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Il mondo bizantino
ii
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Il mondo bizantino
i
LImpero romano dOriente (330-641)
a cura di Ccile Morrisson
ii
LImpero bizantino (641-1204)
a cura di Jean-Claude Cheynet
iii
LImpero greco (1204-1453)
a cura di Angeliki Laiou
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Il mondo bizantino
ii
LImpero bizantino (641-1204)
a cura di Jean-Claude Cheynet
Edizione italiana
a cura di Silvia Ronchey e Tommaso Braccini
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978-88-06-18915-0
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Indice
p. xix
xxi
Premessa
Introduzione metodologica e bibliografica
1.
2.
3.
4.
5.
Lavanzata dellIslam
Il temporaneo rinnovamento dellImpero
La minaccia del disastro finale
Il consolidamento isaurico (717-80)
Alla ricerca dellequilibrio (780-867)
jean-claude cheynet
ii. Lespansione bizantina durante la dinastia macedone (867-1057)
29
33
35
36
37
39
43
46
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
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viii
p. 51
55
58
62
66
68
72
74
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Pagina viii
Indice
jean-claude cheynet
iii. Bisanzio fra i Turchi e le crociate (1057-1204)
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
99
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
100
104
106
109
il patriarcato
1.
2.
3.
4.
ii.
112
115
120
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Indice
iv. lorganizzazione del clero
p. 125
126
128
1. La carriera ecclesiastica
2. Il vescovo
3. La predicazione
iv. le minoranze non ortodosse
129
130
132
134
1.
2.
3.
4.
I monofisiti
I movimenti settari
Gli ebrei
I musulmani
jean-claude cheynet
vi. Lamministrazione imperiale
137
140
142
143
144
145
147
i. la fiscalit
1. I fondamenti
2. Le imposte principali
3. Le imposte complementari
4. La pressione fiscale
5. Lesenzione fiscale
6. Levoluzione dellxi e del xii secolo
7. Il ruolo dello Stato nelleconomia
ii. la legge
149
150
151
1. I codici
2. Le novelle
3. La formazione dei giuristi
iii. lamministrazione centrale
152
153
154
155
155
156
157
158
158
1. I consiglieri dellimperatore
2. Il reclutamento e la remunerazione dei funzionari
iv. i principali servizi statali
1.
2.
3.
4.
5.
6.
La cancelleria
Le finanze
Le istituzioni pie
Il dromo
La giustizia
Levoluzione dellamministrazione sotto i Comneni
v. lamministrazione provinciale
159
161
1. I temi
2. Levoluzione dei temi
ix
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Indice
jean-claude cheynet
vii. Lesercito e la marina
p. 165
182
187
189
191
192
200
210
1.
2.
3.
4.
Themata e tagmata
Il finanziamento dellesercito e il pagamento dei soldati
Perch lesercito combatte?
Conclusione
jean-claude cheynet
viii. Le classi dirigenti dellImpero
1. Il rinnovamento dellalta aristocrazia
2. Linfluenza delle lites e le sue modalit
3. Le rivolte
jacques lefort
ix. Popolazione e demografia
219
227
230
1. La popolazione
2. La politica degli imperatori
3. Questioni demografiche
jacques lefort
x. Economia e societ rurali
i.
237
262
263
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Indice
xi
michel kaplan
xi. Costantinopoli e leconomia urbana
p. 265
i. lo sviluppo urbano
1. La popolazione
ii. lorganizzazione dello spazio e il paesaggio urbano
268
269
2. I nuovi sviluppi
271
3. I quartieri portuali
iii. la citt capitale
273
279
281
284
1.
2.
3.
4.
La capitale dellImpero
Le istituzioni di Costantinopoli
La citt santa
La capitale delle reliquie
iv. leconomia
285
288
292
295
1.
2.
3.
4.
I mestieri
Strutture sociali della produzione
Il grande commercio
Il rifornimento della capitale
v. la societ di costantinopoli
297
298
299
303
1.
2.
3.
4.
ccile morrisson
xii. Moneta, finanze e scambi
i. lorganizzazione delle emissioni monetarie
305
307
310
310
1.
2.
3.
4.
ii. contrazione, resistenza e adattamento: il secolo buio (fine del vii met del ix secolo)
312
315
1. Contrazione e adattamenti
2. La sopravvivenza della sfera monetaria e i suoi limiti
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Indice
iii. una prima rinascita monetaria: da teofilo a costantino vii (met
del ix-x secolo)
p. 318
319
320
321
323
324
325
326
329
1.
2.
3.
4.
5.
330
339
1.
2.
3.
4.
5.
iii. il monachesimo
356
357
363
364
371
376
381
385
397
1.
2.
Fondare un monastero
Una nuova geografia monastica
bernard flusin
xiv. Linsegnamento e la cultura scritta
1.
2.
3.
4.
5.
I secoli oscuri
Il rinnovamento (fine dellviii-ix secolo)
Fozio, Areta e il loro tempo
Il regno di Costantino Porfirogenito
Lapogeo: xi e xii secolo
398
La vita liturgica
I santi e il loro culto
Il ruolo delle immagini
La tradizione ostile alle immagini
La tendenza mistica: Simeone il Nuovo Teologo
linee generali
1. 650-886
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Indice
p. 399
400
2.
3.
xiii
886-1025
1025-1204
1.
2.
3.
Larchitettura
La pittura monumentale e le icone
Dalla Corte alla citt e alla campagna: arte profana, arti suntuarie,
oggetti quotidiani
429
432
433
440
448
450
460
bernadette martin-hisard
xvi. LAnatolia e lOriente bizantino
i.
LAnatolia in guerra
La nuova Anatolia
ii. lanatolia e i suoi nuovi confini (fine del ix - met dellxi secolo)
1.
2.
Lespansione dellAnatolia
LAnatolia e lillusione della pace
481
483
489
496
501
513
515
523
535
1.
2.
iv. le isole
jean-claude cheynet
xvii. I Balcani
1.
2.
3.
4.
Le nuove strutture
La questione bulgara
I Balcani bizantini
Lespansione economica
jean-marie martin
xviii. LItalia bizantina (641-1071)
1. I territori dellEsarcato di Ravenna (641-751) e la Sicilia bizantina
(641-902)
2. I temi di Langobardia/Italia e di Calabria (fine del ix secolo - 1071)
3. Considerazioni finali
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xiv
Indice
p. 537
Conclusioni
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Appendici
543
553
561
563
565
Indice analitico
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Pagina xv
nel testo:
Carte.
p. 6
24
52
266
4. Costantinopoli medievale.
430
5. LOriente.
449
482
7. I Balcani.
514
197
201
92
173
178
308
311
322
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2. Istanbul, Santa Sofia, mosaico del nartece, Leone VI si prosterna ai piedi del Cristo, ix
secolo.
(Foto Lessing/Contrasto).
3. Istanbul, Santa Sofia, mosaico del vestibolo meridionale, Vergine in trono con il Bambino tra gli imperatori Costantino e Giustiniano, x secolo.
(Foto Lessing/Contrasto).
4. Istanbul, Santa Sofia, mosaico della galleria sud, gli imperatori Costantino IX Monomaco e Zoe, xi secolo.
(Foto Lessing/Contrasto).
5. Istanbul, Santa Sofia, mosaico della galleria sud, gli imperatori Giovanni II Comneno e
Irene, xii secolo.
(Foto Lessing/Contrasto)
8. Monastero di Dafni (Grecia), Cristo Pantocrator, mosaico, inizi del xii secolo.
(Foto Lessing/Contrasto).
11.
Placca raffigurante Cristo che incorona gli imperatori Romano II e Berta di Arles o
Romano IV Diogene e Eudocia Macrembolitissa, intaglio in avorio, x-xi secolo.
Parigi, Bibliothque Nationale. (Foto Bridgeman / Archivi Alinari).
12.
13.
14.
15-16. Reliquiario della Vera Croce, particolari dellesterno, smalto cloisonn, 964-65 circa.
Limburg an der Lahn, Dommuseum. (Foto Lessing/Contrasto).
17.
Nicandro, Theriaca, uomo inseguito dalle api, miniatura su pergamena, met del x
secolo.
Parigi, Bibliothque Nationale, ms Suppl. Gr. 247, f. 3. (Foto Bridgeman / Archivi Alinari).
18.
19.
20.
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xvii
22.
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Premessa
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Premessa
narrazione degli avvenimenti, rispetto al primo volume. Talora in questa prima parte sono state inserite delle trattazioni di una certa lunghezza su argomenti che non erano trattati altrove: lAfrica perduta alla fine del vii secolo, o i rapporti tra lImpero e i crociati occidentali.
Allo stesso modo, sono state inevitabili alcune sovrapposizioni con
il primo volume, in quanto si voluto evitare di rimandare sistematicamente a esso, e ci ha comportato alcune ripetizioni nella bibliografia
e, pi di rado, nel testo. La struttura di questo volume molto simile al
precedente: presentazione dei lineamenti principali della storia evenemenziale, analisi delle principali strutture, fondamenti della civilt e studi sulle regioni. Alle strutture tradizionali, limperatore, la Chiesa e lesercito, sono stati aggiunti un saggio sullaristocrazia bizantina, che ha
alimentato i quadri di queste istituzioni per tutto il corso dellepoca in
esame, e una descrizione del mondo rurale, che ha contribuito in maniera preponderante al rifornimento della megalopoli costantinopolitana,
al finanziamento delle guerre quasi permanenti, e al reclutamento dellesercito. In linea di massima, stato dato un ruolo in qualche misura
pi importante alla storia sociale. Dal momento che i fondamenti della
civilt bizantina erano stati gettati nel periodo tardoantico, essi restano identici, mentre gli studi sulle regioni sono pi ridotti che nel volume precedente, per tenere conto della forte diminuzione del territorio
bizantino. Ai territori occidentali, con leccezione dellItalia, non stato dedicato alcun capitolo specifico, poich restarono poco sotto la dominazione bizantina e gi intorno al 700 erano stati quasi completamente sommersi dalla conquista araba. La situazione dellAfrica sommariamente evocata nel primo capitolo di storia evenemenziale.
La bibliografia deve limitarsi a presentare una scelta ridotta di una
produzione immensa. Abbiamo privilegiato le opere in francese e in inglese, limitando i riferimenti alle opere in altre lingue ai lavori di cui non
esisteva lequivalente nelle due lingue summenzionate. Allo stesso modo, viene presentato un numero limitato di fonti, perlopi nella bibliografia generale, anche se alcune pi specifiche sono precisate nella bibliografia dei singoli capitoli. Ci siamo sforzati di segnalare le traduzioni esistenti. Infine, quando alcuni soggetti, come il ruolo del commercio, sono
dispersi in pi capitoli, lindice permette di raccogliere le informazioni.
Ringrazio di cuore i colleghi che hanno accettato di rileggere questo libro, tutto o
in parte: Marie-France Auzpy, Jolle Beaucamp, Batrice Caseau, Vincent Droche,
Bernadette Martin-Hisard, Sophie Mtivier, Paule Pags e Constantin Zuckerman.
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DTC
EEBS
EHB
EI
FM
GRBS
HC IV e V
Hommes
IstMitt
JB
Mansi
MB I
MEFRM
MGH
Nov.
OCA
OCP
ODB
PG
PL
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REB
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RP
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SBS
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Scriptores
TIB
TM
TM, Monogr.
TRW
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xxiii
fonti.
In questa sezione sono riunite le principali fonti per la storia bizantina del periodo in
esame. Allinizio di ciascun paragrafo, se necessario, saranno fornite informazioni complementari.
Repertori.
Le fonti in greco, in latino e nelle lingue orientali sono abbondanti e la selezione necessariamente arbitraria. Le traduzioni, nel caso ne esistano, vengono sistematicamente indicate. Il Thesaurus Linguae Graecae (TLG) informatizzato, pur non sostituendo le
edizioni critiche, uno strumento di lavoro indispensabile sia per la quantit di testi
che include (in costante accrescimento), sia per la facilit di consultazione. possibile
fruire di un repertorio ormai datato, quello di i. e. karayannopoulos, g. weiss, Quellenkunde zur Geschichte von Byzanz 324-1453, Wiesbaden 1982. Sar possibile completarlo con lultima edizione del Dictionnaire des auteurs grecs et latins de lAntiquit et
du Moyen ge, a cura di W. Buchwald, A. Hohlweg, O. Prinz, tradotto e aggiornato da
J.-D. Berger e J. Billen, prefazione di J. Billen, Turnhout 1991.
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[6] Acta Sanctorum, collecta a Sociis Bollandianis, Paris 18633 sgg. (testi agiografici greci e latini; alcune edizioni restano insostituite).
[7] Acta conciliorum oecumenicorum, a cura di E. Schwartz, Berlin 1914-40; J.
Straub, 1970-74.
[8] Archives de lAthos, 22 voll., Paris 1945- (la pubblicazione degli archivi conservati nei monasteri del Monte Athos, iniziata nel 1945, sta ancora proseguendo).
[9] Bibliotheca Teubneriana (collezione di autori greci e latini dallAntichit al
Medioevo, senza trad.).
[10] Corpus christianorum. Series Graeca, Turnhout-Leuven 1977 sgg. (testi patristici;
senza trad.).
[11] Corpus christianorum. Continuatio medievalis, Turnhout 1953 sgg. (come sopra).
[12] Corpus Fontium Historiae Byzantinae, 1967 sgg. (varie serie, con diversi luoghi di
edizione; edizioni di riferimento per numerosi storici bizantini; alcune serie sono accompagnate da una trad.).
[13] Corpus Scriptorum Christianorum Orientalium, Paris poi Louvain 1903 sgg. (ricca
collezione di studi e testi nelle lingue dellOriente cristiano, con trad.).
[14] Corpus Scriptorum Historiae Byzantinae, Bonn 1828-97 (collezione di storici greci, con trad. latina; invecchiato, ma alcune edizioni restano insostituite).
[15] mansi j. d., Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, Firenze-Venezia
1759-98 (atti dei concili in greco e latino).
[16] Patrologiae cursus completus. Series Graeca, a cura di J.-P. Migne, 161 voll., Paris
1857-66 (la pi ricca collezione di edizioni di testi patristici, con trad. latina; numerose fonti narrative; riprende i testi di CSHB).
[17] Patrologiae cursus completus. Series Latina, a cura di J.-P. Migne, 221 voll., Paris
1844-55.
[18] Monumenta Germaniae Historica, Berlin 1826 sgg. (in parte digitalizzato su
www.gallica.fr).
[19] Patrologia orientalis, a cura di R. Graffin e F. Nau, Athenesin poi Turnhout 1903
sgg. (testi nelle lingue dellOriente cristiano, con trad.).
[20] rhalles g. a., potles m., Syntagma ton theion kai hieron kanonon, 6 voll., 18521859 (testi canonici in greco).
[21] Sources chrtiennes, Lyon-Paris 1941 sgg. (testi con trad. e note; autori greci e latini, essenzialmente patristici; vite di santi; storici della Chiesa).
[22] Studi e Testi, Citt del Vaticano 1900 sgg.
[23] Subsidia hagiographica, Bruxelles (studi di agiografia; ed. di testi agiografici).
fonti documentarie.
Diplomatica.
[24] dlger f., karagiannopoulos i. e., Byzantinische Urkundenlehre, Mnchen 1968.
Epigrafia.
[25] allen j. s., evcenko i. (a cura di), Dumbarton Oaks Bibliographies, based on Byzantinische Zeitschrift, 2 serie, vol. I, Epigraphy, Washington DC 1981.
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xxv
[26] brard f. e altri, Guide de lpigraphiste. Bibliographie choisie des pigraphies antiques et mdivales, Paris 20003 (strumento di lavoro essenziale).
[27] feissel d., Bulletin pigraphique. Inscriptions chrtiennes et byzantines, 1987(bibliografia analitica che compare ogni anno nella Revue des tudes grecques). Questo materiale stato di recente riunito in un comodo volume: d.
feissel, Chroniques dpigraphie byzantine, 1987-2004, TM, Monogr., n. 20,
2006.
Fonti geografiche e amministrative.
[28] oikonomides n., Les listes de prsance byzantines des ixe et xe sicles, introduzione, testo, traduzione e commento, Le Monde byzantin, Paris 1972 (fondamentale).
[29] darrouzs j., Notitiae episcopatuum Ecclesiae Constantinopolitanae, testo critico,
introduzione e note, Paris 1981.
[30] costantino porfirogenito, De thematibus, a cura di A. Pertusi, Citt del Vaticano 1952.
[31] constantine porphyrogenitus, De administrando imperio, CFHB 1 [trad. ing. a
cura di G. Moravcsik, Washington 19672].
Numismatica e metrologia.
[32] bertel t., Numismatique byzantine, a cura di C. Morrisson, Wetteren 1978 (introduzione estremamente chiara).
[33] grierson ph., Byzantine Coins, London - Los Angeles 1982.
[34] grierson ph. e altri, Catalogue of the Byzantine Coins in the Dumbarton Oaks Collection and in the Whittemore Collection, II. 602-717; III. 717-1081, Washington DC 1968-73; hendy m., IV. 1081-1261, Washington 1999 (vastissima collezione; le introduzioni sono notevolmente ricche).
[35] morrisson c., Catalogue des monnaies byzantines de la Bibliothque nationale, 2
voll., Paris 1970 (catalogo ragionato; brevi introduzioni).
[36] schilbach e., Byzantinische Metrologie, Mnchen 1970.
[37] schilbach e., Byzantinische metrologische Quellen, Thessaloniki 1982.
Sigillografia.
[38] cheynet j.-c., Lusage des sceaux Byzance, in Sceaux dOrient et leur emploi, Louvain 1997, pp. 23-40.
[39] cheynet j.-c., morrisson c., seibt w., Les sceaux byzantins de la collection Henri Seyrig, Paris 1991.
[40] jordanov i., Corpus of Byzantine Seals from Bulgaria, I. Byzantine Seals with Geographical Names, Sofia 2003 (rec. di W. Seibt, BZ, 98/1 [2005], pp. 129-33).
[41] laurent v., Le Corpus des sceaux de lEmpire byzantin, II. Ladministration centrale, Paris 1981; V. Lglise, Paris 1963-72, capp. i-iii (incompiuto).
[42] nesbitt j., oikonomides n., Catalogue of the Byzantine Seals at Dumbarton Oaks
and in the Fogg Museum of Art, 5 voll., Washington 1991-2005 (sono stati pubblicati i cinque volumi dedicati alle regioni).
[43] schlumberger g., Sigillographie de lEmpire byzantin, Paris 1884 (invecchiato,
ma alla base della sigillografia moderna).
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Pagina xxvi
[44] seibt w., Die byzantinischen Bleisiegel in sterreich, I. Kaiserhof, Wien 1978; seibt
w. (con a. wassiliou), II. Zentral-und Provincialverwaltung, Wien 2004.
[45] zacos g., veglery a., Byzantine Lead Seals, 3 voll., Basel 1972, vol. I.
[46] zacos g., Byzantine Lead Seals, a cura di J. W. Nesbitt, Bern 1985.
Cronologia e regesti, prosopografia.
[47] grumel v., La chronologie, Paris 1958.
[48] dlger f., Regesten der Kaiserurkunden des ostrmischen Reiches von 565-1453, 5
voll., Mnchen 1924-65.
[49] Prosopographie der mittel-byzantinischen Zeit, compilato, sulla base di un lavoro
preparatorio di F. Winkelmann, da R.-J. Lilie, C. Ludwig, T. Pratsch, I. Rochow, in collaborazione con W. Brandes, J. R. Martindale, B. Zielke, Berlin New York 1998-2002.
[50] The Prosopography of the Byzantine Empire, I. 641-867, a cura di J. Martindale,
Aldershot 2001 (cd-rom).
[51] Les Regestes des Actes du patriarcat de Constantinople, I. Les Actes des patriarches,
fasc. 1, Les Regestes de 381 715, a cura di V. Grumel, 2a ed. rivista e corretta,
Paris 1972; fascc. 2 e 3, Les Regestes de 715 1206, a cura di V. Grumel, 2a ed.
rivista e corretta da J. Darrouzs, Paris 1989.
Le fonti narrative.
Fonti greche.
[52] Theophanis Chronographia, 2 voll., a cura di C. de Boor, Leipzig 1883-85 [trad.
ing. The Chronicle of Theophanes Confessor. Byzantine and Near Eastern History
AD 284-813, a cura di C. Mango e R. Scott, in collaborazione con G. Greatrex,
Oxford 1997].
[53] nicephoros patriarch of constantinople, Short History, CFHB 13 [trad. ing.
a cura di C. Mango, Washington DC 1990].
[54] georgius monachus, Chronicon, a cura di C. de Boor (con P. Wirth), Stuttgart
1904, 19782.
[55] Iosephi Genesii regum libri quattuor, CFHB 4, a cura di A. Lesmueller-Werner e
I. Thurn, Berlin 1978.
[56] theophanes continuatus, CSHB, a cura di I. Bekker, Bonn 1838 (contiene anche le edizioni di Simeone Magistro e di Giorgio Monaco).
[57] leonis diaconi calonsis, Historiae libri decem, CSHB, a cura di C. B. Hase,
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[1228] prigent v., La Sicile byzantine, tesi di laurea, Universit de Paris IV, a.a. 2006.
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LImpero bizantino
(641-1204)
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parte prima
La formazione e levoluzione dellImpero nel Medioevo:
gli avvenimenti
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i. Bisanzio sulla difensiva: la stabilizzazione delle frontiere
(dal vii secolo alla met del ix)
1. Lavanzata dellIslam1.
a) Il fallimento delle controffensive bizantine.
Nel gennaio del 641 Eraclio muore, lasciando lImpero in una situazione critica tanto allinterno quanto allesterno dei confini. Vari pretendenti, figli di letti diversi, si disputavano la successione. Il maggiore degli eredi di Eraclio e gi suo successore designato, Costantino III, moriva di malattia dopo soli tre mesi di regno. Limperatrice Martina voleva
a questo punto porre a capo dellImpero il figlio Eracleona, ma si era inimicata le guarnigioni dOriente al comando di Valentino, il quale laveva privata del potere soltanto per venire eliminato a sua volta, nel 644,
mentre tentava dimpadronirsi del trono. Fu a quel tempo che Costante II, allepoca un fanciullo di appena 14 anni, assunse il governo dellImpero. Sul fronte delle invasioni, alla morte di Eraclio gli Arabi musulmani erano sul punto di impadronirsi dellEgitto, per lo Stato bizantino fonte primaria di approvvigionamenti granari e fiscali. Appunto per tentare
di stornare tale pericolo limperatore vi aveva fatto sbarcare le truppe di
stanza in Tracia, poi respinte dagli Arabi i quali avevano ricevuto rinforzi a seguito dello sfondamento del fronte persiano. Ciro, patriarca di
Alessandria, che a titolo eccezionale era stato nominato governatore
dellEgitto, fu costretto nellautunno del 641 a consegnare la citt nelle
mani del generale arabo Amr, al quale lo stesso califfo Umar aveva affidato il compito di amministrare il paese conquistato.
Ormai gli imperatori non hanno che lo scopo di contenere le offensive degli Arabi che giungono a minacciare la stessa Costantinopoli [Bonner 124; Kaplony 130]. Le operazioni condotte sugli altri fronti sono finalizzate al conseguimento di questo obiettivo prioritario. Costante II
agisce con determinazione allo scopo di salvare quel che si pu. Le regioni dellImpero maggiormente sottoposte alla minaccia araba erano
tre: lAfrica, la Cilicia e lArmenia. LAfrica costituiva un altro importante granaio, bench certo pi modesto dellEgitto. La Cilicia, anche
questa una fertile pianura, rappresentava unaltra preda appetibile per
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Corinto
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califfato omayyade
califfato omayyade
Trebisonda
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Claudiopoli
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califfato omayyade
Mare Mediterraneo
Condominio arabo-bizantino
Confini dei temi
Siracusa
Reggio
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Tessalonica
Skopje
Otranto
Durazzo
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Slavi
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via del fatto che il suo possesso avrebbe potuto far sperare in una controffensiva indirizzata su Antiochia e sul resto della Siria, nei territori
in cui delle popolazioni ribelli, i Mardaiti, continuavano a opporsi alloccupazione araba. LArmenia, infine, era celebre per aver sempre
rifornito di buoni combattenti gli eserciti imperiali. Per lo Stato bizantino, mantenere il controllo sugli altopiani armeni significava sottoporre la Mesopotamia a una minaccia, salvaguardando tuttavia lAnatolia.
Riconquistare lEgitto da poco sottomesso, che mal tollerava lautorit
del califfo e, senza dubbio, le sue esigenze fiscali, non pareva un piano
irrealizzabile, tenendo conto che gli Arabi non disponevano ancora di
una flotta.
Nel 645, un esercito al comando del generale Manuele era sbarcato
senza incidenti a Alessandria, accolto con favore dalla popolazione cittadina ma incapace di tenere le posizioni nel momento in cui Amr pass al contrattacco tornando in forze lanno successivo. Limperatore fu
pi fortunato in Africa. I musulmani, desiderosi di stabilirsi in quella
ricca provincia da quando, nel 642, avevano celermente portato a termine la conquista della Libia e sottomesso le locali trib berbere, che
sembra si siano convertite piuttosto rapidamente alla nuova religione,
nel 647 attaccarono e sconfissero a Sufetula lesarca Gregorio, ribellatosi nella speranza di rinnovare il successo di Eraclio, ma successivamente acconsentirono a ritirarsi non senza aver ottenuto il pagamento dun
enorme tributo. In compenso, gli Arabi avevano aperto un nuovo fronte e, mettendo a profitto lesperienza maturata durante la spedizione di
Manuele, avevano deciso di munirsi duna flotta militare. Il generale Muawiyya, nominato da Umar governatore della Siria ruolo che
conserv anche sotto il califfato di suo cugino Uthman, succeduto a
Umar , era a questo punto libero di sferrare le prime offensive sullAnatolia e sulle isole del Mediterraneo, prima fra tutte Cipro, saccheggiata in due riprese nel 649-50 e nel 654.
Gli Arabi si erano rafforzati giacch, dopo essersi aperti il cammino
verso laltopiano iranico nel 642 con la vittoria riportata a Nihawand
sul sassanide Yazdagirt, erano riusciti ad aver ragione dei loro avversari abbattendone le ultime resistenze grazie alla complicit del comandante di uno degli ultimi eserciti persiani, costringendo il sovrano a riparare nel Khorasan e facendo fallire il suo tentativo di alleanza con i
Turchi. La sconfitta e la morte del monarca sassanide portarono al crollo definitivo del regno persiano, che cess di esistere nel 652. La cronologia delle operazioni di guerra condotte dagli Arabi in Persia permette
di comprendere quali truppe arabe fossero disponibili per fronteggiare
gli eserciti bizantini.
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Il 5 ottobre 641 gli Arabi avevano espugnato Dvin, sede del patriarcato dArmenia, facendo numerosi prigionieri. Tuttavia gi nel 643, nel
corso duna nuova, massiccia offensiva araba, larmeno Teodoro Restuni, eletto dai Bizantini governatore della paese, riusc ad annientare uno
dei corpi darmata musulmani. Questa campagna, se da un lato rese evidenti le difficolt incontrate dal nemico nel concretizzare un piano di
conquista dellArmenia, rivel daltro canto alle popolazioni locali lenergia delloffensiva araba. I Bizantini da allora si sforzarono di non
contrariare i principi armeni per evitare il rischio di defezioni e alleanze con gli Arabi. Un concilio tenuto a Dvin nel 648 conferm il definitivo rifiuto dei canoni calcedonesi da parte della Chiesa armena. Teodoro Restuni opt per la sottomissione al califfo, a dispetto delle pressioni esercitate da Bisanzio sullArmenia quando, nel 653, Costante II,
alla testa di un poderoso esercito, era giunto di persona in Oriente. Le
prime richieste degli Arabi furono modeste, giacch il tributo da essi reclamato era rappresentato da una somma negoziabile e, senza pretendere che sul territorio rimanessero di stanza contingenti armati, si erano
limitati a esigere dalle truppe armene che fossero disposte a difendere il
loro paese, ovviamente in funzione anti-bizantina. Laccordo stipulato
da Restuni non fu accolto con unanime favore dai principi locali, che
specialmente i residenti nelle province armene occidentali guardavano in gran parte ancora a Costantinopoli.
Nelle province da poco occupate dagli Arabi, una volta evacuata la
regione dalle truppe bizantine, la popolazione non dovette accettare con
troppa difficolt linsediamento degli invasori, i quali non avevano n
modificato i quadri amministrativi del paese n, senza dubbio, sconvolto in alcun modo il vigente sistema fiscale. Soltanto tra le montagne del
Libano, in luoghi pi propizi alla resistenza, i Mardaiti continuarono a
compiere scorrerie che preoccuparono a lungo i califfi, in particolare
quando questi ultimi vennero a risiedere nella vicina Damasco. I cristiani in un primo tempo attesero il ritorno del basileus, ricordando la riscossa di Bisanzio che aveva infine visto Eraclio trionfare sui Persiani;
in seguito, tuttavia, il trascorrere dei decenni fece svanire anche questa
speranza, forse per breve tempo ravvivata alla notizia della sconfitta di
Muawiyya dinanzi a Costantinopoli, nel 677. Anastasio Sinaita ha descritto le condizioni in cui versavano allepoca i fedeli, una minoranza
dei quali in parte prigionieri di guerra che, grazie alla conversione volontaria, potevano essere restituiti alla libert si islamizz, mentre il
resto continu a sopportare il giogo imposto dai conquistatori.
I vincoli tra lImpero e le sue antiche province si allentarono senza
dubbio pi lentamente di quanto la rapidit della conquista possa far so-
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ma di approdare, nella primavera successiva, a Taranto. A Roma fu ricevuto da papa Vitaliano, per poi in autunno raggiungere la Sicilia,
senza in effetti aver neppure tentato di liberare lItalia meridionale dai
Longobardi. Stabilendosi a Siracusa, limperatore aveva deciso di risiedere in una delle rare province risparmiate dalle guerre e ancora molto
ricche, da cui poteva rapidamente intervenire tanto in Italia quanto in
Africa. La sua assenza consent tuttavia ai musulmani di rinnovare con
maggiore frequenza le loro scorrerie in Anatolia sotto la guida di
Muawiyya, stratega di notevole esperienza e califfo ormai incontestato. La tensione che ne deriv in seno allesercito bizantino forn senza
dubbio il pretesto per lassassinio di Costante II, compiuto nellautunno del 668 da un armeno, Mzezio, comes dellOpsikion.
Costantino IV, rimasto erede dellImpero, giunse in Sicilia per far
rimpatriare lesercito che, fedele alla dinastia regnante, aveva immediatamente provveduto a catturare e giustiziare lufficiale ribelle. La partenza dellesercito si rivel peraltro funzionale alla strategia degli Arabi, i quali non persero loccasione di attaccare lAfrica e addirittura di
saccheggiare Siracusa, sferrando il loro primo attacco, che tuttavia non
ebbe seguito, contro la Sicilia. Daltra parte, da vari indizi era possibile arguire che il califfo si accingeva a far ritorno al suo antico progetto,
mirante a distruggere lultimo Stato organizzato che ancora resisteva ai
cavalieri di Allah. Fino a quel momento i Bizantini avevano, tutto sommato, resistito piuttosto bene rispetto agli ultimi anni del regno di Eraclio, ma cominciavano ormai a perdere terreno. Conducendo una serie
di incursioni in profondit nel territorio nemico alcuni Arabi, nel 670,
avevano trovato riparo a Cizico, uno sguarnito centro urbano posto sul
litorale meridionale del Mar di Marmara. Muawiyya moltiplic allora
le spedizioni: lImpero perdette la Cilicia e Tarso, Rodi venne conquistata e vi fu dislocata una guarnigione araba; infine, nel 674, una poderosa flotta araba entr nelle acque del Mar di Marmara compiendo per
sei mesi scorrerie ai danni delle citt costiere prima di far ritorno a Cizico, occupata gi dal 670, per svernare. Costantino IV, posto cos sotto continua minaccia, difese il resto dellImpero con difficolt. Nel 676,
un capo slavo, Perbundo, che mirava a conquistare Tessalonica, vi venne catturato e messo a morte; gli Sclaveni, per vendicarsi, posero sotto
assedio la citt. In Italia, nel frattempo, i Longobardi erano giunti a
Brindisi e a Taranto, di cui si erano impadroniti.
Dopo un triennio di frequenti incursioni nelle regioni vicine alla capitale e la marcia attraverso lAnatolia di un numeroso esercito al comando di Yazid, figlio del califfo, Costantino IV prese la risoluzione di
combattere, e radun la sua flotta munendola di fuoco greco. Nellesta-
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te del 677, i Bizantini bruciarono parte della flotta nemica, che fu costretta alla ritirata e che, sulla rotta del ritorno, incapp inoltre in una
disastrosa tempesta. Il primo assedio di Costantinopoli da parte delle
forze di Muawiyya era fallito.
2. Il temporaneo rinnovamento dellImpero.
La vittoria di Costantino IV ebbe immensa risonanza poich per la
prima volta gli Arabi avevano subito una gravissima sconfitta, tale da
impedire loro a lungo di tornare a vagheggiare un attacco in forze alla citt imperiale. Dai territori balcanici, i capi degli Slavi e perfino il
qaghan degli Avari inviarono ambasciate allo scopo di felicitarsi con limperatore. Pi in concreto, questi provvide a inviare una flotta in soccorso di Tessalonica, che venne cos liberata dallassedio degli Sclaveni [Lemerle 91], guidando personalmente via terra una spedizione che liber
i dintorni della metropoli balcanica.
Costantino IV riguadagn in gran parte il terreno perduto durante le
vicende del conflitto arabo-bizantino, costringendo Muawiyya a negoziare una tregua, senza dubbio conclusa nel 679, in base alla quale il califfo si impegnava a versare annualmente allimperatore 216 000 pezzi
doro, oltre a 50 schiavi e ad altrettanti cavalli pregiati. Le basi navali
arabe nel Mediterraneo Cizico, Chio e Rodi vennero riconquistate o
evacuate dal nemico. Cipro venne smilitarizzata, nessuna flotta da guerra vi avrebbe pi potuto stazionare, e il prodotto della fiscalit insulare
fu spartito a met tra gli avversari. Fortunatamente per lImpero, in seguito alla morte prematura di Yazid, il califfato conobbe una crisi di successione presto degenerata in guerra civile che, aggravata dalle frequenti ribellioni sciite capeggiate dagli Alidi, offr lopportunit di una controffensiva bizantina. Limperatore riprese possesso della Cilicia, mentre
la sua flotta continu a compiere lungo la costa siriana scorrerie che cessarono solamente quando egli accett infine lofferta di un incremento
del tributo annuale, propostagli nel 685 dal califfo Abd al-Malik.
Il successo della politica estera di Costantino IV sarebbe stato perfetto se non fosse stato per il problema bulgaro. Occupando il loro territorio, pressappoco lattuale Ucraina, i Cazari avevano dissolto la confederazione dei Bulgari, i quali si erano diretti a loro volta a ovest. Il loro khan, Asparuch, aveva attraversato il Danubio, rifiutandosi di lasciare
le terre che aveva occupate. Costantino IV si era mosso contro di lui alla testa di un esercito nel 681, ma era stato sconfitto. Limperatore, che
non poteva permettersi di sostenere a lungo una guerra su un fronte se-
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stiniano II ne fece un casus belli, rifiutando il tributo inviatogli; tuttavia, nel 692 fu vinto in battaglia dagli Arabi a Sebastopoli, tradito proprio nel vivo del combattimento dal contingente dei suoi Slavi. Limperatore si vendic vendendo come schiavi gli Slavi sopravvissuti, ma perse quanto aveva conquistato fino allora: lArmenia pass sotto lautorit
del califfo, e lesercito imperiale non fu pi capace di impedire le scorrerie nemiche in Cilicia e nel Tauro.
Giustiniano II riun un concilio nel 691-92, noto successivamente
come in Trullo o Quinisesto, in occasione del quale vennero promulgati diversi canoni senza tuttavia tener conto delle consuetudini degli Occidentali, dal momento che erano pochi i vescovi latini presenti. Papa
Sergio sconfess i suoi legati e disconobbe lautorit del concilio. Quando, per, Giustiniano II invi a Roma un suo rappresentante incaricato di imprigionare il papa, gli eserciti di stanza a Roma e a Ravenna presero le parti di Sergio, manifestando in questo modo lemergere in Italia centrale dun nuovo sentimento unitario, ostile allautorit imperiale.
Daltra parte, le necessit belliche avevano gi avuto come conseguenza un inasprimento della pressione fiscale, suscitando il malcontento delle lites, giustificato per di pi dal fatto innegabile che fino a quel momento i loro sforzi tributari erano serviti a finanziare soltanto delle sconfitte. Nel 695, una rivolta a Costantinopoli port al trono Leonzio, gi
stratego degli Anatolici, e Giustiniano II, dopo aver subito lamputazione del naso, fu mandato in esilio.
3. La minaccia del disastro finale.
La deposizione di Giustiniano II apr un periodo di instabilit pregiudiziale per lImpero che, dopo larretramento degli anni quaranta del
vii secolo, era riuscito pi o meno a mantenere le sue posizioni. Fra il
695 e il 717, ben sei imperatori si avvicendano sul trono di Costantinopoli, ciascuno destituito con la violenza dal suo successore, provocando
ogni volta in seno allesercito epurazioni particolarmente controproducenti sotto il profilo della continuit della resistenza bizantina agli Arabi, e proprio nel momento in cui le forze di questi ultimi potevano nuovamente godere di condottieri efficienti come Maslama, che capitan
una serie di spedizioni nel cuore dellAnatolia. Vi furono anche tra i Bizantini uomini di guerra capaci di infliggere sconfitte al nemico, come
nel 699 Eraclio, fratello dellimperatore Apsimaro, che per venne giustiziato insieme al suo stato maggiore nel 705, quando Giustiniano II riprese il potere.
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a) La perdita dellAfrica.
Il bilancio di questo ultimo quarto di secolo disastroso. Dopo una
riconquista difficile, lAfrica bizantina aveva conosciuto finalmente una
certa stabilit che aveva consentito allimpresa di Eraclio di essere coronata dal successo nel 610. La perdita dellEgitto, presto seguita dallabbandono della Cirenaica, lasci lAfrica esposta alle incursioni da
Oriente. LAfrica bizantina nel vii secolo era costituita da una regione
molto meno estesa dei territori che avevano visto la riconquista giustinianea. Le trib dei Mauri di Numidia, bench avessero acquisito la loro indipendenza, erano per ampiamente cristianizzate. Le guarnigioni
bizantine, i Rum cui alludono le fonti arabe della conquista, si erano ritirate nelle citt delle due province della pianura, le pi ricche, la Bizacena a sud e la Proconsolare a nord. La salvaguardia del paese, del resto, non dipendeva tanto da un esercito regolare quanto dalle trib maure, sia quelle attestate nelle province bizantine dellinterno sia quelle
della vicina Numidia, di cui gli esarchi avevano ottenuto il sostegno. Di
fatto, gli Arabi dovettero essere ostacolati pi dalla resistenza dei Berberi che dai Bizantini stessi. Nel 669-70, approfittando della confusione che regnava in Occidente a seguito dellassassinio dellimperatore Costante II a Siracusa, gli Arabi, guidati da Uqba ibn Nafi, sferrarono
una nuova offensiva nel cuore della Bizacena. I capi musulmani entrarono cos in contatto con le trib maure la cui recente cristianizzazione
rimaneva superficiale, inducendone alcune a converstirsi allislamismo.
Furono cos gettati i fondamenti per la costituzione di una base musulmana permanente nella stessa Africa, a Qayrawan.
I Bizantini erano ormai confinati alla sola provincia dAfrica che aveva per centro Cartagine. La metropoli era in declino, poich le antiche
dimore a peristilio erano state occupate da costruzioni modeste e, a quel
che pare, i porti avevano cessato di essere utilizzati. Tali condizioni di
fatiscenza spiegano le ragioni per cui la citt antica dovette scomparire
a favore di Tunisi durante i primi secoli di sovranit musulmana. Tuttavia la prosperit, sostenuta da una produzione ancora abbondante di
grano e di olio, si mantenuta assai pi a lungo, nel corso del vii secolo, di quel che si credesse un tempo: gli Arabi stessi si rallegrarono del
copioso bottino in oro che si erano procurati al momento della conquista. Del resto, la moneta doro battuta a Cartagine non aveva subito sensibili alterazioni prima della caduta della citt.
Negli anni 680 la vittoria riportata da Qusayla, capo di una coalizione berbero-bizantina, su Uqba ibn Nafi, che trov la morte sul campo
di battaglia, permise di respingere gli invasori, anche se solo per pochi
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volta per tutte Giustiniano II nel 711, avrebbe posto fine alla dinastia
di Eraclio.
Gli Omayyadi reputarono fosse giunto il momento propizio per riprendere loffensiva contro Costantinopoli. Linstabilit politica giunse al suo apice nel momento in cui Filippico, il vittorioso avversario di
Giustiniano II, volle restaurare il monotelismo e, rendendosi di conseguenza impopolare, venne rovesciato nel giugno del 713 a favore di un
civile, Anastasio, cacciato a sua volta nel 715 da Teodosio III. Maslama, figlio di Abd al-Malik e governatore di Armenia3, attravers lAnatolia senza incontrare alcuna sostanziale resistenza, mentre il naviglio
arabo gett lancora senza incidenti dinanzi alle coste della Licia per
rifornirsi di legname dopera. Nel 716, due forti contingenti militari arabi penetrarono in Asia Minore per assediare la capitale, proprio mentre
lo stratego degli Anatolici, Leone, si era ribellato al governo centrale
con la complicit dun collega, lo stratego degli Armeniaci Artavasde, al
quale aveva dato in sposa sua figlia. Leone negozi un accordo con Maslama, facendogli intendere che, qualora avesse cinto la corona imperiale, avrebbe riconosciuto la sovranit del califfo, riuscendo cos a evitare lo scontro diretto con gli Arabi e a entrare in Costantinopoli nella primavera del 717, dopo che Teodosio III ebbe rinunciato al potere per
abbracciare la vita monastica a Efeso.
4. Il consolidamento isaurico (717-80).
Il nuovo imperatore venne assediato, nel luglio del 717, dalle forze
di terra e di mare del califfo, molto superiori per numero alle truppe a
sua disposizione. Il suo predecessore, Anastasio, aveva provveduto a
rinforzare le difese marittime e a immagazzinare provvigioni in previsione di un lunghissimo assedio. Le mura di terra dissuadevano gli Arabi dallosare un attacco diretto e venne cos messo in opera il blocco navale, ma una piccola vittoria della marina bizantina, che riusc a bruciare alcuni legni del nemico, rialz il morale degli assediati. Gli Arabi
furono costretti a svernare, bench le truppe fossero numerose, i viveri scarseggiassero e linverno si rivelasse particolarmente rigido, causando forti perdite tra le loro file. In primavera, imponenti rinforzi giunsero dallEgitto e dallAfrica, ma una parte degli equipaggi, composti di
cristiani, defezion schierandosi con Leone III, mentre il fuoco greco,
disperdendo il naviglio avversario, offr agli uomini dellimperatore maggiori possibilit di manovra. Questi tesero una serie di fortunate imboscate in Bitinia ai danni dei rinforzi musulmani che stavano sopraggiun-
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gendo via terra attraverso lAsia Minore. Finalmente Maslama, i cui contingenti continuavano a essere falcidiati dallepidemia e attaccati alle
spalle dai Bulgari, lev lassedio nellagosto del 718. Sulla rotta del ritorno, la flotta musulmana venne distrutta da una tempesta.
Il trionfo di Leone era completo, e gli permise di aver ragione di ben
due rivolte, luna in Sicilia, laltra scoppiata nella capitale stessa e fomentata dal suo predecessore, lex imperatore Anastasio. Gli Arabi continuarono tuttavia a dominare incontrastati per terra: devastarono Iconio, Cesarea, Gangra, e per poco non simpadronirono di Nicea nel 727.
Quello stesso anno, Leone aveva respinto una offensiva dei marinai dellEllade e del tema dei Carabisiani, che avevano sostenuto un usurpatore. Per limperatore, come per i suoi contemporanei, tali difficolt rappresentavano altrettanti segni dellira divina, tantopi che nel 726 una
terribile esplosione vulcanica avvenuta nei pressi dellisola di Thera aveva ricoperto le coste egee con una coltre di fumo e di ceneri.
Nel momento in cui ormai tutte le antiche eresie erano state confutate, Leone credette di ravvisare nella venerazione eccessiva tributata
alle icone la causa di tale collera. Aveva perci ordinato di rimuovere
leffigie del Cristo che ornava la Chalke, la porta del Gran Palazzo
[Auzpy 123], e nel 730, nel corso di una solenne udienza, dichiar la
sua ostilit al culto delle immagini. Il patriarca Germano, rigettando liconoclasmo, lasci la cattedra costantinopolitana per terminare i suoi
giorni in monastero, senza venire ulteriormente disturbato. Anastasio,
che gli succedette in carica, ufficializz la nuova dottrina, che insisteva
sulla venerazione esclusiva della croce, informandone con una lettera sinodale papa Gregorio II, il quale censur liniziativa. Il suo successore,
Gregorio III, la fece addirittura condannare da un sinodo nel 731. Durante il suo regno, Leone III non prese altre iniziative.
La disputa sulle immagini non costituiva lunico punto del contenzioso che separava Roma dallImpero. Leone III, in data imprecisata,
defraud il papa degli importanti benefici ecclesiastici che gli derivavano dai territori siciliani e calabresi, deliberando inoltre di adattare la
geografia ecclesiastica al quadro politico e di riunire al patriarcato di Costantinopoli la parte orientale dellIllirico (Macedonia, Grecia, Peloponneso), fino ad allora dipendente dal patriarcato di Roma. Le vibrate proteste del papa si fecero sentire ben oltre let delliconoclastia (cfr. cap.
v, pp. 100-1).
Sul piano militare, Leone III non rec alcun aiuto allesarca di Ravenna, il quale perdette temporaneamente la sua capitale, presa dai Longobardi che in Liutprando avevano trovato un sovrano energico e vittorioso. Nel frattempo, le scorrerie arabe continuavano; nel 740, tutta-
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via, Leone insieme a suo figlio Costantino sorprese uno dei loro eserciti nei pressi di Akroinos e lo distrusse completamente, il che rappresent dopo molti decenni il primo trionfo riportato in campo aperto dalle armi bizantine. I Cazari costituivano sin dal regno di Eraclio un asso
nella manica della diplomazia costantinopolitana, grazie al quale lImpero fu in grado di esercitare pressioni a nord del Caucaso dapprima sui
Persiani, quindi sul califfato, giacch questi nomadi erano attirati dalle
ricchezze della Mesopotamia [Noonan 136]. Leone III, riconoscendo
limportanza di tale alleanza, scelse la figlia del loro qaghan come sposa
per Costantino, lerede al trono. Tuttavia, verso il 737, il futuro califfo
Marwan riusc a sorprendere e a sconfiggere i Cazari, inducendo il loro
capo ad accettare la conversione allIslam.
Malgrado tali rovesci, e un terribile terremoto nellautunno del 740
che fece crollare intere fortezze in Bitinia e in Tracia, danneggiando
in parte anche le mura di Costantinopoli, per la ricostruzione delle quali Leone var una nuova imposta dellentit di un miliaresion , il bilancio del regno era soddisfacente. Quando Leone III mor, nel giugno
del 741, la successione avrebbe dovuto in maniera assolutamente naturale passare a Costantino [Rochow 137], il quale per, pur avendo condotto lesercito bizantino alla vittoria durante lestate del 741 impadronendosi di Melitene, fu attaccato nel giugno del 742 dal cognato
Artavasde che, radunate le truppe di Tracia e fatta correre la voce della morte del giovane imperatore, era riuscito a farsi aprire le porte
della capitale senza colpo ferire. Pare che lusurpatore avesse anche giocato la carta del sostegno accordato agli iconoduli allo scopo di aumentare il numero dei suoi sostenitori. Entrambi gli avversari sollecitarono a turno lappoggio del califfo omayyade. Da parte sua Costantino,
soccorso dalle truppe degli Anatolici e dei Tracesi, nel 743 vinse in due
scontri successivi Artavasde e suo figlio Niceta; dopo di che, ricevuti
rinforzi anche dal tema navale dei Cibirreoti, pose sotto assedio la capitale. Nel novembre del 744 costrinse alla resa Costantinopoli, ridotta alla fame, e pose cos fine a una guerra civile durata pi di due anni.
La contesa tra i due pretendenti al trono indicativa dei contrasti che
dividevano la societ bizantina: rivalit regionali, iconoclasmo contrapposto a iconodulia. Per buona ventura di Costantino V, gli Omayyadi
non ne poterono trarre alcun vantaggio, perch gi impegnati essi stessi nei conflitti che costituirono i prodromi alla rivolta abbaside [Nichanian 429].
Una nuova epidemia di peste colp lImpero nel 747, e in special modo la capitale che, per ripopolarsi, dovette addirittura fare appello agli
abitanti delle isole e dellEllade. Nessuno poteva sapere che quella era
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suo regno furono meno fortunati una intera flotta inviata contro i Bulgari venne distrutta da una tempesta, rendendo impossibile continuare
la spedizione via terra , ma nel 774 riport una nuova vittoria sul khan
Telerig. Sul fronte orientale, gli Abbasidi ripresero loffensiva compiendo temibili scorrerie. Nel 770 fu devastato il territorio degli Anatolici,
e nel 772 perfino gli eserciti riuniti dei temi dOriente non furono in
grado di fermare sulla via del ritorno gli Arabi carichi di bottino.
Lenergia dimostrata dalla contestazione iconodula difficile da apprezzare, dal momento che lopposizione alla decisione dellimperatore
era equiparata a un crimine di lesa maest. certo che ci fossero ancora ferventi iconoduli, soprattutto fra i membri dellaristocrazia costantinopolitana e fra i monaci. Per garantirsi la lealt delle province, Costantino faceva affidamento su alcuni strateghi fedeli. Il pi famoso tra
questi, Michele Lacanodracone, il quale fu a lungo stratego dei Tracesi, pare abbia condotto contro i monaci una lotta senza quartiere, trasformando interi monasteri in scuderie per la cavalleria imperiale. Nel
novembre del 765 un monaco, Stefano il Giovane, venne lapidato con
lapprovazione dellimperatore dalle scholae e dalla folla della capitale.
La Vita di Stefano offre del monaco il ritratto di un martire delliconodulia, bench la sua morte debba essere messa senza dubbio in relazione con la congiura del 766 che vedeva coinvolti parecchi alti funzionari prossimi al sovrano, e per giunta lo stesso patriarca Costantino, il quale venne umiliato pubblicamente prima di essere decapitato. Sta di fatto
che il capo della Chiesa era stato scelto dallimperatore al momento del
concilio di Hieria, e non pu perci passare per convinto iconodulo.
Linterpretazione delle lotte intestine che ebbero luogo durante il regno
di Costantino V resa difficoltosa dalla griglia di lettura imposta dalle
fonti conservate, tutte iconodule ed evidentemente maldisposte nei confronti del sovrano, soprannominato il Copronimo perch avrebbe lordato lacqua del suo battesimo.
Leone IV, che succedette a suo padre senza incidenti nel 775, lasci
da parte le personali posizioni di Costantino V, che si era dimostrato
ostile anche al culto della Vergine, mai condannato dalla Chiesa. Il suo
regno pareva perci promettere una certa distesione e, grazie a una vittoria riportata da Michele Lacanodracone nella regione di Germanicea
sugli Arabi nel 778 e allinsuccesso della loro offensiva sferrata lanno
seguente, cominciava sotto buoni auspici. Leone IV mor per nel 780.
Il bilancio del periodo dei tre imperatori isaurici notevole. Ottennero il potere nel momento in cui era in gioco lesistenza stessa dellImpero, e tre quarti di secolo dopo gli Arabi, quantunque sempre pericolosi, erano tenuti a freno, i Bulgari soggiogati, le province di Tracia e di
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da sola il potere fin quando non venne detronizzata dal suo logoteta del
genikon, Niceforo.
Dallascesa al potere di Irene fino all815 circa, si assiste ad una fase di indebolimento dellImpero. Il governo di una donna istig gli avversari dellImpero a riprendere loffensiva. Gli Arabi, rinnovando le
loro incursioni fra cui una, guidata da Harun al-Rashid, il figlio del califfo, giunse sino in Bitinia , costrinsero lImpero a versare loro un tributo. N il successore di Irene, Niceforo, fu pi fortunato con Harun,
ormai califfo, al quale dovette pagare la capitazione per se stesso e per
suo figlio Stauracio.
Krum, khan dei Bulgari, scagli la sua offensiva nell809 e simpadron di Serdica (Sofia). Niceforo reag con due campagne belliche, la
seconda delle quali, nell811, si risolse in un disastro, giacch limperatore stesso cadde sul campo di battaglia; dal suo cranio ricav un calice
il khan vittorioso che, saccheggiata senza difficolt la Tracia, si apr la
strada per Costantinopoli grazie a un nuovo trionfo riportato a Versinikia, nell813, sul genero di Niceforo, Michele I Rangabe, succedutogli sul trono. Tale grave disfatta fu causa di un colpo di stato a Costantinopoli, dove si aspirava a un potere militare forte. Leone, gi stratego
degli Anatolici, fu acclamato imperatore con lassenso del patriarca Niceforo, sostituendo cos il debole Michele [Turner 139]. Il nuovo sovrano difese Costantinopoli dallassalto di Krum, che morir nell814, e riport lanno seguente una vittoria tale da persuadere i Bulgari a sottoscrivere una pace duratura, pur lasciando loro buona parte delle loro
conquiste.
In Occidente, Carlo, re dei Franchi e ormai anche dei Longobardi,
divenne il difensore del pontefice romano, decidendo di fregiarsi del titolo imperiale nell800. I Bizantini temettero in un primo tempo che il
nuovo imperatore volesse marciare su Costantinopoli. Niceforo rifiut
per giunta di riconoscergli il titolo di imperatore, e ci caus una guerra a bassa intensit nelle regioni dellAdriatico, in particolare per il controllo di Venezia, che vide affermarsi i Franchi sulla terraferma e prevalere i Bizantini sui mari. Infine, nell812, ad Aquisgrana i legati di
Michele I acclamarono Carlo imperatore dei Franchi, ma non dei Romani. Lassai rapido indebolimento dei Carolingi contribu tuttavia ad
attenuare le tensioni sotto questo riguardo.
Lepoca non godette che dun momento di splendore, coincidente
con la sottomissione degli Slavi di Grecia e del Peloponneso. Stauracio,
il fedele eunuco di Irene, guid un esercito da Costantinopoli a Tessalonica per poi recuperare il Peloponneso, accumulando bottino e facendo rispettare lautorit imperiale. In seguito limperatrice sottomise gli
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Slavi della Tracia occidentale fino a Filippopoli, bench tali territori venissero perduti dopo le vittorie di Krum. Niceforo vi rinforz lelemento greco ordinando un trasferimento di popolazione dalle isole e dallAsia Minore. Gli Slavi del Peloponneso settentrionale, che si erano ribellati, furono sottomessi alla metropoli di Patrasso.
b) Il secondo iconoclasmo.
Leone V ma anche parecchi Bizantini con lui, fra i quali senza alcun dubbio parte dello stato maggiore dellesercito aveva constatato
che, dopo la condanna delliconoclasmo, gli affari dellImpero, segnati
da pesanti insuccessi, da uccisioni o rovesciamento dei sovrani, non sembravano affatto beneficiare dellapprovazione divina. Nell815, dopo
una estesa consultazione ma contro il parere del patriarca Niceforo e di
Teodoro Studita, principale rappresentante del monachesimo costantinopolitano e bitinico, Leone V fece riunire un sinodo che rimise in vigore lo horos promulgato in occasione del concilio di Hieria. La seconda fase delliconoclasmo fu alquanto diversa dalla prima, connotandosi
rispetto a questa come pi intellettuale e temperata, per quanto Teodoro Studita abbia dovuto subire comunque i rigori dellesilio, e anche se
alcuni notori iconoduli vennero maltrattati da Teofilo: si possono citare il martirio di Eutimio di Sardi e la cattivit del suo discepolo Metodio [Vita Euthymii 96], nonch il supplizio dei graptoi (i marchiati),
due monaci palestinesi sulla fronte dei quali limperatore fece imprimere a fuoco dei versicoli satirici di ispirazione iconoclastica.
Caduto Leone V vittima di una congiura di palazzo nel Natale dell820, il trono pass a uno dei suoi antichi complici, Michele II lAmoriano. Un altro loro collega, Tommaso soprannominato lo Slavo, si present come vendicatore di Leone, si assicur con grande rapidit ladesione di gran parte dellAsia Minore nel corso dell821 e trov appoggio
preso gli Arabi, facendosi quindi acclamare imperatore dai temi occidentali e dotandosi contemporaneamente di una flotta. La posizione di
Michele II, il quale non disponeva che dei contingenti dellOpsikion e
degli Armeniaci, era difficile, ma la capitale gli rimase fedele obbligando cos Tommaso a svernare in Tracia. Michele ebbe infine ragione dellavversario nell823, dopo una guerra civile durata tre anni [Lemerle
132]. Ne dovette soffrire particolarmente la flotta, ci che permise agli
Arabi dAfrica, nell826, di sostenere in Sicilia un ribelle autoproclamatosi imperatore, Eufemio, e di consentire a una banda di musulmani originari dellAndalusia, ed esiliati ad Alessandria prima di venirne scacciati, di impadronirsi di Creta. Michele invi il naviglio disponibile in
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Sicilia, dove fu recuperata gran parte del terreno perduto, bench nell831 Palermo cadesse infine in mano araba. A Creta, marinai e soldati
del contingente imperiale furono messi completamente in rotta dagli
Arabi, i quali si annetterono lisola a prezzo di una lenta conquista durata parecchi decenni.
Teofilo, che succedette al padre nell829, era stato educato nellarte di regnare da uno dei pi grandi sapienti del tempo, Giovanni il Grammatico, anchegli iconoclasta convinto. Teofilo aspirava a rinnovare i fasti della dinastia isaurica, allo scopo di corroborare liconoclasmo con
una serie di trionfi militari. Dopo un esordio incerto, il sovrano bizantino ottenne linopinato soccorso di ribelli fuggiti dalla Persia califfale.
Limperatore ne fece battezzare a Costantinopoli il capo il quale, assunto il nome cristiano di Teofobo e insignito del titolo di patrizio, ricevette in seguito dallo stesso Teofilo la mano di una principessa imperiale. Accresciute cos le sue forze e messosi a capo di un potente esercito, limperatore simpadron di Sozopetra facendovi copioso bottino,
ritorn senza problemi a Costantinopoli e vi celebr un trionfo. AlMutasim si vendic lanno successivo ponendosi al comando di una poderosa spedizione diretta in Anatolia, lultima personalmente guidata
da un califfo. Lesercito di Teofilo venne sconfitto da uno dei corpi darmata nemici e poco manc che limperatore stesso fosse fatto prigioniero dagli Arabi a Dazimon. Bisanzio dovette cos lasciare campo aperto
ai nemici, i quali simpadronirono di Ancira per dirigersi poi allassedio
di Amorio, culla della dinastia regnante e capitale del tema degli Anatolici. La citt fu presa dassalto dagli Arabi, che uccisero o catturarono il meglio delle truppe bizantine. Gli ufficiali superiori presi prigionieri vennero poi giustiziati, andando cos a formare la coorte dei martiri di Amorio. Fu un disastro pi sotto il profilo psicologico che dal
punto di vista militare (anche se il sovrano sped delle ambasciate in Occidente per caldeggiare una cooperazione militare [Shepard 138]), giacch il tema dei Tracesi fu in grado con le sue sole forze di annientare
una grossa banda di pirati arabi nel corso dellestate dell841.
Teofilo mor prematuramente, lasciando un figlio di due anni, Michele III, per il quale si annunciava una lunga reggenza. Teodora, la giovane vedova, poteva contare sui suoi fratelli, Barda e Petrona, che avevano maturato esperienza come ufficiali [Herrin 127]. Labbandono delliconoclasmo fu rapido, bench la dottrina venisse ancora professata da
una parte del clero a cominciare da Giovanni il Grammatico, gi elevato da Teofilo alla cattedra patriarcale. Ci volle poco pi di un anno per
destituire Giovanni, ritornare l11 marzo 843, nel corso di un semplice sinodo alle posizioni di Nicea II e intronizzare lo stesso giorno Me-
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todio, un siciliano che era vissuto alla corte di Teofilo. Teodora si era
preoccupata che la condanna delliconoclasmo non implicasse una condanna per la dinastia che laveva sostenuto, salvaguardando per tali motivi la memoria del marito. Alla morte del patriarca Metodio, limperatrice si rivolse a Ignazio, un monaco rigorista, figlio castrato dellimperatore Michele I, sperando che questi sarebbe riuscito a placare le
persistenti agitazioni in seno alla Chiesa e soprattutto a riprendere i rapporti con i monaci studiti.
Durante il primo periodo di reggenza, Teodora fece affidamento su
un eunuco, Teoctisto, capo della segreteria imperiale. Teodora, confrontatasi a differenza di Irene con problemi di minore entit, non dovette di conseguenza patire che sconfitte minori (a parte in Sicilia, dove gli Arabi continuarono la loro avanzata verso la parte orientale dellisola), riportando pure qualche successo per alcune incursioni in
profondit nel territorio nemico, da cui si ricavavano bottino e prigionieri. Lintransigenza del suo atteggiamento nei confronti dei rappresentanti della setta dualista dei Pauliciani, che quantunque gi condannati a morte dal patriarca Niceforo andavano moltiplicandosi nei
temi orientali, li costrinse a emigrare al di fuori dei confini dellImpero, trovando rifugio presso gli Arabi. Essi diedero vita prima sotto
lautorit di Carbea, poi di Chrysocheir a un piccolo ma alquanto combattivo stato militare concentrato attorno alla piazzaforte di Tefrice, in
territorio musulmano ma prossima alla frontiera bizantina [Lemerle 500].
c) I successi di Michele III.
Nell856, Barda fece assassinare Teoctisto con il pretesto di voler
conferire il potere a suo nipote, Michele III. In realt, fu lui a governare di fatto lImpero, ricevendo il titolo di cesare. Il potere degli Abbasidi cominciava allora ad affievolirsi e il loro immenso impero a sgretolarsi. Sotto il controllo nominale dei califfi, il compito del jihad era ormai affidato agli emiri di frontiera, signori di Tarso e di Melitene, che
con laiuto dei Pauliciani logoravano con continue scorrerie i temi dOriente. Nell863 Petrona, comandante di fatto dellesercito imperiale,
riusc ad accerchiare e a distruggere lesercito dellemiro di Melitene,
Amr, che cadde in combattimento. Nel medesimo anno morirono sia
Ali, gi emiro di Tarso e governatore dellArmenia, sia Carbea, capo
dei Pauliciani. Lemirato di Melitene non riusc pi a sollevarsi del tutto dopo questo rovescio, che apr agli eserciti bizantini la via dellArmenia, provincia ancora sottomessa al califfato. Una nuova campagna militare per la riconquista di Creta era stata programmata per l866, ma
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trarsi con lostilit dei missionari franchi. Dopo la scomparsa di Metodio nell885 (Costantino era gi morto nell869), i loro ultimi discepoli, scacciati dalla Moravia, trovarono rifugio in Bulgaria, dove corroborarono la politica di cristianizzazione allora in corso. In effetti Boris,
khan dei Bulgari, aveva manifestato un certo interesse per il cristianesimo, che gli permetteva di consolidare maggiormente il suo potere presso i boiardi e di far entrare il suo paese nel consorzio delle nazioni cristiane.
Fin dal tempo delle conquiste di Krum, una parte dei sudditi dei khan
bulgari vecchi prigionieri di guerra o nuovi convertiti che fossero
era gi cristiana. Boris si volse a Costantinopoli e ottenne il battesimo
nell864, assumendo il nome del suo padrino, limperatore Michele. Gli
restava da organizzare la Chiesa bulgara. Boris per temeva che questa
avrebbe aumentato linfluenza di Costantinopoli nel suo paese: desiderava perci per essa uno statuto indipendente. Boris-Michele contava
sulla rivalit tra Roma e Costantinopoli per giungere ai suoi scopi, ma
dovette accettare che larciepiscopato bulgaro dipendesse dal patriarcato di Costantinopoli.
Michele III, stanco di subire linfluenza di Barda, strinse amicizia
con Basilio, un contadino dorigine armena, giunto nella capitale dalla
Macedonia, uomo vigoroso e abile a domare i cavalli, per i quali pare
che limperatore nutrisse una vera passione. Barda tent di eliminare
questo rivale, ma venne battuto sul tempo e massacrato nella primavera dell866. Linfluenza di Basilio presso limperatore si accrebbe al punto che Michele gli diede in sposa la propria amante, Eudocia Ingerina,
facendo di lui un co-imperatore. Tali gesti suscitarono, allepoca dei fatti, molti commenti, e si arriv a mettere in dubbio la paternit del figlio
di Eudocia, Leone, nato nel settembre dell867. Qualche giorno dopo
Michele, che meditava di destituire Basilio dalla sua carica, fu assassinato da questo nella sua residenza suburbana di San Mamante, la notte del 23 settembre 867.
Il bilancio del regno di Michele III, cos come stato tendenziosamente dipinto dagli storici della dinastia macedone, ha influenzato a
lungo i moderni. Limperatore, che era necessario infamare al fine di
giustificare lascesa al potere di Basilio, ottenuta per mezzo dellassassinio del suo benefattore, venne rappresentato sia come un vizioso che
non rispettava neppure le istituzioni pi sacre, sia come un incapace
che non si curava minimamente degli interessi dello Stato, un uomo che
avrebbe ordinato di spegnere i fal che segnalavano una incursione nemica per non dover interrompere la corsa in programma nellIppodromo; un uomo, infine, la cui smodata prodigalit nei confronti dei suoi
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favoriti avrebbe completamente vuotato le casse dello Stato. Senza poter esprimere giudizi sulla personalit di Michele, bisogna per ammettere che proprio nel corso del suo regno linfluenza bizantina, grazie alla politica ecclesiastica di Fozio, si fa sentire pi fortemente nei Balcani, mentre in Oriente si delinea per la prima volta la prospettiva di
riprendere terreno sui musulmani.
A proposito del conflitto arabo-bizantino, vedi anche cap. xvi (sul teatro di guerra anatolico).
Non nome proprio, bens appellativo femminile dellar. khin, indovino, veggente
attribuitole per antonomasia dalle fonti arabe (N.d.T.).
3
O, pi precisamente, di Arminiyya, secondo la denominazione attribuita dagli Arabi al governatorato creato ex novo allo scopo di riunire in una sola unit amministrativa le regioni di Armenia, Iberia ossia Georgia orientale e parte dellAghwania, corrispondente allincirca ai
territori dellattuale Atrpatakan/Azerbaigian (N.d.T.).
4
la trascrizione fonetica di Rus adoperata dai Bizantini (N.d.T.).
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jean-claude cheynet
ii. Lespansione bizantina durante la dinastia macedone
(867-1057)
alon
Nicopoli
ellade
Dristra
paflagonia armeniaci
Mar Nero
creta
Candace
Alessandria
cipro
Damasco
Fatimidi
Gerusalemme
Tripoli
caldea
colonea
Trebisonda
iberia
Kur
vaspurakan
taron
buccellari
sebastea mesopotamia
Lago di Van
charsianon
Ancira
M
a
r
w
anidi
abido opsikion
cappadocia
Cesarea
melitene
Ti
gri
aigaion
Amorio
pelagos
edessa
licando teluch
anatolici
Smirne
Mosul
Iconio
chio
tracesi
cilicia
samo
Attalia
Aleppo Eufrate
seleucia Antiochia
antiochia
cibirreoti
Mirdasidi
Rodi
Costanza
Preslav
Anchialo
macedonia
Adrianopoli
Costantinopoli
Filippopoli
tracia
strimone
ottimati
Mare Mediterraneo
io
b
anu
paristrion
Tessalonica
Corinto
peloponneso
ia
tema/ducato
Siracusa
Cef
sicilia
Nissa
Vidin
bulgaria
Skopje Va
rd
a
Durazzo
Ocrida r
Bari
Sirmio
cherson
Cherson
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Reggio
Napoli
co
ati
Ad
ri
dalmazia
Sava
Peceneghi
Rus
(Russi)
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italia
Ma
re
Drava
Ungari
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Basilio. Limperatore, il quale aveva perduto nell879 Costantino, il prediletto figlio maggiore destinato alla successione, si era rassegnato a designare come erede al trono Leone, che non amava affatto, forse a causa dei mormorii che circolavano a corte a proposito della sua nascita. La
fine del regno fu segnata da complotti covati in seno allaristocrazia e
Leone, accusato da una persona vicina a Fozio di progettare lassassinio
del padre, venne imprigionato pur senza essere sottoposto ad accecamento, e non venne reintegrato nei suoi diritti se non pochi mesi prima
della morte accidentale di Basilio, nell886.
Il primo gesto di Leone VI, intronizzato il 20 agosto 886, fu quello
di rendere tutti gli onori imperiali ai resti di Michele III, che egli fece
traslare nella chiesa dei Santi Apostoli [Tougher 162]. Il giovane imperatore desiderava cos affrancare la dinastia dal suo peccato originale,
sicuramente meno per onorare colui che molti pensavano fosse suo padre naturale che per conciliarsi i seguaci degli Amoriani e unificare le
lites di governo. Poi pass a vendicarsi degli amici di suo padre, coloro che gi avevano consigliato a Basilio di allontanarlo dal potere. Il patriarca Fozio venne destituito dalle sue funzioni e sostituito da Stefano, fratello di Leone.
Una delle prime preoccupazioni dellimperatore fu quella di assicurarsi una discendenza. Egli era stato costretto a sposare la pia Teofano,
discendente di una tra le pi nobili famiglie costantinopolitane, quella
dei Martinaci, legati alla dinastia di Amorio, la quale non gli diede che
una figlia, morta in tenera et. Inoltre, n dalle seconde nozze con Zoe
Zautzena, i cui parenti avevano complottato contro di lui dopo la morte della loro congiunta, n dal successivo terzo matrimonio con Eudocia Baiana gli era nato alcun figlio maschio vitale. Infine si prese una
concubina, Zoe Carbonopsina, che nel settembre del 905 gratific limperatore dellerede tanto a lungo atteso, dando alla luce Costantino. Poich desiderava che la legittimit di suo figlio fosse incontestabile, Leone ottenne dal patriarca Nicola Mistico il permesso di battezzare il figlio e, bench gi tale compromesso, necessario per la pace civile, non
fosse ben accetto alla Chiesa, Leone decise per giunta di sposare Zoe.
La Chiesa bizantina per, che considerava di fatto gi passibile di penitenza chi fosse passato a una seconda unione coniugale, rifiutava recisamente le terze e le quarte nozze. Limperatore stesso, grande legislatore che aveva portato a termine lopera pianificata da suo padre facendo redigere lIsagoge e un nuovo codice giuridico, i Basilika, bene attento
a conciliarsi la Chiesa aveva promulgato una novella in virt della quale si proibivano le terze nozze. Leone per non se ne preoccup, e fece
celebrare il suo quarto matrimonio in Santa Sofia. Tuttavia, per quan-
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la neutralizzazione degli arsenali siriani e cretesi, fece armare una enorme flotta provvista di truppe scelte e ne affid ancora una volta il comando a Imerio, ma lammiraglio bizantino fu sconfitto dalle forze alleate di Leone di Tripoli e di Damiano nel 911.
3. La ripresa delle ostilit con i Bulgari.
Il regno di Alessandro, fratello di Leone VI, fu breve ma non privo
di conseguenze, avendo egli reintegrato Nicola Mistico nelle sue funzioni di patriarca e rifiutato di pagare ai Bulgari il tributo, fatto questo che
indusse Simeone a prepararsi alla guerra. Nel giugno 913, alla morte dellimperatore, dal momento che Costantino risultava ancora troppo giovane per regnare, venne convocato sotto la presidenza del patriarca un
consiglio di reggenza dal quale fu esclusa la madre dellimperatore, Zoe.
Il conseguente vuoto di potere eccit in particolare le ambizioni del domestico delle scholae, Costantino Duca, che venne ucciso nel luglio 913
mentre cercava di impossessarsi del Palazzo. Nellagosto del medesimo
anno, Simeone si present alla testa delle sue truppe dinanzi alle mura
di Costantinopoli. I negoziati fra il khan bulgaro e il patriarca condussero al riconoscimento del titolo imperiale per Simeone, che se ne pot
fregiare sotto la designazione restrittiva di basileus dei Bulgari, e al
fidanzamento di sua figlia con Costantino VII. Tali concessioni parvero eccessive alla corte, e Nicola dovette cedere il potere a Zoe, che si
imbarc in una politica militare attiva. Sul fronte orientale, nel 915,
limperatrice riusc a reinsediare sul trono dArmenia Asot II a seguito
di una vittoria sugli Arabi durante la quale Melia si distinse particolarmente. Tuttavia, nel 917 le truppe dOriente, comandate dal domestico delle scholae Leone Foca, fallirono sul Danubio unoperazione combinata con il drungario della flotta, Romano Lecapeno, subendo una disfatta rovinosa a Anchialo.
Si apr allora la contesa tra chi era intenzionato a sostituire Zoe. La
posizione di Leone Foca, forte del sostegno assicuratogli dalle truppe
dOriente, sembrava la pi forte, ma Romano Lecapeno lo precedette,
penetrando nel Palazzo grazie allaiuto dei suoi marinai. Nel maggio 919
questultimo diede cos in sposa sua figlia Elena a Costantino VII e, nel
dicembre 920, venne incoronato imperatore. Leone Foca si ribell ma
fu sconfitto e accecato. Lecapeno mantenne sulla cattedra patriarcale
Nicola, il quale nel luglio 920 riun un concilio e ristabil lunit della Chiesa, compromessa dalla disputa sulla tetragamia e dalla rivalit fra
i suoi fautori e i partigiani di Eutimio. Limperatore, sempre diffiden-
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te nei confronti di un patriarca eccessivamente influente, fece nominare nel 933 suo figlio Teofilatto al posto di Nicola.
Simeone, offeso alla notizia del matrimonio tra Costantino VII ed
Elena Lecapena, che faceva naufragare per lui la speranza di governare
lImpero dei Romani per conto di suo genero, cinse dassedio Costantinopoli e, nel 924, ebbe un colloquio con lo stesso Romano Lecapeno che
rinnov la promessa di riconoscergli il titolo imperiale e di versargli un
tributo annuo [Shepard 1124]. Nel maggio 927 la morte di Simeone, che
aveva tentato con successo di sottomettere i Serbi questi ultimi, dietro istigazione bizantina, erano intervenuti a pi riprese contro di lui
e poi, inutilmente, i Croati, lasci la Bulgaria in una condizione di grande debolezza. Tuttavia Pietro, figlio di Simeone, a prezzo di una marcia intimidatoria sulla capitale, ottenne da Lecapeno, al quale poco premeva intraprendere un nuovo, incerto conflitto nei Balcani, il riconoscimento del titolo imperiale, il rinnovo del tributo e la mano di Maria,
nipote dellimperatore bizantino. Iniziava cos un periodo di pace con
Bisanzio che sarebbe durato fino al 965.
4. I successi contro i musulmani.
Lecapeno e il suo generale favorito, Giovanni Curcua, che continu
a ricoprire la carica di domestico delle scholae per ventidue anni fino al
944, ripresero liniziativa in Oriente, in condizioni pi favorevoli. Lindebolimento del califfato abbaside, conseguenza dellautonomia di cui
sempre di pi godevano le grandi province che lavevano costituito, era
diventato ormai evidente. N il califfo n lemiro degli emiri il comandante in capo degli eserciti musulmani che pi tardi, a Bagdad, fu
il solo vero depositario del potere erano in grado di coordinare la lotta contro i cristiani, lasciata alliniziativa degli emiri di frontiera. La
tenacia di Giovanni Curcua ebbe definitivamente ragione di Melitene,
che venne presa nel 934, non senza che le campagne circostanti, devastate al fine di ridurre alla fame la popolazione, ne facessero le spese.
Tale vittoria impression i combattenti dellIslam, e i Tarsioti desistettero per parecchi anni dalle loro scorrerie in Anatolia. Certamente i
musulmani dovettero nutrire qualche speranza nel momento in cui un
energico emiro, Sayf ad-Dawla, si insedi ad Aleppo. Questi, dopo aver
fatto unincursione in direzione di Bitlis e dellArmenia, intimor i principi armeni al punto di ottenere che essi riconoscessero nuovamente
lautorit del califfo, di cui lemiro si riteneva il rappresentante. Ma
Sayf ad-Dawla non pot al momento impegnarsi in un conflitto totale
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li al padre in esilio. Divenuto finalmente signore dellImpero, Costantino decise di fare assegnamento sui Focadi, antichi rivali dei Lecapeni,
ed elev al rango di domestico delle scholae Barda, i cui tre figli ottennero di comandare i temi di frontiera orientali: quello degli Anatolici,
la Cappadocia e Seleucia. Anche Costantino si dedic a una intensa attivit diplomatica, come testimonia lelenco delle ambasciate ricevute
durante i suoi primi anni di regno e conservate nel De cerimoniis. Nel
946, la principessa russa Olga giunse a Costantinopoli allo scopo di sollecitare il sostegno imperiale per conto del suo giovane figlio, Svyatoslav. Fu nel corso di questo viaggio che ella si sarebbe convertita al cristianesimo, bench a titolo esclusivamente personale (le lites russe erano rimaste pagane, anche se attestata la presenza di una comunit
cristiana a Kiev [Zuckerman 166]). Costantino si sforz inoltre di attirare nellorbita bizantina gli Ungari, dei quali erano state respinte numerose incursioni. Nel 948 due loro capi furono battezzati a Costantinopoli, ma gli Ungari finirono per passare sotto linfluenza di Roma (cfr.
cap. xvii, p. 492).
La lotta contro gli Arabi costitu la priorit del regno. Nella speranza di riconquistare Creta, Costantino organizz nel 949 una nuova spedizione che per, mal comandata da Costantino Gongilio, suo fedele
eunuco, e troppo inferiore numericamente, si risolse in una disfatta
completa. In compenso, sulla frontiera orientale, cadde infine la fortezza di Qlqal/Teodosiopoli, una delle vie daccesso allArmenia.
Barda Foca, capo dellesercito dOriente, si scontr con lemiro di Aleppo, lo hamdanide Sayf ad-Dawla, nel quale trov un temibile avversario [Canard 144]. Lemirato di Aleppo, anche se unito a quello di Tarso, disponeva di risorse umane e finanziarie limitate, ma Sayf ad-Dawla
seppe presentarsi, grazie a unabile propaganda, come lunico condottiero musulmano che adempisse al dovere del jihad contro i Bizantini.
Moltissimi volontari della guerra santa provenienti da tutto il Vicino
Oriente si unirono cos a lui. Al comando di grandi armate lemiro di
Aleppo fu, in questo modo, in grado di rimediare alle precedenti sconfitte. Lemiro e i Focadi iniziarono cos a combattere una guerra di movimento intorno ai valichi del Tauro. Barda, meno abile di Sayf ad-Dawla nelle manovre, sub parecchie sconfitte e uno dei suoi figli, Costantino, fin i suoi giorni prigioniero ad Aleppo. Leone Foca riusc tuttavia,
nel 950, a infliggere infine una sonora sconfitta allemiro. Nel 955 Costantino VII sollev Barda dallincarico, affidato al figlio maggiore, Niceforo, che era stratega migliore del padre. Il cambiamento ai vertici
dellesercito produsse i suoi effetti e, durante gli ultimi anni del regno,
gli eserciti bizantini presero il sopravvento sulle truppe dellemiro di
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Aleppo. Nel 958 un giovane generale, Giovanni Tzimisce, della famiglia dei Curcui, sostenuto dal parakoimomenos Basilio Lecapeno, sferr
un attacco in Mesopotamia, distruggendo lesercito di Sayf ad-Dawla
e impadronendosi di Samosata sullEufrate prima di trionfare nuovamente sullemiro.
Nel medesimo anno, lesercito bizantino si dimostr capace di rintuzzare una scorreria di Ungari in Tracia. Soltanto in Italia i Bizantini
non cessavano di registrare delle sconfitte, prive di gravi conseguenze,
se non per gli indigeni che continuavano a essere sottoposti alle incursioni degli Arabi siciliani, sostenuti dai Fatimidi di Ifriqiya.
Costantino VII mor nel novembre del 959, lasciando il potere al
figlio, Romano II, sulla cui educazione egli stesso aveva vigilato, facendo redigere a suo uso il solo manuale noto di diplomazia bizantina, il De
administrando imperio.
6. Il trionfo in Oriente.
Romano II lasci che la famiglia dei Focadi si occupasse del comando dellesercito e della politica imperiale in Oriente. Niceforo Foca si
vot alla riconquista di Creta: allest una poderosa spedizione e, sbarcando nel 960 sullisola, assedi gli Arabi a Candace senza che i Fatimidi del Maghreb e gli Ikhshididi dEgitto, sospettosi gli uni degli altri,
facessero alcunch per recare rinforzi agli assediati. Sayf ad-Dawla,
traendo profitto dallassenza dellesercito dOriente, aveva saccheggiato Charsianon durante unincursione ma Leone, fratello di Niceforo, lo
sorprese sulla via del ritorno mentre attraversava una gola, annientando il suo esercito. Lemiro hamdanide riusc ancora una volta a darsi alla fuga ma la sua potenza era ormai spezzata definitivamente. A Creta
Niceforo, dopo un lungo assedio, si impadron di Candace e lisola, ridivenuta bizantina, fu costituita in tema [Tsougarakis 1088]. La popolazione islamica divenne oggetto di missioni alle quali prese parte in particolare san Nicone il Metanoita. Parte del bottino raccolto da Niceforo
fu donato a un monaco di nome Atanasio, intimo del generale. Il monaco, nel 962-963, fond il convento di Lavra sul Monte Athos, il pi grande monastero cenobitico del Santo Monte, dove Niceforo sperava di
finire i suoi giorni. A Leone e a suo fratello Niceforo fu riconosciuto il
diritto di celebrare il trionfo a Costantinopoli, nel 961 e nel 963 rispettivamente. Nel 962, a due riprese, in primavera e al termine dellautunno, Niceforo comand un grande esercito contro lemiro di Tarso,
respinse Sayf ad-Dawla e mise sotto assedio Aleppo: di essa, soltanto la
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una prima incursione che persuase Pietro, czar dei Bulgari, a concludere la pace con Niceforo. Poi il principe russo, dopo essere rientrato a
Kiev per respingere un attacco dei suoi nemici tradizionali, i Peceneghi della steppa, ritorn in Bulgaria dove nel frattempo allinizio del
969 Pietro era deceduto e, sconfitto senza fatica il suo successore, Boris II, conquist Preslav e lintera Bulgaria orientale, guadagnando cos
un potere superiore a quello del regno che aveva appena annientato e
meditando di conservare i suoi nuovi acquisti. In Italia, Ottone I, che
aveva a sua volta ottenuto il trono dellImpero dOccidente, aveva ormai stabilito il suo dominio sulla penisola, compresi i due principati longobardi di Capua e di Benevento, e reclamava la mano di una principessa bizantina per suo figlio, Ottone II. Per sostenere la sua richiesta, limperatore sassone tent unincursione fallita ai danni dei possedimenti
bizantini sul territorio italiano, quindi invi, come ambasciatore in
Oriente, Liutprando di Cremona, che ricevette il rifiuto di Niceforo alla domanda di Ottone.
Per era stato pagato un prezzo per questa serie pressoch ininterrotta di trionfi. Niceforo aveva inasprito la fiscalit, aumentando limposta che dispensava dal servizio, per poter stipendiare un esercito numericamente pi cospicuo e costantemente in stato di guerra. Alla fine,
le acquisizioni territoriali in Oriente, con le molte citt commerciali conquistate e i tributi versati da emirati come quello di Aleppo, offrirono
allImpero risorse fiscali supplementari e abbondanti, ma, ben prima di
poter fruire dei frutti della vittoria, i Bizantini furono pesantemente
tassati. Una novella di Niceforo del 964, che proibiva a monasteri e fondazioni caritatevoli lacquisto di nuovi beni fondiari, per motivi di buona gestione economica, irrit la Chiesa. Il sovrano rimaneva certamente molto popolare in Cappadocia, sua terra dorigine, ma a Costantinopoli poteva annoverare parecchi nemici. La Chiesa rifiut di dar corso
alla sua richiesta di onorare alla stregua di martiri i soldati morti. In seguito, limperatore si alien la popolazione stessa della capitale quando,
in occasione di una carestia, suo fratello specul sul prezzo del grano.
Anche nellesercito non mancavano generali destituiti e condannati
dallimperatore allesilio, come Tzimisce, oppure che ritenevano di esser stati mal ricompensati, come Michele Burtza pronti a rovesciarlo.
Limperatrice Teofano, forse stanca dellausterit e dellascetismo di Niceforo, temeva inoltre che i suoi figli sarebbero stati messi da parte per
favorire la progenie del curopalate Leone Foca.
Una congiura palatina di palazzo, diretta da Tzimisce con la complicit di Teofano, termin con lassassinio di Niceforo Foca nella notte
del 10 dicembre 969. Il patriarca Polieutto costrinse il nuovo imperato-
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re a scacciare dal Palazzo Teofano, sospettata di esserne lamante. Tzimisce epur lesercito dai partigiani dei Focadi, ma dovette far fronte a
numerose rivolte capeggiate da membri di questa famiglia, tra cui quella di Leone, fratello del defunto imperatore, e di Barda, un suo nipote
dotato di grandi qualit strategiche. Tzimisce aveva ereditato una situazione difficile nei Balcani, da dove un esercito russo si era spinto fin nelle immediate vicinanze della capitale prima di essere respinto dalle truppe frettolosamente raccolte al comando del cognato di Tzimisce, Barda
Sclero. Ci vollero due anni allimperatore per aver ragione di Svyatoslav e costringerlo a lasciare la Bulgaria dopo duri combattimenti intorno a Preslav e a Dristra [Hanak 1121]. La conclusione di un trattato che
rinnovava i privilegi commerciali accordati ai Russi pu far supporre
che la vittoria bizantina non fosse stata affatto cos schiacciante come
lasciava credere la martellante propaganda imperiale, animata dalla
preoccupazione di legittimare lusurpazione di Tzimisce. Il sovrano celebr un trionfo a Costantinopoli nel corso del quale, dietro licona della Vergine, sfilarono in corteo limperatore accompagnato da Boris, lex
sovrano dei Bulgari, ormai ridotto al rango di semplice dignitario bizantino.
In Occidente, il nuovo sovrano si mostr meno intransigente del suo
predecessore e, nella primavera del 972, accord la mano di una principessa bizantina, sua nipote Teofano, che non era porfirogenita, a Ottone II, che ne fu soddisfatto. Il gesto garant la sicurezza dellItalia bizantina e favor la penetrazione in Germania dellinflusso bizantino,
particolarmente sensibile in ambito artistico. Rimasta vedova, Teofano
govern durante la minore et del figlio, Ottone III.
Tzimisce riprese loffensiva in Oriente. Dopo che larmeno Melia,
suo domestico delle scholae, fu vinto in combattimento dallemiro di
Mosul, limperatore per due anni di seguito dette dimostrazione di forza giungendo, nel 974, a costringere lemiro a versare un tributo annuo;
lanno successivo, poi, a capo di un forte esercito, avanz in profondit
nel territorio siriano, e ottenne un tributo da Damasco, ma poi dovette
tornare indietro senza essere arrivato a Gerusalemme. Le linee di collegamento dellesercito, infatti, si erano troppo allungate, mentre lEgitto era tornato a essere un avversario temibile in seguito allinsediamento dei Fatimidi. Una lettera di Tzimisce a Asot III di Ani, indipendentemente dalla sua autenticit, riflette la mentalit delle popolazioni e
delle truppe anatoliche. Limperatore si presentava come il capo di tutti i cristiani, anche non calcedonesi, investito del compito di chiamarli
a raccolta per combattere il comune nemico islamico. Fra i musulmani,
negli ambienti pi radicali ci si rattristava profondamente per la man-
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canza di unit di cui soffriva il mondo dei credenti, oltre che per la perdita dello spirito del jihad. Tzimisce non ebbe il tempo di realizzare i
suoi progetti, che forse comprendevano una visita ai Luoghi Santi, giacch mor improvvisamente nel gennaio 976. Basilio Lecapeno fu sospettato di aver avvelenato il sovrano, che si era adirato con lui quando era
venuto a conoscenza delle propriet di cui Basilio si era illegittimamente impadronito, a spese della corona, nei territori riconquistati. La morte di Tzimisce segn la fine della rapida avanzata dei Bizantini verso
Oriente, dovuta senza dubbio alla competenza dei generali ma facilitata, altres, dalla inevitabile disgregazione del califfato abbaside e dallimpossibilit per gli emiri di frontiera di fondare uno Stato fornito di
risorse comparabili a quelle degli avversari cristiani.
7. Basilio II, lespansione in Occidente e la salvaguardia dellOriente.
Alla morte di Giovanni Tzimisce, Basilio, peraltro giunto alla maggiore et e dunque in condizione di regnare autonomamente, continu
a essere sotto la tutela del parakoimomenos, suo prozio. Nel 976, Barda
Sclero, frustrato dal prolungato confinamento in un comando subalterno lungo la frontiera, forte dellausilio di contingenti armeni, di alleati
arabi e di una parte degli ufficiali superiori dellesercito dOriente, si ribell. Per far fronte alla minaccia portata da questo temibile generale,
il parakoimomenos si rivolse a Barda, nipote dellimperatore Niceforo
Foca, che in tre anni di guerra civile, sostenuto da contingenti georgiani, costrinse Sclero e i suoi a rifugiarsi presso la corte di Bagdad. Il bottino del sacco a cui fu sottoposto il campo dei rivoltosi, consent al georgiano Tornicio di fondare uno dei pi grandi monasteri atoniti, il cenobio di Iviron o degli Iberi. Un Foca guid una seconda volta con
successo gli eserciti bizantini dOriente contro Aleppo, cui il generale
impose nuovamente il tributo annuo dovuto allImpero [Cheynet 461;
Holmes 151].
Nel 985, Basilio II decise di sbarazzarsi del parakoimomenos, confiscando brutalmente la sua immensa fortuna. Il sovrano desiderava imprimere il suo marchio in ambito politico-militare abbandonando il fronte orientale e conducendo personalmente una campagna contro i Bulgari i quali, sotto il regno di Samuele, avevano ritrovato lindipendenza.
La rovinosa disfatta dellimperatore, al ritorno dallinfruttuoso assedio
di Serdica, nellagosto 986, giustific le critiche che gli vennero indirizzate dallesercito. Barda Foca, gi destituito dal suo ufficio di domestico delle scholae, riun a Cesarea di Cappadocia gli ufficiali dellesercito
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le credette possibile relegare la madre adottiva in un convento nei pressi della capitale. La popolazione di Costantinopoli reag con inattesa
energia, fece uscire dal suo ritiro Teodora, lultima porfirogenita, e scacci dal trono Michele che venne accecato (cfr. cap. xi, pp. 277).
Dopo due mesi di regno congiunto di Teodora e Zoe, nel luglio 1042
questultima si rispos con Costantino IX Monomaco. Michele V aveva liberato Maniace, rimandandolo in Sicilia. Si dava il caso che Costantino IX avesse per amante Maria Sclerena, il cui fratello, Romano Sclero, chiamato ad assolvere alle pi alte funzioni dello Stato, era nemico
giurato di Maniace; nel settembre 1042 questo si ribell e, nella primavera dellanno successivo, si trasfer con il suo esercito nei Balcani, morendo per dopo uno scontro con gli imperiali quando gi aveva sfondato le linee nemiche. Nello stesso anno, una flotta russa inviata da Jaroslav, principe di Kiev, attacc la capitale venendo respinta con difficolt
dalla marina bizantina. Alcuni storici hanno accostato i due avvenimenti sospettando, nella loro simultaneit, qualche cosa di pi della semplice coincidenza, bench non esista alcuna prova di una reale collusione.
Il lungo regno del Monomaco segnato dallinvasione dei Balcani da
parte dei nomadi peceneghi, che ormai non si accontentavano pi di
compiere semplici incursioni, e dallannessione dellArmenia, che mise
i Bizantini a diretto contatto con nuovi arrivati, i Turchi selgiuchidi.
Limperatore privilegi sempre le soluzioni pacifiche. Quando, nel corso dellinverno 1046-47, una massa di Peceneghi attravers il Danubio,
venne respinta dallesercito dOccidente e da una banda di irregolari appartenente alla medesima razza degli invasori, gi da tempo passata al
servizio dellImpero, e il cui capo, Kegenes, una volta battezzato, ricevette titoli e terre. Limperatore, senza dubbio incoraggiato dalla condotta leale di Kegenes e preoccupato dal calo della popolazione nei Balcani, fece insediare i Peceneghi sconfitti su territori dello Stato e ne arruol una parte. Tale decisione, che aveva molti precedenti nel passato,
suscit per lopposizione dellesercito dOccidente, che si ribell, beneficiando successivamente di una amnistia imperiale nella primavera
del 1047. Qualche mese pi tardi, tuttavia, Leone Tornicio, appartenente a una illustre famiglia di Adrianopoli, sollev nuovamente le truppe occidentali e tent dimpadronirsi della capitale, rimasta sguarnita di
difensori, prima di essere catturato e accecato nel dicembre 1047 [Lefort
822].
Nel 1041 mor Smbat, re di Ani, ma le agitazioni interne dellImpero non permisero di dar corso immediato al suo testamento. Solo nel
1045 Costantino IX invi un esercito a prendere possesso della citt,
mentre il nuovo sovrano Gagik II, attirato con uno stratagemma a Co-
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stantinopoli, riceveva titoli onorifici e rendite fondiarie quale compenso. Nel 1048, una banda turca assai numerosa, comandata da Ibrahim
Inal, fratellastro del sultano selgiuchide Tughril Beg, si spinse a saccheggiare lArmenia, indebolita dallassenza degli eserciti dOriente richiamate in Europa per contrastare la rivolta di Tornicio. Finalmente, nel
settembre 1048, le truppe dei catapanati di frontiera, rinforzate da un
forte contingente georgiano, si scontrarono a Kaputru con i Turchi i
quali, dopo una battaglia dallesito incerto, si ritirarono. Nel 1054 il sultano, divenuto signore dellAzerbaigian, volle saggiare le difese bizantine assediando Mantzikert che, ben difesa dal dux di Vaspurakan, larmeno Basilio Apocapa, resistette con successo.
Limperatore contro i Turchi aveva mobilitato i Peceneghi, che per
si rifiutarono di allontanarsi dalle loro sedi e si rivoltarono. La reazione
imperiale fu energica: Costantino IX invi contro di loro numerosi eserciti che, pur battuti in un primo tempo, riuscirono infine a sorprendere i rivoltosi e finalmente a restringere larea delle loro incursioni, persuadendoli quindi, alla fine del suo regno, a firmare una pace durevole.
La pertinacia dimostrata dal Monomaco, il quale pi volte ricostitu i
suoi eserciti decimati dai Peceneghi, annulla le accuse rivoltegli dai contemporanei, riprese talora dai moderni storici, che gli rimproveravano
la negligenza degli affari militari, e testimonia anzi che le risorse dellImpero erano ancora in grado di finanziare un importante sforzo bellico nellarco di diversi anni [Malamut, in 1119].
In Italia, i Normanni consolidavano le loro posizioni, attaccavano i
castra bizantini e avevano il sopravvento sui vari catapani, che pure ricevevano rinforzi. Costantino contava sul sostegno di papa Leone IX,
poich i Normanni saccheggiavano anche il patrimonio della Chiesa, e
si appell al notabile longobardo pi influente, Argiro, gi fedele servitore dellImpero e nominato duca dItalia al tempo in cui aveva contribuito a sedare la rivolta di Maniace. Nel 1053 tuttavia i Normanni sbaragliarono sia le truppe pontificie sia quelle di Argiro. Poco dopo, il papato si volse dalla parte dei Normanni, investendoli nel 1059 della
signoria dei territori dellItalia meridionale. Nella volont, tuttavia, di
riconfermare comunque lalleanza e discutere su determinate misure
adottate contro le chiese latine della capitale bizantina dal patriarca Michele Cerulario il quale pretendeva, inoltre, di rivestire un ruolo direttivo nei confronti delle Chiese dOriente , Leone IX invi a Costantinopoli il cardinale Umberto di Silva Candida a capo di una delegazione. I negoziati con limperatore, influenzato favorevolmente da Argiro,
erano gi giunti a un buon punto, ma i legati, ormai sicuri del fatto loro, si dimostrarono intransigenti durante il colloquio privato con il pa-
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jean-claude cheynet
iii. Bisanzio fra i Turchi e le crociate (1057-1204)
Siracusa
Mare Mediterraneo
Gortina
Corinto Ate
ne
sicilia
Reggio
Tebe
Larissa
Anchialo
creta
Eraclea
Bursa
Ancira
Trebisonda
emirato
danismendide
Sinope
Alessandria
Rodi
Seleucia
Tripoli
Fatimidi
regno di
gerusalemme
Damasco
Laodicea diprincipato
antiochia
Gerusalemme
Costanza
cipro
Attalia
Cesarea
sultanato
di
rum
Filadelfia
Filomelio
Smirne
Iconio (Konya) Anazarbo
Edessa
Laodicea
Miriocefalo
Cone
Zengidi
Lopadion
Mar Nero
Amastri
Cherson
Costantinopoli
Adrianopoli
Preslav
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Da
Dristra
Filippopoli
Sofia
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Ocrida
Serre
Tessalonica
Castoria
Skopje Va
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Vidin
Nissa
Sirmio
Cumani
Mosul
Ti
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Kur
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regno normanno
Durazzo
Bari Brindisi
tic
Ad
ria
Ragusa
dalmazia
Sava
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Palermo
Ancona
Ma
re
Drava
ungheria
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Nel corso del regno di Romano, durato tre anni e mezzo, le ambizioni delle diverse fazioni che aspiravano al potere ebbero libero corso. I
Diogeni desideravano garantire la continuit della successione (il matrimonio di Eudocia con Romano non era stato infecondo). Anna Dalassena, cognata di Isacco Comneno, mirava a porre uno dei suoi figli sul
trono, che giudicava dovesse ritornare a un Comneno; i Duca stessi, infine, guidati dal fratello di Costantino X, il cesare Giovanni Duca, temevano di essere estromessi dal potere qualora Romano Diogene con le
sue vittorie avesse acquisito eccessiva popolarit. Daltra parte Romano, che comandava in prima persona lesercito, stava appunto mettendo in opera un disegno di parziale rinnovamento della compagine militare condotto attraverso un migliore addestramento e il reclutamento
forzato. Tuttavia non consegu grandi successi bellici e alcuni suoi generali, come Manuele Comneno, furono addirittura sconfitti. Durante
la battaglia di Mantzikert il figlio del cesare Giovanni, Andronico, privilegi senza dubbio i propri interessi familiari a scapito di quelli dellImpero nel momento in cui, al comando della retroguardia dellesercito bizantino, permise che i Turchi catturassero Romano Diogene dopo
averlo circondato. Quando il sultano liber Romano assegnandogli una
scorta turca, i Duca presero questo fatto a pretesto per scacciare Eudocia e, nellottobre del 1071, porre sul trono Michele VII Duca, sostenuto attivamente dal cesare.
Romano Diogene non si rassegn affatto a tutto questo e, forte della popolarit di cui godeva in Oriente, soprattutto in Cappadocia, raccolse delle truppe. Sconfitto per ben due volte, infine si arrese ma contrariamente a quanto gli era stato promesso fu accecato in maniera
cos brutale da portarlo rapidamente alla morte il 4 agosto del 1072. I
Duca avevano vinto, a prezzo per di una sanguinosa guerra civile che
li rese impopolari in parte dei territori dOriente, guerra che introdusse i Turchi allinterno del gioco politico dellImpero. Il potenziale pericolo duna tale strategia, tuttavia, non era percepito dal momento che
Andronico Duca, come ricompensa per la vittoria su Diogene, accett
dei possedimenti situati proprio in Asia Minore.
Una volta giunto al potere, Michele VII non pot impedire lavanzata dei nemici dellImpero. Un ministro, leunuco Niceforitza, per molto tempo denigrato sulla scorta delle cronache contemporanee, prese una
serie di energiche decisioni [Lemerle 631], tentando di ripristinare alcune fonti di reddito a favore delle pubbliche finanze giacch su vaste aree dellAsia Minore gli esattori imperiali non erano pi in grado di
riscuotere le tasse e instaurando un monopolio del commercio del grano destinato a Costantinopoli. Sempre in Asia Minore, inoltre, Nicefo-
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pitol nella primavera del 1071. Bisanzio era ormai esclusa dallItalia
per la prima volta dallepoca della riconquista giustinianea, e proprio in
un momento in cui la penisola beneficiava particolarmente del rinnovamento demografico ed economico che coinvolgeva lintero Occidente.
Michele VII si sforz di riprendere i territori perduti con i mezzi diplomatici, riconoscendo anchegli al Guiscardo il titolo di duca di Puglia, che lo integrava allinterno della gerarchia bizantina, e accordando
ai suoi luogotenenti dignit elevate (e perci remunerative). Una proposta di matrimonio fra Costantino, lerede al trono imperiale, e la figlia
del Guiscardo la giovanissima Olimpia, mirava a consolidare tale accordo e a persuadere Roberto a raggiungere lAnatolia per combattere i Turchi. La caduta di Michele VII mise tuttavia fine a ogni progetto, e Olimpia venne rispedita al padre dal Botaneiata. Il Guiscardo, si sent offeso e si accinse a effettuare uno sbarco in forze nei Balcani, preludio alla
conquista dellImpero indebolito. La comparsa di Alessio Comneno sulla scena non lo dissuase dal perseguire i suoi disegni, e nella primavera
del 1081 il duca di Puglia sbarc dinanzi a Durazzo dopo essersi impadronito di Corf.
Nei Balcani, gli imperatori avevano deciso di seguire una politica
conciliatrice nei confronti dei Peceneghi che, come lesperienza aveva
insegnato, si erano rivelati difficili da respingere facendo uso della forza. Quando una massa di nomadi uzi dei Turchi ancora pagani attravers il Danubio e Costantino X si rifiut di affrontarli, fu accusato
di inerzia; fortunatamente, tuttavia, gli invasori furono decimati da unepidemia e si dispersero quasi per miracolo. LImpero aveva il controllo
delle ben fortificate piazzeforti danubiane ma, nel 1072, i Peceneghi si
ribellarono allorch Niceforitza, alla ricerca di fondi per lesercito, ridusse i sussidi che periodicamente venivano loro inviati. I nomadi compensarono il mancato guadagno allargando sempre di pi il raggio delle
loro scorrerie nelle province bizantine e spingendosi dalle loro basi fino
in Tracia, sottraendo in larga parte al controllo imperiale il catepanato
di Paradounavon.
Il nemico pi formidabile si trovava per a Oriente. Nel 1063 il sultano Alp Arslan, succedendo allo zio Tughril Beg alla testa dellimmenso impero dei Grandi Selgiuchidi, prov a restaurare lunit del mondo
islamico (il che implicava lannientamento del califfato sciita del Cairo). Il sovrano turco, come gi aveva fatto Tughril Beg, lasci che le bande turcomanne le quali non dovevano indugiare troppo a lungo nelle
vicinanze dei ricchi territori dellIraq saccheggiassero le regioni abitate dai cristiani. I Bizantini non erano peraltro veramente minacciati
da tali incursioni, che non avevano per obiettivo una occupazione per-
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e a un prezzo relativamente modesto le rispettive fila. Raramente i Turchi trovarono una resistenza organizzata, che incontrarono solamente
nei ducati orientali di Antiochia, Edessa e Melitene, le province in cui
erano concentrate le forze dellesercito bizantino dOriente al comando di un generale dorigine armena, Filareto Bracamio. A cominciare dal
regno del Botaneiata, Filareto a quanto pare govern i territori a lui sottoposti in modo autonomo, non per ostilit nei confronti degli imperatori ma a causa del fatto che i Turchi lo avevano isolato dal resto dellImpero [Ddyan 178]. Michele VII Duca si era giovato dei servigi del
turco Artuq per sbarazzarsi di Roussel de Bailleul, comandante della cavalleria franca, il quale con la complicit dei notabili locali, soddisfatti di essere finalmente ben difesi aveva creato per s un principato autonomo nel territorio degli Armeniaci [Cheynet 382; Shepard 390]. Poco dopo, lo stesso Michele fece appello a Sulayman, un cugino dei Grandi
Selgiuchidi inimicatosi con i potenti congiunti, ma lemiro prese a parteggiare per Niceforo Botaneiata. Un altro ribelle, Niceforo Melisseno,
ostile al Botaneiata, percorse le regioni occidentali dellAsia Minore
prendendo al suo servizio dei Turchi, che insedi di guarnigione in citt
di cui essi non avrebbero potuto impadronirsi senza alcuna nozione di
poliorcetica. In questo modo Sulayman divenne signore di Nicea, piazzaforte dalle mura poderose posta nel cuore della Bitinia, di fronte a Costantinopoli [Cahen 173 e 174].
2. Lavvento di Alessio Comneno.
Al momento dellascesa al trono, Alessio Comneno persegu due
obiettivi: conservare il potere cosa che da circa mezzo secolo nessuno
tra gli imperatori, a parte Costantino X, era pi riuscito a fare e respingere i nemici dellImpero. Il sovrano poteva fruire di un valido sostegno presso laristocrazia, a patto per di consolidare la sua alleanza
con la famiglia dei Duca. Dopo qualche indugio, Alessio spos cos la
nipote del cesare Giovanni, Irene, lasciando che a indossare i calzari
purpurei fosse Costantino, figlio di Michele VII, che un al pi presto
in fidanzamento con la maggiore delle sue figlie, Anna Comnena. Alessio contava tuttavia principalmente sui suoi familiari: sul fratello Isacco, per il quale venne appositamente creata la dignit di sebastokrator,
che lo poneva al di sopra di ogni altro funzionario aulico, e sulla madre
Anna Dalassena, alla quale prima di intraprendere la campagna militare affid il compito di reggere lImpero, dotandola di pieni poteri di governo. N le carte di cui disponeva erano meno apprezzabili sotto il pro-
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filo militare, poich lesercito dOccidente era largamente intatto mentre lo stato delle cose in Anatolia rimaneva fluido. Agendo celermente
e appoggiandosi sulle forze messe in campo da Filareto Bracamio e sulle altre guarnigioni bizantine, un abile generale avrebbe senzaltro potuto riprendere in mano la situazione.
Sbarcati sulle coste balcaniche al comando di un forte esercito, Roberto il Guiscardo e suo figlio Boemondo di Taranto posero lassedio a
Durazzo, la fortezza che difendeva lingresso alla via Egnatia posta sotto lautorit di Giorgio Paleologo, cognato di Alessio. Nellottobre del
1081 limperatore venne duramente sconfitto dal Guiscardo dinanzi a
Durazzo che, poco pi tardi, doveva cadere in pugno al condottiero normanno aprendogli la strada per Tessalonica. Alessio aveva subito perdite ingenti, che gli impedivano ormai di vagheggiare lallestimento di operazioni contro i Turchi in Oriente. Allo scopo di contenere lavanzata
normanna, il sovrano ricorse alla diplomazia, cercando lappoggio dei
Veneziani preoccupati del fatto che il Guiscardo, impadronitosi delle
due sponde del canale dOtranto, fosse ormai in grado di intercettare le
navi veneziane provenienti dallAdriatico. Limperatore concluse perci un accordo con i Veneziani nel 1082, con ogni evidenza i quali,
in cambio di privilegi commerciali, misero la loro flotta al suo servizio
allo scopo di tagliare le linee di rifornimento del duca normanno [Lilie
613]. Daltra parte, Alessio sollecit pure, a prezzo duna considerevole somma di denaro, lintervento dellimperatore germanico Enrico IV,
allarmato per linfluenza esercitata dal Guiscardo su Roma. La resistenza di Castoria e il disimpegno dei Bizantini dalle battaglie campali arrestarono lavanzata dei Normanni, comandati per loccasione da Boemondo. Ma sar soltanto la morte del Guiscardo, avvenuta nel 1085, a metter fine alla guerra.
Alessio continu a dare la priorit alla difesa dei Balcani, combattendo contro i Peceneghi che, approfittando della guerra contro i Normanni, avevano esteso il raggio delle loro incursioni, che giungevano
ormai fino ai sobborghi di Costantinopoli. Egli desiderava riprendere
il controllo del Danubio ma, stratega piuttosto mediocre, fu di nuovo
sonoramente sconfitto nel 1087 a Dristra/Silistria, fortezza eretta a
controllo del Basso Danubio, e negli anni successivi si dovette accontentare di condurre operazioni limitate ad arginare lavanzata pecenega. Incapace con le sue sole forze di metter fine a tali scorrerie, cerc
laiuto di altri nomadi stabilitisi nelle regioni danubiane settentrionali, i Cumani; nellaprile del 1091, i Peceneghi furono infine vinti nella
battaglia di Levunion, e successivamente perfino i prigionieri catturati vennero in gran parte massacrati. La minaccia dei Peceneghi venne
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La collaborazione fra limperatore e i capi crociati era tuttavia indispensabile, poich bisognava prevedere la fornitura di guide, il vettovagliamento dei pellegrini e dunque lorganizzazione di mercati, con la partecipazione di cambiavalute, a meno di non voler vedere il saccheggio
delle regioni attraversate. Daltra parte, gli Occidentali sarebbero stati
guidati attraverso lAsia Minore, scacciandone i Turchi, e ci comportava la necessit di precisare la condizione dei territori cos riconquistati. Tra i crociati, infine, si trovava Boemondo, contro il quale Alessio
aveva fieramente combattuto quindici anni prima. I Latini arrivarono
dinanzi a Costantinopoli in ordine sparso nel 1096, e altri ne sopraggiunsero fino alla primavera del 1097. Alessio desiderava farli passare
al pi presto in Asia Minore per evitare la concentrazione eccessiva di
truppe straniere di fronte a una citt tanto ricca.
Pietro lEremita e i suoi, giunti sul posto per primi, furono traghettati rapidamente sulla costa settentrionale della Bitinia, nei pressi della
nuova fortezza di Kibotos Civetot per i Latini , fatta edificare da
Alessio. Disobbedendo alle consegne ricevute e attirati dalla ricchezza
delle campagne circostanti, si avventurarono imprudentemente sotto le
mura di Nicea, dove furono sorpresi e massacrati dai Turchi. Le negoziazioni con i comandanti crociati ebbero luogo nel corso dellinverno
1096-97 e furono difficili: non tanto quelle con Boemondo il quale,
avendo familiarit con la diplomazia bizantina e disponendo di forze
piuttosto modeste, cercava di mettersi al servizio dellimperatore in cambio di titoli di prestigio [Shepard 196] , quanto piuttosto con il conte
di Tolosa, meno incline a prestare un giuramento di fedelt a causa delle illustri origini. Laccordo fu finalmente concluso grazie allausilio
delle largizioni imperali: le sue clausole prevedevano che, in cambio del
vettovagliamento dei Latini, della fornitura di guide e dellappoggio dove possibile dellesercito imperiale, i crociati dovessero porre nelle mani dei funzionari imperiali le citt e le province riconquistate ai Turchi.
Il destino riservato ai territori che non appartenevano pi allImpero bizantino da lungo tempo, come la Siria meridionale e la Palestina, era incerto e Alessio evitava di avanzare apertamente pretese su di essi.
Nella primavera del 1097 i crociati posero Nicea sotto assedio, respingendo i rinforzi inviati dal sultano. Alla vigilia della caduta della
citt, i Turchi preferirono negoziare direttamente la resa con Alessio, il
quale imped che Nicea venisse presa dassalto. Di conseguenza, molti
crociati se ne risentirono, ritenendo di essere stati privati di un bottino
legittimo. I pellegrini confermarono la loro vittoria travolgendo nuovamente le forze selgiuchidi a Dorileo il 30 giugno 1097, e respingendo, presso Eraclea, una offensiva dellemiro di Cappadocia, sostenuto
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dai Danismendidi, per poi avanzare fino a Antiochia che fu cinta dassedio. Alcuni condottieri franchi approfittarono della calorosa accoglienza riservata loro dagli Armeni di Cilicia per stabilirsi in quella regione,
come fece Baldovino di Boulogne a Edessa [Ddyan 178]. Antiochia
era saldamente difesa da un emiro turco, Yagi-Siyan, e resistette per mesi allassedio. I Latini soffrivano gravemente per la mancanza di vettovagliamenti, a dispetto degli sforzi compiuti da Alessio per farli giungere da Cipro. Limperatore, che avanzava alla testa del suo esercito per
recare soccorso agli alleati occidentali, torn indietro prestando fede a
quanto riferitogli da Stefano di Blois che, giudicando ormai fatalmente
compromessa la situazione, era fuggito dal campo latino. I crociati per,
dopo aver respinto il 28 giugno 1098 lesercito dellemiro di Mosul, Karbuqa, erano entrati in Antiochia. Boemondo, dopo lunghe discussioni
con i capi crociati, era riuscito a farsi attribuire il possesso della citt a
titolo personale. Alessio, furibondo, ritenne infranto laccordo di Costantinopoli e tent di riprendere possesso della regione iniziando una
disputa durata vari decenni, e che sfoci in una serie di scontri militari
con i principi latini di Antiochia [Lilie 186].
Dopo il successo dellimpresa si concluder con la presa di Gerusalemme nel luglio del 1099 , nel 1100 e nel 1101 vennero inviati dei
rinforzi, ma nessun contingente riusc a giungere in Siria. Le colonne
crociate, contro il parere di Alessio, attraversarono imprudentemente
lAnatolia in ordine sparso, facendosi sorprendere dai Turchi. Uno dei
contingenti pi numerosi, comandato da Raimondo di Saint-Gilles, ritornato in Occidente ma divenuto leale partigiano di Alessio perch odiava Boemondo, si scontr con i Danismendidi in Paflagonia e ne fu distrutto. Sforzi tanto grandi non avevano sortito alcun risultato e alcuni
fra i crociati i quali sospettavano che limperatore avesse favorito la
disfatta degli alleati temendo di vedere nascere in Oriente degli Stati latini troppo potenti contribuirono a consolidare e a diffondere in Occidente la fama di perfidia dei Greci. Boemondo, signore di Antiochia,
minacciato dagli attacchi bizantini, affid il principato al nipote Tancredi e torn in Occidente per allestire una spedizione contro Alessio.
Ricevuto il sostegno di papa Pasquale II, Boemondo radun un esercito numeroso e, sulle orme di suo padre, sbarc nel 1107 a Durazzo. I
progressi fatti dai Bizantini rispetto alla precedente invasione normanna furono allora evidenti. Alessio tagli le linee di rifornimento di Boemondo, assold una parte dei suoi baroni e rifiut di affrontarlo in campo aperto. Il trattato di Deaboli, firmato nel 1108, segn il fallimento
di Boemondo, anche se Tancredi rifiut di applicare le clausole riguardanti Antiochia, che teoricamente doveva essere restituita allImpero.
