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1245 copertina

23-07-2007

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Pagina 1

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ARA
RACNE
CNE

Produzione di metaboliti secondari


nelle piante medicinali in coltura artificiale
Il volume raccoglie gli atti del Workshop sulle Colture Artificiali di Piante
Medicinali, che si tenuto il 20 ottobre 2006 presso la Facolt di Agraria di
Pisa. Il Workshop ha terminato il Progetto Produzione di metaboliti secondari nelle piante medicinali in coltura artificiale (PROMEDICA), cofinanziato
dal Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca (PRIN 2004) e
coordinato dal professore F. Tognoni del Dipartimento di Biologia delle piante agrarie di Pisa.

Franco Tognoni ordinario di Colture protette presso la Facolt di Agraria di Pisa, di cui
stato anche Preside. Attualmente ricopre la carica di direttore del Dipartimento di Biologia
delle piante agrarie. autore di un libro sulla coltivazione in serra e di centinaia di pubblicazioni scientifiche o a carattere tecnicodivulgativo.
Anna Mensuali una ricercatrice della Scuola Superiore di Studi Universitari e Perfezionamento SantAnna di Pisa. Le sue ricerche hanno riguardato soprattutto le colture in vitro e la
conservazione postraccolta dei prodotti ortofloricoli e sono state oggetto di numerose pubblicazioni su riviste internazionali.

a cura di A. Pardossi, F. Tognoni, A. Mensuali

Alberto Pardossi dal 1998 professore associato di Orticoltura e floricoltura, ruolo ricoperto
inizialmente presso la Facolt di Agraria di Milano e successivamente di Pisa. Autore di circa
200 articoli a carattere scientifico o tecnicodivulgativo, Alberto Pardossi si occupa soprattutto di colture di serra.

Colture artificiali di piante medicinali

Colture artificiali di piante medicinali

ARA
RACNE
CNE

euro 19,00

ARACNE

STUDIO BG

ISBN 978-88-548-1245-1

Colture artificiali
di piante medicinali
Produzione di metaboliti secondari
nelle piante medicinali in coltura artificiale

a cura di
Alberto Pardossi
Franco Tognoni
Anna Mensuali

1245 copertina

23-07-2007

15:47

Pagina 1

ISBN 978-88-548-1245-1

A07
39

Colture artificiali
di piante medicinali
Produzione di metaboliti secondari
nelle piante medicinali in coltura artificiale

a cura di
Alberto Pardossi
Franco Tognoni
Anna Mensuali

ARACNE

Copyright MMVII
ARACNE editrice S.r.l.
www.aracneeditrice.it
info@aracneeditrice.it
via Raffaele Garofalo, 133 A/B
00173 Roma
(06) 93781065

ISBN

9788854812451

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,


di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dellEditore.

I edizione: luglio 2007

Indice
Pagina
Fulceri S. - Controllo di filiera e qualit delle piante 11
medicinali e dei loro derivati.
Pacifici S., Tozzini L., Maggini R., Pardossi A., Tognoni F. 21
- La coltivazione idroponica delle piante medicinali: il caso
dellEchinacea angustifolia.
Raimondi G.P., Cirillo F.C., Fogliano V., Maggio A. - 37
Adattabilit dellEchinacea angustifolia alla coltivazione
fuori suolo e accumulo di molecole biofunzionali in risposta
allo stress osmotico.
Giorgi A., Licheri G.L., Cocucci M. - Influenza della 47
nutrizione azotata sulla crescita e sul metabolismo
secondario di Achillea millefolium L. ssp collina becker
allevata in idroponica.
Benvenuti S. - Dinamica della flora spontanea in colture 55
medicinali gestite con sistemi colturali di tipo biologico.
Angelini L., Tozzi S. - Le piante da indaco: produzione e 69
controllo di qualit.
Maffei M. e Bertea C.M. - Idrossilasi dei monoterpeni: 85
aspetti biochimici, molecolari ed ecologici.
Ferracane R., Graziani G., Fogliano V., Gallo M. - 97
Estrazione, caratterizzazione e conservazione di estratti
bioattivi da Echinacea angustifolia DC..
Graziani G., Ferracane R., Gallo M., Ritieni A., Fogliano V. ..111
- Caratterizzazione chimica e determinazione dellattivit
antiossidante degli estratti polifenolici di bardana (Arctium
lappa L.).

6
Nutricati E., Panzanaro S., De Bellis L. - Caratterizzazione ..119
di alcuni geni chiave per la produzione di metaboliti
secondari in Passiflora incarnata ed Echinacea angustifolia.
Tommasi L., Negro C., Cerfeda T., De Bellis L., Miceli A. - ..131
Propriet antiossidanti ed epato-protettive di Buglossoides
purpurocaerulea (L.) Johnst.
Sgherri C., Pinzino C., Izzo R., Navari-Izzo F. - Potere ..139
antiossidativo in estratti lipofili ed acquosi di Salvia
officinalis L.: vantaggi di analisi di "Electron Spin
Resonance" (ESR) a confronto con i metodi tradizionali.
Ruffoni B. e Giovannini A. - Produzione di biomassa in ..147
vitro: induzione e scale-up.
Mensuali-Sodi A., Lucchesini M., Pacifici S., Maltinti S., ..165
Tognoni F. - Caratterizzazione del microambiente e suoi
effetti sul mantenimento in vitro di Passiflora incarnata L..
Simeoni E., Fraccaroli M., Toffali K., Ceoldo S., Levi M. e ..177
Guzzo F. - Elicitazione di colture in vitro di Passiflora per la
produzione di metaboliti secondari.
Lucchesini M., Mensuali-Sodi A., Pacifici S., Pipino L., ..185
Tognoni F. - Coltura in vitro mixotrofica ed autotrofica di
Echinacea angustifolia DC..
Bertoli A., L. Luciardi, M. Lucchesini, A. Mensuali Sodi A., ..197
Pistelli L. - Metaboliti secondari da piante adulte
micropropagate di Echinacea angustifolia DC..
Guidi L., Montanari M., Degl'innocenti E. - Attivit di ..201
alcuni enzimi del metabolismo dei fenilpropanoidi in foglie
di Passiflora incarnata L. coltivata in vivo o in vitro.

7
Giovannini A., Mascarello C., Ruffoni B., Nostro A. - ..209
Caratterizzazione di piante di Helichrysum stoechas (L.)
Moench rigenerate da hairy roots: architettura della pianta
ed attivit biologica.
Blando F., Albrizio M., Marti L., Caretto S., Merendino A., ..225
Villanova L., Mita G. - Colture in vitro di Artemisia annua
L. per la produzione del composto antimalarico artemisinina.
Pace L., Pacioni G., Spano L., Marotti M., Grandi S, ..233
Piccaglia R. - Colture artificiali di piante medicinali:
Artemisia petrosa subsp. eriantha (genep appenninico).
Gardi T., Micheli M., Prosperi F., Sisani G., Saffiro G. - ..241
Tecniche di coltura in vitro per la propagazione e la
conservazione di Lavandula angustifolia Miller.
Morone Fortunato I. e Avato P. - Micropropagazione e ..251
micorrizazione di Origanum vulgare L.: analisi istologica e
chimica.
Sessione Poster
Asciuto A., Chironi S., Columba P., Crescimanno M., De ..259
Stefano V. - Situazione attuale e prospettive della domanda
nel comparto delle officinali in Sicilia.
Camorani M. - Implicazioni biosintetiche ed allelopatiche ..271
dei principali flavonoidi di interesse fitoterapico.
Ferracane R., Graziani G., Gallo M., Fogliano V., Ritieni A. ..279
- Profilo metabolico dei composti bioattivi del cardo
mariano (Silybum marianum (L.) Gaertn.).
Galati A., Migliore G., Scaffidi Saggio C. - La rivalutazione ..287
del frassino da manna come coltura officinale.

8
Galluzzo N. - Analisi e prospettive della coltivazione di ..299
piante officinali in Italia: prime indicazioni economiche per
le aziende agricole.
Piovan A., Filippini R., Caniato R. - Il destino metabolico di ..307
un substrato: disegno unico o percorsi diversi in vivo ed in
vitro?
Curadi M., Graifenberg A., Lucchesini M., Pacifici S., ..315
Giorni I. - Sesquiterpeni amari in carciofo (Cynara scolymus
L.) ottenuto per micropropagazione e per moltiplicazione
vegetativa.

Prefazione
Negli ultimi anni il consumo di rimedi naturali aumentato
sensibilmente, soprattutto nei Paesi sviluppati, e di conseguenza
cresciuto l'interesse verso l'identificazione e la produzione di principi
attivi dorigine vegetale. Le tecniche agronomiche, daltra parte, non
sono state ancora ottimizzate per gran parte delle colture dinteresse
farmaceutico; conseguentemente, il loro rendimento produttivo, sia
quantitativo sia qualitativo, non ancora soddisfacente. In tal senso,
limpiego di sistemi di coltura artificiale, quali l'idroponica e la
coltura in vitro, potrebbe consentire numerosi vantaggi, soprattutto in
termini di standardizzazione del processo produttivo, aumento della
resa in principi attivi e miglioramento della qualit del materiale
vegetale destinato alla lavorazione industriale.
Il Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie dellUniversit di
Pisa e la Scuola di Studi Universitari e Perfezionamento SantAnna di
Pisa, con il patrocinio della Societ Orticola Italiana (SOI) ed in
collaborazione con la rivista Erboristeria Domani, hanno organizzato
un Workshop sulleColture Artificiali di Piante Medicinali, che si
tenuto il 20 ottobre 2006 presso la Facolt di Agraria di Pisa.
Il Workshop ha concluso il Progetto Produzione di metaboliti
secondari nelle piante medicinali in coltura artificiale"
(PROMEDICA), cofinanziato dal Ministero dell'Istruzione,
dell'Universit e della Ricerca (PRIN 2004) e coordinato dal Prof. F.
Tognoni del Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie di Pisa.
Il programma prevedeva 23 relazioni, alcune a carattere generale
tenute da esperti del settore, quali il Prof. Massimo Maffei (Universit
di Torino), il Dott. Sergio Fulceri (Aboca spa, San Sepolcro) e la
Dott.ssa Barbara Ruffoni (CRA Istituto Sperimentale per la
Floricoltura di Sanremo. Altri sette lavori sono stati presentati nella
Sessione poster.

11

Controllo di filiera e qualit delle piante medicinali e dei


loro derivati
Fulceri S.
Azienda. Aboca, Sansepolcro, Arezzo
E-mail: sfulceri@aboca.it
Riassunto
Lutilizzo delle piante medicinali nel comparto erboristico,
cosmetico e farmaceutico aumentato grazie alla professionalit di
aziende che hanno visto con sempre maggiore interesse lo studio e
lapprofondimento delle sostanze attive presenti nei vegetali. Negli
ultimi dieci anni, da tutto il mondo, sono state fatte valutazioni di tipo
agronomico-produttivo, di trasformazione, destrazione supportate da
prove farmacologiche di fitoderivati di vecchia e nuova generazione
come non si era mai visto. Infatti, la valutazione del settore Piante
Medicinali non pu prescindere dallanalisi di filiera, o meglio delle
filiere che caratterizzano questo complesso mondo produttivo,
dallarea produttiva-agricola a quella tecnologica-estrattiva, fino ad
arrivare alle problematiche di distribuzione e comunicazione. Difatti la
funzionalit e la sicurezza dei prodotti finiti a base di derivati da
piante medicinali molto correlata con la qualit e le caratteristiche
della materia prima utilizzata. Nellottica di una ricerca orientata a
verificare la possibilit da parte delle piante medicinali di svolgere pi
vasti e complessi meccanismi fisiologici, necessario approfondire la
fisiologia e la chimica vegetale delle diverse specie oggetto di
attenzione da parte di questo settore. Pertanto, studiare la produzione
di metaboliti secondari delle piante medicinali un nuovo scenario
che pu senzaltro garantire la scoperta di nuove molecole bioattive.

12

Fulceri S.

Abstract
The use of medicinal plants in the herbal medicine, cosmetic and
pharmaceutical fields has increased due to the expertise of firms
which have looked with growing interest at the study of the active
substances present in plants. In the last decade, from all over the
world, evaluations have been made concerning agronomic and
product aspects, processing and extraction, supported by
pharmacological tests of old- and new generation phytoderivatives. As
a matter of fact, the evaluation of the medicinal plants sector
cannot be made without the production process analysis. Indeed the
functionality and safety of the end products derived from medicinal
plants is strongly related to the quality and characteristics of the
starting materials. In view of a research aimed to verify the possibility
by medicinal plants to undergo more extensive and more complex
physiological mechanisms, an inspection of plant physiology and
chemistry of the different species involved in this field is necessary.
Therefore, studying the secondary metabolites production by
medicinal plants is a new point of view which can definitely lead to
the discovery of new bioactive molecules.
Introduzione
La strada dellutilizzo delle piante medicinali nel comparto
erboristico, cosmetico e farmaceutico stata ormai intrapresa grazie
alla professionalit di aziende che hanno messo in pratica le
conoscenze di ricercatori e sperimentatori che hanno visto con sempre
maggiore interesse lo studio e lapprofondimento delle sostanze attive
presenti nei vegetali. Negli ultimi dieci anni, da tutto il mondo, sono
state fatte valutazioni di tipo agronomico-produttivo, di
trasformazione, destrazione supportate da prove farmacologiche di
fitoderivati di vecchia e nuova generazione come non si era mai visto.
Anche il legislatore ha ritenuto assolutamente necessario adeguarsi
alle nuove richieste del mercato e adesso le aziende produttrici di
prodotti a base di piante medicinali rientrano nel novero dofficine
autorizzate dal Ministero della Salute in ottemperanza alle indicazioni

La filiera delle piante medicinali

13

Comunitarie per la realizzazione di prodotti salutistici destinati al


consumatore finale e li identifica, in funzione della loro presentazione,
dose, via di somministrazione o applicazione, pi specificatamente in
prodotti aventi effetti nutrizionali, fisiologici, terapeutici e cosmetici.
In breve che coadiuvano e favoriscono le fisiologiche funzioni
dellorganismo. Analizzare il settore Piante Medicinali non pu
prescindere dallanalisi di filiera, o meglio delle filiere che
caratterizzano questo complesso mondo produttivo, dallarea
produttiva-agricola a quella tecnologica-estrattiva, fino ad arrivare alle
problematiche di distribuzione e comunicazione.
Il mondo produttivo agricolo e quello di trasformazione
Da unindagine effettuata su Austria, Danimarca, Francia,
Germania, Grecia, Italia, Olanda, Svezia e Regno lEuropean Herbal
Growers Association (2002) ha valutato che il numero complessivo
daddetti alla coltivazione ed alla raccolta di piante officinali sia
stimabile in un valore di 10.139 unit, delle quali 2.126 solo in Italia.
Le aziende, salvo limitate eccezioni, hanno prevalentemente carattere
dimprese familiari. Da unindagine effettuata da ISAFA in Italia nel
1999 risulta che la superficie investita a piante officinali in Italia
supera i 3.000 ettari. La regione che ha pi della met del suo
territorio investita in piante officinali la Calabria, dove la coltura pi
importante quella del bergamotto. Le altre due regioni in cui la quota
di terreno investita in officinali ha una certa importanza (10-50% del
territorio) sono il Piemonte e la Toscana, segue la Sicilia con il 5-10%
del territorio coltivato ad officinali. In altre nove regioni Liguria,
Lombardia, Veneto, Emilia, Marche, Umbria, Abruzzo, Puglia e
Sardegna la superficie investita va dal 1 al 5% ed in altre sette, Valle
dAosta, Trentino Alto Adige, Friuli, Lazio, Molise, Campania e
Basilicata la superficie investita in officinali inferiore all1% rispetto
a quella calcolata. La schiacciante maggioranza delle aziende
rappresentata da imprese individuali (79%), mentre le societ di vario
tipo (cooperative, soc. agricole semplici, s.n.c., s.r.l.) sono meno del
20%, il 3% rappresentato da aziende di Enti, Istituti agrari ed
Associazioni. Si ritiene che le aziende che trasformano e producono

14

Fulceri S.

prodotti erboristici ed integratori sono nel nostro Paese circa 1.200,


per un totale di oltre 25.000 addetti. Oltre il 70% di tali aziende rientra
nella definizione di PMI. Conferma tale stima il dato diffuso dal
Ministero della Salute che lanno scorso in applicazione di una
circolare (circ. n. 3 del 18 luglio 2002), che ha inserito nel contesto
della disciplina degli integratori alimentari i prodotti a base di erbe
aventi funzionalit salutistica, ha ricevuto notifiche da parte di 1100
imprese. Il mercato erboristico in Europa nei canali Farmacia,
Erboristeria e Grande distribuzione nel 2001, ha in termini di consumi
un valore di circa 9.000 Milioni di euro, dei quali 650 circa riferibili
allItalia, 3.900 alla Germania, 2.350 alla Francia, 660 al Regno Unito,
340 alla Spagna, 200 al Belgio, 100 allAustria e 800 agli altri paesi. Il
consumo dintegratori in Europa nei canali Farmacia, Erboristeria e
Grande Distribuzione nel 2000 stimato in un valore di 15.800
Milioni di Euro, dei quali 1.000 sono riferiti al mercato Italiano, 3.500
alla Germania, 3.400 al Regno Unito, 3.000 alla Francia, 1.900 alla
Scandinavia, 1.000 allAustria, 500 allOlanda e 1.000 negli altri
paesi. In Europa sono presenti 15.200 punti vendita al dettaglio
(erboristerie e health products shops, non farmacie) dei quali solo in
Italia oltre 4.000, con 15-20 mila addetti, in Germania 3.000, in
Spagna 3.000, in Francia 2.000, nel Regno Unito 2.000 e oltre un
migliaio negli altri paesi.
Gli orientamenti per il futuro
Volendo puntare sulla Qualit dei prodotti a base di piante
medicinali da offrire al consumatore in termini di efficacia e sicurezza,
dobbiamo assolutamente introdurre la proposta innovativa da parte del
Parlamento Europeo di individuare i cosiddetti Farmaci Vegetali
Tradizionali (Direttiva 2001/83/CE) in cui si parla della necessit di
adottare gli opportuni standard di qualit, efficacia e sicurezza per i
medicinali derivati da piante e per galenici di origine naturale. Con le
ultime indicazioni prevista una procedura speciale che consente di
registrare in forma semplificata e dunque commercializzare i farmaci
vegetali tradizionali senza lobbligo di fornire informazioni e
documenti relativi alle prove e alla sperimentazione comprovanti la

La filiera delle piante medicinali

15

loro sicurezza ed efficacia. A tali prodotti si applicano tuttavia le


stesse prescrizioni in materia di fabbricazione e qualit del farmaco
classico. La nuova direttiva si applica a sostanze e preparazioni diversi
da alimenti e integratori: con propriet curative o profilattiche delle
malattie umane; somministrati alluomo allo scopo di stabilire una
diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni
fisiologiche delluomo, che in virt della loro composizione e del loro
scopo, sono destinati ad essere utilizzati senza lintervento di un
medico; a fini diagnostici o di prescrizione o controllo del trattamento;
somministrati solo in una determinata concentrazione; per uso orale,
esterno e/o inalatorio; sotto forma di estratti,decotti, tinture, sciroppi,
colliri. Sono date al proposito le seguenti definizioni:
1. farmaco: sostanza o preparato che contiene come principi attivi
una o pi sostanze vegetali o uno o pi preparati vegetali, oppure
una o pi sostanze vegetali in associazione ad uno o pi preparati
vegetali;
2. preparati vegetali: preparati ottenuti sottoponendo le sostanze
vegetali a trattamenti quali estrazione, distillazione, spremitura,
frazionamento, purificazione, concentrazione e fermentazione. In
tale definizione rientrano anche sostanze vegetali triturate o
polverizzate, tinture, estratti, oli essenziali, succhi ottenuti per
spremitura ed essudati lavorati;
3. sostanze vegetali intendendosi come tali tutte le piante, le parti di
piante, le alghe, i funghi e i licheni, interi, a pezzi o tagliati, in
forma non trattata, di solito essiccata, ma talvolta anche allo stato
fresco.
Obiettivi della direttiva una maggiore tutela della salute pubblica,
istituendo un quadro giuridico speciale per i farmaci vegetali
tradizionali, eliminando cos qualunque differenza o incertezza circa
lo status di questi prodotti attualmente esistenti nei vari Stati membri e
consentendo di conseguenza la libera circolazione di questi prodotti
nel mercato unico. Anche nella nuova direttiva previsto un sistema a
liste positive delle piante e la realizzazione di monografie a cura del
Comitato farmaci tradizionali dellEMEA (European Medicines
Evaluation Agency). Per la registrazione devono essere fornite
garanzie sulla sicurezza e la qualit attraverso la presentazione delle
stesse informazioni e dei documenti necessari per una domanda di

16

Fulceri S.

autorizzazione ai sensi del capo 1 del titolo III della Direttiva


2001/83/CE, tra cui i risultati delle prove chimico-fisiche, biologiche
o microbiologiche e la documentazione bibliografica o certificazioni
di esperti comprovanti limpiego medico tradizionale del prodotto,
oltre a una rassegna bibliografica dei dati riguardanti la sicurezza
corredata di una perizia. La produzione deve avvenire in stabilimenti
produzione idonei allo scopo.
La correlazione qualit materia prima / prodotto finito
La funzionalit e la sicurezza dei prodotti finiti a base di derivati da
piante medicinali fortemente correlata con la qualit e le
caratteristiche della materia prima utilizzata. Non difficile, infatti,
incappare in partite di materia prima: la droga, poco adeguate con le
richieste, che hanno la caratteristica di non essere determinate nella
loro identit botanica e nel loro profilo chemiotipico. Altro problema
quello della disponibilit e del suo approvvigionamento regolare e
costante nel tempo di partite trovate idonee, in modo da alimentare
con successione ininterrotta la filiera, garantendo nel tempo la
produzione e la disponibilit di un prodotto finito o di una linea di
prodotti, standardizzati e stabili nella formulazione, nelle
caratteristiche organolettiche, nonch nella funzionalit.
Tutti questi aspetti sono importanti per assicurare nel tempo la
funzionalit del prodotto specialmente se destinato a finalit di
prevenzione o di supporto o di modificazione fisiologica
dellorganismo o addirittura di cura.
Le caratteristiche delle materie prime, in sintesi, dipendono
soprattutto
da:
determinazione
botanica,
caratterizzazione
chemiotipica, caratterizzazione genetica, fattori ambientali, tecniche
colturali, sistemi di estrazione.
Determinazione della droga
Le droghe vegetali derivano da specie tassonomicamente ben
determinate delle quali sono state studiati e descritti i principi attivi e

La filiera delle piante medicinali

17

le propriet. Il produttore deve essere sempre in grado di assicurare


che la denominazione della droga e la specie da lui effettivamente
coltivata coincidano, poich specie strettamente affini possono
differire in uno o pi componenti farmacologicamente importanti. A
tal fine necessario che le specie siano botanicamente identificate con
il binomio linneiano, nome generico e specifico, e ne sia indicata
leventuale variet o chemiotipo dove conosciuto.
La semente prodotta in azienda deve essere ottenuta in campi di
selezione dove il controllo delle caratteristiche fenotipiche pu essere
fatto agevolmente ed eventuali fenomeni di mutazione rispetto al
normotipo possono essere isolati o tenuti sotto osservazione in modo
adeguato. I campi di conservazione e mantenimento del germoplasma
di una specie allogama devono essere adeguatamente isolati per
evitare incroci indesiderati.
Se lapprovvigionamento avviene presso ditte sementiere o
vivaistiche, richiedere che la denominazione e lorigine del materiale
siano certificati. In caso di reperimento in natura determinare le specie
in modo rigoroso e indicare sempre la localit di origine e la data di
raccolta del materiale. In caso di semente di origine dubbia procedere
alla determinazione, eventualmente, allestendo campi prova. E
importante che esista una rintracciabilit fino allorigine del materiale
di propagazione. Il materiale di partenza deve rispondere ai requisiti di
purezza per evitare la presenza di specie strettamente affini.
Certificazione del materiale di propagazione - Il materiale di
propagazione gamico, fatte salve le disposizioni del regolamento, deve
essere di provenienza biologica. In caso di irreperibilit sul mercato si
pu acquistare materiale convenzionale e propagarlo in campi di
conversione aziendali prima di passare al pieno campo.
Sebbene questi obiettivi qualitativi in una droga possono essere
raggiunti nelle fasi successive alla raccolta e al condizionamento del
prodotto, gi nella fase primaria possono essere rispettati dei criteri
utili allottenimento di una buona materia prima.
Accorgimenti colturali - Una nutrizione ed unirrigazione
equilibrata influenzano positivamente il contenuto di principi attivi.
Biomassa e principio attivo sono in genere in rapporto inverso. Ove

18

Fulceri S.

possibile utilizzare variet selezionate ad alto tenore di principio attivo


o chemiotipi specializzati. Attuare un costante lavoro di selezione
genetica allinterno delle popolazioni aziendali in modo da conservare
le popolazioni migliorate. Allo scopo allestire campi di selezione
dedicati allo scopo. Nella raccolta opportuno lasciare sul campo le
parti della pianta che sono note non contenere tali principi.
Tempo balsamico - Per la maggior parte delle officinali noto un
dato tempo balsamico ovvero il periodo in cui il valore qualiquantitativo del fitocomplesso risulta massimo; la pianta officinale
dovrebbe essere raccolta nel tempo balsamico. E buona norma
individuare fasi della fenologia della pianta (accestimento, levata,
fioritura, fruttificazione) in relazione con la quantit di sostanza attiva
presente. Ove possibile andrebbero costruite curve empiriche
correlando parametri misurabili della fenologia della pianta (% di
fioritura, altezza della pianta, diametro delle radici) e contenuto
analitico del marker farmacologico. La modellizzazione se realizzata
con accuratezza e tenendo conto anche della variet e dellandamento
climatico dovrebbe essere in grado di indicare in modo preciso la fase
critica per la raccolta.
Criteri di post-raccolta - Nelle fasi immediatamente successive alla
raccolta andrebbero rispettate le norme relative ai processi degradativi
che interessano i tessuti vegetali, sia spontanei che indotti da saprofiti,
essi possono interessare anche in modo specifico le sostanze attive. Il
processo di essiccazione deve avvenire con modalit, tempi e
temperature, che portino ad una rapida perdita di acqua con il minimo
di alterazione dello spettro dei costituenti della pianta. Per ogni specie,
e secondo la destinazione farmaceutica, occorre individuare
combinazioni tempo-temperatura ottimali. Le piante ad alto contenuto
di acqua dovrebbero essere cippate in modo da favorire la perdita di
acqua in tempi brevi. Salvo questo caso le droghe vanno conservate
sotto forma di piante o parti di piante il pi possibile integre. I
trattamenti termici antibatterici sulla droga grezza, devono essere
effettuati con metodi e tecnologie standard, che non alterano le
propriet della droga (es.: sistemi ad iniezione di vapore saturo
sottovuoto).

La filiera delle piante medicinali

19

Destinazione degli utilizzi della droga


Un aspetto molto importante lesatta conoscenza della
destinazione duso, nei diversi prodotti, della droga di partenza; in
base alla notevole biodiversit allinterno della stessa specie, che si
traduce in una notevole chemiodiversit tra le diverse variet ed
ecotipi, si assiste alla possibilit di utilizzazione in diversi campi di
applicazione. Ad esempio lo stesso iberico pu essere utilizzato per
uso liquoristico, erboristico e medicinale secondo le caratteristiche
intrinseche della materia prima (aspetto quali-quantitativo delle
componenti biochimiche della droga) e secondo i metodi di estrazione
cui sottoposta la materia prima essiccata o fresca.
Vediamo verso quali destinazioni possono essere diretti i prodotti a
base di piante medicinali seguendo la pi moderna nomenclatura su
base europea:
1. Nutraceutici (Nutraceutical) neologismo acquisito dagli USA
2. Dietary supplements (Integratori Alimentari)
3. Functional Foods (Alimenti Funzionali) coadiuvanti le fisiologiche
funzioni dellorganismo
4. Herbal remedies
5. Herbal teas and infusion
6. Phytomedicines
7. Homeopathic drugs
8. Aromatherapy oils
Conclusioni
Nellottica di una ricerca orientata a verificare la possibilit da
parte delle piante medicinali di svolgere pi vasti e complessi
meccanismi fisiologici, deve essere approfondita la fisiologia e la
chimica vegetale delle diverse specie oggetto di attenzione da parte di
questo settore. Appare quindi necessario investire in quelle tecnologie
che riescono a studiare in modo capillare gli aspetti di
chemiofisiologia del vegetale posto in condizioni specifiche e
facilmente controllabili per definire la presenza di nuovi e non ancora
studiati composti bioattivi.

20

Fulceri S.

La ricerca moderna per il nuovo Millennio nel campo delle piante


medicinali dovr cimentarsi, infatti, su tre livelli distinti:
1. Assicurare la qualit dei fitopreparati e la loro standardizzazione.
2. La ricerca di nuovi composti bioattivi.
3. Le ricerche fitofarmacologiche di biologia molecolare e le ricerche
cliniche di farmacocinetica e di biodisponibilit.
Studiare la produzione di metaboliti secondari delle piante
medicinali un nuovo scenario che pu senzaltro garantire la
scoperta di nuove molecole bioattive.
Possiamo indicare che le problematiche patologiche che hanno pi
bisogno di nuove sostanze sono i tumori (terapeutico e preventivo), le
malattie
cardiovascolari
(antiipertensivo,
antiaterosclorotico,
antiischemico, malattie del sistema nervoso centrale (terapeutico e
preventivo per lAlzheimer e Parkinson), malattie infettive (antivirale,
antiparassitario, antifungino), malattie infiammatorie (antiasmatico,
anticolitico, antineurodermatico, antipsoriatico). E il caso ad esempio
della verifica di nuovi metaboliti secondari dallacido betulinico
riscontrati su Betulla sp. che si sono dimostrati attivi come
antitumorali o dei sesquiterpenlattoni dellArtemisia annua che si sono
dimostrati attivi contro la malaria, oggi diventata resistente ai farmaci
di natura sintetica.

21

La coltivazione idroponica delle piante officinali: il caso


dellEchinacea angustifolia.
Pacifici S., Tozzini L., Maggini R., Pardossi A., Tognoni F.
Dipartimento di Biologia Delle Piante Agrarie, Universit di Pisa, Pisa
E-mail: spacifici@agr.unipi.it
Riassunto
La coltivazione in idroponica per piante medicinali potrebbe
rappresentare un efficiente sistema di coltura artificiale per la
produzione standardizzata di materiale vegetale di alta qualit da cui
estrarre molecole di interesse farmaceutico, in particolare per specie
coltivate principalmente per la radice e che mostrano un lento
sviluppo se coltivate in pieno campo, quali lEchinacea angustifolia
DC. In questo lavoro, lE. angustifolia stata coltivata in idroponica
(floating raft system). Al termine del ciclo colturale (20 settimane
dalla semina) le piante intere campionate sono state suddivise in
radici, foglie e steli fiorali qualora presenti. Per ogni organo sono stati
determinati i parametri di crescita e le concentrazioni dei principali
derivati dellacido caffeico (acido clorogenico, echinacoside, acido
caffeico, cinarina, acido p-cumarico, acido ferulico e acido cicorico)
tramite HPLC. Le piante hanno mostrato uno sviluppo veloce (69-142
g m-2 di radici essiccate a 50C) e, considerando la brevit del ciclo, in
un anno possibile ottenere una biomassa essiccata 1.7-7.1 volte
superiore a quella ottenuta in una coltivazione tradizionale
(mediamente biennale o triennale) di pieno campo. Le concentrazioni
dei metaboliti rilevati nelle radici secche sono risultate simili a quelle
riportate in letteratura o ottenute dallanalisi di campioni commerciali,
ma nelle piante cresciute in idroponica anche le foglie e gli steli fiorali
si sono dimostrati ricchi di queste sostanze. In letteratura non sono
presenti lavori che documentano l'applicazione del sistema idroponico
alla coltivazione di E. angustifolia.

22

Pacifici S. et al.

Abstract
Hydroponic technology for the cultivation of medicinal plants
could be an efficient artificial cropping system for the standardized
production of high-quality plant material for the extraction of
pharmaceutical molecules, in particular for those species, such as
Echinacea angustifolia DC, which are mainly cultivated for their roots
and develop slowly in open field. In this work, E. angustifolia plants
were grown in a hydroponic floating raft system. After the cultural
cycle (20 weeks from sowing) the plants were sampled and subdivided
in roots, leaves and, eventually, flower stems. For each organ the
growth parameters were determined and HPLC analyses of the main
caffeic acid derivatives (chlorogenic acid, echinacoside, caffeic acid,
cynarine, p-coumaric acid, ferulic acid and cichoric acid) were
performed. The plants presented a fast development (69-142 g m-2 of
50C dried roots) and, considering the short cultivation cycle, the dry
biomass production in one year could be 1.7-7.1 times higher as
compared to a traditional 2-3 years-cycle open-field crop. The dry root
metabolites concentrations were similar to those reported in the
literature or obtained from analyses of commercial samples.
Moreover, leaves and flower stems resulted rich in these substances as
well. No work has been yet reported on the applicability of
hydroponics to the cultivation of E. angustifolia.
Introduzione
Echinacea angustifolia DC
Data la crescente richiesta del mercato di prodotti medicinali
naturali, le piante officinali sempre pi sono coltivate su scala
commerciale; attualmente per la tecnica colturale non
sufficientemente ottimizzata per queste specie di nicchia (Briskin,
2000). Di conseguenza, la qualit dei prodotti e le rese delle colture
spesso non sono soddisfacenti, in particolare per quanto riguarda
specie prodotte su scala commerciale da tempi relativamente recenti
quali lE. angustifolia (Li, 1998). LEchinacea spp. (dal greco

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia

23

Echinos = riccio per le brattee pungenti che caratterizzano il capolino)


una pianta erbacea perenne della famiglia delle Asteracee originaria
dellAmerica Settentrionale (es. Li, 1998; Hill et al., 1996). Il genere
Echinacea comprende nove specie ma solamente tre di queste (E.
pallida, E. purpurea ed E. angustifolia) sono ritenute particolarmente
nteressanti per le loro caratteristiche farmacologiche, nello specifico
hanno propriet immunostimolanti, antivirali e antibatteriche (es.
Bauer e Wagner, 1991; Parnharm, 1996). I prodotti che contengono
estratti di foglie, steli fiorali e, in particolare, radici di Echinacea spp.
(es. Perry et al., 2001; Aiello, 2002), sono fra i rimedi medicinali di
origine vegetale pi ampiamente usati in Europa e nellAmerica del
Nord (Qu et al. 2005). Le Echinacee appartenevano gi alla tradizione
medicinale dei nativi americani che, oltre a considerarla unerba sacra,
utilizzavano porzioni diverse della pianta e specie differenti secondo
la trib e della regione, per unampia gamma di malattie e disturbi sia
interni che locali. Nello specifico E. angustifolia, il cui areale naturale
si estende dalle zone meridionali del Saskatchewan e Manitoba
(Canada) e dal Nord Dakota fino al Texas (Stati Uniti) (ISAFA), era
utilizzata come agente curativo (disturbi oculari, punture di insetti,
morsi di serpente, ferite superficiali, bruciature e scottature), agente
antiinfettivo (parotiti, ghiandole ingrossate, raffreddore, tosse e
febbre) e agente antidolorifico (mal di denti, di testa, di stomaco,
lenitivo nelle bruciature). Con la conquista del Nuovo Mondo questa
specie fu apprezzata anche dai colonizzatori, infatti la prima
testimonianza dellutilizzo dellEchinacea come medicinale risale al
1762, come cura per le piaghe da sella dei cavalli. Nell800 fu
introdotta in Europa come pianta ornamentale e solo successivamente
coltivata per le sue propriet terapeutiche. Infatti, i primi preparati
commerciali furono disponibili in Germania nel 1895. Lutilizzo di
questa pianta sempre aumentato nel tempo tanto che allinizio del
XX secolo la tintura di Echinacea era annoverata tra i medicinali pi
venduti in America (Lloyd, 1904). Fino a 10-15 anni fa, la richiesta
del mercato di questa specie era stata soddisfatta dalla raccolta delle
piante spontanee, ma in seguito all'interesse crescente per le sue
caratteristiche farmacologiche se ne diffusa la coltivazione su scala
commerciale, volta alla produzione di radici da cui ricavare preparati
sia freschi che disidratati. Lapparato ipogeo della pianta

24

Pacifici S. et al.

caratterizzato da una radice fittonante, poco fascicolata e con scarso


capillizio di colore bruno chiaro. La parte epigea della pianta
costituita da una rosetta basale di foglie da cui si originano gli steli
fiorali, semplici o talvolta ramificati, generalmente tomentosi, che
possono raggiungere laltezza di 50 cm. Le foglie, pi grandi e fornite
di picciolo se costituiscono la rosetta basale oppure sessili e di
dimensione pi ridotta se inserite sullo stelo fiorale, sono di colore
verde scuro, lunghe 10-15 cm e larghe 3-5 cm, lanceolate con margine
intero, con 3-5 nervature e provviste di peli ispidi. Il nome della
specie angustifolia deriva dal latino proprio per la forma stretta
(angustus) delle foglie (folium). Linfiorescenza un capolino di
forma conica (da cui il nome volgare coneflower) di colore bianco,
rosa o porporino. Il polline di colore giallo intenso. Gli acheni sono
di forma quadrangolare, lunghi 4-5 mm ed hanno un colore che va dal
biancastro al bruno chiaro con pigmentazione marrone allapice e
1000 semi pesano circa 3,5 grammi. La propagazione gamica
difficoltosa a causa del ridotto vigore e della scarsa germinazione del
seme (Li, 1998; Macchia et al., 2001), per di pi la coltura in pieno
campo soffre per lelevata competizione delle infestanti
particolarmente nelle regioni mediterranee. Oltre che per via gamica,
la propagazione pu avvenire per via agamica per parte di cespi. Il
ciclo biologico della pianta caratterizzato da una fase di sviluppo
vegetativo primaverile, da una fase riproduttiva estiva, con fioritura da
giugno a luglio, e da un riposo vegetativo invernale preceduto dal
disseccamento dellapparato epigeo nel tardo autunno. LE.
angustifolia non mostra particolari esigenze pedoclimatiche e
colturali, comunque predilige terreni moderatamente fertili, di medio
impasto, o tendenzialmente sabbiosi con pH neutro o subacido. La
pianta rifugge terreni asfittici, dove lo sviluppo radicale appare
maggiormente stentato e la raccolta di questo organo pi
difficoltosa. Inoltre, la concentrazione dei metaboliti nei tessuti
vegetali abbastanza variabile secondo la stagione di raccolta, la
tecnica colturale ed il genotipo (specie, variet ed ecotipo) (Aiello e
Bezzi, 1999; Letchamo et al., 2002).

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia

25

Coltivazione fuori suolo dellEchinacea angustifolia DC


La coltura fuori suolo di specie medicinali, in particolare
lidroponica, pu fornire molti vantaggi, quali la normalizzazione del
processo di produzione, un maggiore contenuto dei principi attivi e
una migliore qualit della materia prima. Effettivamente, linteresse
per questo sistema di coltivazione crescente (es. Dorais et al., 2001;
Gontier et al., 2002; Zobayed e Saxena, 2004) e attualmente
particolarmente utilizzato per colture orticole di serra e per la
produzione di piantine da vivaio. Se allidroponica viene associato un
rigoroso controllo climatico (ad esempio con lutilizzo di serre,
fitotroni, camere di crescita), possibile amplificare i vantaggi di
questo sistema di coltivazione artificiale: infatti con unadeguata
manipolazione delle condizioni di crescita il metabolismo secondario
responsabile dell'accumulo dei principi attivi nei tessuti vegetali pu
essere regolato. In particolare il floating raft system sempre pi
utilizzato come metodo di coltivazione per la produzione di specie a
ciclo corto, coltivate in serra con alta densit dimpianto (investimenti
fino a parecchie centinaia di piante per metro quadro di superficie
coltivata) come ortaggi da foglia da taglio e prodotti pronti per l'uso
(es. Nicola et al., 2005; Pardossi et al., 2006). Rispetto alla
coltivazione tradizionale su terreno o ad altri tipi di coltivazioni fuori
suolo, questa tecnica offre maggiori vantaggi: investimento e costi di
esercizio relativamente bassi; veloce tasso di accrescimento della
pianta; ciclo di produzione annuale; elevata qualit del prodotto finale,
che risulta molto pi pulito e pi facile da essere preparato. Dorais et
al. (2001) inoltre hanno segnalato alcuni risultati che indicano i
vantaggi del floating raft system per la produzione sia di radici che di
foglie di alcune piante medicinali, quali Achillea millefolium,
Artemisia vulgaris, Inula helenium, Stellaria media, Taraxacum
officinalis e Valeriana officinalis. In questo lavoro sono riportati i
primi risultati di uno studio volto a valutare la possibilit di applicare
il floating raft system anche a piante di E. angustifolia per l'estrazione
dei metaboliti di interesse farmaceutico. Il valore medicinale dei
tessuti vegetali dellE. angustifolia attribuito ai derivati dellacido
caffeico, ai flavonoidi ed ai polisaccaridi, specialmente per quanto
riguarda la radice (es. Bauer e Wagner, 1991). Nel presente studio

26

Pacifici S. et al.

l'attenzione stata focalizzata sui derivati dellacido caffeico: questi


sono stati quantificati con HPLC nelle radici, nelle foglie e negli steli
fiorali (qualora presenti) di piante sviluppate in idroponica e, a scopo
di confronto, in radici secche di E. angustifolia e di E. purpurea
reperite sul mercato.
Materiali e metodi
Materiale vegetale e ambiente di crescita
La prova stata condotta in serra climatizzata da febbraio a giugno
del 2006 presso il Dipartimento di Biologia delle Piante Agrarie
dell'Universit di Pisa. Gli esperimenti sono stati eseguiti su semenzali
di 2 settimane di E. angustifolia DC, ottenuti dalla semina diretta di
semi pre-trattati per rompere la dormienza, forniti da un'azienda
internazionale (Gold Nugget Seed, Jelitto Staudensamen GmbH,
Schwarmstedt, Germany). La semina stata effettuata allinizio di
febbraio su vassoi di polistirene alveolati contenenti plugs di lana di
roccia con densit di 976 semi m-2 (di superficie di vassoio), questi
successivamente sono stati collocati in una camera di crescita alla
temperatura di 25C, con intensit luminosa di 200 W m-2 (lampade a
fluorescenza) e con fotoperiodo di 16 ore per permettere una migliore
germinazione. Successivamente, i semenzali sono stati trasferiti in
serra su bancale provvisto di impianto di nebulizzazione e dopo altre
3-4 settimane, quando le prime 2-3 foglie vere avevano raggiunto una
lunghezza di circa 4-5 centimetri, le plantule sono state trapiantate in
vassoi di polistirene alveolati idonei per il floating raft system e posti
a galleggiare in vasche di plastica con un volume costante (300 L m-2)
contenenti una soluzione nutritiva stagnante, costantemente aerata con
aria compressa per mantenere un tenore di ossigeno superiore a 6-7
mg L-1. La densit di trapianto era di 122 piante m-2, espressa per unit
di superficie dei vassoi di polistirene. La soluzione nutritiva, che
veniva rinnovata con cadenza mensile, era stata preparata con acqua di
rubinetto che conteneva fino a 5 mol m-3 di NaCl a cui erano aggiunti i
seguenti elementi nutritivi: N 8.0 mol m-3 (NO3-/NH4+ 1:1), P 1.0 mol
m-3, K 6.0 mol m-3, Ca 4.0 mol m-3, Mg 1.5 mol m-3, oltre i

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia

27

microelementi secondo le concentrazioni di Hoagland. La conduttivit


elettrica (EC) era 1.5-1.7 dS m-1. Il pH stato mantenuto
nellintervallo 5.5-6.5 tramite aggiustamento con acido solforico.
Caratterizzazione della pianta
La biomassa fresca e la sostanza secca sono state determinate su
piante campionate 18 settimane dopo il trapianto. Ciascuna pianta
stata lavata in acqua deionizzata e tamponata con carta assorbente
dopo aver rimosso dal colletto il substrato inerte di crescita (lana di
roccia) ed stata suddivisa nei vari organi. Gli steli fiorali, qualora
presenti, sono stati suddivisi ulteriormente in foglie dello stelo e asse
fiorale con capolino. I campioni sono stati essiccati in stufa a
ventilazione forzata a 50 e a 75C per effettuare le analisi e
determinare il contenuto della sostanza secca rispettivamente. I
campioni cos trattati sono stati conservati in un essiccatore fino al
momento della preparazione dellestratto su cui effettuare lanalisi
HPLC dei metaboliti prescelti. Per lanalisi chimica stato applicato il
protocollo riportato da Luo et al. (2003) con modifiche secondarie.
Brevemente, a ciascun campione (costituito da 0.2 g di tessuto secco)
polverizzato in mortaio, sono stati aggiunti 10.0 ml di solvente
d'estrazione (MeOH/H2O 70:30 v/v). I campioni sono stati mantenuti
in agitazione per 4 h su un agitatore orbitale, trasferiti a -20C per tre
giorni e successivamente centrifugati per 2 minuti a 2700 g. Il
surnatante stato filtrato su filtro da siringa con membrana in PTFE
da 0.45 m, del diametro di 2.5 centimetri, ed stato sottoposto
allanalisi cromatografica effettuata usando solventi per HPLC ed i
seguenti standard chimicamente puri: echinacoside, cinarina, acido
caftarico e acido cicorico (Phytolab GmbH, Vestenbergsgreuth,
Germania); acido clorogenico, acido caffeico, acido ferulico, acido pcumarico (Sigma-Aldrich, Milano, Italia). L'apparecchiatura analitica
HPLC (Jasco, Tokyo, Giappone) era composta da una pompa
quaternaria di gradiente a bassa pressione modello PU-2089 e da un
rivelatore UV/Vis multicanale modello UV-2077. Le analisi sono state
effettuate con una colonna Macherey-Nagel C18 250/4.6 Nucleosil
100-5, munita di precolonna, usando come eluenti acetonitrile (A) e
una soluzione acquosa di acido o-fosforico allo 0.1% (B). L'eluizione

28

Pacifici S. et al.

in gradiente stata programmata come segue: 0.0-0.4 minuti, B 95%;


0.4-0.5 minuti, B 95-85%; 0.5-10 minuti, B 85-80%; 10-20 minuti, B
80-60%; 20-21 minuti, B 60-5%; 21-25 minuti, B 5%; 25-26 minuti, B
5-95%; 26-30 minuti, B 95%.
Altre condizioni cromatografiche erano le seguenti: flusso 1 ml
min-1, lunghezza d'onda 325 nm, volume di iniezione 20 L,
temperatura ambiente (29C). I cromatogrammi inoltre sono stati
registrati a 280, a 300 e a 350 nm. I derivati dellacido caffeico sono
stati identificati per confronto dei tempi di ritenzione con quelli di
standard analitici e quantificati per integrazione dellarea dei picchi,
sulla base di opportune rette di calibrazione. La riproducibilit della
procedura analitica stata verificata preventivamente determinando la
variabilit intra-campione in aliquote diverse di un campione misto,
costituito da 16 piante. Ciascuna analisi stata eseguita in triplicato. Il
coefficiente di variazione stato inferiore al 10-15%. I dati riportati
sono i valori medi ( deviazione standard) di 4 replicati, ciascuno
costituito da una pianta.
Risultati e discussione
L'emergenza stata molto rapida, omogenea ed abbondante (76%).
La raccolta avvenuta 20 settimane dopo la semina, e seppure le
piante fossero coetanee, alcune erano in fase vegetativa (52%) ed altre
gi in fase riproduttiva (48%). Queste ultime, infatti, avevano
sviluppato mediamente uno stelo fiorale, lungo circa 30 cm, su cui
erano inserite sia le foglie sessili che il capolino in piena fioritura.
Alla raccolta si osservava una densit di circa 93 piante m-2. In tabella
1 sono riassunti i valori di biomassa prodotta per entrambi gli stadi di
sviluppo. La produzione della sostanza secca (DW) era
significativamente pi alta nelle piante raccolte allo stadio
riproduttivo, circa 4 volte quella delle piante allo stadio vegetativo. La
maggior parte di biomassa secca era costituita dalle foglie della rosetta
o dalle infiorescenze per lo stadio vegetativo e riproduttivo
rispettivamente. Tuttavia, la percentuale della sostanza secca era
approssimativamente costante (14%), con il rapporto radice/parte

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia

29

aerea maggiore per la fase vegetativa (fase vegetativa 32 13%; fase


riproduttiva 12 8%).
Tabella 1. Biomassa secca (g pianta-1) e rapporto tra sostanza secca
(DW) e fresca (FW) determinati in piante di E. angustifolia allevate in
un sistema di coltivazione fuori suolo (floating raft system). Densit di
trapianto: 122 piante m-2; densit di raccolta 93.1 piante m-2; durata
intero ciclo: 20 settimane. I valori riportati sono valori medi (
deviazione standard) per 4 repliche (ogni replica equivale ad un
organo di una singola pianta).
Foglie
Foglie DW/FW
Stelo fiorale
Stelo fiorale DW/FW
Radici
Radici DW/FW
Biomassa totale
Radici/parte aerea

Fase vegetativa
2.50 1.33
0.14 0.02
0.74 0.31
0.12 0.02
3.24 1.59
0.32 0.13

Fase riproduttiva
1.47 0.92
0.12 0.02
10.31 4.30
0.16 0.03
1.53 1.42
0.13 0.02
13.32 2.43
0.12 0.08

In letteratura sono riportate produzioni di biomassa molto variabili


per le piante coltivate in pieno campo in relazione alla fase di sviluppo
(Aiello et al., 2002b) e ancor pi all'et della pianta (Aiello, 2002;
Aiello et al., 2002a; Li e Wardle, 2001). Le rese medie totali riportate
variano tra 20 e 45 g DW pianta-1 (Bomme e Nast, 1998; Aiello et al.,
2002a; Aiello et al., 2002b), di cui 5-10 g DW pianta-1 sono
rappresentati dalle radici (es. Bomme e Nast, 1998; Aiello et al.,
2002a; Aiello et al., 2002b). La percentuale di sostanza secca varia dal
22 al 28% per lintera pianta e dal 30 al 40% per le radici (Aiello et
al., 2002a; Aiello et al., 2002b). Quindi in una coltura tradizionale,
considerando un investimento medio di 8 piante m-2, possibile
ottenere da 0.16 a 0.36 kg m-2 in tre anni di coltivazione, mentre nel

30

Pacifici S. et al.

nostro esperimento, con un sistema di allevamento artificiale, stato


possibile ottenere in sole 20 settimane da 0.30 a 1.24 kg m-2 di
biomassa secca totale.
Determinazione dei metaboliti
Nei campioni analizzati solo quattro dei composti studiati erano
presenti in quantit significative in tutti gli organi (acido clorogenico,
echinacoside, cinarina ed acido cicorico), mentre acido caffeico,
acido p-cumarico e acido ferulico erano presenti solo nei capolini. Al
contrario, sia questi tre composti sia lacido caftarico non erano
rilevabili negli altri organi o non erano accuratamente misurabili;
infatti, se presenti, erano contenuti negli estratti in quantit inferiori a
1 mg L-1 (Tab. 2). Nelle piante campionate sono state osservate grandi
differenze nel contenuto di principi attivi tra la parte ipogea e la parte
epigea a parit di stadio fenologico: la concentrazione maggiore si
osservava di solito nelle radici per tutti i metaboliti, in accordo con
quanto riportato anche in letteratura (es. Kabganian et al., 2002). La
concentrazione dei metaboliti in organi analoghi non risultava
particolarmente influenzata dallo stadio fenologico della pianta ad
eccezione dellechinacoside. Non si osservavano variazioni
statisticamente significative tra i metaboliti totali contenuti nelle foglie
basali (2665 499 g g-1 DW in piante vegetative e 2249 134 g g-1
DW in piante fiorite) mentre si rilevavano differenze a carico delle
radici (6757 815 g g-1 DW in piante vegetative e 4741 727 g g-1
DW in piante fiorite). In media si osservava una maggiore resa finale
di metaboliti secondari in piante allo stadio riproduttivo in virt della
maggiore biomassa prodotta. Lintervallo di concentrazione rilevato
per lechinacoside era piuttosto ampio: 0.18-0.24% nella parte aerea e
0.22-0.41% nelle radici. Anche in letteratura riportata unampia
variabilit sia della radice (0.16-1.30%) che dellapparato aereo (0.11.0%) di questo metabolita (Kabganian at al. 2002, Li e Wardle, 2001;
Aiello, 2002). Uneccezione rappresentata dal lavoro di Berti et al.
(2002) che hanno rilevato quantit di echinacoside nelle radici di E.
angustifolia fino al 2.00%.

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia

31

Tabella 2. Concentrazione di alcuni metaboliti secondari (g g-1DW)


determinati in piante di E. angustifolia allevate in idroponica (floating
system). I valori riportati sono valori medi ( deviazione standard) per
4 repliche (ogni replica equivale ad un organo di una singola pianta).
Metabolita
Acido
Clorogenico

Echinacoside

Acido caffeico

Cinarina

Acido
p-cumarico

Acido ferulico

Acido Cicorico
Concentrazione
totale dei
metaboliti
rilevati

Parte di pianta
Foglie
Radici
Foglie su infiorescenza
Stelo fiorale e capolino
Foglie
Radici
Foglie su infiorescenza
Stelo fiorale e capolino
Foglie
Radici
Foglie su infiorescenza
Stelo fiorale e capolino
Foglie
Radici
Foglie su infiorescenza
Stelo fiorale e capolino
Foglie
Radici
Foglie su infiorescenza
Stelo fiorale e capolino
Foglie
Radici
Foglie su infiorescenza
Stelo fiorale e capolino
Foglie
Radici
Foglie su infiorescenza
Stelo fiorale e capolino
Foglie
Radici
Foglie dellinfiorescenza
Stelo fiorale e capolino

Fase
vegetativa
n.d.
414 114
2440 494
4091 620
n.d.
n.d.
57 29
1661 463
n.d.
n.d.
n.d.
n.d.
167 57
592 229
2665 499
6757 815

Fase
riproduttiva
140 54
447 49
111 52
125 33
1789 111
2234 595
2063 159
1815 306
n.d.
n.d.
n.d.
243 55
n.d.
1032 290
56 11
485 60
n.d.
n.d.
n.d.
703 156
n.d.
n.d.
n.d.
212 28
320 52
1028 295
105 36
876 265
2249 134
4741 727
2335 171
4460 444

32

Pacifici S. et al.

Anche tra i diversi organi si osserva unampia variabilit di


concentrazioni, infatti, Kabganian et al. (2002) hanno rilevato che
lechinacoside nelle radici di piante coltivate in pieno campo era 17
volte pi concentrato che nelle infiorescenze, e 13 volte pi
concentrato che nelle foglie.
Parimenti anche la cinarina era rilevata in quantit variabili (00.9%) nei differenti organi (Kabganian et al., 2002), mentre nel nostro
esperimento questo metabolita variava da 0 a 0.17%. Lacido
clorogenico rilevato nelle radici delle piante cresciute in idroponica
raggiungeva la concentrazione massima dello 0.04%, mentre in
letteratura sono state riscontrate concentrazioni fino a 0.17% (Li e
Wardle, 2001, Pellati et al., 2005). Al contrario lacido cicorico, che
in letteratura riportato solo in tracce nelle radici di E. angustifolia
(Li e Wardle, 2001; Aiello, 2002, Pellati et al., 2005), nei nostri
campioni era presente in quantit che variavano dallo 0.06 allo 0.10%.
Le piante cresciute in idroponica sono state confrontate con tre
campioni commerciali di radice di E. angustifolia ed uno di radici di
E. purpurea considerando solo lechinacoside e lacido cicorico come
marker della qualit dei tessuti, per la loro presenza rilevante in tutti i
campioni. I risultati riportati in tabella 3 mostrano che lechinacoside
era il metabolita maggiormente presente anche se con unampia
variabilit tra i campioni commerciali (0.14-0.76%).
Tabella 3. Contenuto di echinacoside, acido cicorico e metaboliti
totali in radici reperibili in commercio di E. angustifolia (E.a. 1, 2, 3)
e di E. purpurea (E.p.).
Metabolita
Echinacoside
Ac. Cicorico

E.a. 1
1429 118
215 86

E.a. 2
E.a. 3
E.p.
1610 83 7627 209 4382 238
263 47
236 4
292 5

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia

33

Conclusioni
Dal nostro esperimento stato possibile ottenere quantit molto
elevate di biomassa di E. angustifolia coltivata in idroponica, la cui
caratterizzazione chimica dei derivati dellacido caffeico ne ha messo
in evidenza la buona qualit dei tessuti, pur non essendo stato
utilizzato un protocollo di estrazione precedentemente ottimizzato. Le
rese hanno mostrato che questo sistema produttivo pi efficiente
rispetto alla coltivazione tradizionale in pieno campo anche per questa
specie. Durante questo studio non stata fatta una valutazione
economica della coltura fuori suolo dellE. angustifolia, che pu senza
dubbio rappresentare il punto di partenza per lavori futuri. Infatti la
potenzialit della coltivazione in floating raft system data oltre che
dallelevata resa anche dalla brevit della durata di ogni ciclo.
possibile stimare infatti di poter effettuare almeno due cicli in un
anno, mentre le piante coltivate in pieno campo vengono generalmente
raccolte al secondo o terzo anno di et.
Poich mediamente la concentrazione di metaboliti risultata poco
influenzata dallo stadio di sviluppo della pianta, la fase riproduttiva si
mostrata maggiormente efficiente in termini di biomassa prodotta.
Dal momento che le piante passano dallo stadio vegetativo allo stadio
riproduttivo in un breve periodo (pochi giorni) preferibile attendere
il picco massimo di fioritura per effettuare la raccolta.
Bibliografia
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Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia

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37

Adattabilit dellEchinacea angustifolia alla coltivazione in


fuori-suolo ed accumulo di molecole biofunzionali in
risposta allo stress osmotico
Raimondi G.P.1, Cirillo F.C.1, Fogliano V.2, Maggio A.1
1
Dipartimento di Ingegneria Agraria ed Agronomia del Territorio,
Universit di Napoli Federico II, Portici, Napoli
2
Dipartimento di Scienze degli Alimenti, Universit di Napoli
Federico II, Portici, Napoli
E-mail: albino.maggio@unina.it
Riassunto
In questo studio abbiamo valutato ladattabilit dellEchinacea
angustifolia alla coltivazione in fuori-suolo e la possibilit di
modulare lespansione radicale e la sintesi di metaboliti ad alto valore
aggiunto, attraverso limposizione di un moderato stress osmotico.
Vengono inoltre riportati risultati preliminari sulla stima della
tolleranza di questa specie allo stress osmotico tramite termografia ad
infrarosso. Bench le condizioni di stress imposte non abbiano
stimolato la crescita degli apparati radicali, hanno individuato risposte
di adattamento a condizioni ipo- ed iper-osmotiche che potrebbero
interferire con pathway di sintesi di molecole biofunzionali.
Abstract
In this paper we report on the adaptability of Echinacea
angustifolia to soil-less cultivation. We specifically considered the
advantages of soil-less systems for improving root growth and
accumulation of functional metabolites upon exposure to a moderate
and controlled osmotic stress. We also report preliminary results on
the assessment of osmotic stress tolerance of this species using
infrared thermo imaging analysis. Although we did not find stress

38

Raimondi G. P. et al.

conditions able to stimulate root growth, we identified adaptation


responses to iper- and ipo-osmotic conditions that may most likely
interfere with metabolic pathways leading to the accumulation of biofunctional molecules.
Introduzione
Nellambito delle piante officinali, si riconoscono al genere
Echinacea propriet medicinali antinfiammatorie, immunostimolanti,
cicatrizzanti, antivirali, antifungine ed antibatteriche. In virt di queste
caratteristiche, le preparazioni contenenti estratti di Echinacea sono
tra le pi vendute nel mondo. Le molecole di interesse farmaceutico
estraibili da Echinacea si accumulano generalmente negli apparati
radicali. La coltura dellEchinacea si effettua tradizionalmente in
pieno campo (Li, 1998), tuttavia la coltivazione in fuori suolo
potrebbe aprire prospettive interessanti in relazione alla possibilit di
ottenere un prodotto di qualit superiore sia dal punto di vista igienico
sanitario che del contenuto in molecole biofunzionali. E stato
documentato che un moderato stress idrico e/o salino tipicamente
attiva una serie di risposte di adattamento nella pianta tra cui la
biosintesi di metaboliti dello stress, molti dei quali presentano
propriet farmacologiche e biofunzionali, nonch variazioni del
rapporto chioma/radice a favore di questultima (De Pascale et al.,
2001). In base a queste considerazioni, abbiamo valutato ladattabilit
dellEchinacea angustifolia alla coltivazione in fuori-suolo e la
possibilit di modulare sia lespansione radicale che la sintesi di
metaboliti ad alto valore aggiunto, attraverso limposizione di un
moderato stress osmotico. Inoltre, per individuare margini di risposta
allo stress entro cui linduzione di vie biosintetiche di specifici
metaboliti non penalizzasse eccessivamente la produzione di biomassa
radicale, abbiamo caratterizzato, in via preliminare, la tolleranza di
questa specie allo stress osmotico tramite termografia ad infrarosso.

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia

39

Materiali e Metodi
Condizioni colturali
Leffetto di un moderato stress osmotico sulla risposta produttiva e
fisiologica di Echinacea angustifolia stato valutato in due
esperimenti indipendenti condotti nel campo sperimentale
dellUniversit di Napoli Federico II situato in Portici (40 51 N, 14
34E), in una serra coperta con rete ombreggiante al 60%. I semi di
Echinacea angustifolia sono stati fatti germinare in substrato di sabbia
e torba (1:1) in contenitori di polistirolo da unazienda vivaistica
specializzata che ha fornito le piantine allo stadio di 2 foglioline.
perlite collocati in vasche di m 2.0 x 2.0 x 0.30 (50 vasi utili per
vasca). Le piante sono state successivamente allevate in coltura
idroponica a ciclo chiuso ad una densit di 25 piante m-2. La
concentrazione di elementi nella soluzione nutritiva (mmol L-1) era:
13.5 NO3-, 1.5 NH4+, 1.25 PO43-, 8.75,K+, 4.25 Ca2+, 2.0 Mg2+; 3.75
SO42- pi microelementi. I trattamenti messi a confronto nei due
esperimenti sono stati: Esperimento I (sale): Testimone (T), 0.125%
NaCl p/v (S1), 0.250% NaCl p/v (S2) ; Esperimento II (prolina):
Testimone (T), 10 mmol prolina (P1); 20 mmol prolina (P2). I
trattamenti sono stati imposti 3 settimane dopo il trapianto.
NellEsperimento I, stato aggiunto sale marino alla soluzione
nutritiva, per cui le piante sono state esposte alle concentrazioni su
indicate fino alla raccolta. Nellesperimento II sono stati somministrati
0.150 L di una soluzione di prolina a ciascuna pianta, in 2 interventi
distanziati di una settimana (25 luglio e 2 agosto). Per ciascun
esperimento si adottato un disegno sperimentale a blocchi
randomizzati con due ripetizioni.
Rilievi fisiologici
Il 120 GDT) sono state effettuate tra le 11:00 e le 12:00 misure di
conduttanza stomatica e potenziale idrico fogliare sulla foglia espansa
pi giovane di 6 piante per ciascun trattamento. Il potenziale idrico
(t) stato misurato utilizzando uno psicrometro a punto di rugiada

40

Raimondi G. P. et al.

(WP4, Decagon Devices, Washington). Il potenziale osmotico ()


stato misurato su campioni di foglia congelati/scongelati ed il
potenziale idrostatico (p) come differenza tra t e assumendo il
potenziale matriciale pari a zero. La resistenza stomatica stata
misurata utilizzando un porometro a diffusione (AP-4, Delta-T
Devices, Cambridge). Lattivit antiossidante ed il contenuto di fenoli
totali sono stati determinati secondo quanto descritto rispettivamente
in De Pascale et al., 2001 e Singleton e Rossi, 1965.
Rilievi biometrici
Alla raccolta, avvenuta il 28 agosto (125 GDT) sono state misurate la
biomassa totale, peso fresco e peso secco delle radici, superficie
fogliare e numero di foglie. La superficie fogliare stata determinata
utilizzando il misuratore darea fogliare Li-Cor 3000 (Li-Cor, Lincoln,
NE-USA). Il peso secco di foglie e radici stato determinato dopo
disidratazione a 60 C.
Imaging termico e visivo per il monitoraggio precoce dello stress.
Per verificare la possibilit di effettuare un monitoraggio precoce di
sintomi di stress quale supporto allindividuazione di condizioni
ottimali per linduzione e laccumulo di molecole biofunzionali, sono
state effettuate misure con termocamera ad infrarossi (FLIR Systems)
sia sulla coltura sottoposta a trattamento con prolina che a quella
esposta a stress da NaCl. Tre piante per ciascun trattamento sono state
monitorate in continuo dallimposizione dello stress per una durata di
3 ore.
Risultati e discussione
Il trattamento con prolina ha determinato una significativa
riduzione della resistenza stomatica (Fig. 1A). Laumento della
traspirazione in queste piante non ha comportato modifiche del loro

41

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia

Resistenza stomatica
(sec/cm)

potenziale idrico che risultato simile nei trattamenti messi a


confronto (Fig. 2A).

