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sommario a pagina 9
Anno XIII - N. 6 Novembre/Dicembre 2005 - 5 euro
Reg. Trib. Cremona n. 355 12.4.2000
Sped. A.P. D.L. 353/2003
(con. in L. 27/02/2004 n46) art. 1 c.1 DCB-CR

L a l t e rnativa
un pranzo
di gala?

Iraq: vittorie
della
Resistenza

di Gianluigi Pegolo

di Subhi Toma*

1. Pi volte su questa rivista abbiamo richiamato il rischio ormai evidente che


alla probabile (anche se non scontata)
sconfitta di Berlusconi possa seguire unesperienza di governo del centro sinistra
inadeguata, e incapace di offrire unalternativa alla politica liberista che ha contrassegnato lazione del centro destra. Un
berlusconismo senza Berlusconi, insomma, con ci alimentando nuove delusioni nel popolo della sinistra. Non intendiamo soffermarci sui segnali inquietanti
che provengono dai gruppi dirigenti del
centro sinistra e che stanno a dimostrare
come tale rischio sia ben presente. Si va
dal ritiro programmato del nostro contingente militare in Iraq; allappoggio a
politiche monetariste in Europa; al sostegno delle liberalizzazioni, in nome dellesigenza di recuperare efficienza nei settori pubblici e di ridurre il deficit statale;
al mantenimento di alcune disposizioni legislative in tema di flessibilit del lavoro,
e cos via. Quello che si pu rilevare che
questa deriva moderata tende ad accelerare pi ci si avvicina allappuntamento
delle elezioni politiche. Recentemente
DAlema, Fassino e il gruppo dirigente Ds
hanno offerto a Roma una sontuosa cena
ai rappresentanti della Confindustria e
della borghesia italiana e nelloccasione
Bersani ha svolto una relazione sulle questioni di politica economica diretta a tranquillizzare gli ospiti : l alternativa un
pranzo di gala?. Cos, alla lotta indefessa
al relativismo etico condotta dalle gerarchie vaticane si contrappone, a sinistra, la
sostanziale accettazione della competi-

Lo sviluppo della guerra in Iraq gioca un


ruolo strategico nel contesto dei rapporti
di forza mondiali che vedono contrapporsi i fautori di un mondo imperiale e
unipolare e i partigiani di un modello di
sovranit di popoli liberamente cooperanti. Assistiamo dallinizio delloccupazione allaumento costante del numero
ufficiale dei morti dellarmata statunitense. Hanno oltrepassato il numero simbolico di 2.000, senza contare i contractors
privati, che restano esclusi da questo bilancio. I feriti sono ormai pi di 25 mila,
di cui la met resteranno invalidi a vita. Gli
occupanti, procedendo al saccheggio e
alla distruzione delle risorse economiche
e artistiche del paese, si sono rivelati incapaci di ristabilire la distribuzione regolare di acqua potabile, di elettricit e di
benzina.
In questo contesto la Resistenza irachena
sempre pi forte, tanto dal punto di vista della sua capacit armata quanto sotto
il profilo della sua capacit di mobilitare
dei forti movimenti di massa. La crescita
della mobilitazione nazionale ha provocato la tragica repressione da parte degli
occupanti non solo dei resistenti ma anche della popolazione civile, degli intellettuali, degli scienziati e dei giornalisti.
Molte citt, di cui la pi conosciuta
Fallujah, sono state praticamente cancellate dalle carte geografiche. Oggi ci sono
in Iraq, secondo le fonti ufficiali, pi di 50
mila prigionieri politici o per reati di opinione, fatti oggetto, nella maggior parte
dei casi, di trattamenti inumani e degradanti.

segue a pag. 2

segue a pag. 5

Editoriale

Novembre - Dicembre 2005

segue G. Pegoloa da pag. 1

zione fra stato e chiesa in tema di


morale, quasi che oggi il pericolo
fondamentale venisse dallo scienti smo e non gi da una propensione
neo-integralista che rischia di far arretrare pericolosamente la societ
italiana. E il caso delle risposte deboli che sono venute da settori del
centro sinistra di fronte al nuovo
(ma preannunciato) attacco alla
legge 194 che, spesso, hanno finito
col fare il gioco delle forze conservatrici. E il caso della proposta
Turco, Bindi - in tema di aiuto finanziario alle donne disagiate che
rifiutano di abortire - che pi che

N, infine, si pu sostenere
che dalla conferenza programmatica
dei DS e da quella della Margherita
siano venuti segnali di svolta ma,
piuttosto, timidi accenni
ad interventi di natura redistributiva,
allinterno di un impianto
del tutto inadeguato

una scelta sbagliata costituisce un


inutile e pericoloso segnale di disponibilit alla retorica dellinsufficienza della legge 194, proclamata
a gran voce dalla chiesa cattolica e
dalle forze di centro destra.
Questescalation di moderatismo
non si ferma alle questioni sollevate
dalla nuova ondata di confessionalismo, ma si estende a quelle di natura economico sociale. E di questi
giorni lintervista di Carlo de
Benedetti, supporter di indubbio
prestigio delle componenti liberal
dellUnione, in cui si ribadisce: che
in tema di scelte economiche necessario andare ben oltre le attuali
garanzie offerte alle imprese in

tema di flessibilit del lavoro, che


occorre ridurre sostanzialmente il
cuneo fiscale relativo agli oneri contributivi, che si deve puntare sulle liberalizzazioni. A sua volta, segnali
preoccupanti vengono anche su
questioni delicate, come quelle degli interventi infrastrutturali. E il
caso della posizione favorevole alla
realizzazione della TAV espressa da
Fassino e Rutelli - proprio nel momento in cui un movimento di
massa pone fondamentali questioni
di natura ambientale - o, ancora,
delle posizioni espresse sulla realizzazione del ponte di Messina che
fanno intravedere la possibilit che
il prossimo governo di centro sinistra, assuma tali obiettivi. E, per finire, non va dimenticato limpegno
reiterato di Prodi a mettere mano
alla legge elettorale per ripristinare
il maggioritario, senza contare le incursioni di Rutelli che aggiungono
a tale scelta la necessit di porre vincoli - di per s giusti - alla modificabilit delle regole (costituzione e
leggi elettorali), ma dopo che il centro sinistra abbia cambiato, appunto, legge elettorale. N, infine,
si pu sostenere che dalla conferenza programmatica dei DS e da
quella della Margherita siano venuti
segnali di svolta ma, piuttosto, timidi accenni ad interventi di natura
redistributiva, allinterno di un impianto del tutto inadeguato.
Nella sostanza, la propensione moderata tende a rafforzarsi e non si
vedono segnali di inversione di tendenza. Le stesse anticipazioni - in
tema di orientamenti di politica internazionale sulla mediazione raggiunta fra le forze dellUnione costituiscono elementi di ulteriore
preoccupazione poich il previsto
ritiro delle truppe italiane dallIraq
si tradurrebbe in un disimpegno
condizionato dalla consultazione
preventiva del governo di Bagdad e
quindi, in ultima analisi, degli Stati
Uniti.
2. Di fronte a questo scenario abbiamo, nel corso di questi mesi, riproposto ostinatamente la necessit
di una convergenza unitaria delle

forze che si collocano alla sinistra


dei DS. Cera parso, peraltro, anche
negli anni scorsi, che vi fosse unaspirazione comune fra le forze in
questione a costruire una sinistra di
alternativa in grado di incidere sullo
scenario politico. Pensavamo e pensiamo che lunit programmatica, la
convergenza su linee dazione comuni e lo stesso raccordo organizzativo delle forze della sinistra critica costituiscano esigenze imprescindibili per porsi nella condizione
di potere agire al meglio nellattuale scenario possibile. Non si
tratta, ovviamente, di determinare
precipitazioni organizzative che rischierebbero di eludere le differenze che pure restano fra le impostazioni politiche di tali forze, n di
sottovalutare lesigenza di salvaguardare le singole identit dei comunisti e delle altre forze ma di
scegliere con coraggio la via dellunit nelle azioni e sui programmi.
Abbiamo costatato invece, nel corso
delle ultime settimane, come a questaspirazione apparentemente diffusa siano corrisposte, nei fatti, pi
accentuate divisioni e la scelta di
percorsi per molti versi antitetici.
Ma veniamo alle questioni di merito. Da un lato, lannunciata convergenza elettorale fra Verdi e
Comunisti italiani venuta meno.
Ognuno andr per conto proprio.
Significativamente, la rottura sembra essersi manifestata su una questione di identit e cio la scelta del
simbolo della nuova aggregazione.
A nessuno sfugge, tuttavia, che
quando si producono rotture di
questo tipo in gioco vi non solo la
semplice condivisione di una modalit di presentazione ma lo stesso
profilo politico della nuova formazione. Non a caso Pecoraro Scanio
ha motivato il rifiuto dei Verdi con
lindisponibilit ad unoperazione
di rinascita del PCI, ribadendo il carattere autonomo del proprio partito. In contemporanea, la stessa
esperienza della Camera di consultazione promossa da autorevoli intellettuali di sinistra - come Asor
Rosa e Rossana Rossanda - che aveva
raccolto al suo avvio un consenso

Novembre - Dicembre 2005

certamente lusinghiero, appare


oggi esaurita per effetto del venir
meno della prospettiva della Lista
Arcobaleno a seguito della rottura
fra Verdi e PdCI, ma anche per lindisponibilit manifestata dal
gruppo dirigente di Rifondazione
comunista, impegnato in tuttaltra
direzione, e per la disomogeneit
delle forze che si dichiararono a suo
tempo disponibili. E indubbio, in
ogni caso, che la finalit generale da
cui muoveva liniziativa e cio la
necessit di raccogliere forze per
spostare lasse moderato dellUnione coglieva unesigenza reale, che
rischia a questo punto di rimanere
senza risposta o di tradursi nella
semplice adesione di alcune figure
alla lista del PdCI. Per converso, la
scelta compiuta da Rifondazione
comunista nellultimo Comitato
Politico Nazionale appare altrettanto discutibile. La decisione di costruire la Sezione italiana del Partito
della Sinistra Europea, attraverso il
coinvolgimento di alcuni esponenti
della sinistra politica e sociale appare, pi che un progetto di respiro,
il tentativo di raccogliere alcune
adesioni individuali per sostenere,
nellimmediato, unoperazione di
immagine in vista del prossimo confronto elettorale e, in prospettiva,
per dar vita ad un nuovo soggetto
politico, la cui identit da definire,
ma che dovrebbe ricalcare sostanzialmente quella assunta a livello internazionale dal PSE. Anche in questo caso lapprodo quello di un
percorso solitario che rafforza la
diaspora della sinistra di alternativa,
dato (fra laltro) il vincolo (posto
agli interlocutori esterni) rappresentato dalladesione al Partito
della Sinistra Europea.
Non solo, loperazione ha in s un
carattere disunente giacch, evocando le condizioni per un nuovo
soggetto politico, rischia di mettere in dubbio la stessa ragione sociale del partito.
3. La situazione si presenta, quindi,
allarmante poich a queste divisioni
corrisponde limpossibilit di svolgere un ruolo significativo nella par-

Editoriale

tita sul governo del paese. La - a questo punto virtuale - sinistra di alternativa, lacerandosi, si pregiudica la
possibilit di sviluppare unazione
incalzante nei confronti delle componenti moderate dellUnione e,
quindi, si rassegna ad un ruolo di
subalternit. Nelle posizioni che
connotano le scelte delle singole
formazioni si coglie abbastanza
chiaramente come questo esito,
prima ancora che legato a difficolt
oggettive (che certamente non vanno sottovalutate), deriva in realt
dalla sostanziale sfiducia nella possibilit di condizionare il centro sinistra, cui fa da corollario la ricerca
di interlocuzioni privilegiate con le
forze moderate dellUnione.
Certamente le responsabilit non
sono tutte eguali, e vanno accuratamente individuate, ma in ogni caso
lesito resta lo stesso e cio lindebolimento del ruolo politico della
sinistra di alternativa. Daltronde,
alcuni segnali ci sembrano testimoniare questa propensione. E il caso
della discrasia che si potuta rilevare fra le dichiarazioni rese da
esponenti della sinistra radicale - in
ordine ad una serie di temi - e i comportamenti concreti tenuti nel confronto con le componenti moderate dellUnione. Si pensi allaccettazione supina del documento di intenti dellUnione anche nelle parti
pi controverse, come quelle sulla
politica internazionale. Si pensi, ancora, al comportamento pi che
contraddittorio tenuto sulla questione della riforma elettorale, con
uno schiacciamento sulle posizioni
dei DS o, ancora, alla reticenza che
ha accompagnato le dichiarazioni
di Prodi sulla necessit di ripristinare il maggioritario. Accanto a
queste ambiguit, vi sono poi dei silenzi significativi. E il caso della rivendicazione del ripristino di meccanismi automatici di adeguamento
dei salari allinflazione, come la
scala mobile. Questo tema pare ormai definitivamente derubricato.
O, ancora, la questione delle pensioni che pare ormai indirizzarsi
verso laccettazione della riforma
adottata dal governo Berlusconi, o

ancora, connessa a questo tema, la


vicenda del TFR, rispetto alla quale
ci si poteva attendere una reazione
molto pi forte. Ma vi di pi, perch allenfasi posta sulla necessit di
un programma costruito dal basso con il coinvolgimento diretto dei
soggetti sociali - ha fatto seguito un
comportamento del tutto contraddittorio, al punto che allo stato attuale, a pochi mesi di distanza dallappuntamento elettorale, nessuno sa cosa si siano detti gli esponenti delle varie forze politiche ai
tavoli di confronto messi in piedi
dallUnione per elaborare il programma di coalizione. Il riserbo che
si mantenuto stride con lannunciata trasparenza del confronto e
con la necessit della sua apertura
alle istanze sociali. Infine, lascia pi
che perplessi ladesione alle primarie come strumento per selezionare i leaders e i programmi, e
non solo perch con questo sistema
si ottenuta la legittimazione plebiscitaria di Prodi, ma anche perch
- a seguito di quel risultato - stata
rilanciata la proposta del Partito democratico, e cio di unopzione il
cui segno moderato chiarissimo.
La stessa adesione alle primarie sul
programma d da pensare perch,
trattandosi di assemblee convocate
regionalmente, assai probabile
che rafforzino il peso delle componenti moderate. Inoltre, risulta curioso che le stesse siano state previste per la fine di gennaio, e cio in
un momento in cui il confronto programmatico dovrebbe essere gi
stato concluso.
4. La tesi, insomma, che intendiamo sostenere che non solo vi una
preoccupante tentazione moderata
nelle forze pi significative dell
Unione, ma che la stessa sinistra di
alternativa appare ancora, per molti
versi, inadeguata. Se dietro ai comportamenti di alcune delle forze
che ne costituiscono i punti di riferimento vi fosse un calcolo di convenienza che privilegia il risultato
sul piano politico istituzionale alla
salvaguardia della propria autonomia politica - non si pu che sotto-

Editoriale

lineare lestrema fragilit delloperazione. Basti pensare agli appuntamenti delicatissimi che ci stanno
di fronte. Allindomani delle elezioni il nuovo governo dovr pronunciarsi sul ritiro delle truppe
dallIraq e, di l a pochi mesi, dovr
essere presentata la proposta di
DPEF e quindi la legge finanziaria.
Occorrer dare risposte immediate
e impegnative.
Che ne sar, a quel punto, delle forze comuniste e della sinistra radicale poste di fronte ad alternative
secche, ben difficilmente superabili
con sintesi pasticciate o con astuzie
tattiche? I rischi di unimplosione
sono evidenti, giacch quello che sarebbe messo a dura prova sarebbe il
sostegno della base elettorale, propensa certamente alla salvaguardia
dellunit della coalizione ma non
incline, per questo, a ripiombare in
una versione edulcorata delle politiche berlusconiane. In uno scenario simile potrebbero venire al dunque le ambiguit di una scelta al leantista condotta a prescindere da
un serio confronto programmatico.
N si pu ragionevolmente ritenere
che in simili drammatici frangenti
correranno in soccorso i movimenti. Questo auspicio privo di
fondamenti, a maggior ragione nel
momento in cui, come sta avvenendo, la base politico-programmatica della coalizione di centro sinistra si poggia su contenuti che
sono stati, in larga misura, decisi al
di fuori di un confronto di massa.
Inoltre, abbastanza evidente che
dopo la fase in cui vi stata una mobilitazione di massa intorno alle tematiche della globalizzazione e
della pace siamo oggi alla presenza
di unattenuazione della iniziativa
sociale.
Ancora, il rischio che il risorgere di
potenti spinte concertative possa liquidare i sussulti di autonomia della
CGIL in agguato. Tutto ci non
implica lazzeramento del conflitto
sociale, se non altro perch vi sono
spezzoni significativi del sindacato
che resistono: lesempio della
FIOM a tale proposito eclatante,
specie dopo il successo del recente

sciopero generale e della manifestazione tenutasi a Roma. Ma lo


anche la mobilitazione spontanea
delle popolazioni della Val di Susa
e di molte altre realt locali impegnate sui temi ambientali, in cui il
conflitto testimonia, fra laltro, lesigenza di riappropriarsi della propria condizione, dismettendo la
pratica della delega incondizionata
alle rappresentanze politiche. Fatto
che, se di per s positivo, costituisce anche la dimostrazione del pericolo concreto che il filo che lega
movimenti e forze politiche possa nel crescere delle divaricazioni
rompersi, rigettando molti elettori
delusi nel disimpegno o addirittura
nellanti-politica. Inoltre, saremmo
s u p e rficiali se non cogliessimo
come queste esperienze corrano il
rischio di venire isolate se non troveranno nuovi sostegni a livello sociale e in tal senso sar certamente
molto importante il risultato finale
del congresso della CGIL, la maggiore fra le organizzazioni sociali
presenti nel paese e se non disporranno dellappoggio di forze politiche in grado di condizionare lazione del nuovo governo per consentire il raggiungimento degli
obiettivi di lotta.
5. I pericoli insiti nella nuova fase
sono squadernati di fronte a noi.
Che fare dunque? Non vi sono
molte scelte possibili. Esiste, anzi,
una priorit iscritta nelle cose e cio
la necessit di produrre a sinistra
uniniziativa rilevante dal punto di
vista politico e sociale. Questa iniziativa, per avere un impatto significativo, deve avere dimensioni adeguate. A nostro avviso, in prima battuta, deve riunificate i soggetti che
sono stati protagonisti, a vari livelli
e con gradi diversi di impegno, dellappuntamento referendario per
lestensione dellarticolo 18.
E questa la base su cui lavorare per
la costruzione di uno schieramento
politico e sociale. Questi soggetti vanno raccolti su un progetto di trasformazione della societ italiana, in
grado di tradursi in alcune fondamentali linee programmatiche.

Novembre - Dicembre 2005

Occorre, insomma, dare un ben definito profilo a questa sinistra di alternativa. A tal fine, non solo sarebbe urgente avviare un tavolo di confronto ma sarebbe altrettanto essenziale che limpegno non si limitasse
al piano propagandistico e che investisse la questione del rapporto con
linsieme delle forze dellUnione.
La battaglia politica nellUnione altrettanto indispensabile dellimpegno a salvaguardarne lunit e sarebbe poco credibile che le proposte sostenute pubblicamente da alcune forze non fossero oggetto di un
confronto adeguato allinterno
della coalizione, n si pu pensare
di eludere per ragioni tattiche tale
confronto. Ai comunisti e alle forze
della sinistra di alternativa si chiede,
perci, non solo pi coerenza ma anche pi determinazione. A quanti sostengono che il rapporto fra le forze
che attualmente costituiscono la sinistra critica italiana si tradurrebbe
in unoperazione politicista fra gli
stati maggiori dei partiti si deve rispondere che questo rischio non
pu essere evocato come alibi per rifiutare un confronto reso indispensabile dallevoluzione della situazione. Se vi sono dei deterrenti al politicismo questi vanno ricercati nel
pieno coinvolgimento dei soggetti
sociali e in una pratica che non pone
il conflitto sociale in una dimensione
separata dalla sfera dei rapporti politici, ma che ne riconosce lintima
connessione con la battaglia politico
istituzionale.
Per questo una sinistra critica dovrebbe sostenere politiche socialmente avanzate e, nel contempo, costruire insieme ai propri referenti sociali un iniziativa dal basso. Si tratta
di unagenda impegnativa rispetto
alla quale ci si scontra con uno scenario di disgregazione ma non vi
sono scorciatoie, pena il decadimento della stessa sinistra critica a
forza complementare di un disegno
bipolare costruito su basi politiche
moderate. Ma se questo dovesse essere lesito nessuno potrebbe illudersi di poterne trarre un vantaggio.
Avremmo solo una sinistra pi debole della gi debole sinistra italiana.

Novembre - Dicembre 2005

Iraq

segue S. Toma da pag. 1

Ne un chiaro esempio il caso di


Abdul Jabar Al Qubaysi, storico oppositore di Saddam Hussein e direttore di un quotidiano di
Baghdad, arrestato dalle forze di occupazione statunitensi il 4 settembre 2.004 e tenuto segretamente in
reclusione per pi di un anno. Oggi,
dopo una lunga campagna internazionale di solidariet in suo favore,
gli occupanti hanno ammesso di
averlo in detenzione presso Camp
C r o p p e r, vicino allaeroporto di
Baghdad. Rinchiuso in assoluto isolamento, Al Qubasysi riuscito recentemente a far sapere a suo fratello che gli occupanti non lo accusavano che di una cosa: avere delle
opinioni politiche pericolose. La
sua vicenda emblematica della terribile e quotidiana violazione dei diritti umani nellIraq occupato.
Lo stesso Allawi, ex primo ministro
e senza dubbio deluso per essere
stato licenziato dai suoi padroni, ha
da poco dichiarato allObserver che
la situazione dei prigionieri politici
in Iraq peggiore di quella dei
tempi di Saddam Hussein.
In questo contesto non pu meravigliare che le attivit di Resistenza
armata ma anche gli scioperi, le manifestazioni e i boicottaggi si espandano in tutto il paese. Sono da notare due elementi: il primo che,
malgrado la propaganda degli occupanti, la Resistenza armata
quasi completamente autoctona,
dal momento che il 97% dei prigionieri incarcerati a Fallujah sono
iracheni. Il secondo elemento da ricordare che a Fallujah, come in altre circostanze, gli eserciti occupanti hanno fatto uso di arme vietate, tra cui il fosforo bianco.

STRUTTURAZIONE
DELLA RESISTENZA

La Resistenza armata in larga misura strutturata attorno alle milizie


dellantica armata nazionale nata
durante la colonizzazione britannica, in seguito allo sviluppo di un
movimento patriottico di massa che
esigeva la formazione di unarmata

nazionale. Questa origine patriottica spiega il ruolo dei militari di carriera nella formazione della gran
parte dei gruppi di Resistenza che
coordinano generalmente le loro
attivit sul terreno, al di l delle differenti tendenze ideologiche presenti al loro interno (laici, baathisti,
islamici sunniti o sciiti). Questa
Resistenza non ha niente a che vedere con le attivit e i metodi impiegati dai terroristi, come invece
cerca di accreditare la propaganda
dei media legati agli occupanti, secondo la quale le popolazioni civili
agirebbero sotto il controllo della
fantomatica piovra Zarqawi, personaggio, a quanto si sostiene, onnisciente e onnipresente nel paese.
Ma numerosi testimoni iracheni
raccontano che, al momento dei
controlli ai check point, i soldati
americani hanno in pi occasioni
nascostamente inserito bombe a
scoppio ritardato nelle automobili.
Queste bombe sarebbero dovute
scoppiare in diversi luoghi del paese
per dare limpressione di una escalation militare delle presunte rivalit tra le diverse comunit etniche
e religiose. I recenti arresti di soldati
britannici travestiti da resistenti, a
Bassora come in altre citt irachene,
hanno confermato lesistenza di
una operazione politica tesa a manipolare lopinione pubblica irachena e internazionale e a rappresentare la Resistenza come frutto
dellintegralismo sunnita.
Sappiamo bene per che la realt
della Resistenza irakena supera largamente il triangolo sunnita inventato dagli occupanti. Anche la
gran parte dei partiti sciiti, in particolare quelli diretti dagli ayatollah
iracheni e non iraniani, sostiene, in
diverse forme, la lotta contro gli occupanti. Nella direzione del movimento che fa capo allayatollah
Moqtada Al Sadr si contano in particolare alcuni giovani consiglieri
provenienti da famiglie comuniste;
il che spiega senza dubbio il carattere anti-imperialista di questa struttura e le sue approfondite riflessioni
sui temi sociali ed economici.
Dobbiamo anche constatare che il

vecchio e potente Partito Comunista Iracheno, decimato dalle scissioni e dalla repressione, oggi diviso in diversi gruppi di cui allestero si conosce spesso solo quello
associato agli occupanti, i cui dirigenti sono in gran parte legati a leader curdi pi o meno separatisti.
Questa leadership curda la principale causa della sua marginalizzazione nel paese e del suo sostegno
al perfido principio della federalizzazione dellIraq, porta aperta
verso quella etnicizzazione, quella
confessionalizzazione e quella divisione dal paese apertamente desiderate dagli Stati Uniti.
Allo stato attuale, le attivit di resistenza proseguono, insieme a fasi di
negoziazione con gli occupanti,
come testimonia lincontro de Il
Cairo tenutosi la settimana scorsa.
Dopo due anni di resistenza armata
le autorit di occupazione sono
state costrette a riconoscere la rappresentativit della Resistenza, la
sua legittimit politica. Il governo
di Baghdad, in accordo con gli occupanti e i governi arabi, ha firmato
un documento nel quale riconosce
la differenza che sussiste tra i resistenti orientati a liberare il paese
dalloccupazione e i terroristi, che
colpiscono i civili. Questo documento prevede, al contempo, la necessit di organizzare una rapida
partenza delle forze di occupazione. In seguito, alcuni gruppi
della resistenza hanno inviato loro
emissari per continuare le negoziazioni col presidente J. Talabani
mentre gli occupanti, dal canto
loro, hanno proclamato linterruzione delle offensive militari. Anche
se le differenti sensibilit della
Resistenza irachena sono divise sullopportunit di iniziare, in questa
fase del conflitto, i negoziati con gli
occupanti e i loro rappresentati iracheni, costituisce indubitabilmente
una grande vittoria per lintero popolo iracheno il fatto che gli occupanti abbiano riconosciuto legittimit e dignit politica ai loro avversari. Una vittoria passata sotto silenzio o minimizzata dalla gran
parte dei media del pianeta.

Iraq

LE

S T R AT E G I E

D E G L I O C C U PA N T I

Per tenersi al corrente degli eventi


in Iraq bisogna riferirsi ai numerosi
siti internet legati alla resistenza irachena, come www. a l b a s r a h . n e t ,
w w w.islammemo.cc, il sito del
Partito Comunista Iracheno legato
alla resistenza www.aljader.net, i siti
di sostegno e solidariet come
www.iraqresistence.net, www. u r u knet.info, www.irakbodycount. net/
bodicount.htm, i siti antimperialisti, come www.nodo50.org/csca/index.html e www.voltairenet.org, o,
ancora il sito vicino ai sevizi di informazione dell esercito russo,
www.irak-war.ru.
Le motivazioni addotte dagli Usa
per giustificare la guerra in Iraq
sono cambiate rispetto a quelle iniziali dal momento che lipotesi di
una presenza di armi di distruzione
di massa sul territorio iracheno si
rivelata completamente falsa ed infondata. Nella loro volont di far dimenticare allopinione pubblica internazionale lo scorrere degli
eventi, gli occupanti mettono ora in
primo piano la loro presunta volont di sviluppare la democrazia.
Anche i democratici rientrati nel
paese nei furgoni degli occupanti
sono ormai divisi sulla legittimit
delloccupazione e accettano di riconoscere la legittimit dei loro avversari, ma continuano a rifiutare
lequiparazione di resistenti e terroristi e a rifiutare di accettare che
il partito Baath - una delle componenti della Resistenza - possa essere
nuovamente legalizzato in un futuro Iraq indipendente e democratico.
Gli occupanti hanno in un primo
momento soppresso tutte le istituzioni irachene, aperto le frontiere
ai mercati e al movimento incontrollato della popolazione, credendo senza dubbio che la mano
invisibile del mercato avrebbe risolto, come per incanto, tutti i pro-

blemi. La realt stata invece quella


di occupanti che hanno razziato le
risorse petrolifere, ormai confiscate
e privatizzate, e le risorse artistiche,
oggi in vendita nelle fiere.
Il caos che nato in conseguenza di
queste politiche ha tolto agli iracheni ogni possibilit di organizzare la ricostruzione del paese distrutto dallembargo e dalle armate
di invasione. Le operazioni militari
sono in conseguenza aumentate di
continuo, rendendo irrealizzabile
la nascita della democrazia fino al
momento in cui le forze straniere
che hanno partecipato allaggressione e alloccupazione non si ritireranno dal paese.
La nomina in Iraq dellex ambasciatore degli Usa John Negroponte, conosciuto per il suo ruolo criminale in America Centrale, ha accelerato la repressione e le manovre
miranti a creare conflitti etno-confessionali, fino ad allora sconosciuti
nel paese. La partenza degli aggressori quindi indispensabile per
la riorganizzazione del paese in
senso democratico.
Ma le forze di occupazione possono
ancora contare sulla possibilit di
reclutare delle truppe di rinforzo
ovunque nel mondo, specialmente
dove la distruzione dei diritti sociali
crea le condizioni della disoccupazione di massa.
I mercenari saranno alla fine, come
nella Roma antica dei pretoriani, la
sola impresa fruttuosa del capitalismo in crisi? In Iraq il fenomeno
della disoccupazione di massa, che
tocca circa la met della popolazione, spinge i giovani ad accettare,
per nutrire le proprie famiglie, di arruolarsi nelle forze repressive di collaborazione poliziesca o militare.

UN

SISTEMA GLOBALE IN CRISI

Il sistema capitalista dunque, con


Bush e i neoconservatori, gli integralisti protestanti e quelli ebrei, il

Novembre - Dicembre 2005

primo responsabile della guerra in


Iraq, di cui sono vittime le popolazioni occupate e coloro i quali, tra
le popolazioni dei paesi occupanti,
non appartengono alle ristrette cerchie dei privilegiati che ottengono
dalla guerra ricavi e profitti.
La creazione di un movimento
mondiale in difesa della pace, della
sicurezza collettiva e del disarmo divengono quindi una necessit cruciale per evitare allumanit di cadere nelle barbarie.
Liberare lIraq dagli occupanti , in
questa prospettiva, un compito primario. Per il momento la Resistenza
irachena ha gi evitato lestendersi
del conflitto ai paesi vicini. Anche
lIran, che ha allinizio osservato
con cautela laggressione del paese
dei vicini-concorrenti iracheni, ha
appena riconosciuto, secondo le parole della guida suprema della rivoluzione iraniana, sia il carattere nefasto delloccupazione, sia la responsabilit degli Usa nel terrorismo, sia le sofferenze del popolo iracheno. Lincontro delle forze antimperialiste intorno alla vicenda
irachena ha inaugurato una nuova
era: quella in cui forze politiche, religiose, ideologiche diverse tra loro
devono imparare a cooperare.
Questa situazione permette alle
forze progressiste di allargare la
propria cerchia di influenza ed impone lurgenza di imparare nuovi
metodi di cooperazione con forze
molto diverse tra loro, con le quali,
fino ad oggi, la sinistra non aveva
che raramente avuto loccasione di
collaborare. Una realt che ci spinge ad inventare nuovi metodi di lavoro, un nuovo linguaggio di emancipazione, capace di integrare il meglio di ci che ogni corrente politica ha portato allumanit nella via
che conduce alla giustizia, alla solidariet e alla libert.
traduzione a cura di Arianna Catania

*Sociologo iracheno. Esiliato della


Resistenza irachena in Francia, a Parigi

Novembre - Dicembre 2005

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Le due opere richiedono investimenti


in parte pubblici, in parte nominalmente
privati, non ben definiti ma dellordine
di grandezza, per tutte e due, di 20
miliardi di euro, presumibilmente
distribuiti in una diecina di anni,
in ragione di circa 2 miliardi di euro
allanno, in parte sotto forma di salari

Alta Velocit
e Ponte di Messina

di Giorgio Nebbia

SEI

PROPOSTE PER L INTERESSE COLLETTIVO, CHE DUNQUE NON

VERRANNO ACCETTATE

ltre a molti altri problemi, ce ne


sono due che animano i dibattiti in
Italia in questa fine del 2005: la costruzione delle gallerie per la linea
ad alta velocit transalpina TAV
Torino-Lione e la costruzione del
Ponte di Messina.
Le due opere richiedono investimenti in parte pubblici, in parte nominalmente privati, non ben definiti ma dellordine di grandezza,
per tutte e due, di 20 miliardi di
euro, presumibilmente distribuiti
in una diecina di anni, in ragione di
circa 2 miliardi di euro allanno, in
parte sotto forma di salari, con vantaggio per loccupazione. Il valore
dellinvestimento complessivo va
confrontato con quello del prodotto interno lordo italiano del
2005, di circa 1400 miliardi di euro
(non comprende gran parte della
economia non osservata associata
a evasioni fiscali, redditi da attivit
criminali, da corruzione, eccetera).
Gli investimenti per le due opere
stradali sono giustificati da tre ordini di considerazioni. La prima,
molto importante, che questi soldi
tornano, in parte, nelleconomia
nazionale sotto forma di salari per i
lavoratori; la seconda che migliori
collegamenti, rispettivamente, fra
Italia e Francia e fra Sicilia e Italia
continentale, avrebbero ricadute
economiche importanti (le merci
nazionali o importate nei porti italiani raggiungerebbero veloce-

mente lEuropa centrale e quindi


porterebbero ricchezza allagricoltura e alle attivit portuali italiane);
la terza che il passaggio di veicoli e
merci su queste due grandi vie di comunicazione comporterebbe dei
guadagni, diretti e indiretti, per lo
stato e la comunit italiana, sotto
forma di tariffe.
Immaginiamo che il rendimento,
sotto forma di tariffe e di altri benefici monetari, possa essere di un
miliardo allanno nel corso di 20
anni, dopo i quali le tariffe vengono
(verrebbero) a rappresentare un
utile netto per gli investitori.
Alle due opere vengono rivolte varie obbiezioni di carattere sociale,
ambientale, tecnico, eccetera. La
galleria lunga nella val di Susa potrebbe incontrare difficolt tecniche, arrecherebbe alterazioni ambientali nella valle, eccetera: il
ponte sullo Stretto di Messina potrebbe essere difficile da realizzare,
passerebbe in territori esposti a sismicit, richiederebbe vie di accesso
dalla parte calabrese e siciliana con
profonde alterazioni del territorio.
Infine ci sono obiezioni sulla attendibilit dei reali costi e benefici monetari: si sa che le previsioni sono
difficili e nella recente storia industriale italiana abbiamo visto troppi
conti sbagliati, troppe previsioni avventate. Il dibattito investe e lacera
i partiti, anche nella sinistra, mette
ancora una volta in conflitto i diritti

e le speranze delle popolazioni locali e i diritti e le speranze dei lavoratori. Tralascio tutto il dibattito sotterraneo fra imprese, fra scienziati
e consulenti tecnici, e poi le speranze dei paesi europei che ci mettono una parte dei soldi e che si
aspettano una frazione dei profitti,
le speranze delle organizzazioni criminali di nuovi profitti.
Vorrei qui limitarmi a considerare se
esistono opere pubbliche alternative
che, con investimenti dellordine di
20 miliardi di euro, possono assicurare un ritorno di un miliardo di
euro allanno per alcuni decenni.
La presente tesi suggerisce che linvestimento di 20 miliardi di euro in
dieci anni in opere pubbliche di difesa del suolo, di sistemazione del
corso dei fiumi, di rimboschimento,
eccetera permetterebbe allo stato di
evitare costi superiori alle entrate
che gli verrebbero dallinvestimento richiesto per la ferrovia
Torino-Lione e per il ponte sullo
stretto di Messina.
In altre parole, se si avviasse un programma decennale di spese di 2 miliardi di euro allanno per difesa del
suolo, arginatura dei fiumi, rifacimento dei sistemi fognari, sistemazione delle strade esposte ad erosione, ricostruzione del manto vegetale, eccetera, dopo 10-15 anni si
ridurrebbe a zero (o diminuirebbe
grandemente) il costo, che stiamo
pagando ogni anno, da decenni, del

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risarcimento dei danni provocati


dalla mancanza di difesa del suolo.
La stima di un costo per la collettivit italiana di un miliardo di euro
allanno nellultimo mezzo secolo,
dovuto alla mancata difesa del suolo
e al mancato riassetto del territorio,
stata fatta attraverso una indagine
relativa a tutte le frane e alluvioni
che si sono verificate, calcolando in
ciascun caso quanto lo stato ha dovuto spendere per risarcimento dei
danni che andavano dalla distruzione di edifici pubblici e privati, di
strade e ponti, alla perdita del valore di raccolti agricoli, alla perdita
di lavoro e produzione per i danni
alle fabbriche e alle attivit economiche, eccetera; a questi costi pub-

Per una nuova politica del territorio,


per avviare serie iniziative
di difesa del suolo
non serv la frana di un pezzo
del monte Toc nel bacino
del Vajont, e i relativi
duemila morti del 1963
blici vanno aggiunti costi privati per
ritardi negli spostamenti, per il
tempo perduto, eccetera. Il dolore
e i morti non hanno posto o non figurano come costi nelle contabilit
monetarie.
Per il calcolo dei costi pubblici relativi al risarcimento dei danni per
frane e alluvioni, opportunamente
corretti per linflazione, come anno
zero pu essere preso il 1951, lanno
della grande alluvione del Polesine
provocata dal dissesto idrogeologico del lungo periodo fascista e di
guerra durante il quale si aggravato il taglio dei boschi ed venuta
meno la manutenzione dei fiumi.
In quellanno del grande dolore nazionale, ci si rese conto che la ricostruzione dellItalia avrebbe dovuto
dare priorit alle opere di difesa del

suolo; molte indagini e inchieste misero in evidenza la fragilit di molti


corsi dacqua, oltre al Po, in cui i detriti dellerosione si erano depositati nellalveo e avevano fatto diminuire la capacit ricettiva dei corpi
idrici. Inoltre era gi stata avviata
una graduale occupazione e privatizzazione delle fertili zone golenali,
originariamente appartenenti al demanio fluviale proprio perch ne
fosse conservata, libera da ostacoli
di edifici e strade, la fondamentale
propriet di accoglimento delle acque fluviali in espansione nei periodi di intense piogge.
Il miracolo economico degli anni
cinquanta e sessanta del Novecento
stato reso possibile dalla moltiplicazione di quartieri di abitazione, di
fabbriche e di attivit di agricoltura
intensiva che richiedevano una crescente occupazione del territorio,
nelle pianure e nelle valli. Nello
stesso tempo la intensa migrazione
interna dalle zone pi povere e dissestate del Mezzogiorno verso un
Nord che prometteva lavoro in fabbrica e paesi e citt pi vivibili e con
migliori servizi, ha lasciato vaste
zone del Mezzogiorno e delle isole
e delle montagne e colline esposte
allabbandono umano e esposte ad
un crescente degrado del territorio
e a una serie crescente di frane e alluvioni.
Per una nuova politica del territorio, per avviare serie iniziative di difesa del suolo non serv la frana di
un pezzo del monte Toc nel bacino
del Vajont, e i relativi duemila morti
del 1963. E neanche la grande alluvione di Firenze e Venezia del 1966,
un altro momento del grande dolore nazionale; anche allora fu riconosciuta, nel dissesto territoriale
la causa prima della tragedia; fu istituita la Commissione De Marchi che
rifer al Parlamento che occorrevano investimenti di diecimila miliardi di lire di allora in dieci anni
per opere di difesa del suolo. Opere
che non sono state fatte.
Nei decenni successivi la costruzione di edifici e strade ha continuato ad alterare, anzi in maniera
accelerata, profondamente la su-

Novembre - Dicembre 2005

perficie del suolo creando ostacoli


al flusso delle acque; si innescata
una reazione a catena che ha fatto
aumentare lerosione del suolo, i
detriti dellerosione hanno invaso
gli alvei dei fiumi e torrenti e, di conseguenza, diminuita la capacit
dei fiumi e torrenti e fossi di ricevere lacqua, soprattutto a seguito di
piogge pi intense.
Nello stesso tempo si sta assistendo a
modificazioni climatiche planetarie
che alterano i cicli delle stagioni e
delle piogge. Di conseguenza sempre pi spesso, il territorio e la collettivit italiani sono (e saranno)
esposti a frane e alluvioni che distruggono edifici, strade, raccolti;
sempre pi spesso le comunit danneggiate richiedono la dichiarazione di stato di calamit, che significa che lo stato deve provvedere a risarcire i danni provocati da calamit considerate naturali ma che
tali non sono: sono calamit dovute
ad errori e imprevidenza umani: per
evitarli la politica della protezione
civile dovrebbe essere sostituita con
una cultura della prevenzione.
A mio modesto parere, infatti, molti
dei danni potrebbero essere evitati
spendendo soldi pubblici, mediante,
cio investimenti che generano ricchezza pubblica sotto forma di soldi
non spesi per il risarcimento del valore monetario dei danni evitati.
Non a caso il presidente degli Stati
uniti Roosevelt, nel 1933, fece uscire
lAmerica dalla crisi con investimenti
per la sistemazione delle valli e del
corso dei fiumi, creando occupazione e tornando a rendere fertili
terre erose e assetate proprio per
leccessivo sfruttamento del suolo.
Un programma di opere pubbliche
per evitare costi futuri, quindi per far
aumentare la ricchezza futura, dovrebbe comprendere molte azioni,
tutte in genere difficili e sgradevoli.
La prima dovrebbe consistere in
una indagine dello stato del territorio, oggi facilmente eseguibile con
mezzi tecnico-scientifici come rilevamenti satellitari e aerei. Tanto per
cominciare gran parte di questo lavoro disponibile, sparso per di-

Novembre - Dicembre 2005

versi ministeri e agenzie: in parte


stato fatto (avrebbe dovuto essere
fatto) nellambito delle autorit di
bacino idrografico secondo quanto
richiesto dalla legge 183 per la difesa del suolo del 1989; in parte fu
(avrebbe dovuto essere) predisposto dal decreto del 1999 dopo lalluvione di Sarno. Tale indagine dovrebbe rilevare le vie di scorrimento
delle acque dalle valli verso il mare
e gli ostacoli attualmente esistenti a
tale flusso, rivo per rivo, fosso per
fosso, torrente per torrente, fiume
per fiume.
Come secondo passo, lindagine
sullo stato del territorio indica (indicherebbe) dove non devono essere fatte nuove opere come costruzioni di edifici e strade e dove
sarebbe opportuno localizzare futuri edifici e strade in moda da assicurare il deflusso senza ostacoli
delle acque. Le decisioni conseguenti la pianificazione delluso del
territorio - lindicazione di dove
si pu e di dove non si deve intervenire con opere nel territorio comporta due sgradevolissime conseguenze: la modificazione del valore di molte propriet private e la
necessit di una moralizzazione
della pubblica amministrazione alla
quale dovrebbe essere iniettato il
coraggio di dire no alle pressioni
di molti proprietari di suoli.
Come terzo passo lindagine sullo
stato del territorio indica (indicherebbe) dove esistono ostacoli al
flusso delle acque; tali ostacoli sono
costituiti da edifici o opere costruiti,
abusivamente o anche legalmente, al fianco dei torrenti e fossi,
talvolta nelle golene e negli alvei;
dalle arginature fatte per aumentare lo spazio occupabile a fini economici e che fanno aumentare la velocit e la forza erosiva delle acque,
dai ponti e dalle strade e dalle opere
che ostacolano il deflusso delle acque o che si trovano in zone esposte ad erosione, alluvioni e frane.
In parte tali ostacoli devono essere
rimossi; sar una scelta politica trovare delle forme di indennizzo per
i costi di spostamento e di demolizione di propriet private o di opere

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pubbliche; in qualche caso basta eliminare la cementificazione dei fianchi di colline; in altri si tratta di recuperare e riattivare antiche note
pratiche di drenaggio delle acque,
abbandonate in seguito allo spopolamento delle colline e montagne;
in altri casi si tratta di praticare una
pura e semplice pulizia di canali
e torrenti. Opere di manutenzione
idraulica esattamente equivalenti
alla manutenzione che viene praticata sulle strade, negli edifici, ai
macchinari, ma mirate allo scorrimento delle acque.
Come quarto passo una accurata indagine territoriale in grado di indicare come variata, nei decenni,
la capacit ricettiva dei torrenti e
fiumi; tale variazione dovuta sia al
deposito di prodotti dellerosione
nellalveo dei fiumi e torrenti, sia allescavazione di sabbie e ghiaie; nel
primo caso le acque piovane tendono ad uscire dagli argini e ad allagare le zone circostanti, e non servono le opere di innalzamento o cementificazione degli argini, ch
anzi aggravano la situazione, trasferendo a valle materiali che ostacolano altrove il deflusso delle acque:
nel secondo caso i vuoti lasciati dallescavazione fanno aumentare la
velocit e la forza erosiva delle acque in movimento.
Va anche tenuto presente che quanto avviene nel corso di fiumi e torrenti influenza i profili delle coste
provocando avanzata o erosione
delle spiagge, con conseguente, rispettivamente, interramento dei
porti o perdita di zone di valore economico turistico - e quindi ancora una volta costi per la collettivit e anche per privati.
La quinta azione - ma dovrebbe andare al primo posto come efficacia
- per rallentare e fermare i costi per
frane e alluvioni, consiste nellaumento della copertura vegetale del
suolo. La presenza di alberi e vegetazione fa s che la pioggia cada sulle
foglie, anzich direttamente sul terreno; le foglie e i rami sono elastici
e attenuano la forza di caduta e
quindi la forza erosiva delle acque.
Inoltre la loro presenza e la pre-

SOMMARIO
Alta Velocit e Ponte di Messina

G. Nebbia

Ritiro delle truppe dallIraq

11

G. Franzoni

I segreti dei servizi

13

G. Malabarba

Basi NATO e USA nel Mediterraneo

16

B. Steri

Lotta contro la guerra

19

P. Bernocchi

Legge Moratti e movimento studentesco 24


A. Giordano

Con i meccanici o con la Confindustria ?

27

G. Rinaldini

Mezzogiorno

29

R. Realfonso - P. Di Siena - S. Zolea

Nellinferno capitalista: les banlieues

41

B. Drweski

La Stanza dellArte

48

R. Gramiccia

Fuori dallisola di pace

50

R. Stella e D.Tromboni: una conversazione

Dalema e Mussolini

55

G. Pesce

Politica/Dibattito

56

S. Lo Giudice - G. Chiesa - G. Buffo

Comunisti e sinistra europea


64
Intervista a Heinz Stehr a cura di J. Peters
Documento del KSS a cura di K. Ondrias e L. Blaha
Mov. Comunista: Conferenza di Atene

68

Internazionale

71

Bielorossia (M. Gemma) - Alca (A. Riccio)

Lotta delle Idee

79

S. Cararo - F. Minazzi

Cultura

86

Il comunista: V. Magnani
La tigre e la neve: G.Livio e A. Petrini

Recensioni

91

Controstoria del liberalismo di D. Losurdo


a cura di L.Cavallaro
Italiani brava gente di A. Del Boca
a cura di S. Ferrari

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n. 355 del 12/04/2000
Bimestrale
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D.L. 353/2003 (con. in L. 27/02/2004 n46)
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S e rgio Cararo, Luigi Cavallaro, Giulietto Chiesa,
B runo Dr wski, Saverio Ferrari, Giovanni
Franzoni, MauroGemma, Agostino Giordano,
Roberto Gramiccia, Sergio Lo Giudice, Valeria
Magnani, Gigi Malabarba, Fabio Minazzi,
G i o rgio Nebbia, Karol Ondrias, Piero Di Siena,
Gigi Livio, Gianluigi Pegolo, Giovanni Pesce,
Jens Peters, Armando Petrini, Riccard o
Realfonso, Alessandra Riccio, Gianni Rinaldini,
Rosetta Stella, Bruno Steri, Subhi Toma, Delfina
Tromboni, Stefano Zolea
Per la realizzazione di questo numero non stato richiesto alcun
compenso. Si ringraziano pertanto tutti gli autori e collaboratori.

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16 Dicembre 2005
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senza di sottobosco rallenta la discesa delle acque e quindi la loro


forza erosiva.
Normalmente si ragiona in termini
di rimboschimento delle terre esposte ad erosione; il rimboschimento
tradizionale richiede pazienza, cultura e conoscenza delle caratteristiche del suolo, oltre che delle specie
vegetali, e tempo e manutenzione
perch il trasferimento delle piante
dai vivai al terreno opera lunga e
delicata; ma lattenuazione del moto
delle acque svolto anche dalla vegetazione minore, dalla macchia e
dalla vegetazione spontanea.
Purtroppo esiste una anticultura che
suggerisce o impone la pulizia, che
vuol dire distruzione, del verde, dalle
campagne alle valli, ai giardini privati
e pubblici urbani.
La macchia spesso estirpata per lasciare spazio per strade o parcheggi
o edifici: non ci si rende conto che
ogni foglia, anche la pi piccola e insignificante, anche quella che cresce
negli interstizi delle strade, ha un
ruolo positivo non solo come strumento per sequestrare dallatmosfera un po dellanidride carbonica
responsabile delleffetto serra e dei
mutamenti climatici, ma anche per
contribuire allo scambio di acqua fra
il suolo e latmosfera - essendo, ancora una volta, lacqua la fonte vera
della vita anche economica..
Alla distruzione del poco verde contribuisce la gestione del territorio
agroforestale, labbandono dellagricoltura di collina e montagna, la
diffusione di seconde case e attrezzature sportive proprio nelle valli,
una parte molto desiderabile del
territorio, la mancanza di amore
per la vegetazione che la forma
prima di vita, dalla quale dipendono tutte le altre forme di vita
umana ed economica.
La poca cura e protezione del verde
spontaneo la fonte degli incendi
(alcuni, molti sono provocati proprio per sgombrare il terreno dal
verde che ostacola costruzioni e speculazioni); gli incendi, a loro volta
lasciano il terreno esposto a crescente erosione.
C una sesta azione di sostegno alle

Novembre - Dicembre 2005

cinque precedenti che avrebbe anche il vantaggio di non costare


niente; unopera di informazione e
di pedagogia delle acque, di narrazione di come le acque si muovono nelle valli e nelle citt, delle interazioni fra il moto delle acque e il
suolo e la vegetazione e le opere
umane; al di l dellutilit pratica,
appunto per diminuire i costi annui
dovuti al risarcimento delle perdite
economiche provocate da frane e alluvioni, la cultura delle acque
avrebbe un valore politico e civile,
mostrando come la popolazione di
ciascuna valle unita, nel bene e nel
male, dalle acque che scorrono
nella valle stessa, mostrando le
forme di violenza che opere sconsiderate a monte esercitano sugli abitanti a valle.
Ma al di l di motivazioni etiche o
culturali, la comprensione del moto
delle acque e la consapevolezza che
il suolo va difeso da frane e alluvioni,
aiuta a far soldi, a fare cassa,
come si suol dire, a evitare, ripeto,
costi che cresceranno continuamente, se non si cambia politica, e
che saranno pagati anche da coloro
che credono di trarre profitto individuale da tale violenza.
Si tranquillizzi il lettore che nessun
governo sensato - secondo le regole
della societ dei consumi e del libero mercato - far mai niente di
quello che ho sopra esposto come
auspicabile alternativa alle opere
pubbliche ufficiali. Nessuno gli
chieder di togliere lasfalto del suo
parcheggio o giardino per sostituirlo con un po di prato. Tanto
meno nessun governo gli negher
di costruire in zone dove il buon
senso indica che dovrebbero passare le acque, o gli impedir, nel
nome dellinteresse delle acque,
cio della collettivit, di costruire
sul suo terreno privato. Quello che
io farei non si far perch supporrebbe una svolta verso un modo di
amministrare la cosa pubblica - le acque, i fiumi, il suolo - nellinteresse
collettivo, e questa un modo di fare
comunista, da evitare con ogni
forza: meglio TAV e Ponte.

Novembre - Dicembre 2005

Guerra infinita/Lotta per la pace

Bisogna realizzare un incontro costruttivo


con lala politica della Resistenza
irachena sia in vista di un avvio
del processo di riconciliazione in Iraq,
che in vista di un tavolo di trattativa per
i tempi tecnici del ritiro degli italiani cui
partecipi anche la Resistenza irachena

Ritiro delle truppe


dallIraq:
linterlocutore sia
la Resistenza

di dom Giovanni Franzoni

LA QUESTIONE CENTRALE PER LA FUTURA DEMOCRAZIA IRACHENA


IL RITIRO DELLE FORZE DOCCUPAZIONE NON PU ESSERE DECISA
CON LATTUALE GOVERNO IRACHENO, NATO DALLE BOMBE AMERICANE

a concomitanza di alcune circostanze rende particolarmente urgente, per quanti sono seriamente
impegnati sul tema della pace, precisare contenuti e linguaggi circa il
ritiro dei nostri militari in Iraq.
Nellambito del centro-sinistra vi
una certa unanimit nel considerare la guerra in Iraq come immotivata, illegittima, inutile e rovinosa
ed il ritiro del nostro contingente
come doveroso. Questo significherebbe che, nel caso in cui si verificasse una vittoria dellUnione nelle
ormai prossime elezioni politiche in
Italia, cosa auspicata ed anche probabile, il ritiro delle nostre truppe
dovrebbe essere immediato, salvo
tempi tecnici da determinare.
Ma qui si apre un ventaglio di possibilit: i tempi tecnici del ritiro dovranno essere trattati con i rappresentanti locali del discusso governo
iracheno o con le forze della resistenza o con entrambe?
Il ritiro dovr avere il carattere di un
misconoscimento della partecipazione ad una guerra che il nuovo governo non avrebbe mai voluto?
Oppure quello di una metamorfosi
dei fini e di un gioco trasformistico
in cui non ci sono n approvazioni
n sconfessioni della politica dellalleato americano?
A questo ventaglio di posizioni che
molti nel centro-sinistra potrebbero
coltivare per sfuggire alla perento-

riet dellaffermazione ritiro immediato potrebbero aggiungere


confusione i radicali, che arrivano
nella sinistra con una dottrina
tutta particolare.
Pannella dice che si equivocato
sulla sua posizione: lui, promovendo le marce antimilitariste e lobiezione di coscienza era antimilitarista ma non pacifista. Io, per
esempio, che sono sempre stato pacifista e avevo partecipato con lui
alla marcia antimilitarista di Udine
non lo avevo capito. Massimo Teodori, che fino a ieri era radicale oggi
non so, tanto militarista che a
Primo Piano dichiara che gli eserciti
regolari, solo perch tali, possono
usare contro i tagliateste qualsiasi
arma, compreso fosforo bianco o
altri armi chimiche ed Emma Bonino, che certamente radicale lo ,
ignorando non so se volutamente o
inscientemente tutte le componenti laiche, nazionaliste e religiose della resistenza politica irachena, grida
a gran voce che ritirare le nostre
truppe significherebbe consegnare lIraq ai tagliateste.
Poich il tempo stringe e gi alcuni
autorevoli politici del centro-sinistra si sono lasciati sfuggire parole
tendenti a esprimere una sostanziale continuit nellamicizia con gli
Usa che poi si esprime come inossidabile fedelt allalleanza militare e
ad una sempre pi velata critica a

questa sporca guerra coloniale, indispensabile porre il centro-sinistra


di fronte ad una situazione chiara e
fino ad oggi imprevista.
Per fare questo bisogna realizzare
un incontro costruttivo con lala politica della Resistenza irachena sia in
vista di un avvio del processo di riconciliazione in Iraq, che in vista di
un tavolo di trattativa per i tempi
tecnici del ritiro degli italiani cui
partecipi anche la Resistenza irachena.
La parola riconciliazione compare
per la prima volta in un documento
programmatico delle Forze patriotti che contro loccupazione in data 15 febbraio 2005.
Va sottolineato che oltre a chiedere
un calendario chiaro, pubblico,
vincolante e internazionalmente
garantito del ritiro delle truppe di
occupazione esigono il riconoscimento della resistenza irachena e
del suo diritto legittimo a difendere
il proprio paese e le proprie risorse
come il rifiuto del terrorismo che
prende di mira iracheni innocenti,
strutture e istituzioni di pubblica
utilit e luoghi di culto moschee,
husseniye (centri sciiti), chiese e
tutti i luoghi santi.
Bench la Resistenza non riconosca
validit alle elezioni svolte in base
alla legge dettata dagli occupanti,
tuttavia la parola riconciliazione
rimbalza nei confronti delle istitu-

11

Guerra infinita/Lotta per la pace

zioni provvisorie create con le elezioni e il presidente Talabani propone una riconciliazione verso
quelle forze che sono disposte a deporre le armi.
Mentre la risposta di Al Qaeda, che
non combatte in casa sua, negativa, dura e violenta, non si conosce
ancora una risposta della Resistenza
nazionalista ma presumibile che
non deporr le armi. Si pu peraltro supporre che, se parla di riconciliazione, sia disposta ad un armistizio fra iracheni.
Per quanto ci possiamo entrare noi
italiani e soprattutto noi sinistra italiana sembra che si imponga una
iniziativa politica per facilitare larmistizio fra iracheni, tagliare fuori
dalla trattativa gli stranieri e individuare il soggetto con cui definire i
tempi tecnici e le modalit del immediato ritiro del nostro corpo.
Per fare questo peraltro necessario che il nostro Ministero degli Esteri dia il visto di ingresso ai rappresentanti politici della Resistenza
come il Movimento sciita di Muqtada
Al Sadr, il National Iraqi Foundation
Congress, il Consiglio degli Ulema, il
Consiglio per la volont delle donne, il
Partito comunista per lUnit popolare,
il F ronte patriottico per la liberazione
(nazionalista) ecc. altrimenti la Re-

sistenza irachena, per gran parte degli italiani rimane senza volto e viene
confusa, soprattutto da chi ama la
confusione, con i tagliateste.
Qualsiasi cosa ne pensino i nostri

Novembre - Dicembre 2005

padroni di Oltreoceano.
Sarebbe un dignitoso atto di sovranit nazionale e un contributo significativo alla fine di questa guerra
criminale.