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aperta la strada per Attalia, impadronendosi di Sozopoli in Pisidia. Respinse unultima offensiva dei Peceneghi nel 1123, quindi disperse un
esercito serbo, e una parte di esso, prigioniera, fu deportata in Bitinia.
Quantunque avesse sposato una principessa ungara, il sovrano bizantino
venne attaccato dagli eserciti di quel popolo, che iniziavano a far sentire la loro potenza a nord dei Balcani, ma riusc di nuovo ad avere la meglio. Non ebbe la stessa fortuna con i Veneziani, con i quali non desiderava affatto rinnovare lantico trattato di alleanza poich non vi era pi
alcuna minaccia dal mare per lImpero. Tuttavia, limperatore, sostanzialmente privo duna marina da guerra, nel 1126 fu costretto a cedere.
Giovanni II aveva due priorit ambiziose e fra loro connesse: respingere i Danismendidi, a quel tempo pi potenti dei loro rivali, i Selgiuchidi, e recuperare Antiochia allImpero, sottomettendo al tempo stesso gli Armeni ormai signori della Cilicia, regione loro contesa pure dai
Franchi di Antiochia. Per molti anni consecutivi lesercito bizantino aveva condotto operazioni militari tra le montagne della Paflagonia riuscendo a conquistare Castamone e Gangra, ma tutte le volte che limperatore vittorioso si era ritirato il nemico aveva poi avuto ragione delle truppe lasciate di guarnigione nelle due fortezze. Il principato antiocheno si
era fortemente indebolito da quando Ruggero di Antiochia, nel 1119,
era morto in battaglia sullAger Sanguinis insieme ai migliori cavalieri
normanni [Setton 195, vol. I]. Nel 1138, Giovanni condusse in Cilicia
e nel principato di Antiochia un poderoso esercito, esibendosi in una dimostrazione di forza notata non soltanto dagli Armeni e dai Latini ma
anche dai musulmani di Zengi, emiro di Mosul. Limperatore bizantino
giunse cos fino a Shaizar, una fortezza a sud di Antiochia, assediandola fino a quando non gli fu versato un indennizzo. Quindi, entr solennemente a Antiochia nel 1139 a fianco del principe Raimondo, ma si
ritir dinanzi a una sommossa segretamente istigata contro di lui dai
capi latini [Lilie 186]. Dopo una nuova campagna nel 1140 contro i Danismendidi, peraltro non coronata da grandi successi Neocesarea infatti non fu riconquistata , limperatore part alla volta di Antiochia
nel 1142 preparandosi a sferrare il colpo decisivo lanno seguente, ma
nella primavera del 1143 mor per un incidente di caccia.
Il regno di Giovanni II si colloca in parziale continuit con quello
del padre, per il quale gli obiettivi principali erano stati, in maniera analoga, salvaguardare i Balcani in modo tale da disporre dei mezzi per espellere i Turchi dallaltopiano anatolico e sottomettere con la forza il principato di Antiochia. Sotto altri aspetti, il suo regno preannuncia il fulgore di quello successivo: lesercito di terra in perenne assetto di guerra
e il proposito di dimostrarsi un alleato utile ai crociati di Terrasanta,
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Allo stesso modo, Manuele tent di ristabilire la preminenza bizantina in Asia, pur senza ripristinare necessariamente lamministrazione
diretta. Per prima cosa rinforz i territori propriamente bizantini, completando la rete di fortificazioni difensive e creando un nuovo tema, denominato significativamente Neakastra (le nuove fortezze), per garantire una migliore continuit territoriale fra la Bitinia e la valle del
Meandro. Si preoccup inoltre di proteggere lalta valle del Meandro
per impedire ai nomadi turchi laccesso alle ricche piane dei Tracesi.
Quindi, deport in Bitinia dei prigionieri catturati nel corso delle guerre balcaniche, ripopolando cos Adramittio.
Per convincere il sultano selgiuchide e lemiro danismendide ad accettare la sovranit bizantina, limperatore condusse una politica oscillante tra la forza esibita attraverso dimostrazioni di potenza militare e la seduzione, e credette di aver raggiunto il proprio obiettivo nel
momento in cui Kilig Arslan, nel 1161, gli fece visita a Costantinopoli dove, adottato come figlio da Manuele, si dichiar doulos, servo
dellimperatore. Manuele gli concesse dei sussidi, domandandogli in
cambio alcune delle citt che il sultano avrebbe conquistato. Tuttavia,
Kilig Arslan approfitt della pace per eliminare i Danismendidi ormai
senza forze e unificare i Turchi dellAsia Minore senza offrire alcuna
contropartita.
Anche Manuele si interess come gi i suoi predecessori ai regni
franchi di Terrasanta; ma, rinunciando a governare Antiochia direttamente, inizi invece ad attirare i Franchi dOriente sotto la sua protezione, nelleventualit di doversene servire, in caso di necessit, come
alleati collocati alle spalle dei Turchi. Sotto questo riguardo, trov degli interlocutori attenti, poich la situazione dei Franchi si era aggravata a causa della riunificazione della Siria operata da Nur al-Din, e non
si erano manifestati altri progetti di spedizione dopo il fallimento della
seconda crociata [Lilie 186]. Questo riavvicinamento fu ratificato da
una serie di alleanze matrimoniali: Manuele spos in seconde nozze Maria dAntiochia, mentre gi prima Baldovino III di Gerusalemme e suo
fratello Amalrico avevano sposato delle principesse bizantine, entrambe con una ricca dote in denaro. Manuele fece il suo ingresso solenne a
Antiochia in occasione della Pasqua del 1159, dopo aver sottomesso lungo il percorso i Rupenidi di Cilicia, sempre restii ad accettare il dominio di Bisanzio. Per due volte limperatore, che aveva ricostituito una
flotta da guerra efficiente, aveva concepito una spedizione comune con
i Franchi di Gerusalemme contro lEgitto fatimide allora in piena decadenza militare, ma le cui ricchezze avrebbero potuto rinsanguare le
finanze dei regni di Terrasanta. I ripensamenti dei due alleati, tuttavia,
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impedirono di approfittare dei successi iniziali, permettendo cos a Saladino di impossessarsi dellEgitto.
I Bizantini contemporanei rimproverarono a Manuele una certa condiscendenza verso gli Occidentali, accolti numerosi non soltanto in seno
allesercito ma anche a corte, doverano utilizzati in missioni diplomatiche. Manuele aveva capito che la forza dellImpero avrebbe potuto essere restaurata con la collaborazione dei Latini, a quel tempo in pieno rigoglio demografico ed economico, e non contro di essi. Le divergenze religiose non costituivano un ostacolo alla realizzazione di tale disegno,
anche se limperatore era pronto a condurre una strenua difesa dei diritti della Chiesa greca. Quando ritenne che fossero lesi gli interessi dellImpero, Manuele non esit a intervenire. Cos, nel 1171, ordin di arrestare tutti i Veneziani dellImpero e di confiscare i loro beni, poich
giudicava troppo vantaggiosa la loro posizione e negativo il loro ruolo
negli affari italiani da lui condotti. Il sovrano gioc perci sulla rivalit
dei Veneziani nei confronti dei Genovesi negoziando con questi ultimi
un trattato commerciale meno favorevole ai mercanti latini.
Nel 1176, Manuele prepar la sua pi grande campagna militare,
che aveva diversi obiettivi. Prima di tutto sperava di colpire il sultano
in modo decisivo assediando la sua capitale, giacch i Selgiuchidi di
Rum erano divenuti troppo potenti da quando si erano annessi i territori danismendidi; per giunta, dopo la morte del sultano di Damasco,
Nur al-Din, nel 1174, il signore di Iconio non rivestiva pi alcuna utilit per controbilanciare la sua influenza alleggerendo indirettamente
la pressione sui regni crociati. Infine, grazie alla riuscita di tale impresa, che avrebbe permesso allImpero di tornare a essere un potente vicino per i Franchi dOriente, Manuele vagheggiava una sorta di crociata per proteggere i Franchi che si trovavano in una situazione critica
sotto la minaccia di Saladino, nuovo padrone dellEgitto. Manuele fece fortificare Dorileo e Subleo per riprendere possesso poco per volta
dellaltopiano anatolico e controllare i nomadi turchi. Ma limpresa si
concluse presto, quando limperatore con lesercito fu sorpreso ai valichi di Miriocefalo. Manuele perse tutti i macchinari da assedio oltre a
parte delle sue truppe, per quanto anche lesercito del sultano fosse uscito fortemente provato dallo scontro. La sconfitta era la fine di ogni speranza di riconquista dei territori in mano ai Turchi. Tuttavia, lesercito bizantino continuava a essere efficiente se lanno seguente fu in grado di distruggere un grosso contingente turco nella valle del Meandro
[Lilie 190].
Manuele consider con molta attenzione i suoi doveri di sovrano, occupandosi come pochi imperatori prima di lui anche di questioni
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ecclesiatiche (e dogmatiche, addirittura), senza peraltro suscitare le reazioni che ci si sarebbe attesi dinanzi a questo genere di intrusioni, e interessandosi alla riforma delle comunit monastiche nei confronti delle
quali si dimostr generoso, in particolare allinizio del suo regno.
Riform inoltre i tribunali costantinopolitani per renderne pi spedite
le decisioni e pi efficace la lotta alla corruzione.
Nel settembre del 1180 Manuele mor, lasciando il potere nelle mani del figlio, Alessio, troppo giovane per regnare, e della sua vedova,
Maria dAntiochia, nominata reggente. Il bilancio complessivo di questo regno brillante stato molto discusso. Secondo alcuni, sulle orme di
Niceta Coniata, Manuele avrebbe dato fondo alle risorse imperiali per
conseguire risultati mediocri, dal momento che la sua politica estera sarebbe risultata in definitiva fallimentare tanto in Occidente [Lilie 188]
quanto in Oriente. Paul Magdalino [192] ha sottolineato lillegittimit
di tale giudizio, poich Manuele alla sua morte lasci un Impero ricco e
pacificato; aveva firmato trattati con tutti i vicini e, anche in Italia, si
era garantito molti amici, tra i quali linfluente famiglia marchionale di
Monferrato; la sua reputazione in Occidente e in Terrasanta era eccellente, come testimonia anche la Historia di Guglielmo di Tiro [73].
6. Il rapido indebolimento sotto gli Angeli.
I punti deboli del sistema istituito sotto i Comneni erano sempre pi
evidenti. Tutto riposava sulla capacit dellimperatore di farsi obbedire dai familiari e di soddisfare le loro velleit. Nella fattispecie, la reggente Maria dAntiochia era priva, a causa della sua origine latina, di
una rete dinfluenze. Un cugino di primo grado dellimperatore Manuele, Andronico, cavalcando i sentimenti xenofobi di una parte dei costantinopolitani usurp il potere nella primavera del 1182 a prezzo di
un terribile eccidio di Latini abitanti nella capitale. Andronico fece certamente avvelenare Maria, figlia di Manuele, e suo marito, Ranieri di
Monferrato, mentre lanno seguente fece giustiziare Maria dAntiochia
e strangolare Alessio II, suscitando contemporaneamente la rivolta dei
parenti di Manuele e numerosi attacchi di vicini dellImpero che Manuele aveva preso come garanti dellincolumit di suo figlio. Le province dAsia sostennero Giovanni Comneno, il domestico delle scholae designato da Manuele, ma furono severamente punite a Nicea e a Bursa,
riprese dallusurpatore che era sostenuto dalle truppe dOccidente. Temendo ogni parente di Manuele come un potenziale rivale, Andronico
si sbarazz della maggior parte dellalta aristocrazia, privando cos le-
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sercito imperiale di gran parte dei quadri. Una prima provincia, Cipro,
si ribell sobillata da un discendente di Alessio I, Isacco Comneno, che
si autoproclam imperatore.
Allesterno, Bela di Ungheria apr le ostilit, ma lattacco pi pericoloso allImpero venne sferrato dai Normanni che, nel 1185, sbarcarono a Durazzo impadronendosi della citt senza colpo ferire e raggiungendo rapidamente Tessalonica, caduta nellagosto dello stesso anno. La
strada per Costantinopoli era ormai aperta dinanzi a essi, e la popolazione della citt, allarmata, sosteneva un pronipote di Alessio I, Isacco
Angelo, il quale aveva cercato rifugio in Santa Sofia quando Andronico aveva deciso di farlo giustiziare. Isacco, che in un primo momento
aveva cercato solamente di salvarsi la vita, incoraggiato dalla folla che
lo attorniava domand la corona imperiale. Andronico, tornato troppo
tardi a Palazzo, cerc di darsi alla fuga ma, raggiunto, fu massacrato a
settembre.
Il nuovo imperatore, assurto al potere per un mero concorso di circostanze, non ispir grande fiducia favorendo cos diverse sommosse. La
pi grave, quella capeggiata nel 1187 da Alessio Brana, per poco non
giunse a prendere la capitale, salvata da un contingente latino comandato da Corrado di Monferrato. Isacco Angelo si rivel anche incapace di
riprendere Cipro a Isacco Comneno, sostenuto da una flotta normanna.
Ancora pi grave fu che i Bulgari, gravati da una fiscalit eccessiva, si
sollevarono a loro volta al comando dei fratelli Pietro e Asen, con laiuto di pastori nomadi valacchi, e riuscirono in pi occasioni a battere i Bizantini. Era stato fondato il secondo Impero bulgaro, che si sarebbe sviluppato poi sotto la guida di Kalojan (cfr. cap. xvii, p. 509). I Turchi si
avvantaggiarono della debolezza dellImpero per riprendere la loro avanzata in Anatolia, pur senza impadronirsi di alcun centro di rilievo ma trovando talora sostegno nella popolazione locale e, a loro volta, aiutando
numerosi ribelli. Tra questi, il pi degno di nota fu Teodoro Mancafa
che, stabilitosi a Filadelfia, si fece incoronare imperatore e batt moneta, senza peraltro aver mai preteso di marciare su Costantinopoli.
Nella primavera del 1195, il rovesciamento di Isacco da parte del fratello Alessio, che gli ufficiali dellesercito speravano si rivelasse un imperatore pi energico, non mut affatto lo stato delle cose. Nei Balcani, alcuni capi locali divennero pi o meno indipendenti dal trono, accelerando il processo di disgregazione dellImpero. Tuttavia, nei primi
anni del xiii secolo, Alessio Paleologo e Teodoro Lascaris, generi dellimperatore (il quale non aveva figli maschi), tennero sotto controllo la
situazione militare, mantenendo lautorit imperiale su tutti i territori
popolati da Greci.
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Le relazioni con lOccidente erano divenute pi problematiche dopo leccidio dei Latini avvenuto nel 1182, al quale tre anni dopo risposero i Normanni massacrando i Greci a Tessalonica. I Latini dOriente,
privati degli aiuti di Bisanzio dopo che la Cilicia armena ebbe acquisito
lindipendenza, avevano infine capitolato dinanzi a Saladino, perdendo
Gerusalemme nel 1187 [Brand 172]. La caduta della citt provoc una
nuova crociata alla quale presero parte i grandi sovrani dellOccidente:
Federico Barbarossa, Riccardo Cuor di Leone e Filippo Augusto. Preoccupatissimo per lo spiegamento di tali forze congiunte, Isacco Angelo
tratt con Saladino, fatto che, una volta noto in Occidente, allontan
ulteriormente Bisanzio dai Latini.
I re di Francia e dInghilterra viaggiarono per mare e raggiunsero direttamente Acri, anche se Riccardo durante la traversata si impadron
di Cipro a spese dellusurpatore Isacco Comneno, il quale non aveva soccorso dei pellegrini inglesi in difficolt al largo dellisola. Le trattative
tra Federico Barbarossa e Isacco Angelo furono difficili e gravi incidenti si moltiplicarono mentre i crociati tedeschi attraversavano i Balcani.
Alcuni intimi del Barbarossa gli consigliarono di impadronirsi di Costantinopoli, cos da mettere le risorse dellImpero bizantino al servizio della crociata e sbarazzarsi dei Greci, perfidi e scismatici nei confronti della Chiesa romana. Isacco II, impotente dinanzi alla superiorit militare
del Barbarossa, cedette a tutte le richieste dellimperatore germanico, il
quale attravers lAnatolia e saccheggi Konya, ma mor annegato in Cilicia, nella primavera del 1190 [Setton 195, vol. I].
7. La quarta crociata.
Sotto Alessio III furono ristabiliti dei rapporti pi pacifici con le
citt italiane: a Venezia furono rinnovati i privilegi commerciali nel
1198, e anche Genova e Pisa ottenero, bench solo in seguito, le loro
concessioni. La minaccia pi vicina nasceva ora dallunione della Sicilia con lImpero germanico sotto un solo sovrano, Enrico VI, il quale
con lisola ereditava le rivendicazioni tradizionali dei Normanni. Alessio III era sul punto di corrispondergli un enorme tributo, prelevato
grazie allistituzione di una imposta specifica, lalemanikon, quando Enrico VI, nel settembre del 1197, mor. La terza crociata non era riuscita a riprendere Gerusalemme e papa Innocenzo III, molto compreso
dellimportanza del suo ruolo, appena eletto, nel 1198, ind la nuova
crociata, incontrando il consenso dei grandi baroni in mancanza di quello dei sovrani dOccidente, occupati a guerreggiare fra loro. A questo
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punto era necessaria una flotta, poich lobiettivo segreto della spedizione consisteva nella conquista dellEgitto. Venezia, a quel tempo, era
la sola potenza in grado di allestire la squadra navale richiesta, e il doge Enrico Dandolo negozi con i capi crociati, fra i quali Bonifacio di
Monferrato, il trasporto di 35 000 uomini e delle loro cavalcature, proponendo inoltre la partecipazione diretta di Venezia, con 50 galere, allimpresa militare. Nellestate del 1202, i combattenti riuniti erano meno numerosi del previsto e non disponevano che di met della somma
richiesta.
Alessio III, informato dei preparativi della spedizione, si allarm veramente solo quando apprese che il giovane nipote Alessio (il figlio del
fratello che egli aveva deposto dal trono) era riuscito a evadere dalla sua
prigione costantinopolitana, domandando laiuto dei crociati per riconquistare il trono paterno. Limperatore, ansioso di impedire tale disegno, scrisse a Innocenzo III. Il papa rispose rassicurandolo che non
avrebbe sostenuto le pretese del giovane Alessio, nonostante le pressioni che riceveva e che gli ricordavano che la Chiesa greca rifiutava la sottomissione a Roma.
Il doge prospett una prima deviazione della spedizione, con la promessa di ridurre il debito dei crociati se avessero contribuito a ristabilire la signoria veneziana sulla citt dalmata di Zara, obiettivo raggiunto nel novembre del 1202 non senza una vivace discussione preliminare nel campo crociato, dove un gruppo di combattenti decise di
raggiungere direttamente la Terrasanta. I comandanti crociati finalmente accettarono ancora una volta contro il parere di una parte dellesercito le proposte del giovane Alessio, che si rivelarono irresistibili quando questi simpegn a versare una quantit enorme di denaro e a inviare un grosso contingente militare in Oriente (promesse irrealizzabili, ma
il pretendente al trono bizantino ignorava la reale situazione dellImpero, come senza dubbio i suoi stessi interlocutori).
Alessio III, privo di flotta, non si oppose minimamente allo sbarco
dei crociati dinanzi a Costantinopoli nel giugno del 1203. Questa nuova deviazione favorita, se non incoraggiata, dai Veneziani, messi in
disparte dopo la presa di Zara fu formalmente censurata da Innocenzo III. Alessio III disponeva di truppe numerose e le mura della capitale si erano sempre dimostrate invalicabili negli assedi subiti in precedenza, ma limperatore non era altrettanto sicuro del sostegno dei cittadini. Dopo una prima sconfitta, Alessio III abbandon la capitale, e
gli abitanti, per evitare lentrata in citt dellesercito nemico, scarcerarono Isacco II e lo rimisero sul trono, accogliendo quindi suo figlio Alessio IV nel luglio del 1203.
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Il giovane imperatore doveva a questo punto mantenere le promesse, in particolare quelle economiche, proprio nel momento in cui la maggior parte delle province dellImpero si era schierata contro di lui e Alessio III aveva lasciato le casse del tesoro vuote. Le sole risorse di cui disponeva erano costituite dalla confisca dei beni degli avversari politici
e dalle tasse inflitte ai cittadini di Costantinopoli, tutte misure che lo
resero presto impopolare, tantopi che il denaro cos raccolto pareva destinato ai sempre pi detestati Latini. In seguito a una rissa, la maggior
parte della citt bruci nel terribile incendio che nellagosto del 1203
devast il cuore della capitale, fatto che accrebbe ulteriormente lostilit nei confronti dei crociati.
Unintera fazione, radunata intorno a Alessio Duca Murtzuflo, un
cugino di Alessio, era favorevole a espellere con la forza i Latini dalla
capitale. Murtzuflo fece uccidere Alessio IV e apr le ostilit verso i crociati, i quali decisero di vendicare il loro protettore e, ritenendo che non
vi fosse alcun greco degno di succedergli, di conquistare direttamente
Costantinopoli una decisione rivoluzionaria , prevedendo da subito
la spartizione delle province dellImpero bizantino. Dopo un primo assalto respinto il 9 aprile, tre giorni dopo i crociati penetrarono nella citt
attraverso le mura marittime, pi facili da espugnare, e poi misero a sacco la citt pi ricca della cristianit.
La deviazione della quarta crociata resta un problema non chiarito.
Vi si visto il frutto di una machiavellica premeditazione di Enrico Dandolo, il quale si sarebbe cos vendicato dei maltrattamenti che aveva subito nel 1171 da parte dei Bizantini. Tuttavia, osservando levolversi
degli eventi, analizzando le situazioni impreviste che i crociati si trovarono a dover affrontare, e le decisioni prese di conseguenza, emerge lassenza di qualunque piano deliberato mirante a raggiungere Costantinopoli. La principale differenza tra la quarta crociata e le precedenti il
disaccordo dei Greci, effetto della presenza dun pretendente al trono
in seno allesercito latino. Per di pi, la reciproca ostilit fra Greci e Latini si era certamente rafforzata dallepoca della morte di Manuele Comneno, rendendo cos possibile limpensabile: la presa della capitale dei
cristiani greci da parte dei fratelli latini [Angold 171; Laiou 202].
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to tenevano docchio con impazienza i segnali della collera divina: catastrofi naturali, epidemie, guerre, disastrose quando conducevano alla disfatta dellesercito. Linterpretazione di questi segnali non era per univoca, e il popolo poteva essere anche ritenuto responsabile delle proprie
disgrazie. La lunga serie di sconfitte consecutive di fronte agli attacchi
arabi giunse a mettere in discussione la stessa istituzione imperiale, in
particolare a cavallo tra vii e viii secolo, quando gli imperatori non riuscivano a rimanere sul trono per pi di pochi anni. A dire il vero, le disfatte militari provocavano solo di rado il rovesciamento dellimperatore in carica: si pu citare un unico caso inconfutabile, quello di Michele I Rangabe, spinto allabdicazione a causa duna irresistibile avanzata
vittoriosa dei Bulgari, giunti vicino alla capitale. Le discordie religiose
dei secoli viii e ix costituirono in maniera analoga loccasione per contestare la legittimit imperiale, giacch i sovrani iconoclasti erano visti
come eretici dagli avversari. Le sconfitte di Dazimon e di Amorio non
furono senza conseguenza per la popolarit di Teofilo, n senza conseguenze per lindebolimento definitivo delliconoclasmo, che aveva ripreso quota dopo linsuccesso degli imperatori iconoduli e le vittorie di
Leone V.
Il sistema politico bizantino, dunque, non ha mai impedito la contestazione del potere in carica, poich leredit non sufficiente per lesercizio del potere in quanto lerede deve agire per il bene comune con
laccordo di Dio. sulla base di questo concetto che fin cassato il giuramento prestato da Eudocia Macrembolitissa al suo sposo, Costantino X, su richiesta di questultimo. La promessa fatta dallimperatrice di
non risposarsi, infatti, derivava da un sentimento personale, la gelosia
dellimperatore, e andava contro gli interessi dellImpero i quali esigevano invece che Eudocia sposasse un generale di talento, Romano Diogene, a causa della minaccia turca. I sudditi dellImpero non scordavano mai che, bench la funzione imperiale fosse sacra, il suo detentore
rimaneva un uomo fallibile e mortale. Contemporaneamente alle insegne del potere, il nuovo sovrano riceveva lakakia, un sacchetto di seta
purpurea contenente della polvere che gli avrebbe dovuto ricordare la
sua condizione di semplice mortale [Pertusi 211].
Quando un imperatore, agli occhi dellopinione pubblica, sembrava
animato da motivi personali o da idee eterodosse, si trasformava in tiranno e a quel punto era lecito opporglisi, sia con luso della forza, alla testa dun esercito, sia per mezzo dun complotto destinato a portare
allassassinio del tiranno. Il successo dun usurpatore lo legittimava
ipso facto, bench vi siano stati numerosi imperatori, giunti al potere per
questo tramite, che ritennero opportuno consolidare il loro successo con
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mente lasciando dei figli in minore et. Un adolescente poteva accedere al potere effettivo a 14 anni in teoria, unet acerba per i nostri canoni. In pratica, Costantino IV succedette a 16 anni al padre Costante
II, morto a 36 anni, ed egli stesso lasci il trono al figlio Giustiniano II,
sempre a 16 anni. Perlopi, la reggenza era stata organizzata dal sovrano defunto e in linea di massima veniva assunta da un consiglio, al quale partecipava il patriarca ma che era diretto dallimperatrice, madre dellerede. In realt, tutte le reggenze, con leccezione di quella di Teodora vedova di Teofilo, sfociarono in colpi di stato, sia con limposizione
di co-imperatori, quando la dinastia era saldamente stabilita, come nel
caso dei Macedoni, sia con leliminazione dellerede: Andronico Comneno fece mettere a morte prima la vedova di suo cugino Manuele e poi
il giovane Alessio II. A partire dai Comneni, come nel caso precedente,
e poi sotto i Lascaridi e i Paleologhi, la difesa dellerede al trono costitu per i principi stranieri un pretesto per intervenire negli affari dellImpero.
In due occasioni una donna regn come imperatore autokrator, Irene dal 797 all802, e poi Teodora nel 1055-56. In entrambi i casi, per
quanto la legittimit dellimperatrice non fosse apertamente contestata,
la situazione era percepita come anormale. Irene, che aveva eliminato
lerede naturale al trono, suo figlio Costantino VI, fu rovesciata senza
grandi difficolt da un colpo di stato organizzato a Palazzo, mentre Teodora, ultima esponente della dinastia macedone, sfugg a questa sorte
solo per la brevit del proprio regno.
Gli imperatori furono perlopi reclutati fra laristocrazia dellAsia
Minore, e rari furono i candidati di modesta estrazione che giunsero al
trono e poterono richiamarsi al modello davidico, come nel caso di Basilio il Macedone.
Quando Dio ha designato il suo rappresentante, lesercito, il Senato
e il popolo ovvero gli abitanti di Costantinopoli radunati nellIppodromo acclamano il fortunato eletto, lunto del Signore. Il patriarca non interviene dunque in questa scelta, e colui che viene incoronato
a Santa Sofia, a partire da Costante II nel 641, dunque gi un basileus.
Nessun imperatore si sottrae, peraltro, a una cerimonia che sottolinea
la sua alleanza divina e la sua ortodossia, e manifesta per giunta il suo
potere sulla capitale [cfr. cap. v].
Per celebrare la cerimonia con maggiore solennit, gli imperatori attendevano spesso una delle grandi feste dellanno, Pasqua o Natale. Non
c un modello prefissato di incoronazione, ma ci si adatta alle circostanze, a seconda che venga onorato un homo novus o un erede [Dagron 206].
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b) Imperatrici e porfirogeniti.
La scelta della sposa destinata a unirsi solennemente al sovrano o allerede al trono, e benedetta dal patriarca a Santa Sofia in occasione del
matrimonio, non dipendeva solo dalle prospettive di procreazione ma
costituiva un atto politico del massimo rilievo, nella misura in cui la famiglia della sposa ne ricavava potere e dunque influenza. Il precedente
di Artavasde, genero di Leone III, che tent inutilmente di rovesciare
il cognato Costantino V, fece profonda impressione. Fino allxi secolo i
sovrani in cerca duna sposa per il successore si volsero ad aristocratiche dellImpero; solo in circostanze eccezionali ci si un a principesse
straniere, come nel caso di Costantino V che si leg con una principessa cazara, ma perch si aspettava da questo popolo una solida alleanza
contro gli Arabi. Nellviii e nel ix secolo, la scelta fu effettuata a pi riprese tramite un concorso che riuniva a Costantinopoli una selezione di
giovani aristocratiche. Si dubitato dellesistenza di simile competizione, ma questo modus operandi permetteva evidentemente di evitare gli
scontri tra le fazioni della Corte, e di coniugare simbolicamente la legittimit dinastica con la legittimit elettiva, come stato sottolineato da
Gilbert Dagron [206, p. 68].
Costantino VII Porfirogenito proclamava ancora il proprio malumore per il matrimonio tra Maria, nipote di Romano Lecapeno, e Pietro sovrano dei Bulgari (una nazione settentrionale, cosa che rendeva lo scandalo ancora pi grave), o per la futura unione tra il figlio Romano II e
una principessa occidentale; allo stesso modo, Vladimiro di Kiev riusc
solo in circostanze eccezionali a estorcere la mano della sorella Anna a
Basilio II. Dalla seconda met dellxi secolo si nota invece un cambiamento significativo: i sovrani cercano infatti per i figli quasi esclusivamente principesse straniere, caucasiche od occidentali, in ragione dei nuovi equilibri diplomatici. In una prima fase, seguendo lesempio di Basilio II, la questione consisteva nellattirare al servizio dellImpero una
potenza di medio rango. Il figlio di Costantino X, Michele VII, si un a
Maria di Alania. Il figlio della coppia, Costantino, fu fidanzato a Olimpia, figlia di Roberto il Guiscardo, dal quale si sperava di ottenere soccorsi in Asia Minore. Alessio Comneno fece eccezione, in quanto, dopo
il successo della sua usurpazione, spos Irene Duca per rafforzare il proprio potere tramite un avvicinamento con la dinastia precedente; suo figlio Giovanni II, per, prese per moglie una principessa ungherese. Con
Manuele Comneno, le cui due consorti furono latine, il gioco si allarg a
numerose principesse imperiali, delle quali alcune costituirono la migliore ricompensa per i pi valenti generali dellImpero, mentre altre furono
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date a sovrani di secondo rango, suscettibili tuttavia di sostenere gli interessi dellImpero: in due occasioni i re di Gerusalemme ottennero la
mano duna parente di Manuele. Infine, riflesso dun nuovo equilibrio
delle forze, i matrimoni coinvolsero dei contraenti ormai quasi sullo stesso piano: Alessio II spos Agnese, figlia del potente re di Francia Luigi
VII, mentre Isacco II si un a Margherita di Ungheria, figlia di Bela III,
allepoca il pi influente monarca dei Balcani.
Al di l di casi eccezionali in cui, con il titolo di reggente o di autokrator, assumeva il potere effettivo, limperatrice aveva il dovere di presenziare, in qualit di consorte del sovrano, alle cerimonie cui partecipavano le dame della Corte, per esempio il ricevimento delle patrizie
con cintura. Alcune imperatrici esercitarono una notevole influenza sui
mariti: ci pu essere supposto nel caso di Elena, moglie di Costantino VII, mentre rivendicato esplicitamente per Irene Duca unita ad
Alessio Comneno. Talora intercedevano a favore dei condannati politici: Teodosia peror presso Leone V la causa di Michele di Amorio, che
sfugg alla propria esecuzione programmata per il giorno di Natale, e riusc la notte stessa ad assassinare limperatore.
Vari usurpatori sposarono la figlia del basileus o limperatrice vedova per consolidare la propria legittimit: Michele II scelse in seconde
nozze Eufrosine, figlia di Costantino VI; Niceforo Foca si un a Teofano, vedova di Romano II; Romano Diogene spos Eudocia Macrembolitissa vedova di Costantino Duca
Lintimit delle principesse negli appartamenti del Palazzo era protetta e sorvegliata dagli eunuchi del cubiculum. Le imperatrici disponevano della propria famiglia, che comprendeva tra gli altri un preposito della tavola, e possedevano grandi tenute che garantivano loro cospicue rendite. Teodora si sarebbe spinta addirittura a praticare il
commercio con lestero, provocando una memorabile sfuriata dello sposo, Teofilo.
La nascita dun principe era occasione di festeggiamenti per gli abitanti di Costantinopoli, e la scelta del nome costituiva di per se stessa un
atto programmatico, in quanto si poteva scegliere quello dun illustre antenato della dinastia, oppure quello del fondatore dellImpero cristiano,
Costantino. Ci furono usurpatori che non esitarono a ribattezzare Costantino il figlio maggiore, come nel caso di Leone V. I corpi costituiti, lesercito, il Senato e i demi, erano talora invitati a scegliere il nome
del neonato tramite una serie di acclamazioni, minuziosamente organizzate in anticipo. Lo scopo poteva essere quello di prevenire ogni contestazione della successione futura: il giovane Leone VI aveva come proprio padrino il corpo degli ufficiali del tema degli Anatolici [Dagron 207].
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2. Dirigere limpero.
a) La propaganda imperiale.
Limperatore eccelle nelle virt cristiane, la filantropia, la giustizia
e lumilt verso il sovrano celeste. Questultima, necessaria a sovrani
che si macchiarono spesso di gravi colpe, sul modello biblico di re Davide, si esprime pubblicamente, rafforzando la legittimit imperiale.
Leone VI (o forse suo padre Basilio, che non gli era inferiore come peccatore) si fatto rappresentare in maniera anonima, in atto di proskynesis, in un mosaico del nartece di Santa Sofia, come sovrano esemplare,
di fronte alla Vergine che intercede presso Cristo in suo favore [Dagron
206, pp. 129-38].
Kazhdan [214] ha rilevato un cambiamento nel modello del buon imperatore, databile allxi secolo, con larrivo al potere dei Comneni. innegabile che gli imperatori di questa dinastia amassero udire i retori esaltare le loro qualit guerriere, ma questa valorizzazione dei risultati ottenuti sul campo di battaglia, spiegabile in parte con lemulazione nei
confronti dei cavalieri occidentali, contraddistingue piuttosto un semplice filone, perch la tematica dellimperatore pacifico e filantropico
parallelamente attestata. Teofilatto di Bulgaria si congratula che Alessio Comneno abbia riportato una vittoria incruenta sui Peceneghi in
occasione del trattato di pace stipulato con essi. Allo stesso modo, Anna Comnena scagiona il padre da ogni responsabilit per il massacro degli stessi Peceneghi, che aveva fatto seguito alla loro sconfitta a Levunion. Nessuna di queste tematiche nuova, e tutte appartengono al repertorio dei retori dellAntichit, come pu essere rivelato, per limitarsi
a un esempio, dai discorsi di Temistio. Larte delloratore consiste nello scegliere i motivi in funzione della personalit dellimperatore e dellimmagine che questultimo desidera dare di se stesso.
La vittoria legittima il potere imperiale, come nota con tratti quasi
caricaturali un arabo della fine dellxi secolo, Marvazi:
Quando il re (ossia limperatore) combatte il nemico e torna vittorioso e trionfante, la sua posizione e il suo ruolo nel regno si rafforzano. Se gli capita di essere
battuto e di mostrarsi debole, estromesso dal potere [citato da McCormick 233,
p. 165].
Lascesa al potere di Leone V a discapito di Michele I, deposto, dopo una serie di sconfitte subite dai Bulgari, grazie a un accordo tra il patriarca, il Senato e gli alti ufficiali dellesercito, illustra perfettamente
questa osservazione.
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Gli imperatori disponevano di vari canali per diffondere la loro propaganda. Citiamo, senza essere esaustivi: le lettere inviate nelle province in occasione di un importante avvenimento, come lassunzione al trono dun principe; le introduzioni alle leggi; i comunicati militari, che
erano letti a Costantinopoli e che in qualche caso hanno fornito la trama delle cronache del regno di Giovanni Tzimisce. Talora nel Palazzo
erano raffigurate le gesta imperiali, per essere ammirate dai visitatori di
riguardo: gli iconoduli hanno accusato Costantino V di aver sostituito
le immagini delle proprie prodezze militari a quelle della Vergine e dei
santi.
b) La diplomazia bizantina.
Il basileus dei Romani domina lImpero cristiano universale, ma deve comunque definire i propri rapporti con gli altri principi cristiani,
nonch con i capi pagani o musulmani [Byzantine Diplomacy 220]. La
diplomazia bizantina medievale, in linea di massima, non concedeva a
nessun altro sovrano il titolo di basileus, giacch, dopo la translatio imperii, solo il signore della Nuova Roma aveva diritto a tale titolo. Un falso pontificio, risalente probabilmente alla seconda met dellviii secolo,
la Donazione di Costantino, fu accolto favorevolmente a Costantinopoli
poich, sostenendo le pretese temporali del papa (con il pretesto che Costantino, al momento di lasciare Roma, avrebbe consegnato le insegne
imperiali a papa Silvestro), questo testo giustificava lassenza dun imperatore nella Vecchia Roma.
A due riprese, in Occidente, un rivale pretese di rilevare il titolo imperiale: Carlo Magno nell800, e poi Ottone I nel 962. Fu fonte di inquietudine per la diplomazia bizantina, non tanto perch il basileus di
Costantinopoli mirasse allesclusivit del titolo, quanto per il timore che
limperatore occidentale, signore della Vecchia Roma, cercasse di conquistare Costantinopoli o comunque lItalia intera. In effetti, a questo
proposito scaturirono dei conflitti tra Carlo Magno e Niceforo I per il
possesso di Venezia, e tra Niceforo Foca e Ottone I, che intraprese
una spedizione contro Bari e i territori bizantini dellItalia meridionale [McCormick in 119, II, pp. 366-73]. Quando le apprensioni bizantine si furono calmate, si trov un compromesso che accordava agli interessati il titolo di basileus, senza menzionare il nome dei Romani nella
titolatura, e Ottone II spos infine una principessa bizantina, Teofano.
Ottone III, il figlio nato da questo matrimonio, mor prematuramente
prima di poter sposare la porfirogenita Zoe che gli era stata destinata.
Questo stesso atteggiamento fu adottato nei confronti dei Bulgari e di
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parte grazie allespansione della navigazione nel Mediterraneo. Lazione diplomatica si afferma sempre come lalternativa efficace e necessaria allimpiego di eserciti di dimensioni troppo esigue. Alla forza delle
armi si preferivano la seduzione delloro e i titoli imperiali, la cui attrattiva and scemando solo negli ultimi decenni prima del 1204.
3. Le cerimonie imperiali.
Gli imperatori, con leccezione di Costante II, avevano fatto di Costantinopoli la loro capitale esclusiva. Alcuni, come Leone VI o suo figlio Costantino VII, non lasciarono spesso la citt, se non per recarsi
nella sua periferia bitinica o nei palazzi suburbani lungo il Bosforo, mentre altri, come Basilio II o Alessio Comneno, che conducevano personalmente lesercito, risiedevano per mesi interi lontano dalla capitale e
si facevano accompagnare nellaccampamento da una parte del personale amministrativo. A Costantinopoli si manifestava il fulgore della maest imperiale, perlopi tramite cerimonie che glorificavano la vittoria
eterna dellimperatore, e la teatralizzazione del potere raggiungeva i propri vertici nel Gran Palazzo. Sarebbe errato credere che le cerimonie
fossero fissate secondo un ordine immutabile. In caso di bisogno, si aggiungevano nuove ricorrenze: il caso della festa di SantElia, il 20 luglio, introdotta da Basilio I per commemorare la visione in cui sua madre aveva ricevuto dal santo la profezia del futuro regno del figlio.
In realt come risulta dal De cerimoniis, opera redatta su iniziativa di Costantino VII si conservavano i resoconti delle antiche cerimonie, e gli imperatori ne recuperavano gli elementi che sembravano opportuni per le nuove ricorrenze da essi progettate.
4. Il Gran Palazzo.
Il carattere sacro del potere imperiale era messo in scena nel Gran
Palazzo [cfr. cap. xi, pp. 275-76]. Quando il sovrano convocava unassemblea per comunicare una decisione importante, prima di comparire
faceva imporre il silenzio da alcuni eunuchi, i silenziari. In questo modo, Leone III rese pubblica la sua adesione alliconoclasmo tramite il silention del 730. Quando il sovrano era seduto sul trono in una delle sale di ricevimento la pi imponente delle quali, detta Magnaura, comprendeva unabside in cui si trova il cosiddetto trono di Salomone,
dominato da una rappresentazione del Cristo il suo interlocutore non
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si rivolgeva a lui direttamente. Il sovrano era salutato con una proskynesis, gesto che andava dalla completa prosternazione alla semplice genuflessione. Quando venivano ricevuti degli ambasciatori stranieri, nel
ix e x secolo, entravano in funzione degli automi destinati a impressionarli: dei leoni ruggivano, degli uccelli cantavano, mentre il trono si sollevava in alto, sottraendo limperatore alla vista dei cortigiani. Non tutti erano impressionati da tale messinscena: linviato di Berengario re dItalia, Liutprando da Cremona [204], avvisato in anticipo, non se ne
mostr colpito in modo evidentemente ostinato, secondo quanto si legge nel resoconto della sua ambasciata.
Sotto i Comneni, il Gran Palazzo rest in servizio per una parte delle cerimonie ufficiali, ma gli imperatori preferirono stabilirsi presso il
Palazzo delle Blacherne, allestremit del Corno dOro. Gli imperatori
adottarono, per calcolo, unabitudine meno ieratica nei confronti dei visitatori occidentali, com il caso di Alessio verso i capi dei crociati, con
scandalo dei cortigiani. Bisogna tuttavia accreditare senza alcun dubbio
a Manuele Comneno linvenzione della prokypsis, una messinscena che
faceva apparire allimprovviso e in piena luce limperatore e la sua famiglia, dopo che veniva sollevato il tendaggio che li nascondeva alla vista
degli spettatori [Jeffreys 234]. Inoltre, alcuni poemi del xii secolo ci
informano che le pareti del Palazzo delle Blacherne erano decorate con
scene che glorificavano le vittorie degli imperatori Comneni o la loro sublime posizione di rappresentanti di Dio sulla terra [Magdalino 219].
Il Gran Palazzo era organizzato come gli oikoi aristocratici, ma la
sua ricchezza favolosa, il numero immenso e la variet dei servitori lo
ponevano al di sopra di ogni paragone. La sorveglianza del Palazzo era
assicurata da varie unit dlite, nonch, per impressionare i visitatori
e rivaleggiare con la Corte del califfo, da mercenari reclutati in paesi
lontani, come la Cazaria, la Fergana o il Khorasan. Infine, il gran numero di eunuchi dava alla Corte imperiale il suo carattere pi specifico.
Due momenti privilegiati mettevano in scena la maest imperiale:
uno era il trionfo, di solito molto irregolare; laltro era il banchetto, regolato da un calendario annuale.
Quando veniva riportata una vittoria importante (o presunta tale),
gli imperatori volevano dimostrarne leffettivit mediante lorganizzazione dun trionfo attraverso la citt. Talora lo accordarono ai propri
generali, come nel caso di Niceforo Foca dopo la riconquista di Creta,
ma perlopi erano gli imperatori a condurre lesercito vittorioso. Alla
testa del corteo, Giovanni Tzimisce e Giovanni II Comneno collocarono limmagine della Theotokos, sottolineando cos di essere i semplici
strumenti di Dio. Pi tradizionalmente, secondo lantico modello roma-
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no, gli imperatori poggiavano simbolicamente il piede sulla nuca dei nemici sconfitti (calcatio) di fronte al popolo radunato nellIppodromo, e
facevano sfilare i prigionieri di guerra, testimoni involontari del successo degli eserciti bizantini [McCormick 233].
Gli imperatori riunivano regolarmente i pi importanti personaggi
della Corte, ai quali aggiungevano gli ospiti stranieri di riguardo presenti in quel momento sempre che il banchetto non fosse organizzato proprio in onore di questi ultimi, come per la principessa russa Olga sotto
Costantino VII, nel 946. Ogni minimo dettaglio era regolamentato. I
dignitari e i funzionari si presentavano nei loro costumi ufficiali di seta
di diversi colori, mentre gli imperatori si riservavano il monopolio esclusivo delle vesti interamente tinte di porpora; potevano per offrire piccole pezze di tessuti purpurei a coloro che volevano onorare, servitori
fedeli o ospiti di rango. Il posto di ognuno era determinato dalla taxis,
ossia dallordine di precedenza. Lessere collocati alla tavola imperiale
costituiva lonore pi grande, e il digradare della gerarchia era esplicitato dallallontanamento progressivo da questa tavola centrale [Liutprando 204; Malmberg 235].
5. I titoli imperiali.
a) Il conferimento delle dignit e delle funzioni.
La posizione sociale degli aristocratici e il loro grado di vicinanza nei
confronti dellimperatore si manifestavano principalmente tramite i titoli loro assegnati. Questi titoli dipendevano anche dalle funzioni affidate dal sovrano. Pi gravosa era la responsabilit, pi elevati erano i
titoli, bench non vi fosse una correlazione perfetta tra le due gerarchie
[Oikonomides 28 e 240]. Il sistema non era immutabile e anzi si evolveva costantemente, spesso con la trasformazione di antiche funzioni,
come quelle di hypatos (console), protospatario (originariamente, un eunuco a capo delle guardie del corpo), proedro (inizialmente il capo del
Senato), che finivano per divenire semplici dignit. La premura di rispettare tale gerarchia a livello teorico inalterabile, in quanto riflesso
della gerarchia divina, ma in pratica fluida ha dato origine ai taktika,
documenti redatti da uno specialista, latriklines; il pi completo di essi, quello del Cletorologio di Filoteo redatto nell899 sotto Leone VI,
conservato nella raccolta del De cerimoniis. Tale documento regola anche le precedenze fra i titolari della medesima dignit: i patrizi provvisti di una funzione passavano davanti a quelli che ne erano sprovvisti,
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e i patrizi eunuchi erano superiori a quelli barbuti. Pi concretamente, questi documenti servivano anche a collocare gli invitati ai banchetti imperiali secondo il corretto ordine di precedenza (taxis).
Si possono distinguere tre fasi nella formazione di questo ordine di
precedenza. La prima vede le dignit senatorie, apo hypaton o apo eparchon, declinare e poi scomparire a tutto vantaggio delle dignit imperiali, tra il vii e il ix secolo. Successivamente, in maniera molto lenta a partire dal x secolo, ma con unaccelerazione dalla seconda met dellxi, le
dignit si svalutano e compaiono nuovi titoli destinati a compensare lindebolimento delle dignit inferiori [Cheynet 237]. In questa seconda
fase, il numero di beneficiari si accresce considerevolmente e si assiste
alla progressiva scomparsa della distinzione in atto fra le dignit riservate agli uomini barbuti e quelle assegnate agli eunuchi (proedro, o vestarca, per esempio), per quanto le dignit legate al servizio della camera imperiale, come quelle di preposito o di cubiculario, restino indubbiamente appannaggio degli eunuchi. Una simile confusione finisce per
estendersi ad alcune funzioni: il parakoimomenos pu essere scelto, a
partire dai Comneni, tra i parenti dellimperatore, i quali, in questepoca, non sono mai eunuchi.
Nellxi secolo, il conferimento delle dignit, in particolare quella di
protospatario e dei ranghi superiori, permette agli imperatori di ricompensare personaggi che non appartengono ai livelli pi elevati dellamministrazione, ma alllite dei commercianti, dei banchieri e forse degli
artigiani specializzati nelle produzioni di lusso. Questi ultimi poterono
accedere al Senato, e gli antichi beneficiari percepirono questo fatto come una rivoluzione scandalosa. Furono perci accusati di demagogia gli
imperatori Costantino IX Monomaco e Costantino X, che furono i pi
generosi nella volont di conciliarsi la popolazione costantinopolitana e,
senza dubbio, di rimpinguare le casse dello Stato.
Alessio Comneno riform la gerarchia delle dignit, divenuta inservibile giacch il numero eccessivo di beneficiari le svalutava e non permetteva pi di pagare le rogai; alcune dignit anticamente prestigiose,
come quelle di magistro e di proedro, prima di scomparire definitivamente furono conferite ancora per qualche tempo a modesti notabili provinciali [Cheynet 237]. Per rendere di nuovo visibile llite imperiale, il
nuovo imperatore cre nuovi titoli. Li organizz intorno al termine di
augustus (in greco, sebastos), che fino ad allora era un appellativo che accompagnava la dignit imperiale. I primi titoli di sebastai furono elargiti per gratificare la favorita dellimperatore in carica, come Maria Sclerena, legata a Costantino IX quando divenne imperatore nel 1042. Il titolo di sebasto, presente gi sotto il regno di Michele VII, corrisponde
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Tabella 1.
Le dignit a Bisanzio (dallviii al xii secolo; in ordine gerarchico decrescente).
intorno al 750
cesare
nobilissimo
curopalata
patrizio
protospatario
spatario
hypatos
apo hypaton
apo eparchon
intorno al 1060-70
cesare
nobilissimo
curopalata
protoproedro (prima del 1070)
proedro
magistro
protovestarca (dopo il 1070)
vestarca
despota
sebastocratore
protosebasto
panipersebasto
sebastohypertatos
sebasto
Altre dignit
protonobilissimo
nobilissimo
protocuropalata
curopalata
protovestes
vestes
illoustrios
anthypatos
patrizio
dishypatos
hypatos
protospatario,
spatarocandidato
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camente sulla parentela. Tale ordine permette anche di determinare lordine delle nascite, poich il fratello maggiore superiore al cadetto, e i
nipoti sono classificati secondo let del padre o della madre e sono essi stessi inquadrati in funzione della loro et [Magdalino 192]. Alla fine
del xii secolo, come un secolo prima, parallelamente al calo del valore
della moneta doro anche le dignit conoscono una nuova fase di svalutazione sotto gli Angeli, quando dei droghieri divengono sebasti.
Le dignit, vitalizie, sono attribuite tramite un brevetto imperiale
(axia dia brabeiou), per il quale il beneficiario deve versare delle sportule agli altri dignitari. Le funzioni, chiamate anche axiai, sono accordate
tramite un ordine dellimperatore (axia dia logou).
b) La roga.
Uno stipendio o roga versato non solo ai funzionari, ma anche ai
dignitari: nel primo caso per il tempo durante il quale il beneficiario
in carica, nel secondo a titolo vitalizio, per quanto sussista un dubbio
nel caso in cui linteressato entri in un monastero. Catacalone Cecaumeno, brillante generale che aveva contribuito alla vittoria di Isacco
I Comneno, divenuto monaco al termine della sua vita, si lamentava
di non percepire pi la sua roga di curopalata. Questo reclamo sembra
implicare, a priori, che la roga avrebbe dovuto essergli versata, ma che
non lo fosse, sia per punire politicamente il vecchio generale, sia per
penuria di denaro nelle casse dello Stato, comera il caso sotto Michele VII.
Le rogai potevano essere cumulate. Erano distribuite una volta allanno, per Pasqua. Per tutte le rogai di importo pari o superiore a una
libbra doro, era limperatore in persona a corrispondere il dovuto al
funzionario, sottolineando cos il legame che univa il sovrano ai grandi
servitori dello Stato.
Le rogai erano versate sotto forma di borse piene doro dette
apokombia e di preziosi tessuti di seta, nonch talora di altri articoli di
lusso, fabbricati senza dubbio nei laboratori del Gran Palazzo. Era inoltre concesso un complemento in natura, sotto forma di rendita in moggi di grano. Lambasciatore Liutprando da Cremona assistette alla cerimonia dellanno 950 [cfr. cap. xii, pp. 319-20]. I funzionari al vertice della gerarchia ricevevano fino a 40 libbre doro, che cumulavano
con la roga delle alte dignit che avevano parallelamente ottenuto. Non
conosciamo perfettamente la scala delle rogai accordate alle differenti
dignit, rogai che sembrano essere rimaste stabili nel corso dei secoli
dal momento che gli imperatori preferivano accordare una promozio-
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lo, che aveva visto lo sviluppo dellappalto delle funzioni, offriva una
soluzione semplice, ossia la generalizzazione di tale appalto, che evitava allo Stato di ricostituire unamministrazione numerosa che i suoi mezzi finanziari, almeno sotto Alessio Comneno, non gli permettevano pi
di retribuire, dopo la perdita della maggior parte dellAsia Minore e le
devastazioni subite dalle zone che erano state riconquistate.
6. La Corte.
Intorno allimperatore vivevano permanentemente, con ogni verosimiglianza, alcune migliaia di cortigiani e di servitori. Questo ambiente
specifico non si identifica, bench vi fosse una sovrapposizione, con lamministrazione centrale, e si suddivide in numerosi sottogruppi. Si trattava di un microcosmo molto variegato e che non pu essere assimilato pi
di tanto alle corti europee posteriori, che avevano elaborato un vero e
proprio modus vivendi di Corte [Maguire 236; Magdalino 192]. Il pi influente dei gruppi era formato dai favoriti di ogni condizione, che limperatore riuniva intorno a s per governare ma anche per partecipare ai
suoi piaceri e ai suoi divertimenti. Spesso comprendeva parenti del sovrano, e sotto i Comneni ne era composto quasi esclusivamente. Una simile situazione era indubbiamente meno innovativa di come alcuni storici [per es. Kazhdan 424 e 808] lhanno dipinta, perch fin dallviii e dal
ix secolo la parentela imperiale dominava la Corte. Questa situazione era
in parte celata dal fatto che i cronisti non notavano sistematicamente tale relazione di parentela, poich non era ancora una condizione necessaria allascesa sociale come divenne poi sotto i Comneni.
Gli intimi dellimperatore condividevano ovviamente la sua tavola e
potevano accedere direttamente alla sua persona, ottenendo di conseguenza un elevato potere. Una parte di essi, naturalmente, occupava le
pi alte cariche dellImpero, ma si incontravano anche alti dignitari senza funzioni particolari.
Le donne erano presenti a Corte, ma in posizione secondaria, poich
non prendevano parte a tutte le cerimonie. Tuttavia, il funzionamento
regolare della Corte richiedeva la presenza di una imperatrice, visto che
proprio per questa ragione Leone VI, in quel momento vedovo, decise
di proclamare imperatrice sua figlia. Le donne dovevano la loro posizione a quella del marito, dal quale ottenevano indirettamente la propria
dignit. La magistrissa era semplicemente la moglie di un magistro. Un
unico titolo era riservato alle donne, quello di patrizia con cintura, ed
era distribuito con grande parsimonia [Oikonomides 28].
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ranza di introdursi ai pi alti livelli di Corte e di beneficiare della generosit imperiale. Tale speranza non era vana: limperatore Michele VI
Bringa era imparentato con Giuseppe Bringa, parakoimomenos sotto Romano II. Allo stesso modo, come si visto, Giovanni lOrfanotrofo riusc a portare sul trono il fratello Michele. Gli eunuchi provenivano dunque da tutti i livelli sociali.
zonara, Epitome historiarum, CSHB, III, a cura di T. Bttner-Wobst, Bonn 1897, pp. 766767 (N.d.T.).
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Gli Arabi, occupando dalla met del vii secolo la Palestina con Gerusalemme, la Siria con Antiochia e lEgitto con Alessandria, posero sotto la propria autorit tre delle sedi patriarcali dOriente. Roma, sempre
pi isolata a causa delle invasioni longobarde e slave, alla met dellviii
secolo mut la dominazione bizantina con quella carolingia. Constantinopoli rimase dunque presto lunica sede patriarcale in terra bizantina,
e impiant la sua autorit sui Balcani. Ora pi che mai il destino della
sua Chiesa, che aveva finito per coincidere con la Chiesa bizantina, si
leg a quello dellImpero e ne segu le fluttuazioni.
La fine dei grandi dibattiti teologici alla fine del ix secolo segn anche la fine dei concili ecumenici, espressione delluniversalit della Chiesa. Al brulichio intellettuale e alle esclusioni della cosiddetta epoca conciliare fa seguito, per Costantinopoli, una fase gestionale in cui il patriarca, fiancheggiato da un accresciuto clero patriarcale, tenta di
accompagnare levoluzione della societ e di rispondere ai suoi interrogativi, appoggiandosi ai metropoliti del sinodo permanente: lepoca sinodale, che pu essere ancora chiamata lepoca dellOrtodossia. Liturgia, diritto canonico applicato in uno spirito di economia piuttosto che
di acribia, cauta caccia alleresia modellano la facies di una Chiesa la cui
influenza va al di l delle frontiere, ma in cui si realizza difficilmente
lequilibrio dei poteri. Sempre pi distinta dalla Chiesa di Roma, che si
evolve in un altro contesto emancipandosi dai poteri laici e affermando
la propria cattolicit, ma sempre in comunione e dialogo con essa e con
gli altri patriarcati, la Chiesa di Costantinopoli e rimane una Chiesa
imperiale.
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i. il patriarcato.
1. Il territorio del patriarcato (vii-xii secolo).
Nel 640, il territorio del patriarcato di Costantinopoli corrispondeva alle tre diocesi civili che gli erano state assegnate nel v secolo. Organizzato in una rete di 33 province metropolitane o eparchie, con in pi
26 arcivescovati autocefali (ossia vescovati senza suffraganei, dipendenti direttamente da Costantinopoli), era essenzialmente anatolico, dal
momento che lAsia e il Ponto, per il numero e lantichit delle loro sedi, avevano un peso ben maggiore della Tracia, ridotta a 5 eparchie. La
sede di Roma, che faceva sempre parte dellImpero, aveva sotto la sua
giurisdizione lintera penisola balcanica, allora conosciuta come Illirico,
con leccezione della Tracia [Bavant in MB I, Carta 5, p. 327]. Questa
regione era divisa in Illirico occidentale, di tradizione essenzialmente
latina e facente parte dellImpero dOccidente, e in Illirico orientale,
amministrativamente connesso a Costantinopoli; sul piano ecclesiastico, tuttavia, lIllirico conserv la sua unit sotto la guida di Roma, il cui
primato si afferm nel v secolo tramite il vicariato della propria autorit, affidato al vescovo di Tessalonica.
a) Il decreto di Leone III.
Allinizio dellviii secolo, limperatore, avvalendosi dei propri diritti [Michel 304], prese un duplice provvedimento: trasfer sotto la giurisdizione ecclesiastica di Costantinopoli le Chiese dellIllirico orientale
(Dacia e Macedonia) e fece incamerare dal fisco imperiale i patrimoni
pontifici della Sicilia e della Calabria misura che implicava lannessione delle loro Chiese a quella della capitale. La perdita dei decreti imperiali impedisce di conoscerne la data, il contenuto esatto e le motivazioni; la migliore esposizione dei fatti data all860 ed dovuta a papa Niccol I, che pretendeva il ristabilimento del vicariato ecclesiastico di
Tessalonica e la restituzione del suo patrimonio italiano.
Leone, forse, cercava di rafforzare, sfruttando il fattore ecclesiastico, lautorit dellImpero su territori separati da Roma, in un caso dallespansione slava, nellaltro dai Longobardi di Benevento e dagli Arabi. Per quanto riguarda i Balcani, non sembra che i provvedimenti imperiali abbiano riguardato anche lIllirico occidentale, bench pi tardi
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Il patriarcato di Costantinopoli esce trasformato da questo rinnovato equilibrio tra Oriente e Occidente. Al posto duna sessantina di vescovi, perlopi orientali, ci si trova adesso di fronte a un centinaio di
presuli che, sotto limmediata giurisdizione del patriarca, inquadrano la
maggior parte dellImpero. Il territorio coperto da questa rete ha una
certa coerenza sul piano linguistico il greco vi si sta imponendo ovunque e dogmatico: globalmente popolato da ortodossi, e gli sforzi inutili di Fozio per ricondurre la Chiesa dArmenia e il suo catholicos nellorbita di Costantinopoli non hanno prodotto cambiamenti [Mah in
HC IV].
c) Gli sviluppi dal x al xii secolo.
La rete metropolitana e arciepiscopale ritoccata dallimperatore,
che ne ha il diritto [Michel 304], in funzione dellespansione o della contrazione territoriale dellImpero. Le numerose notizie episcopali, che
non hanno carattere ufficiale e risultano incomplete, per di pi di difficile datazione, e riflettono pi o meno correttamente la realt, possono
essere confrontate con le liste di presenza risalenti alle riunioni sinodali, ben datate, che si moltiplicano nellxi e nel xii secolo. Ci permette
di controllare, per momenti precisi, lesattezza di una parte delle informazioni veicolate dalle notizie.
Il x secolo, momento di espansione, vede pochi cambiamenti, salvo
la creazione della metropoli di Keltzene, e la promozione di una serie di
arcivescovati in metropoli, gli uni in Oriente (Amastri, Cone, Colonea),
dove fu promosso anche il vescovato di Pompeiopoli, gli altri in Occidente: Otranto (creato nel 968), Tebe, Serre; tali promozioni sono il segnale di unaumentata influenza locale. Nellxi secolo, il numero di metropoli si accresce considerevolmente, con la promozione, in date perlopi ignote, di 20 sedi arciepiscopali o episcopali, tra cui si segnalano
le metropoli di Alania e di Russia.
La promozione in metropoli di Attalia nel 1083-84 fu lultima di un
movimento che si era intensificato allinizio del regno di Alessio, e che
fin per provocare la reazione dei metropoliti, privati del territorio dei
loro vecchi suffraganei; un lungo tomo sinodale, promulgato dal patriarca Nicola III, dimostr ad Alessio I sulla base dei canoni e delle leggi
che le sue fondazioni, che separavano alcuni vescovati dalle loro metropoli, erano abusive. Prendendo atto di questa protesta senza per tornare sulle proprie creazioni, Alessio promulg nel 1087 un decreto imperiale [Dlger 48] in cui ammetteva che ogni nuova fondazione avrebbe dovuto essere il frutto di un accordo tra limperatore e il patriarca
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con il suo sinodo. Segu un netto rallentamento del movimento di fondazioni, ma lultimo quarto del xii secolo fu testimone di un nuovo sviluppo delle promozioni.
Il territorio del patriarcato di Costantinopoli, comera emerso dalla
riforma di Leone III, rimane dunque tutto sommato stabile, con leccezione dellItalia dove la conquista normanna ricolloc le Chiese di Calabria e di Sicilia nellambito della Chiesa romana. In compenso, si pu
riscontrare unevoluzione della sua suddivisione interna. Le perdite territoriali in Oriente non hanno fatto scomparire le circoscrizioni, molti
titolari delle quali, nominati senza soluzione di continuit, si ritrovarono a Costantinopoli. Occorre infine sottolineare una trasformazione i
cui effetti non sono ancora stati apprezzati: le riforme amministrative
dellImpero, in particolare lo sviluppo dei temi, hanno messo fine al parallelismo delle circoscrizioni politiche con quelle ecclesiastiche.
d) Il patriarcato e le Chiese nazionali.
Nel corso di questo periodo, e soprattutto a partire dalla fine del ix
secolo, la formazione dello Stato bulgaro, creato su un territorio sottratto allImpero, e la sua conversione al cristianesimo, posero il problema
dellaffiliazione ecclesiastica dei vescovati creati o ricreati in regioni la
cui dipendenza un tempo era divisa fra il patriarcato di Costantinopoli
e Roma [Hannick in HC IV]. Si cominci allora a pensare alla possibilit di creare patriarcati nuovi, distinti dai 5 patriarcati canonici. A partire dalla fine del ix secolo, i Bulgari privilegiarono la soluzione del cosiddetto patriarcato autocefalo, la cui suprema autorit era scelta localmente senza lintervento del patriarca di Costantinopoli. Ci
comportava dunque la formazione di una Chiesa nazionale. Dopo lannessione della Bulgaria nel 1018, il patriarcato fu soppresso e trasformato in arcivescovato, con sede a Ocrida, dotato di numerosi vescovati da Basilio II e presto divenuto appannaggio di Greci; i pi eminenti
furono Leone (1037-55), gi chartophylax, cui attribuita la famosa lettera a Giovanni di Trani del 1053, e Teofilatto (c. 1082 - aprile 1125),
gi diacono di Santa Sofia [Angold 260].
La questione di una Chiesa nazionale si pose anche per la Russia, ufficialmente convertita alla fine del x secolo ma al di l dei limiti dellImpero bizantino. Anche in questo caso la soluzione fu quella di un arcivescovato stabilito a Kiev, al quale furono sottoposti dieci suffraganei,
e che dipendeva da Costantinopoli [Vodoff 326]. In entrambi i casi, bulgaro e russo, indipendentemente o al di l dellappartenenza giuridica
al patriarcato di Costantinopoli, la traduzione in lingua slava dei testi
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Si tent di sovrapporre a questa definizione, sempre respinta da Roma, una definizione apostolica, fondata sulla leggenda dellapostolato di
Andrea [Dvornik 281]. Pi tardi, nel xii secolo, una nuova lettura della Donazione di Costantino effettuata da Balsamone avrebbe permesso
di recuperare altri aspetti storici [Spiteris 319; Angold 260], che a loro
volta condussero intorno al 1200 il patriarca Giovanni X Camatero a
tornare alle origini cristiane di Costantinopoli e dellImpero.
La titolatura del patriarca fa comparire la qualifica di ecumenico, che
sotto Fozio appare normativamente nel protocollo per rivolgersi al presule di Costantinopoli, ma continua a suscitare problemi con il papa. Cerulario sar il primo a farla figurare sui propri sigilli [Laurent 41, V, cap.
i, n. 16] che recano la formula ormai adottata: Per grazia di Dio arcivescovo di Costantinopoli, Nuova Roma, e patriarca ecumenico.
b) Lelezione.
Le modalit di elezione, fino a quel momento identiche a quelle dei
metropoliti, si fanno pi specifiche, fino ad arrivare a una procedura
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ben descritta nel Libro delle cerimonie (II, 14 e 38). I canoni dei concili di Nicea II (canone 3) e di Costantinopoli IV nell870 (canone 12) ricordano la regola del non-intervento delle autorit laiche nellelezione di un vescovo, ma il caso del patriarca particolare. La scelta di un
nuovo patriarca comportava tre fasi distinte. Alla base si collocava una
votazione (psephos) dei metropoliti presenti nella capitale, in seguito alla quale essi presentavano allimperatore una lista di tre nomi; il sovrano sceglieva quello che gradiva maggiormente, ne dichiarava il nome e
lo promuoveva al Palazzo della Magnaura, come ciascun altro funzionario, proclamando:
La grazia divina e il nostro potere che ne deriva promuovono il piissimo N.N.
a patriarca di Costantinopoli [De cerimoniis 205, II, pp. 14 e 38].
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sferimento da una sede allaltra proibito dal diritto canonico, e dunque gli eletti raramente erano gi vescovi. Si contano comunque sei casi tra il 715 e il 1204: per esempio Germano, vescovo di Cizico, divenuto patriarca nel 715. Fino allviii secolo, il reclutamento fu perlopi
effettuato tra il clero: 15 casi dal 705 al 1204, provenienti perlopi dal
clero di Santa Sofia. Vi furono anche dei laici: 6 dal 705 al 1204, come
Tarasio o Fozio, entrambi due ex protoasekretai. Il fatto pi notevole
per lo sviluppo del reclutamento monastico, in particolare dallambiente studita, privilegiato sotto i Macedoni: 5 casi prima dellviii secolo, 7
dall815 al 912, 4 nel x secolo, 14 nellxi e xii secolo.
d) Le funzioni.
I patriarchi erano definiti nellepoca precedente come autorit giuridiche sovrametropolitane, deputate a dirimere i conflitti sorti a livello metropolitano e a risolvere, con modalit collegiali, ogni problema,
dogmatico, liturgico o morale, che mettesse in causa lunit della Chiesa universale [Flusin in MB I]. La definizione continu a essere valida
anche oltre il vii secolo. Sul modello di ogni vescovo, il patriarca assicura i diversi aspetti della funzione spirituale e sacramentale: insegnare
la fede, proteggere gli ortodossi dalleresia e ricondurre gli eretici allortodossia, convertire i pagani, rendere i cristiani in grado di raggiungere
la vita eterna, prendersi cura dei peccatori e redimerli; a livello patriarcale, questa funzione comportava anche di rispondere alle domande esegetiche suscitate dal dogma, dal diritto canonico o dalla liturgia, e, sempre di pi, agli interrogativi nati dallevoluzione della societ.
Il patriarca poteva rispondere direttamente a singoli individui, inviare lettere di consolazione o raccomandazione, dare consigli, come si
evince dalla corrispondenza di Fozio o di Nicola Mistico; ogni questione importante, la cui soluzione poteva fare giurisprudenza, era studiata a livello sinodale. Dopo lepoca detta conciliare quella dei concili
ecumenici ai quali erano invitati tutti i vescovi a partire dal ix secolo
cominci dunque lepoca detta sinodale, poich lorgano di governo del
patriarcato fu il sinodo permanente dei metropoliti, che trattava dei soli
problemi della Chiesa bizantina, sempre sotto locchio dellimperatore.
3. Il patriarca e limperatore.
La cristianit una sola, ma comprende due ambiti. Date a Cesare
quel che di Cesare dice il Nuovo Testamento e a Dio quel che di
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Dio (Matteo 22.21). Sia limperatore sia il patriarca potevano rivendicare il primato, poich il patriarca un suddito dellimperatore, mentre
limperatore un figlio della Chiesa.
a) Armonia o rivalit?
In teoria, dunque, non ci poteva essere alcun conflitto, poich limperatore e la Chiesa servono lo stesso Dio, e lambito temporale e quello spirituale sembrano ben delimitati. Questo concetto alla base della
novella 6 di Giustiniano, risalente al 535: Dio ha dato agli uomini il Sacerdozio e lImpero (concepito come potenzialmente universale). Il primo si occupa dellambito spirituale, il secondo di quello temporale. Entrambi, procedendo da un unico e medesimo principio, rendono migliore la vita degli uomini [Dagron 206, p. 202]. Limmagine quella di
unarmonia tra due poteri che derivano dal medesimo principio e concorrono al medesimo scopo.
Fozio lautore dellunico testo che cerca di delineare gli esatti confini tra i due ambiti e di esplicitare le relazioni tra i due poteri. Si tratta dellIsagoge, introduzione alla raccolta di leggi dei Basilika, redatta da
Fozio intorno all880 [Dagron 206, pp. 203-7]. Non casuale che sia un
patriarca a sobbarcarsi il compito di razionalizzare i rapporti tra Stato
e Chiesa [ibid.], dal momento che lincertezza va a tutto vantaggio del
pi forte, ossia del basileus. I titoli II e III dellIsagoge descrivono i rispettivi poteri dellimperatore e del patriarca, questultimo presentato
come limmagine vivente e incarnata di Cristo, mentre limperatore,
con i suoi diversi obblighi concernenti la difesa della Chiesa, appare piuttosto come il suo servitore. Laccento, peraltro, sempre mantenuto sullarmonia dei due poteri: La pace e la felicit dei sudditi, nellanima e
nel corpo, risiedono nella concordia e nel completo accordo tra limperatore e il patriarca (Titolo III, 8). Questa specie di costituzione certamente non fu mai promulgata, poich dopo la sua assunzione al trono
Leone VI ottenne le dimissioni di Fozio, mostrando cos i reali rapporti di forza tra i due uomini.
Bisanzio non conobbe lequivalente della riforma gregoriana, perch la sede patriarcale era a pochi passi dal Palazzo imperiale e questo impediva, salvo rare eccezioni, qualsiasi politica personale del patriarca, mentre invece il papa beneficiava
della lontananza dallimperatore germanico. Tuttavia Michele Cerulario, appoggiato politicamente da uninfluente fazione della capitale, os sfidare Isacco Comneno portando dei calzari purpurei, pretendendo di dominare un imperatore che aveva contribuito a mettere sul trono, e reclamando lautonomia della Chiesa nel suo
ambito. Il sovrano lo fece arrestare (ma fuori dalla capitale, per timore di una rivolta), e la morte del patriarca evit un processo il cui esito inquietava Isacco. Gli al-
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tri conflitti che contrapposero imperatori e patriarchi non ebbero questa intensit.
Talora era limperatore che voleva sbarazzarsi di un patriarca nominato dal suo predecessore, come nel caso di Niceforo deposto da Leone V o Fozio da Leone VI, talaltra il patriarca si opponeva alla violazione del diritto canonico, come nel caso di
Nicola Mistico ostile al quarto matrimonio di Leone VI.
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tore epistemonarca. Con questo termine fino a quel momento si designava il monaco che, nei monasteri studiti, richiamava al dovere i confratelli negligenti, e in questo caso indica la responsabilit, attribuita allimperatore, di mantenere la Chiesa sulla retta via. Appoggiandosi al
clero di Santa Sofia, ostile alle pretese del patriarca e dei metropoliti da
cui era attorniato, Alessio I impone una riforma del clero sfidando lopposizione del sinodo (1107). Manuele I, che riprende le ambizioni religiose di Leone VI, redige omelie, simmischia nelle diatribe teologiche,
convoca sinodi che, sotto la sua presidenza, pronunciano anatemi (processo di Nifone o Panteugeno) o impongono scelte teologiche (sinodo
del 1166 su il Padre pi grande di me).
4. Lamministrazione patriarcale.
a) La sede del patriarcato.
Nel vii secolo, il Patriarcheion, residenza del patriarca e della sua
amministrazione, si trasform fissandosi e sdoppiandosi [Janin 574, pianta, p. 61]. Si stabil definitivamente sullAugusteo, a sud di Santa Sofia
con cui era comunicante. Il lungo edificio del palazzo propriamente detto ospitava numerosi uffici (in particolare due sekreta) e tribunali, e poteva accogliere sinodi e ricevimenti; vi si aggiunsero dei nuovi appartamenti nellxi e nel xii secolo. Non lontano dal palazzo, il triclinio del
Thomaites ospitava la Biblioteca patriarcale e grandi sale che facilitavano la riunione dei sinodi. Il patriarcato disponeva di rendite, principalmente immobiliari, la cui gestione spettava a differenti uffici (scrinia) la
cui competenza era definita su base geografica. Siamo per scarsamente informati sullevoluzione di questi scrinia e sul considerevole patrimonio del patriarcato, costituito sia da botteghe costantinopolitane, sia
da vasti possedimenti sparsi per lImpero. Almeno una parte delle rendite serviva ad alimentare le opere di carit del patriarcato. Diverse chiese di Costantinopoli erano poste sotto lautorit diretta del patriarca,
come SantIrene e la Theotokos delle Blacherne, ma Santa Sofia costituiva la chiesa cattedrale per eccellenza, il cui splendore e i rituali impressionavano tanto i Bizantini quanto gli stranieri.
b) Il clero patriarcale.
Si intende con questo termine il clero che serviva la Grande Chiesa,
e che per questo riceveva un salario. I suoi imponenti effettivi erano sta-
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[Oikonomides 28]. Il sacellario cura le finanze di Santa Sofia; il protonotario un segretario del patriarca; il logoteta ha soprattutto il compito di pronunciare discorsi in occasione di festivit, mentre lipomnematografo, che compare nel x secolo, in quellepoca un ufficiale di
giustizia e successivamente diviene il secondo del chartophylax; il kanstresios deputato al vestiario liturgico; il referendario, forse, ancora
lintermediario fra il patriarca e limperatore. La lista non menziona il
sincello, che si tende erroneamente a considerare come il successore ufficioso del patriarca [Darrouzs 279]. Nel x secolo, linfluenza crescente dellimperatore si manifesta in due tendenze: la nomina imperiale
dei principali arconti in particolare leconomo e lo skeuophylax e la
scelta frequente di laici al posto di ecclesiastici; questo interesse imperiale indubbiamente dettato dalla premura di controllare la ricchezza della Chiesa. Nel 1057, Isacco Comneno restitu al patriarca il diritto di decidere le nomine per tutti gli uffici patriarcali e rinunci a
ogni ingerenza nellamministrazione dei beni ecclesiastici, una decisione che liber il patrimonio della Chiesa e rese al patriarca mano libera
sul suo governo.
Nel turbolento contesto degli inizi del suo regno (confisca dei beni
ecclesiastici, processo di Giovanni Italo), Alessio Comneno pubblic nel
1094 un prostagma che chiarifica lorganizzazione del patriarcato e mette in luce levoluzione che era destinata a dare un ruolo eminente al chartophylax [Darrouzs 279; Angold 260]. Si nota che il patriarcato comprendeva cinque dipartimenti i cui responsabili avevano funzioni precise riguardo agli interessi della Grande Chiesa: il grande economo, il gran
sacellario, il grande skeuophylax e il preposito del sacello o sakelliou.
Daltro canto, il quinto arconte, il chartophylax, oltre al potere che deteneva a Santa Sofia, di cui era larchivista, era definito la bocca e la
mano del patriarca; lo rappresentava nel governo spirituale della Chiesa e ci giustificava agli occhi dellimperatore il fatto che, con buona pace dei metropoliti, il chartophylax, pur essendo un semplice diacono,
avesse la precedenza su tutti, metropoliti inclusi. Il sakelliou aveva giurisdizione sui luoghi di culto e i loro cappellani. Questo prostagma mostra una tappa ulteriore nellevoluzione degli uffici patriarcali. Non si
tratta pi, chiaramente, di servizi domestici; la definizione del chartophylax come il delegato del patriarca consolida il potere centrale della Grande Chiesa, conferendo agli arconti patriarcali la posizione di
struttura intermediaria tra il patriarca e il sinodo.
Il maestro (didaskalos) del Salterio, il maestro del Vangelo e il maestro dellApostolo [cfr. cap. xiv, pp. 390-91], anchessi scelti tra i diaconi, forse in base a una iniziativa di Nicola Grammatico (1084-1111)
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appoggiata da Alessio Comneno, sono annoverati tra gli arconti patriarcali, dove, secondo Michael Angold, sarebbero divenuti, a causa delle
loro conoscenze scritturali, come i cantori dei patriarchi, dei quali redigevano elogi (enkomia). In seno al clero patriarcale si svilupparono lotte di potere, alle quali i summenzionati maestri non furono estranei; e
tale clero poteva anche costituire per il potere imperiale un prezioso alleato contro la potenza dei metropoliti e la loro aumentata presenza a
Costantinopoli [Tiftixoglu 323].
Negli anni seguenti, si possono notare numerose trasformazioni nellambito degli arconti, come lingresso dei maestri nella loro gerarchia,
la specializzazione del sacellario nella gestione dei monasteri sempre pi
assediati dal problema del patronaggio laico, o ancora lo sviluppo nel xii
secolo del protekdikos che presiede il tribunale ecclesiastico dellekdikeion, competente sulle questioni interne, sulle questioni dasilo a Santa Sofia e sulla liberazione degli schiavi [Macrides 299]. Gli atti imperiali e patriarcali, che riguardano pi diffusamente il clero di Santa Sofia, rivelano anche la lotta contro varie forme di cumulo delle cariche,
contro la venalit, gli scambi, il favoritismo, contro lesercizio di certi
mestieri da parte del clero, come nel 1157 sotto Luca Crisoberge; chiaro che laumentato potere degli arconti comportava spiacevoli risvolti.
I commentari canonici che si sviluppano nel xii secolo mostrano per
che la posizione degli arconti nella struttura della Chiesa bizantina non
era ancora ben definita a livello canonico. La loro maggior importanza
fu infatti la conseguenza pratica dello sviluppo della funzione patriarcale e di una crescente centralizzazione nel governo della Chiesa.
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A partire dallxi secolo, la questione del potere allinterno della Chiesa sub un mutamento e fu risolta dallautorit imperiale. Si sono gi
menzionate le tensioni che si manifestarono tra il corpo dei metropoliti, gelosissimi dei propri diritti sulla rete delle metropoli e sui loro suffraganei, diritti compromessi nel 1087 da Alessio Comneno [Darrouzs
244], e il corpo degli arconti patriarcali, in particolare il chartophylax e,
attraverso lui, i diaconi che detenevano le principali funzioni. Il rafforzamento del corpo degli arconti contribu ad assicurare la loro indipendenza nei confronti del sinodo dei metropoliti, fino a divenirne in una
certa misura il contrappeso, al punto che Jean Darrouzs si spinto a
parlare di una certa separazione tra legislativo ed esecutivo nel governo della Chiesa bizantina. In maniera parallela, la funzione del patriarca oscill tra laffermazione di una superiorit, ovvero la concretizzazione di un primato che gli avrebbe assicurato il controllo dellelezione
dei metropoliti, e lesercizio della collegialit.
chiaro che lequilibrio dei poteri nel governo della Chiesa costitu
un problema difficile da gestire. Lo fu a maggior ragione, sia in quanto la soluzione dipendeva in grande misura dai diritti dellimperatore
nella Chiesa, diritti ai quali si rispose con labbozzare una sorta di regalit del patriarca [Dagron 206], sia in quanto le diatribe sul potere del
patriarca nella sua Chiesa furono accompagnate dalle diatribe con Roma sulla sua posizione nella Chiesa universale [Peri 308; Gahbauer 284;
Herrin 269].
2. Le norme dellortodossia bizantina.
Il patriarca di Costantinopoli era vincolato a testi che definivano il
dogma della Chiesa, inquadravano la sua organizzazione e fissavano le
norme della vita dei cristiani; questinsieme di definizioni, canoni ecclesiastici e disciplinari non proveniva dal patriarca, ma fino al termine
del ix secolo era stato elaborato nel quadro dei concili ecumenici e a questo materiale si erano poi aggiunte le leggi varate dallimperatore in virt
delle sue competenze ecclesiastiche [Congourdeau 268]. Il patriarca di
Costantinopoli non era dunque la fonte diretta dei testi che regolamentavano la sua Chiesa, ma in compenso ne era il garante ed era tenuto a
farli applicare, a spiegarli, eventualmente a interpretarli e a risolvere i
casi dubbi, esercitando questa competenza con il sinodo permanente.
cos che la giurisprudenza e lesegesi dei testi antichi, a opera esclusiva
della Chiesa di Costantinopoli, plasmarono e unificarono la sua Ortodossia e lortoprassia dei suoi fedeli. Una storiografia dura a morire, che
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trascura o ignora la straordinaria diversit delle Chiese primitive, tende a drammatizzare la differenziazione della Chiesa greca e di quella latina vedendovi lombra o la realt di uno scisma.
a) Gli ultimi concili universali.
Due concili detti ecumenici si riunirono ancora nel vii e nellviii secolo per porre fine alle ultime grandi discussioni cristologiche. La definizione (horos) del sesto concilio ecumenico, riunito a Costantinopoli
nel 680-81 (Costantinopoli III) respinse il monoenergismo e il monotelismo [Flusin in MB I], e le sue decisioni furono ufficialmente ratificate
dallautorit imperiale. Tale concilio, per, ebbe luogo quando le invasioni arabe avevano gi separato la Siria dallImpero, e un certo numero di melchiti del patriarcato di Antiochia, in particolare i monaci del
convento di San Marone, restarono legati al monotelismo, e alla met
dellviii secolo gettarono le basi di una Chiesa detta maronita che si dot
dun patriarcato [Dagron in HC IV]. Il concilio in Trullo, riunito a Costantinopoli nel 691 (e designato come Quinisesto a partire dal xii secolo, per il fatto che aveva completato lopera del quinto e del sesto concilio), fu solo parzialmente riconosciuto da Roma, poich parecchi dei
suoi canoni erano contrari alla disciplina romana.
Nel 787, il settimo concilio ecumenico di Nicea (Nicea II) si riun
per annullare il concilio di Hieria, sedicente concilio ecumenico che nel
754 aveva proclamato liconoclasmo: lhoros che fu letto il 6 ottobre 787
ammette e giustifica la venerazione non ladorazione (latreia) delle
immagini. I sette concili ecumenici erano oggetto di feste, distribuite
nel corso dellanno liturgico, in occasione delle quali erano lette le loro
definizioni, come per esempio il caso, a partire dall843, della prima
domenica di Quaresima, durante la quale viene letto il synodikon dellOrtodossia. Diversi ulteriori concili si tennero a Costantinopoli alla fine del ix secolo nellambito della crisi foziana, come il concilio dell861
detto Primo-secondo perch si svolse in due fasi (giudiziaria e canonica), riunito per deporre il patriarca Ignazio e che non fu riconosciuto da
Roma, o ancora il concilio dell869-70, incaricato di riconciliare ignaziani e foziani, e del quale la Chiesa bizantina non accolse i canoni.
b) Il Nomocanone.
Il diritto ecclesiastico, che regola il clero e i laici, nel mondo bizantino deriva da una duplice fonte, i canoni dei concili ecumenici e le leggi imperiali; nomos e canone si influenzano e si compenetrano in un equi-
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librio talora difficile [Beck 263; Macrides 300; Troianos 324; Schminck
255; Pitsakis 269; Beaucamp 269]. Di ci un perfetto esempio il diritto matrimoniale. Il diritto canonico bizantino, assai eterogeneo, fu inizialmente una massa sovrabbondante in cui, a fianco dei canoni promulgati dai concili ecumenici, figuravano i canoni degli Apostoli, i canoni
dei concili locali anteriori al 325, nonch le prescrizioni di alcuni Padri
della Chiesa, e infine costituzioni e novelle promulgate dagli imperatori, in particolare Giustiniano.
A partire dalla fine del vi secolo erano comparse, a titolo pi o meno privato, le prime raccolte sistematiche di canoni [Van der Wal 88],
tra cui il Syntagma (ci che radunato e disposto in maniera ordinata,
redatto intorno al 580), che si presentava come un repertorio di canoni
organizzato in 14 titoli suddivisi in capitoli classificati per soggetto. Il
repertorio era seguito da una collezione che forniva il testo completo degli stessi canoni. Tale raccolta, intorno al 615, fu sviluppata in una nuova opera che incorporava, organizzandoli sotto i medesimi titoli e capitoli, canoni ecclesiastici ed estratti di leggi che concernevano argomenti di interesse per la Chiesa. Questopera fu conosciuta con il nome di
Nomocanone dei 14 titoli: si trattava di una collezione privata che non
doveva la sua autorit a una condizione o a un redattore ufficiale, ma
alle autorit che di volta in volta avevano originariamente promulgato i
canoni e le leggi che lo componevano [Stolte 322]. Poco tempo dopo,
il canone 2 del concilio in Trullo stabil una lista di canoni passibili di
accettazione nella Chiesa bizantina: questa fu una tappa importante nella formazione del diritto canonico orientale, che stava gi prendendo
una certa distanza dallOccidente, poich il patriarcato di Costantinopoli cercava di sancire e imporre le proprie tradizioni, senza tener conto delle pratiche delle Chiese vicine, e senza esitare a criticarle in caso
di divergenza.
Il corpus ufficiale dei canoni di origine ecclesiastica si arricch fino
alla fine del ix secolo: i 102 canoni che, nel concilio in Trullo, riguardavano chierici, laici e monaci, alle prese con le conseguenze problematiche del vii secolo [Nedungatt 256; Dagron in HC IV], furono completati o ripresi dai 22 canoni del concilio di Nicea II, che contribuirono a
loro volta a regolare le conseguenze pratiche delliconoclasmo: vi vengono menzionati il ruolo dei potenti e del denaro nonch la questione
della cultura degli ecclesiastici. I 17 canoni del concilio Primo-secondo
dell861 sono dedicati ai monaci e ai sacerdoti. Due dei tre canoni del
concilio dell879 riguardano esclusivamente i vescovi. Nell882-83, questi 144 nuovi canoni furono integrati in una nuova edizione del Nomocanone, sintesi del diritto canonico bizantino che nel xii secolo era at-
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degli imperatori e dei patriarchi. Tra queste novit non c niente che
riguardi le dottrine dualiste, le deviazioni mistiche o gli errori dei Latini, considerati per certi versi come affari esteri, e non vi sono nemmeno riferimenti al monofisismo dei giacobiti e degli armeni, che nel
frattempo era divenuto un problema interno.
In compenso, il testo del nuovo Synodikon condanna diversi pensatori non conformisti. Giovanni Italo, accusato di professare opinioni
eretiche, e costretto nel 1076 a redigere una professione di fede ortodossa, fu infine anatematizzato, interdetto dallinsegnamento e rinchiuso in un monastero nel 1082, sotto Alessio I [cfr. cap. xiv, pp. 389-90;
Clucas 701; Gouillard 804]. Laccanimento del basileus lascia trapelare
motivi non dottrinali: fattori politici legati a una nuova dinastia, divisioni in grembo alla Chiesa, volont dei Comneni di estirpare ogni dissidenza intellettuale. Poco tempo dopo, Nilo di Calabria, asceta autodidatta, e Eustrazio, discepolo pentito di Italo, metropolita di Nicea e consigliere di Alessio, furono accusati di applicare la dialettica alla riflessione
cristologica, pratica che era stata proibita dal primo anatema contro Italo [Gouillard 719].
Nel 1143, due vescovi di Cappadocia furono condannati per bogomilismo insieme a un monaco, Nifone, che aveva preso le loro difese; il
patriarca Cosma II, che aveva rifiutato di anatematizzare Nifone, fu deposto. Nello stesso periodo scoppiarono altre polemiche. Una era incentrata sul fatto di sapere a chi offerto il sacrificio del Cristo, se solamente al Padre o alla Trinit. Nel 1156, il sinodo concluse che offerto alla Trinit; un arconte promosso patriarca di Antiochia, che
difendeva la posizione opposta e proponeva uninterpretazione simbolica delleucaristia, fu deposto nel 1157, in occasione di un sinodo tenuto alle Blacherne e presieduto da Manuele I [Congourdeau 696]. La frase di Cristo il Padre pi grande di me riguarda linferiorit di Cristo in quanto uomo o in quanto Figlio di Dio? Per rispondere a tale
questione, importata dallOccidente, Manuele I, in occasione di un sinodo nel 1166, impose un editto in cui si affermava che Cristo inferiore in quanto uomo [Mango 743]; due teologi recalcitranti di fronte a
questa idea furono condannati nel 1170 e 1171. Un ultimo problema era
incentrato sulla questione se il corpo di Cristo nelleucaristia fosse il suo
corpo resuscitato oppure il suo corpo corruttibile al momento della cena. Un sinodo riunito nel 1200 non arriv a risolvere la controversia. La
presa di Costantinopoli da parte dei Latini spense la diatriba, che pure
conobbe delle recrudescenze sotto lImpero di Nicea [Magdalino 193;
Congourdeau 696].
Come ha dimostrato Jean Gouillard, il Synodikon fin cos per assu-
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mere la fisionomia di un memoriale per cos dire domestico degli affari propri della Chiesa bizantina, e il sinodo permanente, autore delle
varie aggiunte, poteva atteggiarsi a successore ed erede dei grandi concili ecumenici anche se questo non aveva impedito allimperatore di
atteggiarsi contemporaneamente a epistemonarca della Chiesa [Magdalino 192; Dagron 206; Angold 260]. Nel xii secolo, i dibattiti dogmatici interni alla Chiesa bizantina avevano rivelato che essa limitava la propria missione, sul piano della fede, alla conservazione di una teologia
clericale, impedendo ogni accesso al dogma ai laici e ai filosofi, in netto contrasto con la parallela fioritura della teologia occidentale.
Il Synodikon nella sua seconda forma traccia i contorni di unortodossia bizantina dai tratti ben specifici.
3. Il rito di Santa Sofia.
Oltre al suo ruolo essenziale di culto reso a Dio [cfr. cap. xiii, p. 344],
capace di contribuire alla diffusione del dogma o del diritto canonico
[Konidaris 296], la liturgia della Grande Chiesa contribu anche allaffermazione, a Costantinopoli, del patriarca, le cui cerimonie corrispondevano alle cerimonie imperiali. Non un caso se i riti della Grande
Chiesa svolsero un ruolo importante, a fianco delle innovazioni studite, nello slittamento liturgico tra le usanze di Gerusalemme e quelle
di Costantinopoli che ebbe luogo nel ix e x secolo [Pott 757]. Tali riti
si fissarono in questepoca e, bench non esista un De cerimoniis del patriarca, perlomeno si possono conoscere le norme liturgiche grazie a una
serie di libri comparsi allora, come il Typikon, il Sinassario, lEucologio,
ai quali si aggiungono diverse raccolte innografiche: Triodion, Pentecostario, Ottoeco, Parakliton [Taft 762; Mateos 252]. Rituale, colore, oro,
luci e musica fecero di Santa Sofia un luogo che, pur non essendo ancora il cielo, sicuramente non era nemmeno pi la terra, e contribuirono,
anche grazie alla traduzione in slavonico dei testi liturgici greci, al prestigio del patriarcato di Costantinopoli nelle Chiese del mondo slavo.
NellImpero rimaneva uneffettiva variet di usanze liturgiche, come testimonia la diversit dei typika e degli eucologi, ma alle tradizioni antiche se ne sovrappongono di nuove (preghiere o pratiche) che rivelano
linfluenza di Costantinopoli.
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momento che, perlopi, risulta privilegiata la diarchia Roma-Costantinopoli. Nel ix secolo, Teodoro di Studio afferma ancora che il potere
di legare e sciogliere (Matteo 16.19) stato affidato ai successori degli Apostoli, ossia alle cinque sedi patriarcali che formano il corpo a
cinque teste (pentakoryphon soma) della Chiesa. Ogni patriarca amministra la propria circoscrizione e, per gli affari comuni, occorre laccordo degli altri quattro.
Quando scoppiarono dei conflitti con Roma, come al tempo di Fozio, i patriarchi della Nuova Roma cercarono il sostegno dei loro colleghi orientali. Nel 1054, Michele Cerulario cerca ancora una volta
alleati contro Roma presso i patriarchi orientali: in una lettera dichiarava che questi gli dovevano obbedienza giacch il papa si era separato dalla loro comunione. Questa operazione fu resa pi facile dal fatto che Antiochia era stata riconquistata nel 969, e ci permetteva di
mantenere sotto lo stretto controllo di Costantinopoli la nomina dei
suoi patriarchi, con laccordo dellimperatore. In particolare, essi furono spesso scelti tra le fila del clero della Grande Chiesa, anche se alcuni di essi erano originari della Siria, come Pietro di Antiochia (10521056); daltra parte, nel 1027, limperatore Costantino VIII ottenne
che il patriarca di Gerusalemme fosse elevato dal basileus e non pi dal
califfo fatimida.
La formazione degli Stati latini dOriente complica la situazione. Le
relazioni spesso difficili tra il principato di Antiochia e il regno di Gerusalemme fanno s che i titolari greci solo di rado siano autorizzati dai
sovrani franchi a risiedere nella loro circoscrizione, e debbano dunque
restare a Costantinopoli nelle residenze monastiche loro assegnate dagli imperatori.
2. Roma e Costantinopoli.
a) I motivi di dissenso.
La rottura del 1054 tra Roma e Costantinopoli costituisce latto finale dun lento processo di allontanamento [Dagron in HC IV]. Tale allontanamento spiegato da una serie di differenze culturali: Occidentali e Orientali non parlano la stessa lingua, e i problemi di traduzione
inaspriscono i contrasti gi esistenti. Anche le due tradizioni teologiche
sono divergenti, in quanto i Padri greci testimoniano una visione pi filosofica, mentre i Padri latini una visione pi giuridica.
Tra le questioni in causa, la pi conosciuta laggiunta in Occiden-
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te, sotto i Carolingi, del Filioque al simbolo della fede. Il problema, sollevato da alcuni monaci palestinesi al tempo delliconoclasmo [Herrin
269] e poi da Fozio nel contesto dellevangelizzazione rivale delle popolazioni slave da parte delle due Chiese, comporta una dimensione liturgica e una dimensione teologica (i Latini aggiungono al simbolo della fede, il Credo, che lo Spirito procede dal Padre e dal Figlio, mentre per i
Greci procede solamente dal Padre), in quanto le due formulazioni corrispondono a due differenti comprensioni del mistero trinitario.
Pi delicata la questione del primato del papa, nella quale si scontrano due diverse visioni della Chiesa. In Occidente, il primato fondato sulla persona dellapostolo Pietro, al quale Cristo ha dato la missione di fondare la sua Chiesa. I vescovi di Roma ritengono di aver ereditato un ruolo particolare di guardiani della fede in qualit di successori
di Pietro, e appoggiano le proprie pretese alla presenza a Roma delle reliquie di Pietro e Paolo. Ne risulta unecclesiologia universalista che d
unautorit particolare al titolare della sede di Roma. La riforma gregoriana dellxi secolo, con il dictatus papae di Gregorio VII, proclama un
diritto dingerenza del papa negli affari delle altre Chiese: si tratta di
una visione giuridica del primato romano. In Oriente, si ritiene invece
che la cura della Chiesa sia stata affidata al collegio degli Apostoli, dei
quali Pietro il primo; la sede di Costantinopoli, Nuova Roma, riceve
gli stessi privilegi della Vecchia Roma secondo il canone 28 del concilio
di Calcedonia, il quale spiega che Roma aveva ricevuto delle prerogative in qualit di citt imperiale. Questa visione politica inaccettabile
per Roma, poich giustifica il fatto che la sede di Costantinopoli possa
godere dei medesimi privilegi, in qualit di nuova capitale. Tale disaccordo una fonte di conflitti.
A ci si aggiungono divergenze liturgiche (nelleucaristia i Latini utilizzavano pane azzimo, i Greci pane lievitato) e disciplinari (celibato
progressivamente imposto ai sacerdoti latini, regole di digiuno), per non
parlare di una serie di lagnanze minori e di malintesi [Kolbaba 295].
Prima della crisi foziana, le frizioni non impediscono che Roma rappresenti per gli Orientali la possibilit di un ricorso contro le posizioni
imperiali o patriarcali: al tempo delle crisi monotelita e iconoclasta, gli
oppositori (Massimo, Teodoro di Studio) si rivolgono al papa. Perlopi,
tra laltro, le relazioni tra le due sedi sono armoniose: nel ix secolo Metodio, un greco, fratello di Costantino-Cirillo, inviato da papa Adriano II a organizzare, per conto di Roma, la Chiesa di Moravia.
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rimanere. Tra il 1054 e il 1204 furono effettuati numerosi passi per cercare di ristabilire la comunione. Gregorio VII cerca di radunare delle
truppe per soccorrere i cristiani dOriente minacciati dai Turchi, e questa mossa, che condurr alla I crociata, rinnovata da Urbano II. Mercenari latini e mercanti italiani possono vivere in pace nella capitale fino al massacro del 1182. Le crociate, per, avvelenano le relazioni e la
polemica comporta la diffidenza reciproca tra gli oltranzisti delle due
parti. La IV crociata e il sacco di Costantinopoli rendono infine lUnione delle Chiese una mera utopia.
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taccata, a partire dalla fine dellxi secolo, dallintervento dellimperatore nella scelta dei prelati.
Il metropolita in primo luogo il vescovo di un capoluogo di provincia. designato dal patriarca a partire da una lista di tre nomi presentati dai soli metropoliti, ed sempre il patriarca che lo consacra. Il metropolita assistito nel suo compito dal clero della cattedrale e, sul modello dellamministrazione patriarcale, da arconti provinciali, in
particolare da un economo (funzione obbligatoria dopo il concilio in Trullo per garantire una buona amministrazione dei beni delle Chiese). Le
metropoli pi agiate si dotano di maestri e di servizi amministrativi gestiti principalmente da diaconi. Limportanza locale di tali arconti va
crescendo, man mano che i metropoliti passano sempre pi tempo a Costantinopoli. Il metropolita deve riunire una volta lanno il sinodo provinciale (canone 8 in Trullo, e canone 6 di Nicea II), non pi due volte
comera stato previsto dai primi concili, e ci a causa dei costi e delle
invasioni. Il canone 37 del concilio in Trullo, che concerne i casi dei vescovi allontanati dalle loro sedi a causa delle invasioni, mantiene il rango gerarchico di questi presuli non residenti, e ci permette loro di procedere a delle ordinazioni. La stessa economia adottata da Manuele Comneno in riferimento alla conquista turca e al gran numero di
vescovi che non potevano o non volevano recarsi alla sede di cui erano
titolari, e che vengono autorizzati a risiedere a Costantinopoli. Tali misure, che tengono conto delle difficolt incontrate dai vescovi, ma molto meno di quelle del loro gregge, spiegano per certi versi limpressione
di abbandono in cui versano le eparchie in terra islamica.
Il vescovo responsabile degli affari spirituali e temporali della Chiesa nella sua diocesi. Il vescovo ha autorit sul clero e sui monasteri che
dipendono da lui, peraltro sempre meno numerosi giacch le nuove fondazioni monastiche sono generalmente poste sotto la dipendenza diretta del patriarca, quando non siano semplicemente indipendenti. Il presule ha giurisdizione sulle controversie tra ecclesiastici e laici, e sulle
questioni tra laici quando sia richiesto il suo arbitrato. Si pronuncia su
diverse questioni canoniche, come gli impedimenti del matrimonio. Deve anche istruire il suo gregge: la predicazione uno dei suoi principali
doveri, nonch suo privilegio perch nessuno, nemmeno un altro vescovo, pu predicare nella diocesi senza la sua autorizzazione. Inoltre lunico a preparare il myron, lolio profumato utilizzato per il battesimo,
la consacrazione di un altare o la dedicazione di una chiesa. Veglia infine sullamministrazione dei sacramenti.
Il vescovo spesso invischiato in problemi economici che gli impediscono di consacrarsi ai suoi doveri spirituali e amministrativi. Vi fu-
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Il concilio in Trullo, nel 692, esclude i laici da questa funzione e raccomanda ai predicatori di ricavare le proprie omelie dai Padri: linsegnamento patristico formava come un filtro obbligato tra la Scrittura e il
fedele, o addirittura il clero (canone 19). In seguito, alcuni vescovi continuano a scrivere omelie (Germano di Costantinopoli nellviii secolo,
Fozio nel ix, Eustazio di Tessalonica nel xii), ma allo stesso tempo vengono a formarsi delle raccolte di omelie patristiche, a beneficio dei predicatori, organizzate secondo il ciclo dellanno liturgico. Lo stesso patriarca di Costantinopoli fa ricorso, a partire dal xii secolo, a un Omeliario patriarcale alimentato da alcuni patriarchi competenti.
Listruzione del popolo ha sempre preoccupato imperatori e patriarchi, ma la misura pi spettacolare quella adottata da Alessio Comneno con il suo editto del 1107 [cfr. cap. xiv, p. 390]. Per parte loro, i vescovi sono invitati a visitare le proprie diocesi e a delegarvi sacerdoti
qualificati per la predicazione [Gautier 248; Darrouzs 279].
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prima linea contro i monofisiti. Niceforo, alla fine del suo regno, avrebbe tentato di ricondurre i giacobiti allortodossia. Il loro patriarca, imprigionato a Costantinopoli, fu poi liberato da Tzimisce. Lelemento armeno daltro canto si rafforz quando truppe armene furono stanziate
in tutto lOriente, senza contare lannessione dei regni armeni. Nella regione di Antiochia, delle frizioni occasionali contrapponevano i calcedoniani, il cui numero era probabilmente aumentato, i giacobiti e gli Armeni.
Le tensioni si acuirono nellxi secolo, quando Romano III, frustrato
dal suo fallimento in Siria, fece convocare il patriarca giacobita a Costantinopoli e lo esili. Sotto Costantino X, in seguito a un nuovo innalzamento della tensione, la gerarchia giacobita fu nuovamente convocata a Costantinopoli per obbligarla invano a riconoscere Calcedonia. Nel 1063 fu dato lordine di cacciare i monofisiti da Melitene, e il
sinodo ordin che i libri dei Siriani e degli Armeni fossero bruciati. Lanno seguente, il patriarca giacobita di Antiochia mor nel corso del proprio trasferimento a Costantinopoli, e il metropolita giacobita di Melitene fu condannato allesilio. La conquista turca e linsediamento dei
Latini ad Antiochia non posero fine alle discussioni. Manuele Comneno, desideroso di arruolare tutti i cristiani nella sua lotta contro i Turchi, e di affermare la sua autorit sulla Piccola Armenia, favor i contatti con la Chiesa armena allora stabilita in Cilicia: nel 1171 limperatore
attendeva dagli Armeni il riconoscimento dellortodossia calcedoniana,
e nel 1177 riconosceva la loro riunione allortodossia [Aug 690]. Secondo il concilio armeno di Cilicia nel 1178, il catholicos aderiva alla fede calcedoniana in cambio della sua nomina a patriarca di Antiochia da
parte dellimperatore, e alla fusione delle due gerarchie. Questo tentativo di riavvicinamento estremamente politico, tuttavia, fin nel nulla
alla morte di Manuele.
2. I movimenti settari.
Lortodossia, peraltro, affronta una nuova sfida: una serie di movimenti settari non caratterizzati dalle deviazioni dogmatiche ma da pratiche che rivelano lesistenza di corpi estranei refrattari a certe forme
di ellenizzazione e di bizantinizzazione [Gouillard 287]. Tali movimenti riguardano popolazioni perlopi non ellenofone, che popolano le frange orientali (Frigia, Licaonia, Armenia) o settentrionali (Balcani) dellImpero.
Questi movimenti settari, uniti dalla tendenza al sincretismo e al ri-
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fiuto dellortodossia, si suddividono in due grandi categorie: le sette giudaizzanti e le sette dualiste. Dalla nebulosa giudaizzante [Dagron 273],
caratterizzata dalla contemporanea osservanza della legge giudaica e dei
riti cristiani, si distinguono i montanisti che forse in questepoca sono degli ebrei battezzati a forza o tentati da un sincretismo giudeo-cristiano [Sharf 315] e gli atingani, le cui pratiche presentano un sincretismo tra giudaismo (shabbat), samaritanesimo (rifiuto della resurrezione), cristianesimo (battesimo) e paganesimo (magia, culto degli astri). La
confusione delle fonti, distorte da secondi fini politici (in questa maniera Niceforo I fu accusato di favorire gli atingani e Michele II di farne
parte) ha indotto Paul Speck a supporre che gli atingani fossero una
creazione artificiale degli eresiologi bizantini [318]. Dopo il ix secolo,
montanisti e atingani scompaiono quasi del tutto dalle fonti.
I dualisti [Christian Dualist 266] costituiscono un pericolo permanente, sotto forma di ondate settarie che scatenano una reazione brutale.
Per i Bizantini, non c alcun dubbio sulla derivazione manichea di tali sette (Anna Comnena, Alessiade, 14.8.3 e 15.8-10). parimenti costante lamalgamazione tra dualisti e messaliani, secondo la pratica di
ricondurre a uneresia antica ogni eresia nuova. La pratica della dissimulazione, attestata presso i manichei, i pauliciani e i bogomili, ha potuto suscitare il sentimento di una filiazione e il timore di una sovversione sotterranea [Dagron in HC IV] che spiega la violenza della reazione.
Le fonti bizantine, che mescolano osservazioni dirette e stereotipi,
fanno trasparire una mescolanza di dualismo teologico (due divinit, due
mondi) pi o meno radicale e di pratiche che esprimono il rifiuto della
mediazione ecclesiale (clero, sacramenti, immagini). Tuttavia a volte esse interpretano come dualismi dottrinali anche semplici movimenti spiritualisti che cercano solo una risposta allo scandalo del Male nel mondo [Garsoian 285].
Lortodossia bizantina dovette affrontare due grandi movimenti dualisti. I pauliciani [Astruc 676], adepti di un sincretismo manicheo-cristiano, apparvero nellImpero bizantino nel vii secolo. La repressione
scatenata nel ix secolo caus la formazione di uno Stato pauliciano che
fu difficile da sopprimere [cfr. cap. ii]. Pietro di Sicilia fu inviato a Tefrice per negoziare uno scambio di prigionieri, e le ricerche che vi svolse sono allorigine della nostra conoscenza della setta. Ai pauliciani fece seguito il pericolo bogomilo [Rigo 311]. Nel x secolo, il prete Cosma
menziona il successo di un movimento predicato da un tal Bogomil in
Bulgaria [Vaillant 765]. Tale movimento sembra essere nato dallincontro tra missioni dualiste, forse pauliciane, con un movimento di rivolta
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contro la tutela del patriarcato di Costantinopoli e limposizione del modello culturale bizantino. Nellxi secolo il pericolo penetra nellImpero
con i fundagiagiti, attivi nei monasteri orientali. Alla fine del secolo, il
proselitismo bogomilo coinvolge i circoli aristocratici di Costantinopoli, scatenando una forte reazione di Alessio I che culmina nellarresto
di Basilio, il capo della setta, arso sul rogo nel 1099. Linterrogatorio di
Basilio da parte di Eutimio Zigabeno, leresiologo ufficiale, una delle
fonti principali su questo bogomilismo bizantino. In seguito, i bogomili continuano a turbare la vita della Chiesa bizantina, sia nelle province
che nella capitale. Alcune fonti occidentali lasciano supporre che nel xii
secolo sia avvenuto uno scisma tra dualisti moderati (un principio del
male subordinato al principio del bene) e dualisti radicali (due princip
uguali), i quali sarebbero stati allorigine del movimento cataro in Occidente [Hamilton 266]. Laccusa di bogomilismo, pi o meno fondata,
rimane unarma contro tutti i dissidenti.
3. Gli ebrei.
La situazione legale degli ebrei fissata dal Codice giustinianeo [Rabello 310], ripreso nei Basilika. Gli ebrei sono tollerati, e come tali protetti contro le estorsioni; possono esercitare liberamente la loro religione e nessuno li pu obbligare a trasgredire alle loro usanze; ogni questione interna di competenza dei tribunali giudaici. In compenso, non
possono esercitare il bench minimo proselitismo, n perseguitare chi di
loro si faccia cristiano. La costruzione di nuove sinagoghe, ufficialmente proibita, in pratica tollerata. Chi esorta i cristiani a convertirsi al
giudaismo punibile con la morte.
La legislazione ecclesiastica cerca di separare le due comunit per
prevenire ogni rischio di sincretismo: c la proibizione dei matrimoni
misti, del ricorso a medici ebrei, dellastenersi dal lavoro il sabato, di
partecipare alle feste giudaiche, di pregare in una sinagoga. La sorte degli ebrei dellImpero, pur non essendo invidiabile, comunque meno
tragica di quella degli ebrei dOccidente [De Lange 707]. Se si eccettuano le violenze del vii secolo, pi politiche che religiose [Sharf 315], lOriente cristiano medievale non sembra aver conosciuto veri e propri pogrom. Alcune iniziative locali, tuttavia, come quella di Nicone il Metanoita a Sparta nel x secolo, condussero allespulsione temporanea?
degli ebrei da una citt, non senza lopposizione di una parte dei notabili. Nel xii secolo, Beniamino di Tudela ha lasciato una descrizione delle comunit ebraiche dellImpero, allapparenza prospere.
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La vita religiosa delle comunit ebraiche pu essere evocata solo sommariamente [Starr 518; Sharf 316 e 315]. La novella 146 di Giustiniano rivolta a comunit che parlano greco, ma nei secoli seguenti ci sar
un ritorno allebraico: nella Geniza di Il Cairo sono stati trovati documenti bizantini in ebraico. Le relazioni tra gli ebrei bizantini e i loro
correligionari dellOccidente, di Gerusalemme, del Cairo o di Bagdad
sono attestate da corrispondenze personali, di affari e tra intere comunit.
Notevole la presenza di numerosi caraiti (i caraiti rifiutano il Talmud
limitandosi alla Bibbia) giunti dalla Palestina nel x secolo. Questa comunit annovera dotti come Tobia ben Moses di Costantinopoli (xi secolo) o Tobia ben Eliezer di Castoria (xii secolo). Costantinopoli teatro di controversie tra rabbaniti e caraiti, che talora raggiungono un livello violento, come nel 1092 a proposito del calendario. La presenza di
questi caraiti pu spiegare la tendenza antitalmudica dei formulari dabiura pi tardi [Ankori 687].
I Bizantini si considerano come il nuovo popolo eletto, e presentano
Costantinopoli come la nuova Gerusalemme [Flusin 712]. Secondo questo schema, il popolo ebraico destinato a convertirsi alla fine dei tempi. I tragici avvenimenti del vii secolo in Oriente, e unabbondante letteratura apocalittica, spiegano forse la decisione di Eraclio di imporre il
battesimo agli ebrei dOriente. Il tentativo di conversione fu rinnovato a pi riprese da vari imperatori: Leone III, Basilio I e Romano Lecapeno, tutti imperatori che cercavano di affermare la propria legittimit.
Si trova uneco del decreto di Basilio nella storia di Ahimaatz di Oria,
citt dellItalia bizantina che ospitava unimportante comunit ebraica.
Lautore ricorda che un suo antenato usc vittorioso da una controversia con il vescovo locale e che pi tardi fu trattato con rispetto dallo stesso imperatore.
Le conversioni forzate sono malviste da un parte della Chiesa, da
Massimo il Confessore nel vii secolo fino a Gregorio di Nicea nel ix. Nel
suo Trattato sul battesimo dei Giudei, scritto intorno all878-79, Gregorio condanna severamente liniziativa imperiale, che rischia di mescolare dei criptogiudei alla comunit dei fedeli.
Sono del vii secolo una profusione di dialoghi giudaico-cristiani che
non cercano tanto di convertire gli ebrei, quanto piuttosto di distogliere i cristiani dallattrattiva dellebraismo [Olster 750]. La maggior parte dei testi costituita da ricostruzioni fittizie che seguono tutte pressappoco lo stesso scenario: pretesa provocazione dellebreo, discussione
pubblica, conversione dellebreo. Solo la Doctrina Jacobi rispecchia probabilmente un confronto reale che ebbe luogo intorno al 634 tra un ebreo
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n. 383), manuale a uso dei cristiani, traspaiono di volta in volta la condiscendenza verso una religione primitiva e la prudenza verso la religione dei governanti. Nella generazione successiva Teodoro Abu Qurrah,
discepolo di Giovanni, scrive decine di opuscoli apologetici [Griffith
720].
Nello stesso mondo bizantino la conoscenza dellIslam sembra molto limitata, nonostante i contatti con i mercanti o i prigionieri musulmani. Nel ix secolo Michele III, dopo aver ricevuto alcune lettere di teologi musulmani che attaccavano il cristianesimo, incaric Niceta di Bisanzio di rispondervi. Nella sua Esposizione dimostrativa il letterato greco
non cerca di convertire, ma di abbagliare i musulmani con la dialettica
bizantina. La sua Risposta agli Agareni respinge lidea che le vittorie degli Arabi provino la superiorit della loro religione. Nella Confutazione
del Corano utilizza una delle prime traduzioni greche di questo testo. La
polemica cristiana sviluppa tradizionalmente alcune tematiche costantemente ripetute: la crudelt, raccomandata da Maometto che incitava
a versare il sangue, e la lussuria connessa alla poligamia e alla concezione del Paradiso [Khoury 294].
