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n. 39 VI - 12 novembre 2014
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poche grandi citt che ci caratterizzano, hanno o non hanno contesti
cos diversi da giustificare strumenti
di governo delle politiche di governo
del territorio diverse in funzione della porzione di territorio sul quale si
va ad agire?
Chi, tra gli amministratori locali, ha
esercitato una politica di contenimento di consumo di suolo lha potuto fare soprattutto perch la pressione edificatoria e la spinta imprenditoriale connessa, in questi
ultimi anni, venuta meno. Nonostante ci lamministratore locale,
che dovrebbe essere, in primis, colui che ha a cuore la propria comunit intesa in una dimensione collettiva e non solo come insieme di tante istanze o di categorie elettorali
(anziani, imprenditori, giovani coppie, ecc), risente pesantemente della fiscalit locale, fatta di mancati
trasferimenti, mancato utilizzo dei
residui attivi e patto di stabilit,
quindi, per poter esercitare la propria azione politica arriva a rivolgere
la sua attenzione sugli oneri di urbanizzazione.
Questo uno dei principali meccanismi che innescano il consumo di
suolo. La speculazione edilizia, il
malaffare, i quartieri e le citt dormitorio e tutta la serie di situazioni negative correlate a una sbagliata pianificazione urbanistica si innestano
sulla politica degli oneri di urbanizzazione che quindi deve essere rivista e riformata.
A livello di amministratori locali
manca inoltre una sensibilizzazione
rispetto a quelle che dovrebbero essere le buone pratiche: il vero motivo che porta un amministrazione
locale ad abbattere il consumo di
suolo nel contesto di un comune
medio piccolo, cio nella maggior
parte dei comuni italiani, deve essere lattenzione verso la propria comunit e non verso la propria riaffermazione politica.
La tipica situazione urbanistica di
un comune medio-piccolo caratterizzata da una ripartizione delle aree
residenziali, produttive e commerciali secondo una logica puramente
localistica che si ferma ai confini del
comune appunto. Questo ha portato
in molti casi a uno sviluppo scriteriato di tutti i tessuti che si innestano
sul tessuto principale, il suolo. In
molti comuni i tessuti produttivi sono
frazionati in pi aree non contigue
tra loro ma nemmeno con le aree
produttive dei comuni confinanti.
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UN BILANCIO RIFORMISTA
Franco DAlfonso
Lo scopo essenziale del mio articolo
della scorsa settimana sulla finanziaria di Renzi era ricordare che
non possiamo tornare nella notte in
cui tutte le vacche sono nere solo
perch Marx non va pi di moda
mentre il mainstream liberista si.
Come prevedibile, mi sono procurato molte note critiche civili e documentate che mi fanno pensare che
non sia inutile ma anzi necessario
sollevare dibattiti che trascendono
la polemica quotidiana e portano
perfino nel terreno proibito di quella
ideologica.
In particolare nella quasi totalit dei
casi la mia difesa di un ruolo di
motore dello sviluppo attribuito
allarea urbana di Milano stata
messa a dura prova da attacchi nella scia della vulgata dellente locale e della spesa pubblica visto come
spreco per definizione. Sarebbe
facile rispondere che difficilmente la
mala gestio italiana risiede pi nel
4% del totale spesa pubblica nazionale gestito dai Comuni piuttosto
che non tra Regioni e Ministeri vari,
ma largomento ha un suo fondamento .
La qualit della spesa pubblica, intesa come giusta allocazione ed efficiente erogazione, molto bassa
in generale ed il Comune di Milano
non unisola felice. Le procedure
consolidate e sedimentate sono ormai cultura consolidata e rendono la
P.A. irriformabile senza un intervento di riformismo rivoluzionario che
ne metta in discussione lintero assetto, ma tutti i tentativi sono finora
falliti e hanno anzi perfino peggiorato la situazione .
Danni gravissimi vengono ogni qual
volta presi dallansia di giustizia che
segue qualche scandalo si mette
mano a leggi anticorruzione,
semplificazione, trasparenza: il
risultato certo lincremento della
quantit di carte da riempire, comitati da riunire, autorit da creare e
nessun miglioramento sugli obiettivi
dichiarati.
