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APPUNTI DI MECCANICA AGRARIA

Parte seconda

Il Terreno e le Macchine Motrici per l’Agricoltura

Prof. Giampaolo Schillaci

Argomenti:
Capitolo I - Cenni di fisica del terreno agrario
Capitolo II - Gli organi di sostegno e di locomozione
Capitolo III - Cenni sulle reazioni fra gli organi di sostegno e di locomozione ed il terreno agrario
Capitolo IV - La Trattrice

ANNO ACCADEMICO 2005-2006


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INDICE

INDICE

CAPITOLO I............................................................................................................................................3
CENNI DI FISICA DEL TERRENO AGRARIO................................................................................3
Il terreno e le sue caratteristiche.............................................................................................................3
Proprietà fisiche del terreno agrario.......................................................................................................5
Resistenza alle lavorazioni.....................................................................................................................6
CAPITOLO II..........................................................................................................................................8
GLI ORGANI DI SOSTEGNO E DI LOCOMOZIONE.....................................................................8
Generalità...............................................................................................................................................8
Pneumatici..............................................................................................................................................8
Cingoli..................................................................................................................................................10
Innovazioni e dispositivi speciali.........................................................................................................12
Due considerazioni finali.....................................................................................................................13
CAPITOLO III.......................................................................................................................................14
Cenni sulle reazioni fra gli organi di sostegno e di locomozione ed il terreno agrario....................14
Aderenza e sforzo di trazione...............................................................................................................14
Rotolamento sul terreno agrario...........................................................................................................15
Organi di locomozione e compattazione del terreno............................................................................16
Relazione fra pressione di gonfiaggio - tipo di pneumatico – pressione sul terreno...........................17
CAPITOLO IV.......................................................................................................................................19
LA TRATTRICE...................................................................................................................................19
Definizione di trattrice.........................................................................................................................19
Potenza di una trattrice e forme di utilizzazione..................................................................................19
Parti costituenti della trattrice..............................................................................................................20
I motori in dotazione............................................................................................................................20
Dispositivi per la trasmissione della potenza.......................................................................................21
CLASSIFICAZIONE DELLE TRATTRICI......................................................................................22
Per organi di locomozione...................................................................................................................22
Per classe di potenza............................................................................................................................22
Per ambiente di destinazione................................................................................................................22
Trattrici speciali...................................................................................................................................23
Per tipo di propulsore...........................................................................................................................23
Dispositivi per l’applicazione delle operatrici alla trattrice.................................................................23
Modalità di utilizzazione del sollevatore idraulico..............................................................................24
Dispositivi di azionamento...................................................................................................................25
Parametri dimensionali del trattore:.....................................................................................................25
Rischi connessi all’impiego di una trattrice.........................................................................................26
Rischi delle motrici speciali.................................................................................................................27
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Capitolo I – Cenni di fisica del terreno agrario

CAPITOLO I

CENNI DI FISICA DEL TERRENO AGRARIO

Raccomandazione: si invita a utilizzare la presente nota tenendo per riferimento gli appunti delle lezioni del
Corso di Agronomia

Sommario
1 Il terreno e le sue caratteristiche
2 Proprietà fisiche del terreno
3 Resistenza alla lavorazione
***