La polemica pu arrivare allinsulto. Nel ix secolo, Giorgio Monaco
si scaglia contro la follia, la demenza grottesca di questo mago scellerato (Maometto). Questi rapporti conflittuali non impediscono che,
occasionalmente, vengano stretti legami pacifici tra cristiani e musulmani. Nicola Mistico dichiara al califfo di Damasco che cristiani e musulmani devono nutrire sentimenti fraterni. I musulmani visitano i Luoghi
Santi del cristianesimo, in particolare allepoca degli Omayyadi. Compaiono fenomeni di sincretismo: una decisione sinodale del xii secolo
evoca il costume degli Agareni di far battezzare i figli da sacerdoti ortodossi per evitare che siano posseduti dal demonio e puzzino come cani [Grumel 51, Regestes 1088]. Alcuni di questi musulmani erano nati
da una madre cristiana, nellAsia Minore conquistata dai Turchi.
Bernadette Martin-Hisard responsabile delle pp. 99-106 e 109-20, Marie-Hlne Congourdeau delle pp. 106-9 e 120-35.
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vi. Lamministrazione imperiale
i. la fiscalit.
1. I fondamenti.
La forza dellImpero consiste nel mantenimento di un sistema fiscale sufficientemente efficace da assicurare il sostentamento di eserciti numerosi, almeno fino al 1204. Non cera un budget previsionale come
negli Stati moderni, ma limperatore conosceva in maniera approssimativa lammontare degli introiti che si doveva aspettare. Nicolas Oikonomides ha avanzato lidea che, tra lAntichit e il Medioevo, si sarebbe passati dalla tassazione di ripartizione a quella di quotit. Nel primo
caso, i consiglieri finanziari dellimperatore stabilivano il livello dei bisogni per lanno seguente e la somma era in seguito ripartita tra le diverse province, che a loro volta redistribuivano lammontare richiesto tra le
diverse citt. Nel sistema medievale invece, per quel che sappiamo,
le tasse erano riscosse in funzione delle capacit contributive di ognuno,
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secondo un tariffario che variava a seconda delle province ma che, grosso modo, permetteva di stabilire lammontare delle imposte in funzione
della ricchezza di ciascun contadino, ossia dalla superficie di terra arabile che questi poteva coltivare, dipendente essa stessa dalle modalit di
coltivazione di cui disponeva. Una simile contrapposizione comunque
esagerata, dal momento che la fiscalit egiziana mostra come il tasso dimposta non variasse di anno in anno, e come fosse gi in uso un sistema vicino a quello dellepoca medievale [Zuckerman 330]. In realt, la continuit a dominare tutta lepoca medievale, per quanto con modalit che
variano nel tempo. Le necessit fondamentali dello Stato sono coperte
dallimposta fondiaria di base, e le spese straordinarie sono alimentate
con misure accessorie, definite estorsioni dai testi, ripartite su una data popolazione. a tale pratica che fa riferimento Cecaumeno nei suoi
Raccomandazioni e consigli, quando invita i figli a non ricoprire delle funzioni fiscali, perch sarebbero indotti a favorire parenti e amici o finirebbero per essere accusati di farlo [Cecaumeno 415, 100].
I funzionari del fisco della capitale conoscevano dunque in anticipo
il livello degli introiti, che variavano poco nel corso degli anni, salvo catastrofi naturali o avvenimenti bellici. comunque naturale che, a lungo andare, le variazioni dipendessero dalla demografia che a sua volta
determinava la superficie utilizzata delle terre. Per questo motivo si pu
supporre che gli Isaurici fossero meno favoriti rispetto agli imperatori
del x e xi secolo. La pressione fiscale poteva anche variare a seconda delle necessit. Gli imperatori inclini alle grandi operazioni militari, che
esigevano permanentemente un numero imponente di effettivi, com
il caso di Niceforo Foca, erano costretti ad aumentare le tasse con leffetto, nel caso di Foca, di procurarsi una reputazione odiosa. Lo Stato,
infatti, ignora il credito, e ci spiega, in caso di assoluta urgenza, limpiego di metodi contestabili: per esempio, lannullamento di privilegi
precedentemente concessi o la confisca del patrimonio degli avversari
politici, come avvenne nella seconda met dellxi secolo, o tra le due prese di Costantinopoli a opera dei Latini.
Le fonti non forniscono stime sullammontare annuale degli introiti
fiscali, e i ricercatori contemporanei devono ricorrere a congetture. Uno
studioso, per esempio, lha valutato a 5 o 6 milioni di nomismata allepoca di Giustiniano, un altro li stima, intorno all800, meno di due milioni con ogni probabilit [Hendy 651, p. 172] e anche cos sembra eccessivamente ottimista. In seguito il totale crebbe notevolmente sotto i
Macedoni, e senza dubbio ulteriormente sotto i Comneni giacch la perdita dellaltopiano anatolico era compensata dalla conquista dei Balcani e dal dinamismo delleconomia.
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La nozione di un budget statale evidentemente anacronistica, poich ogni istituzione pubblica era indipendente e possedeva beni fondiari o risorse fiscali destinate a sopperire alle spese della sua amministrazione, persino con la possibilit di un avanzo. per questo motivo che
la direzione di un servizio statale, un sekreton o un oikos, offriva una
prospettiva di rapido arricchimento. Niceforitza, ministro di Michele VII, fu torturato a morte dagli uomini di Botaneiata per costringerlo
a restituire il maltolto. Alcuni sekreta furono anche distribuiti a titolo
di liberalit imperiale, per il fatto che procuravano delle rendite. Lex
imperatrice Eudocia Macrembolitissa ricevette cos le rendite di tre di
essi, rendite che sembrerebbero essere state considerevoli, nellordine
di parecchie centinaia di libbre doro [Attaleiata 59, p. 217].
La struttura di base per la riscossione delle tasse aveva cessato di essere la citt, le cui istituzioni erano in dissoluzione gi nel secolo precedente ed erano quasi scomparse nella tormenta del vii secolo, e si era naturalmente identificata con il villaggio. I contadini, che in questepoca
erano senza dubbio per la maggior parte proprietari delle loro terre, erano collettivamente responsabili del pagamento delle tasse, cosa che non
costituiva una novit, e lammontare delle imposte dovute era registrato in un kodix provinciale, una copia del quale era conservata nella sede del genikon nella capitale. Quando un contadino fuggiva e abbandonava la propria terra, i vicini pagavano la sua quota di tasse e avevano
dunque ogni interesse a coltivare i suoi campi per far fronte a questo
carico supplementare. Un simile sistema garantiva allo Stato delle entrate stabili, ma funzionava solamente a patto che il numero dei contribuenti restasse alto in rapporto a quelli che erano scomparsi, dimodoch la pressione fiscale si mantenesse a un livello sopportabile [cfr.
cap. x, p. 255]. Quando non era cos, lesattore concedeva uno sgravio
temporaneo.
I proprietari erano responsabili del pagamento delle tasse al punto
che liscrizione a tale titolo nel registro fiscale costituiva una presunzione di propriet sulla terra in questione. Quando leconomia latifondistica fu divenuta predominante [cfr. cap. x, pp. 256-58], il contadino trasformato in pareco non era pi in rapporto diretto con il fisco, ma continuava a pagare le tasse con lintermediazione del suo proprietario, che
faceva in modo di includerle, insieme allaffitto vero e proprio, nel canone versatogli dal pareco. Tale evoluzione si tradotta nella comparsa dei praktika, documenti in cui sono determinati i limiti del latifondo,
enumerati i contadini che lo coltivano, con una breve descrizione della
composizione della loro famiglia e delle terre coltivate, e precisata la lista delle tasse dovute. Eventualmente si aggiungono i vantaggi fiscali
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lattestazione dei protonotari tematici, ai quali fu devoluta questa funzione. Bisogna per riconoscere che le nostre conoscenze sui meccanismi finanziari dei secoli bui sono ancora troppo imperfette per arrivare
a una conclusione definitiva su tali questioni.
3. Le imposte complementari.
Oltre allimposta di base, i contribuenti erano sollecitati anche quando bisognava finanziare spese straordinarie, come lequipaggiamento di
un esercito per opporsi a uninvasione nemica imprevista, nonch per
spese ricorrenti, come le corves, laccoglienza dei funzionari e le varie
sportule. Tra questi oneri, il mitaton o accoglienza dei soldati e degli ufficiali costituiva uno dei pi gravosi e dunque dei pi temuti. Questo
il motivo per cui figura al primo posto tra le servit cui domandavano
lesenzione i contribuenti influenti, in particolare i monasteri. I contadini erano colpiti da numerose corves, come la manutenzione delle strade e dei ponti, la costruzione di fortezze
Lo Stato si sforzava di moderare gli effetti negativi di queste imposizioni supplementari, talora designate con il significativo nome di epereiai o estorsioni, delimitandole con grande precisione: per esempio,
nel corso dun anno un funzionario poteva insediarsi in casa di un contribuente, o alloggiare a spese di questo, solo per un numero determinato di giorni. Tali misure lasciavano ci nondimeno adito ai peggiori abusi fiscali. Bisogna guardarsi bene dal contrapporre epoche in cui gli imperatori sarebbero riusciti a diminuire gli abusi ad altre in cui i sovrani
avrebbero dato prova di lassismo. Senza dubbio gli imperatori isaurici,
o Andronico Comneno tra 1183 e 1185, presero delle misure rigorose,
ma la corruzione rimase sempre a livello endemico, anche se qualche
esattore si distinse per abusi particolarmente gravi. Gli eccessi, per,
conducevano a confische a danno degli esattori pi avidi o maldestri, e
a rivolte dei contribuenti che talora massacravano il colpevole.
Cerano anche alcune imposte che non gravavano sulla terra, tra le
quali la pi conosciuta il kommerkion, attestato a partire dallviii secolo. riscosso da un commerciario, che per non lerede diretto dei
commerciari dellepoca alta [cfr. sopra], e si applica a tutte le transazioni mercantili al tasso normale del 10%. Sotto i Comneni, i Latini ottennero una riduzione sostanziale e, nel caso dei Veneziani, una soppressione di questa tassa, permettendo cos una concorrenza sleale e scontentando i mercanti bizantini. Il pagamento, di norma, era suddiviso a
met fra acquirente e venditore.
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4. La pressione fiscale.
La pressione fiscale ha subito delle variazioni nel corso dei secoli,
anche se le condizioni tecniche dellagricoltura hanno certo impedito
evoluzioni troppo marcate. I cronisti sono sensibili agli aumenti delle
tasse, che evidentemente scontentano i contribuenti. Sembra che tali
aumenti, sempre in relazione con limpegno militare, siano stati percepibili dapprima sotto Niceforo I, che difatti annull degli sgravi concessi precedentemente da Irene, desiderosa di crearsi un partito fedele, poi sotto Niceforo Foca, che impose a ogni categoria di soldati un
carico fiscale superiore al passato e fece finanziare il resto delle spese
militari a coloro che non partivano per il fronte, e infine sotto Alessio
Comneno, a corto di denaro allinizio del suo regno. Si possono solo fare ipotesi sui periodi di alleggerimento fiscale, con leccezione del caso
noto di Irene. possibile che la svalutazione monetaria dellxi secolo
sia stata favorevole per i contribuenti, almeno in un primo tempo, prima che lo Stato vi adattasse i suoi meccanismi di esazione [Morrisson
663]. In compenso, risulta sospetta lidea che il vii e lviii secolo siano
stati unet doro fiscale per i contadini bizantini, giacch proprio questo periodo corrisponde a uno sforzo bellico considerevole per assicurare la sopravvivenza dellImpero. I contadini hanno peraltro sicuramente beneficiato di un prelievo minimo sulla produzione, dal momento che non dovevano pi vettovagliare le citt, allora in pieno declino.
A titolo di semplice ipotesi, ci si potrebbe domandare se non sia stata
la rendita dei proprietari a fare le spese degli adeguamenti fiscali
[Zuckerman 330]. Il vii e lviii secolo potrebbero aver conosciuto un
altissimo livello di prelievo statale, inevitabile a causa delle spese, a
prezzo di un calo della rendita, che spiegherebbe la presunta minore
proporzione di grandi proprietari in questepoca; in seguito, con il ritorno della sicurezza e lacquisizione di qualche progresso agricolo, la
possibilit di una rendita pi cospicua avrebbe di nuovo reso attraente la grande propriet.
Nellxi-xii secolo, la quota delle tasse rappresentava tra un quarto e
un terzo abbondante del reddito dei contadini, a seconda che fossero locatari, e che disponessero di appezzamenti pi o meno grandi. Tali calcoli rimangono comunque semplici stime [Oikonomides 328, pp. 129135].
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5. Lesenzione fiscale.
Lestensione delle esenzioni (o exkousseiai, dal latino excusare, dispensare da un obbligo) ha provocato discussioni tra i bizantinisti, perch alcuni vi hanno visto uno dei tratti pi importanti della feudalit
bizantina e sono arrivati a fare paragoni con limmunit occidentale
[Ostrogorsky 460]. La realt sembra piuttosto differente, dal momento
che fino alla fine dellxi secolo, di norma, limposta di base, la pi importante, stata raramente oggetto di esenzione, fatti salvi gli sgravi
temporanei accordati quando un disastro aveva provocato la distruzione dei raccolti. Alcuni monasteri, vero, ottennero dei logisima (la concessione da parte dellimperatore di una somma pari alla tassa da pagare, che dunque ne risultava annullata) su una parte modesta dei loro beni. Alcune categorie della popolazione, come gli ecclesiastici o, nel x
secolo, alcuni funzionari palatini, hanno beneficiato di privilegi globali. Altri sono stati scusati perch assolvevano altri obblighi, come gli
exkoussatoi del dromo, che mantenevano i cavalli della posta imperiale
[Oikonomides 328].
Le esenzioni dalle tasse straordinarie sono in compenso ben attestate a partire dallxi secolo, quando la nostra documentazione si fa pi ricca. Si pu chiaramente evincere, sulla base dei registri di possedimenti
laici conservati, che un proprietario, quando si innalza nella scala sociale, come il gran domestico di Alessio Comneno, Gregorio Pacuriano, o
quando fa parte dellaristocrazia fin dalla nascita, come Andronico Duca, cugino di Michele VII, allora riesce a ottenere delle esenzioni importanti. I monasteri influenti, come quelli del Monte Athos, riescono
anchessi a strappare privilegi, a forza di maneggi nella capitale. I beneficiari se ne avvantaggiavano per attirare nei loro possedimenti la manodopera, sempre rara, essendo in grado di offrire ai contadini condizioni migliori rispetto ai propri concorrenti tassati per intero. Potendo
cos mettere a coltura pi terreni, si arricchivano pi rapidamente.
I privilegi legati a dei beni erano ereditabili, e, con la moltiplicazione delle donazioni imperiali (finalizzate a procurarsi dei fedeli, in particolare in periodi di instabilit politica), le perdite del fisco dovettero
accrescersi regolarmente. Due movimenti, daltro canto, ostacolavano
questa espansione. Alcuni imperatori abolivano o riducevano i vantaggi concessi dai predecessori, come nel caso di Isacco Comneno che, di
fronte alla casse vuote del Tesoro, dovette ricorrere a questa misura che
lo rese impopolare e contribu alle sue dimissioni, poich toccava laristocrazia e i monasteri della capitale. Su scala pi modesta, ma pi si-
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stituzione della pronoia inquadra definitivamente questa pratica. Si tratta dellattribuzione vitalizia, da parte dellimperatore, di una rendita
statale (imposta fondiaria di un terreno, diritti doganali ecc.) a un personaggio, non necessariamente un militare, in ricompensa di servizi resi o da rendere, se non addirittura a titolo di semplice liberalit imperiale. Lo Stato non abbandona dunque i suoi diritti teorici e pu riprendersi il suo bene nel caso il servizio in questione non sia reso. Lo Stato
concede perlopi una quantit di tasse che i contribuenti non versano
pi allesattore, ma al pronoiaro; e pu eventualmente accordare delle
donazioni di pareci; ovvero, i pareci che lavorano sulle terre dello Stato e pagano contemporaneamente una tassa e un affitto pi o meno fusi nello stesso versamento, il pakton, adesso versano la somma al beneficiario della pronoia [Kazhdan 389].
Lo Stato evitava cos ogni intermediario tra il contribuente e il funzionario, in un momento in cui cercava di ridurre il costo dellamministrazione. Il beneficiario si vedeva procurate rendite pi regolari, perch se le procurava egli stesso. In precedenza, non era raro lamentare
gravi ritardi nel versamento delle rogai, che condussero a ribellioni militari, in particolare durante la crisi monetaria della seconda met dellxi secolo, mentre non si notano simili movimenti presso i pronoiari,
prima del 1204.
In linea di principio, per il contribuente non cambiava nulla, in quanto lagente del pronoiaro si sostituiva al funzionario del fisco. Il versamento delle tasse a un privato non era una pratica radicalmente nuova,
poich la tecnica del logisimon o del solemnion autorizzava il beneficiario a percepire per proprio conto le imposte dovute per i suoi possedimenti terrieri, che cos dunque aumentavano notevolmente la propria
rendita.
I primi casi noti di pronoia hanno riguardato alcuni parenti stretti di
Alessio Comneno, i suoi fratelli Isacco e Adriano e suo cognato Niceforo Melisseno. Quando i monaci di Lavra, sul Monte Athos, appresero
che avrebbero dovuto pagare le tasse a Isacco, fratello di Alessio, divennero inquieti per il timore di essere espropriati dei beni a profitto di
Isacco, e per rassicurarli ci volle la garanzia dellimperatore che le cose
non stavano affatto cos. I pronoiari non avevano il diritto di modificare il tasso dimposta, ma il contribuente non aveva pi legami diretti con
lamministrazione fiscale centrale.
Nel corso del xii secolo, la pronoia si diffuse per pagare i funzionari,
in particolare i soldati [cfr. cap. vii, pp. 185-86], per somme molto pi
modeste di quelle accordate ai membri della famiglia imperiale. Questi
ultimi peraltro continuarono a riceverne, com il caso del cesare Gio-
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vanni Rogerio nella regione di Strumitza o del cesare Ranieri di Monferrato, genero di Manuele Comneno, che ottenne le tasse di Tessalonica. A paragone dellexkousseia, la pronoia aveva il vantaggio di essere
commisurata alla durata del servizio reso. Era per sua natura vitalizia e
non trasmissibile. Quando un funzionario non risultava soddisfacente,
gli veniva ritirata.
A lungo andare, tuttavia, il fisco rischiava di rimetterci, soprattutto
in caso di espansione economica. Se al pronoiaro veniva assegnato un
villaggio, questultimo poteva svilupparsi nel contesto favorevole del xii
secolo, dimodoch il pronoiaro vedeva aumentare le proprie rendite senza che lo Stato gli riprendesse le eccedenze, perch i funzionari incaricati della perequazione fiscale nelle province, gli exisotai, passavano solo di rado nei villaggi. Se, per disgrazia, le rendite del pronoiaro non corrispondevano pi a quanto gli era dovuto, questi non mancava di
rivolgersi al fisco per farsi integrare la pronoia. Infine, poteva stabilirsi
una relazione di dipendenza tra un grande pronoiaro e i suoi contribuenti, cosa che dava al primo uninfluenza sociale suscettibile di essere esercitata a discapito dellimperatore. I pronoiari pi importanti mantenevano unamministrazione parallela i cui responsabili ottenevano, tramite il proprio capo, varie dignit imperiali e si facevano rispettare con
guardie del corpo. Queste amministrazioni finivano dunque per sostituirsi a quella statale, e davano loro unautorit diretta sui sudditi del
basileus. Nel 1204, dopo la caduta di Costantinopoli, questi grandi pronoiari negoziarono spesso la loro resa di fronte ai conquistatori latini,
come nel caso del Peloponneso. La pronoia conobbe unevoluzione che
accentuava i suoi inconvenienti e fin tardivamente per divenire ereditaria, ma solo dopo il 1204.
7. Il ruolo dello Stato nelleconomia.
Per il tramite della fiscalit, lo Stato prelevava una parte della produzione e disponeva duna gran quantit di denaro contante, che non
solo costituiva il suo principale strumento dinfluenza sociale ma ne faceva anche, necessariamente, il primo attore delleconomia bizantina.
inutile insistere sulla sua funzione di redistribuzione per mezzo del
versamento delle rogai e pi tardi della concessione delle rendite. Il ruolo dello Stato nelleconomia stato oggetto di interpretazioni divergenti. Nessuno difende pi lidea di uno Stato che controllava gli scambi,
eccezion fatta per qualche prodotto strategico, come le armi, il legno
da costruzione e i tessuti di porpora. Lo Stato si limitava a regolare i
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mercati, compresi quelli concessi a potenze straniere (Bulgaria o principato di Kiev, emirato di Aleppo, pi tardi Venezia). Si ignora per
quale parte rappresentasse il mercato nel contesto degli scambi. La risposta deve essere calibrata a seconda delle epoche. Prima del x secolo, lo Stato sembra intervenire per stimolare il grande commercio reso
letargico dalle circostanze. Pu essere spiegato cos il prestito forzato
imposto agli armatori da Niceforo I [cfr. cap. xii, p. 317]. Leconomia
di mercato, se possiamo concederci questo anacronismo, vede aumentare la propria importanza nel corso dei secoli, con limpiego ritrovato
della moneta e, senza dubbio, laccrescimento delle eccedenze agricole che provoca, indirettamente, un nuovo sviluppo delle produzioni di
lusso. Questo sviluppo non impedisce peraltro la sopravvivenza del baratto, anche nellepoca in cui la monetarizzazione pi avanzata [Saradi 329]. La parte sempre pi importante che svolsero negli scambi i
mercanti italiani, i migliori rappresentanti di questa libert di scambio,
caratteristica di tale evoluzione. Angeliki Laiou accetterebbe lipotesi alta di una parte del 40% occupata da prodotti non agricoli nel
contesto della parte monetarizzata delleconomia del xii secolo [612,
p. 691]. Lo Stato interviene nel commercio degli oggetti di lusso, sia
come committente sia come fornitore sia, infine, come regolatore. Le
sete tessute nel laboratorio del blattion sotto lautorit di un arconte
costituiscono una risorsa politica e diplomatica. Il valore dei beni preziosi stoccati nelle riserve delleidikon o dei vestiaria, il pubblico e il privato, tutti situati nel Gran Palazzo, era sicuramente considerevole, salvo in tempo di crisi. La legislazione interviene per far rispettare una
concorrenza leale, in particolare per evitare che i magnati o i ricchi proprietari privino gli artigiani di materie prime o invadano il mercato con
i propri prodotti, o ancora non volgano a proprio profitto lorganizzazione delle fiere.
Come ha ben sintetizzato Laiou nel suo contributo allEconomic History of Byzantium [612, pp. 681-96] sugli scambi non commerciali, i doni degli imperatori ai sovrani stranieri comportano a volte somme considerevoli, in beni preziosi o in contanti, e raggiungono lequivalente di
parecchie centinaia di migliaia di monete doro, mentre le somme registrate nei contratti italiani tra commercianti nel xii secolo si esprimevano ancora in centinaia o al massimo migliaia di iperperi.
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ii. la legge.
Limperatore resta lunica fonte delle leggi, alle quali non personalmente sottoposto (princeps legibus solutus est), con leccezione delle consuetudini locali che sono utilizzate per difetto, relativamente a questioni secondarie, quando non contraddicano la legislazione imperiale. Limperatore affida a dei professionisti, come i questori, la redazione dei testi
giuridici. A questa attivit legislatrice si aggiungono le numerose risposte alle questioni di diritto sollevate dai funzionari dellImpero. Queste
lyseis costituiscono la giurisprudenza. Ci si interrogati sullinfluenza
della cristianizzazione sullevoluzione del diritto bizantino. Dopo aver
stimato in passato che tale influenza fosse nettamente percepibile a partire dallepoca di Giustiniano, oggi gli specialisti sono pi prudenti, considerando che le pratiche sociali e le tradizioni, talora ereditate dallantichit pi remota, hanno anchesse influenzato il diritto imperiale, al
punto che difficile determinare i vari apporti [Beaucamp 269]. In alcuni ambiti tuttavia, come il diritto matrimoniale, linfluenza della Chiesa si manifesta nella riduzione delle possibilit di divorzio, e si accresce
al punto che le controversie in questo ambito furono progressivamente
risolte solo davanti a tribunali ecclesiastici.
1. I codici.
a) LEcloga.
LEcloga (scelta di leggi) costituisce il primo tentativo di rinnovamento globale della legge in vigore dal tempo di Giustiniano. Non
un caso se fu promulgata nel 741, quando si affermava il potere degli
Isaurici. molto breve rispetto al Codice giustinianeo, ma i suoi 18 titoli affrontavano i principali aspetti della vita quotidiana. LEcloga fu
accresciuta di appendici che riprendevano testi anteriori, tra cui la Legge agraria. Questa non un testo imperiale, daterebbe allepoca di Giustiniano II, comprende 85 articoli e tratta di problemi pratici del mondo rurale, come il furto di bestiame, lo spostamento di recinti, i danni
al raccolto. La popolarit di questopera fu tale che il suo contenuto
venne incorporato nellHexabiblos, compilazione del giurista Costantino Armenopulo risalente al xiv secolo. La Legge militare ricorda che i
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soldati sono immuni dalla giurisdizione civile, salvo in caso di adulterio, e tratta principalmente delle punizioni da infliggere ai soldati colpevoli di diserzione, insubordinazione o saccheggio. Le Legge rodia concerne le questioni marittime, e annovera delle clausole che regolano la
spartizione dei profitti tra lequipaggio e larmatore. In questi casi, linfluenza del cristianesimo si fa sentire nella relativa moderazione delle
punizioni, in cui alla pena capitale si sostituiscono le mutilazioni, o, al
contrario, riducendo i casi in cui un matrimonio o un fidanzamento potevano essere rotti.
b) I Basilika.
Lusurpatore Basilio I, desideroso di atteggiarsi a buon sovrano, affront il problema del riordino delle leggi e decise di rielaborare un nuovo codice. LEpanagoge o meglio Isagoge (Introduzione), composta da
40 titoli, in parte sotto linfluenza del patriarca Fozio, fu la prima raccolta a comparire, ma venne sostituita poco dopo dal Procheiron (Manuale), anchesso composto da 40 titoli, in cui si correggevano i presunti errori di Fozio. I due codici avevano per fonte comune il Corpus
Iuris Civilis. I Basilika, promulgati sotto Leone VI, comprendevano 60
libri organizzati tematicamente. Il testo ancora una volta basato sulla
compilazione del Digesto e del Codice di Giustiniano, in traduzione greca, nonch sulle novelle di questo sovrano, con leliminazione delle disposizioni giudicate superflue o obsolete. I giurisperiti hanno rapidamente aggiunto dei commentari (scoli), spesso derivati da commentatori del vi e vii secolo. Altri ancora hanno elaborato delle opere che
facilitavano la consultazione dei Basilika, la pi conosciuta delle quali,
la Synopsis Basilicorum Maior, ha goduto di unampia diffusione. Numerosi manoscritti conservano anche, in appendice, le novelle degli imperatori macedoni e dei Comneni.
2. Le novelle.
Gli imperatori completavano incessantemente le leggi esistenti, in
qualit di fonti della Legge. La difesa dei beni stratiotici gener tutta
una serie di novelle promulgate dagli imperatori che vanno da Leone
VI a Basilio II. Leone VI fu un legislatore particolarmente prolisso, e
ci pervenuta una collezione di 113 sue novelle, che cercavano in particolare di armonizzare il diritto imperiale e il diritto canonico [Noailles 86]. La prima met di queste leggi riguarda il diritto delle persone,
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potere), titoli peraltro che non furono mai ufficiali. A partire dal regno di Alessio Comneno, il consiglio imperiale si confonde con la riunione dei parenti stretti dellimperatore, i quali ormai occupano anche
le pi alte funzioni. Possediamo pochissimi resoconti di tali riunioni.
Michele Attaleiata, che assistette al consiglio precedente alla battaglia
di Mantzikert, ci mostra Romano Diogene che sollecita il parere dei partecipanti, i quali sembrano esprimersi con una certa libert esponendo
opinioni divergenti sul modo di difendere le frontiere orientali dellImpero. La decisione finale presa dallimperatore.
Alessio Comneno, appena arrivato al potere, affid gli affari interni
dellImpero alla madre, Anna Dalassena, poco esperta e dotata senza
dubbio di scarsa istruzione. Per aiutarla, cre la funzione di logoteta dei
sekreta, incaricato di supervisionare lamministrazione civile, funzione
che rimase anche dopo lallontanamento di Anna.
2. Il reclutamento e la remunerazione dei funzionari.
Il reclutamento dei burocrati si effettuava, naturale, anche in funzione delle competenze dellinteressato, in particolare nellambito del
diritto e della retorica, ma soprattutto per raccomandazione. I legami
di parentela, di clientela, una provincia dorigine comune facilitavano
linizio della carriera. Spesso, un funzionario o un membro dellalto clero intercedevano presso il sovrano per collocare elementi brillanti della
loro citt dorigine, e questi ultimi, a loro volta, introducevano i loro cadetti. cos che i fratelli Coniati giunsero al culmine della gerarchia, civile per Niceta ed ecclesiastica per Michele. Erano tenuti a essere leali
e gli imperatori, dai quali ottenevano il proprio potere, pretendevano
da loro un giuramento di fedelt (pistis).
Le modalit di retribuzione dei funzionari sono variate a seconda del
tempo e della funzione esercitata. Di norma, come si visto [cfr. cap.
iv, p. 93], lo Stato assicurava loro una rendita regolare sotto forma duno stipendio (roga), accresciuto da unannona proporzionale allimportanza della carica. A questo si sommavano i vantaggi in natura forniti
dagli amministrati, vitto e alloggio. Numerosi funzionari ricevevano una
gratificazione (synetheia o sportula) per gli atti che redigevano in favore di un beneficiario. Le somme erano in linea di principio fissate per
legge, ma non mancavano gli abusi, a prestar fede alle lamentele degli
amministrati.
I funzionari civili sembrerebbero aver goduto di introiti pi cospicui di quelli dei colleghi che servivano nellesercito. Non erano tanto le
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rogai a essere pi elevate, quanto le synetheiai che fornivano sostanziosi complementi. Non abbiamo esempi concreti anteriori allepoca tardoantica, ma ricordiamo che nel vi secolo il giovane Giovanni Lido riceveva come exceptor presso la prefettura del pretorio un salario da 10
a 20 nomismata, ma ne aveva guadagnati 1000 a titolo di emolumenti
per i suoi atti, cifra di sicuro eccezionale per un debuttante. In epoca
medievale, una parte dei funzionari civili subalterni era direttamente remunerata dagli utenti, e doveva acquistare la propria carica a carissimo
prezzo, da 20 a 60 libbre doro per gli esempi conosciuti. Le rendite risultanti erano per considerevoli, almeno per quanto riguarda i funzionari del fisco. Alcuni militari erano pagati secondo modalit analoghe.
il caso dello stratego di Mesopotamia, che tradizionalmente percepiva le imposte commerciali della sua provincia di frontiera. Si noter comunque lassenza di uniformit e lesistenza di numerose pratiche specifiche dovute alle tradizioni locali.
Gli imperatori avevano accordato elevate rendite di questo tipo nella speranza di ridurre lendemica corruzione; quella dei giudici di tema
era la pi criticata, perch comportava delle sentenze inique. Limperatore Andronico I Comneno decise di innalzare notevolmente il loro stipendio, a condizione che rinunciassero a intascare bustarelle. Leffetto
della riforma non super la breve durata del regno di questo sovrano.
In aggiunta ai loro introiti monetari, i funzionari in missione fuori dalla capitale potevano esigere lalloggio per s e per il seguito, oltre il vettovagliamento, sotto forma di kaniskia, piccoli panieri che contenevano per esempio del pollame. Anche queste prestazioni secondarie erano strettamente regolamentate da testi, ma ci non impediva gli abusi.
Le rendite dei funzionari pi elevati servivano anche a retribuire il
loro entourage, il seguito che li accompagnava nellesercizio della loro
funzione, in particolare in provincia, e che li distingueva dagli altri funzionari subalterni inviati da Costantinopoli. Questo entourage permetteva a uno stratego di tema, per esempio, di farsi rispettare dagli aristocratici della sua provincia, anchessi provvisti del loro seguito personale [Oikonomides 240].
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xi]. Gli uffici di Costantinopoli erano popolati anche di giovani segretari (grammatikoi), i pi talentuosi dei quali potevano sperare in una bella carriera, e di un personale subalterno di notai, incaricati di redigere
i documenti amministrativi, spesso reclutati nelle famiglie dellaristocrazia civile.
1. La cancelleria1.
In epoca medievale, la cancelleria diretta da un protoasekretis che
ha al suo servizio dei notai (asekretai). Questo ufficio approntava gli atti imperiali, tra cui le crisobolle, i prostagmata e le leggi, scritte in reparti specializzati. Il contenuto degli atti era verificato dal preposito del
calamaio (epi tou kanikleiou), che successivamente apponeva i segni di
autenticazione in inchiostro purpureo (cinabro) prima di farli firmare,
se necessario, dallimperatore.
2. Le finanze.
NellAntichit, i servizi finanziari erano stati dominati dal prefetto
del pretorio, dal comes delle sacre largizioni (comes sacrarum largitionum)
e dal comes del patrimonio privato (comes rei privatae), che scomparvero tutti nel corso della prima met del vii secolo [Haldon 126]. Furono
sostituiti da diversi grandi sekreta, diretti da funzionari chiamati logoteti, spesso antichi subordinati del prefetto e dei comites scomparsi. Lantica distinzione tra beni della Corona e beni fiscali fu mantenuta.
Il logoteta del genikon (generale) dirige il principale servizio fiscale e riscuote limposta sulla terra. I suoi sottoposti hanno competenza
per stabilire i registri fiscali (cartulari), rivedere il catasto, laddove esiste (epopti), riscuotere le tasse (dieceti). Nicolas Oikonomides, in un
saggio fondamentale [635, n. VIII], ha mostrato levoluzione della funzione del commerciario, che appaltata, dalla met del vii secolo fino
allepoca di Leone III, ai pi importanti personaggi dello Stato. In questa stessa epoca, i depositi (apothekai) dei commerciari sono attestati in
tutte le province dellImpero e non pi solo in Oriente, come nel vi secolo. Lautore attribuisce questa estensione allo sviluppo della sericoltura e della produzione di seta, ipotesi che stata accolta con scetticismo. Eppure, come si visto, laltra ipotesi proposta, la raccolta della
synone, si scontra con pesanti obiezioni. A partire dal ix secolo, i commerciari divennero semplici esattori dei diritti di transazione sui mer-
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ni ottennero unimportanza crescente a partire dal ix secolo, e in numerosi casi ottennero lindipendenza amministrativa. Il grande curatore
gestisce i possedimenti imperiali, nello specifico con lintermediazione
di intendenti (episkeptitai), per essere sostituito nellxi secolo dalleconomo delle case pie. Il curatore dei Mangani ha la responsabilit di uno
dei pi grandi possedimenti imperiali, riorganizzato e dotato di almeno
una grande propriet da Basilio I, e poi di nuovo largamente dotato da
Costantino IX Monomaco. Lorfanotrofo dirige il grande orfanotrofio
di Costantinopoli [Miller 634], che acquista importanza a partire dallxi
secolo:
gli abitanti hanno un alloggio, e ottengono senza sforzo vesti e nutrimento dalla mano imperiale. La cosa pi sorprendente che questi indigenti, come se fossero ricchi proprietari terrieri dotati di rendite dogni sorta, hanno come intendente
e amministratore dei loro mezzi di sussistenza limperatore in persona e i suoi collaboratori [Anna Comnena, Alessiade, 15.7.5].
4. Il dromo.
A partire dallviii secolo, il logoteta del dromo (lantico cursus publicus), aiutato da un protonotario, si occupa della manutenzione della rete stradale, fa circolare corrieri che portano i messaggi imperiali, sorveglia i funzionari provinciali e dirige i servizi di spionaggio [Koutrakou
223; Jacoby 222]. Il logoteta riceve le ambasciate straniere e garantisce
il loro alloggio e la loro sicurezza. Fungendo contemporaneamente da
capo dei servizi segreti e da ministro degli Esteri, dunque sempre un
intimo dellimperatore.
Gli ambasciatori non erano professionisti, ma erano scelti per la loro
lealt e la conoscenza del paese in cui si recavano, o almeno del suo sovrano. Perlopi partivano in coppia, e uno dei due era un ecclesiastico,
in particolare quando si recavano in un paese musulmano. Portavano con
s propri servitori e i regali da offrire, dei quali si redigeva una lista dettagliata affinch non se ne perdesse qualcuno per strada. Avevano il diritto di portarsi dietro mercanzie da vendere, e questo permetteva loro
di rientrare nelle spese e di essere remunerati per queste lunghe missioni. In linea di massima i salvacondotti erano rispettati, ma Leone Cherosfacta trascorse qualche tempo nelle prigioni dello zar Simeone, e Niceforo Urano fu detenuto per anni a Bagdad dal califfo. Non bisogna per
dimenticare che Urano fu accusato di aver tentato di avvelenare Barda
Sclero, allora rifugiato in quella citt [Shepard 1067].
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5. La giustizia.
La responsabilit della giustizia era suddivisa tra numerose istituzioni di cui non sempre facile definire le competenze, che per giunta cambiavano nel corso del tempo. Se limperatore chiaramente il giudice
supremo che pu avocare qualsiasi processo in appello, ogni funzionario a capo dun servizio detiene una parte del potere giudiziario: lo stratego dispone di unampia autorit disciplinare sui suoi soldati, il questore tratta questioni di eredit, il prefetto di questioni commerciali, il genikos di contenziosi fiscali Tali funzionari non sono necessariamente
giuristi di formazione, ma sono assistiti da esperti. Se ignoriamo gran
parte del funzionamento del sistema giudiziario nei secoli bui, che comunque doveva essere perlopi in continuit con lepoca precedente,
con i governatori (o arconti) che esercitavano tale funzione nelle province, a partire dal ix secolo si vede emergere invece un gruppo di giudici
specializzati. I collegi dei giudici dellIppodromo e del Velo sono attestati per la prima volta nel Taktikon scorialensis (971-75). Si riunivano
in seduta nellippodromo coperto del Gran Palazzo. probabile che i
giudici del Velo rappresentassero unlite, selezionata tra quelli dellIppodromo. Parecchi di loro servivano fuori dalla capitale per presiedere
i tribunali dei temi.
In seguito allaccrescersi del numero di cause, come portato dello sviluppo demografico ed economico, apparvero nuovi presidenti di tribunale. Il drungario della Veglia cessa, intorno al 1030, di essere un capo
militare per presiedere al pi importante tribunale di Costantinopoli.
La Peira, raccolta giurisprudenziale, testimonia dellattivit di uno dei
primi titolari di questa carica nonch uno dei pi innovatori, Eustazio
Romeo [Oikonomides 346]. Sappiamo grazie a una novella di Manuele
Comneno che nel xii secolo la giustizia era amministrata da quattro funzionari: il drungario della Veglia, il protoasekretis, il dikaiophylax e il misterioso prokathemenos ton demosiakon [Macrides 299; Gkioutzioukosta 347].
6. Levoluzione dellamministrazione sotto i Comneni.
Le riforme di Alessio Comneno, nelle quali non si distingue un piano dinsieme, miravano a ridurre il numero dei servizi e ad adattare lamministrazione alle nuove realt fiscali [Magdalino 344]. Cos il genikon,
lo stratiotikon e leidikon declinano prima di scomparire del tutto. Cam-
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biano le attribuzioni di altri uffici: il sacellario cessa di controllare le finanze per divenire il capo dun servizio che ha giurisdizione sugli scali
marittimi e la marina mercantile. Nel xii secolo, lepi ton oikeiakon riscuote la maggior parte degli introiti provinciali, e il vestiario pubblico
diventato la principale cassa fiscale, mentre il Phylax la cassa privata dellimperatore. Due capi contabili, il gran logariasta degli uffici e il
logariasta degli uffici pii, che sostituisce leconomo delle case pie e il curatore dei Mangani, dirigono la contabilit del fisco; la distinzione tra
beni del fisco e beni della corona resta in vigore. Le funzioni di beneficenza del vecchio economo delle case pie passano allorfanotrofo, che
presiede un ufficio rafforzato dallassegnazione di altre fondazioni decadenti, e assicura i principali servizi sociali: ricoveri per vecchi, ospedali, ostelli e naturalmente orfanotrofi, tra cui quello di Costantinopoli che ospitava una scuola per i bambini pi dotati, di ogni origine.
v. lamministrazione provinciale.
1. I temi.
Le circoscrizioni in cui venivano reclutati i corpi darmata [cfr. cap.
vii, p. 167] divennero dei temi e formarono i nuovi quadri dellamministrazione provinciale. Queste strategie (sedi di strateghi) sono poco numerose intorno al 700: gli Anatolici, gli Armeniaci, i Tracesi e lOpsikion in Oriente, la Tracia, lEllade e la Sicilia in Occidente. Successivamente i temi si moltiplicano, a partire dallviii secolo a causa della
suddivisione delle grandi circoscrizioni dellAsia Minore, dove il potere degli strateghi appariva troppo minaccioso nei confronti dellimperatore, e poi, nel ix e x secolo, a causa della riconquista progressiva dei
territori perduti nei Balcani e nellAsia Minore.
Due regioni si sottraggono a questa evoluzione, lAfrica e lItalia continentale che restano entrambe sotto lautorit di un esarca. Questo funzionario, che gestisce le province pi lontane da Costantinopoli, riunisce in s la duplice autorit civile e militare, a motivo della necessit di
prendere iniziative rapide, di fronte alla minaccia dei Longobardi in Italia e dei Mauri, seguiti dagli Arabi, in Africa. Queste province furono
perdute prima che i temi avessero assunto la propria forma definitiva.
Il comandante della circoscrizione cessa di essere un magister militum
o stratelates ed ormai chiamato stratego. In un primo tempo, esercita
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lizz persino nei vecchi piccoli temi e, nei primi anni del regno, sono attestati duces la cui autorit non si estendeva molto al di l di una citt
fortificata e del suo territorio. Dopo lo sforzo bellico dei primi due decenni e la parziale riconquista, Alessio e i suoi successori restaurarono i
temi dellovest e del nord dellAsia Minore, ai quali si aggiunse la Cilicia nei periodi di controllo bizantino. Nel xii secolo il dux, che domina
nuovamente una vasta circoscrizione, ha ormai autorit su tutti i funzionari del suo tema, e cessano di essere menzionati il krites o il praitor,
salvo nellEllade-Peloponneso, sfuggito alla militarizzazione e posto sotto il megaduca al quale fornisce i mezzi per mantenere la flotta. Alla vigilia della IV crociata, si assiste a una nuova frammentazione delle circoscrizioni che risulta rispecchiata nella Partitio Romaniae, redatta nel
1204 per conto dei conquistatori latini.
I rapporti degli abitanti con lamministrazione restano pochissimo
conosciuti. Si colpiti dal contrasto tra quanto riportato dai testi narrativi e dalla Peira dove spiccano i casi di malversazioni, estorsioni, a
volte di ribellioni degli interessati da una parte, e dallaltra limpressione duna amministrazione che funzionava conformemente alle regole, quale emerge dalla documentazione superstite, principalmente quella degli archivi monastici. Senza dubbio i monasteri dovettero battersi
per limitare gli sconfinamenti degli esattori, ma questi ultimi sembrerebbero agire sempre nel nome degli interessi del fisco, e non a loro vantaggio. ugualmente difficile scovare casi inconfutabili di intervento
iniquo a favore dei potenti a danno dei deboli. A volte un imperatore, come Costantino VII, spediva in provincia degli inviati personali
per porre fine agli abusi pi flagranti, o che provocavano laperto malcontento dei sudditi.
I giudici e gli esattori si scontravano talora con i notabili locali, sotto la cui egida si poneva volentieri la popolazione rurale nella speranza
di essere protetta dagli abusi. per questo motivo che i contadini scelsero spesso di abbandonare la loro comunit per stabilirsi nei latifondi,
bench a priori ci fossero maggiori gravami. Alla fine del xii secolo, Michele Coniata, metropolita di Atene, si lamentava di dover vedere i suoi
concittadini privi di protettori che limitassero le estorsioni come in Euripo o a Tebe. Per fare un esempio, il megaduca Michele Strifno aveva
fatto riscuotere per due volte la stessa tassa destinata a equipaggiare una
flotta.
I presunti misfatti dellamministrazione hanno contribuito allindebolimento dellImpero, erodendo i sentimenti di lealt dei provinciali
nei confronti del centro? A leggere i fratelli Coniati, si sarebbe tentati
di rispondere di s [Herrin 1136]. Michele Coniata riporta i sentimenti
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jean-claude cheynet
vii. Lesercito e la marina
Per comprendere il ruolo vitale dellesercito basta osservare che esso permise allImpero di sopravvivere alla peggiore crisi esterna che abbia conosciuto, nel vii e nellviii secolo, e poi di ristabilire la sua situazione nellepoca successiva. Costantino VII non affermava forse: Lesercito costituisce la testa del corpo dello Stato [Zepos 89, I, p. 222]?
La storia dellesercito non pu essere separata da quella della fiscalit,
dal momento che la maggior parte delle risorse dellImpero fu sempre
consacrata alla sua difesa. Tale storia, daltronde, illustra perfettamente le capacit riformatrici di Bisanzio, dal momento che, nel corso di alcuni secoli, lorganizzazione militare fu ripetutamente stravolta per adattarla alle nuove situazioni. Le fonti narrative, tuttavia, menzionano solo in maniera allusiva tali cambiamenti, mentre i trattati militari, ispirati
a modelli antichi a volte copiati di peso ma anche attualizzati in funzione dellesperienza dei contemporanei (in particolare nel ix e nel x secolo), sono difficili da interpretare. Ulteriori informazioni sono fornite
dalle liste di precedenza, sempre per lepoca del ix-x secolo, nonch, per
tutto il periodo, dai sigilli degli ufficiali. Tramite tali fonti si pu apprendere, almeno parzialmente, comera reclutato il corpo ufficiali e quali erano i reggimenti in servizio o le circoscrizioni provviste di effettivi.
1. Themata e tagmata.
a) La presunta riforma dei temi.
La brutalit della conquista persiana e poi araba non lasci alle autorit militari bizantine il tempo di attuare riforme a breve termine, ammesso che avessero concepito una simile idea. Gli storici moderni, in
particolare sulla scia di Georg Ostrogorsky, hanno per molto tempo attribuito a Eraclio la riforma tematica, che spiegherebbe la ripresa avvenuta nellultima fase della guerra persiana con la trasformazione di un
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tezze per indebolire lavversario prima di sferrargli lultimo colpo e liberare i prigionieri. Limportanza dei valichi fu riconosciuta con la creazione di clisure, come nel caso di Seleucia dIsauria, le quali, affidate a
un clisurarca, qualche volta si svilupparono in un tema [Ferluga 370].
Questa guerra di frontiera, acritica, cre una temperie spirituale che
glorificava le prodezze militari degli ufficiali al comando dei difensori
bizantini, la cui eco era diffusa in tutta lAnatolia dai poemi e dai canti acritici.
b) Lorganizzazione e il reclutamento dellesercito tematico.
Lo stratego del tema comandava da due a tre turmarchi, talora chiamati merarchi, che a loro volta avevano autorit sui drungari e i comites posti a capo dei banda [Ahrweiler 355]. Poteva peraltro capitare che
pi temi fossero temporaneamente riuniti sotto lautorit di uno stratego unico designato nelle fonti con il titolo di monostratego. Le modalit di reclutamento dei soldati tematici sono essenzialmente conosciute tramite i testi giuridici. Il titolo 16 dellEcloga permette di conoscere la situazione sotto gli Isaurici. Il soldato un volontario, proprietario
delle sue armi, che dipende dalla famiglia per lacquisto dellequipaggiamento e il sostentamento; di conseguenza, deve dividere i frutti del suo
lavoro, a eccezione delle gratifiche eccezionali ottenute per eventi bellici, almeno durante i primi tredici anni di servizio. Passato questo tempo, il soldato possiede a titolo personale il proprio equipaggiamento e
diviene padrone del proprio salario. Chiaramente, la famiglia che ha investito nellequipaggiamento e nel sostentamento di uno dei suoi membri ha diritto, in cambio, a un rimborso delle spese.
Nel x secolo, il sistema ha subito unevoluzione: parecchi soldati dei
temi combattono solo occasionalmente, ma a fianco dello stratego si
formato un nucleo di soldati dlite, sempre a disposizione. Le famiglie
devono fornire un combattente equipaggiato di armi (lancia, scudo, spada e, per la minoranza dei pi ricchi, unarmatura) e munito di cavallo,
in quanto i temi sono ancora eserciti di cavalleria. Quando per la famiglia non era in grado di inviare un uomo allesercito, per esempio se
il marito ucciso in guerra o fatto prigioniero aveva lasciato solo figli in
minore et, allora era tenuta a pagare una compensazione, o a trovare
un sostituto. Veniva espressamente raccomandato agli strateghi, quando convocavano gli uomini registrati nei ruoli, di scegliere solamente
quelli atti al combattimento: dovevano, di conseguenza, scartare i pi
giovani e i pi anziani. Queste disposizioni presuppongono che il nume-
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ro di famiglie registrate fosse nettamente superiore al numero di soldati effettivamente mobilitati. Oltre a questi arruolamenti regolari, era
sempre possibile fare appello a contadini muniti dun armamento pi
leggero, archi o lance, per svolgere mansioni difensive, in particolare
rinforzare le guarnigioni o bloccare un valico.
Il soldato, mobilitabile a partire da 18 anni, serviva per ventiquattro anni. Possedeva le proprie armi e almeno un cavallo, perch in origine le truppe sono composte quasi esclusivamente da cavalieri (kaballarika). Doveva presentarsi allappello (adnoumion) munito duna scorta di vettovaglie per qualche settimana.
c) La costituzione duna marina da guerra.
LImpero non aveva una vera e propria marina da guerra, in mancanza di avversari pericolosi nel Mediterraneo orientale, prima della
met del vii secolo. In quellepoca gli Arabi si erano impadroniti degli
arsenali della Siria-Palestina e dellEgitto e avevano costruito una flotta, indispensabile se si voleva intraprendere lassedio di Costantinopoli. Dopo che gli Arabi, in seguito alle incursioni su Cipro, ebbero dimostrato daver fatto rapidi progressi, Costante II li affront nel 655 nei
pressi della costa licia, con una flotta che sembra essere stata scarsamente manovrabile rispetto a quella nemica, composta, a quanto pare, da
imbarcazioni di taglia molto ridotta, ma maneggevoli. Il primo assedio
di Costantinopoli sottoline la vulnerabilit della difesa bizantina, impotente a fermare lavanzata delle navi arabe. Nel 687, nella lista fornita dalla jussio di Giustiniano II, sono attestati i Carabisiani, identificati come marinai da altri testi. Secondo Hlne Ahrweiler, essi servivano in una flotta creata per opporsi alle navi arabe [377]. Si anche
proposto di individuare nei Carabisiani gli eredi della Quaestura exercitus istituita da Giustiniano I, che comprendeva le Cicladi e Cipro [Hendy
652, pp. 652-53], ma questa nuova prefettura aveva come unico obiettivo quello di sostenere finanziariamente le province danubiane devastate, e non di formare ununit da combattimento. Questa squadra potrebbe allora derivare dalle imbarcazioni costruite da Costante II al tempo della sua spedizione in Sicilia, a partire da una nuova corve pubblica
imposta per la prima volta in questa provincia [Zuckerman 376], ma lipotesi contestata [Prigent 1228]. I Carabisiani, forse per non aver saputo intercettare le flotte arabe che bloccarono Costantinopoli nel 717718, decaddero poco dopo a vantaggio delle flotte tematiche, la principale delle quali, quella dei Cibirreoti, era reclutata nel sud-ovest dellAsia
Minore e nelle isole vicine. Il suo stratego era assistito da alcuni drun-
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gari marittimi che, a differenza dei colleghi dellesercito terrestre, avevano competenza su una circoscrizione molto ampia: il Mar Egeo, il Kolpos, le Cicladi. Questultima circoscrizione costituiva lunico vero vantaggio dei Bizantini nella guerra contro gli Arabi, giacch disponeva di
abbondanti riserve di legname da costruzione, mentre gli avversari erano costretti a servirsi nelle foreste della Licia.
Nel ix secolo, ovvero pi tardi di quanto era avvenuto per lesercito
terrestre, nella capitale fu insediata una squadra centrale sotto il comando del drungario ton ploimon, ulteriormente rafforzata nel secolo successivo. Fu essa a costituire il cuore delle grandi spedizioni offensive. A
partire da questa data, per circa due secoli, la difesa marittima si suddivise a tre livelli: la flotta costantinopolitana, le flotte provinciali e le flottiglie dei temi terrestri dotati dun litorale. Gli arsenali, le imbarcazioni, lequipaggiamento, il fuoco greco erano dispersi nellImpero, ma per
la massima parte erano concentrati a Costantinopoli, sotto la responsabilit del preposito alleidikon o nei porti della Propontide. I marinai
delle flotte provinciali furono reclutati secondo le stesse modalit dei
soldati dei temi. La strateia marittima, meno costosa, si mantenne pi a
lungo giacch ancora attestata sotto Michele VII (1071-78) [Ahrweiler 377; Eickoff 379].
La residenza prolungata dei soldati in uno stesso tema e il reclutamento regionale rafforzarono lo spirito di corpo delle unit, costituendo un
innegabile vantaggio nei confronti degli Arabi. Queste unit tuttavia manifestarono la tendenza a seguire fedelmente i propri strateghi quando
questi si ribellavano, e non un caso se il momento della formazione delle truppe tematiche coincide con il maggior peso dellesercito nella vita
politica dellImpero. A numerose riprese, gli strateghi degli Anatolici trascinarono i propri uomini alla conquista del potere, e due di essi, i futuri imperatori Leone III e Leone V, ebbero successo.
d) La formazione dun nuovo esercito da campagna.
Quando gli Isaurici salirono al potere, lesercito era ampiamente distribuito nelle province, anche se un contingente pi importante era stato insediato nei pressi di Costantinopoli, nellOpsikion, a costituire il
nucleo delle truppe che accompagnavano limperatore nelle spedizioni
militari. Questa ripartizione era pi adatta a una posizione difensiva,
ma nel corso dellviii secolo gli imperatori furono sempre pi in grado
di condurre delle offensive organizzate, dapprima contro gli Slavi poi
contro i Bulgari e gli Arabi. La mobilitazione degli eserciti provinciali
richiedeva del tempo e solo eccezionalmente poteva durare pi di qual-
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che mese. Inoltre, gli imperatori erano privi di truppe per la loro protezione personale. Liniziativa della creazione dun nuovo esercito permanente sembra risalire a Costantino V. Dopo la fallita rivolta di Artavasde, sostenuto dallOpsikion e dagli Armeniaci, Costantino V comprese al contempo la necessit di diminuire gli effettivi dellOpsikion,
troppo vicini alla capitale in caso di rivolta, e lutilit di disporre di truppe totalmente fedeli, capaci di sostituire lOpsikion e di assicurare la difesa della capitale. Sembra che in questa data limperatore abbia avuto
a sua disposizione, grazie a una fiscalit adesso pi produttiva, somme
pi rilevanti che gli permettevano di pagare nuovamente in contanti un
maggior numero di soldati. I contemporanei erano coscienti della natura differente dei themata e dei nuovi battaglioni chiamati, per distinguerli, tagmata [Haldon 371]. Le scholae avevano formato fino al vi secolo una unit dlite, prima di divenire un reggimento da parata, ma
Costantino V le fece tornare una unit combattente ponendo a capo di
essa un domestico, destinato a divenire, nel ix secolo, capo di stato maggiore dellesercito e comandante delle truppe in assenza dellimperatore. Anche il reggimento degli escubiti (excubitores), comandato da un comes e poi da un domestico, fu integrato nella guardia personale dellimperatore. Costantino V supervision il reclutamento dei soldati e ne fece
uno dei pilastri della sua politica iconoclasta.
Limperatrice Irene purg i tagmata esistenti, giudicando peraltro pi
sicuro crearsi un reggimento dalla fedelt assoluta. Organizz cos lArithmos, noto anche come la Veglia, sotto gli ordini di un drungario, senza dubbio a partire da elementi provinciali [Haldon 371]. Numerosi successori la imitarono. Niceforo I, che la spodest nell802, si appoggi ai
Federati che fece giungere dalla Licaonia e a una nuova unit, gli Icanati. Giovanni Tzimisce infine cre, dopo il suo colpo di stato del 969, il
reggimento degli Athanatoi (Immortali) per disporre duna unit affidabile allinterno dun esercito ancora in gran parte fedele ai parenti del
predecessore, Niceforo Foca. Gli Immortali furono sciolti, a quanto pare, sotto Basilio II, forse perch troppo legati allesercito dOriente, che
gli si era ribellato. Sotto Basilio II e i suoi successori, fu il reggimento
straniero dei Variaghi ad assicurare la sicurezza del Gran Palazzo, pur
essendo anche impegnato in maniera decisiva contro il nemico, che fosse bulgaro, pecenego o franco.
I soldati dei tagmata, originariamente cavalieri ai quali, a partire dal
x secolo, furono aggiunti dei fanti, erano reclutati su base volontaria,
sia tra i pi valorosi soldati dei temi, previa valutazione e beneplacito
del loro stratego, sia tra i giovani pi aitanti. Come i soldati dei temi,
erano reclutati a partire dai 18 anni e servivano fino a 40; in compen-
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so, erano meglio retribuiti e ricevevano le armi dallo Stato. A Costantinopoli, larconte dellarmamenton era responsabile dellarmeria [Haldon 371, pp. 297-325].
La moltiplicazione dei tagmata corrisponde anche a una necessit di
ordine strategico. Quando lImpero, nel x secolo, riprese liniziativa su
tutti i fronti, i generali ebbero bisogno di reggimenti costantemente
pronti alla mobilitazione e capaci di condurre delle campagne della durata di pi anni, per giunta lontano dalle proprie basi. Lesercito fin
progressivamente per essere composto da soldati professionisti, con una
evoluzione che corrispondeva al concomitante declino dei themata e allo sviluppo economico che forniva al Tesoro i mezzi per pagare in denaro contante una gran massa di combattenti.
In un primo tempo gli imperatori, in particolare Niceforo Foca, cercarono di rafforzare il nucleo dei soldati permanenti dei temi e di creare una cavalleria pesante, i catafratti, incaricati di sfondare le linee nemiche con la loro carica. Equipaggiati con un armamento difensivo pi
costoso, il corpo protetto da una corazza, in groppa a un cavallo parimenti protetto, si distinguevano infine per il fatto di servirsi, oltre che
di spada e lancia tradizionali, della mazza da guerra. Nel secolo successivo, questa cavalleria fu sostituita dai Franchi. Nella seconda met dellxi secolo, levoluzione aveva raggiunto la sua conclusione e i themata,
teoricamente ancora mobilitabili, non avevano pi alcuna efficacia operativa, come mostra lo sfortunato tentativo di radunarli a opera di Romano IV Diogene al principio del suo regno [Cheynet 396]. Limperatore vide arrivare solamente delle truppe cenciose, mal equipaggiate,
perch lesercito effettivo era composto solamente dai tagmata comandati da duces o catapani, anche negli antichi temi. Difatti, sotto Michele VII, il futuro imperatore Niceforo Botaneiata fu promosso dux degli
Anatolici. Il nucleo permanente dellesercito di questo tema era divenuto a sua volta un tagma.
La gerarchia dei tagmata era differente da quella dei temi. Le unit
erano poste sotto gli ordini di domestici, come quello delle scholae. Con
laumento delle attivit militari, il comando di queste grandi unit fu diviso in due. A partire da Romano II, vi fu un domestico delle scholae
per lOriente e uno per lOccidente, e poi anche le altre unit, come
quella degli escubiti, furono divise secondo questo modello. Le grandi
circoscrizioni confinarie, create a partire dal regno di Giovanni Tzimisce, furono poste sotto lautorit di duces o catapani, assistiti da un topoteretes. Avevano ai loro ordini dei tassiarchi, alla testa dun reggimento di mille fanti, la met dei quali armati di lance e laltra di giavellotti
o di archi. La fanteria tagmatica, quandera radunata, obbediva a un ar-
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Tabella 2.
Strutture comparate del tema e del tagma.
Fonte: Oikonomides 28; Ahrweiler 335.
thema
comandante
comandante in seconda
stato maggiore
ufficiali superiori
ufficiali subalterni
a
stratego
ek prosopou
un comes della tenda
un domestico
un cartulario
turmarchi o merarchi
drungari e comites
tagma (scholae)
domestico (o comes)a
topoteretes
un cartulario
un proximos
comites
domestici e protiktores
A partire dallxi secolo, i tagmata possono essere agli ordini di duchi o catapani.
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Gli imperatori cercarono tuttavia di conservare un reclutamento autoctono. Michele VII Duca, di fronte alla ribellione di una parte dei suoi
tagmata franchi, aveva ricostituito il tagma degli Athanatoi radunando
soldati dellAsia Minore, ma tale reggimento scomparve rapidamente.
Il destino del tagma degli Archontopouloi, creato da Alessio Comneno
raggruppando i figli dei caduti in combattimento, non fu molto pi felice, giacch fu decimato dai Peceneghi.
Sotto i Comneni lesercito conserv sempre dei reggimenti indigeni,
come testimoniano le numerose attestazioni di tagmata composti da soldati macedoni, alcuni dei quali sorvegliavano il Palazzo imperiale sotto
gli Angeli. Il continuo ricorso allesercito professionale si spiega grazie
alla sua efficacia, giacch il reclutamento veniva effettuato in funzione
delle armi. Gli arcieri a cavallo erano appannaggio dei Peceneghi o dei
Turchi, i popoli pi esperti nella pratica del tiro con larco. La cavalleria pesante era fornita dai Latini, preferibilmente i Normanni, perch
nessuno meglio di loro sapeva caricare in maniera irresistibile. Nonostante gli sforzi degli imperatori, in particolare Manuele Comneno, i Bizantini non giunsero mai a competere con i Latini in questo settore, e
questa fu una delle ragioni che provoc linquietudine dei Greci verso i
crociati, in particolare in occasione della IV crociata quando linferiorit tecnica dei cavalieri greci fu evidente.
e) Levoluzione della marina.
Dopo la riconquista di Creta nel 961 e lindebolimento delle flotte
arabe, la marina, il cui mantenimento sempre costoso, non ha pi un
ruolo prioritario e cade rapidamente in decadenza. Le sue missioni si limitano alla caccia ai corsari musulmani che realizzano ancora dei colpi
notevoli. Nellxi secolo, i suoi quadri sono in parte costituiti da ufficiali in congedo dellesercito di terra, poco motivati. Larrivo dei Turchi
non cambi immediatamente la situazione al punto che Alessio Comneno, di fronte allinvasione normanna del 1081, non aveva pi una flotta capace di opporsi al passaggio del canale di Otranto, e non aveva risorse finanziarie da dedicare agli arsenali. Questo stato di necessit lo
spinse a fare appello alla flotta veneziana, a prezzo di concessioni commerciali. Il trattato con i Veneziani comport conseguenze economiche
non da poco, a lungo termine, ma al momento della stipula, senza dubbio nel 1082, rappresentava la soluzione pi razionale su un piano strategico ed economico.
Nel momento in cui ne ebbe la possibilit materiale, Alessio ricostru
una squadra navale capace di respingere lemiro Tsacha, che a sua vol-
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disciplina e la rapacit dei Latini, invece, erano proverbiali. I reggimenti latini furono riottosi in pi duna occasione, al tempo dei conflitti
interni o esterni della seconda met dellxi secolo, ma perlopi si limitavano a pretendere un pagamento puntuale del soldo. Lunico a fare
decisamente il proprio gioco, Roussel de Bailleul, peraltro popolarissimo presso i notabili del tema degli Armeniaci che difendeva dai Turchi,
non poteva aspirare personalmente al trono e si dovette alleare con il cesare Giovanni Duca per fare pressione sullimperatore Michele VII. I
mercenari stranieri rappresentarono dunque un pericolo minore per il
potere centrale. In linea di massima, combattevano con grande coraggio per il datore di lavoro, come testimoniano le gravi perdite subite dai
Latini a Durazzo nel 1081 e a Miriocefalo nel 1176. Lapporto degli stranieri, in particolare dei Latini, ha in realt permesso agli eserciti bizantini di seguire levoluzione delle tecniche di combattimento e di adattarsi meglio ai nuovi avversari.
g) Gli effettivi.
Non risulta conservato nessun testo paragonabile alla Notitia Dignitatum per valutare gli effettivi globali dellesercito bizantino nel Medioevo. Bisogna accontentarsi dei dati forniti dalle fonti narrative, bizantine o di altra origine, nonch delle informazioni spigolate dai trattati
militari e da qualche archivio. Peraltro, come difficolt supplementare,
noto che la maggior parte dei numeri riferiti da tali testi non sono affidabili, dal momento che perlopi sono destinati a suggerire limportanza dun esercito. Nessuno storico accorda il minimo credito a un esercito che avrebbe contato 300 000 combattenti, ma come si devono giudicare le cifre nettamente inferiori? Bisogna basarsi sui rari documenti
disponibili, e accettare di conseguenza solo le stime compatibili con i
dati, ma ci significa introdurre un elemento soggettivo, che ha provocato una profonda divergenza tra Warren Treadgold [367], molto ottimista sulla capacit di mobilitazione dellImpero, e dallaltra parte John
Haldon [363], al quale pu essere affiancato Ralph-Johannes Lilie, entrambi pi sensibili alle limitazioni economiche e logistiche. Infine, bisogna comprendere cosa si intende per soldato, giacch non si possono
paragonare n per costo n per efficienza il cavaliere pesante con il fante equipaggiato solamente di lancia, n un combattente dlite con un
soldato che non lascia mai la propria guarnigione. Bisogna infine distinguere, come si gi detto, tra gli effettivi teorici registrati nei ruoli militari, il numero di soldati che si presentavano alladnoumion (appello),
e infine quelli che lo stratego teneva presso di s.
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Tabella 3.
Gli effettivi dei vari temi (secondo Ibn al-Faqih).
Anatolici
Armeniaci
Caldea
Tracesi
Buccellari
Opsikion
Tracia, Macedonia, Paflagonia
Ottimati, Cappadocia, Charsianon
15 000
10 000
10 000
10 000
8000
6000
5000 ciascuno
4000 ciascuno
Totale
85 000 uomini
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dei temi, seguito da un calo nel secolo successivo, provocato sia dal massiccio impiego di mercenari ben pi costosi, e dunque meno numerosi
dei soldati che andavano a sostituire, sia dalla perdita dellAsia Minore, prima che i Comneni ristabilissero la situazione, valendosi dun potenziale demografico cresciuto e dun ritorno alla prosperit. Occorre
evitare di prendere la lista dei temi e di moltiplicare il numero dei combattenti per quello dei temi, pur tenendo conto delle dimensioni di questi ultimi, in quanto certo che non si arriv mai a raggiungere il numero di effettivi teorici. Quando furono creati nuovi temi di confine, i loro soldati furono prelevati, almeno parzialmente, dalle vecchie unit. Al
momento in cui sinterrompe la minaccia nemica, cessa di essere assicurato il mantenimento di tutte le fortezze di confine [Holmes 388].
Anche le stime riguardanti i tagmata sono estremamente divergenti.
Warren Treadgold, basandosi sulle fonti arabe, accetta per i quattro primi tagmata un numero globale di 12 000 o addirittura 24 000 uomini
[367], cifra elevata giustamente respinta da John Haldon [387] per motivi finanziari. Gli effettivi ufficiali dei soldati e dei marinai impegnati
nelle spedizioni cretesi nel 911 e nel 949 offrono una base incompleta,
ma certa. Furono mobilitati il domestico degli icanati con il suo intero
reggimento, ovvero 456 uomini, e il domestico degli escubiti con tutti i
suoi, ovvero 700 combattenti, anche se gli effettivi possono essere variati con il tempo. Le scholae dOccidente avevano 869 combattenti, segno che tale reggimento era pi importante degli altri. Infine, la cavalleria pesante dei catafratti mobilitata da Niceforo II Foca, punta di diamante del suo esercito, non superava di molto i 500 uomini, secondo la
testimonianza dei trattati militari [Dennis 355].
Gli effettivi dei vari tagmata erano dunque disparati. I Variaghi costituivano lunit pi importante, e secondo le fonti erano composti da
4000 o 6000 uomini, ma si ignora se abbiano mantenuto questo livello
nei due secoli seguenti. Poi, in ordine di importanza, le scholae comprendevano 30 squadroni (banda), probabilmente di 50 uomini ciascuno. Un
tagma formato di autoctoni, come quello degli arcontopuli creato da Alessio Comneno, era composto da 2000 uomini, mentre la maggior parte
dei tagmata stranieri, in particolare franchi, a quanto pare riuniva da 500
a 1000 combattenti.
Se difficile determinare gli effettivi globali dellesercito in una data epoca, la dimensione degli eserciti in campagna pi facile da stabilire sulla base delle fonti narrative e dei trattati militari, e non molto
variata nel corso dei secoli. Quando lesercito dei temi di confine respingeva unincursione araba, non comprendeva pi di alcune migliaia di cavalieri [Dagron 357]. Nel x secolo, secondo un trattato militare, quan-
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tagemmi, la guerra di logoramento tramite un uso accorto delle postazioni fortificate, dove la popolazione e le truppe erano al riparo delle
mura delle citt.
I Bizantini, il cui armamento ha seguito levoluzione di quello degli
avversari [Kolias 407], in Oriente si distinguevano per la scienza della
poliorcetica, in particolare nella costruzione e nellimpiego di macchine
dassedio [Sullivan 410]. Indubbiamente la loro arma pi nota il fuoco greco, miscela infiammabile di pece e nafta, scagliata da un sifone
o da catapulte che lanciavano recipienti pieni di questo prodotto. Esistevano anche dei vasi che potevano essere lanciati dal singolo soldato.
Limpatto di questarma difficile da quantificare; fu indubbiamente
utile contro le popolazioni che la ignoravano, ma fu rapidamente copiata e contrastata con luso di pelli umide che impedivano lappiccarsi del
fuoco [Korres 408]. I Bizantini avevano a propria disposizione un intero campionario di macchine dassedio, tra cui catapulte di vario tipo che
rimasero insuperate fino alle crociate [Foss 403; Chevedden 401; Dennis 402]. Daltro canto, furono anche abili a fortificare i punti strategici, riparando con cura, a costi elevatissimi, le mura di Costantinopoli.
A numerose riprese fu edificata tutta una serie di fortificazioni, il cui
ricordo conservato da iscrizioni, sotto Costantino IV, Michele III (ad
Ancira, Nicea e Smirne), e ancora sotto Romano IV Diogene. Questa
politica coerente con i precetti dei trattati militari.
I Bizantini disponevano di un sistema logistico di primordine, basato su una complessa amministrazione. Erano in grado di radunare tutto lequipaggiamento necessario, una parte del quale era conservato a
Costantinopoli nei depositi dellarmamenton, che dipendeva dal preposito alleidikon. I preparativi delle fallite spedizioni contro Creta del 911
e del 949 mostrano la precisione e lefficacia della catena logistica [Haldon 387].
Fino allxi secolo, le truppe erano convocate in accampamenti prestabiliti in ciascuno dei grandi temi, gli aplekta, collocati in Asia Minore lungo i percorsi che conducevano alle frontiere orientali. Sotto i Comneni, Cipsela in Tracia e Lopadio in Bitinia svolsero il medesimo ruolo.
Le scuderie imperiali erano sottoposte al protostrator e al comes stabuli,
addetti alle scuderie di Costantinopoli e di Malagina, che era il primo
aplekton (campo di raduno delle truppe) sulla principale strada dellAsia Minore, che conduceva in Cilicia. Il logoteta delle mandrie controllava la fornitura di cavalli, una parte dei quali proveniva dagli allevamenti (metata) di Asia e di Frigia, gi attivi allepoca romana [Oikonomides 28].
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terreno dotati dun numero di contadini sufficiente a mantenere decine di migliaia di uomini inverosimile in un contesto di declino demografico marcato. Nicolas Oikonomides ha ritenuto di scorgere in una disposizione dellEcloga un notevole indizio che il servizio sarebbe gi stato legato al possesso dun terreno sotto gli Isaurici [Oikonomides 392],
ma tale interpretazione stata giustamente contestata [Haldon 372].
Nessun testo, infatti, connette formalmente il servizio militare allesistenza delle terre stratiotiche prima del x secolo, e ci lascia aperta la
questione del mantenimento dei soldati prima della implementazione
delle terre stratiotiche, bench queste ultime siano sicuramente esistite
prima che la minaccia della loro sparizione inducesse gli imperatori a legiferare in merito.
Lo Stato cercava innanzitutto di disporre di effettivi numerosi, stabili e preventivabili. Lo stratiota era ormai tenuto, di norma, a possedere
proprie armi personali, giacch lo Stato aveva perduto nel corso del vii
secolo le sue fabbriche pubbliche di armi, eccetto quella di Cesarea di
Cappadocia, e a differenza dellepoca precedente non le forniva pi. La
condizione sociale dei soldati era dunque lungi dallessere uniforme; di
conseguenza, in numerose vite di santi, il protagonista rappresentato
mentre soccorre uno stratiota privo di cavalcatura e incapace di procurarsene, senza contare che fu spesso lintendenza a fornire le vettovaglie.
Fin dallorigine dellesercito tematico, il servizio risulta ereditario,
e ci finisce per implicare numerose difficolt: che fare se la famiglia
non ha un uomo abile al servizio? Che fare quando un soldato divenuto troppo povero per assicurare il proprio mantenimento? Si rapidamente imposta la distinzione tra chi era iscritto nei registri e chi serviva a tutti gli effetti. Daltro canto, si fatto appello a dei co-contribuenti (syndotai) per equipaggiare un soldato a corto di mezzi, ed
eventualmente pagarne anche le tasse. Gi una novella di Niceforo I valuta a 18,5 nomismata la somma necessaria.
Per stabilizzare il sistema, gli imperatori macedoni decisero di stilare registri delle case militari con le terre annesse (stratiotikoi oikoi).
Da dove venivano queste terre? I soldati risiedevano a lungo nello stesso villaggio, e disponevano dun po di denaro liquido che permetteva
loro di acquistare dei terreni e li rendeva dei partiti molto interessanti
per le ereditiere. Questo processo di radicamento dei soldati nonch,
per i pi fortunati, di integrazione alla nuova aristocrazia in via di formazione risulta ben osservabile in Italia [Brown 1188]. Queste terre continuavano a pagare limposta fondiaria di base, ma i proprietari erano
esentati da tutte le imposte straordinarie in ragione della fornitura dun
combattente.
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Nel x secolo, il valore delle terre iscritte nei registri fiscali dipendeva dal valore del servizio reso. Per un soldato semplice, occorreva iscrivere 4 libbre doro di terreni: ci lo rendeva dunque un proprietario importante (600 modioi, ossia circa 60 ettari di terre arabili, lequivalente
di 6-10 fattorie) e lo poneva ben al di sopra dei contadini, per quanto
agiati. Un marinaio semplice aveva terre per 2 libbre doro. Quando Niceforo II arruol la cavalleria pesante, che esigeva un equipaggiamento
costosissimo, implement una nuova categoria di proprietari che iscrivevano un minimo di 12 libbre doro di terreni, e questo spiega lo scarso numero di combattenti reclutati.
Senza dubbio, pochi soldati tematici ebbero i mezzi di far registrare possedimenti duna tale superficie, tanto pi che i vari lotti erano occasionalmente frammentati dalle eredit. Numerosi proprietari di una
parte della strateia potevano associarsi per fornire un combattente. Nel
caso in cui lo stratiota non potesse stabilmente mantenere le proprie capacit, la procedure di adoreia permetteva di trasferire ad altri le sue terre, nellattesa che recuperasse le sue facolt contributive [Gorecki 384].
b) La trasformazione del x e dellxi secolo: la fiscalizzazione della strateia.
A partire dal x secolo, lesercito si professionalizza e i generali si lagnano della mediocre qualit dei soldati tematici, a eccezione del nucleo
di soldati al servizio permanente dello stratego, gli epilektoi. Gli altri, a
volte, avevano venduto lequipaggiamento e si dedicavano alle attivit
agricole. In pratica, si fa strada lidea che il servizio effettivamente reso non abbia pi molto interesse sul piano militare; sarebbe meglio che
questi stratioti demotivati versassero unimposta di riscatto il cui importo complessivo possa permettere di assoldare dei combattenti, autoctoni o stranieri, ma combattivi. Gli imperatori furono dunque indotti a
trasformare degli oneri in tasse, secondo il processo denominato fiscalizzazione della strateia. Il momento era favorevole perch la liquidit
era tornata abbondante. Sembra probabile che questa tassa sia stata poi
estesa a chi non dipendeva dalle case militari tradizionali. Una delle misure di Niceforo Foca, quando cre la categoria dei possessori di 12 libbre doro di terre, aveva per obiettivo anche quello di far partecipare allo sforzo bellico i civili agiati, e ci lo rese impopolare, soprattutto a Costantinopoli [Dagron 357].
La fiscalizzazione della strateia si va generalizzando nellxi secolo, e
finisce per confondere la distinzione tra oikoi politikoi e oikoi stratiotikoi. La strateia compare allo stesso titolo delle altre imposte nelle liste
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pregavano mattina e sera, cantavano quotidianamente il trisagion, digiunavano prima del combattimento e, da dopo l843, portavano con s icone e croci preziose [Dennis 412].
Gli studiosi si sono spesso chiesti se i Bizantini avessero elaborato
una dottrina paragonabile alla guerra santa degli Occidentali o al jihad
dei musulmani. Senza dubbio non bisogna lasciarsi fuorviare da una interpretazione letterale del canone di san Basilio, che escludeva per tre
anni un soldato dalla comunione se aveva versato il sangue del nemico.
La Chiesa, fin dallAntichit, aveva concepito una teoria, ottimamente
riassunta da santAgostino, che permetteva ai combattenti di portare le
armi per proteggere i santi imperatori e soccorrere i fratelli cristiani [Kolbaba 413], nellambito della guerra giusta, ossia difensiva, dove non viene versato sangue pi del necessario. LImpero la pace, avrebbero potuto affermare numerosi panegiristi imperiali, come Giovanni Mauropo quando lodava la moderazione di Costantino IX che risparmiava i
suoi nemici, o come Anna Comnena quando affermava che suo padre
Alessio, dopo la vittoria di Levunion, era stato totalmente estraneo al
terribile massacro dei prigionieri peceneghi, che peraltro erano pagani.
Ogni guerra contro cristiani era sostanzialmente una guerra civile,
dunque da condannare con la massima severit. In virt di questo principio, gli sconfitti, in caso di ribellioni intestine, erano crudelmente puniti per avere infranto il comandamento divino. Questa ripugnanza nei
confronti degli scontri cruenti si applicava anche, di norma, ai popoli
vicini, quando condividevano la stessa fede. Difatti, i rari combattimenti contro i Carolingi furono dintensit piuttosto modesta. In compenso, luso di tale argomento per suscitare la vergogna e il rimorso di Simeone di Bulgaria sembra cinico: il pio imperatore Leone VI non aveva avuto scrupoli a fare appello agli Ungheresi, che non erano ancora
convertiti, per devastare le terre dei Bulgari, fratelli in Cristo dei Romani.
Lo stesso Leone VI deplorava il disagio dei suoi compatrioti nei confronti della violenza guerresca. Gli sembrava che i suoi fossero svantaggiati, a paragone dei musulmani che, con la dottrina del jihad, disponevano dun potente mezzo per stimolare lardore guerriero dei propri uomini e chiamarli al combattimento contro gli infedeli [Dagron 411]. Non
era lunico a pensarla cos, e tra i rappresentanti dellaristocrazia cappadoce, cos come tra le truppe, si era diffusa lidea che il sangue versato
per la difesa della cristianit dovesse garantir loro, come avveniva per i
nemici, la condizione di martiri se fossero caduti sul campo di battaglia.
Niceforo Foca, perfetto rappresentante di questa aristocrazia, propose
alla Chiesa di ratificare questa dottrina, ma a Costantinopoli n il clero
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n lopinione pubblica apprezzarono tale proposito, e Niceforo ricevette un categorico rifiuto dal patriarca Polieutto [Kolia-Dermitzake 414].
Questo fallimento non ostacol minimamente il movimento di riconquista, e del resto anche Giovanni Tzimisce esaltava lesercito cristiano che
aveva ripreso Antiochia, lasciandogli sperare un eventuale recupero di
Gerusalemme, dove limperatore sognava di recarsi per pregare sulla
tomba di Cristo secondo un progetto che sarebbe stato ripreso, in circostanze ben differenti, da Alessio e poi da Manuele Comneno.
Il culto dei santi militari, Demetrio, Michele, Giorgio e Teodoro fu
incoraggiato dagli imperatori delle dinastie macedone e comnena. La loro propaganda pretendeva che questi soldati inviati da Dio combattessero al fianco degli eserciti cristiani. Numerosi ufficiali scelsero di effigiare uno di questi protettori sul recto dei loro sigilli.
4. Conclusione.
Edward Gibbon, innestandosi nel filone di unantica tradizione, latina e poi occidentale, disprezzava i comandanti bizantini e le loro truppe per quella che giudicava una mancanza di combattivit. Senza dubbio, se avesse letto i loro trattati di tattica, avrebbe trovato una conferma del proprio punto di vista. I redattori, infatti, perlopi ufficiali in
congedo, come si visto raccomandano costantemente di evitare gli
scontri in campo aperto, piuttosto di sorvegliare il nemico, di logorarlo, in particolare facendo perno sulle guarnigioni delle fortezze. Non bisogna individuare in questo una prova di codardia ma una giusta valutazione dei rapporti di forza. LImpero ha quasi sempre combattuto
avversari pi numerosi degli effettivi dei suoi eserciti, in particolare durante i primi due secoli del califfato, che disponeva di una schiacciante
superiorit economica e militare. Gli strateghi dei temi hanno saputo
utilizzare abilmente lhandicap degli Arabi, intralciati dallinevitabile
lunghezza delle linee di rifornimento, e trarre profitto dalla propria eccellente conoscenza del terreno per limitare i danni causati dalle invasioni. Se non fosse stato oscurato dalla caduta di Costantinopoli nel
1204, che rivela pi le divisioni interne dellImpero che la sua intrinseca inferiorit militare, il bilancio sarebbe impressionante, a paragone degli Imperi musulmano e franco, cos ben messi nellviii e nel ix secolo e
cos rapidamente in declino.
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viii. Le classi dirigenti dellImpero
Per tutto il corso del Medioevo, le fonti presentano un gruppo di personaggi che gravitano intorno allimperatore, occupano le cariche e possiedono il potere economico e linfluenza sociale. Sono designati con
diversi nomi, a seconda dellaspetto il rango (ekkritoi, logades), la posizione nello Stato (hoi en telei) su cui la fonte mette laccento. La differenziazione sociale deriva sempre, a ogni modo, dal potere che ha assegnato una funzione elevata o una dignit al personaggio designato dalla fonte, o ai suoi antenati. Ci si pu spingere a parlare di nobili, come
ha fatto Rodolphe Guilland che ha dedicato tanti articoli a studiare le
dignit di cui erano insigniti [238]? Senza dubbio leugeneia letteralmente, la buona nascita potrebbe corrispondere a tale distinzione
sociale, ma lattribuzione di tale qualit fondamentalmente soggettiva, se non simbolica, giacch a volte designa semplicemente la nobilt
danimo. In assenza duno statuto giuridico dal quale potessero essere
determinati dei privilegi ereditari, converr dunque astenersi dal parlare di nobili, ma come si vedr le lites bizantine seppero conservare di
generazione in generazione le posizioni acquisite, riuscendo talora persino a superare le pi violente crisi politiche. difficile definire perfettamente questo gruppo, dal momento che non omogeneo: ci sono infatti numerose lites, politiche, ecclesiastiche, economiche, intellettuali, che si sovrappongono solo in parte. Lo strato superiore, composto di
intimi dellimperatore, ristrettissimo, ma questo potrebbe non valere
per i livelli inferiori, dal momento che il personale ordinario degli uffici si differenzia poco dai ricchi mercanti della capitale o delle province,
anchessi in grado di acquisire delle dignit, e i cui figli entrarono a volte al servizio dello Stato. Non nemmeno possibile utilizzare la definizione giuridica di povero, ossia chi non arrivava a possedere 50 monete doro, dal momento che tale definizione ereditata dallepoca romana e non tiene conto n dellevoluzione della moneta n di quella della
societ.
Quella che noi definiremo aristocrazia ha costituito i quadri del-
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lamministrazione imperiale, ed da essa che provenivano gli imperatori, tranne poche eccezioni. Tale aristocrazia ha sempre costituito una
minoranza che, al momento dellapogeo dellImpero, nellxi secolo, comprendeva sicuramente alcune migliaia di famiglie, se vi si includono gli
amministratori pubblici, quelli ecclesiastici e i letterati.
1. Il rinnovamento dellalta aristocrazia.
Alexander Kazhdan aveva nettamente contrapposto due momenti
della storia delle lites [424]. Secondo lo studioso, nel vii-ix secolo il rinnovamento fu intenso a causa delle guerre che favorivano linnalzamento di homines novi, dorigine modesta, che approdavano al potere grazie alla forza della spada. Questa ipotesi ne supponeva unaltra, quella
dellassenza di continuit tra la classe senatoria, ancora potente fino al
vi secolo, e le famiglie che andarono progressivamente distinguendosi
nel corso del ix e del x secolo. Nellxi e xii secolo, sotto limpulso degli
imperatori Comneni, lo strato superiore dellaristocrazia non avrebbe
pi integrato dei nuovi arrivati, e la societ si sarebbe irrigidita, dimodoch lImpero avrebbe perso una delle chiavi del suo successo, lassimilazione degli stranieri.
a) La situazione del vii-ix secolo.
Sono scarse le fonti per conoscere levoluzione delle lites durante la
fase acuta della crisi del vii secolo, bench siano integrate da un materiale sigillografico pi abbondante. Fortunatamente, gli Armeni, che in
questa fase forniscono numerosi ufficiali agli eserciti, ricevono nomi caratteristici delle famiglie da cui discendono. I generali di sangue armeno provengono dalle stirpi pi illustri, i Mamikonian e gli Gnuni, e poi
i Bagratidi, parte dei quali si era insediata nellImpero anche prima della conquista araba. Altri casi, meno isolati di quanto si pensava ventanni fa, suggeriscono che la cesura del vii secolo non sia stata affatto radicale, anche tra i militari, il cui tasso di rinnovamento era necessariamente pi elevato, tenendo conto delle perdite in combattimento e
dellinstabilit politica. Lo stratego degli Armeniaci e futuro imperatore Niceforo I sarebbe un discendente del patrizio ghassanide Gabala.
Le conseguenze di questo passaggio alla forma medievale di un Impero,
ridotto quasi alla sola Anatolia, risultano pi evidenti. La classe senatoria, fondata sul possesso di latifondi, perlopi scomparsa, vittima dei
problemi militari e, forse, di un accrescimento della pressione fiscale, se
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mette di rendersi conto pi facilmente di questo fenomeno. Alcuni nomi risalenti allviii e al ix secolo risultano ancora attestati allepoca dei
Paleologhi, ossia per sei o sette secoli: i Melisseni, gli Argiri, i Duca, i
Crateri. Leugeneia favorisce le carriere e limperatore Leone VI pretendeva di farne un criterio, per quanto non esclusivo, per la scelta dei generali. La glorificazione degli antenati diviene unarma sociale e, a partire dal x secolo, alcuni cronisti utilizzano archivi familiari come quelli
dei Curcui e dei Focadi, e nel secolo seguente dei Cecaumeni.
Il primo nucleo dellaristocrazia militare emersa sotto gli Isaurici, insediato gi quasi esclusivamente in Anatolia, si rafforzato nel corso
della lunga lotta contro gli Arabi e si radicato nelle province di confine. C stata la scissione in due gruppi principali: il primo, originario
della Paflagonia e della Caldea, era rivolto allemirato di Melitene e poi
alla Mesopotamia; laltro, incentrato intorno agli Anatolici, e poi in Cappadocia e nel Charsianon, affrontava gli arabi di Cilicia e di Antiochia.
Nel x secolo, nel primo gruppo si segnalano i Duca, gli Argiri, i Curcui,
mentre nel secondo i Melisseni, i Focadi, i Maleini, gli Scleri [Cheynet
422].
Il successo di una stirpe si concretizza nella trasmissione delle medesime funzioni nellarco di pi generazioni. Le liste dei domestici delle
scholae o degli strateghi degli Anatolici del x secolo sono eloquenti sotto questo aspetto, dal momento che vi si riscontrano i nomi di Foca, Maleino o Tzimisce Sotto Costantino VII i Focadi, che condividevano
con i Macedoni lodio verso i Lecapeni, cumularono il ruolo di domestico delle scholae, affidato a Barda, e quelli di stratego degli Anatolici, di
Cappadocia e di Seleucia, detenuti rispettivamente da Niceforo, Leone
e Costantino, i tre figli di Barda [Cheynet 441]. Questo esempio fu indubbiamente eccezionale, dal momento che venne stigmatizzato da Basilio II nella sua novella contro i potenti, promulgata allindomani della difficile vittoria contro la ribellione di Barda Foca il Giovane [Cheynet 461; Holmes 152].
b) Levoluzione sotto gli ultimi Macedoni.
Nel corso dei secoli i tratti dellaristocrazia si modificarono in seguito al verificarsi di riassetti permanenti al culmine della gerarchia, in funzione del favore imperiale, unica fonte di carriere rapide. Tuttavia, le
strutture dellaristocrazia nella societ spiegano come mai le famiglie, se
anche alcuni componenti incorrono nel castigo imperiale, riescono di
norma a sopravvivere agli sconvolgimenti politici, grazie alla ricchezza
fondiaria e alle reti clientelari. I quadri della dinastia amoriana manten-
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gono ancora un rango elevato sotto i Macedoni. La fazione dei Comneni, composta di famiglie elevate da Basilio II, si sviluppa durante tutto
lxi secolo, ed piuttosto prolifica in colpi di stato, nonostante i rovesci di fortuna che di tanto in tanto colpiscono qualche membro del gruppo. Nel corso della seconda met dellxi secolo laristocrazia civile fu
colta da un sentimento di insicurezza, dal momento che non sempre riusciva a sfuggire alle confische che seguivano i numerosi cambiamenti di
regime, e Michele Attaleiata, uno dei suoi rappresentanti, si appell al
basileus affinch emanasse una legge protettrice [Bergmann 428]. Allarrivo dei Comneni, un ultimo assestamento innalz al massimo livello i
Paleologhi e i Cantacuzeni, senza dubbio originari dellAsia Minore occidentale, e declass gli Scleri e gran parte delle vecchie famiglie dellaristocrazia anatolica [Seibt 445]. Lo stesso 1204 non interruppe la continuit delle famiglie allora al vertice dello Stato, come i Paleologhi, gli
Angeli, i Lascaridi, i Tornici Ci volle tutto laccanimento di Basilio
II e di Costantino VIII per eliminare dallalta aristocrazia i Maleini e i
Focadi, bench un ramo di questi ultimi rimanesse attestato sotto lImpero di Nicea.
Nellxi secolo si verificarono, tuttavia, numerosi cambiamenti importanti: lascesa delle famiglie di tradizione civile, la centralizzazione
dellaristocrazia nella capitale, lemergere dun gruppo potente in Macedonia, la formazione della fazione dei Comneni.
Negli uffici di Costantinopoli, dove il potere in palio per scarso a
livello politico, quando un membro importante di una famiglia ottiene
una posizione influente, allora favorisce il reclutamento dei parenti. Tale pratica era facilitata, come nellesercito, dalla consuetudine dellapprendistato presso un familiare pi anziano che trasmetteva la propria
esperienza. Daltronde, proprio a partire dallxi secolo che le famiglie
di tradizione civile si accaparrarono pi metodicamente le cariche pi
alte della gerarchia ecclesiastica, cosa che supponeva uneducazione accurata [Tiftixoglu 323]. Alcune dinastie di funzionari arrivarono a occupare permanentemente alcune posizioni, e tra gli esempi pi eclatanti dellxi secolo si possono citare gli Xeri, numerosi dei quali ricoprirono la carica di logoteta del genikon, e i Crisovergi che accumularono alte
cariche civili e posizioni elevate nella Chiesa, ma cerano anche i Camateri, che riuscirono a imparentarsi per matrimonio con i Comneni, i Catafloroni, i Servlii, i Promunteni
Con la prosperit economica, gli incarichi fiscali monopolizzati da
questi funzionari civili li arricchivano cos rapidamente che alcune famiglie, che per tradizione servivano lo Stato con la spada, finirono per
unirsi ai loro ranghi. Peraltro erano possibili i fallimenti, e vi furono
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esattori che si rovinarono per non aver raccolto le somme corrispondenti alle tasse che avevano promesso di riscuotere. A Costantinopoli la separazione tra funzionari di rango modesto e ricchi mercanti si fece evanescente a partire dallxi secolo, quando sui sigilli dei funzionari si videro moltiplicare nomi in precedenza sconosciuti. Ci prova
lampliamento del reclutamento ai rampolli dellalta borghesia, muniti
di istruzione approfondita, e conferma limpressione di apertura sociale percepita e spesso criticata dai cronisti del tempo, come Michele Psello. Questi nuovi arrivati, tuttavia, non giunsero al culmine della gerarchia a causa di un controllo sociale pi stretto sotto i Comneni [Cheynet 422].
La rivolta del 1057 segn uno dei punti culminanti di questa influenza delle lites costantinopolitane, quando il patriarca Michele Cerulario
sollev la capitale in favore di Isacco Comneno grazie a un ascendente che non gli perveniva soltanto dalla funzione ma anche dalle relazioni con le pi importanti famiglie della capitale, come i Macremboliti, legati ai Duca [Cheynet 461].
Il ruolo di Basilio II nella trasformazione dello strato superiore dellaristocrazia davvero importante. Alcuni studiosi [Ostrogorsky 120]
hanno pensato che limperatore avesse manifestato unostilit radicale
nei confronti del corpo degli ufficiali superiori degli eserciti dOriente,
che avevano vanamente tentato di usurparne il potere. Fatto sta che
limperatore sostenne una nuova generazione di militari, tra i quali i fratelli Isacco e Giovanni Comneno, il cui padre Manuele aveva coraggiosamente servito il sovrano contro Barda Sclero, ma anche i Dalasseni, i
Botaneiati, i Contostefani, i Pegoniti, i Burtzi, i Gabradi. Tutti questi
svolsero un ruolo di primo piano nelle guerre civili o esterne dellxi secolo, e simparentarono direttamente o indirettamente con i Comneni.
Il glorioso sovrano scelse anche di perdonare gli Scleri, che lavevano
fatto a lungo tremare e che ottennero cariche elevate nel corso dellxi
secolo, senza per riuscire ad agganciarsi ai Comneni [Cheynet 422 e
461].
Con Basilio II e il fallimento dellaristocrazia anatolica, il centro del
potere si spostato a Costantinopoli, dove ormai gli imperatori decidevano delle carriere e delle fortune, mentre il denaro liquido circolava in
abbondanza. Per questo motivo, tutti quelli che contavano si stabilirono nella capitale, bench numerose famiglie conservassero i loro beni in
provincia. Questa evoluzione presentava il vantaggio di permettere al
sovrano di sorvegliare pi efficacemente i potenziali rivali, ma in compenso allontanava le popolazioni locali dai loro capi naturali. Questo elemento non totalmente nuovo, poich giovani arconti greci o stranie-
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ri, immediatamente dotati di dignit di un certo livello, erano gi registrati forse in maniera fittizia, senza servizio attivo, ma comunque con
una presenza reale nelle eterie destinate a sorvegliare il Palazzo.
Questa tendenza alla centralizzazione conobbe uneccezione notevole. LOccidente bizantino non aveva, fino ad allora, conosciuto lo sviluppo duna aristocrazia militare paragonabile a quella dellOriente, senza dubbio perch le guerre contro i Bulgari e i nomadi del nord erano
intermittenti e non portavano n la ricchezza n la gloria di quelle contro i musulmani. Si d il caso per che, nellxi secolo, varie famiglie, come i Tornici di origine armena, i Vatatzi, i Brienni, si fossero insediate
a Adrianopoli, venendo pertanto designate con il nome di fazione macedone. Tali famiglie dominavano i tagmata occidentali che seguirono
Leone Tornicio nel 1047 e Niceforo Briennio nel 1077, nel corso dei loro tentativi di usurpazione che furono infranti dallostilit manifestata
nei loro confronti dalla popolazione della capitale.
c) Lascesa dei Comneni.
I Comneni, favoriti da Basilio II, riuscirono a riunire intorno a s
llite militare dellxi secolo [Barzos 439]. Una donna, Anna Dalassena,
cognata dellimperatore Isacco Comneno, tramite alleanze matrimoniali riusc a unire i numerosi figli ai migliori partiti dellepoca, i Diogeni,
Figura 1. La discendenza maschile dei Comneni (x-xii secolo).
N. Comneno
Adriano Dalasseno
?
Manuele
Niceforo
Giovanni+Anna Dalassena
Isacco I
Manuele
Giovanni
Alessio
Isacco
Costantino
Adriano
Giovanni Duca
Michele VII
Andronico Duca
Niceforo
Alessio I+Irene Duca
Costantino X
Alessio
Andronico
Andronico
Isacco
Isacco
Manuele
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i Taroniti, i Melisseni, i Duca [cfr. fig. 1], e, grazie a una serie di intrighi, ottenne per loro le cariche pi elevate sotto tre regni successivi, ma
separati da colpi di stato, ossia quelli di Michele VII Duca, Romano IV
Diogene e Niceforo III Botaneiata [Femmes et pouvoirs 454]. Occorre
notare che la presa di potere da parte dei Comneni non devessere interpretata come il trionfo dei militari provinciali, ma di una fazione della capitale dal momento che essi, dopo Basilio II, avevano preparato il
loro successo a Costantinopoli. Lascesa al trono del secondo dei figli di
Anna Dalassena, Alessio, segn infine un trionfo annunciato. Il nuovo
imperatore consolid il proprio potere seguendo gli stessi metodi, mantenendo il sostegno indispensabile dei Duca [Polemis 443] e ottenendo
lappoggio dei Paleologhi e infine dei Macedoni, grazie al matrimonio della figlia maggiore, Anna, con Niceforo Briennio, nipote del ribelle del 1077-78, che lo stesso Alessio aveva combattuto per conto di Botaneiata. Nellaristocrazia a questo punto si produsse una scissione tra
chi era imparentato con i Comneni e chi non lo era. Questi ultimi furono relegati in secondo piano, per quanto gloriosi fossero i nomi che portavano.
lecito postulare una contrapposizione netta tra le famiglie di tradizione militare e quelle di tradizione civile, e ritenere che lascesa dei
Comneni simboleggi la vittoria dei primi? Le guerre civili dellxi secolo, infatti, sono state a volte interpretate in termini di conflitto fra militari e civili. La prosopografia rivela per, in occasione di conflitti,
alleanze trasversali tra famiglie di entrambe le tradizioni. Inoltre, la separazione fra i due gruppi non a compartimenti stagni: per quanto lendogamia risulti maggioritaria, vi sono frequenti legami matrimoniali tra
famiglie militari e civili. Infine, lappartenenza a una categoria non fissa e, come aveva gi notato Alexander Kazhdan, molte famiglie dellaristocrazia militare del x secolo, nel secolo seguente si sono riciclate nelle funzioni civili, in particolare finanziarie [424]. Come si vede, tale scelta in questepoca non segnala un declassamento della loro condizione,
dal momento che le nuove funzioni permettevano un arricchimento spettacolare e rapido. Per alcune di esse, tuttavia, lesclusione dalla casta militare, nel momento in cui i Comneni giunsero al potere, si tradusse allora in un calo di prestigio sociale.
d) Unaristocrazia ancora aperta?
Nonostante questa struttura aristocratica, in pratica ereditaria, la
promozione di homines novi andata avanti per tutto il Medioevo,
con intensit variabile; pi importante fino allinizio dellxi secolo,
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Adralesto
(D.S.)
Eudocimo Maleino+Anastaso
Eustazio Maleino
Niceforo il Vecchio
(D.S.)
Leone Foca
(D.S.)
Michele Maleino
Barda Foca+N.
(D.S.)
Costantino Maleino
Eustazio Maleino
Teofilo
Leone Foca
(D.S.)
Costantino N. Focena+Tzimisce
Foca
Giovanni
Curcua
(D.S.)
N.+T.w.d.s.
(Teodulo
Parsacunteno?)
Barda Foca
niceforo foca
?
Barda Foca+N. Adralestina
(D.S.)
b.w.d.r.s.
niceforo?
(Teodoro?)
barda?
Adralesto
diogene
adralesto
Leone
Niceforo
Manuele
Foca
(Panterio?) Sclero
(D.S.)
Barda
Sofia +costantino
Focena sclero
Barda
Sclero
(D.S.) stato domestico delle scholae
stato imperatore
Ha ottenuto un comando importante (capo
di tagma o stratego di tema)
stato ufficiale nellesercito
N. = nome ignoto
N.+Romano Balantio
Giovanni Tzimisce
Niceforo
+
Tzimisce
1) Maria Sclerena
2) Teodora, figlia di Costantino VII
? Leone Balantio
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fatti, potevano confermare unalleanza, o disarmare un potenziale avversario, o segnalarne la posizione nella scala sociale: Michele Psello era
orgoglioso che limperatrice Maria di Alania fosse la madrina del suo nipotino. La Chiesa teneva conto dei legami spirituali nel calcolo dei gradi di parentela [Macrides 456; Patlagean 752].
La fratellanza adottiva, daltro canto, non era ratificata dalla Chiesa, ma congiungeva due persone in base alla loro sola volont. il caso
per esempio di due generali, il futuro imperatore Romano Diogene e il
futuro pretendente al trono Niceforo Briennio, che si erano adottati come fratelli.
b) Il ruolo delle donne.
Studiare il ruolo delle donne nella societ bizantina significa innanzitutto sottolineare le carenze delle fonti che abbiamo a disposizione per
lepoca in esame. Dal momento che non pi utilizzabile lenorme documentazione papirologica, le fonti risultano infatti troppo esclusivamente normative, con leccezione delle informazioni fornite dallagiografia e dalla retorica, in particolare gli elogi funebri. Sarebbe inutile
cercare di descrivere la vita delle contadine o delle popolane di citt,
trattate solo per sterotipi, dalla santa alla prostituta. Le prostitute, condannate dalla Chiesa ma tollerate dalla societ, a Costantinopoli servivano a valorizzare la filantropia imperiale, giacch i sovrani crearono
spesso dei monasteri per accogliere queste sventurate, sovente condannate alla mendicit. Le uniche testimonianze utilizzabili, che per giunta, con poche eccezioni, derivano da ambienti maschili, riguardano le
donne dellalta societ.
Il ruolo delle donne perlopi ereditato dallepoca precedente [Beaucamp 271] e dipende dai tratti che vengono a esse attribuiti: la loro debolezza, il pudore minacciato quando si mostrano in pubblico; le donne sono considerate come delle eterne minorenni, per quanto non siano
sottoposte a una tutela. Allinterno delle coppie, di regola la diseguaglianza: solo il padre ha potest (exousia) sui figli. Le donne godono di
conseguenza di una condizione protetta, in particolare contro il ratto o
sul piano finanziario, ma comunque inferiore sia nella sfera civile che in
quella ecclesiastica. Restano cos escluse dalle funzioni pubbliche, non
hanno la facolt di agire per vie legali, salvo in rari casi, e la loro testimonianza ammessa solo su questioni al di fuori della portata degli uomini, come il parto [Beaucamp 453]. Allinterno della Chiesa, le donne,
oltre a non avere naturalmente accesso al sacerdozio, sono escluse dallo spazio consacrato delimitato dal pluteo (a causa di norme di purezza
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dorigine veterotestamentaria), e non hanno diritto di prendere la parola in pubblico. In compenso, com ovvio, possono dirigere i monasteri
femminili. Si ignora, per, se queste regole rigorose siano state sempre
rispettate nellambito laico. Le vedove, per esempio, finch non si risposavano disponevano di grande libert dazione a nome dei figli in minore et.
Le donne dellaristocrazia hanno sempre giocato un ruolo importante, che tuttavia le fonti lasciano tra le righe. A partire dallxi secolo, nelle famiglie pi eminenti le donne acquistarono un ruolo significativo,
dal momento che i legami di sangue hanno un peso maggiore, ed esse
possono esercitare un vero potere in quanto rappresentano la famiglia
dorigine e dispongono di beni propri. Sono perci libere di stilare il testamento o di stipulare contratti. Irene Duca, moglie di Alessio I, non
esit a rompere il matrimonio di sua figlia Eudocia, che riteneva fosse
maltrattata dal marito Michele, membro dellillustre famiglia degli Iasiti. Linfluenza delle imperatrici dorigine greca aumentata sotto i Comneni e gli Angeli: Irene Duca e Eufrosine Camaterissa, moglie di Alessio III Angelo, presero parte attiva agli intrighi politici del loro tempo.
Le mogli mantenevano il cognome paterno e non prendevano quello del
marito. Poteva anche capitare che dei figli assumessero il cognome della madre, pi rinomato, a discapito di quello del padre. Alcune aristocratiche, in particolare nella famiglia dei Comneni, hanno peraltro acquisito una cultura elevata: Anna Comnena non fu una figura isolata,
giacch altre principesse del xii secolo animarono circoli letterari o si fecero dedicare opere erudite [Gouma-Peterson 181].
c) I patrimoni e leredit.
Le novelle degli imperatori macedoni del x secolo, che denunciavano le soperchierie dei potenti, accaparratori di terre, hanno fatto credere che laristocrazia derivasse la propria forza economica dai propri latifondi. Questo senzaltro vero per i provinciali, che non avevano accesso diretto allimperatore, ma i pi grandi patrimoni dellImpero non
avrebbero potuto derivare soltanto dal lento accumulo di rendite fondiarie [Cheynet 450], che erano sicure ma di entit modesta [Oikonomides 556]. Servire limperatore arricchisce pi velocemente e a livelli eccezionali, nel caso di alcuni favoriti. Questi fortunati, titolari delle
funzioni pi elevate e beneficiari delle alte dignit che vi erano normalmente associate, erano certi di ricevere ogni anno rogai di parecchie decine di libbre doro. A queste si aggiungevano le doreai imperiali, palazzi a Costantinopoli, vasti possedimenti nei territori riconquistati dai ge-
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monasteri, che proteggevano le loro propriet terriere rendendole di fatto inalienabili in quanto sottoposte alla protezione accordata ai beni della Chiesa. Tali propriet, per, rimanevano in famiglia, giacch il typikon (regolamento) prevedeva che gli eredi del fondatore conservassero la gestione, e dunque le rendite del monastero [Kaplan 452].
Il coinvolgimento dellaristocrazia nella vita economica dellImpero,
salvo per quanto riguarda il commercio delle derrate agricole, resta un
soggetto oscuro a causa dellassenza di una documentazione adeguata.
Sappiamo che, a Costantinopoli, gli aristocratici investivano nelle botteghe, e aggiravano tramite prestanome la proibizione, che valeva per i
dignitari, di esercitare i mestieri dellartigianato e del commercio [Gerolymatou 451]. inoltre certo che le attivit domestiche dei grandi
oikoi aristocratici fornissero delle eccedenze che, a quanto pare, venivano messe sul mercato o servivano a distribuire doni di prestigio. Nel
ix secolo Danielide, cos generosa nei confronti di Basilio il Macedone,
faceva lavorare nel Peloponneso centinaia di tessitrici di seta. Un tal numero di lavoranti, ammesso che non sia stato accresciuto dallaspetto
leggendario dellepisodio, rimane certo eccezionale, ma il modello economico verosimile.
La trasmissione del patrimonio, in una famiglia coniugale dove coabitavano solamente genitori e figli non sposati, avveniva in occasione di
fidanzamenti e matrimoni piuttosto che al momento della morte, sempre imprevedibile ma troppo spesso prematura, dei genitori. Le ragazze
erano a volte fidanzate a unet precoce, ancora nella prima infanzia,
ma di norma si sposavano verso i 15 anni con un marito di qualche anno pi adulto. Ricevevano una dote, proporzionata al patrimonio dei genitori, che corrispondeva alla loro parte di eredit. Lo sposo, la mattina delle nozze, offriva lhypobolon, equivalente alla met o a un terzo
della dote, al quale si aggiunse, a partire dal x secolo, un complemento
equivalente a un dodicesimo della dote, il theoretron. Il marito gestiva i
beni della moglie ma non poteva venderli, salvo nei casi eccezionali previsti dalla legge. Le famiglie cercavano di mantenere i beni allinterno
dei rispettivi patrimoni. La dote tornava ai genitori della sposa se questa moriva senza figli. Se la sposa rimaneva vedova ne conservava luso. Le seconde nozze erano tollerate, perch molte donne morivano durante il parto, in seguito alle numerose maternit, mentre talora i mariti morivano in battaglia [Beaucamp 449].
A ciascun cambio di generazione, il patrimonio era diviso tra i figli,
comprese le femmine che avevano diritto a una parte uguale a quella dei
fratelli, anche se pi frequentemente costituita da denaro contante o beni mobili. Questo potenziale indebolimento di generazione in genera-
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li avessero unito le proprie forze. La vera minaccia proveniva dallo strettissimo legame che univa ai suoi uomini il generale glorioso e popolare,
spesso rafforzato da una rete di solidariet familiari e territoriali. Gli
ufficiali combattevano tra i parenti e tra soldati spesso originari della
stessa provincia, almeno fino allxi secolo. I Focadi nel x secolo, e i Diogeni nel secolo seguente, potevano contare sul fedelissimo sostegno dei
Cappadoci, che avevano spesso portato alla vittoria e grazie a ci anche
arricchiti. Gli imperatori erano consapevoli della forza di questi legami
e, quando sospettavano che un generale favorisse eccessivamente i propri uomini per renderseli fedeli, lo rimuovevano dal comando. A volte
questa si rivelava una mossa decisamente sbagliata e finiva per provocare proprio quello che si era tentato di evitare, ossia la rivolta dellinteressato, come nel caso del domestico delle scholae Manuele sotto Teofilo, di Andronico Duca sotto Leone VI, di Giorgio Maniace sotto Michele IV. Quando un ribelle radunava un grande esercito, i suoi servitori,
anche se erano i pi devoti allinsorto, non ne costituivano lo zoccolo
duro: questo ruolo era assunto dai reggimenti dellesercito regolare passati dalla sua parte.
Alcuni studiosi, primo tra i quali Georg Ostrogorsky [460] e, pi recentemente e con maggiori riserve, Nicolas Oikonomides, hanno ritenuto che le strutture statali si siano progressivamente disgregate a favore dellaristocrazia che avrebbe usurpato le prerogative regie delluso
della forza, dellesazione delle tasse e del diritto di rendere giustizia.
stata anche proposta una cronologia: lxi secolo costituirebbe una tappa significativa, caratterizzata da imperatori deboli, e questo spiegherebbe larretramento generale delle frontiere; i Comneni avrebbero accentuato questa evoluzione, talvolta qualificata come feudalizzazione,
e il regno dei Paleologhi ne avrebbe costituito il compimento con il collasso finale dellImpero. Si per visto come nulla in realt suggerisca
una diminuzione rilevante dellautorit pubblica, e come gli imperatori, fino al 1204, abbiano conservato quasi intatte le proprie prerogative. Ci non significa, peraltro, che i notabili non abbiano esercitato un
influsso sulle popolazioni locali. Cecaumeno, nei suoi Raccomandazioni
e consigli, mostra come ci si aspettava che essi favorissero i propri amici in caso di esazioni fiscali eccezionali, e che risolvessero le divergenze
che contrapponevano gli abitanti dei villaggi senza passare per i tribunali ufficiali.
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3. Le rivolte.
a) Rivendicare il trono.
La concezione stessa del potere imperiale autorizzava le migliori speranze degli usurpatori, giacch, se avevano successo, la loro rivolta era
giustificata a posteriori con la ratifica divina. In seguito a ci, la frequenza delle usurpazioni dipendeva da un lato dallantichit di una dinastia, dallaltro dagli insuccessi del governo centrale, poich una serie
di sconfitte suscitava, di norma, la sensazione che un imperatore avesse cessato di godere dellappoggio divino, e offriva inoltre lopportunit
di attaccare un esercito demoralizzato. Questo il motivo per cui limpegno personale dellimperatore sul campo di battaglia proteggeva dai
colpi di stato, salvo in caso di disastri, come per Niceforo I e Romano
Diogene.
Le rivolte possono essere classificate in funzione dellobiettivo: ottenere il potere supremo o sottrarsi localmente allautorit imperiale.
Possono essere distinte secondo le modalit dazione: golpe militare, colpo di stato di Palazzo o, pi di rado, insurrezione urbana [Cresci 462].
Le rivolte furono sempre condotte da membri della classe dirigente, dal
momento che il successo dipendeva dalla costituzione di una rete di congiurati che comprendesse degli intimi dellimperatore minacciato. Anche Basilio il Macedone, senza dubbio in origine semplice contadino macedone, port a compimento il colpo di stato di Palazzo solo dopo aver
compiuto una brillante carriera a Corte. per questo motivo che risulta opportuno trattare le rivolte in un capitolo dedicato alle lites dirigenti [Cheynet 461].
Lesercito torna a essere un fattore politico di primo livello allinizio
del vii secolo, quando smise di rivendicare un migliore status professionale e finanziario per esprimere, invece, delle preferenze politiche. Su
queste nuove ambizioni si innestarono rivalit geografiche ben descritte da Walter Kaegi. Quando il tema degli Armeniaci si schierava per un
pretendente, quello degli Anatolici ne sosteneva un altro [128]. Nei secoli trattati qui, varie decine di tentativi di usurpazione si appoggiarono a reggimenti dellesercito. Le cause di ci furono molteplici. I soldati protestavano quando un imperatore si rivelava inabile a ottenere successi militari, e supportavano uno di loro, sperando che fosse pi
energico: lascesa di Leone V il caso pi lampante. I detentori delle
pi alte cariche militari erano evidentemente pi inclini a tentare la sorte. Numerosi strateghi degli Anatolici, che disponevano del contingen-
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te provinciale pi forte, ebbero laudacia di prendere le armi, e due ebbero successo, Leone III e Leone V; agirono in maniera analoga anche
vari domestici delle scholae, quando questa carica divenne la pi importante dellesercito a partire dal x secolo: il migliore esempio fu Niceforo Foca nel 963.
I periodi di reggenza costituirono una semplice variante del caso precedente. Una prolungata vacanza del potere stimolava le ambizioni, e i
periodi in cui sedevano sul trono imperatori minorenni videro moltiplicarsi i tentativi di colpo di stato: quello di Costantino Duca un altro
domestico delle scholae durante la reggenza di Zoe, poi leliminazione di questa stessa imperatrice da parte di Romano Lecapeno, o anche
il successo di Niceforo Foca e Giovanni Tzimisce durante la minore et
di Basilio II. In altri casi, era una minaccia reale o supposta contro gli
interessati e la loro fazione a scatenarne loffensiva: occorreva colpire
prima di finire accecati, tanto gli imperatori diffidavano delle personalit popolari a Corte. Si possono qui citare Michele II, Basilio I, Alessio Comneno o Isacco Angelo.
