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Approfondimenti-Settembre 2012

IL POTERE DELLA GENTILEZZA


Cosa e la gentilezza? E possibile dare una definizione della gentilezza? Quale e il potere
della gentilezza?
Intorno a queste domande si svolta lo scorso anno al Centro Coscienza di Milano una
conferenza - conversazione con Stefano Caracciolo, ordinario di Psicologia Clinica presso la
nostra Universita e che e stata recentemente pubblicata nei Quaderni di Maieutica editi dallo
stesso Centro con il Titolo Il potere della gentilezza uno strumento antichissimo e potente nelle
relazioni interpersonali e nel rapporto con il paziente.
Se nella comune accezione, il concetto di gentilezza coincide con la disponibilit a comprendere i
problemi del prossimo e a cercare di risolverli, ricevendone in cambio la soddisfazione di aver
aiutato qualcuno, oggi sempre pi evidente come, nel nostro contesto sociale, una pi profonda
e concreta diffusione della gentilezza fra i concittadini possa significare rispetto delle regole, della
cosa pubblica, dellambiente e delle persone, nel quadro di una pi armonica convivenza tra gli
uomini.
Il testo, da leggere tutto dun fiato come un racconto, e integrato, a mo di postilla, con un
singolare
glossarietto
che
approfondisce
e
spiega
i
dintorni
della gentilezza: altruismo, ascolto, cura, empatia, generosita, pazienza, reciprocita, rispetto,
sincerita' e umilta', dieci temi che, come afferma Caracciolo potranno ampliare gli orizzonti
andando al di l della sola comprensione del testo ed aiutare il lettore stimolandolo a proseguire
poi, per la sua strada, a pensare (e a vivere!) la sua personale versione della gentilezza.
Insomma gentilezza come mezzo per riportare luomo alla civilt, al rispetto del prossimo e delle
regole, non perch sono imposte, ma perch necessarie per una serena convivenza.
Perch le norme della gentilezza, del rispetto e del civismo possono superare quelle
dellindividualismo e del liberismo pi sfrenato.
Ferrara, 19 settembre 2012
Maria Grazia Campantico

IL POTERE DELLA GENTILEZZA


Stefano Caracciolo, Centro Coscienza 20 maggio 2011
Gian Carlo Calza
Benvenuti a tutti. con molta gioia che presentiamo questa sera il professor Stefano
Caracciolo, ordinario di psicologia clinica nella Facolt di Medicina e Chirurgia
dellUniversit di Ferrara. Abbiamo dialogato in questi mesi assieme al professore
su temi che a noi stanno molto a cuore: ci parler infatti, questa sera, del potere della
gentilezza. Questo suono, il potere della gentilezza, ne fa venire subito in mente un
altro: Il potere dei senza potere.0 Esistono poteri privi di forza dominatrice, che sono
per non per questo privi di influenza e che si muovono nella coscienza di ciascuno
e della collettivit per vie non molto indagate, ma che adesso si stanno schiudendo
alla comprensione, allascolto e a una nuova capacit di assorbimento, di percezione
e di rifrazione. Su questi toni Centro Coscienza si incontrato e ha comunicato con
il professor Caracciolo che ci esporr alcuni punti della sua ricerca: un percorso in
fieri perch lui il primo a occuparsi, in Italia e non solo, della gentilezza da un
punto di vista clinico.
Stefano Caracciolo
Grazie delle belle parole, dellinvito e della vostra presenza qui. Il professor Calza ha parlato della
comunanza di interessi, di stimoli e di sollecitazioni che mi ha portato a scoprire, attraverso i suoi
libri, tanti nuovi universi, compreso questo Centro in cui ho gi avuto il piacere di venire una volta
e che rivedo con moltissima gioia con una sorta di piacere della condivisione.
Parliamo di gentilezza, un argomento delicato come un fiore e che, come un fiore delicato, se lo
bistratti un po immediatamente ne risente. Nel parlare di gentilezza, la prima dimensione da
introdurre quella della pluralit: non si pu essere gentili da soli. Certo, c anche una forma di
gentilezza che non riguarda soltanto le persone ma anche le cose, gli oggetti e la natura. Ma
nellaccezione che come psicologo clinico sono obbligato a riconoscere, il campo della gentilezza
che mi interessa di pi e che di mia specifica competenza quello della relazione interpersonale.
Per cominciare a delimitare il campo, dovremmo parlare di una definizione della gentilezza. Spesso
abbiamo bisogno di partire da definizioni per inquadrare un argomento, ma sappiamo anche
molto bene che solo attraverso un percorso si arriva a una definizione. Partire da steccati, da limiti
e confini, de-finire, finire dentro un finis, confine, unoperazione per certi versi fuorviante,
perch si perdono significati e spazi semantici. Bisogner che ci comprendiamo bene su quello che
si intende per gentilezza, su quello che intendo io in questo momento per gentilezza.
Personalmente non ho la presunzione di poterla definire ed per questo che spesso, in incontri di
questo genere, il punto di partenza di farla definire da voi: vi chiedo un piccolissimo sforzo di
interazione e vorrei sentire da qualcuno di voi qual il vostro personale significato di gentilezza, o
quello che ritenete debba essere attribuito al termine gentilezza specialmente nella relazione con
gli altri.
Intervento
Privo di asperit.
Stefano Caracciolo
Bene! Cominciamo a mettere un primo paletto nel campo generale dei sentimenti, degli
atteggiamenti e della relazione interumana: lasperit. Se non una definizione che cos? una
denotazione? Chi si occupa di filosofia conosce meglio di me questo termine, perch di Bertrand
Russell1, grande filosofo del secolo scorso.
Denotazione significa in qualche modo cominciare a esplorare ci che sta dentro a un termine. Voi
capite che lasperit un primo contributo importante perch possiamo definire la gentilezza
codificando il suo opposto. Qual lopposto della gentilezza se non lasprezza, laggressivit e, in

massimo grado, la violenza? Il primo contributo mi sembra centrato, ora vediamo se ce ne sono
degli altri.
Intervento
Etimologicamente gentilezza si riferisce al modo di comportarsi da gentili nellambito della gens.
Stefano Caracciolo
Mi sembra un altro ottimo contributo, anche con una profondit storica e lo dico
consapevolmente, da buon conoscitore di queste radici. Quando usiamo una parola non ce ne
rendiamo conto ma stiamo utilizzando una serie di altri significati e sottosignificati che sono l,
nascosti, ma sono pronti a venire fuori. C la gens, che vuol dire anche appartenere a una famiglia,
quindi essere gentili vuol dire anche trattare una persona in modo familiare, come se fosse un
nostro familiare.
Ho visto unaltra mano alzarsi timidamente.
Intervento
Essere gentili significa anche trattare laltro come degno della nostra attenzione, della nostra
delicatezza.
Stefano Caracciolo
Siamo proprio nel campo relazionale: c laltro, appunto, che era presente gi nella precedente
definizione, mentre mancava nella prima; anche se lasperit evidentemente qualcosa che crea
conflitto interpersonale, per lo meno in questa accezione. Ha usato anche il termine degno: questa
una delle anime della gentilezza, ritenere laltro degno di rispetto, di ascolto, di reciprocit.
Pensate alla situazione di un bolognese o un ferrarese che viene a Milano e chiede: Dov Corso
di Porta Nuova?. Siamo poco abituati a parlare con un estraneo, a considerarlo degno di una
risposta, chi pi chi meno. Si pu rischiare di essere ignorati, il passante ti guarda e fa finta di non
avere sentito, come se tu non esistessi. Sta comunicando qualcosa, in un modo non certo gentile.
Oppure si pu verificare leccesso opposto: una persona a cui chiedo unindicazione stradale mi d
la sensazione di farsi carico del mio bisogno; allinizio mi piace e mi convince, poi a un certo punto
mi insospettisce. Come mai? No, laccompagno io! Venga in macchina con me!: un eccesso di
gentilezza. Per certi aspetti possiamo considerare la gentilezza una virt da poter coltivare,
contemporaneamente dobbiamo ammettere che c una parte di falsit in tutto questo, una
falsit buona di solito ma a volte cattiva.
La gentilezza un primo passo nella relazione con laltro, di solito estraneo. Man mano che
proseguiamo nella conoscenza di una persona possiamo sperimentare la reazione della gentilezza.
Noi non siamo sempre altrettanto gentili con una persona con la quale abbiamo molta confidenza,
ma perch sappiamo che quella una tappa, una sfaccettatura allinterno di una relazione molto
pi complessa, variegata, che ha radici profonde e che basta forse restaurare. Esempio: torno a
casa seccato per il traffico, trovo mio figlio e gli dico: Allora hai fatto i compiti?!. In quel
momento non uso molta gentilezza e trasferisco la mia inchiesta, la mia istanza in unaggressivit
che non pertinente. Essere autentici, essere sinceri pu significare, a volte, dire le cose in un
modo niente affatto gentile o per lo meno quello il rischio. Si pu sempre trovare un modo pi
gentile di dire le cose, anche al di l del livello minimale delle buone maniere, anchesse parenti
della gentilezza; anche se, chiamandole maniere, ne sottolineiamo laspetto ripetitivo e meccanico,
povero di spontaneit.
Quando una persona non ha gentilezza nellanimo, si verificano rapidamente situazioni in cui
mette gi la sua maschera e si dimostra volgare, prepotente, brutale.
La gentilezza ha una dimensione relazionale, basata sul rispetto e sulla dignit dellaltro, e diventa
tanto pi vera quando da un lato appartiene a una persona che si sposta dietro al suo corredo di
atteggiamenti e dallaltro un elemento che entra in gioco in una relazione costituendone un
valore aggiunto.
La gentilezza anche distanza: pensate al sorriso stereotipato di una persona che cerca di
accoglierci, conoscerci; un sorriso, per, tirato, un sorriso come lo chiamiamo in psicologia
orizzontale, che non trasmette una buona accoglienza.