2
1,8
1,6
1,4
1,2
1
0,8
0,6
0,4
0,2
0

A
a

10

20

Resistenza stomatica
(sec/cm)

Prolina (mM)

2
1,8
1,6
1,4
1,2
1
0,8
0,6
0,4
0,2
0

0,125
NaCl (%)

Figura 1. Resistenza stomatica in risposta al trattamento con prolina


(A) e salino (B).

42

Raimondi G. P. et al.

Tuttavia la maggiore apertura stomatica riscontrata nelle piante P1


e P2 non si tradotta in un maggiore sviluppo generale delle piante.
1,2

Potenziale idrico (MPa)

0,7

a a

0,2
-0,3

-0,8
-1,3
-1,8

-2,3

-2,8

10

-3,3

20

-3,8

Prolina (mM)

Potenziale idrico (MPa)

1,2
0,7
0,2

c
a b

-0,3
-0,8

-1,3
-1,8
-2,3
-2,8
-3,3
-3,8

b
c

0,125
0,25

NaCl (%)

Figura 2. Potenziale idrico in risposta al trattamento con prolina (A) e


NaCl (B). Nellambito di t, e p, lettere differenti indicano
differenze significative per P<0.05.
I parametri biometrici sono risultati simili tra i trattamenti, ad
eccezione della percentuale di sostanza secca delle radici che

43

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia

aumentata significativamente nelle piante irrigate con prolina (Tab. 1).


Lirrigazione salina ha comportato un significativo aumento della
resistenza stomatica (Fig. 1B) e linsorgenza di sintomi di stress che si
sono manifestati sia a livello di potenziale idrico fogliare (Fig. 2B) che
di crescita generale della pianta.
Le piante di Echinacea hanno mostrato unelevata sensibilit al
trattamento con 0.250% NaCl, tale che non ci ha consentito di
raccogliere un campione rappresentativo per le successive analisi.
Tabella 1. Risposta dei parametri biometrici al trattamento con
prolina. Lettere differenti indicano differenze significative per P<0.05.
Prolina
(mM)

Foglie

0
10
20

(n)

Area
fogliare
(cm2)

PF
foglie
(g)

PF
radici
(g)

SS
foglie
(%)

SS
radici
(%)

8.4
10.0
9.7

75.1
77.7
82.5

5.51
5.07
4.70

10.73
8.81
7.96

21.8
19.3
18.3

21.8 b
25.8 a
23.7 ab

Relativamente alla concentrazione pi bassa testata (0.125 %


NaCl), le piante hanno manifestato una significativa riduzione dello
sviluppo della parte aerea e radicale e, tendenzialmente, un aumento
della percentuale di sostanza secca delle radici (Tab. 2).
Tabella 2. Risposta dei parametri biometrici al trattamento salino
(n.s.=non significativo; * significativo a P<0.05)

Controllo
0.125 % NaCl

Foglie
(n)

PF foglie
(g)

PF radici
(g)

SS foglie
(%)

SS radici
(%)

8.6
9.1
n.s

5.40
4.70
*

10.34
7.45
*

18.0
20.0
n.s.

20.1
21.2
n.s.

I valori di termografia (Fig. 3) sono risultati in generale in linea con


quelli di conduttanza stomatica ed hanno rivelato lattendibilit di

44

Raimondi G. P. et al.

questa strumentazione per un monitoraggio precoce di sintomi di


stress.
Il trattamento con i due agenti osmotici considerati (prolina e NaCl)
non si tradotto in uno stimolo dello sviluppo radicale, tuttavia ha
attivato risposte fisiologiche sintomatiche di un adattamento allo stress
ipo- (prolina) ed iper- (NaCl) osmotico.

Temperatura fogliare (C)

40
37

34
T

31

S1

28

S2

25
10.04 10.33 11.02 11.31 12.00 12.28 12.57 13.26

Temperatura fogliare (C)

Tempo (h)

40
39
38
37
36
35
34
33
32
31
30
10.04 10.33

T
P1
P2

11.02 11.31 12.00 12.28 12.57 13.26


Tempo (h)

Figura 3. Temperatura fogliare in risposta al trattamento con NaCl


(A) e prolina (B)

Coltivazione idroponica di Echinacea angustifolia

45

Risultati preliminari indicano che il trattamento con prolina ed un


moderato stress salino possono aumentare lattivit antiossidante ed il
contenuto di fenoli totali in radici di Echinacea (Tab. 3).
Tabella 3. Fenoli totali ed attivit antiossidante in risposta al
trattamento con prolina e NaCl.

T
S1
P1
P2

Fenoli totali (Folin)


[mg ac. gallico/100g PF]
34
45
41
36

Att.antiossidante (ABTS)
[mmoli trolox/100g PF]
0.42
0.65
0.61
0.58

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47

Influenza della nutrizione azotata sulla crescita e


metabolismo secondario di Achillea millefolium ssp Collina
becker allevata in idroponica.
Giorgi A., Licheri G.L.
Dipartimento di Produzione Vegetale, Universit degli Studi di
Milano, Milano.
E-mail: anna.giorgi@unimi.it
Riassunto
Gli studi sullinfluenza della nutrizione minerale sul metabolismo
secondario e la produzione di biomassa possono consentire di
migliorare la resa quali-quantitativa delle colture officinali. E noto
che la sintesi di metaboliti secondari influenzata sia da fattori
ambientali sia dalle tecniche agronomiche applicate nella coltivazione.
A conferma di ci, recenti studi su Achillea millefolium ssp. collina
Becker allevata in differenti localit alpine e con diversi sistemi
agronomici mostrano significative variazioni concernenti la crescita e
la composizione chimica (Blois, 1958). Inoltre, lavori sulla nutrizione
minerale di Hypericum perforatum L. evidenziano una correlazione
tra dosi crescenti di azoto e livelli di ipericina presenti nella droga
(Briskin et al., 2000). Al fine di approfondire le relazioni esistenti tra
nutrizione azotata, crescita e produzione di metaboliti secondari in
Achillea millefolium L. ssp collina, sono state condotte prove
sperimentali di coltivazione idroponica, utilizzando una soluzione
nutritiva a differenti concentrazioni di azoto pari a 1 mM e 0.1 mM, in
ambiente controllato (T 25C, UR 60% e 18 h fotoperiodo). Le piante
cresciute al livello di azoto minore, confrontate con il controllo, hanno
mostrato accrescimenti dei germogli significativamente inferiori in
termini di numero (-38%), peso fresco (-51% ), peso secco (-70%),
oltre a presentare una riduzione del rapporto germogli/radici (-67%).
Nessuna differenza significativa emersa relativamente al contenuto
in camazulene, uno dei parametri di riferimento della qualit della

48

Giorgi A. e Licheri G. L.

droga. Contrariamente, i livelli di altre sostanze di origine terpenica,


di fenoli e di attivit antiossidante erano pi elevati nelle piante
allevate a livelli di azoto pi bassi rispetto al controllo.
Abstract
The studies on the effect of mineral nutrition on Herbs secondary
metabolism and yield could lead to an improvement of the production
of these plants in industrialised countries, where high quality products
are required. It is known that the synthesis of secondary chemicals is
affected both by environmental and agronomic conditions. Yarrow
cultivated in different climatic localities in Alpine areas with different
agronomic techniques, showed significative differences concerning
growth and chemicals composition (Blois, 1958). Furthermore,
studies on mineral nutrition of H. perforatum showed the relationship
between nitrogen supply and hypericin content (Briskin et al., 2000).
To study the effect of nitrogen nutrition on Yarrow, we made a trial on
Achillea millefolium L. ssp collina grown in nutritive solutions with
different nitrogen (N) supplies, 1mM (Control) and 0.1mM (N0.1) in
greenhouse (T 25C, RH 60% and 18 h photoperiod). The plants
grown on low level of N, compared to the ones grown on higher level,
showed a significative decrease of number of shoots (-38%), fresh
weight of shoots (-51% ), dry weight of shoots (-70%) and
shoots/roots ratio (-67%). No differences emerged on content of
chamazulene, one of the markers of quality of the drug. At the
opposite the level of other terpenic substance, phenolics and
antioxidant properties were higher in plant supplied with low N
compared to the control.
Introduzione
La crescita del mercato dei prodotti erboristici e salutistici derivati
da piante officinali pone lattenzione sulla possibilit di implementare
la produzione nazionale di tali specie, soprattutto in aree marginali
quali quelle collinari e montane, ricche di flora officinale spontanea e

Coltivazione idroponica di Achillea millefolium

49

caratterizzate da condizioni pedoclimatiche spesso favorevoli a


produzioni competitive da un punto di vista qualitativo. In particolare,
poich la qualit di queste produzioni condizionata dalla
concentrazione dei principi attivi nella droga, lo studio dei fattori che
modulano la sintesi e accumulo di tali sostanze essenziale quando si
cerca di migliorarne (incrementare o rendere costante) il contenuto.
Indagini in questo ambito si stanno conducendo nel progetto:
Sviluppo delle produzioni di erbe officinali di elevato valore
qualitativo e salutistico nellarea alpina (P.I.C. INTERREG III A
Italia-Svizzera con misura di finanziamento 1.1: Sostegno allo
sviluppo delle aree rurali), il cui obiettivo l individuazione delle
strategie di miglioramento e sviluppo delle produzioni di piante
officinali con metodi compatibili con lambiente, determinandone gli
aspetti qualitativi sulla base di criteri tradizionali e innovativi.
Gli studi sullinfluenza della nutrizione minerale sul metabolismo
secondario e la produzione di biomassa possono consentire di
migliorare la resa quali-quantitativa delle colture officinali. Gli
elementi nutritivi, infatti, influenzano direttamente la crescita, lo
sviluppo e il metabolismo delle piante. E noto che la sintesi di
metaboliti secondari influenzata sia da fattori ambientali sia dalle
tecniche agronomiche applicate nella coltivazione. A conferma di ci,
recenti studi su Achillea millefolium ssp. collina Becker allevata in
differenti localit alpine e con diversi sistemi agronomici mostrano
significative variazioni concernenti la crescita e la composizione
chimica (Giorgi et al., 2005). Inoltre, lavori sulla nutrizione minerale
di Hypericum perforatum L. evidenziano una correlazione tra dosi
crescenti di azoto e livelli di ipericina presenti nella droga (Briskin et
al., 2000).
In questo lavoro, al fine di indagare linfluenza della nutrizione
azotata sulla produttivit di Achillea millefolium L. ssp. collina
Becker, stato messo a punto un sistema di allevamento in coltura
idroponica che ha consentito di porre a confronto crescita, sviluppo e
produzione di metaboliti secondari in condizioni ottimali e in carenza
azotata. Sono stati valutati i livelli dei terpeni caratterizzanti la qualit
della droga derivante da questa specie e si provveduto alla
determinazione del contenuto di polifenoli e alla capacit

50

Giorgi A. e Licheri G. L.

antiossidante degli estratti, informazioni queste ultime potenzialmente


utili alla determinazione di ulteriori propriet possedute da achillea.
Materiali e metodi
Le piante di Achillea millefolium ssp collina Becker, ottenute
mediante semina su cilindri di lana di roccia (Grodan), raggiunta
unaltezza media di 15 cm e un numero di foglie medio pari a 4, sono
state trasferite in serra (temperatura di 25C, fotoperiodo di 18/6
luce/buio e U.R. del 60%). Dopo un periodo di adattamento di 10
giorni, sono state allestite prove preliminari di allevamento in
idroponica somministrando una soluzione nutritiva (Tab. 1) la cui
concentrazione azotata variava come segue: 1 mM (controllo); 0,1
mM (N0.1); 0,01 mM (N0.01), 0,001 mM (N0.001) e 0 mM (N0), al fine
di individuare la condizione di carenza azotata che, pur influenzando
la crescita della pianta, non ne compromettesse eccessivamente lo
sviluppo. Si dunque provveduto a porre a confronto la condizione di
nutrizione azotata ottimale pari a 1 mM (controllo) con quella carente
di azoto, pari a 0.1 mM (N0.1).
Dopo 90 giorni, si sono rilevati il numero, il peso fresco ed il peso
secco dei germogli. Inoltre, campioni di germogli del peso 2-3 g
essiccati a 35 C per 48 ore sono stati estratti con 10 ml di alcol etilico
96% per 4 giorni al buio ed alla temperatura di 10C ed analizzati
mediante gas cromatografia/massa per determinarne il contenuto in
componenti terpeniche, con particolare riguardo a quelle presenti in
quantit superiori al 2% riferito al totale delle medesime estraibili.
Ancora, il contenuto di oleoresina dei germogli stato ottenuto
attraverso estrazione con cloruro di metilene (CH2Cl2) per 3 giorni al
buio a temperatura ambiente e successiva essiccazione dellestratto
ottenuto fino a peso costante, i risultati sono espressi in % (p/p). La
determinazione del livello dei polifenoli stata effettuata su un
campione costituito da circa 0.18 g di foglie fresche estratte con 5 mL
di metanolo (MeOH) assoluto per 24 h a T ambiente al buio.
Lestratto metanolico stato filtrato (filtri da siringa 0.45m) ed
analizzato per il contenuto di fenoli totali e potere antiossidante. Il
contenuto fenolico stato determinato mediante saggio

Coltivazione idroponica di Achillea millefolium

51

spettrofotometrico che prevedeva lutilizzo del reagente il FolinCiocalteau, lacido gallico come fenolo di riferimento e la lettura
dellassorbanza a 765 nm (Singleton, V.L., et al 1965; Trouillas, P., et
al 2003).La misurazione del potere antiossidante stata realizzata
mediante un saggio colorimetrico che prevede lutilizzo del radicale
libero stabile 2,2-diphenyl-1-picrylhydrazyl 2,2-difenil-1-picrilidrazile
(DPPH) e la lettura dellassorbanza a 517 nm. I risultati relativi al
contenuto in fenoli sono espressi in mg/g di peso fresco, mentre quelli
dellattivit antiossidante in termini di 1/IC50 dove lIC50 la
quantit di estratto in grado di determinare una riduzione
dellassorbanza di una soluzione di DPPH (0.1 mg/mL) del 50%. (Hu
Fenglin et al., 2003; Trouillas et al., 2003; Marco, 1968; Blois, 1958).
Tabella 1. Composizione soluzione nutritiva
Elemento
N
Ca
P
K
Mg
Fe
B
Mn
Cu
Zn
Mo

Sale
Ca (NO3)2
CaSO4
K2HPO4
K2SO4
MgSO4
Fe EDTA
H3BO3
MnSO4
CuSO4
ZnSO4
Na2MoO4

Contenuto
1- 0.1 mM
0.6 mM
0.15 mM
0.9 mM
0.3 mM
14.0 M
13.8 M
2.7 M
0.24 M
0.09 M
0.03 M

Risultati e discussione
Lo stress da carenza dazoto ha determinato significative variazioni
nella produzione di biomassa e nel metabolismo secondario di

52

Giorgi A. e Licheri G. L.

achillea. In particolare si sono rincontrati significativi decrementi di


biomassa nel caso della tesi con minore livello di azoto rispetto al
controllo in termini di numero dei germogli (-38%), peso fresco e peso
secco dei germogli (-51% e -70% rispettivamente) e di rapporto
germogli/radici (-67%). A fronte di un minore accrescimento, si
osserva invece un incremento delle concentrazioni delle principali
componenti terpeniche quali + pinene (+132%), sabinene (+195%),
- cariofillene (+84%) germacrene D (+83%), mentre il camazulene, il
principio attivo caratterizzante la qualit della droga, non sembra
subire significative variazioni, rappresentando mediamente il 18% sul
totale delle componenti terpeniche analizzate (Fig. 1). Anche il livello
di oleoresina non sembra variare significativamente in risposta ai
diversi livelli di azoto disponibile mostrando un valore medio di 1,60
0,18 g/100g di droga essiccata.
30,00

N1

25,00

N0.1

20,00
15,00
10,00
5,00
0,00
T e si

Figura 1. Livelli di camazulene (%) nella droga ottenuta da achillea


allevata in condizioni di nutrizione azotata ottimali (N1= 1mM) e in
carenza dazoto (N0,1= 0,1mM).
Dalle analisi effettuate sul contenuto di fenoli totali nelle foglie
fresche di achillea emerge un significativo incremento di tali composti
nelle piante allevate con la concentrazione pi bassa di azoto (N0.1)
rispetto al controllo (N1). In particolare il livello di fenoli in carenza
dazoto pari a 8.90.1 mg/g equivalente ad un incremento del 100%

53

Coltivazione idroponica di Achillea millefolium

rispetto al valore di 4.20.7 riscontrato nel controllo. Inoltre, lanalisi


dellattivit antiossidante espressa in termini di 1/IC50 mostra un
valore significativamente superiore negli estratti provenienti dalle
piante allevate in stress azotato (Fig. 2).
1800,0
1600,0
1400,0

1/IC 50

1200,0
1000,0

+N

800,0

-N

600,0
400,0
200,0
0,0
Tesi

Figura 2. Attivit antiossidante dellestratto di achillea allevata in


condizioni ottimali (+N) e carenza dazoto (-N).
Conclusioni
Dai risultati ottenuti emerge una buona capacit di adattamento di
Achillea millefolium ssp. collina Becker alle condizioni di carenza
azotata. La risposta della pianta ai bassi livelli di azoto non influenza
il contenuto di camazulene, il principio attivo caratterizzante la qualit
della droga in achillea. Tale informazione indica la possibilit di
coltivare achillea in terreni relativamente poveri di azoto senza per
questo influire sui principali parametri qualitativi, seppur a fronte di
una resa inferiore. Da queste indagini inoltre si evidenzia come la
disponibilit di azoto possa modificare sintesi e accumulo di
metaboliti secondari di origine terpenica. Infatti, piante cresciute con

54

Giorgi A. e Licheri G. L.

un ridotto livello di azoto contengono maggiori quantit di


germacrene D, sabinene, cariofillene e + pinene. Questultimo
fenomeno accade anche nel caso delle sostanze di origine fenolica cui
si accompagna un incremento di attivit antiossidante dellestratto,
caratteristica potenzialmente interessante per la valorizzazione delle
produzioni di piante officinali di elevato valore qualitativo e
salutistico.
Bibliografia
1. Blois, MS. 1958. Antioxidant determination by use of a stable
radical. Nature 4617: 1198-1200.
2. Briskin, D.P., Leroy, A., Gawienowski, M. 2000. Influence of
nitrogen on the production of hypericins by St. Johns wort. Plant
Physiology and Biochemistry 38: 413-420.
3. Giorgi, A., Bononi, M., Tateo F., Cocucci M. 2005. Yarrow
(Achillea millefolium L.) growth at Different Altitudes in Central
Italian Alps: Biomass Yield, Oil Content and Quality. Journal of
Herbs, Spices & Medicinal Plants 3: 47-58.
4. Hu, F., Lu, R., Huang, B., Ming, L. 2004. Free radical scavenging
actity of extracts prepared from fresh leaves of selected Chinese
medicinal plants. Fitoterapia 75:14-23.
5. Marco G.J. 1968. A rapid method for evaluation of antioxidants. J.
Am. Oil Chem. Soc. 45: 594-598.
6. Singleton V.L., Rossi J.A. 1965. Colorimetry of total phenolics
with phosphomolybdicphosphotungstic acid reagents. Am. J. Enol.
Vitic. 16: 144-158.
7. Trouillas P., Calliste C.A., Allais D.P., Simon A., Marfak A.,
Delage C., Duroux J.L. 2003 Antioxidant, anti-inflammatory and
antiproliferative properties of sixteen water plant extracts used in
the Limousin countryside as herbal teas. Food Chemistry 80: 399407.

55

Dinamica della flora spontanea in colture medicinali gestite


con sistemi colturali di tipo biologico
Benvenuti S.
Dipartimento di Agronomia
Universit di Pisa, Pisa.
E-mail: Sbenve@agr.unipi.it

Gestione

dellAgroecosistema,

Riassunto
Sono state effettuate alcune analisi floristiche allo scopo di valutare
la dinamica di infestazione di malerbe in colture medicinali in modo
da ottimizzare i metodi preventivi per il loro controllo. In particolare,
lobiettivo della sperimentazione stato quello di stabilire le relazioni
esistenti tra le agrotecniche utilizzate e la dinamica delle malerbe. Le
prove sono state effettuate in Toscana ed Umbria (Azienda Aboca)
dove sono state selezionate 12 colture che differivano fortemente tra
loro in termini di gestione agronomica. Preliminarmente stata
effettuata la valutazione dei semi di malerbe presenti nel suolo in
modo da verificarne la dinamica di emergenza nelle varie colture.
Dopo la valutazione del tasso di emergenza, risultato intorno al 2,5%
nelle diverse colture, sono state effettuate delle analisi sullevoluzione
floristica della vegetazione emersa in modo da poter stabilire eventuali
relazioni con aspetti agronomici come frequenza di sfalcio della
coltura e durata del relativo impianto. Allaumento della frequenza di
sfalcio si assistito ad una diminuzione delle specie in grado di
disseminare prima di tale disturbo. Inoltre, tale elevata frequenza di
sfalci tende ad aumentare la densit relativa delle graminacee e delle
specie a ciclo perenne. E stata poi rilevata una certa associazione tra
malerbe annuali con colture annuali e tra malerbe perenni con colture
perenni. Infine stata discussa limportanza dellimplementazione
delle conoscenze sulla biologia ed ecologia della flora infestante in
quanto ritenute un importante strumento nel controllo delle malerbe
in sistemi colturali gestiti con metodi biologici.

56

Benvenuti S.

Abstract
In order to predict weed dynamics in medicinal crops and
consequently to optimize the preventive methods for weed control in
organic agriculture, floristic evaluations were carried out to
investigate the relations among the adopted agrotechniques and the
consequent weed dynamics. Experiments were carried out in Tuscany
and Umbria (Aboca Farm) where 12 different medicinal crops were
selected as a function of the respective different agrotechniques. A
preliminary seedbank analysis was carried out to investigate the
successive weed dynamics in each crop. After the evaluation of the
seedbank emergence rate, approximately 2.5 % in the several crops,
the evolution of the several phytocenoses were related to some
agronomic parameters such as crop cutting frequency and duration of
the crop agronomic cycle. At the increasing of the cutting frequency,
the long-cycle weed species decreases. In addition, the cuttingfrequency increases both grasses and perennial weeds. While annual
crops are linked to annual weeds, perennial crops are linked even to
perennial weeds. The implementation of the knowledge on weed
biology and ecology is discussed and considered as an important
tool for weed management in organic agricultural systems.
Introduzione
La coltivazione in biologico di specie medicinali impone
laccettazione del concetto di convivenza della coltura con le
fitocenosi spontanee (Benvenuti e Macchia, 2003), la cui gestione
agronomica risulta comunque essenziale per il raggiungimento di
produzioni economicamente sostenibili sia sotto un profilo
quantitativo che qualitativo (Maas, 1978). Linterferenza colturamalerba, sia di tipo competitivo che allelopatico, tende infatti a
determinare quel calo di resa che quasi sempre aggravato
dallindesiderata presenza di residui di malerbe nel prodotto raccolto.
Tale presenza, risulta talvolta di particolare dannosit quando essi
conferiscano sgradevoli caratteristiche organolettiche al prodotto
finito o persino tossicit nei casi in cui le impurezze derivano da

Flora spontanea nelle colture biologiche di piante medicinali

57

piante tossiche o persino velenose. Daltra parte, la mancanza di


metodi non-chimici risolutivi nel controllo dellinfestazione (Bond e
Grundy, 2001), vista lincompatibilit dellerbicida chimico con i
sistemi di coltivazione biologica, risulta particolarmente
penalizzante. Ci avviene soprattutto nel caso delle colture medicinali
il cui grado di competitivit nei confronti delle malerbe risulta
solitamente scarso sia in specie di remoto (El-Masry et al., 1995) che
di recente addomesticamento agronomico (Janke e Carey, 2004).
Inoltre, la tipica gestione irrigua delle colture estive nei periodi nei
quali la temperatura non risulta affatto limitante, porta ad elevati flussi
di emergenza in campo in quanto gran parte della seedbank presente
viene stimolata a germinare. Ne consegue che le infestanti risultano il
prevalente fattore limitante nella riuscita agronomica delle colture
medicinali gestite con metodi biologici. Quali sono quindi gli
strumenti agronomici in grado di contrastare efficacemente la
dinamica di infestazione? Viene spontaneo pensare subito ad i metodi
curativi che, in effetti, sono tipicamente effettuati mediante
sarchiature, localizzate negli spazi delle interfile, in modo da eliminare
meccanicamente la vegetazione indesiderata. Tuttavia, non vengono in
questo caso eliminate le malerbe che si sviluppano lungo i filari, che
sono tra laltro quelle che interferiscono maggiormente con la coltura;
inoltre non tutte le colture medicinali hanno delle distanze di impianto
tali da consentire questi interventi (Benvenuti et al., 2001).
Conseguentemente, la mancanza di efficaci interventi di diserbo,
impone obbligatoriamente, la necessit di massimizzare i metodi di
controllo di tipo preventivo. Tra questi la tecnica della falsa semina
risulta di crescente interesse (Benvenuti, 2003), soprattutto nel caso
che essa venga integrata con altri metodi agronomici utili nel
contrastare la dinamica di sviluppo delle malerbe. E per questo
motivo che risultano di crescente interesse gli studi che hanno come
obiettivo la conoscenza e prevedibilit dei fenomeni causa-effetto tra
le tecniche agronomiche adottate e la dinamica di infestazione delle
varie colture. In altre parole la conoscenza della biologia ed ecologia
della flora spontanea pu agevolare il compito di ottimizzare al meglio
le pratiche agronomiche (avvicendamento, lavorazione del suolo,
localizzazione degli input irrigui e nutrizionali, ecc.), in modo da
ostacolarne al meglio la dinamica di sviluppo. In pratica, la

58

Benvenuti S.

conoscenza delle caratteristiche eco-fisiologiche delle varie malerbe


diviene uno strumento importante ed utilizzabile per il controllo
dellinfestazione. Infatti, se da un lato ogni specie contraddistinta da
particolari adattamenti a situazioni di stress agronomico e/o ecologico
essa nasconde quel tallone di Achille nella sua dinamica di
sopravvivenza nellagroecosistema, la cui scoperta assume un ruolo di
cruciale importanza agronomica. Di particolare interesse risultano le
strategie riproduttive sia in termini di germinazione dei semi che di
epoche e modalit di disseminazione unitamente alla conoscenza delle
potenzialit di propagazione agamica tipica delle specie a ciclo
biologico poliennale. Lobiettivo della presente sperimentazione
stato quello di analizzare la dinamica di sviluppo delle fitocenosi
infestanti in seguito alladozione delle tecniche agronomiche connesse
alla coltivazione di alcune delle pi importanti colture medicinali.
Materiali e Metodi
La sperimentazione stata effettuata durante il periodo 1998-2002
presso lAzienda Aboca (4336N, 1020E), situata in parte in
Toscana (Sansepolcro, AR) ed in parte in Umbria (Pistrino, PG), e
specializzata nella produzione e trasformazione di colture medicinali
con sistemi colturali di tipo biologico. In tale ambiente sono state
scelte 12 diverse colture sia in funzione della loro importanza nel
settore che per la loro diversificata gestione agronomica, sintetizzata
nella tabella 1, in modo da poterne studiare gli effetti sulla dinamica
delle fitocenosi spontanee. Su queste colture sono state effettuate delle
indagini floristiche in vari periodi dellanno mediante lanci
randomizzati di un telaio metallico di dimensioni note (20 x 30 cm)
allinterno del quale erano classificate ed enumerate le piante presenti.
A tal fine, sono state delimitate delle parcelle (3 x 5 m) allinterno
degli appezzamenti delle varie colture di estensione variabile dagli 0,3
ai 2 ha. Il criterio adottato nella scelta dellubicazione delle parcelle
stato quello della randomizzazione completa. Su tali aree, allinizio
della sperimentazione, erano stati preventivamente effettuate delle
indagini sulla seedbank presente in modo da verificarne in seguito la
relativa dinamica di evoluzione floristica.

Flora spontanea nelle colture biologiche di piante medicinali

59

Tabella 1. Agrotecnica utilizzata nelle varie colture medicinali


selezionate per la sperimentazione.
Agrotecnica
Grindelia
robusta
Eschsholzia
californica
Mentha
piperita
Cynara
cardunculus
Passiflora
incarnata
Echinacea
pallida
Filipendula
ulmaria
Marrubium
vulgare
Hypericum
perforatum
Melissa
officinalis
Matricaria
chamomilla
Malva
officinalis

Durata
ciclo (anni)

Densit
N. sfalci IrrigaTipologia
impianto
impianto
annuali zione
-2
(p. m )

3-4

Trapianto

4.5

Si

3-4

Semina

7.5

Si

3-4

Talea

4,5

Si

3-4

Talea

3.2

Si

3-4

Talea

3.8

Si

3-4

Trapianto

4.0

Si

3-4

Trapianto

4.0

Si

3-4

Trapianto

5.5

Si

3-4

Trapianto

9.5

Si

3-4

Talea

4.5

Si

Semina

35

No

Semina

25

Si

A tal fine sono state prelevate delle carote cilindriche (4 cm


diametro x 10 lunghezza) mediante una sonda metallica. Le tecniche
di estrazione dei semi presenti sono state effettuate mediante una

60

Benvenuti S.

procedura gi utilizzata (Benvenuti, 2003). I dati sono stati poi


espressi come densit relativa, come tasso di emergenza (plantule
emerse/seedbank). Al fine di sintetizzare levoluzione floristica delle
fitocenosi infestanti sono state effettuate delle regressioni lineari tra
alcuni raggruppamenti floristici (specie perenni, graminacee, ecc.) ed
alcuni aspetti dellagrotecnica (frequenza sfalci, periodo del ciclo
agronomico della coltura, ecc.). A completamento delle informazioni
sulla dinamica delle malerbe presenti si proceduto ad una stima
visiva delle specie in grado di avere dato luogo a disseminazione
prima delle operazioni di sfalcio in modo da verificare per quali specie
tale operazione pisulta pi penalizzante. I dati sono stati quindi
sottoposti allanalisi della varianza (A.N.O.V.A.) previa
trasformazione angolare nel caso di valori espressi come percentuale.
Risultati e discussione
La tabella 2 illustra uno schema riassuntivo della struttura botanica
della seedbank rilevata nelle varie colture allinizio della
sperimentazione. Come si pu osservare risultano predominanti le
specie appartenenti alla famiglia botanica delle graminacee (15), delle
brassicacee (8) e delle asteracee (5). Nel complesso sono state
rilevate 81 specie appartenenti a 29 diverse famiglie botaniche. In
termini di densit relativa, raggruppate secondo la ormai tradizionale
classificazione di Raunkiaer (1934), risultano fortemente pi diffuse le
specie annuali (terofite, 78% di densit relativa) mentre solamente il
22% risulta in grado di superare vegetativamente lannualit. Tra
queste ultime prevale la categoria delle geofite (15%) come ad
esempio Cynodon dactilon, Calystegia sepium, Convolvulus arvensis,
Agropyron repens, Cyperus spp. ed Oxalis corniculata. Circa il 7%
della seedbank risultata, inoltre, formata da emicriptofite
rappresentate soprattutto da Rumex crispus e da Lolium spp.
Risulta opportuno riportare che tra le sopra citate terofite risultano
predominanti Amaranthus retroflexus, Chenopodium album e
Portulaca oleracea. Questa seedbank quantitativamente intorno ai
40.000 semi m-2 (dati non mostrati) risultata in grado di germinare
ed emergere nella misura di circa il 2,5% nelle varie colture (Fig. 1).

Flora spontanea nelle colture biologiche di piante medicinali

61

Tabella 2. Composizione botanica della seedbank rilevata allinizio


della sperimentazione.
Famiglia
botanica
Amarantacee
Apiacee
Asteracee
Boraginacee
Brassicacee
Caryofillacee
Chenopodiacee
Convolvolacee
Euforbiacee
Genzianacee
Geraniacee
Graminacee
Lamiacee
Malvacee
Oxalidacee
Papaveracee
Polygonacee
Portulacacee
Primulacee
Ranuncolacee
Rubiacee
Scrufulariacee
Solanacee
Verbenacee
Altre
Totale

Numero di
specie
3
3
5
3
8
3
1
3
2
2
2
15
3
2
1
3
3
1
2
3
2
3
2
1
5
81

Terofite
7
2
7
2
7
5
4
3
2
<1
2
18
3
4
<1
3
4
5
2
2
<1
3
2
<1
<1
78

Densit relativa %
Emicriptofite
0
2
2
<1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
2
0
0
0
0
0
<1
0
0
0
<1
0
7

Neofite
0
0
0
0
0
0
0
3
0
0
0
8
0
0
1
0
0
0
0
0
0
0
0
0
3
15

62

Flora emersa/ Seedbank


(%)

Benvenuti S.

10
9
8
7
6
5
4
3
2
1
0

Grindelia robusta
Escholtzia californica
Mentha piperita
Cynara cardunculus
Passiflora incarnata
Echinacea pallida
Filipendula ulmaria
Matricaria chamomilla

Media 2.5%
Melissa officinalis
Malva sylvestris
Marrubium vulgare
Hypericum perforatum

Colture
Figura 1. Tasso di emergenza della seedbank nelle varie colture
espressa come % delle plantule emerse rispetto ai semi presenti. Le
barre verticali = SE.
In pratica il 97,5% dei semi resta quiescente o dormiente nel suolo
a conferma che solamente una piccola porzione dei semi interrati nel
suolo tende annualmente a germinare. Tale scalarit di germinazione
, infatti, una caratteristica della flora spontanea che in quanto assume
una cruciale importanza nel consentire una continua ri-colonizzazione
dellagroecosistema in seguito a quei disturbi agronomici (ad esempio
le lavorazioni del suolo) che tendono ad eliminare quasi
completamente la vegetazione presente. Mentre i fattori di
decadimento della seedbank sono costituiti prevalentemente dalla
germinazione dei semi, i fattori di ingresso sono costituiti quasi
unicamente dalla disseminazione delle piante presenti. Leccezione a
questa regola dovuta allaccidentale introduzione di semi di malerbe
presenti nella semente utilizzata come tipicamente accade nella coltura
di Camomilla (osservazione personale), quasi sempre impiantata con
semente contaminata da semi di papavero in quanto pressoch
inseparabili dagli analogamente piccoli semi della coltura. Comunque,
nonostante questa eccezione, la frequenza di sfalcio della coltura che

Flora spontanea nelle colture biologiche di piante medicinali

63

Flora disseminante
(% rispetto al totale)

risulta fondamentale nel discriminare quantit e composizione


botanica della flora disseminata. La figura 2 illustra la contrazione
delle specie in grado di disseminare in funzione dellincremento nella
frequenza degli sfalci richiesti dalla coltura.
100
80
60
40
20
0

Sfalci annuali (n.)

Figura 2. Relazione tra frequenza di sfalcio delle varie colture ed


incidenza % delle specie in grado di avere effettuato disseminazione.
Le barre verticali = SE.
Mentre un solo sfalcio annuo non determina alcuna di pressione di
selezione nella dinamica di riproduzione gamica, laumento di tale
frequenza risulta fortemente in grado di contrarre la gamma di specie
in grado di completare il proprio ciclo biologico prima di tale disturbo
agronomico. In questi casi risultano in progressivo aumento le specie
caratterizzate da ciclo biologico breve come ad esempio le specie
tipicamente ruderali come Amaranthus retroflexus, Chenopodium
album e Lolium multiflorum. In altre parole, queste specie riescono a
rifornire la riserva di semi del suolo prima che le operazioni di
raccolta possano interrompere la loro formazione. Comunque, i
maggiori incrementi, in termini di densit relativa (dati non mostrati)
sono stati rilevati soprattutto per quelle specie che, oltre ad essere
caratterizzate da un rapido passaggio alla fase riproduttiva
manifestano anche un habitus di crescita di tipo prostrato, che tende a
ridurne il loro danneggiamento avvantaggiandole cos nelle interazioni

64

Benvenuti S.

competitive con le altre specie presenti nella fitocenosi. In questi casi


tendono, infatti, ad aumentare specie a sviluppo prostrato come ad
esempio Anagallis arvensis e Portulaca oleracea.
Esprimendo levoluzione floristica in termini di densit relativa,
raggruppando le varie specie sia in funzione della perennanza che
della appartenenza alla famiglia botanica delle graminacee, emerge
come laumento della frequenza di sfalcio abbia comportato laumento
di entrambe queste categorie di malerbe (Fig. 3).

Densit relativa %

100

graminacee

80

specie perenni
60
40
20
0

Frequenza sfalcio (n.)

Figura 3. Relazione tra frequenza di sfalcio delle varie colture e


densit relativa (%) riferita alle specie perenni ed alle graminacee. Le
barre verticali = SE.
Per quanto riguarda laumento delle specie perenni tale fenomeno
risulta assolutamente logico dal momento che molte di queste specie
sono tradizionalmente definite vivaci proprio per il fatto che
tendono a rivegetare rapidamente dopo le operazioni di raccolta. In
altre parole, sono avvantaggiate quelle specie che, analogamente alla
coltura, possono dar luogo ad una rapida crescita vegetativa mediante
gemme quiescienti e/o dormienti presenti al di sotto dellaltezza di
sfalcio. Risulta opportuno sottolineare che tale pressione di

Flora spontanea nelle colture biologiche di piante medicinali

65

selezione verso alcune specie di malerbe (ad esempio Plantago


lanceolata e Oxalis corniculata) stato definito una sorta di crop
mimics (Mooney e Cleland, 2001), in quanto vengono avvantaggiate
proprio quelle specie che pi assomigliano alla coltura nella dinamica
di sopravivenza in seguito ai disturbi agronomici effettuati.
Analogamente, la maggiore incidenza di graminacee in seguito
allaumento della frequenza di sfalci, impliciti con la coltura, risulta
dovuta alla posizione protetta dei meristemi di crescita di queste
specie. Nelle graminacee, infatti, lattivit meristematica risulta
localizzata nella porzione basale della pianta, allascella delle foglie,
in aree non raggiunte dalle operazioni di sfalcio in quanto in
prossimit del suolo.
Comunque, il dinamismo floristico delle fitocenosi spontanee
risulta dipendere fortemente anche dalla durata del ciclo agronomico
della coltura. Nella figura 4 sono riportate le variazioni della densit
relativa delle varie malerbe, raggruppate secondo la classificazione
floristica di Raunkiaer (1934), in funzione della durata del ciclo
colturale.

Densit relativa (%)

100
80
60

terofite
emicriptofite

40

geofite

20
0

Anni dall'impianto della coltura (anni)

Figura 4. Relazione tra durata del ciclo agronomico delle varie colture
e densit relativa di terofite, emicriptofite e geofite.

66

Benvenuti S.

Come si pu osservare le specie annuali (terofite) costituiscono la


quasi totalit della fitocenosi allinterno di specie annuali. Tuttavia,
allaumento della durata dellimpianto tendono ad aumentare le specie
perenni sia a propagazione mediante gemme epigee (emicriptofite)
che per bulbi o rizomi situati nel suolo (geofite). Tale analogia nelle
caratteristiche biologiche della coltura e delle infestanti tende a
confermare la validit della sopra citata teoria per la quale la
pressione agronomica esercitata tende a selezionare nel tempo le
specie pi simili morfologicamente e/o fisiologicamente alla coltura
(crop mimics). Comunque, ci che pi tende a favorire
unevoluzione floristica verso le specie perenni risulta essere la
prolungata mancanza di quelle lavorazioni del suolo (impossibili da
effettuare senza danneggiare la coltura), che tipicamente selezionano
le specie annuali dal momento che il seme risulta la struttura botanica
meglio in grado di mantenere la propria vitalit in seguito ai drastici
disturbi meccanici effettuati con le lavorazioni. In altre parole, la
mancata inversione degli orizzonti di suolo pi superficiali tende a
favorire la colonizzazione orizzontale delle specie in grado di superare
i periodi pi freddi. Tale occupazione della nicchia ecologica pone
queste specie in condizioni di vantaggio competitivo rispetto a quelle
specie che si propagano esclusivamente per seme. Infatti, mentre
queste ultime sono caratterizzate da ritmi di crescita decisamente
bassi, in funzione delle tipicamente limitate riserve energetiche dei
semi, il risveglio vegetativo primaverile degli organi di propagazione
agamica (rizomi, bulbi, stoloni, ecc.) avviene decisamente in modo
pi vigoroso in virt dei maggiori livelli energetici di tali strutture.
Del resto, questo dinamismo floristico in assenza di lavorazioni del
suolo, gi osservato in altre colture (Zanin et al., 1997), non altro
che una tipica transizione di una successione secondaria che tende
ad evolvere verso quello stadio di climax, quasi sempre costituito
prevalentemente, da specie perenni.
Conclusioni
La conoscenza della dinamica di evoluzione floristica in risposta
alle strategie di gestione agronomica adottata, risulta di cruciale

Flora spontanea nelle colture biologiche di piante medicinali

67

importanza per il mantenimento nel tempo di una flora infestante al di


sotto di livelli di dannosit economicamente accettabili. Lelevato
numero di colture medicinali a ciclo perenne, rispetto a quelle a ciclo
annuale, tende a favorire quelle specie perenni che risultano
caratterizzate da elevata invasivit proprio per lelevato accumulo di
riserve energetiche negli organi vegetativi. Tuttavia, il tallone di
Achille di tale vegetazione costituito dalle lavorazioni del suolo che
tendono ad interrare tali strutture a profondit dalle quali sar
impossibile emergere. Conseguentemente, risulta di cruciale
importanza agronomica sia leffettuazione di profonde arature una
volta ultimate le coltivazioni a ciclo poliennale che alternarle in
avvicendamenti che prevedono il pi possibile la presenza di quelle
colture annuali con un annuale interramento della vegetazione
infestante. Analogamente, il contrasto agronomico delle graminacee,
favorite da elevate frequenze di sfalcio, sono contrastabili con
ladozione di quelle false semine che risultano efficaci soprattutto nei
casi di specie caratterizzate, come solitamente accade in queste specie
monocotiledoni, da semi scarsamente dormienti. In sintesi, la
professionalit richiesta allagronomo operante in colture medicinali
coltivate in biologico necessita di una elevata professionalit in
quanto risulta uno strumento indispensabile per conciliare la
sostenibilit economica delle colture medicinali con la tutela della
relativa qualit.
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69

Le piante da indaco: produzione e controllo di qualit


Angelini L. G., Tozzi S., Nassi o Di Nasso N.
Dip. Agronomia e Gestione dell'Agroecosistema, Pisa.
E-mail: angelini@agr.unipi.it
Riassunto
Prima della scoperta dei coloranti di sintesi dai derivati
dellindustria petrolchimica, tutti i coloranti erano di origine naturale
e molti di essi erano ottenuti dalle piante. Dal Medioevo in poi, la
coltivazione delle piante da indaco naturale, come il guado (Isatis
tinctoria L.), lestrazione del colorante e la tintura divennero un
importante fattore economico in molti paesi europei, tra cui lItalia.
Alla fine del XIX secolo lindaco di sintesi rimpiazz gradualmente il
prodotto di origine naturale nella tintura industriale, in virt dei pi
bassi costi e di una migliore qualit. In seguito al rinnovato e
crescente interesse verso i prodotti di origine naturale, la qualit del
prodotto vegetale, soprattutto in termini di purezza, torna ad essere di
cruciale importanza ai fini delleventuale impiego dellindaco
naturale nella tintura industriale. Per produrre indaco delevata qualit
e con costi di produzione contenuti, anche per una specie come il
guado, coltivata nel passato in diverse regioni italiane, si reso
necessario ammodernare le tecniche di coltivazione e di estrazione del
colorante e definire sistemi di produzione efficienti e sostenibili.
Nellambito di un progetto di ricerca e sviluppo finanziato dalla
Commissione Europea (Sustainable Production of Plant-derived
Indigo Spindigo) sono state studiate tecniche di produzione
sostenibili, dalla produzione agricola allestrazione del colorante e al
suo impiego nella tintura industriale. Questi studi hanno permesso di
migliorare la resa e la qualit della produzione al fine di reintrodurre
le colture da indaco naturale nei sistemi agricoli europei. In questo
lavoro sono riportati i principali risultati ottenuti per Isatis tinctoria L.
e Polygonum tinctorium Ait.

70

Angelini L. G. et al.

Abstract
Prior to the synthesis of dyes from by-products of the
petrochemical industry all colour was derived from natural sources,
including plants. From the Middle Age on, the cultivation of indigo
delivering plants, such as woad (Isatis tinctoria L.), and the further
processing and dying became an important economic factor in
Europe. When, at the end of the 19th century, synthetic indigo replaced
natural indigo for large-scale dyeing, one of the reasons was that the
synthetic product was not only cheaper but was consistently purer.
Now with a renewed and increasing interest in the naturally sourced
product, the purity of natural indigo becomes once again an important
consideration in determining the extent to which the dyeing industry
will actually take up the natural product. In order to produce plant
material with the highest quality and the lowest production costs, a
redefinition of the best management practices is necessary for indigo
delivering crops, such as woad, which, although not new crop for
Europe, was cultivated during Medieval times according to traditional
practices that need updating. Within a European Commission-funded
research and development project (Sustainable Production of Plantderived Indigo - Spindigo), which aims to reintroduce indigo-yielding
crops to European agriculture, sustainable and efficient crop
production and indigo extraction methods, have been studied. The
yield and quality in term of purity have been increased, to meet the
demands of consumers for environmentally sound textiles and to
improve the economic returns. In this paper some results obtained for
woad and dyers knotweed are presented.
Introduzione
Nella tintura tessile con colori naturali, lindaco riveste una
posizione unica essendo il pi importante colorante naturale blu (CI
Vat Blue 1). L indaco naturale si ricava da numerose specie vegetali
molto diversificate sia per caratteristiche botaniche e biologiche che
per areale di origine. Le specie storicamente pi importanti sono il
guado (Isatis tinctoria L.), la persicaria dei tintori (Polygonum

Le piante da indaco

71

tinctorium Ait) e alcune specie appartenenti al genere Indigofera


(Cardon, 2003; Balfour-Paul, 1998).
Il guado stato coltivato in Europa per la produzione di indaco
fino al XVII secolo, dopodich a questo si preferito, per la sua
migliore resa e qualit, lindaco ottenuto da alcune specie di
Indigofera coltivate in India, Africa e altri paesi asiatici (Schmidt,
1997). In Cina e Giappone lindaco prodotto da Polygonum tinctorium
stato utilizzato per millenni per la tintura tradizionale del sukumo
(Torimoto, 1987; Balfour-Paul, 1998). Alla fine del XIX secolo,
lindaco di sintesi sostitu quasi completamente lindaco naturale e gi
nel 1913 la produzione di indaco sintetico aveva superato 33.000 t
(Schweppe, 1993). La produzione annuale dindaco sintetico stimata
a 22.000 t di colorante (Schrott, 2001), su un mercato di 120.000
t/anno di coloranti sintetici prodotti (Essl, 1999; 2000 a,b). Il
principale mercato dellindaco sintetico quello della tintura del filato
di cotone per la produzione del tessuto denim impiegato
principalmente nei jeans (si parla di cifre intorno a 109 paia di jeans
lanno).
Attualmente stiamo assistendo ad un rinnovato interesse per i
coloranti di origine naturale come valida alternativa a quelli di sintesi
nel settore tessile (Angelini, 1999; Gilbert, 2002; Cardon, 2003; Hartl
e Vogl, 2003) oltre che in altri settori come quello della cosmesi,
anche a seguito delle frequenti segnalazioni di tossicit (Anliker et
al.,1988) e di dermatiti allergiche da contatto causate da numerosi
coloranti sintetici (Francalanci et al., 1996).
A partire dagli anni 90, alcuni centri di ricerca hanno studiato la
possibilit di reintrodurre piante da coloranti naturali tra cui anche
quelle da indaco nei sistemi agricoli europei. Questo nuovo interesse
scientifico si basa, non solo sulla necessit di trovare alternative
sostenibili e non-tossiche alle tinture sintetiche, ma anche su un
mercato crescente del tessile naturale ed ecologico e sulla possibilit
di individuare nuove specie in grado di rappresentare unalternativa
economicamente conveniente alle attuali colture, alla luce dei recenti
cambiamenti della politica agricola comunitaria.
A seguito della scomparsa della coltivazione delle piante da indaco
naturale in Europa, le conoscenze relative alle tecniche di
coltivazione e di produzione del colorante sono scarse e la ricerca ha

72

Angelini L. G. et al.

solo recentemente affrontato lo studio dellagrotecnica per migliorare


la resa e la qualit e ridurre i costi della materia prima. Anche per
specie come il guado, coltivato nel passato in diverse regioni italiane,
si reso necessario ammodernare le tecniche di coltivazione e di
estrazione del colorante e definire sistemi di produzione efficienti e
sostenibili, anche al fine di soddisfare le esigenze di un consumatore
attento alla compatibilit ambientale dei prodotti tessili.
Lindaco
Lindaco appartiene al gruppo dei coloranti azotati di tipo alcoloide
indolico. Nelle piante si ritrovano i precursori dellindaco in forma
solubile e completamente incolore. Sono state descritte due strutture:
il glucoside indacano (indossil--D-glucoside) e lestere isatano B
(indossil-3-cheto-glucanato) (Gilbert et al., 2004). Oltre allisatano B
stata evidenziata la presenza di un terzo precursore, lisatano A
(Oberthr et al., 2004 a, b) (Fig. 1).
Lindacano si trova come unico precursore in alcune specie del
genere Indigofera cos come nel Polygonum tinctorium Ait. Il guado
contiene oltre ai precursori sopra citati, un quarto, lisatano C, la cui
struttura, tuttavia, non stata ancora completamente definita
(Maugard et al., 2001).
Nelle piante che contengono queste molecole nel momento in cui si
verifica il danneggiamento delle pareti cellulari, si assiste allidrolisi
enzimatica dei precursori che porta alla liberazione di indossile,
incolore.
Per formare lindaco dai suoi precursori deve essere quindi rotto il
legame glucosidico fra il gruppo indossilico e il glucosio e
successivamente, due molecole di indossile si combinano producendo
una molecola dindaco, di colore blu, insolubile in acqua. Recenti
studi hanno elaborato tecniche analitiche avvalendosi di metodologie
di precisione, come lanalisi HPLC che in combinazione con
particolari detector, in grado di quantificare anche piccole quantit di
composti, come il caso dei precursori dellindaco (Angelini et al.,
2003).

Le piante da indaco

73

Figura 1. Derivati azotati indolici precursori dellindaco.


Lindaco classificato come colorante al tino, cio per potersi
fissare sulla fibra deve essere prima solubilizzato per riduzione in
ambiente alcalino e la fibra da colorare non richiede il trattamento
preliminare con mordenti. Lossidazione (per esempio allaria) della
fibra impregnata del colorante fa in seguito precipitare lindaco stesso
sulla fibra nella forma insolubile blu. Lindaco quindi un colorante
di superficie caratterizzato da unelevata solidit alla luce e al
lavaggio ma da una scarsa solidit allo sfregamento superficiale.
Proprio questa caratteristica ha reso il tessuto denim tinto con indaco
unico e famoso in tutto il mondo (Balfour-Paul,1998).
Le specie da indaco naturale, gli aspetti fitochimici e quelli
agronomici
Le diverse specie da indaco, presentano i precursori ricordati
precedentemente. In particolare, lindacano si ritrova come precursore

74

Angelini L. G. et al.

in specie appartenenti a differenti famiglie botaniche tra cui le


Leguminosae, con il genere Indigofera (I. tinctoria L., I. arrecta
Hochst, I. suffruticosa Miller), le Polygonaceae, con le specie
Polygonum tinctorium Ait (persicaria dei tintori) e Polygonum
indigotica, ed infine le Brassicaceae di cui fa parte Isatis tinctoria L.
Questultima specie caratterizzata soprattutto dalla presenza di
isatani come precursori dellindaco e, in misura minore, dallindacano
(Gilbert et al., 2004; Campeol et al., 2006). Sono ugualmente
utilizzate per la produzione di indaco alcune specie asiatiche
appartenenti alle famiglie delle Apocynaceae (Wrightia tinctoria R.
Braun), delle Acanthaceae (Strobilanthes cusia Nees).
Il guado una specie erbacea biennale appartenente alla famiglia
delle Cruciferae. La parte della pianta di interesse tintorio costituita
dalle foglie che possono essere raccolte pi volte durante il primo
anno. Nelle condizioni ambientali dellItalia centrale sono state
confrontate diverse popolazioni di guado che hanno mostrato
considerevoli differenze morfologiche, fenologiche e produttive
(Stoker, 1997; Gilbert et al., 2002; Angelini, 1997; Tozzi, 2005).
Molti studi sono stati condotti in merito allidentificazione e
quantificazione dei precursori dellindaco in diverse condizioni
ambientali (Maugard et al., 2001; Gilbert et al., 2004; Oberthr et al.,
2004). La produzione di precursori, in particolare di Isatano B,
positivamente influenzata dalle alte temperature e dallelevata
radiazione fotosinteticamente attiva dellareale Mediterraneo rispetto
alle regioni del centro e nord Europa (Gilbert e Cooke, 2001;
AA.VV., 2004; Tozzi et al., 2005). Indagini fitochimiche condotte
recentemente hanno inoltre evidenziato una variabilit dovuta a fattori
genetici nel contenuto dei precursori dellindaco in diverse
popolazioni di Isatis tinctoria le quali hanno presentato differenze
significative nel contenuto di isatano B (da 1 a 2 g kg-1 di foglie
fresche), indacano (0,3 a 0,7 g kg-1 di foglie fresche) oltre che di
produzione di biomassa (da 11 a 22 t di foglie fresche per ettaro in
ciascuna raccolta). Analogamente in unaltra specie appartenente al
genere Isatis, Isatis indigotica Fort., le differenze significative tra le
diverse accessioni si sono osservate nel contenuto di indacano (da 0,3
a 0,6 g kg-1) e nella resa in foglie fresche nelle singole raccolte (da 10
a 20 t ha-1). Questultima specie presenta inoltre in tutte le accessioni

Le piante da indaco

75

contenuti di isatano B pi elevati rispetto al guado (4,9 e 1,5 g kg


rispettivamente) con un rapporto indacano:isatano B di 1:14 contro
1:5 di Isatis tinctoria (Angelini et al., in corso di pubblicazione).
Tra i fattori agronomici studiati, lepoca di semina, che in Italia
centrale pu variare da marzo ad agosto, influenza in maniera
significativa la resa in biomassa e in indaco (Angelini et al., 2005a).
La possibilit di avere colture seminate in epoche diverse in
primavera consente di avere raccolte scalari nel periodo estivo e
pianificando il momento della raccolta, di avere a disposizione in
maniera continua foglie fresche da cui estrarre lindaco (Angelini et
al., 2005a). Lazoto e lacqua costituiscono due importanti input
colturali il cui corretto impiego deve essere definito allinterno di un
itinerario colturale sostenibile. Isatis tinctoria richiede elevati apporti
di fertilizzante azotato al fine di garantire livelli produttivi adeguati
(Tozzi, 2005), tuttavia deve essere attentamente valutata la tipologia
del fertilizzante e la tecnica di distribuzione anche al fine di ridurre i
rischi di lisciviazione dei nitrati. La disponibilit idrica altrettanto
importante per lottenimento di alte rese soprattutto nellambiente
Mediterraneo dove la stagione estiva pu essere caratterizzata da
lunghi periodi di siccit. Prove condotte nel sud della Spagna e in
Italia centrale hanno messo in evidenza la capacit di questa specie di
tollerare condizioni irrigue sub ottimali mantenendo un adeguato
livello produttivo (Sales et al., 2006; Campeol et al., 2006). Inoltre, lo
stress idrico pu innalzare la concentrazione di Isatano B allinterno
delle foglie di guado (Campeol et al., 2006).
La persicaria dei tintori, una pianta erbacea annuale appartenente
alla famiglia delle Polygonaceae, che stata coltivata su larga scala
prima in Cina poi Giappone per la produzione di indaco naturale
impiegato per millenni nella tradizionale tecnica tintoriale chiamata
Aizome (Balfour-Paul, 1998; Cardon, 1990). Lindaco si origina
dallunico precursore indacano (indoxyl -D-glucoside), un glucoside
incolore che rappresenta il maggior metabolita secondario presente nei
vacuoli delle cellule dei tessuti della foglia (Minami, 2001). E stato
mostrato che la particolarit dellestrazione dellindaco da P.
tinctorium consiste nel fatto che nelle foglie viene sintetizzato anche un
enzima, la - glucosidasi, presente nel citoplasma della cellula e che

76

Angelini L. G. et al.

altamente specifica per il legame glucosidico della molecola di


indacano. La rapida idrolisi del precursore quindi mediata
dallenzima che viene estratto insieme al precursore stesso (Minami,
2001; Angelini et al., 2003). La possibilit di introdurre in coltura
questa specie stata affrontata solo recentemente (Angelini et al.,
2004; AA.VV., 2004). In Italia questa specie stata coltivata presso il
Centro Sperimentale del Dipartimento di Agronomia dellUniversit di
Pisa (S. Piero a Grado, 4340N; 1019E ) dove sono state effettuate
una serie di prove in campo per valutare sia variet diverse, che
tecniche e modalit di impianto della coltura e esigenze nutrizionali e
idriche, ed infine tecniche di raccolta in funzione della ottimizzazione
della resa e qualit dellindaco. E stato osservato come i fattori
ambientali, in particolare lintensit luminosa, le condizioni termiche e
la disponibilit di acqua nel suolo svolgano un ruolo cruciale sulla resa
e il contenuto di indacano (Tozzi, 2005; Campeol et al., 2006). Nelle
prove effettuate in Italia centrale la specie si comporta come coltura a
ciclo primaverile estivo con semina in aprile e raccolta da luglio ad
ottobre. La lunghezza del ciclo dalla semina primaverile allultima
raccolta in autunno, compreso da 229-238 giorni dopo che le piante
hanno accumulato circa 2000C (Angelini et al., 2004). La specie ha
mostrato una buona adattabilit alle condizioni pedoclimatiche con rese
di foglie e di indacano superiori del 40% e del 50% rispettivamente a
quelle registrate in Europa centrale da Biertmpfel e Vetter (1999). La
resa relativa alla porzione epigeica fresca pu variare da 82 a 120 t ha-1
in relazione al genotipo e alle condizioni di disponibilit di acqua
durante le diverse stagioni di crescita. La percentuale di foglie fresche
sulla biomassa totale oscilla dal 40 al 45% del peso con un contenuto di
indacano da 11 a 20 g kg-1 di foglia fresca in relazione soprattutto alle
condizioni
ambientali
come
lintensit
della
radiazione
fotosinteticamente attiva (Angelini et al. 2003; AA.VV. 2004; Tozzi,
2005). Nellambiente pedoclimatico della Toscana litoranea la coltura
seminata in primavera richiede un continuo rifornimento idrico durante
lestate, essendo la risposta produttiva fortemente influenzata
dallapporto di acqua. Sono state osservate infatti, riduzioni
significative sia nella produzione di indaco che di biomassa epigeica
passando dalla coltura ottimamente irrigata (alla quale era distribuito
un volume di acqua pari al 100% del reintegro delle perdite per

Le piante da indaco

77

Evapotraspirazione Effettiva, ETE) a quelle con apporti irrigui inferiori


al 40% del reintegro dellETE (Campeol et al., 2006). Per quanto
riguarda il fabbisogno di azoto da parte della coltura questo
abbastanza elevato, anche se mostra oscillazioni ampie in relazione al
livello produttivo, altrettanto variabile il fabbisogno in potassio ed in
fosforo (Tozzi, 2005).
Estrazione dellindaco e controllo di qualit
Gli studi relativi agli aspetti biochimici fino allestrazione su larga
scala dellindaco hanno permesso di indagare le varie fasi
dellestrazione del colorante dalle piante fresche e capire le strategie
migliori per ottimizzare il processo e, quindi, le rese. La ricerca
condotta in questi anni ha tuttavia evidenziato che la resa in indaco da
guado molto inferiore rispetto a quella attesa in base alla
quantificazione teorica in laboratorio dei precursori dellindaco
presenti negli estratti (Angelini et al., 2005b). La fase di estrazione su
scala aziendale necessita di ulteriore ottimizzazione anche al fine d
migliorare la purezza del prodotto finito, purtroppo ancora su livelli
non soddisfacenti.
In natura, quando il tessuto fogliare viene danneggiato e esposto
allaria, i precursori dellindaco vengono idrolizzati da enzimi
specifici, producendo indaco allinterno della foglia. Lindaco non
solubile in acqua, quindi una volta formato nelle foglie in pratica
impossibile estrarlo. E, quindi, necessario estrarre i precursori dai
tessuti fogliari e convertirli successivamente in indaco avendo cura di
eliminare lazione enzimatica, oppure operare in condizioni di
anaerobiosi. Lestrazione dellindaco da entrambe le specie prevede
una serie di fasi che iniziano con limmersione in acqua delle foglie a
una temperatura ottimale, per permettere lestrazione dei precursori.
Lindaco si forma quando lindossile viene rilasciato dai precursori e
la soluzione viene adeguatamente alcalinizzata (generalmente con
Ca(OH)2 o KOH) e ossigenata. Nel guado, la quantit di indaco
ottenibile in corrispondenza di ogni epoca di raccolta varia durante la
stagione intorno ad un valore medio di 1,5 g per kg di foglie fresche,
mentre nel P. tinctorium la resa di indaco pi alta mediamente

78

Angelini L. G. et al.

intorno a 5 g per kg di foglie fresche (AA.VV., 2004). Mettendo in


relazione questi valori con la produzione di biomassa possiamo
concludere che possibile raggiungere quantit stagionali di indaco
teorico superiori a 100 kg ha-1 per il guado e di oltre 200 kg ha-1 per la
persicaria. Tuttavia la resa effettiva lontana da quella determinata
attraverso lanalisi dei precursori o lestrazione chimica dellindaco in
laboratorio, a causa di una serie di perdite durante le trasformazioni
biochimiche dei precursori in indaco (Bechtold et al., 2002; Angelini
et al., 2004; Angelini et al., 2005b).
Purezza dellindaco
Il prodotto sintetico ha rapidamente rimpiazzato il prodotto
naturale pi economico ma soprattutto decisamente pi puro, con
valori di purezza sempre superiori al 90% (Perkin, 1900). La
predominanza delluso del prodotto di sintesi ha fatto s che nel tempo
fosse prestata pochissima attenzione alle fasi chimiche e fisiche che
caratterizzano il processo di estrazione da materiale vegetale,
caratterizzato per sua natura da una purezza pi bassa rispetto al
prodotto ottenuto per sintesi chimica (Stoker et al.,1998; GarciaMacia e John, 2004). Nel corso della sperimentazione condotta
allinterno di un Progetto di ricerca e sviluppo Spindigo
(www.spindigo.net) stato messo a punto un metodo di laboratorio
per analizzare lindaco naturale, tenuto conto della sua scarsa
solubilit oltre che in acqua, in numerosi solventi (Garcia-Macias e
John, 2004; Tozzi, 2005). Nellambito di questa sperimentazione
stato dimostrato che la purezza dellindaco naturale prodotto secondo
il metodo precedentemente descritto, varia notevolmente da appena il
5% a valori intorno al 40% (AA.VV., 2004). Questi valori sono
inferiori rispetto a quelli dellindaco prodotto da Indigofera tinctoria
nel XIX secolo che variavano da 20 al 90% (Perkin, 1900). Pi
recentemente Bechtold e collaboratori (2002) hanno presentato valori
di purezza per lindaco prodotto da Polygonum tinctorium che
variavano da meno del 2% al 9,2% (determinato per via fotometrica).
E stato visto che la maggior parte delle impurit in campioni di
indaco in polvere rappresentata dal suolo la cui presenza pu

Le piante da indaco

79

arrivare fino al 30% in peso del totale quando lindaco puro raggiunge
il 40% (John e Angelini, 2003). Pur essendo il suolo una entit
complessa e variabile, quello che stato dimostrato che esiste una
forte interazione tra il suolo e lindaco, potendo stabilire questultimo
dei legami a ponte di idrogeno con le particelle del suolo. Anche la
struttura cristallina dellindaco (Ssse et al., 1988) e la sua capacit di
creare dei legami chimici con la cellulosa durante la fase di tintura
dimostra la propensione di questa molecola a formare legami ad
idrogeno.
La produzione dellindaco naturale il pi puro possibile, richiesta
da alcuni settori produttivi come quella della cosmesi, risulta quindi
legata alla massima eliminazione di suolo e di altri contaminanti. Oltre
ad un insieme di misure messe in atto per consentire di produrre un
prodotto di elevata qualit con una elevata concentrazione di
precursori e lottimizzazione della tecnica di estrazione (lavaggio,
filtrazione dellestratto, riduzione dei tempi di estrazione in acqua,
ecc.), la possibilit di sviluppare la coltivazione senza suolo, in coltura
idroponica pu rappresentare una via tecnicamente ed
economicamente interessante. Iniziative in questo senso sono state
discusse ed elaborate nellambito del consorzio di ricerca del Progetto
Spindigo su sollecitazione di unazienda inglese (la Hydroponic Herbs
Limited) interessata a proporre lindaco naturale nel settore della
cosmesi.
Conclusioni
La produzione della materia tintoria e lavvio di una filiera
produttiva agro-industriale di indaco naturale interessa tuttavia,
numerose problematiche in parte ancora irrisolte di tipo agronomicoproduttivo (tecnica colturale, stagionalit delle produzioni,
organizzazione aziendale, stoccaggio), ma soprattutto di tipo
tecnologico (disponibilit di impianti di estrazione), di tipo
economico-sociale (costo finale di produzione del colorante,
interventi di sostegno per la realizzazione di impianti di
trasformazione e/o estrazione, formazione degli operatori) ed infine di
tipo ecologico e ambientale (logistica dei trasporti, bilanci agro-

80

Angelini L. G. et al.

ambientali, gestione dei reflui, consumo di acqua e energia). In questo


lavoro vengono riportati i principali risultati dellattivit sperimentale
condotta in Italia dal gruppo di ricerca sui colori naturali operante
presso il Dipartimento di Agronomia e Gestione dellAgroecosistema
di Pisa, nellambito di un percorso che va dallagricoltura sostenibile,
alla produzione di prodotti rinnovabili per lindustria. Lo studio
ancora agli inizi e richiede ulteriori approfondimenti nellambito di
azioni di ricerca e di sviluppo a carattere interdisciplinare al fine di
avviare una filiera sostenibile di produzione di indaco naturale nel
nostro Paese.
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Monoterpeni

85

Monoterpeni: aspetti biochimici, molecolari ed ecologici


Maffei M.E. e Bertea C. M.
Dipartimento di Biologia Vegetale e Centro di Eccellenza
CEBIOVEM, Universit di Torino, Torino
E-mail: massimo.maffei@unito.it
Riassunto
Dal momento che i metaboliti secondari sembrano rappresentare,
sempre pi concretamente, uno strumento fondamentale del
metabolismo per far fronte alle avversit che caratterizzano lambiente
in cui vivono le piante, fondamentale inquadrare i metaboliti
secondari in un contesto metabolico e definirne la loro
dispensabilit o indispensabilit. Oggi sappiamo che molti
metaboliti secondari sono utilizzati nellecosistema come segnali
chimici e quindi possono essere considerati come molecole
dispensabili per la crescita e lo sviluppo ma indispensabili per la
sopravvivenza delle specie. I monoterpeni rappresentano una classe
importante di terpenoidi sia da un punto di vista ecologico che
applicativo; infatti questi sono i costituenti principali, insieme ai
sesquiterpeni, degli oli essenziali, riscontrabili soprattutto nelle
Lamiaceae, Rutaceae, Umbelliferae, Compositae ed in numerose
gimnosperme. Sono composti a basso peso molecolare, e fra le vie
biosintetiche per la formazione di monoterpeni la pi studiata
certamente quella del mentolo.
Abstract
Since secondary metabolites seem to represent a fundamental
metabolic tool to cope with the adversities of the plants living
environment, it is essential to place secondary metabolites in a

86

Maffei M.E. e Bertea C. M.

metabolic contest and to define their dispensability or


indispensability. Today we know that a lot of secondary metabolites
are used in the ecosystem as chemical signals and therefore can by
considers as dispensable for growth and development but
indispensable for the species survival. Monoterpenes represent an
important class of therpenoids from both an ecologic and applicative
point of view; in fact these are the main constituents, with
sesquitherpenes, of essential oils found principally in Lamiaceae,
Rutaceae, Umbelliferae, Compositae and in many gymnosperms. They
are low molecular weight compounds and, among the biosynthetic
paths for monoterpenes formation, the more studied is certainly the
one for menthol.
Introduzione
Oggi pienamente accettata lidea che i metaboliti secondari
rappresentino uno strumento fondamentale del metabolismo per far
fronte alle avversit che caratterizzano lambiente in cui vivono le
piante. Il punto focale sullinquadrare i metaboliti secondari in un
contesto metabolico definirne la loro dispensabilit o
indispensabilit. La dispensabilit di queste molecole nei processi di
crescita e sviluppo ha portato in passato a definirne una funzione di
scarto, detossificazione, accumulo o eccesso di produzione in vie
metaboliche primarie. Oggi sappiamo che molti metaboliti secondari
sono utilizzati nellecosistema come segnali chimici. I metaboliti
secondari possono quindi essere considerati come molecole che sono
dispensabili per la crescita e lo sviluppo ma indispensabili per la
sopravvivenza delle specie. Molte volte la differenza fra metabolismo
primario e secondario si esprime meglio in termini funzionali pi che
strutturali, in quanto lo stesso composto pu avere qualit sia di
metabolita primario sia secondario (Maffei, 1999). La gran vastit di
metaboliti secondari non un fatto casuale, bens il frutto di
unarmoniosa regolazione delle varie vie biogenetiche che sono
perfettamente integrate nel metabolismo primario. Secondo numerosi
autori appare evidente come le piante utilizzino poche vie metaboliche
di base dalle quali divergono uninfinit di varianti che portano alle

Monoterpeni

87

centinaia di migliaia di molecole . Secondo Bulock una delle possibili


spiegazioni dellorigine dei metaboliti secondari pu essere ricercata
proprio nel metabolismo basale (Fig. 1).

