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LA NUOVA AUSONIA

Storia del Salento - Dalla preistoria ad oggi


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La storia del Salento
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L'Eruzione del vulcano dell'isola di Thera (Santorini)
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Storia del Salento - Dalla preistoria ad oggi

LA STORIA DEL SALENTO 1


Il Salento, la pi antica delle terre pugliesi, di certo la pi tenacemente ancorata ai ritmi
ancestrali della sua civilt; un mondo spirituale complesso sin dalle origini, come testimoniano gli
arcani simbolismi geometrici, umani e solari, le scene di caccia e di vita quotidiana delle antichissime
pitture parietali rinvenute nelle grotte marine della "Zinzulusa", "Romanelli", del "Cavallo", di Porto
Badisco. E' quella che un tempo veniva chiamata Terra d'Otranto, un insieme unitario anche se
disomogeneo, culturalmente e linguisticamente pi greco che latino, dove poche opulente cittadine,
come Otranto, Gallipoli, Nard, Galatina, spiccano su una miriade di piccoli centri abitati, nella
maggior parte dei casi arretrati rispetto alla costa perennemente minacciata. Cuore aristocratico e
pulsante Lecce, una realt colta creata dalla classe dirigente arricchitasi con la terra.
In prossimit del mare Adriatico, a Porto Badisco, stato ritrovato un segno importantissimo per la
storia del Salento. Alcune decine di anni or sono, quasi per caso, stata individuata una grotta naturale,
la Grotta dei Cervi, di origine carsica che era stata rifugio dell'uomo preistorico nel Salento durante il
periodo Neolitico.
Il Salento la regione pi orientale d'Italia, una terra di frontiera. Anche la sua storia ne
testimonianza sin dalle origini: la storia del Salento ha sempre incontrato quella dell'Oriente, fin dai
tempi in cui la leggenda vuole che siano stati i Cretesi a fondare Lecce. E questo grazie anche al
Mediterraneo, mare di estrema importanza per l'incontro di civilt che su di esso si affacciavano.
Nell'et dei Bronzo la penisola salentina fu abitata da popolazioni indoeuropee giunte fino al sud
attraversando le Alpi e proseguendo lungo la dorsale adriatica. Le decine di dolmen e di menhir che si
trovano nel basso Salento sono una testimonianza di questo periodo, pur trattandosi solo di una piccola
parte sopravvissuta a tante demolizioni. I primi a stanziarsi in questa terra, attorno al V sec. a.C., furono
i Messapi, dediti all'agricoltura, all'allevamento dei cavalli ed alla lavorazione della ceramica. Queste
popolazioni diedero un determinante impulso alla nascita delle citt, che a quell'epoca si distinsero per
la presenza di monumentali cinte murarie.
Ma gi neil'VIII sec. a.C. coloni greci avevano fondato, lungo la costa citt come Gallipoli, Otranto,
Taranto che sarebbero diventate i punti di riferimento della Magna Grecia, piccole capitali pi
prestigiose di quelle della madre patria.
Nell'area a Sud di Lecce esiste ancor oggi una sorta di "isola linguistica" e culturale dove ancora si
parla il greco, anzi, il griko. L'area elienofona della Greca Salentina comprende nove Comuni
(Calimera, Castrignano dei Greci, Corigliano d'Otranto, Martano, Martignano, Melpignano, Soleto,
Sternatia, Zollino), ma anticamente occupava tutta la fascia che si estende, ad arco, da Gallipoli ad
Otranto. In quest'area l'impronta greca presente nell'architettura, nella musica popolare, nella
gastronomia. Gli elementi greci, fusi con quelli salentini, hanno consentito uno sviluppo culturale
autonomo, del tutto originale.

