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LASSOLUTO PRIMA DEL PRINCIPIO

La tradizione greca platonica si caratterizza per la sua specifica visone Henologica


della realt che si contrappone alla visione ontologia che invece assume
successivamente un ruolo predominante nella filosofia occidentale. Dal punto di vista
ontologico il fondamento ultima della realt lESSERE mentre dal punto di vista
Henologico il fondamento si situa oltre lessere ed costituito dallUNO dal quale
successiveamente ha origine lessere. Occorre meglio specificare per che gia in
Platone viene fatta una distinzione tra lUNO in SE e lUNO che (vedi Parmenide).
Luno in Se lAssoluto, ineffabile di cui nulla si puo dire mentre lUNO che gia la
prima manifestazione dellUNO in se e tende a rassomigliare molto allESSERE anche
se mantiene dellec aratteristiche che vanno ancora oltre lEssere. In Proclo questa
distinzione viene evidenziata in maniera marcata mentre in Plotino spesso si parla solo
dellUNO senza distinguere tae lUNO in se e lUNO che . Questo detto in termini
molto concisi.
Vediamo come i filosofi greci descrivono appunto questo fondmento:

LUNO SECONDO PLOTINO


Tutti gli enti sono enti per lUno, sia quelli che sono tali in primo
grado, sia
quelli che partecipano in qualche modo dellEssere. Che cosa
sarebbero, infatti,
se non fossero uno? Poich nessuno di essi, privato della sua unit,
pi quello.
Per esempio: non c lesercito se non uno, n sono il coro e il
gregge, se non
sono uno; neppure sono la casa e la nave se non hanno unit, perch
la casa e la
nave sono uno e, tolta lunit, la casa non sarebbe pi casa, n la nave
pi nave.
[]
Inoltre, anche i corpi delle piante e degli animali, essendo uno
ciascuno, se
sfuggono allunit si dividono in molte parti e perdono lessere che
avevano; e se
diventano qualcosa di diverso, anche il nuovo essere esiste in quanto
uno.
Plotino, Enneadi, VI, 9, 1, Rusconi 1992, a cura di Giuseppe Faggin
Ma neppure Egli limitato. Da chi lo sarebbe? E nemmeno illimitato
come
grandezza. Dove avrebbe bisogno di estendersi e che cosa diventare,
dato che
non ha bisogno di nulla? Egli possiede linfinitezza in quanto potenza,
poich n
attinge altrove, n si esaurisce, poich anche le cose che non si
esauriscono sono
tali per opera sua.

La sua infinitezza dipende dal fatto che egli non pi di uno e che
non c
nulla che possa limitare qualcuna delle cose che sono in Lui; proprio
perch
Uno, Egli non misurabile n numerabile. Egli non trova un limite n
in altri n
in se stesso, perch se cos fosse, sarebbe dualit. Non ha dunque
figura, in
quanto non ha parti, n forma.
Non cercarlo dunque con occhi mortali, come il nostro discorso va
dicendo; e
non credere di poterlo vedere come pretenderebbe chi suppone che
tutte le cose
siano sensibili e nega ci che vale pi di ogni cosa. In realt sono
proprio le cose
che si credono come le maggiormente esistenti che non esistono
affatto. Ma il
Primo sorgente dellEssere ed molto superiore allessenza.
Plotino, Enneadi, V, 5, 10-11, ed. cit.
Bisogna concepirlo anche infinito, non perch sia interminabile in
grandezza o
in numero, ma perch la sua potenza non limitata. Infatti, se tu lo
pensi come
Intelligenza o Dio, egli da pi; se lo raccogli in unit col tuo
pensiero, allora
Egli uno ancora pi di quanto possa rappresentarlo il tuo pensiero,
poich egli
in s e per s senza alcuna accidentalit. Quanto alla sua
autosufficienza,
nessuno potr negarne lunit. Infatti, se fra tutti gli esseri Egli il
pi dotato e il
pi autosufficiente, ne consegue che Egli non ha assolutamente
bisogno di nulla.
Tutto il molteplice e il non-uno manchevole perch consta di molti:
perci la
sua essenza ha bisogno dellunit; lUno, invece, non ha bisogno di se
stesso
perch Egli stesso uno. [] Di fatto, a Lui non manca nulla n per
avere
lessere n per avere il benessere n per possedere il suo
fondamento: poich,
essendo causa per le altre cose, Egli non trae ci che da queste
cose; quanto poi
al benessere, potrebbe trovarsi fuori di Lui? Insomma, per Lui il
benessere non
accidentale, ma Lui stesso. [] Perci nulla bene per lUno, e
quindi non
avr voglia di nessun bene, anzi Egli Super-Bene, e non bene per
se stesso,
ma bene per gli altri esseri che possono parteciparne.

Plotino, Enneadi, VI, 9, 6, ed. cit.


