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numero 15 anno VI 16 aprile 2014


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LA TASCA STRETTA DI UN COMUNE SMEMORATO: IDENTIT MILANO


Luca Beltrami Gadola
Il Salone del mobile finito. Peccato. finito anche il Fuorisalone,
peccato due volte. Milano aveva
cambiato volto, si sentiva un frizzare
di aria e di idee che abbiamo colto
tutti, complice un clima dolce. Tra
tutte le cose forse il meglio stato il
pubblico, giovane, attento e interessato. Gli anni scorsi avevo avuto
limpressione che a far girare la
macchina fossero soprattutto le feste, gli aperitivi, una sorta di festival
allinsegna del qui si beve gratis.
Questanno no: occhi attenti, commenti (che ho indiscretamente orecchiato), interesse. Le vicende di Expo2015 e limminenza dellevento
sono
finiti
sullo
sfondo
e
questossessiva presenza per una
settimana, nel migliore dei casi,
sembrata ridursi a una citazione
dobbligo.
Eppure Expo cera e anche in maniera istituzionale: in giro ma sopratutto alla Triennale loperazione identit Milano. Che cosa sia in realt difficile capire in questo incolto turbinio di parole giustamente
messe in campo e in discussione da
Giancarlo Iliprandi, un ascoltato
designer milanese con alle spalle
pi di sessantanni di carriera: un
logo? Un marchio? Un brand? Stefano Rolando, esperto di comunicazione e coinvolto nelloperazione, su
queste stesse pagine ci parla del
brand di Milano, altro comunque da

quello che ho visto alla Triennale


nella saletta al primo piano proprio
sopra il Book shop. Certo missione
impossibile comprimere un millennio
e mezzo di storia in pochi metri
quadri ma allora perch farlo?
La superficialit e la casualit sono
state inevitabili ma anche le clamorose omissioni e le balzane attribuzioni come la citazione della schiscetta come invenzione milanese e
labilissimo forzato aggancio alimentare allExpo, nutrire il pianeta. Volevamo agganciarci alla tradizione
espositiva milanese? Allora perche
non una sola immagine della Fiera
di Milano? Volevamo parlare della
cultura milanese? Allora perch non
un solo accenno al Piccolo Teatro?
Perch non parlare di Milano come
capitale italiana delleditoria? E della
televisione? La Milano industriosa
fatta solo con un ritrattino di Giovanni Falk e di altri imprenditori pi
noti per i loro marchi che per la loro
immagine? Non una parola dellAlfa
Romeo. E dellarchitettura nulla?
Solo poche immagini di edifici per i
quali si indica il nome del fotografo
e non dellarchitetto che li progett.
Dellindustria chimica nulla? Bastava a raccontare Milano la galleria
dei ritratti, piccoli sketch a tratto tanto monotoni quanto poco somiglianti? Senza nemmeno la profondit
storica delle immagini fotografiche
che dagli abiti ti fanno risalire

allepoca? Milano tutta al presente o


tutta al passato? Limpresa impossibile di chiudere Milano in una scatola dalle didascalie lucide, per leggere le quali ti devi spostare ora da
un lato ora dallaltro, si rivelata per
quello che : un piccolo fallimento.
Non mi sono mai arruolato nellesercito del benaltristi ma questa volta
va detto: ci vuole ben altro per dare
unimmagine sintetica di Milano. Difficile perch sintetica. Forse le guide verdi del Touring Club invogliano
di pi.
Ho sentito dire che non cerano soldi (quanti ne sta buttando Expo?),
che la cosa stata fatta in fretta e
furia per cogliere loccasione del Salone. Quanto a questo adesso basta! Sono 53 anni che tutti gli anni
ce il Salone del mobile e sono sei
anni che sappiamo che ci sar Expo, la fretta non una scusa ma
una colpa e questo vale per tutto e
per tutti, soprattutto per Expo e dintorni. La recente fortuna del Salone
arrivata con il Fuorisalone, forse
una speranza anche per Expo il
Fuoriexpo. Si detto da tutti che
stavamo assistendo alle prove generali, riuscite, del 2015. Al riguardo
dopo i primi entusiasmi qualcuno,
sommessamente, avanza dubbi e
perplessit. Il prossimo Salone
quando sar? Aprile 2015. Dopo
aprile viene maggio, il temuto maggio 2015.

I TEMPI DELLA GIUNTA: ANCORA E SEMPRE SULLA BUROCRAZIA


Elena Grandi
Ancora una volta approfitter di
queste pagine per parlare dei rapporti tra politica e burocrazia e di
come nessun cambiamento sar
mai davvero efficace fino a quando
non avremo posto la macchina amministrativa al servizio della politica.
Sul Corriere della Sera del 26 marzo scorso, Francesco Daveri e
Francesco Giavazzi hanno firmato
un fondo dal titolo La ragnatela dei
mandarini. Larticolo parla dei cambiamenti che Renzi sta cercando di
imprimere alla nostra macchina
amministrativa; paragona al gioco
delle sedie della nostra infanzia la
manovra con cui il Primo Ministro
nei primi trenta giorni di governo ha
scambiato tra loro i ruoli di dieci Capi di Gabinetto su sedici; esprime
prudente
apprezzamento
per
unoperazione che almeno in parte
sar in grado di scalzare antichi legami di potere; auspica la medesin. 15 VI 16 aprile 2014

ma manovra per i capi dei dipartimenti ministeriali; invita il Governo a


essere pi coraggioso e a lavorare
per una sostanziale modifica dei regolamenti che attengono alle nomine dei funzionari dello Stato; fa riferimento a cariche triennali e a contratti e incarichi a tempo determinato; segnala limportanza di meccanismi di valutazione che leghino la
remunerazione dei funzionari al
raggiungimento di obiettivi prefissati.
A queste considerazioni, che condivido appieno, ne aggiungo una personale che fa riferimento al titolo
dellarticolo: forse anche i Mandarini
della Cina Imperiale saranno stati
fautori di dannose ragnatele in cui
avviluppavano, bloccandola, lopera
dei loro imperatori ma, almeno nelle
intenzioni, le norme che regolavano
le nomine erano ferree e consentivano il controllo e la sostituzione dei

mandarini, ne decretavano la provvisoriet degli incarichi, per contenerne i poteri che altrimenti sarebbero stati sconfinati.
Per diventare funzionari imperiali
bisognava partecipare a un rigoroso
concorso pubblico e superare esami
molto difficili . La selezione si basava sulla cultura generale e sulla
conoscenza dei testi del VI - V secolo a.C. del filosofo Confucio, della
letteratura e della storia. La cultura
era considerata, infatti, uno dei requisiti essenziali di un buon funzionario . Ai vincitori era assegnato
il governo di una provincia, dove era
loro proibito avere possedimenti
personali. Non potevano governare
la stessa provincia per pi di tre anni, per evitare che consolidassero
posizioni di dominio e sviluppassero
interessi personali (www.treccani.it).
I nostri mandarini, ahim, godono
invece di unintoccabilit quasi as2

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soluta; e di interessi personali si
visto che almeno alcuni ne hanno
coltivato e ne coltivano parecchi.
Esaurita questa premessa di carattere generale, veniamo ai governi
locali e, nello specifico, a quello della nostra citt.
Se Renzi, che facile immaginare
stia incontrando resistenze di ogni
genere, sta almeno provando a
scalzare il sistema di poteri e di forze che da decenni inficia il lavoro
della buona politica centrale, perch non dovremmo provare a farlo
anche noi a Milano?
Davvero il pensare a una modifica
del regolamento comunale che introduca una sorta di spoil system, o
che perlomeno assicuri la rotazione
(triennale?) dei dirigenti dei vari settori, una proposta fantascientifica?
Io credo sia la strada giusta, quella
da percorrere a tutti i costi.
Non ci pi consentito, infatti, ignorare un problema che di giorno in
giorno si fa pi macroscopico:
lostruzionismo messo in atto
dallapparato burocratico acutamente sentito dai cittadini, e spesso
anche dai loro rappresentanti politici, come il maggiore ostacolo al
raggiungimento di ogni obiettivo. Lo
dico per esperienza diretta.
I Consigli di Zona sono lanello di
congiunzione tra cittadini e Pubblica
Amministrazione, e sono strumenti
efficaci per monitorare il territorio,
per conoscerne le esigenze e le criticit; ai Consigli di Zona che arrivano segnalazioni, richieste, proteste, proposte; dai Consigli di Zona
che spesso partono quei progetti di
collaborazione che possono fare del

concetto di partecipazione una realt non solo declamata: progetti


spesso belli e importanti, che solo
nei casi pi fortunati riescono ad
assurgere a programmi cittadini di
buon governo.
Troppe volte questa potenzialit rimane soffocata dai niet di piccoli o
grandi funzionari, che non sono affatto disposti ad assecondare cambiamenti e innovazione: perch
quegli stessi cambiamenti richiesti
andrebbero a modificare relazioni,
accordi e ritmi di lavoro in uso da
anni. E cos, per una cosa buona
che va in porto, tante altre si arenano tra mille difficolt, per poi sfociare in un nulla di fatto e nel silenzio.
Questo quando va bene: perch a
volte, ed cosa ancora pi grave,
accade che la politica, messa nella
condizione di non potere operare
dal conservatorismo dellapparato
burocratico, si renda conto quando
ormai troppo tardi di avere perso
delle opportunit di cambiamento e
di rinnovamento.
quello che di recente accaduto,
per citare un caso eclatante, con le
vie dacqua: se avessimo avuto il
coraggio e la forza, ma soprattutto
gli strumenti, di andare contro ai
freni dei funzionari e dei tecnici e di
prendere in considerazione le varianti proposte (ad esempio da Italia
Nostra) rispetto a un progetto che
molti di noi riconoscevano come
non buono, avremmo evitato tante
ripercussioni negative, critiche e
malcontenti.
Di questo dannoso immobilismo si
potrebbero fare moltissimi esempi:
una lunga lista di progetti boicottati

da chi detiene ed esercita un potere


che non dovrebbe competergli, ma
che negli anni stato usucapito e
che fa s che tante piccole o grandi
scelte, che spetterebbero alla politica, vengano invece fatte dufficio
dagli uffici. Si pensi al sistema di
attribuzioni di alcuni spazi demaniali, alla difficolt di reperire spazi al
momento sottoutilizzati per nuove
destinazioni duso, alle modifiche
sulla viabilit e su alcuni percorsi
dei mezzi pubblici, al timore di
prendere decisioni che vanno contro
a potenti lobby, alle richieste di accesso a programmi informatici che
renderebbero pubblico e trasparente loperato dellAmministrazione.
Una nota a margine, ma necessaria,
riguarda la severa crisi in cui versa
la Polizia Municipale, ormai percepita dai cittadini come assente, accidiosa, poco efficiente, quindi non
pi in grado di svolgere la sua funzione di tutela e di controllo delle
regole. Qualche domanda sulla dirigenza di un corpo che versa in tale
stato di crisi ce la dovremmo tutti
fare. I Milanesi attendono risposte.
Certo, per fortuna non sempre tutto
funziona con difficolt e vi sono tanti
casi in cui politica e burocrazia lavorano insieme e proficuamente per il
buon governo della citt, ma dovremo fare in modo che questi esempi virtuosi diventino la regola.
Solo in questo modo il cambiamento
auspicato e richiesto a gran voce da
chi ci ha dato mandato di governo si
trasformer da auspicio in realt.

PARTECIPAZIONE. USCIRE DALLEQUIVOCO PRESSAPOCHISMO DI COMODO


Fabio Pizzul
La possibilit di partecipare al dibattito politico e alla determinazione
delle scelte della pubblica amministrazione destinata a diventare
sempre pi la discriminante tra un
sistema istituzionale capace di comunicare con i cittadini e la definitiva frattura tra questi ultimi e la politica. Per questo anche in Lombardia
si sta discutendo, con molte timidezze, di una possibile regolamentazione dei processi partecipativi.
Se n parlato anche in un convegno, promosso dal gruppo consiliare
regionale del PD, che ha visto il
contributo, tra gli altri, di Fiorella De
Cindio dellUniversit degli Studi di
Milano e di Fiorello Cortiana di Green Italia, oltre che la presentazione
di alcune buone pratiche gi attuate
sul territorio.

n. 15 VI - 16 aprile 2014

Pare fondamentale, come ha sottolineato con chiarezza la De Cindio,


avere al pi presto una legge che
regoli, sostenga e finanzi i processi
partecipatici, ponendosi come obiettivo la possibilit di coinvolgere pi
cittadini possibile in questi processi.
La pubblica amministrazione dovrebbe esplicitare il vincolo, ovvero
il patto che disponibile a siglare
con i cittadini, sugli esiti delle consultazioni: capire fin da subito che
fine faranno le idee elaborate non
un elemento secondario per promuovere una effettiva partecipazione che trover negli strumenti informatici un complemento ormai inevitabile.
La partecipazione non pu essere
costruita attraverso eventi isolati,
deve poter continuare e diventare

strutturale, fino a diventare un processo naturale per qualsiasi iter decisionale dellente pubblico. Questo
ultimo deve essere disponibile a cedere una quota, seppur piccola, della propria sovranit per garantire un
peso politico a quanto il processo
partecipativo elabora e per far s
che la partecipazione non sia solo
una buona intenzione, ma giunga a
concreti risultati. Dal punto di vista
pratico, necessario costruire spazi
che abilitino alla partecipazione, per
i quali Internet uno strumento di
estensione e non di sostituzione: in
un tempo in cui il rinchiudersi nel
privato pare diventata una regola
generale, individuare modalit accessibili di partecipazione non affatto scontato.

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La logica vincente, in questo senso,
ha ricordato Fiorello Cortiana, non
pu che essere quella della rete in
cui tutti hanno diritto di parola e di
protagonismo, indipendentemente
dal ruolo ricoperto. Una logica che
dovrebbe essere elemento caratterizzante anche un cammino complesso come quello della costruzione della Citt Metropolitana a Milano. Solo un ente locale capace di
comunicare con chiarezza le proprie
intenzioni e di raccontare con trasparenza i passi fatti pu suscitare
partecipazione e recuperare un rapporto con i cittadini del proprio territorio. bene diffidare da una pratica
della partecipazione che emerga
solo occasionalmente e non sia in
grado di costruire percorsi e processi chiaramente identificabili.
La mancanza di partecipazione e di
trasparenza crea inevitabilmente
conflittualit e tensione sociale. Vicende come quella delle vie dacqua
per lExpo o dei 54 impianti (tra siti
di smaltimento rifiuti, cave o simili)
attualmente contestati in Lombardia

parlano chiaramente di procedimenti che non hanno tenuto conto, se


non in minima parte, delle opinioni
di coloro che abitano i territori interessati.
Dal convegno emersa anche la
necessit che le pubbliche amministrazioni si dotino di progetti consolidati di partecipazione e di budget a
essi dedicati: investire in partecipazione significa poter risparmiare
tempo e risorse per il perseguimento dei propri obiettivi di governo. La
partecipazione presuppone fiducia,
ma soprattutto genera fiducia e
consente alla pubblica amministrazione di costruire un rapporto stabile
con i propri cittadini e di recuperare
almeno una parte di una credibilit
che stata ormai ampiamente erosa. A parole tutti sono disposti a investire in comunicazione e partecipazione, ma unanalisi dei siti
Internet istituzionali delle amministrazioni locali lombarde, curata
dallassociazione
Partecipazione
Democratica, rivela come spesso ci
si fermi a una comunicazione unidi-

rezionale e come leffettiva possibilit di interloquire con listituzione locale rimanga spesso una buona intenzione.
Non mancano, per, eccezioni degne di nota, a partire da due esperienze raccontate nellincontro di
mercoled scorso, quelle dei comuni
di Rho e Canegrate, in provincia di
Milano. Con modalit e strumenti
diversi, le due amministrazioni hanno coinvolto i cittadini nella definizione di politiche concrete dintervento sulla propria realt locale, impegnandosi a utilizzare in tal senso
una quota del proprio bilancio annuale. Uno sforzo, a quanto stato
raccontato, che ha dato buoni frutti
in termini di coinvolgimento dei cittadini e di buona immagine dellamministrazione. Il cammino della possibile legge regionale sulla partecipazione ancora agli inizi, da parte
della maggioranza che sostiene Maroni non c grande entusiasmo, ma
il cammino pare inevitabile.

