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parte nella seconda parte del secolo scorso, con l'avvio della crisi delle
concezioni statalistiche del diritto. Tuttavia, nonostante la tesi
dell'incompatibilit ontologica debba respingersi con forza in quanto
derivante da una concezione fuorviante, la
critica nei confronti della dimensione giuridica della Chiesa non pare essere
rimasto fenomeno isolato. Al margine delle radicali posizioni "sohmiane",
Xanimus adversus ius o adversus legem non ha smesso di assumere, anche
in tempi recenti, posizioni dialettiche pi sfumate, riducibili in sintesi a tre
principali tendenze. Una di queste la contrapposizione dialettica tra
carisma e norma canonica. Secondo tale visione la legge rappresenterebbe
una remora alla libera iniziativa e alla spontaneit nellazione dei singoli
fedeli. Ci condurrebbe a porre irrimediabilmente in netta antitesi i concetti
di carisma e norma traducendosi, quale logica conseguenza, nellesistenza di
una "Chiesa profetica" in aperta contraddizione con una "Chiesa giuridica".
La dimensione giuridica della Chiesa stata posta in crisi dalla
contrapposizione dialettica tra lordine gerarchico e la corresponsabilit
ecclesiale. Secondo tale impostazione, da sempre il diritto ha avuto la finalit
primaria di enunciare e tutelare i poteri della gerarchia ecclesiastica,
misconoscendo al tempo stesso sia il carattere di servizio che intrinseco al
munus" dei Sacri Pastori, sia anche i diritti soggettivi dei fedeli e la loro attiva
partecipazione nellunica e comune missione della Chiesa. Sulla stessa scia si
sono posti i fautori di una tendenza che, adoperando in senso equivoco le
nozioni di "collegialit", "corresponsabilit" o "sinodalit", ha propugnato una
democratizzazione della Chiesa quale necessaria conseguenza logica della
ecclesiologia di comunione. La compatibilit logica tra fenomeno giuridico e
Chiesa stata posta in dubbio dalla contrapposizione dialettica che
esisterebbe tra la necessit dello spirito pastorale e la pretesa giuridicit
dell'ordinamento canonico. Secondo tale impostazione la carit propria della
attivit pastorale si fonderebbe su valori, quali la misericordia, la
comprensione, l'equit e la benignit, le cui composizioni ontologiche
sarebbero del tutto incompatibili con la pretesa dimensione giuridica delle
norme canoniche. Ci garantirebbe cittadinanza
solo alle norme prive del carattere dell1 imperativit, di carattere puramente
programmatico ed esortativo, conducendo, paradossalmente, proprio alla
negazione implicita della giuridicit dellordinamento canonico, riducendolo
ad un insieme di precetti etici e morali, senza nessun vincolo di
obbligatoriet e di carattere puramente esortativo.
Le posizioni sopra esaminate, tuttavia, sembrano disconoscere e fuorviare
sulla vera natura della Chiesa intesa quale popolo di Dio sparso su tutta la
Terra, avente dimensione giuridica, istituzionale e sociale, oltre che
personale. Tale affermazione pu meglio comprendersi alla luce di quanto
emerge dalla Costituzione conciliare Lumen Gentium" nella quale al capitolo
I, paragrafo 8, leggiamo: Cristo, unico mediatore, ha costituito sulla terra e
incessantemente sostenta la sua Chiesa santa, comunit di fede, di speranza
e di carit, quale organismo visibile, attraverso il quale diffonde per tutti la
verit e la grazia. Ma la societ costituita di organi gerarchici e il corpo
mistico di Cristo, lassemblea visibile e la comunit spirituale, la Chiesa
terrestre e la Chiesa arricchita di beni celesti, non si devono considerare
come due cose diverse; esse formano piuttosto una sola complessa realt
ponesse in evidente contrasto con i precetti del diritto divino sarebbe priva di
qualsivoglia obbligatoriet e, per tale ragione, espulsa dall'ordinamento. Il
diritto divino si pone, dunque, quale principio essenziale del diritto umano e
norma fondamentale, per cui pu anche affermarsi che la potest normativa
ecclesiastica di diritto umano esista solo in forza di quel diritto divino che la
fonda e la legittima.
Proprio al diritto canonico umano appartengono, secondo la tradizionale
distinzione, le norme provenienti dal volere dalle autorit che in seno alla
Chiesa detengono il potere di legiferare. Tali norme costituiscono lo ius
humanae costitutionis, e sono contenute nei documenti che rappresentano
fonti di cognizione della legislazione ecclesiastica positiva quando non si
sono formate in seguito a consuetudini.
Premessa l'esistenza di tale distinzione sistematica, va chiarito che diritto
canonico divino e diritto canonico umano non rappresentano due distinti subordinamenti posti allinterno della realt giuridica ecclesiale. Ancor meno
pare possa sostenersi la tesi propugnante la natura metagiuridica del diritto
divino secondo la quale le norme di origine trascendentale diventerebbero
diritto in senso tecnico solo dopo la positivizzazione da parte del legislatore
umano. Pare, invero, opportuno sostenere con fermezza l'unitariet del
sistema canonico. Il divino e lumano, del resto, formano quellunica realt
complessa che la Chiesa. Tale duplice natura non pu certo esimersi dal
manifestarsi anche nella sua dimensione giuridica, ferma restando la
sovraordinazione gerarchica del divinum ius rispetto al diritto di umana,
determinazione
4. CARATTERI DELL'ORDINAMENTO CANONICO
L'ordinamento canonico presenta alcune peculiarit che derivano dalla sua
parziale natura soprannaturale e dal fine che esso persegue. Tutti gli
ordinamenti giuridici secolari sono caratterizzati dalla vigenza del principio
della territorialit delle norme giuridiche. Ci fa si che le norme di cui si
compongono gli ordinamenti statuali vigano solo nell'ambito territoriale dello
Stato che le produce ed in riferimento alle persone che, per diverse ragioni,
si trovino in esso. L'ordinamento canonico sotto tale profilo manifesta una
prima peculiarit, presentandosi quale insieme di norme aventi valore
universale dal punto di vista territoriale. Il diritto canonico vige, infatti, su
tutti i crhistifideles ovunque essi si trovino e, per ci che concerne lo ius
divinum naturale, appare quale complesso di regole fondamentali valevoli
per l'intera umanit e, dunque, anche per gli infedeles. Ci deriva dalla
missione universale che la Chiesa chiamata da Dio ad adempiere in
universo orbe. Per tali ragioni esso si presenta fondato sul principio di
personalit delle norme e non gi di territorialit e aperto a chiunque
decida di farne parte per mezzo del Sacramento Battesimale.
Altra caratteristica fondamentale dell'ordinamento canonico quella che
costituisce insieme l'unit e la variet dello stesso. Lunit fondamentale
dell'ordinamento Canonico si riflette nel potere del Sommo Pontefice che
presiede alla comunione universale di carit, tutela le variet legittime e
insieme veglia affinch ci che particolare, non solo non nuoccia all'unit,
ma piuttosto la serva, nella unit dei mezzi predisposta al fine
dellordinamento giuridico - la salus animarum -, e nelluguaglianza dei diritti
e dei doveri fondamentali di tutti i fedeli. Lordinamento giuridico canonico,
Sar il Concordato di Worms del 1112 a segnare la conclusione della lotta tra
papato e impero, relativo alle investiture, con la separazione in due momenti
dellinvestitura del vescovo o dellabate: al papa spetter linvestitura
spirituale, simboleggiata dallanello e dal pastorale, e allimperatore il
compito di conferire la potest temporale, consegnando i regalia alleletto
mediante lo scettro.
Ma a segnare il periodo cosiddetto classico del diritto canonico sar il periodo
intorno al 1110 con Graziano. Di questo monaco camaldolese le notizie
biografiche sono incerte, nonostante la sua produzione abbia incontrato
indiscutibile successo. La sua raccolta di testi di disparatissime origini,
intitolata Concordia discordantium canonum fu appellata dai posteri in
Decretum quasi a voler rendere evidente come quelle regole per
antonomasia dovessero relegare nellombra tutti i decreti anteriori a questo.
Esso rappresenta anche una certa singolarit in quanto lopera stata
redatta in
Introduzione
Ogni ordinamento giuridico esiste in quanto sussistono delle fonti del diritto
in grado di produrre norme. Le fonti del diritto si definiscono comunemente
come quegli atti o fatti ai quali, in seno ad un ordinamento, ricondotta la
produzione e la cognizione delle norme giuridiche.
All'interno della categoria delle fonti possibile distinguere due subcategorie, quella delle fonti di produzione e quella delle fonti di cognizione.
Per fonti di produzione si intendono da un lato le autorit facultate
dall'ordinamento a creare norme, ed allora si parler di fonti materiali;
dall'altro le forme attraverso cui vengono emanate le norme, ed allora si
tratter di fonti formali.
Le fonti materiali del diritto canonico universale.
il sistema delle fonti materiali di produzione del diritto canonico appare
evidentemente caratterizzato da una peculiarit. Tra le autorit facultate a
produrre diritto, infatti, accanto a quelle di natura umana (che definiremmo
fonti ecclesiastiche), risiede, in posizione di assoluta supremazia, l'autorit di
carattere divino. Dio , infatti, la fonte suprema del diritto canonico e l'unica
dalla quale derivino norme di diritto divino. Per ci che riguarda le norme
universali di diritto umano, sono fonti di leggi puramente ecclesiastiche il
Sommo Pontefice, il Concilio Ecumenico ed il Sinodo dei Vescovi.