Perci Egli , in verit, ineffabile. Poich qualsiasi cosa tu dica, tu dici
sempre
qualche cosa. Ma lespressione al di l di tutto e al di l della
Santissima
Intelligenza , di tutte le espressioni, la sola vera, perch non un
nome
diverso da Lui, n una cosa fra tutte le altre, perch nulla veramente
possiamo
dire di Lui; ma, dentro i limiti del possibile, cerchiamo di dare, cos fra
di noi,
un cenno su di Lui. []
Plotino, Enneadi, V, 3, 13, ed. cit.
Ma perch allora parliamo di Lui? Veramente, noi diciamo solo qualche
cosa di
Lui, ma non affermiamo nulla di Lui e non abbiamo di Lui n
conoscenza n
pensiero.
E come dunque possiamo parlare di Lui se non lo possediamo? E vero,
non lo
possediamo con la conoscenza, n lo possediamo pienamente: lo
possediamo
per in tal modo da poter parlare di Lui senza per dirlo veramente.
Noi
diciamo infatti quello che Egli non , ma non diciamo quello che .
Plotino, Enneadi, V, 3, 14, ed. cit.
Ma che cos ci che non ebbe lesistenza?
Dobbiamo andarcene in silenzio e, messi in imbarazzo dai nostri
argomenti,
sospendere ogni ricerca. Cosa dovrebbe cercare chi non ha pi dove
procedere,
allorch ogni ricerca arrivata a un principio e si ferma l? []
Dobbiamo perci eliminare il motivo dellaporia, sopprimendo in Lui
ogni luogo
ed escludendo da Lui ogni posto, e non affermare che Egli si trovi in
esso e abbia
qui la sua dimora eterna, n che vi sia arrivato; diciamo soltanto che
Egli
come , dicendo che per necessit del discorso, e riconosciamo
che il luogo,
come le altre cose, posteriore, e posteriore a tutto. Pensandolo,
come noi lo
pensiamo, non-spaziale e non ponendo nulla intorno a Lui, noi non
riusciamo a
circondarne lestensione e dobbiamo riconoscere che Egli non ha
estensione; e
neppure la qualit, poich nessuna forma, nemmeno intellegibile, pu
esserci in

Lui, e nemmeno alcuna relazione con altro: Egli infatti in s stesso


ed esisteva
prima di ogni altra cosa.
Che cosa possono dire dunque le parole gli accadde di essere cos?
Come
potremmo pronunciarle, quando anche le altre che si dicono di Lui
consistono
in una negazione? Perci pi giusto affermare che non gli accadde
di essere
cos piuttosto che gli accadde di essere cos, poich l accadere
non gli
appartiene affatto.
Plotino, Enneadi, VI, 8, 11, ed. cit.
Poich Egli il Bene in s e non un bene, necessario che Egli non
abbia nulla
in s, dal momento che non ha nemmeno un bene. Ci che Egli avesse
in s, lo
dovrebbe avere o come bene, o come non-bene: nel Bene in senso
stretto e
primario non potrebbe esserci il non-bene, n il Bene pu avere il
bene.
Se dunque Egli non n il bene n il non-bene, non ha veramente
nulla. E se non
ha nulla, Egli solo e privo di ogni cosa. Perci, se le altre cose o sono
buone,
pur non essendo il Bene, o non sono buone, Egli non ha n il bene n il
non-bene
e, non avendo nulla, e proprio perch non ha nulla, il Bene.
Plotino, Enneadi, V, 5, 12-13, ed. cit.
Che cosa dunque? LUno la potenza di tutte le cose; se esso non
fosse, nulla
esisterebbe, n lIntelligenza, n la Vita prima, n la Vita universale.
Ci che al
di sopra della vita causa della vita; lattivit della vita, che tutte le
cose, non
la prima, ma scaturisce da esso come da una sorgente. Si immagini
una sorgente
che non ha alcun principio e che a tutti i fiumi si espande senza che i
fiumi la
esauriscano, e rimane sempre calma; i fiumi che escono da essa
scorrono tutti
assieme prima di dirigersi verso punti diversi, ma ciascuno sa gi dove
i flutti lo
porteranno. Oppure <simmagini> la vita di un albero grandissmo, la
quale
trascorre in esso, mentre il suo principio rimane immobile senza
disperdersi
per tutto lalbero, poich risiede nelle radici.
Plotino, Enneadi, III, 8, 10, ed. cit.

Poich dunque non c nulla prima di Lui ed Egli il Primo, dobbiamo


fermarci
qui e non dire pi nulla di Lui, ma cercare invece come siano sorte le
cose dopo
di Lui; n dobbiamo cercare come Egli sia nato, perch Egli in realt
non mai
nato.
Ma come? Se non mai nato, ma come , non padrone della sua
essenza? E se
non padrone della sua essenza, ma quello che e non s dato da
se stesso
lesistenza ma si accettato cos com, Egli necessariamente quello
che , e
non diverso.
No, Egli non cos com perch non possa essere diverso, ma cos
perch
perfetto.
Plotino, Enneadi, VI, 8, 10, ed. cit.
E nemmeno giusto dire che Egli esiste per caso, poich il caso
esiste soltanto
nelle cose molteplici e secondarie; ma del Primo non possiamo dire n
che esista
per caso, n che non sia padrone del suo nascere, poich Egli non
mai nato. Ed
assurdo dire che Egli non libero perch crea conforme alla sua
natura:
come sostenere che la libert ci sia soltanto quando Dio crei o agisca
contro
natura. []
Ma poich quella che noi chiamiamo esistenza identica alla sua
azione
esse qui non sono diverse, se nemmeno lo erano nellIntelligenza
allora
affermare che Egli agisce conforme al suo essere non per nulla
meglio che
affermare che Egli conforme al suo agire. Il Bene, dunque, non
possiede
unattivit conforme alla sua natura; la sua attivit, cio la sua vita,
non pu
venire predicata dalla sua cosiddetta essenza; ma la sua cosiddetta
essenza
unita e come nata insieme con la sua attivit sin dalleternit; Egli
crea se stesso
dal suo essere e dal suo atto e appartiene a se stesso e a nessuno.
Plotino, Enneadi, VI, 8, 7, ed. cit.
Se dunque gli attribuiamo degli atti e se i suoi atti si compiono,
diciamo cos, per

