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Vespa smaschera i compagni

seguaci del Duce


Scrittori, giornalisti e artisti: erano
molti quelli che volevano
collaborare alla rivista fondata nel
1940 da Giuseppe Bottai, gerarca
illuminato ma anche il pi feroce
sostenitore delle leggi razziali

Bruno Vespa - Gio, 06/11/2014 11:25


Il numero dei voltagabbana tra gli
intellettuali alla caduta del regime
fu clamoroso. Giuseppe Bottai era
il politico pi illuminato del
fascismo sul piano culturale, ma
anche il pi feroce sostenitore
delle leggi razziali. Ebbene, la sua
rivista Primato fu pubblicata dal
1940 (quando le leggi razziali
avevano gi consumato i peggiori
misfatti) e chiuse solo con la
caduta del regime il 25 luglio
1943.

In quegli anni, Bottai pot contare


sulla fervida collaborazione del
meglio della cultura italiana:
Giorgio Vecchietti (condirettore),
Nicola Abbagnano, Mario Alicata,
Corrado Alvaro, Cesare Angelini,
Giulio Carlo Argan, Riccardo
Bacchelli, Piero Bargellini, Arrigo
Benedetti, Carlo Betocchi, Romano
Bilenchi, Walter Binni, Alessandro
Bonsanti, Vitaliano Brancati, Dino
Buzzati, Enzo Carli, Emilio Cecchi,
Luigi Chiarini, Giovanni Comisso,
Gianfranco Contini, Galvano Della
Volpe, Giuseppe Dess, Enrico
Emanuelli, Enrico Falqui, Francesco
Flora, Carlo Emilio Gadda, Alfonso
Gatto, Mario Luzi, Bruno Migliorini,
Paolo Monelli, Eugenio Montale,

Carlo Muscetta, Piermaria


Pasinetti, Cesare Pavese, Giaime
Pintor, Vasco Pratolini, Salvatore
Quasimodo, Vittorio G. Rossi, Luigi
Russo, Luigi Salvatorelli, Sergio
Solmi, Ugo Spirito, Bonaventura
Tecchi, Giovanni Titta Rosa,
Giuseppe Ungaretti, Nino Valeri,
Manara Valgimigli, Giorgio Vigolo,
Cesare Zavattini. Musicisti come
Luigi Dallapiccola e Gianandrea
Gavazzeni. Artisti come Amerigo
Bartoli, Domenico Cantatore,
Pericle Fazzini, Renato Guttuso,
Mino Maccari, Mario Mafai, Camillo
Pellizzi, Aligi Sassu, Orfeo
Tamburi.

GIUSEPPE UNGARETTI
Una crisi di coscienza colse
Giuseppe Ungaretti. Il poeta not
durante il regime che tutti gli
italiani amano e venerano il loro
Duce come un fratello maggiore e
si defin fascista in eterno,
firmando documenti e appelli per
sostenere il fascismo. Salvo
firmarne di uguali e contrari alla
fine della guerra come alfiere
dell'antifascismo, tanto da
meritare una grande accoglienza a
Mosca da parte di Nikita Kruscev.
NORBERTO BOBBIO

Norberto Bobbio da studente si era


iscritto al Guf, l'organismo
universitario fascista, e poi aveva
mantenuto la tessera del partito,
indispensabile per insegnare.
Colpito per frequentazioni non
sempre ortodosse da una lieve
sanzione che avrebbe potuto
comprometterne la carriera,
Bobbio cerc ovunque
raccomandazioni per emendarsi.
Suo padre Luigi si rivolse al Duce,
lo zio al quadrumviro De Bono, lo
stesso giovane docente a Bottai
(con devota fascistica
osservanza). Fu interessato
anche Giovanni Gentile, che
intervenne con successo presso
Mussolini. Alla fine, Norberto ebbe