La storia del Salento 2


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Pi di 45.000 anni di storia in poche pagine di facile lettura e ricche di immagini e note.
Si riteneva finora che il Salento fosse abitato sin dal Paleolitico medio. Era pacificamente
ritenuto, fino ad oggi, che in alcune zone del Salento vivesse il cosiddetto Homo di Neanderthal, ma di
recente circolata la notizia, proveniente dalla celebre rivista Nature, per cui il Salento stata la prima
tappa europea dell'Homo Sapiens. Fino ad oggi si pensava che l'Homo Sapiens abbia fatto la sua
comparsa in Romania, ma oggi stato accertato da un'equipe di studiosi italiani e austriaci che ben
45.000 anni fa, quindi qualche millennio prima di quanto sinora accertato, l'Homo Sapiens abbia scelto
come residenza la Grotta del Cavallo, sita nella suggestiva area di Porto Selvaggio, Baia Uluzzo, nel
territorio di Nard, dando origine ad una specifica cultura, quella uluzziana.
Ora sicuro che l'Homo era davvero Sapiens. Ha scelto un bel posto dove vivere!
Baia Uluzzo, marina di Nard
Dunque per un periodo imprecisato l'Homo di Neanderthal ha convissuto, in Salento, con
l'Homo Sapiens, appena giunto dalle coste africane. Non sappiamo che tipo di convivenza abbiano
avuto: separati in casa o civilmente rispettosi della propria condizione (uno era un po' rozzo, l'altro
leggermente evoluto), fatto sta che il primo si estinto, mentre il secondo considerato il nostro primo
padre.
Altra testimonianza della presenza dell'uomo nel Salento sin dalla preistoria anche la scoperta,
nella Grotta delle Veneri di Parabita, di alcune statue ossee chiamate appunto le Veneri di Parabita che dimostrano l'esistenza, in quel periodo, di culti riguardanti la fertilit. Di questo periodo, per,
abbiamo pochissime notizie. Quelle pi suggestive riguardano il Neolitico. Stiamo parlando ora della
fine del VII e gli inizi del VI millennio a.C.
E' il 1970. Un gruppo di speleologi salentini scopre, nei pressi di Otranto, una grotta carsica in
cui vengono rinvenuti numerosi pittogrammi sulle pareti. E' la cosiddetta Grotta dei Cervi di Porto
Badisco, e la scoperta apre a nuove e affascinanti ricostruzioni storico-religiose. Il Salento era abitato
sin dal neolitico da comunit strutturate e con precisi rituali religiosi.
Recenti studi hanno dimostrato che in tutta l'Europa neolitica, a giudicare dai miti
sopravvissuti, le credenze religiose erano molto omogenee e tutte basate sul culto di una dea Madre dai
molti appellativi, venerata anche in Siria e in Libia.
La leggenda narra che Porto Badisco (Otranto) sia stata la prima sponda adriatica toccata da
Enea, nel suo viaggio in Italia, fuggendo da Troia.
E la leggenda vuole che le grotte presenti sul territorio otrantino, tra cui spicca la celebre
Grotta dei Cervi, fossero utilizzate dapprima come abitazione e, successivamente, per la pratica di riti
propiziatori e di carattere religioso.
Secondo lo storico Eratostene, la guerra di Troia si colloca storicamente verso la fine dell'et del
Bronzo, pi o meno intorno 1300-1200 a.C.
Omero racconta nell'Iliade che Enea, fuggito da Troia, prima di giungere nel Lazio, dopo lunghi
e pericolosi viaggi, approd sulle coste dell'Epiro da Eleno, uno dei figli di Priamo che nel frattempo
era divenuto re.
Enea, poi, vide Andromaca, la moglie di Ettore, l'eroe troiano ucciso da Achille, e rimase
turbato nel vederla afflitta dinanzi ad un falso sarcofago di Ettore che era stato eretto proprio a Butroto,
antica citt dell'Albania meridionale, oggi chiamata Butrinto. Da qui Enea, seguendo il consiglio di
Eleno, si diresse verso la Sicilia, la circumnavig per evitare Scilla e Cariddi e si ferm ad Erice, dove
il padre Anchise, ormai allo stremo per le enormi fatiche del lungo viaggio, mor. Ma prima di giungere
in Sicilia, si narra che Enea ed i suoi sbarcarono sulle coste salentine.
Difatti nel libro III dell'Eneide si legge che "ci spingiamo innanzi sul mare, tenendoci accosti

alle vicine scogliere Ceraunie, da dove la via per lItalia e pi breve il viaggio sulle onde...e gi,
fugate le stelle, rosseggiava lAurora, quando da lungi scorgiamo oscuri colli e il basso lido
dellItalia...Le invocate brezze rinforzano, e gi pi vicino si intravede un porto, e appare un tempio di
Minerva su una rocca. I compagni ammainano le vele e volgono a riva le prore. Il porto incurvato ad
arco dalla corrente dellEuro; i suoi moli rocciosi protesi nel mare schiumano di spruzzi salati, e lo
nascondono; alti scogli infatti lo cingono con le loro braccia come un doppio muro, e ai nostri occhi il
tempio si allontana dalla riva".
E' evidente che Otranto rappresentava la tappa pi vicina dalle coste dell'odierna Albania. Da
Butrinto, Otranto, in linea d'aria alquanto vicina.
Ad ogni modo, secondo lo storico Dionigi di Alicarnasso, le navi di Enea approdarono in punti
diversi delle coste salentine: alcune nei pressi di Otranto, ove si trova la grotta dei cervi, altre nei pressi
di Leuca ed infine altre nei pressi di Roca. Ma recenti studi hanno dimostrato che la nave di Enea
approd in un luogo denominato Castrum Minervae, l'attuale Castro, ove egli stesso scorse da
lontano un porto e "sulla rocca il tempio di Minerva".
Dunque all'approdo di Enea vi era, in Salento, un vero e proprio tempio dedicato a Minerva,
dove gli archeologi dell'Universit di Lecce hanno rinvenuto persino frammenti di una statua di divinit
femminile e molte armi in ferro a lei offerte. In quel tempio, dunque, si venerava una dea guerriera. Si
venerava Minerva.
E quindi si ritiene che nel Neolitico vi fossero comunit in qualche modo organizzate e con riti
religiosi simili a quelli greci.
Il neolitico un'importantissima fase di evoluzione della specie umana, in cui l'uomo passa
dalle attivit venatorie alla coltivazione della terra, alla formazione di comunit organizzate (villaggi),
alla realizzazione di opere in ceramica, tessiture, insomma, di produzione artigianale.
Alcune tracce della presenza dell'uomo nel neolitico si possono rinvenire sulle coste dello
Jonio, nei pressi di Gallipoli, ma va detto che a seguito dell'evoluzione verso un'economia agricola, vi
furono spostamenti verso l'interno. Nell'entroterra salentino, infatti, possiamo incontrare tutt'oggi opere
appartenenti alla fine del neolitico, i cosiddetti megaliti: Dolmen, Menhir, Specchie e Bethel.
Si narra che questi grossi ammassi di pietre fossero stati costruiti da antichi popoli giunti in
Salento da lontano. Le leggende narrano che a costruire dette opere furono i popoli Celti ed Egizi. Essi
usavano simili costruzioni per venerare i defunti. Una delle teorie pi accreditate, infatti, vuole che i
dolmen fossero vere e proprie camere funerarie, un po' come le famose piramidi egiziane.
Altre teorie, molto pi suggestive, fanno riferimento alla presenza di antichissime popolazioni,
discendenti del leggendario popolo di Atlantide, i Tatha D Danann, che hanno abitato l'Irlanda in
tempi antichi, prima dei Celti e che costruirono i megaliti di cui ricco il paesaggio irlandese, come
quello pugliese.
Si racconta che questi personaggi leggendari fossero dei giganti, dalla forza sovrumana, capaci
di erigere i megaliti con ammassi di pietre gigantesche, pesanti anche pi di 100 tonnellate, con la sola
forza delle braccia. Difficile pensare siano state realizzate dalla forza di uomini comuni.
E' vero che questi sono racconti mitologici che non trovano riscontro nelle cronache storiche leggende tramandate oralmente, di origine medievale e diffuse in modo prevalentemente orale, quindi
poco accertabili; tuttavia sorgono due importanti dubbi sul filo comune che lega l'Irlanda alla Puglia e,
in particolare, al Salento.
Primo. I megaliti sono testimonianze storiche inconfutabili, presenti in entrambi i territori,
mentre non si trovano in altre zone d'Italia (solo in Sicilia e Sardegna). La loro somiglianza fa pensare
che i costruttori siano stati gli stessi, perch difficile immaginare che le tecniche di costruzione siano
frutto del caso.
Secondo. Un ricercatore salentino, Cosimo Pagliara, ha studiato le iscrizioni nelle grotte di
Torre dellOrso e in quella di Roca, denominata La Poesia, e ha comunicato i nomi di alcune divinit

