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numero 24 anno VI 25 giugno 2014


edizione stampabile

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Luca Beltrami Gadola


Il decreto che assegna i poteri al
magistrato Raffaele Cantone, designato a occuparsi della legalit negli
appalti di Expo e non solo, non arriva. Lultimo sollecito lha fatto partire
il presidente Maroni. Non sappiamo
dunque ancora quando arriver n
quali saranno esattamente i poteri in
forza dei quali eserciter le sue funzioni. Il sindaco Giuliano Pisapia ha
scritto a Renzi, temo senza risposta,
chiedendo pure lui poteri di deroga
alla legislazione vigente per far fronte a uno e forse nemmeno pi
importante dei problemi della nostra citt: intervenire su edifici abbandonati, pericolosi, lasciati incompiuti che non solo deturpano ma
sottraggono spazi importanti assai
meglio utilizzabili; abbandonare al
degrado o allinutilizzo aree o costruzioni perfettamente servite da
mezzi pubblici e infrastrutture di
servizio un danno per la collettivit.
Questa strategia pure contenuta
nel nuovo regolamento edilizio in
corso di approvazione e fortemente
invocata dal vicesindaco, nonch
assessore allurbanistica, Lucia de
Cesaris. Non ce la faremo mai perch cadiamo nellart. 42 della Costituzione, quello sulla propriet, in
particolare la propriet privata (*).
Non sono pessimista, sono solo
realista. Proprio lassessore De Cesaris, con il suo passato di noto
amministrativista e quindi spesso
dallaltra parte della barricata, - che
vede e ha visto proliferare i suoi col-

leghi, pi o meno sottili nelle loro


comparse, giocando su due fronti: la
schizofrenia legislativa e i ricorsi per
incostituzionalit dovrebbe sapere
che in questo Paese i proprietari di
immobili la spuntano quasi sempre.
Per blindare una deroga alla legislazione vigente o una nuova norma
in questo particolare ambito, ci vuole una sottigliezza e unaccortezza
che non raggiungeremo mai. Non
ce la faremo perch la burocrazia
romana dei ministeri che si occupa
della stesura letterale di leggi e decreti pi forte e pi scaltra di ogni
altro ma soprattutto figlia della destra conservatrice, non solo ma appassionata nel sottile mestiere dello
spaccare il capello in quattro, facendo il gioco dellavvocato parrucchiere.
Anche laltra richiesta romana di Pisapia laffidamento diretto alle imprese per i lavori minori, lavori pubblici e case popolari non la vedo
messa bene e per le stesse ragioni.
Ma qui dobbligo una chiosa. La
lentezza nel processo edilizio pubblico (ma anche privato) non dipende solo dalla schizofrenia legislativa
ma anche dalla lentezza della pubblica amministrazione nel produrre
documenti dappalto (progetti, descrizioni, computi e capitolati) e dalla loro pessima qualit, ragione prima di tanti ricorsi. Come si dice: La
carit comincia in casa.
Quanto a metter le mani sul demanio militare, lultima richiesta del
sindaco, un mio vecchio cavallo di

battaglia che vorrei si estendesse


anche ai demani ferroviari che, entrambi, non possono certo essere
alienati a prezzi di mercato (con
quale destinazione duso?) senza
fare torto alla collettivit urbana: il
loro valore siamo noi che col nostro
semplice esistere abbiamo pagato
le urbanizzazioni e costituiamo il
mercato. Sono aree gi nostre.
Per le ferrovie poi il paradosso
che ne abbiamo pagati i deficit da
sempre. Ma qui il discorso va lontano e coinvolge tutti, privati e pubblici, quelli che hanno goduto di finanziamenti a fondo perduto (comprese
la cassa integrazione): perch in
cambio non ne siamo divenuti azionisti?
Tornando alla legislazione schizofrenica (e lo non a caso), quando
il nuovo (e giovane almeno anagraficamente) che avanza ci metter
mano? Dobbiamo ancora passare le
serate tra vecchi amici discorrendo
sul cui prodest di tutto questo?
(*) Art. 42
.
La propriet privata riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i
modi di acquisto, di godimento e i limiti
allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti.
La propriet privata pu essere, nei casi
preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse
generale.
.

SANIT LOMBARDA: NON DIMENTICARE IL TERZO SETTORE


Sergio Vicario
Il dibattito sulla riforma della sanit
in Lombardia avviato su Arcipelago
Milano da autorevoli esponenti del
Pd, con diversi spunti interessanti e
meritevoli di attenzione, rimane tuttavia circoscritto allinterno della
cornice istituzionale e dei poteri attribuiti alla Regione.
Tutte le analisi condividono che
lanzianit media delle persone e la
crescita della cronicit delle diverse
patologie spingono verso una medicina territoriale sempre meno basata sulla centralit dellospedalizzazione e che lorganizzazione sanitaria debba fondarsi su servizi diagnostici, di cura e di riabilitazione
pi diffusi e con ruolo crescente
dellassistenza domiciliare.
Nel recente Congresso regionale
del Sindacato Nazionale Autonomo

n. 24 VI - 25 giugno 2014

Midici Italiani (SNAMI), il Professor


Giancarlo Blangiardo, autorevole
demografo dellUniversit di Milano
Bicocca, in aggiunta, ha segnalato
alla platea che linvecchiamento sta
gi riguardando anche la popolazione extracomunitaria residente, che
aveva fin qui contribuito a contenere
significativamente let media complessiva della popolazione. Fatto
che sicuramente, in prospettiva,
comporter un aggravamento delle
condizioni di sostenibilit del servizio sanitario regionale.
Al riguardo sorgono spontanee alcune domande. Lorganizzazione
pi ottimale sul territorio dei servizi
necessari a gestire tutte le problematiche connesse alla cronicit e, in
particolare, allassistenza domiciliare, assicurata dalle competenze e

dalle conoscenze della attuali strutture sanitarie regionali? La gestione


delle differenze socio-sanitarie che
caratterizzano i diversi territori lombardi sono compatibili con la definizione di parametri generali? Oppure
lorganizzazione della sanit in divenire necessita di specifiche e diverse articolazioni in base alla caratteristiche dei singoli territori, che
meglio possono essere comprese
da chi quei territori governa?
In altre parole, alla costituenda Citt
Metropolitana e ai singoli Comuni,
che poi possono anche consorziarsi, nel campo dellassistenza sociosanitaria non andrebbero trasferiti
autonomi poteri decisionali con le
relative risorse e non solo maggiori
funzioni consultive? Lo spostamento
della gestione della Sanit dalla

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Regione alla Citt metropolitana


ipotizzato recentemente dallAssessore del Comune di Milano, Majorino, ad esempio, andava nelle direzione di una organizzazione sanitaria sempre pi vicina al territorio.
Ipotesi, per, immediatamente bocciata dai vertici regionali del Partito
Democratico.
Sostenere che la maggior autonomia decisionale della Citt Metropolitana e dei Comuni impedirebbe lo
sviluppo di Reti regionali, come
quella oncologica (ROL), del tutto
strumentale a mantenere in vita un
sistema centralistico regionale che
nella gestione e nel controllo non ha
dato il meglio di s. Gi oggi Reti
nazionali o internazionali si sviluppano non sulla base di una programmazione centralistica, ma sulla
base di obiettivi e risorse condivise,

da concordare tra i diversi soggetti


coinvolti, sulla base degli obiettivi da
perseguire.
Nel caso delle Reti regionali si pu
senzaltro prevedere un ruolo della
Regione Lombardia, per non come
Ente decisore finale, ma come soggetto portatore di obiettivi e di risorse nel confronto con le altre realt
partecipanti. Le reti cantonali e confederali, ad esempio, esistono e
funzionano nella vicina Svizzera, in
presenza di forti autonomie dei singoli Comuni.
Da ultimo, ma non meno importante, nel dibattito finora rimasto assente il ruolo del Terzo settore e del
volontariato. Nella migliore delle ipotesi li si ritiene utili a intervenire a
fianco del pubblico nelle situazioni
di emergenza, organizzativa o finanziaria, a patto per che non si

metta in discussione la supremazia


gestionale del settore pubblico. Resta, perci, assente dal dibattito sul
futuro dellorganizzazione sanitaria
la necessit, di una concreta integrazione pubblico-privato non profit
fondata su un sano principio di sussidiariet.
Lo richiederebbe, in primo luogo, la
scarsit delle risorse a disposizione
del pubblico, ma anche la necessit
di assicurare a un numero crescente di malati, servizi sempre pi mirati. I buoni esempi, in termini di minori costi e migliori prestazioni, assicurati da diverse realt non profit non
mancano. Per vederli, e assumerli
come modelli organizzativi, basterebbe guardarli senza prevenzioni,
dettate solo da unideologia che rimane ancora troppo statalista.

VERDE DI CINTURA: PROGETTARE NON SOLO PROTEGGERE


Pierluigi Marchesini Viola*
parere ampiamente condiviso che
le opere di nuova infrastruttura e/o
di urbanizzazione dovrebbero strategicamente rappresentare una
grandissima occasione per lattuazione di politiche territoriali di valorizzazione e di riequilibrio ecologico
- ambientale. Esse offrono, infatti, la
possibilit di concretizzare interventi
che altrimenti rimarrebbero solo sulla carta, come ad esempio le reti
ecologiche di scala interprovinciale ,
forestazione e il ripristino del sistema irriguo minore.
Tuttavia, per quanto ho potuto constatare anche direttamente, confrontandomi con la pianificazione ambientale provinciale e regionale, per
la progettazione di opere di mitigazione e compensazione di nuove
reti infrastrutturali viabilistiche lombarde, non sempre questa opportunit stata sfruttata.
Nel caso della Pedemontana Lombarda, la Regione e le Province individuarono preventivamente il corridoio ecologico primario che per
larga parte ha coinciso con il corridoio autostradale. Ci ha di fatto
orientato la progettazione delle opere di mitigazione e compensazione
ambientale della Pedemontana alla
concretizzazione dellunico corridoio
rimasto nella citt infinita dellarco
pedemontano tra Ticino e Adda.
Di segno opposto sembra invece
essere la pi recente Tangenziale
Est Esterna Milano: seppure il suo
tracciato ricada per buona parte su
importanti comparti agricoli attivi del
Parco Agricolo Sud Milano, la mancanza di una visione strategica am-

n. 24 VI - 25 giugno 2014

bientale ha permesso che le opere


si limitassero a mitigare gli impatti
diretti e a promuovere solo sporadicamente azioni di recupero e valorizzazione ambientale.
Lassenza di consapevolezza del
quadro dinsieme e/o di programmi
di attuazione rapportabili ai budget
compensativi che le nuove infrastrutture devono per legge erogare
in opere, ha fatto s che molti degli
enti preposti alla verifica dei progetti
prescrivessero modifiche con azioni
avulse ai territori e agli stessi budget di riferimento, o sporadiche e
incentrate sul rispetto puntuale dei
regimi vincolistici consueti - paesistici, idraulici, dei beni culturali, di
trasformazione del bosco,e cos via.
Cosa manca, quindi, ai modelli di
gestione del territorio? Non i vincoli,
che hanno dimostrato la loro inadeguatezza anche nella loro migliore
attuazione - rispetto allo sprawl urbano generalizzato e alla pesante
perdita della qualit del patrimonio
paesistico dellarea metropolitana
milanese di questi ultimi quaranta
anni.
Ci che sembra mancare proprio
la progettualit del territorio non urbanizzato. Tutte le aree non impermeabilizzate del territorio dovrebbero avere un proprio strumento di
progettazione attiva e di programmazione di interventi, che goda della stessa dignit degli strumenti di
pianificazione urbanistica e con interlocutori capaci di orientare le
scelte duso del territorio verso la
qualit ambientale, lo sviluppo razionale delle risorse di suolo, aria e

acqua, nonch la tutela e ricomposizione di un quadro paesaggistico


ed ecologico dinsieme.
Allinterno del perimetro dellarea
metropolitana si potrebbero immaginare dei distretti, che comprendano trasversalmente tutte le aree
non urbanizzate, quali le aree agricole, gli spazi interstiziali abbandonati, i sedimi ferroviari, le aree bonificate o da bonificare, il verde urbano, i parchi di cintura e il sistema dei
parchi. Distretti che potrebbero avere dei confini dettati dalle caratteristiche
podologiche
omogenee,
quindi finalmente incentrate sulle
diverse qualit dei terreni.
Quale modello di governance per
tali distretti, il migliore mi pare quello
riproposto da Francesco Borella per
i parchi di cintura, nellottimo articolo
pubblicato il 4 giugno scorso su ArcipelagoMilano. Il modello, cio,
sperimentato positivamente dal
Parco Nord e Italia Nostra dove,
sotto la supervisione della Citt metropolitana, si introduca un nuovo
soggetto pubblico capace di ascolto delle associazioni e dei cittadini,
catalizzatore di partecipazione e di
volontariato, ma capace anche di
individuare in loco le linee di minore
resistenza lungo le quali far maturare progetti immediatamente cantierabili, in risposta a istanze sentite
dai cittadini (e quindi pi facilmente
finanziabili).
Quindi unit rappresentative del territorio metropolitano con una propria
dignit amministrativa, dotate non
solo di conservazione ma con una
capacit specifica progettuale. Un

