organizzando
levento ma che ora richiede un
cambio di passo da parte delle Istituzioni che coordinano il progetto di
attrattivit della citt e del suo territorio. Come emerso nei due incontri
il piano di accessibilit resta per ora
confinato al rispetto di norme e prescrizioni e non assume, come dovrebbe, il ruolo di progetto per un
reale cambiamento di visione e di
cultura. Rendere accessibile un evento, una citt e il suo territorio,
non infatti una questione da burocrati, geometri o architetti. un tema assai pi vasto che abbraccia
visioni multidisciplinari e sociologiche e deve prevedere, necessariamente, un ampio coinvolgimento
delle Associazioni e delle persone
disabili, di chi si occupa di comunicazione e promozione, di tutto colo-

ro i quali sono chiamati a far crescere il brand di una citt. I numeri,


freddi e spesso solo enunciati, degli
ingressi dedicati alle persone disabili, delle stazioni della metropolitana
accessibili - a volte solo sulla carta dei padiglioni senza barriere, non
rendono giustizia alla richiesta delle
persone disabili di un cambiamento
di paradigma.
Un nuovo approccio che metta al
centro un concetto allargato di accessibilit e segni una ridefinizione
degli spazi urbani per tutti e vada,
alla fine del processo, a vantaggio
dellintera comunit e di chi la fruisce e non solo delle persone disabili. Per questo occorre, come recepito dallassessorato di Majorino e, si
spera prima possibile, anche da
Regione Lombardia, farsi carico del
tema e promuovere la cabina di regia che lo governi. Non solo in occasione di Expo, qui visto come
punto di partenza, ma pi in generale, rispetto allaccessibilit e alla
qualit futura dellofferta turistica per
tutti a Milano e in Lombardia.
Il tavolo convocato vede svolgere
dalle Associazioni delle persone disabili un ruolo da protagoniste, non
rivendicativo ma propositivo, di certificatori di unaccessibilit valutata e
testata da chi si muove in carrozzina, non vedente o sordo o ha disabilit cognitive. Questo lavoro,
che segue la recente approvazione
del Piano per leliminazione delle
barriere architettoniche da parte del-

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la Giunta Pisapia, potr, in tempi
brevi e certi, creare una lista di priorit da affrontare con la massima
solerzia per rendere Milano e la citt
metropolitana realmente accessibile. E per creare una banca dati a
favore della realizzazione di guide
turistiche - declinate grazie alle tec-

nologie digitali anche ai device portatili - realmente utili ai turisti disabili


che potranno, a loro volta, migliorarle e integrarle costantemente. Un
approccio capace di superare la logica dello sportello e dellaccompagnamento e abbracci, finalmente,
concetti come quello il Design for

All, della comunicazione e della


partecipazione, che possano fare di
Milano una citt universalmente accessibile, da Expo in poi e per sempre.

COME CI SI CHIAMA NEL PSE? COMPAGNI?


Massimo Cingolani
La direzione del Partito Democratico ha dato il via libera alladesione
al Pse. Questo l'esito del voto: 121
s, un contrario (Fioroni), due astenuti. Grazie a Renzi, che ha ricordato che lassociazione al Pse
"punto di arrivo per tante storie ma
anche un punto di partenza", si
concluso un dibattito iniziato
allindomani della nascita del PD.
La posizione di alcune componenti
cattoliche era senzaltro capziosa e
strumentale, serviva a giustificare
rendite di posizione allinterno del
partito che si alimentavano di presunti aspetti identitari. Ci voleva,
infatti, il rimescolamento culturale
portato avanti da Renzi per far crollare il muro delladesione al PSE.
Tony Blair cattolico ed tranquillamente laburista e, viceversa.
Adesso potremo chiamarci compagni tra noi? A parte il fatto che molti
hanno
continuato
a
usare
questappellativo, l'aspetto pi imbarazzante era linizio di riunioni
formali come assemblee di circolo o
appelli ai militanti. Si passava da:
amici, amici e compagni a compagni; ogni inizio identificava la storia
del circolo: se veniva dalla tradizione PCI, PDS, DS, oppure da DC,
POPOLARI, MARGHERITA; diventava pi difficile per chi veniva dai
Partiti laici, ex socialisti e socialde-

mocratici, potevano essere confusi


con ex comunisti: dopotutto si
chiamavano gi tutti compagni tra
loro.
Lespressione peggiore comunque carissime e carissimi, pi indicata per dei clienti piuttosto che per
militanti e simpatizzanti: infatti
unespressione usata generalmente
nelle promozioni commerciali, non
certo adatta a iniziare lettere o appelli politici.
Un partito ha bisogno di pochi simboli per essere identificato; valeva
quando pochi sapevano leggere e
vale ancora adesso nella rete: un
logo cio il simbolo, un colore che
lo identifica insieme ai colori della
bandiera nazionale, (il tricolore purtroppo per anni era poco rappresentato a sinistra, ora finalmente e
fieramente ce ne siamo riappropriati), un inno, e un appellativo, cio il
chiamarsi compagno: quello che
nelle aziende ormai si tende chiamare layout. Ci sono simboli come
lasinello dei Democratici americani
che sono vecchissimi, nato nel
1828 molto tempo prima della falce
e martello.
Secondo Wikipedia, moderno verbo: Nella cultura socialista, comunista, anarchica e in generale di
sinistra (in Italia anche nell'ambito
del Radicalismo, ovvero la sinistra

liberale e laica) il compagno un


soggetto che cerca la propria realizzazione attraverso un progetto
comune di tipo solidale . L'abitudine di chiamarsi compagno risale
ai gesuiti di Ignazio di Loyola. Etimologicamente il termine "compagno" rimanda al mangiare insieme,
dal latino medievale companio.
"Compagno" significa cum-panis,
quindi colui con cui si spezza insieme il pane con una chiara analogia alla ritualit cristiana e
alleucarestia..
Con queste premesse, non dovrebbero esserci troppe resistenze a
reintrodurre lappellativo compagno,
d'altro canto un'obiezione potrebbe
essere che nella storia ci sono anche i compagni Lenin, Stalin, Pol
Pot e probabilmente anche Kim
Jong. Uno si fa chiamare cos? Ma
ogni famiglia, ha i suoi figli degenerati e comunque sono state sterminate pi persone in nome di Cristo
che del comunismo, oppure basti
pensare ai membri del Ku Klux Klan
che erano principalmente aderenti
al Partito Democratico e a Roosevelt che si rifiut di abolire le leggi
che permettevano il linciaggio dei
neri, per cui evitiamo polemiche
inutili ma pensiamo al messaggio
positivo della parola compagno.

ARREDO URBANO: DOPO IL DIBATTITO L'ORDINE DEGLI ARCHITETTI PROPONE


Valeria Bottelli*
Proviamo a osservare Milano attraverso uno zoom stretto sullarredo
urbano: un esercizio di inabissamento nella trama della citt alla
ricerca di tutto ci che compone uno
strato specifico oggetto del convegno: tutto il visibile da 0 a 5 metri.
Alla ricerca di una metafora utile e
visivamente immediata anche per
un pubblico di non addetti ai lavori,
ci venuto spontaneo rivolgerci a
una lettura linguistica del tessuto
urbano
e
conseguentemente
dellarredo urbano come punteggiatura nel testo della citt: anche al
fine di comprendere quanti piani in-

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terpretativi si concentrino in questo


tema.
I piani di studio del tema sono infatti
molteplici, da quelli funzionali, di
servizio a quelli di comunicazione,
lettura e branding della citt: procedurali, gestionali, manutentivi, ma
anche percettivi, di appropriazione
dello spazio urbano per sentirlo familiare, proprio, adatto a usi liberi e
diversi e pronto a svilupparsi e modificarsi nel tempo.
Alla luce di questa lettura, larredo
urbano parte intrinseca del testo,
della narrazione dello spazio pubblico, e va quindi affrontato con un

progetto complessivo, oppure un


linguaggio indipendente dallo spazio
pubblico nel quale esiste, ha una
sotto-narrazione autonoma e dotata
di senso proprio?
I molti interventi raccolti da ArcipelagoMilano in questi mesi ci indicano infatti due linee di pensiero prevalenti, tra chi a vario titolo nega
allarredo urbano una autonomia
disciplinare che lo ridurrebbe a mero elemento di decoro, difendendo
la coerenza del progetto sitespecific di spazi urbani, e chi al contrario ne rivendica la natura prevalente di servizio nel rispondere a

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funzioni specifiche per i cittadini e a
un senso di identit e ordine generale.
Noi crediamo che le due tesi debbano forzatamente convivere; sono
due poli tra i quali il tema si colloca
ed necessario coglierle in tutte le
loro articolazioni, con un obiettivo
chiaro e ineludibile: la coerenza di
lettura e duso della citt.
Se proviamo dunque a immaginare
Milano, il suo tessuto cresciuto e
sedimentato nel tempo, come a un
testo, larredo urbano ne indubbiamente parte integrante, in forte e
inscindibile connessione con la trama e la narrazione, ma con una autonomia di regole e duso tale da
configurarlo anche come sottoordine specifico: la punteggiatura
urbana per lappunto, necessaria
per lorientamento e la buona lettura
da parte del cittadino-lettore. Se poi
consideriamo quanto nei prossimi
anni accadr nella direzione della
smart city, ecco che agli strati della
citt fisica se ne aggiunge anche
uno virtuale, trasformando il testo in
iper-testo: larredo urbano assume
cos anche la valenza di punteggiatura ipertestuale, che rimanda continuamente dalla citt reale a contenuti di realt aumentata, acquistando una ulteriore dimensione di orientamento e comunicazione.
Lo stato di fatto dello spazio pubblico in citt oggi, in questa lettura,
appare pertanto carente, deludente
e fonte di frustrazione perch oltre a
servirci in modo insufficiente, comunica in modo poco leggibile, sovrabbondante, inefficace: una cacofonia simbolica di difficile uso in cui
emerge un disagio diffuso per
lassenza di progetto globale, di coerenza, di regia narrativa. Si sovrappongono infatti senza nessuna
gerarchia o regola apparente oggetti, manufatti, segnaletiche, recinzioni, pali, pensiline, chioschi di diverse
tipologie e generazioni, con vari livelli manutentivi. Un po come un
testo nel quale si affastellino carat-

