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Il 56 ungherese fra storia e letteratura1

Come a tutti noto, gi prima della fine della seconda guerra mondiale le sorti
di gran parte dei paesi dellEuropa orientale erano gi state decise. Nellaccordo o
spartizione di Jalta anche lUngheria era stata assegnata alla sfera dinfluenza
sovietica. Dopo una breve quanto illusoria stagione di libert caratterizzata da un
sistema democratico e pluripartitico, sia pure condizionato e vigilato dalla presenza
delle forze militari doccupazione sovietiche, il Paese dei magiari allindomani del
cosiddetto fordulat ve, cio lanno della svolta a cavallo fra il 1947 e il 1948, si
avvi inesorabilmente verso la dittatura attraverso un vero e proprio colpo di stato
da parte del partito comunista ungherese impossessatosi dei gangli vitali dello stato
controllati dal ministero degli interni saldamente tenuto in mano comunista. A
prenderne atto in maniera definitiva ed inequivocabile fu, al pari di altri importanti
intellettuali e uomini politici ungheresi, Mihly Krolyi, lex primo presidente della
Repubblica democratica dUngheria nata nellautunno del 1918 sulle ceneri
dellimpero austro-ungarico. Lex conte, inviato nel 1949 a Parigi come ambasciatore
della neonata repubblica popolare ungherese, si rese perfettamente conto che in
Ungheria non cera pi spazio per quella democrazia, per la quale aveva vissuto e
combattuto lintera sua vita, e non potendo fare altrimenti, di l a poco scelse
definitivamente la via dellesilio.
Un feroce potere dittatoriale si instaurava in Ungheria, dove divennero di
norma il sequestro di persona, la privazione ingiustificata dei beni e la rovina
economica dei singoli e del Paese - come riconosceva la storica ungherese, di
estrazione socialista, Mria Ormos, in un convegno sulla rivoluzione ungherese del
1956 tenutosi nellUniversit di Udine nel 19932 - dove gli stessi sentimenti
personali, la morale quotidiana, la dignit umana venivano sottoposti allattenzione a
volte perfino morbosa, se non addirittura alla repressione, da parte dellapparato
statale identificato con quello del partito (come il regista Pl Gbor ha ben
rappresentato nel suo film intitolato Angi Vera del 1978), dove una politica
economica dissennata poneva in essere la distruzione del tessuto agricolo del Paese e
lo sradicamento di masse enormi di popolazione dalle proprie radici sociali e
culturali, nel nome e nel mito del forzoso potenziamento dellindustria pesante che
avrebbe portato alla realizzazione di vere cattedrali nel deserto, oggi in rovina o
Conferenza tenuta a Udine in data 11 marzo 2015 presso lauditorium di Palazzo Garzolini di ToppoWassermann, nellambito del progetto scientifico-didattico LUngheria vicina!, dal prof. Roberto
Ruspanti, professore ordinario di Lingua e letteratura ungherese, nonch direttore del Centro
Interuniversitario di Studi Ungheresi e sullEuropa Centro-Orientale, in sigla CISUECO
(http://host.uniroma3.it/associazioni/cisueco/ ).
2
Cfr.: M. Ormos, Dal primo al secondo governo Imre Nagy, in R. Ruspanti (a cura di), Ungheria 1956: la
cultura si interroga, Rubbettino, Soveria Mannelli 1996, p. 88.
1

abbandonate (se non riconvertite in musei, centri-congressi o altro). Nei primi anni
Cinquanta la dittatura di Mtys Rkosi (1892-1971), lomologo magiaro di Stalin,
con il corollario del culto della personalit, poneva in essere un sistema grottesco e
assurdo - cito sempre da Mria Ormos3 - che cozzava contro la stessa idea della
razionalit e dellumanesimo.
In questo contesto quale fu il ruolo che gli intellettuali ungheresi, filosofi,
sociologhi, scrittori, poeti (e via dicendo), svolsero nellUngheria comunista prima,
durante e dopo la rivoluzione democratica e patriottica del 1956 nei confronti del
potere totalitario? Vediamo di andare per ordine, facendo anche alcune importanti
puntualizzazioni.
Finita la seconda guerra mondiale, nel periodo compreso fra il 1945 e il 1948 la
maggioranza degli intellettuali ungheresi era piena di aspettative, di voglia di
cambiamento e di tante illusioni. Per questo motivo nel momento della presa del
potere da parte del partito comunista e della proclamazione della Repubblica
Popolare Ungherese nel 1949, gli intellettuali o, quanto meno, la maggioranza di loro
si schierarono apertamente dalla parte del nuovo regime. Questo lo affermo anche a
costo di provocare qualche mugugno di dissenso e forse di sorpresa e per sgombrare
subito il campo da equivoci.
Certamente non manc chi, fra gli intellettuali, si schier su posizioni di
compromesso, celando dietro questo atteggiamento la propria posizione di dissenso,
o, se si preferisce, di parziale assenso, o chi, pur non opponendosi al partito
comunista salito al potere, ma non condividendone la linea politica in generale e
quella culturale in particolare, si rifiut di collaborare, spesso riducendosi alla fame,
trincerandosi dietro uno sdegnoso silenzio ( il caso del poeta Lajos Kassk, 18871967, fondatore, negli anni Dieci del Novecento, dellavanguardia culturale magiara,
il quale, pur essendo comunista non produsse o, per meglio dire, non pubblic alcuna
opera per tutta lera stalinista, sdegnosamente arroccato sul principio che larte non
pu sottostare a nessun condizionamento politico fossanche quello condiviso
dallartista), o chi, infine, si ribell apertamente al partito comunista salito al potere,
finendo per scontare duramente il proprio atteggiamento (spesso con il carcere), a
meno che non scegliesse la via dura e dolorosa del volontario esilio manifestando il
proprio dissenso nei confronti del regime lavorando e pubblicando le proprie opere
allestero. Il pi famoso di tutti fra questi ultimi senza ombra di dubbio Sndor
Mrai (1900-1989), assurto solo in tempi recenti, ma purtroppo per lui, dopo la sua
morte, a grande fama internazionale. Riscoperto o forse, sarebbe meglio dire
scoperto, dopo la caduta del muro di Berlino, prima in Italia e poi in tutto il mondo e
nella sua stessa patria, dovera proibito fino alla met degli anni Ottanta, Mrai in
piena era kdriana veniva descritto a pagina 722 del volume VI (anno 1966) dello
Spenot (Spinacio: questo lappellativo che gli studenti universitari ungheresi
davano alla Storia della letteratura ungherese, edita dalla casa editrice
dellAccademia Ungherese delle Scienze, per via del colore verde delle copertine)
come uno scrittore introverso e borghese che disegna nei suoi romanzi situazioni
3

Cfr. Ibidem, p. 88.

intimiste diseducative per le masse e che per di pi, nel suo esilio dorato in paesi
capitalisti, denigra la propria patria socialista in scritti e pamphlet di pessimo gusto
vomitando ingiurie sul mondo aldil della cortina di ferro al prezzo del maggior
offerente dellOccidente. Memorabile un passo significativo del suo Diario 194519574, nel quale il grande scrittore ungherese, che visse alcuni anni in Italia, ricorda il
colloquio, da lui avuto a Napoli ai primi di febbraio del 1949 con Benedetto Croce.
Nel corso di quel colloquio Sndor Mrai che solo un anno prima in patria era stato
pesantemente attaccato da Gyrgy Lukcs (1885-1971), il noto ed ondivago filosofo
marxista ungherese, nel suo saggio intitolato j magyar kultrrt (Per una nuova
cultura ungherese, 1948), dove questi lo additava agli intellettuali magiari come un
pernicioso simbolo di borghesit indic chiaramente al grande filosofo italiano
quale sarebbe stata la sorte degli intellettuali ungheresi dopo la presa del potere da
parte dei comunisti in Ungheria.
I comunisti aveva esordito Benedetto Croce rispondendo ad alcune osservazioni di
Mrai non possono volere la libert; ed naturale. Sono despoti, non socialisti. Vede,
Mussolini fu un tiranno. I fascisti non mi hanno perseguitato per il solo motivo che volevano
far credere al mondo di non essere cos barbari, quali in realt erano. Ma io allepoca del
Fascismo ho vissuto, qui, in questa stanza, lavorando per me stesso. Cosa pensa, in un Paese
comunista me lo permetterebbero? .
No rispose Mrai I comunisti non le permetterebbero di stare in silenzio. La
costringerebbero a parlare: a parlare secondo il loro punto di vista. Benedetto Croce
annu con il capo. Cosa pensa? chiese allora il filosofo allautore di Braci Che ne sar
dei liberali ungheresi? Delllite spirituale, sociale del Paese?. Se i comunisti ne avranno
il tempo, allora li atrofizzeranno, li intimoriranno fu la risposta di Sndor Mrai. S, cos
concluse Benedetto Croce ammiccando, rivolto allo scrittore ungherese.

Tra parentesi ricorder qui che nel 1953, ancora in piena era stalinista, proprio
Gyrgy Lukcs, che avrebbe poi, tre anni dopo, nel 1956, fatto parte del governo di
Imre Nagy (1896-1958) durante le brevi e gloriose giornate rivoluzionarie e che
sarebbe successivamente diventato, alla fine degli anni 60, lidolo della giovent
contestatrice dellOccidente, Italia inclusa, si rese protagonista di una sconcertante
presa di posizione appoggiando la decisione del partito comunista di proibire la
messa in scena dellottocentesca Az ember tragdija (La tragedia delluomo,
1861), il pi famoso dramma del teatro ungherese5, di Imre Madch (1823-1864), che
4

S. Mrai, Napl 1945-1957 [Diario 1945-1957], Washington 1968, pp. 92-93.


Il filo conduttore del dramma costituito da un lungo sogno, nel quale luomo-Adamo, guidato da Lucifero
attraverso i vari periodi della storia dellumanit e nel futuro, ne rivive romanticamente i diversi momenti,
ricercando con laiuto sottile della filosofia le cause dellesistenza umana. Il dramma dagli alti toni, che
poggia essenzialmente sul conflitto fra il bene e il male, fra il divino e il diabolico non poteva piacere ai
difensori dellideologia marxista-leninista sia per il contenuto - in cui, fra le altre, spicca la scena del
falansterio, immaginato dai socialisti-utopisti francesi del XIX secolo come una societ nella quale tutti gli
uomini sono ridotti in condizioni grottesche di assoluta uguaglianza e le creativit individuali vengono
represse, tanto che Michelangelo vi appare come un modesto falegname - sia per il messaggio indiretto che il
grande autore ottocentesco trasmetteva, a cento anni di distanza, al popolo magiaro: infatti, dopo la tragedia
della guerra dindipendenza antiaustriaca del 1849, Madch si era rifugiato in silenzio nellimmensit della
sua poesia, componendo il suo grande dramma filosofico alla ricerca del significato dellesistenza umana,
5

un po come se in Italia si proibisse la lettura de I promessi sposi nelle scuole, una


proibizione, che incrinando le illusioni degli scrittori ungheresi che avevano creduto
nel socialismo, segner una svolta nel loro atteggiamento nei confronti del partito
comunista al potere rigidamente controllato da Rkosi.
questo il periodo in cui strumenti della politica culturale del partito
comunista ungherese erano, da un lato, lUnione degli Scrittori Ungheresi (Magyar
rk Szvetsge) fondata nel 1945, costituita, sul modello sovietico, per unificare e
meglio controllare le tendenze ed il pensiero degli scrittori magiari, e, dallaltro lato,
la Gazzetta Letteraria (Irodalmi jsg), fondata alla fine del 1950, di fatto
lorgano dellUnione degli Scrittori Ungheresi. Asservita alle direttive culturali del
partito, la Gazzetta Letteraria sar gestita in modo autoritario da due intellettuali
marxisti, Jzsef Rvai e Mrton Horvth, il primo dei quali sar anche il cervello e
lartefice dellintera politica culturale dellUngheria comunista.
Anche il cinema ungherese nellera stalinista e, pi in generale, negli anni 50
fino alla rivoluzione del 1956 svolge una funzione didattica di indottrinamento delle
masse finanche nelle forme pi leggere della sua produzione quale la commedia o
loperetta. A tale funzione si piegano anche bravi registi, pur di poter lavorare. In
questi films il cattivo sempre il reazionario di turno, mentre il buono il solerte
funzionario che segue le direttive del partito o spinge in avanti esemplarmente la
produzione dellistituzione da lui diretta, oppure, se si tratta di contadini il primo
sempre un kulako e il secondo un bravo giovane che vuole adottare sistemi
produttivi moderni che favoriscano i contadini e una sana collettivizzazione. I
cattivi sono normalmente brutti, grassi e pelati o comunque antipatici, i buoni
sono aitanti e affascinanti e, naturalmente, vincenti anche nelle storie damore
morigeratamente castigate. Emblematici in questo senso sono films come llami
ruhz (Magazzini di Stato, 1952) di Viktor Gertler con un grande comico del
calibro di Klmn Ltabr (una via di mezzo fra Tot e Alberto Sordi) e un
bravissimo ed affascinante attore teatrale, Gbor Mikls, divenuto anche un divo del
cinema, forse suo malgrado; oppure Krhinta (Carosello, 1955) di Zoltn Fbri con
Imre Sos e una giovanissima Mari Trcsik, che denota gi le sue grandi doti di
attrice di cinema e di teatro. (Spesso in Ungheria, almeno fino ad alcuni anni fa, i
grandi attori del cinema eccellevano anche nella recitazione teatrale e viceversa).
Ci premesso, per, ribadisco che nella fase iniziale della trasformazione
dellUngheria post-bellica in un regime di tipo socialista che culminer con la
ricordata proclamazione della Repubblica popolare nel 1949 per poi trasformarsi
abbastanza rapidamente in una durissima dittatura totalitaria guidata dai vessilliferi di
Stalin, gli scrittori, i poeti, i filosofi, gli artisti, i letterati, gli storici e via dicendo, cio
gli intellettuali nel senso pieno del termine, quelli che producono lopera
intellettuale, assunsero un ruolo sostanzialmente di assenso e di appoggio al regime,
mentre gli scrittori cosiddetti borghesi o non ricevettero spazio o, come nel caso di
Mrai, si autoesclusero. Certamente gli scrittori dovevano sottostare alle direttive
cos facendo aveva dato con il suo comportamento dignitoso un esempio a tutta la nazione ungherese di
come anche con larte ci si possa opporre alla repressione e alla soppressione della libert.

culturali ed ideologiche del partito comunista o quanto meno non contrastarle, pena
lesclusione dalla pubblicazione dei loro scritti e, talvolta, perfino larresto; ma
ripeto la maggioranza di loro assecond il regime comunista, anche in presenza di
tutti quei difetti che questo non manc presto di manifestare, dallideologismo
eccessivo al culto della personalit. Potrei citare diversi nomi di autori e titoli di
opere dellinizio dellera stalinista che vanno proprio in questa direzione. Mi limiter
a ricordare, a titolo desempio, il romanzo Felelet (Risposta) di Tibor Dry (18941977) scritto addirittura secondo i canoni di un rigido realismo (tanto che lideologo
del regime Jzsef Rvai, ritenendolo troppo spinto a sinistra, chiese al famoso
scrittore di modificarne alcune parti, se non limpostazione) o lode a Stalin e quella
in onore di Rkosi, scritte rispettivamente per il 72 compleanno del dittatore russo e
per il 60 genetliaco del dittatore ungherese dal poeta Zoltn Zelk (1906-1981): dei
versi dogmatici non privi soprattutto quelli in onore di Stalin anche di una certa
bellezza estetica. Per non parlare fra gli altri - di un importante poeta come Gyrgy
Somly (1920-2006), che al pari di altri meno noti pubblicava dei versi di vera e
propria propaganda inneggiante al regime nellimportante e rappresentativa rivista
letteraria Csillag (Stella). Penso qui alla lirica intitolata Mindenki (Tutti).
vero che in quegli anni anche in Ungheria non manc quel tipo di
intellettuale-studioso che si trasformava in un vero e proprio funzionario
dellapparato del partito comunista con compiti di indottrinamento ideologico delle
masse e della loro educazione culturale secondo i sacri principi del marxismoleninismo rivisitati da Stalin, finendo anche per svolgere funzioni di controllo della
vita culturale nazionale, ma questa funzione fu per lo pi volontaria, seppure non
sempre disinteressata.
Negli anni 50 solo la met degli iscritti allUnione degli Scrittori Ungheresi
era iscritta anche al partito comunista. Tuttavia, se di opposizione al regime stalinista
si pu parlare, essa fu paradossalmente unopposizione che si potrebbe definire da
sinistra. Lepisodio prima ricordato della proibizione e poi della successiva
autorizzazione della rappresentazione teatrale de La Tragedia delluomo di Madch
fu uno dei segnali pi eclatanti della disillusione degli intellettuali ungheresi seguita
alla grande illusione che essi nella seconda met e verso la fine degli anni 40
avevano riposto nella nuova societ socialista, rivelatasi per quello che realmente era:
unimpalcatura burocratica ed autoritaria, ben lontana da quel socialismo che essi
avevano sognato. Appariva ormai chiaro agli intellettuali ungheresi che il sistema, pi
che socialista, era divenuto sostanzialmente stalinista, cio dittatoriale con il
connesso odioso orpello del culto della personalit. Un segnale del cambiamento
dovuto allo scontento degli intellettuali sar dato dal fatto che lUnione degli Scrittori
Ungheresi verr assumendo un ruolo autonomo finendo per divenire il centro
dellopposizione al regime. Gli scrittori e i poeti che ne fanno parte, da Illys a Zelk,
da Gyula Hay a Tibor Dry, prenderanno a criticare e ad attaccare pi o meno
apertamente il regime. A loro si uniranno i giornalisti che facevano capo al
progressista Imre Nagy, il dirigente comunista che aveva attuato la tanto agognata
riforma agraria del dopoguerra (la fine del latifondo magnatizio che era stato il sogno
inattuato della rivoluzione bolscevica di Bla Kun nei 133 giorni della Repubblica dei