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soggetto che possa finalmente sedersi con competenza ai tavoli per
la programmazione di nuovi insediamenti, per proporre correzioni di
rotta e misure compensative veramente condivise dai soggetti attivi
sul territorio di riferimento. I contenuti delle contrattazioni e delle dinamiche reali dovrebbero poi diventare tasselli fondativi per la redazione del piano strategico della citt
metropolitana, specialmente se
questultimo, piuttosto che registrare
fatti gi accaduti, avr contenuti
propositivi in merito alle trasformazioni condivise.
Ancora Borella, nel suo articolo, definisce il sistema dei parchi, la rete
ecologica, le aree agricole, quali livelli di intervento per il verde a scala metropolitana. Nello scenario delle azioni strategiche da lui descritte,
e che condivido, aggiungo solo alcune note.
- In merito alle aree urbane intercluse tra ledificato, cos come per le
aree ai margini di infrastrutture, dopo il loro recupero a uso pubblico
bisognerebbe privilegiarne la connettivit vegetazionale oltre che fruitiva. ormai necessario che queste
aree di risulta, effetto delle relazioni dinamiche tra le trasformazioni
urbane, vengano considerate un

valore fondativo per la futura qualit


delle periferie.
- I parchi di cintura dovrebbero, mediante il loro progressivo riconoscimento e trasformazione a parchi
pubblici, superare la loro pregressa
identificazione quali elementi di mediazione tra citt (monocentrica) e
campagna. Il superamento dei limiti
comunali, imposto dalla citt metropolitana, sposta invece laccento
sulla trasformazione a verde pubblico come elemento di qualit delle
aree urbanizzate (Parco Nord) e di
continuit di scala territoriale, come
ad esempio il recente ampliamento
del Plis Media Valle Lambro, che ha
connesso il corridoio del Lambro dal
Parco di Monza al Parco Forlanini di
Milano: 13 km di territorio intercomunale. La connettivit del sistema
dei parchi di cintura lorizzonte su
cui si confronteranno sia le infrastrutture viarie (mobilit) sia le infrastrutture a verde (biodiversit qualit del paesaggio e mitigazione climatica).
- Anche il sistema irriguo che costruisce il territorio metropolitano
dovrebbe essere rivisto in chiave di
potenziamento della rete ecologica
principale mediante azioni dirette
alla sua conservazione, alla qualit
delle acque e al potenziamento delle fasce riparie; tutto il contrario di

quanto, nel 2008, stato deliberato


nel Regolamento di polizia idraulica
per i Consorzi di Bonifica, proprio
dalla Regione Lombardia.
- Anche sulle aree agricole di prossimit necessario proporre un ripensamento. Pur essendo vero che
la perdita di produttivit agricola in
termini estensivi, sotto la pressione
dellurbanizzato, ha innestato fenomeni evidenti di abbandono, anche vero che la Comunit Europea
ha stimato che il 15% degli alimenti
venduti in Europa nel 2013 prodotto da filiera corta. Contemporaneamente si assiste a una richiesta
di suolo per la coltivazione diretta
da parte dei cittadini, con crescente
remunerativit per gli enti concessionari. Occorre quindi non sottovalutare questa domanda, preservando le aree per la coltivazione agricola di prossimit; migliorandone la
produttivit con piccole azioni di ricucitura fondiaria e creazione di
luoghi per la vendita diretta distrettuale. I piccoli comparti agricoli potrebbero ritornare alla citt, a patto
di ascoltare la domanda crescente
di sostenibilit alimentare. Il futuro
del territorio agricolo torna a dipendere da ci che mangiamo.
Gruppo Petfi Dialoghi sulla Citt
Metropolitana /6

"EXPOP": 23 BUONE IDEE IN CERCA DI FAUTORI


Antonella Tagliabue
Ci sono un messicano, un russo, un
armeno e un indonesiano. Ma non
una barzelletta. una storia vera
che accade a Milano. Sono universitari che studiano o stanno facendo
uno stage in un paese diverso da
quello in cui sono nati. Sono gli studenti di Aiesec, la pi grande organizzazione giovanile non profit al
mondo, e hanno deciso di partecipare a Expop. Expop l'appuntamento con le visioni per la Milano
del prossimo futuro, con le idee ambiziose in grado di rendere pop Expo e di partire da Milano alla conquista del mondo.
Giunto alla terza edizione Expop
un'iniziativa dell'associazione Vivaio, la cui mission la promozione di
visioni innovative, al limite dell'impossibile, il cui elemento comune
la volont di pensare in grande e di
sostenere l'ambizione che ogni
buona idea dovrebbe avere. Expop
si svolge il 26 giugno al Vivaio Riva
(via Arena, 7 - dalle 10 alle 21) e
chiunque pu partecipare e dire la
sua: votare il progetto preferito o
dare la sua disponibilit per contribuire alla sua realizzazione.

n. 24 VI - 25 giugno 2014

Lampioni volanti, semafori musicali,


sorrisi virali sono alcune delle 10
visioni che i giovani di Aiesec portano a Expop. Gli altri 13 progetti sono le visioni di professionisti, imprenditori o artisti che vivono, lavorano o scelgono Milano e che hanno
grandi cose per la testa. C' tanta
voglia di design, di arte e di musica
nei progetti per Expop 2014. E c'
un gran bisogno di luce per Milano,
protagonista indiscussa di tante visioni. Una luce non solo per illuminare il buio e le ombre, ma per fare
spazio alla Milano che fa tanto e
che fa bene ma con pudore. E poi
idee nuove per occupare e usare gli
spazi, sia pubblici che privati, il recupero di mestieri e tradizioni in
chiave di condivisione e di partecipazione. E l'ambizione di rendere la
mobilit una faccenda divertente,
facile, partecipata e, in alcuni casi,
persino trendy.
Expo la cornice che pu dare a
tutti i progetti una vocazione internazionale, oltre che essere un'occasione per scoprire anche la Milano
del Fuori Expo e fuori dal Fuori Expo. Una Milano per urban runner

che vogliono andare veloci, o una


slow town per chi alla ricerca di
una Milano della quiete, che c' ma
non si vede. Tutti i 23 progetti saranno in mostra all'interno del Vivaio
e potranno essere toccati, discussi
e abusati. Artisti, artigiani e performer arricchiranno la presentazione
delle visioni durante il corso di tutta
la giornata.
L'edizione 2014 di Expop rappresenta inoltre una sorta di prova generale, in vista del 2015 e dell'Expo.
Un'occasione per rilanciare Expo
anche oltre il 2015, grazie all'appello
a migliorare Milano e, attraverso Milano, il mondo, con il contributo di
chi vorr contribuire con un'idea
nuova.
Tra i progetti che in passato hanno
partecipato a Expop ci sono anche il
Parco Orbitale e lo Zoo d'artista. Il
Parco Orbitale di Giacomo Biraghi
costituito da una cintura di parchi,
spazi verdi e aree aperte che circonda Milano, ed gi oggi uno dei
pi grandi parchi urbani del mondo,
anche se costituito da aree non collegate e non riconoscibili. Vivaio sta
promuovendo la realizzazione del

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Parco Orbitale in collaborazione con
enti e istituzioni, attraverso un filo
narrativo e di comunicazione che lo
renda visibile e accessibile a tutti i
milanesi. Nel corso dell'ultimo anno
il Parco Orbitale si arricchito di
due nuove aree - con la riqualificazione del Portello di Nosedo - di
quattro nuove passerelle pedonali,
un nuovo passaggio pedonale e una
nuova stazione della metro, che
porta complessivamente a 9 le fermate della metropolitana che permettono di accedere al Parco Orbitale.
Lo Zoo d'artista divenuto l'ArkizoicParc (www.arkizoic.com), un progetto dell'AtelierFORTE, che recupera l'esperienza antica dello zoo
grazie a tecnica, arte e web. Si tratta di un parco di sculture interattive
che rappresentano animali fantastici
o estinti. Bambini (e adulti) possono
interagire con le opere tramite tablet
o smartphone e gli animali possono
diventare protagonisti di nuove storie e fiabe, tramite un'applicazione
che unisce i personaggi, con l'aiuto
di scrittori e artisti. La prima scultura, lo Sleipnir - il mitologico destriero
di Odino -, gi stata realizzata ed
esposta presso i giardini dedicati
a Indro Montanelli (Porta Venezia).
Expop 2014 pu contare sul patrocinio del Comune di Milano, che ha

inserito la manifestazione all'interno


del programma culturale degli eventi
collegati a Expo, e del Padiglione
Italia, che ospiter all'interno della
manifestazione universale le eccellenze del Made in Italy. Il principio
che ispira Expop che sono le idee
a fare la differenza. E che le idee
non dovrebbero stare nella testa
delle persone, ma uscire in citt. E
che Milano si merita tanto, di pi. E
che Expo si merita tanto, di sicuro
una p in pi.
Di seguito l'elenco delle 23 visioni di
Expop 2014:
1. VespiAMO (scooter sharing)
2. ID MetroDesign (Milano capitale
del design sopra e sotto)
3. MIusic (occupy Milano, con la
musica)
4. ArtigianoUrbano (alla riscoperta
delle arti applicate)
5. Plooto (public and private space
sharing)
6. Iterart (arte a porte aperte)
7. Urban park reloaded (benessere
diffuso)
8. Quartieri in luce (le strade di Milano in versione cinematografica)
9. Expo runner (percorsi urbani per
la Milano di corsa)
10. Il buon caff sospeso (la tradizione diventa impresa sociale)

11. ExpoStories (storie di gente da


Expo)
12. 6aMilano (Milano pi bella, da
gioco a realt)
13. SlowTown (il silenzio dei milanesi)
E i 10 progetti provenienti da tutto il
mondo dei giovani universitari di
Aiesec
1. Happy Screen (buonumore urbano: video sorrisi) - Armenia
2. Metro Sofa (quando fare i pendolari diventa comodo) - Brasile
3. Rainy to Go (il lato fashion e asciutto della pioggia) - Russia
4. Crossing Friend (in aiuto di anziani e disabili) - Ucraina
5. Taxi Rosa (il taxi al femminile) Egitto
6. Tram Biblioteca (entertainment
tour per la citt) - Grecia
7. Speaking street (urla dai segnali)
- Indonesia
8. Take away cinema (il cinema di
vicinato) - Canada
9. Flying lights (lampioni volanti) Spagna
10. Shake the traffic (semafori musicali) - Messico

MILANO LE ZANZARE E LA MAGNIFICENZA CIVILE


Giulia Mattace Raso
La zanzara lunit base del benessere estivo urbano. Hai voglia a
organizzare
concerti,
cinema
allaperto, feste della musica e
street parade, sforzinde, verdestati
... . Contro il caldo o la pioggia si
pu solo maledire il cielo, le zanzare invece danno lestro per invettive
pi terrene. Perch lo sai che se
accendi lo zampirone, la citronella,
la lampada blu, tiri gi le zanzariere, ti cospargi di geranium, autan,
off, ledum palustre qualcosa pu
succedere. Come dire: questione di
volont. I mezzi, la tecnica ci sono,
la scelta politica. E cos ogni
puntura di zanzara finisce per diventare memento, metro di giudizio
nei confronti dellamministrazione:
mama, non mama ... . Siamo arrivati a fine giugno e, complice il meteo, sembra di poter affermare che
il sindaco ci voglia un gran bene. Il
pi sta nel capire quanto ce ne vogliamo noi.
La campagna di disinfestazione al
suo culmine. Sono stati avviati, con
operazioni a Trenno e in Barona,
anche gli interventi preventivi con
gli elicotteri ultra leggeri per la disin-

n. 24 VI - 25 giugno 2014

festazione biologica delle risaie intorno a Milano. () Questa tipologia di disinfestazione si affianca a
tutte le altre forme di intervento
contro le zanzare messe in atto dal
Comune di Milano, a partire da met marzo e fino a fine ottobre, attraverso sette cicli negli oltre 125mila
tombini stradali, a cui si aggiungono
le azioni di disinfestazione larvicida,
eseguite da Amsa nellambito del
Contratto di Servizio con il Comune
di Milano, negli altri circa 10.000
tombini presenti negli immobili comunali: 542 scuole (2.663 pozzetti),
245 edifici comunali (900) e 10 cimiteri (6.000).
Il Bacillus Thuringiensis variante
Israelensis il nostro salvatore, insetticida
biologico,
rispetta
lambiente ed evita di disperdere
inutili prodotti disinfestanti nellaria,
in attesa che i pipistrelli prendano
felicemente dimora nelle bat box
posate negli anni scorsi e debellino
per loro competenza.
Siamo invitati a un gesto di cittadinanza attiva, far si che la campagna prosegua nei giardini e nei cortili degli edifici privati dove il Comu-

ne non pu operare, acquistando in


farmacia, quelle Comunali si sono
impegnate a garantirne la disponibilit, le scatole di compresse di Bacillo Turigense (prezzo modico, 10
compresse 6,80 euro). Liberarci
dalla zanzare diventa cos un salutare esercizio di buon vicinato,
compresi come siamo nel fare approvare la spesa allamministratore
di condominio passando per i consiglieri condominiali.
Altro che battito di ali di una farfalla
... saranno le zanzare tigre a pungolarci sulla via della rifondazione
della magnificenza civile? Riponiamo grandi speranze nelleffetto farfalla, l'idea che piccole variazioni
nelle condizioni iniziali producano
grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema.
Non sia mai che in nome di una
Aedes Ochlerotatus Caspius si colga loccasione per rifare i conti con i
beni comuni, il rapporto tra pubblico
e privato, la sussidiariet, i limiti di
azione e di bilancio, la finitezza delle risorse, la responsabilit politica
ultima di ciascuno di noi.