LAssociazione Amicizia Italia Iraq. LIraq agli iracheni si propone di sostenere


la resistenza irachena contro loccupazione straniera in Iraq, ivi compresa quella
italiana, rifiutando anche una eventuale integrazione di forze militari delle
Nazioni Unite o della NATO, nel disegno politico in atto con loccupazione mi litare a guida americana.
Il rifiuto totale anche verso lingerenza di poteri esterni che agiscono con atti
terroristici per finalit estranee agli interessi del popolo iracheno.
Latto terroristico, il sequestro di ostaggi, il processo sommario ed altre forme
di terrorismo, anche per dichiarazioni recenti e ripetute, provenienti da varie
autorevoli fonti, sono del tutto aliene dai metodi della resistenza irachena che
aspira ad avere un futuro politico e si candida alle prossime elezioni.
Il primo progetto, in fase avanzata di contatti, si concretizza in un invito alli mam Javadh Al Khalisi, Presidente del Iraqi Foundation Congress che raccoglie
sciiti, sunniti, laici, cristiani e curdi..
Lassociazione che ha provvisoriamente per presidente, Mario Franzoni (detto
Giovanni), ha per vice presidente Kadhim Saadie Sakadhim. Hanno aderito
Raniero La Valle e giornalisti come Giancarlo Lannutti (Liberazione), Stefano
Chiarini (Manifesto), Marinella Correggia e molti altri.
Per informazioni o adesioni rivolgersi al segretario Stefano Toppi 328.4366864,
amiciraq@libero.it o a Giovanni Franzoni 06.4454054. Lassociazione ha sede
in Roma, via dei Mille,6 00185.
Eventuali versamenti possono essere effettuati sul C/C postale 62040001 inte stato a Mario Franzoni, con la precisazione: per Associazione Amicizia ItaliaIraq.
Per aderire sufficiente inviare i propri dati anagrafici, lindirizzo e la quota
annuale di almeno cinque euro. Studenti e disoccupati possono chiedere leso nero dalla quota di partecipazione.

ONU: proibizione delle nuove armi di distruzione di massa


LAssemblea generale dellONU adotta una risoluzione proposta dalla Bielorussia, con il voto contrario degli USA e lastensione di Israele
Nella serata del 9 dicembre le agenzie internazionali di stampa hanno diffuso una notizia riguardante
i lavori dellAssemblea generale dellONU.
Con 180 voti a favore, un contrario (gli Stati Uniti) e un astensione (Israele) stata approvata una risoluzione riguardante La proibizione dello sviluppo e della produzione di nuovi armamenti di distruzione di massa, presentata dal rappresentante della Repubblica di Belarus e appoggiata dalle delegazioni di altri 14 paesi facenti parte dellONU.
Secondo fonti del Ministero degli esteri bielorusso, Il documento stabilisce di lasciare la materia riguardante la proibizione di nuovi armamenti di distruzione di massa nellagenda della conferenza per
il disarmo allo scopo di creare un meccanismo che renda efficace la risposta in caso di necessit.
a cura di Mauro Gemma

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Novembre - Dicembre 2005

Guerra infinita/Lotta per la pace

Scandalosa non sarebbe tanto


la guerra quanto Berlusconi
che si accredita presso Bush
portandogli qualche pezza
dappoggio per poter bombardare
Baghdad... Cerchiamo di capire
quel che sta succedendo e perch

I segreti dei servizi

di Gigi Malabarba
Capogruppo Prc al Senato

SERVIVANO DAVVERO PROVE PER ATTACCARE LIRAQ?


LA LOTTA SOTTERRANEA PER LA RIORGANIZZAZIONE DEGLI APPARATI
DI SICUREZZA AL TEMPO DELLA GUERRA GLOBALE E PREVENTIVA

l feuilleton a firma di Giuseppe


DAvanzo, che compare da mesi sul
quotidiano La Repubblica, vorrebbe
dimostrare che furono i servizi segreti italiani a fabbricare le prove
false sulle acquisizioni di uranio dal
Niger da parte di Saddam Hussein
sulla base delle quali Bush decise di
attaccare lIraq. Lo scandalo CIAgate scoppiato negli Stati Uniti ne
sarebbe una schiacciante conferma.
Scandalosa non sarebbe tanto la
guerra (vi ricordate il quotidiano,
ancora diretto da Eugenio Scalfari,
allindomani dell11 settembre,
sulle valide ragioni degli USA e
dellOccidente di difendersi?),
quanto Berlusconi che si accredita
presso Bush portandogli qualche
pezza dappoggio per poter bombardare Baghdad... Cerchiamo di
capire quel che sta succedendo e
perch.

N I G E R - G AT E :
REPUBBLICA

I L P O LV E R O N E D I

Dopo lattacco e linvasione dell


Afghanistan dei Talebani, come prima risposta Usa allattentato alle
Torri Gemelle avallata dallOnu (e
dal centrosinistra in Italia), lamministrazione Bush si era riproposta di
realizzare loperazione principale
nellarea: labbattimento con la forza del regime di Saddam Hussein.

Ci era stato pianificato senza particolari infingimenti. Si trattava solo


di definirne tempi e modalit, nonch elementi di sostegno alla nuova
impresa militare. Prendendo a pretesto le dichiarazioni propagandistiche della propria forza da parte
dellIraq, Stati Uniti e Gran
Bretagna iniziano una campagna
sullesistenza delle cosiddette armi
di distruzione di massa, nonostante
gli ispettori delle Nazioni Unite inviati a pi riprese a Baghdad non
avessero mai avuto alcun riscontro
positivo n su armi o depositi per la
guerra chimica o batteriologica e
tanto meno per quella nucleare.
Siamo nel 2002. Le intelligences alleate e in particolare quella italiana la pi impegnata sul terreno
dopo la CIA e il M16 britannico riferiscono di un regime indebolito e
della totale incapacit di resistenza
allinvasione a causa delle distruzioni subite dal proprio apparato
convenzionale e di assenza di armamento non convenzionale NBC.
Tutta la campagna propagandistica
angloamericana, per, continua ad
elencare dettagliatamente quel che
Saddam possiederebbe, esercitando pressioni e minacce sugli
ispettori dellAIEA. I presunti tentativi di acquisizione di uranio yel lowcake dal Niger non rientrano in
nessuna campagna specifica, tanto
sono poco significativi. Ma per il dis-

corso sullo Stato dellUnione pronunciato da Bush il 29 gennaio


2003, ossia la dichiarazione di
guerra allIraq, non c bisogno di
portare prova alcuna: Saddam ha
armi di distruzione di massa, punto.
E va abbattuto. Berlusconi, a sua
volta, elenca davanti al Parlamento
italiano negli stessi giorni gli esatti
quantitativi di antrace, di gas tossici,
ecc. diffusi dagli USA. Di atomica
neppure si parla, non serve.
I riferimenti al Niger riguardano
esclusivamente linvio dellex ambasciatore Wilson nel paese centroafricano per verificare la fondatezza del dossier sullacquisto di uranio da parte dellIraq, che si conclude con la constatazione che quel
carteggio era una patacca.
Come si sa, a marzo 2003 lattacco
allIraq si compie, e di l a poco Bush
decreter la missione compiuta,
con la fine della guerra. La verifica
della totale non esistenza di armi di
distruzione di massa non argomento che si possa rinfacciare ai vincitori. Chi mai si occupa pi di Hans
Blix e degli ispettori dellONU?
Saddam era o no il dittatore cattivo
da cacciare? Anche con la forza, perch no? Cos tuonava anche
Repubblica contro le belle anime pacifiste...
Delluranio del Niger nessuno si
preoccuperebbe pi. Sennonch la
guerra non finisce affatto, anzi

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Guerra infinita/Lotta per la pace

solo agli inizi, e lo scontro tra gli apparati negli Usa fortissimo. Da una
parte i falchi procedono alla liquidazione dei settori meno allineati
alla dottrina della guerra preventiva
di George Bush, gi iniziata subito
dopo l11 settembre. La vittima pi
importante sar il capo della CIA nominato da Clinton, George Tenet,
costretto a lasciare nel 2004. Si tratta
di un enorme sconvolgimento.
Tenet quello che ogni mattina alle
7.45 riferiva al Presidente sulla situazione della sicurezza Usa contro
il terrorismo. Al suo posto la riorganizzazione prevede lingresso di
John Negroponte, gi quadro dellintelligence in Vietnam, poi coordinatore della controinsorgenza negli
anni 80 in Centroamerica e artefice
dellaffare Iran-Contras, poi ambasciatore allOnu nella fase della sua
picconatura da parte Usa, e quindi
dal 2004 capo della diplomazia americana a Baghdad. Lo zar Negroponte viene posto a capo di tutte le 15
intelligence USA, subordinando la
stessa CIA, che passa nelle mani del
pi allineato Porter J. Goss.
Solo lintelligence direttamente controllata dal Pentagono, gi totalmente nelle mani del falco ministro
della difesa Donald Rumsfeld, mantiene la sua autonomia e agisce fuori
controllo del Parlamento...
in questo clima che nel 2003, a
guerra gi avviata, iniziano a volare
gli stracci sulle cosiddette prove:
c unindagine dellFBI (giugno
2003) e della procura militare italiana (luglio 2003) su possibili documenti falsi forniti dal Sismi agli Usa
relativi alluranio del Niger, che si
concluderanno con larchiviazione.
Ma la crisi progressiva degli Usa, che
si impantanano sempre pi in Iraq,
accentua le contraddizioni nellamministrazione. Negli Stati Uniti si
viene a sapere che la moglie dellambasciatore Wilson era unagente della CIA, gettando cos discredito sul marito, fatto passare agli
occhi dellopinione pubblica come
persona non disinteressata: scoppia
il CIA-gate. La fabbricazione dei
falsi e delle bugie sulla guerra in
Iraq sta a Washington, questa lu-

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nica cosa certa. Ma perch allora risalire al ruolo del Sismi nelleventuale fabbricazione delle prove
false, quando questa vicenda nulla
ha a che vedere con quella americana, se non per il possibile coinvolgimento di uno dei paesi produttori di yellowcake come il Niger?
E soprattutto per levidente marginalit di tutto ci nelle decisioni
prese a preventivo di scatenare la
guerra in Iraq.
Sta a vedere che i depistatori, gli Usa
e lamministrazione Bush, risultano
essere depistati... dal Sismi e da
Berlusconi! Il Sismi, che ancora nel
novembre-dicembre 2002 sostiene
che eventuali acquisizioni di yellow cake e altro materiale non consentirebbero prima di almeno cinque
anni alcun utilizzo in senso militare allIraq (audizione del generale Pollari al Copaco), per poi
smentire completamente i dati del
falso dossier sul Niger nei mesi successivi, viene fatto passare da
Repubblica come il costruttore delle
prove false.
Senza entrare in eccessivi dettagli
sulle ricostruzioni di Repubblica, che
in gran parte si basano non a caso
su dati forniti dai settori pi reazionari dellestabilishment americano,
DAvanzo mette la sordina sul fatto
che una giornalista di Panorama a
fornire il 9 ottobre 2002 alla CIA, attraverso lambasciata Usa a Roma, il
falso dossier sul Niger. Ossia il
giorno dopo quello in cui Vincent
Cannistraro, ex capocentro della
CIA a Roma, scrive sul Guardian che
alla CIA sta per arrivare un dossier
sul Niger...
A cosa, e soprattutto a chi, serve il
tentativo di Repubblica di inserire il
ruolo del Sismi italiano nello scontro durissimo tra gli apparati Usa,
ancora in corso oggi nonostante
linsediamento di Negroponte e il
cambio ai vertici della CIA?
Perch si mette laccento a posteriori su maldestri tentativi di vendere prove false da parte del Sismi,
ignorando fatti ben pi gravi, come
la partecipazione del Sismi nella
concreta preparazione della guerra
in Iraq insieme alla CIA nellanno

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precedente i bombardamenti?
Questo s per decisione del Ministro
della difesa, Antonio Martino, e del
governo Berlusconi.
Perch, nonostante lofferta di pubblicare in anteprima il dossier di
RAInews24 sulluso di armi di distruzione di massa da parte dei marines contro Falluja, Repubblica lha
rifiutato?
Perch, oggi, mentre si sta ripetendo volgarmente la medesima sceneggiata sulla preparazione dellatomica da parte dellIran e si organizzano manifestazioni bipartisan
davanti ambasciata di Tehran a
Roma, si ignora che Israele sta procedendo al riarmo nucleare anche
con laiuto dellItalia e delle sue universit, dopo lapprovazione non
contrastata dal centrosinistra del
Memorandum di cooperazione militare Italia-Israele dei mesi scorsi?
Perch, mentre anche dal partito
democratico Usa si levano delle voci
per il ritiro delle truppe dallIraq,
questo obiettivo palesemente contrastato in Italia, nonostante lopinione favorevole della grande maggioranza dei cittadini?
Perch produrre prove false a sostegno della propaganda di guerra
(peraltro a guerra gi fatta) ritenuto pi grave che fare la guerra
stessa da parte dellItalia, prima con
la sua intelligence e poi con il concreto invio delle truppe?

NEGROPONTE

DE GENNARO

Capisco lirritazione del capo della


polizia, simbolicamente additato
dal sottoscritto come il Negroponte
italiano, ma il gioco quanto mai
scoperto.
Gianni De Gennaro stato nominato al vertice della pubblica sicurezza dal governo di centrosinistra,
dopo lunghe frequentazioni transatlantiche nella lotta alla mafia e al
traffico di droga. lesponente che
incarna la modernizzazione degli
apparati al tempo della guerra globale: a Napoli nel marzo 2001 (governo di centrosinistra) e a Genova
a luglio dello stesso anno (governo

Novembre - Dicembre 2005

di centrodestra) gestisce il fronte


interno di questo scenario internazionale. Poliziotti e carabinieri
che scatenano la repressione di
piazza in Italia sono gli stessi impiegati nei teatri di guerra in Somalia,
nei Balcani e in Medio Oriente. I comandi sono fisicamente gli stessi,
stessa la regia che attraversa indenne differenti quadri politici.
Stesso lo scontro che prosegue tra
gli apparati. C anche il rischio assai fondato che tutto ci si riproduca anche dopo la fine del governo
Berlusconi.
La cartina di tornasole il caso
Calipari. Non stiamo parlando di
servizi buoni e di polizia cattiva: solo
gli sciocchi possono pensarlo.
Stiamo parlando di un progetto di
riorganizzazione che prevede un allineamento totale con le esigenze
dellimperialismo americano, e di
apparati (e forze) che entrano in
contraddizione con questo progetto data la collocazione geopolica
dellItalia. LItalia stata indispensabile, con la sua intelligence, nella
preparazione logistica delle guerre
imperialiste in Medio Oriente, per
i rapporti con i regimi dellarea e la
penetrazione nei loro apparati.
LItalia, nel contempo, si avvalsa di
quei rapporti ivi compresi quelli
con i servizi degli stati canaglia e
con i gruppi inseriti negli elenchi dei
terroristi per ottenere il rilascio
degli ostaggi italiani in Iraq, sulla
base di negoziati con i rapitori. E anche francesi e... persino americani!
La linea della fermezza dettata dal
Centro ostaggi di Baghdad, controllato da John Negroponte, non
stata applicata dallItalia fin dal rapimento dei quattro contractors. Si
cercato di mascherare il negoziato
per il loro rilascio con un blitz arti-

Guerra infinita/Lotta per la pace

ficiale dei marines nella liberazione


di Stefio, Agliana e Cupertino, e poi
con un ruolo di facciata umanitaria
attraverso la CRI di Scelli per la liberazione delle due Simone. La tensione tra Usa e Italia nel corso del
2004 era palpabile: la squadra di
Nicola Calipari era a rischio fortissimo. La liberazione tramite negoziati anche di Giuliana Sgrena diventava intollerabile per Washington. Per questo, sotto la regia diretta
dellex ambasciatore Negroponte,
presente sul luogo dellassassinio
(le dinamiche della liberazione potevano prevedere scenari diversi e
necessitavano decisioni in tempo
reale sul campo al massimo livello),
la linea della fermezza viene imposta al governo italiano con un atto
inequivocabile.
Governo che peraltro si allinea in
cinque minuti! Perch non succede
niente in Italia, se non goffi tentativi di gestire una versione dei fatti
talmente falsa da non poter essere
sottoscritta neppure nel quadro di
una finta commissione dinchiesta
congiunta italo-americana?
La spiegazione che questo conflitto tra Italia e Usa, dati i differenti
interessi congiunturali in campo (la
gestione positiva degli ostaggi era
essenziale per qualsiasi governo in
Italia, mentre qualsiasi pagamento
di riscatto era ritenuto finanziamento del terrorismo per gli Stati
Uniti), stato loccasione per tentare di dare il colpo di grazia al Sismi
e imporre unaltra gerarchia negli
apparati italiani.
Buoni e cattivi, dunque? No. Come
per lestromissione del capo della
CIA ad opera dei falchi del Pentagono, cos lindebolimento del
Sismi in Italia funzionale al nuovo
progetto. La costituzione del CASA,

infatti, un centro di coordinamento


dellattivit antiterrorismo, interna
e internazionale, istituito presso il
Viminale, cui debbono sottostare
tutti e tre i servizi di intelligence italiani, un punto segnato a proprio
favore da Gianni De Gennaro, che
l a capo ha piazzato un suo uomo
di fiducia.
Per rispondere quindi ad alcuni dei
perch precedentemente posti, rispetto al ruolo di DAvanzo e del
quotidiano La Repubblica, mi permetto solo di ricordare che, mentre
tutto il paese si stringeva attorno ad
un valoroso agente caduto sotto i
colpi del fuoco amico per salvare
Giuliana Sgrena, un solo giornale si
permise un altro approccio, denunciando la squadra del Sismi di Nicola Calipari come quella dei furbetti
italiani che cercano di imbrogliare
gli americani. Gli argomenti usati
erano anche in quelloccasione
quelli esplicitamente ispirati dal
Pentagono.
Sullispiratore italiano di La Repub blica, invece, mi pare di aver detto
abbastanza.
Una sola annotazione sulla vicenda
Niger-gate. Se il feuilleton dovesse
continuare, inasprendo ulteriormente lo scontro anche tra i servizi
europei, dato che nessuno vuol pagare per gli altri, il risultato rischia
di essere quello di far capire che la
non partecipazione alla guerra in
Iraq da parte della Francia non sia
proprio stata dettata da propensioni
pacifiste, e che il controllo neocoloniale delluranio nigeriano attraverso la multinazionale COGEMA
rappresenta un interesse concorrente agli Usa, com evidente nelle
forniture di uranio allIran e non
solo da parte di Parigi. Ma questa
unaltra storia.

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Guerra infinita/Lotta per la pace

Novembre - Dicembre 2005

Il bilancio italiano sopporta


il peso di una parte rilevante
dei costi delle basi statunitensi:
lItalia , con il 37% delle spese
complessive, il Paese Nato
che ha versato agli Usa
la quota maggiore di contributi

Basi Nato e Usa


nel bacino
del Mediterraneo

di Bruno Steri

DAL 7 AL 10 NOVEMBRE SCORSI SI TENUTA A LAVANA LA


CONFERENZA INTERNAZIONALE CONTRO LE BASI MILITARI STRANIERE
NEL MONDO, ORGANIZZATA DAL MOVIMENTO CUBANO PER LA PACE
E LA SOVRANIT DEI POPOLI. PUBBLICHIAMO LA RELAZIONE ALLA
CONFERENZA DEL COMPAGNO BRUNO STERI, INTERVENUTO A NOME
DEL COMITATO PER IL RITIRO DEI MILITARI ITALIANI DALLIRAQ

Voglio innanzitutto esprimere il


mio convinto apprezzamento per
questo Forum internazionale contro la presenza di basi militari straniere nel mondo, tempestivamente
e accuratamente organizzato dal
Movimento Cubano per la Pace e la
Sovranit dei Popoli. Si tratta di un
tema che torna oggi ad assumere
unimportanza sempre maggiore e
ad occupare un posto di primo
piano nellagenda della mobilitazione antimperialista.
Mi pare opportuno insistere sul ruolo strategico dellarea mediterranea
nel contesto della guerra preventiva e permanente e in relazione
alla riorganizzazione delle strutture
logistiche e delle truppe Usa e Nato
dislocate in Europa. Lestablishment
statunitense sta operando cambiamenti significativi nella dislocazione
planetaria dei suoi contingenti militari. Gli Usa ritirano o riducono le
truppe da alcune zone dellEuropa
Occidentale, per esempio dalla
Germania. Ma, al contrario, incrementano la loro presenza in altri
punti strategici, costruendo nuove
basi militari nellEst Europa (in
Ungheria, nei Paesi Baltici), mantenendo importanti insediamenti militari nelle repubbliche asiatiche ex

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sovietiche, in Afghanistan. N dobbiamo dimenticare che, se oggi


lIraq un paese devastato dalle
bombe (senza ospedali, senza energia elettrica, senzacqua), esso tuttavia pu gi contare su un buon numero di basi statunitensi.
Alla luce delle nuove esigenze strategiche, lasse di questa riorganizzazione viene a interessare, innanzitutto, quella vasta area che dai
Balcani passa per le regioni caucasiche e arriva al Golfo: unarea strategicamente preziosa dal punto di
vista della produzione delle risorse
energetiche e della loro distribuzione. Come sosteneva gi qualche
anno fa lex segretario americano
Brzezinski, nella grande scacchiera del mondo il controllo di
questa area gioca un ruolo decisivo
per il controllo dellintero pianeta,
poich essa si trova in posizione centrale, a ridosso di Russia, Cina e
della stessa Europa. Chi controlla
questarea condiziona lestrazione
del petrolio (e in questo modo, determinando il volume del petrolio
estratto, pu determinarne la formazione del prezzo). Cos si esercita
un grande potere di condizionamento non solo su chi produce petrolio (Russia, paesi dellOpec), ma

anche su chi si approvvigiona di petrolio (Cina, Europa). Lasse geografico di cui parliamo si allarga ad
includere il continente africano, altro sconfinato territorio che si affaccia da Sud sul Mediterraneo,
ricco di materie prime e risorse
energetiche: anche in questa parte
del mondo la crescente sete di energia ha acuito la concorrenza tra i
poli imperialisti (Usa e Europa, in
particolare); e i conflitti sempre pi
frequenti (spesso eterodiretti) che
coinvolgono i Paesi africani ne sono
precisa testimonianza.
del tutto chiaro, in definitiva, che
parlare di eserciti comporta immediatamente parlare di fonti energetiche: non a caso i primi seguono e
proteggono invariabilmente le
rotte di queste ultime.
2. In questo quadro generale, cos
rapidamente tratteggiato, la penisola italiana continua a costituire
una formidabile rampa di lancio in
direzione di quelli che oggi sono
e purtroppo domani potrebbero essere i principali teatri di guerra.
Non dunque un caso se lItalia
oggi oggetto di un generale rafforzamento della presenza Usa e Nato.
Va sottolineato che rispetto alla

Novembre - Dicembre 2005

classificazione proposta in una delle


relazioni introduttive di ieri mattina
il potenziamento riguarda la presenza di basi militari tradizionalmente intese, cio di siti permanenti e di consistenti dimensioni.
Non un caso che il comando strategico della cosiddetta forza di reazione rapida sia stato trasferito da
Londra a Napoli, a riprova del fatto
che lasse dellimpegno bellico in
Europa si va spostando verso Est e
verso Sud. Come noto, il suddetto
nuovo nucleo di intervento armato
risponde ai nuovi canoni offensivi e
non meramente difensivi dellordinamento atlantico, ed chiamato
ad intervenire in ogni punto del
globo in tempi rapidi e con lapporto di mezzi tecnologicamente
avanzati.
Tutte le principali basi militari, situate in particolare nella parte centro-meridionale della penisola italiana, sono oggetto di lavori di ristrutturazione ed ampliamento: da
Camp Darby (in Toscana) e La
Maddalena (da 35 anni parcheggio
di sommergibili nucleari nellisola
della Sardegna) a Taranto e Sigonella (nellestremo Sud del territorio italiano). Queste basi sono aree
off limits, del tutto sottratte alla sovranit territoriale italiana. Ad
esempio, la base sarda de La
Maddalena-S. Stefano adibita a
base appoggio per sottomarini nucleari Usa sulla base di un accordo
segreto siglato da Roma e
Washington nel 1972, un accordo
mai ratificato dal Parlamento italiano e tuttora sottoposto a segreto
militare.
3. A maggio di questanno su unagenzia di stampa comparsa una
nota - ovviamente del tutto trascurata dalla grande stampa nazionale
- con cui si iniziato a squarciare il
velo di silenzio attorno ad un negoziato concernente la creazione di
nuove basi militari in Italia e il potenziamento di quelle gi esistenti,
nonch la loro destinazione duso.
A 60 anni dalla fine della seconda
guerra mondiale, anzich recuperare la sovranit violata del nostro

Guerra infinita/Lotta per la pace

Paese contrattando la chiusura o


quanto meno il drastico ridimensionamento delle strutture militari
straniere attive sul territorio, il governo italiano ha dunque continuato e continua a lavorare perch
lItalia resti la portaerei degli Usa
nel Mediterraneo.
Loggetto della suddetta trattativa,
svoltasi finora nel segreto pi totale,
la concessione del diritto duso degli insediamenti presenti e in via di
costruzione a forze speciali di
pronto intervento statunitensi che,
nelle intenzioni del Pentagono, potrebbero lanciare attacchi nei confronti di paesi terzi. I contatti tra
Roma e Washington su tale tema
sono avvenuti nel corso di questanno ai pi alti livelli dei vertici
militari della difesa italiana e del
Pentagono; ma di ci avrebbero discusso a suo tempo anche i rispettivi
ministri della difesa.
In effetti la delibera del Consiglio
supremo di difesa italiano datata 19
maggio 2003 frutto di discussioni
iniziate due mesi prima, proprio a
ridosso dellinizio dellintervento
contro Saddam stabilisce esplicitamente che nessuna struttura italiana possa essere impiegata per
operazioni militari allestero, a
meno che lintervento non sia stato
autorizzato dallOnu. Tu t t a v i a ,
come ha spiegato ad esempio
Gianandrea Galiani, direttore della
rivista specializzata A n a l i s i d i f e s a,
fino a che gli Stati Uniti avranno
un massiccio impegno in Iraq, non
potranno gestire operazioni militari di ampio respiro ma si concentreranno sulla capacit di colpire
obiettivi ridotti (siti di armi di distruzione di massa, cellule terroristiche) con raid, impiegando forze
speciali. Per fare questo hanno disposto accordi con numerosi Paesi,
anche in Africa Centrale, per potervi schierare unit di forze speciali
per missioni specifiche. Forze che,
per essere impiegabili, hanno necessit di avere basi madre pi ampie in territori alleati in Paesi come
lItalia, dalle quali potersi muovere
liberamente verso qualunque area
operativa. Come detto, le zone di

crisi descrivono una curva ideale attorno al bacino del Mediterraneo:


Medio Oriente, Caucaso e regione
del Golfo, continente africano. Ben
si comprende quindi come e perch
Italia e Spagna (pi la Tu r c h i a )
siano gli unici Paesi europei dove gli
Usa intendono potenziare, invece
che ridurre, le loro infrastrutture
militari. Come lo stesso sottosegretario di stato statunitense, Nicholas
Burns, ha affermato: Auspichiamo
di poter continuare a lavorare con
il governo italiano, a cui siamo grati,
e basare in Italia le nostre truppe militari, dellaeronautica, dellesercito e della marina.
4. Cos la base di Taranto (che si affaccia sul mar Ionio, davanti alla costa africana) ha visto ampliato il suo
sito portuale ed destinata a diventare la principale sede navale di riferimento per la VI flotta americana. La base Italia/Usa di Sigonella (in Sicilia) che ufficialmente
adibita a funzioni di difesa terrestre, con missili a corto raggio e
che ospita munizioni (ma, secondo
una formulazione ufficiale, anche
armamento nucleare in transito)
destinata ad espandersi, in base
al piano Mega III, con investimenti
per 675 milioni di dollari. Parimenti
a Camp Darby la grande struttura
logistica tra Pisa e Livorno, anchessa base di rifornimento di
forze navali ed aeree si sta trattando per costruire una seconda base,
gestita da un contrattista privato del
Pentagono, che dovrebbe sorgere
nei pressi di quella gi esistente, da
cui a suo tempo sono partiti mezzi
e armamenti per le guerre nellex
Jugoslavia e in Iraq. Da ultimo (non
certo per importanza) anche la base
per sommergibili atomici de La
Maddalena, situata a nord della
Sardegna, oggetto di trattativa per
un suo sostanziale potenziamento,
cos da renderla in grado di aggiungere alla dotazione gi operativa altri 6 sommergibili nucleari e
10 mila militari Usa.
Il caso di questultima struttura
emblematico, anche sotto il profilo
della mobilitazione popolare. Gi

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Guerra infinita/Lotta per la pace

in altre parti dellisola, disseminata


di poligoni militari, i pescatori sardi
hanno pi volte ostacolato coi loro
pescherecci le manovre navali della
Nato per chiedere la fine della militarizzazione della loro terra e del
loro mare, la bonifica del territorio
e delle acque antistanti gravemente
inquinate dal materiale bellico, il risarcimento dei danni arrecati al
loro lavoro. Oggi lo stesso presidente della regione sarda a chiedere ufficialmente lo smantellamento della base de La Maddalena,
dietro la pressione di un problema
che ancora una volta tocca punti
sensibili per la vita delle popolazioni locali: lavoro e ambiente. Il
movimento contro la guerra, i comitati che si battono per lo smantellamento della base sarda, le associazioni pacifiste e ambientaliste da
tempo hanno denunciato una presenza 100 volte pi elevata di nuclei
di uranio 238 in alghe marine prelevate nei pressi della Maddalena.
La questione stata oggetto di interpellanze nel Parlamento italiano
e in quello francese: la Maddalena
fa parte infatti di un piccolo arcipelago situato tra la Sardegna e la Corsica, e conseguentemente chiama
in causa i governi di entrambi i
paesi. Il 23 ottobre del 2003 un sommergibile nucleare ha urtato violentemente contro gli scogli della
costa sarda: si rischiato la catastrofe. Ma gli organi di stampa nazionali si sono ben guardati dal dare
risalto allepisodio. Nelle tabelle del
Genio della Marina (Naval Facilities
Engineering Command) la base classificata a livello 1, ovvero tra gli
impianti produttori di grandi
quantit di rifiuti pericolosi: si tratta di sostanze tossiche che si infiltrano nelle falde acquifere, come

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solventi cancerogeni, idrocarburi,


vernici, composti altamente pericolosi quali le diossine e i composti di
cloro. Non a caso la base madre di
Groton, nel Connecticut, da dove
partono i sottomarini diretti in Sardegna, stata chiusa perch altamente contaminata: proprio in tale
diversit di trattamento si sintetizza
il rapporto tra i padroni Usa e i loro
docili servi.
5. Non va tra laltro dimenticato che
lItalia ospita nelle basi militari dislocate sul suo territorio nazionale, a
insaputa della cittadinanza, armamento nucleare. Ne abbiamo avuto
una conferma ulteriore e diretta
dalla stessa documentazione di
fonte statunitense, da cui si pu concludere che 90 atomiche sono custodite nelle basi di Ghedi (Brescia)
e Aviano (Pordenone). In tali documenti noti come procedura
WS3 per la manutenzione, lo stoccaggio e il trasporto di armi nucleari
viene specificato il tipo di bomba
atomica presente nelle due basi militari in questione: B61. Del resto il
sottosegretario alla difesa Giuseppe
Drago, in risposta allinterpellanza
parlamentare del 1 marzo 2005 promossa dalla deputata del Prc Elettra
Deiana, ha sottolineato che () il
nuovo concetto strategico dellAlleanza atlantica vede nella deterrenza
nucleare lo scopo politico del rafforzamento della pace, della stabilit e della sicurezza, cardine della
nostra politica internazionale ().
La deterrenza nucleare e il dispiegamento di forze nucleari in Europa costituiscono il vincolo che lega
gli alleati tra di loro e gli Usa alla sicurezza del nostro continente ()
. Va ricordato in proposito che la
presenza di armi nucleari statuni-

Novembre - Dicembre 2005

tensi in Italia, oltre a violare la legge


del nostro Paese, costituisce flagrante violazione delle leggi internazionali, in particolare dellart. 2
comma 4 della Carta dellOnu, ove
sancita lillegalit della minaccia
(principio di deterrenza) e delluso
di armi nucleari.
6. A quanto detto si deve, in ultimo,
aggiungere che il bilancio italiano
(e dunque ciascun cittadino italiano contribuente) sopporta il peso
di una parte rilevante dei costi delle
basi statunitensi: senza tener conto
di sgravi fiscali, sconti e forniture
gratuite di trasporti, tariffe e servizi,
lItalia con il 37% delle spese
complessive il Paese Nato che ha
versato agli Usa la quota maggiore
di contributi (al secondo posto la
Germania con il 27%). Accanto al
tema pi generale della lotta contro
la guerra e il progetto imperialista,
c come si vede un duro confronto che concerne le pi elementari istanze di indipendenza e sovranit nazionale.
Il Comitato per il ritiro dei militari
italiani dallIraq che al suo interno raccoglie diverse forze politiche, sociali e di movimento ed
parte del movimento italiano contro la guerra insieme allobiettivo
della fine di tutte le missioni belliche che vedono impegnato il nostro
Paese (anche in palese contraddizione con la sua carta costituzionale), intende coordinare e generalizzare la lotta contro la presenza
delle basi militari straniere sul territorio italiano. Lavoriamo perch
tutto ci possa servire a rilanciare la
pi generale mobilitazione contro
la guerra e per il disarmo nucleare
e convenzionale, nel nostro paese e
fuori di esso.

Novembre - Dicembre 2005

Movimenti

Non trovo per nulla convincente


la tesi secondo la quale le attuali
difficolt del movimento italiano
contro la guerra dipenderebbero
essenzialmente dal fatto di non essere
riuscito a fermare laggressione allIraq o
di non aver ottenuto almeno il ritiro delle
truppe italiane da quel martoriato paese

Lotta contro
la guerra :
difficolt
e prospettive

di Piero Bernocchi

LA

E I DANNI DELLA

Non trovo per nulla convincente la


tesi secondo la quale le attuali difficolt del movimento italiano contro
la guerra dipenderebbero essenzialmente dal fatto di non essere riuscito a fermare laggressione
allIraq o di non aver ottenuto almeno il ritiro delle truppe italiane
da quel martoriato paese.
Non credo infatti che la grande
maggioranza dei partecipanti ad
esempio alla grandiosa manifestazione del 15 marzo 2002 a Roma
pensassero davvero che quella iniziativa e le analoghe a livello mondiale avrebbero convinto Bush a
non invadere lIraq. Perch, altrimenti, avremmo parlato tutti/e insieme di guerra permanente e globale e ci saremmo impegnati allora
ad opporre a guerra permanente
resistenza permanente, se non vi
fosse stata la consapevolezza che
non di un episodio, orrendo ma
contingente, della volont di potenza Usa stavamo parlando ma di
una strategia epocale, di lunga gittata, delluso della guerra come
programma di fase?

LA

INDISPENSABILE ALLEANZA
TRA IL MOVIMENTO
CONTRO LA GUERRA

E LA RESISTENZA IN

IRAQ

Peraltro, penso che pure le successive manifestazioni svoltesi dopo linizio della guerra racchiudessero la
diffusa consapevolezza che la fine
della occupazione militare in Iraq

MOVIMENTO E RESISTENZA IRACHENA


TEORIA DELLA SPIRALE GUERRA E TERRORISMO

MANCATA ALLEANZA TRA

non potesse essere raggiunta solo, e


neanche soprattutto, grazie alla mobilitazione popolare mondiale, ma
necessitasse di un combinato in
cui la resistenza irachena, armata e
non, doveva giocare un ruolo fondamentale, mentre al movimento
internazionale spettava provocare il
pi forte indebolimento possibile,
nellopinione pubblica soprattutto
dei paesi aggressori, delle ragioni
belliche degli Usa e degli alleati.
In realt quanto sto dicendo risultato vero anche in ogni altra campagna contro le guerre degli ultimi
decenni particolarmente significative dal punto di vista politico e simbolico, successive al secondo conflitto mondiale. In esse, dalla Corea
allAlgeria fino al Vietnam, la conditio sine qua non per la vittoria dei
paesi invasi sempre stata la resistenza sul campo, il dispiegarsi cio,
in varie forme, della difesa e del contrattacco militare da parte dei paesi
e dei popoli aggrediti: ma di grandissimo rilievo stato anche il ruolo
del movimento popolare mondiale
che ha isolato progressivamente le
forze belliciste e aggressive nei singoli paesi, rendendo loro sempre
pi oneroso continuare sulla strada
guerresca.
La sinergia tra queste due azioni ha
impiegato, per, parecchio tempo,
soprattutto nel caso pi clamoroso,
quello vietnamita, a dare i risultati
sperati: ed in tale lungo processo, il
movimento anti-guerra internazionale ha continuato ad agire, seppur
tra normali alti e bassi, senza ac-

campare come scusa il fatto di non


aver ottenuto risultati.
Tornando ai nostri tempi, ci sono altri elementi che dimostrano come
lottenere o meno vittorie contingenti e comunque parziali non sia un
elemento decisivo nel percorso che
deve portare alla vera vittoria, e cio
allabbandono dellIraq da parte di
tutte le forze doccupazione e alla restituzione della autodeterminazione
allintero popolo iracheno.
Basterebbe guardare i casi della
Spagna, della Francia e della
Germania. Nel primo caso il movimento ha ottenuto una indubbia,
seppur parziale, vittoria, e cio il ritiro delle truppe spagnole dallIraq:
ma questo non ha funzionato da moltiplicatore delle iniziative e delle mobilitazioni, anzi. Le manifestazioni
sono calate vistosamente di numero
e di intensit, come se il ritiro del
contingente spagnolo, in un quadro
in cui la guerra pi feroce che mai,
potesse essere di per s appagante; e
ad esempio, se in Italia, di fronte ad
un orrore come quello perpetrato a
Fallujah, non si davvero mobilitato
abbastanza, in Spagna non si fatto
addirittura niente.
I casi di Francia e Germania sono altrettanto esemplari: l addirittura
una parziale vittoria la si ottenuta
a priori, in quanto i governi non
hanno partecipato allavventura
bellica e per un certo periodo sono
sembrati volersi mettere di traverso
alla infame impresa Usa. Ma i movimenti, lungi dallincalzarli o comunque dal premere in una chiara
19

Novembre - Dicembre 2005

Movimenti

direzione anti-Usa, non hanno partecipato in maniera significativa alle


mobilitazioni internazionali, o comunque non sono certo stati allavanguardia della protesta.
Se, infine, guardiamo alla Gran
Bretagna, l abbiamo unaltra prova
incontrovertibile della fallacia dellidentificazione scarsi risultati,
scarsa mobilitazione; buoni risultati, buona mobilitazione.
Lesercito britannico il pi coinvolto, dopo quello statunitense,
nella aggressione e il movimento
no-war britannico non riuscito minimamente a impedire, o nemmeno a frenare, tale partecipazione. Eppure esso il movimento
pi continuativo (anche se non con
i numeri delle iniziative pi riuscite
in Italia) di tutta Europa e non ha
quasi mai dato segno di cedimento
o di sfaldamento.

PUNTI DEBOLI

DEL MOVIMENTO

Se vogliamo andare a vedere quelli


che sono stati i punti deboli di tutta
la mobilitazione europea contro la
guerra in Iraq (ma era gi successo
per la Jugoslavia) li ritroviamo innanzitutto nel rifiuto, da parte di
consistenti forze del movimento e
pi ancora di tanta parte della sinistra, di sostenere davvero, di sentirsi a fianco della resistenza irachena: rifiuto che giunto finanche
a forme aberranti di equidistanza
tra aggressori e aggrediti, schiacciati questi ultimi nelle strumentali
categorie del terrorismo, del fanatismo islamico o integralismo
religioso, e costretti quasi a giustificarsi per le responsabilit di un regime quale quello di Saddam (cos
come la brutalit del governo
Milosevic fu usata per giustificare
laggressione alla Jugoslavia).
C in tutto ci un evidente elemento
di eurocentrismo e, da parte di settori maggioritari della sinistra liberista, persino unidentificazione con le
sorti di un potenziale imperialismo
europeo che potrebbe anche entrare in conflitto serio con gli Usa per
il dominio dei mercati e delle ric20

chezze mondiali ma che comunque


non si confonde, se non per brevi
periodi e motivi del tutto tattici, con
i popoli o le forze che si ribellano allaggressione saccheggiatrice degli
Stati Uniti.
Ma c anche, nel migliore dei casi,
il permanente equivoco di fondo secondo il quale una resistenza ha valore se impostata in direzione
chiaramente anti-capitalistica, se
guidata da forze che si muovano nel
solco della tradizione, seppur aggiornata, del socialismo e del marxismo. Per capirci meglio al proposito, proviamo ad immaginare cosa
accadrebbe se gli Usa abbandonassero lIraq e decidessero, ad esempio, di invadere il Venezuela.
Qualcuno, allinterno del movimento no-war, chiederebbe forse al
popolo venezuelano come stato
fatto nei confronti dellIraq - di reagire pacificamente? O invocherebbe i poteri taumaturgici della
non-violenza? E chi oserebbe chiamare terrorismo linevitabile resistenza armata che si accenderebbe?
E chi discetterebbe sulla R maiuscola
o sulla r minuscola per definire tale
resistenza? E ci sarebbe una qualche
minima difficolt ad aprire le manifestazioni in sostegno al Venezuela in
lotta con striscioni del tipo A fianco
della Resistenza venezuelana? Le risposte mi sembrano scontate, anche
se tutti/e ci auguriamo di non doverle mai verificare. Tra laltro, se ragioniamo a tutto campo nei confronti di quella parte consistente del
movimento che si autodefinisce
pacifista (io mi considero pacifico, ma non pacifista: ossia non aggredisco di mia iniziativa nessuno,
ma se venissi aggredito, individualmente o collettivamente, reagirei
con unautodifesa proporzionata allintensit, alla qualit e agli strumenti dellaggressione), possiamo
tranquillamente registrarne buoni
tassi di ipocrisia. In questi anni infatti tanti pacifisti non hanno mosso
foglia per guerre anche pi sanguinose di quella irachena (vedi Africa
e altre aree del mondo).
Essi/e si sono mossi, esattamente
come noi pacifici antimperialisti,
solo quando laggressione venuta

direttamente dagli Usa secondo le


precise direttrici del progetto bushiano di dominio del mondo mediante aggressione militare sistematica. Dunque, a modo loro, sono
stati/e comunque coinvolti in una
forma di antimperialismo anti-Usa:
salvo poi non riuscire ad identificarsi con chi resiste in Iraq (come
gi successo per la Jugoslavia) e
quindi a non voler dare alla mobilitazione caratteri intensi e stabilmente coinvolgenti.
Quanto fin qui detto riguarda un
po tutto il movimento europeo
contro la guerra in Iraq. Ma ci sono
elementi specifici del caso italiano che decisivo sottolineare qui.

IL

RITORNO DELLA

POLITICA

POLITICANTE

Quando usiamo il termine movimento per identificare il complesso e rilevantissimo processo di


mobilitazione avviato da Genova
2001 in poi, non dobbiamo mai dimenticare che si tratta di un movimento sui generis, rispetto a contesti passati come quelli del 68 o del
77. Mentre allora i movimenti spazzavano via, o perlomeno mettevano
in crisi, le organizzazioni che operavano in chiave istituzionale nei
territori investiti dal movimento,
in questi ultimi anni tutto ci che si
mosso stato intelaiato, attraversato, sostenuto da associazioni, partiti e reti pre-esistenti che non solo
non sono entrate in crisi di fronte a
quanto si muoveva ma anzi in certa
misura si sono rivitalizzate, riciclate
e riorganizzate proprio usando il
movimento.
Nel 2001 la clamorosa sconfitta elettorale dellintero centrosinistra di
fronte a Berlusconi cre un vuoto
di idee e di azioni da parte della politica politicante a sinistra e lasci
per un paio di anni relativa mano libera ad associazioni, sindacati e reti
che pure avevano fino ad allora operato in stretto contatto (o dipendenza) con la sinistra istituzionale.
Fu questo vacuum che rese possibile
la realizzazione di ununit senza
precedenti a livello di movimento,

Novembre - Dicembre 2005

Movimenti

la quale a sua volta attir moltissimi


singoli/e senza partito che trovarono in quel mix unitario una massa
critica sufficiente ad addensare
tutta la voglia di opposizione al governo, ma anche alla sinistra liberista, fino ad allora inespressa.
Tale clima bruscamente e rapidamente cambiato da quando la politica istituzionale ha rifatto ingresso,
e con il massimo di pressione, in
tutta lattivit sociale e di movimento: e pi precisamente, da
quando tutti i partiti della sinistra
hanno deciso che il centro dellazione politica e sindacale doveva divenire la sconfitta di Berlusconi e la
sua sostituzione con un governo che
mettesse insieme sinistra liberista e
sinistra, almeno nelle affermazioni
di principio, alternativa/anticapitalista. Da allora, lunit istituzionale
divenuta il centro dellazione generale per questi partiti: ma di riflesso le nuove priorit hanno coinvolto anche quelle associazioni, sindacati e reti, legati in maniera significativa ai partiti di sinistra, indebolendo fortemente lunit originaria del movimento e in particolare di quello contro la guerra, ove
le contraddizioni e le differenze gi
esistenti, ma latenti, sono esplose
piuttosto rapidamente e dannosamente.

UN

C E N T R O S I N I S T R A B E L L I C I S TA

E S U B O R D I N AT O A G L I

USA

Se osserviamo le posizioni della


maggioranza del centrosinistra sui
temi della guerra, risulta piuttosto
difficile registrare differenze davvero sostanziali con la linea del centrodestra. Sul ritiro delle truppe
dallIraq DS e Margherita hanno tenuto sempre una posizione di basso
profilo, molto prudente, al punto di
essere quasi scavalcati da un
Berlusconi che, seppur in modo
strumentale e piuttosto truffaldino,
ha annunciato la sua pre-esistente
ostilit alla guerra e lintenzione di
iniziare il ritiro (se non addirittura
di concluderlo) prima delle elezioni di aprile.
Nelle ultime settimane, poi, i leader

del centrosinistra hanno fatto a gara


nel tentativo di ingraziarsi i favori
degli Stati Uniti e dei loro vassalli al
potere in Iraq. Prodi ha addirittura
dichiarato che, se gli Usa vogliono
un alleato fedele e sicuro, devono
augurarsi che lUnione vada al governo in primavera, candidandosi
dunque ad essere pi filo-statunitense di Berlusconi; ed ha garantito
al governo iracheno fantoccio che il
programma di ritiro delle truppe
italiane verr concordato con esso.
DAlema e Fassino hanno rincarato
la dose, sentendosi partecipi con
Bush di una comune missione di civilt in difesa dei valori occidentali,
minacciati a loro dire dal terrorismo, alimentato e organizzato dal
fanatismo integralista islamico.
Bertinotti, un po pi cauto, ci ha tenuto per a ribadire che leventuale
nuovo governo riconfermer la nostra lealt nei confronti degli Stati
Uniti.
Proprio allinterno di questa logica
di captatio benevolentiae verso gli
Usa, va letta anche la agghiacciante
reazione alluccisione di Nicola
Calipari da parte del centrosinistra,
arrivato a stigmatizzare i peraltro timidi tentativi berlusconiani di far la
voce grossa nei confronti degli apparati militari statunitensi, addirittura accusando il capo del governo
di mettere in discussione la storica
alleanza con gli Usa solo perch sotto la pressione di quella parte degli apparati di intelligence che
non accettavano lassassinio brutale
di uno dei loro massimi esponenti
da parte degli alleati Usa - aveva provato a simulare un briciolo di autonomia nazionale di fronte agli spietati comandi statunitensi.
Anche la vicenda delle basi militari
Usa e Nato in Italia ha registrato lo
stesso apparente paradosso: stato
Berlusconi ad annunciare labbandono Usa della base della Maddalena, mentre il centrosinistra si
sempre guardato bene dal sostenere la legittima volont della popolazione sarda, fatta propria dalla
giunta regionale di Soru, di eliminare quel cancro politico, sociale e
sanitario dallisola; senza contare
che, in giro per lItalia, tante giunte

regionali o comunali di centrosinistra (in prima fila quella toscana nei


riguardi di Camp Darby) si sono
guardate bene dallavviare una pressione analoga a quella di Soru per il
recupero ad usi civili e pacifici dei
territori occupati dalle basi, ed anzi
in vari casi hanno contribuito ad allargarne il perimetro piuttosto che
lavorare per il loro sgombero.
Se infine estendiamo losservazione
al pi generale ruolo dellesercito
italiano nel mondo, facile notare
lassoluta identit di vedute tra centrosinistra e centrodestra a proposito
del mantenimento della presenza
dei militari italiani in tutte le missioni
di guerra nelle quali sono attualmente impegnati. E per quel che riguarda la prospettiva dellesercito
europeo del futuro, DS e Margherita
sembrano addirittura caldeggiare la
cosa pi di quanto non abbiano finora fatto Forza Italia o AN.

DANNI DELLA TEORIA


SULLA

SPIRALE

GUERRA-TERRORISMO

Dunque, lorizzonte del centrosinistra al governo sembra riproporsi


uguale a quello dalemiano della
guerra umanitaria in Jugoslavia e
del sostegno/promozione al/del
ruolo imperialistico europeo ed italiano, subordinato per il momento
allo strapotere militare statunitense. ma intenzionato, magari con
una buona dose di velleit, a ripristinare almeno la concertazione
con gli Usa, mettendo da parte lunilateralismo bushiano.
Questo itinerario, diametralmente
opposto a quello del movimento
contro la guerra, ha intersecato pesantemente i cammini di questultimo, interferendo nelle scelte di
sindacati, associazioni, aree e reti
comunque legate in modo pi o
meno forte alla maggioranza del
centrosinistra e alle sue prospettive
di vittoria elettorale imminente,
reintroducendo le divisioni preGenova 2001 e inserendone delle
nuove, legate in particolare alla
campagna contro il cosiddetto terrorismo, e scoraggiando quella va21

Novembre - Dicembre 2005

Movimenti

sta area di militanti, simpatizzanti o


cittadini non schierati che erano
attratti dal carattere potentemente
e trasversalmente unitario che il
movimento no-global e quello nowar avevano saputo mantenere dal
2001 al 2003.
In questo quadro generale, Rifondazione Comunista ha giocato un
ruolo parzialmente diverso e specifico, ma le cui ricadute negative sul
movimento non sono state per
niente trascurabili. La svolta del
PRC nei confronti del movimento,
subito dopo il referendum sullestensione dellarticolo 18, arrivata
in maniera brusca e piuttosto inopinata sullonda di una esaltazione
della non-violenza, quanto mai
fuori tempo e fuori luogo, trovandoci in presenza di un movimento
ultra-pacifico che aveva subito,
senza alcuna reazione violenta,
una aggressione senza precedenti
come quella di Genova.
Per la verit, pi che intervenire su
peraltro inesistenti opzioni violente sul piano nazionale, quella
campagna ha avuto un effetto dirompente nellamplificare le divisioni e le differenziazioni nel movimento contro la guerra, perch
servita a santificare a sinistra lassurda equiparazione guerra-terrorismo, indicando i due elementi
come poli di una stessa contraddizione e ingigantendo tra le aree pi
militanti leffetto della gi distruttiva campagna condotta da tanta
parte del centrosinistra su tale connessione, ideata dai propagandisti
Usa come massima giustificazione
della guerra permanente e globale.
Prospettare un terrorismo come
ente cosmico unificato, come struttura centralizzata e ramificata senza
nome o riferimenti specifici ma onnipresente e dotata di un potenziale
distruttivo addirittura confrontabile con quello degli eserciti statunitensi e degli alleati, stata una
operazione che peraltro ancora
perdura di portata devastante nei
confronti della mobilitazione contro loccupazione dellIraq (ma anche di quella in Palestina).
Bertinotti e il gruppo dirigente del
PRC, infatti, non si sono limitati a
22

condannare gli attentati contro i civili, le bombe negli alberghi o negli


autobus, gli sgozzamenti di ostaggi.
Essi hanno voluto accreditare lipotesi che ci sia un filo unificante tra
fenomeni del tutto incompatibili e
distanti, come le modalit di lotta e
di azione politico-militare ad esempio di Hamas o di Al Qaeda, dellEta
o delle Brigate Al Aqsa, dei guerriglieri sunniti iracheni o della resistenza afgana.
E sopratutto, rifiutandosi di accreditare in quanto tale la resistenza
irachena, schiacciandola nel dualismo guerra-terrorismo, hanno contribuito ad indebolire qualsiasi connessione politica e ideale tra un movimento molto ampio come quello
italiano e coloro che materialmente
in Iraq stavano costringendo gli Usa
ad un clamoroso impantanamento
bellico (che tra laltro ha impedito
agli Usa di impegnarsi in altre aggressioni militari, in Siria o in Iran),
suggerendo, neanche a bassa
voce, che dichiararsi al fianco della
resistenza irachena armata poteva
farci trovare ad un passo dal terrorismo mondiale: ed una mobilitazione no-war, che non sappia trovare connessioni strette con chi si
batte sul campo contro la concreta
aggressione bellica, destinata fatalmente allinaridimento e alla dispersione.
Il danno operato da una posizione
del genere ha finito per essere almeno della stessa entit di quello introdotto nel movimento no-war
dalle componenti filo-DS e filo-statunitensi, proprio per il ben maggiore radicamento, partecipazione
e credibilit dei militanti e simpatizzanti del Prc nella mobilitazione
anti-guerra.
Stretti in una polemica tra chi ha
come vera e propria ossessione la
condanna del terrorismo e chi richiede una chiara presa di posizione a fianco della resistenza irachena, una gran parte di coloro che
si erano mobilitati il 15 febbraio
2002, ed in altre occasioni unitarie
ad alta partecipazione popolare, ha
finito per mettersi in disparte, attendendo tempi migliori o nuove
proposte unificanti: e la marcia

Perugia-Assisi di questo anno, distante sideralmente da quella del


2001 - con al centro parole dordine
quasi metafisiche contro povert,
fame, malattie e guerra intesa nel
senso pi astratto e inoffensivo possibile (cio senza segnalare i fautori
e responsabili di essa, qui ed ora, e
le complicit italiane anche nel centrosinistra), e laggiunta dellinverosimile riprendiamoci lOnu -
stato lepifenomeno pi eclatante
che ha segnalato il vistoso cambiamento di fase e leffetto logorante
delle politiche conciliative sul movimento contro la guerra.

LA

SOLITUDINE

D E L P O P O L O PA L E S T I N E S E
E LA LOBBY FILO-ISRAELIANA

Analoghe contraddizioni hanno


pi o meno operato per laltro grande fronte di guerra aperto, quello
palestinese. La manifestazione imposta dalla lobby filo-israeliana, capeggiata da Giuliano Ferrara, sotto
lambasciata iraniana stata lindice pi drammatico del degrado
della situazione su questo versante.
LItalia stato lunico paese dove le
minacce del presidente iraniano a
Israele hanno avuto un eco rilevante. Altrove sono state prese per
quel che erano, una smargiassata a
puri fini di polemica interna da
parte del capo di governo di uno
Stato che non si mai speso sul serio per il popolo palestinese e che,
semmai, lo ha utilizzato per i propri
fini di piccola-media potenza regionale; Stato che, peraltro, anche
nella vicenda irachena continua a
giocare un pessimo ruolo, sostenendo le aree sciite maggioritarie che
appoggiano di fatto loccupazione
militare Usa, per ricavare vantaggi
in prospettiva grazie alla sopraffazione nei confronti delle correnti
sunnite o ex-saddamiste.
Solo in Italia stata presa seriamente la rodomontata di un paese che
ha un apparato militare risibile rispetto alla potenza israeliana, la
quale invece ha un arsenale terrificante di centinaia (almeno 400) testate nucleare, sostenuto dallat-

Novembre - Dicembre 2005

trezzatura strategica per scaricarle


ovunque, nonch lesercito, in proporzione agli abitanti, pi potente
del mondo.
Ma in realt i promotori delliniziativa anti-iraniana conoscevano benissimo la situazione ed il vero
obiettivo della chiamata alle armi
a fianco di Israele, assai pi che gli
integralisti iraniani, erano i palestinesi e la loro speranza di avere un
vero Stato indipendente e sovrano.
Ci che la cordata promossa da Ferrara richiedeva, era lallineamento
preventivo del futuro possibile governo di centrosinistra a fianco di
Israele, e limpegno preciso da parte delle forze maggioritarie dell
Unione ad abbandonare i palestinesi al loro destino.
E lobiettivo stato ampiamente
raggiunto: con la sottomissione dei
DS e della Margherita, ma anche di
pezzi non irrilevanti della sinistra
radicale dellUnione, con la successiva esaltazione da parte degli
stessi settori del nuovo volto pacifico di Sharon (e, tramite esso, di
Israele) si segnato in maniera indelebile il futuro programma del
possibile governo di centrosinistra,
il quale finir con il consigliare ai
palestinesi laccettazione del proprio destino di enclave dai poteri
limitati e revocabili, affidati alla benevolenza del prossimo governo
israeliano da grande coalizione
sotto legida di Sharon-Perez.

COMUNQUE
VERSO IL

IN MOVIMENTO:

18

MARZO

In questo quadro per nulla esaltante


un segnale comunque positivo venuto nelle ultime settimane dal faticoso risveglio del movimento contro
la guerra, sferzato bruscamente non
solo dallo schiaffo della manifestazione della lobby filo-israeliana, ma
anche e soprattutto dalle agghiaccianti notizie - la cui sostanza per
tutti coloro che volevano leggere la
realt avevano gi potuto percepire
allepoca - della terrificante impresa
bellica degli Usa a Fallujah, delluso
spietato delle vere armi di distruzione di massa, in un dispiegarsi

Movimenti

atroce del terrore da parte dei maestri in materia.