Il terreno e le sue caratteristiche


Il terreno "naturale" è il risultato della trasformazione della roccia madre in seguito a processi chimici,
fisico-meccanici e biologici; esso è definito “agrario” laddove si aggiunge l'intervento di coltivazione
da parte dell'uomo.
Lo si può ritenere un sistema nel quale le tre componenti, costituite dalle fasi solida, liquida e gassosa,
debbono trovarsi in proporzioni tali da garantire condizioni igieniche e di abitabilità ottimali per lo
sviluppo delle piante coltivate. Le usuali tecniche di sistemazione e di preparazione del terreno
dovrebbero mirare al raggiungimento e/o al mantenimento di queste indispensabili condizioni.
La componente solida è prevalente (circa il 50% del volume totale) ed è costituita da materiale
inorganico (sabbia, limo, argilla) ed organico, quest'ultimo derivante sia dalla decomposizione di
organismi vegetali ed animali (decomposizione che porta alla formazione dell'humus), sia dai
microrganismi presenti negli strati superficiali del terreno.
La fase liquida è costituita dall'acqua e dagli elementi minerali in essa disciolti.
Infine, quella gassosa comprende l'aria diffusa nel suolo, miscelata con i gas che si formano per
trasformazione di sostanze organiche ed inorganiche.
Le proprietà fisiche e meccaniche del terreno agrario dipendono dalla costituzione e dalla struttura.
La costituzione si identifica con la composizione granulometrica, nella quale si distingue lo scheletro
(particelle con diametri maggiori di 2 mm) dalla terra fine. Questa, a sua volta, si compone di: sabbia
grossa (diametro compreso fra 2 e 0,2 mm), sabbia fine (0,2 - 0,02 mm), limo (0,02 - 0,002) e argilla
(diametro inferiore a 0,002 mm)
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In base alla percentuale con cui sono rappresentate le diverse componenti solide si perviene alla
seguente classificazione dei terreni:
- tipo sciolto, con una percentuale di sabbia maggiore del 50% e limitata presenza d'argilla; si
tratta di terreni poco deformabili, incoerenti e molto permeabili.
- medio impasto, con argilla presente in percentuale tra il 10 e il 20% e sabbia inferiore al 50%;
sono terreni mediamente permeabili e soggetti a deformazioni; la loro risposta alle sollecitazioni
meccaniche è sensibilmente influenzata dalla percentuale di acqua in essi contenuta.
- tipo tenace: terreni fortemente deformabili per l'elevata presenza di argilla (> del 20%) e la
ridotta percentuale di sabbia (< del 30%).
Con il termine “struttura” si intende la disposizione spaziale reciproca dei granuli che costituiscono il
terreno. Essa può essere definita grumosa oppure glomerulare quando le particelle si aggregano in
grumi o glomeruli. In queste circostanze, alla microporosità fra le particelle si aggiunge la
macroporosità fra i grumi. Appare evidente quanto questa condizione sia importante, spesso addirittura
indispensabile, per lo sviluppo delle piante nei terreni ove prevalgono limi ed argille.
A questo punto è necessario definire la porosità di un terreno, che corrisponde al rapporto fra il volume
degli spazi dei vani, o pori, compresi fra i glomeruli e il volume totale (volume apparente) del
campione di terreno considerato. Essa è una caratteristica del terreno estremamente importante, in
quanto i pori vengono occupati dall'acqua o dall'aria, elementi indispensabili alla vita delle radici.
Inoltre, ai fini della crescita delle piante è assolutamente necessario che aria e acqua siano presenti in
proporzioni equilibrate e, in particolare, la prima non dovrebbe occupare mai meno del 15-20% dei
pori.
Ancor più del valore assoluto della porosità hanno grande importanza la forma, la dimensione e la
distribuzione dei pori. Si definisce microporosità il volume complessivo dei pori aventi dimensioni
talmente piccole che la tensione capillare supera la gravità. Nei micropori l'acqua si trattiene anche a
lungo e perciò la microporosità corrisponde alla capacità del terreno di trattenere l'acqua. La
macroporosità invece, comprende quei pori le cui dimensioni sono talmente grandi che l'acqua percola
negli strati inferiori per effetto della forza di gravità. Essa corrisponde alla capacità del terreno di
contenere aria.
Come detto, di notevolissima rilevanza è il giusto equilibrio fra micro e macroporosità, che in
condizioni ottimali dovrebbero ciascuna attestarsi intorno al 50% della porosità totale.
Poiché le dimensioni dei pori sono correlate con quelle dei granuli che costituiscono il terreno, in quelli
ad elevato tenore di argille o colloidi prevale la microporosità
L'eccesso di microporosità è temibile in quanto provoca l'addensamento della massa del terreno, la
difficoltà di scambiare calore, il deterioramento delle condizioni igieniche e nutritive e, in definitiva,
conduce alla morte le piante coltivate.
Questa situazione è tipica dei terreni compattati, ove la compattazione, come accennato, viene
principalmente determinata, nelle coltivazioni arboree, dall'azione degli organi di locomozione e di
sostegno delle macchine motrici ed operatrici adibite agli interventi colturali.
Il terreno è astrutturato quando le particelle sono praticamente indipendenti fra loro. Questo è il caso
dei terreni sabbiosi, composti da particelle piuttosto grossolane, e di quelli limosi ed argillosi nei quali
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Capitolo I – Cenni di fisica del terreno agrario

le particelle abbiano assunto la posizione di massimo assestamento per cui gli spazi dei vani sono tutti
sotto forma di microporosità (caso di massima compattazione del terreno).

