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Before calling the final curse upon his

son, Senecas Theseus develops some


considerations about the strict
resemblance between Hippolytus and
his mother Antiope, the queen of the
Amazons, and specifically about his

Mario Lentano
Il sangue di Ippolito.
Nota a Seneca,Phaedra 903ss.

degener sanguis.These lines can be


better interpreted and understood in
the light of Roman reflection on
hereditary and degeneration; finally,
Theseus attempt to domesticate the
savage Amazon, Hippolytus and
Phaedra herself ends in a failure just as
Stoic logos attempt to master furor and
the other passions dominating the
scene of Senecas tragedies.

0. Riporto i versi senecani secondo l edi z ione canonica di


Zwierlein:
Pro sancta Pietas, pro gubernator poli
et qui secundum fluctibus regnum moves,
unde ista venit generis infandi lues?
Hunc Graia tellus aluit an Taurus Scythes
Colchusque Phasis? Redit ad auctores genus
stirpemque primam degener sanguis refert.
Est prorsus iste gentis armiferae furor,
odisse Veneris foedera et castum diu
vulgare populis corpus. O taetrum genus
nullaque victum lege melioris soli!

905

910

Versi complessi, quelli pronunciati da Tes eo allindirizzo di


Ippolito (peraltro ass ente dalla scena, a differenza di quanto accade in Euripide): pi complessi di quel che appare dalle note dei
non pochi commentatori della tragedia senecana1.
1. Prendi amo le mosse dall espressione degener sanguis
impiegata dall eroe ateniese a proposito di Ippolito: un nesso
privo di paralleli in latino (qu alcosa di simile si legge in Stazio:
ci torneremo ) , ma estrem amente pregnante2. Pierre Grim al
chiosa la locu z ione senecana osservando che Ippolito appare a
suo padre indigne de sa race (c est--dire celle de Thse)

(ed significativo che per il grande filologo francese la race di Ippolito si identif ichi con la sola discendenza patrilineare);Vi ansino, a sua volta , commenta il verso con un laconico ha degenerato dal padre3. Nessuno per, se ho ben visto, discute la nozione di degenera z ione e l ampia elabora z ione sviluppata al
rigu ardo dalla cultura latina4.
Servio, il commentatore tardo-antico di Virgilio, a darci la def inizione pi limpida: degener il figlio i cui mores non
corrispondono a quelli del padre5. La nota si riferisce a Neottolemo, artef ice della cruenta ucc isione di Pri amo, ed evoca il
ben diverso comportamento tenuto a suo tempo da Achille,allorch lo stesso Priamo si era recato a chiedergli il cadavere di Ettore.A sua volta Agostino, che di Servio era quasi contemporaneo, oss erva in uno dei suoi sermoni: se dicessi ad un figlio
degener,non rassomigli a tuo padre; degener, non sei ci che
tuo padre6.Anche per Agostino dunque il punto a partire dal
qu ale si misura la degenera z ione la figura paterna: nel caso in
questione si trat ta anzi del padre per eccellen z a , Dio stesso, rispetto al qu ale,in omaggio allortodossia trinitaria, il Figlio non
pu in alcun modo considerarsi degenere, ess endo,s econdo la
formula z ione del Credo niceno, della stessa sostanza del Padre. Del resto, le numerose at testa z ioni di degener e dei suoi
derivati lungo l intero arco della latinit conferm ano il costante riferimento al padre, o pi in generale agli as cendenti paterni7.
Questa enfasi sulla mancata rassomigli anza o rispondenza al padre non pu naturalmente meravigli are in una cultura
come quella latina, nella qu ale ad un figlio si chiede viceversa
proprio di petere facta patris, s econdo la bella espressione impiegata nellepigrafe di Scipione Ispano8. A Roma la degenerazione ha una sua prec isa declina z ione s essuata: non si genericamentedegeneri , lo si in riferimento spec if ico alla figura paterna, perch quest ultima investita di una prec isa funzione modelli z z ante, fungendo da paradigma rispet to al qu ale

valutare la maggiore o minore adegu atezza dei discendenti. Con


la conseguenza pressoch inevitabile che una identit altra rispet to a quella del padre equivalga senzaltro ad una identit
peggiore. Non a caso sono rarissimi i casi in cui degener assuma un significato neutrale,e ancor meno quelli in cui sia us ato con valenza positiva9.
Insomm a , il caso di Tes eo e Ippolito rientra appieno nel
modello largamente prevalente a Roma, in cui il valore dei figli
si misura in rapporto a quello dei padri e a questi ultimi si riconosce la facolt di assumere, ove sia necess ario, i provvedimenti pi estremi per cancellare l anomalia del mancato adegu amento al modello. In questo senso, il Tes eo senecano che
condanna a morte il figlio degenere realizza certo un trat to
narrativo ineliminabile della saga mitica relativa a Ippolito, ma
al tempo stesso doveva facilmente richi am are alla mente dei
fruitori indigenidella tragedia le imm agini dei tanti padri rom ani che con altret tanta fermezza avevano san z ionato le deviazioni dei loro figli dal paradigma comportamentale del ge nus10.
Neppure meraviglia che ad essere def inito degenere sia
spec ificamente il sangue di Ippolito: nella cultura rom ana il sangue il veicolo, concreto e simbolico al tempo stesso, della continuit fra le genera z ioni ed evoca il pass aggio da padre a figlio
dei caratteri distintivi di una stirpe. qui che affonda le sue radici lossessione romana per ladulterio, inteso come minaccia in
grado di alterare la purez z a di quel sangue, di contaminarlo
at traverso il contatto con un sangue altro e diverso, con linevitabile cons eguenza di compromet tere quella continuit genera z ionale proprio nel delicato momento in cui essa si compie
nel ventre di una donna11.
Ma la cultura latina non offre solo una fenomenologia della degenera z ione: essa rif let te anche sulla sua ez iologia. Quest ultima emerge in particolare laddove la categoria impiegata per des c rivere il mutamento nel tempo di una collet tivit; an-

zi, i casi pi interess anti , in questo contesto, sono proprio quelli in cui a degeneraresono gruppi um ani pi vasti o sen z altro
interi popoli. Nelle nostre fonti, questo mutamento appare legato
sostan z i almente a due ordini di ragioni: il contatto con popolazioni inferiori o il trapi anto di un gruppo etnico in contesti
ambientali diversi da quelli di provenienza.
Al primo caso appartiene l es empio dei Germ ani di Tac ito. noto come allini z io del suo trat tato etnografico lo storico
latino si pronunci a favore dellautoctonia dei Germ ani e della
loro purezzarazziale,dovuta allassenza di mes colan ze con altri popoli12. Ci non toglie che in alcune aree di confine,laddove i Germani vengono a contatto con popolazioni esterne,si verif ichino forme di meticc i amento: dei Peuc ini, in particolare,
Tacito afferma che con matrimoni misti deturpano al quanto il
loro aspetto, rendendolo simile a quello dei Sarm ati 13. Agli
estremi conf ini del suo territorio, la rigida chiusura endogamicadella soc iet germ anica pres enta delle crepe e mostra segni di sfald amento.
Pi numerosi sono i casi appartenenti alla seconda tipologia, quella che potremmo def inire della degenera z ione per
trapi anto. Ben nota e ripetutamente evocata nelle fonti latine
ad es empio la degenera z ione dei soldati di Aless andro, e dello
stesso sovrano macedone, a contat to con la molle cultura
orientale; essa rigu arda gi la prima genera z ione di conquistatori, e coinvolge poi nei secoli successivi i Greci ins edi atisi nelle nuove metropoli del vasto impero, che sono degenerati diventando Parti ,Siri, Egizi14.Sorte non diversa,peraltro,da quella dei soldati rom ani delles ercito di Crasso presi prigionieri e
poi assimilati dai Parti , almeno a credere a Ora z io, o dei Romani passati , una genera z ione pi tardi , al servizio di Cleopatra15.
Ma la pagina pi interessante sull argomento quella in
cui Livio caratterizza i Galli dAsia Minore, o Gallogrec i , in occasione della campagna condot ta in quello scacchiere dai Romani allini z io del II secolo a.C. Ibridi gi nel nome che li desi-