La mobilitazione delloperazione
verit su Fallujah, consentitaci
dalla coraggiosa attivit di quei rari
giornalisti che ancora credono al
senso pi profondo della propria
professione, non stata indubbiamente allaltezza dellorripilante
evento: ma ha comunque rimesso in
moto un processo che, attraverso
tappe intermedie che ci auguriamo
dignitose ed efficaci, ci porter il 18
marzo prossimo (ad un passo dalle
elezioni politiche) alla manifestazione nazionale per il ritiro di tutte
le truppe dallIraq e la restituzione
del paese agli iracheni, nel quadro
pi ampio di una mobilitazione
mondiale nella stessa giornata che
verr varata dai Forum mondiali policentrici di Caracas e Bamako (gennaio 2006).
Questa stata la principale decisione dellaffollata e vivace Assemblea nazionale di Firenze (13 novembre) che ha segnato la ripresa
unitaria ufficiale del movimento italiano contro la guerra. Ma la discussione stata utile anche per cercare
di darci alcune essenziali regole
del gioco, per far s che questo
nuovo inizio (come stato definito nel documento finale) dia risultati efficaci e allaltezza degli
eventi e non si lasci condizionare o
indebolire da polemiche e divisioni
ingestibili.
Si convenuto sullinutilit di rimettere in piedi carrozzoni fintamente unitari, che si logorino in
estenuanti mediazioni sulla frasetta
di documenti che poi nessuno leggerebbe oltre la cerchia degli iniziati: le organizzazioni, le aree e le
reti che intendono promuovere liniziativa (una manifestazione nazionale a Roma, in collegamento
con le altre centinaia di appuntamenti internazionali che ci saranno
il 18 marzo) lo faranno con la loro
firma e responsabilit.
E, conseguentemente, le parole
dordine che promuoveranno liniziativa dovranno essere quelle basilari, condivise dalla stragrande maggioranza di coloro che si sentono
movimento contro la guerra

senza altri aggettivi, evitando di impelagarci per lennesima volta in


diatribe su un terrorismo cosmico, i cui tentativi di definizione
hanno in queste settimane addirittura mandato a gambe per aria il
vertice dellEuromed (i paesi
dellUnione europea pi i paesi
asiatici e africani del Mediterraneo).
La piattaforma emersa dallAssemblea di Firenze chiara ed inequivocabile: essa richiede, cito testualmente, il ritiro immediato e
incondizionato delle truppe italiane, e di tutte le truppe, dallIraq;
il disarmo, la riduzione delle spese
militari e la liberazione dalle basi
militari straniere e dalle armi di distruzione di massa; la fine delloccupazione israeliana di Gaza, Cisgiordania e Gerusalemme Est e una
pace giusta in Palestina/Israele,
con la nascita dello stato indipendente palestinese accanto a Israele;
una politica estera alternativa per
lItalia, che rifiuti le politiche neoliberiste e costruisca relazioni giuste
tra i popoli.
In questo percorso sono gi previste
cito sempre dal documento il 17
dicembre a Roma un incontro nazionale sul conflitto israelo-palestinese e sulla campagna europea per
sanzioni mirate; successivi incontri
tematici nazionali su armi e disarmo e sui rifugiati e diritto di
asilo; una grande Assemblea nazionale di tutto il movimento il 11/ 12
febbraio 2006, per preparare la manifestazione e affrontare i temi della
guerra globale permanente e della
nostra proposta per una politica
estera alternativa che dica con chiarezza Mai pi lItalia in guerra!.
Dunque, un programma concreto e
chiaro, dentro il quale tutte le iniziative a carattere locale possono inserirsi efficacemente: e che chiama
tutti gli uomini e donne di buona
volont a dare il proprio contributo, a fianco del popolo iracheno,
palestinese e di tutte le altre popolazioni martoriate dalle aggressioni
belliche, per mettere in campo tutte
le energie disponibili contro la
guerra permanente e globale degli
Usa e dei loro alleati.
23

Movimenti

Novembre - Dicembre 2005

La novit principale che si evince


dagli avvenimenti accaduti e che
bisogna valorizzare, che questo
movimento esploso dopo
diversi anni di normalizzazione
e di riflusso e ha avuto
come protagonista una nuova
generazione di studenti

Bocciare
la controriforma
Moratti, espellere
Berlusconi

di Agostino Giordano
Segretario Circolo Universitario del Prc di Bologna

LE PAROLE DORDINE DI UN MOVIMENTO IN CRESCITA NELLE SCUOLE

Lo scorso ottobre deve essere ricordato, fra le altre cose, soprattutto


come il mese in cui esploso un
nuovo movimento studentesco che
ha rivitalizzato la vita politica di
molti atenei italiani e di molte
scuole, si prodotta una contestazione diffusa contro la Riforma
Moratti (ma non solo) e sono scese
in piazza, a Roma, circa centomila
persone. Studenti, docenti, ricercatori, precari e lavoratori della scuola
e dellUniversit: questi sono stati i
volti dei diversi soggetti che marted
25 ottobre (giornata clou della
lunga mobilitazione degli atenei)
hanno assediato Montecitorio per
diverse ore, proprio mentre era in
votazione alla Camera la Riforma
Moratti, dando cos vita ad una forte
protesta e ad una grande mobilitazione, come da anni non si vedeva
in questo paese.
Nonostante nella maggior parte degli atenei italiani erano diffuse le
contestazioni e molte erano le facolt occupate in diverse citt , i media hanno nascosto la straordinaria
portata di questo evento. N hanno
aiutato a comprendere il fenomeno
frettolose analisi che vedevano, in
queste mobilitazioni, forti analogie
con quelle del 68, del 77 o dei
primi anni Novanta (quando esplose il cosiddetto movimento della
Pantera che, partito da Palermo,
si estese a macchia dolio prima a

24

E NELLE UNIVERSIT

Roma e poi a molti altri atenei


dItalia, anzi, rendono il quadro pi
fumoso e difficilmente decifrabile.
Proviamo a definire alcuni elementi
di questo nuovo movimento studentesco.
Anche se pu sembrare ovvio e scontato, opportuno chiarire che le ultime mobilitazioni sono esplose in
un contesto del tutto diverso rispetto
a quello degli anni 60 e 70 (in cui
si tent di attuare una conquista progressiva, in parte ottenuta, di unistruzione massificata e garantita) o
degli anni 90 (periodo in cui laziendalizzazione cominci a radicarsi nellambito universitario e furono avviati i primi processi di precarizzazione del mondo del lavoro).
Le contestazioni di oggi hanno
avuto come principale obiettivo la
lotta alla Riforma Moratti, espressione diretta della volont del governo Berlusconi di voler demolire
quel poco che rimasto delle precedenti conquiste, dal diritto allo
studio allidea stessa di istruzione
pubblica e garantita per tutti. I soggetti di queste mobilitazioni sono
stati quegli studenti che si sono trovati a vivere in prima persona le disastrose conseguenze di quelle sciagurate politiche (intensificatesi a
partire dalla seconda met degli
anni 90) di cancellazione di quanto
era stato costruito nellambito del

percorso didatticoformativo complessivo (istruzione elementare,


media, superiore ed universitaria),
con linevitabile offuscamento di
ogni tipo di prospettiva migliorativa
e progressista.
Si tratta, in sostanza, di studenti che
hanno vissuto sulla loro pelle la
Riforma delle scuole superiori (che
istituiva la logica dei crediti/debiti
formativi) e che oggi vivono laziendalizzazione e la de-qualificazione dei percorsi formativi universitari. In molti casi si tratta poi di studenti-lavoratori che sono completamente assorbiti dai ritmi totalizzanti
imposti dai vari riordini degli assetti
formativi (comunque di bassa qualit) e, per potervi accedere, sono in
molti casi costretti a lavorare in
modo precario. lesistenza stessa
che, nei fatti, diventa sempre pi
precaria.
Questo ultimo spudorato attacco
neoliberista, che porta la firma di
Letizia Moratti, ha fatto esplodere
la scintilla dellinsubordinazione e
i tanti che quotidianamente frequentano i luoghi della conoscenza
(scuole ed universit) hanno sentito la necessit di lanciare un segnale forte attraverso le occupazioni di facolt, blocchi delle attivit
didattiche, creazione di percorsi di
autogestione ed autorganizzazione,
tutte forme di lotta mutuate da
quelle classiche del movimento dei

Novembre - Dicembre 2005

lavoratori.
La novit di questo movimento non
risiede infatti nelle forme di conflitto, n nelle modalit con cui
nato e si diffuso. Non si pu infatti
sostenere, come invece fa qualcuno, che questo nuovo movimento
una prosecuzione diretta dellimportante movimento nato durante
le drammatiche (ed allo stesso
tempo straordinarie) giornate di
Genova 2001, poich di simile c
soltanto il modo in cui si sono usati
i nuovi strumenti di comunicazione
per allargare e diffondere la protesta (internet, cellulari, ecc.). A tal
proposito, condivisibile ci che ha
scritto Loris Campetti sul
Manifesto, proprio allindomani
della grande manifestazione del 25
ottobre: () ieri avvenuto un fatto
nuovo: un soggetto autonomo, autorga nizzato e determinato, radicale, impre visto dai pi, privo di grandi leader ri conosciuti ha detto che il suo destino gli
appartiene. Tentano di riprendersi la
scuola che appartiene loro, come anche
il futuro().
In effetti, considerando la natura di
questo nuovo movimento, si riscontra
che non si trattato affatto di un fenomeno omogeneo caratterizzato
da precisi indirizzi politici ma, al
contrario, di una massa considerevole di studenti disposti alla mobilitazione permanente, che andava oltre i confini degli stessi collettivi ed
organizzazioni politiche studentesche ed universitarie che da diverso
tempo stanno lavorando, fra mille
difficolt, sulle problematiche legate al diritto allo studio.
Il ruolo positivo svolto da questi ultimi, per, stato quello di essere
costante riferimento nella gestione
delle iniziative di lotta sia allinterno che allesterno delluniversit, riuscendo in molti casi ad arginare confusione e spaesamento dei
tanti che si trovavano ad affrontare
situazioni di conflitto per la prima
volta. Ci avvenuto anche durante
la grande manifestazione nazionale
di Roma del 25 ottobre (in cui si
attuata una repressione immotivata
e ci sono state provocazioni politi-

Movimenti

che della destra), cos come pure


durante tutto il periodo interessato
dalle occupazioni delle facolt a da
azioni eclatanti e mediatiche (autoriduzioni nelle mense, blocchi e manifestazioni varie), che avevano lobiettivo di sensibilizzare lopinione
pubblica sui diversi temi e problematiche proprie degli studenti.
Diverso invece stato il livello di incisivit nel determinare gli indirizzi
politici delle mobilitazioni, poich
le difficolt di coordinamento e di
organizzazione sono state notevoli
e, nonostante in molti casi siano
state elaborate piattaforme di lotta
abbastanza avanzate e radicali, non
si riusciti a tradurle in un ampio
ed alto coinvolgimento studentesco
tale da permettere unoffensiva di
massa che avesse una prospettiva di
media o lunga durata.
Lesito negativo principale della
mancanza di questo elemento fondamentale riscontrabile nellesaurirsi quasi immediato di quella
spinta propulsiva che aveva coinvolto nelle lotte ampi settori di
mondo studentesco ed universitario, che aveva portato al crescere
della protesta, fino allassedio della
Camera dei Deputati il 25 ottobre.
proprio a partire da questa data
che cominciata la fase di calo e di
riflusso di questo nuovo movimento
che, soprattutto dopo che il Ddl
Moratti divenuta legge vera e propria, ha perso la sua capacit di
espansione e, invece di allargarsi a
nuovi soggetti, nuovi istituti e nuovi
Atenei, ha cominciato a ripiegarsi
su stesso, proprio nel momento in
cui bisognava urgentemente rilanciare la protesta e partire al contrattacco. Ci riconducibile, prevalentemente, al fatto che questo
movimento nato e si esteso avendo lobiettivo ambizioso di bloccare
il Ddl Moratti e proprio su questo
punto aveva incontrato importanti
punti di convergenza con i rettori
degli atenei e con parte del corpo
docente (soggetti che in molti casi,
insieme a studenti e ricercatori,
hanno preso parte alle manifestazioni di protesta). Una volta che

per il Ddl divenuto legge, mancando di una progettualit pi consapevole, la mobilitazione si sgonfiata ed il movimento tutto ha subito
un arretramento. Il problema che
non si riusciti ad ampliare ulteriormente il fronte della contestazione che, alle prime difficolt oggettive legate soprattutto ai tempi
contingentati degli studenti (che limitano fortemente la disponibilit
alla lotta), i soggetti politici organizzati, che avrebbero dovuto indirizzare ed organizzare le mobilitazioni, nella maggior parte dei casi si
sono imbrigliati dentro pratiche
gruppettare ed autoreferenziali.

Rimane per incontrovertibile il


fatto che studenti e precari, protagonisti delle proteste, hanno creato
un evento decisamente nuovo e positivo che, indubbiamente, ha portato ossigeno a chi da tempo porta
avanti percorsi di lotta nelle scuole
e nelle universit. E proprio da questo nuovo movimento che si deve ripartire per rilanciare nuove lotte e
per creare nuovi ed unificanti momenti vertenziali contro i poteri
forti che cercano di impadronirsi
della conoscenza, estromettendone
i ceti popolari della societ.
La novit principale che si evince
dagli avvenimenti accaduti e che bisogna valorizzare, che questo movimento esploso dopo diversi anni
di normalizzazione e di riflusso e
ha avuto come protagonista una
nuova generazione di studenti che,
stanca delle riforme che dequalificano il sapere e di un mondo universitario con poche prospettive e
caratterizzato da una incisiva e continua selezione di classe, si messa
in gioco (per alcuni si trattato
della prima esperienza politica e di
partecipazione diretta) con una rinnovata e forte radicalit e con un
sentito rifiuto del modello culturale
e di universit che viene loro imposto. Non a caso, oltre allopposizione per le politiche del governo,
cresciuto un forte rifiuto delle politiche neoliberiste tout court e
della riproposizione delle riforme

25

Movimenti

Zecchino e Berlinguer, volute negli


anni scorsi dal centro-sinistra e che,
de facto, hanno spianato la strada alle
nuove (contro)riforme della destra
conservatrice e reazionaria.
A tal proposito, ci che stato
scritto nellappello per la manifestazione nazionale del 25 ottobre
lanciato dai collettivi di Roma delle
facolt occupate della Sapienza
molto chiaro, sia per quanto riguarda le varie riforme dellUniversit, sia per quanto riguarda il diritto allo studio in generale. Si legge
infatti che ()Nelle occupazioni,
inoltre, emerso con forza un discorso ra dicalmente critico nei confronti delle tra sformazioni che hanno investito luni versit in questi ultimi anni. Una di dattica povera, tempi di studio e di vita
insopportabili, lillusione di una rap porto diretto con il mercato del lavoro.
Processi che hanno ridisegnato le uni versit italiane a partire dagli anni no vanta, in linea con le direttive europee
(da ultima la direttiva Bolkenstein), se gnandone la disfatta. I saperi speciali stici e parcellizati producono precari, ri cattabili, privi di diritti e di forza con trattuale. Luniversit della riforma
Zecchino e, ancora peggio, quella della
Y, immaginata dalla Moratti, hanno
un solo obiettivo: distruggere luniver sit come spazio pubblico e come labora torio di saperi critici! Nuovi sbarramenti
e processi di selezione investono tanto il
campo delle conoscenze, quanto quello
dellaccesso e dei servizi (). E Per
quanto riguarda il diritto allo studio
si afferma che La conoscenza segue
un percorso frammentato, pieno di in toppi e di costi insostenibili, quanto inu tili. Costi legati allaumento delle tasse,
al caro-libri, allinesistenza di forme gra tuite e pubbliche di circolazione dei sa peri, cos come al mercato della forma zione post-laurea (master). Il diritto allo
studio ormai messo allangolo dai pro cessi di privatizzazione selvaggia dei ser vizi (casa, mense).
Anche se non completamente esau-

26

stive, queste piattaforme sono riuscite a creare comunque un consenso allargato su rivendicazioni
avanzate e posizioni radicali.
A Bologna, citt in cui gli studenti
universitari vivono stridenti contraddizioni e sono esclusi da una serie di ambiti di partecipazione e rappresentanza, successo anche un altro fatto nuovo: accanto alla richiesta di ununiversit accessibile a tutti
e di qualit, c stata la rivendicazione del diritto alla casa, cio si
unificata la lotta degli studenti a
quella dei lavoratori e dei migranti.
Si riusciti cos ad uscire da una logica di conflitto puramente studentista, per farsi carico anche
delle problematiche proprie della
citt, fortemente intrecciate a
quelle universitarie. Probabilmente
anche per questo motivo che la repressione nei confronti di quel movimento stata molto dura!
Oggi i collettivi e le organizzazioni
politiche della sinistra antagonista
devono perseguire un obiettivo
chiaro: quello di mettere insieme gli
elementi ed i soggetti indispensabili
per far ripartire il conflitto e quindi
il movimento, valorizzando le potenzialit che si sono prodotte e
sono ancora vive, recuperando le
energie genuine che si sono
espresse ed investendo tutti gli strumenti che si hanno a disposizione
per arrivare a creare unautentica
mobilitazione di massa dentro e
fuori le Universit. evidente che i
soggetti organizzati vivono una crisi
complessiva di radicamento e in
molti casi ci dipeso dallindebolimento delle varie strutture politiche di riferimento. In queste mobilitazioni i Giovani Comunisti, per
esempio, hanno sofferto principalmente la mancanza di una struttura
nazionale permanente che si occupi
delle problematiche studentesche e
universitarie ed da questo che bi-

Novembre - Dicembre 2005

sogna ripartire (accanto ad un rafforzamento e ripensamento del


ruolo dei Circoli Universitari) per
dare continuit alle lotte universitarie ed essere protagonisti nelle
mobilitazioni.
Anche se si attraversa una fase di arretramento e tutto sembra normalizzarsi, bisogna rilanciare il movimento, puntando fondamentalmente su alcuni nodi rivendicativi
prioritari e non mediabili, su cui costruire vertenzialit diffusa e di
massa, a partire dallabrogazione
della Riforma Moratti al rifiuto della
Zecchino-Berlinguer, dalla richiesta di maggiori investimenti per la
scuola e lUniversit allabbattimento di tutte le logiche di selezione di classe, dalleffettiva democratizzazione degli organi collegiali
alla definizione di una reale autonomia dei percorsi formativi degli
studenti, dal rinnovo, equo e ridistribuivo, dei contratti dei lavoratori
nelle scuole e nelle universit allabolizione della precariet a tutti i livelli. Anche se per ora la Riforma
Moratti divenuta legge, non si
esauriscono gli argomenti e bisogna
mobilitarsi per rendere chiaro al
nuovo probabile futuro governo di
centro-sinistra quali sono le priorit
irrinunciabili del movimento che
ha attraversato i luoghi della conoscenza.
Se il documento per lAutoriforma
dellUniversit del 6 novembre
scorso, sottoscritto dallAssemblea
Nazionale degli studenti universitari, dei ricercatori precari e degli
studenti medi si concludeva con la
formula Il nostro tempo qui e
continua adesso, facciamo in modo che questo nostro tempo continui davvero, rilanciando la sfida e
generando conflitti, con le nostre
istanze, da comunisti, per un forte
movimento di lotta che coinvolga
studenti e precari.

Novembre - Dicembre 2005

Movimenti

Se in Federmeccanica pensano
che si possa chiudere
la vertenza dei metalmeccanici
tra i 70 e gli 80 euro,
secondo una lettura estensiva
dellAccordo del 23 luglio 1993,
se lo tolgano dalla testa

O con
i metalmeccanici
o con
la Confindustria

di Gianni Rinaldini
segretario generale Fiom-Cgil

LE FORZE POLITICHE DICANO AI 150 MILA DEL 2 DICEMBRE A


ROMA E AL MOVIMENTO DEI LAVORATORI IN LOTTA CON CHI
HANNO DECISO DI STARE

l contratto dei metalmeccanici scaduto ormai da 11 mesi (addirittura


due anni per una parte della categoria, gli orafi-argentieri), una situazione non pi accettabile da
parte delle lavoratrici e dei lavoratori. Lobiettivo che come sindacato
ci siamo prefissati quello di raggiungere rapidamente laccordo
per il rinnovo del biennio economico, entro lanno. Questo, come
abbiamo annunciato allAssemblea
unitaria delle Rsu svoltasi a Milano
l11 novembre scorso davanti a
5.000 delegate, delegati e dirigenti
di Fim, Fiom e Uilm, presuppone
una accelerazione delle iniziative di
lotta, un salto di qualit, per tentare
di modificare le posizioni che
hanno espresso la Federmeccanica,
ma anche lUnionmeccanica/Api e
lassociazione delle Cooperative.
Per questo in quella sede stato organizzato un pacchetto di iniziative
che ha compreso lo sciopero di 8 ore
con la manifestazione dei 150 mila a
Roma dello scorso 2 dicembre ( una
data storica: chi da qualche anno
nel sindacato ricorder la grande
manifestazione dei metalmeccanici
del 2 dicembre del 77) e comprender lo sciopero della flessibilit e degli straordinari uno strumento che
in molte situazioni pesa pi dellastensione dal lavoro. Iniziative volte
anche ad aprire una campagna di informazione e di sensibilizzazione ri-

spetto alla nostra vertenza e alle lotte


sociali del paese, oggetto di uninsopportabile oscuramento mediatico ( notizie delle lotte operaie confinate nelle ultime pagine dei grandi
quotidiani, di venti o trenta righe! 12
minuti in tutto, in sette mesi, di informazione televisiva !).
La trattativa, ancora adesso, non
in una fase conclusiva. Nessuna ipotesi di soluzione contrattuale si intravede perch le nostre controparti mantengono un atteggiamento assolutamente non accettabile sulla parte retributiva e propongono logiche di scambio, indirizzate al peggioramento delle condizioni retributive che non sono n
accettabili n perseguibili. Non voglio fare lelenco di tutte le cose che
ci sono state proposte, con una sorta
di gioco allo scavalco che si venuto
a determinare fra le diverse associazioni tra chi mette in queste richieste pi fantasia. Cito, ad esempio
per non parlare sempre e soltanto
della Federmeccanica alcune delle
richieste avanzate dalla Confapi al tavolo delle trattative: introduzione
nel contratto nazionale della possibilit per le imprese in difficolt di
derogare laumento dei minimi contrattuali; introduzione del salario di
ingresso per le nuove assunzioni con
il contratto a termine, a tempo determinato e per i disoccupati di
lunga durata; allungamento dei pe-

riodi di prova attualmente previsti;


modifica della normativa sulla malattia. Potrei proseguire a lungo ed
evidente che su questa strada non si
va da nessuna parte.
Gli ambiti della trattativa che noi vogliamo riprendere per aprire una
fase vera che possa portare a un accordo sono quelli stabiliti dalla nostra piattaforma per il rinnovo del
biennio economico nella quale,
come noto, chiediamo 105 euro di
aumento per il recupero del potere
dacquisto dei salari e 25 euro per
la produttivit, con la possibilit dellassorbimento per le aziende che
faranno la contrattazione aziendale. chiaro che in ogni trattativa
sempre possibile una mediazione
ma necessario chiarire lambito
delle nostre richieste.
Primo punto. Se in Federmeccanica
pensano che si possa chiudere la vertenza dei metalmeccanici tra i 70 e
gli 80 euro, secondo una lettura
estensiva dellAccordo del 23 luglio 1993, se lo tolgano dalla testa
perch noi non siamo disponibili a
questa condizione. Nella nostra piattaforma c una richiesta precisa riguardo il potere dacquisto e nello
stesso tempo c una proposta qualitativa sulla distribuzione dellaumento che noi abbiamo sostenuto e
che continueremo a sostenere.
Secondo punto. Non si pensi che la
questione di carattere retributivo

27

Movimenti

possa diventare elemento di scambio con un peggioramento delle


condizioni lavorative, non c scambio tra la flessibilit e gli aumenti retributivi, sono ambiti tra loro diversi.
Terza questione. C un tavolo aperto, autonomo, sul mercato del lavoro e sullapprendistato che abbiamo voluto anche noi perch
siamo interessati a definire un ambito negoziale che valorizzi tutti
quei rapporti di lavoro che siano legati alla formazione, allassunzione
a tempo indeterminato e quindi alla
riduzione della precariet. Non
possibile che qualcuno ci dica che
sul mercato del lavoro il problema
semplicemente quello di applicare la Legge 30 con tutto quello
che significa. Il nostro obiettivo la
riduzione della precariet, non la
sua estensione.
Questi sono gli obiettivi che noi ci
siamo dati e vogliamo tentare di raggiungerli entro lanno perch i
meccanici non possono essere
ostaggio in attesa di nuovi quadri
politici. Sappiamo bene cosa signi-

28

fica andare al prossimo anno, cio


andare incontro alla campagna elettorale. Noi vogliamo provare a chiudere prima e questo, come dicevo
allinizio, visto che lambito negoziale al momento totalmente distante rispetto alle posizioni della
Federmeccanica, significa intensificare la mobilitazione.
Certamente sappiamo che per i lavoratori uno sforzo enorme, perch gli scioperi non sono, come dice
qualcuno, una giornata di festa;
sono una giornata di sacrificio, perch quando c uno sciopero i lavoratori ci rimettono soldi, ci rimettono sulla loro busta paga. Nelle
due settimane tra la fine di novembre (con lo sciopero generale di
Cgil, Cisl e Uil) e i primi di dicembre c stata senza dubbio una pesante concentrazione di iniziative di
lotta e di sciopero, ma perch pesante anche lo scontro sociale che
si aperto.
Infine, due considerazioni che sono
anche due messaggi. Il primo rivolto alla Federmeccanica e alla
Confindustria: sia chiaro che il 2 di-

Novembre - Dicembre 2005

cembre non stata lultima iniziativa e che quando questa trattativa


entrer nel vivo richieder ulteriori
iniziative di lotta, robuste e consistenti. Sappiano che la manifestazione del 2 dicembre e lo sciopero
generale di 8 ore ha voluto testimoniare la forza delle lavoratrici e
dei lavoratori, la nostra capacit di
mobilitazione ma anche lassoluta
fermezza di procedere con tutte le
iniziative che saranno opportune
per sostenere un negoziato e un
obiettivo preciso che quello di tentare di arrivare a una soluzione contrattuale entro i tempi che ci siamo
dati.
Il secondo messaggio rivolto ai
partiti politici, senza polemiche, visto che di fatto gi aperta la campagna elettorale: ci dicano se
stanno con i metalmeccanici o con
la Confindustria. Vorremmo saperlo, anche perch credo che una
lavoratrice o un lavoratore metalmeccanico abbiano il diritto di sapere, quando votano, che cosa pensano i partiti rispetto alle loro lotte
e alle loro condizioni.

Novembre - Dicembre 2005

Mezzogiorno

Imperativo che il programma


per il Mezzogiorno del centrosinistra
capovolga a dispetto
delle dichiarazionidei leader moderati
dellUnione gli orientamenti
di politica economica
che mossero i governi dellUlivo
della seconda met degli anni 90

I danni
del moderatismo
localistico

di Riccardo Realfonzo
Ordinario nella Universit del Sannio

I BUCHI

Con le elezioni regionali della


scorsa primavera il Mezzogiorno
complice la disastrosa esperienza
delle destre al governo regalava le
pi grandi soddisfazioni al centrosinistra, che registrava un inedito en
plein.
Ora siamo in tuttaltra fase.
Superata la parentesi delle primarie, che a lungo hanno distolto lattenzione dal fronte programmatico, lUnione sembra annaspare in
vista delle elezioni politiche, e non
pare in grado di approntare un programma per il Sud allaltezza della
sfida. Proprio non ci siamo. Tutto lascia presagire che il programma per
il Mezzogiorno riproporr gli stessi
orientamenti di politica economica
che mossero i governi dellUlivo
della seconda met degli anni 90.
Lo si evince dalle dichiarazioni dei
leader moderati dellUnione; ed
significativo che a presiedere il tavolo programmatico sul Mezzogiorno sia stato chiamato uno dei pi
ferventi sostenitori di quegli orientamenti1. E invece sarebbe ora di
prendere le distanze da quelle politiche, che hanno ormai dimostrato
inefficacia e perniciosit sociale.
Sarebbe ora, insomma, di ammettere il fallimento della cosiddetta
nuova politica per il Mezzogiorno,
e riconoscere che le politiche generali di privatizzazione e apertura dei
mercati non hanno prodotto che ef-

NELLACQUA DELLE FORZE MODERATE DI CENTROSINISTRA

fetti negativi, anche e soprattutto


nel Sud.
indispensabile che la sinistra
dellUnione riesca a imporre un
progetto di politica economica alternativo per il Mezzogiorno. In
caso contrario, vedremo ancora il
Sud fermo al palo, ed facile prevedere che assisteremo in un prossimo futuro a nuove emorragie di
voti, questa volta a scapito del centrosinistra.
2. Partiamo da un dato incontrovertibile: negli ultimi quindici anni,
dal 1991 ad oggi, il divario tra Mezzogiorno e Centro-Nord non si ridotto. Nel 1991 il prodotto interno
lordo per abitante del Mezzogiorno
era pari al 59% di quello di un abitante del Centro-Nord; questo valore scendeva ulteriormente al 58%
nel 2002.2 Ancora oggi il pil pro capite nel Sud risulta inferiore al 60%
del valore del resto dItalia. Tutto
ci significa semplicemente che il
dualismo territoriale nel nostro Paese
non accenna minimamente a diminuire. Il Sud fa parte a pieno titolo
e non da oggi delle periferie
dEuropa. La questione meridionale ben viva, drammaticamente
attuale, a dispetto di quanti tentano
di farci credere che essa sia ormai
faccenda superata.
Daltra parte un esame macroeconomico serio del sistema econo-

mico meridionale dimostra che


tutti i vincoli, le strozzature allo
sviluppo del Sud presenti alla fine
degli anni 80, sono ancora allopera. In alcuni casi, addirittura, queste strozzature risultano ulteriormente acuite.
Faccio riferimento principalmente
alle seguenti caratteristiche negative delleconomia meridionale: la
ridottissima dimensione media
delle imprese; il prevalere di un modello di specializzazione produttiva
fondato sullimpiego di tecnologie
tradizionali e, in molti casi, superate; la scarsa quantit e qualit
delle infrastrutture; le difficolt nellaccesso al credito bancario e alla
collocazione delle imprese in borsa;
la diffusione delleconomia irregolare e criminale3.
La persistenza di queste strozzatu
re e la conseguente incapacit del
Mezzogiorno di agganciare i ritmi di cre scita del resto dItalia, dovrebbero sorprendere, se solo si pensa al mare di
promesse che le forze moderate
del centrosinistra hanno rivolto al
Mezzogiorno negli ultimi quindici
anni. A quali promesse faccio riferimento? Mi riferisco agli effetti
positivi, annunciati e propagandati
in tutti i modi, di quanto segue:
1) la stipula del Trattato di Maastricht (1992), e quindi lingresso
nellUnione monetaria europea;

29

Mezzogiorno

2) la fine dellintervento straordinario e la nascita della nuova politica per il Mezzogiorno;


3) la ristrutturazione del sistema
bancario.
Si tratta di grandi riforme istituzionali e di svolte di politica economica
la cui urgenza stata gridata dai
moderati del centrosinistra e che,
non a caso, hanno conosciuto proprio negli anni dei governi
dellUlivo, essenzialmente la seconda met degli anni 90, i passaggi
pi salienti.
3. Sin dai primissimi anni 90 il dibattito sul processo di unificazione
europea (che ha portato prima al
Trattato di Maastricht, poi al Patto
di Stabilit e Crescita, e oggi alla discussione sul budget dellUE) ha visto
le forze moderate del centrosinistra
farsi portatrici di unimpostazione
ottimistica, largamente diffusa in
Europa, di ispirazione teorica neoclassico-liberista. Secondo questa
impostazione lunificazione monetaria avrebbe favorito soprattutto le
regioni pi arretrate dEuropa, come il nostro Mezzogiorno.
Queste avrebbero tratto grande beneficio dallintegrazione con le aree
pi sviluppate, principalmente per
effetto della specializzazione nella
produzione e nellesportazione di
beni in cui le regioni povere godono
di un vantaggio comparato, in genere
rappresentato dal minore costo del
lavoro. Ci avrebbe consentito alle
regioni meno avanzate di agganciare finalmente lo sviluppo delle
aree prospere, a patto che si fosse
assicurata la libera circolazione dei
capitali e del lavoro e la piena flessibilit dei mercati.
In linea con lostentata fiducia negli automatismi di mercato, quelle
stesse forze di centrosinistra hanno
costantemente dato credito al
Trattato di Maastricht, con la sua definizione di un processo di unificazione caratterizzato dalla progressiva fuoriuscita dello Stato dalleconomia (in omaggio ai famosi vincoli
al rapporto tra debito pubblico e pil,
nonch al rapporto tra deficit pub-

30

blico e pil) e dalla politica monetaria restrittiva. Qui appena il caso


di sottolineare che la stagnazione
europea (unica grande area economica del mondo che non cresce) e
la massiccia redistribuzione dai salari ai profitti e alle rendite, costituiscono lesito macroeconomico
naturale del palinsesto di
Maastricht. Conta molto pi precisare che il sistema di Maastricht ha ina sprito i divari regionali in Europa4. La
cosa ormai dimostrata dalla letteratura specialistica (in particolare
dai cosiddetti test di convergenza
che vengono impiegati per valutare
la tendenza o meno alla riduzione
delle disparit nei ritmi di crescita
dei paesi e delle regioni europee5).
Questa letteratura mostra che non
vi alcuna tendenza significativa
alla riduzione degli squilibri territoriali; insomma, nellEuropa unita
non si assiste al promesso agganciamento dello sviluppo dei centri da
parte delle periferie. E questo al
punto che la stessa Commissione
Europea si spinta a dichiarare che
lo squilibrio regionale costituisce il
problema principale dellUnione6.
La questione meridionale non ha
trovato quindi nellunione monetaria la panacea annunciata dai moderati del centrosinistra. La verit
ormai evidente che ununificazione allinsegna del libero mercato, come quella definita a Maastricht, aggrava gli squilibri regionali
e accentua la tendenza spontanea alla
divergenza territoriale.7 In altri termini, la caduta delle barriere ai movimenti di merci, di capitali e di lavoro, nonch la perdita del tasso di
cambio come strumento di regolazione dei ritmi di crescita allinterno dellEuropa, aggravano il ritardo delle regioni povere. A cospetto di una cos forte tendenza
alla divergenza territoriale, le politiche per lo sviluppo delle aree arretrate (le politiche di coesione)
promosse in questi anni dalla UE si
sono rivelate del tutto insufficienti.
E nonostante ci la Commissione
Europea, anzich chiedere un ampliamento del bilancio comunitario
e un maggiore finanziamento delle

Novembre - Dicembre 2005

politiche di coesione, propone per


il 2007-2013 di mantenere inalterata la dimensione del bilancio
(come quota del pil europeo) al livello definito da Agenda 2000. E
questo, si badi bene, bench lallargamento ad Est abbia ulteriormente appesantito il divario tra il
centro dellEuropa e le sue periferie, e far si che, per un mero effetto
statistico, alcune aree in ritardo di
sviluppo (tra cui alcune regioni del
nostro Mezzogiorno) usciranno dal
cosiddetto obiettivo 1, perdendo
il diritto ai (gi insufficienti) fondi
comunitari.
Autorevoli economisti ripetono da
tempo che per contrastare la tendenza al dualismo territoriale occorre rilanciare lo sviluppo delle regioni in ritardo attraverso politiche
fiscali e monetarie fortemente
espansive. E questo significa superare la filosofia del Trattato di Maastricht. Una prospettiva che acquista
sempre pi consensi, come mostrano le sonore bocciature del
Trattato Costituzionale avvenute
con i referendum in Francia e Olanda. Sarebbe ora che le forze della
sinistra europea e anche i moderati
del centrosinistra italiano assumessero consapevolezza che il palinsesto macroeconomico attuale tende
ad ampliare gli squilibri. E sarebbe
quindi opportuno che il programma sul Mezzogiorno dell Unione
contenesse una critica esplicita del
Trattato di Maastricht, una esortazione alla revisione del Patto di
Stabilit che favorisca il rilancio di
politiche espansive, una spinta verso
un consistente incremento del bilancio comunitario e in generale per
il rilancio dellintervento pubblico
a livello tanto comunitario quanto
nazionale a favore del Sud.
4. Lideologia di Maastricht ha davvero attecchito presso le forze moderate del centrosinistra italiano.
Ne prova anche lardore con il
quale esse hanno sostenuto, nella
seconda met degli anni 90, la necessit di riformare il mercato del lavoro e la ritrosia che ancora oggi manifestano rispetto a chi chiede la-

Novembre - Dicembre 2005

brogazione non solo della Legge


Biagi ma anche del Pacchetto
Treu. Ho gi osservato che, stando
allimpostazione neoclassico-liberista accolta dai moderati del centrosinistra, lunificazione europea
avrebbe premiato le regioni in ritardo a condizione che il mercato
del lavoro fosse efficiente. Dove
con efficiente viene inteso un
mercato del lavoro che consenta
unampia flessibilit numerica (la libert per gli imprenditori di assumere e licenziare), unampia flessi bilit salariale (la libera contrattazione del salario tra imprenditori e
lavoratori) e unampia flessibilit
f u n z i o n a l e (la possibilit dellimprenditore di impiegare il lavoratore come meglio crede allinterno
del processo produttivo). Ancora
oggi ci viene insistentemente spiegato che il Mezzogiorno avrebbe
tutto da guadagnare da un mercato
del lavoro efficiente. Infatti la flessibilit incrementerebbe la produttivit del lavoro e soprattutto ridurrebbe il costo del lavoro, riallineando il salario reale alla produttivit. In tal modo, le regioni meridionali riacquisirebbero competitivit, andando finalmente ad agganciare i ritmi di crescita delle regioni
ricche. Si badi bene: tutto ci sarebbe nellinteresse della stessa
classe lavoratrice meridionale.
Infatti, nel lungo andare, la ripresa
economica alimenterebbe la domanda di lavoro e ci sfocerebbe in
un processo di crescita delloccupazione, dei salari e in una progres siva trasformazione dei contratti di la voro temporaneo in contratti standard a
tempo indeterminato.
I dati disponibili ci mostrano che il
pacchetto Treu non ha raggiunto
i risultati promessi dai governi
dellUlivo. Lincremento di flessibilit del mercato del lavoro c stato.
Ma questo non ha messo in moto il
processo virtuoso atteso; piuttosto, si
messo in moto, soprattutto nel
Mezzogiorno, un c i rcolo vizioso.
Infatti, la flessibilit si tradotta in
un vistoso calo dei salari reali, in una
crescita della precariet delle condizioni di lavoro e di vita, in un in-

Mezzogiorno

cremento significativo dei profitti.


Ovviamente, dato il contesto economico e lassoluta assenza di una
qualsiasi politica industriale, gli imprenditori si sono ben guardati dallinvestire i profitti. Questi, e non altri, sono stati gli esiti della riforma
proposta dai moderati del centrosinistra.
Naturalmente gli effetti benefici
del Pacchetto Treu si noti che la
legge Biagi sta solo ora cominciando a sortire effetti apprezzabili,
tutti negativi hanno colpito i lavoratori pi deboli. Quindi i giovani, le donne, coloro che hanno
una bassa professionalit e qualifica. E soprattutto, in generale, i lavoratori del Sud. Qui il meccanismo
con il quale i contratti di lavoro
flessibile/atipico dovrebbero trasformarsi in contratti di lavoro stabile/tipico proprio non vuole scattare. I lavoratori restano inesorabilmente intrappolati nella pre c a riet. La cosa ormai riconosciuta
persino nelle documentazioni recenti dellIsfol.
Quel che sta accadendo in Italia, e
con particolare gravit nel Mezzogiorno, che alla classe lavoratrice
nel suo insieme va una fetta sempre
minore della produzione sociale
complessiva. E nonostante ci, poich i salari reali unitari si riducono
ancor pi significativamente, gli imprenditori possono coinvolgere nel
processo produttivo un numero
maggiore di lavoratori rispetto al
passato. Con tutto vantaggio dei
profitti e senza che leconomia riesca a imboccare la strada dello sviluppo. Il processo di crescita occupazionale stato attivo per un certo
periodo anche nel Mezzogiorno,
dove nel triennio 2000-2002 loccupazione aumentata di circa 350
mila unit. Non a caso, si parlato
di un processo di occupazione
senza crescita. Tuttavia, anche questa fase si interrotta, e loccupazione ha ripreso a calare: tra il 2002
e il 2004 loccupazione meridionale
diminuita di 48 mila unit e si
ulteriormente intensificato il flusso
migratorio verso il Nord (si calcola
che abbia interessato non meno di

500 mila meridionali negli ultimi 5


anni). Un processo gravissimo sul
piano sociale ed economico, anche
perch opera una selezione avversa
per il Mezzogiorno (a emigrare
sono soprattutto i giovani con elevati livelli di istruzione).
ormai evidente che la precarizzazione e limmiserimento della
classe lavoratrice non serve a rilanciare lo sviluppo del Sud. La legge
Biagi e poi il Pacchetto Treu non
solo sortiscono effetti devastanti nel
tessuto sociale meridionale ma ne
danneggiano anche il sistema produttivo. Infatti, colpiscono sia dal
lato della domanda, perch abbattendo i redditi e accrescendo la precariet riducono il volume di spesa

Naturalmente gli effetti benefici


del Pacchetto Treu
si noti che la legge Biagi
sta solo ora cominciando
a sortire effetti apprezzabili,
tutti negativi hanno colpito
i lavoratori pi deboli

per consumi, sia dal lato dellofferta, perch indicano alle imprese
il segnale errato della ricerca di
una competitivit legata ai costi anzich agli investimenti in innovazioni.
5. Ma non c solo la moneta europea e la flessibilit del mercato del
lavoro. Negli ultimi quindici anni i
moderati del centrosinistra hanno
costantemente insistito nel sostenere che il rilancio del Mezzogiorno
dipende anche dallabbandono definitivo di politiche ispirate alla logica delli n t e rvento straord i n a r i o.
Tutti sanno che le forze moderate
hanno prima propiziato e poi salutato con soddisfazione il termine
d e l l i n t e rvento straordinario (la
chiusura della Cassa per il Mezzo-

31

Mezzogiorno

giorno risale al 1984; tuttavia, lint e rvento straordinario prosegue


fino al 1993, anno in cui termina
lattivit anche lAgenzia per la promozione dello sviluppo del
Mezzogiorno). Dal loro punto di vista, lintervento straordinario rispondeva a una logica dirigista, di
sviluppo dallalto; offriva strategie votate allinsuccesso, in quanto del
tutto estranee al territorio nel quale
venivano calate, e che finivano per
tradursi in forme deteriori di assistenzialismo. In altre parole, occorreva sostituire ad una logica di sviluppo esogeno, eterodiretto, visto

Unaltra grande illusione


dei moderati di centrosinistra
consiste nellidea di superare
la strozzatura finanziaria
operante nel Mezzogiorno
mediante la ristrutturazione
del sistema bancario

come essenzialmente dipendente


dai trasferimenti pubblici, il sostegno a favore di uno sviluppo endogeno, fondato sulle energie locali e sulle spinte dal basso. Fu cos
che, alla met degli anni 90, i governi dellUlivo vararono la cosiddetta nuova politica per il Mezzogiorno.
La nuova politica partiva dallassunto che le economie locali avrebbero
spontaneamente indicato i sentieri di cre scita; si trattava solo di assecondare
queste spinte al fine di accelerare i
processi. Insomma, la nuova politica si proponeva come strategia di
sviluppo bottom up, intesa a incentivare le pulsioni naturali allo svi-

32

luppo presenti sul territorio, esaltando attori locali e vocazioni locali. Al centro della nuova politica
venivano posti gli strumenti della
programmazione negoziata (contratti
di programma, contratti darea, patti territoriali) e sistemi di incentivazione, tra cui il principale la legge
488 del 1992.
Quali sono i risultati delle incentivazioni previste dalla nuova politica? La letteratura specialistica
non concorde. Certo che la stasi
delleconomia meridionale rende
scettici sullefficacia della politica di
incentivi alcuni dei suoi stessi sostenitori. Un esempio a riguardo il
recentissimo documento che la
Giunta regionale della Campania
ha presentato alle parti sociali in relazione alla strategia per i fondi
strutturali 2007-2013. Qui vengono
chiaramente ammessi errori strategici compiuti con la politica di impiego del POR 2000-2006. Una politica che ha ingessato le identit
dei territori appiattendole su strategie desunte dalla sola proiezione
delle vocazioni localistiche e non
progettata su una visione aperta e
dinamica; una politica che ha finito col privilegiare interessi pi localistici rispetto a quelli pi generali
del territorio.
In questo documento chiaramente
si ammette che una politica di incentivi e punizioni di per s non
sufficiente e che occorre tornare a
una politica di programmazione econo mica e pianificazione territoriale che risponda a un progetto strategico unitario. Peccato che il documento proponga un progetto di forte terziarizzazione del Mezzogiorno il Sud
come primario snodo commerciale
del Mediterraneo e non una scelta
direttamente industrialista.
La nuova politica voluta dalle forze moderate del centrosinistra non
riuscita a tuttoggi a sbloccare leconomia del Sud; si rivelata quanto meno insufficiente per generare
quel salto strutturale di cui il Mezzogiorno avrebbe bisogno.
Occorrerebbe cambiare completamente approccio. Occorrerebbe
formulare una strategia di politica in -

Novembre - Dicembre 2005

dustriale che spinga il Sud a sostituire il vecchio modello di specializzazione produttiva, fondato su
piccole imprese che inseguono una
competitivit da costi, con un nuovo
modello di specializzazione basato
su imprese di dimensione mediogrande che puntano sulle nuove tecnologie. Questa lunica strada che
possa consentire lammodernamento dellapparato produttivo del
Mezzogiorno. Ed inutile sottolineare che si tratta di un obiettivo
che non pu essere perseguito
senza un intervento sostanzioso e diretto dello Stato.
6. Unaltra grande illusione dei moderati di centrosinistra consiste nellidea di superare la strozzatura finanziaria operante nel Mezzogiorno mediante la ristrutturazione del si stema bancario. Anche su questo
tema, da almeno quindici anni a
questa parte le forze moderate mostrano di subire il fascino delle impostazioni teoriche neoclassico-liberiste. E infatti, sul finire degli anni
80, nel dibattito scaturito dalla
emanazione delle direttive comunitarie sul credito, i moderati di centrosinistra immediatamente sposarono la tesi secondo cui le difficolt
nellaccesso al credito bancario
(elevato costo del credito, razionamento del credito) delle imprese
italiane, e meridionali in particolare, dipendevano in buona misura
dalla inefficienza del sistema bancario.
E questa inefficienza scaturiva a sua
volta: 1) dalla presenza di assetti proprietari inadeguati, sostanzialmente la propriet pubblica delle
banche; 2) dalla ridotta dimensione
media delle banche. Il rimedio che
i moderati del centrosinistra proposero, e continuano a proporre, ben
noto: privatizzare e liberalizzare il settore. Daltra parte questo era, ancora una volta, il vento che spazzava
lEuropa. E questa politica veniva
giustificata, negli altri paesi europei
e anche in Italia, in base allassunto
che essa avrebbe generato maggiore
sviluppo e benessere, soprattutto
per le regioni meno prospere.
Fu cos che nei primi anni 90, a par-

Novembre - Dicembre 2005

tire dalla legge Amato (1990), che


trasform in societ per azioni le
banche-enti pubblici, prese il via la
profonda ristrutturazione del sistema bancario cui abbiamo assistito in questi anni. Accanto al mutamento degli assetti proprietari, il
fenomeno pi clamoroso stato
quello delle concentrazioni bancarie
(fusioni, integrazioni, acquisizioni). Basti pensare che dal 1990
ad oggi il numero delle banche si
ridotto di circa il 40%, mentre gli
sportelli sono pi che raddoppiati.
essenziale sottolineare che si
trattato di un processo completamente subito, passivamente, dal sistema bancario meridionale.
Infatti, in nessun caso le banche del
Sud hanno acquistato banche del
resto dItalia; esse sono state sistematicamente preda delle banche
del Centro-Nord. Lesito finale di
questo processo che ormai la
grande maggioranza delle banche
che operano nel Mezzogiorno rispondono a centri direzionali che si
trovano
fuori
dallarea.
Privatizzazioni e liberalizzazioni
hanno fatto del Sud lunica grande re gione dEuropa priva di un proprio si stema bancario.
Il sistema bancario meridionale
stato quindi messo a ferro e a fuoco,
ma dei tanto decantati effetti positivi preannunciati dai moderati del
centrosinistra non si vista traccia.
Le privatizzazioni e la crescita dimensionale delle banche (le concentrazioni) si sarebbero dovute
tradurre in una maggiore concorrenzialit dei mercati e in una crescita dellefficienza bancaria. E ci
avrebbe dovuto determinare una riduzione del costo del credito, e in
generale dei servizi bancari, e una
migliore capacit di valutare il merito di credito. Di tutto ci avrebbe
dovuto beneficiare principalmente
il Mezzogiorno, dove il sistema bancario pareva pi arretrato.
La realt unaltra. Privatizzazioni
e concentrazioni hanno rafforzato
il potere dei signori della finanza.
Progressivamente estromesso lo
Stato, le concentrazioni hanno sostanzialmente ridotto il grado di

Mezzogiorno

concorrenza, accresciuto il potere


di monopolio e conseguentemente
incrementato i profitti bancari. Gli
effetti per il Mezzogiorno sono particolarmente nefasti. Intanto il costo del credito e dei servizi bancari
in generale non si ridotto. Ma soprattutto la scomparsa delle piccole
banche locali e la sostituzione di
queste con grandi banche la cui direzione risponde a logiche esterne
allarea, ha determinato una grave
frattura tra il sistema bancario e il
tessuto produttivo locale. Infatti,
tutti gli indicatori relativi alle concessioni di credito (rapporto depositi-crediti, impieghi per impresa,
ecc.) mostrano che le grandi banche hanno ridotto al minimo i crediti al Sud. Non poteva del resto essere altrimenti: dal momento che i
centri di potere sono ormai lontani,
venuta meno la corrispondenza
dimensionale tra banche e imprese
(la questione del size effect) ed
scomparsa la rete locale di relazioni
fiduciarie tra banchiere e imprenditore (il cosiddetto relationship ban king).
La liberalizzazione e privatizzazione
del sistema bancario, come politica
per superare le difficolt del rapporto tra banche e imprese nel Sud,
segna un ulteriore buco nellacqua delle politiche sostenute dai
moderati del centrosinistra.
7. La vera fortuna delle compagini moderate dello schieramento
progressista, ci che poi ha consentito, nonostante tutto, il successo
nelle scorse elezioni regionali, che
le amministrazioni locali di centrodestra e il governo Berlusconi sono
riusciti a fare peggio. Eppure il
Mezzogiorno non ne pu pi di promesse mancate. indispensabile
che lUnione cambi rotta e giunga
a proporci un programma per il
Mezzogiorno che segni una soluzione di continuit rispetto al passato. Occorre far compiere un vero
balzo strutturale al Sud. Verso un sistema produttivo fondato su imprese mediamente pi grandi, che
impieghino nuove tecnologie e una
forza-lavoro qualificata e ben re-

munerata, in un contesto di infrastrutture materiali e immateriali allavanguardia. Per fare tutto ci non
servono miracoli. Occorre lasciar
perdere le penose litanie sulle piccole strategie, le piccole politiche e le micro-vocazioni territoriali. Bisogna elaborare strategie di
politica industriale in grande scala,
finanziarle opportunamente, e buttarsi alle spalle i dogmi dellantistatalismo.

Note
1 Si tratta di Gianfranco Viesti, autore, tra le
altre cose, di Abolire il Mezzogiorno (Laterza,
2003).
2 Dati Banca dItalia, 2003. Nella met degli
anni 70 il divario tra il pil procapite del Sud
e il pil procapite del Centro-Nord era inferiore.
3 Il pi lucido esame delle caratteristiche di
fondo del sistema economico meridionale
nel quadro delleconomia italiana resta il libro di A. Graziani, Lo sviluppo delleconomia ita liana. Dalla ricostruzione alla moneta euro p e a
(Boringhieri, Torino, 1998).
4 A proposito delle conseguenze di
Maastricht e della divergenza territoriale in
Europa e in Italia rinvio al libro a mia cura
F o rmazione, sviluppo e occupazione nei
Mezzogiorni dEuropa (Franco Angeli, in corso
di pubblicazione) e ai miei due articoli:
Mezzogiorni dEuropa condannati alla subalternit (Liberazione, 10 dicembre 2004) e
Unione Europea: quella che dovrebbe essere (Liberazione, 22 febbraio 2005). Questi
e gli altri miei articoli sono consultabili in rete
allindirizzo wwwdases.unisannio.it/docenti/riccardorealfonzo.htm.
5 I test di convergenza utilizzano indicatori
quali il tasso di crescita del pil, il tasso di variazione della produttivit e i tassi di attivit
e di disoccupazione. Molto noti sono, tra gli
altri, i contributi a riguardo di Barro e Sala-iMartin.
6 Si veda a riguardo il Terzo Rapporto sulla
Coesione della Commissione Europea (febbraio 2004). In particolare, la Commissione
precisava che con lallargamento il rapporto
tra il reddito pro capite dei paesi ricchi e
quello dei paesi poveri passa da 3 a 1 al valore
di 5 a 1. Il numero delle regioni con reddito
pro capite inferiore al 75% della media UE
passa 50 a 69 (la percentuale della popolazione passa dal 19,2% al 27,1%).
7 Nella letteratura scientifica i processi spontanei di divergenza territoriale sono principalmente spiegati in base alla teoria della cau sazione circolare di Myrdal. Esemplari a riguardo i contributi di Krugman, Fujita-Thisse
e, soprattutto, Tony Thirlwall.

33

Mezzogiorno

Novembre - Dicembre 2005

La classe operaia meridionale


pu essere la grande protagonista
sociale della prospettiva di sviluppo
e forse il Mezzogiorno pu essere
il punto di partenza di quella
nuova stagione nella quale la sinistra
italiana ritorni a rappresentare
il lavoro e la sua emancipazione

Sviluppo e
mediterraneit:
il futuro
del Mezzogiorno

di Piero Di Siena
Vice - Presidente Gruppo DS al Senato

IN PROSPETTIVA IL PROBLEMA NON TANTO QUELLO DI INTERROGARSI


SUL RUOLO DEI MOVIMENTI E DEL LORO RAPPORTO CON LA POLITICA,
MA DI COSTRUIRE NEL MEZZOGIORNO, PER DIRLA CON GRAMSCI,
UN NUOVO BLOCCO STORICO

l nuovo meridionalismo degli anni


Novanta ha posto molto laccento
sul rapporto tra Mezzogiorno e
Mediterraneo. E stata una scelta
fatta in alternativa al classico rapporto tra il Nord e il Sud del paese
che, dalla realizzazione dellunit
nazionale, era stato il contesto prioritario entro il quale era stata letta
la questione meridionale.
Ora, pensare a questo rapporto
come la chiave di volta della soluzione dei problemi del Mezzogiorno diventato quasi senso comune. Vi sono nelle regioni Puglia
e Campania assessorati al Mediterraneo. Non c iniziativa o evento culturale che avvenga al Sud o abbia il Mezzogiorno come oggetto
che non faccia, in un modo o nellaltro, riferimento alla meditteraneit della identit pi profonda
delle regioni meridionali del nostro
paese.
Tutto ci anche il prodotto dellevoluzione dello scenario internazionale che con la fine della guerra
fredda ha spostato nellarea del
Mediterraneo gran parte delle contraddizioni del tempo presente.
Valgano per tutte le ragioni che
stanno alla base della terribile aggressione americana allIraq.
In verit non dentro questo orizzonte di questioni era nata la discussione sul rapporto tra Mezzogiorno e Mediterraneo che si av-

34

viata nel corso degli anni Novanta


soprattutto per merito del pensiero
meridiano di Franco Cassano. Essa
era nata piuttosto dalla radicale reazione a quella modernizzazione
senza qualit che aveva contraddistinto llevoluzione dei rapporti sociali e delle istituzioni dellItalia meridionale nel corso degli anni
Ottanta, che sembrava soggiogare
anche il pensiero della sinistra di
quegli anni. Il Mediterraneo diventa cos la realt generatrice, dal
punto di vista sia materiale che simbolico, della diversit meridionale,
della sua identit, luogo di origine
di una civilizzazione radicalmente
altra rispetto ai Nord del mondo e
al resto del paese. Questa impostazione ha avuto il merito di strappare
lanalisi del Mezzogiorno alle matrici economicistiche entro le quali
era stata circoscritta sia dal meridionalismo classico (se si fa forse
leccezione di Giustino Fortunato)
che da quello del secondo dopoguerra, e ha posto il problema che
la condizione del Mezzogiorno anche una questione di una civilizzazione che mantiene i suoi tratti di
originalit i quali non vanno dispersi e cancellati. Tuttavia, cos il
Mezzogiorno ha rischiato di rapportarsi solo a se stesso, nel quadro
di una logica puramente autoreferenziale. E la questione meridionale
ha essa stessa rischiato di non essere

pi problema interno alle contraddizioni del capitalismo italiano e


allo sviluppo della sua economia e
delle sue istituzioni unitarie, ma
forma di un ripudio totale della modernizzazione in nome di una sostanziale regressione alle origini.
Ora, invece, anche per il mutamento delle dinamiche internazionali, il rapporto tra Mezzogiorno e
Mediterraneo si sta liberando, nella
concezione dei pi, da questa dimensione tendenzialmente autoreferenziale e si colloca nel contesto
della relazione che lEuropa e il processo di costruzione della sua unit
politica deve stabilire con il Mediterraneo. In questa prospettiva il
rapporto tra Mezzogiorno e il Mediterraneo passa da una dimensione identitaria a una storico-politica,
si colloca entro quel processo di internazionalizzazione dei mercati,
che siamo soliti definire globalizzazzione, per il quale il Mediterraneo ritorna al centro dei traffici
internazionali. C anzi chi si spinge
a dire che siamo di fronte a uninversione di tendenza rispetto al ciclo aperto dalle scoperte geografiche dellet moderna che avevano
messo ai margini dei grandi traffici
il nostro mare e che il Mediterraneo che destinato a incrociare il
sistema degli scambi indotto dallaffacciarsi sul mercato mondiale
dei giganti - Cina e India - dell Estre-

Novembre - Dicembre 2005

mo Oriente. E nel quadro di questa modificazione dei rapporti economici su scala mondiale che il
Mezzogiorno dItalia pu diventare
avamposto di uno scontro tra interessi e civilt contrapposti o, invece,
assolvere a un ruolo di cerniera in
questa area del mondo che ritorna
a diventare cruciale. E, del resto, in
questo quadro che nasce la proposta avanzata da Romano Prodi di
fare della portualit (una persuasiva
alterrnativa per le risorse che sono
destinate alla realizzazione del
Ponte sullo Stretto di Messina) la
missione strategica in cui impegnare il Mezzogiorno.
Ora, tuttavia,il problema che ha di
fronte soprattutto la sinistra cosa
il Mezzogiorno che arriva a questo appuntamento.
Le questioni su cui dobbiamo interrogarci riguardano innanzitutto
il rapporto tra criminalit e assetto
della societ meridionale, la qualit
delle sue istituzioni locali, quali possono essere le forze motrici di una
nuova stagione di cambiamento
della realt meridionale.
I movimenti del 2003 e 2004, che
per una occasionale congiuntura si
sono concentrati in una piccola ma
significativa regione meridionale
come la Basilicata, dimostrano che
negli ultimi cinque anni si sono accumulate le risorse per superare
quella condizione di passivit che
ha caratterizzato la societ meridionale negli anni Ottanta e Novanta e
che ha fatto s che proprio nel
Mezzogiorno nel 2001 si consumas-

Mezzogiorno

se la sconfitta del centrosinistra.