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E, rubando le parole di Mauro Magatti, si parta proprio da l, dal condominio emblema di una societ
devastata, ma luogo politico, per
posare come cittadini il nostro mat-

toncino di bene comune, dove la


nostra responsabilit politica sta nel
generare lelemento della socialit.
Cos che le zanzare di morso in
morso ci costringano essere demo-

cratici davvero, nel trovare forme di


convivenza tra esseri umani che si
riconoscono su certi valori.

PIAZZA GINO VALLE, PERDERSI NEL VUOTO DI UN VUOTO A PERDERE


Gianni Biondillo
Quandero bambino mio padre diceva vado in piazza e tutti in casa
capivamo, non cera altro da aggiungere. Andava in Piazza del
Duomo, da Quarto Oggiaro. Milano,
in fondo, ha sempre avuto una sola
piazza, e neppure bellissima. Un
progetto nato gi obsoleto, incompleto, un invaso enorme che ridimensionava la mole del Duomo facendolo sembrare un modellino fuori scala. Per alla fine i milanesi si
sono affezionati allunica piazza che
ancora oggi considerano davvero
tale. Fino a pochi anni fa, per capirci, a Milano piazze anche belle, contenute, aggraziate nelle dimensioni
e nelle fronti erano utilizzate come
parcheggi.
Penso
a
Piazza
SantAlessandro, a Piazza Belgiojoso, a Piazza San Fedele, ancora
oggi, ormai senza macchine, sistematicamente snobbate dai milanesi.
Chiss perch.
Fare una piazza una cosa seria,
ha una grammatica precisa che
chiede dessere rispettata. Non basta la qualit edilizia, ci vogliono
funzioni e superfici coerenti. Non
capisco perci tutto lentusiasmo dei
media di fronte allinaugurazione
della nuova Piazza Gino Valle. Una piazza pi grande ancora di
quella del Duomo c stato strombazzato sui media. Qualcuno dovr
spiegare a chi smercia queste (non)
notizie che in architettura, come nel
sesso, le dimensioni non sempre
contano.
Non basta chiamare un vuoto Piazza perch poi lo sia per davvero.
Se non rispetta la grammatica di
base solo un coacervo di parole
messe a caso, incapaci di germinare alcunch. Gino Valle era un progettista di qualit che io ho molto

amato, ma qui bisogna avere il coraggio di dire che ha palesemente


toppato. Cos questo miscuglio incoerente di fronti, questi monoliti
allineati misticamente con le stecche del QT8 che stanno oltre la circonvallazione, cos questo confuso
spuntare sulla linea dorizzonte di
palazzi e cantieri, cos questenfasi
di mostrare il fronte di uno degli edifici pi pretenziosi e trash di Milano,
la Fiera Portello di Bellini?
Per quanto grande, per quanto pedonalizzata, per quanto disegnata in
ogni recesso, per quanto esibisca
un bassorilievo di Emilio Isgr o un
restyling scherzoso della casa Milan di Fabio Novembre, ci che vedo, mentre giro per questo spazio
non una piazza, un vuoto di
senso. Un ritaglio della citt che
raccoglie le spinte urbane senza
organizzarle,
lasciandole
cos,
sconclusionate e confuse.
Basti pensare al fronte di panchine
allineate nel centro del nulla di quel
vuoto, tutte orientate verso la contemplazione della Fiera. Chi mai si
sieder, chi avr voglia di prendersi
uninsolazione cercando di leggere
un libro o mangiare un panino nel
bel mezzo di questo invaso? Non
una piazza questa, diciamolo, in realt la copertura di un gigantesco
parcheggio sotterraneo. Limmensa
tettoia che troneggia al centro in
questa piazza (dove mi trovo? A
Milano, a Cleveland, a Shangai?) ha
la sola funzione di riparare le uscite
pedonali dai parcheggi. Bella questa
involontaria metafora freudiana.
Fingiamo di pedonalizzare, ma il
represso, il sommerso, la pancia di
questo luogo brulica di automobili.
La ragione stessa dellesistenza di

questa piazza (scusate, non riesco


a togliere le virgolette).
Cosa ci si pu fare in questo luogo,
oltre a qualche eventuale adunanza
dove dichiarare guerra alla perfida
Albione? Niente. Nessuno si dar
mai appuntamento in un posto come questo, cos annichilente, antiumano. Non ostante i divieti presenti ovunque, mi auguro che il posto venga subito colonizzato dagli
skater di tutta la Lombardia. La conformazione si presta benissimo.
Piani inclinati, gradini, sbalzi. Questo un posto dove non si pu stare, ma solo correre o muoversi su
uno skate board.
Oppure ci vorrebbe il coraggio di
certi ironici visionari. Penso a Marco
Romano che mentre gira sperduto
con me in questo vuoto urbano mi
suggerisce unidea ai limiti del geniale. Trasferiamoci la Fiera di Senigallia. Mass, ha ragione lui.
Riempiamo di bancarelle, di gente,
di vita, di confusione e commercio
questo nulla cittadino. Riempiamolo
di significato, inventiamogli una vocazione. Troppo plebea come soluzione, troppo low profile? E perch
no? Facciamo come nel medioevo
quando ripopolavano le rovine
dellantico impero romano dando
loro una nuova funzione. La fiera di
Senigallia, s! proprio di fronte alla
Fiera Portello, come in una citt
invisibile di Calvino. Idea, sia chiaro, mica troppo bizzarra o provocatoria. Le dimensioni ci sono, i collegamenti di trasporto pubblici e i parcheggi privati pure. Potrebbe persino piacermi, in quel caso, potrebbe
persino avere un senso. Diventerebbe finalmente una piazza. Senza
virgolette.

RI-PENSARE IL SISTEMA OSPEDALE IN LOMBARDIA


Stefano Capolongo
Nella sua storia recente, la Regione
Lombardia ha dato un forte impulso
al rinnovamento del proprio patrimonio edilizio ospedaliero, riuscendo per solo parzialmente a rendere
meno obsoleto quello dell'intero Paese. Le nuove realizzazioni possono
ritenersi di buon livello, in quanto

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sono in grado di rispondere ai pi


elevati standard qualitativi e rappresentano vere punte di eccellenza
nel panorama nazionale. I risultati
sono certamente apprezzabili ma
non esaustivi poich sussistono ancora molte realt superate, non solo
dal punto di vista edilizio ma soprat-

tutto da quello dell'organizzazione, e


quindi talvolta inefficienti.
Il solo organismo architettonico, di
per s, incapace di assolvere
completamente il compito di curare,
ma pu favorire lesprimersi di buone professionalit e corretta gestione, e quindi di efficacia dei risultati

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delle cure ed efficienza nella loro
conduzione, accompagnate da una
migliore qualit reale e percepita.
Il ritmo di invecchiamento di materiali e dotazioni e, malauguratamente, anche del design stesso delle
strutture, dovute ai tempi lunghi di
realizzazione delle opere pubbliche
nel nostro Paese, porta purtroppo a
situazioni paradossali, con notevoli
ritardi costruttivi e conseguenze che
arrivano fino a gravi difficolt o
mancanze nellerogazione del servizio assistenziale pubblico.
Prima ancora di poter correre, e la
medicina moderna lo fa a ritmo stupefacente, occorre per saper
camminare: un nuovo primo passo
stato compiuto dalla Commissione
indipendente Sviluppo Sanit della
Regione Lombardia, che ha proposto un innovativo modello di riferimento per lOspedale, concepito per
funzionare per Cure integrate, in
base a processi centrati sul paziente, che prevede la massima complementariet delle funzioni, identificando precisamente le responsabilit di ogni singolo attore ed evitandone la ridondanza o lincertezza.
La messa a sistema di ogni componente, la creazione di una rete integrata con differenti livelli di specializzazione e complessit di intervento, secondo le esigenze del caso
specifico, e la razionalizzazione delle risorse per una migliore erogazione delle prestazioni, a fronte di
una riduzione della spesa, sono gli
obiettivi prioritari del progetto di riforma.
Oggi le strutture di cura sono in larga parte slegate tra loro, pur esistendo una differenziazione funzionale. A ci si aggiunge il disorientamento del cittadino per la eccessiva complessit dei servizi, non ben
chiari nelle prestazioni e nellorganizzazione, con una scarsa cultura

sul come utilizzare al meglio le risorse messe a disposizione dal


Servizio Sanitario Nazionale. Una
tale frammentazione delle strutture
e laccesso alla cura molto poco
mirato incidono pesantemente sui
costi generali e di gestione, e per di
pi penalizzano lutente non garantendogli un livello di prestazioni adeguato.
Per ovviare al problema, il documento programmatico prodotto dalla
Commissione introduce tre tipologie
di strutture ospedaliere di cura. Le
prime, gli ospedali focalizzati su
ambiti di alta complessit riconosciuti a livello regionale, nazionale e
in alcuni casi internazionale, che
saranno destinati a seguire le patologie pi complesse e rare eccettuato qualche accesso, meno critico, per le necessit di screening e
di focus sullepidemiologia tra la popolazione protagonisti anche della
ricerca clinica e translational, per
la rapida applicazione pratica delle
scoperte scientifiche e delle innovazioni e la loro sperimentazione, valutazione e validazione.
Nella seconda tipologia, con alte
dotazioni tecnologiche e professionali, saranno posti gli ospedali plurispecialistici, nucleo imprescindibile
e vero e proprio connettivo del sistema, per le acuzie pi diffuse e
frequenti, a complessit intermedia
o alta, con bacino di utenza ampio a
livello locale o, per alcune specialit, anche di pi vasta entit. Essi
saranno dotati di specialit mediche
e chirurgiche comprese alcune alte
specialit (in base alla programmazione regionale) e di tutti i servizi di
supporto necessari/opportuni.
Una parte consistente di pazienti
ricorrer infine alla famiglia di ospedali di terzo tipo, a bassa complessit e limitata tecnologia, i cosiddetti
presidi ospedalieri territoriali (POT)

pensati come punti per interventi


quasi esclusivamente di tipo medico
(solo con chirurgia di tipo ambulatoriale), collegati strettamente con gli
altri nosocomi, per il pre e post ricovero, in grado di evitare che i pazienti affluiscano o permangano impropriamente in centri ad alta complessit e permettano invece trattamenti con un pi basso costo, per
giornata di degenza o per caso trattato.
Ma non bastano strutture allavanguardia e una efficace organizzazione del sistema socio-sanitario.
Nessun modello di governo infatti
pu prescindere dalla formazione di
professionisti valenti, preparati e
qualificati, pronti ad affrontare
levoluzione delle conoscenze e ad
acquisire in maniera autonoma tutte
quelle informazioni fondamentali per
poter affrontare le criticit, che
spesso generano insoddisfazione di
pazienti e operatori.
Il principio di premiare lalta qualificazione e capacit professionale e
manageriale deve essere affermato
per ogni grado delle professioni sanitarie e tecniche, a partire dalle figure apicali degli ospedali, quali Direttori generali, Sanitari, di Unit
operativa (Primari) e Amministrativi. La loro selezione e conseguente
nomina, nonch la valutazione del
loro operato e dei risultati raggiunti
vanno fatte esclusivamente in base
a criteri oggettivi e dimostrati di merito e non, come oggi in larga parte
avviene, in base a scelte per appartenenza politica.
La millantata trasparenza, pertanto,
non deve essere pi uno slogan abusato o una pseudo lettera di intenti, ma un obbligo che consenta a
chiunque di conoscere i criteri usati
per le scelte e i giudizi, formulati solo in base al merito imprescindibile.