Figura 1. Rappresentazione schematica dell'ipotesi di Bu'lock


sullorigine dei metaboliti secondari. P=metabolita primario;
S=metabolita secondario.
Alcuni composti intermedi di una via metabolica primaria possono
accumularsi, per cause metaboliche o sotto la pressione dellambiente.
Laccumulo di un metabolita pu creare seri problemi metabolici alla
catena di montaggio che porta alla produzione del composto finale.
A volte laccumulo di un composto intermedio innesca una reazione di

88

Maffei M.E. e Bertea C. M.

inibizione retroattiva che pu agire su una trasformazione metabolica


a monte o semplicemente il suo accumulo pu essere inibitorio nei
riguardi della reazione che lo precede o che lo ha formato. Cos il
processo metabolico rallenta, o si ferma, causando una serie di
impedimenti che possono ripercuotersi su altre vie metaboliche. Se
per il metabolita primario in eccesso utilizzato da una via
metabolica parallela allora la sua concentrazione diminuisce e
vengono a meno gli impedimenti metabolici sopra descritti, il
metabolismo primario quindi riprende la sua normale attivit. Ma il
problema descritto per il metabolita primario pu ripetersi nelle
reazioni della via metabolica parallela, ecco allora che occorrono
numerose altre vie parallele capaci di drenare gli accumuli
indesiderati (Maffei, 1999). Fra i metaboliti secondari presenti nel
regno vegetale i terpenoidi sono senzaltro fra i composti pi studiati,
oltre ad essere i pi antichi (Lange et al., 2000).
La biosintesi dei terpenoidi basata sulla compartimentazione di
due vie biosintetiche che portano alla produzione del composto base
per la formazione dei terpenoidi, lisopentenildifosfato (IPP). LIPP
formato dalla via mevalonato (MVA)-dipendente e dalla via del
metileritritolo-1-fosfato (MEP). La storia evolutiva degli enzimi
coinvolti in queste due vie e la distribuzione filogenetica dei loro geni
nei vari genomi indica che la via MVA sia attinente agli archeobatteri,
che quella MEP sia attinente agli eubatteri e che gli eucarioti abbiano
ereditato i geni per la biosintesi dellIPP dai procarioti. Secondo questi
presupposti vi sarebbe un collegamento logico nella localizzazione dei
geni per la via MEP, confinati negli eucarioti con plastidi, a causa
della derivazione endosimbiontica di questi organuli dagli ancestori
cianobatterici. Tuttavia la mancanza di omologie fra geni vegetali e
cianobatterici suggerisce che un ruolo importante sia stato svolto da
un trasferimento laterale di geni fra gli eubatteri successivamente
allorigine dei plastidi (Lange e Croteau, 1999). La figura 2 mostra la
compartimentazione che esiste nella cellula vegetale fra le due vie
MVA e MEP.
I monoterpeni rappresentano una classe importante di terpenoidi sia
da un punto di vista ecologico sia applicativo. I monoterpeni sono i
costituenti principali, insieme ai sesquiterpeni, degli oli essenziali,
riscontrabili in numerose famiglie, ma soprattutto nelle Lamiaceae,

Monoterpeni

89

Rutaceae, Umbelliferae, Compositae e in numerose gimnosperme. Si


tratta di composti a basso peso molecolare che sono analizzabili con
tecniche gas-cromatografiche previa estrazione in corrente di vapore, a
seguito di congelamento dei tessuti con azoto liquido o con CO2
supercritica. Fra le vie biosintetiche per la formazione di monoterpeni
la pi studiata certamente quella del mentolo.

Figura 2. Rappresentazione schematica della compartimentazione che


esiste nella cellula vegetale fra la via dell'acido mevalonico (MVA) e
quella del metileritritolo-1-fosfato (MEP) che porta alla sintesi dei
terpenoidi.

90

Maffei M.E. e Bertea C. M.

Questo monoterpene alcool si accumula insieme con altri composti


simili nei tricomi ghiandolari del genere Mentha, ma presente anche
in altre specie come in alcune variet di gerani profumati
(Pelargonium). La biosintesi del mentolo inizia con la ciclizzazione
del GPP per formare lidrocarburo limonene. Sul limonene inserito
un gruppo OH per opera di una monoterpene idrossilasi citocromo P450 dipendente che forma il trans-isopiperitenolo. Lossidazione di
questo composto produce isopiperitenone che ridotto a cisisopulegone. Una isomerasi trasforma il cis-isopulegone in pulegone,
il precursore del mentone, del mentofurano e dellisomentone. La
riduzione del mentone da origine al mentolo. Alternativamente
lisopiperitenone pu dare origine al piperitenone che pu essere
ridotto in piperitone oppure ossidato a piperitenone ossido. Un altro
composto degno di nota il carvone che si forma anchesso per
idrossilazione del limonene. Il primo passaggio consiste nella
formazione di trans-carveolo che successivamente ossidato a
carvone. I gusti della menta sono apprezzati come gusto peppermint
e gusto spearmint. Il primo caratterizzato dalla presenza di
monoterpeni quali mentolo, mentone, mentil acetato e mentofurano,
mentre il gusto spearmint dato prevalentemente dalla presenza di
carvone e di carveolo. La diversa posizione del gruppo OH sul
mentano impartisce un classico gusto ai due monoterpeni pi famosi
del mondo (Maffei, 1999; Gershenzon et al., 1989; Croteau et al.,
1991). La figura 3 mostra i vari monoterpeni sintetizzati nel genere
Mentha.
Le citocromo ossidasi P450 sono state caratterizzate da una
moltitudine di specie vegetali ed animali e sono coinvolte in numerose
vie metaboliche, comprese quelle relative alla produzione di sostanze
volatili come i monoterpeni. Numerosi esempi di monoterpene P450
sono stati descritti, come nel caso della trasformazione del limonene
in trans carveolo (Gershenzon et al., 1989) o del pulegone in
metofurano (Bertea et al., 2001).
Un altro importante esempio la trasformazione P450 dipedente
del limonene nel composto trans isopiperitenolo, il precursore di tutti i
terpenoidi para-mentanici della menta (Fig. 3).
Le citocromo P450 delle piante sono anche coinvolte nella
detossificazione di xenobiotici e nella biosintesi e degradazione di

Monoterpeni

91

composti importanti nelle interazioni pianta-insetto. Sono state


caratterizzate circa 280 citocromo P450, circa 40 con funzione nota e
oltre 190 con funzione ignota; 16 sono in corso di caratterizzazione,
mentre di 24 si conosce solo la sequenza parziale
(http://members.shaw.ca/P450sinPlants/Arabidopsis_Cytochrome_P450s.html).

Figura 3. Trasformazione P450-dipedente del limonane nel composto


trans isopiperitenolo, precursore di tutti i terepnoidi para-mentanici
della menta.
In generale, pi di 30 terpenoide-sintasi vegetali sono state clonate
come cDNA, molti dei quali codificano per enzimi del metabolismo
secondario. Poich lespressione dei geni delle terpene sintasi
altamente sovra-regolata in cellule specializzate come le cellule
secretrici dei tricomi ghiandolari (per esempio nella menta) o limitata
a determinati stadi di sviluppo o durante brevi e transienti periodi di
risposta allattacco di patogeni o erbivori, la maggior parte degli studi
in biologia molecolare si basata sullarricchimento di tessuti vegetali
per permettere un pi efficace isolamento dellmRNA. Bertea, Maffei
e collaboratori hanno dimostrato come lestrazione di tricomi permetta
larricchimento di cellule secretrici per studi di tipo biochimico
(Gershenzon et al., 1989) o biomolecolare (Bertea et al., 2003.; Bertea
et al., 2001; Aharoni et al.; 2004).Per una revisione sulla biologia
molecolare dei terpenoidi si consigliano le seguenti pubblicazioni
(Tholl,. 2006; Hyatt e Croteau, 2005).
La dimostrazione del potere dei monoterpeni nel determinare e
talvolta correggere la collocazione tassonomica stata data da

92

Maffei M.E. e Bertea C. M.

numerosi lavori scientifici. Per esempio la famiglia delle


Pittosporaceae era classificata nel superordine Rosanae, ma un gran
numero di specie appartenenti a questa famiglia contiene oli essenziali
accumulati in canali resiniferi e tasche lisigene. Ci non
riscontrabile nelle altre famiglie collocate nelle Rosanae, ma invece
comune in quelle appartenenti al superordine Aralianae, di cui fanno
parte le famiglie Araliaceae e le Apiaceae (Maffei, 1999).
Nelle gimnosperme i generi pi studiati da un punto di vista
chemotassonomico sono nelle Pinaceae Pinus e Abies, nelle
Cupressaceae Juniperus, Thuja e Cupressus e nelle Taxaceae Taxus.
In particolare nel genere Juniperus i monoterpeni sono
particolarmente utili a livello specifico e subspecifico. Nelle
angiosperme una delle famiglie pi studiate quella delle Lamiaceae,
seguita da quella delle Compositae, dove i monoterpeni si rivelano
utili nella discriminazione a livello specifico di numerose specie.
Sebbene i monoterpeni non siano presenti nelle foglie delle
Leguminosae essi sono abbastanza frequenti nei fiori e fra questi i pi
comuni sono ocimene, mircene, limonene e linalolo, come nel genere
Medicago. Gli iridoidi sono un gruppo di monoterpeni che rivestono
una particolare importanza per studi chemotassonomici. Questi
composti sono tipici di alcune delle principali famiglie fra cui:
Valerianaceae, Dipsacaceae, Rubiaceae, Gentianaceae, Apocynaceae,
Oleaceae, Lamiaceae ed Ericaceae. Questi composti sono limitati ai
superordini
Rutanae,
Rosanae,
Cornanae,
Loasanae,
Gentiananae,Lamianae ed Ericanae, indicando che la capacit di
sintetizzare questi composti si manifestata poche volte nella
filogenesi dei vegetali (Maffei, 1999).
Fra i numerosi esempi di interazione pianta-insetto quello che pi
affascina la produzione di sostanze vegetali che attraggono i
predatori degli insetti che predano le piante, i cosiddetti predatori dei
predatori. Le piante giocano un ruolo fondamentale nel difendersi
dallattacco di erbivori attraendo artropodi carnivori. Si pi volte
notato che il danno subito da una pianta a seguito di attacco di erbivori
provoca la produzione di metaboliti secondari che avvertono i nemici
naturali sul luogo in cui trovare le loro prede (Huang et al., 2005;
Aharoni et al., 2005). Queste molecole sono diverse da quelle prodotte
a seguito di danno meccanico e la capacit del nemico naturale di

Monoterpeni

93

riconoscerle e di identificarne la fonte di emissione determina la sua


efficacia di predatore. Esistono delle differenze qualitative
nellemissione di queste sostanze che fanno si che il predatore possa
distinguerle dal rumore di fondo di tutte le altre sostanze emesse;
tale riconoscimento inoltre specie specifico. evidente quindi che
tale tipo di interazione assume la caratteristica di interazione tritrofica:
pianta-insetto-predatore carnivoro (Bruce et al., 2005). La novit di
questa interazione sta nel fatto che fino a pochi anni fa si riteneva che
le difese chimiche avessero un effetto diretto, in uninterazione di tipo
bitrofico, con linterazione tritrofica le difese delle piante assumono
una nuova connotazione, di tipo indiretto. In termini evoluzionistici
sono state le piante a evolvere la capacit di attrarre i predatori
carnivori o sono stati questi ultimi a specializzarsi nel riconoscere le
molecole emesse dalle piante a seguito dellattacco degli erbivori?
Occorre considerare che le piante normalmente rispondono agli
erbivori producendo sostanze deterrenti, capaci cio di scoraggiare
linsetto dal proseguire a cibarsi del vegetale (Pichersky et al., 2006).
Daltra parte linsetto stesso produce delle sostanze a seguito dellatto
di cibarsi di vegetali. Fortunatamente per le piante le sostanze da loro
prodotte hanno la capacit di diffondere nellambiente pi
velocemente e a distanze maggiori rispetto a quelle prodotte dagli
erbivori. Quindi i predatori carnivori percepiscono prima la molecola
vegetale e quindi, una volta raggiunta la distanza adeguata, quella
prodotto dallerbivoro.
Esistono tre criteri di base perch un meccanismo di tale genere
possa essere attuato: le molecole chimiche prodotte devono essere
percepibili, distinguibili dalle altre e devono stimolare una reazione
nel predatore carnivoro che le percepisce. Per esempio, la femmina del
parassita Cotesia marginiventris non attratta dallodore emesso dalla
larva di Spodoptera exigua che si sta cibando delle foglie di mais, ma
dai composti volatili emessi dalla pianta. La pianta produce terpenoidi
(fra i quali molti monoterpeni come locimene) e composti indolici
che attraggono il parassita carnivoro e il tempo durante il quale la
pianta di mais sotto lattacco dellerbivoro determina il tipo di
sostanza chimica emessa, e quindi la capacit potenziale di attrarre la
Cortesia (Lou e Baldwin, 2006). Dopo unora di attacco i composti
emessi sono molecole volatili derivanti dallazione di enzimi quali la

94

Maffei M.E. e Bertea C. M.

lipossigenasi, acidi grassi, aldeidi e alcooli a basso peso molecolare.


Dopo sei ore invece cominciano ad essere prodotti terpenoidi. Si
dimostrato sperimentalmente che la semplice abrasione o
danneggiamento delle foglie provoca lemissione di molecole volatili
riconducibili a quelle indotte dopo unora di attacco di erbivori
(Maffei, 1999). Queste molecole non hanno alcun effetto attrattivo sui
predatori carnivori, che sono invece attratti dai terpenoidi, prodotti
solo a seguito di attacco prolungato di erbivori. Il passaggio da
situazione di danneggiamento meccanico a induzione alla produzione
di terpenoidi dato dallinterazione della saliva dellerbivoro con i
tessuti danneggiati.
I risultati ottenuti da questi studi indicano chiaramente che i
metaboliti secondari emessi da piante sotto attacco di erbivori servono
per attrarre i predatori carnivori, i nemici naturali degli erbivori. Due
aspetti di questi segnali, la chiarezza e la sincronizzazione dei tempi,
sono in perfetta armonia con la biologia dei predatori. Questo non
vuol dire comunque che la produzione di terpenoidi volatili si sia
evoluta esclusivamente sotto la pressione selettiva delle interazioni
pianta-erbivoro e pianta-predatore carnivoro. opinione comune che
le difese indirette si siano evolute da quelle dirette , il vantaggio finale
di utilizzare la stessa via biosintetica e gli stessi composti per
funzioni multiple, sia di richiamo, sia di controllo diretto del problema
(con produzione di tossine) (Reddy e Guerrero 2004).
Tutte le informazioni che si possono ottenere da queste interazioni
sono impiegabili per aumentare le difese chimiche delle piante
coltivate, tramite un controllo biologico degli agenti infestanti
(Halitschke e Baldwin, 2004). I predatori carnivori possono essere
impiegati nel controllo degli erbivori cos come le piante possono
essere ingegnerizzate per produrre composti volatili di richiamo
aumentando il potere attraente di queste molecole (Baldwin et al.,
2006).
Bibliografia
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97

Estrazione, caratterizzazione e conservazione di estratti


bioattivi da Echinacea angustifolia DC.
Ferracane R., Graziani G., Fogliano V., Gallo M.
Dipartimento di Scienza degli Alimenti, Universit di Napoli
Federico II, Portici, Napoli.
E-mail: mongallo@unina.it
Riassunto
Echinacea una pianta officinale molto nota, usata soprattutto per
ridurre i sintomi e la durata delle malattie da raffreddamento. I
principali composti bioattivi che sono stati isolati da Echinacea
includono polisaccaridi, derivati dellacido caffeico e componenti
lipofilici (alchilammidi). Lo scopo di questo studio stato il confronto
fra due diversi metodi estrattivi (convenzionale ed innovativo con
fluidi supercritici, SFE), la caratterizzazione degli estratti ottenuti e la
loro stabilit nel tempo a 4C. I diversi estratti sono stati analizzati
inoltre per lattivit antiossidante, mediante un saggio
spettrofotometrico (ABTS). In questo lavoro anche riportata
l'identificazione e la caratterizzazione dei composti fenolici e delle
alchilammidi nelle radici di Echinacea angustifolia, mediante
cromatografia liquida accoppiata alla spettrometria di massa tandem
(LC/MS/MS) con ionizzazione electrospray (ESI). I dati ottenuti
dimostrano un maggiore contenuto di metaboliti antiossidanti negli
estratti convenzionali rispetto a quelli supercritici. Questi ultimi
estraggono selettivamente le componenti lipofile. Tutti gli estratti
sono stabili a 4C fino a tre mesi, cosa che facilita la
commercializzazione di prodotti a base di Echinacea.

98

Ferracane R. et al.

Astract
Echinacea is a popular herb used primarily to reduce the symptoms
and duration of colds and flu-like illnesses.
The major active compounds isolated from Echinacea include
polysaccharides, caffeic acid derivatives and alkylamides. The aim of
this study was the comparison of two extractive methods (conventional
and innovative with supercritical fluid, SFE), the chemical
characterization of the extracts and the evaluation of their stability
during storage at 4C. The several extracts have been analyzed also
for the antioxidant activity using ABTS spectrophotometric assay. In
this work the identification and characterization of phenolic
compounds and alkamides in Echinacea angustifolia roots by liquid
chromatography coupled to mass spectrometry in tandem mode
(LC/MS/MS) with electrospray ionization (ESI) was also reported.
Results show that conventional extracts are richer in antioxidant
metabolites than SFE extracts, which selectively contain the lipophilic
components. All extracts are quite stable during storage at 4C for
three months, an interesting feature for the commercialization of
Echianacea based products.
Introduzione
L'Echinacea appartiene alla famiglia delle Asteracee. Esistono
diverse specie del genere Echinacea, le pi importanti sono:
l'Echinacea purpurea, la angustifolia e la pallida. LEchinacea
angustifolia una delle tre specie di Echinacea disponibile
commercialmente ed ha un alto valore di mercato (Li, 1999; Davies,
1999); infatti, alla angustifolia viene in genere riconosciuto un pi alto
valore terapeutico, ma non esistono dati clinici a sostegno della sua
presunta superiorit (Pepping, 1999). Evidenze provenienti da studi
clinici, condotti su una popolazione ridotta di pazienti, suggeriscono
che il trattamento con Echinacea pu essere efficace nel trattamento
precoce delle infezioni acute delle alte vie respiratorie (Barrett et al.,
1999). I principali metaboliti bioattivi presenti nelle diverse specie di
Echinacea sono composti polifenolici (acido caffeico, acido

Estratti bioattivi di Echinacea angustifolia

99

clorogenico, acido caftarico, echinacoside, acido cicorico, cinarina,


naringenina), le alchilammidi (composti lipofili ad azione
immunostimolate) (Bauer e Wagner, 1991) e polisaccaridi ad alto peso
molecolare (arabinogalattani, fruttani e eteroxilani). Diversi studi
hanno riportato lanalisi di alchilammidi nellEchinacea (Lienert et al.,
1998, Pietta et al., 1998). Lobiettivo dello studio stato il confronto
di differenti tecniche estrattive (tradizionali ed innovative), la
caratterizzazione chimica degli estratti ottenuti, la valutazione della
loro attivit antiossidante e la valutazione della stabilit nel tempo. Lo
studio ha previsto una caratterizzazione mediante spettrometria di
massa tandem (LC/MS/MS) allo scopo di individuare tutti i metaboliti
di interesse descritti in letteratura e di caratterizzare eventuali
metaboliti non ancora identificati.
Materiali e metodi
Materiali
I reagenti ed i solventi sono stati acquistati dalla Merck (Germania)
e sono di grado analitico o HPLC. Le radici essiccate di Echinacea
angustifolia sono state fornite da ERBA VITA s.a. Chiesanuova,
Repubblica di San Marino. Gli standards usati per identificare i
composti antiossidanti di Echinacea sono stati acquistati dalla Sigma
(MI, Italia).
Estrazione
Estrazione convenzionale dei campioni
3 g di radici liofilizzate sono stati estratti con tre diverse soluzioni
di 30 mL di metanolo, metanolo/acqua (70:30 v/v) e metanolo/acqua
(70:30 v/v) acidificata con acido formico allo 0.1%. I tre campioni
sono stati sonicati a temperatura ambiente per 30 minuti, centrifugati a
4000 rpm, a 4C, filtrati con filtro di carta Whatman (Inghilterra) e
quindi analizzati allo spettrometro di massa.

100

Ferracane R. et al.

Estrazione dei campioni con metodo supercritico


Lestrazione supercritica stata eseguita utilizzando un sistema
Spe-ed SFE, modello 7020 / 690 bar Applied Separations, Allentown,
PA, USA. 6 g di matrice vegetale sono stati estratti in un vessel di
acciaio con un volume di 10 mL. Lestrazione stata effettuata in tre
differenti condizioni come riportato nello Schema 1 (Li Sun et al.,
2002). In tutti gli esperimenti le valvole micrometriche sono state
mantenute a temperatura di 65C e il flusso del fluido supercritico
stato fissato a 1 L/min di gas.

SFE I
Condizioni di estrazione
Vessel: 10 mL
Campione 6 g
Temperatura: 45C
Flusso CO2: 1L/min (gas)
Pressione: 90 bar
Estrazione statica: 30 min
Estrazione dinamica: 120 min

Schema 1

SFE II
Condizioni di estrazione
Vessel: 10 mL
Campione 6 g
Temperatura: 45C
Flusso CO2: 1L/min (gas)
Pressione: 200 bar
Estrazione statica: 30 min
Estrazione dinamica: 120 min

SFE III
Condizioni di estrazione
Vessel: 10 mL
Campione 6 g
Temperatura: 45C
Flusso CO2: 1L/min (gas)
Pressione: 200 bar
Co-solvente: 5% metanolo
Estrazione statica: 30 min
Estrazione dinamica: 120 min

Prove di stabilit degli estratti


Tutti i diversi tipi si estratti sono stati portati a secco e conservati a
4C per diversi tempi: 7 giorni (T1), 30 giorni (T2) e 90 giorni (T3) e
successivamente analizzati sia per la caratterizzazione chimica che per
la misura dellattivit antiossidante.

Estratti bioattivi di Echinacea angustifolia

101

Determinazione dellattivit antiossidante


La misura dellattivit antiossidante dei diversi estratti stata
valutata con un metodo spettrofotometrico basato sulla decolorazione
di una soluzione contenente il catione radicalico ABTS+ (acido 2,2azinobis(3-etilbenzotiazolin-6-solfonico)) ad opera dei principi
antiossidanti riducenti utilizzando uno spettrofotometro UV/VIS
Perkin Elmer Lambda 10. Lattivit antiossidante sar espressa in
mmol equivalenti di Trolox. (Pellegrini et al., 2003)
Analisi LC/MS/MS
La separazione cromatografica stata ottenuta usando un
apparecchio equipaggiato con due micropompe Serie 200 (Perkin
Elmer, Canada), un rivelatore UV/VIS Serie 200 (Perkin Elmer,
Shellton, USA) e una colonna Prodigy ODS3 100 , 250x4.6 mm, 5
m (Phenomenex, CA, USA). Per lanalisi della componente
polifenolica gli eluenti utilizzati sono stati: A acqua 0.2% acido
formico; B CH3CN/MeOH (60:40 v/v). Il gradiente era il seguente:
20-30% B (6 min), 30-40% B (10 min), 40-50% B (5 min), 50-90% B
(11 min) per poi tornare in 3 minuti alle condizioni iniziali, ad un
flusso costante di 0.8 mL/min. Lanalisi stata eseguita ad una
lunghezza donda di 280 nm. Il volume di iniezione era di 20 L. I
composti fenolici sono stati quantificati utilizzando una retta di
calibrazione costruita nelle stesse condizioni con lacido clorogenico
nel range di concentrazioni 0,1-10 ppm. Le alchilammidi sono state
analizzate utilizzando la stessa colonna cromatografica termostatata a
30C ed eluite con acqua-0,1% acido formico (fase A) e acetonitrile0,1% acido formico (fase B). Il gradiente di eulizione stato il
seguente: 10-19% B (9 min), 19-45% B (2 min), 45-80% B (29 min),
80-100% B (2 min) per poi tornare in 3 minuti alle condizioni iniziali,
ad un flusso costante di 1 mL/min e ad una lunghezza donda di 254
nm. Le analisi di spettrometria di massa sono state eseguite
utilizzando uno spettrometro di massa API 3000 triplo quadrupolo
(Applied Biosystems, Canada) equipaggiato con una sorgente
TurboIonspray. Le analisi della componente fenolica sono state
eseguite in modalit degli ioni negativi in MRM (multiple reaction

102

Ferracane R. et al.

monitoring) ad una temperatura di 400C. Le analisi delle


alchilammidi sono state eseguite nella modalit degli ioni positivi in
(scansione nellintervallo) 200-800 uma, ad una temperatura di 103 C
(Xu-Biao Luo et al., 2003).
Risultati e discussione
In letteratura sono riportati numerosi lavori sullestrazione dei
metaboliti bioattivi di Echinacea attraverso metodiche convenzionali
mediante Soxhlet o macerazione con diversi solventi o miscele
idroalcoliche (Bauer et al.., 1989; Bergeron et al., 2000; Stuart e
Willis, 2000). Lestrazione in fase supercritica largamente impiegata
nellestrazione di principi bioattivi lipofili a scopo farmaceutico,
tuttavia poco esplorata per i metaboliti di Echinacea (Sun et al.,
2002). Lestrazione con fluidi supercritici presenta notevoli vantaggi
nellestrazione di composti naturali a partire da materiale vegetale. La
CO2 in fase supercritica, in particolare, non infiammabile, non
tossica, ha un basso costo, pu essere facilmente rimossa dallestratto
attraverso decompressione e consente di ottenere estratti pi selettivi.
A tali vantaggi va aggiunto anche che la temperatura critica della CO2
relativamente bassa e di conseguenza irrilevante anche la
decomposizione termica dei metaboliti bioattivi in fase estrattiva
(Scalia et al., 1999). Nella tabella 1 sono riportate le rese totali per i
differenti tipi di estratto.
Tabella 1. resa dei differenti tipi di estratto
Estratto
Metanolo
Metanolo/acqua (70:30)
Metanolo/acqua (70:30) 0,1% ac. formico
SFE I
SFE II
SFE III

Resa
6.6%
15.9%
19.0%
0.40%
0.25%
0.45%

Estratti bioattivi di Echinacea angustifolia

103

Dai dati riportati si osserva che si ottiene una resa molto maggiore
con lestrazione convenzionale ed in particolare con una soluzione
idroalcolica metanolo/acqua (70:30, v/v) acidificata allo 0,1% con
acido formico.
I composti polifenolici sono stati identificati in base al loro peso
molecolare, al pattern di frammentazione e al confronto del loro tempo
di ritenzione (tR) e spettro UV con quello degli standards. Nella
tabella 2 sono riportati i composti polifenolici identificati, il tR, il peso
molecolare e la frammentazione ottenuta.
Tabella 2. Composti fenolici identificati mediante spettrometria di
massa
Composto
Caffeil diexoside
Acido clorogenico
Echinacoside
Acido caffeico
Luteolina-glicosil
glucoronide
Cinarina
Acido cicorico

Tempo di
ritenzione (min)
6.19
7.13
8.03
9.11
11.38

[MH]m/z
503
353
7868
179
623

Frammenti
MS/MS m/z
341; 179
191
623
135
461

13.87-15.65
13.73

515
473

353; 191
311; 293;149

I composti a tR 6,19 min e 11,38 min, in base al peso molecolare


ed al pattern di frammentazione potrebbero essere identificati come
caffeil diexoside e luteolina-glicosil glucoronide rispettivamente, pur
non essendo in possesso degli standards. I dati ottenuti indicano la
presenza di composti gi noti per lEchinacea angustifolia quali
echinacoside, acido cicorico, cinarina, acido clorogenico e la presenza
di composti non ancora riportati quali caffeil diexoside, acido caffeico
e luteolina-glicosil glucoronide (Pellati et al., 2004).
Analogamente nella tabella 3 sono riportate le alchilammidi
identificate ed alcuni composti (NI = non identificati) il cui

104

Ferracane R. et al.

assorbimento UV a 254 nm e la ionizzazione sono tipiche delle


alchilammidi, ma il peso molecolare non corrisponde ad alchilammidi
gi riportate in letteratura (Sun et al., 2002; Luo et al., 2003).
Tabella 3. Alchilammidi identificate mediante spettrometria di massa
Picco

tR

m/z
[MH]+

m/z
[MNa]+

Composto

22.07

230

252

undeca-2E,4Z-diene8,10-dynioc acid
isobutilamide o undeca2Z,4E-diene-8,10- dynioc
acid isobutilamide

23.84

231

253

N.I.

24.23

233

255

undeca-2Z-en -8,10dynioc acid isobutilamide

24.23

244

266

dodeca-2Z,4E-diene8,10-diynoic acid
isobutilamide

24.9

237

259

N.I.

27.03

248

260

dodeca-2E,4E,8Z,10Ztetraenoic acid
isobutilamide

27.25

239

261

N.I.

29.33

286

308

N.I.

31.9 e
32.11

241

263

N.I.

Nelle figure 1 e 2 sono riportati rispettivamente i cromatogrammi


TIC e UV della componente polifenolica e delle alchilammidi di un
estratto convenzionale di radici di Echinacea angustifolia.

105

Estratti bioattivi di Echinacea angustifolia

Figura 1. Cromatogramma TIC ed UV a 280 nm della frazione


polifenolica di un estratto MeOH/H2O di Echinacea angustifolia

C +D
B

F G

Figura 2. Cromatogramma TIC ed UV a 254 nm delle alchilammidi


presenti in un estratto MeOH/H2O di Echinacea angustifolia

106

Ferracane R. et al.

Nella tabella 4 riportata la capacit estrattiva dei vari metodi


utilizzati per i composti polifenolici, espressa come % di metabolita
estratto, attribuendo il 100% al valore pi elevato. I composti fenolici
sono stati quantificati utilizzando la retta di taratura dellacido
clorogenico.
I risultati riportati in tabella dimostrano una migliore efficienza
estrattiva della soluzione idroalcolica acidificata per tutti i derivati
dellacido caffeico a causa della polarit e della natura acida di questi
composti. In tabella 4 sono riportati solo i dati relativi allestratto SFE
III in quanto in SFE I ed in SFE II non sono presenti composti
fenolici.
Tabella 4. Capacit estrattiva dei composti polifenolici dei diversi
metodi utilizzati espressa in %
Estratto
Metanolo MeOH/H2O MeOH/H2O
acidificato

SFE
III

Ac. caffeico

66.64

96.36

100

61.64

Ac. cicorico

31.91

75.31

100

13.34

Cinarina

73.72

100

93.02

64.30

Ac. clorogenico

48.13

97.42

100

18.78

Caffeil-diexoside

99.11

99.70

100

98.52

Echinacoside

40.50

87.00

100

14.88

Luteolina glicosilglucoronide

97.87

100

98.84

96.32

Nella tabella 5 riportata la capacit estrattiva dei vari metodi per


le alchilammidi. In questo caso non essendo in possesso degli
standards sono state confrontate le aree ottenute per ciascun composto
nei vari metodi. I dati riportati in tabella 5 indicano che le
alchilammidi risultano estratte con una maggiore efficienza

107

Estratti bioattivi di Echinacea angustifolia

utilizzando una soluzione metanolica data la loro natura lipofila.


Confrontando la tabella 4 e la tabella 5 si osserva che lestrazione
supercritica risulta essere maggiormente selettiva in quanto gli estratti
SFE I e SFE II contengono le alchilammidi ma non i polifenoli.
Gli estratti ottenuti sono stati analizzati anche per valutare la loro
capacit antiossidante. Come descritto nella sezione dei materiali e
metodi si valutata la capacit riducente delle molecole antiossidanti
presenti, attraverso la misura della decolorazione di una soluzione di
cromogeno radicalico.
Tabella 5. Capacit estrattiva delle alchilammidi dei diversi metodi
utilizzati espressa in %.
Estratto

picco picco picco picco picco picco picco picco


A
B
C+D
E
F
G
H
I

SFE III

9.5

8.7

10.8

16.4

4.2

21.5

13.5

13.7

SFE II

8.6

5.9

11.3

8.0

11.0

7.3

14.2

7.8

SFE I

26.6

17.9

16.0

34.7

7.2

19.9

15.8

27.3

Metanolo

100

100

100

100

100

100

100

83.0

MeOH/H2O
acidificato

69.3

56.6

34.5

67.9

34.0

83.0

65.2

MeOH/H2O

90.6

84.5

76.4

82.0

97.0

97.0

85.0

90.0
100

Lattivit antiossidante stata espressa come moli trolox per 100


grammi di prodotto (Tab. 6). Dai dati ottenuti emerge una notevole
attivit antiossidante degli estratti convenzionali, in particolare della
soluzione idroalcolica non acidificata. Questo dato probabilmente
dovuto al maggiore contenuto in alchilammidi dellestratto
idroalcolico non acidificato rispetto a quello acidificato. Il potere
antiossidante degli estratti convenzionali confrontabile con quello di
alcune matrici vegetali (cavolo, carciofo, pomodoro) riportato in
letteratura da Pellegrini et al. (2003).

108

Ferracane R. et al.

Le prove di conservazione sono state effettuate sui diversi tipi di


estratti essiccati e conservati a 4C per diversi tempi, come descritto
nella sezione dei materiali e metodi. I risultati ottenuti, dimostrano che
la componente bioattiva (polifenoli ed alchilammidi) dei diversi
estratti di Echinacea non subisce sostanziali modificazioni durante il
periodo di conservazione considerato.
La deviazione standard stata calcolata su valori ottenuti da tre
analisi (n=3) mediante analisi statistica effettuata con SPSS
(ANOVA); non sono state riscontrate differenze statisticamente
significative.
Tabella 6. Attivit antiossidante dei diversi tipi di estratti.
Tipo di estratto
MeOH
MeOH/H2O (70:30)
MeOH/H2O (70:30) 0,1% ac.formico
SFE I
SFE II
SFE III

moli trolox/100g
93.791
108.592
69.403
0.277
0.248
0.395

Conclusioni
I risultati del seguente studio hanno permesso una caratterizzazione
mediante spettrometria di massa tandem (LC/MS/MS) di tutti i
metaboliti di interesse descritti in letteratura e lindividuazione di
metaboliti non ancora identificati.
Il confronto fra lestrazione di radici di Echinacea angustifolia con
due metodi diversi (convenzionale e con fluidi supercritici), ha
permesso di concludere che lestrazione convenzionale ed in
particolare quella con soluzione idroalcolica metanolo/acqua (70:30,
v/v) acidificata, presenta una resa maggiore, rispetto allestrazione
supercritica. Tuttavia le alchilammidi essendo di natura lipofila sono

Estratti bioattivi di Echinacea angustifolia

109

estratte con maggiore efficienza utilizzando una soluzione metanolica.


Lanalisi dei dati dellattivit antiossidante dei vari estratti mostra una
capacit antiossidante maggiore per gli estratti con soluzione
idroalcolica non acidificata a causa della maggiore presenza di
alchilammidi rispetto allestratto acidificato. Infine, dalle prove di
conservazione, effettuate sui diversi tipi di estratti, emerge che la
componente bioattiva (polifenoli ed alchilammidi) non subisce
sostanziali modificazioni. Questa osservazione particolarmente
interessante per la commercializzazione di prodotti a base di
Echinacea che effettivamente possono avere una vita di scaffale
relativamente lunga.
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110

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mass spectrometry. J. Chromatogr. A, 986: 73-81.

111

Caratterizzazione chimica e determinazione dellattivit


antiossidante degli estratti polifenolici di bardana
(Arctium lappa L.).
Graziani G., Ferracane R., Gallo M., Ritieni A., Fogliano V.
Dipartimento di scienza degli alimenti, Universit degli Studi di
Napoli Federico II, Portici, Napoli.
E-mail: giulia.graziani@unina2.it
Riassunto
Flavonoidi, acidi fenolici e lignani sono stati estratti dalle radici,
dai semi e dalle foglie di bardana e caratterizzati mediante
cromatografia liquida accoppiata ad uno spettrometro di massa tandem
(LC/MS/MS) nella modalit degli ioni negativi. I composti
predominanti degli estratti di bardana sono derivati dellacido
caffeilchinico e larctina, tuttavia sono stati individuati anche lignani
(arctigenina, matairesinolo, arctignano E, lappaoli) e flavonoidi. Lo
studio condotto ha consentito di ottenere il profilo metabolico ed il
potere antiossidante delle diverse parti della pianta di bardana.
Abstract
Flavonoids, phenolic acids and lignans were extracted from
burdock (Arctium lappa) roots, seeds and leaves and characterized by
liquid chromatography coupled to ionspray mass spectrometry in
tandem mode (LC/MS/MS) in negative mode. The predominant
compounds of burdock extracts were caffeoylquinic acid derivatives
and arctiin, furthermore several lignans (arctigenin, matairesinol,
arctignan E, lappaols) and flavonoids were distinguished. Our
experiment allowed to obtain the metabolic profile and antioxidant
activity of different parts of burdock.

112

Nutricati E. et al.

Introduzione
Eampiamente riportato nella letteratura scientifica internazionale
che la bardana (Arctium lappa), pianta asteracea molto diffusa e
conosciuta soprattutto nella tradizione della medicina cinese, possiede
innumerevoli effetti benefici. A parte gli effetti positivi riportati nei
confronti dei disturbi cutanei, nella cura della gotta e nello stimolo
delle difese del corpo umano riportato per questa pianta un effetto
depurativo collegato al fatto di avere propriet diuretica e di essere un
valido stimolatore della funzionalit biliare ed epatica, attivit alle
quali
affianca
un'interessante
azione
ipoglicemizzante,
ipocolesterolemizzante (Spignoli et al, 1999). Diversi studi in vitro
hanno dimostrato un effetto antinfiammatorio, antiossidante ed
epatoprotettivo nei confronti di molti agenti tossici (Lin et al,. 1996).
I componenti del fitocomplesso responsabili di tali attivit sono
rappresentati dagli acidi caffeilchinici, composti polifenolici quali
lacido clorogenico, lacido caffeico, lacido isoclorogenico e dai
lignani quali daucosterolo, arctigenina, arctiina, matairesinolo e
lappaoli. E importante sottolineare che anche per gli acidi
caffeilchinici, presenti in misura significativa nella bardana, stata
descritta una potente attivit nei confronti di molti agenti epatotossici.
Gli estratti metanolici provenienti dai semi hanno dimostrato
propriet antitumorali nei confronti di cellule cancerogene della
prostata, mentre larctina estratta dai semi ha dimostrato effetti
protettivi nei confronti della carcinogenesi indotta in cellule
mammarie, pancreatiche, intestinali in esperimenti condotti in vivo su
femmine di ratti (Hirose et al, 2000).
Nelle foglie i principali costituenti bioattivi sono rappresenati
dallarctina, dallarctigenina e dallonopordopicrina, non sono presenti
in letteratura studi capaci di evidenziare gli effetti degli estratti
ottenuti a partire da foglie (Liu et al,.2005). Diversi studi riportano
che le radici di bardana posseggono svariate attivit farmaceutiche che
includono lattivit antibatterica, antimutagena, antiossidante,
epatoprotettiva ed antinfiammatoria tutte riconducibili allazione
radical scavenger dei principali costituenti bioattivi (Lin et al. 1996,
Maruta et al.1995).

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia

113

Materiali e metodi
Reagenti
Tutti i solventi e i reattivi sono stati acquistati dalla Merck
(Germania) ed hanno una purezza grado HPLC. Le radici, le foglie ed
i semi di bardana provengono da agricoltura biologica. Essi
provengono, in particolare da BIOPLANTA (MT, Italy), Rocca dei
Fiori (BO, Italy) e dallazienda agricola Campovioletto (MI, Italy).
Gli standard utilizzati per lidentificazione dei composti antiossidanti
della bardana: acido caffeico, acido clorogenico, quercetina, luteolina,
quercetina-ramnoglucoside (rutina), luteolina glucoside, quercetina
ramnoside (quercitrina), quercetina glucoside sono stati acquistati alla
Sigma. Lacido dicaffeilchinico (cinarina) e lacido dicaffeiltartarico
(cicorico) sono stati acquistati alla ChromaDex (Laguna Hills, CA,
USA). Tutti gli standard di lignani (arctiina, arctigenina, lappaolo A,
lappaolo C, arctignano E e matairesinolo) sono stati purificati dagli
estratti di semi di bardana attraverso lutilizzo di un HPLC-UV/VIS
alla lunghezza donda di 280 nm con le stesse condizioni
cromatografiche descritte nella sezione LC/MS/MS. Le frazioni dei
diversi composti sono state raccolte dallHPLC, liofilizzate,
successivamente risospese in metanolo ed utilizzate per le analisi
LC/MS/MS.
Estrazione dei campioni
3g di materiale vegetale essiccato ( radici, foglie e semi) sono state
estratte con 30 mL di una miscela metanolo/acqua (70:30 v/v) in un
bagnetto ad ultrasuoni per 30 minuti a temperatura ambiente. Le
miscele sono state successivamente centrifugate a 4000 rpm, filtrate
con un filtro di carta Whatman (Inghilterra) e quindi utilizzati per le
analisi LC/MS/MS.
Analisi LC/MS/MS
Le separazioni cromatografiche sono state ottenute utilizzando un
HPLC equipaggiato con due micropompe serie 200 (Perkin Elmer,

114

Nutricati E. et al.

Canada), un rivelatore UV/VIS serie 200 (Perkin Elmer, Shellton,


USA) settato a 280nm ed una colonna Prodigy ODS3 100 (250x4.6
mm, particle size 5 m) (Phenomenex, CA, USA). Le fasi eluenti
erano costituite da : A acqua 0.2% acido formico; B CH3CN/MeOH
(60:40 v/v). Il gradiente utilizzato era il seguente: 20-30% B (6 min),
30-40% B (10 min), 40-50% B (8 min), 50-90% B (8 min), 90-90% B
(3 min), 90-20% B (3 min) ad un flusso costante di 0.8 mL/min. Un
flusso di 0.2 mL/min veniva mandato nello spettrometro di massa. Il
volume di iniezione era di 20 L. Le analisi MS and MS/MS degli
estratti di bardana sono state eseguite con uno spettrometro di massa
API 3000 triplo quadrupolo (Applied Biosystems, Canada)
equipaggiato con una sorgente TurboIonspray. Lacquisizione stata
effettuata nella modalit degli ioni negativi in MRM (multiple
reaction monitoring).
Misura dellattivit antiossidante
Per la misura dellattivit antiossidante stato utilizzato un metodo
riportato in letteratura (Pellegrini et al., 2003). Tale metodo si basa
sullutilizzo del cromogeno 2,2-azinobis(3-etilbenzotiazolin-6solfonato) che produce nella forma radicalica un assorbimento tipico a
734 nm. Lattivit antiossidante valutata come riduzione
dellassorbanza a 734 nm del catione radicalico dellABTS in
presenza di molecole pi affini per lelettrone singoletto, ovvero di
antiossidanti. Lattivit antiossidante degli estratti stata espressa
come mmoli di trolox/100 g di campione utilizzando una retta di
calibrazione costruita con il trolox (antiossidante lipofilo di
riferimento).
Risultati e discussione
I dati presenti in letteratura riportano che gli estratti di semi di
bardana sono particolarmente ricchi di lignani, un gruppo di metaboliti
bioattivi formati dalla condensazione enzimatica di due o pi unit
fenilpropaniche. Poich i lignani standard sono scarsamente
disponibili in commercio sono stati purificati da un estratto di semi

115

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia

mediante un sistema HPLC impiegando le condizioni cromatografiche


riportate nella sezione dei materiali e metodi. I lignani sono stati
identificati in base al loro spettro UV ed al peso molecolare. Gli altri
composti fitochimici, commercialmente disponibili, come lacido
clorogenico, la cinarina, lacido caffeico, la luteolina, e la quercetina
sono stati identificati in base al loro peso molecolare, al pattern di
frammentazione, al tempo di ritenzione ed allo spettro UV in
riferimento agli standard. Dopo la purificazione, i lignani standard
sono stati risospesi in metanolo ed infusi direttamente in sorgente per
ottenere spettri MS/MS con i pattern di frammentazione caratteristici,
utilizzati successivamente nellacquisizione MRM. Questo dato risulta
particolarmente innovativo in quanto in letteratura non sono riportati
esperimenti di spettrometria di massa tandem su questi lignani.
Nelle figure 1, 2 e 3 sono riportati i cromatogrammi TIC ed UV
(=280 nm) relativi agli estratti idroalcolici di semi, foglie e radici di
bardana.

Acido
clorogenico

cinarina
Acido
caffeico

arctina
Lappaolo C

matairesinolo
Lappaolo A

Arctinano E

Lappaolo F
arctigenina

Figura 1. Cromatogrammi TIC/UV degli estratti di semi di bardana.

116

Nutricati E. et al.

Acido
clorogenico

cinarina
Acido
caffeico

quercetina ramnoside
arctina

quercetina e
luteolina

Figura 2. Cromatogrammi TIC/UV degli estratti di radici di bardana.

Acido
clorogenic

Acido
caffeico

rutina
cinarin

quercitri

quercetina e
luteolina

Figura 3. Cromatogrammi TIC/UV degli estratti di foglie di bardana.


Come si evince dai cromatogrammi gli estratti di semi sono quelli
pi ricchi in lignani infatti possibile notare la presenza di arctina e
del suo aglicone arctigenina, dei lappaoli (A, C, F), dellarctignano E
e del matairesinolo.

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia

117

Lestratto di semi risulta essere anche particolarmente ricco di acidi


dicaffeilchinici (acido clorogenico, caffeico, cinarina) e tracce di
flavonoidi (quercetina e luteolina). Nellestratto delle radici in accordo
con quanto riportato in letteratura (Maruta et al., 1995) sono presenti
derivati dellacido caffeilchinico (acido clorogenico, acido caffeico e
cinarina) ma anche flavonoidi semplici e glicosilati (quercetina,
quercetina ramnoside e luteolina) non ancora descritti. Nellestratto
idroalcolico delle foglie sono presenti piccole quantit di aretina come
gi descritto in letteratura (Liu et al., 2005); sono stati identificati altri
composti non riportati in letteratura come acido caffeico, acido
clorogenico, cinarina, rutina, quercitrina, quercetina e luteolina. Gli
estratti ottenuti caratterizzati mediante analisi LC/MS/MS sono stati
analizzati anche per valutare lattivit antiossidante. A tal fine stato
utilizzato un metodo spettrofotometrico (Pellegrini et al., 2003) che si
basa sulla decolorazione di una soluzione contenente un catione
radicalico ad opera dellazione riducente degli antiossidanti. Nella
tabella 1 riportata espressa come mmoli trolox/100 g di matrice
secca. Lattivit antiossidante dellestratto dei semi di gran lunga
superiore rispetto a quella delle radici mentre risulta essere circa tripla
rispetto a quella delle foglie. Da tale dato si pu dedurre che lelevata
attivit antiossidante dellestratto dei semi da attribuire alla
componente lignanica di cui i semi sono particolarmente ricchi.
Tabella 1. Attivit antiossidante in diversi organi di bardana
Campione
Radici
Semi
Foglie

Attivit antiossidante (mmoli trolox/100g)


0.00163
0.06739
0.02894

Conclusioni
Lo studio condotto ha consentito di ottenere una caratterizzazione
LC/MS/MS dei metaboliti bioattivi delle diverse parti (radici, foglie e
semi) delle piante di bardana. Le indagini allo spettrometro di massa

118

Nutricati E. et al.

hanno fornito informazioni utili riguardanti le frammentazioni dei


lignani non ancora descritte in letteratura in quanto sono riportati solo
spettri ESI-MS dellarctina e dellarctigenina (Liu et al., 2005). I
cromatogrammi TIC-UV relativi ai diversi estratti dimostrano che gli
estratti provenienti dai semi risultano essere quelli pi ricchi in lignani
i quali sono responsabili della notevole attivit antiossidante di questi
estratti.
Bibliografia
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noti fitoterapici. Aboca, Poligraf, Sansepolcro (Ar)
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119

Caratterizzazione di alcuni geni chiave per la produzione di


metaboliti secondari in Passiflora incarnata ed Echinacea
angustifolia
Nutricati E, Panzanaro S, De Bellis L.
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali,
Universit degli Studi di Lecce, Monteroni, Lecce
E-mail: eliana.nutricati@unile.it
Riassunto
Lenzima fenilalanina ammonio liasi (PAL; E.C. 4.3.1.5)
lenzima che correla il metabolismo primario al metabolismo
secondario dei fenilpropanoidi nelle piante (Hahlbrock e Scheel,
1989). PAL catalizza leliminazione non ossidativi di ammonio
dallaminoacido L-Phe dando origine allacido transcinnamico, un
precursore di numerosi composti fenilpropanoidi che svolgono diverse
funzioni come supporto meccanico (lignine) (Whetten e Sederoff,
1995), come protettivo contro stress biotici e abiotici (Dixon e Paiva,
1995), come pigmenti quali le antocianine (Holton e Cornish, 1995).
Grazie al suo ruolo chiave nel metabolismo dei fenilpropanoidi, e
quindi nella produzione di metaboliti secondari, la PAL uno degli
enzimi pi studiati. Un cDNA full length di 2384 nucleotidi
codificante PAL, denominato PaPAL, stato isolato da Passiflora
incarnata, mentre un cDNA parziale di 1987 nucleotidi, denominato
EcPAL stato ottenuto da radici di Echinacea angustifolia. Lanalisi
di espressione dei due geni ha evidenziato che il gene PaPAL
espresso in giovani foglie ai primi stadi di sviluppo, mentre EcPAL
espresso solo nelle radici di piante coltivate in coltura idroponica. Tali
risultati indicano che lespressione dei geni PAL altamente regolata
dalle condizioni di coltivazione e dalla fase dello sviluppo della pianta

120

Nutricati E. et al.

Abstract
Phenylalanine ammonia lyase (PAL; E.C.4.3.1.5) is the gateway
from primary metabolism into the important secondary
phenylpropanoid metabolism in plant. (Hahlbrock and Scheel, 1989).
PAL catalyses the non oxidative elimination of ammonia from L-Phe
to give trans-cinnamate, a precursor of numerous phenylpropanoid
compounds that fulfil various essential functions as mechanical
supports (lignins) (Whetten and Sederoff, 1995), as protectans against
biotic and abiotic stress (Dixon and Paiva 1995), as pigments like the
anthocyanins (Holton and Cornish, 1995). Because of its key role in
secondary phenylpropanoid metabolism and secondary metabolites,
PAL is one of the most extensively studied plant enzymes. A PAL gene,
designed PaPAL was isolated from Passiflora incarnata with a full
length cDNA of 2384 nucleotides; a partial cDNA of 1987
nucleotides, named EcPAL, was obtained from Echinacea angustifolia
roots. The expression analysis of the two genes revealed that the
PaPAL gene is expressed in young leaves at the first stage of
development, whilst the EcPAL is expressed only in the roots of
Echinacea plants cultivated in hydroponic cultivation. These results
indicate that the expression of PAL genes is highly regulated by the
culture conditions and the stage of development.
Introduzione
Le piante sono in grado di produrre migliaia numerosi composti
chimici, molti dei quali vengono utilizzati come composti medicinali.
Nonostante che nel XX secolo i notevoli progressi della chimica
abbiano ridotto molto limportanza e luso delle piante medicinali, nel
corso degli anni novanta linteresse per le piante medicinali
notevolmente cresciuto in tutti i paesi maggiormente industrializzati.
Il successo dei principi attivi di origine vegetale testimoniato dal
fatto che alcune delle maggiori compagnie farmaceutiche americane
hanno cominciato a produrre fitomedicine (Glaser, 1999). Molte
sostanze un tempo estratte dalle piante hanno ceduto il passo a
molecole di sintesi, a volte pi efficaci e sicuramente pi economiche

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia

121

da produrre. In altri casi, invece, il ritorno alle molecole naturali ha


determinato una rivalutazione di alcuni principi attivi di sintesi, non
pi efficaci o con preoccupanti effetti collaterali. Recentemente, una
serie di nuove molecole di derivazione vegetale entrata nel mercato
dei medicinali, suscitando linteresse per nuove ricerche, sia di tipo
chimico sia clinico. A fianco dellindustria farmaceutica, che estrae e
purifica sostanze bioattive dalle piante, esiste una credenza
popolare, meno standardizzata e controllata, che utilizza piante
medicinali sotto forma di erbe, estratti, polveri per la cura di un gran
numero di malattie.
Tra le numerose piante medicinali lEchinacea tra le pi studiate
per quanto riguarda la ricerca di molecole immunomodulanti. Il
genere Echinacea appartiene alla famiglia delle Asteraceae (o
Compositae) ed rappresentato tre specie principali: E. purpurea, E.
angustifolia ed E. pallida. Echinacea angustifolia produce numerosi
composti biologicamente attivi che hanno trovato il loro impiego sia
nella medicina moderna sia tradizionale. Tali composti includono
terpeni, alcani, ammidi, fenoli (Viles e Reese, 1996). Inoltre, studi
compiuti sulle propriet dei derivati dellacido caffeico presenti
nellestratto di Echinacea (quali echinacoside, acido clorogenico, ecc.)
hanno dimostrato che lEchinacea in grado di proteggere il
collagene da stress di tipo ossidativo, rendendo utile limpiego di
estratti per il controllo dei danni che la pelle pu subire in seguito di
radiazioni nocive (UV-A, UV-B). Le potenzialit di questa pianta
sono numerose, tanto che preparazioni a base di estratti da fiori,
foglie, steli e radici di Echinacea sono ampiamente utilizzate per la
prevenzione ed il trattamento del raffreddore (Flannery, 1999).
Unaltra pianta molto studiata ed il cui impiego nella medicina
moderna molto diversificato la Passiflora. In vari Paesi estratti da
foglie di Passiflora vengono utilizzati come sedativo, diuretico ed
emetico. Le numerose propriet del genere Passiflora derivano dalla
presenza di alcaloidi, fenoli, flavonoidi, composti glicosilati e
composti cianogeni. In particolare in Passiflora incarnata i flavonoidi
rappresentano i fitocostituenti maggiormente presenti ed il loro
maggiore accumulo nelle foglie (Menghini et al., 1993).
La molecola di base per la costruzione delle diverse strutture
fenoliche un acido aromatico definito acido trans-cinnamico che

122

Nutricati E. et al.

deriva dalla deamminazione dellaminoacido fenilalanina, tramite


lazione dellenzima fenilalanina ammonio liasi (PAL). Lacido transcinnamico ed il suo idrossi-derivato, definiti fenilpropani per la
presenza di un gruppo propenico legato ad un anello aromatico, sono
variamente sostituiti. Tra i fenilpropani pi diffusi vi lacido
cumarico, lacido coniferico, i quali sono ridotti ad alcoli, i costituenti
principali del polimero vegetale lignina.
Nonostante la loro importanza dal punto di vista applicativo, le
piante medicinali non sono state studiate in maniera dettagliata dal
punto di vista bio-molecolare, e quindi mancano informazioni relative
alle sequenze genomiche.
Pertanto una caratterizzazione molecolare dei processi fisiologici
che regolano la biosintesi di numerosi composti medicinali fornirebbe
informazioni utili per un approccio biotecnologico con lobiettivo di
sviluppare colture artificiali e controllate per una produzione su larga
scala di principi attivi.
Materiali e metodi
Ricerca ed analisi di sequenze gnomiche e di sequenze espresse
Per la ricerca di sequenze genomiche sono state utilizzate le banche
dati TAIR (www.arabidopsis.org), NCBI (www.ncbi.nlm.nih.gov) ed
EMBL (www.ebi.ac.uk). Per la ricerca delle sequenze stato
utilizzato il programma BLAST, ed il confronto tra sequenze
nucleotidiche ed aminoacidiche stato effettuato mediante il
programma ClustalW disponibile presso il sito WEB European
Bioinformatics Institute (www.ebi.ac.uk).
Materiale vegetale
Sono state utilizzate piantine di Passiflora incarnata ed Echinacea
angustifolia coltivate su terriccio torboso e fatte crescere in un tunnel
dellOrto Botanico dellUniversit degli Studi di Lecce.

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia

123

Inoltre, sono state utilizzate piantine di Echinacea coltivate in


idroponica in una camera di crescita alla temperatura di 25C, con
fotoperiodo di 16 ore.
RT-PCR e clonaggio dellestremit 5
LRNA totale stato estratto da tessuti vegetali utilizzando il
sistema SV Total RNA Isolation System (Promega, Madison, WI,
USA). LRNA stato separato mediante gel elettroforesi e colorato
con etidio bromuro per confermare lutilizzo di uguali quantit di
campione.
Per la sintesi del cDNA lRNA totale stato denaturato mediante
incubazione a 65C per 5 minuti ed immediatamente posto in
ghiaccio. La miscela di reazione (avente volume finale di 20 l)
conteneva 500 ng di RNA totale, 5 mM di DTT, 1 mM di dNTP mix,
2,5 M di Oligo (dT)20, 40 U di RNAse OUT, cDNA Synthesis
Buffer 1X e 15 U di ThermoScript reverse transcriptase (Invitrogen,
Groningen, The Netherlands). La reazione stata condotta incubando
la miscela a 50C per 30 minuti, e a 85C per 5 minuti. Dopo
laggiunta dellRNAse H la reazione stata incubata a 37C per 20
minuti. Per la reazione di PCR, 2 l del campione di cDNA stato
aggiunto ad una miscela contenente PCR Buffer 1X. 1,5 mM di
MgCl2, 200 M di dNTP mix, 1 M di ciascun primer e 2 U di
Platinum TaqDNA Polymerase (Invitrogen, Groningen, The
Netherlands) fino ad un volume finale di 50 l.
Le condizioni di amplificazione utilizzate sono state le seguenti:
una prima denaturazione a 94C per 5 minuti, seguita da 35 cicli,
ognuno dei quali prevedeva la denaturazione a 94C per 30 secondi,
una fase di annealing a 60C per 1 minuto, ed una fase di
polimerizzazione a 72C per 2 minuti, seguita da una fase finale a
72C per 7 minuti.
La sequenza di interesse stata amplificata utilizzando come
stampo il DNA precedentemente sintetizzato a partire da RNA estratto
da foglie di Passiflora incarnata e radici di Echinacea angustifolia
utilizzando due serie di primer degenerati:

124

Nutricati E. et al.