BRAND MILANO, OLTRE IL SIMBOLO: PROGETTO PER LA POLIS


Stefano Rolando
Vi sono alcuni nodi da sciogliere nel
rapporto tra il presente e il futuro
politico di Milano. Essi investono
non solo e non tanto il nome del
Sindaco, come nei casi dell'uomo
solo al comando. Ma piuttosto una
intera classe dirigente (politica, sociale, imprenditoriale e culturale).
Come lo stato nel bene e nel
male in tutti i momenti di grande
cambiamento della citt.
Il consolidamento post-unitario, per
esempio, pass a Milano per un
crescita impetuosa delle dinamiche
industriali e quindi per conflitti sociali di prima grandezza (le cannonate del Bava Beccaris sui dimostranti sono solo un esempio). Eppure tra quelle cannonate e la prima guerra mondiale la citt fece
sistema, l'amministrazione venne
retta con forte visione dei rapporti
tra i nuovi protagonisti del mondo
del lavoro (imprenditori e operai), le
scelte tecnologiche furono tese
all'innovazione e Milano and all'Expo del 1906 come portale d'avanguardia dell'intero Paese.
Le macerie della seconda guerra
mondiale - altro esempio - furono
morali e materiali. La ricostruzione
un capolavoro di visione e di adattamenti (il risultato urbanistico di
Milano non punter sulla bellezza
ma sull'efficienza). E tuttavia quelle
amministrazioni (sindaci Greppi e
Ferrari) avranno a cuore la messa

n. 15 VI - 16 aprile 2014

in sicurezza dei maggiori patrimoni


culturali e riapriranno il dialogo sociale con una idea dello sviluppo
che porter a Milano lavoratori da
tutta Italia per rendere il benessere
a vista un premio nazionale.
L'arrivo di Expo 2015 oggi di nuovo un cantiere morale e materiale. Il
diaframma del giudizio del mondo
pone l'obbligo di alcune ricapitolazioni e pone il tema della rappresentazione (molto di pi che comunicazione) come necessit.
Probabilmente in questa partita destra e sinistra dovrebbero avere davanti le stesse poste: riattivare gli
investimenti e l'attrattivit, disegnare seriamente la citt metropolitana,
assicurare a tutti unalta qualit dei
servizi. Ma i tre nodi principali - eccoli l - debbono essere sciolti passando per il guado della crisi della
finanza pubblica, dovendo i capitali
misurarsi ancora con un sistema
fiscale punitivo e avendo un ceto
medio ormai esangue (con conseguente compressione dei consumi).
E, ben inteso, senza avere ancora
riscosso la cambiale del successo
di Expo.
Non detto che le classi dirigenti a
destra e sinistra abbiano gli stessi
pensieri e la stessa solidit di disegno di fronte a questi tre nodi. In pi
la crisi della politica e dei partiti evidente in Europa e in Italia - non
si capisce perch dovrebbe rispar-

miare Milano. Milano in verit ha


chiuso un ciclo storico ventennale
di governo della destra e ha imboccato una stagione di governo della
sinistra che si adatta a questa crisi
dei partiti e dunque senza disporre
ancora di forze pienamente rigenerate, legate a fondo alla fiducia dei
cittadini, strumentate per l'alpinismo
politico delle partite in gioco. A la
guerre comme la guerre. Servono
anche un po' di stampelle (per esempio il civismo, l'associazionismo, le reti professionali). Ma serve
anche una certa reattivit generazionale (non puramente anagrafica)
che pare accendersi, pi nel PD
che nel groviglio della destra.
La citt poi un teatro economico e
culturale. Ma anche un teatro politico e della rappresentazione. Da
questo punto di vista il copione
dell'ultimo chilometro prima di Expo
(400 giorni) importantissimo. E in
questa cornice si colloca il progetto
che - dopo circa due anni di cantiere - il Comune di Milano, in convenzione con la Triennale, ha fatto emergere e orientato al dibattito
pubblico. Un progetto sul brand di
Milano, non inteso come segno grafico ma come patrimonio simbolico
in evoluzione. Questo progetto - in
occasione della apertura della Mostra in Triennale su Identit Milano
(progettata e allestita da Michele
De Lucchi) - stato illustrato in un

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evento presieduto dal Sindaco della
citt, Giuliano Pisapia, in cui sono
emersi alcuni segnali interessanti.
1. Di quel patrimonio azionista la
comunit ed essa deve essere resa
partecipe (tante sono le forme moderne dell'ascolto) di una vera interazione
sull'interpretazione
del
cambiamento (qualcuno dir che
questo pi facile a sinistra che a
destra, ma in realt ci dipende da
forze e persone in campo non da
schematismi).
2. L'obiettivo della interpretazione
un nuovo racconto, che ha l'opportunit di Expo per avviarsi ma riguarda i tempi medio - lunghi (essendo, come si sa il medio - lungo
l'unico scenario possibile del riformismo, perch ogni conservazione
- di destra come di sinistra - agisce
invece nell'hic et nunc).
3. Il diritto di proposta (Brand Milano mette sul tavolo ricerche, mostre, eventi e un forum per discutere) chiede alla fine l'intervento di
mediatori dediti all'interesse pubbli-

co (fondamentale la classica analisi


di Carlo M. Cipolla che - anzich
baloccarsi con destra e sinistra distingueva gli intelligenti capaci di
produrre benefici per gli altri da sistemi misti di stupidi e intelligenti
capaci solo di produrre o vantaggi
per s o danni per gli altri, essendoci poi anche gli stupidi puri che
producono anche danni per s).
Quindi il programma messo in atto
ha una prima conclusione nel dispiegare le proposte. Ma deve avere poi una seconda conclusione nel
fare emergere alleanze tra i decisori
(politica -impresa - societ - cultura)
per convalidare il cambiamento del
racconto di s. Si tranquillizzi il
mondo dei designer: non c'e' il problema di cambiare logo o stemma.
Il "racconto" un copione pi ampio
(che magari contiene anche fattori
visuali) che fa prendere il tragitto in
prospettiva dei nodi prima accennati e ne fa consapevolezza collettiva.
E soprattutto comunicabile all'esterno (Italia, Europa, mondo). In

questo tratto il dialogo nella citt


come sistema diventa cruciale. Se
c evoluzione condivisa di racconto
sulla citt perch viene anche
condivisa unidea della polis.
In breve questo il progetto politico
- nel senso di un progetto connaturato all'evoluzione della citt e delle
sue relazioni - che Brand Milano
sente di indossare e, per la propria
piccola parte (perch una parte
metodologica e non assertiva, di
sperimentazione e quindi non normativa), di segnalare a tutti coloro
che in quelle componenti sociali
ancora scelgono l'aventinismo (una
parte non banale di sistema universitario e di sistema di impresa, come si visto anche nel corso delle
recenti elezioni regionali in Lombardia, tende a stare alla finestra)
che si pu lavorare sui territori moderni di una governance politica
anche extra-istituzionale. Civica per
definizione, come per altro costume e ricorrenza nella storia di
Milano.

MONDO MEDIA: RADIO WEB OVUNQUE, PER TUTTI E PER IL TERRITORIO


Andrea Rivetta
La radio nata a Milano. Non la radio di Marconi, non la radio in senso
storico: ma la radio che la gente ascolta, la radio che lascia un segno,
che crea, che innova, che fa tendenza, che incide sul territorio sulle
abitudini, la radio che prima non c'era. Questa radio non poteva nascere che a Milano. La BBC ha costruito la sua Broadcasting House nel
1932; seguendo quellesempio dalla
mano geniale di Gi Ponti ha preso
forma pochi anni dopo uno splendido esempio di architettura funzionale: ledificio RAI di Corso Sempione
a Milano, dove larchitettura si coniugava con le esigenze dellacustica radiofonica, completamente
diverse da quelle sino allora comunemente affrontate.
Passano un po di anni, la radio in
Italia (per legge) solo Rai, ma
quando sulletere si affacciano i
primi fermenti dellirripetibile fenomeno delle radio libere, Milano
in pole position. Nel marzo 1975
manca ancora un anno alla storica
sentenza della Corte Costituzionale
che spalancher le porte delletere
ai privati: ma Radio Milano International gi in onda. Nel luglio 1976
la sentenza 202/1976 cambia tutto:
legittime le radio libere, purch a
diffusione locale. Milano ribolle. Idee
e iniziative diverse e variopinte. C
anche un giovanotto, si chiama Alfredo Cotroneo: pensa ai manager
stranieri che dirigono filiali di multi-

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nazionali a Milano. Si costruisce un


trasmettitore in casa, scrive alle stazioni radio inglesi e americane e si
fa mandare (per posta!) le cassette
con le registrazioni dei programmi.
In inglese, of course, e le manda in
onda. IRRS-Globe Milan Radio finisce nelle camere dei pi importanti
alberghi business di Milano, attraverso la filodiffusione interna.
Radio Studio 105 nasce nel febbraio
1976, e diventa subito il faro di tante
radio che volevano diventare grandi. 105 fa tendenza, ricordo il dj di
una radio di provincia che annunciava il prossimo brano, faceva
partire il disco e subito dopo metteva le sue cuffie su 105, come per
trarne ispirazione. Alcune volte il
disco finiva e in onda ci andava il
cric croc della fine solco (i piatti non
avevano larresto automatico), e
dallaltra parte picchiavano i pugni
sul vetro per richiamare allordine
lestasiato e distratto conduttore!
Praticamente tutta la radio che ha
detto qualcosa passata da Milano:
Milano stata la culla del pensiero
radiofonico italiano, stata una fucina didee e dinvenzioni, e ha saputo guidare da autentica leader la
trasformazione delle radio libere,
da stazioni di quartiere a radio innovative. E, poi, a radio nazionali. Deejay forse il primo esempio delle
radio della seconda generazione,
con un formato nuovo e una velocit
completamente diversa. RTL 102.5

ha sperimentato un ritmo con un


clock molto rigido, molto americano,
ma con la capacit di parlare e piacere alle persone normali. Oggi di
gran lunga la radio pi ascoltata
dItalia, e supera di molte lunghezze
anche Radio Rai. Lultimo fenomeno
radiofonico di scala nazionale nato
a Milano Radio24: come una
scommessa vuole rilanciare in Italia
la talk radio, ed un successo.
Le tantissime emittenti locali di Milano durano sino alla fine degli anni
1990. Nel nuovo secolo subentrano
complicazioni burocratiche sempre
pi stingenti, i costi della bolletta
elettrica per i trasmettitori iniziano
essere pesanti, e la crisi determina
un crollo dei ricavi da pubblicit. Si
salvano in poche, e a parte alcune
emittenti significative (Popolare,
Radio Marconi, ...) oggi assistiamo
al consolidamento dei network: in
pratica tutti i network radiofonici attuali sono nati a Milano.
I costi per laccesso allFM sono ormai impegnativi: il web rappresenta
da molti anni unalternativa tecnicamente valida a una frazione dei
costi necessari per la radiofonia tradizionale. Nei primi anni del secolo
la qualit delle connessioni disponibili a casa degli utenti, e la sostanziale impossibilit di connettersi in
mobilit, ha costretto le web radio
a un ruolo di prodotto per specialisti
o per entusiasti. In poco tempo, per, le cose sono completamente

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cambiate: lascolto domestico universalmente possibile, e non raro
vedere per strada o sul treno persone che ascoltano una web radio attraverso il proprio smartphone. Il
web ha accolto alcune realt storiche che avevano difficolt a proseguire secondo il formato classico in
FM (citiamo ad esempio lindimenticabile Radio dei Navigli, che
trasmette ora solo in streaming), ma
il web ha anche saputo affrancarsi
dallo scomodo ruolo di scelta di ripiego per emittenti a corto di risorse. Il web ha paradossalmente raccolto l'eredit delle radio libere degli
albori: lespressione del territorio,

del particolare, delliperlocale. Sono


nate le street radio, le radio itineranti, le event radio, le radio universitarie e le radio per la valorizzazione
del territorio (Share Radio di Baggio
ne un bellesempio). Anche
lultimo vero ostacolo alla diffusione
dellascolto in streaming ormai ad
un passo dallessere superato.
Lascolto in auto di gran lunga la
forma di ascolto preferito in Italia,
ma fino a poco tempo fa collegarsi a
internet da unauto in viaggio era un
esercizio per pochi specialisti.
Adesso stanno arrivando le prime
auto connesse, dove lelettronica
pensa a tutto: anche a farci ascolta-

re sullimpianto audio di bordo anche le web radio. Lo spazio internet


globale per definizione, e in pi
anche libero e low cost: proprio
comera la FM degli anni 70. I ricevitori di domani non chiederanno
allascoltatore di selezionare la banda o la frequenza di trasmissione:
baster comunicare il nome dellemittente, e il ricevitore si occuper
di individuare la piattaforma di emissione corretta (radio tradizionale,
radio digitale terrestre o web), senza che lascoltatore debba fare nulla. Le web radio stanno finalmente
per diventare a tutti gli effetti semplicemente quello che sono: radio.

COMMERCIANTI, RESIDENTI, CITTADINI: "LA PIAZZA MIA!"


Giulia Mattace Raso
Forse siamo nel set di Nuovo Cinema Paradiso e non ce ne siamo accorti: la piazza mia! andava gridando il matto del paese scacciando i passanti e i giochi dei bambini.
La pedonalizzazione di piazza Castello impone la domanda: di chi
la piazza? e insieme svela la risposta: la piazza mia dicono in coro,
pi o meno armonico, i residenti, i
commercianti, la Sovrintendenza, i
cittadini tutti con la voce del Comune. E ognuno ha la sua parte di verit.
Nel gennaio 1996 il sindaco
Formentini chiuse al traffico via
Dante, Muore il centro di Milano
titolavano i giornali riportando la
posizione dei commercianti. La lieta
novella che quasi ventanni dopo a
detta loro sono maturati, cos
Giuseppe Gissi dellassociazione di
via che nel 1996 organizz la
protesta e sostengono che i
precedenti di via Dante e corso
Vittorio Emanuele dimostrano che il
rilancio economico del centro
passaa dalla chiusura al traffico
come afferma Roberto Libretti,
portavoce di via Orefici. I turisti
amano le zone pedonali, piazza Pio
XI che accoglie la Pinacoteca
ambrosiana rimessa a nuovo,
diventa
un
nuovo
epicentro
leonardesco di cui la via Orefici
la naturale porta di ingresso. Per
questo i commercianti hanno
proposto una prova di chiusura
semipedonale, il test a settembre in
quattro domeniche intitolate a
Leonardo da Vinci.