messapiche come Tator o Taotor, una delle pi importanti di questa zona.E' curiosa la somiglianza con
il nome Tatha.
Ma torniamo ai racconti storici. S' detto che la terra di Salento era abitata sin dal paleolitico (se
non da prima), e che l'Homo Sapiens ha lasciato molte testimonianze del suo passaggio. Non sappiamo
precisamente a quale epoca appartenessero, ma sono rimaste numerose testimonianze della cultura
salentina pre-messapica.
Il primo popolo che ha lasciato testimonianza di un vivere organizzato, associato, con regole
democratiche ed estremamente produttivo quello dei Messapi, una vera e propria civilt molto
progredita, che ha vissuto,coltivato, civilizzato e difeso il territorio salentino dai continui attacchi
provenienti sia dal mare sia dai territori contermini.
I Messapi facevano parte dell'etnia degli Iapigi, insieme ai Peucezi, che abitarono nel centro
della Puglia ed ai Dauni, che s'insediarono nel nord della Puglia. Gli Iapigi erano consanguinei degli
Enotri, un'altra trib d'origine illirica che viveva nella Basilicata e nella Calabria settentrionale, da qui
il termine Enotria (terra del vino), che Omero utilizzava per indicare l'Italia.
Non sappiamo di preciso da dove provenissero i Messapi. Lo storico Erodoto racconta che
provenissero dai Cretesi che in seguito ad un naufragio si stanziarono in Puglia prendendo
successivamente il nome di Iapigi-Messapi.
Non sappiamo se l'origine cretese fosse certa, in quanto gi il territorio salentino era abitato da
popolazioni autoctone mischiate nel tempo con altri popoli: Micenei, popolazioni provenienti
dallAnatolia, dallEpiro ed infine gli Illiri che, nel loro navigare, giunsero in terra di Salento e
probabilmente vi s'insediarono.
Anche l'origine del nome appare incerta. Alcuni ritengono che il nome significhi popolo tra
due mari, mentre altri traggono l'origine del nome dalla loro usanza di allevare i cavalli.
Difatti i Messapi erano grandi allevatori di cavalli, tanto che ancora oggi la carne di cavallo
largamente utilizzata nel territorio salentino, ove una delle ricette tipiche proprio quella dei pezzetti di
cavallo. Inoltre erano dediti alla coltivazione della vite e degli ulivi, tant' che questo tipo di
produzione arrivata fino ai giorni nostri, considerando che il Salento produce vini di primissima
qualit ed il maggior esportatore di olio d'Italia. Eredit, dunque, di un popolo antichissimo che ha
tramandato di generazione in generazione la tecnica della coltura dell'ulivo e delle viti e, chi pu dirlo,
magari ha piantato i primi alberi secolari d'ulivo che oggi possono ammirarsi nelle campagne salentine.
Inoltre sono giunte a noi molte opere di artigianato, come le trozzelle, ingegnosi recipienti dalla
forma di anfora dal corpo panciuto che devono il suo nome alle quattro coppie di rotelle, le trozze,
disposte alle estremit dei manici, usate per l'approvvigionamento dell'acqua dalle cisterne. In poche
parole si facevano passare delle fasce dalle trozze e s'immergeva l'anfora nella cisterna. Con questo
sistema l'anfora non toccava mai le pareti della cisterna e quindi non rischiava di rompersi.
Ma infinita la produzione artigianale che i Messapi ci hanno lasciato e che tutt'oggi
sopravvive in alcune zone del Salento, maggiormente influenzate dalla cultura messapica (Soleto, Muro
Leccese, Lecce ed i paesi limitrofi, Ugento, Gallipoli, Nard, Otranto, Roca Vecchia, Vaste, Manduria,
Mesagne, ecc.).
I Messapi usavano vestire in modo semplice, con sandali e vesti lunghe, aiutati, per questo, da
un clima mite anche d'inverno; mentre le donne vestivano con lunghe tuniche e si ornavano la testa con
delle corone. Tale modo di vestire rifletteva l'indole tranquilla del popolo, difatti lo storico Erodono
narra che i Messapi fossero un popolo estremamente compatto, legato fortemente alla propria terra,
autonomo e indipendente nonch pacifico e laborioso, tanto che ancora oggi possibile ammirare i loro
lavori, sopravvissuti per pi di 5000 anni...Nella foto, per esempio, possibile ammirare un muretto a
secco risalente all'epoca messapica, sito in agro di Calimera, a due passi dal Dolmen Placa.
I messapi avevano un vero e proprio attaccamento alla propria terra, cos tanto da adornarla,
curarla, coltivarla, venerarla.