CONSIGLI DI ZONA E CITT METROPOLITANA: CI VUOLE CORAGGIO NON GATTOPARDISMO


Giacomo Selmi*
L'avvio della citt metropolitana pone all'attenzione seriamente, e finalmente, il tema del decentramento applicato ai consigli di Zona milanesi. La considerazione da cui parto, con un giudizio ovviamente tutto
personale, che i consigli di Zona
fino ad oggi siano serviti (e servano)
abbastanza a poco. Certamente
vengono gestiti alcuni fondi e il lavoro del consiglio implementa un legame con il territorio, ma esiste a
mio avviso ancora una sovrapposizione eccessiva di funzioni e competenze con la giunta e il consiglio
comunale che fa si che le delibere

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che escono dalle Zone abbiano un


riscontro e una accettazione assai
limitata nel lavoro degli organismi
centrali. E figuriamoci se queste
fossero di colore politico diverso rispetto ai Consigli di Zona.
Le aspettative legate all'attuazione
del decentramento, con la trasformazione delle Zone in municipi sono state a oggi largamente disattese
(non senza alcune ragioni, non sono
un cultore del decentramento e ritengo che a volte una sana dose di
centralizzazione aiuti il lavoro amministrativo) e credo che la sensazione di frustrazione che a volte

provo di fronte alla limitata capacit


di incidere sull'amministrazione di
Milano sia condivisa da tanti miei
colleghi.
La citt metropolitana offre per la
possibilit di modificare questo assetto, implementando un decentramento pi chiaro. Le opzioni possibili sono sostanzialmente tre.
La prima lascia tutto com' adesso,
evitando di varare l'elezione diretta
del sindaco e del consiglio metropolitano e mantenendo lo stesso livello
di decentramento attuale, con le zone di fatto subalterne alla giunta e a
consiglio. a mio avviso la scelta

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peggiore, perch istituendo un ulteriore livello decisionale, finirebbe
per relegare definitivamente nell'oblio le zone di decentramento. A
conti fatti, dato questo scenario, le
Zone sarebbe quasi meglio eliminarle. Al loro posto si potrebbe magari rivedere il modo in cui si eleggono i consiglieri in modo da rafforzare il loro legame col territorio ridando nuova linfa ad un consiglio
che a tratti pare quasi svuotato di
poteri (conseguenza pi o meno diretta del metodo di elezione del sindaco).
La seconda ipotesi sfrutta l'alternativa offerta dal decreto Delrio che
prevede la possibilit di organizzare
le elezioni dirette di sindaco e consiglio metropolitano (preferibile, a
mio avviso) a patto "che il comune
capoluogo abbia realizzato la ripartizione del proprio territorio in zone
dotate di autonomia amministrativa,
in coerenza con lo statuto della citt
metropolitana". Posto che l'autonomia amministrativa ci di cui si
discute da anni, parlando di municipi e rifacendosi all'esperienza ro-

mana, questo scenario consentirebbe di "portare a casa", insieme alla


citt metropolitana, anche questo
risultato.
per un fatto che anche questa
struttura crea dei problemi, tipicamente di sovrapposizione di competenze, per cui l'autonomia della Zona arriverebbe scontrarsi con l'autonomia della Giunta, portando a conflitti che difficilmente sanabili, soprattutto nel caso in cui Zona e Comune fossero amministrati da giunte
di colore opposto.
Il rischio quindi sarebbe quello di
tornare a una situazione di finta autonomia, nelle quali o le Zone assumerebbero un ruolo quasi irrilevante nel panorama amministrativo,
oppure si arriverebbe a depotenziare (ulteriormente) il ruolo del Consiglio Comunale e pure, in parte, della
Giunta stessa. Nel primo caso sarebbe quindi meglio, ancora una
volta, eliminare le Zone, rafforzando
invece il ruolo del Consiglio Comunale.
Una valida alternativa potrebbe invece essere la terza opzione, co-

munque prevista dal decreto Delrio,


e cio (sempre ipotizzando una elezione diretta del sindaco metropolitano), "articolare il territorio del comune capoluogo in pi comuni". Ergo, eliminare il Comune di Milano,
con il suo sindaco, giunta e consiglio, sostituendolo con le Zone (municipi), che oltre ad assumere nomi
diversi, diventerebbero vere e proprie amministrazioni locali, dotate di
sindaci (presidenti) e giunte, con
autonomia completa ma obbligo di
sottostare a linee di indirizzo strategico generale definite e controllate
da parte del sindaco metropolitano.
Ecco, l'ultimo scenario il pi estremo, ma a mio avviso anche il
pi coraggioso, attua un vero e proprio decentramento, riducendo in
modo concreto la distanza tra cittadini e rappresentanti eletti, e aiuterebbe a rendere pi chiara e precisa
la responsabilit amministrativa dei
singoli eletti, togliendo l'alibi dei livelli multipli e delle sovrapposizioni
di competenza.
*consigliere di Zona 1

LA SOCIET DEI 2/3: VERSO UNA SOCIET DELLA CURA


Giovanni Agnesi
Nella societ di ieri, anni 1940/50, si
viveva fino a 60 anni e gi dalla nascita cera una forte selezione, altra
selezione era data dalla disponibilit
economica con la relativa possibilit
di frequentare la scuola rendendo
possibile la salita dei gradini della
scala sociale. Nascevi in una famiglia di operai, morivi operaio. In
quella societ pi dei 2/3 degli italiani rappresentavano larea debole
in termini economici e dei bisogni
primari. Le lotte, sia politiche che
sindacali, degli anni 1960/70 ottennero importanti conquiste sociali:
dal diritto alla salute, a un lavoro
dignitoso, a una assistenza sociale
pi allargata, al diritto allo studio e a
una certa ridistribuzione dei redditi.
Grazie a queste conquiste i bambini
hanno superato i rischi di patologie
neonatali, gli anziani vivono pi a
lungo, le malattie sono pi facilmente superabili per via degli investimenti sulla salute, i beni sono stati
redistribuiti pi equamente permettendo alle famiglie di costruirsi impegnativi progetti di vita. Nel giro di
circa due decenni quelle conquiste
hanno portato la maggioranza degli
italiani oltre la soglia del bisogno e
dentro larea delle tutele, pertanto la
situazione precedente dei 2/3 si
capovolta, prima l1/3 era rappresentato dai ceti pi benestanti ora
rappresentato dagli italiani emargi-

n. 24 VI - 25 giugno 2014

nati, poveri e senza tutele verso i


quali si sono sviluppate per anni le
politiche di assistenziali.
Per anni ci siamo illusi dellinfinita
possibilit di sviluppo industriale,
con una forzata e drogata promozione della societ dei consumi, impreparati a tutti i livelli sociali, politici
ed economici ad affrontare la globalizzazione, con una disastrosa supremazia della finanza indirizzata
alla pura speculazione. E come se
non bastasse c una cultura liberista e individualistica dove ogni persona si sente autosufficiente, che
compete contro tutti, che non chiede
e non d. In questi ultimi anni di
fronte a questa grave situazione di
crisi globale e individuale, ogni certezza, ogni progetto, ogni sicurezza
e protezione viene messa in dubbio.
Viviamo in effetti in una societ che,
per la gran parte delle persone che
la compone esprime sentimenti di
incertezza, vulnerabilit e fragilit.
Attualmente possibile passare
dallarea protetta allarea della marginalit in pochi anni o pochi mesi,
basta una malattia grave e invalidante, un cambio di lavoro se non la
perdita del posto di lavoro, la fragilit nella coppia con una separazione, ecc.. Un esempio illuminante
quello dellanziano il cui senso di
vulnerabilit dato dalla scarsa autonomia, non sempre segnata da un

bisogno economico, questa persona


richiede un notevole sforzo relazionale per liberarlo dalla sua ansiet.
Nello stato di fragilit momentanea
in cui una persona o una famiglia si
pu trovare, siamo di fronte a un
bisogno, ma il pi delle volte in presenza ancora di risorse e di capacit di ripresa, pertanto in questi casi
si tratta di costruire strategie evolutive e di accompagnamento.
Molte volte non si tratta di rispondere a un bisogno economico di assistenza, bens di non lasciare le persone sole, perch il cittadino vulnerabile si sente sempre pi solo e se
abbandonato scivola lentamente
verso lemarginazione, la povert
totale e la solitudine pi distruttiva.
questa larea nebulosa verso la
quale lo Stato Sociale deve saper
organizzare una forte rete di relazioni umane, capace di sostenere
quanti sono indeboliti dal senso di
vulnerabilit e precariet.
Milano la capitale dei single titolava un articolo giornalistico alcuni
mesi fa, dove i single rappresentano
ormai pi del 52% dei nuclei presenti in citt. Una citt sempre pi
composita in cui le madri e i padri
soli con figli sono circa 72.000 e
100.000 gli ultrasessantenni soli,
con la presenza di 95.000 ultraottantenni i cosiddetti grandi anziani.
Cifre che trasudano fatiche, sacrifici,

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delusioni e solitudini, seguiti da un
incremento esponenziale delluso di
psicofarmaci, con prospettive sempre pi impegnative di interventi non
solo economici e di una cura tecnica, ma innanzitutto di rapporti sociali. Si deve passare da una societ
dei diritti a una societ della cura

alla persona nella sua globalit, dove la componente relazionale diviene la cura pi efficacie contro la solitudine e il senso di abbandono.
Condivido pienamente il pensiero di
Sandro Antoniazzi, presidente della
Fondazione S. Carlo e membro
della Commissione Iustitia e Pax

della Diocesi di Milano, quando afferma; Il welfare non pu pi essere solo lintervento pubblico verso il
singolo,
deve
essere
anche
loccasione di realizzare relazioni
sociali che contengono gi una parte della risposta al bisogno.

LUIS SEPULVEDA E CARLIN PETRINI, DUE ICONE, UN'IDEA DI FELICIT


Rita Bramante
Due personalit d'eccezione insieme per dialogare sui temi del nostro
tempo, sul comportamento umano
nella societ tecnologica e sull'educazione delle giovani generazioni a
un futuro sostenibile, nel rispetto
dell'ambiente e delle sue risorse.
Luis Seplveda, scrittore cileno noto
per le sue battaglie politiche e ambientaliste e autore di riferimento
della narrativa sudamericana, che
spesso ha scelto di affidare messaggi profondi a favole dedicate non
solo ai piccoli lettori, ma anche agli
adulti. Nella recente Storia di una
lumaca che scopr l'importanza della
lentezza ha criticato la velocit, il
fare tutto in fretta, senza le necessarie pause per meditare su quel
che si fa e sul perch lo si fa e ha
elogiato la lentezza come dimensione per ridare un giusto ritmo alla
societ contemporanea. Il suo appello: smetterla di correre sempre e
comunque, fare un uso ragionato
del tempo e saper essere allumacati.
E Carlin Petrini, astigiano, fondatore
di Slow Food e del progetto Terra
Madre, che della chiocciola ha fatto
un simbolo internazionale del cibo
buono, pulito e giusto, della tutela
dei sistemi alimentari tradizionali e
della biodiversit dei prodotti.

Tutt'altro che animato da una visione nostalgica, quanto piuttosto


dall'orgoglio pi che attuale dell'agricoltura locale e dalla convinzione
che il contadino del futuro debba
essere un soggetto socialmente riconosciuto. Con il suo ultimo libro
Cibo e Libert. Storie di una gastronomia per la liberazione ha voluto
rendere omaggio ai contadini che
ha conosciuto in giro per il mondo,
'un esercito di persone di buona volont' e fare un appello per la riconciliazione dell'umanit alla terra,
senza pi fame e malnutrizione. La
Terra ci allerta e non possiamo pi
fare finta di niente.
Siamo sette miliardi di persone,
produciamo per 12 miliardi e un miliardo non ha cibo per sopravvivere;
migliaia di tonnellate di cibo buttate
via sono la cifra di un presente e un
futuro inaccettabili. Bisogna cambiare paradigma: essere pi attenti, pi
virtuosi, sprecare di meno e conservare la biodiversit del Pianeta.
Nel loro libro a quattro mani Un'idea
di felicit Sepulveda e Petrini condividono che il benessere dell'umanit
sta nell'essere padroni del nostro
tempo, il tempo del cuore, un modo
di guardare la vita intimamente connesso ai ritmi della terra e delle stagioni. Cultura della lentezza e ri-

spetto della natura e del mondo in


cui viviamo: questi i temi che animeranno lincontro tra due grandi che
hanno dedicato la loro vita alla diffusione di valori come dignit e lavoro e pensano sia venuto il momento di dire basta a un'idea di crescita infinita e esponenziale, che
rischia di distruggere il pianeta. Un
SOS Terra lanciato anche in occasione dell'Earth Day 2014, che ha
chiesto ancora una volta di porre
rimedio a un'emergenza ambientale
gigantesca, fatta di cambiamenti
climatici, sfruttamento smodato delle risorse e impoverimento irreversibile della biodiversit.
Con una sola voce Sepulveda e Petrini lanciano un appello a cambiare
per sempre e con determinazione la
faccia a un sistema mondiale di vita
che, al punto in cui siamo arrivati,
non pu certo garantirci un futuro
felice. "Sapere, per esempio, che
chi ci vicino vive un'ingiustizia sociale una ferita alla nostra idea di
felicit. E dunque in nome di
quell'idea che stiamo lavorando
quando diamo il nostro contributo
perch l'ingiustizia venga eliminata
e il problema dell'altro venga superato".

Scrive Giuseppe Ucciero al direttore


Caro direttore, mi hai fatto lonore di
pubblicare il mio contributo come
pezzo di spalla al suo editoriale, ma
il torto di collocarmi tra i malpancisti,
e qui non mi ci ritrovo proprio. Una
critica politica per quanto dura, e
diciamo pure radicale, non necessariamente sintomo di quella particolare condizione minoritaria che
consiste nellarrovellarsi in solitaria
come cani rancorosi, forti solo di un
ri-sentimento ma poveri di una prospettiva. Senn dovremmo qualificare come malpancisti quanti, e tu

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stesso direttore, criticano quotidianamente, e sempre in minoranza,


tante cose che non vanno, a partire
da EXPO.
Tu per primo diresti qui non questione di maldipancia ma di una visione etico politica inconciliabile,
altro che succhi gastrici in libert. E
daltra parte, neppure hai apostrofato come il corifeo chi ha pubblicato
pezzi di una naivrie tanto plaudenti
a Renzi da sopravanzare qualsiasi
tasso glicemico accettabile. Allora
dimentichiamo i mal di pancia e par-

liamo invece semplicemente di una


legittima dialettica politica, di una
visione differente della politica, specialmente della politica che dovrebbe caratterizzare la sinistra. Una
visione minoritaria certo, ma i numeri vanno e vengono e ci che conta
alla fine saranno i risultati a farci dire se una forza politica di sinistra
abbia operato bene oppure no, se
cio abbia prodotto pi eguaglianza
o no. Grazie e buon lavoro.