Il Sommo Pontefice la fonte materiale pi importante delle norme
canoniche di natura umana essendo lunico soggetto di diritto canonico che
ha pieno potere legislativo essendone investito in via ordinaria suprema,
piena, immediata e universale ed esercitando tale potest direttamente (can.
331) o indirettamente attraverso la Curia Romana (can. 360). Il Concilio
Ecumenico costituito, invece, dalla riunione del Collegio dei Vescovi di tutto
il mondo, convocata dal Sommo Pontefice e da lui presieduta direttamente o
a mezzo di un suo delegato. Il Concilio ha potest legislativa su tutta la
Chiesa a condizione che i suoi decreti siano successivamente confermati dal
Sommo Pontefice e dallo stesso promulgati (can. 341).
Altro organo gerarchico in grado di produrre eccezionalmente norme di diritto
canonico aventi valore universale il Sinodo dei Vescovi. Esso costituito da
un'assemblea di Vescovi, designati dalle rispettive conferenze episcopali in
rappresentanza dellepiscopato universale, convocata dal Sommo Pontefice
per trattare argomenti che riguardano direttamente il bene della Chiesa
universale. Il sinodo dei Vescovi direttamente sottoposto all'autorit del
Romano Pontefice, al quale spetta, tra le altre cose, di convocarlo ogni
qualvolta lo ritenga opportuno, designarne il luogo in cui tenere le
assemblee, definire l'ordine dei lavori.Detto Sinodo, ai sensi del can. 343,
pu avere potest legislativa qualora essa gli venga conferita, in casi
determinati, dal sommo Pontefice. Si noti, tuttavia, come anche in tal caso gli
atti normativi del Sinodo (decreti) debbano essere comunque ratificati dallo
stesso Pontefice .
Le Fonti materiali del diritto canonico particolare.
Oltre ai soggetti di cui prima si parlato, anche altre autorit possono
emanare leggi. Dette leggi, tuttavia, sono dirette soltanto a regolare
situazioni determinate e rispetto a un numero limitato di soggetti; esono i
Concili particolari plenari e provinciali (can. 445), le Conferenze episcopali
possibile
distinguere
tra
interpretazione autentica (legislatore), dottrinaria (dottrina) e particolare
(autorit amministrativa o giudiziaria).
L'attivit interpretativa pu classificarsi anche in relazione ai risultati
connessi al processo di interpretazione. In tal senso si pu distinguera tra
una interpretazione restrittiva che vale nei casi in cui il legislatore plus dixit
quam voluit e che ex can. 18 obbligatoria per le leggi penali, per quelle che
restringono il libero esercizio dei diritti o che contengono una eccezione alla
legge ; ed una interpretazione estensiva valevole nei casi in cui il legislatore
minus dixit quam volui e che conduce ad estendere l'ambito di applicazione
della norma.
L'interpretazione delle norme pu diversamente palesarsi anche in relazione
alla metodologia interpretativa concretamente impiegata (can. l7).
Rispetto ai metodi interpretativi possiamo distinguere tra interpretazione
letterale, volta a valutare il significato proprio delle singole parole del testo
normativo; interpretazione logica con la quale l'interprete in caso di dubbio
sul significato letterale, tenta di ricostruire, attraverso una ricerca logica la
ratio legis in riferimento anche alle particolari vicende genetiche che
caratterizzarono il processo di elaborazione normativa (periodo storico, lavori
preparatori); interpretazione sistematica, quando linterprete studia la norma
collegandola a tutto il contesto giuridico cui essa appartiene.
La consuetudine
Le consuetudini e le usanze fanno parte della vita degli uomini e delle
comunit, stabiliscono modelli di condotta comunemente accettati come
giusti e pertanto da rispettare.
In ogni ordinamento giuridico le regole stabilite dalla prassi abituale comune
hanno una certa forza vincolante, nata dalla generale convinzione che quello
che si sempre fatto abbia intrinsecamente un quid di bont. La
consuetudine quindi generalmente considerabile fonte giuridica di
estrazione popolare che manifesta il divenire delle regole di diritto e la
necessaria presenza dello stesso in ogni comunit umana. Essa assume
scientificamente il nome di fonte fatto in quanto ex facto oritur.
Nel sistema giuridico italiano sono due gli elementi che fanno della
consuetudine regola di diritto: l'opinio iuris et necessitatis e la diurnitas.
Deve cio trattarsi di un comportamento continuo e prolungato nel tempo
uniformemente adottato nella convinzione di stare aderendo ad un principio
di diritto. Nella societ ecclesiale la consuetudine espressione normativa
della partecipazione dei fedeli alledificazione della Chiesa; e pu acquistare
forza legale alle condizioni dei cann. 23-28 che ne segnano una disciplina
dotata di talune peculiari specificit.
A norma del can. 23 la consuetudine ha forza di legge solo ed unicamente se
riceve lapprovazione dellautorit competente. Perch ci avvenga
necessario che la consuetudine sorga in una societ perfetta, cio in una
CAPITOLO IV
I SOGGETTI NELLORDINAMENTO CANONICO
. 1. Le persone fisiche
Comunemente per persona fisica si intende quel soggetto umano dotato di
personalit giuridica e capace, pertanto, di essere titolare di diritti e doveri in
seno ad un determinato.
L'ordinamento giuridico canonico non considera ogni singolo uomo quale
soggetto di pieno diritto. In esso ordinamento, infatti, diversamente da
quanto avviene nei sistemi giuridici secolari, la capacit giuridica non si
acquista al momento della nascita. Essa non accomuna, pertanto, tutti gli
uomini, ma solo coloro che, per mezzo del battesimo, sono fatti "persona" (id
est, soggetti di pieno diritto).
A conferma di ci, il can. 96 sancisce che mediante "il battesimo luomo
incorporato alla Chiesa di Cristo e in essa costituito persona con i doveri e i
diritti che ai cristiani, tenuta presente la loro condizione, sono propri". Sono,
di tal guisa, considerabili persone fisiche tutti i fedeli.
Il Battesimo rappresenta, dunque, il momento genetico essenziale per la vita
di ogni cristiano determinando l'incorporazione giuridica in seno al Popolo di
Dio ed avendo effetti santificanti, liberando il battezzato dal peccato
originale.
L'affermazione della anzidetta sovrapposizione, non esaurisce le sfere di
giuridicit in seno all'ordinamento canonico. Rimane, infatti, pur sempre vero
che l'umanit intera chiamata da Dio alla Salvezza e ad appartenere alla
Sua Chiesa. Ne deriva, allora, che l'ordinamento giuridico della Chiesa non
possa non protendersi anche verso coloro che battezzati non sono
(infedeles). Per tale ragione l'ordinamento della Chiesa riconosce all'infedele
alcuni diritti fondamentali, pur ritenendolo soggetto non di pieno diritto e,
pertanto, privo di capacit giuridica.
L'ordinamento canonico, infatti, riconosce in capo ai non battezzati: il diritto
di essere istruiti nelle verit religiose, il diritto ad essere battezzati, una
limitata capacit a partecipare alla vita della Chiesa, potendo intervenire in
tutte quelle attivit che non presuppongano il battesimo, il diritto di
uguaglianza con tutti gli altri uomini, battezzati o meno.
Chiarito cosa debba intendersi per persona fisica dotata di capacit giuridica,
il Codex procede al can. 97 stabilendo che la persona che abbia compiuto i
diciotto anni maggiorenne ed, ai sensi del can. successivo, ha il pieno
esercizio dei suoi diritti (id est capacit di agire).
Il can 97, procedendo, individua in relazione all'et altre categorie giuridiche.
La prima quella del minorenne, intendendosi tale colui che non abbia
ancora compiuto i diciotto anni. La persona minorenne, nellesercizio dei suoi
diritti, non ha capacit di agire ma sottoposto alla potest dei genitori o dei
tutori, eccetto per quelle materie in cui, per diritto divino o ecclesiastico,
possa farne a meno (can. 98, 2). Il minore pu, ad esempio, validamente
contrarre matrimonio (compiuti i 16 anni se uomo, i 14 se donna) senza
bisogno del consenso dei genitori ( cfr. ca. 1071 1, 6) e pu agire e
rispondere nelle cause spirituali ed in quelle ad esse connesse, purch abbia
compiuto i quattordici anni di et (cfr. ca. 1478 3).
Il can. 112 preve, dal canto suo, la possibilit per chi ha gi ricevuto il
battesimo di transitare ad altro rito. Il canone in questione precisa che la
partecipazione anche abituale ai sacramenti secondo il rito di una Chiesa
diversa dalla propria non comporta automaticamente il passaggio (o
ascrizione) a questa. L'ascrizione ad altra Chiesa rituale legata, infatti, a
precise
condizioni: a) l'ottenimento della licenza da parte della Sede
Apostolica; b) dichiarazione effettuata all'atto del matrimonio o in costanza
dello stesso circa la volont di aderire alla Chiesa rituale dellaltro coniuge;c)
i figli minori degli anni quattordici che abbiano effettuato il passaggio ad
altro rito.