Proprietà fisiche del terreno agrario


Le proprietà del terreno agrario sono la plasticità, la coesione e l'adesione. Esse determinano il
comportamento del terreno in rapporto sia al transito dei mezzi meccanici che alla lavorazione, e sono
grandemente influenzate dal contenuto d’umidità.
L'acqua nel terreno può essere libera o adsorbita. Nel primo caso essa occupa gli spazi dei vani ed è
sottoposta a forze di tipo gravitazionale e capillare; rispettivamente, essa percolerà dai macropori verso
gli strati profondi dopo l'evento meteorico o l'irrigazione, ovvero verrà trattenuta nei micropori
rappresentando la più importante fonte idrica per la pianta.
L'acqua libera assume funzioni di tipo lubrificante, mentre quella adsorbita dalle particelle di terreno, e
perciò trattenuta da legami di tipo fisico-chimico, esercita una azione coesiva e cementante.
L'acqua influenza in maniera determinante la plasticità del terreno, intesa come la proprietà di questo di
deformarsi in maniera permanente.
In tal senso il comportamento di un dato terreno varia in base al contenuto d'acqua ed è possibile
definire i "limiti di Attenberg":
- limite plastico inferiore (LPI): umidità percentuale del terreno al di sotto della quale lo stesso passa
dallo stato plastico a quello solido e friabile.
- limite plastico superiore (LPS): umidità percentuale al di sopra della quale si passa dallo stato plastico
a quello viscoso o fluido.
L'indice di plasticità Ip viene definito come: Ip = LPS – LPI ed indica l'intervallo di umidità
percentuale entro cui un terreno si comporta in maniera plastica. Ip aumenta all'aumentare del
contenuto d'argilla del terreno: infatti, pari convenzionalmente a zero nei terreni sabbiosi, raggiunge
valori tanto maggiori quanto più tenaci sono i terreni.
Altra importante caratteristica del terreno è la coesione, spesso definita tenacità. Essa rappresenta la
resistenza che il terreno oppone ad azioni di taglio e deriva dalle forze attrattive, dovute al legame
chimico, che si esercitano tra le particelle del terreno. Dipende dal tipo di terreno, dalla sua massa
volumica e dalla quantità d’acqua libera ed adsorbita in esso presente. Per effetto della coesione le
particelle del terreno tendono a separarsi con difficoltà fra di loro.
I valori massimi di coesione si riscontrano nei terreni tenaci, i minimi in quelli sciolti.
Un'ulteriore resistenza offerta dal terreno in condizioni di elevata umidità è rappresentata dall'adesione,
che consegue alla tendenza del terreno ad attaccarsi ad un corpo estraneo con cui viene a contatto. E'
una resistenza tipica delle particelle argillose, dette anche colloidali. Durante le lavorazioni con attrezzi
meccanici, a causa dell'adesione il moto relativo non avviene fra terreno ed organo lavorante bensì fra
il terreno che si sta lavorando e le particelle di terreno aderiscono all’organo di lavorazione,
determinando un maggior dispendio energetico a causa del maggior valore dell'attrito interno (terreno –
terreno) rispetto all'attrito esterno terreno/acciaio, terreno/ghisa, etc.
Mentre la forze coesive di un terreno tendono prima ad aumentare fino al LPI e poi a decrescere via via
che il tenore di umidità si avvicina al LPS (fig. 1), l'adesione cresce da LPI a LPS e poi decresce.
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La coesione interviene, insieme all'attrito interno derivante dalla resistenza offerta dalle particelle a
scorrere l'una sull'altra, a contrastare le sollecitazioni di pressione e taglio che generalmente interessano
il terreno durante le lavorazioni.
Durante l’azione di lavoro delle macchine sul terreno agrario si verifica un fenomeno di scorrimento da
parte del corpo che avanza dovuto sia all'adesione (e dunque all'attrito interno), sia all'attrito esterno.
Da prove effettuate per determinare il coefficiente globale di scorrimento “s” è stato ricavato il grafico
della figura 2.
Nell'intervallo compreso tra il punto 0 di umidità e il punto LPI, si ha solo attrito esterno, dovuto alla
coesione, perché ancora non si verifica alcuna adesione e, perciò, “s” si mantiene costante.
Tra il punto LPI e quello LPS si manifesta anche l'adesione ed “s” aumenta fino ad un valore massimo,
per poi diminuire in quanto dal LPS l'acqua libera del terreno funge da lubrificante.
Sovrapponendo i grafici delle figure 1 e 2 e individuando la condizione di tempera del terreno, ottimale
per svolgere le lavorazioni (fig. 3); possiamo vedere che essa è contraddistinta da un tenore di umidità
tale da rendere minima la somma delle resistenze dovute all'adesione, alla coesione e agli attriti.

Resistenza alle lavorazioni


Lavorazioni svolte quando il terreno è troppo umido ne causano il compattamento e, una volta perduta
l'acqua, il suolo tende ad assumere una consistenza lapidea; se le lavorazioni si effettuano in condizioni
di terreno eccessivamente asciutto, si è in presenza di zolle troppo compatte e difficili da sminuzzare.
Dunque, affinché le lavorazioni possano produrre gli effetti benefici sul terreno ripristinando la
struttura ove necessiti, esse devono essere svolte in condizione di adeguata umidità, cioè di tempera, in
cui il suolo si sgretola senza impastarsi e le resistenze sono minime.
Mediante prove sperimentali è stato possibile individuare, per molte attrezzature meccaniche utilizzate
nella pratica agricola, la resistenza medie dei terreni alle lavorazioni. Tali resistenze vengono
normalmente misurate, per gli aratri, in N∙dm-2 di sezione di terreno lavorato, oppure in N∙m-1 ∙ cm-
1
(N per metro di larghezza di lavoro e per centimetro di profondità), come per gli aratri, gli erpici a
denti fissi, etc. Nel caso di operatrici con attrezzi azionati dalla pdp la misura è data sotto forma di
potenza assorbita (kW/m∙cm). Di ciò si deve tenere conto nei calcoli relativi al dimensionamento
motrice – operatrice.
Bisogna sottolineare che la resistenza offerta dagli strati profondi del terreno agli organi lavoranti può
essere ben superiore ai valori riscontrabili negli strati superficiali.
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Fig. 1

Fig. 2

Fig. 3
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Capitolo II – Gli organi di sostegno e di locomozione

CAPITOLO II

GLI ORGANI DI SOSTEGNO E DI LOCOMOZIONE

Sommario
 Generalità
 Pneumatici
 Cingoli
 Alcune innovazioni
 Due considerazioni finali
***

Generalità
Gli organi di sostegno (detti anche portanti) di una macchina hanno il compito di sostenerne il telaio
sul terreno. Gli o. di s. propriamente detti debbono il loro movimento (in genere si tratta di una
rotazione) soltanto all'effetto della resistenza di attrito che si sviluppa tra la loro superficie ed il terreno
durante il movimento sul terreno stesso.
Il movimento delle macchine sul terreno agrario avviene mediante gli organi di locomozione (da taluni
chiamati o. di propulsione, da altri o. di avanzamento), i quali, oltre a sostenere anch'essi il telaio della
macchina, ruotano per effetto del momento motore derivato dal propulsore attraverso la trasmissione.
Come vedremo, l'avanzamento di un veicolo avviene grazie all'aderenza che si sviluppa fra organi di
locomozione ed il terreno.
Altresì, si sottolineerà che, nelle condizioni reali di campo, si riscontra sempre un certo scorrimento fra
gli questi organi ed il suolo (slittamento), e che il massimo sforzo di trazione viene erogato quando tale
scorrimento raggiunge alcuni punti percentuali. Gli o. di l. comunemente impiegati nelle macchine
agricole sono i cingoli e le ruote di ferro o, ormai quasi sempre, pneumatiche (pneumatici). La natura e
le condizioni sia del terreno che dell'organo di locomozione determinano il coefficiente di aderenza;
perciò, su di esse bisogna incentrare l'attenzione per incrementare l'aderenza stessa e, in ultima analisi,
lo sforzo di trazione, che in una macchina motrice (come la trattrice) è uguale all'aderenza stessa.
Il tutto in un'ottica di conservazione e tutela del terreno stesso, dato che il transito delle macchine è una
delle cause di degrado delle caratteristiche agronomiche del terreno agrario.