Consigli del 1919), e che poi troveranno in lui il loro punto di riferimento per il
cambiamento (penso qui uno per tutti al giornalista Mikls Vsrhelyi dorigine
fiumana). Voglio tuttavia precisare che gli intellettuali in genere e gli scrittori
ungheresi nel 1953 non vogliono il ritorno alla vecchia Ungheria aristocratica
danteguerra ma unUngheria dal socialismo umanitario o, come si sarebbe detto
durante la primavera praghese del 1968, dal volto umano. E non vogliono neppure
il ritorno ad uneconomia di tipo capitalistico o di mercato, o almeno non ci pensano
in modo esplicito. La parentesi del governo di Imre Nagy fra lestate del 1953 e la
primavera del 1955 sembrer aprire un filo di speranza verso il cambiamento in
questa direzione che avrebbe dovuto trasformare e porre fine ad un regime
sostanzialmente illiberale e dittatoriale, mentre sul piano strettamente economico
rilanciava i consumi di una popolazione stremata e riconsiderava lindustria pesante, i
cui profitti erano per altro serviti a risarcire i danni di guerra rivendicati
dallUnione Sovietica, il potente alleato colonnizzatore. Si pu dire che la
rivoluzione del 1956 nascer in gran parte anche dal seno dellUnione degli Scrittori
Ungheresi nello sviluppo e nella piega che, dopo lestromissione del primo ministro
riformista Imre Nagy nellaprile del 1955, assumer il movimento di opposizione ad
un regime che appariva definitivamente inemendabile.
Un ruolo fondamentale, poco conosciuto fuori dallUngheria, dellopposizione
degli intellettuali ungheresi al regime comunista, dopo lestromissione forzata di Imre
Nagy dal governo e poi perfino dal partito comunista da parte degli stalinisti
momentaneamente ritornati al potere, verr svolto fra il 1955 e il 1956 dalla rivista
j hang (Voce nuova) diretta da Andrs Simonyi. La rivista fiutava e
ritrasmetteva ai suoi lettori la nuova energia che fra il 1955 e il 1956 si respirava
non solo nel Paese ma anche fra gli intellettuali. j hang divenne un forum della
giovane intellighenzia ungherese: vi si pubblicavano i versi del poeta Lszl Nagy
(1925-1978), lautore dellindimenticabile e splendida Ki viszi t a szerelmet? (Chi
porter lamore sullaltra riva?), le liriche di Gyula Illys (1902-1983), lautore di
Egy mondat a zsarnoksgrl (Una frase sulla tirannia), di cui dir tra poco, e di altri
poeti, veniva dato spazio al romanzo Niki di Tibor Dry facendolo conoscere ai
lettori: unoperazione questultima non esente da rischi politici e personali. Un
tentativo di censurare una lirica di Lszl Nagy, punta di diamante della voglia e
della richiesta, da parte degli intellettuali, di cambiare rotta, venne fatto abortire dalla
redazione della rivista. I giovani intellettuali e gli studenti universitari nella
primavera del 1956 consideravano la rivista come portavoce delle tendenze
innovatrici nella letteratura e nella politica ungherese.
Senza ombra alcuna di dubbio la pi nota istituzione politico-intellettuale
protagonista degli antefatti della rivoluzione e che ebbe un ruolo determinante in essi
fu il Circolo Petfi (Petfi Kr). Nato alla fine del 1954 con il nome di Circolo
Bessenyei (Bessenyei Kr), il Circolo Petfi doveva allinizio svolgere una
funzione di controllo dei giovani ungheresi da parte del partito comunista ungherese
che vi stendeva sopra la sua longa manus. Ma lentamente e, in particolare, a partire
dalla primavera del 1956 il Circolo si sottrasse al protettorato del partito divenendo

teatro di liberi dibattiti fra i giovani intellettuali, per estendersi poi ad ampie fasce del
mondo intellettuale ungherese. Nei mesi precedenti la rivoluzione i dibattiti presero a
spaziare anche su temi politici ed economici fino a denunciare direttamente la politica
stalinista del partito al potere. Intellettuali dai nomi illustri quali Pter Kuczka,
Ferenc Snta, Tibor Kardos, Tibor Mray, Sndor Fekete, Lajos Tamsi, Gyula Hy,
ron Tamsi, il poeta Sndor Csori e tanti altri ancora parteciparono a dibattiti
memorabili come quelli che ebbero per protagonisti Gyrgy Lukcs, la vedova di
Lszl Rajk e lo scrittore Tibor Dry. Cassa di risonanza di questi dibattiti fu la gi
menzionata Gazzetta Letteraria (Irodalmi jsg), che puntualmente li pubblic
portandoli a conoscenza di un pubblico formato non solo da intellettuali.
Eppure, ancora allinizio dellautunno del 1956 neppure il pi radicale degli
scrittori ungheresi pensava ad un cambiamento di sistema politico e sociale o
addirittura ad una sua trasformazione in senso capitalistico. Alla vigilia della
rivoluzione, nel mese di settembre del 1956 il partito comunista ormai non poteva pi
influenzare n lUnione degli Scrittori Ungheresi n lelezione dei suoi dirigenti.
Anzi, al contrario, nella seduta del 28 settembre lUnione interveniva apertamente per
sostenere la riabilitazione di Imre Nagy nel partito e nel Paese. La critica al regime
nel seno dellUnione degli Scrittori Ungheresi certamente contribuir a creare il
terreno ideale da cui germoglier grazie al decisivo contributo degli studenti
universitari la manifestazione pacifica del 23 ottobre che poi si trasformer in
rivoluzione a causa dellottusa reazione repressiva della classe dirigente stalinista del
partito reinsediatasi al potere dopo il defenestramento di Nagy, la quale, incapace di
controllare la situazione creatasi, anche per via di una serie di ordini e contrordini
sballati degli apparati del partito e dello stato, permetter la violenta reazione armata
della polizia segreta (che sparer sulla folla: episodi della radio e di piazza Kossuth),
arrivando a richiedere lo sciagurato intervento militare sovietico per ripristinare
lordine. LUnione degli Scrittori Ungheresi non avr tuttavia un ruolo specifico
nello scoppio della rivoluzione e poi negli scontri armati tra i patrioti magiari da un
lato e la polizia ungherese e lesercito sovietico invasore dallaltro, ma svolger la
funzione di cassa di risonanza degli avvenimenti rivoluzionari facendo conoscere ci
che accadeva in quelle giornate e schierandosi apertamente con la rivoluzione solo
nella seduta del 4 novembre, quando per la rivoluzione sar gi troppo tardi.
Gli ungheresi hanno una grande cultura teatrale: chi conosce Budapest sa
quanti e di quale livello siano quotidianamente gli spettacoli teatrali messi in scena
nella capitale magiara, una delle poche citt al mondo, se non lunica, ad avere due
teatri lirici. Cos, anche nel campo teatrale, ben prima della rivoluzione del 1956,
alcuni drammaturghi diedero il loro contributo nel denunciare le aberrit e le
assurdit del regime totalitario e burocratico ungherese ricorrendo, nella messa in
scena dei loro drammi, alla rappresentazione di situazione grottesche e paradossali,
nelle quali il pubblico facilmente individuava la realt che esisteva fuori delle sale dei
teatri. Ricorder unopera per tutte: Szabadsg hegy (Monte della Libert), un
dramma dal titolo emblematico, scritto da Jzsef Gli (1930-1981) fra il 1954 e il
1955 e rappresentato a Budapest un mese e mezzo prima dello scoppio della

rivoluzione, il 6 ottobre 1956, nello stesso giorno in cui avvenne il funeraleriabilitazione dellex Ministro degli Interni Lszl Rajk (il comunista tradito da
Kdr fatto condannare a morte tre anni prima dagli stalinisti, dopo un processofarsa) con la ritumulazione della sua salma. Un dramma sullalcoolismo che anticipa,
come in una visione da vaticinio lincendio della rivoluzione, nellallegorica visione
dellaria, della pioggia e del Danubio trasformati in alcool che prende fuoco e si
propaga ovunque. In esso si respira quellatmosfera e quello stato danimo che
permeavano la societ colta e non solo quella colta - ungherese in quel biennio di
insoddisfazione e di grandi attese, di illusioni e di disillusioni succeduto alla morte di
Stalin, con la caduta del detestato Rkosi, la parentesi piena di speranze che fu il
primo governo di Imre Nagy e il ritorno al potere degli stalinisti. Condannato a morte
per aver preso attivamente parte alla rivoluzione del 56, Jzsef Gli, unico
sopravvissuto di una famiglia ebrea sterminata ad Auschwitz, si salv dallesecuzione
grazie alle veementi proteste dellopinione pubblica internazionale, ma si spegner
ben presto di tubercolosi.
Anche nella prima giornata della rivoluzione ungherese del 1956 il mondo
dellarte e della cultura ungherese parteciper allentusiasmo generale che avrebbe
preso lUngheria. La sera del 23 ottobre, nellintervallo della recita del dramma
Galilei di Lszl Nmeth (1901-1975) che andava in scena nel Teatro Katona Jzsef
di Budapest, lattore Ferenc Bessenyei che interpretava il ruolo del protagonista, si
affacci sul proscenio e rivolto al pubblico esclam con voce forte e concitata Eppur
si muove!, al che esplodeva un applauso fragoroso da far venir gi il teatro. In
quegli stessi momenti Imre Nagy, richiamato dal partito comunista ungherese a
ricoprire il ruolo di primo ministro, pi che altro per calmare le acque della protesta
montante del popolo che ne acclamava il ritorno al potere, teneva il suo discorso alla
folla radunatasi davanti al Parlamento e poco dopo, in unaltra parte ancora della
citt, davanti alla sede della Radio ungherese unaltra folla inneggiava alla Libera
Radio Ungherese (Szabad Magyar Rdi).
Dunque, la rivolta degli intellettuali ungheresi contro quella che essi
consideravano una degenerazione burocratico-autoritaria del socialismo era
incominciata ben prima degli avvenimenti rivoluzionari del 56, che io non esitai a
definire rivoluzione patriottica e democratica gi alla fine degli anni 80 e che sono
compresi ufficialmente tra il 23 ottobre e il 4 novembre 1956, anche se poi limpari
lotta dei patrioti magiari contro linvasore sovietico durer ancora nelle settimane
successive fino al suo completo soffocamento da parte di questultimo. Gi nei primi
anni Cinquanta il pi grande poeta e scrittore vivente dellUngheria di allora, Gyula
Illys, il poeta del popolo per antonomasia, lindimenticato autore della bella
biografia di Sndor Petfi e del celebre romanzo Pusztk npe (Popolo delle puszte),
il poeta che aveva fatto sentire la sua voce contro le ingiustizie sociali nellera
Horthy, contro linvio dei soldati magiari al fronte russo durante la seconda guerra
mondiale, contro la separazione dei connazionali oltre le frontiere post-belliche, e sia
pure in forme velate di protesta contro la progressiva trasformazione della
democrazia popolare nella dittatura stalinista post-1948, aveva innalzato il suo canto

contro la tirannide con la celebre ode Egy mondat a zsarnoksgrl (Una frase sulla
tirannia), una dura requisitoria continua e senza tregua, come la defin Pl
Ruzicska6 - espressa in ununica, lunghissima frase di 46 strofe di quattro versi
ciascuna, non segnate da punteggiatura, ma intervallate dal verso doppio ripetuto
dov' la tirannia / l c' tirannia - contro tutte le forme attraverso le quali da sempre
si manifesta la tirannide. Lode suscit unenorme emozione allorch Gyula Illys,
prima con voce tremante, ma poi sempre pi ferma e sicura, la lesse personalmente il
2 novembre 1956 alla radio Kossuth ribattezzata per loccasione Szabad Kossuth
Rdi (Radio Kossuth Libera) nel pieno degli avvenimenti rivoluzionari. Pubblicata
lo stesso giorno nella rivista Gazzetta Letteraria, lode era per stata da lui scritta
nei primissimi anni 50 (il 1950 o il 1951), in piena era stalinista, e non potendo
pubblicarla laveva tenuta ben chiusa nel cassetto per oltre cinque lunghi anni. (Per
amore di completezza devo qui ricordare che alcuni studiosi ungheresi ritengono
tuttavia che Una frase sulla tirannia fosse stata scritta da Gyula Illys senza un
preciso intento di denuncia del regime stalinista ungherese con il quale il grande
poeta pur conviveva strettamente, simpatizzando apertamente per il regime comunista
e, soprattutto, nel senso che le sue frequentazioni con il dittatore Rkosi, il gi
ricordato Stalin ungherese, suo grande ammiratore, mal si concilierebbero con il
contenuto della famosissima ode che egli andava scrivendo contemporaneamente a
quelle cattive frequentazioni. Per lo stesso amore di completezza, devo altres
ricordare che altri studiosi e scrittori ungheresi, tra cui il mio amico drammaturgo
Mikls Hubay, scomparso nel 2011, hanno dichiarato per aver conosciuto
personalmente Gyula Illys o, quanto meno, per averne conosciuta da vicino lindole
che il grande poeta avrebbe volentieri sputato nel piatto di minestra che gli
veniva offerto alla tavola di Rkosi dovera invitato a pranzo come commensale del
dittatore).
Comunque sia, lode Una frase sulla tirannia, scritta contro ogni forma di
tirannide, si rivel e appare tuttora come un durissimo ed evidentissimo jaccuse
contro lo stalinismo e latmosfera di sospetto che esso aveva creato. Unaccusa contro
la tirannia che dovette attendere, prima di poter essere resa pubblica, la parentesi di
libert che caratterizz le fulgide giornate di quel prodigioso autunno ungherese: sei
lunghi anni di dittatura durante i quali il regime comunista si macchi, in nome di
unaberrante utopia, paravento spesso di squallidi giochi di potere, anche di efferati
delitti in spregio del pi elementare rispetto della dignit umana. Scheletri illustri
(quello del comunista Lszl Rajk) e meno illustri (inermi cittadini privati della
libert in seguito ad accuse false ed infamanti mosse col pi vile dei modi, la
denunzia anonima) penzolavano ancora negli armadi degli alti gerarchi del partito
comunista ungherese: Rkosi, Ger e lo stesso Kdr, quando si ud alla radio la voce
di Illys che condannava senza possibilit di appello quella tirannide che aveva
tenuto sotto il suo giogo nove milioni di ungheresi e che nelle altre parti del mondo,
dove parimenti imperava, aveva privato dei pi elementari diritti milioni e milioni di
uomini. Una condanna senza appello dunque, dura e definitiva.
6

Cfr. P. Ruzicska, Storia della letteratura ungherese, Milano, 1963, p. 739.

Nellode di Illys la tirannide viene considerata sotto tutte le forme e gli aspetti
possibili con cui pu manifestarsi e mascherarsi, ivi compresi quelli per cos dire
sottilmente psicologici, cari allo stalinismo che aveva imperversato in Ungheria
durante gli anni 50 allepoca degli arresti e delle esecuzioni indiscriminate. Il grande
poeta, strappandone di dosso la maschera accattivante fatta di slogan e di canti,
mostra agli ungheresi la falsa ideologia con il suo vero volto inequivocabilmente
sanguinario. Lode potrebbe fungere da simbolo di denunzia di tutti i totalitarismi e
tutte le tirannie possibili e immaginabili:
Una frase sulla tirannia
(Egy mondat a zsarnoksgrl)

Dov la tirannia
l c tirannia
non solo nella canna del fucile
non solo dentro il carcere
non solo nella camera della tortura
non solo nel richiamo del secondino
urlato nella notte,
la tirannia l
nella veemente requisitoria
che incalza nel buio denso di fumo,
nella confessione, nel picchiettar dei carcerati
segnali morse sul muro,
non solo nella sentenza gelida
del giudice: colpevole!,
la tirannia l
non solo nell attenti!
fatto scattar militarmente,
nel grido fuoco!, nel rullo del tamburo
e nel modo di trascinare la salma
dentro la fossa,
non solo nelle notizie
bisbigliate in segreto
con timore
attraverso la porta socchiusa,
nel dito della mano portato alla bocca
in segno di silenzio: sssst!,
la tirannia l
non solo nelle pieghe del viso

rigide come sbarre


e nel grido lamentoso che si dimena
ormai senza parole
dietro di queste,
nello scrosciare delle lacrime mute
che accresce il silenzio,
nelle pupille dilatate,
la tirannia l:
non solo negli evviva
gridati a squarciagola ritti in piedi,
negli hurr, nei canti,
dov la tirannia
la tirannia l:
non solo nel palmo delle mani
meccanicamente plaudenti,
negli ottoni, nellOpera,
nella pietra delle statue
che parimenti risuonano di falso,
nei colori, nelle gallerie di quadri,
in ogni singola cornice,
gi fin dentro il pennello,
non solo nel rombar dellautomobile
che scivola silenziosa nella notte
e nel suo arrestarsi
davanti al portone di casa,
dov la tirannia,
la tirannia presente
in ogni cosa, come neppure lo fu
quel dio un tempo da te idolatrato,
la tirannia l:
negli asili nido
nel consiglio dato dal padre
nel sorriso della madre
nel modo di rispondere del bimbo
al forestiero,
non solo nel filo spinato
non solo nelle file di libri
nelle parole vuote che pi del filo spinato
abbrutiscono,

la tirannia l
nel bacio di congedo
quando la moglie chiede
quando rincasi, caro
nel come stai tanto di consueto
ripetuto per strada,
nella stretta di mano
che saffloscia allimprovviso
nel raggelarsi repentino
del volto di chi tama
nel momento
dellappuntamento,
non solo nellinterrogatorio,
l nella dichiarazione d amore
nella dolce ebbrezza con cui ne pronunci la parola,
come la mosca che ti rovina il vino,
e poich neppure nei sogni
sei solo con te stesso
l nel talamo nuziale
e prima ancora nel desiderio
e poich ritieni bello soltanto quello
che un tempo le gi appartenuto
con lei che hai fatto lamore
credendo damare,
la tirannia l nel tuo piatto e nel bicchiere
nel naso e nella bocca
nel freddo e nella penombra
allaperto e nel chiuso della stanza
come se attraverso la finestra aperta
vi penetrasse un puzzo di carogna
come se dentro casa
vi fosse una perdita di gas,
quando dialoghi con te stesso
la tirannia che ti fa domande,
neppure nel fantasticare
sei indipendente,
perfino la Via Lattea, lass, ormai diversa:
una striscia di frontiera scrutata da riflettori
un terreno ricoperto di mine
con le stelle ridotte a spioncini

la volta brulicante del cielo


un unico campo di lavori forzati
perch la tirannia si esprime tramite la febbre
tramite il suono di campane
tramite il prete al quale ti confessi
tramite la predica,
e chiesa, parlamento, patibolo
ne sono altrettanti palcoscenici,
sia che tu chiuda o apra le pupille
sempre l a fissarti,
come la malattia
tinsegue come il ricordo,
senti la ruota del treno?
schiavo, schiavo non fa che ripetere,
in montagna e lungo il mare
lei che respiri,
il fulmine guizza? La tirannia
in ogni rumore inatteso
nella luce
in ogni spasmo del cuore
nella quiete
in questo tedio di catene
nello scrosciar dellacquazzone
nelle sbarre alte fino al cielo
nella nevicata che ti rinchiude
come fra bianche pareti di cella,
l che ti guarda
attraverso gli occhi del tuo cane,
e poich in ogni scopo
l nel tuo domani
nei tuoi pensieri
in ogni tuo movimento,
come lacqua lalveo
tu la segui e la crei,
guardi fuori furtivo da questo cerchio?
lei che ti guarda dallo specchio
lei a spiarti: inutilmente scapperesti
sei carcerato e al tempo stesso carceriere,
la tirannia penetra nellaroma del tuo tabacco
nel tessuto dei tuoi vestiti

limbeve fino alle midolla,


tu ragioneresti
ma a venirti in mente
sono soltanto le sue idee,
tu guarderesti, ma quel che vedi
solo ci che lei ti fa balenare,
e gi tutto dintorno divampa
un incendio di bosco da un cerino
perch quando lhai gettato
non lhai calpestato,
e cos lei ormai a vigilare anche su te
nelle officine, nei campi, presso casa
e non senti pi cosa sia vivere
cosa siano pane e carne
cosa sia amare, desiderare
spalancare le braccia
come lo schiavo che in tal modo
porta le catene da lui stesso fabbricate,
se mangi, lei che fai crescere
per lei che procrei tuo figlio,
dov la tirannia
ognuno non che un anello della catena,
sorge e se ne sprigiona il fetore pure da te:
anche tu sei tirannia,
come talpe in pieno sole
brancoliamo nel buio pesto
e ci dimeniamo nellangustia
quasi fossimo nel Sahara,
perch dove c la tirannia
tutto vano:
anche il canto, qualsiasi opera
anche unopera fedele come questa,
perch la tirannia sta fin da principio
accanto alla tua tomba
sar lei a dire chi fosti
pure delle tue ceneri si servir7.

Versione italiana di Roberto Ruspanti. Una frase sulla tirannia, letta in italiano dal suo traduttore,
risuonata in diretta alla radio ungherese (Radio Petfi) il giorno di Ferragosto del 2002 in occasione della
serata finale del Convegno annuale dei poeti e degli scrittori ungheresi dedicato al poeta Gyula Illys nel
centenario della sua nascita e svoltosi a Tokaj in Ungheria tra il 14 e il 16 agosto 2002.