gna, i Gallogreci sono un popolo misto e adulterato, per il


quale il contatto con la pi mollecivilt greca e della grec it
dAsia, per di pi ha comportato lappannamento delle originarie caratteristiche di ferocia guerriera : nella allocu z ione ai
soldati che precede lo scontro, il console Manlio Vulsone ricorda che a suo tempo Marco Manlio, da solo, ha cacc i ato gi dal
Campidoglio il plotone di Galli che cercava di scalarlo, quindi
aggiunge: e i nostri antenati avevano a che fare con Galli non
spuri , nati nella loro terra; questi invece sono orm ai degenerati , mes colati , come denuncia il loro stesso nome di Gallogreci16. I Galli che avevano a suo tempo aggredito Roma erano
insomma genuini, in quanto provenienti dalla loro terra; quelli nati nel mite contesto dellAsia Minore sono orm ai un popolo bastardo e ben poco temibile.
La migra z ione di un gruppo etnico in sedi diverse da quelle di origine sembra insomma comportare necessari amente una
sua degenera z ione: al punto che laddove questo non avviene,si
sente il bisogno di fornire una giustifica z ione dellanom alia.
Un chi aro es empio al rigu ardo offerto ancora dai Galli ,
una popolazione sulla quale la riflessione etnograf ica romana
ha avuto modo di es ercitarsi lungamente; si trat ta in questo caso dei gruppi di Celti migrati in Britannia, a proposito dei qu ali cos si esprime Tacito:
Quelli che abitano le regioni pi vic ine ai Galli rassomigli ano loro anche nell aspetto, o perch perdura nel
tempo linflusso del luogo di provenienza o perch, ess endo la Gallia e la Britannia tra loro molto vic ine, il
clima confer ai corpi il medesimo aspetto17.

Questo passo estrem amente interess ante perch def inisce ef f icacemente la di alet tica che si at tiva allorch un popolo
muta sede : i poli di questa di alet tica sono rappres entati da un lato dalla vis originis, dunque l indole innata , le caratteristiche

proprie del gruppo etnico, quelle che esso porta con s dal luogo di provenienza, d all altro dalla positio caeli, l ambiente nel
quale il gruppo si ins edi a . Nel caso particolare dei Britanni di
origine gallica queste due componenti non entrano in conf litto
fra loro, perch il contesto geografico e climatico dellisola sostan z i almente analogo a quello della Galli a , impedendo cos il
processo degenerativo; ma si trat ta , appunto, di un eccez ione:
qu ando la vis originis incontra un ambiente geograf ico, ma
anche culturale profond amente diverso da quello di provenienza, allora le caratteristiche di partenza sono destinate a cedere di fronte alla pressione assimilatrice es ercitata dal luogo di
arrivo. Lidentit etnica appare insomma agli occhi dei Romani
una strut tura tutt altro che rigida e segnata anzi da una forte
permeabilit al contesto ambientale18.
Da questo punto di vista , la degenera z ione per trapi anto cui vanno incontro i gruppi um ani parte di un fenomeno
univers ale, che si svolge secondo mod alit analoghe anche nel
mondo vegetale e animale : nel caso delle messi, ad es empio, oppure del besti ame, nella cons erva z ione del carat tere il seme
non ha tanta forza quanta ne hanno le propriet della terra e del
clima in cui viene nutrito19.Anche in questi casi dunque la negoz i a z ione tra forza d inerzia dellidentit di partenza e pressione assimilatrice del contesto di accoglienza si risolve in una
dec isa prevalenza di questultimo: Qu alsiasi cosa nas ca nel proprio ambiente pi autentica ; ci che seminato in una sede
estranea degenera , perch la sua natura si cambia in ci da cui
viene nutrito20. Cicerone, a sua volta , afferma che i mores negli uomini non nas cono tanto dalla famiglia e dal s eme della
propria stirpe, quanto da quelle circostan ze che la natura stessa ci fornisce per vivere, da cui si amo nutriti e gra z ie alle qu ali
vivi amo 21; e Gellio fa notare che anche negli alberi e nelle
messi sono per lo pi maggiori , per diminuire o acc res cere le
loro qu alit naturali (indoles) ,la forza e la potenza delle acque e
delle terre che li alimentano, che non quelle del seme stesso, e

spesso potresti vedere che un albero rigoglioso e splendido, trapiantato in un altro luogo, perito a causa dellumore di un terreno peggiore22.
A dire il vero, occasionali at testa z ioni della tesi opposta
non mancano: in un frammento dellAtreus di Acc io un personaggio osserva che anche se i buoni semi sono stati get tati in un
campo scadente, tut tavia essi da s, per la loro propria natura ,
danno poi splendidi frut ti 23. Saremmo dunque di fronte ad un
caso in cui a prevalere proprio la vis originis; per significativo che Cicerone stronchi questa afferm a z ione con un drastico
falsumque illud Acci24.
2. stato supposto, con molta verosimigli anza, che i versi
appena citati dellAtreus allud ano a un adulterio: quello ben
noto alle scene teatrali antiche consum ato da Tieste con la
moglie del fratello Atreo e dal qu ale muove tutta la torbida saga
dei Pelopidi.
Nella cultura antica ,limpiego di metafore vegetali per des c rivere i processi della riprodu z ione um ana in ef fet ti largamente dif fuso : non c solo lovvia assimila z ione linguistica e
concet tu ale tra il seme di alberi e pi ante e il seme um ano, ma
anche la tendenza a rappres entare il rapporto sessu ale nei termini di una aratura e i genitali femminili alla stregua di un
campoda seminare: al punto che la stessa formula con la quale in Grecia veniva promessa in sposa una figlia al futuro marito parlava let teralmente di aratura dei figli legit timi25.Un campo metaforico ben noto anche a Roma, se si pensa a quel personaggio plautino che volendo censurare un marito troppo incline alle relazioni con le cortigi ane,non trova di meglio che osservare come quel s enex libidinosus ara un campo che non gli
appartiene e lascia incolto quello di famigli a 26.
L inters cambiabilit di categorie, nozioni e imm agini tra
la semina di un campo e quella del ventre femminile induce anzi a chiedersi cosa accade quando un seme mas chile superiore

