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Assumono, dunque, rilevanza, ai fini della sussistenza del delitto ex art. 572 c.p., anche i comportamenti volgari, irriguardosi e umilianti, caratterizzati da una serie indeterminata di aggressioni
verbali ed ingiuriose abitualmente poste in essere dallimputato nei confronti del coniuge, nonch
gli atti di disprezzo e di offesa alla dignit della vittima, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali (Cass., Sez. VI, 8 ottobre 2013, n. 44700, in C.E.D. Cass., rv. 256962). Il reato stato,
per contro, di recente escluso in un caso in cui la condotta contestata aveva la mera attitudine a
portare la persona offesa ad una condizione di stizza, che per quanto fastidiosa non provocava
alcuna sofferenza morale (Cass., Sez. VI, 11 luglio 2014, n. 34197, in Quotidiano giuridico).
Il reato , infine, integrato anche quando le condotte di maltrattamenti non realizzino lunico
registro comunicativo col familiare, ben potendo essere intervallate da condotte non connotate da mancanza di rispetto e da aggressivit o persino dallo svolgimento di attivit familiari,
anche gratificanti per la persona offesa (Cass., Sez. VI, 2 aprile 2014, n. 15147, in Quotidiano
giuridico).
Fermi tali pacifici principi giurisprudenziali, la Corte di Cassazione ha ritenuto che, nel caso di
specie, il carattere abituale dei maltrattamenti fosse presente non soltanto in considerazione dei
tre specifici episodi di violenza commessi dallimputato ai danni della moglie (rispetto ai quali
osserva comunque la Corte che tre gravi e violente aggressioni fisiche al coniuge nel giro di un
anno costituiscono una condotta gi incompatibile con il concetto di occasionalit), ma anche
in considerazione di una serie di altri elementi, indicativi dello stato di frequente ubriachezza
dellimputato e dei frequenti insulti che egli rivolgeva in tale stato alla moglie, con ci cagionandole una costante e perdurante condizione di sofferenza morale.
Sul piano dellelemento soggettivo del reato, le censure dellimputato si erano appuntate sui
criteri di individuazione del dolo del delitto e sulla ritenuta mancanza assoluta di motivazione,
sul rilievo che, pur risultando limputato particolarmente reattivo in condizioni di ubriachezza, egli non aveva mai intesto sottoporre i familiari ad uno stabile sentimento di umiliazione
e sottoposizione. Anche nel respingere tale censura, la Corte di Cassazione richiama lormai
consolidato orientamento giurisprudenziale pronunciatosi sul dolo del delitto di maltrattamenti
verso familiari e conviventi.
Secondo la costante giurisprudenza, infatti, il delitto di maltrattamenti postula un dolo generico,
per il quale necessaria la sola consapevolezza e volont di sottoporre in modo continuativo il
soggetto passivo ad una serie di sofferenza fisiche o morali.
Per la sussistenza del dolo di maltrattamenti non necessaria la rappresentazione e la programmazione di una pluralit di atti tali da cagionare sofferenze fisiche e morali alla vittima, ma
sufficiente la consapevolezza dellautore del reato di persistere in unattivit delittuosa, gi
posta in essere in precedenza, idonea a ledere la personalit della vittima (Cass., Sez. VI, 19
marzo 2014, n. 15146, in C.E.D. Cass., rv. 259677; Cass., Sez. VI, 28 marzo 2012, n. 15680, in
C.E.D. Cass., rv. 252586; Cass., Sez. VI, 22 ottobre 2010, n. 41142, in FI, 2011, II, 78; Cass.,
Sez. VI, 18 marzo 2008, n. 27048, in CED Cass., rv. 240879).