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ANNA FERRUTA
Questo numero di Psiche si apre sullorizzonte della domanda di come rendere possibile
una nuova esperienza nellincontro tra psichiatria e psicoanalisi. Un nuovo inizio, si potrebbe
dire, utilizzando le parole di Balint (1967) nel suo saggio sulla regressione. Per rendere possibile
una regressione feconda che permetta di liberarsi degli stereotipi imprigionanti, occorre un
contesto favorevole, un terreno sicuro su cui camminare tranquilli, unaria non inquinata per
allargare il respiro della mente. questo lintento del numero di Psiche su Psichiatria e
Psicoanalisi, un intento insieme modesto e ambizioso.
Il terreno su cui camminare e laria da respirare che costituiscono lambiente comune a
tutti coloro che si occupano di psicopatologia rappresentato dalla consapevolezza condivisa
della consistenza della realt psichica, anche a livello della propria personale esistenza, in
continua relazione unitaria e trasformazione dialettica con la realt biologica e sociale. Tutti,
psichiatri e psicoanalisti, conosciamo fin troppo bene, sulla base dellesperienza della nostra
stessa vita, la potenza straordinaria della realt psichica, conscia e inconscia, una realt a cui
Freud ha dato uno statuto formale, tracciando una linea di continuit tra il normale e il
patologico e aprendo una strada per future ricerche in questa direzione. Ogni professionista che
si occupa di sofferenza psichica sa sulla propria pelle quanto facile essere colti di sorpresa da
una frase o anche solo da una parola di un paziente completamente immerso nella sua psicosi e
di soprassalto riconoscervi qualcosa di proprio, di simile, di perturbante. Cos vicini e cos
lontani, come con gli extraterrestri.
Potremmo dire che il terreno comune su cui camminare concerne le teorie complesse che
configurano dinamiche multiple continuamente in via di trasformazione tra aspetti bio-psicosociali del soggetto umano, e laria che respiriamo riguarda la consapevolezza del vissuto di
sostanziale continuit tra quello che percepiamo come normale e patologico.
Eppure questo ambiente condiviso non ha favorito incontri tra psicoanalisi e psichiatria
negli ultimi decenni, che tendenzialmente, tranne significative eccezioni, hanno finito per
arroccarsi nelle proprie teorie e pratiche. Come se la specificit di ciascuna potesse cancellare la
specificit dellaltra, in un tendenziale riduzionismo. Ritengo che questo fenomeno per il quale
le nuove acquisizioni in un campo possano venire usate per annullare quelle dellaltro (es.:
importanza delle esperienze traumatiche infantili nei borderline, efficacia dei neurolettici per
consentire un approccio dialogante con lo psicotico, importanza dellambiente di cura nei
soggetti con patologie antisociali e di dipendenza) sia strettamente connesso con loggetto di cui
ci occupiamo: la sofferenza psichica profonda.
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Ed di questo che intendo parlare: esiste una specificit delloggetto, che rende lincontro
tra psichiatria e psicoanalisi difficile, anzi sollecita ad intraprendere strade differenti, proprio
allo scopo di non incontrarsi?