Pneumatici
Si può dire che i pneumatici possono essere di due categorie: convenzionali o radiali (fig. 1). Quelli
detti convenzionali sono costituiti da tele incrociate fra loro e sovrapposte, le quali, durante il
rotolamento della ruota, subiscono elevate tensioni con conseguente assorbimento di energia.
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Capitolo II – Gli organi di sostegno e di locomozione

Invece, nei pneumatici radiali, che costituiscono la norma ormai da anni, la carcassa è costituita da
funi disposte radialmente ed il battistrada è stabilizzato da tele di armatura: di conseguenza, il fianco è
molto flessibile mentre il battistrada è piuttosto rigido.
Questa caratteristica (fianchi flessibili) comporta una maggiore area della superficie di impronta a
parità di carico verticale applicato all’asse dello pneumatico, con vantaggi agronomici che meglio si
vedranno appresso.
Altri pneumatici, chiamati con termine anglosassone terra – tyres necessitano di pressioni di
gonfiaggio ancora più basse rispetto a quelli radiali, con vantaggi ancora maggiori; tuttavia, essi sono
poco utilizzati a causa dell’elevato costo di acquisto.
Nella figura 2 è presentata la sezione verticale di uno pneumatico posto in posizione di lavoro e sono
riportate le definizioni delle parti che lo compongono e delle misure che lo rappresentano.
Nel caso di ruote motrici, lo pneumatico ha generalmente sia il diametro esterno che la corda di misure
maggiori rispetto a quelli delle ruote non motrici. La pressione di gonfiaggio è mediamente compresa
fra 60 e 250 kPa (0,6 e 2,5 bar); inoltre, esso presenta costolature a spina di pesce (fig. 3) al fine di
aumentare il coefficiente di aderenza migliorando l'aggrappamento.
Ruote tipicamente di sostegno (non motrici) e direttrici sono di solito quelle anteriori e impiegano
pneumatici con battistrada caratterizzato da piccoli rilievi oppure da costolature longitudinali, in modo
da facilitare il mantenimento della direzione di marcia (fig. 4). Come sopra detto, queste ruote sono più
piccole rispetto a quelle motrici e perciò la pressione di gonfiaggio deve essere maggiore ed
indicativamente compresa tra 200 e 400 kPa (2 e 4 bar). Conseguentemente, questi pneumatici causano
notevoli problemi di compattazione del terreno (v. Reazioni fra Organi di Locomozione e Terreno).
Nella figura 4 si possono osservare le deformazioni del battistrada dovute alle pressioni di gonfiaggio.
Nel caso di pressione corretta il battistrada sarà usurato in maniera uniforme, oppure solo su una
striscia centrale nel caso di sovra-gonfiaggio. Viceversa, in caso di sotto-gonfiaggio, la striscia centrale,
non toccando il suolo, apparirà meglio conservata.
Per svolgere in maniera affidabile le sue funzioni un pneumatico deve essere scelto correttamente. A tal
fine, sui fianchi delle coperture sono stampigliate sigle e cifre che ne definiscono, secondo codici
internazionali, le caratteristiche essenziali: dimensionali, di costruzione, di servizio e di impiego. Nella
figura 5 è riportato un esempio di marcatura di un pneumatico.
La vita media di uno pneumatico si aggira sulle 4000 - 5000 ore.

Fig. 2 – Sezioni di uno pneumatico e definizioni.


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Fig. 3 Fig. 4

Cingoli
Un sistema cingolato è composto da un carrello portacingolo e dal cingolo. Il primo comprende la
ruota motrice, la ruota di rinvio o tendicingolo, i rulli portanti, i rulli di sostegno e il telaio che collega
tutti questi elementi.
Il cingolo di comune impiego sulle macchine motrici industriali ed agricole, è costituito da una catena
metallica articolata (catenaria) tra le cui maglie, internamente, si inseriscono i denti di una ruota
motrice, ubicata di norma nella parte posteriore del veicolo. Si tratta di catene tipo "Galle" (fig. 5),
costituite perciò da piastre articolate su perni, adatte per trasmissioni a basse velocità e forti resistenze
ai carichi. Gli elementi che nel loro insieme costituiscono un cingolo sono evidenziati nella figura.
Anteriormente è collocata la ruota "tendicingolo", la cui funzione è quella di guidare il cingolo
mantenendolo alla tensione giusta. I rulli portanti sono posti inferiormente e la loro funzione è quella di
scaricare sul cingolo nel modo più uniforme possibile il peso della macchina. I rulli di sostegno sono
invece situati nella parte superiore e supportano il cingolo, e sono molto utili in quanto rallentano i
processi di usura della catenaria.
Le maglie d'acciaio stampato che comunemente costituiscono il cingolo presentano nella parte esterna
un pattino o suola, in profilato d'acciaio, con una costola d'aderenza. Il sistema di locomozione
cingolato permette di ottenere una totale aderenza al terreno e una distribuzione del peso della
macchina notevolmente uniforme. Poiché quest'ultimo viene ripartito sull'ampia superficie del cingolo,
la pressione sul terreno è in genere modesta, aggirandosi mediamente fra 30 e 50 kPa (0,3 e 0,5 bar), e
perciò di gran lunga inferiore a quella esercitata dalle ruote.
In prima approssimazione, si può dire che, per imprimere la medesima orma di un cingolo, uno
pneumatico dovrebbe avere un raggio medio di rotolamento non inferiore alla distanza fra l'asse
anteriore e quello posteriore dei rocchetti del cingolo stesso. Perciò, il pneumatico equivalente ad un
cingolo il cui passo è di 1,5 m dovrebbe avere un diametro di 3 metri!
La larga diffusione dei cingoli quali organi di locomozione dei veicoli industriali ed agricoli resta
legata ad una serie di caratteristiche funzionali ed operative che queste macchine devono avere. Le più
importanti sono:
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- la capacità di avanzare su suoli cedevoli;