5PAL: GG(AGCT) (AT) (GC) (AGCT) CA(CT) (CT)T (AGCT) GA


(CT) GA(AG) GT(AGCT)AA (AG) (AC) G (AGCT)
3PAL: (AG)CA (AGT)AT (AGCT)GG (AGCT)A(AG) (AGCT)GG
(AGCT)GC (AGCT)CC (AG)TTCCA
I prodotti di PCR ottenuti sono stati successivamente clonati nel
vettore PCR 2.1 TOPO e sequenziati. Sulla base del frammento
PaPAL ottenuto sono stati poi selezionati dei primer gene- specifici
per amplificare lestremit 5 del cDNA:
PALB: GTCCTACATTGCAGGTCTACTCACT
PALC: TCAAGGTGGAGCTTGCAGAGTCT
Lamplificazione stata realizzata utilizzando il kit First Choice TM
RLM-RACE kit (Ambion, Texas USA) secondo le istruzioni.
Analisi dellespressione genica di PaPAL e EcPAL mediante RT-PCR
Reazioni di PCR sono state effettuate utilizzando coppie di primer
gene-specifici per il gene PaPAL1 ed il clone parziale EcPAL1
utilizzando come stampo il cDNA sintetizzato a partire da RNA
estratto rispettivamente da foglie di Passiflora incarnata e radici di
Echinacea angustifolia. Per Passiflora sono stati utilizzati i primer FPaPAL [ATGGAAACCATTAAGAATGG] e R-PaPAL R-PaPAL
[GCTTAACTTCATCAAGAGACAACC] , mentre per Echinacea
stata
utilizzata
la
coppia
di
primer
F-EcPAL
[TGGACGAGGTGAAGCGCATGGT]
e
REcPAL[ACATTGCTGTGAATAATTTGTCAA].
Per la reazione di PCR, 2 l del campione di cDNA stato
aggiunto ad una miscela contenente PCR Buffer 1X, 1,5 mM di
MgCl2, 200 M di dNTP mix, 0,25 M di ciascun primer e 2 U di
Platinum TaqDNA Polymerase (Invitrogen, Groningen, The
Netherlands) fino ad un volume finale di 50 l. Le condizioni di
amplificazione utilizzate sono state le seguenti: una prima
denaturazione a 94C per 5 minuti, seguita da 30 cicli, ognuno dei
quali prevedeva la denaturazione a 94C per 30 secondi, una fase di
annealing a 57C per 1 minuto, ed una fase di polimerizzazione a
72C per 2 minuti, seguita da una fase finale a 72C per 5 minuti.

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia

125

Risultati e discussione
Ricerca in banca di sequenze geniche PAL
Lo scopo del lavoro la caratterizzazione di un gene chiave, la
fenilalanina ammonio liasi (PAL) coinvolta nella via biosintetica dei
fenilpropanoidi in specie quali Echinacea angustifolia e Passiflora
incarnata. Data la scarsa disponibilit nelle banche dati (European
Molecular Biology Organization, EMBO) di sequenze relative a tali
specie la fase preliminare ha previsto una ricerca di geni PAL
omologhi in Arabidopsis thaliana, organismo vegetale il cui genoma
stato completamente sequenziato. A tale fine, stata condotta una
ricerca nelle banche dati TAIR (http://www.arabidopsis.org), NCBI
(http://www.ncbi.nml.nih.gov) ed EMBL (http://www.ebi.ac.uk). La
ricerca ha rivelato in Arabidopsis lesistenza di una famiglia costituita
da 4 geni codificanti PAL (At2g37040, At3g53260, At5g04230,
At3g10340). Al fine di richiedere cloni full-length, sono state
analizzate le collezioni di EST/cDNA disponibili presso il Kazusa
DNA Research Institute (http://www.kazusa.org.jp) e Salk Institute
Genomic Analysis Laboratory (http://www.signal.salk.edu). Diversi
cloni full-length sono stati individuati per i geni PAL1, PAL2, PAL4,
alcuni dei quali sono stati ordinati allArabidopsis Biological
Resource Center (ABRC). I cloni cos individuati risultano utili quali
sonde eterologhe per lo studio dellespressione dei geni di interesse in
Passiflora incarnata ed in Echinacea angustifolia.
Allo scopo di effettuare il clonaggio del gene codificante lenzima
fenilalanina ammonio liasi (PAL) in Passiflora incarnata ed
Echinacea angustifolia, stata effettuata una ricerca in database
pubblici per sequenze aminoacidiche di PAL in altre specie vegetali,
poich per le specie oggetto di studio sono depositate pochissime
sequenze geniche. Tale ricerca ha permesso di individuare numerose
sequenze geniche codificanti PAL appartenenti a diverse specie
vegetali, e sono state prese in considerazione le sequenze
aminoacidiche dedotte che possedevano unelevata identit (circa
l80%) con la sequenza aminoacidica di PAL1 di Arabidopsis thaliana
(Fig. 1). Le sequenze aminoacidiche di PAL considerate appartengono

126

Nutricati E. et al.

alle specie vegetali del genere Prunus, Glicine, Nicotiana, Daucus e


Populus.

Figura 1. Confronto tra le sequenze aminoacidiche PAL di:


Arabidopsis thaliana, Daucus, Glicine max, Populus, Prunus,
Nicotiana. Le frecce indicano le regioni in corrispondenza delle quali
sono stati individuati i primer degenerati 5PAL e 3PAL.
Tali sequenze sono state confrontate tra loro con lausilio del
programma ClustalW (www.ebi.ac.uk), al fine di individuare delle
regioni conservate su cui individuare dei primer da utilizzare in
reazioni di RT-PCR per ottenere un cDNA codificante PAL in
Passiflora ed Echinacea.

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia

127

Il confronto ha evidenziato la mancanza di una regione conservata


nella porzione N-terminale tra le diverse specie vegetali considerate,
mentre la porzione C-terminale risultata molto conservata. Pertanto,
sulla base dellomologia di sequenza sono stati individuati dei primer
degenerati (Materiali e Metodi), denominati 5PAL e 3PAL. Il primer
in posizione 5 (5PAL) stato individuato in corrispondenza di una
porzione di sequenza una quarantina di aminoacidi a valle della
metionina iniziale, il primer in 3(3PAL) stato individuato in
corrispondenza della porzione finale della sequenza aminoacidica.
Da giovani foglie di Passiflora incarnata stato estratto lRNA
totale da cui stato sintetizzato successivamente il cDNA mediante
trascrizione inversa, e tale cDNA stato utilizzato come stampo per
effettuare una PCR utilizzando i primer 5PAL e 3PAL. E stato
ottenuto in questo modo un cDNA parziale di 2036 bp, denominato
PaPAL. Il prodotto di PCR ottenuto stato poi clonato nel vettore
PCR 2.1 TOPO (Invitrogen, Groningen, The Netherlands) per il
sequenziamento. Sulla base della sequenza ottenuta sono stati
individuati due primer sequenza-specifici denominati PALB ed PALC
per amplificare lestremit 5, utilizzando il sistema FirstChoce RLM
RACE Kit (Ambion, Texas USA). E stato ottenuto un cDNA full
length di 2384 bp. Tale cDNA codifica per una sequenza
aminoacidica, PaPAL di 712 aminoacidi e peso molecolare calcolato
di circa 75 kDa. Lallineamento multiplo della sequenza nucleotidica
di PaPAL ottenuta con quelle di altri geni PAL ha evidenziato la
massima identit (circa l80%) di tale sequenza con quella di Populus
tremuloides. Analogamente a Passiflora una reazione di RT-PCR
stata condotta su RNA estratto da radici di Echinacea angustifolia
utilizzando i primer degenerati 5PAL e 3PAL, ed stato ottenuto un
cDNA parziale di 1987 bp, di cui stato effettuato il sequenziamento.
Profilo di espressione di PaPAL ed EcPAL
Una volta ottenuto il cDNA full length PaPAL, stata individuata
una coppia di primer denominati F-PaPAL e R-PaPAL, per effettuare
un analisi dellespressione di tale gene a diversi stadi di sviluppo
durante lontogenesi fogliare di Passiflora. Reazioni di RT-PCR sono
state effettuate utilizzando RNA proveniente da foglie di piante di

128

Nutricati E. et al.

Passiflora a 10, 20 e 30 giorni dalla comparsa delle foglie ed RNA


proveniente da foglie di piante di circa 3 mesi. Come si evidenzia
dalla figura 2, lespressione del gene risulta massima dopo 10
dallinizio dellontogenesi fogliare e subisce una lieve diminuzione
dopo 20 e 30 giorni, mentre non si rileva alcun trascritto in foglie di
circa 3 mesi.
1

A)

Figura 2. A) Analisi dellespressione mediante RT-PCR del gene


PaPAL in foglie di Passiflora incarnata nel corso dellontogenesi
fogliare. 1: 10 giorni dopo la comparsa delle foglie, 2: 20 giorni; 3: 30
giorni; 4: piantine di 3 mesi. B) LRNA ribosomale sottoposto a corsa
elettroforetica e colorato con etidio bromuro indica lutilizzo di uguali
quantit di RNA.
Una volta individuato un cDNA parziale di Echinacea angustifolia
codificante PAL (EcPAL), mancante solo di una porzione aminoterminale di circa 150 nucleotidi, sono stati selezionati dei primer
gene-specifici per condurre esperimenti di RT-PCR. A tale scopo sono
state effettuate reazioni di RT-PCR su RNA estratto da radici sia di
piante di Echinacea fatte crescere in coltura idroponica o su un
normale terriccio torboso in un tunnel presso lOrto Botanico di
Lecce. Come evidenziato in figura 3, presente un trascritto relativo a
EcPAL solo in radici di piante coltivate in idroponica e non in quelle
fatte crescere in maniera tradizionale.

Passiflora incarnata e Echinacea angustifolia

129

A)

B)
Figura 3. A) Analisi dellespressione mediante RT-PCR del gene
EcPAL di Echinacea in radici di piante coltivate in coltura idroponica
(1) e con il metodo tradizionale (2). B) LRNA ribosomale sottoposto
a corsa elettroforetica e colorato con etidio bromuro indica lutilizzo
di uguali quantit di RNA.
I risultati ottenuti suggeriscono che lespressione dei geni PAL
funzione dello stato fisiologico della pianta e dello stadio di sviluppo,
in accordo con studi precedenti che hanno evidenziato come stress
abiotici e biotici determinino un aumento dellattivit dellenzima,
come ad esempio nelle Leguminose, dove il virus del mosaico del
tabacco induce lattivit della PAL, cui fa seguito uninduzione di
fitoalessine antimicrobiche (Jones, 1984, Lambers et al., 1998)).
Lidentificazione di ulteriori sequenze PAL da Passiflora ed
Echinacea permetter di studiare le possibili funzioni della PAL in
relazione ad una maggiore produzione di composti medicinali,
probabilmente correlata alle condizioni ottimali di coltura, a
particolari fasi di crescita e a specifici tessuti.

130

Nutricati E. et al.

Bibliografia
1. Dixon, R.A.and Paiva, N.L. 1995. Stress-induced phenylpropanoid
metabolism. Plant Cell 7: 1085-1097.
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emergence of the purple cone flower in modern therapeutics.
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root. Nat. Biotechnol. 17:17-18
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10. Whetten, R., Sederoff, R. 1995. Lignin biosynthesis. Plant Cell 7:
1001-1003.

131

Propriet antiossidanti ed epatoprotettive di Buglossoides


purpurocaerulea (L.) I. M. Johnst.
Tommasi L., Negro C., Cerfeda A., De Bellis L., Miceli A.
Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche ed Ambientali,
Universit di Lecce, Monteroni, Lecce
E-mail: antonio.miceli@unile.it.
Riassunto
La tradizione popolare di una piccola area del Sud Salento
(Ruggiano, LE) attribuisce alla Buglossoides purpureocaerulea
propriet curative delle malattie del fegato. In questo lavoro riportata
la valutazione della componente fenolica del decotto ottenuto da
questa Boraginacea, la determinazione della sua attivit antiossidante
(AA) e gli effetti del decotto sulla crescita di culture cellulari di
epatoma (HepG2). I dati hanno evidenziato che il decotto presenta una
alta AA e che esso in grado di proteggere le cellule HepG2 dagli
effetti citotossici indotti dal H2O2 (valutazione eseguita mediante il
test MTT). Tali propriet sono attribuibili allazione sinergica dei vari
componenti che costituiscono il decotto.
Abstract
The decoction of Buglossoides purpureocaerulea is used in the folk
medicine in same sites of the South Salento for its hepatoprotective
properties. In this work, extracts of this plant prepared in accordance
with traditional recipe, were characterized measuring the phenolics
component and the antioxidant activity (AA). Moreover, it was
evaluated the effects of B. purpureocaerulea decoction on induced
cytotoxicity employing human liver derived HepG2 cells. Data showed
that the decoction had an high AA and that it was able to protect
HepG2 cells against H2O2 induced cytotoxicity (evaluated by MTT

132

Tommasi L. et al.

assay). The antioxidant activity was probably due to the synergic


effect of the decoction components.
Introduzione
Buglossoides purpureocaerulea (L.) I. M. Johnst. (Lithospermum
purpureocaeruleum L.) una pianta poco conosciuta, in uso presso
una piccola comunit del Sud Salento e tradizionalmente nota per
alcune sue propriet curative cos come altre specie della stessa
famiglia. Le segnalazioni riferite allimpiego curativo di B.
purpureocaerulea giungono da Ruggiano, piccola frazione di Salve
(LE), dove viene coltivata la cosiddetta erba di Santa Marina (un
unicum nellarea salentina) come elemento non secondario di una serie
di pratiche rituali facenti capo al culto della Santa protettrice il cui
santuario , da sempre, meta di pellegrinaggio per gli infermi di
itterizia o male dellarco (Caloro, 1994; Minnone et al., 2003).
Questa ricerca stata orientata alla caratterizzazione della
componente polifenolica di B. purpureocaerulea, alla analisi
dellattivit antiossidante degli estratti e ad una valutazione della loro
possibile attivit epatoprotettiva.
Materiali e metodi
Il materiale vegetale utilizzato stato prelevato da porzioni aeree
della pianta durante il periodo di fioritura negli anni 2004, 2005 e
2006 da colture in localit Ruggiano (Salve, LE) e da piante cresciute
spontaneamente presso il bosco Pianelle (Martina Franca, TA) ed
pertanto costituito da foglie, fusti e fiori essiccati in stufa
termoventilata (40 per 24 ore) subito dopo la raccolta. Dal materiale
vegetale finemente macinato sono stati ottenuti 4 differenti estratti: 1)
Estratto tradizionale per decozione (Negro et al., 2005); 2) Estratto
etanolico acidificato; 3) Estratto per macerazione in alcol etilico al
50% a pH 3 per 24 ore; 4) Estratto macerazione in acqua per 24 ore.
Sui diversi estratti ottenuti stata determinata la quantit di fenoli
totali (FT) e di orto-difenoli (ODF) rispettivamente mediante il

B. purpurocaerulea

133

metodo di Folin e di Arnow (Baronetto, 1977). I valori ottenuti sono


stati espressi in mg di acido rosmarinico equivalente/g di Peso Secco
(P.S.). Inoltre, sono stato dosati lacido rosmarinico (AR) e lacido
caffeico (AC) mediante metodo HPLC (Tommasi et. al., 2005).
Lattivit antiossidante stata valutata con due test: protezione del carotene mediante il metodo di Marco (Miller, 1971) e quenching del
radicale DPPH (Brand-Williams et al., 1995; Bondet et. al., 1997).
I test biologici sono stati condotti utilizzando colture cellulari di
cellule HepG2. Per valutare la citotossicit stato utilizzato il test
MTT (Mosmann, 1983). Lanalisi statistica stata eseguita mediante
il test di Duncan (Duncan, 1955).
Risultati e discussione
La tabella 1 riporta la composizione in FT, ODF, AR e AC in
estratti di B.porpureocaerulea ottenuti con diverse metodologie oltre a
quella tradizionale.
Il decotto tradizionale ha un contenuto in FT pari a circa 69 mg/g di
P.S. di cui pi della met sono ortodifenoli (43,2 mg/g P.S.). LAR e
lAC sono invece rispettivamente pari a 8,1 e 1,3 mg/g P.S. I dati
evidenziano che il processo di macerazione il pi efficace ai fini
dellestrazione dei composti polifenolici. Inoltre, analisi eseguite su
decotti ottenuti da piante cresciute spontaneamente sia in ambienti
soleggiati che in ambienti ombreggiati non hanno mostrato
significative differenze di composizione fenolica.
LAA dei diversi estratti, calcolata secondo il metodo di Marco
(Fig. 1), evidenzia come il decotto, alle diverse concentrazioni testate,
presenta attivit antiossidante paragonabile a quella del
butilidrossitoluene (BHT) e maggiore rispetto a quella della silimarina
standard, una molecola con effetti epatoprotettivi estratta dal cardo
mariano.
La capacit antiossidante del decotto stata inoltre valutata
attraverso il test quenching del radicale DPPH (Tab. 2), facendo
riferimento alle concentrazioni di AR e di ODF presenti nel campione,
e comparando i valori ottenuti con quelli di diverse soluzioni standard.

134

Tommasi L. et al.

Tabella 1. Quantit di fenoli totali (FT), orto-difenoli (ODF) valutati


come acido rosmarinico equivalenti e contenuto in acido rosmarinico
(AR) ed acido caffeico (AC) negli estratti analizzati di B.
purpureocaerulea
FT
(mg/g
P.S.)
68.96.4
71.33.8

Decotto tradizionale
Estratto etanolico
Macerazione in alcol
100.16.7
etilico
Macerazione in acqua 84.65.1

ODF
(mg/g
P.S.)
43.27.2
37.110.1

AR
(mg/g
P.S.)
8.12.1
2.10.6

AC
(mg/g
P.S.)
1.30.8
< L.Q.

52.83.6

9.31.9

2.10.7

24.22.1

11.42.8

3.41.1

L.Q. = Limite di quantificazione, pari a 0,1 mg/g P.S.

20 ppm

90

40 ppm

80

60 ppm

70

80 ppm

60
50
AA %

40
30
20

BHT

Silimarina

Macerazione
in acqua

Macerazione
in alcol

Decotto

Estratto
etanolico

10

Figura 1. Attivit antiossidante, espressa come percentuale di


protezione del -carotene, degli estratti ottenuti da B.
purpureocaerulea, e degli standard di silimarina e BHT.

B. purpurocaerulea

135

Tabella 2. Attivit antiossidante percentuale (AA%), percentuale di


distruzione del DPPH (EC50, espressa come mg di antiossidante per
g di DPPH), tempo necessario al raggiungimento di EC50 (TEC50,
espresso in minuti) e potere antiradicalico (ARP=1/EC50x103) del
decotto di B. purpureocaerulea. Nel confronto tra i diversi estratti, i
campioni contrassegnati con lettere diverse sono statisticamente
differenti (Test di Duncan).

Decotto fresco*
Decotto fresco
Silimarina
Ac. ferulico
Ac. clorogenico

Attivit Antiossidante
AA %
EC50
TEC50
ARP
55.52.6
9.20.5 a
27.31.5 a 112.55.2 a
a
5.40.3 b 112.55.6 b 0.70.4 b.c 8.90.5 b
1.40.1 c 554.328.3 c 66.03.6 d 1.8 0.1 c
2.80.2 d 218.711.6 d 8.10.5 e
4.60.3 d
2.60.2 d 208.810.4 d 0.4 0.2 b 4.80.2 d

* Valutazione riferita alla sola quantit di acido rosmarinico presente nel


campione. Valutazione riferita alla quantit di ODF presenti nel
campione.

Il decotto fresco, valutato rispetto alla sua componente


ortodifenolica, si rivelato un ottimo antiossidante con un potere
antiradicalico (ARP) uguale a quello del BHT e con una velocit di
azione TEC50 molto pi rapida.
La valutazione dellAA del decotto fresco rispetto al solo contenuto
in acido rosmarinico ha permesso, invece, di mettere in evidenza che
il potere antiossidante del decotto non pu essere attribuito
interamente e/o soltanto alla presenza AR n alla sola azione sinergica
di AR e AC. Ci ha trovato conferma nei test DPPH di screening
realizzati sulle frazioni del decotto separate e purificate mediante
HPLC semipreparativa, che hanno evidenziato la presenza di
numerose molecole antiossidanti.
Inoltre, prove di purificazione del decotto mediante estrazione
liquido/liquido con diverse soluzioni di acetato di etile/etere di
petrolio hanno permesso di ottenere un estratto purificato con notevole

136

Tommasi L. et al.

AA, contenente fino al 54% di ODF, di cui oltre la met rappresentati


da AR e AC.
Saggi tossicologici mediante test MTT hanno evidenziato che il
decotto, alle concentrazioni testate, non sembra avere effetti tossici
sulle cellule HepG2, ma al contrario ne incrementa la velocit di
moltiplicazione rispetto al controllo non trattato.
Tale effetto si manifesta anche trattando con il decotto cellule
HepG2 preventivamente sottoposte ad azione dellH2O2 (100 mM). La
figura 2 in particolare mette in evidenza come concentrazioni
dellordine di 1 g/ml di mezzo di coltura riducono significativamente
i danni cellulari causati dal perossido di idrogeno e contrazioni pari o
superiori a 3 g/ml inducono una variazione positiva della vitalit
cellulare calcolata rispetto al controllo non trattato.

80

variazione % rispetto al
controllo non trattato

60
40
20
0
-20
-40
0

0,3

12

15

decotto (g/ml)

Figura 2. Variazione percentuale di vitalit cellulare di cellule HepG2


trattate con H2O2 (100 mM) e successivamente incubate per 24 ore
con diverse concentrazioni di decotto di B. purpureocaerulea valutata
rispetto a un controllo non trattato.

B. purpurocaerulea

137

Conclusioni
Le diverse prove di quantificazione e caratterizzazione della
componente fenolica del decotto ottenuto da B. purpureocaerulea e
dei suoi vari estratti e la conseguente valutazione dellattivit
antiossidante e dellattivit biologica in vitro sembrano confermarne
lattivit biologica attribuita, dalla tradizione popolare, alla pianta.
In particolare, le possibili propriet curative (epatoprotezione) che
sembrano derivare allassunzione giornaliera del decotto potrebbero
essere dovute non tanto alla presenza di singoli componenti, quali
acido rosmarinico ed acido caffeico, ma allazione sinergica dei vari
componenti. Infine, mediante test cellulari preliminari, stato
evidenziato che il decotto ottenuto da B. purpureocaerulea. sembra
indurre un incremento della vitalit cellulare delle cellule HepG2
anche quando queste sono state preventivamente trattate con perossido
di idrogeno.
Ringraziamenti
Si ringrazia il Laboratorio di Anatomia Comparata dellUniversit
di Lecce diretto dalla Prof.ssa Dini, ed in particolare la Dott.ssa
Chionna, per lindispensabile contributo nellesecuzione dei test su
cellule HepG2.
Bibliografia
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Tommasi L. et al.

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139

Potere antiossidativo in estratti lipofili ed acquosi di Salvia


officinalis L.: vantaggi dellanalisi di Electron Spin
Resonance (ESR) a confronto con i metodi tradizionali
Sgherri C.1, Pinzino C.2, Izzo R.1, Navari-Izzo F.1
1
Dip. Chimica e Biotecnologie Agrarie, Universit di Pisa, Pisa
2
Istituto per i Processi Chimico-Fisici, C.N.R., Pisa
E-mail: fnavari@agr.unipi.it
Riassunto
I radicali sale di Fremy e DPPH sono stati utilizzati per la
determinazione del potere antiradicalico con la tecnica ESR
rispettivamente in estratti acquosi e lipidici di salvia. Le costanti
cinetiche di decadimento dei due radicali erano 10 e 100 volte inferiori
rispetto a quelle in presenza dellestratto. I due radicali davano
rispettivamente cinetiche di 1 e 2 ordine. Rispetto alla tecnica
spettrofotometrica, che utilizza il radicale ABTS+, quella ESR
risultava da 10 a 60 volte pi sensibile.
Abstract
Fremys salt and DPPH were employed to determine antiradical
power by ESR in aqueous and lipid extracts of sage, respectively. The
decay rate constants of the two radicals were 10 and 100 times lower
compared to those in the presence of extract. The two radicals gave 1st
and 2nd order kinetics, respectively. In comparison with
spectrophotometric technique, which uses ABTS+ radical, ESR
technique was 10-60 times more sensitive.

140

Sgherri C. et al.

Introduzione
Sia lindustria che la ricerca scientifica mostrano un interesse
sempre pi crescente nei confronti delle spezie e delle erbe aromatiche
a causa della presenza di antiossidanti e per le loro propriet
antimicrobiche. Queste caratteristiche sono dovute alla presenza di
molecole fitochimiche attive quali vitamine, flavonoidi, terpenoidi,
carotenoidi, ecc. Grazie a questi nutrienti, le spezie e le erbe
aromatiche sono considerate componenti essenziali per diete e terapie
mediche dal momento che stata dimostrata la loro capacit di
ritardare sia linvecchiamento che il deterioramento dei tessuti
biologici dovuto alla formazione di specie reattive dellossigeno, ROS
(Calucci et al., 2003). Queste ultime, infatti, sono prodotti normali del
metabolismo aerobio e la loro produzione pu risultare accelerata in
presenza di condizioni stressanti che alterano i processi di trasporto
elettronico cellulare (Sgherri et al., 1996). Dalla formazione di ROS si
arriva, attraverso una serie di reazioni a catena, alla perossidazione
lipidica che provoca danni alla componente lipidica delle membrane,
alterandone la struttura e provocando danni cellulari (Navari-Izzo et
al., 2000; Sgherri et al., 1996). Limportanza degli antiossidanti nel
prevenire questi danni rende le spezie e le erbe aromatiche, di cui esse
sono ricche, utili anche come agenti conservanti naturali dei cibi
(Calucci et al., 2003).
Nelle cellule vegetali si possono distinguere fondamentalmente due
tipi di antiossidanti: idrofili e lipofili. Tra i primi risultano di
particolare importanza la Vitamina C (acido ascorbico) ed il
Glutatione (GSH), tra i secondi la Vitamina E (tocoferolo) ed i
carotenoidi.
Per la determinazione del potere antiossidativo di un estratto
vegetale consolidato luso di metodi che prevedono limpiego di
radicali liberi stabili. Solitamente questi radicali liberi sono colorati e
ne viene seguita spettrofotometricamente la scomparsa, in presenza di
un antiossidante (Pellegrini et al., 1999). Un radicale largamente
impiegato a questo scopo il catione radicalico ABTS+ [acido 2,2azinobis(3-etilbenzotiazolin-6-solfonico)].
Lo scopo del presente lavoro stato quello di determinare il potere
antiradicalico di estratti di foglie di Salvia officinalis L. mettendo a

Potere antiossidativo in S. officinali

141

confronto il metodo spettrofotometrico che utilizza il radicale ABTS+


con la tecnica di Electron Spin Resonance (ESR) impiegando due
radicali stabili di cui uno idrofilo, il sale di Fremy (nitrosodisulfonato
di potassio), ed uno lipofilo, l 1,1-difenil-2-picrilidrazile (DPPH).
Materiali e Metodi
Foglie di salvia sono state polverizzate in mortaio con azoto
liquido. Lestratto acquoso stato ottenuto utilizzando acqua
Millipore. Lestratto lipidico stato ottenuto utilizzando una miscela
di cloroformio/metanolo (2:1, v/v) e lavando lestratto con KCl 0.88%
(p/v). La determinazione con il radicale ABTS+ avvenuta secondo
Pellegrini et al. (1999). Le misure ESR sono state fatte con uno
spettrometro Varian E112 (X-band) collegato ad un personal computer
per mezzo di un sistema di acquisizione dati che utilizza un pacchetto
software opportunamente predisposto per lanalisi e la simulazione
degli spettri. Gli spettri sono stati acquisiti a 25C in un capillare di
quarzo di 1 mm di diametro inserito nella cavit dello spettrometro. I
parametri ESR che sono stati usati sono: intensit delle microonde 10
mW, frequenza delle microonde 9.16 GHz, modulazione di frequenza
1 Gauss e campo magnetico centrale di 3265 Gauss. Nella miscela di
incubazione il sale di Fremy risultava 0.5 mM mentre il DPPH 3.3
mM.
Risultati e discussione
Gli spettri ESR del DPPH e del sale di Fremy sono riportati in
figura 1. Essi sono rispettivamente caratterizzati da 5 e 3 righe
abbastanza strette rispetto ai tempi di acquisizione della riga, cosicch
risultano adatti per la registrazione di cinetiche ad intervalli di tempo
ravvicinati, cosa invece impossibile da fare con il radicale ABTS+ che
presenta una riga di larghezza molto ampia.

142

Sgherri C. et al.

DPPH
SF

DPPH

SF

3210

3232

3254

3276

3298

3320

Gauss

Figura 1. Spettri ESR del radicale DPPH (nero) e sale di Fremy (SF,
rosso).
I radicali impiegati per le misure, seppur stabili, hanno una loro
emivita decadendo spontaneamente nel tempo con una cinetica del 1
ordine (Fig. 2, 3) dovuta al disproporzionamento del radicale. In
presenza degli antiossidanti estratti dalla salvia, la cinetica di
decadimento del radicale sale di Fremy e DPPH, rispettivamente per
lestratto acquoso e lipidico, risultava di 1 e 2 ordine a seconda che
nella miscela di incubazione la quantit di antiossidante fosse in
eccesso o paragonabile al numero di molecole radicaliche. Il fatto che
le cinetiche di decadimento in presenza degli estratti di salvia
presentino una costante di velocit di 10 e 100 volte superiore
rispettivamente per il sale di Fremy ed il DPPH a paragone della
costante di velocit del decadimento del solo radicale, e che esse
risultino di 1 o 2 ordine, fornisce garanzie riguardo la
proporzionalit tra variazione di ampiezza ESR ad un determinato
tempo e quantit di antiossidanti presenti. Infatti, questultimo fatto
indica che il radicale, sia esso sale di Fremy o DPPH, reagisce con
lantiossidante presente con una stechiometria 1:1.

143

Potere antiossidativo in S. officinali

Le foglie di salvia mostravano un potere antiradicalico molto


spiccato sia dellestratto acquoso che lipidico a paragone di altre
piante medicinali molto importanti come lEchinacea angustifolia DC.
(dati non mostrati), nota per le sue propriet immunostimolanti.
2200

Ampiezza EPR

1760

K = 0.000168 sec^(-1)

1320
SF
SF; Fitting 1 ord.
SF + Salvia
880

SF + Salvia; Fitting 1 ord.

440
K = 0.001651 sec^(-1)
0
-335

532

1399

2266

3133

4000

sec

Figura 2. Cinetiche di decadimento del radicale sale di Fremy (SF) in


assenza ed in presenza di estratto acquoso di salvia.

1600
K = 2.0588e-6 sec^(-1)
1280

Ampiezza EPR

DPPH
DPPH + Salvia
DPPH; Fitting 1 Ord.
DPPH + Salvia; Fitting 2 Ord.

960

640

K = 2.4080e-4 sec^(-1) mol^(-1)

320

0
-1000

3400

7800

12200

16600

21000

Sec

Figura 3. Cinetiche di decadimento del radicale DPPH in assenza ed


in presenza di estratto lipidico di salvia.

144

Sgherri C. et al.

400

300

200

100

SF

ABTS+

)/g s.f.
16

10

n radicali DPPH ridotti (x 10

n radicali SF ridotti (x 10

16

500

400
300
200
100
0

DPPH

ABTS+

n radicali ABTS + ridotti (x 10 16 )/g s.f.

500

n radicali ABTS + ridotti (x 10 16 )/g s.f.

)/g s.f.

Infatti lestratto acquoso della salvia aveva una capacit di ridurre


radicali circa 6 volte superiore allE. angustifolia mentre lestratto
lipidico mostrava un potere antiradicalico circa 40 volte superiore
(Fig. 4). Questi dati sono in accordo con il fatto che la quantit di
antiossidanti come la vitamina C risulta pi alta in salvia rispetto ad
altre spezie ed erbe aromatiche (Calucci et al., 2003). La tecnica ESR,
rispetto a quella spettrofotometrica, permetteva di mostrare una
capacit degli estratti di ridurre i radicali circa 60 e 10 volte superiore
rispettivamente nel caso dellestratto acquoso e lipidico. Oltre ad una
minore sensibilit, con la tecnica spettrofotometrica si ottenevano
variazioni nei rapporti del potere antiradicalico tra estratto acquoso e
lipidico.
Il potere di riduzione dei radicali risultava infatti 4 volte superiore
nellestratto lipidico rispetto a quello acquoso mentre con la tecnica
ESR il potere dei due estratti risultava equivalente (Fig. 4).

Figura 4. Potere antiradicalico dellestratto acquoso (A) e lipidico (B)


di salvia. SF, sale di Fremy.
In accordo con quanto trovato da noi e da Gardner et al. (1998) il
radicale ABTS+ in fase acquosa potrebbe non misurare cos
efficientemente la capacit antiossidativa nel dominio lipidico delle
cellule. Infatti il potenziale di riduzione degli antiossidanti pu essere
alterato dal solvente usato che cambia la polarit e quindi influenza i
valori di pKa e le energie degli orbitali molecolari. Inoltre, i potenziali

Potere antiossidativo in S. officinali

145

di riduzione dei differenti radicali possono differire tra di loro


influenzando il numero di gruppi idrossilici dei polifenoli suscettibili
di ossidazione (Gardner et al., 1998).
Conclusioni
Lo spettrometro ESR corredato di un idoneo sistema di
acquisizione dati e di un pacchetto software predisposto per lanalisi e
la simulazione degli spettri d garanzie di certezza circa la misura del
potere antiradicalico di estratti vegetali, permettendo di seguire la
cinetica delle reazioni e la registrazione della eventuale formazione di
altre specie radicaliche. Le misure ottenute con la tecnica ESR
risultano pi sensibili della tecnica spettrofotometrica e luso di
specifici radicali idrofili e lipofili rispettivamente per lestratto
acquoso e lipidico sembra pi idoneo di quello indiscriminato del
radicale ABTS+.
Bibliografia
1. Calucci, L., Pinzino, C., Zandomeneghi, M., Capocchi, A.,
Ghiringhelli, S., Saviozzi, F., Tozzi, S., Galleschi, L. 2003. Effects
of -irradiation on the free radical and antioxidant contents in nine
aromatic herbs and spices. J. Agric. Food Chem. 51: 927-934.
2. Gardner, P.T., McPhail, D.B., Duthie, G.G. 1998. Electron Spin
Resonance spectroscopic assessment of the antioxidant potential
of teas in aqueous and organic media. J. Sci. Food Agric. 76: 257262.
3. Navari-Izzo, F., Quartacci, M.F., Pinzino, C., Rascio, N., Vazzana,
C., Sgherri, C.L.M. 2000. Protein dynamics in thylakoids of the
desiccation-tolerant plant Boea hygroscopica during dehydration
and rehydration. Plant Physiol. 124: 1427-1436.
4. Pellegrini, N., Re, R., Yang, M., Rice-Evans, C. 1999. Screening
of dietary carotenoids and carotenoid-rich fruit extracts for
antioxidant
activities
applying
2,2-Azinobis
(3-

146

Sgherri C. et al.

ethylenebenzothiazoline-6-sulfonic
acid)
radical
cation
decolorization assay. Methods Enzymol. 299: 379-389.
5. Sgherri, C.L.M., Pinzino, C., Navari-Izzo, F. 1996. Sunflower
seedlings subjected to increasing stress by water deficit: changes
in superoxide production related to the composition of thylakoid
membranes. Physiol. Plant. 96: 446-452

147

Produzione di biomassa in vitro: induzione e scale-up


Ruffoni B. e Giovannini A.
CRA Istituto Sperimentale per la Floricoltura, Sanremo
E-mail: b.ruffoni@istflori.it
Riassunto
L'uso di colture in vitro costituisce, per molti metaboliti secondari,
una valida alternativa ai metodi tradizionali di coltivazione in campo
di piante medicinali ed aromatiche ed ha consentito di superare
numerosi inconvenienti relativi alla loro produzione in vivo. Infatti, la
biomassa che si coltiva in vitro proviene da genotipi selezionati ed
possibile mettere a punto un protocollo ottimale e costante di
produzione di sostanze attive che permette una programmazione
produttiva. La produzione di massa vegetale in vitro pu essere
ottenuta attraverso la coltura intensiva di biomassa differenziata
costituita da piantine complete, embrioni somatici, tessuti particolari
quali radici, o hairy roots o attraverso la produzione di callo su
substrato solido e di colture e sospensioni cellulari in substrato liquido
(biomassa indifferenziata). In questo articolo unitamente ad una
panoramica sulle tecniche di produzione in vitro sono considerate le
strategie possibili per indurre ed ottenere uno sviluppo di materiale
vegetale da utilizzare nei processi estrattivi.
Abstract
In vitro multiplication of biomass is considered for several
substances of high value a valid alternative to the field cultivation and
to the environment depletion. It is possible to produce a large amount
of differentiated material such as entire plants, roots and hairy roots
or induce dedifferentiation of plant organs up to the formation of cell
and suspension cultures. In this paper, the in vitro techniques that can

148

Ruffoni B. e Giovannini A.

be used to obtain sterile biomass are reported and explained. The


optimisation of a repeatable protocol for the growing up of the
biomass is the base for the extraction of suitable amount of secondary
metabolites in a pre-competitive way first, and then, after an
economical evaluation of the system, for the scale up for industrial
production.
Introduzione
I metaboliti secondari delle piante rappresentano una categoria
numerosa ed eterogenea di sostanze naturali. Questi prodotti non
partecipano ai processi essenziali per il mantenimento della pianta e
vengono prodotti dalla pianta come difesa nei confronti di stress
biotici ed abiotici. Le piante sono utilizzate da migliaia di anni come
rimedio naturale in quanto producono diversi metaboliti secondari.
Poich molti di questi prodotti sono ottenuti per estrazione diretta da
piante coltivate in campo o raccolte nel loro ambiente naturale, sono
numerosi i fattori che possono modificarne la produzione. Coltivare
piante in campo presenta grossi limiti, infatti, i metaboliti prodotti
hanno un contenuto molto variabile, dato che la produzione sotto
l'influenza di diversi fattori ambientali come luce, temperatura,
umidit e natura del terreno. Inoltre i membri di una determinata
specie, a meno che non si tratti di individui altamente selezionati, non
sono mai geneticamente omogenei. Queste differenze possono
manifestarsi non solo in variazioni morfologiche ma anche nella
qualit e quantit dei costituenti chimici.
Per lestrazione di principi attivi da queste piante sono necessarie
grosse quantit e ci pone un problema ecologico grave. In alcuni
casi, lo sfruttamento imprudente ha spinto alcune fonti naturali di
metaboliti verso lestinzione, questo il caso di Dioscorea deltoidea
del Messico e della Rawolfia serpentina dell'India. L'uso di colture in
vitro costituisce una valida alternativa ai metodi tradizionali ed ha
consentito di superare numerosi inconvenienti relativi alla produzione
di metaboliti secondari da piante.

Produzione di biomassa in vitro

149

La coltura in vitro
La coltura in vitro un sistema di moltiplicazione vegetativa in
condizioni controllate, in substrato artificiale, si basa sul principio
della stimolazione ormonale dei meristemi preesistenti, il sistema
pi efficace per clonare grossi numeri di piante (moltiplicazione
massale).Essa uno strumento importante anche per il risanamento
delle piante da virosi o batteriosi, per la conservazione della
biodiversit, per la fissazione di genotipi superiori, per la
germinazione di semi recalcitranti, per la germinazione di embrioni
provenienti da incroci interspecifici (embryo rescue).
Dal punto di vista della micropropagazione massale lobiettivo
quindi la qualita.
Per quanto riguarda le colture artificiali per la produzione di
metaboliti secondari si parla di biomassa e si intende un insieme di
materiale vegetale in fasi diverse di differenziamento prodotto al fine
di ottimizzarne lestrazione. In questo caso quindi lobiettivo
principale la quantit.
La produzione di biomassa in vitro pu essere ottenuta attraverso la
coltura intensiva di piantine complete, di embrioni somatici, di tessuti
particolari (radici, hairy roots) (Biomassa differenziata) o attraverso la
produzione di callo su substrato solido e di colture e sospensioni
cellulari in substrato liquido (Biomassa indifferenziata).
Biomassa differenziata pianta intera
Il sistema pi semplice di coltivazione in vitro di biomassa
senzaltro quello che prevede lallevamento di piantine complete con
alcuni accorgimenti che permettono una buona estrazione.
E senzaltro da preferire la coltura in substrato liquido poich
lagar potrebbe rendere difficoltoso il processo di estrazione, quindi le
piante si possono allevare in contenitori in agitazione per permettere
laerazione dei tessuti. Per alcune specie la coltivazione in immersione
per dannosa in quanto si incorre nel fenomeno di iperidricit o
vitrescenza. Tale fisiopatia interviene in seguito a stress di diverso
tipo e comporta una malformazione dei tessuti che si presentano
idropici, traslucidi e con un eccessivo accumulo di liquido e quindi

150

Ruffoni B. e Giovannini A.

fisiologicamente inattivi. Questo fenomeno, dal punto di vista


produttivo, diminuisce la resa in metaboliti su peso fresco del
materiale in coltura.

Figura 1. Produzione di biomassa di iperico in immersione


temporanea (sistema TIS).

Figura 2. Sistema RITA di immersione temporanea.

Produzione di biomassa in vitro

151

Per ovviare a tale inconveniente le nuove tecniche di propagazione


in vitro si avvalgono oggi di sistemi di immersione temporanea
(denominati T.I.S.) (Fig. 1: contenitore TIS) che, garantendo la semiautomazione delle varie fasi di propagazione possono concorrere
anche ad un incisivo risparmio dei costi di produzione. In questi
contenitori la biomassa non sempre immersa in liquido ma sospesa
su di esso e viene in contatto con il nutrimento per alcuni minuti al
giorno tale da garantirne una corretta crescita.
I contenitori pi standardizzabili sono dei vasi trasparenti ed
autoclavabili in polipropilene con capacit di 500 ml (RITA CIRAD, Francia); ogni contenitore pu contenere sino a 200 ml di
mezzo colturale che pu essere inserito prima della sterilizzazione in
autoclave per diminuire le manipolazioni e quindi il rischio di
contaminazione. (Fig. 2: sistema RITA)
Ogni contenitore collegato ad una pompa ad aria regolata da un
temporizzatore. Durante l'immissione, l'aria, filtrata da un filtro a 0,22
nm, induce una pressione che spinge il liquido sino a raggiungere la
biomassa adagiata su di un supporto alcuni centimetri pi in alto.
Durante l'aerazione il liquido gorgoglia attorno al materiale vegetale
ed in seguito si deposita di nuovo sul fondo del contenitore.
La coltura in immersione temporanea, che viene utilizzata con
buone rese qualitative anche per la micropropagazione di genotipi
superiori di fruttiferi, piante orticole ed ornamentali, ha permesso di
ottenere espianti molto pi sviluppati in altezza e in peso che
presentavano anche un apparato radicale ben sviluppato e connesso.
La valutazione del pH del liquido colturale mette in evidenza un
primo decremento all'inizio della coltura e poi un livello
sostanzialmente stazionario che indica che non necessario effettuare
un controllo attivo di tale parametro.
Biomassa differenziata hairy roots
La possibilit di trasferire geni in piante ha contribuito a numerosi
progressi nella biologia e nella genetica molecolare delle piante.
Queste tecniche sono risultate essere uno strumento inestimabile per
lo studio della biochimica e dell'espressione dei geni coinvolti nelle

152

Ruffoni B. e Giovannini A.

vie metaboliche, per identificare gli intermedi e gli enzimi coinvolti


nella biosintesi di metaboliti secondari.
Unapplicazione in rapido sviluppo consiste nellutilizzare il
sistema pianta come unofficina naturale per la produzione su vasta
scala di composti di interesse farmaceutico.
Uno dei metodi pi utilizzati in campo vegetale si basa sulla
capacit dell'agente patogeno Agrobacterium (tumefaciens e
rhizogenes), di trasferire una parte del proprio DNA nelle cellule
vegetali. Il DNA trasferito induce le cellule infettate a produrre
quantit elevate di ormoni vegetali, di conseguenza la pianta sviluppa
nuovi tessuti (tumori), su cui l'Agrobacterium trova un ambiente
ideale per nutrirsi. Lintroduzione di materiale genetico di origine
batterica (Agrobacterium) porta a linee cellulari a rapida crescita,
geneticamente stabili per lunghi periodi e che portano talvolta ad
un'incrementata sintesi di metaboliti secondari, queste cellule si
organizzano nel caso di A. rhizogenes in ciuffi di radici (hairy roots)
di facile coltivazione nelle condizioni di laboratorio. I geni rol del TL DNA ed i geni del TR -DNA di alcuni ceppi interagiscono andando ad
alterare il metabolismo delle cellule trasformate in vari modi che
includono laumento della disponibilit di IAA nelle cellule delle
piante, controllando quindi i livelli di citochinine e alterando la
sensibilit cellulare alla disponibilit di auxine.
Colture di hairy roots mostrano unincrementata sintesi di
metaboliti secondari. La formazione di prodotti secondari in colture di
radici trasformate riflette la capacit biosintetica della pianta dalla
quale derivano, quindi in generale, le specie con alta produzione
forniscono livelli di prodotti che possono essere raddoppiati e talvolta
triplicati rispetto a quelli ritrovati in radici non modificate.
La capacit biosintetica di hairy roots stabile durante le
subcolture e dal punto di vista genetico esse conservano il numero di
cromosomi della pianta dorigine.
Diversamente dalle colture di radici non trasformate, le quali
necessitano di auxine per crescere, colture di hairy roots sono in gran
parte auxina-indipendenti; esse mostrano una crescita veloce e un
elevato livello di ramificazioni laterali in un mezzo senza auxina (Fig.
3). Inoltre, quando le auxine esogene vengono aggiunte ad una coltura
di radici trasformate come ad esempio nel caso delle Solanacee, si

Produzione di biomassa in vitro

153

sviluppa una massa intensa indifferenziata di radici con una perdita


concomitante della loro capacit biosintetica .

Figura 3. Hairy roots di S. wagneriana.


Per incrementare la produzione di metaboliti secondari sono state
adottate numerose strategie. Innanzitutto si pu operare un programma
di selezione delle hairy roots a pi alta produttivit, a tale scopo vi
sono varie tecniche disponibili per realizzare uno screening sulla
produzione di metaboliti. Il lavoro agevolato quando il prodotto
intensamente colorato, in quanto la selezione pu essere fatta
semplicemente attraverso una valutazione visiva, mentre nel caso di
composti non colorati si ricorre a tecniche analitiche cromatografiche
e spettroscopiche (TLC, HPLC, NMR, Fluorescenza).
La composizione del mezzo di coltura deve essere stabilita per ogni
singola coltura di hairy roots. Alcune colture di hairy roots sono facili
da realizzare e relativamente stabili ( questo il caso di Datura e
Nicotiana), mentre pi difficile per altri generi come Catharanthus e
Cinchona. Numerosi sono i fattori che influiscono sulla crescita di
radici trasformate come il pH, il fotoperiodo, la composizione del
mezzo e la forza ionica, il tipo e la concentrazione dello zucchero.
Quando sono definite le condizioni ottimali di crescita, le hairy roots
di solito crescono pi rapidamente delle radici normali.
In genere i mezzi utilizzati per la coltura di hairy roots sono del
tipo Murashige and Skoog (1962), addizionati di vitamine Gamborg
B5 (1968) senza ormoni e senza antibiotici. Alcuni fattori possono

154

Ruffoni B. e Giovannini A.

essere modificati come ad esempio il contenuto di sali inorganici e


vitamine, infatti, cambiando il rapporto ammonio/nitrato da 1/64 a
1/16 si osservato un incremento nella sintesi di antociani in
Euphorbia milii. Anche luce, pH e temperatura rivestono ruoli critici
nella produzione di metaboliti secondari. Le basse temperature ad
esempio provocano stadi di crescita inferiori nelle colture, ma
inducono un maggior accumulo di metaboliti secondari. Unaltra
strategia utilizzata molto frequentemente per aumentare la produzione
di metaboliti secondari l'uso della elicitazione.
Finora, colture di radici trasformate hairy roots sono state
ottenute da pi di 100 specie diverse. I prodotti ritrovati in colture di
radici trasformate comprendono alcaloidi (alcaloidi indolici,
isochinolinici, pirrolizidinici, chinolinici, quinolizidinici, tropanici,
ecc), terpenoidi (monoterpeni, sesquiterpeni, diterpeni, triterpeni,
steroidi, cardenolidi), flavonoidi, composti fenolici (cumarine,
tannini), antrachinoni, chinoni, lignani, proteine, ecc (Tab. 1).
Biomassa indifferenziata colture cellulari
Per biomassa indifferenziata si intendono sia la coltura di callo (in
substrato agarizzato) che la coltura o sospensione cellulare (in terreno
liquido).
Dal punto di vista genetico le colture non organizzate possono
mostrare instabilit cromosomica e cambiamenti nella ploidia.
Tale tessuto indifferenziato si pu indurre con appositi trattamenti
ormonali di frammenti di pianta (foglie, fusti) ottenibili sia da piante
in vivo sia da piante coltivate in vitro. Queste ultime hanno il
vantaggio di essere un materiale gi asettico, mentre il materiale da
vivo viene preventivamente sterilizzato con il rischio di perdere di
vitalit. I trattamenti ormonali necessari per indurre differenziamento
consistono in livelli di auxine diversi secondo la specie e a volte la
variet: acido naftalenacetico (NAA) o 2,4 diclorofenossiacetico (2,4D) essi operano a livelli diversi della programmazione cellulare
inducendo callogenesi e/o embriogenesi somatica.
Il materiale di provenienza risulta estremamente importante per
linduzione di tessuto indifferenziato: maggiore la giovanilit del
tessuto di partenza, maggiore la possibilit di ottenere callo. Il callo

Produzione di biomassa in vitro

155

pi friabile si riesce facilmente a disgregare in sospensione cellulare


che viene filtrata e sincronizzata.
Per caratterizzare e monitorare la crescita cellulare si usano sistemi
diversi: il test al diacetato di fluoresceina permette di verificare la
vitalit cellulare nel momento in cui le cellule trattate con una
soluzione di diacetato lo trasformano in fluoresceina, visibile alla
lampada UV. Il frequente controllo del PCV (Packed Cell Volume) a
seguito di sedimentazione o centrifugazione, permette di valutare la
crescita volumetrica della parte cellulare in relazione al volume totale
della coltura.
La curva di crescita effettuata in condizioni di crescita in batch
(senza rinnovo del liquido colturale) viene costruita con valori di peso
fresco (Fig. 4) e di peso secco. Essa permette di valutare la velocit di
crescita delle varie colture e di identificare il momento migliore per la
sostituzione del substrato colturale o del trattamento con elicitori.La
curva di crescita delle cellule vegetali ha lo stesso andamento delle
curve di crescita batteriche (Fig. 4) nelle quali si riconoscono diverse
fasi caratteristiche come la fase di LAG o latenza, una seconda fase di
crescita esponenziale (logaritmic, LOG, phase), una terza fase di stasi
(stationary phase) ed una quarta fase di senescenza (death phase). I
campioni di materiale vegetale, analizzati a diversi stadi di crescita
permettono di identificare la migliore fase di produzione dei
metaboliti in studio.
Elicitazione
Si pu chiamare elicitazione tutto ci che interferisce con il
metabolismo delle cellule vegetali inducendo una reazione, in genere
difensiva. E stato infatti determinato che, a seguito di stimoli biotici
e/o abiotici, che lorganismo riconosce come stress, vengono attivate
delle linee metaboliche per la produzione di sostanze metaboliche che
tendono a contrastare levento primario. Tale fenomeno riscontrabile
in organismi completi in vivo e in cellule e tessuti vegetali in vitro.
Gli elicitori possono essere appunto biotici quali acido jasmonico,
idrolisato di caseina, cellulasi, macerozyme, estratto di lievito, estratti
fungini, chitina, cio sostanze chimiche che vengono riconosciute

156

Ruffoni B. e Giovannini A.

come appartenenti ad organismi patogeni oppure abiotici come


sostanze osmotiche (mannitolo), metalli pesanti (Ag), radiazioni
luminose (UV), trattamenti termici che agiscono quindi come induttori
fisici di stress. A queste sollecitazione le cellule reagiscono sia
incrementando la quantit dei metaboliti secondari che sono gi in
grado di produrre, sia attivando altre vie metaboliche con conseguente
produzione di una pi vasta gamma di metaboliti.
Gli effetti dei trattamenti con elicitori possono essere visibili gi
nella fase di callo prodotto in terreno solido ma sono decisamente
superiori se il contatto avviene in fase liquida (in vaso o in bioreattore)
con sospensioni cellulari e/o con tessuti (hairy roots). Al fine di
mettere a punto un protocollo produttivo necessario individuare la
fase di crescita cellulare pi reattiva a determinati stimoli. Esempi
efficaci di elicitazione sono riportati nei riferimenti bibliografici a fine
testo. La biomassa vegetale pu quindi, a seconda delle caratteristiche
della specie e dei metaboliti che si vogliono ottenere, beneficiare di
sistemi diversi di allevamento: coltura in substrato solido (in agar in
gelrite o altro); coltura in substrato liquido (stazionaria o in
agitazione); coltura in doppio strato (strato liquido adagiato su strato
solido); coltura in immersione temporanea (contenitori RITA o altro);
coltura in bioreattore.

600
500

freshweight(mg)

400
300
200
100
0
0

16

24

32

daysof culture

Figura 4. Curva di crescita di una coltura cellulare delicriso (sx)


condotta senza la sostituzione del substrato colturale (coltura in batch)
a confronto con una tipica curva di crescita batterica (dx).

157

Produzione di biomassa in vitro

Tabella 1. Esempi di metaboliti secondari in colture di hairy roots.


Famiglia
Solanaceae

Solanaceae

Solanaceae

Apocynaceae

Apocynaceae
Boraginaceae
Campalunaceae

Specie
Atropa belladonna

Hyoscyamus albus,
muticus,
niger,
pusillus,
mturcomanicus
Nicotiana rustica,
tabaccum, hesperis,
cavicola,
glauca,
umbratica
Catharanthus
roseus, tricophyllus

Rauwolfia
serpentina
Llithospermum
erythrorhizon
Llobelia inflata

Leguminosae

Cassia occidentalis,
torosa, obtusifolia

Leguminosae

Astragalus
boeticus,
gummifer,hamosus,
membranaceus,
mongholicus
Glycyrrhiza
uralensis, glabra

Leguminosae

Araliaceae

Panax ginseng

Rubiaceae

Chincona
ledgeriana

Metabolita
secondario
Atropina,
scopolamina
Alcaloidi del
tropano,
hyoscyamina

Riferimenti
Yun
et
al.
(1992);
Hashimoto et al.
(1993)
Sauerwein et al.
(1991); Knopp
et al. (1988)

Nicotina,
anabasina,
anatabina

Parr e Hamill
(1987)

Serpentina,
ajamalina,
catharanthina,
alcaloidi
indolici
Reserpina

Parr
et
(1988)

Shikonina
Lobelina,
poliacetileni
Germichrysone
,
pinselina,
antrachinone
Polisaccaridi,
triterpenoidi,
astragalosidi,
saponine
Glicirrizina,
liquirizigenina,
isoliquirizigeni
na
Ginsengosidi
Chinina

al.

Benjamin et al.
(1994)
Shimomura et
al. (1991b)
Ishimaru et al.
(1991)
Ko et al. (1995)
Ionkova et al.
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e
Alfermann
(1990)
Toivonen
Rosenqvist
(1995)

Yoshikawa
e
Furuya (1987)
Hamill et al.
(1989)

158

Ruffoni B. e Giovannini A.

Bioreattori
Il bioreattore un opportuno sistema fisico/termico di
contenimento, dove si mantengono le cellule in coltura nelle
condizioni ambientali pi favorevoli alla crescita.
I modelli di bioreattore vanno da semplici recipienti che possono o
meno funzionare anche da agitatori, fino a complessi sistemi asettici,
regolati e integrati a vari livelli dagli input che giungono dall'unit
centrale di un computer. Di base i bioreattori sono quindi di due tipi:
1. contenitori non asettici (es. per la fabbricazione della birra, per lo
smaltimento delle acque reflue)
2. contenitori asettici (es. produzione di metabolici secondari,
antibiotici, vitamine e polisaccaridi) (Fig. 5).

Figura 5. Schema dei parametri controllabili in un bioreattore.

Produzione di biomassa in vitro

159

Le modalit principali con cui si coltivano le cellule all'interno di


un bioreattore sono:
1. colture in batch (a sistema chiuso): si allevano le cellule in un
volume fisso di terreno liquido; mentre si sviluppa la crescita, le
sostanze nutritive si consumano e i prodotti della crescita
(biomassa, metaboliti) si accumulano; perci, l'ambiente nutritivo
all'interno del bioreattore soggetto a continue variazioni, che a
loro volta provocano cambiamenti nel metabolismo cellulare.
Infine le cellule cessano di moltiplicarsi, in seguito
all'esaurimento o alla scarsit del nutriente o dei nutrienti e
all'accumulo delle sostanze tossiche di rifiuto, escrete dalle cellule
stesse.
2. colture in fed batch: per fare aumentare la fase stazionaria si
addiziona gradualmente il terreno, cos da aumentare il volume
della coltura
3. colture in perfusione: l'addizione di una certa quantit di terreno
fresco e il prelievo di un ugual volume di terreno usato, privo di
cellule; questo metodo viene applicato anche nelle colture di
cellule animali
4. colture continue: si addiziona ad una coltura in batch, durante la
fase di crescita esponenziale, una certa quantit di terreno fresco e
si preleva un identico volume di terreno con cellule; si ottiene una
crescita pressoch bilanciata, con scarse fluttuazioni nelle
concentrazioni di nutrienti e di metaboliti, nel numero di cellule o
nella quantit di biomassa.
Lo scopo ultimo di ogni processo di fermentazione assicurare
che ogni parte del sistema sia soggetto alle stesse condizioni: tutti i
nutrienti, compreso l'O2, devono essere somministrati in modo che
possano diffondere in ogni cellula, mentre deve essere possibile
rimuovere i prodotti di rifiuto, come la CO2, e gli altri cataboliti
escreti.
La concentrazione dei nutrienti deve mantenersi entro un preciso
intervallo di variazione; i parametri ambientali devono trovarsi nel
range ottimale per la determinata reazione biologica e tutti i reattanti
devono essere immediatamente mescolati e distribuiti in modo
uniforme.

160

Ruffoni B. e Giovannini A.

L'operativit di un bioreattore viene ottimizzata se si rispettano i


seguenti principi guida: il bioreattore deve essere progettato e
costruito in modo da impedire l'ingresso di organismi contaminanti e,
al tempo stesso, la fuoriuscita degli organismi produttori; l'ossigeno
disciolto deve rimanere al di sopra del livello critico e la coltura deve
essere costantemente agitata; i parametri ambientali, come
temperatura, pH ecc., devono essere strettamente controllati, e tutti i
componenti ben miscelati nell'intero volume della coltura.
La produttivit in bireattore pu dipendere da molti fattori quali: Il
tipo di agitazione, i nutrienti utilizzati, i regolatori di crescita, il tipo
aereazione e la concentrazione di ossigeno, gli elicitori, le fasi del
ciclo cellulare, lo stadio della curva di crescita, allaggiunta di resine
per estrarre in continuo dalle cellule e dalle hairy roots i prodotti
accumulati. Per questi casi sono riportati in bibliografia alcuni esempi.
Le lavorazioni a valle
Si occupano di estrarre e purificare il prodotto finale desiderato.
Queste lavorazioni dovrebbero rispettare sempre il criterio di ridurre al
minimo la quantit di prodotto che va perduta. Le lavorazioni a valle
rappresentano una voce che incide in misura rilevante sui costi
complessivi dei bioprocessi, nonostante siano anche l'aspetto meno
affascinante della biotecnologia. Qualunque miglioramento apportato
a questa fase della produzione si risolver in un aumento
dell'efficienza complessiva dei bioprocessi e contribuir a ridurne i
costi.
La prima delle lavorazioni a valle la separazione in fase liquida e
fase solida della coltura contenuta nel bioreattore; quindi seguono la
concentrazione e la purificazione del prodotto, che implicano di norma
molteplici operazioni. I metodi effettivamente in uso o soltanto
proposti comprendono tra gli altri: la distillazione, la centrifugazione,
la filtrazione, l'ultrafiltrazione, l'estrazione con solventi,
l'adsorbimento, la filtrazione con membrane selettive, l'osmosi
inversa, la gel filtrazione, l'elettroforesi e la cromatografia di affinit.
Per essere adatti alla distribuzione commerciale, i prodotti finali dei
processi di purificazione devono possedere un certo grado di stabilit.