Esemplare di questa difficolt una pagina che ritengo significativo citare, di Dario De
Martis. uno psichiatra, uno psicoanalista, un professore universitario, un cittadino socialmente
impegnato. De Martis (1982) in questa pagina, sulla propria pelle di soggetto che possiede tutte
le competenze indicate, manifesta la complessit dellincontro con un paziente grave in cura
nellistituzione psichiatrica:
La persona che mi sta davanti con il suo comportamento diverso induce in primo
luogo un movimento di fascinazione, ove si intrecciano curiosit e simpatia, bisogno di
testimoniare in una qualche maniera significativa il mio desiderio di avvicinamento, di
comprensione e di aiuto, anche se so che mi chieder molto di pi di quanto non sia
disponibile a dargli. Desidererei comunque che si rendesse conto che possibile avere, sul
piano dellincontro, nei confronti di un altro essere umano, sentimenti di spontaneit e di
solidariet tali da rompere la stereotipia asimmetrica del rapporto paziente-esperto. Vorrei
garantirgli che sono dalla parte sua, non da quella degli altri. Sono per respinto, inchiodato al
mio ruolo. Intuisco che la paura e la diffidenza del soggetto lo inducono a vivermi come
nemico, anche se per avventura mi dice per carit, dottore mi aiuti!. Sento che al di l di
ogni mia intenzione cosciente una parte di me risponde con una paura e una diffidenza
simmetrica. [] Mi ritrovo cos ad un certo momento nella posizione tradizionale nei
confronti della follia. Cerco di tranquillizzarmi dicendomi che lui che mi costringe, che non
accetta la mia mano tesa, il mio sincero interesse, che mi spinge dallaltra parte vicino ai suoi
persecutori. Ma subito dopo mi domando se non abbia proprio ragione il mio interlocutore,
che stato capace attraverso un lungo viaggio in unesperienza di avvilimento e di sofferenza,
di arrivare al fondo delle cose, di smascherare le ipocrisie e le false apparenze in cui ci
avvolgiamo tutti per mettere impietosamente a nudo il fondo di angoscia e di vuoto distruttivo
che sta al fondo della natura umana. unesperienza di cui lui stato capace e io no. Quindi
un abisso ci separa ed al di l di ogni dichiarazione di intenti, io sono proprio nella mia natura
di tecnico la controparte, in base ad una antinomia insuperabile. Mio il potere mutuato dalla
famiglia, dallorganizzazione sociale, sua limpotenza, sua la rivolta e la sfida, anche se
questa si esprime prevalentemente in forma autodistruttiva (167-168).
Di questo incontro-non incontro voglio mettere in evidenza due fenomeni che ritengo
importanti per entrambe le discipline, che riguardano proprio loggetto di cui si occupano e che
le costringono a mantenere salda la barra del timone della propria solitudine mentre viaggiano
cercando di raggiungere altre isole piene di doni ricchezze tesori (the bounty, come le Isole
Samoa di Stevenson, la Tahiti di Gaugin, la Santa Lucia di Walcott), ben differenti da quegli
isolamenti costruiti come rifugi, dallo psicotico nella chiusura nel suo mondo autistico o
delirante, e dal borderline nel comportamento ricorsivamente claustrofilico-claustrofobico.
I due fenomeni riguardano: 1) la costante ricerca di stabilit nelle teorie, nelle
classificazioni, nelle diagnosi, a scapito della capacit descrittiva e interpretativa delle vicende
psichiche individuali; 2) la qualit della risposta da dare alla sofferenza psichica: se la cura
deve intervenire con diversi apporti specialistici da applicare a una condizione patologica data, o
se interviene per favorire un processo di cambiamento e di crescita psichica di cui attore anche
il paziente.
Ricerca di stabilit
La sofferenza psichica profonda, quella dello psicotico e del borderline, attraversata
dalla ricerca di un approdo stabile, risolutivo di unangoscia invivibile, e al tempo stesso
caratterizzata da rotture, break down, interruzioni della durata degli assetti raggiunti, operate dai
soggetti stessi o indotte/necessitate dai familiari o dallambiente di vita.
Da un lato si stagliano le mura asilari, le inaccessibilit al rapporto, le chiusure barricate in
una stanza, dallaltra le esplosioni pantoclastiche, le fughe, le interruzioni, i rifiuti improvvisi di
rapporti cura individuali o di comunit, anche a lungo accettati e apprezzati.
La continuit dellessere nel tempo e nelle relazioni messa alla prova, sia dalle tappe
evolutive della vita (ingresso nella scuola, pubert, relazioni amorose, fallimenti lavorativi o di
studio, nascita dei figli, malattie, pensionamenti, vecchiaia ecc.), sia dai cambiamenti del vivere
sociale (emigrazioni, famiglie multiple, differenze di genere, benessere e malessere sociale). Al
tempo stesso, i modi di manifestazione della sofferenza psicopatologica mostrano costanza e
configurazioni stabili, tanto da sembrare scritte sulla pietra: voci, deliri, comportamenti
anoressici, sindromi maniaco-depressive, autolesionismi, depressioni malinconiche.
Per fare fronte a questa situazione proteiforme, descriverla, comprenderla, prenderla in
cura, abbiamo assistito in psichiatria allo sviluppo, come osserva Rossi Monti (2012), di una
nosografia statica e fissista, e al moltiplicarsi delle configurazioni patologiche, con
unattenzione alla diagnosi, che da convenzione pragmatica utile per comunicare ha finito per
diventare una sostanza da cui fare discendere condotte terapeutiche (DSM). La costruzione
psicopatologica del soggetto individuale a cui il paziente ha dedicato tanta fatica finisce per
essere trascurata a favore della categorizzazione, che coglie senza dubbio unesigenza di
stabilit, ma perde la dimensione comunicativa e implicitamente trasformativa inclusa nel
sintomo.