- l'elevata superficie di contatto con il terreno, così da ridurre la pressione sullo stesso;
- la notevole aderenza del veicolo, ottenuta per effetto della notevole superficie di contatto, dalle
costole di aderenza e della intera massa del veicolo che grava sugli organi di locomozione; bisogna
infatti che il veicolo sia in grado di esercitare gli ingenti sforzi al gancio richiesti per l'azionamento
delle operatrici ad esso collegate;
- la facilità di manovra anche in spazi ridotti.
Vanno rilevati, tuttavia, alcuni aspetti negativi, quali la difficoltà di avanzare su fondi rigidi o suoli
pietrosi (il cingolo si danneggerebbe), le velocità molto modeste (inferiori ai 15 km/h), di risultare poco
confortevoli. Per evitare di danneggiare il manto stradale, inoltre, è necessario montare le soprassuole o
copripattini con le quali coprire le costole. Il peso del sistema di avanzamento cingolato, poi, è ben
superiore rispetto al sistema a ruote pneumatiche. La vita media dei cingoli si aggira sulle 3500 ore.
Cingoli leggeri, molto larghi, trovano utilizzazione allorché le forze che devono scambiare con il piano
di avanzamento sono piuttosto basse; trovano perciò impiego nei veicoli che devono principalmente
autodislocarsi su materiali a bassa portanza ed aderenza (veicoli da neve) o muoversi su prati
permanenti, senza danneggiare la cotica erbosa. Le pressioni sul piano di avanzamento possono anche
essere inferiori a 0,1 bar.
Questi cingoli sono profondamente diversi dai tipi pesanti detti "da trazione": le catene articolate di
acciaio sono sostituite da nastri deformabili, sui quali sono inseriti trasversalmente pattini molto larghi,
ma con costole di aderenza piccole e leggere, e comunque di forma ottimizzata a secondo dell'uso del
veicolo. Il robot semovente per la raccolta degli agrumi sperimentalmente proposto in questi ultimi
anni è dotato di cingoli di tale tipo.
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Capitolo II – Gli organi di sostegno e di locomozione

Fig. 5 – I cingoli consistono in catene articolate senza fine che si svolgono sul terreno: 1 – ruota
motrice; 2 – ruota tendicingolo; 3 – rulli di sostegno; 4 – rulli portanti.
Per ovviare ad alcuni degli inconvenienti presentati dalle cingolature metalliche tradizionali sono
sempre più diffusi i cingoli in gomma. La macchina realizzata è la modifica di un trattore cingolato
standard mediante la sostituzione dei carrelli con altri appositamente studiati. In questi, le ruote motrici
sono state rimpiazzate da ruote cilindriche con pista d'appoggio in poliuretano; le ruote tendicingolo
anteriori di alcuni modelli possono non avere la periferia tangente al suolo ma, grazie alla nuova
localizzazione, formano un invito per il superamento degli ostacoli; talvolta il motore si evidenzia in un
caratteristico sbalzo in avanti. Le potenze riguardano l’alta fascia (sino a 270 kW) che la medio-bassa
(50 kW); le pressioni a terra di alcuni modelli sono veramente ridotte: 29 kPa (0,29 bar). Anche se le
prestazioni, come trazione, sono ritenute superiori a quelle di trattrici a 4 ruote motrici di pari potenza,
la diffusione dei cingoli in gomma è ostacolata dagli elevati prezzi di vendita.

Innovazioni e dispositivi speciali


I sovracingoli, costituiti da catene snodate leggere, possono essere montati sulle trattrici a ruote
isodiametriche in modo da collegare le ruote di una medesima fiancata, con l'effetto di incrementare
l'aderenza del veicolo. Lo stesso scopo viene raggiunto con i semicingoli che sostituiscono le ruote
motrici posteriori di una trattrice. Le ruote metalliche, di varia foggia, hanno anch'esse effetto di
aumentare l'aderenza delle ruote pneumatiche. L'aggrappamento al terreno viene fornito da cunei
portati da un nastro metallico piegato a cerchio oppure da barrette trasversali saldate a due nastri piegati
a cerchio (ruota a gabbia). Le prime, dette ruote a cunei, sono impiegate in risaia.
Una recente innovazione riguarda l'impiego agricolo di macchine a cuscino d'aria, con lo scopo di
risolvere i problemi posti dal calpestamento e dalla difficile agibilità del terreno in casi particolari
come, ad esempio, le risaie sommerse. Infatti, è stato sviluppato un veicolo sperimentale basato sul
principio della piattaforma a cuscino d'aria, munito di ruota direttrice traente e deriva, al fine di poter
svolgere correttamente le operazioni agricole sia su terreni sommersi che su terreni umidi, con colture
in atto alte fino a 30 cm circa.
Il prototipo è dotato di un tradizionale propulsore a getto d'aria (come nell’”Hovercraft”) e la pressione
esercitata sul suolo è dell'ordine di 1 kPa (0,01 bar).
Nei movimenti di trasferimento la macchina sarà in grado di ridurre la sua larghezza entro i limiti
concessi per la circolazione stradale e di scaricare il suo peso a terra, oltre che sulla ruota motrice, su
due ruote pneumatiche portate da un carrello retrattile.
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Capitolo II – Gli organi di sostegno e di locomozione