Per il Comune loperazione di


piazza Castello un tassello, forse
il pi emblematico per quanto
reversibile e low cost, di una
visione ideologica della citt, come
gli rimprovera lopposizione. Anzi
della visione ideologica quella che
soffiava nel vento del maggio 2011,
di chi voleva una citt diversa che
avesse al centro le persone e non le
auto, e che ha spinto Giuliano
Pisapia a Palazzo Marino. Quella
visione che ha come faro la cultura
della mobilit dolce, (piste ciclabili,
zone 30, pedibus, chiusure al
traffico, pedonalizzazioni, meno
auto pi mezzi pubblici, Area C ...)
da cui scaturiscono le domeniche a
spasso, bersaglio dellopposizione
perch hanno un costo troppo alto
per educare.
I residenti protestano: fautori del
nimby (not in my backyard),
resistenti al cambiamento, sosteniori dello status quo o portatori sani
di
correttivi
ragionevoli?
Le
contestazioni riguardano anche il
nuovo allestimento della piazza: i
chioschi, i megaschermi, le sedie a
sdraio come attrattori di movida, la
richiesta impellente che sia
garantita la posa di bagni pubblici
decorosi. Si teme lorda selvaggia,
senza controllo, che scambia il
parterre della piazza per orinatoio.
Sul decoro della piazza trovano un
alleato nel Soprintendente che dice
no alla ipotesi balneare e contesta
la dadolata di chioschi, in tutto nove
tra alimentari, souvenir, libri e fiori.
Lassessore Maran ne fa un punto
donore: la piazza dovr essere

viva e centro di socialit per turisti e


milanesi oltre che anello di
congiunzione
tra
Duomo
e
Castello.
La querelle sulle attivit aggregative
ha del surreale, non considera
minimamente il convitato di pietra:
lExpo Gate. Una presenza quasi
ingombrante per via Beltrami, che
congiunge piazza Cairoli a piazza
Castello. Abbiamo investito milioni
di euro per costruire un grande
chiosco (permettetemi limpertinenza, ma di architettura temporanea si
tratta, sic dixit), bandito un concorso
di progettazione per selezionare il
progetto della soglia tra Milano e
lEsposizione universale e pensiamo che non sia sufficiente come
attrattore?
Expo Gate ospiter un palinsesto di
eventi multimediale e interdisciplinare, a cura di Caroline Corbetta,
focalizzato sulla valorizza-zione e
sulla messa a sistema delle energie
culturali e produttive sia milanesi
che italiane dalla vocazione internazionale. Sar il primo luogo di
aggregazione di Expo Milano 2015,
in cui saranno organizzati appuntamenti, eventi, incontri. Qui si potr
assaporare il clima e latmosfera
che si respirer camminando lungo
il Decumano e il Cardo, tra i
padiglioni dei Paesi durante i sei
mesi. Il tutto, gi ora e per tutto
lanno, nel cuore della citt.
Forse lunico che avrebbe diritto di
dire la piazza mia! Giuseppe
Sala e avrebbe ragione lui, ma gli
altri lo sanno?

EXPO. LAUTOCELEBRAZIONE AL DI L DEL PONTE


Andrea Bonessa e Fabrizio Guccione

n. 15 VI - 16 aprile 2014

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Affrontare il giorno nuovo, con l'obiettivo di scoprire la citt; non la
ricerca di una brandello della citt
storica celato alla vista, ma di una
parte in divenire che dovrebbe rappresentare il prossimo cuore pulsante di quella che si preannuncia
come la Milano del futuro, ormai
prossimo. C' l'Expo a Milano - o
meglio ci sar - e la curiosit spinge
sul campo a vedere cosa succede
realmente. Non solo manifesti,
brand, primi punti di contatto, ora
desideriamo vedere il luogo fisico
reale che rappresenter la nostra
citt, il nostro paese tra 15 mesi.
Il viaggio non pianificato, si parte
solo annusando la strada, seguendo una direzione indicata.
Mentre percorriamo le strade di Milano vediamo i segni del cambiamento in atto: Citylife, il Portello,
tanti interventi diffusi in molte zone
diverse che stanno mutando pelle
della citt. come se il tessuto si
stesse trasformando. La domanda
che ci accompagna : ma quale sar la natura di questa citt? Expo
rappresenter l'occasione per dare
una chiave di lettura sul suo volgersi
verso il futuro?
Le strade si srotolano davanti a noi
portandoci ai margini di Milano. Da
semplici turisti per caso ci domandiamo: Dov' questo Expo? Ci aggiriamo cos per la periferia cittadina
tra cantieri e strade sterrate, chiedendoci se finalmente, in questa
occasione speciale, larchitettura
moderna sar capace di riappacificarsi con i cittadini che a volte la
vivono come una violenza, una imposizione, una rottura di un equilibrio raggiunto.
Perch durante il viaggio il dubbio
che sorge spontaneo loperazione
Expo avr la capacit di raccogliere stimoli, fascinazione per trasformarli in esperienza reale? Le esposizioni internazionali hanno sempre
ricercato di esprimere la capacit
delle nostre societ di realizzare
una trasformazione molto estesa
nello spazio, in un tempo breve, efficacemente (1), ma Milano riuscir
a trasformarsi?
Lincontro fisico che abbiamo avuto
con Expo inevitabilmente con la
sua Porta ideale, la prima strutturaarchitettura, che ne sta caratterizzando lapparire e che congiunge la
citt e lesposizione: il nuovo ponte
di collegamento con Milano, il cui
compito ricucire la cesura provocata dal nodo autostradale dellA4 e
A8. Per la suo sedime, tra il sito di
Expo e la citt di Milano questopera
infrastrutturale si pone metaforicamente come il ponte tra lesistente e
il futuro, dovrebbe essere suo com-

n. 15 VI - 16 aprile 2014

pito formale il superamento di un


confine.
Infatti lesistente un confine per il
suo essere evidente, radicato e sintomatico, per il suo essere periferia,
territorio sgranato, in cui la forma e
la funzione non esprimono pi a una
sintesi spaziale riconoscibile; a un
primo approccio fisico, lesposizione
non parrebbe rispondere adeguatamente alla speranza di poter incidere sui processi di trasformazione
della citt. Localizzare lesposizione
nelle frange estreme dovrebbe corrispondere allobiettivo di attuare un
ridisegno armonico dello sviluppo
urbano, di dare forma alla cultura e
alla passione civile del progetto in
grado di ricucire le trasformazioni,
che hanno investito queste aree periferiche, cancellandone lidentit n citt n campagna.
Ma non volendo fermarci a questo
primo livello di valutazione procediamo nellosservazione. Il nuovo
viadotto caratterizzato da piacevoli formalismi, da degli archi ribassati
che riportano alla memoria altri archi monumentali, uno su tutti larco
simbolo progettato dal Gruppo di
Adalberto Libera per LEsposizione
Universale programmata nel 1942 a
Roma, ma dal disegno pi politicaly
correct.
Lopera in costruzione. Alcuni operai sono al lavoro per serrarne i
fissaggi, altri a dipingerne le superfici. Al di l del viadotto si intravedono le opere di Expo. Risulta difficile
dare un giudizio pi approfondito.
Dovremo aspettare che vengano
dipinti gli archi (alternati di bianco e
di nero)? Dovremo aspettare di essere visitatori che si avvicinano alle
recinzioni di un Expo completata?
Certo che i presupposti elaborati
avvicinandosi sono gi sfumati. Non
abbiamo trovato un nuovo modo di
saldare, di relazionare le parti. Attraversata la periferia tradizionale
ci troviamo di fronte solo a un opera
infrastrutturale. Dobbiamo attendere
ricordando che in questo campo gli
errori e le distorsioni non sono pochi; e ogni giorno assistiamo a iniziative e opere, sia da parte delle
pubbliche amministrazioni che degli
architetti, in s positive ma prive di
quella validit che solo una prospettiva unitaria di sviluppo pu sicuramente offrire. (2)
E poi laltra domanda che ci poniamo se luso dellarco, non isolato,
ma a chiusura del viadotto a volerne
rappresentare quasi un elemento
strutturale, non ne snaturi il simbolismo. Sembra portante, ma non lo .
Sembra strutturale, ma non lo . Pare che manchi il coraggio di lasciarlo
isolato, quasi ci sia una timidezza di
fondo a dichiararne la sua inutilit

funzionale, nel timore che la cittadinanza non capirebbe, assolvendolo,


un gesto esclusivamente estetica.
C un viadotto, non un ponte, perch tale con i suo pilastri ben
piantati nel terreno, a cui si aggiunge un arco monumentale, cos come, nel nostro percorso di avvicinamento, abbiamo incontrato i padiglioni delle Fiera di Milano a cui
stata aggiunta una inutile e invasiva
copertura senza nessuna funzione
se non quella di attrarre il viaggiator
cortese, con domande sulla sua estraneit, o anche i due portali Expo
di Largo Cairoli che sembrano sovradimensionati rispetto agli spazi
contenuti. Tre esempi della tendenza a enfatizzare gli interventi architettonici su cui non assolutamente
nostra intenzione sviluppare una
critica architettonica o aprire un dibattito culturale tutto interno alla categoria dei progettisti .
Desideriamo invece cercare di vestire i panni del cittadino, del cliente
delle nostre opere, di colui che
larchitettura in un certo senso la
subisce o sente di subirla perch la
trova ridondante, inutile, rivolta
alleccessivo dispendio in una corsa
autocelebrativa del suo autore sulle
spalle del suo committente. E ci
chiediamo se questa prassi non allarghi e approfondisca sempre di pi
il solco tra chi progetta e chi dovrebbe aver bisogno di progettazione. Se non si dia sempre pi voce a
chi pensa che gli architetti siano un
bene di lusso, spesso inutile per rispondere a esigenze funzionali e di
organizzazione e ottimizzazione di
spazi e costi, cos rivolti alla ricerca
del fenomeno a effetto.
Si tratta di capire se chiedere un
maggior coinvolgimento dei progettisti per migliorare la qualit
dellabitato, delledificato, del costruito non sia in contrasto con una
prassi che sembra invece cercare
sempre una clientela autocelebrativa, disposta ma soprattutto con
grandi disponibilit. La qualit architettonica di una citt la sommatoria della miriade di piccoli, singoli e
unici interventi che la compongono.
Ma perch questa si sviluppi vi la
necessita di una progettazione diffusa e capillare.
E a questa necessit si pu rispondere esclusivamente offrendo un
processo accessibile a tutti, disponibile, amichevole e coinvolgente.
Un processo che non solo adotti un
linguaggio comprensibile ma che
renda faccia dellarchitettura lo
strumento per ottimizzare e non
sprecare le risorse. Forse inutili archi, coperture riportate e volumetrie
sovradimensionate non sono la
strada giusta. O no?

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(1) Roberto Collov, Lisbona 1998
Expo, Testo & Immagine, 1998

(2) Aldo Rossi, La citt e la periferia,


Casabella e continuit, n. 253, 1961

PIAZZA CASTELLO PEDONALE. SCEGLIERE CHI SCONTENTARE: LA POLITICA, BELLEZZA

Giorgio Goggi
Sono sempre stato favorevole a
nuove aree pedonali in Milano, ma il
progetto di pedonalizzazione di
Piazza Castello mi suscita pi duna
perplessit. Le pedonalizzazioni si
fanno dove sono presenti molte attivit, pubblici esercizi, funzioni attrattive la cui efficacia pu essere amplificata ed estesa a un maggior
numero di persone proprio dalla
fruizione pedonale. Queste, per esempio erano le caratteristiche di
Corso Como e Corso Garibaldi.
In Piazza Castello non c' nulla di
tutto questo, tranne un paio di bar
allangolo di via Beltrami. Mancando
i presupposti, le funzioni dovranno
essere create artificialmente. Si potranno montare dei gazebo o altri
padiglioni, per i giorni di festa, ma in
quelli feriali sar difficile sfuggire
allaspetto di una fiera abbandonata.
Poi c il traffico. Per le caratteristiche morfologiche di Milano, sono
pochissimi gli itinerari che collegano
lEst e lOvest della citt e quindi i
flussi si concentrano in alcune
strozzature, come questa (soprattutto dopo la - giusta - chiusura al traffico di viale Gadio; non a caso in
passato qualcuno aveva pensato di
sottopassare il parco). Questo itinerario conta su una divisione dei flus-

si: quelli veloci e di distanza pi lunga in Piazza Castello, quelli pi lenti


e con relazioni locali in Foro Bonaparte.
Non vi modo, per Foro Bonaparte,
di reggere tutta la domanda (tra
3.000 e 4.000 veicoli/ora nella punta
secondo i dati AMAT del 2005) che
ora dovrebbe essersi un poco ridotta ma non credo in quantit sufficiente alla bisogna. Anche togliendo
la sosta per creare nuove corsie, i
fattori di riduzione della capacit
sono tali e tanti che limpresa mi
sembra impossibile. Perch possa
riuscire occorrerebbe avere, in tutto
il centro, un diverso sistema di riduzione del traffico, ben pi severo
dellArea C.
Qualcuno dir: usino i mezzi pubblici o la bicicletta! Ma non si deve
dimenticare che non tutti i 7 milioni
di abitanti dellarea urbana milanese
sono serviti da un trasporto pubblico
efficiente (basti pensare che, con
pi di 500.000 auto giornalmente in
ingresso a Milano, i posti nei parcheggi dinterscambio sono rimasti
poco pi di 15.000) n si trovano a
distanza ciclabile o sono in grado di
usare quel mezzo, per le pi svariate ragioni. Daltra parte, nemmeno si
pu dire: se ne stiano a casa, an-

che perch sono proprio loro (quelli


che vengono qui per lavoro, studio o
anche solo per svago) e linsieme
delle relazioni regionali che fanno
ricca Milano.
Se volessi trovare un modo per salvare lidea della pedonalizzazione,
farei un po di conti per vedere se
possibile ribaltare l'impostazione:
traffico in Piazza Castello e pedonalizzazione di Foro Bonaparte. Piazza Castello forse - e sottolineo forse
- con interventi di aumento della capacit e il riposizionamento delle
alberature pu essere resa quasi
sufficiente per la domanda di circolazione. In Foro Bonaparte ci sono
molte attivit e funzioni ed possibile costruire un ambiente che tragga
vantaggio dalluso pedonale (mantenendovi - ovviamente - il tram, che
nelle aree pedonali sta benissimo,
come abbiamo visto in molti esempi
in Europa).
Saranno forse meno contenti gli abitanti di Piazza Castello rispetto a
quelli di Foro Bonaparte ma adesso,
volendo dar credito alle proteste, mi
sembrano scontenti entrambi. Meglio, allora, farne contenta almeno
una parte e dare ai cittadini dellarea
urbana una vera, efficace e sempre
viva area pedonale.