teri e stili tipografici di molte epoche,


con un risultato per certi versi libero
e allegro, in linea con lo sviluppo
storico di questa citt, ma giunto a
un livello di illeggibilit e sciatteria
tale da creare disappunto e straniamento anzich tranquillit e senso di appropriazione da parte dei
cittadini.
Le cause di questa situazione sono
certamente ascrivibili, tra gli altri
motivi, a una eccessiva frammentazione del processo decisionale, a
una legislazione sugli appalti pubblici complessa e spesso auto riferita che non aiuta a premiare la qualit, la carenza di protocolli e capitolati sulla manutenzione, a molti decenni nei quali si perso il senso di
spazio pubblico come di spazio
condiviso, di bene comune.
Ecco allora che unattenzione e un
riordino di ci che c appare ancora
pi importante, anche in vista di
EXPO, per offrire uno spazio pubblico di chiara e comoda fruizione
per tutti.
Quali possono essere le linee di intervento per provare a disinnescare
questa situazione di groviglio linguistico cercando di dipanare alcune
criticit? E quale pu essere il ruolo
dellOrdine che, non lo si ricorda
mai abbastanza, esiste a difesa dei
consumatori di architettura, i cittadini, e non degli architetti?
Abbiamo provato a immaginare alcune linee di azione, che cerchiamo
di sintetizzare come punti:
1. avere un buon insieme di regole,
chiare
e
semplici,
risultato
dellarmonizzazione dei vari soggetti
coinvolti, indirizzato alla trama ordinaria della citt, ma che ammetta
eccezioni;
2. lidentificazione di luoghi sensibili che, per la loro configurazione
spaziale o per la loro specificit ambientale, si possano configurare
come eccezioni, nei quali il progetto
dello spazio pubblico prevale
sullautonomia dellarredo urbano;

3. a discendere da una norma specifica la redazione di linee guida


chiare e semplici che guidino la selezione degli specifici oggetti che
andranno a costituire le soluzioni
alle varie parti di arredo urbano. A
questo
proposito
si
apre
uninteressante discussione su quali
manufatti abbiano necessit di un
catalogo univoco di prodotti standardizzati (sistemi di segnaletica,
pensiline di attesa alle fermate dei
mezzi ATM, ecc.) e quali beneficino
della maggiore libert offerta da un
sistema di linee guida.
4. a monte di tutto, una semplificazione e uno sfoltimento di tutti i manufatti ridondanti presenti oggi in
citt
5. lattivazione di una sperimentazione, in un luogo sensibile in vista
di EXPO, attraverso un tavolo con
presenti tutti gli attori coinvolti, per
porre in atto quanto possibile dei
punti di cui sopra. LOrdine, attraverso i suoi consiglieri e i suoi gruppi di lavoro, disponibile a:
- collaborare a sviluppare un dibattito sul tema aperto a architetti e cittadini;
- collaborare allidentificazione degli
spazi di progettualit, ossia quelli
che identificano le eccezioni alla regola e che idealmente rientrano in
progetti dello spazio pubblico preferibilmente selezionabili con concorsi
di progettazione,
- partecipare al tavolo dedicato alla
definizione della sperimentazione
da attivare.
Riteniamo che unazione chiara e
visibile a cittadini e visitatori anche
in vista di EXPO possa rappresentare un tassello importante nella costruzione di identit e riappropriazione dello spazio pubblico e che
lidentificazione di una zona di sperimentazione pratica possa costituire un test dal quale partire per un
riordino complessivo.
*Presidente dellOrdine degli Architetti PPC della Provincia di Milano

INFRASTRUTTURE LOMBARDE: MARONI RINNEGA MA RECIDIVO


Lucia Castellano
Il presidente Maroni, il 25 marzo, ha
accolto linvito delle opposizioni a
riferire al Consiglio Regionale su
quanto
accaduto
allinterno
dellazienda Infrastrutture Lombarde
Spa. Ci ha raccontato che c
unindagine della magistratura in
corso, con 68 capi dimputazione,
tra cui associazione per delinquere,
turbativa dasta, falso, truffa.
Lindagine far il suo corso, si celebrer il processo contro una serie di

n. 13 VI - 2 aprile 2014

dirigenti della Regione e di consulenti esterni. Maroni ha specificato


che la vicenda riguarda la passata
legislatura e la sua Giunta ne
completamente estranea.
Il punto per, non questo. O meglio, non solo questo. Quello che ci
interessa mettere in luce la gestione politica e amministrativa della
Regione Lombardia e il sistema di
potere che nel ventennio formigoniano cresciuto a dismisura, stra-

volgendo man mano lassetto istituzionale e le competenze dellente


regione.
Partiamo da Infrastrutture Lombarde, formidabile intuizione dellex
presidente Formigoni del 2004. Basata sul presupposto che i costi di
internalizzazione siano minori di
quelli dellaccesso al mercato, ossia
che sia meno costoso realizzare internamente opere e servizi piuttosto
che cercare in modo trasparente e

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rispettoso delle procedure le migliori
alternative sul mercato, diventata
nel decennio una potentissima
macchina da guerra, che ha costruito, anche bene e velocemente, in
tutta la Lombardia, con una velocit
di azione che passa sopra alle regole amministrative della distinzione
tra controllori e controllati e agisce
in barba alle procedure. E gli attori
del gioco sono sempre gli stessi. In
nome dellefficienza e della rapidit
(anche del malaffare, ma di questo
si occupa la magistratura).
Ritengo che lasciare solo ai giudici il
rimedio a questo scempio, come
spesso succede in Italia, non porti
lontano. Dobbiamo rivedere lintero
sistema-regione per riportare lente
alle funzioni che la Costituzione
prevede. Nella pubblica amministrazione deve essere il mercato a selezionare il fornitore pi efficiente,
che faccia risparmiare risorse alla
collettivit. E se ci non avviene
perch la macchina burocratica
lenta e inefficiente, non il sistema
infrastrutture lombarde la soluzione. Gli amministratori pubblici devono essere controllori dellefficienza,
non devono sostituirsi al mercato.
Nel caso di Infrastrutture Lombarde
la politica si trasformata in imprenditore per sostenere se stessa,
distorcendo i meccanismi concorrenziali. Non a caso tutto nato dalla denuncia di un imprenditore escluso da una gara dappalto.
un film gi visto, che speravamo
di non rivedere, quello del

ghepensi mi, dellaziendalizzazione della politica e dellamministrazione pubblica. Anche escludendo


le fattispecie di rilevanza penale,
non era questa la pubblica amministrazione che speravamo di avere in
Lombardia. Lamministrazione pubblica che funziona non quella che
corre verso il risultato scegliendo i
propri collaboratori, consulenti e imprenditori in barba alle regole.
quella che le regole le applica, le
governa e, se non pi efficaci, le
cambia con lunico strumento che la
Regione abbia a disposizione, il potere legislativo.
Ancora, riflettiamo sullefficienza,
lefficacia, leccellenza dei risultati di
questo modo di amministrare. Sono
messaggi devianti, confusivi, falsi.
Lautoreferenzialit delle lobbies di
potere, i cerchi magici che, in nome
dellefficienza e della competenza
lavorano, da sempre, escludendo di
fatto le imprese che, pur competenti
ed eccellenti, non appartengono al
giro non fa risparmiare, costa alla
collettivit. E allora diventa inutile
legiferare sugli incentivi alle imprese, aprire alle start up, se gli appalti, le consulenze della Regione
pi ricca dItalia girano sempre fra i
pochi, eccellenti, imprenditori o
liberi professionisti. Cosi il mercato
non si apre, la crisi non vede la fine.
Sarebbe interessante, dai banchi
dellopposizione, studiare le ricadute
sul mercato di questo modo di amministrare. Dimostreremo, ne sono
convinta, che i palazzi costruiti in

poco tempo, le autostrade, gli ospedali sono costati, in termini di ingiuste esclusioni, di pericolose confusioni tra controllori e controllati, molto di pi alla collettivit. Dimostreremo, e direi che siamo pronti a farlo, che la politica deve abbandonare
le logiche imprenditoriali e fare un
passo indietro, se vuole che il Paese avanzi.
Il livello dei commenti dei politici che
abbiamo letto sui giornali, drammaticamente, rafforza i contenuti della
mia analisi. E non mi riferisco alle
attestazioni di stima (legittime, per
carit) nei confronti degli imputati.
Lex presidente Formigoni, come
attenuante,o esimente, dichiara che
in fondo Rognoni non nemmeno di
Comunione e Liberazione . Il
messaggio : che volete? Non era
nemmeno dei nostri!
Se il presidente del Consiglio Regionale insiste nel sottolineare
lefficacia di queste procedure rapide e leggere per il perseguimento
del bene comune, non ponendosi
nemmeno il dubbio che possano
scatenare ricorsi, allora vuol dire
che il costume sempre stato questo, fortunatamente stoppato, nel
2010, proprio da un ricorso. Se il
nostro presidente, che conosciamo
cosi attento alle procedure e al timore dei ricorsi, nello svolgimento
dellattivit consiliare, afferma che la
velocit e la competenza scelta arbitrariamente sono la ricetta giusta,
vuol proprio dire che il sistema va
cambiato alla radice.