Due considerazioni finali


Su suoli non coesivi, ad elevato attrito interno (ad es. sabbie secche), tanto per le ruote quanto per i
cingoli lo sforzo di trazione erogabile aumenta con l'aumentare del peso del veicolo, analogamente a
quanto avviene sui suoli indeformabili e su strada;
Su suoli cedevoli ad elevata coesione, con attrito interno praticamente nullo (ad es. argilla satura, neve
bagnata), nel caso di veicoli a ruote, al fine di contenere l'entità degli affondamenti è più conveniente, a
parità di pressione al suolo, adottare ruote pneumatiche a grande diametro piuttosto che quelle a grande
sezione.
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Capitolo III – Cenni sulle reazioni fra gli organi di sostegno e di locomozione ed il terreno agrario

CAPITOLO III

CENNI SULLE REAZIONI FRA GLI ORGANI DI SOSTEGNO


E DI LOCOMOZIONE ED IL TERRENO AGRARIO

Sommario
 Aderenza e sforzo di trazione
 Rotolamento sul terreno agrario
 Pressione sul terreno agrario e compattazione
***

Aderenza e sforzo di trazione


La locomozione di un veicolo avviene grazie all'aderenza fra gli organi detti appunto di locomozione
(cingoli metallici o di gomma, ruote motrici pneumatiche o metalliche, etc) e il terreno. L'aderenza
(Ra) viene definita come la resistenza di attrito radente che si sviluppa sulla superficie di contatto tra
l'organo di locomozione e terreno durante il movimento:
Ra = ka ∙ Qa [N]
con ka = coefficiente di aderenza, e Qa = peso [N] aderente, ovvero la parte di peso della motrice che
si scarica sul terreno attraverso l'organo di locomozione (la parte di peso che grava sugli organi di
sostegno non da luogo ad aderenza ed è perciò ininfluente ai fini della capacità di trazione di una
motrice).
Con riferimento al peso complessivo Q della motrice e indicando con α la quota parte di peso della
trattrice che si scarica sul terreno attraverso gli organi di locomozione risulterà:
Ra = ka ∙ α ∙ Q [N];
con α = 100/100 per le trattrici a 4 ruote motrici (RM) e per le trattrici cingolate;
con α = 50/100 per le trattrici cingolate.
Lo sforzo di trazione (S) che una ruota motrice può esercitare al fine di avanzare senza slittare è, al
massimo, uguale all'aderenza, qualunque sia il momento motore trasmesso alla ruota:
S = Ra [N]
Ne consegue che lo sforzo di trazione può assumere lo stesso valore dell'aderenza (lo può superare in
casi particolari) e, cosa importante, può essere incrementato migliorando l’aderenza stessa, cioè:
a) aumentando il valore del coefficiente di aderenza. Infatti, quest'ultimo dipende dal tipo e dalle
condizioni delle superfici a contatto ovvero dalle caratteristiche dell'organo di locomozione e del
terreno (per es. è massimo per le superfici asciutte e minimo per la neve morbida). Perciò, detto
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Capitolo III – Cenni sulle reazioni fra gli organi di sostegno e di locomozione ed il terreno agrario

coefficiente può essere aumentato mediante nervature, o costolature, applicate alle ruote o ai cingoli; si
può agire anche sul terreno, per esempio evitando di renderlo soffice precedentemente a lavorazioni
ove sia necessaria una elevata forza di trazione.
b) aumentando il peso gravante sugli organi deputati alla locomozione e, perciò, ricorrendo a macchine
di maggiore peso o ad accoppiamenti trattrice - operatrice che consentano di caricare la peso
dell'operatrice sulle ruote motrici. Per quanto riguarda le macchine agricole, è necessario sottolineare
che il peso unitario delle trattrici moderne (a ruote) si attesta, indicativamente, sui 50 daN/kW (negli
anni ’60: 70 daN/kW); perciò, per eseguire lavori che richiedono elevati sforzi di trazione sono spesso
necessarie le zavorrature, di solito poste anteriormente. Anche il tipo di accoppiamento tra motrice ed
operatrice è molto importante: le macchine portate dal sollevatore idraulico posteriore scaricano parte
del proprio peso sulle ruote posteriori (che sono sempre motrici) e, dunque, con l’effetto di aumentare il
peso aderente e di conseguenza lo sforzo di trazione.