IDEA DI CITT: SOPRA I TEMI POSTI DA ALBERTO CARUSO


Cristoforo Bono
Comprendo le osservazioni di Alberto Caruso e riconosco in esse anche alcuni motivi di una formazione
comune; ma non le condivido. L'allineamento degli edifici, indubbiamente un valore in alcune parti di
citt (anche per il tema dell'isolato),
ma non "la regola elementare che
ha dettato la costruzione della citt
da pi di cento anni". In realt in
questi cento anni accaduto di tutto, e i migliori allineamenti, anche di
gronda come in Via Dante, sono avvenuti prima. E, anche prima di cento anni fa, sono stati contraddetti
rilevanti fatti storici della citt: il
grande perimetro del Lazzaretto, ad
esempio. E che dire del mancato
allineamento tra il rettifilo della deprecata stazione di testa e la via Turati? Ne ha gi trattato in modo esauriente, a suo tempo, il de Finetti.
Si potrebbe continuare, ma la questione che si vuole porre questa:

n. 15 VI - 16 aprile 2014

l'idea di citt, locuzione che opportunamente usa Alberto Caruso,


qualcosa di pi complesso e vasto,
e risale all'antico ruolo di Milano
quale citt stato, con le sue grandezze e le sue miserie. La citt che
in epoca viscontea ha avuto uno
sguardo tanto lungo da fondare la
propria universit a Pavia; che all'inizio del Novecento aveva un tram
che da Porta Venezia conduceva al
"suo" parco, cio quello di Monza.
Certo, non sempre cose grandi:
come la prossima esposizione
mondiale chiusa tra il Cimitero di
Musocco e il Carcere di Bollate (con
tutto il rispetto per quel carcere modello).
E se un non allineamento disvela
alcune intimit familiari, come dice
Caruso, anche queste tracce che
emergono sono architettura, e non
solo le finestre come occhi vuoti delle ville del sublime Palladio. Quindi

non vedo nulla di impudico in quei


mondi di seconda fila. Caso mai la
conferma del bric--brac costruttivo
(l'estrema frammentazione) di cui
parla il Gadda del 1938: "la questione, doveroso ammetterlo, si esacerba nella spezzettatura della propriet immobiliare, per cui l'uno
possiede un angolo, e l'altro un cuneo, e il terzo una fetta e il quarto
una listarella sottile, sottile, del prezioso terreno su cui opera "; e a
volte la facciata come misero espediente: "dividere il mondo in due,
nella facciata e nel retro, l'idea fissa di taluni costruttori milanesi. Il
lustro della facciata, l'abominazione
del retro. Ma Dio ci vede da tutte le
parti: e noi stessi, umili e transeunti
creature, dobbiamo concedere un
occhio, talora, ai retroscena del
mondo, anche non volerlo ".
E poi piazza Gae Aulenti: intanto,
battuta per battuta, se si dice che la

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Gae si darebbe indignata per quella
attribuzione, magari invece ella si
sarebbe vergognata di prendere
nome in Cadorna, dove ha messo in
piazza (figurativamente) i binari del
treno piuttosto che la hall della stazione, come sarebbe stato forse pi
giusto. Quell'abnorme piazza alla
Stazione Garibaldi, come la chiama
Caruso (tralascio la restante parte
del percorso da Corso Como, che in
effetti non brilla) ha, per lui stesso,
"un successo popolare straordinario". Ora non so se abbia assecondato o meno, come dice, "i sentimenti antiurbani e antimilanesi"; ma
se ha avuto successo, chapeau! Mi
pare che meno successo l'abbia avuto quella sorta di "diamante" che
invece chiude,in faccia alla chiesa di
San Gioachimo, l'infilata di Porta
nuova. Cio, per dirla con don Alfonso in Cos fan tutte "v'han delle
differenze in ogni cosa". E io credo
che bisogna guardare a queste differenze, perch ogni volta in esse
viene sollecitata la nostra comprensione: e l'idea di citt deve assumerle come contraddizioni positive, come dato reale nel nostro campo di
lavoro: una citt complessa e nuova, che certo non pi quella indicata dal Beruto e, peraltro, contraddetta da subito dalla Commissione
Pirelli e pochi decenni dopo dal Piano Albertini del 1936.
In tutto ci, riconosco che nella seconda parte del suo articolo, Caruso
entra proprio in queste contraddizioni, riportandole per tutte al dato
morfologico, sia pure ritenendolo
indotto dal "programma liberista e

provinciale". Ma proprio qui che mi


sembra che Caruso tragga non giuste conseguenze: mi pare che riduca l'idea a un modello, nel quale,
ovviamente, non possono entrare di
diritto i sentimenti antiurbani. Ma un
modello, in una geografia che ha gi
consumato tutto il suolo possibile,
finisce col diventare una utopia, un
luogo che non c', o una esortazione velleitaria; e la contraddizione si
apre da un'altra parte, e si chiude
sull'ambiguit tra tensione ideale e
rappel l'ordre.
A me sembra evidente che ogni idea di citt non nasca - o non possa
pi nascere, visti gli esiti di una storia non progressiva - da una immaginazione, da un modello; e nemmeno, come dice il nostro, da una
visione: "c' bisogno di una visione
che illumini la prospettiva". No, credo sia il contrario: ogni visione non
pu che essere ricondotta, oggi, nel
concreto in cui ci troviamo, al dominio conoscitivo, alla capacit di leggere e rileggere - come una nuova
lingua - una geografia metropolitana
radicalmente mutata, con centralit
nuove, con la convivenza stretta e
contraddittoria di elementi urbani e
antiurbani.
Non basta, Alberto, dire che la Bicocca rappresenta la "consapevolezza che la citt vive di regole" e
che pure queste regole impoveriscono il rapporto tra la strada e gli
spazi interni. Occorre, ex post, vedere la Bicocca per quello che ,
cio un progetto, comunque giudicabile, svolto all'interno di una politica degli interventi che vedeva il con-

fine municipale come un limite, che


vedeva la Falk come un altro mondo
(periurbano? come dici).
La crisi della cultura del progetto sulla quale con evidenza non si pu
che concordare - non la si affronta
se non si considera la citt come un
fatto positivo e continuo, come "fatto
umano per eccellenza", nel bene e
nel male, privo di confini che non
siano quelli del consorzio civile.
Appunto la politica degli interventi:
che viene prima di una partecipata e
condivisibile visione, entro la quale
la cultura del progetto pu trovare
spazi e libert. La "visione" a suo
tempo affermatasi, che Milano dovesse avere, con ritardo, i suoi grattacieli, come segno di una povera,
anche se aggressiva, globalizzazione, ha lasciato ingiudicata e lacunosa la politica degli interventi per le
aree dismesse. E anche Rogoredo,
senza torri, non forse in parte una
"occasione mancata"? ... Non la belle mura e i porti, ma l'occasione che
il cittadino sa cogliere ....
Allora, dentro le questioni che Caruso ha avuto il merito di porre, proverei a invertire i termini della sua
conclusione: non "una visione che
illumini la prospettiva", ma una prospettiva (politica degli interventi) che
illumini la visione. Visione che insieme (civitas) dobbiamo (pazientemente) costruire, nel farsi della
citt; la quale non pu partire dalle
presunte regole urbane (cui si "attentato"). Anche se certamente,
quelle che valgono - regole o meglio
principi - le ritrover, nella buona
politica.

SINDACI TUTTOFARE PER ISTITUZIONI DA SVUOTARE


Valentino Ballabio
Achille insegue la tartaruga: sempre
si avvicina ma mai la raggiunge.
Cos pi veloce Renzi riesce a rincorrere paradossalmente il corazzato Grillo (o viceversa farsi rincorrere,
come rivendicato in Direzione PD)
su un terreno che ancora di recente
si sarebbe definito populismo o
persino antipolitica. L'ansia di rottamare un pezzo di ceto politico,
capro espiatorio di una peraltro assai motivata indignazione popolare,
risulta prevalere sulla logica di un
ragionato riordino dei poteri istituzionali e una coerente razionalizzazione della macchina amministrativa
pubblica.
Si salvano solo i Sindaci, destinati a
coprire mediante una vertiginosa
sussidiariet verticale i ruoli intermedi e nazionali lasciati liberi dalle
decapitate Province e dallo stesso
Senato della Repubblica. In realt il

n. 15 VI - 16 aprile 2014

partito dei sindaci non una novit. Ci aveva provato con la nota
perspicacia Massimo Cacciari agli
albori della seconda repubblica, allorch i partiti politici tradizionali avevano dato forfait sulle macerie di
Tangentopoli e l'elezione diretta dei
primi cittadini aveva riattivato su
nuovi binari i bisogni elementari di
partecipazione e coesione sociale.
Tuttavia tale partito, sebbene in
una fase iniziale abbia svolto una
funzione positiva per rompere il
vecchio centralismo e avvicinare i
cittadini alle istituzioni locali, ha ben
presto ha esaurito la sua spinta
propulsiva.
Per altro la battaglia per l'autonomia
locale era stata a lungo un tema
della sinistra contro il centralismo
originario, che aveva guidato l'unit
nazionale (Cavour e Mazzini versus
Gioberti e Cattaneo) proseguito col

fascismo ed anche post-fascismo


centrista preoccupato di non lasciare troppo liberi i comuni e le regioni
rosse (tanto che Mario Scelba defin la Costituzione una trappola).
Con la seconda repubblica tuttavia
la situazione si ribaltata: la bandiera del federalismo e similari,
nonch dell'autonomia esasperata
dei comuni viene issata dalla Lega
con la parola d'ordine ciascuno
padrone in casa propria. Fino a esercitare una vera e propria egemonia nel campo tanto da indurre il
primo centro sinistra boccheggiante
a varare una riforma del Titolo V
della Costituzione ambigua e contraddittoria, in particolare circa il
rapporto stato-regioni fonte di successiva confusione e conflitti di
competenze.
Ebbene questa parte del Titolo V
trov purtroppo immediata attuazio-

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ne, generando nuovi centralismi regionali insieme a ripetuti fenomeni
di sprechi e scandali, mentre l'altra
parte riguardante gli enti intermedi
rimasta lettera morta. Le Citt metropolitane sono rimaste al palo
mentre le Province, invece di assumere ruolo politico e poteri di coordinamento sovraordinati rispetto ai
Comuni, si sono semplicemente
moltiplicate di numero pur rimanendo politicamente marginali e funzionalmente quasi inutili. Pertanto ora
facile volerle svuotare sopprimendone gli organi politici elettivi e il rilievo costituzionale. Al contrario l'autonomia comunale si paradossalmente accresciuta in misura inversamente proporzionale alla disponibilit di risorse trasferite dal centro.
Il patto scellerato tra Stato e comuni
si tacitamente attuato: taglio delle
risorse contro libert pressoch assoluta di disporre della citt e del

suo territorio; dunque fonte di diffusi


disastri urbanistici e ambientali e
conseguente bolla finanziario - immobiliare responsabile in gran parte
della presente e perdurante crisi
economica e sociale.
Come se ne esce? Il buon senso
suggerirebbe di invertire la tendenza: riequilibrare la distribuzione dei
poteri affidando un ruolo di coordinamento cogente, nelle materie cosiddette di vasta area, da affidarsi
a citt metropolitane autentiche e
nuove province riaccorpate (vedi
tentativo ex decreto Monti) elettive e
autorevoli. Capaci di comporre la
conflittualit tra comuni, spesso
concorrenti tanto nella gara (spesso
al ribasso) per aggiudicarsi investimenti e insediamenti residenziali
commerciali e pseudo - produttivi
quanto nel gioco di refilare presso i
reciproci confini discariche e inqui-

namento da traffico mediante apposite tangenzialine.


Invece le riforme in fieri paiono confermare e aggravare il verso perverso gi in essere. Anarchia comunale, solo temperata dagli incentivi alle fusioni e alle unioni. Organi
autoreferenziali di Sindaci seduti a
tempo perso dentro fasulle citt metropolitane, ex-province indebitamente proliferate e posticcio Senato
delle autonomie. Rinuncia a efficaci
poteri di programmazione e coordinamento in importanti aree intermedie tra grandi regioni e comuni. Il
tutto all'insegna della rottamazione
di forme istituzionali effettivamente
ammaccate e inceppate, che tuttavia richiederebbero competenti interventi di revisione e riparazione: operazioni che distinguono in
ultima istanza il meccanico dallo
sfasciacarrozze.

PER NUTRIRE LA CITT METROPOLITANA. LETTERA APERTA ALLE FORZE POLITICHE DI MILANO

Gruppo Petofi
Attesa da decenni, la Citt Metropolitana offrir unoccasione per costituire finalmente il governo di organismi urbani complessi, attraversati
da flussi e attivit globali, che sopravanzano quindi gli attuali confini
amministrativi. La Citt metropolitana condizione necessaria per avviare una nuova fase dello sviluppo
sociale ed economico.
La citt intesa come bene comune
schiude un nuovo orizzonte di senso che pu rilanciare il ruolo culturale e civile dellItalia.
In questa fase di transizione, ancora
segnata da notevoli incertezze, ci
preme richiamare due questioni,
due possibili emergenze: una sociale e una democratica.
Ci preoccupano i vuoti nella legge,
come pure la debolezza di alcune
parti del testo normativo. La mancata attribuzione di talune funzioni e
responsabilit, pu tradursi nella
mancata erogazione di servizi fondamentali, la cui assenza finirebbe
col colpire proprio le fasce pi deboli della popolazione. La legge non
assegna alla Citt Metropolitana le
funzioni di programmazione e ancor
meno di gestione dei servizi sociali,
anche di quelli che la Provincia, invece, ha finora assicurato. Si apre
una fase, speriamo non troppo lunga, in cui dovranno essere ridefinite,
o nuovamente delegate dalla Regione, alcune importanti competenze e funzioni. Ci riferiamo, come
esempio, ai servizi a favore dei disabili sensoriali. poco probabile,
temiamo, che ad essi possano

n. 15 VI - 16 aprile 2014

provvedere i singoli Comuni, ciascuno per s, e tampoco che si riesca a farlo fin dallinizio del prossimo anno. altrettanto improbabile
che il personale oggi assegnato alla
Provincia venga ricollocato per tempo e quindi messo nelle condizioni
di operare da subito con immediata
efficacia. Analogo discorso vale per
la programmazione dei servizi relativi alla formazione e al collocamento al lavoro.
In generale temiamo che, per tutte
le funzioni attribuite dalla legge o
delegate dalle Regioni, che ora sono garantite e assolte dalle Province, si possa creare una lunga fase
di incertezza generatrice di gravi
disservizi e disfunzioni.
La legge assegna alle Citt Metropolitane, oltre alle funzioni fondamentali delle Province, anche compiti nuovi di grande rilevanza. In particolare meritano di essere segnalati
quelli previsti dallarticolo 44, commi
a e b. Con il primo comma si attribuisce alla Citt Metropolitana il
compito di adozione e aggiornamento annuale di un piano strategico triennale del territorio metropolitano, che costituisce atto di indirizzo
per lente e per i comuni. Ci pare,
questo piano, del tutto simile al
PTCP provinciale, forse ulteriormente declassato e indebolito.
Nel comma successivo, per, previsto che la Citt Metropolitana realizzi la pianificazione territoriale generale. E questa una grande novit. Tale piano comprende le
strutture di comunicazione, le reti

dei servizi e delle infrastrutture


anche fissando vincoli e obiettivi
allattivit e allesercizio delle funzioni dei comuni compresi nel territorio metropolitano.
Se le cose stanno cos, opportuno
richiamare lattenzione su alcuni
problemi e interrogativi. La pianificazione territoriale generale, per la
valenza e la forza che le assegna la
legge, potrebbe, non difficile prevederlo, creare conflitti di competenza e linee di tensione sia con la
Regione che con i Comuni.
La situazione ulteriormente complicata dal contrasto evidente tra
limportanza di queste funzioni programmatorie e pianificatorie e la
fragilit e lindeterminatezza della
Citt Metropolitana sotto il profilo
istituzionale come sotto quello politico. La Citt Metropolitana Ente di
secondo livello, privo della investitura democratica diretta degli elettori,
nonch costituito da amministratori
obbiettivamente posti in condizione
di difficolt. Per svolgere i nuovi
compiti difficili e delicati occorre
tempo, impegno, la concentrazione
necessaria. Ma come possiamo pretenderlo da persone gi molto gravate di responsabilit e fatiche, essendo sindaci e amministratori locali
in carica? Occorre, evidente, arrivare al pi presto allelezione diretta
del Sindaco e del Consiglio metropolitani. Condizione preliminare
che si realizzi la riorganizzazione
amministrativa della citt di Milano,
con conseguente rideterminazione