I movimenti di questi anni - dalla
mobilitazione di Scanzano Jonico
sul nucleare, alle lotte degli operai
della Fiat di Melfi, a quelle della popolazione di Rapolla contro il passaggio sul centro abitato di un elettrodotto a alta tensione, alle pi recenti mobilitazioni degli studenti di
Locri contro la criminalit - ci indicano tuttavia due necessit.
La prima riguarda il bisogno di realizzare uninnovazione programmatica molto forte rispetto alle politiche di governo del centrosinistra
degli anni Novanta. La seconda relativa alla necessit di costruire nel
Mezzogiorno un diverso rapporto
tra governanti e governati, tra societ civile e politica.
In prospettiva il problema non
tanto quello di interrogarsi sul
ruolo dei movimenti e del loro rapporto con la politica, ma di costruire
nel Mezzogiorno, per dirla con
Gramsci, un nuovo blocco storico.
Ebbene da anni ormai insisto sulla
necessit che la sinistra politica ssegni alla classe operaia meridionale
un ruolo centrale nella costruzione
di un nuovo sistema di relazioni politiche e sociali nella realt meridionale. E uninsistenza che deriva
non da opzioni ideologiche ma da
un esame della concreta condizione
della societ meridionale.
NellItalia centromeridionale, infatti, concentrato il grosso della
produzione dellindustria dellauto
in Italia. Ci vuol dire che il Mezzogiorno indissolubilmente legato ai

destini di quello che resta lultimo


segmento di grande industria che
esiste in Italia. Rimettere in campo
la questione meridionale significa
anche intervenire sul grande capitolo delle politiche industriali che il
paese dovr affrontare e in questo
quadro ritorna il rapporto tra Europa e Mediterraneo, perch nessuna
prospettiva duratura sar possibile
per lauto italiana se non in una strategia industriale di integrazione europea.
Questo significa rilanciare il tema
dello sviluppo delle zone interne
del Mezzogiorno a partire dalla riqualificazione infrastrutturale, produttiva e sociale di quellasse che si
dipana al crocevia del displuvio appenninico da cui nascono lOfanto
e il Sele che coincide con lasse che
tiene insieme gli stabilimenti Fiat di
Somigliano dArco, Pratola Serra,
Melfi e Termoli.
Significa, insomma, un Mezzogiorno che affronta il futuro puntando
non solo su scambi e turismo, ma
collocandosi al centro di strategie
produttive e di quella rivoluzione
nel campo dellenergia che punti
sul solare e su una riconversione
dellagricoltura meridionale orientata alla produzione di biomasse.
La classe operaia meridionale pu
essere la grande protagonista sociale di questa prospettiva e forse il
Mezzogiorno pu essere il punto di
partenza di quella nuova stagione
nella quale la sinistra italiana ritorni
classicamente a rappresentare il lavoro e la sua emancipazione.

35

Mezzogiorno

Novembre - Dicembre 2005

Se il crimine organizzato egemone


nel Mezzogiorno, come si fa a dire
che sussiste il bisogno ulteriore
di privatizzazioni e di liberalizzazioni,
cio che sussiste il bisogno
di ulteriori livelli di dominio
e di egemonia della criminalit?

Il crimine
organizzato
a impostazione
mafiosa

di Stefano Zolea

SPUNTI

ffrontare la questione del crimine


organizzato ad impostazione mafiosa (che nel nostro paese comprende mafia, camorra, sacra corona, ndrangheta, nelle loro alleanze con la mafia albanese,
croata, russa, moldava, rumena, nigeriana, cinese ecc.) sempre difficile non tanto e non solo perch si
corre il rischio di avanzare argomentazioni gi trattate ed esaurite,
scivolando nella banalit, ma perch questo un campo in cui unanalisi sbagliata corre piuttosto il rischio di portare linfa, anche indiretta, alle mafie.
Prover pertanto ad occuparmi della tematica da un punto di vista un
po particolare, quale quella dellintreccio tra servizi pubblici e crimine organizzato (CO), soprattutto
nel Mezzogiorno.

LO

SCENARIO GENERALE

D I AT T E N Z I O N E P U B B L I C A

Non ci si pu esimere per da una


considerazione generale e cio che
il tema del CO non pi ritenuto
interessante dai mass-media e presumibilmente dallopinione pubblica: il vero problema comunque
costituito dal fatto che non solo non
ce attenzione nellopinione pubblica ma si rileva una forte disattenzione nella coscienza democratica e

36

DI ANALISI DALLOSSERVATORIO DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI

nelle sinistre. Basta citare un paio di


episodi paradigmatici.
Il primo. In Sicilia, nel corso del
2005, numerosi esponenti politici
di rilievo appartenenti ad un singolo Partito del Polo delle Libert,
famoso per la sua immagine moderata che occhieggia talvolta al centro-sinistra, in distinte indagini antimafia e di Polizia Giudiziaria sono
stati arrestati e/o inquisiti: in occasioni simili fino a qualche anno fa
(basta fare una semplice lettura dei
quotidiani, anche conservatori, di
allora) le notizie rimanevano in
prima pagina per giorni, la societ
civile si mobilitava, certe volte con
uno sdegno talvolta fin troppo giustizialista, i magistrati comunque
potevano sentire un appoggio popolare consistente. Oggi, sugli arresti si riscontra qualche notizia raramente in prima pagina, che si esaurisce in un solo giorno; nessuna mobilitazione, nessuna reazione della
coscienza democratica.
Daltronde la DIA registra comunque in Italia un forte interesse da
parte del CO a rimanere sotto traccia (Relazione DIA al Parlamento,
II 2004, p. 11): la criminalit organizzata ha ancora oggi tutto linteresse a lavorare nel silenzio dei media e a riflettori spenti. Una relazione DIA al Parlamento, I 2003,
p.13 nello stesso senso e parlando
della Mafia siciliana si osserva che

nel proseguire la sua azione allinsegna della scarsa visibilit, [la


Mafia] protesa ad esercitare un attento controllo nella gestione degli
affari illeciti, specie quelli di grande
consistenza, in modo da non sollecitare lattenzione dellopinione
pubblica e a non creare allarme sociale.
Il secondo, su unaltra questione, ingombrante, ma sconosciuta ai pi,
da citare ad esempio. La vicenda
Transnistria. Anche in questo caso,
fino a una decina di anni fa tutte le
volte che qualche episodio o situazione di forte ingiustizia si realizzasse in area balcanica si aveva un
forte riverbero mediatico e di attenzione dellopinione pubblica italiana. Oggi non assolutamente
cos. Tanto che esiste, con nessuna
cognizione della coscienza democratica, a 500 chilometri dai confini
orientali dellUnione Europea e a
poco pi di 1.000 dal Friuli, una repubblica russofona, autoproclamatasi indipendente dalla pur poverissima e Moldavia, che da qualche
anno il crocevia di spaventosi affari di criminalit, gestiti in stretta
connessione con le mafie europee,
in primis con quella italiana, specialmente sul traffico di armi, ordigni, rifiuti ed organi per trapianti:
si tratta della Transnistria, con capitale Tiraspol. Questo caso assai differente da quello della diaspora ter-

Novembre - Dicembre 2005

ritoriale della ex Jugoslavia, dove


quanto meno esistono delle parvenze di stati nazionali che sono collocati sotto legida o il controllo di
vari organismi sovranazionali quali
UE, ONU, NATO, ecc.
Cos sulla Transnistria commentava
in audizione il Procuratore Nazionale Antimafia Vigna, alla Commissione parlamentare Antimafia il
25.02.2004: La Moldavia un paese
disperato, il pi povero che ci sia,
separato dalla Transnistria.
[Questultima] uno Stato che nessuno riconosce, con un proprio
Presidente della Repubblica e una
propria moneta. I russi avevano portato in quella regione armi ed esplosivi, ma oggi, dopo aver interrotto
le linee ferroviarie di collegamento,
questa area si gestisce autonomamente, infettando il mondo di terrorismo. In tal senso, mi stupisco
che ancora non si sia intervenuti per
porre rimedio a tale situazione. Sul
quotidiano La Repubblica del
4.10.05 nello stesso senso leggiamo
una corrispondenza di Fazzo:
Smirnov, [il presidente dellautoproclamata repubblica della Transnsitria, che ha dalla sua un simulacro di esercito malavitoso indipendente] un monarca assoluto. Ma
c chi dice che a tenerlo a galla, in
una singolare versione di democrazia, sia il consenso dei clan che dominano il mercato del crimine.
Oggi, tra laltro, laffair Transnistria
non nellagenda di discussione di
nessun ministro degli esteri dell
UE, e tanto meno di quello italiano,
con i loro colleghi rumeni o russi.
Questi sono i livelli di attenzione sul
CO da parte della coscienza collettiva italiana e questa cosa della
quale non si pu non tener conto.

IL

QUADRO GENERALE

N O R M AT I V O D E I S E RV I Z I
PUBBLICI LOCALI

Arriviamo allordinamento vigente


in materia di servizi pubblici locali.
I governi di centro-sinistra e di centro destra dellultima decina di anni
hanno lavorato costantemente, in

Mezzogiorno

relazione ai servizi pubblici locali, a


favorire il passaggio da aziende speciali in societ di capitali, di massima in S.p.A.
In particolare con la Finanziaria
2002, nellart. 35 della legge 448/01
(che modifica parzialmente il Testo
Unico degli Enti Locali, TUEL), si
prevedeva a regime che la gestione
dei pubblici servizi locali potesse avvenire o con laffidamento a gara
pura oppure con assunzione della
stessa da parte di societ di capitali
miste (con il partner privato al 40%
del pacchetto azionario scelto mediante gara) con lobiettivo finale
comunque dellaffidamento a gara,
dopo un eventuale lungo periodo
di transizione. Come noto il meccanismo dellart.35 per quanto riguarda gli affidamenti dei servizi
pubblici locali si inceppato per
una serie lunga e complessa di problemi. Per quanto riguarda i servizi
pubblici locali a rilevanza economica, una volta definiti a carattere
industriale, oggi con una nuova rimodulazione dellart.35 della legge
448/01 (avvenuta con la Finanziaria
2004, legge 350/03 e decreto legge
269/03 di accompagnamento, convertito con legge 326/03), si stabilito che detti servizi possano essere gestiti non solo da vincitori di
gara per il servizio tout court e da
S.p.A. miste (con il partner privato
scelto con gara europea) ma anche
da S.p.A. al 100% pubbliche -in
realt per una serie di motivazioni
le innovazioni legislative di affidamento del servizio riguardano in
special modo acqua e rifiuti.
Per quanto concerne i servizi non a
carattere economico, in poche parole quelli in cui il contributo o la
tariffa degli utenti zero o minimale (es. mense scolastiche, trasporto ed assistenza disabili, servizi
di prossimit, servizi culturali ecc.)
si era stabilito che le forme di gestione ammesse erano le aziende
speciali o le S.p.A. al 100%, laddove
si sanciva che non potesse entrare
neanche un euro di capitale privato
nelle societ. C da osservare amaramente che molti enti locali non si
adeguarono alle novit legislative,

lasciando, contra legem, che i servizi


non a carattere economico fossero
gestiti da S.p.A. miste (con partner
privato scelto spesso senza gara), cooperative, imprese private scelte
con i criteri pi fantasiosi .
Nel luglio 2004 il panorama esistente invece mutato in misura
profonda con una sentenza della
Corte Costituzionale, la n.272 del 24
luglio.
Con questa sentenza viene censurata linterezza dellart.113 bis del
TUEL novellato, che stabiliva in maniera tassativa che sui servizi locali
non di rilevanza economica non potesse entrare il capitale privato,
nelle societ che gestissero tale categoria di servizi.
Non essendo, ad avviso della Corte,
la categoria dei servizi locali non
economici materia oggetto di concorrenza, i criteri di scelta degli affidamenti degli stessi possono essere scelti con molteplice libert:
gara, affidamento diretto, trattativa
privata a favore di qualunque societ di capitali, cooperative, ditte
individuali ecc.

L I N S E R I M E N T O

DEL

CO

N E I S E RV I Z I P U B B L I C I L O C A L I

Pertanto allo stato dei fatti la forma


prevalente di gestione dei servizi
pubblici locali economici quella
della presenza del privato o in
quanto presente nelle S.p.A. miste
o, pi raramente, in quanto vincitore della gara per il servizio o del
project financing. Le gestioni al
100% pubbliche sono in difficolt e
sono comunque soggette alle forche caudine delle leggi nazionali ed
europee in relazione alla necessit
di ricorrere alle gare e agli appalti
per molte opere di manutenzione e
per altre attivit. Le gestioni pubbliche sono da mesi crocefisse su
gran parte della stampa nazionale e
ad esse sono attribuite la genesi di
tutti i mali italiani: chiss se questo
livore si rivolger un giorno al livello sovranazionale coinvolgendo le
miriadi di gestioni pubbliche in
Francia, Danimarca, Olanda e

37

Mezzogiorno

Svezia, quasi utilizzando lo slogan


staliniano: mai le privatizzazioni in
un solo paese!
Linserimento del CO nei servizi
pubblici locali pesante, forte ed ingombrante. Tralasciamo quelli non
a carattere economico, oggi purtroppo regno dellarbitrio pi totale e consideriamo quelli cosiddetti a carattere economico, in genere pi finanziariamente robusti.
Molteplici sono i meccanismi e i sistemi di entrata. Il pi banale consiste nel penetrare nella gestione di
un servizio pubblico mediante un
impresa contenitore, pulita e diretta da un amministratore testa di
legno, in Associazione Temporanea di Imprese (ATI), per vincere la

Nessuno vigiler o controller


i lavori eseguiti (talvolta non
sono addirittura eseguite
neanche parvenze di lavori,
a fronte di ben pingue fatture)
e le commissioni di collaudo
esistono solo per acconsentire

gara, in genere senza altri concorrenti, in cordata con altre imprese,


in genere cementiere, parenti
stretti dei raiders immobiliaristi,
oggi ben noti, nazionali e multinazionali, che possono dare un certo
spessore, credibilit e prestigio alla
cordata stessa. Limpresa contenitore imporr la sua egemonia sui
sub-appalti, far assumere un numero consistente di lavoratori locali, i quali esprimeranno lopportuno vassallaggio e gratitudine ai
boss locali.

38

Ovviamente, in questo caso, come


negli altri che saranno presi successivamente in considerazione, non
c alcun interesse verso il funzionamento o lefficienza del servizio
pubblico: esso deve solo funzionare
per moltiplicare allinfinito i microappalti di manutenzione, fino a
quando c latte da mungere.
Nessuno vigiler o controller i lavori eseguiti (talvolta non sono addirittura eseguite neanche parvenze di lavori, a fronte di ben pingue fatture) e le commissioni di collaudo esistono solo per acconsentire. Se hanno luogo dei problemi
nel contratto di servizio con gli enti
locali che possa far prefigurare delle
perdite di profitti, detti problemi
vengono oscurati o pi direttamente si cambia il contratto di servizio ex post con gli enti locali, utilizzando apposite debolezze nelle
clausole contrattuali.
Un altro meccanismo ben noto,
quando invece le gare sono vere,
reali e non fittizie ed esistono pertanto vari concorrenti che si propongono. Esso ben descritto dalla
DIA (Relazione DIA al Parlamento,
II, 2003 p. 53) le cosche ricorrerebbero ad un sistema di controllo
delle aggiudicazioni pi sofisticato
(minimi ribassi in presenza di una
massiccia partecipazione alle gare)
ed articolato rispetto a quello adottate negli anni 80 e 90. In particolare, il gruppo mafioso pianifica le
offerte delle imprese partecipanti
ed il minimo ribasso con il quale le
stesse dovrebbero, a turno, vincere.
Lo stesso gruppo provvede alla costituzione di apposite societ consortili, talvolta con false attestazioni
certificate da Soa compiacenti, alla
dissuasione delle imprese non consenzienti, allintimidazione nei confronti delle ditte concorrenti estranee agi interessi mafiosi () con la
complicit di funzionari pubblici.(). Le indagini di polizia giudiziaria hanno evidenziato come il
fenomeno sia esteso a tutta la Sicilia.
Infatti su 95 gare dappalto indette
dai comuni e concernenti, prevalentemente, la realizzazione di
opere fognarie, impianti di depura-

Novembre - Dicembre 2005

zione, acquedotti, e alloggi popolari, emerso che le imprese coinvolte nelle indagini, pur se formalmente indenni da pregiudizi, in taluni casi sono risultate collegate in
modo evidente al cartello di cosa nostra.
Scrivono al riguardo i magistrati
Grasso, Palma, De Lucia e Davigo
(intervento al Convegno ANM Economia e Societ, Agrigento 20-21
settembre 2003): Unulteriore minaccia ambientale sulleconomia
degli appalti rappresentata dalla
cosiddetta messa a posto, che prevede lobbligo da parte dellimprenditore che abbia vinto un appalto di
rivolgersi al capomafia della zona;
[con tale strumento] cosa nostra interviene nel settore con una rigida
divisione territoriale in zone dinfluenza [per il pagamento estorsivo
del balzello]. () In tale contesto
la messa a posto talmente recepita
come atto dovuto, da essere sostanzialmente considerata alla stessa
stregua di un costo di produzione.
Maugeri, daltra parte, su Il sole 24
ore del 21.06.2005 in una cruda corrispondenza cos descrive la situazione del casertano: il territorio ha
il numero pi alto di reati dEuropa
() Cave, terra, edilizia, lavori pubblici, rifiuti tossici,() i camorristi
riempiono con disinvoltura tutti gli
spazi vuoti con i rifiuti, cos come
addormentano le coscienze con la
droga e sottomettono con la violenza.
E cosa succede in Calabria?
Leggiamo la corrispondenza di
Agostini su La Repubblica del 15.10
2005. C un depuratore ogni mille
metri di costa. In tutto sono 700.
Alcuni paesi dellinterno come
Longobucco e Parenti ne hanno 5,
Cassano 6. Quelli sul litorale per
sono solo tubi che fanno viaggiare
tonnellate di rifiuti, avanti e indietro. Sono depuratori fantasma. Il
mare sempre, in ceri giorni la
schiuma biancastra una striscia
lunga 250 chilometri.() Quei depuratori non depurano pi nulla.
Le aziende che li gestiscono spesso
non garantiscono neanche la manutenzione ordinaria, quando si

Novembre - Dicembre 2005

rompe una pompa di sollevamento


non la riparano, quando un compressore sfiatato non lo sostituiscono, quando un canale rotto
neanche lo vengono a sapere.
C qualcuno che osa mettere in
dubbio lo strapotere del CO nel Sud
Italia nel mondo dei servizi pubblici?

LA

C O N N O TA Z I O N E

A N T I D E M O C R AT I C A E D I C L A S S E
D E L L A F O RT E P R E S E N Z A
DEL

CO

NEL

SUD

Per quello che linteresse dello


scrivente (non volendo in alcun
modo sminuire limportanza per il
CO di altri campi, quali per es. il
controllo dei mercati e delle attivit
della droga, della prostituzione,
dellusura e del taglieggiamento) le
indagini di polizia giudiziaria della
DIA, della DNA, confermate da
qualche rara e coraggiosa inchiesta
giornalistica, vanno palesemente a
senso unico: nel territorio del Mezzogiorno, in consistenti aree geografiche, sussiste il predominio ora
assoluto ora egemonico del CO nel
campo delle infrastrutture pubbliche e degli appalti (se non direttamente della gestione) dei servizi
pubblici locali.
Le autorit inquirenti segnalano
giustamente il problema dal loro
punto di vista, in relazione ad attivit di repressione e di intelligence
che vanno senzaltro sostenute. Ma
esiste anche un altro punto di vista
che oggi sempre pi sottaciuto: a
chi giova la forza del CO?
La risposta non difficile, ma abbisogna di una premessa.
In materia di servizi pubblici, (o meglio di interesse generale come
sono meglio noti nella letteratura
giuridica, economica e sociologica
di lingua francese e nella stessa, dimenticata, nostra Costituzione italiana) bisogna ricordare che negli
ultimi due secoli e mezzo in Europa
la caratterizzazione socialmente
avanzata degli stessi avvenuta mediante la sussunzione del cosiddetto
modello del servizio di interesse ge-

Mezzogiorno

nerale. Il servizio di interesse generale trova la sua origine nei diritti


del cittadino a seguito della Rivoluzione francese: in sostanza al cito yen, deve essere garantito un servizio efficace, a costo abordable, a
cui tutti non solo possono ma debbono avere accesso. Inoltre sempre
nel corso del 900 i servizi di interesse generale sono stati sempre pi
spesso gestiti in Europa da societ o
da enti totalmente pubblici in
quanto si riteneva che, se le risorse
per mantenerli sono pubbliche, la
propriet non pu che essere pubblica. Il modello ha tenuto ed era
egemone fino alla rivoluzione reazionaria di Reagan e Thatcher, che
con il suo formidabile apparato
ideologico di neoliberismo ha conquistato non solo i settori conservatori ma anche moltissimi settori progressisti e socialisti del mondo politico europeo e mondiale: come non
ascrivere a questa tendenza neocon
la primazia garantita in Europa alla
Banca centrale Europea e al Patto
di Stabilit post-Maastricht?
Quando si leggono prese di posizione contro il socialismo municipale (cfr. Costanzo, presidente di
Confindustria Sicilia, su Il sole 24 ore
del 27.11.05) per il solo fatto della
presenza pubblica nella gestione
dei servizi locali, oltre ad un affermazione politicamente pesante, si
fa un affermazione contro levidenza storica, che ascrive al socialismo il prussiano Bismarck, il frammassone Nathan, il cattolico
Saraceni: in queste operazioni di
mistificazione se non ci fosse da
piangere, sarebbe il caso di ridere a
crepapelle. La verit che le nuove
tendenze iperliberiste vogliono
mettere in discussione i diritti e le
conquiste democratiche di fine 800
e del 900. Daltronde gi da anni
alcuni accademici liberali e liberisti
italiani, sovente non dellultima generazione di neofiti entusiasti del liberismo (cfr Bognetti e Piacentino,
Privatizzazione delle aziende e servizi di pubblica utilit, Rivista di politica economica, sett-ott 2003),
hanno preso le distanze dalle frottole sulla positivit assoluta delle

privatizzazioni e sulla cosiddetta insita tendenza allinefficienza della


gestione pubblica dei servizi pubblici (nel volume Per lalternativa
sociale e politica, lernesto, 2005, si
trova un elegante riassunto di
Stroffolini sullo stato dellarte e
unattenta disamina sullinconsistenza del verbo neoliberista contro
la gestione pubblica diretta; sulle
questioni pi generali si possono
pure leggere utilmente i lavori in inglese di Florio). La S.p.A. mista - se
non la gestione tout court mediante
gara o project financing - di un servizio di interesse generale sono modalit di un ritorno ad un passato
odioso di esclusione sociale (cui fa
da contrappeso una tendenza cari-

Per, la critica alla linea


che connette le magnifiche sorti
e progressive alle liberalizzazioni
non fuoriesce purtroppo
da taluni ristretti
ambiti accademici italiani

tatevole al pietismo verso la povert


e il disagio sociale). Per, la critica
alla linea che connette le magnifiche sorti e progressive alle liberalizzazioni non fuoriesce purtroppo
da taluni ristretti ambiti accademici
italiani e pertanto lunico antagonismo diffuso al neoliberismo
quello dei movimenti di opposizione che per in molti casi non
sono stati in grado di andare al di l
di slogan e parole dordine.
Ma se il modello spinto di privatiz-

39

Novembre - Dicembre 2005

Mezzogiorno

zazioni neoliberiste fallisce teoricamente e praticamente, laddove esso


diventa osceno ed impresentabile l
va tenuto nascosto e sotto silenzio.
Ci quanto accade nei servizi pubblici locali del Sud in connessione
con il CO . Se il CO egemone nel
Mezzogiorno come si fa a dire che
sussiste il bisogno ulteriore di privatizzazioni e di liberalizzazioni,
cio che sussiste il bisogno di ulteriori livelli di dominio e di egemonia della criminalit? E sconcertante ma non si pu non constatare
il mostro del combinato disposto
delle mafie e del neoliberismo imperante a tenere sotto silenzio lo
strapotere del CO nella costruzione
di infrastrutture e nel controllo
della gestione dei servizi locali nel
Sud, con la facilitazione (non intenzionale), costituita dalla sentenza della Corte Costituzionale sui
servizi non a carattere economico.
Forse anche ci un aspetto di
quanto Di Lello va affermando da
anni e cio che il neoliberismo dominante sua sponte criminogeno.
In ogni caso, per ci che concerne
il mondo delle infrastrutture e dei
servizi locali il ruolo delle mafie ha
un significato di classe evidente ed
costituito dalla compressione dei
salari della manodopera impegnata
e dalla assicurazione della mortificazione per ogni possibilit rivendicativa, oggigiorno anche attraverso
il controllo del CO sullesercito di
manodopera costituito da extracomunitari e da clandestini. Il rapporto tra lavoratori e boss comunque premoderno ed intimidatorio in maniera pressante e si basa
sulla condivisione di valori e sulla
gratitudine, per non dire vassallaggio, dei lavoratori intimoriti nei
confronti del datore che fornisce
la possibilit di sopravvivere in situazioni dove la disoccupazione
endemica.
Una delle poche volte che le masse
popolari alzarono la testa e portarono avanti considerevoli obiettivi
sociali e rivendicativi contro la
Mafia, Cosa Nostra (in una non improbabile collusione con alcuni apparati dello Stato) le schiacci

40

dando luogo tra laltro, come


noto, alla spaventosa strage di
Portella della Ginestra.
Addirittura i lavoratori sono usati e
sono stati usati dalle mafie in momenti di pseudo-rivendicazionismo
e pseudo-ribellismo come avviene
per le manifestazioni, anche dure,
sotto le sedi istituzionali di comuni
e regioni per ottenere la proroga di
finanziamenti per lavori pubblici
inutili o per ottenere lo sblocco di
cantieri sotto sequestro giudiziario
per gravissimi reati penali.

SUGGERIMENTI

P E R L U S C I TA

DAL PROBLEMA

La liberalizzazione/privatizzazione
dei servizi pubblici locali non la
panacea per tutti, anzi lo per pochi e per il mondo finanziario, e rimane una scelta ideologica (cfr
Zolea, nel volume Per lalternativa
sociale e politica, lernesto , 2005).
Per esempio, le multinazionali tedesche e francesi presenti nelle ATI
per vincere le gare italiane per laggiudicazione non portano certo con
s il modello sociale ed economico
franco-renano ma piuttosto lesclusivo interesse a realizzare profitti,
checch ne pensi un certo ingenuo
illuminismo diffuso nel centro-sinistra che esalta di continuo il ruolo
democratico e progressista della
concorrenza. Abbiamo visto che se
ci vero per tutto il territorio nazionale, ci tanto pi tragicamente vero per il Mezzogiorno.
Risulta molto semplice pertanto il
percorso di uscita dal problema.
Il dominio della criminalit organizzata in aree ampie del Mezzogiorno pu essere scalzato se le infrastrutture, sia grandi, sia soprattutto piccole e disseminate, non saranno pi messe a gara e saranno
piuttosto gestite con entit totalmente pubbliche.
Questo significa che bisogner fare
un braccio di ferro con Bruxelles, sicuramente non sottacendo il peso
economico del CO nel Sud, al fine
di eliminare il principio di concorrenza almeno per un decennio per

il Mezzogiorno. Ci esattamente il
contrario di ci che i Governi italiani hanno sempre realizzato e
tanto pi ultimamente, non indicando mai all UE il peso reale del
CO nel Mezzogiorno. Uneventuale
deroga riconosciuta per parte del
territorio italiano sicuramente aprirebbe la questione di altri territori
nellUE, con presenze economiche
ingombranti del CO: ci si riferisce
soprattutto ad alcuni paesi della
zona orientale dellUE, vittime del
disinteresse generale di attenzione,
disinteresse che il neoliberismo
ama nutrire nel nome dellindiscutibile (sic!) armonia europea regolata dal principio semidivino della
concorrenza.
Andrebbe pertanto pensata una
nuova IRI 2, organizzata in subholding regionali, che dia lavoro stabile
per almeno un decennio a decine
di migliaia di lavoratori che possano
intervenire con elasticit di cambiamenti di sede (per es. nellambito di un centinaio di chilometri)
per la gestione, la manutenzione e
la realizzazione di servizi e infrastrutture pubbliche. La sostanziale
differenza con il passato di luci ed
ombre della vecchia IRI ed altri enti
pubblici deve misurarsi da una
parte con una forte efficienza della
struttura e dallaltra con una capacit rapida e tangibile di risolvere gli
scempi ambientali e sociali causati
da anni di incuria statale e di converso da anni di predominio del
CO. Senza la sottrazione economicamente forzata delle infrastrutture
e servizi pubblici al privato cannibalizzato dal CO, non minimamente pensabile che possa essere
insidiato il potere delle mafie nel
Mezzogiorno, anche in considerazione del ruolo e della parte di PIL
che comunque il CO ha gestito e gestisce, a meno di non pensare a un
impoverimento assoluto ed irreversibile del Sud. Al di fuori di ci rimangono soltanto, in sinergia, il
moralismo antimeridionalista, il
giustizialismo e la congiura del silenzio.
A proposito, ma a sinistra si vogliono davvero insidiare le mafie?

Novembre - Dicembre 2005

Diritti

La questione non di sapere


perch c gente che lancia pietre
contro la polizia, ma piuttosto
perch ce n cos poca.
Wilhelm Reich

Nellinferno
capitalista

di Bruno Drweski
Docente Universitario di Storia e Politica, Parigi;
direttore della rivista di sinistra La pense libre

LONTANO

C in Parigi, in quelle periferie di


Parigi che non molto tempo fa il vento
delle sommosse sollevava cos facilmente,
ci sono strade, case, cloache, dove delle
famiglie, famiglie intere, vivono alla
rinfusa, uomini, donne, ragazze,
bambini, che non hanno per letto, che
non hanno per coprirsi, stavo quasi per
dire per abiti, che dei brandelli infetti di
stracci in fermentazione. () Nei giorni
scorsi, un uomo, mio Dio, un infelice
uomo di lettere, poich la miseria non
risparmia pi le professioni liberali di
quanto non risparmi le pro f e s s i o n i
manuali, un uomo infelice morto di
fame, letteralmente morto di fame, e si
constatato solo dopo la sua morte che non
mangiava da sei giorni 1.
Oggi, apparentemente, si muore
assai di rado di fame nelle periferie
di Parigi; ma dopo la recente ondata
di sommosse unondata di freddo
quella che ha colpito Parigi, e si
(ri)scoperto che vi si muore di
freddo. una prova della decomposizione del tessuto sociale, della
decadenza dello Stato, ma anche
della scomparsa delle organizzazioni popolari. Sono gi due anni
che pi di 15.000 vecchi sono morti
in surplus alla media a causa di
unondata di caldo che le istituzioni
non sono state in grado di gestire.
Non cera nessuno a portare da bere
a delle persone disidratate! E
naturalmente il numero dei morti

DALLA CIVILT , AL CENTRO DELLA

METROPOLITANA .

PARIGI:

NOTTE

VIAGGIO NELLE BANLIEUES

stato superiore alla media nelle


classi pi povere e nelle case di
ricovero meno care. Eccolo qui il
contesto generale delle sommosse
in Francia.
Dalla primavera del 2005, vale a dire
dopo la vittoria del no al
referendum sulla costituzione
europea, no al quale politicamente non ha fatto seguito niente, o
quasi, gli osservatori attenti delle
b a n l i e u e s segnalavano che i
giovanissimi si stavano allontanando. Non solo si allontanavano
dalla politica, dalla scuola e dalla
religione, ma anche dalla famiglia e
dal rispetto verso i fratelli maggiori. Le rivolte sono scoppiate in
seguito ad uno dei tanti piccoli
incidenti mortali che regolarmente
scandiscono le citt: la morte per
folgoramento di due ragazzi che
scappavano dalla polizia e che si
erano rifugiati in una cabina
elettrica. Le sommosse si sono allora
sparse, come una notizia che si
diffonda in un lampo, nei quartieri
pi disastrati di tutta la Francia. L
dove la povert imperversa, l dove
le organizzazioni politiche di
sinistra hanno da molto tempo
rinunciato a reclutare, a formare, a
mobilitare, a canalizzare lodio di
classe, l dove le moschee, nelle
mani di vecchi spesso legati ai
regimi marocchino o algerino, non
hanno saputo sostituire un tessuto

associativo o politico dissolto, e l


dove i caid della droga non hanno
nemmeno potuto imporre il loro
lucrativo commercio le cui
briciole cadono sui giovani che
sorvegliano il traffico. L, dunque, dove il senso di vuoto e dabbandono totale, l dove i poteri
pubblici sono inesistenti, ma anche
qualsiasi altra forma dorganizzazione sociale.
Chi sono dunque questi giovani incendiari? Perch si tratta di giovanissimi, che raramente hanno pi di
ventanni. Esiste un fenomeno generazionale che si accumula a un fenomeno di povert e di emarginazione. E un fenomeno maschile,
perch le ragazze non partecipano
a queste rivolte, cosa che le organizzazioni femminili benpensanti
hanno daltronde tentato di recuperare, senza grande successo 2.
Molti giovani abitanti delle ban lieues, implicati o meno nelle sommosse, in queste ultime settimane
hanno ripetuto questa medesima
frase: Non ci considerano come fran cesi. Si direbbe che, perch qualcuno sia
considerato francese, egli debba venire
dalla Bretagna! , ha dichiarato il 7
novembre allAFP un rivoltoso di
Grigny (Essonne), nato 17 anni fa
nel dipartimento francese della
Martinica. Le gente mi guarda, ve ne
sono alcuni che dicono: da dove viene
questo qui, ha poi aggiunto ladole-

41

Diritti

scente nero, dai capelli intrecciati e


la maglietta rasta. E quando io dico
sono francese, si guardano fra loro e ri dono3.
Oltre la povert, la scuola che sul
banco degli accusati, perch non
svolge pi la propria missione demancipazione sociale. Imparare
non serve pi a niente, e quel che
inutile lo si brucia, tanto pi che
il servizio educativo pubblico in
crisi profonda e che, riforma dopo
riforma, i nuovi metodi dinsegnamento si sono rivelati poco efficaci. Al punto che alcuni ritengono
ormai che si sia stata messa in atto
da tempo unoffensiva di ottundimento del cervello delle classi popolari pi o meno intenzionale, sia
da parte dei media audiovisivi che
della scuola dei quartieri. Bisogna
ben riconoscere che il vecchio sistema educativo repubblicano, autoritario, nozionistico e implicitamente colonialista andato in crisi
nel 1968, non stato sostituito dopo
gli avvenimenti del 1968 da un
nuovo sistema capace di proporre
prospettive alle classi popolari.
Un certo maggio 1968, nella sua versione giovane, stato fatto da e a
profitto delle classi medie integrate,
imborghesite.
I tradizionalisti hanno dunque buon gioco oggi a fare i loro discorsi,
che non sono solo arcaici. Si distrutto il metodo classico dapprendimento della scrittura e della lettura, che verso la met del XX secolo aveva fatto della Francia uno
dei paesi pi alfabetizzati del mondo. E lo si sostituito con metodi
pi innovatori, relativisti, soggettivisti, individualisti, la qual cosa
non poteva corrispondere agli interessi delle classi popolari, ma forse
a quelli dei piccoli borghesi aspiranti allo status di quadri o dimprenditori. Il risultato nei quartieri
sensibili la condizione di illetterati delle classi popolari: verso i 15
anni, dal 15 al 20% si ha difficolt a
leggere un testo semplice e a comp r e n d e r l o. Ecco dunque qualcosa
che riguarda le cause ammesse alla
crisi. Ma che ne degli atteggiamenti verso i rivoltosi?

42

LE

I N T E R P R E TA Z I O N I

D E G L I AV V E N I M E N T I

Da parte del potere, le interpretazione si sono concentrate sul vandalismo, sulla manipolazione da
parte dei caid della droga, sulletnicismo o sul lintegralismo arabo-mussulmani e neri, colpevoli di
vittimismo, o ancora al primitivismo di una giovent senza valori e
senza ambizioni. Ma molti hanno
ben compreso le dichiarazioni provocatorie del ministro dellinterno,
Nicolas Sarkozy, rappresentante
della corrente liberista, filo USA,
filo israeliana e fautore della compartimentazione etnico-religiosa
della Francia. Questo spiega perch, alliperattivismo securitario di
Sarkozy, ha fatto poi eco la lenta reazione della vecchia destra conservatrice, post-gollista, quella di
Chirac e di Villepin. Chiaramente
Sarkozy, con i suoi discorsi provocatori ma indubbiamente anche
con la sua polizia in uniforme o con
i suoi agenti senza uniforme presenti nei quartieri popolari, cerca di
conquistare per le prossime elezioni
presidenziali lelettorato di estrema
destra. Egli tenta inoltre di ricostruire una Francia atlantistica, recentemente delegittimata.
Argomenti esemplari in tal senso
possono essere alcune frasi apparse
su Le Figaro, il giornale della grande
borghesia francese: I forum islamisti di lingua araba si sono impossessati della crisi delle banlieues.
Dialogando su siti come tajdeed.
net,alsaha.com o ancora alfirdaous.net, gli islamonauti di tutto il mondo denuncerebbero le
forze di polizia crociate e la Francia
terra di infedeli, che lottano contro
i mujahidin; sionistizzata e in fame, la Francia nemica dei mussul mani, colonizzazione4.
Limportanza di tali siti assolutamente marginale rispetto ai principali siti mussulmani, e se vi stato
qualche intervento di imam o di
qualche barbuto durante le sommosse, stato per cercare di calmare la tensione, in una situazione in
cui, secondo il giudizio stesso di

Novembre - Dicembre 2005

molti sindaci delle banlieues, sia di


destra che di sinistra, in quei territori lo Stato aveva cessato di esistere. Questo non ha impedito in
seguito ai media compiacenti di denunciare lirruzione di integralisti
nel campo politico riservato ai laici,
i quali hanno tuttavia disertato i
quartieri sensibili. Se vi fosse stata
una qualche volont islamica di
prendere il controllo delle banlieues,
questa di fatto non si sarebbe affatto
scontrata con la presenza di qualche
potere, e poich essa non si verificata, questa la prova che non esiste affatto una cospirazione islamica
in Francia, e che, almeno su questo
terreno, un resto deducazione repubblicana continua ad esistere
anche presso i mussulmani praticanti. senza dubbio per questo,
daltronde, che gli integralisti mussulmani in Francia, i salafidi, rifiutano per principio dimmischiarsi
alla vita sociale e politica miscredente, disdegnando pure la giovent attivista, giudicata corrotta.
Le altre correnti mussulmane sono
o assai rispettose dellordine, eredit del periodo coloniale, o guardano verso laltermondialismo, e si
sentono disorientati di fronte a una
giovent che rifiuta ogni recupero politico, anche se pensatori
come il teologo della liberazione
mussulmano Tariq Ramadan hanno
senza dubbio un po pi dautorit
morale sui fratelli maggiori e sulle
sorelle rispetto ai partiti politici,
largamente screditati.
Ma pi forzatamente dei detentori
del potere sono stati gli ambienti
della sinistra salottiera ad aver superato i limiti di quel che sino ad
ora era stato il politicamente corretto di sinistra, prendendosela
apertamente con la supposta origine etnica o religiosa dei rivoltosi.
Questi ultimi sono stati presentati
da Alain Finkielkraut, uno dei principali ideologi del politicamente
corretto di sinistra, come gli autori di pogrom anti-repubblicani,
giudicati non molto distanti dallantisemitismo fascistizzante. Il
fondo del suo pensiero egli lha tuttavia riservato al giornale israeliano

Novembre - Dicembre 2005

Haaretz, al quale ha dichiarato che


i rivoltosi non sono infelici, sono
mussulmani. Sviluppando questo
tema egli ha dichiarato: In Francia si vorrebbero volentieri ridurre
le sommosse alle loro cause sociali
; vedere in esse una rivolta dei giovani delle banlieues contro la propria
situazione, la discriminazione di cui
soffrono, e contro la disoccupazione. Il problema che la maggioranza di questi giovani sono neri o
arabi, e sidentificano nell Islam. Vi
sono infatti in Francia altri immigrati in situazioni difficili, cinesi,
vietnamiti, portoghesi, ed essi non
partecipano alle rivolte. quindi
evidente che si tratta di una rivolta
a carattere etnico-religioso6.
Avendo avuto le sue parole in Francia ripercussioni imprevedibili a
causa dellautore, Finkielkraut ha
dovuto spiegare la sua deriva dal carattere incontestabilmente razzista.
Visto poi che vi sono anche dei
bianchi e dei cinesi nei collettivi
dei sans-papier e degli squatters.
Come allora non sottoscrivere le
opinioni riscontrabili in alcuni ambienti mussulmani che non esitano
a dichiarare: Lo scopo di Sarkozy non
si limita a voler trarre vantaggio dalle
sommosse per ridurre i cittadini francesi
arabo-islamici, per lui infatti si tratta
innanzitutto di utilizzare questi
avvenimenti come una tappa per
mobilitare il nocciolo del popolo francese
c o n t ro la stessa popolazione arabomussulmana e di conseguenza di far
pendere la politica estera francese in
f a v o re del clan sionista-neo-conserva tore-fascista di Sharon/Bushh/Blair6.
infatti forse un caso se Parigi svolge al tempo stesso il ruolo di punta
avanzata contro la Siria e lIran, e
che essa ormai quasi silenziosa sul
dossier delloccupazione dellIraq?
La sinistra morale, a differenza
della sinistra sociale, stata anchessa spesso preda dellopportunismo a proposito delle cause delle
sommosse. Anche numerosi comunisti e dirigenti destrema sinistra
hanno esitato prima danalizzare gli
avvenimenti ricorrendo ad una corretta visuale sociale. Lamalgama
mafia-delinquenza-islamismo, to-

Diritti

talmente stupida, stata in effetti ripresa da numerose organizzazioni


laiche della sinistra moderata, talvolta anche da alcuni comunisti,
compresi ambienti della dissidenza
di sinistra del PCF7. Questa amalgama non ha n capo n coda, perch i mafiosi hanno bisogno di quartieri calmi per fare i loro commerci, mentre gli estremisti islamici si vantano della propria capacit di sostituire lo Stato in dissoluzione nel reprimere la delinquenza,
e i rivoltosi non hanno saccheggiato
le boutique ma attaccato i simboli
del potere (polizia, edifici pubblici)
o di una emancipazione da cui essi
si sentono escusi (automobili, scuola, etc.). Tuttavia la sinistra del nn (n Sarkozy n rivoltosi, come
altre volte n Bush n Saddam o
n Clinton n Milosevic) si spesa
in molteplici dichiarazioni o in marce pacifiche sottoscrivendo pienamente la polpetta avvelenata inventata dal ministro degli interni rivoltosi-islamici-mafia: Credere an che un solo istante ai discorsi di com passione verso i delinquenti mafiosi e i
capi dellislamismo politico che tengono
i cittadini e le loro famiglie in ostaggio
nelle banlieues, rendersi complici di
unimpostura. Cre d e re un solo istante
che le provocazioni mediatiche del mini stro degli interni siano qualcosa di di verso dallo scandaloso tentativo di ser virsi della situatione per scopi elettorali,
significa lasciarsi abbindolare.
Non possiamo tollerare pi a lungo
che i cittadini vedano la loro vita messa
in pericolo da mascalzoni pronti a
qualsiasi violenza fisica e pure ad
incendiare autobus carichi di passeggeri.
Non possiamo tollerare pi a lungo di
vedere i poliziotti lasciarsi sparare con I
fucili da caccia.
la carit si sostituisce alla solidariet
repubblicana, come provano quelle
ultime proposte anti-laiche di finanziare
la construzione di moschee e di dare un
salario agli iman con i fondi pubblici
8
CHI

C ERA NELLE STRADE ?

E tuttavia alcuni giornalisti hanno


fatto davvero il proprio mestiere.

Hanno scoperto che le sommosse


erano un fenomeno generazionale,
un fenomeno generalizzato dellinsieme delle banlieues su tutto il territorio francese (le sommosse hanno pure dimostrato che non esisteva
uno spazio di sommossa europeo
pi di quanto esista uno spazio politico europeo, poich esse si sono
limitate al territorio francese, malgrado i timori inizialmente manifestati allinizio dall europeo
Prodi). Questa giovent di diverse
origini pu tenere in mano come
emblema unificante tanto i ritratti
di Che Guevara che gridando Allah
akbar, come i giovani dellintifada.
In un reportage dalla regione di
Lille, la corrispondente di Libration
conferma il carattere socio-generazionale dei rivoltosi: I due terzi dei
giovani che dovranno comparire in tri bunale per un giudizio immediato dopo
gli incendi notturni sono dei Jean-Marc
e dei Maxime, ci dice un cronista di
casa nel tribunale di prima istanza.
Non sono che abbronzati , conferma
Serge Damiens, educatore alla missione locale di Lille. Nel quartiere
Bois-Blancs a Lille, quando la scuola
bruciata, durante la prima mezzora essi
erano tutti bianchi. Questo non stupisce. Il colore della pelle un handi cap per trovare lavoro, vero. Ma anche
lindirizzo. Quelli che vogliono venirne
fuori danno spesso lindirizzo finto di
una zia, fuori quartiere, o di una citt
vicina. Il razzismo non che un
handicap in pi sul loro percorso a
ostacoli: I gendarmi passano pi
tempo a controllare le teste ricce che i
Patrick e i Grard. Nel Nord e nel
Pas-de-Calais, terre di antica immigrazione, limmensa maggioranza
dei quartieri popolari sono etnicamente misti. I figli di operai e sempre pi di disoccupati che vivono
nei quartieri in difficolt sono francesi di cosiddetto ceppo, o provenienti dallimmigrazione belga, polacca, portoghese, spagnola, maghrebina e africana. La presenza di
questi ragazzi bianchi nei tribunali
correzionali dopo due settimane
non stupisce affatto Maryse EsterleHedibel, sociologa. Mi avrebbe stu pito il contrario, essa commenta. Ex

43

Diritti

educatrice di strada nella regione


parigina, ora lavora da quattro anni
nei quartieri di Roubaix.
Contrariamente a quel che ho visto
nella Val-dOise e nella Val-de-Marne, ho
scoperto qui una popolazione assai spe cifica, senza discriminante immigratonon immigrato. Vi sono qui anche
famiglie bianche molto povere.
Alcuni bambini non mangiano a suf ficienza, vivono senza riscaldamento
perch lazienda elettrica ha tagliato le lettricit, e madri di famiglia che hanno
sedici anni. Il quarto mondo. Per lei
le sommosse urbane di questi ultimi
giorni non vanno analizzate in termini etnici: Questi argomenti sulla
poligamia sono propaganda pura e sem plice. Al contrario, questi sono interi
quartieri che sono stati devastati dalla
deindustrializzazione. Le vecchie forme
di solidariet operaia sono scomparse,
rimpiazzate da forme di assistenziali smo. Il quartiere dellAlma, a Roubaix,
vuol dire il 40 % di disoccupati. Le ma dri di queste ragazze che lasciano la
scuola a quindici anni presentando un
certificato di gravidanza, trenta anni fa
p o t re b b e ro essere state operaie a La
Redoute. Qualcosa di sicuramente di verso dal ricevere solo lassegno RMI
(reddito minimo dingresso).9
Altra constatazione: nella loro stragrande maggioranza, i giovani portati davanti ai tribunali per la sommossa non sono mai stati precedentemente condannati, cosa che
contraddice la tesi dei loro legami
con la delinquenza. Queste sommosse rappresentano il primo ingresso nella vita sociale adulta di
una generazione senza riferimenti,
senza organizzazione, e per il momento senza speranza.
Di chi la colpa?

QUALI

PROSPETTIVE?

Questa situazione interpella direttamente tutte le forze di sinistra che,


a forza di elettoralismo, di tentazioni politico amministrative e di
politiche governative riformistiche,
hanno in primo luogo trascurato i
quartieri popolari, poi abbando-

44

nato le cellule comuniste, le associazioni mobilitanti, i sindacati e leducazione popolare, disertando


questi quartieri in abbandono. Non
stato molto tempo fa che alla direzione del Partito comunista si
pure teorizzata la scomparsa delle
cellule di quartiere e di fabbrica.
Oggi ce se ne rammarica, si dice, ma
la perdita sar difficile da rattoppare. Il vuoto non stato neppure
colmato da unestrema sinistra
troppo intellettuale e piccolo borghese. Quando il governo della sinistra plurale lanci lesperienza
oggi abbandonata da Sarkozy dei
poliziotti di vicinato, la direzione
del Partito comunista francese di allora rinunci alle cellule di vicinato, con il pretesto di rinunciare
a delle strutture arcaiche e di lasciare che i militanti sorganizzassero liberamente, in rete. Come
potremme mai un partito politico di
massa analizzare, immaginare, pensare, costruire, mobilitare in vista di
un progetto sociale alternativo,
senza quel legame dandata e ritorno permanente fra militanti e
quadri che ha caratterizzato il movimento dei lavoratori, e dei disoccupati, dagli albori del movimento
operaio? La ripresa della sinistra sociale passer necessariamente per la
ricostruzione di strutture di mobilitazione e di educazione popolare
nei quartieri e nelle fabbriche. Ecco
almeno uno dei risultati positivi di
queste sommosse, questo conoscenza un po troppo disertata dal
Partito comunista della Francia
che sta in basso, ma che tuttavia
non aveva affatto cessato desistere.
Il referendum europeo aveva permesso di scoprire, anche da parte
della stampa borghese, che la classe operaia sta ritornando. Le sommosse hanno permesso di scoprire
che il popolo pu manifestarsi potentemente, anche se magari in
modi per il momento sono poco efficaci a lungo termine.
Allora, fedele alla sua tradizione, la
destra ha instaurato lo Stato demergenza. Lha fatto ripristinando
una legge liberticida che data dalla
guerra dAlgeria, che nella storia

Novembre - Dicembre 2005

francese ha servito da copertura per


operazioni colonialiste e razziste,
per torture e assassini. in questo
modo che la borghesia vuole ristabilire lordine repubblicano, con
un regime di monarchia presidenziale contro quelle che un tempo
venivano definito le classi pericolose. Ma la malattia non potr trovare rimedi grazie alle misure repressive. Anche il presidente
Chirac, dopo aver lasciato che Sarkozy sagitasse nel suo mondo tutto
repressivo, uscito dal suo lungo
mutismo per riconoscere le cause
sociali della malattia. Egli si premurato di trovare alcuni fondi
prima introvabili per tappare i buchi delle esigenze dei quartieri sensibili. Tuttavia un abisso separa
sempre la gente dalto bordo dai
milioni di giovani che si sentono definitivamente parcheggiati nei
ghetti, senza lavoro, senza avvenire, poveri e disprezzati dal potere,
dalle lite, dai media e dagli intellettuali mediatici.
Ai vertici dei partiti, dei sindacati,
delle associazioni sorte nel secolo
scorso per lottare contro il capitalismo, ci si ostina ancora nel tentativo
di trovare unennesima sintesi
con i rappresentanti di un partito
socialista che sono appena stati
sconfessati dai loro stessi elettori nel
corso del referendum sulla costituzione europea. Anche in un sindacato come la CGT si possono sentire
dirigenti che chiedono ai capitalisti
di cabiare rotta, di rilanciare leconomia, di tenere conto dei bisogni sociali, o di rispettare il voto
del 29 magio. Si chiede dunque rispettosamente ai borghesi di comportarsi come se non fossero capitalisti. La frequentazione degli incontri della Confederazione europea dei sindacati non sembra aver
contribuito ad aumentare il vigore
dei dirigenti sindacali francesi!
Dopo qualche settimana le sommosse hanno perso intensit, per
mancanza di organizzazione e di
obiettivi precisi. Ma il segnale che
esse hanno mandato persiste. La destra avrebbe interesse a tenerne
conto se la la stabilit che essa cer-

Novembre - Dicembre 2005

ca. La sinistra ha ancora pi interesse a tenerne conto, se la sua sopravivenza in quanto forza politica
autonoma che ha in testa, senza parlare della sua missione storica.
Prima o poi, inevitabilmente, si scoprir che i giovani hanno appreso
una lezione: quella che di loro si
parla e ci si occupa di loro solo
quando essi arrivano ad occupare i
titoli di testa dei telegiornali, franesi
e stranieri, e quando fanno tremare
le statistiche del turismo francese.
Ma coloro che sono stati arrestati
dalla polizia subiscono, spesso in solitudine, una giustizia sbrigativa.
Probabilmente siamo entrati in un
circolo di agitazione-repressione.
La Francia non sar pi comunque
quella di prima. Essa ha imparato
due cose fondamentali: che la crisi
sociale ha raggiunto unampiezza
pi profonda di quanto si pensasse
nei bei quartieri e nelle redazioni.
Questa crisi colpisce tutta la societ,
ma viene percepita soprattutto
nelle famiglie uscite dallimmigrazione e nei quartieri popolari gau lois delle regioni abbandonate dalla
grande industria, come il Nord
della Francia. In media queste zone
sono il 20 % pi povere della media
nazionale. Questi giovani accumulano gli handicap: disoccupazione,
casa, sanit, educazione, etc.
Discriminazioni di provenienza,
discriminazione etnica, discriminazione negli atteggiamenti verso le
tradizioni e le credenze straniere.
Umiliazioni sornione, sorvegliate, incorniciate da individui razzisti piazzati negli strati medi della
societ. La discriminazione allassunzione la forma pi visibile:
forse un caso se, nei quartieri poveri, il tasso di disoccupazione supera di quattro o cinque volte
quello delle medie nazionali?
Di fronte a una tale situazione, lipocrita riconoscimento da parte di
Sarkozy e de promotori della cultura delle differenze allamericana
della differenza religiosa in
Francia mira a creare nei fatti un islam della Francia, sottomesso alle
autorit, evirato, come lo sono state
prima della Rivoluzione francese le

Diritti

altre Chiese, svuotate del loro respiro profetico e dei loro elementi
teologici liberanti, quelli che da
tempo fa hanno riscoperto in
America latina i teologi della liberazione. La falsa alternativa fra un
laicismo accondiscendente e borghese e un integralismo religioso intollerante ma di fatto sottomesso al
potere mira a generalizzare sia la
mondializzazione dei mercati sia la
compartimentazione delle popolazioni, ridotte allo stato di consumatori passivi, e nella migliore delle
ipotesi produttori precari.
Esiste in Francia una frattura coloniale che non mai stata eliminata
dopo la colonizzazione, e che saggiunge alla frattura sociale. Queste
fratture partecipano poi ad una frattura internazionale pi ampia. A
modo suo, lapoliticit dei giovani
rivoltosi testimonia questa situazione. Essi non si sentono a proprio
agio nelle formazioni di destra o
della sinistra moderata, che non
promuovono che una manciata di
Arabi o di Neri, di servizio o
manager in posti dai titoli roboanti ma dal potere limitato.
troppo presto per sapere se la rinascita dei movimenti popolari organizzati verr da una sinistra rivoluzionaria pi o meno laica e favorita dal comunismo francese oppure da una teologia della liberazione, cristiana o mussulmana, o
magari da una convergenza di queste diverse correnti. Quel che
certo, che la Francia popolare costituisce un mosaico che ha rifiutato
di riversarsi nella compartimentazione etnicista, quella che ha tentato Sarkozy. La rinascita verr da
movimenti capaci di farsi carico
della diversit del paese reale, capaci di avanzare un programma unificante in grado di dare risposte alle
giovani generazioni popolari senza
punti di riferimento. Questi giovani
non credono pi nei politici locali,
di quartiere, nellantirazzismo
morale ; essi manifestano inconsciamente un desiderio di politiche
globali, un desiderio di alternative
sociali radicali, assumendo il meglio
di quel che essi, malgrado tutto,

hanno ricevuto da una Francia repubblicana in decomposizione, e di


quel che essi hanno ascoltato delle
lotte dei loro genitori del terzo
mondo. Essi chiedono un nuovo collettivismo, a mille miglia dai forum
per classi medie10.

DISCRIMINAZIONI
DI SINISTRA
La diagnosi sulla responsabilit del
capitalismo liberista nella crisi
senza appello. Anche i dirigenti
francesi non tentano di negarlo. In
compenso, non si pu che constatare lesistenza a sinistra di discriminazioni che riprendono la vecchia divisione che fra laltro durante la guerra dAlgeria ha diviso
coloro che erano pronti a unirsi ai
diseredati, come essi sono realmente, in una comune lotta anticolonialista, anti-imperialista, rivoluzionaria, e coloro che credevano
malgrado tutto in uneennesima rifrittura della missione civilizzatrice
della Francia repubblicana. In questo modo la condiscendenza della
sinistra accomodante riprende i
suoi vecchi clich11.
Quando gli impiegati postali di
Bgles commettono atti illegali durante la loro legittima lotta, sequestrando il proprio superiore gerarchico, sono numerosi gli esponenti
della sinistra politica, sindacale e associativa che per principio li sostengono, che chiedono lannullamento dellincriminazione giudiziaria, che chiedono o esigono dai
giudici un giudizio clemente.
Quando sono i liceali a commettere
atti illegali in una lotta giudicata legittima, facendo picchetti duri allingresso delle loro scuole, molti dirigenti e de militanti li sostengono,
e chiedono lannullamento delle incriminazioni o un giudizio clemente.
Quand i marinai della SNCM che
unisce la Corsica al continente
prendono dassalto un battello,
commettendo in tal modo atti illegali nella loro lotta ritenuta legittima, sono numerosi i dirigenti e i

45

Diritti

militanti che li sostengono o li ammirano e che chiedono lannullamento delle incriminazioni e un


giudizio clemente..
Allora perch mai, quando la lotta
mobilita degli sconosciuti, dei
nuovi venuti, che sono anche inesperti, che pensano e ricorrono a
mezzi non sperimentati, senza portvoce, senza organizzazione, perch
quando sono i pi diseredati, i
senza (avvenire, casa, auto, diploma, etc.) a commettere atti illegali,
allora troppo spesso il tono cambia?
Alcuni riconoscono che questa collera legittima, ma Ma non ci
si mobilita davanti o dentro i tribunali, non si cerca dincontrarli e di
sostenerli, se ne ha paura. Dove potranno mai questi giovani, in simili
casi, imparare ad aver fiducia, e a indirizzare la loro collera verso obiettivi riconoscibili? Si possono ritrovare attorno ad essi alcune piccolissime associazioni, alcuni militanti di
partiti marxisti un po isolati, qualche religioso, il tutto in un grande
vuoto. Un grande vuoto lasciato da
una scuola che non ha loro insegnato nulla, poich essa era parte
integrante di una societ abituata allidea che possono esserci degli
esclusi, dei perdenti, dei meno
di niente.