CONSUMO DI SUOLO: SERVE UNA STRATEGIA METROPOLITANA


Serena Righini e Emanuele Garda
Nel 1973 il noto etologo Konrad Lorenz incluse in un suo pamphlet,
quale peccato capitale della nostra
civilt, la devastazione dello spazio
vitale. Se osserviamo quanto stato fatto in Italia nellarco delle ultime
tre generazioni, in termini di utilizzo
e trasformazione degli spazi aperti,
non possiamo che provare un senso
di sgomento di fronte alle inusitate e
drammatiche dimensioni raggiunte
dal fenomeno dellurbanizzazione
diffusa. Ci che in particolare colpisce la rapidit e lintensit con cui
avvenuto questo processo anche
nei
territori
lombardi,
dove
lurbanizzazione dei suoli agricoli,
sovente stimolata da quella che
Calvino, in un suo celebre racconto,
definiva febbre del cemento, ha
comportato la creazione di distese
di capannoni, palazzine, villette,
centri commerciali, parcheggi e
strade. Questi materiali rappresentano i frammenti di quella grande

n. 13 VI - 2 aprile 2014

citt infinita che entrata a pieno


titolo entro la nostra vita quotidiana
e che d forma a un paesaggio tracotante ed eterogeneo, eppure di
modesta qualit, ottenuto a caro
prezzo.
Storicamente, nel contesto europeo,
il fenomeno dilagante della citt e
del consumo di suolo stato causato dal venir meno di alcune caratteristiche tipiche delle principali citt
del passato, quali ad esempio la
compattezza e la densit, che, progressivamente, hanno lasciato il
passo alla rarefazione delle diverse
funzioni urbane entro territori sempre pi estesi.
Ad aver reso possibile, nel giro di
qualche decennio, laffermarsi di
questo modello territoriale anche nel
nostro Paese sono stati senza dubbio alcuni progressi tecnici (rivoluzione tecnologica e informatica) che
hanno fatto da sfondo a cambiamenti sociali (dal mutare delle scelte

abitative a una nuova concezione


del concetto di libert individuale), a
trasformazioni del mercato economico e a una stagione di politiche
urbanistiche improntate alla flessibilit, allincoraggiamento del mercato
immobiliare e a un pi generico
laissez faire normativo, in Lombardia particolarmente evidente a partire dallapprovazione della Legge
Regionale n. 12/2005.
Dal 2005, inoltre, con lapprovazione della legge finanziaria da parte del governo Berlusconi, le entrate
derivanti dalla riscossione degli oneri di urbanizzazione, e quindi
dallattivit edilizia in generale, hanno iniziato a finanziare la spesa corrente delle amministrazioni comunali, diventandone progressivamente
la principale fonte di sostentamento.
Tale operazione ha comportato
laumento della previsione di nuove
aree di espansione per poter ampliare la base imponibile. In questo

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modo i Comuni sono stati incentivati
ad attuare politiche di espansione
insediativa che, al di l delle reali
esigenze locali e ricorrendo sistematicamente a procedure eccezionali o di deroga, consentissero loro
di assicurare il funzionamento e
lerogazione di molti servizi ai cittadini.
Linsieme di queste tendenze ha
portato molte Amministrazioni Comunali che, nellordinamento italiano e in particolare in quello lombardo, detengono le maggiori competenze urbanistiche, a intraprendere
pratiche fatte di piccole aggiunte e
interventi diffusi, affermando una
logica improntata sempre pi al breve periodo piuttosto che a una lettura pi lungimirante delle trasformazioni.
Il tema del consumo di suolo gi
stato affrontato in ambito europeo
con approcci differenti. In Germania,
ad esempio, a partire dagli anni Ottanta, il governo ha introdotto criteri
di valutazione e monitoraggio del
fenomeno, per approvare, nel 1998,
un ambizioso programma di politica
ambientale che intendeva disgiungere in modo duraturo lo sviluppo
economico dalloccupazione di suolo e poneva, per la prima volta, un
obiettivo quantitativo di riduzione
delloccupazione di suolo. Il programma, proposto dallallora Ministro per lAmbiente Angela Merkel,
ha fissato la soglia di consumo
massimo di 30 ettari al giorno, (contro una tendenza pari a 129
ha/giorno nel 2000), da attuare entro il 2020, quale tappa intermedia
per poi raggiungere la crescita zero
entro il 2050.
Questo tema stato poi affrontato
anche a livello dei singoli Lnder,
che hanno introdotto misure per il
suo contenimento attraverso politiche di defiscalizzazione degli interventi di rigenerazione urbana e di
compensazione ecologica preventiva per le nuove espansioni. In Baviera, ad esempio, nel 2003 stato
sottoscritto un accordo (noto come
patto per il risparmio delle aree)
fra governo regionale, comuni e associazioni con lobiettivo di diminuire
la quantit di aree da urbanizzare
ogni anno, obiettivo inserito anche

nel programma di sviluppo regionale.


Nonostante lobiettivo sia ancora
lontano dallessere raggiunto, il caso tedesco rappresenta un importante esempio di come, per contrastare il consumo di suolo, sia necessaria lelaborazione di strumenti
di diversa natura: giuridica, pianificatoria, economica, fiscale, da attuare per ad una scala territoriale
vasta.
Anche nel nostro Paese serve una
stagione di politiche innovative, che
sappiano rimettere in discussione le
modalit con cui si gestito il territorio negli ultimi anni, che assumano un approccio multilivello, da attuare attraverso strategie che prevedano il coinvolgimento di tutti gli
ambiti amministrativi (dal Comune
alla Regione), e multitematico, in
grado di integrare strumenti di natura diversa (fiscale, normativa, incentivante).
I dati pubblicati dalla Direzione Generale Territorio e Urbanistica di
Regione Lombardia sulle previsioni
di espansioni contenute nei Piani di
Governo del Territorio riportano in
primo piano la tematica del consumo di suolo che molti consideravano superata a causa della recessione economica in corso. Secondo i
numeri ufficiali, la sommatoria delle
previsioni edificatorie contenute nei
Piani di Governo del territorio di
1.126 Comuni lombardi prevede, nei
prossimi anni, ledificazione di
414.193.400 metri quadrati, unarea
pari alla superficie della provincia di
Monza e Brianza, pi del doppio
dellintero comune di Milano.
I numeri indicano quanto sulluso (e
sul consumo) di suolo sia necessario e urgente unautentica frattura e
un cambiamento di ordine prima di
tutto culturale e poi normativo, in
grado di orientare il governo del territorio verso pratiche maggiormente
sostenibili.
A livello nazionale lapprovazione
del Disegno di Legge Contenimento del consumo del suolo e riuso del
suolo edificato, avvenuta lo scorso
dicembre, ha rappresentato un primo passo importante per orientare
una nuova stagione di politiche del
territorio. Seppure la nuova legge
abbia un approccio fortemente

quantitativo, che non risulta il pi


efficace per arginare un fenomeno
cos complesso come il consumo di
suolo, certamente ha avuto il merito
di portare la discussione allordine
del giorno in molti contesti disciplinari, accademici e normativi. In Regione Lombardia, ad esempio, sono
in discussione alcune proposte di
legge, presentate dai diversi schieramenti politici.
In questo senso anche listituzione
della citt metropolitana di Milano
rappresenta unimportante opportunit per poter affrontare a una scala
territoriale finalmente adeguata il
tema del consumo di suolo. Infatti il
nuovo ente avr competenze di area vasta pi forti, che consentiranno di governare il territorio in modo
maggiormente efficiente associando
a funzioni di coordinamento anche
una visione strategica in grado di
indirizzare le scelte dei piani locali.
Soltanto in unottica metropolitana si
potr, infatti, tentare di elaborare
politiche integrate, che sappiano
finalmente superare la tradizionale
frammentazione amministrativa (e
territoriale) lombarda.
Ricordando le parole di un famoso
studioso di citt, Leonardo Benevolo, che gi negli anni Sessanta denunciava come lurbanistica moderna fosse giunta solo tardivamente a
porre rimedio a problematiche urbane gi consolidate, noi riteniamo
che listituzione della citt metropolitana possa contribuire a superare
anche questo peccato originale
dellurbanistica
contemporanea,
guidando il processo per la costruzione di un nuovo modello di governance che consentir lelaborazione
di piani e politiche territoriali che
abbiano come obiettivo la tutela e la
valorizzazione del suolo.
n.b - Le presenti note nascono a
seguito di un seminario intitolato Il
suolo cancellato che il 17 marzo
2014 si tenuto presso lUniversit
degli Studi di Milano (nel corso di
Urbanistica del professor Emanuele
Garda) al quale hanno partecipato
in qualit di relatori Mario Petitto,
Tiziano Cattaneo, Silvia Ronchi, Jacopo Scandella, Serena Righini e
Marco Cappelletti.

CINEMA MANZONI: SPAZIO PER LA CULTURA O ENNESIMO MEGASTORE?


Pierfrancesco Sacerdoti
Allinizio del 2012 si costituito un
comitato di cittadini milanesi per sottrarre il cinema Manzoni, una delle
pi belle sale storiche di Milano, a
quello che sembra essere il suo de-

n. 13 VI - 2 aprile 2014

stino: diventare lennesimo negozio


di moda. Il cinema Manzoni, situato
nellomonima galleria che collega
via Manzoni con via Borgospesso,
stato realizzato alla fine degli anni

40 insieme alla galleria e al teatro


sotterraneo. Si tratta di un complesso di grande valore artistico e architettonico, ideato dallarchitetto Alziro
Bergonzo (autore della Torre dei

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Venti che segna luscita dellautostrada a Bergamo) e dallingegnere
Mario Cavall, autore di vari cinema
teatri in area milanese tra anni 30 e
anni 50.
Alleffetto finale di questarchitettura,
sospesa tra gusto neoclassico e arditezze moderne, contribuiscono le
numerose opere darte che costellano galleria, cinema e teatro: innanzitutto la statua bronzea di Apollo, opera di Leone Lodi che campeggia nel grande atrio di ingresso.
E poi i bassorilievi dellatrio,
anchessi di Lodi, le sculture della
galleria e le maniglie delle porte di
Gino Oliva, le sculture di Francesco
Messina e Pericle Fazzini, gli affreschi di Ghino Baragatti, Nicol Segota e Achille Funi. Unopera darte
totale che costituisce un eccezionale documento del gusto architettonico e artistico a Milano della fine degli anni 40, dove elementi del classicismo e della metafisica si sposano con soluzioni strutturali ed espressive tipiche dellarchitettura
moderna pi avanzata, come la
grande trave che permette di sospendere il cinema sopra latrio,
senza pilastri intermedi, o la vetrata
continua senza telaio che separa
latrio dalla galleria.
Questa straordinaria testimonianza
dellarchitettura milanese dello spettacolo, legata a particolari innovazioni come quella del cinerama (il
Manzoni fu il primo cinema in Italia
a dotarsi di questa tecnologia) e
immortalata in celebri film di Antonioni (Cronaca di un amore e La signora senza camelie, entrambi con
Lucia Bos), rischia ora di essere
snaturato da un progetto di natura
smaccatamente commerciale. La
propriet originale passata nel
2008 dellENPAM alla societ Pirelli
RE Spa, oggi Prelios Sgr, che ha
lobiettivo di trarne il massimo beneficio economico.
Oggi il teatro sotterraneo ospita
spettacoli di prosa e i prestigiosi
spettacoli jazz dellAperitivo in
Concerto, mentre il cinema chiuso dal 2006. La grande sala del cinema, che poteva contenere fino a