la cattedra tanto desiderata. Nel


dopoguerra, Bobbio divent un
matre penser della sinistra
riformista italiana. Ma il tarlo del
passato lo consum fino a una
clamorosa intervista liberatoria
rilasciata il 12 novembre 1999 a
Pietrangelo Buttafuoco per Il Foglio
: Noi il fascismo l'abbiamo
rimosso perch ce ne
ver-go-gna-va-mo. Ce ne
ver-go-gna-va-mo. Io che ho
vissuto la giovent fascista tra
gli antifascisti mi vergognavo
prima di tutto di fronte al me
stesso di dopo, e poi davanti a chi
faceva otto anni di prigione, mi
vergognavo di fronte a quelli che

diversamente da me non se l'erano


cavata.
INDRO MONTANELLI
Montanelli non ha fatto mai
mistero di essere stato fascista.
(Fu, anzi, un fascista entusiasta).
Sono stato fascista, come tutte le
persone della mia generazione,
ammise nella sua Stanza sul
Corriere della Sera nel 1996. Non
perdo occasione per ricordarlo, ma
neanche di ripetere che non chiedo
scusa a nessuno. Anche nella pi
sfacciata adulazione del Duce,
Montanelli scriveva pezzi di
bravura come questo del 1936:

Quando Mussolini ti guarda, non


puoi che essere nudo dinanzi a Lui.
Ma anche Lui sta, nudo, dinanzi a
noi. Il Suo volto e il Suo torso di
bronzo sono ribelli ai panneggi e
alle bardature. Ansiosi e sofferenti,
noi stessi glieli strappiamo di
dosso, mirando solo alla inimitabile
essenzialit di questo Uomo, che
un vibrare e pulsare
formidabilmente umani. Dobbiamo
amarlo ma non desiderare di
essere le favorite di un harem.
GIORGIO BOCCA
Quando cominci il nostro
antifascismo? Difficile dirlo....

Dev'essere cominciato tardi, quello


di Giorgio Bocca, se vero quanto
egli stesso scrive nel racconto La
sberla e la bestia pubblicato l'8
gennaio 1943 su La provincia
granda , foglio d'ordini settimanale
della federazione fascista di
Cuneo. Il 5 gennaio Bocca aveva
incontrato in treno sulla linea
Cuneo-Torino l'industriale Paolo
Berardi, il quale diceva ad alcuni
reduci dalla Russia e dalla Francia
che la guerra era ormai perduta.
Bocca ascolt, poi gli diede un
ceffone e lo denunci alla polizia
per disfattismo. Due anni prima,
sullo stesso settimanale, il giovane
giornalista aveva scritto un lungo
articolo su I protocolli dei Savi di

Sion , che si sarebbero rivelati poi


(ma lui, ovviamente, non lo
sapeva) il falso pi clamoroso della
propaganda antisemita. Le prime
righe dell'articolo recitano: Sono i
Protocolli dei Savi di Sion un
documento dell'Internazionale
ebraica contenente i piani
attraverso cui il popolo Ebreo
intende giungere al dominio del
mondo.... E le ultime: Sar
chiara a tutti, anche se ormai i non
convinti sono pochi, la necessit
ineluttabile di questa guerra,
intesa come una ribellione
dell'Europa ariana al tentativo
ebraico di porla in stato di
schiavit.

DARIO FO
Dario Fo si arruol a 18 anni come
volontario prima nel battaglione
Azzurro di Tradate (contraerea) e
poi tra i paracadutisti del
battaglione Mazzarini della
Repubblica sociale italiana. Il 9
giugno 1977, quando Fo era ormai
da anni celebre per il suo lavoro
teatrale Mistero buffo , un piccolo
giornale di Borgomanero (Novara),
Il Nord , pubblic una lettera di
Angelo Fornara che ne raccontava i
trascorsi repubblichini. Fo sporse
querela con ampia facolt di prova,
ma il processo non ebbe l'esito da
lui sperato. Secondo quanto rifer

Il Giorno (8 febbraio 1978),


l'attore disse in aula che il suo
arruolamento era una questione
di metodi di lotta partigiana per
coprire l'azione antifascista della
sua famiglia. Ma le testimonianze
furono implacabili. Il suo istruttore
tra i par, Carlo Maria Milani, mise
a verbale: L'allievo paracadutista
Dario Fo era con me durante un
rastrellamento nella Val Cannobina
per la conquista dell'Ossola, il suo
compito era di armiere porta
bombe. E l'ex comandante
partigiano Giacinto Lazzarini lo
inchiod: Se Dario Fo si arruol
nei paracadutisti repubblichini per
consiglio di un capo partigiano,
perch non l'ha detto subito,

all'indomani della Liberazione?