Perch certo, il sorriso vale molto sul piano non verbale e trasmette gi una forma di cura verso
laltro, di piacere anche minuscolo nel vederlo. Chi laltro? Tutti noi siamo laltro e tutti noi
interagiamo con degli altri, a parte i nostri familiari, i nostri
cari, le persone che conosciamo bene. Ed proprio nel rapporto con laltro, con lestraneo che noi
possiamo scoprire alcuni elementi importanti della gentilezza.
Ora, chi ha in mente unaltra definizione della gentilezza che non abbiamo ancora toccato?
Intervento
La gentilezza un modo di comunicare e paradossalmente la maggior parte delle comunicazioni
vanno perdute. Il sorriso un modo per aprire il canale della comunicazione che di per s
abbastanza ristretto. Il nostro cervello pronto per raccogliere una serie di input, ma noi siamo
continuamente bombardati da una grande quantit di informazioni (vedi pubblicit) e il cervello
deve selezionarle; quindi finiamo per raccogliere solo quelle che ci interessano. Il sorriso un
modo per aprire, per allargare quel percorso, quel pertugio attraverso cui passano le
informazioni.
Stefano Caracciolo
Credo sia vero, ma in questa sede ci interessa fino a un certo punto. stimolante perch fa
pensare che gentile quello che noi crediamo sia gentile, ma nellaspetto comunicativo quello che
noi trasmettiamo come gentilezza pu non esserlo totalmente. Un esempio: presentarmi in
Giappone con una stretta di mano non molto gentile, bisogna inchinarsi perch loro giudicano
gentile questo. Sul piano comunicativo non percepiamo tanti comportamenti non verbali con
consapevolezza. Vuol dire che la nostra coscienza, cio ci che presente chiaramente e
consapevolmente nella nostra mente, non riesce a registrare tutto e a volte un po birichina, non
vede proprio le cose che andrebbero viste: facciamo finta di non vederle o apparentemente non
ce ne rendiamo conto. Quante volte dobbiamo fare un regalo a una persona e scopriamo solo
dopo che questo regalo qualche cosa che forse non andava tanto bene: per esempio, regalare
occhiali da presbite a una persona che ha il cruccio di non vedere da vicino; glieli regaliamo
pensando che sia una cosa carina, gentile, appropriata. Molti aspetti della gentilezza, per, sono
anche frutto di uneducazione culturale che pu essere di tipo personale, familiare, locale,
geografica, religiosa. Non a caso i gentili erano anche i non ebrei, secondo le Sacre Scritture.
Essere gentili vuole anche dire essere il buon samaritano che, in un modo totalmente
disinteressato, si fa carico di una persona sofferente, la sostiene, la rifocilla, la aiuta a rimettersi in
viaggio e non chiede niente in cambio. Sarebbe gentile che la persona soccorsa tirasse fuori il
portafogli e gli desse una banconota? Certamente no, perch latto allinterno di una dimensione
relazionale che bisogna essere in grado di percepire ma che non sempre la coscienza percepisce.
Anche il dono un elemento di gentilezza. Anzi potremmo dire che uno dei veicoli principali su cui
valutiamo la gentilezza il dono: non andare a mani vuote, portare qualche cosa che dia un
piccolo contributo spesso simbolico. Non entro in questo argomento perch alquanto complesso
sul piano filosofico e antropologico: ci sono manuali interi sul meccanismo del dono, sul significato
del dono nelle varie civilt. In fondo la gentilezza altro non se non il dono di se stessi, un dono di
se stessi allaltro parziale, simbolico, transitorio, temporaneo. Tornando allesempio del bolognese
o del ferrarese: dedico qualche minuto a una persona che mi chiede unindicazione stradale, con
un sorriso mi fermo e poi lo lascio andare per la sua strada, magari augurandogli buon pomeriggio
o buon viaggio.
Ecco un altro elemento della gentilezza, laugurio. unusanza antica e per certi aspetti oggi anche
ridicola, svuotata di significato: pensate a tutti i messaggi, i bigliettini, gli SMS di buon Natale, buon
anno, buon capodanno, buon anniversario. Sono gentilezze, che noi interpretiamo con un questa
persona ha pensato a me, piacevoli se vengono da qualcuno che ci vuole bene o a cui vogliamo
bene, ma spiacevoli se vengono da qualcuno con cui ho litigato e con cui non ho nessuna
intenzione di riprendere i contatti.
Laspetto che riguarda il dono di s parte da un meccanismo che d peso al tema del potere: la
gentilezza qualcosa che ha a che vedere con il potere, potere nel senso pi deteriore, non quello