Le persone giuridiche
Per analogia alla persona fisica, gli ordinamenti riconoscono un altro tipo di
soggetti o entit aventi soggettivit giuridica e denominati persone
giuridiche.
Il libro VI, titolo I, Capitolo II, del Codice detta in seno al diritto canonico la
disciplina per detti soggetti guridici.
La disciplina di tali soggetti non deve apparire estranea alla dottrina del
corpo mistico applicata alla Chiesa di Cristo, che ha giocato, anzi, in favore
del riconoscimento di facolt (diritti) ed autonomia in capo ad enti
giuridicamente rilevanti.
I canoni 114 e 115, definiscono le persone giuridiche quali insiemi di persone
(universitates personarum) o di cose (universitates rerum) indirizzate ad un
fine comune che trascenda le finalit dei singoli e che sia corrispondente alla
Missione della Chiesa. I fini perseguibili dalle persone giuridiche di diritto
canonico sono, a norma del can. 114 2, opere di piet, di apostolato e di
carit spirituale e temporale. Il codice prevede due diversi modi di
costituzione delle persone giuridiche, il primo per concessione di diritto, il
secondo per concessione dellautorit competente espressa attraverso un
decreto.
PRINCIPI FONDAMENTALI
Sotto laspetto temporale la Chiesa una Societ composta da tutti i
battezzati che professano la fede, partecipano ai sacramenti e tendono alla
realizzazione degli stessi fini spirituali, sotto la guida del Sommo Pontefice.
La Chiesa, in quanto societ di battezzati, ha sue peculiarit che valgono a
delinearne lassoluta specificit. Esse possono essere rintracciate nellUnit
in Cristo, nella Santit, costituita dallorigine divina della sua natura e nella
capacit di santificare gli uomini garantendo con i precetti di Cristo la salus
animarum, nella Universalit e Duttilit della sua fede destinata a giungere
gli uomini in tutto il mondo conosciuto senza limiti spazio temporali, il
carattere Apostolico della sua missione che ricalca senza soluzione di
continuit la successione degli apostoli e del primato tra essi che Cristo
affid a Pietro, lIndefettibilit che si evidenzia nel dogma del primato
pontificio, la Necessariet, in quanto fuori dalla Chiesa non esiste Salvezza,
lAutonomia e lindipendenza poich la Chiesa societ originaria
superiorem non recognoscens.
Abbiamo visto come lordinamento della Chiesa abbia piena dignit giuridica.
Lanalisi dellOrdinamento ecclesiale impone di ricercare i valori ed i principi
fondamentali che reggono lintera impalcatura ordinamentale. Tali concetti
rimandano negli ordinamenti statuali a norme fondamentali che, quasi
sempre, trovano la propria collocazione giuridica in quel testo normativo
fondamentale chiamato Costituzione posto al vertice della piramide delle
fonti del diritto.. Sebbene nella Chiesa non esista una Costituzione scritta,
abbiamo visto come in seno al diritto canonico, la norma delle norme sia
rinvenibile nel diritto divino al quale devono adeguarsi tutte le altre fonti del
diritto.
Abbiamo anche visto come nel corso della storia si sia cercato di porre nero
su bianco un testo costituzionale della Chiesa, con esiti fallimentari.
La mancanza di un testo costituzionale scritto pone, tuttavia, alcune difficolt
nellindividuazione di un nucleo normativo costituzionale. Consapevole
della complessit cui si accennava, la Dottrina
individua il cuore pulsante del diritto ecclesiale nel diritto divino che pi di
ogni altro esprime la volont di Cristo fondatore della Chiesa e dai quali si
ricavano i principi fondanti lintero ordinamento, comunemente individuati
nel principio di uguaglianza, nel principio di variet e nel principio
Istituzionale.
Il principio di uguaglianza.
Secondo tale principio tutti i fedeli, mediante il battesimo, acquistano pari
dignit e sono uguali dinnanzi alla vocazione ed allopera comune di
edificazione della Chiesa. Dunque, dato che il battesimo unico, unica sar
la condizione che ne deriva. In base al princpio di uguaglianza, i fedeli sono
tutti chiamati alla Santit ed allApostolato senza che sia possibile
distinguere allinterno della Chiesa tra una cristianit attiva ed una passiva.
Il Principio di variet
Esso non in contraddizione con il predetto principio, in quanto ci che
persegue la Chiesa non la mera uguaglianza formale, bens luguaglianza
formale. Ben si pu conciliare per tale via la variet e la pluralit in seno alla
chiamata universale alla Salvezza che accomuna tutti gli uomini. Essa pu
essere raggiunta attraverso vie differenti. Lo Spirito Santo che guida la
Chiesa promuove diverse forme di vita e di apostolato. E cos che allinterno
della Chiesa prende corpo un ricco pluralismo che abbiamo visto manifestarsi
nelle differenti forme di rito, nella rilevanza data alla Chiesa particolare e,
come vedremo, nella presenza di chierici e laici.
Il principio gerarchico-istituzionale.
Tutti i fedeli partecipano, con uguali diritti e doveri fondamentali, dei beni
spirituali che conducono le anime alla Salvezza.
Tutti i fedeli,sono, inoltre, chiamati a partecipare attivamente alla Missione
ecclesiale attraverso la partecipazione al culto divino, alla diffusione nel
quotidiano della Parola del Vangelo, alla diffusione della piet e della carit
cristiana nelle azioni quotidiane. Tuttavia, nelledificazione della Societ
ecclesiale non tutti i fedeli hanno gli stessi compiti e gli stessi ruoli.
CAP VI
LA STRUTTURA SOCIALE DEL POPOLO DI DIO
Il Popolo di Dio
Sotto laspetto temporale la Chiesa una Societ composta da tutti i
battezzati che professano la fede, partecipano ai sacramenti e tendono alla
realizzazione degli stessi fini spirituali, sotto la guida del Sommo Pontefice.
La Chiesa ha un suo popolo, ed per tale ragione che si parla
comunemente della Chiesa come del Popolo di Dio sparso su tutta la terra.
Tale immagine scaturisce dal linguaggio delle Scritture. NellAntico
Testamento, infatti, la storia di Israele emerge come quella del popolo che
Dio si scelto e col quale ha realizzato lAlleanza nella Legge.Il Concilio
Vaticano II elenca alcune delle caratteristiche del popolo di Dio. Come ogni
popolo, esso ha, infatti, un Capo, che il Cristo, il quale, nella morte e nella
risurrezione, ha fondato la Chiesa, sulla quale regna mediante il suo Spirito
ora che siede alla destra del Padre; ha una condizione, che la condizione
dei figli di Dio, i quali non sono servi, ma eredi (cf. Rm 8,14-17); ha una
legge.
Tale popolo, inoltre, non vive separato dal mondo, ma chiamato ad essere
presente per servirlo e per testimoniare lamore di Dio per gli uomini, come
dato leggere nella Lumen Gentium: ..questo popolo costituisce per tutta
spirituali della Chiesa, soprattutto della Parola di Dio e dei sacramenti (can.
213). Tale diritto ai mezzi di santificazione diritto strumentale alla salvezza
ed alla vita in piena comunione con la parola di Dio. I fedeli, infatti, per
potere seguire il proprio percorso di fede, hanno l'esigenza che non pu
essere tradita - di ricevere dai Pastori i mezzi di salvezza, la Parola ed i
Sacramenti.
Il can. 214 promuove il diritto allesercizio del culto secondo il rito proprio
purch conforme alla dottrina della Chiesa. Tale diritto si pone quale
conseguenza logico-giuridica al principio di variet. Esso si manifesta, ad
esempio, nel diritto e nella facolt di scegliere, praticare, conservare e
persino cambiare rito. Tale diritto garantisce lassistenza pastorale secondo il
rito di appartenenza e la libert di adottare, sempre entro la comunione
ecclesiale, quella forma di vita cristiana cui ognuno si senta chiamato a
perseguire.
Il can. 215 sancisce due importanti diritti, quello di associazione e quello di
riunione. Tali diritti sono proiezioni della natura sociale della persona nella
vita della Chiesa, che per- mettono ai credenti di attuare la loro vocazione in
forma comunitaria.
Il can.216 sancisce una variante del diritto di associazione consistente nel
diritto di promuovere e sostenere, anche con proprie iniziative, attivit
apostoliche come quelle conistenti nel fondare o prendere parte ad azioni
editoriali, dispensari, centri educativi, emittenze radio-televisive, etc..
Il can 217 esprime, invece, il diritto all'educazione ed alla istruzione cristiana.
Ogni fedele a norma del presente canone ha il diritto di ricevere la catechesi
e listruzione adeguata alla propria condizione, come pure di accedere ai
centri scolastici della Chiesa ed ivi ottenere i relativi titoli di studio. Il diritto
che ogni cittadino pu vantare nei confronti dello Stato e delle istituzioni
civili non rientra nella sfera d'azione del canone 217, essendo tale diritto
inerente la disciplina costituzionale degli Stati secolari in punto di libert
religiosa.
A trovare espressa codificazione in seno al can. 218 la Libert scientifica in
ambito teologico. Essa ha ad oggetto le parti opinabili nelle scienze sacre.