viene deposto in una terrafemminile per una qu alsiasi ragione inferiore. Sulla base del modello che abbiamo sin qui tratteggi ato, la conclusione sembra inevitabile: quel seme degenera,
oblitera la vis originis,le sue caratteristiche innate, la sua identit, per acquisire la natura del terreno che lo ospita.
3. Provi amo, a questo punto, a tornare ai versi di Seneca
d ai qu ali si amo partiti . Ippolito, ben noto, il figlio dell Am a z zone, il frut to dellunione in Seneca un matrimonio pienamente legit timo tra l eroe ateniese e la regina delle donne
guerriere27.
Se si volesse des c rivere quel matrimonio, e il successivo
concepimento di Ippolito, impiegando le categorie elaborate
d alla cultura latina, si potrebbe dire che fra Tes eo e Antiope si
verificato un duplice scambio: da un lato c la rappres entante di
un popolo quantaltri mai barbaro, posto agli antipodi della grecit, anzi della cultura tout court, che ha mutato suolo, trasferendosi nella civilissima Atene; d allaltro, e rec iprocamente, c
un seme, quello di Tes eo, pi antato, come in un campo, nellutero della Am a z zone. Es amini amo dunque separatamente l esito
di questo doppio scambio.
A proposito del primo, Tes eo si esprime negli ultimi versi
che abbiamo riportato: il taetrum genus cui lAmazzone appartiene si mostrato refrattario a las c i arsi vincere dalla lex melio ris soli, al punto da rendere incerto se sia stata la Graia tellus a
nutrire Ippolito o piuttosto il Tauro e il Fasi, luoghi antonomastici della barbarie28. Nel caso di Antiope infat ti linflusso che il
terrenoes ercita di norma sul seme appare inoperante: nell Amazzone la vis originis s embra aver avuto la prevalenza sulla po sitio caeli, la capacit di assimilazione del nuovo contesto culturale non stata suffic ientemente forte.Al contrario dei Galli di
Livio, le Amazzoni appaiono dotate di unidentit particolarmente forte,in grado di opporre una resistenza vincente all influenza dell ambiente di arrivo.

Alla medesima conclusione si arriva es aminando il secondo trapianto, quello del seme di Tes eo nel corpo dell Am a zzone. Lungi dall essere un mero contenitore, un tramite as ettico e ininfluente,il corpo di Antiope si mostrato infatti ben altrimenti at tivo, rivelandosi capace di modellare in profondit il
nuovo nato, di imprimervi le caratteristiche del genus materno.
Ancora una volta lidentit amazzonicafa aggio su quella greca , fino a roves c i are lasse culturalmente marcato della rassomigli anza, quello che privilegia la continuit rispet to al padre,
per dare invece visibilit alla rela z ione madre - f iglio.
4. Nella cultura rom ana infatti e gi , in forme par z i almente analoghe, in quella greca la rassomigli anza che conta ,
quella che def inis ce la legit timit di una dis cendenza e che vale
a inquadrare il singolo individuo nella ligne della discendenza,
quella patrilineare: alla madre si chiede invece di scomparire,
s intende dopo aver svolto il ruolo che le compete allinterno dei
meccanismi della riproduzione biologica e soc i ale; un figlio che
rassomiglia a suo padre evoca , certo, anche la madre e la sua
pudiciti a,ma tale evoca z ione si realizza in absenti a: la virt coniugale della donna si inferisce dal suo ess ere invisibile nei tratti somatici del nuovo nato, a dimostra z ione che la trasmissione
del sangue lungo la linea mas chile av venuta senza l interferenza di s angui esterni29.
In questo quadro, le parole di Tes eo la razza ritorna al
suo ceppo e il sangue degenere rif let te la sua prima origine ,
per citare la bella versione di Alfonso Traina appaiono allora
piuttosto sconcertanti. Il verbo refero, comune a questo genere
di contesti , lo stesso per limitarsi al caso pi celebre cui ricorre Didone allorch rimpi ange che Enea non le abbia las c i ato un figlio che riproduca nel viso le fattez ze di suo padre30,
esprime lidea della rassomigli anza come s egno, come dato che
rimanda a qualcos altro che sta prima; non per caso di un figlio
si pu dire a Roma che egli monumentum, qu alcuno che at-

tiva e rende pres ente il ricordo del padre31. Ippolito non sfugge
a questo statuto, anche i suoi trat ti comportamentali rim and ano in modo inequivocabile alla stirps e ai suoi auctores, solo che
qui essi sono rappres entati da una donna: la rassomigli anza ma terna occupa per intero il quadro, come se la figura del padre
fosse stata del tut to obliterata . In questo caso, a scomparire
non stata la madre; al contrario, Tes eo a risultare irreperibile,mentre il comportamento del figlio sembra riprodurre puntu almente quello della stirpe cui appartiene in linea materna32.
E anche qu ando la somigli anza con il padre viene evocata , in
altri punti della tragedi a , essa concerne es clusivamente la bellezza di Ippolito ovvero proprio quel tratto che di norma viene ricondotto invece allinfluenza della madre33.
Quanto agli altri termini impiegati da Tes eo, quella di stirps
propri amente tronco,radice una delle numerose metafore arboricole pres enti nel lingu aggio latino della genealogia: in questo ambito il termine indica la gentis propagatio, la
discendenza allinterno del gruppo gentilizio ut quis a quoque est
prognatus, dunque secondo l ordinata successione delle genera z ioni34. La stirpe, stato scritto, rappres entata come una
pi anta, o un insieme di pi ante del tutto omogenee,che derivano
comunque organicamente da ununica radice,un unico ceppo :
da una stirps, appunto35.
Se questo vero, allora qu anto meno singolare che questa imm agine sia riferita ad una donna: a qu alcuno cio che,secondo una nota def inizione del giurista Ulpiano, era ini z ioe fine della propria famiglia, dunque incapace in senso culturale, sintende di produrre discenden z a , di fare stirpe36.
N considera z ioni diverse valgono a proposito di auctor.
Recentemente stata at tirata latten z ione sui numerosi passi
prevalentemente poetici nei qu ali auctor si usa per indicare
colui che si pone all origine di una stirpe : lauctor di una stirpe non mai una persona qu alsi asi. La sua nobilt regolarmente espressa []: si trat ta regolarmente di un personaggio

mitologico, di una divinit, di un grande uomo del pass ato, e


cos vi a 37.
Un grande uomo del passato: perch lauctor,colui che costituisce la stirps, la radice, il primum d al qu ale si diparte una
catena di dis cendenti , non pu , a sua volta, che ess ere un uomo. Auctor un nomen agentis privo di equivalente femminile
non per una casu ale lacuna linguistica , ma perch la sua funzione marcata sul pi ano del genere: una auctoritas delle madri,
o delle donne in genere, a Roma semplicemente non esiste38.
Come si spiega questa anom alia? Una possibile risposta
quella suggerita dallanalisi sin qui condotta: nellincontro fra
un seme nobile e un suolo deteriore, invari abilmente questultimo a trascinare verso il bassoil frutto del seme, facendolo
de- generare; nel caso spec ifico, la sovradeterminazione identitari a dellAmazzone comporta la sua prevalenza nella complessa negoziazione delle rassomigli an ze. Ma forse a questa prima spiega z ione se ne pu af f i ancare unaltra : tempo infat ti di
chiam are in causa la seconda men z ione di un s angue degenere nella tradi z ione let teraria latina .
5. Partenopeo uno dei giovani e sfortunati eroi destinati a prendere parte alla spedi z ione dei Set te contro Tebe,che sar loro fatale.Sua madre Atalanta a sua volta una eroina virile e selvaggia cres c iuta nella natura39, una donna ostinatamente legata alla fase selvaggi adella sua vita, [] che rifiuta il
matrimonio e la maternit e si comporta come un giovane efebo, cacciando, facendo la guerra e gareggiando nei giochi , insomma un personaggio inquietante,amazzonico40. In ef fet ti ,
le analogie tra un eroina come Atalanta e le Amazzoni sono numerose: oltre alla predilez ione per gli spazi selvaggi ,Atalanta ha
espress amente ripudi ato il proprio sesso, assumendo trat ti e
comportamenti dec is amente mascolini41; inoltre abilissima
nell uso di arco e frecce, che sono proprio le armi che la tradizione let teraria e iconograf ica associa stabilmente alle Am a z-