a cui si accennava prima come potenza, forza, capacit o anche il buon risultato che si pu
ottenere con la gentilezza. Di gentilezza si parla nel Cortegiano di Baldassarre Castiglione, uno dei
tanti grandi classici della nostra letteratura, ma chi il Cortegiano? Il diplomatico una persona
gentile? Certo, quando ha tutto linteresse a essere gentile, quando la gentilezza uno strumento
di potere, di controllo dellaltro, di gestione dellaggressivit (perch se sono gentile con una
persona posso essere abbastanza sicuro che sar gentile con me).
Una delle definizioni, ancora primitive e provvisorie, di gentilezza che abbiamo formulato nella
nostra ricerca clinica ha a che fare con un significato che riguarda lo stare insieme agli altri anche
in momenti in cui la gentilezza serve come deterrente, per calmare laggressivit, per calmare la
rabbia. Pensiamo a un evento conflittuale, seppur minimo, che si pu verificare quando una
persona entra e unaltra esce dalla porta. Ricordate che nei Promessi Sposi Fra Cristoforo 2, da
ricco e nobile, prima di prendere i voti, uccide in duello un uomo in seguito ad un diverbio nato dal
conflitto di chi deve cedere la strada allaltro? Pensiamo a innumerevoli situazioni quotidiane che
si verificano nei giardini o sulle strade, dove si talora poco gentili e dove il conflitto a volte porta
a situazioni difficili da gestire. Se incontro una persona e per sbaglio la urto e questa sar gentile
con me, io sar in grado di usare la stessa gentilezza? Se saremo gentili nella nostra interazione
avremo da guadagnarci o da perderci? Per me la risposta abbastanza esplicita, chiara, evidente:
se io mi scuso non detto che la persona non si arrabbi e inveisca; per pi facile che anche lei a
quel punto rimuova la sua aggressivit e la trasformi in qualche cosa che pu magari portare a
conoscersi, a stabilire un tramite grazie al fatto che il responsabile si assume la colpa del fastidio
procurato.
C un riferimento evangelico che vorrei portare da laico con formazione cattolica: mors tua vita
mea. Un grande professore e psicanalista dellUniversit Statale di Milano, Franco Fornari, ha
scritto molte cose su questo argomento. Ha parlato di transazioni simmetriche e transazioni
complementari proprio a partire dal concetto di mors tua vita mea. il concetto di homo homini
lupus del filosofo inglese Thomas Hobbes: uno dei due soccombe e laltro prevale, secondo un
crudo gioco di potere. Franco Fornari ha studiato tutte le possibili combinazioni, chiedendosi: ma
se esiste una mors tua vita mea, ci sar pure una mors mea vita tua? Certo che c, mors mea vita
tua il sacrificarsi per qualcun altro, dare la propria vita per qualcun altro, come prestare servizio
nelle forze pubbliche per la difesa dei cittadini, ma anche come una madre che si sacrifica per
allevare i propri figli, e anche un padre. E allora sono da considerare le altre due posizioni, vita
mea-vita tua o mors mea-mors tua, la pi terribile, la pi nefasta delle transazioni simmetriche.
Mors mea-mors tua per esempio, facendo un altro riferimento biblico, il Muoia Sansone con
tutti i Filistei, ma riguarda anche certe notizie di cronaca: amante tradito uccide ex moglie e
rivale; un terribile gioco di crudelt e di violenza che si colloca sul polo opposto rispetto alla
gentilezza. laggressivit esercitata, vissuta e addirittura portata a termine con ferocia, che
comporta un piacere che non ci dobbiamo nascondere: scaricare laggressivit, la rabbia, la ferocia
una fonte di piacere. Pu sembrare blasfemo, in contrasto con la realt, per pensiamo a un
bambino piccolo che si diverte a distruggere il castello di sabbia che la mamma o il fratellino hanno
appena costruito: ci salta su con i piedi, con gioia, trionfante, come se avesse compiuto unimpresa
splendida e ne ricava un grande piacere. Laggressivit ha un suo piacere. Se ce lo dimentichiamo,
non capiamo pi nulla di tanti fenomeni di violenza: non riusciamo a tenerla a bada perch
facciamo finta che sia di qualcun altro, che non sia nostra e invece proprio la nostra che
dobbiamo tenere a bada. Eventualmente con la gentilezza. La gentilezza sta sul versante della
transazione simmetrica vita tua-vita mea. Possiamo qui chiamare in causa tanti grandi pensatori,
grandi uomini e donne che hanno dedicato la loro vita agli altri; magari un po immodestamente,
potrei dire ciascuno di noi ha una parte di cose che non ha fatto per s ma per gli altri. A questo
proposito c un paradosso: facciamo delle cose per gli altri e alla fine ne ricaviamo vantaggio noi,
perch ci sentiamo pi buoni, pi bravi, ci sentiamo comunque meglio. Vi racconto un esempio,
tratto dalla mia esperienza di vita. Ero uno studente neolaureato e, per sbarcare il lunario,
lavoravo per lAVIS, una grande associazione di volontari che fa tanto bene dando la vita a tante
persone. Naturalmente, da psicologo in erba, da medico che si stava specializzando in psicologia,
uno degli interrogativi che mi sorgeva alla mente spontaneo era: Perch queste persone vengono

a donare sangue?. Come sempre nella mentalit medica, a volte un po ristretta, lidea era subito:
Se scopriamo quale motivazione li spinge, possiamo aumentare i flaconi di sangue da utilizzare!,
che non solo unidea un po puerile o infantile, pu anche divenire concreta, sostanziale: in certi
momenti e in certe situazioni il sangue manca, specialmente certi tipi di sangue raro. Allora
cominciammo, io e i miei colleghi, a parlare con queste persone mentre per qualche minuto erano
l ad aspettare che il flacone del prelievo si riempisse lentamente del loro sangue. Parlando del pi
e del meno, cominciammo a cercare di capire perch uno dona il proprio sangue senza averne in
cambio nessun vantaggio e anzi, per certi aspetti, sacrificando un pezzo della vita e della propria
salute in termini di dolore e di fastidio o di perdita di tempo. Qual la radice? Abbiamo scoperto
che quasi tutti avevano ricevuto del sangue o avevano avuto una persona amica, congiunta,
parente, che aveva ricevuto del sangue per trasfusioni o avevano comunque conosciuto una
persona che aveva avuto bisogno di sangue e non ne aveva trovato. Questo un meccanismo che
in psicologia, ma anche in sociologia, si conosce molto bene: il meccanismo della reciprocit. Io
restituisco delle cose se le ho a mia volta ricevute. chiaro che se non le ho avute difficile che le
restituisca ed proprio per questo che la gentilezza viene in aiuto, in ausilio, perch vuole che uno
sia il primo a cedere il passo, che uno sia il primo a parlare con laltro, a sorridergli, ad ascoltarlo,
facilitando linterazione. Daltra parte questa reciprocit nasce dallincontro di due persone che
hanno anche degli aspetti negativi, quindi giusto che la gentilezza serva come schermo, come
cuscinetto, come momento che attutisce gli aspetti conflittuali e di aggressivit. Vi leggo qualcuna
delle definizioni che nel tempo abbiamo raccolto: gentilezza essere disponibili ad ascoltare e
interagire con gli altri. Una barzelletta pu spiegare meglio: Ges Cristo decide di tornare sulla
terra a compiere miracoli per ravvivare la fede della gente, e riceve in uno studio medico ogni
sorta di malati che entrano sofferenti ed escono miracolosamente guariti. Ad un certo punto dallo
studio medico di Ges Cristo esce un vecchietto, prima entrato zoppicante e ora perfettamente in
grado di camminare. Le persone in sala dattesa gli domandano: Com il nuovo dottore? ed egli
risponde: Non mi ha neanche ascoltato!. La battuta, al di l che sia umoristica o meno, che ci
faccia ridere oppure no, nasconde una verit profonda cio che negli ambulatori medici spesso si
fa fatica a trovare il tempo, lo spazio, la gentilezza per un piccolo ascolto.
Attraverso ricerche e interviste tra medici e pazienti abbiamo misurato quanto tempo viene
dedicato allascolto. Non so quale sia la vostra esperienza ma lo standard questo: Buonasera
signora, si accomodi; se va bene, il medico non guarda il computer, non telefona, non scrive, non
fa altre cose. La guarda negli occhi e dice: Come mai venuta a trovarmi?, Perch ho un dolore
alla schiena da un po di tempo. Tempo un millisecondo e il medico comincia a chiedere: Da
quanto tempo?, Che tipo di dolore ?, Dove si irradia? e poi la visita. Se avesse aspettato
trenta secondi la persona sarebbe andata avanti, avrebbe continuato a parlare della sua
esperienza, a spiegare cosa c dietro a questo dolore, un dolore che, per esempio, pu essere
stato legato a uno sforzo: la signora ha dovuto aiutare sua figlia, che si separata dal marito, a
fare gli scatoloni. Che senso ha questo dolore alla schiena? Certo che si tratta di tendini, di muscoli,
di artrosi da inquadrare sul piano scientifico, sul piano medico, ma forse questa persona ha
bisogno di un conforto, di uno spazio di ascolto in cui possa raccontare quanto dolore, che poi lei
proietta sulla schiena, le ha provocato questa vicenda. Il medico ha il tempo per ascoltare?
Come sapete questa la vera domanda: perch io dico che il medico ha questo tempo, ma i medici
dicono di non averlo. Io rispondo che quando vogliono, ce lhanno. Per esempio, in sala operatoria
il chirurgo non dice: Dovrei metterci unora a operare questa appendice ma ho fretta e ci metto
dieci minuti. Piuttosto dice al paziente: Mi dispiace, era in lista per oggi ma non ce la facciamo.
Non dimezza i tempi e non fa una cosa raffazzonata, come non dovrebbe essere fatta. Se dunque
lascolto fa parte del rapporto col paziente, questo ascolto deve avere il suo tempo, anzi dato che
lascolto fa parte della gentilezza, allora potremmo dire che il peggior nemico della gentilezza la
fretta. Quando hai fretta inevitabilmente sei meno gentile perch non hai lo spazio mentale di
apertura per laltro, la pazienza, il senso di ascolto che necessita di tempo.
Questo significa che il tempo te lo devi procurare, non dico nella tua vita personale (questo sar
un problema tuo), ma nella vita professionale di medico, dove non prepararsi con gentilezza e non
riservarsi il tempo per parlare con una persona equivale a operare senza avere i bisturi, le garze e