Produzione di biomassa in vitro

161

In generale, il mezzo migliore per conferire stabilit consiste in un


processo di disidratazione, per ottenere il quale si pu ricorrere a varie
tecniche: l'essiccazione di liquidi nebulizzati (spray-drying),
l'essiccazione a letto fluido o la liofilizzazione; il metodo prescelto
dipende dal tipo di prodotto e dai costi.
Dopo la messa a punto di un protocollo efficiente a livello
precompetitivo possibile fare unattenta analisi dei costi e dei ricavi
che permette di decidere se passare allo scale-up produttivo. Per
alcune specie tali valutazioni sono gi state effettuate e vi sono
impianti che producono biomassa per prodotti particolarmente pregiati
il caso ad esempio del tavolo prodotto da Taxus baccata, dei
ginsenosidi prodotti da Panax ginseng e dei tanshinoni prodotti da
Salvia milthiorriza.
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165

Caratterizzazione del microambiente e suoi effetti sul


mantenimento in vitro di Passiflora incarnata l.
Mensuali-Sodi A. 1, Lucchesini M. 2, Pacifici S. 2, Maltinti S. 2,
Tognoni F. 2
1
Scuola Superiore S.Anna, Pisa
2
Dip. Biologia delle Piante Agrarie, Universit di Pisa, Pisa
E-mail: mensuali@sssup.it
Riassunto
Lo scopo del presente lavoro stato quello di migliorare la qualit
dei germogli di Passiflora incarnata L. propagati in vitro. Piantine
appartenenti a questo genere, infatti, hanno mostrato difficolt a
crescere in ambienti con ridotti scambi daria. In precedenti lavori
stato definito il protocollo di micropropagazione di questa specie, ma
durante la fase di moltiplicazione si manifestano evidenti sintomi di
senescenza fogliare che compromettono seriamente lesito della
coltura stessa. Le prove sperimentali condotte sono state realizzate
utilizzando espianti costituiti da porzioni nodali di germogli ascellari
ottenuti da colture in attiva proliferazione. In tutti gli esperimenti
stato utilizzato un mezzo di moltiplicazione MS (Murashige e Skoog,
1962) modificato con laggiunta di kinetina (2mg L-1). Per verificare il
ruolo delletilene nei processi osservati si utilizzato SmartFreshSM
(AgroFresh Inc. c/o Rohm & Haas Italia srl) in quantit sufficiente ad
ottenere una concentrazione di 500 ppm di 1-MCP. Tre tipi di
contenitore sono stati utilizzati: Ury da 30 ml in policarbonato
trasparente, Magenta GA-7, 77 x 77 x 97 mm, Screw in
policarbonato trasparente, 70 x 50 mm. La senescenza stata
principalmente correlata con le caratteristiche dei contenitori impiegati
e con laccumulo d'etilene al loro interno. Una marcata ripresa dei
germogli stata osservata a seguito del trattamento con 1-MCP nella
seconda parte della coltura. I risultati ottenuti dimostrano la sensibilit

166

Mensuali-Sodi A. et al.

della P.incarnata alletilene e suggeriscono la possibilit di impiegare


1-MCP per inibire gli effetti deleteri delletilene nella coltura in vitro.
Abstract
The work was conducted with the aim to improve the quality of in
vitro propagated shoots of the medicinal species Passiflora incarnata
L. Plantlets belonging to this genus have difficulty to grow under in
vitro condition with reduced gas exchanges. In our previous work a
method for in vitro plantlet multiplication of P. incarnata L. was
developed but during the active shoot proliferation, leaf senescence
symptoms occurred impairing the successful outcome of the
cultivation. P. incarnata shoots were cultured on a modified MS
medium with Kinetin 2 mg L-1, agar 8 g L-1. Three different culture
vessels were used: Ury vials (PBI, Milan, Italy) 30 ml; Screw (PBI,
Milan, Italy) disposable 200 ml vessels; Magenta GA-7 (Sigma
Chemical Co., St. Louis, USA). To elucidate the role of ethylene in
leaf senescence SmartFreshSM (AgroFresh Inc. c/o Rohm & Haas
Italy srl) powder was used to provides the wished concentration of 1MCP (500 ppm) in the internal headspace of the culture vessels.
Chlorophyll a and b and total carotenoids were detected
spectrophotometrically, ethylene was gas-cromatographycally
determined. Leaf senescence was principally correlated with the
characteristics of the vessels employed and with the accumulation of
abiotic ethylene. A marked renewal of the shoots was observed when
1-MCP was given from the second half of the culture period. The
results obtained demonstrate the sensitivity of P. incarnata to ethylene
accumulation and suggest the possibility to employ 1-MCP to inhibit
deleterious ethylene effects in in vitro culture.
Introduzione
Durante gli ultimi anni linteresse nella propagazione in vitro delle
piante medicinali aumentato per diverse ragioni (Bajaj, 1998). Le
tecniche di coltura in vitro rappresentano un'interessante alternativa

Coltura in vitro di Passiflora incarnata

167

alla normale raccolta di specie selvatiche o alla propagazione


tradizionale, poich permettono una rapida propagazione clonale della
specie d'interesse, il superamento della stagionalit della produzione
di metaboliti secondari e la risoluzione del problema della variabilit
legata alle condizioni meteorologiche e allarea geografica di crescita.
Il genere Passiflora comprende un insieme variegato di piante
rampicanti e legnose, fino ad ora sono state realizzate colture in vitro
quasi esclusivamente per la P. edulis f. flavicarpa con lo scopo di
aumentare la resistenza alle patologie cui soggetta, oltre che ad un
miglioramento della qualit organolettica del frutto edule che produce.
La specie officinale oggetto del presente lavoro la Passiflora
incarnata L., originaria dell'America settentrionale e coltivata
principalmente per la presenza nella droga, costituita da tutta la parte
aerea della pianta, di flavonoidi quali vitexina, apigenina, schaftoside,
crisina, ecc.; tali composti presentano attivit ansiolitiche, sedative e
spasmolitiche.
La P. incarnata pu anche essere propagata per frammenti di
radice o rizomi per talea di fusto, per margotta, propaggine ed innesto;
poche sono, invece, le referenze bibliografiche relative alla coltura in
vitro della P. incarnata, nonostante la sua importanza officinale. I
lavori riguardano la coltura di protoplasti (Otoni et al., 1995) e
libridazione somatica di protoplasti tra P. incarnata e P. edulis f.
flavicarpa (Otoni et al., 1995). Un protocollo di micropropagazione
stato messo a punto da Mingozzi et al. (2003). La micropropagazione
potrebbe essere vantaggiosamente utilizzata per moltiplicare
rapidamente genotipi ad alta produttivit. Tuttavia lesito della coltura
stessa pu essere pesantemente compromesso da fenomeni di
senescenza fogliare che le plantule di questa specie sembrano
evidenziare durante la coltivazione in vitro. Proprio questa difficolt
alla permanenza in vitro della P. incarnata ha indirizzato e focalizzato
il nostro lavoro sul ruolo delletilene nella progressiva senescenza dei
tessuti coltivati in vitro. Come noto, infatti, letilene implicato in
modo specifico nei processi di invecchiamento dei tessuti vegetali.

168

Mensuali-Sodi A. et al.

Materiali e metodi
Moltiplicazione ascellare
La P. incarnata utilizzata in questi esperimenti deriva da semenzali
di un anno allevati in serra. Le piante madri, necessarie per il prelievo
degli espianti, sono state ripetutamente trattate, a cadenza
bisettimanale, con un fungicida ad ampio spettro dazione (Benomyl)
alla concentrazione di 1g L-1. Gli espianti uninodali prelevati dalle
piante madri, sono stati sterilizzati con ipoclorito di sodio (8% di cloro
attivo) al 15% con laggiunta di poche gocce di Tween20 per 15
minuti e successivamente risciacquati per tre volte con acqua distillata
sterile. E stato utilizzato un mezzo basale MS (Murashige e Skoog,
1962) e vitamine del mezzo B5 (Gamborg et al., 1968), glutatione
ridotto GSH (300 mg L-1), acido morfolinetansulfonico MES (500 mg
L-1), Difco Bacto Agar 8 g L-1, 20 g L-1di saccarosio. Il pH stato
aggiustato a 5.8 prima dell'autoclavazione a 120C e 1 atm per 20min.
Sia per la fase iniziale di induzione della proliferazione ascellare sia
per le successive subculture sono stati aggiunti al substrato 2 mg L-1 di
kinetina. Le colture sono state incubate in camera di crescita alla
temperatura di 221 C ed illuminati da tubi fluorescenti da 80 M s-1
m-2 di radiazione fotosinteticamente attiva (PAR).
Misure etilene
I contenitori utilizzati per lanalisi delletilene sono stati dotati di
tappi forati per linserimento di un raccordo di acciaio tipo
Swagelok sul quale collocato un setto di caucci. I campioni di
aria sono sottoposti ad analisi gascromatografica (Mensuali et al.,
1992).
Contenitori
I germogli di P. incarnata sono stati propagati in tre diversi tipi di
contenitore: contenitori Ury da 30 ml in policarbonato trasparente
(Pbi International, Milano) con un singolo espianto; contenitori
Magenta GA-7 (77 x 77 x 97 mm) (Sigma-Aldrich, USA) contenenti

Coltura in vitro di Passiflora incarnata

169

9 espianti; contenitori Screw in policarbonato trasparente (70 x 50


mm) e tappo rosso non trasparente (Pbi International, Milano) con 5
espianti.
I numeri di scambi daria orari sono stati calcolati secondo quanto
riportato in Lucchesini e Mensuali (2000). E stata inoltre valutata la
produzione oraria di etilene in contenitori con il solo mezzo colturale.
Trattamenti con 1-MCP
Come inibitore di attivit delletilene stato utilizzato 1-MCP
(prodotto commerciale al 3% di 1-MCP SmartFresh SM, AgroFresh
Inc. c/o Rohm & Haas Italia srl). Si messa a punto una procedura per
saturare i vasi di coltura Ury utilizzando una quantit nota di polvere
sufficiente ad ottenere una concentrazione di 500 ppm di 1-MCP
allinterno dei contenitori. Sono stati effettuati trattamenti di 6 ore a
cadenza settimanale fin dallavvio della coltura o dopo 15 giorni di
coltura.
Determinazione dei pigmenti
La variazione del contenuto di clorofilla e carotenoidi stata
condotta attraverso misure spettrofotometriche. I campioni di tessuto
fresco sono stati estratti in etanolo al 95% (10:1 ml:g) a 4C per tutta
la notte e il contenuto in pigmenti (g mg-1) stato determinato
secondo la metodologia Lichtenthaler (1987).
Risultati e discussione
La buona riuscita della fase di sterilizzazione degli espianti ha
permesso un avvio ottimale della coltura asettica, senza alcun
impedimento derivante da possibili contaminazioni batteriche o
fungine. Grazie a questo stato possibile avviare una serie di
subcolture di P. incarnata sul mezzo di coltura contenente 2 mg L-1di
kinetina in tubi Ury. Gli espianti utilizzati in questi esperimenti
derivano da tre cicli di subcultura ognuno di 4 settimane effettuati in
vasi Magenta. In tabella 1 sono riportati i valori dei parametri scelti

170

Mensuali-Sodi A. et al.

per caratterizzare tre diversi tipi di contenitori. Da quanto riportato


risulta che ogni singola pianta coltivata ha una diversa quantit daria
a disposizione cos come il grado di aerazione, determinato dagli
scambi con lesterno, differenziato. Inoltre i risultati, ottenuti dalla
determinazione di etilene in contenitori con il mezzo nutritivo ma
senza piante, indicano che allinterno dei vasi rilasciata una quantit
di etilene che significativamente correlata (r2= 0.81) con la quantit
di substrato e quindi di agar utilizzato in ogni vaso. Allinterno del
vaso Magenta, che contiene 50 ml di mezzo, si libera una quantit di
etilene di origine abiotica circa 10 volte superiore a quella che si
evolve nel tubo Ury. Le differenze nel volume dei vasi e nel n di
scambi daria tuttavia fanno s che la concentrazione di etilene
nellambiente in cui le piante si sviluppano sia un terzo di quella
misurata nel tubo Ury. Vari autori, in diverse pubblicazioni, hanno
focalizzato lattenzione sullimportanza della produzione abiotica
delletilene da parte dellagar (Mensuali-Sodi et al, 1992; Leonhardt e
Kandeler, 1987) e sul rilascio di composti fitotossici da parte di
materiali plastici (Woltering,1990), comunemente impiegati nella
realizzazione dei contenitori per la coltura in vitro (polipropilene,
polivinilcloruro), che possano causare effetti negativi paragonabili a
quelli delletilene.
Tabella 1. Caratteristiche dei contenitori utilizzati per la coltura in
vitro di Passiflora incarnata L.
Contenitore Volume
(ml)

Mezzo
(ml)

Aria/pianta Scambi daria Etilene Etilene


(ml)
(n/h)
(nl) (pl/ml)

Ury

30

25

0.6

1.33

33.37

Screw

200

20

36

0.2

3.81

14.35

Magenta

575

50

58

0.8

10.80

11.42

Coltura in vitro di Passiflora incarnata

171

I risultati (dati non mostrati) ottenuti a seguito di un ciclo di coltura


di Passiflora incarnata L., coltivata in vitro durante la fase di
moltiplicazione nei differenti contenitori presi in esame, mostrano che
lo sviluppo di foglie evidenzia un leggero incremento soprattutto nei
contenitori Magenta, mentre il numero di germogli totali rimane
pressoch invariato durante il periodo di subcoltura, dimostrando
quindi, per questo tipo di contenitori, una situazione pi favorevole
per lo sviluppo delle plantule (Lucchesini et al., 2000, Cournac et al.,
1991).
Alla fine del periodo colturale (circa 3 settimane), le foglie
cominciano, tuttavia, a presentare evidenti sintomi di invecchiamento
fogliare. Questo fenomeno si manifesta con una diversa velocit e
intensit secondo il contenitore utilizzato (Chanemougasoundharam et
al., 2004). La concentrazione d'etilene durante la coltivazione delle
plantule pi elevata allinterno dei tubi Ury (Fig. 1A), in queste
condizioni colturali le plantule in proliferazione manifestano seri
sintomi di senescenza (Fig.1B). Nei contenitori in cui il livello di
etilene durante la coltivazione pi basso (Magenta) il fenomeno
attenuato. In varie specie vegetali stato osservato che luso di
contenitori che limitano gli scambi daria con lesterno, causa
laccumulo di etilene a livelli tali da indurre, in specie sensibili come
il garofano (Mel et al., 1982) e come la rosa (De Proft, 1987) sintomi
analoghi a quelli tipici della senescenza. Relativamente ad altre specie
appartenenti al genere Passiflora, stato osservato, in lavori pregressi,
una inibizione della capacit morfogenetica in relazione allaccumulo
di etilene nel vaso di coltura (Faria e Segura, 1997). Oltre a variare il
tipo di contenitore e modificare quindi le condizioni di aerazione della
coltura, si verificata la possibilit di contrastare la tendenza
allinvecchiamento delle plantule di Passiflora utilizzando linibitore
di attivit delletilene 1-MCP. Nonostante sia gi stata ampiamente
dimostrata lefficacia di questo composto, sono pochissimi i casi in
cui si studiata lapplicabilit alle colture in vitro e gli effetti sulla
crescita e sulla differenziazione degli espianti (Arigita et al., 2003;
Pereira-Netto, 2001). I trattamenti con 1-MCP hanno avuto un effetto
positivo sulle foglie delle plantule che, a fine coltura, hanno mostrato
un maggior contenuto di pigmenti (Fig.1C); ci trova conferma nel
noto effetto di questo fitoregolatore sulla degradazione dei pigmenti

172

Mensuali-Sodi A. et al.

125

1.0

Ury
Screw
Magenta

100
75

0
10

15
20
25
periodo di coltura (giorni)

0.0

gialle + absc.T2
gialle + absc.T4
verdi T2
verdi T4

6
5

4
3

gialle + absc.T 2
verdi T 2
gialle + absc.T 4
verdi T 4

3
2
1

Screw

carotenoidi totali

Ury

chl b

Magenta

chl a

n foglie

n foglie

0.6

0.2

25

contr
mcp
mcp15gg

0.4

50

0.8

g m g -1

etilene ( pL m l -1)

clorofilliani (Knee, 1991) Un effetto analogo stato osservato in


colture di Magnolia realizzate in contenitori a diverso grado
d'ermeticit (De Proft et al., 1985) o in colture di Prunus avium
cresciute in atmosfera modificata (Righetti, 1996). Una riduzione netta
dei sintomi di senescenza mostrata anche dal minor numero di foglie
ingiallite ed ascisse rispetto al controllo (Fig.1D). Gli effetti pi
marcati delluso dellinibitore si sono avuti, in particolare, quando il
trattamento stato realizzato nelle ultime due settimane di coltura
quando nel controllo si manifestano pi evidenti i sintomi di
senescenza.

contr.

MCP

MCP 15 gg.

Figura 1. Accumulo di etilene (A) ed evoluzione (T2=2 settimane di


coltura; T4=4 settimane di coltura) del processo di senescenza fogliare
(B) durante la coltura in vitro di Passiflora incarnata L. in diversi
contenitori. Effetto del trattamento con 1-MCP, somministrato
dall'inizio della coltura (MCP) o nella seconda parte (MCP 15gg), sul
contenuto in pigmenti (C) e sull'evoluzione della senescenza fogliare
(D) in plantule micropropagate in tubi Ury.

Coltura in vitro di Passiflora incarnata

173

Conclusioni
In conclusione, la propagazione clonale di Passiflora incarnata L.
pu essere realizzata, partendo da espianti ascellari seguendo un
protocollo specifico. I risultati di questo lavoro, dimostrano che il
fenomeno di senescenza fogliare osservato in vitro pu essere
correlato con le diverse caratteristiche di aerazione dei contenitori e
che possibile migliorare le condizioni colturali modificando i livelli
di etilene cui le plantule sono sottoposte. Le conoscenze acquisite
sulle caratteristiche dei contenitori consentono la scelta del tipo pi
idoneo per la coltura che si vuole realizzare. Per la Passiflora
incarnata il tipo ottimale risultato il contenitore Magenta GA-7,
mentre i contenitori, Screw e Ury hanno accentuato il fenomeno di
senescenza. Gli effetti negativi che sono stati attribuiti allaccumulo di
etilene oltre che modificando gli scambi daria possono anche essere
superati utilizzando sostanze che interferiscono nella attivit
delletilene, luso dellinibitore di attivit 1-MCP ha fornito risultati
soddisfacenti. La recente affermazione di questo prodotto legata
soprattutto agli effetti benefici sulla durata post-raccolta di fiori,
ortaggi e frutti climaterici ma il suo uso nelle colture in vitro non
stato ancora consolidato. Sulla base di questi risultati sembra quindi
possibile ipotizzare unapplicabilit dell1MCP anche per le specie
vegetali coltivate in vitro che, come la Passiflora incarnata,
presentano una evidente sensibilit alletilene.
Bibliografia
1. Arigita, L., Snchez Tams, R., Gonzlez, A. 2003. 1Methylcyclopropene and ethylene as regulators of in vitro
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Coltura in vitro di Passiflora incarnata

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Colture in vitro di Passiflora spp.

177

Elicitazione di colture in vitro di Passiflora per la


produzione di metaboliti secondari
Simeoni E., Fraccaroli M., Toffali K., Ceoldo S., Levi M. e Guzzo F.
Dip. Scientifico e Tecnologico, Universit di Verona, Verona.
E-mail: flavia.guzzo@univr.it
Riassunto
In linee cellulari di P. garckei lelicitazione con estratto di lievito
0,5 mg/ml stimola una rapida produzione di NO e di specie reattive
dellossigeno (ROS) e una successiva produzione di specifici
metaboliti (in particolare, derivati dellacido cumarico e caffeico).
Anche particolari combinazioni di concentrazioni di donatori di NO e
di perossido didrogeno stimolano la produzione di specifici
metaboliti secondari, che sono in corso di determinazione.
Abstract
In suspension cultures of P. garckei treatment with 0,5 mg/ml yet
extract induces a rapid production of NO and reactive oxygen species
(ROS) and at later time the production of specific metabolites (in
particular coumaric and caffeic acid derivatives). Also simultaneous
treatments with particular concentrations of NO and hydrogen
peroxide donors resulted in production of specific metabolites which
are in course of determination.
Introduzione
La produzione di principi attivi da cellule in coltura in vitro
presenta diversi indubbi vantaggi rispetto allestrazione dalle piante
(ad es. assenza di stagionalit e quindi continuit di produzione;

178

Simenoni E. et al.

assenza di patogeni e contaminanti; semplificazione delle procedure di


purificazione; sistemi di produzione GMP). Il costo di produzione
tuttavia elevato. Un abbassamento dei costi di produzione pu essere
ottenuto in vario modo, ad es.mediante selezione di linee stabilizzate
con buona crescita e produttivit, ottimizzazione delle condizioni di
coltura, applicazione di condizioni stressanti o delicitori
Gli elicitori sono fattori biotici o abiotici in grado di indurre nelle
cellule bersaglio risposte morfologiche, fisiologiche e biochimiche,
quali laccumulo di fitoalessine (Zhao et al., 2005). Essi mimano
lattacco di un patogeno, scatenando nelle cellule le opportune
risposte.
Levento delicitazione inizia con la percezione dello stimolo, che
porta allattivazione deffettori, quali canali ionici, proteine leganti
GTP, proteine chinasi ecc. La successiva trasduzione del segnale pu
essere considerata come una rete a componenti multipli, in cui sono
coinvolte varie vie, che funzionano in parallelo o in sequenza, e
culminano nelle diverse risposte, compresa la produzione di metaboliti
secondari (Zhao et al., 2005). La comprensione di questo complesso
insieme di meccanismi scatenati dallevento delicitazione di vitale
importanza per ottimizzare leventuale produzione industriale.
A questo scopo il nostro gruppo sta affrontando lo studio
dellinsieme di risposte scatenate dagli eventi delicitazione in cellule
di Passiflora in coltura in vitro, a partire dallapplicazione dello
stimolo fino alla produzione dei metaboliti secondari.
Materiali e metodi
Linee cellulari in sospensione di Passiflora garckei sono mantenute
in mezzo B5 addizionato con 2,4-D 2 mg/l, cambiando il mezzo ogni
14 giorni, con un inoculo del 4% (peso fresco/volume di coltura). Per
gli esperimenti delicitazione stato preparato un inoculo del 10%, e
dopo 24 ore dal cambio di terreno le colture sono state trattate con un
estratto di lievito commerciale (DIFCO), ad una concentrazione di 0,5
mg/ml di coltura.
La produzione dossido nitrico (NO: insieme di specie reattive del
monossido dazoto, comprendenti la forma radicale NO., il catione

Colture in vitro di Passiflora spp.

179

NO+ e lanione NO-) e di specie reattive dellossigeno (ROS) stata


determinata con metodo fluorimetrico in micropiastre, incubando per
60 min il terreno di coltura condizionato (ovvero nel quale sono state
cresciute le cellule trattate e di controllo) rispettivamente con
diaminofluoresceina 2-diacetato (DAF-DA) alla concentrazione finale
di 14 M per NO e 2,7 diclorofluoresceina diacetato (DCFH-DA)
per i ROS. Per ogni campione sono stati fatti 5 replicati. Come
controllo negativo stato utilizzato un terreno condizionato da cellule
non elicitate, come controlli positivi un terreno trattato con il donatore
dossido nitrico SNP (sodio nitro prusside) per NO e uno con il
sistema glucosio/glucosio ossidasi in grado di generare perossido
didrogeno per i ROS. Questo metodo si dimostrato affidabile, pur in
assenza delle esterasi cellulari necessarie per la rimozione dellacetato,
probabilmente perch la piccola frazione di DAF e DCFH liberi
presenti nel preparato commerciale (nel caso del DCFH da noi
verificato sperimentalmente mediante LC-MS in infusione diretta)
sufficiente per la determinazione di NO e ROS nelle nostre
condizioni.
Per la determinazione dei metaboliti secondari, le cellule trattate e
di controllo sono state prelevate dopo 24, 48 e 96 ore dallinizio del
trattamento, e i metaboliti sono stati estratti con metanolo (4 ml/g di
cellule, peso fresco), per 30 in ghiaccio. I residui cellulari sono stati
quindi eliminati mediante centrifugazione. Lanalisi HPLC-DA degli
estratti metanolici stata condotta utilizzando una colonna C18 in fase
inversa di 250x4,6 mm. I due solventi utilizzati per le analisi
cromatografiche sono: A) 5 % di acetonitrile, 10 % di acido
ortofosforico e 1 % di acido acetico in acqua.; B) metanolo 100%. Gli
spettri di assorbanza delle molecole eluite, da 190 a 600 nm di
lunghezza donda, sono stati confrontati con gli spettri di una libreria
di standard commerciali comprendente diversi flavonoidi, acidi
idrossicinnamici ed idrossibenzoici e loro derivati, alcaloidi.
Per studiare leffetto dei ROS e dellossido nitrico sulla produzione
di metaboliti secondari, le cellule sono state trattate con i donatori di
NO e perossido di idrogeno SNP e glucosio/glucosio ossidasi, a
diverse concentrazioni, singolarmente e in combinazione. Le cellule
trattate sono state raccolte ed analizzate dopo 24 ore. La vitalit

180

Simenoni E. et al.

cellulare stata determinata al microscopio dopo colorazione con


FDA (diacetato di fluoresceina).
Risultati e discussione

pH

Il primo evento scatenato dallaggiunta dellelicitore in cellule in


coltura in sospensione di P. garckei lalcalinizzazione del mezzo di
coltura, la quale inizia dopo 30 secondi dalla somministrazione
dellestratto di lievito (Fig. 1).
6.4
6.35
6.3
6.25
6.2
6.15
6.1
6.05
6
5.95
5.9
5.85
0.00.00

0.43.12

1.26.24

2.09.36

2.52.48

tempo (h)

Figura 1. pH del mezzo di una coltura di P.garckei durante le fasi


precoci di un evento di elicitazione con estratti di lievito. Entro 30
secondi dallaggiunta dellelicitore (freccia) si osserva un aumento del
pH del mezzo.
Tale alcalinizzazione, descritta da molti autori, dipende
probabilmente dalla depolarizzazione della membrana plasmatica
delle cellule, seguita da efflusso di ioni K+ dal citoplasma ed influsso
nel citoplasma di ioni Ca++ e ioni H+ provenienti dal terreno di coltura,
con conseguente acidificazione del citoplasma (Boller, 1995). La
precocissima acidificazione del citoplasma cos generata considerata

Colture in vitro di Passiflora spp.

181

essenziale per la trasduzione del segnale che porter in seguito al


cosiddetto burst ossidativo (Sakano, 2001). Allalcalinizzazione del
mezzo di coltura segue una rapida produzione di NO e di ROS (Fig.
2), che decresce dopo i 30 minuti fino a raggiungere dopo 24 ore
livelli comparabili con quelli del controllo.
40000

controllo
trattato

35000
30000
25000
20000
15000
10000
5000
0
30 min

1h

4h

24h

900000
800000
700000
600000
500000
400000
300000
200000
100000
0

controllo
trattato

30 min

1h

4h

24h

Figura 2. Produzione di NO (a) e ROS (b) in colture di P.garckei


controllo e elicitate con estratto di lievito.
Lanalisi cromatografica di estratti metanolici di cellule elicitate e
di controllo, a tempi diversi dallinizio del trattamento, mostra
lelicitazione di alcuni picchi, che compaiono o aumentano
sensibilmente (Fig. 3). Laccumulo dei metaboliti massimo dopo 24
ore di elicitazione, ma anche dopo 96 ore il livello superiore a quello
del controllo. Analisi preliminari degli spettri di assorbimento e
mediante LC-MS mostrano che fra le molecole elicitate vi sono
derivati dellacido cumarico e caffeico.
Il trattamento simultaneo delle cellule con donatori di NO e
perossido di idrogeno a concentrazioni 0.1875-0.75 mM di SNP e
0.00625-0.025 U/ml di glucosio ossidasi elicita laccumulo di alcuni
metaboliti secondari in corso di determinazione, indicando che la
contemporanea produzione di NO e ROS a livelli controllati in
grado di attivare vie del metabolismo secondario.
Lossido nitrico coinvolto nelle piante nella risposta ipersensibile
che segue un attacco da parte di un patogeno, e si ritiene che abbia un
ruolo nellattivazione di numerosi geni coinvolti nei processi di difesa,
quali i geni che codificano per la fenilalanina ammonio liasi (PAL) e
per la chalcone sintasi (CH) (Zaninotto et al., 2006), due enzimi

182

Simenoni E. et al.

chiave del metabolismo secondario. La produzione di ROS determina


il cosiddetto burst ossidativo: le specie reattive dellossigeno
possono essere direttamente tossiche per i patogeni e sono coinvolte in
importanti eventi di difesa quali il rafforzamento della parete e la
produzione della molecola-segnale acido salicilico (Zaninotto et al.,
2006). Inoltre, durante lattacco da parte di un patogeno, le vie che
coinvolgono lNO e i ROS interagirebbero, ad esempio nellinduzione
della risposta ipersensibile (Zaninotto et al., 2006).

400

400

200

200

mAU

mAU

0
4

10

12

14
Minutes

16

18

20

22

24

400

200

200

mAU

mAU

b
400

0
4

10

12

14
Minutes

16

18

20

22

24

Figura 3. Profili cromatografici di estratti metanolici da cellule di


P.garckei controllo (a) ed elicitate con estratto di lievito (b), 24 ore
dopo linizio del trattamento.
Conclusioni
Questi dati, seppure preliminari, indicano la possibilit di
incrementare la produttivit di specifici metaboliti secondari in colture
in vitro di Passiflora. Esperimenti analoghi in corso nel nostro
laboratorio su colture di altre specie di Passiflora e con altri elicitori, e
prime analisi mediante NMR, confermano questa possibilit. La

Colture in vitro di Passiflora spp.

183

maggiore semplicit del profilo metabolico delle colture in vitro


rispetto alla pianta e la crescita in condizioni controllate che
consentono di confrontare controlli e trattati le rende anche un
materiale adatto per uno studio dei processi di elicitazione con un
approccio di systems biology.
Bibliografia
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Coltura in vitro di Echinacea angustifolia

185

Coltura in vitro mixotrofica ed autotrofica di


Echinacea angustifolia D. C.
Lucchesini M.1, Mensuali-Sodi A.2, Pacifici S.1, Pipino L.1, Tognoni
F.1
1
Dip Biologia delle Piante Agrarie, Universit di Pisa, Pisa.
2
Scuola Superiore S.Anna , Pisa.
E-mail: mlucchesini@agr.unipi.it
Riassunto
Lo scopo di questa ricerca stato quello di studiare ladattabilit
alla coltivazione in vitro di Echinacea angustifolia D. C. a partire da
piante adulte. Nel presente lavoro viene descritto, un protocollo per
linduzione di germogli avventizi da sezioni di stelo fiorale di E.
angustifolia, mediante un substrato minerale agarizzato con 0,6 mg L-1
di BA. Durante la fase di moltiplicazione sono stati alternati pi mezzi
di coltura per migliorare la qualit dei germogli. La radicazione in
vitro stata conseguita ponendo i germogli di E. angustifolia in filtri
di cellulosa imbevuti con mezzo minerale LS a mezza forza
addizionato con 1 mg L-1 IBA senza laggiunta di saccarosio. Per
facilitare il raggiungimento di attivit fotosintetica in vitro
(autotrofia), la coltura stata provvista di un sistema per la
ventilazione forzata. Il 70 % circa delle plantule emette le radici entro
la terza settimana di coltura. Il protocollo qui descritto costituisce un
metodo alternativo allutilizzo di semenzali in quanto consente di
ottenere in breve tempo un numero cospicuo di plantule clonate di E.
angustifolia provenienti da piante adulte selezionate.
Abstract
The growth of Echinacea angustifolia DC. in vitro using adult
tissues was studied. The regeneration of shoots was obtained from

186

Lucchesini M. et al.

sections of flower stalk of open field E. angustifolia adult plants. The


shoot regeneration rate was optimized directly from the flowering
stalk of E. angustifolia cultivated in the light on a agarized medium
supplemented with 0.6 mg L-1 6-benzilamminopurine. The consequent
shoot multiplication protocol was established using in sequence
different media within the same proliferation phase to improve shoot
quality. The rooting phase was established from E. angustifolia shoots
placed into cellulose plugs soaked with LS/2 medium without sucrose
added with 1 mg L-1 IBA. This system was provided with a forced
ventilation by bubbling air at the liquid medium level. The
achievement of the autotrophic growth permit to obtain almost 70 %
of rooted plantlets. This protocol could be performed as alternative to
E. angustifolia plants cultivated by seeds and furnished a reproducing
method to propagate in vitro E. angustifolia plantlets from adult
selected plants.
Introduzione
La necessit di garantire al mercato farmaceutico un
approvvigionamento costante di composti chimici naturali ad attivit
comprovata provenienti da piante medicinali, ha fatto s che nascesse
un vivo interesse per la propagazione vegetativa di specie officinali. In
questo ambito, le tecniche di micropropagazione e di colture di tessuti
in vitro permettono una rapida propagazione clonale di piante
selezionate per le loro caratteristiche fitofarmaceutiche e una
produzione standardizzata dei principi attivi. In particolare, la
selezione clonale di piante ad elevata variabilit fenotipica come nel
caso dellEchinacea spp., e dellEchinacea angustifolia D.C.,
indispensabile per migliorare le caratteristiche sia agronomiche sia
farmaceutiche. In questo contesto la propagazione in vitro di E.
angustifolia permette la standardizzazione delle produzioni dei
principi attivi e, in alcuni casi, pu garantire al raccolto delle
produzioni di metaboliti secondari pi elevate rispetto alla
coltivazione di piante provenienti da seme, che mantengono una
notevole variabilit produttiva anche in termini di metaboliti
secondari. E. purpurea rappresenta la specie pi studiata per quanto

Coltura in vitro di Echinacea angustifolia

187

riguarda la messa a punto dei protocolli di propagazione in vitro. In


questa specie sono state ottenute sia la rigenerazione di germogli a
partire da espianti di semenzali (Coker e Camper, 2000; Choffee et al.,
2000a) sia lorganogenesi da callo originato da tessuti fogliari adulti
(Koroch et al., 2002) nonch lembriogenesi somatica da piccioli
ottenuti da semenzali di due mesi (Choffee et al., 2000b). Poich gli
unici lavori svolti sulla rigenerazione di plantule di E. angustifolia,
sono basati sullutilizzo di semi o semenzali (Harbage, 2001;
Lakhsmanan et al., 2002) da impiegare come fonte di materiale per gli
espianti di partenza, lo scopo della presente ricerca stato quello di
studiare ladattabilit alla coltivazione in vitro di E. angustifolia a
partire da piante adulte. Infatti, solo luso di piante madri adulte pu
consentire una propagazione clonale efficiente e pu garantire la
moltiplicazione di piante selezionate per lalto valore farmaceutico.
Inoltre, i pochi lavori svolti su questa specie hanno rivelato che E.
angustifolia una specie recalcitrante per quanto riguarda la capacit
rizogenetica in vitro e che luso dei fitoregolatori durante questa fase
piuttosto contraddittorio (Harbage, 2001; Lakhsmanan et al., 2002;
Lata et al., 2004). Quindi, in questo lavoro sperimentale, si
focalizzata lattenzione sulla possibilit di mettere a punto un valido
protocollo soprattutto per la fase di radicazione di E. angustifolia che
permetta di ottenere un numero elevato di plantule radicate da avviare
nella fase di produzione in vivo.
Materiali e metodi
Piante adulte coltivate in serra sono state sottoposte, prima del
prelievo degli espianti, a trattamenti ripetuti ogni cinque giorni con
Bavistin, alla concentrazione di 1 g L-1 allo scopo di limitare il pi
possibile linquinamento dei tessuti durante la prima fase della
coltivazione in vitro (fase zero della micropropagazione; Debergh e
Maene, 1981).Gli steli fiorali, prelevati dalle piante adulte e ridotti in
porzioni di circa 10 cm, sono stati sottoposti ad un lavaggio
preliminare in acqua corrente per 16 ore; successivamente sono stati
sterilizzati per 15 minuti con una soluzione di ipoclorito di sodio (8%
di cloro attivo) al 15% e alcune gocce di Tween 20. Dopo tre lavaggi

188

Lucchesini M. et al.

con acqua distillata sterile, gli steli sono stati suddivisi in dischetti
dello spessore di 1-2 mm. In ciascuna capsula Petri ( 5 cm) sono stati
posizionati 5 espianti utilizzando in totale 50 piastre.
Durante le prove di induzione stato utilizzato un mezzo LS
(Linsmaier e Skoog, 1965), addizionato di vitamine di Gamborg B5
(Gamborg et al., 1968), saccarosio 20 g L-1, glutatione ridotto come
antiossidante (GSH) 300 mg L-1, PPM 3 ml L-1 (Plant Preservative
Mixture, Plant Cell Technology Inc., U.S.A., un biocida-biostatico ad
ampio spettro) ed agar 7 g L-1. Come fitoregolatore stata utilizzata
BA (6-benzilamminopurina) alla dose di 0,6 mg L-1; il pH a 5,8 stato
aggiustato prima delautoclavazione. Le piastre sono state posizionate
in camera di crescita a 25 1C con 16 ore di fotoperiodo (80 M s-1
m-2). I rilevamenti sono stati effettuati al termine (quarta settimana)
della prima e seconda subcoltura. I germogli ottenuti dalle prove di
induzione sono stati trasferiti in tubi monouso da 30 ml (1
espianto/tubo, 20 tubi) sul mezzo di moltiplicazione LS addizionato di
vitamine di Gamborg (B5), contenente saccarosio 20 g L-1, GSH 300
mg L-1, PPM 3 ml L-1, BA 0,25 mg L-1ed agar 7 g L-1. I rilevamenti
sono stati effettuati alla quarta settimana di coltura. Per la successiva
fase di proliferazione i germogli sono stati posti per una subcoltura su
un mezzo di allungamento costituito dal substrato minerale di LS a
met concentrazione, privo di vitamine e di ormoni, contenente
saccarosio 15 g L-1, carbone attivo 5 g L-1e agar 7 g L-1poi sono stati
trasferirti, per tutta la fase di moltiplicazione, sul mezzo basale
utilizzato per la fase dinduzione con laggiunta di 0. 5 mg L-1 di BA.
Durante la fase di radicazione sono stati effettuati diversi
esperimenti volti a stabilire la condizione fisico-chimica dellambiente
colturale maggiormente idonea nel garantire unelevata percentuale di
radicazione. Le prove sono state condotte impiegando il mezzo
minerale di LS ridotto a mezza forza non agarizzato e privo di
saccarosio.
1. Induzione di radici tramite pre-trattamento ormonale dei germogli
provenienti dalla fase di proliferazione posti successivamente su
sostegno artificiale. Linduzione stata effettuata al buio per 24h
utilizzando il mezzo minerale basale con laggiunta di 20 mg L-1
acido indol-3-acetico (IAA) e 20 mg L-1 di acido -naftaleneacetico

Coltura in vitro di Echinacea angustifolia

189

(NAA). Successivamente gli espianti sono stati disposti (9


espianti/ vaso, 4 vasi) in Magenta Box (Sigma, Milano).
2. Induzione di radici diretta su sostegno artificiale: germogli
provenienti dalla fase di proliferazione sono stati posti in Magenta
(9 espianti/ vaso, 4 vasi). Al mezzo di coltura basale veniva
aggiunto acido Indol-3-butirico IBA (1 mg L-1).
Le due prove sono state effettuate usando vasi dotati di tappi con
filtro per la ventilazione. La condizione colturale pi convenzionale,
in cui lo scambio di aria allinterno dei vasi era passivo (ventilazione
passiva: no floating), stata paragonata a quella in cui laria, in uscita
da una pompa da acquario e convogliata per mezzo di tubi di silicone,
veniva ultrafiltrata per mezzo di filtri Minisart con porosit da 0.22
m e fatta gorgogliare direttamente nel mezzo liquido sul fondo dei
vasi (ventilazione forzata: floating).
Gli espianti di entrambe le prove sono stati inseriti in filtri di
cellulosa Sorbarods (Baumgartner Papiers, Svizzera) imbevuti di
mezzo liquido privo di saccarosio disposti su sostegni LifeRaft
Membrane raft (Sigma,Milano) (Fig. 1).

Figura 1. Germogli di E. angustifolia posti in un vaso Magenta nel


sistema aerato Floating (sinistra) e particolare dei filtri di cellulosa
Sorbarords (destra).

190

Lucchesini M. et al.

I risultati riferiti alla % di rigenerazione e al numero e lunghezza di


germogli per espianto sono stati espressi come medie errore
standard durante le prove di induzione edi proliferazione. Durante le
prove di radicazione le medie ( e.s.) riferite alla % di radicazione, %
di sopravvivenza, numero e lunghezza delle radici per espianto, sono
state analizzate per mezzo dellanalisi della varianza a due vie e
comparati con il test di Bonferroni (GraphPad Software, Inc. versione
4, 1999-2003). Le medie riferite ai valori percentuali sono state
trasformate in valori angolari prima dellanalisi statistica.
Risultati e discussione
La fase di condizionamento delle piante madri di E. angustifolia,
attuata allo scopo di contrastare linquinamento degli espianti, si
dimostrata indispensabile per ottenere un numero sufficiente di piastre
(40%) del tutto esenti da contaminazione. In effetti, stato proprio
lelevato livello di contaminazione microbica che caratterizza la pianta
adulta, a costringere vari Autori (Harbage, 2001; Lakshmanan et al.,
2002; Lata et al., 2004) a svolgere le ricerche sulla coltura in vitro di
Echinacea a partire da tessuti di semenzali germinati in vitro.
Durante la fase di induzione, si osservata la produzione di callo
verde e compatto nel 100 % delle sezioni di stelo fiorale. I calli hanno
dato luogo a organogenesi di germogli che, alla fine della seconda
subcoltura, hanno mantenuto la capacit rigenerativa (Tab. 1).
I calli ottenuti da espianti di stelo fiorale, hanno mostrato una
buona resa in numero di germogli per espianto dimostrando di
possedere un elevato potenziale morfogenetico, anche se inferiore
rispetto a quella riportata da Choffe et al. (2000) e Koroch et al.
(2002) per E. purpurea. La fase successiva di proliferazione sul mezzo
basale con laggiunta di 0.25 mg L-1 di BA, ha determinato un
progressivo aumento della produzione di germogli ma con un graduale
deterioramento della cultura che assumeva sempre pi le
caratteristiche della vitrescenza. E stato necessario effettuare un
passaggio dei germogli nel medesimo mezzo basale con laggiunta del
solo carbone attivo per ottenere nuovamente una buona qualit della

191

Coltura in vitro di Echinacea angustifolia

coltura che successivamente continua a proliferare sul mezzo basale


con 0.5 mgL-1 di BA senza pi mostrare segni di iperidricit. Poich,
come suggerito da Lakshmanan et al. (2002), la causa principale della
iperidricit nella coltura in vitro di E. angustifolia pu essere indotta
dallimpiego di BA nel mezzo di coltura, stato introdotto un
passaggio intermedio su carbone attivo, che riduce gli effetti negativi
dei fitoregolatori (Debergh e Maene, 1981); ci ha permesso di
ottenere germogli di qualit senza perdita della capacit proliferativa
(Tab. 1).
Tabella 1. Effetto delle fasi della proliferazione sulla resa in numero
di germogli per espianto, lunghezza dei germogli, quantit e qualit
del callo originato da sezioni di stelo fiorale di E. angustifolia durante
la fase di induzione e moltiplicazione. I dati sono presentati come
medie errore standard. CA= intervallo della fase di moltiplicazione
in carbone attivo.
N
Lunghezza Quantit Qualit
germogli
(cm)
di callo del callo
per espianto
verde,
Subcoltura I
2.670.33 0.670.20 +++
comp.
verde,
Subcultura II 3.000.58 0.730.15 +++
comp.

Fasi della proliferazione

Induzione

Moltiplicazione

Moltiplic. I

2.360.40 1.310.14

+/++

CA

1.100.06 1.630.25

Moltiplic. II

1.770.79 1.660.39

iperidrico,
friabile
verde,
compatto
basale,
verde

Per quanto riguarda la fase di radicazione, gli esperimenti


precedentemente condotti su terreni agarizzati (dati non mostrati) non
hanno prodotto alcun risultato, inibendo completamente il processo
rizogenetico. Poich alcuni Autori (Lakshmanan et al., 2002), hanno
osservato che la moderata presenza di auxine nel mezzo di coltura pu
inibire la radicazione dei germogli. E. angustifolia, mentre altri

192

Lucchesini M. et al.

(Harbage, 2001) affermano che, per E. angustifolia a differenza di E.


purpurea, non possibile la radicazione in mezzi privi di questi
fitoregolatori, si voluto indagare se una presenza temporanea di
auxine (esperimento a) e la messa in coltura in condizioni in grado di
indurre autotrofia, potessero portare beneficio alla fase di radicazione
(Lucchesini et al., 2001; Lucchesini et al., 2006). Lautotrofia stata
indotta impiegando un mezzo privo di saccarosio fornendo una
maggiore aerazione al sistema colturale garantita sia dallimpiego di
filtri di cellulosa per il sostegno delle plantule sia dai maggiori scambi
di aria nello spazio di testa dei vasi.
I risultati riassunti nella figura 2 mostrano che la presenza della
ventilazione forzata (floating) determina una maggiore produzione di
germogli radicati e che la presenza di IBA nel mezzo di coltura
migliora ulteriormente tale percentuale.
100
***

80
***

60
***

40

40

20

20

***

12

7.5

5.0

cm

N radici/espianto

60

survival %

rooting %

80

100
IAA-NAA 24h
IBA

2.5

3
0

float

no float

float

no float

0.0

Figura 2. Effetto dei diversi tipi di ventilazione allinterno dei vasi


(float e no float) e dei diversi trattamenti ormonali (immersione
temporanea:IAA-NAA per 24 ore oppure Iba nel mezzo di coltura)
durante la fase di radicazione in vitro di E. angustifolia. I valori sono
espressi come medie errore standard (n=9); ANOVA test * P 0.05,
**P 0.01, ***P0.001.

Coltura in vitro di Echinacea angustifolia

193

Per quanto riguarda la sopravvivenza, la condizione pi aerata


consente di ottenere un maggior numero di plantule vitali e radicate a
prescindere dal tipo di fitoregolatore impiegato: lincremento degli
scambi daria allinterno dei vasi di coltura evita che si verifichino gli
accumuli di umidit e di etilene che influenzano negativamente le
colture in vitro (Jackson et al. 1991, Kozai 1991).
Il numero e la lunghezza delle radici decresce in presenza del
trattamento con maggiore aerazione mentre lassenza di ventilazione
forzata fa risaltare leffetto del trattamento ormonale. La condizione
fisica del microambiente determinata dalla ventilazione forzata
(Buddendorf-Joosten e Woltering, 1994; Solrov e Pospilov 1997)
e un substrato con ridotta concentrazione di sali minerali e senza
saccarosio (Lata et al., 2004; Koroch et al., 2003), conducono le
plantule di E. angustifolia verso lacquisizione di autotrofia
consentendo alle colture sia di migliorare la crescita grazie
allincremento dellattivit fotosintetica ma anche di raggiungere una
media del 70% di radicazione. Inoltre luso di sostegni artificiali quali
i filtri di cellulosa ha contribuito ulteriormente allo sviluppo autotrofia
poich permettono una maggiore aerazione anche a livello del
substrato (Afreen-Zobayed et al. 2000, Kirdmanee et al., 1995).
Conclusioni
In base ai risultati di questo lavoro, stato possibile mettere a
punto per la prima volta un metodo per la propagazione in vitro di E.
angustifolia da pianta adulta. Il metodo pi efficiente e innovativo per
ottenere il maggior numero di piante radicate stato quello di allestire
la coltura sterile di plantule di E. angustifolia in un sistema areato
molto simile al floating dellidroponica realizzato in miniatura. Il
metodo per propagare in vitro E. angustifolia consente in breve tempo
di ottenere un numero elevato di piante di qualit da immettere sul
mercato e da utilizzare per lestrazione di principi attivi standardizzati.

194

Lucchesini M. et al.

Bibliografia
1. Afreen-Zobayed, F., Zobaied, S.M.A., Kubota, C., Kozai, T.,
Hasegava, O. 2000. A combination of vermiculite and paper pulp
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sweet potato. Plant Science 157: 225-231.
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Echinacea purpurea: Induction of root organogenesis from
hypocotyl and cotyledon explants. Plant Cell Tiss. Org. Cult. 62:
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3. Choffe, K.L., Victor, J.M.R., Murch, S.J., Saxena, P.K. 2000. In
vitro regeneration of Echinacea purpurea L.: direct somatic
embryogenesis and indirect shoot organogenesis in petiole culture.
In vitro Cell. Dev. Biol. Plant. 36: 30-36.
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6. Gamborg, O.L., Miller, R.A., Ojima, K. 1968. Nutrient
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8. Jackson, M.B., Abbott, A.J., Belcher, A.R., Hall, K.C., Butler, R.,
Cameron, J.1991. Ventilation in plant tissue culture and effects of
poor aeration on ethylene and carbon dioxide accumulation,
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9. Kirdmanee, C., Kitaya, Y., Kozai, T. 1995. Effects of CO2
enrichment and supporting material in vitro on photoautotrophic
growth of Eucalyptus plantlets in vitro and ex vitro. In vitro cell.
Develop. Biol. Plant. 31: 144-149.

Coltura in vitro di Echinacea angustifolia

195

10. Koroch, A., Juliani, H.R., Kapteyn, J., Simon, J.E. 2002. In vitro
regeneration of Echinacea purpurea from leaf explants. Plant Cell
Tiss. Org. Cult. 69: 79-83;
11. Koroch, A.R., Kateyn, J., Juliani, H.R., Simon, J.E. 2003. In vitro
regeneration of Echinacea pallida from leaf explants. In vitro Cell.
Dev. Biol. 39: 415-418.
12. Kozai, T. 1991. Autotrophic micropropagation. In Biotechnology
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I vol. pp 313-343.
13. Lakshmanan, P., Danesh, M., Taji 2001. Production of four
commercially cultivated Echinacea species by different methods
of in vitro regeneration. Journal of Horticultural Science &
Biotechnology 77: 158-163.
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Echinacea angustifolia: A Protocol Refinement using Shoot
Encapsulation and Temporary Immersion Liquid System. ISHS
Acta Hort. 629: 409-414.
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Lumsden, P.J., Nicholas JR Davies, W.J. (eds.), Kluwer Academic
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17. Lucchesini, M., Mensuali-Sodi, A., Massai, R., Gucci, R. 2001.
Development of autotrophy and tolerance to acclimatization of
myrtle (Myrtus communis L.) transplants cultured in vitro under
different conditions. Biologia Plantarum 44:167-174.
18. Lucchesini, M., Monteforti, G., Mensuali Sodi, A., Serra, G.
2006. Leaf ultrastructure, photosynthetic rate and growth of myrtle
plantlets under different in vitro culture conditions. Biologia
plantarum 50: 161-168.
19. Solrov, J., Pospilov, J. 1997. Effects of carbon dioxide
enrichment during in vitro cultivation and acclimation to ex vitro
conditions. Biol. Plant. 39: 23-30.

Metaboliti secondari da piante micropropagate di E. angustifolia

197

Metaboliti secondari da piante adulte micropropagate di


Echinacea angustifolia L.
A. Bertoli1, L. Luciardi1, M. Lucchesini2, A. Mensuali Sodi3 L.
Pistelli1,
1
Dip. Chimica Bioorganica e Biofarmacia, Universit di Pisa, Pisa
2
Dip. Biologia delle Piante Agrarie, Universit di Pisa, Pisa
3
Scuola Superiore di Studi e Perfezionamento SantAnna, Pisa
E-mail: luipi@farm.unipi.it
Riassunto
Lanalisi quali-quantitativa mediante LC-DAD-ESI-MS su estratti
metanolici di colture di Echinacea angustifolia e di piante cresciute in
serra ha messo in evidenza la presenza di derivati caffeolchinici
comunemente considerati marker della pianta spontanea, quali gli
acidi caffeico, cicorico, clorogenico, caftarico e echinacoside.
Particolare attenzione stata dedicata anche alla classe di composti
nota come alchilammidi, considerando come marker rappresentativo il
composto isobutilamide dellacido dodeca-2E,4E,8Z,10E-tetraenoico.
Le alchilammidi sono metaboliti secondari rappresentativi del genere
Echinacea e sembrano avere un ruolo rilevante nella determinazione
delle propriet farmacologiche riconosciute allEchinacea.
Abstract
The metabolite production in Echinacea angustifolia shoots and
greennhouse three month-old plants was performed both on the nhexanic and methanolic extracts. Caffeolquinic acid derivatives
(chlorogenic, caffeic, caftaric, cichoric acids and echinacoside) and
dodeca-2E,4E,8Z,10E-tetraenoic acid isobuthylamide, chosen as
representative for the alkamides, were considered as markers for the
quali-quantitative LC-DAD-ESI-MS analyses. The alkamides are

198

Bertoli A. et al.

considered important for the biological activities of Echinacea


angustifolia extracts.
Introduzione
Limpulso registrato negli ultimi anni verso il consumo di rimedi a
base di estratti naturali ha portato ad una crescente richiesta da parte
dellindustria del settore di materiale vegetale grezzo e di estratti
standardizzati. Soddisfare tale esigenza per specie di origine
extraeuropea come Echinacea non cosa semplice, in quanto risulta
ancora difficile trovare sul mercato materiale di propagazione
certificato.
Le piante appartenenti al genere Echinacea sono note per
problematiche relative alla loro germinazione, che rappresenta la
prima importante tappa da superare per procedere nella loro
propagazione sia in vitro che in vivo. Oltre a ci, occorre tenere
presente che lutilizzazione di tale materiale vegetale come materia
prima per lindustria di trasformazione, possibile solo se viene
garantita una produzione adeguata di principi attivi o metaboliti
secondari caratteristici. (Bauer et al., 1989; Bauer et al., 1991; Bauer
et al.,1988).
Metaboliti secondari estratti da germogli micropropagati di E.
angustifiolia
Questo studio stato effettuato su tessuti di piante micropropagate,
derivanti da steli fiorali, e campioni di Echiancea angustifolia ottenuti
da semenzali di 4 mesi cresciuti in serra. Il materiale vegetale stato
estratto mediante macerazione con solventi a polarit crescente in
successione. Gli estratti ottenuti sono stati analizzati mediante LCDAD-ESI-MS per valutare la produzione in metaboliti secondari
caratteristici (Bauer et al., 1989; Bauer et al., 1991; Bauer et al.,1988).
Derivati caffeolchinici quali acido clorogenico, caffeico, caftarico,
cicorico, echinacoside e una composto di tipo alcammidico
(isobutilammide dell acido dodeca-2E,4E,8Z,10E-tetraenoico) sono

Metaboliti secondari da piante micropropagate di E. angustifolia

199

stati scelti come markers per le analisi quali-quantitative degli estratti.


(Fig.1) .

Figura 1. Formula di struttura dei composti utilizzati come markers


nellanalisi LC-MS-ESI-DAD.
Il composto di tipo alcammidico utilizzato come markers stato
precedente isolato dallestratto esanico di E. purpurea var. redcone e
identificato mediante analisi NMR e spettrometria di massa. Tale
composto stato utilizzato come standard di riferimento dopo avere
accertato un grado di purezza pari al 98% mediante analisi HPLCDAD-ESI-MS.

200

Bertoli A. et al.

Sono state evidenziate importanti differenze nella produzione sia


dellalcammide considerata che dei derivati caffeolchinici e sono state
messe in relazione con lo stadio di crescita dei campione analizzati.
Infatti una significativa produzione del composto alkammide (6)
stata rilevata nei campioni di germogli di E. angustifolia prelevati
nella fase di induzione della coltura in vitro rispetto a quelle
successive (sia in vitro che in vivo dopo tre mesi di adattamento in
serra). I derivati caffeolchinici, in particolare acido clorogenico,
cicorico e echinacoside sono risultati tipici metaboliti dei germogli di
E. angustifolia durante la fase di sviluppo nel mezzo di coltura.
Le differenze quali-quantitative osservate nella produzione dei
metaboliti considerati in questo studio potranno essere utilizzate per la
selezione di materiale vegetale ottenuto da colture di E. angustifolia.
Bibliografia
1. Bauer, R., Remiger, P., Wagner, H., 1989. Alkamides from the
roots of Echinacea angustifolia, Phytochemistry, vol. 28, n. 2:
505-508.
2. Bauer, R., Remiger, P., Wagner, H. 1988. Alkamides from the
roots of Echinacea purpurea. Phytochemistry, Vol. 27, No. 7:
2339-2342.
3. Bauer, R., Wagner, H., 1991. Echinacea species as potential
immunostimulatory drugs, in: Farnsworth, N. R. and Wagner, H.
(Eds.), Economic and medicinal plant research, 5. New York, NY:
Academic Press, pp. 253-321.

201

Attivit di alcuni enzimi del metabolismo dei


fenilpropanoidi in foglie di Passiflora incarnata L.
coltivata in vivo o in vitro
Guidi L., Montanari M., DeglInnocenti E.
Dipartimento di Chimica e Biotecnologie Agrarie, Universit di Pisa
E-mail: guidilu@agr.unipi.it
Riassunto.
Nel lavoro vengono studiate le attivit di alcuni enzimi coinvolti
nel metabolismo dei fenilpropanoidi, come la scichimato deidrogenasi
(SKDH), la fenilalanina ammonio liasi (PAL) e la calcone isomerasi
(CHI) in tessuti fogliari di piante di P. incarnata coltivate in vaso o in
vitro. Nelle piante allevate in vaso let della foglia determinava
variazioni significative nellattivit della PAL e CHI, con valori
elevati nelle foglie completamente espanse. Anche nelle piante
coltivate in vitro sono state evidenziate differenze in relazione alla
tecnica di coltivazione: le piante in eterotrofia presentavano valori di
attivit di PAL, SKDH e CHI pi elevati rispetto a quelle coltivate in
autotrofia.
Abstract
In leaf tissues of Passiflora incarnata grown in pots and in vitro,
the activities of some enzymes involved in phenylpropanoid pathway,
as schikimate dehydrogenase (SKDH), phenylalanine ammonia lyase
(PAL) and chalcone isomerase (CHI) has been studied. In plants
grown in pots significant differences in the activities of PAL and CHI
has been found, being highest when leaves were completely
expanded. Also in plants grown in vitro has been recorded
differences linked to the substrate utilized. In fact, when plants were

202

Guidi L. et al.

grown with sucrose as carbon source, PAL, SKDH and CHI showed
values higher in comparison with plants grown in autotrophia
Introduzione
Un farmaco definito un composto chimico in grado di prevenire
o curare le malattie ed in base a ci la probabilit di trovare nelle
piante costituenti chimici che possiedono queste propriet elevata;
daltra parte, le piante sono state utilizzate nella prevenzione o cura
delle malattie per centinaia di anni sino allavvento della medicina
moderna. Gli organismi vegetali sono, infatti, in grado di sintetizzare
un gran numero di composti chimici in ragione del fatto che sono
sessili e debbono evolvere una vasta gamma di meccanismi di
adattamento nei confronti dellambiente in cui vivono. I metaboliti
secondari sono, infatti, i composti chimici che svolgono un ruolo
chiave nelle interazioni delle piante con lambiente che le circonda.
In questo senso ladattamento biochimico, in grado di operare a
diversi livelli dei processi metabolici, compreso il metabolismo
secondario, il principale responsabile della biodiversit chimica
delle piante.
Passiflora incarnata L. (fiore della passione) impiegata da secoli
in tutto il mondo per il trattamento dellansia e dellinsonnia ed anche
nel trattamento contro lepilessia, gli spasmi muscolari e malattie
simili. Studi fitochimici hanno evidenziato la presenza di vari
flavonoidi, composti glicosidici, alcaloidi dellarmalo ed il maltolo
(derivato -benzopiranico) (Dhawan et al., 2004). In realt scarsa
letteratura riguardante gli aspetti biochimici coinvolti nella sintesi di
queste sostanze.
Limpiego delle piante medicinali aveva subito un rapido declino
nei paesi occidentali dopo lavvento della chimica di sintesi, anche se
era ancora una pratica diffusissima nei paesi del terzo mondo. Negli
ultimi anni la situazione nuovamente cambiata e limpiego dei
prodotti medicinali vegetali cresciuto in modo stupefacente
(Giachetti e Monti, 2005). Ci ha determinato una proliferazione
delle ricerche riguardanti limpiego di estratti vegetali in medicina e
luso di particolari biotecnologie per la coltivazione delle piante in

Attivit enzimatica in Passiflora incarnata

203

modo tale da incrementare la produzione di costituenti fitochimici


(Vanisree et al., 2004). A questo fine le tecniche in vitro
rappresentano certamente un nuovo approccio biotecnologico che
pu permettere la produzione, anche a livello industriale, di
metaboliti secondari. La micropropagazione di specie vegetali
permette, infatti, una rapida propagazione clonale di piante
selezionate per le caratteristiche dei loro principi attivi (Harbage,
2001).
In questa ottica si inserisce questo studio che era finalizzato alla
analisi dellattivit di alcuni enzimi coinvolti nel metabolismo dei
fenilpropanoidi in piante di Passiflora incarnata coltivate in vivo o in
vitro.
Materiali e metodi
Tutte le prove sperimentali sono state condotte presso il
Dipartimento di Biologia delle Piante Agraria dellUniversit di Pisa.
Coltivazione in vaso: semi di P. incarnata, gentilmente concessi da
ABOCA S.p.A. (Sansepolcro, AR), sono stati posti a germinare in
cella di crescita a 25C. Circa un mese dopo la germinazione, le
piantine sono state trapiantate in vaso con una miscela di terriccio e
perlite (50/50;p/p), trasferite in serra e sottoposte a nebulizzazione e
fertirrigazione. Nella primavera le piante erano nuovamente rinvasate
e trasferite allaperto sotto un ombrario e quotidianamente irrigate. Le
prove sono state condotte nel periodo agosto-ottobre 2005.
Coltivazione in vitro: per la fase del prelievo, sterilizzazione e
messa in coltura degli espianti si seguiva il metodo riportato da
Mingozzi et al. (2003). Il mezzo di coltura utilizzato per la
coltivazione delle piante in vitro era costituito da: mezzo basale LS
(Linsmeier e Skoog, 1965), 300 mg L-1 glutatione, 8 g L-1 Agar (Difco
Bacto). La concentrazione di saccarosio nel mezzo variava in funzione
delle condizioni di auto- o eterotrofia che si volevano indurre, ed in
particolare 0 e 30 g L-1.
Sulle foglie di P. incarnata coltivata in vivo o in vitro stata quindi
determinata lattivit specifica degli enzimi scichimato deidrogenasi
(SKDH), fenilalanina ammonio liasi (PAL), cinnamil alcool
deidrogenasi (CAD) e calcone isomerasi che catalizzano importanti

204

Guidi L. et al.

steps del metabolismo dei fenilpropanoidi. Lattivit degli enzimi


SKDH e CAD stata determinato seguendo i metodi riportati in Guidi
et al. (2005); per lenzima PAL lestrazione e la determinazione erano
eseguite secondo il metodo di DeglInnocenti et al. (2005). Lenzima
CHI stata determinata secondo il metodo di Fofana et al. (2002) con
piccole modifiche.
I dati sono stati quindi sottoposti ad analisi della varianza ad una
via e le medie erano confrontate mediante il test della DMS0.05
(Differenze Minima Significativa). La fonte di variabilit era
rappresentata nellallevamento in vivo dai giorni di coltivazione. I dati
provenienti dalle piante coltivate in vitro in due substrati diversi, sono
stati sottoposti al test del t di Student.
Risultati e discussione
I dati delle attivit specifiche degli enzimi SKDH, PAL, CAD e
CHI determinate sulle foglie delle piante di P. incarnata coltivata in
vitro sono riportati in tabella 1. I dati si riferiscono ai diversi tipi di
coltura artificiale: 0 (autotrofia) e 30 (eterotrofia) corrispondono alle
concentrazioni di saccarosio (g L-1) presenti nel mezzo di coltura.
Le piante coltivate in vitro in coltura autotrofa presentavano nei
tessuti fogliari della P. incarnata un valore significativamente pi
basso dellattivit della SKDH rispetto a quelli delle piante coltivate in
eterotrofia. In considerazione del fatto che lattivit di questo enzima
determinante per la sintesi degli aminoacidi aromatici fenilalanina,
tirosina e triptofano, possiamo supporre che la minore attivit
registrata nelle piante coltivate in autotrofia sia connessa ad una
minore necessit che queste piante hanno di amminoacidi per la sintesi
delle proteine.
Daltra parte lattivit catalitica della PAL era significativamente
pi elevata nelle piante coltivate in autotrofia e ci potrebbe indicare
che nei tessuti di queste piante c una maggiore diversione del
metabolismo dello scichimato verso la produzione di metaboliti
secondari tra cui fenoli semplici. Come ben noto la P. incarnata un
importante pianta medicinale che presenta elevati contenuti in
flavonoidi nei tessuti fogliari (Menghini et al., 1993). La formazione
della struttura di base per la sintesi dei flavonoidi prevede una serie di

Attivit enzimatica in Passiflora incarnata

205

reazioni fra le quali quella catalizzata dalla calcone isomerasi. Questo


enzima opera la ciclizzazione dellanello eterociclico centrale del
4,2.4,6-tetraidrossicalcone e determina la sintesi della naringenina e
la ciclizzazione del 4,2,4-triidrossicalcone nel composto 7,4diidrossiflavanone, substrato per la sintesi degli isoflavonoidi.
Lattivit di questo enzima era significativamente pi alta nelle piante
coltivate in eterotrofia ad indicare quindi che, tra le due modalit di
coltivazione in vitro, questultima sembra essere pi idonea alla
produzione ed accumulo di metaboliti secondari. Non si sono invece
rilevate differenze nellattivit della CAD, lenzima coinvolto nelle
sintesi dei composti di base della lignina, tra i tessuti delle piante
coltivate in auto- o eterotrofia.
Tabella 1. Attivit specifica di diversi enzimi (per mg di proteine) in
foglie di Passiflora incarnata coltivata in vitro. I dati rappresentano la
media di 3 repliche SD. Nellultima colonna viene riportata la
significativit della differenza tra i valori nei due mezzi di coltura a
seguito del test del t di Student (***: P < 0.001; **: P<0.01; NS:
P>0.05).