mezzo della sua volont (che Egli non pu agire senza volere), e se
questi atti
costituiscono la sua cosiddetta essenza, la sua volont e la sua
essenza saranno
identiche. Ma allora, se cos, Egli come vuole. [] Egli dunque
padrone di
s poich il suo essere dipende dalla sua libert. [].
Non si pu pensare un bene che sia privo della volont di essere, per
se stesso,
ci che : Egli perci concorde con se stesso, in quanto vuole essere
quello che
ed quello che vuole, e la sua volont e il suo essere sono una cosa
sola, e
tuttavia Egli non meno unit, poich non c differenza fra ci che
Egli si trova
ad essere e ci che voleva essere.
Che cosa infatti avrebbe voluto essere se non ci che ?
Supponiamo che Egli scelga di diventare ci che vuole e che gli sia
concesso di
mutare la sua natura in qualcosa di diverso; mai Egli vorrebbe
diventare
qualcosa di diverso, n mai potrebbe biasimare se stesso come se
soltanto per
necessit Egli fosse ci che , cio quello stesso Essere che Egli stesso
sempre
volle e vuole essere.
La natura del Bene realmente la sua volont: Egli non sedotto n
attratto
dalla sua propria natura, ma sceglie liberamente se stesso, poich non
c
nientaltro da cui Egli possa essere attratto. []
Perci il nostro ragionamento ha scoperto che Egli ha creato se
stesso: se
dunque la volont deriva da Lui ed , per cos dire, opera sua, ed
inoltre
identica alla sua esistenza, vuol dire che Egli stesso si dato
lesistenza: non
dunque per caso ci che , ma quello che Egli stesso ha voluto.
Plotino, Enneadi, VI, 8, 13, ed. cit.
LUNO SECONDO PROCLO

TEOLOGIA PLATONICA, LIBRO II


Infatti, di tutto lessere si deve dire o che qualcosa di uno o che non nemmeno
uno, e che ci che qualcosa anche uno, mentre ci che non nemmeno uno non esiste
assolutamente. Se pertanto i molti esistono, anche ciascun elemento dei molti qualcosa;
se invece ciascun elemento non uno, neppure i molti potranno esistere; perch questi

molti sono la somma di ognuno degli elementi. Se perci gli esseri sono soltanto molti e
per niente uno, non potrebbero neppure essere molti; infatti gli esseri che non sono per
niente uno, non possono essere uno in alcun modo. Daltra parte, ci che non uno, non
a maggior ragione neppure molti; perch, necessariamente, non esiste nessuno degli
elementi di cui sono formati i molti.
Inoltre, pertanto, se gli esseri sono molti cos come abbiamo detto, tutti gli esseri
saranno infinite volte infiniti; e quale che sia lessere infinito che prendi in
considerazione, anchesso sar immediatamente infinito; e degli elementi che lo
costituiscono, dal momento che sono anchessi infiniti, sar infinito anche ciascuno di
essi. Si prenda pure dai molti qualcuno degli esseri che diciamo essere nonuno; ebbene,
quello sarebbe una molteplicit secondo la sua natura, se vero che fa parte degli esseri
e che non niente. Ma se una molteplicit, anche questa sarebbe formata da molti e
sarebbe essa stessa molti; e se prendi qualcuno di questi molti, ti apparir subito chiaro
che non uno, ma molti. E lo stesso ragionamento si applica immediatamente anche a
questi ultimi; nella medesima maniera ciascun elemento (e quando parliamo di ciascun
elemento lo facciamo in modo erroneo) sar una molteplicit in atto; e ciascun
elemento sar, per cos dire, infinito, o anzi, infinito un numero infinito di volte. Infatti
non c niente che non sia tale, poich la parte molti, e allo stesso modo la parte della
parte, e cos allinfinito; perch in nessun luogo la molteplicit si arrester nel suo
procedere, e neppure linfinito, una volta che sia eliminata la natura delluno. Ma,
veramente, che gli esseri siano infiniti un numero infinito di volte impossibile, tanto in
rapporto alla verit, quanto in rapporto alla nostra premessa. Se infatti lessere infinito
un numero infinito di volte, non possibile n conoscere n scoprire lessere, poich
tutto ci che infinito inafferrabile e inconoscibile 4. E se lessere infinito un infinito
numero di volte, ci sar qualcosa di pi infinito dellinfinito 5; e se quel qualcosa pi
infinito, linfinito sarebbe meno infinito; ma poich ci che meno infinito non
totalmente infinito, chiaro che sarebbe limitato, in quanto manca della natura
dellinfinito. Se dunque vi qualcosa di pi numericamente infinito dellinfinito
numerico, ci sarebbe qualcosa di maggiore dellinfinito e linfinito sarebbe
numericamente pi piccolo di qualche altra cosa; ma ci impossibile; dunque non
esiste linfinito un numero infinito di volte. Ora, se i molti esistono separati dalluno,
esistono le cose infinite un numero infinito di volte; ma questo impossibile; dunque i
molti non esistono, se non esiste luno6.
.................
Occorre fare un sunto del capitolo in quanto gli argomenti sono molti.