Il ritmo martellante e incalzante, impossibile da riprodurre in italiano, del testo


originale richiama con lossessivo e cupo susseguirsi dei suffissi ungheresi ban,
ben, n e del verbo van (=, presente indicativo di lenni=essere) quello del suono di
una campana a morte. Ecco qui di seguito il testo ungherese in cui viene evidenziata
la parte finale delle parole che ne sottolinea il suddetto suono:

Egy mondat a zsarnoksgrl


Hol zsarnoksg van,
ott zsarnoksg van
nemcsak a puskacsben,
nemcsak a brtnkben,
nemcsak a vallat szobkban,
nemcsak az jszakban
kilt r szavban,
ott zsarnoksg van
nemcsak a fst-stten
lobog vdbeszdben,
beismersben,
rabok fal-morse-jben,
nemcsak a br hvs
tletben: bns!
ott zsarnoksg van
nemcsak a katonsan
pattogtatott vigyzz!-ban,
tz!-ben, a dobolsban,
s abban, ahogy a hullt
gdrbe hzzk,
nemcsak a titkon
flignylt ajtn
ijedten
besuttogott hrekben,
a szj el hulltan
pisszt jelz ujjban,
ott zsarnoksg van
nemcsak a rcs-szilrdan
flrakott arcvonsban
s e rcsban mr sztlan
vergd jajsikolyban,
a csndet

nvel nma knnyek


zuhatagban,
kimeredt szembogrban,
ott zsarnoksg van
nemcsak a talpralltan
harsogott ljenekben,
hurrkban, nekekben,
hol zsarnoksg van,
ott zsarnoksg van
nemcsak az ernyedetlen
tapsol tenyerekben,
krtben, az operban,
pp oly hazug-harsnyan
zeng szoborkvekben,
sznekben, kpteremben,
kln minden keretben,
mr az ecsetben;
nemcsak az jben halkan
sikl gpkocsizajban
s abban,
megllt a kapualjban;
hol zsarnoksg van, ott van
jelenvalan
mindenekben,
ahogy rg istened sem;
ott zsarnoksg van
az vodkban,
az apai tancsban,
az anya mosolyban,
abban, ahogy a gyermek
idegennek felelget;
nemcsak a szgesdrtban,
nemcsak a knyvsorokban
szgesdrtnl jobban
butt szlamokban;
az ott van
a bcscskban,
ahogy gy szl a hitves:
mikor jssz haza, kedves;

az utcn oly szokottan


ismtelt hogy-vagy-okban,
a hirtelen puhbban
szortott kzfogsban,
ahogy egyszercsak
szerelmed arca megfagy,
mert ott van
a lgyottban,
nemcsak a vallatsban,
ott van a vallomsban,
az des sz-mmorban,
mint lgy a borban,
mert lmaidban
sem vagy magadban,
ott van a nszi gyban,
eltte mr a vgyban,
mert szpnek csak azt vled,
mi egyszer mr v lett;
vele hevertl,
ha azt hitted, szerettl,
tnyrban s pohrban,
az ott van az orrban, szjban,
hidegben s homlyban,
szabadban s szobdban,
mintha nyitva az ablak,
s bedl a dgszag,
mintha a hzban
valahol gzfolys van,
ha magadban beszlgetsz,
, a zsarnoksg krdez,
kpzeletedben
se vagy fggetlen,
fnt a Tejt is mr ms:
hatrsv, hol fny psztz,
aknamez; a csillag:
kmlel ablak,
a nyzsg gi stor:
egyetlen munkatbor;
mert zsarnoksg szl
lzbl, harangozsbl,

a papbl, kinek gynol,


a prdikcibl,
templom, parlament, knpad:
megannyi sznpad;
hunyod-nyitod a pilld,
mind az tekint rd;
mint a betegsg,
veled megy, mint az emlk;
vonat kereke, hallod,
rab vagy, rab, erre kattog;
hegyen s tenger mellett
be ezt lehelled;
cikz a villm, az van
minden vratlan
zrejben, fnyben,
a szv-hkkensben;
a nyugalomban,
e bilincs-unalomban,
a zpor-zuhogsban,
az gigr rcsban,
a cellafal-fehren
bezr hessben;
az nz rd
kutyd szemn t,
s mert minden clban ott van,
ott van a holnapodban,
gondolatodban,
minden mozdulatodban;
mint vz a medret,
kveted s teremted;
kmleldsz ki e krbl?
nz rd a tkrbl,
les, hiba futnl,
fogoly vagy s egyben foglr;
dohnyod zamatba,
ruhid anyagba,
beivdik, evdik
veldig;
eszmlnl, de eszme
csak v jut eszedbe,

nznl, de csak azt ltod,


mit eld varzsolt,
s mr krbe lngol
erdtz gyufaszlbl,
mert amikor ledobtad,
el nem tiportad;
s gy rd is vigyz mr,
gyrban, mezn, a hznl,
s nem rzed mr, mi lni,
hs s kenyr mi,
mi szeretni, kvnni,
karod kitrni,
bilincseit a szolga
maga gy gyrtja s hordja;
ha eszel, t nveszted,
gyermeked neki nemzed,
hol zsarnoksg van,
mindenki szem a lncban;
belled bzlik, rad,
magad is zsarnoksg vagy;
vakondknt napstsben,
gy jrunk vaksttben,
s feszengnk kamarban,
akr a Szaharban;
mert ahol zsarnoksg van,
minden hiban,
a dal is, az ilyen h,
akrmilyen m,
mert ott ll
eleve srodnl,
mondja meg, ki voltl,
porod is neki szolgl.

Negli anni successivi seguiti alla repressione violenta della rivoluzione lode
contro la tirannia finir sotto la mannaia della censura kdriana e per poterla di
nuovo leggere ed ascoltare pubblicamente bisogner attendere il 1988, alla vigilia del
1989, lanno dellimplosione del regime comunista in Ungheria e negli altri paesi
socialisti.

Oltre alla Frase sulla tirannia di Illys, la Gazzetta Letteraria pubblicher in


quelle luminose giornate la lirica Piros a vr a pesti utcn ( rosso il sangue sulle
strade di Pest) di Lajos Tamsi: entrambe saranno le prime liriche a documentare in
modo duraturo la rivoluzione.

rosso il sangue sulle strade di Pest


Ci muoviamo, un qualche invisibile
flusso sospinge i nostri cuori,
inceppandosi in gola vola alto il canto,
ma sono nostre ormai le strade di Pest!
//
rosso il sangue sulle strade di Pest,
sangue di operai, di giovani questo,
rosso il sangue sulle strade di Pest,
ministro degli interni8, su chi stai sparando?
//
rosso il sangue sulle strade di Pest.
Cade la pioggia e sferza, lava
il sangue, ma le macchie restano
sul selciato delle strade di Pest.
rosso il sangue sulle strade di Pest,
scorre sangue di operai, di giovani,
accanto alle bandiere tricolori
ponete il vessillo nero del lutto.
Accanto alle bandiere tricolori
proferite tre giuramenti:
una lacrima pura di pianto,
odio alla tirannia
ed un voto, piccola nazione:
non dimentichi chi vive
che la libert sorta perch
scorse sangue sulle strade di Pest.9
8

Il riferimento al ministro degli interni Lszl Piros.


Lajos Tamsi, Piros a vr a pesti utcn ( rosso il sangue nelle strade di Pest), I, V, VIII, IX, X e XI
strofa. (Traduzione personale). Testo originale:
9

Piros a vr a pesti utcn


Megynk, valami lthatatlan
ramls szvnket befutja,
akadozva szll mg az nek,
de mr mienk a pesti utca.

Lanelito di libert degli ungheresi venne spento nel sangue alle prime ore del
freddo mattino del 4 novembre 1956. I carri armati sovietici, chiamati in soccorso dai
Giuda, traditori del loro stesso popolo, soffocarono quellaspirazione proibita dei
magiari, seppellendone per sempre lillusione che quellutopia che li aveva
tiranneggiati fino ad allora fosse emendabile e potesse assumere quellaspetto che
stato poi comunemente ed impropriamente definito socialismo dal volto umano,
impropriamente perch mai realizzato e comunque privo delle elementari regole della
democrazia liberale. Gli ungheresi avrebbero dovuto aspettare oltre trentanni per
rivedere lalba della luce della libert che in quei giorni gloriosi poterono solo
intravvedere. Quel livido mattino del 4 novembre 1956 lUngheria periva nella stessa
indifferenza del mondo che poco pi di centanni prima, nel 1849, aveva visto altri
Ungheresi soccombere sotto i colpi delle armate russe zariste chiamate in soccorso
dagli Asburgo dAustria per domare lUngheria anche allora ribelle. Ora nel 1956
nuovi zar, i Kruscev, i Kdr, i Togliatti, depositari della verit di un nuovo
assolutismo ideologico, il totalitarismo comunista, soffocavano il nuovo anelito di
libert e di indipendenza degli ungheresi.
Il mondo della cultura ungherese, in generale, e, nellambito di questa, i
letterati in particolare, non solo fu tra i pi presenti durante la rivoluzione con cui si
concretizz la lotta degli ungheresi contro il totalitarismo per la libert, la democrazia
e lindipendenza nazionale, ma ne fu uno dei pi importanti promotori. Molti degli
scrittori rivestirono un ruolo di primo piano in quegli avvenimenti, solo nel 1989
assurti ufficialmente in Ungheria a dignit storica come rivoluzione, dopo essere
stati per oltre trentanni rimossi dalla storia ufficiale - ma non dalla coscienza - della

//
Piros a vr a pesti utcn,
munksok, ifjak vre ez,
piros a vr a pesti utcn,
belgyminiszter, kit lvetsz?
//
...Piros a vr a pesti utcn.
Es esik s elveri,
mossa a vrt, de megmaradnak
a pesti utca kvein.
Piros a vr a pesti utcn,
munksok - ifjak vre folyt,
- a hromszn-lobogk mell
tegyetek ki gyszlobogt.
A hromszn-lobog mell
tegyetek hrom eskvst:
srsbl egynek tiszta knnyet,
s a zsarnoksg gyllett,

nazione ungherese e bollati col marchio di controrivoluzione dal regime del


socialismo cosiddetto reale di Jnos Kdr (1912-1989).
Il lamento che i poeti magiari elevarono prima, durante e dopo le gloriose
giornate del 56 rimane una delle pi belle e commoventi pagine non solo della
letteratura ungherese, ma dellintera coscienza nazionale magiara. Si tratta di
sensazioni che sotto forma di poesia hanno riempito quella che il popolo magiaro nel
suo intimo - negli oltre tre decenni trascorsi dalla rivoluzione del 56 fino al 1989 - e
apertamente - da questa data in poi - ha sempre considerato e pu oggi a buon diritto
considerare una delle pagine pi luminose della sua storia.
E sensazione di eternit, idea di libert che vince la morte, quella che si prova
leggendo la bella ed intensa Commemorazione che il poeta Blint Tth ha pubblicato
nel 199110 in ricordo del suo amico coetaneo, il poeta Attila Grecz (1929-1956),
morto eroicamente il 7 novembre 1956 (come recita il sottotitolo della poesia), uno
dei tanti intellettuali magiari fatti sacrificare dal potere comunista e sacrificatisi in
nome della libert.
Commemorazione
In ricordo del mio amico poeta Attila Grecz
morto eroicamente il 7 novembre 1956 11
Adesso che
la sera dellaprile inonda coi suoi raggi la cerchia dei colli,
il vento tenue che schiude le foglie increspa la corona dei tigli,
e la citt svincolandosi dal suolo si solleva nella luce fino al cielo,
come fumo che nasconde il proprio pennacchio, ma no! sboccia
il giacinto: non fumo solleva, ma profumo adesso ti vedo che sulla strada di fronte
talzi in volo fischiettando, ai due lati del capo a guisa di ali
/ ti svolazzano i capelli,
con un fascello di raggi leggeri ti avvolge fra le sue braccia
/ il Fuoco, che
gi ti ha divorato, ma tu voli in alto, gli sorridi soltanto, e danzi
con sua Sorella, la Luce;
attimo e
tomba rimangono di te qui in mezzo a noi:
soltanto una tomba sotto rami ricoperti di neve e licheni,
/ sotto la pioggia
lacrimosa di novembre, sotto una lacrima di volti belli eppure io
non ti commisero: tu, ormai, ti elevi e cresci nei tempi,
con contorni sempre pi netti nella luce, cos da non poter pi
/ cambiare,
risplenderai sempre di pi e ancor pi nitido.
10

B. Tth, Krisztinavrosi krmenet (Processione nel quartiere Krisztina), Budapest, 1991, p. 242.
Titolo originale: SIRAT - Grecz Attila 1956. november 7-n hsi hallt halt klt bartom emlekre.
Versione italiana di Roberto Ruspanti.
11

Non ci sei pi, eppure hai fatto della tua morte bella e leggera
/ un esempio
e a me, che ti piango, concedi d'innalzare
a scudo contro lorrore il sorriso del tuo volto.

Attila Grecz era uno degli autori del Fveskert (Il giardino erboso), titolo che
alcuni poeti magiari rinchiusi in carcere nel pieno dello stalinismo degli anni
Cinquanta, alcuni dei quali poi morti durante gli scontri con i cingolati sovietici o
costretti ad un esilio doloroso, avevano voluto dare alla loro raccolta clandestina di
poesie, poi pubblicata a Vienna nel 1956, perch - come ricordava il poeta Tibor
Tollas (1920-1997) introducendo la raccolta tradotta in italiano e pubblicata a Firenze
nel 1959 a cura di Imre Vrady - il giardino erboso il pi bel simbolo ungherese
della vita che si nutre di terra e di luce... il giardino, il giardino dei Transilvani, della
gente di Debrecen, dove non erano ignoti i fiori odorosi delle terre lontane. Ma forse proseguiva il Tollas - questo giardino sta a significare anche il giardino interiore.12 E
certamente anche dietro le mura alte e opprimenti del duro carcere stalinista questi
poeti clandestini magiari si erano ritagliati per s un piccolo pezzo di terra, quello
spazio ideale di libert che nessuna tirannide potr mai soffocare. I versi di Attila
Grecz ce ne danno la pi realistica e sofferta testimonianza:
A pane e acqua13
Giaccio sul pavimento lurido
con la schiena appoggiata al muro.
Il dolore ... potrai, mia poesia,
vincerlo?

12

E. (Imre) Vrady (a cura di), Il giardino erboso, Fussi-Sansoni, Firenze 1959, pp. 20-21.
A. Gerecz, Kenyren s vzen (A pane e acqua). Nuova versione italiana di Roberto Ruspanti. Il testo
originale inserito nel volumetto Il giardino erboso, ibidem, p. 84:
13

A mocskos padln fekszem,


htam vetem a falnak.
A fjdalom... lehet-e versem
hatalmad?
Prblgatom Anym mosolyt.
Lelkre mg dalaim szrnm...
Knnyeket, mik mr nem fagynak t
a formn.
Msom sincs, Uram. Berem
azzal, hogy arcodat viszem;
csak gy brtam mg el: kenyren
s vizen.

Provo e riprovo il sorriso di mia madre,


spargerei ancora sul suo cuore i miei canti...
le lacrime che ormai non rompono
la forma.
Altro non ho, mio Signore.
Mi contento di recare il tuo volto.
Solo cos ho potuto resistere ancora:
a pane e acqua.

Il giardino erboso ebbe, purtroppo, poca risonanza presso la critica italiana,


ammontando soltanto a due le recensioni ottenute, tra l'altro luna a firma del
fondatore-direttore della collana Il Melagrano (di cui la raccolta fa parte) Guido
Manacorda14, e laltra ad opera di Paolo Santarcangeli15, traduttore e poeta, nonch
illustre storico della letteratura ungherese, originario di Fiume, che uno dei
traduttori delle poesie inserite nel volumetto. Il primo mette soprattutto in rilievo che
il maggior pregio dellantologia va ricercato nellespressione di una sofferenza
tragica degli spiriti, presi tra indomita fierezza e umanit profonda, fra famiglia
schiantata e patria perduta, tra fede e preghiera ardenti, e brame di sogno e di
evasione... e in parte, nel richiamo degli affetti familiari. Il secondo rileva
onestamente che le poesie de Il giardino erboso per lo pi sono lontane da canoni
estetici tradizionali e troppo legate alloccasione, pur riconoscendo che daltra parte
nelle condizioni disumane del carcere esse erano figlie della sofferenza, senza
dimenticare inoltre che molti dei loro autori erano semplici studenti, soldati e
lavoratori. Rileggendole oggi queste poesie rievocano in noi soprattutto il tormento di
chi le scrisse, le cui sensazioni amare e sofferte si confermano pregne di una dignit
che nessun carceriere, nemmeno il pi abietto, pot e potr mai cancellare.
Fra le pi commoventi sicuramente una lirica che ha reso immortale il
sacrificio di una giovanissima ragazza, una bambina di appena dodici anni, uccisa a
Budapest mentre faceva la staffetta tra la fontana, che ancora nel 1956 esisteva in
piazza Klvin, e le retrovie dei rivoluzionari poco distanti. Consentitemi di introdurla
con un brano che la ricorda tratto dal mio romanzo Quel treno per Budapest:
La piazza Klvin un nodo stradale importante di Budapest. [] Qui si
incontrano il cosiddetto piccolo Corso, che conduce da un lato, con il nome di corso del
Museo, verso il centro e dallaltro, con il nome, allora, di corso Maresciallo Tolbuhin,
verso Buda aldil del Danubio, e la via lli che porta allaeroporto e verso la periferia sud
di Pest, doverano concentrati i mezzi corazzati sovietici. Per raggiungere Buda o il centro
della citt questi dovevano percorrere in tutta la sua lunghezza la via lli e, una volta
attraversata la piazza, dirigersi a sinistra sul corso Tolbuhin, verso piazza Dimitrov e il
ponte della Libert, lantico ponte Francesco Giuseppe, oppure a destra verso il Museo

G. Manacorda, Letteratura sotterranea. Nel carcere ungherese spunt facile la poesia, in L'Avvenire
dItalia, 22 luglio 1959.
15
P. Santarcangeli, Recensione a Il giardino erboso, in Il Ponte, numero speciale dedicato allUngheria,
Firenze 196O, pp. 778-782.
14

Nazionale e il viale Stalin16, pi in l. Probabilmente i russi si saranno sentiti a loro agio in


queste vie e piazze intestate a liberatori, eroi e politici sovietici o filosovietici di vario
genere dallevidente nome slavo che nulla avevano a che fare con la storia e il sentire
nazionale ungherese!... Dimitrov: chi era costui? avrebbe detto il Manzoni, se fosse stato
ungherese. Cos piazza Klvin il cui nome si era salvato, sebbene la religione fosse
considerata ufficialmente una sovrastruttura, probabilmente perch, a suo modo, anche
Calvino aveva fatto una rivoluzione contro la fede dominante fu attraversata per lintera
giornata del 4 novembre dai blindati sovietici. Uno dei nidi di resistenza si era asserragliato
allangolo fra la piazza e la via lli, da dove provenivano i carri, tentando di
danneggiarne quanti pi fosse possibile con le bombe a mano o le rudimentali bombe
Molotov. Il gruppo di patrioti era formato soprattutto da operai, ma anche da comuni
cittadini e da qualche studente. Pi volte ma invano invitati ad andarsene, anche alcuni
giovanissimi ragazzi si erano uniti al gruppo con compiti di raccordo con gli altri gruppi
sparsi per le vie della citt: fra loro una bambina, Anik, si era assunta il compito di
supportare i combattenti con viveri e acqua. Nella piazza, non lontano dal Museo
Nazionale, cera una fontana, oggi scomparsa. Nella tarda mattinata, Anik, approfittando
di un attimo di tregua fra il passaggio di un carro e laltro, vi si diresse per approvvigionare
dacqua i combattenti. Tenendo stretta fra le dita la brocca che era quasi pi grande di lei,
Anik con le sue treccine bionde fermate da due fiocchi rossi correva inconsapevolmente
verso la morte.
Allimprovviso, nascosta da un enorme carro Josif Stalin, sbuc una camionetta da
cui due soldati russi presero a mitragliare allimpazzata in direzione della fontana. Uno dei
due gridava Fascist! Fascist!, mentre i colpi a ripetizione dei mitra si conficcavano
sullasfalto, sugli alberi intorno e sul muretto decorato della fontana da dove usciva il
cannello dellacqua. Anik fu falciata dalle pallottole e cadde a terra colpita a morte, con le
treccine bionde sparse sullasfalto. Ebbe appena il tempo di sussurrare mamma! con un
esile filo di voce. Dalla brocca riversa, miracolosamente intatta, lacqua usciva lentamente
tingendo di rosa la pozza rossa del suo sangue. Fascist! Fascist! continu a gridare come
un ossesso il soldato russo, mentre la camionetta spariva svoltando verso il Museo
Nazionale, sul cui frontone ottocentesco in stile neoclassico spiccava beffarda unenorme
stella rossa posticcia. Anik non aveva che dodici anni: forse, a causa dei lunghi calzettoni
grigi che indossava, lavevano scambiata per uno dei partigiani ai quali stava portando
lacqua. Un poeta patriota, Jzsef Rth jr, morto anchegli durante la rivoluzione, le dedic
la sua ultima commovente poesia.17

La lirica, che si intitola Leny, a Klvin-tri ktnl (Fanciulla alla fontana di


piazza Klvin), lascia un nodo alla gola anche nei cuori pi induriti.
Se l portata via lautunno,
oh tremenda, tremenda ora!
Dal cielo cadeva sangue, ferro e fuoco,
piedi lordi di fango calpestavano la neve...
Laggi nello scantinato lacqua era finita,
e le lacrime, come il siero freddo del latte,
avevano perduto gi da tempo il dolce sapore,
e intanto sibilava il vento
Oh tremenda, tremenda ora!