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Scrive Guia Biscro a proposito di ciclisti a Milano


Scrive Ilaria Li Vigni: "Infine, non
dimentichiamo che, da oltre un anno, grazie a una felice sperimentazione dellATM, le biciclette possono
essere portate sui mezzi pubblici, a
determinati orari (non quelli di punta) nei giorni feriali e durante tutto il
servizio nei giorni festivi". utile
precisare che non corretto che le
"biciclette possono essere portate
sui mezzi pubblici": le biciclette pos-

sono essere trasportate sulla MM


(modalit e orari sul sito ATM), non
su autobus e, in via sperimentale,
solo sulle linee tramviarie 7 e 31. La
novit della giunta Pisapia l'ampliamento dell'orario per il trasporto
sulle vetture della metropolitana e la
gratuit del trasporto.
"Francamente, a oggi, non si vedono molte biciclette sui mezzi pubblici
milanesi": normale che non si ve-

dano troppe bici sui mezzi: chi va in


bici ... usa la bici! Le dimensioni di
Milano non sono certo quelle di Berlino, quindi raro dover ricorrere al
trasporto delle bici con i mezzi per
utile sapere che possibile poterle trasportare in mm in fasce orarie
pi ampie perch le emergenze sono sempre possibili (una foratura,
un temporale improvviso, ...)

Replica Elio Veltri


Gentilissima signora Li Vigni, penso
che lei girer ogni tanto per Milano
con lauto: un tal caso avr dovuto
fare molta attenzione ai ciclisti che
si ritrova dalle direzioni pi improbabili (come la famosa palla dei ragazzini che un tempo giocavano in
strada). Ecco la sciura con tacco 12
e cesto avanti e dietro (ma senza
specchietto retrovisore) che non si
cura di semafori, stop e altre righe
per terra e procede imperterrita in
piacevole conversazione telefonica;
ecco il fanatico superbiker che ti

passa a destra e te lo ritrovi sempre


tra i piedi; ecco il bancario con la
bici ATM che cerca disperatamente
di non finire con le ruote tra i binari
del tram (ma quanti ce ne sono!? di
binari) .
Lei giustamente denuncia lidiozia di
fare piste ciclabili che finiscono nel
nulla e, pi in generale, di una Milano fatta apposta per rendere ridicolo
e pericoloso luso della bici , per cui
chi lo fa o snob oppure temerario
(non credo, se non marginalmente,
che chi va in bici lo faccia per ri-

sparmiare per ristrettezze economiche). Comunque sia, non essendo


io un autodipendente (viaggio in
scooter), ben venga una programmazione seria delle piste ciclabili a
cominciare dalla educazione stradale di tutti gli utenti della strada. Ma
temo che il suo invito a tutelare con
attenzione le esigenze degli utenti a
due ruote per incentivare questo
spostamento ecologico e comodo
nelle grandi citt lascer il tempo
che trova. Spero di sbagliarmi.

Scrive Elisabetta Carmignani a proposito di ciclisti a Milano


Innanzi tutto alcune riflessioni ad
alta voce. Promuovere luso della
bicicletta: ma quale? Quella a pagamento poich per quelle private
mancano i punti di parcheggio, impiego pi tempo a trovare un palo
per legare la Mia bici che a trovare
un
parcheggio
per
lauto
(dallobbrobrio di Piazza Castello
fino a Cordusio per esempio (tutta
Via Dante priva di punti di appoggio , intorno al Duomo, la Stazione
Centrale, etc etc).

Ho gi bucato tre volte per via delle


pessime condizioni della pavimentazione soprattutto in pieno centro:
Via Meravigli, Foro Bonaparte,
Piazza della Scala, Via Torino, Via
Col di Lana, etc etc.Totale assenza
delle minime condizioni di sicurezza
: per esempio oltre a ricordare la
demenziale pedonalizzazione intorno al Castello (e chiedo dove sia
ciclabile nelle condizioni duso stabilite con bancarelle e mercatini vari)
perch non porre anche cartelli che

ricordino che sulla strada circolano


le biciclette?
Questa giunta non a portata di cittadino e su questo siamo rassegnati, ma con tutti gli addetti che manteniamo e i soldi nostri che arbitrariamente vengono spesi in ci che
non ci serve ,se non addirittura che
non vogliamo, limitare infortuni, incidenti e danni unaspettativa pi
legittima.

Scrive Arnaldo Trinchero a proposito di su citt metropolitana


Ho letto il pezzo di Valentino Ballabio e mi sembra un po' di sentire
quanto per anni ho ascoltato da diverse parti e letto in innumerevoli
dotti (?) pareri di stile fancazzistico.
Le province erano previste come
provvisorie in attesa delle Regioni.
Probabilmente se allora fossero state abolite avrebbero potuto fornire
personale e fondi necessari alle

Regioni. Oggi abbiamo sotto gli occhi il letame delle province, ma


manche purtroppo delle regioni.
indubbio per che, soprattutto pensando alla globalizzazione e
allistantaneit delle informazioni
telematiche (sar per questo che ci
sogniamo la banda larga) un comune di 5000 abitanti non abbia senso
e sulla dimensione delle Regioni

forse quel fascistone di Miglio faceva bene a proporre delle macroregioni. In realt nessuno vuole rendersi conto che tutto cambiato e i
vecchi punti di riferimento non sono
pi applicabili. Ma non che ci
mancano teste adeguate a pensare
alla riorganizzazione del nostro staterello in chiave di vera unione europea?

CINEMA
questa rubrica curata da Anonimi Milanesi
rubriche@arcipelagomilano.org

n. 24 VI - 25 giugno 2014

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Della dipendenza dalle serie tv


da Gomorra a House of Cards
Linsostenibile fascino delle serie tv
con protagonisti oscuri, miete vittime, anche chi scrive non ne immune, e denuncia sintomi da vera
addicted. Qualcuno ne ha gi parlato prima, e meglio, di me in questa
rubrica, narrando delle delusioni dei
finali di partita ().
Queste per sono nuove serie, e la
stanchezza da logoramento della
serie deve ancora arrivare. Il 10
giugno andato in onda su Sky
lultimo episodio della prima stagione della serieTV Gomorra. Questa
sera viene trasmesso il 13mo e ultimo della prima serie di House of
cards, e gi sento che il vuoto da
assenza di entrambe in agguato.
Lo sento dal desiderio di programmarmi serate di ri-visione degli episodi pi caldi della serie americana,
dalla ricerca sulla rete di informazioni sulla seconda serie, ancora
prima di vedere lepilogo della prima. Dalla ricerca di notizie sui nuovi
personaggi possibili della saga dei
Savastano, dai discorsi con gli amici
sui protagonisti futuri della serie che
risulta la pi vista finora nella storia
delle pay tv in Italia.
I sopravvissuti, o gli immortali, come
titola lultimo episodio, Ciro e
Genny, s perch quella mano che
lentamente si muove fa pensare che
non finita l la storia dellerede dei
Savastano. E ti scopri a chiedere
che far il redivivo Don Pietro, liberato dal torpore senile simulato in
carcere, dai fedeli gregari che hanno nomi da romanzo come Malammore. Se Don Pietro torner da protagonista a nuova vita, mi mancher
donna Imma, la leonessa, moglie
del boss dei boss di Secondigliano,
dominatrice e feroce con tutti eccetto con suo figlio.
Personaggi divenuti familiari come
Frank Underwood, il molto pi che

cinico deputato democratico americano, freddamente assetato di potere, una iena che con strategie micidiali si applica nella scalata al potere, facendo a pezzi chiunque gli ostacoli il cammino, e servendosi di
donne e uomini senza andar troppo
per il sottile.
Le serie Tv hanno sempre fatto prigionieri negli spettatori, soggiogati
da quella sospensione del fine puntata, del fine serie, del come andr
a finire. Negli anni 60 cera Belfagor,
nei 70 Il fuggitivo, negli 80 La piovra, nei 90 forse il primo di firma
Twin Peaks, e poi ancora pi vicini,
le serie delle relazioni esplosive con
ambientazione claustrofobica, in interno ospedaliero come E.R., Doctor House, Greys Anatomy, o nei
mondi dei bravi ragazzi come I soprano.
Oppure che ci lascavano persi negli
esterni esotici delle ingiustificabili
fantasie di Lost. Alle prese con paradossi sempre pi incredibili, generati da una sceneggiatura logora,
ma necessaria per alimentare
lattesa della fine, come quando si
racconta una prima bugia e per darle gambe si costretti a costruirne e
inventarne sempre di pi grandi.
Tutti in attesa della spiegazione finale e risolutiva di una vicenda ai
limiti del paranormale ma percepita
come verosimile.
Tra quelle storie a puntate di allora
e queste recensisse c una differenza: qui laffezione per le vicende e i sentimenti di personaggi oscuri, negativi, crudeli e capaci di
crimini efferati, senza piet e senza
onore di Gomorra, e ambigui, cinici
con il potere come unico scopo come Frank Underwood.
Sar perch le vicende crudissime e
violente di camorra sono raccontate
e girate in maniera superlativa, con

una regia a pi mani di talenti di casa nostra, Sollima, Francesca Comencini, anche ottimi sceneggiatori
di cose nostre. Ma soprattutto perch i personaggi non sono mai figurine banali, grazie a una sceneggiatura forte e ad attori ben diretti che
reggono alla grande la sfida, crescendo di talento di episodio in episodio.
La serie americana, gi di successo
nel formato originale, in versione
mini e salsa inglese di produzione
BBC, grandi nomi dietro la macchina da presa (Davin Fincher, e James Foyley, che ha diretto molti anni indietro lo splendido Americani),
(e uno degli attori USA pi cool del
momento, in realt grandissimo fin
dagli esordi di Seven e I soliti sospetti, Kevin Spacey che ammicca
direttamente in camera confidando i
segreti, inconfessati ai coprotagonisti direttamente allo spettatore.
Il bravo dottore, sia che fosse il Kildare dei 50 o il Dottor Ross di Clooney, che di difetti ne aveva parecchi, o Tony Soprano, malavitoso
con psicanalista a carico, sono lontanissimi dal politico spietato di
House of Cards o da Ciro linfame,
uomo di dis-onore di Gomorra, pentimenti sensi di colpa e romanticismi
sono banditi, in unimmersione di
crudelt malavitosa o di cinismo da
tornaconto politico che affascinano
per la potenza del carattere dei protagonisti e dei deuteragonisti che
gira loro intorno.
Antidoto allassenza, poter rivedere
con parsimonia, gli episodi, grazie
alle trovate della tv del terzo millennio. Finch non ne arriva una nuova
a conquistare attenzione.
Adele H.

MUSICA
questa rubrica a cura di Paolo Viola
rubriche@arcipelagomilano.org
Krystian Zimerman
In marzo le ha suonate Andras
Schiff al Conservatorio, in maggio
Maurizio Pollini alla Scala, laltra sera Krystian Zimerman (ancora al
Conservatorio) nel concerto di chiusura della stagione del Quartetto.
Sono le ultime tre Sonate di Beethoven - opere 109, 110 e 111 che
per anni e anni sono state conside-

n. 24 VI - 25 giugno 2014

rate cerebrali, difficili, quasi ostiche,


ascoltabili solo dagli iniziati, e che
ora sono invece predilette del pubblico milanese, una vera passione e
un appuntamento immancabile.
Con una prolusione tesa a scongiurare il rischio di telefonini, fotografie,
riprese e registrazioni (che sono diventate ovunque, non solo in Italia,

la peste dei concerti pubblici e una


pericolosa deriva verso la spettacolarit della musica), il Presidente del
Quartetto con grande ironia ha detto
che non si devono fare confronti.
In realt lesercizio del confronto,
per quanto possa contrastare con
un ascolto intimo e disincantato, ha
prepotentemente dominato la sera-