In psicoanalisi, lattenzione si concentrata sul lavoro dellinconscio nella relazione
terapeuta-paziente, con unapertura allascolto degli aspetti della psiche non ancora entrati a fare
parte del pensabile, non rimossi ma in attesa di incontrare una mente aperta ad accoglierli e a
procedere a una costruzione comune e condivisa, a partire dalle comunicazioni non verbali e
procedurali, (Mancia, Racalbuto, Searles), dalla rverie dellanalista (Ferro, Ogden), dalla
figurabilit (Botella), dal conosciuto non pensato (Bollas), e cos via. Questa apertura
dellascolto in seduta delle varie forme del divenire della mente in relazione, se da un punto di
vista euristico, di conoscenza di tutto ci che non coscienza, stato di grande interesse,
proceduto mantenendo come elemento di stabilit e ancoraggio la metapsicologia freudiana
classica (Es, Io, Superio), arricchita dagli sviluppi kleiniani e bioniani (posizione
schizoparanoide e depressiva, dinamica contenitore-contenuto).
Lallargamento del contatto con la patologia grave e con le modificazioni di questa in
rapporto ai cambiamenti sociali ha comportato un moto di autoconservazione istituzionale per
entrambe le discipline, una ricerca di tenere fermo il radicamento nella propria specificit,
sostanzialmente isolandosi. Ma i pazienti vanno contemporaneamente dallo psichiatra e dallo
psicoanalista, e ci interrogano; noi stessi li mandiamo ora dalluno ora dallaltro, come
messaggeri portatori di una domanda, un go-between che loro fanno al nostro posto.
difficile isolare items veramente significativi per valutare una cura che ha le caratteristiche della
complessit e che propone trasformazioni profonde che riguardano un soggetto in relazione con
lambiente, al di l di elementi macroscopici (es. numero dei ricoveri) o delle espressioni
soggettive di benessere/malessere (questionari etero e autosomministrati). Questo non per la
labilit della condizione di buona salute psichica difficile da formalizzare, ma per il tempo di
sviluppo che richiede una cura che ha per oggetto la crescita psichica e la possibilit di
soggettivizzare il proprio essere nel mondo e che, al di l della diminuzione della sofferenza
acuta, un percorso i cui tempi hanno un andamento del tutto irregolare: a grandi stasi seguono
momenti di accelerazione improvvisa, di insight, di emersione gestaltica di nuovi pattern.
La questione della qualit della risposta da offrire al paziente grave, intesa comunque
come percorso di crescita psichica, anche minimo, ma sempre possibile, costituisce un altro
elemento che ha contribuito allisolamento reciproco di psichiatria e psicoanalisi: luna,
concentrata sul sintomo e sul suo ridimensionamento, laltra, attenta al percorso nelle sue
dimensioni temporali non lineari, perturbate dalle irruzioni in stanza di analisi di un inconscio
che tra passato e futuro scavalca spesso il momento presente.
LIo-pelle
Pensando a qualcuno che ha sviluppato nella sua pratica clinica e nella sua ricerca teorica
elementi di incontro fecondo tra psichiatria e psicoanalisi, penso a Didier Anzieu, per diversi
motivi. Il suo testo fondamentale lIo-pelle (1985) trasmette limportanza concettuale, biologica
sociale, di quella stabilit che i pazienti gravi cercano, a costo di fare vacillare i curanti: la pelle
fisica e la pelle psichica come un contenitore del s che deve garantirne la sufficiente coesione
perch al suo interno avvengano dei metabolismi vitali. La stabilit tanto ricercata quella
coesione del s che una pelle psichica riesce a tenere insieme, con le sue doppie funzioni di
protezione e di comunicazione. Ecco un modello semplice fondato nello psichesoma che ci
permette di comprendere le chiusure in casa di certi pazienti, le esplosioni di violenza contro chi
sentono perforare una pelle psichica esile e ristretta, le rotture dei border che si sentono come i
serpenti dentro a un pensiero terapeutico e sociale troppo stretto nel quale non riescono a stare, il
sudore che esce copioso dai pori della pelle di qualche mio giovane paziente che si sente
bloccato ma non si lamenta, non sa non vuole non protesta, anche se qualcosa comunque
trabocca dai pori della pelle, comunica, vuole uscire. Un contenitore somatopsichico
necessario per tenere insieme le esperienze emotivo-cognitive di ogni soggetto e per
permettergli scambi e arricchimenti. Lo sviluppo e la salvaguardia di questo involucro
protettivo-comunicante costituisce la prima preoccupazione terapeutica di un curante. quel
cerchio che Eugenio Gaddini (1985) ha indicato come il primo disegno che un bambino fa
quando la sua soggettivit incomincia e esprimersi in modo pi differenziato e integrato rispetto
a una fase precedente in cui si sentiva indistinto, fuso-confuso con il caregiver. Il cerchio, un
circolo, qualcosa che tiene insieme, una pelle psichica.