Titolari di tale diritto sono quanti si dedicano allo studio delle scienze sacre.
Essi possono prudentemente manifestare il proprio pensiero ancorando le
proprie opinioni alla metodologia propria della ricerca scientifica., non
divulgando come incontrovertibili conclusioni non ancora sufficientemente
dimostrate, non presentare come tesi quanto non ha cessato di essere una
mera ipotesi.
can. 219 tratta della Libert nella scelta dello stato di vita. Il canone in
primo luogo significa all'interprete che a nessuno possa imporsi uno stato di
vita che non sia frutto di una scelta libera e consapevole. Esso, inoltre,
precisa conseguentemente che a nessuno debba essere impedito di scegliere
lo stato di vita verso il quale ci si considera chiamati. ll diritto alla scelta dello
stato di vita sarebbe, in realt, pi di una semplice immunit da coazione.
Il can. 220 disciplina il diritto alla buona fama ed all'intimit. Trattasi di diritti
naturali della persona riconosciuti anche nella societ ecclesiastica. Ne
rappresentano concrete manifestazioni il dovere del segreto naturale, di
ufficio, della confessione(cfr cann. 983 e 984);il diritto a difendersi dalle
ingiurie e calunnie; linviolabilit postale, del domicilio, degli uffici e archivi;
Interessante la portata del can 229 il quale sancisce che i laici per vivere
secondo l'insegnamento cristiano ed a maggior ragione per diffonderne il
senso hanno il diritto-dovere di acquisire conoscenza di tale dottrina
evangelica in modo proporzionato ciascuno alla propria personale
condizione. In ci il canone approfondisce il diritto dei laici a ricevere
formazione dottrinale, compresa quella di livello pi alto, cos come il diritto
ad insegnare scienze sacre.Essendo molto diffuso tra i fedeli laici lo stato
coniugale, il can. 226 assegna in modo particolareagli stessi il compito di
impegnarsi mediante il matrimonio e la famiglia ad edificare il Popolo di Dio. I
laici, inoltre, ai sensi del can.228, qualora risultino idonei, possono essere
chiamati ad assumere determinati uffici ecclesiastici. Essi possono essere
chiamati ad offrire la propria opera quali periti o consultori, per offrire ausilio
ai pastori. Il legislatore canonico precisa nel canone in questione l'inciso qui
idonei reperiantur e con ci chiarisce come la partecipazione agli uffici
ecclesiastici non sia propriamente un diritto fondamentale quanto piuttosto
una capacit legata a criteri di idoneit. Limite invalicabile per tale capacit
rappresentato dal sacramento dell'ordine nel senso che la collaborazione
laica agli uffici ecclesiastici non potr spingersi a realizzare attivit per le
quali risulti necessario detto sacramento.
L'ausilio dei laici pu riguardare la funzione profetica, sia quella santificante,
siae quella regale.
Per quanto riguarda la funzione profetica, o di insegnare, pur appartenendo
come detto a tutto il popolo di Dio in ragione del carattere missionario della
Chiesa., essa retta in modo ufficiale, autentico, autorevole e pubblico dai
chierici. utti i fedeli, sempre in virt del sacerdozio comune, partecipano alla
missione santificante della Chiesa. Una speciale funzione di santificazione
(es. celebrazione dei sacramenti) spetta solo ai chierici i quali sono titolari
della celebrazione dei sacramenti. Tuttavia, Il diritto canonico, in taluni casi,
prevede per i laici forme dirette di partecipazione alla funzione santificante
propria della gerarchia.
Il can. 230 dispone ad esempio che i laici di sesso maschile, con let e le
giuste doti, possano essere stabilmente assunti, mediante rito liturgico, ai
ministeri di lettori e di accoliti, Lo stesso canone permette ai laici di svolgere
temporaneamente delle funzioni come lettore, commentatore o cantore,
nonch, in caso di mancanza di chierici, di svolgere uffici non richiedenti
lordine sacro. I laici possono inoltre assistere alla celebrazione del
matrimonio e amministrare alcuni sacramentali. Si pensi, in tal senso, al
Battesimo che pu essere amministrato dai laici in caso di pericolo di morte
del battezzando.
Per ci che attiene alla funzione regale o di governo della Chiesa, il can. 129
afferma che sono abili alla potest di governo coloro che hanno ricevuto
lordine sacro. Il canone in questione aggiunge che i fedeli possono a ci
cooperare a norma del diritto. A tal ragione il diritto canonico, talvolta,
conferisce ai laici uffici ecclesiastici che comportano la titolarit della
potestas regiminis, sia nellambito amministrativo che in quello giudiziario.
A titolo meramente esemplificativo pu farsi menzione nellambito
amministrativo della partecipazione dei laici ai consigli pastorali (can. 512),
ai consigli per gli affari economici (can. 492) ed in genere (can. 228);
nellambito giudiziario i laici possono essere assunti allufficio di giudice (can.
disciplina resa sul punto dal Codice di diritto canonico nel libro II parte II alle
sezioni I, riguardante la Suprema autorit della Chiesa, e II, inerente le
Chiese Particolari ed i loro raggruppamenti.
Il Sommo Pontefice.
Il can. 331 descrive il primo e principale soggetto della suprema autorit
della Chiesa: il Romano Pontefice.
Al canone citato leggiamo che Egli il Vescovo della Chiesa di Roma, e su di
Esso permane l'ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo
degli Apostoli.
Il Romano Pontefice, in virt del suo ufficio primaziale di Successore di Pietro,
si pone al vertice della gerarchica ecclesiastica, sia in termine di Ordine che
di Potest, esercitandola a livello universale su tutta la Chiesa e, a norma del
can. 333, anche sulle singole Chiese particolari e sui loro raggruppamenti.
La sua potest , inoltre, vescovile in quanto ottenuta, a norma del can. 332
previa consacrazione episcopale; piena, perch non riguarda solo la fede e i
costumi ma anche la disciplina e il governo della Chiesa sparsa su tutta la
Terra; ordinaria, in quanto direttamente annessa al suo ufficio; immediata in
quanto agisce senza necessit di alcun intermediario.
A tale potest tutti i Pastori e tutti i fedeli, qualunque sia il loro livello
gerarchico,
devono
obbedienza,
risultandone
subordinati
tanto
singolarmente che nel loro insieme.
Il sommo Pontefice , inoltre, ex can 331 Capo del Collegio dei Vescovi,
Pastore visibile della Chiesa universale e Vicario del Capo invisibile che ne
Ges Cristo. .
Il Pontefice , inoltre, definito Maestro dalla Costituzione Pastor Aeternus del
Concilio Vaticano I. Egli tale quando, godendo della infallibilit, definisce ex
cathedra le supreme verit di fede e di morale.
Sul Punto si vuole ricordare come l'esercizio del primato ex cathedra su
verit di fede sia stato, ad oggi, impiegato due sole volte dal 1870, da Papa
Pio IX, per affermare l'Immacolata Concezione di Maria, e, da Papa Pio
XII, per affermare l'assunzione della Vergine Maria.
Va, infine, rilevato che, Giovanni Paolo II, mirando ad agevolare il dialogo
ecumenico, durante il suo pontificato, si fermamente impegnato ad
incoraggiare la riflessione sull'esercizio del primato pietrino, concependo il
proprio ufficio quale servizio di amore riconosciuto da tutte le Chiese
dell'unica comunit cristiana.
Poteri e prerogative del Pontefice
Il Romano Pontefice riunisce in s cinque uffici. Egli Vescovo della citt e
diocesi di Roma, Metropolita della provincia ecclesiastica romana, Primate
dItalia, Patriarca dOccidente e primo dei patriarchi, Primate della Chiesa
Universale. In relazione al pieno esercizio delle potest ecclesiastiche. il
Pontefice , inoltre, supremo legislatore per tutta la Chiesa non essendo
sottoposto alle leggi puramente ecclesiastiche, ma solo alla legge divina,
supremo Maestro in quanto egli gode dellinfallibilit (can. 749, 1),
supremo giudice (can. 1442) e supremo amministratore, in quanto titolare
del potere acquistare, ritenere ed amministrare i beni necessari ai bisogni
della Chiesa (cann. 1255 e 1273). Il Pontefice , inoltre, rappresentante di
tutta la Chiesa, riceve ambasciatori e invia nunzi e legati, e la sua persona
veramente
presente ed agisce nella Chiesa Particolare. Per tale ragione si ritiene che
nella Chiesa Universale il Vescovo, rappresenta le esigenze della singola
Ecclesiae Porzio, ed in Essa lo stesso manifesta, attraverso il proprio
Ministero, lUnit Santa della Chiesa Universale.
Alle Chiese Particolari e ai loro raggruppamenti particolari dedicato il Libro
II, parte II, Sezione II, Titolo I del Codice di diritto canonico.