UN

GLOBALISMO

C O M PA RT I M E N TAT O

Durante il folle decennio degli


anni 90 durante il quale il liberismo
pi sevaggio si imposto ovunque,
la Francia aveva continuato a manifestare una sua piccola differenza:
movimento sociale del 1995, governo della sinistra plurale, resistenza allimperialismo durante
laggressione contro lIraq, voto
no al referendum sulla costituzione europea. Ma dopo le prese di
posizione della Francia al momento
della guerra in Iraq, dallestero si
fatto di tutto, e anche allinterno
con lappoggio dei tradizionali
agenti dinfluenza di stay beh i n d 1 2 , per destabilizzare la
Francia, le sue istituzioni e le basi

46

della sua legittimit (Repubblica


sociale, laicit aperta, tolleranza, etc.). Linstupidimento mediatico ed educativo organizzato nelle
scuole dei quartieri popolari da
molti decenni vi ha molto contribuito, in particolare presso i giovani provenienti da famiglie di
analfabeti. Come stupirsi allora se
questi giovani non riescono a percepire che c una differenza fra rivolta, jacquerie e rivoluzione?
E poi le grottesche manipolazioni,
in primo luogo quelle del tipo affare del foulard islamico, hanno
permesso di confondere le idee
presso i Gaulois, i francesi di ceppo, e di umiliare i francesi venuti
dallimmigrazione. I grandi media
sono arrivati ad inventare il neologismo minoranze visibili, solo
da quando queste hanno appiccato
incendi visibili. Ma questi grandi
media non sembrano affatto percepire che dietro le minoranze visibili si nasconde una maggioranza,
quella che ha, fra laltro, votato no
al referendum costituzionale europeo, quella che ha rifiutato la guerra
in Iraq, quella che non crede alla superiorit della propriet privata,
quella che rifiuta i valori capitalistici. Tutte le analisi sociologiche
mostrano che questa Francia maggioritaria. Quando essa diventer
una maggioranza visibile?
Si sono create delle divisioni secondarie l dove le divisioni fondamentali (sociali e internazionali)
avrebbero dovuto logicamente
avere il primo posto. Ma le sinistre
salottiere, i notabili, hanno pi
paura del populismo e dunque
in ultima istanza del popolo che
degli effetti delle fluttuazioni finanziarie e dunque dei borghesi, termine che scomparso dal vocabolario come per incanto. E ne sopportiamo le conseguenze a livello di
capacit di riflessione politica.
Com poi possibile denunciare gli
errori dei giovani rivoltosi?
Constatare questo fatto non significa non vedere lassenza, per il momento, di comportamenti progettuali in questi giovani.
Dopo il referendum europeo e l

Novembre - Dicembre 2005

imprevista vittoria del no (decisamente questo popolo non fa mai


come gli si ordina di fare!) e soprattutto dopo lassenza di reazioni
veramente allaltezza da parte dei
partiti del no, davanti ai quali sapriva un viale aperto, quello della ricomposizione della sinistra sociale
sulle rovine del partito socialista,
sono ricominciati gli incontri al vertice per conservare qualche posizione in parlamento o alla guida dei
comuni, etc. Le lite sociali hanno
da parte loro compreso che era urgentemente necessario riprendere
in mano il popolo. In un simile contesto, Sarkozy si trovato (o si inventato?) di fronte a una situazione
che lo sospinge verso i piccolo borghesi impauriti, suo unico vero elettorato.
Se i ragazzi selvaggi (la parola, premonitrice dellattuale crisi, non
viene originariamente dalla destra!
Sfortunatamente ha fatto la sua
comparsa ai tempi della sinistra
plurale al potere) non sanno dove
stanno andando, vero, ma sono
riusciti a far scendere in campo
finalmente il primo ministro, poi il
presidente della Republica, ...ma
ci senza dubbio dovuto allimmagine disastrosa di una Francia
che brucia, che fa diminuire il
numero dei turisti, e i benefici. E
siccome per il momento non vi sono
pi organizzazioni popolari capaci
di mantenere unefficace pressione, sostenuta e responsabile sui
poveri, si pu allora dubitare che le
misure prese in favore dei quartieri siano durature. La crisi potrebbe dunque avere delle recrudescenze.
Lo slogan che mette insieme integralisti-ragazzi selvaggi-mafia naturalmente stupido, perch i boss
della droga governano quartieri
che non sincendiano per principio e che non devono incendiarsi
proprio perch il business possa
continuare. Gli integralisti (i salafiti), in Francia cercano a loro volta
soprattutto di isolare il proprio
gregge dai problemi della Francia,
terra del peccato, e possono eventualmente coabitare in quartieri

Novembre - Dicembre 2005

dei boss che non sinfiammano, ma


non sosterranno certo i ragazzi selvaggi che, a modo loro, incendiando, partecipano ad unattivit
francese, da infedeli. I ragazzi
selvaggi sono presenti piuttosto l
dove i racket dei boss sono poco presenti, l dove non il denaro non c
affatto, compreso quello frutto dei
traffici, e l dove non vi sono salafiti, ma dove eventualmente si possono trovare moschee etniche (in
particolare quelle sottomesse al re
del Marocco, con lappoggio della
Francia repubblicana).
Non vi sono per il momento, a somiglianza dei paesi anglosassoni,
veri ambienti etnico-aggressivi in
Francia. E quando Sarkozy cerca di
diffondere questa paura, non pu
che limitarsi a denunciare i pochi
francesi che sono andati a combattere in Iraq, cosa questa che non ha
nulla a che vedere in generale con
lintegralismo, poich ogni osservatore consapevole ed attento della situazione irachena sa che la resistenza irachena non ha nulla a che
vedere con Zarkaoui, che un prodotto della propaganda USA, e che
gli attentati di Zarkaoui sono di fatto
organizzati sotto la direzione degli
USA e degli inglesi. I rari giovani
che vanno a battersi in Iraq, o in
Palestina, sono pi vicini allo spirito
alle vecchie brigate internazionali
che degli integralisti. colpa loro se
la sinistra di oggi ha dimenticato
questa tradizione internazionalista
che ha fatto sia la sua forza che la
sua gloria?
Ma il fatto che Sarkozy non riesca a
dimostrare lesistenza di candidati
ad attentati suicidi in Francia rivelatore del fatto che lo spirito del
modello repubblicano francese, in
quel che di migliore ha, malgrado
tutto tiene. I nostri ragazzi selvaggi sono certamente politicamente disorientati, e talvolta mani-

Diritti

polati, ma essi stanno insieme, dorigine beur (araba), ma anche


black (africaina o antillana) o
gauloise (europea), cosa che non
avviene in Inghilterra, dove la segregazione pressoch totale. E
questo ci spinge a un prudente ottimismo sul lungo termine, anche se
sarebbe preferibile che questi ragazzi selvaggi bruciassero le banche o la borsa, invece che le automobili dei loro vicini di miseria13.
Si dovr ben ritornare, prima o poi,
sulla necessit di metter mano a
uneducazione popolare e politica
nei quartieri, e aiutare in tal modo
a discernere il vero dal falso. Ma sar
pure necessario che i militanti comunisti imparino dal popolo.
Sarkozy effettivamente un pompiere piromane al servizio degli interessi atlantici che spingono alla
generalizzazione dei conflitti etnici
affinch il business possa continuare, as usual, dalle due parti dei
muri dellapartheid che esso vuol
creare. Lesperienza della sinistra
plurale francese stata uno scacco,
e i tentativi di rattopparla, soprattutto dopo la vittoria popolare nel
referendum europeo, non potranno che rafforzare la frattura sociale,
e politica, fornendo in tal modo
delle chance ai pescatori nel torbido della destra estrema.

Note
1 Victor Hugo Discours sur la misre,

5 Essi non sono infelici, sono mussulmani,

quando Finkelkraut, il filosofo della repubblica


si lascia andare... con la stampa israeliana ,
Estratto da un re p o rtage di 6 pagine del
supplemento settimanale di Haaretz datato 18
novembre 2005: traduzione dallebraico - estratti
- di Michel Warschawski - Michle Sibony
6 http://blogs.guardian.co.uk/news/archives/

2005/11/08/inflammatory_language.htm
7 Queste azioni (le rivolte nda) talvolta

criminali trovano degli strani difensori che


compatiscono non le vittime ma i delinquenti,
avvocati chi vedono nel fumo degli incendi le
luci della rivoluzione. E invocano i grandi
nomi, come Hugo, gli avvenimenti emblematici,
come la jacquerie e lIntifada. Come fare delle
tenutarie gli apostoli del femminismo e degli
amanti della carme infantile (che chiamiamo
cun un controsenso pedofili) dolci mamme e
p a p a . Guy-Virgile Martin, Quelli che
confondono la feccia con il nettare della
rivoluzione,Combat<http://perso. wanadoo. fr/combat> 18-11-2005
8 Comunicato dellUnione delle famiglie laiche,

I cittadini delle banlieues hanno diritto


alla sicurezza, il governo deve assicurare
lordine sociale e repubblicano.
9 Hayde Saberan, La crisi delle banlieues - Nel

Nord, in tribunale, dei rivoltosi lontani di clich


- Alcuni giovani bianchi provenienti da
ambienti sfavoriti compaiono davanti alla
giustizia, Libration, vendredi 18-11-2005
1 0 Jean-Emmanuel Ducoin, Editoriale

Discriminazioni, LHumanit, 26-11-2005


11 Cdric Housez, Divisione della sinistra: il

linguaggio doppio di Caroline Foure s t Vo l t a i r e , 25 11-2005, http:// www. voltairenet.org/article130948.html


(.)

12 Thierry Meyssan, Controllo delle democrazie

- Stay-behind: I servizi dingerenza americani,


Voltaire, 20-08-2001
http://www.voltairenet.org/article8691.html?
var_recherche=stay+behind?var_recherche=stay
%20behind

allAssemblea Nazionale, 9 luglio 1849

13 Per quel che riguarda le automobili che

2 No alle violenze: lappello delle donne!,

bruciano, si potrebbe forse ridare unocchiata


alle statistiche riguardanti giornalisti exgauchiste sessantottini oggi felicemente ricasati
che che in giovent hanno allegramente bruciato
le automobili del Quartiere latino o altrove in
nome della lotta contro la societ dei consumi e
dello slogan pagheranno le assicurazioni.
Oggi costoro consumano assai, ma rifiutano ai
l o ro eredi quel medesimo diritto.
S u p p l e m e n t a re prova dellipocrisia delle lite
della destra conservatrice, ma anche della
sinistra neo-conservatrice.

appello lanciato, fra le altre, da numero s e


associazioni legate allUnione delle famiglie
laiche, vicina ai socialisti.
3 AFP, Parigi, 14-11-2005
4 J. C. Una nuova jihad secondo alcuni siti

islamici - I poliziotti crociati e la Francia terra


dinfedeli vengono attaccati sui foru m
arabofoni radicali, Le Figaro 14 11-2005

47

Novembre - Dicembre 2005

La stanza

a cura di Roberto Gramiccia

Segare quelle sbarre


Se c una cosa di cui tutti (o quasi) sembrano convinti che viviamo in un mondo
pieno di guai ma almeno possiamo considerarci liberi. Che come dire poveri ma
belli. Anzi povere ma belle. Visto che le donne godono oggi, apparentemente, di
una libert sconosciuta prima.
Se cos perch Giosetta Fioroni disegna Una Venere in gabbia? Quel volto di
donna ritagliato da quattro segni decisi, che sembrano tracciati con il bisturi, guarda
verso lalto. Gli zigomi sono sporgenti, vasti gli occhi, turgide le labbra, il naso
piccolo e allin su. Ma sopra quel viso svetta un cranio liscio come una lampadina.
Per met quel viso archiviato (come una pratica), dentro una gabbia tracciata con
tratti pi sottili di penna a sfera. Sin quasi alla radice del naso sale la gabbia. Una
maschera metallica che impedisce di parlare (pensare) liberamente. Che impedisce a
Venere di essere come .
A questa donna, forse per la rabbia, sono caduti i capelli (Venere non tollera di stare
in gabbia). Ma quello che grave che di donne prigioniere (di uomini anche) ce ne
sono tante, troppe e troppo poche consapevoli di esserlo e reattive. Una specie di intossicazione generale che rende tutti docili e passivi.
Lidea, dice Giosetta, che la nostra contemporaneit metta tutto in gabbia, sotto
sorveglianza globaleanche la femminilitanche lamore. Quel volto di donna
non potrebbe mai baciare nessuno o essere baciato. Non potrebbe mai sussurrare
allorecchie parole damore. Non potrebbe mostrarsi a un ragazzino senza spaventarlo.
Spezzare quella gabbia. Liberare quelle labbra e quella lingua per permettere ad esse
di parlare, sussurrare, fare giochi damore e gridare. E una cosa che serve ma non
detto che basti perch la gabbia vera, quella che pi difficile spezzare, sta dentro la
testa calva e non si vede.
Noi vogliamo segarle tutte quelle sottili sbarre dacciaio. Sono certo che si
libererebbero farfalle, parole damore, note dargento (il colore che piace a Giosetta),
piccoli cuori rossi e grida di rivolta. E forse, finalmente, su quel povero cranio glabro
ricrescerebbero i capelli.

R. G.

Opera di Giosetta Fioroni


TECNICA: Mista su carta
DIMENSIONI DELL'ORIGINALE: 18 x 21 (cm)

48

Novembre - Dicembre 2005

dellArte

Giosetta Fioroni

49

Novembre - Dicembre 2005

Diritti

Io vorrei non definire se sono


buona o cattiva, vorrei poter dire
che sono una donna.
E basta. Io sono una creatura
umana di sesso femminile,
niente di pi e niente di meno

Fuori
dall isola di pace

a cura di D.T.

LAICIT

E RELIGIOSIT, GUERRA E CURA, RELAZIONI UOMO DONNA,

INVASIONI DI CAMPO E DIFFERENZA SESSUALE: CONVERSAZIONE TRA

ROSETTA STELLA (*)

Delfina renderei le mosse, per questa nostra conversazione fuori


schema, da un libro che tu hai pubblicato per i tipi di Marietti nel 2002,
che io ritengo fondamentale per le
donne che fanno politica delle
donne, e non solo, e che si intitola
Dun tratto del tutto. Una femminista
alle prese con Dio , a cui seguito proprio in queste ultime settimane il
nuovo Sopportare il disordine. Una teo logia fatta in casa . Dun tratto del tutto
raccoglie testi diversi, da te scritti tra
il 1995 ed il 2000, in anni - cio - che
sembrano lontanissimi da quelli che
stiamo vivendo. Eppure, alcune affermazioni che fai l mi sembrano
tuttora attualissime. Per esempio ,
nel saggio Pater pontifex che riprende il tuo intervento ad un convegno barese del 1998 su Il maschile a due voci, tu ad un certo
punto scrivi: Da pi parti, di questi
tempi, si chiede agli uomini di fare
un passo indietro perch il mondo
moderno e progressista pretende
che si faccia spazio alle donne ormai
emancipate. E se lo spazio occupato tutto dagli uomini, ebbene,
siano gentili e si facciano un p da
parte. Mica del tutto, met e met
andrebbe bene, e cos, mano nella
mano, si andrebbe verso un futuro
migliore.
Ebbene - tu continui - questo passo
indietro nessuno lo fa spontaneamente, per gentilezza, o anche per

50

DELFINA TROMBONI (**)

convinzione civile e morale e persino politica. Mi sembrano affermazioni che calzano a pennello con
la contingente attualit, che ha visto
uomini delluno e dellaltro schieramento, in Parlamento, votare
pressoch unanimi contro le cosiddette quote rosa proposte da
Prestigiacomo ...
Rosetta Faccio una premessa. In
questi anni io mi ero fatta la convinzione di essere riuscita in qualche modo a trovare (e insieme a me
tante altre, ognuna parlando dal
suo ambito di ricerca) una sorta di
isola di pace: una nicchia, nel mio
caso questa della spiritualit, del fenomeno religioso, dentro cui tentare di intrecciare il pensiero della
differenza, l dove si accosta, l dove
si allontana... Io parlo per me, ovviamente: credevamo che questo
fare mondo che andavamo praticando, fosse anche trovare uno speciale luogo di passione, dove
ognuna arava, creava , e a forza di
far pezzetti faceva nascere anche
qualcosa di nuovo.
Non cos. Oggi questo spazio viene
continuamente abbattuto, altro che
dai cosacchi a Piazza San Pietro!
Oggi la legge sullaborto, ieri era
unaltra cosa, domani sar unaltra
ancora ... Non se ne pu assolutamente pi, diciamoci la verit, perch mentre noi stiamo lavorando,

dissodiamo il terreno, prepariamo


la terra perch cresca il seme di
quello che con la politica delle
donne abbiamo scoperto ed imparato, proprio quel terreno viene
continuamente invaso. E linvadenza di chi ha soltanto orecchiato
i nostri discorsi, senza mai entrarci
veramente, e tuttavia vuole utilizzarli per la sua politica, tale per cui
niente pi ci appartiene. Questa
continua invasione di campo labbiamo vista allopera, per stare soltanto alle ultime cose, durante la
discussione sulla fecondazione assistita, la vediamo oggi in quella sulla
legge 194 ed anche nella pietosa
p erformance maschile sulla presenza delle donne nei luoghi della
rappresentanza politica, ed ben
lontana dal passo indietro che tu
richiamavi.
Mi spiego con un esempio: noi abbiamo giustamente profondamente
sviscerato e discusso la questione
identitaria, arrivando alla conclusione che l dove si lavora esclusivamente a livello identitario si producono steccati, forzando ci che
proprio invece di mettere alla prova
ci che scambiabile. Oggi - sotto
gli occhi di tutti - parlano in tal
modo di identit soltanto i fondamentalisti, mentre tutte quante le
identit, a partire da quelle religiose, sono state messe in discussione, dalla globalizzazione per

Novembre - Dicembre 2005

esempio...
Ma cosa vediamo accaderci sotto gli
occhi? Vediamo che la nostra operazione politica di liberare da steccati ideologici la questione identitaria, per ri-definirla alloggi, si
trasformata in una pratica generalizzata, globalizzata, mondializzata,
di continuo sconfinamento luno
nel campo dellaltro, di assunzione
del terreno dellaltro senza nemmeno conoscere il proprio.
Metti la questione del rapporto tra
religiosit e laicit. Abbiamo detto
che non esiste pi la divisione credenti-non credenti, che siamo tutte
persone in ricerca, in relazione E
il risultato qual ? Che quel poco
che faceva non dico lidentit ma
perlomeno la fisionomia di un credente non pi significante. Adesso
sono tutti credenti! Tanto che per
parlare dellaborto e dei volontari
del movimento per la vita nei consultori Fassino dice: Io sono stato
dai gesuiti, quindi...; oppure,
Bertinotti giustifica l8 per mille e
dice che il Cardinal Ruini fa bene a
sostenere quel che afferma ... Ma
stiamo scherzando? Questo che
cosa produce? Intanto che non si capisce pi niente, che tutti parlano
la lingua dellaltro, mai la propria,
e il risultato la pi totale confusione babelica. Ruini si mette al posto della politica, il Presidente del
Consiglio si mette a fare il Papa...
Questo crea una insofferenza terribile nelle persone che come me cercano di lavorare sulla possibilit di
far intrecciare, di far comunicare,
di superare la potenzialit escludente dei discorsi rigidamente
identitari: ci si sente continuamente
invasi/e dalle identit altrui , continuamente aggrediti dal fatto che
quel poco che si era costruito viene
distrutto, viene banalizzato, viene
divulgato in maniera orribile. E la
reazione - uso questa parola politicamente significativa, perch non a
caso viviamo in un periodo reazionario - quella di difendersi, di tornare ad alzare barricate, di riprodurre lidea identitaria primigenia.
Delfina E in questa grande Babele,

Diritti

si fa oggi una tale confusione per


esempio tra la laicit e la religiosit
che a me ogni tanto, mentre leggo
i giornali, sembra di essere tornata
a venti - trenta anni f, quando si faceva la distinzione tra laicit e laicismo (ti ricordi quando si diceva:
nessun ismo, gli ismi sono tutti
negativi, bla, bla, bla). Mi sembra
che nel tentativo di definire quella
nuova religiosit che approcciata da persone che fino ad ora non
si erano mai nemmeno immaginate
di dichiararsi tali, ci che si confonde sempre di pi invece il concetto di laicit... Possiamo dire che
uno degli effetti di questa improvvisata scoperta o ri-scoperta della
religiosit da parte di soggetti impensati che si finisca per non saper pi definire la laicit?
Rosetta Ma certo. Come, secondo
me, si dovrebbe fare, invece?
Riprendendo quello che ciascuna
di noi cercava di fare prima di questa babele. Oggi certamente lo stato
laico viene interpellato dal fenomeno religioso, non fossaltro che,
per lappunto, dallarrivo, degli islamici piuttosto che dai funerali di
Giovanni Paolo II... Intelligenza
vorrebbe che, messa in discussione
lidentit laica, si cercasse una risposta allaltezza di questa interpellanza.
Come si risponde invece? O, come
ti dicevo prima, facendosi tutti religiosi, o pretendendo che gli altri
si scostino dal loro e si facciano tutti
liberali, oppure chiudendosi nel
proprio e cadendo nella trappola
per esempio della nuova religione
laicista francese, che impedisce il
velo alle ragazze nelle scuole e generalmente nei luoghi pubblici e
tutte le cose che sappiamo. Si esacerba, cio, quello che faceva la distinzione. Mai che tu veda un lavoro
diverso da questo esacerbare. La
stessa cosa si pu vedere allinverso:
il religioso, cos come stato declinato, cio nel suo costituirsi come
fatto civile oppure no, per il suo
stare nella modernit oppure no,
viene interpellato a sua volta da una
laicit che non pi fissa, stabile e

immutabile. E di nuovo a sua volta


la laicit, che viene scossa per certi
versi, interpella il religioso per altri.
I religiosi (dico religiosi perch io
non accetto la distinzione tra credenti e laici) invece che farsi fecondare dalla domanda di parte laica,
lasciandosi anche un p lavorare da
ci che cambia dallaltra parte, o si
irrigidiscono accentuando gli elementi accentratori che pensano si
siano lasciati troppo andare - e allora il crocifisso alla parete, la religione civile, i preti unaltra volta
tutti con la tonaca, le scuole cattoliche finanziate con denaro pubblico
, i volontari nei consultori - rinchiudendosi dentro la certezza che
d lessere cos punto e basta; oppure si perdono in una sorta di annacquamento completo, si fanno
pi realisti del re.
E questo che intendo quando dico
che c oggi la convinzione, di tutti
quanti, di poter parlare tutte le lingue. Non cos.
Non c nessuna percezione del limite, che pure connaturato alla
creatura umana.
C un gigantismo autopercettivo
onnipotente, che per rivela il terrore, un vero e proprio terrore del
non saper parlare la lingua dellaltro, dellaltra, una lingua che bisogna saper ascoltare da chi invece la
sa parlare. Abbiamo quindi da una
parte gigantismo, dallaltra terrore,
che sono le due facce della stessa
medaglia.
Pi ci penso, pi mi sembra molto
raffigurativa, questa situazione, del
famoso rapporto, conflitto, relazione uomini-donne, dove le donne
hanno tentato di venir fuori dal discorso dellaltro su di loro e creare
un discorso che sia liberamente sorgivo della differenza femminile.
Quelli (i maschi) o si sono messi a
parlare la lingua tua convinti di poterla parlare solo per averla orecchiata e si aspettano di venire riconosciuti come capaci di interpretare anche la differenza femminile
(aspettativa che raggiunge apici imprevisti sul terreno della politica),
oppure si sono chiusi nel famoso
colpo di coda del patriarcato, e

51

Diritti

quindi in una sorta di lingua primitiva scaturita dalla differenza maschile senza espressione di s, naturalmente, che li porta verso la violenza. In entrambi i casi, per tornare
alla tua prima domanda, di passi indietro non se ne parla proprio. Al
pi restano fermi in una postazione
rigida, che tanto pi rigida, tanto
pi fa venire i reumatismi, alla fine,
scricchiola, si rompe.
Delfina In Pater pontifex, infatti, leggiamo che Il passo indietro il precipizio, il baratro dellimpotenza
sessuale. E ingenuo chiedere che si
faccia per gentilezza, vano pretendere che si faccia per necessit
politica
della
modernit.

Posso prendere ad esempio


due parole, del nostro discorso,
raccontate in maniera devastante:
capacit di cura,
capacit di accoglienza

Ucciderebbero piuttosto, e uccidono, infatti. E quelli che non ce la


fanno si ammalano. Rapporti e
studi recenti, venuti alla luce negli
ultimi mesi, confermano sia luna
che laltra delle tue affermazioni di
allora: risulta infatti che nel mondo,
non solo nel terzo, quarto o quinto
mondo, ma anche nelloccidente
ed in Europa, la prima causa di
morte per le donne non n il cancro, n la guerra, bens la violenza
maschile, per lo pi consumata da
famigliari ed amici. Ed altri studi,
stanno dimostrando che tra gli uomini si diffondono sempre di pi
senso di inadeguatezza, ansia e sindromi depressive, che non sono rapportabili a malesseri individuali, ma
stanno assumendo le caratteristiche
di malattie sociali ....

52

Rosetta Sarei perfino per dire che


alla fine la storia non fa altro che ripetere una storia del rapporto tra i
sessi. Il rapporto tra i sessi in questo
momento cos. Quando noi diciamo, qualcuna di noi, la Libreria
delle donne di Milano lo dice:
Relazione nella differenza. Non
possiamo stare nellautosufficienza
femminile, non possiamo stare deportate nel discorso maschile,
stiamo dicendo che noi ci sentiamo
interpellate prima ancora che dalla
insufficienza maschile a consistere
da soli, dalla nostra insufficienza a
consistere da sole, e dunque siamo
l a cercare di vedere nel nostro
modo di essere adesso, nelle nostre
libert, adesso, quelli che sono i
frutti completamente di civilt
nuova, di storia nuova, di mondo
nuovo, che possono nascere dal
fatto che noi ci poniamo con questa
domanda nel mondo. Adesso non
stiamo nemmeno pi chiedendo un
passo indietro, stiamo chiedendo
una presa di coscienza di ci che
avvenuto, a partire dal fatto che noi
labbiamo fatto avvenire.
Delfina Nel recente convegno nazionale sulle proposte programmatiche per il governo dellUnione
che larea dell Ernesto di
Rifondazione comunista ha tenuto
a Milano nel novembre scorso, io ho
sostenuto che nellun caso e nellaltro, sia che si parli di alleanze maschili contro la possibilit che le
donne siano rappresentate in quote
decisamente maggiori della vergognosa percentuale attuale, che ci
mette in coda dietro lUganda
(tanto per dire), sia che si valuti il
tasso di violenza maschile contro le
donne nella civile Europa, ci di
cui si discute non una semplice ingiustizia sociale a cui si pu tentare
di porre rimedio attraverso la legge
o con interventi palliativi quanto
una norma scritta sulla carta. Si
tratta invece dellincapacit maschile di pensare la propria differenza sessuale, che finisce per consentire uno scambio perenne sul
corpo delle donne, che si traduce in

Novembre - Dicembre 2005

discriminazioni politiche quando


non arriva a vere e proprie pratiche
cruente. Le une e le altre, in ogni
caso, non assurgono mai al necessario riconoscimento simbolico che
consentirebbe di avviare pratiche
concrete per il loro superamento...
Insomma, discriminare le donne in
politica ed ucciderle nellambito
del rapporto maschio/femmina,
continua ad essere considerato
meno grave di altre esclusioni e di
altre violenze ....
R o s e t t a Quando dico che oggi
stiamo chiedendo una presa di coscienza di ci che gi avvenuto, e
che gli uomini sembrano continuare a non vedere, intendo che
cos come noi partiamo dal terreno
che stiamo dissodando noi, come dicevamo allinizio, e quindi per necessit nostra, loro, i maschi, dovrebbero cercare di rispondere allaltezza richiesta dallinterpellanza
che viene da noi. I disordini e la confusione di quello che abbiamo chiamato colpo di coda del patriarcato,
sappiamo anche metterli nel conto:
ma una cosa che tu fai errori, hai
illusioni, frette, angosce; un altra
dover mettere nel conto una nuova
forma di angosciosissima invasione
di campo: non sono pi io, donna,
ad essere deportata dentro un discorso, ma il discorso che c, il mio,
completamente devastato, e viene
raccontato in maniera devastata.
Posso prendere ad esempio due parole, del nostro discorso, raccontate in maniera devastante: capacit
di cura, capacit di accoglienza.
Noi abbiamo creduto che su queste
due parole che si possono con delicatissima, garbatissima tranquillit,
ascrivere a quello che farebbe la fisionomia dellessere umano di sesso
femminile, per la ragione - che abbiamo detto noi e che ingigantiscono loro - che noi diamo la vita e
quindi abbiamo a cuore il bene
della vita, per cui la curiamo; oppure perch noi abbiamo nella nostra memoria cellulare, genetica, la
capacit di accogliere il seme dellaltro e quindi di portarlo in
grembo per 9 mesi e poi lo lasciamo

Novembre - Dicembre 2005

andare con le sue gambe nel mondo


... questo noi abbiamo cominciato
con cautela a dire, arrivando ad affermare che questo forse ci darebbe
nemmeno pi un primato, ma,
forse, almeno unultima parola, e
pirip e pirip ... Abbiamo cercato
di vederne tutti gli elementi in potenza, tutti i dati di concretezza e ci
siamo illuse che queste due parole
le potessimo usare a ragion veduta,
noi. Invece la capacit di cura da
una parte te la riconoscono, perfino
un papa ha riconosciuto il genio
femminile che la sottende, e tu
pensi che finalmente hanno capito
che la capacit di relazione che fa
la cura. E la cura, laccoglienza produce una disponibilit, ci rende dis poste alla relazione.
Tutto ci, invece, nel discorso maschile che non prende forza da s
ma invade il terreno altrui (il nostro, in questo caso) diventa fondamento essenziale della nostra femminile identit o natura, finendo
per sconfinare nel suo esatto opposto.
Mi spiego: se non ci fosse stato il discorso della cura, non si sarebbe potuta fare la guerra del Kossovo. Il
discorso della cura diventa fondamento per le guerre umanitarie.
Noi andiamo a soccorrere con la
nostra democrazia, con le democrazie al fosforo, le povere vittime ...
e lOccidente assume questa cosa, si
dispone con tutti i mezzi a soccorrere con la democrazia al fosforo il
Kossovo, come lAfganistan, come
lIraq, per poi prendersi cura dei
poveri, delle vittime, dei disgraziati,
di quelli che vivono malissimo, delle
donne col burka... Tranne poi non
soccorrere quelli che veramente potremmo soccorrere, non so, i nordafricani, i migranti, che invece facciamo affondare nel canale di
Sicilia.
La capacit di cura diventata
questo, e se ricordi la guerra del
Kossovo, ricorderai anche che abbiamo avuto tutte le donne in prima
fila, ad arrivare dopo le armi, a fare
le moderne crocerossine che arrivano sul campo di battaglia ...
Questo diventato cura, acco-

Diritti

glienza: la peggiore declinazione


della peggiore oblativit, che mai si
era appiccicata allessere umano
femminile fino a questo punto, cio
fino al punto di essere cos indecente, scoperta, la chiamata alloblativit femminile, da portare al
discorso, finissimo, che fanno i cardinali adesso a proposito della adozione dei 30.000 embrioni congelati. Il loro discorso sottende la convinzione che le donne sono incapaci di gestire qualsiasi cosa, quindi
nemmeno la nascita che a loro compete, e fanno di nuovo passare il
concetto che le donne sono cattive,
assassine, disposte al genocidio di
embrioni e feti ...
Io vorrei non definire se sono
buona o cattiva, vorrei poter dire
che sono una donna. E basta. Io
sono una creatura umana di sesso
femminile, niente di pi e niente di
meno.
Nei momenti di confusione globale
come quello che stiamo vivendo, gli
uomini e anche alcune donne con
loro , non cercano di provare a mettersi nella condizione di dare
ascolto a ci che di altro viene
detto e c sempre, in nuce, in tutte
le realt che ci troviamo a vivere.
Escogitano invece una scorciatoia:
proviamo anche con le donne. E
cos le donne da una parte sono da
controllare, e quindi si uccidono, si
violentano; dallaltra sono portatrici di una funzione salvifica. E
questo che succede ogni volta che il
mondo va a puttane: si riscopre la
capacit di governare, di curare, di
accogliere, di parlare, di sedurre ...
delle donne.
Le prime vittime di questo meccanismo sono ovviamente le donne
stesse. Ed una cosa che si ripete
storicamente, e che mi fa dire che
proprio vero che le donne non imparano mai niente dalla storia!
Sempre, nella storia dellemancipazione prima, della differenza femminile poi, arrivato un momento
in cui le donne hanno pensato di essere portatrici di una capacit salvifica, che sarebbe tanto pi tale
quanto meno stata sperimentata
nel mondo governato dagli uomini.

Per questo vengono coccolate, vezzeggiate, diventano terreno di approfittamento (in politica si chiama
cooptazione) da parte di uomini,
che ne scelgono alcune soltanto.
Lesempio attuale, di ora, quel che
dice Prestigiacomo, le motivazioni
che costretta a portare per sostenere le quote in Parlamento. E verissimo tutto il discorso spicciolo
sulla discriminazione maschile
delle donne in politica, ma ci che
finisce per riportarci indietro che
esso si trasforma da tattica del momento - che va perseguita - a fondamento di identit: come se le
donne, appunto, avessero dentro il
loro DNA la capacit di salvare il
mondo.
Delfina Penso anchio che sia assurdo credere che siano le donne a
poter/dover salvare il mondo. Mi
viene anzi da dire che quella storia
che tu richiamavi e che pare ripetersi, le descrive sempre come occupate, al pi, a rammendarlo, a rimediarlo. C una copertina di Noi
Donne - il periodico dellUdi, che
a me piace ancora pensare come il
primo vero e proprio Laboratorio
di politica delle donne in Italia
(per parafrasare il libro scritto da
Luciana Viviani, Maria Michetti e
Margherita Repetto) - di molti anni
fa, che ogni tanto mi ritorna in
mente, quando sento qualche politico/a elogiare la maggior concretezza, o sensibilit, o disponibilit e
chi pi ne ha pi ne metta, delle
donne: rappresenta una giovane
donna accovacciata, intenta a ricucire tra di loro i brandelli dellItalia
cos ridotta dallennesimo malgoverno ... maschile, naturalmente, vista la composizione storica dei nostri governi e dei nostri parlamenti.
Insomma, oggi ancora la capacit
salvifica delle donne viene sovrapposta alla debolezza maschile
del momento, che non ci salva per
da quello che hai chiamato il colpo
di coda del patriarcato. Un colpo
di coda che pu essere violento, oppure tradursi, come in altra occasione hai avuto modo di dire, in una
sottrazione di tempo. Per lesattezza

53

Diritti

la frase tua Il minimo che ci tolgono, ci tolgono il tempo. Gli uomini, nel rapporto con le donne, nei
campi i pi diversi - adesso stiamo a
quello della politica, per esempio Il minimo che ci tolgono, ci tolgono il tempo...
Rosetta Io per non sono per dire
genericamente gli uomini, ci sono
anche donne che lo fanno. Se noi
abbiamo cominciato a dissodare la
terra, per usare la metafora di questo inizio di conversazione, questa
terra (che il primo nome del
mondo) chiederebbe tempo. Tutto
questo calpestio disordinato, bisognerebbe dire ... senza Dio, tale
perch non siamo capaci di darci il
tempo.
Faccio un esempio su come io vedrei politicamente il significato di
questa espressione: darsi il tempo.
Descrivo uno scenario di fantapolitica. Succede l11 settembre, vengono gi le torri, per atto terroristico del fondamentalismo islamico.

54

Parlando proprio terra terra, cosa


possiamo fare? Perch tutte le domande sul perch e come accaduto, noi ce le siamo poste, noi
donne che facciamo politica delle
donne, e altri insieme a noi. L 11
settembre prefigura un nemico che
si propone tale con un atto mai pensato prima, studiato nel tempo. Si
dato il tempo per farlo al meglio
e lha fatto. Lunico scenario che si
prefigurato subito come risposta
politica e come risposta allaltezza
di questo atto gravissimo di inimicizia, stata la guerra. Non si sono prefigurati altri scenari. I tentativi europei di prefigurare qualche altro
scenario, sono falliti. Diamoci il
tempo, dicevo prima. Si poteva forse
prefigurare un altro scenario. E qui
rendo merito a Giovanni Paolo II
che ha risposto Mai pi la guerra.
Un altro scenario, poteva essere
questo: mai pi la guerra.
Non sto parlando di donne, dunque, anche se c molto del dire di
donne, in questa cosa.

Novembre - Dicembre 2005

(*) Rosetta Stella, saggista e studiosa del pensiero


della diff e renza sessuale incrociato con le forme
della spiritualit cristiana, vive e lavora a Roma.
Gi dirigente nazionale dellUnione Donne
Italiane, fondatrice della rivista Via Dogana
della Libreria delle Donne di Milano, collabora a
riviste e periodici e ha partecipato a numerosi se minari e convegni organizzati da svariate istitu zioni e universit. I suoi scritti dal 1995 in poi sono
stati raccolti in due volumi, entrambi editi da
Marietti: nel 2002, Dun tratto del tutto. Una
femminista alle prese con Dio; nel 2005
Sopportare il disordine. Una teologia fatta in
casa . Nel 2001 ha pubblicato anche S u l
Magnificat, raccolta di saggi scritti tra gli altri da
Vittorio Foa, Lucetta Scaraffia, Piero Coda,
Giuliano Zincone.
(**) Delfina Tromboni, storica, vive e lavora a
Ferrara. Si occupa di storia della Resistenza, di sto ria sociale e di storia delle donne. Membro della
Societ Italiana delle storiche e dellAssociazione
Nazionale Archivi dellUdi, ha recentemente pub blicato per Carocci Volevamo cambiare il mondo.
Memorie e storie delle donne dellUdi dellEmilia
Romagna (2002) e per Il Mulino A noi la li bert non fa paura. La Lega provinciale delle co operative e mutue di Ferrara dalle origini alla ri costruzione (2005).

Novembre - Dicembre 2005

Resistenza

Laffermazione di DAlema su Mussolini


storicamente sbagliata:
questo laspetto pi rilevante
della vicenda.E da questo
punto di vista la memoria
di DAlema va
rapidamente rinfrescata

DAlema
e Mussolini

di Giovanni Pesce
Comandante Partigiano, medaglia doro al valor militare

LA

DISINVOLTA BOUTADE PSEUDO STORICA DEL

SULLA FINE DI

MUSSOLINI. DALEMA

PRESIDENTE

DEI

DS

VOLEVA FORSE RACCOGLIERE

SIMPATIE IN UNA CAMPAGNA ELETTORALE CHE GI COMINCIATA?

Sarebbe stato pi opportuno fare


giudicare Mussolini da un tribunale. Permettergli di parlare e di rispondere alle domande di un organismo collegiale per sapere quello
che gi noi sapevamo, e cio i crimini
commessi dal primo e dal secondo
fascismo in 23 anni filati di odioso regime contro il popolo italiano.
Fucilarlo, secondo questo ragionamento, sarebbe stato un errore.
Questa stata la fulminante osservazione del presidente dei DS e deputato europeo Massimo DAlema
riferita al conduttore televisivo Bruno Vespa, che non ci ha pensato due
volte a riportarla nel suo ultimo libro. Laffermazione di DAlema lascia sconcertati. Essa, oltre che stravagante, storicamente malposta. E
addirittura fuorviante. Delegittima
la nostra storia, gi sottoposta a continui stravolgimenti.
stravagante perch non si comprende a chi, politicamente, possa
interessare in questo momento un
affermazione propagandistica del
genere se non a una destra potente
ed arrogante, che non ha certo bisogno di aiuti di questa natura, soprattutto se ispirati dalla sinistra.
A cominciare dal premier
Berlusconi, per finire con la nipote
del duce, la destra lha infatti accolta con calore, in chiave, naturalmente, anticomunista.
DAlema voleva forse raccogliere
simpatie moderate in una campa-

gna elettorale che gi cominciata?


Oppure desiderava perfidamente
accendere una miccia provocatoria
allinterno della sua area partitica,
per motivi a noi sconosciuti? O invece si tratta di una sua personale
convinzione, espressa a scoppio ritardato? In tutti i casi, si trattato di
una pessima scelta.
Laffermazione storicamente sbagliata, e questo laspetto pi rilevante della vicenda, E da questo
punto di vista la memoria di D
Alema va rapidamente rinfrescata.
Pi volte infatti il C.L.N.A.I (Comitato Liberazione Nazionale Alta
Italia) espresse il proprio parere sul
tema in questione. Il 12 aprile 1945
(Denuncia di Mussolini e dei membri del direttorio fascista come traditori della patria e criminali di
guerra); il 19 aprile (Arrendersi o
perire: chi non si arrende sar sterminato); il 25 aprile (Poteri giurisdizionali del C.N.A.I., articolo n. 5:
I membri del governo fascista e i gerarchi del fascismo colpevoli di aver
contribuito alla soppressione delle
garanzie costituzionali, di aver distrutto le libert popolari, creato il
regime fascista, compromesso e tradito le sorti del Paese e di averlo condotto allattuale catastrofe, sono pu niti con la pena di mort e, e nei casi
meno gravi con lergastolo); il 29
aprile (Dichiarazione sulla fucilazione di Mussolini e dei gerarchi
come conclusione necessaria di

una lotta insurrezionale che segna


per la Patria la premessa della rinascita e della ricostruzione).
Per completezza storica non si deve
neppure dimenticare che il 27 luglio 1944 il luogotenente del re,
Umberto di Savoia, emise un decreto legge, controfirmato dallintero governo di Ivanoe Bonomi, che
al punto n. 2, prevedeva la punizione dei delitti fascisti, affidandone il compito dellattuazione del
Commissario Mario Berlinguer, del
Partito dAzione.
Infine vale ricordare che il 28 aprile
1945, il giorno dellesecuzione di
Mussolini e di suoi ministri, non era
in vita nessuna clausola armistiziale
fra il CVL (Corpo Volontari della
Libert), legittimo rappresentante
del governo italiano, e la Repubblica di Sal. I fascisti continuavano
a fucilare anche in quelle ore, senza
processi e senza riconoscimenti personali.
A questo punto mi sembra tutto
chiaro. Se al contrario, come sembra, il presidente DS voleva solo
creare altra confusione, posso dire
con una punta di amarezza che in
parte ci riuscito. Ma solo in parte,
e per breve tempo. La boutade non
ha lasciato il segno. stata subito assorbita per quel che dalla maggioranza della coscienza democratica di un Paese che sa ancora reagire a queste sventurate questioni di
lana caprina.

55

Novembre - Dicembre 2005

Politica/Dibattito

Occorre che il processo


di riforme annunciato dallUnione
si concretizzi in qualcosa
di un po diverso dal catechismo
della chiesa cattolica

Alcuni consigli
di libert
per chi sostituir
Berlusconi

di Sergio Lo Giudice
Presidente nazionale Arcigay

UNA

CONCEZIONE DELLO

STATO COME

STRUMENTO CHE ARMONIZZI

LAICAMENTE LE DINAMICHE SOCIALI HA LASCIATO IL PASSO ALLIDEA,


DI SAPORE TOTALITARIO, DI UNO

STATO

ETICO CHE ORIENTI PER VIA

NORMATIVA LE SCELTE PI PROFONDE E PERSONALI DI CITTADINE E


CITTADINI.

ilvio Berlusconi ha perso tante sfide.


Fra queste quella sulle libert. Di
questa parola ha voluto fare la sua
bandiera, il nome della casa sua e dei
suoi alleati. Ma nelle sue mani questa parola sfiorita, ha perso il suo significato pi profondo e si trasformata nella libert del potente da
qualsiasi vincolo o regola, come mostrano le numerose leggi ad personam
approvate durante la legislatura.
La libert delle cittadine e dei cittadini dalla prepotenza delle politiche del governo, dagli impedimenti
economici e sociali, da leggi discriminatorie ha avuto minore attenzione della libert dellavvocato
Previti di violare impunemente le
leggi.
Cos una concezione dello Stato
come strumento che armonizzi laicamente le dinamiche sociali ha lasciato il passo allidea, di sapore totalitario, di uno Stato etico che
orienti per via normativa le scelte
pi profonde e personali di cittadine e cittadini.
successo con la legge 40 sulla fecondazione medicalmente assistita
che ha dato valore di norma ad una
concezione medievale del corpo
della donna. Una legge che andr
cambiata, perch fondata sul controllo statale delle scelte di procreazione da parte delle donne e perci indegna di un paese civile.
successo sulle droghe, dove il vice

56

TUTTO

CI DA CANCELLARE

premier Gianfranco Fini non rinuncia allidea di portare in carcere


i consumatori. Un governo di centrosinistra non potr che agire secondo altri criteri: la differenziazione delle tipologie di spaccio, la
non punibilit della detenzione ad
uso personale, il consolidamento
delle politiche di prevenzione e di
riduzione del danno. Lorizzonte rimane quello di una politica seriamente antiproibizionista, che spezzi
il vincolo fra la massa dei consumatori e le organizzazioni criminali attraverso un processo di legalizzazione delle droghe, a partire da
quelle leggere, e una seria politica
di prevenzione agli abusi.
Il tema della prostituzione stato un
altro terreno su cui il sedicente governo delle libert ha cercato di sperimentare nuove modalit di repressione sociale. La proposta di testo base conteneva previsioni assurde ed inefficaci: ipotizzare tre
anni e mezzo di carcere per chi si
prostituisca in luogo aperto significa prevedere il ripristino della pratica delle retate antiprostituzione,
stavolta rivolte alle donne immigrate non regolarizzate e un loro
massiccio trasferimento in carcere.
Nel 2005 pi di 600 migranti sono
annegati al largo delle nostre coste.
solo laspetto pi eclatante di un
malgoverno dei fenomeni migratori. Questo tema sar uno dei ban-

chi di prova fondamentali per definire lidentit del centrosinistra rispetto allattuale governo sul piano
della concezione della libert. La
legge Bossi Fini sullimmigrazione
non solo una legge spietata: una
legge sbagliata perch contraddittoria e inapplicabile. Perch costringe alla clandestinit onesti lavoratori con famiglia a carico.
Impedisce alle donne migranti di
decidere liberamente di fare un figlio dato che laumento del nucleo
familiare, in presenza di un alloggio
non sufficientemente grande,
mette a rischio la permanenza dei
requisiti necessari al permesso di
soggiorno. Produce clandestinit
come strumento quasi necessario
(anche se mai sufficiente) di una
speranza di regolarizzazione. Crea
il rischio che le badanti dei nostri
anziani, nonostante la loro indiscussa utilit sociale, finiscano da un
giorno allaltro in uno dei Centri di
permanenza temporanea, strutture
che producono la lesione dei diritti
fondamentali dei detenuti e che
vanno chiuse e sostituite con altre
modalit, pi articolate e pi adatte
alla diversit delle situazioni, per
identificare gli irregolari.
Leccesso di detenzioni nelle carceri italiane, bombe di sovraffollamento, stato ampliato dalle scellerate politiche di governo.

Novembre - Dicembre 2005

Lapprovazione della legge exCirielli produrr lingresso in carcere


di migliaia di nuovi ospiti, un fenomeno che lo stesso ministro della
Giustizia Castelli ha dichiarato, solo
a legge ormai approvata, non governabile. Questa assurda norma
trasforma in criminali pericolosi soprattutto gli autori di piccoli reati
legati al consumo di droghe, collocandosi cos in una pi generale
tendenza alla carcerizzazione delle
persone tossicodipendenti. A questo proposito utile menzionare
quanto accaduto a Castelfranco
Emilia: la predisposizione, sotto la
supervisione di fatto della comunit
di San Patrignano, di un carcere per
tossicodipendenti, una sorta di comunit dietro le sbarre, descritta
come un luogo di detenzione pi
umano e accogliente. Non si trattato, a differenza di quanto dichiarato, di fornire unalternativa al carcere ma di sostituire il carcere alle
misure alternative. Daltra parte,
questo governo era riuscito a trasformare un ospedale psichiatrico
giudiziario per adulti (quello di
Castiglione dello Stiviere) in un
luogo di detenzione per minori, in
barba a tutte le leggi.
Detenzione nei Cpt di persone che
non hanno commesso alcun reato,
trasferimento di minori in carceri
per adulti, strisciante privatizzazione degli istituti di pena sono solo
alcuni dei fenomeni per cui diventa
pi urgente dare finalmente seguito a quello che il Comitato europeo per la prevenzione della tortura ci chiede da anni: listituzione
di una figura nazionale di Garante
dei diritti delle persone private
della libert personali. Uno strumento di garanzia, gi anticipato
dallistituzione di Garanti a Roma,
Firenze, Bologna, Torino, Milano,

Politica/Dibattito

che eviti che chi detenuto perda


per questo anche altri diritti umani
fondamentali. questo il criterio di
differenza fra la misura della detenzione in uno Stato di diritto e
una violazione autoritaria della libert individuale, ma questo criterio non rispettato nelle carceri italiane dove alla pena comminata si
aggiungono le pene accessorie costituite dalla perdita di altri diritti:
al lavoro, alla salute, alla formazione, alla sessualit.
Intanto, lItalia resta uno dei pochi
paesi dellUnione Europea in cui
non vi sia alcun riconoscimento giuridico delle coppie gay e lesbiche.
La pervicace contrariet del cardinale Ruini, vero Richelieu del centrodestra come di parte del centrosinistra, rallenta il raggiungimento
di questo obiettivo. Dopo avere
fatto cambiare idea sul Pacs a
Mastella, don Camillo ha convertito
anche il leader della Margherita
Francesco Rutelli, che ha preso ad
opporsi allidea di un nuovo istituto, com quello del Patto Civile
di Solidariet, che dia riconoscimento giuridico alle coppie di fatto,
comprese quelle dello stesso sesso.
Su questa scia, negli ultimi mesi abbiamo assistito ad un fiorire di
nuove conversioni al cattolicesimo
fra i leader del centrosinistra e ad
una forte aggressivit teo-con da
parte di tanti laici devoti del centrodestra, guidati dal Presidente del
Senato Marcello Pera
In questi anni lo spazio dei diritti
delle persone stato sottoposto a
pressioni, svilito, sostanzialmente ridotto. Nellultimo anno sono accadute cose che capitano ormai solo
nel nostro paese. Un collaboratore
del vicepresidente della Camera

Fisichella stato licenziato in tronco per essere stato fotografato ad una innocente festa gay nella capitale. A lAquila, il giudice Luigi Tosti, di religione ebraica, stato condannato a sette mesi di carcere per
essersi rifiutato di emettere le sue
sentenze, in nome dellintero popolo italiano, sotto il simbolo religioso di una parte, il crocifisso cattolico. E se uninsegnante di religione di una scuola pubblica stata
licenziata perch incinta, il Ministero dellIstruzione ha assunto dodicimila insegnanti di religione, scelti dalle curie, che a richiesta dei loro
vescovi potranno passare ad insegnare, nelle scuole statali, altre materie. Papa Ratzinger ha dato il via
ad una cacciata dei preti gay dai seminari che ha lodore di una pulizia etnica, mentre il governo esenta
dal pagamento dellIci i locali di
propriet ecclesiale, anche se utilizzati per attivit commerciali. Ad un
omosessuale catanese di 23 anni
che, con laria che tira dentro le caserme, aveva ottenuto di essere esonerato dal servizio di leva, stata ritirata la patente in quanto gay. La libert della scienza ostacolata dal
divieto di ricerca sulle cellule staminali embrionali. Il sacrosanto diritto ad un testamento biologico
che riporti alla volont del singolo
il consenso allaccanimento terapeutico crea scandalo anche nel
fronte progressista. Le persone
transessuali sono ostacolate nel sereno percorso di riconoscimento
della loro identit di genere. Alle
donne single stato proibito per
legge di procreare con assistenza
medica. Speriamo che il processo di
riforme annunciato dallUnione si
concretizzi in qualcosa di un po diverso dal catechismo della chiesa
cattolica.

57

Politica/Dibattito

Novembre - Dicembre 2005

Vanno abrogate tutte le leggi


di questo governo, proponendo
rapidamente alternative reali,
perch lemergenza democratica
in corso non consente luso del fioretto,
ma impone luso della sciabola

Il pericolo di un
berlusconismo
senza Berlusconi

di Giulietto Chiesa

SENZA

UN CAMBIAMENTO RADICALE IL CENTRO SINISTRA DECRETER

LA PROPRIA FINE

Dopo le primarie, momento alto


in cui i cittadini di sinistra hanno deciso di far sentire la loro volont, la
gestione del risultato passata interamente, di nuovo, nelle mani delle
oligarchie dei partiti. I quali, come
dovrebbe essere noto, ma non lo ,
fanno i propri interessi e non quelli
della gente.
Entusiasmarsi purtroppo impossibile. Pi facile uscire disgustati dai
ping pong che servono essenzialmente a punzecchiarsi lun laltro,
a mandare segnali e a respingerne,
a predisporre le proprie truppe
cammellate, in vista dellunica battaglia cui tutti pensano, del tutto interna allo schieramento di sinistra e
concernente la divisione dei posti di
governo e delle poltrone parlamentari.
E chiaro che la distanza tra la societ e i rappresentanti nelle istituzioni divenuta abissale. Della destra non parlo, parlo della sinistra.
Tangentopoli era uno scherzo al
confronto di quanto accade adesso.
Era unanomalia, e di piccola portata, tutto compreso. Adesso, anche
a sinistra, ci si muove su logiche
spartitorie dei poteri dello stato e su
convergenze spurie, inciuci di ogni
tipo, che rivelano cointeressenze in
cui le destre e le sinistre di un tempo
sincontrano quotidianamente. Gli
scandali finanziari di questa estate
hanno dimostrato fino a quale

58

punto interi settori del centro sinistra sono stati assorbiti nella spartizione, nelle scalate.
E, poich vanno a pranzo insieme,
non si vede perch non dovrebbero
mangiare insieme, in tutti i sensi.
Pensare che da questa gente possa
ancora emergere un programma
politico alternativo pura illusione. Quando un consigliere di circoscrizione torinese prende lo stipendio di un metalmeccanico, ovvio che la corsa al posto politico diventa lunica cosa che conta. E
quando gli apparati dei partiti sono
ormai composti di funzionari pubblici che fanno il doppio lavoro cio
usano il tempo pubblico per fare il
lavoro di partito, e usano il potere
pubblico per fare gli affari propri),
chiaro che non c pi nessuna
dialettica politica e la maggior parte
di quei funzionari segue la direttiva
di chi lha collocato nel famoso posto. Perfettamente logico, dunque,
che si riscontri una generalizzata separazione tra popolo e classe politica. Un tempo parlare di classe politica, almeno a sinistra, era uno strafalcione. Adesso la migliore descrizione dello stato di cose esistente. La politica divenuta una
professione, per giunta assai ben retribuita, direttamente e indirettamente. E la selezione dei quadri si fa per dire - avviene in base al
censo. Tant che lattuale ammini-

stratore del partito DS non si perita


di dichiarare che i candidati devono
pagare il partito per la carica che
il partito gli garantisce. Costo di un
seggio, circa 60 mila euro. Parola
sua. Cos si capisce bene perch operai e operaie, lavoratori e lavoratrici,
sono spariti dalle rappresentanze
parlamentari del centro sinistra.
Cosa pensi questo ceto politico lo
verifichiamo tutti i giorni. Quando
arriv al potere lo fece scegliendo
di inseguire il modello americano liberista, con qualche correzione moderatrice, o remora, imposta dalle
circostanze della storia pregressa
del movimento operaio e democratico italiano. Seguendo per altro la
parabola di tutti gli ex-comunisti
dellest europeo e del mondo intero. Nessuna originalit, nemmeno in questo. Il fatto , per, che
quel modello, che sembrava loro
pi che vincente, lunico ormai possibile dopo la fine del comunismo,
era gi entrato in crisi prima ancora
che loro lo sposassero.
Fossero stati appena appena attenti
a quello che succedeva nel mondo
si sarebbero posti il problema del
che fare. Ma, essendo gi il prodotto di una mutazione antropologica, non erano ormai pi in condizione di connettere, di rimettersi
a studiare, a produrre idee. Infatti
la cosa pi probabile che emerger
dalla manfrina programmatica di

Novembre - Dicembre 2005

questi mesi sar la riproposizione,


moderata, moderatissima, del modello di crescita che impazza negli
Stati Uniti e nella maggioranza delle lites politiche europee (non degli europei).
Lentusiasmo davvero smodato con
cui Eugenio Scalfari ha salutato lintesa programmatica DS-Margherita
la descrizione del dato di fatto che
unipotesi moderato-centrista
quella che si avvia a guidare il paese,
non unipotesi di reale rinnovamento e risanamento del paese. La
miopia di questi disegni (che dicono
due cose simultaneamente, e cio
che il centro-sinistra ha in testa solo
lamministrazione dello stato di fatto
allinterno dellaccettata come inevitabile dominazione imperiale, e,
che c unintesa tra i potentati economici e la classe politica affinch
non si fuoriesca da questi rigidissimi
parametri) davvero tremenda. Ma
sarebbe ancora pi tremendo farsi
delle illusioni sulle prospettiva riformatrici di questa intesa.
Gli scienziati lanciano appelli sempre pi disperati alla ragione, perch si capisca che occorre modificare profondamente il meccanismo
di crescita indefinita che ha caratterizzato gli ultimi trentanni delleconomia mondiale; perch si
prenda atto che stiamo tutti insieme
trascinando il pianeta in un baratro,
ma le sinistre sembrano sorde, perfino incapaci di capire. E quei pochi che capiscono fingono anchessi
di non capire perch hanno paura
di dire la verit alla gente.
Infatti pensano che, dicendola, perderanno voti. E cos schiacciano il
piede sullacceleratore del disastro.
Ne risulta che nessuno di loro affronta il problema di costruire
unalternativa decente, e nessuno
nemmeno capace di rispondere alle
inquietudini che - nonostante il sistema mediatico continui a raccontare bugie sullo stato del mondo serpeggiano ormai largamente sia
nellelettorato di destra che in
quello di sinistra. Invece di cercare
di capire e interpretare questa domanda, anche i leader del centro sinistra puntano, come dicono, al

Politica/Dibattito

centro. Un centro, per giunta, inesistente, perch la gente, inquieta


della sua condizione di crescente
precariet, non sta andando al centro per trovare rifugio. Una parte,
ancora legata alla sua storia, va a sinistra, per il momento. Per meglio
dire: vorrebbe andare a sinistra, ma
in Italia non trova il luogo in cui potersi fermare, nel quale condividere
le proprie aspirazioni, di cui potersi
fidare. Poi - quando la crisi assumer un andamento galoppante - la
coagulazione principale di gruppi
sociali impauriti e senza guida avverr a destra, alla destra estrema.
La storia dovrebbe averci insegnato
qualche cosa.
Invece questa sinistra continua a
puntare su un elettorato di consumatori, di individui atomizzati e ormai lasciati ai margini da una societ dove dominano lites ristrette
ed egoiste, intolleranti e violente.
Tanto pi violente quanto pi insicure anchesse. Lossessione centrale, la vera ideologia che lega tutti,
la lotta contro il terrorismo internazionale. Una ossessione ormai divenuta ideologia. Invece guerra e
consumi insostenibili, disuguaglianze lancinanti, terrorismo,
paura: tutti questi ingredienti di
una miscela esplosiva non vengono
invece n visti, n interpretati.
Parigi e le sue periferie sono un segnale gi dimenticato, ma i problemi si aggravano di giorno in
giorno, mentre evidente che non
ci sar lavoro per milioni e milioni,
nemmeno quello precario.
Le forze di sinistra non possono
avallare questo processo, neanche
in parte: hanno lobbligo morale di
contrapporsi a un sistema iniquo e
illegittimo. Se continuano a prendere parte alla sua gestione, senza
dire la verit, verranno anchesse
identificate con il sistema. E, come
gi avvenuto, i pi poveri, i pi miserabili, non voteranno a sinistra,
ma a destra. Perch la destra mente
meglio di questa esangue sinistra,
perch la destra a proposito di
idee forti, che piacciono tanto a
DAlema - , in questo momento, il
luogo della rivoluzione.