zoni, delle qu ali si diceva ,come noto, che si rec idessero un seno (o addirittura entrambi) per essere in grado di maneggiare
il gi avellotto o di tirare pi agevolmente con larco42. Infine,come le Amazzoni Atalanta ha un rapporto di evitamento, se non
di aperta ostilit, nei confronti del mondo mas chile: secondo la
versione canonica del mito, l eroina af frontava i suoi pretendenti in una gara di corsa che sfociava nell immedi ata es ecuzione dello sconfitto. Nella vicenda di Atalanta persino il ruolo,
anzi la stessa identit del padre di Partenopeo restano piut tosto in ombra; l unione dalla qu ale nato il giovane guerriero
solo una colpa , un connubio odioso, un inc idente sgradevole e presto rimosso43.
Vedi amo ora come nella Tebaide di Sta z ioAtalanta rievochi linfanzia del figlio :
egli non ha degenerato dal mio
sangue, ma subito strisci verso il mio arco,e ancora bambino
con il pi anto e le prime parole pretese le frecce45.

Il piccolo Partenopeo, appena venuto al mondo, mostra


gi uno spiccato interesse per arco e frecce,armi predilet te della madre,evocate da Sta z io appena pochi versi prima45.Atalanta ha dunque buon gioco nel sottolineare come il neonato dimostri di non essere degener; il comportamento di Partenopeo
diventa la prova inconfutabile che il suo sangue il medesimo
del genus cui appartiene o meglio, il medesimo della madre,
della qu ale ripete infat ti le caratteristiche identif icanti . Viene il
sospet to che Stazio avesse in mente le parole pronunciate da Tes eo nella Phaedra senecana: non solo perch lespressione de gener sanguinis ricorda molto da vicino il degener sanguis di Ippolito e si trat ta , come abbiamo visto, di una locu z ione rarissima in latino , ma soprat tut to perch in entrambi i casi si amo di fronte a giovani eroi che si caratteri z z ano per una puntu ale qu anto inconsueta rassomigli anza m aterna 46. Una rasso-

migli anza che infatti appare degenere agli occhi del padre Tes eo,non degenere alla m adre Atalanta.
6. Tanto Atalanta qu anto le Am a z zoni esprimono una declina z ione del femminile che ha bandito dal proprio ori z zonte
il rapporto culturalmente regolato con il sesso opposto, i foede ra Veneris, come si esprime ancora Tes eo. Lo scarto dalla regola pu manifestarsi nella forma del difet to rimozione del matrimonio, rinuncia alla sessu alit ma anche in quella dell eccesso sfida arm ata e finale predominio sul mondo mas chile.
Non a caso Proper z io, nell elegia proemi ale dell intera sua raccolta , selez iona proprio la figura di Atalanta come correlativo
mitico della domina, lam ante elegiaca che assogget ta lamato a
una dura e mortif icante schiavit damore, identif icando piuttosto se stesso nella figura di Milanione, costret to all umili ante
sequela della crudele figlia di Iaso , da lui accompagnata nelle bat tute di caccia o aiutata a stanare le fiere47. Una forma di
assogget tamento meno cruenta rispet to allucc isione dei pretendenti della versione pi dif fus a , ma altret tanto indicativa di
una rela z ione tra i sessi rovesciata rispet to alle pres c ri z ioni del
codice culturale.
Una simile compres enza di difet to ed eccesso nella relaz ione con il maschile si ris contra anche a proposito delle Amazzoni.A seconda delle varianti del mito quella amazzonica appare
come una soc iet di sole donne, oppure nella qu ale gli uomini
sono destinati a fun z ioni considerate altrove propri amente femminili come l accudimento dei figli , la nutri z ione, la cura della
cas a .Inoltre, secondo una notizia testimoniata per noi da Strabone,ogni primavera le Amazzoni salgono sulla montagna che
le separa dal popolo conf inante dei Gargari, specularmente
composto di soli maschi, e si abbandonano per due mesi ad una
sorta di amplesso plurimo e indif ferenziato che costituis ce la
nega z ione speculare dell unione regolata dal matrimonio per
laratura di figli legit timi , pres entandosi piuttosto nei termini

di una sessu alit anim ale e pre-culturale : probabilmente questa la vari ante che ha in mente Seneca quando parla di una gente che odia i Veneris foedera e prostituisce populis il corpo a lungo mantenuto casto (vv. 910-11) 48. I figli mas chi nati da questi
amplessi vengono eliminati o,s econdo una versione appena pi
benevola ,assogget tati ad atroci mutila z ioni, in una sorta di infanticidio selet tivoalla rovescia, in cui ad essere privilegi ate sono proprio le bambine: perci la nutrice di Fedra pu ricord are a Ippolito di ess ere lunico puer di quella stirpe49.
Insomm a ,Atalanta e le Am a z zoni sono lespressione di un
mondo nel qu ale la gerarchia fra i sessi e le prerogative loro riconos c iute dal codice culturale appaiono sistem aticamente rovesciate. In questo contesto, come se anche le regole che sovrintendono alla corret ta trasmissione delle rassomiglianze lungo la linea di discendenza subiss ero un analogo ribaltamento: a
prevalere la rassomigli anza sull asse materno, mentre i tratti
paterni risultano marginali o sen zaltro assenti, secondo una logica che perfet tamente isotopica a quella che pi in generale
vede l elimina z ione o la forte marginali z z a z ione del mas chile
d alla soc iet delle Am a z zoni come dalla vita di Atalanta. In un
mondo dominato da donne guerriere e vergini cacciatrici,anche
le leggi della genetica sono coinvolte in questo sconcertante rovesciamento culturale.
7. Ma torni amo a Teseo e al suo tentativo (frustrato, per
come gli appare alla fine della tragedia) di addomesticarelalterit rappres entata dalla barbarie am a z zonica . In prima istanza, va det to che da questo punto di vista leroe ateniese tende a
ripetere un errore gi commesso : anche Fedra infat ti , la moglie
che ha sostituito Antiope, una donna in qu alche modo dei
margini: non proviene dal mondo esterno alla grec it, certo,
bens dall isola che i Greci stessi consideravano l incunabolo
della loro cultura , eppure anchessa portatrice di unalterit
inquietante e minacc iosa50. Se infat ti le Am a z zoni esprimono

una sessu alit pre-culturale, tanto nella forma dell eccesso le


unioni indis c riminate con i Gargari che del difet to la prolungata astinenza e il rif iuto del matrimonio culturalmente regolato , anche le donne di Creta , come si esprime la nutrice di
Fedra , violano le leggi della natura ogni volta che am ano51:
da Ari anna che aiuta leroe straniero ad uccidere un fratellastro
e poi fugge con lui , a Pasifae che si congiunge con il toro, a Fedra stessa, fino al personaggio ovidi ano di Ifi, protagonista di
una vicenda di amore omosessuale femminile nel qu ale lei stessa percepis ce leffet to di una sorta di coazione a ripetere incombente sulle donne cretesi52.
Non un caso che anche di Fedra si sot tolinei espress amente proprio lascendenza materna: come nel caso di Ippolito,
anche Fedra una figlia che rassomiglia a sua madre, riprendendone il tratto che pi di ogni altro marca Pasifae nella saga
mitica che la vede protagonista :
riconosco il male fatale della madre infelice:
il nostro amore ha appreso a peccare nei boschi53.