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ta. Un confronto impietoso, a detta
di tutti, perch questo pianista polacco, specialista mondiale di Chopin - che ha circa la stessa et in cui
Beethoven scriveva queste straordinarie Sonate - ha sconvolto il
pubblico con una interpretazione
che ha superato ogni immaginazione.
Zimerman si espresso con un
suono limpido, che ricordava quello
di Arturo Benedetti Michelangeli sia
per lintensit (faceva pensare alla
poesia di Leopardi) che per la leggerezza calviniana; tanto potente
quando necessario (per esempio
nella Fuga dellopera 110), il suo
suono diventa etereo, rarefatto, in
quei leggiermente o teneramente
richiesti da Beethoven. Non mai
sopra le righe, sia nei fortissimi che
nei pianissimi, piuttosto consapevole del fluire che non consente distrazioni o divagazioni e tiene gli
ascoltatori inchiodati allaura che
promana da ciascuna Sonata.
E poi ha i tempi straordinariamente
liberi, duttili quel tanto che serve a
rendere ricco e preciso il fraseggio e
comprensibile ogni idea musicale.
Sembra, ascoltandolo, che sia Beethoven stesso a improvvisare perch si propone con una immediatezza e una franchezza che paradossalmente annullano la presenza
dellinterprete e mettono lascoltatore in contatto diretto con lAutore.
(Sappiamo bene che non vero,
che oggi Beethoven non riconoscerebbe pi la sua musica, ma la sensazione della autenticit / originariet fortissima, forse perch Zimerman riesce a dire qualcosa che altri
intuiscono senza riuscire a esprimere compiutamente e che perci noi
ci aspettiamo di ascoltare).
Zimerman si mette al servizio
dellAutore, si preoccupa solo di

trarre dalla sua musica tutto quello


che gli riesce di capire e di scoprire.
Diverso latteggiamento di Pollini,
che purtroppo non ho ascoltato ma
non sembra abbia ottenuto particolare successo; anche perch, da
talebano, nel ciclo scaligero affiancava ai capolavori di Beethoven
opere contemporanee che con essi
non avevano alcunch da spartire, e
lo ha fatto persino con queste Sonate - testamento considerate sacre.
stata una sorta di provocazione,
di aggressiva polemica nei confronti
del pubblico, che nuoce alla concentrazione e alla comprensione
della musica anzich favorirla.
E che dire di Schiff, che con ammirevole e indefettibile precisione ha
suonato per la ventiduesima volta
lintero ciclo delle 32 Sonate come
se fosse ununica opera - bench la
prima sia stata scritta nel1793 e
lultima del 1822 - dunque creata
nellarco di trentanni. Cos eseguite
finiscono per appartenere pi alla
categoria dei Clavicembali ben temperati o delle Kreisleriane piuttosto
che alla ricerca di unintera vita, a
un contenitore di tutte le ineludibili
contraddizioni dellAutore. Schiff
non lo fa certo per pigrizia mentale
ma - credo - per un malcelato bisogno di propria coerenza ed io mi
chiedo perch mai si debba cercare
coerenza nella vita e nella produzione di un compositore, magari
proprio nella vita squietata di Beethoven.
Ascoltando Zimerman restiamo sorpresi e ci commuoviamo quando da
un groviglio di suoni, mentre meno
ce lo aspettiamo, sorge uno di quegli incantevoli cantabili che non sai
mai se sono dolore, speranza, dolcezza, piet di s stesso o degli altri, che ci attanagliano lanima e ci
vien voglia di guardare negli occhi il

nostro vicino per condividere


lemozione; ad esempio come nello
Andante molto cantabile ed espressivo della 109, che poi diventa molto espressivo e, dopo il leggiermente, il teneramente e il
cantabile, con una impressionante
serie di trilli, porta allo sfinimento e
allo spegnimento di tutto.
O quello Arioso dolente (klagender
Gesang) della 110 che introduce la
possente Fuga a sua volta interrotta
da un Perdendo le forze, dolente
(Ermattet, klagend), tutte espressioni che Beethoven usa solo alla fine
del suo percorso, liberato da ogni
schematismo della sonata classica,
e con le quali indica con precisione
lo stato danimo suo e quello che
vorrebbe espresso dallesecutore.
Mi parso di percepire un certo
raffreddamento solo in conclusione, nella magica Arietta del finale
della 111 (che Schiff esegu in modo particolarmente commosso e intenso) forse a causa dello squillo di
un telefonino proveniente dalle prime file (nonostante gli sforzi fatti
allinizio dallavvocato Magnocavallo!) che potrebbe essere giunto
allorecchio del pianista proprio nel
momento in cui raggiungeva il culmine
della
concentrazione
e
dellimpegno.
Ultima notazione, questa volta diretta al pubblico del Conservatorio.
Lentusiasmo e laffetto dimostrato
al pianista alla fine del concerto
stato tale da sembrare anche una
perentoria e insistita richiesta di bis.
Per fortuna che Zimerman non c
cascato e ha tenuto duro; un bis
dopo le ultime note della 111 sarebbe stato blasfemo, avrebbe involgarito e svilito una delle pi belle serate musicali dellanno. Bravo Zimerman!

LIBRI
questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero
rubriche@arcipelagomilano.org
David J. Hand
Il caso non esiste
Perch le cose pi incredibili accadono tutti i giorni
a cura di Marco Malvaldi
Rizzoli, maggio 2014
pagg. 317, euro 18
Questo libro parla di eventi straordinariamente improbabili. Parla delle
ragioni per cui accadono cose incredibilmente inverosimili. Di pi:
parla delle ragioni per cui continuano ad accadere, ancora e ancora e
ancora. Sembra una contraddizione,
perch la logica suggerirebbe la

n. 24 VI - 25 giugno 2014

domanda: come possono accadere


ripetutamente eventi definiti molto
improbabili?"Ma proprio attraverso
quello che lautore David Hand definisce principio di improbabilit che
corre in modo avvincente tutto il libro.

Matematico inglese, docente di statistica allImperial College di Londra,


ex presidente della Royal Statistical
Society, consulente di enti governativi, banche e compagnie farmaceutiche, David Hand spiega come una
serie di leggi del caso, prese tutte
insieme, (legge dellinevitabilit, dei

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numeri davvero grandi, della prossimit sufficiente, della selezione,
etc.) debbano indurci ad aspettare
linaspettato e perch.
innegabile che spesso si verifichino fatti inverosimili, inattesi che avremmo detto altamente improbabili, tanto da farci talvolta pensare a
una rega invisibile che governa
misteriosamente il corso delle cose.
La tesi di Hand vuole dimostrare
che il confluire e operare alluni+sono di una serie di leggi - fisiche,
psicologiche, matematiche - a scatenare una forza tanto potente da
trasformare limprobabile, per quanto inconcepibile, in reale accadimento.
Quasi tutti scrive lautore abbiamo sperimentato coincidenze,
eventi sincronici, telepatici, questi
episodi ci costringono a pensare
che ci sia qualcosa nelluniverso
che non comprendiamo. Ci costringono a chiederci se in qualche occasione le leggi della natura e della
causalit a noi familiare, e grazie
alle quali conduciamo la nostra vita
quotidiana, non vengano meno, ci
inducono a ipotizzare lesistenza di
qualcosa capace di esercitare
uninfluenza invisibile. Ma per il
principio di improbabilit sostenuto
da Hand e secondo il quale gli eventi estremamente improbabili so-

no comuni, non si tratta che di


uninevitabile confluenza di fattori,
vista la natura e il comportamento
delluniverso.
Da matematico e acuto osservatore
dei fenomeni statistici Hand elabora
un saggio ingegnoso e curioso, guidando il lettore attraverso gli ardui
territori della storia della matematica
e la fisica quantistica, leconomia e
la psicologia, ma anche analizzando
i misteri della numerologia e della
scaramanzia, la fortuna e la cattiva
sorte, Nostradamus e la teoria della
sincronicit di Jung.
Prende in esame leffetto farfalla
(n.d.r. espressione coniata dal matematico e meteorologo Edward Lorenz e dal cui studio formale nata
la teoria del caos,) secondo il quale
un sistema caotico sembra muoversi tra i suoi stati totalmente a caso,
ma non a caso nel senso che
impossibile prevedere il suo stato
seguente: perch si pu sempre
trovare unequazione deterministica
esplicita che leghi due stati successivi del sistema.
Il passaggio dalluniverso meccanico alluniverso probabilistico, iniziato
un secolo fa, ci dice Hand oggi
completo: Viviamo in un universo
dominato dal caso e dallincertezza.
Tuttavia il caso ha le sue leggi ed

esse costituiscono le fondamenta


della probabilit.
Nel 1996 Lena Pahlsson di Mora, in
Svezia, perse la sua vera nuziale.
Sedici anni dopo raccolse una carota dal suo orto e trov lanello doro
bianco tempestato di diamanti, infilato sul vegetale. Il 21 dicembre
1988 lavv. John Wood cancell la
sua prenotazione sul volo Pan Am
103 perch si era lasciato convincere a partecipare a un party in ufficio.
Il velivolo sarebbe esploso sopra
Lockerbie. Il 26 febbraio 1993 Wood
era nella sua stanza al trentanovesimo piano di una delle Torri Gemelle quando unautobomba deflagr
alla base delledificio. L'11 settembre 2001 Wood lasci il suo ufficio
appena prima che gli aerei si
schiantassero contro il World Trade
Center. Nel luglio del 2007 Bob
Gould di Hayling Island, nello Hampshire, si ruppe una gamba cadendo da una scala. Alla stessa ora dello stesso giorno, anche suo figlio si
ruppe una gamba mentre scavalcava un muro. E in entrambi i casi si
trattava della gamba sinistra.
Niente di tutto ci conclude
lautore davvero sorprendente.
solo il principio di improbabilit
allopera.
Daniela Muti

SIPARIO
questa rubrica a cura di E. Aldrovandi e D.Muscianisi
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Le Spectre de la rose e la rivoluzione del pax de deux
Giugno 1914 - 2014: ricorre il centenario della prima de Le Spectre de
la rose. Il balletto nasce da un poemetto romantico di Thophile Gautier (lestetizzatore della ballerina e
del balletto ottocentesco) riadattato
in danza da Michail Fokin, per un
allestimento dei Ballets Russes
allOpra di Monte Carlo.
Linterprete principale era il leggendario Vaclav Niinskij, che vestito di
petali rossi prendeva corpo e azione
nei sogni di una ragazza addormentatasi con una rosa in mano. La coreografia stata creata per lui, il
ballerino pi virtuoso di cui si ha
memoria nel Novecento.
Con il famoso salto dalla finestra fa
il suo ingresso lo spirito della rosa,

che prende la giovane e la trascina


in un delicato pas de deux. Trascinare il verbo pi corretto, perch
il protagonista lo spirito della rosa,
non la ragazza. la prima volta che
in un pas de deux classico il focus
non sia sugli equilibri e i fuori asse
della danzatrice sostenuta dal porteur, come voleva lestetica classica
del balletto romantico, ma siano i
virtuosismi del ballerino il centro
dellazione scenica.
Niinskij non mancava certo di primadonnismo, attirava tutte le attenzioni del pubblico con la sua grande
presenza scenica, nonostante al
suo fianco ci fosse la grande ballerina Tamara Karsavina, la pi grande interprete dei ruoli di Petipa di

allora. Il personaggio doveva misurarsi con salti e giri, per mostrare la


potenza maschile nelle gambe, e
delicati ports de bras (molto rivisitati
da Fokin rispetto alla tecnica classica) che conferivano allo spirito della
rosa un carattere androgino.
Cos lo spirito della rosa diventato
nelle successive riprese un ruolo di
espressivit e virtuosismo maschile,
con il quale tutti i pi grandi danzatori del Novecento si sono confrontati: Michail Barynikov e soprattutto
Rudolf Nuriev (con Margot Fonteyn), forse il pi diretto erede di
Niinskij.
Domenico G. Musciansi

ARTE
questa rubrica a cura di Virginia Colombo
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LIndia fotografata da Sonja Quarone
n. 24 VI - 25 giugno 2014

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La Triennale di Milano nello Spazio