Ma proprio a Milano e nella Citt
Metropolitana abbiamo una occasione straordinaria, la rivoluzione
degli assetti e delle competenze e
quindi anche della macchina amministrativa intrinseca nella istituzione stessa del nuovo ente. Non vi
dubbio che si possa ripetere
lennesimo disastro italico e trasformare una iniziativa che intendeva diminuire di un livello, la Provincia, il nostro ordinamento amministrativo portandolo a tre (Comune,
Regione, Stato), in una che lo porta
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lAmministrazione milanese guidata
da Giuliano Pisapia ha acquisito in
questi tre anni. Non essendoci pi
nemmeno la possibilit tecnica di
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degli interessi in vista del bene comune e il configurarsi della partecipazione dei cittadini come uno
strumento al servizio della finalit di
generare la condivisione di responsabilit posta al cuore della
Carta per la responsabilit sociale
condivisa, e tradotta in una Raccomandazione del Consiglio dei Ministri
del
Consiglio
dEuropa
(CM/Rec 2014), in applicazione della quale, le metodologie utilizzate
devono quindi poter operare attraverso: un coinvolgimento che si distolga da un approccio focalizzato
su singole istanze per approdare a
una configurazione di comunit in
cui cittadini e istituzioni sono coautori della vita della comunit;
limpiego strategico delle risorse
presenti nelle comunit, comprese
le istituzioni, di cui occorre sollecitare e accompagnare il cambiamento;
lattivazione di processi deliberativi
che superino laggregazione di preferenze individuali, secondo il principio di maggioranza, per consentire
la costruzione di azioni pubbliche
basate su un confronto tra gli attori
su argomenti generalizzabili quanto
condivisibili.
Occorrono, pertanto, metodologie di
intervento adeguate allobiettivo di
co-generare il "senso della vita insieme" favorendo la sostenibilit
dellazione pubblica attivata. Si colloca a pieno titolo in questo scenario quanto realizzato a Cascina per
lelaborazione del Bilancio partecipativo, connotato peculiarmente da
una Metodologia denominata Respons.In.City (Universit di Padova), che si avvale della partecipazione quale strategia al servizio della promozione dellesercizio di
competenze di cittadinanza nellambito di processi di costruzione di
soluzioni condivise rispondenti alle
esigenze del territorio.
Limpiego dellinterazione dialogica
finalizzato a sollecitare i partecipanti a contribuire alla definizione
delle esigenze della comunit con
riferimento al bene comune e non
rispetto a richieste di porzioni
della comunit. Le prassi utilizzate
non sono, pertanto, riferite alla dia-
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curezza che viene dal convincimento che qualcuno o qualcosa sia conforme alle proprie attese o speranze. La fiducia infatti un atteggiamento che consente di prendere
decisioni che comportano rischi
(come per esempio il fare impresa). La mancanza di fiducia quindi
riduce la gamma di possibilit di agire razionalmente, per esempio non
consente linvestimento di capitale
in condizioni di incertezza. Se non
c fiducia i capitali non arrivano oppure si pongono il problema di fuggire in altri Paesi.
Ora mi sembra che invece molte
narrazioni veicolate dai media, soprattutto attraverso i format dei talkshow, vanno proprio nella direzione
di comunicare il pi possibile il contrario della fiducia cio la sfiducia.
Non si limitano neppure a creare
quella diffidenza, figlia dellIlluminismo, che pu essere un atteggiamento, anche positivo, preliminare
alla fiducia, una giusta fase dubitativa (la diffidenza infatti non fiducia
ma anche non sfiducia), ma fanno in
modo che si imponga, come protagonista indiscussa dei loro racconti
disperati e disperanti, una sorta di
fideistica sfiducia, cio una sfiducia a prescindere dalla discussione,
una sfiducia che potremmo definire
a priori.
Naturalmente tutto questo avviene
anche nel nome della ricerca di audience, quindi di sopravvivenza del
programma stesso. Elementi come
la critica iper-negativa, la protesta,
la lotta di piazza, le urla della folla,
gli scontri con la polizia, le manganellate, la rabbia, provocano quella
giusta dose di tensione nella narrazione che, come tutti gli autori televisivi sanno, permette di ancorare lo
spettatore al programma. Pi c
tensione nel racconto in studio, pi
si fidelizza il pubblico a casa, evitando cos quello zapping, che tanta
paura crea ai venditori di spazi pubblicitari nei palinsesti televisivi.
Se da una parte con questa tipologia tensiva presente nei racconti
televisivi si consolida laudience,
dallaltra per si offre un importante
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definitiva di sistemazione della nuova piazza Castello".