Alla vigilia di questa nuova campagna elettorale, di questa nuova partita a ping pong pi che mai presente la sensazione che i due antagonisti si trovino dalla stessa parte
del tavolo e trattino le regole del
gioco e le modalit di conservazione
del potere. Al lato opposto del tavolo
la societ civile, senza racchetta.
Quale allora deve essere la nostra
strategia, di chi non si sente rappresentato, di chi intende debellare
una volta per tutte il berlusconismo
dalla politica italiana e intraprendere la strada per la ripresa democratica del paese?
Innanzitutto le priorit: uneventuale vittoria di Berlusconi sarebbe
un colpo fatale per le basi democratiche di questo Stato. Se il centrodestra riuscisse a battere i suoi avversari (aiutato dalla legge proporzionale) o dopo il voto (con il crollo
prematuro del neonato governo di
centrosinistra) ci aspettano tempi
davvero bui, e assisteremo allo
smantellamento di ogni struttura
istituzionale del nostro Paese, dalla
Costituzione alla Presidenza della
Repubblica. Dunque il primo compito quello di unire tutte le forze:
dai partiti alle associazioni per togliere il potere ai lanzichenecchi
che lo hanno occupato.
Tuttavia questo sforzo non pu bastare. Rimanere chiusi dentro questa prospettiva non ci aiuta. Anzi
proprio questo angusto orizzonte
che favorisce le oligarchie del centro-sinistra. Chiunque critica loro
essi dicono sta oggettivamente
dalla parte di Berlusconi. Ma da
questa analisi emerge che stanno lavorando per un berlusconismo moderato, cio per un berlusconismo
senza Berlusconi. Bisogna cercare,
perquanto possibile, di rompere
questo inganno, ed esigere da coloro che saranno chiamati a rappresentare il popolo della sinistra
che rispettino il mandato ricevuto.
Contro la loro realpolitik dobbiamo semplicemente reclamare
una Realdemocrazia. Li paghiamo per questo.
Lo si deve fare con proposte sem-

59

Politica/Dibattito

plici e chiare. Che, come dice scherzosamente Travaglio, sono tutte


molto moderate. Anzi un tempo
erano moderata, ma essendosi spostato il baricentro, adesso paiono
estremiste. Chiedere, in primo luogo, lazzeramento dei provvedimenti ad personam e di tutte le leggi demolitrici dellassetto costituzonale
approvate dallattuale governo.
Nessuna cultura di governo degna
di una tradizione riformista o radicale pu permettersi di convivere
con leredit del centrodestra, che
dalla scuola alla giustizia, dal lavoro
alla cultura, dallambiente alla
Costituzione, ha violentato lanima
stessa della nostra societ, demolendo le strutture portanti della
convivenza civile. Vanno abrogate
tutte le leggi di questo governo, proponendo rapidamente alternative
reali, perch lemergenza democratica in corso non consente luso
del fioretto, ma impone quello del
bisturi. Un atteggiamento simile
non manifesterebbe, come da qualche parte di dice di temere, una
mancanza di cultura di governo ma
, viceversa, darebbe prova di coscienza della gravit della situazione
in atto. E rappresenterebbe al meglio i voti popolari.
La questione morale, in secondo
luogo, deve essere posta al centro del
nuovo programma di governo.
Bisogna ripristinare il senso della responsabilit, del bene comune, della
convivenza solidale. Tutti bastioni
che sono stati pesantemente logorati, con il consenso dellopposizione, o con la sua pigna connivenza.
Il lavoro deve tornare ad essere la
prima delle preoccupazioni dei governanti. Tutto il lavoro, in tutte le
sue componenti e manifestazioni, il
che significa riportare la realt al centro della nostra attenzione. Lavoro e
giustizia sociale significano tutela di
chi lavora e dei pi deboli.
Significano riduzione e non aumento della precariet, e la fine di
unidea insulsa di flessibilit che ha
colpito i lavoratori senza dare alcun
respiro alleconomia del paese.
Una riforma della giustizia, che ri-

60

sponda alle esigenze di undici milioni di cittadini che non riescono


ad avere, appunto, giustizia. Una riforma fiscale, che stabilisca una diversa ripartizione dello sforzo di finanziamento dei servizi e deglinvestimenti, verso un potenziamento
della ricerca, della scuola, delluniversit, della formazione. Non pi
meno stato, ma uno stato migliore, prendendo atto che le privatizzazioni selvagge degli ultimi
anni, organizzate dal centro-sinistra, non solo non hanno portato alcun miglioramento dellefficienza
dei servizi, ma neppure sono servite
al rilancio delleconomia e delloccupazione. Cio non sono servite ad
altro che ad accumulare nuovo potere nelle mani di privati spregiudicati.
Sar necessario operare da subito
una scelta precisa contro la guerra,
e una ripulsa dellidea stessa di scontro tra civilt, per spezzare la spirale
di paura che ci sta portando verso
derive autoritarie, a scapito delle
nostre libert e di quelle dei nostri
figli. Il dialogo e la diplomazia devono sostituire i piani militari dellattuale amministrazione USA. E
lo stato di guerra permanente, sotto
levidente utilizzazione strumentale
del terrorismo, quello che fa comodo allImperatore e ai suoi vassalli. Il tutto allinsegna della conservazione delle macroscopiche disuguaglianze nella distribuzione
delle ricchezze mondiali.
Uno sviluppo sostenibile, che significa calcolare la ricchezza di una societ con criteri che non siano pi
quello solipsistico del prodotto interno lordo. Scrivo queste righe
mentre la polizia manganella i dimostranti della Val di Susa. Gente
che non rifiuta il progresso, come si
usa dire, ma che vuole sapere a che
cosa serve. Gente che dovrebbe subire le conseguenze di progetti faraonici concepiti da tecnocrati lontani che non sanno nemmeno calcolare non solo gli effetti dei loro disegni, ma lutilizzabilit futura delle
scelte che sottendono. La cosa pi
significativa , purtroppo, che an-

Novembre - Dicembre 2005

che il centro-sinistra, abbacinato


dalle litanie sviluppistiche non sa
distinguersi dai tecnocrati europei
e nostrani, non sa chiedere conto di
quale sar il contesto ambientale,
economico, sociale in cui verr a
collocarsi questopera. Con un sottinteso tutto da dimostrare: che il
mondo tra ventanni, quando la
TAV sar completata, sar di nuovo
e ancora in quella crescita che lo ha
gi portato sullorlo del collasso e
dentro la guerra infinita.
Lesempio della TAV un paradigma: quello di un centro-sinistra
che non sa guardare al futuro con
realismo, e che nella sua cecit
sempre pi simile alla stupida saccenza dei potentati che stanno portando il mondo alla catastrofe. La
stessa cecit che sintravvede in
tutto il programma con cui costoro
andranno al governo, dopo avere
sostituito Berlusconi.
E infine un ultimo punto, forse il
pi decisivo, anchesso paradigmatico del tipo di sviluppo che queste forze vorrebbero dare al paese:
la democrazia nella comunicazione. Senza una profonda riorganizzazione del sistema dellinformazione-comunicazione, che lo sottragga al monopolio dei privati
(anzi di un solo privato) e lo riporti
nelle mani della collettivit, non
sar possibile spiegare a grandi
masse popolari le distorsioni clamorose dentro il nostro sistema economico e sociale. La televisione ormai divenuta il centro della politica.
Ed essa stata lottizzata clamorosamente, dai partiti, di destra e di sinistra, che ne hanno realizzato lappropriazione indebita. Unaltra privatizzazione: quella della classe politica, ai danni della collettivit dei
cittadini.
Per questo, per la stessa salvezza
della democrazia, oltre che della decenza nazionale, oltre che della salute mentale e culturale della nostra
gente, occorre sottrarre a questa oligarchia il controllo mediatico. Una
specie di ultima spiaggia, oltre la
quale c una lobotomizzazione di
massa fatta di menzogne, e di omissioni, ma soprattutto di intratteni-

Novembre - Dicembre 2005

mento imbecillente, e di una pubblicit ossessiva, tale da rimbambire


le grandi masse. Il centro-sinistra,
con linciucio Rai, ha dimostrato di
essere allinterno di questa logica e
di volerci restare: da Mastella a
Bertinotti compreso. Purtroppo anche a sinistra del centro sinistra
poco si capito, fino ad ora, della
portata davvero epocale di questa
battaglia. Compito di coloro che vogliono mantenere aperta una prospettiva alternativa a questa deriva
moderata e strategicamente suicida, sar di dare battaglia in primo
luogo su questo fronte.
Occorre dunque non cadere preda
delle illusioni. La crisi verr prima

Politica/Dibattito

che questa classe politica sia in


grado di capire, prima ancora di decidere se intende ravvedersi. Un governo di centro-sinistra che nasce
sotto queste ipoteche non potr
soddisfare nemmeno le aspettative
di gran parte di quelli che lo voteranno. La prossima guerra dell
Impero sincaricher di mostrare
linganno di un compromesso raffazzonato. Ne risulter unondata di
delusione devastante, e uno sganciamento definitivo dei partiti del
centro-sinistra dalla societ civile.
Un evento inedito e probabilmente
irreversibile. Per questo occorre fin
dora lavorare per far nascere nuove
forme di partecipazione, in grado di
coinvolgere associazioni, comitati

popolari, assemblee permanenti,


forum di discussione, semplici cittadini. Allora potranno svilupparsi
modalit di rappresentanza ora impraticabili, capaci di dare voce ai
problemi reali della comunit,
verso un movimento democratico
oltre questa sinistra. Il rinnovamento e la riforma della politica di
cui lItalia ha bisogno non potr avvenire allinterno della politica attuale, ma solo da uno scontro drammatico tra essa e le spinte popolari,
uniche in grado di rigenerare democrazia. Ma solo se ad esse verr
offerto un quadro di riferimento
preciso e alternativo. Altrimenti saranno le forze della reazione a prendere il sopravvento.

WWW.lernesto.it
61

Politica/Dibattito

Novembre - Dicembre 2005

Io non dimentico lerrore


commesso nella scorsa legislatura
di non aver voluto approvare
neppure una legge blanda
a tutela dei lavoratori atipici.
E temo un altro errore oggi

Lotta alla
precarizzazione,
difesa delle donne
e della libert

di Gloria Buffo

LA LEGGE 30 NON VA MIGLIORATA: VA ABROGATA.


LA SINISTRA DEVE ESSERE AUTONOMA: NON DEVE COMPIACERE
VESCOVI O IMAM. SONO QUESTI TRA I PUNTI ESSENZIALI DELLALTERNATIVA A BERLUSCONI

a partita politica alle prossime elezioni in Italia si giocher anzitutto


sui problemi del lavoro e sulle politiche sociali. Anche in Europa le
cose vanno in questa direzione: le
elezioni svoltesi in molti paesi europei sono state segnate dagli umori
sulla questione sociale e del lavoro.
In Francia la costituzione europea
stata bocciata per paura di una politica liberista che affida alla concorrenza tra lavoratori il destino di
larghi strati popolari. Qui da noi
Berlusconi traballa ma tutti sappiamo che sconfiggerlo e soprattutto sconfiggere le sue politiche sociali e rimediare alla sua disastrosa
politica economica la sfida decisiva. Si parlato in queste settimane,
anche ai tavoli per il programma del
centrosinistra, di un mondo che
nessun partito rappresenta e che
ventanni fa praticamente non esisteva. E il mondo del lavoro precario che non fatto solo di giovani,
anche se il lavoro precario sembra
il destino obbligato per le nuove generazioni, ed abitato da moltissime donne. Si tratta di 4 milioni e
mezzo di persone, senza dimenticare che la precarizzazione tende a
investire ormai gran parte del mondo del lavoro.
Il declino italiano si presenta daltronde con questo volto: fine delle
grandi imprese e diffusione del lavoro precario. Lequazione che vor-

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rebbe far corrispondere allaumento della flessibilit il rafforzamento delleconomia una favola e
il caso italiano ne la prova. Laltra
equazione per la quale sarebbe la rivoluzione tecnologica a imporre
flessibilit e precariet anchessa
infondata. Sono i rapporti di forza
a decidere cosa ne del lavoro a livello globale e in ogni singolo paese.
Lavorare da precari invade la vita,
diventa una condizione umana e
non solo lavorativa. Questa galassia
costituisce la nostra banlieu e contrastare la precariet deve essere il
punto di forza del programma
dellUnione e ancor pi della sinistra. Ne discende che lobiettivo
non pu essere, come si sente da diverse parti anche nella sinistra, semplicemente quello di abolire gli eccessi, smussare le punte, cancellare
le figure pi perverse dalla legge30.
Su questo terreno si gioca il modello
sociale: una coalizione che persegua davvero un cambiamento sociale e economico fa del contrasto
frontale alla precariet un architrave della sua politica. Limitarsi a
mitigare il peggio non produce alcuna trasformazione di rilievo.
E un dato di fatto che ad oggi nellalleanza si confrontano due approcci: quello di chi sostiene che la
flessibilit altra cosa dalla precariet e per evitare questultima sufficiente dotarsi di adeguati ammor-

tizzatori sociali; e quello che si propone di instaurare un circolo virtuoso tra lavoro di qualit e modello
economico avanzato. Nel secondo
caso si tratta di prevedere che il lavoro a tempo determinato e flessibile sia uneccezione non reiterabile, che sia dotato dei diritti e delle
garanzie necessarie e che costi di
pi del lavoro a tempo indeterminato. A questo proposito bene essere espliciti: la formula il lavoro
flessibile non pu costare di meno,
contenuta nei materiali preparatori
del programma del centrosinistra,
possieda ancora un margine di indeterminatezza. Anche se la considero un passo avanti rispetto a
tempi anche recenti.
Io non dimentico lerrore commesso nella scorsa legislatura di non
aver voluto approvare neppure una
legge blanda a tutela dei lavoratori
atipici. E temo un altro errore oggi.
Quando si dice che la legge30 non
va abrogata ma migliorata si rischia
di commettere lo stesso sbaglio: presentarsi annunciando che noi correggeremo le politiche della destra
ma non opereremo unautentica
svolta una linea che ci ha gi fatto
perdere le elezioni nel 2001. Senza
innamorarsi delle bandiere o delle
formule vorrei chiedere a chi non
vuole labolizione della legge30 che
cosa intende salvare e cosa ci dovrebbe frenare dal mandare un se-

Novembre - Dicembre 2005

gnale limpido e inequivocabile di


cambiamento. Non lho mai sentito
spiegare apertamente e invece una
discussione pi nel merito sarebbe
interessante.
A Bombassei che, per conto della
Confindustria, chiede maggiore
flessibilit e orari di lavoro pi lunghi, non si pu rispondere solo che
toglieremo gli istituti peggiori della
giungla voluta dal Polo nel mercato
del lavoro e attrezzeremo gli ammortizzatori sociali. Bisogna replicare che ci vuole meno flessibilit
perch lItalia ha bisogno di un altro tipo di sviluppo economico e la
competizione non si pu fare risparmiando sul lavoro. Non pu pi
essere che si perseveri nella linea di
togliere i diritti a chi li ha senza darli
a chi non li ha.
A chi invoca la lotta alla povert,
come cifra caratteristica del centrosinistra, dico che meglio parlare di
giustizia sociale che non consiste
solo nellavere meno poveri. E sicuramente giusta la scelta di riproporre il reddito minimo di inserimento, di intervenire sulla non autosufficienza, di risarcire i cosiddetti
incapienti e tuttavia occorre perseguire un obiettivo pi avanzato ovvero una forte riduzione della forbice tra vertice, base e centro della
piramide sociale. Non si tratta
quindi solo di operare un sostegno
al reddito ma riconoscere diritti, ovvero dignit e potere sociale. Solo
cos si pu davvero pensare di dare
vita a un programma di popolo.

Politica/Dibattito

Per questo non servono partiti socialmente neutri, come sarebbe il


partito democratico, che possono
forse ridurre il numero dei poveri
ma non ridistribuire il potere oltre
che il reddito e fondare la societ
sui diritti. Capisco che gli editori del
Corriere della Sera e di Repubblica
possano auspicare lapprodo al riformismo compassionevole ma la
sinistra ha senso perch di questo
non si accontenta e vuole consentire ai governati qualcosa di pi.
Non possibile una politica sociale
giusta senza il riferimento alluguaglianza. Ma anche senza il riferimento alla libert. Dopo gli anni
dellubriacatura ideologica del privato e dellimpresa, oggi tutti si buttano sulla famiglia. Rutelli parla di
welfare familiare, per non parlare
della Cei che non vede il disastro sociale operato dalla destra ma vuole
mettere il Movimento per la vita alle
costole delle donne e considera le
coppie di fatto un attentato alla morale. Attenzione, perch la retorica
della famiglia ha gi fatto molti
danni in Italia. La prima politica in
favore delle donne e dei bambini
la libert delle italiane, il contrasto
al lavoro precario, il potenziamento
dei servizi. Il rispetto pieno della dignit femminile la condizione per
lefficacia di ogni politica sociale. A
questo proposito non dobbiamo
avere timidezze verso le impostazioni altrui. Debbo dire che non mi
ha convinto loperazione costruita
con lemendamento alla legge fi-

nanziaria di Liva Turco, Rosy Bindi,


Beppe Fioroni consistente in un assegno dal terzo mese di gravidanza
per alcune donne svantaggiate. Io
credo che si debba scegliere unaltra strada: rivendicare ci che abbiamo fatto con la legge 53 e il testo unico sulla maternit con i quali
abbiamo gi esteso alle non lavoratrici e alle precarie lassegno di maternit di cinque mesi. Nessuno ha
niente da insegnarci su questo terreno e se vogliamo allargare le tutele dobbiamo sviluppare quella
strada. Prevedere invece un assegno
dal terzo mese di gravidanza risulta,
da fuori, unaltra cosa, ovvero come
una dissuasione dallaborto inefficace e ambigua. Il contrasto alle ragioni economiche che limitano la libert delle donne sicuramente di
sinistra ma quel contrasto non si
gioca al terzo mese della gravidanza
bens in una politica rispettosa dellautodeterminazione, nella lotta
alla precariet lavorativa, nei provvedimenti per loccupazione femminile.
In sintesi non bisogna essere n socialmente neutri n timidi con le gerarchie di ogni tipo, a partire da
quella della Chiesa cattolica: lautonomia della sinistra si fonda su questi due presupposti.
E bene ricordare a voce alta, e con
orgoglio, che la distinzione tra reato
e peccato una distinzione sulla
quale non si disposti a cedere n
per richiesta di un imam n per
compiacere un vescovo o il papa.

63

Novembre - Dicembre 2005

Comunisti e sinistra europea

Autonomia comunista
e nuove relazioni a sinistra

I comunisti tedeschi
e la Linkspartei

a cura di Jens Peters

INTERVISTA
PRESIDENTE

congressi della CDU, CSU e della


SPD hanno approvato laccordo di
coalizione. Cosa comporta ci per
la politica della DKP?
Heinz Stehr. La grande coalizione,
con i suoi intenti politici, corrisponde grosso modo ai desideri del
capitale e delle sue organizzazioni.
Ora verranno presi provvedimenti
che accelereranno il peggioramento della condizione sociale. Ad
esempio, verranno sottratti ai disoccupati di lungo periodo 4,5 miliardi
di euro, mentre il cosiddetto snellimento della burocrazia rappresenta
un programma miliardario per le
Banche e le grandi concentrazioni
economiche. Si metteranno brutalmente le mani nelle tasche dei pensionati. E il cosiddetto abbassamento del costo indiretto del lavoro
(oneri sociali) far salire i gi
enormi profitti delle Banche e delle
grandi concentrazioni economiche.
Limpiego dellesercito federale allinterno , di fatto, cosa gi decisa.
E Schube, che qualche tempo fa
parlava di osare una minore democrazia, come ministro dellinterno, vuole per qualche tempo stabilire il corso delle contraddizioni
sociali, fino a farle divenire autentici conflitti.
Ci pu e deve far nascere una pi
forte resistenza sociale e politica.
Una politica di sinistra, se riuscisse

64

HEINZ STEHR,
DEL PARTITO COMUNISTA

ad offrire concrete alternative e se


fosse in grado di proporre forme di
lotta adeguate per le quali dispone
di una adeguata autorevolezza
avrebbe opportunit reali di diventare pi forte di quanto oggi non sia.
Ci vale anche per la DKP. Sfruttare
le nuove opportunit: questa deve
essere la nostra parola dordine.
Prossimamente ci sar una Conferenza per stabilire lazione e la strategia, in vista delle prossime scadenze del movimento sociale. Che
cosa ti aspetti da tale Conferenza e
che cosa speri?
HS. Forse un po in ritardo, tuttavia,
questo dibattito andr nel senso
della resistenza allo sviluppo della
destra. La DKP far di tutto per
orientare le azioni a livello locale,
regionale e centrale, in primo luogo contro la politica di peggioramento delle condizioni sociali. Io
auspico che il dibattito serva a sviluppare una forza di reazione, quale
finora non si mai sperimentata. Si
deve raggiungere lunit delle
forze, in primo luogo, a livello sindacale e delle maestranze. E bene,
inoltre, che si discuta sulle forme di
lotta necessarie al raggiungimento
di questi obiettivi.
Allo stato attuale, un punto debole
che vi ancora troppo poca chiarezza circa i rapporti di forza. Come

TEDESCO

(DKP)

prima, gli interessi del capitale dominano le relazioni politiche, tuttavia, noi dobbiamo esser capaci di
raccogliere la maggioranza intorno
ai nostri obiettivi. Come prima, si
puntato troppo sul terreno parlamentare. Senonch, unalternativa
alla politica della grande coalizione,
una diversa e nuova politica, potranno essere praticabili solo se le
lotte extraparlamentari verranno
condotte in un quadro nuovo, con
nuova intensit e con nuovi contenuti. Senza azioni di massa e senza
azioni dei lavoratori contro la chiusura di luoghi di lavoro, senza una
diretta pressione contro i rappresentanti del grande capitale, senza
grandi dimostrazioni, che mettano
in movimento centinaia di migliaia
di persone, nessun obiettivo progressista potr essere raggiunto.
Un ulteriore problema che in una
parte della sinistra il dibattito politico-sociale poco sviluppato. Il
neo-liberalismo non un incidente
di percorso del capitalismo: al contrario, si tratta del capitalismo del
nostro tempo, di qualcosa di obiettivamente necessario per gli interessi del capitale. Abbiamo bisogno,
dunque, di dibattere anche sui rapporti sociali dellodierno capitalismo.
Cosa ti aspetti da questa convergenza di forze nella Linkspartei?

Novembre - Dicembre 2005

HS. A mio giudizio, questa formazione politica presenta unimmagine contraddittoria. Su di me ha


fatto molta impressione il discorso
di Oskar Lafontaine contro il prolungamento delle missioni allestero dellEsercito federale. Esso rispecchia ampiamente le posizioni
del movimento pacifista. Mi interessa meno porre al centro la questione della vicepresidenza del
Bundestag; dal mio punto di vista ci
si muove nel campo delle illusioni,
quando ci si sorprende e ci si indigna moralmente perch Lothar
Bisky non stato eletto a quella carica. In questa repubblica, lanticomunismo elevato a dottrina di
Stato!
La DKP si rivolta comunque ad alcuni deputati, perch si dispongano
ad operare, insieme alla Linkspartei, per il superamento dellostracismo legale a cui la DKP sottoposta da mezzo secolo. Noi speriamo che la Linkspartei voglia impegnarsi nel Bundestag per sostenere questa richiesta. In generale,
credo che lefficacia politica della
Linkspartei dipender dallo sviluppo
delle lotte extraparlamentari e dallunit col movimento extraparlamentare.
Come si svilupperanno i rapporti
fra DKP e Linkspartei, la quale, insieme alla WASG di Lafontaine, po-

Comunisti e sinistra europea

trebbe arrivare alla formazione di


un nuovo partito?
HS. La Linkspartei e la WASG vogliono portare avanti insieme il progetto di un nuovo partito, che a mio
avviso - si collocher, nella sua maggioranza, in una prospettiva riformista. Il congresso della Linkspartei-Pds
del 10-11 dicembre ha preparato il
terreno per questo obiettivo condiviso. Laccordo tra i due partiti si
andato costruendo nel tempo. Una
pi forte componente politica con
questo carattere pu avere effetti positivi per lo sviluppo della necessaria
resistenza contro il rafforzamento
della destra. Un tale partito pu
avere unattrattiva anche per quei
membri ed elettori della SPD che
non vogliono esser partecipi del
corso neoliberale della loro organizzazione. Un tale partito pu divenire
il partner politico di almeno una
parte del movimento sindacale, che
si sente sempre di pi abbandonato
dallattuale SPD. Un tale partito pu
farsi interprete e sostenitore delle richieste dei movimenti extraparlamentari.
Tuttavia, un tale partito non pu essere la forza capace di guidare ad un
futuro socialista. Esso non pu sviluppare alcuna strategia che coordini lodierna lotta contro la destra con
una prospettiva di riforme antimonopolistiche, con finalit socialiste.

Vedremo in quale misura questo


partito sosterr forme di lotta chiaramente anticapitalistiche e pi radicali di quelle finora condotte,
lotte che vadano a colpire le radici
stesse del sistema. Restano comunque uno spazio politico sufficiente
e margini di azione autonoma per
il Partito comunista tedesco.
Nei colloqui che, in varie occasioni,
abbiamo avuto con compagni,
amici e colleghi, che sono coinvolti
nel processo di costruzione di questo nuovo partito di sinistra, abbiamo detto con chiarezza che, da
un lato, desideriamo esser buoni alleati di esso e che porremo al primo
posto lunit dazione con tale partito. Dallaltro lato, per, restiamo
consapevoli dello spazio autonomo
che ha la DKP.
Va detto tuttavia che le nostre profferte di alleanza con partiti, iniziative e movimenti di sinistra non
hanno avuto finora risposte positive. Ma io sono ottimista circa il futuro. Credo che dobbiamo persistere con fiducia nelle nostre concezioni politiche e nel valorizzare
sempre pi la qualit della nostra attivit pratica. Negli sviluppi politici
attuali e futuri, molte sono le possibilit di un rafforzamento della
DKP. E di questo abbiamo bisogno.
In: Unsere Zeit, n.46, dicembre 2005
traduzione a cura del prof. Stefano Garroni

65

Novembre - Dicembre 2005

Comunisti e sinistra europea

La posizione dei comunisti slovacchi


sulle Tesi del Partito
della Sinistra Europea

Un progetto
che abbandona
la prospettiva
del socialismo

a cura di Karol Ondrias e Lubos Blaha


Presidente e responsabile esteri del KSS*

PUBBLICHIAMO

PRESENTATO IN OCCASIONE DEL

EUROPEA,

l Partito Comunista di Slovacchia


(KSS) rispetta i valori di base espressi nelle tesi del Partito della sinistra
europea (SE). E' un fatto indubbiamente positivo che la Sinistra europea resti un combattente fondamentale per un' Europa democratica e di pace, in modo che essa non
sia sottomessa al neoliberismo e affronti in modo adeguato la globalizzazione. Come la Sinistra europea, cos anche il PC slovacco comprende quanto sia indispensabile
difendere le conquiste sociali dei
cittadini e lo Stato sociale in Europa.
E' decisamente nostro compito difendere i diritti dei lavoratori e sviluppare una nostra visione del modello sociale europeo.
D'altra parte per il KSS vede nelle
tesi politiche della Sinistra europea
un programma minimalista che
non contempla il nostro fine fondamentale: il socialismo. Si pu criticare questo termine come vago e indefinito. Si pu rimproverare una
non concretezza politica. E tuttavia
questo termine necessario alla definizione di un'identit comunista.
Con l'abbandono della visione del
socialismo, la socialdemocrazia ha
via via abbandonato le radici marxiste. E' stato poi solo questione di
tempo giungere fino all'accettazione del modello neoliberista.

66

IL DOCUMENTO DEL

SVOLTOSI AD

ATENE

PARTITO

COMUNISTA SLOVACCO

1 CONGRESSO DELLA SINISTRA


IL 29-30 OTTOBRE 2005

Oggi del tutto evidente che la socialdemocrazia ha perso la sua immagine originaria e il suo spostamento a destra ormai un fatto assodato della scena politica europea.
E' davvero indispensabile formulare in modo chiaro l'identit della sinistra, in modo che essa non faccia
la fine della socialdemocrazia. E' necessario sviluppare ulteriormente la
nostra eredit marxista e riaffermare
in ogni documento il nostro fine ultimo, quello del socialismo come alternativa al capitalismo.
Le tesi politiche della Sinistra europea, secondo il KSS, si lasciano andare alla retorica e abbandonano le
direttrici fondamentali che definiscono l'identit dei partiti di sinistra.
Invece di sviluppare il marxismo,
nel documento si fa riferimento a
Marx solo per quanto concerne la
sua concezione sull'alienazione del
lavoro. Il KSS del parere che si
debba sviluppare ulteriormente
l'insegnamento di Marx, per adeguarlo alle necessit del nuovo tempo. Il KSS rispetta le idee neo-marxiste come anche l'idea di una moderna sinistra alternativa. Ma fa anche appello alla continuit. Non possibile ignorare tutto ci che si raggiunto in 55 anni di movimento
operaio e comunista. Dopo due secoli di lotta contro il capitalismo,
ora la sinistra europea, come il sog-

getto pi radicale della scena politica


europea, non propone altro che un
rifacimento cosmetico del capitalismo e non pone la prospettiva di un'
Europa socialista come proprio
obiettivo. Ci ci induce a dire che la
situazione nella sinistra in Europa
davvero seria. Se la sinistra europea
si pone come fine la costruzione di
un capitalismo dal volto umano, l'idea comunista viene a perdere la
sua ragion d'essere.
Se le tesi politiche della Sinistra europea tendono a produrre un determinato modus vivendi nel movimento di sinistra in Europa, allora
dobbiamo riaffermare la necessit
per i partiti comunisti di difendere
la propria identit e il proprio indirizzo di base. Non si pu assumere
acriticamente il vocabolario neoliberista. La sinistra ha sempre lottato
per la democrazia e i diritti umani,
ma la propria concezione stata sempre differente dalla retorica liberale. Purtroppo le tesi della SE in
gran parte non si differenziano minimamente dall'egualitarismo della
concezione liberale americana. Il
KSS del parere che il neo-marxismo
non debba significare la liquidazione del marxismo, ma il suo sviluppo.
L'attuale era neoliberista globalizzata spinge tutti i soggetti politici in

Novembre - Dicembre 2005

una determinata direzione. E tuttavia i partiti cristiani non si liberano


del cristianesimo, i partiti nazionalisti non si liberano del nazionalismo e i partiti liberali non rinunciano al liberalismo. Perch allora la
sinistra dovrebbe liberarsi delle proprie idee originarie? Se ci liberiamo
della teoria basilare del nostro movimento, andremo a finire come la
socialdemocrazia, la quale ci user
per i suoi scopi.
Il KSS crede nel fatto che la SE voglia dar vita a una reale alternativa.
Ma questa alternativa non ha altro
nome se non "socialismo". L'idea
del socialismo non n utopistica n irreale nel tempo presente. Il socialismo deve rimanere il nostro valore
fondamentale. Ogni documento
della Sinistra europea dovrebbe

Comunisti e sinistra europea

contenere questo messaggio.


Il Partito Comunista di Slovacchia
non si richiama al socialismo dell'esperienza storica. Non possibile accusarci di nostalgia. Ci rifacciamo
per alla prospettiva che implica tale
nozione, senza la quale finiremmo
per diventare ostaggio della retorica di destra e resteremmo indifesi.
Non possibile avere paura e indietreggiare. Il fatto che la situazione
attuale non corrisponda alla nostra
visione, non deve significare che
dobbiamo limitarci a una valutazione pragmatica. Il socialismo deve
restare l'obiettivo della sinistra europea. Non possibile ignorare l'eredit marxista, essa va riaffermata inequivocabilmente. L'obbiettivo della
sinistra europea, con la quale il KSS
intende cooperare e cooperer, deve

essere quello di sostituire l'ingiusto


modo di produzione capitalistico
con un sistema sociale giusto. Il KSS
indica la prospettiva di unEuropa
socialista.
Nonostante tutto, il KSS non dubita
del carattere progressista del Partito
della sinistra europea ed disponibile a cooperare attivamente con
esso e con i singoli partiti che vi aderiscono, come membri o come osservatori. E per le ragioni qui esposte, il Partito Comunista di Slovacchia ribadisce il proprio status di
partito osservatore.
Traduzione a cura di Giuliano Cappellini

*Il Partito comunista slovacco (KSS)


partecipa come osservatore ai lavori
della Sinistra Europea

Il Partito della Sinistra Europea : una forza riformista


che divide il movimento comunista e la sinistra radicale
I comunisti, la sinistra radicale e il movimento antimperialista in Europa sono frammentati ideologicamente e sul piano organizzativo - e stanno ancora vivendo una fase di crisi. La lotta
tra posizioni comuniste, rivoluzionarie e posizioni riformiste, opportuniste, interne alle compatibilit del sistema capitalistico, in corso nel movimento comunista e allinterno di diversi partiti
comunisti, ivi compreso il nostro. E non si deve dimenticare che vi sono correnti comuniste e di
sinistra nellambito di partiti che hanno leadership e maggioranze opportuniste.
Lultima espressione delle componenti riformiste si recentemente concentrata nel Partito della
Sinistra Europea, in connessione con la sua integrazione nelle strutture dellUnione Europea.
Esso produce divisioni nella sinistra in Europa, mentre il punto di partenza per la costruzione di
un fronte antimperialista europeo dovrebbe essere laccordo sul fatto che lUE parte integrante di un imperialismo euro-atlantico, contro cui necessario concentrare le forze.
Su tale presupposto essenziale costruire uno schieramento antimperialista, che non deve essere limitato allarea della UE e che su questa base dovrebbe unire e non dividere la sinistra radicale.
Per questo vitale la costruzione di una unit che non escluda le forze comuniste, che di tale
unit dovrebbero anzi costituire la spina dorsale.

(dallintervento del Partito Comunista di Boemia e Moravia alla Conferenza internazionale dei
Partiti comunisti Atene, 18-20 novembre 2005)

67

Novembre - Dicembre 2005

Movimento comunista

Si svolta ad Atene
dal 18 al 20 novembre 2005,
con la partecipazione
di 73 organizzazioni

Conferenza
internazionale
dei partiti comunisti
e operai
PUBBLICHIAMO

IL TESTO DEL COMUNICATO STAMPA EMESSO ALLA

FINE DEI LAVORI E LELENCO DEI PARTECIPANTI.

TESTI DEGLI INTERVENTI SONO REPERIBILI, PER LO PI IN INGLESE,

SUL SITO: WWW.SOLIDNET.ORG

73 partiti comunisti e operai di tutti


i continenti si sono incontrati ad
Atene dal 18 al 20 novembre 2005
allInternational Meeting of Communists and Workers Parties, sul
tema: Tendenze attuali del capitalismo. Effetti economici, politici e
sociali. Lalternativa dei comunisti.
olti partiti che non sono potuti intervenire hanno inviato saluti e contributi scritti, inclusi nei documenti
della conferenza. Nei tre giorni
della conferenza vi stato uno scambio vivo sulla situazione internazionale e sul lavoro nei movimenti di
massa, sulla lotta dei popoli e sulle
attivit dei partiti comunisti e operai. I partecipanti hanno proposto e
adottato dichiarazioni di solidariet
su un gran numero di questioni internazionali.
Gli interventi hanno riferito sulle situazioni e sulle tendenze contemporanee del capitalismo. stata rilevata
laggressivit imperialistica in tutti i
campi e lattacco ai diritti sociali e del
lavoro. Si sono scambiate esperienze
sui movimenti e le lotte dei popoli
nelle diverse situazioni dei diversi
paesi e del ruolo dei comunisti in
essi. La discussione ha evidenziato
lesigenza storica del socialismo e si
sono scambiati punti di vista sulle vie
per progettare e promuovere questo

68

obiettivo nel 21 secolo.


Si sottolineata la necessit di sviluppare la solidariet politica attiva
ed il sostegno tra i Partiti Comunisti
e Operai e, pi in generale, tra i movimenti popolari e si sono scambiati
punti di vista sulle forme possibili di
unazione congiunta.
I partecipanti hanno espresso lesigenza che incontri simili debbano
continuare e moltiplicarsi a livello
internazionale e regionale e hanno
posto laccento sulleffetto positivo
che pu avere la cooperazione tra i
Partiti Comunisti e Operai per il coordinamento e lunit dazione con
le pi ampie forze democratiche,
antimperialiste, antimonopoliste e
patriottiche. stata evidenziata
limportanza decisiva di un confronto di idee e di una discussione
teorica sulla questione del Socialismo oggi.
Sono state proposte una serie di iniziative, che possono rappresentare
dei passi avanti per il successivo sviluppo della solidariet e dellazione
comune tra i Partiti Comunisti e
Operai:
1. Una campagna congiunta per la liberazione dei 5 patrioti cubani, che
pu comprendere lorganizzazione
della visita di una delegazione di parlamentari, dirigenti sindacali ed al-

tre personalit nelle prigioni USA.


2. Delegazioni di brigate internazionali di solidariet con Cuba ed il
Venezuela. Sostegno attivo a tutte le
iniziative contro il Free Tr a d e
Agreement of Americas (FTAA /
ALCA). Mobilitazioni per lestradizione di Carrilles in Venezuela.
3. Azioni congiunte contro la risoluzione anticomunista del Consiglio dEuropa. Promozione di risoluzioni congiunte, raccolte di firme
e proteste in tutti i paesi.
4. Campagna sul valore attuale del
socialismo in occasione del 90 anniversario della Rivoluzione Socialista dOttobre, nel 2007.
5. Campagna contro la povert, la
disoccupazione, le guerre, per la diminuzione del tempo di lavoro, la
riforma della sicurezza sociale e dei
diritti del lavoro, in occasione del 1o
Maggio 2006; contro i programmi
strutturali del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale e per la cancellazione del debito estero dei cosiddetti paesi del
terzo mondo.
6. Incontro di educatori comunisti
dei paesi europei sullimpatto delle
ristrutturazioni capitaliste e sulla
strategia di Lisbona per quanto ri-

Novembre - Dicembre 2005

guarda listruzione. Lavoro congiunto sulle questioni connesse alla


diffusione dellideologia e dei valori
comunisti tra i giovani, e aspetti riguardanti luso di Internet.
7. Campagna europea contro le misure di antiterrorismo dellUE.
Sostegno alle attivit del Partito
Comunista Finlandese durante il
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Movimento comunista

vertice dellUnione Europea.


8. Monitoraggio sistematico delle
persecuzioni contro i Partiti
Comunisti ed altre forze antimperialiste, come la messa fuori legge di
Partiti Comunisti, denunciando
dove sono illegali e dove i loro membri sono perseguitati, imprigionati
e illegalmente sorvegliati. Creare

Partito Comunista di Albania


Partito per la Democrazia
e il Socialismo di Algeria, PADS
Partito Comunista di Argentina
Partito Comunista di Australia
Partito Comunista di Austria
Democratic Progressive Tribune, Bahrain
Partito Comunista di Bielorussia
Partito del Lavoro del Belgio
Partito Comunista dei Lavoratori
di Bosnia & Herzegovina
Partito Comunista del Brasile
Partito Comunista Britannico
Nuovo Partito Comunista Britannico
Partito Comunista Bulgaro
Georgi Dimitrov
Partito Comunista di Bulgaria
Partito Comunista del Canada
Partito Comunista Cinese
(partecipante come osservatore)
Partito Comunista di Cuba
AKEL-Cipro
Partito Comunista di Boemia e Moravia
Partito Comunista in Danimarca
Partito Comunista di Danimarca
Partito Comunista Egiziano
Partito Comunista Estone
Partito Comunista Finlandese
Partito Comunista di Macedonia
Partito Comunista Unificato di Georgia
Partito Comunista Tedesco (DKP)
Partito Comunista Greco
Partito del Lavoro Ungherese
Partito Comunista Indiano (Marxista)
Partito Tudeh dellIran
Partito Comunista Irakeno
Partito Comunista Irlandese
Partito del Lavoro Irlandese
Partito Comunista di Israele
Partito della Rifondazione Comunista
Partito dei Comunisti Italiani
Partito Comunista Giordano
Partito del Lavoro di Corea
Partito Socialista di Lettonia
Partito Comunista Libanese

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un gruppo di lavoro su queste questioni.


9. Sostegno attivo alla pi larga partecipazione agli incontri regionali
dei Partiti Comunisti, come quelli
che si svolgono gi in America
Latina e in altre regioni.
10. Sostegno alliniziativa europea

Partito Socialista di Lituania


Partito Comunista del Lussemburgo
Partito del Congresso per lIndipendenza
del Madagascar (AKFM)
Partito Comunista di Malta
Partito dei Comunisti del Messico
Nuovo Partito Comunista Olandese
Partito Comunista di Norvegia
Partito Comunista Palestinese
Partito Comunista delle Filippine-1930
Partito Comunista di Polonia
Partito Comunista Portoghese
Partito Comunista Rumeno
Partito dellAlleanza Socialista, Romania
Partito Comunista della Federazione Russa
Partito Comunista dellUnione Sovietica
Partito del Lavoro di Russia Partito dei Comunisti Russi
Unione dei Partiti Comunisti - PCUS
Nuovo Partito Comunista della Jugoslavia
Partito Comunista di Slovacchia
Partito Comunista di Spagna
Partito Comunista dei Popoli di Spagna
Partito Comunista Sudanese
Partito Comunista di Svezia
Partito Comunista Siriano
Partito Comunista di Siria
Partito Comunista del Tagikistan
Partito Comunista Turco
Partito Comunista Ucraino
Unione dei Comunisti di Ucraina
Partito Comunista degli USA
Partito Comunista del Venezuela
Partito Comunista del Vietnam

Messaggi e contributi scritti sono stati inviati da:


Partito Comunista del Cile
Partito Comunista del Bangladesh
Partito Comunista Indiano
Partito dei popoli rivoluzionari del Laos
Partito Socialista Popolare del Massico
Partito Comunista della Repubblica della Moldavia
Partito Comunista di Catalogna
Partito Comunista del Sudafrica

69

Movimento comunista

del Partito Comunista Portoghese


sugli sviluppi della situazione in
Europa e nellUnione Europea,
prevista per il marzo 2006.

diretto dagli USA e minacce di aggressione imperialista. Sostegno ai


popoli di tutti i Paesi che affrontano
analoghe minacce.

11. Incontro dei Partiti Comunisti e


dei movimenti contro la guerra nei
Balcani, contro la modifica dei confini e contro gli interventi imperialisti della NATO, degli USA e dell
Unione Europea.

14. Azioni contro il piano del Grande Medio Oriente. Solidariet attiva col popolo irakeno, per la fine
delloccupazione ed il ripristino
della sovranit nazionale del paese.
Solidariet ai popoli libanese e siriano nella loro lotta contro le pressioni imperialiste e linterferenza
negli affari interni dei loro paesi.
Respingiamo le minacce imperialiste contro lIran ed esprimiamo la
nostra solidariet al suo popolo
nella sua lotta per la pace, il progresso, i diritti democratici e la giustizia sociale. Intensificare le azioni
di solidariet con le forze amanti
della pace in Israele. Stabilire una
giornata internazionale di lotta con-

12. Campagne per il ritiro delle


forze doccupazione dallIraq, contro la NATO e le basi militari straniere. Sostegno alliniziativa del
Partito Comunista Canadese a Vancouver, nel giugno 2006 e ad altre
rilevanti iniziative in materia.
13. Solidariet con la Repubblica
Democratica di Corea che si trova a
fronteggiare un blocco economico

Novembre - Dicembre 2005

tro il muro razzista di Israele in Palestina ed altre azioni connesse.


Organizzare delegazioni congiunte
di solidariet di rappresentanti dei
Partiti Comunisti di Libano, Siria,
Palestina e Israele.
15. Moltiplicare le azioni di solidariet con i popoli dellAfrica, contro
lo sfruttamento imperialista; promuovere la cooperazione solidale e
azioni congiunte con i Partiti Comunisti e Operai africani.
La data, il luogo e il tema dellincontro internazionale del 2006, saranno decisi dal gruppo di lavoro
dei Partiti Comunisti e Operai e di
ci sar data per tempo comunicazione pubblica.

Atene, 20 novembre 2005

WWW.lernesto.it
70

Novembre - Dicembre 2005

Internazionale

Con lavvicinarsi delle elezioni


presidenziali crescono
le pressioni dirette
a spostare la Bielorussia
nellorbita degli Usa e della Nato

La via arancione
al capitalismo

di Mauro Gemma

LA BIELORUSSIA COME LUCRAINA?

on lavvicinarsi delle elezioni presidenziali in Bielorussia 1, previste per


la primavera del 2006, stiamo assistendo ad un impressionante crescendo delle pressioni esercitate da
parte di numerosi paesi e istituzioni
internazionali nei confronti dellunico paese europeo che continua ad
essere incluso nella lista nera di
quelli che lamministrazione USA
ha qualificato come paesi canaglia.
Lultima iniziativa in questo senso
risale alla fine di settembre 2005. Ed
ha il sapore di un vero e proprio ultimatum che dimostra fino a che
punto si sono spinte le ingerenze
esterne, provocate dalla ferma determinazione dellimperialismo
(manifestata da Bush in persona) a
creare a Minsk una situazione simile
a quella che ha portato tra il 2004 e
il 2005 alla vittoria della rivoluzione arancione nella confinante
Ucraina.
Tutto, nella pi recente occasione,
sembrato essere coordinato dalla
medesima cabina di regia. A
Vilnius, in Lituania considerata ormai, anche in virt della scarsa considerazione delle regole democratiche da parte della sua leadership,
concretizzatasi in violente persecuzioni anticomuniste, uno dei pi zelanti attori dellAlleanza Atlantica , alla presenza di importanti personalit della Nato, si riunivano i rag-

gruppamenti della cosiddetta opposizione democratica bielorussa


per discutere molto concretamente
e, peraltro, senza mascheramenti,
dellindividuazione delle forme di
lotta (sia legali che illegali, stato
ineffabilmente riconosciuto da coloro che ritengono ormai unica
norma di diritto internazionale la
legge della jungla, imposta al pianeta dallAmministrazione USA) in
grado di portare al rovesciamento
del quadro istituzionale nel loro
paese. Esattamente nello stesso momento, il Parlamento europeo si
scagliava come sempre in nome
della difesa dei diritti umani e in
sintonia con analoga presa di posizione della Commissione Europea,
assunta il mese precedente - contro
le autorit di Minsk, con toni talmente duri da provocare una secca
accusa di ingerenza da parte non
solo del presidente bielorusso in
persona, ma anche dello stesso ministero degli esteri della Russia2.
E questo non rappresenta altro che
lultimo episodio di una campagna
che, a pi riprese, da quando, appena eletto nel 1994, il nuovo presidente della Repubblica di
Belarus Aleksandr Lukashenko
diede lavvio ad una politica che sarebbe presto entrata in rotta di collisione con gli interessi della NATO
nella regione, stata sviluppata attraverso minacce e sanzioni decre-

tate allunisono da USA e alleati europei, e con almeno due tentativi di


rovesciamento delle attuali autorit
del paese 3. Tutto ci avvenuto con
il sostegno esplicito (con lo stanziamento di centinaia di milioni di dollari da parte di autorit e istituzioni
nordamericane, in particolare la
Fondazione Soros) ad unopposizione sparuta e inetta, priva di qualsiasi sostegno di massa, infiltrata da
elementi fascisti (gli eredi di quel
collaborazionismo filo-nazista, assolutamente privi di qualsiasi base di
massa in una repubblica ex sovietica, che ha pagato con la vita di un
quarto della sua popolazione leroica resistenza allaggressione di
Hitler), chiassosa e violenta, e addirittura sospettata dellattuazione di
attentati terroristici avvenuti negli
ultimi mesi in alcune localit del
paese.
Non si pu certo negare che le autorit bielorusse abbiano utilizzato
a volte metodi poco ortodossi e deprecabili nei confronti di alcuni
esponenti dellopposizione e che le
strutture dellapparato statale siano
attualmente tenute sotto un rigido
controllo. O che siano state messe
in atto misure pesanti di ritorsione
(anchesse deprecabili) nei confronti di giornalisti e osservatori
stranieri (in particolare polacchi e
statunitensi, ma anche esponenti
della destra liberale russa, scoperti

71

Internazionale

a trasferire finanziamenti ai loro


amici bielorussi), accusati di interferire nelle questioni interne del
paese. Quanto al sistema informativo, va rilevato tuttavia che, accanto
a media statali largamente controllati, consentita la libera circolazione degli organi di opposizione e
la larga diffusione di giornali ed
emittenti russi, nella gran parte
ostili al regime bielorusso.
Per quanto riguarda poi le denunce
di persecuzioni e persino di sparizioni di oppositori, le autorit di
Minsk hanno sempre seccamente
smentito, confortate in questo dalla
testimonianza di quelle organizzazioni umanitarie occidentali che
non hanno labitudine di ricorrere
al finanziamento delle amministrazioni imperialiste4.
Lo studioso francese Bruno
Drweski, uno dei pi autorevoli osservatori europei della Bielorussia 5,
che non pu essere certo accusato
di aver risparmiato le sue critiche ai
metodi utilizzati dalle autorit bielorusse, ha osservato a riguardo che
tali metodi duri non differiscono
molto da quelli applicati nella maggio ranza degli Stati post-sovietici o in altre
parti del mondo e che le rivoluzioni te l e d i rette attraverso Interflora non
hanno cambiato molto in questo senso,
come dimostra la Georgia e che il po tere personale del presidente Lukashenko
si appoggia anchesso su una costitu zione comparabile a quella in vigore a
Mosca ed in molti altri Stati considerati
pienamente democratici secondo i criteri
che predominano oggi nel mondo6.
Le ragioni di tanto accanimento occidentale nei confronti delle attuali
autorit bielorusse e, in particolare,
di Aleksandr Lukashenko sembrano in verit essere ben altre ed
avere ben poco a che vedere con la
preoccupazione per i diritti
umani.
E per comprenderlo occorre sicuramente sgombrare il campo da
tutte le letture propagandistiche, sia
da quelle demonizzanti, assolutamente prevalenti in Occidente (anche nella sinistra, sia moderata che
alternativa), che da quelle, a nostro avviso francamente mitiche,

72

che caratterizzano alcuni settori del


movimento comunista russo, per i
quali la Bielorussia si presenta come
una sorta di ultimo avamposto del
socialismo.
Forse la definizione pi appropriata
dellattuale esperimento bielorusso
stata fornita proprio da Drweski,
quando sostiene che la longevit del
governo di Lukashenko, al potere
da oltre 11 anni, pu essere sostanzialmente spiegata in quanto frutto
di un compromesso di fatto tra una so ciet poco nazionalista e generalmente
diffidente nei confronti del modello libe rale e una nomenklatura legata a settori
industriali che necessitano generalmente
della partecipazione dello Stato (indu stria spaziale, militare, di trasforma zione)7.
Sono le specifiche modalit, attraverso cui avvenuta la costruzione
socialista nella Bielorussia sovietica
che permetterebbero di capire almeno in parte le ragioni dellattuale
consenso attorno al fenomeno
Lukashenko.
E ancora Drweski a descrivere efficacemente il quadro storico che ha
accompagnato la nascita e lo sviluppo dellesperienza sovietica
nella piccola repubblica, essenziale
per comprendere almeno in parte
lattuale situazione:
Storicamente, la Bielorussia ha subito
le conseguenze della sua situazione di
passaggio aperto a Ovest verso la
Polonia e lEuropa occidentale, e ad Est
in direzione della Russia e della massa
continentale eurasiatica. Le elites locali
erano tradizionalmente polacche o russe.
La societ bielorussa, quasi totalmente
contadina fino al 1920, era stata atti rata dalla cultura russa in virt delle mergere al suo interno delle componenti
populiste pi rivoluzionarie. Le rivolu zioni russe del 1905, del febbraio 1917
e dellottobre 1917 non avevano incon trato uneco particolare, sebbene contem poraneamente emergesse una corrente
nazionalista.
Dopo un breve periodo di autonomia po litica, negli anni 20, il potere staliniano
elimin la maggioranza delle elites lette rarie della repubblica, industrializz in
maniera forzosa il paese, favorendo la scesa sociale di massa di quadri di ori -

Novembre - Dicembre 2005

gine contadina.
I massacri nazisti pro v o c a rono imme diatamente un possente movimento di re sistenza che ha contribuito a radicare in
questa repubblica di partigiani un pa triottismo con basi territoriali e multi nazionali.
I veterani, ricollocati nellindustria mi litare e nellesercito alla fine della guerra,
hanno costituito fino ai giorni nostri, un
ambiente sociale dotato di grande in fluenza poich hanno contribuito a le gittimare il poderoso settore militare-in dustriale8.
E proprio a partire dal secondo dopoguerra che la Bielorussia ha conosciuto uno sviluppo impetuoso
che le ha addirittura permesso di sopravanzare gli standard della stessa
Russia, e di trasformarsi in uno dei
poli industriali di avanguardia di
tutta lUnione Sovietica.
Il dispiegarsi, a partire dal 1985,
della perestrojka (che stata segnata in Bielorussia dai tragici effetti della catastrofe nucleare di
Chernobil, in Ucraina a pochi chilometri dal confine), e, dopo il fallimento dellesperimento gorbacioviano, nellagosto 1991, laffermazione di forze nazionaliste tanto aggressive, quanto prive di un reale
consenso di massa, hanno diffuso
nel paese la paura della perdita definitiva di quei vincoli economici
tradizionali con lo spazio sovietico
che in quel momento veniva scientemente spinto al dissolvimento
dalla dissennata politica delle elites
compradore giunte al potere in
Russia, sotto la guida di Boris Eltsin
- considerati vitali dalla maggioranza della societ locale.
Ladesione acritica delle elites nazionaliste, impadronitesi del potere, allideologia neoliberale, e,
allo stesso tempo, lavvio di una politica estera improntata alla totale
subalternit alle strategie di aggressiva penetrazione imperialista nel
nuovo immenso mercato emerso
dalle macerie dellURSS, hanno
provocato, fin dallinizio, una resistenza sociale al processo di riforme, sconosciuta allora nelle altre repubbliche ex sovietiche, a cominciare dalla Russia, dove nep-

Novembre - Dicembre 2005

pure il Partito Comunista, messo fuorilegge senza alcuna resistenza e apparentemente in preda alla paralisi
e allo sbando, sembrava in grado di
prospettare alcuna alternativa alle ricette dei locali Chicago boys.
A limitare il consenso attorno alle
forze di governo, raccolte attorno al
movimento separatista Adradzennie (Rinascita) e capeggiate dallo
speaker del locale Soviet Supremo
Stanislau Suskievic, contribuiva anche il loro nazionalismo esasperato,
caratterizzato da un richiamo astratto ad unidentit della Belarus, assolutamente estraneo alla stragrande maggioranza dei cittadini
bielorussi, agitato fondamentalmente da movimenti dellemigrazione antisovietica e da gruppi eredi
del collaborazionismo filo-nazista, e
accompagnato da un programma di
violenta derussificazione di una
societ, in cui ci avrebbe significato danneggiare quasi la met dei
nuclei famigliari. Questa nuova artificiosa ideologia di Stato apparsa cos improponibile per la stragrande maggioranza dei bielorussi
e continua ad esserlo tuttora, nonostante tutti gli sforzi profusi dallopposizione per tentare di convincere del contrario i propri protettori occidentali.
E in questo contesto che ha potuto
affermarsi una figura come quella
di Aleksandr Lukashenko.
Lukashenko, tra i pochi coraggiosi
parlamentari che, nel dicembre
1991, si erano pronunciati contro la
dissoluzione dellURSS, e noto per
il suo rigore nella lotta contro la corruzione dilagante con lavvento del
nuovo regime, nelle elezioni presidenziali del 1994, sbaragliava, ottenendo l81,7% dei voti, il suo avversario, il primo ministro Viaceslau
Kiebic.
Il nuovo presidente indicava da subito quello che sarebbe stato lobiettivo strategico di tutta la sua
azione, da lui perseguito con ostinata coerenza: lavvio del processo
di ricomposizione dellunit politica ed economica almeno delle repubbliche europee dellex URSS, a
cominciare dalla Russia 9.