1600 spettatori e vanta uno spettacolare soffitto a lacunari dorati con


un cupolino affrescato, oltre a raffinate boiserie sulle pareti, stata
riaperta occasionalmente negli ultimi anni per mostre ed eventi cinematografici di grande successo: dalla mostra della video artista svizzera
Pipilotti Rist (2011), a quella sul
rapporto tra Fendi e il cinema (settembre 2013) alla serata inaugurale
del festival Filmmaker, con la proiezione del film Alberi di Michelangelo
Frammartino (novembre 2013). Eppure la propriet intenzionata a
eliminare la funzione cinematografica della sala e intende trasformarla
in spazio commerciale, destinato
presumibilmente a un grande marchio dellalta moda, in accordo con il
contesto del Quadrilatero: a due
passi ci sono via della Spiga e via
Montenapoleone, oltre alla faraonica sede di Armani in via Manzoni.
Anche Armani subentrato a uno
storico cinema di Milano, il Capitol,
che negli anni 60 ospit le prime
dei film di Fellini e Visconti, da La
Dolce Vita a Rocco e i suoi Fratelli.
Fortunatamente esiste un vincolo
monumentale della Soprintendenza,
ma il vincolo a destinazioni duso
culturali, compreso nel testo originale del 2007, stato rimosso nel
2008 con una procedura poco chiara, in seguito a ricorso della propriet. Per salvaguardare il ruolo del
cinema Manzoni come spazio per
proiezioni di qualit e per eventi culturali e per la formazione nel settore
degli audiovisivi, anche con ladozione di attrezzature tecnologiche
allavanguardia (sulla scia del cinerama installato negli anni 50) si
formato il Comitato Cinema Manzoni. Il primo passo stato la creazione di un sito web, sul quale possibile aderire a una petizione che a
oggi stata firmata da circa 1200
persone, tra cui eminenti personalit
della cultura e dello spettacolo.
Il comitato ha tentato di intessere
contatti e collaborazioni con il Comune e con la propriet, ma senza
successo: il Comune fermo nel
sostenere che riproporre la funzione

cinematografica sia oggi insostenibile sul piano economico, mentre la


propriet procede con il suo progetto, affidato allo studio One Works e
recentemente presentato in Soprintendenza. Progetto abbastanza rispettoso delle parti comuni ma impietoso verso la sala del cinema,
destinata a negozio con gli elementi
tipici dello spazio di vendita: balconate perimetrali e scale mobili nel
vuoto centrale. In questo modo
vengono eliminati gli elementi tipici
della sala attuale ed negata la
possibilit di fare proiezioni.
Il comitato guarda a esempi stranieri
(il cinema Louxor a Parigi) ma anche italiani, come lex cinema Gambrinus di Firenze, che pur trasformato recentemente in Hard Rock Caf
ha per mantenuto platea, galleria e
soprattutto sala di proiezione e
schermo, usato per video musicali.
Intelligente principio di reversibilit
che stato invece ignorato nel progetto del Manzoni dove, tranne alcuni gradoni superstiti, nulla rimane
del boccascena e dello schermo,
sostituiti da spazi di servizio e magazzini. Lultima versione del progetto ora visibile nellatrio di ingresso, dove Prelios ha allestito una
piccola mostra con modello in legno
e simulazioni fotorealistiche.
Il destino del Manzoni sembra dunque quello della maggioranza dei
cinema storici milanesi: oltre al Capitol, gi citato, si pensi allAstra,
diventato negozio Zara, al cinema
Corso o allExcelsior, il cui successo
commerciale tra laltro nettamente
inferiore a quello previsto. Se il progetto di Prelios ha il merito di salvare il teatro e di mantenere larchitettura originaria di galleria e atrio,
viene da chiedersi se non esistano
altre soluzioni per il cinema, anche
considerando la scarsit di spazi a
Milano per proiezioni importanti e
festival di cinema (spesso allestiti
nei teatri), anzich ricadere nel solito clich del negozio di moda, che
oltretutto, con la crisi attuale, non
garantisce neppure i sospirati guadagni.

LEGGE ELETTORALE EUROPEA: UNA SOLUZIONE AL PROBLEMA DI GENERE


Ilaria Li Vigni
Mentre lItalicum, il progetto di legge
elettorale presentato dal Governo,
ristagna a Palazzo Madama e
devessere ancora assegnato alla
commissione Affari Costituzionali,
unaltra riforma della legge elettorale a tenere banco al Senato in questi giorni, quella per le elezioni europee.

n. 13 VI - 2 aprile 2014

La situazione, anche in questo caso, molto complessa: anche in


chiave europea si rigenerano gli
stessi problemi affrontati alla Camera per lItalicum, con dispute pi o
meno di bandiera per quanto riguarda la problematica degli sbarramenti.

Per quanto concerne la parit di genere, clamorosamente bocciata nel


primo passaggio di approvazione
alla Camera qualche settimana fa, il
disegno di legge elettorale sulle elezioni europee fa registrare un dato
molto significativo, anche grazie ad
alcune parlamentari proponenti del

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Partito Democratico che non si sono
arrese alla sconfitta.
Il progetto di legge elettorale per le
europee, infatti, prevede che
lelettore possa esprimere tre preferenze e una di queste dovr essere
del genere meno rappresentato, ovvero indicare una donna.
Nel caso di voto con tre preferenze
maschili, il progetto prevede lannullamento del voto stesso, ma se
lelettore si limitasse a esprimere
solo due preferenze maschili il voto
sarebbe valido. Si tratta per di una
disposizione transitoria: le preferenze saranno due - e non pi tre - per
le elezioni del 2019 e una dovr essere di genere.
La proposta, votata a larga maggioranza nellassemblea dei senatori
Pd convocata ad hoc, ha trovato
unintesa di massima nella maggioranza che sostiene il Governo e anche in qualche partito di opposizione, quale Forza Italia. Ora bisogna
fare in fretta, con unapprovazione
da parte del Parlamento in tempo
utile per le elezioni del prossimo 25
maggio. Auguriamoci che questa
sterzata, che ci si augura solutoria
per lapprovazione della legge elettorale per le europee, possa essere
di spinta per il Parlamento per rivedere la bozza di progetto elettorale

nazionale nel senso della rappresentanza minima di genere.


La questione molto complessa, a
parere di chi scrive e non deve essere utilizzata artificiosamente per
nascondere un problema reale.
ovvio e naturale che in una societ
in cui la parit di genere nella rappresentanza politica e istituzionale
fosse comune denominatore accolto
da tutti, una legge elettorale basata
sulle cosiddette quote - termine
orrendo, in quanto permeato da un
altro alfabeto, quello dei numeri e
non quello delle persone - sarebbe
inutile oltre che fuorviante il reale
pensiero degli elettori.
Ma la situazione italiana, assolutamente impari per le donne sia in
punto di rappresentanza sia di prospettive professionali, non consente
a oggi unautoregolamentazione.
Occorre un input normativo che
formi la societ civile, nella concreta
speranza che, dopo alcuni anni, non
sia pi necessaria questa riserva
alla rappresentanza di genere.
Ricordiamo che la legge 120/2011,
la cosiddetta Golfo/Mosca, ha previsto che gli organi sociali delle societ quotate in scadenza dal 12
agosto 2012 dovranno essere rinnovati riservando una quota pari ad
almeno un quinto dei propri membri
al genere meno rappresentato, ov-

vero quello femminile. Donne che, a


partire dal secondo e terzo rinnovo
degli organi sociali, dovranno essere pari ad almeno a un terzo dei
componenti i Consigli di Amministrazione. Tale legge ha una validit
temporale di soli dieci anni, entro i
quali si auspica di raggiungere
lobiettivo di rimuovere gli ostacoli
che sinora hanno limitato laccesso
delle donne a ruoli di comando, favorendo un processo di rinnovamento culturale a supporto di una
maggiore meritocrazia e di opportunit di crescita.
I risultati della Golfo Mosca sono
davanti agli occhi di tutti: oltre il 90%
delle societ quotate ha ottemperato agli iniziali obblighi di legge nel
primo rinnovo dei Consigli di Amministrazione.
Credo che, sulla spinta di tale normativa, sia un dovere politico e morale del nostro Parlamento lapprovazione di una legge elettorale con
una riserva di genere, sia per quanto concerne le elezioni europee sia
per quanto riguarda quelle nazionali. Solo con questa spinta potremo,
in futuro, non aver pi bisogno del
legislatore, in una societ davvero
paritaria che valorizzi le diverse peculiarit e professionalit di donne e
uomini.

Scrive Cesare Prevedini ad ArcipelagoMilano


Francamente
ArcipelagoMilano
questa da te non me laspettavo!
Posso essere daccordo che sia necessario mantenere il senso critico,
ma per qui siamo al gratuito per
non essere sgradevoli . Sono o
non sono anni che ci diciamo che
bisogna abolire il Senato e che il
nostro bicameralismo perfetto una
sovrastruttura che non da garanzie
di miglior rappresentanza, ma crea
solo problemi nellefficienza della
rappresentanza? Sono o non sono
anni che le menti democratiche pi
nobili, addirittura La Malfa allora (Ugo
naturalmente,
lamentano
linutilit e il costo delle Province?
Sono o non sono anni che ci lamentiamo del costo della politica e delle
sue inutili sovrastrutture?

Ora abbiamo scoperto che questo


era il programma della P2! Ha
senso questa interessante scoperta di questo articolo? Non solo, ma
scopriamo pure che il nuovo Senato
(meglio in ogni caso scriverlo maiuscolo), sarebbe di nominati. Crosti
afferma che un Senato rappresentativo delle realt locali sarebbe di
nominati. Le realt locali non vengono forse elette dai cittadini? Una
elezione di secondo grado quindi
una nomina? Allora anche il Presidente della Repubblica un nominato!
Scopriamo anche che delle funzioni
delle Province si dovranno occupare
i Sindaci, gi oberati da gravosi impegni. Come risolviamo questo
gravissimo impasse? Annulliamo la

funzioni delegate alle Province?