Anzieu si occupato ampiamente di psicotici e gruppi. Ha messo in evidenza che
linconscio unistanza e un processo di trasformazione e non solo di ripetizione. Ha visto nella
funzione comunicativa della pelle psichica lo strumento per uscire dallisolamento individuale e
comunicare con laltro, sentire lesigenza di un continuo passaggio di sensazioni emozioni e
comunicazioni con tutto ci che lindividuo non , unuscita dal rassicurante isolamento per
navigare nel mondo degli altri e farli diventare parti di s.
Quindi, assumendo, a titolo esemplificativo e non di modello, il concetto dellIo-pelle di
Anzieu, tentiamo di pensare a uscite dallisolamento reciproco di psichiatria e psicoanalisi,
senza che ciascuna perda la sua pelle psichica, ma anzi per utilizzarne le capacit di
comunicazione e tenuta per una crescita della conoscenza e della cura della sofferenza psichica.
C un grande bisogno di incontri, che permettano di dare luogo a un nuovo inizio di
esperienze comuni. Gli incontri possono avvenire in diversi ambiti: la formazione, la
professione, la ricerca, la cultura.
di specialit in psichiatria, nel programma e nei testi, trattano prevalentemente gli aspetti
biologici della questione, con solo una piccola finestra aperta verso la grande tradizione della
psicopatologia fenomenologica. Gli altri aspetti che entrano a costruire la complessit della
patologia mentale (ambiente sociale, prime vicende evolutive, dinamiche e strutturazioni
dellinconscio) sono lasciati ai margini, come strumenti subordinati e di contorno alla questione
centrale: diagnosi e terapia farmacologica, strettamente unite in un nesso inscindibile. Negli
istituti di training psicoanalitico posta al centro della formazione lanalisi accurata delle
dinamiche consce e inconsce della relazione analista-paziente, con la possibilit di cogliere e
rivivere nel transfert-controtransfert le prime vicende strutturanti il s e i traumi che hanno
lasciato il segno nellorganizzazione mentale. Gli agiti e le manifestazioni patologiche che non
vengono contenute e elaborate nel setting analitico sono lasciate ai margini, affidate al braccio
secolare dellintervento farmacologico e assistenziale, nonostante gli sviluppi che via via si
fanno strada nelle conoscenze portate dalle neuroscienze e dallinfant research.
Eppure l dove la formazione era stata unitaria, con docenti, testi, tirocini senza barriere,
qualcosa di nuovo era nato, che ha lasciato una traccia ancor oggi visibile. Nomino solo tre
situazioni, a titolo esemplificativo di quello che nel futuro prossimo si potrebbe alimentare.
La Scuola di Specialit in Psichiatria di Pavia che, iniziata da Dario De Martis, continuata
da Fausto Petrella e ora da Francesco Barale, stata ed un centro di cura e di pensiero che ha
sempre rifiutato lisolamento, nonostante il rischio di scomuniche da tutti i versanti, e ha
continuato a ricercare nella direzione del biologico, del sociale, dello psicoanalitico. I frutti si
vedono: gli allievi psichiatri e psicoanalisti usciti dalla scuola di Pavia hanno una marcia in pi
rispetto alla routine presente nelle universit e nei servizi e anche nel mondo psicoanalitico.