LA PRIMA UNITA SECONDO NICOLA CUSANO


LA PRIMA UNITA

VEDERE ANCHE
SCOTO ERIUGENA DE DIVISIONE NATURA
DAMASCIO
DIONIGI AREOPAGITA
TRADIZIONE INDUISTA

LA COSMOGENESI SECONDO LA TRADIZIONE INDUISTA

La concezione induista di: Fuoco, Acqua, Luce, Suono, Parola.


Vedi versi pag. 65 Panikkar.
Al di la dellEssere, il Non-Essere, AIN SOF.
Luno come questo IDAM (immanenza) e come quello TAD
(Trascendenza)
Luno come EKAM, lEssere.
La manifestazione secondo la tradizione induista:
Il principio come senza tempo o eterno presente, la creazione
principiale come eterna creazione.
Il risveglio del Non-essere nel vuoto del non-essere, il punto che si
crea dalla contrazione di AIN SOF.
Possa io essere, la volont, la potenza originaria come base di
tutto il manifestato.
C solo lAssoluto, non c laltro. Lassoluto che si rivolge quindi
verso se stesso, prende coscienza di se stesso, nasce il mondo
spirituale. Lo stesso processo in Proclo. Manenza, processione e
ritorno su se stesso, il processo ternario come processo fondante di
tutto il reale.
Il concetto di sacrificio come atto fondante dellinter
manifestazione.
I due principi fondamntali secondo linduismo:
Tapas e Kamas : Ardore e desiderio (amore).
Il Tapas come simbolo del Fuoco fecondante, il Kamas come simbolo
dellamore che viene fecondato da tapas ma al temp stesso
sorregge TAPAS, Sono la forza del limite e dellillimite, del fuoco e
dellacqua che interagiscono.
Tapas, incitato da Kama penetra nel Se al punto di smembrarlo.
Le due forzr fondamentali che emergono dal non-essere, dallunit
assoluto fanno si che luno nascosto venga alla luce (vedi la luce)
ne nasce lEssere.
Tapas e Kamas continuano incessantemente ad interagire dando
vita alla molteplicit dellintero universo.
Per chiudere il cerchio accenniamo al processo di reintegrazione ceh
per sar sviluppato in una succesiva fase.
La processione come atto di amore verso gli altri anche al tempo
stesso il ritorno come atto di amore verso Dio. Processione e ritorno
sono lo stesso atto fondante della realt (Vedi TEOFANIA), la carit,
come espressione dellunica Manenza assoluta. Tutto si svolge
infatti in Dio, nulla cade al di fuori dei Dio.
Accenniamo al ruolo delluomo nel processo di ritorno secondo la
tradizione Induista.
Prajapati esausto, svuotato, luniverso ha la possibilit di sfuggire
al potere di Dio, a se stante, una volta generate le creature gli

voltarono le spalle e se ne andarono. E levento della caduta


delluomo che causa la caduta dellintero universo. Cercando di
liberare se stesse dal creatore cadono nel caos. Dio deve ritornare a
penetrare lintero universo, deve penetrare di nuovo nelle creature.
Serve laiuto delluomo per riunire cio che sparso, cio per
reintegrare lunit originaria, per ricostruire il corpo smembrato di
Prajapati. Si tratta di un atto di redenzione eseguito tramite il rito
del sacrificio.
Il scrificio non solo una oferta a Dio per avere qualcosa ma un atto
tramite il quale creiamo e procreiamo insieme a Dio e ricostruiamo
il suo corpo, la sua unit originaria perduta.
possa io diventare tutto la tendenza naturale delluomo verso
lunit di se stesso e lunit con il mondo intero.
Il processo ternario come SAT, CITA, ANANDA.
Riprendiamo gli stessi principi analizzando linno del principo
primordiale del Rig Veda, uno degl inni piu importanti dei Veda.
Linno Nasadiya Sukta Rig Veda X, 129

Il non essere come mistero avvolto nelle tenebre. Di lui non si puo
dare alcuna definizione, lo si puo solo indicare con una domanda:
Chi ? (KA).
Dal vuoto del non essere nasce luno, il puntino in AIN SOF della
cabala lurianica, lessere primordiale, tramite il potere di TAMAS che
feconda le Acque primordiali che rappresentano linfinit di cio che
al di la dallessere.
Il non-essere non il nulla. Dal nulla non puo nascere nulla, il nulla
non oprecedente ma coestensivo dellEssere. Si trata quindi di un
processo di condensazione, di concentrazione, di emergenza
tramite il potere dellardore e dellamore.
Lamore non come atto transitivo verso qualcosa a come atto
fondante della realt. Ardore sorretto dal TAPAS, TAPAS e KAMA
come interdipendenti.
LA COSMOGENESI SECONDO LA CABALA LURIANICA
La cosmogenisi come sacrificio del divino, raffronto con la tradizione induista
IL SACRIFICIO COME COSMOGENESI E COME REDENZIONE (MANENZA,
PROCESSIONE E RITORNO).
LIMITE, ILLIMITE E MISTO IN PROCLO. PRIMA TRIADE INTELLIGIBILI
SHIN, MAYM, KETER Prima triade intelligibili (Essere) (ok)
Vedi prima parte del LIBRO TERZO DELLA TEOLOGIA PLATONICA dove parla del
Limite, Illimite e delle Enadi.
Fuoco e acqua che generano Keter corrispondono alla prima triade degli Intelligibili