Questo peccato originale di Fedra, questo fatale malum


che incombe sulla sua stirpe non stato cancellato dal matrimonio con Tes eo e dal trasferimento ad Atene al seguito dell eroe : anche per lei , come per Ippolito, vale la constata z ione che il
taetrum genus non stato vinto dalla lex melioris soli una speranza poco plausibile, se persino le leges naturae, come si visto,
vengono meno allorch una donna di Creta ama.
Da questo punto di vista , i personaggi di Fedra e Ippolito
sono ass ai pi vic ini di qu anto possa apparire ad un primo
sguardo: entrambi portatori di un alterit che deriva loro dalla
dis cendenza materna, entrambi espressione di una sessu alit
ribelle alle regole culturali che questo avvenga nel senso di
una passione eccessivao viceversa del rif iuto altret tanto inaccet tabile di ogni forma di rela z ione tra i sessi , entrambi re-

frat tari a sottomet tersi alle regole di una terra migliore, regole espresse in entrambi i casi parte per il tutto dal matrimonio (quello che gi nella tradi z ione greca unisce Tes eo a Fedra e
quello che nel solo Seneca , e non sar caso, aveva legato ancora
Tes eo e Antiope ) .Essi sono l espressione di un proget to di assimila z ione fallito: il tentativo di addomesticare la barbarie inglobandola in un contesto civilee razionalerisulta frustrato,
perch il furor un termine chiave di Seneca tragico in generale e della Fedra in particolare,non a caso applicato tanto a Fedra
qu anto alle Am a z zoni e allo stesso Ippolito ha una sua vischiosit, una inerzia che si oppone vittorios amente a qu alsiasi
tentativo di controllo e di sradicamento54.
8. Due conclusioni al termine di questo percorso selet tivo
nella tragedia senecana. Che la Fedra possa ess ere let ta alla luce
della di alet tica tra furor e ratio stato pi volte rilevato dagli
studiosi, spec ie nell ambito del dibattito circa linfluenza della filosofia stoica sulla dramm aturgia senecana55. Non stato invece oss ervato, se non erro, che nel dramma in questione tale di alet tica si rif let te anche nell uso simbolico dello spa z io :Atene, la
citt f ilosofica per eccellenza nellimm aginario della cultura
greco - romana,la patria dello stoicismo, diventa fac ilmente metonimia della ra z ionalit, allegoria di un cosmo ordinato regolato da leggi; un cosmo che tenta ripetutamente con Antiope
prim a , con Fedra poi di assimilare a s il caos che si agita ai
suoi margini,portatore di un alterit che rappresenta in modi diversi la nega z ione di quell ordine e di quelle leggi, ma che in
questo tentativo ripetutamente fallisce: tanto lidentit cretes e
di Fedra che quella amazzonica di Antiope e quindi di Ippolito
si rivelano infat ti refrat tarie a questo processo di assimila z ione,
dimostrano una inerzia che resiste alle pressioni normali z z atrici messe in campo dalla legge di una terra migliore. Il furor
ha la prevalenza pur non combattendo sul proprio terreno, nel
contesto culturale di origine, ma in un ambiente che tendereb-

be a imbrigli arlo, a neutrali z z aelo e inf ine a estirparlo: al contrario dei Gallogreci dAsi a , cos diversi dai Galli in sua sede ge niti, il furor non perde la sua forza per il fatto di esplicarsi lontano
da cas a .Lincapacit della Graia tellus di avere la meglio sui mostri del Tauro e del Fasi e l evoca z ione implicita di Medea non
casu ale, non solo per la parentela che la lega a Fedra , ma soprattut to perch espressione anchessa di un tentativo tragicamente fallito di assimilare la straniera diventa imm agine di
una resa senza condi z ioni della ragione.
Il sangue degenere di Ippolito rappres enta dunque e
questa la seconda possibile conclusione della nostra indagine
una tappa ulteriore di quella esplora z ione a tutto campo condotta da Seneca at traverso ogni possibile distorsione della parentela : la qu ale appare davvero, in questo corpus tragico, come
il punto di coagulo del caos, il buco nero in cui collassa ogni illusione di dominio dalla ragione.Il venir meno di tutte le regole che dis c iplinano il buon uso della parentelaassume,da una
tragedia allaltra, le forme pi varie: padri che divorano i propri
f igli oppure li maledicono e ne provocano la morte, madri che
li ucc idono, eroi in preda alla follia che li sterminano, incesti
consum ati o auspicati, conflit ti allultimo sangue tra fratelli ,parric idi , adulteri, matricidi , non esiste virtu almente articolazione
del complesso universo parentale che si sot tragga a questo impa z z imento56. Una simile persevera z ione dif f icilmente pu ess ere casuale : se vero infatti che questi racconti provengono
tut ti dallo sterminato patrimonio del mito greco, altret tanto innegabile che spet ta solo a Seneca la scelta di quei miti a preferenza di altri dotati di un pedigree culturale e let terario altrettanto rispet tabile.
Non questa probabilmente la sede per af frontare una tematica cos complessa. Non ci si sot trae tut tavia alla sens a z ione
che in questo teatro la parentela , assunta nel suo insieme, sti a
per qu alcos altro,che abbia, nel suo complesso, un valore metonimico. Con le sue regole e le sue tassonomie, le sue classifica-