La propria indole pacifica e laboriosa li portava ad essere non solo poco bellicosi (con ci non
significa che non fossero combattivi!) ma anche molto democratici; la struttura sociale delle comunit
messapiche, difatti, era impostata sul governo di coloro che si dimostravano saggi e cauti, i quali
usavano ascoltare il parere di tutti, applicando regole di convivenza eque e giuste.
Inoltre ogni comunit, pur essendo autonoma, era fraternamente legata alle altre, in un sistema
di mutuo soccorso che favoriva lo scambio delle conoscenze, delle merci e un sistema di difesa del
territorio di tutto rispetto.
Tutto ci testimoniato da diverse fonti storiche, in particolare dagli storici Erodoto e Tucidide.
eroe messapico r
Nel 473 a.C. il principe Arthas, sconfisse la potentissima armata greca. Mai fino
ad allora un piccolo popolo, come quello dei Messapi, fu in grado di sconfiggere i greci. E da allora
Arthas fu chiamato Il Grande.
In un periodo storico in cui i popoli tentavano in tutti i modi di espandere il proprio potere, i
Messapi si accontentavano di quello che avevano, ma ci non significa che fosse un popolo che non
conosceva le armi, anzi. Furono proprio le mire espansionistiche dei Greci e di Taranto (governata dai
Greci) a costringerli a difendere strenuamente il proprio territorio, come ci racconta lo storico Erodoto.
In concomitanza con la famosa guerra delle termopili, in cui i 300 spartani difesero la propria
libert dalle armate di Serse, furono proprio gli spartani ad invadere il territorio salentino, nell'intento
di creare colonie e reperire ricchezze e forza lavoro (schiavi...), e fu cos che fondarono la citt di
Taranto, dedicata a Taras, figlio di Poseidone, mitologico fondatore della citt magnogreca.
Ma nel loro intento di espandersi pi ad Est, incontrarono la resistenza dei Messapi, i quali,
grazie ad uno sparuto ma valente pugno di soldati, chiamati i Leoni di Messapia, nel 473 a.C.
ottennero, con l'aiuto dei Peucezi e dei Dauni, una grande vittoria, tanto che la notizia risuon in tutto il
mondo conosciuto, come una pesantissima sconfitta alla civilt greca.
Nel frattempo Leonida venne sconfitto alle termopili, il re Pausania, che, nella Battaglia di
Platea in Beozia, sconfisse i Persiani, venne destituito e Temistocle fugg da Atene. Si apr un periodo
di crisi e di destabilizzazione politica, terminato, almeno ad Atene, con la presa del potere di Pericle,
che gett le basi per la creazione di una vera e propria democrazia. Tuttavia le guerre non erano finite,
tanto che in un periodo ricompreso tra il 431 a.C. E il 404 a.C., vi fu la cosiddetta guerra del
Peloponneso, tra Sparta, Atene e le rispettive coalizioni. In questo quadro, l'apporto dei Messapi fu
decisivo per Atene, in quanto il principe messapico Arthas, temuto e stimato in tutto il mondo greco,
prest aiuto agli Ateniesi contro Siracusa (413), tanto perch i Messapi avevano aderito alla lega DelioAttica a seguito di un accordo che consentiva loro di mantenere la propria autonomia rispetto alle mire
espansionistiche della Grecia.
Difatti lo storico Tucidide racconta che gli ateniesi attraversarono lo Jonio e approdarono nella
zona in cui oggi sorge la suggestiva localit di Porto Cesareo, per imbarcare 150 lanciatori di
giavellotto. Ci dimostra quanto gli ateniesi stimassero la forza e la destrezza dei Leoni di Messapia.
Ma la stima si estendeva anche alle grandi capacit diplomatiche del giovane re Arthas, di cui
oggi abbiamo poche e frammentate notizie, ma che ci danno l'idea della sua straordinaria diplomazia,
abilit fisica e capacit di governo.
Anfiteatro Romano di Lecce
La diplomazia e la grande fibra morale del principe Arthas riuscirono a convincere i greci a farli
vivere in pace, tranquillit, autonomia ed indipendenza, almeno fino alla venuta dei romani, i quali,
dopo lunghe e continue incursioni in terra di Messapia, riuscirono a sconfiggerli e sottometterli nel 266
a.C. Va detto che Roma non ha mai gradito la presenza di popoli ricchi e potenti che avrebbero
rappresentato un pericolo per le loro mire espansionistiche, e dunque, a seguito di cruenti battaglie,
costate la vita di migliaia di Messapi, Roma espugn le citt fortificate salentine e le costrinse ad una
resa incondizionata.
A seguito di ci, le citt messapiche erano cadute in uno stato di crisi economica e demografica.

Il loro stato di esasperazione si rivel durante le guerre puniche, quando le citt messapiche si allearono
con Annibale, non tanto perch gli interessasse sconfiggere Roma, quanto per tentare di riconquistare la
propria autonomia. Per ai Romani non scese gi questo gesto, e difatti le propriet delle genti del
Salento furono confiscate ed assegnate al territorio demaniale, al vecchio lotto si sostitu il latifondo a
lavoro schiavile, la penisola si ripopol, ma le citt messapiche avevano perso per sempre il loro ruolo
di protagoniste.
Siamo ora nel 95 a.C. Marco Livio Druso propose una legge a favore dell'estensione della
cittadinanza romana ai popoli italici, ma la proposta non piacque n ai senatori n ai cavalieri.
Druso venne ucciso per questo e ne scatur la guerra civile. Anche i Messapi parteciparono alla
guerra civile, nell'intento di riconquistare quell'autonomia ormai perduta, nella speranza, inoltre, di
ritornare a coltivare la propria terra, di allontanare l'invasore romano che, forte della legge e delle armi,
si appropriava di terre, schiavi, donne, citt. Ma la guerra civile fall e Roma premi con la cittadinanza
i popoli che non vi avevano preso parte.
Tuttavia non si pu guardare alla storia di Roma nel Salento come una storia fatta solo di
conquiste e razzie. Sarebbe storicamente inesatto e fuorviante. Roma ha dato al Salento strade, come la
via Appia, che collega Roma a Brindisi, un anfiteatro presente al centro di Rudiae, l'odierna Lecce, un
Teatro, situato a pochi passi dall'anfiteatro leccese, delle terme, sepolte sotto piazza Vittorio Emanuele
(detta piazzetta S. Chiara) e molto altro.
I Romani conquistarono il Salento e ne furono conquistati, scoprendone la scultura, la pittura e
il il gusto della poesia. Difatti uno dei pi grandi scrittori e poeti di Roma fu Quinto Ennio.