10

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dellautonomia amministrativa e
funzionale delle Zone.
Da tutto questo deriva la preoccupazione che la Citt Metropolitana mancante com, nella sua attuale
configurazione, di un substrato democratico reale - venga gestita tecnocraticamente e/o addirittura trasformata in una stanza di compensazione e di scambio.
Per affrontare i compiti di pianificazione generale - territoriale, economica, sociale - la Citt MetropolitanA richiede una visione unitaria, alta
e globale, del territorio e della vita
della comunit. Su questo non pu
non preoccupare sia lassenza di
analisi che il ritardo nella definizione
delle linee programmatiche e
nellassunzione di responsabilit da
parte delle forze politiche. Al vuoto
politico sembrano corrispondere anche gravi carenze sul piano della
ricerca e della cultura.
nostra convinzione che la formazione della Citt Metropolitana sia
un processo in divenire perfezionabile, anche attraverso la partecipazione dei cittadini e attraverso il
confronto tra le istituzioni e la societ. Perch questo avvenga occorre
che da subito le forze politiche e le

istituzioni si impegnino ad aprire seriamente e su tutto il territorio metropolitano il pi largo dibattito democratico.
Da qui la richiesta alle forze politiche democratiche di intervenire
concretamente e con adeguate iniziative per avviare quanto prima il
pi ampio confronto pubblico.
Il Gruppo di persone che sottoscrive
questa lettera, prende il nome dal
poeta Sandor Petofi per la semplice
ragione di essersi riunito per la prima volta in una sala della Provincia
di Milano dedicata al giovane poeta
risorgimentale
ungherese.
Non
manca per, nella determinazione di
questa scelta, lidea che la Citt Metropolitana potrebbe trarre qualche
giovamento se nascesse sotto il segno protettivo di ... almeno un poco
di poesia. Lobiettivo del Gruppo,
che aperto e inclusivo, nonch
alla sue prime battute, di tentare
di delucidare temi e problemi della
Citt Metropolitana.
Ci piacerebbe, insomma, contribuire
a presentare qualche proposta utile
a Nutrire la Citt Metropolitana.
Pierluigi Angiuoni, Consiglio di Gestione
Parco Nord Milano

Renato Aquilani, presidente Associazione per il Parco Sud


Francesco Borella, gi progettista e direttore del Parco Nord
Arturo Calaminici, presidente Associazione Amici Parco Nord
Gianfranco Cermelli, Associazione Amici
Parco Nord
Giancarlo Consonni, professore di urbanistica, Politecnico di Milano
Tiziana Conserva, Associazione per il
Parco Sud
Gianni Dapri, urbanista
Luciana Dattolo, Legambiente Cinisello
Balsamo
Francesco De Agostini, architetto
Luciano Grecchi, Associazione Amici
Parco Nord
Giulio Mainoldi, Associazione Grande
Parco Forlanini
Pierluigi Marchesini, architetto progettista parco Forlanini
Enzo Marchiori, Associazione Amici Parco Nord
Pietro Martelli, Associazione Amici Parco
Nord
Valeria Molone, consigliera provinciale
Gabriella Ramoni, presidente Consiglio
comunale di Bresso
Annamaria Ranieri, Associazione Amici
Parco Nord
Mariuccia Rigamonti, Associazione Amici Parco Nord
Maurizio Zinesi, Legambiente Cinisello
Balsamo

COUNTDOWN EXPO: ORTI NUOVE ICONE URBANE


Rita Bramante
SuperOrtoPi al FuoriSalone del
Design 2014 in via Tortona. Prove
generali per EXPO 2015: un orto al
posto di un parcheggio sul tetto del
SuperstudioPi. un grande orto
urbano pensile di 750 mq, progettato da Michelangelo Pistoletto
nell'ambito delle iniziative della
Fondazione Cittdellarte, nata allo
scopo di proporre un ruolo nuovo
all'artista, che sappia unire ecologia,
architettura, nutrimento, design, arte. Linstallazione, inaugurata la settimana scorsa in occasione del Fuorisalone del Design, accoglie il tracciato del Terzo Paradiso, simbolo
che da circa dieci anni Pistoletto
porta nel mondo per promuovere
l'incontro tra natura e attivit umana.
Si tratta di una riconfigurazione del
segno matematico dinfinito, che inserisce tra i due cerchi opposti, assunti a significato di natura e artificio, un cerchio centrale, il Terzo Paradiso, ideale superamento del conflitto distruttivo in cui natura e artificio si trovano nellattuale societ. In
un frangente della storia dell'umanit in cui la protezione dell'ambiente
deve essere sempre pi sollecitata,

n. 15 VI - 16 aprile 2014

il manifesto di Pistoletto fa appello


all'etica e alla responsabilit per fare
s che la scienza, la tecnologia,
larte, la cultura e la politica concorrano in modo solidale a restituire
vita alla Terra.
Il progetto del SuperOrtoPi incarna
la filosofia della responsabilit sociale e della sostenibilit ambientale, rinnovando gli equilibri del rapporto uomo natura e si fa promotore
del messaggio Coltivare la citt,
condizione necessaria per garantire
un futuro all'umanit, integrando l'agricoltura nel tessuto urbano.
Da qui all'EXPO nella suggestiva
location del SuperOrtoPi si alterneranno dibattiti e incontri, eventi, corsi di orticoltura e serate dedicate al
food. Nel cronoprogramma l'imminente food festival Taste of Milan
(8-11 maggio), che guardando ad
EXPO punter sui temi green della
sostenibilit e coinvolger chef italiani e internazionali.; a seguire (2325 maggio) il MIA Milan Immage Art
Fair, fiera internazionale d'arte dedicata alla fotografia e a seguire, dal
15 al 17 novembre, Golosaria, rassegna di cultura e gusto che

quest'anno metter a tema il rapporto tra agricoltura e ristorazione, proponendo un nuovo modello di locale
e con un focus sulla cucina orientata al benessere e alla riscoperta delle aree verdi intorno a Milano.
Al SuperOrtoPi in occasione del
Fuorisalone del Design stata data
dall'AIAPP, Associazione Italiana di
Architettura del Paesaggio, anche
qualche anticipazione del Congresso Mondiale del Paesaggio , che
sar ospitato da Torino nel 2016.
Sull'eco dei temi di EXPO il filone
centrale del Congresso sar 'nutrirsi
di paesaggio'. Oltre la logica dei padiglioni, si parler di paesaggio diffuso come luogo di incontro tra natura e uomo, di salvaguardia dei
contenitori che consentono la sopravvivenza di prodotti tipici protetti,
come i pascoli del bitto della Valtellina e gli agrumeti del Gargano, di
superamento del paesaggio industriale, di giardini che nascono dal
recupero di aree industriali, di nuovi
modelli e di un nuovo ecosistema
urbano, di agricoltura di quartiere, di
campagna e orti che contaminano la
citt. Proprio come SuperOrtoPi.

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Scrive Giuseppe Samir Eid a Paolo Branca


Sono daccordo sul commento del
professor Branca volendo aggiungere alcune considerazioni di ordine
pratico, esprimo il mio punto di vista
in modo sintetico: 1 - i finanziamenti
provenienti da fonti o stati che discriminano i non musulmani vanno
rifiutati. La maggior parte dei finanziamenti proviene da paesi del Golfo che non ha nessun fedele a Milano mentre discrimina/permette eccezionalmente la costruzione delle
chiese da loro localmente. Non sono societ libere. 2 - mi piacerebbe
il fatto che il progetto sia della cittadinanza, tutta, non soltanto degli
aderenti al comitato proponente che

rappresenta soltanto una parte dei


fedeli musulmani. 3 - la moschea
dovrebbe essere accessibile alle
funzioni di tutte le componenti dell'Islam nessuna esclusa. 4 - l'Ente di
gestione della moschea dovrebbe
includere uno o pi rappresentanti
del Comune di Milano nel Consiglio
di gestione con poteri decisionali e i
verbali accessibili. 5 - i titolati a tenere le prediche debbono essere
"certificati" e pratici della lingua nazionale e della cultura nostrana.
Infine: la moschea non risolve il
problema dei centri di preghiere
sparsi per la citt e politicamente
darebbe un potere di rappresen-

tanza al comitato che gestisce la


moschea per avanzare eccezioni
alle leggi o privilegi, per pretendere
di parlare a nome di tutti i musulmani anche di coloro che non frequentano o che non lo vorranno. Qualora
la proposta n.4 non fosse attuabile
si potrebbe pensare a una soluzione
in cui il comune stesso, in quanto
proprietario del terreno, potrebbe
prendere liniziativa di creare in cogestione centri per il culto islamico,
una situazione simile a quanto ha
fatto in Cina lo stato con la chiesa
cattolica.?

Scrive Vito Antonio Ayroldi ad ArcipelagoMilano


Informerei Elio Veltri che la BCE ha
in pancia oltre 200 mld di euro di
BTP italiani, 100mld solo nel 2011
(1). Se poi vogliamo andare verso
una BCE che acquista BTP a pi di
lista come prestatore di ultima istanza la carte per finanziare Ponti sullo Stretto, TAV, terze, quarte e
magari anche quinte variati di valico, inceneritori gestiti dalle mafie,
inutili vie d'acqua, DRS basta dirlo.
Cos' non sapete che la DRS?
un azienda del settore Hi tech militare, americana, di cui non possiamo disporre del know how ma che
abbiamo pagato 3,4 mld di euro
(oggi non vale la met), ma copre
da sola l'intera Spending review di
Cottarelli fatta risparmiando sulla
carta igienica dei bambini degli asili.
Una vergogna! Tempo dieci anni e
ridurremmo cos anche il resto d'Europa che si ostina a non fidarsi.
Lo si vuole capire o no che "quelli"
non si fidano proprio perch come
giustamente sottolinea Veltri in Italia
abbiamo, mafia, corruzione e inefficienze, quelle carenze molto ben
individuate dal Direttore nel suo ineccepibile editoriale che, more so-

lito, mette il dito nella piega purulenta del nostro paese.


Vi chiedo cosa sia pi importante:
un serio dibattito sulla disciplina degli appalti o una insulsa conferenza
sulla fuffa del Brand Milano "che
appartiene al popolo" come spiega il
professor Rolando che, a quanto si
apprende da Lui stesso, non ha ancor capito bene manco Lui cosa sia,
ma qualunque cosa sia almeno ne
ha rintracciato il proprietario, cos
stiamo tranquilli che eravamo in
pensiero .... E un Ambrogino non
vogliamo darglielo per questa scoperta al comitato di ricerca voluto
dall'Assessore e immancabilmente
ringraziato? Ma s, fai vedere che
abbondiamo!
Quando si capir che Milano si
muore di fuffa e di truffa. Che riproponendo il modello "Milano da bere
2.0" non si va da nessuna parte.
Che bisogna tornare ai fondamentali. Come si possa pensare di unire
moda e design che sono secondo
Munari in perfetta antitesi un mistero gaudioso. Il lusso scriveva
Munari non un problema di design. Milano celebra la sua icona al

Museo del Novecento fregandosene, logicamente, di quel che di


scomodo predicava. Milano diventata questa roba qua. Una missione
chiara se l' data per e la persegue
egregiamente, con perfetta efficienza milanese lo si capisce anche dal
successo che ha questo enorme
baraccone del Salone del mobile al
di l di tutta la stucchevole retorica
che si monta sopra: riciclare una
patrimonio culturale enorme ma che
avverte come un peso e nemmeno
sa pi come gestire sublimandola in
una fantasmagoria di fuffa da vendere prt--porter a turisti stranieri a
domanda solvibile. Per quelli pi
sfigati c' sempre il cappellino con il
brand Milano stampato sopra. Il patrimonio quando non si ha pi la forza economica per gestirlo pu diventare un costo insostenibile, il Direttore questo lo sa benissimo. La
borghesia milanese sopravvissuta
conosce benissimo la lezione. Giratela Milano in questi giorni del "baraccone del mobile" e non troverete
che questo. Si pu anche dimostrare, ma l'essenziale visibile all'occhio.