gli strumenti idonei. Certo, in condizioni di emergenza lo puoi fare, giusto che tu lo faccia, ma
normalmente non dovresti: dovresti prenderti tutte le libert possibili, con scienza e coscienza, per
esercitare quello che pu letteralmente salvare la vita a un paziente: la funzione di ascolto.
Unaltra definizione di gentilezza: buona educazione accompagnata a empatia verso gli altri. Ecco
unaltra parola chiave, molto di moda adesso, empatia. Mi hanno detto, io non lho letto ancora,
che questa parola stata al centro di un recente articolo del Venerd, inserto settimanale di
Repubblica. Nellarticolo era intervistato anche il professore milanese Egidio Moja, che insegna
nella facolt di medicina e ha dedicato molto del suo tempo e della sua carriera a studiare il
rapporto fra medico e paziente in ambito sanitario. Non proprio la gentilezza, perch come
ricordava prima il professor Calza, sono forse io ad avere la presunzione di voler studiare e
misurare una cosa cos impalpabile e preziosa come la gentilezza; e, daltra parte, un sintomo
anche questo importante e molto grave, il fatto che nessuno se ne sia mai occupato finora. Gli
unici riferimenti che ci sono nella letteratura scientifica in cui si nomina la gentilezza, a parte i
nostri che sono ancora limitati, sono quelli in cui il paziente che la nomina e non lautore
dellarticolo. Sono talvolta resoconti aneddotici, di casi osservati. Sono per lo pi ricerche di
customer satisfaction, di soddisfazione del cliente, che utilizzano strumenti moderni per verificare
che il destinatario sia abbastanza soddisfatto del servizio ricevuto. Nelle inchieste in cui si raccoglie
il feedback, cio il resoconto della persona intervistata sulla propria esperienza, la gentilezza c
sempre ed sempre ai primi posti, quasi a voler violare la regola forse un po opportunistica che
quello che conta la competenza tecnica del medico. Se posso scegliere, anchio preferisco un
medico sgarbato ma competente e che mi guarisce piuttosto che un medico che mi accoglie bene
ma poi non capace di curarmi. Credo per che non si tratti solo di salvare capra e cavoli, credo
anzi che le due cose siano collegate. Inoltre un medico che davvero preparato e competente
conosce anche le tecniche di comunicazione. Questo vale per un medico ma, allargando la
prospettiva, anche per un avvocato, un architetto, un farmacista, un impiegato comunale che
siano preparati.
Intervento
Questo non riguarda la professionalit?
Stefano Caracciolo
Certamente, quello che in America chiamano professionalism e lo considerano una delle
categorie su cui testare, misurare la capacit di un medico e che comprende aspetti molto lontani
dalle classiche discipline mediche. Per esempio, esiste oggi una medicina che si chiama narrativa:
basata su un approccio in cui le storie del paziente servono, per cui il paziente pu raccontare la
sua vicenda e finalmente trova un luogo, un tempo, un momento in cui c uno spazio per questo.
Un tempo avveniva con gli studenti alle prime armi che venivano sequestrati dai pazienti e
avevano il compito quasi ingrato di ascoltarli. Da studente mi ricordo di aver passato ore vicino al
letto dei pazienti a farmi raccontare tante cose. Oggi parlare di empatia nel rapporto con i pazienti
diventata una cosa che possiamo dire modaiola. Ed certamente un fatto positivo! La prima
grande studiosa che ha proposto questo approccio, apparentemente rivoluzionario ma in realt
antico quanto il mondo, si chiama Rita Charon, ha lavorato negli Stati Uniti al Presbyterian Hospital,
uno dei pi grandi ospedali di New York, conduce corsi e programmi educativi per i medici alla
Columbia University e ha scritto un libro che si intitola Narrative Medicine, diventato un punto di
riferimento per chiunque si occupi di questi aspetti professionali.
La medicina ha una storia ormai millenaria. Non voglio scomodare lantica medicina greca di
Ippocrate di Kos o di Galeno, ma parlare se non altro di quando la medicina stata inclusa fra le
scienze sperimentali. Fino a un certo periodo della nostra storia, per motivi religiosi non si
potevano studiare i corpi delle persone decedute; veniva considerato un eretico chiunque lo
facesse, anche perch spesso gli intenti non erano affatto nobili. Cerano per anche intenti di
ricerca scientifica, almeno a partire da Cartesio in poi. Cartesio afferma il suo pensiero attraverso il
suo famoso cogito ergo sum, formula che riassume la distinzione fra il mondo dello spirito, res
cogitans, di origine divina, spirituale e la res extensa ovvero le cose che si toccano, che hanno una
loro dimensione concreta, come il corpo umano. Per questo Cartesio dice che il corpo umano pu

essere studiato e deve essere studiato, perch un fenomeno naturale, non qualcosa che
appartiene alla sfera divina. Lo dice in un momento storico particolare, lepoca della recente
persecuzione di Galilei, che aveva dovuto abiurare solo dieci anni prima le sue teorie sul Sole e la
Terra; preoccupato delle possibili conseguenze, Cartesio nei suoi grandi libri dice che necessario
distinguere la parte spirituale dalla parte corporale. La parte spirituale, lanima, appartiene alla
sfera del divino, mentre il corpo nella sfera umana. C un collegamento fra le due? S, come il
destriero che viene guidato dal cavaliere: il cavaliere ha le briglie e pu arrestare, sbrigliare, far
curvare il cavallo, farlo saltare; cavallo e cavaliere sono una cosa sola ma ben distinguibili. Cos il
corpo umano e lanima umana sono collegati attraverso delle briglie che sono, diceva Cartesio,
delle ghiandole. Sosteneva che la ghiandola epifisi quella attraverso cui lanima comanda sul
corpo. In base a questa concezione, semplificando, si pu dire che se io in questo momento decido
che voglio prendere il microfono con laltra mano, la mia anima che mi dice liberati del
microfono e mettilo nellaltra mano, e che guida latto attraverso una serie di meccanismi.
Che cosa succede dopo che la medicina ha compiuto questo primo passo, cio poter studiare le
cause delle malattie con autopsie e dissezioni? Succede che lanima rimane l, non la studia
nessuno o viene lasciata ai filosofi, ai sacerdoti. Giusto da un lato, ma dallaltro con lanima rimane
inesplorato tutto quello che il nostro universo mentale, che certo non si pu toccare, non
concreto, ma che forse si pu misurare almeno in alcuni aspetti. Questa la nascita della
psicologia: ho aperto questa parentesi per dire che un medico, nella sua professionalit, come
deve conoscere la chimica, la fisica, la biologia, la genetica deve conoscere finalmente anche la
psicologia; anche la psicologia una scienza, come tutte le scienze pu diventare applicata e
quando tale fornisce un bagaglio tecnico. Esistono delle tecniche psicologiche che il medico deve
usare e la gentilezza una di queste. Deve saperla usare nel modo giusto, con la dose giusta, al
momento giusto. Cosa pensiamo di un dottore se la prima volta ci accoglie, ci fa sedere, ci
racconta tante cose, ci ascolta e la seconda volta diventa brutale e sbrigativo come tutti gli altri?
Che la gentilezza era falsa.
Allora vedete, parlare di gentilezza come tecnica professionale fa i conti con un altro aspetto: di
solito, le tecniche professionali si imparano, si apprendono; nessuno nasce con delle cognizioni e
con le capacit di applicarle. Per fare un certo esame medico, una visita bisogna acquisire
manualit ma soprattutto aver studiato prima. Il primo problema se la gentilezza si pu imparare,
il secondo se la si pu insegnare a degli adulti, come gli studenti in medicina, ormai ventenni, o i
medici gi laureati.
Nei corsi di medicina ci si sforza di sottolineare alcuni aspetti di tecniche comunicazionali che
devono entrare nella pratica medica. Noi conosciamo persone gentili di natura, che sono tali forse
per leducazione ricevuta attraverso un apprendimento per ostensione, termine che usava Franco
Fornari, ma che si trova anche in alcuni scritti di Albert Schweitzer. Questultimo disse: Lafricano
mio fratello, ma un fratello pi giovane di parecchi secoli. Pensate a questo modo gentile di
sottolineare la diversit, che esiste, e di farne qualcosa di estremamente familiare. un fratello
pi giovane del quale a volte ti stufi, con cui ti arrabbi, ma con il quale devi essere gentile. Un altro
aforisma di Albert Schweitzer: Lesempio non la cosa che influisce di pi sugli altri: lunica
cosa. Per ostensione significa che se voglio educare qualcuno a essere gentile devo essere il
primo a comportarmi come tale, devo farglielo vedere praticamente non spiegarglielo
teoricamente e solo in un secondo momento dargli anche qualche elemento teorico. Una delle
funzioni pi importanti nel rapporto con laltro, non soltanto in medicina ma anche in tante altre
professioni, persuadere, convincere.
Faccio un esempio che mi capitato proprio questa mattina: vado a fare un prelievo con il
bancomat e la macchina se lo tiene, si blocca in quel momento e non me lo restituisce. un po il
terrore di tutti noi! Entro alquanto preoccupato in banca e trovo soltanto limpiegato allo sportello
che al telefono. Mi siedo, un po rassegnato, e limpiegato continua a parlare al telefono
evitando il mio sguardo.
Perch? Perch se incontri lo sguardo dellaltro non puoi negare che lhai visto e a quel punto sei
costretto a fare una serie di cose. Perch parlo della persuasione? Perch la persuasione nasce
proprio da questo: se voglio convincere qualcuno a fare qualcosa bisogna che attiri la sua