La Diocesi e le altre circoscrizioni ecclesiastiche
Il can. 368 presuppone che la Chiesa particolare si realizzi in via principale
nella diocesi, alla quale sono assimilate la prelatura territoriali, labazia
territoriale,
il
vicariato
apostolico,
le
prefetture
apostoliche
le
ragioni di economia normativa e non pu prescindere dal fatto che esse non
siano gi diocesi. La disciplina normativa, tuttavia, si applica a tali strutture
qualora non consti diversamente per espressa norma giuridica. La predetta
assimilazione ha il proprio fondamento nel fatto che in tali strutture, cos
come nelle diocesi, devono necessariamente sussistere tali elementi: da un
lato, per regola generale, il fatto di essere, per regola generale, circoscritte
territorialmente e, dallaltro, il fatto di essere costituite per lesercizio delle
cure delle anime dei propri fedeli che costituiscono una porzione definita del
popolo di Dio.
Il can. 369 definisce la Diocesi quale porzione del popolo di Dio che viene
affidata alla cura pastorale del Vescovo con la cooperazione del presbiterio,
in modo che, aderendo al suo pastore e da lui riunita nello Spirito Santo
mediante il Vangelo e l'Eucaristia, costituisca una Chiesa particolare in cui
veramente presente e operante la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e
apostolica. Essa lentit canonica in cui si realizza in modo pieno il
concetto teologico di Chiesa Particolare.
recepita dal Codice dal decr. Christus Dominus. Da essa derivano tre precisi
elementi costitutivi:
un presbiterio.
Ad esempio
esse non sempre hanno a capo un Vescovo, come nel caso delle prelature
territoriali e delle abazie territoriali che hanno a capo un presbitero che
governa a modo di Vescovo diocesano; o come nel caso dei vicariati, delle
prefetture e delle amministrazioni apostoliche il cui Pastore governa non in
nome proprio, ma in nome del sommo Pontefice. Le forme di organizzazione
riconducibili alla Chiesa Particolare sono disciplinate dai cann. 370 371 e
sono:
la
approvata.
Vale la pena sottolineare che il can. 377 5 nega qualunque diritto o
privilegio alle autorit civili per quanto concerne lelezione, la nomina, la
presentazione e la designazione dei Vescovi. E interessante notare sul punto
come lart 3 del nuovo concordato tra lo Stato Italiano e la Santa Sede abbia
abolito la clausola del gradimento dello Stato sulla nomina dei Vescovi che
era stato introdotto dal precedente testo del 1929.
Quando ad un Vescovo assegnata la cura di una Diocesi, esso assume la
denominazione di Vescovo Diocesano. A norma del can 381, infatti,
Compete al Vescovo diocesano nella diocesi affidatagli tutta la potest
ordinaria, propria e immediata che richiesta per l'esercizio del suo ufficio
pastorale, fatta eccezione per quelle cause che dal diritto o da un decreto del
Sommo
Pontefice
sono
riservate
alla
suprema
ad
altra
autorit
ecclesiastica.
In diritto canonico sono equiparati al Vescovo diocesano, a meno che non
risulti diversamente per la natura della cosa o per una disposizione del
diritto, coloro che presiedono le altre comunit di fedeli di cui al can. 368.
Per ci che concerne i compiti del Vescovo Diocesano sono indicati dal can
383 al can 394.
Il Vescovo da buon Pastore deve avere innanzitutto cura di tutti i fedeli di
qualsiasi et, condizione o nazione, che risiedano o si trovino nel territorio
della sua Diocesi. Egli dovr rivolgersi con cura particolare a coloro che si
sono allontanati dalla fede cattolica o che per le proprie condizioni di vita
hanno difficolt ad usufruire sufficientemente della cura pastorale ordinaria.
Il Vescovo diocesano deve provvedere alle necessit spirituali dei fedeli di
rito diverso che si trovino nella sua diocesi mediante parrocchie e sacerdoti
di detto rito sia mediante un Vicario episcopale. Egli dovr avere un
atteggiamento di umanit e carit verso i fratelli che non sono in piena
comunione con la chiesa favorendo, cos, lecumenismo e dovr curare
anche i non battezzati in quanto chiamato a ad essere presso di essi
testimone della carit del Signore.
Il Vescovo deve curare con particolare cura anche i presbiteri che deve
ascoltare come suoi collaboratori e consiglieri, difendendo i loro diritti e
preoccupandosi che essi eseguano fedelmente gli obblighi propri del loro
stato, provvedendo anche al loro sostentamento. Egli deve promuovere la
santit dei fedeli secondo la vocazione propria di ciascuno, adoperandosi
affinch i fedeli partecipino alla celebrazione dei sacramenti.
Il Vescovo Diocesano assolve dunque nella sua Chiesa particolare le funzioni
proprie del Pastor essendo maestro, sacerdote e capo. Da maestro egli cura
che vengano presentate a tutte le verit di fede da credere e applicare nei
costumi attraverso la predicazione, la catechesi e lesempio concreto di vita
santa.
Da sacerdote egli il principale dispensatore dei divini misteri , promuove il
culto e regge lintera vita liturgica, provvedendo alla debita celebrazione ed
amministrazioni e dei sacramenti.
In qualit di capo della sua chiesa, nel rispetto della legge universale il
Vescovo:
agire mai contro la sua volont e il suo intendimento (can. 480). Spetta al
Vescovo diocesano coordinare lattivit pastorale dei vicari, curando che
lintera amministrazione risponda al bene della porzione del popolo di Dio
che gli affidata (can. 473). Il cancelliere, invece, provvede alla compiuta
redazione degli atti della curia e alla loro custodia nellarchivio o tabularium
diocesano (can. 486). Il consiglio per gli affari economici, presieduto dal
Vescovo, composto da almeno tre fedeli esperti in economia e in diritto
civile nominati dal Vescovo per un quinquennio (can. 492); ha il compito ogni
anno di predisporre, sotto le indicazioni del Vescovo, il bilancio preventivo
della diocesi per lanno successivo e approvare alla fine dellanno il bilancio
consuntivo delle entrate e delle uscite (can. 493); inoltre richiesto il suo
parere obbligatorio (consilium) sugli atti di amministrazione della diocesi di
maggiore importanza e il suo consenso (consensus) per quelli di
amministrazione straordinaria (can. 1277). Leconomo, nominato dal
Vescovo sempre per un quinquennio, amministra i beni della diocesi sotto
lautorit del Vescovo, effettua le spese che il Vescovo abbia ordinato e
presenta nel corso dellanno il bilancio delle entrate e delle uscite al consiglio
per gli affari economici (can. 494).
- Il consiglio presbiterale e il collegio dei consultori
Sono due organismi presbiterali che hanno un ruolo nel governo della
diocesi, sono previsti dal codice del 1983 e sostituiscono quello che un
tempo era il capitolo cattedrale. Il fondamento di questi istituti risiede nel
sacramento dellordine, in forza del quale i presbiteri sono intimamente
associati allordine episcopale e chiamati a cooperare con il ministero del
Vescovo. Pertanto i sacerdoti costituiscono insieme al loro Vescovo un unico
presbiterio destinato a diversi uffici, inoltre nelle singole comunit locali
rendono presente il Vescovo e ne prendono gli uffici. In passato esisteva il
capitolo cattedrale, composto dai presbiteri pi colti e di maggiore
prestigio allinterno della diocesi, a cui veniva concesso lufficio di canonico
della chiesa cattedrale, realizzando una forma elitaria di senato del Vescovo
che aveva importanti funzioni durante la vacanza della sede episcopale e in
alcuni casi il compito di eleggere il Vescovo diocesano previa approvazione
della Santa Sede. Il codice del 1983 ha introdotto organismi di partecipazione
alle
funzioni
liturgiche
pi
solenni
le
altre
affidategli
rendendo
opzionale
listituzione
della
sola
sede
di
sono
le
province
regioni
ecclesiastiche,
le
diocesi
dalla
suprema
autorit
della
Chiesa
(can.
431).
Le
province
Metropolita
vigilare
sullosservanza
della
fede
della
disciplina
il
concilio
e, col
consenso
della
maggioranza
dei
Vescovi
episcopali
delle
Chiese
particolari
del
territorio,
una
449). Ne sono membri di diritto tutti i Vescovi diocesani del territorio e coloro
ad essi equiparati, i Vescovi coadiutori, i Vescovi ausiliari e gli altri Vescovi
titolari che svolgono nel territorio uno speciale incarico; possono essere
invitati anche gli Ordinari di un altro rito con voto solo consultivo (can. 450).
Queste conferenze godono di autonomia statuaria, cio elaborano i propri
statuti, soggetti alla recognitio da parte della Santa Sede, dove sono regolati
i principali organi interni: riunione plenaria, consiglio permanente, segreteria
generale. Ogni conferenza elegge al suo interno il proprio presidente e il
segretario generale (can. 452). Lorgano deliberativo la riunione
plenaria, pu infatti emanare decreti generali aventi valore legislativo; si
tiene almeno una volta lanno o secondo le necessit; ne fanno parte con
voto deliberativo i Vescovi diocesani, quelli ad essi equiparati e i Vescovi
coadiutori, invece i Vescovi ausiliari e i Vescovi titolari hanno voto
deliberativo o consultivo a seconda dello statuto (can. 454). Il consiglio
permanente lorgano esecutivo, la sua composizione stabilita negli
statuti, ha il compito di portare ad esecuzione le delibere assunte nella
riunione plenaria e preparare le questioni da trattare in quella sede (can.