CINEMA
questa rubrica curata da Anonimi Milanesi
rubriche@arcipelagomilano.org
In grazia di Dio
di Edoardo Winspeare [Italia, 2014, 127']
con Barbara De Matteis, Laura Licchetta, Gustavo Caputo, Celeste Casciaro
Presentato al festival di Berlino, sezione Panorama.

n. 15 VI - 16 aprile 2014

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la storia di quattro donne della
stessa famiglia, molto diverse tra
loro. incidentalmente anche un
film sulla crisi. Anzi la crisi la premessa della storia. Adele lavora con
il fratello e la sorella nellazienda
tessile di famiglia, i conti non tornano pi, sono terzisti, e le grandi aziende commissionano i lavori
allinarrivabile concorrenza cinese. I
debiti si accumulano e in un attimo
sono perse sia lazienda sia la casa
di famiglia.
Il fratello sceglie la via dellemigrazione, le due donne quella del ritorno alla terra insieme alla madre vedova e alla figlia di Adele, Ina. Dal
paese si trasferiscono in una casa
di campagna malridotta, lavoreranno la terra per vivere come si faceva una volta. Adele si fa carico di
tutto e organizza il lavoro nei campi
sul modello dellimpresa. La madre
sembra riallacciare antichi fili e trova
una naturalit nelle cose da fare.
Quelle che proprio non sopportano
la retrocessione al mondo agricolo
sono la sorella Maria Concetta, aspirante attrice e in costante attesa
di una chiamata da Ozpetek, e Ina,

adolescente annoiata che consuma


le sue giornate a curare il suo look e
fare sesso.
Nel film gli uomini non brillano: il fratello getta la spugna, se ne va in
Svizzera con la famiglia, Crocifisso,
lex marito di Adele pasticcione e
inetto, in galera (e forse meglio
per lui stare l). C poi Stefano, timido ex compagno di scuola di Adele, lavora ad Equitalia, da sempre
innamorato della donna e si fa in
quattro per aiutarla sia con i debiti
con il fisco sia con ripetizioni gratuite a Ina che rischia la bocciatura.
Silente la donna pi anziana in
campagna incontra un coetaneo,
Cosimo, e se ne innamora. Lui
gentile, rispettoso, laiuta nei campi
e la porta al mare.
Adele una schiacciasassi nel suo
compito di garantire la vita alla famiglia, passa sopra i sogni della sorella, chiamata per davvero da Ozpetek, del debole e disponibile Stefano, che la corteggia con favori, e
non si accorge di ci che accade
alla figlia. proprio la gravidanza
della giovane a cambiare le cose a
mettere in rete i sentimenti delle

quattro donne che, in una quotidianit che non avevano scelto e molto
lontana dalle loro aspettative, non
facevano che ferirsi e deludersi.
Unica eccezione Salvatrice che affronta le cose cos come vengono,
un passo alla volta, memore di una
concezione della vita che va oltre il
contingente, con lo sguardo lungo
che minimizza ci che accade e lo
supera in funzione del tutto. La sua
una lezione che viene dal mondo
di sempre, la campagna salentina
qui fotografata al meglio.
Il bambino che verr diventa un
progetto comune, cos come pian
piano lo diventata la loro terra sul
mare, che rifiutano di vendere anche se lofferta e economica sembra
allettante.
La recitazione di attori non professionisti intensa, enfatizzata anche
dal ritmo della parlata e da una gestualit che sembra non ammiccare
mai allo spettatore. Tant che a volte pare di entrare nella vita reale
dei protagonisti e la narrazione
sembra talvolta sfiorare il racconto
documentario.
Dorothy Parker

MUSICA
questa rubrica a cura di Paolo Viola
rubriche@arcipelagomilano.org
Festa della musica
Questo un appello a tutti gli effetti:
se tra voi lettori vi sono musicisti
non professionisti che praticano con
passione uno strumento, magari in
gruppi di musica da camera pi o
meno estesi, questo il vostro momento!
Il 21 giugno la Festa Europea della Musica, una manifestazione nata
a Parigi nel 1982. Dallo scorso anno, un gruppo di musicisti, a Milano,
ha scelto di interpretare questa festa in chiave amatoriale offrendo
alle diverse realt non professionali
della citt un palcoscenico sul quale
esibirsi. La Festa di questanno sar
ancora pi grande e aperta a tutti
quei gruppi che vorranno partecipare.
Facciamo un passo indietro e vediamo un po di storia. Il mondo della musica classica in Italia soffre da
anni di un crescente disinteresse da
parte del grande pubblico. Questo
distacco, insieme alla crisi economica, ha avuto come conseguenze il
progressivo svuotamento delle sale
da concerto e la chiusura di numerose stagioni storiche e blasonate
delle quali le nostre citt, fino a
qualche anno fa, erano orgogliosa-

n. 15 VI - 16 aprile 2014

mente piene. Per anni tutti noi operatori del settore abbiamo scritto
fiumi di parole piangendo a gran voce il disastro culturale del quale
siamo stati spettatori, mentre commentavamo con la stessa tristezza il
ridimensionamento di cartelloni un
tempo molto prestigiosi e la disperante idiozia di uomini politici che
facevano bandiera di affermazioni
come: con la cultura non si mangia.
evidente che un cos importante
disamore per la musica classica non
si cura con poca fatica: si tratta di
un grave problema culturale che si
pu affrontare solo su diversi fronti
e con lo sforzo di tutti gli operatori
del settore.
Uno di questi fronti - la notizia felice - senzaltro quello della rivalutazione della pratica della musica
amatoriale. Nel mondo della musica
amatoriale troviamo quellinteresse,
quella passione e quella dedizione
che sono componente fondamentale della cultura musicale, soprattutto
a livello collettivo: quella cultura
musicale che non dote esclusiva
dei professionisti ma patrimonio collettivo della popolazione. Quella

stessa cultura musicale che fa preferire un bel concerto in sala Verdi a


Milano a una spenta serata di lobotomia televisiva.
Musica amatoriale, in Europa, significa diverse cose: cori, bande, orchestre, gruppi di musica da camera. Queste ultime saranno le protagoniste della Festa della Musica che
si sta organizzando e quindi della
nostra attenzione in questo momento: il mondo delle orchestre amatoriali, che in Italia comincia a diventare interessante purtroppo solo a Milano, forse la miglior riposta che la
cultura italiana offra al disinteresse
verso la musica colta.
Ancora un po di storia: nel 2005
nasce a Milano La Verdi per tutti
alla quale fa seguito lorchestra Morigi; alle due si affiancano altre realt come lAima (Associazione Italiana per la Musica Amatoriale),
lAccademia dellAssunta, e la storica Orchestra Filomusica. solo nel
2010 che si costituisce lOrchestra
Carisch, una realt dinamica e fortemente motivata che si impegna fin
da subito nella diffusione della pratica della musica amatoriale. Per iniziativa dei musicisti dellorchestra

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Carisch, e con il sostegno efficace
del settore Musei del Comune di
Milano, il 21 giugno del 2013 prende
forma la prima Festa della Musica
Amatoriale nelle sale e nei cortili del
Castello Sforzesco di Milano: un
successo di pubblico al di sopra di
qualsiasi aspettativa e fin da subito
si comincia a progettare la festa del
2014.

Le date sono ora fissate: dal 20 al


22 giugno. Il palcoscenico ancora
quello del Castello Sforzesco. Le
orchestre invitate sono quattro: Orchestra Carisch, Accademia dellAssunta, La Verdi per tutti e la Sinfonisches Orchester Gallneukirchen di
Linz (Austria) che sar il primo ospite internazionale.
Da oggi sono aperte anche le iscrizioni per partecipare come gruppo

da camera: scrivete a orchestra@carisch.com e verrete subito


contattati per essere inseriti nel palinsesto dellevento. Una manifestazione che le istituzioni, finalmente,
dedicano esclusivamente al mondo
della musica amatoriale: un po in
ritardo, forse, ma si tratta comunque
di una notizia positiva. Per la musica e per tutti.

Nicola Kitharatzis

LIBRI
questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero
rubriche@arcipelagomilano.org
Umberto Bottazzini e Pietro Nastasi
La patria ci vuole eroi
Matematici e vita politica nell'Italia del Risorgimento
Saggi Zanichelli, 2013
pp. 432, euro 27
Mercoled 16 aprile, ore 18,15, il libro verr presentato a Palazzo
Sormani, Sala del Grechetto, Via F.
Sforza 7, Milano con Giuseppe Ferrari,Giulio Giorello, Armando Massarenti, modera Paolo Bonaccorsi a
cura di Unione Lettori Italiani Milano
Due storici della matematica, Umberto Bottazzini, dell'Universit Statale di Milano e Pietro Nastasi
dell'Universit di Palermo, affrontano in una stupenda cavalcata storica il tema, troppo spesso lasciato
nell'ombra, dell'apporto degli uomini
di scienza, e in primo luogo dei matematici, al Risorgimento politico e
civile italiano, dal periodo napoleonico al compimento dell'Unit.
Lo studio, agile pi di un romanzo, e
documentato pi di una dissertazione accademica, copre il secolo che
va dall'ingresso del Bonaparte in
Italia alla formazione e al consolidamento del Regno unitario. Attraverso il tumultuoso succedersi degli
eventi, rievocati - lo ricordiamo ancora- con il piglio e l'efficacia del
miglior romanzo storico, eventi che
vanno dalla nascita delle "repubbliche sorelle" di quella francese, alla
fiammata del '48, al miracolo rivoluzionario (come lo defin Manzoni)
del '59-'61, gli Autori introducono il
lettore nel cuore di quello straordinario fenomeno di modernizzazione
accelerata del nostro Paese, che
siamo abituati a chiamare, un po'
distrattamente, Risorgimento.
Il processo rivoluzionario italiano del
secolo XIX, del resto, non fu frutto di
un'insorgenza a scala vasta di ceti
emergenti contro un "ancien rgime", n la rottura di un secolare or-

n. 15 VI - 16 aprile 2014

dine sociale a seguito di una disastrosa vicenda militare, e nemmeno


il frutto virtuoso di accordi negoziati
da ristrette lite diplomatiche e politiche nelle sale ovattate delle cancellerie di Londra, Parigi, Berlino e
Vienna.
Il Risorgimento italiano, come emerge a tutto tondo dalle pagine del
volume, fu la risultante di due principali forze cospiranti (oltre a quelle
di natura economica): l'anelito a una
identit che non fosse solo culturale
e l'attrazione incontenibile verso la
modernit. E nel secolo XIX la modernit veniva fatta coincidere dai
ceti alfabetizzati con la Scienza, intesa quale luce che scaccia le tenebre e come forza che rovescia l'insostenibile gravit del passato.
Assunte, dunque, la Modernit e la
Scienza come matrici della Nuova
Italia, ricercatori e matematici non
potevano che venir riconosciuti come i maieuti della grandiosa operazione. Ed ecco Mascheroni, il celebre Mascheroni, che, reduce da Parigi, ove aveva discusso di geometria con Napoleone, nell'illustrare ai
lombardi il piano per la pubblica istruzione della Repubblica Cisalpina, affermava il 4 agosto del 1798
"La Repubblica nata dai lumi ... e
dunque figlia dell'istruzione. E l'istruzione pubblica come un ramo
del potere del governo, distinto, ma
non secondo a quello legislativo,
all'esecutivo e al giudiziario".
Cos anche l'eroica e sfortunata Repubblica partenopea del 1799
presieduta dal matematico Lauberg,
allievo di Lavoisier e di Lagrange
all'Ecole Normale, sfuggito fortunosamente alla feroce repressione

borbonica (il re di Napoli - scrissero


le Gazzette europee di quei tempi ha fatto impiccare tutta l'Accademia
delle scienze e ha proibito gli studi
filosofici e matematici).
Anche dopo la Restaurazione, i regimi assolutistici ripescati dal Trattato di Vienna non potranno fare a
meno degli uomini di scienza e di
matematica, per ricostruire le istituzioni liberate dagli "spiriti rivoluzionari". Questo fu il ruolo di Gabrio
Piola a Milano analogamente a
quello di Cauchy a Parigi; ma nel
medio periodo la palude della Restaurazione venne prosciugata dalla
Storia, che fece emergere, specie
dopo gli anni '40 e '50, nuove eminenti figure di matematici, fisici e
ingegneri, che romperanno l'isolamento scientifico della penisola, riallacciando fruttuosi dialoghi con i colleghi europei e le grandi scuole
francese e tedesca. Si tratta, tra gli
altri di Menabrea, Plana, Mussotti e
del grande Francesco Brioschi,
braccio destro del Ministro De Santis e fondatore del Politecnico di Milano, punto di forza di quella generazione che costitu a pieno titolo il
gruppo dirigente della politica culturale dello Stato unitario.
E a Brioschi dedicata la penultima
parte di questa bella opera, al suo
fiero anticlericalismo e al suo progetto politico e culturale di portare il
nuovo Stato al livello delle pi avanzata Nazioni del Continente, progetto ripreso da Ernesto Pascal e soprattutto da Federigo Enriques, a
cavallo del XX secolo.
Paolo Bonaccorsi

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SIPARIO
questa rubrica a cura di E. Aldrovandi e D.Muscianisi
rubriche@arcipelagomilano.org
Intervista a Davide Carnevali
Dal 15 aprile sarai in scena al
Franco Parenti con Saccarina.
un testo che hai scritto anni fa,
che nel 2007 stato finalista al
Premio Riccione ma che finora
non era mai stato rappresentato.
Come nato questo progetto? Io
conoscevo Silvia Giulia Mendola da
tanti anni, perch nel 2002 eravamo
tra le persone che avevano aperto
una piccola sala a Milano, che si
chiamava Scalo 10, intorno a cui si
era radunato un piccolo gruppo di
attori e registi che venivano dalla
scuola del Teatro Libero e dei Filodrammatici, e dove noi mettevamo
in scena le nostre cose. Quindi avevamo gi lavorato insieme. Due anni fa mi ha chiesto se avevo un testo per lei e le ho dato Saccarina,
che non era mai stato messo in
scena. Glielho fatto leggere e le
piaciuto.
La versione che va in scena la
stessa del 2007 o hai cambiato
qualcosa? Ho aggiornato semplicemente alcune cose, riferimenti al
contesto politico milanese, soprattutto per quanto riguarda lExpo.
L'opera gi affrontava il discorso
sullevoluzione urbana di una citt,
su come viene concepita, se a misura duomo oppure no. Cos il tema
dellExpo in realt si inserito perfettamente su questa base gi presente nella versione originale.
Da cosa nascono di solito i tuoi
testi? Da cosa parti a scrivere?
Saccarina nato in un periodo in
cui stavo studiando, mi stavo formando come drammaturgo a Barcellona, alla Sala Beckett, per cui
come struttura e come modalit di
raccontare una storia un testo figlio di quei corsi che stavo facendo:
impianto realista, ambientazione
urbana, plot semplice e un po' intimista, senza grandi giochi formali.
Poi una storia che parla di attori,
perch in quel momento io vivevo
quel mondo l, venivo appunto
dall'esperienza di Scalo 10. Si tratta
di una storia che io ho vissuto, perch, pur non essendo attore, ero
stato a stretto contatto con gli attori.
Poi volevo raccontare una storia su
Milano, sulla realt che mi stava intorno. un testo molto in piccolo,
molto autoreferenziale, poco immaginativo rispetto ad altri che ho scritto dopo. Nasce da unesigenza pi
viscerale e meno teorica.
E invece i testi successivi? Variazioni sul modello di Krapelin e
Sweet Home Europa, ad esemn. 15 VI - 16 aprile 2014

pio? Come cambiato il tuo approccio e il tuo immaginario?