Cos pure una funzione formativa straordinaria stata svolta dallIstituto di
Neuropsichiatria Infantile dellUniversit La Sapienza di Roma, l dove Giovanni Bollea,
Adriano Giannotti e Renata De Benedetti Gaddini hanno aperto le ricerche sulle relazioni
primarie e sulla cura unitaria della coppia madre-bambino, dando vita a una scuola di pensiero
che a partire dalla traduzione e diffusione dei testi di Winnicott costituisce ancor oggi un punto
di riferimento fondamentale nel campo della neuropsichiatria infantile e della psicologia dellet
evolutiva. A questo Istituto non a caso si poi collegata la Neuropsichiatria Infantile di Monza,
anchessa un centro di formazione di giovani neuropsichiatri e psicologi, con Mario Bertolini
prematuramente mancato.
Il coraggioso pionierismo di Marcella Balconi a Novara ha lavorato nella direzione della
prevenzione del disturbo mentale, costruendo servizi territoriali materno-infantili decentrati
nelle campagne, volti a conoscere ed ascoltare in loco le angosce delle relazioni primarie in
contesti socialmente svantaggiati. Questa sensibilit sociale, questopera di costruzione di
servizi nel materno infantile, per i quali oper congiuntamente con Maria Elvira Berrini a
Milano, and insieme con uniniziativa formativa importante nellistituzione ospedaliera: i
seminari di psicoanalisi di Marta Harris e di Donald Meltzer, che, con i loro picchi di profondit
psicoanalitica kleiniana nellinterpretare le dinamiche profonde tra terapeuta e paziente,
sembravano cos lontani eppure cos vicini alle patologie delle campagne delle risaie novaresi,
diventarono un polo di attrazione formativa anche per molti giovani professionisti di altre citt.
Nellistituzione psicoanalitica la ricchezza di pensiero e di pratica clinica di questi e di
molti altri psicoanalisti che hanno lavorato contestualmente in Universit, in Ospedale, e in
stanza di analisi (Fornari Zapparoli Ferradini a Milano, Sacerdoti a Venezia, Rossi a Genova,
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Bologna. Alcuni di questi psicoanalisti nel corso del loro lavoro di supervisione hanno elaborato
una metodologia specifica. Zapparoli ha utilizzato lo strumento psicoanalitico della supervisione
del caso clinico in gruppo per elaborare un modello di cura integrata della psicosi, alla quale con
competenze e vertici diversi collaboravano varie professionalit (assistenti sociali, educatori,
infermieri, psichiatri, psicologi) che trovavano nella supervisione di quipe il luogo mentale nel
quale integrare le emozioni provate nel rapporto con il paziente e le iniziative terapeutiche
conseguenti: un lavoro basato sulluso del controtransfert individuale e gruppale. Hautmann
(2005) andava trasformando, alla luce del pensiero bioniano sulla mente gruppale e sulla
pellicola di pensiero come contenitore di aspetti scissi e dissociati, la supervisione del caso
clinico nel seminario analitico di gruppo, uno strumento nuovo, per costruire attraverso le
emozioni dei partecipanti, anche non implicati direttamente nella cura del paziente, i diversi
personaggi oscurati rimossi censurati mai venuti alla luce, costituenti il mondo psichico del
paziente presentato e diventato presente nella mente del gruppo. Su questo sfondo di ricerche il
libro di Correale Il campo istituzionale (1991) ha segnato una svolta, dando voce e forma a una
strumentazione concettuale e tecnica che si era andata sviluppando, nel lavoro istituzionale dei
Servizi e nel Gruppo sulle patologie gravi dellistituzione psicoanalitica.2 La supervisione del
caso clinico, la conferenza clinica, il seminario analitico di gruppo, il campo istituzionale, sono
cos diventati un autentico luogo di incontro tra psichiatria e psicoanalisi, un gruppo di lavoro
alla Bion, che ha continuato negli anni a procedere e a svilupparsi con interessanti contributi di
molti psicoanalisti (Bolognini, Barn, Berti Ceroni, Conforto e altri), specialmente nelle
comunit terapeutiche e nelle strutture residenziali, sviluppatesi dopo la 180 in un regime
concettuale e clinico debole e perci tanto pi necessitante momenti di riflessione teoricoclinica, che servissero da traccia (Riefolo, 2001; Foresti-Rossi Monti, 2010), oltre le esperienze
esemplari nate intorno allopera di figure di eccellenza come Racamier. Anche in questo ambito
tuttavia, i fecondi incontri tra psichiatria e psicoanalisi hanno prodotto unassociazione a parte,
che si occupata in specifico della formazione degli operatori che lavorano nelle strutture
comunitarie.3
Un esempio nuovo e per questo interessante, liniziativa del Centro Milanese di
Psicoanalisi Ripensare il caso clinico: si tratta di seminari di supervisione clinica di gruppo
tenuti da psicoanalisti nella sede dellistituzione psicoanalitica rivolti a psichiatri e psicologi
delle istituzioni, per sostenere e approfondire lapproccio psicoanalitico di chi vi si riconosce e
lavora in quei contesti. I seminari funzionano da due anni, a titolo praticamente gratuito (viene
chiesto alliscrizione solo il pagamento delle spese di segreteria) e hanno come idea il progetto
di tenere insieme nellincontro tra professionisti le diverse risorse tecniche ed emotive che la
cura istituzionale implica, attraverso lapprofondimento del caso clinico da un punto di vista
psicodinamico (Ferruta, 2008).