457). La segreteria generale ha una funzione di ausilio e di redazione degli
atti, provvede inoltre a comunicare alle conferenze episcopali confinanti gli
atti e i documenti secondo le indicazioni ricevute. La potest deliberativa
per incontra un doppio limite, di materia e di quorum deliberativo, inoltre i
decreti sono soggetti ad un controllo preventivo da parte della Santa Sede.
Quindi possono emanare decreti solo nelle materie in cui lo abbia disposto il
diritto universale o se lo stabilisce un mandato speciale della Sede
Apostolica, sia motu proprio sia su richiesta (can. 455); nelle altre materie
rimane la competenza di ogni singolo Vescovo diocesano e la conferenza
episcopale non pu agire in nome di tutti i Vescovi se non con il loro
consenso unanime (can. 455). Per lapprovazione dei decreti generali si
richiede nella riunione plenaria il voto di almeno 2/3 dei membri con voto
deliberativo, infine questi decreti sono soggetti alla recognitio della Santa
Sede (can. 455). Questo procedimento ha lo scopo di non pregiudicare le
prerogative dei singoli Vescovi diocesani e lautonomia della Chiesa
particolare. Infatti da un lato le conferenze episcopali rappresentano la sede
CAPITOLO XIII
I BENI DELLA CHIESA
I beni ecclesiastici
Il can. 1254, che apre il libro V intitolato I beni temporali della Chiesa,
afferma che la Chiesa cattolica ha il diritto nativo, indipendentemente dal
potere civile, di acquistare, possedere, amministrare e alienare i beni
temporali per conseguire i fini che le sono propri; cio questi beni sono
destinati ad ordinare il culto divino, provvedere ad un onesto sostentamento
del clero, esercitare opere di apostolato sacro e di carit, specialmente al
servizio dei poveri.
Il codice non detta una definizione chiara, ma nel can. 1257 troviamo due
parametri per individuare i beni detti ecclesiastici: in primo luogo sono beni
temporali, distinti dai beni spirituali; in secondo luogo sono beni
appartenenti alla Chiesa, alla Sede Apostolica e alle altre persone
giuridiche pubbliche nellordinamento canonico. Alla cateoria di bene
ecclesiastico possiamo ricondurre beni di diverso genere: beni materiali (res
corporales) cio le parti del mondo sensibile aventi un valore economico, e
beni immateriali (res incorporales); i beni immobili e i beni mobili; le res
sacrae, cio quelle cose che con la consacrazione o con la benedizione sono
immediatamente destinate al culto divino.
Il patrimonio ecclesiastico costituito dunque dai beni appartenenti alle
persone giuridiche pubbliche, cio secondo il can. 116, quegli insiemi di
persone o cose (universitates personarum aut rerum) costituite dalla
competente autorit ecclesiastica perch compiano in nome della Chiesa il
compito ad essa affidato. Esse acquistano la personalit giuridica o ipso iure,
cio per disposizione di legge, o con provvedimento amministrativo della
competente autorit ecclesiastica (can. 116). Sono persone giuridiche
pubbliche ipso iure: le Chiese particolari (can. 373); le province
ecclesiastiche (can. 432); le conferenze episcopali (can. 449); le parrocchie
(can. 515); i seminari (can. 238); gli istituti religiosi, le loro province e case
(can. 634). E da considerarsi conservata la personalit giuridica ipso iure del
collegio cardinalizio (cann. 349 359) e dei capitoli dei canonici (cann. 503
510). Possono acquistare personalit giuridica con decreto dellautorit
ecclesiastica: le regioni ecclesiastiche (can. 433); le conferenze dei superiori
maggiori (can. 709); le Universit cattoliche (can. 807) e le Universit e
Facolt ecclesiastiche (cann. 815 816); le associazioni pubbliche di fedeli
(can. 301); le pie fondazioni autonome (can. 1303). Il codice conferisce la
qualificazione di persone morali alla Sede Apostolica e alla Chiesa
universale (can. 113) ponendole al di sopra delle altre per la loro origine
divina.
La costituzione del patrimonio ecclesiastico
Esistono due modi di acquisto dei beni temporali da parte della Chiesa: uno
di diritto privato (can. 1259), cio facendo ricorso agli istituti giuridici previsti
dai diritti secolari per lacquisto del diritto di propriet; laltro di diritto
pubblico, cio attraverso lesercizio del potere di imperio della Chiesa, che
pu imporre alle persone fisiche e giuridiche ad essa soggette di devolvere
parte dei loro redditi agli enti ecclesiastici. La Chiesa ha infatti il diritto di
esigere dai fedeli quanto le necessario per le finalit sue proprie (can.
1260) e i fedeli sono invitati a contribuire alle necessit della Chiesa (can.
1262). Dobbiamo quindi distinguere tra: i tributi, cio le prestazioni dovute
al mero titolo di appartenenza ad una Chiesa; le tasse, cio le prestazioni
dovute in compenso di atti della potest esecutiva a vantaggio dei singoli
fedeli; le oblazioni o offerte, da farsi in occasione dellamministrazione dei
sacramenti e sacramentali. Nellultimo caso si tratta di prestazioni avente
una certa doverosit ma comunque volontarie, per evitare ogni erronea
impressione che la prestazione pecuniaria del singolo fedele corrispondesse
al valore del sacramento o peggio che i sacramenti fossero amministrati a
pagamento. Per quanto riguarda le acquisizioni di carattere pubblico invece
distinguiamo tra: le questue (can. 1265), cio le offerte di fedeli per un fine
religioso, raccolte attraverso inviti generalizzati e che possono essere
effettuate solo previa autorizzazione, fatta eccezione per i religiosi
mendicanti; le collette speciali (can. 1266), da effettuarsi nelle chiese e
negli oratori aperti al pubblico, disposte dalla competente autorit
ecclesiastica. A differenza del passato, si cercato di ridurre lesercizio del
potere di imposizione per accentuare laspetto della libera e responsabile
partecipazione. Tra i doveri e i diritti fondamentali dei fedeli c anche
lobbligo di sovvenire alle necessit della Chiesa, perch questa possa
disporre di quanto necessario per il culto divino, per le opere di apostolato
e di carit, per il sostentamento del clero (can. 222).
Lamministrazione dei beni ecclesiastici
Il diritto canonico precisa quali sono gli organi legittimati a porre in essere gli
atti necessari allincremento, alla conservazione, alla fruizione e
allalienazione del patrimonio ecclesiastico. Amministratore della persona
giuridica pubblica colui che presiede a norma di legge o per disposizioni
statuarie o fondazionali (can. 1279). Esempi di amministratori ex lege sono il
Vescovo per la diocesi (can. 393) e il parroco per la parrocchia (can. 532);
esempi di amministratori determinati dagli statuti o dalle tavole di
fondazione sono quelli dei capitoli (cann. 505 506), delle associazioni
pubbliche di fedeli (can. 319), delle fondazioni pie autonome (can. 1303). Gli
amministratori sono tenuti ad adempiere ai loro compiti in nome della Chiesa
(can. 1282) ed escluso che essi possano agire come titolari di un mandato
senza rappresentanza (art. 1705 CC). E impedita la regolare
amministrazione del patrimonio: nei casi di difetto o di negligenza dei
legittimi organi di amministrazione, allora il potere attribuito allautorit
gerarchicamente sovraordinata (il Pontefice, can, 1273; lOrdinario
diocesano, can. 1279); nel caso in cui n la legge, n gli statuti, n le tavole
di fondazione determinino gli organi di amministrazione, spetta allOrdinario
nominare come amministratori persone idonee che restano in carica per un
triennio, con possibilit di essere confermate (can. 1279). Ogni persona
giuridica deve avere un consiglio per gli affari economici, composto da fedeli
esperti in materia economica e conoscitori del diritto secolare per dare un
adeguato sostegno allamministratore (can. 1280). Prima dellassunzione
dellincarico (can. 1283) richiesto agli amministratori di prestare
giuramento di svolgere le proprie funzioni onestamente, fedelmente, con la
diligenza del buon padre di famiglia (can. 1284) e di sottoscrivere un
inventario dei beni aventi rilevante valore economico o culturale, la cui copia
viene conservata nellarchivio della Curia diocesana. I compiti degli
amministratori sono contemplati nei canoni 1284 1287 e sono: curare la
conservazione del patrimonio; predisporre tutele della propriet in forme
valide; attenersi scrupolosamente alle norme canoniche e civili; esigere,
conservare ed erogare i redditi e proventi secondo gli statuti, le tavole di
fondazione e le disposizioni di legge; versare le quote di interesse e di
capitale connesse a mutui o ipoteche; impiegare le attivit di bilancio per fini
propri della Chiesa; curare la regolare tenuta dei libri contabili, la custodia
dei documenti e degli strumenti, la redazione del bilancio preventivo e
lelaborazione del rendiconto annuale; osservare le leggi in materia di lavoro,
concedendo un onesto compenso ai propri dipendenti; non agire nel foro
civile senza autorizzazione della competente autorit; non abbandonare
arbitrariamente le proprie funzioni; non procedere a donazioni che nei limiti
dellordinaria amministrazione e solo per fini di piet o carit. I compiti di
vigilanza e di controllo sullamministrazione dei beni sono attribuiti alla Santa
Sede e allOrdinario. Mentre la Santa Sede organo generale ed universale
di vigilanza e di controllo secondo il can. 1273, per il quale il Pontefice
supremo amministratore ed economo di tutti i beni ecclesiastici, lOrdinario
il normale ed immediato organo di vigilanza e di controllo (can. 1276).