Internazionale

Nello stesso tempo, Lukashenko


non si limitava a pronunciarsi apertamente contro il processo di allargamento della NATO ad Est, allora
in pieno dispiegamento, ma denunciava il carattere aggressivo di
tale alleanza, tutti i suoi tentativi di
prevaricare la volont dei popoli e
degli stati che non intendono assoggettarsi al nuovo ordine mondiale e la sua intenzione di attentare allintegrit territoriale non
solo del suo paese, ma della stessa
Federazione Russa.
Nel 1995 e 1996, un vero e proprio
plebiscito ha ratificato alcuni quesiti referendari da lui proposti, nei
quali venivano fissati i capisaldi programmatici della nuova amministrazione.
L80% dei bielorussi si pronunciava
allora positivamente sulle richieste
di unione economica con la Russia,
di ripristino della simbologia sovietica, di adozione del russo quale seconda lingua ufficiale.
Lukashenko stato rieletto alla presidenza nel 2001 e, probabilmente
(ovviamente, se non saranno esercitate, come invece prevedibile,
massicce pressioni dallesterno),
verr agevolmente riconfermato
per quel terzo mandato, a cui oggi
pu aspirare dopo lapprovazione
popolare della sua ricandidatura,
ottenuta in un apposito referendum svoltosi nel 2004.
Fin dallinizio del suo mandato, pur
non interrompendo i processi di
privatizzazione, Lukashenko, che
pu fare affidamento su un capillare apparato amministrativo di decine di migliaia di funzionari
(40.000 a livello statale e 80.000
nelle amministrazioni locali), si
sforzato di mantenere sotto il controllo dello Stato le risorse strategiche ereditate dallURSS, cercando
allo stesso tempo, in un primo momento, di ripristinare e, in seguito,
di rafforzare gli storici legami con il
mercato
dei
paesi
eredi
dellUnione Sovietica, tradizionale
sbocco delle produzioni bielorusse.
Tale politica (che ha, ovviamente,
sempre visto il presidente bielorusso attivissimo nella promozione

di progetti di collaborazione economica nellambito della Comunit


degli Stati Indipendenti) ha permesso, nellultimo scorcio dello
scorso secolo, di contenere i costi
sociali derivanti dal crollo economico seguito allapplicazione delle
ricette di liberalizzazione e privatizzazione applicate nel resto
dello spazio post-sovietico, e in particolare nelle vicine Russia e Ucraina.
Aleksey Prigarin, noto intellettuale
marxista critico russo 10, nellinvitare le sinistre russe a difendere
lesperimento bielorusso dagli at tacchi dei sostenitori delloligarchia, ha
cos provato a formulare una definizione di questo esperimento:

Lukashenko non si limitava


a pronunciarsi apertamente
contro il processo di allargamento
della NATO ad Est, allora
in pieno dispiegamento,
ma denunciava il carattere
aggressivo di tale alleanza

Con Aleksandr Lukashenko in


Bielorussia si affermato il capitalismo
di stato che, indubbiamente, meglio del
capitalismo oligarchico che ha prevalso
nella maggioranza delle ex repubbliche
sovietiche () Nonostante tutte le in sufficienze del capitalismo di stato come
sistema sociale, comunque indispensa bile considerare che esso permette di assi curare ai cittadini solide garanzie sociali
e livelli di occupazione stabile. La
Bielorussia, unica tra le ex repubbliche
sovietiche, si inserisce tra gli stati alta mente sviluppati secondo le valutazioni
delle commissioni dellONU che si occu pano degli indici dello sviluppo umano.
(...) Tale qualit della vita rappresenta
unindubbia conquista della dirigenza
bielorussa che, come noto, non pu con tare su significative riserve di minerali
utili, ma solo sullo sviluppo dellagri -

73

Internazionale

coltura e della produzione industriale.


() Naturalmente, la politica condotta
da Lukashenko talvolta provoca critiche
non prive di fondamento anche da parte
delle sinistreIn Bielorussia effettiva mente si formata una societ, in cui i
principali strumenti di informazione e le
istituzioni politiche sono contro l l a t i
dalla burocrazia dominante. Tale si stema tipico del capitalismo di stato.
Ma, allo stesso tempo, non bisogna mai
dimenticare che un indebolimento del
controllo burocratico, nelle attuali con dizioni, pu solo provocare la trasfor mazione del capitalismo di stato in ca pitalismo oligarchico.
In ultima analisi, nello spazio post-so vietico, il capitalismo di stato rappre senta oggi lunica alternativa concreta mente esistente al capitalismo oligar chico. Per questo interesse delle sinistre
difendere il capitalismo di stato dagli at tacchi dei sostenitori delloligarchia,
nello stesso tempo in cui operano per pre parare la coscienza sociale allaccetta zione di unalternativa socialista 11.
Anche gli osservatori pi ostili allesperienza bielorussa (e basta
scorrere la stessa stampa liberale
di Mosca) sono costretti a riconoscere che la Bielorussia non ha mai
conosciuto gli stessi livelli di degradazione dei servizi sociali, sanitari,
educativi, di previdenza raggiunti
nei paesi emersi dallo sfascio del sistema socialista in URSS e nellest
europeo.
Del resto, della devastazione prodotta dal modello adottato dai paesi
ex sovietici vicini ed anche dei
drammatici costi sociali dellesperimento attuato nella confinante
Polonia, cosciente la grande maggioranza della popolazione bielorussa, in misura ben pi rilevante di
quanto siamo indotti a credere in
Europa occidentale. E fuori di dubbio che anche questo fattore pu
spiegare la relativa facilit con cui il
regime di Minsk riesce a far fronte
alla massiccia pressione propagandistica che viene esercitata
dallOccidente.
Ancora oggi, pur in un quadro di ripresa delleconomia del grande vicino russo, parzialmente risollevatosi dall abisso eltsiniano e che

74

pu contare sulla felice congiuntura di un mercato energetico tornato in larga parte sotto controllo
statale, la Bielorussia mostra risultati economici di tutto rispetto e una
sostanziale tenuta dello stato sociale.
Il gi citato Prigarin, nellanalizzare
le statistiche fornite dagli stessi organismi dellONU, afferma che la
stessa Russia stando ai risultati del
2004, segue la Bielorussia di otto posi zioni, pur trovandosi in testa al gruppo
dei paesi mediamente sviluppati 12.
Tali dati sono ben conosciuti nei
paesi dellex URSS e non mancano
di suscitare le simpatie di parte considerevole della loro opinione pubblica. Ad esempio, un sondaggio, effettuato ai primi di novembre 2005
da un autorevole istituto demoscopico russo (l Istituto nazionale di
inchieste regionali e tecnologie politiche) rilevava che, tra i cittadini
della
Federazione
Russa,
Lukashenko attualmente di gran
lunga il pi popolare tra i leader dei
paesi della Confederazione degli
Stati Indipendenti (quasi il 60%
delle preferenze contro il 20% di
Juschenko). Del presidente bielorusso verrebbero apprezzati proprio lo spirito di indipendenza nei
confronti delle pressioni esterne, la
coerenza con cui si batte per i processi di integrazione nello spazio
post-sovietico e la cura con cui ha inteso preservare il sistema di garanzie sociali, ereditato dal passato sovietico.
Naturalmente le linee di politica
estera della Bielorussia e le sue relazioni commerciali con il resto del
mondo sono apparse pienamente
coerenti con le scelte sociali ed economiche della politica interna.
Anche questo contribuisce a spiegare le ragioni della dura ostilit occidentale. In un continente europeo, ormai integrato nella NATO e
soggetto agli obblighi derivanti dalladesione al sistema di alleanze dellimperialismo, difficile rassegnarsi alla presenza di un governo
che rifiuta di applicare una politica di
privatizzazioni senza limiti e che coopera
con la Russia, la Cina, lIran, il

Novembre - Dicembre 2005

Vietnam, il Venezuela, che continua a


produrre e ad esportare armi, pezzi per
lindustria aeronautica e prodotti relati vamente poco costosi per i mercati del
terzo mondo13.
Ma, come abbiamo gi detto, gli
sforzi pi intensi della Bielorussia
sono stati comunque indirizzati alla
realizzazione dellobiettivo strategico rappresentato dal compimento del processo di unificazione
con il grande vicino russo.
Gli sforzi bielorussi ottenevano un
primo successo il 2 aprile 1996, con
la stipula del Trattato di Unione
Russo-Bielorussa, passo fondamentale verso la realizzazione dellunificazione politica, economica e
militare tra i due paesi nellambito
di uno stato unitario.
Al trattato sono seguiti ulteriori
passi, attraverso il perfezionamento
di molteplici accordi, soprattutto in
materia economica e doganale,
mentre andata rafforzandosi la
collaborazione anche sul piano militare, fino alla programmazione
per la primavera del 2006 di imponenti manovre congiunte in territorio bielorusso.
Con tenacia, in questi anni,
Lukashenko ha dovuto far fronte
alle reticenze e, a volte, anche all
ostilit delle elites che si sono succedute al governo della Russia, soprattutto nella fase di avvio del processo di integrazione, quando ad
opporsi duramente erano i clan oligarchici legati alla famiglia Eltsin.
Anche nel periodo dellamministrazione Putin, soprattutto nella
prima fase, la Russia non ha nascosto di preferire a Lukashenko un
dirigente pi presentabile nellarena
internazionale, e soprattutto meno indi pendente nelle sue iniziative 14.
Ma levidente fallimento della politica di apertura verso gli Stati Uniti
(che era sembrata affermarsi dopo
il settembre 2001), specialmente
dopo lo scatenamento delle rivoluzioni colorate nello spazio postsovietico e luso strumentale della
questione cecena, ha tolto qualsiasi dubbio sulle intenzioni dellamministrazione USA di voler
puntare direttamente al rovescia-

Novembre - Dicembre 2005

mento dellattuale leadership di


Mosca, favorendo lascesa al potere
di un regime meno indipendente, e
ha contribuito a determinare un
evidente riavvicinamento tra Putin
e il presidente bielorusso.
Negli ultimi mesi abbiamo cos assistito ad unaccelerazione del processo di unificazione. Nel settembre
scorso, il progetto di costituzione
dell Unione tra Russia e Bielorussia stato definito nelle sue linee essenziali e il referendum previsto per la sua approvazione potrebbe gi svolgersi nellottobre-novembre 2006. Subito dopo, avverrebbe lelezione del parlamento e
verrebbero creati gli organi esecutivi dello stato unitario.
Sar sufficiente tutto ci per prevenire la realizzazione dei programmi
previsti dagli USA e dalla NATO per
la piccola Bielorussia? E difficile al
momento fare previsioni. Ma una
cosa certa. La Russia ha tratto lezioni esemplari dallestendersi
delle rivoluzioni colorate, individuando le lacune e le sottovalutazioni che hanno caratterizzato la
sua politica estera nei confronti degli inaffidabili interlocutori occidentali.
Ha ragione un altro studioso, Paul
Labarique, quando afferma in un
suo articolo apparso nel sito di
Reseau Voltaire, che per la leadership russa la Bielorussia si pre senta oggi come lultimo avamposto. Un
avamposto solido perch ha gi resistito
due volte ai tentativi di rovesciamento.
Ed anche certo che Vladimir Putin
oggi alla ricerca degli strumenti che pos sano rafforzare ulteriormente la capacit
di resistenza dei suoi alleatiE proba bile che la recente evoluzione nella re gione costringa presto Mosca a svilup pare i propri mezzi di ingerenza allo scopo
di conservare la propria sfera di in fluenza e soprattutto la propria integrit
territoriale15.

Internazionale

NOTE

1La Bielorussia (Russia Bianca), stato cusci netto tra la Russia e i paesi dellEuropa orientale
e baltica, si estende per 207.600 Kmq. I bielorussi,
che parlano una lingua slava orientale come il
russo e che praticano per l80% la religione cri stiana ortodossa, costituiscono il 78% della popo lazione di circa 10 milioni di abitanti. La parte re stante rappresentata da 1.400.000 russi, da
400.000 ucraini e da alcune centinaia di migliaia
di polacchi. In virt di un plebiscitario voto refe rendario, il bielorusso e il russo sono considerati lin gue ufficiali dello stato. Dallagosto 1991, il paese,
divenuto indipendente, ha assunto il nome di
Repubblica di Belarus. Tale denominazione, tut tora in uso, ha provocato numerose riserve, in
quanto riprende la trascrizione tedesca di Bielo russia, adottata durante loccupazione nazista.
2 Una cronaca dettagliata di questi ultimi avve nimenti stata fornita dalle agenzie ufficiali russe:
in particolare in http:// www. rian.ru e http://
www.strana.ru.
3 Paul Labarique. La Bilorussie sous pression. 15 fvrier 2005. http://www.voltairenet.org/article16220.html#article16220
4 Ad esempio, John Laughland, fiduciario del
British Helsinki Human Rights Group, ha di mostrato linfondatezza delle accuse rivolte a
Lukashenko di aver commissionato lassassinio di
alcuni oppositori politici, scoprendo che essi risiede vano tranquillamente a Londra. www.guardian.
co.uk , 22 novembre 2002. La traduzione dellarti colo, con il titolo Il racket di Praga in http://
www.resistenze. org/ - popoli resistenti bielorussia 16-12-02.
5 Bruno Drweski Maitre de confrences all Institut national des langues et civilisations orien tales (INALCO). Direttore della rivista Le Pense
Libre e amministratore di Rseau Voltaire. Tra i
suoi lavori, La Bilorussie, PUF, Paris, 1993.
6 Bruno Drweski. Les Bilorusses redoutent
la dmocratie de march . 28 avril
2 0 0 5 h t t p : / / w w w. v o l t a i r e n e t . o r g / a r t i c l e
16928.html#article16928
7 Ivi
8 Ivi
9 Lukashenko, ancora recentemente nella sede au torevole del Vertice ONU dei Capi di Stato, ha vo luto esprimere un giudizio positivo in merito alle sperienza storica sovietica: LUnione Sovietica,
nonostante tutti gli errori dei suoi dirigenti,
rappresentava allora fonte di speranza e di sostegno per molti stati e popoli. LUnione

Sovietica assicurava lequilibrio del sistema


globale. Intervento di Aleksandr Lukashenko al
vertice ONU, 15 settembre 2005.
http://www.un.org/webcast/summit2005/s
tatements15/belarus0509115eng.pdf,
tradotto per h t t p : / / w w w.resistenze.org d a l
Centro di Cultura e Documentazione Popolare.
Affermazioni di aperto apprezzamento del passato
sovietico furono fatte, alla presenza di Eltsin, dal
leader bielorusso nel 1999 in un intervento davanti
ai deputati della Duma di Stato della Federazione
Russa, noto per la sua vis polemica nei confronti
dei deputati della destra liberista: La gente si
pone un interrogativo pi che logico: perch
voi, politici, avete dissolto lUnione in una
sola notte, senza consultare i vostri popoli?Convenite che un legittimo interrogativo? () Che cosa stato fatto di degno per
luomo comune nello spazio post-sovietico
nei dieci anni trascorsi dalla dissoluzione
dellURSS? Ma guardiamo la verit negli occhi: non stato fatto assolutamente nulla.
Certo oggi possiamo dire che nellURSS non
tutto rappresentava lideale () Ma solo uno
spudorato mentitore pu affermare che oggi
il popolo vive meglio che in quel paese. E di
moda sbeffeggiare i bielorussi, che avrebbero
il torto di mantenere una robusta nostalgia
per i tempi sovietici. Ma di ci occorrerebbe
solo essere orgogliosi.
Intervento di Aleksandr Lukashenko alla Duma
della Federazione Russa. lernesto N. 1/2000.
Il testo stato ripreso in http:// www.resistenze.
org/ - popoli resistenti bielorussia 21-10-04.
10 Aleksey Prigarin, organizzatore della cosiddetta
Piattaforma marxista nel PCUS, ai tempi del suo
ultimo congresso, un economista, esponente di
una tendenza marxista russa che formula un giu dizio articolato e critico della complessa esperienza
sovietica, mettendone in rilievo la grandezza, ma
non nascondendo i limiti e gli errori che ne hanno
determinato la fine.
1 1 h t t p : / / w w w. a t v r. r u / e x p e r t s / 2 0 0 5
/10/1/6204.html.
La traduzione in Il dibattito tra i marxisti russi
sullesperienza della Bielorussia. http://
www.resistenze.org/ - popoli resistenti russia 07 -10-05.
12 Ivi
13 Bruno Drweski. Les Bielorusses redoutent
la democratie de march. 28 avril 2005.
http://www.voltairenet.org/article16928.ht
ml#article16928
14 Ivi
15 Paul Labarique. Les Bilorusses dfendent
leurs intrets . 18 fvrier 2005.
http://www.voltairenet.org/article16277.ht
ml#article16277

75

Internazionale

Novembre - Dicembre 2005

Il pi battagliero e deciso
avversario dell' Alca a Mar
del Plata stato il Presidente
del Venezuela Hugo Chvez
che ha partecipato
da acclamato protagonista
anche al Controvertice dei Popoli

Alca:
un dispotismo
economico

di Alessandra Riccio
direttrice di LatinoAmerica

IL DISEGNO DI EGEMONIA USA SULLE AMERICHE E LA RIBELLIONE


DEGLI STATI E DEI POPOLI

Area di Libero Commercio delle Americhe


(Alca) un trabocchetto, la pretesa di codificare la politica neoliberale. E qualcosa di pi pericoloso
di un accordo commerciale, anzi,
secondo leconomista cubano Osvaldo Martnez, il commercio non
neanche la cosa pi importante.
Ci che interessa maggiormente
agli Stati Uniti, che ne sono i proponenti e gli ideatori, la possibilit di poter creare condizioni privilegiate per i propri investimenti di
capitale, di poter controllare gli acquisti governativi e le politiche di
propriet intellettuale. Dunque, il
commercio non altro che un pretesto per indurre ad accettare un insieme di accordi che trasformerebbe la politica neoliberale in un
impegno giuridico e cio in una
gabbia per i governi, tanto quelli attuali che quelli futuri, per uscire
dalla quale bisogner per forza rinnegare gli impegni internazionali
sottoscritti.
Certo, da un economista cubano
militante e per di pi assessore di
Fidel Castro, c da aspettarsi la critica pi spietata ad una iniziativa
che proviene dal nemico numero
uno dellisola e della sua rivoluzione. Ma lallarme lanciato da
Cuba fin da quando, in riunioni a
porte chiusissime fra il 1994 e il
2001, gli Stati Uniti incominciavano
a negoziare il progetto Alca con gli

76

altri paesi delle Americhe, stato


raccolto e ampliato nel corso degli
anni e, in conseguenza, il Vertice di
Mar del Plata del novembre 2005 si
risolto in uno strepitoso fallimento della politica commerciale
dellAmministrazione Bush in
America Latina. Quegli incontri,
inaugurati a Miami (Florida) nel
1994 con il nome di Cumbre de las A mricas, (dal quale vertice - ovviolunico paese americano escluso
Cuba), dovevano culminare con la
creazione di unarea di libero commercio tagliata a misura delle pretese statunitensi, con il pieno consenso della Comunit Europea e del
Giappone che ne condividevano la
logica di protezione dei loro investimenti, in quanto ne garantiva la
sicurezza giuridica, favorendo le licenze e i diritti di propriet intellettuale delle grandi multinazionali. Infatti, nella logica dellAlca,
che un trattato negoziato fra gli
Stati, le vere beneficiarie sono le
compagnie transnazionali (Ctn)
mentre la libert di commercio ristretta alle industrie con maggiore
concentrazione nella regione, cio
ancora alle multinazionali. Quanto
alla libera circolazione fra i paesi
americani, essa garantita per capitali, mercanzie e servizi, ma non per
le persone giacch se agli industriali
permessa, viene invece negata ai lavoratori in cerca di impiego.

La gestazione dellAlca inizia con il


I Ve rtice delle Americhe di Miami,
quando era ancora udibile leco
della sollevazione zapatista in Chiapas contro un altro Trattato commerciale, il Nafta. Questa proposta
nasce viziata proprio per lesclusione di un significativo tassello dellatlante americano, Cuba, che
smentisce il proposito di integrazione continentale sbandierato dagli Stati Uniti e dall Organizzazione
degli Stati Americani (Oea) che
aveva convocato quel Vertice. Daltra parte, anche la Commissione Economica per lAmerica Latina (Cepal) e la Banca Interamericana per
lo Sviluppo (Bid), - le altre due
grandi istituzioni regionali, in nessuna delle quali ammessa Cuba -,
hanno sempre lavorato per quello
che viene chiamato il Consenso
con Washington e hanno preteso
dai paesi americani politiche di riduzione delle spese pubbliche e sociali nonch aggiustamenti strutturali che hanno aumentato le disuguaglianze.
Santiago de Chile (1998) e Qubec
(2001) sono le altre due tappe delliter dellAlca, che proprio nel
2001 viene presentato ufficialmente
come un progetto che avrebbe dovuto essere varato nella sua completezza il 1 gennaio del 2005. Ma
qualcosa non ha funzionato e alla

Novembre - Dicembre 2005

conclusione del IV Vertice, quello di


Mar del Plata, non stato possibile
nascondere il fallimento del progetto sia pure presentato con il suggestivo nome di Alca light, dunque,
con obbiettivi pi limitati e sotto
laccattivante e bugiardo slogan
Creare lavoro per affrontare la povert e rafforzare la governabilit
democratica, belle parole che non
hanno incantato n il Presidente
dellArgentina, Kirchner, n il brasiliano Lula, n tanto meno il battagliero Chvez che, senza peli sulla
lingua, ha decretato la morte dellAlca.
LArea di Libero Commercio, cio
la liberalizzazione delleconomia
della regione, un interesse prioritario degli Stati Uniti e delle classi
dominanti del continente che vogliono eliminare le barriere doganali per facilitare la collocazione dei
loro beni, servizi e investimenti
mantenendo delle misure protezionistiche soprattutto nel settore agricolo e dellindustria automotrice;
dunque, apertura commerciale s
ma subordinata agli interessi monopolisti e imperialisti a protezione
dei mercati gi conquistati dalle
multinazionali.
Questo gioco apparso chiaro fin
dal 2003, quando alcuni paesi del
continente hanno cominciato a rallentare liter dellAlca inducendo
gli Stati Uniti ad accelerare i trattati
di libero commercio bilaterali con i
paesi maggiormente ricattabili
come quelli centroamericani
(Cafta), il Cile, lEcuador, la Colombia e il Per mentre, dopo linsuccesso in Argentina, potrebbe addirittura farsi largo lipotesi di ridurre
lAlca escludendo dallArea i paesi
del Mercosur e il Venezuela, secondo un suggerimento del presidente messicano Vicente Fox, sul
cui consenso verso Washington non
vi nessun dubbio. Attualmente il
Cafta (Central America Free Trade
Agreement) non stato ancora firmato dal Costarica, a causa dellostilit dei partiti di opposizione; in
Ecuador il rifiuto popolare e indio
deciso. Il leader del movimento,
Luis Macas ha dichiarato: Non per-

Internazionale

metteremo la distruzione del mercato interno che devasterebbe la


produzione agricola che costituisce
la base della sicurezza e della sovranit alimentare degli ecuadoriani
oltre lattivit di sostentamento di
migliaia di indigeni, contadini e abitanti urbani. Il Cile, neoliberista
convinto, stato il pi sollecito a
firmare il suo accordo bilaterale
mentre Per e Colombia sembrano
orientati a ratificarlo.
A questa strategia commerciale, gli
Stati Uniti affiancano una politica
di stretti rapporti fra il loro esercito
e i militari latinoamericani per gli
addestramenti alla controguerriglia, lapertura di nuove basi militari e la presenza massiccia in zone
come lAmazzonia e il bacino acquifero guaran alla frontiera fra
Brasile, Paraguay e Argentina
estremamente interessanti per la
ricchezza di risorse e per la biodiversit.
Il pericolo di queste strategie non
sfuggito al vasto movimento popolare sorto nel 2001 a Porto Alegre
con il Foro Sociale Mondiale che ha
esercitato e continua ad esercitare
una forte pressione sulle decisioni
dei governi e la cui presenza vivace
a Mar del Plata, nel III Vertice dei
Popoli ha decisamente condizionato
lesito della Cumbre de las Amricas, e
le decisioni dei 32 presidenti presenti fra i quali si sono distinti Lula
e Kirchner. Lula era gia stato un protagonista, nel 2003, a Cancn, in
Messico, della V Conferenza Mini steriale dellOrganizzazione Mondiale
del Commercio (Wto), dove si sono
fronteggiati gli Stati Uniti, il Canad, il Giappone e la Comunit Europea contro la Cina, il Brasile,
lAfrica del Sud e lIndia: G8 versus
G21; il mondo ricco e sfruttatore
contro lumanit sfruttata. Quellincontro termin con un No del G21
alle proposte del G8, un no alle politiche di favore verso le multinazionali europee e nordamericane libere di schiacciare i paesi impoveriti, e un no allo sterminio delle diversit culturali. Un no che ha significato, per le relazioni commerciali, quello che Porto Alegre ha

rappresentato nella politica mondiale.


La proposta statunitense di creare
unarea di libero commercio per le
Americhe propone pi liberismo
proprio a quel subcontinente che
ne ha visto il fallimento e ne ha pagato lo scotto in termini economici,
ambientali e sociali con la crescita
della povert e dellingiusta distribuzione delle entrate. Tutto ci
ben chiaro a gran parte di quelle popolazioni, in particolare alle popolazioni originarie che del modello
neoliberista sono state le maggiori
vittime e che ne hanno sempre diffidato grazie al loro resistente patrimonio culturale che suggerisce il
rispetto per la Pachamama, la madre
terra; sostiene una visione collettivista dei beni e cura lequilibrio
della natura evitando di ferirne larmonia. Da qui deriva lostilit manifesta al progetto Alca nei movimenti indigeni del Chiapas, della
Bolivia, dellEcuador, dei mapuches
della Patagonia, del Choc colombiano, e insieme a loro, lopposizione politica delle organizzazioni
di sinistra e infine, la decisa volont
di ridiscutere il progetto e riformularlo, pena labbandono del progetto stesso, degli economisti e dei
governanti dei paesi riuniti nel mercato comune australe, il Mercosur,
guidati dai colossi del Brasile e
dellArgentina a cui si sono accodati
timidamente, lUruguay e il Paraguay. Proprio questi paesi hanno
espresso con forza la necessit prioritaria di eliminare i sussidi agricoli
e industriali con cui gli Stati Uniti
proteggono le loro coltivazioni agroindustriali ma anche i servizi, le
finanze, le assicurazioni, la salute e
leducazione. La differenza enorme
che corre fra il capitalismo avanzato
statunitense e le economie degli altri paesi del continente fonte di
squilibrio ed impedisce che laccordo avvenga fra pari mentre i
paesi americani in via di sviluppo
diffidano del trattamento nazionale che le industrie dellarea dovrebbero assumere insieme allobbligo di aprire agli acquisti governativi qualsiasi impresa nata nel

77

Internazionale

continente. Si tratta di clausole che


finirebbero per blindare le Americhe impedendo la presenza di
multinazionali del resto del mondo,
siano esse europee o giapponesi.
Come qualcuno ha fatto notare, si
tratterebbe di una sorta di aggiornamento della dottrina Monroe
economica: lAmerica agli americani,
ma a quasi duecento anni da quella
infausta teoria, non c un solo americano, del sud o del nord, che non
abbia capito lambiguit di quello
slogan la cui giusta lettura tutta la merica ai nordamericani.
Quale che siano i rischi che ne potrebbero derivare in futuro, la prospettiva di blindare i commerci continentali non sembra allordine del
giorno nellagenda di Bush, il quale, ancora fresco del no ricevuto a
Mar del Plata, si recato in visita ufficiale in Cina, il gigante economico
emergente che oltre ad essere in
possesso di una larga fetta del debito estero statunitense, e ad essere
il principale fornitore dei suoi supermercati, sta anche penetrando
nel subcontinente sullonda della
spregiudicata politica di sovranit
nazionale di Hugo Chvez, ma pure
delle urgenti necessit commerciali
di Fidel Castro, al quale offre anche
investimenti e aiuti nel settore del
nichel, del petrolio e del gas; oltre,
naturalmente, a mantenere i tradizionali commerci con i paesi americani del Pacifico.
La forza della politica commerciale
cinese sta nel cercare abilmente di
dribblare la supremazia nordamericana con l offerta di un multilateralismo che, attualmente, sembra
convenire a tutti.
La decisa posizione di Brasile e
Argentina nel Vertice di Mar del
Plata non stata meramente ideologica; si basava su accurati esercizi
di simulazione eseguiti dallIstituto
di Ricerca Economica Applicata del

78

Brasile e dal Centro Internazionale


del Ministero degli Esteri argentino. Attraverso questa simulazione
si trattava di stimare limpatto prodotto dallapplicazione di un trattato come lAlca in questi due paesi.
In Argentina, secondo i risultati ottenuti, le esportazioni verso gli Stati
Uniti crescerebbero di 457 milioni
di dollari allanno, ma i prodotti statunitensi importati in Argentina arriverebbero ai 710 milioni di dollari
per cui il saldo commerciale soffrirebbe una perdita di 253 milioni di
dollari lanno per il paese rioplatense. Per il Brasile, lAlca implicherebbe, secondo questa simulazione, un beneficio di 13 milioni di
dollari annuali mentre per gli Stati
Uniti di 762 milioni. Lesercizio ha
messo in rilievo anche le perdite che
soffrirebbe il commercio bilaterale
Argentina-Brasile. Per quel che riguarda uno strumento di efficace
pressione che gli Stati Uniti utilizzano utilmente, per esempio con il
Per,, il Sistema Generale di Preferenze, gli economisti del Cono Sud
ricordano che gli Stati Uniti concedono o rifiutano queste preferenze
a loro discrezione. Il decano dei
giornalisti argentini, Horacio Ve rbitsky, ha spiegato nei dettagli i risultati dellesercizio di simulazione
che ha consentito al presidente
Kirchner, per nulla digiuno in materie economiche, di affrontare
Bush e il suo staff di alto livello (dallambasciatore John Maisto, al sottosegretario al Commercio Carlos
Gutirrez, al ministro degli Esteri
Condoleezza Rice), tacitando il suo
stesso ministro Roberto Lavagna,
cos incline al compromesso da essere stato rimosso dal suo incarico
qualche giorno fa. I punti fermi del
Mercosur contro il trattato sono la
non rimozione dei sussidi agricoli
Usa, le differenze nella grandezza
delle economie e del livello di svi-

Novembre - Dicembre 2005

luppo dei paesi partecipanti e il fatto


che non si tenga conto delle necessit e delle sensibilit di tutti i soci.
Il pi battagliero e deciso avversario
dellAlca a Mar del Plata stato,
per, il Presidente del Venezuela
Hugo Chvez che ha partecipato da
acclamato protagonista anche al
Controvertice dei Popoli.
Nonostante la sbrigativa schiettezza
delle sue dichiarazioni, Chvez non
ha solo frecce demagogiche al suo
arco: il suo governo ha elaborato e
sta mettendo in pratica un piano di
integrazione interamericana diametralmente opposto allAlca. La
sua Alternativa Bolivariana per lAmerica Latina e i Caraibi (Alba)
una proposta di integrazione differente, che non risponde agli interessi del capitale transnazionale,
non persegue la liberalizzazione assoluta del commercio di beni, servizi e investimenti ma pone laccento sulla lotta contro la povert e
lesclusione sociale, esprimendo, in
tal modo, gli interessi dei popoli latinoamericani.
Alle dichiarazioni di intenti Chvez
fa seguire i fatti: ha avviato la creazione di una rete televisiva interamericana (Telesur), mette le riserve
energetiche del suo paese a disposizione di quanti ne abbiano bisogno,
stimola nuove politiche agricole, ambientali, educative, sanitarie e culturali e sfida larroganza imperiale di
Bush. Qualche settimana fa ha acquistato dalla Spagna 8 navi da pattugliamento e 12 aerei militari da trasporto; lira di Washington salita
alle stelle minacciando di bloccare la
vendita intervenendo sulle componenti nordamericane di quelle apparecchiature.
Chvez non ha perso loccasione per
sottolineare questaltro tentativo di
Bush di imporre il proprio volere al
resto del mondo. Altro che libero
commercio!

Novembre - Dicembre 2005

Lotta delle idee

Separare e contrapporre
un Che bravo a un
Fidel Castro cattivo
un aspetto non recentissimo
ma persistente
di questa campagna

Polemiche sul Che


o campagna contro
Cuba socialista?

di Sergio Cararo

I L C HE, F IDEL , C UBA , LU NIONE SOVIETICA , IL SOCIALISMO:


SI RIAPRA UNA DISCUSSIONE LIBERA E FRANCA ; UN PROCESSO
DI RICERCA VOLTO A RIDARE VIGORE AD UN PROGETTO POLITICO
E TEORICO COMUNISTA

a perfettamente ragione Orlando


Borrego, uno dei maggiori storici
del Che, quando sostiene che molte
polemiche sulle opere e le esperienze di Ernesto Che Guevara
siano in realt parte integrante della
campagna contro Cuba1.
Come noto, in America Latina, ma
anche nel nostro paese, in corso
lennesimo tentativo strumentale di
aggiungere alla consueta campagna
politico-mediatica contro la Rivoluzione Cubana nuovi argomenti
che meglio di altri possano disorientare, confondere, inibire le
persone che guardano a Cuba con
solidariet, amicizia o rispetto, cercando cos di cooptarle dentro la demonizzazione di una delle pi importanti e durature esperienze rivoluzionarie del nostro tempo.
Separare e contrapporre un Che
bravo a un Fidel Castro cattivo
un aspetto non recentissimo ma
persistente di questa campagna.
Jean Paul Sartre port questo schema al parossismo dicendo a Saverio
Tutino che secondo lui il Che era
stato ucciso come Ben Bella. Come
noto, invece, entrambi erano vivi,
anche se il primo impegnato in una
operazione coperta allestero e il secondo in carcere.

Che questa campagna sia condotta


da destra (vedi lultimo articolo di
Alvaro Vargas Llosa sul Corriere
della Sera in cui si accusa il Che e i
rivoluzionari cubani di essere stati
un gruppo di fucilatori) non desta
sorpresa, sia per la sua faziosa inconsistenza, sia per la sua stretta relazione con i finanziamenti distribuiti dalla NED statunitense2 e da
altre agenzie a uomini di penna,
veri o presunti tali, affinch partecipino attivamente alla demonizzazione di Cuba.
Ma che questa campagna trovi disponibilit e penne disponibili anche a sinistra, se non una novit,
un terreno su cui occorre imporre
elementi di verit storica ed a cui occorre contrapporre analisi rigorose
che non consentano a questi semi
di discordia di germogliare anche
nelle file della sinistra.

CONTINUIT TRA
F I D E L C A S T R O E C H E G U E VA R A
Il 18 novembre scorso, Fidel Castro
ha tenuto alluniversit dellAvana
un discorso particolarmente importante. In esso ha rilanciato loffensiva
politica e culturale contro quelli che

vengono definiti i nuovi ricchi ed


ha ripreso molti temi che furono al
centro della Campagna de rectificacin de errores del 1986.
Oggi come allora Fidel Castro, rilanciando in tutto il paese la battaglia delle idee ha sottolineato il
grande errore di coloro che hanno
creduto che con metodi capitalisti
si pu costruire il socialismo3. Nel
1986 Fidel Castro avvi la rectificacin attaccando direttamente alcuni nostri direttori di imprese che
si sono trasformati in impresari da
strapazzo, del tipo capitalista.
Gli stessi rischi e gli stessi problemi,
furono al centro della battaglia politica e culturale condotta nei primi
anni Sessanta da Ernesto Guevara,
detto El Che, Ministro dellIndustria della Rivoluzione Cubana.
Che Guevara sosteneva infatti diversamente dallURSS kruscioviana
che le imprese cubane dovevano
funzionare come un insieme e non
separatamente, con una destinazione comune e non differenziata,
sulla base di una economia centralizzata basata sul finanziamento
delle imprese tramite il bilancio
dello Stato e non sulla base del cosiddetto calcolo economico e dellautonomia delle imprese4.

79

Novembre - Dicembre 2005

Lotta delle idee

Anche a occhio nudo possibile vedere la continuit e la simbiosi tra il


pensiero del Che e quello di Fidel
Castro soprattutto sui passaggi pi
spinosi di tenuta e sviluppo di un sistema economico e sociale alternativo al capitalismo e ai rischi sempre presenti che anche nel socialismo vengano introdotti elementi
di capitalismo che ne travolgono
lessenza e le possibilit. La diversit
di Cuba e la sua tenuta rispetto al
crollo e alla dissoluzione del socialismo reale in Europa, sta anche in
questa continuit di linea strategica
tesa a mantenere vivo il carattere socialista del processo rivoluzionario,
prevedendo e gestendo dunque la
prosecuzione della lotta di classe
allinterno della societ anche dopo
la presa del potere.
Pochi si sono domandati perch
quasi ogni venti anni a Cuba si apra
loffensiva contro i nuovi ricchi o
i settori sociali che si fanno prendere la mano dai parametri o dagli
stili di vita del capitalismo.
Siamo dunque in presenza di fattori
rilevanti e ripetuti di vitalit e di
lotta politica dentro un sistema tuttaltro che immobile o stagnante. Ci
saranno infatti sempre settori sociali (e tendenzialmente una loro
rappresentanza politica dentro il
partito al potere o tramite la richiesta di nuovi partiti) che tenderanno a differenziare i propri interessi individuali da quelli generali
del paese o meglio, gli interessi sociali nel loro complesso.
Lo stesso problema si pose nell
Unione Sovietica nellepoca di Stalin. Dopo poco pi di un decennio
dal sanguinoso scontro e leliminazione di Bucharin e le sue tesi, Stalin
si trov di fronte agli stessi problemi
e alle stesse spinte che lo portarono
nei primi anni 50 ad aprire lo scontro con gli economisti5 . Lesito di
quello scontro anche a seguito
della morte e in parte dellisolamento di Stalin nel comitato centrale del PCUS - fu la liquidazione
delle sue posizioni e lavvento al potere di Krusciov che fece proprie le
tesi sul calcolo economico, lautonomia delle imprese e lintrodu-

80

zione di meccanismi di mercato nel


sistema economico sovietico.
Dunque lURSS con cui il Che, Fidel
Castro e la Rivoluzione Cubana dovettero fare i conti in negativo o in
positivo - era una Unione Sovietica
gi destalinizzata e in forte discontinuit con il periodo sovietico
precedente.

LE

POLEMICHE SUL

CHE

SBAGLIANO BERSAGLIO

Di tutti questi elementi (vitalit e


continuit del dibattito a Cuba sul
socialismo anche dopo la morte del
Che, la presenza e la ricomparsa
delle contraddizioni e del conflitto
di classe anche dentro societ socialiste consolidate, diversit dei
parametri strategici del modello sovietico esistente prima e dopo la
Rivoluzione Cubana del 1959) sono
tutti elementi decisivi di riflessione,
analisi, indagine che sono del tutto
assenti dalla lunga elaborazione di
Antonio Moscato sulle pagine di
Liberazione dedicate al Che sconosciuto e al suo contributo alla lotta
per il socialismo. Non si tratta di un
dettaglio.
Commentando il discorso di un suo
compagno, Mao Tse Tung disse che
il compagno aveva detto dieci cose:
nove giuste e una sbagliataquella
fondamentale.
Leggendo i saggi di Moscato usciti
in pi puntate su Liberazione (quindi con una possibilit ampia, esclusiva e negata a moltissimi di poter
trattare in modo approfondito le
cose), fortissima la tentazione di
essere assai meno indulgenti del timoniere. In quegli articoli ci sono
anche cose interessanti ma sono le
illazioni e le conclusioni soggettive
a compromettere un lavoro che per
alcuni aspetti segnala questioni importanti della costruzione e delle
esperienze di edificazione reale del
socialismo a Cuba e nel resto del
mondo.
Affermare che sono state tenuti segreti per 28 anni gli scritti del Che
Guevara sulla spedizione in Congo
non vero. Ne parlava gi diffusa-

mente Fidel Castro nellintervista a


Gianni Min a met degli anni Ottanta e tutta la parte relativa allelaborazione politica (e non i dettagli
operativi di una missione politicamente delicata) era gi disponibile
a Cuba attraverso i Siete tomos curati da Orlando Borrego.
Non si pu dire che sono introvabili
le annate del Granma della seconda met degli anni Sessanta (di
cui ricordiamo che il primo numero
uscito nel 1965) come se fossero
state occultate perch contenevano
un dibattito vivace. E a cosa servono
le illazioni per dire che tra il premio
Casa de las Americas consegnato
al libro di William Galvez e la sua pubblicazione passano due anni? E come
si fa a omettere che alla Tr i c o ntinental gi nel 1965 era venuta a
mancare di personalit decisive come Ben Barka e Sukarno uccisi dalle
potenze imperialiste e che rendevano quella esperienza eccezionale
una esperienza ormai indebolita?
Quei passaggi polemici infilati qui e
l insieme a tante illazioni gratuite,
si rivelano funzionali solo a confermare uno schema desueto e smentito dai fatti (vedi lintervista a Borrego gi richiamata) secondo cui:
Il Che era un bravo rivoluzionario
e Fidel Castro lo ha tradito; il Che
voleva differenziare il sistema economico socialista cubano da quello
sovietico mentre Fidel Castro port
Cuba ad adeguarvisi totalmente; il
Che aveva le idee chiare sulla rivoluzione mondiale mentre Fidel vi
aveva rinunciato per chiudersi nella
difesa di Cuba tout court. C infine un non detto che conforma
tutta la linea degli articoli di Moscato e cio che in fondo in fondo
Il Che era anche lui un trotskista
e che per questo fu abbandonato
alla sua sorte.
Su questo potremmo fornire a Moscato anche qualche notizia in pi
come quella che nello zaino del Che
in Bolivia cera anche il testo di
Trotski, ma cercare di piegare il
tutto ad uno schema ideologico distorsivo, ad una sorta di vendetta postuma contro lURSS e preventiva
contro una Cuba che smentisce

Novembre - Dicembre 2005

ogni giorno le tesi di Antonio


Moscato, una operazione che non
pu passare inosservata e sotto silenzio.
METTIAMO

LE COSE

AL LORO POSTO

Nel primo dei suoi articoli, Moscato


rammenta e rimprovera laspra discussione avvenuta alla libreria
Feltrinelli di Roma in occasione del
pessimo numero monografico di
Limes dedicato a Cuba6 e accusa i
compagni che contestarono Limes
di essere dei bigotti. Moscato anche in questo omette alcuni dettagli:
1)La contestazione era diretta a
Limes e non ad personam verso Moscato che pure si era prestato consapevolmente o meno ad una pessima
operazione politica ed editoriale.
2)Gli interventi critici verso Moscato avevano posto problemi e domande concrete sul fatto che Cuba
veniva criticata a prescindere dalle
sue scelte concrete, perch era filosovietica se adottava leconomia pianificata e diventava filocapitalista se
apriva agli investimenti esteri.
3)Infine, ma non per importanza,
Moscato prima o poi dovrebbe spiegare se esiste un paese al mondo che
almeno nellultimo secolo abbia
sperimentato concretamente un

Lotta delle idee

modello corrispondente alle sue


tesi e non sia incorso negli errori in
cui incorrono i processi reali. Fino
ad oggi non si andati oltre il bilancio partecipativo di Porto Alegre (di cui nessuno parla pi) o la
partecipazione al governo di Lula in
Brasile. Un po poco per avanzare
critiche rivoluzionarie a Cuba o a
qualsiasi altro paese socialista.

2 La NED (National Endowment for

Resta comunque il problema che il


dibattito e lapprofondimento sulle
esperienze storiche e vigenti del socialismo, sui loro problemi irrisolti
e sulle loro sconfitte, necessita di essere affrontato ora, subito, adesso.
Era questa una delle tante aspettative disattese di un movimento e di
un partito che nascevano con lauspicio di avviare una rifondazione
comunista e che invece rischia di
gettare il bambino insieme allacqua sporca. Se le reazioni agli articoli di Luigi Moscato serviranno ad
avviare questo dibattito, questi
avranno avuto almeno una loro utilit7.

sto integrale del discorso di Fidel Castro .


Alcuni stralci sono reperibili sul sito www.ra diocittaperta.it

Note

7 Segnalo, in tal senso, il saggio certamente

1 Vedi lintervista a Orlando Borrego, a cura

di Mario Baldassarri su Contro p i a n o


nr.4/2005

Democracy) una fondazione del Congre s s o


USA finanziata dalla CIA per la promozione
dellingerenza nei vari paesi del mondo. A tale
scopo finanzia pubblicamente giornali, giorna listi o campagna funzionali agli interessi della
politica estera USA. Tra i beneficiari del NED ci
sono- tra gli altri - i Reporter Sans Frontieres e i
radicali italiani da sempre impegnati nelle cam pagne contro Cuba.
3 Al momento non ancora disponibile il te -

4 Il dibattito avvenuto soprattutto sulle pa -

gine della rivista Nuestra Industria


Economica nella prima met degli anni
Sessanta.
5 Si tratta del dibattito che port alla pubbli -

cazione dei Problemi economici del sociali smo da parte di Stalin e ad un durissimo
scontro anche dentro il XIX Congresso del
PCUS nel 1951.
6E impressionante come anche una rivista

autorevole come Limes, che ha fatto numeri


importanti e documentati su molte realt in ternazionali (dai Balcani al Medio Oriente),
riesca poi a dare il peggio di s quando parla
di Cuba

ruvido ma ottimamente documentato di


Adriana Chiaia (Polemiche sul Che.
Lobiettivo Cuba) disponibile al momento
su Internet.

81

Lotta delle idee

Novembre - Dicembre 2005

Secondo Geymonat un intellettuale


ha sempre il dovere di farsi strumento
ed intelligenza degli sfruttati,
onde incrementare, con coraggio
e coerenza, un processo
di trasformazione del mondo esistente,
delle sue contraddizioni
e dei suoi stessi crimini

La crisi di cultura
e il pensiero di
Ludovico Geymonat

di Fabio Minazzi
Ordinario di Filosofia teoretica
Universit degli Studi di Lecce

SULL'ATTUALIT FILOSOFICO-CIVILE DEL GRANDE INTERPRETE ITALIANO


DEL MATERIALISMO DIALETTICO

Poich il centro della cultura proprio questo: verit, ma verit relativa, verit approfondibile, verit
modificabile, verit che porta anche
alla contraddizione, verit che non
si basa soltanto sopra la ragione (la
razionalit nel vecchio senso del
termine per intenderci), ma fa
riferimento ad una razionalit pi
ampia e flessibile (donde lesigenza
di ampliare e di dilatare il concetto
stesso di razionalit). Cos affermava Ludovico Geymonat, in una
sua relazione dapertura del congresso internazionale di Varese, dellottobre 1985, dedicato a La rina scita della filosofia della scienza e della
storia della scienza in Italia dagli anni
Trenta ad oggi.
1. G E Y M O N AT
E IL TEMPO PRESENTE

Molti anni ci separano non solo da


questo suo intervento, nonch, oramai, anche dalla sua scomparsa, avvenuta nei pressi di Milano, nel novembre del 1991. Come sempre accade i decenni nel loro scorrere
creano un rapporto complesso col
passato e anche un filtro. Il passato
richiede, infatti, di operare un ripensamento complessivo di quel
tempo, tenendo presente la nuova
stagione che si vive, i suoi problemi
e le sue urgenze. Il rapporto con il
nostro passato, anche con quello
pi recente, costituisce sempre un

82

rapporto multifocale, non mai univoco, nella cui ridefinizione possiamo (e dobbiamo) rimetterci in
gioco. Tra la contemporaneit e il
passato esistono molteplici permanenze e vari distacchi, rapporti di vicinanza e, persino, di una certa congruit, ma anche rapporti di diversit e di notevole distanza. Conti nuit e discontinuit si intrecciano
sempre in modo dialettico e problematico. Non solo: in questo quadro anche la continuit, di per s,
non sempre e unicamente positiva, come, al contrario, anche la differenza/estraneit non sempre, di
per s, meramente negativa. Semmai
positivit e negativit dipendono, a
loro volta, da molti altri fattori, alcuni dei quali, inevitabilmente, si intrecciano proprio con il particolare
punto di vista di chi opera questa sua
rilettura del passato.
Ma anche vero che il tempo passato rischia di gettare un velo doblio sul tempo sempre pi distante
dal nostro presente, il quale urge e
tiranneggia con tutte le sue miopie
e i suoi molteplici diktat. Non per
nulla, anche proposito dellopera
intellettuale e civile di Geymonat,
persino nello stessa Rifondazione, vi
sono molti che non ricordano - o,
addirittura, non sanno neppure che proprio questo filosofo fu, con
alcuni pochi altri intellettuali e militanti, tra i primi promotori di
Rifondazione, cui partecip con no-

tevole convinzione. La diffusa rimozione di questa partecipazione


di Geymonat alla nascita di Rifondazione (non ricordata in modo significativo neppure in studi sistematici e pure assi documentati come quello, ancora recente, di Simone Bertolino, Rifondazione comuni sta. Storia e organizzazione, il Mulino,
Bologna 2004) costituisce gi, di per
s, un elemento di un certo interesse
il quale non ci parla solo del passato
(e, in particolare dei rapporti specifici che questo filosofo svilupp
con Rifondazione e con la sua storia), ma anche, naturalmente, del
nostro stesso presente, delle sue amnesie, dei suoi crampi mentali, dei
suoi silenzi, che risultano essere altrettanto indicativi e significativi dei
suoi programmi attuali, dei suoi de siderata e della sua stessa attivit politica quotidiana, nonch anche per dirla con Rossana Rossanda (cfr.
I n d i e t ro tutta, il manifesto,
20.XI.2005) - di una complessiva
crisi di cultura della sinistra italiana che delinea una vera e propria
crisi di ignoranza.
2. L AT T U A L I T F I L O S O F I C A
D I G E Y M O N AT
Tuttavia, proprio il passo citato in
apertura del presente scritto, attesta
unattualit innegabile della riflessione filosofica di Geymonat. Il dibattito culturale e politico contem-

Novembre - Dicembre 2005

poraneo, che ha investito, con forza


devastante anche la stessa conclamata e assai diffusa crisi di ignoranza della sinistra italiana, ha infatti insistito su un corno problematico fuorviante. Da un lato, partendo da interventi come quello
pubblicato da Marcello Pera e Joseph Ratzinger, Senza radici. Europa,
relativismo, cristianesimo, islam
(Mondadori, Milano 2004) ha avanzato una critica del relativismo della
cultura contemporanea: un tema
sul quale successivamente Benedetto XVI ritornato pi volte condannando tutta una serie di elementi strettamente intrecciati con la
modernit del pensiero umano,
contro i quali ha rivendicato non
solo la validit della sintesi filosofica
tomistica, ma anche il valore, a suo
dire assoluto e intrascendibile, di alcune verit di cui la Chiesa cattolica
sarebbe la detentrice esclusiva. Di
contro non sono mancate altre voci
(per esempio quella di un ex-allievo,
transfuga, di Geymonat, Giulio
Giorello, Di nessuna chiesa. La libert
del laico, Cortina Editore, Milano
2005) che hanno invece difeso il relativismo culturale contestato dai
primi, difendendo una visione congetturalista e fallibilista.
Ebbene, proprio contro questo duplice, ma assai unilaterale, corno del
problema la citazione di Geymonat
ci aiuta invece, nuovamente, a comprendere come la questione sia assai pi complessa e intricata, tale da
non poter essere sciolta con questo
o quello slogan ad effetto. Perch?
Perch per Geymonat il cuore della
cultura si radica proprio nel riconoscimento dellesistenza di una verit
re l a t i v a. Ma, si potrebbe obiettare,
una verit relativa non costituisce
forse una contraddizione in termini? Come pu una verit essere,
al contempo, vera e pure modificabile? Secondo Geymonat proprio una seria e attenta disamina
della storia della conoscenza umana
ci deve invece indurre ad abbandonare il vecchio concetto (teologico)
della verit assoluta (assoluta in
quanto eterna, intrascendibile e immodificabile, pensata, appunto, se-

Lotta delle idee

condo i tradizionali attributi riservati esclusivamente alla divinit) per


sostituirlo con una nuova immagine, pi complessa ed articolata,
del sapere umano. Quando infatti si
afferma lesistenza della verit relativa si ha il coraggio culturale di
riconoscere che le conoscenze elaborate dalluomo non costituiscono
mai locchio di dio sul mondo, ma
sono, invece, locchio delluomo
sul mondo. Ma locchio umano
sempre un occhio flebile, miope,
parziale, fallibile, sempre doveroso
di continue rettificazioni. In altri parole con laffermazione della verit
relativa Geymonat ci ricorda come
la nostra conoscenza sia sempre intrinsecamente storica. Ma, come si
sa, ci che nasce con la storia se ne
va anche con la storia. Le nostre conoscenze non sono mai conoscenze
eterne: valgono per noi uomini e
avranno un significato finch esister luomo, ma non ci aprono affatto la porta per un mitico mondo
platonico iperuraneo, eterno ed immodificabile.
Daltra parte per Geymonat il
franco riconoscimento di questa relativit storica delle nostre conoscenze non deve neppure comportare alcun scetticismo, alcun fallibilismo e alcun convenzionalismo
congetturalista ( la Senofane o la
Popper, per intenderci). Perch?
Per il motivo che se le nostre conoscenze sono certamente verit storiche, questo non vuol affatto dire
che esse siano assimilabili a non-verit, a mere ipotesi, a congetture
prive di oggettivit cognitiva. La loro
storicit non entra affatto in contraddizione con la loro effettiva portata conoscitiva. Semmai la loro verit coincide con la loro stessa oggettivit, vale a dire con la loro capacit di farci conoscere aspetti parziali e sempre approfondibile del
mondo reale. Non per nulla
Geymonat ha insistito sul carattere
pienamente conoscitivo - oggettivo delle nostre conoscenze, pur senza
mai trascurare il loro carattere relativo, sempre approfondibile e sempre migliorabile. Non per nulla
Geymonat ha insistito su questo du-

plice carattere della conoscenza


umana anche in una delle sue opere
pi importanti ed emblematihe, la
monumentale Storia del pensiero filo sofico e scientifico, edita in sette volumi
da Garzanti, a Milano, tra il 1970 e
il 1976. Nel capitolo teorico che corona e conclude questa grande disamina della storia del pensiero
umano, Geymonat ha infatti illustrato le ragioni della sua adesione
critica alla tradizione del materialismo dialettico rilevando quanto segue: osserveremo infine che non
esiste oggi, a nostro parere, una seria alternativa al materialismo dialettico, perch nessunaltra filosofia
finora riuscita a conciliare con altrettanta chiarezza il riconoscimento del carattere essenzialmente
relativo di tutti i ritrovati scientifici
(in via di ininterrotta elaborazione
e correzione) con il simultaneo riconoscimento - non meno fondamentale - del carattere obiettivo del
grandioso patrimonio di conoscenze da essi a grado a grado costruito.
3. V E R I T

R E L AT I VA

E OGGETTIVIT STORICA
DELLA CONOSCENZA

Successivamente, nella sua opera


pi emblematica e teoreticamente
pi limpida, che Geymonat ha pubblicato nella seconda met degli
anni Settanta, Scienza e re a l i s m o
(Feltrinelli, Milano 1977, poi riedita, in una seconda edizione riveduta e ampliata, nel 1982, successivamente tradotta in tedesco, spagnolo e, parzialmente, in russo)
Geymonat ha articolato la sua riflessione filosofica basandosi su due
punti principali: 1) le scienze ci forniscono una effettiva conoscenza
della realt, pur non facendoci conseguire delle verit assolute ma soltanto relative; 2) luomo ha sempre
mirato a costruirsi una concezione
generale (filosofica) del mondo la
quale , essa pure, solo relativamente vera, e oggi va continuamente corretta e perfezionata in
base ai risultati pi recenti delle conoscenze scientifiche.