Rotolamento sul terreno agrario


Nel rotolamento puro la velocità periferica della ruota è uguale alla velocità di traslazione della ruota
(cioè alla velocità di spostamento dell'asse della ruota). In altre parole, dopo una rotazione completa,
l'avanzamento della ruota sarà di uno spazio pari alla circonferenza. Perciò, non vi è né slittamento né
strisciamento (o pattinamento).
Si avrebbe slittamento allorquando il coefficiente di aderenza definito dalle caratteristiche del binomio
ruota motrice – piano di appoggio risultasse minore del rapporto fra lo sforzo di trazione e il peso
aderente. In altre parole, nel rotolamento con slittamento l'organo di locomozione esercita sul terreno
uno sforzo superiore all'aderenza. In queste condizioni, dopo una rotazione completa, l'avanzamento
della ruota è minore della circonferenza stessa, appunto perché si è verificato lo slittamento. Nel caso di
slittamento puro l'organo di locomozione avrà ruotato sul proprio asse senza spostamento nello spazio.
Il coefficiente di slittamento σ (sigma) è dato dal rapporto:
S0 − S
σ = S0
dove S0 = 2πr, ovvero lo spazio che sarebbe stato percorso, in una rotazione, nel caso di rotolamento
puro, e S = spazio effettivamente percorso.
Lo slittamento si può esprimere anche come rapporto fra velocità di spostamento (misurata in base al
tempo necessario dalla trattrice per effettuare un percorso noto) e velocità letta da uno strumento
rilevatore applicato alla rotazione delle ruote motrici (il tachimetro in dotazione ai veicoli). Infatti, in
caso di rotolamento con slittamento, la velocità di avanzamento calcolata su base reale è certamente
minore della velocità di avanzamento letta sul tachimetro (desunta in base al rotolamento della ruota).
Infine, in certi casi si può ricorrere al rapporto fra il numero di giri della ruota necessari per coprire un
certo percorso e il numero di giri effettivamente contati lungo quel percorso; il rapporto in condizioni
reali sarà sempre inferiore all’unità ed esprimerà anch’esso lo slittamento.
Occorre prendere nota che, in condizioni reali, tra gli organi di locomozione e il terreno vi è sempre
presenza di slittamento e, anche se appare contraddittorio, il massimo sforzo di trazione viene erogato
quando lo slittamento raggiunge qualche punto percentuale, oltre i quali, invece, esso corrisponde a
dissipazione di energia.
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Capitolo III – Cenni sulle reazioni fra gli organi di sostegno e di locomozione ed il terreno agrario

Ovviamente, è pacifico che le ruote di sostegno non possono slittare, in quanto al loro asse non
perviene la coppia del motore!
Nel rotolamento con pattinamento l'organo di locomozione compie, durante una rotazione completa, un
tragitto superiore alla sua circonferenza; nel pattinamento puro esso avanzerà senza ruotare. Questo è il
caso tipico della perdita di aderenza durante l’azione di frenatura di ruote, sia motrici che di sostegno; il
fenomeno è particolarmente vistoso in caso di frenatura su strada innevata, oppure sul terreno fangoso
o comunque cedevole. Anche gli ostacoli al rotolamento, per esempio, le zolle presenti su un terreno
preparato grossolanamente possono bloccare la rotazione della ruota motrice di una seminatrice,
alterando la semina.

Organi di locomozione e compattazione del terreno


Come è noto, il passaggio delle macchine sul terreno ne provoca la compattazione, in particolare
quando vi è un eccesso di umidità. La compattazione del terreno corrisponde alla diminuzione della
macroporosità, con conseguenze negative per le radici delle piante e per gli organismi terricoli che
normalmente occupano i macropori. La permeabilità viene fortemente limitata e così il contenuto d'aria
del terreno, con grave nocumento per le condizioni di abitabilità, per la disponibilità di elementi
nutritivi e per l'attività dei microrganismi e delle radici.
Il transito di un veicolo su un terreno agrario deve perciò soddisfare requisiti ordinariamente non
richiesti per le superfici stradali o comunque solide.
In primo luogo, esso deve rispettare la struttura del terreno stesso, poiché dalla integrità di questa
dipendono la vita e lo sviluppo delle piante, spontanee e coltivate.
L'alterazione delle caratteristiche strutturali del terreno agrario appare di particolare gravità ove si
venga costretti a transitare su terreni umidi o fangosi utilizzando veicoli dotati di pneumatici,
soprattutto se di tipo convenzionale.
Nella pratica corrente questi danni strutturali si verificano con una certa frequenza, tanto che il
rimescolamento degli orizzonti inferiori del terreno, eseguito nell'ambito della preparazione del letto di
semina, è finalizzato anche alla rimozione degli strati compattati dai passaggi delle macchine adibite
alla coltivazione della precedente coltura.
Questo accorgimento, tuttavia, non può essere adottato per gli impianti arborei, il cui apparato radicale
sarebbe danneggiato dall'approfondimento delle lavorazioni; in questi casi, perciò, le alterazioni
indesiderate della struttura del terreno non solo non possono essere rimosse, ma anzi progrediscono con
il passare degli anni, sino rischiare di pregiudicare la vita stessa della coltura.
Trovandosi in presenza di terreno compatto l'apparato radicale non può svilupparsi adeguatamente e
può insorgere una sintomatologia specifica, denominata "stress da compattazione", caratterizzata da
riduzione della vigoria e della produttività, ingiallimenti, arrossamenti e deformazioni fogliari.
Di rilievo appare perciò la capacità portante di un dato terreno agrario, intesa come forza per unità di
superficie che esso è in grado di sopportare senza alterazioni dannose per la struttura (N/m 2). Numerose
sperimentazioni sono state eseguite per valutare la capacità portante, tuttavia esse riguardano per lo più
terreni non agrari. Secondo una formula proposta dal Terzaghi (per scopi militari), per calcolare la
capacità portante di un terreno o carico limite è necessario conoscere, fra l'altro, la coesione del terreno
(N/m2), il peso del terreno per unità di volume (N/m3) nonché l'angolo di attrito interno.
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Capitolo III – Cenni sulle reazioni fra gli organi di sostegno e di locomozione ed il terreno agrario