Il successo di un generale che aveva dalla sua la maggior parte delle truppe non era affatto garantito, come provano i fallimenti di Bardanio il Turco contro Niceforo I, di Tommaso lo Slavo di fronte a Michele II, di Barda Foca contro Basilio II, per citare soltanto gli insuccessi pi spettacolari. Le mura della capitale, e il tesoro imperiale che
permetteva di assoldare nuove truppe salvarono pi dun imperatore,
come Michele II, Basilio II e Costantino IX. Fatto sta che nessun usurpatore riusc a infrangere con la forza le difese di Costantinopoli, e quelli che entrarono nella capitale disponevano di complicit o di un partito allinterno della capitale: il tradimento di Michele VI, nel 1057, da
parte del patriarca Michele Cerulario e dei suoi amici costituisce il caso pi eclatante.
La tattica dun imperatore alle prese con una potente opposizione,
armata o disarmata, consisteva nellisolare il pretendente privandolo dei
suoi sostenitori tramite una politica di rilancio in materia di dignit e
donazioni. I cronisti riferiscono pi volte che una spia dellimperatore
si introdusse nellaccampamento degli insorti per portare in segreto delle crisobolle che offrivano delle dignit ai principali luogotenenti del ribelle. Questo metodo si rivelato efficacissimo contro numerosi generali, dal momento che, per molti congiurati, fintantoch il pretendente
non fosse apparso come probabile vincitore, risultava pi conveniente
negoziare la propria fedelt quando si era ancora in tempo piuttosto che
subire la punizione per il crimine di lesa maest, ossia laccecamento. Vi
furono anche casi in cui i congiurati consegnarono il loro capo, quando
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la sua posizione sembrava ormai compromessa, per sfuggire a ogni punizione, se non addirittura per accrescere i propri vantaggi. In compenso, una vittoria netta del ribelle faceva confluire nel campo del vincitore tutti gli indecisi, desiderosi di vendere il loro appoggio a chi appariva ormai come il futuro sovrano. cos che Isacco Comneno, dopo aver
vinto le truppe imperiali di Michele VI a Nicea, registr ladesione di
numerosi dignitari, tra cui il capo del Senato, Costantino Leicuda, e Michele Psello, ambasciatore di Michele VI.
Per avere successo, un pretendente doveva disporre di un abbondante Tesoro di guerra, sia attingendo al proprio patrimonio personale e a
quello dei suoi seguaci ma in tal caso la somma raccolta non permetteva di andare avanti a lungo , sia intercettando gli esattori imperiali
che riportavano alla capitale i proventi delle tasse. Inoltre, doveva avere a sua disposizione una vasta rete di parenti e alleati, ai quali il suo
successo lasciasse sperare la spartizione delle spoglie del potere: il miglior successo in questo ambito da ascrivere ai Comneni. Era prudente assicurarsi la fedelt dei complici tramite giuramenti irrefragabili.
Tranne che nei colpi di stato di palazzo, il pretendente doveva fruire del
sostegno di una parte cospicua dellesercito dal momento che le truppe
private non potevano affrontare i reggimenti di professionisti. Doveva
infine disporre, come si detto, di complicit a Costantinopoli. Di fronte a tutte queste condizioni, si capisce come mai cos pochi ce labbiano fatta.
La cospirazione di palazzo si appoggiava solamente alle reti clientelari, secondo gli stessi princip della spartizione delle cariche in caso di
successo. La maggiore difficolt era quella di conservare il segreto, giacch numerose spie facevano rapporto allimperatore o al papias e alleteriarca [Karlyn-Hayter 342], i principali responsabili della sicurezza del
Palazzo. Pi numerosi erano i congiurati, pi aumentava il rischio che
uno di essi denunciasse il complotto in cambio dellimpunit, o meglio
di una ricompensa. Allo stesso tempo, limperatore doveva distinguere
tra un vero pericolo e il gioco degli intrighi tramite i quali i suoi intimi
cercavano di sbarazzarsi dei rivali. Nonostante tutte queste difficolt,
numerosi usurpatori ebbero successo, come Niceforo I contro Irene, Basilio I che fece assassinare Michele III con lappoggio di Eudocia Ingerina, contemporaneamente amante dellimperatore e moglie dello stesso Basilio, o ancora Giovanni Tzimisce che ag in maniera analoga nei
confronti di Niceforo Foca, con la complicit di Teofano, moglie di Niceforo ma amante di Giovanni.
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b) I movimenti separatisti.
Non tutte le ribellioni riguardavano Costantinopoli, e un numero
crescente interess varie province dellImpero, perlopi popolate da allogeni ma non esclusivamente. Bisognava associare pi condizioni perch un rivoltoso si mettesse alla testa dun movimento locale: tra di esse, una certa coscienza da parte degli abitanti della provincia della loro
mancanza di attaccamento nei confronti del centro, e la disponibilit di
mezzi finanziari e dunque militari. Talora si aggiungevano altri fattori
pi geografici, come la distanza dalla capitale e la presenza di catene
montuose che rendevano difficile larrivo delle truppe imperiali.
c) Il separatismo etnico.
Le popolazioni allogene non erano necessariamente meno attaccate
allimperatore rispetto ai Greci, ma erano quasi sempre situate alle frontiere dellImpero, zone calde per natura; molte di esse, per giunta,
erano sottomesse da poco tempo, ed era dunque possibile che conservassero il ricordo della propria libert o del loro precedente sovrano.
Questa ragione spiega le rivolte delle sclavinie del Peloponneso nel x secolo, nonch quelle ricorrenti dei Bulgari nel corso dellxi, fino alla resurrezione finale dello Stato bulgaro nel secolo successivo, e infine limpossibilit di mantenere a lungo i Serbi sotto lautorit imperiale [cfr.
cap. xvii, p. 509; Prinzig 466; Malingoudis 467].
Latteggiamento degli Armeni, numerosissimi nellImpero, stato
giudicato in vari modi dagli studiosi moderni. Alcuni, seguendo alla lettera un cronista come Matteo di Edessa, estremamente ostile verso i
Greci, hanno ritenuto che le popolazioni e i quadri nobiliari armeni non
siano mai stati veramente leali e non abbiano difeso le frontiere orientali dagli invasori turchi, arrivando perfino ad accordarsi con essi [Garsoan 433]. Alcuni sigilli, per, attestano che i principi armeni ottennero dignit elevate, rivalutate per tutto il corso della loro vita (e ci suppone relazioni continuate con Costantinopoli), e che arrivarono a
occupare dei ruoli di fiducia, come per esempio quello di dux dun tema
confinario in Oriente. Come per gli altri quadri dirigenti dellImpero,
la fedelt dei quadri armeni dipendeva dalla rete di relazioni che li collegava con limperatore. Non pi possibile contrapporre gli Armeni
calcedoniani, come Filareto Bracamio o Gabriele di Melitene, che sarebbero stati fedeli allImpero, agli Armeni legati alla propria religione
nazionale, giacch la famiglia di Gregorio Magistro, che dette i natali a
un catholicos, serv anche gli imperatori. Lex re di Ani, Gagik, fu per
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levoluzione sottolineata da parecchi movimenti. Si verific una nuova secessione di Cipro dietro limpulso dun membro della famiglia imperiale, Isacco Comneno, il quale senza dubbio si proclam basileus nellisola, non essendo riuscito a trascinare il resto dellImpero contro Andronico I. Il fallimento di Isacco II Angelo, che non riusc a cacciare
lusurpatore sostenuto dagli autoctoni e appoggiato da una flotta normanna, suggerisce tuttavia che la popolazione accettasse di essere separata da Costantinopoli. In compenso, la sua resistenza contro gli Inglesi di Riccardo Cuor di Leone, e ancor pi contro i Latini di Terrasanta,
dimostrano il suo desiderio di rimanere sotto lautorit dun sovrano
greco e ortodosso.
Il secondo esempio, quello di Teodoro Mancafa a Filadelfia, pi
caratteristico nei riguardi della nuova tendenza. Filadelfia, capitale del
tema dei Tracesi, aveva preso parte alla lotta contro i Turchi. Teodoro,
per, riusc a sottrarre la citt allautorit di Isacco II Angelo con lappoggio dellaristocrazia locale e a estendere la sua autorit alle citt vicine, cosa che lo rese padrone della parte pi ricca dellAsia Minore. Si
proclam basileus, batt moneta, ma senza cercare in alcun modo di marciare verso Costantinopoli. Isacco II riusc a sconfiggerlo nel momento
in cui Teodoro era arrivato a chiedere soccorso ai Turchi, ma i seguaci
di Teodoro, prima di lasciarlo catturare, avevano ottenuto la promessa
che non gli sarebbe stato fatto alcun male. Inoltre, chiamare i Turchi
non aveva contribuito a renderlo popolare a Filadelfia. Poco prima della caduta di Costantinopoli, Teodoro Mancafa si era nuovamente reso
padrone di Filadelfia. Questa regione, i cui abitanti sembrano essere stati intenzionati a essere governati senza alcun rapporto con Costantinopoli, costitu il cuore dello Stato niceno dopo la presa latina di Costantinopoli nel 1204. La rivolta di Mancafa preannuncia la possibilit di vivere unidentit bizantina al di fuori di Costantinopoli [Cheynet 464].
In Occidente, allo stesso modo, Leone Sguro, originario di Nauplia,
che si era impadronito di Corinto, cerc di procurarsi un principato; il
blocco di Costantinopoli nel 1203 favor la sua avanzata, bench il metropolita di Atene, Michele Coniata, gli si fosse opposto, almeno finch
la capitale non cadde definitivamente nelle mani dei Latini. Anche questo personaggio, la cui condizione originaria resta sconosciuta (ma alcuni suoi parenti servivano negli uffici della capitale), trov degli appoggi tra la popolazione locale, pur esercitando anche pressioni con luso
della forza. Pur senza raggiungere lo stadio della rivolta aperta, altre
citt della Grecia non lasciarono pi entrare gli agenti del fisco, valendosi delle proprie mura o di una favorevole posizione naturale. Le lites locali, sullonda della prosperit generale, contestavano il pagamen-
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Le istituzioni dellImpero
to delle tasse, mentre nel frattempo il governo centrale si mostrava incapace di proteggere efficacemente i provinciali. Come riferisce Niceta
Coniata, rifugiatosi in Tracia nelle vicinanze della capitale, si era diffuso un sentimento di ostilit contro gli abitanti privilegiati di Costantinopoli anche se non bisogna generalizzare. Queste dissidenze, meno
spettacolari delle grandi ribellioni e meno scrupolosamente annotate dai
cronisti, erano per pi pericolose per la coesione dello Stato, e prefigurano la frammentazione permanente dellImpero in pi Stati dopo il
1204.
Levoluzione delle lites bizantine condivide pi tratti comuni con
il resto della cristianit, in particolare allepoca carolingia, di quanto non
lasci supporre limmagine tradizionale, ma semplicistica, dellImpero come efficace struttura centralizzata. Tale immagine quella che volevano dare gli imperatori, ma dissimula in parte il rapporto di dipendenza
che correva tra Costantinopoli e i suoi rappresentanti in provincia, ossia gli aristocratici locali. Il sovrano doveva mostrare riguardo alle pi
potenti famiglie di ufficiali se non si voleva creare gravi problemi. Rispetto per ai colleghi occidentali, limperatore di Costantinopoli dispose senza dubbio per lungo tempo di vantaggi superiori, in materia di ricchezze da distribuire, grazie a un sistema fiscale meglio conservato, e di
una migliore capacit di concedere favori vitalizi.
Laristocrazia costituiva lossatura dellImpero, come mostra, per
contrasto, la politica di Andronico I Comneno, il quale, usurpatore,
preoccupato di conservare il potere e di trasmetterlo ai figli, decim i
ranghi dellaristocrazia pi elevata, e per una generazione indebol lo
Stato in duplice maniera: lo priv dei migliori ufficiali e allo stesso tempo dei pi valenti candidati al trono, permettendo cos da una parte alle potenze straniere di usurpare in modo pi o meno ampio il territorio
imperiale, e dallaltra facendo s che continuassero a regnare sovrani mediocri. Non certo lunica ragione della caduta di Costantinopoli nel
1204, ma ne rimane uno dei fattori incontestabili.
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parte terza
I fondamenti della civilt bizantina
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jacques lefort
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dalla fine del vi secolo alla seconda met del ix [Ditten 480]; alcuni possono essere definiti spontanei, per quanto siano stati effettuati sotto
la spinta di una minaccia, in quanto si distinguono dalle deportazioni
decise dagli imperatori, peraltro spesso collegate proprio agli spostamenti spontanei. La fuga davanti al nemico di almeno una parte della popolazione locale era un fatto frequente, per esempio in occasione delle
incursioni slave manovrate dagli Avari [Charanis 475, XIV, pp. 82-84]
alla fine del vi secolo nei Balcani, e pi tardi in Egitto e in Siria al tempo della conquista araba [Charanis 475, II, p. 28]. Soprattutto in occasione delle incursioni, infatti, il nemico conduceva lontano i prigionieri fatti tra la popolazione, che costituivano una ricchezza eventualmente suscettibile di scambio; fecero cos gli Avari allinizio del vii secolo
[Lemerle 502, p. 139], e poi gli Arabi. Daltro canto, alcuni cristiani o
non cristiani oppressi negli Stati vicini si rifugiavano talora nellImpero; per esempio, secondo una fonte orientale, i 3000 arabi cristiani, dei
Ghassanidi, che si sottomisero a Bisanzio allinizio del vii secolo [Ditten 480, p. 58], oppure, nel ix secolo, i 30 000 Curramiti una cifra esagerata , dei mazdei, che fuggirono dalla Persia musulmana [Ditten 480,
pp. 93-110]. La riconquista bizantina ha comportato, nel x-xi secolo, gli
stessi fenomeni, ma in senso inverso, nei Balcani come nella Siria settentrionale: in questa regione, la maggior parte dei musulmani fugg (alcuni tornarono successivamente, accettando di essere battezzati); altri,
fatti prigionieri dalle armate bizantine, furono deportati nelle province
[Dagron 478, pp. 181-82].
Lentit di questi spostamenti era variabile; le cifre menzionate dalle fonti a proposito dei singoli episodi vanno da qualche migliaio o decina di migliaia, come negli esempi precedenti, ad alcune centinaia di
migliaia: si vedr che alla met dellviii secolo, sotto Costantino V, pi
di 200 000 Slavi si sarebbero rifugiati nellImpero. Tali cifre non sono
facili da interpretare (in certi casi si ignora se si riferiscano solamente ai
capifamiglia o alla totalit della popolazione); daltro canto, spesso le
fonti non forniscono alcuna indicazione quantitativa e segnalano solamente i fatti pi rilevanti. Talora, per stimare limportanza di questi
movimenti di popolazione, ci si pu basare su dati indiretti, in particolare linguistici, e su unipotesi che plausibile: un gruppo insediato in
una regione finiva per abbandonare la propria lingua a vantaggio di unaltra solamente se era minoritario. Se cos, in base alle nostre informazioni si pu dedurre che spesso gli immigrati, come i Goti di Bitinia citati in precedenza, erano localmente meno numerosi della popolazione
indigena. Tuttavia esistono anche esempi contrari, particolarmente nelle regioni di confine, spesso poco popolate, dove il movimento delle po-
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Risult meno importante, rispetto alla conquista araba delle province armene, linsediamento pacifico di vari Armeni nellImpero, in particolare nellviii secolo, a quanto pare soprattutto nella met orientale
dellAsia Minore. Cos, secondo una fonte armena, 12 000 di essi con le
famiglie, in fuga da vari soprusi, furono accolti intorno al 790 [Charanis 475, V, p. 197]. Cristianizzati dallinizio del iv secolo, perlopi in
disaccordo dogmatico con la Chiesa di Costantinopoli (salvo che per volont di compromesso), dotati duna liturgia antica e di forte struttura
sociale [cfr. Garsoan 485; LArmnie et Byzance 469], spesso insediati
in ambiti scarsamente ellenizzati, gli Armeni furono integrati nella societ bizantina con meno facilit degli Slavi di Grecia, naturalmente con
leccezione dellaristocrazia [Brousselle 473] il cui ruolo nella storia
politica di Bisanzio notoriamente importante. In linea di massima, tuttavia, gli Armeni non si ellenizzarono, tantopi che il movimento migratorio si intensific quando gli eserciti imperiali riconquistarono le
antiche province armene alla fine del x secolo [Asolik 69, p. 141] e soprattutto alla met dellxi secolo al tempo delle incursioni selgiuchidi.
La zona in cui furono accolti si estese, superando lAnatolia orientale,
alla Cappadocia e alla Siria.
Occorre almeno segnalare altri fenomeni migratori: allinizio dellepoca in esame, dei Greci in fuga dallinvasione o dalla persecuzione poterono insediarsi nellItalia meridionale e in Sicilia [Charanis 475, XIV],
e successivamente dei Greci di Sicilia e di Calabria si stabilirono nei dintorni di Gallipoli, in numero sufficiente per ri-ellenizzare parzialmente
questa regione latina [Martin 503]. Alla fine del x secolo e allinizio dellxi, le regioni riconquistate agli Arabi furono ripopolate da Siriani monofisiti [Dagron 478]. Alla met dellxi secolo un popolo turco, i Peceneghi [Pritsak 513], spinto dal recente spostamento dun altro popolo
della stessa origine, gli Uzi, attravers il Danubio [Scilitza 58, pp. 455,
458]; i Peceneghi furono cristianizzati e insediati a sud della Serbia, in
una regione allora poco popolata, e poco dopo furono seguiti dai loro alleati Cumani, anchessi turcofoni [Savvides 516]. Numerose altre indicazioni, legate o meno a migrazioni, per esempio la presenza nellImpero di mercanti occidentali o musulmani, stranieri la cui condizione giuridica non del tutto chiara [Laiou 492], potrebbero permettere di
completare il catalogo dei popoli dellImpero. Secondo una fonte occidentale, alla fine del xii secolo vi risiedevano 20 000 Veneziani, la met
dei quali a Costantinopoli [Hendy 651, p. 593].
Si pu notare, infine, che queste popolazioni di origini disparate spesso coabitavano non solo nella stessa regione ma nelle stesse citt o villaggi (a volte in quartieri particolari, anche se la questione resta in ge-
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nere da studiare), e ci non era limitato alle zone di confine. Per quanto riguarda la Macedonia orientale, i documenti dellAthos ci informano sulla popolazione di numerosi insediamenti tra x e xii secolo: in alcuni di essi, a giudicare dagli antroponimi e da altri indizi, non ci sarebbe stata omogeneit linguistica [Lefort 497]; allinizio del x secolo,
Giovanni Cameniata di Tessalonica nota gi lesistenza di villaggi greco-slavi in questa provincia. Sulla frontiera sudorientale dellImpero, la
citt di Edessa, nellepoca in cui cess (nuovamente) di essere bizantina, alla fine dellxi secolo, secondo una fonte araba ospitava un 57% di
Siriani, un 23 di Armeni, un 17 di Greci e un 3% di Latini [Vryonis
203, p. 18]. La popolazione era diversificata ma spesso mescolata.
c) Le lingue parlate nellImpero.
Le lingue parlate nellImpero, di conseguenza, erano numerose, al
punto che un bilinguismo regionale e spontaneo, testimoniato per esempio dal termine mixobarbaroi [in ODB], sembra essere stato un fenomeno diffuso. Alcune di esse, in particolare quando chi le parlava costituiva una minoranza in un ambiente linguistico differente, sono state
utilizzate solo episodicamente, com gi stato accennato. Si pu aggiungere che proprio per questa ragione i (proto)Bulgari intorno al ix secolo abbandonarono la loro lingua, dorigine turca [Pritsak 512], a vantaggio dello slavo. Sempre nei Balcani altre lingue, nonostante abbiano origini antiche e dunque siano state parlate in maniera continuativa,
risultano attestate solo tardivamente. il caso dellalbanese, la cui relazione con lantico illirico plausibile, e del valacco, una lingua romanza. I popoli di pastori che parlavano queste lingue compaiono nelle fonti solo alla fine dellepoca in esame [per gli Albanesi, Ducellier 481; per
i Valacchi, Nasturel 507; Dvoichenko-Markov 483; Pohl 511], quando
lallevamento su larga scala aument dimportanza in questa parte dellImpero. NellAsia Minore orientale per certi aspetti analogo il caso
della lingua curda, imparentata con il persiano [Kurdes e Kurdistan,
in EI].
Il greco, che era la principale lingua della cultura, della religione e
della comunicazione, nel vii secolo divenne anche la lingua dellamministrazione al posto del latino. In una certa misura, e in determinate circostanze, ci ha favorito il progresso dellellenizzazione e lassimilazione degli allogeni. il caso, per esempio, delle lites sociali che si mettono al servizio dellimperatore: per esempio i gi citati Armeni, o gli
Arabi che si aggregarono allaristocrazia bizantina [Cheynet 477]; altri
giungevano per godere dei lumi dellortodossia, come i monaci georgia-
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ni o amalfitani del Monte Athos alla fine del x secolo [Iviron 77, I, n.
36]. Lellenizzazione ha parimenti interessato, nel mondo rurale, gli allogeni minoritari in un ambiente greco, bench il summenzionato bilinguismo, testimoniato da microtoponimi, antroponimi e firme sui documenti dellAthos, abbia giocato in questo un ruolo ambivalente, dal momento che contribuiva a mantenere luso della lingua dorigine. In
Grecia, tuttavia, lo studio linguistico della forma greca dei toponimi slavi suggerisce, almeno parzialmente, lellenizzazione precoce della popolazione slava, prima del ix secolo nel Peloponneso [Vasmer 522], e prima dellxi nella Macedonia orientale [Brunet 474].
In compenso, dove i Greci erano minoritari si constata la scarsit o
lassenza di fenomeni di ellenizzazione. In queste regioni, il fatto che
lingue diverse dal greco fossero gi lingue liturgiche (in Occidente il latino, in Oriente il siriaco, larmeno e il georgiano), o che lo siano divenute (lo slavonico nei Balcani alla fine del ix secolo) ha contribuito a rallentare particolarmente il progresso dellellenizzazione. Finirono cos
per formarsi o consolidarsi quattro ambiti geografici a carattere linguistico-religioso, due dei quali erano interamente o principalmente ortodossi (greco nella parte centrale dellImpero, slavo nel nord dei Balcani), un terzo romano, e infine un ambito armeno e monofisita nellAsia
Minore orientale. Questi ambiti, i cui limiti furono mutevoli, non erano omogenei: in Asia Minore, come nei Balcani, lellenizzazione precaria di alcuni popoli, la loro cristianizzazione superficiale e la fedelt alle antiche credenze favorivano, forse insieme ad altre cause, la comparsa di sette spesso legate a un gruppo linguistico particolare, considerate
eretiche a Costantinopoli, come quelle che si diffusero in Frigia a partire dal vi secolo, come i pauliciani delle regioni armene nellviii-ix secolo [Lemerle 500], e come i bogomili di Bulgaria nel x secolo [Obolensky 508].
d) LImpero come fattore di unit.
Sarebbe attraente pensare che i particolarismi nuocessero alla coesione dellImpero, ma forse questa unidea moderna (Machiavelli era
gi consapevole che la disunione civile aveva contribuito a rafforzare le strutture politiche dellImpero romano). vero che i gruppi linguistici o religiosi, compresi i Greci e altri gruppi caratterizzati agli occhi
del resto della popolazione dal proprio modus vivendi, come i pastori,
non erano sempre tolleranti tra di loro, n sottomessi alle autorit, come testimoniano numerosi testi. Il carattere religioso del potere imperiale spingeva a volte gli imperatori a esigere la conversione, almeno for-
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ta fierezza dalla propria antica cultura; ma ci che importa che perlopi si caratterizzassero (almeno prima della fine del xii secolo) non come Greci, ma politicamente come Rhomaioi, cittadini romani soggetti
allimperatore, e che riconoscessero questa qualit agli altri abitanti dellImpero, qualunque fosse la loro origine. Si pu indubbiamente definire lImpero, come si fatto spesso, multinazionale (linglese multilingual pi corretto). Ma allepoca risultava semplicemente che limperatore dei Romani aveva come sudditi dei cittadini romani. Sembra che
questa ideologia assimilatrice sia stata ampiamente condivisa. In ogni
caso, come si accennato, nulla lascia supporre che gli allogeni abbiano
mai contestato in quanto tali il contesto politico imperiale, almeno lontano dalle frontiere. Daltronde, il prestigio della citt capitale e dellimperatore che vi risiedeva si estendevano ben oltre lImpero.
Lesistenza di uno Stato, perlopi forte, fu certamente un fattore di
assimilazione pi importante di questi elementi ideologici o giuridici.
Nelle province, lamministrazione applicava leggi e regole che, in linea
di principio, valevano ovunque, ed era ben attestata sul territorio; lesercito aveva da molto tempo labitudine di reclutare soldati fuori dallImpero, o di arruolarli tra le popolazioni che vi si erano recentemente
insediate; e lo Stato sceglieva i propri servitori civili e militari, fino ai
gradi pi elevati, senza tener conto della loro origine. Infine, gli imperatori avevano una politica demografica che ebbe talora per scopo, e
spesso per effetto, quello di diminuire leterogeneit del popolamento.
2. La politica degli imperatori.
LImpero bizantino, come molti altri Stati prima dellepoca contemporanea, riteneva che una popolazione numerosa costituisse una ricchezza, se non altro perch le rendite fiscali provenivano soprattutto dalla
tassazione dellattivit agricola. Un popolamento fitto facilitava anche
la difesa del territorio, fondata per molto tempo su un esercito di contadini riservisti, e poi su contingenti militari insediati nelle province. Si
capisce come mai nelle epoche pi problematiche, in particolare in caso
di scarsit di uomini, quale si verific per molto tempo in diverse regioni, gli imperatori si siano preoccupati di ripartire al meglio la popolazione disponibile e di aumentarla, accogliendo gli immigrati o tenendo nellImpero i prigionieri di guerra, tra i quali potevano reclutare soldati e
contribuenti. Per realizzare questi obiettivi, lImpero fece ricorso a un
mezzo gi impiegato precedentemente, ovvero i trasferimenti di popolazioni.
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settore, ebbero un ruolo pi marginale. Per il vii-ix secolo difficile valutare limportanza fiscale o economica che pu essere stata rivestita dai
trasferimenti di popolazione; fu senza dubbio elevata, in quanto linsediamento di popolazioni in regioni fertili e spopolate contribuiva a valorizzarle; i prigionieri di guerra venduti come schiavi furono utilizzati
nelleconomia rurale fino allxi secolo. Si messa in discussione, ma su
basi fragili, lassennatezza politica di alcuni trasferimenti di popolazioni eterodosse, che avrebbero spostato linsicurezza da una provincia allaltra, piuttosto che ridurla [Charanis 475, III, pp. 151-54]. Sembra comunque che limportanza propriamente demografica dei trasferimenti
di popolazione sia stata esagerata, cos come stato fatto, per quanto su
scala ben diversa, con quella della migrazione slava.
3. Questioni demografiche.
La documentazione permette al massimo di descrivere alcune tendenze generali dellevoluzione demografica, senza che si possano fornire quantificazioni precise. Per i periodi anteriore e successivo a quello
qui trattato, lepigrafia funeraria e gli archivi dellAthos consentono lo
studio parziale del comportamento demografico di alcune parti della popolazione. Le conclusioni che se ne possono ricavare, come un elevato
tasso di mortalit infantile [Demography, in ODB], una speranza di
vita molto breve nel vi secolo [Durliat 482, p. 109], e un numero di figli superstiti compreso fra 3 e 4 allinizio del xiv secolo in ambiente rurale [Laiou-Thomadakis 491, pp. 72-107, 290], si lasciano inquadrare
nel consueto contesto del comportamento demografico in epoca pre-industriale, che com noto permette un accrescimento naturale della popolazione in assenza di catastrofi ripetute. Risulta effettivamente difficile cogliere una qualunque evoluzione del comportamento demografico nel corso del periodo in esame; i dati osteologici sono ancora poco
utilizzati a questo fine.
a) La ripartizione della popolazione.
Larcheologia permetter senza dubbio di stimare volumi o densit
di popolazione a livello locale, a partire dalla superficie dei centri abitati e dalla loro pi o meno grande densit. Nellattesa, ci si deve limitare a proporre alcune osservazioni. In linea di massima, le regioni vicine
al mare, perlopi a vocazione agricola, erano pi popolate di quelle dellinterno, spesso dedite allallevamento, che necessita di minor mano-
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ne inversa che spiega meglio la storia, in particolare economica, di Bisanzio: un Impero poco popolato nel vii e nellviii secolo, e poi un continuo sviluppo demografico dal ix fino agli inizi del xiv secolo. Questo
rovesciamento di prospettive dovuto alla convergenza degli indizi forniti da documenti di recente pubblicazione, e da studi indipendenti tra
loro e condotti in ambiti diversi, in particolare quelli archeologico, numismatico e paleogeografico.
Si sa che lImpero era ben popolato allinizio del vi secolo (Morrisson in MB I, pp. 209-10). La capitale forse raggiungeva allora i 400 000
abitanti [Mango 571, p. 51], e le citt che dominavano lo spazio rurale
nelle province erano prospere. I cambiamenti constatabili a partire dal
vii secolo, come il declino delle citt, o piuttosto la trasformazione di
ampie citt antiche in vescovati medievali sovente pi ristretti [Spieser
517], labbandono di centri abitati antichi a vantaggio di siti pi protetti, e la diminuzione o addirittura linterruzione della circolazione monetaria [Morrisson 506, pp. 302-3], costituiscono innanzitutto una testimonianza delle trasformazioni sociali e dellinsicurezza generale. Ma
ci sono altri dati che attestano pi direttamente una diminuzione della
popolazione. Limportanza attribuita da una raccolta giuridica dellviii
secolo (lEcloga) al contratto di enfiteusi, favorevole al coltivatore, suggerisce che in questepoca la manodopera fosse poco numerosa [Haldon
126, p. 134]. Linsediamento di Slavi in Bitinia, di Armeni e di Siriani
in Tracia nel vii-viii secolo, gi citato in precedenza, implica che queste
province vicine alla capitale apparissero allora troppo poco popolate agli
occhi dellautorit. I pi antichi documenti dellAthos mostrano inoltre
che alcuni settori della Calcidica erano ancora spopolati alla fine del ix
secolo [Iviron 77, I, n. 29] se non addirittura allinizio del x. Infine, e
soprattutto, varie prospezioni archeologiche, indagini palinologiche
[Dunn 534] e ricerche paleogeografiche [Geyer 486] suggeriscono, nellArgolide, in Macedonia, in Bitinia o in Licia, unoccupazione del suolo, in termini di coltivazioni o centri abitati, meno importante nel viiviii secolo di quanto non lo fosse stata nel vi. proprio in un simile contesto di spopolamento che le deportazioni su citate trovano il loro
principale significato.
Si generalmente concordi nel ritenere che la peste del 541-42 [Allen 467], e le sue recrudescenze fino al 747, siano state le principali cause del declino demografico delle citt e delle campagne, bench queste
ultime siano state colpite direttamente meno di frequente, e nonostante lepidemia del vi secolo non abbia ridotto di met la popolazione, come talora si affermato. pi verosimile una diminuzione totale compresa tra il 20 e il 30% [Biraben 471, pp. 122-23]; ma tale diminuzio-
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reste, sia unestensione delle coltivazioni, in Grecia, Macedonia, Tracia, Bitinia e Licia [cfr. sotto, p. 249-50]. Infine, nella Macedonia orientale, i documenti fiscali che permettono di comparare il numero di fuochi in nove villaggi o casali, tra linizio del xii secolo e quello del xiv,
indicano in genere un netto aumento della popolazione [Lefort 499]. Alcuni indizi suggeriscono anche che, alla fine del xii secolo, le regioni centrali dellImpero avessero almeno la stessa densit di popolazione di cui
erano dotate nella prima met del vi secolo [Lefort 494, p. 215].
c) La grandezza della popolazione.
Si ripetutamente tentato di stimare la popolazione dellImpero: si
tratta di una domanda legittima, ma alla quale non si attualmente in
grado di fornire una risposta soddisfacente. Le stime fornite, che derivano da estrapolazioni basate su dati e coefficienti poco certi, sono incerte: generalmente si basano sulle informazioni, spesso indirette, relative alla popolazione di alcune citt, e su una percentuale di popolazione urbana che si suppone nota e costante. Per quanto possano essere
imperfette, tali stime suggeriscono tuttavia degli ordini di grandezza dotati di qualche plausibilit, bench sia necessario ammettere una grande imprecisione. Tali stime rispecchiano innanzitutto le perdite e le conquiste territoriali nel corso dellepoca in esame: si ritiene per esempio
che lEgitto avesse oltre 6 o 7 milioni di abitanti quando lImpero lo perdette, nel vii secolo [Charanis 475, I, p. 10].
La popolazione dellImpero dOriente non pu essere calcolata a partire dai dati conservati. stata oggetto di stime speculative che hanno
comunque il merito di sottolineare le fluttuazioni che ci risultano percepibili. Il numero degli abitanti avrebbe raggiunto i 24 milioni intorno al 350 [Russell 514] e i 30 milioni sotto Giustiniano [Stein, ripreso
da Charanis 475, I, pp. 2-3]; la popolazione, alla fine dellviii o allinizio del ix secolo, sarebbe precipitata a 11 milioni (Russell) o addirittura a 7 milioni, secondo un calcolo che sembrerebbe pi verosimile
[Treadgold 140, p. 360]. In seguito, alla fine del ix secolo, avrebbe raggiunto i 10 milioni secondo Treadgold, o meglio soltanto 8 milioni [521,
p. 486]. A met dellxi secolo, la popolazione sarebbe stata di 15 milioni (Russell), se non di 20 (Stein); sarebbe diminuita allepoca dei Comneni, fino a 12 o 10 milioni (Stein), e sarebbe stata di soli 7 milioni alla fine del xii secolo (Russell).
Non certo che la curva (in qualche punto vaga) suggerita da queste
stime renda sufficientemente conto dei fenomeni demografici menzionati sopra. Quanto alle grandezze evocate, che talora presentano profon-
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de divergenze per la medesima epoca, una comparazione con lOccidente medievale suggerisce soltanto che sono tutte, in mancanza di meglio,
plausibili: secondo Pierre Chaunu la totalit della cristianit latina, al
cui interno si ammettono densit regionali molto diverse, da 5-6 a 2530 abitanti per chilometro quadrato alla met del xiii secolo, in questepoca sarebbe stata costituita da 40 a 45 milioni di anime1. In Oriente,
stime fatte per la Macedonia orientale e la Bitinia suggeriscono una densit di 20 abitanti per chilometro quadrato (Macedonia: Lefort 549, p.
299, n. 59; Bitinia: Geyer 1021, p. 416), ma le disparit regionali sono
considerevoli.
Le ricerche sulla popolazione dellImpero, per molto tempo focalizzate sullo studio delle nazioni che lo componevano, potrebbero svilupparsi utilmente in una dimensione quantitativa, che permetterebbe
di comprendere un po meglio una realt di cui evidente limportanza. In merito a ci, ricordiamo che gli ordini di grandezza che si possono proporre, quando se ne verifica la coerenza, hanno un valore, se non
informativo, almeno euristico.
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x. Economia e societ rurali1
Un riesame delle posizioni tradizionali sulleconomia rurale bizantina induce a ritenere che, dopo unepoca di recessione (vii-viii secolo),
si abbia a che fare con una lunga fase di espansione, che si estende dal
ix allinizio del xiv secolo proprio lo stesso periodo che per molto tempo stato tacciato di stagnazione, se non addirittura di declino. Esamineremo le condizioni della produzione agricola, e poi i fattori e le forme dello sviluppo.
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tevano per anche essere pi ridotte, principalmente per due ragioni che
non si escludevano a vicenda: a) alcune fattorie, pi orientate verso lallevamento, la viticoltura o altre attivit, dedicavano alla coltivazione dei
cereali solo il minimo necessario per assicurare la sussistenza del fuoco e versare i canoni; b) anche la pressione demografica ha potuto portare a una diminuzione delle dimensioni degli appezzamenti, come ha
notato Alan Harvey studiando il Catasto di Tebe [488, p. 63].
La fattoria, forse perch costituiva la pi piccola unit economica possibile, per giunta una unit solida a causa del carattere familiare, si adattata a condizioni che non hanno mai smesso di cambiare e spesso, nonostante quanto si detto in passato, di migliorare. Quel che conta, che
nellxi e xii secolo, in alcune regioni le fattorie sono state talora decisamente piccole. Ci sembra suggerire lesistenza di pratiche agricole pi
diversificate o produttive di quanto non si sia ipotizzato in passato.
c) I modi dello sfruttamento.
I prodotti: le piante coltivate e il bestiame. Gli alberi da frutta avevano unimportanza economica non solo per lalimentazione e per il legname che fornivano ma anche perch, nelle vicinanze delle citt, il commercio della frutta era lucroso [Kaplan 545, p. 36]. Nelle regioni dal clima favorevole cera una grande diversificazione degli alberi coltivati:
allinizio del xiv secolo, in Macedonia, negli appezzamenti ne sono attestate dieci specie diverse. Gli olivi, la cui coltura attestata, per esempio, in Siria e Palestina nel vii secolo, erano poco numerosi nella penisola Calcidica alla fine dellepoca in esame: erano sempre situati vicino
al mare, a causa del freddo invernale. Nel xii secolo, lolivicoltura si sviluppa in Puglia, in Capitanata, in Campania [Lefort 496, pp. 18-19]. A
partire dal x secolo, una nutrita serie di informazioni relative al consumo o al commercio dellolio mostra che lolivo era coltivato estensivamente nel Peloponneso, nelle isole del Mar Egeo, sulle coste dellAsia
Minore e in Bitinia [Hendy 651; Harvey 488, pp. 145-47]. Il castagno
era coltivato a partire dal ix secolo nellItalia meridionale, sul versante
tirrenico. In Macedonia, nel x secolo i contadini raccoglievano castagne
nei boschi, e coltivavano castagni allinizio del xiv secolo [Lefort 496,
p. 19]. Il gelso, piantato per darne le foglie ai bachi da seta, poteva essere coltivato su gran parte del territorio dellImpero. Lo sviluppo di
questa coltivazione probabile nel Peloponneso a partire dal ix secolo
[Jacoby 542, p. 454], attestata in Calabria nellxi [Guillou 540], certa
in Beozia nellxi e xii secolo, e in Tessaglia nel xii [Jacoby 542, pp. 470472].
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ponica (lenticchie, fave, ceci, ecc.). Erano coltivati negli orti ma, perlomeno alcuni, anche nei campi e contribuivano alla rigenerazione del suolo [cfr. infra].
Cerano diverse qualit di verdure, almeno nelle periferie delle grandi citt coltivate a orti. A partire dal XII libro dei Geoponica, in particolare il primo capitolo, che espone quel che si seminava sotto il clima
di Costantinopoli, e attingendo anche a numerose altre fonti, Johannes Koder elenca quasi un centinaio di verdure che sono state coltivate
nellImpero bizantino [547].
Alcune piante erano coltivate per uso industriale, soprattutto tessile. Il lino, il cui acquisto a prezzo fisso menzionato nelle liste di esenzione nellxi secolo, era prodotto in Macedonia, forse in Bulgaria, in
Asia Minore, in Puglia e in Calabria; se ne ricavava anche dellolio. La
coltivazione della canapa era praticata in Campania piuttosto che in Puglia, nonch nella Calcidica nel xiv secolo. Nellepoca in esame, il cotone era coltivato a Creta e sicuramente a Cipro.
Agli animali consueti occorre aggiungere i cammelli, citati per esempio in una novella di Niceforo Foca insieme alle ricchezze eccessive acquisite da alcuni monasteri, senza dubbio in Asia Minore [Svoronos 86,
p. 157]. Lentit numerica di ciascuna specie era variabile a seconda delle regioni, ma gli ovini erano senza dubbio i pi numerosi.
Le tecniche agricole e la produzione. Le coltivazioni occupavano uno
spazio ristretto, localizzato principalmente sulle terrazze fluviali, nella
zona delle colline che si estendevano tra le pendici montane e le pianure allepoca paludose perlomeno laddove era attestato questo tipo di
orografia. Tale spazio agricolo rimase a lungo sufficiente; quando si rese necessario, fu accresciuto a prezzo di notevoli sforzi di dissodamento. Tali sforzi comunque furono fatti e lImpero non ha mai dovuto importare derrate alimentari al contrario, nel xii secolo ne esportava
[Kazhdan 546, p. 120].
Bench gli orti non siano sempre menzionati, anche nelle pi dettagliate descrizioni di propriet agricole, si pu supporre che la maggior
parte delle fattorie ne possedesse uno dal momento che le verdure erano indispensabili per lalimentazione familiare. La superficie degli orti
censiti in media 375 metri quadrati in numerosi villaggi della Macedonia, stando ai documenti fiscali dellinizio del xiv secolo era sufficiente. Lorto era spesso situato nelle vicinanze della casa per motivi evidenti: si trattava dellappezzamento che richiedeva la maggior quantit
di lavoro e concimazione e, dal momento che le case erano generalmente situate vicino a una fonte dacqua, poteva cos essere irrigato. Altre
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ubicazioni, talora lontane dalle abitazioni, sono strettamente legate alle possibilit di irrigazione, in particolare al corso dei canali di derivazione che portavano lacqua dei ruscelli verso i mulini. Daltro canto, le
grandi citt erano circondate da una fascia di orti: il caso di Costantinopoli ma anche di Tessalonica. I vari appezzamenti, che spesso appartenevano a personaggi altolocati, erano allora coltivati da ortolani affittuari.
I prati erano senza dubbio pi diffusi nei latifondi che nelle piccole
propriet. Considerati appezzamenti di grande valore, e classificati quasi sempre dal fisco come terre di prima qualit, potevano essere molto estesi.
Gli appezzamenti coltivati a vigna erano generalmente piccoli, nellordine di 1000 metri quadrati. Erano perlopi appannaggio dei piccoli coltivatori. Allinizio del xiv secolo, in alcuni villaggi della Macedonia i contadini possedevano in media un quarto di ettaro di vigna. La
viticoltura svolgeva un ruolo importante nelleconomia contadina. Si
ignora quale fosse la produttivit: si ipotizzato che potesse arrivare a
25 ettolitri per ettaro in Calcidica [Papangelos 557, p. 224], e ci non
inverosimile bench lunico dato (indiretto) che possediamo suggerisca
in questa regione una rese due volte meno elevata [Iviron 77, II, n. 42].
Ad ogni modo, un vignaiolo che coltivasse pi dun quarto di ettaro di
vigna produceva pi vino di quanto fosse necessario per i consumi familiari.
I campi erano in genere costituiti da appezzamenti rettangolari, non
particolarmente allungati [Lefort 494], ed erano spesso situati in un paesaggio aperto; la loro superficie era peraltro assai variabile. I dati suggeriscono lesistenza, in alcune zone, di un reticolo parcellare dalle maglie tantopi strette quanto pi antica era loccupazione del suolo, dal
momento che le successioni ereditarie finivano per frammentare alcuni
campi; altrove, dove la rete degli appezzamenti era molto meno fitta,
bisognerebbe tenere conto di condizioni geografiche o storiche che perlopi ci sfuggono. Dopo la mietitura, e prima dellaratura, i campi erano lasciati a pascolo [Legge agraria, 27; Iviron 77, I, n. 9], e ci contribuiva a concimarli. Le rese crescevano lentamente, a causa della selezione delle sementi, attestata presso gli agronomi latini e nei Geoponica,
da cui Psello [527, p. 247] deriva i consigli che fornisce in materia. Non
c alcuna ragione per pensare che gli agricoltori bizantini non fossero
in grado di scegliere da s le sementi, e comunque questo processo di selezione almeno parzialmente automatico. Le rese ottenute potevano
inoltre essere mantenute costanti, e addirittura aumentate quando la
terra lasciata a maggese era coltivata a legumi, in quanto alcuni di essi
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ne aumentano la fertilit, come segnalavano gi gli autori antichi [Plinio, Naturalis historia, XVIII, 50; Geoponica 526, II, 12.2]. Possediamo poche informazioni sulle modalit di coltivazione dei cereali a Bisanzio. verosimile che, alla fine dellepoca considerata, a nord del Mar
Egeo e comunque in Macedonia si praticasse correntemente il maggese
biennale, che attestato sicuramente nella Calcidica nel xiii secolo
[Lefort 550, pp. 368, 370]. La rotazione delle colture (grano/legumi o
grano/orzo primaverile, con la seconda semina sul maggese) peraltro
antica: risulta menzionata nei Geoponica [526, II, 12.2; III, 3.12; III,
6-7]. I testi e larcheologia, del resto, permettono di dedurre limportanza delle leguminose e il loro ruolo nel sistema di coltivazione. La menzione dellacquisto a prezzo fisso di legumi secchi nelle liste di esenzione dellxi secolo [per es. Actes de Lavra 75, I, n. 48] suggerisce che non
costituissero soltanto un ortaggio riservato allalimentazione della famiglia, come stato sostenuto, ma che svolgessero un ruolo nel ciclo della cerealicoltura. Era cos nel Lazio alla met del x secolo [Toubert 565,
p. 248]. In Puglia invece lintroduzione delle leguminose nella rotazione delle colture sembra risalire soltanto allinizio del xii secolo [Martin
1215, p. 336]. Questi dati rivelano lesistenza di pratiche note da molto tempo.
In generale, si ha a che fare con unagricoltura senzaltro tradizionale, ma che era in grado, fino a un certo punto, di migliorarsi da s. Il dissodamento era tutta unaltra questione, e c motivo di ritenere che venisse preso in considerazione solo dopo che le possibilit di miglioramento erano esaurite, quando il pi intensivo sfruttamento possibile dei
campi esistenti non era pi sufficiente.
Non si possiedono informazioni dirette sulla resa dei cereali, e in ogni
caso bisognerebbe fare i conti con le grandi variazioni annuali che li caratterizzano. In Grecia, nel 1921, la resa del grano era in media di 6,6
quintali per ettaro. Quella dellorzo era un po pi elevata: 7,1 q/ha
[Jard 544, pp. 203-5]. Lagricoltura bizantina sicuramente non ha mai
superato queste cifre, e forse riuscita a eguagliarle solo eccezionalmente. Per quanto riguarda il xiii secolo, da un atto sembra che si possa dedurre che in Calcidica la resa dellorzo fosse di circa 5,4 q/ha [Lefort
550, p. 369]. Allinizio del xii secolo, per Radolibo, alcuni calcoli suggeriscono che la resa minima dei cereali fosse di circa 5,3 q/ha, secondo
una proporzione grossomodo di quattro chicchi raccolti per uno seminato [Lefort 494, p. 222]. Quel poco che si sa della cerealicoltura bizantina (praticata, ricordiamo, nellambito di piccoli appezzamenti), ovvero la lavorazione dei campi per mezzo dellaratro leggero, la probabile
esistenza di un maggese biennale e di colture di copertura, lintroduzio-
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ne di nuove piante, suggerisce che le pratiche agricole medievali non fossero meno elaborate di quelle dellepoca protobizantina. Da quel che si
visto, sembra di poter asserire che, nelle regioni pi fertili, per il xii
secolo siano plausibili rese medie di poco superiori ai 5 quintali per ettaro.
Limmagine, diffusa in passato, di una cerealicoltura estensiva che
occupava spazi immensi, monotona e poco produttiva, ha avuto un ruolo importante nelle rappresentazioni che sono state proposte delleconomia bizantina; si addirittura arrivati a suggerire che il destino di
Bisanzio sarebbe dipeso dalle misere prestazioni dei suoi agricoltori
[Kaplan 545, pp. 24, 56, 61, 66, 86, 87]. Questimmagine devessere riveduta. Il sistema di coltivazione che abbiamo appena descritto aveva
lintrinseca capacit di divenire pi produttivo e di adeguarsi a un aumento della richiesta.
Lo sfruttamento delle zone incolte. Gli spazi incolti, spesso coperti
di boschi, con leccezione dellaltopiano anatolico, erano ovunque molto estesi e costituivano una potenziale ricchezza. La macchia e la gariga
(formazioni vegetali intermedie tra la foresta e il pascolo di pianura o di
altura) occupavano gi ampi tratti in alcune regioni e avevano anchesse un valore economico. Foreste e pascoli appartenevano allo Stato, ai
grandi proprietari terrieri e, almeno allinizio dellepoca in esame, agli
abitanti dei villaggi.
Archie Dunn ha dedicato uno studio alla foresta e alle sue forme arbustive degradate, ai prodotti che se ne ricavavano e al loro sfruttamento [534]. Tra gli alberi, pu essere segnalato il ruolo predominante delle querce, utilizzate principalmente per ricavarne legname da costruzione. La resina delle conifere serviva a fabbricare la pece, indispensabile
per la costruzione delle imbarcazioni e per lapprettatura di anfore e botti. Ogni albero poteva certamente procurare legna da ardere, e quelli pi
scadenti venivano utilizzati per la fabbricazione del carbone. Alcune regioni, soprattutto marittime, erano particolarmente sfruttate soprattutto per il legname da costruzione: Creta, Cipro, la Siria levantina e il Tauro, la Macedonia, forse la parte nordorientale dellAsia Minore e la costa albanese [Dunn 534, pp. 258-61].
Lo Stato, o i grandi proprietari terrieri che ne avevano ereditato le
prerogative fiscali, riscuotevano tasse in natura sulla caccia e sulla pesca. Gilbert Dagron ha recentemente descritto le tecniche di pesca, le
strutture cui essa aveva dato origine fin dallantichit, le riscossioni (tasse ed eventualmente affitto) a essa collegate, e le modalit della sua commercializzazione a Costantinopoli [622].
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Il bestiame posseduto dalle piccole fattorie non era ovviamente sufficiente: i cavalieri e le salmerie dellesercito, i macellai, i prodotti caseari, la pergamena, lartigianato del cuoio e della lana alimentavano una
grande richiesta. Lunico a poterla accontentare era lallevamento su larga scala praticato nei pascoli di Stato, e in quelli dei villaggi e poi dei latifondi. Risulta poco conosciuto lallevamento in Asia Minore, dove pure ha avuto un ruolo determinante. Spesso era praticato su vasti appezzamenti di terreno, molti dei quali, concessi dallimperatore o acquisiti
in altra maniera, a partire dal ix secolo appartenevano alle grandi famiglie. Lo Stato stesso allevava cavalli e bestie da soma per lesercito nei
suoi possedimenti anatolici. poi noto il ruolo della Bitinia nellambito dellallevamento, in particolare per la fornitura alla capitale di animali da macello nel x secolo [Libro del prefetto, 15.3]. Nei Balcani, in
modo analogo, numerose zone incolte erano riservate allallevamento,
soprattutto al nord ma anche nel Peloponneso. Dopo la perdita dellaltopiano anatolico nellxi secolo, il ruolo dei Balcani nellallevamento diviene determinante. Almeno in alcuni casi, risulta chiarissimo laspetto
speculativo dellallevamento aristocratico: non si limitava difatti ai cavalli da sella, e la quantit di bestiame eccedeva i bisogni privati, per
quanto grandi possano essere stati [Harvey 488, p. 153].
Possediamo poche informazioni sulle modalit di utilizzo e sfruttamento dei pascoli. Da molto tempo venivano utilizzati pascoli estivi e pascoli invernali, questi ultimi situati in terreni riparati; si ha tuttavia limpressione che solamente nellxi secolo si sia incominciato a
creare un utilizzo sistematico, legato alla transumanza delle greggi e
spesso al nomadismo dei pastori [Harvey 488, pp. 156-57]. Nei Balcani, a partire dallxi secolo, la transumanza era legata in particolare al
seminomadismo di una popolazione specializzata nellallevamento e
talora poco sottomessa, i Valacchi [Gyoni 541], che allevavano soprattutto ovini.
chiaro che leconomia rurale del vii secolo era, in numerose regioni, differente, pi frazionata e meno prospera di quella del xii secolo.
Si visto peraltro che la policoltura e le tecniche agricole in generale,
adatte al contempo alle condizioni locali e allagricoltura di fattoria, permettevano uno sviluppo della produzione.
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in media occupavano da 100 a 200 ettari; in generale non avevano riserve di foreste e pascoli ma erano caratterizzati da una vocazione prettamente cerealicola. Erano dotati, oltre alla casa padronale, di un casale di pareci, in genere di ridotte dimensioni, da 10 a 20 fuochi allinizio
del xiv secolo. In Bitinia sono stati effettuati lavori idraulici, probabilmente anteriori allxi secolo, per abbassare il livello del lago di Nicea e
aumentare cos la superficie coltivabile [Geyer 1021]. Lestensione delle coltivazioni sembra un fenomeno generalizzato nel Mediterraneo
orientale in questepoca.
2. Il ruolo della struttura del villaggio.
Sembra che il villaggio, sia come centro abitato che come struttura
sociale, abbia avuto fino al x secolo un ruolo predominante in una economia rurale caratterizzata al contempo da debole domanda e debole
monetarizzazione, con la possibile eccezione dei dintorni di Costantinopoli.
a) Il villaggio come centro abitato.
Il Trattato fiscale (p. 115) conosce lesistenza dun abitato rurale disperso. Si conoscono solo pochi esempi di tale dispersione delle abitazioni, che il medesimo testo contrappone al chorion, caratterizzato dal
raggruppamento. In genere si suppone che il centro abitato raggruppato e aperto costituisse la regola nelle campagne; era il caso, per esempio,
della Siria settentrionale nel vii secolo, della Macedonia nel x secolo
e della Puglia bizantina. Sembra che nel ix-x secolo il villaggio raggruppato e il suo territorio abbiano in genere costituito la forma predominante di abitato e di occupazione del suolo. In Bitinia, le vite dei santi
e altri testi mostrano che il villaggio costituiva la forma usuale dellabitato rurale. Grazie al Trattato sulla guerriglia di Niceforo Foca (p. 228)
si pu dedurre che ci avvenisse anche nel Tauro del x secolo. In Puglia, la rete dei villaggi era fitta intorno a Bari, e alcuni dei loci erano
molto popolosi gi allinizio dellxi secolo [Martin 1215, pp. 268-69].
Una situazione analoga si verificava in Macedonia, dove le delimitazioni contenute nei documenti fiscali permettono di tracciare una mappa
dei territori dei villaggi. Nella Calcidica occidentale si trovava un villaggio ogni 4 o 5 chilometri, e il loro territorio occupava spesso una ventina di chilometri quadrati. Non possediamo informazioni sulla popolazione di questi villaggi, che doveva essere molto variabile. Nel xiv se-
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colo, in Macedonia, forse ospitavano in media 70 fuochi ma in precedenza erano meno popolati. Laddove risulta stabilita lesistenza duna
rete di villaggi in epoca protobizantina, sulla scorta di Haldon [126, p.
136] si pu senza dubbio supporre una continuit abitativa, nonostante i problemi del vii-viii secolo.
In tutto il mondo mediterraneo, nellItalia meridionale, in Grecia,
nel Mar Egeo e nella parte sudorientale dellAsia Minore in particolare, i testi e larcheologia rivelano lesistenza di cinte murarie che sembrano frequentemente associate a villaggi. Nel x secolo, il Trattato sulla
guerriglia (pp. 228-29) mostra quale poteva essere la funzione di queste
cinte: in caso di minaccia araba lesercito aiutava gli abitanti dei villaggi a ritirarsi in un sito difeso naturalmente o in un rifugio fortificato,
insieme alle loro famiglie, al bestiame, ai beni mobili e a viveri per quattro mesi. La bipartizione dei siti abitativi rurali (in tempo di pace, il centro abitato permanente del villaggio, pi o meno raggruppato, e il rifugio in tempo di guerra) che ne risulta, per quanto non possa essere certo generalizzata, tuttavia sembra essere stata frequente, e non pu che
aver contribuito a rafforzare la struttura sociale costituita dal villaggio.
In Calabria e in Macedonia le cinte individuate durante le prospezioni
sono vaste, sempre in posizione elevata, spesso invisibili dalla pianura,
e frequentemente dominanti i villaggi medievali. La maggior parte di
questi ripari sembrano edificati, o almeno occupati, nel vi-vii secolo. Tali rifugi, temporanei oppure permanenti, devono aver contribuito a
rafforzare o creare, nel corso duna serie di evidenti discontinuit sociali, il reticolo dei villaggi bizantini.
b) Funzione economica del villaggio considerato come
struttura sociale.
Il villaggio stato una struttura adatta a unepoca in cui, a causa dellinsicurezza e della debole pressione demografica, la terra era poco sfruttata. stato un organismo di autodifesa della popolazione rurale al quale lo Stato si appoggiato per riconquistare il territorio e riscuotere le
tasse, nonch una struttura finalizzata alla produzione di beni; dal vii
al x secolo, infine, ha contribuito a mantenere la continuit delle coltivazioni e delleconomia rurale.
c) La comunit del villaggio.
Bench le nostre informazioni siano piuttosto incerte, probabile
che a partire dal vii secolo la maggior parte della produzione agricola sia
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stata assicurata dai villaggi piuttosto che dai latifondi: il villaggio costituisce dunque il contesto in cui leconomia rurale si gradualmente ripresa. Il villaggio non era semplicemente la somma delle fattorie che lo
costituivano. Si trattava anche di una comunit o di un comune (koinotes tou choriou) che amministrava un territorio spesso vastissimo. Il villaggio era un contesto sociale in cui esistevano interessi comuni. I confini del territorio del villaggio erano contrassegnati sul terreno da cippi, ed erano descritti nelle delimitazioni stabilite dai servizi fiscali, come
in epoca romana; la pi antica delimitazione conservata risale allinizio
del x secolo [Iviron 77, I, n. 9]. La parte incolta del territorio che non
era oggetto di propriet costituiva il patrimonio collettivo degli abitanti del villaggio: terreni comuni e luso comune dei terreni incolti sono menzionati tanto nella Legge agraria ( 81) quanto in alcuni documenti [Iviron 77, I, n. 5]. La difesa dei diritti del villaggio contro le iniziative dei vicini faceva della comunit, di fatto se non di diritto, una
persona giuridica, e daltro canto la necessit di amministrare il territorio implicava un minimo di organizzazione. Nei villaggi della Galazia e
della Paflagonia del vii-ix secolo si trova unlite rappresentativa, quella dei primi del villaggio, che ricompare nel xii secolo in Macedonia
nellambito di una grande propriet terriera. Il villaggio, in quanto comunit, possedeva delle terre. Spesso si tratta di appezzamenti vacanti
destinati a essere nuovamente attribuiti a un abitante per ottemperare
alle esigenze fiscali; tuttavia, la comunit poteva anche vendere o comprare delle terre. Inoltre, poteva intentare processi. Poteva anche capitare, secondo la Legge agraria ( 81), che la comunit fosse responsabile
dei mulini. Difatti nel territorio di Dobrobikeia, intorno agli inizi dellxi secolo, cera un mulino su cui la comunit del villaggio pagava le tasse [Iviron 77, I, n. 30]. Tutto ci presuppone una concertazione e una
organizzazione, ma non si possono definire le forme di un potere comunale che tuttavia devessere esistito. Le pratiche comunitarie hanno svolto un ruolo economico, senza dubbio limitato ma cionondimeno importante in unepoca di grande insicurezza. In questo senso il villaggio, per
quanto in misura minore di quanto non lo sia stato in seguito il latifondo, stato un organismo di gestione delleconomia rurale.
d) La comunit e lo Stato.
Dal punto di vista statale, la comunit era anzitutto una giurisdizione fiscale, alla quale lamministrazione si appoggiata per riscuotere le
tasse quando la struttura delle citt collassata. Inoltre, dal momento
che lo Stato era rimasto fedele al principio della responsabilit colletti-
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va del villaggio per il pagamento delle tasse (una eredit del Basso Impero), la comunit si vedeva forse riconoscere alcuni poteri in ambito
fiscale. Nel Trattato fiscale (p. 119) come nei documenti si vedono soprattutto le misure prese dal fisco, quali sgravi e alleggerimenti delle tasse, per evitare gli effetti perversi di un sistema che poteva indurre i contadini, oppressi da un sovrappi di tasse, a fuggire allarrivo degli esattori. Sgravi e alleggerimenti ridavano fiato alla comunit.
Occorre peraltro osservare che lo Stato, a partire dagli inizi del x secolo, prese delle misure fiscali che andavano in senso opposto, e che nellxi secolo hanno permesso in molti casi di sostituire lorganizzazione latifondistica a quella comunitaria. Tali misure preannunciano dunque
una svolta importante nella storia delleconomia rurale, bench non abbiano avuto un effetto immediato. La decisione di espropriare a beneficio dello Stato ogni appezzamento che non avesse fruttato tasse per
trentanni di seguito (klasma) portava infatti a separare questi appezzamenti dal territorio della comunit. La prima menzione di una terra clasmatica risale al 908 [Protaton 78, n. 2]. Questa politica fiscale ebbe come conseguenza quella di distruggere lunit territoriale della comunit.
Limperatore poteva, di norma dopo trentanni, decidere di vendere i
beni del villaggio divenuti propriet del fisco, di affittarli o di donarli,
spesso a notabili. Le vendite di terre clasmatiche, in effetti, sono state
numerose nel x secolo [Oikonomides 555].
Lo Stato, dal vii al ix secolo, aveva sostenuto la struttura dei villaggi per motivi fiscali e militari. Nel x secolo, gli imperatori hanno cercato di tenere testa alle iniziative dei potenti: la loro legislazione fu finalizzata a difendere la piccola propriet dei villaggi e le istituzioni comunitarie minacciate dal progresso della grande propriet, ecclesiastica o
laica. Tuttavia alla fine fu questa ad avere la meglio.
e) I latifondi nel territorio del villaggio.
Nel x secolo, il territorio del villaggio stato il teatro di trasformazioni che hanno portato da un lato al predominio del latifondo come
struttura della produzione agricola, e dallaltro a uno sviluppo delleconomia rurale. La possibile diminuzione delle dimensioni delle fattorie,
i cattivi raccolti o linsicurezza minavano talora la situazione degli abitanti dei villaggi, e moltiplicavano i casi di indebitamento o vendita a
proprietari pi grandi. Inoltre, le grandi propriet insediate sul territorio del villaggio favorivano uno sfruttamento pi completo del territorio; i contadini vi trovavano un sostegno che non aveva corrispondenti n nel fisco n nella comunit del villaggio, nonostante gli sgravi e gli
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era stata e che sarebbe divenuta in seguito. Sembra che la medesima osservazione possa essere estesa anche ai grandi possedimenti demaniali
[Kaplan 545, p. 324]. Alcuni esempi suggeriscono che nellviii-ix secolo sia avvenuto uno sviluppo, per quanto modesto, delleconomia latifondistica. Il patrimonio della Chiesa secolare e quello dei monasteri si accresceva tramite donazioni, secondo il sistema delle fondazioni finanziate dalle rendite di propriet laiche [Lemerle 553, pp. 54-56]. Anche
prima della fine del primo periodo iconoclastico sono stati fondati numerosi monasteri, talora in fondi appartenenti a famiglie arricchitesi al
servizio dello Stato [Thomas 564, pp. 123-24]. Tra le varie cause, anche una serie di esenzioni fiscali in favore della Chiesa, indubbiamente
decise al tempo dellimperatrice Irene, incoraggiavano i laici a trasformare le loro propriet in monasteri e a farle coltivare da pareci [Thomas
564, p. 129]. Limportanza delle rendite terriere non sfuggiva certo alllite sociale n tanto meno allo Stato, ma ci non significa che leconomia dei latifondi avesse gi un ruolo importante: semplicemente, adesso non si poteva pi evitare di tenerne conto.
Nel ix secolo, la corrispondenza di Ignazio Diacono fornisce un ritratto concreto della Chiesa come grande proprietario. Ci fa supporre che le rendite fondiarie della metropoli di Nicea fossero cospicue,
bench si affermi che la pressione fiscale fosse insopportabile. La metropoli possedeva degli oliveti da cui si ricavava dellolio, e terre arabili coltivate indirettamente. La gestione di queste terre era affidata dalleconomo a un curatore, il quale a sua volta distribuiva le terre fra i pareci che vi aveva insediato. Questi dovevano alla metropoli dei canoni
in natura, a quanto sembra una quota fissa del raccolto. Limportanza
delle riserve di grano conservate nelleconomato suggerita dal livello
dei reclami sporti dalle autorit dellOpsikion.
Successivamente si intuisce il ruolo crescente dei latifondi nelleconomia, e anche la loro circolazione, o meglio quella delle loro rendite.
Ci avveniva da un lato tra lo Stato e i laici che ricevevano donativi dallimperatore, dallaltro tra i laici e i monasteri, con i primi che trasformavano i propri possedimenti in fondazioni religiose per garantire la loro condizione, e infine tra lo Stato e la Chiesa, se si pensa che Basilio I
aveva cercato di recuperare la gestione e le rendite dei beni ecclesiastici [Thomas 564, pp. 130-39]. Il x secolo, come testimoniano le novelle
degli imperatori macedoni, senzaltro lepoca in cui laccrescimento
della grande propriet ha assunto un aspetto decisivo. Dal momento in
cui una provincia, protetta dallesercito e amministrata sulla base di un
reticolo costituito da piccoli centri urbani, risultava nuovamente sicura, la speranza di rendite agricole pi regolari ed elevate stimolava una
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serie di iniziative, da parte dei magnati, che andavano contro gli interessi dei membri delle comunit di villaggio, e tali iniziative spesso erano coronate dal successo, nonostante le leggi che cercavano di ostacolarle. I latifondi laici o monastici non erano i soli a estendersi o a moltiplicarsi. Metropoliti, arcivescovi e vescovi, nonch i responsabili delle
fondazioni religiose o imperiali, fanno parte dei potenti denunciati
nella novella di Romano I, che li dipinge mentre si introducono nei villaggi e aumentano i propri possedimenti tramite acquisti, donazioni, testamenti o in qualsiasi altro modo [Svoronos 86, p. 84]. Lo Stato stesso gestiva dei latifondi: lo si intuisce pi chiaramente a partire dal ix secolo, in particolare grazie ai Taktika che illustrano lorganigramma dei
servizi centrali incaricati della gestione di tali latifondi, e a numerosi sigilli appartenuti ai loro responsabili locali. Alcuni di questi possedimenti demaniali erano dedicati allallevamento finalizzato alle necessit dellesercito; le rendite di altri erano riservate alla posta e a diverse strutture pubbliche dai fini caritatevoli.
Nellxi secolo, lo Stato ha svolto un ruolo determinante nellaccelerare un processo di cui pure non era stato liniziatore, e che anzi nel x
secolo aveva tentato di frenare. La sua politica ebbe come conseguenza
quella di sostituire quasi ovunque il latifondo alla propriet del villaggio, senza peraltro che venisse messo in discussione il primato della fattoria come unit di sfruttamento del suolo. Linteresse fiscale rappresentato dalla comunit era diminuito, dal momento che le rendite che
lo Stato poteva ricavare dal terreno demaniale erano superiori allammontare della tassazione. Nicolas Oikonomides ha sottolineato come, a
partire dallinizio dellxi secolo, il fisco non abbia pi cercato di vendere le terre abbandonate, ma di conservarle, organizzandole in grandi
possedimenti coltivati da pareci [345, pp. 136-37]. Inoltre, nellxi secolo, lo Stato cerc di accrescere lestensione delle propriet fiscali: si intuisce la presenza di abbandoni concordati, che permettevano di aggirare la legge e di trasformare pi rapidamente lintera comunit in un
latifondo demaniale [Kaplan 545, pp. 402-3].
Per lo Stato, dunque, limposta fondiaria era divenuta meno importante della rendita dei terreni demaniali coltivati dai pareci. Siamo informati sulla trasformazione dei villaggi in latifondi tramite testi normativi e, in qualche caso, documenti fiscali che rispondevano a preoccupazioni amministrative; la logica di tale trasformazione era peraltro
principalmente economica. Negli archivi dellAthos i latifondi imperiali cominciano a essere menzionati alla met dellxi secolo. Alcuni villaggi che nel x secolo avevano lo status di comunit si trasformarono in
possedimenti demaniali prima di essere eventualmente ceduti a un mo-
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nastero o a un laico. Sembra che tale trasformazione delle strutture della propriet sia stata generale. In Macedonia, lultima menzione di una
comunit rurale risale alla met dellxi secolo. In ogni caso, certo che
allinizio del xiv secolo le campagne della Macedonia erano costituite da
una rete quasi continua di latifondi che aveva sostituito lantica rete delle comunit. verosimile che i latifondi avessero gi avuto la meglio
sulla piccola propriet alla fine del xii secolo. Paul Magdalino presenta
un quadro impressionante della grande propriet in questepoca: quasi
tutto il litorale da Costantinopoli alla Grecia centrale, con laggiunta
delle isole, nel xii secolo apparteneva a grandi proprietari, spesso costantinopolitani, il pi importante dei quali era lo Stato [192, pp. 160-71].
Ci che colpisce, a partire dallxi secolo, lonnipresenza della struttura latifondistica.
b) I grandi proprietari.
I proprietari e i detentori di latifondi costituivano un mondo radicalmente differente da quello dei contadini, ma a sua volta eterogeneo.
Numerosi grandi proprietari appartenevano agli strati inferiori dellaristocrazia provinciale, e i loro possedimenti erano modesti; valeva lo stesso per vari monasteri e vescovati. Allaltra estremit si trovavano grandi latifondisti, istituzionali o privati, padroni di numerose propriet terriere situate nella stessa regione o disperse per tutto lImpero. Era
possibile una vasta scala di situazioni intermedie. Solo di rado si conosce la composizione e lestensione dei patrimoni fondiari, e perlopi si
costretti a valutare limportanza di un patrimonio sulla base del numero delle propriet che lo costituivano. Non c nessun indizio che la
propensione a investire e a realizzare dei miglioramenti per accrescere
le rendite e gestire al meglio le propriet sia dipesa dalla condizione dei
grandi proprietari o dallestensione del loro patrimonio.
Si pu affermare, sulla scorta di Oikonomides [556, p. 321], che lo
Stato rimasto sempre il proprietario pi importante, e a maggior ragione a partire dallxi secolo. Bench non abbia sempre avuto questa
condizione, nel corso dellepoca studiata la Chiesa divenuta il secondo proprietario dellImpero. Sembra che i beni del patriarcato, come
quelli imperiali, fossero distribuiti per tutto lImpero. I possedimenti
dei vescovati erano naturalmente pi modesti di quelli delle metropoli.
Qualunque sia stato il patrimonio fondiario della Chiesa secolare, per
certo che fu superato da quello dei monasteri, che si accrebbe in maniera considerevole a partire dal ix secolo. Il ruolo dei monasteri nella gestione delle terre diviene determinante nel x secolo. Inoltre i monaste-
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ri, a causa di un privilegio accordato dallimperatore, a volte erano esentati dallimposta fondiaria. Daltro canto, anche i possedimenti dei laici sono stati molto estesi. A proposito dei patrimoni aristocratici, che
potevano essere di livello assai eterogeneo, Jean-Claude Cheynet [450]
ha sottolineato come fossero principalmente costituiti da beni fondiari,
ma come allo stesso tempo, essendo talvolta frutto di donazioni imperiali e venendo spesso confiscati, fossero instabili. Lo studioso ricorda
inoltre che, in Asia Minore, Eustazio Maleino intorno allanno Mille
aveva ricevuto e nutrito sulle sue terre limperatore Basilio II e un esercito di almeno 20 000 uomini in marcia per combattere gli Arabi. Nella stessa epoca e nella stessa regione, i patrimoni dei Focadi, degli Scleri e dei Comneni non erano meno considerevoli. Sembra peraltro che,
alla fine dellxi secolo, i grandi patrimoni privati nei Balcani siano stati spesso meno importanti di quanto non fossero stati nellaltopiano anatolico.
Il dato essenziale comunque che, a partire dal x secolo, lo Stato da
una parte e i monasteri dallaltra si sono spartiti non senza conflitti,
ma in maniera durevole gran parte delle terre dellImpero. Occorre
peraltro ricordare che lo Stato manteneva da molto tempo una riserva
di possedimenti costantemente riciclabili per ricompensare i propri servitori laici. La parte posseduta dallaristocrazia poteva variare a seconda delle circostanze politiche ma anchessa stata importantissima.
c) La gestione dei latifondi.
Dal punto di vista delleconomia rurale era importante che i latifondi fossero gestiti da personale competente. Sembra che gli intendenti,
laici o ecclesiastici, spesso lo siano stati. Il latifondo poteva essere gestito dallo stesso proprietario, o pi spesso da un amministratore. Gli episkeptitai, pronoetai, economi, curatori, cartulari e contabili formavano
un mondo pi o meno gerarchizzato e numeroso allinterno dei grandi
possedimenti. Cera distinzione fra amministratori generali e responsabili locali. Tutti gli amministratori avevano ricevuto una solida educazione, e i posti pi elevati erano attribuiti ai membri dellaristocrazia civile della capitale. La principale qualit degli intendenti era senza dubbio quella di essere presenti nel possedimento, ovvero vicini alla terra e
alla popolazione rurale. Bench non si abbiano informazioni precise,
chiaro che gli amministratori erano incaricati di realizzare quelli che definiremmo investimenti produttivi, e di edificare nelle pianure e sulle
colline le fortificazioni padronali. Queste ultime, visibili da lontano,
avevano il valore di punto di riferimento e di simbolo signorile nel
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to il loro successo nel Medioevo. In uno di questi manoscritti, la presenza di una prefazione dedicata a Costantino VII dimostra lesistenza duna edizione di questopera risalente al x secolo. Il Peri georgikon di Psello, opuscoletto contenente consigli sulla cerealicoltura derivati dai Geoponica, costituisce ulteriore testimonianza dellinteresse dei letterati nei
confronti dei trattati di agronomia [Michele Psello 527].
Furono gli intendenti dei latifondi a rispondere a questa domanda.
Contemporaneamente, e per necessit, contabili e agronomi, pronti a
reclamare il dovuto ma inclini anche, senza dubbio, ad aiutare i contadini, gli intendenti sono stati gli agenti dellespansione delleconomia
rurale.
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sabili, due dei quali di terra coltivabile (il primo corrispondeva agli appezzamenti di alto valore), il terzo corrispondente ai pascoli. Una serie
di calcoli, che qui non possono essere riportati in dettaglio [Lefort 552],
suggerisce che nel caso di uno zeugaratos (un contadino benestante, con
una coppia di buoi), che coltivava 10 ettari a cereali, il prelievo fiscale
teorico, calcolato sulla produzione lorda, fosse elevato: il 23% nel caso
dun proprietario, il 33% dun affittuario. Dalla coltivazione sarebbe
comunque risultata uneccedenza non trascurabile, di 4,6 nomismata per
il proprietario e di 2,8 per laffittuario: nulla, dunque, impedisce di pensare che gli zeugaratoi avessero potuto intraprendere dei miglioramenti.
b) La rendita dei grandi proprietari.
In generale (se si eccettuano il caso del fisco e quello dei terreni privilegiati), la rendita dei grandi proprietari era principalmente costituita dalla somma dei canoni (in denaro o natura) versati dai fittavoli, alla
quale andavano sottratte limposta fondiaria, alcune tasse accessorie e
le spese di amministrazione. Altri calcoli suggeriscono che la rendita teorica del grande proprietario (introito al netto della tassazione basata sul
valore del terreno) si sarebbe aggirata intorno al 3%. Il prelievo teorico con ogni probabilit doveva essere elevato, e ci era possibile solo
con rendimenti pi elevati di quanto non si tenda generalmente ad ammettere.
2. Lartigianato rurale.
Lo sviluppo dellartigianato stato un aspetto importante delleconomia rurale; lartigianato ha portato nuove risorse nelle campagne, e
ha modificato la natura stessa di alcune attivit agricole, favorendo gli
scambi allinterno del villaggio e oltre i suoi confini. Nei primi secoli,
lartigianato rurale non sembra essere stato molto diffuso [Patlagean
509, pp. 268-71]. Uno studio dei cognomi derivanti da attivit artigianali attestati fra i contadini della Macedonia dal x al xiv secolo [Hommes et richesses 489, II] suggerisce che lartigianato rurale fosse ancora
poco sviluppato nel x-xi secolo. Fino allinizio del xii secolo, solo il 4%
circa degli abitanti delle campagne porta cognomi artigianali. Si d il caso per che in Macedonia si verifichi un cambiamento importante nel
corso del xii secolo e fino alla prima met del xiii: a partire da questo
periodo, tra l8 e il 10% dei soggetti in esame porta cognomi che derivano da un mestiere. La met dei villaggi aveva almeno un artigiano e
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michel kaplan
xi. Costantinopoli e leconomia urbana
i. lo sviluppo urbano.
1. La popolazione.
Non c uniformit di opinioni sulla popolazione della capitale bizantina nei vari periodi. Per alcuni fu pi popolata sotto Giustiniano [fino a 600 000 abitanti per Durliat 621; 700 000 per Zuckerman 330] che
nel 1204, mentre altri affermano il contrario. La maggior parte degli autori arriva, in entrambi i casi, a 400 000 abitanti circa [Magdalino 570,
p. 57], cifra fornita da Villehardouin [74, pp. 54-55] e che sembra gi
eccessiva. Il principale disaccordo, tuttavia, verte sul minimo raggiunto. Il numero degli abitanti, secondo i pi pessimisti, sarebbe stato un
decimo di quelli raggiunti nellapogeo del vi secolo [Mango 571, pp. 5162, daccordo con Durliat 621, p. 602]. Tale crollo demografico spiegherebbe come mai la capitale non abbia sofferto per la perdita del grano egiziano, bench, se pot farne a meno nel 619, ci si chieda allora come abbia potuto consumarne una simile quantit lanno precedente. Paul
Magdalino ritiene che non si possa scendere al di sotto dei 70 000 abi-
SantAndrea in Crisi
Porta dOro
San Polieutto
Campidoglio
Forum Bovis
Foro Amastriano
Foro
Myrelaion
dArcadio
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Porto di
SantAcacio
Teodosio
San Diomede
Cristo Pantokrator
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(GALATA)
BOSFORO
SantEufemia
Ippodromo
PROPONTIDE
Senato
Theotokos degli Odighi
Zeusippo
Faro
Gran Palazzo
Nea Ekklesia
Boukoleon
Chalkoprateia
San Giorgio dei Mangani
Foro di Basilica
SantIrene
Costantino
Palazzo dei Mangani
Santa Sofia
Porto Giuliano
Tetrapilo
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Teodosio
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Prosforio
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SantIrene di Perama
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Santi Apostoli
Foro di Marciano
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San Mocio
San Mamante
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Petrion
1 km
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Porta di Pege
Chora
Palazzo delle
Blacherne
Cristo Pantepopta
Cristo Evergeta
Cisterna di Aezio
Kecharitomene
Cisterna di Aspar
Cristo Filantropo
Porta di Adrianopoli
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tanti, per comparazione con la situazione nel 1453. Altri autori rifiutano di scendere cos in basso [Kaplan 545, p. 446, n. 5]. Il fatto che in
questo caso lassenza totale di dati numerici viene compensata dalle impressioni fornite da alcune fonti e da ragionamenti di tipo economico.
Si pu comunque affermare, dal momento che tutte le ricerche concordano in questo, che il vii e lviii secolo sono stati caratterizzati da un
notevole calo demografico.
Per assicurare il ripopolamento e la ricostruzione della capitale dopo
lultima epidemia di peste nel 747, Costantino V fece appello nel 754
ad abitanti della Grecia e delle isole [Teofane 52, p. 429], e una ventina danni pi tardi fece arrivare dallAsia, dal Ponto, dallEllade e dalla Tracia gli operai incaricati di restaurare lacquedotto principale [p.
440: per un totale di 5900 persone]. Le fonti tuttavia non segnalano
grandi movimenti di popolazione.
La presenza di una comunit ebraica era attestata da molto tempo.
Nel 1044, una rivolta ne provoc lespulsione dalla capitale. Sotto i Comneni, il quartiere ebraico si stabil a Pera [Jacoby 579]. A partire dalla
fine del vii secolo, i mercanti musulmani sono raggruppati in un unico
caravanserraglio (mitaton) situato nei pressi del Neorio, e si trovavano
ancora l in occasione dellincendio del 1203. Se i Russi non sono autorizzati a soggiornare nella capitale, invece gli Italiani, prima gli Amalfitani poi i Veneziani, seguiti da Pisani e Genovesi, ottengono il diritto
di insediarvisi permanentemente nellxi secolo e nel corso del successivo; i Veneziani, espulsi provvisoriamente nel 1171, non furono dunque
coinvolti nel massacro degli altri Italiani nel 1182. A partire dallxi secolo, i Latini furono sufficientemente numerosi per avere le loro chiese
nella capitale: per quanto la notizia secondo cui nel 1054 sarebbero state chiuse da Michele Cerulario, e riaperte dai legati di Leone IX, derivi dalla propaganda del cardinale Umberto [Kaplan 182, pp. 149-50],
lesistenza di queste chiese innegabile. La rivolta del 1044 aveva spinto Costantino Monomaco a espellere, oltre agli Ebrei, gli Arabi e gli Armeni. Come si vede, la capitale era cosmopolita e gli incidenti citati non
devono far dimenticare che le nazioni, in genere, vivevano in buon
accordo.
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sato di esserlo), come il Palazzo ta Konsta dove nacque Stefano il Giovane [Vie dtienne le Jeune, 93, c. 3, p. 91 e n. 14, p. 182, e CSHB, 14,
p. 182], ed noto che Irene costru la propria residenza nel quartiere di
Eleuterio, vicino al porto teodosiano.
La zona centrale resta attivissima, a cominciare dai punti focali costituiti da Santa Sofia, lIppodromo e il Gran Palazzo, ingrandito da
Giustiniano II senza dubbio per provvedere alle necessit di unamministrazione centrale che continuer o ricomincer a crescere, con la creazione di uffici come il genikon o lo stratiotikon [Oikonomides 28, pp.
313-14]. Giustiniano II circonda il Palazzo con un muro, ripetutamente ampliato dai successori, a rimarcare contemporaneamente la crescente separazione tra limperatore e la popolazione, e il ruolo sempre
pi importante del Palazzo nella vita della citt. Teofilo e poi Basilio I,
con la costruzione della Nea e di altre strutture, in particolare giardini,
accrescono sensibilmente la superficie del Palazzo [Maguire 585]. Nel x
secolo, lIppodromo sottoposto a lavori imponenti: la sua capacit viene aumentata e raggiunge senza dubbio i 40 000 posti. Sin da allora, le
gradinate sono tutte in pietra, sormontate da un alto deambulatorio; sotto le gradinate, alcuni locali sono riservati ai demi.
Il numero di opere destinate al trasporto o luso dellacqua dipende
direttamente dalla demografia. Le strutture principali sono uneredit
dellepoca precedente, ma il calo della popolazione ha portato a trascurarle: Costantino V fa riparare lacquedotto cosiddetto di Valente nel
767, segno della ripresa demografica. Altre sistemazioni si renderanno
necessarie allinizio dellxi secolo [Mango 576, pp. 9-18]. I grandi bagni
pubblici sono stati sostituiti da costruzioni pi modeste, connesse a fondazioni religiose o, nel caso dei lou(s)mata, a confraternite pie servite
da diaconie. Queste strutture (se ne conoscono 25) sono collocate oltre
il foro di Teodosio, con lunica eccezione di quella del portico di Domnino [Magdalino 632 e 570, pp. 31-34].
2. I nuovi sviluppi.
Nel x secolo, gli imperatori riprendono unattiva politica di fondazioni. Ancora pi di prima, i monasteri cos fondati o rifondati, come
quello del Myrelaion (eretto da Romano I Lecapeno) o quello del Petrion, derivato dal monastero di Santa Eufemia fondato da Basilio I, costituiscono ciascuno un vasto complesso, un oikos [Magdalino 633], che
comprende anche delle istituzioni caritatevoli. I grandi monasteri imperiali sono dotati di terre del fisco e dipendono da uno degli uffici delle
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ci: dunque tradizionalmente il quartiere degli stranieri. Nel 1056, Michele VI propone di restaurare lo Strategion, che dunque non pi un
semplice mercato del bestiame. Inoltre, sullaltra sponda del Corno dOro, anche Pera si va sviluppando e ci rende la zona pi interessante.
Le concessioni fatte dai Comneni agli Italiani sono decisive per lo
sviluppo della zona. Nel 1084, i Veneziani ottengono a Perama un molo, una chiesa, un caseggiato, che tuttavia non costituisce ancora un quartiere definito. Pisa e poi Genova, arrivate dopo, ottengono le loro concessioni in una zona meno pregiata, pi a est. Nel corso del xii secolo,
tali enclaves si ingrandiscono senza per arrivare a congiungersi. Queste concessioni sono ubicate sia allinterno delle mura, sia nella zona pianeggiante al di fuori delle fortificazioni, lungo il braccio di mare, dove
corre una strada pubblica. Se linsieme accordato ai Veneziani acquista
rapidamente continuit, non si pu dire lo stesso per gli insediamenti
pisani e genovesi. I documenti archivistici permettono di farsi unidea
pi precisa del contenuto di tali concessioni. Allinterno delle mura, con
embolos si indica un gruppo di case, alcune puramente residenziali e altre che ospitano delle botteghe; alcune sono relativamente sontuose, con
sale da pranzo, solai e camere, ma non superano i due piani, non dispongono di grandi cortili interni e sono costruite in legno; vi sono localizzate poche attivit e si tratta chiaramente di stabili da affittare, che fornivano agli Italiani rendite fondiarie e fiscali. Le zone situate oltre le
mura sono pi attive: lembolos, settore continuo che si apre sulla pubblica strada, comprende una skala, pontile di terra sostenuto da tavolati, e un terreno cintato che ospita case, attivit commerciali e botteghe
di cambiavalute; i trasferimenti avvengono per caseggiati (oikemata).
Questa almeno la composizione registrata al momento della cessione;
gli Italiani sviluppano considerevolmente i loro quartieri e il quartiere
pisano, per esempio, dal 1122 al 1192 ha fatto cos tanti progressi da
aver visto la costruzione di due grandi chiese di pietra.
Se si aggiunge che la spina dorsale commerciale della citt, la Mese,
si era regolarmente sviluppata su entrambi i lati almeno fino al foro di
Teodosio, si sar completata la descrizione delle zone pi densamente
popolate. Le altre, che occupano circa la met della superficie, sono occupate da monasteri e palazzi con i loro giardini, ma anche da terreni
ancora dedicati allagricoltura. Persino dentro il perimetro delle antiche
mura di Costantino, ancora nel 1204 restano in funzione diversi orti.
Qual laspetto della citt, al di l di questa disposizione cos poco
fitta? I visitatori stranieri sono colpiti in particolare dalla magnificenza
degli edifici pubblici e dei palazzi (non limitati a quello imperiale). Sarebbe vano tentare di stimare il numero delle chiese attive contempora-
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neamente, che comunque si contano a centinaia; le loro dimensioni variano dallimmensa Santa Sofia, o dal vasto complesso del Pantokrator,
fino a edifici minuscoli. A ci si aggiungono le numerose strade, la Mese ma anche le strade secondarie [Berger 582], fiancheggiate da portici:
su entrambi i lati della carreggiata centrale, un colonnato delimita due
spazi coperti, sormontati da una percorso allaria aperta; in fondo ai portici sono collocate le botteghe [cfr. infra] precedute da banchi [MundellMango 587]. Insomma, gli edifici di marmo bianco, i tetti di piombo e
le statue costituiscono un colpo docchio sontuoso. La maggior parte degli edifici, tuttavia, sia abitazioni che opifici, era di legno, e ci favoriva gli incendi, come quelli del 17-18 luglio e 19-20 agosto 1203 [Madden 583]. Per quanto la rete fognaria, cos come quella dellapprovvigionamento dellacqua e del suo immagazzinamento, sia in buono stato,
la citt ben lontana dallessere ovunque lastricata: strade e piazze sono coperte di fango, vi scorrazzano i maiali allevati negli orti, vi girano
i cani randagi, e i senzatetto cercano riparo sotto i portici che limperatore fa chiudere con delle tavole per proteggere questi miserabili durante gli inverni rigidi che a Costantinopoli sono la norma. La capitale riflette dunque una serie di contrasti monumentali e umani.
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la fine dellxi secolo, quando lImpero dovette rivolgersi alla flotta veneziana. Un eventuale assedio dalla parte del mare, oltre che da tale superiorit, era reso difficile anche da una catena, che non fu mai forzata
e che sbarrava laccesso al Corno dOro. La difesa terrestre si basava,
in Tracia, su un reticolo di fortificazioni e sulle Lunghe Mura di Anastasio; talora questa linea veniva sfondata, ma le mura cittadine resistevano. I contingenti dei tagmata e dei temi di Tracia e dellOpsikion dovevano, di norma, impedire agli eserciti nemici di raggiungere le mura.
Queste non erano sempre difese da un contingente permanente, che
sarebbe costato troppo e si sarebbe scontrato con la diffidenza della popolazione nei confronti di truppe acquartierate dentro le mura. Allinizio, le truppe dei demi (1550 Verdi e 900 Azzurri)2 costituivano il nucleo della guardia; se cera bisogno, si armavano i componenti dei reggimenti professionali. Capitava anche che tutta la popolazione si recasse
sulle mura, come avvenne in occasione della rivolta di Tornicio nel 1047
[Lefort 822]. I contingenti delle scholae e degli excubitores cessano di essere puramente ornamentali per divenire difensori efficaci, ma seguono
limperatore nelle sue campagne. La Veglia, sotto il comando delleparco, era incaricata della difesa oltre che di compiti di polizia; quando compare il drungario della Veglia, alla fine del ix secolo, la protezione della
citt risulta rafforzata. Dal ix allxi secolo, il comes o domestico delle mura sembra incaricato di coordinare le attivit difensive. Ad ogni
modo, gli effettivi necessari per difendere le mura non erano elevatissimi: nel 1453 non superavano le 8000 unit e furono sconfitti solo dallartiglieria [Haldon 590].
Lammirazione provocata dalla capitale nei visitatori stranieri non si
smentisce mai, che si tratti di prigionieri arabi, di ambasciatori venuti
dallOccidente, come nel x secolo Liutprando di Cremona, o di viaggiatori del xii secolo come Beniamino di Tudela e Antonio di Novgorod. I
crociati provarono la stessa impressione: lammirazione mista a invidia,
per le ricchezze materiali e spirituali (le reliquie), spiega per certi versi
la violenza del saccheggio perpetrato nel 1204.
Le lites bizantine non possono allontanarsi da Costantinopoli. Psello, nellxi secolo, paragona la sorte di un personaggio esiliato lontano
dalla citt a quella di Adamo privato del Paradiso. Essere vicini allimperatore la fonte di ogni potere e, per chi vuole fare carriera, occorre
soggiornare in citt almeno di tanto in tanto; da questo punto di vista,
sarebbe erroneo contrapporre laristocrazia provinciale allaristocrazia
costantinopolitana. Le grandi famiglie, anche se massicciamente insediate in provincia, sono tenute a mantenere un oikos a Costantinopoli
e a risiedervi per qualche tempo; la maggior parte delle carriere di suc-
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cesso vede unalternanza di comandi provinciali e di incarichi esercitati nellamministrazione centrale, come mostrano lesempio dei Focadi o
quello degli Argiri [Cheynet 441 e 442]. Del resto, solo la capitale offre
le necessarie possibilit di istruzione a chi vuole fare carriera non avendo alle spalle una famiglia dellalta aristocrazia, ed lunica a ospitare
tutto ci che serve a chi aspira a una vita intellettuale. E in fondo, nessuna citt dellImpero e, fino al 1204, nessuna citt cristiana pu rivaleggiare con essa.
b) Il Palazzo.
Il Palazzo ospita molteplici istituzioni del governo imperiale. Vi si trova la maggior parte dei sekreta verso cui quasi ogni giorno affluiscono i
rispettivi funzionari per svolgere il proprio lavoro; ed sempre l che,
nellIppodromo coperto (distinto dal grande Ippodromo), si riunisce il
tribunale imperiale e il suo corpo di giudici dellIppodromo e del Velo. Il Palazzo costituisce poi lo sfondo della maggior parte delle cerimonie politiche e della liturgia imperiale. Gli ambasciatori sono perlopi ricevuti alla Magnaura, vasta basilica a tre navate preceduta da un portico, con un impressionante dispiegamento di macchinari; una parte delle
decisioni imperiali comunicate in occasione dei silentia si svolge invece
nel Triclinio dei 19 letti, utilizzato anche per i banchetti dapparato (De
cerimoniis, Liste di precedenza), che preceduto da un cortile circondato da portici sontuosi, il Tribunale dei 19 letti; limperatore assiste alle
cerimonie che vi si svolgono dallalto di una terrazza detta heliakon. La
nomina dei funzionari e dei dignitari, come il pagamento della loro roga,
avviene in un edificio costruito da Giustino II e abbellito da Costantino VII, pi vicino alla parte privata (e sacra) del Palazzo, il Crisotriclinio (Triclinio doro). Si tratta dun ottagono sovrastato da una cupola con sedici finestre, in cui si trova unabside sopraelevata a forma di
conca dove limperatore siede sotto un mosaico rappresentante Cristo in
trono. Ledificio che costituisce la via daccesso pi ufficiale per il Palazzo (che ha molteplici entrate) la Chalke [Mango 595], sede al contempo della guardia e delle prigioni, che si affaccia sullAugusteo.
La parte occidentale del Palazzo costituisce il Sacro Palazzo, riservato allimperatore e alla sua famiglia. L si trova la Porphyra, la sala
pavimentata di lastre di porfido riservata al parto delle imperatrici in
carica. Questo settore ospita anche la maggior parte delle numerose chiese del Palazzo, le pi celebri delle quali erano la Theotokos del Faro, risalente senza dubbio al vii secolo e ricostruita da Michele III, e la Nea
Ekklesia (Chiesa Nuova) edificata dal suo successore Basilio I. La pri-
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ma, chiesa palatina per eccellenza, situata su una terrazza che dominava la seconda, serviva in particolare a custodire le numerose reliquie imperiali, in primo luogo quelle connesse alla Passione di Cristo: la tunica, i chiodi, la corona di spine, la lancia. Cerano anche ulteriori reliquie
importanti: il sangue, limpronta del piede, vari elementi di vestiario,
lettera ad Abgar, tavola dellUltima Cena, catino della Lavanda dei piedi, pietra dellUnzione, e infine il mandylion trasferito da Edessa [Riant
603, II, pp. 74, 78, 81, 223, 230-31, 233, 235-36, 284, 286; Magdalino 600]. Conservando queste reliquie a Palazzo, e organizzando processioni in citt condotte da lui stesso per esporle, limperatore rendeva ancora pi manifesta la forza del legame che lo univa al Pantokrator.
Si pu aggiungere che, se anche dal tempo di Giustiniano II il Palazzo era cinto da mura il cui perimetro veniva continuamente ampliato, al
suo interno era nondimeno arieggiato da numerosi giardini collocati sui
terrazzamenti che sostenevano gli edifici e che colmavano, con sei livelli, il declivio di 31 metri dal culmine dellAcropoli, dovera situato il Palazzo presso lIppodromo, fino al porto del Boukoleon, utilizzato come
imbarcadero quando limperatore lasciava il Palazzo via mare, per recarsi in Asia, oppure a San Giovanni Battista di Studio, o allHebdomon, o in altri luoghi ancora il cui accesso privilegiato avveniva per mare. Il pi celebre dei giardini, conosciuto con il nome di Mesokepion, si
estendeva dalla Nea allo tzykanisterion (una sorta di campo da polo) impiantato da Basilio I, che aveva fatto edificare la Nea sul precedente
[Littlewood 593, p. 22; Maguire 585, pp. 258-59].
Infine, il Palazzo ospita le officine dove vengono fabbricati i prodotti che costituiscono monopoli imperiali di natura politica: la zecca, alcune fabbriche di armi, in particolare il fuoco greco, e soprattutto gli
opifici dove si producevano i tessuti e le vesti di seta. Quelle purpuree
erano riservate unicamente allimperatore; le altre, destinate ad abbigliare limperatore e i cortigiani, costituivano anche una parte del salario dei funzionari e dei dignitari, e altri tessuti preziosi erano anche utilizzati a fini diplomatici. Bench, al pi tardi dal x secolo, la parte meno nobile di questi kekolymena sia fabbricata nei laboratori dei sericari,
come vedremo, le officine imperiali restano in attivit. La produzione
probabilmente era assicurata da schiavi che non lasciavano mai il Palazzo, affinch i segreti di fabbricazione non fossero divulgati. Questa massiccia presenza di schiavi poneva tuttavia dei problemi organizzativi e
di disponibilit di spazio non facilmente risolvibili. Del resto, pare che
queste officine potessero essere dislocate verso i palazzi imperiali esterni, come loikos imperiale di Marina, vicino al monastero degli Odighi
[Dagron 605, p. 431].
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c) Il popolo.
A eccezione dei due rappresentanti ufficiali delle fazioni, i demarchi
degli Azzurri e dei Verdi, usualmente il popolo non entra a Palazzo: la
costruzione del muro di cinta segnala chiaramente la separazione tra il
popolo e il sovrano. Peraltro, anche quando non interviene attivamente nella vita politica lesempio principale per il periodo in esame il
rovesciamento di Michele V, nel 1042 il popolo svolge almeno un ruolo simbolico, giacch in teoria deve acclamare il nuovo imperatore. Nel
caso citato, Michele V decise che il prefetto della Citt leggesse al popolo radunato nel Foro di Costantino una proclamazione dove Zoe, la
porfirogenita che laveva reso imperatore, veniva dichiarata decaduta;
ma il popolo, legato alla dinastia macedone, rifiut e inizi la rivolta.
Michele tent invano di placare linsurrezione comparendo dal Kathisma dellIppodromo insieme a Zoe. Di fronte al fallimento di questo tentativo, Michele decise di resistere ma la folla attacc il Palazzo in tre
punti differenti lIppodromo, ossia il Kathisma, a nord, la porta degli
Excubitores a est e la zona del campo da polo a sud e le mura di cinta
non riuscirono a tenerlo fuori. La folla, nonostante numerose perdite
che Scilitza quantifica in 3000 vittime, nello spazio di trentasei ore travolse i contingenti fedeli allimperatore, saccheggi il Palazzo e i suoi
uffici, si impadron delloro della zecca e delle pezze di seta e fece a pezzi i registri fiscali. Michele si era rifugiato nel monastero di Studio, ma
la folla lo tir fuori, lo trascin al Sigma, l vicino, e lo accec.
Il contatto tra limperatore e il popolo ha inizio in occasione dellentrata trionfale dalla Porta dOro che in genere segue la proclamazione.
Una processione analoga ha luogo quando gli imperatori celebrano il
trionfo dopo le vittorie. Il corteo di popolo che acclama Niceforo Foca
il 19 agosto 963 lo aspetta al momento dello sbarco dal dromon imperiale che lha condotto nelle vicinanze della Porta dOro: tutta la citt gli
venne incontro, grandi e piccoli, con lampade e incensieri. Quando arriva alla Porta, le due fazioni, gli Azzurri e i Verdi, lo acclamano dallinterno. Poi percorre la Mese a cavallo fino al Foro di Costantino, e finisce a piedi il tragitto fino a Santa Sofia seguendo in processione la Vera Croce uscita dal Palazzo per loccasione [De cerimoniis 205, I, 96,
pp. 438-39].
Il principale luogo di contatto con il popolo per lIppodromo [Dagron 205]. Questo immenso edificio misura 450 metri di lunghezza, con
una larghezza che va da 117,5 a 123,5 metri; il forte dislivello ha costretto a edificare a ovest una gigantesca costruzione semicircolare in
mattoni, la Sphendone. Lunica pista, lEuripo, divisa in due dalla spi-
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na su cui erano collocate antiche statue di cui si era dimenticato il significato [Dagron 572], nonch la colonna serpentina e due obelischi, occupa 80 metri di larghezza, ed circondata da 9 o 10 file di gradini. La
capacit delledificio, circa 40 000 spettatori, fu forse calcolata per accogliere la quasi totalit dei capifamiglia della capitale: si pu dire che
sia in grado di riunire lintero popolo. NellIppodromo si svolgono corse in occasione delle principali feste, in particolare per commemorare
linaugurazione della capitale, l11 maggio. In quel giorno si conserva la
tradizione delle distribuzioni di viveri: al termine di ciascuna mezza giornata, dei carri rovesciano pani e pesci sulla pista. Limperatore, peraltro, pu organizzare ulteriori corse al di fuori del calendario abituale, o
anche convocare il popolo allIppodromo in altre occasioni per dialogare con lui.
Limperatore infatti dispone di un palco, il Kathisma, vasto edificio
su tre piani. Il piano terra, con portici e ambienti di servizio, comunica
direttamente con il Palazzo. Al primo piano si trovano una camera destinata al riposo, unanticamera, una grande triklinos di rappresentanza, un vestibolo e un passaggio verso la stretta scala a chiocciola che porta alla tribuna e ai palchi dei senatori. Limperatore prende posto nel
suo palco al terzo piano, fronteggiando il popolo con i senatori che lo
attorniano; di fronte al palco, sulla pista, c un arco, il P o stamma, dove gli aurighi si fermano per salutarlo. Quando limperatore entra nel
suo palco, innanzitutto saluta le fazioni, cominciando da quella di cui
ha scelto di abbracciare la causa, almeno sportiva, durante il suo regno: gli Azzurri (900) sono a destra del Kathisma, e i Verdi (1500) a sinistra. Quindi limperatore saluta la parte restante del popolo, ovvero
circa 37 000 persone, che gli risponde con acclamazioni. Riceve inoltre
gli omaggi dei senatori. In questa maniera si rinnova lapprovazione da
parte di due dei corpi che fondano la legittimit imperiale.
Costantino V fece un uso esemplare dellIppodromo come luogo di
propaganda politica. Vi organizz, per esempio, una processione di monaci e monache i principali oppositori delliconoclasmo, sospettati per
giunta di cospirare contro limperatore i quali, vestiti in abiti civili,
sfilarono sulla pista a coppie, un uomo e una donna, mano nella mano
[Teofane 52, pp. 437-38; Niceforo 53, c. 83, p. 156]. Loperazione simboleggiava il ritorno alla societ con il ricorso alle vesti secolari e la formazione di una coppia. Allo stesso modo, questo imperatore organizz
nellIppodromo delle cerimonie per degradare gli oppositori: non esit
nemmeno a umiliare il patriarca, prima Anastasio, nel 743, condotto a
dorso dun asino nella pista prima dessere reinsediato, e poi Costantino, nel 767, condotto nello stesso modo ma girato verso la coda, prima
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dessere giustiziato [Auzpy 691, pp. 258-59]. Ancora pi celebre la cerimonia che vide protagonista uno dei suoi fedeli, Giorgio la Senatrice, cos chiamato dalle fonti iconodule per stigmatizzare le presunte
tendenze omosessuali dellimperatore. Costui si era recato da Stefano il
Giovane per ricevere dalle sue mani labito monastico; nellIppodromo
gremito fu spogliato dellabito nero e lasciato nudo, poi lavato completamente e infine rivestito dei suoi abiti da senatore [Auzpy 93, 38-40,
pp. 137-41; 691, pp. 28-32].
Quanto ai demi, cos attivi nellepoca protobizantina, ormai sono
sempre pi confinati nel loro ruolo di sostenitori. Se, per esempio, si
confronta linsurrezione che condusse Foca al potere nel 602 con quella del 1042, la prima risulta lultima in cui i demi abbiano svolto un ruolo importante, agendo da delegati del popolo; nel 1042, il popolo interviene in una maniera presentata come decisiva da Scilitza, ma i demi sono assenti. vero che la loro milizia continua a difendere le mura, ma
il termine di demoti con cui si designavano i pi attivi di questi miliziani quasi sparito dai resoconti storici. I demi hanno un proprio ruolo nelle cerimonie palatine alle quali sono invitati i demarchi, che compaiono sempre nella lista di funzionari stilata da Filoteo nell899, e si
trovano a capo di un dipartimento particolarmente numeroso, allinterno del quale un buon numero di posti sono occupati dai demoti; tuttavia, i demi sono come mummificati nel loro ruolo di organizzatori delle
corse [Dagron 205].
2. Le istituzioni di Costantinopoli.
a) Leparco.
Leparco della Citt la chiave di volta del sistema amministrativo
della capitale. La funzione del prefetto di Costantinopoli nasce l11 dicembre 359 con la nomina di Onorato, e la prima legge che la riguarda
risale al 361. Il rango che occupa nellapparato amministrativo dellImpero commisurato alla sua posizione nei vari trattati di natura giuridica. NellIsagoge di Basilio, Leone e Alessandro, compare al titolo IV, appena dopo limperatore e il patriarca. Nel taktikon Uspenskij dell842843, che mescola dignit e funzioni, cos come nel kletorologion di
Filoteo dell899, leparco il primo dei funzionari civili, e nel secondo
caso inserito nel mezzo della lista degli strateghi. Soprattutto, il suo
ufficio, cos com descritto in questo trattato, appare come il pi affollato, con 14 subordinati, ovvero due pi del logoteta del genikon [Oiko-
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nomides 28, pp. 319-21]. I suoi poteri, del resto, non si limitano alla
citt ma si estendono a tutta la regione, in teoria per cento miglia intorno alla capitale.
Filoteo colloca leparco tra i giudici, come il questore e il preposito
alle petizioni. Il tribunale che presiede amministra la giustizia civile e
penale a Costantinopoli e nella sua regione. Leparco, assistito da un
symponos, ha sede nel Pretorio e ha ai suoi ordini il logoteta del pretorio, a capo delle prigioni. Il centurione assegnato al suo ufficio comanda le truppe che sono a sua disposizione: questo grado poco elevato suggerisce degli effettivi modesti e induce a interrogarsi sulla capacit della polizia di controllare la citt. Per esercitare le funzioni giudiziarie
allinterno della citt, leparco dispone di giudici delle regioni, senza
dubbio uno per ciascuna delle quattordici regioni urbane, ma forse anche per il territorio del distretto di Costantinopoli. A ciascuna di queste regioni, peraltro, assegnato un geitoniarca (responsabile di quartiere), di cui si ignorano le funzioni effettive. Leparco controlla anche
la base imponibile: ha sotto di s quattro revisori o epopti, addetti al catasto e al calcolo, o almeno al controllo del calcolo delle tasse dovute per
ogni propriet. Come ogni alto funzionario bizantino, per il funzionamento quotidiano del suo ufficio disponeva di numerosi kankellarioi diretti da due protokankellarioi. Si ignora di quali finanziamenti disponesse ma, come la maggior parte dei responsabili dei sekreta, aveva ai suoi
ordini degli episkeptitai.
Le sue altre competenze riguardano lammistrazione dei mestieri.
Una delle principali corporazioni professionali, quella dei notai, posta
direttamente sotto lautorit delleparco, cos come gli esarchi o prostatai degli altri mestieri, che sono contemporaneamente i capi dei mestieri e gli intermediari tra leparco e i mestieri stessi [cfr. infra]. I boullotai, ufficiali che applicano bolle alle mercanzie, in particolare i tessuti di
seta che necessitano dun timbro ufficiale, dipendono naturalmente da
questo ufficio. Del resto, i symponoi (collaboratori) dedicano ai mestieri della capitale gran parte delle proprie attivit.
A partire dallxi secolo, leparco vede ridurre la propria autorit; perde cos parte del proprio ruolo in materia giudiziaria, in particolare il
potere di accogliere gli appelli contro le sentenze dei tribunali provinciali, inoltrati a Costantinopoli presso il tribunale imperiale. Anche nellambito dei mestieri di Costantinopoli le sue decisioni possono essere
ormai cassate dal drungario della Veglia, e soprattutto gli sfugge il controllo del commercio marittimo. Allinizio del x secolo, infatti, aveva
ancora autorit sul parathalassites, posto allultimo gradino gerarchico
del suo ufficio, che provvedeva al controllo della marina mercantile nei
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botteghe erano teoricamente destinate ad assicurare la gratuit dei funerali [Dagron 626, in particolare pp. 162-64 e 171-75].
Il carattere pletorico del clero di Costantinopoli era gi denunciato
dalla legislazione di Eraclio. Occorre attendere Alessio I Comneno per
vedere limperatore legiferare in maniera effettiva. Quanto ai fedeli, che
possono anche seguire le officiature di alcuni monasteri, il loro inquadramento sembra ben assicurato [Dagron 598, pp. 1084-85].
Santa Sofia rimane il centro della vita religiosa della capitale, non
solo a causa del patriarca e del suo clero ma anche per il ruolo attribuito allimperatore. Ledificio non stato sostanzialmente modificato rispetto alla costruzione giustinianea, salvo rafforzare i contrafforti contro i terremoti, ma la decorazione subisce profondi mutamenti dopo la
crisi iconoclasta. Oltre alla Theotokos dellabside e ai successivi rimaneggiamenti della galleria dei patriarchi che adorna la parte alta delle
pareti della navata, colpisce nella decorazione soprattutto la crescente
presenza degli imperatori: Costantino e Giustiniano affiancano la Theotokos e le offrono rispettivamente la citt e la cattedrale sopra la Porta
Bella; Leone VI ai piedi del Cristo sopra le porte imperiali che Nicola Mistico aveva rifiutato di aprirgli; nelle gallerie delle tribune comparivano veri e propri ritratti di famiglia, di cui rimangono quello di Zoe
con lultimo marito Costantino Monomaco, e quello di Giovanni II con
la moglie Irene e il figlio maggiore Alessio. Questa presenza imperiale
sulle pareti corrisponde allimportante ruolo della cattedrale nel cerimoniale relativo ai sovrani: nel suo Libro delle cerimonie, Costantino Porfirogenito colloca al primo posto la cerimonia che portava limperatore
dal Palazzo a Santa Sofia, e solo poi, dopo la liturgia, in occasione di Pasqua, Pentecoste, la Trasfigurazione, la Nativit e lEpifania, occasioni
scelte spesso per lincoronazione [Dagron 206]. Oltre che del patriarca,
Santa Sofia la chiesa pubblica dellimperatore, che nel Palazzo dispone di chiese private.
b) Monasteri, pie fondazioni, confraternite.
Tentare di contare i monasteri attivi contemporaneamente sarebbe
vano, cos come le chiese. Alcuni monasteri risalgono allepoca protobizantina; nonostante liconoclasmo, sembra che solo pochi siano scomparsi, e la maggior parte oggetto di costanti rinnovamenti, per esempio Studio o Chora. La maggior parte degli imperatori e delle imperatrici si premura di fondarne di nuovi: si pu trattare di complessi enormi,
come quello di Manuele restaurato da Romano I; a partire dallxi secolo, poi, tutte le fondazioni o rifondazioni sono cospicue, come la Peri-
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bleptos nel caso di Romano III, i Santi Anargiri al Kosmidion per Michele IV, San Giorgio dei Mangani per Costantino IX, la Theotokos Kecharitomene e il Cristo Filantropo per Irene Duca, e infine il Pantokrator per Giovanni II Comneno.
Questultimo, con le sue tre chiese, una delle quali destinata a servire da sepoltura a Giovanni II e alla sua famiglia, il vasto complesso assistenziale con annesso ospedale, e il suo formidabile appannaggio fondiario [Gautier 567], il punto darrivo di una evoluzione che durava
da secoli. Nellepoca protobizantina lassistenza pubblica, non pi fornita dalle citt, dipendeva da istituti ecclesiastici autonomi. In seguito
limperatore riprese il controllo duna parte di questa assistenza, utilizzando il patrimonio della corona organizzato in case imperiali. Infine, a
partire dal ix secolo, queste case pie imperiali divengono dei monasteri, mentre i monasteri di nuova fondazione comprendono quasi sempre un istituto di carit [Kaplan 343].
Chiaramente pi difficile seguire le innumerevoli piccole fondazioni create dagli aristocratici di rango inferiore. Una di esse, oltre le mura, avrebbe conosciuto un grande successo giacch il suo typikon avrebbe ispirato diversi documenti successivi: si tratta del Cristo Evergeta
[Gautier 567]. Il monastero fondato dallo storico e giudice Michele Attaleiata, sempre nellxi secolo, era ancora pi modesto: egli era intenzionato a fondare un insieme costituito da un istituto di carit a Rodosto e un monastero di sette monaci nella capitale, ma alla sua morte esisteva solo questultimo [Gautier 567; Lemerle 631, pp. 99-112]. Il
pullulare di queste istituzioni sembra comunque considerevole, bench
la durata dun monastero scarsamente popolato come quello di Attaleiata, che non pare essere rimasto indipendente dopo la morte del figlio del
fondatore, rimanesse limitata.
A partire dal vi secolo, i grandi bagni pubblici gratuiti sono sostituiti da strutture pi modeste e a pagamento, connesse a pie fondazioni. I
bagni di queste sono assai prossimi ai lou(s)mata, serviti da pie confraternite, le diaconie, dove sono attivi numerosi laici, che si occupavano
di lavare e nutrire i poveri. Nella capitale ne esistevano almeno 25 [Magdalino 632, 570, pp. 31-34 e 93-95]. Parecchie di queste diaconie riuscivano a malapena a tirare avanti e talvolta erano addirittura a rischio
di fallimento mancando di sufficienti appannaggi, al punto che a volte
alcuni imperatori furono spinti a trasformarle in grandi fondazioni, come fu il caso della Theotokos del Neorio, restaurata da Romano Lecapeno. Il louma della Theotokos degli Odighi nellxi secolo era servito
da una confraternita che assicurava la venerazione dellicona della Vergine Odegetria (conduttrice) [Magdalino 570, p. 33].
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ogni venerd d luogo al miracolo del sollevamento del velo che la ricopre [Grumel 599], Costantinopoli e i suoi dintorni ospitano innumerevoli santuari dove i malati si recano per praticare lincubazione nellattesa duna guarigione. Si possono citare, fuori le mura, i Santi Anargiri
al Kosmidion e la Theotokos di Pege, o, in citt, il santuario del Prodromo dellOxeia, vicino ai portici di Domnino, presso le reliquie di
santArtemio.
iv. leconomia3.
1. I mestieri.
a) Il Libro delleparco.
La pubblicazione del Libro delleparco nel 1893, avvenuta a opera di
Jules Nicole che laveva scoperto in un manoscritto a Ginevra, ha dato
inizio a unabbondante letteratura che ha rispecchiato i dibattiti storiografici e soprattutto sociali delle epoche che si sono susseguite. Bisanzio appariva come il paradiso del monopolio e del privilegio; la sua
economia poteva essere considerata, per essere ammirata o denigrata,
uneconomia dirigistica. Questi dibattiti oggi sono superati, e la riedizione del principale documento che concerne i mestieri [Koder 84] ha
rilanciato uno studio rigoroso.
Le corporazioni sono organizzate a partire da una legge del 391 che
compare nel Codice teodosiano. I suoi princip, rinnovati nel Codice di
Giustiniano, sono ripresi nei Basilika (C. Th. 1.10.4 = C.J. 1.28.4 = B.
