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METAFISICA DELLILLUMINISMO
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Attualit dellIlluminismo
generale, che fondi su basi critiche la volont del sapere e la forza della
conoscenza. La critica leredit da preservare, il monito da non tradire.
La domanda retorica: Che cosa, dunque, ha insegnato lIlluminismo,
che cosa di quel che stato ancora ci parla? pu trovare risposte che sarebbero ovvie se non fossero state troppo spesso dimenticate. LIlluminismo
ha infatti insegnato, con tutti i suoi limiti, la tolleranza (valore necessario, e
certo non sufficiente, che tuttavia base per una sua evoluzione dialogica)
e lironia, che capacit di cambiare registro, in modo da permettere di
cogliere le sfumature che attraversano la realt, consentendo a Diderot, al
tempo stesso, di progettare lEncyclopdie e di scrivere romanzi licenziosi
o arguti e a Voltaire di comporre in versi drammi oggi poco leggibili e lievi
romanzi ricchi di fascino e brio stilistico. I Lumi sono la capacit di coltivare insieme sentimento e ragione, sorriso e rigore, natura e civilt, in un
quadro enciclopedico, in cui cio i saperi e i modi di vita possano confrontarsi non per scontrarsi, bens per dialogare, per insegnare che senza questo
dialogo, questa capacit di unire il diverso, non c autentica conoscenza. Il
sapere non pu essere chiuso nellintimit di un soggetto orgoglioso, bens
deve nascere nella conversazione, cio dove si insegna quel che a parere di
Diderot stato dimenticato da Rousseau, cio che un uomo solo spesso
cattivo e che la chiacchiera vuota e ripetitiva pu diventare densa e progettuale se prende come suo orizzonte il senso e la variet dellapparire del
mondo, e del viaggiare delluomo in esso.
Tolleranza, ironia, conversazione, dialogo, viaggio sono le ovviet
dei Lumi che non possono venire dimenticate, ponendosi a guardia di una
filosofia che non voglia trasformarsi in un narcisismo che le ingloba, in cui
si scambia un punto di vista sulle cose per la verit delle cose stesse al loro
primo apparire. Da questa ovviet discendono meno ovvie conseguenze,
che disegnano unautentica proposta cognitiva.
Si osserva allora, in prima istanza, che il Settecento afferma, come gi
si accennato, uno spirito delle leggi. Questa espressione non va limitata al
diritto (dove sono evidenti i lasciti: la divisione dei poteri alla base degli
Stati moderni e non si potrebbero reggere in essi istituzioni complesse senza
la teoria dei corpi intermedi, come non sarebbe concepibile reggerli in
confusi assemblearismi, anticamera dei totalitarismi, sostituiti da un principio di rappresentanza senza vincolo di mandato), bens estesa al significato
profondo della parola legge e alla tradizione che porta con s. La legge
manifesta la necessit dei lgoi, cio di discorsi che interpretano la natura
delle cose, strutturando un edificio del sapere che genera tra le sue parti
intrinseci legami, sistemi capaci di mostrare i nessi costitutivi tra la na-
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tura delle cose e la natura umana, in cui il sistema della natura dialoga con
quello delluomo. Trovare le leggi significa reperire il loro spirito, cio
un ordine sistematico dove il dialogo tra lo sguardo e le cose sia metodologicamente strutturato, esaltando loperativit e le molteplici funzioni dei
soggetti, enti attivi e corporei.
Questo metodo legale impone, e insegna, con una chiarezza analitica
ignota ai secoli precedenti, un atteggiamento descrittivo: la conoscenza
delle cose, e delle loro relazioni assiologiche, non il risultato di un puro
processo razionale, ma deriva da unelaborazione che questo compie conoscendo i processi che si svolgono nelle cose stesse, nei legami che formano
gli interi. I vari modelli conoscitivi del secolo sono infatti tutti quanti costruiti su princpi di associazione descrittiva: la genesi humeana della natura umana e dei suoi modi conoscitivi che Hume chiama logica
fondata su nessi associativi che costituiscono idee sensibili; il gradualismo leibniziano ha una struttura ad albero capace di connettere un metodo
unitario alla variet della natura delle cose; linterpretazione della natura di
Diderot, sulla scia di Bacone, vuole istituire una grande catena di fenomeni empirici capace di descriverne trame e senso.