IL GRANDE POETA DI RUDIAE: QUINTO ENNIO


Quinto Ennio nacque nel 239 a.C. a Rudiae, una citt a pochi passi dall'attuale Lecce. Fiero
figlio dei Messapi, inizi a studiare il greco sin dalla tenera et e impar ben presto il greco, il latino e
l'osco (un'antica lingua parlata in alcune zone del Meridione).
Ebbe l'intelligenza di arrularsi con i Romani nella seconda guerra punica, contro Cartagine,
dove fu notato da Catone per le sue doti da linguista, poeta e scrittore. Catone lo port a Roma nel 204
e qui ebbe la fortuna di conoscere molti intellettuali. Successivamente conobbe Scipione l'Africano e a
lui dedic una parte della sua opera pi imponente: gli Annales, un poema in cui si celebrava la
grandezza di Roma e in cui usc tutta la genialit letteraria del poeta.
Fu proprio negli Annales che Ennio mise a punto diverse sperimentazioni stilistiche, come
l'allitterazione e l'uso delle onomatopee (praticamente fu il primo ad usarle in un'opera letteraria).
Inoltre Ennio passava dalle sperimentazioni agli arcaismi con gran disinvoltura.
Ennio fu grande amico del console Marco Fulvio Nobiliore il quale lo port nel 189 a.C. nella
campagna di guerra contro gli Etli. Un'iniziativa che fu criticata da Catone, in quanto mai nessuno
aveva portato in guerra un poeta e soprattutto perch era una pratica usata dai Greci, nemici dei
Romani...
Comunque Ennio sfrutt la sua presenza nella campagna di guerra per scrivere un'opera degli Annales
chiamata Ambracia.
Il suo attaccamento a Roma gli valse la cittadinanza romana nel 184 a.C. Da qui la celebre frase: "Nos
sumus Romani, qui fuimus ante Rudini" (Sono cittadino di Roma, io che un tempo fui cittadino di
Rudie)
Quinto Ennio, che per la sua genialit fu definito "alterus Omerus" (l'altro Omero), mor nel 169 a.C.

L'Eruzione del vulcano dell'isola di Thera (Santorini) 3


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L'eruzione del vulcano Thera il fenomeno distruttivo pi potente che lUmanit abbia mai
conosciuto...

L'Eruzione del vulcano dell'isola di Thera (Santorini)


Le Isole del Mar Egeo sono state abitate fin dai tempi pi antichi, dapprima ospitando
gli embrioni della futura Civilt Occidentale e poi divenendo il ponte naturale
attraverso il quale Europa e Asia hanno commerciato, si sono combattute e si sono
studiate vicendevolmente.
Tutto ci avvenuto nonostante questa sia una delle zone simicamente pi instabili del
pianeta, costituendo il punto il cui ben quattro placche tettoniche (euroasiatica, egea,
turca e africana) si muovono e si sovrappongono.
Nel corso dei secoli questi moti hanno generato terremoti, maremoti e attivit
vulcaniche, ma hanno anche dato vita al fenomeno distruttivo pi potente che
lUmanit abbia mai conosciuto, un mostro di terra e di fuoco la cui potenza
superiore a quella di migliaia di testate nucleari.
Il suo nome e questo vuole essere il racconto del suo ultimo, terribile, risveglio e
delle ripercussione che esso ha avuto sulla Storia dellUmanit.
I quattro giorni che sconvolsero la Storia

Siamo nel Mediterraneo Orientale, in un periodo compreso tra il 1627 a.c. e il 1600 a.c.
La Civilt Minoica ha raggiunto il suo apice di potenza e lisola di Thera - chiamata anche Santorini uno dei suoi capisaldi, forte sia della sua posizione commercialmente strategica sia di una
conformazione fisica unica, sviluppandosi come un gigantesco porto naturale con ununica apertura
verso sud.
In passato sullisola si sono gi verificate attivit eruttive di modeste entit, ma si trattato sempre di
eventi sporadici, che non hanno intaccato il benessere della popolazione e chi sono sempre
apparentemente risolti dopo il giusto numero di sacrifici a Poseidone, il dio che scuote la terra:
stavolta, per, la situazione ben diversa e nessuna delle ecatombi fatte dai sacerdoti minoici potr
impedire il disastro che sta nascendo nel sottosuolo.