6.4.13):
Che tutte le corporazioni (corporationes, somateia) che si trovano a Costantinopoli, i cittadini o i membri dei demi siano sottoposti alleparco della Citt.
In seguito le corporazioni sono pressoch assenti dalle fonti fino alla promulgazione del Libro delleparco da parte di Leone VI allinizio del
912. difficile sapere con esattezza come sia stato redatto tale editto:
i vari titoli presentano molti punti in comune nella redazione e nel contenuto, ma anche alcune differenze apparentemente inesplicabili se si
ha a che fare con una redazione a opera di ununica persona o di un gruppo molto ristretto. I redattori potrebbero aver consultato gli archivi della prefettura per poi procedere a una armonizzazione curata da giuristi,
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prima di aggiungere un prooimion imperiale che faceva del testo una legge; potrebbero essersi anche dedicati a una ricerca parallela presso i mestieri descritti nel Libro al fine di censirne le usanze specifiche prima di
procedere a una certa uniformazione [Kaplan 610, pp. 321-22]. Comunque sia, il testo che ci stato trasmesso da un ridottissimo numero di
manoscritti non loriginale perch contiene riferimenti a divisioni monetarie apparse solo sotto Niceforo Foca e Basilio II, e i titoli 21 sui
commercianti di cavalli e 22 sui mestieri edili sono stati chiaramente aggiunti in seguito, al di fuori del progetto originario; questo aspetto evolutivo indica che il testo fu effettivamente applicato almeno fino alla fine dellxi secolo.
Il Libro si concentra inizialmente su mestieri ben determinati: servizi (notai, orefici, cambiavalute) che devono essere necessariamente sottoposti al controllo dello Stato, in quanto partecipi dellesercizio della
pubblica potest; professioni legate alla seta, industria eminentemente
politica; mestieri che assicurano il rifornimento di prodotti di prima necessit, in particolare alimentari, che in caso di carenza, rincaro o cattiva qualit possono creare problemi allordine pubblico. In compenso,
nel Libro non compare una serie di mestieri essenziali anchessi per leconomia della capitale, come la lavorazione dei metalli che ha peraltro
d il nome a uno dei quartieri della capitale, i Chalkoprateia, oppure
lartigianato tessile (escluso quello della seta e del lino), la costruzione e
lequipaggiamento delle navi, la maggior parte dei commerci non alimentari, o anche gli specialisti del mosaico. I mestieri rivelati dalle altre fonti sono infatti prodigiosamente disparati [Kaplan 627, pp. 250-51]. Il
Libro non persegue dunque un obiettivo economico o tantomeno normativo globale, e non offre necessariamente un modello applicabile a
tutti i settori delleconomia.
b) Lorganizzazione delle corporazioni.
Indipendentemente da ogni altra considerazione, siamo costretti a
parlarne a partire dal Libro. I mestieri costituiscono delle comunit (koinotes lo stesso termine utilizzato per villaggi). Nonostante pochi di
questi gruppi organizzino esplicitamente lapprendistato, lammissione
sempre subordinata a una verifica delle qualifiche, allaccordo da parte della corporazione, e alla ratifica delleparco; vi pu essere una malleveria offerta da diversi membri. Il candidato versa una cifra alleparco e alla corporazione, o alla corporazione solamente, ma tale somma
non sempre menzionata e la sua entit sempre modesta, irrisoria rispetto al prezzo o al semplice affitto dellopificio o della bottega. Non
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si sa se gli schiavi potessero divenire membri di una corporazione; quanto alle donne, sono esplicitamente escluse solo da quella degli orefici.
Solamente i notai applicano un numero chiuso di 24.
Se anche leparco ha un rappresentante (esarca) presso alcune corporazioni, tutte hanno per uno o pi capi (prostatai o termini equivalenti) che rispondono del gruppo presso leparco e sono da lui nominati, indubbiamente su proposta della corporazione. Questa, dunque, ha una
vita collettiva, e del resto deve disporre di risorse, almeno quando richiede il pagamento di diritti dingresso. Conosciamo alcuni dettagli solo per i notai: la cerimonia religiosa seguita dal banchetto in occasione
dun insediamento, e gli altri notai che assistono ai solenni funerali dun
collega. possibile che le altre corporazioni abbiano conosciuto pratiche simili. Le corporazioni svolgono dunque un ruolo fondamentale nella strutturazione della societ costantinopolitana.
c) Significato economico e politico.
Lintervento delleparco, oggetto di molteplici controversie storiografiche, risponde innanzitutto a unesigenza di ordine e qualit. Il controllo dei pesi e delle misure una prerogativa basilare della sovranit,
ed peraltro necessario per il buon funzionamento delle attivit artigianali e commerciali. C una costante preoccupazione di assicurare la qualit della fabbricazione. Per esempio, vietando ai cerulari di mescolare
alla cera del sego, che in piccole quantit invisibile, la normativa vuole assicurare la qualit del prodotto ai consumatori di Costantinopoli e
agli acquirenti esterni. Allo stesso modo, vietando a un artigiano di essere membro di due corporazioni alla volta, il legislatore proibisce lesercizio di una professione per la quale il candidato non qualificato.
Tali interventi rispondono anche a unesigenza politica: si tratta di
assicurare alla massa della popolazione, per un numero limitato di prodotti di largo consumo, il minimo indispensabile a un prezzo decente,
evitando le speculazioni. Per esempio, agli speziali (Libro delleparco 13)
e ai cerulari (11) vietato fare scorte per i periodi di penuria; la quantit di grano acquistata dai fornai (18) controllata per mezzo delle tasse, e lamministrazione prefettizia bada che il prezzo del pane segua quello del grano.
A parte queste protezioni del consumatore, la normativa cerca in
realt di assicurare la libert dei meccanismi economici. Il fine degli
articoli contro la speculazione non di limitare la variabilit dei prezzi
anche un prodotto critico come il pane segue il prezzo del grano ma
piuttosto di impedire gli abusi di posizione dominante (20). Si tratta di
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assicurare la concorrenza pi libera e leale possibile. Il Libro non determina gli affitti ma vieta che si faccia aumentare surrettiziamente quello dun concorrente, manovra che avrebbe avuto come conseguenza laumento dei suoi prezzi e dunque avrebbe ridotto i margini di guadagno.
Il Libro vieta di rubare loperaio del vicino mentre ancora sotto contratto; proibendo al cerulario limpiego del sego, gli impedisce di diminuire artificiosamente i costi di produzione. La separazione tra i mestieri cerca di evitare le concentrazioni dannose per il libero esercizio della
concorrenza, ma quando si tratta del ciclo della seta, il Libro ci riesce a
fatica [Kaplan 610, pp. 322-26]. In compenso, lo Stato non interviene
n sulle quantit prodotte n nei meccanismi economici di determinazione dei prezzi, e si intromette pochissimo nella produzione. La normativa attesta la volont di mantenere le prerogative della sovranit e
lordine pubblico, non di intervenire nelleconomia. Per la maggioranza degli storici, la controversia aperta dalla pubblicazione del Libro delleparco ha condotto a questa constatazione: leconomia costantinopolitana uneconomia regolamentata ma liberale.
2. Strutture sociali della produzione.
a) I mestieri dallalto valore aggiunto.
Nel Libro delleparco compaiono alcune corporazioni legate al lusso,
come gli orefici e gli artigiani della seta. Costantinopoli era rinomata anche per altri prodotti di lusso, in particolare larte musiva, che si offre
allo sguardo di tutti: a partire dalla fine delliconoclasmo, gli imperatori hanno rivaleggiato nella decorazione di Santa Sofia. Nel xii secolo,
Giovanni II Comneno dota la sua fondazione del Pantokrator dun imponente apparato di mosaici, sia allinterno che allesterno, dal momento che la cupola della chiesa principale era rivestita anche fuori e sotto
la luce del sole brillava di mille sfaccettature. Strettamente collegato allallestimento dei mosaici, lutilizzo di marmi preziosi rimane una pratica diffusa, e si raffina nellxi secolo, quando viene applicata al pavimento delle chiese: la navata di San Giovanni Battista di Studio, cos
come quella del Pantokrator, accoglie un pavimento in opus sectile. Numerose decorazioni di questo tipo, forse fabbricate nella capitale, sono
state trovate nelle province.
Numerosi mestieri di lusso, che possono avere un aspetto pi artigianale, occupano un ruolo importante a Costantinopoli: il caso della
fabbricazione delle icone, forse collegata alla miniatura dei manoscrit-
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ti, se il Pantaleone che dipinse unicona di Atanasio lAtonita deve essere identificato con lomonimo che decor il menologio di Basilio II.
Eustazio Boila, esiliato nella lontana Cappadocia, possedeva un evangeliario dalla coperta incrostata di smalti, e con il testo ornato da iniziali
miniate, dai ritratti degli evangelisti e da una rappresentazione della Nativit. Una simile opera proviene probabilmente dai laboratori della capitale, cos come i preziosi avori intagliati: se alcuni erano riservati a un
uso religioso, molti altri ornavano le dimore aristocratiche. Non tutti i
libri erano miniati ma la loro copiatura impegnava numerosi specialisti
a Costantinopoli, sia negli scriptoria monastici come quello di Studio, sia
in abitazioni private, come quella del Professore anonimo del x secolo
[Lemerle 823, pp. 121-28 e 247-48].
La lavorazione del bronzo non si limitava alla fabbricazione di oggetti comuni: il mercante amalfitano Mauro e suo figlio Pantaleone fecero fabbricare nella capitale bizantina le monumentali porte di bronzo che donarono alla cattedrale della loro citt (1060); ulteriori portali,
anchessi provenienti dalle officine della citt, furono commissionati per
altre chiese dellItalia meridionale, per San Paolo fuori le Mura a Roma
(1070), per la basilica di Monte SantAngelo sul Gargano (1087), per la
chiesa di San Salvatore di Atrani, vicino ad Amalfi (1087) [Balard 604,
p. 93]. Spinti da necessit finanziarie, alcuni imperatori fecero peraltro
fondere alcuni analoghi portali della capitale per battere moneta. Questi laboratori impiegavano artigiani provenienti da ogni parte dellImpero e sapevano adattare liconografia delloggetto fabbricato ai gusti
degli acquirenti.
b) Lartigianato e il piccolo commercio: la bottega.
Lunit di base costituita dallergasterion, che per adesso stato oggetto di minori ricerche rispetto allorganizzazione delle corporazioni.
Nella maggior parte delle professioni, questa unit economica pratica contemporaneamente la fabbricazione e la vendita. La bottega, la cui stretta facciata serve da vetrina, si affaccia sulla strada; la fabbricazione, che
d il nome allergasterion, praticata nel retro; per le attivit esclusivamente commerciali, il retrobottega serve da deposito. La bottega qualificata dal nome del mestiere: una volta venduto, lergasterion trasferito con le sue attivit. La ricerca, tuttavia, non ha permesso di determinare n chi a dare lautorizzazione di praticare una certa attivit in un
certo posto, n tantomeno se una tale autorizzazione necessaria.
Gli ergasteria, di norma, sono gestiti da un mastro professionista e
dalla sua famiglia; costui vi fa lavorare la moglie, i figli e i generi, con
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Se si paragona il prezzo della bottega allaffitto, che esente da tasse, le quali sono a carico dellaffittuario, la rendita supera di poco il 3%:
superiore a quella della terra, ed un investimento definitivo in cui
non c bisogno di reinvestire ogni anno; si tratta dunque di un autourgion, particolarmente apprezzato dai Bizantini. Il tasso resta inferiore a
quello dei prestiti che i dignitari sono autorizzati a praticare, nonch
a quello della roga accresciuta (dall8,33% al 9,76) che un dignitario pu
ottenere dallimperatore, peraltro una rendita vitalizia. Un funzionario
assennato come Attaleiata si crea un patrimonio diversificato: rogai, botteghe e terre. La bottega, del resto, un investimento costoso, lequivalente duna dozzina di tenute di campagna. La somma da investire
pu essere accostata al salario degli alti funzionari, in genere tra le 20 e
le 40 libbre doro [Morrisson 615, pp. 859-64]. Le questioni del prezzo
degli immobili urbani, degli affitti e anche delle relative tasse restano
per ampiamente dibattute.
d) Lo Stato, i potenti.
Il ruolo dello Stato nella produzione resta marginale, tantopi che i
tessuti di seta meno lussuosi, un tempo monopolio imperiale, sono adesso fabbricati dagli artigiani, e a volte sono le stesse officine imperiali a
ordinare delle pezze di seta ai sericari (Libro delleparco 8.2). Esse dunque non sono pi bastanti alle necessit, sia che queste siano troppo aumentate, sia che i laboratori imperiali abbiano perduto la propria importanza. La questione dei rapporti tra produzione pubblica e privata della seta meriterebbe peraltro di essere ripresa. Limperatore possiede
anche dei laboratori orafi che, finalizzati ai bisogni del Palazzo, svolgono un ruolo marginale sul mercato. Per quanto riguarda lequipaggiamento dellesercito, valgono le stesse considerazioni fatte per la seta: i
sellai, che possono essere obbligati a lavorare dietro compenso per lesercito, o almeno per le truppe da parata, passano allora agli ordini del
protostrator (14.1).
Daltro canto, i potenti sviluppano nei propri oikoi un artigianato
domestico destinato, di norma, a soddisfare i bisogni delloikos stesso.
In realt, gli archontes ricevono lautorizzazione a vendere ai vestioprati la loro produzione di vesti di seta (Libro delleparco 4.2): risultano
esclusi dal commercio al dettaglio ma fanno concorrenza al monopolio
teorico dei sericari, tantopi che possono anchessi fare consegne a Palazzo (8.2). Ad ogni modo, i potenti sono proprietari della maggior parte delle botteghe e dei moli, e non hanno difficolt a introdursi surrettiziamente nellartigianato e nel commercio, tramite un operatore debi-
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tamente iscritto a una corporazione. Alcuni continuano a vivere in autarchia, ma altri fanno commercializzare le eccedenze nei mercati urbani della capitale.
In questo ambito, gli oikoi ecclesiastici costituiscono una semplice
variante. Le proibizioni di praticare il commercio sono applicate in maniera poco rigorosa, a causa di una buona integrazione dei mercanti nella societ e dellaumento delle eccedenze destinate al commercio. I canonisti del xii secolo devono reiterare la proibizione per i chierici, oltre
al grado di lettore, di entrare in una corporazione; lapplicazione di tali prescrizioni ai monaci, che non fanno parte del clero in senso stretto,
si rivela pi complicata. Daltro canto, Teodoro di Studio, spesso fonte di ispirazione per i conventi costantinopolitani, aveva organizzato il
suo monastero come un vero e proprio centro produttivo che certamente metteva sul mercato i prodotti del suo lavoro. Nel xii secolo, Tzetza
mostra i monaci di Costantinopoli mentre vendono il loro pesce sotto il
controllo degli agenti delleparco. I monasteri e le pie fondazioni dotate di skalai non si limitano a sbarcarvi le proprie mercanzie ma ne traggono profitto [Dagron 605, p. 429].
3. Il grande commercio.
a) Il finanziamento del grande commercio.
La presenza di armatori (naucleri) a Costantinopoli attestata fin
dal primo periodo, ma essi risultano poco attestati nelle fonti. Il declino del grande commercio mediterraneo gi in corso nel vi secolo e continua ad accentuarsi in seguito, ma la conquista araba non ne fu una delle cause principali, contrariamente a quanto sosteneva a suo tempo Henri Pirenne. Leconomia si era irrigidita su livelli locali gi prima del loro
arrivo, e la loro presenza nelle province orientali ha modificato i circuiti economici solo gradatamente [Hodges 607]. La guerra tra Bizantini e
Arabi non ha affatto interrotto gli scambi, e le navi solcano ancora il
Mediterraneo nei secoli bui, ma in numero molto limitato [McCormick
1212]. Nel corso dei primi secoli del Medioevo, una parte degli scambi
viene effettuata tramite missioni diplomatiche.
Se si presta fede a Teofane, allinizio del ix secolo limperatore Niceforo I costrinse i naucleri ad accettare un prestito dallo Stato al tasso
del 16,66% [Teofane 52, p. 487; Laiou 612, p. 711], ossia al doppio del
tasso legale di prestito del denaro. Si pu naturalmente pensare che Niceforo, che prima di salire al trono era stato un logoteta del genikon, in
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questa maniera cercasse di creare delle risorse per questa cassa; tuttavia, perch loperazione abbia senso, occorre che i profitti attesi dal reinvestimento siano superiori, e ci pone la questione del prestito a interesse, ereditato dalla legislazione di Giustiniano. Le obiezioni della Chiesa sullusura spiegano come mai nei testamenti non si trovino menzioni
esplicite di debiti, ma tali obiezioni si smorzano quando entra in gioco
il rischio inerente al commercio, tantopi che questa istituzione vi prende parte; Basilio I aveva in effetti preteso per qualche tempo di proibire il prestito a interesse, ma suo figlio Leone VI revoc immediatamente questo divieto [Laiou 612, pp. 734-35].
Tenuto conto della posta in gioco, era necessario mobilitare il capitale in favore dei mercanti che intraprendevano il grande commercio per
mare, e forse era proprio questo lobiettivo di Niceforo. lo scopo della koinonia o chreokoinonia: il finanziatore affida a un mercante una
somma di denaro, per un unico viaggio, in una determinata regione. Il
primo mette il capitale, laltro il lavoro, e condividono i rischi del mare. Il contratto limitato nel tempo; il prestatore corre i rischi del capitale, e i profitti sono divisi secondo i termini del contratto (Ecloga, 10.5),
anche se non si conoscono precisamente le proporzioni della ripartizione. Non c bisogno dun contratto scritto: il consenso dei contraenti
sugli obiettivi da raggiungere, sui mezzi da impiegare, sulle modalit dazione e sulla ripartizione dei profitti, questo costituisce il contratto. Il
mercante pu eventualmente fornire una parte del capitale, e il lavoro
sembra remunerato con un quarto dei profitti o poco pi. Simile forma
di contratto perfettamente adatta al commercio marittimo, e ha la stessa origine della commenda, della societas maris o della collegenza praticate dai mercanti italiani [Olga Maridaki-Karatza, in EHB, III, pp.
1103-20].
b) I mercanti.
Bench le fonti siano stringatissime sui mercanti propriamente costantinopolitani, questi sono presenti sia nel commercio interno che in
quello estero, anzi sono numerosi, in particolare in Egitto, al Cairo e ad
Alessandria, ricchi e ben informati sulle procedure da rispettare, cos
come in Palestina [Laiou 611]. In questi casi il prodotto pi ricercato
costituito dalle spezie ma riscuotono apprezzamento anche i legni pregiati o le tinture. Quando, alla fine del xii secolo, gli agenti del fisco vogliono arrestare Calomodio, al contempo banchiere e grande commerciante, i suoi colleghi si ribellano e lo fanno liberare. Costantinopoli,
dunque, non priva di ricchi mercanti, ma la loro situazione resta fra-
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gile tantopi che sono sottoposti alla concorrenza degli Italiani, favoriti dalla politica imperiale che li esentava totalmente o parzialmente dal
kommerkion [Laiou 612, pp. 751-53].
La presenza di mercanti stranieri a Costantinopoli risale allantichit;
il fondaco dei musulmani compare molto presto; i Siriani vanno regolarmente a proporre i loro prodotti, allinterno di un mitaton; alcuni risiedono in citt da pi di dieci anni e hanno acquisito diritti paragonabili a quelli dei colleghi greci. Nel x secolo, i Russi si presentano a loro
volta nella capitale. Per tutti questi mercanti, Costantinopoli una sorta di capolinea: portano i loro prodotti tessuti pi o meno preziosi,
pellicce, derrate alimentari, spezie, schiavi , li vendono e comprano le
mercanzie disponibili sul mercato della capitale, bench queste siano esse stesse importate spesso a opera dei commercianti bizantini, che restano in una posizione dominante.
Larrivo degli Amalfitani e poi dei Veneziani, nel x-xi secolo, modifica profondamente la situazione. Per loro, Costantinopoli solo una
tappa allinterno dun circuito mercantile molto pi complesso tra lOccidente, il mondo bizantino e lOriente musulmano. La loro presenza
cresce in concomitanza dellinsediamento dei crociati in Siria e Palestina. Il rifornimento dei nuovi Stati diviene allora un obiettivo commerciale complementare. A partire dal 1082, Venezia aveva ottenuto un
vantaggio decisivo sotto forma di esenzione totale dal kommerkion, e
riusc anche ad arrogarsi una parte del rifornimento della capitale. Naturalmente i Veneziani, e poi i Pisani e i Genovesi, hanno potuto, allinizio, associarsi a mercanti bizantini; questo fenomeno resta per ancora poco studiato, e il vantaggio fornito agli Italiani dallesenzione o dalla riduzione del kommerkion, unito a quello procurato dallespansione
economica dellOccidente, finisce per mettere i mercanti bizantini in
una brutta posizione. Limperatore non li sostiene e non d loro, allinterno della societ, il posto che i mercanti occidentali occupano nelle
proprie citt. Lampiezza di questi svantaggi resta per discussa, e alcuni studiosi fanno notare come i mercanti bizantini conservassero il monopolio del Mar Nero. Inoltre, la prodigiosa espansione del xii secolo
non ha mancato di avere effetti positivi sui mercanti bizantini in generale, anche se ci si avverte sicuramente di pi nelle citt di provincia
come Corinto, Atene o Tebe che nella capitale, dove il peso delle decisioni politiche era pi sensibile [Lilie 613, pp. 216-43; Jacoby 609, pp.
362-67].
Il grande commercio si concentra perlopi a Costantinopoli ma il ruolo dei mercanti provinciali stato indubbiamente sottovalutato, sia nel
commercio internazionale che in quello interno allImpero. Questi ne-
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notevole constatare come il prezzo dei cereali rimanga sorprendentemente stabile per tutto il periodo, con un nomisma per 12 moggi (1
moggio = c. 12,8 kg) di grano. Naturalmente le variazioni climatiche
provocano di tanto in tanto delle crisi che richiedono lintervento imperiale, ed dunque chiaro che lamministrazione disponeva di riserve
da immettere sul mercato al momento opportuno. Senza dubbio, nel
xii secolo la tendenza alla diminuzione del grano, come in tutto il bacino mediterraneo [Morrisson 615, pp. 822-31]. Le misure di controllo che inquadrano i fornai (Libro delleparco 18.1) sono significative:
occorre assicurare che il prezzo del pane in pratica, la quantit di pane corrispondente a una unit monetaria segua le oscillazioni di quel-
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Il logoteta del dromo Niceforitza, favorito di Michele VII, fece costruire un deposito (phoundax), assegnandogli il monopolio per lacquisto e la rivendita del grano, ricavando senzaltro benefici dalla concessione del deposito. Nel 1077, la folla approfitt duna usurpazione avvenuta a Rodosto per distruggere il phoundax, e il libero commercio del
grano, momentaneamente interrotto, venne ristabilito. Questo phoundax, per, non era certo un esempio isolato, giacch impianti di tal genere possono comparire nella dotazione dei monasteri di cui ci giunto
il typikon. Lo status e il funzionamento di questi depositi meriterebbero per di essere ulteriormente studiati.
Il regime alimentare della popolazione di Costantinopoli, sotto limpulso dellaristocrazia particolarmente numerosa, pi diversificato di
quello delle province: ci significa maggior consumo di carne e predilezione per le verdure, e soprattutto per la frutta fresca, cio la fortuna
degli ortolani della capitale e delle zone limitrofe. Inoltre, Costantinopoli trae vantaggio dalla sua collocazione su uno degli stretti pi pescosi del mondo, e i suoi abitanti, che non disdegnano il pesce secco o sotto sale, sono grandi estimatori del pesce fresco. Oltre agli esemplari pregiati forniti dai laghi vicini, come quelli di Derco e di Nicea, e dai
numerosi fiumi dei dintorni, la parte pi importante del pescato viene
dallo stretto. Lelemento pi notevole costituito dalla sistematica installazione di tonnare lungo le sponde: Leone VI dovette regolamentarne la disposizione, assicurando una distanza minima di 700 metri fra
una struttura e laltra e prevedendo lassociazione (koinonia) di pi proprietari. Le tasse sulla pesca sono particolarmente gravose e un mercato centrale, coperto per mantenere una certa freschezza, assicura lo smercio dei prodotti; il sistema per stabilire i prezzi molto vicino a quello
applicato per il pane. Il prezzo del pesce di stagione particolarmente
basso [Dagron 622].
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v. la societ di costantinopoli.
1. Il ruolo preponderante dellaristocrazia.
La tradizione romana della residenza in citt dellaristocrazia si perpetuata e Costantinopoli caratterizzata dalleccezionale concentrazione di residenti con alto potere dacquisto, le cui spese contribuiscono
ampiamente allo sviluppo dellartigianato e del commercio. vero che
loikos aristocratico [Magdalino 633; 623, pp. 37-38], familiare o ecclesiastico che sia, si sviluppa incessantemente tramite acquisti fondiari in
provincia, come vero che laristocrazia si arricchisce costantemente di
famiglie originarie della provincia, in particolare dellAsia Minore, fino
allxi secolo; tuttavia, queste non possono evitare a lungo di risiedere,
almeno parte del tempo, nella capitale. Il rafforzamento dellamministrazione centrale e lo sviluppo di sekreta sempre pi complessi e diversificati comportano lampliamento di questa aristocrazia, che di solito
cumula le rendite procurate dallesercizio delle funzioni pubbliche, laiche o ecclesiastiche, perlopi accompagnate da dignit che danno diritto a una roga, con le rendite fondiarie, in denaro o in natura, procurate
dai beni immobili posseduti nella capitale, nella sua periferia e soprattutto nelle province.
Questa aristocrazia svolge un ruolo fondamentale nella vita della capitale: fornisce il grosso del personale dellamministrazione e occupa un
posto determinante nel cerimoniale che circonda limperatore. Come si
gi visto, non affatto aliena dallimpegnarsi nelleconomia, sia indirettamente tramite il controllo delle botteghe, sia direttamente tramite
la propria produzione domestica o le mercanzie derivanti dai suoi possedimenti rurali.
Peraltro laristocrazia non cristallizzata n perfettamente omogenea. Il settore pi altolocato costituito dal Senato, che ha quasi perduto qualsiasi ruolo politico e di fatto costituisce una categoria sociale
in cui si entra, fino allxi secolo, a partire dalla dignit di protospatario,
che accompagna i comandi centrali o provinciali e la funzione di giudice; ma tale dignit pu anche essere comprata. La famiglia dei Focadi
deriva da un ufficiale subalterno del ix secolo che, grazie alle sue imprese, arriv al rango di stratego [Cheynet 441, pp. 290-91]. Quanto a Michele Attaleiata, piccolo aristocratico di provincia originario di Attalia,
in Panfilia, si sa che dovette lasciare alle sorelle tutto il patrimonio di
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famiglia [Attaleiata 567, Diataxis, prologo], ma il suo talento gli permise di fare una brillante carriera da funzionario e di accedere alle dignit
pi elevate. Utilizz i propri proventi per creare un modesto oikos, costituito da terre e case nella regione di Rodosto, nonch da una casa a
Costantinopoli dove fond un monastero che contava meno di sette monaci [Lemerle 631, pp. 99-112]. Ai margini di questa aristocrazia si trova linnumerevole folla dei notai e degli altri piccoli funzionari degli uffici statali.
2. Lascesa della borghesia.
A partire dal ix secolo c una continua espansione economica e il
conseguente sviluppo del commercio costantinopolitano accompagnato dallascesa sociale di una certa borghesia della capitale, se si pu
usare questo anacronismo, costituita da professionisti di un certo livello, come i tabulari, gli addetti ai mestieri di lusso e soprattutto gli armatori e i commercianti. Dal momento che il modello aristocratico era dominante, i borghesi aspiravano a integrarsi in questa aristocrazia, e le
crescenti necessit dellamministrazione ne fornivano loccasione. Difatti, gli uffici statali possono assumere sulla base della competenza, per
i livelli inferiori, e, per quanto listruzione sia indubbiamente costosa,
questi borghesi sono in grado di offrirla ai loro figli. Inoltre, le dignit
fino a quella di protospatario sono in vendita: dal momento che le tariffe vanno in media dalle 12 alle 18 libbre doro, secondo i dati del De cerimoniis, dunque possibile acquistare una dignit senatoria [Lemerle
630, pp. 80-83]. Daltro canto, Psello rimprovera aspramente agli imperatori dellxi secolo di aver colmato gli uffici di gente dellagor,
scelta per la propria competenza e non per la nascita, di aver favorito la
promozione interna e di aver aperto a questa genia le porte del Senato.
Alessio Comneno reagisce energicamente, permettendo alle sue truppe di vessare questo tipo di senatori, in particolare costringendoli ad andare a piedi. Un parere da lui emesso nel 1091 o nel 1106 estremamente caratteristico della sua mentalit [Zepos 89, I, pp. 645-46]. Un processo vede contrapposta Anna Paidianita ai suoi zii che adducono la
propria condizione di senatori per chiedere di prestare giuramento a domicilio; Anna rifiuta, ribattendo che si tratta in realt di commercianti, e limperatore sentenzia in suo favore:
Possono prestare giuramento i senatori che non sono iscritti a una corporazione (systema) sotto lautorit delleparco, ma che salvaguardano la grandezza della
propria dignit; chi vuole essere iscritto ai systemata e poter commerciare, non go-
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dr di questo privilegio. Ma, dal momento che essi prosperano ricavando guadagni
dai propri commerci, e preferiscono essere membri dei systemata, presteranno giuramento in pubblico come chi non detiene alcuna dignit. E questa legge non limitata a questa occorrenza: ordiniamo che in futuro sia applicata da tutti i giudici.
difficile sapere se Anna Paidianita appartenesse a una famiglia aristocratica, di cui alcuni membri praticavano il commercio a fianco dei
borghesi, oppure, come sembra pi probabile, se si trattasse di una famiglia dorigine borghese appena entrata al Senato. Sta di fatto che per
Alessio lattivit commerciale non opportuna per un aristocratico, e
un senatore un aristocratico; tuttavia limperatore non la proibisce ma
si limita a intervenire, come fanno frequentemente i sovrani bizantini,
su un simbolo dallelevato valore ideologico: i privilegi giurisdizionali
[Papagianni 620, pp. 1091-92].
Rimarrebbe da sapere quale parte dellaristocrazia si impegnata nel
commercio a partire da questepoca e, al contrario, quale parte dei commercianti sia veramente riuscita a infiltrarsi nellaristocrazia, che peraltro i Comneni tendono a limitare al circolo dei familiari e dei parenti,
in particolare per mezzo della riorganizzazione e della drastica concentrazione dellamministrazione centrale. Si riuscirebbero cos a valutare
i punti di contatto, tutto sommato limitati, tra borghesia e aristocrazia.
Infine, nel 1204, la borghesia resta al di fuori dei circoli di potere; per
quanto dallxi secolo abbia potuto occupare alcuni posti negli uffici e acquisire le dignit a essi legate, tuttavia il potere effettivo si era ormai
trasferito altrove.
3. Lartigianato e i suoi impiegati.
a) Gli artigiani: livello sociale.
Secondo Psello, quelli delle botteghe (ergasteriakoi) costituiscono
un gruppo ben definito, nei confronti del quale ostenta il suo disprezzo
dal momento che svolgono un lavoro manuale. Dalla legge di Alessio I
citata sopra si evince che essi dipendono dalleparco, contrariamente ai
veri aristocratici che dipendono dallimperatore. Quello degli artigiani
non tuttavia un gruppo perfettamente omogeneo. Alcuni possono essere proprietari duna bottega, come il metassoprata (mercante di seta
grezza) Elia del registro del x secolo. Altri, pur senza arrivare a questo livello, dirigono numerosi opifici, facendone gestire alcuni da schiavi. Nellambito della produzione della seta si intuisce una concentrazione a vantaggio dei tessitori, i sericari, che controllano tutto il ciclo di
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fabbricazione e non esitano, in spregio delle regole, a procurarsi direttamente la seta grezza e a vendere le vesti che fabbricano invece di cederle ai vestioprati [Kaplan 610, pp. 22-326]. Alcuni artigiani della seta, al contrario, risultano messi ai margini, come i catartari che non costituiscono pi una tappa nel processo di fabbricazione e si sono invece
specializzati nelle produzioni di qualit inferiore, bench debba ancora
essere determinata la loro esatta situazione. Anche allinterno di un mestiere, le differenze sono sensibili: alcuni metassoprati sono troppo poveri per essere iscritti alla corporazione e dunque poter partecipare allacquisto totale della seta grezza da parte della comunit dei colleghi
[Libro delleparco 7.1].
I dati contenuti nel Libro, confrontati con la relativa stabilit del
prezzo del grano, permettono di stimare gli utili netti annuali di un fornaio, ovvero il suo reddito disponibile. Bench i margini di errore non
siano trascurabili, si in grado di stabilire con una certa precisione che
tali rendite si collocano tra i 20 e i 50 nomismata, molto di pi del salario di un operaio qualificato, comunque una cifra relativamente modesta. Se poi si prende la gerarchia degli affitti riportata dalla Diataxis di
Attaleiata, si nota che quello pagato dal fornaio relativamente elevato, e ci fa del panettiere un buon rappresentante di questa piccola borghesia degli ergasteriakoi: persone in grado di vivere in una modesta agiatezza ma senza la possibilit di elevarsi socialmente, salvo forse per mezzo dellistruzione. In questo non sono molto distanti dai meno fortunati
dei loro impiegati.
b) Gli impiegati liberi.
Oltre ai membri della sua famiglia, il mastro artigiano impiega degli
apprendisti, giacch si parla di apprendistato in alcuni titoli del Libro
delleparco (11.2; 12.1). Solamente i notai dispongono duna vera e propria scuola, che riunisce insegnamento generale e insegnamento giuridico, per imparare il mestiere prima di passare alla pratica [Wolska-Conus
591].
I salariati, che non sono stati ancora studiati sistematicamente, sono menzionati pi di frequente (6.2; 3; 8.7; 10; 12). La durata normale del contratto di lavoro di trenta giorni, ed proibito versare in anticipo un salario che comporti una remunerazione superiore a questa durata; vicendevolmente, vietato rubare gli operai altrui finch non
abbiano finito il lavoro per il quale hanno ricevuto il salario. Se si accetta che il salario di un operaio qualificato sia di un keration (la met di
un miliaresion, ovvero 12 monete di bronzo) al giorno; se costui lavora
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a tempo pieno, escluso le domeniche e i (numerosi) giorni festivi, loperaio in questione guadagner circa 12 nomismata allanno. Con il suo stipendio si pu permettere di far vivere dignitosamente la famiglia, ma
non riesce certo a risparmiare abbastanza per potersi permettere di aprire una bottega, investimento che comporta il pagamento anticipato dellaffitto e lacquisto delle attrezzature a meno, naturalmente, di non
contrarre dei debiti; e lacquisto di una bottega completamente fuori
discussione. Non gli resta che ununica soluzione per diventare padrone: sposare la figlia di un padrone iscritto in un systema. La mobilit sociale resta dunque assai scarsa.
c) Le donne.
Le donne compaiono difficilmente nelle attivit economiche: una
moglie rispettabile ha ricevuto una dote in virt della quale il marito la
deve mantenere. Chiaramente, il padre o il marito che lascia lavorare
la figlia o la moglie fuori casa un disgraziato. In compenso, normale
che la donna lavori nella bottega del marito, e in caso di vedovanza ne
diventa la padrona. Il Libro delleparco, quando tratta, per cercare di
proteggerli, dei pi modesti dei catartari e dei metassoprati troppo poveri per essere registrati nella corporazione, specifica: che siano uomini o donne (7.2). Questa limitazione a donne povere non iscritte a una
corporazione devessere interpretata con attenzione. Se le pi modeste
di queste donne possono essere a capo di unattivit, nel caso delle pi
ricche ci devessere indubbiamente sottinteso.
Allinterno di un opuscoletto, Psello, peraltro estremamente ostile a
ogni attivit femminile extradomestica quando parla di sua madre, descrive la festa femminile di santAgata. Nelloccasione, il 12 maggio, c
una processione delle lavoratrici tessili, filatrici, tessitrici, cardatrici,
guidata dalle pi anziane considerate le pi esperte; la processione si
conclude in una chiesa legata al mestiere, dove le donne depongono
unofferta votiva prima di danzare al ritmo trascinante di una canzone.
Si tratta dunque di professioniste del settore tessile, non di impiegate
domestiche. La processione, la festa e il rituale somigliano molto a quelli delle corporazioni. Insomma, tra limmagine ufficiale della donna di
casa e la realt di un artigianato che non pu fare a meno di operaie qualificate in mestieri peraltro svolti anche da uomini, c tutta la distanza
che separa lideologia dalla realt [Laiou 629]. E queste donne, bene
notare, non sono n schiave n emarginate che conducono una brutta
vita.
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d) Gli schiavi.
Gli schiavi appaiono in 6 titoli, ovvero 10 capitula del Libro delleparco. Questo mostra la loro importanza, che non stata ancora sufficientemente studiata [Rotman 637, pp. 141-50]. La loro condizione, infatti, non chiara. Laccesso ad alcune corporazioni esplicitamente e
inderogabilmente vietato agli schiavi. Per quanto in genere si ammetta
che un padrone libero possa farsi rappresentare da uno schiavo alla direzione duna officina, questo invece assolutamente impossibile quando si tratta di banchieri, ai cui schiavi sono vietate le attivit che costituiscono la base del mestiere. In compenso, nellambito di alcuni settori che sono anche importanti, per esempio quello dei sericari, uno schiavo
pu aprire unattivit sotto la garanzia del padrone, che non sembra debba essere necessariamente del mestiere. In altri termini chiunque, purch provvisto duno schiavo munito delle qualifiche necessarie, pu fargli aprire una bottega di seterie. Funziona cos anche per i vestioprati,
che vendono le vesti di seta. Pi sorprendentemente, tutto questo sarebbe vero anche per gli orefici. Il possesso di schiavi qualificati offre
dunque un facile sistema per un personaggio ricco, e forse potente, di
introdursi in un mestiere che gli estraneo. In breve, bench la maggior
parte degli schiavi rientri nel novero della manodopera operaia, ve ne
sono alcuni che svolgono in pratica il ruolo di direttori di attivit artigianali, anche se certamente, pur svolgendo tale lattivit, non ne ottengono lo status sociale.
Alcuni opifici ospitano un numero considerevole di schiavi. La Vita
di Basilio il Giovane mostra il santo, nel x secolo, che si preoccupa degli
schiavi, uno dei quali un caposquadra, invidiato dai compagni di schiavit perch gode della fiducia del padrone, un bottegaio (ergasteriakos)
ricco e cieco.
Del resto, a Costantinopoli cera un vero e proprio mercato degli
schiavi. Conosciamo vari prezzi, quasi un tariffario riportato da Balsamone: uno schiavo di scarso valore o un bambino si vendono a 10 nomismata; il prezzo base per lo schiavo non qualificato di 20 nomismata; se qualificato per un mestiere artigianale ne varr 30, per quello di
notaio 50, per quello di medico 60. Gli eunuchi sono ancora pi cari:
50 nomismata senza qualifiche, una libbra doro per un eunuco qualificato [Dagron 605, pp. 420-21]. Tenendo conto delle spese di mantenimento, e facendo un confronto con un operaio qualificato, il costo duno schiavo si sarebbe ammortizzato in quattro anni, bench il rinnovamento fosse frequente soprattutto a causa degli affrancamenti.
Nel x-xii secolo, gli schiavi sono quasi scomparsi dalle campagne ma
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in citt il loro numero tende ad aumentare [Kpstein 628]. Costituiscono una delle maggiori importazioni dalla Russia ma provengono anche
dal mondo arabo, in particolare dallEgitto [Rotman 637, pp. 94-122],
e i mercanti italiani partecipano sempre pi a questo commercio; il 10%
dei casi censiti nella Peira li riguarda. Zonara conferma che uno schiavo pu essere posto a capo di un opificio, e che il suo padrone pu affidargli una somma di denaro da far fruttare.
4. Esclusi ed emarginati.
Naturalmente non tutta la popolazione di Costantinopoli era stabile e possedeva un alloggio e un impiego: chi camminava per le strade incontrava a ogni pi sospinto monaci girovaghi, mendicanti, profughi. Il
numero di miserabili poteva subire brusche impennate e limperatore,
come si visto, faceva inchiodare delle tavole lungo i porticati della Mese per riparare dal freddo intenso questi sventurati. Gli istituti assistenziali erano numerosi, alcuni di grandi dimensioni, con una specializzazione pi o meno marcata (orfanotrofi, asili infantili, ospizi, ospedali, o
semplicemente ricoveri e case daccoglienza per i poveri). A Costantinopoli, i gruppi pi numerosi sono gli xenones (una trentina scarsa), che
accolgono i profughi, e gli ospizi (anchessi una trentina); alcune di queste istituzioni sono polivalenti [Kaplan 343, pp. 344-47].
Questo fenomeno evidenzia i due problemi principali. Il primo lafflusso nella capitale di miserabili di ogni tipo e origine, attirati soprattutto dalla tradizione della distribuzione gratuita di viveri e poi dallo
stesso numero degli istituti assistenziali, ma anche dalla possibilit di
trovare un lavoro saltuario nei trasporti o nelledilizia che permetta
di tirare avanti giorno per giorno. Tale afflusso perdura anche al di fuori delle invasioni o delle crisi agrarie, queste ultime poco numerose nel
periodo qui trattato. Quanti erano gli sventurati privi di risorse per ogni
familiare fuggito dalla Tracia invasa dai Bulgari e ospitati dal Professore anonimo del x secolo [106, n. 26, pp. 19-20]? E per giunta non si sa
che fare dei vecchi, sia quelli che non hanno mai avuto di che vivere sia
quelli che avevano un mestiere regolare ma non pi in grado di esercitarlo. Nei momenti di crisi, gli emarginati potrebbero aver rappresentato pi di un terzo della popolazione; la mendicit onnipresente e alleviarla uno dei topoi pi attestati delle biografie dei santi.
Un altro cliente abituale dellagiografia la donna perduta; a dire il
vero non priva di risorse ma la societ esita tra due diverse attitudini,
la tolleranza o la messa al bando. Bench potesse esserci qualche quar-
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tiere pi specializzato, il santo in cerca di anime da salvare trovava queste donne dappertutto, finendo per dare unimpressione, senza dubbio
forzata, di moltitudine. Lagiografo tuttavia non condanna irrimediabilmente queste valorizzatrici del suo eroe, che imita cos il Cristo; nella Vita di Andrea Salos [x secolo; 97, c. 6, pp. 32-36] alcune donne vogliono farsi beffe del santo proponendogli di soccombere gratuitamente alla tentazione, ma altre si oppongono e convincono facilmente le
colleghe.
Nel novero di questi esclusi pi o meno volontari compaiono anche
i monaci girovaghi, sempre presenti a Costantinopoli. I monaci bizantini abbandonano il monastero con sconcertante facilit, nonostante le
imposizioni canoniche, e dal momento che i monasteri sono indipendenti gli uni dagli altri e non ci sono ordini religiosi, non tutti trovano nella capitale delle istituzioni come il monastero del Cristo di Chora, che
accoglie i monaci palestinesi. Tuttavia, un monaco che avesse voluto trovare alloggio a Costantinopoli, se davvero lo voleva ci riusciva; molti
per preferivano mescolarsi a una folla che li accoglieva con favore magari solo per labito che portavano. Altri sono girovaghi a fin di bene,
anche se la folla non pu fare distinzioni, francamente impossibili, quando si trova di fronte a personaggi come il folle di Dio, il salos. Andrea
sicuramente un personaggio immaginario ma la reiterazione del modello, per esempio nel xii secolo nella Vita di Leonzio di Gerusalemme [101,
cc. 7-9, pp. 38-44], che si ritiene sia stato al tempo stesso monaco girovago e salos a Costantinopoli negli anni 1127-30, mostra la persistenza
di questi personaggi nelle strade della capitale.
Curiosamente, briganti e criminali compaiono relativamente di rado
nelle fonti. Ci non significa che la polizia delleparco fosse particolarmente efficace; semplicemente, se si eccettuano le leggi che raramente vertono su questo soggetto oltre la ripetizione meccanica del diritto
giustinianeo o teodosiano , i documenti della pratica giurisprudenziale e al limite alcune narrazioni agiografiche, le fonti presentano solamente la buona societ, che per il popolo, compresi rispettabili artigiani
e commercianti, nutre solo il pi profondo disprezzo. Nel xii secolo, nonostante la presenza di alcuni libellisti, questa buona societ trionfa
sempre pi.
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ccile morrisson
xii. Moneta, finanze e scambi
Il periodo studiato qui si apre con due secoli di grave recessione rispetto allepoca protobizantina: perdita delle province pi produttive in termini di risorse fiscali ed economiche, declino della popolazione allinterno
dun territorio ridotto, crollo degli scambi e della monetarizzazione. LImpero bizantino, in questo caso meno immobile di come si immagina, capace di adattarsi a una situazione non ottimale (parte ii) e di conservare,
con le modifiche del caso, le strutture ereditate dalla tradizione tardoromana, che costituiscono la carta vincente dun primo rinnovamento, tra
la met del ix e la met del x secolo (parte iii), poi dellespansione dellxi
secolo e dellapogeo del secolo dei Comneni (parte iv) in cui Bisanzio ritrova, sotto Manuele I, un livello paragonabile, a quanto si ritiene, a quello degli inizi del regno di Giustiniano. Nonostante queste fluttuazioni, la
moneta e le finanze bizantine conservano per tutto il periodo una propria
specificit (parte i). La continuit della tradizione romana le rende superiori rispetto allOccidente, in quanto lo Stato non abbandona mai il controllo e i benefici della fiscalit e della battitura di monete, e conserva un
budget importante, anche perch il sistema plurimetallico (oro, argento,
bronzo) e gerarchizzato (tre denominazioni almeno, se non di pi, rispetto al solo denaro dargento carolingio) corrisponde a un maggiore tasso di
monetarizzazione e a scambi pi complessi.
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vano senza dubbio i due terzi dun bilancio di circa 6 milioni di solidi e
assorbivano una parte corrispondente delle monete circolanti. Loro e il
bronzo coniati sotto Maurizio, Foca, Eraclio e anche sotto Costante II,
continuano daltronde a essere utilizzati nel califfato omayyade fino alla riforma di Abd al-Malik (77 E/697 d.C.), prima di essere riconiati,
per cos dire riciclati nei dinar e nei fulus con legende musulmane, interamente epigrafici a partire dal 697. Loro bizantino penetra in queste province fino al regno di Costantino IV. Lafflusso di bronzo bizantino si ferma nel 668, e nel corso del periodo viene emessa unabbondante monetazione arabo-bizantina costituita da fulus di imitazione e
poi da tipi derivati bilingui [Album 638; Foss 644]. A partire dalla fine
del vii secolo, dunque, lImpero pu contare solo sulle scorte di monete antiche ancora disponibili sul suo territorio, e tali scorte, per giunta,
sono state fortemente diminuite dai seppellimenti durgenza di tesori, che i proprietari non poterono recuperare in seguito, avvenuti in occasione degli eventi problematici del periodo (conquista persiana, avanzata araba, incursioni avaro-slave).
Da sempre, le miniere e lo sfruttamento delle sabbie aurifere procuravano allImpero il metallo nuovo che sopperiva alle perdite dovute allusura delle monete in circolazione, e alle sparizioni occasionali o
volute (risparmi nascosti o seppelliti e non recuperati). Nuove scoperte minerarie o una intensificazione dello sfruttamento a volte permettevano anche di aumentare la disponibilit e le emissioni. Questo avvenne nella seconda met del iv secolo grazie alle risorse dellIllirico e
della Tracia [MB I, capp. vii e xi, pp. 355-57]. Nonostante la perdita
definitiva o provvisoria di regioni metallifere come lEgitto o lasse Morava-Vardar e le valli adiacenti, la moneta doro mediobizantina continua a rinnovarsi: la misurazione degli elementi-traccia nella lega delle
monete doro dal vii allxi secolo, e in particolare il calo del tasso di
platino, permettono di stimare questo tasso di rinnovamento, nel lungo periodo, tra l1 e lo 0,34% allanno [Morrisson 659, fig. 35, p. 149]1.
Per quanto riguarda largento, le variazioni nella lega [Gordus 646] possono indicare dei cambiamenti nellorigine del metallo: i miliaresia con
deboli tracce doro emessi sotto Costantino VI (780-97) sarebbero stati coniati con metallo dorigine araba (alcuni peraltro sono stati riconiati su dei dirham), mentre i pezzi con forti tracce doro sarebbero stati ricavati dal metallo che proveniva dalle miniere dellArmenia. La questione della provenienza del metallo uno di quegli aspetti cui solo
recentemente i moderni metodi di analisi hanno cominciato a interessarsi, e non sono in grado di rispondere ancora in maniera esauriente
mancando i dati sufficienti sulla composizione di minerali ben localiz-
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sieme al dinar, la moneta doro musulmana, uno dei dollari del Medioevo, secondo lespressione di Robert Sabatino Lopez ripresa ed estesa
da Carlo Cipolla. Come testimoniano le tante bilance e i tanti pesi regolarmente scoperti negli scavi, gli utenti (mercanti e acquirenti) verificavano costantemente il peso delle monete, per mezzo di bilance e di
pesi in bronzo, nel ix secolo stampigliati dalleparco della Citt (Libro
delleparco 13.5) [cfr. cap. xi, p. 287].
La tabella 4 riassume levoluzione di questo sistema dalla grande flessibilit e dalla sorprendente variet, se paragonato a quello dellOccidente medievale, ridotto quasi a una sola denominazione nel corso dello stesso periodo (il tremissis merovingio svalutato, e poi il denaro carolingio e postcarolingio, eventualmente completato dal mezzo denaro,
lobolo). La sua pi o meno grande complessit rispecchia le variazioni
del livello degli scambi. Il suo carattere plurimetallico non viene mai meno, giacch anche nella sua forma pi semplice (tab. 4b), a partire da Basilio I, il sistema annovera ancora una denominazione per ognuna delle
tre principali tipologie metalliche. Questa struttura, inoltre, era funzionale alle modalit di riscossione delle tasse, e contemporaneamente ne
veniva rafforzata giacch si esigeva il pagamento in moneta doro di ogni
cifra superiore a 2/3, 1/24, 1/48 di nomisma (ossia 35/48), e il contribuente riceveva un resto (antistrophe) in moneta divisionale di bronzo,
come vuole la Palaia Logarike (antica contabilit) [Morrisson 663, con
i riferimenti del caso]. La persistenza di una riscossione in denaro di parte delle tasse spiega la resistenza della moneta a Bisanzio nel cuore dei
secoli bui.
Tabella 4.
Il sistema monetario bizantino (641-1204). Dati riguardati solamente le monete coniate nella zecca di Costantinopoli.
a). vii secolo (642-717).
Oro
Argento
Bronzo
Solidus
Nomisma
Semissis
Tremissis
Esagrammo
Follis
( 4,50 g
98% Au)
1
( 2,25 g
98% Au)
2
( 1,50 g
98% Au)
3
( 6,72 g
96% Ag
12
(da 14
a 3 g)
288
576
1152
a
Il declino del peso del follis comporta la progressiva scomparsa del pentanummio (ultimi esemplari noti sotto Costantino IV).
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a
b
Argento
Bronzo
Solidus
Nomisma
(Semissis)a
( 4,50 g
98% Au)
( 2,25 g
98% Au)
( 1,50 g
98% Au)
(da 2,27
a 3,0 g
98% Ag)
12
Follisb
(da 14
a 3 g)
(moneta
di
conto)
(24)
288
Estremamente rari a partire dal 741. Ultimi esemplari noti sotto Basilio I (867-86).
Il decanummio scompare sotto Costantino V, e il mezzo follis definitivamente sotto Teofilo.
Nomisma
histamenon
(24 carati
di peso)
Nomisma
tetarteron
(22 carati
di peso)
Argento
Miliaresion
Bronzo
2/3 di
1/3 di
Carato/
miliaresion miliaresion keration
( 4,50 g
( 4,13 g (da 3,0 a 2,0 g (da 2 a 1,4 g
dal 98
dal 98
dal 98
dal 98
al 10% Au) al 10% Au) al 65% Ag)
al 61% Ag)
valore ignoto
12
16
1
(da 0,9
a 0,6 g)
36
Follis
(moneta (da 14 g
di conto)
a 3 g)
(24)
288
Elettro
Iperpero
Nomisma
hyperpyron
Nomisma
trachy
aspron
(tricefalo)
Aspron
trachy
(stamenon)
Carato/
keration
( 4,30 g
87% Au)
( 4,30 g;
dal 30
al 10% Au
e dal 60
al 70% Cu)
3
( 4,30 g;
dal 6
al 2% Ag)
(moneta
di conto)
48
(24)
Mistura
Bronzo
Follis
Tetarteron
(moneta ( 4,0 g)
di conto)
(288)
864?
Mezzo
tetarteron
( 2,0 g)
1728?
Nota. Per una versione pi dettagliata delle tabelle 4-5-6, con illustrazioni dei differenti tipi di
monete, cfr. EHB, III, pp. 921-24.
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Nel xii secolo, la relativa decentralizzazione delle emissioni nei Balcani meridionali contrasta con il perpetuarsi del monopolio di Costantinopoli in Asia Minore, che tuttavia viene intaccato in alcuni casi di
autonomie o usurpazioni (Gabradi di Trebisonda tra xi e xii secolo, Isacco Comneno a Cipro o Teodoro Mancafa a Filadelfia alla fine del xii secolo).
Tabella 5.
Le zecche bizantine (met del vii - fine del xii secolo).
Circoscrizione
amministrativa
Zecca
(in corsivo
zecca temporanea
o irregolare)
Metalli coniati
Periodo di attivit
oriente
Costantinopoli
Macedonia
TessalonicaStrimone-Boleron
Ellade-Peloponneso
Macedonia-Tracia
Cherson
Trebisonda
Tessalonica
Tessalonica
oro, argento,
poi elettro, bronzo
oro, elettro,
mistura, bronzo
Tebe (?)
Filippopoli (?)
Cherson
Trebisonda
bronzo
oro, mistura
bronzo (fuso)
bronzo
Cipro
Nicosia
Filadelfia
Filadelfia
mistura, bronzo
c. 1092 - c. 1190
c. 1092 (?)
842-989 (?)
c. 1075-1106 (?)
(Teodoro, poi
Gregorio Gabra)
1183-91
(Isacco Comneno)
1188-89
(Teodoro Mancafa)
ix (e xi?) secolo
c. 1092 - c. 1190
occidente
Esarcato di Cartagine Cartagine (trasferita
a Cagliari)
Ducato di Roma
Roma
Esarcato di Ravenna Ravenna
Ducato di Napoli
Napoli
Tema di Sicilia
Siracusa (trasferita
a Reggio)
fino al 695
695 - prima del 741
fino al 776
fino al 751
c. 660 - 842
642-879
879-912
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per esempio notare che le emissioni annuali di monete doro sotto gli
Isaurici sarebbero state solo un terzo di quelle della fine del regno di
Eraclio, esse stesse gi inferiori della met a quelle richieste dallo sforzo della guerra contro i Persiani [EHB, III, p. 937].
Oltre a questa riduzione generale, le emissioni bizantine sono state
interessate da altre forme di adattamento. Il sistema si semplifica con la
scomparsa progressiva delle frazioni del solidus (il semissis risulta estremamente raro dopo il 741), mentre il contenuto aureo dello stesso solidus di Costantinopoli diminuisce a partire dal 680. Il titolo, infatti, scende dal 98 al 96,5% e il peso passa dai 4,41 g del periodo 491-668 alla
media di 4,36 g per il 668-717: ci implica un piccolo risparmio di metallo (2,7%), che tuttavia era probabilmente deliberato. Le ulteriori fluttuazioni dellviii-ix secolo sono ancora poco studiate [Morrisson 659,
pp. 125-26, fig. 25, e p. 248], ma rivelano una stabilizzazione sotto gli
Isaurici e una nuova diminuzione a partire da Michele II. Tali variazioni restano comunque assai limitate, e rimangono sempre al di sopra
del 95%.
b) Le specificit regionali e lautonomia crescente delle zecche provinciali.
Le zecche provinciali rimaste in Occidente [Grierson 34, II, pp. 4353, e III, pp. 82-94] si allontanano sempre pi dalle norme della capitale, sia nei loro tipi iconografici che nella metrologia. Cartagine, ancora
attivissima sotto Costante II, a partire da Eraclio emette dei solidi molto pi piccoli e spessi (detti globulari) di quelli costantinopolitani; il
loro peso ancora corretto ma la forma specifica sembra destinata a rendere la coniazione pi rapida e meno costosa. Fino alla fine del vii secolo, a Cartagine (chiusa nel 695) come in Italia e in Sicilia loro resta di
purezza quasi analoga (97,7 o 97 contro 98,2% a Costantinopoli). A Siracusa, tra il 695 e il 705, scende all80 e addirittura al 71, prima di stabilizzarsi intorno all82% fino agli anni venti del ix secolo, per poi conoscere unultima alterazione, molto pi grave, sotto Teofilo (dall80 al
60%) e poi Michele III (47-40). Queste fluttuazioni si inquadrano nella storia amministrativa dellisola: la prima caduta coincide con la creazione del tema di Sicilia intorno al 695, la stabilizzazione con la riforma fiscale di Leone III e la confisca delle rendite del patrimonio di San
Pietro [cfr. cap. xviii, p. koin; Teofane 52, I, p. 410], lultima caduta
con la pressione delle incursioni arabe che conducono alla conquista.
Lalterazione della moneta doro di Ravenna e di Roma, meno conosciuta nei dettagli, inizia nello stesso periodo, ma le autorit locali, con le
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risorse ridotte, non potevano arrestare un processo che riguardava anche la monetazione longobarda nel nord o in Toscana, cos come a Benevento [Rovelli 671].
La frammentazione dei possedimenti bizantini in Italia e il sostegno
sempre pi limitato che essi ricevono dalla capitale spiegano lautonomia crescente delle autorit regionali in materia monetaria: Ravenna,
isolata, ha una produzione sempre pi ridotta e non pi lunica a coniare loro. A Napoli, i duchi, a partire dal 660 circa, si dotano di una
zecca che di tanto in tanto batte solidi svalutati e rare monete di bronzo in nome dellimperatore. A Roma, i papi affermano progressivamente la propria autorit in una serie di emissioni molto caratteristiche nei
tre metalli: nonostante i conflitti religiosi legati alliconoclasmo, rispettano il monopolio imperiale conservando sulla moneta doro il nome del
basileus fino a Leone IV, ma contrassegnano con il proprio nome di
tanto in tanto a partire dal 687, e continuativamente dal 740 la maggior parte delle piccole emissioni in argento che fino ad allora recavano
il monogramma dellimperatore o la sigla RM (Roma), e che subiscono
anchesse la svalutazione [Morrisson 666]. La prima moneta con titolatura interamente pontificale risale ad Adriano I (772-95), ma resta dispirazione bizantina; poco dopo, i primi denari di tipo carolingio saranno emessi dallo stesso pontefice (MEC 1, p. 560), e con ladozione della datazione per anno di regno del re franco, nel 798, suggelleranno
lentrata di Roma nellorbita occidentale [cfr. cap. xviii, p. koin].
c) Regionalizzazione e limitazione della circolazione.
La contrazione delluso della moneta incontestabile: nella maggior
parte dei siti dellAsia Minore e dei Balcani, i folles posteriori al 658-68
sono sempre pi rari e spariscono quasi completamente fino al ix secolo, o addirittura fino allxi.
A Pergamo, dopo 176 esemplari di Costante II e solo 11 di Costantino IV, se
ne trovano al massimo uno o due per alcuni degli imperatori del periodo 685-715,
e poi nessuno prima di Michele II; a Efeso tra Costante II (668) e Leone VI (886)
compare solo una moneta di bronzo di Costantino V; a Priene, tra Costante II e la
fine del x secolo stato scoperto solo un miliaresion di Leone III e un bronzo di Leone V; ad Afrodisia non c nulla tra Costante II e un unico esemplare di Teofilo; ad
Anemurio, non c pi niente dopo alcuni esemplari del 668-705, e gli esempi si potrebbero moltiplicare.
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tura e dal ricorso prioritario alla synone (alla quale provvedevano e sovrintendevano i commerciari) per assicurare il rifornimento delle truppe [cfr. cap. vi, p. 141; Brandes 640, rec. di J. Haldon, BZ, 96 (2003),
pp. 717-28; pi brevemente, Brandes 641, pp. 141-72].
Per completare il quadro, per, bisogna mettere in conto importanti variazioni regionali, giacch la contrazione meno marcata in siti urbani come Costantinopoli (il numero di ritrovamenti dellviii secolo a
Sarahane rappresenta ancora la met circa di quelli del vi) e Roma, a
giudicare per esempio dal numero di monete scoperte negli scavi della
Crypta Balbi e di altri contesti [Rovelli 671; Arslan 639]. Il crollo meno marcato anche nelle province pi sicure, rimaste relativamente prospere, a quanto pare, come nel caso della Sicilia. Anche in altre isole o
in alcune regioni costiere le monete depoca iconoclastica non mancano,
in particolare nei siti fortificati [Penna 669]. Nelle regioni dellinterno,
i risultati recenti degli scavi di Amorio rivelano la relativa importanza
delle monete del periodo 715-971 (15%), che contrasta con la loro assenza totale a Pergamo e il loro ruolo ridotto a Sardi (2,2%)4. Nonostante sia isolato, questo esempio basta a mostrare come un centro militare,
qual era la capitale del tema degli Armeniaci, potesse svolgere un ruolo
di diffusione del denaro contante e come potesse contribuire alla sopravvivenza delleconomia monetaria.
2. La sopravvivenza della sfera monetaria e i suoi limiti.
La documentazione numismatica e archeologica resta dunque parziale e anche di parte, da un lato perch gli scavi concentrati sui siti antichi
hanno raramente interessato i siti medievali, i centri fortificati e i kastra
isolati5, o le aree dei mercati periodici (panegyreis, fiere), e dallaltro
per il fatto che le citt rimaste abitate in questepoca lo sono anche oggi
e il loro materiale poco conosciuto (scavi demergenza inediti di piazza Diokitiriou a Tessalonica, della metropolitana di Atene ecc.). Gli ulteriori sviluppi dellarcheologia bizantina apporteranno senza dubbio un
cambiamento di prospettiva sui secoli bui, analogo a quello causato in
Occidente dagli scavi degli emporia [Hodges 607, pp. 82-120] o dalle prospezioni con metal-detector [Moesgaard, in Lefort 549, pp. 135-48].
Cambiamento di prospettiva, ma non certo rovesciamento, perch sembra difficile negare la portata della contrazione degli scambi in denaro e
della produzione monetaria. Il crollo delle emissioni rivelato dalla rarit
degli esemplari degli anni 680-820, tuttavia, non implica una analoga rarit di contanti disponibili: gli studi stratigrafici mostrano infatti che le
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vecchie emissioni continuano a svolgere un ruolo non trascurabile6. Contrazione non significa passaggio generalizzato allautarchia e alleconomia di baratto: larcheologia ha gi messo in luce dei poli di resistenza
e gli elementi di una sopravvivenza delleconomia monetaria.
Agli esempi citati [Morrisson 665] si pu aggiungere quello di Gortina, dove la
circolazione monetaria persiste nellviii secolo [Garaffo 645], e in Anatolia quello
delle capitali amministrative e militari come Ancira per lOpsikion o Amorio per gli
Anatolici [Lightfoot 1044], dove la presenza di monete del periodo 770-950 non
affatto trascurabile.
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Tuttavia, nel 766-67 a causa delle tasse imposte, gli uomini furono
costretti a svendere i doni di Dio9. Infatti,
Costantino [V], il nemico di Cristo e nuovo Mida, si rivel un crisofilo, e tesaurizz tutto loro, e i contribuenti erano cos oppressi dallesazione delle tasse che
i frutti della terra e i raccolti erano venduti per uninezia, 60 moggi di grano o 70
dorzo per un nomisma, e la maggior parte anche a meno. Gli stolti vi videro labbondanza della terra e la fertilit, ma i pi assennati lo giudicavano lopera della tirannia e dellavidit (philochrematia), e il frutto di una morbosa disumanit10.
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denaro, tuttavia, ha verosimilmente contribuito alla sopravvivenza duna qualche economia di scambio e al rinnovo monetario della met del
ix secolo.
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e sotto Leone VI ritrova un livello che non conosceva dal vi secolo, mentre lapparizione di piccoli tesori di folles, al posto di semplici depositi
funerari costituiti da esemplari spesso forati utilizzati come amuleti, mostra che la moneta non ha pi un semplice valore rituale ma svolge compiutamente la sua funzione di strumento di scambio e di riserva di piccole ricchezze [Oberlnder-Trnoveanu 668]. In Asia Minore, pur con
tutte le gi menzionate riserve relative alla documentazione, la crescita
dei ritrovamenti monetari meno rimarchevole e pi tardiva, ma sembra timidamente delinearsi in alcuni siti, soprattutto nelle zone litoranee, a partire da Leone VI, come sembrerebbero indicare le scoperte di
monete a Efeso e a Nicea [Planet in 1021, pp. 499-505]. Altre testimonianze storiche, daltronde, inducono a considerare Efeso e Nicea
citt da lungo tempo ricca e popolosa secondo Teofane Continuato
[56, p. 464] a fianco di Attalia, Smirne e Trebisonda, come delle citt
dalla relativa continuit [Brandes 989, pp. 124-31].
Paradossalmente, nel momento in cui la sicurezza in parte ritrovata
e la cessazione delle recrudescenze della peste favoriscono questo rinnovamento degli scambi nel cuore dellImpero, gli ultimi possedimenti occidentali o insulari, nucleo della resistenza nei secoli bui, sfuggono al
controllo bizantino (Palermo nell831, Siracusa nell879, Creta verso
l824). Questo comporta la chiusura delle zecche italiane. La Calabria e
la Puglia dora in poi saranno rifornite dalla zecca di Costantinopoli, che
provvede alla quasi totalit delle monete circolanti in tutto il territorio,
se si eccettuano lepisodio di Reggio [cfr. p. 310], le emissioni tessalonicesi di Michele II, Teofilo, Basilio I e Leone VI [Hendy 651, pp. 42325], e, da Michele III a Basilio II, la peculiarissima monetazione fusa
destinata allemporio di Cherson, che non supera i suoi confini.
2. Il contesto fiscale e di bilancio.
La persistenza di un potere relativamente forte e di uno Stato unificato, a confronto delle situazioni che prevalgono in Occidente nello
stesso periodo, e il mantenimento di un prelievo fiscale parzialmente
in denaro costituiscono la peculiarit dellImpero mediobizantino. Questi fattori spiegano limportanza delle risorse finanziarie, molto inferiori a quelle dei califfi abbasidi ma probabilmente molto superiori a
quelle dei Carolingi. Questa relativa ricchezza illustrata dal modo in
cui sono inscenati i ricevimenti al Gran Palazzo sotto Teofilo, cos come in seguito dalle descrizioni della distribuzione delle rogai la domenica delle Palme:
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iv. lespansione e i suoi problemi (fine del x - fine del xii secolo).
Ormai gli studiosi concordano nel valutare questo intero periodo in
una luce pi favorevole di quanto non si tendesse fare nella storiografia
degli anni cinquanta dello scorso secolo, e a vedere in esso una crescita
progressiva delleconomia e delle finanze bizantine. La causa principale di tale sviluppo il ristabilimento di una migliore sicurezza per terra
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riori. La moneta dargento, apparentemente pi abbondante, a ogni modo si diversifica per venire meglio incontro ai bisogni delle transazioni
monetarie (nellxi secolo vengono create due frazioni di un terzo e di
due terzi di miliaresion, sicuramente dal valore di 8 e 16 folles). Il continuo calo di peso della moneta di bronzo nel corso dellxi secolo, come
lalterazione del nomisma da cui essa dipende, denotano la necessit di
coniare una maggior quantit di pezzi a partire da riserve metalliche insufficienti.
Con Costantino VII il nomisma si sgancia dalla precedente norma di
quasi purezza e scende sotto il limite dei 23 carati. Una lenta alterazione, spesso misconosciuta18, fa perdere un carato fino a Michele IV: ci
avrebbe permesso un aumento della massa monetaria dello 0,2% lanno. Nel corso di questa prima fase si colloca la creazione, da parte di Niceforo Foca, di un nomisma di peso ridotto, il tetarteron, diminuito di
1/12 (un piccolo quarto, un quarto di tremissis, rispetto al nomisma a
pieno peso, detto histamenon): si tratta dun episodio complesso che ha
provocato abbondante letteratura in cui sono state poste a confronto la
testimonianza della numismatica con quella degli storici dellepoca19.
Proprio come nel vi secolo, lo scopo, peraltro affermato dai testi (Zonara, CSHB, III, p. 507; Scilitza 58, p. 275, trad. fr., p. 231) era permettere allo Stato di ridurre le spese pagandone una parte con nomismata
leggeri che poi circolavano a parit di valore con gli altri, ma che il pubblico naturalmente evitava di tesaurizzare.
In una seconda fase, da Costantino IX alla met del regno di Romano IV, lalterazione accelera il passo e il titolo del nomisma perde circa
Tabella 6.
Le principali tappe della svalutazione del nomisma (914-1092)a.
Fonte: Morrisson 659, vol. II.
regno
Giustiniano II - Leone VI
Costantino VII
Michele IV
Costantino IX
Romano IV
Michele VII
Niceforo III
Alessio I (pre-riforma)
a
date
carati
Au
695-912
914-959
1034-41
1041-55
1068-71
1071-78
1078-81
1081-92
23 1/3
22 2/3
21 2/3
20 5/6
17
14
8 1/2
2 1/2
973
944
900
870
700
581
358
106
Ag
20
48
70
109
248
371
566
725
Cu
7
7
30
21
52
48
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zio dellxi secolo (media di 21 carati) e, dallaltra parte, le emissioni fortemente svalutate dellultimo periodo. Il sistema si rivela molto stabile
nel corso del xii secolo: liperpero resta sempre al di sopra dei 19 carati, e la sua deriva in rapporto al tasso iniziale dell86% (20 carati e 1/2),
che inizia con Andronico I, si accentua sotto Isacco II e Alessio III, ma
rimane relativamente limitata. In compenso, il trachy viene alterato a
partire dal regno di Manuele I, e poi sotto Isacco II, e il suo valore intrinseco scende a 1/4, e poi 1/6 di quello delliperpero. Infine, il contenuto dargento della moneta di bronzo argentato, lo staminum delle fonti latine, scende dal 6-7% originale sotto Giovanni II (1118-43) al 23% sotto Alessio III (1195-1203), mentre il suo valore in rapporto
alliperpero passa da 1/48 nel 1136 a 1/120 nel 1190 e a 1/184 nel 1199
[Hendy 650; Morrisson 659; Hendy 34].
4. La monetarizzazione dellepoca di Manuele I e le finanze dellImpero.
difficile determinare se il regno di Manuele I sia stato caratterizzato da uno splendore posticcio e da una nuova dilapidazione che avrebbe esaurito le risorse dellImpero, come sostiene Niceta Coniata a posteriori, oppure se rappresenti lultimo bagliore della prosperit dellImpero. Per questepoca non esistono fonti paragonabili con quelle del ix
secolo, ma gli storici trasmettono comunque alcuni dati significativi:
Per tutto il corso del regno, Manuele fu in grado di distribuire considerevoli elargizioni: alla sua ascesa al trono (1143), 1 kentenarion (7200
iperperi) a Santa Sofia e la promessa dun dono annuale di 2 iperperi a
ciascun fuoco (oikeion) di Costantinopoli, ossia circa 150 000 iperperi
se si stima il numero delle famiglie a 75 000 circa [Cinnamo 63, pp. 3233; Niceta Coniata 64, II, p. 49]. Nel 1158, la dote e le spese del fastoso matrimonio della nipote dellimperatore, Teodora Comnena, con Baldovino III di Gerusalemme avrebbero assorbito da sole 150 000 iperperi (Guglielmo di Tiro, XVII.22, RHC, Occ. I, 2, pp. 857-58). Secondo
Niceta Coniata [64, I, pp. 96-97] la sfortunata spedizione di Manuele I
contro i Normanni di Sicilia nel 1155 sarebbe costata 300 kentenaria ovvero 2,16 milioni di iperperi. Gli autori occidentali forniscono alcuni
dati sulle rendite statali: le tasse versate da Cipro sarebbero ammontate a 7 kentenaria, pi di 50 000 iperperi [Arnoldo da Lubecca, MGH,
Scriptores, XXI, p. 178], e quelle di Costantinopoli, secondo Beniamino di Tudela, sarebbero state di 20 000 iperperi al giorno (circa 7,3 milioni allanno), una cifra impossibile per la sola capitale ma che potreb-
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di 14 400 bisanti promessa al Guiscardo da Michele VII e contemporanea alle prime emissioni normanne di moneta doro. Il bisante saracenato battuto ad Acri nel corso della terza e quarta fase (tra il 1180 e il 1260)
si attest anchesso intorno ai 16 carati24. Nel 1231, Federico II scelse
per il suo augustale il titolo di 20 carati e 1/2, per rispecchiare quello dei
bisanti di Manuele Comneno, mentre i bisanti doro di Cipro dei primi
Lusignani imitano non solo liconografia delle monete di elettro di Manuele (che i testi chiamano manuelati), ma anche il loro titolo.
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f. feg, Vom Umgang mit Zufall und Wahrscheinlichkeit in der numismatischen Forschung,
Schweizerische Numismatische Rundschau, 76 (1997), pp. 135-60.
15
liudprandi cremonensis, Antapodosis, VI.10, in Liutprando 204.
16
liudprandi cremonensis, Legatio, 204, capp. liv e liii.
17
e. oberlnder-trnoveanu, Un atelier montaire byzantin inconnu de la deuxime moiti du
xie sicle dans le thme de Paristrion, RESEE, 21 (1983), n. 3, pp. 261-70; g. mnucu-adamehteanu, Again on the Byzantine Cast Coins from the 11th Century found in Dobrudja (in rumeno,
sintesi in inglese), Peuce, 12 (1996), pp. 321-76.
18
Ma che non pu essere frutto del caso, tenendo conto della grande padronanza delle tecniche
di purificazione da parte dei Bizantini [Morrisson 659]. Il ruolo decisivo attribuito a Michele IV da numerosi studi (Grierson, Hendy, Harvey, Kaplanis) non confermato dai dati analitici.
19
Grierson 34, III, pp. 1, 31-33, 37-38; II, pp. 708-10; Hendy 651, pp. 507-9.
20
Nel 1097, una vigna di 3 modioi e 2 modioi di terreno incolto sono venduti per 45 nomismata doro, del tipo di san Demetrio con la croce, della qualit pi scadente [Actes de Lavra 75,
I, n. 53].
21
Cfr. i bezanz e bezanz esmerez [brillanti] della Chanson de Roland, citati da m. bloch,
Le problme de lor au Moyen Age, AnnalesESC, 4 (1933), pp. 15-16.
22
bloch, Le problme de lor cit., p. 17.
23
a. chdeville, Recherches sur la circulation de lor en Europe occidentale du xe la fin du xiie
sicle, Le Moyen ge, 83 (1977), pp. 413-43.
24
m. bompaire, j. n. barrandon, c. morrisson, The crusader besant: Processes of debasement, in
a. oddy e m. cowell (a cura di), Metallurgy in Numismatics, vol. IV, London 1998, pp. 33-51.
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riti battesimali connessa alla pratica di battezzare i neonati o i fanciulli in tenera et. Si assiste a una parziale sopraelevazione delle piscine
battesimali e alla creazione di fonti battesimali veri e propri, ossia di vasche sostenute da basamenti, pi adatte alla celebrazione dei battesimi
dei lattanti. LOriente bizantino pare rimaner fedele alle tradizioni pi
antiche, quali losservanza della cronologia pasquale per il battesimo dei
neonati in buona salute o del rito praticato per immersione. La chiesa
di Santa Sofia dispone gi a questo punto di due diverse aree battesimali: nelluna presente una semplice vasca destinata al battesimo dei neonati; nellaltra, il battistero maggiore viene adoperato per battezzare i
fanciulli pi grandi e gli adulti [Arranz 689].
Il neonato in buona salute viene dapprima accolto alle porte della
chiesa otto giorni dopo la nascita, ricevendo un nome e divenendo cos catecumeno. Viene segnato con il segno della croce sulla fronte, sulla bocca e sul petto, quindi si recita una preghiera sul bambino, tenuto in grembo dalla nutrice, poich la madre ancora costretta a letto
per il prescritto riposo puerperale e non pu essere ammessa a varcare
la soglia della chiesa prima della cerimonia di purificazione, che ha luogo il quarantesimo giorno dopo il parto. Proprio in tale occasione il
bambino ricevuto allinterno del santuario o presbiterio, ove giunge
portato dalla madre in presenza del padrino prescelto, quindi viene posto tra le braccia del sacerdote, il quale gli fa compiere il giro dellaltare prima di deporlo dinanzi al santuario. La durata di tale catecumenato dipende dallo stato di salute del neonato e dalla volont dei parenti. La seconda domenica di Quaresima, secondo il Typikon della Grande
Chiesa [Mateos 252], i fedeli venivano esortati a portare i figli per la
preparazione al battesimo, al termine della quale aveva luogo il battesimo vero e proprio. Gli esorcismi e le istruzioni catechetiche venivano impartiti nel corso delle settimane quaresimali. I neonati cagionevoli o in cattive condizioni di salute venivano invece battezzati seduta
stante.
Il rituale battesimale si compone sempre di una rinuncia a Satana e
di una cerimonia nella quale sono presenti i due elementi dellacqua purificatrice e dellolio fortificante, amministrati in base a una procedura
richiesta con sempre maggior frequenza come un rito necessario alla salvezza e la cui mancata pratica comporterebbe pesanti conseguenze. A
questo punto, il battesimo assume il carattere privato di una festa familiare. Solamente i battesimi dei principi forniscono loccasione a festeggiamenti pubblici veri e propri, di significato politico e religioso a un
tempo. Cos il battesimo di Costantino Porfirogenito, figlio di quarto
letto dellimperatore Leone VI, officiato dal patriarca Nicola Mistico
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na rappresentano dunque per i Padri della Chiesa altrettanti centri dattenzione primari, assai pi importanti dei riti stessi con cui si compie la
cerimonia in questione.
Allinizio del Medio Evo i matrimoni sfuggivano in gran parte al controllo ecclesiastico giacch, cristiani o meno, concernendo la sfera privata, erano di competenza del diritto civile. La Chiesa tuttavia legifera allo scopo di impedire alcuni tipi di unione, cercando inoltre di cristianizzare le nozze per mezzo di una benedizione sacerdotale. Levoluzione
lenta, giacch le resistenze ad ammettere lesercizio di un tale diritto
da parte della Chiesa su questo aspetto della vita sociale sono numerose.
La Chiesa per aspira a fare accettare un certo numero di idee a proposito del matrimonio: la monogamia e lindissolubilit delle nozze cristiane intese come concetti fondati sulle Scritture. Dio ha benedetto lunione delluomo e della donna finalizzata alla procreazione. I figli sono la
prova visibile della benedizione divina. ammissibile proclamare la superiorit della vita virginale sulla vita coniugale, ma condannare il matrimonio significa relegarsi ai margini dellortodossia. Gli eretici che diffamano il matrimonio, come i Bogomili, incorrono in censure estremamente severe. Il matrimonio rimane un bene voluto da Dio fin dal principio.
La Chiesa cerca di influenzare il diritto civile penetrandolo dei suoi
valori. La sostituzione di princip canonici ai fondamenti dellantico diritto romano stato tuttavia un processo discontinuo, come pu testimoniare la procedura di divorzio per mutuo consenso, soppressa da Giustiniano e ristabilita sotto Giustino II prima che lEcloga vi ponesse fine una volta per tutte. Il diritto romano fonda lunione coniugale sul
consenso degli sposi, ci che differenzia il matrimonio dal concubinato.
La donna deve essere trattata come legittima sposa e godr del medesimo rango sociale del marito. Finalit del matrimonio pur sempre la
procreazione, la qual cosa presuppone losservanza di determinate regole: pubert degli sposi, veto alle unioni tra parenti al fine di evitare endogamia e incesto, interdizione ai matrimoni fra rappresentanti di categorie diverse di popolazione, come fra cittadini liberi e schiavi o tra Romani e barbari.
Nel vii secolo ancora possibile sposarsi soltanto civilmente, senza
subire ingerenze ecclesiastiche. necessario unicamente il consenso degli sposi e dei loro genitori, un consenso che pu essere testimoniato dal
prete che ha impartito loro la benedizione, da un contratto scritto o da
amici. Nel diritto bizantino, contrariamente al diritto romano antico, la
coabitazione che ha come effetto la nascita di figli considerata a tutti
gli effetti un matrimonio [Laiou 733].
Linfluenza dei valori della Chiesa si manifesta nellEcloga, il codice
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di diritto civile promulgato nel 741, in cui il divorzio viene reso pi difficile. Vi sono inoltre introdotti, in conformit con le norme ecclesiastiche, gli impedimenti matrimoniali dovuti a motivi di consanguineit o
affinit. La cristianizzazione vi si riconosce pure per linterdizione dei
matrimoni tra parenti spirituali: i padrini e le madrine dei neobattezzati non possono sposarsi fra loro n con i figliocci. Il diritto civile riconosce perci la formazione di un legame spirituale creato in occasione
del battesimo. Le nozze con un eretico o con un ebreo sono considerate nulle. Nel suo Tomo (997), il patriarca Sisinnio amplia le interdizioni matrimoniali per consaguineit proibendo anche le unioni di due fratelli con due cugine, due sorelle con due cugini, zio e nipote con due sorelle, due fratelli con zia e nipote. La severit delle pene comminate
rivela la gravit rivestita da tali impedimenti agli occhi dellimperatore
e della Chiesa, quantunque nellambiente dellaristocrazia bizantina
unioni di tal fatta vengano censurate soltanto nel caso in cui siano in
contraddizione con gli interessi delle autorit.
I fidanzamenti sono intesi come assunzioni di responsabilit dei fidanzati dinanzi a Dio, non come semplice contratto civile che unisce
due famiglie, e fruiscono di una speciale benedizione ecclesiastica. Lindissolubilit che li caratterizza molto apprezzata dallaristocrazia, giacch permette di stabilire assai per tempo, mentre i genitori dei fidanzati sono ancora in vita, alleanze tra famiglie e spartizioni patrimoniali.
Colei che sposa un uomo diverso da quello che le era stato promesso in
occasione del fidanzamento viene considerata alla stregua di unadultera. La legislazione di Leone VI in materia conforme ai canoni espressi dal concilio in Trullo [Joannou 83; Les novelles de Lon VI 86].
La celebrazione del matrimonio comporta, a liturgia conclusa, un rito durante il quale i novelli sposi vengono incoronati. Una documentazione iconografica cospicua consente di seguire levoluzione del rito:
mentre, nel vii secolo, viene rappresentato come significativo dellunione nuziale latto della dextrarum iunctio (piatto argenteo delle nozze tra
David e Micol, Museo di Cipro), la medesima funzione simbolica viene
espressa nel xii secolo dallincoronazione degli sposi (ms illustrato della
Cronaca di Giovanni Scilitza: il patriarca incorona Teofobo e la sorella
dellimperatore Teofilo) [Kalavrezou 725].
Al principio del Medioevo, i connubi erano spesso benedetti da un sacerdote, per quanto la benedizione religiosa non divenga obbligatoria che
sotto il regno di Leone VI [Les novelles de Lon VI 86, novella 89]. La novella in cui si prescrive tale consuetudine conferisce cos alla Chiesa un
controllo effettivo sullistituto matrimoniale. Le sole nozze valide saranno ormai conformi alle norme ecclesiastiche, poich la Chiesa rifiuter di
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impartire la sua benedizione agli sponsali che disapprova. Come naturale, le vicende dimostrano che si trova sempre un prete disposto a confermare una unione, bench proibita, quando si tratti di membri dellaristocrazia, ma il sacerdote officiante viene successivamente sospeso a divinis e il matrimonio rischia di essere dichiarato illegittimo [Laiou 733].
La Chiesa bizantina raccomanda le nozze uniche. Una seconda unione matrimoniale, in seguito a una vedovanza, sconsigliata ai laici e
proibita ai chierici, come ricorda il concilio in Trullo. questo un punto di divergenza con lOccidente, ove non viene limitato il numero di
matrimoni che si possono contrarre dopo la morte del coniuge. In Oriente, le terze nozze sono addirittura passibili di una lunga penitenza, mentre le quarte sono vietate assolutamente. Leone VI incorpor tale interdizione canonica nel diritto civile, atto di cui peraltro non tard a pentirsi poich, rimasto vedovo della terza moglie e senza un erede maschio
al trono, egli aveva tuttavia avuto un figlio da Zoe Carbonopsina. Ansioso di far riconoscere il figlio naturale come erede legittimo, limperatore ottenne dal patriarca Nicola Mistico la concessione di una economia, vale a dire un compromesso: il battesimo del fanciullo in Santa
Sofia alla presenza della Corte in cambio dello scioglimento della coppia illegittima dei genitori. In un primo tempo, Leone VI ottemper alla richiesta del patriarca, richiamando successivamente presso di s Zoe
e sposandola contro ogni proibizione. Il basileus sperava per loccasione
di poter godere del sostegno del soglio papale romano, pi accomodante in materia, per fare ammettere questo quarto matrimonio, contrario
tanto al diritto canonico quanto al diritto civile.
La vicenda legata a tale tetragamia turb profondamente la Chiesa bizantina. Nicola Mistico era pronto al compromesso, ma i metropoliti si dimostrarono intransigenti. Il patriarca fu perci costretto a chiudere le porte di Santa Sofia a Leone VI, imponendogli di fare penitenza e tentando di sciogliere lunione matrimoniale contratta con Zoe. Il
sovrano, senza acconsentire, sostitu a Nicola un nuovo patriarca, Eutimio, il quale accett di riconoscere la validit del matrimonio, pur sospendendo a divinis il sacerdote che lo aveva benedetto. Leone VI venne comunque obbligato a fare pubblica penitenza. La decisione caus in
seno alla Chiesa dOriente uno scisma che si concluse soltanto con la
pubblicazione del Tomo di Unione del 920.
c) La penitenza.
La penitenza di Leone VI si inscrive allinterno di unantichissima
tradizione cristiana. Si tratta di una penitenza canonica prevista per i
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qualcuno degli autori fioriti in questepoca. Si sviluppa su tali basi tutta una spiritualit del pentimento (metnoia), del penthos (contrizione,
mestizia al pensiero della salvezza perduta a causa del peccato), delle lacrime. Tra gli indizi di santit bisogna ormai annoverare anche il dono delle lacrime, come avviene nel caso di Simeone il Nuovo Teologo
secondo il suo biografo, Niceta Stetato.
La preoccupazione per la penitenza e il pentimento viene integrata
nello stesso contesto liturgico, in cui si impetra piet per il peccatore.
Le metanie, i profondi inchini accompagnati dal segno di croce rappresentano, associando il corpo alla richiesta di perdono secondo una gestualit tipicamente bizantina, i segni del pentimento. Riconoscersi peccatore e fare penitenza sono dunque momenti della vita religiosa ordinaria di un bizantino, e la pratica riveste particolare importanza in caso
di malattia grave, prima di ricevere lunzione degli infermi (il cui scopo
consiste nel favorire la guarigione) o in punto di morte, prima di ricevere lultima comunione.
d) Laldil e le esequie.
I Bizantini si preoccupavano di preparare il viaggio della loro anima
nellaldil. Si aspettavano, al termine della vita terrena, una sorta di giudizio individuale immediatamente successivo alla morte: una tappa difficile, che avrebbe condotto i peccatori impenitenti allInferno e i santi in Paradiso. In et altomedioevale, i Bizantini desideravano conoscere nel dettaglio il cammino che lanima liberata dalla carne avrebbe
dovuto compiere, le protezioni di cui la si poteva provvedere come pure i pericoli eventuali che lattendevano. Rispondeva a queste inquietudini una ricca letteratura. I resoconti concernenti le morti dei santi e dei
peccatori fornivano chiavi atte a interpretare i segni dai quali era possibile divinare lingresso di unanima in Paradiso o la sua discesa allInferno. Le visioni dellaldil presentano il lungo e difficile viaggio che attende lanima sciolta dai vincoli corporei radunando gli elementi costitutivi di unavventura straordinaria: lotte fra angeli e demoni, misteriosi
ponti che necessario attraversare e descrizioni fortemente contrastate
di luoghi ultraterreni. A Bisanzio, alcuni di questi testi offrono una visione molto burocratizzata di tale passaggio. Nel racconto di un soldato del vii secolo che aveva vissuto unesperienza di morte temporanea,
il cammino delle anime verso il cielo viene periodicamente impedito da
esattori che domandano il pagamento di un pedaggio. Si tratta di balzelli cui necessario corrispondere un prezzo determinato in buone azioni al fine di controbilanciare leffetto negativo dei peccati commessi e
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suo arresto narrato nel Vangelo, ammonisce i discepoli a non far ricorso alle armi neppure per difenderlo: Rimetti la spada al suo posto, perch tutti quelli che usano la spada moriranno colpiti dalla spada (Matteo 26.52). Tale fondamento scritturale definisce un diritto canonico
pi esigente del diritto civile in materia di omicidio. I canoni di Basilio
di Cesarea prevedono undici anni di penitenza per chi si sia reso colpevole di omicidio involontario [Joannou 83, canone 11], mentre viene
consigliata una pena di appena tre anni pi leggera per i combattenti che
abbiano ucciso nemici in guerra [Joannou 83, canone 13], quantunque
tali canoni non vengano applicati sistematicamente nel Medioevo. Chi
versa il sangue altrui deve innanzitutto fare penitenza, venendo contemporaneamente escluso dalla comunione. La durata effettiva della penitenza, tuttavia, pu alloccorrenza essere negoziata secondo il principio di economia.
A Bisanzio, lecclesiastico implicato in un omicidio non pu pi celebrare la liturgia e non viene semplicemente scomunicato, ma deposto
dal suo ufficio dal momento in cui stato versato del sangue. interdetto luso della violenza ai chierici e ai monaci, ai quali viene fatta esplicita proibizione di portare armi. I Bizantini sono perci particolarmente ostili alla fusione tra mansioni diversissime che sta alla base degli ordini militari latini. Nella polemica contro di essi, perci, spesso viene
ripreso il tema della violenza usata dai chierici latini: I vescovi latini
guerreggiano e lordano di sangue le loro mani, uccidono e vengono uccisi, sindigna Michele Cerulario nella sua Lettera a Pietro dAntiochia.
Il chierico dispensato per principio dallobbligo di prestare servizio
per lo Stato (la strateia), e ci gli evita inoltre di essere coinvolto direttamente in atti di violenza armata, anche quando dovesse accompagnare lesercito in funzione di cappellano. Senza necessariamente incoraggiare la diserzione per principio, la santit passa comunque attraverso
la rinuncia a ogni forma di violenza, come dimostra il caso di san Gioannicio, che abbandon lesercito per la vita monastica alla fine dellviii
secolo.
Se colui che uccide deve fare penitenza, quale salvezza potr mai esserci per i soldati? La disputa sulla validit del principio di scomunica
nacque nel momento in cui si prese coscienza del fatto che lesercito bizantino era costituito in larghissima maggioranza di soldati cristiani impegnati a difendere non soltanto lImpero ma anche la religione cristiana minacciata dallIslam o da nemici pagani. La contestazione giunse da
parte di imperatori quali Leone III, che non desideravano demoralizzare i soldati ma, al contrario, convincerli del fatto che essi combattevano in nome di Cristo (Ecloga 82, 18). Leone VI aveva inoltre covato
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conosciuto il diritto dasilo alle chiese dalla fine del iv secolo, bench
con restrizioni nei confronti di alcune categorie di persone, come gli
ebrei o i debitori del fisco. Gli ecclesiastici chiedono il rispetto dei luoghi sacri, nei quali non si deve versare sangue, come pure la commutazione della pena di morte, nei casi in cui questa sia prevista, nellesilio
unito alla confisca dei beni. Il diritto dasilo non viene sempre rispettato, come testimoniano le scomuniche pronunciate dai patriarchi Tarasio (780-806) e Teodosio Boradiota (1179-83) contro coloro che lo violano. Tale diritto irrita alcuni imperatori che, come Manuele I nel 1166,
cercano di limitarlo [Macrides 299].
b) Pratiche proibite.
Lusura. Non si pu servire Dio e Mammona (Matteo 6.24): questo versetto evangelico fu preso a pretesto per condannare lusura e il
profitto. Tuttavia, a differenza dei Latini, i Bizantini compresi i canonisti come Teodoro Balsamone accettano il principio del prestito a
interesse, che la legge imperiale riconosce come legittimo. fatto espresso divieto di ricercare il profitto ad esempio, prendendo parte a operazioni finanziarie o divenendo banchieri unicamente ai membri del
clero, che non ne hanno il diritto. Lusura, in quanto prestito a tassi
dinteresse troppo elevati, viene universalmente condannata come forma di violenza inflitta ai pi deboli. La legge precisa quale deve essere
il massimale degli interessi autorizzati in funzione delle condizioni del
prestatore e della prevista entit del rischio, anche se, a quel che sembra, tali princip non devono essere sempre stati rispettati, in particolare nel corso del xii secolo, allepoca dello sviluppo economico dellImpero. Eustazio, metropolita di Tessalonica, critica monaci e chierici della sua citt che si erano dati al commercio, anche quello del denaro, e
per tale ragione divenuti frequentatori pi assidui dei mercati che della
loro chiesa [Laiou 735].
La magia. La letteratura agiografica si premura di distinguere sollecitamente fra i miracoli compiuti da un santo, e perci voluti da Dio,
e i prodigi operati da maghi o da stregoni, ispirati dal demonio. La presenza di talismani contro il malocchio, le infermit e i demoni ampiamente testimoniata. Molti amuleti del genere mirano a proteggere da
Gello, malvagio demone daspetto femminile ostile a nascituri e neonati [Sorlin 761]. Le formule apotropaiche pagane lasciano il posto alle invocazioni alla Vergine o ai santi, o addirittura a Salomone, il re giusto dellAntico Testamento. Le croci protettive o gli enkolpia sostitui-
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scono solo in parte tali oggetti magici, senza mai poterli eliminare completamente. La pratica della magia diffusa presso tutti gli strati della
societ.
Lastrologia, che mira a conoscere il futuro, viene condannata dallautorit ecclesiastica pur essendo largamente accettata dalle lites come una scienza apparentata allastronomia. Non illecito cercare di conoscere lavvenire, dal momento che Dio stesso ha concesso la possibilit di prevederlo attraverso indizi esistenti in natura, cos come ha
conferito ad alcuni santi il carisma della profezia [Magdalino 739], e la
produzione di oroscopi si sviluppa a partire dal x secolo sotto linflusso
di consuetudini gi diffuse nel mondo musulmano. Al contrario, pratiche divinatorie quali losservazione del fegato di animali sacrificati o la
necromanzia sono severamente condannate. Accuse di questo tenore furono lanciate contro il patriarca iconoclasta Giovanni il Grammatico al
fine di screditarlo.
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zio nella liturgia anche la poesia religiosa, giunta dalla Palestina o composta in loco, che diede origine a un ufficio monastico destinato a estendere il suo influsso in maniera determinante e di fatto pi sobrio rispetto allufficio cattedrale, che fin per rimpiazzare completamente dopo il
1204.
Ogni domenica, i fedeli erano invitati a partecipare alla divina liturgia, articolata in canti, letture scritturistiche, una omelia e la celebrazione delleucaristia. I fedeli, tuttavia, non possono essere testimoni degli aspetti pi sacri della divina liturgia. Inoltre alcune parole dellanafora, pronunciate a voce bassa, sono note solamente ai sacerdoti
officianti, ci che finisce per conferire loro la funzione di mediatori tra
lassemblea dei fedeli e Dio. Contrariamente a quanto avviene in Occidente, nella Chiesa dOriente non si impone ai fedeli di assistere obbligatoriamente alla messa. Tuttavia la partecipazione alla divina liturgia rappresenta comunque unoccasione importante nella vita religiosa dei Bizantini, un momento di edificazione attuato attraverso la lettura
delle Scritture, la predicazione e le riflessioni sul significato delle solennit religiose espresse nei componimenti poetici entrati nelluso liturgico. Laccesso alla comunione con il Corpo e il Sangue di Cristo circondato da tutta una serie di interdizioni, dallesclusione dei catecumeni,
dei penitenti e degli eretici. Il problema riguarda anche i Latini. dobbligo losservanza di una forma di purezza rituale (digiuno, astinenza
sessuale, tab del sangue). Simili esigenze contribuiscono a mantenere
i fedeli lontani da una pratica assidua della comunione. Limportanza
del sacrificio eucaristico nella loro vita religiosa pu, daltra parte, manifestarsi anche in maniera diversa, come attraverso lofferta del pane
e del vino per loblazione (una offerta libera, questultima, a differenza
delle decime occidentali, ma considerata come un dovere) e con una manifestazione di devozione durante la presentazione delle offerte stesse.
Per i pi facoltosi, tale manifestazione di piet pu anche assumere la
forma di un dono di vasellame liturgico.
Stando al Typikon della Grande Chiesa, la pi antica raccolta delle
liturgie stazionali in uso a Costantinopoli, nel x secolo la liturgia veniva celebrata solamente al sabato, alla domenica e nei giorni festivi, allinfuori di una breve parentesi successiva alla Pasqua, periodo durante
il quale le funzioni hanno luogo giornalmente [Mateos 252]. Dal momento che i sacerdoti a Bisanzio possono sposarsi, e poich viene loro
richiesta lastinenza sessuale prima di officiare la celebrazione eucaristica, non si hanno celebrazioni quotidiane, quantunque nel corso del Medioevo si riscontri una tendenza allaumento dei giorni in cui possibile celebrare leucaristia. Per Santa Sofia, che aveva a disposizione un
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numero cospicuo di sacerdoti in grado di avvicendarsi, lo stesso imperatore Costantino IX Monomaco avrebbe destinato delle prebende alla
chiesa patriarcale affinch vi fosse celebrata quotidianamente la sinassi
eucaristica. Le chiese rurali conservano invece il ritmo di una o, al massimo, due celebrazioni eucaristiche alla settimana, mentre le offerte dei
fedeli consentono al clero locale di integrare in tal modo il proprio sostentamento. I pani offerti alla chiesa non vengono tutti consacrati sullaltare, ma vengono suddivisi per la maggior parte tra i membri del clero o donati ai poveri; talora sono semplicemente distribuiti come pane
benedetto al termine della cerimonia.
I primi secoli del Medioevo rappresentano unepoca di creativit e
di riflessione in materia rituale, come testimoniano numerosi commenti alla liturgia [Bornert 264], che si sviluppa e si arricchisce di nuove orazioni appositamente create. Le due anafore quella detta di san Basilio
e quella di san Giovanni Crisostomo comunemente utilizzate per la
celebrazione della divina liturgia nel patriarcato di Costantinopoli
vengono sottoposte a una nuova redazione e stabilite una volta per tutte. La liturgia di Giovanni Crisostomo finisce chiaramente per prevalere in et macedone. Appaiono nuovi libri liturgici: regesti di preghiere
come gli eucologi o manuali che illustrano lordine cerimoniale, come i
typika. Gli usi liturgici sono differenziati, tanto nelle chiese cattedrali
quanto nei monasteri. Non esistono due eucologi o due typika perfettamente identici, al punto che R. Taft ha potuto parlare di dialetti che
recherebbero tracce di reciproche influenze allinterno di un medesimo
gruppo linguistico [Taft 762 e 763].
I primi commentari liturgici fanno la loro comparsa allinizio del Medioevo. La Mistagogia di Massimo il Confessore recupera, al principio
del vii secolo, il simbolismo di Dionigi lAreopagita. Per questi autori,
la divina liturgia non che un riflesso terreno della liturgia celeste. I cori angelici, come canta linno dei Cherubini, il Cheroubikon, prendono
invisibilmente parte alla liturgia officiata dagli uomini sulla terra. A tale concezione cosmica della liturgia, che intravede nei gesti e nelle parole del rituale una simbologia coerente, si sovrappone una interpretazione di carattere maggiormente storico, che analizza la liturgia come
rievocazione della vita e della Passione del Cristo. Il pane offerto in sacrificio sullaltare cos a un tempo alimento mistico e ricordo del sacrificio di Cristo sulla croce. Questultimo significato, gi presente in
Germano di Costantinopoli, tende a imporsi dopo liconoclasmo come
risposta al tentativo di interpretare simbolicamente leucaristia compiuto dai teologi iconoclasti. Per Costantino V e i vescovi di Hieria, infatti, leucaristia la sola autentica immagine del Cristo [Mansi 15; Ge-
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ro 716]. Gli iconoduli hanno voluto a loro volta privilegiare tale accezione maggiormente realistica, secondo cui il pane eucaristico veramente il corpo di Cristo, mentre la lancetta liturgica con la quale esso
viene inciso rappresenta la lancia che lo trafisse al costato [Brouard 696].
Peraltro, linterpretazione simbolica dellazione liturgica non scomparve del tutto dai commentari. Quando nei typika monastici si menzionano i canti intonati durante le funzioni religiose, il canto liturgico viene
ancora interpretato di buon grado come un atto di partecipazione alla
celeste liturgia angelica [Dubowchik 711]. Il simbolismo della luce e dellincenso molto importante nellestetica bizantina, come possibile
evincere dalla presenza sempre pi frequente di tali elementi in occasione delle solennit.
A Costantinopoli nel Medioevo si celebrano moltissime festivit religiose, suddivise lungo tutto larco dellanno. Il calendario liturgico non
risulta mai fissato una volta per tutte, giacch viene periodicamente accresciuto di nuove ricorrenze, tra le quali si possono distinguere le feste
connesse alla vita di Cristo o della Theotokos, la Vergine Deipara, le
feste dei santi e le feste commemorative, in cui si celebra il ricordo di
avvenimenti importanti per la citt di Costantinopoli o per la storia
dellImpero. Il sinassario consente di conoscere i santi di cui viene
celebrato lingresso nel Paradiso: le date indicate per tali solennit corrispondono infatti al giorno della loro morte o a quello in cui vennero
traslate le loro reliquie. Il Typikon della Grande Chiesa, risalente al x
secolo, annovera venti feste in cui si commemora la tutela divina e, in
particolare, lintercessione della Vergine, insignita del titolo di patrona
della Citt. Oltre allanniversario della dedicazione di Costantinopoli,
che veniva celebrato l11 di maggio, numerose festivit permettevano
ai cittadini di rendere grazie alla provvidenza divina per aver salvato la
metropoli bizantina da pericoli quali incendi, terremoti o invasioni. Anche gli assedi conclusi con la rotta dei nemici hanno dato origine allistituzione di una festa anniversaria. Cos, ad esempio, la festa del 16 di
agosto, istituita a ricordo della filantropia attuata da Dio nei confronti dei suoi fedeli distruggendo le orde degli Agareni che al tempo di Leone lIsaurico assediarono inutilmente Costantinopoli [Mateos 252, p. 373].
Sia nel 626 sia nell860, la fine dellassedio fu attribuita alla protezione della Vergine, il cui manto e le cui icone vennero portate in processione lungo le mura. Il culto della Theotokos risulta particolarmente sviluppato in ambito cittadino: la capitale bizantina possedeva infatti numerose reliquie della Vergine, e si riteneva comunemente che fosse
protetta dalla stessa Madre di Dio, come ricorda la festa della Deposizione della Veste della Vergine, che si celebra il 2 di luglio [Vassilaki
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766]. Le erano state dedicate molte festivit, oltre a santuari veneratissimi come la chiesa delle Blacherne [Grumel 599].
Per quanto riguarda gli episodi della vita del Cristo, il calendario includeva una serie di solennit fisse e un ciclo di feste mobili. Tra le feste fisse si possono menzionare lEpifania del 6 gennaio, altrimenti detta Festa delle Luci, una celebrazione tra le pi importanti a Bisanzio,
incentrata sulla manifestazione della Trinit in occasione del battesimo
di Cristo nel Giordano. La festa dellEsaltazione della Croce, il 14 di
settembre, permetteva di offrire alla venerazione del popolo la preziosa reliquia, conservata di solito nel Palazzo Imperiale. Il sacro cimelio,
esposto dalle tribune di Santa Sofia alladorazione dei singoli fedeli, veniva successivamente portato in processione dal clero e dal Senato fino
al santuario in cui, nel corso della liturgia, veniva esposto dinanzi al crocifisso. La reliquia veniva poi portata dal patriarca sino allambone e innalzata per tre volte nellatto che giustifica il nome di tale celebrazione al canto pi volte ripetuto del Kyrie eleison [Flusin 713].
La festa mobile pi importante dellanno era la Pasqua, bench fino
al x secolo il Triduum pasquale fosse assai poco sviluppato. Una sintesi
liturgica operata fra la tradizione sabaita e quella della Grande Chiesa
permise di conferire progressivamente una maggiore solennit alle festivit pasquali. La citt di Costantinopoli disponeva di una quantit di
reliquie della Passione tale da poter accordare ai giorni della Settimana
Santa unevidenza molto concreta [Flusin 712].
Le feste liturgiche venivano inaugurate da una orazione la sera della vigilia (paramone), talora seguita da una veglia notturna di preghiera,
o pannychis. Al mattino la festa continuava con una nuova preghiera
(orthros) e una processione condotta attraverso le vie della capitale da
Santa Sofia a un altro dei grandi santuari cittadini. J. F. Baldovin ha potuto contare ben 68 processioni celebrate nel corso dellanno, secondo
quanto ricorda un typikon del x secolo. Limperatore e il suo seguito
prendevano parte a ben 26 cortei, alcuni dei quali dovevano muovere
dal Grande Palazzo. Durante il tragitto era necessario effettuare numerose soste o tappe rituali, le cosiddette stazioni, caratterizzate da canti
corali e preghiere. Queste grandi feste liturgiche costituivano unoccasione per invitare i fedeli a una celebrazione collettiva capace di coinvolgere lintera citt per mezzo della liturgia delle stazioni [Baldovin
695].
Si tenga conto inoltre del fatto che a Bisanzio non esiste organizzazione parrocchiale, e che i fedeli possono di conseguenza partecipare alla vita liturgica nella chiesa che vogliono. stata notata in proposito
limportanza rivestita dalle cappelle monastiche in grado di assicurare
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dai gesti rituali che per secoli hanno circondato i simulacri degli di o le
statue degli imperatori. La devozione, la lealt politica o la fede religiosa venivano abitualmente espresse attraverso manifestazioni di rispetto
e offerte di tributi alle immagini, e in modo particolare ai simulacri degli imperatori.
Nel corso dellAlto Medioevo possibile rilevare la volont di appropriarsi dellimmagine per controllare il potere che in essa risiede. La
fusione tra limmagine dellautorit e la narrazione della vicenda di fede d luogo alla nascita dellicona propriamente detta, che rappresenta
il santo e narra la sua verit: il suo ingresso trionfale in Paradiso, da cui
deriva il suo potere. Il santo veniva identificato con la sua icona cos come limperatore era identificato con la statua che lo rappresentava, e
limmagine svolge una funzione di intermediazione tra lautorit superiore e le suppliche a essa rivolte. Poco per volta, licona viene permeata dalla presenza del santo, e funge allora da elemento mediatore tra il
santo e il fedele. Mentre prima risiedeva stabilmente nel suo santuario
ed era legato alle sue reliquie, il santo pu adesso essere invocato dovunque si trovi una sua immagine. La venerazione per le icone scaturisce
dai grandi santuari di guarigione, quali San Mena o quelli dei due Simeoni. I pellegrini che sono andati a pregare nei loro santuari fanno ritorno alle proprie case forti della protezione del santo del quale portano con s limmagine, della quale da quel momento in avanti potranno
disporre e che invocheranno in caso di infermit o di catastrofe. Tali
icone cominciano perci a ricevere segni di venerazione o di supplica,
segni indirizzati ai santi ma espressi dinanzi alle loro immagini. La moltiplicazione delle immagini dun medesimo santo rende pi evidenti la
sua protezione e la sua ubiquit [Kitzinger 729; Guillou-Durand, in
886].
Questa trasformazione dellicona da elemento esornativo a oggetto
di culto manifesta una perdita di neutralit dellimmagine religiosa, ormai investita dalla potenza del sovrannaturale. Il fenomeno ben si spiega con il bisogno di sentirsi protetti e aiutati nella tragica congiuntura
di questo periodo storico, ma si tratta duna trasformazione che non poteva passare inosservata. Secondo gli Antichi, in effetti, le immagini dei
numi e le loro statue, in particolare potevano essere realmente abitate dalle divinit stesse. Il timore che gli idoli pagani ispiravano era direttamente commisurato ai poteri soprannaturali dai quali si credevano
investiti tali simulacri. facile comprendere come tali ricordi ancora recenti, e i mai sopiti timori nutriti nei confronti delle statue e delle immagini del passato pagano, abbiano potuto far insospettire alcuni cristiani [Dagron 572].
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La necessit di sceverare tra immagini buone e cattive condusse progressivamente a voler identificare le icone senza ambiguit. Bisognava
evitare ogni possibile confusione, dando per assodato il fatto che una
divinit pagana non avrebbe mai potuto abitare una icona che riproducesse le fattezze del Cristo o dei suoi santi, poich tali presenze attive
nellimmagine sacra lavrebbero scacciata immediatamente. Le leggende relative a icone acheropite cercavano di risolvere i termini di tale ambiguit asserendo una loro precisa congruenza rispetto al modello: esiste un ritratto della Madre di Dio che la tradizione attribuisce a san Luca, il quale avrebbe dipinto le fattezze della Vergine dal vivo. I santi
apparirebbero in sogno per confermare lidentit tra la loro immagine
terrena e il loro volto celeste. Le nozioni stesse di somiglianza e di presenza del soggetto ritratto sono dunque intimamente connesse. Per questo motivo linterrogativo circa la possibilit che liconografo possa arbitrariamente caratterizzare la sua opera rispetto al modello non si pone affatto. Qualunque variante rischierebbe di spezzare il legame
esistente fra le due realt, un nesso quasi fotografico tra limmagine e il
prototipo, per riprendere il linguaggio degli iconofili, difensori delle immagini religiose. Per tali ragioni il concilio di Nicea II esige che il nome
del santo o il titolo della scena sacra riprodotta siano indicati sullicona
stessa.
Per testimoniare la loro presenza allinterno dellimmagine sacra o,
pi precisamente, per dimostrare la loro sollecitudine nei confronti di
chi a loro si rivolge attraverso la mediazione dellimmagine, i santi operano dei miracoli. Allo scopo di manifestare il proprio potere, le immagini parlano, trasudano myron fragrante, piangono e sanguinano se sono attaccate. Come gi dal costato di Cristo, da unimmagine del crocifisso calpestata e trafitta da un gruppo di ebrei stillano sangue e acqua.
Licona protegge i fedeli, in particolare limmagine della Theotokos. Leffigie della Vergine sostituisce sulle monete quella della Nike a cominciare dal regno di Maurizio (582-602). Le icone della Deipara, come si
detto, hanno sempre protetto Costantinopoli durante i numerosi assedi subiti dalla capitale.
Tali credenze nel potere soprannaturale delle immagini implicano talvolta anche un uso terapeutico dellicona, che diviene essa stessa un rimedio anzich un semplice punto dincontro o un mezzo di comunicazione. Si legge nei Miracoli di Cosma e Damiano il racconto di una donna inferma che provvide a raschiare un poco di vernice dallicona
raffigurante i due santi anargiri e, trangugiata la pozione preparata mescolando a una bevanda la polvere cos ottenuta, guar dalla malattia.
La relazione con limmagine che si costruisce cos nel mondo bizan-
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tino si configura dunque come un rapporto particolare. possibile rivolgere preghiere ai numerosi santi che popolano le chiese bizantine, ma
sempre pi evidente lesistenza di icone dotate del privilegio singolare di favorire tale contatto tra il fedele e il mondo dei santi. Su queste
icone, poste al di sopra della balaustra che separa la navata dal presbiterio si tratta delle pi antiche forme di iconostasi , si focalizza lattenzione del visitatore. Si tratta dunque di uno scambio tra membri della Chiesa terrena e membri della Chiesa celeste. Il mondo cristiano orientale, prima bizantino e poi ortodosso, elaborer tutta una dottrina
spirituale fondata su tale nozione di scambio, che diverr una sua caratteristica distintiva sostanziale.
4. La tradizione ostile alle immagini.
Gli atti di devozione compiuti dinanzi alle icone e gli usi magici di
queste ultime non sono stati sempre n universalmente praticati. Il cristianesimo bizantino eredita alcune delle censure veterotestamentarie
nei confronti della consuetudine pagana di rappresentare per immagini
la divinit o gli esseri animati, e tale retaggio biblico pu in parte spiegare laniconicit dei primordi cristiani. Linizio del Medioevo coincide tuttavia con un momento di rilettura dellAntica Legge. Dove possibile, si ripropongono le interdizioni bibliche o le si adatta al nuovo
contesto. La giustificazione attribuita allesistenza di aree riservate esclusivamente al clero allinterno dei luoghi di culto cristiani si regge su una
sorta di equiparazione istituita fra il Tempio di Gerusalemme e le chiese. Il santuario cristiano diventato il sancta sanctorum. perci assolutamente naturale che si levino le voci di quanti ricordano che il peccato pi grave secondo lAntico Testamento quello didolatria: creare
delle immagini e adorarle. Gli ammonimenti contro il rischio di una ricaduta nellidolatria in presenza delle icone ancorch cristiane sono
antichi, e gli iconoclasti non hanno mancato di farne menzione: sia Eusebio di Cesarea sia Epifanio di Salamina manifestarono gi delle riserve nei confronti del culto tributato alle immagini, se addirittura non lo
disapprovarono fermamente.
Oltre al rischio di idolatria, sussistono anche ragioni teologiche in
grado di giustificare il rifiuto dellimmagine quando essa si proponga di
raffigurare il Cristo, gli angeli o i santi stessi. Secondo una critica mossa da lungo tempo alle immagini, infatti, queste ultime sarebbero menzognere, in quanto incapaci di rappresentare esattamente gli esseri
viventi e ancor meno la verit dellessere. Per tali motivi non sarebbe
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tardi muore. I suoi resti vengono traslati nuovamente presso il monastero di Studio trentanni dopo, quando il suo discepolo Niceta Stetato rediger la Vita del maestro, prima tappa verso il riconoscimento della santit del Nuovo Teologo. La Chiesa bizantina in questepoca ancora capace di reintegrare elementi contestatori allinterno delle sue file.
Tuttavia non pi cos qualche decennio dopo, come dimostrano i
processi subiti da Teodoro delle Blacherne (1094-95) e da Costantino
Crisomallo (1140), due spirituali a noi noti unicamente dagli atti che li
condannano. In entrambi i casi, il sinodo aveva assunto in sede preliminare che i due accusati fossero messaliani. Gli eresiologi sogliono sempre accomunare le nuove dottrine a eresie antiche, il che non ci permette di avere una chiara visione delle differenze teologiche esistenti fra esse [Gouillard 719; Eleuteri 283; Rigo 311]. A cinquantanni di distanza,
entrambi rivendicano la realt dellesperienza sensibile dello Spirito.