Annulliamo ledilizia scolastica delle
Scuole Superiori? Annulliamo le
strade e gli acquedotti? Se non
possiamo farlo ci terremo evidentemente le Province!
Ma che senso ha scrivere tali cose?
Non evidentemente possibile, secondo questa curiosa tesi, pensare
a delle razionalizzazioni e a degli
accorpamenti, come si fa dovunque
si vuole semplificare. Mamma mia
impressionante scoprire che sono
daccordo con la P2! Che il mio maestro Don Benedetto Croce mi perdoni

Replica LBG
ArcipelagoMilano ospita molte opinioni diverse purch non a sostegno
di posizioni estremiste che il giornale comunque non ospiterebbe per-

n. 13 VI - 2 aprile 2014

ch totalmente in contrasto con la


propria linea. Dunque ovviamente
anche quanto sostiene Michele
Crosti, per altro non il solo sul ver-

sante delle critiche a Renzi ma in


compagnia di altri autorevoli opinionisti a cominciare da Zagrebelski.

10

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Scrive Antonio Rusconi a Michele Crosti


Non capisco perch i problemi del
PD debbano ricadere su tutti noi.
Non ne abbiamo avuto abbastanza di Forza Italia e compagnia?
Per non parlare di Monti e Forne-

ro? Se il PD con Renzi meglio


andare a votare. La legge elettorale un attentato alla democrazia e del resto meglio non parlarne. S, c' un avventurismo po-

litico che si accompagna a un'incompetenza amministrativa. Poveri noi!!!


.

Scrive Giorgio Chiaffarino a Michele Crosti


Sono daccordo: siccome tutto quello che oggi si dice normalmente
gi stato detto da qualcun altro - pi

o meno raccomandabile - meglio


continuare come sempre senza
provare a cambiare niente, che tra

laltro cos difficile. Era meglio


quando era peggio o no?

Scrive Vito Antonio Ayroldi a Michele Crosti


L'abitudine a maneggiare in modo
piuttosto disinvolto concetti alquanto
mal digeriti una delle nostre peggiori abitudini. Forse si scrive troppo
e si legge male. Se il novellato art.
81 fosse stato letto con attenzione
ci si sarebbe accorti che la parola
pareggio non contemplata minimamente. invece previsto un
principio sano, dinamicamente e
tendenzialmente perseguibile nelle
attuali condizioni di economia aperta: "Lo Stato assicura l'equilibrio tra

le entrate e le spese del proprio bilancio". Equilibrio e non pareggio. E


di cui si avverte la necessit ora, dal
momento che, quel debito, generazioni di locuste per scelta hanno lasciato crescere indefinitamente.
Debito che ora dovr essere risanato da generazioni di giovani, formiche per forza. E a molti di loro verr
conculcato il diritto a un futuro degno di essere vissuto. Per il resto si
pu anche concordare parzialmente
nel merito dell'articolo. Una cosa

certa quando si leggono certe corbellerie vien voglia di dar ragione a


Renzi. A Renzi e non a Gelli. Si comincia ad averne abbastanza di chi
pontifica sulla pelle di giovani a cui
si presentato il conto di un lauto
pranzo a cui non sono mai stati invitati dovendo per giunta sorbirsi il
predicozzo postprandiale da parte di
qualcuno che non sa nemmeno da
che parte girato. Vediamo di piantarla che ora.

CINEMA
questa rubrica curata da Anonimi Milanesi
rubriche@arcipelagomilano.org
Ida
di Pawel Pawlikowski [Danimarca Polonia, 2013, 80']
con Agata Trzebuchowska, Agata Trzebuchowska, Agata Kulesza, Joanna Kulig, Dawid Ogrodnik
Film austero con tante chiavi di lettura, tutte sotto la chiave della memoria come rivelazione: della storia,
della persecuzione, della ricerca individuale di s. Nella Polonia dei
primi anni 60, Anna, giovanissima
novizia entrata orfana in convento,
senza ricordi e completamente ignara delle sue origini, prima di prendere i voti cerca e ritrova lunico legame con la sua famiglia: Wanda,
donna emancipata, apparentemente
arida, ma tormentata dal suo passato di ex magistrato del regime che
ha combattuto il nazismo.
Dopo la rivelazione della prima verit, quando la giovane scopre di avere origine ebraiche e di chiamarsi
Ida, le due donne affrontano insieme un doloroso viaggio verso la conoscenza di verit scomode, sulla
loro famiglia e sulla Storia grande di
cui fanno parte, viaggio che cambier entrambe.
Anime profondamente diverse, sono
mosse dallattrazione delluna verso

n. 13 VI - 2 aprile 2014

laltra, da ci che pur non conoscendo sentono come loro parte


mancante e quindi complementare:
Anna completamente ignara del
mondo esterno al microcosmo del
piccolo convento, cerca risposte sulla sua identit, Wanda carica di fantasmi del passato, incapace di pacificarsi con una memoria che molto
tormento ha portato nella sua vita.
Insieme affrontano la scoperta di
eventi drammatici e crudeli che
hanno distrutto la loro famiglia, mettendo a nudo le fragilit della donna
apparentemente pi forte e cinica e
aprendo alla giovane novizia mondi
sconosciuti, dove si agitano sentimenti forti mai provati, dolore, perdita e amore, vissuti come rivelazioni.
Ida percorre un cammino faticoso di
ricerca e crescita personale, che la
trasforma da adolescente inconsapevole di tutto, a giovane donna che
dietro la castit e la riservatezza,
possiede grande femminilit e bellezza che la risvegliano verso la vita

vera. Lapertura al mondo, ridotto


nella vita conventuale a pochi e
confessabili desideri, porta domande e curiosit nella pi giovane e fa
vacillare le poche certezze su cui si
fondava il suo quieto modo di vivere.
Il film ricostruisce con discrezione e
lucidit la memoria storica comune
della Polonia del passaggio dalla
dominazione nazista al comunismo.
Lo fa attraverso i percorsi di cambiamento nella coscienza delle due
donne, meravigliosamente interpretate da attrici di grande sensibilit,
che hanno grande forza di gesti e
sguardi, una bella e intensa Agata
Kulesza e lesordiente Agata Tzebuchowska, che il regista accompagna per tutto il film con sguardo attento e affettuoso.
Il regista ricostruisce per il suo romanzo di formazione unatmosfera
contenuta e rigorosa, senza strappi,
che ricorda i film di Kieslowski, scegliendo un bianco e nero poco con-

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trastato, che sviluppa tutta la scala
dei grigi (valorizzando paesaggi con
cieli spenti senza sole, alberi spogli)
privilegiando tagli asimmetrici per le
inquadrature fisse, che lasciano
molto spazio intorno alle figure, e
curando molto la colonna sonora sia
negli equilibri tra silenzi e dialoghi,

sia nella scelta di brani musicali raffinati.


In questo discreto rigore della macchina da presa, che osserva senza
giudizio, rientra anche il lungo piano
sequenza finale, che accompagna
verso la conclusione della storia,
scegliendo la strada della pacatezza

e della dignit di una scelta ragionata e consapevole.


Presentato allultima edizione del
Festival di Torino, e premiato al
London Film Festival Festival di Toronto.
Adele H.

MUSICA
questa rubrica a cura di Paolo Viola
rubriche@arcipelagomilano.org
Uno strascico polemico
La rubrica musica della scorsa settimana, con il commento di Raffaele
Valletta alla performance di Nobuyuki Tsujii alla Filarmonica della
Scala, ha scatenato - era prevedibile - una vivacissima polemica intorno al tema dellesibizione in concerto di una persona handicappata e
tuttavia di straordinaria bravura e
intelligenza interpretativa. Ricordo,
per chi non avesse letto la rubrica,
che il giovane pianista giapponese cieco dalla nascita e con evidenti
disabilit fisiche - aveva eseguito
con grande perfezione tecnica il difficile terzo Concerto per pianoforte e
orchestra di Prokofev sotto la direzione di Valerij Gergiev e che il
pubblico, ovviamente impreparato
alla sorpresa, era rimasto ammaliato ma anche sconcertato.
Dunque mercoled scorso ArcipelagoMilano era uscito da pochi minuti
quando gi arrivava dalla California
questa mail del signor Mei-Ling L.
Liu mi fa orrore che si dica di
Mr.Tsujii che un "monstrum"! e
mi permetta di spiegare: Tsujii potrebbe apparire imbarazzante sul
palco, ma non affatto innaturale.
Ho parlato con lui di persona molte
volte. La sua abilit al pianoforte
del tutto naturale molto risoluto,
ha molti pensieri. Compone ed esegue musica per dare speranza alla
gente dopo la tragedia del terremoto. Nuota, fa escursioni, scia, parla
affettuosamente al pubblico alla fine
delle sue performance. amato nel
suo paese non solo per la musica
ma anche per la sua personalit.
Penso che gli occidentali, che non
capiscono il giapponese, spesso lo
fraintendano. Questo il motivo per
cui mi piacerebbe che avesse cercato di comunicare in inglese; finch
non sar messo in grado di esprimersi sar sempre frainteso. Mr.

n. 13 VI - 2 aprile 2014

Tsujii non un "monstrum", una


persona non vedente che ha massimizzato il talento e l'uso degli altri
sensi. Molti di noi vedenti sono
consapevoli dei sorprendenti risultati dei ciechi per cui i successi di Nobuyuki Tsujii sono sbalorditivi ma
anche perfettamente spiegabili
(http://sites.google.com/site/nobufan
s).
Evidentemente Mr. Mei-Ling L. Liu
non conosce il significato della parola monstrum (ci ricorda Valletta che
etimologicamente il termine latino descrive un fatto prodigioso,
da mostrare, e come tale stato
levento della Filarmonica a cui ho
assistito) ma per il resto non possiamo che accogliere le sue osservazioni e ringraziarlo per le informazioni relative a questo prodigio.
Ci ha scritto per anche il Maestro
Robert Slitrenny dicendoci che riguardo allarticolo Alla Filarmonica
della Scala mi ha colpito come
Paolo Viola accenni rispettosamente e con grande tatto allinfermit del
pianista, rimuovendo cos la diga
del tab . Non precisamente ci
che un lettore esigente si aspetta da
un resoconto, su qualsiasi argomento? Questo vale a fortiori per la musica, essendo essa per definizione
soggettiva e quindi spesso sfruttata
dai predatori del mercato. Sfortunatamente ho cercato invano qualche
riga sulla prestazione artistica di Valerij Gergiev. Eppure mi sembra che
ci sarebbero tantissime cose da dire
e scrivere su Gergiev proprio in
questo preciso contesto ed aggiungendo che lultimo castrato Alessandro Moreschi, ufficialmente
attivo alla Capella Sistina, mor il 21
Aprile 1922, quindi meno di un secolo fa. Dicevo alla Cappella Sistina
a Roma Mulier taceat in ecclesia
!"