Tutto comincia con una serie di


scosse di terremoto che scuotono lisola per mesi, mentre le acque circostanti
divengono ricolme di cadaveri di pesci, uccisi dalle esalazioni di zolfo rilasciate da
spaccature sottomarine.
I danni sono ingenti e i morti sicuramente molti: dopo aver visto fallire le preghiere e
i sacrifici dei loro sacerdoti, gli abitanti si convincono a lasciare Santorini (come
suggerito dal fatto che non sono stati trovati scheletri o resti umani sotto i detriti,
come invece avvenuto per Pompei) e cercano rifugio sulle isole vicine.
Inutilmente.
Lintera Thera, infatti, non altro che un enorme vulcano di tipo pliniano, un genere

di vulcano il cui magma particolarmente viscoso tende a trattenere i gas per periodi
molto lunghi e genera quindi enormi pressioni nel sottosuolo: le eruzioni di questo
tipo sono molto rare e distanziate nel tempo, ma proprio per questo riescono a
raggiungere una potenza distruttiva che va ben oltre la semplice fuoriuscita di lava.
Sono passati 17.000 anni dallultima eruzione e la terra, ormai, non riesce pi a
trattenere le energie che si sono accumulate sotto di essa: dopo unesplosione iniziale,
dal cono vulcanico comincia a fuoriuscire una densissima colonna di cenere, detta
"colonna pliniana", che il vento sposta rapidamente verso est.
Tale la quantit di polveri rilasciata dal Thera da raggiungere persino il Mar Nero
e da condizionare il clima dellintero pianeta, mentre per chilometri e chilometri
piovono frammenti piroclastici, ossia frammenti di lava che possono raggiungere
anche dimensioni considerevoli (le cosiddette "bombe piroclastiche"), che ovunque
portano morte e devastazione.
a questo punto che il vulcano entra nella sua vera fase critica.
Dalle spaccature cos venutesi a creare, lacqua marina entra in contatto con il
magma rovente, generando unesplosione immane che spacca lisola in pi punti
(facendole assumere la fisionomia attuale, ossia quella di un piccolo arcipelago) e il
cui boato tanto forte da raggiungere persino lEgitto: con il cono vulcanico in
frantumi, unimmensa nube ardente si riversa fuori dalla terra, un fronte di gas la cui
temperatura oscilla tra i 500 e i 1200 e che schizza fuori a una velocit di circa 300
km/h.
Come succeder a Pompei ed Ercolano circa 1600 anni dopo, la nube ardente ricopre
tutto con uno strato di fango e lava spesso parecchi metri, cancellando ogni cosa
sullisola e incenerendo le eventuali navi che in quel momento stavano transitando
nelle sue vicinanze.
E mentre il fuoco sotterraneo esaurisce le sue ultime spinte, tocca allacqua portare
avanti lultima fase di questa tragedia, sotto forma di una serie di grandi tsunami (gli
studiosi sono discordi: c chi parla solo di unonda, chi di due, chi, invece, di diverse
onde che si susseguirono per ore o addirittura per giorni) alti fino a 30 metri che in
breve tempo spazzano via ogni cosa sul loro cammino, lasciandosi dietro decine di
migliaia di morti e le rovine di intere citt distrutte dalla loro violenza.
Tracce di questultimo cataclisma sono state trovate fino in Tracia (a Nord), a Creta
(a Sud), sulle coste della Turchia e della Palestina (ad Est) e persino sulle coste
orientali della Sicilia (a Ovest), segno inequivocabile di una potenza distruttiva che
non verr mai pi incontrata dai popoli del Mediterraneo.

A questo punto il vulcano ha esaurito gran parte della sua forza e anche se piccole
eruzioni ed emissioni di materiale piroclastico si alterneranno nei giorni successivi, si
pu dire che il Thera abbia ricominciato a dormire.
Il cataclisma durato solo quattro giorni, ma sono bastati per portare la morte a
decine di migliaia di persone, per distruggere unintera civilt e per stravolgere per
sempre la Cultura Occidentale.
Le conseguenze delleruzione del Thera (Santorini): il crollo della Civilt Minoica
Allindomani dellesplosione di Santorini, la situazione in cui versano Creta e le altre colonie
Minoiche sicuramente drammatica, con una popolazione falciata dal cataclisma e le citt devastate
dalle esplosioni o dalle onde anomale. I feriti vengono curati e gi si cerca di ricostruire ci che stato
distrutto, ma i danni che il Thera ha causato vanno ben oltre le semplici possibilit di riparazione
materiale e feriscono dritto al cuore leconomia e la cultura di questo popolo.
Fino a poco tempo prima, infatti, la vita religiosa e politica minoica era stata diretta da una classe
sacerdotale femminile legata a una serie di divinit, tra cui spiccava il culto della Potnia, o "Signora",
che nullaltro era se non il nome cretese con cui veniva identificata la "Grande Madre" delle culture
mediterranee pre-indoeuropee.

A queste sacerdotesse spettava il


compito di interpretare la volont degli di ( dimostrato luso dello zafferano come
allucinogeno durante i rituali religiosi) e di soddisfarne la volont tramite il tributo di
sacrifici e la celebrazione di giochi rituali (tra i quali la famosa taurocatapsia,il salto
del toro immortalato in numerose pitture murali): queste funzioni costituivano anche
la base del potere politico di questa classe, che in tal modo manteneva anche
importanti funzioni amministrative.
facile immaginare che la fiducia riposta in questa classe sia stata messa
drammaticamente in crisi dalla catastrofe del Thera, interpretata come una punizione

divina che le sacerdotesse non erano riusciti n a prevedere (labbandono di Santorini