Mentre pi parti continuano a discutere del tema, negli ultimi giorni si
infittito sul web un altro dibattito, innescato dalla petizione di firme lanciata dal Circolo on-line PD Citt
Mondo, con la quale si richiede al
Sindaco Giuliano Pisapia di impegnarsi, alla fine di Expo, a spostare
le strutture dell'Expo Gate, inglobando la Piazza nei progetti di sistemazione dell'area pedonale. Da
un lato si critica la scelta audace del
progetto, esito di un concorso organizzato dalla Triennale nel 2013,
poich troppo distante da un'aspettativa di risoluzione pi aderente al
contesto, dall'altra si difende la centralit rinnovata e ritrovata di un
luogo, prima adibito a parcheggio;
da una parte si allude a una irregolarit concorsuale - per la quale verrebbe meno l'oggetto stesso del
concorso - dall'altra si inneggia
all'aspetto sociale quale innesco di
nuova offerta lavorativa ... e cos
via.
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alternativa (ovvero secondo il vocabolario Zingarelli condizione o
facolt per cui si pu o si deve scegliere tra due cose). Con la prima
soluzione il capoluogo semplicemente si scioglie in singoli Comuni.
Con la seconda si priva di elementi
di autonomia (poteri e risorse non
certo aggiuntive bens a somma
zero) in favore delle Zone. Quanto
basta, oltre alla cessione di sovranit sulle questioni strategiche versate nella Citt Metropolitana, per
renderne ridondante e farraginosa
la sopravvivenza. Per non parlare
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Sul punto chiave dellelezione diretta c una adesione puramente formale, perch di fatto hanno spiegato che il tutto rinviato alle calende
greche, forse alle elezioni del 2021.
Infine, prevista la formazione delle
aree omogenee tra comuni, organizzate con una assemblea e un
presidente. A loro volta raccolti in un
altro organo collegiale denominato
conferenza dei presidente delle zone omogenee. Sulla parte organizzativa della Citt metropolitana in
senso stretto, la bozza di statuto
PIM prevede che ci siano varie figure: un direttore generale, un segretario generale, direttori di uffici di
staff politici, direttori delle varie aree
funzionali pi le articolazioni interne.
Sul versante funzioni, oltre a quelle
definite dalla legge Delrio, aggiungono anche la Stazione Appaltante
Unica, una specie di grande fratello
degli appalti, una centrale della
committenza per aggiudicare lavori,
forniture e servizi, nonch la concessione di servizi pubblici.
Gli istituti di partecipazione classici
sono stati quasi tutti inseriti nella
bozza di statuto: i referendum
dindirizzo, listruttoria pubblica sulle
grandi opere, istanze e petizioni, il
diritto di accesso, la pubblicit degli
atti. C anche il forum metropolitano della societ civile, per, quando
si parla di regole, nei dettagli che
il diavolo si nasconde. Per capire la
reale portata delle presunte innovazioni occorre addentrarsi nelle infinite pieghe delle norme, per vedere
che per il cittadino sono strumenti
praticamente disattivati.
In filigrana si intravvede una costruzione molto complessa, organizzata
su molteplici livelli gerarchici o centri
decisionali, che sono almeno nove:
il Sindaco di Milano il capo di tutta
la C.M., che discrezionalmente nomina un Vice, con poteri che possono essere notevoli, poi discrezio-
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nalmente sceglie dei consiglieri, ai
quali concede delle deleghe. I delegati si riuniscono in una specie di
giunta, che la maggioranza in
consiglio. Il Sindaco discrezionalmente nomina il sottosegretario,
una specie di factotum, a seguire il
direttore generale e il segretario generale, i quali a loro volta nominano
altri direttori. un idea di potere
quasi feudale, su base fiduciaria.
Allesterno i comuni sono organizzati in zone omogenee e sono rappresentati da un presidente di zona, i
quali a loro volta si riuniscono in una
conferenza dei presidenti di zona.