16
17

In ungherese Sztlin t.
Roberto Ruspanti, Quel treno per Budapest, Rubbettino, Soveria Mannelli 2002, pp. 137-138.

Stava nella piazza la disadorna e malinconica fontana


e sulla portatrice dacqua il cielo rivers la morte,
sebbene fosse il percorso di soli venti passi in tutto
Vedo la camicetta bianca rimboccata,
oh tremenda, tremenda ora!...
Dalla corta gonnellina le spuntavano
simili a due pulcini le piccole ginocchia
lalba stava appena per spuntare,
oh tremenda, tremenda ora!...
Tenendo due secchi nelle mani andava verso la fontana,
il sonno laveva a malapena abbandonata,
gli altri ancora sbuffavano laggi nella cantina
i due secchi stavano l gi colmi dacqua
cadde in mezzo ad essi come fiore appassito sulla neve
con la delicata e bella testolina ripiegata sopra il petto
e se l portata via lautunno
oh tremenda, tremenda ora!
1 novembre 195618

18

Jzsef Rth jr, Leny, a Klvin-tri ktnl. Testo originale ungherese:

Elvitte t az sz,
szrny, szrny ra!
Az gbl hullt a vr, a vas a tz,
sros lbak tiportak r a hra.
A pincemlyben elfogyott a vz,
s a knny, akr a tej hvs savja,
elfedte rgen mr az des zt,
s kzben ftylt a szl ...
szrny, szrny ra...!
A tren llt a lompos, mla kt,
s az g hallt nttt a vzhozra,
br hsz lps volt mindssze az t ...
Ltom a feltrt, fehr ingt,
- szrny, szrny ra ...
a szoknyja rvid volt s
alla kibujtak trdei, mint kis csibk ...
Hajnal derengett csak,
szrny, szrny ra ...
Kezben kt vdrrel ktra ment,
az lom mg alig suhant le rla,
a tbbiek szuszogtak odalent,
a kt vdr ott llt, vzzel tele,
kztk halott virgknt hullt a hra,
mellre csuklott szp, finom feje
s elvitte t az sz
szrny, szrny ra ..

Come accennato nel romanzo, il giovane poeta Jzsef Rth jr, che lautore
della commovente lirica, mor durante le giornate della rivoluzione. Mor anchegli,
come la fanciulla da lui cantata, entrambi vittime sacrificali della tirannide. Il
menzionato poeta traduttore Paolo Santarcangeli ne piange la tragica morte
accomunandoli in un unico commosso ricordo nella sua lirica dal titolo LAraldo:
E la fanciulla ignara
venne falciata dalla mitraglia.
Andava, dice il poeta ucciso,
andava con magre gambette e scarpine consunte,
le treccioline pendenti come codine di topo,
una vecchia secchia in mano,
ricolma di acqua di fonte.19

Fra il 23 ottobre e il 4 novembre gli intellettuali ungheresi assisteranno


sgomenti ed impotenti alla battaglia. La parola pass alle armi, a quelle dei coraggiosi
patrioti ungheresi che assaltando i cingolati sovietici con le rudimentali bombe
molotov, i mitra e i fucili distribuiti da alcuni soldati dellesercito degli Honvd
contrasteranno larmata rossa sovietica, il pi potente esercito di terra del mondo
dotato di carri armati e di armi ben pi numerose ed efficienti di quelle degli insorti.
Allindomani del soffocamento della rivolta popolare, una cappa di tetro ed
assordante silenzio si stese sullUngheria. Processi, condanne e impiccagioni
caratterizzarono il regime controrivoluzionario di Kdr nei primi quattro anni
succeduti alla rivoluzione, che il dittatore magiaro ebbe la faccia tosta di bollare
come controrivoluzione (quando erano stati il suo fraudolento tradimento ed il suo
colpo di stato supportato dai carri armati sovietici ad essere controrivoluzionari!),
definizione che rester tale fino alla caduta del regime comunista. Il momento pi
tragico ed emblematico della feroce repressione, con risvolti a volte sadici si ebbe
con il processo farsa, la condanna a morte e limpiccagione, nel 1958, di Imre Nagy,
il primo ministro dellUngheria rivoluzionaria, il comunista che fra la fedelt al
partito e la fedelt alla nazione non esit un solo istante e scelse la sua nazione.
Fra il 1957 e il 1961 non esiste una vera eco della rivoluzione nella letteratura e
nella cultura ungherese allinterno del Paese, per via della feroce e spietata censura
che rimuoveva qualsiasi espressione, anche in forma di semplici e limitati riferimenti,
relativa a quellavvenimento. Per tale ragione limmediato post 56, che vede il
consolidamento del potere dellambiguo Jnos Kdr, rientrato a Budapest al riparo
dei carri armati sovietici, dopo aver tradito il legittimo primo ministro dellUngheria,
Imre Nagy, del cui governo pure faceva parte, viene definito da alcuni studiosi
ungheresi bna idszak (periodo dellimmobilismo), caratterizzato dalla
repressione, dallincarceramento e dallintimidazione degli intellettuali che avevano
favorito la rivoluzione del 1956 o apertamente parteggiato per essa, tanto che fino ai
Paolo Santarcangeli, LAraldo. In memoria dei caduti della rivoluzione ungherese, IV strofa, vv. 24-30. In
Il Ponte, numero unico dedicato allUngheria, aprile-maggio 1960, Firenze, pp. 727-731.
19

primi anni 60 non si pu parlare di una vera e propria letteratura anti-regime. Come
pi volte rilevato, molti di quegli intellettuali avevano partecipato alla rivoluzione
rivendicando un socialismo sburocratizzato e pi aderente ai bisogni del popolo
magiaro: non un caso se il pi importante e famoso di loro, Tibor Dry, condannato
a morte dal regime kdriano, verr salvato dallesecuzione della condanna grazie
allintervento di numerosi e famosi intellettuali di sinistra europei, ivi compresi quelli
iscritti o vicini al Partito comunista italiano che pure, come noto, assunse una
posizione assolutamente contraria alla rivoluzione ungherese e ad Imre Nagy, che di
fatto, pur non volendolo almeno inizialmente, ne era divenuto il leader assumendo
legittimamente, vale a dire secondo le regole vigenti nellUngheria comunista di
allora, lincarico di primo ministro del governo ungherese.
Diversa, naturalmente, la situazione e la produzione di quegli intellettuali
ungheresi che avevano scelto la via del volontario esilio gi da tempo, allaffermarsi
della dittatura comunista di tipo sovietico alla fine degli anni 40 ( il caso del grande
scrittore Sndor Mrai, riscoperto alla fine degli anni 90 in Italia e in Ungheria, e del
grande critico letterario Lszl Cs. Szab) o si videro costretti a sceglierla dopo la
repressione della rivoluzione del 56, come il sopra menzionato poeta Tibor Tollas,
rifugiatosi a Vienna, dove nel 1957 diede alle stampe il volumetto di poesie Il
giardino erboso), prima ricordato. La poesia, pi che la narrativa o la filosofia,
rester nellimmediato indomani del 56 lunica arma seppure spuntata nelle mani
degli intellettuali ungheresi per gridare tutta la loro rabbia, il loro dolore per il sangue
versato, per la libert momentaneamente assaporata e poi perduta, per la patria
abbandonata forse per sempre. Ma in quei versi, in quelle parole c ancora tutto
lentusiasmo, tutto lardore della giovent di Budapest che sapeva di lottare per la
dignit delluomo e per qualcosa che non aveva mai provato: la libert. Sndor Mrai,
che nei giorni della rivoluzione aveva pensato di fare rientro in patria da Monaco di
Baviera, dove collaborava come redattore alla Radio Europa Libera, ma raggiunto
dalla notizia dellinvasione sovietica dellUngheria, aveva dovuto desistere
riprendendo invece la via dellesilio, nel triste Natale di quellanno scrive a New
York una splendida ed indimenticabile lirica, Mennybl az angyal (Angelo dal
ciel), dedicata al martirio del suo Paese. Ne cito la prima e la terza strofa:
I
Angelo dal ciel affrettati a scendere
sulla gelida Budapest in fiamme,
l dove in mezzo ai cingolati russi
tacciono le campane,
l dove non risplende il Natale,
non pendono dallalbero noci dorate
e non c altro che gelo, brividi e fame.
Rivolgiti a loro, in modo che comprendano,
parla a voce alta nella notte,
reca, angelo, notizia del prodigio.

//
III
Spiega perch questo un prodigio del mondo:
lalbero natalizio dun povero popolo
ha preso ad ardere nella Notte Santa.
E molti si son fatti il segno della Croce,
da ogni angolo della terra i popoli guardano, guardano,
alcuni comprendono, altri non comprendono.
Scuotono il capo, questo troppo per molti.
Pregano oppure aborriscono,
perch non caramelle ma altro pende dallalbero:
Cristo dei popoli, il Paese dei Magiari.20

Un allentamento delle briglie poliziesche e censorie si ebbe a partire dal 1961


ma fortemente condizionato. Infatti tutta la cultura ungherese, e quindi anche le opere
artistiche (dalla poesia alla narrativa, dal cinema al teatro) che volevano affrontare e
quelle che poterono effettivamente affrontare anche il tema della rivoluzione del 56
saranno sottoposte alla regola censoria sottintesa delle tre T: Tiltott, Trt,
Tmogatott (proibito, sopportato, appoggiato) che sar applicata per tutta lera
kdriana. In particolare, le condizioni imposte dalla censura del regime kdriano
alla cultura ungherese, affinch questa potesse esprimersi in qualche maniera su
Mrai S.: Mennybl az angyal... (Angelo dal ciel...), I e III strofa, in Mrai S.: sszegyjttt versek,
Helikon, Budapest 2000, pp. 325-327. (Traduzione personale). Testo originale:
Mennybl az angyal...
20

Az szks, fagyos Budapestre.


Oda, ahol az orosz tankok
Kztt hallgatnak a harangok.
Ahol nem csillog a karcsony.
Nincsen aranydi a fkon,
Nincs ms, csak fagy, didergs, hsg.
Mondd el nekik, gy, hogy megrtsk.
Szlj hangosan az jszakbl:
Angyal, vigyl hrt a csodrl.
Mondd el, mert ez vilg csodja:
Egy szegny np karcsonyfja
A Csendes jben gni kezdett
s sokan vetnek most keresztet.
Fldrszek npe nzi, nzi,
Egyik rti, msik nem rti.
Fejk csvljk, sok ez, soknak.
Imdkoznak vagy iszonyodnak,
Mert ms lg a fn, nem cukorkk:
Npek Krisztusa, Magyarorszg.

quella che, comunque, rimaneva e rimarr fino al 1988 una controrivoluzione e


che, nel migliore dei casi, il regime definiva avvenimenti del 56, furono
sostanzialmente due:
1) la prima era che si potevano affrontare quegli avvenimenti soltanto
nellottica di una rivisitazione critica dellera stalinista del periodo 1949-1953
ponendo laccento piuttosto, se non esclusivamente, su questultima e rinunciando del
tutto ad una ricostruzione storica o cronachistica della rivoluzione in quanto tale;
2) la seconda era che non si facesse mai, neppure di sfuggita, il nome del
morto insepolto (appellativo che ricavo dal titolo di un film di Mrta Mszros),
cio Imre Nagy, linnominato e linnominabile del regime, il vero grande tab
che accompagner il regime kdriano fino al suo epilogo e la stessa coscienza sporca
del dittatore magiaro.
Per quanto riguarda la prima condizione, interessante notare come la
rivisitazione critica dellera stalinista fosse auspicata e favorita dallo stesso Kdr,
che in qualche modo voleva purificare la propria coscienza da molte macchie, alcune
delle quali erano davvero molto sporche. La denuncia della prassi e dei metodi
stalinisti, di cui anche Kdr era stato al tempo stesso vittima ed esecutore, mirava ad
una specie di autoassoluzione per le malefatte da lui, assieme ad altri, compiute in
una situazione di costrizione psicologica che nella rivisitazione posteriore diveniva
un alibi giustificativo e assolutorio. Nel permettere che lartista (scrittore o regista
cinematografico) si avviasse lungo questo percorso di rivisitazione di una delle
pagine pi buie della storia ungherese, si arrivava anche a concedere che egli potesse
direttamente collegare lo stalinismo con i sommovimenti del 56 in un processo di
causa-effetto, senza per mai giustificarli del tutto e, soprattutto, senza che venisse
confutata la versione ufficiale su quegli avvenimenti e sui loro istigatori, pur
sempre definiti controrivoluzionari i primi e fascisti e provocatori al servizio
dellimperialismo i secondi. Le opere di narrativa e, soprattutto, i films degli anni
sessanta e settanta seguono tutti, grosso modo, questo canovaccio e possono essere
definiti riflessioni della dittatura cosiddetta morbida dellera kdriana sulla
dittatura dura dellera stalinista.
In questa fase, nel campo teatrale, ferma restando la possibilit di rappresentare
drammi e commedie del repertorio classico ungherese, domina il teatro leggero, ad
esempio di Mikls Hubay, uno dei migliori drammaturghi ungheresi del Novecento,
con la delicata e raffinata commedia k tudjk mi a szerelem (Loro lo sanno cos
lamore), un atto unico del 1959, lopera o operetta Cest la guerre, che del 1958
ma messa in scena la prima volta tre anni dopo, nel 1961, musica di Emil Petrovics, e
la commedia musicale di grande successo Egy szerelem hrom jszakja (Tre notti
di un amore) del 1961. Un genere ammesso dalla censura in quanto evidentemente
le tematiche di queste opere teatrali, costruite sul filo di sottili trame psicologiche di
tipo borghese di certo non in linea con i canoni marxisti-leninisti di una sana
societ proletaria, servivano a distrarre il pubblico perfino dal ricordo della
rivoluzione/controrivoluzione del 56 rimuovendo anche dalla coscienza del potere
comunista kdriano i sensi di colpa per quella tragedia.

Nel campo cinematografico ricorderei il film Szerelem (Amore), che per


gi del 1970, al cui autore, il regista Kroly Makk, fu concessa una libert di
espressione inconsueta, probabilmente perch gli avvenimenti rivoluzionari del 56
sinseriscono solamente in sottofondo e in modo molto sfumato nella narrazione della
vicenda. La sceneggiatura del film si basa su due novelle di Tibor Dry Szerelem
(Amore, 1956) e Kt asszony (Due donne, 1962) e fu realizzata dallo stesso
grande scrittore. Pi che un film sul 56 Szerelem la ricostruzione, soprattutto nella
parte finale, della drammatica atmosfera dellepoca degli anni 50 rivissuta attraverso
la vicenda psicologica e affettiva dei tre protagonisti e rientra in quel tipo di critica
retrospettiva e di riflessioni di quella che ho definito la dittatura morbida kdriana
sulla dittatura dura dellera stalinista.
Per quanto invece riguarda laltra condizione imposta dalla censura, non
nominare mai Imre Nagy, il primo ministro martire del governo rivoluzionario del
1956, fatto impiccare nel 1958 da Kdr, che era pur stato suo ministro, salvo poi
tradirlo per opportunismo e ambizione di potere, essa non verr mai meno e si dovr
aspettare la caduta del regime per portare a conoscenza della nazione magiara questa
ignominia di cui si era reso responsabile il dittatore. Far eccezione, ma solo nei
primi anni 80, il poeta Gspr Nagy (1949-2007) che dedicher una poesia alla pi
illustre delle vittime del 56. (Ne accenno pi in l).
Negli anni sessanta lunica valvola di sfogo delle tensioni accumulate
nellUngheria repressa da Kdr dopo il 56 sar lestrema liberalizzazione dei
costumi sessuali degli ungheresi favorita dal regime, come ha molto ben testimoniato
e dimostrato, nellambito di una interessantissima rassegna fotografica e
cinematografica sul 56 intitolata Graffiti ungheresi, tenutasi nel Teatro Miela di
Trieste nel 2002 (28 ottobre-3 novembre), il regista cinematografico ungherese Pter
Gothr con un collage di spezzoni di filmini in 8 millimetri girati da comuni cittadini
dove abbondano i nudi femminili che ritrae la societ ungherese dellepoca in un
privato un po boccaccesco Come a dire: fate sesso, non fate opposizione. Una
nota di costume e di colore che rispecchia il desiderio degli ungheresi di quegli anni
di voler rimuovere in qualsiasi modo la tragedia del 56, perduta ogni speranza di
libert che a quellevento si riconduceva.
Solo a partire dalla seconda met degli anni 60 si assiste in Ungheria ad un
relativo allentamento della morsa da parte della dittatura kdriana. Nasce il mito del
cosiddetto socialismo del goulash (goulash, variante tedesca dellungherese
gulys21, la nota zuppa classica della cucina magiara), caratterizzato dal noto slogan
kdriano Chi non contro di noi con noi e che fa dellUngheria la pi allegra
baracca nel campo del socialismo reale, anche se dentro il famoso minestrone
nazionale ungherese si celavano ancora bocconi indigesti di carne avvelenata, residui
dello stalinismo.
In questo periodo si affaccia timidamente alla ribalta una nuova letteratura
critica antiregime, piuttosto di tipo sociologico, che ha negli scrittori Lajos Galambos
e Endre Fejes, fra gli altri, e nel sociologo Andrs Hegeds, lex primo ministro che
Nel suo significato originario il termine gulys significa in realt mandriano, pastore che bada alle
mandrie, anticamente anche al gregge.
21

