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Libro I, satira I
Questa satira proemiale introduce i temi fondamentali della poetica oraziana:
- problema della scontetezza di ogni uomo che non mai soddisfatto della propria sorte e
invidia sempre gli altri;
- tutti si affaticano, si affannano e affrontano pericoli per avere una vecchiaia tranquilla (il poeta
espone il concetto di insoddisfazione facendo ricorso ai vari mestieri delluomo e sottolineando
che tutti si lamentano dei disagi delle loro occupazioni e invidiano quelle degli altri: i mercanti
che viaggiano in lungo e in largo, i soldati che combattono, gli esperti di diritto che devono
pensare alla loro attivit anche quando sono a casa, i contadini che sgobbano nei campi);
- dialogo con lavaro (figura comica cara a Orazio al quale il poeta chiede quid iuvat accumulare
argento e oro senza mai fermarsi?): lavaro colui che riempie i propri granai e le proprie casse
senza guardare in faccia nessuno, un uomo che vive come un poveraccio, non mangia, non si
veste bene, si fa odiare da tutti (Scooge, zio Paperone)
- est modus in rebus: ricerca della giusta misura, metriotes, della fuga dagli eccessi;
- polemica contro la ricchezza ed il lusso: Sallustio.
Libro I, satira IV
Eupolis atque Cratinus Aristofanesque poetae
Atque alii, quorum comoedia prisca virorum est
Incipit famoso nel quale Orazio si ricollega direttamente ai poeti che la critica ellenistica aveva
incluso nel canone dei massimi commediografi arcaici greci. Il costume di bollare con la poesia i
vizi risale,dunque, alla commedia antica ateniese. Ad essa si riattacca direttamente Lucilio
Hinc omnis1 pendet Lucilius, hosce secutus
mutatis tantum pedibus numerisque2, facetus,
emunctae naris3, durus componere versus.
Nam fuit hoc vitiosus: in hora saepe ducentos,
Ut magnum, versus dictabat stans pede in uno4.
Cum flueret lutulentus5, erat quod tollere velles;
Garrulus atque piger scribendi ferre laborem6,
Scribendi recte
Da qui deriva per intero Lucilio, costoro segu,
mutando solo metri poetici e numeri, garbato,
di fiuto sottile, duro a comporre versi.
1
Predicativo.
Nella sua opera prevalse lesametro che divenne
metro canonico della satira.
3
Di naso ben pulito.
4
Metafora, quindi vale in modo trasandato.
5
Aggettivo usato gi in epoca alessandrina da
Callimaco che cos accus il rivale Apollonio,
paragonandolo ad un fiume che ha ampia corrente ma
trascina con s molte sozzure.
6
Labor limae, di matrice catulliana e neoterica.
2
Dichiarativa
Regge vitiorum: a fuggire ciscuno dei vizi
9
Dichiarativa introdotta da hortaretur
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Libro I, satira 9
Mi trovavo a passeggiare lungo la via Sacra, come mia abitudine,
non so quali bazzeccole meditando, tutto assorto in quelle;
Mi corre incontro un tale, noto a me soltanto di nome,
e presa la mano: Come va, o pi caro tra le cose?
Bene, per adesso dico e ti auguro ogni bene.
Continuando a venirmi dietro: Desideri qualcosa? lo prevengo. Ma quello:
Mi conoscerai disse Sono un letterato. E io: di pi
per questo dissi varrai per me. Disperatamente cercando di stacarmi,
procedevo ora pi in fretta, talvolta mi fermavo, nellorecchio
dicevo non so cosa allo schiavo, mentre il sudore fino in fondo
alle calcagna scorreva: O beato te, Bolano, che hai la testa calda!, dicevo tra me e me,
mentre quello cinciava di qualunque cosa, lodando le vie, la citt. Poich a quello
nulla rispondevo: Desideri ardentemente disse andertene:
da un po lo vedo; ma non ce la fai, fino allultimo ti tratterr; ti seguir. Di qui dove ora sei
diretto?. Non c bisogno che tu faccia
un giro cos lungo: voglio far visita ad un tale che non conosci;
lontano oltre il Tevere giace malato, quasi vicino agli orti di Cesare.
Non ho nulla da fare, e non sono pigro: fino l ti seguir.