KETER, OVVERO LA LUCE O lESSERE


Keter espresso in termini religiosi come Dio, YAHVE, il fine ultimo della creazione, il
Bene di Platone. Colui a cui dobbiamo tendere, il destinatario delle nostre preghiere. Il
fondamento della religione. Anche Dio viene chiamato Chi ? coi con una formula
interrogativa, la stessa usata per il non-essere, ma se il chi del non essere esprimeva la
domanda sul mistero del principio findatore di tutte le cose, il chi di Dio il riferimento al
fine verso il quale rivolgerci, il sentieo, la luce di riferimento, il bene come fine ultimo
delluomo e da cui provengono tutti i beni delluomo compresa la vita stessa.
Vedi pag. 90 di Panikkar.
Lio sono colui che sono.
Vedi prima parte del LIBRO TERZO DELLA TEOLOGIA PLATONICA dove parla
dellEssere
Vedi il concetto di Essere in San Tommaso

HOCMAH, BINAH e DAAT E GLI INTELLEGIBILI/INTELLETTIVI DI


PROCLO
Vedi sotto le interpretazioni
Vedi il capitolo 2 Fervore creativo pag. 78 di Panikkar.
SATYA come espressione di HOKMAH, Verit
RTA come espressione di BINAH, Bellezza, Ordine.
Queste tre sefirot come sostegno di tutta la realt.
Lo SKAMBHA, il pilastro cosmico come immagine dellalbero del mondo ma anche e
soprattutto come immagine delluno al di la dellessere, del fondamnto dellintero universo.
HESED, GEBURA, TIFERET E GLI INTELLETTIVI DI PROCLO
NEZAH, HOD, YESOD E GLI IPERCOSMICI DI PROLCO
TRA YESOD E MALKUT, GLI ENCOSMICI DI PROLCO
POSSIBILE INTERPRETAZIONE DEL RAFFRONTO CABALA-PROCLO:
SHIN, MAYM, KETER Prima triade intelligibili (Essere) (ok)
Prima ipotesi (dubbio)
HOCKMA Seconda Triade Intelligibili
BINAH Terza triade intelligibili
DAAT
Tutte e tre le triadi Intellegibili/Intellettive
Daat come modello del demiurgo (Tiferet)
Seconda Ipotesi (dubbio)
HOCKMA Seconda e terza triade Intelligibili (saggezza)
BINAH Intelligibili/Intellettivi (Conoscenza, Biblioteca cosmica)
DAAT
Misto
Daat come modello del demiurgo (Tiferet)
HESED, GEBURA, TIFERET Prima triade Intellettivi (Crono, Rea e Zeus) (ok)

La seconda e la terza triade non sono signifivcative


NEZAH, HOD, YESOD Dei Ipercosmici e Ipercosmici/Encosmici (ok)
Tra YESOD e MALKUT Dei encosmici (sono detti Dei Sublunari) (ok)
Esseri suoperiori Angeli, Demoni ed Eroi (ok)
LADAM KADMON come LUOMO COSMICO O LUOMO PRIMORDIALE INDU, IL
PURUSA.
Si dice che solo un quarto della persona cosmica visibiel ed emerge nella sfera del
manifesto. Si tratta di Malkut, il nostro mondo.

LA PAROLA COME LOGOS CREATORE. VAC DELLA TRADIZIONE


INDUISTA
Pag. 120
LA MATERIA PRIMA

De plus, lorsque nous rapportons


Prakriti au Verbe, nous devons avoir bien dans lesprit quil ne sagit pas de la
Personne du Verbe, qui est Acte, mais de lensemble des archetypes sur le
modele desquels la creation a ete faite. Cet ensemble, que le Verbe contient,
nest pas Acte mais possibilite creationnelle ; et, dans cette perspective,
Purusha est lIpsum Esse divin qui profere le fiat createur.
Toute manifestation ou modification de la substance prakritienne
represente une rupture de cet equilibre et, ajoute Guenon, les etres, dans
leurs differents etats de manifestation, participent des trois gunas a des
degres divers et, pour ainsi dire, suivant des proportions indefiniment
variees3.
LE SEFIROTH E MALKUT

Le mystere du Tetragramme sacre et imprononcable, YodH-Vav-H, est intimement lie a ce symbolisme ; mais nous ne pouvons
entrer a ce sujet dans plus de detail. Disons seulement que la lettre Yod
correspond a Hokmah ; la premiere lettre H a Binah ; la lettre Vav a
Tiphereth et la seconde lettre H a Malkuth, qui est le support de larbre ou
lepouse, larbre lui-meme etant lepoux. On peut deja comprendre, sans
doute, que Malkuth est la creation dite dans le Verbe et, plus
particulierement, lhomme qui resume synthetiquement la creation ; de sorte
que les dix sephiroth se rapportent a lHomme-Dieu, le Christ, lHomme
universel.
4. LArbre sephirothique comprend donc Malkuth. A un premier
point de vue,
Malkuth est larchetype total de la creation ; en dautres termes,
cest la creation