Lattivit di vigilanza riguarda la costante verifica della corrispondenza della
vita e dellattivit della persona giuridica; in particolare riguarda loperato
degli organi di governo e lutilizzazione dei beni delle persone giuridiche.
Lattivit di controllo attiene agli atti di straordinaria amministrazione e
allautorizzazione a stare in giudizio; in questultimo caso il diritto canonico
prevede che la capacit dellamministratore della persona giuridica debba
essere integrata dallintervento dellautorit ecclesiastica che ha poteri di
controllo. Per atti eccedenti lordinaria amministrazione si intendono quelli
che producono sostanziali innovazioni alla situazione patrimoniale della
persona giuridica, sia in positivo sia in negativo. I criteri per determinare
quali atti sono definiti straordinari sono: negli statuti sono stabiliti quali sono
gli atti straordinari; in caso di silenzio degli statuti, spetta al Vescovo
diocesano determinare tali atti (can. 1281), per gli istituti religiosi spetta ai
propri competenti organismi (can. 368). Sul patrimonio della diocesi la
competenza in materia della Conferenza episcopale (can. 1277). Nel caso
di atti posti in essere illegittimamente, la persona giuridica risponde solo nei
limiti in cui latto posto invalidamente sia tornato a suo vantaggio o nel caso
di atti validi ma illeciti. Gli amministratori rispondono sia nel caso di atti posti
invalidamente, che siano andati a svantaggio, sia nel caso di atti validi ma
illeciti che abbiano recato danni alla persona giuridica: in entrambi i casi
questultima pu rifarsi contro gli amministratori che le abbiano recato danno
(can. 1281). Laver posto o omesso illegittimamente atti relativi
allamministrazione del patrimonio, pu portare persino ad una fattispecie
criminosa, prevista dal can. 1389, e allirrogazione di unadeguata sanzione
penale nei confronti dellamministratore responsabile dellatto.
Il sostentamento del clero
Il sistema di sostentamento del clero stato profondamente modificato nel
corso del tempo. Tradizionalmente era imperniato sul sistema beneficiale, in
sostanza accanto ad ogni ufficio ecclesiastico si costituiva una massa
patrimoniale, detta beneficio, avente personalit giuridica e su cui si
sosteneva il chierico. Il cambiamento avvenuto con il Concilio Vaticano II
che, nel decreto sul ministero e la vita sacerdotale Presbyterorum Ordinis,
dispose che il sistema beneficiale deve essere riformato in modo che la parte
beneficiale sia trattata come cosa secondaria e venga messo in primo piano
lufficio stesso. Il codice prevede una disposizione transitoria (can. 1272) in
sostituzione del sistema beneficiario e tre diversi istituti attraverso i quali
garantire il sostentamento dei chierici, favorire uneguaglianza tra loro,
promuovere azioni di solidariet (can. 1274).
- istituto per il sostentamento del clero, da istituirsi in ogni diocesi,
il patrimonio costituito dai patrimoni dei benefici soppressi, dai beni e
offerte dei fedeli; provvede al sostentamento dei chierici che prestano
servizio a favore della diocesi.
- fondo per la previdenza sociale del clero, costituito dai beni forniti
dagli stessi appartenenti al clero e dalle liberalit dei fedeli; ha il
compito di provvedere allassistenza sanitaria del clero, alle pensioni di
invalidit e vecchiaia; da istituire in ogni diocesi qualora nella realt
nazionale non esistano gi forme di sicurezza sociale.
- fondo comune, costituito con fondi individuati dal diritto locale e dalle
liberalit dei fedeli, per sovvenire alle necessit di quanti prestano
servizio a favore della Chiesa (cann. 230 231).
Il codice non dispone che tali istituti abbiano personalit giuridica canonica,
ma si presume debba sussistere.
IL MUNUS SANCTIFICANDI
Il Codice ha voluto dedicare lintero IV libro al munus sanctificandi
distinguendo allinterno dello stesso ben tre parti (una dedicata ai
sacramenti, una agli altri atti dl culto divino, una ai luoghi ed ai tempi sacri)
oltre ad una parte introduttiva che va dal can. 834 al can. 839 e che riguarda
la funzione di santificare in generale.
Ci premesso il can. 834 a sancire che la chiesa adempie alla funzione di
santificare mediante la liturgia. Essa, sulla scia di quanto affermato dalla
costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium definita come
lesercizio della funzione sacerdotale di Ges Cristo; in essa per mezzo dei
segni sensibili viene significata e realizzata, in modo proprio a ciascuno, la
santificazione degli uomini e viene esercitato dal Corpo mistico di Ges
Cristo e dalle membra, il culto di Dio pubblico integrale. . E, dunque,
lintima relazione esistente tra liturgia e culto di Dio ad emergere con vigore
dal canone in questione. La partecipazione dei Cristiani, attraverso la
liturgia, al mistero di Cristo, infatti, rende i fedeli veri adoratori di Dio in
grado di tributare allo stesso un culto pubblico ed integrale. Se la funzione
di santificare, in virt del sacerdozio comune, spetta, pur con le opportune
differenziazioni funzionali, ad ogni fedele, a norma del can. 835, essa
spetta, in modo particolare, a coloro che hanno ricevuto il sacramento
dellOrdine. Precisamente essa compete a Vescovi, Presbiteri e Diaconi,
ciascuno secondo le proprie funzioni. Il can. 838, in continuit con il can.
834 affida allesclusiva autorit della Chiesa la disciplina della liturgia.
Diversamente, infatti, non potrebbe garantirsi il valore dei Sacramenti, n la
fedelt delle azioni liturgiche alla fede della Chiesa. Dato il carattere
pubblico proprio delle azioni liturgiche, evidente che queste devono
essere regolate esclusivamente dallautorit della Chiesa. In effetti, la
liturgia cosi intimamente unita ai principi della dottrina della Chiesa, che
molto difficile separare lautorit del Magistero dalle responsabilit proprie
della Gerarchia ecclesiale nella regolamentazione dellattivit liturgica. In
particolare, spetta alla Santa Sede spetta disciplinare la Sacra Liturgia della
Chiesa universale, pubblicare i Libri Liturgici (messali, rituali breviari) e
vigilare sulla corretta applicazione delle norme liturgiche. Secondo gli artt.
62-7o della Costituzione Apostolica Pastor Bonus, questa competenza
appartiene alla Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei
Sacramenti, anche se altri dicasteri hanno pubblicato negli anni passati
documenti dindubbia importanza per il diritto liturgico. Le conferenze
Episcopali, invece, hanno il compito di realizzare le versioni nelle diverse
lingue correnti dei libri liturgici e di curarne la pubblicazione previo
consenso della Santa Sede, mentre il Vescovo Diocesano pu, in seno ai
limiti della propria competenza, impartire norme liturgiche vincolanti per i
fedeli della propria Diocesi.
Tutto ci premesso, per quanto concerne specificamente i sacramenti, il can.
84o, con il quale si apre la I parte del libro IV, dedicato come sappiamo, alla
funzione di santificare della Chiesa, cos recita: I sacramenti del Nuovo
Testamento, istituiti da Cristo Signore e affidati alla Chiesa, in quanto azioni
di Cristo e della Chiesa, sono segni e mezzi mediante i quali la fede viene
espressa e irrobustita, si rende culto a Dio e si compie la santificazione degli
uomini, e pertanto concorrono sommamente a iniziare, confermare e
manifestare la comunione ecclesiastica; perci nella loro celebrazione sia i
sacri ministri sia gli altri fedeli debbono avere una profonda venerazione e la
dovuta diligenza
Il predetto canone mette in risalto il carattere solenne e propedeutico per la
santificazione degli uomini. A tal riguardo deve farsi notare come i
sacramenti presuppongano, irrobustiscano ed esprimano la fede.
I sacramenti sono sette: Battesimo, Confermazione (cd. Cresima), Eucaristia,
Penitenza, Unzione degli infermi, Ordine sacro, Matrimonio. Essi agiscono sia
sul piano teologico, conferendo la grazia ex opere operato, cio per se
stessi, in forza dello stesso rito sacramentale, indipendentemente dai meriti
sia di chi li amministra che di colui che li riceve; sia dal punto di vista
giuridico, producendo delle qualificazioni a volte indelebili. Segnando il
battesimo, da un lato, la rigenerazione quale figlio di Dio e, dallaltro,
anche in giorni feriali. Essa dovr essere celebrata generalmente nella chiesa
cattedrale; tuttavia sempre per ragioni pastorali pu celebrarsi in un'altra
chiesa od oratorio.
Ad essa dovranno essere invitati i chierici e gli altri fedeli, affinch vi
partecipino nel maggior numero possibile
Ministro della sacra ordinazione il Vescovo consacrato (can. 1o12). Tuttavia,
a nessun Vescovo consentito consacrare lecitamente un altro Vescovo, se
non ha il mandato pontificio (can. 1o13) e se, salvo specifica dispensa della
Santa Sede, non associa nella consacrazione almeno altri due Vescovi (can.