SKDH (moli NADP+ min-1 mg-1)


CAD (nmoli coniferaldeide min-1 mg-1)
PAL (moli trans-cinnammico min-1 mg-1)
CHI (ABS min-1 mg-1)

Coltura
autotrofa
2.07
0.002
0.46
0.005
0.92
0.001
1.10
0.027

P
Coltura
eterotrofa
***
8.21
0.031
NS
0.42
0.012
**
0.29
0.003
**
1.73
0.022

Nella tabella 2, sono riportate le attivit specifiche degli enzimi del


metabolismo dei fenilpropanoidi determinate in foglie di P. incarnata
allevate in vaso. Le analisi sono state condotte in tempi diversi durante
il processo di espansione della foglia. Il momento 0 corrispondeva al

206

Guidi L. et al.

momento in cui la foglia aveva raggiunto unarea di almeno 10 cm2. I


prelievi successivi sono stati effettuati ad una cadenza di 10 giorni
luno dallaltro e sino a quando la foglia non aveva raggiunto la sua
completa espansione.
Lattivit della SKDH non variava durante lontogenesi fogliare,
mentre lattivit della PAL aumentava significativamente sino alla
completa espansione. Lenzima PAL non certamente lenzima che
sintetizza flavonoidi e, ad oggi, non sono note correlazioni tra la sua
attivit e laccumulo di flavonoidi. Tuttavia, lattivit della PAL
determina la sintesi dellacido cinnamico che rappresenta il precursore
della maggior parte dei fenilpropanoidi, flavonoidi compresi. Questo
dato corroborato anche dai risultati ottenuti dalla determinazione
dellattivit dellenzima CHI che presenta un andamento, nel tempo,
abbastanza simile a quello dellenzima PAL e caratterizzato da un
significativo aumento dellattivit al momento della completa
espansione della foglia.
Tabella 2. Attivit specifica (per mg di proteine) di diversi enzimi in
foglie di Passiflora incarnata coltivata in vaso durante lontogenesi
fogliare. I dati rappresentano la media di 3 repliche SD. Per ciascun
parametro medie con lettere uguali non sono significativamente
diverse per P = 0.05.
Espansione fogliare (giorni)
SKDH (moli
NADPmin-1mg-1)
PAL (moli transcinnammico min-1
mg-1)
CAD (nmoli
coniferaldeide
min-1 mg-1 prot.)
CHI
(ABS min-1 mg-1)

0
1.43 0.02
a

10
1.67 0.06
a

20
1.06 0.03
a

30
1.42 0.05
a

0.88 0.10
bc

0.59 0.03
c

1.05 0.03
b

1.76 0.04
a

0.42 0.01
a

0.18 0.01
b

0.30 0.01
ab

0.17 0.01
b

0.54 0.03
b

0.26 0.08
b

0.45 0.07
b

12.42 4.85
A

Attivit enzimatica in Passiflora incarnata

207

Abbastanza complesso appariva landamento dellenzima CAD,


caratterizzato da una significativa riduzione durante le prime fasi di
espansione della foglia (10 giorni) e, quindi, un incremento al 20
giorno; tuttavia, il valore dellattivit della CAD alla fine della
sperimentazione presentava valori significativamente pi bassi.
Conclusioni
Scopo del presente lavoro era la valutazione di due tecniche di
coltivazione di P. incarnata mediante la stima dellattivit di alcuni
enzimi coinvolti nel metabolismo dei flavonoidi, importanti costituenti
fitochimici di questa specie. I risultati ottenuti con la tecnica della
coltivazione in vitro hanno evidenziato differenze significative in
funzione del substrato di coltivazione con una notevole riduzione
dellattivit di importanti enzimi, come la PAL e la CHI, nei tessuti
fogliari delle piante cresciute in autotrofia.
Anche nelle foglie delle piante allevate in vaso sono state registrate
differenze legate essenzialmente allo sviluppo della foglia, con i valori
pi alti dellattivit specifica della PAL e CHI rilevati al momento
della completa espansione fogliare.
I risultati ottenuti rappresentano solo una piccola parte di una
tematica pi ampia che riguarda la valutazione delle vie biosintetiche
dei metaboliti secondari di interesse farmacologico e linfluenza che le
tecniche di coltivazione possono avere sulla loro stimolazione o
repressione. Questo primo approccio stato tuttavia utile perch ci ha
permesso di evidenziare come i substrati utilizzati nella tecnica in
vitro o lo stadio di sviluppo della foglia delle piante allevate in vaso
influenzino significativamente lattivit di importanti enzimi coinvolti
nella sintesi dei flavonoidi, quali la PAL e la CHI:
Ringraziamenti
Questo lavoro stato svolto grazie ad un contributo MIUR
(Progetto Nazionale), Roma.

208

Guidi L. et al.

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cultures. Bot. Bull. Acad. Sin. 45: 1-22.

209

Caratterizzazione di piante di H. stoechas (L.) Moench


rigenerate da hairy roots: architettura della pianta ed attivit
biologica
Giovannini A.1, Mascarello C. 1, Pipino L. 1, Ruffoni B1, Nostro A. 2
1
CRA Istituto Sperimentale per la Floricoltura di Sanremo, Sanremo
E-mail: annalisa.giovannini@entecra.it
2
Dipartimento Farmaco-Biologico, Sezione Microbiologia, Facolt di
Farmacia, Universit di Messina, Villaggio Annunziata, Messina
E-mail: atnostro@pharma.unime.it
Riassunto
Il ceppo selvatico di Agrobacterium rhizogenes (ATCC 15834)
stato utilizzato per indurre hairy roots in un clone di Helichrysum
stoechas micropropagato. Le hairy roots sono state isolate e coltivate
in vitro su un substrato privo di fitoregolatori. Le piante rigenerate da
quattro linee (B,E,M ed N), originate da eventi indipendenti di
trasformazione, sono state ulteriormente propagate ed infine
ambientate in serra. Dalle piante ambientate delle quattro linee
transgeniche e dal controllo non trasformato sono state effettuate talee
per le prove agronomiche di confronto varietale svolte nel 2005 e nel
2006. Sono stati raccolti i seguenti dati: altezza e diametro della
pianta, numero e lunghezza delle branche principali, diametro e
numero totale di infiorescenze, struttura del corimbo, data
dell'avvenuta fioritura. I semi derivati da libera impollinazione del
2005 sono stati raccolti e seminati. Sulla progenie stata effettuata
un'analisi genetica per vedere la segregazione del gene rolC di A.
rhizogenes e sulle piante sono state rilevate alcune caratteristiche
morfologiche. I capolini di ogni genotipo sono stati essiccati ed
estratti in etanolo. Lattivit antimicrobica di tali estratti stata
valutata nei confronti di batteri Gram negativi, Gram positivi e miceti
mediante test di diffusione e valutazione della minima concentrazione
inibente (MIC). L'analisi statistica dei dati ha messo in evidenza

210

Giovannini A. et al.

differenze significative per quanto riguarda l'architettura della pianta e


delle infiorescenze fra le linee rigenerate da hairy roots ed il controllo,
mentre l'attivit antibatterica degli estratti dei capolini non stata
modificata.
Abstract
Agrobacterium rhizogenes 15834 wild type strain was effective to
induce hairy roots in one Helichrysum stoechas (fam. Asteraceae)
micropropagated plant clone. Shoots developed spontaneously from
hairy roots on hormone-free medium, in light conditions. T-DNA
rolC gene was detected by PCR analysis in four hairy rootregenerated plant lines (B, E, M and N), originated from independent
transformation events. About twenty rooted plants deriving from each
of the hairy root lines and from the control were acclimatized in the
greenhouse. Untransformed plants were used as the source of
control. After one year of in vivo culture, several cuttings were
obtained and they were cultivated into a cold greenhouse for
agronomic trials in 2005 and 2006. H. stoechas hairy rootregenerated plants showed a more compact plant habit. Plant height
and plant diameter were significantly reduced as compared to the
control. The number of primary branches was not affected was not
affected in all the lines; moreover, primary branch length was
significantly reduced in the hairy root-regenerated plant lines as
compared to the control. The capitulum number per corymb was not
affected in line E and M, but was slightly increased in line N, as
compared to the control. On the other hand the corymb branch
length was significantly reduced in all the lines. Inflorescence
extracts were used for disc diffusion tests against three Gram
negative and five Gram positive bacteria and against three mycetes.
The MIC (Minimum Inhibitory Concentration) of the extract was also
determined. The antibacterial activity of the transgenic lines was not
affected. There were not significantly differences among the E, N and
M lines and the control H. stoechas samples. All samples were not
effective against the mycetes.

Hairy roots in Helychrysum stoechas

211

Introduzione
LHelichrysum stoechas (L.) Moench una specie officinale
aromatica appartenente alla famiglia delle Asteraceae. Il nome elicriso
o sole doro ha origine da due vocaboli greci helios=sole e
chrysos=oro, facendo allusione allaspetto raggiato dei capolini ed al
colore giallo. H. stoechas una pianta perenne arbustiva alta fino a 15
cm, con fusti ramificati formanti un denso cuscino basale. Le foglie
sono vellutate lanose di forma lanceolata. I capolini sono riuniti in 510 corimbi con squame involucranti esterne glabre, i fiori sono piccoli
numerosi, circa 20 per ogni capolino, tubulosi i pi esterni femminili,
gli altri ermafroditi. Il frutto un achenio ovale allungato, alla cui
sommit inserito un pappo. La pianta termofila diffusa nellarea
mediterranea fino ad unaltitudine di 600-800 m slm, predilige gli
ambienti aridi e ben protetti dal freddo, gli incolti le pietraie e le
scarpate dellentroterra costiero. La fioritura avviene da maggio a
settembre. Lelicriso ha sempre suscitato venerazione ed stato
investito di mitici significati essendo legato al culto del sole e simbolo
di eternit. I capolini, dal colore giallo-dorato che si conserva con il
tempo, sono utilizzati nella preparazione di mazzi secchi, dando
lillusione di non appassire.
La pianta usata per curare le pi varie malattie fin dallantichit,
grazie alle molteplici propriet medicinali: antinfiammatorie, cutanee,
connettivali; anticoagulanti, antiflebitiche; depurative e drenanti
epatiche; anticatarrali; mucolitiche; cicatrizzanti; antipsoriasiche;
antieczematose; spasmolitiche; antibatteriche; antiallergiche in
malattie di origine allergica e autoimmune, in campo sia veterinario
sia umano; stimolanti gastrici e pancreatiche. La droga costituita dai
corimbi di capolini raccolti prima della fioritura completa. Lazione
antibatterica svolta dallolio essenziale (0,05%), in particolare da
terpeni tipo pinene e geraniolo. Lazione spasmolitica data da
pirenoderivati, quella antitossica del fegato da kaempferolo e
quercitina. Lazione antiossidante messa in relazione con le sostanze
quali flavonoidi (fra i quali le elicrisine A e B, diastomeri al C2 della
naningenina 5-O-glucoside) con azione protettiva dai danni cellulari.
La pianta utilizzata in preparati cosmetici ad azione addolcente,
protettiva, elasticizzate ed antiarrossamento (Pelle, 1999 e 2000).

212

Giovannini A. et al.

Il gruppo di lavoro, afferente alla sezione di Propagazione


dellIstituto Sperimentale per la Floricoltura di Sanremo (CRA), in
collaborazione con le Universit di Pisa e Messina, da alcuni anni si
posto lobiettivo di mettere a punto protocolli efficienti per
lottenimento di hairy roots in specie ornamentali, aromatiche e
medicinali al fine di costituire colture artificiali da cui estrarre i
principi attivi propri della specie in esame. Il materiale vegetale di
partenza costituito da piante selezionate e coltivate in vitro. Le
colture di hairy roots, indotte dal batterio del terreno Gram-negativo
Agrobacterium rhizogenes, rappresentano un tessuto a rapida crescita,
con un elevato potenziale biosintetico da sfruttare per la produzione di
metaboliti in ambiente controllato (Saito et al., 1992). Le hairy roots
non necessitano di fitoregolatori per la crescita, sono geneticamente
stabili e possono attivare vie biosintetiche per la produzione di
principi attivi, la cui sintesi non limitata alle sole radici; inoltre, in
alcune specie, rigenerano spontaneamente piante intere, con alterate
caratteristiche morfologiche e biochimiche (Giri e Narasu, 2000).
Materiali e metodi
Frammenti di foglie e radici, di un clone di H. stoechas (L.)
Moench, proveniente dallOrto Botanico di Siena, micropropagato
(CL7), sono stati utilizzati nei diversi esperimenti di trasformazione.
E stata effettuata una co-coltivazione dei tessuti vegetali,
delicatamente feriti con la lama da bisturi, con una coltura batterica
di A. rhizogenes ceppo ATCC 15834, diluita in acqua distillata sterile
(0.1 O.D. a 550 nm), per 20 minuti ed una successiva coltura dei
tessuti infettati su un substrato solido per tre giorni. Il substrato di
coltura utilizzato costituito da sali e vitamine MS (Murashige e
Skoog, 1962), 30 gl saccarosio, pH 5.7, addizionato con 8 gl di
agar. Dopo tre giorni al substrato sono stati aggiunti 100 mgl del
batteriostatico Cefotaxime. La percentuale di frammenti che
sviluppano radici stata calcolata a 30 e 60 giorni dalla cocoltivazione. Lo screening delle radici putative trasformate stato
effettuato sul DNA genomico totale, mediante amplificazione di un
frammento del gene rolC di A. rhizogenes, situato sul T-DNA e

Hairy roots in Helychrysum stoechas

213

quindi trasferito nel genoma delle piante. Leventuale contaminazione


batterica stata verificata amplificando un frammento del gene
batterico virC1, che non viene trasferito (Giovannini et al., 2005).
Diverse linee di hairy roots, provenienti ognuna da un unico evento di
trasformazione, sono state allevate in vitro sul substrato privo di
fitoregolatori alla luce, al fine di indurre la rigenerazione di germogli.
Le piante rigenerate da quattro linee di hairy roots (B, E, M ed N)
sono state ulteriormente propagate in vitro ed infine ambientate in
serra. Dalle piante ambientate delle quattro linee transgeniche e dal
controllo non trasformato (CL7) sono state effettuate talee per le prove
agronomiche di confronto varietale svolte nel 2005 (Amoretti et al.,
2005) e nel 2006 (Giovannini et al., 2006). Nel 2005 la prova
sperimentale stata allestita con le piante di tre linee transgeniche (E,
M ed N) ed il controllo in 4 blocchi con 12 vasi (diametro 14 cm) per
blocco ed una pianta per vaso. Dalla fine di aprile sono stati raccolti i
seguenti dati: altezza della pianta, numero e lunghezza delle branche
principali, data di emissione del primo capolino fiorito, numero di
infiorescenze. Il flusso di fioritura stato seguito contando il numero
di capolini in antesi per pianta fino a fine fioritura. La lunghezza del
ramo principale del corimbo stata misurata in 30 infiorescenze per
ogni genotipo ed il numero di capolini per corimbo stato anche
valutato. I semi derivati da libera impollinazione sono stati raccolti e
seminati in serra. Sulla progenie stata effettuata un'analisi genetica
per vedere la segregazione del gene rolC di A. rhizogenes e sulle
piantine di tre mesi sono state rilevate alcune caratteristiche
morfologiche: altezza della pianta, numero e lunghezza delle branche.
Nel 2006 la prova sperimentale stata allestita con le piante di quattro
linee transgeniche (B, E, M e N) ed il controllo in 4 blocchi
randomizzati con 16 vasi (diametro 14 cm) per blocco ed una pianta
per vaso. I seguenti dati sono stati raccolti per ogni vaso: altezza e
diametro della pianta, numero e lunghezza delle branche principali,
numero e diametro delle infiorescenze. I dati sono stati sottoposti ad
analisi della varianza (ANOVA). Il confronto fra le medie stato
effettuato utilizzando il test di Student-Newman-Keuls (P 0.05). Le
infiorescenze di H. stoechas, raccolte a fine fioritura nella prova
agronomica 2005, sono state essiccate ed estratte con etanolo (95%)
nel rapporto 1:10 a temperatura ambiente per 48 ore. Lattivit

214

Giovannini A. et al.

antimicrobica di tali estratti stata valutata nei confronti di batteri


Gram negativi, Gram positivi e miceti mediante test di diffusione e
rilievo della minima concentrazione inibente (MIC). Piastre Petri,
contenenti ladatto terreno agarizzato, sono state seminate per
strisciamento con brodocolture overnight, portate ad una
concentrazione pari a 5 107 cfu/ml, e, nel caso di A. niger e F.
oxysporum, con una sospensione di spore standardizzata al 70% di
trasmittanza a 530 nm. Sulla superficie dei terreni inoculati sono stati
adagiati dischi di carta da filtro (6 mm di diametro) successivamente
impregnati con 20 l di estratto. Le piastre cos preparate sono state
incubate a 37C e 30C per 18-24 ore e 2-3 giorni rispettivamente per
batteri e miceti. Tutte le prove sono state effettuate in doppio e
lattivit antimicrobica stata espressa come media dei diametri di
inibizione (mm) prodotti dagli estratti.
La minima concentrazione inibente (MIC) stata determinata
mediante il metodo della diluizione in agar secondo le linee guida
NCCLS, usando un inoculatore multipoint che dispensa 1 l di
sospensione batterica (5 X 107 cfu/ml). La concentrazione finale degli
estratti nel terreno era compresa tra 4000 e 3,9 g/ml. Le piastre sono
state incubate a 37C e 30C per 18-24 ore e 2-3 giorni
rispettivamente per batteri e miceti. La MIC stata definita come la
pi bassa concentrazione di estratto che inibiva visibilmente la
crescita.
Risultati e discussione
Le piante di H. stoechas rigenerate da hairy roots coltivate in vaso
hanno sviluppato un comportamento compatto. Laltezza della pianta
ed il diametro sono risultati ridotti in entrambe le prove (Fig.1), la
lunghezza delle branche principali era significativamente inferiore al
controllo, mentre il numero di branche per pianta aumentato solo
nella linea M nella prova 2005, nelle altre linee non stato modificato
(Fig.2).

215

Hairy roots in Helychrysum stoechas

50

40
30
20

a
a

10
0

Ge no t ip i d i H.
s t o e c ha s ne ll a
p ro v a a g ro no mic a

alte zz a
pianta
diame tro

50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0

c
c
b

ab

alte z z a
pianta
diame tro

Ge n o t i p i d i H.
st oe c has

ne lla

pro v a a g ro no mic a

Figura 1. Architettura della pianta in vaso di H. stoechas controllo e


delle linee di piante rigenerate da hairy roots nelle prove di confronto
agronomico 2005 e 2006. Laltezza della pianta ed il diametro sono
stati misurati nei diversi genotipi. Lettere diverse corrispondono a
dati statisticamente significativi.
Nella prova agronomica del 2006, il numero di infiorescenze per
pianta non risultato statisticamente significativo fra i diversi genotipi
(controllo: 55,13a; linea B: 48,07a; linea E: 48,07a; linea M: 51,38a;
linea N: 54,19a). Larchitettura dellinfiorescenza risultata pi
compatta, con la lunghezza del ramo principale del corimbo
significativamente inferiore al controllo (Fig.3) ed il numero di
capolini per corimbo significativamente superiore nella linea N (24%)
rispetto al controllo (Fig.4).
Nella prova agronomica del 2005 le linee E ed N hanno cominciato
a fiorire dopo 192 giorni dallinvasatura (otto giorni prima del
controllo) e la linea M andata in fioritura 20 giorni dopo il controllo
(Fig.5).
Il gene di A. rhizogenes rolC stato trasmesso alla progenie della
linea E derivata da libera impollinazione: quattro genotipi su otto
analizzati sono risultati positivi allamplificazione del gene. Alcune
delle caratteristiche morfologiche modificate (riduzione dellaltezza
della pianta e della lunghezza delle branche) sono state riscontrate
anche nella progenie rolC positiva (Tab.1). Lattivit antimicrobica
delle piante rigenerate da hairy roots (linee E, M ed N) non risultata
statisticamente diversa dal controllo (Tab.2 e 3). Tutti i campioni sono

216

Giovannini A. et al.

risultati sempre attivi nei confronti dei batteri Gram positivi, mentre
nei confronti dei batteri Gram negativi e dei miceti hanno mostrato
una scarsa o nulla attivit.
35

30

25

ab

20

n u m e ro d i
b ra n c h e

ab
b

15

lu n g h e z z a
d e lle
b ra n c h e
(c m )

10
5

lin
ea

lin
ea

E
lin
ea

co
nt
ro

llo

Genotipi di H. stoechas ne lla prova


agronomica 2005

30

25

20

15

num e ro di
bra nc he

a
b

lung he z za
de lle
bra nc he
(c m)

10
5

N
lin
ea

lin
ea

lin
ea

B
lin
ea

co
nt
ro

llo

Genotipi di H. stoechas nella prova


agronomica 2006

Figura 2. Architettura della pianta in vaso di H. stoechas controllo e


delle linee di piante rigenerate da hairy roots nelle prove di confronto
agronomico 2005 e 2006. Il numero di branche principali per pianta e
la lunghezza delle branche, dei diversi genotipi, sono riportati nei
grafici. Lettere diverse corrispondono a dati statisticamente
significativi.

217

ramo principale corimbi (cm)

Hairy roots in Helychrysum stoechas

2.5

1.5

linea M

linea N

1
0.5
0

controllo

linea E

H. stoechas genotipi

Figura 3. Architettura delle infiorescenze di H. stoechas controllo e di


tre linee di piante rigenerate da hairy roots (E, M ed N) nella prova di
confronto agronomico 2005. La lunghezza media del ramo principale
dei corimbi riportata nel grafico. Lettere diverse corrispondono a
dati statisticamente significativi.

capolini (numero)

50
40

ab

b
a

30
20
10
0
controllo

linea E

linea M

linea N

H. stoechas genotipi

Figura 4. Architettura delle infiorescenze di H. stoechas controllo e


di tre linee di piante rigenerate da hairy roots (E, M ed N) nella prova
di confronto agronomico 2005. Il numero medio di capolini per
corimbo riportato nel grafico per ogni genotipo. Lettere diverse
corrispondono a dati statisticamente significativi.

218

Giovannini A. et al.

45
40

c o nt ro llo

35

l ine a E

30

l ine a M

25

l ine a N

20
15
10
5
0
17 0

17 5

18 0

18 5

19 0

19 5

200

205

2 10

2 15

220

225

230

235

240

g io rni d a l l'i nv a s a t ura

Figura 5. Flusso di fioritura di H. stoechas controllo e di tre linee di


piante rigenerate da hairy roots (E, M ed N) nella prova di confronto
agronomico 2005. Il numero di infiorescenze in antesi per pianta
stato calcolato settimanalmente per ogni genotipo. I giorni
dallinvasatura delle talee radicate sono riportati in ascissa.
Tabella 1. Segregazione del gene rolC di A. rhizogenes nella
progenie di H. stoechas (8 genotipi) derivata da libera impollinazione
della linea E. Alcune caratteristiche morfologiche sono state valutate
nelle piante di tre mesi, coltivate in vaso in serra.
Progenie
linea E

Amplificazione
del gene rol C

E/1
E/2
E/3
E/4
E/5
E/6
E/7
E/8

+
+
+
+
+

Altezza
pianta
(cm)
9.0
7.5
27.5
16.0
12.5
7.5
17.5
15.5

Branche principali
N.
lunghezza
(cm)
17
5.75
19
2.95
14
8.10
7
9.21
18
3.95
9
3.71
17
9.80
14
7.75

219

Hairy roots in Helychrysum stoechas

Tabella 2. Attivit antimicrobica degli estratti di H. stoechas saggiata


mediante test di diffusione. I dati sono riportati come medie dei
diametri (mm) degli aloni di inibizione deviazione standard.
Organismi

Campioni
Controllo

(aloni di inibizione mm)


Linea E Linea M Linea N

Batteri Gram negativi


Escherichia coli ATCC
25922

7.31.1

6.60.5

71

6.60.5

Pseudomonas aeruginosa
ATCC 9027

6.61.1

8.31.5

7.01.0

Salmonella typhi O901

6.61.1

8.31.7

7.61.5

Bacillus subtilis ATCC 6633

27.62.1

27.62.1

27.63.6 27.02.6

Listeria monocytogenes
ATCC 7644

26.03.6

27.63.0

24.32.1 26.62.8

Staphylococcus aureus
ATCC 6538P

28.63.7

27.35.8

27.63.8 28.05.2

Staphylococcus epidermitis
ATCC 12228

30.34.1

32.05.3

33.31.5 31.63.5

Streptococcus mutans ATCC


35668

33.64.7

31.61.5

30.61.5 32.32.1

Candida albicans ATCC


10231

Aspergillus niger ATCC


16404

Fusarium oxysporum w.t.

Batteri Gram positivi

Miceti

Alone di inibizione inferiore a 6 mm

220

Giovannini A. et al.

Tabella 3. Attivit antimicrobica degli estratti di H. stoechas


saggiata mediante rilievo della concentrazione minima inibente
(MIC).
Organismi
Controllo
Batteri Gram Negativi
Escherichia coli ATCC
25922
Pseudomonas aeruginosa
ATCC 9027
Salmonella typhi O901
Batteri Gram positive
Bacillus subtilis ATCC
6633
Listeria monocytogenes
ATCC 7644
Staphylococcus aureus
ATCC 6538P
Staphylococcus
epidermidis ATCC 12228
Streptococcus mutans
ATCC 35668
Miceti
Candida albicans ATCC
10231
Aspergillus niger ATCC
16404
Fusarium oxysporum w.t.

Campioni
MIC (g/ml)
Linea
Linea
F
M

Linea
N

>4000

>4000

>4000

>4000

>4000

4000

>4000

>4000

>4000

4000

>4000

4000

15.62

31.25

15.62

31.25

15.62

15.62

15.6231.25
62.50

31.25

15.6231.25
31.2562.50
31.25

7.81-15.62

7.81

7.81

31.2562.50
7.81

>4000

>4000

>4000

>4000

>4000

>4000

>4000

>4000

>4000

>4000

>4000

>4000

31.25-62.50

31.25
15.62

Conclusioni
In accordo con i risultati riportati in altre specie da Christey (2001),
linduzione di hairy roots utilizzando un ceppo selvatico di A.
rhizogenes si dimostrato un valido strumento per ottenere piante

221

Hairy roots in Helychrysum stoechas

artificiali di H. stoechas con alterate caratteristiche morfologiche.


Le piante rigenerate da hairy roots, coltivate in vaso, hanno
manifestato una struttura compatta con laltezza della pianta e la
lunghezza delle branche notevolmente ridotta (fino al 50%). Il numero
di infiorescenze non aumentato significativamente in tutte le linee e
lanticipo della fioritura stato riscontrato in una sola linea nella
prova agronomica del 2005. Larchitettura delle infiorescenze
risultata pi compatta (Fig.6) con la lunghezza delle branche principali
dei corimbi notevolmente ridotta (fino al 43% rispetto al controllo).

Controllo

Linea E

Linea M

Linea N

Figura 6. Architettura delle infiorescenze nei genotipi di H. stoechas.


Le frecce indicano i capolini e le branche principali dei corimbi nel
controllo.
Laspetto del vaso fiorito stato migliorato. I fiori delle linee
transgeniche sono risultati fertili e nella linea E stato possibile
verificare la segregazione dei caratteri nella progenie derivata da
libera impollinazione. Gli estratti dei capolini delle piante

222

Giovannini A. et al.

transgeniche hanno mantenuto lattivit antibatterica nei confronti dei


batteri Gram positivi, osservata nel controllo non trasformato. Le
piante di H. stoechas rigenerate da hairy roots rappresentano un valido
strumento di studio per la produzione e lestrazione dei principi attivi
della specie.
Ringraziamenti
Si ringraziano i signori Pasquale Casella e Sergio Ariano per
lallevamento e la propagazione delle piante in vivo. Il lavoro svolto
stato finanziato dal CRA (Consiglio per la Ricerca e la
Sperimentazione in Agricoltura) nellambito del Progetto Tecniche
avanzate di propagazione di materiali vegetali biosinteticamente
attivi.
Bibliografia
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Domani, Novembre: 44-51.
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Hairy roots in Helychrysum stoechas

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bacteria that grow aerobically. Approved standard M7 - A5.
National Committee for Clinical Laboratory Standard, Wayne,
PA.

224

Colture in vitro di Artemisia annua L. per la produzione del


composto antimalarico artemisinina
Blando F.1, Albrizio M.1, Marti L.1, Caretto S.1, Merendino A. 2,
Villanova L.2, Mita G.1
1
CNR Istituto di Scienze delle Produzioni Alimentari, Lecce,
2
LACHIFARMA S.r.l., Zollino,Lecce.
E-mail: federica.blando@ispa.cnr.it
Riassunto
Artemisia annua L. una pianta aromatica erbacea annuale
appartenente alla famiglia delle Asteraceae, endemica della Cina, ma
ormai naturalizzata in Europa ed America. E oggi coltivata in diversi
paesi asiatici per lestrazione di un composto chiamato artemisinina
che risulta molto efficace nel combattere la malaria. Lartemisinina
chimicamente un sesquiterpene lattone caratterizzato da un ponte
endoperossidico, al quale viene riconosciuta lattivit antimalarica.
Lo scopo delle nostre ricerche quello di mettere a punto colture in
vitro di Artemisia annua L. per la produzione di artemisinina. Sono
stati indotti calli da porzioni di foglie incubate al buio in vari mezzi di
coltura, tutti con base minerale MS. E stato utilizzato un Broad
Spectrum di combinazioni ormonali utilizzando lNAA o il 2,4-D
come auxine, in combinazione con la citochinina 6-BAP. Ad ogni
subcultura stata effettuata la valutazione quali-quantitativa del callo
prodotto, in modo da identificare le condizioni ottimali per
lallestimento di sospensioni cellulari dai calli ottenuti. Inoltre colture
di germogli sono state utilizzate per esperimenti di micropropagazione
su mezzo MS addizionato di 6-BAP (0.5mg/L) e NAA (0.05 mg/L).
Linsorgenza di vitrescenza stata contrastata abbassando la dose
dellauxina a 0.01 mg/L ed aumentando quella dellagar da 7 a 8 g/L.
La valutazione del contenuto di artemisinina nelle foglie di piante in
vivo ha rivelato valori di 0.8-0.9% (rispetto al peso secco), mentre
nelle piantine in vitro i valori risultano circa 10 volte pi bassi (0.07-

Colture in vitro di Artemisia annua

225

0.08%); nei calli non stata ritrovata presenza di artemisinina. I


risultati preliminari finora ottenuti indicano che il sistema in vitro
deve essere migliorato, e per questo pensiamo di utilizzare alcuni
precursori della biosintesi del metabolita o di manipolare i parametri
fisici e chimici per aumentarne la biosintesi.
Abstract
Artemisia annua L. is an aromatic annual herb which has been
used in Chinese medicine for centuries in the treatment of fevers.
However, the plant now grows wild in many other countries in Europe
and America. There is a great interest in this plant due to its ability to
synthesize and accumulate a variety of secondary metabolites which
are biologically active compounds. Among them, artemisinin, an
endoperoxide sesquiterpene lactone, is an antimalarial drug effective
against multidrug resistant strains of Plasmodium, the malarial
parasite. At present, the major production of artemisinin for
pharmacological uses is obtained by extraction and purification from
field grown plants, although with quite variable yields. The highest
artemisinin content has been found in leaves and flowering buds of the
plant, and it is influenced by several environmental factors. As a
result, the supply of artemisinin is far from enough in the international
market. On the other hand, the chemical synthesis has not proved to
be commercially feasible. Efforts are needed in order to enhance the
production of artemisinin in plants or, alternatively, to exploit cell and
tissue culture technology, which has not been fully explored in this
species.The aim of this work is the establishment of cell and tissue
cultures of Artemisia annua L. for the in vitro production of
artemisinin. Axenic leaf discs were incubated in the dark on various
media in order to induce callus cultures. A broad spectrum
experimental design using MS basal medium supplemented with 49
combinations of NAA or 2,4D with 6-BAP at different concentrations
was carried out. Quantitative and qualitative evaluations of callus
proliferation were performed in several subcultures allowing to
identify the most suitable conditions for the establishment of cell
suspensions. Starting from axenic meristem tips it was also possible to

226

Blando F. et al.

obtain shoot cultures which were micropropagated on MS basal


medium supplemented with 6-BAP (0.5 mg/L) and NAA (0.01 mg/L).
This result was obtained when the optimal medium composition able
to reduce the occurrence of vitrification was identified, by lowering
auxin and increasing agar concentration. The analysis of artemisinin
revealed that the concentration in the in vivo plants was 0.8-0.9%
DW, instead in the in vitro plants it was 10fold lower; no artemisinin
was detected in calli. The preliminary results indicate that the in vitro
system need to be improved, using for example feeding experiments or
working on physical and chemical factors in order to induce
artemisinin biosynthesis.
Introduzione
Artemisia annua L. una pianta aromatica erbacea annuale
appartenente alla famiglia delle Asteraceae, endemica delle steppe
della zona nord della regione mongola cinese, a 1000-1500 m slm, ma
ormai cresce naturalizzata in Europa ed America. E oggi coltivata su
larga scala come crop plant in Cina, Vietnam, Turchia, Iran,
Afganistan ed Australia. Ricerche cinesi degli anni 70 sullutilizzo di
questa pianta nella medicina tradizionale hanno evidenziato che essa
produce, tra i molti metaboliti secondari, un composto chiamato
artemisinina (qinghaosu, QHS, nome originale cinese) che ha mostrato
una elevata attivit antimalarica in diverse migliaia di pazienti, inclusi
i casi di ceppi di Plasmodium falciparum (lagente responsabile della
malaria) resistenti al chinino (Klayman, 1985). Lartemisinina
chimicamente un sesquiterpene lattone caratterizzato da un ponte
endoperossidico, con una formula unica fra i composti antimalarici,
mancando lanello eterociclico contenente azoto, tipico dei medicinali
contro la malaria. Ci rende lartemisinina un farmaco estremamente
importante poich scevro da episodi di farmaco-resistenza.
Finora i farmaci a base di artemisinina sono prodotti attraverso
lestrazione e purificazione del metabolita da piante coltivate in pieno
campo, nonostante ci comporti una notevole variabilit delle
produzioni dovuta a molteplici fattori ambientali, di fase di sviluppo e
di ecotipo. Anche per queste ragioni la produzione mondiale

Colture in vitro di Artemisia annua

227

insufficiente rispetto alle esigenze del mercato, considerando anche


che lartemisinina e i suoi derivati rappresentano la parte
preponderante del trattamento contro la malaria in Africa secondo i
protocolli del WHO (Shetty, 2004). A ci si aggiunga che la sintesi
chimica risulta complicata, con bassa efficienza ed alti costi (Liu et
al., 2005). Per questo motivo, la comunit scientifica internazionale
sta portando avanti ricerche per aumentare la produzione in vivo ed,
alternativamente, per mettere a punto una produzione biotecnologica
in vitro, che finora non stata completamente esplorata. Inoltre,
gruppi di ricerca di elevato livello, finanziati da importanti fondazioni,
come la Bill and Melinda Gates Foundation, stanno portando avanti
ricerche per clonare tutti i geni della via biosintetica, al fine di
ingegnerizzare batteri o lieviti, rivelando limportanza e lattualit
della ricerca. Daltro canto altri gruppi di ricerca stanno cercando di
ottenere piante di Artemisia con aumentata capacit di sintesi di
artemisinina.
Lo scopo delle nostre ricerche quello di mettere a punto un
sistema di calli e tessuti di Artemisia annua L. per la produzione in
vitro di artemisinina.
Materiali e Metodi
Foglie prelevate da una pianta adulta, coltivata in vaso, sono state
lavate abbondantemente in acqua e Tween 20, in agitazione, e
successivamente sterilizzate utilizzando ipoclorito di sodio
commerciale diluito al 20%, seguito da 3 risciacqui in acqua sterile.
Le foglie sono state grossolanamente tagliuzzate e messe in coltura in
piastre Petri contenenti un mezzo a base minerale e vitamine MS
addizionato di NAA (0.5 mg/L) e 6-BAP (0.05 mg/L). Il pH del
mezzo stato regolato a 5.7 ed stato aggiunto agar (Plant Agar,
Duchefa) alla dose di 7 g/L. Il mezzo stato poi sterilizzato in
autoclave a 121C per 20 min.
Utilizzando i germogli sterili che si sono sviluppati dalla suddetta
coltura, stata allestita una coltura di germogli (micropropagazione)
su mezzo MS addizionato di 6-BAP (0.5mg/L) e NAA (0.05 mg/L).
Porzioni di foglia prelevate da plantule in vivo ottenute da semi di

228

Blando F. et al.

origine greca, sono state sterilizzate come sopra e successivamente


sono state incubate al buio in vari mezzi di coltura, tutti con base
minerale MS, al fine di indurre la produzione di callo. E stato
identificato un Broad Spectrum di combinazioni ormonali
utilizzando lNAA o il 2,4-D come auxine, in combinazione con la
citochinina 6-BAP. Ad ogni subcultura stata effettuata la valutazione
quali-quantitativa del callo prodotto, in modo da identificare le
condizioni ottimali per lallestimento di sospensioni cellulari dai calli
ottenuti. Foglie prelevate da piante in vivo (prima della fioritura),
germogli micropropagati e calli alla terza subcultura, sono state
liofilizzati e sottoposti ad estrazione con esano per la valutazione del
contenuto di artemisinina, secondo il protocollo riportato da Christen e
Veuthey (2001).
Risultati e discusione
Micropropagazione
Dalle foglie tagliuzzate, dopo un mese circa di subcultura, si sono
differenziate piccole formazioni verdi di callo duro, ma si sono anche
formati (per differenziamento di apici pre-esistenti) piccoli germogli
che si sono sviluppati rapidamente (Fig. 1).

Figura 1. Piantina micropropagata di A. annua L.

Colture in vitro di Artemisia annua

229

Tali germogli sono stati prelevati e subcoltivati su un mezzo che


favorisse la proliferazione. In breve tempo, stata allestita una coltura
sterile di piantine di A. annua, che hanno mostrato un tasso medio di
proliferazione di 1:3. Si sono verificati casi di vitrescenza per cui si
pensato di affrontare il problema diminuendo la dose dellauxina (da
0.05 a 0.01 di NAA) ed aumentando la dose dellagar (da 7 a 8 g/L).
Induzione di callo
Dalle porzioni di foglie prelevate dalle plantule in vivo, incubate
sui diversi mezzi del Broad Spectrum, si sono formati, dopo circa
un mese di subcultura, piccole formazioni di callo con aspetto, colore
e consistenza diversa a seconda della composizione ormonale del
mezzo. I calli, di aspetto duro o friabile, presentavano un colore
variabile compreso tra bianco, marrone chiaro e verdino. Inoltre, nei
mezzi contenenti basse concentrazioni di 2,4D (da 0 a 1 mg/L) e alte
concentrazioni di BAP (da 0.1 a 0.2 mg/L), stata osservata la
formazione di radici ricche di peli radicali; al contrario, nei mezzi
contenenti elevate concentrazioni di NAA (da 0.41 a 1.67 mg/L) e di
BAP (0.2 mg/L), stata osservata la neo-formazione di germogli
(organogenesi diretta).
Valutazione del contenuto di artemisinina
Nella tabella 1 riportato il contenuto di artemisinina delle foglie
prelevate dalla pianta in vivo, che stata utilizzata come fonte di
espianti per indurre la coltura in vitro, quello dei germogli coltivati in
vitro, mentre nei calli non stata rilevata la presenza del metabolita.
Tabella 1. Contenuto di artemisinina del materiale in vivo ed in vitro.
Origine
Pianta in vivo
Pianta in vitro
Calli

% artemisinina (DW)
0.8-0.9
0.05-0.07
N.D.

230

Blando F. et al.

Molti tentativi sono stati fatti negli anni passati al fine di produrre
lartemisinina per via biotecnologica, data la difficolt di far fronte
alle richieste del mercato con la produzione di campo. Le quantit di
artemisinina richieste dal mercato risultano, infatti, sempre crescenti,
date le esigenze dei paesi africani pi colpiti dalla malaria, dove si
stanno sviluppando ceppi di P. falciparum resistenti alle terapie
convenzionali, e dove la terapia combinata con lartemisinina (ACT)
risulta la pi efficace.
La biosintesi dellartemisinina stata studiata in germogli in vitro
(Whipkey et al., 1992; Woerdenbag et al., 1993; Liu et al., 2003),
nelle hairy roots (Weathers et al., 1994, 2004; Paniego e Giulietti,
1996), nei calli e nelle sospensioni cellulari (Nair et al., 1986; Tawfiq
et al., 1989). In germogli micropropagati, Whipkey et al. (1992)
hanno trovato valori di artemisinina di 0.04-0.07% (DW), mentre
Woerdenbag et al. (1993) riportano valori di 0.0880.041% (DW),
tutti comunque paragonabili a quelli ritrovati nelle nostre colture in
vitro. In un lavoro di Liu et al (2003) riportata una metodologia di
coltivazione di germogli in mezzo liquido che permette di produrre
26.7 mg/L di artemisinina dopo 30 giorni di coltura, con una metodica
che pu essere sviluppata e migliorata con lutilizzo di bioreattori.
Per quanto riguarda le colture di callo, gi Paniego e Giulietti
(1994) indicavano le migliori condizioni per lottenimento del callo
(MS sali e vitamine, 2,4-D 4.5 M e NAA 5.4 M) ma non rilevavano
la presenza di artemisinina (come riportiamo anche noi nelle nostre
colture di callo), mentre in strutture organizzate (germogli rigenerati
dai calli) si ritrovava solo in tracce. Sembra infatti che un certo grado
di differenziamento delle colture di tessuti sia un prerequisito per la
sintesi di artemisinina, dato che a livello della pianta in vivo
lartemisinina sequestrata nei tricomi ghiandolari dei fiori e delle
foglie. La produzione di artemisinina da colture cellulari in
sospensione, in un ambiente perfettamente controllato nei parametri
fisici e chimici (bioreattore) e in cui il metabolita pu essere secreto
nel mezzo liquido e recuperato agevolmente, il fine del lavoro che
abbiamo iniziato. Sono in corso tentativi per indurre la produzione di
artemisinina in colture cellulari, modificando i fattori ambientali
chimici e fisici o fornendo precursori della biosintesi del metabolita.

Colture in vitro di Artemisia annua

231

Linteresse per tale composto cos grande a livello mondiale che


alcuni gruppi hanno lavorato per lidentificazione degli enzimi ancora
sconosciuti della via biosintetica (Bertea et al., 2005). Ricercatori
americani hanno utilizzato tecniche di ingegneria genetica sul lievito
Saccaromyces cerevisiae cercando di modificare la via biosintetica
che porta alla produzione di acido artemisinico, dal quale poi,
attraverso una semi-sintesi, si ottiene lartemisinina (Ro et al., 2006).
Questo approccio sicuramente molto promettente, ma fino ad ora
ha permesso di ottenere la biosintesi solo di alcuni precursori
dellartemisinina, ma non lartemisinina stessa. E importante pertanto
lavorare su pi fronti per mettere a punto metodi di produzione
efficaci e in grado di soddisfare la grande richiesta mondiale di
artemisinina.
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drug artemisinin in shoot cultures of Artemisia annua L. Plant,
Cell, Tissue and Organ Culture 32(2): 247-257.
15. Tawfiq, N.K., Anderson, L.A., Roberts, M.F., Phillipson, J..D.,
Bray, D.H., Warhust, D.C. 1989. Antiplasmodial activity of
Artemisia annua plant cell cultures. Plant Cell Rep 7: 425-428.

233

Colture artificiali di piante medicinali: Artemisia petrosa


subsp. eriantha (genep appenninico)
Pace L.1, Pacioni G.1, Spano L.2, Marotti M.3, Grandi S.3, Piccaglia
R.3
1
Dip. Scienze Ambientali, Universit dellAquila
2
Dip. Biologia di Base ed Applicata, Universit dellAquila
3
Dip. Scienze e Tecnologie Agroambientali, Universit di Bologna
E-mail: loretta.pace@univaq.it
Riassunto
Il genep appenninico (Artemisia petrosa subsp. eriantha) una
pianta endemica e rara che vive in ambienti rocciosi situati sopra i
2200 m nellAppennino Centrale. E di grande interesse medicinale
ma poich riveste un importante ruolo ecologico, una specie protetta
e non pu essere raccolta. La sua propagazione in vitro consentirebbe
di garantirne la conservazione e di ottenere piante dalle quali ricavare i
principi attivi. Nel nostro lavoro, le piante raccolte in natura sono state
moltiplicate in vitro e successivamente trapiantate in terreno. Nelle
diverse fasi di coltivazione, gli oli essenziali, ottenuti dal materiale
vegetale, sono stati caratterizzati mediante GC/MS. Tutti gli oli
evidenziano elevate quantit di tujoni che aumentano con lo sviluppo
delle piante anche se con valori pi contenuti rispetto a quelli delle
piante spontanee. Le plantule micropropagate in vitro si differenziano
dalle altre per la produzione di oli particolarmente ricchi di
sesquiterpeni.
Abstract
Artemisia petrosa subsp. eriantha (Genep) is a central Apennines
endemic, lives in rock crevices and on gravel slopes, at altitudes
above 2200 m. Genep has great medical importance, but, since it has

234

Pace L. et al.

a relevant ecological role, it is protected by an Italian Regional Law


and cannot be harvested. In vitro propagation could allow the
preservation of the plant and could be a way to obtain regenerated
plants, from which drug can be collected. In our work the plants,
collected in nature, have been multiplied using classical in vitro
culture techniques, and then transplanted in ground. Essential oils
obtained from regenerated plants, have been characterized using gas
chromatography and mass spectrometry. All the oils exhibit a high
quantity of tujoni, which increase during plant development, but with
a minor trend with respect to plants in nature. In vitro propagated
plants are different from plants in nature since they produce oils
particularly reach in sesquiterpeni.
Introduzione
Artemisia petrosa (Baumg.) Jan. ex DC. subsp. eriantha (Ten.)
Giac. e Pignatti, un endemismo centroappenninico che vive su
pendii calcarei esposti a nord compiendo il proprio ciclo annuale
riproduttivo in luglio-agosto quando le temperature medie sono
superiori a 5 - 7,5C (TAMMARO,1975). Fu descritta per la prima volta
(1830) da MICHELE TENORE (1780-1861), insigne studioso della Flora
del Regno di Napoli che la raccolse sulle montagne dellAbruzzo.
Appartenente alla famiglia delle Asteraceae una camefita
suffrutticosa di color argenteo ed odore aromatico, alta circa 10 cm
con foglie profondamente divise, laciniate, riunite in rosetta basale. I
fiori sono raggruppati in capolini dorati con involucro a brattee
vellutate, i frutti sono acheni schiacciati. Le piante pi riparate hanno
un asse fiorale pi alto, mentre quelle pi esposte ai gelidi venti
sviluppano un asse fiorale di minore dimensione. Questa entit si
rinviene a gruppi di 3-5 individui, la sua distribuzione sulle montagne
abruzzesi riguarda il Gran Sasso (Monte Corvo, Corno Grande, Monte
Portella, Sella di Monte Aquila, Pizzo Intermesoli, Costone); altre
stazioni risultano per la Majella, Monti Sibillini, Alpi Marittime.
I capolini di questa pianta sono utilizzati per la produzione
artigianale di liquori pregiati (vini liquorosi, vermuth, centerbe)
digestivi ed efficaci contro il mal di montagna. La raccolta, a volte

235

Colture artificiali di Artemisia petrosa

esagerata, di questa entit, ne minaccia la sua sopravvivenza ed,


infatti, protetta dalla Legge Regionale n. 47 del 11/09/1979 (CONTI
et al., 1992).
La nostra ricerca ha avuto come obiettivi lottenimento di piantine
di genep da micropropagazione in vitro (PACE et al. 2004), poi
confrontate per la resa e la composizione di oli essenziali con piante
raccolte sul Gran Sasso.
Limpianto stato effettuato utilizzando germogli sterili ottenuti da
semi che per la loro morfologia sono in grado di sopportare in modo
migliore le soluzioni sterilizzanti (etanolo 70% per 3 min., varechina
40% per 30 min., lavaggi con acqua sterile). La percentuale di
germinazione dei semi dopo circa 4 settimane in terreno Murashige
and Skoog (MS) con aggiunta di: 1% agar, 3 % saccarosio, a pH 5.8,
in Phytatray II (Sigma) incubati a 24C al buio stata del 100% circa.
I germogli sterili sono stati indotti a calli dai quali sono stati ottenuti
shoots, poi successivamente reimpiantati per la produzione di singole
piantine.
Le tabelle 1, 2 e 3 riportano i diversi substrati (T) saggiati durante
le varie fasi della coltivazione.
Tabella 1. Ormoni utilizzati per indurre la formazione del callo (T1 e
T2) e/o la formazione di shoots (T3, T4, T5 e T6) in MS + 1% agar, 3
% saccarosio, a pH 5.8, a 24C con un fotoperiodo di 12 hr di luce.
T1
BAP mg/l
2,4 D mg/l
NAA mg/l

T2

T3

T4

T5

T6

0.5

0.4

0.3

0.1

0.1

Il terreno di coltura agarizzato, impiegato per la micropropagazione


delle piante in vitro, ha soddisfatto le richieste nutrizionali

236

Pace L. et al.

(avvicinandole alle condizioni in natura), con laggiunta di CaCO3


(500mg/l). Il terreno migliore per la formazione del callo risultato
T1, mentre per la rigenerazione dei germogli i terreni T3 e T5. Il
terreno T5 ha portato ad una rapida ed uniforme moltiplicazione di
germogli; sono stati ottenuti circa 30/50 shoots/callo. Per lo sviluppo
delle radici si reso necessario laggiunta di auxine; i terreni migliori
sono stati T11 e T12.
Tabella 2. Ormoni utilizzati per lo sviluppo delle radici in MS + 1%
agar, 3% saccarosio, a pH 5.8, a 24C , (T7 = MS ).
T7

T8

T9

T10

T11

T12

0.1

500

500

0.5

NAA mg/l
IAA mg/l

0.1

IBA mg/l
CaCO3 mg/l

500

500

Tabella 3. Risultati della formazione di callo (T1 e T2) e di shoots


(T3, T4, T5 e T6) dagli espianti di cotiledoni di A. petrosa, a diversi
intervalli di tempo, valutati con esame visivo da scarso (+/-) ad
ottimo (+ + +).
Giorni

15

30

45

60

T1

+++

+++

Subcoltura

T2

+++

+++

+++

T3

++

+++

Subcoltura

T4

T5

++

++

T6

+++

Colture artificiali di Artemisia petrosa

237

Le piantine sono state quindi trasferite sul terreno Quoirin &


Lepoivre che ne ha facilitato lo sviluppo. Per effettuare il trapianto
dalle Phytatray, le Artemisie sono state accuratamente lavate (per
eliminare il gel) e messe in vasetti di plastica (diametro 10 cm)
contenenti 50% di torba e 50% di sabbia, precedentemente sterilizzati
in autoclave. Per due giorni sono state lasciate in cella di
germinazione, poi poste in cella climatizzata a 12-20C (con 12 ore di
fotoperiodo) per due mesi. Successivamente sono state trasferite in
serra fredda, e dopo cinque giorni, trapiantate in vasi pi grandi
(diametro 16 cm) contenenti una parte di sabbia e tre di torba, lasciate
ancora qualche giorno in serra fredda e poi portate allaperto.
Durante la formazione e la crescita delle piantine di genep sono
stati effettuati prelievi delle parti aeree in tre diversi stadi di sviluppo:
plantula, pianta di 1 anno in fase vegetativa, pianta di 2 anni in fase di
fioritura.
Gli oli essenziali, ottenuti dal materiale vegetale fresco per
distillazione in corrente di vapore, sono stati caratterizzati mediante
gas cromatografia/spettrometria di massa e sono stati confrontati con
quelli ottenuti da piante spontanee raccolte sul Gran Sasso nel 2001 e
nel 2006 (Tab.4).
LArtemisia, risulta essere una pianta a tujone (Bellomaria et
al.,1981) che un monoterpene biciclico con azione farmacologica
del tutto simile alla canfora e con effetti tossici ad elevate
concentrazioni. Tutti gli oli da noi analizzati hanno evidenziato
elevate quantit di tujoni con una predominanza del cis-tujone rispetto
al trans e, in particolare, nelle piante ottenute da micropropagazione,
il contenuto di questi composti incrementa nel tempo passando dal
43% delle plantule al 59% delle piante in fioritura. Tali valori sono
inferiori a quelli rilevati nelle piante spontanee (72-87%) ma
comunque interessanti per luso liquoristico. Anche le rese degli oli
sono pi basse nelle piante da micropropagazione rispetto a quelle
spontanee.

238

Pace L. et al.

Tabella 4. Composizione dellolio essenziale del Genep nelle diverse


fasi di coltivazione.
Componenti

Tipo di pianta
pianta
plantule
pianta adulta piante adulte
Pianta
spontanea micropropag. micropropag. micropropag. spontanea
2001
2004-2005 '05 (campetto) '06 (in vaso)
2006

alfa-tujene

Tr

tr

tr

Tr

Tr

alfa-pinene

0.14

0.03

0.16

0.27

0.35

Canfene

Tr

0.07

tr

Tr

Tr

Sabinene

1.46

0.12

0.40

1.64

2.77

beta-pinene

0.32

0.13

0.57

1.78

0.83

Mircene

0.17

0.04

0.18

Tr

0.27

alfa-terpinene

0.12

tr

0.10

0.17

0.18

Para-cimene

0.08

0.10

0.15

0.22

0.19

Limonane

0.07

0.03

0.09

Tr

0.06

eucaliptolo

0.22

0.11

0.12

0.38

0.30

Gammaterpinene

0.22

0.10

0.20

0.35

0.49

Tr

tr

0.07

Tr

0.08

Cis-tujone

78.33

29.99

33.85

42.82

52.22

trans-tujone

8.92

13.33

13.82

16.82

19.72

Canfora

0.35

1.83

1.17

1.53

0.31

terpinen-4-olo

0.29

0.32

0.45

0.65

1.02

alfa-terpineolo

Tr

0.11

tr

Tr

Tr

0.12

0.15

0.23

0.10

Tr

0.33

tr

0.12

0.21

0.52

Terpinolene

Betacariofillene
resa in olio %

Colture artificiali di Artemisia petrosa

239

Conclusioni
Le analisi degli oli essenziali hanno dunque evidenziato che il
contenuto di tujoni si mantiene elevato in tutte le fasi di sviluppo delle
piante in coltura artificiale, anche se con valori pi contenuti rispetto a
quelli delle piante spontanee. Tali differenze risultano meno marcate
nel confronto tra le piante adulte micropropagate raccolte nel 2006 e
quelle raccolte in natura nellestate dello stesso anno, mentre il
contenuto di canfora risulta sempre pi elevato nelle piante
micropropagate. La micropropagazione in vitro risulta, quindi, essere
una tecnica importante sia per ottenere materiale vegetale da cui poter
estrarre oli essenziali sia come mezzo per la salvaguardia di una specie
in pericolo di estinzione.
Ringraziamenti
Ricerca in parte supportata dalla L. R. 9 Aprile 1997, n35. Tutela
della Biodiversit vegetale e la gestione dei giardini ed orti botanici
Regione Abruzzo.
Bibliografia
1. Bellomaria, B., Valentini, G., Spinosi P. 1981. Lolio essenziale
di Artemisia petrosa ssp. eriantha del Gran Sasso dItalia.
Inform.Bot.Ital. 13: 143-149.
2. Conti, F., Manzi, A., Pedrotti, F., 1992. Libro Rosso delle piante
dItalia, Tipar Poligrafica Editrice, Roma, WWF, Italia, pp. 15-22.
3. Pace, L., Pacioni, G:, Span, L. 2004. In vitro propagation of
Artemisia petrosa subsp. eriantha: potential for the preservation of
an endangered species. Plant Biosystems 138 (3): 291-294.
4. Tammaro, F., 1975. Il genep (Artemisia petrosa (Baumg.) Jan ex
DC. ssp. eriantha (Ten.) Giac. e Pignatti) sul Gran Sasso dItalia.
Omaggio al Gran Sasso, C.A.I. sez. dellAquila, Arti Grafiche
Tamari, Bologna, Italia, pp:113-119.

Coltura in vitro di Lavandula angustifolia

241

Tecniche di coltura in vitro per la propagazione e la


conservazione di Lavandula angustifolia Miller
Gardi T. 1, Micheli M. 1, Prosperi F.1, Sisani G.1, Saffiro G. 2
1
Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Universit degli Studi
di Perugia, Perugia
2
I.T.A.S. Augusto Ciuffelli, Todi, Perugia
E-mail: gardi@agr.unipg.it; maurizioiol@iol.it.
Riassunto
Un genotipo di lavanda, autoctono della Regione Umbria, stato
stabilizzato in vitro ed impiegato in una prova di proliferazione (Prova
I), ponendo a confronto quattro differenti substrati. Con la Prova II
stata saggiata lattitudine rizogena di tre diverse tipologie di espianti.
La sperimentazione, infine, ha consentito di studiare in via
preliminare, la possibilit di incapsulare in alginato di sodio
microtalee uninodali di lavanda (Prova III).
Abstract
A native Umbria Region (Italy) genotype of lavandin was
micropropagated. The established shoots were proliferated comparing
four different media (Exp. I). The experiment II was conducted in
order to evaluate the rooting ability of three different types of
explants. Interesting results were obtained from the experiment III,
conducted with the objective to study the possibility to use the vitroderived microcuttings of lavandin for encapsulation.

242

Gardi T. et al.

Introduzione
Le piante appartenenti al genere Lavandula, importanti sia per uso
ornamentale che erboristico e medicinale, sono diffuse in tutto il
bacino del Mediterraneo, ma si trovano anche sulle coste atlantiche
che beneficiano degli effetti della Corrente del Golfo. In Italia sono
presenti quattro specie autoctone ed una specie coltivata (Lavandula
dentata L.) dorigine medio orientale; tra le specie ad uso officinale, si
annovera anche la Lavandula angustifolia Miller (lavanda vera o
comune). La propagazione si realizza da talee ottenute da ramoscelli
lignificati prelevati in estate avanzata, anche se lattitudine rizogena
delle specie appartenenti al genere Lavandula risulta abbastanza
limitata (Dias et al., 2002). Alcune tecniche di coltura in vitro
potrebbero essere impiegate per superare tali problematiche
(Echeverrigaray et al., 2005), consentendo di conseguire produzioni
certe dal punto di vista genetico e sanitario e di disporre di strumenti
innovativi per la conservazione ex situ di germoplasma vegetale. In tal
senso, il presente lavoro ha perseguito lobiettivo di verificare la
possibilit di micropropagare (Prova I e II) un genotipo di lavanda
comune autoctono della Regione Umbria, utilizzato per la
rinaturalizzazione di alcune aree dellIsola Polvese del lago Trasimeno
(Perugia) e di verificare la possibilit di applicare a questa specie la
tecnologia dellincapsulamento, che consiste nel rivestire propaguli
unipolari (microtalee) di una matrice nutritiva di alginato di sodio
(Prova III). Poich questa tecnologia consente di coniugare alcuni
vantaggi della moltiplicazione in vitro (elevata efficienza produttiva,
omogeneit del materiale, rapidit del ciclo di propagazione) con la
facilit di manipolazione, la possibilit di stoccaggio e la
semplificazione nel trasporto, tipiche dei semi gamici (Micheli et al.,
2003), le capsule ottenute potrebbero, rappresentare un innovativo
strumento nellattivit di laboratori coinvolti in programmi di
conservazione del germoplasma e per lo scambio di materiale
vegetale.

Coltura in vitro di Lavandula angustifolia

243

Materiali e Metodi
Materiale vegetale e condizioni di coltura.
Per lavvio della sperimentazione stato impiegato materiale
precedentemente stabilizzato, a partire da porzioni uninodali (di 6-7
mm di lunghezza) prelevate da germogli in piena attivit vegetativa e,
successivamente, private delle foglie. Queste sono state sottoposte ad
un primo lavaggio in una soluzione di acido ascorbico (200 mg l-1) e
acido citrico (200 mg l-1) per 30 minuti. Successivamente, gli espianti
sono stati mantenuti in immersione per 5 minuti in una soluzione
sterilizzante a base di ipoclorito di sodio (2% di cloro attivo) e di
cloruro di mercurio (0.35), addizionata di Tween 20 (1 ml l-1);
infine, tutto il materiale vegetale stato sottoposto a lavaggio in acqua
distillata sterile per 4 volte (i primi due risciacqui di 10 minuti e gli
altri di pochi secondi).
Per lavvio della coltura asettica gli espianti sono stati posizionati
verticalmente in tubi di vetro (150 x 25 mm), contenenti ciascuno 20
ml di un substrato costituito dai sali di MS (Murashige e Skoog, 1962)
a met concentrazione, inositolo (100 mg l-1), saccarosio (2.5%) e agar
(0.7%). Tutte le operazioni connesse con la sperimentazione sono
state eseguite in asepsi e tutti i substrati sono stati sterilizzati in
autoclave a 115 per 20 minuti. Le colture sono state mantenute in
camera di crescita per 40 giorni a 222C, con fotoperiodo di 16 ore
di luce e intensit luminosa pari 40 mol m-2s-1. I valori dei parametri
rilevati al termine delle prove sono stati sottoposti ad analisi statistica
e la significativit saggiata mediante il test di Duncan.
Prova I.
E stato saggiato leffetto di quattro formulazioni nutritive (Tab. 1)
sulla proliferazione di espianti di circa 10 mm di lunghezza, isolati
dalle colture stabilizzate in vitro. A tal fine, ciascuno di essi stato
posizionato in un tubo di vetro contenente 10 ml di substrato
agarizzato, per un totale di 25 tubi per tesi.
Dopo 40 giorni di permanenza in camera di crescita, il materiale
proliferato al termine di ciascuna delle tre subcolture previste stato

244

Gardi T. et al.

sottoposto ai seguenti rilievi: vitalit (espianti che si mostravano


verdi), numero di germogli proliferati da ciascun espianto, lunghezza
dei germogli proliferati, numero di nodi prodotti da ciascun espianto,
callo prodotto alla base delle masse proliferate.
Tabella 1. Prova I: Composizione dei substrati impiegati.
Componente

Substrato
A

Macroelementi

MS

MS

MS

MS

Microelementi

MS

MS

MS

MS

Inositolo

100 mg l-1

100 mg l-1

100 mg l-1

100 mg l-1

BAP

1.50 mg l-1

0.50 mg l-1

0.15 mg l-1

0.50 mg l-1

GA3

1.50 mg l-1

5.00 mg l-1

--

--

IBA

0.50 mg l-1

--

--

0.50 mg l-1

IAA

--

5.00 mg l-1

--

--

Adenina solfato

--

--

--

0.8 mg l-1

Saccarosio

2.5 %

3.0 %

2.0 %

3.0 %

Carbone attivo

0.5 %

--

--

--

Agar

0.7 %

0.7 %

0.7 %

0.6 %

pH
5.6
5.6
5.8
5.8
B: George, 1996; C: Dias et al., 2002; D : Echeverrigaray et al., 2005
Prova II.
Con questa prova si inteso valutare lattitudine rizogena di tre
diverse tipologie di espianti, prelevati dal materiale proliferato sul
substrato D durante la precedente Prova I (Tab. 1) e rappresentati da:
porzioni uninodali dotate di gemma apicale e di 10-12 mm di
lunghezza(AP); porzioni uninodali, dotate di gemme ascellari e di

Coltura in vitro di Lavandula angustifolia

245

lunghezza pari a 10-12 mm (AS); cespi basali di 8-10 mm di


lunghezza, prelevati alla base delle masse proliferate (CB). Tutti gli
espianti sono stati posizionati verticalmente in vasi di vetro (da 500 ml
di volume) contenenti ciascuno 100 ml di un unico substrato,
costituito dalla formulazione A (Tab. 1), addizionata, per, di una
minore concentrazione di BAP (0.5 mg l-1) e di adenina solfato (0.8
mg l-1).
Sono stati impiegati 4 vasi (repliche) per ciascuna tesi, contenenti
ciascuno 10 espianti e tutto il materiale stato mantenuto in camera di
crescita per 40 giorni, al termine dei quali sono stati rilevati i seguenti
parametri (oltre a quelli di cui alla prova precedente): radicazione,
numero di radici prodotte e lunghezza delle radici.
Prova III.
Per studiare leffetto dellincapsulamento sullattivit vegetativa di
propaguli unipolari di lavanda comune, dai germogli proliferati nel
substrato D (Tab. 1) sono state prelevate microtalee uninodali di 3-4
mm di lunghezza provviste di gemme ascellari e private delle foglie.
Successivamente, si proceduto ad incapsulare una parte delle
microtalee, ricorrendo al protocollo descritto da Micheli et al. (2002).
La componente nutritiva delle capsule (endosperma artificiale) era
rappresentata dal substrato D, a met concentrazione e arricchito di 50
g l-1 di saccarosio. Le altre microtalee, invece, non sono state
incapsulate (controllo).
In seguito, tutti i propaguli sono stati seminati in vasi di vetro da
200 ml (6 per tesi), contenenti ciascuno 4 microtalee/capsule e 30 ml
del substrato agarizzato, costituito dalla componente minerale MS,
addizionata di saccarosio (30 g l-1), con pH=5.6.
Dopo 30 giorni di permanenza delle colture in camera di crescita,
sono stati effettuati i seguenti rilievi: vitalit, ripresa (propaguli che
avevano prodotto almeno 1 germoglio di lunghezza > 2 mm), numero
di germogli prodotti, lunghezza dei germogli e numero di nodi
prodotti.

246

Gardi T. et al.