Non dubito che ci sarebbe stato


molto da dire su Gergiev, che da
troppo tempo vive svolazzando con
invidiabile leggerezza sullonda della sua solida fama, e che forse anche in questa occasione ha voluto
un po sbalordire il pubblico scaligero. Ma quella sera non cero e i
grandi critici - tranne qualche rara e
nota eccezione - scherzano con i
fanti ma lasciano stare i santi.
Una lettrice scrive, a proposito della
rubrica, che del pianista (Tsujii) mi
verrebbe da dire folle, nel senso
di al di fuori dell'umano comune o
normale, mentre un altro dice che
per quanto mi riguarda il tuo scritto
rende esattamente la sensazione
che ho provato, un'assoluta incapacit di giudizio tremendamente imbarazzante. E non so neppure se
sia giusto che sia cos.
Come si vede, il tema caldo e i
pareri sono tanti; resta per il fatto
che dobbiamo ancora capire bene
quando e quanto si debba essere
politically correct e se sia proprio
necessario lasciar stare i santi.
Mi chiedo, ad esempio, se si pu
dire che luned scorso al Conservatorio Salvatore Accardo ci ha lasciato a dir poco perplessi, eseguendo
molto stancamente e svogliatamente due Quartetti di
aikowskij (la noiosa opera 11 e la
pi accattivante opera 22), salvato
solo dalla presenza dei tre ben pi
giovani collaboratori e cio da Laura
Gorna (secondo violino), da Francesco Fiore (viola) e dalla bravissima Cecilia Radic (violoncello).
Ma
perch,
allora,
ripetiamo
allinfinito di voler dare spazio ai
giovani e poi restiamo sempre l,
inamovibili, ad occupare tutti gli
spazi possibili, anche quando non
ne possiamo pi?

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LIBRI
questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero
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Antonio Moresco
Fiaba d'amore
Libellule Mondadori, 2014
p. 160, euro 12
Mercoled 2 aprile, ORE 20,30, il
libro verr presentato a Palazzo
Sormani, sala del Grechetto, via F.
Sforza 7, Milano, con Piersandro
Pallavicini e Marilena Poletti Pasero
a cura di Unione Lettori Italiani
Della fiaba il romanzo ha l'indeterminatezza, non si sa quando o dove
si svolga, e come nelle fiabe racconta fatti inverosimili slegati dal
principio causa effetto, e dalla fiaba
mutua la reiterazione delle situazioni che qui compaiono speculari nella
prima e nella seconda parte, fino
all'apoteosi finale, il lieto fine proprio
delle fiabe. Ma un lieto fine in un
altrove misterioso, come se l'autore
avesse dovuto cambiare passo,
cambiare mondo, perch in questo
non dato essere felici.
Manca una morale dichiarata e uno
scopo didattico come nelle fiabe
dell'ottocento, perch la radice del
narrare parte da un proposito diverso, dal profondo di un'anima inquieta, quella dell'autore, che mai ha
fatto mistero della sua difficolt del
vivere, dai tempi di un collegio vessatorio, all'onta del rifiuto, per quindici anni, di pubblicazione dei suoi
primi romanzi, come Clandestinit,
La cipolla, da parte di tutti gli editori,
ai quali dedica in seguito il saggio al
vetriolo Lettera a nessuno.
la storia di un male del vivere
senza speranza, di una rinuncia radicale alla vita nella societ, sentita
come nemica e non degna di attenzione da parte di un uomo, chiss
forse un tempo importante, che per
un giorno ha deciso di cambiare radicalmente stile di vita e diventare
un barbone. D'ora in poi un cartone
reperito alla discarica dei supermercati gli far da letto e solo una logora coperta lo riscalder dalle intem-

perie dell'inverno, noncurante del


sottile strato di neve che lo ricopre
di notte, attorniato da plastiche ripiene di croste di pane e avanzi di
cibo trovato nei rifiuti fuori dai ristoranti. E sentire, senza vedere, i
passanti che ti camminano accanto,
tracciando un ansa per evitare la
tua massa informe maleodorante e
piena di croste, i capelli ispessiti in
una selva informe.
Una rinuncia alla vita che solo in
apparenza simile a quella del
Budda, perch manca del nobile
obiettivo dell'illuminazione, fine a
se stessa, una rinuncia pi assimilabile al nichilismo, una tensione
verso il nulla, all'annullamento della
coscienza di s, perch nulla vale la
pena di essere considerato.
Fino all'avverarsi di un fatto assurdo, che solo nelle fiabe pu accadere, una meravigliosa ragazza incrocia il suo sguardo, lo prende per
mano e lo porta nella sua piccola
casa, piccola come nelle fiabe pi
accreditate, lo spoglia, lo mette nella doccia, si spoglia anch'ella e lo
lava da tutte le sue croste. Non ci
risparmia l'autore la crudezza di osceni particolari corporei, forse un
eco dell'antica ferocia delle fiabe
germaniche, e, udite udite, poi lo
ama.
E lui, il "vecchio pazzo", muto, osserva allibito gli accadimenti, e
quando nel tempo riacquista la favella, e pur vecchio ripercorre il
cammino inverso verso la scoperta
delle mollezze del vivere, come i
bambini delle fiabe, ripiomba nel
suo antico incubo, ributtato sulla
strada dalla volubilit della meravigliosa ragazza. E qui inizia l'attesa,
e una nuova discesa agli inferi. E
tutto intorno i barboni commentano,

vecchio pazzo ti sei illuso e lo prendono in giro, come in un coro greco.


E poi inizia la seconda parte del romanzo la pi perturbante, perch
andiamo con il vecchio pazzo nella
citt dei morti, dove tutto buio anche se si vede meglio che nella citt
dei vivi e dove tutto fermo, i treni
non partono, le case hanno le finestre chiuse ed emanano un rumore
di sottofondo misterioso. Fino a un
nuovo inaspettato incontro del destino, che cambier ancora la sorte
del vecchio, che vecchio forse non
.
Come nello spiazzante romanzo La
Lucina, che inizia "sono venuto qui
per sparire", l'autore ripropone come
protagonista un vecchio, manca solo il bambino, ma lui stesso diventato un bambino nell'annullamento
di s, e solo grazie all'aiuto della
sua salvatrice ,riuscir per un breve
tempo a risalire la china della conoscenza perduta.
Alla fine si scopre che il romanzo,
iniziato come una rinuncia disperata
alla vita, un'invettiva contro l'inaffidabilit delle donne dalle parole
mendaci, ma anche un inno all'amore, faticosamente conquistato, perduto,e forse vissuto solo in un altrove.
Moresco sta per terminare con Gli
increati anche la sua potente trilogia, che comprende gi l'oceanico e
visionario Canti del caos e Gli incendiati, e si rivela come uno dei pi
grandi romanzieri dei nostri tempi,
per potenza di immagini, capacit di
costruire narrazioni ricche di personaggi dissonanti, luminosi o perversi, ove persino Dio ha una sua parte, quando cerca di vendere il mondo a una agenzia di pubblicit.

SIPARIO
questa rubrica a cura di E. Aldrovandi e D.Muscianisi
rubriche@arcipelagomilano.org
In scena
Al Teatro Franco Parenti ultimi
giorni per vedere le due nuove pro-

n. 13 VI - 2 aprile 2014

duzioni di questanno di Filippo Timi,


Skianto, e della direttrice artistica

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Andre Ruth Shammah, Gli innamorati di Goldoni, entrambe in scena
fino al 6 aprile.
Sempre fino al 6 al Piccolo I pilastri
della societ di Ibsen, regia di Ga-

briele Lavia, ex-direttore del Teatro


di Roma.
AllElfo Puccini fino al 13 aprile Goli Otok, con Elio De Capitani e Renato Sarti.

Al Teatro I fino al 7 aprile Stabat


Mater di Antonio Tarantino.
Emanuele Aldrovandi

ARTE
questa rubrica a cura di Virginia Colombo
rubriche@arcipelagomilano.org
Quel provocatore di Manzoni
Ironico, irriverente, scandaloso, incompreso. Piero Manzoni questo
e molto altro. A 50 anni dalla morte
dellartista, scomparso prematuramente allet di 30 anni, Milano propone una grande retrospettiva con
pi di 100 opere per celebrare il genio di questo surrealista mancato,
che ebbe solo sette anni di attivit
artistica. Una parabola fulminante
che, dalla originaria Soncino, lo porta a legarsi a doppio filo alla Milano
di met anni 50, ponendosi a fianco
di artisti quali Lucio Fontana e il
gruppo degli spazialisti.
In mostra si potr ripercorrere il breve cammino di Manzoni, dai lavori
desordio, nella sezione dedicata
alle opere nucleari, fino alle serie
pi note. Immancabili i tre grandi
filoni tematici su cui Manzoni oper
e che sono ormai immediatamente
associati al suo nome: gli Achrome,
le Linee e la famosa Merda dartista.
In particolare degli Achrome la mostra ben nutrita: sono tanti e fatti
di materiali diversi, dai sassi al polistirolo, dalla pelle di coniglio alla
carta, dal peluche ai panini. Sono le
opere forse pi interessanti di Manzoni, in cui, attraverso la neutralit
del colore bianco, sempre prevalente, Manzoni cerca uno spazio totale.
Secondo la definizione stessa data
dallartista, sono "superfici acrome",
senza colore, aperte a infiniti significati possibili. Inizialmente fatti di
gesso, colla e caolino, gli Achrome
non sono manipolati, ma lasciati a-

sciugare naturalmente, affidando la


trasformazione del materiale in opera darte a un processo che avviene
da s. Se per Fontana o Pollock il
gesto dellartista era fondamentale,
costruiva o distruggeva lopera, per
Manzoni quel potere creativo
bloccato, congelato, lasciando questo dono allopera stessa.
Altro filone affrontato quello della
linea: strisce di carta di diverse lunghezze prodotte in maniera meccanica, misurate, inscatolate e pronte
per la vendita, cos come pronte
per il consumo erano le uova sode
che Manzoni cre per un happening
in galleria dal titolo Divorare larte,
del 1960: uova sode, simbolo di rinascita, erano offerte ai visitatori per
essere mangiate. Lo scopo era
quello di rendere lo spettatore opera
darte, renderlo partecipe della performance, dargli un ruolo attivo nella vita artistica. Le uova rimangono
poi protagonista dellopera di Manzoni, quando in quello stesso anno
decise di contrassegnarle con la
sua impronta digitale, creando
unidentit inequivocabile tra lopera
e lartista stesso.
Manzoni non era nuovo a questo
tipo di exploit, tanto che lanno dopo
decise di firmare i corpi di spettatori
e curiosi, con tanto di autentica e
bollini riconoscitivi. Lo spettatore
diventa arte vivente.
In mostra completano la panoramica anche i celebri fiati dartista, i
corpi daria (palloncini gonfiati che

sembrano sculture) e le basi magiche per le cosiddette sculture viventi.