attenzione, che crei un rapporto, perch dopo sar molto pi facile convincere tale persona a fare
qualcosa. Pensate ai piazzisti, i famosi venditori di enciclopedie, che avevano la capacit di aprire
uno spiraglio comunicativo e di poter parlare. Se puoi parlare con una persona, aumenti la
probabilit di costruire una relazione con lei, di farle vedere delle cose e di convincerla alla fine
che la tua enciclopedia la migliore del mondo e che non se ne pu fare a meno.
Per riprendere lesempio di prima, limpiegato della banca dopo un po di tempo mi ha detto:
Prenda il numero. Ero da solo! Io credo che dal suo punto di vista volesse anche essere gentile
con me, perch se fosse entrato qualcun altro e avesse preso il numero automaticamente mi
sarebbe passato avanti. Aveva quindi una sua logica di accoglienza. Alla fine mi ha ascoltato e ha
cercato di convincermi che luned avrei riavuto il mio bancomat con delle argomentazioni del tipo:
Il prelievo stato registrato e lei avr comunque i suoi soldi, Se invece non stato fatto non
sussiste alcun problema. Sta di fatto che non riuscito a convincermi. Il medico e lavvocato,
invece, bisogna che siano capaci di convincere le persone. Devono riuscire a convincere, spiegare
perch, per esempio, necessario fare un certo esame diagnostico. E se non attraverso la
gentilezza, che la chiave che apre la relazione con laltro, come puoi riuscire a convincere
qualcuno a fare qualcosa che non vorrebbe, di cui ha paura, fidandosi di te?
La gentilezza il primo dei pilastri nel rapporto col paziente. Il secondo la sincerit, in generale e
nel rapporto medico-paziente in particolare. Sincerit deriva dal latino sinceritas e parte dalla
definizione sine cera, ovvero senza cera. Si rimane perplessi, qualcuno dice sincerit non avere
maschera, quindi senza cera significa senza maschera. Bel tentativo, ma la spiegazione unaltra!
Gli antichi romani non avevano lo zucchero come lo conosciamo noi, n quello di canna n quello
della barbabietola, lo zucchero raffinato. Con cosa dolcificavano le loro bevande? Col miele, e
quando lapicoltore non era tanto onesto, nel raschiare dal favo il miele, prendeva anche un po di
cera. Pi cera vuol dire pi soldi, ma vuol dire anche miele meno buono e meno puro. Ecco
appunto la sincerit: essere puri, essere autentici, non essere adulterati o contraffatti, non usare
artifici o sotterfugi nel rapporto con laltro.
Intervento
Lei non crede che la gentilezza presupponga un certo distacco o che, allopposto, possa
diventare una manipolazione dellatto?
Stefano Caracciolo
Sottoscrivo pienamente quello che lei ha detto: la gentilezza un distacco, a volte anche in senso
buono. Sono gentile con una persona che non conosco, la tratto bene, nel modo migliore, ma
stando un pochino in guardia nei suoi confronti. Appunto: homo homini lupus, il potere,
lappropriazione, la sopraffazione dellaltro. Machiavelli che ne parla: il principe deve essere la
volpe e il leone. La volpe per lastuzia e il leone per la forza. A volte, machiavellicamente, il fine
giustifica i mezzi. Se qualcuno vuole farti del male, il modo migliore per riuscire a farlo essere
gentile allinizio. Quanti pensionati vengono gentilmente avvicinati in casa loro da persone che
vogliono verificare il gas o quantaltro e con astuzia emerge poi la violenza.
Esiste una gentilezza autentica e una gentilezza falsa: se dobbiamo mettere un limite fra le due, la
gentilezza vera disinteressata mentre quella falsa ha un suo interesse, che pu anche essere
lecito e desiderabile. Per esempio, un medico gentile ha pi probabilit di convincere un suo
paziente a curarsi, quindi pi che lecito che usi la gentilezza per arrivare a una meta personale,
visto che in questo caso una meta condivisibile. Ogni volta che decidiamo qualcosa lo facciamo
sulla base di informazioni, ma decidiamo spesso anche sulla base della relazione con la persona
che ci sta aiutando.
Torniamo allaspetto iniziale: mors tua vita mea. Quando linterazione in questi termini persino
la gentilezza pu diventare uno strumento di morte, di sopraffazione dellaltro, di potere ed
laccezione cui accennavo prima quando ho parlato del Cortegiano. Perch i cortigiani vengono
dispregiati? Perch utilizzano lastuzia della volpe per nascondere la forza e la violenza del leone.

Intervento
Una persona autenticamente gentile pu usare la sua gentilezza come arma?
Stefano Caracciolo
Una persona autenticamente gentile non usa la gentilezza con un obiettivo, ma come valore fine a
se stesso. Se volete diventa quasi egoistico: io sono gentile perch sono contento di esserlo, mi
piace esserlo. Mi piace meno quando mi accorgo che tutti gli altri sono prepotenti e magari sto
delle ore alla cassa del supermercato perch faccio passare tutti. A questo punto la gentilezza
finisce con lessere temperata perch emerge un atteggiamento di segno opposto, aggressivo e di
prevaricazione allinsegna della reciprocit. Non aspettiamoci dunque che il mondo possa essere
sempre improntato alla gentilezza.
Intervento
Lei prima ha detto che nemica della gentilezza la fretta. Ma ci sono altri due nemici a mio
parere: uno la presunzione e laltro parente dellautorit. Chi presuntuoso non ascolta
perch sa gi. La presunzione purtroppo una condizione difficilmente disciplinabile. Chi
presuntuoso presuntuoso. Basta vedere lincontro di due persone che parlano di politica:
ciascuno dei due presume di sapere qual la verit e quindi diventano aggressivi, si mettono a
urlare, perch la presunzione li ottunde. Fa altrettanto lautorit. Quando lindividuo investito
di autorit, si sente affrancato dal dovere di essere gentile.
Stefano Caracciolo
Inizio a risponderle umilmente con le parole di Norberto Bobbio che ha scritto un saggio dal titolo
Elogio della mitezza, che una variante della gentilezza, un altro modo di esprimere degli
atteggiamenti affini, nonch una delle virt dei politici.
Bobbio segue uno degli scritti di Erasmo da Rotterdam e scrive: Ecco quali sono le virt somme
del principe ideale: la clemenza, la gentilezza, lequit (). Il principe illuminato, non certo il
principe di Machiavelli. Opposte alla mitezza, come la intendo io, sono larroganza, la protervia,
la prepotenza e prosegue: La mitezza () la pi impolitica delle virt () addirittura laltra
faccia della politica. diversa dalla remissivit, dallumilt, dalla modestia e infine dalla tolleranza
e dalla compassione. Mettiamo laccento sulla presunzione che parte dallidea di presumere.
Nellambito politico abbiamo memoria di persone gentili, posso ricordare Enrico Berlinguer, una
persona che sapeva essere duro e forte ma che manteneva sempre, almeno in pubblico, una sorta
di gentilezza. Possiamo ricordare anche Alcide De Gasperi quando and nel 1946 a perorare la
causa dellItalia sconfitta al tavolo delle Nazioni Unite che la condannavano non solo moralmente,
come responsabile dellintera avventura mussoliniana, ma anche nella carne, nel sangue delle
persone che venivano espulse dallItalia. Con quanta pacatezza, mitezza e fermezza esprimeva le
sue ragioni.
La politica, larte della polis, di essere cittadini felici componenti di una comunit, ci riporta
immediatamente a Socrate, proprio il contrario della presunzione: colui che sa di non sapere. Del
suo non sapere ne fa una bandiera, uno stile di vita, tanto da non scrivere una parola (infatti le sue
parole ci sono arrivate perch qualcun altro le ha scritte). La politica in senso pieno ha
chiaramente una faccia che pu anche essere di mitezza, di rispetto, di cortesia, ma in altre
situazioni pu diventare insulto, prepotenza, arroganza. Infatti oggi impedire allaltro di parlare
sembra diventata la costante nelle contese politiche. Contemporaneamente possiamo ricordare
che la politica lesercizio di un potere in cui si combatte per qualcosa, che se tutto va bene
unideale, una causa, la difesa dei diritti di qualcuno, se va male linteresse personale, la poltrona
o i soldi. In tutti e due i casi noi abbiamo un aspetto della politica che pi nobile, un confronto di
pensieri e di idee per cui, anche se si su sponde opposte, si ha per il piacere di ascoltarsi
reciprocamente e di recepire il buono che si ha da dire e uscire dallincontro arricchiti.
Laltra faccia appunto la prepotenza, che trasforma la relazione in contesa che ricorda un altro
scenario molto consueto, il tifo sportivo. Ho la fortuna di presiedere un corso di scienze motorie in
cui si istruiscono tanti ragazzi che diventano poi allenatori, educatori e che vengono spesso a
contatto col mondo dello sport. A me piace, non solo a parole, sottolineare il rispetto
dellavversario, la lealt, il piacere simbolico del contendersi qualcosa. Lo sport non forse una