nei primi giorni della Rivoluzione del 56 aveva chiesto il primo intervento dei
sovietici e che poi aveva abbandonato la politica, nonch nella studiosa di filosofia
gnes Heller i nomi di punta. In particolare, lo scrittore Endre Fejes nel suo romanzo
Rozsdatemet (letteralmente Discarica, tradotto e pubblicato in Italia con il titolo di
Cimitero della ruggine, 1962) manda al macero tutta la societ socialista cos come
si andava realizzando in Ungheria nellera kdriana con tutti gli orpelli di
burocraticismo e di socialismo pi di facciata che reale. Lo stesso Fejes realizza
nel 1969 il dramma a tinte gialle di denuncia sociale J estt nyr, j estt szerelem
(Buonasera estate, buonasera amore) che mette alla berlina alcune distorsioni create
nella societ comunista dal confronto che il cittadino medio ungherese faceva con gli
standard di vita occidentali e dallo scimmiottamento dei suoi modelli. Questi
intellettuali, educati al marxismo e al leninismo, che conoscevano profondamente,
prendevano atto che il regime kdriano non corrispondeva affatto ai canoni del
marxismo. Di nuovo, ancora unaltra volta, la critica e lopposizione degli
intellettuali ungheresi al regime comunista che si era realizzato in Ungheria partiva in
gran parte da sinistra: essi non criticavano il monopartitismo, ma contestavano il
burocraticismo con i suoi risvolti operettistici. Lopposizione democratica
ungherese, esauritasi nella fiammata rivoluzionaria del 56, viveva ormai sfiduciata e
priva di speranze in gran parte allestero.
Controcorrente sembr invece andare uno scrittore molto popolare
nellUngheria kdriana degli anni 60-70, Gyrgy Moldova, che per primo defin la
rivoluzione del 56 rivolta. Attenzione, per! rivolta e non rivoluzione. In
realt lopposizione di Moldova al regime era solo di facciata e finiva per fare il
gioco del dittatore Kdr saldamente al potere avvalorando la tesi che il socialismo
reale in salsa kdriana era comunque un comunismo democratico rispetto a quello
non democratico dellepoca buia dello stalinismo che ora veniva anche
ufficialmente condannato. Come ha giustamente sostenuto in un convegno
dellIstituto Letterario dellAccademia Ungherese delle Scienze su Gli scrittori e il
1956 svoltosi qualche anno fa a Budapest lo scrittore transilvano Gza Szcs, in
questi romanzi le figure rivoluzionarie sono a livello caricaturale e il ruolo
pseudostorico che vi viene attribuito alle figure del conte Mihly Krolyi e del
filosofo Gyrgy Lukcs nascondono in realt una diminutio della rivoluzione. Ne
costituisce, in anni recenti, la prova provata la controversa biografia di Jnos Kdr
realizzata da Gyrgy Moldova, che leccentrico e ormai anziano scrittore ha fatto
uscire provocatoriamente alla vigilia del 50 anniversario della rivoluzione che si
celebrava nel 2006, togliendosi definitivamente quella maschera di
pseudorivoluzionario che aveva indossato negli anni 60. Una biografia che ha
suscitato in Ungheria alla sua uscita un certo sconcerto accompagnato per anche da
riconoscimenti positivi dovuti ad una sorta di sentimento nostalgico di parte degli
ungheresi schiacciati dalla crisi economica verso il passato regime. Questa biografia e
lesaltazione di Jnos Kdr che vi si irradia da ogni pagina stata definita da alcuni
reduci e parenti delle vittime del 1956 un insulto alla memoria della rivoluzione e di
coloro che morirono, furono incarcerati o costretti allesilio per unaspirazione di
libert. Per chi abbia un minimo di conoscenza della storia ungherese dagli anni 50

al 1989 lappassionata difesa, direi lammirazione-amore smodato che Moldova


mostra nei confronti del dittatore ungherese, definito dallo scrittore il pi grande
statista ungherese del Novecento, appare incomprensibile. Lunico paragone che a
me, italiano, viene in mente lanalogo atteggiamento che ebbero in Italia dopo il
1945 gli ex-fascisti o post-fascisti nei confronti della figura e delloperato di
Mussolini. Definire Kdr il pi grande politico ungherese del XX secolo non solo
aberrante, ma offensivo del popolo ungherese che di quella dittatura ne fu vittima. Il
fatto casuale che un uomo mediocre e meschino, gi protagonista in passato di atti
aberranti e di tradimenti dei suoi amici e compagni, come in realt umanamente fu
Kdr, divenisse per trentadue anni il padrone dellUngheria con il tradimento del suo
popolo, del suo Paese, in cui rientr allombra dei carri armati di una potenza nemica,
e del suo legittimo primo ministro, nelle cui mani aveva giurato fedelt, non ne fa n
un grande uomo, n, soprattutto, un grande politico. Giustificare loperato di questo
personaggio solo per il fatto che non si sporc fisicamente le mani con il sangue di
coloro che aveva tradito e fatto condannare a morte, demandando questo compito ai
suoi pseudotribunali popolari, ai suoi inquisitori spietati e crudeli e ai suoi boia, da
un punto di vista morale inaccettabile, ma anche incomprensibile da un punto di
vista psicologico.
Alla fine degli anni Sessanta, fra gli intellettuali, il movimento sotterraneo di
contestazione al regime comincia a muovere i primi passi, anche se non si pu parlare
di una vera e propria organizzazione. Cos nel 1969 nascevano i seminari segreti
della Lukcs iskola (Scuola Lukcs), mentre nel 1970 prendevano avvio, per protrarsi
fino al 1973, le cosiddette Kpolnatrlatok (Esposizioni o mostre in cappella) cos
chiamate perch allestite in una cappella sconsacrata di Balatonboglr, unamena
localit balneare sulla riva meridionale del Lago Balaton, il mare dUngheria, come
lo chiamano gli stessi ungheresi mostre artistiche (soprattutto di arti visive) fuori
dalle righe e dagli schemi, intorno a cui si svolgevano cenacoli di intellettuali.
Fra la fine degli anni Sessanta e linizio dei Settanta si forma intorno allo
scrittore Gyrgy Konrd una cerchia di scrittori e di intellettuali la cui critica andava
oltre il socialismo: non pi, dunque, una critica per modificare dallinterno o, come si
disse, da sinistra, il socialismo reale per come si era vento realizzando, ma tout
court, una critica al regime o, se si preferisce, al sistema del socialismo reale in
quanto tale. Fanno parte di questa cerchia Ivn Szelnyi e Jnos Kis. Nome di spicco
fra gli intellettuali che si oppongono al regime comunista il filosofo e sociologo
Mikls Haraszti, che da studente (1970) era stato cacciato via dalluniversit per le
sue posizioni poco ortodosse verso il regime di Kdr e costretto ad andare a lavorare
in una fabbrica di trattori. Lavorando come operaio si forma in lui la convinzione che
il socialismo reale schiaccia i lavoratori n pi n meno del capitalismo. Le
conclusioni, frutto di questa sua esperienza in fabbrica, formeranno il contenuto del
suo saggio pi famoso e senza ombra di dubbio lopera pi significativa del periodo:
Darabbr (Salario a cottimo), in cui attacca frontalmente il regime kdriano
identificando il socialismo con il capitalismo.

Nel 1973 si svolge a Budapest il cosiddetto Filozfusper (Processo ai filosofi)


che ebbe per conseguenza il licenziamento dei membri della Lukcs iskola dal posto
di lavoro e la loro espulsione dal partito. Nel mese di ottobre, lo stesso Mikls
Haraszti viene arrestato per aver diffuso illegalmente il manoscritto del suo saggio
Salario a cottimo. In seguito a ci lo scrittore perder pure il proprio posto di lavoro
in fabbrica. Invisi al regime, molti intellettuali ungheresi verranno costretti al silenzio
e privati del lavoro. Sempre nel 1973, a malapena tollerata dal regime, si tiene a
Budapest la prima Mostra del Club dei Giovani artisti, autori di arte alternativa.
Perfino nel campo della musica leggera, che pu essere assegnata, sia pure in
senso lato alla sfera degli intellettuali nel senso proprio del termine, vi fu in Ungheria
durante lera del kdrismo post-56, unopposizione sotterranea alla dittatura
comunista. Diversi cantanti lespressero in maniera figurata mascherandola con
sottintesi pi o meno intuibili nelle proprie composizioni o in quelle scritte da altri
autori e da loro cantate. Un esempio emblematico che mi viene in mente una
canzone assai popolare negli anni Settanta, Ha n rzsa volnk (Se io fossi una
rosa), una splendida canzone scritta da Jnos Brdy nel 1973 e interpretata dalla
cantante Zsuzsa Koncz, cos popolare in Ungheria, a partire dalla fine degli anni
Sessanta fino ai nostri giorni, da essere tuttora definita la signora della musica leggera
ungherese. Sebbene proibita dalla censura kdriana, che ne imped la diffusione via
radio fino al 1983, la canzone, dotata di una musica e di parole che prendono
lascoltatore, veniva cantata nei club studenteschi e in tutti i luoghi, pi o meno
raccolti, dove si ritrovavano i giovani ungheresi, finendo per divenire un simbolo
della protesta giovanile al totalitarismo. Si pu parlare di un vero e proprio caso di
samizdat nel campo della musica leggera. In particolare, nel crescendo emotivo e
trascinante di questa bella canzone, man mano che si dipanano le strofe, spicca la
denuncia dellabbattimento violento della rivoluzione patriottica e democratica del
1956 da parte dei cingolati sovietici (un vero tab nellUngheria kdriana assieme
alla pronunzia del nome dellinnominato e innominabile Imre Nagy), ai quali sia
pure in un contesto figurato fa chiaramente riferimento la quarta strofa. Ne riporto
per intero il testo della canzone in originale ungherese e nella mia versione italiana:
Ha n rzsa volnk
nemcsak egyszer nylnk,
minden vben ngyszer
virgba borulnk
nylnk a finak
nylnk n a lnynak
az igaz szerelemnek
s az elmlsnak.

Se io fossi una rosa


non mi dischiuderei una volta sola,
ogni anno per quattro volte
sarei in fiore,
mi dischiuderei a un ragazzo
mi dischiuderei a una ragazza
al vero amore
e al suo trascorrere.

Ha n kapu volnk
mindig nyitva llnk,
akrhonnan jnne
brkit beengednk,
nem krdeznm tle

Se io fossi un varco
me ne starei sempre aperta,
farei passar chiunque
da qualunque parte egli giungesse,
non gli starei a chiedere:

ht tged ki kldtt,
akkor lennk boldog
ha mindenki eljn.

ma chi ti ha mandato?
allor sarei felice
se ognun mattraversasse.

Ha n ablak volnk
akkora nagy volnk,
hogy az egsz vilg
lthatv vljk,
megrt szemekkel
tnznnek rajtam,
akkor lennk boldog
ha mindent megmutattam.

Se io fossi una finestra


sarei tanto grande
da rendere visibile
il mondo intero,
con occhi comprensivi
mi guarderebbero dentro,
allor sarei felice
dopo aver mostrato tutto.

Ha n utca volnk
mindig tiszta lennk
minden ldott este
fnyben megfrdnk,
s ha engem egyszer
lnckerk taposna
alattam a fld is
srva beomolna.

Se io fossi una via


sarei sempre candida,
tutte le sante sere
farei un bagno di luce,
e se un giorno un cingolato
mi schiacciasse,
anche la terra sotto di me
sprofonderebbe in lacrime.

Ha n zszl volnk
sohasem lobognk
mindenfle szlnek
haragosa volnk,
akkor lennk boldog
ha kifesztennek
s nem lennk jtka
mindenfle szlnek.

Se io fossi una bandiera


giammai sventolerei,
mi mostrerei adirata
con qualsivoglia vento,
allor sarei felice
se immobilizzata
non fossi pi un gioco
per qualsivoglia vento.

Solo fra gli anni Settanta e i primi anni Ottanta si comincia a profilare
apertamente lidea di una democrazia parlamentare.
Nel 1974 Gyrgy Konrd e Ivn Szelnyi firmano il saggio Az ertlmisg tja
az osztlyhatalomhoz (La via degli intellettuali verso il potere di classe), opera
volutamente destinata al samizdat, un tentativo teorico di descrivere il socialismo
come societ di classe e il ruolo mutabile degli intellettuali nei confronti di questa. Il
manoscritto venne bloccato dalla polizia, mentre il regime tent di costringere
allesilio i due autori. Il saggio verr pubblicato a Ginevra nel 1978 e in volume a
Budapest nel 1985 a cura della casa editrice ramlat Fggetlen, che al pari di altre
pubblicava opere in samizdat in forma di libro stampato.
Nasce la Szamiszdat irodalom (Letteratura in samizdat), cio la letteratura
sotterranea di contestazione radicale al regime. Siamo alla met degli anni 70. E
questa una letteratura di tipo sociologico, fatta di saggistica. Nel 1976 appaiono i
primi testi dattiloscritti in samizdat. Nel 1977 compare Profil lantologia di testi
dattiloscritti in samizdat destinata alla pubblicazione, poi mancata. Nello stesso anno

un documento di solidariet agli intellettuali praghesi di Charta 77 viene


sottoscritto da 34 intellettuali ungheresi. Una nuova dichiarazione di solidariet a
Charta 77 verr firmato dagli intellettuali ungheresi due anni dopo, nel 1979, in
occasione dei processi politici di Praga. Devo qui far notare che in Ungheria non
esistette nel campo della narrativa una letteratura (o controletteratura) in samizdat,
come quella ceca di Havel. Ci in gran parte dovuto al fatto che a partire dalla met
degli anni 60 la politica culturale ungherese, la cui guida sar saldamente tenuta
nelle mani dellideologo marxista Gyrgy Aczl (morto nel 1991) praticamente fino
alla fine del regime, lasci alle belle lettere una relativa libert di realizzazione dei
contenuti delle opere letterarie, nello spirito del noto slogan kdriano chi non
contro di noi con noi. Gli scrittori nel senso stretto del termine riceveranno in
pratica dal partito unico al potere lautorizzazione tacita a scrivere di tutto nelle loro
opere (fossero esse romanzi, novelle, poesie, drammi, ecc.), nello spirito di un
generale umanesimo non in contrasto aperto con il socialismo reale realizzato o
come si diceva allora in via di realizzazione in Ungheria. A questa condizione
generale, in gran parte i letterati ungheresi si attennero. Solo per la pubblicistica
politica e, in parte, per il cinema si pu parlare in Ungheria di controletteratura.
Ricorder a questo proposito il film di Andrs Kovcs, A mnesgazda (letteralmente:
Il cavallaro, uscito in Italia con il titolo Il recinto) e il gi citato Angi Vera di Pl
Gbor, entrambi del 1978. Tuttavia, particolarmente interessante far rilevare che
nel paese danubiano dalla fine degli anni 70 fino al 1989 esistettero diverse case
editrici sostenute economicamente da fondazioni sotterranee, che arrivarono a
pubblicare oltre un migliaio di volumi, di cui alcuni addirittura in diecimila copie. Ma
su questo punto ritorner a breve.
Nel 1978 prendono avvio le prime conferenze della cosiddetta Szabad
egyetem (Universit libera) che vengono tenute in appartamenti privati. Ed nella
casa di un particolare privato cittadino, Lszl Rajk, figlio dellex ministro degli
interni fatto giustiziare dagli stalinisti nel 1953, che nel 1981 viene avviata la
cosiddetta Boutique del samizdat: una vera e propria fucina di produzione di
documenti e scritti in samizdat.
Al 1979 pu essere datata la nascita del movimento di opposizione democratica
ungherese al regime kdriano (il regime comunista ungherese viene ormai
identificato con il nome del suo leader di spicco Kdr) e listituzione ad opera di
Ottilia Solt, pi volte arrestata dalla polizia della Fondazione per il sostegno dei
poveri (SZETA), mal vista dalle autorit perch in palese contraddizione con la linea
del regime che negava assolutamente lesistenza di strati poveri nella societ
socialista.
Nel 1980 viene stampato in samizdat, su iniziativa di Jnos Kenedi, il volume
Bib Emlkknyv (In memoriam di Bib) contenente gli scritti di 76 autori, fra cui
Jnos Kis (filosofo di chiara fama, figura di spicco fra gli oppositori al regime), Jen
Szcs (storico), rpd Gncz (scrittore e traduttore, in seguito primo presidente della
nuova Repubblica democratica ungherese, eletto per due volte), il grande poeta Gyula
Illys e due dei maggiori poeti ungheresi ancora viventi, Sndor Csori e Gyrgy
Petri. Nello stesso anno Mikls Haraszti scrive il saggio A cenzra eszttikja

(Lestetica della censura), opera fondamentale sulla cultura del socialismo di stato,
sulla letteratura e sullarte guidate dal potere politico. Il saggio circol in samizdat e
venne tradotto in diverse lingue. Lopera sar pubblicata nel 1986. Secondo Haraszti
lestetica della censura significa la connivenza volontaria o involontaria verso cui lo
Stato-partito incanala o costringe ai propri fini gli scrittori e gli artisti.
Nel 1981 vede la luce limportantissima rivista di opposizione al regime
Beszl (Speaker), che parte con una tiratura di 1500 copie arrivando nel 1989 ad
8000 copie dopo 27 numeri. La rivista svolger un vero e proprio ruolo di forum
dellopposizione democratica al regime e vedr fra i suoi autori alcuni importanti
nomi che svolgeranno funzioni politiche dopo il 1989 nellUngheria democratica. Fra
di loro Mikls Haraszti, Jnos Kis, Mikls Tams Gspr, Gbor Demszky (che
stato sindaco di Budapest ininterrottamente dal 1990 al 2010), Gyrgy Petri, Ottilia
Solt, nomi che ricorrono frequentemente in questo periodo.
Nello stesso anno viene fondata la casa editrice AB-Fggetlen (ABIndipendente) sul modello della casa editrice polacca NOWA, votata alle
pubblicazioni in samizdat.
Nel 1982 vengono fondate, una dopo laltra, le case editrici Hitel (Credito) e
ABC-Fggetlen (ABC-Indipendente); nel 1983, su iniziativa di Gyrgy Krass, una
delle figure pi rilevanti dellopposizione intellettuale ungherese, nasce la casa
editrice Magyar Oktber (Ottobre ungherese): sar questa casa editrice a pubblicare
nel 1984 il fondamentale volume di Istvn Bib, A magyar forradalomrl (Sulla
rivoluzione ungherese), con la prefazione dello stesso Krass, unopera che svela
definitivamente agli ungheresi i tab della loro gloriosa rivoluzione patriottica e
democratica del 1956. In questo volume oltre ai lavori scritti dal grande pensatore
magiaro nel biennio 1956-57, si leggono anche le sue lettere in difesa dei suoi
compagni di carcere, scritte dopo la sua liberazione dal carcere.
Jnos Kis nel 1982 fa uscire in samizdat il saggio di filosofia morale dal titolo
Vannak-e emberi jogaink? (Abbiamo diritti umani?), che verr poi pubblicato nel
1986 in forma di libro, ma sempre in samizdat, dalla casa editrice AB-Fggetlen
(AB-Indipendente).
Oramai, negli anni Otanta lAssociazione che riunisce gli scrittori ungheresi, la
vecchia Unione degli Scrittori Ungheresi, non pi in grado di controllare loperato
degli scrittori.
Come prima accennato, il poeta Gspr Nagy (1949-2007) nel 1984 infrange
lomert sul nome di Imre Nagy e scrive rknyr: elmltam 9 ves (Estate eterna:
compivo 9 anni), titolo riferito al proprio compleanno, che cadeva nel 1958, che
per anche la data dellimpiccagione e della morte di Imre Nagy: una lirica sul primo
ministro della Rivoluzione del 56, da oltre venticinque anni linnominato per
definizione, nella quale il poeta magiaro non solo gioca con le tre famose T del
sigillo censorio Tiltott, Trt, Tmogatott (proibito, sopportato, appoggiato), prima
ricordate, dove le parole se ITT se OTT (n qui n l) si possono leggere per
assonanza come Tiltott (proibito), ma si fa anche beffe della censura con le lettere
maiuscole N.I., iniziali di Nagy Imre secondo lordine alfabetico ungherese (da me
rese nellordine italiano: I.N.), nelle prime due lettere del verbo negativo NIncs (non

c) e nellultima sillaba dei tre verbi temetNI, feledNI, nevezNI (seppellire,


dimenticare, chiamare). Naturalmente nella versione italiana le corrispondenze
testuali e di verso sono necessariamente modificate come risulter chiaro dalla
sottoallegata legenda che segue la traduzione della lirica:
Estate eterna: compivo 9 anni
la tomba non sta IN alcun luogo
la tomba gli assassini
il corpo non sta(nno) qui IN alcun luogo
nemmeno il corpo sta l
le ossa gli assassini non stanno IN alcun luogo
le ossa
(p. s.)
un giorno sI dovranNo seppellire
e dIMenticaRE Non ci sar PROIBITO
di chiamar per nome gli assassINi!
Versione italiana di Roberto Ruspanti
Legenda
IN sta per Imre Nagy (ai versi 1, 3, 5, 8, 9, 10) letto allitaliana (prima il nome poi il cognome).
IMRE allinterno di dIMenticaRE il nome di battesimo intero di Nagy, seguito dal cognome N
(che sta per Nagy).
PROIBITO (verso 9) sostituisce il gioco di parole origin ale di ITT OTT (qui l) ai versi 3-4: i due
avverbi di luogo letti insieme suonano, nelle intenzioni del poeta, TILTOTT (PROIBITO).
p. s. naturalmente sta per post scriptum.
Per apprezzare il gioco di parole bene confrontare la traduzione italiana con loriginale:

rknyr: elmltam 9 ves


a sr NIncs sehol
a sr a gyilkosok
a test se I T T NIncs sehol
a test se O T T
a csont a gyilkosok NIncs sehol
a csont
(p. s.)
egyszer majd el kell temetNI
s neknk nem szabad feledNI
a gyilkosokat nven nevezNI!