10

zioni e i suoi percorsi, i suoi permessi e i suoi rigidi divieti , la


parentela si pres enta nel suo insieme come uno dei pi straordinari prodot ti culturali delle soc iet um ane, come un sistem a
di messa in form a delle rela z ioni estrem amente ef f icace ed
economico nella misura in cui organizza una pluralit molto
differenziata di rapporti impiegando un numero tutto somm ato ass ai ristret to di norme e interdi z ioni . I meccanismi elementari dellaggressione e del desiderio o, per dirla in termini stoici, del cosa dev ess ere cercato e cosa dev ess ere fuggito appaiono in questo universo dis c iplinati e incanalati lungo percorsi in cui i sensi vietati e le vie permesse sono stabiliti at traverso poche e semplici regole. legit timo provare furor per il
casto amore di Tes eo (v. 645),non consentito provare un analogo sentimento per un figli astro, legittimo ucc idere il nemico, non lo combattere contro un fratello. E cos via.
L universo della parentela si pres enta dunque come lapprossimazione pi credibile all immagine di un cosmo ordinato, dominato della ra z ionalit, cos caro alla sensibilit stoica e
simboleggiato nella Fedra , come abbiamo suggerito, da Atene.
Disarticolare quelluniverso,distorcerlo in ogni suo aspetto, violarne sistem aticamente le regole,dis attenderne una ad una tutte le norme diventa allora imm agine e allegoria di un furor che
pervicacemente fa aggio sulla ratio, di un disordine pre - culturale che lotta casa per casa contro lordine della cultura e alla fine prevale57.
Nella Fedra come nellEdipo, questo collasso della ra z ionalit raggiunge uno dei suoi vertic i . Se vera la ben nota afferm a z ione di Lvi-Strauss per la quale la proibizione dell incesto latto nel qu ale si conc retizza il passaggio dalla natura
alla cultura , allora la violazione di quel divieto il gesto estremo
di abdica z ione alla cultura e di ritorno alla natura . Nella follia di
Fedra e nel sangue degenere di Ippolito un intero proget to
di messa in forma del mondo ad ess ere sconf itto58.

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1. I commenti che ho consultato sono quelli di GIOMINI (1955b), GRIMAL (1965),


VIANSINO (1968), LAWALL-LAWALL-KUNKEL (19822), BOYLE (1987), COFFEY-MAYER (1990),
VIANSINO (1993), DE MEO (19952). Cf. inoltre le osservazioni sul passo di DAVIS (1983,
119-20, e in generale 117ss. su The Role of Heredity), BOYLE (1985, 1299 e 1325-26,
ripreso in BOYLE [1997, 60ss.]), SEGAL (1986, 110), MOTTO-CLARK (1988, 83-84). Quanto a
ZINTZEN (1960, 108), i paralleli suggeriti dallo studioso con Euripide sono
inconsistenti e la derivazione di questi versi dallIppolito velato una pura petizione
di principio; del resto, la terminologia impiegata da Seneca da auctor a stirps, da
degener a referre: lo vedremo in queste pagine profondamente radicata nella
cultura latina.
2. Stando al Thesaurus, il nesso degener sanguis ricompare solo in Boeth. Cons. 2,
4.
3. Cf. rispettivamente GRIMAL (1965) e VIANSINO (1993, vol. I, tomo 2) ad l.Appena
meno laconico VIANSINO (1968, 169): ha ripudiato il carattere paterno per adattarsi
a quello materno. Elusivo sul punto GIOMINI (1955a, 83-84 e 1955b) ad l. Ricordo
come curiosit che il domenicano Trevet, nel XIV secolo, annotava a degener
scilicet a bonis moribus (TREVET [2004, ad l.]).
4. In questa sede posso solo accennare ad una riflessione che sviluppo pi
ampiamente in LENTANO (in corso di stampa), cui mi permetto di rimandare.
5. Serv. ad Verg. Aen. II 549: non respondens moribus patris.
6. August. Serm. CXXXIX: si dicam filio alicuius,degener, non es similis patri tuo:
degener, non hoc es quod pater (in Patrologia Latina, vol. XXXVIII, col. 772 ma tutta
la discussione su degener alle coll. 771-72 interessante).
7. Ai passi citati si possono aggiungere Cic. Prov.18 (i Gracchi hanno degenerato
a gravitate patria); Prop. IV 1, 77-79 (rispetto a padre, nonno paterno e antenato); Ov.
Met. XI 315 (Autolico, figlio di Ermes, patriae non degener artis); Liv. XXII 14, 8
(tantum, pro!, degeneravimus a patribus nostris); Man. IV 77 (degenerant nati patribus);
Tac. Ann. I 40, 3 (cum se divo Augusto ortam neque degenerem ad pericula testaretur,
di Agrippina, figlia di Giulia, che per valuta la degenerazione, in questo caso
negata, comunque a partire da una figura maschile); Apul. Apol. 24 (il retore di
Madaura non ha degenerato da suo padre); Iust. XII 4, 1 (Alessandro rispetto a
Filippo); Rut. Nam. I 591-92 (fortuna politica di Rutilio non degenere rispetto a
quella del padre); Sid. Ep.I 7, 7 (degeneres et praefectoriis patribus indigni); ecc.
8. CIL I2 15 (= ILS 6 = ILLRP 316 = COURTNEY [1995, n. 13, con commento alle pp.
228-29]): virtutes generis mieis moribus accumulavi,/ progeniem genui, facta patris
petiei. / Maiorum optinui laudem ut sibei me esse creatum / laetentur: stirpem
nobilitavit honor.
9. Le eccezioni non sono pi di quattro o cinque in tutto larco della latinit: si
tratta di due casi ciceroniani e di qualche altro in Ennodio, il dotto vescovo di Pavia
contemporaneo di Teoderico, dunque ormai al tramonto del mondo antico. Il
primo compare in Cic. Div. I 6, dove di Panezio si dice che a Stoicis degeneravit
per le sue perplessit in merito alla divinazione, difesa invece a tutto campo
dallortodossia di scuola: dunque, pi che di un significato positivo, si dovr parlare
di senso non negativo, come fa TIMPANARO (1988) ad l., che infatti traduce nel
testo si discost (altrove in Cicerone degenerare detto di filosofi ha sempre il
senso atteso di corrompere loriginaria dottrina della scuola: cos in Tusc. II 60 e fin.
V 13). Il secondo caso si trova in Cic. Ver. III 159 a proposito del figlio di Verre:
evidentemente,solo nel caso in cui la figura paterna fortemente screditata
essere dissimili da questultima pu rappresentare un titolo di merito.
10. Contra SOLIMANO (1986, 97). Sulle ben note vicende di padri romani che
uccidono o bandiscono i propri figli rimando a quanto osservavo in LENTANO
(2006).
11. Sul valore del sangue come veicolo dellidentit individuale nella cultura
latina e sulladulterio come contaminazione del sangue sono imprescindibili gli

13

studi di GUASTELLA (1985), MENCACCI (1986), BELTRAMI (1998).