Abbasso le orecchie come un asinello di animo scontento
quando ha dovuto sobbarcarsi sul dorso un carico troppo pessante. Incomincia quello:
Se so vlutarmi bene, non stimerai di pi come amico Visco o Vario: infatti chi capace di
scrivere pi versi e pi velocemnte di me? Chi ( capace) di danzare con pi molle
eleganza? Io canto ci che anche ermogene potrebbe invidiare.
Questo era il momento di interromperlo: Non hai una madre,
un parente che abbiano bisogno che ti conservi in buona salute?. Li ho sepolti tutti.
Fortunati! Ora resto io.
Finiscimi: infatti mi pende sul capo un triste destino, che una vecchia Sabina14 mi predisse
da piccolo,
agitando lurna profetica:
- Costui non veleni funesti n una spada
nemica uccideranno,
n un dolore al fianco, n una tosse n una lenta podagra;
un un garrulo costui lo sfinir prima o poi: dai chiacchieroni, se ha cervello, si tenga
lontano,
non appena sar adulto-.
Si era giunti presso il tempio di Vesta, ormai era trascorsa la quarta parte del giorno e per
fortuna
doveva comparire in tribunale avendo versato una cauzione, cosa che, se non avesse
fatto,
avrebbe perso la somma depositata.
Per favore, disse, assistimi qui un momento Possa io morire se
ho la forza di stare in piedi o mi intendo di diritto. Mi affretto dove sai. Sono in dubbio su
che cosa fare
disse
se lasciare te o la causa. Me, per favore. Non lo far (disse) quello
E cominci ad andare innanzi. Io, poich dura litigare con il vincitore,
lo seguo. Mecenate in che rapporti con te?.
14
Orazio, esasperato, esprime parodicamente la propria morte per opera di un chiacchierone come gli fu
predetto da una Sabina
Votum: desiderio.
La villetta era un dono di Mecenate, ma Orazio ne ringrazia pi gli dei che i potenti (ma evidente che
lespressione un modo di dire).
16
anastrofe
aniles
19
Si aliquis
20
Ricco proprietario della zona
21
chiasmo
22
iperbato
23
Costruzione personale
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poliptoto
25
consecutivo
26
anastrofe
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Se vero che non ti rivolgo da stolto nessuna di queste preghiere: oh, se quel lembo (di
terra) confinante si aggiungesse (alla mia propriet), che ora rende irregolare il mio
campicello!
Oh, se una qualche sorte mi mostrasse unurna di argento, come quel tale che,
Scoperto un tesoro, lavorando a mercede, ar quel campo quel campo dopo averlo
comprato, ricco per favore di Ercole! se ci che possiedo mi rende soddisfatto, con
questa preghiera ti chedo:
Rendi al padrone pingue il gregge e tutto il resto tranne
Lingegno, e come sei solito, sii per me sommo custode.
Dunque, dopo che da Roma mi ritirai sui monti e sulla rocca,
Che cosa di pi dovrei cantare con le satire e con la musa in prosa?
Non mi manda in rovina una funesta ambizione, n un afoso Austro
N un autunno malsano, fonte di guadagno per la funebre Libitina.
O tu padre del mattino, o se preferisci essere chiamato Giano,
Dal quale gli uomini danno inizio alle prime fatiche della loro vita
(cos gradito agli dei), tu sarai il largomento primo del mio canto
A Roma mi trascini a forza come garante: suvvia,
Sbrigati perch nessuno prima di te si presenti alla chiamata.
Sia che il vento del nord spazzi la terra, sia che il solstizio invernale con pi stretto giro
Faccia presto tramontare un giorno nevoso, dobbligo mettersi in cammino.
Subito dopo, dopo aver detto a voce chiara e decisa ci che potrebbe nuocermi,
Devo fare a pugni con la folla e devo fare violenza ai lenti.
che vuoi, pazzo? e Cosa fai? un maleducato mi investe
Con rabbiose imprecazioni,tu rovesceresti tutto ci che ti ostacola,
Se corri con la mente fissa a Mecenate.