deve essere stato causato pi dai terremoti che da una vera intuizione di ci che stava
per accadere) n, tantomeno, a stornare.
Su questo aspetto utile ricordare come in pi di un sito siano state rinvenute tracce
che fanno supporre che nei giorni delleruzione si fosse tentato di placare gli di
persino con dei sacrifici umani, pratica che presso i minoici (come presso molte altre
cultura antiche) veniva riservata a casi di eccezionale gravit.
Il fallimento persino di questi tentativi estremi deve aver influito in maniera molto
pesante sui rapporti di forza della societ minoica dellultimo periodo.
A un simile terremoto politico-culturale, si accompagn sicuramente una crisi
profonda di ci che fino a quel momento era stato il fondamento della potenza
minoica, ossia la talassocrazia, il dominio del mare tramite il controllo delle rotte
commerciali e luso di forti flotte militari.
Per secoli le navi minoiche avevano solcato i mari dallEgitto al Mar Nero e
dallAnatolia alla Spagna, divenendo i fornitori pressoch esclusivi di numerosi
prodotti, mentre le loro flotte militari ne avevano esteso linfluenza politico-culturale
in tutto lEgeo e in Grecia (questultimo un punto ancora controverso, anche se la
teoria della cosiddetta "pax minoica", che riteneva questo un popolo totalmente
pacifico, sta trovando sempre meno seguito presso gli storiografi).
Allindomani delleruzione di Thera, per, le flotte navali e commerciali sono state in
gran parte affondate dagli tsunami o incenerite dalle nubi ardenti, mentre molte
infrastrutture portuali sono state distrutte dai terremoti: i minoici si trovano, cos,
improvvisamente privi del loro principale strumento di potenza e perdipi isolati da
quelle rotte commerciali che fornivano alle loro comunit quei beni che le loro isole
povere e aspre non potevano offrire.
La crisi che segu a questi eventi rappresent un colpo mortale per la civilt minoica e
anche se le citt vennero presto ricostruite, dando inizio al periodo di massimo
splendore architettonico e artistico (la cosiddetta "Fase Neopalaziale"), la potenza
della talassocrazia era ormai finita per sempre e quella che era stata una delle pi
grandi potenze del Mediterraneo si avvi lungo un inevitabile declino che avrebbe
portato, circa un secolo e mezzo dopo, alla conquista di Creta da parte dei Micenei.
Le conseguenze delleruzione del Thera: il Mito di Atlantide
Lisola di Thera potrebbe essere Atlantide?

Di primo acchito questa potrebbe sembrare una domanda banale, di quelle che vengono proposte nei
programmi televisivi del mistero per intrigare il pubblico, eppure si tratta di una teoria seria, che ha
trovato molti sostenitori tra gli archeologi e gli storici di tutto il mondo.
Esaminiamo i fatti.
Il primo a parlare di Atlantide fu il filosofo ateniese Platone nei suoi dialoghi Timeo e Crizia: nel
primo, il personaggio di Crizia (zio dello stesso filosofo e capo dei "Trenta Tiranni" di Atene) racconta
ai suoi compagni di come al legislatore ateniese Solone, recatosi in Egitto per completare la propria
istruzione, fosse stata raccontata da un sacerdote di Sais unantichissima storia riguardante la citt di
Atene.
Secondo questo racconto, novemila anni prima, oltre le Colonne dErcole era esistito un vasto
continente di nome Atlantide, la cui dinastia regnante aveva spinto la propria ambizione fino a
conquistare lItalia e lAfrica fino, per poi tentate di invadere anche la Grecia.
Tali progetti di conquista si sarebbero, per, scontrati con la resistenza della citt di Atene, che ora da
sola, ora al comando di una coalizione pangreca, sarebbe riuscita prima a respingere linvasione e poi a
liberare tutte le terre aldiqu delle Colonne dErcole.
A questo punto, lira degli dei si sarebbe abbattuta su Atlantide, che in un giorno e una notte sarebbe
stata inghiottita dal mare da una serie di terrificanti terremoti e inondazioni.
Nel Crizia, invece, lo stesso personaggio ne descrive lungamente la storia e la cultura, presentandola
come un impero vasto e ricchissimo, per secoli governato in armonia da una stirpe di dieci re
discendenti da Poseidone.
Anche se risulta subito palese come queste storie siano state impiegate da Platone per sostenere le
proprie teorie politiche e filosofiche, nel corso dei secoli sono stati in molti a chiedersi se il fondatore
delAccademia non avesse comunque tratto ispirazione da un corpus di leggende preesistente e, se ci
fosse stato vero, dove sarebbe stato possibile collocare la misteriosa isola di Atlantide.
Sorvolando sulle varie teorie fatte fino a ora (Atlantide stata identificata con lAmerica del Nord, con
le Canarie, con Malta e persino con la Sardegna Nauragica) possiamo concentrarci su quella proposta
inizialmente, ossia se la leggenda possa essere in qualche modo legata alla catastrofica eruzione
dellisola di Thera e, spingendoci ancora oltre, se proprio a Santorini possa essere assegnato il nome di
Atlantide.
Il primo parallelo tra la realt e la storia sorge spontaneamente nel collegare le catastrofi che hanno
colpito entrambe le isole, seppur con risultati diversi (Atlantide affonda lasciando una distesa di banchi
di fango che impediscono la navigazione, mentre Thera si spacca in pi punti, ma resta emersa), mentre
un altro emerge raffrontando la geografia di Santorini con quella della capitale del continente perduto.
Nel Crizia, infatti, vi scritto come questa citt sorgesse nel luogo dove Poseidone, allo scopo di
proteggere Clito (una ragazza di cui si era innamorato e con si era unito) aveva circondato la collina
dove ella viveva e le terre circostanti con tre cerchie di mare e due di terra perfettamente concentriche e
di ugual misura. Successivamente, gli Atlantidei, discendenti del dio e di Clito, avrebbero scavato un
lunghissimo canale per collegare la loro capitale con il mare esterno.