Nella ricerca
Lambito della ricerca quello che presenta importanti diversit metodologiche e che
2 Correale A., Berti Ceroni G. (a cura di). (1999). Psicoanalisi e psichiatria. Cortina, Milano.Correale A., Rinaldi
L. (1997). Quale psicoanalisi per le psicosi? Cortina, Milano.
3 Mito&Realt. Associazione per le Comunit Terapeutiche e Residenziali: Ferruta A., Foresti G., Vigorelli M.
(2012). Le Comunit Terapeutiche. Cortina, Milano.
punto comune quello con cui ho iniziato questa riflessione: la constatazione relativa
allimmediata e spontanea identificazione che psicoanalisti e psichiatri hanno almeno una volta
provato con la follia dellaltro che sta loro davanti: mon hypocrite lecteur, mon semblable, mon
frre, per dirla con le parole di Baudelaire.
Una tappa nella direzione di sviluppare un cultura comune senza affrettate ibridazioni
stata la pubblicazione di Psiche. Dizionario storico di psicologia, psichiatria, psicoanalisi,
neuroscienze (2006) da parte di importanti studiosi delle discipline che si occupano della psiche
(Barale, Bertani, Gallese, Mistura, Zamperini), con contributi di qualit di esperti del settore,
collocati uno dopo laltro, come segno dello stato delle cose, base e sfondo da cui ripartire per
progetti possibilmente integrati.
Il richiamo che Correale fa spesso allimportanza delluso di un linguaggio condiviso nella
relazione col paziente e con i colleghi di altre specialit mi sembra che vada raccolto con
particolare attenzione. Correale (2012) ritiene che i nuclei psicoanalitici fondamentali possano
essere tradotti nel linguaggio della vita ordinaria senza perdere di rigore: con Wittengstein
sostiene che il linguaggio ordinario abbia delle potenzialit comunicative potentissime (come
quello dei poeti testimonia, aggiungo io), ma che tali nuclei vadano profondamente elaborati, in
modo da perdere la veste scolastica o accademica e diventare vere idee fecondatrici.
Del resto, Musatti con la sua alta divulgazione ha permesso di far conoscere i territori
dellinconscio freudiano a una popolazione non specialistica4, senza mai diventare un assertore
di verit assolute, e mantenendo il suo marker di origine di scienziato, con cui si era avvicinato
alla psicoanalisi allUniversit di Padova, da studioso di matematica prima, poi da ricercatore
sperimentale dei meccanismi della percezione insieme al suo maestro Vittorio Benussi, e infine
da curatore e divulgatore della traduzione delle opere di Freud.
Una cultura comune si va costruendo anche in occasione di incontri su temi non
direttamente professionali, come ad esempio nei cicli di film seguiti da commenti e discussioni
su situazioni psicopatologiche, che ormai sono una tradizione, in collaborazione con cineteche o
centri culturali di molte citt (Roma, Milano, Firenze, Padova, Bologna, liniziativa Cinema e
psicoanalisi al Festival di Spoleto, la rassegna Cinemente al Palexpo di Roma ecc.). Queste
iniziative sono utili perch permettono di incontrarsi avendo in comune un oggetto di interesse,
intorno al quale costruire emozioni e pensieri.5 Certo, c il rischio della superficialit,
dellapprossimazione, della chiacchiera. Ma occorre tenere conto anche dellaltro rischio, quello
di parlare solo con chi condivide il proprio vertice osservativo e la propria metodologia e di
isolarsi rispetto al contesto condiviso utilizzando linguaggi criptici specialistici.