83

Novembre - Dicembre 2005

Lotta delle idee

Sono proprio queste due considerazioni che inducono Geymonat a sviluppare una disamina assai articolata non solo del complessivo patrimonio tecnico-scientifico dellumanit, ma anche a tener presente il
ruolo, la funzione e lincidenza della
storia della scienza (e della tecnica)
entro il cambiamento concettuale
sempre attuato nel divenire incessante della conoscenza umana. Non
solo: questa visione plastica ed articolata del sapere umano e della sua
storia basata su progressivi approfondimenti critici lo ha anche indotto a ripensare seriamente la dialettica esistente tra le singole teorie
scientifiche e il patrimonio conoscitivo dellumanit. Ma questa disamina stata poi svolta da Geymonat
riconoscendo il ruolo fondamenta e
irrinunciabile che la stessa dimensione della tecnologia svolge sia nellambito della ricerca scientifica, sia
nellambito del mondo della prassi.
Col risultato che questa sua visione
panoramica e problematica del sapere scientifico lo ha indotto anche
a ridefinire la stessa immagine della
razionalit, avvertendo lesigenza di
dilatarla, utilizzando, in modo intelligente, la stessa nozione della dia lettica marxista. Inoltre, questo recupero del ruolo euristico della dialettica nellambito della nostra immagine filosofica del sapere scientifico lo ha spinto a tenere nel debito
conto anche le contraddizioni storico-economico-sociali che sempre
hanno permeato la storia umana fin
dalle sue pi remote antichit.
Prendendo le mosse da questa assai
complessa base epistemologica e filosofica Geymonat ha cos delineato
una nuova visione dialettica e materialistica della conoscenza della
realt grazie alla quale non solo ha
rinnovato la sua percezione critica
del marxismo - ponendo al centro di
questa tradizione di pensiero e di
azione il problema della natura, il
materialismo e il ruolo che la scienza
e la tecnica possono svolgere anche
nel quadro di un articolato processo
politico di emancipazione sociale ma ha anche ripensato i rapporti che
si instaurano nel quadro della societ civile tra le singole teorie giu84

ridiche e i vasti movimenti - di ribellione, di lotta e rivoluzionari - che si


realizzano nelle pi diverse situazioni concrete in cui luomo si trova
sempre a dover agire, pensare ed
operare.
In definitiva proprio questa articolata percezione critica, marxista e
materialista, della non-neutralit
pratica della scienza ha indotto
Geymonat a rilevare quanto segue:
se la scienza ci portasse a una conoscenza assoluta della realt noi potremmo sostenere che essa in un
certo senso neutrale, perch le verit
che ci procura - in quanto assolute non dipenderebbero in alcun modo
dal soggetto che conosce, n dalle
condizioni sociali in cui egli opera,
n dalle categorie logiche o dagli
strumenti osservativi usati per conoscere. Se viceversa, nelle scienze []
non fosse presente il secondo fattore
di cui abbiamo test parlato [la visione generale del mondo, ndr.] le
scienze e la filosofia risulterebbero
delle costruzioni puramente soggettive: costruzioni senza dubbio non
neutrali, perch dipendenti per intero dalluomo che compie le ricerche scientifiche e dalle condizioni
sociali in cui egli opera, ma in ultima
istanza non neutrali solo in quanto
arbitrarie. La soluzione delineata
da Geymonat evita, dunque, proprio
questi due pericoli metafisici dellas solutezza e della r b i t r a r i e t , cui invece
indulgono, in ultima analisi, le due
polarit unilaterali e dogmatiche
che contraddistinguono la miopia
complessiva del dibattito contemporaneo.
4. I M P O RTA N Z A

DELLA

LEZIONE CIVILE DELLA


FILOSOFIA DI

G E Y M O N AT

Naturalmente, come sempre accade, anche la prospettiva di Geymonat, per la sua stessa articolazione problematica complessiva,
non esente da molti aspetti che
possono e devono essere discussi,
criticati e ripensati. Personalmente
ho cercato di sviluppare questi rilievi
critici e questo possibile ripensamento complessivo della sua opera
filosofica e intellettuale in due miei

recenti volumi, espressamente dedicati al pensiero di Geymonat e alla


sua vita (La passione della ragione,
Universit della Svizzera italiana,
Mendrisio 2001 e Contestare e creare,
La Citt del Sole, Napoli 2004). Ma
oramai sono anche apparsi gli atti di
due diversi convegni, espressamente consacrati allo studio dellopera di Geymonat (Filosofia, scienza e
vita civile nel pensiero di Ludovico
Geymonat, La Citt del Sole, Napoli
2003) e Il pensiero unitario di Ludovico
Geymonat (Edizioni Nuova Cultura,
Teramo 2004), unitamente a molti
altri scritti, volumi, articoli e note
che configurano, oramai, una bibliografia sempre pi ampia e puntuale. In tal modo lopera di
Geymonat sempre pi oggetto di
uno studio analitico e puntuale che
ne scava le molteplici movenze, gli
influssi, i debiti culturali, le aporie,
i punti di forza come anche le intrinseche debolezze. In questo
modo lopera e il pensiero di
Geymonat, proprio nella misura in
cui si allontana dalla nostra contemporaneit per il tempo che
passa, tuttavia fatto oggetto di uno
studio storico-critico sempre pi approfondito e serio cui occorre rinviare le persone interessate a studiare la sua filosofia.
Tuttavia a mio avviso non va poi dimenticato il ruolo e lo specifico stile
civile che ha sempre contraddistinto
questo intellettuale in tutte le sue diverse fasi di sviluppo del suo pensiero. In questa sede basti richiamare il coerente e indomito antifascismo che ha sempre contraddistinto la vita di Geymonat. Nato a
Torino nel 1908, Geymonat si formato durante il consolidamento
della dittatura fascista cui ha sempre
opposto un deciso antifascismo. Nel
leggere questi rilievi non si pensi che
il suo antifascismo sia assimilabile a
quello di molti altri antifascisti.
Poich Geymonat si formato a
Torino basterebbe tener presente la
parallela biografia di un intellettuale antifascista come quella di
Norberto Bobbio per cogliere tutta
la differenza e la novit dello stile civile, morale ed intellettuale del nostro epistemologo. Bobbio, infatti,

Novembre - Dicembre 2005

come molti altri antifascisti, prima


di approdare allantifascismo fu regolarmente iscritto al partito fascista e rivendic (come ha dovuto riconoscere nella sua bella A u t o biografia, a cura di Alberto Papuzzi,
edita da Laterza, nel 1997) anche un
suo ruolo fascista allinterno delle
fila di questo partito. Al cotnrario
Geymonat rifiut sempre e costantemente di iscriversi al partito fascista. Proprio a causa di questo suo coerente antifascismo Geymonat sub
una serie impressionante di molteplici vessazioni. Per esempio, dopo
essersi laureato in filosofia e in matematica vinse tutti i concorsi pubblici per insegnare nei licei statali,
ma non gli fu comunque attribuita
alcuna cattedra, perch non risultava iscritto al partito fascista. Per lo
stesso motivo fu allontanato dalluniversit dove svolgeva allora attivit
di assistente volontario. Gli fu anche
impedito di partecipare ai concorsi
universitari perch nelle domande quelle stesse che nei medesimi anni
predisponeva anche Bobbio - non
poteva mai indicare il numero della
propria tessara di iscrizione al partito fascista. Senza queste indicazioni le domande erano semplicemente rinviate al mittente. Per vivere Geymonat, insieme a Cesare
Pavese, and allora ad insegnare in
una scuola privata di Torino, ma,
ben presto, fu espulso anche da questa realt perch ad un certo momento per lavorare negli istituti privati fu nuovamente richiesta liscrizione al partito fascista. Iniz allora
a vivere di traduzioni, dando numerose lezioni private, ritirandosi, infine, in un piccolo paese ai piedi del
Monviso, Barge. Successivamente
entr direttamente tra le file del movimento partigiano essendo uno dei
promotori della 105 a B r i g a t a
Garibaldi Carlo Pisacane, una tra
le prime brigate partigiane costituitasi nel Piemonte. Fu poi combattente attivo di questa brigata, partecipando alla dura vita di montagna
e anche ad alcuni scontri armati per
poi scendere clandestinamente a
Torino e organzzare la sua liberazione, occupandosi di un coraggioso giornale clandestino come Il

Lotta delle idee

Grido di Spartaco (nonch dell


Unit, edizione piemontese, dopo la Liberazione).
Non ora il caso di proseguire nel
delineare analiticamente limpegno
del suo antifascismo e la coerenza
morale della sua opposizione alla dittatura di Mussolini. Ma va ricordato
come nella sua intransigenza e coerenza etico-civile Geymonat fu uno
dei pochissimi intellettuali - come
noto si contano veramente sulle dita
di una mano - che nel nostro Paese
non si piegarono mai alla dittatura.
In questa sua opposizione fu certamente guidato anche da uno spirito
indomito come quello del suo maestro delezione, Piero Martinetti, lunico filosofo tra i dodici eroici professori universitari che rifiutarono di
giurare fedelt al fascismo nel 1931
(e che per questo motivo furono immediatamente licenziati).
Pi in generale Geymonat nella sua
strenua lotta contro il moderatismo
(culturale e civile), ha sempre avvertito, con estrema precisione, la re sponsabilit civile dellintellettuale. A
suo avviso lintellettuale, proprio utilizzando i privilegi che gli conseguono dal suo stato sociale e dalla
sua cultura, ha infatti il dovere civile
di farsi voce ed interprete della coscienza critica di una nazione e di un
popolo. Lintellettuale deve pertanto sviluppare la sua riflessione filosofica come una critica razionale del
pre s e n t e. Oggi, invece, vi sono intellettuali ed esponenti politici i quali,
con le loro stesse dichiarazioni pubbliche non contribiscono affatto ad
approfondire e sviluppare criticamente la cultura storica della sinistra. Si pensi, per esempio, ad un
Massimo Cacciari che ha definito il
pontefice quale massima autorit
morale del nostro tempo, oppure ad
un nostro dipendente ( la Grillo)
come Amato che ha riconosciuto alla
chiesa un alto magistero, quale modello di tolleranza [s i c !] oppure, ancora, a un politico come Bertinotti
che ha fatto addirittura sapere di sviluppare un suo problema specifico
interiore con la divinit, etc. In contrasto con questi buoni modelli negativi Geymonat ha invece sempre
dichiarato pubblicamente il proprio

ateismo e ha sempre ritenuto suo dovere primario quello di farsi voce ed


intelligenza critica di coloro i quali
subiscono, a vario titolo, lo sfruttamento, le ingiustizie e tutte le contraddizioni di un mondo cpontemporaneo diventato sempre pi cinico, unilaterale, violento e dichiaratamente criminale.
Personalmente ricordo come uno
dei suoi scritti pi incisivi, il Dialogo
sulla libert, pubblicato da Belfagor nel gennaio 1987 e poi riedito
in appendice al suo fortunato volume La libert (Rusconi, Milano
1988), nacque proprio da una sua
tempestiva riflessione critica e da
una sua coraggiosa denuncia pubblica di un pestaggio di detenuti del
carcere di San Vittore di Milano che
allora, con un loro specifico movimento di lotta, rivendicavano, da
dietro le sbarre, il loro diritto alla riconquista dellaffettivit. Ebbene, il
profondo sdegno morale per questo
pestaggio perpetrato a sangue
freddo contro i detenuti, indusse
tempestivamente Geymonat a denunciarlo apertamente e a voler
prendere pubblica posizione contro
di esso, perch a suo avviso un intellettuale non poteva tacere. E non
poteva perch a suo avviso un intellettuale degno di questo nome non
pu e non deve mai rinchiudersi
nella torre eburnea della sua privilegiata specializzazione, dimenticandosi delle voci di chi soffre e si
affatica quotidianamente per vivere.
Al contrario, secondo Geymonat un
intellettuale ha sempre il dovere di
farsi strumento ed intelligenza degli
sfruttati, onde incrementare, con
coraggio e coerenza, un processo di
trasformazione del mondo esistente, delle sue contraddizioni e
dei suoi stessi crimini. Senza peraltro mai indulgere ad alcun moderatismo che a suo avviso costituiva la
vera tabe mortale della tradizione
civile, culturale ed etica italiana. Per
questa ragione di fondo, anche se
Geymonat riconosceva, francamente, tutte le sconfitte da lui subite nel corso del suo impegno politico, amava tuttavia aggiungere di
considerarsi uno sconfitto che lotta
sempre.
85

Cultura

Novembre - Dicembre 2005

Credendo che la funzione della critica


letteraria non sia solo quella
di presentare lultimo libro sul mercato,
lernesto, con questa recensione de
Il comunista, intende contribuire
alla conoscenza di un autore
e di unopera emarginati dal mercato
ma di grande e permanente valore

Il comunista

a cura di Valeria Magnani

NEL

GUIDO MORSELLI, SCRITTO NEGLI ANNI 60


E PUBBLICATO DALL ADELPHI DOPO IL SUICIDIO DELLAUTORE,
LA STORIA DI UN OPERAIO-INTELLETTUALE DEL PCI CHE INIZIA A PORSI
ROMANZO DI

QUESTIONI POLITICHE QUALI IL PROCESSO DI BUROCRATIZZAZIONE


DEL PROPRIO PARTITO E PROBLEMI DI NATURA TEORICA QUALI
LA NATURA DEL LAVORO UMANO

Guido Morselli, nato a Bologna il 15


agosto 1912 e morto suicida il 30 luglio
del 1973, forse uno dei pi importanti
e insieme sconosciuti scrittori ita liani del 900. Segnato da una vita so litaria e difficile, Morselli scrive quasi
tutti i suoi grandi ro m a n z i ( U n
dramma borghese, Il comunista,
Roma senza papa, Contropassatoprossimo, Divertimento 1889) negli
anni sessanta. Questopera, scono sciuta al pubblico sino al gesto estremo
dellautore, stata pubblicata postuma
dalla casa editrice Adelphi. Misteriosi
rimangono i motivi per cui la societ
letteraria italiana abbia sempre giu dicato con sospetto e diffidenza il lavoro
letterario (e saggistico) di Morselli,
tanto da impedirne la pubblicazione.
Un pregiudizio cos da forte da far scri vere a Giuseppe Pontiggia: Morselli
diventato una proiezione esemp l a re dello scrittore postumo, respinto in vita dallincomprensione
dei giudici.
Credendo che la funzione della critica
letteraria non sia solo quella di pre sentare lultimo libro sul mercato, lernesto, con questa recensione de Il comunista, intende contribuire alla co noscenza di un autore e di unopera
emarginati dal mercato ma di grande
e permanente valore.
(F.G.)

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Walter Ferranini un ceppo di vecchio ulivo nodoso; i suoi cerchi concentrici sono intagliati nella materia organica di unintima solitudine, anche se assorbita dal brulichio di luoghi vocianti, dagli aspetti
umani capricciosi e, talvolta, raccapriccianti. La pasta quella di una
personale schiettezza estetica, si affabula con un significato pi fantasioso del termine ingenuo: ossia nato
libero. Se da un punto di vista strettamente etimologico questa parola
affonda le radici in una condizione
pratica di libert storica, in senso
lato mi piace immaginare uningenuit che cammina sul versante positivo della libert umana di pensiero. Tra i travagli di una cultura sociale in trasformazione, Walter rappresenta proprio questo nocciolo di
ingenuit; e offre a Guido Morselli,
cos come altri personaggi dei suoi
romanzi, loccasione per restituire
alla natura la sua propria responsabilit cosmica, lo stato che compenetra luomo naturalmente.
Questo approccio gi a suo modo
una reazione culturale di spessore:
fra tanta letteratura antropocentrica, di fattura tipicamente occidentale, che costringe alla personificazione agglomerati celesti e corpi

di nebulose, questo vecchio ulivo


compie il percorso inverso in modo
epidermico e senza mediazioni.
lui infatti a subire, e nutrirsi, delle
bizzarre estemporaneit della potenza generatrice, a vivere vegetalmente il proprio ritmo di ente minimo e ad accettarlo in s come conseguenza al semplice fatto di essere;
tende i rami agli strapazzi degli elementi, interra le radici a succhiare
un cibo qualunque, purch sia la
terra a offrirlo. Questo il protagonista de Il Comunista, romanzo postumo come gli altri di Morselli, un
uomo che incarna il postulato
ideale dellingenuit. una mente
libera e vorrebbe essere anche un
comunista libero, per lasciare scorrere i rivoli del pensiero intelligente, lasciarli tracimare gli argini
dellortodossia precostituita, immetterli nel circolo virtuoso di un
dibattito sincero. Per certi animali
di razza il pensiero vita; ma spesso
precorrono i tempi e il costo dellanticipo di correre da soli.
un remoto 58 tra le quinte di un
partito comunista che serra le fila
dellorganizzazione, il teatro
quello della capitalizzazione a raffica del valore lavoro cos come del
valore uomo, del valore donna. Se

Novembre - Dicembre 2005

negli anni 20 era toccato ai socialisti, oggi il suo turno a sperimentare la tentazione a doppia lama del
riformismo, graduale ma che si insinua di taglio, mentre i massimalisti pi intransigenti si muovono alla
ribellione tanto verso il processo di
imborghesimento della gerarchia,
quanto verso lappiattimento del
polso sociale delle masse.
Il protagonista vede invece, vuole
vedere, alla luce del marxismo, ogni
gesto della vita di relazione: lidealit di un comunismo davvero applicato confluisce nellinterazione
politica e sociale della sua vita, ma
anche in quella intima e privata, nel
rapporto con una donna e in quello
con gli amici. La marxizzazione
del reale per Walter uno stile di
vita inciso nei sedimenti di ogni sua
esperienza psicologica. Sgorga in
lui spontanea, quindi, la contrapposizione viscerale verso la sinistra
appannaggio degli specialisti eruditi, che hanno al problema un approccio parziale, estraneo alla complessit di tutto quel dentro se
stessi che si sfalda in plateali contraddizioni.
La dualit che Ferranini sente in
questa razza di comunisti causa di
una repulsione a pelle; e ogni volta
che se ne imbatte le parole di Marx
gli rimbalzano da una cellula allaltra della mente: la borghesia ha
enorme forza assimilatrice, trasforma la
gente a sua immagine e somiglianza. Sta
cominciando lentamente, subdolamente il percorso strisciante di
quello che diventer, in meno di un
ventennio, il pensiero unico della
monocultura borghese, e questo
monito percorre silenzioso come
un brivido tutto il romanzo, ne intride di razionale preveggenza ogni
capitolo. Il deputato Ferrranini entra ogni giorno in parlamento, dov stato proiettato dalla maturazione di un lavoro partito dal fondo,
quel fondo di una Reggio Emilia
proletaria e rossa come il sangue degli uccisi. A Roma soffre per, lidiosincrasia tra i due mondi quasi
una sensazione tattile: a Reggio gli
operai, il confronto con il lavoro
che annichilisce il tempo e le ener-

Cultura

gie, la stanchezza serena per aver


svolto un buon lavoro di costruzione della futura consapevolezza
storica. A Roma il gregariato dei coristi a bocca chiusa, la scesa a patti
interiori con il luogo dei punti
della bugiarda democrazia formale.
Due mondi opposti ma necessariamente interagenti, e Walter si interroga costantemente sul come integrarli in un tessuto connettivo
prima ideale poi sociale e politico.
Ma a questa diatriba neppure la sua
intelligenza di tipo scientifico riesce
a trovare una soluzione: la dimensione politica, infatti, si sdraia volentieri sulla dialettica verbosa,
tende a scivolare nellattesa immobile che si auto-assolve, dunque diviene, di fatto, innocua al potere.
Sullaltro versante la realt incalzante del lavoro, la propaggine di
alienazione che ne deriva. Ferranini
approfondisce con trasporto e onest intellettuale lanalisi causale che
ne fa Marx. Per il filosofo tale alienazione deriva dal rapporto di annessione patologica con cui il capitale polarizza la persona, la chiude
in una misura sempre pi estranea
alla dimensione umana. Nel processo inconsapevole che ne sgorga,
luomo non deifica pi se stesso ma
arriva a deificare feticisticamente le
cose e il lavoro, perdendo la sua caratterizzazione individuale. La
grandezza del pensiero marxista, in
quel preciso momento, sta in un
atto di fede atea alla speranza: speranza del riscatto di giustizia con cui
il lavoratore potr giungere, con la
sua volont, a risolvere il rapporto
con il capitale in una equazione socialmente giusta, capovolgendo lalienazione lavoro in valore lavoro.
Senza questa speranza, questo
spettro secondo altri, milioni di lavoratori in Europa sarebbero stati
unumanit arbitrariamente privata
di prospettive. Walter questo lo sa
bene, crede cos fervidamente allideale comunista nel suo variegato
complesso, che quando su quel particolare punto formula la nota del
dissenso, per lungo tempo teme in
se stesso leresia. Ma lentamente,

con sempre maggior dialettica interiore, prende corpo il distacco da


quella che giudica la lacuna marxiana, quella che dalla speranza
sconfina nellutopia.
Walter si rende conto che non pu
esistere il recupero di quella porzione di se stessi che pian piano si
lascia assorbire dalla materialit,
perch lalienazione non germoglia
solo dalle condizioni del lavoro.
Quandanche ottenuta la societ
auspicata dal marxismo senza privilegi e conflitti, non per questo sparir lalienazione che, per Walter,
un fatto interiore, un elemento costitutivo della condizione umana.
Se per i comunisti del periodo dambientazione del romanzo la visione
faziosa e inaccettabile, per la contemporaneit in cui lautore lo
scrisse 10 anni dopo, non lo era
forse di meno: il comunismo era
una realt blindata, e scriverne rischiava fortemente di far scivolare.
Il fatto poi di criticare lantropocentrismo marxiano, espressione
suo malgrado di retaggi borghesemente occidentali, appariva una
bizzarra spregiudicatezza. A posteriori risult invece essere un movimento rivoluzionario delle idee,
che deviava da alcune circolarit
asfissianti che avevano intanto sedimentato: estrapolare una teoria da
una dottrina funzionale primariamente allazione, poteva infatti dare
nuova propulsione alla ricerca di soluzioni umane, poteva essere assunto nel patrimonio culturale del
lavoro come causa parziale di una
dualit ineludibile tra la vita e la
realt inorganica in cui si afferma.
Il concetto supera lattribuzione
disumanizzante alla causa dellorganizzazione capitalistica del lavoro; questa piuttosto laggravante di uno stato di frustrazione
che esisterebbe comunque.
Morselli per, con intuizione geniale anche per gli anni 60, sottolineava la scissione tra due concetti:
se da un lato bisognava superare gli
orpelli populisti che confinavano il
lavoro in una sorta di mitologia, dallaltro bisognava prendere distanze
precise da chi dava per superato il

87

Novembre - Dicembre 2005

Cultura

contrasto fra capitale e lavoro. La


realt di una sfida ancora aperta in
questo senso qualcosa che ancora
oggi i movimenti di sinistra fanno
fatica ad attualizzare in una soluzione plausibile. Il problema rimane ancora una volta quello di ancorare le radici comuniste al valore
aggiunto di unetica dalle molte
sfaccettature: moralit e risorse
esauribili, degradazione del lavoro
esportata dal capitale verso gli eldoradi quartomondisti, monetizzazione a scopo consumistico delloggetto uomo, prepotere delle multinazionali che egemonizzano lo

sfruttamento del lavoro su scala


mondiale
La ferita quindi, purtroppo, ancora profonda: manda a suppurazione i germi contaminanti della miseria e della dipendenza, aggiunge
al male di vivere lalienazione aggiunta della polarizzazione delluomo (e della natura, aggiungiamo) ad opera del capitale.
Walter Ferranini era un animale di
razza e il suo destino fu di correre
da solo; credeva al circolo virtuoso
del confronto aperto, gett il suo
pensiero in un articolo che le gerarchie del partito soppesarono,

giudicarono, usarono.
Il Comunista rimane un testo di profonda attualit per il gioco di contrasti irrisolti che sempre si contendono lideale. C ancora da interrogarsi circa lasservimento delle risorse e del lavoro da parte del profitto tout court nella fetta di universo
che conosciamo; c da chiedersi
rousseaunianamente, insieme a
Morselli, dove ci ha portato la prevaricazione a oltranza dello stato di
natura. C da interrogarsi, e
quanto, sulla pulizia morale dellintelligenza politica e sui freni che
non sa tirare

Il programma.
Prima di tutto
scritti di
Gino Barsella, Elisabetta Basile, Paolo Berdini, Bianca Bracci Torsi,
Emiliano Brancaccio, Desi Bru n o , A l b e rto Burgi o , Cosimo Marco Cal,
Maria Campese, Mariella Cao, Bruno Casati, Andrea Catone, Claudio
Cecchi, G i u s eppe Chiara n t e, Giulietto Chiesa, Francesco Ciri g l i a n o , don
Fabio Corazzina, Alessandro Curzi, Marco Dal Toso, Salvatore Distefano,
Vladimiro Giacch, Fosco Giannini, Claudio Grassi, Augusto Graziani, Dino
Greco, Pierpaolo Leonardi, Sergio Lo Giudice, Francesco Maringi, Cristina
Mataloni, Enrico Melchionda, Domenico Moro, Francesco Nappo, Giorgio
Nebbia, Simone Oggionni, Massimo Pasquini, Gianluigi Pegolo, Armando
Petrini, Felice Roberto Pizzuti, Massimo Rendina, Marina Rossanda, Paolo
Sabatini, Renato Sacristani, Alessandro Santoro, Emilio Santoro, Guglielmo
Simoneschi, B runo Steri, Francesca Stroffolini, Rocco Tassone, Delfina
Tromboni, A l e s s a n d ro Valentini, Francesco Vignarca, Massimo Villone,
Stefano Zolea, Alberto Zoratti

Pag. 464, euro 10,00


Per l'acquisto del volume versare 12 euro
(prezzo di copertina + spese di spedizione)

sul c.c.p n 14176226 intestato a:


l'ernesto - via del Sale 19 - 26100 Cremona
specificando chiaramente nominativo,
indirizzo e causale del versamento.

In vendita nelle librerie Feltrinelli

Per prenotazioni copie e presentazioni del libro cell. 3397882934 - esserecomunisti@yahoo.it

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Novembre - Dicembre 2005

Cultura

In questa declinazione falsa


e ideologica di poeta,
lartista sarebbe colui che sa dare
poeticit alle cose, in grado
di trovare la purezza l dove
non c purezza e di rintracciare
un sentimento positivo nella totale
mancanza di sentimenti.

La tigre
e la neve.
Benigni
e la falsa poesia

di Gigi Livio e Armando Petrini

NEL FILM LA GUERRA IN IRAQ PERDE TUTTO IL SUO PORTATO TRAGICO,


A FAVORE DELLA RISOLUZIONE DEI PROBLEMI PERSONALI E SENTIMENTALI
DEL PROTAGONISTA: LA CARICATURA DELLA POESIA DEL FANCIULLINO

ioved 27 ottobre verso le dieci e


mezza di sera nello studio televisivo
che trasmette Rockpolitik irrompe
Roberto Benigni. Allinterno di una
trasmissione che pure tenta un po
velleitariamente e quindi non sempre riuscendoci - di scardinare il linguaggio dei programmi consueti,
lesibizione di Benigni ha leffetto
dirompente di introdurre nello
spettacolo un elemento di grande
interesse. Benigni, infatti, ha nelle
sue corde lo scatenamento del carnevalesco popolare che gli riesce
particolarmente bene quando libera la sua verve grottesca e beffarda contro il potere attuando quel
rovesciamento del mondo che ha
origini antichissime e che, per ci
che riguarda lItalia, si attua per
esempio nel carnevale medievale.
Oltre tutto Benigni in queste occasioni si rivela particolarmente bravo
e attraverso questa sua bravura raggiunge livelli molto alti di satira.
Il momento in cui si spoglia, spoglia
a sua volta la ragazza, si veste da
donna e canta e balla con Celentano
Siamo la coppia pi bella del mondo realizza appunto, in modo particolarmente evidente, il rovesciamento
del mondo e qui, dei ruoli allinterno dello spettacoo - attraverso il
suo travestimento che gli serve per
buttare in parodia quella canzone.
Va detto, fra laltro, che Celentano
in questo frangente regge benis-

simo il gioco mutandosi in una


spalla di grande efficacia.
E questo il Benigni pi interessante
e anche il pi bravo. Ma non contento di questa sua corda comica,
esclusivamente comico-grottesca,
lattore ne fa spesso, troppo spesso,
vibrare unaltra: quella del lirismo
poetico dove non c n mondo alla
rovescia n satira graffiante ma
qualche cosaltro.
Ci sono infatti almeno due modi
nella modernit di intendere il termine poesia. Il primo quello, di
ascendenza pascoliana per cui poetica sarebbe lespansione della propria personalit ingenua e sentimentale (la poetica del fanciullino,
appunto) che, robustamente tenuta sotto controllo dal grande cesellatore capostipite, diventer poi
banale e corrivo sentimentalismo in
tanti suoi imitatori e conseguentemente nel linguaggio comune.
Laltro modo di intendere invece
lapproccio poetico al mondo
quello che, al contrario e in opposizione, si pu far risalire a Leopardi
e che prevede una visione del
mondo disincantata e crudele, realizzata attraverso un afflato ricco di
un profondo e tormentato sentimento.
Quando si prende in considerazione il Benigni regista e attore dei
propri film, ecco che si deve ascrivere il suo stile alla prima maniera,

quella del poetico come espansione di una personalit ingenua e


sentimentale. La cosa, gi molto evidente in una pellicola come La vita
bella, risulta altrettanto se non pi
chiara nel suo ultimo film, La tigre e
la neve.
Se ne ha innanzitutto una traccia sul
piano tematico, dei contenuti. Il
protagonista un poeta. Ma del
poeta ripete il clich tipico di un romanticismo daccatto, assorbito e
fatto proprio dalla mentalit piccolo-borghese dellindividuo arruffato, svampito, sbadato, sempre
fuori dalla concretezza e perci anche estraneo in fondo al contesto
storico-politico in cui vive. In questa declinazione falsa e ideologica di
poeta, lartista sarebbe colui che
sa dare poeticit alle cose, in grado
di trovare la purezza l dove non c
purezza e di rintracciare un sentimento positivo nella totale mancanza di sentimenti. La poesia diventa cos non pi lo strumento, intriso di una bellezza amara
(Rimbaud), attraverso il quale il
poeta esprime il proprio strazio per
il mondo reificato (e che reifica anche la sua arte); ma diventa una
sorta di oasi felice, al riparo dalla
brutalit e dalle ingiustizie del mondo, che si pu e si deve raggiungere
dimenticando il mondo e facendo
prevalere un sentimento ingenuo
nei confronti delle cose. Un con-

89

Cultura

cetto di arte che smarrisce irrimediabilmente la propria funzione di


coscienza critica della societ e che
finisce perci per contribuire oggettivamente, e anche al di l delle
intenzioni stesse dellautore, a convincere lo spettatore che il mondo
va accettato cos com.
Ma non solo nei contenuti che il
film fa proprio lapproccio poetico
di cui si detto; anche, ovviamente, una questione di forma e di
stile: il modo stesso in cui recita
Benigni chiarisce questa direzione
di fondo. Lattore qui infatti abbandona quel suo stile grottesco e beffardo che caratterizza la sua figura
di attore monologante e parodista,
televisivo e non, e tocca invece le
corde di una comicit lieve, leggera, accordata su un registro fan-

tastico e stralunato piuttosto che


graffiante e incisivo.
Alla luce di quanto detto non risulter dunque cos strano il modo del
tutto superficiale in cui La tigre e la
neve affronta il conflitto iracheno,
privando quella guerra delle sue orrende ragioni, delle sue atrocit,
della colpevolezza dellesercito occupante, eccetera. Quel modo infatti tuttuno con la poetica del film:
ne in qualche modo un portato
profondo.
Non c qui infatti un poeta che
prende atto e raccoglie su di s la
selvaggia brutalit di una guerra che
rappresenta in una forma particolarmente cruda e tragica il precipitato della brutalit del mondo. C
qui invece il poeta-fanciullo che,
nonostante quella guerra (e nono-

Novembre - Dicembre 2005

stante dunque tutto ci che quella


guerra significa), persegue un ideale di risoluzione dei propri problemi personali al di l e al di sopra
del mondo. E questo suo percorso
non pu che avere un risultato, per
lui, positivo: in un mondo che va
verso la distruzione egli ottiene il risultato di salvare la donna amata e
se stesso e di riappropriarsi di uno
sguardo sereno e pacificato nei confronti di un mondo che, per contro,
sereno e pacificato non per nulla.
Il lieto fine suggella dunque, seppure non nei toni trionfalistici
hollywoodiani ma in un modo lieve
e moderato, una vicenda che non
pu che risultare consolatoria, almeno per chi accetta una consolazione cos facile ed eticamente e politicamente cos falsa.

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Novembre - Dicembre 2005

Recensioni

Controstoria del liberalismo


SE

CONSUSTANZIALE ALLA TRADIZIONE LIBERALE IL GIUDIZIO DI ASSOLUTA IRRIDUCIBILIT DELL

ALTRO AD UNA COMUNE


APPARTENENZA UMANA , NON C DA SORPRENDERSI CHE LE GUERRE CONDOTTE IN SERBIA E IRAQ DALLE COALIZIONI
LIBERALI A GUIDA STATUNITENSE ABBIANO VISTO LIMPIEGO DELLURANIO IMPOVERITO E DELLE BOMBE AL FOSFORO. GUERRA,
STERMINIO, SFRUTTAMENTO, NEGAZIONE DELLA DEMOCRAZIA: NELLULTIMA OPERA DI DOMENICO LOSURDO MESSO IN LUCE
IL NESSO TRA TALI ORRORI ANTIUMANISTICI E LA DOTTRINA LIBERALE
a cura di Luigi Cavallaro

el 1925, J. M. Keynes tenne una conferenza alla Liberal Summer


School di Cambridge, in cui, tra laltro, sostenne la necessit di una
transizione dallanarchia economica a un regime che tenda coscientemente al controllo e alla direzione delle forze economiche nellinteresse della giustizia e della stabilit sociale: nel campo economico scrisse ci significa, in primo
luogo, che dobbiamo trovare nuovi
strumenti e nuovi criteri politici per
controllare e intervenire nel funzionamento delle forze economiche, di
modo che non interferiscano oltre
misura con i criteri validi oggi in materia di stabilit sociale e giustizia sociale. E dopo aver indicato il campo
di battaglia su cui avrebbe dovuto svilupparsi la fase iniziale di questa
lotta politica, vale a dire la politica
monetaria, lasci al pubblico lonere di rispondere allinterrogativo
da cui aveva preso le mosse la sua
esposizione (e che avrebbe poi dato
il titolo alla conferenza): sono un liberale?.
La risposta che viene subito alla
mente, dopo aver chiuso questo ponderoso volume di Domenico
Losurdo (Controstoria del liberalismo,
Laterza, pp. 376, 24), netta, ed
un reciso no. Fin dai suoi inizi, ricorda infatti Losurdo, il liberalismo
la dottrina politica che, esprimendo lautocoscienza di una
classe di proprietari di schiavi o di
servi, che si va formando mentre il sistema capitalistico comincia a emergere e ad affermarsi grazie anche a
quelle pratiche spietate di espro-

priazione e oppressione messe in


atto nella metropoli e nelle colonie,
rivendica lautogoverno e il godimento tranquillo della sua propriet
(compresa quella di schiavi e servi)
contro il dispotismo monarchico e
il potere centrale dello Stato. Pi
precisamente, scrive Losurdo, liberale quella tradizione di pensiero
che con pi rigore ha circoscritto un
ristretto spazio sacro nellambito del
quale vigono le regole della limitazione del potere, vale a dire quello
della comunit degli individui liberi. Poco importa che, nel far ci,
il liberalismo debba approfondire in
modo radicale labisso che separa lo
spazio sacro dallo spazio profano, finendo col negare a schiavi e
servi non solo la libert, ma la stessa
dignit di individui: anzi, proprio
in grazia di una simile degradazione
degli schiavi e dei servi a macchine
bipedi (Sieys), a instrumentum vo cale (Burke), insomma a cieche
talpe della cultura, come le chiamer Nietzsche, che la dottrina liberale pu assumere unintrinseca coerenza e costituirsi (come storicamente accaduto) quale strumento
ideologico della borghesia in ascesa.
Non vogliamo essere trattati come
negri, proclamano i rivoluzionari
americani rivolgendosi alla madrepatria inglese, colpevole ai loro occhi di assoggettarli ad un dominio assimilabile appunto alla schiavit.
Rispetto alle pretese dello Stato nei
confronti dei legittimi appartenenti
alla comunit dei liberi, insomma,
la dottrina liberale netta: nessuna
intromissione giustificata n giu-

stificabile, salvo quelle che siano dettate dalla necessit di salvaguardare


la comunit medesima da pericoli
esterni o interni.
Bench la definizione proposta da
Losurdo sia di quelle che sembrano
fatte apposta per far saltare la mosca
al naso di molti intellettuali progressisti di casa nostra, che in Locke
o Tocqueville immaginano di aver
trovato lantidoto contro le purghe
staliniane o i massacri di Pol Pot (basti vedere le stizzite recensioni che di
questo libro hanno fatto Giuseppe
Bedeschi sul Sole-24 Ore o Stefano
Petrucciani su Critica marxista), essa
ricavata da una rigorosa disamina
delle fonti del pensiero liberale, che
vengono qui passate al setaccio per
mostrare quanto siano consustanziali al liberalismo le clausole desclusione spaziali e razziali che,
fin dal suo sorgere, esso istituisce nei
confronti delle popolazioni delle colonie, dei pellerossa e dei neri. E sebbene lobiettivo di Losurdo sia dichiaratamente quello (e solo quello)
di richiamare lattenzione su aspetti
[] largamente e ingiustificatamente trascurati del pensiero liberale, nella consapevolezza che dire
addio allagiografia la condizione
preliminare per approdare sul terreno della storia, la mia impressione che la sua imponente controstoria offra del grano da macinare nel mulino della politica, che
poi ci che pu giustificarne una
recensione su una rivista come ler nesto. Basteranno qui due esempi.
Ritorniamo in primo luogo alla domanda dapertura, a Keynes che sin91

Recensioni

terroga sul suo essere o meno liberale. Losurdo ricorda che, allinterno del pensiero liberale, si possono delineare due tendenze, peraltro idealtipiche: luna che si dimostra sostanzialmente sorda alle rivendicazioni di quanti non appartengono alla comunit dei liberi,
laltra che si mostra pi consentanea
rispetto alle lotte per il riconoscimento che gli esclusi intraprendono nelle metropoli e nelle periferie del mondo borghese. Il problema
che se lobiettivo di migliorare le
condizioni delle masse popolari
viene utilizzato come pretesto per incidere sulla possibilit dellimpresa
di regolamentare luso della forza-lavoro sulla base di libere stipulazioni
fra datori di lavoro e lavoratori o, addirittura, sulla libera disponibilit
del reddito dimpresa da parte del
suo proprietario, di fatto ci si viene
a collocare al di fuori del liberalismo.
quanto, ad esempio, rimprovera
Herbert Spencer, sul finire
dellOttocento, a coloro che si propongono di introdurre disposizioni
normative che vietino loccupazione
dei fanciulli di et inferiore ai dodici
anni, costringano i genitori a inviare
i figli a scuola, sottopongano a regolamentazione il lavoro in fabbrica (e
in particolare il lavoro delle donne)
o, addirittura, prevedano lassicurazione obbligatoria per le malattie e
la vecchiaia: agli occhi del liberale inglese, spiega Losurdo, costoro cessano di essere liberali per approdare a un nuovo conservatorismo
(New Toryism), giacch non fanno
altro che gonfiare lo Stato, allargando larea della coercizione e restringendo quella della libert di
contratto e dello sviluppo autonomo
dellindividuo.
Se dunque, nellottica liberale,
conservatrice ogni posizione che rivendichi unespansione del ruolo e
della responsabilit dello Stato, non
possibile includere Keynes che
esplicitamente domanda un maggiore intervento dello Stato nellottica, addirittura, di governare landamento del processo economico
nella sua interezza fra i liberali: la
sua , inevitabilmente, una posizione
conservatrice (come gli rimprover
Friedrich von Hayek). E al pari di
92

quella keynesiana, conservatrice


una posizione come quella desumibile dallart. 3, comma secondo, della
nostra Costituzione: com possibile
ipotizzare che lo Stato possa rimuovere quegli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto
la libert dei cittadini, impediscono
la piena partecipazione dei lavoratori
allo sviluppo economico e sociale del
Paese senza dar luogo ad una congerie di interventi restrittivi della libert dei proprietari, siano essi proprietari di terra, imprese, denaro o
forza-lavoro?
Non dunque casuale che la riaffermazione dei valori del liberalismo
dopo l89 sia andata di pari passo con
lo smantellamento dei controlli statuali sulla produzione e distribuzione del reddito e, pi in generale,
degli strumenti del governo pubblico delleconomia: si tratta, al contrario, di una vicenda coerente col significato autentico della dottrina
liberale. Lerrore, caso mai, di ritenere che possa esistere una forma
temperata (come usa dire) di liberalismo, capace di salvare capra e cavoli e dunque di assicurare che la libert dei proprietari proceda senza
il suo corollario di clausole desclusione: non si d in rerum natura nulla
del genere, e la ricomparsa nelle nostre terre civilizzate (e ancor pi alla
periferia di esse) di forme abissali di
sfruttamento del lavoro e perfino di
segregazione razziale non fa che confermarlo.
Il secondo esempio concerne, invece, la questione dei rapporti dei liberali con coloro che non si riconoscono (o non vengono riconosciuti) come appartenenti alla loro
stessa comunit. Losurdo ricorda
perspicuamente non solo come
George Washington si riferisse ai nativi pellerossa appellandoli bestie
selvagge della foresta, ma come un
giudizio sostanzialmente analogo
esprima Tocqueville, allorch nega
ai pellerossa alcun diritto di propriet sul suolo americano (Gli indiani lo occupavano ma non lo possedevano, poich solo con lagricoltura luomo si appropria del suolo e
i primi abitatori dellAmerica vivevano dei prodotti della caccia) e li
dipinge con sembianze ferine (Al

Novembre - Dicembre 2005

primo contatto si sarebbe tentati di


non vedere in ciascuno di loro che
una bestia delle foreste).
Di qui a legittimare il genocidio il
passo, ovviamente, breve (rivolgendosi ai suoi interlocutori americani, Tocqueville si chiede retoricamente: Gli indiani hanno lidea che
presto o tardi la loro razza sar annientata dalla nostra?) e non di
rado cos, ad esempio, in Locke
viene giustificato richiamando lautorit della tradizione biblica, ossia
la maledizione che No avrebbe lanciato contro Cam e i suoi discendenti, oppure la bestialit dellaltro con cui ci si confronta: ancora
Tocqueville che, riferendosi ai massacri della guerra coloniale in
Algeria, osserva trattarsi di necessit
spiacevoli, ma alle quali sar costretto a sottomettersi ogni popolo
che vorr fare la guerra agli arabi,
ed esorta, una volta compiuta la
grande violenza della conquista, a
non indietreggiare dinanzi alle violenze di dettaglio che sono assolutamente necessarie per consolidarla.
Se dunque consustanziale alla tradizione liberale il giudizio di assoluta
irriducibilit dell altro ad una comune appartenenza umana, al
punto da giustificare ogni violenza e
ogni distruzione compiuta in suo
danno, non c da sorprendersi che
le guerre recentemente condotte in
Serbia e Iraq dalle coalizioni liberali a guida statunitense abbiano visto limpiego di armi non convenzionali come proiettili alluranio impoverito o bombe al fosforo: come
spiegava il prof. Massimo Teodori, liberale doc, nel corso di unintervista
in occasione dello scoop di Rainews
sul bombardamento di Falluja (nel
quale, come si ricorder, hanno perso la vita decine e decine di donne e
bambini), quelli sono assassini tagliagole e la guerra la guerra.
Parafrasando quanto osservato, a
met dellOttocento, dallo storico liberale francese Edgar Quinet a proposito delle Crociate, si potrebbe
dunque pensare che, agli occhi di
Teodori, i liberali americani e i
loro alleati non fanno altro che attenersi al medesimo principio dellislamismo: lo sterminio. E concludere che la libert e la democrazia

Novembre - Dicembre 2005

Recensioni

Il libro di Angelo Del Boca


meriterebbe certamente
di essere adottato come testo
nelle scuole medie superiori,
oltre che inserito nei corsi
per gli studi universitari

Il falso mito
degli italiani
brava gente

a cura di Saverio Ferrari

CRIMINI ED IMPRESE DELITTUOSE DEGLI ITALIANI IN PATRIA E ALLESTERO


IN 150 ANNI DI STORIA NAZIONALE.
LULTIMO LIBRO DI ANGELO DEL BOCA

Gli italiani sono diventati peggiori


dei tedeschi. Questa solo una
delle tante testimonianze raccolte
durante loccupazione delle truppe
italiane in Slovenia, tra laprile del
1941 ed il settembre del 1943. Era
contenuta in un rapporto riservatissimo di un funzionario civile indirizzato allalto commissario per la
provincia di Lubiana. Nellarco appena di due anni, nel solo territorio
di Lubiana, furono almeno 1.000 gli
ostaggi fucilati dallesercito italiano, 8.000 le persone eliminate,
3.000 le case incendiate e 800 i villaggi completamente devastati,
35.000 i deportati in Italia nei campi
di concentramento, tra loro moltissime donne e bambini. Nel solo lager di Arbe perirono di fame in pi
di 4.500. Sono le cifre spaventose e
crudeli di un tentata bonifica etnica che ha visto protagonista il nostro paese, documentata da Angelo
Del Boca nel suo ultimo libro
Italiani, Brava gente? (Neri Pozza
Editore, 318 pagine, 16 euro).

AL

LA GUERRA
B R I G A N TA G G I O

La ricerca di Del Boca, il maggior


storico del colonialismo italiano,
spaziando in 150 anni di storia na-

zionale, dal processo di unificazione alla seconda guerra mondiale, ha preso in esame solo alcune
fra le pi gravi imprese delittuose
compiute dagli italiani in patria e allestero. Il quadro che ne emerge dimostra come il nostro popolo si sia
comportato in modo brutale, esattamente come altri popoli in circostanze analoghe. Sotto accusa il
falso mito dellitaliano buono,
una sorta di artificio ipocrita, dietro il quale si sono consumate, ma
anche nascoste infamie di ogni tipo.
Indicando fonti ed una ricchissima
bibliografia, questo viaggio allucinante, dopo unampia introduzione sul difficile cammino degli italiani verso lunit del paese, inizia
proprio da casa nostra, dalla cosiddetta guerra al brigantaggio. Una
pagina poco studiata e soprattutto
colpevolmente misconosciuta,
forse per non intaccare altri miti risorgimentali.
Il movimento di rivolta ebbe inizio
subito dopo lunificazione, nel 1861
in Basilicata. Animato da bande entro cui erano confluiti migliaia di
soldati dellesercito borbonico, accanto a braccianti senza terra e paesani che rifiutavano la leva obbligatoria e gli inasprimenti fiscali, si
estese rapidamente alle altre regioni del sud. Per reprimerlo fu-

rono inviati pi di centomila soldati,


al comando del generale Enrico
Cialdini, terrorizzando le popolazioni che davano rifugio ai fuorilegge e spesso incendiando i loro villaggi e le loro masserie, e procedendo infine a fucilazioni senza
processo o con sbrigative sentenze
emesse sul campo dai tribunali militari. Le esecuzioni dei briganti
avvenivano solitamente nella
piazza principale dei paesi dinnanzi
a folle atterrite.
A Pontelandolfo e a Casalduni, in
provincia di Benevento, il 14 agosto
1861, per rappresaglia dopo uno
scontro che vide soccombere un ufficiale e 44 soldati, furono massacrati centinaia di inermi, molti, tra
loro, quelli bruciati vivi, stuprate le
donne, saccheggiata la chiesa. Di
Pontelandolfo, abitato da seimila
anime, non rimase in piedi che qualche casa. Lordine era stato perentorio: di quei due paesi non rimanga pi pietra sopra pietra. Per
quelle stragi non ci fu alcun processo.
Le statistiche sulle vittime di questa
campagna, che si protrasse fino al
1865 ed in qualche regione fino al
1870, risultano ancora oggi scarse
e sicuramente incomplete. Una
stima ritenuta attendibile parla comunque di 9.863 fucilati, 10.604 fe-

93

Novembre - Dicembre 2005

Recensioni

riti e 13.629 arrestati. Fu in realt,


dice Del Boca, una guerra di tipo
coloniale, che anticip, per inaudite
violenze e il disprezzo degli avversari, quelle poi combattute in Africa. Una specie di apprendistato.

IN AFRICA ORIENTALE
LItalia sbarc in Africa con propri
corpi di spedizione negli ultimi decenni dellottocento. La prima impresa porta la data del febbraio 1885
con linvio dei primi contingenti
per prendere possesso del porto di
Massaua in Eritrea. Successivamente nellottobre del 1911 prese il via
la campagna per la conquista della
Libia.
Non ci fu alcuna missione civilizzatrice ma solo una brutale segregazione delle popolazioni locali, costrette al lavoro forzato e a subire il
sistematico saccheggio delle proprie ricchezze. In Eritrea furono allestiti campi di detenzione per migliaia di oppositori, tra gli altri il famigerato penitenziario di Nocra,
ma anche tollerata la tratta degli
schiavi, i cui scambi venivano registrati con tanto di marche da bollo
italiane. In Libia furono erette forche ovunque. Migliaia le sentenze
capitali arbitrariamente eseguite ed
innumerevoli le rappresaglie. La deportazione di libici in Italia nelle
isole Tremiti rappresent una delle
pagine pi vergognose di questa oppressione coloniale, allorigine di
centinaia di decessi anche fra vecchi e bambini. In un rapporto di un
tenente colonnello al proprio generale si arriv anche in quegli anni
a scrivere di distinti ufficiali che raccontavano orgogliosi di arabi trovati feriti gravemente inondati di
benzina e bruciati, di altri gettati
in pozzi e chiusi dentro, di fucilati
senza alcuna ragione che quella di
un feroce capriccio.
In Libia, Eritrea, Somalia ed Etiopia
intere regioni furono messe a ferro
e fuoco. Si bombardarono i civili e
si deportarono, come nel caso della
cirenaica, intere popolazioni, costringendo migliaia di persone a

94

marce forzate di oltre mille chilometri, imprigionando in campi di


concentramento, allestiti in territori torridi e malsani, oltre 90 mila
persone. Nella lunga guerra di aggressione allEtiopia furono utilizzati gas e micidiali armi chimiche,
proibite dalla convenzione di
Ginevra. Tonnellate e tonnellate di
bombe per laeronautica caricate ad
iprite e granate per lartiglieria
piene di arsine. In questo quadro
anche la strage di duemila preti e
diaconi assassinati nella citt conventuale di Debra Libans, a seguito
di un attentato, ad Addis Abeba, al
vicer dEtiopia Rodolfo
Graziani, che scaten la pi furiosa
e sanguinosa caccia al nero che il
continente africano avesse mai visto. Tre giorni in cui si massacrarono, secondo fonti etiopiche, circa
30.000 persone.

UNA
DI

STIRPE

CRUDELI GUERRIERI

Le responsabilit di questi brutali


comportamenti - asserisce Del
Boca - vanno soprattutto addebitate a minoranze che perseguivano,
spesso a imitazione di progetti stranieri e coevi, programmi di espansione imperialistica e, allinterno
del paese, ledificazione di uno
Stato forte, in grado di competere
con le nazioni vicine e persino di
esportarvi la propria dottrina. Una
chiave di lettura che rimanda alla
storia delle nostre classi dirigenti,
alle sue ottuse caste militari, ai suoi
criminali di guerra, come Luigi
Cadorna, il macellaio, tra i principali responsabili del sacrificio, nel
primo conflitto mondiale, di quasi
800.000 soldati, fra morti, feriti e
prigionieri, mandati allo sbaraglio
in ripetute quanto insensate spallate sul fronte dellIsonzo.
Rimanda soprattutto alla responsabilit di chi favor lascesa del fascismo e di Benito Mussolini, il delirante cultore della trasformazione
di una popolazione, come quella
italiana, ancora prevalentemente
contadina e complessivamente

mite, in una stirpe di crudeli guerrieri. Le centinaia di foto rinvenute


nelle tasche dei soldati italiani fatti
prigionieri dagli etiopi, in posa e
sorridenti davanti a patiboli con cadaveri ancora penzolanti o reggendo teste mozzate, con sul volto
il disprezzo tipico dei razzisti, sono
ancora l a dimostrare quanti orrori
abbia potuto produrre questa tentata mutazione antropologica.
Anche la cosiddetta resa dei conti
che, anni dopo, accompagn la caduta della RSI, riporta al lungo accumulo di violenza prodottasi nel
ventennio fascista. Si riannoda
come reazione al manganello, alla
pistola, al pugnale, alla bomba a
mano, ossia agli strumenti delle
squadracce antemarcia, ai 600
giorni di Sal e alla pubblica esibizione dei corpi degli impiccati e dei
fucilati nelle repressioni antipartigiane, alla vergogna degli ebrei italiani consegnati ai tedeschi e caricati sui treni diretti ai campi di sterminio. Una violenza che ha finito
per ritorcersi su chi lha praticata.
Anche se non risulta - sottolinea
opportunamente Del Boca - che la
Resistenza abbia avuto le sue ville
tristi o che abbia praticato la tortura.
Le cifre, finalmente basate non su
fantasiose esagerazioni e strumentalizzazioni di parte, ma su dati ufficiali, attendibili e comparabili, indicano in poco pi di 9 mila i caduti
di parte repubblichina in questo
periodo, a fronte dei 4.000 partigiani, uccisi solo tra il 25 aprile e il
primo maggio, ossia il 10 per cento
delle perdite dellintera guerra di liberazione.

IL

FILO NERO

Ma questo filo nero, intessuto di infamie di ogni tipo, non si spezzato


neanche dopo. LItalia stato il
paese che pur subendo, nella seconda guerra mondiale, oltre 400
stragi da parte dallesercito tedesco
in fuga, affiancato in questa carneficina da SS e fascisti, con almeno 15
mila vittime fra la popolazione ci-

Novembre - Dicembre 2005

Recensioni

vile, ha deciso scientemente di occultare, attraverso decisioni governative, tutta la documentazione relativa ai responsabili, garantendo
agli aguzzini unassoluta impunit
E la stessa nazione che ha negato ai
governi della Jugoslavia, Albania e
Grecia, la lunga lista dei propri criminali di guerra. Lunico paese in
Europa occidentale che ha conosciuto nel dopoguerra un feroce terrorismo stragista di marca fascista,
con centinaia di vittime innocenti,
nel contesto di ripetuti tentativi di
eversione dellordine democratico
con il coinvolgimento di ampi settori dello Stato, non riuscendo mai
ad ottenere giustizia nella aule dei
suoi tribunali.
Il mito degli italiani brava gente
ne esce, in conclusione, in frantumi. Un popolo, il nostro, n migliore n peggiore di tanti altri.
Un ultima annotazione. Il libro di
Angelo Del Boca meriterebbe certamente di essere adottato come testo
nelle scuole medie superiori, oltre
che inserito nei corsi per gli studi
universitari. Non il solo lavoro pregevole di questi anni su aspetti poco
conosciuti o travisati della storia del
nostro paese. Citiamo, fra gli altri,
Italiani senza onore di Costantino
Di Sante (Ombre Corte Edizioni),
Operazione Foibe. Tra storia e
mito di Claudia Cernigoi (Kappa Vu
Edizioni) e Un campo di concentramento fascista. Gonars 19421943 di Alessandra Kersevan (Kappa Vu Edizioni). Ci fa ben sperare.

95

APPELLO
PER LA LIBERAZIONE
DI MARWAN
BARGHOUTI
Marwan Barghouti stato sequestrato
nei Territori autonomi palestinesi nell'aprile
del 2002 durante l'operazione scudo difensivo che
ha stracciato definitivamente quello che restava degli accordi di Oslo con la rioccupazione israeliana dei territori amministrati
dall'Anp. Il sequestro, il trasferimento e la detenzione in Israele di Barghouti, parlamentare palestinese, stata un'ulteriore illegalit del governo israeliano. Il 6 giugno 2004, annive rsario dell'occupazione militare del 1967, Marwan viene condannato a 5 ergastoli pi 40 anni di carcere. Oggi la sua detenzione appare in fl agrante contraddizione con varie norme di diritto internazionale, contenute, fra
l'altro, nella IV Convenzione di Ginevra del 1949 e negli accordi fra Israele e
Palestina.
Marwan, segretario di Al Fatah in Cisgiordania dopo aver trascorso molti
anni nelle carceri israeliani durante la prima Intifada stato deportato ed
ha vissuto in Tunisia. Tornato in Palestina, dopo gli accordi di Oslo, di cui
stato protagonista, non mai stato considerato un tunisino, un leader
ritornato dall'esterno. Si battuto con altri parlamentari per la trasparenza
dell'autorit nazionale palestinese e contro la corruzione ed stato in larga
parte il dirigente che ha saputo spiegare e far accettare alla popolazione dei
campi profughi l'accordo di Oslo. Lo ripeteva anche quando era gi in clandestinit, dopo che il 23 settembre 2001 venne emesso il mandato di cattura
contro di lui: Non c' altra strada di un negoziato che porti alla realizzazione
di uno Stato palestinese in coesistenza con lo Stato israeliano... Israele deve cessare l'occupazione militare e applicare le risoluzioni Onu. Durante il suo
processo, la sua difesa stata un atto d'accusa contro l'illegalit dell'occupazione militare e pur rivendicando il diritto sancito dalla
Convenzione di Ginevra, alla difesa anche armata del popolo palestinese contro il dominio coloniale e militare, ha condannato ogni attacco palestinese contro i civili israeliani e ribadito la sua volont di arr ivare con Israele ad una pace giusta. Nelle elezioni del 9 gennaio, che hanno
Per informazioni
visto la vittoria di Abu Mazen per la presidenza dell'Anp, Marwan pur ace adesioni:
clamato da ampi settori della sua popolazione, ha rinunciato a candidarsi.
barghoutilibero@yahoo.it
Con questo suo gesto ha dimostrato ancora una volta di avere a cuore l'unit del popolo palestinese. Con dignit ha chiesto solo che in ogni negoziato la liberazione dei prigionieri politici sia una priorit. Oggi Marwan non
rappresenta solo le migliaia di palestinesi rinchiusi nelle carceri di Israele per la sola
colpa di essersi opposti all'occupazione israeliana, ma anche la volont e il pro t agonismo di una nuova leaderships che vuole afferm a rsi e consolidarsi dopo la scomparsa del Presidente Arafat. Con questa leaderships si dovr fare i conti per arrivare
ad una giusta pace fra Israele e la Palestina. Una pace che riconosca per entrambi gli
Stati il diritto ad esistere, alla sicurezza e alla sovranit.
Liberare Marwan, non lasciare che muoia nella cella di due metri senza finestre dov' rinchiuso
in totale isolamento, con la luce accesa per 23 ore al giorno, fare s che possa riprendere il suo posto nella
costruzione di uno Stato palestinese, riconsegnarlo all'affetto della sua famiglia, deve essere un impegno di individui, associazioni, movimenti, partiti, governi che abbiano a loro fondamento il principio della giustizia e della legalit internazionale. Tutto questo pu sembrare un sogno, visto l'irriducibilit di Sharon e la debolezza della comunit
internazionale, ma anche per Mandela ci sembrava un sogno! Per questo i sottoscrittori del seguente documento aderiscono alla campagna internazionale per la liberazione di Marwan Barghouti e di tutti i prigionieri politici (www.fre e b a rghouti.org) si impegnano a dar vita anche in Italia ad un Comitato per la liberazione di Marwan Barghouti che promuova
iniziative di informazioni e di sensibilizzazione su questo argomento e chiedono al Governo Italiano e al Parlamento europeo un preciso impegno per favorire - con atti concreti e appropriati - l'immediato rispetto del diritto e della legalit intern azionale.

E DI TUTTI

I PRIGIONIERI
POLITICI

PALESTINESI

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