Beh, questi sono testi che partono
da un problema formale, cio come
spiegare determinate tematiche attraverso determinate forme. Nascono pi a partire dalla mia ricerca teorica, dal dottorato in teoria del teatro. Per cui il mio problema principale un altro: parlare s di temi attuali, dellEuropa ad esempio, e cercare dei principi formali che fossero
adatti a spiegare i contenuti che
stavo trattando, e il cui impiego non
fosse gratuito ma giustificabile proprio da quei contenuti. Per cui, ad
esempio, se parlo del problema della ricostruzione della storia, lo faccio
presentando un testo composto da
frammenti di storia che sono problematici da ricostruire. Anche il fatto di allontanarmi sempre di pi dal
lavoro pratico in teatro mi ha aiutato
a lasciare libera limmaginazione.
Perch quando stavo a Scalo 10 la
limitatezza delle risorse economiche, tecniche e di persone limitavano molto la mia scrittura: non avrei
mai immaginato di far entrare in
scena un coniglio di due metri o un
orso bruno. Mentre stando lontano
posso immaginare tutto e questo mi
lascia molto pi libero nel momento
di scrivere.
E i nuovi testi? Quelli che stai
scrivendo ora? Dipende dal tipo di
testo, perch ad esempio Ritratto di
donna araba che guarda il mare nasce dallesigenza di tornare un po
indietro a una struttura drammatica
pi classica, e di esplorare il tema
della tragedia, della possibilit della
tragedia contemporanea. Questo
sempre rimanendo su tematiche universali, come lo scontro di civilt e
le relazioni interpersonali fra persone di contesti culturali diversi, che
poi sono le stesse di Sweet Home
Europa. Per il tema di fondo che
sempre presente in tutti i miei testi
il problema del linguaggio, come il
linguaggio crea la realt e come la
manipolazione del linguaggio sia
essenzialmente una manipolazione
della realt e ne determini la nostra
lettura. Raccontando una storia non
solo diamo una forma logica alla
realt, ma creiamo la realt, sempre
in modo personale, parziale e arbitrario.
Ti mai capitato di dover scrivere
su commissione cose che non
avevi voglia di scrivere? Generalmente non scrivo su commissione, ma anche quando ho avuto ri-

chieste da parte di festival, come


Quartieri dell'Arte a Viterbo, non erano mai limitanti, mi lasciavano
sempre molta libert. Ora ho una
commissione del Teatre Nacional
de Catalunya per il 2015, a partire di
Pasolini, e una della Mnchner Biennale per il 2016, su un progetto
che unisce teatro e musica, ma in
entrambi i casi i progetti sono partiti
dopo essere stato ampiamente consultato. Penso di aver sempre scritto cose che avevo voglia di scrivere,
poi ho cercato di farle girare e di farle coincidere con le esigenze di persone che volevano mettere in scena
qualcosa di mio.
Com il tuo rapporto con i registi? Di solito segui le prove? Per
questioni pratiche mi quasi impossibile seguire le prove. A volte i miei
testi sono messi in scena in diversi
paesi e quindi non riuscirei a stare
dietro a tutto. Parlo volentieri con i
registi, ma lascio sempre decidere a
loro se hanno voglia di confrontarsi
con lautore o no. In Germania ad
esempio molto pi normale che
sia un Dramaturg a lavorare sul testo, quindi lautore resta sempre un
po appartato. Invece in Italia generalmente il regista a fare anche la
Dramaturgie dellopera, quindi mi
capitato molto di pi di essere consultato da registi o attori. Io sono
molto aperto su queste cose, ma
sono consapevole che lautore dello
spettacolo il regista, non il drammaturgo, quindi spetta a lui decidere. Poi mi capitato anche di vedere cose che non mi sono piaciute,
per a quel punto quando decidi di
non fare tu la regia non puoi neanche lamentarti.
Tu vivi allestero, questa sar la
domanda che ti fanno tutti: quali
sono secondo te le principali differenza fra la realt teatrale italiana e quella tedesca, spagnola o
francese? poco comparabile. Io
non passo tanto tempo in Italia, per adesso che ci sono stato un mese, anche per seguire certi progetti
che si stavano prospettando per le
stagioni future, continuo a pensare
che sia un caos. L'impressione (ma
un eufemismo) che le scelte,
soprattutto delle grandi strutture
produttive pubbliche, non siano operate solamente secondo criteri artistici. Ci sono una serie di questioni
politiche che dettano certe condizioni, per cui se cambia un direttore,
o un elemento politico che ha certe
influenze sul teatro a livello ammini15

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strativo, cambiano le decisioni. Cos
i progetti possono apparire e scomparire magicamente nellarco di una
giornata. Questo sinceramente negli
altri paesi non mi capitato. Nel
senso che quando qualcuno ha detto metto in scena il tuo testo, poi
lha messo in scena. Con un processo naturale di produzione e ricerca di fondi, ma in maniera molto
semplice, in realt. Anche con i pagamenti rispetto ai diritti dautore
molto pi semplice. Sono mondi
completamente differenti. Sto dicendo cose ovvie e che sanno tutti.
Lo so.
E riguardo linteresse per la nuova drammaturgia? Dipende. In
Germania c una tradizione drammaturgica molto pi forte che in Italia. In Argentina anche. In Francia
un po pi che da noi. Nessun posto
il paradiso, eh. Per secondo me
lItalia non un buon posto per un
autore di teatro. Cos come un ar-

chitetto se vuole studiare architettura viene in Italia, un autore dovrebbe andare da un'altra parte per inserirsi in una tradizione interessante:
in Germania, Gran Bretagna o in
Argentina. Non dico che dobbiamo
abbandonare tutti questo paese.
Per non ci si pu lavorare se non
ci sono le condizioni minime che ti
garantiscano che quello dell'autore
di teatro sia considerato un lavoro.
Io continuo a scrivere in italiano e
sono contento che quello che scrivo
venga messo in scena qui, ma l'Italia non sar mai il mio primo punto
di riferimento, se voglio pensare che
il mio sia un lavoro. In ogni caso la
tristezza e la delusione dei drammaturghi non poi cos grave, pi grave la tristezza e la delusione degli
spettatori.
Secondo te la crisi economica
pu essere unoccasione di rinnovamento? S, pu essere un ottimo punto di svolta. quello che

sta avvenendo in Spagna, dove


stanno nascendo nuovi modi di fare
teatro, nuove modalit di produzioni
e di incontrare il pubblico, che poi
quello che era successo in Argentina dopo il 2001. Lo fai con meno
soldi ma con pi passione, e soprattutto lo fai se diventa una necessit.
Anche qui sta succedendo. Guarda
il Valle, per esempio, o il teatro per
casa. La crisi ti apre degli spazi e
quindi fa s che i teatri, perdendo
potere economico, perdano anche
potere politico, e questo sempre
buono. In ogni caso deve essere
ripensata urgentemente la modalit
di incontro con il pubblico, l'uso degli spazi, il sistema (e la qualit)
dell'offerta e la politica dei prezzi. E
la crisi sicuramente ti d questa opportunit. Altrimenti il teatro muore
per disinteresse da parte del pubblico, della comunit. E in quel caso
giusto che muoia.
Emauele Aldrovandi

ARTE
questa rubrica a cura di Virginia Colombo
rubriche@arcipelagomilano.org
Rondini colorate per salvare larte antica
Dopo le lumache e le rane, Milano
invasa dalle rondini: quelle plasticose e multicolor di Cracking Art,
gruppo artistico nato ventanni fa e
con allattivo interventi in grandi citt, con opere che fanno dialogare
arte e ambiente. Lultimo progetto
a favore soprattutto dellarte, nello
specifico quella antica, con lo scopo
di promuovere e sostenere economicamente il restauro conservativo
del monumento equestre di Bernab Visconti, realizzato in marmo da
Bonino da Campione nel 1363, simbolo del museo di arte antica del
Castello e posto allingresso delle
sale espositive.
Loperazione si intitola: Deponi un
uovo, fai rinascere un monumento,
e tutti i cittadini sono invitati, insieme alle autorit cittadine e agli artisti di Cracking Art, a contribuire alla
rigenerazione del monumento al
Castello Sforzesco, deponendo un
uovo di rondine.

Dopo linaugurazione ufficiale del


Nido di Rondini, creato in collaborazione con Italia Nostra e FIAT, il
pubblico invitato, fino al 30 giugno
2014, ad acquistare i multipli di rondine messi a disposizione per
liniziativa dal gruppo Cracking Art,
versando a Italia Nostra un contributo di venti euro. Si potr avere in
cambio una scultura multipla di rondine piccola e depositare poi un uovo nel nido, appositamente allestito
dagli artisti di Cracking Art, firmando
cos il proprio gesto rigenerativo. Il
ricavato, come in occasione delle
installazioni del Duomo e della Darsena, andr proprio in favore del
restauro del monumento equestre.
Ma quella delle rondini sar
uninvasione generale, ma pacifica,
in giro per la citt: altre rondini e uova saranno posizionate nel corso
della rassegna in luoghi simbolo
della cultura milanese: il cortile di
Palazzo Reale, il Museo del Risorgimento e Palazzo Morando.

Il progetto Rigeneramento di
Cracking Art ha un mantra ben preciso: l'Arte che rigenera l'arte, ovvero un obbiettivo che anche il nuovo corso del movimento, inaugurato
nell'ottobre 2012 fra le guglie del
Duomo di Milano, per sostenere con
fondi nuovi il restauro della guglia
maggiore. Operazione proseguita
anche la primavera successiva (aprile 2013), con una invasione di
migliaia di rane colorate nelle acque
del Naviglio, fino alla Darsena, con
l'obbiettivo di contribuire al recupero
delle chiuse leonardesche alla Conca dell'Incoronata, in San Marco a
Milano.
In questo caso Cracking Art assume
limpegno sociale e culturale di portare larte contemporanea a un confronto attivo con larte antica e monumentale, e anche questa volta
ogni parte sociale chiamata a partecipare in modo attivo per unottima
causa.

Bernardino Luini e figli: una saga lunga un secolo


Dopo un silenzio durato quasi cinquantanni, Bernardino Luini torna
protagonista di una mostra, e lo fa
in grande stile. Il pittore di Dumenza, chiamato per da tutti di Luino,
il centro di una esposizione come

n. 15 VI - 16 aprile 2014

da tempo non se ne vedevano, con


200 opere esposte per chiarire a
tutto tondo una personalit significativa ma discussa, soprattutto per la
mancanza di dati certi che caratterizza la biografia dellartista.

Da gioved 10 aprile sar possibile


scoprire Bernardino, i suoi figli e la
sua bottega, le influenze illustri che
lo ispirarono (Leonardo, Bramantino, i veneti, persino un certo che
di Raffaello) e pi in generale cosa

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succedeva a Milano e dintorni agli
inizi del 500.
Quello sviluppato in mostra un
percorso ricco e vario, che oltre a
moltissime opere del Luini, presenta
anche il lavoro dei suoi contemporanei pi famosi, Vincenzo Foppa,
Bramantino, Lorenzo Lotto, Andrea
Solario, Giovanni Francesco Caroto,
Cesare da Sesto e molti altri, che
spesso giocarono un ruolo chiave
nel definire lestetica artistica milanese.
Un percorso lungo quasi un secolo,
che dalla prima opera di Bernardino,
datata 1500, arriva a coprire anche
le orme del figlio Aurelio, vero continuatore dellattivit di bottega, se
pur gi contaminato da quel Manierismo che stava dilagando nella penisola.
La mostra occuper lintero piano
nobile di Palazzo Reale, e si concluder in maniera scenografica nel-

la sala delle Cariatidi, presentando,


in alcuni casi per la prima volta, tavole, tele, affreschi staccati, arazzi,
sculture, disegni e prove grafiche.
Oltre a prestiti milanesi, con opere
provenienti da Brera, dallAmbrosiana e dal Castello sforzesco, si
affiancano importanti contributi internazionali provenienti dal Louvre e
dal museo Jacquemart-Andr di Parigi, dallAlbertina di Vienna, dal
Szpmvszeti Mzeum di Budapest, dai musei di Houston e Washington.
Il progetto, curato da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, oltre a essere
la pi grande retrospettiva mai dedicata a uno dei protagonisti dellarte
del Cinquecento in Lombardia,
una saga famigliare in dodici sezioni, ognuna dedicata allapprofondimento di un momento della vita
dei Luini e delle loro commissioni
pi importanti. Degni di nota sono

gli straordinari affreschi per la Villa


Pelucca di Gerolamo Rabia, mirabile ciclo decorativo tra sacro e profano; e la casa degli Atellani, con una
rassegna di effigi dei duchi di Milano
e delle loro consorti, ricostruita
dallarchitetto Piero Lissoni, responsabile dellallestimento.
Dopo tante mostre dedicate ai contemporanei, la mostra un tuffo in
unepoca che per Milano fu davvero
doro, un momento in cui la citt ma
anche la stessa Lombardia, regalarono un apice artistico in seguito
difficile da eguagliare.
Bernardino Luini e i suoi figli Palazzo Reale, 10 aprile 13 luglio 2014
Orari: Luned 14.30_19.30 da Marted a Domenica 9.30_19.30 Gioved e Sabato 9.30_22.30 Biglietti Intero 11,00 Ridotto 9,50

Quel provocatore di Manzoni


Ironico, irriverente, scandaloso, incompreso. Piero Manzoni questo
e molto altro. A 50 anni dalla morte
dellartista, scomparso prematuramente allet di 30 anni, Milano propone una grande retrospettiva con
pi di 100 opere per celebrare il genio di questo surrealista mancato,
che ebbe solo sette anni di attivit
artistica. Una parabola fulminante
che, dalla originaria Soncino, lo porta a legarsi a doppio filo alla Milano
di met anni 50, ponendosi a fianco
di artisti quali Lucio Fontana e il
gruppo degli spazialisti.
In mostra si potr ripercorrere il breve cammino di Manzoni, dai lavori
desordio, nella sezione dedicata
alle opere nucleari, fino alle serie
pi note. Immancabili i tre grandi
filoni tematici su cui Manzoni oper
e che sono ormai immediatamente
associati al suo nome: gli Achrome,
le Linee e la famosa Merda dartista.
In particolare degli Achrome la mostra ben nutrita: sono tanti e fatti
di materiali diversi, dai sassi al polistirolo, dalla pelle di coniglio alla
carta, dal peluche ai panini. Sono le
opere forse pi interessanti di Manzoni, in cui, attraverso la neutralit
del colore bianco, sempre prevalente, Manzoni cerca uno spazio totale.
Secondo la definizione stessa data
dallartista, sono "superfici acrome",
senza colore, aperte a infiniti significati possibili. Inizialmente fatti di
gesso, colla e caolino, gli Achrome
non sono manipolati, ma lasciati a-

n. 15 VI - 16 aprile 2014

sciugare naturalmente, affidando la


trasformazione del materiale in opera darte a un processo che avviene
da s. Se per Fontana o Pollock il
gesto dellartista era fondamentale,
costruiva o distruggeva lopera, per
Manzoni quel potere creativo
bloccato, congelato, lasciando questo dono allopera stessa.
Altro filone affrontato quello della
linea: strisce di carta di diverse lunghezze prodotte in maniera meccanica, misurate, inscatolate e pronte
per la vendita, cos come pronte
per il consumo erano le uova sode
che Manzoni cre per un happening
in galleria dal titolo Divorare larte,
del 1960: uova sode, simbolo di rinascita, erano offerte ai visitatori per
essere mangiate. Lo scopo era
quello di rendere lo spettatore opera
darte, renderlo partecipe della performance, dargli un ruolo attivo nella vita artistica. Le uova rimangono
poi protagonista dellopera di Manzoni, quando in quello stesso anno
decise di contrassegnarle con la
sua impronta digitale, creando
unidentit inequivocabile tra lopera
e lartista stesso.
Manzoni non era nuovo a questo
tipo di exploit, tanto che lanno dopo
decise di firmare i corpi di spettatori
e curiosi, con tanto di autentica e
bollini riconoscitivi. Lo spettatore
diventa arte vivente.
In mostra completano la panoramica anche i celebri fiati dartista, i
corpi daria (palloncini gonfiati che

sembrano sculture) e le basi magiche per le cosiddette sculture viventi.