In ogni caso, anche con tutti i limiti della tolleranza, pur sempre convinta di possedere un punto di vista superiore, si impone lintelligenza di
guardare il mondo mettendosi dal punto di vista dellaltro. questo, allora,
il passo decisivo: la volont di far prevalere uno spirito delle leggi che descrive le qualit delle cose, manifestandone la variet, incarna il disegno di
una metafisica potente e innovativa. Una metafisica che non si coniuga pi
nellarroganza singolare di un ipse dixit, sempre pronta a trasformarsi in
teologia senza che Dio stesso ne sia consapevole, che non accetta il compromesso timoroso (giustamente timoroso) delle metafisiche secentesche e
che seguendo, non sempre in modo conscio, linsegnamento di Spinoza, ritiene di doversi coniugare al plurale, cercando nei vari strati del visibile,
nelle pieghe del mondo della vita, quei princpi oscuri o invisibili che ne
sono condizioni di possibilit e che possono venire illuminati, nella consapevolezza profonda che la ricerca come lo sguardo e pu quindi essere
sempre rinnovato ed sempre possibile vedere meglio.
Il discorso non astratto: la metafisica non quella irrisa da Voltaire
attraverso il personaggio di Pangloss nel Candide, bens coltiva i propri orti
con un lavoro fondativo, in cui la tela enciclopedica, anche al di fuori del
libro, tessuta con pazienza e sempre esercitando la molteplicit e la differenza degli sguardi. Le metafisiche del Settecento hanno i nomi di estetica,
antropologia, logica, psicologia e, su tutte, filosofia naturale e filosofia del
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Ibi, p. 10.
P. Hazard, La crisi della coscienza europea, Il Saggiatore, Milano 1970.
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mutare, di cercare nelluomo e nella natura norme che tra loro dialoghino,
nella convinzione, essenziale per comprendere il periodo, che le leggi sono
necessarie e garantiscono sia la libert della ricerca sia un rispetto dellordine intrinseco alla natura e alle sue strutture di senso.
Dopo secoli di arbitrio, di dogmi, di diritto divino, di assoluto potere
sovrano, la legge deve essere vista come libert, come esercizio dei diritti,
ed esatto opposto di ogni forma di immotivata costrizione. Reperire le leggi
che guidano i processi naturali un tentativo di mostrare che la legge una
necessit metafisica, radicata tuttavia non in una trascendenza, bens nella
natura stessa delle cose. La legge il piano del dialogo tra la libert delluomo e quella immanente alla natura: svelare tali leggi significa allora
conoscere, come ha compreso Spinoza, e in seguito Montesquieu. libero
luomo che riconosce e segue il percorso imposto dalle cose, senza lasciarsi imbrigliare, quando indaga, da princpi trascendenti o sogni finalistici.
La ragione la protagonista di questo processo di illuminazione, ed
strumento per la consapevolezza che molte leggi sono ancora da scoprire
e, di conseguenza, grandi sono i limiti della ragione, il cui compito indagare e soltanto attraverso lindagine interrogarsi sugli scopi della propria
indagine.
Questo atteggiamento ha condotto a numerose critiche, in particolare
dopo la Rivoluzione francese4 : critiche che nascono dal suo stesso seno (si
pensi a Hamann o a Rousseau) e che proseguono sia con reazionari come
Burke e de Maistre, sia con autori che riconoscono un ruolo specifico al
pensiero del periodo, da Hegel a Croce sino a Spengler, tutti per dimostrare
che la modernit illuministica non lunica possibile (inconsapevoli a
volte, in questo gioco critico, che proprio tale conclusione li rende figli di
quella stessa epoca che criticano). Papa Benedetto XVI trova sconcertanti
le affermazioni di Francesco Bacone, come se la nuova idea di speranza
che introduce sia una critica radicale alla speranza cristiana. Lo sconcerto
deriva da un pregiudizio e sarebbe destinato a sfumare se si considerasse
che il nesso ragione-libert, che sono due parole chiave dellepoca, non in
contrasto con i vincoli della fede e tende invece a coglierne un diverso spettro semantico, dove il problema non la redenzione, bens la conoscenza
e il suo valore al tempo stesso legale e antropologico. Una conoscenza
certa di vivere su un pericoloso crinale, posto tra la natura e luomo, sempre rischiando la rigidit di una censura che pretende di difendere la fede
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5 D. Hume, Trattato sulla natura umana, in Id., Opere filosofiche, a cura di E. Lecaldano, Laterza, Roma-Bari 2008, pp. 6 e 8.