Avveniristiche sono le osservazioni di Sivio Merciai (2012) che guardano lontano, verso
una cultura comune, che registra la tendenza in alcuni settori della medicina a impostare terapie
su misura come avviene in psicoanalisi, non per mancanza di una base scientifica, ma per le
necessit della cura di soggetti che funzionano secondo parametri comuni ma anche
idiosincratici in una dinamica dialettica di aspetti biopsicosociali.6
4 La Casa Editrice Bollati Boringhieri ha di recente pubblicato una raccolta di scritti di Musatti Sulla Psicoanalisi
(2012), in cui si ha la possibilit di conoscere questa sua capacit di essere insieme comprensibile e rigoroso nel
lavoro di analisi con i pazienti.
5 Come hanno mostrato anche lEuropean Film Festival di Londra, organizzato dalla British Psychoanalytical
Society www.psychoanalysis.org.uk/epff6/ , arrivato alla sesta edizione, e il successo di visite allo spazio cinema
del sito della SPI (www.spiweb.it).
6 Si aprono a questo punto, evidentemente, delle strade importanti di ricerca, anche clinica: non solo nei termini di
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Lunicit del soggetto umano e quindi la necessit di tenere conto delle specificit di ogni
individuo nel contesto relazionale e sociale in cui vive un elemento che appartiene alla cultura
psicopatologica della grande fenomenologia, che tutti, psichiatri e psicoanalisti, hanno
attraversato, e che non a caso si spesso congiunta, come nellopera di Eugenio Borgna, con
lattenzione alle condizioni sociali in cui vivono le persone sofferenti, e quindi con lemergenza
interiore che mosse Basaglia a porre fine a un deterioramento cos estremo della dignit umana
quale vigeva nel sistema manicomiale .
Sul Domenicale de Ilsole24Ore del 21 febbraio 2010, ricordando i trentanni trascorsi
dalla morte di Basaglia, Eugenio Borgna intervenne a nome de Lanima perduta della
psichiatria: La legge di riforma psichiatrica consente, ora, di svolgere la migliore delle
psichiatrie possibili; ma, perch questa si realizzi fino in fondo, una cosa necessaria: che ci si
confronti con la sofferenza dei pazienti, con il loro lancinante dolore dellanima, con le loro
disperate richieste di aiuto, le loro e quelle dei loro familiari.
La psicoanalisi invita ad ascoltare, ci che stato rimosso, ci che non mai emerso alla
luce della coscienza, ci che stato cacciato via nel sintomo, o scisso e proiettato in altri mondi,
extraterrestri. Ascoltare doloroso e difficile, crea problemi, invece di risolverne, ma costituisce
la premessa di qualsiasi cura della sofferenza, anche di quella mentale.
La decisione di chiudere i manicomi ne stata la premessa indispensabile, per
ricominciare a occuparsi del soggetto umano e delle cure pi adatte ad attenuare la sua
sofferenza e quella dellambiente in cui vive. Il coraggio e la visionariet di Basaglia sono stati
senza paragoni.
Le critiche su come stata finora realizzata la riforma psichiatrica, con gli strumenti del
ricovero in reparto ospedaliero e la cura sul territorio, hanno senso e devono essere utilizzate per
realizzare pi pienamente la riforma psichiatrica e lascolto della voce della sofferenza mentale.
I limiti e i difetti sono moltissimi, ma niente lontanamente paragonabile alla devastazione del
manicomio, che riproduceva allesterno un processo di silenziamento e di distruzione che
sempre in procinto di riaffacciarsi allinterno di ciascuno, verso se stessi e verso gli altri: sedare,
silenziare, ignorare, rinchiudere (Ferruta, 2011). Il manicomio un rischio sempre presente nella
psiche umana: costruirlo anche allesterno crea un circolo vizioso di continuo rafforzamento,
che finisce per presentarsi alla coscienza come una muraglia insormontabile da conservare e
ricostruire continuamente.