Certo lopera che tutti si aspettano
la serie delle Merde dartista, in cui
Manzoni polemizza contro il nuovo
mercato dellarte, sempre pi attento ai meccanismi economici e sempre meno alloggetto artistico in s.
Ecco perch con unoperazione
quasi duchampiana, Manzoni insegna che, ai giorni nostri, tutto pu
ormai essere considerato arte, a
discapito della qualit e del contenuto . Ecco perch decise di
vendere queste confezioni a peso
doro (700 lire al grammo, indicandolo in trenta grammi doro).
Artista che ammicca mentre bacchetta, con le sue opere ha decontestualizzato e ribaltato il senso
dellopera darte. Lallestimento non
brilla per inventiva, ma almeno ha il
pregio di presentare fotografie
dellartista allopera e citazioni dello
stesso, attraverso le quali si potr
comprendere pi a fondo luniverso
di questa meteora dellarte italiana
che ebbe per un ruolo di rottura
con larte del suo tempo.
Piero Manzoni 1933 1963 Palazzo Reale Fino al 2 giugno 2014 Orari: luned 14.30-19.30 da marted a
domenica 9.30-19.30 gioved e sabato 9.30-22.30 biglietti: Intero
11,00 - Ridotto 9,50

Klimt, Beethoven e la Secessione Viennese


Gustav Klimt il maestro indiscusso
della Secessione viennese, movimento artistico sviluppatosi tra la
fine dell800 ed esauritosi alla fine
degli anni 10 in Austria e che dilag
anche in citt come Monaco e Berlino. uno degli artisti pi amati,
ammirati e idolatrati di sempre, bench il corpus delle sue opere sia relativamente esiguo, 250 lavori circa.
Nulla a confronto della prolificit di
artisti come Picasso, Warhol o Kandinsky, per citare solo alcuni degli

n. 13 VI - 2 aprile 2014

artisti ospitati di recente a Palazzo


Reale.
Ed proprio qui che da mercoled
12 marzo sar possibile scoprire e
ammirare anche i capolavori del
maestro viennese. Klimt. Alle origini di un mito lultima mostra promossa dal Comune di Milano e dal
Sole24 Ore.
bene dire fin da subito che non
una monografica su Klimt, ma piuttosto una panoramica su Klimt, sui
fratelli Georg e Ernst e su alcuni
degli artisti pi significativi della Se-

cessione. Di lavori puramente klimtiani ce ne sono una ventina. Piuttosto quella proposta da Palazzo Reale una mostra, con un allestimento
molto accattivante e suggestivo, con
opere notevoli e lavori che faranno
capire il senso di quella straordinaria rivoluzione artistica che va sotto
il nome di Art Nouveau, Art Dec o,
appunto, Secessione.
Il motivo presto spiegato. I capolavori di Klimt non sono pi assicurabili, spiega il curatore della mostra, Alfred Weidinger, che cura

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lesposizione insieme a unaltra
grande esperta klimtiana, Eva di
Stefano. I premi assicurativi sono
altissimi, le opere troppo significative perch i musei se ne possano
separare con facilit. Retrospettive
importanti a livello numerico sono
ormai rarissime. Per gli amanti dei
numeri basti ricordare che 'Il ritratto
di Adele Bloch Bauer' fu acquistato
nel 2006 da Ronald Lauder per 135
milioni di dollari, diventando uno tra
i quadri pi costosi di sempre.
Nonostante tutto le opere in mostra
sono comunque tante, un centinaio,
divise in sezioni. Si inizia con la sezione sulla famiglia Klimt, significativa perch mostra qualcosa di forse
poco noto, lorigine della vocazione
artistica del maestro. Il padre, orafo,
passa ai tre figli maschi la passione
e la pratica dellarte, che i ragazzi
portano avanti studiando presso la
Kunstgewerbeschule (scuola d'arte
e mestieri), dove si esercitano in
pittura e in svariate tecniche, il tutto
ancora seguendo uno stile storicista
ed eclettico. Particolare attenzione
stata dedicata all'opera giovanile,
alla formazione di Klimt e ai suoi
inizi come decoratore dei monumentali edifici di rappresentanza
lungo il nuovissimo Ring di Vienna.
La sezione successiva dedicata
alla Kunstler-Compagnie, la Compagnia degli Artisti che Klimt cre
con i fratelli Ernst e Georg insieme a
Matsch, e alla quale vennero affida-

te prestigiose commissioni ufficiali e


onorificenze, riprendendo e portando avanti lo stile pomposo del loro
maestro Hans Makart.
Ma il nuovo stava per arrivare. Abbandonato lo stile storicista Gustav
Klimt e compagni, nel 1898, dopo lo
scandalo causato con i dipinti per
luniversit di Vienna (bruciati in un
incendio ma riproposti in mostra
tramite incisioni) inaugurano la prima mostra della Secessione viennese, con la pubblicazione della rivista ufficiale, Ver Sacrum. lanno
in cui larchitetto Otto Wagner crea il
famoso Palazzo della Secessione,
decorato internamente dagli stessi
artisti.
in questo ambito che nascono alcuni dei capolavori esposti, come la
bellissima Giuditta II. Salom, prestito della veneziana Ca' Pesaro,
Adamo ed Eva, Acqua Mossa, Fuochi fatui (una chicca di collezione
privata difficilmente prestata in mostra) e altre opere preziose, ricche
di decorazioni eleganti e sinuose, in
cui il corpo femminile diventa protagonista. La donna prima madre poi
femme fatale, intrigante e sensuale,
portatrice di estasi e di tormento il
soggetto prediletto da Klimt.
Paesaggi (con lincredibile Girasole)
e ritratti sono altre sezioni della mostra, disseminate qua e l dagli
straordinari disegni su carta. Opere
che mostrano tutta labilit del grande maestro che con un solo tratto di

matita riusciva a creare un languido


corpo femminile.
Ma varrebbe il costo del biglietto
anche solo la straordinaria ricostruzione del Fregio di Beethoven, a
met percorso, ispirato dalla nona
sinfonia del musicista e creato per il
Palazzo della Secessione di Vienna.
Copia dell'originale, irremovibile e
danneggiato, realizzata durante il
complesso lavoro di restauro compiuto negli anni 70-80, stato ricostruito cos come Klimt laveva allestito nel 1902, con 7 pannelli di 2
metri di altezza per 24 di lunghezza.
Tributo a un musicista considerato
leggendario dagli artisti viennesi, il
Fregio rappresentata leterna contrapposizione tra il bene e il male, il
viaggio delluomo - cavaliere e
laspirazione al riscatto e alla salvezza possibili solo attraverso larte,
rappresentata dalla donna; unopera
forte di quel messaggio allegorico
sempre presente nelle opere di
Klimt. Maestro indiscusso di eleganza e raffinatezza.
Klimt. Alle origini di un mito Palazzo Reale, fino al 13 luglio Aperture e costi: Luned dalle ore 14:30
alle ore 19:30, da marted a domenica dalle ore 9:30 alle ore 19:30,
gioved e sabato orario prolungato
fino alle ore 22:30 Biglietto intero 11
euro, ridotto 9,50.

105 disegni di grandi artisti per il Museo Diocesano


Una nuova collezione arricchir il
gi nutrito percorso artistico del Museo Diocesano di Milano. Da venerd 24 gennaio sar infatti possibile
ammirare un nuovo lascito, esposto
insieme alla collezioni vescovili e
della diocesi, donato al Museo dal
grande collezionista e uomo daffari
Antonio Sozzani. Centocinque disegni, perlopi inediti, saranno esposti
in maniera permanente dopo un
lungo restauro che ha visto protagonisti non solo queste preziose e
delicate opere, ma anche le loro
cornici originali.
Sozzani, uomo di spicco della finanza milanese e grande collezionista
di arte dellOttocento francese, su
consiglio di Giovanni Testori, amico
e consigliere, inizia a comprare e
collezionare disegni su carta di molti
significativi maestri, italiani e non,
mettendo insieme una ricca collezione di cui Testori stesso assunse
la guida scientifica.
Forse fu su consiglio di un altro amico, quellAlberto Crespi gi donatore dellomonima collezione Crespi
di fondi oro italiani, depositata pres-

n. 13 VI - 2 aprile 2014

so lo stesso Diocesano, che Sozzani decise di donare anche i suoi disegni al Museo. Con delle clausole
ben precise: i disegni dovevano essere esposti tutti e tutti insieme, con
le loro cornici, e mai conservati o
esposti diversamente.
La raccolta Sozzani costituita da
disegni databili dal XV al XX secolo,
eseguiti da artisti principalmente italiani e stranieri, soprattutto francesi,
offrendo una ricca variet di fogli
riconducibili a scuole diverse, per
epoca e geografia. Tra questi, per la
sezione antica, spiccano i nomi di
Matteo Rosselli, Luca Cambiaso,
Bartolomeo Passarotti, Ludovico
Carracci, Guercino, Elisabetta Sirani, Gian Lorenzo Bernini, Carlo
Francesco Nuvolone, Francisco
Goya, e altri ancora.
Cospicuo anche il nucleo di disegni attribuiti a maestri dellOttocento
francese e dellImpressionismo,
come Jacques Louis David, JeanAuguste-Dominique Ingres, Camille
Corot, Eugne Delacroix, Thodore
Gericault, Gustave Courbet, douard Manet, Auguste Rodin, E-

dgar Degas, Pierre-Auguste Renoir,


Camille Pisarro, Paul Gauguin, Vincent van Gogh.
Per il Novecento sono presenti alcuni lavori di autori quali Lucio Fontana, Jaques Lipchitz, Marcello Dudovich, Jean Cocteau, Balthus, Toti
Scialoja, Graham Sutherland.
Lapertura di questa nuova sezione
sar accompagnata da un catalogo
scientifico, a cura di Paolo Biscottini
e Giulio Bora, che propone, oltre ai
saggi introduttivi sulla storia e sullo
studio scientifico della collezione
Sozzani, la pubblicazione integrale
dei disegni, quasi tutti inediti, corredata da una documentazione fotografica e da schede scientifiche.
La collezione Antonio Sozzani Museo Diocesano di Milano (Milano,
c.so Porta Ticinese 95)
Dal 24 gennaio 2014 Orari di apertura: marted - domenica, 10.0018.00 (la biglietteria chiude alle ore
17.30) Ingresso: intero: 8.00, Ridotto: 5.00, marted 4 euro