Infine, c la Conferenza metropolitana, che lassemblea dei sindaci,
che dovrebbe essere il principale
organo di indirizzo politico della
C.M. Nella bozza PIM le competenze della Conferenza sono pochissime e blindate da un quorum deci-
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sce al Comune di Milano (e a tutti i
comuni dellhinterland che vivono la
stessa felice contingenza) di darsi
una dimensione pi giusta e meno
onerosa per la cittadinanza (che gi
soffre di una pesante situazione
complessiva, aggravata per di pi
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alcun contributo alla vivacit della
strada e della citt (e quando prevedono un bar o un ristorante sembra malamente adattato al posto di
un ufficio). Poi provate quel triste
percorso che da via Fabio Filzi,
passando dietro ai nuovi grattacieli
(sembra fatto per farvi passeggiare i
cani) sale alla piazza Aulenti dove
scoprirete di aver raggiunto una acropoli anzich una piazza: ci siamo
dimenticati che la piazza, topos tipicamente italiano, tanto pi bella
quanto pi chiusa (Piazza San
Marco, Piazza Navona, la piazza di
Vigevano) e concava (Piazza del
Campo, Piazza del Popolo), mentre
questa in cima a un colle (artificia-
MUSICA
questa rubrica a cura di Paolo Viola
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Le due georgiane
Due recital pianistici di due donne,
ascoltate una dopo laltra al Conservatorio la settimana scorsa, una
per le Serate Musicali e laltra per la
Societ del Quartetto, tutte e due
nate e cresciute a Tbilisi in Georgia,
tutte e due dotate di una tecnica, di
un talento e di una padronanza della tastiera assolutamente prodigiosi,
acquisiti e assorbiti in famiglia, alle
prese con due programmi egualmente colti e interessanti; e tutte e
due che concludono il loro concerto
con ovazioni da stadio. Sorprendente e intrigante dir poco, la curiosit
legittima, il confronto inevitabile.
Ebbene, difficile immaginare
labisso che le divide.
Prima di tutto appartengono a due
diverse generazioni (spero che non
mi consideri inelegante ma mi sembra necessario dire che, se Elisso o
liso Virsaladze ha superato i settanta, Khatia Buniatishvili ha da poco festeggiato i ventisette anni); la
prima rimasta legata alla sua terra
e alla grande madre Russia, dove
ancor oggi una delle pi importanti
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mann dallaltra, quasi a sottolineare
il valore di quelle due amicizie e il
peso di quelle due dipendenze, risoltesi entrambi con affanno.
La Buniatishvili invece suona nel
primo tempo i Quadri di una esposizione di Musorgskij e lo Scherzo
n. 2 di Chopin, nel secondo La Valse di Ravel e Tre movimenti da
Petrushka di Igor Stravinskij. I
Quadri e lo Scherzo, come dicevo, li
drammatizza esasperatamente, con
chiaroscuri violenti e fraseggi tesi
allo spasimo; nel secondo tempo con le due trascrizioni per pianoforte
degli stessi autori dei balletti originali - propone una mera esibizione di
virtuosismo portata fino allo stremo.
Il programma avrebbe avuto un
senso - come lo storico intreccio fra
le culture dei due paesi in cui lei ha
vissuto (russa e francese) e il rapporto fra musica e arte visive (presente, bench non esplicitamente,
anche nello Scherzo di Chopin) ma era troppo evidentemente pensato come biglietto da visita, o come
videoclip, per consentirle di manifestare il forte temperamento musicale e di esibire lottima tecnica di cui
dotata.
Cos per successo che, con quei
rallentando e stringendo non richiesti e con lassenza di rigore nei
tempi e di misura nellespressione,
Musorgskij sia diventato un romanzo dappendice e Chopin un autore
vanesio e superficiale; per non dire
di Ravel e Stravinskij che sono stati
trasformati in un pretesto per funambolismi pianistici.
Ascoltando la giovane Buniatishvili,
laltra sera, era impossibile non tornare con la mente alla sera precedente in cui, seduta allo stesso pianoforte (a dire il vero i due pianoforti
erano solo apparentemente uguali,
la povera Virsaladze ha dovuto ac-
ARTE
questa rubrica a cura di Benedetta Marchesi
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Marc Chagall porta la leggerezza a Palazzo Reale
Non si pu essere a Milano
nellautunno 2014 e non aver visitato la grande retrospettiva dedicata a
Marc Chagall, tale stato il battage
pubblicitario che ha tappezzato
lintera citt. Non solo, ma Chagall
anche uno di quegli artisti che rimangono nei ricordi anni dopo la
fine degli studi, che sembra facile
capire e apprezzare e per i quali si
pi predisposti a mettersi in fila per
andarne a vedere una grande mostra. Su questa scia stato pensato
il percorso che ha condotto
allideazione della mostra, che
prende proprio le mosse dalla domanda Chi stato Marc Chagall? E
cosa rappresenta oggi?