6 T. Todorov, Lo spirito dellIlluminismo, cit., p. 10.
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Una metafisica della ragione e delle sue leggi deve sostituire una metafisica dei princpi e delle sostanze. In questo lo spirito delle leggi di
Montesquieu costituisce un modello, e un esempio, forse perch parte dal
medesimo principio del suo tempo, che non quello di annullare la metafisica, bens di decostruirne alcuni presupposti, recuperandoli sia sul piano
morale (come in Rousseau e in Kant) sia su quello gnoseologico (come in
Locke e in Hume). Il principio che il mondo non un dato immutabile,
bens qualcosa che va descritto, in modo tale che questa descrizione permetta di afferrare la natura delle cose, connessa alle circostanze della loro
apparizione. Il concetto di legge non qualcosa di astratto che si possa definire indipendentemente dai modi della descrizione. Se si parla di una metafisica, essa deve partire dai corpi, sapendo che qui che prende avvio
quellattivit dellanima e dellinvisibile che nutre linterpretazione degli
strati di senso del mondo, capace di seguirne i ritmi (concetto molto presente nellopera di Montesquieu). Bisogna compiere una storia naturale dellanima che descriva la genesi delle sensazioni e da qui, come osserva Starobinski, sfoci nella ragione: il piacere dello spirito soltanto il chiaro
compimento del piacere dei sensi7 . La ragione, secondo uno schema che si
ritrover in Diderot, uno slancio, unenergia e non un astratto e ingenuo
dogma metafisico.
Siamo abituati, quando si usa il generico termine di Illuminismo, a
considerare una ragione astratta, che uccide altre dimensioni di discorso,
senza scorgere non solo la variet delle posizioni (come in ogni epoca non
riducibile allunivocit di un percorso, ma riconducibili alla variet delle
fonti, allinterno di un contesto di pensiero che sta ormai creando tradizioni
nazionali che si sovrappongono a sempre pi flebili assi comuni), ma anche lambiguit con cui la ragione stessa viene tematizzata. curioso che il
pontefice Benedetto XVI, nelle sue generiche critiche allIlluminismo, abbia
come fonte forse il pi banale tra i grandi testi a esso dedicato, cio la Dialettica dellIlluminismo di Horkheimer e Adorno, che solo la notoriet degli
autori rende memorabile, ma che sarebbe imbarazzante citare in qualsiasi
volume che voglia essere scientifico dedicato al Settecento (basti dire che
nel saggio iniziale Concetto di Illuminismo non citato, salvo una banale
frase di Voltaire riferita a Bacone, alcun autore settecentesco). Se si esce
dai luoghi comuni, dunque, siamo di fronte a ben altra complessit, e a una
vera e propria ricerca metafisica sul concetto di legge, che la medesima
che, a differenti livelli, si ritrova in Montesquieu e in Kant.
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Ibi, p. 32.
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Ibi, p. 100.
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nistico linguaggio, che Giona una immagine esplosiva: un experimentum mundi, presenta cio la possibilit di un disegno utopico che annuncia
un nuovo mondo. In questa sua novit si evidenzia la differenza
profetica di Giona rispetto al profetismo pagano: Giona, infatti, pur inconsapevole e tormentato, con il suo intervento a Ninive permette di differire
la rovina della citt. Al contrario, la profezia greca si pensi a Cassandra
pu prevedere disgrazie e distruzioni, ma non ha alcuna opportunit di
stornarle e annullarle. Quella di Cassandra solo una predicazione morale, mentre in Giona vi una predicazione teurgica, segnando unessenziale novit: Dio incide nella storia attraverso il libero arbitrio delluomo. I profeti sono coloro che insegnarono una maggiorenne libert di
scelta che si esercita anche su quanto decretato: insegnarono le potenze
della decisione umana10.