Perch tenere celato per tanti anni
un episodio che va a suo merito?.
Una testimone, Ercolina Milanesi,
lo ricorda tronfio come un gallo
per la divisa che portava e ci tacci
di pavidi per non esserci arruolati
come lui. L'avremmo fatto, ma
avevamo quindici anni.... L'11
marzo 1978, mentre il processo
contro gli accusatori di Fo era in
pieno svolgimento, Luciano
Garibaldi pubblic sul settimanale
Gente una foto dell'attore in divisa
della Repubblica sociale (altissimo,
magrissimo come sempre stato)
e un suo disegno dove appaiono
alcuni camerati con le anime dei
partigiani uccisi che escono dalle

canne dei mitra (Sono apocrife e


aggiunte da altri, si difender). Il
7 marzo 1980 il tribunale di Varese
stabil che perfettamente
legittimo definire Dario Fo
repubblichino e rastrellatore di
partigiani. Il futuro premio Nobel
non ricorse in appello e la
sentenza divenne definitiva.
VITTORIO GORRESIO
Vittorio Gorresio, una delle firme
pi brillanti della sinistra riformista
del dopoguerra, scriveva cose
impegnative sulla giovent
hitleriana: Cos pregano gli ariani
piccoli, ora che, dissipato il fumo

del rogo ove furon arsi i


venticinquemila volumi infetti di
semitismo, l'atmosfera tedesca
pi limpida e chiara. E nel 1936
sulla Stampa , il giornale di cui
sarebbe diventato negli anni
Sessanta la prima firma politica,
confessava: Ringrazio Dio perch
ci ha fatto nascere italiani ed con
gli occhi lucidi che si sente
nell'animo la gratitudine del
Duce.
EUGENIO SCALFARI
Nonostante la giovane et, Scalfari
era riuscito a far pubblicare alcuni
scritti di Calvino su Roma fascista ,

era diventato amico di Bottai, che


chiamava il mio Peppino, e fino
alla caduta del fascismo sostenne
con convinzione l'economia
corporativa. Ma va ascritto a suo
merito di aver sempre parlato nel
dopoguerra di quaranta milioni di
fascisti che scoprirono di essere
antifascisti, non nascondendo mai
le sue ferme convinzioni giovanili.
ENZO BIAGI
Montanelli collabor a Primato
come Enzo Biagi, che nel
dopoguerra non ha negato i suoi
trascorsi (scrisse anche per la
rivista fascista bolognese

Architrave ) e la gratitudine per


Bottai. Ma i suoi avversari,
spulciando negli archivi, hanno
scovato altri episodi. Secondo il
racconto di Nazario Sauro Onofri in
I giornali bolognesi nel ventennio
fascista , nel 1941 Biagi, allora
ventunenne, recens il film Sss
l'ebreo , formidabile strumento
della propaganda antisemita di
Himmler, sul foglio della
federazione fascista bolognese
L'assalto , scrivendo che il pubblico
era trascinato verso
l'entusiasmo e molta gente
apprende che cosa l'ebraismo e
ne capisce i moventi della battaglia
che lo combatte. (Biagi era in
buona compagnia, perch sullo

stesso giornale, fortemente


antisemita, si scatenava anche il
giovanissimo Giovanni Spadolini,
mentre una lusinghiera recensione
allo stesso film fu firmata dal
regista Carlo Lizzani). Biagi rest
al Resto del Carlino , controllato
dai fascisti e ormai anche dai
nazisti, fino alla tarda primavera
del 1944, ricevendo - come tutta
la redazione - generosi sussidi
economici dal ministero della
Cultura popolare (il Minculpop).
Dieci mesi dopo entrava a Bologna
con le truppe americane.

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