trasformazione della guerra? Non nasce direttamente dalla guerra? Il lancio del giavellotto, del
peso, il fucile, il tiro con larco, il fioretto, la scherma: qui le armi sono evidenti, sono quasi le
stesse con cui alcuni secoli fa ci si uccideva. Altri sport sono trasportati a livello simbolico.
Abbiamo il calcio in cui una serie di elementi diventano violenti, per esempio il tifo. Un interista o
un milanista faranno molta fatica a trovare un punto daccordo, ognuno penser che il proprio
giocatore il pi bravo e cos lallenatore, che il gioco della propria squadra il migliore e che i
torti fatti dallarbitro sono sempre nei confronti della propria squadra.
La contrapposizione ed il conflitto relazionale appaiono del resto una costante del comportamento
umano, come ci ricorda Woody Allen in una delle sue opere satiriche, scimmiottando lo stile dei
versetti biblici: The lion and the calf shall lie down together but the calf wont get much sleep. [Il
leone e lagnello giaceranno insieme, ma lagnello dormir molto poco] . Un punto che non
abbiamo esplorato in modo esauriente, ma che implicitamente contenuto nellidea della vita
tua-vita mea, quello della nonviolenza. Pacificare, dal latino pacem facere, la definizione del
contrario della guerra. Ho citato Albert Schweitzer, grande pacifista e filantropo, ma non si pu
non ricordare Gandhi.
Unaltra parola molto interessante autorit. Vorrei ampliare questo concetto rispetto
allaccezione negativa di autoritarismo. Ancora una volta il latino ci aiuta perch autorit nasce da
auctoritas, usata per la prima volta in una commedia plautina in cui si parlava del fatto che due
sorelle avevano voluto sposare due fratelli contro lauctoritas paterna, appunto. Su questo anche
Franco Fornari ha scritto molto: lautorit come estrinsecazione del codice paterno del quale, negli
ultimi anni, si perso il significato positivo di autorevolezza. Dellautorit stato dipinto un
modello negativo, ognuno di noi per cultura o per carattere vuole andare contro il concetto di
autorit, siamo intolleranti rispetto a chi ci vuole comandare. Auctoritas deriva per dal verbo
latino augeo che significa crescere; lauxologia in medicina la scienza della crescita. Quindi
auctoritas ha a che fare con lidea di far crescere qualcuno, nel senso di dargli con la propria
autorevolezza lelemento di riflessione e di confronto con cui poi liberamente possa decidere cosa
fare. Credo non ci sia una migliore espressione della funzione paterna buona e positiva.
Grazie a tutti.
Solo dieci parole in pi: una breve postilla
Il testo della Conferenza, pazientemente e fedelmente raccolto da Giancarlo Calza, Cristina Strata
e tutti gli amici di Centro Coscienza, rappresenta un resoconto preciso e letterale, a parte lievissimi
ritocchi formali, dellincontro di Milano. Mi parso sufficientemente vivo ed espressivo da
meritare di licenziarlo senza grossi emendamenti, anche se spesso, i punti concettuali e i passaggi
dialettici affrontati in poco tempo nellampio tema della gentilezza appaiono eccessivamente
sintetici, poco chiari o talora velleitari. Mi pare per troppo facile attribuire le debolezze del testo
alla necessit di sintesi, o allestemporaneit del dibattito, per quanto ricco e partecipato. Si tratta
piuttosto di accennare alla questione di fondo in campo di gentilezza: la provvisoriet e
lincompletezza delle informazioni e delle argomentazioni sono soprattutto legate alle poche
cognizioni a nostra disposizione, seppure dopo almeno tre anni di studi teorici, di valutazione della
letteratura ahim povera di dati di discussioni vivaci e partecipate con amici, colleghi,
collaboratori e studenti, alla cui intelligenza devo molta riconoscenza, ma anche di indagini
sperimentali di tipo scientifico.
Per questo motivo approfitto di questa postilla che mi concessa per approfondire sinteticamente
alcuni temi, dieci parole appunto, in ordine alfabetico a m di piccolo glossario, su cui non stato
possibile soffermarsi a voce ma che, spero, potranno ampliare gli orizzonti andando al di l della
sola comprensione del testo ed aiutare il lettore stimolandolo a proseguire poi, per la sua strada, a
pensare (e a vivere!) la sua personale versione della gentilezza.
1. ALTRUISMO
La classica definizione di altruismo nei manuali di psicologia suona pressappoco cos: altruismo
latteggiamento disinteressato teso a favorire il benessere degli altri11. Laltruismo possiede
dunque in comune con la gentilezza alcuni elementi: come la gentilezza un atteggiamento,