Risultati e discussione
Prova I.
Al termine delle tre subcolture, le formulazioni poste a confronto
hanno indotto risposte differenziate. Dallanalisi dei dati, tutti gli
espianti sono risultati vitali, ad eccezione di quelli posti sul substrato
B (58.9%). Il substrato D ha indotto lo sviluppo del numero di
germogli significativamente pi elevato (4.4) rispetto a C (2.1) e A
(1,4), mentre in B stato registrato lo sviluppo di un solo germoglio.
Per quanto riguarda la lunghezza dei germogli, il dato pi elevato
stato riscontrato nei tubi contenenti il substrato A (43.9 mm), anche se
statisticamente uguale a quanto registrato nella tesi che prevedeva
luso del substrato C (37.9 mm), ma che mostrava di indurre diffusi
fenomeni di necrosi degli apici vegetativi. Significativamente inferiori
sono stati i valori riscontrati nelle altre tesi, pari a 21.4 mm (D) e 7.1
mm (B). Il rilievo del numero di nodi prodotti risulta molto
importante, in quanto il valore corrispondente, considerata la tendenza
di questo genotipo ad allungare lasse vegetativo principale a scapito
dellaccestimento, potrebbe rappresentare il coefficiente di
moltiplicazione; il dato pi elevato stato riscontrato nei germogli
proliferati sul substrato A (4,6) statisticamente superiore a 2,3 (C e D)
e a quanto registrato in B (1,4). Soltanto nel caso dei germogli
proliferati su C (69,5%) e su D (100,0%) si sono sviluppate piccole
masse callose, di peso compreso tra 1 e 100 mg. Infine, sporadici casi
di radicazione (circa 30,0%) sono stati registrati solo nella tesi C.
Prova II
Ai fini della radicazione, la minore concentrazione di BAP
contenuta nel substrato sembra aver esaltato leffetto dellauxina
(IBA), che ha indotto attivit rizogena degli espianti. In particolare,
come riportato in tabella 2, i cespi basali (CB) hanno radicato nel
90.0% dei casi, facendo riscontrare anche la quantit di radici
significativamente pi elevata (8.8) e di maggiore lunghezza (22.3
mm). Risultati sostanzialmente inferiori per tutti i parametri sono stati

247

Coltura in vitro di Lavandula angustifolia

registrati nel caso degli espianti apicali (AP) ed ascellari (AS), che
non hanno mostrato differenze significative tra loro (Tab. 2). Durante
la fase di radicazione, gli espianti hanno mostrato anche una certa
attivit proliferativa (dati non riportati). Particolarmente interessante
appare quanto riscontrato nel caso dei cespi basali che hanno fatto
registrare la produzione di 5.8 germogli, mediamente superiore anche
al miglior dato ottenuto nella precedente prova di proliferazione,
lasciando intravedere la possibilit di poter impiegare un unico
substrato idoneo ad indurre sviluppo di germogli e di radici e, quindi,
di ridurre i costi della propagazione in vitro di questo genotipo.
Tabella 2. Prova II: Attivit rizogena delle tre tipologie di espianto.
Tipologia di espianti

Radicazione Radici Lunghezza


Radici
(%)
(n)
(mm)

AP

53.3 b

3.4 b

16.0 b

AS

45.0 b

4.1 b

16.0 b

CB

90.0 a

8.8 a

22.3 a

I valori di ciascuna colonna seguiti da una lettera diversa sono diversi


secondo il test di Duncan (<0,05).
Prova III
Dallesame dei dati raccolti, emerge che la matrice nutritiva
(endosperma artificiale) ha contribuito a mantenere molto elevata la
vitalit delle le microtalee incapsulate (100%), in confronto al 75.0%
dei propaguli seminati senza incapsulamento. Anche in termini di
ripresa sono emerse differenze significative, risultando pari a 80.0%
nel caso delle capsule (Fig. 1) e a 55.0% per le microtalee nude. Per

248

Gardi T. et al.

quanto riguarda lo sviluppo dei germogli, invece, non sono emerse


differenze significative tra la tesi controllo e quella che prevedeva
lincapsulamento, sia in termini di numero di germogli prodotti
(rispettivamente pari a 1.2 e 1.0), sia come lunghezza (4.4 e 4.9) che
in base al numero di nodi (1.0 e1.4). In generale, lincapsulamento
non sembra compromettere la vitalit e la ripresa delle microtalee di
lavanda comune.

Figura 1. Prova III: Microtalea incapsulata di lavanda comune


allinizio della ripresa.
Conclusioni
I risultati della sperimentazione hanno mostrato la possibilit di
micropropagare ed incapsulare il genotipo di lavanda studiato. In
particolare, in opportune condizioni colturali stata registrata una
soddisfacente attivit vegetativa e, soprattutto, rizogena dei germogli
vitro-derivati. Per quanto riguarda lincapsulamento, la presenza della
matrice di alginato non sembra aver limitato la vitalit e la ripresa

Coltura in vitro di Lavandula angustifolia

249

delle microtalee, anche se si ritengono necessari ulteriori studi per


ottimizzare il protocollo. Di fatto, i dati raccolti, seppure preliminari,
lasciano intravedere la possibilit di impiegare con successo queste
tecniche, sia in funzione di eventuali programmi di conservazione ex
situ che per la diffusione e lo scambio di germoplasma di particolare
interesse agronomico e/o biologico.
Bibliografia
1. Dias, M.C., Almeida, R., Romano, A. 2002. Rapid clonal
multiplication of Lavandula viridis LHr through in vitro axillary
shoot proliferation. Plant Cell Tissue and Organ Culture 68: 99102.
2. Echeverrigaray, S., Basso, R., Andrade, L.B. 2005.
Micropropagation of Lavandula dentata from axillary buds of
field-grown adult plants. Biologia Plantarum 49(3): 439-442.
3. Gorge, E.F. 1996. Plant Propagation by Tissue Culture, Exegetics
Ltd, Edington, Wilts, England, pp 937-954.
4. Micheli, M., Gardi, T., Standardi, A., 2003. La tecnologia
dellincapsulamento per la diffusione e/o la conservazione di
materiale vivaistico. Italus Hortus 10(4): 259-262.
5. Micheli, M., Pellegrino, S., Piccioni, E., Standardi, A. 2002.
Effects of double encapsulation and coating on synthetic seed
conversion in M.26 apple rootstock. J. Microencapsulation, 19(3)
:347-356.
6. Murashige, T., Skoog, F., 1962. A revised medium for rapid
growth and biossay with tobacco tissue culture. Physiol. Plant. 15:
473497.

Micropropagazione e micorrizzaziuone di O. vulgare

251

Micropropagazione e micorrizazione di
Origanum vulgare L.: analisi istologica e chimica
Morone Fortunato I. 1, Avato P.2
1
Dip Scienze delle Produzioni Vegetali , Universit di Bari, Bari
2
Dip. Farmaco-Chimico, Universit di Bari, Bari
E-mail: irene.morone@agr.uniba.it
Riassunto
Nel presente lavoro sono descritti i risultati ottenuti dallanalisi
degli olii essenziali e delle strutture ghiandolari di cloni a differente
stadio fisiologico di O. vulgare rigenerato in vitro. Viene inoltre
commentato leffetto del trattamento con micorriza sullaccrescimento
e sulla produzione dei metaboliti secondari nelle piante rigenerate.
Abstract
Results from the histological and chemical analysis of in vitro
regenerated clones of O. vulgare at different stages of growth are
presented here. Morphological variations and chemical profile of the
essential oils in response to arbuscular mycorrhizal symbiosis have
been also investigated.
Introduzione
Origanum vulgare L., Lamiaceae, una pianta erbacea perenne
largamente diffusa nellarea mediterranea. Il genere include 10 sezioni
botaniche: O. vulgare, viene classificato nella sezione Origanum che
comprende sottospecie particolarmente ricche in olii essenziali la cui
composizione individua diversi chemiotipi.

252

Morone Fortunato I. e Avato P.

La secrezione di tali olii associata alla presenza sulle parti aeree


di strutture ghiandolari morfologicamente differenti, tricomi peltati e
capitati, la cui densit nelle piante aromatiche generalmente
associata con la quantit di metaboliti prodotti (Skoula et al., 2002,
Bosabalidis e Kokkini, 1997).
Lapplicazione di metodi biotecnologici, per aumentare la sintesi di
principi attivi nellorigano, appare piuttosto limitata nonostante la sua
importanza economica come spezia aromatica e pianta officinale.
Studi precedenti sulla produzione in vitro di olii essenziali in
Origanum hanno riguardato esclusivamente O. bastetanum e O.
vulgare ssp virens (Socorro, 1998; Alves-Pereira e FernandesFerreira, 1998). Inoltre, nonostante sia noto che la simbiosi
micorrizica induca cambiamenti nel modello di sviluppo fisiologico e
metabolico delle piante micropropagate (Morone-Fortunato et al.,
2005; Gianinazzi et al.,1990; Ravolanirina et al., 1989), al meglio
della nostra conoscenza, non risulta eseguita alcuna ricerca
sullinfluenza di tale simbiosi sulla produttivit metabolica in
Origanum.
Nel presente lavoro sono descritti i risultati ottenuti dallanalisi
degli olii essenziali e delle strutture ghiandolari di cloni rigenerati in
vitro di O. vulgare ssp hirtum (Morone-Fortunato et al., 2006) a
differente stadio fisiologico (in vitro:VS; in campo, fase
riproduttiva:VFB; ); il testimone costituito da campioni prelevati
dalla pianta madre (S: piantina, fase vegetativa, MP: pianta, fase
riproduttiva).
Viene inoltre commentato leffetto del trattamento con micorriza
sullaccrescimento delle piante rigenerate (piante inoculate: Myc+;
controllo: Myc-) e sulla produzione di essenze.
Le piante micropropagate gi dalle prime fasi di accrescimento in
vitro (VS) presentano le strutture ghiandolari tipiche della specie (peli
ghiandolari capitati e peltati). Inoltre, lo studio della densit
ghiandolare dei tricomi peltati evidenzia chiaramente l elevata
omogeneit del campione micropropagato.
Concordemente a quanto riportato in letteratura per altre specie
(Morone-Fortunato et al., 2005; Gribaudo et al.;1996), leffetto della
simbiosi micorrizica modifica il modello di crescita delle piante
micropropagate di origano determinando incrementi dei parametri

Micropropagazione e micorrizzaziuone di O. vulgare

253

morfologici. Le piantine micropropagate inoculate (VF Myc+) alla fine


dellambientamento presentavano infatti un pi vigoroso
accrescimento rispetto al controllo (Myc-) (Tab. 1).
Tabella 1. Effetto della simbiosi micorrizica sui parametri morfologici
di piantine di origano (VF).

Myc+

Test

Media

Min

Max

SD

SE

Area
(mm2)

10

2343.650 2286.600 2628.900 123.2421 38.972


6

Pfe(g)

10

116.632

98.800

137.320

18.8267

5.9535

Pfi (g)

10

40.357

31.170

53.640

9.8035

3.1001

Pse(g)

10

46.884

41.600

59.130

7.0213

2.2203

Psi (g)

10

24.841

18.460

33.110

6.7629

2.1386

Area
(mm2)

10

4114.80

2857.50

4343.40

508.31

160.74

Pfe(g)

10

169.307

138.580

175.280

12.9979

4.1103

Pfi (g)

10

99.957

66.950

104.950

12.1884

3.8543

Pse(g)

10

71.248

57.300

74.080

6.0968

1.9280

Psi (g)

10

59.804

33.360

63.290

9.4198

2.9788

Leffetto della micorrizazione risulta evidente anche sulla


morfologia dellinfiorescenza. Linfiorescenza delle piante micorrizate
si presenta con numero di spicastri (SP) e di spighe (SPG) maggiori
(SP =32.4 2.4; SPG = 21.2 1.6) rispetto al testimone non
micorrizato (SP = 21.5 0.4; SPG = 19.0 0.8).
Inoltre le piante micorrizate, hanno una maggiore densit
ghiandolare (VFB Myc+= 6.1 0.05 ghiandole/mm2) rispetto ai
campioni Myc-. In particolare, nel confronto fra VFB e MP, le piante
VFB Myc+ mostrano una pi alta densit radicale su entrambe le
superfici della foglia (Fig. 1).

254

Morone Fortunato I. e Avato P.

Media; Whisker: Media-SD, Media+SD


6

gh/mm 2

MP
VFB
VFB+

0
sup

inf

Figura 1. Effetto della simbiosi micorrizica sulla densit ghiandolare


della superficie superiore (sup) ed inferiore (inf) della foglia.
In contrasto con le osservazioni morfologiche, la produzione e
composizione percentuali degli olii essenziali non risultano
significativamente influenzate dal trattamento con micorriza (Tab. 2 e
Fig. 2).
Tabella 2. Effetto della simbiosi micorrizica sulla produzione (%) di
olii essenziali.
S
Myc-

Myc+

0.23

0.22

VS

MP

0.87

1.40

VFB
Myc-

Myc+

1.59

1.90

Micropropagazione e micorrizzaziuone di O. vulgare

255

Le produzioni percentuali degli olii essenziali pur non risultando


significativamente differenti fra loro, mostrano un trend positivo,
nellambito dello stesso stadio fisiologico, al passare dal testimone al
micropropagato non micorrizato, e infine al micropropagato
micorrizato (Tab. 2, Fig. 2).

p-Cimene

gamma-Terpinene

Carvacrolo

100
90
80
70
60
%

50
40
30
20
10
0

MycVS

Myc+
S

Myc-

Myc+
VFB

MP

Figura 2. Effetto della simbiosi micorrizica sulla quantit (%) dei


principali componenti degli olii essenziali.
Lanalisi chimica degli olii essenziali estratti dai diversi campioni
di origano oggetto di studio, ha dimostrato che il loro profilo
compositivo significativamente omogeneo anche fra le differenti fasi
fisiologiche. Il componente prevalente rappresentato, in tutti i casi,
da carvacrolo (90-80%). In generale, si nota una maggiore ricchezza
di costituenti negli olii essenziali di piante micropropagate raccolte ad
un anno di ambientamento (VFB), che tendono ad avere una
composizione in metaboliti secondari simile a quello della pianta

256

Morone Fortunato I. e Avato P.

madre (Fig. 2) con un range pi ampio di terpenoidi oltre al


carvacrolo.
Conclusioni
In conclusione i nostri risultati indicano oltre alla omogeneit del
clone micropropagato, limportanza dellinoculazione con micorriza
durante la fase di ambientamento.
A conferma della sua influenza sulla crescita delle piante
micropropagate (Gupta et al., 2002; Ravolanirina et al., 1989;
Morone-Fortunato et al., 2005), variazioni positive sono state
osservate nelle piante rigenerate di origano in risposta al trattamento.
La maggiore facilit con cui le piante micorrizate si adattano alle
condizioni della serra di ambientamento, si evidenziano in particolare
nel differente accrescimento fra le piante inoculate ed il controllo
(Tab. 1),
Il profilo chimico delle piante di O. vulgare ssp. hirtum da noi
micropropagate, riproduce quello della MP che caratterizzato da
carvacrolo come maggior componente volatile (Fig. 2). La variazione
del profilo chimico con let della pianta, evidenzia come il passaggio
da vitro determini un ringiovanimento del materiale che ripercorre le
tappe della piantina da seme come gi evidenziato in letteratura per
Salvia officinalis (Avato et al., 2005; Morone-Fortunato et al., 2006).
Inoltre lanalisi istologica dei nostri campioni mostra chiaramente
che la densit dei peli ghiandolari peltati, deputati alla produzione
delle essenze, delle piante micropropagate e micorrizate (VFB Myc+)
raggiunge e supera i valori della pianta madre (MP) (Fig. 1).
Similmente la produzione di olio essenziale nelle piante
micropropagate (VFB) quantitativamente uguale o migliore della
produzione della pianta madre (MP). Ci evidenzia lalta qualit del
materiale ottenuto con questa tecnologia e la sua possibile
utilizzazione come una vantaggiosa sorgente di metaboliti
secondari(Tab. 2).

Micropropagazione e micorrizzaziuone di O. vulgare

257

Bibliografia
1. Alves-Pereira, I.M.S., Fernandes-Ferreira, M. 1998. Essential oils
and hydrocarbons from leaves and calli of Origanum vulgare ssp.
virens. Phytochemistry 48 : 795-799
2. Avato, P., Morone-Fortunato, I., Ruta, C., DElia, R. 2005.
Glandular hairs and essential oils in micropropagated plants of
Salvia officinalis L.. Plant Sci. 169: 29-36.
3. Bosabalidis, A.M., Kokkini, S. 1997. Infraspecific variation of leaf
anatomy in Origanum vulgare grown wild in Greece. Bot. J. Linn.
Soc. 123: 353-362.
4. Gianinazzi, S., Trouvelot, A., Gianinazzi-Pearson, V. 1990. Role
and use of mycorrhizas in horticultural crop production. Adv.
Hort. Sci. 4: 25-30.
5. Gribaudo, R., Zanetti, R., Morte, E., Previati, A., Schubert, A.
1996. Development of mycorrhizal infection in in vitro and in
vivo-formed roots of woody fruit plant. Agronomie 16: 621-624.
6. Gupta, M.L., Prasad, A., Ram, M., Kumar S. 2002. Effect of the
vesicular-arbuscular mycorrhizal (VAM) fungus Glomus
fasciculatum on the essential oil yield related characters and
nutrient acquisition in the crops of different cultivars of menthol
mint (Mentha arvensis) under field conditions. Biores. Technol.
81: 77-79.
7. Morone-Fortunato, I., Ruta, C., Castrignan, A., Saccardo, F. 2005.
The effect of mychorrizal symbiosis on the development of
micropropagated artichokes. Sci. Horticul.106: 472 -483.
8. Morone-Fortunato, I., Avato, P., Ruta, C. 2006. Glandular hairs
and essential oils in micropropagated plants of Origanum vulgare
L. Acta. Hort., in press.
9. Morone Fortunato, I., Ruta, C, Avato, P. 2006. Bioactive
metabolites of sage: in vivo and in vitro production, in: J.A.
Teixeira da Silva, Floriculture, Ornamental and Plant
Biotechnology: Advances and Topical Issues Health, important
secondary metabolites, herbs, medicinal and aromatic ornamental
plants, vol. IV, (Eds), Global Science Books, London, UK, pp.
482-490.

258

Morone Fortunato I. e Avato P.

10. Ravolanirina, F., Blal, B., Gianinazzi, S., Gianinazzi-Pearson, V.


1989. Mise au point dune methode rapide dendomycorrhization
de vitroplant. Fruit. 44:165-170.
11. Socorro, O., Trrega, I., Rivas, F. 1998. Essential oils from wild
and micropropagated plants of Origanum bastetanum.
Phytochemistry 48:1347-1349.
12. Skoula, M., Harborne, J.B. 2002. The taxonomy and chemistry of
Origanum, in: S.E. Kintzios, Medicinal and aromatic plantsIndustrial profiles, Oregano. The genera Origanum and Lippia,
vol. 25, (Eds.),Taylor and Francis, London, pp. 67-108

259

Situazione attuale e prospettive della domanda nel comparto


delle officinali in Sicilia
Asciuto A., Chironi S., Columba P., Crescimanno M., De Stefano V.
Dip. Economia dei Sistemi Agro-Forestali, Universit di Palermo,
Palermo
E-mail: destefano@unipa.it
Riassunto
Il presente studio il risultato preliminare del progetto di ricerca in
itinere potenzialit di sviluppo del comparto delle piante officinali
coltivate con metodo biologico in Sicilia, finalizzato a fronteggiare la
carenza di informazioni inerenti aspetti strutturali ed economici sul
comparto in Sicilia e valutare le potenzialit di sviluppo della
coltivazione di piante officinali, tenendo conto dei punti di forza e di
debolezza di un comparto ancora poco esplorato e che risulta
marginale rispetto ad altre realt agricole isolane.
Abstract
The present paper illustrates the preliminary results of the research
project in progress Development potential of the officinal plants
sector cultivated with organic method in Sicily. The aim of this study
is to provide some structural and economic insights on the officinal
plants sector in Sicily and to assess the potentialities of development in
the cultivation of officinal plants, taking into account strengths and
weaknesses of a still little explored economic activity which is
marginal with reference to other Sicilian agricultural sector.

260

Asciuto A. et al.

Introduzione
Negli ultimi anni il comparto delle piante officinali stato oggetto
di una crescente attenzione legata non soltanto ad un aumento della
domanda di prodotti erboristici, ma anche allinteresse che sorto in
ambito comunitario per il ruolo di diversificazione dellagricoltura che
queste colture possono svolgere ed in particolar modo nelle aree
marginali.
LItalia vanta antiche tradizioni nel comparto delle officinali e fino
ai primi anni 50 poteva considerarsi tra i maggiori produttori ed
esportatori europei; nel tempo, per, linteresse, e di conseguenza la
produzione, sono andati via via scemando, tanto che, quello delle
officinali divenuto oggi un comparto marginale tra le produzioni
agricole. Anche se in forma ridotta per lesiguit delle superfici
investite, nel settore agricolo la coltura delle erbe officinali pu essere
di valido aiuto al miglioramento ambientale per la riduzione di
sostanze inquinanti e il miglioramento delle condizioni sanitarie del
terreno, considerando che quasi sempre realizzata con metodo
biologico. Da una parte, quindi, lutilizzo nellindustria farmaceutica,
erboristica ed alimentare, dallaltra la potenziale compatibilit con le
problematiche ambientali, attribuiscono a questo settore un ruolo di
significativa importanza e per alcune regioni potrebbe rappresentare
una vera e propria nicchia di prodotti; ma di contro, ben poco si
conosce delleffettiva consistenza e delle sue possibilit di sviluppo e
non ultimo il ruolo economico che pu avere nellambito di unazienda
agraria.
Tutte queste considerazioni e, specialmente, il legame con il settore
biologico, che sembra esistere e che, in ogni caso, andrebbe rafforzato,
stanno alla base di un progetto di ricerca in itinere, volto a conoscere, a
livello della regione Sicilia, gli aspetti principali di questo settore,
incentrando lanalisi sulle piante officinali coltivate con metodi
biologici. Il progetto Potenzialit di sviluppo del comparto delle
piante officinali coltivate con metodo biologico in Sicilia si sta
svolgendo nellambito di una convenzione tra il Consorzio di Ricerca
Bioevoluzione Sicilia (BES) ed il Dipartimento di Economia dei
Sistemi Agro Forestali (ESAF) dellUniversit di Palermo. Lobiettivo
quello di sopperire alla carenza di informazioni inerenti aspetti

Colture officinali in Sicilia

261

strutturali ed economici sul comparto delle officinali in Sicilia e


valutarne le potenzialit di sviluppo, tenendo conto dei punti di forza e
di debolezza di un comparto ancora poco esplorato e che risulta
marginale rispetto ad altre realt agricole isolane.
Materiali e Metodi
Prima di cominciare con una disamina del comparto delle piante
officinali occorre, per, sottolineare come esista una sostanziale
carenza di dati statistici relativi alla loro produzione e
commercializzazione. LISTAT, ad esempio, fornisce un dato in cui
vengono raggruppate sotto la stessa voce le piante aromatiche,
medicinali e da condimento. Altre informazioni possono essere
estrapolate dalla FIPPO, dallISAFA, dal SINAB, sebbene si tratti di
dati generici che non scendono nel dettaglio regionale o provinciale,
classificandole sotto la voce di erbe aromatiche e medicinali. Da
questa carenza di fonti precise ed ufficiali risultano quindi evidenti le
difficolt nel reperimento di informazioni pi precise. Anche a livello
di regolamentazione sia nazionale che comunitaria vi sono delle
carenze, poich, in generale, a livello comunitario il comparto non tra
quelli maggiormente attenzionati. Altri Stati concedono aiuti ai
produttori, come ad esempio, in Francia per i produttori di lavanda.
Attualmente in Italia vige ancora la legge che risale al 1931 (n.99 del 6
gennaio 1931) Disciplina, raccolta e commercio delle piante
officinali ed il relativo regolamento applicativo n. 772 del 1932; col
passare degli anni si sono susseguite diverse circolari e pi che altro
per regolamentarne il commercio.
Lo studio strutturato in due parti: nella prima stata analizzata la
situazione produttiva in Sicilia sulla base dei dati ufficiali (con il limite
prima descritto); nella seconda si proceduto dapprima alla
costruzione del database degli operatori delle quattro categorie di
attivit (farmaceutica, erboristica, cosmetica e alimentare) e poi alle
rilevazioni dirette degli stessi. Una nota particolare deve essere fatta
con riguardo alle difficolt incontrate nella definizione delle
caratteristiche principali della struttura produttiva, sia a causa della
carenza di informazioni sistematiche, relative alla produzione di questi

262

Asciuto A. et al.

settori, sia per la loro stessa natura. Questa ha, infatti, posto qualche
problema di delimitazione settoriale, perch spesso le aziende operano
in pi settori e coprono diversi stadi di produzione lungo la filiera
produttiva, che va dalla coltivazione delle specie officinali alla
commercializzazione di prodotti finiti. Dallanalisi del database della
Camera di Commercio, ossia di tutte le ditte attive nel Registro delle
imprese, lindividuazione delle aziende di lavorazione e/o
trasformazione risultata alquanto difficile, poich i codici ISTAT
delle attivit economiche (Ateco) non individuano direttamente tali
tipologie di imprese. Pertanto dallinterrogazione del database della
Camera di commercio mediante keyword officinali si individuato
un primo elenco di aziende, successivamente scremato mediante
accertamento telefonico sullattivit effettivamente svolta dalle stesse.
Parallelamente sono state individuate quelle ditte di lavorazione e/o
trasformazione iscritte in annuari di riviste specializzate di settore ed in
elenchi di associazioni di categoria. Una volta, quindi, definito
luniverso di riferimento, lattenzione si spostata sullo strumento da
utilizzare per la rilevazione dei dati; si scelto di utilizzare un
questionario predisposto ad hoc, considerato il problema della
delimitazione settoriale delle imprese (sia in senso orizzontale, che
verticale), che stato somministrato per via fax previo avviso
telefonico.
La produzione
La Sicilia dispone di una straordinaria variet di specie officinali,
ma a queste non corrisponde alcuna specifica tradizione produttiva, sia
a livello di coltivazione che della successiva trasformazione
industriale. La regione, come superfici investite, una delle pi
significative a livello nazionale, risultando al quarto posto dietro la
Calabria, importante per le sue produzioni di bergamotto, il Piemonte e
la Toscana (ISAFA, 1999). Le aziende dedite alla coltivazione di
officinali sono per lo pi imprese individuali e di dimensioni piuttosto
modeste. Dal 5 Censimento dellagricoltura (2000) sono state ottenute
informazioni sul numero di aziende produttrici con la relativa
superficie utilizzata e sulla loro localizzazione, distinte per zona

263

Colture officinali in Sicilia

altimetrica e per ampiezza aziendale. Nel complesso in Sicilia alla


voce Piante aromatiche medicinali e da condimento sono state
censite 1.598 aziende con una superficie utilizzata dalle colture pari a
240.70 ettari (Tab. 1). La quasi totalit delle aziende (1.571)
concentrata nelle zone collinari della regione, cos come la superficie
utilizzata (95% circa ).
Tabella 1. Piante aromatiche, medicinali e da condimento in Sicilia.
Fonte: ISTAT, 5 Censimento Generale dellAgricoltura.
Zone
Altimetriche
Montagna
Collina
Pianura
Totale

Aziende N.
18
1.571
9
1.598

Sup. Ha
10.49
227.19
3.02
240.70

Caratteristica prevalente delle aziende che coltivano le officinali una


superficie aziendale piuttosto ridotta: la maggior parte (68%) rientra,
infatti, in una classe di superficie agricola utilizzata (SAU) inferiore
allettaro, e le restanti appartengono alle classi comprese tra 1 e 5
ettari. La situazione cambia, invece, a livello di superficie totale
aziendale dove la maggiore concentrazione si ha nella classe di
superficie compresa tra 2 e 5 ettari.
Pi della met delle aziende regionali (65.3%) concentrata in
provincia di Messina cui, per, non corrisponde il primato in termini di
superficie investita dalle colture officinali, che invece, spetta alla
provincia di Trapani con poco pi di 130 ettari, pari al 54% dellintera
superficie regionale. Modesta la presenza delle officinali nelle altre
province, tra le quali spiccano come numero di aziende Ragusa,
Caltanissetta e Palermo rispettivamente con 10 ed 8 aziende le ultime
due province; del tutto assenti risultano nelle province di Enna e
Siracusa (Tab.2).

264

Asciuto A. et al.

Tabella 2. Distribuzione provinciale delle erbe officinali in Sicilia.


Province

Aziende
N.

Superficie
%

Ha

Palermo

0.5

2.33

Trapani

522

32.7

130.32

54.1

Agrigento

0.3

15.02

6.2

Caltanissetta

0.5

2.11

0.9

Enna

10

0.6

4.95

2.1

Siracusa

Catania

0.2

2.06

0.9

Messina

1.043

65.3

84.01

34.9

1.598

100.0

240.80

100.0

Ragusa

Totale

Come accennato in premessa, il limite nella disponibilit di dati


statistici relativi al comparto delle officinali non consente di fornire
delle indicazioni pi precise circa le superfici e le produzioni regionali
per singole specie.
Uno studio condotto dallISAFA nel 1999, indica che le specie
maggiormente presenti nella regione sono circa una ventina; tra queste
spicca come importanza, sia produttiva sia economica, il frassino da
manna che occupa l88% dellintera superficie utilizzata a piante
aromatiche, a cui segue una irrisoria percentuale (5% circa) ad origano
(Tab. 3).
In Sicilia esistono diverse leggi regionali a favore della manna, ma in
generale non esistono leggi specifiche per lattivit di raccolta delle
piante officinali ad eccezione delle specie che si ritrovano nelle aree
definite come parchi o riserve per le quali esiste una legge regionale
risalente al 1981 (LR N. 98/81).

265

Colture officinali in Sicilia

In tempi pi recenti lamministrazione regionale ha cercato di


stimolare linteresse degli imprenditori verso tale comparto,
prevedendone il sostegno con contributi a fondo perduto nellambito di
una specifica misura del POR (Mis. 4.06, Irrobustimento delle filiere
agricole e zootecniche). Attraverso il PSR invece, sono stati previsti
degli investimenti per il potenziamento del comparto in diverse fasi
della filiera - produzione, commercializzazione e trasformazione attraverso la concessione di un aiuto ad ettaro variabile in relazione
alla tipologia colturale (piante aromatiche ed officinali annuali o
pluriennali) e allindividuazione di aree preferenziali.
Tabella 3. Specie officinali coltivate in Sicilia
Superficie

Specie
Manna
Origano
Fiore di arancio
Fieno greco
Coriandolo
Psillio
Calendula
Cardo santo
Timo
Salvia
Rosmarino
Eucalipto
Equiseto
Melissa
Borragine
Finocchio
Malva
Maggiorana
Altre piante
Totale
Fonte: ISAFA

Ha
200.0
11.1
7.2
2.6
2.0
0.8
0.7
0.3
0.3
0.3
0.3
0.3
0.1
0.1
0.1
0.1
0.1
0.1
0.7
227.2

%
88.0
4.8
3.1
1.2
0.9
0.04
0.03
0.01
0.01
0.01
0.01
0.01
0.004
0.004
0.004
0.004
0.004
0.004
0.03
100.0

266
La domanda:
trasformazione

Asciuto A. et al.

indagine

sulle

imprese

di

Dalla nostra indagine, volta a rilevare la


caratteristiche delle imprese di lavorazione e/o
Sicilia, emerso un comparto rappresentato da un
aziende, soprattutto a carattere artigianale e con
(Tab. 4 e 5).

lavorazione

consistenza e le
trasformazione in
numero limitato di
gestione familiare

Tabella 4. Imprese di lavorazione e/o trasformazione


Aziende
N.
Universo imprese di lavorazione e/o
trasformazione (escluse erboristerie, farmacie e
imprese liquoristiche.
Imprese escluse dalluniverso (cessate, in
liquidazione, irreperibili)
Totale imprese

24

72,7

27,3

33

100

Tabella 5. Imprese classificate per attivit prevalente


Attivit
prevalente
Cosmesi naturale
Erboristica
Alimentare
Farmaceutica
Totale

N.
imprese
2
7
12
3
24

N.
occupati
24
32
34
1.129
1.219

N.occupati/
N. imprese
12
5
3
376
51

Eccezione fatta per il comparto farmaceutico, rappresentato da 3


imprese ubicate nella provincia di Catania, delle quali due dotate di

Colture officinali in Sicilia

267

stabilimento produttivo e centro di ricerca in Sicilia (unimpresa ha


solo il centro amministrativo), che offrono occupazione a 1.129
addetti, di cui 33 nella ricerca (Farmindustria, 2005).
Di seguito lindagine si concentra sulle restanti tre categorie di
imprese per attivit prevalente (alimentare, erboristica, cosmetica). I
dati della tabella 5 evidenziano che il 50% delle imprese svolge la
propria attivit principale nel comparto alimentare, nel quale risulta
tuttavia anche il minor numero di occupati per impresa. La maggior
parte di tali imprese di piccola dimensione, impiega manodopera
avventizia per le attivit colturali e svolge semplici operazioni di
lavorazione finalizzate alla realizzazione di erbe aromatiche per
condimenti. Sette imprese delluniverso di riferimento svolgono
attivit mista.
La classificazione per classi di fatturato conferma la ridotta
dimensione economica delle imprese, soprattutto nellalimentare: pi
della met, quasi esclusivamente quelle dellalimentare, presentano un
fatturato inferiore a 100 mila euro. Per tali ditte la realizzazione di
prodotti officinali spesso unattivit integrativa, di contro alle altre
tipologie di imprese che tendono ad acquisire connotati industriali. Le
specie botaniche di maggiore interesse per le imprese dellalimentare
sono lorigano e, in minor misura, il rosmarino, la malva, la melissa, la
menta, la salvia, il timo e cos via per le restanti erbe aromatiche
utilizzate in cucina. Numerose sono anche le specie utilizzate per
lerboristica e la cosmesi, delle quali in termini quantitativi risultano
predominanti i prodotti degli agrumi e la manna.
Le differenze tra le tre categorie di imprese sono sostanziali
nellambito dellapprovvigionamento delle materie prime e
dellacquisto di derivati (Tab. 6). Infatti, nellalimentare
preponderante la produzione propria, nellerboristica invece
lapprovvigionamento allesterno e nella cosmesi fondamentale
lacquisto di derivati (soprattutto oli essenziali).
Nel complesso le piante acquistate dalle tre categorie di imprese
provengono per un ammontare di 56,2 q.li dalla Sicilia, per 99,1 q.li
dal resto dItalia e per 65.5 q.li dallestero. Gli acquisti di derivati,
invece, provengono soprattutto dalla Sicilia (318.0 q.li), una piccola
parte dal resto dItalia (26.8 q.li) ed una quota marginale dallestero
(3.0 q.li).

268

Asciuto A. et al.

Tabella 6. Approvvigionamento di materia prima e acquisto di derivati


nelle imprese rilevate (valori medi per impresa)

Attivit
prevalente
Cosmesi
naturale
Erboristica
Alimentare

Approvvigionamento materia prima


(q.li in secco)
Raccolta
dello
spontaneo

Produzione
coltivata

Acquisti
di piante

Acquisti di
derivati
(q.li)

64.8

20.0

35.4

132.6

3.0
9.2

10.0
10.6

16.4
2.9

11.4
0.3

I prodotti della lavorazione e/o trasformazione delle piante officinali


seguono diversi canali di distribuzione: nellalimentare il 57% sono
venduti a grossisti/importatori, mentre il restante 43% ai supermercati,
ai negozi specializzati e direttamente al consumatore (soprattutto
attraverso fiere). Le imprese classificate per attivit prevalente
erboristica commercializzano il 54% del prodotto alle erboristerie, il
29% alle industrie di trasformazione, il 14% ai grossisti/importatori, il
2% alle farmacie ed il restante 1% ad altri. Anche i cosmetici
naturali seguono vari canali distributivi: il 35% sono commercializzati
ai grossisti, il 20% alle erboristerie, il 20% ai negozi di oggettistica, il
15% allindustria ed il 10% alle farmacie.
Durante lindagine, inoltre, stato chiesto agli intervistati di
ponderare le strategie per migliorare il posizionamento dei prodotti,
dalle cui risposte risultato prioritario entrare in nuovi segmenti di
mercato e migliorare la qualit, in secondo luogo entrare in nuovi
canali distributivi e migliorare la selezione, poca importanza invece
stato attribuito ad ampliare la gamma ed eliminare dal paniere i
prodotti pi deboli. Nonostante la maggior parte degli operatori
intervistati ritengano molto importante la valorizzazione e la
promozione dei loro prodotti, pochi investono in marketing e

Colture officinali in Sicilia

269

pubblicit: solo quattro imprese svolgono studi di marketing per


collocare il prodotto, delle quali tre predispongono piani di marketing e
soltanto una impiega un addetto al marketing. Premesso che in genere
gli investimenti nella comunicazione pubblicitaria sono abbastanza
limitati, ed in alcuni casi nulli, le forme di comunicazione utilizzate
maggiormente sono le fiere del settore (37%), la pubblicit in riviste e
giornali (35%), il sito internet (25%) e la pubblicit nei network locali
(3%).
Le prospettive del comparto
Nel quadro delle produzioni agricole siciliane lincidenza delle
officinali risulta alquanto marginale, sia per la mancanza di una
tradizione produttiva, tranne che per la manna, sia per la mancanza di
unadeguata regolamentazione del comparto che per la concorrenza dei
paesi terzi. La regione risente particolarmente della concorrenza dei
paesi del Maghreb e del Medio Oriente, le cui produzioni risultano
altamente competitive in termini di prezzo conseguentemente ai costi
di produzione estremamente bassi, contrariamente a quanto avviene in
Sicilia, ed in Italia, dove lo stesso costo ha un peso notevole nel quadro
generale delle spese. Tuttavia illusorio pensare di risolvere il
problema della competitivit attraverso la riduzione dei costi di
produzione, al contrario necessario puntare sul fattore qualit. E
evidente che ladozione di sistemi di certificazione, riconosciuti tanto a
livello comunitario quanto nazionale, pu consentire di differenziare le
produzioni regionali da quelle provenienti da paesi terzi ed in
particolare offrire maggiori garanzie sia agli utilizzatori intermedi di
tali specie (industria alimentare e farmaceutica) che ai consumatori.
Altro fattore che ostacola la crescita del comparto, come detto prima,
dato dallinadeguatezza della normativa in materia.
Accanto a questi fattori, che in qualche modo limitano lo sviluppo
del comparto, ve ne sono degli altri, quali la crescente domanda
(conseguentemente al maggior fabbisogno interno e allaumento del
numero di erboristerie), la diffusione di comparti innovativi
dellindustria tradizionale e la vocazionalit del territorio, che creano
condizioni favorevoli di mercato.

270

Asciuto A. et al.

Un aspetto di grande considerazione, che costituisce indubbiamente


un punto di forza del comparto in esame, relativo allampia
diffusione, tra i produttori di erbe officinali, di tecniche di coltivazione
biologiche. In effetti, il ricorso a metodi di produzione biologici
(Reg.CE 2092/91) offre dei vantaggi, in particolare per quanto
concerne gli aspetti ambientali, ma soprattutto, pu essere interessante
per la possibilit, per i produttori, di migliorare gli standard qualitativi
e, quindi, valorizzare le produzioni che si presentano sul mercato come
prodotti certificati. Sulla base delle precedenti considerazioni sarebbe
auspicabile, attraverso specifiche azioni, indurre la completa
conversione delle superfici convenzionali.
Dati ed informazioni pi particolareggiate sul comparto delle
officinali in Sicilia, saranno riportati in una futura pubblicazione.
Ringraziamenti
Il lavoro frutto di una comune collaborazione fra gli autori. Tuttavia,
Maria Crescimanno ha coordinato lo studio ed ha curato la stesura del
capitolo 1, Antonio Asciuto ha redatto il capitolo 2, Stefania Chironi
ha scritto il capitolo 3, Vincenzo De Stefano ha redatto il capitolo 4,
mentre il capitolo 5 si deve a Pietro Columba.
Bibliografia
1. Farmindustria 2005. Indagine conoscitiva sulla localizzazione
regionale delle unit locali delle imprese farmaceutiche. Rapporto
2005, pp.2-22.
2. ISAFA 1999. Consistenza e caratteristiche delle piante officinali
coltivate in Sicilia.
3. ISTAT 2000. Quinto Censimento generale dellagricoltura.
4. Leto, C., Carruba A. 1990. Piante officinali: molta confusione,
carenze legislative e scarsa produzione. Linformatore agrario 5/90:
53-57

271

Implicazioni biosintetiche ed allelopatiche dei principali


flavonoidi di interesse terapeutico.
Camorani M.
Farmacia Berni - Progetti Informazione Salute, Scandiano (RE)
E-mail: marco.camorani@tiscali.it
Riassunto
La struttura dei flavonoidi, basata su uno scheletro C6-C3-C6,
deriva da vie biosintetiche, la cui conoscenza fondamentale per
comprendere le propriet di tutti i sottogruppi di questa vasta classe di
composti. Le implicazioni allelopatiche dei flavonoidi coinvolgono le
loro azioni sui fattori di crescita, sulla membrana cellulare, sulla
produzione di ATP e sullassorbimento di nutrienti.
Abstract
The structure of flavonoids, based on a C6-C3-C6 skeleton, derives
from biosynthetical ways, whose knowledge is fundamental in order to
understand the properties of all the subgroups of this wide compound
class. The allelopatic implications of these compounds could be
recognized in actions on growth factors, on the cellular membrane, on
ATP-production and on the nourishing absorption.
Introduzione
I flavonoidi rappresentano la classe numericamente pi consistente
dei composti fenolici presenti nelle piante, con pi di 5000 molecole
identificate complessivamente.
Sebbene un cospicuo numero di sostanze fenoliche sia stato
ritrovato in organismi animali, la presenza di una frazione fenolica

272

Camorani M.

una caratteristica peculiare dei tessuti vegetali, peraltro determinante


sulle propriet della specie nel suo insieme.

Figura 1. Struttura chimica di base dei flavonoidi


La struttura chimica di questi composti, presenti in tutte le parti
della pianta, basata su uno scheletro di 15 atomi di carbonio (C6-C3C6, 2-fenil-benzopirone) con un anello cromonico (A) legato ad un
secondo anello aromatico (B) in posizione 2, 3 o 4. I vari sottogruppi
di flavonoidi vengono classificati in base allo stato di ossidazione
dellanello eterociclico ed alla posizione dellanello B. Dalla
catechina, appartenente ai flavanoli, si originano, attraverso vari stadi
di condensazione, i tannini, un'altra classe importante di composti
fenolici. La sintesi dei flavonoidi frutto dellincrocio fra due
importantissime vie di reazioni metaboliche: la via dellacido
scichimico e la via dellacetil-CoA. Ottenuto da un prodotto della
glicolisi, lacido scichimico ha fra i suoi derivati due amminoacidi, la
fenilalanina e la tiroxina; queste molecole subiscono il distacco di un
gruppo ammonio, tramite un meccanismo enzimatico critico, anche
per il possibile rischio daccumulo di questo ione; si ottengono cos
acido trans-cinnamico dalla fenilalanina e acido trans-p-cumarico
dalla tiroxina. A partire dallacetil-CoA, molecola chiave delle vie
metaboliche animali e vegetali, si forma, attraverso una
carbossilazione, il malonil-CoA.

Flavonoidi

273

Lenzima chiave nellincrocio fra i prodotti di queste due vie la


calcone sintasi (CHS); questo, infatti, catalizza la condensazione in
pi stadi di tre molecole di malonil-CoA (anello A), con il p-cumaroilCoA (anello B), con conseguente formazione di un 4,2,4,6
tetraidrossi-calcone.
Tabella 1. Classificazione chimica dei principali sottogruppi di
flavonoidi
Sottogruppo
Flavanoni
Flavanoli

Flavoni

Flavonoli

Antocianidine
(Antocianine *)
Isoflavonoidi

Esempi
naringenina,
eriodictiolo,
liquiritigetina
catechina, epicatechina
apigenina, luteolina,
diosmina
vitexina*
(*glicoside)
quercetina, kempferolo,
myricetina, rutina*
(*glicoside)

Caratteristiche
strutturali
anello B in posizione 2
legame singolo in 2-3
=O in 4
anello B in posizione 2
legame singolo in 2-3
-OH in 3
anello B in posizione 2
doppio legame in 2-3
=O in 4

anello B in posizione 2
doppio legame in 2-3
=O in 4; -OH in 3;
delfinina, apigeninidina, anello B in posizione 2
insaturazione
luteolinidina
aromatica
(*glicoside)
completa; -OH in 3

genisteina, daidzeina,
gliciteina

anello B in posizione 3

La struttura di base da cui si originano tutti i flavonoidi si forma in


seguito ad una conversione stereospecifica del calcone a 2S-flavanone,
tramite catalisi dellenzima calcone isomerasi (CHI). Diversi studi
indicano lespressione di questo enzima, come lo step limitante per la
biosintesi, in molti tessuti delle piante; quindi, i relativi geni sono

274

Camorani M.

considerati elementi chiave per le ricerche nel campo della biogenetica


sulle possibilit daumento della produzione di flavonoidi in colture
artificiali.Le modificazioni dello scheletro base hanno unampia
gamma di possibilit: in generale reazioni di idrossilazione,
glicosilazione, acilazione sono importanti nel conferire caratteristiche
di stabilit ed idrofilicit alle molecole, mentre reazioni di metilazione
e prenilazione, conferiscono ai flavonoidi caratteristiche di lipofilia ed
attivit antimicrobica.
Fra i fattori determinanti sulla quantit effettiva di flavonoidi
presente in una specie vegetale, c senzaltro, in primo luogo, il
dinamico sistema metabolico dei fenoli; in esso, infatti, sintesi e
degradazione sono in funzione dello stato fisiologico, della stagione e
delle condizioni pedoclimatiche dellambiente.
Il turn-over dei fenoli basato sostanzialmente su tre tipi di
reazione:
1)
reazioni di interconversione, in cui la molecola funge da
intermedio biosintetico;
2)
reazioni di coniugazione (glicosilazione gruppi fenolici o
carboni in posizione 6 o 8 anello aromatico A),
fondamentale per aumento solubilit, protezione gruppi
funzionali con possibile tossicit per elementi citoplasmatici
e compartimentalizzazione cellulare (inglobamento in
vescicole dal reticolo endoplasmatico e accumulo nel
vacuolo o eventuale secrezione);
3)
reazioni cataboliche-ossidative, basate sullaggiunta di
gruppi ossidrili in posizione 2 e 3, seguita da ulteriori
ossidazioni con rottura dellanello centrale e successive
polimerizzazioni degli acidi benzoici derivati, che
avvengono sulla parete cellulare e sul sistema delle
membrane; questi tipi di reazioni chimiche consentono la
degradazione di alcuni metaboliti, senza formazione o
accumulo di altri, un aspetto di notevole rilevanza ad
esempio nel campo delle colture in vitro o idroponiche.
Da considerare tuttavia, il possibile accumulo e la successiva
polimerizzazione di chinoni, come risultato di ulteriori ossidazioni in
vie enzimatiche parallele; il rischio di questo fenomeno pu essere

Flavonoidi

275

evitabile con laggiunta nellambiente di coltura di sostanze riducenti,


per esempio acido ascorbico.
Da un punto di vista evolutivo, leffetto induttore delle radiazioni
solari ultraviolette su questo metabolismo, non pu non essere
riconducibile, fra le varie ipotesi, alle propriet protettive ed
antiossidanti tipiche dei composti flavonoidici. Questo si traduce
anche in una localizzazione preferenziale nelle parti aeree (foglie,
sommit fiorite, ecc) delle piante.
Tra i tanti ruoli fisiologi ed ecologici ricoperti dalla classe dei
flavonoidi in natura (come pigmenti, antiossidanti, antibatterici,
antifungini, ecc...) questa trattazione prender in esame
esclusivamente quelli inerenti allo studio e allapplicazione di colture
artificiali di piante officinali.
Innanzi tutto si tratta di sostanze che esercitano il loro effetto a
concentrazioni micromolari, ed quindi chiaro che si debbano sempre
tenere in considerazione in ogni ambito di coltivazione, studio o
impiego delle specie vegetali di appartenenza.
Un aspetto rilevante, ad esempio, senzaltro il ruolo nella
regolazione dellattivit dellauxina (acido indolacetico), cio il pi
importante fattore di crescita ormonale delle piante; stato, infatti,
sperimentalmente dimostrato che molti flavonoidi, tra cui quercetina,
kempferolo ed apigenina (presenti ad esempio in Ruta graveolens,
Passiflora incarnata, Betulla pendula, ecc) inibiscono il trasporto
dellauxina, non per competizione diretta, ma legandosi allo stesso
recettore del NPA (acido naftilftalamico). Questa propriet si associa
alla capacit di inibire lenzima che degrada specificamente questo
ormone (acido indolacetico ossidasi), creando effettivamente i
presupposti per unattivit regolatrice ad ampio spettro di possibilit,
con influenze sulla distensione cellulare, sulla differenziazione del
tessuto vascolare, sul turn-over delle foglie e sullaccrescimento dei
frutti.
Particolarmente interessanti sono le possibili azioni dei flavonoidi
sulla parete cellulare che, durante la distensione del vacuolo che
contribuisce allaccrescimento del tessuto, necessita di maggiore
elasticit e minor contenuto di cellulosa; infatti, alcuni precursori di
questa classe di composti, come lacido ferulico e lacido cumarico,

276

Camorani M.

sono stati rilevati in pareti cellulari primarie isolate da colture cellulari


di piante in fase di rapido accrescimento.
Queste due molecole sono in grado di formare legami, tramite
lesterificazione dei loro gruppi carbossilici, con residui di galattosio
ed arabinosio della matrice polisaccaridica; laccoppiamento
ossidativo, catalizzato da perossidasi, di questi residui fenolici porta
alla formazione di legami incrociati tra catene adiacenti della matrice
polisaccaridica, legami che influenzano notevolmente le caratteristiche
di solubilit ed estendibilit della parete cellulare.
Un interessante motivo di studio potrebbe essere la possibilit per i
flavonoidi di contrastare, grazie a queste propriet, laccumulo di
etilene tipico delle colture artificiali, ed in particolare di quelle del
genere Passiflora; nelle piante il gas etilene agisce principalmente
come ormone della senescenza e dei processi degenerativi.
Tutti i meccanismi citati, riguardanti alcuni dei ruoli fisiologi dei
flavonoidi, entrano in gioco in quellinsieme di interazioni
biochimiche tra diverse specie vegetali, che prende il nome di
allelopatia. Comunemente questo termine viene riferito agli effetti
nocivi di una specie di pianta superiore, il donatore, su di unaltra, il
recettore, effetti che si manifestano come riduzione di efficienza nella
germinazione e nella crescita e che rappresentano un aspetto della
competizione tra le specie.
Le interazioni allelopatiche sono determinate dal rilascio
nellambiente circostante (volatilizzazione, dilavamento, essudazione
dalla pianta viva, caduta di frutti e semi) da parte del donatore, di
metaboliti secondari fitotossici (sostanze allelochimiche), i quali, per
esercitare la loro azione, debbono accumularsi nel suolo in quantit
sufficiente e debbono avere sufficiente stabilit per tutto il tempo
necessario per manifestare la loro efficacia.
Questo insieme di variabili di difficile previsione, unito allenorme
ampiezza della classe dei composti in oggetto, impediscono molto
spesso, di ottenere conclusioni soddisfacenti riguardo al ruolo di
allelochimici dei flavonoidi.
Come avviene per tante altre sostanze, questi composti vengono
rilasciati dalla pianta nella forma glicosilata protettiva, per poi essere
idrolizzati nella forma libera ad attivit completa; nel contesto di
colture in vitro, in cui si lavora in ambiente asettico, viene meno la

Flavonoidi

277

necessit per la pianta di impiegare i flavonoidi nella difesa da batteri,


funghi o insetti, e quindi si potrebbe indagare se laumento della
disponibilit di questi composti in forma libera, possa risultare un
aspetto di utile considerazione. Attualmente, gli studi pi recenti
hanno dimostrato in modo diffuso, che un certo numero di sostanze
fenoliche, tra cui i flavonoidi, quando sono rilasciate da foglie e radici
in forma libera nellambiente circostante, possono avere un effetto
inibitorio sia sulla germinazione dei semi, sia sul processo di crescita
delle piante presenti nello stesso ambiente; esistono casi in cui questa
azione si verifica perfino sulla pianta stessa che li ha prodotti, in
condizioni di espianto in ambienti chiusi o caratterizzate da elevata
densit di specie vegetali, come autoinibizione protettiva.
Tra i vari meccanismi implicati in questi fenomeni, oltre alla
regolazione dellauxina, stata studiata anche la possibilit per i
flavonoidi, di agire come disaccoppianti della fosforilazione ossidativa
e quindi ridurre la produzione di ATP.
Per quanto riguarda la composizione dellambiente di coltura, i
flavonoidi possono inoltre influenzare lassorbimento di ferro,
alluminio, manganese, legandoli al posto del fosfato, che di
conseguenza risulta pi disponibile in forma libera. La prevalenza di
carica negativa, oltre che per i siti di assorbimento anionico, pu
esercitare la sua azione anche sul campo elettrico trasmembrana, che
regola il trasporto attivo di nutrienti nelle cellule delle radici; il
passaggio nel citoplasma, infatti, sarebbe inibito tramite un
meccanismo di depolarizzazione.
Conclusioni
I flavonoidi sono tra i metaboliti secondari pi diffusi tra le specie
vegetali, e le propriet descritte mettono in evidenza ancor pi il
significato evolutivo di queste sostanze.
La biosintesi di questi composti nelle piante un processo
ampiamente controllato e regolato a livello cellulare, per garantire la
piena funzione della forma attiva, senza possibilit di danno per il
tessuto di origine. Gli unici fenomeni di accumulo su cui si potrebbe

278

Camorani M.

indagare, riguardano lo ione ammonio nelle prime vie biosintetiche e i


derivati chinonici nel catabolismo ossidativo.
Il ruolo di allelochimici dei flavonoidi caratterizzato
prevalentemente dallazione inibitoria sulla germinazione e sulla
crescita di piante presenti nello stesso ambiente, che si realizza tramite
vari meccanismi, comuni per lo pi a tutta questa ampia classe di
composti.
Nellambito delle tecniche di coltivazione artificiali, risulta
importante anche il controllo dellinfluenza dei flavonoidi sulla
composizione del mezzo di coltura, con particolare attenzione ai
nutrienti assorbiti mediante siti anionici o trasporto attivo
transmembrana.
Bibliografia
1. Gregory, D.,Driebe, M., Whitham, T.G. 1998. Indirect interactions
mediated by chanching plant chemistry: beaver browsing benefits
beetles, Ecology, 79.
2. Lin, L.J., Peiser, G., Ying, B.P., Mathias, K., Karasina, F., Wang,
Z., Itatani, J., Green, L., Hwang, Y.S., 1995. Ientification of plant
growth inhibitori principles in Ailanthus altissima and Castela
tortuosa. J. Agric. Food Chem., 43(6): 1708-1711.
3. Torssell, K.B.G. 1997. A mechanistic, biosynthetic and ecological
approach, apotekarsociteten, Natural Product Chemestry.

279

Profilo metabolico dei composti bioattivi del cardo mariano


(Silybum marianum (L.) Gaertn.)
Ferracane R., Graziani G., Gallo M., Fogliano V., Ritieni A.
Dipartimento di Scienza degli Alimenti. Universit di Napoli
Federico II, Portici, Napoli.
E-mail: liaferracane@yahoo.it
Riassunto
Il Silybum marianum (L.) Gaertn. (Asteraceae) largamente
utilizzato per il trattamento delle malattie del fegato. La componente
bioattiva di questa pianta rappresentata dal complesso della
silimarina (una miscela di flavolignani noti) e una frazione
chimicamente non caratterizzata, contenente per la maggior parte
composti polifenolici. Lo scopo di questo studio stato lottenimento
del profilo metabolico di questa pianta mediante cromatografia liquida
accoppiata alla spettrometria di massa tandem (LC/MS/MS) con
ionizzazione electrospray (ESI) a la caratterizzazione dei composti
polifenolici non ancora noti.
Abstract
Silybum marianum (L.) Gaertn. (Asteraceae) is largely used to
treat liver disorders. The bioactive component of this plant is
silymarin (a mixture of note flavolignans) and a chemically undefined
fraction containing mostly polyphenolic compounds. The aim of this
study was to obtain the metabolic profile of this plant using liquid
chromatography coupled to mass spectrometry in tandem mode
(LC/MS/MS) with electrospray ionization (ESI) and the
characterization of unknown phenolic compounds .

280

Ferracane R. et al.

Introduzione
Il cardo mariano (Silybum marianum L. Gaertn. ) una pianta della
famiglia delle Asteracee utilizzata nella medicina popolare da pi di
2000 anni principalmente per il trattamento delle malattie epatiche
(epatiti, ittero, cirrosi) e per proteggere il fegato dallavvelenamento
causato da tossine, agenti chimici e dallalcol (Morazzoni e
Bombardelli, 1995).
La componente bioattiva di questa pianta rappresentata dalla
silimarina, contenente flavolignani (70-80 %), e una frazione chimica
non completamente caratterizzata costituita per la maggior parte da
polifenoli (20-30%). Il pi abbondante flavolignano la silibina,
presente in due forme isomeriche: silibina A (SBA) e silibina B
(SBB). Sono anche presenti lisosilibina A (ISBA), lisosilibina B
(ISBB), la silicristina (SC), la silidianina (SD) e il flavonoide
taxifolina (imnek et al., 2000; Ken e Walterov, 2005).
Recentemente la silimarina sta ricevendo attenzione non solo per i
suoi effetti epatoprotettivi ed antiossidanti, ma anche per lattivit
antitumorale, ipocolesterolemica, neuroprotettiva e cardioprotettiva
(Ken e Walterov, 2005).
Lanalisi del complesso delle silimarine nel cardo mariano
generalmente eseguita con lutilizzo di metodiche di analisi HPLC e
cromatografia liquida accoppiata a spettrometria di massa (LC/MS)
(Ding et al., 2000; Zhao e Chen B, 2005). Il primo obiettivo di questo
lavoro stato la messa a punto di un metodo di analisi della
componente bioattiva utilizzando la spettrometria di massa tandem
(LC/MS/MS). E stata anche caratterizzata la componente polifenolica
non ancora identificata, evidenziando la presenza di alcuni composti
non ancora riportati in letteratura.
Oltre allestrazione convenzionale con lutilizzo di una soluzione
metanolica come riportato in letteratura (Zhao e Chen B, 2005), sono
state anche valutati tre estratti supercritici ottenuti con lutilizzo della
CO2 allo stato supercritico.

Sylibum marianum

281

Materiali e metodi
Materiali
I reagenti ed i solventi sono stati acquistati dalla Merck (Germania)
e sono di grado analitico o HPLC. Gli standard di acido caffeico,
acido clorogenico, apigenina. e taxifolina sono stati forniti dalla
Sigma ( Milano, Italia). Lacido dicaffeilchinico (cinarina) e lacido
dicaffeiltartarico (ac.cicorico) sono stati acquistati alla ChromaDex
(Laguna Hills, CA, USA). I frutti essiccati taglio filtro di Silybum
marianum da agricoltura biologica sono stati forniti da Bioplanta
(Irsina, Matera).
Estrazione
Estrazione convenzionale dei campioni
3 g di campione sono stati estratti con 30 mL di metanolo. Il
campione stato posto in un bagno ad ultrasuoni a temperatura
ambiente per 30 minuti, centrifugato a 4000 rpm, a 4C, filtrato con
carta da filtro Whatman (Inghilterra) e quindi analizzato.
Estrazione dei campioni con fluidi supercritici
Lestrazione supercritica stata eseguita utilizzando un sistema
Spe-ed SFE, modello 7020 / 690 bar Applied Separations, Allentown,
PA, USA. 34 g di campione sono stati estratti in un vessel di acciaio
con un volume di 50 mL. Stati ottenuti tre differenti estratti : SFE I a
pressione di 90 bar, SFE II a pressione di 200 bar, SFE III a pressione
di 200 bar e con lutilizzo di metanolo come co-solvente. Nelle tre
estrazioni la temperatura stata fissata a 45C e il flusso del fluido
supercritico stato fissato a 1 L/min di gas.

282

Ferracane R. et al.

Determinazione dellattivit antiossidante


La misura dellattivit antiossidante stata determinata mediante il
metodo dellABTS utilizzando uno spettrofotometro UV/VIS Perkin
Elmer Lambda 10 (Pellegrini et al., 2003).
Analisi LC/MS/MS
La separazione cromatografica stata ottenuta usando due
micropompe Serie 200 (Perkin Elmer, Canada), un rivelatore UV/VIS
Serie 200 (Perkin Elmer, Shellton, USA) e una colonna Prodigy ODS3
100 , 250x4.6 mm, 5 m (Phenomenex, CA, USA). Sono state usate
le seguenti fasi: A acqua 0.2% acido formico; B CH3CN/MeOH
(60:40 v/v). Il gradiente era il seguente: 20-30% B (6 min), 30-40% B
(10 min), 40-50% B (5 min), 50-90% B (11 min) per poi tornare in 3
minuti alle condizioni iniziali, ad un flusso costante di 0.8 mL/min. Le
analisi di spettrometria di massa sono state eseguite utilizzando uno
spettrometro di massa API 3000 triplo quadrupolo (Applied
Biosystems, Canada) equipaggiato con una sorgente TurboIonspray ad
una temperatura di 400 C. Le analisi per ottenere informazioni sui
metaboliti presenti sono state eseguite in IDA (information dependent
acquisition) nel range 50-1100 amu nella modalit degli ioni positivi.
Una volta identificati i metaboliti sono stati analizzati in MRM
(multiple reaction monitoring) .
Risultati e discussione
Informazioni preliminari sui composti polifenolici presenti sono
state ottenute utilizzando lIDA, un tipo di analisi che fornisce
contemporaneamente unacquisizione in scan con informazioni sul
peso molecolare dei metaboliti presenti e uno spettro MS/MS degli
ioni estratti. I metaboliti sono poi stati identificati in base al loro peso
molecolare, al pattern di frammentazione e al confronto del loro tempo
di ritenzione (tR) e spettro UV a 280 nm con quello degli standards
(per lacido caffeico, acido clorogenico, acido cicorico, cinarina,
apigenina e taxifolina). Le silimarine sono state identificate in base al

283

Sylibum marianum

rapporto massa carica (m/z), alla frammentazione caratteristica (Kim


et al, 2003) e lassorbimento UV. Nella tabella 1 sono riportati i
composti polifenolici identificati, il tR, il peso molecolare e la
frammentazione ottenuta.
Dai dati ottenuti emerge sia la presenza di composti gi noti per il
cardo mariano come il complesso delle silimarine, ma anche di
composti non ancora riportati come lacido caffeico, lacido
clorogenico, la cinarina, lacido cicorico e lapigenina. Al tempo di
ritenzione di 15.58 min, in IDA, si osserva un picco con peso
molecolare e frammentazione caratteristici della catechina, anche se il
tR non corrisponde n a quello della catechina, n a quello
dellepicatechina.
Tabella 1. Composti fenolici identificati.
tR
[MH]Composto
(min) m/z

frammenti
m/z

Acido clorogenico

7.47

353

191

Acido caffeico

10.16

179

135

Taxifolina

15.20

303

285; 217;179

Cinarina

15.00

515

353; 191

Catechina

15.58

289

245

Acido cicorico

17.11

473

311; 293;149

Silicristina (SC)

19.69

481

463; 453; 437; 301

Silidianina (SD)

20.61

481

463; 453; 437; 301

Silibina A (SBA)

25.01

481

463; 453; 437; 301

Silibina B (SBB)

25.22

481

463; 453; 437; 301

Isosilibina (ISBA+ ISBB)

26.39

481

463; 453; 437; 301

Apigenina

27.00

269

151

MS/MS

284

Ferracane R. et al.