1o14). Si pu essere ordinati al presbiteriato e al diaconato o dal Vescovo
proprio ovvero da altro Vescovo che abbia ricevuto da quello proprio le
lettere dette dimissorie, cio l'autorizzazione ad ordinare un proprio suddito
della cui identit e dei cui requisiti si d testimonianza. (cann. 1o15 e 1o18).
Va precisato, ancora, che a norma del can. 1o17. il Vescovo, fuori della
propria circoscrizione, non pu conferire gli ordini, se non con licenza
dellOrdinario del luogo
Per quanto riguarda gli ordinanti pu essere validamente ordinato
esclusivamente il battezzato di sesso maschi le (can. 1o24). Per la liceit
dellordinazione al presbiterato e al diaconato si richiede (can. 1o25) che
lordinando: a) abbia compiuto il prescritto periodo di prova; b) possegga, a
giudizio del Vescovo proprio o del competente Superiore maggiore (se
religioso), le dovute qualit; c) non abbia irregolarit o impedimenti; d) abbia
superato gli scrutini; e) sia munito dei documenti prescritti. Si richiede inoltre
che lordinazione, a giudizio del legittimo superiore, risulti utile per il
ministero della Chiesa (can. 1o25, 2)
). Il presbiterato pu essere conferito solo a coloro che hanno compiuto 25
ani; di et, posseggano una sufficiente maturit (v. anche can. 1o32) e siano
stati ordinati diaconi da almeno sei mesi (can. 1o31). Coloro che sono
destinati al presbiterato vengono ammessi allordine del diaconato soltanto a
23 anni compiuti; i candidati al diaconato permanente vi sono invece
ammessi (can. 1o31, 2): se celibi, dopo i 25 anni compiuti; se sposati,
dopo i 35 anni compiuti e con il consenso della moglie. diritto delle
Conferenze Episcopali stabilire una norma con cui si richieda un'et pi
avanzata per il presbiterato e per il diaconato permanente.
Gli aspiranti al diaconato e al presbiterato devono essere formati mediante
un'accurata preparazione, a norma del diritto(can. 232-264) A norma del can.
1o28, inoltre, compito del Vescovo diocesano e del Superiore competente
provvedere che i candidati, prima che siano promossi a qualche ordine,
vengano debitamente istruiti su ci che riguarda l'ordine e i suoi obblighi..
Una volta celebrata lordinazione, si procede all'annotazione, nellapposito
registro da custodirsi nella Curia del luogo dellordinazionedei, dei nomi dei
singoli ordinati e del ministro ordinante, del luogo e della data dellavvenuta
ordinazione. Il Vescovo ordinante deve consegnare a ciascun ordinato un
certificato autentico dellavvenuta; ordinazione e, nel contempo, comunicare
la notizia di ciascuna ordinazione celebrata al parroco del luogo di Battesimo
per le annotazioni di rito nel libro dei battezzati (cann. 1o53, 2, e 1o54)
Altri atti del culto divino
Oltre ai sacramenti, che costituiscono il centro della liturgia della Chiesa, ci
sono altri atti di culto che il diritto disciplina al fine di assicurare la loro
crescete e moltiplicatevi
naturale, che forgia la struttura del matrimonio in maniera comune a tutti gli
uomini (la diversit sessuale, lunit e lindissolubilit, le finalit del bene dei
coniugi e della procreazione ed educazione dei figli; il diritto divino positivo o
rivelato, che riguarda tutti i battezzati e indica ad esempio la peculiare
stabilit in ragione del sacramento (can. 1056), in questo senso si pu anche
intendere il precetto evangelico luomo non separi ci che Dio ha unito
(Marco); il diritto ecclesiastico, linsieme delle norme che hanno la funzione
di regolamentare dettagliatamente listituto matrimoniale; il diritto civile,
poich il diritto canonico riconosce che il matrimonio produce anche effetti
civili. A questo proposito il can. 1061 afferma che il matrimonio validamente
contratto tra battezzati si dice matrimonio rato (matrimonium ratum) e una
volta che sia intervenuta la consumazione, cio gli atti sessuali, si dice
matrimonio rato e consumato (matrimonium ratum et consummatum).
Secondo il diritto canonico la consumazione deve avvenire in modo umano
(can. 1061) cio secondo natura e con libera accettazione e si configura
anche nel caso in cui allatto non segua la procreazione. Si chiama invece
matrimonio canonico quello celebrato a norma dal diritto canonico da due
battezzati nella Chiesa cattolica o da un cattolico e un non cattolico.
Struttura giuridica del matrimonio canonico
Il matrimonio canonico un patto (foedus) o contratto (attenzione, tuttavia,
nell'utilizzo di tale definizione. Secondo gli schemi tipici del diritto civile, essa
pu essere fuorviante) che sorge esclusivamente dalla libera volont dei
soggetti contraenti, cio gli sposi; volont che non pu essere supplita da
nessuna potest umana, neppure ecclesiastica (can. 1057), quindi nessuno
pu vincolare altri al matrimonio. Il consenso dei nubendi la causa
efficiente del sacramento; il sacerdote che assiste allo scambio del consenso
solo un testimone pubblico (testis qualificatus).
Per essere validamente celebrato il matrimonio ha bisogno di tre elementi:
un consenso prestato da persona giuridicamente abile, non viziato n nella
sua formazione n nella sua manifestazione; lassenza di impedimenti; la
forma prescritta.
Il consenso
Il matrimonio costituito dal libero consenso delle parti. La validit del
consenso, dunque, dipende dalla capacit di coloro che debbono prestarlo,
dalla conoscenza oggettiva di ci che vogliono, dalla libert di cui devono
godere, dai reali contenuti della volont esternamente manifestata. Un
difetto o vizio del consenso rende invalido il matrimonio: lincapacit di
contrarre matrimonio, lignoranza, lerrore, il dolo, la violenza e il timore, la
simulazione, la condizione. Per capacit si intende lidoneit del soggetto a
valutare il proprio comportamento determinandosi coscientemente ad esso,
quindi la capacit di contrarre matrimonio significa avere una conoscenza
sufficiente della natura e dei fini del matrimonio e lidoneit a volerlo. Quindi
lincapacit la mancanza di tale idoneit.
Lincapacit a contrarre matrimonio
Secondo il can. 1095 sono incapaci a contrarre matrimonio:
coloro che per ragioni diverse, temporanee o permanenti, mancano di
CAPITOLO X
IL DIRITTO PENALE DELLA CHIESA E PRINCIPI DI GIUSTIZIA
CANONICA
Il diritto penale
In quanto comunit di uomini giuridicamente organizzata, il popolo di Dio ha
un suo diritto penale.
Nel can. 1311 del codice latino si dice che la Chiesa ha il diritto nativo e
proprio di costringere con sanzioni penali i fedeli che hanno commesso
delitti.
Se ci pu sembrare in contraddizione con la carit, la misericordia, e lo
spirito pastorale che sono i fini che caratterizzano lazione della Chiesa;
tuttavia va detto che sin dalle origini la Chiesa ha esercitato la funzione
punitiva , non ritenendola in contrasto con la propria natura e le proprie
finalit.
La forma pi severa stata la scomunica, cio la messa al bando di chi si
reso responsabile di fatti gravi e quindi viene allontanato dalla comunit di
cui faceva parte. Ma essendo la Chiesa e il suo diritto improntati alla
misericordia, lequilibrio tra carit e giustizia delicato. Di certo la
misericordia non pu rinunciare alla giustizia perch altrimenti potrebbe
divenire oggettiva complicit del male. D'altronde la punizione del male
commesso serve a prevenire o riparare gli scandali (can. 1399).
Il diritto penale canonico che evidentemente deve ricondursi al munus
regendi, per quanto attiene alla previsione astratta di fattispecie criminose,
sia per lattivit concreta di accertamento dei crimini commessi, sia per le
relative sanzioni, sensibilmente diverso dai diritti penali degli Stati: ci sia
dal punto di vista delle finalit che si propone, date soprattutto dallemenda
del reo e dal favorire la sua salvezza eterna; sia per le fattispecie delittuose
perseguite, ma non perseguibili dagli ordinamenti statali (ad esempio:
delitti contro la religione e lunit della Chiesa - leresia, lapostasia, lo
scisma;
contro la libert della Chiesa e le autorit ecclesiastiche - il sacrilegio;
lusurpazione degli uffici ecclesiastici - come la celebrazione simultanea
o simoniaca dei sacramenti);
come pure per le pene a carattere spirituale come la scomunica.
Altre previsioni di fattispecie delittuose che sono o possono essere
contemplate anche dai codici civili degli Stati sono ad es. lomicidio, il
rapimento, le lesioni gravi e laborto (cfr. can. 1397 s.).
Come ogni altro ordinamento vigente negli Stati democratici, nel diritto
canonico contemplato il principio di legalit (nullum crimen sine lege),
temperato,
tra
laltro
secondo
le
peculiari
esigenze
spirituali
dellordinamento, e sono riconosciute le categorie proprie del diritto in
genere, come:
lelemento soggettivo o psicologico richiesto affinch vi sia riconosciuto
il delitto (dolo o colpa),
le circostanze aggravanti e attenuanti,
le cause oggettive o soggettive che escludono lantigiuridicit del fatto e