quindi una disposizione comportamentale pronta a dispiegarsi se trova una situazione adatta,
come la gentilezza disinteressato, quindi in prima battuta non orientato alla ricerca di
ricompense, come la gentilezza rivolto con intento buono verso laltro. La allusione alla bont
per non occasionale perch rimanda ad una dimensione molto pi ampia del ristretto campo
della gentilezza: lessere buoni rappresenta infatti un argomento prima di tutto filosofico di
grande importanza, da Platone alla eunoia di Aristotele, al bene comune di San Tommaso da
Aquino, fino alla filosofia morale di Thomas Hobbes sostiene che legoismo uno stato di natura,
per arrivare poi alla piti di Jean Jacques Rousseau dellEmile che, come stato notato in un
recente contributo sulla gentilezza, a cavallo fra la filosofia e la psicoanalisi12, introduce alle
moderne concezioni sul bene e sul male che ritroviamo nel XXsecolo. E specialmente nel celebre
carteggio Perch la Guerra, commissionato dalla Societ delle Nazioni a Albert Einstein e Sigmund
Freud nel 1932, le cui conclusioni pessimistiche ci ricordano, se mai ce ne fosse bisogno, quanto
poco la bont possa dormire sonni tranquilli. E invece, per usare il titolo di un libro di un medico,
Stefan Einhorn, oncologo al Karolinska Institute di Stoccolma, essere buoni conviene13. Perch
conviene? Per una serie di buoni motivi: Einhorn chiama in causa, fra gli altri, il concetto di
Ubuntu, parola che deriva da un antico vocabolo zulu e che significa letteralmente umanit
usato in varie regioni dell'Africa meridionale, che viene dal proverbio zulu "umuntu ngumuntu
ngabantu", traducibile con "io sono ci che sono per merito di ci che siamo tutti", diffusa dal
Vescovo Desmond Tutu e ripresa anche da Nelson Mandela. Possiamo dire che nella gentilezza c
sempre una patina di bont, ma a volte subito sotto la superficie c anche un vero e proprio
fondo di bont.
2. ASCOLTO
Abbiamo gi affrontato il concetto di ascolto nel corso della Conferenza, ma mi pare necessario
approfondire il concetto nel rapporto fra medico e paziente, in quanto proprio lascolto la pi
latitante delle componenti fondamentali della gentilezza nelle attuali fasi di estremo tecnologismo
in
medicina. Lascolto richiede tempo ma soprattutto tatto, delicatezza, pazienza se si vuole evitare
di usare solo la prospettiva della disease centered medicine, cio di guardare solo la malattia,
invece di adottare la patient centered medicine, cio la medicina centrata sul paziente. Ascoltare
davvero un paziente non significa semplicemente trattarlo con cortesia e buone maniere.
Nellascolto legato alla gentilezza noi ritroviamo un genuino interesse per lAltro che, oltre a
costruire un rapporto umano di fiducia reciproca, valorizza gli aspetti comunicativi in cui non conta
solo la malattia, per fare una diagnosi, ma conta anche la reazione della persona, la sua
preoccupazione, ai fini di una valutazione attenta e completa della sua situazione emotiva, che
gioca un ruolo non indifferente nel processo di guarigione.
3. CURA
Come ormai di dominio comune, il termine italiano cura ha un duplice significato che in altre
lingue, per esempio in inglese, troviamo separato in due termini: cure nel senso di rimedio ad
una malattia ma anche care nel senso italiano di prendersi cura di qualcosa o di qualcuno.
Take care or die (Prendersi cura oppure morire) il modo con cui Dacher Keltner ha sottolineato
laspetto evoluzionistico della gentilezza: in termini di biologia evoluzionistica darwiniana, non
sopravvive solo il pi forte ma anche il pi gentile, ossia lindividuo che pi riesce a dare agli altri
e quindi a ricevere, vedi alla voce reciprocit e prendersi cura pu pertanto configurarsi come
elemento fondamentale per la sopravvivenza. Evidentemente la gentilezza prendersi cura, anche
se in modo semplice, immediato, transitorio, dellAltro, delle sue richieste, delle sue esigenze. Per
rendere efficacemente lidea, riportiamo il parere della grande scrittrice Elsa Morante, riferito
dalla nipote Laura Morante, che fra tutte le frasi damore individu la sua preferita che : Hai
mangiato?. Quale mirabile esempio di gentilezza e di cura dellaltro!
4. EMPATIA

A sign of health in the mind is the ability of one individual to enter imaginatively into the thoughts,
feelings, fears and hopes of another person.
Lo psicoanalista inglese Donald Winnicott scrisse questa frase, sottolineando come segno di
equilibrio mentale la capacit di entrare con limmaginazione nei pensieri, nei sentimenti, nelle
paure e nelle speranze dellaltro: questa una delle migliori definizioni dellempatia che siano mai
state formulate. Ma lempatia come un fiore selvatico che pu fiorire ma non detto che lo
faccia solo se il terreno in cui si sviluppa quello giusto. Fuor di metafora, la gentilezza il
precursore di ogni relazione interumana, che ti permette di partire con il piede giusto, che innesca
il processo empatico nelle sue diverse fasi: la comunicazione dello scambio emotivo, limmersione
empatica nellaltro, la condivisione relazionale.
Lempatia quindi il cuore della relazione daiuto, sia in senso di aiuto professionale che di aiuto
occasionale, e trae un impulso irresistibile dalla gentilezza.
5. GENEROSITA
La generosit una sfida alla sopravvivenza, alletica della affermazione competitiva sugli altri, del
risparmio e dellaccumulo che in altri tempi si sarebbe detto capitalistico e consumistico, da cui
rischiamo di essere contagiati se ci troviamo in un certo contesto: un centro commerciale, un
concorso per ottenere un ambito posto di lavoro. Eppure, talvolta proprio in questi contesti
possono emergere inaspettati slanci di disinteressata disponibilit verso laltro. Possono essere
piccoli atti di cortesia, comportamenti di attenzione e di rinuncia, minuscoli regali di tempo, un
sorriso, una battuta di spirito che sdrammatizza e restituisce alla situazione un sapore familiare
possono unire per un momento estranei che fino a quel momento si guadavano in cagnesco o
sgomitavano per guadagnarsi un posto privilegiato nella coda fra i carrelli della spesa. Essere
generosi un rischio. Puoi cedere il posto ad una persona che ti pare pi bisognosa di te e scoprire
che, subito dopo, resti tagliato fuori per colpa della tua generosit. Puoi allungare il percorso del
ritorno a casa per accompagnare un collega che ha perso lautobus e restare coinvolto in un
ingorgo del traffico, o peggio in un tamponamento. La gentilezza anche una forma di generosit
verso laltro che non guarda alle misure, non deriva da calcoli egoistici, non prevede un ricavo. Chi
gentile generoso, ma sa che per questo rischia, e nondimeno decide che vale la pena di correre
il rischio. E raramente se ne pente, comunque vadano le cose.
6. PAZIENZA
Pazienza confina con paziente, ma anche con patire e perfino con passione. Si vede bene
come la radice greca di pathos confluisca nel latino patior nellidea di sentire, accettare,
tollerare, soffrire, sopportare le emozioni, la sofferenza, la gioia e cos via. Nella gentilezza non c
ancora una vera condivisione delle emozioni, che arriva solo con la simpatia o, pi oltre ancora,
con lempatia, ma inizia una fase di attesa verso laltro che pu esprimere le sue emozioni: chi
gentile accetta con pazienza le manifestazioni che vengono dallAltro, nel senso che ha un buon
livello di accoglimento e tolleranza e di buon grado partecipa delle sue emozioni anche se sono
negative e spiacevoli. Senza pazienza non c gentilezza perch chi gentile capace di attendere:
attendere il suo turno con un sorriso, attendere che lAltro che incroci in senso opposto ad una
porta accetti che tu gli ceda il passo, attendere che limpiegato allo sportello abbia finito di
svolgere il suo compito e ti rivolga lo sguardo prima di rivolgergli la parola. Pazienza significa
dunque accettare preventivamente, senza garanzie di un recupero o di uno scambio, di fare un
piccolo sacrificio per laltro. Come ben descrive Piero Ferrucci18, lesercizio della pazienza tanto
pi utile, ancorch pi faticoso, proprio verso le persone difficili, scontrose, che non sentono
ragioni e proprio per questo si trovano spesso di fronte persone a loro volta seccate da questi
atteggiamenti: di fronte alla pazienza sentono di essere accettate e vincono molte delle loro
difficolt. Anche perch la pazienza aiuta ad annullare il vorticoso effetto di pressione del tempo,
aiutandoci a superare la paura di perdere qualcosa se accettiamo anche i tempi pi rilassati del
saper attendere con pazienza.