Lesposizione, a Palazzo Reale fino
al 1 febbraio, accompagna il visitatore in una graduale avvicinamento
allartista; attraverso 15 sale e 220
opere si scopre lartista affiancando
lesperienza artistica alla sua crescita anagrafica. Uomo attento e profondamente sensibile al mondo che
lo circonda, Chagall, figlio ed erede di tre culture con le quali si
confrontato e che nel suo lavoro ritornano spesso: la tradizione ebraica dalla quale eredita figure ricorrenti, come lebreo errante, e immagini cariche di simbologie; quella
russa, sua terra natia dei bianchi
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paesaggi e delle chiese con le cupole a cipolla, e quella francese delle avanguardie artistiche, incontrata
pi volte durante i suoi soggiorni.
Queste eredit si manifestano in
maniera eterogenea e armonica in
uno stile che rimarr nella storia per
essere solo suo: colori pieni di forma e sostanza, animali e uomini
coprotagonisti in una sinergia magica, latmosfera quasi onirica e
lamore assoluto che ritorna in ogni
coppia raffigurata, quello tra Marc e
Bella Chagall e che intride di felicit
e leggerezza ogni altro oggetto raffigurato intorno a loro. Persino il secondo conflitto mondiale e poi la
morte dellamata Belle paiono non
appesantire il suo lavoro, quanto
invece lo conducono a una maggiore profondit e pregnanza di significato.
Limmediato godimento della mostra, che potrebbe essere ostacolata dalla lunghezza e dal corpus cos
importante di opere, dato anche
dalla capacit didattica della audioguida e dei pannelli di mediare tra il
pensiero e il valore pittorico dellartista e locchio poco allenato del visitatore. I supporti presenti in mostra contestualizzano in maniera
chiara il periodo e i lavori del pittore,
offrendo tal volta una descrizione,
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sesti ripetuti a giorni alterni. Al fianco delle proiezioni vengono presentate una selezione di opere di artisti
che hanno scelto il video come
mezzo espressivo ma che si avvalgono anche delloggetto come concretizzazione tangibile dellidea artistica.
Tra le opere di maggiore impatto:
Mastequoia Op. 09-013, una lunga
striscia di frame selezionati da un
girato di 54 ore su un viaggio compiuto dai tre artisti tra Rotterdam,
Fs e Tokyo (vero e proprio film,
vincitore del premio Lo schermo
dellarte 2013); attraverso luso del
VHS come supporto la qualit perde
molta definizione acquisendo per
un velo quasi melanconico e onirico,
oltre che di ricordo che si va lentamente sbiadendo.
Per rendere pi esaustivo il tema
stato presentato poi un fitto palinsesto di proiezioni e performance che
vanno ad ampliare ancora di pi la
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di settecento modelli in gesso, pitture, vetrate, oreficerie, arazzi e modelli architettonici che spaziano dal
XV secolo alla contemporaneit.
E lallestimento colpisce e coinvolge
gi dalle prime sale. Ci si trova circondati, spiati e osservati da statue
di santi e cherubini, da apostoli, da
monumentali gargoyles - doccioni,
tutti appesi a diversi livelli attraverso
un sistema di sostegni metallici e di
attaccaglie a vista, di mensole e
supporti metallici che fanno sentire
losservatore piccolo ma allo stesso
tempo prossimo allopera, permettendo una visione altrimenti impossibile di ci che stato sul tetto del
Duomo per tanti secoli.
Si poi conquistati dalla bellezza di
opere come il Crocifisso di Ariberto
e il calice in avorio di san Carlo; si
possono vedere a pochi centimetri
di distanze le meravigliose guglie in
marmo di Candoglia, e una sala altamente scenografica espone le vetrate del 400 e 500, alcune su disegno dellArcimboldo, sopraffini
esempi di grazia e potenza espressiva su vetro.
C anche il Cerano con uno dei
Quadroni dedicati a San Carlo,
compagno di quelli pi famosi esposti in Duomo; c un Tintoretto ritrovato in fortunate circostanze, durante la Seconda Guerra mondiale, nella sagrestia del Duomo. Attraverso
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LIBRI
questa rubrica a cura di Marilena Poletti Pasero
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Quaderni proustiani
In occasione del Centenario della
pubblicazione della Recherche di
Marcel Proust, la rivista Quaderni
Proustiani verr presentata mercoled 12 novembre, ore 18, a Palazzo
Sormani, sala del Grechetto, via F.