Nel 1985 (14-16 giugno) si svolge la riunione di Monor (citt che diede i natali
a Lajos Kossuth), alla quale partecipano diversi gruppi di opposizione al regime e
influenti intellettuali ungheresi. Parallelamente si svolge a Budapest il cosiddetto
Forum culturale degli intellettuali. Il 5 e il 6 dicembre 1986 nellappartamento
privato dello scrittore Istvn Ersi viene organizzata clandestinamente una
conferenza dal titolo Sul 56 nell86, in occasione del 30 anniversario della
rivoluzione ungherese.
in questa fase degli anni Ottanta che in Ungheria vedono la luce della
pubblicazione in samizdat diversi scritti ungheresi e stranieri sulla rivoluzione del
1956. Fra questi ricordiamo: il gi menzionato, importantissimo saggio di Mikls
Haraszti, A cenzra eszttikja (Lestetica della censura), pubblicato nel 1986 dalla
casa editrice AB-Fggetlen Kiad; Bill Lomax, Hungary 1956 (Ungheria 1956),
1986, tradotto in ungherese e pubblicato nel 1987 a cura di Gyrgy Krass, autore di
diversi studi e ricerche sulla rivoluzione del 1956, alla quale aveva anche partecipato
attivamente (AB-Fggetlen Kiad, Budapest, 1987); particolare curioso: il libro
recava in copertina un nastrino tricolore emblematico. Jnos Kis-Imre Mcs-Jen
Szll-Mikls Vsrhelyi firmano nel 1987 il volume dal titolo Az 1956-os magyar
forradalom elzmnyei, alakulsa s utlete (Premesse, sviluppo e conseguenze
della rivoluzione ungherese del 1956), che verr pubblicato a Budapest un anno
dopo dalla Casa editrice Magyar Oktbr-Szabad Sajt.
Oramai si parla apertamente e si scrive quasi liberamente della Rivoluzione del
1956. Il vento stava cambiando. Lanelito dei Magiari alla libert e alla democrazia
comincia finalmente a produrre i suoi frutti.
Nel 1987 a Lakitelek (piccolo centro non distante da Budapest) viene fondato il
Movimento del Magyar Demokrata Frum (Forum Democratico Ungherese), che si
trasformer in partito nel 1988.
Nello stesso anno la rivista Beszl (Speaker) pubblica il famoso articolo
dal titolo Trsadalmi szerzds (Contratto sociale), nel quale vengono
rappresentate le nuove condizioni della trasformazione politica dellUngheria e viene
attaccato apertamente il simbolo stesso del regime comunista ungherese, Jnos
Kdr, invitato a lasciare il potere: Kdrnak mennie kell! (Kdr se ne deve
andare!).
Nel 1988 si svolgono luno dopo laltro importanti meeting che danno vita alle
pi importanti formazioni politiche della nuova Ungheria democratica:
nascono la FIDESZ (Fiatal Demokratk Szvetsge, cio Federazione dei
Giovani Democratici), il partito del Magyar Demokrata Frum (Forum Democratico
Ungherese) e il SZDSZ (Szabad Demokratk Szvetsge, cio Federazione dei Liberi
Democratici).
Nel mese di aprile del 1989 si svolge la Tavola rotonda che vede laccordo
fra il partito comunista al potere, cio lo MSZMP, il Partito Socialista Operaio
Ungherese (in sigla italiana POSU) e le nuove formazioni politiche democratiche per
lattuazione di un sistema pluripartitico.

Con la grande manifestazione del 16 giugno 1989 nella quale vengono


riabilitati Imre Nagy e i martiri della rivoluzione ungherese del 1956 22 finisce lera
comunista in Ungheria. Riprendo le parole del mio romanzo Quel treno per
Budapest: Nellimponente manifestazione in memoria di Nagy a cui partecip, con
forte significato simbolico, lultimo segretario del Partito comunista italiano, Achille
Occhetto, erede incolpevole di chi ne aveva avallato nel 1958 la condanna a morte,
cio Palmiro Togliatti si espressero visivamente le speranze che il popolo magiaro
riversava nella democrazia e nella ritrovata libert. Allo stesso tempo, quanta fatalit
tragica, come disegnata da un drammaturgo greco, Klra Fekete23, come tanti altri
ungheresi, pot cogliere nel mero dato cronologico della morte di Jnos Kdr,
lultimo despota dellUngheria comunista! Morte forse anche cercata e sopraggiunta
soltanto un mese dopo24, in seguito e in conseguenza chiss? di quella grandiosa
cerimonia vista da tutta lUngheria. Quale tormento fisico e morale dovervi assistere
per chi, come lui, indiscusso padre-padrone dellUngheria per oltre trentanni, aveva
tuttavia certamente portato per tutta la vita nella propria coscienza senza mai
potersene liberare veramente unenorme macchia nera: il tradimento e
limpiccagione del suo compagno di idee e di partito, Imre Nagy, per decenni
linnominato, che ora veniva riabilitato con tutti gli onori! Nemesi fatale e tragica
ad un tempo! Klra Fekete, come forse altri ungheresi, prov un sentimento di umana
piet per lui, per, allo stesso tempo, pensando al suo Pter25, si domand, senza
averne risposta, ci che milioni di ungheresi si chiesero allora: avr il vecchio
despota, in quel momento, provato un seppur tardivo rimorso misto a piet, pensando
a Imre Nagy, alle centinaia di morti fra cui tanti giovani alle migliaia di vite
spezzate, ai tanti patrioti e intellettuali condannati al carcere, e ai duecentomila esuli,
suoi connazionali, tutto e tutti amaro frutto del suo tradimento del 1956?26
Il 12 aprile del 1989 il vecchio e gi malato leader comunista si presentava alla
riunione a porte chiuse del comitato centrale del Partito comunista al potere, che
avrebbe deciso da l a poco (il 7 ottobre 1989) di cambiare il proprio nome (MSZMP)
in quello di Partito Socialista Ungherese (MSZP), pronunziando un discorso in parte
confuso e poco lucido. Ne riporto i brani che sono stati estrapolati da un video molto
diffuso su you tube. Con voce stentata Kdr prese a parlare: Il dottore mi dice che il
mio guaio che io penso eternamente alla mia responsabilit. Io non so per chi e
perch la mia presenza sia importante: perch io funga in senso biblico da capro
espiatorio o per avermi eletto presidente del partito (...) e nondimeno abbiate pensato
che in fondo io difendo il sistema e il partito! (...). Precisando poi che, avendone il
partito degradato il suo ruolo da segretario a presidente, egli poteva anche
assumersi il ruolo di capro espiatorio aggiungendo: E se prendo la parola per
primo, nessuno potr perci essere responsabile... . Quindi, dopo un attimo di pausa
22

Per una conoscenza della rivoluzione ungherese vista in una particolare angolatura, si consiglia il volume
R. Ruspanti (a cura di), Ungheria 1956: la cultura si interroga, gi citato.
23
Klra la giovane studentessa universitaria, protagonista femminile del romanzo.
24
Kdr muore il 6 luglio, lo stesso giorno in cui vennero cancellate gli effetti giuridici del processo che nel
1958 si era concluso con la condanna a morte e poi limpiccagione di Imre Nagy.
25
Pter il giovane studente universitario, protagonista maschile del romanzo.
26
Roberto Ruspanti, Quel treno per Budapest, cit., pp. 14-15.

lormai ex despota pronunziava una frase lasciata come in sospeso, che rimasta poi
famosa e d allintero intervento un timbro tragico di ammissione di colpa: Perch
io ho commesso un errore... (mert n elkvettem egy hibt... ).27
Il 23 ottobre del 1989, anniversario della rivoluzione del 56, viene proclamata
la Repubblica dUngheria, mentre nel mese di aprile del 1990 si svolgono le prime
elezioni libere dopo oltre quarantanni di dittatura.
Purtroppo, allindomani del 1989, nella neonata democrazia ungherese lover
dose di testimonianze, documentari inediti, rivelazioni, trasmissioni televisive, la
pubblicazione di documenti e di liste non pi tanto segrete di informatori del regime
kdriano, talvolta usate per denigrare lavversario politico, e una copiosa letteraturatrash, soprattutto nel campo della pubblicistica, hanno finito per creare nel pubblico
ungherese una specie di rigetto del glorioso avvenimento di tanti anni prima e,
soprattutto, un disinteresse diffuso verso la ricerca storica scientifica delle cause
politiche che caratterizzarono la rivoluzione, nonch delle componenti sociali che
principalmente ne furono le promotrici e le protagoniste, e questo nonostante
limpegno scrupoloso di validi ricercatori storici riuniti nellIstituto per la
Rivoluzione ungherese del 1956, oggi soppresso. Cosicch potrei quasi dire che nella
societ contemporanea ungherese la rivoluzione del 1956 stata pressoch rimossa e
dimenticata. Il triste quadro completo se a questo aggiungiamo che la rivoluzione,
dopo essere stata calunniata dai comunisti contemporanei agli avvenimenti (come
ha ben dimostrato Federigo Argentieri nel caso dei comunisti italiani), stata poi
trasformata in oggetto di futile polemica politica, fino ad essere spesso e volentieri
strumentalizzata dalla classe politica ungherese post-1989 che avrebbe invece dovuto
ricordarla e celebrarla in modo unitario. Divisione e strumentalizzazione che hanno
finito per svilirne del tutto il ricordo e il significato. Tale strumentalizzazione o, se si
preferisce, la sovrapposizione strumentale del glorioso evento storico alla misera
politica degli anni recenti ha toccato lapice alcuni anni fa in occasione degli
avvenimenti politici del 2006, in particolare allindomani dello scandalo politico
causato dalla divulgazione mediatica (e devo onestamente dire: in gran parte
strumentale) del cosiddetto discorso della menzogna del primo ministro socialista
Ferenc Gyurcsny seguita dalle conseguenti manifestazioni di piazza culminate con il
violento assalto e loccupazione delledificio della televisione.
Tutto questo si trasformato in un silenzio assordante nei confronti del
glorioso evento storico. Per di pi (spiace doverlo constatare) le nuovissime
generazioni ungheresi sono del tutto o quasi del tutto indifferenti, se non addirittura
ignoranti, rispetto a questa memorabile pagina della storia universale della lotta
delluomo per la libert che stata e rimarr sempre la rivoluzione ungherese del
1956. Cos la stessa celebrazione ufficiale del 23 ottobre, anniversario della prima
giornata della rivoluzione divenuto festa nazionale, spesso si svolge allinsegna della
divisione, sotto la cappa di una stanca e scontata routine.
Il filmato che riproduce, sia pure in modo incompleto estrapolandone le parole, lintervento di Kdr
riportato nel sito:
http://www.youtube.com/watch?v=9ajyy_A0PLw
27

In particolare, il 50 anniversario della rivoluzione nel 2006 venne celebrato e


ricordato in modo adeguato ed anche in modo scientifico assai pi allestero e, in
particolare, qui da noi in Italia che non nella stessa Ungheria (come diversi convegni
e manifestazioni sparsi un po per tutta Italia dimostrarono: Messina, Savona, Milano,
Venezia, Mantova, Udine, Roma e in molte altre citt), con leccezione delle
istituzioni culturali straniere a Budapest. Speriamo che non sia cos nel prossimo 60
anniversario che si celebrer il prossimo anno, il 2016.
Anche nei suoi riflessi culturali, la rivoluzione del 1956 non ha oggi in
Ungheria quel rilievo che meriterebbe e che uno si aspetterebbe pensando allepica
lotta degli ungheresi e, soprattutto, dei giovani ungheresi dallora e al sacrificio della
vita di molti di loro, oltre al martirio di Imre Nagy e degli uomini di spicco
condannati a morte o a lunghi anni di detenzione dopo processi farsa imbastiti dal
regime comunista di Kdr riportato al potere dai carriarmati sovietici. Se escludiamo
la pubblicistica di stampo storico-politico, come i nuovi contributi su figure e aspetti
correlati alla rivoluzione del 56, tra cui la discussa ed incredibile biografia
riabilitante del dittatore Jnos Kdr realizzata dallo scrittore Gyrgy Moldova
(prima ricordata), la letteratura, nel senso stretto del termine, praticamente assente
dal panorama editoriale. Le case editrici provano un senso di fastidio nel sentirsi
proporre la pubblicazione di opere di narrativa che riguardano levento del 56, come
mi confermava qualche tempo fa Pter Lszl Zentai, presidente degli editori
ungheresi, in una conversazione avuta con lui. Nel 2010 le spoglie mortali del poeta
Tibor Tollas, uno dei protagonisti della rivoluzione, autore di liriche memorabili sulla
tragedia del 56, nonch curatore della ricordata raccolta clandestina del Fves kert
(Giardino erboso) sono tornate in patria nellindifferenza quasi assoluta dei mass
media e dellopinione pubblica. Cosicch viene il dubbio, che diventa quasi certezza,
che, aldil dellatteggiamento delle case editrici, siano la stessa letteratura e gli
scrittori ungheresi a voler rimuovere il 56 nel timore che questo evento non sia
ancora abbastanza storico dallessere affrontato con un certo distacco esente da
strumentalizzazioni politiche. Una cosa certa: in Ungheria dalla fine del regime
comunista e nelle nuove condizioni ideali di piena libert di espressione non
apparsa una sola opera letteraria di livello pari al peso che la rivoluzione del 1956 ha
avuto ed ha nella storia ungherese e universale.
E vengo ora al tema della letteratura e della cultura ungherese contemporanea
sulla rivoluzione del 1956. Facendo un distinguo tra i grandi scrittori viventi ed
operanti durante lepoca kdriana dal 1956 al 1988 e quelli di oggi, posso senza
tema di smentita affermare che non esiste in Ungheria una letteratura epica
rappresentativa del 1956. Per quanto riguarda i primi, si pu dire che gli Illys, gli
Aron Tamasi, i Gza Ottlik, un Ferenc Snta, che addirittura partecip agli scontri
armati del Corvin kz (Vicolo Corvin), e via dicendo non hanno scritto un solo rigo
sulla rivoluzione del 1956. Di loro non sono apparse neppure opere che uno
penserebbe essere state scritte e, magari, tenute nel cassetto nei lunghi anni della
dittatura kdriana. Ma neppure gli scrittori apparsi alla ribalta letteraria o divenuti
importanti dopo il 1989 hanno realizzato dal punto di vista qualitativo ma direi anche

quantitativo opere su questo tema. La spiegazione pu essere duplice e cio che, da


un lato, nella letteratura odierna non esiste quel tipo di narrativa epica dallampio
respiro rappresentata nel XIX secolo dai grandi romanzi di scrittori come
Dostojevsky, Hugo o Manzoni, dallaltro lato, soprattutto per quanto riguarda le
nuove generazioni di scrittori, lover dose di pubblicazioni, trasmissioni televisive e
via dicendo sulla rivoluzione del 1956 hanno forse tolto loro la voglia o la necessaria
ispirazione per farne oggetto di unopera letteraria, mentre nel pubblico ungherese
hanno finito per creare una specie di rigetto del glorioso avvenimento di tanti anni
prima. Unulteriore spiegazione, pi generale, che la Rivoluzione ungherese del
1956 non ancora divenuta abbastanza storica per diventare tema di unopera
narrativa di ampio respiro e/o dallafflato epico. Ed in realt in Ungheria non sono
passati cinquantanni dalla conoscenza completa e documentata degli avvenimenti
rivoluzionari del 1956, ma soltanto diciassette anni a contare dallimplosione del
sistema comunista-sovietico nel 1989. Un tempo troppo breve per trasformare la
conoscenza della Rivoluzione ungherese del 1956 in conoscenza storica e sottrarla
alla polemica politica. In fondo i clamorosi casi letterari de Il Gattopardo di Tomasi
di Lampedusa e de Il dottor Zivago di Boris Pasternak, romanzi della seconda met
del Novecento ambientati in epoche ragionevolmente distanti dal momento della loro
realizzazione e quindi storiche potrebbero esserne in questo senso una conferma.
Cos oggi in Ungheria accade che la maggioranza delle opere di narrativa (i
romanzi, per intenderci) affrontano la rivoluzione del 1956 come tema collaterale o
solamente come pretesto. Fra i lavori di narrativa contemporanea sul 56 ricorder
alcuni titoli di opere, le quali dal punto di vista qualitativo raramente raggiungono un
alto livello artistico, pur facendo i dovuti distinguo:
Szuvenr (Souvenir) di Tams Benedikty, pseudonimo di Tams Horvth
(Kertek kiad, Budapest 2000), romanzo autobiografico in due tomi nel quale
compaiono personaggi di combattenti rivoluzionari quali Falb Jnos (Jnos
Gambadilegno), nome di battaglia di Jnos Mesz e Lszl Ivn Kovcs divenuti poi
leggendari;
Felntt tiporva (Giovent calpestata) di rpd Csernk e Zsolt Gerencsr
(Krter Mhely Egyeslet, Pomz 2003), un romanzo incentrato sullanalisi
psicologica della personalit della generazione dei giovani ungheresi che presero
parte alla rivoluzione del 56. I due autori si domandano quale potesse essere la
personalit di giovani cresciuti in un periodo storico che vide in successione la
tragedia della seconda guerra mondiale, la capitale dellUngheria ridotta ad un
ammasso di rovine, lavvento del comunismo stalinista di Rkosi con il corollario del
dominio del terrore e della menzogna nel Paese e luso spregiudicato di uomini
appartenuti alla sanguinaria milizia del partito nazista ungherese dei crocefrecciati,
reclutati dal potere stalinista nelle fila della spietata polizia segreta dellVO per
terrorizzare e soggiogare i cittadini. Di alcuni di quei giovani ne saranno
rivoluzionari, di altri invece spie e traditori: ma nel suo insieme quella fu una
generazione dalla giovent calpestata;
Szerencss Dniel (Dniel Szerencses) di Andrs Mezei (Szpirodalmi
Knyvkiad, Budapest 1983), un romanzo che prende a pretesto la rivoluzione del