Material ConneXion presenta la
mostra fotografica "Sonja Quarone.
Cuore d'Oriente", che ha come protagonisti scatti fotografici inediti e
installazioni nate dalla riflessione
dellartista durante un viaggio in India. La rassegna, a cura di Fortunato D'Amico, articolata in tre sezioni: Architetture & Landscape, Design (e) Motion, e People. Attraverso 50 scatti la mostra offre un approfondito e personalissimo quadro
dell'India visto con gli occhi dell'artista di Vigevano, classe 1972.
I soggetti presenti in mostra spaziano dall'architettura al paesaggio,
dalle persone agli oggetti e fanno
emergere la riflessione di Sonja
Quarone sulla societ orientale.
Partendo dalla considerazione che il
cosiddetto primo mondo entrato
in crisi a causa del consumismo
senza freni, la Quarone prova a fotografare sul territorio indiano scelte
e modi di vita che potrebbero, agli
occhi degli occidentali, divenire
possibili spunti per tentare di integrare meglio culture, attivit e economie sociali diverse, perdute dalla
nostra parte del pianete, durante
questi anni.
L'artista tramite la messa a fuoco di
alcuni elementi e un'accurata elaborazione digitale, mette in risalto precisi dettagli dellinquadratura, come
si nota soprattutto nelle architetture
e nei volti di donne, uomini e bam-

bini, dove le immagini sfocate conservano nitidi alcuni dettagli degli


edifici e di tratti significativi come
sguardi, espressioni e gesti delle
mani. L'assenza degli sfondi sostituiti da tenui tonalit monocrome
crea un effetto scenografico che isola il soggetto dalla realt circostante
e ne fa risaltare a pieno il significato.
Nelle opere delle sezioni Architetture & Landscape, Design (e) Motion,
spiccano scatti in cui l'obiettivo coglie elementi molto diversi fra loro,
come grattacieli accanto a vecchie
case diroccate; piazze in cui si affacciano antichi templi ricchi di storia accanto a edifici anonimi; strade
con fabbricati moderni in cui il traffico automobilistico fatto anche da
carri trainati da buoi; oppure alberghi obsoleti davanti ai quali sostano
un vecchio taxi ed un cammello.
Squarci di architetture e di vita sociale si alternano dando vita a un
panorama variegato che rende
lidea di un mondo diverso e pi
sfaccettato, rispetto al nostro.
Gli scatti, stampati su supporti differenti fra cui tessuto, la resina e il
Krion, dialogano con i mobili antichi
indiani utilizzati per le installazioni
fotografiche. Fra questi in particolare Vie di fuga, volti stampati su tessuto collocati su unantica portantina
in legno per elefanti; Anime, ritratti
di persone di ogni et disposte nelle
nicchie della libreria policroma, sul

cui retro collocata la serie Nutrimento con chioschi isolati su spiagge deserte e persone nell'atto di cibarsi.
Sul letto ricavato da un unico tronco
di teak e dalle linee essenziali collocata limmagine dell'anziano religioso dormiente a significare il valore della meditazione. Non passa inosservata la gigantografia su carta
da parati Tutto nel mezzo, attorno
alla quale sono collocate numerose
foto di piccole dimensioni dal titolo
Foto ricordo, che riportano alle immagini votive presenti nei templi.
Negli scatti di Sonja Quarone si avverte il pensiero relativo alla societ
indiana di oggi, che nonostante sia
caratterizzata da conflitti, rigide scale sociali e sincretismo, riuscita a
preservare le proprie antiche tradizioni. Una naturale predisposizione
al viaggio, la curiosit e il desiderio
di sapere, spingono lartista a utilizzare la fotografia documentaria come strumento per esplorare regioni
lontane dalla cultura occidentale,
ma vicine al suo sentire. L'India non
solo un luogo fisico del mondo,
ma anche lo spazio interiore
dellartista.
Sonja Quarone. Cuore d'Oriente
Spazio Material ConneXion - Triennale di Milano 20 giugno - 23 luglio
2014 Orari marted - domenica
10.30 - 13.30 / 14.30 - 20.00 Ingresso libero

Fragilit, equilibrio e critica per Meireles alla Bicocca


Ancora una volta lHangar Bicocca
non sbaglia un colpo. La mostra dedicata a Cildo Meireles, Installations
tutta da vedere e provare. Coinvolgente, poetica, critica e polisensoriale, la mostra la prima manifestazione italiana dedicata allartista
brasiliano, considerato fin dagli anni
60 un pioniere di quellarte intesa
soprattutto come uno scambio attivo
e vitale con il pubblico, come un
rapporto vivo e attivo in grado di coinvolgere lo spettatore in una esperienza multisensoriale.
La personale, a cura di Vicente Todol, comprende 12 tra le pi importanti installazioni realizzate dallartista tra il 1970 e oggi, ed un percorso ricco di suggestioni che portano lo spettatore ad essere parte
dellopera darte, a farla vivere, ma
anche a mostrargli una realt concettuale nascosta e su cui riflettere.
Cildo Meireles affronta da sempre
tematiche sociali e culturali attraverso opere che rivelano pienamente il
loro significato solo nel momento in
cui sono attraversate e vissute,

n. 24 VI - 25 giugno 2014

coinvolgendo oltre alla vista, anche


ludito, il tatto, lolfatto e addirittura il
gusto.
Il percorso spiazzante, poich si
passa da opere di ridottissime dimensioni ad altre decisamente monumentali. Si inizia con Cruzeiro de
Sul, un cubo di legno di 9 mm, che
rimanda per a concetti e credenze
sacre nella cultura dei Tupi, popolazione india del Brasile con cui Meireles entr in contatto.
Si arriva poi ad Atravs, labirinto
trasparente lastricato da frammenti
di vetro rotti, che fa percepire allo
spettatore una sensazione di instabilit e di potenziale pericolo, dovendosi districare lentamente tra filo
spinato, tendaggi, superfici vetrate
(persino due acquari), attraverso le
quali sembra di vedere una via
duscita, resa difficile per dai materiali che creano il percorso. Lattraversamento del titolo simboleggia
dunque un percorso interiore accidentato, ogni passo spezza sempre
di pi il vetro sotto ai piedi, simbolo

della fragilit umana, ed sempre


pi difficile andare avanti.
Passando dalla torre fatta di radio
antiche e moderne, Babel, per arrivare ai cubi bianchi e neri sporcabili di Cinza, quello che colpisce la
variet dei materiali usati, scelti
dallartista solo in base alle loro caratteristiche simboliche o sensoriali,
mettendo insieme elementi contrastanti anche dal punto di vista semantico o visivo.
E in effetti Olvido, un tepee indiano
costruito con 6.000 banconote di
diversi paesi americani, circondato
da tre tonnellate di ossa bovine contenute da 70.000 candele, espressione di questo concetto. Mentre gli occhi sono impegnati a distinguere i diversi elementi, le ossa
emanano un odore difficile da sopportare e dal centro della tende fuoriesce un rumore continuo di sega
elettrica. Opera con una critica di
stampo post-colonialista, spesso
presente nei lavori di Meireles, non
affronta per lo spettatore direttamente, imbarazzandolo, ma sugge-

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risce il suo messaggio accostando
elementi dal valore simbolico.
Una delle opere pi amate e fotografate sui social, sicuramente
Amerikka, un pavimento fatto di
22.000 uova di legno dipinte, su cui
troneggia un soffitto fatto da proiettili
sporgenti. Mentre lo spettatore
invitato ad attraversare scalzo lo
spazio bianco delle uova, in una situazione di instabilit, la minaccia
ulteriormente rimarcata da migliaia
di proiettili rivolti al suolo. Opera s
di spaesamento ma di incredibile
impatto visivo e percettivo.
Meireles lavora con tutti e cinque i
sensi. Ecco perch con Entrevendo,
un enorme struttura di legno a forma di imbuto, lo spettatore invitato
ad entrare in questo cono, da cui
esce aria calda, mettendosi prima in
bocca due cubetti di ghiaccio per
sperimentare, man mano che ci si
avvicina alla fonte di calore, lo scio-

gliersi del ghiaccio in pochi istanti,


per un coinvolgimento completo dei
sensi.
E poi si arriva allopera pi poetica
della mostra, Marulho, la simulazione di un pontile circondato dalle onde del mare, nella luce delicata del
tramonto. Solo ad una visione pi
attenta si scorgono i dettagli, ovvero
che le onde sono fatte da immagini
di acqua rilegate in migliaia di libretti
disseminati sul pavimento, giocando
sulla ripetizione e laccumulo, con
un effetto non solo visivo ma anche
simbolico.
Mentre ci si perde a osservare le
immagini, ecco che voci, tutto intorno, ripetono allinfinito la parola acqua in 85 lingue diverse, creando
una nenia simile allo sciabordio delle onde. Solo allora si scopre che,
ovviamente, un fondo c, la parete
lilla che delimita lorizzonte. Quello
che si crea allora nello spettatore

una curiosa sensazione alla The


Truman show, accorgendosi che in
realt tutto finto e costruito. Di naturale, non c nulla. Lopera vive
inoltre di riferimenti ad artisti del
passato che hanno giocato sulla
monocromia, come Piero Manzoni,
citato anche in unaltra opera della
mostra, Atlas, e Yves Klein.
Tra suoni, attraversamenti e sensazioni, la personale di Meireles intende mostrare come lo spazio sia
una componente fondamentale
nellenfatizzare i paradossi e le metafore, elementi chiave nella sua
arte, espressi da queste dodici
coinvolgenti installazioni.
Cildo Meireles, Installations fino al
20 luglio 2014 HangarBicocca / via
Chiese 2, Milano / Orario: gioved
domenica 11.00 23.00 Ingresso
libero

Il design al tempo della crisi


Se il caldo impazza e si ha voglia di
vedere qualcosa di alternativo e diverso dalle solite mostre, ecco che
la Triennale di Milano offre tante valide opportunit. Ricco come sempre il ventaglio delle mostre temporanee di architettura, ma interessante ancor di pi il nuovo allestimento del TDM, il Triennale Design Museum, giunto alla sua settima edizione.
Dopo La sindrome dellinfluenza,
tema delanno scorso, per la nuova
versione ci si concentrati su temi
quanto mai cruciali, che hanno a
che fare molto e soprattutto con gli
ultimi anni: Autarchia, austerit, autoproduzione sono le parole chiave
che fanno da titolo e da fondo
alledizione di questanno. Un racconto concentrato sul tema dell'autosufficienza produttiva, declinato e
affrontato in modo diverso in tre periodi storici cruciali: gli anni trenta,
gli anni settanta e gli anni zero. La
crisi ai giorni nostri, insomma.
Sotto la direzione di Silvana Annichiarico, con la curatela scientifica
di Beppe Finessi, lidea alla base
che il progettare negli anni delle crisi economiche sia una condizione
particolarmente favorevole allo stimolo della creativit progettuale: da
sempre condizioni difficili stimolano
lingegno, e se questo vero nelle
piccole cose, evidente ancor di pi
parlando del design made in Italy.

Dal design negli anni trenta, in cui


grandi progettisti hanno realizzato
opere esemplari, ai distretti produttivi (nati negli anni settanta in piccole
aree geografiche tra patrimoni basati su tradizioni locali e disponibilit
diretta di materie prime) per arrivare
alle sperimentali forme di produzione dal basso e di autoproduzione.
Viene delineata una storia alternativa del design italiano, fatta anche di
episodi allapparenza minori, attraverso una selezione di oltre 650 opere di autori fra cui Fortunato Depero, Bice Lazzari, Fausto Melotti,
Carlo Mollino, Franco Albini, Gio
Ponti, Antonia Campi, Renata Bonfanti, Salvatore Ferragamo, Piero
Fornasetti, Bruno Munari, Alessandro Mendini, Gaetano Pesce, Ettore
Sottsass, Enzo Mari, Andrea Branzi,
Ugo La Pietra fino a Martino Gamper, Formafantasma, Nucleo, Lorenzo Damiani, Paolo Ulian, Massimiliano Adami.
Il percorso si sviluppa cronologicamente: si comincia con una stanza
dedicata a Fortunato Depero, artista
poliedrico e davvero a tutto tondo, e
alla sua bottega Casa dArte a Rovereto (dove realizzava quadri e arazzi, mobili e arredamenti, giocattoli e abiti, manifesti pubblicitari e allestimenti) e termina con una stanza
a cura di Denis Santachiara dedicata al design autoriale che si autoproduce con le nuove tecnologie.

In mezzo, un racconto fatto di corridoi, box e vetrine, che mette in scena i diversi protagonisti che, dagli
anni trenta a oggi, hanno saputo
sperimentare in modo libero creando nuovi linguaggi e nuove modalit
di produrre. Uno fra tutti Enzo Mari
con la sua semplice e disarmante
autoprogettazione.
Il percorso si arricchisce anche di
momenti dedicati ai diversi materiali, alle diverse aree regionali, alle
varie tecniche o citt che hanno dato vita a opere irripetibili, quasi uniche, come recitano i pannelli esplicativi.
Anche lallestimento segue il concept di base: sono stati scelti infatti
materiali che rievocano il lavoro artigianale e autoprodotto: il metallo e
lOSB (materiale composito di pezzi
di legno di pioppo del Monferrato).
Dopo aver risposto alla domanda
Che Cosa il Design Italiano? con
Le Sette Ossessioni del Design Italiano, Serie Fuori Serie, Quali cose
siamo, Le fabbriche dei sogni,
TDM5: grafica italiana e Design, La
sindrome dellinfluenza, arriviamo a
scoprire come il design si salva al
tempo della crisi.
Il design italiano oltre le crisi. Autarchia, austerit, autoproduzione
Triennale Design Museum, Orari:
Martedi - Domenica 10.30 - 20.30
Gioved 10.30 - 23.00 Biglietti: 8,00
euro intero, 6,50 euro ridotto

Leonardo Icon
Leonardo Da Vinci ancora una volta
protagonista di Milano. Si inaugu-

n. 24 VI - 25 giugno 2014

rata ieri sera la scultura intitolata


Leonardo Icon, opera ispirata al

genio di Leonardo e appositamente


disegnata dallarchitetto Daniel Li-

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beskind per valorizzare la piazza
Pio XI recentemente pedonalizzata.
Leonardo continua quindi a dialogare, con un rapporto lungo decenni,
con la Biblioteca e la Pinacoteca
Ambrosiana che sorgono sulla piazza, scrigni darte contenenti tra
laltro il famoso Ritratto di Musico e
limportantissimo Codice Atlantico, a
opera del maestro toscano.
Luogo e posizione centralissima per
la scultura dellarchistar Libeskind,
che oltre ad impreziosire la riqualificata piazza, ha giocato con Leonardo non solo per omaggiare il suo
genio, ma anche sottolineandone il
talento artistico, creando per la scultura un basamento circolare ripro-

ducente la mappa della citt di Milano cos come Leonardo stesso


laveva descritta.
Unoperazione in linea con il programma di Expo 2015, che tenta di
arricchire la citt con opere e trasformazioni di ambito culturale a cui
il grande pubblico pu relazionarsi e
magari farle diventare nuovi punti di
riferimento urbano.
Leonardo Icon si presenta come un
totem di quasi tre metri, fatto di leghe metalliche, che lamministrazione comunale ritiene particolarmente significativo per il rilancio della piazza Pio XI.
Questopera si trova allinterno di
un simbolo della trasformazione del-

la nostra citt: due anni fa questa


piazza era un parcheggio selvaggio
ora un gioiello pedonale che vogliamo sia conosciuto da sempre
pi milanesi e turisti, ha dichiarato
lassessore alla Mobilit Pierfrancesco Maran. Per questo larrivo
dellopera di Libeskind doppiamente importante, perch racconta
la Pinacoteca e Leonardo ai milanesi in un nuovo contesto pedonale
ancora tutto da scoprire. Oggi nasce
una nuova stagione, la Pinacoteca
riprende il suo giusto ruolo in citt.