Teodoro insiste sulla visione di Dio, Crisomallo sulliniziazione che risveglia la grazia sopita del battesimo. Entrambi situano il carisma spirituale al di sopra dellistituzione clericale. Non sono monaci n luno n
laltro: Teodoro un sacerdote delle Blacherne, Crisomallo un laico.
Tutti e due, per, si pongono come gi Simeone controcorrente rispetto alla Chiesa dei loro tempi [Gouillard 287]. La loro condanna
scritta nel Synodikon dellOrtodossia.
iii. il monachesimo.
Il Medioevo ha conservato le forme antiche centrate sullascesi, la
penitenza e la preghiera della vita monastica, che si pu praticare tanto in solitudine quanto allinterno duna comunit. Si parla di eremitismo per la vita solitaria, di cenobitismo per la vita comunitaria. Esistono comunque anche delle laure (o lavre) che conciliano la vita eremitica settimanale con un incontro comunitario e liturgico che ha luogo ogni
fine settimana (cfr. B. Flusin, in MB I, pp. 265-66). Nei cenobi, la preghiera organizzata a ore fisse (liturgia delle ore), venendo concepita a
volte in termini di lode perenne al Creatore.
I monaci vivono per principio una vita di umilt e di povert personale, svolgendo lavori manuali senza custodire per s nessuno dei propri beni, che divengono propriet della comunit. La loro missione
combattere i demoni e pregare per gli altri. NellImpero bizantino, essi
pregano per limperatore e per la salvezza del popolo cristiano.
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Limperatore Giustiniano ha imposto comunque che chiunque aspiri ad abbracciare la vita monastica debba essere sottoposto a un periodo di noviziato da trascorrere in una comunit cenobitica. I monaci in
maggioranza vivono ormai in queste comunit, che quasi la consuetudine nel monachesimo femminile. Lanacoresi continua tuttavia a venir
considerata il livello pi elevato della vita monastica. Esistono diverse tipologie di vita eremitica, che pu essere trascorsa abitando una spelonca o in cima a una colonna. possibile vedere ancora degli stiliti in
epoca piuttosto tarda, anche nei dintorni della capitale. Pi spesso, gli
eremiti ottengono il permesso di abitare una piccola cella posta a una
certa distanza dal monastero.
1. Fondare un monastero.
Lo scopo, prima di tutto, di garantire la salvezza alla propria anima e per quelle dei propri cari, dei quali gli obituari contengono una lista nominale, lasciando un donativo destinato alla sussistenza dei monaci che dovranno pregare per i fondatori (ktitores) della comunit. Allassoluta parit di condizioni si sarebbe in seguito sostituita una
gerarchia monaci dabito piccolo (microschemi) e grande (megaloschemi), diaconie nobili e plebee , cos come la povert volontaria sarebbe
stata rimpiazzata dalla possibilit di mantenere propriet personali, il
che avrebbe permesso ai monaci di fare dei doni al fine di perseguire
una strategia di promozione personale [Krausmller 730]. Gli aristocratici ritiratisi a vivere in monastero possono a volte conservare presso di
s dei servitori. La situazione non molto migliore sul monte Galesio:
lassismo, propriet private, distinzioni sociali, rifiuto di prendere i pasti in comune [Thomas 764]. Sotto Alessio I, Giovanni Ossita censura
per motivi analoghi il monastero costantinopolitano degli Odighi (Hodegoi) [Angold 686]. tuttavia senza dubbio necessario tener conto del
topos letterario in gioco, valutando perci tali critiche con prudenza. Alcuni monaci, coscienti di tali deviazioni dallideale monastico originario, tenteranno di risalirne alla fonte. La riforma di Teodoro Studita,
nel ix secolo, predica un ritorno al cenobitismo basiliano, che comportava luguaglianza di rango tra i monaci, la rinuncia a ogni bene di propriet, la sottomissione alligumeno (o egumeno) [ep. I, 10, in Fatouros
103]. Nellxi secolo, un nuovo movimento di riforma ha origine allinterno del cenobio della Theotokos Evergetis, in periferia a Costantinopoli. Nel suo typikon [Byzantine monastic 80, vol. II] si ricorda che i
monaci sono tutti uguali fra loro, che la vita comune rappresenta una
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regola perentoria e che la povert volontaria deve essere rispettata. Tale riforma servir da esempio (come possono testimoniare i typika della
Kecharitomene, della Kosmosoteira, del Philanthropos)
Ogni monastero dunque retto da un typikon (regolamento interno
e rituale liturgico) redatto dal fondatore ispirandosi alle antiche regole
di Pacomio e di Basilio. Alcuni typika diventano dei modelli esemplari,
come quello di Studio (ix secolo) o dellEvergetis (xi secolo). Impegnato nella laboriosa stesura del suo typikon, Nicone della Montagna Nera
(xi secolo) lamentava il fatto che non ve ne fossero due simili [Galatariotou 714].
LOriente cristiano non conobbe mai regole paragonabili a quelle dei
grandi ordini monastici occidentali. Nondimeno, il Santo Monte dellAthos fu dotato duna organizzazione gerarchica che regolava tanto i
rapporti tra i grandi monasteri e le piccole fondazioni monastiche quanto le relazioni fra cenobiti e anacoreti. Mentre il typikon di Tzimisce
(972) prevedeva una rappresentanza di eremiti al consiglio del Protaton
(lassemblea dei responsabili delle comunit atonite), quello di Costantino Monomaco (1052) obbligher i monaci cellioti o esicasti a far riferimento a un koinobion. Le piccole comunit si ritrovano cos a dipendere dai grandi monasteri (Lavra, Iviron, Vatopedi), mentre il protos vede la propria supremazia soppiantata da quella dei rispettivi igumeni. I
monasteri vengono puntualmente inquadrati allinterno dei canoni, che
li pongono sotto lautorit spirituale e disciplinare del locale vescovo (canone 4 di Calcedonia, canone 1 dell861). Le fondazioni pi importanti sono sottoposte allimperatore in persona, altre al patriarca, in virt
del diritto di stauropegia. Dopo lxi secolo, numerosi monasteri sono
autonomi e dipendono unicamente dal loro igumeno o dalla famiglia del
fondatore, bench il vescovo continui a esercitare diritto di custodia nei
loro confronti.
2. Una nuova geografia monastica.
a) I primi sviluppi in Bitinia.
La conquista araba ha sconvolto la mappa delle fondazioni monastiche bizantine, dal momento che le province in cui il monachesimo si era
sviluppato in origine Egitto, Siria e Palestina erano ormai passate
sotto il controllo dei musulmani. Alcuni centri rimasero attivi come il
monastero del Roveto sul Sinai, posto nel ix secolo sotto il patronato di
santa Caterina, o quello di San Saba in Palestina continuando a man-
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tenere, sebbene in modo discontinuo, dei legami con lImpero. Allo stesso mondo, anche la crisi finanziaria che ebbe luogo fra il vii e lviii secolo non favor la fondazione di nuovi grandi cenobi. Si ignora la sorte
dei grandi monasteri situati a Costantinopoli e nelle province rimaste
sotto il dominio imperiale, bench alcuni di questi sopravvivessero, come Studio o il monastero degli Abramiti nella capitale, ovvero Catara
in Bitinia.
Nella seconda met dellviii secolo, come testimonia la lista degli igumeni presenti al concilio di Nicea del 787, si moltiplicarono le fondazioni monastiche sorte in una vasta area posta intorno allOlimpo di Bitinia, regione boscosa e selvaggia quantunque a poca distanza dalla capitale, al di l del mare. Pi motivi possono spiegare tale rigoglio: una
certa ritrovata sicurezza, la presenza di vasti latifondi di propriet dellaristocrazia costantinopolitana e lopposizione manifestata da alcuni
dei suoi membri alla politica iconoclastica che li spingeva ad allontanarsi dalla capitale.
Molti dei cenobi fondati in questo periodo sono legati a illustri rappresentanti delliconodulia. Teofane il Confessore, autore della Cronaca, fece edificare il monastero di Agro sui possedimenti di famiglia, mentre Platone e suo nipote Teodoro, futuro igumeno di Studio, si stabilirono a Saccudio, monastero fondato in un comprensorio di loro
propriet. La conclusione delliconoclasmo non coincise affatto con la
fine di tale espansione: nel x secolo Michele Maleino si stabilisce sul
monte Cimina, mentre la vestizione di Michele Psello, monaco presso
il cenobio della Bella Sorgente, dimostra che la vita monastica ancora
attiva in Bitinia nellxi secolo, anche se le nuove comunit sorgono a un
ritmo assai pi moderato di quanto non si verificasse un tempo. Le invasioni turche infliggeranno un duro colpo a tale civilt monastica, che
nondimeno riuscir, almeno in parte, a risorgere verso la fine del xii secolo, come testimonia il typikon di rifondazione del monastero di Eleigmoi [Auzpy 980].
Oltre le fondazioni bitiniche, la nostra conoscenza dei monasteri situati in Asia Minore frammentaria. La persecuzione attuata da Michele Lacanodracone, stratego dei Tracesi, nei confronti dei monaci iconoduli residenti nella sua provincia presuppone naturalmente il fatto che
vi sorgessero dei cenobi. Il Latro comincer a ospitare colonie monastiche soltanto nel x secolo per impulso di Paolo, mentre il secolo successivo vedr, grazie a Lazzaro, lo sviluppo delle fondazioni sul Galesio.
Nel Ponto, la regione di Trebisonda interessata da alcune fondazioni
monastiche, tra cui il monastero di SantEugenio, legato a una fiera locale in onore del santo. I monasteri cappadoci, di solito non molto gran-
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di, pi che per le fonti scritte sono noti per i resti monumentali, visibili ancora oggi. La conquista turca non mise fine alle attivit dei monasteri anatolici, soprattutto in Cappadocia, pur provocando alla fine dellxi secolo la fuga di monaci, come Cristodulo che lasci il monte Latro
per recarsi sullisola di Patmo dove, forte pure dellappoggio fornitogli
da Alessio I, fond il monastero di San Giovanni il Teologo.
b) La nuova preminenza dei Balcani.
Nellultimo scorcio del x secolo, gli anacoreti che gi dimoravano sul
monte Athos, nella Calcidica, dovettero far fronte allavvento di monaci che disponevano di appoggi politici e di vaste risorse, Atanasio e Giovanni dIberia, fondatori rispettivamente dei cenobi della Lavra e di Iviron. Il loro successo, che non fu immediato, propizi nuovi arrivi sul
Santo Monte e, nellxi secolo, la penisola vide sorgere tutta una serie di
imponenti insediamenti cenobitici, tra cui Vatopedi e Dochiariu, per
non menzionare che i pi importanti. LAthos divenne da allora il centro principale della vita monastica bizantina. Nel corso dei secoli xi e
xii vi si stabilirono anche comunit straniere: Latini nel convento degli
Amalfitani, Russi a San Pantaleone (Panteleimon), Serbi a Chilandar.
Nel x secolo in Grecia vengono edificati anche altri monasteri, come Hosios Loukas in Beozia. Nei Balcani, riconquistati da ricchi aristocratici, il gran domestico Gregorio Pacuriano fonda il monastero di
Bakovo in Bulgaria (fine xi secolo), e il sebastokrator Isacco costruisce
il vasto complesso della Kosmosoteira nelle vicinanze di Bera, in Tracia
(met del xii secolo). La prosperit generale dellImpero favor inoltre
la nascita di numerose sedi conventuali di media grandezza, la cui esistenza testimoniata solamente dai rispettivi typika giunti fino a noi.
Anche la capitale bizantina godette di notevole fervore creativo, sicch se alcuni monasteri come quello della Theotokos Evergetis sono ancora fondati da monaci, la maggior parte di essi viene edificata per
ordine dellimperatore stesso o di membri della famiglia imperiale (cfr.
cap. xi, pp. 282-83).
c) Il patrimonio dei monasteri.
Poich lindigenza causa di disordini, linquadramento dei monasteri dipende dalla garanzia di rendite sufficienti. Il concilio in Trullo,
riprendendo le conclusioni cui era pervenuto il concilio di Calcedonia,
fa dei monasteri delle istituzioni di diritto privato i cui beni sono considerati inalienabili. La legge rafforza tale rigore. Giustiniano ha decre-
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tato che ogni monastero debba essere provvisto di beni necessari alla
sussistenza dei monaci che hanno il compito di pregare per la salvezza
dellImpero (novella 67).
I cenobi acquisirono un ruolo sempre pi importante nelle attivit
assistenziali, in misura proporzionale alle loro capacit di attirare i doni dei fedeli. Gli imperatori affidarono ai monasteri la gestione di orfanotrofi e ospedali, provvedendoli dei fondi necessari (con le relative, cospicue rendite). I monasteri pi importanti, quelli di rango imperiale,
quelli i cui igumeni erano particolarmente influenti a Costantinopoli,
riuscivano a ottenere vantaggi fiscali e donazioni di terreni o in denaro,
talora delle rogai annuali. Si trattava di fondazioni che cominciavano a
comportarsi alla stregua di ogni altro grande proprietario terriero, cercando di estendere i loro domini e accumulando beni mobili sotto forma di tesori ecclesiastici. Nei monasteri pi grandi, come quello di Studio, la gerarchia dei monaci rifletteva in larga misura quella della societ, a cominciare dal trattamento privilegiato riservato ai parenti del
fondatore.
Tale considerevole arricchimento a partire dalla fine dellviii secolo
provoc due tipi di reazioni: una di tipo morale nel momento in cui
qualcuno sinterrogava su come potesse tanta agiatezza conciliarsi con
lideale monastico ( difficile desiderare il ritiro dal mondo quando si ha
lincarico di riscuotere tasse e pigioni dai pareci) e laltra, pi pragmatica, sulla qualit di tale gestione.
d) Il miglioramento della gestione.
Le situazioni dei monasteri sono molto diversificate. I pi piccoli
scomparvero infatti rapidamente, trasformandosi in metochie delle fondazioni maggiori. I pi importanti sono forniti di possedimenti terrieri
pi spesso che dei mezzi in termini di pareci, animali o denaro atti
a farli fruttare. Con le leggi, gli imperatori si sforzavano di ostacolare
lestensione dei domini monastici a spese dei piccoli proprietari, costringendo nello stesso tempo gli igumeni a gestire meglio le terre gi in loro possesso. Una novella di Romano Lecapeno (934-35), ripresa in seguito da Costantino VII (947), negava ai monasteri il diritto di acquistare le propriet dei contadini [Zepos 89, vol. I, pp. 205-14]. Nel 964
Niceforo Foca viet la fondazione di nuovi monasteri e la possibilit di
destinare lasciti fondiari a cenobi esistenti; era preferibile dare ai monaci i mezzi di mettere a profitto quel che gi possedevano (novella 19).
Nel 996, Basilio II decretava che non potesse essere riconosciuta come
monastero una fondazione composta di meno di otto monaci provvisti
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li surplus. Le grandi fondazioni imperiali (euageis oikoi) sono, in sostanza, dei sekreta forniti di tutto il personale necessario.
La vecchia idea secondo cui i monaci dovrebbero essere esonerati da
qualunque preoccupazione dordine materiale non viene peraltro abbandonata. Nel xii secolo, quando i monaci sono fatti segno di violenti attacchi che prendono a pretesto il loro modus vivendi (Teodoro Prodromo, Eustazio di Tessalonica), Manuele Comneno rimette in vigore la
novella di Niceforo Foca, anche se aumenta le esenzioni fiscali dei monasteri: in questo modo, le rendite dei cenobiti si accrescono, bench
non cresca la loro ricchezza fondiaria. Nel frattempo, il sovrano crea il
monastero di Catascepe sulle rive del Bosforo.
Batrice Caseau ha redatto le pp. 329-39 e 343-54, Marie-Hlne Congourdeau le pp. 339343 e 354-62.
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bernard flusin
xiv. Linsegnamento e la cultura scritta
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pi rare, eccentriche rispetto al limitato corpus dei testi letti di consuetudine nelle scuole: si tratta di opere che spesso vengono studiate per il
loro valore letterario, indipendentemente dal loro specifico soggetto. La
retorica, ma anche la filosofia, sovente ridotta alle sole logica e dialettica, vengono trattate alla stregua di discipline propedeutiche allo studio
della dottrina cristiana, concepita come una padrona nei cui confronti la sapienza di fuori ossia profana funge da ancella. raro che
il pensiero ellenico abbia potuto suscitare tensioni in seno a un contesto culturale in cui il cristianesimo regnava incontrastato.
Globalmente, la cultura scritta a Bisanzio segue la curva tracciata
dalla storia generale dellImpero. La crisi della seconda met del vi secolo, quindi le invasioni del vii e la perdita delle province orientali, cos importanti sotto il profilo culturale, conducono al periodo dei secoli oscuri. La riorganizzazione di un Impero gravitante sullAsia Minore, in cui la sola vera citt Costantinopoli, e la stabilizzazione della
situazione militare sotto la dinastia isaurica recano i loro frutti con il
rinnovamento culturale che comincia a intuirsi verso la fine dellviii secolo per raggiungere il culmine nel ix. Trascorso il secondo iconoclasmo,
sotto il regno di Michele III, poi sotto i Macedoni, emerger in piena
luce quello che tanto in letteratura quanto nellambito delle arti ha
potuto essere considerato un rinascimento culturale. Il movimento cos
avviato si svilupper senza soluzione di continuit. Nellxi secolo e sotto i Comneni, alla ripresa economica e alle trasformazioni della societ
corrisponde un periodo particolarmente brillante per la cultura a Bisanzio. Allinterno di questo vasto quadro dinsieme permangono tuttavia
molte zone dombra, che la ricerca riesce a riportare alla luce solo poco
per volta.
1. I secoli oscuri.
Dalla fine del vi secolo lImpero sprofonda nei suoi secoli oscuri,
cos detti sia perch continuano a essere poco conosciuti, sia a causa del
netto declino che li caratterizza. I limiti esatti di tale periodo sono difficili da definire. Lesaurirsi della produzione letteraria profana al termine del vi secolo un fatto sensibile, e il fenomeno continuer ad accentuarsi in seguito. Il regno di Eraclio, con un poeta della tempra di
Giorgio di Pisidia o uno storico come Teofilatto Simocatta, segnato
da una lieve ripresa, che tuttavia non in grado di mutare la tendenza
dellepoca. Nellambito della storia letteraria, un buon indicatore di tale indirizzo generale viene fornito dal genere storiografico: fra Teofilat-
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to, che scrive sotto Eraclio una Storia che illustra i fatti occorsi tra il 582
e il 602, e Niceforo, futuro patriarca di Costantinopoli, il cui Breviarium, composto prima del 787, dedicato agli anni 602-769 [Nicephoros 53], non ci stata tramandata una sola opera storica profana, e anche tenendo conto della perdita di alcuni documenti di tal genere, pur
vero che tali testi non devono essere stati giudicati soddisfacenti dai Bizantini stessi, dal momento che Niceforo, il quale si prende cura di ricapitolarli, assume come punto di partenza proprio la data che per Teofilatto segna la conclusione della sua trattazione. Generalizzando, possiamo dire che nel vii e viii secolo la letteratura secolare scompare; e
bisogna notare altres che ci sono pervenuti pochissimi manoscritti, o
frammenti di manoscritti, risalenti a questepoca. Questo inaridimento della produzione letteraria, indizio di una crisi culturale, pu essere
attribuito a pi fattori [Haldon 126]. Il declino delle citt, evidente dalla seconda met del vi secolo, va di pari passo con lindebolimento della
classe sociale alla quale era legata la paideia tradizionale. Le invasioni,
nel vii secolo, aggravano il fenomeno allinterno dei confini sempre pi
angusti di un Impero ridotto allAsia Minore, alle isole e allItalia meridionale. LEgitto, la Palestina e la Siria con i loro centri di cultura sono ormai perduti e, se anche qualche vivaio di civilt greca continua a
sussistere in tali contesti, non si tratta che di fenomeni di mera sopravvivenza. Nella stessa Costantinopoli, le circostanze politiche non favoriscono affatto la vita culturale. Lo sforzo bellico mobilita ogni energia.
La popolazione subisce un rapido decremento. Il periodo di anarchia che
precede il regno di Leone III pare contribuire a debilitare ulteriormente, se non a distruggere del tutto, quanto ancora poteva rimanere della
cultura di un tempo. La leggenda secondo cui Leone III avrebbe fatto
ardere vivi un oikoumenikos didaskalos insieme ai discepoli allinterno
di locali situati presso la cisterna Basilica deve essere ascritta alla propaganda iconofila, ma reca senza dubbio testimonianza del fatto che nellviii secolo non esisteva pi nella capitale alcuna sede pubblica per le
scuole dinsegnamento superiore.
Se innegabile che la fine del vii secolo e buona parte dellviii costituiscono il periodo pi oscuro nella storia della cultura scritta a Bisanzio, pure non sembra si sia mai verificata una rottura totale con il passato, legato al presente da linee di continuit che ancora possibile discernere.
La letteratura religiosa, prima di tutto, rispetto alla letteratura profana continua a lungo a dimostrare maggiore vitalit. Al di fuori dellImpero, in Palestina, lopera di Anastasio Sinaita deve essere fatta risalire
alla fine del vii secolo, mentre la produzione di Giovanni Damasceno
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[Louth 827], attivo durante la prima met dellviii, al contempo posteriore e pi importante. Andrea di Creta, vissuto anchegli in Palestina, quindi a Costatinopoli e in ultimo a Creta, un contemporaneo di
Giovanni. Nella stessa Costantinopoli, il patriarca Germano continua a
scrivere anche in seguito alla sua deposizione (730) e se, verso la met
del secolo, dopo la morte di questi o di Giovanni Damasceno, gli autori ecclesiastici paiono scomparire, limpressione pu in parte essere soltanto illusoria. Il primo iconoclasmo, da Leone III fino alla fine del regno di Leone IV, contribuisce a confondere le carte: i fautori delle immagini, allinterno dellImpero, possono esprimersi a fatica, mentre le
opere iconoclastiche sono state distrutte a seguito della vittoria delliconodulia. Gli unici documenti pervenutici dal fronte iconoclasta sono
rappresentati da alcuni estratti di unopera teologica scritta dallimperatore Costantino V, le Peuseis, poich degli Atti del concilio di Hieria
(754) non ci giunto che lo horos, o definizione di fede. Per quel che
concerne la difesa delle immagini, essa riuscir a stimolare una produzione copiosa e qualitativamente alta soltanto durante il secondo iconoclasmo.
Se desideriamo gettare un ponte tra la cultura tardoantica e la Bisanzio medievale, dobbiamo volgerci a considerare il sistema scolastico, la
cui sopravvivenza illustrata direttamente, tra la fine dellviii e linizio
del ix secolo, da una serie di opere giunte fino a noi, come quelle di Giorgio Cherobosco [Wilson 854].
A questo diacono, forse un chartophylax, attivo a Costantinopoli in
un periodo imprecisato compreso tra il 750 e l825, viene attribuito in
alcuni manoscritti il titolo di oikoumenikos didaskalos, il cui significato
rimane oscuro, non implicando, a quel che sembra, un particolare legame con il patriarcato. Cherobosco un grammatico che ci ha lasciato un
lunghissimo commento ai Canoni teodosiani (un trattato di morfologia
composto senza dubbio verso il 400), ma conosceva pure Dionisio Trace e compose allo stesso modo un commentario al trattato metricologico di Efestione. Unaltra opera di Cherobosco, gli Epimerismi del Salterio, un commento grammaticale ai salmi che ci rende edotti di come,
seppure leducazione rimanesse sostanzialmente fondata sullo studio degli autori dellantichit pagana, alcuni testi cristiani venivano studiati
anche a scuola: il caso dei salmi, spesso utilizzati come sussidi alla lettura; ma anche, a un altro livello, dei discorsi di Gregorio di Nazianzo.
Quello di Cherobosco non rappresenta un caso isolato. Un altro grammatico, Giovanni Carace, fiorito in epoca incerta ma anteriormente a
Cherobosco, ha scritto due trattatelli ispirati a Erodiano (ii secolo d.C.),
oltre a un commento ai Canoni di Teodosio. Questo testo ci noto sol-
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tanto da una sintesi dovuta a Sofronio, futuro (dall848 all860) patriarca di Alessandria, il quale aveva scritto questopera su istanza dun vescovo di Damietta mentre era ancora un semplice monaco. In Siria e in
Palestina troviamo, verso l800, un altro grammatico, Michele Sincello,
che intorno all810 scrive un breve trattato di sintassi il cui titolo ci
informa che lopera venne composta a Edessa, in Mesopotamia.
Secondo la Vita composta in suo onore, Michele, allepoca in cui ricevette la tonsura dalle mani del patriarca di Gerusalemme, venne invitato a proseguire i suoi studi grammaticali, retorici e filosofici, ma sapeva anche padroneggiare la metrica e conosceva lastronomia. Durante la
sua permanenza nel monastero di San Saba, almeno due discepoli beneficiarono della sua dottrina: Teodoro e Teofane, che la storia bizantina
conosce come i fratelli Marchiati (Graptoi) a causa del supplizio loro
inflitto per ordine dellimperatore Teofilo.
Linsieme di tali notizie, che potrebbe essere ulteriormente incrementato dalle testimonianze dei testi agiografici, dimostra che nellviii
secolo e agli inizi del ix sopravviveva un insegnamento analogo a quello che, in et protobizantina, fu quello del grammatikos. I suoi compiti
restano invariati: si tratta di insegnare agli alunni a leggere e a scrivere
un greco letterario differente dalla lingua parlata, ormai prossima al moderno neogreco [Browning 791]. I manuali Teodosio, Dionisio, Efestione rimangono gli stessi gi in uso nel passato, cos come rimane
senza dubbio inalterata una gran parte del corpus degli autori di riferimento, soprattutto i poeti, con Omero e Esiodo, ma anche i prosatori,
come Demostene. Parecchi problemi continuano tuttavia a essere irrisolti. In particolare, non si sa se la distinzione gi vigente in et precedente fra i tre gradi dinsegnamento quello impartito dai grammatistai,
dal grammatikoi e dai retori sia ancora valida, dal momento che tanto
lesistenza dei retori quanto, in termini pi generali, quella di un insegnamento superiore a quello impartito dai grammatikoi continuano a
essere poco documentate. La retorica, come la grammatica, continuava
comunque a essere insegnata. Agli inizi del ix secolo, Giovanni di Sardi compone un commento ai Progymnasmata di Aftonio che dimostra come, anche in questambito, bench nel cuore dei secoli oscuri, i contenuti dellinsegnamento siano rimasti stabili e i testi di riferimento
continuino a essere sempre i medesimi. La filosofia e le discipline del
quadrivio sono invece attestate pi di rado e il loro insegnamento, sporadico, non gode di alcuno statuto autonomo, dipendendo esclusivamente dalle competenze personali del singolo maestro.
I nomi menzionati finora permettono di identificare, entro i confini dellImpero e allinterno delle province perdute nel vii secolo, alcuni
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centri presso cui sopravvive linsegnamento tradizionale. In tale contesto, la Palestina ha svolto un ruolo significativo [Mango 830]. Alcuni
grandi monasteri, in particolare San Saba, sono stati veri ricettacoli di
cultura greca in senso lato. Giovanni Damasceno attivo a Gerusalemme [Auzpy 693] presso il patriarca, e i libri di cui si servito nel corso
della redazione di alcune delle sue opere quali il grande florilegio dei
Sacra parallela o la somma teologica rappresentata dalla sua Pege Gnoseos potevano essere conservati sia nella biblioteca patriarcale sia nel
vicino monastero di San Saba. qui, in ogni caso, che verso lanno 800
Michele, pi tardi sincello di Metodio di Costantinopoli, dispensa la sua
dottrina ai futuri Graptoi.
Il caso di Michele Sincello interessante non solo perch ci suggerisce unidea della sopravvivenza dellellenismo a Edessa e a Gerusalemme, ma anche perch illustra i contatti intercorsi fra i vivai greci in territorio islamico e la capitale: Michele, Teodoro e Teofane giungono infatti a Costantinopoli allinizio del regno di Leone V, mettendosi in luce
nella lotta a favore delle immagini. Dopo il ristabilimento dellOrtodossia nell843, Michele diverr sincello del patriarca Metodio, mentre Teofane Grapto, occupata la sede vescovile di Nicea, comporr una serie di
carmi liturgici.
Ma i monasteri non sono stati n i soli n gli unici focolari di ellenismo in territorio islamico. degno di nota il fatto che Giovanni Damasceno appartenesse al potente casato dei Mansur e che ricevesse la sua
educazione comprendente una formazione grammaticale, retorica e
filosofica in seno alla famiglia, a Damasco. Si comprende cos che in
Siria i rampolli di famiglie privilegiate continuavano a giovarsi di risorse educative molto simili a quelle di cui si poteva beneficiare nellepoca
precedente. Oltre la Palestina opportuno menzionare ancora Edessa
in Mesopotamia, per limportanza rivestita in tal senso come vivaio di
cultura greca, e forse alcuni vescovati egiziani, come Damietta, che svolsero un ruolo pi defilato. Al principio del ix secolo un grammatico siciliano, Teognosto, dedic la propria opera allimperatore Leone V: non
dobbiamo dunque dimenticare neppure lItalia meridionale e Siracusa.
Nella stessa capitale bizantina, una casistica abbondante permette di
gettare uno sguardo sullambiente allinterno del quale la cultura ha potuto essere preservata. Il patriarca Germano, nato in una famiglia importante, alla fine del vii secolo ha potuto chiaramente usufruire duna
buona educazione letteraria. Ancora alla met dellviii secolo, anche se
a un livello meno elevato, una figura come quella dello zio di Teodoro
di Studio, Platone, che si accingeva ad assumere un ufficio nellamministrazione imperiale, pot apprendere i rudimenti delleducazione let-
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via, limpiego della carta come materiale idoneo alla copiatura di testi
greci simpose lentamente.
Al di fuori dellImpero, in Siria o in Palestina, alcuni documenti o
manoscritti su carta risalgono al ix o addirittura alla fine dellviii secolo (Vat. gr. 2200, databile intorno allanno 800). NellImpero bisogna
attendere la met dellxi secolo per poter rinvenire i primi esempi di atti (crisobolle di Costantino IX Monomaco) o di manoscritti cartacei. Al
principio del xiii secolo, la biblioteca del monastero di Patmo (in cui sono conservati 330 manoscritti) costituita per un quinto da libri in carta, materiale la cui produzione allinterno dei confini dellImpero non
documentata con sicurezza.
Laltra innovazione, molto importante, riguarda il tipo di scrittura.
Fino allviii secolo i manoscritti greci vengono copiati in una grafia particolare, detta onciale. Si tratta dun genere di maiuscola poco economica in cui ogni lettera, tracciata separatamente, appare spesso caratterizzata da un corpo molto grande. Nellviii secolo comparve unaltra
scrittura, la minuscola, nata non da unevoluzione dellonciale ma dalladattamento, finalizzato alla copiatura dei libri, di una scrittura corsiva documentaria, utilizzata fino ad allora esclusivamente in trascrizioni di atti [De Gregorio 798]. Alcuni tratti della minuscola ne tradiscono ancora lorigine: le lettere, di forma diversissima dallonciale e di
modulo meno ampio, sono legate fra loro [Irigoin 811]. Si tratta duna
scrittura pi economica, che consente di risparmiare sul lavoro del copista e sul materiale scrittorio, pur rimanendo perfettamente leggibile.
Dal punto di vista storico, la genesi della minuscola ancora poco
chiara, nonostante le notevoli acquisizioni degli ultimi decenni. Il pi
antico manoscritto in minuscola di cui sia nota la data stato finito di
copiare il 7 maggio 835 (Tetraevangelo Uspenskij, un esemplare dei quattro vangeli, oggi custodito a San Pietroburgo). La minuscola comparsa tuttavia in epoca molto pi antica, poich gi allviii secolo risalgono
infatti vari tentativi di mettere a punto una nuova scrittura. Una fra le
grafie sperimentali riusc a emergere e a imporsi, facendo concorrenza
allonciale dalla fine dellviii a tutto il ix secolo. Lantica scrittura continua a essere impiegata in particolare per edizioni di lusso: il manoscritto dello Pseudo-Dionigi lAreopagita offerto in dono a Ludovico il Pio
nell827 dagli ambasciatori bizantini scritto in onciale. Nel x secolo
levoluzione pu dirsi praticamente giunta al termine. La minuscola elimina lonciale, riducendola al ruolo di scrittura distintiva. Il fatto che
alcuni dei pi antichi manoscritti in minuscola provengano dal grande
monastero costantinopolitano di Studio, e che sia peraltro probabile che
nellviii secolo Platone, igumeno di Saccudio e zio di Teodoro di Stu-
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dio, abbia fatto copiare dei manoscritti in una scrittura speciale, ha indotto gli studiosi a chiedersi se i monaci studiti abbiano potuto avere
un ruolo di particolare importanza nella storia della minuscola bizantina. Ci che sappiamo con certezza che, dal momento in cui Teodoro
diviene igumeno del cenobio, a Studio si sviluppa uno scriptorium. Tanto questo monastero nel ix secolo quanto, senza alcun dubbio, Saccudio
nellviii furono centri di copiatura di testi religiosi. Non tuttavia sicuro che Platone, Teodoro e i loro confratelli siano stati effettivamente i
fautori dellapplicazione su larga scala del nuovo sistema scrittorio. Si
potuto pensare anche alla Palestina, cui certamente necessario ricondurre alcuni esempi molto precoci di grafia applicata in tal senso. Ma il
fatto che la minuscola nasca dalla stilizzazione di una corsiva documentaria potrebbe anche sollecitare lindagine allinterno di ambienti prossimi alla cancelleria imperiale.
La comparsa e la diffusione della grafia minuscola rappresentano un
fatto di grande importanza culturale. Ormai i Bizantini trascrivono i loro libri con maggiore facilit, anche se questi, in ogni epoca, rimangono poco numerosi. Daltra parte la minuscola, divenuta rapidamente la
sola scrittura effettivamente usata, gioca un ruolo fondamentale nel processo di trasmissione dei testi antichi. Nei secoli ix e x ha luogo in effetti un fenomeno che segner la storia della tradizione testuale nel mondo greco: la traslitterazione, vale a dire la trasposizione dei testi antichi
pagani o cristiani dallonciale alla minuscola. I testi non traslitterati, in generale, non ci sono pervenuti: in base a questo, facile comprendere quanto la conoscenza dei testi dellAntichit e dellepoca protobizantina sia dovuta allattivit e alle scelte operate dai copisti del ix-x secolo e dai loro committenti.
2. Il rinnovamento (fine dellviii-ix secolo).
Negli ultimi decenni dellviii secolo a Costantinopoli si cominciano
a intravedere segnali di rinnovamento allinterno della cultura scritta.
Il processo, celato inizialmente da fattori dordine vario, subisce unaccelerazione durante la prima parte del ix secolo, contemporaneamente
alla comparsa di alcune figure di dotti.
La carriera di Tarasio [Efthymiadis 94], patriarca dal 784 all806,
presentato dallautore della sua Vita come un esperto di metrica e, nel
corso del suo patriarcato, come un oratore sacro le cui omelie erano prima tachigrafate e poi ricopiate in bella scrittura dal medesimo biografo,
gi stata menzionata. Si tratta dun caso importante nel contesto del-
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la fine dellviii secolo, tanto pi se si tiene conto del fatto che Tarasio,
prelato colto, circondato da uomini di cultura: accanto a lui attivo
Giorgio Sincello, al quale siamo debitori duna importante Cronografia.
E, senza dubbio, il caso di Niceforo [Alexander 783] non presenta alcuna differenza rispetto a quello di Tarasio. Nato verso la met dellviii
secolo, figlio dun asekretis attivo sotto Costantino V. Secondo il suo
biografo si tratta, ancora una volta, di Ignazio Diacono , Niceforo
avrebbe beneficiato duna educazione generale (la enkyklios paideia),
comprendente studi di grammatica e di retorica, prima di dedicarsi alla
tetrade matematica (musica, aritmetica, geometria e astronomia), e di
insistere particolarmente sullo studio della filosofia di Aristotele. Al bagaglio dellinsegnamento tradizionale Niceforo che si preparava, come il padre, a far carriera nella cancelleria imperiale avrebbe aggiunto inoltre lapprendimento del metodo tachigrafico. Il suo esordio come
autore, databile attorno al 780, rappresentato dal Breviarium, opera
che, come si detto, costituisce la prima reviviscenza del genere storiografico a Bisanzio dopo un lungo periodo di silenzio. Eletto al soglio patriarcale nell806, viene deposto nell815: da allora, e fino alla sua morte, Niceforo compone tutta una serie di opere contro gli iconoclasti che
fanno di lui uno dei pi importanti teologi delle immagini, lasciando intuire la sua solida formazione aristotelica.
Laltro grande teologo delle immagini allepoca del secondo iconoclasmo un monaco, Teodoro di Studio (759-826). Appartenente al medesimo ambiente di Niceforo, ha probabilmente usufruito duna educazione non dissimile da quella di cui godette il primo, e senza dubbio pi
approfondita di quella ricevuta dallo zio, Platone di Saccudio. quanto rivela la sua abbondante produzione letteraria, sia che componga opere di spiritualit monastica o trattati iconofili, o ancora che si tratti del
suo epistolario o del corpus delle sue poesie, che rivelano a che punto
anchegli avesse assimilato linsegnamento della grammatica e della retorica. Copista di manoscritti, come gi lo zio, Teodoro presta particolare
attenzione allorganizzazione dello scriptorium allestito nel grande convento costantinopolitano di Studio. Siamo inoltre a conoscenza del fatto che il monastero disponeva addirittura duna propria scuola per leducazione primaria, anche se verosimile che fosse frequentata soltanto da
fanciulli destinati a divenire monaci. Tra i cenobi bizantini, Studio rappresenta uno dei rarissimi esempi di monastero che ha espletato nel contesto della storia culturale dellImpero una funzione significativa, quantunque si debba porre attenzione a non sopravvalutarla.
Teofane, detto il Confessore (per il ruolo da lui svolto al principio del regno di Leone V in difesa delle immagini), un altro importan-
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te autore dellepoca. Aristocratico, Teofane abbracci la vita monastica entrando in un monastero che egli stesso aveva fondato; fu amico di
Giorgio Sincello il quale, ormai prossimo alla morte, lo preg di continuare la sua opera incompiuta [Mango 832].
Le due opere storiche, tuttavia, sono dintonazione assai differente.
Giorgio Sincello, che era stato in contatto con lambiente palestinese,
proprio allinizio del ix secolo compose una Cronografia sul modello antico, in cui i calcoli cronologici rivestivano notevole importanza e che dipende in larga misura da testi protobizantini, come le opere di Eusebio
di Cesarea. In Teofane, che peraltro utilizza la medesima documentazione, in parte di provenienza orientale, gi raccolta da Giorgio, la cronologia ha un ruolo ridotto; lopera, molto apprezzata dai Bizantini, segna
nel complesso una netta evoluzione rispetto a quella del predecessore.
Con Giorgio e Teofane, ma anche nel decennio del 780 con il
Breviario di Niceforo, la cronografia e la storia riconquistano a Bisanzio
un ruolo di primo piano.
I fautori delle immagini, le cui opere ci sono pervenute per la loro
ortodossia, non hanno mai avuto lesclusiva della cultura. Il caso di Ignazio Diacono [Mango 102; Efthymiadis 94], attivo nella prima met del
ix secolo lautore al quale dobbiamo le Vite di Tarasio e di Niceforo,
oltre ad alcuni componimenti poetici e ad una serie di lettere, e che, come gi Cherobosco, fu insignito del misterioso titolo di oikoumenikos
didaskalos , particolarmente istruttivo al riguardo.
Durante il suo apprendistato grammatico-retorico, Ignazio ha potuto beneficiare dellinsegnamento o dei consigli di Tarasio e di Niceforo, e le sue opere conservate permettono di esprimere un giudizio
complessivo sulla sua opera: il suo greco una lingua artificiale, spesso
involuta, e lautore non disdegna di fare riferimento alla letteratura profana, citando in particolare i poeti, Omero e Esiodo naturalmente, ma
pure i tragici, oltre a qualche prosatore. Prossimo ai due patriarchi iconofili, Ignazio ha tuttavia mutato le proprie opinioni, passando per un
periodo al nemico e facendo lega con gli avversari delle immagini (a quel
tempo risalgono alcuni suoi componimenti poetici). Fatto ritorno allortodossia iconofila, scrisse le Vite di Tarasio e di Niceforo, pentendosi
amaramente della sua passata defezione. La carriera di Ignazio dimostra
in modo eloquente che la linea di confine tracciata fra partigiani e oppositori delle icone non era affatto una frontiera impermeabile, e che anzi entrambi partecipavano della medesima cultura.
Giovanni il Grammatico, patriarca di Costantinopoli dall837 all843
e uno dei principali avversari delle immagini sacre, senza alcun dubbio anchegli un vescovo dotto ed possibile che abbia manifestato un
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salonica (cattedra dalla quale Leone verr deposto dopo il ristabilimento dellOrtodossia e la caduta di Giovanni il Grammatico nell843). Riappare in seguito a Costantinopoli, quando il cesare Barda gli affider, insieme allinsegnamento della filosofia e delle matematiche, la direzione
della scuola che aveva appena fondato alla Magnaura, su cui torneremo
pi oltre. Leone ancora in vita allepoca del sisma dell869; quindi se
ne perdono le tracce.
La biblioteca di Leone, parzialmente nota grazie a diverse fonti (manoscritti, epigrammi), fornisce unidea della cultura del proprietario. Essa comprendeva, per la filosofia, Platone secondo un antico manoscritto, Leone avrebbe fornito emendamenti al testo delle Leggi e Porfirio;
per le matematiche, un trattato di meccanica di Quirino e Marcello, il
Trattato sulle coniche di Apollonio di Perge, Euclide e forse Archimede;
per lastronomia, inscindibile dallastrologia, Teone, Paolo dAlessandria e Tolomeo. In Leone si pu vedere per la prima volta distintamente, alla met del ix secolo, una figura di sapiente bizantino, pi interessato alla filosofia e alla scienza che alla letteratura.
Lattivit di Leone, dopo l843, legata a una importante novit: la
creazione duna istituzione didattica allinterno dello stesso palazzo imperiale costantinopolitano. In data imprecisata, il fratello dellaugusta
Teodora, il cesare Barda, al vertice del potere dall855 fino al suo assassinio nell866, organizz e sovvenzion una scuola allestita in unala del
Grande Palazzo, la Magnaura [Lemerle 823]. Vi sono attivi quattro professori: Leone incaricato della filosofia, mentre il suo discepolo Teodoro (o Sergio, secondo altre fonti) insegna la geometria, Teodegio laritmetica e lastronomia e Cometa che, a quanto sappiamo, doveva essersi
occupato dei poemi omerici la grammatica. Il programma di questa
scuola, in cui si ritrovano tracce del trivio e del quadrivio matematico,
non affatto sorprendente. I cronisti bizantini sottolineano limportanza dellazione di Barda per la storia della cultura. Tuttavia, lo statuto
della scuola della Magnaura poco chiaro: Paul Lemerle [823] vi intravede la creazione duna scuola di Stato; per Paul Speck [847], pi critico, si tratta semplicemente delliniziativa privata di un alto dignitario
preoccupato di accrescere il proprio prestigio.
Il rinnovamento culturale che segna la met del ix secolo direttamente illustrato dai manoscritti, in onciale o in minuscola, che possono
essere fatti risalire a questepoca [Irigoin 811]. Vi sono particolarmente ben rappresentate le scienze, con la medicina (Dioscoride, Paolo di
Egina), lastronomia (Tolomeo, in particolare nel Vat. gr. 1594), le matematiche, talora perfino di altissimo livello (lEuclide del Vat. gr. 190,
ma anche i trattati del Vat. gr. 204), cos come pure le opere scientifiche
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Bench non si possa in alcun modo parlare di lui come dun professore, soprattutto come docente presso una scuola patriarcale la cui
stessa esistenza viene oggi unanimemente rifiutata [Beck 786; Lemerle
823; Speck 847; Criscuolo 797], Fozio ha avuto dei discepoli: secondo
la Vita dei santi Cirillo e Metodio, Costantino (il futuro Cirillo), giunto a
Costantinopoli per compiere gli studi secondari, avrebbe seguito i suoi
corsi come pure quelli di Leone il Filosofo; il metropolita Anfilochio di
Cizico, o ancora il protospatario Tommaso, al quale Fozio dedicher il
suo Lessico, vengono designati come suoi mathetai (allievi, discepoli).
Una lettera di Fozio a papa Niccol rivela quale fosse il quadro generale di tale insegnamento. Fozio, poco dopo la sua elezione, vi descrive la
vita che ormai prossimo a lasciare e lo stuolo dei suoi discepoli, vecchi o nuovi, che accoglieva quotidianamente presso di s al ritorno dal
Palazzo. Si tratta senza dubbio di giovani studenti sulla cui educazione
desidera vigilare e ai quali trasmette egli stesso il suo sapere in occasione di conversazioni informali pi che nel contesto di veri e propri corsi, secondo un genere dinsegnamento praticato senza dubbio presso molte famiglie aristocratiche raccolte intorno a figure di alti dignitari letterati.
Le opere di Fozio, che formano un insieme piuttosto considerevole,
consentono di conoscere la cultura di cui disponeva lautore. Forse durante la giovinezza, Fozio compose un Lessico dedicandolo al discepolo
Tommaso: si tratta dun vocabolario comprendente parecchie migliaia
di termini, di cui bisogna conoscere il significato se si intende leggere
gli autori dellAntichit, pagana o cristiana, e che si possono adoperare
al fine di scrivere un greco letterario corretto, atticizzante.
I lessici di questo tipo a Bisanzio hanno sempre giocato un ruolo importante e quello di Fozio, certamente non il solo o il primo di essi,
frutto duna compilazione di opere precedenti. Pi tardi, allepoca del
patriarcato, Fozio continuer a interessarsi a opere di questo genere, arricchendo delle sue annotazioni un lessico particolarmente importante,
databile senza dubbio al secondo quarto del ix secolo, lEtymologicum
genuinum.
Ma Fozio soprattutto celebre nella storia della letteratura per aver
composto quella che chiamiamo Biblioteca, o Myriobyblos [Ziegler 856;
Treadgold 849; Schamp 845]. Le circostanze precise della redazione di
questopera capitale, unica nella letteratura bizantina, rimangono oscure. Nella lettera prefatoria dellopera, indirizzata al fratello Tarasio, Fozio descrive le circostanze che videro la composizione della Biblioteca:
i membri di una ambasciata lo avevano cooptato affinch si recasse insieme a loro tra gli Assiri, e dopo che questa scelta era stata ratifica-
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nellopera non riguadano che i testi letti dallautore in assenza del fratello Tarasio. Gli scrittori compresi nel corpus scolastico sono troppo
noti per essere citati nel regesto: per questo i poeti non compaiono quasi per nulla. Altre opere di Fozio gli Amphilochia, o la sua corrispondenza completano il ritratto del patriarca-letterato costantinopolitano, testimoniando in particolare della sua cultura filosofica. Senza dubbio Fozio, per la sua epoca, possedette una cultura e una capacit di
accesso alle fonti librarie veramente eccezionali, ma linteresse da lui rivolto allo stile dei testi piuttosto che al loro contenuto, il suo modo di
leggere la storia con un certo gusto per laneddoto esotico o sorprendente cos come la considerazione nei riguardi delle opere lessicografiche, sono pienamente in linea con lo spirito dei tempi. La sua cultura
cristiana reca testimonianza del fatto che per i Bizantini una formazione teologica faceva parte integrante della cultura dun certo livello, quantunque rifletta anche linteresse particolare nutrito da Fozio nei confronti di tale disciplina. Laccordo, pienamente realizzato in Fozio, tra
una vasta conoscenza della letteratura pagana, considerata comunque
senza avversione, e una profonda cultura cristiana rappresenta una caratteristica che a Bisanzio incontreremo spesso fra i dotti esponenti della cultura erudita, e costituisce ci che per Paul Lemerle la forma esemplare dellumanesimo bizantino.
Sensibile linflusso dellattivit foziana nella storia culturale della
seconda met del ix secolo. Fu lui senza dubbio a redigere la prefazione allIsagoge, una raccolta di leggi databile al regno di Basilio I, mentre
risale al suo secondo patriarcato la collezione canonica che verr considerata referenziale per tutto il Medioevo bizantino. Fozio anche il precettore del figlio e successore di Basilio I, Leone VI, e se questo appare
come un modello di principe colto, al quale presto i contemporanei attribuirono il soprannome di Saggio ha lasciato in particolare una silloge omiletica [Antonopoulou 261] , non v dubbio che ne sia in gran
parte debitore a Fozio (con il quale in seguito i rapporti si guasteranno
al punto che Leone giunger a far deporre il patriarca allinizio del suo
regno).
Sotto Leone VI viene pubblicata la grande collezione giuridica dei
Basilika (allestita al tempo di Basilio I), segnando un ritorno al diritto
dellet giustinianea. Daltra parte, la produzione letteraria dambito
dotto, senza brillare particolarmente, finir per infittirsi. Il caso di una
personalit come Areta di Cesarea pu rivelarsi utile al fine dillustrare
quale fosse latmosfera dellepoca [Lemerle 823; Wilson 854]. Originario di Patrasso, dove nasce con ogni verosimiglianza negli anni 850, e
formatosi senza possibilit di dubbio a Costantinopoli, dove diventa dia-
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cono, quindi consacrato, nel 902, arcivescovo di Cesarea di Cappadocia, Areta ha lasciato una serie di opere minori alcune omelie, lettere
e opuscoli, centrati in particolare sulla questione della tetragamia di Leone VI , scritte in uno stile spesso oscuro. La notoriet di Areta dovuta, pi che alle sue opere, a un caso fortunato, in quanto sono giunti
fino a noi ben otto manoscritti della sua biblioteca personale.
Copiati fra l888 e il 932, contengono le opere di Euclide, Platone,
Aristotele, Luciano, Elio Aristide tra gli autori pagani; un nomocanone,
trattati teologici vari e unintera serie, importantissima, di apologie (Atenagora, Clemente, Eusebio, Taziano) per quel che concerne la letteratura cristiana. Si sa inoltre che Areta conosceva alcuni poeti (Omero, Esiodo, Pindaro, Aristofane), che leggeva Plutarco, Dione Crisostomo e Epitteto, e che ha forse svolto un ruolo di rilievo nella vicenda della tradizione
dei Pensieri di Marco Aurelio. Per quel che concerne i libri che ha fatto
copiare, giunta a noi persino lindicazione di alcuni prezzi [Kravari 820]:
sappiamo cos che lEuclide dell888 costato 14 nomismata (per copia?),
21 un Platone copiato nell895, e 26 il manoscritto degli apologeti cristiani datato 914. Tali costi, piuttosto elevati, dimostrano in maniera eloquente come i libri a Costantinopoli verso lanno 900 fossero beni di cui
poteva godere soltanto una ristretta lite di fortunati.
La letteratura religiosa, dal canto suo, segue per certi versi la tendenza generale qui descritta, non senza avvertire tuttavia laura di rinnovamento che investe lintero ix secolo. Essa presenta comunque aspetti
particolari e ritmi suoi propri, sicch la sua storia, ben pi di quella della produzione profana, segnata da una certa continuit. Questa letteratura, che pu anche essere espressione dun milieu dotto, si rivolge
per in linea generale a un pubblico pi vasto. A tale scopo fa ricorso
volentieri a registri linguistico-stilistici diversi e talora molto semplici,
come pu dimostrare lesempio dellambito letterario pi vivo allepoca, vale a dire lagiografia. La produzione in questo settore, diversificata e comprensiva di pi generi, impostata tanto su registri culturali elevati quanto pi popolari. Alcune opere, molto vivaci, sono redatte in
una koin molto semplice. il caso di molte Vite monastiche o, negli
anni 920, di uno dei capolavori dellagiografia narrativa bizantina: la Vita di Eutimio patriarca, dedicata da un anonimo monaco a Eutimio, patriarca di Costantinopoli, il quale aveva ratificato il quarto matrimonio
di Leone VI. Accanto a tali testi fondamentali, duna scrittura spesso
sapida e vivace, esistono poi altre opere pi pretenziose. Alcuni autori,
infine, bench preoccupati di garantire la purezza della lingua, tentano
di rimanere accessibili a un vasto pubblico: cos Niceta David il Paflagone, discepolo di Areta di Cesarea, al quale dobbiamo, verso la fine del
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zione di assistente del maistor nellinsegnamento. Poco dopo, in seguito a una nuova votazione, e non senza lapprovazione imperiale, occupa una cattedra professorale. A questo punto lascia la sua antica scuola
per aprirne unaltra, che non tarda a fare concorrenza alla precedente:
limperatore stesso, allo scopo di evitare dei conflitti, interverr facendo trasferire la scuola in cui insegna Atanasio.
Per Paul Lemerle [823] la biografia di Atanasio dimostra che, negli
anni 940, la situazione era sensibilmente diversa da quella che aveva caratterizzato lepoca immediatamente precedente, quella a cui risale lepistolario del professore anonimo. Le scuole secondarie a Costantinopoli paiono adesso inserite in una struttura dinsieme, rette come sono
da un presidente. Lintervento imperiale sensibile, sia che si tratti
di convalidare lelezione dun professore, sia che si debba appianare un
conflitto tra due istituti scolastici rivali. possibile che questo genere
di trasformazioni, che sembrano testimoniare unevoluzione delle istituzioni didattiche, debbano essere messe in relazione con lattivit personale di Costantino VII. Per Paul Speck [847], la testimonianza della
Vita di Atanasio suggerisce lipotesi che gli insegnanti a Costantinopoli
fossero organizzati in una corporazione le cui tracce risalgono, secondo
il parere dello studioso, fino al ix secolo.
Per quel che riguarda linsegnamento superiore, le fonti riferiscono di una iniziativa presa da Costantino VII, il quale, al fine di resuscitare la cultura trascurata dai suoi predecessori, aveva nominato quattro
professori: per linsegnamento della filosofia, il protospatario Costantino; per la retorica Alessandro, metropolita di Nicea; per la geometria il
patrizio Niceforo e lasekretis Gregorio per lastronomia. Tale corpo docente, con quattro cattedratici, non pu non ricordare quello gi posto
a capo della cosiddetta scuola della Magnaura, fondata dal cesare Barda. In base a tale analogia si congetturata [Lemerle 823] una continuit che per ben lungi dallessere assodata. Costantino VII, secondo Teofane Continuato, nutriva un interesse del tutto personale per listituto da lui cos fondato, che in breve tempo avrebbe saputo formare
allievi in grado di occupare ranghi elevati allinterno dellamministrazione o nella Chiesa.
Il ruolo svolto dal Porfirogenito nellambito della cultura non peraltro limitato agli interventi attuati nel settore scolastico. Si sviluppa
intorno a lui, infatti, un intero processo al quale egli prende parte attivamente [Lemerle 823]. Eppure in tale processo non tutto direttamente legato allattivit dellimperatore, e nulla indica, ad esempio, che la
compilazione dellAntologia Palatina [Cameron 795; Lauxtermann 821]
sia debitrice nei suoi confronti. Daltra parte, il grande lessico enciclo-
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ze, come testimoniato da numerose compilazioni, per esempio i trattati di agraria tramandati dai Geoponica; o ancora le opere mediche di Teofane Nonno e la collezione dei trattati ippiatrici che ci sono stati conservati in un bel manoscritto illustrato. Peraltro, tali dati dinsieme non
documentano soltanto linteresse nutrito da Costantino VII nei confronti della cultura e delle scienze, ma sono altres utili a illustrare la cultura bizantina del x secolo attraverso numerosi tratti salienti: limportanza rivestita dal patronato imperiale, ma anche la volont di riunire e
rendere accessibile, in una forma ritenuta conveniente, leredit antica
e il legato scientifico del passato, dando origine, inoltre, a ci che Paul
Lemerle ha potuto chiamare lenciclopedismo del x secolo.
5. Lapogeo: xi e xii secolo.
Terminato il regno di Costantino VII, le informazioni si fanno pi
rare e, sotto i grandi imperatori militari, fino alla fine del regno di Basilio II, la cultura sembra essere stata meno favorita. Tuttavia, la vitalit testimoniata dalla vita intellettuale a Bisanzio a partire dalla met
dellxi secolo dimostra in modo eloquente che, anche in tale campo, il
progresso conosciuto dallImpero in questo periodo e le trasformazioni
sociali hanno fatto sentire il loro effetto benefico [Lemerle 823; Kazhdan 816; Magdalino 192]. Aumenta il numero delle scuole note. I letterati rivestono un ruolo importante nellamministrazione imperiale, mentre la produzione letteraria diventa raffinata e si diversifica. Il processo continua in et comnena, con alcune novit: si rafforza il controllo
esercitato dalla Chiesa, e il clero di Santa Sofia gioca un ruolo importante nella vita intellettuale la quale, tuttavia, ben lungi dal limitarsi a
manifestazioni ufficiali, si diffonde in seno alla societ.
Il lungo regno di Basilio II (963-1025), tanto importante sotto il profilo militare, non segna certo un momento particolarmente importante
nella storia culturale di Bisanzio. La Suda, il pi importante dizionario
enciclopedico bizantino, databile allinizio del suo regno, si riallaccia
idealmente allepoca precedente [Adler 781]. Si pu affermare la stessa
cosa per quel che concerne il Menologio metafrastico, in cui il logoteta
del dromo Simeone raccoglie, in base allordine del calendario, vite di
santi rielaborate secondo la moda corrente, e conseguentemente di particolare interesse per la storia della lingua e del gusto letterario: le vite
pi antiche, molto spesso scritte in un greco troppo basso per il pubblico colto dellepoca, dovevano essere metafrasate, vale a dire riscritte
in una lingua pi corretta. Il Menologio metafrastico, a partire dallxi se-
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colo, conoscer un grande successo [Hgel 805]. Si pu infine segnalare, a margine degli ambienti ufficiali, lopera dun grande mistico contemporaneo di Basilio II, Simeone il Nuovo Teologo (949-1022), i cui
scritti, che suscitarono linquietudine delle autorit ecclesiastiche, editi dal suo discepolo Niceta Stetato (ca. 1005-90), eserciteranno un influsso sulla spiritualit monastica bizantina. Non sembra per, contrariamente a quanto stato possibile rilevare a proposito dellet precedente, che gli imperatori a cominciare da Romano II abbiano svolto
un ruolo attivo nellambito delleducazione o della vita intellettuale. La
situazione cambia nellxi secolo, nel momento in cui lo sforzo bellico si
fa meno oneroso [Lemerle 631].
Rispetto al secolo precedente, il mondo bizantino pare essere divenuto pi ricco, pi aperto e variato. La sua cultura si riflette sulle nazioni vicine, come opportunamente testimoniato, ad esempio, dallattivit
dei traduttori georgiani sullAthos o ad Antiochia. Ma possibile notare anche qualche indizio, bench naturalmente limitato, di una apertura verso altre culture. Se infatti necessario attendere il xiii secolo perch i contatti con lOccidente comincino a essere fruttuosi, in particolare nel campo della teologia, gi alla fine dellxi si pu ravvisare qualche
traccia di influssi orientali a Bisanzio. Il dotto Simeone Seth, la cui famiglia certamente originaria di Antiochia, traduce dallarabo trattati
medici e, allinizio del regno di Alessio I, volge in greco il romanzo orientale di Kalila wa Dimna sotto il titolo di Stephanites e Ichnelates. In territorio edesseno, alla fine dellxi secolo, Michele Andreopulo traduce
anchegli una raccolta di novelle orientali, la Storia del filosofo Syntipas.
Le citt delle province orientali recentemente riconquistate allImpero,
quali Antiochia, vivono una loro propria vita culturale, ma anche altrove si cominciano a notare segnali di risveglio. Pare che, grazie alla rinascita urbana, linsegnamento secondario si sia trasferito in provincia,
trapiantandosi ad esempio a Trebisonda o a Tessalonica. La vita intellettuale vera e propria, tuttavia, rimane appannaggio quasi esclusivo di
Costantinopoli, dominata allepoca dalla figura di Michele Psello, lopera e la carriera del quale anche se egli il primo a esagerarne limportanza forniscono le migliori testimonianze sulla storia culturale del
tempo.
Michele (battezzato con il nome di Costantino) Psello, nato a Costantinopoli nel 1018 da una modesta famiglia, ricevette la sua prima
istruzione nella scuola del monastero costantinopolitano di Ta Narsou.
In un solo anno, ci informa, impara a memoria le regole ortografiche e
lIliade: vale a dire che segue sempre a Ta Narsou? linsegnamento
tradizionale impartito dal grammatikos. A 16 anni si volge alla retorica,
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nografia che illustra gli eventi occorsi negli anni dal 976 al 1078 , dispirazione spiccatamente memorialistica, unopera originale che conferma limpressione che Psello, lungi dallessere un semplice poligrafo,
sia in effetti uno scrittore di razza.
La sua carriera subisce una svolta decisiva nel momento in cui chiamato a Palazzo, dove raggiunge i suoi protettori o amici Costantino Leicuda, Giovanni Xifilino e soprattutto Giovanni Mauropoda, il pi vecchio e il pi autorevole dei tre. Limperatore Costantino Monomaco, il
quale ama circondarsi di letterati, testimonia un vivo interesse personale per la cultura, intervenendo anche nellorganizzazione dellinsegnamento. Il titolo di console dei filosofi viene coniato da lui, come pure, forse, quello di maestro dei retori (maistor ton rhetoron), attestato
per la prima volta negli anni 1050. Ma soprattutto, attraverso una novella databile senza dubbio al 1047 redatta da Mauropoda, egli organizza linsegnamento del diritto:
Constatando che, mentre le altre scienze e arti dispongono di sedi e di cattedre
con docenti regolarmente retribuiti, il diritto risulta essere sfavorito, limperatore
decide di nominare nomophylax (guardiano delle leggi) Giovanni Xifilino e di assegnare alla scuola di diritto (didaskaleion nomon) una sede nel nuovo monastero di
San Giorgio dei Mangani, che egli ha appena terminato di fare edificare. Il nomophylax, oltre alla sua carica di insegnamento, sar anche responsabile della custodia dei
libri di diritto contenuti nei locali della biblioteca; la sua retribuzione annuale
quattro libbre doro fissa, cos come stabilito il rango elevato che dovr occupare nella gerarchia palatina. Linsegnamento dispensato agli allievi della scuola
gratuito.
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lo e dei suoi amici, anchessa rivelatrice del nuovo spirito che pervade la vita culturale a Bisanzio. Le testimonianze su simili scuole si fanno via via pi numerose. Nella stessa Costantinopoli la presenza attestata di cinque istituti scolastici di livello almeno secondario, localizzati presso la Theotokos Chalkoprateia, a San Teodoro di Sforacio, ai
Quaranta Martiri, alla Diakonissa e a San Pietro, pare significare che il
mondo della didattica intrattenesse con la Chiesa rapporti pi stretti, e
in ogni caso pi evidenti, di quanto non avvenisse nelle epoche precedenti. Alcuni maistores vengono nominati direttamente dal patriarcato.
Ciononostante, non si tratta dellesercizio di un monopolio, e tutto lascia credere che altrove si potesse seguire linsegnamento tradizionale
impartito dai grammatikoi. Lintervento della Chiesa, come quello dellimperatore, non esclude linsegnamento privato e, piuttosto che a una
opposizione anacronistica tra ci che pubblico o ci che religioso e ci che non lo , sar opportuno ravvisare in tale quadro una situazione in cui diversi tipi di istituzioni si compenetrano fluidamente,
senza particolari rivalit.
Lintervento della Chiesa, alla fine dellxi secolo, si manifesta soprattutto attraverso una maggiore vigilanza nei confronti dellinsegnamento
della filosofia. Un discepolo di Michele Psello, Giovanni Italo [Gouillard
804], nominato console dei filosofi a sua volta, colpevole di aver misconosciuto i limiti che sarebbe opportuno imporre alla ragione naturale
e di avere in qualche modo sovvertito il giusto rapporto tra filosofia e
teologia, fu testimone dellimprovvisa condanna del suo insegnamento,
censurato anonimamente nel 1076-77. Il sinodo pronuncia una serie di
anatemi che definiscono nel modo pi chiaro quale debba essere, agli occhi della Chiesa, il ruolo della filosofia e della cultura profana.
Il sinodo condanna coloro che tentano di spiegare attraverso il ragionamento
lIncarnazione e lunione ipostatica, coloro che resuscitano gli errori dei filosofi pagani a proposito dellanima e del mondo; coloro che considerano le lettere profane
non come semplici sussidiarie, ma come depositarie della verit [Les Regestes 51, n.
907].
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che Robert Browning [788] oppone allo sviluppo dei lumi che si manifestano nella medesima epoca, legando i due fenomeni a una dialettica che, secondo la sua opinione, caratterizzerebbe la vicenda intellettuale dellxi-xii secolo.
Nel xii secolo, il ruolo della Chiesa nellinsegnamento contrassegnato inoltre dallesistenza dun corpo di didascali strutturati allinterno del clero della Grande Chiesa, i primi tre dei quali, docenti a Santa Sofia, sono incaricati di materie quali lesegesi dei Salmi, dellApostolo1 e infine disciplina assegnata al didascalo ecumenico del
Vangelo, e fanno parte degli arconti patriarcali. La struttura di tale corpo docente ci ormai meglio nota [Katsaros 815; Loukaki 825], quantunque alcune zone dombra continuino a sussistere, in particolare con
riferimento allesatta natura dei loro ruoli. Un decreto di Alessio I, datato al 1107, pone un problema giacch, se limperatore legifera effettivamente sul conto dei didascali della Grande Chiesa, li accomunerebbe a semplici predicatori, investiti dal patriarca di una carica puramente pastorale che essi eserciterebbero nei quartieri della capitale.
Lultimo editore di tale testo, Paul Gautier [248], ritiene in proposito che il decreto di Alessio non abbia niente a che vedere n con i tre
didascali del Salterio, dellApostolo e del Vangelo, n con i didascali docenti di materie profane. Nulla, in effetti, anche considerando i termini utilizzati dal testo stesso del decreto, lascia intendere che detti personaggi siano implicati; e lo stesso Balsamone, ricordando il decreto in
questione, considera anchegli i didascali di cui si fa menzione come dei
semplici predicatori.
Paul Magdalino [828], da parte sua, pensa che le misure prese da
Alessio nel 1107 allo scopo di determinare elezione, carriera e retribuzione dei didascali-predicatori possono essere applicate altrettanto bene ai dodici didascali altrove menzionati, anche se questo collegio pu
essersi evoluto in seguito fino ad assumere la forma sotto la quale oggi noto. Lo stesso autore ricorda inoltre la testimonianza resa da Anselmo di Havenberg il quale, fornendo il resoconto dei suoi colloqui con
Niceta di Nicomedia, da lui conosciuto nel 1136 a Costantinopoli, ci
ragguaglia intorno al fatto che questi sarebbe stato a capo di un gruppo formato da dodici maestri che, secondo la consuetudine dei Greci,
presiedono tanto allo studio delle arti liberali quanto a quello delle Sacre Scritture. La carriera di alcuni didascali mostra in modo evidente
fino a che punto le istituzioni della Chiesa e quelle scolastiche possano
trovarsi sovrapposte, mentre le opere che sono giunte fino a noi testimoniano del ruolo che i chierici della Grande Chiesa hanno svolto nella storia letteraria del xii secolo.
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Michele Italico, nato nellultimo decennio dellxi secolo, insegna retorica e filosofia. Fra i suoi allievi presente in particolare un autore notevole, Teodoro Prodromo, personalit letteraria caratteristica dellepoca. Celebrato dai contemporanei come novello Platone, Italico fa parte della cerchia di eruditi che fanno corona a Irene Duca. Le sue opere
conservate fin qui, sostanzialmente lettere ed elogi, appartengono al
campo della retorica. Senza dubbio egli gi diacono e, in data ignota,
strutturato allinterno del corpo dei didascali. A Natale del 1142 giunge ai vertici di tale corporazione, divenendo didascalo del Vangelo. Lanno successivo viene nominato metropolita di Filippopoli, in Tracia, sede che occuper fino alla morte avvenuta prima del 1157. Niceforo Basilace (1115-82 ca.), uno dei retori pi famosi e pi originali del tempo
[Garzya 803], anchegli integrato nel corpo dei didascali, verso il 1140
viene nominato didascalo dellApostolo. Coinvolto in una disputa teologica, deve tuttavia recarsi in esilio nel 1156-57 compromettendo cos
la sua carriera ecclesiastica.
Unaltra personalit svolge un ruolo importante nel mondo intellettuale di Costantinopoli. Nominato dallimperatore, il maestro dei retori che vediamo spesso attorniato da discepoli assume la funzione
di oratore ufficiale, venendo incaricato annualmente di pronunciare gli
elogi dellimperatore e del patriarca. Si tratta molto spesso di un diacono della Grande Chiesa, ma non ci sono indizi che appartenga al corpo dei didascali. Il pi celebre di tali maistores senza alcun dubbio Eustazio di Tessalonica (1115-95 ca.) [Wirth 855].
Professore pubblico (demosios didaskalos) e diacono della Grande Chiesa, presso la quale svolge lufficio di magister delle richieste (epi
ton deeseon), Eustazio viene insignito molto probabilmente nel 1168
del titolo di maestro dei retori, finendo la sua carriera come metropolita di Tessalonica, sede che occuper dal 1174 (o dal 1177) fino alla morte, verso il 1196. Eustazio uno dei pi grandi eruditi bizantini, al quale siamo in particolare debitori di importantissimi commenti
sullIliade e sullOdissea, in cui egli fa tesoro dellapporto dei commentatori precedenti, a volte per noi perduti. Altre sue opere di commento
su Pindaro, su Dionisio Periegeta o su un canone di Giovanni Damasceno sono riconducibili, come anche i commenti omerici, alla sua attivit di grammatikos. I suoi discorsi in onore dellimperatore, del
patriarca o di alti funzionari testimoniano della sua attivit di retore,
e alcuni di essi possono essere riferiti allepoca in cui egli esercita la carica di maistor ton rhetoron. A Tessalonica, Eustazio continua a essere
attivo e produttivo. Alcuni suoi scritti, a quel tempo, sono legati alla
pratica pastorale, bench nello stesso periodo componga anche una in-
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Giovanni Assuco. Il clich del letterato che, per sopravvivere, frequenta le case dei potenti fa la sua comparsa nella letteratura bizantina e si
potuto perci parlare, per la Costantinopoli di questepoca, dellesistenza di veri e propri salotti letterari.
In ambito letterario, la retorica occupa il primo posto. la retorica,
malgrado gli omaggi resi alla filosofia, che domina linsegnamento, ed
leloquenza dapparato a fare la parte del leone nella produzione letteraria. La massa dei testi a noi pervenuti, ancora poco esaminata, considerevole: quelli contenuti nel pi celebre dei manoscritti di retorica
bizantina, lo Scorialensis Y-II-10, continuano a essere parzialmente inediti. La retorica appare prima di tutto come unarte ufficiale e il maestro dei retori, con i suoi allievi, ha lobbligo ogni anno di pronunciare
a Palazzo degli encomi in onore dellimperatore in occasione della solennit dellEpifania, e in onore del patriarca, nel sekreton del patriarcato, a Santa Sofia, il sabato precedente la Domenica delle Palme
[Loukaki 826]. Leloquenza epidittica, nel xii secolo molto pi che in
passato, d origine a testi dotti, difficili, duna estetica barocca, che disorientano il lettore moderno e paiono non aver mai oltrepassato i limiti ristrettissimi della cerchia di letterati entro cui furono prodotti. Cionondimeno, sembra che i discorsi dei retori, legati alle vicende dellattualit, fossero connessi alla diffusione delle informazioni sui grandi
avvenimenti che hanno segnato la vita dellImpero. Numerose opere
testimoniano dellinfatuazione del pubblico costantinopolitano per
questarte raffinata, e la retorica, arte ufficiale, deve anche essere considerata nel xii secolo come larte pi di moda. Ma, per quanto importante essa sia, non sola. il mondo intellettuale nel suo complesso che
colpisce per la sua vitalit. Nel campo delle scienze, la medicina e lastronomia, entrambe molto legate allastrologia, manifestano segnali di
rinnovamento, ad esempio attraverso la gi menzionata opera di Simeone Seth. Il diritto, come abbiamo visto, ha conosciuto un aumento dinteresse nellxi secolo ed sempre a questepoca che dobbiamo la Peira,
preziosa raccolta di sentenze giudiziarie espresse in particolare dal giudice Eustazio Romeo. Nel xii secolo il diritto canonico a essere particolarmente produttivo con le grandi sillogi di Zonara e di Teodoro Balsamone. La teologia si dimostra forse meno brillante, ma possono comunque essere segnalate le opere esegetiche di Teofilatto di Ocrida
[Mullett 835] o le summae polemiche come la Panoplia dogmatica di Eutimio Zigabeno, mentre le Difficolt della Sacra Scrittura di Michele Glica rivelano tendenze pi originali. Le discussioni teologiche dellepoca,
sopra ogni altra cosa, testimoniano di profondi contatti con il mondo latino. Lo studio della filosofia, che pareva compromesso dopo la condan-
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tra la fine del ix e il x secolo [Digenes Akrites 770]. Il xii secolo, con i
componimenti poetici di Glica e soprattutto dello Ptocoprodromo
identificabile senza ombra di dubbio con Teodoro Prodromo stesso, presentato dalla sua opera multipla e sfaccettata come uno dei letterati pi
caratteristici del tempo [Hrandner 773] ugualmente segnato dalla
comparsa delle prime opere in cui la parlata quotidiana tenta di accedere allo statuto di lingua letteraria.
Lxi secolo, e pi ancora il secolo successivo, appaiono cos per la storia della cultura scritta come unet di brillante fioritura, in armonia con
la rinascita economica e le trasformazioni della societ che lImpero conosce. I problemi della fine del xii secolo e soprattutto la presa di Costantinopoli da parte dei crociati segneranno un brusco colpo di arresto.
Tuttavia, al di l dellImpero di Nicea, il secolo dei Comneni trover in
un contesto nuovo un erede e un continuatore nel rinascimento culturale che caratterizzer lepoca paleologa.
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xv. Larte
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i. linee generali.
1. 650-886.
un periodo che pu essere facilmente suddiviso a sua volta. La storiografia non ha potuto fare a meno di attribuire alliconoclasmo una posizione privilegiata: si cercato prima di tutto, pi o meno scientemente, di rinvenire nel secolo precedente le misure censorie imposte da Leone III, le cause che condussero allemergere di un sentimento di ostilit
nei confronti delle immagini, mentre nel corso del periodo successivo,
simmetricamente, si tende a privilegiare la frattura con liconoclasmo
allo scopo di avvalorare la novit di unarte che rinasce dopo un periodo di latenza.
Gli ultimi anni del vii secolo e linizio dellviii non hanno consentito,
a causa delle condizioni complessive dellImpero, di mettere a frutto le
risorse economiche che avrebbero permesso il fiorire di una importante
produzione artistica. Eppure proprio a quel tempo che nella letteratura religiosa si ravvisa traccia di un modo differente di considerare il Cristo, sottolineando la sua umanit e le sofferenze che dovette patire a fronte dellimmagine trionfale del Redentore caratteristica dellet precedente
[Kartsonis 903]. Questa nuova concezione di Cristo, meno consentanea
al gioco dellomologia con la figura dellimperatore, forse non era affatto estranea alle prese di posizione iconoclastiche dei sovrani bizantini, e
di Leone III in particolare, il cui iconoclasmo, a differenza di quello professato da Costantino V, suo figlio e successore, non pare affatto essere
stato espressione di una teologia particolarmente elaborata. inutile in
questa sede diffonderci sulle cause delliconoclasmo, tanto pi che il problema continua a essere ancora molto discusso [Grabar 895; Cutler 879;
per quanto concerne le fonti, Brubaker 868]. necessario capire che limmagine sacra ha assunto una funzione catalizzatrice e nevralgica rispetto a una serie di conflitti ideologici legati alla situazione interna ed ester-
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na dellImpero. Il conflitto, infine risolto a favore della tradizione dominante, si estinto da s, per cos dire, nel momento in cui sono venuti
meno i motivi per continuare a sussistere. Le circostanze che ne hanno
visto lo sviluppo, la violenza dimostrata dai fautori delle immagini dopo l843, il ruolo cui liconoclasmo ha assolto nel contesto dellimmaginario bizantino che consentiva di condannare senza possibilit di appello chi ne fosse accusato non permettono che di farci unidea molto
approssimativa del fenomeno sotto il profilo artistico. Bisogner ancora
ricordare il lusso di cui si circondava Teofilo e quei famosi automi che,
ancora nel x secolo, facevano meravigliare i visitatori della corte bizantina. Lepoca fu pi ricca e brillante di quanto le scarse vestigia conservate abbiano potuto far pensare agli storici i quali, prendendo le parti degli iconoduli, hanno voluto vedere nelliconoclasmo la minaccia dellOriente barbarico sullautentica tradizione ellenica.
La frattura con lepoca iconoclastica segnata dalle prime manifestazioni artistiche dei decenni successivi i salteri con miniature a margine [Corrigan 875] ovvero, in un contesto molto diverso, il manoscritto
contenente le omelie di Gregorio di Nazianzo offerto probabilmente a
Basilio I (Par. gr. 510: Brubaker 867) con ogni verosimiglianza non
possiede la nettezza che le viene tradizionalmente riconosciuta dagli storici dellarte. Il rigoglio del x secolo, il Rinascimento macedone, deve
almeno implicare la premessa di unarte imperiale particolarmente attiva sotto gli imperatori iconoclasti, quale possibile intuire dalla lettura
di qualche documento letterario del tempo.
2. 886-1025.
In base alla denominazione attribuita alla dinastia fondata da Basilio I in seguito alla sua presa del potere nell867 e che si estende ancora per un certo periodo in condizioni difficili dopo la morte di Basilio II, let in questione viene tradizionalmente indicata come Rinascimento macedone. Non si far qui alcun riferimento alla storiografia che
alla base di tale nozione, compito che ci obbligherebbe ad affrontare
il problema importante, ma troppo complesso per poter essere dibattuto in questa sede, della percezione dellarte bizantina nellEuropa del
xix e xx secolo [Spieser 948]. Si oggi tuttavia concordi nellaffermare
che il termine di Rinascimento risulti improprio ai fini di una intelligenza della produzione artistica del x secolo a Bisanzio, anche qualora gli
si volesse attribuire semplicemente il genericissimo significato di rinnovamento (Rinascenza dunque, e non Rinascimento, giusto per ri-
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Occidente, in cui lindividuo, la sensibilit personale, qui compresa sotto la forma della devozione privata, cominciano a rivendicare maggiore
spazio espressivo e ad acquisire una certa legittimit [Magdalino 192].
Ma a Bisanzio la situazione si evolve pi lentamente: lo Stato bizantino centralizzato e dispone di un potere ancora forte grazie al quale,
nonostante periodici conflitti, continua a vigere grande solidariet tra
limperatore e il patriarca. Le innovazioni non godono alcuna legittimit
e vengono anzi facilmente reputate pericolose. Il processo di Giovanni
Italo pu essere inteso sotto questo profilo almeno come un evento simbolico; e se anche, come si cercato di dimostrare, non ha arrestato lattivit filosofica, ad esempio allinterno della cerchia radunata intorno
ad Anna Comnena, esso ha nondimeno funto da ammonimento, inducendo da allora in avanti a dissuadere dallaffrontare questioni teologiche a partire da premesse filosofiche. Nellambito delle arti la medesima situazione implica un complesso di sviluppi a tutta prima contraddittori che si sfiorano vicendevolmente, talora mescolandosi in modo
tale da formare una sintesi le cui componenti non possono essere sempre individuate chiaramente. Nuova importanza viene attribuita alla
soggettivit artistica, bench anche la liturgia debba essere tenuta in
conto. Nel xii secolo, nuove scene fanno la loro comparsa nel programma decorativo delle chiese a recare testimonianza di questo stato di cose: il threnos, che pu e deve essere interpretato a un tempo come il
segnale della particolare attenzione rivolta alla sensibilit emotiva
[Maguire 911] ma anche come cifra di un significato teologico, dellimportanza ascritta alla natura umana del Salvatore; il melismos [Babi 857]
scena eminentemente liturgica, poich mostra il Cristo sotto le sembianze di fanciullo al posto del pane eucaristico fa anchesso comprendere attraverso la sua collocazione, che ne fa una immagine segreta,
la legittima distinzione tra clero e laici.
In maniera analoga, nel momento stesso in cui si diffonde luso delle icone, segno dello sviluppo di forme di devozione privata, limportanza attribuita al calendario liturgico e alle immagini che lo ricordano pu
essere considerata come un tentativo di controllo di tali pratiche di piet.
Devessere stato senza dubbio questo il metodo sperimentato da coloro
che P. Magdalino [192] ha designato come i guardiani dellortodossia
per mantenere il controllo duna evoluzione la cui piena realizzazione
venne definitivamente impedita dagli avvenimenti che condussero nel
1204 alla presa della Citt (e dalla presa stessa). certo che tale situazione contribu certamente, anche dopo la restaurazione dellImpero a
Costantinopoli, ad accrescere profondamente lisolamento culturale del
mondo bizantino.
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lica paleocristiana, che ancora qualche decennio addietro si soleva qualificare di basilica ellenistica, con i suoi colonnati conclusi da una grande abside, scompare dallarchitettura bizantina (almeno nella forma pi
monumentale). Gli storici dellarchitettura o gli archeologi seguitano a
utilizzare il termine di basilica per designare piccole chiese rurali, nella
maggior parte dei casi a una sola navata, talora, ma non sempre, coperte da una volta a botte. Tale denominazione consuetudinaria non deve
tuttavia celare il fatto che si tratta ormai di edifici molto differenti dalle monumentali basiliche paleocristiane del passato: sono costruzioni
modeste, piccole chiese di paese o semplici cappelle private. Esistono
comunque alcune eccezioni, grazie alle quali si pu parlare propriamente di piccole basiliche a tre navate successive allepoca paleocristiana (M.
Altripp, Die Basilika in Byzanz, tesi di dottorato, Universit di Greifswald, a.a. 2003).
Gli unici edifici realmente monumentali che si pu congetturare siano stati eretti fra il vii e la met del ix secolo sono alcune basiliche a cupola per le quali Santa Sofia di Costantinopoli non ha rappresentato che
un modello approssimativo. Tuttavia, n Santa Sofia a Tessalonica
[Theoharidou 953], n la chiesa della Dormizione a Nicea, n Santa Sofia a Bize [tken 929] sono databili con precisione, esattamente come
alcuni altri edifici a esse affini per planimetria ed elevazione. Nella sua
condizione attuale, che risale circa alla met del vi secolo, Santa Irene
a Costantinopoli la pi antica fra queste, bench costituisca un caso
un poco differente dagli altri non solo per la tipologia della pianta ma
anche perch oggi la sua storia ben nota [Peschlow 937]. Il comune denominatore tra queste chiese rappresentato dal fatto che tutte sviluppano ancora una navata vera e propria, dominata da una cupola sorretta su tutti i lati da poderose volte a botte. Si tratta di edifici ancora monumentali, in contrasto, sotto questo profilo, con le chiese di dimensioni
minori costruite successivamente. Non per mera combinazione che alcuni di questi grandi edifici sacri siano chiese vescovili, che in molti casi come, ad esempio, a Santa Sofia di Tessalonica sostituiscono una
primitiva basilica paleocristiana, gi investita della medesima funzione.
Segni sicuri di una ripresa dattivit architettoniche su pi vasta scala emergono soltanto nella seconda met del ix secolo: il pi antico monumento risalente a questepoca, sicuramente databile e conservato
fino a noi, la chiesa di Skripou, dell876. Per la sua funzione e per le
circostanze della sua fondazione pi che per la struttura, che rimarr
uneccezione, la chiesa di Skripou dedicata alla Dormizione della Theotokos e ai santi Pietro e Paolo annuncia molte importanti caratteristiche della nuova architettura bizantina. Luogo di culto privato edificato
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sit primaria per le chiese dun certo livello. Un esempio originale fornito dalla Nea Moni di Chio, fondata da Costantino IX Monomaco, in
cui la cupola poggia direttamente sui muri esterni delledificio grazie allutilizzo di trombe angolari, secondo un piano simile a quello concepito per Hosios Loukas o per il cenobio di Dafni. La chiesa ha forse un
modello costantinopolitano, San Giorgio dei Mangani, fondato anchesso dal medesimo imperatore. Attraverso variazioni formali, lungo tutto
il corso del xii secolo affiora la stessa tendenza: ad esempio, fuori Costantinopoli, nella chiesa di Enez in Tracia, che non possibile identificare con precisione [Ousterhout 930]. Nella stessa Costantinopoli le
architetture maggiormente degne di nota corrispondono alle chiese del
monastero del Cristo Pantokrator, la grande fondazione dei Comneni
in cui le dimensioni della cupola sorretta da semplici colonne raggiungono i massimi limiti di questo tipo di realizzazioni. La chiesa per molto tempo designata esclusivamente con il nome turco di Kalenderhane
Camii, e oggi identificata con il monastero della Kyriotissa una delle pi imponenti dellepoca, e fu a lungo creduta una basilica a cupola
di et molto pi antica. E sempre alla met del xii secolo data la ricostruzione del monastero di Chora voluta da Isacco Comneno, figlio di
Alessio I, al quale si deve pure il monastero della Kosmosoteira a Pherrai (Vira), in Tracia, il cui katholikon esiste ancora [Ousterhout 931; Sinos 945].
Ponendo mente ai monumenti qui passati in rassegna, non sar difficile comprendere limportanza delle fondazioni imperiali, ormai, per
la maggior parte grandi monasteri riccamente forniti di terre. A questi
esempi bisogner aggiungere ancora il monastero della Theotokos Peribleptos, fondato da Romano III Argiro (1028-34) [Mango 917]. Queste
fondazioni imperiali non rappresentano che una tipologia particolare allinterno di un folto contesto di fondazioni private volute, come la gi
citata chiesa di Skripou, da personaggi di maggiore o minore rilievo: architetture la cui ampiezza era certamente proporzionata alle fortune dei
dedicatari [Mango 915]. Si trattava di fondazioni dalle motivazioni complesse, in base a quanto risulta dalla lettura dei typika conservati [Galatariotou 714; Thiermeyer 954; Byzantine Monastic Foundations 80]. La
scelta di un monastero come fondazione di prestigio, al di l di motivazioni dordine economico che in questo volume saranno oggetto di indagini particolari, legata allirradiazione del monachesimo, largamente prevalente rispetto allinflusso episcopale. I grandi cenobi athoniti,
fondati a partire dalla fine del x secolo, sono frutti di questo medesimo
movimento di diffusione [Steppan 950].
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iconoclasti avevano fondamentalmente a cuore una concezione del proprio regno inteso come prolungamento dellImpero dei secoli passati, alla cui gloria essi avrebbero desiderato rifarsi. I loro avversari insistono
sul fatto che tali decorazioni di indole profana, con tanto di scene venatorie e figure di animali, venissero utilizzate anche nei fregi delle chiese, ci che avrebbe dovuto secondo lo spirito degli iconoduli provare lempiet degli imperatori iconoclasti. Ovviamente, nessun fregio di
questo tipo stato conservato, ma non affatto sicuro che tali decorazioni sarebbero state molto diverse dai complessi iconografici documentati dalle pavimentazioni musive delle basiliche paleocristiane. Daltra
parte, gi per quel che concerne gli esempi antichi, la funzione e linterpretazione di tali immagini pongono dei problemi: si chiarito recentemente quali criteri consentirebbero di supporre una interpretazione simbolica o, al contrario, una funzione pi ovvero meramente decorativa [Maguire 740]; per le decorazioni di et iconoclastica di cui si fatto
cenno a tale proposito, la questione sarebbe da porre negli stessi termini: una interpretazione simbolica dovrebbe almeno essere stata possibile, in alcuni casi [Spieser 946]; in altri, poteva trattarsi di immagini neutre, ossia riprodotte a fini puramente decorativi, ma non sarebbero state in alcun modo lespressione della pretesa empiet degli imperatori
iconoclasti come pare avrebbero creduto i loro avversari quandanche Costantino V nel Milion avesse veramente sostituito (come dichiarano le fonti iconodule) le raffigurazioni dei concili ecumenici con scene di corse di carri (in cui si ravviserebbe peraltro unantica simbologia
imperiale). Di tutto questo, tuttavia, non rimane pi nulla; solo pochi
oggetti di lusso vengono a volte messi in rapporto con questo periodo,
senza peraltro che tali attribuzioni abbiano alcuna garanzia di certezza.
Sono state sottolineate a sufficienza le difficolt incontrate nel comprendere effettivamente la dottrina degli iconoclasti nella misura in cui
questa stessa dottrina non ci pervenuta che mutilata e contraffatta,
forse anche a scopo di dileggio, dai suoi avversari. La situazione pare
tuttavia meno disperata nel momento in cui si riconosca di buon grado
che decisioni e dibattiti politici si fondano su sistemi di idee determinati, per non parlare di ideologie, bench generalmente non ne siano il mero riflesso. Perci, nonostante il fatto che non si sappia nulla di ci che
effettivamente gli imperatori iconoclasti pensavano a proposito delle immagini, siamo per almeno in grado di sapere quali fossero gli scopi che
si proponevano. Lo scontro pi appariscente, nella fattispecie il dibattito sulle immagini stesse, nonostante limportanza che rivestiva, non
rappresentava lunica finalit perseguita, anche se stata messa in luce
lemergenza di un vero e proprio dibattito teologico sulle immagini di
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cui reca testimonianza il canone 82 del concilio Quinisesto, detto ancora in Trullo [Barber 860].
Una delle aspirazioni di Leone III e di Costantino V era rappresentata dal voler ristabilire lautorit imperiale rifacendosi alla tradizione
romana originaria. Si pu intuire piuttosto facilmente in quale modo,
nello spirito di Leone III, abbia potuto aver luogo una sintesi tra una
genuina avversione alle icone del Cristo e una inquietudine provata dinanzi a immagini sacre che si moltiplicavano, sempre pi frequentemente manipolate da monaci, i quali disponevano duna certa libert di parola rispetto del potere secolare. Si comprende come Leone III abbia
potuto avvertire la popolarit delle icone come un fenomeno che metteva in ombra limmagine dellimperatore che in passato aveva sempre
fornito il sostegno al riconoscimento del potere imperiale. Su tali riflessioni limperatore avr verosimilmente fondato la decisione di intervenire sulla questione delle immagini; e, in seguito, Costantino V avrebbe edificato su tale risoluzione una dottrina teologicamente molto pi
elaborata. Si costruito liconoclasmo per reazione allo sviluppo del culto delle immagini; eppure, paradossalmente, ha posto in prima istanza
laccento proprio sul potere dellimmagine, il potere capace di fare di
ogni immagine un potenziale idolo. II carattere sacro dellicona ne avrebbe, di conseguenza, ricevuto una sorta di rinnovata legittimit, che
avrebbe finito per trionfare. In questa prospettiva lo sviluppo delliconoclasmo, ben lungi dal rappresentare un tentativo peraltro sventato
di condurre a forza la civilt bizantina lungo un nuovo percorso culturale, lontano dalla tradizione greco-romana, consisterebbe invece in
una sorta di crisi provocata da una evoluzione male accettata, ma che
proprio attraverso tale crisi e nonostante una volont di ritorno al passato sarebbe infine giunta alla logica meta.
b) Il x secolo.
Dopo liconoclasmo le icone riappariranno nelle chiese ma molto gradualmente. La prima giunta fino a noi, gi nota anche dalle fonti scritte, la Theotokos dellabside di Santa Sofia a Costantinopoli, inaugurata nell867. Occorre poi menzionare le decorazioni musive di due chiese, citate nei sermoni di Leone VI [Frolow 891]. Ci nonostante, la
nostra conoscenza della pittura monumentale del x secolo rimane molto frammentaria. Essa si fonda principalmente sulla documentazione
fornita dagli affreschi delle chiese rupestri della Cappadocia [JolivetLvy 900 e 901; Thierry 956; nelle opere citate, i riferimenti ai precedenti essenziali intorno ai cicli pittorici cappadoci]: fatto non poco pro-
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blematico, nel momento in cui ci che conosciamo delle chiese cappadoci non corrisponde benissimo al tipo di decorazioni pittoriche ricordate nei sermoni di Leone VI, che preannunciano, almeno in un caso,
un genere di decorazione che verr sviluppato piuttosto nellxi secolo.
Per la maggior parte, le chiese conosciute tradizionalmente sotto la designazione di chiese arcaiche si differenziano dal punto di vista decorativo sotto numerosi aspetti da quella che spesso viene detta la decorazione classica delle chiese bizantine. Lelemento pi importante il
dipinto absidale: nella maggioranza delle occorrenze si ritrova un Cristo in maest attorniato dai Quattro Viventi della Visione di Ezechiele
e da altre Potenze celesti [Jolivet-Lvy 900], secondo una tipologia decorativa che continua le consuetudini testimoniate dalle absidi delle chiese paleocristiane, in cui il Cristo veniva rappresentato come immagine
di Dio. La Theotokos e il Prodromo sono talvolta anchessi raffigurati
nella medesima scena e rappresentati entrambi come testimoni privilegiati della divinit di Cristo. esattamente questo il significato originario del gruppo figurativo costituito dal Cristo, la Theotokos e san Giovanni Battista, gruppo che gli storici dellarte della fine del xix secolo
hanno denominato Deisis [Walter 964]. La decorazione del catino absidale pu ridursi talvolta a queste tre figure, bench siano rari gli esempi di questo genere anteriori allxi secolo. La scena poco per volta muter significato, finendo per essere interpretata in data pi tarda come
lintercessione della Vergine e del Prodromo dinanzi a Cristo.
Nelle chiese pi caratteristiche, come lantica chiesa di Tokali, o i
Santi Apostoli di Sinaso, o San Giovanni di Gl Dere, i cicli della
vita di Cristo appaiono trattati piuttosto in dettaglio, pur accordando
quantunque con qualche eccezione un rilievo particolare allInfanzia e alla Passione (e spesso vi si trova sviluppato anche un piccolo ciclo battesimale). I miracoli, al contrario, non vengono rappresentati che
in via del tutto eccezionale. In realt, tali cicli non coincidono affatto
con cicli pi antichi, e non sembra perci necessario ricercarne lorigine in un Oriente o in unarte provinciale che si pretenderebbero opposti a Costantinopoli. In particolare, allinterno di tali chiese possibile rilevare una dislocazione di tali pitture radicalmente diversa da quella che caratterizzava lepoca paleocristiana: le scene sono disposte in
circolo lungo le pareti delledificio e non pi in parallelo, da una parte
e dallaltra dello spazio principale. Il fatto si osserva agevolmente tanto nelle chiese a una sola navata quanto nelle chiese a croce greca.
difficile dire precisamente, per la mancanza di decorazioni conservate
dal periodo precedente, a quando possa risalire questa evoluzione, ma
la si riscontra gi nella decorazione voluta da papa Giovanni VII (705-
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Trasfigurazione a Koropi (Attica), concordemente datata intorno allanno Mille: il Cristo raffigurato allinterno della cupola secondo limmagine consueta del Pantokrator, ma circondato dalle Potenze celesti e dai
Viventi che lo accompagnano solitamente nelle figurazioni absidali.
Il quadro appare dunque ancora molto sconnesso, se non contraddittoriamente scomposto tra monumenti conservati che offrono allattenzione particolarit difficili da interpretare e testi dorigine costantinopolitana che mostrano, al contrario, una immagine dinsieme familiare,
dando limpressione che le decorazioni pi usitate a partire dallxi secolo siano state gi adoperate di consuetudine nel secolo precedente. Il sintetico profilo che si tentato fin qui di fornire vuole ipotizzare che ci si
trovi a osservare le tracce duna evoluzione complessiva che non siamo
in grado di cogliere nei particolari. Analoghe osservazioni potrebbero
essere fatte anche dal punto di vista stilistico: giunto fino a oggi troppo poco dei mosaici o, pi genericamente, delle pitture parietali costantinopolitane per poter trarre conclusioni sicure. La Theotokos dellabside di Santa Sofia a Costantinopoli a tal punto eccezionale da non
poter essere adoperata come termine di paragone. Le sole vestigia utilizzabili a tal fine sono perci, in sostanza, i pochi ritratti di et leggermente pi tarda di patriarchi costantinopolitani conservati lungo
la parete settentrionale della stessa chiesa. Un altro elemento di riflessione degno dinteresse fornito dalla somiglianza tra alcune figure dellAscensione di Tessalonica e alcune raffigurazioni allinterno del gruppo delle chiese arcaiche di Cappadocia. Uno stile semplice e che non
mostri soggetti in pose plastiche e naturalistiche non necessariamente
caratteristico duna provincia arretrata.
c) Lxi-xii secolo.
La vera fioritura di quella che stata designata come la decorazione
classica bizantina avr luogo soltanto nellxi secolo. Si ancora in attesa di un corpus sistematico in grado di rendere conto di tutte le varianti; si pu nondimeno partire dalla chiesa tessalonicese della Panagia ton
Chalkeon, risalente al 1028, che fornisce tra laltro un buon riferimento cronologico; in seguito si dovranno considerare i monumenti di maggior prestigio nella Grecia dellxi secolo, Hosios Loukas in Focide, la
Nea Moni di Chio, Dafni nei dintorni di Atene, anche in questo caso
per la mancanza di monumenti costantinopolitani. Gi in questi casi
compare un certo numero di elementi caratterizzanti e tali da consentire una vista dinsieme sulla questione dellevoluzione delle decorazioni,
senza tuttavia permetterci di conseguire una chiara comprensione degli
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sviluppi stilistici in gioco. In ogni caso, per quel che concerne il periodo in oggetto considerato nel suo insieme, si dispone comunque di qualche indicazione sicura, come levoluzione a partire dal xii secolo verso quello stile particolarmente schematico detto tardocomneno il cui
esempio pi caratteristico fornito da San Giorgio di Kurbinovo [Hadermann-Misguich 898]. Laspetto spettacolare di questo stile, daltra
parte, ha celato a lungo lesistenza, alla fine del xii secolo, duno stile
molto pi calmo e pittorico [Mouriki 921].
Oggi si concorda ad ammettere che la decorazione delle chiese bizantine fosse concepita come una sorta di complemento della liturgia:
per mezzo delle sue qualit estetiche, deve creare il contesto adeguato
alla ricezione del messaggio liturgico [Spieser 947; Walter 963]. A tale
scopo, bisogna essere in grado di dare al fedele limpressione di essere
trasportato in un mondo celeste che lo circondi e in cui vengano rappresentati i momenti eternamente veri della storia della Salvezza. Il suo
centro focale a questo punto tuttuno con quello della liturgia, ossia il
santuario [Sinding-Larsen 943]. La parte pi sacra della chiesa, il santo dei santi, cos il luogo in cui, a motivo di tale sacralit, la decorazione appare meno soggetta allevoluzione ma le cui trasformazioni, per
la stessa ragione, sono necessariamente significative. Ricordiamo qui gli
elementi principali. Limmagine della Theotokos viene dipinta allinterno del catino absidale: a lei che si rivolgono le preghiere per le quali la
Vergine Deipara prima creatura umana ad aver realizzato leconomia
della Salvezza e ad essere innalzata fino a Dio funge da intercessore,
sovrastando la scena della Comunione degli Apostoli che si va generalizzando: distinta nelliconografia bizantina dallUltima Cena di Cristo,
essa il modello della celebrazione eucaristica che si svolge nel medesimo spazio del santuario. A questa celebrazione viene fin dallorigine associata la Chiesa stessa attraverso le figure dei santi vescovi, i Padri della Chiesa che avevano assolto a tale funzione riuniti attorno a Basilio e
a Giovanni Crisostomo, gli autori della liturgia bizantina. In questa maniera, il sacerdote celebrante incluso in maniera visibile nella tradizione della Chiesa. Questa prossimit verr ulteriormente enfatizzata quando, alla fine del xii secolo, far la sua comparsa la scena del melismos, in
cui i santi vescovi vengono rappresentati nellatto di officiare il culto.
Sovrasta laltare la scena dellAscensione, atta a ricordare che grazie al
sacrificio celebrato nellEucaristia la stessa natura umana a essere salvata, poich nellAscensione Cristo sale al cielo con la sua umanit.
Allestremit opposta della chiesa il nartece, luogo che assolve alle
funzioni pi varie e dunque meno investito di sacralit, viene ornato dei
fregi pi vari, che lasciano intravedere il rapporto con le azioni liturgi-
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che che vi sono officiate: nelle chiese monastiche, in particolare, la decorazione del locale riflette sovente la tradizionale funzione funeraria
riservatagli, mentre la frequente occorrenza di scene relative allepisodio evangelico della lavanda dei piedi deve essere messa in relazione con
il rito praticato dalligumeno nella ricorrenza del gioved santo. Le scene battesimali, infine, si spiegano in maniera analoga rievocando riti
quali il battesimo o la benedizione delle acque ufficiati allinterno del
nartece stesso.
Lo spazio centrale della chiesa, il naos, dominato da una cupola entro cui quasi sempre campeggia la figura del Cristo Pantokrator, simboleggiante Dio che veglia perennemente sul mondo e sulle sue vicende.
Le zone superiori delle pareti e le volte sono decorate essenzialmente da
una serie pi o meno numerosa di scene della vita di Cristo, evocate in
modo analogo nei vari momenti della liturgia. Spesso questo ciclo viene
ancora denominato ciclo delle Dodici Feste, nonostante le frequenti
varianti tra le scene che lo compongono [Spieser 947 e 949]. Ci di cui
i committenti di tali decorazioni parietali paiono preoccuparsi soprattutto lorganizzazione di tali scene in un ciclo omogeneo, oltre alla presenza di alcuni momenti fondamentali in cui, rievocando la vita di Cristo, larticolazione tra la natura divina e la sua umanit venga simboleggiata il pi chiaramente possibile: Annunciazione, Nativit, Battesimo,
Crocifissione, Risurrezione. Il confronto, che in questa sede non possibile istituire, fra i grandi monumenti qui evocati rivela come le preferenze della committenza, larchitettura della chiesa, la sua dedicazione
nonch vari aspetti legati alle circostanze della sua fondazione rappresentino altrettanti fattori di variet nella scelta e nella disposizione di
tali immagini.
Questo sistema, preannunciato durante il x secolo, trover la sua vera attuazione soltanto nellxi, bench gi nel secolo successivo sia possibile notare al di l delle varianti tradizionali dei mutamenti cui
necessario attribuire un certo significato come indizi di una reale evoluzione. Evoluzione complessa, perch giocata su un duplice registro. Si
sviluppa un crescente interesse per lespressione di sentimenti e del
dolore: cos che fra tali immagini viene interpretata la comparsa del
threnos, termine con cui si suole indicare la scena che rievoca le lamentazioni della Theotokos sul corpo di Cristo, il cui primo esempio monumentale databile con sicurezza la scena dipinta nella chiesa di San Pantaleone a Nerezi (1164). A tale tema necessario associare il soggetto
del dolore della Theotokos, rappresentato in particolare in alcune icone
bifronti della fine del xii secolo, sullaltra faccia delle quali viene spesso dipinta la scena della Piet. Tuttavia almeno una parte di tali inno-
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vazioni deve nello stesso tempo essere messa in rapporto con la liturgia:
si dimostrato come loccorrenza di immagini della Piet fosse motivata dal desiderio di possedere una icona del Cristo utilizzabile durante le
solennit della Passione senza essere esplicitamente legata a un momento preciso di essa [Belting 862].
La stessa insistenza sulla liturgia e sul suo carattere sacro pu spiegare le nuove icone strettamente connesse al santuario. Lesempio pi
chiaro costituito dalla comparsa del melismos precedentemente menzionato: sulla parete del santuario raffigurato, tra le immagini dei Padri della Chiesa, un altare sovrastato da patena e calice. Nella patena
giace il Cristo in forma di infante, allo scopo di indicare senza ambiguit
la realt del sacrificio eucaristico. Lo sviluppo del templon, lo schermo
che separa il santuario dallo spazio riservato ai fedeli costituisce un fenomeno analogo. Alcuni testi rivelano che allepoca si insisteva, e pi
ancora che in passato, sulla necessit di impedire ai fedeli di vedere e
addirittura di udire quanto si svolgeva nel santuario. Il templon comincia a questo punto a ricoprirsi di icone, che poco per volta vengono poste sistematicamente sullepistilio, a riprodurre sempre pi spesso un vero e proprio ciclo delle Dodici Feste cos denominato dai poeti contemporanei che lo descrivono che circonda la Deisis. Tali immagini,
le ragioni del cui sviluppo sono riconducibili allimportanza assunta dal
calendario liturgico [Spieser 949], costituiscono un riflesso della decorazione della chiesa e alludono alla liturgia che viene ufficiata dietro il
templon. cos che, verso la fine del xii secolo, iniziano a fare la loro
comparsa bench la questione sia ancora dibattuta le grandi icone
posizionate tra le colonnette del templon.
Si tratta di icone destinate a diventare il supporto privilegiato di una
devozione privata. Bisogner per in tale contesto ricordare ancora le
icone che venivano poste su una sorta di leggio, detto proskynetarion,
ubicato dinanzi allo schermo del templon, su cui si soleva esporre unicona connessa alla festa del giorno, spesso illuminata in modo particolare e offerta quindi alla venerazione dei fedeli. Pi in generale, questo
periodo conosce un notevole sviluppo delle icone portatili. Ancora una
volta si rileva il rafforzarsi, favorito dal clero, della dimensione liturgica della piet e, contemporaneamente, unapertura alla devozione personale, un fenomeno profondo e per nulla suscettibile di controllo ecclesiastico. impossibile non porre tale evoluzione in rapporto con la
comparsa di qualche firma su tali opere darte [Bacci 858]. Nicola Mesarita, nella sua descrizione delle decorazioni musive che ornavano la
chiesa dei santi Apostoli nel xii secolo, ricorda che lartista stesso aveva inserito il proprio autoritratto allinterno di uno dei mosaici. Si trat-
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tava certo duna lenta evoluzione verso una nuova spiritualit in cui lindividuo avrebbe goduto di uno spazio maggiore di quello che possiamo
notare in seno ai mutamenti artistici che caratterizzano il xii secolo, un
processo che venne tuttavia interrotto dagli eventi del 1204 [Magdalino 192].
3. Dalla Corte alla citt e alla campagna: arte profana, arti suntuarie,
oggetti quotidiani.
a) Unarte di corte.
Levoluzione di cui si detto, sottesa da una valorizzazione dellindividuo e notata pure in ambito letterario [Magdalino 192], ci permette di formulare nuovamente la questione dellarte profana. gi stata
ricordata in precedenza, a proposito delliconoclasmo, unarte profana
che veniva rimproverata agli imperatori in quanto prova della loro pretesa empiet. Bisogner perci menzionare ancora una volta lesempio
delle scene di corse circensi che Costantino V avrebbe fatto riprodurre
sulle pareti del Milion al posto delle raffigurazioni dei concili ecumenici, auspicando una ripresa di temi figurativi propri di unarte trionfale
perfettamente comprensibile in et pi antiche ma ormai caduta in desuetudine. Si potrebbe avere addirittura limpressione, sulla scorta della documentazione monumentale giunta fino a noi, che dopo liconoclasmo non esista pi alcuna arte imperiale trionfale e ostensibilmente pubblica. Le uniche icone imperiali che ormai vengono in mente sono quelle
di Santa Sofia, in cui viene messa in evidenza la sottomissione del basileus a Cristo, sia che tale condizione venga espressa nella forma pi estrema, come nel mosaico del nartece che mostra un imperatore Leone VI,
senza alcun dubbio prostrato ai piedi del Cristo, sia che, pi semplicemente, il sovrano venga rappresentato nellatto di recargli offerte, come nei pannelli della tribuna meridionale di Santa Sofia, illustrata dai
ritratti musivi di due coppie imperiali, Costantino IX Monomaco e Zoe,
Giovanni II Comneno e Irene (in questultimo riquadro la Theotokos
sostituisce Cristo, ma senza sostanzialmente modificare il significato
dellimmagine).
La situazione in realt pi complicata, giacch la grande maggioranza dei ritratti imperiali non ci giunta, come dimostrano le testimonianze desumibili dalle fonti letterarie [Magdalino 219]. La cospicua
presenza di icone imperiali attestata, a contrario, dalla notizia relativa
alla distruzione dei ritratti di Andronico I: Niceta Coniata informa che
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le immagini dellimperatore riprodotte su pareti e pannelli decorativi sono state distrutte dalla folla al momento della sua caduta. Ci si pu
ancora fare unidea di queste icone, in cui limperatore era raffigurato
frontalmente, ornato di tutti i regalia a lui spettanti, osservando i due
tondi conservati uno a Washington e laltro a Venezia [Vikan 960].
Tuttavia le icone, verosimilmente numerose, che raffiguravano imperatori vittoriosi in guerra o durante battute di caccia, ci sono oggi del tutto ignote. Le uniche vestigia in grado di dare una indicazione indiretta
di tale iconografia sono degli affreschi dellxi secolo rappresentanti le
scene che si svolgevano nellIppodromo conservati lungo la scalea di Santa Sofia di Kiev, che possibile immaginare esemplati su modelli costantinopolitani. Altrettanto eccezionale un manoscritto miniato di unopera storica la Cronaca di Giovanni Scilitza, nella fattispecie in cui
vengono raffigurati vari episodi concernenti limperatore [Tsamakda
957]. Tuttavia, se si deve prestar fede al silenzio dei testi, nel xii secolo non compaiono pi immagini dellimperatore nellIppodromo. Scene
belliche e venatorie trovavano spazio nei palazzi imperiali: particolarmente celebri quelle che avevano adornato il Palazzo delle Blacherne,
la residenza favorita dei Comneni. Come queste scene, anche le miniature dei manoscritti rappresentano, secondo modalit che bisognerebbe
valutare caso per caso, altrettante occasioni di rendere omaggio allimperatore attraverso il manoscritto che gli viene offerto in dono; ovvero
possono essere, al contrario, mezzi adoperati dal sovrano stesso allo scopo di celebrare la propria gloria o di esibire la propria devozione religiosa, come nel frontespizio della Panoplia Dogmatica di Eutimio Zigabeno in cui raffigurato Alessio I quale committente del manoscritto. Let
dei Comneni o, con maggior precisione, il regno di Manuele I ha conosciuto una vera fioritura dellarte imperiale.
Tali scene dovevano riflettersi nelle immagini, ancor meno note, che
ornavano le ricche dimore private, doverano considerate altrettanti
omaggi resi allimperatore. Giovanni Cinnamo parla di un generale di
Manuele I, Alessio Assuco, il quale avrebbe fatto ornare le pareti della
sua residenza con raffigurazioni di fatti darme aventi per protagonista
il sultano, finendo cos per essere sospettato di mancanza di lealt. In
una dimora di Tessalonica erano state messe in parallelo, a scopo di
omaggio, le vittorie di Giosu ed altrettanti trionfi militari di Manuele I. Le descrizioni dellimmaginario palazzo di Digenis Akritas, in cui
si favoleggiava trovassero posto numerose pitture a soggetto mitologico, rivelano quale dovesse essere un ulteriore carattere di questo genere di decorazioni.
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b) Le arti suntuarie.
Questarte aulica, i cui committenti sono limperatore stesso o personaggi altolocati, diviene per noi pi concreta attraverso una serie di
oggetti. I beni di questo tipo che possono essere sicuramente messi in
rapporto con il sovrano sono dei tessuti pregiati in particolare, sete
che costituivano un elemento importante per la diplomazia bizantina.
Alcuni di tali manufatti sono famosi: converr citarne almeno due, il sudario di san Germano, risalente senza dubbio allxi secolo, e il grande
drappo di seta rinvenuto nel sepolcro di Gunther, vescovo di Bamberga, morto nel 1065 al ritorno da un pellegrinaggio in Terrasanta e a Costantinopoli, che si pu immaginare sia stato donato al presule occidentale dallimperatore Costantino X (1059-67). Non necessario collegare la scena di glorificazione imperiale che vi raffigurata ad alcun
avvenimento storico preciso, anche se si continua a congetturare ipotesi di questo tipo [Baumstark 861, pp. 206-10].
Meno preziosi sono i celebri cofanetti a fregi di rosette contornanti
scene profane, ispirate a miti classici. Per la maggior parte intagliati in
osso e non in avorio, a eccezione del pi famoso tra di essi, il cofanetto di Veroli , sono oggetti che consentono di apprezzare un altro
aspetto dellarte secolare di questepoca, divenuto una sorta di leitmotiv in seguito agli apprezzamenti degli storici dellarte bizantina del x
secolo. La presenza di motivi antichi o antichizzanti su alcuni avori o su
simili oggetti darte suntuaria, come un vaso a decorazioni mitologiche
conservato nel Tesoro di San Marco a Venezia, servita a sostenere lipotesi che il ritorno a fonti antiche possa aver rappresentato una componente importante dellarte bizantina a partire dalla fine del ix secolo.
Nella storiografia, la nozione di un Rinascimento macedone che sarebbe succeduto allet oscura delliconoclasmo ha dominato a lungo le riflessioni sulla storia dellarte bizantina, senza che si notasse come i temi antichi ricorrenti su tali oggetti di lusso a Bisanzio non rappresentavano che cifre puramente decorative, per di pi spesso utilizzate in modo
parodico, senza alcuna pretesa di rifarsi allo spirito o ai valori dellarte
antica, come si dimostrato a proposito del cofanetto di Veroli.
Il ritorno alla tradizione rappresentava certo una componente di rilievo dellattivit artistica del x secolo, ma vi si cercava prima di tutto
un ritorno ai valori e ai tempi che avevano fatto la grandezza dellImpero. Il passato venerato ed emulato era let tardoantica, non la classicit. In tale prospettiva possibile spiegare laspetto di manoscritti e
miniature annoverati tra i prodotti pi celebri dellarte bizantina. Menzioneremo per loccasione solo i pi notevoli fra di essi, quali la raccol-
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liare. Nonostante la gradevolezza dellaspetto, essa tuttavia nellinsieme mediocre dal punto di vista della qualit della fabbricazione. Si tratta certo, come indicato dagli scavi, di una ceramica comune, destinata
allutilizzo quotidiano nei villaggi, nelle cittadine come Pergamo, ma
anche nei centri urbani pi importanti, fino alla capitale. un materiale che non ha mai conosciuto la voga e linfatuazione di cui venne fatto oggetto nel mondo islamico o, a maggior ragione, presso la civilt cinese. Lunico momento in cui pare essersi avviato uno sviluppo di genere analogo tra la fine del ix e il x secolo, quando nellImpero bizantino
viene prodotta una ceramica a pasta bianca, che successivamente riceve
una decorazione dipinta. Anche a tale proposito, tuttavia, si dovr rilevare che, sulla base delle scoperte fatte fino a oggi, il vasellame propriamente detto continua a essere molto poco rappresentato [Zalesskaya 971].