questo il punto decisivo, che rivela il carattere essenziale dellesperimento Giona: i profeti non parlano categoricamente del futuro come di
una realt fissa quanto ipotetica, tale da risultare alterabile o alternativa. Al
contrario, parlano di un futuro che pu essere cambiato: e JHWH diviene il
punto luminoso dei giusti di tutti i popoli della terra. E, si pu aggiungere,
Giona, pur con tormenti e punizioni, usa del suo libero arbitrio: nelluso ne
comprende i limiti nella direzione di Dio e della Storia. In questa direzione, la volont di Dio non affatto scontata e induce luomo a non abdicare
di fronte agli avvenimenti, per quanto essi sembrino stabiliti nel sovramondo. Il libro di Giona insegna che la conversione pu cambiare il destino, e
non , come in Cassandra, una semplice lamentazione passiva: Giona non
prevede il destino, ma indica, con il suo tormento, e dopo essere passato attraverso il rifiuto di Dio, come evitarlo e come mutarlo. Ecco il motivo per
cui Giona un esperimento: perch, a parere di Bloch, annuncia
Giobbe, perch qui che si capisce, prima di Giobbe, che nei profeti che
giace per la prima volta qualcosa che fa esplodere il mondo11. Unesplosione che poi, in Giobbe, diventer esodo da Dio stesso, istinto di rivolta,
possibilit di un orizzonte utopico che faccia a meno della trascendenza.
Giona il segno di un illuminismo presente nel mondo ebraico e da
qui nella coscienza europea: perch qui ed per questo che un experimentum mundi che comincia lo straordinario rovesciamento dei valori,
la scoperta della occasione utopica allinterno della sfera religiosa: luomo
pu essere migliore, pu comportarsi meglio del suo Dio 12. Nel libro di
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Giona, per la verit, Dio agisce meglio del suo profeta ma, insegnandogli il
libero arbitrio, e con infinita pazienza, insegnandogli le possibilit di redenzione presenti nella Storia, rende possibile anche il dubbio su Dio, la
scrittura di unutopia, la speranza di unaltra soluzione, generata e germinata dalla profondit della ribellione13. Al di l di ogni ideologia, ed
dunque questo il sigillo dellIlluminismo, il segno di Giona che porta nella
modernit, si mette fine a una teodicea come apologetica, aprendo lesperimento in cui luomo, accanto a Dio, diviene protagonista della Storia.
Non c ancora la rivolta di Giobbe: ma vi il segno che il libero arbitrio
padrone nella conoscenza del mondo.
Il messianico scrive Bloch14 il rosso segreto di ogni illuminismo
che si mantiene rivoluzionario e pregnante. LIlluminismo fu certo rivolto
contro loppressione, loscuro, il tetro, il pregiudizio. Se tuttavia non vogliamo coglierlo solo nei suoi aspetti esteriori, bisogna afferrarne la complessit articolata e tormentata, comprendere che nelle sue pieghe non vi , come
in Giona, alcun piano di salvezza garantito, bens un duro e minacciato
viaggio, un dolore, un camminare, un errare, un cercare la patria nascosta;
pieno di tragici travagli, ribollente, irto di salti, di esplosioni, di solitarie
promesse, carico in maniera discontinua della coscienza della luce15.
dunque questo monito che si vuole ricordare nelle pagine che verranno:
seguire il filo rosso del libero arbitrio, il segno di Giona, non per ricostruire
una storia pacificata, n per cercare unessenza, tanto meno per dire che
cosa veramente fu lIlluminismo, bens per coglierne le esplosioni,
quelle che ancora possono parlare, che respingono un Illuminismo a buon
mercato, facendo comprendere che sempre ricomincia ci che vivo, e
che spinge16.
La domanda segreta, e non espressa, che esce da molti scritti di Adorno,
non quella, manifesta, se sia possibile la poesia dopo Auschwitz, bens se,
dopo lo sterminio che la tecnica ha reso possibile, si possa ancora parlare di
Illuminismo. O se il suo segno sia terminato nellinsulto estremo alla ragione e ai suoi sogni. Giona allora, forse, una risposta perch fa intuire
che lIlluminismo non qualcosa di morto, ucciso dalla storia e dalle sue
tragedie, bens un filo rosso che pu essere ripreso per dare un senso alla
storia, quasi come moderna possibilit profetica:
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Ibi, p. 153.
Ibi, p. 298.
Ibi, p. 305.
Ibi, p. 308.
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Il suo dare il senso alla vita e alla natura che ci sta intorno giunge ancora una
volta dalla speranza nellunica cosa che necessaria nellexperimentum vitae et
mundi, con gli uomini al fronte in quel laboratorium possibilis salutis cos fortemente travagliato che si chiama: storia17.
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Ibi, p. 313.
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