1956 per disegnare i complessi aspetti caratteriali e psicologici dei due giovani
protagonisti, le cui vicende e le cui scelte drammatiche si inseriscono nel periodo
immediatamente successivo al fallimento della rivoluzione 56, e da cui stato tratto
nello stesso anno un film;
Aki megszktt a hall ell (Scampato alla morte) di Lszl Gyrffy
(Kairosz, Budapest 2002; II edizione 2004) un romanzo a sfondo storico nel quale
lautore ripercorre le vicende di un ufficiale ungherese dellAccademia militare
Ludovika costretto a lasciare da ragazzo la propria terra nata a causa della
disintegrazione della grande Ungheria storica (Trattato del Trianon del 1920), che
quindi partecipa alloccupazione ungherese di parte della Slovacchia (Alta Ungheria)
e della Transilvania, riassegnate dallarbitrato Ribbentropp-Ciano allUngheria, poi
prigioniero di guerra in Unione Sovietica e infine, dopo essere rientrato in patria nel
1948, comandante della guardia nazionale nella citt di Keszthely durante la
rivoluzione del 1956, e per tale motivo condannato a morte, ma scampato alla morte
(donde il titolo) grazie alla scelta di andare in esilio volontario in Austria. Qui, in un
tranquillo paesino lungo il fiume Mura, lufficiale ungherese ormai vecchio ripensa
attraverso i propri ricordi il tragico destino suo personale e dellUngheria. Dunque,
anche questo non un romanzo sulla rivoluzione del 1956 in senso stretto, come il
titolo potrebbe far pensare, ma un romanzo nel quale in realt la rivoluzione del 1956
diviene loccasione o, se si preferisce, il pretesto per abbozzare, attraverso i ricordi
dellesperienza militare e di vita di un ufficiale ungherese, la storia dellUngheria
dalla caduta dellimpero austro-ungarico al riaffermarsi del regime comunista grazie
allintervento militare sovietico che nel 1956 pose fine alla rivoluzione magiara;
Rozsda sz (Autunno di rugiada) di Andrs Simonffy (Magvet, Budapest
1990) un romanzo nel quale gli avvenimenti rivoluzionari del 1956 si mescolano e
si fondono con le vicende autobiografiche dellautore, che allepoca della rivoluzione
era un adolescente. Laspetto pi interessante dellopera la narrazione di alcuni
episodi, anche tragici, dei giorni della rivoluzione (tra i quali labbattimento della
statua di Stalin, lassalto dei rivoltosi alledificio della radio, la reazione violenta
della polizia stalinista che spar sulla folla radunata davanti al Parlamento in piazza
Kossuth), fissati con occhi adolescenziali dal futuro scrittore in un diario conservato
per anni e anni nel cassetto e che ore funge da canovaccio del romanzo. Cos anche le
immagini delle atrocit di alcuni episodi accaduti durante la rivoluzione rivissuti
attraverso le pagine di questo diario si stemperano nel senso profondo dellamore per
la vita e per la libert di cui era pieno il giovane adolescente ed ancora oggi pieno lo
scrittore;
tvenhatos regny (Romanzo del Cinquantasei), di Gbor Kartson, un
voluminoso romanzo di ben 708 pagine sulla rivoluzione del 1956 uscito nel 2005 per
i tipi della casa editrice Helikon. Lautore pi noto come pittore, sebbene non
disdegni di scrivere. Il 1956 del titolo per non altro che un pretesto per Gbor
Kartson, che al tempo stesso anche il protagonista del romanzo, per fare un lungo
discorso retrospettivo e autobiografico, nello sfondo storico dellEuropa e
dellUngheria del XX secolo, sullesistenza, sulla politica, sullamore, sullamicizia,
sulla fedelt e sul tradimento, sul ruolo degli intellettuali e via dicendo. Di fatto il

titolo del romanzo non mantiene la promessa che vi contenuta, ma in un certo senso
trae addirittura in inganno perch lavvenimento rivoluzionario in quanto tale non
solo non posto al centro del tema e della narrazione dellopera, ma vi compare solo
per il 20% delle pagine. Vi sono, vero, fatti ad esso riferiti, elencati come in una
sorta di diario (diario degli avvenimenti e diario personale) dallautore, ma il 56
costituisce soprattutto un pretesto per parlare, fra gli altri, di avvenimenti e di
movimenti sotterranei di contestazione al regime di Kdr, come per esempio il
cosiddetto Duna-mozgalma (Movimento per il Danubio), un movimento di difesa
ambientale contro la costruzione della diga di Bs-Nagymaros in anni ben lontani dal
1956.
Per quanto riguarda la poesia ungherese contemporanea dedicata alla
rivoluzione del 56, il quadro abbastanza desolante. Mi viene in mente un solo titolo
degno di essere menzionato: Vrrel virgz 1956 (1956 sbocciato col sangue), una
raccolta di liriche realizzate da quaranta poeti magiari (Ht Krajcr, Budapest 1996).
Indubbiamente pi rosea la situazione che riguarda la cinematografia. In questo
campo si segnalano le opere di alcuni fra i pi importanti registi ungheresi. Alcuni
films sono stati realizzati gi prima della caduta del regime comunista, a
testimonianza di una diminuzione della pressione censoria nella fase finale di questo.
Ricorder qui, fra gli altri, la triade della regista Mrta Mszros: Napl
gyermekeimnek (Diario per i miei figli) del 1984, Napl szerelmeimnek (Diario
per i miei amori), del 1987 e Napl apmnak, anymnak (Diario per mio padre, per
mia madre), del 1990. Della stessa regista A temetetlen halott (Il morto insepolto)
del 2005, titolo banalmente tradotto in italiano come Luomo di Budapest, unopera
che ripercorre in modo realisticamente drammatico le vicende dellarresto, del forzato
soggiorno in Romania, del carcere e delle agghiaccianti condizioni disumane in cui vi
fu tenuto, del processo farsa e dellimpiccagione di Imre Nagy raccontate in parallelo
con le immagini del ghigno beffardo del despota Jnos Kdr mentre arringa il partito
e le folle con discorsi pieni di battute sarcastiche contro il compagno incarcerato che
non ha per mai il coraggio di nominare. E, soprattutto, la ricostruzione e la
rievocazione del contegno dignitoso e della morte eroica del deposto legittimo primo
ministro dUngheria. Un film che pur lasciando sconvolti gli spettatori un
monumento alla dignit e alla fermezza di Imre Nagy, che vi compare non solo come
un martire dellideologia comunista, ma come un vero eroe nazionale.
Interessante il film di Kroly Makk, Magyar Rekviem (Requiem ungherese)
del 1990. Il film, alla cui sceneggiatura partecip Mikls Vsrhelyi, il giornalista
fiumano che era stato portavoce di Imre Nagy nel 1956 e per questo condannato a
diversi anni di carcere, ripercorrendo latmosfera cupa e tetra degli anni della
repressione kdriana post-rivoluzione, narra le vicende di sette condannati a morte
che nel biennio 1957-58 attendono in carcere lesecuzione della condanna. Nel film
vengono messe in evidenza da un lato la volont del regime di cancellare il ricordo
della rivoluzione mantenendo nel Paese unatmosfera di paura e di terrore, dallaltro
lato le interazioni e le reazioni psicologiche dei sette rivoluzionari che in modi diversi
avevano preso parte alla rivoluzione.

Mansfeld (Mansfeld) un film di Andor Szilgyi del 2006 che prometteva


molto ma che nei fatti si rivelato abbastanza deludente. Narra le vicende legate alla
figura di Pter Mansfeld, il giovane studente e apprendista fabbro (il migliore
studente del suo anno di corso), che privo di patente di guida prese parte allet di 15
anni e mezzo alla Rivoluzione ungherese del 1956 come autista di collegamento,
recando viveri, armi, bombe a mano, medicinali e quantaltro al gruppo di
combattenti di piazza Szna a Budapest. Il giovane Mansfeld, che dopo il
soffocamento della rivoluzione si era trasformato in un nemico giurato del sistema
comunista compiendo tutta una serie di azioni di tipo criminale (tra cui una serie di
furti, ivi compreso il furto di unautomobile), verr pi volte condannato. Fuggito dal
carcere, perseverer nel suo atteggiamento antisociale e antiregime, finch verr
nuovamente e definitivamente arrestato insieme ad un gruppo di giovanissimi per
aver partecipato come autista al rapimento di un poliziotto. Il suo sfrontato
contrapporsi alle autorit carcerarie lo trasformer per in un indisponente ed
irredimibile nemico giurato del regime, che dopo averlo condannato in primo grado a
anni di carcere, lo condanner a morte per impiccagione. Una condanna esemplare
nellottica distorta e preconcetta del regime comunista di Kdr. La condanna verr
eseguita tre giorni dopo il compimento dei 18 anni (una legge appena approvata
permetteva in realt di eseguire condanne a morte gi allet di 16 anni) rendendo
mitica oltre il dovuto la vicenda di Pter Mansfeld.
Hazatrs (Ritorno a casa) del 2006 un film-documentario di Rka
Pigniczky. Molto lento e noioso il film assomiglia piuttosto ad uninchiesta televisiva
e in parte ripropone un tema simile a quello proposto dal film a soggetto Mansfeld.
Due sorelle americane, educate secondo le tradizioni ungheresi e cresciute nel mito
del padre rivoluzionario del 1956 emigrato negli Stati Uniti dopo labbattimento della
rivoluzione, giungono in Ungheria per seppellirne le ceneri in terra magiara e qui
ripercorrono luoghi, personaggi, storie, documenti darchivio per scoprire quale era
stato realmente il suo ruolo durante gli avvenimenti rivoluzionari. Nel percorso a
ritroso cos scoprono che non tutto il passato pre-rivoluzionario del padre era stato
limpido e glorioso (qualche problema con la giustizia per reati comuni). Anche se poi
nel momento cruciale dei combattimenti contro i sovietici il padre mostrer quel
comportamento eroico e rivoluzionario sul quale avrebbe costruito la sua immagine
nei successivi cinquantanni vissuti in America: quellimmagine che le due figlie
avevano di lui.
Il film Szabadsg, szerelem (Libert, amore) di Krisztina Goda una
coproduzione ungherese-americana del 2006, il cui titolo fa il verso alla nota poesia
di Sndor Petfi Szabadsg, szerelem (La libert, lamore, 1847), e si ispira ad un
episodio della storia della pallanuoto ungherese realmente accaduto durante le
Olimpiadi di Melbourne in Australia nel 1956. Negli stessi giorni in cui la
rivoluzione ungherese veniva schiacciata dai carriarmati sovietici, la squadra
ungherese arriva alla finale di pallanuoto trovandosi di fronte proprio la squadra
sovietica. In una partita dai toni drammatici e simbolici, su cui si concentr
lattenzione del mondo intero, sportivo e no, la squadra ungherese riusc a
sconfiggere quella sovietica dimostrando che vincere contro i sovietici (almeno nello

sport) non era impossibile. Intorno a questo episodio, il regista, gli sceneggiatori e i
collaboratori del film, tra i quali ultimi spicca il nome del figlio di Lszl Rajk,
imbastiscono la storia damore fra la studentessa universitaria Viki Falk e Karcsi
Szab, uno dei campioni della squadra di pallanuoto ungherese. Quando scoppia la
rivoluzione Viki rimane a combattere in patria, mentre Karcsi parte per lAustralia
per partecipare alla mitica finale di pallanuoto di Melbourne che si svolse il 6
dicembre 1956: in due parti della terra cos lontane luna dallaltra la giovane
universitaria continuer la sua lotta per la libert sulle barricate di Budapest e il
giovane campione di pallanuoto difender in Australia lonore dellUngheria
dimostrando al mondo, sia pure simbolicamente, che anche un piccolo popolo come
quello ungherese capace di lottare per la libert contro i potenti e sconfiggerli.
(Solamente fra parentesi vorrei sommessamente far notare che nel mio
romanzo Quel treno per Budapest, pi volte citato, pubblicato dalleditore Rubbettino
gi nel 2002, i due protagonisti da me immaginati sono anchessi una studentessa
universitaria e un campione di nuoto, con laggiunta di un terzo personaggio-chiave,
il giornalista italiano comunista: una curiosa coincidenza).
Anche il teatro di prosa ungherese contemporaneo volle dare nel 2006 il suo
contributo alle celebrazioni del cinquantenario del 56. Cos il dramma di Jzsef Gli
Szabadsg hegy (Monte della Libert), che come ho ricordato era stato
rappresentato nei giorni antecedenti la rivoluzione del 56, venne riproposto nel 2006
in un nuovo allestimento dal teatro Jzsef Attila di Budapest nel duplice
anniversario dei cinquantanni dello stesso teatro e della rivoluzione del 1956.
Fra le pices teatrali realizzate nel 2006 per festeggiare i cinquanta anni della
Rivoluzione ricorder il dramma intitolato Libert (Libert, 2006) di Gza Szcs,
scrittore transilvano, oggi uomo politico, che vive tra la Transilvania e lUngheria
con diverse frequentazioni italiane. Lopera, che si apre con i celebri versi di Dante
Alighieri sullUngheria Oh beata Ungheria, se non si lascia pi malmenare...
(Paradiso, XIX, vv. 142-143) ed suddivisa in tre parti e 132 scene, in cui si
alternano dialoghi serrati, monologhi, versi lirici e canti, ripercorre i giorni della
rivoluzione del 1956 attraverso le testimonianze dei protagonisti, gli scritti dei
testimoni degli avvenimenti e quelli di scrittori, giornalisti e storici ungheresi e di
altri paesi. Il dramma di tipo storico-psicologico Kazamatk (Casematte, del 2006),
di cui sono autori Jnos Trey e Jnos Papp, si riferisce invece ad un tragico episodio
avvenuto a Budapest durante la rivoluzione il 30 ottobre del 1956 nel corso dei
linciaggi succeduti allassalto della folla inferocita alla sede del partito comunista in
piazza della Repubblica (Kztrsasg tr), oggi ribattezzata piazza Giovanni Paolo II
(II. Jnos Pl ppa tr) forse per rimuoverne di dosso il passato cupo. La tragedia si
consuma con la morte di due ufficiali dellesercito regolare ungherese, un barbiere e
quattordici miliziani della polizia segreta VH invano travestitisi da poliziotti
comuni per evitare il linciaggio. La critica ungherese ha accolto con favore questo
dramma, il cui pregio maggiore costituito dalla ricostruzione fedele dellepisodio e
dallanalisi dello stato danimo dei personaggi che si muovono dentro e fuori
ledificio sede del partito in una contrapposizione drammatica teatralmente ben
riuscita.

Considerandoli anchessi come espressione della cultura teatrale, citerei da


ultimo due commedie musicali o, con termine inglese, musical sul 56 realizzati in
occasione dellanniverario del 2006: luna 1956. Aki magyar velnk tart! (1956.
Chi ungherese, sta con noi!, 2006), opera rock, musica di Szilveszter Jenei, versi di
Andrs Adorjn e L. Mihly Kocsis. Si tratta di un musical andato in scena a
Budapest nellaprile di questanno che narrando musicalmente le vicende della
rivoluzione del 56 fa ricorso ad alcune delle liriche pi famose della letteratura
ungherese, fra le quali si segnala la poesia Mennybl az angyal (Angelo dal ciel) di
Sndor Mrai prima ricordata, musicata per loccasione.
56 Csepp vr, Robi s Jlia (Cinquantasei gocce di sangue. Robi e Julia,
2006) un musical rock di Pter Horvth da unidea di Tams Pintr, musica di
Mihly Tams. Annunciato da un grande battage pubblicitario, il musical stato
messo in scena il 19 ottobre 2006 nellArena dello Sport Papp Lszl di Budapest
su un palcoscenico di 2400 metri quadrati che in quelloccasione ha avuto anche la
funzione di set cinematografico per realizzarne un film. Allinsegna del motto Tuo
nemico il tuo amore, la storia il tuo destino, il musical fa il verso al dramma
shakespeareiano Romeo e Giulietta, ambientandone la storia in un paese
dellUngheria al tempo della rivoluzione del 1956. Le rispettive famiglie rivali dei
due innamorati protagonisti qui sono, da un lato, i giovani patrioti rivoluzionari
ungheresi e, dallaltro lato, i poliziotti della famigerata polizia segreta comunista
AVO. Non ho avuto modo di vedere lo spettacolo, ma anche se ne avessi avuto la
possibilit presumo che non sarei andato a vederlo perch, a mio parere anche a
costo di apparire un conservatore - questa operazione tipicamente commerciale non fa
onore al ricordo ancora recente della gloriosa rivoluzione patriottica e democratica
del 1956 e ne svilisce limportanza e il significato: ma questo, purtroppo, oggi in
Ungheria va di moda.
Vorrei infine segnalare lOratorio per coro maschile e orchestra Egy mondat a
szabadsgrl (Una frase sulla libert), di grande impatto, il cui titolo e il cui testo
fanno il verso alla nota ode di Gyula Illys Egy mondat a zsarnoksgrl (Una frase
sulla tirannia, 1950), musica di Lszl Tolcsvay su testo di Jnos Brody, eseguito in
anteprima il 27 settembre 2006 nella sala concerti dellIstituto Italiano di Cultura di
Budapest, lantica Camera dei Deputati ungherese durante lepoca della Monarchia
austro-ungarica, in occasione di un convegno sulla Rivoluzione del 1956 organizzato
dallAmbasciata dItalia a Budapest in collaborazione con altre sette ambasciate di
Paesi che allepoca della rivoluzione facevano parte del blocco occidentale.

***

Anche la cultura italiana reag e ha continuato a reagire in vario modo alla


Rivoluzione ungherese del 1956 in diversi campi dellarte, dalla letteratura (poesia e
narrativa) al cinema e al teatro. Non potendo in questa sede dare conto di tutte le

opere realizzate in Italia ne segnaler solamente alcune. Certamente la pi nota il


dramma pubblicato nel 1960 dal grande giornalista Indro Montanelli, nei giorni della
rivoluzione corrispondente da Budapest per il Corriere della Sera, I sogni muoiono
allalba, da cui stato tratto nel 1961 il film dallomonimo titolo, diretto dallo stesso
Montanelli assieme ad Enrico Gras e Mario Craveri e interpretato da una giovane e
splendida Lea Massari.28
Non ti ho mai tradito invece un dramma di Alessandra Crocco tratto da una
storia vera raccontata dal nonno dellautrice, che ne anche linterprete, e
accompagnata dalla voce registrata di Alessandro Miele. Il dramma ha fatto parte
del Progetto Premio Tuttoteatro.com alle arti sceniche Dante Cappelletti 2009
ottenendo una segnalazione da parte della Giuria popolare alla finale del Premio per
l'immediatezza, la freschezza e lumanit trasmesse dallinterprete.
Come ricorda lautrice, Non ti ho mai tradito la storia dellamore tra due
ragazzi che si intreccia inevitabilmente con gli avvenimenti del Novecento scanditi
dal ricordo dei comunicati della radio e al tempo stesso la storia di una generazione
che ha creduto ostinatamente in un sogno e forse da quel sogno stata tradita. Il
progetto nasce dalla storia vera di un ragazzo che dal 1943 al 1956, tra i 16 e i 29
anni, per caso o per scelta, visse da protagonista alcuni momenti cruciali del 900: il
fascismo, la lotta partigiana, la guerra, il comunismo. Quel ragazzo scelse di fare
della politica la sua vita. Oggi io che ho quasi trentanni e che invece come vita ho
scelto il teatro, guardo quel ragazzo che era mio nonno. Parto dalla sua storia per
raccontare gli slanci e le contraddizioni di una generazione e per ricostruire unepoca
che rischia di essere dimenticata. La drammaturgia si ispira in parte a lettere inedite
di Aurelio Ciacci, mio nonno.
La trama dello spettacolo. Dagli studi di Radio Budapest lui legge il notiziario.
Lei lo ascolta alla radio, in Italia. Li unisce una storia damore e un ideale. Li divide
una cortina di ferro. il 1956. Lui, giorno per giorno, racconta i drammatici
avvenimenti dellottobre ungherese: una manifestazione di studenti si trasforma in
rivolta, soffocata in pochi giorni dallarrivo dei carri armati sovietici. Il socialismo
reale mostra al mondo la sua faccia pi oscura. Lei, confusa e disorientata di fronte
allincrinarsi di un sogno, ripercorre le tappe di una vicenda umana in cui non c
distinzione tra il pubblico e il privato. Nellintimit di una stanza, in unattesa carica
di dubbi e paure in cui solo la radio le tiene compagnia, si lascia andare a un fiume di
ricordi e riflessioni, alternando continuamente presente e passato. La certezza
dessere rimasti fedeli alle proprie idee che emerge dalla rievocazione del passato
dallantifascismo alla lotta partigiana, alla militanza comunista nel dopoguerra non
le risparmier il sapore amaro della disillusione: i fatti di Budapest la metteranno di
fronte allevidenza del fallimento di un sogno. Come ebbe a dire Pietro Nenni, Oggi
ho lorgoglio di guardare idealmente negli occhi quel ragazzo che ero allora e di
potergli dire: io non ti ho mai tradito.