dite dans le Verbe. A un second point de vue, Malkuth est


loeuvre divine
elle-meme. Sous le premier aspect, Malkuth fait partie integrante
du Verbe,
auquel correspond alors le nombre dix ; sous le second, Malkuth est
lepouse du
Verbe auquel, dans ces conditions, correspond le nombre neuf et
Malkuth est
consideree comme distinctement autre que le Verbe. Lepouse vient
de lepoux,
comme Eve vient dAdam3 ; mais ils ne doivent faire quun. Ce
mystere est
grand , comme dit saint Paul4 ; il est grand a cause du Christ et de
lEglise, qui
est epouse ; mais il est grand deja a cause du Christ lui-meme, qui
est lunion
indissoluble et theocosmique de lIncree et du cree.
Normalement, Malkuth
est unie aux neuf sephiroth qui sont, a proprement parler, le Verbe ;
mais en
raison du peche, Malkuth est en exil ; elle est separee des
neuf autres
sephiroth, ce qui veut evidemment dire quen exil elle nest plus
unie au Verbe.
Le Christ, cependant, etant lunion la plus etroite qui se puisse
concevoir du
cree et de lIncree, a mis fin a cet exil ; et Malkuth est alors la
Shekinah, la
presence reelle de Dieu dans le monde. Malkuth vue sous cet angle5
est dabord
le Christ ; cest ensuite lEglise elle-meme dans son etroite union au
Christ et
cette Eglise resume toute la creation sauvee, quelle soit
ouvertement sauvee ou
sauvee dans le secret .
LA CLEMENZA, IL RIGORE E LA MISERICORDIA

En dautres termes, lorsque


lhomme commet le mal, il tombe sous la coupe de la Rigueur qui,
de ce fait,
nest plus harmonieusement unie a la Clemence, mais opposee a
celle-ci dans
une disharmonie qui parait invincible 6. Cest alors que la Shekinah
est en

exil et ne se tient plus en Malkuth, mais en Binah. Cependant,


Dieu est
misericordieux ; il veut que le pecheur guerisse de son mal et non
quil perde la
vie. Cest pourquoi, quand tout semble perdu et que la Justice est
sur le point
daneantir la creature, la Clemence reapparait pour couvrir la
Rigueur.
Alors, la Rigueur etant occultee, la Misericorde resplendit : cest
Tiphereth. La
Shekinah, la presence reelle de Dieu dans le monde, revient de
Binah pour
habiter Malkuth : cest Dieu avec nous (Emmanuel), le Christ
sauveur. Le
Verbe incarne, qui est la Shekinah, la Grande Paix7, re-unit la
Clemence
vivificatrice et la Rigueur mortificatrice ; il les reconcilie, de sorte
que seteint
la Justice8, par sa soumission a la Rigueur divine qui sest tout
entiere abattue
sur lui.
6. La sephirah Hesed, la Clemence, et la sephirah Gueburah, la
Rigueur, sont
donc les deux mains ou bras par lesquels Dieu, tout
entier dit dans le
Verbe, gouverne une creation qui, bonne a lorigine, et meme
tres bonne , est
devenue mauvaise, mais a laquelle le createur accorde
misericordieusement son
salut. Quels sont les ressorts de ce gouvernement ? La Rigueur
promulgua des
lois limitatives qui sont bonnes aussi longtemps quelles sont
observees.
Linterdiction faite a Adam de ne point toucher a lArbre de la
science du bien
et du mal etait une loi rigoureuse, mais la seule a laquelle il se
trouvait
assujetti ; en contrepartie, licence lui avait ete accordee de gouter
aux fruits de
tous les autres arbres du jardin. Il ne peut y avoir de vie libre sans
lois a
observer, lois limitatives mais non oppressives (le seul qui ne soit
soumis a

aucune loi est Dieu, qui les edicte toutes), et dans le cas dAdam,
une seule loi
suffisait, la defense de porter la main sur lArbre.
et il doit etre bien entendu
aussi quAdam, avant la faute, echappait a la necessite de devoir
souffrir et
mourir. Et comment ? Par ceci que lattribut de Clemence ou de
Benignite
couvrait lattribut de Rigueur ou de Severite, faisant apparaitre ainsi
le troisieme
attribut, qui est celui de la Misericorde. Si Adam navait pas commis
la
transgression sil navait pas porte la main sur lArbre il serait
devenu
semblable a ce quetait cet Arbre, cest-a-dire Homme universel.
Mais lorsque
Adam eut peche, et cest librement quil le fit, les deux attributs se
dissocierent,
et ainsi Adam entra, non dans la vie divine quil avait a conquerir en
confirmant, par lobeissance, son etat de liberte, mais dans la
connaissance du
bien et du mal, cest-a-dire dans la connaissance des ressorts de la
vie et de la
mort par lesquels il etait possible quexistat une creation assujettie
au devenir.
La chute netait pas une fatalite ; elle fut la consequence dun libre
choix qui,
sil eut ete convenablement fait dans lobeissance, eut change la
liberte premiere
dlection en liberte de dilection. Il nen fut pas ainsi.
I TRE GUNAS ESPRESSIONI DEL RIGORE, DELLA CLEMENZA E DELLA
MISERICORDIA

8. Il fallait dire tout ce qui precede, meme tres brievement, pour


que lon
saisisse que si Prakriti est lensemble des idees sur le modele
desquelles la
creation a ete faite et si, en outre, les six sephiroth de la
construction sont
une expression de Prakriti, les trois gunas de lhindouisme, Sattwa,
Tamas et
Rajas peuvent etre rapportes respectivement aux trois grands
attributs de