Sono soprattutto i rivestimenti architettonici, di templa in particolare, a
essere fabbricati secondo questa tecnica, cos come delle icone in ceramica. Gli esemplari pi noti sono stati prodotti in Bulgaria, a Preslav e
nelle sue vicinanze. Bench si sia cercato di dimostrare il contrario, le
origini di tale produzione si situano allinterno dei confini dellImpero
bizantino, dove sicuramente attestata a Nicea pur essendo probabilmente presente nello stesso periodo anche a Costantinopoli.
Altrimenti, in termini generali e senza entrare nel dettaglio della questione, trattata diffusamente altrove [Franois 890], la grande maggioranza del vasellame da tavola adoperato nel mondo bizantino viene trattato, soprattutto a partire dallinizio dellxi secolo, con una vetrina
piombifera, conosciuta gi in et ellenistica e romana, combinata con
una tecnica decorativa denominata graffito che permetteva di eseguire semplici ma gradevoli effetti ornamentali. Si tratta senza dubbio duna tecnica ispirata ad analoghe esperienze maturate in seno al mondo
islamico, in particolare iraniano, dove attestata dal ix secolo. Soltanto alla fine del periodo qui considerato si rinvengono testimonianze duna produzione di livello qualitativamente pi elevato, tanto sotto il profilo tecnologico quanto dal punto di vista decorativo. Gli esemplari pi
riusciti sono stati scoperti negli scavi di Cherson e sono oggi conservati allErmitage di San Pietroburgo. Conosciuta sotto il nome di Zeuxippos Ware, stata largamente diffusa, anche se, a quel che sembra, in
piccoli quantitativi, e ancora pi largamente imitata. Ma il centro di produzione originale di tale oggettistica, responsabile delle sue forme pi
compiute, non stato ancora identificato, nonostante il fatto che le conoscenze intorno alla Zeuxippos Ware e alle sue imitazioni siano state
rinverdite ultimamente grazie a un approccio archeologico e archeometrico di qualit [Waksman 962].
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Questa sommaria panoramica ha inteso evidenziare lestrema ampiezza del ventaglio di ci che si pu designare complessivamente come
produzione artistica bizantina, giungendo a comprendere lambito che
oggi si denominerebbe preferibilmente dellartigianato. Ma si sa bene
che, malgrado la differenza tra una preziosa stauroteca e lumile vasellame da tavola, non esisteva un confine inequivocabile corrispondente
a una distinzione che a noi oggi pu sembrare ovvia. Si cos voluto rendere giustizia a questa lunga e lenta evoluzione che attraversa i secoli
centrali della storia di Bisanzio, ma che troppo a lungo stata misconosciuta.
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xvi. LAnatolia e lOriente bizantino
Il termine Oriente (Anatole in greco) nelle fonti bizantine pu assumere significati molteplici.
Dalla fine dellAntichit, Oriente designa, in senso strettamente
amministrativo, la diocesi civile dipendente da Antiochia, sede del comes Orientis; il suo territorio, a est della catena del Tauro, comprende
la Cilicia, la Mesopotamia e lEufratesia, la Siria e la Palestina [MB I,
carta 1, pp. 12-13], distinguendosi da tre altre diocesi, Egitto, Asia e
Ponto (fra le ultime due suddivisa lintera Asia Minore). Tale accezione spiega la denominazione di tema anatolico attribuito nel vii secolo ai contingenti militari rimpatriati dallOriente e stabilitisi nel cuore
dellAsia Minore, quindi alla circoscrizione in cui vennero insediati. Si
ritrova ancora alla fine dellxi secolo come parte del titolo di cui si fregiano alcuni patriarchi di Antiochia, presente anche sui loro sigilli. In
base a una tradizione amministrativa pi lata, Oriente farebbe invece riferimento alla prefettura del pretorio per Orientem, con sede a Costantinopoli, il cui comprensorio era esteso dalla Tracia allEgitto; cos
i temi terrestri di Tracia, di Macedonia e dAsia Minore alla fine del ix
secolo venivano chiamati temi orientali (anatolika themata). Secondo unaccezione ulteriore, a carattere pi geografico, Oriente rinvierebbe semplicemente ai territori dellImpero situati a est di Costantinopoli e degli stretti; cos, verso la met del x secolo, il domestico delle scholae dOriente esercitava la sua autorit su quanto era sottoposto
alla giurisdizione costantinopolitana in Asia Minore, Siria, Mesopotamia e Armenia, mentre Tracia e Macedonia erano sottoposte al domestico dOccidente. Esiste infine, attestata nel x secolo, una equivalenza che occorre ancora ai giorni nostri nel nome di Anatolia inteso come
sinonimo di Asia Minore. Nel corso di questo capitolo, il termine Oriente verr considerato sulla base della terza accezione menzionata.
Durante il periodo considerato, la parte principale e talora unica dellOriente bizantino fu formata dallAnatolia propriamente detta, la regione che costitu il supporto essenziale dellImpero almeno fino allxi
Bursa
Smirne
Focea
Sardi
ea
nd
Kotyaeion
Tiatira
Magnesia
Pergamo
Adramittio
ro
Synada
Dorileo
Carta 5. LOriente.
rodi
Efeso
Mira
Strade principali
Xanto
Patara
Iconio
cipro
Germanicea
Antiochia
di Pisidia
Akroinos
Corico
Seleucia
Tarso
Adana
Laodicea
Antiochia
Aleppo
Anazarbo
Amida
Edessa
Samosata
250 km
Trebisonda
Satala
Melitene
Colonea
Tefrice
Germanicea
Licando
Cesarea di Cappadocia
Nigde
Tiana
Podando
porte cilicie
Eraclea
Sebastea
Neocesarea
Samsun (Amiso)
Tzamandos
Amasea
Charsianon
Eucaita
s
aly
Mocisso
Gangra
Taurus
Ancira
Lago Tatta
Amorio (Tuz Gl)
Sangario
Malagina
Nicea
Claudiopoli
Ierapoli
Laodicea
Tralle
Cone
Sozopoli
Mileto
Eraclea del Latmo
Milasa
Melanudio
Perge
Syllaion
Attalia
Side
mitilene
chio
Pege
Abido
Lopadion
monte olimpo
Poimanenon
Lampsaco
Nicomedia
Calcedonia
Elenopoli
Pile
Cizico
Costantinopoli
Eraclea Pontica
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MAR NERO
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Tigri
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secolo, allorch il ruolo verr assunto dai Balcani. Limportanza dellAnatolia nella storia dellImpero dunque innegabile; e si tratta duna
importanza rilevabile anche allinterno di alcune correnti storiografiche
che hanno interpretato la dualit geografico-amministrativa tra Oriente e Occidente dellImpero sulla base di un preteso contrasto civile e culturale fra Asia ed Europa. Studi recenti [TIB; Geyer 1021], dibattiti [He
Mikra Asia 1081; Lampakis 1053], materiali documentari rinnovati grazie allapporto delle indagini sigillografiche e numismatiche, nonch una
pi esatta determinazione dei confini dellAsia Minore, hanno via via
sottolineato, al di l dei tratti pi generali condivisi con il resto dellImpero, loriginalit e la complessit dellOriente bizantino nel corso dei
secoli di cui ci occupiamo.
LAsia Minore la sola regione dellOriente bizantino che sfugga
alla dominazione arabo-islamica. Nellet precedente, la sua storia era
coincisa con quella di un Impero la cui frontiera orientale, lungo lalta
valle dellEufrate e attraverso il deserto, aveva subito modifiche nel
complesso irrilevanti. LAsia Minore aveva beneficiato di condizioni
di pace e prosperit che avevano favorito lintegrazione delle sue province in seno allImpero di Bisanzio, pur senza cancellare del tutto una
eterogeneit frutto di una vicenda storica antica che la caratterizzava
rispetto alle adiacenti regioni della Siria, della Mesopotamia e del Caucaso [Jean-Pierre Sodini, in MB I]. Esposta da ogni lato alle incursioni
nemiche, lAnatolia cessa nel vii secolo di costituire il ben munito centro dellImpero per divenire unardua zona di guerra; da allora, la sua
storia fu prima di tutto la storia della fluttuazione delle sue frontiere e
delle concomitanti evoluzioni amministrative. I primi confini tra la regione e il mondo arabo vennero fissati alla fine dellviii secolo attraverso laccidentata zona montagnosa del Tauro e dellAntitauro, allinterno della quale viene cos a formarsi una sorta di terra di nessuno posta
a cuscinetto fra Impero bizantino e domin arabo-islamici; la difesa venne assicurata dalla creazione dun vasto sistema di temi e clisure, permettendo nel ix secolo allAnatolia di ricominciare a prosperare. Unaristocrazia militare localmente radicata fu quindi in grado, nel secolo
successivo, di conquistare la regione frontaliera costituitasi in precedenza e, sostenuta dal potere imperiale, di estendere ulteriormente a
est dellAnatolia il territorio dellImpero fino in Armenia, Mesopotamia, Cilicia e Siria settentrionale. Lorganizzazione in ducati e temi
dun genere nuovo fu consentanea a tale seconda frontiera, ben delineata nel 1025 e corretta in seguito fino al 1064. Una terza frontiera,
interna, questa volta, fu leffetto della profonda penetrazione e del graduale insediamento dei Turchi sullaltopiano anatolico; la loro occupa-
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zione non lasci a Costantinopoli che le regioni micrasiatiche dei bassipiani, alcune delle quali cominciarono infine a manifestare velleit secessioniste.
Dal vii secolo al xii lAnatolia, sola superstite dellOriente bizantino, perci riuscita di nuovo quantunque provvisoriamente ad ampliare i suoi confini, prima di conoscere una spartizione duratura.
Frutto della storia, i mutamenti delle frontiere anatoliche hanno contribuito a conferire alle regioni interessate una variet economica e umana alla quale la geografia non estranea [Birot 985; Mitchell 1055]. Lo
squilibrio tra pianura e altopiano inequivocabile, giacch questo ricopre quasi il 90 per cento del territorio al di sopra dei 500 m. Il contrasto risulta per meno radicale qualora si assuma come discriminante il
livello dei 1000 m: la differenza netta a sud, visibilmente sottolineata dal sistema del Tauro, mentre lo gi di meno a nord, dove la rete
idrografica non viene eccessivamente condizionata dalla presenza delle
catene pontiche, cui a ovest si deve laspetto territoriale caratteristicamente tormentato della Bitinia e dellEllesponto. Per quanto riguarda
le regioni occidentali, caratterizzate da montagne selvose tra cui si trovano buoni approdi, esse conoscono una progressiva elevazione dal livello del Mar Egeo, mentre le valli fluviali consentono allambiente mediterraneo di penetrare in profondit allinterno del continente, in modo tale che le province egee di Misia, Lidia e Caria rappresentano
altrettante zone di transizione tra la costa e i rilievi della Frigia. Laltopiano stesso, identificabile per la totale assenza di manti boschivi, non
affatto uniformemente piatto; delimitata dalla Galazia, la Licaonia forma al centro della penisola un bacino, talora pi depresso dei territori
frigi, per poi risalire a partire dal corso dellHalys in Cappadocia fino al
corso superiore dellEufrate, che intralciato dalle pendici dellAntitauro e dalle propaggini delle catene pontiche non si saprebbe descrivere come una linea continua. La carta che illustra la dislocazione delle
citt evidenzia la diversit del rapporto intercorrente fra le pianure e
laltopiano [Hendy 651, pp. 27 e 93].
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ro e dellAntitauro, impossibili da valicare durante linverno, rendevano in effetti illusorio e, in pratica, impossibile il progetto dun insediamento permanente sul suolo anatolico per le truppe arabe prive di
contatti con le loro basi siriane: gli Arabi non svernavano mai per due
anni di seguito nei medesimi luoghi. Quanto alle citt, pur essendo alla
merc degli invasori, non vennero mai occupate n distrutte. In quello
stesso periodo, Costantinopoli resistette ad attacchi diretti portati via
mare.
La relativa tranquillit, frutto di tregue successive, concluse tra i belligeranti a partire dagli anni 680, consent a Bisanzio di rafforzare in Bitinia le difese della capitale e, al contempo, di organizzare qualche azione contro il nemico. Alla fine del vii secolo Costantinopoli manteneva
ancora in suo potere i bassopiani di Cilicia, il destino di Melitene e di
Teodosiopoli non era ancora segnato, e la Grande Armenia non era
ancora totalmente perduta. Tuttavia, dopo una pesante disfatta subita dai Bizantini nel 692, le incursioni ripresero, anno dopo anno, in
primavera, a danno delle regioni prossime alla frontiera o al di l di essa: Melitene e i suoi dintorni, la Cilicia, la Cappadocia con la Galazia
e la Pisidia furono saccheggiate, senza un decisivo avanzamento della
dominazione araba. Da ci deriva il grande tentativo del 716 contro Costantinopoli, la cui conquista avrebbe potuto comportare, in tempi pi
o meno lunghi, quella dellAnatolia stessa.
Lo scacco subito nel 718 dovette cancellare la certezza di un annientamento possibile dellImpero, modificando le prospettive della guerra
in Anatolia. Mentre la comparsa di nuovi avversari, i Cazari, stornava
lattenzione degli Arabi verso un nuovo fronte bellico nelle regioni del
Caucaso che essi dovevano ben presto assoggettare, lAnatolia si trasform nel teatro di una guerra in cui, a fianco di spedizioni pi ambiziose, i califfi cominciarono a privilegiare le piccole operazioni di saccheggio volte a snervare e demoralizzare i Bizantini. Nacque in questo
modo la consuetudine di sferrare sistematicamente ogni anno degli attacchi simultanei a nord, al centro e a sud delle province bizantine con
lobiettivo deliberato di convergere successivamente in una localit prestabilita del centro. La Frigia, la Pisidia e lAsia egea vennero frequentemente devastate, e linsicurezza torn a regnare sullaltopiano centrale. Gli eserciti bizantini, per, sotto limpulso di decisioni prese da imperatori di origine anatolica, grazie ai quali la capitale viene dotata di
nuovi corpi darmata, si dimostrarono a questo punto pi forti e aggressivi, infliggendo agli Arabi nel 740 una grave sconfitta, per intervenire
nuovamente nel 746 a Germanicea, spingendosi nel 751 fino a Melitene e a Teodosiopoli.
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Stabilitisi nel 762 lontano dalla Siria, gli Abbasidi organizzarono ancora, dopo il 775, alcuni grandi attacchi a scopo di saccheggio in grado
di garantire loro il dominio della Cilicia. Illustrato da grandi spedizioni
terrestri e da scorrerie marittime, il califfato di Harun al-Rashid (786809) segn comunque lepoca della stabilizzazione accettata. Rinunciando a nuove conquiste al di l del Tauro, il califfo si impegn nellopera
di consolidamento delle sue marche di frontiera. Allalba del ix secolo
era cos in via di assestamento un nuovo equilibrio di forze. LAnatolia, difesa da eserciti che avevano finito per radicarsi profondamente sul
suo territorio, a differenza del resto dellOriente bizantino rimaneva
territorio dellImpero, divenendone anzi, dato larretramento di questultimo nei Balcani, il fondamento principale.
Anche se si tiene conto delle guerre persiane dellepoca di Eraclio, i
cui effetti sono tuttora oggetto di discussione [Haldon 1023 e Shahid
1023; Reinink 1061], i due secoli appena trascorsi avevano lasciato il segno. Pur senza prenderne durevole possesso, il nemico aveva messo a
dura prova le citt, devastandone le campagne in pianura con regolarit,
frequentemente o sporadicamente, distruggendo raccolti e insediamenti, facendo prigionieri e razziando il bestiame, rendendo insicure le strade: sarebbe possibile redigere la lunga lista di almeno 45 centri urbani
presi e saccheggiati, talora varie volte di seguito, tra il 643 e la fine dellviii secolo. Lamministrazione centrale, specialmente fiscale, fondata
sulle citt e i servizi municipali, si era poco per volta disgregata, compromettendo cos anche la retribuzione degli eserciti la cui costante mobilitazione rappresentava dovunque una condizione di necessit primaria. Infine, anche se difficile rilevarne lentit, certamente esistito
un movimento di fuga in cerca di asilo verso la capitale da parte delle
aristocrazie locali tradizionali e delle gerarchie ecclesiastiche.
b) Evoluzioni amministrative (dal vii allinizio del ix
secolo).
La durata della guerra e lubiquit delle incursioni portarono, attraverso graduali sviluppi, a mutamenti amministrativi che si concretizzarono in una triplice trasformazione: militare, con il ripiegamento in Anatolia e lo stanziamento territoriale permanente di quattro eserciti; amministrativa, con la progressiva acquisizione delle funzioni civili da parte
delle circoscrizioni militari, che fecero di questi territori nella prima
met del ix secolo le sole regioni amministrative di riferimento; politica, con il ridimensionamento delle circoscrizioni stesse.
Due differenti tipologie di truppe si ritrovarono in Anatolia, a ovest
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poli era affidata allo stratego di Caldea e alla dinastia georgiana dei Bagratidi, recentemente stabilitasi nelle vicinanze. Anche Colonea divenne una clisura, cui fu demandata la tutela della Caldea e laccesso alla
valle dellalto Eufrate.
Pur senza che le grandi arterie viarie, influenzate dai rilievi montuosi, venissero modificate, possibile notare a fianco della strada tradizionale, detta dei pellegrini che, toccando Calcedonia, Nicomedia,
Nicea, Ancira e, a est del lago Tatta, Tiana, conduceva verso la Cilicia,
la Siria e Gerusalemme , lo sviluppo di un nuovo asse che da Nicea raggiungeva Dorileo e Amorio, attraversava la Licaonia via Iconio fino a
costeggiare in Cappadocia il Tauro, dirigendosi verso Cesarea e Sebastea per raggiungere infine Teodosiopoli, lArmenia o la valle dellEufrate. Gli aplekta che delimitavano questo itinerario sottolineano linteresse militare di una strada dalle cui varie diramazioni era possibile giungere ai valichi del Tauro.
Fra tughur e clisure, la nuova frontiera aveva raggiunto una certa
estensione, al cui interno vigevano costumi e sistemi di vita particolari.
Vi si era costituita di fatto unintera societ, con i suoi ghazi e i suoi akritai, che vivevano di razzie e di incursioni, pur godendo anche dei piaceri pi quotidiani dellesistenza. In tale contesto nacque appunto, nellambito della letteratura orale, il personaggio epico di Digenis Akritas.
Al sicuro entro questa zona di frontiera trovavano ricetto transfughi e
banditi, come i Pauliciani ai quali lemiro di Melitene accord diritto di
asilo allinizio del ix secolo, consentendo loro la creazione di un temibile Stato militare a Tefrice [Haldon 1025]. La frontiera divenne anche il
luogo di nuove modalit di rapporti diplomatici documentati dalla pratica e dal cerimoniale di scambio dei prigionieri, attestati dallinizio del
ix secolo fino alla met del x lungo il corso del Lamo [Kennedy 1036;
Haldon 1024; Campagnolo-Pothitou 993; Beihammer 984].
Lindebolimento del califfato alla met del ix secolo lasci il pi delle volte le sorti della guerra alliniziativa personale degli emiri di Tarso,
di Melitene e di Teodosiopoli, i cui attacchi non misero affatto in pericolo lImpero che rispose su tutti i fronti alloffensiva. A partire dalla
frontiera, un sistema di ripetitori ottici informava Costantinopoli delle
incursioni arabe. La presa di Tefrice nell872 comport pure la resa duna serie di piazzeforti poste tra questa e Samosata ma non la caduta di
Melitene. Seguirono altre vittorie in prossimit dei passi montani, le
quali esaltarono il valore di Niceforo Foca il Vecchio, mentre continuarono ad avvicendarsi scorrerie, tregue e scambi di prigionieri con gli emiri di Tarso.
Senza notevoli progressi territoriali, il decennio 863-73 fu tuttavia
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decisivo, come testimonia la trasformazione piuttosto rapida delle clisure in temi che poco per volta guadagnarono terreno a scapito di ci
che un tempo era la no-mans land della frontiera bizantina, ci che fa
supporre un ampliamento e un consolidamento dellautorit imperiale
sulla regione. Nell830 la Cappadocia era gi divenuta un tema, mentre
Colonea e Charsianon lo divennero tra l863 e l873. questo il contesto in cui il potere centrale inizia a preoccuparsi del ripopolamento delle regioni appena riconquistate a est di Cesarea.
Limportanza di tali mutamenti risalter con maggiore evidenza nel
momento in cui sono messi in rapporto con il nuovo contesto del ix secolo, che vide riaffermare lamministrazione dello Stato sul territorio dellImpero. Certo lo stratego, una volta divenuto potente, tale era rimasto
nel suo tema; ma, al termine di un lungo processo, nuove strutture economiche e fiscali avevano assunto le funzioni che gi erano state appannaggio della prefettura del pretorio dOriente [cfr. cap. vi], creando i
meccanismi che avrebbero ora consentito allo Stato le cui basi monetarie si stavano rinnovando se non di dirigere le sorti della sua economia, almeno di sostenerla [Nikou Oikonomides, in EHB, pp. 973-1058].
Lo stratego era ormai in grado di intervenire pi efficacemente nella vita dei suoi territori, e specialmente in quella dellAnatolia, sempre predominante in seno allImpero, ma sotto un nuovo aspetto.
2. La nuova Anatolia.
Nel corso di tre secoli, la guerra era stata il denominatore caratteristico comune allintera Anatolia; i suoi vincoli con la capitale, mai recisi, vennero frattanto rafforzati. Dietro la complessit del vocabolario
che accompagna la sua nuova e graduale divisione territoriale si pone la
questione dellomogenea diffusione nel paese di quegli stessi tratti originali che gi avevano fatto la loro comparsa nella vita degli uomini.
a) Un lessico nuovo.
Dal vii al ix secolo, la geografia antica viene messa a soqquadro. Il
passaggio dal mondo antico al mondo protobizantino aveva visto linserimento delle etnie anatoliche nel tessuto delle province costantinopolitane e la riuscita pi o meno evidente della loro integrazione [Mtivier
1051]. Limpatto della ricostruzione necessitata dalle guerre contro gli
Arabi su tale evoluzione rimane difficile da apprezzare per le modifiche
subite dal lessico geografico.
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La geografia ecclesiastica mantenne nellinsieme la terminologia delle province, ereditata dal passato romano ed evocatrice di una eterogeneit ormai superata, e conobbe perci pochi mutamenti. Al contrario,
lo sviluppo dei temi comport una evoluzione del lessico relativo alla descrizione regionale dellAnatolia.
I cinque primi temi raggruppavano globalmente le province dellantica suddivisione territoriale. Il loro frazionamento aveva dato luogo alla nascita di comprensori locali che corrispondevano talora solo nominalmente a una provincia antica (Paflagonia), ma che potevano anche
associare elementi territoriali diversi (Buccellari). I sigilli rivelano che
le denominazioni provinciali erano progressivamente scomparse dalluso amministrativo o non designavano altro che frazioni di unit territoriali pi ampie (Bitinia, Galazia, Licaonia, Panfilia). Altri toponimi venivano invece caricati di significati ulteriori che li rendevano equivoci
(Cappadocia, Ponto), mentre nuovi termini si sostituivano ai pi antichi pur designando entit regionali sostanzialmente identiche, come i
Tracesi, cui pressappoco corrispondeva lantica provincia dAsia; alcuni nomi venivano adoperati indifferentemente al plurale o al singolare
(Armeniaci/Armeniaco). La nuova toponomastica poteva rinviare a specificit militari (Opsikion, Buccellari, Ottimati) o a realt urbane (Colonea, Charsianon, Cibirreoti, Seleucia); in altri casi, nuovi contributi
arricchivano il vocabolario geografico locale (Caldea). Altri termini ancora corrispondevano a realt contemporanee in evoluzione (Anatolici,
Armeniaci) senza che peraltro si fosse perduto il ricordo della loro genesi. Cos i Bizantini non esitavano, alla fine del ix secolo, a parlare di
temi armeniaci per designare i temi creati a partire dagli Armeniaci
primitivi [Haldon 372; Seibt 350]. I tratti effettivi gradualmente acquisiti dallinquadramento tematico dal vii secolo al ix si sono imposti al di
l delle frontiere dellImpero, come dimostra la letteratura geografica
araba del ix secolo [Miquel 1054, carta p. 393]: presso questa si ignora
del tutto, infatti, la toponomastica delle antiche province, anteriore alla nascita del mondo arabo-musulmano, ricordando in compenso, alla
met del ix secolo, undici temi anatolici variamente denominati come
amal, band ovvero bilad con le loro fortezze; non mancano che i soli
Cibirreoti. presente anche Seleucia con un prefetto dei valichi.
Lo studio del passaggio da un vocabolario provinciale al lessico tematico nelle fonti letterarie consentirebbe forse di seguire in concreto
il passaggio o meno nella vita quotidiana di nuovi riferimenti territoriali, un passaggio che si concretizzer pi tardi in una nuova accezione
della parola tema: non pi circoscrizione ma regione. Alla met del x secolo, in ogni caso, al di l dellevidente preoccupazione antiquaria del
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suo autore, il De thematibus di Costantino Porfirogenito rifletteva ancora perfettamente il desiderio, la difficolt e, senza dubbio, la necessit di rendere conto della nuova realt dei temi in relazione alle antiche realt provinciali.
Levoluzione di questo lessico non si presenta priva di problemi agli
occhi di chi si occupa della storia di questi tre secoli. La preziosa Tabula Imperii Byzantini basata globalmente, non senza fondamento, su una
ripartizione provinciale dellImpero atta a comprendere lintera sua storia. Quando si tratta di fornire informazioni sullevoluzione delle regioni anatoliche dal vii al ix secolo, tale principio si rivela chiaro ed efficace per zone ben circoscritte quali la Licia o la Panfilia [TIB, 8]; la sua
applicazione diviene per pi complessa in relazione a regioni quali la
Cappadocia [TIB, 2], i territori occidentali della costa pontica [TIB, 9]
o dellaltopiano, che si ritrova frammentato in unit territoriali minori
[TIB, 4 e 7]; mentre talora lo stesso metodo pu apparire di utilizzo ancora pi problematico [TIB, 5]. Studi regionali condotti su lunghi periodi concernenti il Ponto [Bryer 991] o la Bitinia [Geyer 1021] mettono
in luce la difficolt di rendere conto del periodo relativo alla strutturazione dei temi a partire dalle antiche province; mentre altrettanto poco
agevole si rivela lapproccio storico-geografico inverso, che consideri lAnatolia a partire dai suoi temi, per quanto potrebbe rivelarsi profittevole al fine di apprezzare il quadro delle trasformazioni non soltanto amministrative verificatesi nel corso di questi secoli [He Mikra Asia 1081].
In effetti, la formulazione dei nuovi lineamenti caratterizzanti dellImpero dal vii al ix secolo in ambito economico, sociale e religioso si
fonda spesso sulla generalizzazione di situazioni anatoliche il cui valore
esemplare, per lAnatolia stessa nel suo complesso, meriterebbe di essere illustrato attraverso una pi accurata contestualizzazione regionale.
b) Ruralizzazione e aristocrazia.
Anche lAnatolia partecipa della tendenza generale al decremento
demografico che caratterizz il vii e lviii secolo, che non pot essere
controbilanciata neppure dalle politiche di ripopolamento forzato del
territorio attuate specialmente in Bitinia [Ditten 480]. La tendenza sub
uninversione alla met dellviii secolo, stabilizzandosi dal ix secolo in
poi in termini di crescita demografica costante, che favor la ripresa economica dellImpero [cfr. cap. ix, pp. 233-34]. In Anatolia, tale tendenza demografica interess territori in cui la vita della popolazione locale
aveva subito profondi cambiamenti. soprattutto qui che il processo di
trasformazione della vita cittadina che ebbe inizio gi nel vi secolo, se
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non addirittura prima di allora, conobbe la maggiore accelerazione, quantunque la sua incidenza dovesse variare conformemente allinuguale densit della rete urbana [Brandes 989].
Diversi studi monografici hano precisato lentit di tale fenomeno
in contesti quali Efeso [Foss 484], Sardi [Foss 1013 e 1020], Pergamo
[Klinkott 1037; Rheidt 940], Smirne [Cheynet 1003], in Licia [Foss
1017], in Panfilia [Foss 1018], nellAsia egea [Foss 1014], pi recentemente in Paflagonia [Crow 1006] e in Bitinia [Geyer 1021], vale a dire
generalmente in regioni particolarmente urbanizzate ed ellenizzate. Si
conosce assai meno bene il resto dellAnatolia, soprattutto laltopiano,
eccettuata forse Ancira [Foss 1015] o Amorio [Lightfoot 1044 e 1045;
Brandes 641].
Poche citt, quali Nicea, Smirne, Attalia e Trebisonda, paiono aver
sofferto meno di altre di tale situazione, ma per la maggior parte i centri urbani deperirono, pi o meno lentamente, ridimensionando larea
abitata o mutando il proprio nome; talora il sito pot cambiare ubicazione; in altri casi gli abitanti poterono addirittura dissociarsi fino a formare comunit distinte [Haldon 1024].
Laspetto che pi colpisce di tale fenomeno risiede nella trasformazione dellaspetto generale e nel cambiamento delle funzioni degli agglomerati urbani [Brandes 990 e 641; Bouras 472; Dagron 605]. Le citt,
di cui nessuno si preoccupa pi di conservare o di restaurare lantico decoro monumentale, mentre viene gradualmente offuscandosi la condizione dei curiali, sono ancora chiaramente identificabili per via delle fortificazioni che permettono di garantire la sicurezza degli abitanti e quella dei coloni della campagna adiacente. Incidentalmente, esse possono
tuttavia essere ancora sedi vescovili. I Bizantini ne parlano ora come di
kastra, pur senza che la parola polis scompaia completamente dal vocabolario o dalla coscienza di alcuni abitanti. Il passaggio da polis a kastron
non privo dimportanza per la comprensione dellulteriore passaggio
alloikos aristocratico, come in Paflagonia [Crow 1005].
Daltra parte, qualunque cosa se ne sia potuto pensare, le citt rimanevano comunque il luogo in cui si attuava una certa economia di
scambio, di cui testimonierebbe lallestimento di fiere regionali (Efeso, fine dellviii secolo) e lesistenza, nel vii e viii secolo, dun certo numero di mercanti provinciali. Fra essi oltre ad alcuni modesti negozianti, vi furono pure autentici uomini daffari, per qualche tempo anche
funzionari, il cui raggio dattivit rimase tuttavia limitato almeno fino
al ix secolo [Oikonomides 617; Laiou 548]. I mercanti continuarono
cos a mantenere un legame fra la citt e la campagna e, in modo particolare anche se luso della moneta risultava ormai essersi ridotto ,
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ti martiri di Amorio, non macchia comunque il suo territorio. Pi durevoli conseguenze avr invece, nello stesso periodo, il rafforzamento
delle Chiese non calcedonesi sui medesimi territori di confine, in seguito riconquistati. Fu questo il caso della Siria, in cui il patriarcato melchita antiocheno, smembrato e decapitato dalla conquista, quindi ricostituito verso la met dellviii secolo, visse momenti difficili non essendo stato in grado di impedire la formazione di una Chiesa maronita
autonoma; o ancora in Mesopotamia, dove la Chiesa giacobita di Antiochia conferm il forte radicamento consolidando le proprie fondazioni
monastiche. I mutamenti furono ancora pi notevoli in Armenia, laddove tendenze anticalcedonesi, gi affermatesi allinizio del vii secolo,
si irrobustirono ulteriormente durante la dominazione araba, pur senza nascondere del tutto una forte presenza di correnti calcedonesi [Garsoan 433]; a dispetto di tentativi di avvicinamento a Costantinopoli
nel ix secolo, la sua Chiesa si afferm come una chiesa-nazione, fondata su una liturgia e un diritto canonico normalizzati [Mah 1047], prendendo distanze sempre pi nette dalla Chiesa di Georgia, lunica tra le
Chiese adiacenti al territorio imperiale a professarsi apertamente calcedonese fin dallinizio del vii secolo [Martin-Hisard 1049].
Il tratto pi significativo della vita religiosa in Anatolia durante questo periodo fu lo sviluppo di un monachesimo che trov il suo terreno
di coltura favorito nelle zone montane del paese, talora non lontane da
grandi centri urbani, come Crise Petra in Paflagonia [Kountoura-Galake 1039], e soprattutto nellAnatolia egea. appunto in questi territori che, sullOlimpo di Bitinia, nacque nellviii secolo il fenomeno dei
santi monti [Talbot 1071], che si sarebbe sviluppato ancora nei successivi ix e x secoli sul monte Cimina con la lavra di Michele Maleino
[Auzpy 979 e 980; Hutter 1032] e sul massiccio del Latro, nelle vicinanze di Mileto [cap. xiii, pp. 357-58]. Inoltre numerosi monasteri sorgevano, sparsi lungo la costa e nella piana di Atroa. Tali ambienti monastici dai quali emergono i nomi di Teofane il Confessore, di Platone o di Teodoro Studita con i loro santi alimentarono a partire dal ix
secolo la produzione agiografica anatolica [Efthymiadis 1011]. Alle agiografie dei fondatori di cenobi e degli eroi delliconodulia, tutti concentrati nellAsia Minore occidentale, fanno da controcanto le Vite di santi uomini locali, pi vicine alla quotidianit [Rosenqvist 1063], di cui si
ha ancora traccia in Filarete alla fine dellviii secolo [Ryden 92 e 1065].
Dopo Giorgio di Amastri, la figura del santo vescovo tende a scomparire.
forse proprio questa relativa concentrazione localistica della santit a consentirci di spiegare lo sviluppo di luoghi di culto sparsi sul ter-
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Il litorale meridionale accentu una sua vocazione marittima, sottolineata dalla creazione del tema dei Cibirreoti, che confer una unit artificiosa a un insieme di province gelose delle loro varie realt locali e
delle loro singole specificit [TIB, 8, p. 1077]. La Licia, pietrosa e accidentata, celebre per le sue tradizioni marinaresche e le sue foreste, priva di grandi citt ma costellata di piccoli centri che avevano saputo rinnovarsi, conobbe una parziale rinascita, testimoniata verso la fine dellviii secolo a Mira [Borchhardt 987; Kountoura-Galake 1040] e ben
visibile ancora a Dereazi; la pianura di Panfilia non preserv che una sola delle grandi citt antiche, Attalia, che non cess di prosperare affermandosi come uno dei maggiori centri commerciali bizantini [Foss 404].
Pi distante, laspro territorio dellantica Cilicia Trachea, unita allIsauria dapprima nella clisura, poi nel tema di Seleucia fu principalmente assorbita dallo sforzo bellico concentrato sul fronte cilicio [TIB, 5, p.
1075].
Il Ponto pu designare, secondo la necessit, linsieme o soltanto la
parte orientale della costa del Mar Nero, dallentroterra montuoso coperto di foreste. Si diversific allinterno, allinizio del ix secolo, attraverso
la creazione, al di l dei Buccellari, della Paflagonia e della Caldea. Qualche rara informazione conferisce alla prima, volta a settentrione verso la
Crimea e confinante a meridione con la Galazia che era entrata a far
parte dei Buccellari con Ancira e le sue popolose campagne , una certa individualit rurale e agiografica. Nella Caldea ancora immersa nella
guerra, Trebisonda, che fu un bellesempio di continuit urbana, cominci lentamente a strutturare i suoi rapporti con la Lazica e il mondo ibero. Tra la Paflagonia e la Caldea, gli Armeniaci, originaria culla del paulicianesimo, non disponevano ormai che di Sinope insieme a una pianura litoranea relativamente esigua, raccordata per grazie a una serie
di zone-cuscinetto alla Cappadocia lungo un territorio ricco di tradizioni agiografiche [Hutter 1033; Walter 1083], controllando le vie dirette
verso lOriente.
Tripoli
Mar
Mediterraneo
Laodicea Apamea
Antiochia
Adana
Harran
Mardin
Nisibi
Martiropoli
taron
Teodosiopoli
Olti
Dura
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Bagdad
Lago di Urmia
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Trebisonda
Samosata
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lare nellepoca in cui il confronto con lemiro hamdanide di Aleppo tendeva a configurarsi come un confronto tra Impero cristiano e Impero
islamico [McGeer 974]. La storiografia contemporanea riflette tale orientamento culturale con i suoi studi sulla guerra [Miller 366; Tsiknakis
368] e le sue numerose controversie sulla nozione di guerra santa [Kolia-Dermitzake 414 e 1038; Laiou 1042; Oikonomides 1056; Kolbaba
413].
b) Laristocrazia anatolica.
La rottura dellisolamento anatolico e la formazione dun nuovo
Oriente bizantino sono successi che si possono attribuire ad alcune famiglie dellaristocrazia militare apparsa alla fine del ix secolo. Radicate
nelle loro propriet fondiarie localizzate nei temi di frontiera su cui
erano riuscite a esercitare la loro autorit militare , queste famiglie furono le grandi beneficiarie della riconquista e della ritrovata pace dellAltopiano. Pi che un esempio particolare di aristocrazia bizantina di
provincia, esse ne rappresentano lincarnazione vera e propria; le funzioni che si trovarono a svolgere concentravano nelle loro mani tanto la
politica bizantina in Asia Minore quanto nella capitale stessa, giacch i
loro membri si avvicendarono nella carica di domestico delle scholae dOriente, ascendendo addirittura, in alcuni casi, al trono imperiale. I sovrani macedoni, dal canto loro, dopo il regno di Basilio I rinunciarono
del tutto a stabilire una presenza militare in Anatolia [cfr. cap. ii, p. 33].
Nel corso del x secolo, si trovano famiglie di varia importanza un po
dovunque in Anatolia. Alcune, di rango modesto, erano presenti in Bitinia; un po meno fra i Tracesi; altre si trovavano nei territori degli Anatolici e degli Armeniaci come pure, verso la fine del secolo, nel comprensorio di Antiochia. Ma il dominio per eccellenza delle grandi famiglie di
provincia, di quelle che furono in grado di accedere direttamente o attraverso rappresentanti del medesimo clan familiare al potere imperiale, fu la zona delle frontiere orientali in cui si giocavano le sorti della riconquista: la Cappadocia, il Charsianon, la Mesopotamia, la Caldea.
in tali regioni che si trovavano le basi fondiarie dei Focadi e dei Maleini, dei Curcua-Tzimisce, dei Lecapeni, degli Argiri e degli Scleri
[Cheynet 461, carta p. 246, e le genealogie].
Queste famiglie non costituirono mai un solo blocco omogeneo, unito da interessi comuni. Grazie a una clientela fidelizzata dalle vittorie
conseguite, e beneficiando dun ampio spiegamento familiare propizio
alla concentrazione degli uffici e allestensione della rete di alleanze, i
Focadi rappresentavano il gruppo dominante, interessato allampliamen-
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indeboliti, vennero risparmiati: la scena principale fu occupata dagli Argiri, dai Duca e da casati pi recenti e meno prestigiosi i quali fornirono i quadri militari indispensabili, mantenendo tuttavia con la Cappadocia non pi che scarsi legami [Cheynet 999]. La diffidenza nei confronti degli Iberi accompagn la disfatta dei Focadi, mentre gli Armeni
furono gratificati del favore imperiale.
c) I nuovi territori orientali.
Alla fine del secolo, il territorio dellImpero era avanzato da 100 a
150 km verso est, a spese dellantica terra di nessuno cappadoce e taurica, della zona dei tughur e delle terre armene. Le nuove frontiere orientali non corrispondevano pi a confini fisici riconoscibili, ponendo dinanzi allImpero una geografia politica complessa: Iberi bagratidi considerati alleati poco fidati; emirati del lago di Van e di Mantzikert a
cuscinetto tra il regno bagratide di Ani e quello artsrunide nel Vaspurakan; emirati marwanidi sostituitisi in Jazira agli Hamdanidi. Lemirato di Aleppo era uno Stato alleato, ma dovette attendere il 1001 per poter godere duna lunga tregua con i Fatimidi. Due erano i fattori distintivi che caratterizzavano i nuovi territori di frontiera: popolamento e
organizzazione.
Si spesso affermato che, per via della guerra, le terre riconquistate fossero di necessit poco popolate e addirittura che venissero evacuate della loro popolazione musulmana, fuggita prima dellannessione o
deportata dai vincitori, e che ci avrebbe facilitato il sopraggiungere,
sollecitato o spontaneo, di nuovi elementi etnici, in particolare armeni
e siriani. Non si tratt mai, in realt, di una casistica generalizzata: per
quel che riguarda il ripopolamento allogeno, la sua geografia come anche le sue modalit rimangono poco note per il x secolo, mentre larrivo eventuale di Armeni, Siriani e altri non esclude affatto un nuovo reinsediamento greco in loco.
Il ruolo degli Armeni, che fu particolarmente significativo, richiede
unanalisi dettagliata a motivo della loro eterogeneit [Garsoan 433].
Continuando unantica tradizione di emigrazione militare, un certo numero di nobili armeni convertiti allortodossia calcedonese continuarono a integrarsi ai pi alti livelli dellaristocrazia bizantina, mentre numerosi Armeni, presenti sul territorio fino ai Tracesi, vengono menzionati tra i contingenti di cavalleria che presero parte alle campagne della
prima met del x secolo. Ma il fatto nuovo, sempre pi evidente alla fine dello stesso secolo, sembra essere stato linsediamento di nuovi venuti armeni lungo la frontiera orientale, nella regione liberata dalla pre-
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senza pauliciana intorno a Melitene, nelle terre riconquistate del Licando, in Cilicia e in Siria, come anche nei territori pi antichi del Charsianon e di Sebastea. Il fenomeno, non sufficientemente documentato,
interess le regioni dellantica Armenia bizantina, a ovest dellEufrate.
Lampiezza che si suole ascrivergli induce a interrogarsi sullorigine duna simile corrente migratoria e a domandarsi se tale corrente non sia stata soprattutto costituita da singoli individui o da gruppi di individui,
principalmente soldati ai quali venivano affidate le fortezze, in particolare sul Tauro. In ogni caso, si doveva trattare dun evento spontaneo e
non organizzato. Conflitti tra chierici armeni e clero greco locale, attestati alla fine del x secolo a Melitene, a Sebastea e probabilmente anche
ad Antiochia, rivelano come linserimento degli Armeni nella regione non
debba sempre essere stato favorito, anche se essi finirono comunque per
costituire delle sacche di ripopolamento a oriente duna linea SebasteaCesarea-Podando-Tarso, venendo tutelati dal potere imperiale.
Nella regione di Melitene e nella Mesopotamia settentrionale come pure in Siria, fuori di ogni dubbio , dove lespansione non fu sempre bene accolta dai Melchiti [Micheau 1052], larrivo di Siriani giacobiti pare sia stato il risultato, negli ultimi decenni del x secolo, duna
politica di accoglienza concordata con il patriarca giacobita: segni principali furono listituzione di nuovi vescovati giacobiti e il proliferare di
monasteri della medesima confessione nelle regioni di Germanicea,
Edessa e soprattutto Melitene; ma gli esempi concernono soprattutto la
seconda met dellxi secolo [Dagron 478].
Le regioni conquistate furono progressivamente integrate al resto
dellImpero secondo un duplice sistema di ripartizione in temi e ducati
[cfr. cap. vi; Seibt 350; Khn 364, carta 2].
Nel 949 avevano fatto la loro comparsa allinterno delle regioni annesse in via di ripopolamento circoscrizioni di limitata estensione. Bench denominate temi, esse si riducevano generalmente a non pi di una
fortezza, spesso affidata a un ufficiale armeno; nel primo tema di questo tipo, Charpezikion [TIB, 2, p. 1073], gli strateghi, assistiti da numerosi ufficiali al soldo dello Stato, potevano disporre di pochi effettivi
(milizie dorigine armena, secondo quanto stato sostenuto), sostanzialmente un corpo di fanteria atto a custodire la fortezza e i valichi. Le medesime caratteristiche sembrerebbero valide anche per gli altri temi che
apparvero gradualmente dopo il 949; negli anni 970, ne sono documentati circa una quarantina, disposti in una lunga fascia che ricopriva lantica regione di confine del ix secolo insieme a territori ulteriori in Cilicia, Siria, Jazira e Armenia. La linea difensiva veniva cos a formare,
sulla nuova frontiera orientale, una sorta di scudo a protezione degli an-
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tichi temi, talvolta designati ancora come grandi temi o temi romani. Autorit civili, kritai e kouratores, agenti per conto dellamministrazione centrale della capitale e indipendenti dallo stratego, erano presenti entro questi temi che la gerarchia di Palazzo collocava molti gradini
pi in basso dei temi antichi.
Giovanni Tzimisce complet la ristrutturazione della frontiera con
la creazione di tre ducati: Mesopotamia, Caldea e Antiochia, vaste circoscrizioni frontaliere le cui prime due inglobavano i numerosi piccoli
temi di recente formazione, mentre la terza corrispondeva a territori in
corso di annessione; le rispettive capitali non sorgevano sul confine, potendo cos essere adoperate come piazzeforti utili a garantire eventuali
ripieghi e riserve. Posti alle dipendenze del domestico delle scholae dOriente, i duces, coadiuvati da topotereti, erano personaggi di grande importanza, le cui funzioni erano puramente militari; comandavano corpi
darmata composti da cavalieri dei tagmata, oltre a contingenti di fanteria, ed esercitavano la loro autorit anche sugli strateghi. Listituzione
dei duces consentiva di rimediare alleccessiva frammentazione di forze
messe in campo dai molti piccoli strateghi operanti nel settore in caso
di aggressione o di offensiva. A capo dei ducati vennero posti perci uomini fidati, gi esperti di fatti bellici. Il ducato di Antiochia, che estendeva la sua autorit sulla Cilicia e sulla Siria, fra tutti il meglio conosciuto tanto per il suo personale amministrativo e per il patriarcato melchita che fu ricostituito [Todt 1079 e 1080; Cheynet 1000], quanto per
loriginale diplomazia regionale che vi venne messa in opera [Kennedy
1036]. Pur senza contestare le trasformazioni alle frontiere di cui si
detto, lapporto della sigillografia ha indotto alla formulazione di distinzioni per ci che concerne la realt concreta e permanente di tale sistema organizzativo [Holmes 1029].
Pi tardi, verosimilmente sotto il regno di Basilio II, emerse una vasta unit amministrativa civile, documentata dai sigilli fino al 1071, detta armenika themata, denominazione collettiva gi utilizzata nel x secolo senza alcun effettivo valore amministrativo per i nuovi piccoli temi,
e che divenne a questo punto un termine tecnico per designare una circoscrizione civile che raggruppava le piccole entit tematiche presenti
in un territorio situato tra la valle dellHalys e lEufrate, fra Colonea e
il Licando a esclusione di Melitene, in cui erano insediati giudici, curatori o protonotari [Seibt 350].
Nella nuova regione creata dallavanzamento della frontiera, Costantinopoli si sforz di mantenere il controllo delle terre riconquistate al
fine di evitare lo sviluppo di una nuova aristocrazia e di nuove reti dinfluenza, soprattutto dopo la soppressione delle rivolte capeggiate dalla
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nobilt locale che avevano visto il coinvolgimento delle regioni di Caldea e di Mesopotamia. Le terre requisite ai rivoltosi erano servite a favorire linsediamento di popolazioni pi fedeli [Howard-Johnston 1031].
La vita su queste frontiere non fu pi dunque quella che aveva avuto
luogo nel ix secolo. In tale quadro di realt disperse, non esisteva pi alcuna solidariet regionale in grado di legare i soldati a un potente condottiero, mentre il contatto troppo diretto con i nuovi vicini arabi rendeva la razzia una pratica aleatoria, i profitti di guerra erano scomparsi
e, con essi, ogni gusto e interesse a procacciarseli; la responsabilit veniva diluita tra pi soggetti e affidata a duces di schiatta meno illustre,
inviati direttamente dalla capitale, che applicavano senza troppa iniziativa personale, per quanto era possibile, le direttive impartite dal potere centrale.
d) La seconda espansione.
Una nuova espansione dei territori orientali dellImpero, voluta dal
potere centrale, ebbe luogo durante la prima met dellxi secolo, messa
in atto principalmente a nord-est attraverso azioni belliche e pressioni
esercitate a danno di principi cristiani noti per essere alleati di Costantinopoli. I territori cos annessi andarono allora a formare una seconda
serie di ducati o catapanati, spesso chiamati anche impropriamente temi [Khn 364].
La creazione del ducato dIberia legata alla vicenda dei rapporti intercorsi fra lImpero e la dinastia bagratide georgiana che aveva costituito nel ix secolo un principato a est della Caldea bizantina e dellemirato arabo di Teodosiopoli. I Bagratidi avevano stretto alleanza con Costantinopoli, che aveva affidato loro la difesa e la promozione dei suoi
interessi nella regione attraverso la regolare concessione della dignit di
curopalate a uno dei suoi membri [Martin-Hisard 1050]. In seguito, il
principato si era esteso e diversificato. Nella seconda met del x secolo, la sua parte nordorientale costituiva il patrimonio ereditario del capofamiglia, il quale aveva adottato per uso interno il titolo di re degli
Iberi: la parte del territorio pi prossima a Trebisonda e a Teodosiopoli rappresentava invece il dominio dun altro Bagratide, David, i cui
possedimenti nella regione del Tao ibero erano stati accresciuti nel 964
di nuovi territori, gi armeni [Arutiunova-Fidanjan 978]. A partire dal
976-79 David esercitava, a titolo vitalizio, la sua autorit su territori
in parte ancora da conquistare estesi da Teodosiopoli al lago di Van,
inclusa Mantzikert [Honigmann 1030]. Ribellatosi, si era tuttavia sottomesso nel 990-91 a Basilio, il quale gli concesse, senza dubbio soltan-
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to per il momento e dietro la promessa della sua eredit, il titolo di curopalate. Alla morte di David, nel 1001, Basilio dovette battersi per recuperare le sue terre non patrimoniali, trasferendo la dignit di curopalate al figlio del re degli Iberi, Bagrat, erede per adozione del patrimonio bagratide di David e divenuto, per obbligo ereditario, re degli
Abchazi con il nome di Bagrat III e futuro re degli Iberi nel 1008 come Bagrat I. Il rispetto del territorio annesso allImpero fu imposto nel
1021-22 con la guerra condotta contro Giorgio I, re degli Iberi e degli
Abchazi [cfr. cap. ii, p. 45].
Nel 1001, o forse soltanto nel 1025-27, un ducato detto dIberia,
con capitale in un primo tempo a Oltisi, raggruppava i territori ereditati da David; Teodosiopoli, restaurata nel 1018-19, ne divenne la piazzaforte principale. Il nuovo ducato fu talora unito a quello di Caldea.
Ci nonostante, la dissoluzione avvenuta in circostanze poco note
dellesercito detto dIberia non comport affatto la scomparsa delle forze militari al servizio dei duchi. La creazione del ducato dIberia divise
laristocrazia locale, una parte della quale si pose al servizio dei Bizantini, senza per che ci implicasse massicci trasferimenti di popolazione. La storia di Iviron, il monastero degli Iberi sullAthos, dalla sua fondazione fino allepoca del curopalate David illustra bene le relazioni complesse che si stabilirono tra Costantinopoli e la Georgia [Actes dIviron
77, vol. I; Martin-Hisard 972].
Il catapanato del Vaspurakan rappresentava la continuazione del precedente regno del Vaspurakan artsrunide, entrato negli anni 930 a far
parte della sfera dinteresse bizantina a causa della sua importanza strategica ed economica. Nel 1022 il suo re, Senacherim, lo aveva destinato in eredit allImpero. Costituita in ducato allo scopo di formare un
avamposto orientale di Bisanzio, lAsprakania esercitava la sua autorit
sullantico emirato di Mantzikert, disputando ai Marwanidi di Jazira il
controllo degli emirati sorti intorno al lago di Van. Nel 1051-54 il Vaspurakan, che nel 1029 aveva sofferto delle prime incursioni turcomanne, venne unito al Taron.
Il ducato di Ani fu il frutto della decisione presa nel 1021 dal re bagratide di Ani di legare in eredit il suo regno allImpero, disegno realizzato, non senza ricorrere a operazioni militari, soltanto nel 1045 sotto un altro re, Gagik II. La regione di Ani, circondata dai piccoli regni
bagratidi di Kars e Lori oltre che dallemirato di Dvin, divenne cos un
ducato, detto anche ducato della Grande Armenia, talora unito al ducato di Iberia. Nel 1064 anche il territorio del regno di Kars venne offerto in dono allImpero dal suo re, Gagik-Abbas, minacciato dai Turchi, e fu amministrativamente unito al ducato di Iberia.
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vandosi nel contempo il divario tra potenti e subalterni. Il termine stesso di tema viene assunto spesso come mero sinonimo di regione. La
progressiva scomparsa dellantico significato militare dellespressione
accompagn cos il ritorno alla pace, ulteriormente sottolineata da indizi ulteriori, quali la fiscalizzazione della strateia. LAnatolia continu
a fornire uomini alle forze armate, ma anche se le denominazioni di alcuni contingenti recavano ancora un riferimento alle loro originarie province di reclutamento, essi formavano ormai dei tagmata, posti al comando dei duces e spesso destinati a militare lontano dalla patria, come
in Italia. La domanda di professionisti della guerra, che corrispondeva
meglio alla politica condotta dal potere centrale, aveva fatto dei tagmata lelemento primario dellesercito; il reclutamento di mercenari stranieri and intensificandosi; ci che rimaneva delle truppe tematiche
sfugg ben presto agli strateghi, a preludio della trasformazione che li
avrebbe visti sostituire a capo dei temi da parte dei duces [cfr. cap. vi,
p. 161].
In questo modo, fatte salve le milizie dei piccoli temi e i tagmata dei
ducati, o ancora i mercenari stranieri acquartierati in inverno sul territorio, lAnatolia si smilitarizz. Il ruolo militare che la regione aveva assunto fin dal vii secolo, nellora del pericolo e per la salvezza di tutto
lImpero, and offuscandosi gradualmente; la sicurezza, ritrovata e pianificata in seno a unamministrazione civile ormai stabilizzata, consent
alle sue potenzialit economiche di esprimersi appieno, generando una
prosperit che non fu priva di conseguenze propizie per le finanze dello Stato.
b) Lespansione economica.
LAsia Minore partecip dellespansione economica, modesta ma effettiva, che segn lImpero nel x-xi secolo, anche se possibile accennare solo ad alcuni tratti che illustrano le tendenze generali.
La crescita demografica che aveva avuto inizio alla fine del ix secolo, turbata soltanto da rare catastrofi climatiche come linverno 927-28,
fu anche qui come altrove uno dei fattori dellespansione [cfr. cap.
x]. La mappa delle produzioni, variabili a seconda delle condizioni locali, non sembra affatto aver conosciuto mutamenti: cereali, vigneti e
oliveti dei bassipiani e delle valli erano sempre delimitati dalle foreste
che ricoprivano le catene tauriche e pontiche, con lallevamento sempre
dominante sullaltopiano, in Frigia e in Paflagonia [Lefort 552, carta a
p. 235]. Le coltivazioni venivano ampliate con periodici dissodamenti,
in Paflagonia al principio del x secolo, in Anatolia orientale verso la met
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dellxi, ma anche intorno alle sponde del lago di Nicea. La regione dei
Cibirreoti era reputata non meno fertile dellAnatolia occidentale, laddove numerosi sigilli di horreiarioi evocano una produzione almeno regionalmente eccedente. Non si parla pi di carestie. Pur ignorando levoluzione della produttivit, si sa almeno che il fisco teneva in considerazione la fecondit del suolo per poter tassare pi pesantemente il
modios in Asia Minore occidentale e meridionale.
Leconomia agraria si svilupp grazie a piccoli contadini organizzati
nei villaggi, la forma predominante delluso del suolo, tanto in Bitinia
quanto nelle regioni del Tauro [Dagron 1007]. Laumento della produzione e dei guadagni derivanti dallo sfruttamento del terreno lo rendeva ora un capitale sui cui profitti laristocrazia faceva affidamento; di
conseguenza, linteresse delle grandi famiglie, quelle della capitale come quelle della provincia, si indirizzava nel senso della grande propriet,
quale si rinviene nel x secolo, dampiezza sempre pi ragguardevole nelle regioni occidentali [Oikonomides 393] e nella zona dellaltopiano.
LAnatolia e, in modo specifico, la Cappadocia, dove numerosi contadini liberi si stavano trasformando in pareci, si intravedono chiaramente, e talora anche esplicitamente, dietro la legislazione degli imperatori
macedoni sulle grandi propriet.
La ricchezza dellaristocrazia anatolica nel x e xi secolo era evidente. La sua potenza fondiaria ne era la base principale, come pu dimostrare la fortuna di un Eustazio Maleino [Cheynet 450] o di Eustazio
Boila. Tale ricchezza tuttavia veniva anche corroborata dal servizio prestato allimperatore; lungo tutto il x secolo, le famiglie anatoliche erano riuscite ad assicurarsene il privilegio attraverso delle funzioni di autorit esercitate non lontano dagli oikoi in cui risiedevano e che beneficiavano dei profitti delle guerre.
I monasteri e le chiese erano ancora annoverati fra i grandi proprietari, cos come limperatore e lo Stato i cui beni, numerosi in Asia Minore, venivano amministrati dai curatori e dagli episkeptitai, i quali ne
destinavano le rendite a servizi ben determinati [Holmes 388; Cheynet
998].
La crescita demografica e laumento della produzione agricola favorivano la rinascita delle citt, iniziata gi nel ix secolo, anche se risulta
difficile da illustrare in Anatolia [Dagron 605; Bouras 532]. Fenomeni
di differenziazione si osservano fra i Tracesi dove, sopravanzando Efeso e Cone, Smirne conobbe una vivacit economica che nellxi secolo
doveva farne la citt pi importante della regione.
Soltanto questa rinascita permette di comprendere lesistenza di mercati permanenti a Nicomedia e a Nicea, di piccoli mercati rurali in Bi-
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tinia e sul litorale, cos come la moltiplicazione delle fiere locali, a Efeso, Sinope, Trebisonda, in Paflagonia, presso i Buccellari o gli Anatolici. Le citt pi frequentemente menzionate sono quelle che avevano gi
superato la crisi del vii secolo senza troppi danni, Nicea, Smirne, Attalia, Trebisonda. Gli ultimi tre centri conobbero, in particolare, un progresso che si inscrive allinterno dun fenomeno di cospicuo sviluppo del
commercio, animato da mercanti di provincia, abbastanza forti da poter resistere ai potenti e organizzarsi in associazioni, che agivano in piena libert sulla base di condizioni molto diverse da quelle in auge a Costantinopoli [Laiou 1041; Oikonomides 617].
Grazie a una diplomazia rinnovatasi allinterno di un mondo ormai
mutato, lAnatolia benefici dellapertura dei mercati musulmani dellIraq, della Siria, dellAsia centrale, dellEgitto, oltre che delle possibilit offerte dal mondo delle steppe; lantica Lazica, divenuta regno degli Abchazi, il Caucaso e lAlania presentavano nuove prospettive in tal
senso. Il volume del traffico mercantile che attraversava lAnatolia o ne
sfruttava le coste non cess di aumentare. Tanto Amiso quanto Amastri beneficiavano attraverso il Mar Nero del traffico di Cherson con le
steppe [Alekseenko 976]. Trebisonda divenne la porta dOriente; il suo
commercio era tanto attivo da permettere al locale stratego di ricavare
la met del suo salario dai profitti del kommerkion. Attalia, ma anche
Seleucia, commerciavano con la Siria e con lEgitto; un accordo commerciale venne concluso nel 970 con Aleppo. Alla fine del x secolo, il
valore economico dellAnatolia non sfuggiva ai Veneziani, i quali avevano sollecitato lapertura di alcuni porti al loro commercio, e le prime
svalutazioni monetarie nellxi secolo avevano ulteriormente stimolato il
fenomeno.
Attraverso la sua legislazione, la fiscalit, il controllo e limpiego della moneta, i beni che vi possedeva, lo Stato esercit in Anatolia una influenza economica innegabile lungo tutto il x secolo. Le rivolte degli aristocratici e la conseguente repressione, il disfavore e le confische attuate a loro danno, lo sviluppo delle curatorie, linsediamento degli Armeni
hanno certamente sconvolto la vita dellAnatolia; in compenso, la costituzione del nuovo Oriente bizantino ha favorito il rilancio del grande
commercio. Alla lunga, infine, la nuova politica imperiale di attribuzione delle funzioni pubbliche produsse anche effetti non sottovalutabili
sullAnatolia, quando le famiglie aristocratiche, reputando che i loro profitti dipendessero soprattutto dalla benevolenza del Palazzo, preferirono Costantinopoli alle loro sedi regionali.
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c) Permanenze religiose.
LAnatolia condivise con il resto dellImpero una serie di comuni
tratti religiosi, non di rado ereditati dal periodo precedente, ma accentuati nel contesto della pace e della prosperit. I santi monti fiorirono
in Anatolia occidentale, dal monte Cimina al Latro-Latmo, nelle vicinanze di Mileto, al Galesio nei pressi di Efeso, bench il ruolo di capofila svolto dalla regione si attenuasse fino a scomparire del tutto alla fine del x secolo con lo sviluppo del santo monte dellAthos [cfr. cap. xiii].
La frequentazione di centri di pellegrinaggio tradizionali sintensific con la pace, quando lAnatolia vide mettersi in cammino in perfetta sicurezza un maggior numero di pellegrini, sia che si recassero a Gerusalemme sia che ne facessero ritorno. E sempre originarie dellAnatolia erano alcune personalit religiose di primo piano, da Atanasio
lAtonita, nato a Trebisonda, a quelloriginale predicatore che fu il paflagone Nicone il Metanoita. In questo periodo, in cui il movimento di
ritorno ai santi paleocristiani si affermava nella letteratura agiografica
[Hgel 805], ancora una volta lAnatolia a fornire un gran numero di
santi dei quali serbava il culto da epoche remote, da Michele e Giorgio
che si disputavano i favori dellaristocrazia metropolitana [Cheynet 996]
a tutta una pletora di santi militari, nati o morti nella maggioranza dei
casi nei suoi territori orientali [Walter 1083].
A parte i chiarimenti forniti dalla corrispondenza di Nicola Mistico,
poche fonti permettono di penetrare quella che dovette essere la vita
delle chiese dAnatolia, il cui tessuto mutato di poco [Jedin 5, carta
30, Le chiese intorno agli anni 1050]. Si tuttavia a conoscenza di quale fosse la posizione assunta da metropoliti quali Eutimio di Sardi o Niceta di Amasea nei confronti dei problemi ecclesiologici del x secolo
[Darrouzs 244], o del ruolo rivestito da Stefano vescovo di Nicomedia
e sincello nella vicenda di Simeone il Nuovo Teologo. Pur senza tornare a essere una regione di grande spiritualit come allepoca paleocristiana e senza offrire al culto alcun grande santuario, la Cappadocia manifest da parte sua una vitalit testimoniata dalle chiese e dai monasteri
che sorsero nella regione in quantit, e la cui decorazione rappresenta
un documento prezioso della fede delle popolazioni rurali [Jolivet-Lvy
901 e 1035].
Leresia continu a essere presente, come dimostrano la diffusione
in Licaonia del culto di Eleuterio di Paflagonia o la vitalit della setta
dei Fundagiagiti dellOpsikion [Angold 260]. Pi originale fu lattitudine che nacque dal confronto con gli eretici, giacobiti siriani o armeni
non calcedonesi nuovamente insediati alle frontiere. Alla condanna del-
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certo numero di vescovi, andati anchessi a ingrossare il novero dei partecipanti al sinodo permanente costantinopolitano, appartiene allo stesso fenomeno [Angold 260].
c) Larretramento bizantino in Anatolia.
La variet delle motivazioni dei nuovi venuti, al momento difficile
da analizzare, la loro dispersione e la cattiva informazione consentono di comprendere la lentezza, lincoerenza e linsufficienza della reazione di Costantinopoli, che oscill indecisa tra una strategia offensiva o difensiva nel contesto duna Anatolia ampiamente smilitarizzata.
Anche lo stesso reclutamento di milizie in Anatolia divenne problematico con lavanzata dei Turchi. Tra le sole novit amministrative, e
al di fuori del restauro di qualche fortezza abbandonata, si ricorda la
sostituzione degli strateghi da parte di duces la cui attivit ha lasciato
ben poche tracce.
I mercenari stranieri furono ingaggiati con maggior frequenza nella
seconda met dellxi secolo. Fra di essi, i Franchi costituiscono il caso
meglio conosciuto [Shepard 390]. Oltre il ruolo militare da loro svolto
nella regione di Sebastea e di Colonea, nel tema degli Armeniaci e a
Edessa, necessario rimarcare il loro insediamento nel territorio, in particolare nel tema degli Armeniaci, dove i condottieri pi celebri, Herv,
Crispin e Roussel, che vi si trasferirono con le rispettive famiglie, possedevano propriet condizionali [Magdalino 391], controbilanciando il
peso dellaristocrazia locale [Cheynet 421 e 997].
Nulla di tutto ci riusc a contenere lavanzata dei Turchi, i quali negli anni che precedettero larrivo dei primi crociati non erano ancora
giunti a organizzarsi in un nuovo e coerente sistema politico in Anatolia, dove i Bizantini avevano ancora il loro ruolo.
I confini orientali dellAnatolia erano ormai al di fuori dellImpero.
La disfatta di Diogene aveva isolato le regioni dellEufrate, della Cilicia e della Siria, accentuando anche un forte movimento migratorio di
popolazioni armene in fuga dai Turchi che stavano procedendo a insediarsi nel loro paese dopo la presa di Ani (1064) e di Kars (1066). Molti erano andati a incrementare gli insediamenti armeni gi antichi di
Germanicea e di Tarso, di Melitene, Edessa, Antiochia; erano stati raggiunti, dopo la morte dei loro re, da contingenti di Armeni di Cappadocia, forti della loro identit nazionale. Si erano cos ritrovati in Cilicia,
in Siria e nellEufratesia numerosi Armeni di tradizioni militari, per la
maggior parte stanchi dellinstabilit bizantina, bench divisi fra loro
circa la lealt dovuta o meno a Costantinopoli e ulteriormente in con-
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trasto a motivo delle loro scelte religiose. Alcuni capi, spesso nominati
dautorit da Bisanzio, crearono piccole enclaves indipendenti di fronte ai Turchi ai quali resistevano. Tale fu lorigine del principato di Filarete Bracamio, che nel periodo del suo apogeo, fra il 1078 e il 1085, arriv a comprendere le regioni di Antiochia, Edessa, Melitene e Germanicea, cedendo in seguito il passo a una serie di effimeri potentati armeni
[Ddyan 178]. Antiochia nel 1084 e Edessa nel 1087 erano in mani turche. In Cilicia, minacciata su due fronti dai Turcomanni e dai Selgiuchidi, gli Armeni avevano apparentemente un ruolo defilato [Ddyan
1009], ma gli Hethumidi e i Rupenidi, antenati delle due grandi dinastie di quello che un secolo pi tardi sarebbe stato il regno della Piccola Armenia, erano gi insediati alla fine dellxi secolo in prossimit dei
valichi del Tauro.
La situazione appariva contrastata sullaltopiano: Cesarea, Sebastea,
Colonea erano state saccheggiate nel corso degli anni 1050, mentre nel
decennio successivo le devastazioni avevano interessato Neocesarea,
Amorio, Iconio e Cone. Molti avevano riposto le loro speranze nellimperatore cappadoce Romano Diogene, che volentieri avrebbe voluto riprendere la politica nazionale e offensiva dei Focadi; tuttavia, la sconfitta che il sovrano sub li lasci disillusi, rendendo prive di conseguenze anche le reazioni episodiche che si produssero verso il 1081 intorno
a personaggi detti toparchi, la cui autorit si estendeva, irradiandosi da
una fortezza, su unarea di ampiezza variabile. Nei fatti, Dabateno in
Paflagonia e nei dintorni di Eraclea Pontica, Burtza negli Anatolici e
in Cappadocia, Mandala in Cappadocia non erano dei funzionari ufficiali, ma piuttosto detentori duna autorit che le circostanze avevano
reso autonoma. Nella capitale vi erano numerosi rifugiati cappadoci. Cos laltopiano pass disordinatamente sotto lautorit di capi turchi accampati soprattutto lungo le vie di comunicazione a disputarsi i principali nodi stradali, in particolare Melitene. Dopo il Selgiuchide Suleyman (morto nel 1086), abbastanza potente da essere trattato come un
sultano dai Bizantini, suo figlio Kilig Arslan controll da Nicea la via
che, attraversando il territorio degli Anatolici e passando per Iconio,
giungeva al Tauro e alla Siria. Pi a est, un capo turcomanno noto solo
come Danishmend (e morto nel 1104), fece presto parlare di s in Cappadocia, negli Armeniaci e in Paflagonia, imponendosi a Sebastea, Cesarea, Amasea, quindi ad Ancira e a Gangra, facendo di Neocesarea la
sua residenza, e puntando verso il Mar Nero, dove era gi stata presa
Sinope. A sud di Trebisonda, Saltuk controllava Teodosiopoli, mentre
Mengcek non aveva tardato a imporre la sua autorit a Erzincan. La
regione del Ponto rimaneva invece ancora largamente in possesso dei Bi-
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zantini grazie a Teodoro Gabra, dux di Trebisonda, il quale controllava la Caldea fino a Paipert, e fino alla morte, nel 1098, continu ad animare da Trebisonda la resistenza ai Danishmendidi.
LAnatolia occidentale era stata toccata dagli eventi pi avanti nel
tempo, ma la situazione stava per diventare drammatica. Le incursioni
turcomanne turbavano le relazioni economiche abituali. Erano state consegnate ai Turchi intere citt, come Nicea, capitale di un emiro selgiuchide che si era fortunatamente dedicato a impadronirsi dellaltopiano.
Molto pi pericoloso era diventato dal 1081 lemirato costiero di Tzacha, che controllava Smirne, Focea, le isole di Samo, Chio e Mitilene,
minacciando via mare anche la capitale. La Bitinia e i Tracesi correvano il grave rischio di essere perduti per sempre. Il litorale egeo meridionale conservava tuttavia alcune posizioni di forza e Attalia, promossa a
metropoli, si era notevolmente ingrandita con lafflusso di rifugiati.
Cos, proprio mentre lImpero aveva gravi difficolt alle frontiere
occidentali, anche in Oriente il bilancio non era affatto brillante, pur
senza essere ancora al tracollo totale. I Turchi e i Turcomanni non erano una minaccia omogenea e citt e uomini resistevano. Infine, laggravarsi della situazione nella vicinissima Anatolia occidentale aveva cominciato a preoccupare la capitale, in cui i rifugiati sempre pi numerosi tenevano viva linquietudine e, quando giungevano a Costantinopoli
dallaltopiano, rianimavano il ricordo delle tradizionali gesta acritiche e
delle imprese dei Focadi [Beaton 983]. Gi nel 1077 e nel 1081 le rivolte dei Botaneiati e dei Melisseni avevano fatto leva su questo nuovo spirito [Cheynet 994]. I figli di militari di cui si componevano i tagmata degli Immortali e degli Arcontopuli recentemente costituiti non permettevano pi di ignorare le conseguenze delle disfatte patite; alcune
famiglie, stabilite nella capitale, come i Diogeni e i Cecaumeni, non si
rassegnavano a veder scomparire i loro domin orientali e sollecitavano
il potere centrale affinch assumesse una politica anatolica pi risoluta
e attiva.
Eliminando Tzacha, sfortunato alleato dei Peceneghi nel 1091, e riprendendo possesso di Sinope, Alessio Comneno si dedic a quel che
cera di pi urgente. Nel 1097 approfitt del passaggio dei crociati per
recuperare Nicea e la Bitinia, come anche Smirne, Efeso e Filadelfia.
Invoc invano, tuttavia, i diritti dellImpero sulla Cilicia, dove gli Armeni avevano fatto buona accoglienza ai crociati, e sulla regione di Antiochia: la citt, presa nel 1098, divenne la capitale dun principato in
possesso dei Normanni [cfr. cap. iii].
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no si produsse in senso opposto. Ma soprattutto una frontiera del genere non produsse, come era avvenuto allepoca araba, una terra di nessuno negletta e abbandonata che separava, malgrado le affinit, due
campi avversari ben delimitati. La frattura politica fu anzi cos poco rilevata che i Bizantini di Anatolia non esitarono, in caso di necessit, a
ricorrere addirittura al sultano di Iconio per arginare le scorrerie turcomanne, e che citt come Amasea o Neocesarea, riprese ai Danishmendidi, preferirono il campo selgiuchide a quello dellimperatore Giovanni II. Si svilupparono in compenso traffici commerciali fruttuosi, e non
si pu escludere che le regioni che meglio di altre si adattarono alloccupazione dellaltopiano fossero proprio le pi vicine: ci che tende a dimostrare lo sviluppo di fiere commerciali come quella di Cone, testimoniato dallenkomion che Michele Coniata dedic al Vescovo della citt
Niceta, che ne occup il soglio per trentanni [Magdalino 192].
b) LAnatolia perduta: il paese di Rum.
La creazione e lo sviluppo del sultanato di Rum, che non analizzato in questa sede, non signific semplicemente sostituire una dominazione politica con unaltra. Da un lato, a differenza della rapida e non
particolarmente rovinosa conquista araba della Siria bizantina o dellEgitto, il paese di Rum fu il risultato di decenni di razzie, guerre e devastazioni che non poterono non lasciare il loro marchio sullaltopiano.
Dallaltro, lavvento di numerose orde di Turcomanni, impossibili da
quantificare, fino allinizio del xii secolo aveva condotto allo stanziamento di una nuova popolazione originale, estranea alle tradizioni greche, in quelle regioni che gi erano state la Licaonia e la Galazia, nei territori montuosi della Paflagonia, degli Armeniaci e del Ponto, in Cappadocia e negli antichi temi armeni. Il loro insediamento, che i
Selgiuchidi si sforzarono a lungo di inquadrare, non condusse a un ripiegamento di massa della popolazione greca. Si ebbero senza dubbio,
nel xii secolo, dei flussi di fuga, diretti verso lAnatolia bizantina piuttosto che in direzione di Costantinopoli, come era avvenuto nellxi secolo. Ma molti notabili, come anche parecchi contadini, continuarono
a risiedere in loco. Forse per effetto del disincanto maturato nel secolo
precedente, i Greci rimasti nel paese di Rum sperimentarono un certo
distacco nei confronti dellImpero. Raramente sostennero le operazioni degli imperiali; la natura stessa della nuova vita di frontiera consentiva tale atteggiamento. Pareva chiaramente possibile abitare a fianco
dei Turchi senza pericolo, in particolare sotto il profilo religioso. Sotto
questo aspetto, i Greci soffrirono forse pi per la cattiva volont dei ve-
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scovi nominati da Costantinopoli a svolgere la loro funzione nellAnatolia turca [Angold 260]. Quanto ai Selgiuchidi e ai Danishmendidi, entrambi ebbero al loro servizio numerosi funzionari greci [Vryonis 203 e
1082].
c) LAnatolia preservata e divisa.
LAnatolia bizantina del xii secolo era formata dalle regioni riconquistate da Alessio, acquisti consolidati e ampliati da Giovanni e da Manuele Comneno. Al tempo della sua massima espansione, il territorio
comprendeva la Bitinia, vale a dire gli antichi Ottimati, con capoluogo
Nicomedia, e lOpsikion con Nicea, Bursa, Abido, giungendo talora solamente a sfiorare il bordo dellaltopiano a Dorileo e Cotyaion; i Tracesi ne facevano parte con Adramittio, Pergamo, Sardi, Smirne, Filadelfia, Efeso, Mileto, Antiochia e, in direzione dellalta valle del Meandro,
Laodicea e Cone. Sconfinava nel comprensorio degli Anatolici, almeno
in Frigia, fino a giungere a Sozopoli (Amorio e Filomelio erano rimasti
solo per breve tempo in potere dei Bizantini). A tali territori piuttosto
compatti si aggiungevano ampie zone dei Buccellari, con Eraclea Pontica e Claudiopoli, della Paflagonia con Amastri e temporaneamente,
sotto Giovanni II Castamone e Gangra, senza tuttavia toccare la media valle dello Halys. Il dominio bizantino si estendeva ancora sul litorale degli Armeniaci e della Caldea con Sinope e Trebisonda. A sud,
lImpero controllava parzialmente la Licia e la Panfilia fino ad Attalia,
e si era addirittura spinto pi lontano, fino allIsauria e alla Cilicia.
Lamministrazione, disorganizzata a causa delle incursioni turche
dellxi secolo, fu ricostituita sotto il regno di Alessio Comneno grazie
alla creazione di ducati con al centro piazzeforti quali Abido (1086), Nicea, Efeso e Smirne (1097), Trebisonda (1098), Curico e Seleucia (1103).
I successori di Alessio ristabilirono temi pi vasti, governati da duces,
nei Tracesi, nellOpsikion, negli Ottimati, in Paflagonia, nel territorio
dei Buccellari e in Cilicia. Si ebbero anche innovazioni, come la creazione del tema di Milasa e Melanudio che riuniva intorno a Mileto alcuni elementi dei Cibirreoti. Manuele rafforz a sua volta la valle del
Caico e il suo litorale istituendo il tema di Neakastra in una regione
rimasta deserta attorno a Cliara, Adramittio e Pergamo [Klinkott 906].
Sotto i tre primi Comneni venne costituita in Anatolia occidentale
una ragnatela di piazzeforti collegate tra loro, in profondit e ai bordi
dellAltopiano anatolico. Le cinte murarie di Nicea e di Nicomedia vennero ripristinate, e si provvide a erigere nuove fortezze o a ricostruirle
per garantire il controllo della costa o dellentroterra e sorvegliare la
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Come e ancor pi che in precedenza, lAnatolia occidentale, divenuta regione di frontiera, dipendeva dalla capitale. Non soltanto lalta aristocrazia, sempre assente dal territorio, si faceva rappresentare da funzionari, ma anche nellamministrazione i responsabili si accontentavano spesso di delegare qualcuno per far eseguire gli ordini emessi dagli
uffici della capitale. La palese prosperit dipendeva in parte dalla costante attenzione che il potere centrale sotto i Comneni rivolgeva a queste regioni, redditizie sotto il profilo fiscale e utili sul cammino dOriente. La configurazione della nuova Anatolia, tuttavia, con la larga zona
centrale e due esigue appendici litoranee non forniva affatto garanzie di
coesione: da Costantinopoli era pi facile raggiungere Attalia o Trebisonda via mare, e non esisteva alcuna strada che collegasse le due coste.
Linstabilit e lindebolimento del potere imperiale dopo la morte di
Manuele rivelarono le realt, fino a quel momento celate, ma che latteggiamento dei Greci di Rum aiuta a comprendere. LAnatolia bizantina, a cominciare dai Tracesi, vide in effetti alcune regioni sottrarsi allo scettro di Bisanzio. I primi segnali corrispondono a semplici atti di
favore verso le classiche rivolte, come il sostegno trovato in Bitinia da
Giovanni Comneno nel 1182 a Lopadio, Bursa e Nicea, o leco risvegliato presso le popolazioni rurali dai diversi pseudo-Alessi dopo la morte del vero figlio di Manuele (che aveva goduto di grande prestigio), giacch llite locale era allora nettamente ostile alla vittoria dellaristocrazia occidentale, rappresentata dallascesa al potere degli Angeli. Nel
1188-89 a Filadelfia, invece, Teodoro Mancafa cerc soprattutto di risollevare, ai margini di Costantinopoli, una regione la cui autonomia poteva essere assicurata dalla sua stessa prosperit e dalle sue risorse fiscali (cfr. cap. viii, pp. 214-15). Nonostante si conosca poco e male levoluzione di tali fatti, queste forme di dissidenza della fine del xii secolo
crebbero sotto locchio interessato dei sultani, giungendo a toccare non
solo Filadelfia nel territorio dei Tracesi, ma anche Smirne. Quando la
quarta crociata giunse dinanzi alle mura di Costantinopoli, interessavano ormai tutto il territorio da Nicea a Abido, lungo la Propontide, la regione di Attalia e quella di Trebisonda.
Levoluzione dellAnatolia nel xii secolo comporter numerosi sviluppi futuri. La sua divisione accompagnata da una reciproca penetrazione tra mondo bizantino e mondo turco, abbastanza profonda da spiegare la simpatia che lOriente turco pot suscitare in qualcuno a fronte
dellOccidente latino. La prosperit ristabilita nellAnatolia bizantina
offr ai Greci la condizione di possibilit per abitarvi e organizzarsi, anche prescindendo da Costantinopoli. Con la creazione sullaltopiano di
un sultanato designato in base alla sua realt geografico-culturale co-
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me sultanato dei Rum, inizia a porsi il problema storiografico, formulato gi da molto tempo, e tuttavia sempre rinnovato, delle sorti dellellenismo in Anatolia.
iv. le isole.
La prosperit di cui il mondo insulare pot fruire fino ai primi attacchi arabi fu gradualmente minacciata, se non annientata, dal momento
in cui Muawiyya intraprese larmamento di una flotta da guerra con la
quale attacc larcipelago, stabilendovi anche delle basi in vista duna
prossima conquista di Costantinopoli. Il califfo trov inoltre sulle isole
risorse e materiali da costruzione navale. Secondo uniscrizione cipriota, ben 120 000 prigionieri sarebbero stati deportati in Siria dopo le prime scorrerie. Il numero sembra per troppo elevato, anche se lisola allepoca offriva asilo a molti rifugiati provenienti dal continente. Rodi
fu devastata nel 654 e il celebre colosso smantellato e venduto a peso
per il metallo. Cipro pot infine godere dun momento di tregua quando, in seguito a un accordo, Bizantini e Arabi la smilitarizzeranno, dividendosi equamente le entrate fiscali dellisola. Solo Giustiniano II ruppe per un breve periodo lequilibrio cos stabilito nel momento in cui
trasfer in Bitinia, nelle vicinanze di Cizico, una parte della popolazione insulare con a capo larcivescovo allo scopo di ripopolare la regione,
dimportanza vitale per la sicurezza della capitale e spopolata sin dal
tempo dellassedio del 674-78. La decisione si rivel un fallimento e i
Ciprioti fecero ritorno sulla loro isola qualche anno pi tardi. La scoperta di sigilli databili allviii e al ix secolo appartenuti a funzionari del
fisco imperiale paiono suggerire che il condominio sullisola sia stato
mantenuto fino alla riconquista di Cipro nel 965, a parte una breve interruzione sotto Basilio I che vi stabil per poco tempo uno stratego.
La conquista araba di Creta, lentissima dal momento che dur per diversi decenni prima di essere completata, segn una svolta nella storia
dellEgeo. Le scorrerie dei corsari arabi turbarono il commercio marittimo, causarono lo spopolamento di molte isole e la fuga degli abitanti dalla costa verso lentroterra. Dopo vari tentativi abortiti, Niceforo Foca
riusc nel 961 a riprendere lisola, che venne ripopolata, mentre dei missionari, il pi celebre dei quali fu Nicone il Metanoita, si diedero a convertire alla fede cristiana i musulmani sopravvissuti. I beni degli emiri di
Creta passarono agli imperatori, che se ne servirono per le loro elargizio-
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Tughur: plur. dellar. taghr, frontiera; gli awasim sono, propriamente, i territori di marca (N.d.T.).
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jean-claude cheynet
xvii. I Balcani
Nel primo volume di questo Mondo bizantino, Bernard Bavant ha ricordato come la compartimentazione del rilievo della penisola rendesse
difficili le comunicazioni, nonostante uno sfruttamento del trasporto
fluviale pi intenso di quanto oggi non avvenga: il Vardar, lo Strimone
e la Marizza sono considerati vie navigabili atte a supplire almeno in
parte allinsufficienza degli assi terrestri nord-sud. Alla met del VII secolo non pi possibile percorrere nessuna delle antiche strade, la Via
Egnatia in particolare, che rimase tuttavia durante tutto il corso del Medioevo, quando le condizioni politiche ne permettevano lutilizzo, il principale asse per la circolazione est-ovest. I rapporti con lItalia vengono
mantenuti ormai soltanto via mare e sono perci esposti ai rischi della
navigazione, accresciuti per la presenza di pirati, slavi e in seguito arabi. Quando Bizantini e Bulgari avevano il saldo controllo dei Balcani,
recuper lantica importanza un secondo asse viario, quello che partendo da Costantinopoli passava per Adrianopoli, Filippopoli (Plovdiv),
Serdica (Sofia), Nissa prima di raggiungere il Danubio da Branicevo,
prendendo per la valle della Morava. A partire da Nissa, una strada conduceva verso Tessalonica da Skopje.
Il Danubio, barriera formidabile, aveva ormai cessato di essere la
frontiera dellImpero dal tempo di Maurizio. Per proteggere Costantinopoli e Tessalonica, era necessario far conto degli altri ostacoli naturali che sbarravano la penisola da est a ovest: sia la catena dei Balcani, detta Emo dai Greci, sia, in seconda istanza, quella del Rodope. Numerosi
eserciti si affrontarono presso i valichi che consentivano lattraversamento di queste montagne, come il passo della cosiddetta Porta Traiana (dove per poco, nel 986, Basilio II non perse la vita) o quello di Sidera, che precludeva la via allinvasore che intendesse dirigersi verso
Adrianopoli.
I Bizantini denominavano Occidente (Dysis) la parte dellImpero situata in Europa corrispondente allantica prefettura dellIllirico, la cui
ultima istituzione, quella del prefetto o eparco, era scomparsa allinizio
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del IX secolo. Il caso della Tracia incerto, dal momento che tale provincia, come Costantinopoli stessa, faceva parte della prefettura dOriente. Tuttavia i funzionari che avevano competenza sullintero Occidente, come i domestici delle scholae, o lagente incaricato della ripartizione delle imposte (exisotes), avevano senza dubbio autorit su tutte
le terre poste a ovest del Bosforo, in ogni caso sulla Tracia.
1. Le nuove strutture.
a) Spopolamento e avvento degli Slavi e dei Bulgari.
Verso la met del VII secolo, nonostante la sconfitta subita dagli Avari dinanzi a Costantinopoli nel 626, i Balcani sono ormai in larga parte
perduti per lImpero. La questione dellavanzata degli Slavi gi stata
oggetto duna disputa che ha visto opporsi agli studiosi, soprattutto greci, tendenti a minimizzare limportanza del popolamento slavo nello spazio geografico della Grecia attuale, quanti invece sostenevano che la popolazione greca, allepoca, fosse ormai pressoch scomparsa dal territorio, emigrando altrove. Oggi possiamo godere duna visione pi precisa
grazie al contributo dellarcheologia e, talora, allinterpretazione innovativa dei reperti. La testimonianza della Cronaca detta di Monemvasia, un
testo risalente al IX secolo, secondo cui la costa orientale, da Corinto a
capo Malea, era rimasta sotto lautorit bizantina, pare da questo punto
di vista ampiamente confermata. Gli scavi condotti a Corinto, a Atene
e in altri siti hanno fornito numerose borchie di cintura di tipo militare.
In un primo tempo si pensato fossero resti di indumenti avari ma oggi
sono piuttosto attribuite a soldati bizantini, bench si tratti duna ipotesi non condivisa allunanimit [Avramea 468]. La scoperta non irrilevante, giacch implica che Corinto abbia mantenuto, durante tutto il
VII secolo, la funzione di centro di potere bizantino supportato da una
guarnigione. Tale teoria confermata dallesistenza di sigilli di funzionari in particolare di strateghi, di un drungario ma anche di un vescovo di Orobe sulle isole dellArgolide. Si tratta di reperti, databili per
la maggior parte allVIII secolo, che provano la permanenza duna amministrazione, soprattutto militare, regolarmente destinata a prendere servizio in questa zona dellEllade, ci che potrebbe spiegare come questa
regione, che innanzitutto riforniva di marinai, a quel che sembra, le forze dellImpero, sia stata eretta in strategia alla fine del VII secolo.
Daltra parte, non si pu negare che gruppi di Slavi avessero occupato la maggior parte dello spazio balcanico, allinfuori duna parte del-
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Sava. Verso il 680 Kuber, un altro capo bulgaro alla guida del suo popolo, i Sermesiani, tra i quali cerano anche numerosi Greci, si stabil
non lontano da Tessalonica, tentando invano di impadronirsene con linganno, ma la citt fu salvata grazie allintervento della flotta dei Carabisiani, in quanto Bisanzio aveva mantenuto, con la sua superiorit navale, la possibilit di sbarcare le proprie truppe dovunque fosse necessario [Lemerle 91]. Nello stesso periodo, altri Bulgari passavano al sevizio
dellimperatore, tra i quali un precedente alleato di Kuber, Mauro, il cui
figlio venne nominato patrizio.
Lindebolimento del qaghanato aveva restituito lautonomia a parecchie trib slave. Queste ubbidivano a dei capi, detti archontes nelle fonti bizantine, che governavano quella che le medesime fonti chiamano
una sclavinia, ossia un territorio controllato da trib di Slavi. Queste enclaves non costituivano una seria minaccia per lImpero, dal momento che non si organizzavano secondo un modello statale e non erano coordinate tra loro: mentre una trib attaccava Tessalonica, unaltra
provvedeva al vettovagliamento della citt. Era sufficiente che i Bizantini conservassero i loro punti dappoggio per poter disporre di future
basi per la riconquista. La politica imperiale si sempre dimostrata in
tal senso particolarmente accorta, evitando nella maggior parte dei casi
il confronto diretto e lasciando ampia autonomia alle autorit locali nel
gestire i rapporti con gli Slavi, anche se lobiettivo rimaneva identico:
far riconoscere lautorit del basileus, sottomettere allobbligo di versare le tasse e di fornire soldati, e cristianizzare. Tuttavia, la realizzazione di tale programma dipendeva dal fronte orientale, che ebbe la maggior attenzione fino alla fine della riconquista bizantina.
b) Le relazioni con i Bulgari.
Verso il 670, premuti dai Cazari che si erano stabiliti a loro volta nelle steppe della Russia meridionale e guidati da Asparuch, senza dubbio
un fratello di Kuber, un certo numero di Bulgari ottenne da Costantino IV, il cui esercito era stato sconfitto nel 680-81, di stabilirsi nelle
pianure a sud del Danubio, particolarmente adatte ai popoli nomadi della steppa. I princip erano salvi, dal momento che limperatore, secondo i termini del trattato, accordava loro apparentemente, di sua volont il territorio conquistato, mentre il tributo versato veniva fatto
passare a pagamento della protezione data alla frontiera da parte dei
nuovi venuti. Lo scacco ebbe gravi conseguenze perch i Bulgari, come
gli Avari che li avevano preceduti, ma con maggiore successo, avrebbero poi unito le trib slave con le quali erano entrati in contatto, costi-
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il qaghan propose ai Bizantini di tornare alle frontiere precedenti in cambio dun tributo e dun accordo che permettesse ai mercanti di circolare liberamente tra i due Stati. La confusione ai vertici del governo non
consent ai Bizantini di rispondere favorevolmente e si dovettero perci attendere la morte di Krum nell814, lascesa al potere di Leone V,
gi stratego degli Anatolici, e una vittoria bizantina per veder stabilita
una pace durevole nell816. Ma il qaghanato bulgaro, che gi aveva assorbito numerose sclavinie, si estendeva ormai fino a nord di Tessalonica.
c) Il recupero della Tracia e dei Balcani meridionali.
Nel momento in cui ne ebbero la possibilit, i basileis intrapresero
lopera di restaurazione della loro autorit sui territori popolati ormai
in maggioranza da Slavi. I sovrani bizantini facevano come sempre uso
di due armi tradizionali: la pressione dellesercito e la forza dattrazione esercitata dallImpero. I primi tentativi di Costantino IV e di Giustiniano II, nonostante la superiorit militare, non riuscirono a rendere
libera e sicura in modo durevole la Via Egnatia da Costantinopoli a Tessalonica. I primi progressi furono compiuti sotto il regno di Costantino
V. Come gi Giustiniano II prima di lui, ma con maggior successo, il
nuovo sovrano bizantino fece deportare numerosi Slavi in Asia Minore, soprattutto in Bitinia, alleggerendo di conseguenza la pressione sulla Tracia, che provvide a liberare costruendovi inoltre nuovi kastra. Contemporaneamente la ripopol in parte, insediandovi Siriani e Armeni
che fece trasferire dai rispettivi luoghi dorigine dopo le sue vittoriose
campagne dOriente, erigendo in vescovati molte delle nuove fortezze
forse allo scopo di poter disporre in Tracia dun clero iconoclasta [Kountoura-Galake 1106]. Irene segu il suo esempio, liberando senza difficolt la Tracia occidentale e dando un nuovo nome a Berea, che fu chiamata Irenopoli. Ma i Bulgari, danneggiati da tali avanzate, che oltre tutto sottraevano loro in parte gli Slavi che avevano gi sottomesso,
ripresero i loro antichi territori dopo le vittorie di Krum.
Pi a sud, al riparo da ogni nemico e in particolare dai Bulgari, i Bizantini facevano affidamento sulle fortezze che avevano conservato. Il
programma imperiale riassunto in maniera ammirevole da Leone VI,
che lo attribuisce al padre Basilio: imporre capi bizantini, battezzare ed
ellenizzare. Gli archontes slavi furono integrati nella gerarchia bizantina
attraverso la concessione di titoli aulici [Seibt 1112], quindi i sovrani rimpiazzarono gradualmente gli archontes dorigine slava con funzionari bizantini, come lantroponimia permette di constatare. Agli Slavi si do-
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mandava prudentemente di obbedire agli strateghi che lImpero nominava, fornendo nello stesso tempo un contingente militare, e di versare
non la regolare imposta fondiaria ma una somma forfettaria negoziata.
Intanto, la ricristianizzazione si tradusse nella creazione duna nuova rete di vescovati, le cui varie tappe ci sfuggono poich, a parte la rivolta degli Slavi dati come schiavi alla metropoli di Patrasso, nessun altro avvenimento degno di nota ha attirato lattenzione dei cronisti; si
pu constatare per che il numero dei vescovati balcanici nelle liste episcopali si accresce in maniera evidente con il passare del tempo.
d) Listituzione dei temi.
Un primo tema, quello degli Elladici, fu certamente creato prima del
695, poich il suo stratego ebbe parte nella ribellione che rovesci Giustiniano II: probabile conseguenza della spedizione condotta nel 688
dallimperatore, che aveva raggiunto Tessalonica senza avere il dominio
della regione ma facendo numerosi prigionieri. Gli studiosi hanno cercato, senza peraltro trovare un accordo, di determinare quale fosse il
comprensorio di tale tema. Si tratta senza dubbio dun falso problema
in quanto non era, allepoca, che un semplice corpo darmata reclutato
in Grecia continentale principalmente a Tessalonica e in Tessaglia
e insulare posta sotto il controllo bizantino. In seguito, quando fu costituito il tema-circoscrizione dellEllade, esso avrebbe inglobato la Grecia centrale, Atene compresa.
Bisogna attendere un secolo perch leunuco Stauracio, uomo di fiducia dellimperatrice Irene, porti a termine, nel 782-83, una nuova marcia vittoriosa nel paese degli Slavi, prendendo il Peloponneso e facendo
dei prigionieri [Oikonomides 1111]. Prima dell802 venne creato il tema di Macedonia, con capitale Adrianopoli, che rafforz il tema di Tracia per la difesa di Costantinopoli. I primi decenni del IX secolo segnano unavanzata decisiva dei Bizantini in Grecia. Sotto il regno di Niceforo, la regione di Patrasso fu sottomessa, ma gli Slavi si sollevarono
poco dopo, venendo sconfitti come testimoniato, tra le altre fonti, dalla Cronaca di Monemvasia. In seguito ci fu una duplice riorganizzazione
del territorio, poich attestato, nell812, uno stratego del Peloponneso, mentre Patrasso viene eretta a nuova metropoli; la Chiesa stessa, infatti, aveva ottenuto diritti, sanciti da una crisobolla di Niceforo I, sui
vicini slavi ormai vinti [Oikonomides 1110; Turlej 1113]. Niceforo
rinforz lelemento ellenico nella regione trasferendovi numerosi Greci dalle isole e dallAsia Minore. Allinterno del tema, tuttavia, le autorit dando prova dellabituale pragmatismo continuarono a preser-
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vare le sclavinie degli Ezeriti e dei Melingi. Lavanzata bizantina, favorita dallappoggio assicurato dalla flotta, raggiunse le coste adriatiche,
base indispensabile per la salvaguardia dei territori italiani. Successivamente vennero creati i temi di Cefalonia, di Durazzo menzionati per
la prima volta nell843, nel Taktikon Uspenskij e, nella seconda met
del secolo, quelli di Nicopoli e di Dalmazia. Questultimo raggruppava
le citt di Zara, Spalato e Ragusa, dove aveva la base una flotta provinciale per difendere meglio lAdriatico dagli Arabi che avevano assediato la citt nell886. La conversione dei Narentini, Slavi pagani e famigerati pirati, facilit le relazioni tra Venezia e Costantinopoli. Dalla creazione dei temi di Tessalonica (prima dell836) e di Durazzo facile
dedurre lambizione di voler restaurare la Via Egnatia per farne lasse
viario bizantino. Il dispositivo fu completato con listituzione del tema
dello Strimone (prima del 900), che controllava i passi del Rodope dai
quali i Bulgari potevano attaccare [Oikonomides 28].
Anche dopo la loro scomparsa, il ricordo delle sclavinie non fu mai
completamente cancellato. Dialetti slavi si parlavano ancora nellXI-XII
secolo intorno a Tessalonica [Brunet 474]. Il tema dei Drugubiti, creato nel X secolo nella medesima regione, prese il nome di una delle trib
slave (di cui in precedenza si conoscevano alcuni arconti) che si erano
insediate presso la metropoli a partire dal VI secolo.
La presenza bizantina cos rafforzata incoraggi quindi i popoli serbo e croato a convertirsi al cristianesimo. I Serbi furono soggetti alla duplice influenza di Roma e di Costantinopoli fino a quando, verso il 923,
il conflitto di giurisdizione fu risolto: i territori marittimi furono affidati a Roma, lentroterra a Costantinopoli [HC IV, pp. 937-39]. Linfluenza dei Bizantini sui Serbi continu a esercitarsi indirettamente, anche se intervennero sovente nelle loro vicende imponendo un pretendente al potere che avesse il loro favore.
Labbandono del paganesimo da parte degli Slavi di Grecia non ebbe la pubblicit avuta dalla conversione dei Bulgari o dei Russi, anche
se Costantino VII attribu troppo esclusivamente a suo padre Basilio I
il vanto di averli convertiti tutti [Peri 1116].
2. La questione bulgara.
a) La posta in gioco nella conversione della Bulgaria.
Intorno alla met del IX secolo, la situazione in Europa centrale era
mutata. La potenza della Moravia slava inquietava tanto limperatore
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della rivolta furono giustiziati in massa insieme ai loro figli. Boris si assunse il compito di organizzare la Chiesa di Bulgaria cercando di evitare una troppo stretta dipendenza da Bisanzio. Il territorio bulgaro, a
causa della posizione geografica, dipendeva giuridicamente dal patriarcato di Costantinopoli; Boris si rivolse perci a Fozio per avere chiarimenti sulla nuova fede, manifestando il desiderio che la Bulgaria potesse avere un suo patriarca. Fozio gli rispose con una lunga lettera, un
vero speculum principis a uso dun sovrano cristiano, in cui tuttavia rifiutava lautonomia alla Chiesa bulgara. Boris, a questo punto, invi
due ambasciate rispettivamente a papa Niccol I e a Ludovico il Germanico. Anche il papa rispose alle domande di Boris con una dettagliata lettera sulle consuetudini cristiane, promettendogli inoltre linvio
dun vescovo, senza comunque acconsentire allautocefalia. I negoziati si complicarono con lo scisma tra Roma e Costantinopoli e con la divisione in seno alla Chiesa greca tra i fautori del patriarca Ignazio e
quelli di Fozio. Finalmente, nell869, Boris accett che larcivescovo
di Bulgaria venisse nominato dal patriarca costantinopolitano, a patto
che il presule potesse quindi godere di autonomia, disinnescando in tal
modo una potenziale tensione con lImpero. Il qaghan fece poi innalzare a Pliska una grande cattedrale, oltre a fondare numerose chiese in
tutta la regione e dotando infine il suo regno dun codice giuridico [HC
IV, pp. 924-31].
Dei prelati greci, ma anche latini, avevano iniziato la conversione
della popolazione, ostacolata dalla lingua straniera. Quando Clemente
e Naum, due sacerdoti slavi che gi facevano parte della cerchia di Metodio, vennero cacciati dalla Moravia alla sua morte nel885 , li accolse Boris, allontanandoli ben presto da Pliska e inviandoli in Macedonia occidentale, nella regione di Ocrida, per evitare una rivalit troppo
aperta con i Greci.
Nell889 Boris lasci il potere nelle mani del figlio maggiore, Vladimiro, ritirandosi in un monastero, senza dubbio uno dei primi cenobi
fondati in Bulgaria, ma il nuovo sovrano si alle con i boiari di Pliska
permettendo che le nuove chiese venissero abbattute e lasciando martirizzare dei sacerdoti cristiani tra cui lo stesso arcivescovo. Perci,
nell893, Boris, abbandonato il ritiro, fece deporre e accecare Vladimiro, proclamando sovrano il figlio cadetto Simeone prima di tornare al
monastero. Simeone stabil a sua volta una nuova capitale a Preslav, dopo
aver abbandonato Pliska, il centro tradizionale del regno, perch troppo legata al fratello Vladimiro, che aveva cacciato dal trono, e alle tradizioni pagane anche se, dopo la conversione di Boris, erano state edificate delle chiese. Preslav si svilupp rapidamente: sorsero chiese e ca-
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tuttavia influenzata dai chierici latini, in particolare Adalberto di Praga, e la neonata Chiesa si volse infine a Roma, che nel 1001 invi la corona a Stefano, primo re dUngheria. Il nuovo regno entr di conseguenza nella sfera dinfluenza dellImpero germanico, anche se molti vescovi di rito greco furono presenti per tutto lXI secolo [HC IV, pp. 889-92].
Quali obiettivi potesse avere in mente Simeone quando giunse dinanzi alle mura di Costantinopoli continua a essere argomento di acceso dibattito. La prima volta, nel 913, si accontent di ristabilire la consuetudine del tributo, di ricevere dal patriarca Nicola il titolo di imperatore dei Bulgari e della prospettiva di diventare suocero del giovane
imperatore Costantino VII. Nel 924 si fece ancora confermare il titolo
imperiale, che lo metteva alla pari con lImperatore bizantino, e riconoscere le conquiste territoriali. Si dubita, infine, che abbia voluto impadronirsi veramente della capitale bizantina, regnandovi come imperatore dei Romani e dei Bulgari. Lassenza di una flotta gli avrebbe comunque impedito di realizzare una simile ambizione [Shepard 1124]. Alla
sua morte, nel 927, il figlio Pietro si esib in una dimostrazione di forza in Tracia segno che la Bulgaria era stata meno indebolita dalle guerre di Simeone di quanto non sia stato talvolta sostenuto e ottenne la
mano di Maria, una nipote di Romano Lecapeno. Segu un quarantennio di pace, di cui la Bulgaria si giov, come dimostra lestensione raggiunta allepoca dalla capitale, Preslav. A questo periodo data la ceramica decorativa prodotta nei monasteri vicini alla capitale e la maggior
parte dei gioielli e di altri oggetti darte suntuaria importati da Costantinopoli, indice dun cresciuto volume di traffici.
Lavvicinamento allortodossia provoc il rigetto di una parte della
popolazione bulgara, sensibile alla predicazione dun prete, Bogomil,
che diede nome a uneresia che criticava fortemente il clero ufficiale.
Gli avversari ortodossi assimilano i Bogomili a eretici dualisti; possibile che siano stati influenzati dai Pauliciani, deportati in Tracia in gran
numero dopo la caduta di Tefrice, la loro capitale. Un trattato scritto
dal prete ortodosso Cosma secondo qualcuno risalente al 972, per altri databile al XIII secolo descrive approfonditamente la creazione delluniverso sensibile da parte del diavolo, intesse un elogio dellascetismo
pi rigoroso per chi voglia sfuggirgli e rifiuta i sacramenti [Vaillant 765].
Tale corrente religiosa fu popolarissima in Bulgaria, diffondendosi anche nei territori dellImpero finch Alessio Comneno, a Costantinopoli, non decise di prendere severi provvedimenti contro il capo dei Bogomili, che venne arso pubblicamente sul rogo.
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3. I Balcani bizantini.
a) Lorganizzazione amministrativa dei Balcani dal
1018 al 1204.
La vittoria di Basilio II garant la sicurezza dei Balcani e favor lespansione economica che caratterizz i due secoli successivi. Limperatore organizz il paese conquistato in modo avveduto, sforzandosi di
guadagnare il favore delle lites con la concessione di dignit e riuscendo a integrare lantica famiglia regnante in seno allaristocrazia bizantina, unendo i giovani principi in matrimonio con eredi di grandi famiglie dellAsia Minore. Cos Isacco Comneno, futuro imperatore, spos
Caterina di Bulgaria. I principi servirono nellesercito, sempre in Oriente, per evitare che la popolazione bulgara potesse appellarsi a loro in caso di malcontento. Aronne, cognato di Isacco, fu nominato catapano del
Vaspurakan, duca di Mesopotamia, quindi dux di Ani e dIberia. La nobilt bulgara, alla quale Basilio aveva generosamente concesso titoli aulici, si dimostr meno docile e prese parte alle rivolte che sollevarono di
tanto in tanto le antiche province bulgare, in particolare nel 1040. Anche i Bulgari fornirono i loro contingenti allesercito imperiale. Il paese, infine, fu diviso in due grandi circoscrizioni, i ducati del Paristrion
e di Bulgaria. Il Paristrion comprendeva le province bulgare annesse da
Tzimisce, e includeva le bocche del Danubio difese dalla fortezza di Dristra e da quella posta nellarea di Pacuiul lui Soare, grande base navale
costruita nel X secolo [Madgearu 1138]. Il ducato di Bulgaria occupava
il centro degli Stati di Samuele, con Ocrida capitale religiosa, e Skopje
principale piazzaforte militare. Da questa provincia, limperatore sorvegliava i Serbi che si erano prudentemente affrettati a fare atto di sottomissione [Ferluga 1134; Holmes 152].
Basilio II si adoper al fine di rispettare le istituzioni vigenti. Mantenne la consuetudine del versamento delle imposte in natura che, pare, i contadini bulgari praticavano ancora, e preserv inoltre lo statuto
di autocefalia della Chiesa bulgara, mentre Tzimisce aveva soppresso il
patriarcato bulgaro subordinando il metropolita di Ioannopoli/Preslav
alla diretta autorit del patriarca costantinopolitano. Basilio precis nel
sigillion del 1020 i possedimenti dellarcivescovo di Ocrida, fornendo
pure la lista delle sedi vescovili annesse, ancor pi accresciute per lavanzata bizantina: venne cos aggiunta la Serbia. Limperatore poteva
inoltre godere del diritto di nominare il capo della Chiesa bulgara, anche se Basilio mantenne in carica il titolare Giovanni.
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I successori di Basilio II rafforzarono la presenza bizantina nei Balcani, evitando tuttavia di amministrare direttamente i territori serbi, e
fecero evacuare, senza dubbio solo temporaneamente, alcuni centri che
costituivano punte avanzate, come Sirmio e Belgrado. Romano III accolse presso di s Dobrona, signore di Zara e di Spalato, promuovendolo protospatario e stratego di Dalmazia, ma Michele IV simpadron
in seguito dei suoi possedimenti, nominando a sua volta Ljutovid, gi
arconte di Zaclumia, protospatario e stratego di Serbia e Zaclumia. Le
lites locali continuavano a essere sempre invitate a integrarsi alla clientela, o meglio alla gerarchia imperiale [Falkenhausen 1133].
Questa politica espansionistica rappresent anche un modo per prendere possesso della Bulgaria, beneficiaria della pace e di un approvvigionamento monetario migliore da parte di Costantinopoli e di Tessalonica.
Giovanni Orfanotrofo, fratello di Michele IV, la alline nel regime fiscale generale, il che fa supporre che il pagamento delle tasse avvenisse in denaro. Altro sintomo dellinfluenza bizantina fu il fatto che a Giovanni,
sul seggio arcivescovile di Bulgaria, succedette un greco, Leone, gi membro del clero di Santa Sofia. Nel 1040 scoppiarono simultaneamente una
rivolta capeggiata da Deljan, sedicente erede di Samuele, e unaltra fomentata da Vojislav di Dioclea, territorio corrispondente grossomodo al
Montenegro attuale. Michele IV ag prontamente, ristabilendo la situazione, ma Vojislav mantenne la sua indipendenza sconfiggendo lo stratego di Durazzo. I principi di Dioclea costituirono da allora una minaccia per Durazzo, e tanto pi in considerazione del fatto che larretramento bizantino in Italia successivo al 1071 espose la citt in prima linea.
Sotto il profilo religioso, larcivescovato di Ocrida venne affidato a
un presule greco a cominciare dal regno di Michele IV. Lo sforzo fatto
allo scopo di ellenizzare lantica Chiesa bulgara sintensific sotto Alessio I quando Teofilatto, eletto a Ocrida, fece tradurre dallo slavonico in
greco opere come la Vita di Clemente. Una deliberata distruzione di manoscritti slavonici avrebbe accelerato limpiego della lingua greca.
Linfluenza bizantina nei Balcani occidentali dipendeva dai sussidi
inviati ai potentati locali e dalla forte presenza militare bizantina, rappresentata dalle guarnigioni di stanza a Skopje, Nissa, Ocrida e Durazzo. Dopo il 1071, essa dovette vacillare sotto i colpi dei Serbi di Dioclea che sostennero una nuova rivolta bulgara, nel corso della quale il
figlio di Michele di Dioclea, Costantino Bodin, fu proclamato imperatore. Bodin fall, poich non riusc a radunare sotto di s tutte le milizie bulgare, e si diede a razziare le terre dei suoi stessi sudditi. Permaneva tuttavia il rischio di unalleanza tra i Serbi e i Normanni, solidamente attestati in Italia: il pericolo si materializz quando Bodin si un
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in matrimonio con la figlia del governatore di Bari. Lesercito bizantino, agli ordini di Niceforo Briennio e poi di Niceforo Basilacio, era stato rinforzato, ma i due generali avevano tentato di impadronirsi del potere. Lassalto normanno a Durazzo nel 1081 sopravvenne perci in un
contesto problematico. Dopo la morte di Roberto il Guiscardo, Giovanni Duca, cognato dellimperatore, riusc a contenere le ambizioni serbe
senza cercare di sottomettere Bodin.
b) Il problema dei nomadi.
Le steppe russe videro il passaggio di popoli nomadi che si avvicendarono gli uni agli altri premuti da invasori orientali. Per la maggior parte scacciati cos dalle loro sedi abituali, si stabilirono lungo il Danubio,
talora attraversandolo. Bisanzio non ne fu immediatamente interessata
grazie alla protezione peraltro imperfetta, se si considerano le incursioni ungare del X secolo costituita dallo Stato bulgaro. LImpero disponeva di una sentinella in Crimea, Cherson, gi occupata dai Cazari
nellVIII secolo, eretta poi in tema nell840, le cui frontiere non giungevano molto oltre il porto. I funzionari di stanza a Cherson informavano il governo centrale di ogni cambiamento: avanzate di Ungari verso
Occidente, arretramento graduale dei Cazari incalzati da Peceneghi e
Russi, progressi del principato di Kiev [Zuckerman 1128]. Fra lVIII e il
X secolo, Cherson, la cui zecca batteva monete di bronzo, benefici dun
fiorente commercio con i Cazari.
I Peceneghi avevano approfittato della disfatta dei Russi di Svjatoslav per stabilirsi, alla fine del X secolo, a nord del Danubio. LImpero,
in crescita prosperosa, costituiva un bersaglio attraente, e divenne perci oggetto, dal 1032, di frequenti incursioni che danneggiarono come hanno provato gli scavi archeologici condotti in loco un certo numero di localit stanziali lungo il basso Danubio ricostruiti ai tempi di
Tzimisce. Nel 1047 una massa di Peceneghi penetr i confini dellImpero; Costantino Monomaco tent di accattivarli concedendo loro di
stabilirsi in territori abbandonati tra Nissa e Sofia e facendo battezzare i loro capi Tyrach e Kegenes, ai quali accord inoltre delle dignit. I
dissensi tra i capi e il rifiuto dei guerrieri peceneghi di combattere i Turchi in Oriente portarono a una serie di battaglie dagli esiti spesso infausti per i Bizantini, nonostante lenergia dimostrata dal Monomaco. Limperatore dovette accettare linsediamento dei nomadi tra il Danubio e
lEmo [Malamut 1130]. Un nuovo popolo nomade, gli Uzi, intervenne
a minacciare tale precario equilibrio, ma fu decimato da unepidemia
sotto Costantino X.
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dere a quanto hanno messo in luce gli scavi effettuati sul sito del villaggio di Nicoria, nel Peloponneso [McDonald 1147]. In effetti, lagricoltura di questa regione ha fornito, sin dal lontano passato, seta grezza,
specializzandosi in particolare durante il XII secolo nella produzione di olio doliva, apprezzato anche dai mercanti italiani.
La zona medievale di Corinto, capitale del tema peloponnesiaco,
stata scavata in modo molto parziale, ma i risultati si sono gi dimostrati molto istruttivi [Sanders 1152]. A giudicare dallo spettacolare aumento dei reperti monetari databili dalla fine del X secolo, leconomia
urbana si deve essere considerevolmente sviluppata nel corso dellXI-XII
secolo. Corinto benefici della sua posizione a mezza strada fra Costantinopoli e lItalia e della sua condizione poich vi risiedevano, oltre allarcivescovo, lo stratego e il suo seguito, le cui spese alimentavano un
mercato locale. La citt ospit nel X secolo un gruppo di pescatori di murice, utilizzato per ricavare la porpora. La ceramica rinvenuta fa supporre che gli abitanti godessero duna certa prosperit, poich la qualit del
vasellame migliora sensibilmente nellXI secolo. Con Corinto, Tebe nel
XII secolo divenne uno dei centri dellartigianato tessile, acquistando un
rango che non sembra affatto compromesso dallincursione di Ruggero II di Sicilia nel 1147, poich sia il geografo arabo Idrisi sia il viaggiatore giudeo-spagnolo Beniamino di Tudela la descrivono ancora come
una citt fiorente [Louvi-Kizi 1146]. In generale, lindustria tessile di
lusso per eccellenza, quella della seta, si ampiamente diffusa nellEllade del XII secolo, al punto che i mercanti italiani insistono per ottenere
il diritto di commerciare a Tebe, che pare sia stata il centro pi attivo
in questo genere dattivit, dove, sempre secondo Beniamino di Tudela, una comunit di 2000 ebrei era votata principalmente alla fabbricazione di stoffe purpuree, di cui Costantinopoli aveva perso il monopolio [Jacoby 543]. Quando il sultano selgiuchide di Konya domand ad
Alessio III Angelo linvio di stoffe di seta, richiese esplicitamente che
si trattasse di sete tebane.