7. RECIPROCITA
La gentilezza reciprocit in quanto dono vicendevole di se stessi. Da Marcel Mauss in poi gli
antropologi hanno studiato a fondo il meccanismo del dono, mettendone in luce quello che stato
definito il paradosso del dono: si tratta del meccanismo per cui la gratuit del dono, che per
definizione disinteressato, innesca un vincolante meccanismo di reciprocit nella restituzione del
dono che, da un lato, liberale e gratuito ma, dallaltro, obbliga ad una restituzione con
caratteristiche, dunque, paradossali. Questo aspetto di reciprocit si svela sia nel dono che nella
vendetta, quale meccanismo di interazione sociale paradossale e con effetto non proprio
obbligatorio ma potentissimo, avendo a che fare con le radici pi profonde dello scambio
interpersonale. Nella gentilezza lo scambio di doni quasi sempre simbolico anche se pu
facilmente sedimentarsi nello scambio di oggetti: si pensi a come dare il benvenuto risulti pi
facile e immediato con piccoli doni materiali: un fiore da parte dellospite, un piccolo spuntino per
il viandante stanco ed affamato, un poco di biscotti per il vicino appena stabilitosi nel quartiere,
oppure alla alternanza nel pagare al ristorante come meccanismo rituale di reciprocit fra estranei.
Il meccanismo della reciprocit quello che d il via ad una nobile gara per chi si mostra pi
generoso, ed ha comunque il merito di rassicurare sul verso buono del meccanismo: se si
percorre la china opposta, quella della vendetta, anzich doni ci si scambia dispetti e la gentilezza
si trasforma in aggressivit e violenza. Questo della prevaricazione e della violenza il rischio che
perennemente in agguato nelle relazioni interpersonali, cui la gentilezza iniziale fornisce un
impulso di partenza in senso positivo.
8. RISPETTO
Il rispetto comprende sentimenti e comportamenti derivati dalla consapevolezza dei diritti e dei
meriti, dell'importanza e del valore dellaltro. La gentilezza parte da un iniziale rispetto senza
ancora poter giudicare nel merito, dando allAltro una specie di fido, di credito a titolo gratuito e a
fondo perduto. Ci si pu sbagliare ed essere disillusi sullAltro ma non ci si pente di avergli dato
rispetto, che anche una forma di difesa perch nel dare rispetto, reciprocamente, si riceve
rispetto pi facilmente ma si usa, contemporaneamente, un lieve distacco, una piccola barriera
difensiva, senza entrare subito in confidenza. In questultima parola infatti stanno nascoste la
fede nellaltro e la fiducia nellaltro, che nel rispetto compreso nella gentilezza trovano un
possibile germe di sviluppo. La confidenza nasce da un rapporto collaudato con laltro, in cui il
distacco difensivo non ha pi ragione di essere e la gentilezza da formale divenuta calore
sostanziale, proiettato verso la fiducia. Ma tutto questo nasce dal rispetto a priori, non ancora
articolato in un giudizio, che contenuto nella gentilezza.
9. SINCERITA'
Il concetto di sincerit e quelli affini di autenticit e di verit sono in rapporto complesso con la
gentilezza. Se della sincerit gi qualcosa si detto nel corso della conferenza, a proposito della
sua purezza, qualcosa converr introdurre qui, invece, a proposito della autenticit e della verit,
almeno per quel piccolo spazio che ci concesso in questa sede. Per lautenticit necessario
rimarcare laspetto di fedelt a se stessi, coerenza fra ci che si esprime, non solo a parole, e ci
che rappresenta la vera essenza di ciascuno di noi, allinsegna della spontaneit pi immediata,
quasi al di fuori della socialit. A proposito della verit sarebbe invece necessario introdurre molte
dimensioni, quali la veridicit (corrispondenza fra ci che si dice e ci che si pensa), la veracit
(attenzione alla verit pi che ad ogni altro aspetto comunicativo relazionale), la franchezza
(lessere liberi di affermare ci che si pensa). La gentilezza non pu essere del tutto priva di
sincerit e di autenticit, ma ugualmente non pu esistere solo sulla base di aspetti sinceri ed
autentici. Se la gentilezza priva di autenticit (c.d. gentilezza falsa) mostra chiaramente i suoi
limiti e non si pu proporre come buona accoglienza verso laltro in toto, se invece si ponesse
sempre come vera ed autentica finirebbe per costituire una barriera nei confronti di una persona
che non ci piace o che ci pare in qualche modo minacciosa. Potremmo dire che la gentilezza solo
raramente del tutto sincera, cio priva di una qualche mescolanza con aspetti formali di grazia e
cortesia, buone maniere o buona educazione. Ambedue le dimensioni concorrono a temperare gli

aspetti aggressivi, di natura difensiva rispetto allestraneo, ma anche a mettere in guardia da


aperture troppo pure, ingenue ed accoglienti nei confronti dellaltro che, come potenziale
nemico, pu approfittarsi della gentilezza per ricavarne interessi personali, interrompendo la
catena della reciprocit del dono e innescando il circolo vizioso della violenza reciproca. Proprio
nellequilibrio fra le dimensioni autentiche e quelle simulate sta lequilibrio che consente di tenere
il rapporto dentro i binari della civilt. il processo che Baldesar Castiglione ben descrive nel suo
Cortegiano, dove afferma nel Libro Primo24, a proposito della grazia del cortigiano, ovvero della
sua capacit di tenere buoni rapporti a corte:
Ma avendo gi pi volte pensato meco onde nasca questagrazia () trovo una regola
universalissima, la qual mi par valer circa questo in tutte le cose umane che si facciano o dicano pi
di alcuna altra, e ci fuggire quanto pi si po, e come un asperissimo e pericoloso scoglio, la
affettazione. () Per si po dir quella esser vera arte che non pare esser arte.
Dove si esprime con chiarezza il concetto che una noncurante disinvoltura nel rapporto con laltro
il miglior viatico per essere in grado di esercitare larte delle buone relazioni, senza darsene per
inteso e senza che laltro possa cogliere lo sforzo che sta dietro a tali comportamenti, in modo che
appare naturale senza affatto esserlo, con quel giusto spazio alla sincerit ed altrettanto spazio,
come contrappeso, allatteggiamento studiato.
10. UMILTA'
Praticare lumilt significa accettare di essere piccoli, limitati, capaci solo entro certi limiti. La
pratica dellumilt coincide con aspetti di dolorosa consapevolezza dei propri limiti ma consente di
migliorarsi proprio a partire da tale consapevolezza, evitando la presunzione di ritenersi eccellenti
e proprio per questo evitando di non riuscire nei propri scopi per eccessiva fiducia in se stessi. La
gentilezza si nutre di umilt perch accetta di poter comunque imparare qualcosa dagli altri,
presupponendo la possibilit di trovare nellaltro qualcosa che valga la pena di essere capito,
accettato, persino imparato. Essere gentili equivale a farsi piccoli di fronte allaltro anche e
specialmente quando le cose stanno cos: nellumilt comunque non ci si pone il problema di chi
sia pi bravo, pi furbo, pi importante o pi ricco, pur avendo presente che queste categorie
esistono ed avranno il loro peso nelle sedi appropriate. Mentre ci si fa umili, si ha il tempo e il
modo di apprezzare laltro nelle sue differenze rispetto a ci cui siamo abituati.
Siamo, a questo punto, davvero arrivati al termine di questo piccolo excursus sulle dimensioni
della gentilezza. La speranza e laugurio che far crescere e diffondere questo piccolo fiore di
campo possa profumare la vita di tutti portando pace e serenit.
questo, in ultima analisi, il vero potere della gentilezza.
0 Vclav Havel: Il potere dei senza potere, Garzanti, Milano 1991.
1 Russell B.: On Denoting, Mind, 14, 1905, pp. 479-493.
2 Manzoni A.: I Promessi Sposi, Cap.IV.
3 Fornari F.: Genitalit e Cultura. Milano: Feltrinelli, 1978.
4 Charon R.: Narrative Medicine: honoring the stories of illness, Oxford University Press, 2006.
5 Franco Fornari, Nuovi orientamenti nella psicoanalisi, Milano: Feltrinelli, 1979.
6 Cit. da The Observer, 23 ottobre 1955.
7 Cit. in Selezione dal Readers Digest, febbraio 1976.
8 Norberto Bobbio, Elogio della mitezza e altri scritti morali, Il Saggiatore, Milano 2010, p. 38.
9 ivi, p. 39.
10 Allen W.: The Complete Prose of Woody Allen, pag.37, London (UK) Picador, 1997.
11 Myers D.G.: Psicologia. Bologna: Zanichelli, 2000.
12 Phillips A., Taylor B.: On Kindness. London (UK) Penguin, 2009.
13 Einhorn S.: Essere Buoni Conviene. Letica nella vita di tutti i giorni. Milano, Mondadori, 2007
(Ed.or.2005).
14 Tutu, D.: No Future Without Forgiveness. Doubleday, 1999.
15 Stewart M.: Patient-centered medicine: transforming the clinical method. SAGE, 1995.
16 Keltner D.: Born To Be Good. New York/London: Norton, 2009.

17 Winnicott D.W.: Sviluppo affettivo e ambiente. Roma: Armando, 1970.


18 Ferrucci P.: La Forza della Gentilezza. Milano: Mondadori, 2004.
19 Mauss M.: Saggio sul Dono. Torino: Einaudi, 2002 (Or.1924):
20 Anspach M.: A Buon Rendere. La Reciprocit nella vendetta, nel dono e nel mercato. Torino:
Bollati Boringhieri, 2007 (Or.:2002).
21 Trilling L.: Sincerity and Authenticity. Cambridge (Mass.): Harvard University Press, 1971.
22 Guignon C.: On Being Authentic. London & New York: Routledge, 2004.
23 Tagliapietra A.: La Virt Crudele. Filosofia e Storia della Sincerit. Torino: Einaudi, 2003.
24 Baldesar Castiglione: Il Libro del Cortegiano (1528) a cura di Walter Barberis, Torino: Einaudi,
1998.

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