Questa descrizione ricorda molto da vicino di Thera prima dellesplosione, che si presentava come
unisola di forma circolare (tipica delle isole vulcaniche) con una laguna interna e unisoletta minore su
cui doveva sorgere il cono vulcanico.
Altro punto interessante il rituale che secondo Platone i dieci re compivano prima di giudicare un
reo, secondo cui essi dovevano dare la caccia con bastoni e corde fino a quando non riuscivano a
catturare un esemplare adatto per il sacrificio propiziatorio.
Il toro era uno dei simboli di Creta e tali "cacce" rituali hanno fatto pensare a molti storici alla gi
citata taurocatapsia, i giochi sacri che nel mondo minoico (non dimentichiamo che Thera era uno dei
capisaldi di quella civilt) precedevano i sacrifici religiosi.
Certo, accettare la teoria che identifica Atlantide con Thera (o con Creta, piccola variante che parte
dagli stessi presupposti) rende necessario ignorare anche molti dei particolari lasciati da Platone, primo
fra tutti il fatto che secondo la leggenda essa dovesse trovarsi aldil dello Stretto di Gibilterra, ma gli
studiosi che sostengono tale visione chiamano in causa ora gli errori di traduzione, ora lingigantimento
dei fatti operato dalla lunga riproposizione orale di queste storie antiche, ora lintervento deliberato di
Platone, che potrebbe aver attinto a un corpus di leggende preesistente, modificate in modo da renderle
pi attinenti ai suoi scopi.
La questione tuttora aperta, ma sia i detrattori quanto i sostenitori di tale teoria sono concordi nel
sostenere che, se la Leggenda di Atlantide ha una base reale, lunico evento naturale che pu averla
ispirata leruzione del Thera del 1600 a.c.

Le conseguenze delleruzione di Santorini: Ebrei, Egiziani e Cinesi


Dalla descrizione precedentemente fatta delleruzione e delle sue conseguenze, sorge spontaneo
chiedersi se siano mai state trovate testimonianze di un suo impatto presso altre culture, oltre che per
quella greca: la risposta non univoca, ma vi sono studiosi che sostengono come si possano trovare
fonti presso testi ebraici, egiziani e cinesi.
Per la prima fonte vengono chiamati in causa, in particolare, le famigerate Dieci Piaghe dEgitto e
lattraversamento del Mar Rosso da parte degli Ebrei: nel suo libro I misteri delle Civilt Perdute, il
giornalista Philips Graham sostiene che entrambi questi eventi siano dovuti alleruzione del Thera,
portando a riprorva di questa sua affermazione i raffronti con le eruzioni del Krakatoa del 1883 e del
Mount Saint Helens del 1980.
Secondo Graham, ben nove piaghe su dieci troverebbero spiegazione razionale per uneruzione,
dovendosi escludere solo quella della morte dei figli primogeniti (anche se alcuni studiosi sostengono
che essa sia una reminescenza del fatto che molti egiziani perirono per aver mangiato cibi contaminati
dalla cenere vulcanica, mentre gli ebrei si salvarono e perch si trattava di alimenti a loro proibiti): ecco
una sintesi delle spiegazioni da lui fornite.
Piaga
Spiegazione
Tramutazione dell'acqua in sangue

Una colorazione sanguigna dellacqua tipica laddove la cenere vulcanica presenti forte
contenuto di ferro
Invasione di rane dai corsi d'acqua
I pesci predatori dei girini sarebbero stati avvelenati dalla cenere vulcanica, facendo giungere a
maturazione una quantit di esemplari enormemente superiore al normale
Invasione di zanzare
La scomparsa dei loro predatori naturali le avrebbe fatte proliferare enormemente
Invasione di mosconi
La scomparsa dei loro predatori naturali le avrebbe fatte proliferare enormemente
Moria del bestiame
Inalazione di polveri tossiche
Ulcere su animali e uomini
Ustioni causate dalle ceneri vulcaniche acide. Alcuni chiamano in causa le epidemie portate
dalle zanzare
Grandine
Pioggia di lapilli e bombe vulcaniche: Graham si rif alla tradizione yahwista, che parla di una
"pioggia di fuoco"
Invasione di cavallette
Come per mosconi e zanzare
Tenebre
La nuvola conseguente alleruzione del Thera: secondo alcuni studi, essa avrebbe raggiunto
anche il Medio Egitto, risparmiando le zone del Delta, dove si trovavano gli Ebrei

Per quanto riguarda lattraversamento del mare, invece, Graham chiama in causa gli
tsunami successivi alleruzione, che avrebbero fatto ritirare le acque costiere prima
del passaggio degli Ebrei, per poi tornare sotto forma di onda anomala, travolgendo
lesercito egiziano al loro inseguimento.
Il "mare" attraversato non sarebbe, ovviamente, il Mar Rosso (come fino a ora
sostenuto per via di unerrata traduzione dei testi antichi) ma un generico "Mare di
Canne", uno specchio dacqua sul Mediterraneo da molti identificato con i Laghi
Amari o il Lago Sirbonico.
interessante notare come vi siano descrizioni molto simili nella seconda fonte
individuata, quella egiziana, consistente nel "Papiro di Ipuwer", anche detto
"Lamentazioni di Ipuwer".
Il manoscritto, ritrovato nei dintorni delle Piramidi di Saqquara, di difficile
datazione (c chi sostiene che sia stato scritto addirittura durante il Nuovo Regno,
ossia durante il XII secolo a.c.) ma per coloro che sostengono la teoria da noi
esaminata, esso risale al periodo delleruzione del Thera, o comunque a tale epoca
risalirebbe loriginale da cui tratto.
In esso vi sono le lamentazioni dello scrittore per le condizioni in cui versa lEgitto,

tormentato da feroci calamit naturali e dallanarchia, ma la cosa che desta pi


stupore che molte delle disgrazie descritte sono similari alle piaghe bibliche
precedentemente analizzate, soprattutto nel punto in cui si accenna alle acque del
Nilo mutate in sangue.
Per quanto riguarda la terza fonte, invece, si tratta dei cosiddetti Annali di Bamb,
antiche cronache che narrano la storia della Cina dal periodo mitologico al III secolo
a.c.
In particolare, nelle parti in cui si narra del crollo della dinastia Xia, viene descritto
lapparire di una misteriosa nebbia gialla, che avrebbe portato a un inverno precoce e
allinaridimento dei raccolti: anche se il periodo descritto proprio quello
delleruzione, sono in pochi a ritenere plausibile questa identificazione, mentre la
gran parte degli studiosi se ne discosta.

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