Clemence, de Rigueur et de Misericorde. Sattwa est,


etymologiquement, la
conformite a lessence de lEtre (Sat) ; cest laspect liberal et
clement du
createur qui donne la vie. Tamas est, de lEtre createur, laspect
obscur, la
Rigueur divine dans la mesure ou celle-ci, desoccultee, condamne la
nature
humaine pecheresse a la mort. Pour quil y ait Harmonie (cest un
des sens du
mot Tiphereth), il ne faut pas que les gunas Sattwa et Tamas
respectivement
assimiles, comme nous le verrons par la suite, aux couleurs blanche
et noire
saffrontent dans la dualite que revele la connaissance du bien et du
mal ; mais
il faut que Sattwa, lemportant sur Tamas, couvre cette Rigueur.
Alors Tamas
agit comme un prisme qui decompose la lumiere blanche ; et, a
legard des
creatures, qui sont les couleurs contenues virtuellement dans
la blanche
liberalite divine, la Misericorde divine apparait. Or la tradition,
hindoue
attribue la couleur rouge a Rajas. Le rouge est la couleur du coeur ;
cest aussi
celle du Saint Esprit, qui est Amour ; cest donc celle de Tiphereth,
sephirah
coeur de lArbre sephirothique. A elle seule, cette couleur rouge
resume toutes
les autres, entre le blanc (totalite des couleurs) et le noir (absence
totale de
couleur).
LA MATERIA PRIMA

Au commencement (in principio), Elohim crea le ciel et la terre.


Or la
terre etait sans ordre et vide (inanis et vacua) et des tenebres
couvraient la
surface de labime (faciem abyssi) et un souffle dElohim battait la
surface des eaux.
Dans ce texte qui ouvre la Gense, le ciel et la terre paraissent bien
designer le

monde des substances angeliques et la terre le monde des


substances infra
angeliques. Du monde des anges, il ne nous est rien dit, sinon quil
est cree ; du
monde de la terre, il nous est dit quil est un tohu-va-bohu, une
sorte de masse
deau, informe et vide, mais evertuee par le souffle dElohim. Nous
pensons
que ces eaux obscures et abyssales symbolisent la materia prima,
linstrument
lui-meme cree, mais fondamental, au moyen duquel Dieu va creer
tous les etres
terrestres infra angeliques, lutilisant comme le support ou le
substratum de
tous les etres terrestres, depuis les particules subatomiques jusqua
lhomme
la premiere des ces creations etant celle de la lumiere.
2. Les creatures angeliques (monde du ciel) sont des formes pures,
mais
limitees, chacune delles exercant un ipsum esse, un acte detre fini
qui fait
delle un existant. Quant a la materia prima, elle est le substratum
du devenir
infra angelique. Il nest nullement question, chez saint Thomas
dAquin, dune
substance universelle qui serait, comme chez Guenon, la
racine non
manifestee (cest-a-dire increee) de tous les etres crees, ni, par
consequent,
dune materia prima universelle. Ce dont il est question, en
revanche, cest
dacte et de puissance a tous les degres de la manifestation, la
materia prima, en
tant quelle rend compte du changement (metabol),
napparaissant quau degre
des creatures infra angeliques.
Au-dela, il ny a que des formes pures qui sont
en puissance par rapport a leur ipsum esse, de meme quici-bas la
materia
prima est en puissance par rapport a la forme, le compose
hylemorphique etant
lui-meme en puissance par rapport a lipsum esse quil exerce.

Sil ny a pas, dans lange, composition de matiere et de forme, il


ya
cependant composition dacte et de puissance. Il suffit, pour sen
rendre
compte, de considerer les choses materielles ou se trouvent deux
compositions. La premiere est celle de la forme et de la materia
prima
qui constituent une nature1. Mais une nature ainsi composee nest
pas un
etre2 ; letre est son acte. Par consequent, meme la ou il ny a pas
de
materia prima, ou la forme existe independamment dune matiere,
la
forme est encore vis-a-vis de son esse en rapport de puissance a
acte. Et
cest une telle composition que lon doit admettre dans les anges.
3
Si donc, apres cela, nous envisageons Prakriti sous son aspect de
materia
prima, il ne pourra sagir en tout etat de cause que de la materia
en soi des
substances hylemorphiques.
3. Telle que nous lentendons maintenant, Prakriti est la materia
prima en ellememe
non manifestee, non point par la quelle serait, comme le dit
Guenon, une
face de lEtre principiel fini, mais en ce sens que, creee, elle nexiste
jamais
seule : actualisee par une forme, elle nexiste que dans telle ou telle
materia
Nous est-il, pour autant, interdit de lenvisager en elle-meme
comme
potentialite pure ? Sans doute que non. Rappelons son statut
ontologique. Estce
un etre ? Ce nest pas un etre. Est-ce un non-etre ? Est-ce le nonetre ?
Nous ne pouvons laffirmer non plus. Si contradictoire que paraisse
lexpression, la materia prima est un non-etre-qui-est , ce qui
veut dire,
repetons-le, quelle nest pas ce non-etre-qui-nest-pas que
nous designons
par le terme neant 4. La materia prima nest pas un etre, mais
elle est de

ltre, au titre de puissance reelle. Dans les creatures angeliques,


ou lon ne
trouve aucune materia prima, cest la forme intelligible qui est en
puissance par
rapport a lipsum esse qui lactualise ; dans les creatures
hylemorphiques, la
materia prima compose, avec une forme unique, une multitude
dindividus
substantiels, chacun deux etant en puissance par rapport a son
ipsum esse.
Tout ange est a soi seul une espece, ce qui ne lempeche pas detre
un
individuum ; du cote des creatures hylemorphiques, et en raison de
la materia
prima, une multitude dindividus substantiels appartiennent a une
meme espece,
toute forme etant specifique. Nous pouvons donc retenir que la
materia prima
est du cote de letre et non du cote du neant. Si, maintenant, nous
rapprochons
ce non-etre qui, de quelque facon, est de ce que lInde nous
dit de Prakriti,
nous devons admettre que la materia prima, en soi, est trigunique.
En ellememe,
elle est un equilibre de trois tendances purement
quantitatives, selon
que la materia est signata quantitate. Ces trois tendances guniques
napparaissent ne sont actualisees que sous linfluence des
formes, dou
viennent les substances individuelles. Elles sont alors en action (au
repos, elles
se neutralisent dans la materia prima) ; et ce que nous nous
proposons de
montrer est que, de la materia prima, les trois gunas sont les
dimensions
quantitatives par lesquelles sexpliquent les accidents qui
permettent de
distinguer entre eux les individus appartenant a une meme espece.
A cet effet, voyons tout
dabord ce que signifie lexpression materia prima quantitate.
Dune part, il ny a pour chaque compose quune forme
substantielle ;