Munari politecnico
Il genio di Bruno Munari ha spaziato
in diversi campi: dalla grafica
alleditoria, dalla pedagogia al design, passando per larte pi pura.
La mostra Munari politecnico, allestita nello spazio mostre del Museo
del 900, propone un percorso affascinante su alcune delle sperimentazioni/invenzioni progettate dallartista.
I pezzi in mostra provengono tutti
dalla Fondazione di Bruno Danese
e Jacqueline Vodoz di Milano, che
nella molteplice veste di amici, collezionisti, editori e industriali, per
decenni hanno sostenuto e incentivato Munari a sperimentare linguaggi diversi. Lobiettivo della mostra dunque rivelare la propensione artistica di Munari, compito
che idealmente prosegue lesposizione allestita nel 1996 nelle sale
della Fondazione stessa, rileggendone per la collezione e aprendola
a un dialogo con una generazione di
artisti, presenti in mostra, che con
Munari hanno avuto un rapporto
dialettico.
La mostra divisa in sezioni, attraverso le quali appaiono gli orientamenti artistici di Munari attraverso il

disegno e il collage, con un modo di


intendere larte vicino alle pratiche
delle avanguardie storiche; ma dalle
quali emerge anche il suo rapporto
con la ricerca scientifica, come supporto di intuizioni plastiche e meccaniche; per arrivare poi alla produzione artistica vera e propria.
Soprattutto queste opere vivono di
corrispondenze e influenze, citate
da Munari nei suoi libri quali quelle
di Mary Vieira e Victor Vasarely; ma
in mostra ci sono anche pezzi di artisti che hanno esposto e condiviso
ricerche con lui come Enzo Mari,
Max Bill, Franco Grignani e Max
Huber; e di artisti che lo hanno frequentato come Getulio Alviani e Marina Apollonio. Senza dimenticarsi di
coloro che hanno condiviso momenti importanti del suo percorso, come
Gillo Dorfles e Carlo Belloli, e successivamente il Gruppo T. Infine,
questa stessa sezione include figure
che con Munari hanno mantenuto
un rapporto ideale in termini di capacit e ispirazione, come Giulio
Paolini e Davide Mosconi.
Le opere degli artisti selezionati discutono, dialogano e si relazionano,
oggi come allora, con limmaginario

estetico di Munari, anche grazie a


un sistema di allestimento fatto di
strutture e supporti legati tramite
incastro e gravit, ma con aspetto
leggero. Quella stessa leggerezza
di cui Munari fece vivere le sue opere, tra cui le famose Sculture da viaggio, le 10 forchette impossibili e
i libri illeggibili, tutti esposti in mostra.
Accanto alla mostra principale il Focus dedicato allopera fotografica,
in parte inedita, realizzata da Ada
Ardessi e Atto, autori che per decenni hanno lavorato a stretto contatto con Munari, testimoniando i
principali momenti della vicenda
professionale e umana dellautore.
Lesposizione ha come titolo Chi
s visto s visto locuzione molto
amata da Munari e che racchiude
tramite immagini, lartista e luomo a
tutto tondo.
Munari politecnico fino al 7 settembre Museo del Novecento
lun.14.30 - 19.30 mar. mer. ven. e
dom. 9.30 - 19.30 gio. e sab. 9.30 22.30

Bernardino Luini e figli: una saga lunga un secolo


Dopo un silenzio durato quasi cinquantanni, Bernardino Luini torna
protagonista di una mostra, e lo fa
in grande stile. Il pittore di Dumenza, chiamato per da tutti di Luino,
il centro di una esposizione come
da tempo non se ne vedevano, con
200 opere esposte per chiarire a
tutto tondo una personalit significativa ma discussa, soprattutto per la
mancanza di dati certi che caratterizza la biografia dellartista.
Da gioved 10 aprile sar possibile
scoprire Bernardino, i suoi figli e la

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sua bottega, le influenze illustri che


lo ispirarono (Leonardo, Bramantino, i veneti, persino un certo che
di Raffaello) e pi in generale cosa
succedeva a Milano e dintorni agli
inizi del 500.
Quello sviluppato in mostra un
percorso ricco e vario, che oltre a
moltissime opere del Luini, presenta
anche il lavoro dei suoi contemporanei pi famosi, Vincenzo Foppa,
Bramantino, Lorenzo Lotto, Andrea
Solario, Giovanni Francesco Caroto,
Cesare da Sesto e molti altri, che

spesso giocarono un ruolo chiave


nel definire lestetica artistica milanese.
Un percorso lungo quasi un secolo,
che dalla prima opera di Bernardino,
datata 1500, arriva a coprire anche
le orme del figlio Aurelio, vero continuatore dellattivit di bottega, se
pur gi contaminato da quel Manierismo che stava dilagando nella penisola.
La mostra occuper lintero piano
nobile di Palazzo Reale, e si concluder in maniera scenografica nel-

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la sala delle Cariatidi, presentando,
in alcuni casi per la prima volta, tavole, tele, affreschi staccati, arazzi,
sculture, disegni e prove grafiche.
Oltre a prestiti milanesi, con opere
provenienti da Brera, dallAmbrosiana e dal Castello sforzesco, si
affiancano importanti contributi internazionali provenienti dal Louvre e
dal museo Jacquemart-Andr di Parigi, dallAlbertina di Vienna, dal
Szpmvszeti Mzeum di Budapest, dai musei di Houston e Washington.
Il progetto, curato da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, oltre a essere

la pi grande retrospettiva mai dedicata a uno dei protagonisti dellarte


del Cinquecento in Lombardia,
una saga famigliare in dodici sezioni, ognuna dedicata allapprofondimento di un momento della vita
dei Luini e delle loro commissioni
pi importanti. Degni di nota sono
gli straordinari affreschi per la Villa
Pelucca di Gerolamo Rabia, mirabile ciclo decorativo tra sacro e profano; e la casa degli Atellani, con una
rassegna di effigi dei duchi di Milano
e delle loro consorti, ricostruita
dallarchitetto Piero Lissoni, responsabile dellallestimento.

Dopo tante mostre dedicate ai contemporanei, la mostra un tuffo in


unepoca che per Milano fu davvero
doro, un momento in cui la citt ma
anche la stessa Lombardia, regalarono un apice artistico in seguito
difficile da eguagliare.
Bernardino Luini e i suoi figli Palazzo Reale, fino al 13 luglio 2014
Orari: Luned 14.30_19.30 da Marted a Domenica 9.30_19.30 Gioved e Sabato 9.30_22.30 Biglietti Intero 11,00 Ridotto 9,50

Klimt, Beethoven e la Secessione Viennese


Gustav Klimt il maestro indiscusso
della Secessione viennese, movimento artistico sviluppatosi tra la
fine dell800 ed esauritosi alla fine
degli anni 10 in Austria e che dilag
anche in citt come Monaco e Berlino. uno degli artisti pi amati,
ammirati e idolatrati di sempre, bench il corpus delle sue opere sia relativamente esiguo, 250 lavori circa.
Nulla a confronto della prolificit di
artisti come Picasso, Warhol o Kandinsky, per citare solo alcuni degli
artisti ospitati di recente a Palazzo
Reale.
Ed proprio qui che da mercoled
12 marzo sar possibile scoprire e
ammirare anche i capolavori del
maestro viennese. Klimt. Alle origini di un mito lultima mostra promossa dal Comune di Milano e dal
Sole24 Ore.
bene dire fin da subito che non
una monografica su Klimt, ma piuttosto una panoramica su Klimt, sui
fratelli Georg e Ernst e su alcuni
degli artisti pi significativi della Secessione. Di lavori puramente klimtiani ce ne sono una ventina. Piuttosto quella proposta da Palazzo Reale una mostra, con un allestimento
molto accattivante e suggestivo, con
opere notevoli e lavori che faranno
capire il senso di quella straordinaria rivoluzione artistica che va sotto
il nome di Art Nouveau, Art Dec o,
appunto, Secessione.
Il motivo presto spiegato. I capolavori di Klimt non sono pi assicurabili, spiega il curatore della mostra, Alfred Weidinger, che cura
lesposizione insieme a unaltra
grande esperta klimtiana, Eva di
Stefano. I premi assicurativi sono
altissimi, le opere troppo significative perch i musei se ne possano
separare con facilit. Retrospettive
importanti a livello numerico sono
ormai rarissime. Per gli amanti dei
numeri basti ricordare che 'Il ritratto
di Adele Bloch Bauer' fu acquistato

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nel 2006 da Ronald Lauder per 135


milioni di dollari, diventando uno tra
i quadri pi costosi di sempre.
Nonostante tutto le opere in mostra
sono comunque tante, un centinaio,
divise in sezioni. Si inizia con la sezione sulla famiglia Klimt, significativa perch mostra qualcosa di forse
poco noto, lorigine della vocazione
artistica del maestro. Il padre, orafo,
passa ai tre figli maschi la passione
e la pratica dellarte, che i ragazzi
portano avanti studiando presso la
Kunstgewerbeschule (scuola d'arte
e mestieri), dove si esercitano in
pittura e in svariate tecniche, il tutto
ancora seguendo uno stile storicista
ed eclettico. Particolare attenzione
stata dedicata all'opera giovanile,
alla formazione di Klimt e ai suoi
inizi come decoratore dei monumentali edifici di rappresentanza
lungo il nuovissimo Ring di Vienna.
La sezione successiva dedicata
alla Kunstler-Compagnie, la Compagnia degli Artisti che Klimt cre
con i fratelli Ernst e Georg insieme a
Matsch, e alla quale vennero affidate prestigiose commissioni ufficiali e
onorificenze, riprendendo e portando avanti lo stile pomposo del loro
maestro Hans Makart.
Ma il nuovo stava per arrivare. Abbandonato lo stile storicista Gustav
Klimt e compagni, nel 1898, dopo lo
scandalo causato con i dipinti per
luniversit di Vienna (bruciati in un
incendio ma riproposti in mostra
tramite incisioni) inaugurano la prima mostra della Secessione viennese, con la pubblicazione della rivista ufficiale, Ver Sacrum. lanno
in cui larchitetto Otto Wagner crea il
famoso Palazzo della Secessione,
decorato internamente dagli stessi
artisti.
in questo ambito che nascono alcuni dei capolavori esposti, come la
bellissima Giuditta II. Salom, prestito della veneziana Ca' Pesaro,
Adamo ed Eva, Acqua Mossa, Fuo-

chi fatui (una chicca di collezione


privata difficilmente prestata in mostra) e altre opere preziose, ricche
di decorazioni eleganti e sinuose, in
cui il corpo femminile diventa protagonista. La donna prima madre poi
femme fatale, intrigante e sensuale,
portatrice di estasi e di tormento il
soggetto prediletto da Klimt.
Paesaggi (con lincredibile Girasole)
e ritratti sono altre sezioni della mostra, disseminate qua e l dagli
straordinari disegni su carta. Opere
che mostrano tutta labilit del grande maestro che con un solo tratto di
matita riusciva a creare un languido
corpo femminile.
Ma varrebbe il costo del biglietto
anche solo la straordinaria ricostruzione del Fregio di Beethoven, a
met percorso, ispirato dalla nona
sinfonia del musicista e creato per il
Palazzo della Secessione di Vienna.
Copia dell'originale, irremovibile e
danneggiato, realizzata durante il
complesso lavoro di restauro compiuto negli anni 70-80, stato ricostruito cos come Klimt laveva allestito nel 1902, con 7 pannelli di 2
metri di altezza per 24 di lunghezza.
Tributo a un musicista considerato
leggendario dagli artisti viennesi, il
Fregio rappresentata leterna contrapposizione tra il bene e il male, il
viaggio delluomo - cavaliere e
laspirazione al riscatto e alla salvezza possibili solo attraverso larte,
rappresentata dalla donna; unopera
forte di quel messaggio allegorico
sempre presente nelle opere di
Klimt. Maestro indiscusso di eleganza e raffinatezza.
Klimt. Alle origini di un mito Palazzo Reale, fino al 13 luglio Aperture e costi: Luned dalle ore 14:30
alle ore 19:30, da marted a domenica dalle ore 9:30 alle ore 19:30,
gioved e sabato orario prolungato
fino alle ore 22:30 Biglietto intero 11
euro, ridotto 9,50.

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Marco Cappato
DA QUI A FINE LEGISLATURA
http://youtu.be/qAa2OepVC7Y

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