Questo mi fa piacere, mi dolce come il miele, non mentir. Ma non appena si giunge al
Fosco Esquilino, nei miei pensieri e da ogni parte irrompono 100 affari altrui.
roscio ti prega di dargli assistenza domani, prima della seconda ora presso il puteale,
gli srbi ti pregano, o Quinto, di rammentarti di tornare oggi per una questione importante
e nuova, di comune interesse, fa in modo che Mecenate metta il suo sigillo su questi
Documenti. Mettiamo che tu dica ci prover se vuoi, puoi aggiunge e insiste.
Il settimo anno, quasi lottavo sar trascorso, da quando Mecenate ha incominciato a
considerarmi dei suoi, unicamente per questo, perch vuole prendermi in carrozza
Quando fa un viaggio e (avere) a chi confidare sciocchezze
Di questo tipo: che ora ? Il tracio Gallina pu affrontare Sirio?
Ormai i freddi mattutini pungono chi non sta abbastanza attento
E altre cose che si dispongono bene su un orecchio pieno di fessure.
Per tutto questo tempo, di giorno in giorno, di ora in ora, il nostro fu soggetto
Allinvidia. Aveva osservato i giochi con Mecenate? Aveva giocato (con lui) nel campo
Di Marte? figlio della fortuna tutti dicevano. Dai rostri si diffonde per i crocicchi di Roma
una notizia che raggela.
Chiunque mi venga incontro mi consulta: o caro, naturale che tu lo sappia perch sei
Vicino agli dei: forse sai qualcosa dei Traci? Per nulla Come hai sempre voglia di
scherzare! ma che tutti gli dei mi perseguitino se so quacosa! E che? Cesare ha
intenzione di distribuire i poderi promessi ai veterani in Sicilia o in Italia? E mentre io
giuro di non sapere nulla mi guardano come lunico uomo al mondo (dotato) di
straordinario e profondo silenzio.
Va sprecata tra queste cose da me misero la giornata non senza preghiere:
O campagna, quando ti rivedr e quando mi sar concesso
Ora con le opere degli antichi, ora nel sonno e nelle ore tranquille
Assaporare il piacevole oblio di una vira assillante? Oh, quando mi saranno
Servite a tavola le fave parenti di Pitagora e insieme un po di verdura condita con pingue
lardo?
Oh, notti e cene celesti, dove io e i miei amici mangiamo davanti al sacro focolare!
E gli schiavi impertinenti nutro con i cibi appena assaggiati! Come a ciascuno piace,
un commensale scola diverse tazze, libero da leggi
Sciocche, oppure uno, forte bevitore,
Prende coppe di vino forte, oppure un altro, pi moderatamente, si inumidisce la gola con
vino leggero. Dunque nasce la chiacchierata, non riguardo alle ville o alle case altrui,
N se Lepore danzi bene o male; ma discutiamo su ci che ci riguarda e che un male
non sapere, se gli uomini sono felici per ricchezze o per virt, che cosa ci spinga
Allamicizia, se lutilit o lonest, quale sia la natura del bene e quale il bene sommo.
Il vicino Cervio, tra questi discorsi, racconta favole delle nonne
Adatte alloccasione. Ad esempio, se qualcuno di poca esperienza loda le travagliose
Ricchezze di Arellio, cos incomincia: si racconta che una volta un topo campagnolo
Abbia accolto nella sua povera tana un topo di citt, come un vecchio ospite accoglie
Un vecchio amico, lui scontroso e attento ai guadagni, ma tuttavia tale da aprire lanimo ai
Doveri dellospitalit. A cosa (servono) tante parole? E infatti quello
Non risparmi ceci messi da parte e avena lunga,
Portandoli con la bocca e offr chicchi di uva passa e pezzi di lardo rosicchiati,
desideroso di vincere con la variet della cena la schizzinosit
Dellospite che toccava di mala voglia le singole portate con dente sprezzante,
Mentre lo stesso padrone di casa, disteso su paglia fresca, mangiava
Farro e loglio, lasciando i bocconi migliori.
Alla fine il topo di citt disse a questo: che piacere provi, o amico, a vivere di stenti sul
dorso di un bosco dirupato? Vuoi preferire alle selvagge selve gli uomini e la citt?