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Kandinsky e la nascita della pittura astratta


Che cos lastrattismo? Che significato hanno cerchi, linee, macchie di
colori a prima vista casuali ma di
gran impatto visivo? C qualcosa
oltre la superficie del quadro? Per
rispondere a questi leciti interrogativi arriva a Milano una grande retrospettiva dedicata a uno degli artisti
pi significativi del secolo scorso:
Vassily Kandinsky.
Sono oltre 80 le opere in mostra,
tutte provenienti dal Centre Pompidou di Parigi e tutte firmate dal padre dellastrattismo. Una esposizione che offre una panoramica completa dellevoluzione dellartista, partito da una figurazione semplice e
legata alla tradizione, ma che arrivato a concepire alcune delle teorie
artistiche pi interessanti del 900.
Un percorso di ricerca lungo e fatto
di molte sperimentazioni, che caratterizza larte di Kandinsky come
qualcosa di complesso ed estremamente affascinante.
Lapertura di grande impatto, con
la ricostruzione, per la prima volta
portata
fuori
dalla
Francia,
dell"ambiente artistico totale" ricreato nel 1977 dal restauratore Jean
Vidal, ovvero pitture parietali eseguite riportando fedelmente i cinque
guazzi originali con cui Kandinsky
decor il salone ottagonale della
Juryfreie Kunstausstellung di Berlino, esposte tra il 1911 e il 1930.
Il percorso prosegue poi in ordine
cronologico, esaminando le tante
fasi vissute da Kandinsky. Gi dalle
prime opere lartista russo dimostra
una passione per il colore, le atmosfere di gusto impressionista e fau-

ve con unattenzione ai temi leggendari e legati al passato, come ad


esempio i cavalieri, soggetti che si
trova ad affrontare allinizio del 900.
Abbandonata la Russia, Monaco
sembra offrire una vita migliore a
Kandinsky, che frequenta lAccademia di Belle Arti e si lega ad artisti
che sperimentano con lui un tipo di
arte ancora di gusto Art Nouveau:
il momento del gruppo Phalanx.
Dopo viaggi che lo conducono in
giro per il mondo insieme alla nuova
compagna, la pittrice Gabriele Munter, Kandinsky si trasferisce a Murnau, in Baviera, ed l che, passo
dopo passo, nascer lastrattismo.
Gradatamente i disegni si fanno
piatti, il colore prende piede e nel
1910 vedr la luce il primo acquerello astratto, dipinto con i colori primari che hanno, agli occhi dellartista,
una valenza e un significato unico e
fondamentale.
Nel 1912, in compagnia dellamico
Franz Marc, nascer il celebre
Blaue Reiter, quel Cavaliere Azzurro protagonista degli esordi di Kandinsky e che diverr anche un fortunato almanacco artistico. Seguir a
breve Lo spirituale nellarte, trascrizione del pensiero e della dottrina di
Kandinsky sullarte astratta.
Con lo scoppio della guerra Kandinsky costretto a tornare in Russia, momento in cui torner a una
fugace figurazione e in cui conoscer la futura moglie Nina. Nel 1922
accetta il prestigioso invito del Bauhaus di Gropius e si trasferisce a
Dessau come insegnante. Dopo la
chiusura nazista di questa prestigio-

sa scuola, Kandinsky decide di recarsi a Parigi, sua ultima meta e citt allora pervasa dalle grandi novit
del cubismo e del surrealismo, corrente questultima, che influenzer
fortemente gli ultimi lavori dellartista.
Figure biomorfe sembrano galleggiare leggere e impalpabili su cieli
blu, diagonali di colore, griglie e colori pastello. Il cielo e la luce tanto
amata della ville lumiere lasceranno
unultima suggestione nelle grandi
composizioni cos come nei piccoli
dipinti su cartone che Kandinsky
cre durante la Guerra.
In mostra sono presenti alcune delle
opere pi significative dellartista,
quelle che tenne per s costantemente appese in casa o che don
allamata moglie Nina, e che danno
quindi il resoconto esatto di unarte
che si rivelata fondamentale anche per i pittori moderni. Molto dovettero a Kandinsky Pollock e i suoi
irascibili, cos come, larte astratta
e lInformale ebbero un debito enorme nei confronti di questuomo
che ebbe il coraggio di dire che le
forme e i colori sono fondamentali,
spirituali, e che la pittura deve trasmettere lessenza pi profonda di
chi la crea e di chi la guarda.
Kandinsky: la collezione del Centre Pompidou fino al 4 maggio
2014 Orari: luned:14.30 - 19.30 dal
marted alla domenica: 9.30 - 19.30
gioved e sabato: 9.30 - 22.30 Biglietti: intero 11,5, ridotto 9,5

Perch il Museo del Duomo un grande museo


Inaugurato nel 1953 e chiuso per
restauri nel 2005, luned 4 novembre, festa di San Carlo, ha riaperto
le sue porte e le sue collezioni il
Grande Museo del Duomo. Ospitato
negli spazi di Palazzo Reale, proprio sotto il primo porticato, il Museo
del Duomo si presenta con numeri e
cifre di tutto rispetto. Duemila metri
quadri di spazi espostivi, ventisette
sale e tredici aree tematiche per
mostrare al pubblico una storia fatta
darte, di fede e di persone, dal
quattordicesimo secolo a oggi.
Perch riaprire proprio ora? Nel
2015 Milano ospiter lExpo, diventando punto di attrazione mondiale
per il futuro, cos come, in passato,
Milano stata anche legata a doppio filo a quelleditto di Costantino
che questanno celebra il suo
1700esimo anniversario, con cele-

n. 13 VI - 2 aprile 2014

brazioni e convegni. Non a caso la


Veneranda Fabbrica ha scelto di
inserirsi in questa felice congiuntura
temporale, significativa per la citt,
dopo otto anni di restauri e un investimento da 12 milioni di euro.
Il Museo un piccolo gioiello, per la
qualit delle opere esposte cos
come per la scelta espositiva.
Larchitetto Guido Canalico lo ha
concepito come polo aperto verso
quella variet di generi e linguaggi
in cui riassunta la vera anima del
Duomo: oltre duecento sculture, pi
di settecento modelli in gesso, pitture, vetrate, oreficerie, arazzi e modelli architettonici che spaziano dal
XV secolo alla contemporaneit.
E lallestimento colpisce e coinvolge
gi dalle prime sale. Ci si trova circondati, spiati e osservati da statue
di santi e cherubini, da apostoli, da

monumentali gargoyles - doccioni,


tutti appesi a diversi livelli attraverso
un sistema di sostegni metallici e di
attaccaglie a vista, di mensole e
supporti metallici che fanno sentire
losservatore piccolo ma allo stesso
tempo prossimo allopera, permettendo una visione altrimenti impossibile di ci che stato sul tetto del
Duomo per tanti secoli.
Si poi conquistati dalla bellezza di
opere come il Crocifisso di Ariberto
e il calice in avorio di san Carlo; si
possono vedere a pochi centimetri
di distanze le meravigliose guglie in
marmo di Candoglia, e una sala altamente scenografica espone le vetrate del 400 e 500, alcune su disegno dellArcimboldo, sopraffini
esempi di grazia e potenza espressiva su vetro.

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www.arcipelagomilano.org
C anche il Cerano con uno dei
Quadroni dedicati a San Carlo,
compagno di quelli pi famosi esposti in Duomo; c un Tintoretto ritrovato in fortunate circostanze, durante la Seconda Guerra mondiale, nella sagrestia del Duomo. Attraverso
un percorso obbligato fatto di nicchie, aperture improvvise e sculture
che sembrano indicare la via, passando per aperture ad arco su pareti in mattoni a vista, si potr gustare
il Paliotto di San Carlo, pregevole
paramento liturgico del 1610; gli Arazzi Gongaza di manifattura fiam-

minga; la galleria di Camposanto,


con bozzetti e sculture in terracotta;
per arrivare fino alla struttura portante della Madonnina, che pi che
un congegno in ferro del 1700,
sembra unopera darte contemporanea. E al contemporaneo si arriva
davvero in chiusura, con le porte
bronzee di Lucio Fontana e del
Minguzzi, di cui sono esposte fusioni e prove in bronzo di grande impatto emotivo.
Il Duomo da sempre il cuore della
citt. Questo rinnovato, ampliato,
ricchissimo museo non potr che

andare a raccontare ancora meglio


una storia cittadina e di arte che ebbe inizio nel 1386 con la posa della
prima pietra sotto la famiglia Visconti, e che continua ancora oggi in
quel gran cantiere, sempre bisognoso di restauro, che il Duomo
stesso.
Museo del Duomo Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 Biglietti: Intero
6 euro, ridotto 4 euro Orari: MartedDomenica: 10.00 -18.00.

GALLERY

VIDEO
GIULIO IACCHETTI: LINIZIATIVA EXPO DI TUTTI
Http://youtu.be/bpxo1akfjau

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