Atene non ha mai ospitato attivit artigianali intensive come a Corinto o a Tebe, ma la citt che, nei secoli oscuri, aveva mantenuto un
modesto spazio abitato intorno allAcropoli e al Partenone, trasformato in cattedrale dedicata alla Vergine, si ugualmente sviluppata tra lXI
e il XII secolo. Tale progresso le valse nel X secolo la promozione al rango di metropoli. La locale aristocrazia costru una serie di nuove chiese,
in gran parte sopravvissute fino a oggi, come la cosiddetta Piccola Metropoli. La ricchezza proveniva per la maggior parte dalle produzioni
agricole, grano e olive, ma anche da concerie, laboratori di vasai e di tessitori di porpora. Michele Coniata, che ne fu metropolita alla fine del
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secolo, lascia intuire dalle sue lettere una citt in decadenza; ma, a
meno che non si tratti semplicemente delleffetto della nostalgia provata dal dotto prelato per lAtene classica, si dovette trattare dun declino di breve durata giacch la citt prosper durante il seguente regime
dei principi franchi [Setton 1153]. Atene fu senza dubbio un modello
per tutte le citt dei Balcani di secondaria importanza, che traevano i
loro proventi in crescita dalle attivit agricole, da uno sviluppo artigianale esteso a livello regionale e spesso da un ruolo amministrativo, laico o religioso.
La rete delle citt si modific, in particolare grazie al commercio con
i Latini: Halmyros in Tessaglia, dove si smerciava le eccedenze della produzione agricola dei possedimenti imperiali, ben attestati in questa provincia, si svilupp quando per Demetriade parve iniziare la decadenza.
Corone e Modone, nel Peloponneso, si rafforzarono nel ruolo di scali
commerciali per i navigli veneziani. I marinai di Monemvasia, porto che
non figura nelle liste delle citt aperte ai mercanti latini, rivaleggiavano
senza dubbio con questi ultimi nei traffici navali attraverso lEgeo [Kalligas 1145].
XII
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La citt viveva senza dubbio pi del commercio delle derrate agricole, la cui produzione era in espansione, che del commercio di prodotti di lusso, anche se vengono citate delle attivit tessili. La locale
comunit ebraica, composta di circa 500 famiglie, tutte dedite allindustria della seta, non era tra le pi numerose della Grecia. Eustazio,
metropolita di Tessalonica nella seconda met del XII secolo, si rammaricava per lo spirito di lucro che si era impossessato dei suoi fedeli, monaci compresi2. Al di l dellesagerazione del moralista, bisogner scorgere un indizio di attivit commerciali fruttuose. Le torture inflitte dai Latini nel 1185 ai cittadini pi agiati per indurli a
confessare dove avessero nascosto i loro tesori rivelano chiaramente
quale idea si fossero fatti i conquistatori delle loro potenziali fortune.
Gi nel 1037 Teofane, arcivescovo di Tessalonica, aveva tesaurizzato la colossale somma di 3300 libbre doro (Scilitza 58, p. 333). In
citt erano presenti corporazioni di mestieri sono attestati, infatti,
dei primiceri dei notai e un protos dei cappellai pur ignorandone
lorganizzazione.
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I monasteri dellAthos, grandi proprietari fondiari, ottennero esenzioni fiscali per parte del loro naviglio, che commercializzava le eccedenze della produzione agricola, non soltanto sui mercati prossimi a Tessalonica ma addirittura fino a Costantinopoli [Smyrlis 560]. I monaci
esercitavano diversi mestieri: tessitori, cordai, pescatori
c) I Balcani settentrionali.
Nel nord dei Balcani non esisteva alcun centro urbano che potesse
uguagliare la metropoli di Tessaglia per importanza. Sulla costa adriatica, Durazzo, dove si erano ben presto installati degli Amalfitani e dei
Veneziani, che parteciparono a fianco delllite locale alla resistenza della citt dinanzi al Guiscardo, apparve agli occhi di Idrisi come una bella
citt, la cui funzione principale, tuttavia, era di bloccare le invasioni
normanne e ospitava quindi, dietro le possenti mura, una forte guarnigione permanente. Gli altri porti della costa non avevano ancora raggiunto uno sviluppo degno di nota, in particolare Ragusa, disputata da
Bizantini, Normanni e Veneziani, i quali infine nel 1205 se ne impadronirono. Lentroterra, ancora immune dalla malaria, era apprezzato dai
membri della famiglia imperiale degli Angeli poich, alla vigilia della
quarta crociata, da quei territori avevano ottenuto le rendite proveniente da numerose episkepseis (fondi di propriet del fisco).
Per i traffici meno intensi, i centri urbani dellinterno dei Balcani sono meno estesi che nel sud del paese. Ocrida si sviluppata al tempo
dello zar Samuele, ma quando Teofilatto vi inviato come arcivescovo
di Bulgaria, verso il 1089, egli si sentir esiliato, lontano dalle raffinatezze della capitale. Tirnovo, fortezza del tema del Paristrion, si svilupp solo nel XII secolo grazie allartigianato locale, dopo la definitiva
soppressione dellipoteca pecenega. Anche Preslav, lantica capitale dei
Bulgari, provata dalle invasioni dei popoli nomadi, pot risollevarsi solamente nella seconda met del XII secolo. I Tedeschi che presero parte
alla terza crociata, tuttavia, una volta varcata limmensa foresta conservata come terra di nessuno per proteggere il territorio imperiale, attraversarono fertili pianure e giunsero in vista di citt che a quel tempo
parvero ai loro occhi centri opulenti, Sofia e Filippopoli, in cui le autorit potevano istituire dei mercati di approvvigionamento sufficienti. I
porti del Mar Nero, Mesembria, Anchialo, vengono raramente menzionati nelle fonti poich non erano aperti ai Latini. La presenza di kommerkiarioi ad Anchialo e a Debelto testimonia del ruolo di queste localit, soprattutto nel IX secolo, quando si trovarono alla frontiera con la
Bulgaria. Le costruzioni di chiese continuarono fino allepoca dei Com-
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neni. I Bulgari, secondo il Libro del prefetto, portavano a Costantinopoli prodotti grezzi, miele e lino.
Le bocche del Danubio continuano ad attirare il commercio. Se Pacuiul lui Soare non sembra essersi risollevata dallinvasione cumana del
1094, Dinogetia e Isaccea sono sempre abitate nel XII secolo, come testimoniano gli abbondanti ritrovamenti di monete e di diversi oggetti
di lusso.
Gran parte del territorio occupata da foreste e praterie dalta quota, adatte alla transumanza del bestiame. Lallevamento lattivit
principale dei Valacchi, popolazione presente da moltissimo tempo nella penisola balcanica ma che compare nelle fonti solo a partire dal X
secolo.
d) La Tracia.
La Tracia, che con la Bitinia costituiva uno dei due granai di Costantinopoli, accompagn lo sviluppo della citt sotto i Macedoni e i Comneni, tranne poche eccezioni, come sotto Michele IV, quando una carestia rese necessario far giungere il grano dal Peloponneso. Sotto Michele VII i contadini conducevano i carri carichi di granaglie fino ai porti
di Tracia. Il tentativo messo in opera da Niceforitza, alla ricerca di
rendite per lo Stato, di stabilire un monopolio sulle transazioni nella
citt di Redesto provoc il malcontento dellaristocrazia fondiaria, affrettando la caduta del ministro. Nel XII secolo, le eccedenze della produzione permettevano di rifornire di grano anche i mercanti italiani, che
ne apprezzavano leccellente qualit. Adrianopoli, capitale della Tracia,
costituiva una piazzaforte posta sulla strada diretta a Costantinopoli per
difenderla dai nomadi del nord e, a differenza di Tessalonica, giunse a
ospitare un potente gruppo aristocratico che partecip alle lotte politiche a partire dallXI secolo. In compenso, leconomia della citt ci sfugge. La sua sicura importanza commerciale derivava dal trovarsi allincrocio del fiume Ebro, o Marizza, navigabile fino al mare, con lasse viario proveniente da Costantinopoli che passava per Filippopoli e Sofia
fino a raggiungere il Danubio. Un kommerkiarios vi si era stabilito nel
IX secolo ed ancora attestato nel XII. Nello stesso periodo, i pellegrini
latini sono ospitati presso un monastero locale appartenente al loro rito. Gli Italiani godono del diritto di commerciare e sono abbastanza numerosi da potersi permettere, nel 1187, di armare parecchie galee [Lilie
613]. Un altro indice dello sviluppo della regione dato dal numero delle diocesi suffraganee della metropoli adrianopolitana, passato da cinque nel VII secolo a undici nellXI.
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Lo sviluppo dei monasteri in Occidente fornisce un altro indizio dello spostamento a ovest del baricentro dellImpero. Lo sviluppo dei monasteri athoniti ha preceduto il crollo anatolico. Alla fine del X secolo,
numerose grandi fondazioni, per esempio quelle della Lavra e di Iviron,
grazie allabbondanza delloro imperiale o aristocratico, divennero in
pochi anni proprietarie di migliaia di ettari di terreni coltivabile. Per
tutto il corso dellXI secolo, i nuovi cenobi si moltiplicano. E il Santo
Monte non fu il solo a prosperare. Gregorio Pacuriano, gran domestico
di Alessio Comneno, ricevette numerose donazioni imperiali nella regione di Filippopoli ed eresse a Bakovo, nelle vicinanze di Stenimaco,
un monastero che forniva dalle proprie rendite 10 libbre doro allanno.
Il cenobio era destinato ad accogliere i compagni darme del vecchio soldato e a commemorarne il fondatore: non senza successo, dal momento che ancora oggi vengono celebrate liturgie per la salvezza della sua
anima. Nel secolo successivo Isacco Comneno, fratello di Giovanni II,
fond in Tracia occidentale il convento della Kosmosoteira, le cui rendite non dipendevano solamente da un vasto possedimento fondiario ma
anche dai diritti di una fiera annuale e dalluso di dodici imbarcazioni
esentate da ogni sorta di tassa. Queste grandi istituzioni, sempre pi numerose nei Balcani, erano centri di sfruttamento economico solidamente protetti, come pu dimostrare anche il fatto, ad esempio, che Pacuriano vi aveva edificato due kastra. Quando Giovanni II fond il monastero del Pantokrator a Costantinopoli, lo dot di numerosi beni
fondiari, in Tracia e in Macedonia.
e) Il rinnovamento nazionale.
La morte di Manuele Comneno, avvenuta nel 1180, segn una svolta nella storia dei Balcani. Immediatamente, Bela di Ungheria riprese
possesso di Sirmio e della Dalmazia, certo senza colpo ferire e con il tacito accordo dei Bizantini; quindi, quando Maria dAntiochia si appell a lui contro lusurpatore Andronico Comneno, Bela marci su Belgrado, Branicevo e Nissa. Restitu tuttavia in seguito le ultime due citt
quando concluse un trattato con Isacco II Angelo, al quale diede in sposa la figlia Margherita. La conquista di Durazzo e di Tessalonica nel
1185 da parte dei Normanni comport conseguenze pi gravi, rivelando le debolezze della difesa bizantina. Lanno successivo due fratelli,
Pietro e Asen, si ribellarono alla testa di un gruppo di Bulgari e di Valacchi, un popolo di pastori a proposito delle cui origini non c consenso tra storici bulgari e romeni. Pietro e Asen trassero profitto dallinsicurezza tra le cime inaccessibili dei Balcani, dalla mobilitazione delle
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guarnigioni locali, chiamate a combattere i Normanni, e infine dalla caduta stessa di Tessalonica nel 1185, per affermare che san Demetrio aveva disertato il campo imperiale. Nel 1188 Isacco II fu costretto a riconoscere le conquiste fatte nel nord dei Balcani. Tirnovo, sobborgo di
Ocrida rimasta bizantina, fu eretta in arcivescovato e Basilio vi incoron Pietro come zar dei Bulgari.
Facendo buon viso a cattivo gioco, Isacco II Angelo dovette negoziare con Federico Barbarossa e il suo poderoso esercito crociato che
attraversava i Balcani, non senza scontri con lesercito bizantino. Limperatore germanico occup per qualche tempo Adrianopoli prima di passare in Asia Minore, ricevendo nel suo campo Pietro di Bulgaria e Nemanja di Serbia, cosa che inquiet Isacco. Le truppe bizantine furono
incapaci di dominare i Bulgari di Pietro e Asen, presto guidati da un terzo fratello, Kalojan, ancora pi temibile dei primi due. I Bizantini subirono nel 1194 un grave rovescio, che apr ai nemici le vie della Tracia.
I porti di Varna e di Costanza caddero e le citt di Tracia vennero a pi
riprese devastate dai Bulgari, che trovarono degli alleati nei Cumani stabiliti a nord del Danubio. Quando questi ultimi si allontanarono, impegnati in nuovi conflitti in Russia, Kalojan, indebolito, accett di trattare nel 1202. Ad aggiungere un altro elemento di preoccupazione per
lImpero, il sovrano bulgaro si rivolse a papa Innocenzo III al fine di
legittimare il suo potere e richiedere che il seggio di Tirnovo fosse eretto in patriarcato indipendente. Nel 1204, il papa acconsent alle sue richieste inviandogli una corona e autorizzando larcivescovo di Tirnovo
a ungere e benedire i futuri re di Bulgaria.
Alcuni capi slavi, tra i quali Ivanko e Dobromir, passarono al servizio dellImpero prima di procurarsi dei principati autonomi. I Bizantini temevano il confronto diretto con il nemico, e un generale,
Manuele Camitza, prima sub un ammutinamento, poi una sconfitta,
preferendo infine tentare di impadronirsi del trono aumentando la confusione. Lintero sistema di alleanze composto da Manuele Comneno
era crollato.
I Serbi di Nemanja recuperarono la loro indipendenza, a dispetto
duna vittoriosa reazione di Isacco II nel 1191. Il gran upan abdic nel
1196 in favore del figlio Stefano e si fece monaco. In giovinezza era stato battezzato secondo il rito cattolico, ma in et adulta ricevette un secondo battesimo da sacerdoti ortodossi, nonostante fosse un avversario
dellImpero. Dopo un breve soggiorno nel monastero di Studenica, che
lui stesso aveva fondato e dove sarebbe stato poi sepolto, Nemanja raggiunse sullAthos un altro suo figlio, divenuto monaco con il nome di
Saba, insieme al quale, non senza il permesso di Alessio III, fond il mo-
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nastero serbo di Chilandar. Nemanja aveva lasciato il potere al secondogenito Stefano. Vukan, il maggiore dei figli, che governava la Zeta,
lantica Dioclea, attacc il fratello deponendolo seppure solo fino al
1203.
Cos, nel momento in cui la Serbia in conflitto con lImpero, e mentre rimane aperta allinflusso occidentale assimilando la Zeta, affacciata sul mondo latino, essa adotta il modello bizantino: da Roma che,
nel 1217, Stefano riceve infine le insegne regali anche se sar il patriarca di Nicea, nel 1219, a consacrare Saba, fratello del re, nominandolo
arcivescovo della Chiesa autocefala di Serbia. Sul piano culturale, la costa del paese continua a essere latinizzata, ma lalfabeto serbo ricalcato sul greco attraverso la mediazione del glagolitico.
Tutti questi avvenimenti non interessarono direttamente il sud della penisola, e solo le regioni prossime alla Bulgaria dovettero soffrire a
lungo, ma le richieste fiscali, forse crescenti per finanziare degli eserciti che non riuscivano a difendere le popolazioni, vennero male accolte,
e in molti si provarono a eluderle. Fatto pi grave, un notabile greco locale, Leone Sguro, constatato lindebolimento dellamministrazione imperiale, rese pi o meno indipendenti i suoi possedimenti nei dintorni
di Nauplia e di Argo; infine, sfruttando la paralisi del governo centrale, alle prese con la flotta della quarta crociata, spinse la sua audacia fino ad attaccare Corinto, di cui simpadron, e Atene, dove il metropolita Michele Coniata, letterato educato a Costantinopoli e rispettoso dellunit dello Stato, si oppose con successo al suo tentativo. Dalla parte
di Sparta un altro notabile, Leone Camareto, si rese indipendente intorno al 1203. Finalmente, gli Albanesi del tema di Durazzo, da molto
tempo ausiliari preziosi dellesercito bizantino, rivendicarono la loro autonomia facendo affidamento sui loro rifugi tra le montagne, senza creare reali occasioni di scontro.
Questi tumulti non sortirono pesanti conseguenze economiche, poich tanto il Peloponneso quanto lAttica erano ancora fiorenti sotto la
dominazione franca, bens effetti politici ben pi gravi, poich le popolazioni si abituarono a non obbedire pi allautorit centrale, interrogandosi sulla fondatezza delle esigenze della metropoli, come testimonia la celebre diatriba di Michele Coniata relativa agli abitanti di Costantinopoli: li accusava infatti di saccheggiare economicamente e
fiscalmente le province dei Balcani, senza preoccuparsi della sorte delle popolazioni locali (cfr. cap. XI, p. 295). La vitalit delle citt greche,
in effetti, offriva loro i mezzi per avere tale comportamento. I Balcani
erano ormai in corso di frammentazione, con due giovani Stati, la Bulgaria e la Serbia, dalle mire espansionistiche ambiziosissime, mentre
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Timarione, in La satira bizantina dei secoli xi-xv, a cura di Roberto Romano, Utet, Torino 1999,
pp. 117 e 119 (N.d.T.).
2
De emendanda vita monastica, in Eustathii metropolitae Thessalonicensis opuscula, a cura di T.L.F.
Tafel, Frankfurt am Main 1832, opus. I, p. 245 (N.d.C.).
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jean-marie martin
xviii. LItalia bizantina (641-1071)
Nel vii secolo, lItalia bizantina costituita da un insieme di territori dispersi, dalla Venetia alla Calabria (senza contare la Sicilia e la Sardegna). LImpero finir per perderne la maggior parte alla met dellviii
secolo, prima che la Sicilia passi sotto la dominazione musulmana nel ix;
proprio alla fine di questo secolo, tuttavia, le autorit imperiali scacciano gli Arabi dalla Calabria e dalla Puglia longobarda (emirato di Bari).
Fino alla conquista normanna, nellxi secolo, le terre che costituiscono
le odierne Puglia, Basilicata e Calabria sono governate da Costantinopoli.
I limiti territoriali dellItalia bizantina sono dunque estremamente
fluttuanti: solo la Calabria meridionale continua a far parte dellImpero, in pratica senza soluzione di continuit, dal vi allxi secolo; tuttavia,
i segni lasciati dallamministrazione imperiale, variabili a seconda delle
epoche, talora perdurano molto a lungo.
Inoltre, tale periodo non presenta molti tratti unitari, come si potuto vedere in ambito politico e amministrativo; in Italia, le istituzioni
esarcali del vii secolo sono molto differenti dalle istituzioni tematiche
del x (e per giunta non riguardano gli stessi territori). Per quanto concerne le tendenze di fondo, ovvero demografia e produzione agricola,
lItalia bizantina segue un andamento analogo a tutte le altre regioni affacciate sul Mediterraneo settentrionale. Allinizio c una crisi profonda, senza dubbio causata principalmente dalla peste, ma aggravata anche dalle conseguenze della conquista longobarda. Tale crisi si manifesta nel vi-vii secolo nelle regioni conquistate dai Longobardi, e poco
dopo (vii-viii secolo) a Roma e in Calabria. In seguito, a partire dal ix
secolo, inizia una ripresa destinata a durare fino alla met del xiv secolo, parecchio tempo dopo la fine della presenza bizantina in Italia. Tale quadro induce a individuare una cesura importante nellultimo quarto del ix secolo.
La percezione di questa evoluzione agevolata dal fatto che la documentazione italiana (peraltro molto disomogenea per quanto riguarda
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Milano
Pavia
Oderzo
regno longobardo
100
200 km
Aquileia
Venezia
venetia
Genova
istria
esarcato
Ravenna
Rimini
Pisa
pentapoli
Ancona
Perugia
Spoleto
corsica
ducato di
spoleto
Mare Adriatico
Roma
Montecassino
Civitate
capitanata Gargano
Lucera
Gaeta Benevento
Troia Trani
Napoli Melfi
Bari
Polignano
Salerno Minervino
Gravina Monopoli
Amalfi
sardegna
basilicata
Genova
Mar Tirreno
Venezia
Ravenna
Ancona
Spoleto
Palermo
Roma
Bari
Lilibeo
Mazara
Napoli
Enna
Palermo
sicilia
Reggio
Territori bizantini
alla fine del VII secolo
langobardia
Taranto
Otranto
MERKOURION Noepoli
Gallipoli
calabria Rossano
Cosenza
Amantea
Cerenzia
Nicastro
Crotone
Tropea
Catanzaro
Nicotera
Messina
Stilo
Gerace
Reggio
Taormina
Catania
LATINIANON
Milano
Siracusa
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A partire dalla fine del vi secolo, Costantinopoli ha posto sotto lautorit di un comandante militare supremo, lesarca, residente a Ravenna, i brandelli di territorio rimasti in mano imperiale, che costituiscono
come delle enclaves, pi o meno estese, nellItalia longobarda. La pi
vasta di esse costituita dallEsarcato propriamente detto e dalla Pentapoli che lo prolunga a sud-est (le attuali Romagna e Marche). Segue la
regione romana (Tuscia romana a nord-ovest, Campagna romana a sudest). Tra Ravenna e Roma le autorit imperiali mantengono un corridoio che passa da Perugia e separa il Regno longobardo dal Ducato di
Spoleto. Linsieme di questi territori, pi o meno uniti, a partire dalla
seconda met dellviii secolo costituisce lembrione del futuro Stato Pontificio. I piccoli ducati di Venetia e Napoli, al contrario, sono isolati
[Diehl 1195, pp. 42-78]; la Chiesa romana proprietaria di numerosi
possedimenti nei dintorni di Napoli, alcuni dei quali sono da essa concessi ai duchi della citt campana allinizio dellviii secolo. Al sud, invece, le estremit delle due penisole (la Calabria, ossia il meridione dellattuale Puglia, e il Bruttium, lattuale Calabria) alla met del vii secolo sono riunite in un Ducato di Calabria ( allora che il Bruttium prende il
nome attuale), successivamente sottoposto al tema di Sicilia, che dopo
la caduta di Ravenna mantiene anche legami episodici con Napoli.
Queste varie unit territoriali sono dotate a poco a poco di un dux o
di un magister militum subordinato allesarca, ma la cronolgogia molto varia: a Napoli, il primo magister militum nominato durgenza da
Gregorio Magno alla fine del vi secolo [Martin 1220, pp. 25-26]; un dux
di Perugia attestato nella prima met dellviii secolo [Diehl 1195, p.
71]; la data in cui compare il dux di Roma non chiara [Bavant 1185,
p. 67; Brown 1188, p. 55]. In definitiva, tuttavia, i duchi sembrano
rafforzare lautonomia dei singoli territori piuttosto che la coesione con
Ravenna. I funzionari civili provinciali e laristocrazia senatoria, ancora attestati alla fine del vi secolo, scompaiono nel vii [Brown 1188, pp.
21-37]. La societ si militarizza; le truppe tendono a essere sempre pi
gestite su base locale, e i loro comandanti si integrano nel contesto dei
notabili del posto; a Ravenna, Roma e Napoli tutto linsieme della popolazione inquadrato nellorganizzazione militare [Brown 1188, pp.
98-99; Martin 1220, pp. 32-33]. Gli esarchi sono di norma fedeli allimperatore (le uniche rivolte sono quelle di Eleuterio, intorno al 610, e di
Olimpio, nel 651. In compenso, quattro esarchi vengono uccisi nellesercizio delle proprie funzioni), ma paiono avere avuto delle difficolt a
controllare i propri subordinati: nel 642, a Roma si ribella il cartulario
Maurizio; negli anni venti dellviii secolo, i duchi sono praticamente autonomi [Diehl 1195, pp. 339-347; Brown 1188, pp. 159-63].
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Inoltre, lesarca ha sotto la propria autorit due prelati latini particolarmente difficili da controllare, il papa e larcivescovo di Ravenna. I
vescovi (papa compreso) sono senzaltro sudditi fedeli dellImpero, ma
il papa, considerato come il sommo teologo ortodosso, e oltretutto alle
prese con lo scisma di Aquileia (provocato dallatteggiamento di Giustiniano, visto come favorevole ai monofisiti), ostile verso ogni compromesso con il monofisismo e poi con liconoclasmo, condannato da Gregorio II [Diehl 1195, pp. 319-37]. Questo atteggiamento sostenuto
dallambiente monastico greco di Roma, fermamente ortodosso (e del
resto numerosi papi della fine del vii e dellinizio dellviii secolo sono
essi stessi dorigine greca) [Sansterre 1231]. Tuttavia, mentre limperatore nel 653 in grado di far deportare papa Martino I (che per giunta
risultato compromesso nella rivolta di Olimpio), i tentativi nel 693
contro Sergio I (papa dorigine greca che riesce a riassorbire lo scisma
di Aquileia e rifiuta i canoni del concilio in Trullo) e nel 726-27 contro
Gregorio II falliscono, il primo a causa delle truppe di Ravenna, il secondo dei Romani [Brown 1188, pp. 179-80]. Larcivescovo di Ravenna [Brown 1188, pp. 184-89], invece, approfitta della vicinanza dellesarca: Costante II gli concede lautocefalia (rispetto a Roma), e la sua
Chiesa riceve numerosi privilegi; larcivescovo Felice (708-24), peraltro,
che ha sostenuto laristocrazia locale contro limperatore, deposto e
accecato. Forte delle sue propriet terriere, la Chiesa di Ravenna simpadronisce sostanzialmente del governo locale dopo la conquista della
citt da parte dei Longobardi. Va comunque da s che questa Chiesa,
cos come quella di Roma, latina. Uno dei pochi elementi dorigine costantinopolitana nellambito ecclesiastico la creazione di diaconie, istituzioni caritatevoli di provenienza monastica che alla fine del vii secolo acquisiscono grande importanza a Roma e anche a Napoli [A. Jacob,
J.-M. Martin, in HC IV, pp. 351, 354].
Tutto sommato la profonda crisi sociale ed economica, unita alla guerra quasi permanente contro i Longobardi, allontana da Costantinopoli
i frammenti del territorio italiano rimasti in mano bizantina, nonostante lorganizzazione militare gerarchizzata del territorio e linteresse nutrito per lItalia da alcuni imperatori: Costante II, nel 663, tenta inutilmente di riconquistare il principato di Benevento, prima di insediarsi a
Siracusa dov assassinato nel 668. Nellviii secolo, tuttavia, gli imperatori si interessano alla Sicilia pi direttamente che allItalia. Liconoclasmo non ha seguito in ambito latino. Lesarca Eutichio, giunto nel
727, si impadronisce delle propriet ecclesiastiche. Intorno al 730, o
qualche anno prima, limperatore decide di far versare direttamente al
fisco le tasse riscosse sullimmenso patrimonio siciliano della Chiesa ro-
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mana [Prigent 1227], fino ad allora utilizzate a Roma (che aveva beneficiato di una decisione favorevole di Costante II), e poi arriva a confiscare gli stessi possedimenti; intorno al medesimo periodo o poco dopo,
limperatore separa dal patriarcato romano la Sicilia e la Calabria, insieme allIllirico orientale. Si capisce come mai, al momento della caduta
di Ravenna, il papa si sia volto verso i Franchi, facendo cos entrare nellOccidente politico la parte pi importante dellItalia bizantina.
Un altro segno dellallontanamento progressivo dallImpero costituito dalla monetazione (cfr. cap. xii) [Rovelli 671]. Al momento della
riconquista, Giustiniano aveva stabilito due zecche in Italia: la principale, a Ravenna, batteva loro e largento per tutta lItalia, e il bronzo
per lItalia annonaria (nord); la zecca di Roma si limitava a battere il
bronzo per lItalia suburbicaria (sud). A livello pratico, Ravenna conia
in proporzione pi argento e meno oro, rispetto a Costantinopoli; la sua
produzione declina, in quantit e in valore, a partire dalla met del vii
secolo, e la svalutazione si fa drammatica nellviii; inoltre, a partire dalla seconda met del vii secolo, i re longobardi e i duchi di Benevento
battono imitazioni di monete bizantine. Una zecca imperiale nasce a Napoli intorno al 660, e sembra rimanere in funzione fino al ix secolo, con
emissioni doro e di bronzo. Allincirca nel medesimo periodo, la zecca
romana batte autonomamente loro e largento, che Ravenna non pi
in grado di distribuire nel resto dellItalia bizantina; la moneta doro romana peraltro si svaluta, analogamente a quella ravennate. Quel che pi
conta, a partire dal pontificato di Sergio I (687-701) compaiono monete dargento (1/8 di siliqua) che recano il monogramma pontificio: lo Stato non ha pi il monopolio delle emissioni. Infine, dal 690 al 720 (o al
740), unautorit locale o privata emette alcune curiose monete di bronzo (30 nummi) di forma rettangolare; nella seconda met dellviii secolo, il papa allinea la moneta romana con il denaro dargento carolingio.
Questi cambiamenti, progressivi ma radicali, hanno luogo in un clima di crisi profonda. Roma e la Calabria, tuttavia, ne sono interessate
solo nellviii secolo: per quanto riguarda il vii secolo, larcheologia mostra che Roma continuava ad approvvigionarsi in Calabria e in Oriente
[J.-M. Martin, G. Noy, in Lefort 549]. Labbandono delle citt, frequente nellItalia meridionale longobarda, lo meno nelle regioni bizantine. Tuttavia, le citt sopravvissute, che gi nel iv secolo hanno abbandonato il proprio carattere monumentale, sono adesso divenute piccoli
insediamenti fortificati. Roma ha perso circa il 95% della popolazione
tra il iv e il vii-viii secolo; Napoli, citt di medie dimensioni nellAntichit, che per ha conservato la propria superficie, senza dubbio una
delle principali citt occidentali dellAlto Medioevo. In Calabria non
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araba, si divisa in quattro territori i cui capi continuano a portare il titolo di iudex (governatore di provincia). Lisola sembra aver ristabilito
dei contatti saltuari con Bisanzio nel x secolo, prima di passare sotto il
controllo delle citt marinare tirreniche [Martin 1218, pp. 631-37].
b) La Sicilia.
La storia della Sicilia risulta invece molto differente, per due ragioni principali [Guillou 1204; Cracco Ruggini 1194]. In primo luogo, lisola sembra essere stata colpita dalla crisi in modo meno grave del continente. Per quanto infatti non vi manchino attestazioni della peste (tardi, nel 745-46) [Cracco Ruggini 1194, p. 45], tuttavia lisola non ha
conosciuto linvasione longobarda, e il tessuto delle sue citt si rivela
particolarmente stabile dalla tarda antichit al Medioevo. Linsediamento rurale poco conosciuto, e non si pu affermare che nellviii secolo
ci sia stata la tendenza a fortificarsi per resistere agli Arabi [A. Molinari, in Carra Bonacasa 1190, pp. 323-53]. Peraltro, Giustiniano aveva riconosciuto allisola uno statuto particolare, giacch non dipendeva da
nessuna prefettura del pretorio, ma era sottoposta direttamente a due
funzionari palatini. Sembra che in Sicilia i possedimenti imperiali e i patrimoni della Chiesa romana e di altre Chiese italiane fossero particolarmente numerosi e importanti; quelli della Chiesa romana sono molto
ben documentati, per quanto riguarda gli anni intorno al 600, grazie al
registro delle lettere di Gregorio Magno, che ne descrive lamministrazione, complessa e in evoluzione. Lisola suscita del resto anche il vivo
interesse degli imperatori: noto che Costante II si stabil a Siracusa,
forse per condurre contemporaneamente la lotta contro i Longobardi e
contro gli Arabi. Alla fine del vii secolo, in concomitanza con la caduta
di Cartagine, Giustiniano II trasforma la Sicilia in un tema (il primo
stratego conosciuto Teofilatto, divenuto esarca di Ravenna nel 701705) [Cracco Ruggini 1194, pp. 42-43], da cui si fa dipendere il Ducato di Calabria [Falkenhausen 1200, pp. 6-8]; la flotta siciliana attiva
nel Tirreno [E. Kislinger, in Carra Bonacasa 1190, pp. 663-68]. La Sicilia molto pi integrata allImpero di quanto non lo siano i territori
dispersi dellEsarcato. Come succede ovunque, le citt subiscono una
contrazione, per conservano i propri vescovati; le due principali sono
Catania e Siracusa, rivolte verso il Mediterraneo orientale; ma a Occidente anche Palermo e Lilibeo (Marsala) sono centri importanti [Cracco Ruggini 1194, p. 30].
La Sicilia partecipa normalmente alla vita politica dellImpero. Solo
in circostanze particolari si sviluppano rivolte e tentativi dusurpazio-
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ne, che dunque non sono il riflesso di una volont autonomista; si possono ricordare la rivolta di Sergio, che si rifugia presso i Longobardi nel
717-18, quella di Elpidio, domata a fatica con linvio di una grande flotta nel 781-82, e di Eufemio, che si rivolge agli Arabi di Ifriqiya nell827
[Cracco Ruggini, 1195, pp. 43-47; V. Prigent, in Jacob 1206]. Un altro
segno, contemporaneamente, di integrazione allImpero e di una certa
autonomia dovuta alla prosperit costituito dal fatto che la Sicilia conia monete imperiali [Morrisson 664; Prigent 1228]. Inizialmente la zecca a Catania (alla fine del vi secolo attestata la monetazione in bronzo, loro compare sotto il regno di Eraclio), poi trasferita a Siracusa
durante il primo regno di Giustiniano II. Nellviii e nel ix secolo (soprattutto a partire dal 750), la zecca di Siracusa la pi importante dellImpero dopo quella della capitale, e le sue coniazioni circolano dal Vicino Oriente al mondo carolingio. Le monete doro siciliane a partire
dalla fine del vii secolo hanno un titolo inferiore a quelle battute a Costantinopoli, e anche il loro peso tende a calare; il loro valore si stabilizza peraltro intorno al 730, senza dubbio in connessione con il versamento diretto nella casse dello Stato delle tasse riscosse sul patrimonio della Chiesa romana (1 solidus di Costantinopoli vale 1 solidus e 1/3 di
Siracusa), per poi calare di nuovo intorno all810-20. Dopo la caduta
di Siracusa si continua a coniare un po di bronzo, e anche doro, in Calabria. Limportanza della monetazione siciliana, dalla fine del vii secolo fino al ix, mostra il buon livello economico dellisola nel contesto imperiale, e anche il suo particolarismo occidentale.
Le fonti che gettano qualche luce su questa ricca provincia sono purtroppo rare. In particolare, permane un problema: lellenizzazione della Sicilia. Allepoca di Gregorio Magno lisola sembra latina; alcune iscrizioni permettono per di individuare una piccola isola linguistica greca,
di origine antica, nella regione di Siracusa [A. Jacob, J.-M. Martin, in
HC IV, pp. 356-57]. Nel vii secolo iniziano a comparire in Calabria e
in Sicilia alcuni vescovi che hanno nomi greci: potrebbero essere dei prelati orientali rifugiatisi in Italia che godevano della fiducia del papa a
causa della loro stretta ortodossia. Daltronde, i contatti con Costantinopoli favoriscono indubbiamente lellenismo. Sembra infine che la popolazione greca residuale della Sicilia orientale inizi a godere duna importanza rinnovata. Lellenizzazione conduce alla decisione imperiale di
separare dal patriarcato romano la Sicilia e la Calabria, dora in poi riconnesse al patriarcato di Costantinopoli. Numerosissimi vescovi siciliani avevano assistito al concilio del Laterano nel 649, ma nel 787 i prelati dellisola partecipano a quello di Nicea. I vescovi di Siracusa e Catania divengono metropoliti [A. Jacob, J.-M. Martin, in HC IV, p. 360].
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Si sviluppa il monachesimo greco, e il suo centro principale il monastero di San Filippo di Agira, nella regione di Enna [Cracco Ruggini
1194, pp. 50-52; A. Jacob, J.-M. Martin, in HC IV, p. 365]. La Sicilia
dar alla Chiesa greca il patriarca Metodio (met del ix secolo) e linnografo Giuseppe. Lellenizzazione dellisola sufficiente perch vi possa
attecchire il secondo iconoclasmo, di cui Teodoro Critino, arcivescovo
di Siracusa, uno degli ultimi partigiani (nella stessa epoca liconoclasmo attestato anche a Otranto) [A. Jacob, J.-M. Martin, in HC IV, p.
360]. Sotto la dominazione araba, quel che resta della Chiesa siciliana
greco, e il nord-est montuoso dellisola costituisce un baluardo cristiano ed ellenofono.
Si ritiene che sia stata proprio questa popolazione, dopo la conquista araba, a riellenizzare a poco a poco la Calabria meridionale, seguita
dalla Sila (nord-est della Calabria) e dalla Puglia meridionale [Martin
503]. Le agiografie monastiche del x e dellxi secolo parlano di numerosi monaci siciliani che si trasferiscono in Calabria e spesso si insediano
nella zona deserta dei confini calabro-lucani (Elia il Giovane, Saba, Cristoforo e Macario, Leoluca di Corleone, Vitale di Castronuovo) [A. Jacob, J.-M. Martin, in HC IV, pp. 360, 365; Follieri 1202].
La maggior parte della Sicilia, tuttavia, nel ix secolo sfugge contemporaneamente alla cultura greca e al cristianesimo. Alla met del vii secolo, lisola subisce unincursione lanciata dagli Arabi. Dopo la conquista di Cartagine, le incursioni riprendono nel 703. Nel 782, il ribelle Elpidio fugge in Africa. Infine, nell826, Eufemio, accusato davanti
Michele II, parte per lAfrica e ne torna lanno dopo insieme al cad
Asad ibn al-Furat, che sbarca a Mazara. Eufemio si proclama imperatore, ma viene ucciso davanti a Enna e gli Aglabidi possono proseguire da
soli la conquista. Palermo cade nell831 e diviene la capitale di una Sicilia musulmana ormai rivolta a sud-ovest. Siracusa, capitale del tema,
conquistata nell878, Taormina nel 902; Rametta cade infine nel 965.
La conquista non facile, soprattutto nella parte orientale dellisola, dove Giorgio Maniace riporter alcuni successi nel suo tentativo di riconquista, nel 1040 [Gay 1203, pp. 450-68].
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cumenti darchivio. I dati che se ne possono trarre risultano abbastanza differenti da quelli dei taktika, che presentano una visione normalizzata e idealizzata delle modalit di azione e degli obiettivi dello Stato
[Falkenhausen 1199; Martin 1217, pp. 695-715; J.-M. Martin, in Jacob
1206, pp. 517-58]. Se da un lato ci fa s che sia difficile valutare quale sia loriginalit dei temi italiani rispetto al resto dellImpero, dallaltro permette di descrivere una serie di meccanismi reali con una precisione che ha pochi paralleli. Ci vale almeno per la Langobardia, terra
di conquista recente, caratterizzata da alcuni evidenti particolarismi; la
Calabria, invece, ha conservato una documentazione archivistica solo
per lultimissima parte del periodo di dominazione bizantina.
In entrambi i temi, risulta attestato un solo tipo di circoscrizione, il
distretto (diakratesis) cittadino, in Calabria talora chiamato eparchia; la
divisione del tema in tourmai pertiene al ix secolo, non al x-xi. C un
unico caso di droungos attestato alla met dellxi secolo nel territorio di
Oppido: pu trattarsi di una sopravvivenza di istituzioni antiche. Valgono le stesse considerazioni per ununica topothesia (topoteresia?). Si
pu aggiungere che qualche sporadico atto ufficiale redatto in semplici villaggi, ma si tratta sempre di eccezioni: lamministrazione esercitata nelle citt.
In Langobardia, le autorit lasciano alla popolazione luso del diritto personale longobardo e ristabiliscono unamministrazione di tipo longobardo: dalla fine del ix secolo allinizio dellxi, gli agenti locali dello
Stato portano il titolo di gastaldo, e ancora nel 998, a Lucera, i quattro
gastaldi della citt sono stati nominati da Teodoro, escubito di Langobardia, responsabile temporaneo dellamministrazione provinciale nellinterregno tra due catapani [Falkenhausen 1198]. Tra il x e lxi secolo, i gastaldi sono progressivamente sostituiti da turmarchi; si tratta ancora di notabili locali, che sembrano avere le stesse funzioni generali dei
gastaldi; nellxi secolo sembrano essere sempre pi destinati a funzioni
giudiziarie, e allora in alcune citt compare un ek prosopou che responsabile di una parte dellamministrazione locale [Martin 1216, pp. 705706]. I turmarchi e gli ek prosopou attestati in Calabria nellxi secolo
non sembrano avere funzioni differenti da quelle dei loro omologhi pugliesi, bench, pi spesso che in Puglia, possa capitare che le citt godano nei fatti di una grande autonomia, arrivando a trattare direttamente con gli Arabi nel x secolo e con i Normanni nellxi; e inoltre alcune
fazioni vi si disputano il potere [Martin 1222, pp. 57-58].
Lo stratego (successivamente, il catapano), collocato al vertice dellorganigramma del tema, circondato dai capi dei servizi (komes tes kortes, domestico del tema). Risiede allinterno di un praitorion; quello di
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dei gastaldi longobardi, e solo molto pi tardi finisce per dare loro il titolo, meno barbaro, di turmarchi.
La stessa flessibilit prevalente in ambito fiscale [Falkenhausen
1199, pp. 142-43; Martin 1216, pp. 711-14]. Come tutto lOccidente,
anche il principato longobardo di Benevento, di cui la Puglia aveva fatto parte, ha abbandonato lesazione di imposte dirette. Nei privilegi accordati alle abbazie di Montecassino e di San Vincenzo al Volturno,
nell892, allindomani della conquista, e relativi ai loro possedimenti situati in territorio imperiale, le autorit bizantine menzionano soltanto
tasse indirette longobarde. Bisogna attendere il 999 per veder comparire in un sigillion di esenzione alcuni elementi del sistema fiscale bizantino, che per arriva a imporsi solo nelle zone ben popolate del tema di
Langobardia, da Trani a Taranto, mentre nella Capitanata, ancora nellxi secolo, si conoscono solamente le tasse indirette longobarde e la
corv (angaria). possibile riscontrare una analoga disparit anche in un
altro ambito: nel centro della Puglia (in particolare a Bari) un gran numero di notabili locali ha ricevuto delle dignit imperiali, al punto che
ci si pu chiedere se non siano state distribuite sistematicamente (e gratuitamente) poco dopo la conquista; nella Capitanata, al contrario, i titolari di dignit sono rarissimi [Martin 1216, pp. 699-700]. sempre
nel centro del catapanato che, nellxi secolo, risultano attestati alcuni
commerciari. Infine, le autorit lasciano ai Longobardi di Puglia il loro
diritto personale e linsieme della loro organizzazione giuridica [Martin
1216, pp. 709-11].
d) Due societ differenti.
La storia del tema di Calabria pi oscura di quella della Langobardia, bench larcheologia abbia recentemente fornito nuovi elementi [G.
Noy, in Placanica 1232, pp. 579-655]. Per la Calabria risulta tuttavia
disponibile una documentazione scritta relativa allxi secolo (bizantino
e normanno) che permette di istituire un paragone, alla fine dellepoca
della dominazione imperiale, tra le due province italiane e di valutare le
differenze persistenti che le separano.
La prima di ordine etnico, nel senso che di questa nozione davano
gli Occidentali dellAlto Medioevo: un popolo definito dalla sua legge, dalla sua lingua, dalla sua pratica religiosa. La popolazione della Langobardia vive secondo il diritto longobardo, parla il latino (o un dialetto romanzo), pratica il cristianesimo secondo il rito romano. La Calabria meridionale e orientale (cos come una parte della Basilicata e
lestremo sud della Puglia) allepoca ellenizzata: i documenti sono re-
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tante minoranza greca che convive con la maggioranza longobarda; il vescovato rimasto latino, nonostante un tentativo fallimentare di ellenizzazione nell887-88. La Chiesa greca ha sicuramente tentato qualche
sconfinamento nel nord della Calabria.
La Chiesa greca sottoposta sia allimperatore, sia al patriarca di Costantinopoli; la Chiesa latina di Langobardia analogamente sotto il controllo delle autorit imperiali, e ci facilitato dal fatto che la riforma
della Chiesa romana inizia solo alla fine del periodo di dominazione bizantina. Le autorit imperiali talora depongono alcuni vescovi, e attribuiscono ad altri il titolo di arcivescovo (contribuendo in questo modo
a complicare unorganizzazione ecclesiastica che comincia a riprendere
vigore) [Martin 1216, pp. 567-72]. La politica religiosa dellImpero, tuttavia, non assolutamente antiromana: i vescovati delle nuove citt della Capitanata sono sottoposti alla metropoli latina di Benevento, situata al di fuori del territorio imperiale [Holtzmann 1207]. Solo dopo la
met dellxi secolo compaiono le prime manifestazioni della riforma romana; alcuni vescovi latini, per esempio, sono deposti per simonia (Giovanni di Trani) [Martin 1216, p. 594]. Se il papa giunge, alla fine degli
anni cinquanta dellxi secolo, a sostenere i Normanni nellItalia meridionale, lo fa tuttavia usurpando le pretese degli imperatori germanici.
Si pu aggiungere che lo scisma del 1054, qui come altrove, non ha avuto nessuna conseguenza pratica.
Nonostante la ripresa della produttivit e dellorganizzazione amministrativa ed ecclesiastica del territorio, le due province bizantine in Italia
rimangono profondamente differenti luna dallaltra, non solo a livello di
popolazione ma anche di collocazione geopolitica e di struttura sociale.
La Puglia longobarda vicina ai Balcani, mentre la Calabria, pi defilata dal centro dellImpero, vicina alla Sicilia musulmana di cui subisce le incursioni per tutto il x secolo. Tuttavia, i suoi rapporti con lisola non sono solamente bellicosi, giacch la Calabria fa parte dellarea
monetaria dellIfriqiya e della Sicilia. In Puglia circola normalmente la
moneta coniata a Costantinopoli (lunica dellImpero in questo periodo), ovvero il nomisma aureo (e i documenti permettono di seguirne la
svalutazione nellxi secolo), il follis di bronzo e, in piccole quantit, il
miliaresion dargento. In Calabria si trovano folleis costantinopolitani,
ma lunica moneta doro attestata dai documenti darchivio il tar, nome dato in Italia al rubai, quarto di dinar battuto in Ifriqiya e in Sicilia, che circola anche ad Amalfi e a Napoli e arriva fino alla Capitanata
intorno al 1030. Lafflusso di tar cessa bruscamente alla met dellxi
secolo, forse a causa dellinvasione hilaliana in Ifriqiya, e le zecche di
Salerno e Amalfi iniziano a produrne delle imitazioni, presto svalutate
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[Martin 1213, pp. 190-202]. Si nota dunque che la Calabria, di popolazione greca, a livello economico meno integrata allImpero della Puglia latina, che mantiene relazioni commerciali regolari con laltra sponda dellAdriatico.
In compenso, la Calabria, che in pratica sempre rimasta inquadrata nellImpero a partire dal vi secolo, ospita una societ molto pi conforme al modello generale dello Stato bizantino rispetto alla Puglia strappata al principato di Benevento.
Nel tema di Langobardia sono scomparsi numerosi vescovati nel corso del vii secolo [Martin 1216, pp. 293-301]. Quelli sopravvissuti dispongono di risorse inferiori, giacch nei principati longobardi domina
il regime della chiesa privata (dipendente, in particolare, dal principe).
Inoltre, la Puglia longobarda dellviii e del ix secolo non sembra aver
ospitato unaristocrazia duna certa importanza: i grandi proprietari conosciuti sono il principe di Benevento e le grandi abbazie situate nella
parte occidentale del principato, ovvero Montecassino, San Vincenzo al
Volturno e Santa Sofia di Benevento. Al momento della conquista, le
autorit imperiali confermano a queste abbazie i loro possedimenti pugliesi, di cui tuttavia esse non possono usufruire: San Vincenzo distrutta dagli Arabi nell881, e la medesima sorte tocca a Montecassino (da
cui dipendeva Santa Sofia) nell883. Ci fa s che esse debbano abbandonare temporaneamente un certo numero dei loro possedimenti periferici. Le abbazie sono restaurate nel x secolo (Montecassino solo verso il 950), ma il contesto in cui sono inserite cambiato: il potere politico si disgrega nei principati, ed esse finiscono per dotarsi di signorie
compatte, sulle quali esercitano diritti pubblici. Ne consegue che il loro ripristino accompagnato da nuovi abbandoni in pratica definitivi in Puglia. Questa evoluzione fa s che la Langobardia bizantina ignori quasi completamente la grande propriet. Si possono citare solo pochissimi esempi di grandi patrimoni, e si tratta comunque di concessioni
da parte dello Stato: nel 999, un certo Cristoforo Bocomaca riceve a titolo di charistike limportante monastero greco di San Pietro Imperiale
di Taranto [Martin 1216, p. 662]; alla met dellxi secolo, Bizanzio, giudice di Bari, possiede due piccoli villaggi, uno dei quali gli stato concesso dal catapano. Nel 1010, secondo la testimonianza di un sigillion
greco pi tardi tradotto in latino, la cattedrale di Oria (che allora sostituisce la sede di Brindisi) ha dei vaxalli, ossia dei pareci. La Puglia arriva cos a realizzare, per puro caso, lideale anacronistico espresso dagli
imperatori macedoni nella loro legislazione. E daltronde, in epoca normanna, la signoria occidentale riuscir a imporsi con difficolt in queste zone e dovr adottare una forma originale.
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bardi di Puglia ad aver servito ad alto livello nellamministrazione imperiale. Infine, bench la feudalit normanna si sia insediata con pi facilit nella Calabria greca, stata proprio questa regione a fornire al conte (poi re) di Sicilia alcuni tratti istituzionali di derivazione bizantina.
Resta comunque il fatto che i tratti principali delleredit imperiale la
modalit di occupazione del suolo e la struttura dellinsediamento sono comuni alle due regioni, e le distinguono dal resto dellItalia. E bench la fondazione di nuovi centri prosegua in epoca normanna in particolare nelle zone di pianura con forme ovviamente differenti, tuttavia lessenza del tessuto abitativo bizantina.
3. Considerazioni finali.
La presenza bizantina ha riguardato varie regioni dItalia in vari periodi, dal vi allxi secolo. Le tracce che essa ha lasciato sono dunque variabili. Venezia, Napoli e Amalfi si richiamano per lungo tempo allImpero, ma le istituzioni che hanno derivato da esso (come nel caso di Roma e Ravenna) sono quelle dellinizio dellviii secolo. La Puglia e la
Calabria hanno ricevuto unimpronta ben differente, giacch fanno parte dellImpero nellepoca in cui la ripresa demografica permette la creazione di un nuovo tessuto insediativo: linfluenza imperiale risulta durevole nella geografia umana di queste regioni. Quanto alla Sicilia, i due
secoli passati allinterno della dar al-Islam le hanno fornito una fisionomia originale.
Uno dei lasciti pi importanti dellepoca esarcale il mantenimento
di un diritto romano, che distingue le regioni bizantine dallItalia longobarda. Nel Mezzogiorno restano fedeli al diritto romano, ancora nel
Basso Medioevo, Napoli e Amalfi, mentre a partire dal x secolo le zone
ellenofone della Calabria e del Salento hanno adottato il diritto bizantino, che le distingue comunque dalle zone di tradizione longobarda.
Nel diritto romano, cos come nel diritto bizantino, la condizione della
donna molto meno marginale di quanto non avvenga nel diritto longobardo, e la solidariet familiare pi valorizzata. La Langobardia/Italia, invece, ha conservato un uso particolarmente rigido del diritto longobardo. I territori che hanno fatto parte dellEsarcato, inoltre, si distinguono per una pratica onomastica originale, giacch i nomi cristiani
vi risultano ampiamente predominanti; la stessa riflessione vale anche
per la Calabria greca e, nella stessa Langobardia, i nomi cristiani fanno
concorrenza a quelli longobardi e romani. Diverso il discorso per la
cultura greca: se le popolazioni ellenofone hanno beneficiato della do-
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Le regioni dellImpero
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Conclusioni
La caduta di Costantinopoli nel 1204 apr una crisi senza precedenti. Senza dubbio, gi alla morte di Eraclio nel febbraio 641, lImpero
aveva subito disastrose disfatte da parte degli Arabi, la cui avanzata sembrava inarrestabile. Tuttavia gli imperatori, a prezzo di un notevole arretramento territoriale e di una militarizzazione della societ, finirono
per ristabilire lequilibrio delle forze e per trovare nuove risorse finanziarie. In particolare impostarono il baricentro dellImpero sullAsia Minore, salvandone al contempo la capitale. Nel 1204, i conquistatori erano cristiani, e questo rendeva possibile la creazione di uno Stato che
combinasse la ricchezza dei Greci con le capacit guerriere dei Franchi.
La perdita della capitale, nella quale erano concentrate al massimo grado le fonti reali e simboliche del potere, minacciava lesistenza stessa
della civilt bizantina.
Niente sarebbe pi sbagliato che considerare i cinque secoli e mezzo che separano questi due momenti di crisi alla stregua di una lunga decadenza, secondo lottica degli storici dellepoca dei Lumi, come Voltaire, Montesquieu o Gibbon. Lo storico, infatti, deve essere attento a
discernere la capacit di cambiamento sotto lapparente immobilit, la
capacit di adattamento sotto lapparente continuit, secondo le parole di P. Lemerle [631, p. 312]. Infatti nonostante i discorsi ufficiali, apparentemente senza unevoluzione rilevante, continuassero a celebrare
il potere universale degli imperatori della Nuova Roma, lImpero bizantino tuttavia dette prova di una stupefacente capacit di sopravvivenza
e di una grande adattabilit, sia nellorganizzazione dei suoi eserciti, sia
in materia fiscale e nei rapporti con i suoi vicini. Pot dunque accadere
che delle iniziative estremamente pragmatiche fossero parzialmente mascherate dalla retorica imperiale, che sottolineava invece le continuit.
LImpero, trasformandosi nel corso del vi-viii secolo e poi ritrovando, a partire dalla seconda met dellviii, una dinamica nuova e durevole, segu con qualche ritardo levoluzione del resto dellEuropa cristiana, pur mantenendo certe particolarit. Il mantenimento di una capita-
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Le regioni dellImpero
le, certo poco popolata ma ricca di simboli di potere, e la capacit di riscuotere le tasse su ampi territori hanno dato agli imperatori bizantini
un netto vantaggio rispetto agli omologhi carolingi, e anche ottoniani.
Daltro canto, per due secoli furono svantaggiati rispetto ai califfi di Damasco (e poi di Bagdad), che potevano beneficiare di risorse fiscali molto superiori. LImpero musulmano, tuttavia, fu rapidamente danneggiato dalle forti autonomie provinciali (Africa, Egitto e Iran, per citare solo gli esempi pi significativi). Lo Stato bizantino fu colpito, come il
resto dellEuropa, da una profonda crisi demografica, che si concluse
nel 750; in seguito si verific una lenta crescita, debole ma regolare, che
nel xii secolo offr alle campagne bizantine pi fertili una prosperit in
nulla inferiore a quella delle pianure dOccidente. Allo stesso modo, bench la sparizione delle citt in Oriente abbia avuto luogo pi tardi, essa fu particolarmente drammatica. La rinascita urbana, il cui ritmo fu
differente a seconda delle regioni quelle pi vicine alla capitale furono le prime che videro ripopolarsi le proprie citt pressoch contemporanea al rinnovamento urbano del mondo mediterraneo latino, in particolare in Italia.
Le strutture politiche e sociali erano apparentemente molto differenti, giacch tutti, senza distinzione, dovevano obbedienza al basileus, rappresentante di Dio sulla terra, mentre presso i Latini tra il sovrano e i
suoi sudditi perlopi si frapponevano dei signori locali. Tuttavia, in
realt le disparit non erano cos marcate. Limperatore era in grado di
reggere le province del suo Impero solo negoziando con le lites locali,
senza che fosse poi molto importante se queste ultime erano greche o allogene. Naturalmente non cera alcun contratto formale che legava il sovrano e le famiglie pi importanti, ma limperatore si preoccupava di distribuire a esse le dignit con le rogai connesse, in modo da mantenere
la loro fedelt per via finanziaria. Non un caso se le distribuzioni di
dignit furono particolarmente generose proprio tra i provinciali vicini
alla frontiera (Italia, Caucaso), che potevano facilmente passare al nemico. Senza dubbio labbondanza di risorse fiscali bench il loro livello durante i cosiddetti secoli oscuri resti oggetto di discussione forn
per molto tempo ai basileis la possibilit di condurre una politica basata sulla liberalit.
Per quanto riguarda invece la cultura, le divergenze tra le due parti
della cristianit furono pi marcate. Dopo la perdita dellAfrica e dellesarcato, infatti, il latino era poco conosciuto nellImpero, mentre il
greco era perlopi dimenticato in Occidente. Forse, pi che i reciproci
stereotipi del greco effeminato e scaltro contrapposto al latino avido e
brutale, stata proprio lincomprensione tra le rispettive culture che ha
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Conclusioni
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Appendici
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Sintesi cronologica
di Tommaso Braccini
Oriente
Occidente
662-668 Costante II si trasferisce in Occidente e stabilisce la Corte a Siracusa, dove infine viene assassinato
COSTANTINO IV (668-85)
674-677 Primo assedio arabo
di Costantinopoli
679 Il califfo Muawiya acconsente a versare un tributo annuale
681 I Bulgari si stabiliscono
nel territorio imperiale
GIUSTINIANO II (685-95)
Campagne contro gli Slavi,
deportati in gran numero
in Asia Minore
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Sintesi cronologica
Oriente
Occidente
FILIPPICO (711-713)
ANASTASIO II (713-716)
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Sintesi cronologica
Oriente
Occidente
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LEONE IV (775-780)
COSTANTINO VI (780-97)
IRENE (797-802)
NICEFORO I (802-811)
LIstria, varie citt dalmate e
Venezia passano sotto il
controllo dei Franchi
811 Limperatore perde la vita in una battaglia contro il
khan bulgaro Krum
STAURACIO (811)
811-814 Successi di Krum
che si spinge a minacciare
la capitale
MICHELE I (811-813)
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Sintesi cronologica
Occidente
Oriente
MICHELE II (820-829)
821-823 Rivolta di Tommaso lo Slavo
826-827 Gli Arabi iniziano la
conquista della Sicilia e di
Creta
TEOFILO (829-842)
occupano
837-843 A Costantinopoli
patriarca Giovanni VII il
Grammatico
840-841 Gli Arabi occupano
Taranto e Bari
843 Trattato di Verdun e
spartizione dellImpero dei
Franchi
BASILIO I (867-886)
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Sintesi cronologica
Oriente
Occidente
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920-930 Epistolario
del
professore anonimo
Viene stabilito un valore minimo inalienabile per le terre di propriet degli stratioti
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Sintesi cronologica
Oriente
Occidente
ROMANO II (959-963)
960 Niceforo Foca riconquista Creta
NICEFORO II FOCA (963969)
GIOVANNI I TZIMISCE
(969-976)
Campagne vittoriose contro
lespansione russa nei Balcani
972 Matrimonio tra Teofano, nipote dellimperatore,
e Ottone II di Germania
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Sintesi cronologica
Oriente
Occidente
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TEODORA (1055-56)
MICHELE VI (1056-57)
ISACCO I COMNENO (10571059)
COSTANTINO X DUCA
(1059-67)
Aumenta la pressione dei Peceneghi sui Balcani e dei
Selgiuchidi in Asia Minore
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Sintesi cronologica
Oriente
Occidente
ROMANO IV DIOGENE
(1068-71)
1071 Limperatore sconfitto e fatto prigioniero dai
Selgiuchidi a Mantzikert. I
Normanni conquistano Bari
MICHELE VII (1071-78)
1072 I Normanni conquistano Palermo
I Selgiuchidi dilagano in Asia
Minore
1077 Rivolta di Niceforo
Briennio e di Niceforo Botaneiata
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Sintesi cronologica
Oriente
Occidente
GIOVANNI II COMNENO
(1118-43)
1122 Vittoria definitiva sui
Peceneghi nei Balcani
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Sintesi cronologica
Oriente
Occidente
1190 Passaggio da Costantinopoli di Federico Barbarossa che partecipa alla terza crociata
ALESSIO III ANGELO
(1195-1203)
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Glossario
acheropita
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bema
califfo
cancello
canone
caristicariato
catepano
catholicos
chorion
commerciarii
crisma
crisobolla
cubiculum
curatore
curiali
demi
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Glossario
(lett. rialzo, lat. suggestus) area della chiesa destinata allaltare
delimitata da una balaustra, oltre che dalliconostasi. Vi potevano
accedere soltanto i chierici appartenenti agli ordini ecclesiastici
maggiori, ovvero limperatore, ma soltanto in determinati momenti della liturgia
successore (ar. alfa) di Muhammad/Maometto, al tempo stesso
guida religiosa e politica dellislm
barriera atta a delimitare il santuario, riservato ai soli sacerdoti e
severamente interdetto ai laici (a esclusione dellimperatore). Ulteriormente elevato fino a escludere completamente il santuario alla vista dei fedeli, il cancello venne progressivamente rivestito di
icone (donde lattuale denominazione di iconostasi)
nellaccezione specificamente ecclesiastica, norma (gr. kanon, canna [per misurazione] e, per estensione, regola) basata su decisioni conciliari in materia dogmatica o disciplinare
donazione condizionale di un monastero (cfr. p. 361)
(da [ho] katepano, lett. prefetto) ufficiale, titolo pressoch analogo a quello di duca
presso alcune comunit cristiane minoritarie (quali i nestoriani, gli
armeni ecc.), titolo ecclesiastico assunto dalla massima autorit religiosa
nel Medioevo, villaggio costituente una circoscrizione fiscale minima
(kommerkiarioi) privati o funzionari, secondo le epoche, incaricati
della raccolta delle imposte sulle transazioni commerciali
(chrismon) il monogramma assemblante le due lettere X (chi) e P
(rho), iniziali di Christos, riprodotto sul labarum
il pi solenne tra i documenti emanati dalla cancelleria imperiale.
Datata e sottoscritta in inchiostro purpureo dallimperatore in persona, la crisobolla veniva infine suggellata con il sigillo aureo da
cui il suo nome imperiale
(koubiklon) camera imperiale il cui accesso era consentito unicamente agli eunuchi addetti alla persona del sovrano
persona dalla quale dipende la gestione di propriet private o statali. Alcuni curatori potevano esercitare la loro autorit sui possedimenti pubblici di unintera provincia
nei centri urbani det protobizantina, membri del locale senato
cittadino (curia)
(demoi) partiti (o fazioni) popolari in cui si raggruppavano i sostenitori delle scuderie in lizza allippodromo, originariamente contraddistinte da livree di quattro colori, Azzurri, Verdi, Bianchi e
Rossi. Fra di essi, soltanto i primi due assunsero in et bizantina
una ben precisa rilevanza politica. Fortemente ridimensionati dopo il vii secolo, i demi continueranno a rivestire un ruolo ben definito esclusivamente allinterno del cerimoniale pubblico costantinopolitano
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Glossario
despota
dhimmi
diocesi
dittico
domestico
doulos
drungario
dualista
duca
dynatos
economia
emiro
enkolpion
eparco
episkeptitai
esarcato
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escubiti
eunuco
exkousseia
federati
filioque
ghz
giacobiti
girovago
horos
iconoclasta
iconodulo
igumeno
iperpero
jihd
kastron
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Glossario
(excubitores/exkoubitoi) una delle guarnigioni della guardia imperiale ricostituita nellviii secolo
la consuetudine di impiegare eunuchi a copertura di cariche amministrative, governative o addirittura militari inizi a diffondersi in
et tardoantica e si mantenne successivamente fino allxi secolo.
Addetti in un primo tempo al cubiculum e sottoposti allautorit di
un praepositus, la loro importanza aumenter progressivamente a
Corte per via dei rapporti di familiarit che di necessit venivano
a instaurarsi fra loro e il sovrano
(o exkousia, lat. excusare, perdonare) esenzione fiscale (cfr. pp.
144-45)
(foederati) ausiliari barbari, non appartenenti allesercito romano
ma combattenti di fatto a supporto delle forze regolari dellImpero
in virt di un patto (foedus) concluso tra Roma e la loro nazione
alcuni teologi occidentali, professando la processione dello Spirito
Santo non solo dal Padre, ma anche dal Figlio (ex Patre Filioque),
avevano in questo modo interpolato arbitrariamente la formula
compresa nel simbolo apostolico, in seguito xi secolo accettata
secondo tale variante anche dal papa di Roma. I Greci, secondo i
quali lo Spirito Santo procede unicamente dal Padre attraverso il
Figlio, in occasione del concilio ecumenico Costantinopolitano I
(381) rifiutarono pubblicamente di servirsi dellaggiunta, considerandola non autorizzata e illecita
musulmano combattente la guerra santa in nome della propria
fede, ma pi spesso animato da mera brama di bottino
epiteto derivato dal vescovo edesseno Giacomo Burdeana (o Baradeo) attribuito ai monofisiti siriani
monaco itinerante da un monastero allaltro, ma non appartenente ad alcuno dei cenobi presso i quali si reca
tecnicamente (e lett.), definizione dogmatica espressa in sede
conciliare
chi spezza le icone, distruttore di immagini sacre
chi serve le icone, venerandole
(hegoumenos) superiore di un monastero, incaricato di far da conduttore o guida ai monaci a lui sottoposti
moneta doro bizantina coniata per volere di Alessio I Comneno in
sostituzione dellormai svalutato nomisma, di peso pari a 4,45 grammi ma fusa in oro a 20,4 carati (anzich 24)
(ar. gihd, sforzo, lotta) impegno al quale il fedele musulmano si sottopone volontariamente al fine di vivere in conformit ai
precetti dellislm. Tra gli altri obblighi, il jihd impone di operare per lespansione del dr al-islm, spazio dellislm, anche con
lausilio della forza, da cui il senso trivializzante di guerra santa
attribuitogli
dal latino castrum, il termine viene utilizzato per designare qualunque genere di agglomerato fortificato (laccampamento militare era
di preferenza denominato fossaton o charax)
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Glossario
kekolymena
klasma
kritai
labarum
logariasta
logoteta
magistro
manicheismo
megaduca
melchiti
metochio
metropoli
miliaresion
mitaton
modios
monofisismo
monotelismo
nestorianesimo
nomisma
novella
oikos
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(lett. [beni] proibiti) prodotti suntuari in particolare vesti e paramenti in seta tinti di porpora di cui era vietata la vendita, fabbricati in esclusiva dalle manifatture imperiali
territorio abbandonato dal quale non si ricavano imposte fondiarie da pi di trentanni, e separato per tale motivo dal novero delle fiscalit locali. Pu essere rivenduto o riutilizzato direttamente
dal fisco stesso
giudici di tema o appartenenti allamministrazione locale
stendardo militare romano su cui dallet costantiniana in avanti veniva riprodotto il simbolo cristiano del chrismon
(lett. contabile) funzionario che perlopi svolgeva la mansione
di revisore dei conti
direttore di un ufficio dellamministrazione costantinopolitana
fino allinizio dellxi secolo, altissima dignit palatina di cui venivano insigniti personaggi prossimi al trono, talvolta anche parenti
dellimperatore
religione dualista dorigine persiana; nel iv secolo si diffuse tanto
da giungere a rivaleggiare in Occidente con il cristianesimo stesso
ammiraglio comandante della flotta centrale
(o melkiti, ar. malk, re, imperatore) cristiani calcedonesi dunque filoimperiali dimoranti in territorio islamico
dipendenza di un monastero
capoluogo di una provincia. Il suo vescovo, detto metropolita, godeva del primato sui presuli degli altri centri della provincia
(o milliaresion) moneta in argento del valore iniziale di 1/12 di nomisma
caravanserraglio presso cui venivano ospitati i mercanti stranieri
giunti nella capitale; obbligo imposto ai proprietari di immobili tenuti a provvedere allalloggio di soldati o di funzionari
unit di misura agraria (pari a 0,9 ettari); misura di quantit (17 litri)
dottrina che sottolinea il concetto di unit della persona di Cristo
al punto di non riuscire a formulare con chiarezza la distinzione tra
le sue due nature
dottrina del VII secolo secondo cui viene riconosciuta una sola volont (thelema) operante in Cristo al di l della duplice natura teandrica, cos come il monergismo riconosce una sola energia
dottrina insistente sulla netta distinzione tra la natura divina e quella umana in Cristo tanto da riconoscere a fatica lunit della sua
persona
(pl. nomismata) o solidus, moneta aurea alla base del sistema monetario bizantino per quasi tutto il periodo in esame (cfr. pp. 307-9)
legge nuova promulgata dallautorit imperiale
residenza signorile; centro gestionale di un dominio rurale o urbano (cfr. pp. 206-7)
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parakimomenos
pareco
patrizio
penetes
pentarchia
porfirogenito
porpora
praktikon
prefettura
proasteion
pronoia
proskynesis
protostrator
protovestiario
qaghan
roga
Romnia
scholae
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Glossario
pakton
psychika
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canone gravante sul pareco e comprendente, senza ulteriori distinzioni, limposta fiscale ordinaria e la quota di locazione dovuta al
proprietario
custode della camera imperiale (fino allet dei Comneni lincarico
fu sempre ricoperto da un eunuco)
(paroikos) lett. vicino, prossimo alloikos: agricoltore alle dipendenze di un grande proprietario, del quale coltiva le terre
fino al x secolo, dignit palatina riservata ai familiari dellimperatore o ai pi alti funzionari; in seguito perder progressivamente
dimportanza fino a scomparire verso il 1100
povero, vale a dire privo di ogni possibilit di esercitare una sia
pur minima influenza
governo collegiale della Chiesa da parte dei cinque patriarchi (i vescovi di Roma, Costantinopoli, Antiochia, Alessandria e Gerusalemme)
lett. nato nella porpora: il figlio dellimperatore
tintura naturale di colore rosso cupo, simbolo cromatico riservato
allimperatore. La miglior qualit di porpora si otteneva dalla secrezione dun mollusco marino, il murice, pescato in prossimit del
litorale di Tiro o al largo del Peloponneso. Per la tintura dun solo
mantello erano necessari almeno 12 000 nicchi di murice
documento fiscale descrittivo dei beni del contribuente, redatto al
fine di stabilirne limponibile
circoscrizione o ufficio sottoposto a un prefetto: prefettura dOriente, prefetto di Costantinopoli (o eparco)
propriet fondiaria posta al di fuori di un chorion
lett. provvidenza: largizione di una rendita fiscale (cfr. pp. 185-86)
prosternazione rituale effettuata dinanzi allimperatore
lett. primo scudiero; sotto i Comneni il titolo verr attribuito al
comandante della cavalleria
nella maggioranza dei casi un eunuco, responsabile del guardaroba
imperiale e intimo dellimperatore
beni devoluti per lascito testamentario a favore di una chiesa in
cambio di preghiere per la salvezza dellanima del donatore
appellativo dorigine turco-mongola tradizionalmente ed estensivamente attribuito a sovrani di popolazioni nomadi o seminomadi (Avari, Cazari, Bulgari, Russi)
(rhoga) rendita annuale concessa ai titolari di una carica o di un ufficio (cfr. p. 93)
denominazione attribuita dai Bizantini stessi al loro Impero e adoperata anche dai popoli stranieri, tanto in Oriente quanto in Occidente. Anche il sultanato turco insediatosi in Anatolia prese il
nome di sultanato di Rm
reggimento scelto di guardie palatine. In assenza dellimperatore il
comandante delle scholae rivest tradizionalmente, dallviii secolo
in poi, la mansione di comandante in capo vicario dellesercito
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Glossario
sebaste
sekreton
silention
sinassi
sinodo
stauropegia
stratego
strateia
sultano
tagma
taktikon
taxis
tema
trachy
typikon
unzione
Variaghi
559
dignit aulica creata nellxi secolo; riservata ai membri della famiglia imperiale sotto i Comneni, venne talora eccezionalmente accordata anche a principi stranieri
ufficio dellamministrazione centrale in cui gli asekretis svolgevano
specificamente il loro lavoro
cerimonia solenne che aveva luogo nel Grande Palazzo, durante la
quale limperatore comunicava le sue deliberazioni mentre i silenziari provvedevano a imporre il silenzio
secondo il rito bizantino, riunione (gr. synaxis) dei fedeli per la liturgia eucaristica
assemblea episcopale
(o stavropegia) diritto di porre una croce sul luogo in cui dovr sorgere una nuova chiesa. Tale privilegio assicurava a chi lo esercitava sia lautorit sul clero della futura fondazione religiosa sia il diritto di goderne le prebende canoniche
generale preposto al comando di un corpo regolare di truppe, poi
del tema (cfr. pp. 159-60). Lo stratego degli Anatolici, fu tra il vii
e lxi secolo, uno dei pi potenti personaggi dellImpero
(lat. militia) designa in et bizantina non soltanto il servizio militare ma qualunque tipo di servizio reso allo Stato
(ar. ul<an, dinasta) sovrano, detentore del potere politico presso i musulmani
(pl. tagmata) reggimento dellesercito centrale (le truppe acquartierate a Costantinopoli e dintorni) comprendente anche i contingenti della guardia palatina
documento ufficiale in cui descritto lordine delle precedenze nelle cerimonie auliche. Il termine pu anche indicare un trattato di
arte militare
ordine immutabile del mondo, espresso sulla terra in termini simbolici da un taktikon
contingente di truppe, quindi circoscrizione amministrativa (cfr.
pp. 159-62)
moneta concava e ruvida, emessa tra lxi e il xii secolo
statuto monastico, carta di fondazione di un cenobio
limperatore, novello David, lunto (gr. christos) del Signore
corpo scelto della guardia palatina creato da Basilio II. Composto
originariamente da Russi, vennero in seguito reclutati tra le sue fila anche Inglesi e Danesi. I Variaghi avevano fama di assoluto lealismo nei confronti dellimperatore in carica
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Imperatori bizantini
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Patriarchi di Costantinopoli
Giovanni IV il Digiunatore
Ciriaco
Tommaso I
Sergio I
Pirro (primo patriarcato)
Paolo II
Pirro (secondo patriarcato)
Pietro
Tommaso II
Giovanni V
Costantino I
Teodoro I (primo patriarcato)
Giorgio I
Teodoro I (secondo patriarcato)
Paolo III
Callinico I
Cirro
Giovanni VI
Germano I
Anastasio
Costantino II
Niceta I
Paolo IV
Tarasio
Niceforo I
Teodoto I Melisseno Cassitera
Antonio I Cassimata
Giovanni VII Grammatico
Metodio I
Ignazio I (primo patriarcato)
Fozio (primo patriarcato)
582-595
596-606
607-10
610-38
638-41
641-53
654
654-66
667-69
669-75
675-77
677-79
679-86
686-87
688-94
694-706
706-12
712-15
715-30
730-54
754-66
766-80
780-84
784-806
806-15
815-21
821-37
837-43
843-47
847-58
858-67
564
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Patriarchi di Costantinopoli
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Indice analitico
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Abasgi, 173.
Abbasidi, 19, 20, 25, 435, 467.
Abd al-Malik, califfo, 11, 12, 15, 16, 306.
Abido, 44, 475, 477.
Abramiti (monastero degli), 358.
Abu Qurrah, Teodoro, 135.
Acerenza, 534.
Achyraos, 476.
Acri, 74, 327.
Acropoli, 268, 270, 271, 276, 502.
Adana, 438, 452.
Adata, 31, 438, 451, 452.
adelphaton, 392.
Adramittio, 70, 475, 476.
Adriano I, papa, 314.
Adriano II, papa, 123, 490.
Adrianopoli, 44, 48, 54, 197, 481, 488, 506,
509.
Adriatico, 22, 59, 489.
Africa, 5, 7 , 10, 14-16, 159, 166, 214, 305,
310, 327 n, 522, 538.
Aftonio di Antiochia, 367.
Agareni, vedi musulmani.
Aglabidi, 522.
Agnese, figlia di Luigi VII, 84.
Agostino, vescovo di Ippona, 188.
Agros, 358.
Ahimaatz di Oria, 133.
Akroinos, 18.
Alania/Alani, 102, 104, 173, 463, 465.
Albania/Albanesi, 312, 510.
Aleppo, 36, 38-41, 43, 45, 47, 60, 87, 148, 451,
452, 455, 460, 463.
Alessandria, 7, 23, 99, 121, 166, 293.
Alessandro, imperatore, 35.
Alessandro, metropolita di Nicea, 383.
Alessio I Comneno, imperatore, 54-66, 68, 72,
73, 81, 83-85, 87, 89, 91, 95, 102, 109-12,
115, 119, 129, 132, 140, 143, 144, 146, 152,
153, 158, 161, 162, 174, 176, 179, 180, 185,
188, 189, 197-99, 203, 211, 270, 271, 282,
298, 299, 322-24, 330, 349, 356, 359, 361,
386, 389, 390, 392, 394, 418, 422, 471, 475,
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Indice analitico
Anatolici, 13, 18, 20, 22, 24, 38, 84, 159, 166,
167, 172, 178, 186, 187, 194, 195, 210, 316,
436, 441, 447, 451-53, 463, 470, 475.
Anchialo, 35, 505.
Ancira, 24, 181, 316, 436, 439, 443, 448, 470.
Ancona, 69, 500.
Andrea di Creta, 104, 336, 366, 369.
Andreopulo, Michele, 386.
Andronico I Comneno, imperatore, 72, 73, 82,
142, 154, 197, 215, 216, 325, 417, 473, 508.
Anema/Anemadi, 199.
Angeli/Angelo, 93, 163, 174, 175, 195, 203,
505, 507.
Angelocastro, 476.
Ani, 42, 45, 57, 94, 199, 213, 455, 459, 469,
496.
Anna porfirogenita, sorella di Basilio II, 44, 60,
83.
Anselmo di Havenberg, 390.
Antiochia, 40, 45, 57, 58, 60, 65, 67, 70, 99,
116, 119, 121, 122, 130, 161, 189, 194, 214,
310, 312, 321, 349, 386, 429, 446, 452-54,
456, 457, 465, 469-73, 475.
Antiochia di Pisidia, 436.
antistrophe, 308.
Antitauro, 431-33, 438.
Antonio di Novgorod, 274.
aplekton/aplekta, 181, 439.
Apocapa, Basilio, 49, 207.
Apocapa, Michele, 207.
Apsimaro, drungario, vedi Tiberio III, imperatore.
Arabi, 5, 7-11, 13, 14, 16, 17, 20-25, 28 n, 31,
33-35, 38-40, 46, 81, 83, 99, 100, 135, 159,
166, 169, 170, 175, 176, 189, 194, 199, 214,
220, 221, 223, 224, 226, 228, 229, 260, 267,
273, 292, 295, 303, 369, 374, 433, 434, 438,
440, 450, 452, 478, 486, 489, 503, 513, 515,
520-22, 527, 528, 537.
Arasse, 460, 465.
archontes, 291, 485, 487.
arconti patriarcali, 110.
archon tes charages, 310.
Arcontopuli, 174, 179, 471.
Areta di Cesarea, 379-81.
Argiro/Argiri, 194, 214, 275, 444, 453, 455.
Argiro Mariano, 40.
Argiro, Romano, vedi Romano III, Argiro, imperatore.
Argiro, figlio di Melo di Bari, 47, 49.
Argo, 484, 510.
Argolide, 232, 250, 483.
Aristeno Giovanni, 118.
Arithmos o Veglia, 171, 173, 274, 280.
Armeni, 29, 34, 67, 129, 130, 161, 175, 176,
182, 192, 199, 200, 207, 213, 214, 223, 224,
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Indice analitico
59, 67, 69, 73, 99-101, 130, 138, 159, 220222, 224, 225, 228, 229, 231, 248, 260, 307,
310, 314, 318, 359, 430, 435, 454, 481, 483,
484, 486, 496, 497, 499, 500, 503, 505, 507510, 511, 532.
Baldovino di Boulogne, 65.
Baldovino III di Gerusalemme, 70, 325.
Baleari, 15.
Balsamone, Teodoro, 104, 108, 118, 302, 341,
342, 390, 393.
Banu Habib, 175.
Barda, fratello di Teodora, 24, 26, 27, 375,
383.
Bardanio il Turco, 200, 211.
Bari, 31, 46, 47, 55, 69, 86, 214, 252, 498, 513,
524, 25, 529, 533, 534.
Basilace Niceforo, duca di Durazzo (1), 54.
Basilace Niceforo (2), 391.
basileus, 147, 152, 160, 485, 490, 500, 538,
539.
Basilicata, 413, 523, 524, 526, 530.
Basilika, 32, 118, 132, 150, 151, 285, 307, 388.
Basilio, 345, 414;
canone di san Basilio, 188, 340, 341, 357.
Basilio I il Macedone, imperatore, 26, 27, 29,
31, 32, 81, 82, 85, 88, 133, 150, 157, 200,
205, 207, 210-12, 257, 269, 270, 275, 276,
293, 308-10, 379, 381, 382, 397, 399, 405,
420, 452, 478, 487, 489, 494.
Basilio II il Bulgaroctono, imperatore, 40, 4347, 55, 81, 83, 88, 96, 103, 145, 150, 152,
160, 161, 163, 171, 173, 194-98, 200, 204,
211, 229, 256, 260, 270, 281, 286, 289, 319,
323, 339, 348, 360, 385-87, 397, 399, 420,
454, 457-59, 481, 494-97, 503, 509.
Basilio Boioanna, 527.
Basilio il Bogomilo, 61, 132.
Basilio di Cesarea, detto Magno, 279, 340, 341,
378.
Basilio Lecapeno, imperatore.
Basilio il Minimo, 384.
Basilio di Tirnovo, 509.
Bathyryax, 29.
Bela III dUngheria, 69, 73, 84, 500, 508.
Belgrado, 497, 508.
Bella Sorgente, monastero della, 358.
Benevento, 37, 41, 100, 314, 515, 517, 518,
523, 530-33.
Beniamino di Tudela, 132, 220, 274, 325, 502.
Beozia, 242, 359, 501, 504.
Bera, 359.
Berea, 487.
Berengario, re dItalia, 89.
Berta di Sulzbach, 68.
bisante, 326, 327.
Biccari, 527.
569
Bitinia, 12, 16, 18, 22, 37, 58, 62, 64, 66, 67,
70, 167, 181, 193, 220, 221, 229, 232, 234,
235, 242, 243, 248, 252, 307, 357, 358, 387,
432-34, 436, 441-43, 452, 462, 465, 471,
475, 476, 487, 506.
Bitlis, 36.
Bizacena, provincia, 14.
Bizanzio, giudice di Bari, 533.
Blacherne, 89, 119, 270, 271, 284:
chiesa, 268, 270, 347.
pareti, 268.
palazzo, 403, 418.
Boemondo di Taranto, 59, 63-65, 87, 499.
Bogomili, 61, 119, 131, 132, 229, 333, 493.
boidatos, 241.
Boila, Eustazio, 207, 251, 261, 289.
Boris (Michele), khan dei Bulgari, 27, 33, 490,
491, 492, 494.
Boris II di Bulgaria, 41, 42, 332.
Botaneiata/Botaneiati, 196, 468, 471, 507.
Boukoleon, 276.
Bracamio, Filareto, 58-60, 213, 470.
Brana, Alessio, 73.
Branicevo, 481, 508.
Briennio Niceforo, duca di Durazzo, (1), 54,
197, 202, 498.
Briennio Niceforo, panypersebastos, (2), 61, 66,
324.
Brindisi, 10, 69, 533.
Bringa Giuseppe (parakoimomenos), 40, 98.
Briennio/Brienni, 197.
Buccellari, 167, 178, 436, 437, 441, 448, 463,
475.
Bulgari, 11, 12, 15, 17, 19-22, 27, 33, 35, 40,
42-45, 47, 73, 80, 81, 83, 85-87, 101, 103,
170, 173, 176, 188, 197, 199, 213, 220, 222,
224, 226, 228, 229, 303, 481, 484-86, 487,
489, 492-94, 499, 503, 505, 506, 508.
Bulgaria, 26, 27, 36, 41, 42, 44, 103, 148, 176,
222, 225, 243, 244, 321, 359, 424, 445, 489493, 494, 495, 496, 507, 510.
Bursa, 72, 475, 477.
Burtza N., 470.
Burtza Michele, 40, 41.
Caico, 475.
Calabria, 31, 100, 101, 103, 214, 223, 242,
244, 253, 312, 319, 327 n, 513, 516, 518,
520-32, 534, 535.
Calcedonia, 114, 121, 123, 130, 357, 359, 439.
Calcidica, 242-46, 249, 250, 252, 359.
Caldea, 60, 62, 178, 194, 437, 439, 441, 448,
451, 453, 457-59, 465, 470, 475.
Calomodio, 293.
Camareto Leone, 510.
Camatero/Camateri, 195.
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Indice analitico
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Indice analitico
Comneno, Giovanni, domestico delle scholai,
72.
Comneno, Isacco (figlio di Alessio I), 407, 422.
Comneno, Isacco, sebastokrator (fratello di Alessio I), 51, 54, 58, 73, 74, 146, 196, 197, 359,
392, 507.
Comneno, Isacco (fratello di Giovanni II), 66,
197, 508.
Comneno, Isacco di Cipro, 175, 311.
Comneno, Manuele (padre di Isacco I), 196,
197, 472, 473.
Comneno, Manuele, protostator (figlio di Anna Dalassena), 53, 197, 499-501, 503, 509.
Concilio di Calcedonia (451), 121, 123, 359.
Concilio di Costantinopoli (680-81), 12, 13.
Concilio di Costantinopoli IV (879), 105, 117.
Concilio di Hieria (754), 19, 20, 23, 116, 121,
366.
Concilio di Nicea II (787), 21, 24, 116-18, 127,
352, 358, 521.
Concilio di Nicea (861), 116, 117.
Concilio di Nicea (869-70), 105.
Concilio Laterano, 521.
Concilio Quinisesto in Trullo (691-92), 13, 104,
108, 116, 117, 121, 127-29, 334, 335, 359,
410, 444, 539.
Cone, 57, 102.
Coniata, Michele, metropolita di Atene, 153,
162, 215, 243, 295, 392, 502, 507, 510.
Coniata, Niceta, 72, 153, 162, 163, 176, 185,
186, 216, 325, 387, 394, 417.
Corf, 56, 68, 101.
Corinto, 68, 215, 294, 312, 318, 321, 483, 484,
502, 503, 510.
Corno doro, 89, 268, 270-72, 274.
Corone, 503.
Corrado III Hohenstaufen, imperatore, 68, 69.
Corsica, 15.
Cosma II, patriarca, 119.
Cosma di Maiuma, 349, 352, 369.
Cosma, prete, 131, 493.
Costante II, imperatore, 5, 8-10, 14, 82, 88,
108, 166, 169, 186, 229, 306, 313, 314, 316,
517, 518, 520.
Costanza, 509.
Costantino I, detto il Grande, imperatore, 86,
268, 282, 307, 326.
Costantino III, imperatore, 5.
Costantino IV, imperatore, 10-12, 18, 82, 181,
306, 308, 314, 485, 487.
Costantino V, detto il Copronimo, imperatore,
18-21, 83, 86, 108, 141, 160, 171, 178, 221,
229, 267, 269, 278, 309, 314, 316, 317, 345,
366, 369, 372, 398, 409, 410, 417, 486, 487.
Costantino VI, imperatore, 21, 82, 84, 97, 229,
306, 486.
571
Costantino VII, Porfirogenito, imperatore (figlio di Basilio I), 31, 32, 35-40, 80, 83, 84,
87, 88, 90, 162, 165, 194, 220, 262, 275,
318, 320, 322, 332, 348, 349, 360, 381-85,
400, 420, 442, 489, 492, 493, 524.
Costantino VIII, imperatore, 40, 46, 81, 122,
195, 201, 348, 397.
Costantino IX, detto Monomaco, imperatore,
48-50, 61, 81, 91, 110, 150, 157, 185, 188,
208, 211, 267, 270, 282, 283, 322, 323, 345,
349, 357, 370, 387, 388, 406, 407, 417, 498.
Costantino X Duca, imperatore, 50, 51, 53, 55,
56, 58, 80, 83, 84, 91, 130, 197, 321, 323,
419, 465, 498, 500.
Costantino Bodin, 497, 98.
Costantino Cefala, 382.
Costantino, foro di, 277.
Costantino Leicuda, patriarca, 145, 204, 212,
387, 388.
Costantino Lips, chiesa di, 405.
Costantino, patriarca, 20.
Costantino Porfirogenito (figlio di Costantino X), 83, 282, 331.
Costantino, protospatario, 383.
Costantinopoli, 233, 265-304, 429, 432-34, 437,
439, 446, 447, 451, 457-60, 463, 465-69,
471-73, 476-78, 481, 483, 486-95, 497, 502,
506, 508, 510, 513, 515-19, 521, 524, 532,
534, 537, 539.
Crateri, 194.
Crati, 525.
Creta, 23-25, 34, 38, 39, 89, 160, 167, 174,
180, 181, 199, 214, 243, 244, 247, 319, 327
n, 366, 369, 466, 478, 479.
Crimea, 26, 101, 448, 490, 498.
Criselio, 495.
Crise Petra, 446.
Crisoberge, 195.
Crisoberge, Luca, patriarca, 112.
crisobolla, 152, 488.
Crisopoli, 354.
Crisomallo, Costantino, 355.
Crisotriclinio, 275.
Crispin, Robert, 173, 469.
Cristo (rappresentazione), 12, 17, 37, 85, 88,
275, 276, 282, 321, 336, 350-54, 401, 411417, 421.
Cristo Evergeta, 283.
Cristo Filantropo, 271.
Cristo Pantocrator, 392.
Cristodulo di Patmo, 349, 359.
Cristoforo, domestico delle scholae, 29.
Croati/Croazia, 36, 484, 492, 501.
Crypta Balbi (a Roma), 315, 327 n.
Cronaca detta di Monemvasia.
Culpingi, 173.
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Indice analitico
Dobromir, 509.
Dobrona, 497.
Dochiariou, 359.
Domnino, 269, 285.
dorea, 203, 204.
Dorileo, 64, 66, 68, 71, 436, 439, 444, 475,
476.
doulos, 207.
Dragonara, 527.
Dristra, 42, 59, 494, 496, 499.
dromon, 157, 277.
Dubrovnik, vedi Ragusa.
drungario della Veglia, 158, 171.
Drugubiti, 489.
dux/duces, 161, 162, 163, 165, 172, 187, 215,
457, 475, 516, 519.
Duca, 50, 51, 53, 57, 58, 61, 194, 196, 198,
270, 444, 455, 467.
Duca Andronico, domestico delle scholai, 34,
209, 261.
Duca Andronico (figlio di Giovanni), 53, 144,
197.
Duca Costantino, domestico delle scholai, 35,
211.
Duca Costantino (figlio di Michele VII), 54.
Duca Costantino (duca di Dalmazia), 500.
Duca Giovanni, cesare, 53, 58, 177.
Duca Giovanni (cognato di Alessio I), 197, 498.
Dvin, emirato, 451, 465.
Durazzo, 56, 59, 65, 73, 177, 489, 495, 497499, 505, 508, 510.
Ebrei, 26, 131-34, 226, 267, 445.
Ecloga, 21, 149, 168, 183, 232, 293, 333, 490.
Edessa, 37, 47, 57, 58, 65, 68, 224, 276, 284,
367, 368, 456, 460, 469, 470.
Efeso, 16, 60, 66, 233, 314, 317, 319, 443,
447, 462-64, 471, 475, 476.
Efestione di Alessandria, metricologo, 366.
Egitto, 5, 7, 14, 16, 39, 42, 70, 71, 75, 99, 166,
169, 175, 193, 221, 234, 293, 303, 305, 306,
357, 365, 369, 429, 436, 463, 504, 538.
eidikon, 148, 156, 158, 170, 310.
Eleigmoi, monastero di, 358.
Elena Lecapena, imperatrice, figlia di Romano I, 35, 36, 37, 84.
Ellade, 17, 18, 159, 162, 167, 175, 267, 311,
483, 488, 501, 502.
Elladici, 488.
Ellesponto, 167, 432.
Eleuterio, esarca, 516.
Eleuterio di Paflagonia, 464.
Elia lo Speleota, 531.
Elpidio, 521, 522.
embolos, 272.
Emo, 481, 486, 498.
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Enez, 407.
enkolpion, 342, 423.
Enna, 522.
Enrico II, detto il Santo, imperatore dOccidente, 46.
Enrico IV, imperatore, 59.
Enrico VI, imperatore, 74.
Enrico Dandolo, 75, 76.
eparco, 151, 274, 279, 280, 281, 286, 287, 292,
295, 299, 308:
Illirico, 481.
epibole, 140.
Epifanio di Salamina, 353.
Epiro, 468, 507.
Eraclea di Cappadocia, 64.
Eraclea di Tracia, 105.
Eraclea Pontica, 470, 475.
Eracleona, imperatore, vedi Eraclio II.
Eraclio I, imperatore bizantino, 5, 7, 8, 10, 14,
18, 46, 79, 108, 133, 134, 165, 166, 178,
182, 268, 282, 306, 307, 310, 313, 324, 363365, 433, 435, 436, 484, 537.
Eraclio II (Eracleona), imperatore bizantino, 5.
Eraclio (fratello dellimperatore Apsimaro), 13.
episkepsis/episkeptites, 157, 185, 260, 261, 505.
ergasterion, 289, 290.
Erodiano, 366, 388.
Erzincan, 470.
esarca, 159, 516, 517;
di corporazioni, 287.
escubiti, 171-73, 179.
esicasti, 357.
Eufemio, 23, 214, 521, 522.
Eubea, 243, 295.
Eucaina, 447.
Eucaita/Eucaiti, 387, 445, 447, 465.
Eudocia Baiana, imperatrice, 32.
Eudocia Ingerina, imperatrice, 27, 212.
Eudocia Macrembolitissa, imperatrice, 51, 53,
80, 84, 139.
Eufemio, 23, 214, 521, 522.
Eufrate, 39, 430, 432, 439, 450, 452, 456, 457,
465, 467, 469.
Eufratesia, 429, 469.
Eufrosine, imperatrice, 84.
Eufrosine Camaterissa, imperatrice, 203.
Eulalio, 421.
eunuchi, 86-88.
Euripo, 162, 277.
Eusebio di Cesarea, 353, 373.
Eustazio di Tessalonica, 129, 342, 362, 391,
392, 504.
Eustrazio di Nicea, 119, 394.
Eutimio, patriarca, 33, 35, 105, 335, 380.
Eutimio di Sardi, 23, 348, 464.
Eutimio Zigabeno, 132, 393, 418.
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histamenon (nomisma), 322.
Hosios Loukas, 359, 406, 407, 413.
Hrabr, monaco, 492.
Iasita Michele.
Iberia/Iberi, 15, 50, 185, 452, 454, 455, 458,
459, 465, 496, 504.
Iberia, ducato, 458, 459.
Ibrahim Inal, 49.
icona, 350-53, 410, 416.
iconoclasmo, 17-19, 21, 23-25, 80, 81, 88, 108,
116-19, 121, 123, 160, 171, 257, 278, 282,
288, 314, 315, 317, 329, 343, 345, 348, 353,
354, 358, 364, 366, 372, 374, 376, 397-99,
408-10, 447.
Icanati, 171, 173, 179.
Iconio/Konya, 17, 66, 71, 74, 436, 439, 447,
470, 472, 502.
Idrisi, geografo arabo, 502.
Ifriqiya, 39, 515, 521, 532.
Ignazio, patriarca, 25, 26, 29, 31, 97, 105, 116,
124, 491.
Ignazio Diacono, 257, 316, 372, 373.
Igor di Kiev, 37.
Ikhshididi, 39.
Il Cairo, 45, 56, 57, 133, 293.
Illirico, 17, 100, 101, 306, 310, 518.
Imerio, ammiraglio, 35.
incenso/turiboli, 108, 284, 343, 346, 348.
Inglesi, 173, 215.
Innocenzo III (Lotario dei conti di Segni), papa, 74, 509.
innografia, 120, 369.
insegne imperiali (akakia), 80, 86, 494.
Ioannina, 484.
iperpero (nomisma), 324-26.
Ippodromo, 82, 90, 158, 268, 269, 275-79.
Irene, imperatrice, 21, 22, 82, 143, 212, 257,
269, 488.
Irene Duca, imperatrice, 58, 66, 83, 84, 197,
203, 271, 283, 391, 392, 417, 421.
Irene Piroska dUngheria, imperatrice, 197,
282.
Isacco I Comneno, imperatore, 50, 53, 93, 107,
111, 144, 197, 200, 212, 215, 271, 361, 473,
496.
Isacco II Angelo, imperatore, 73-75, 84, 87,
134, 175, 197, 211, 215, 325, 476, 508, 509.
Isaccea, 506.
Isagoge, 32, 150, 279.
Isauria/Isaurici, 138, 142, 149, 168, 170, 183,
193, 194, 268, 313, 364, 433, 448, 475.
Isola Capo Rizzuto, 526.
Italia/Italiani, 10, 13, 31, 37, 39, 41, 42, 45,
46, 49, 55, 56, 69, 72, 87, 103, 159, 166,
193, 214, 222, 231, 253, 267, 272, 310, 313,
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Marina, 276.
Marizza, 481, 506.
maronita, chiesa, 116, 446.
Martina, moglie di Eraclio I, 5.
Martino I, papa, 517.
Marvazi Kisai, Hasai, poeta persiano, 85.
Marwan, qaghan dei Cazari, 18.
Marwanidi, 47, 459.
Maslama, condottiero arabo, 13, 16, 17.
Massimo, detto il Confessore, 108, 121, 123,
133, 345, 348.
matrimonio, 125, 127, 150, 332-35.
Matteo di Edessa, 213.
Mauri, 14, 159, 166.
Maurizio, Tiberio Flavio, imperatore, 79, 182,
306, 352, 481.
Maurizio, esarca, 79, 516.
Mauro, 485.
Mauro, commerciante amalfitano, 289.
Mauropulo Giovanni.
Mazara, 522.
Meandro, 473;
valle del , 66, 70, 71, 475.
megaduca, 162, 175.
Melanudio, 475.
Melchiti, 121, 456.
Melfi, 527;
sinodo, 55.
Melia, domestico delle scholai, 42.
Melia, stratego di Licando, 34, 35.
Melingi, 489.
melismos, 401, 414, 416.
Melisseno/Melisseni, 194, 198, 444, 468, 471.
Melisseno, Niceforo, 55, 58, 146, 504, 507.
Melitene, 18, 19, 25, 29, 31, 36, 58, 62, 129,
130, 194, 434, 436, 438, 439, 444, 445, 451,
454, 455, 457, 465, 469, 470.
Melo di Bari, capo longobardo, 45, 46, 534.
Mengucek, 470.
Mar Egeo, 34, 60, 62, 170, 219, 242, 243, 246,
253, 432, 436, 478, 503.
Mar Nero, 62, 294, 436, 448, 454, 463, 470,
488, 505.
mercanti, 148, 191, 196, 223, 267, 271, 293295, 326, 443, 463, 487;
naucleri, 292, 317.
Merkourion, 531.
Mesarita/Mesariti, 200.
Mesarita Nicola, 421.
Mese, 268, 270, 272, 273, 277, 303.
Mesembria, 505.
Mesokepion, 276.
Mesopotamia, 7, 12, 18, 33, 37, 39, 40, 129,
154, 194, 367, 368, 429, 431, 436, 438, 446,
450, 452, 453, 456-58, 472, 496.
Mesopotamia dellOccidente, 494.
577
Messina, 310.
Metodio da Siracusa, patriarca, 23, 25, 121,
368, 522.
Metodio, fratello di Cirillo, evangelizzatore, 26,
27, 104, 123, 490, 491.
Michele I Rangabe, imperatore, 22, 25, 80, 85,
229, 341.
Michele II, imperatore detto lAmoriano, 23,
84, 131, 193, 211, 313, 314, 319, 522.
Michele III, imperatore detto lUbriacone, 2428, 32, 81, 135, 152, 181, 186, 207, 212,
275, 310, 313, 364, 378, 490.
Michele IV, imperatore detto il Paflagone, 47,
96, 98, 209, 283, 322, 327n, 497, 506.
Michele V, imperatore, 47, 48, 270, 277.
Michele VI Bringa, imperatore, 50, 98, 211,
212, 272.
Michele VII Duca, detto Parapinace, imperatore, 53, 54, 56-58, 63, 83, 91, 93, 139, 144,
170, 172, 174, 177, 198, 296, 322-24, 327,
387, 389, 499, 506.
Michele di Anchialo, 394.
Michele Cerulario, patriarca, 49-51, 104, 107,
122, 124, 196, 211, 267, 340.
Michele di Efeso, 394.
Michele Iasiti, 203.
Michele Lacanodracone, stratego dei Tracesi,
20, 358.
Michele VIII Paleologo, imperatore, 405.
Milasa, 475.
Mileto, 261, 436, 446, 464, 475.
miliaresion, 300, 306, 314, 316, 318, 322, 323.
Milion, 409, 417.
Minervino, 526.
miniere, 305, 306, 501.
minuscola, 370.
Mira, 349, 447, 448, 476.
Mirdasidi, 47.
Miriocefalo, 71, 177, 472, 473.
Misia, 432, 436.
mitaton, 142, 173, 185, 294.
Mitilene, vedi Lesbo.
Modone, 503.
Molfetta, 526.
monasteri, 292.
Monemvasia, 483, 503.
moneta:
omayyade, 306.
peso, 307-9, 313, 316, 318, 322.
coni, 307, 312, 313, 318, 321.
zecche provinciali, 313, 314.
Italia, 518.
Monferrato, 72:
Bonifacio di, 75.
Corrado di, 73.
Ranieri di, 72, 147, 504.
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Indice analitico
Orfanotrofio (a Costantinopoli), 392.
Otranto, 59, 101, 102, 174, 522, 526.
Ottimati (optimates), 167, 178, 436, 437, 441,
447, 475.
Ottone I, imperatore dOccidente, 41, 86, 523.
Ottone II, 41, 42, 86, 320.
Ottone III, 42, 46, 86.
Pacuiul lui Soare, 496, 506.
Pacuriano, Gregorio, 144, 176, 261, 359, 361,
508.
Paflagonia, 60, 65, 67, 96, 178, 194, 254, 317,
437, 441, 443, 444, 446, 448, 461, 463, 465,
468, 470, 475, 534.
paideia, 363, 365, 369, 372, 381.
Paipert, 465, 471.
Palaia Logarike, 308.
Palatino Eustazio, 525.
Palazzo (Gran Palazzo), 206, 207, 210, 212,
269, 275, 276, 277, 282, 284, 291, 319, 320,
347, 387, 388, 393, 403, 405.
Paleologo/Paleologhi, 82, 194, 195, 209, 504,
507.
Paleologo, Alessio, 73.
Paleologo, Giorgio, 59.
Palermo, 24, 319, 520, 522.
Palestina, 9, 64, 99, 133, 169, 242, 284, 293,
294, 344, 357, 365-71, 429.
Panfilia, 229, 297, 436, 441-43, 448, 475, 476.
Panagia Drosiane (Nasso), 412.
Pancrazio, 94.
Pangeo, 501.
Pannonia, 490.
Panteugeno, 109.
Paolo di Latro, 358.
papiro, 369.
Paradounavon, 56.
parathalassites, 281.
pareci, 146, 239, 240.
Paristrion, 495, 496, 499, 505.
Pasquale II (Rainerio Raineri), papa, 65.
Patara, 476.
Patmo, monastero di, 370, 479;
vedi anche Cristodulo.
Patrasso, 23, 379, 488.
patriarca di Costantinopoli, 104-7.
Patriarcheion, 109.
Pauliciani, setta dualista, 25, 29, 131, 229, 341,
439, 445, 493.
Pavia, 524.
Peceneghi, 41, 48, 49, 51, 55, 56, 59, 67, 85,
174, 176, 223, 323, 324, 471, 492, 498, 507.
Pedianita Anna, 298, 299.
Peloponneso, 17, 22, 23, 147, 162, 175, 205,
222, 225, 242, 248, 311, 488, 501-4, 506, 510.
Pege, 285.
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Pteleo, 295.
Puglia, 31, 242, 244, 246, 252, 312, 319, 513,
515, 516, 522-24, 526-35.
quadrivio, 367, 375, 387, 388, 394.
Quaranta Martiri, chiesa dei, 151, 374, 389.
Qayrawan, 14.
Qusayla, 14.
Rabbaniti, 133.
Radolibo, 241, 246, 251.
Ragusa/Dubrovnik, 489, 499, 505.
Rametta, 522.
Rapolla, 526.
Rascia, 501.
Ratislav, principe di Moravia, 26.
Ravenna, 15, 19, 101, 311, 313, 314, 515-17,
519.
Raimondo di Antiochia, 67.
Raimondo di Saint-Gilles, conte di Tolosa, 6365.
Reggio, 310, 311, 319, 523, 524, 534.
reliquie, 274, 276, 284, 285, 339, 351.
Rialto, 515.
Riccardo I Plantageneto, re dInghilterra, detto
Cuor di Leone, 74, 215, 539.
Ripalta, 527.
Roberto di Fiandra, 62, 63.
Roberto di Normandia, 63.
Roberto dAltavilla, detto il Guiscardo, 55, 56,
59, 83, 327, 498, 499.
roga, 51, 91, 93, 94, 146, 147, 153, 154, 156,
186, 187, 203, 275, 291, 297, 316, 319, 320,
360.
Rodi, 243, 295, 478.
Rodope, 481, 489.
Rodosto, 283, 296, 298.
phoundax, 296.
Rogerio/Rogerii, 199.
Rogerio, Giovanni, 147.
Roma, 10, 13, 17, 27, 31, 38, 59, 75, 86, 99101, 103, 104, 115, 121-24, 289, 311, 313315, 472, 489-91, 493, 510, 513, 515-19.
Romano I Lecapeno, imperatore, 35-37, 83, 97,
133, 211, 258, 269, 282-84, 360, 382, 493.
Romano II, imperatore, 39, 40, 83, 84, 98, 172,
348, 386, 420.
Romano III Argiro imperatore, 46, 47, 96, 130,
270, 283, 84, 407, 497.
Romano IV Diogene, imperatore, 51, 53, 57,
80, 84, 153, 172, 181, 198, 202, 210, 322324, 470.
Romeo, Eustazio, 158, 388, 393.
Rossano, 529.
Rotari, 515.
Roussel de Bailleul, 58, 173, 177, 469.
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Indice analitico
scambi, 305;
contrazione, 315, 316.
schiavi, 240, 241, 302, 303.
scholai/scholae, 161, 171-73, 176, 179, 187,
200, 274, 320, 429, 437, 451, 457, 529.
Scilitza, Giovanni, 418, 495.
Scilitza, Stefano, 277, 279, 394.
Sclaveni/sclavinie, 10, 11, 19, 222.
Sclero/Sclerena, 193, 195, 200, 260, 444, 454.
Sclero, Barda, 42-44, 145, 151, 157, 196.
Sclerena, Maria, 48, 91.
Sclero, Romano, 48.
scriptorium, 371, 372, 376.
Scizia, 101, 504.
scuola:
contrazione, 375.
notai, 300.
San Pietro, 387.
sebasto, 91, 92.
Sebastea, 33, 438, 439, 447, 450, 456, 460,
469, 470.
Sebastopoli, 13.
Sebenico, 499.
sekreton, 139, 145, 153, 155, 204, 275, 280,
281, 310, 362, 393.
Seleucia, 38, 168, 194, 438, 441, 448, 450,
452, 463, 475, 476.
Selgiuchidi, 48, 54-57, 58, 60, 62, 64, 66, 67, 70,
71, 161, 173, 324, 460, 467, 470, 472, 473.
Senacherim Artzruni, 45, 459.
Senato/senatori, 51, 79, 82, 84, 85, 91, 94, 193,
212, 278, 297-99, 347, 348.
Septem (Ceuta), 166.
Serbia/Serbi, 36, 101, 213, 223, 359, 484, 489,
492, 496, 497, 500, 501, 509, 510.
Serdica, vedi Sofia.
Sergio I, papa, 13, 517, 518, 521.
Serre, 101, 102.
Servlii, 95.
Seth, Simeone, 386, 393.
seta, 148, 419.
sfruttamento agricolo, 240-42.
Sguro, Leone, 215, 510.
Shahanshah, 66.
Shaizar, 67.
Sicilia, 10, 15, 17, 23-25, 31, 40, 46-48, 55, 74,
100, 101, 103, 159, 167, 169, 175, 176, 214,
223, 229, 311-3, 315, 325, 326, 327 n, 513,
515-18, 520-24, 527, 532, 534-36.
Silvestro I, papa, 86.
Simeone I, khan di Bulgaria detto il Grande, 33,
35, 36, 87, 96, 188, 491, 492, 493, 495.
Simeone il Nuovo Teologo, 336, 337, 354, 355,
386, 464.
Simeone, detto il Metafraste, 349, 385.
Sinada, 243.
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Sinadeno/Sinadeni, 507.
Sinai (Santa Caterina), 357.
Sinaso (Santi Apostoli), 411.
Sincello, Giorgio, 372, 373.
Sincello, Michele, 367, 368.
sinodo, 112, 113.
Sinope, 62, 448, 463, 465, 470, 471, 475.
Siracusa, 10, 14, 31, 47, 310, 311, 313, 319,
368, 517, 520-22.
Siria, 7, 9, 11, 31, 34, 40, 45, 64, 65, 70, 99,
116, 122, 129, 130, 169, 214, 221, 223, 229,
231, 242, 247, 252, 305, 357, 365, 367, 368,
370, 429, 431, 435, 436, 438, 439, 446, 452,
456-7, 463, 467, 469, 470, 472, 478.
Siriani/Siriaci, 130, 224, 229, 232, 294, 455,
456, 487.
Sirmio, 495, 497, 499, 500, 508.
Sisinnio, patriarca, 44, 105, 334.
Skopje, 481, 496, 497, 503.
Skripou, 407, 501.
Slavi, 9, 11-13, 19, 22, 23, 167, 170, 175, 176,
182, 199, 221-23, 229, 232, 483, 489, 490,
499.
Slovenia, 501.
Smbat III (Yovhanns), re di Ani, 45, 48.
Smirne, 60, 66, 175, 181, 319, 443, 447, 462,
463, 466, 471, 475-77.
Sofia/Serdica, 22, 43, 481, 484-95, 498, 499,
505, 506.
Sofronio, patriarca, 367.
Sozopetra, 24.
Sozopoli di Pisidia, 67, 475.
Spalato, 489, 497, 499.
Sparta, 132, 507.
Spoleto, 515, 516.
staminum (iperpero), 325.
Stauracio, imperatore, 22.
Stauracio, eunuco, 22, 488.
stauropegia, 357.
Stefano II, papa, 19.
Stefano, patriarca, 32.
Stefano di Blois, 63, 65.
Stefano il Giovane, santo, 20, 269, 279, 348.
Stefano Nemanja, 501, 510.
Stefano di Nicomedia, 464.
Stefano III dUngheria, 493, 499, 500, 509.
Stenimaco, 508.
Stetato Niceta, 124, 337, 355, 386.
stiliti, 356.
Stilo, 527, 531.
Stippeiota/Stippeioti, 31.
Strategio, 268, 272.
stratego, 159, 160, 437, 440.
strateia, 156, 170, 184, 185, 461.
stratiotikon, 156, 158, 160, 183:
terre stratiotiche, 182, 183, 444.
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Indice analitico
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tetarteron (nomisma), 322, 324.
Theotokos (rappresentazione), 89, 282, 284,
346, 352, 404, 405, 410-15, 417, 421.
Theotokos delle Blacherne, 109, 268.
Theotokos del Neorio, 283.
Theotokos del Faro, 275, 284, 405, 420.
Theotokos Evergetis, 356, 357, 359.
Theotokos Odegetria, 283.
Theotokos Kecharitomene, 261, 271, 283, 357,
394.
Theotokos Kosmosoteira, 357, 359, 407, 422.
Theotokos di Pege, 285, 412.
Theotokos Peribleptos, 270, 271, 283, 407.
Theotokos Skoteine, 476.
Theotokos ton Panagiou, 270.
Thera, 17.
Tiana, 436, 438, 439.
Tiberio III, imperatore, 13, 15.
Tichomir, 501.
Tirnovo, 312, 505, 509.
Tobia ben Eliezer, 133.
Tobia ben Moses, 133.
Tokali (chiesa di), 411.
Tommaso, protospatario, 377.
Tommaso lo Slavo, 23, 211, 226, 438.
Tondraciti, 445.
Tornicio/Tornici, 195, 197, 199.
Tornicio Leone, 48, 49, 197, 208, 274.
Tornicio, monaco georgiano, 43.
Tracia, 5, 9, 18-20, 22, 23, 39, 56, 100, 159,
166, 167, 178, 181, 216, 229, 232, 234, 243,
250, 311, 359, 391, 407, 429, 436, 483, 484,
486-88, 492-94, 506, 507, 508.
Tracesi, 18, 20, 24, 70, 159, 167, 178, 215,
267, 274, 295, 303, 306, 436, 441, 444, 447,
452, 455, 462, 465, 471, 475-77.
trachy (nomisma), 324.
Trani, 530, 532;
vedi anche Giovanni di Trani.
trasferimenti di popolazione, 228, 229.
Trattato fiscale, 240, 251, 252, 255.
Trebisonda, 45, 60, 101, 311, 319, 358, 386,
443, 445, 447, 448, 451, 458, 463-65, 470,
471, 475-77.
Tricarico, 526.
trionfo, 89.
Tripoli (>rblus, Libano), 45, 452.
Troia, 526, 527, 534.
Tughril Beg, sultano, 49, 56.
tughur, 438, 439, 451, 455, 479 n.
Turchi, 7, 49, 51, 54, 56-60, 63-68, 70, 71, 73,
125, 130, 135, 173, 174, 177, 199, 213, 215,
228, 431, 459, 466, 469-73, 476, 492, 498;
vedi anche Selgiuchidi.
Turchia (vescovato), 492.
Turcomanni, 55, 467, 470-73, 476.
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Biza, 404.
Vladimiro, sovrano bulgaro, 33, 491.
Vladimiro di Kiev, 44, 83, 176, 332.
Vojislav, 497.
Volturno, 530, 533.
Vukan, 510.
Xanto, 476.
Xero, 195.
Yaghi-Siyan, 65.
Yazdegered, 7.
Yazid, 11.
Zaccaria di Calcedonia, 376.
Zaclumia, 497.
Zara (Zadar) 75, 489, 497.
Zengi, emiro di Mosul, 67.
Zeta, 510.
zeugaratos, 141, 241, 263.
Zichia, 101.
Zoe, profirogenita (nipote di Basilio II), 46-48,
79, 86, 96, 270, 277, 282.
Zoe Zautzena, imperatrice, 32, 211.
Zoe Carbonopsina, imperatrice, 32, 35, 335,
417.
Zonara, Giovanni, 81, 118, 204, 303, 341, 393.
Zubayridi, 12.
zygostates, 156, 310.
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