Indro Montanelli, I sogni muoiono allalba, definito Commedia in 2 tempi, Edizioni de Il Teatro delle
novit, Milano 1960.
28

Il dramma andato in scena come Primo studio il 15 novembre 2009 nel


Teatro Furio Camillo di Roma e il 24 Luglio 2010 come Debutto nazionale nel
Teatro Civile Festival di Legambiente, Monte Sant'Angelo.29
Un caso particolare quello di Anna Maria Hbermann30, ortopedico
specialista nonch musicista ( diplomata pianista), figlia di madre italiana e di padre
ungherese di origini ebraiche, autrice del romanzo Lultima lettera per
Tibor (Giuntina, Firenze 2001). Chiara, la protagonista, riceve indietro
dallambasciata ungherese una lettera da lei spedita dodici anni prima al suo
fidanzato ungherese Tibor, morto durante la rivoluzione ungherese del 1956. Lallora
giovane Chiara era scappata dallUngheria facendo rientro in Italia allarrivo dei
cingolati sovietici penetrati nella capitale ungherese per reprimere la rivoluzione.
Rileggendo la lettera scritta in quel lontano e tragico autunno del 1956 Chiara rivive
il suo amore per il giovane ungherese e le vicende drammatiche delle giornate
rivoluzionarie ivi compresa la sua fuga da Budapest. Lentamente la lettera, che non
aveva mai raggiunto il destinatario, diviene la vera protagonista del romanzo.
Un contributo alla conoscenza della Rivoluzione ungherese del 56 nel campo
letterario ho cercato di darlo anchio con il romanzo Quel treno per Budapest, di cui
riporto qui di seguito la recensione scritta da Bruno Ventavoli:
Budapest 1956 amore e rivoluzione. Cerano donne e uomini, bambini
e vecchi, a combattere a mani nude contro i carriarmati sovietici. Perch il
sogno di libert era pi possente delle armi. Per questo, la fallita
rivoluzione ungherese del 1956, ha cambiato la storia. Gli insorti furono
ricondotti allobbedienza, i capi e decine di comuni combattenti furono
condannati a morte. Ma lutopia di quei moderni ragazzi di via Pl non fu
mai soffocata. Provoc crisi devastanti nella sinistra europea e fece capire al
mondo che lEuropa divisa in blocchi era una mostruosit, e che si poteva
cercare una via alternativa tra il comunismo stalinista e il capitalismo
aggressivo. Nella breve estate di quellanno lunghissimo collocato il
romanzo Quel treno per Budapest, scritto da Roberto Ruspanti, docente di
lingua e letteratura ungherese, nonch saggista e traduttore. I protagonisti
sono due ragazzi: Klra, dorigini contadine, affascinata dalla libert che si
inala attraverso i versi dei grandi poeti (Petfi soprattutto, che stato tradotto
in italiano da Ruspanti) e Pter, figlio di nobili, espropriato di tutto dal
regime, ma non della fierezza, dello spirito pugnace e sportivo. I due
sincontrano alluniversit, si fiutano, si innamorano. E si ritrovano,
allimprovviso, quasi inconsapevoli, nella grande rivoluzione democratica che
29

Alessandra Crocco, Non ti ho mai tradito, Pascal Editrice, Napoli 2009. Il testo di presentazione del
dramma qui ricordato una mia rielaborazione delle note redatte dalla stessa autrice-attrice.
30
La Hbermann, di origini ebraiche, ha pubblicato nel 2009 Tams knyve (Il libro di Tams),
Kyeselbach, Budapest, un volume documentario dedicato al fratello mai conosciuto morto in un campo di
sterminio nazista. Nel 2010 pubblica con la Casa Editrice Proedi Il labirinto di carta, un romanzo di tipo
autobiografico che narra la scoperta casuale del segreto della doppia vita di un uomo, che prima di emigrare
in Italia, aveva vissuto nel suo paese dorigine con la propria famiglia limmane tragedia dellolocausto degli
ebrei in Ungheria.

serpeggia per le vie di Budapest. Pronti a sacrificarsi per lindipendenza del


tricolore magiaro che ha sventolato spesso su guerre fortunate, combattute
contro nemici impossibili. Fianco a fianco con scrittori sognatori e con operai
umiliati dalla povert. Negli scontri Pter muore. Klra, che sopravvive alla
insurrezione fallita, da prima medita di migrare allestero come fecero circa
duecentomila ungheresi. Poi decide di restare. E continuare in silenzio la vita
negli anni del kadarismo, perch solo nellaccettazione dignitosa dei rovesci
le utopie non muoiono. I due sfortunati e romantici guerrieri della libert sono
affiancati da un giornalista italiano dellUnit, ex partigiano, costretto dagli
eventi a rivedere le proprie convinzioni. Il `56 ha ispirato innumerevoli saggi
e parecchia fiction. Prima allestero (da non dimenticare il dolente omaggio di
Indro Montanelli) e poi in Ungheria (i funerali postumi di Nagy furono il
segnale della improrogabile svolta democratica alla fine degli anni 80). Il
romanzo di Ruspanti si inserisce nel ricco filone, mescolando il rigore dello
studioso con la passione dello scrittore. La ricostruzione dellestate
speranzosa terribile e dettagliata. I poeti, i politici, la gente normale. I
negozi vuoti di mercanzie e il pane che rincara. La cricca di burocrati che
costruisce il potere sul terrore, sullo strazio di idee che avrebbero ambito a
una nuova societ. I piani quinquennali che credono nellacciaio e cancellano
le secolari tradizioni di grano. In questo grigiore coatto della vita quotidiana
brilla la forza di un amore puro e immaginario, simile a migliaia di altri
soffocati nel sangue. Ma non per sempre.31

31

La recensione di Bruno Ventavoli stata pubblicata nella sezione Cultura (p. 21, 2/11/2002) del
quotidiano La Stampa.

I APPENDICE
CRONOLOGIA STORICO-POLITICA DELLUNGHERIA
(dal 1988 ai nostri giorni)
Nel 1988 si svolgono luno dopo laltro importanti meeting che danno vita alle
principali formazioni politiche della nuova Ungheria democratica.
16 giugno 1989, a Budapest, in una grande manifestazione popolare vengono
riabilitati il primo ministro Imre Nagy e i martiri della rivoluzione ungherese del
1956.
6 luglio 1989, Jnos Kdr muore il 6 luglio, lo stesso giorno in cui vengono
cancellate le conseguenze giuridiche del processo che nel 1958 si era concluso con la
condanna a morte e poi limpiccagione di Imre Nagy.
Nellestate del 1989 la fuga in massa di migliaia di tedeschi della Repubblica
Democratica Tedesca (la Germania dellEst) in vacanza in Ungheria spinge la
dirigenza del partito comunista ungherese ad aprire loro le frontiere del Paese verso
l'Austria, l'Occidente e la stessa Germania occidentale: il preludio (c chi dice: la
spallata decisiva) allabbattimento del muro di Berlino che roviner determinando il
crollo dei regimi comunisti in Europa e nella stessa Unione Sovietica.32
Finisce lera comunista in Ungheria.
Il 23 ottobre del 1989, anniversario della rivoluzione del 56, viene proclamata
la Repubblica dUngheria.
Nel mese di aprile del 1990 si svolgono le prime elezioni libere dopo oltre
quarantanni di dittatura. Il primo Presidente del Consiglio liberamente eletto in
Ungheria dopo quasi mezzo secolo di dittatura comunista stato Jzsef Antall (morto
nel 1993), segretario politico del neonato partito Magyar Demokrata Frum (Forum
Democratico Ungherese). Questi i Governi dellUngheria succedutisi dal 1990 al
2015:
governo di centro-destra (Jzsef Antall 1990-1993)
governo di centro-destra (Pter Boros, 1993-1994)
governo di centro-sinistra (Gyula Horn, 1994-1998)
governo di centro-destra (Viktor Orbn, 1998-2002)
governo di centro-sinistra (Pter Medgyessy, 2002-2004)
governo di centro-sinistra (Ferenc Gyurcsny, 2004-2006)
governo di centro-sinistra (Ferenc Gyurcsny, 2006-2009)
governo di centro-sinistra (Gordon Bajnai, 2009-2010)
governo di centro-destra (Viktor Orbn, 2010-2014)
governo di centro-destra (Viktor Orbn, 2014-)
32

Vedasi in proposito: Roberto Ruspanti, La spallata ungherese al muro di Berlino, in Emilia Fiandra (a
cura di), Cera una volta il Muro. A ventanni dalla svolta tedesca. vol. 1, Artemide, Roma 2011, pp. 59-74,

II APPENDICE

Jzsef Rth jr,


Leny, a Klvin-tri ktnl (Fanciulla alla fontana di piazza Klvin), 1956

Se l portata via lautunno,


oh tremenda, tremenda ora!
Dal cielo cadeva sangue, ferro e fuoco,
piedi lordi di fango calpestavano la neve...
Laggi nello scantinato lacqua era finita,
e le lacrime, come il siero freddo del latte,
avevano perduto gi da tempo il dolce sapore,
e intanto sibilava il vento
Oh tremenda, tremenda ora!
Stava nella piazza la disadorna e malinconica fontana
e sulla portatrice dacqua il cielo rivers la morte,
sebbene fosse il percorso di soli venti passi in tutto
Vedo la camicetta bianca rimboccata,
oh tremenda, tremenda ora!...
Dalla corta gonnellina le spuntavano
simili a due pulcini le piccole ginocchia
lalba stava appena per spuntare,
oh tremenda, tremenda ora!...
Tenendo due secchi nelle mani andava verso la fontana,
il sonno laveva a malapena abbandonata,
gli altri ancora sbuffavano laggi nella cantina
i due secchi stavano l gi colmi dacqua
cadde in mezzo ad essi come fiore appassito sulla neve
con la delicata e bella testolina ripiegata sopra il petto
e se l portata via lautunno
oh tremenda, tremenda ora!
1 novembre 1956

Jnos Brdy
Ha n rzsa volnk (Se io fossi una rosa), 1973
(Canzone)
Ha n rzsa volnk
nemcsak egyszer nylnk,
minden vben ngyszer
virgba borulnk
nylnk a finak
nylnk n a lnynak
az igaz szerelemnek
s az elmlsnak.

Se io fossi una rosa


non mi dischiuderei una volta sola,
ogni anno per quattro volte
sarei in fiore,
mi dischiuderei a un ragazzo
mi dischiuderei a una ragazza
al vero amore
e al suo trascorrere.

Ha n kapu volnk
mindig nyitva llnk,
akrhonnan jnne
brkit beengednk,
nem krdeznm tle
ht tged ki kldtt,
akkor lennk boldog
ha mindenki eljn.

Se io fossi un varco
me ne starei sempre aperta,
farei passar chiunque
da qualunque parte egli giungesse,
non gli starei a chiedere:
ma chi ti ha mandato?
allor sarei felice
se ognun mattraversasse.

Ha n ablak volnk
akkora nagy volnk,
hogy az egsz vilg
lthatv vljk,
megrt szemekkel
tnznnek rajtam,
akkor lennk boldog
ha mindent megmutattam.

Se io fossi una finestra


sarei tanto grande
da rendere visibile
il mondo intero,
con occhi comprensivi
mi guarderebbero dentro,
allor sarei felice
dopo aver mostrato tutto.

Ha n utca volnk
mindig tiszta lennk
minden ldott este
fnyben megfrdnk,
s ha engem egyszer
lnckerk taposna
alattam a fld is
srva beomolna.

Se io fossi una via


sarei sempre candida,
tutte le sante sere
farei un bagno di luce,
e se un giorno un cingolato
mi schiacciasse,
anche la terra sotto di me
sprofonderebbe in lacrime.

Ha n zszl volnk
sohasem lobognk
mindenfle szlnek
haragosa volnk,
akkor lennk boldog
ha kifesztennek
s nem lennk jtka
mindenfle szlnek.

Se io fossi una bandiera


giammai sventolerei,
mi mostrerei adirata
con qualsivoglia vento,
allor sarei felice
se immobilizzata
non fossi pi un gioco
per qualsivoglia vento.
(Traduzione italiana di Roberto Ruspanti)

Gspr Nagy (1949-2007)


rknyr: elmltam 9 ves (Estate eterna: compivo 9 anni)*, 1984
Estate eterna: compivo 9 anni
la tomba non sta IN alcun luogo
la tomba gli assassini
il corpo non sta(nno) qui IN alcun luogo
nemmeno il corpo sta l
le ossa gli assassini non stanno IN alcun luogo
le ossa
(p. s.)
un giorno sI dovranNo seppellire
e dIMenticaRE Non ci sar PROIBITO
di chiamar per nome gli assassINi!
Versione italiana di Roberto Ruspanti
Legenda
IN sta per Imre Nagy (ai versi 1, 3, 5, 8, 9, 10) letto allitaliana (prima il nome poi il cognome).
IMRE allinterno di dIMenticaRE il nome di battesimo intero di Nagy, seguito dal cognome N (che sta per Nagy).
PROIBITO (verso 9) sostituisce il gioco di parole origin ale di ITT OTT (qui l) ai versi 3-4: i due avverbi di luogo
letti insieme suonano, nelle intenzioni del poeta, TILTOTT (PROIBITO).
p. s. naturalmente sta per post scriptum.
Per apprezzare il gioco di parole bene confrontare la traduzione italiana con loriginale:

rknyr: elmltam 9 ves


a sr NIncs sehol
a sr a gyilkosok
a test se I T T NIncs sehol
a test se O T T
a csont a gyilkosok NIncs sehol
a csont
(p. s.)
egyszer majd el kell temetNI
s neknk nem szabad feledNI
a gyilkosokat nven nevezNI!

*Il titolo riferito al proprio compleanno, che cadeva nel 1958, che per anche la data dellesecuzione della condanna
a morte per impiccagione di Imre Nagy: una lirica sul primo ministro della Rivoluzione del 56, da oltre venticinque
anni linnominato per definizione, nella quale il poeta magiaro non solo gioca con le tre famose T del sigillo
censorio Tiltott, Trt, Tmogatott (proibito, sopportato, appoggiato) della dittatura morbida kdriana, dove le
parole se ITT se OTT (n qui n l) si possono leggere per assonanza come Tiltott (proibito), ma si fa anche beffe della
censura con le lettere maiuscole N.I., iniziali di Nagy Imre secondo lordine alfabetico ungherese (da me rese
nellordine italiano: I.N.), nelle prime due lettere del verbo negativo NIncs (non c) e nellultima sillaba dei tre verbi
temetNI, feledNI, nevezNI (seppellire, dimenticare, chiamare). Naturalmente nella versione italiana le corrispondenze
testuali e di verso sono necessariamente modificate come risulter chiaro dalla allegata legenda che segue la traduzione
e precede loriginale ungherese della lirica.

Dal romanzo Quel treno per Budapest (2002):


In ricordo di Anik
La piazza Klvin un nodo stradale importante di Budapest. [] Qui si
incontrano il cosiddetto piccolo Corso, che conduce da un lato, con il nome di corso del
Museo, verso il centro e dallaltro, con il nome, allora, di corso Maresciallo Tolbuhin,
verso Buda aldil del Danubio, e la via lli che porta allaeroporto e verso la periferia
sud di Pest, doverano concentrati i mezzi corazzati sovietici. Per raggiungere Buda o il
centro della citt questi dovevano percorrere in tutta la sua lunghezza la via lli e, una
volta attraversata la piazza, dirigersi a sinistra sul corso Tolbuhin, verso piazza Dimitrov
e il ponte della Libert, lantico ponte Francesco Giuseppe, oppure a destra verso il
Museo Nazionale e il viale Stalin33, pi in l. Probabilmente i russi si saranno sentiti a
loro agio in queste vie e piazze intestate a liberatori, eroi e politici sovietici o
filosovietici di vario genere dallevidente nome slavo che nulla avevano a che fare con
la storia e il sentire nazionale ungherese!... Dimitrov: chi era costui? avrebbe detto il
Manzoni, se fosse stato ungherese. Cos piazza Klvin il cui nome si era salvato,
sebbene la religione fosse considerata ufficialmente una sovrastruttura, probabilmente
perch, a suo modo, anche Calvino aveva fatto una rivoluzione contro la fede
dominante fu attraversata per lintera giornata del 4 novembre dai blindati sovietici.
Uno dei nidi di resistenza si era asserragliato allangolo fra la piazza e la via lli, da
dove provenivano i carri, tentando di danneggiarne quanti pi fosse possibile con le
bombe a mano o le rudimentali bombe Molotov. Il gruppo di patrioti era formato
soprattutto da operai, ma anche da comuni cittadini e da qualche studente. Pi volte ma
invano invitati ad andarsene, anche alcuni giovanissimi ragazzi si erano uniti al gruppo
con compiti di raccordo con gli altri gruppi sparsi per le vie della citt: fra loro una
bambina, Anik, si era assunta il compito di supportare i combattenti con viveri e acqua.
Nella piazza, non lontano dal Museo Nazionale, cera una fontana, oggi scomparsa.
Nella tarda mattinata, Anik, approfittando di un attimo di tregua fra il passaggio di un
carro e laltro, vi si diresse per approvvigionare dacqua i combattenti. Tenendo stretta
fra le dita la brocca che era quasi pi grande di lei, Anik con le sue treccine bionde
fermate da due fiocchi rossi correva inconsapevolmente verso la morte.
Allimprovviso, nascosta da un enorme carro Josif Stalin, sbuc una camionetta
da cui due soldati russi presero a mitragliare allimpazzata in direzione della fontana.
Uno dei due gridava Fascist! Fascist!, mentre i colpi a ripetizione dei mitra si
conficcavano sullasfalto, sugli alberi intorno e sul muretto decorato della fontana da
dove usciva il cannello dellacqua. Anik fu falciata dalle pallottole e cadde a terra
colpita a morte, con le treccine bionde sparse sullasfalto. Ebbe appena il tempo di
sussurrare mamma! con un esile filo di voce. Dalla brocca riversa, miracolosamente
intatta, lacqua usciva lentamente tingendo di rosa la pozza rossa del suo sangue.
Fascist! Fascist! continu a gridare come un ossesso il soldato russo, mentre la
camionetta spariva svoltando verso il Museo Nazionale, sul cui frontone ottocentesco in
stile neoclassico spiccava beffarda unenorme stella rossa posticcia. Anik non aveva
che dodici anni: forse, a causa dei lunghi calzettoni grigi che indossava, lavevano
scambiata per uno dei partigiani ai quali stava portando lacqua. Un poeta patriota,
Jzsef Rth jr, morto anchegli durante la rivoluzione, le dedic la sua ultima
commovente poesia.34
33
34

In ungherese Sztlin t.
Roberto Ruspanti, Quel treno per Budapest, cit., pp. 137-138.

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