12. Tac. Ger. 2, 1: ipsos Germanos indigenas crediderim minimeque aliarum gentium
adventibus et hospitiis mixtos; 4, 1: ipse eorum opinionibus accedo, qui Germaniae
populos nullis [aliis] aliarum nationum conubiis infectos propriam et sinceram et
tantum sui similem gentem extitisse arbitrantur.
13. Tac. Ger. 46, 1: conubiis mixtis nonnihil in Sarmatarum habitum foedantur (trad.
di R. Oniga). Sulla percezione e rappresentazione dei Germani nella cultura latina si
scritto molto, sia in opere generali sul pensiero etnografico antico che in lavori
specifici: fra i lavori recenti cf. ONIGA (1998), BORCA (2004) e ora TIMPE (2006, 19ss.).
14. Cf. Liv. IX 18, 2-3: qui si ex habitu novae fortunae novique, ut ita dicam,ingenii
quod sibi victor induerat spectetur, Dareo magis similis quam Alexandro in Italiam
venisset et exercitum Macedoniae oblitum degenerantemque iam in Persarum mores
adduxisset; XXXVIII 17, 11: Macedones, qui Alexandream in Aegypto, qui Seleuciam ac
Babyloniam, quique alias sparsas per orbem terrarum colonias habent,in Syros Parthos
Aegyptios degenerarunt (accanto ai Macedoni Livio cita i Greci di Marsiglia,
influenzati dai Galli da cui sono circondati, e quelli di Taranto, che hanno smarrito
la severit e la durezzadelle loro remote origini spartane); Curt.VIII 5, 14: in
peregrinos externosque ritus degenerare; IX 3, 10: vestem Persicam induimus in
externum degeneravimus cultum; Iust. XII 4, 1: inter haec indignatio omnium totis
castris erat,a Philippo illum patre tantum degenerasse, ut etiam patriae nomen eiuraret
moresque Persarum adsumeret, quos propter tales mores vicerat.
15. Per il miles Crassi cf. Hor. Carm. III 6, 5-12, di cui mi sono occupato pi volte, da
ultimo in LENTANO (2001).
16. Liv. XXXVIII 17, 9: iam M. Manlius unus agmine scandentes in Capitolium detrusit
Gallos. Et illis maioribus nostris cum haud dubiis Gallis, in sua terra genitis,res erat; hi
iam degeneres sunt, mixti, et Gallograeci vere, quod appellantur. A Livio fa eco Flor.
Epit. I 27: ceterum gens Gallograecorum, sicut ipsum nomen indicio est, mixta et
adulterata est. In casi come questi in effetti lo stesso carattere composto
delletnonimo denuncia la natura mista e ibrida del popolo che lo porta: cf. ad
esempio la denominazione Libyphoenices, mixtum Punicum Afris genus (Liv. XIII 21,
3; cf. XXV 40, 5 e Plin. Nat.V 24) o, in ambito greco, gli Ellenosciti di Hdt. IV 17, 1. In
generale cf. CASEVITZ (2001).
17. Tac. Ag. 11, 2: proximi Gallis et similes sunt, seu durante originis vi seu
procurrentibus in diversa terris positio caeli corporibus animum dedit.
18. La riflessione sul rapporto tra caratteristiche degli individui e dei popoli e
ambiente affonda le sue radici molto indietro nella cultura greca; a Roma essa si
sviluppa seguendo le dottrine di Posidonio, al quale si deve, a quanto pare, una
trattazione sistematica della materia e la definitiva messa a punto del modello
noto come determinismo geo-climatico. Una equilibrata esposizione
delletnografia posidoniana, dei suoi debiti con il pensiero greco precedente e
della sua influenza sulla cultura romana si legge in DIHLE (1983, in partic. pp. 197-98
per la categoria di degenerazione).
19. Liv. XXVIII 17, 10: sicut in frugibus pecudibusque non tantum semina ad
servandam indolem valent quantum terrae proprietas caelique sub quo aluntur mutat,
da confrontare anche in questo caso con Flor. Epit. I 27: reliquiae Gallorum, qui
Brenno duce vastaverant Graeciam,orientem secuti, in media Asiae parte sederunt;
itaque,uti frugum semina mutato solo degenerant,sic illa genuina feritas eorum
Asiatica amoenitate mollita est (per un confronto fra i passi paralleli di Livio e Floro
sui Gallogreci cf. SALMON [1997, 70-73] e ora FACCHINI TOSI [2005, 108-109]).Tra i
numerosi casi concreti relativi al mondo vegetale possiamo citare lavena,
considerata da Plinio una degenerazione del frumento e dellorzo; tra laltro, il
naturalista latino attribuisce questa forma viziata di frumento o alleffetto del
suolo e del clima oppure alla debolezza del seme, chiamando in causa ancora una
volta tanto fattori geneticiche ragioni di natura ambientale (XVIII 149: primum

14

omnium frumenti vitium avena est, et hordeum in eam degenerat Soli maxime
caelique umore hoc evenit vitium. Sequentem causam habet imbecillitas seminis).
20. Liv. XXXVIII 17, 13: generosius in sua quidquid sede gignitur; insitum alienae
terrae,in id quo alitur natura vertente se, degenerat.
21. Cic. Agr. II 95: non ingenerantur hominibus mores tam a stirpe generis ac
seminis quam ex eis rebus quae ab ipsa natura nobis ad vitae consuetudinem
suppeditantur, quibus alimur et vivimus (su cui ONIGA [1998, 106]).
22. Gel. XII 1, 16: in arboribus etiam et frugibus maior plerumque vis et potestas est
ad earum indolem vel detractandam vel augendam aquarum atque terrarum,quae
alunt, quam ipsius, quod iacitur, seminis,ac saepe videas arborem laetam et nitentem
in locum alium transpositam deterioris terrae suco deperisse. Interessante anche un
passo di Quint. XII 10, 19, dove a proposito delloratore attivo Eschine, che aveva
scelto Rodi come luogo di esilio, si osserva: intulit eo studia Athenarum, quae,velut
sata quaedam caelo terraque degenerant, saporem illum Atticum peregrino
miscuerunt.
23. Probae etsi in segetem sunt deteriorem datae / fruges, tamen ipsae suapte
natura enitent (Atreus, vv. 234-35 Ribbeck2 = fr. 7 Dangel = fr. 9 Baldarelli, cf. ora
BALDARELLI [2004, 221-23] e FANTHAM [2005, 66]).
24. Cic. Tusc. II 13.
25. Sul corpo femminile come campoo solcoda arare cf. DUBOIS (1988, 51ss.);
sullimpiego della metafora nel linguaggio latino del sesso cf. MONTERO CARTELLE
(19912, 38-43), ADAMS (1996, 115ss. e 197-98), URA VARELA (1997, 357-58); sulla formula
matrimoniale greca cf. ad esempio Men. Dysk. 842; Perik. 435-36; Sam. 726-27.
26. Pl. As. 874: fundum alienum arat, incultum familiarem deserit.
27. Questa differenza rispetto ai modelli Euripide, ma anche lOvidio della
quarta eroide stata pi volte osservata, cf. da ultima DEGLINNOCENTI PIERINI (2005,
specie pp. 468-69).
28. Da ultimo su questi versi cf. CASAMENTO (2005, 146-47).Temo invece di non
intendere le considerazioni che sul punto avanza SKOVGAARD-HANSEN (1968, 119).
29. Le eccezioni a questa regola i casi in cui cio ad essere enfatizzata la
rassomiglianza in linea materna sono poche e facilmente spiegabili: di norma,
come stato osservato, la rilevazione di tratti materni limitata alla sfera della
bellezza (BETTINI [1992, 234 n. 14]). Sul tema della rassomiglianza nella cultura
romana esiste ormai una bibliografia molto ampia; mi limito qui a rinviare a BETTINI
(1992, 211ss.), dove si trovano raccolti e commentati i testi pi significativi al
riguardo.
30. Verg. Aen. IV 328-29: si quis mihi parvulus aula / luderet Aeneas, qui te tamen
ore referret (con il commento, al solito generoso, di Pease). In Seneca cf. Tro. 647-48
(Andromaca a proposito di Astianatte): vivat, ut possit tuos / referre vultus. Anche
negli altri esempi di refero in relazione alla rassomiglianza il termine di confronto
sempre il padre, cf. Lucr. IV 1219 e 1224 (rassomiglianze quae patribus patres tradunt
a stirpe profecta, su cui cf. BETTINI [1992, 219]); Verg. Aen. XII 348 (nonno paterno e
padre); Liv. X 7, 3 (padre); Plin. Iun. Ep. V 16, 9 (padre).
31. Cf. in particolare Pl. Mil. 703-704: at illa laus est, magno in genere et in divitiis
maxumis / liberos hominem educare, generi monumentum et sibi.
32. Un aspetto, questultimo, rilevato gi in precedenza dalla nutrice di Fedra
(vv. 230-32): exosus omne feminae nomen fugit / immitis annos caelibi vitae dicat, /
conubia vitat: genus Amazonium scias.
33. Si tratta dei vv. 646ss., nei quali Fedra rivela al figliastro la sua passione (cf.
SOLIMANO [1986, 98-99]). Bene su questo punto SEGAL (1986, 109): his [scil.
Hippolytus] decus is not the masculine honor or glory of heroic exploits but the
physical beauty that is more frequently praised in women than in men and is a
dangerous possession for the latter.
34. Elio Gallo fr. 25 Funaioli (= Paul. Fest. 412 Lindsay): Gallu<s Aelius sic de>finit:

Stirp<s> est gent<is propagatio, ut> quis a quoque est prognat<us> (citato da
BELTRAMI [1998, 11 n. 14]).
35. BELTRAMI (1998, 29). Cf. anche la bella nota di BROWN (1987, 330) a Lucr. IV 1222.
36. Ulp. Dig. L 16, 195, 4: caput et finis familiare suae.
37. BETTINI (2000, XIX).
38. Lo spoglio da me condotto su tutte le 58 occorrenze di auctor nel senso di
generis conditor registrate dal Thesaurus da Cicerone ad Agostino (escluso il verso
di Seneca in questione) mostra come in due soli casi (si tratta di Ov. Fast. IV 24 e
Rut. Nam. I 67) il termine preveda (anche) un referente femminile: si tratta del
plurale auctores riferito a Marte e Venere come progenitori dei Romani dunque
una situazione del tutto particolare.
39. SCARPI (1996, 577).
40. GUIDORIZZI (2000, 464).
41. Stat. Theb.IX 609: sexum indignata.
42. Le notizie essenziali sulle Amazzoni sono da ultimo raccolte da DOWDEN
(1997) e, con dotta leggerezza, da LONGO (2006, 141-59); della recezione del mito
nella cultura romana (ma con nessuna attenzione alla letteratura) si occupa LIOUGILLE (2006).
43. Cf. nellordine Stat. Theb. IX 617 (culpam), 613 (inviso cubili), 616 (animum
innupta remansi).
44. Stat. Theb. IX 619-21: nec degener ille / sanguinis inque meos reptavit protinus
arcus, / tela puer lacrimis et prima voce poposcit.
45. Stat. Theb. IX 588: hic arcus et fessa reponere tela. Cf. del resto lorgogliosa
rivendicazione di Partenopeo ai vv. 799-800 del medesimo libro: quid plura loquar?
Ferrum mea semper et arcus / mater habet,vestri feriunt cava tympana patres.
Limmagine delleroe che sin dalla primissima infanzia gioca con le armi che
impiegher poi da guerriero adulto topica, soprattutto nelle biografie di generali
e leader politici, ed riferita pressoch esclusivamente a personaggi maschili
(rimando ancora per lesemplificazione e la bibliografia al mio saggio in corso di
stampa); uneccezione che conferma la regola costituita dalla Camilla virgiliana
dunque ancora da un personaggio legato a doppio filo allanti-modello
amazzonico(cf. da ultimo FRATANTUONO [2005]).
46. Cf. IV 336-37 e IX 582. Si noti inoltre che Hyg. Fab. 270 inserisce Partenopeo in
una lista degli eroi pi belli, enfatizzando cos un tratto quello della bellezza,
appunto che come abbiamo visto si lega pressoch esclusivamente alla
rassomiglianza con la madre.
47. Prop. I 1, 9ss. Su Atalanta e Milanione cf. il classico VIDAL-NAQUET (1988, 14445).
48. Str. XI 5, 1, con le osservazioni di DOWDEN (1997, 115). Sulluso di immagini
animali per alludere ad una sessualit sregolata cf. ad esempio quanto Hdt. IV 180
osserva sugli Ausei della Libia: inoltre possiedono le donne in comune, senza
coabitare con esse, ma accoppiandosi a mo di bestie (trad. di A. Izzo dAccinni). I
figli nati da queste unioni sono letteralmente degeneres, in quanto privi di una
stirpe entro la quale collocarsi: il caso dei Garamanti, presso i quali filios matres
tantum recognoscunt e che proprio per questo inter omnes populos degeneres
habentur (Sol. XXX 2-3).
49. V. 577: testaris istud unicus gentis puer.
50. Bene sul punto DUPONT (1995, 169): la sauvagerie extrme et impossibile
des confins donne donc ses couleurs dans Phdre une sauvagerie mythologique
qui est celle de lAmazone, mre dHippolyte, et qui rencontre celle de Pasipha,
mre de Phdre.
51. Cf. vv. 175-77: prodigia totiens orbis insueta audiet, / natura totiens legibus cedet
suis, / quotiens amabit Cressa?
52. Da ultimo le saghe relative alle donne cretesi (limitatamente alla poesia

latina) sono state esaminate congiuntamente da ARMSTRONG (2005, in particolare


pp. 278ss. sulla tragedia senecana); su Ifi anche LMMLE (2005).
53. Vv. 113-14: fatale miserae matris agnosco malum: / peccare noster novit in silvis
amor.
54. Furor, parola cara a Seneca (123 occorrenze complessive, di cui oltre la met
nelle tragedie, cf. BORGO [1998, 79]), presente, con i suoi corradicali, 24 volte nella
sola Fedra, cf. MERZLAK (1983), GIANCOTTI (1985, passim), THVENAZ (2004).
55. A proposito della Phaedra si parlato in effetti ripetutamente di dramma
stoico, cf. tra gli altri MARTI (1945, 229-30), CROISILLE (1964, 300), LEFVRE (1969), LEEMAN
(1976), GIANCOTTI (1985, 188); scettici GRIMAL (1963, 314), BOYLE (1985, 1334), TSCHIEDEL
(1997, 337) e da ultimo, con argomenti pi speciosi che convincenti, HINE (2003).
56. Sarebbe interessante uno studio dinsieme su questi figli tragici senecani,
laltra faccia di quei figli benefattori, figli straordinari di cui parla MARCHESE (2005):
in questa incapacit di darsi una credibile continuit generazionale si manifesta
uno dei vicoli ciechi di questo asfittico universo drammaturgico.
57. Cf. PETRONE (1984, 85): il male del mondo, di cui si d esempio con i miti
tragici, visto nella violazione degli affetti familiari.
58. Il riferimento a Lvi-Strauss rimanda ovviamente alle Strutture elementari
della parentela (1947, 67): La proibizione dellincesto [] costituisce [] il passo
fondamentale grazie al quale, per il quale, e soprattutto nel quale, si compie il
passaggio dalla natura alla cultura. In che senso quello tra Ippolito e Fedra due
individui non legati da una relazione di sangue possa essere considerato un
incesto cf. BETTINI (2002).

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