Mettiti in strada, credimi, in mia compagnia, dal momento che gli esseri terrestri vivono
avendo avuto in sorte esistenze mortali e non c alcuna fuga di morte n per il potente n
per il povero. Perci, caro,
Finch lecito, tra cose piacevoli vivi beato, vivi ricordando quanto sia breve la vita.
Allorch tali parole covinsero il campagnolo, lieve dalla tana salt fuori; poi
Ambedue percorrono il viaggio concordato, desiderosi di strisciare di notte
Lungo le mura della citt. Ormai la notte occupava tutto il cielo, quando entrambi
Pongono piede in un ricco palazzo, dove sui divani di avorio splendeva
Una coperta tinta di rosso scarlatto
E della grande cena erano rimasti molti avanzi che dal giorno prima erano in disparte
dentro colmi canestri.
Dunque come (il topo di citt) ebbe sistemato il campagnolo su una coperta di porpora,
Lospitante, come se avesse la veste tirata su, corre di qua e di l e rinnova le portate e
secondo i modi di uno schiavo di casa adempie agli stessi doveri, assaggiando tutto ci
che porta.
Quello sdraiato gioisce della mutata sorte e, in mezzo a tante buone cose, fa la parte del
lieto commensale, quando allimprovviso un grande strepito
Di porte li fece balzare gi entrambi dal divano.
Corrono impauriti per tutta la stanza e, ancora di pi, senza fiato, trepidano, non appena
la grande casa risuona di cani molossi. Allora il campagnolo: non ho bisogno di questa
vita dice e stammi bene: il bosco e la tana sicura dalle insidie mi renderanno appagato.
Asse sintagmatico:
Ora che ha avuto in dono la villetta sabina con un po di terra, Orazio felice e non chiede
nullaltro a Mercurio, il suo protettore, ma solo che conservi intatti i doni che ha gi. Che
cosa canter, ora che si ritirato in campagna? Innanzitutto canter la gioia di essersi
liberato della citt: la fiatica di alzarsi presto anche in inverno perch hai da fare il garante
per qualcuno; il fare a pugni con la folla per passare; le raccomandazioni di coloro che
credono che Orazio abbia una grandissima influenza presso Mecenate e che conosca
tutti i segreti di stato (al contrario, Mecenate non ama le chiacchiere e parla con lui di
cose senza importanza).
Tra tante seccature Orazio anela alla campagna come alla felicit lontana fatta di gioie
semplici: le cene con i vicini, le conversazioni sulla virt, sul sommo bene, sullamicizia.
Pu accadere che il vicino Servio illustri la sua morale con una favoletta, per esempio
quella del topo di campagna e di citt, che dimostra come i beni semplici, goduti nella
tranquillit della campagna siano mlto superiori al fasto, tormentato dallinquietudine e dal
pericolo, della vita di citt.
Commento:
Il tema sostanziale della satira la antitesi citt/campagna: Roma, in cui pochi anni prima
Orazio riusciva a isolarsi nella sua meditazione morale e nella sua poesia, ora che
divenuto personaggio noto e troppo amico dei potenti, non gli concede pi nessuna calma
n gioia. Il poeta infastidito dalla folla petulante, insofferente verso coloro che lo
invidiano e desidera solo una vita qiueta e tranquilla.
Ora la serenit e la saggezza saranno da ricercare in campagna.
Lintroduzione della favola rientra nei canoni della diatriba, come anche il topos
dellabbandono della citt.
Al genere favolistico (Esopo) si riaggancia il gusto profondamente moraleggiante: il lusso
e labbondanza costano forse troppo cari. Il tono della favola scherzoso, la premessa
ironicamente riduttiva nel richiamare le storielle delle nonne, ma la morale profonda:
lincipit (olim) situa la vicenda in un mondo atemporale, ma nei versi successivi il richiamo
allattualit romana preciso: la vasta e opulenta casa, i beni di lusso, i mobili raffinati, i
cani di pregio (i molossi erano grossi cani dellEpiro, apprezzati come cani da guardia) ci
indicano che il riferimento ai grandi ricchi di Roma. Il contrasto si gioca tutto nellantitesi
tra il cibo povero offerto da rusticus e il raffinatissimo ed elegante ambiente urbano:
Orazio d umanit ai due animaletti, conferendo alluno il carattere dellaccorta
parsimonia, allaltro lo snobismo dei cittadini.