Certo lopera che tutti si aspettano
la serie delle Merde dartista, in cui
Manzoni polemizza contro il nuovo
mercato dellarte, sempre pi attento ai meccanismi economici e sempre meno alloggetto artistico in s.
Ecco perch con unoperazione
quasi duchampiana, Manzoni insegna che, ai giorni nostri, tutto pu
ormai essere considerato arte, a
discapito della qualit e del contenuto . Ecco perch decise di
vendere queste confezioni a peso
doro (700 lire al grammo, indicandolo in trenta grammi doro).
Artista che ammicca mentre bacchetta, con le sue opere ha decontestualizzato e ribaltato il senso
dellopera darte. Lallestimento non
brilla per inventiva, ma almeno ha il
pregio di presentare fotografie
dellartista allopera e citazioni dello
stesso, attraverso le quali si potr
comprendere pi a fondo luniverso
di questa meteora dellarte italiana
che ebbe per un ruolo di rottura
con larte del suo tempo.
Piero Manzoni 1933 1963 Palazzo Reale Fino al 2 giugno 2014 Orari: luned 14.30-19.30 da marted a
domenica 9.30-19.30 gioved e sabato 9.30-22.30 biglietti: Intero
11,00 - Ridotto 9,50

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Klimt, Beethoven e la Secessione Viennese


Gustav Klimt il maestro indiscusso
della Secessione viennese, movimento artistico sviluppatosi tra la
fine dell800 ed esauritosi alla fine
degli anni 10 in Austria e che dilag
anche in citt come Monaco e Berlino. uno degli artisti pi amati,
ammirati e idolatrati di sempre, bench il corpus delle sue opere sia relativamente esiguo, 250 lavori circa.
Nulla a confronto della prolificit di
artisti come Picasso, Warhol o Kandinsky, per citare solo alcuni degli
artisti ospitati di recente a Palazzo
Reale.
Ed proprio qui che da mercoled
12 marzo sar possibile scoprire e
ammirare anche i capolavori del
maestro viennese. Klimt. Alle origini di un mito lultima mostra promossa dal Comune di Milano e dal
Sole24 Ore.
bene dire fin da subito che non
una monografica su Klimt, ma piuttosto una panoramica su Klimt, sui
fratelli Georg e Ernst e su alcuni
degli artisti pi significativi della Secessione. Di lavori puramente klimtiani ce ne sono una ventina. Piuttosto quella proposta da Palazzo Reale una mostra, con un allestimento
molto accattivante e suggestivo, con
opere notevoli e lavori che faranno
capire il senso di quella straordinaria rivoluzione artistica che va sotto
il nome di Art Nouveau, Art Dec o,
appunto, Secessione.
Il motivo presto spiegato. I capolavori di Klimt non sono pi assicurabili, spiega il curatore della mostra, Alfred Weidinger, che cura
lesposizione insieme a unaltra
grande esperta klimtiana, Eva di
Stefano. I premi assicurativi sono
altissimi, le opere troppo significative perch i musei se ne possano
separare con facilit. Retrospettive
importanti a livello numerico sono
ormai rarissime. Per gli amanti dei
numeri basti ricordare che 'Il ritratto
di Adele Bloch Bauer' fu acquistato

nel 2006 da Ronald Lauder per 135


milioni di dollari, diventando uno tra
i quadri pi costosi di sempre.
Nonostante tutto le opere in mostra
sono comunque tante, un centinaio,
divise in sezioni. Si inizia con la sezione sulla famiglia Klimt, significativa perch mostra qualcosa di forse
poco noto, lorigine della vocazione
artistica del maestro. Il padre, orafo,
passa ai tre figli maschi la passione
e la pratica dellarte, che i ragazzi
portano avanti studiando presso la
Kunstgewerbeschule (scuola d'arte
e mestieri), dove si esercitano in
pittura e in svariate tecniche, il tutto
ancora seguendo uno stile storicista
ed eclettico. Particolare attenzione
stata dedicata all'opera giovanile,
alla formazione di Klimt e ai suoi
inizi come decoratore dei monumentali edifici di rappresentanza
lungo il nuovissimo Ring di Vienna.
La sezione successiva dedicata
alla Kunstler-Compagnie, la Compagnia degli Artisti che Klimt cre
con i fratelli Ernst e Georg insieme a
Matsch, e alla quale vennero affidate prestigiose commissioni ufficiali e
onorificenze, riprendendo e portando avanti lo stile pomposo del loro
maestro Hans Makart.
Ma il nuovo stava per arrivare. Abbandonato lo stile storicista Gustav
Klimt e compagni, nel 1898, dopo lo
scandalo causato con i dipinti per
luniversit di Vienna (bruciati in un
incendio ma riproposti in mostra
tramite incisioni) inaugurano la prima mostra della Secessione viennese, con la pubblicazione della rivista ufficiale, Ver Sacrum. lanno
in cui larchitetto Otto Wagner crea il
famoso Palazzo della Secessione,
decorato internamente dagli stessi
artisti.
in questo ambito che nascono alcuni dei capolavori esposti, come la
bellissima Giuditta II. Salom, prestito della veneziana Ca' Pesaro,
Adamo ed Eva, Acqua Mossa, Fuo-

chi fatui (una chicca di collezione


privata difficilmente prestata in mostra) e altre opere preziose, ricche
di decorazioni eleganti e sinuose, in
cui il corpo femminile diventa protagonista. La donna prima madre poi
femme fatale, intrigante e sensuale,
portatrice di estasi e di tormento il
soggetto prediletto da Klimt.
Paesaggi (con lincredibile Girasole)
e ritratti sono altre sezioni della mostra, disseminate qua e l dagli
straordinari disegni su carta. Opere
che mostrano tutta labilit del grande maestro che con un solo tratto di
matita riusciva a creare un languido
corpo femminile.
Ma varrebbe il costo del biglietto
anche solo la straordinaria ricostruzione del Fregio di Beethoven, a
met percorso, ispirato dalla nona
sinfonia del musicista e creato per il
Palazzo della Secessione di Vienna.
Copia dell'originale, irremovibile e
danneggiato, realizzata durante il
complesso lavoro di restauro compiuto negli anni 70-80, stato ricostruito cos come Klimt laveva allestito nel 1902, con 7 pannelli di 2
metri di altezza per 24 di lunghezza.
Tributo a un musicista considerato
leggendario dagli artisti viennesi, il
Fregio rappresentata leterna contrapposizione tra il bene e il male, il
viaggio delluomo - cavaliere e
laspirazione al riscatto e alla salvezza possibili solo attraverso larte,
rappresentata dalla donna; unopera
forte di quel messaggio allegorico
sempre presente nelle opere di
Klimt. Maestro indiscusso di eleganza e raffinatezza.
Klimt. Alle origini di un mito Palazzo Reale, fino al 13 luglio Aperture e costi: Luned dalle ore 14:30
alle ore 19:30, da marted a domenica dalle ore 9:30 alle ore 19:30,
gioved e sabato orario prolungato
fino alle ore 22:30 Biglietto intero 11
euro, ridotto 9,50.

Kandinsky e la nascita della pittura astratta


Che cos lastrattismo? Che significato hanno cerchi, linee, macchie di
colori a prima vista casuali ma di
gran impatto visivo? C qualcosa
oltre la superficie del quadro? Per
rispondere a questi leciti interrogativi arriva a Milano una grande retrospettiva dedicata a uno degli artisti
pi significativi del secolo scorso:
Vassily Kandinsky.
Sono oltre 80 le opere in mostra,
tutte provenienti dal Centre Pompidou di Parigi e tutte firmate dal padre dellastrattismo. Una esposizio-

n. 15 VI - 16 aprile 2014

ne che offre una panoramica completa dellevoluzione dellartista, partito da una figurazione semplice e
legata alla tradizione, ma che arrivato a concepire alcune delle teorie
artistiche pi interessanti del 900.
Un percorso di ricerca lungo e fatto
di molte sperimentazioni, che caratterizza larte di Kandinsky come
qualcosa di complesso ed estremamente affascinante.
Lapertura di grande impatto, con
la ricostruzione, per la prima volta
portata
fuori
dalla
Francia,

dell"ambiente artistico totale" ricreato nel 1977 dal restauratore Jean


Vidal, ovvero pitture parietali eseguite riportando fedelmente i cinque
guazzi originali con cui Kandinsky
decor il salone ottagonale della
Juryfreie Kunstausstellung di Berlino, esposte tra il 1911 e il 1930.
Il percorso prosegue poi in ordine
cronologico, esaminando le tante
fasi vissute da Kandinsky. Gi dalle
prime opere lartista russo dimostra
una passione per il colore, le atmosfere di gusto impressionista e fau-

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ve con unattenzione ai temi leggendari e legati al passato, come ad
esempio i cavalieri, soggetti che si
trova ad affrontare allinizio del 900.
Abbandonata la Russia, Monaco
sembra offrire una vita migliore a
Kandinsky, che frequenta lAccademia di Belle Arti e si lega ad artisti
che sperimentano con lui un tipo di
arte ancora di gusto Art Nouveau:
il momento del gruppo Phalanx.
Dopo viaggi che lo conducono in
giro per il mondo insieme alla nuova
compagna, la pittrice Gabriele Munter, Kandinsky si trasferisce a Murnau, in Baviera, ed l che, passo
dopo passo, nascer lastrattismo.
Gradatamente i disegni si fanno
piatti, il colore prende piede e nel
1910 vedr la luce il primo acquerello astratto, dipinto con i colori primari che hanno, agli occhi dellartista,
una valenza e un significato unico e
fondamentale.
Nel 1912, in compagnia dellamico
Franz Marc, nascer il celebre
Blaue Reiter, quel Cavaliere Azzurro protagonista degli esordi di Kan-

dinsky e che diverr anche un fortunato almanacco artistico. Seguir a


breve Lo spirituale nellarte, trascrizione del pensiero e della dottrina di
Kandinsky sullarte astratta.
Con lo scoppio della guerra Kandinsky costretto a tornare in Russia, momento in cui torner a una
fugace figurazione e in cui conoscer la futura moglie Nina. Nel 1922
accetta il prestigioso invito del Bauhaus di Gropius e si trasferisce a
Dessau come insegnante. Dopo la
chiusura nazista di questa prestigiosa scuola, Kandinsky decide di recarsi a Parigi, sua ultima meta e citt allora pervasa dalle grandi novit
del cubismo e del surrealismo, corrente questultima, che influenzer
fortemente gli ultimi lavori dellartista.
Figure biomorfe sembrano galleggiare leggere e impalpabili su cieli
blu, diagonali di colore, griglie e colori pastello. Il cielo e la luce tanto
amata della ville lumiere lasceranno
unultima suggestione nelle grandi
composizioni cos come nei piccoli

dipinti su cartone che Kandinsky


cre durante la Guerra.
In mostra sono presenti alcune delle
opere pi significative dellartista,
quelle che tenne per s costantemente appese in casa o che don
allamata moglie Nina, e che danno
quindi il resoconto esatto di unarte
che si rivelata fondamentale anche per i pittori moderni. Molto dovettero a Kandinsky Pollock e i suoi
irascibili, cos come, larte astratta
e lInformale ebbero un debito enorme nei confronti di questuomo
che ebbe il coraggio di dire che le
forme e i colori sono fondamentali,
spirituali, e che la pittura deve trasmettere lessenza pi profonda di
chi la crea e di chi la guarda.
Kandinsky: la collezione del Centre Pompidou fino al 4 maggio
2014 Orari: luned:14.30 - 19.30 dal
marted alla domenica: 9.30 - 19.30
gioved e sabato: 9.30 - 22.30 Biglietti: intero 11,5, ridotto 9,5

Perch il Museo del Duomo un grande museo


Inaugurato nel 1953 e chiuso per
restauri nel 2005, luned 4 novembre, festa di San Carlo, ha riaperto
le sue porte e le sue collezioni il
Grande Museo del Duomo. Ospitato
negli spazi di Palazzo Reale, proprio sotto il primo porticato, il Museo
del Duomo si presenta con numeri e
cifre di tutto rispetto. Duemila metri
quadri di spazi espostivi, ventisette
sale e tredici aree tematiche per
mostrare al pubblico una storia fatta
darte, di fede e di persone, dal
quattordicesimo secolo a oggi.
Perch riaprire proprio ora? Nel
2015 Milano ospiter lExpo, diventando punto di attrazione mondiale
per il futuro, cos come, in passato,
Milano stata anche legata a doppio filo a quelleditto di Costantino
che questanno celebra il suo
1700esimo anniversario, con celebrazioni e convegni. Non a caso la
Veneranda Fabbrica ha scelto di
inserirsi in questa felice congiuntura
temporale, significativa per la citt,
dopo otto anni di restauri e un investimento da 12 milioni di euro.
Il Museo un piccolo gioiello, per la
qualit delle opere esposte cos
come per la scelta espositiva.
Larchitetto Guido Canalico lo ha
concepito come polo aperto verso
quella variet di generi e linguaggi
in cui riassunta la vera anima del
Duomo: oltre duecento sculture, pi

n. 15 VI - 16 aprile 2014

di settecento modelli in gesso, pitture, vetrate, oreficerie, arazzi e modelli architettonici che spaziano dal
XV secolo alla contemporaneit.
E lallestimento colpisce e coinvolge
gi dalle prime sale. Ci si trova circondati, spiati e osservati da statue
di santi e cherubini, da apostoli, da
monumentali gargoyles - doccioni,
tutti appesi a diversi livelli attraverso
un sistema di sostegni metallici e di
attaccaglie a vista, di mensole e
supporti metallici che fanno sentire
losservatore piccolo ma allo stesso
tempo prossimo allopera, permettendo una visione altrimenti impossibile di ci che stato sul tetto del
Duomo per tanti secoli.
Si poi conquistati dalla bellezza di
opere come il Crocifisso di Ariberto
e il calice in avorio di san Carlo; si
possono vedere a pochi centimetri
di distanze le meravigliose guglie in
marmo di Candoglia, e una sala altamente scenografica espone le vetrate del 400 e 500, alcune su disegno dellArcimboldo, sopraffini
esempi di grazia e potenza espressiva su vetro.
C anche il Cerano con uno dei
Quadroni dedicati a San Carlo,
compagno di quelli pi famosi esposti in Duomo; c un Tintoretto ritrovato in fortunate circostanze, durante la Seconda Guerra mondiale, nella sagrestia del Duomo. Attraverso

un percorso obbligato fatto di nicchie, aperture improvvise e sculture


che sembrano indicare la via, passando per aperture ad arco su pareti in mattoni a vista, si potr gustare
il Paliotto di San Carlo, pregevole
paramento liturgico del 1610; gli Arazzi Gongaza di manifattura fiamminga; la galleria di Camposanto,
con bozzetti e sculture in terracotta;
per arrivare fino alla struttura portante della Madonnina, che pi che
un congegno in ferro del 1700,
sembra unopera darte contemporanea. E al contemporaneo si arriva
davvero in chiusura, con le porte
bronzee di Lucio Fontana e del
Minguzzi, di cui sono esposte fusioni e prove in bronzo di grande impatto emotivo.
Il Duomo da sempre il cuore della
citt. Questo rinnovato, ampliato,
ricchissimo museo non potr che
andare a raccontare ancora meglio
una storia cittadina e di arte che ebbe inizio nel 1386 con la posa della
prima pietra sotto la famiglia Visconti, e che continua ancora oggi in
quel gran cantiere, sempre bisognoso di restauro, che il Duomo
stesso.
Museo del Duomo Palazzo Reale
piazza Duomo, 12 Biglietti: Intero
6 euro, ridotto 4 euro Orari: MartedDomenica: 10.00 -18.00.

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GALLERY

VIDEO

MIA PIZZI: SALONE E FUORISALONE, UN SUCCESSO. PRIME IMPRESSIONI


http://youtu.be/fgczWg8kQU8

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