Qualcuno, Basaglia, non se ne lasciato intimidire, e ha dato a tutti la possibilit lavorare
per ricercare metodi di cura che non comportassero nuovi silenzi e nuove chiusure. Dopo di lui, i
discorsi sulla sofferenza mentale non possono pi essere generici, ma devono entrare nel merito
di quali cure per quali pazienti, in un nesso relazionale che non isola il folle, ma lo include nel
processo di cura e di vita sociale: terapeuti e pazienti, sofferenza del soggetto e ricerca
scientifica, io e altro.
quale terapia consigliare a chi, come si diceva, ma anche di come costruire forme nuove di integrazione tra terapia
farmacologica e terapia della parola e di come articolare tipologie di interventi specificamente tagliati su misura del
paziente. [] Le neuroscienze non sapranno mai dirci come relazionarci con un paziente, come ascoltarlo e che
cosa dirgli e sciocco sarebbe aspettarselo: ma mi piacerebbe molto che fossimo in grado di accettare la loro sfida
per la costruzione di una disciplina che offra spazi interdisciplinari per la comprensione del funzionamento mentale
e delle sofferenze dellintersoggettivit, e quindi, in prospettiva, per aiutarci come terapeuti e come gruppo umano,
a vivere meglio.
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Conclusioni
Questo numero di Psiche vuole fare una riflessione e aprire un dialogo sullo stato delle
cose tra psichiatria e psicoanalisi, per sviluppare linee future. Si tratta di lavorare nel campo:
proprio la pratica condivisa di tutti questi territori che venuta a mancare, e che invece potrebbe
permettere sviluppi profondi e comunicabili reciprocamente. Si tratta di individuare nello
specifico fenomeni precisi da approfondire, tecniche adeguate da inventare.
In fondo, sappiamo quali sono le cose che fanno stare meglio le persone. Lo sanno i poeti,
che aiutano in modo emozionale psichiatri e psicoanalisti a capire umanamente laltro
sofferente, proprio come un tempo aiutavano il medico condotto che teneva nel suo studio i testi
dei grandi classici.
Per questo voglio concludere facendo risuonare la voce di un poeta, il premio Nobel Derek
Walcott, dellisola e dello stato Caraibico di Santa Lucia, che raccoglie e ricanta i suoni e i
desideri di un mondo plurale, storico e astorico, a cominciare dal suo poema Omeros. In questi
versi Tomorrow, Tomorrow parla della necessit interiore di mettersi in cammino per incontrare
laltro, il non ancora conosciuto, e della struggente difficolt a farlo, quando si ha negli occhi e
nel cuore, as dawn roses the brickwork, lorizzonte della propria isola, il mondo a cui si
appartiene, ma with one beep of its horn arriva il richiamo ad andare verso lincontro.
Tomorrow, Tomorrow
I remember the cities I have never seen
exactly. Silver-veined Venice, Leningrad
with its toffeee-twisted minarets. Paris. Soon
the Impressionists will be making sunshine out of shade.
Oh! and the uncoiling cobra alleys of Hyderabad.
To have loved one horizon is insularity;
it blindfolds vision, it narrows experience.
The spirit is willing, but the mind is dirty.
The flesh wastes itself under crumb-sprinkled linens,
widening the Weltanschauung with magazines.
A worlds outside the door, but how upsetting
to stand by your bags on a cold step as dawn
roses the brickwork and before you start regretting,
your taxis coming with one beep of its horn,
sidling to the curb like a hearse so you get in.7
7 Domani, domani
Ricordo le citt che non ho mai visto
davvero. Venezia venata d'argento, Leningrado
dai minareti di meringa ritorta. Parigi. Presto
gli impressionisti estrarranno luce dallombra
Ah! e i vicoli di Hyderabad districati come cobra.
Aver amato un solo orizzonte insularit; mette
una benda alla visione, limita lesperienza.
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BIBLIOGRAFIA
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Lo spirito operoso, ma la mente infetta.
Sotto lenzuola cosparse di briciole la mente sinfesta,
espandendo la Weltanschauung con le riviste.
L fuori c' un mondo, ma quant frustrante
starsene accanto alle borse sui gradini glaciali
mentre lalba arrosa i mattoni e, prima che si alzi il rimpianto,
il tuo taxi arriva con un colpo di clacson,
si accosta come un carro funebre cos sali.
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