Questo dato da indagare ulteriormente fa ipotizzare la presenza di


un composto appartenente alla famiglia delle catechine.
Lestrazione con fluidi supercritici (SFE) presenta diversi vantaggi:
fornisce estratti pi selettivi rispetto a quelli convenzionali, pi stabili
e non tossica. Non sono ancora riportati dati in letteratura
sullutilizzo di tale metodica per lestrazione dei componenti bioattivi
del cardo mariano. Dai dati ottenuti risulta che lestratto pi ricco
della componente bioattiva quello metabolico.
Per quanto riguarda gli estratti supercritici, lestratto SFE I e SFE II
presentano solo tracce di alcuni polifenoli (principalmente silimarine
e acido clorogenico), mentre lestratto SFE III, ottenuto in presenza
del co-solvente, il pi ricco anche se il suo contenuto di fenoli totali
circa 20 volte inferiore a quello dellestratto metanolico. Nella
tabella 2 riportata la capacit estrattiva dei due metodi per i vari
metaboliti, espressa come % di metabolita estratto, attribuendo il
100% al valore pi elevato. Infine stata valutata lattivit
antiossidante degli estratti ottenuti utilizzando il saggio dellABTS
che misura lintensit della decolorazione di una soluzione di
cromogeno radicalico da parte dei metaboliti antiossidanti.
Lattivit antiossidante stata espressa come moli trolox per 100
grammi di prodotto (Tab. 3). Dai dati ottenuti emerge unelevata
attivit antiossidante dellestratto metanolico, notevolmente superiore
a quella degli estratti supercritici, in accordo con i dati ottenuti
dallestrazione.
Tabella 2. Capacit estrattiva dei composti fenolici dei diversi metodi
utilizzati espressa in %
Metabolita
Acido caffeico
Acido clorogenico
Cinarina
Acido cicorico
Taxifolina

Estratto metanolico

Estratto SFE III

100
100
100
100
100

25.30
0.20
0.45
5.40
6.30

285

Sylibum marianum

Apigenina
Silibina A+B
Isosilibina A+B
Silicristina
Silidianina
Polifenoli totali

100
100
100
100
100
100

15.40
1.60
12.40
0.70
1.98
4.80

Tabella 3: Attivit antiossidante dei diversi tipi di estratti


Tipo di estratto
MeOH
SFE I
SFE II
SFE III

moli trolox/100g
148.3
6.6
3.8
35.7

Conclusioni
I risultati di questo studio hanno consentito unanalisi di
spettrometria di massa tandem (LC/MS/MS) dei componenti bioattivi
del Silybum marianum e la caratterizzazione di alcuni metaboliti
(acido caffeico, acido clorogenico, acido cicorico, cinarina e
apigenina) non ancora identificati. Il confronto fra lestrazione
convenzionale e quella supercritica ha evidenziato che solo
nellestratto supercritico ottenuto con lutilizzo di co-solvente sono
presenti i composti polifenolici dinteresse, ma in quantit molto
inferiori allestratto metanolico (circa venti volte di meno). Questi dati
sono confermati anche dal potere antiossidante dei vari estratti, che
risulta essere molto pi elevato per lestratto convenzionale.

286

Ferracane R. et al.

Bibliografia
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287

La rivalutazione della frassinicoltura per la produzione


di manna come prodotto officinale
Galati A., Migliore G., Scaffidi Saggio C.
Dipartimento di Economia dei Sistemi Agro-Forestali, Universit
degli Studi di Palermo, Palermo

Riassunto
La produzione di manna da frassino oggi sopravvive in una ristretta
area del comprensorio madonita nei comuni di Pollina e Castelbuono
in provincia di Palermo. Si tratta di un prodotto naturale, estratto per
incisione da due specie di frassino, fraxinus ornus e Fraxinus
augustifolia, ed utilizzato fin dallantichit per le sue molteplici
propriet officinali. Da alcuni decenni la frassinicoltura da manna sta
attraversando una profonda crisi correlata al mancato ricambio
generazionale, ad unofferta insufficiente a soddisfare la domanda del
mercato rivolta quasi esclusivamente verso le produzioni di qualit ed
a una scarsa attenzione da parte dellAmministrazione pubblica verso
un comparto che presenta molteplici peculiarit positive. Infatti, al di
la del ruolo paesaggistico del frassino, emerge limportanza del suo
prodotto, la manna, per le sue utilizzazioni in campo farmaceutico,
alimentare e cosmetico, settori questi che lasciano intravedere buone
possibilit per il rilancio della coltura. Il presente lavoro vuole fornire
un contributo al riconoscimento del ruolo che il comparto frassinicolo
potrebbe svolgere nelle aree attuali di produzione al fine da impedire
la completa estinzione di una coltura e del suo prodotto di estremo
valore paesaggistico, economico e antropico unico nel contesto
mondiale.

288

Galati A. et al.

Abstract
Manna production still exists in a limited area of Madonie
mountain, around the villages of Pollina and Castelbuono in the
province of Palermo. Manna is a natural product, obtained from
harvest of two different species of Ash Tree, Fraxinus ornus and
Fraxinus angustifolia, by incision of their stems. It has been utilised
for centuries for its various officinal properties. In the last decades
Manna Ash Tree cultivation has been going through a deep crisis, due
to a lack of generation replacement, to a supply which is inadequate
to satisfy the demand of a market deeply oriented to quality
production and, in the end, due to a lack of attention by public
administration. Nevertheless, the cultivation of the Manna Ash Tree
ought to be preserved because of its environmental significance: the
activity is a barrier against territorial and landscape deterioration in
the Madonie. But putting aside this important role played by this
tree in the Madonie environment, the importance of its product is
apparent for its uses in medicinal, food and cosmetic fields. The
demand of Manna for several uses in these sectors indicates
potentially good perspectives for an economic revival of the
cultivation. This paper aims to provide a contribution to the
recognition of the role which this sector might play in the Madonie
area in avoiding the loss of a unique woodland heritage as to
landscape, economic and human value.
Introduzione
La frassinicoltura da manna oggi localizzata in un ristretto areale
del comprensorio madonita nei territori di Pollina e Castelbuono in
provincia di Palermo che rimangono custodi di un patrimonio
naturalistico di inestimabile valore, unico al mondo.
La superficie interessata dalla coltivazione del frassino ha
evidenziato nel secolo scorso un processo di progressiva regressione
legata principalmente allimmissione sul mercato della mannite
sintetica che ha determinato una brusca caduta del prezzo della manna

La coltura del frassino per la produzione della manna

289

da frassino ed una sostanziale contrazione della superficie che oggi


risulta di circa 250 ettari prevalentemente abbandonati.
Obiettivo del presente lavoro quello di fornire un contributo
concreto al riconoscimento del ruolo multifunzionale della
coltivazione del frassino da manna nelle aree tradizionali di
produzione al fine di impedire lestinzione di una coltura e del suo
prodotto che per anni ha rappresentato una importante fonte di
sostentamento per numerose famiglie contadine oltre ad avere un
indiscutibile ruolo paesaggistico e di salvaguardia del territorio.
Lattivit del Consorzio tra i produttori di manna
Al fine di potenziare il comparto della frassinicoltura da manna nel
1957 stato istituito1 il Consorzio obbligatorio tra i produttori di
manna del territorio della Regione Siciliana2, i cui fini erano anzitutto
quello di equilibrare lofferta con la domanda del mercato
provvedendo alla collocazione del prodotto presso lindustria di
trasformazione quindi, promuovere la manna ed i suoi derivati,
linnovazione delle tecniche di coltivazione e di raccolta per il
miglioramento qualitativo delle produzioni ed il potenziamento
dellindustria di trasformazione.
Nel 2004 sono stati conferiti al Consorzio circa 84 quintali di
manna dei quali il 44,4% manna lavorazione tipo Pollina, il 34,6%
manna drogheria, il 19,9% manna lavorazione tipo Castelbuono e
l1,1% manna tipo Cannolo, questultima costituisce la parte
qualitativamente pi pregiata. Unanalisi temporale evidenzia un
andamento altalenante dei quantitativi ammassati e dei rispettivi
conferitori; dal 1958, anno successivo allistituzione del Consorzio, al
1962 gli ammassi regrediscono passando da 2.936,7 quintali a 16,3
quintali con una conseguente riduzione del numero di soci conferitori
che passa 984 a 20, dinamica, questa, legata in primo luogo ai pesanti
flussi migratori che determinarono labbandono dei frassineti nelle
1

L.R. n.43 del 1957


Il Consorzio con L.R. n.4 del 16 aprile del 2003 stato incorporato allEnte di
Sviluppo Agricolo che subentrato nelle funzioni e nei rapporti.
2

290

Galati A. et al.

zone meno produttive, ma anche ad uninversione delle tendenze del


mercato che vide la flessione della domanda di manna da frassino e
lincremento di quella sintetica che spuntava prezzi pi appetibili sul
mercato. Nel periodo 1964-70 la situazione sembra migliorare e la
quantit ammassata passa da 118,4 quintali a 2.519,8 quintali. A
partire dagli anni 70 il comparto comincia ad attraversare una
profonda crisi che ha comportato una riduzione tanto dei quantitativi
ammassati che del numero di operatori che nel 2004 risultavano 64;
un numero, questo, destinato a contrarsi ulteriormente nei prossimi
anni a causa del mancato ricambio generazionale.
Il dato degli ammassi fornito dal Consorzio non , tuttavia, da
ritenere significativo delleffettiva produzione raccolta difatti la parte
della produzione pi pregiata qualitativamente (cannolo) viene
venduta direttamente dai produttori sul libero mercato in grado di
offrire prezzi pi elevati rispetto a quelli liquidati per lo stesso
prodotto dal Consorzio, di conseguenza a questultimo perviene la
parte meno pregiata che trova utilizzazione quasi esclusivamente
nellindustria per la produzione di mannite. Negli anni pi recenti se
gli ammassi sono lievemente cresciuti le vendite del Consorzio sono
andate progressivamente diminuendo determinando cospicue giacenze
di prodotto in magazzino; tuttavia, un debole segnale di ripresa si pu
osservare gi a partire dal 2000 dovuta forse ad una maggiore
attenzione prestata dai consumatori verso gli alimenti naturali
biologici.
Al fine di incentivare lammasso il Consorzio liquida ai soci una
prezzo di anticipazione che viene stabilito annualmente con Decreto
dellAssessorato Agricoltura e Foreste della Regione Siciliana che
risulta differente per ciascuna delle categorie merceologiche. Nel 2005
con Decreto del 26 ottobre il prezzo di conferimento della manna
risulta:
1. manna frassino cannolo 22,0 /Kg;
2. manna frassino drogheria 13,0 /Kg;
3. manna frassino lavorazione Pollina 11,0 /Kg;
4. manna frassino lavorazione Castelbuono 10,0 /Kg.
Nel corso degli anni il prezzo di conferimento progressivamente
cresciuto rispetto al 2004 si osserva un incremento del 22,2% del
prezzo di conferimento per la manna cannolo, dell11,1% della manna

La coltura del frassino per la produzione della manna

291

lavorazione tipo Castelbuono, del 4,7% della manna lavorazione tipo


Pollina e del 4,0% della manna drogheria evidenziando un crescente
interesse dellamministrazione pubblica verso un comparto dalle forti
potenzialit. Inoltre, al fine di incentivare la produzione e lammasso
presso il Consorzio viene concesso un ulteriore premio di 1,03 3 per
Kg di manna ammassato.
Un prodotto unico al mondo e le sue molteplici propriet
La manna fuoriesce dalle incisioni praticate sul Frassino, si tratta di
un essudato zuccherino costituito principalmente da mannite, acidi
organici, acqua, glucosio, levulosio, mucillagini, resine e composti
azotati; una composizione qualitativa e quantitativa molto complessa
fortemente influenzata dalla zona di provenienza, dallesposizione,
dalle caratteristiche chimico fisiche del terreno, dallet delle piante e
dallandamento stagionale.
Il prodotto ottenuto viene classificato in quattro categorie
merceologiche in relazione alla modalit di raccolta e alla presenza
pi o meno marcata di impurit:
1. La manna tipo cannolo si forma dal gocciolamento della linfa
lungo la corteccia assumendo un aspetto stalattitiforme. Si tratta
della parte pi pregiata in quanto risulta quasi totalmente priva di
impurit. Negli anni stato messo a punto un sistema che prevede
luso da un filo di nylon legato ad una piccola lamina dacciaio
posta sotto lincisione, esso permette la raccolta ogni due giorni a
differenza del metodo tradizionale che avveniva settimanalmente e
consente inoltre di ottenere dei cannoli pi lunghi quasi totalmente
privi di impurit;
2. La manna da frassino drogheria (impurit 2%, umidit 7%);
3. La manna da frassino lavorazione tipo Pollina (impurit 3%,
umidit 7%);
4. La manna da frassino lavorazione tipo Castelbuono (impurit
4%, umidit 7%).

Art.18 L.R. 24/86.

292

Galati A. et al.

Fin dai tempi pi remoti la manna del frassino ha trovato ampia


utilizzazione in campo farmaceutico per le sue propriet officinali che
vengono di seguito sinteticamente riportate; la manna sotto forma di
decotto, infuso o in polvere diviene un lassativo benefico che, a
differenza di altri prodotti che possiedono le medesime propriet non
irrita la mucosa intestinale. Non va dimenticata la sua azione
antirachitica, la capacit di combatte linsorgere di gastrite e
gastroenterite in quanto non determina irritazioni. E
decongestionante, calmante delle bronchiti croniche, faringiti, laringiti
e tonsilliti. Usata nella cosmesi per la capacit di rendere la pelle liscia
e morbida. Le foglie sotto forma di decotto, infuso o sciroppo
possiedono un effetto antireumatico, antigottoso, diuretico e
purgativo, capacita che possiedono anche i semi e i frutti. Anche la
corteccia del fusto e della radice possiedono delle qualit, la prima
sotto forma di decotto o in polvere un febbrifugo, mentre la seconda
di purgativo sotto forma di decotto.
Una fonte di reddito alternativa: il caso di unazienda leader
Ai fini dellanalisi strutturale e della gestione economica stata
effettuata unindagine diretta su unazienda frassinicola leader nel
comparto ricadente nel Comune di Pollina, in provincia di Palermo; si
tratta di unimpresa coltivatrice, estesa poco pi di mezzo ettaro, che
adotta il metodo di raccolta innovativo che le consente di ottenere un
prodotto qualitativamente superiore a quello ottenuto tradizionalmente
e che le ha permesso di conquistare non solo il mercato nazionale ma
anche due importanti mercati esteri, quali quello giapponese e tedesco.
La produzione unitaria risulta approssimativamente di 350 Kg di
manna, per il 50% costituita dal cannolo, per il 36% dalla manna
drogheria e per il restante 9% dalla manna lavorazione tipo Pollina.
Questultima rappresenta la parte pi ricca di impurit e viene
destinata al Consorzio, mentre la parte pi pregiata qualitativamente
viene confezionata in pacchettini da 50 grammi, direttamente in
azienda, e venduta ai consumatori, presso un proprio punto vendita,
oltre che ai dettaglianti.

La coltura del frassino per la produzione della manna

293

Il primo indicatore economico calcolato la Produzione Lorda


Vendibile che, per lazienda rilevata, risulta superiore a 22,6 mila
euro, la quota pi rilevante proviene dalla vendita della manna tipo
cannolo ai dettaglianti, 42% della PLV, il 37% dalla manna tipo
cannolo venduta direttamente ai consumatori, il 18% manna in sorte,
mentre soltanto il 3% deriva dal prezzo di anticipazione concesso dal
Consorzio.
Per poter determinare il margine lordo aziendale si proceduto al
calcolo dei costi impliciti ed espliciti, direttamente legati alle pratiche
colturali del frassineto, suddividendo gli stessi in quattro categorie:
spese varie, quote, salari e imposte. Tra le spese varie rientrano l
acquisto di carburante e lubrificante, etichette, sacchetti e occhielli in
ottone e le spese per la spedizione. Complessivamente i costi unitari
ammontano a 6,5 mila euro cos distribuiti percentualmente: 67%
salari, 14% spese varie, 12% imposte e 7% quote. I dati disponibili
hanno, cos, consentito di determinare il margine lordo aziendale che
risultato di 16,1 mila euro. E da sottolineare che il risultato non si
riferisce ad unazienda che rientra nellordinariet la stessa, tuttavia,
pu costituire un imput per i giovani imprenditori affinch gli stessi
tendano a rivitalizzare una coltura che presenta oltre che un grande
valore naturalistico anche uno spiccato valore economico.
Programmi comunitari e regionali per il potenziamento del ruolo
paesaggistico del Frassino da Manna
Il frassino da manna rimane oggi a testimoniare come il rapporto
tra cultura e natura abbia negli anni non solo soddisfatto la necessit
del produrre e di tutelare le risorse ambientali, ma abbia determinato,
per la coincidenza di utilit e bellezza, la capacit di rappresentare la
memoria, la storia, lidentit di una collettivit.
Il paesaggio siciliano principalmente caratterizzato, anche in
termini di superficie, dal paesaggio agrario in parte formato dalla
componente delle colture tradizionali4, tra cui il frassino per la
produzione della manna.
4

Cappero, nocciolo, pistacchio, mandorlo, carrubo e frassino da manna.

294

Galati A. et al.

Questo paesaggio per da alcuni anni soggetto a degrado,


abbandono, modificazione e in taluni casi cancellazione.
Da qualche tempo, inoltre, si diffusa una maggiore sensibilit
anche a livello comunitario, soprattutto a partire dalla Convenzione
Europea del Paesaggio che guarda con maggiore attenzione ai beni
ambientali e culturali e quindi esemplarmente al paesaggio; ma anche
la politica agricola europea ha guardato con crescente attenzione ai
paesaggi agrari tradizionali come esito dellincontro tra storia e cultura
locale, promuovendo nuova attenzione verso la conservazione dello
spazio rurale attraverso la sua rivitalizzazione.
In modo particolare, relativamente alla regione Siciliana, alcune
azioni del PSR (Piano di Sviluppo Rurale) 2000-2006 includono il
paesaggio tra i valori da tutelare; sono state attivate specifiche misure
ed azioni tra cui, lazione F3 Ricomposizione e/o mantenimento del
paesaggio agrario tradizionale, di spazi naturali e seminaturali che
consente di salvaguardare gli elementi caratteristici del paesaggio
agrario e di mantenere le colture tradizionali difendendole anche dagli
incendi la cui diffusione favorita dallabbandono delle cure colturali.
Al Frassino da manna, oltre che dalle politiche paesaggistiche ed
agricole, particolare attenzione viene anche data dal Piano Territoriale
del Parco Naturale delle Madonie, nel quale allart. 25, vengono
tutelate le attivit agricole tradizionali e incentivate le azioni
conservazionali degli agricoltori a favore di un equilibrato rapporto
con le risorse ambientali e della tutela del paesaggio, e dispone
provvidenze per attivit ecocompatibili tese al miglioramento del
reddito e della produttivit di cui ai punti seguenti.
In attuazione del disposto del 9 e 10 comma dell'Art. 7 L.R.
98/81 e successive integrazioni, inoltre, il Piano territoriale ha
individuato nel Parco Naturale Regionale alcuni areali da privilegiare
per la promozione della messa in valore delle risorse locali, con
particolare riguardo alla salvaguardia del paesaggio che in queste aree
affidata soprattutto al mantenimento dei soprassuoli, fra cui in
particolare la coltura del frassino da manna (comuni di Castelbuono e
Pollina).

La coltura del frassino per la produzione della manna

295

Punti di forza e di criticit della frassinicoltura


Lo studio realizzato ha consentito di delineare il quadro del
comparto della frassinicultura da manna oggi ricadente in un ristretto
lembo del territorio madonita, evidenziando le peculiarit positive e le
principali problematiche, aspetti sui quali intervenire per impedire la
perdita di una coltura, e del suo prodotto, di estremo valore
naturalistico, economico e antropico, unica nel contesto mondiale.
Tra i principali problemi che affliggono il comparto, il primo ed il
pi importante, riguarda la forte senilizzazione dei produttori, dovuta
al mancato ricambio generazionale. I giovani hanno infatti mostrato
uno scarso interesse verso tale coltura determinando negli anni
labbandono di una quota rilevante delle superfici vocate ma
soprattutto delle tradizionali tecniche di coltivazione e di raccolta.
Altro aspetto riguarda le problematiche connesse alla
commercializzazione. La domanda del mercato crescente ma solo
per i prodotti di qualit, questo dovrebbe indurre la gran parte dei
produttori ad adottare tecniche di raccolta innovative in grado di
fornire un prodotto quanto pi possibile privo di impurit che
troverebbe pi facilmente nuovi mercati di sbocco.
Il contributo del Consorzio, che avrebbe dovuto essere
fondamentale per il rilancio della coltura, e per superare le profonde
crisi del mercato, si limitato quasi esclusivamente, anche per le
esigue risorse finanziarie a disposizione, alla concentrazione del
prodotto, tralasciando altri aspetti di vitale importanza per il comparto,
quali la valorizzazione e la promozione.
A fronte di queste problematiche la frassinicoltura da manna
presenta molteplici peculiarit positive. Anzitutto si caratterizza per
un elevato valore naturalistico e paesaggistico, trovando ampia
diffusione per la risoluzione dei problemi di dissesto idrogeologico. Il
suo prodotto, la manna, trova ampia utilizzazione in campo
alimentare, farmaceutico e cosmetico, settori, questi, che lasciano
intravedere ampie possibilit per il rilancio della coltura, anche in
considerazione dei cambiamenti delle preferenze dei consumatori che
si sono indirizzate verso le produzioni naturali di qualit.
Se fino a qualche decennio f la coltivazione del frassino non
poteva di certo considerarsi autonoma economicamente fornendo solo

296

Galati A. et al.

dei redditi integrativi, lanalisi realizzata in questo studio su


unimpresa leader nel comparto, dimostra come la produzione di
manna pu risultare economicamente valida a condizione che gli
imprenditori si indirizzeranno verso lottenimento di prodotti di
qualit per i quali, come gi detto, sussiste una forte domanda.
Conclusioni
Lanalisi del comparto ha evidenziato come la frassinicoltura da
manna risponde integralmente alle esigenze di unagricoltura
multifunzionale in quanto coniuga agli aspetti produttivi quelli
immateriali legati al paesaggio, alle attivit culturali, ricreative ed
ambientali. Da diversi anni, infatti, il concetto di multifunzionali
dellagricoltura ha trovato ampio spazio nelle politiche volte allo
sviluppo dei sistemi economici locali, con la riforma della politica
agricola comune del 2003 cresciuto linteresse verso le zone rurali,
la stessa politica di sviluppo rurale per il periodo 2007-2013
indirizzata verso la diversificazione delleconomia rurale, il
miglioramento della competitivit dellattivit agricola e silvicola,
lambiente e il paesaggio rurale.
Le linee di azione da seguire sono diverse. Innanzitutto, si
dovrebbe puntare verso il miglioramento qualitativo delle produzioni,
in modo da rispondere alle esigenze dei consumatori sempre pi
attenti agli aspetti salutistici; la formazione professionale dei giovani
imprenditori diviene condizione necessaria per impedire loblio delle
tradizionali tecniche di coltivazione e di raccolta. Si dovrebbe
valorizzare e promuovere la manna e le sue propriet officinali, ancora
poco conosciute. La creazione di un distretto agro-alimentare di
qualit per la manna auspicabile trattandosi di un prodotto
strettamente legato al territorio, tipico e significativamente importante
non solo nel contesto regionale ma soprattutto mondiale. Queste sono
solo alcune delle direttrici da seguire per assicurare il rilancio della
frassinicoltura da manna nelle Madonie, evidente che non
sufficiente limpegno dei singoli imprenditori ma diviene necessario
un intervento tangibile dellAmministrazione pubblica.

La coltura del frassino per la produzione della manna

297

Ringraziamenti
Questo lavoro realizzato con fondi del Consorzio di Ricerca
Bioevoluzione Sicilia (BES) nellambito di una convenzione stipulata
con il Dipartimento di Economia dei Sistemi Agro-Forestali
dellUniversit di Palermo. Il contributo individuale degli autori pu
essere cos enucleato: Antonino Galati ha redatto i paragrafi 1, 2 e 6;
Giuseppina Migliore ha redatto il paragrafo 5; Cesare Scaffidi Saggio
ha redatto i paragrafi 3 e 4. Le considerazioni conclusive sono state
redatte congiuntamente dagli autori.
Bibliografia
1. Cane, A. 1989. Indagine sullarea colturale, sul patrimonio arboreo
e sugli aspetti produttivi della frassinicoltura maronita. Sviluppo
Agricolo, anno XXIII 2: 37-48
2. Crescimanno, F.G., Dazzi, C., Fatta del Bosco, G., 1991. Aspetti
agro-ecologici della frassinicoltura da manna in Sicilia: lalbero ed
il suo ambiente. Arti grafiche Siciliane (Ed.) Palermo, Italia.
3. Crescimanno, M., Di Marco, S. 2003. La frassinicoltura da manna
: una risorsa naturale della Sicilia per lo sviluppo locale integrato
delle Madonie. Sicilia Foreste. Anno X, 35/36: 50-55.
4. Manzella, S. 2005. La manna del frassino delle Madonie, una
dolcezza poco conosciuta. Vita in campagna 5: 74-75.
5. Oieni, S. 1953. Il Frassino da manna in Sicilia. Rivista Monti e
Boschi. Edagricole.113-123.
6. Regione Siciliana, Assessorato Agricoltura e Foreste. Piano di
sviluppo rurale Regione - Zona geografica obiettivo 1.
7. Regione Siciliana, Assessorato Agricoltura e Foreste. Programma
Operativo Regionale Sicilia 2000-2006.

298

Analisi e prospettive della coltivazione di piante officinali in


Italia. Prime indicazioni economiche per le aziende agricole
Galluzzo N.
Dipartimento di Scienze degli alimenti-Unit di ricerca in Economia
agro-alimentare-Universit degli studi di Teramo, Teramo
E-mail: nicoluzz@tin.it
Riassunto
Il presente lavoro, dopo aver definito levoluzione della superficie
coltivata a piante officinali in Italia, in particolare con metodiche
biologiche, si incentrata sullanalisi della redditivit derivante
dallapplicazione delle azioni previste dal Piano di Sviluppo Rurale,
evidenziando in unazienda agricola, limpatto dellintroduzione di
erbe officinali e delle misure di sostegno.
Abstract
The present research, after having defined evolution of cultivated
surface with officinal plants in Italy, in particular through the use of
organic methods ,it is concentrated on earning performance analysis
that is earned by application of the actions financed by Rural
Development Plan, underlining in a farm, object of study, the impact
of introduction of officinal plants cultivation and of back-up measures.
Introduzione
La coltivazione delle colture officinali, delle erbe medicinali ed
aromatiche ha avuto, in Italia, dallanno duemila, un notevole
incremento, sia come superficie coltivata sia come numerosit di
aziende agricole coinvolte (Sinab, 2006). La coltivazione di queste

La coltivazione di piante officinali in Italia

299

colture richiede, necessariamente, un limitato impiego di fitofarmaci e


per questo ha risentito positivamente dello sviluppo e
dellaffermazione, in Italia, dellagricoltura biologica. Molte aziende,
infatti, in una prospettiva di migliorare la redditivit aziendale, di
ampliare il portafoglio dei prodotti offerti e di recuperare superfici
agricole a rischio marginalizzazione, hanno cercato di riconvertire la
gestione aziendale convenzionale in biologica, introducendo e/o
sostituendo, in misura limitata, nuove colture, quali quelle medicinali
ed officinali che, purtroppo, si collocano in mercati di nicchia. La
presente analisi, in base ai dati rilevati, ha, tra i suoi obiettivi, quello
di poter descrivere levoluzione che si registrata, in pochi anni, nella
coltivazione di colture di piante officinali in Italia ed, in particolare,
nel settore biologico, verificando lesistenza di una correlazione tra
lincremento della superficie coltivata con colture biologiche e quella
coltivata con colture officinali ed, infine, evidenziare in un caso-studio
relativo alla convenienza economica delle colture di piante officinali,
il ruolo dei finanziamenti erogati dallUnione europea, per incentivare
queste coltivazioni, e quali criticit le imprese agricole devono
affrontare per essere competitive sul mercato.
Evoluzione della coltura biologica in Italia e degli impieghi di
colture officinali
Lagricoltura biologica ha manifestato in Italia i maggiori livelli di
crescita anche se, in questi ultimi anni, in seguito alle modifiche
intervenute, in sede di Politica agricola comune, si registrata una
significativa contrazione della superficie coltivata che, tuttavia
conferma lItalia in posizione leader (Tab. 1).
Lanalisi dei dati ha evidenziato come lincidenza della
coltivazione di piante officinali sulla superficie totale
complessivamente coltivata a regime biologico inferiore all1% e,
dopo una forte crescita fatta registrare nel 2003, risulta essersi
stabilizzata (Fig. 1); i dati disponibili, inoltre, hanno confermato la
stretta correlazione positiva che esiste tra Superficie agricola
utilizzabile (Sau) coltivata a biologico e la diffusione di colture
officinali (r 0.68) ed una correlazione negativa tra Sau in conversione

300

Galluzzo N.

e la superficie coltivata con piante officinali (r -0.42). Lanalisi ha


evidenziato come la Sau coltivata con piante officinali, ricorrendo a
metodiche biologiche, ha avuto una crescita incostante e fortemente
condizionata da elementi esogeni.
Tabella 1. Evoluzione della superficie coltivata con piante officinali in
Italia e superficie biologica.
Anno Superficie coltivata Incidenza
SAU
con piante
SAU piante biologica in
officinali
officinali/Sau conversione
biologica
(ha)
(ha)
totale (%)

SAU
coltivata in
biologico
(ha)

1996

222

0.10

334.175

2000

1.924

0.18

538.299

502.078

2001

1.538

0.12

513.382

724.258

2002

1.896

0.16

421.701

746.511

2003

3.779

0.36

300.141

751.860

2004

1.689

0.18

246.318

708.043

2005

2.300

0.21

337.910

729.192

Fonte: elaborazioni su dati www.sinab.it

In Italia i dati disponibili hanno evidenziato una forte crescita dei


consumi di medicine alternative e di strutture di vendite specializzate
quali le erboristerie con significative conseguenze a livello economico
ed occupazionale (Sana, 2005). Lanalisi dei dati Istat, attraverso
laggregato Ateco, inoltre, ha evidenziato un consistente incremento
dellexport di prodotti farmaceutici e di prodotti chimici e botanici per
uso medicinale dal 1992 al 2006, cui ha corrisposto un indice di
fatturato nazionale connesso, sostanzialmente stabile, confermando
una correlazione positiva tra le due variabili considerate (Fig. 2).

La coltivazione di piante officinali in Italia

301

4.000
3.500
3.000

2000
2002

2001
2003

2004

2005

2.500
2.000
1.500
1.000
500
0
In c onversione

Biologico

Totale

Figura 1. Superficie agricola utilizzabile biologica ed in conversione


di piante officinali in Italia (Fonte: www.sinab.it)

indice fatturato nazionale = 56,87 + 0,07 * exporttotale


R-Square = 0,27

>

>

indice fatturato nazionale

>

>

150,0

100,0

>>

>
> > >
>
>>
>>
>
>
>>>> > > > >
>
>>>>
>
>
>
>
>
>
>> >> >
>
>
>> >>>
>
>
> >
>
> >>
>>>
>
>
> >
>
>

01-JAN-00

>
50,0

>
400

30-JAN-03

>

>

01-MAR-06

>

>>
>

>
600

800

1000

1200

export totale

Figura 2. Correlazione tra fatturato e export nellattivit


manifatturiera di prodotti chimici e botanici per uso medicinale
(Fonte: elaborazioni su dati www.con.istat.it)

302

Galluzzo N.

Analisi economica aziendale e prospettive


LUnione Europea attraverso i Piani di Sviluppo Rurali (PSR),
redatti dalle diverse regioni italiane, ha inteso incentivare, nel periodo
programmatorio 2000-2006, la possibilit di riconvertire le produzioni
agricole aziendali, attraverso misure specifiche finalizzate alla
introduzione di coltivazioni di piante officinali e/o alla riconversione
colturale. Larea interna dellAppennino centrale presenta una
molteplicit di strutture poderali di limitate dimensioni e che si
collocano in zone nelle quali le erbe officinali e medicinali possono
essere coltivate, recuperando superfici aziendali a rischio
marginalizzazione, diversificando le produzioni, e generando un
elevato effetto imitativo nelle comunit rurali vicine.
Lanalisi economica condotta si incentrata su alcuni parametri
molto interessanti ed indicativi, quali la Produzione lorda vendibile, il
Reddito netto, il Return on Sale ed il Return on Investiment (Plv, Rn,
ROS, ROI); questi ultimi due indici servono per esprimere un giudizio
sulla convenienza nellintroduzione di piante officinali ed alla sua
coltivazione in azienda. Il caso-studio costituito da unazienda di
dimensioni inferiori ai 5 ettari, con un ordinamento colturale misto,
caratterizzato da coltivazioni arboree e da ampie superfici prative, le
quali sono state, ex post, parzialmente, riconvertite alla coltivazione di
piante officinali con un livello di redditivit aziendale, prima della
riconversione colturale, inferiore ai 20.000 euro. Lintroduzione delle
coltivazioni di piante officinali ha consentito di incrementare i livelli
di Plv del 160% e del Reddito netto dell80% anche se, allincremento
della redditivit aziendale, ha fatto seguito, come era lecito attendersi,
un incremento dei costi, imputabili a maggiori oneri per la
meccanizzazione delle operazioni colturali ed alla scelta di una
metodica produttiva biologica che richiede maggiori interventi sulle
colture e per la raccolta. Tuttavia, i dati pi interessanti sono stati il
ROS che si collocato al valore di 0.89, indice di un buon riscontro in
termini di vendite, ed il ROI che si collocato ad 1,30, rispetto alla
situazione ex ante, durante la quale si erano osservati valori inferiori
allunit.
Per poter esprimere un giudizio di convenienza, utilizzando i
parametri Plv, Rn, ROS e ROI, ed evidenziare le strategie aziendali

La coltivazione di piante officinali in Italia

303

migliori da seguire, da parte di unazienda che intenda introdurre nel


proprio ordinamento colturale piante officinali, sono state eseguite
diverse simulazioni, tenendo conto di una diversa incidenza dei costi,
connessa alle differenti tecniche colturali impiegate, fermo restando,
lattuazione della metodica produttiva biologica, ed allimpiego di
manodopera extra aziendale, per la raccolta.
In tutte le simulazioni effettuate, rispetto alla situazione ex ante
(Tab. 2), stato osservato un incremento dei valori di Plv ed un
aumento dellincidenza dei costi in funzione dei diversi livelli di
meccanizzazione aziendale impiegata e dellacquisizione allesterno di
servizi e di strumenti operativi (contoterzismo); le simulazioni A e D,
che hanno tenuto conto delle voci analitiche di spesa rilevate con un
ricorso esclusivo, per le operazioni colturali, al parco macchine
aziendale, hanno fatto rilevare i maggiori risultati in termini di Rn,
ROS e ROI. Allorch si proceduto ad una stima delle voci di costo
dirette ed indirette, per operazioni colturali e servizi extra aziendali
(simulazioni B e C), si sono avuti risultati economici inferiori, con una
maggiore incidenza delle spese varie nei noli passivi sostenuti, i quali
non compensano la riduzione delle quote sul capitale agrario aziendale
presente.
Tabella 2. Analisi della redditivit e confronti con altre simulazioni
per ettaro.
Parametri
Plv met. biologico ()
Rn met. biologico ()
ROS met. biologico
ROI met. Biologico

Ex
ante
3.550
782
-

A
24.000
21.650
1.02
1.22

Simulazioni ex post
B
C
D
24.000 24.000 24.000
14.150 14.450 20.736
0.65
0.67
0.97
0.78
0.80
1.16

La disamina dei parametri economici di alcune erbe officinali


considerate (Fig. 3) ha evidenziato come la menta ed il basilico
riuscirebbero a garantire una redditivit significativa, anche se,
nellarea di studio tali colture troverebbero delle difficolt di

304

Galluzzo N.

collocazione sul mercato, obbligando limprenditore a scegliere altre


essenze che hanno una migliore collocabilit sul mercato (lavanda,
salvia e rosmarino).
180.000
160.000
140.000
120.000

Plv

100.000

Costi

RN

80.000
60.000
40.000
20.000
0

Art emisia

Basilico

Camomilla

Lavanda
vera

M enta

Rosmarino

Salvia

Figura 3. Indicatori economici significativi di alcune piante officinali


coltivate con metodi biologici.
Conclusioni
Lanalisi ha evidenziato le buone opportunit economiche offerte
dalla coltivazione di piante officinali per incrementare la redditivit
aziendale, cui dovr essere associata una preparazione adeguata del
personale ed una modifica radicale del parco macchine, della
fitotecnica ed agrotecnica. Le prospettive economiche appaiono
abbastanza interessanti per quelle imprese che gi presentano un
ordinamento colturale caratterizzato dalle coltivazioni di fiori e/o di
altre erbacee in pieno campo o in serra, purch si riesca ad avere una
produzione superiore a 4,43 q/ha di prodotto fresco. Le erbe officinali
consentono di realizzare quegli obiettivi previsti dallUnione europea,

La coltivazione di piante officinali in Italia

305

finalizzati a salvaguardare lo spazio rurale e rendere le aziende


agricole strutture di presidio e di salvaguardia del territorio, capaci di
garantire la multifunzionalit. Per il prossimo periodo programmatorio
2007-2013, sarebbe opportuno che i PSR consentano il finanziamento
di interventi specifici di miglioramento fondiario e di riconversione
produttiva, il che potr avvenire solo attraverso una sensibilizzazione,
verso tutti i soggetti della filiera, sulle opportunit offerte dalla
coltivazione delle piante officinali e da unadeguata conoscenza e
certezza degli sbocchi commerciali, mediante la sottoscrizione di
precise intese e contratti di filiera tra produttori e
distributori/trasformatori. Laccorciamento della filiera, necessario per
contenere i costi produttivi, consentire un pi facile accesso al
mercato ed una maggiore coesione e scambio reciproco delle
informazioni tra tutti i soggetti coinvolti, rappresentato dal
commercio elettronico e dalla diffusione di Internet che, ancora, stenta
ad affermarsi nelle aziende che coltivano piante officinali.
Dallanalisi, infatti emerso come solo il 3% delle imprese registrate
ed attive, secondo dati Infoimpresa, utilizza il collegamento ad
Internet, confermando quanto rilevato per altre produzioni biologiche
(Galluzzo, 2005). Tuttavia dai dati emerso come in Italia su 1.042
imprese del settore delle piante medicinali e officinali, solo 13
ricorrono alle-commerce, per vendere i loro prodotti; queste aziende
si collocano, a macchia di leopardo, in 8 province, prevalentemente,
nel centro (2 aziende) e nellItalia settentrionale (6 aziende).
Bibliografia
1. Galluzzo, N., 2005. Analisi economica e georeferenziata delle
nuove opportunit di commercializzazione dellolio extra vergine
biologico. In Lagricoltura biologica fuori dalla nicchia Le nuove
sfide, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, pp. 1-14.
2. www.sinab.it link biostatistiche, rilevazione 8 agosto 2006.
3. www.sana.it link cartella stampa, 2005, rilevazione 11 luglio
2006.

306

Il destino metabolico di un substrato: disegno unico o


percorsi diversi in vivo ed in vitro?
Piovan A., Filippini R., Caniato R.
Dipartimento di Biologia, Universit di Padova, Padova
E-mail: caniato@mail.bio.unipd.it
Riassunto
Nellambito di una ricerca intesa a verificare attivit enzimatiche in
colture cellulari di Catharanthus roseus (L.) G. Don, stata presa in
considerazione una serie di substrati di natura flavonoidica con
diversi patterns di ossidrilazione. E noto dalla letteratura che in vivo,
nella via biosintetica dei flavonoidi, i flavoni derivano dai flavanoni e
questi ultimi dai calconi (1, 2). I risultati da noi ottenuti indicano,
invece, che le colture cellulari di C. roseus sono in grado di
biotrasformare i flavonoidi in modo diverso. Infatti in vitro calconi (14) e flavoni (5) vengono ridotti a livello del doppio legame in C2-C3;
inoltre, quando presente un gruppo ossidrilico in posizione 2 non si
ha formazione dei rispettivi flavanoni e il flavanone non viene
trasformato in flavone. Ci suggerisce che il trasporto intracellulare
pu giocare un ruolo importante nel destino metabolico di sostanze
esogene in colture cellulari.
Abstract
A glucosyltransferase from Catharanthus roseus cell suspension
cultures was shown to be able to catalyze the glucosylation of several
flavonoids with different hydroxylation patterns. The position of the
hydroxyl group in ring A appeared to be not critical for the
glucosylation, by contrast, the presence of a glucosyl moiety in 2 or
4 inhibited the further glucosylation. Moreover, the suspended cells
were able to hydrogenate the C2-C3 double bond of chalcones and

Destino metabolico di un substrato in vivo e in vitro

307

flavones, the reduced biotransformation products being in turn


glucosylated. These results emphasize that whereas the literature data
on the biosynthetic pathways of flavonoid classes report that flavone
arises from flavanone and flavanone from chalcone, in this case the
biotransformation patterns are different. These results suggest that the
cell-type intracellular transport may play an important role in the
metabolic lot of xenobiotic compounds added to cell suspensions.
Introduzione
Le colture di cellule vegetali sono un ottimo sistema biologico per
studiare la funzione e la specificit di enzimi, e un prezioso materiale
di partenza per la loro purificazione.
Abbiamo considerato le glicosiltransferasi (GT), una classe
interessante di enzimi da studiare per le loro diverse applicazioni. Le
GT, infatti, sono oggetto di diversi studi per possibili applicazioni
industriali, soprattutto nel settore agroalimentare. Un esempio la
possibilit di sovraesprimere in piante transgeniche GT specifiche per
glicosilare erbicidi o loro metaboliti al fine di aumentare la capacit di
detossificazione di tali piante, mettendo a punto un sistema "green
liver" per le coltivazioni. Va inoltre considerata anche la possibilit di
promuovere processi di biotrasformazione di precursori, in alternativa
alla sintesi chimica, per l'ottenimento di prodotti di particolare
importanza e utilit. Alcuni esempi rappresentativi riguardano diverse
categorie di farmaci la cui glicosilazione porta in molti casi non solo
al miglioramento delle caratteristiche farmacocinetiche e
farmacodinamiche ma anche a sostanziali incrementi dell'attivit
(Keegstra e Raikhel, 2001)
Generalmente una specifica attivit enzimatica viene determinata in
una coltura cellulare attraverso specifici saggi. Nel caso delle
glicosiltransferasi lattivit GTasica stata valutata in base alla
glucosilazione della scopoletina e formazione di scopolina.
E noto dalla letteratura che le GT non hanno una specificit
assoluta per il substrato e possono essere regiospecifiche e
regioselettive per lo zucchero accettore (Canel et al., 2000).

308

Piovan A et al.

E stata quindi studiata la specificit di substrato in riferimento al


substrato accettore. A tale scopo sono stati presi in considerazione
composti di natura flavonoidica con diverso pattern di idrossilazione.
In particolare sono stati utilizzati: 2-idrossi-calcone (1); 4-idrossicalcone (2); 2-4-diidrossi-4-metossi-calcone (3); 2-4-dimetossicalcone (4); 5,7-diidrossiflavone (5) e 5,7-diidrossi-flavanone (6)
questi ultimi appartenenti ad una classe di composti, i flavonoidi, che
hanno un significativo coinvolgimento in vari aspetti della biologia
delle piante e che per le loro potenzialit terapeutiche sono un target
importante da indagare.
Lo studio stato effettuato aggiungendo gli agliconi direttamente
alle colture cellulari in quanto i composti in esame presentavano
scarsa solubilit in acqua e nei solventi organici polari compatibili con
lattivit enzimatica.
Materiali e metodi
Sono state utilizzate colture in sospensione di Catharanthus roseus
(L.) G. Don, linea cellulare AR-74, mantenuta in mezzo liquido
Murashige e Skoog privo di ormoni su agitatore rotante (110giri/min)
in camera fitotronica a 25C, con fotoperiodo di 12 ore (1000 lux)
(Piovan et al., 2000).
Ciascun precursore utilizzato (50 mg) stato solubilizzato in
metanolo (2 mL) e aggiunto alla sospensione cellulare (ca. 8 g di
cellule in 150 mL di mezzo) allinizio del ciclo di crescita. Campioni
sono stati prelevati dopo 5 e 10 giorni di incubazione. Le cellule sono
state separate dal mezzo mediante filtrazione e estratte con
acqua/metanolo (50:50) in sonicatore a temperatura ambiente. I
campioni sono stati analizzati mediante TLC e HPLC. I prodotti di
biotrasformazione sono stati purificati mediante TLC e identificati in
base agli spettri UV, NMR e MS.

Destino metabolico di un substrato in vivo e in vitro

309

Risultati e discussione
Le analisi hanno rilevato che tutti i prodotti di biotrasformazione
sono presenti negli estratti cellulari e che non vengono escreti nei
mezzi.
Il risultato pi interessante si riferisce al fatto che tutti i precursori
sono stati completamente biotrasformati per dare non solo composti
glucosilati (1a, 2a, 3a/3b, 5a/5b) (Tab. 1), ma anche prodotti di
riduzione del doppio legame C2-C3 (diidrocalconi 1b, 2b, 3c e 4a per i
calconi, flavanone 5c per il flavone) ed i rispettivi glucosil derivati
(1b, 2b, 3d/3e, 5d/5e) (Tab. 2, 3 e 4).
I prodotti di biotrasformazione sono stati identificati mediante
spettroscopia UV, NMR e MS. E stato cos possibile mettere in
evidenza che:
1. i glucosidi presentano spettri UV e 1H NMR simili a quelli dei
corrispondenti agliconi, ma sono pi polari e insolubili in CHCl3 ;
2. il sito della glucosilazione stabilito dallassenza di shift
batocromico negli spettri UV dopo aggiunta di NaOAc (2c, 3b, 3d,
5a, 5d) o AlCl3 (1c, 3b, 3e, 5b, 5e);
3. i diidrocalconi ed i flavanoni presentano spettri UV e 1H NMR
molto diversi da quelli dei precursori e i picchi molecolari nello
spettro di massa risultano 2 mu pi alti di quelli dei corrispondenti
precursori;
4. i dati spettrali e di Rf del flavanone 5c sono sovrapponibili a quelli
del precursore 6.
La presenza dei prodotti glucosilati stata confermata anche
dallidrolisi enzimatica degli estratti idrometanolici. E risultato cos
che tutti i prodotti scompaiono e compaiono i precursori originali o i
loro corrispondenti prodotti ridotti.
Riguardo ai calconi i dati riportati in tabella 1 mostrano come:
1. la glucosilazione pu avvenire sia in 2 (substrato1) che in 4
(substrato 2);
2. quando sono presenti due gruppi ossidrilici (substrato 3), si
ottengono solo prodotti mono-glucosilati (3a/3b) (Tab. 1).
Analogamente, il flavone 5 e il flavanone 6, che presentano due
ossidrili in 5 e 7, danno solo la coppia di regioisomeri 5a/5b e 5d/5e
(Tab. 5), rispettivamente. Risultati analoghi sono stati ottenuti per i

310

Piovan A et al.

diidrocalconi. Questi dati mettono in evidenza che mentre in


letteratura, per la via biosintetica dei flavonoidi, riportato che il
flavone deriva dal flavanone e il flavanone deriva dal calcone
(Martens e Mithofer, 2005), in questo caso la sequenza di
biotrasformazioni risulta diversa.
Infatti tutti i calconi (1-4) e il flavone 5 vengono ridotti in
corrispondenza del doppio legame C2-C3; quando presente un
gruppo ossidrilico in posizione 2 (substrati 1 e 3) non avviene la
formazione dei rispettivi flavanoni; il flavanone 6 non da il flavone
(Tab. 4).
Va sottolineato che dopo dieci giorni di incubazione, negli estratti
stata riscontrata la presenza soltanto di derivati glucosilati; viene
quindi confermato che la glucosilazione dei composti ridotti lultimo
step nel processo di formazione dei prodotti 3d/3e e 5d/5e.
Tabella 1. Glucosilazione di calconi con differente pattern di
ossidrilazione nellanello A.
Cellule in toto
Substrato

Prodotto

B
A
OH

Glu-O

1a

OCH3
RO

HO

OR'

R
R'
Glu H 3a
H Glu 3b

OCH3
Glu-O

HO

OH

2a

Destino metabolico di un substrato in vivo e in vitro

311

Tabella 2. Altre reazioni di biotrasformazione dei composti 1, 2, e 3.


Cellule in toto
Substrato

OH

Prodotto

RO

R
1b
H
Glu 1c

RO

HO

R
H 2b
Glu 2c

OCH3

OCH3
RO

HO

OH

OR'

R
H
Glu
H

R'
H 3c
H 3d
Glu 3e

Tabella 3. Biotransformazione del calcone 4 privo di ossidrili liberi


Cellule in toto
Substrato

Prodotto
OCH3

OCH3 O

OCH3

OCH3 O

4a

312

Piovan A et al.

Tabella 4. Ulteriori reazioni di biotrasformazione dei composti 5 e 6


Cellule in toto
Substrato

Prodotto

HO

OH

RO

OR'

R
H
Glu
H

R'
H 5c
H 5d
Glu 5e

Tabella 5. Glucosilazione del flavone 5 e del flavanone 6


Cellule in toto
Substrato

Prodotto

HO

OH

HO

OH

RO

OR'

R R'
Glu H 5a
H Glu 5b

5d

6 = 5c

5e

Conclusioni
Dati di letteratura (Blume et al., 1979) suggeriscono che il
complesso degli enzimi coinvolti nella biosintesi dei flavonoidi sia
associato alle membrane e in particolare a quelle del reticolo
endoplasmatico. Nel caso in cui vengano introdotte in colture
cellulari, sostanze esogene, come nel caso da noi illustrato, il destino
metabolico pu risultare completamente diverso. Dai dati preliminari
in nostro possesso l enzima glucosiltransferasi presente nelle colture
cellulari da noi esaminate, potrebbe essere localizzato a livello di
parete. Questo spiegherebbe perch il processo di glucosilazione

Destino metabolico di un substrato in vivo e in vitro

313

risulta nei nostri esperimenti assai rapido. Come gi stato


sottolineato questo processo pu essere visto come un meccanismo di
difesa da parte delle cellule che non riconoscendo il composto come
utile al proprio metabolismo, lo rendono pi solubile e quindi pi
facilmente trasferibile allinterno del vacuolo. Questa ipotesi pu
essere supportata dal fatto che non troviamo i prodotti glucosilati
escreti nel mezzo di coltura, bens allinterno delle cellule. Se in vivo
la via biosintetica, prevede il passaggio dei flavanoni a flavoni ad
opera degli enzimi FNSI o FNSII, pi comune, localizzati a livello di
ER (Martens e Mithofer, 2005), la formazione in vitro dei prodotti
esogeni ridotti, sarebbe invece il risultato dellattivit di una
idrogenasi, localizzata a livello di citoplasma.
Bibliografia
1. Keegstra, K, Raikhel, N. 2001. Plant glycosyltransferases. Current
Opinion in Plant Biology, 4: 219-224.
2. Canel, C., Moraes, RM, Dayan, F.E., Ferriera, D. 2000.
Podophyllotoxin. Phytochemistry 54: 115.
3. Piovan, A., Filippini, R., Caniato, R., Dalla Vecchia, F., Innocenti,
G., Cappelletti, E.M., Puricelli, L. 2000. Somatic embryogenesis
and indole alkaloid production in Catharanthus roseus. Plant
Biosyst. 134: 179-184.
4. Martens, S., Mithofer, A. 2005. Flavones and flavone synthases.
Phytochemistry. 66: 2399-2407.
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Uridinediphosphate-glucose: Isovitexin 7-O-glucosyltransferase
from barley protoplasts: Subcellular localization. Planta 199-202.

314

Sesquiterpeni amari in carciofo (Cynara scolymus L.)


ottenuto per micropropagazione e per moltiplicazione
vegetativa
Curadi M.1, Graifenberg A.1, Lucchesini L.1, Pacifici S.1, Giorni I.2
1
Dip. Biologia delle Piante Agrarie, Universit di Pisa, Pisa
2
Dip. Scienze Farmaceutiche, Universit di Pisa, Pisa
E-mail: agraif@agr.unipi.it
Riassunto
La cinaropicrina un sesquiterpene amaro importante per la qualit
del prodotto fresco e degli estratti fogliari del carciofo. Il contenuto di
sostanze amare espresse come cinaropicrina in piante della variet
Grato 1 ottenute in vitro stato confrontato con quello di piante
propagate per carducci. I risultati hanno evidenziato un elevato
contenuto di sostanze amare (6.89.6% s.s.), una riduzione del 29%
nelle foglie delle piante micropropagate rispetto alle altre.
Abstract
Cynaropicrin is a bitter sesquiterpene important for the quality of
artichoke heads and leaf extracts. Artichoke plants Grato 1
obtained in vitro and by radical offshoots have been compared for
their bitter content expressed as cynaropicrin (% d.w.). Results have
shown a high bitter content (6.89.6%), and a reduction of 29% in the
leaves of the micropropagated plants.
Introduzione
Il carciofo (Cynara scolymus L.) una Asteracea poliennale
ampiamente coltivata nel Bacino Mediterraneo, e lItalia il

Sesquiterpeni amari in carciofo

315

principale produttore nel mondo (FAOSTAT data, 2006). Gli estratti


fogliari sono impiegati sia per la preparazione industriale di prodotti
farmaceutici ed erboristici standardizzati, ricchi di sostanze
polifenoliche antiossidanti (Gebhardt, 1997; Wang et al., 2003; Curadi
et al., 2005), sia per lestrazione industriale di sostanze amare. Il
caratteristico sapore amaro del carciofo dovuto al contenuto di
sesquiterpeni lattonici. Fra questi, la cinaropicrina quantitativamente
preponderante (Schneider e Thiele, 1974; Fritsche et al., 2002;
Cravotto et al., 2005), ed oltre ad essere reponsabile di circa l80%
dellamarezza totale degli estratti fogliari del carciofo, possiede
attivit antilipidemiche e anticancerogene (Cho et al., 2004).
Nonostante le sostanze amare presenti negli alimenti di origine
vegetale siano spesso eliminate mediante processi industriali o
selezione genetica (Drewnowski e Gomez-Carneros, 2000), nel
carciofo un certo grado di amarezza richiesto dal consumatore.
La cinaropicrina importante per la qualit organolettica del
prodotto edule fresco e per la qualit tecnologica degli estratti fogliari
usati nella preparazione industriale di liquori amari. Il contenuto di
cinaropicrina in C. scolymus L. pu variare in dipendenza del
genotipo, dello stadio del ciclo, dellorgano considerato e delle
condizioni ambientali di crescita (Schneider e Thiele, 1974; Fritsche et
al., 2002; Foster et al., 2006).
Nonostante la propagazione del carciofo avvenga tradizionalmente
per via vegetativa utilizzando i germogli radicali (carducci), negli
ultimi anni si andata sviluppando la propagazione in vitro; a tale
scopo limpiego di variet tardive sembra offrire un maggiore
potenziale di radicazione rispetto alle variet precoci (Tavazza et al.,
2004).
Considerando la carenza di informazioni in letteratura, soprattutto
riferite alle variet italiane di carciofo, lo scopo del presente studio
stato la determinazione, in piante propagate vegetativamente mediante
carducci (C) e in piante ottenute per micropropagazione (M), del
contenuto di sostanze amare espresse come cinaropicrina nelle foglie e
nei capolini della variet tardiva di carciofo Grato 1.

316

Curadi M. et al.

Materiali e metodi
Le piante di carciofo della variet Grato1 ottenute per carducci
(C) e per micropropagazione (M) sono state coltivate in campo presso
il Centro Sperimentale di Orticoltura del Dipartimento di Biologia
delle Piante Agrarie, a S.Piero a Grado (Pisa). Le piantine
micropropagate, ottenute da colture apicali, sono state trapiantate in
campo il 5 Ottobre 2004, a fila singola, con distanze di 90 cm sulla
fila. Sia per M che per C, 9 foglie basali sviluppate (giovani) e 9
capolini secondari a maturit sono stati campionati a random il 27
Maggio 2005. I campioni (foglie, brattee interne ed esterne) sono stati
ottenuti in 3 replicazioni (n=3), ognuna formata da 3 foglie o 3
capolini provenienti da piante diverse. Dopo essiccamento a 60C per
8 gg, il materiale stato finemente macinato e trasferito in contenitori
di plastica con tappo. Le sostanze amare del carciofo sono state
determinate tramite una forma modificata del metodo alcalimetrico
descritto da Schneider e Thiele (1974), confermato recentemente
tramite HPLC-DAD (Fritsche et al., 2002). 5 g p.s. di campione
macinato, purificati in Soxhlet per 8 ore con 250 ml di etere di petrolio
40-70, sono stati estratti in Soxhlet per 30 ore con 250 ml di toluene.
Lestratto stato ridotto a 80 ml con Rotavapor, e sottoposto a 3
partizioni con 30 ml di NaOH 2%. La fase organica stata filtrata, e il
volume portato a 100 ml. 15 ml di estratto sono stati miscelati con 15
ml di NaOH 0.02N e agitati a 45C per 5-6 min; in queste condizioni,
la cinaropicrina trasformata nella forma salina idrosolubile. Dopo
raffreddamento e separazione delle fasi, 10 ml di fase acquosa sono
stati titolati con HCl 0.02N usando fenolftaleina come indicatore.
Dato che 1 ml NaOH=6.92 mg di cinaropicrina (Schneider e Thiele,
1974), stato infine calcolato il contenuto di sostanze amare espresse
come cinaropicrina (% s.s.). I dati ottenuti (Tab. 1) sono stati
sottoposti ad analisi ANOVA, e le medie sono state confrontate
mediante test di Duncan (P0.05).

Sesquiterpeni amari in carciofo

317

Risultati e discussione
I dati riportati in tabella 1 mostrano la variabilit del contenuto di
sostanze amare nelle foglie giovani della variet Grato 1. Il
massimo contenuto di sostanze amare espresse come cinaropicrina
stato osservato nelle foglie giovani delle piante C (9.633% s.s.).
In tutti i tessuti analizzati, la quantit di sostanze amare risultata
inferiore nelle piante ottenute in vitro (Fig.1). La riduzione (%) del
contenuto amaro nelle foglie, nelle brattee interne ed esterne in M,
rispetto a C, risultata rispettivamente 29.13%, 7.41% e 6.28%.
Indipendentemente dal metodo di propagazione impiegato, le foglie
giovani di Grato 1 mostrano un contenuto di sostanze amare
maggiore rispetto ai valori disponibili in letteratura, riferiti ad altre
variet di C. scolymus (Schneider e Thiele, 1974) o ad estratti
commerciali (Fritsche et al., 2002). Questo fatto pu essere dovuto,
oltre che alle differenze varietali, anche alle condizioni ambientali nei
diversi siti di coltivazione, come gi osservato in Cichorium intybus L.
(Foster et al., 2006).
Tabella 1. Contenuto di sostanze amare espresso come
cinaropicrina in foglie giovani e in capolini (brattee interne ed esterne)
di piante di carciofo var. Grato 1 ottenute per carducci (C) e per
micropropagazione (M). Le medie (media E.S.; n=3) seguite dalle
stesse lettere non differiscono significativamente le une dalle altre
(P0.05)

Grato 1 C
Grato 1 M
Grato 1 C
Grato 1 M
Grato 1 RS
Grato 1 M

Foglie
Foglie
Brattee interne
Brattee interne
Brattee esterne
Brattee esterne

Sostanze amare espresse come


cinaropicrina (% s.s.) *
9.6330.238 a
6.8270.047 c
7.6030.213 b
7.0400.131 bc
7.4870.220 b
7.0170.217 bc

318

Curadi M. et al.

sostanze amare espresse come


cinaropicrina (% s.s.)

I dati indicano una consistente quantit di sostanze amare nelle


parti eduli e nelle brattee esterne dei capolini, ossia un diverso pattern
di distribuzione da quello riportato da Schneider e Thiele (1974).
Anche se la distribuzione della cinaropicrina allinterno dei tessuti del
capolino non ha evidenziato differenze significative fra brattee esterne
ed interne sia in M che in C (Tab.1), il contenuto medio per lintero
capolino risultato lievemente maggiore nelle piante C (7.54% s.s.)
rispetto a quello delle piante M (7.02% s.s.).
I risultati lasciano ipotizzare che le condizioni di crescita durante le
fasi della micropropagazione possano interferire con il metabolismo
secondario delle plantule determinando unalterazione dei livelli
endogeni delle sostanze amare.

10
9
8
7
6
5

C
M

4
3
2
1
0

Foglie

Brattee esterne

Brattee interne

Figura 1. Differenze nel contenuto di sostanze amare in piante di


carciofo var. Grato 1 ottenute per carducci (C) e in vitro (M).

Sesquiterpeni amari in carciofo

319

31Conclusioni
Lo studio dei sesquiterpeni amari del carciofo offre interessanti
prospettive sia per i riflessi sulla qualit nutrizionale e organolettica,
sia sul piano farmacologico, considerate le molteplici attivit
biologiche possedute da questo gruppo di sostanze. E necessaria
ulteriore sperimentazione al fine di definire metodologie di
quantificazione alternative a maggiore risoluzione. Le differenze
quantitative trovate in questa indagine preliminare nelle foglie di
piante di carciofo ottenuto in vitro e per propagazione vegetativa ci
invitano ad approfondire lo studio del contenuto in cinaropicrina in
differenti variet italiane di carciofo, al fine di caratterizzare variet ad
elevato profilo qualitativo.
Ringraziamenti
La presente ricerca stata condotta con il supporto finanziario del
MIPAF. Grazie al Dott. Michele Leonardi per lassistenza tecnica.
Bibliografia
1. Cho, J.Y., Kim, A.R., Jung, J.H., Chun, T., Rhee, M.H., Yoo, E.S.
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Curadi M. et al.

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Y. 2003. Analysis of antioxidative phenolic compounds in
artichoke (Cynara scolymus L.). J. Sci. Food. Agric. 51: 601-608.

AREE SCIENTIFICODISCIPLINARI

Area 01 Scienze matematiche e informatiche


Area 02 Scienze fisiche
Area 03 Scienze chimiche
Area 04 Scienze della terra
Area 05 Scienze biologiche
Area 06 Scienze mediche
Area 07 Scienze agrarie e veterinarie
Area 08 Ingegneria civile e Architettura
Area 09 Ingegneria industriale e dellinformazione
Area 10 Scienze dellantichit, filologicoletterarie e storicoartistiche
Area 11 Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche
Area 12 Scienze giuridiche
Area 13 Scienze economiche e statistiche
Area 14 Scienze politiche e sociali

Le pubblicazioni di Aracne editrice sono su


www.aracneeditrice.it

Finito di stampare nel mese di luglio del 2007


dalla tipografia Braille Gamma S.r.l. di Santa Rufina di Cittaducale (Ri)
per conto della Aracne editrice S.r.l. di Roma

CARTE: Copertina: Digit Linen 270 g/m2, Interno: Usomano bianco Selena 80 g/m2; ALLESTIMENTO: Legatura a filo di refe / brossura.

1245 copertina

23-07-2007

15:47

Pagina 1

ISBN 978-88-548-1245-1

1245 copertina

23-07-2007

15:47

Pagina 1

39
ARA
RACNE
CNE

Produzione di metaboliti secondari


nelle piante medicinali in coltura artificiale
Il volume raccoglie gli atti del Workshop sulle Colture Artificiali di Piante
Medicinali, che si tenuto il 20 ottobre 2006 presso la Facolt di Agraria di
Pisa. Il Workshop ha terminato il Progetto Produzione di metaboliti secondari nelle piante medicinali in coltura artificiale (PROMEDICA), cofinanziato
dal Ministero dellIstruzione, dellUniversit e della Ricerca (PRIN 2004) e
coordinato dal professore F. Tognoni del Dipartimento di Biologia delle piante agrarie di Pisa.

Franco Tognoni ordinario di Colture protette presso la Facolt di Agraria di Pisa, di cui
stato anche Preside. Attualmente ricopre la carica di direttore del Dipartimento di Biologia
delle piante agrarie. autore di un libro sulla coltivazione in serra e di centinaia di pubblicazioni scientifiche o a carattere tecnicodivulgativo.
Anna Mensuali una ricercatrice della Scuola Superiore di Studi Universitari e Perfezionamento SantAnna di Pisa. Le sue ricerche hanno riguardato soprattutto le colture in vitro e la
conservazione postraccolta dei prodotti ortofloricoli e sono state oggetto di numerose pubblicazioni su riviste internazionali.

a cura di A. Pardossi, F. Tognoni, A. Mensuali

Alberto Pardossi dal 1998 professore associato di Orticoltura e floricoltura, ruolo ricoperto
inizialmente presso la Facolt di Agraria di Milano e successivamente di Pisa. Autore di circa
200 articoli a carattere scientifico o tecnicodivulgativo, Alberto Pardossi si occupa soprattutto di colture di serra.

Colture artificiali di piante medicinali

Colture artificiali di piante medicinali

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RACNE
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ARACNE

STUDIO BG

ISBN 978-88-548-1245-1

Colture artificiali
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Produzione di metaboliti secondari
nelle piante medicinali in coltura artificiale

a cura di
Alberto Pardossi
Franco Tognoni
Anna Mensuali

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