Sforza 7, Milano, a cura di Unione
Lettori Italiani Milano Relatori Gennaro Oliviero, Daria Galateria, Paolo
Lagazzi, Eleonora Sparvoli
La rivista Quaderni proustiani,
fondata a Napoli
nel 1999
nellambito dellAssociazione Amici
di Marcel Proust, lunica bilingue
(italiano-francese) tra quelle esistenti in Europa, ha la finalit di diffondere la conoscenza dellopera
del grande scrittore, universalmente
considerato tra i massimi della letteratura mondiale; trattasi di pubblicazione annuale, destinata a un vasto
pubblico, comprendente lettori eruditi e amatori, dilettanti e proustiani
di professione.
Il numero del 2014 che si fa scrigno di una data memorabile, quel
14 novembre 1913 in cui usc il primo volume di A la recherche du
temps perdu - contiene contributi
che potremmo raccogliere sotto il
tema delle scelte tematiche di
Proust (Tadi, Merlino, Garritano) o
delle sue pratiche poetiche (Girimonti Greco, Oliviero, Vago), o ancora della sua fortuna nel mondo
(Lagazzi, Antici, Chardin, ThonThat). Sei recensioni compongono
lultima sezione, con libere variazioni sul genere, che vanno dal pi
schietto resoconto (Europe a cura
di Marie Miguet-Ollagnier, Proust e
gli oggetti a cura di John Rogove)
alla chiosa creativa (Ladenson, a
cura di Anne Huez), dallintroduzione degli stessi curatori (Sera),
SIPARIO
questa rubrica a cura di E. Aldrovandi e D.Muscianisi
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Matthew Bournes Swan Lake, quando i veri cigni salgono sul palco
Dal 27 gennaio 1895 siamo abituati
a immaginare i cigni come delicati
ed esili esseri vestiti di bianco candido, aggraziati e ordinati, che accompagnano con la danza lamore
della principessa Odette e del principe Siegfried: questo limmaginario comune che nasce dal Lago
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ha per la prima volta ha messo in
scena il suo Swan Lake al Sadlers
Wells Theatre di Londra. La trama e
la drammaturgia quella del Lago
dei cigni di Petipa-Ivanov, la musica
quella di ajkovskij, senza sostanziali modifiche; ma la versione
di Bourne nota soprattutto perch
le tradizionali parti femminili dei cigni sono danzate da un corpo di
ballo interamente composto da uomini.
I candidi tut a disco, le delicate corone di piume e le agili e leggere
punte sono sostituite da piedi nudi
(per lo pi in flex, in modo da ricordare le zampe palmate del cigno),
una lunga e arcigna striscia di colore nero che dalla fronte scende lungo il naso a triangolo e da una culotte al ginocchio color bianco sporco
e da piume non pettinate, ma disordinate. Matthew Bourne ha commentato la propria scelta dicendo
The idea of a male swan makes
complete sense to me. The
strength, the beauty, the enormous
wingspan of these creatures suggests to the musculature of a male
dancer more readily than a ballerina
in her white tutu [Lidea che un
uomo interpretasse il cigno aveva
perfettamente senso per me. La forza, la bellezza, lampiezza dellaper-
CINEMA
questa rubrica curata da Anonimi Milanesi
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Torneranno i prati
Scritto e diretto da Ermanno Olmi [Italia, 2014, 80']
Fotografia di Fabio Olmi, Montaggio di Paolo Cottignola
Lultimo film di Ermanno Olmi, potente, bellissimo e senza reticenze,
un film che costringe a ricordare.
Ricordare ci che avvenuto ormai
un secolo fa, e che abbiamo dimenticato e che cento libri di storia pieni
di date e battaglie e confini che
cambiano e ricambiano non sono in
grado di restituire con la lucidit e
sensibilit di questo commovente
racconto cinematografico.
Ricordare che quella terribile prima
guerra mondiale fu una guerra di
uomini e tra uomini. Quante volte
usiamo la frase essere in trincea?
E quante volte ne cogliamo appieno
il suo significato vero? Olmi ci d
loccasione di comprenderlo fino in
fondo.
La trincea scavata nel fianco della
montagna, abitata e vissuta da
una manciata di soldati di diversa
origine e grado, che convivono, si
ammalano e combattono, difendendo uno degli ultimi avamposti dalta
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scenograficamente perfetta dello
spazio claustrofobico e spartano
della trincea. Trincea ricostruita nella neve, nel pendio del monte, e non
in un comodo teatro di posa. Condizione di ripresa che sicuramente ha
molto aiutato gli attori ad avvicinarsi
alla condizione dei soldati che interpretavano.
La fotografia di Fabio Olmi molto
bella: mai leccata e di grande pulizia, quasi un bianco e nero, che al-
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