de lautre, la matire est rigoureusement en puissance, elle


nintervient
dans lindividualite quen tant quelle est en rapport telle quantit
et
non telle autre. Cest ce que lon traduit par lexpression materia
signata quantitate. 7
Que signifient ces trois derniers mots ? Materia est clair ; signata
quantitate
peut se traduire par designee quantitativement . Ce qui fait
donc un individu
existant, cest sa forme specifique individualisee par la materia, par
la materia
designee de telle ou telle facon. En elle-meme, la materia ne
designe
rien . Unie a une forme specifique, elle designe et designe
diversement
selon les individus qui relevent de cette forme. Or ce qui distingue
un individu
dun autre individu de la meme espece, ce sont les accidents. A elle
seule, la
forme specifique ne les donne pas, et ne peut les donner : elle est
rigoureusement la meme chez tous les individus dune meme
espece. Il faut
donc que, dune maniere ou dune autre, les accidents viennent de
la materia
prima qui est la meme chez tous les individus, mais qui ne presente
jamais deux
fois les memes profils quantitatifs, si je puis ainsi dire. Voici
comment ladessus
sexplique Emile Brehier :
Pour bien comprendre comment la matiere (materia prima) est
principe
dindividuation, il faut distinguer : ce nest pas le fait detre uni a la
matiere en general qui fait lindividualite () ; ce qui fait lindividu,
cest
la matiere designee (signata), cest-a-dire celle qui individualise
sous des dimensions dtermines ; cest elle qui individualise la
forme et qui
produit la diversite dans une meme espece. 8
7. La materia prima a letat pur nexiste pas et la forme non
plus du reste. Mais
le compose existe, lui, et existe toujours en situation ,
ne serait-ce que par le

lieu quil occupe dans lespace et par la duree quil occupe


dans le temps. On
ne peut pas dire que cest lindividu determine qui, par ses
determinations, fait
que sa matiere est signata ; au contraire, cest parce que,
selon les
circonstances, la materia est signata que lindividu existe
avec ses accidents,
lesquels se laissent distribuer selon les neuf categories
dAristote9.
Puisque les
accidents individualisants viennent de la materia, force est donc
quil y ait, dans
la materia, des dimensions qui varient quantitativement et qui ne
se font pas
voir quand la materia est abstraitement consideree en dehors de
toute forme.
et si lon demande : dou viennent ces
dimensions ? , il faudra repondre quelles resultent du jeu des
trois gunas de la
materia prima, mis en mouvement, des les origines, selon la
diversite indefinie
des aspects que peut presenter la quantite pure. Pouvons-nous aller
plus loin ?
Peut-etre, en appelant force chacun des trois gunas. Le mot
guna, dans son
acception ordinaire et litterale, signifie corde et plus
particulierement
corde dun arc . Cette etymologie permet de ramener la notion
de guna a
celle de tension puisque la corde dun arc est faite pour etre
tendue. Ce que
les medievaux appelaient dimensions de la matiere (et, bien
entendu, ces
dimensions nont rien a voir avec celles de lespace), nous pouvons
lappeler
tension : dans le mot dimension il y a mensura,
mesure , et la tension
est une force susceptible detre mesuree 10.
materia prima de la maniere suivante :
(a) Sattwa : force creatrice de dispersion, agissant avec des
intensites

variables ; force expansive qui suggere un eloignement catabatique


a
partir dun centre ou dune origine11. Cette force naurait pas de
limite et, netant quune immense dissipation, serait sans effet si
elle
netait contenue par Tamas. A Sattwa correspond larchetype de la
Clemence ou de la liberalite divine (sephirah Hesed).
(b) Tamas : force destructrice de contraction, agissant avec des
intensites
egalement variables ; force contractive qui suggere un retour
anabatique au centre ou a lorigine. A cette force, opposee a la
precedente (mais elle ne laneantit pas, elle limite seulement ses
effets) correspond larchetype de la Rigueur ou de la Justice divine
(sephirah Gueburah). Tamas contient lexpansion de Sattwa
mais, en verite, cest Sattwa qui couvre Tamas, de meme que
la
Clemence couvre la Rigueur pour quil y ait Misericorde et
Harmonie. Sattwa lemporte donc sur Tamas, et il y a equilibre
parce
que, avant detre le Justicier, Dieu est le Misericordieux.
(c) Rajas : de meme quen astrophysique une force centripete limite
une
force centrifuge de telle maniere quune gravitation harmonieuse
resulte de cet apparent conflit12, de meme ici les deux forces, lune
catabatique et lautre anabatique, sunissent dans une gravitation
autour du centre ou de lorigine. A cette force correspond
larchetype
de lHarmonie divine (sephirah Tiphereth)13.
13

Peut-etre est-il permis de rapprocher Rajas de rja, qui signifie royal

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