Da prove sperimentali è stato verificato che, per un veicolo con una data massa, l'affondamento nel
terreno è strettamente dipendente dalla superficie dell'impronta degli organi di locomozione e in
particolare dalla loro lunghezza.
Il contenuto idrico, come già precedentemente evidenziato, è il parametro che più influenza il
comportamento di un terreno, determinando notevoli cambiamenti nelle reazioni. In particolare,
allorché l'umidità supera il valore critico la portanza dei terreni si abbassa rapidamente e le
deformazioni crescono bruscamente, e ciò è particolarmente evidente nei terreni tenaci. Perciò, se la
pressione esercitata dal veicolo supera la portanza del terreno, al transito delle macchine si verificano
forti deformazioni permanenti, con riflusso laterale del terreno stesso.
Particolarmente insidiosa è l’azione delle ruote pneumatiche, rispetto a quella dovuta ai cingoli. Al
costipamento dovuto al quota parte di peso che ciascuna ruota trasmette al terreno, si aggiunge
l’azione di taglio esercitata tipicamente dalla ruota motrice durante lo slittamento (azione che, come
abbiamo appreso, non può essere svolta da una ruota di sostegno). Tale azione incrementa il
costipamento, tanto più nei terreni ad alto contenuto di umidità.
La pressione che il pneumatico esercita sul terreno (Pt) è pari a 1,2 - 1,35 volte la pressione dell'aria
interna (H). L'incremento rispetto alla pressione di gonfiaggio è dovuta ad un fattore r che esprime la
rigidità della carcassa:
Pt = rH [Pa]
con r = 1,2 - 1,35.
In definitiva, un programma per la corretta gestione di un qualsiasi intervento meccanizzato sui terreni
agrari deve basarsi sul mantenimento della struttura, scongiurando principalmente la compattazione del
terreno.

Relazione fra pressione di gonfiaggio - tipo di pneumatico – pressione sul terreno


Dato un carico Qa che grava verticalmente su uno pneumatico e che attraverso di esso si scarica sul
terreno, la relazione che lega la pressione interna H e la superficie di impronta sul terreno Ai è di
proporzionalità inversa. Infatti:
H = Qa ∙ Ai-1 [Pa]
Possiamo raffigurare la pressione interna come un insieme di forze rappresentate da freccette verticali,
con la punta verso l’alto e omogeneamente distribuite sulla parte di ruota appoggiata sul terreno (che
coincide con l’”impronta”); esse contrastano il peso della macchina gravante sulla ruota. Chiunque
abbia gonfiato uno pneumatico, sa che dopo le prime pompate la ruota comincia a gonfiarsi e la
superficie di impronta comincia a ridursi; la pressione (osservata sul manometro) è ancora bassa e può
essere immaginata rappresentata da freccette numerose, ma corte.
Proseguendo nell’azione di gonfiaggio, la pressione aumenta, superficie di impronta diminuisce, le
freccette che rappresentano la pressione diventano sempre di meno (appunto perché la base di appoggio
diviene via via più ridotta), ma sempre più lunghe; il processo termina interrompendo il gonfiaggio alla
pressione di esercizio dello pneumatico. La lunghezza delle frecce corrisponde alle intensità delle forze
N distribuite sulla base di appoggio Ai (impronta) e rivolte verso l’alto.
Grazie alla flessibilità dei fianchi, l’impronta Air del pneumatico radiale sottoposto al carico Qa, è
maggiore di circa il 30% rispetto all’impronta Aic di un pneumatico convenzionale:
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Capitolo III – Cenni sulle reazioni fra gli organi di sostegno e di locomozione ed il terreno agrario

Air > Aic;


Conseguentemente (e nello stesso rapporto esistente fra le misure delle impronte, cioè mediamente del
30%):
Hr < Hc ;
Infine, con riferimento allo sforzo di trazione S :
S = Ra = ka ∙ Qa [N], e poiché Qa = Ai ∙ H [N], allora S = Ra = ka Ai H
Si può dire che a parità di sforzo di trazione, il pneumatico radiale viene impiegato a pressione
sensibilmente minore, rispetto al p. convenzionale, perché la sua superficie di impronta, grazie alle
caratteristiche costruttive già descritte (fianchi flessibili, etc), è maggiore (mediamente del 30% rispetto
alla superficie di impronta di uno pneumatico convenzionale).
Tenuto conto che il costipamento di un terreno è proporzionale a Pt e, in definitiva, ad H, risulta perciò
che il p. radiale costipa molto meno il terreno rispetto ad un p. convenzionale.
Per tali caratteristiche i pneumatici impiegati nelle macchine agricole sono ormai prevalentemente a
carcassa radiale.
In definitiva, i vantaggi agronomici presentati dagli pneumatici radiali (e più ancora dai terra-tyres)
rispetto a quelli convenzionali sono connessi:
a) alla minore pressione di gonfiaggio e, dunque, al minore costipamento esercitato sul terreno;
b) alla maggiore aderenza (a parità di carico e di sforzo di trazione) e, dunque, al minore slittamento e
al ridotto effetto di taglio.

Fig. 1 – Confronto fra le sezioni di pneumatici convenzionali (linea intera)


e a carcassa radiale (linea tratteggiata).
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Capitolo IV – La trattrice

CAPITOLO IV

LA TRATTRICE

Definizione di trattrice
La TRATTRICE è una centrale mobile di potenza. Ovviamente, possono essere utilizzate anche a
postazione fissa, per esempio per sollevare acqua a fini irrigui.
Terminologia Corretta: TRATTRICI o TRATTORI?
Per quanto riguarda le macchine motrici impiegate in agricoltura, quando la velocità max è compresa
fra 33 e 40 km/h, si dovrà impiegare la dizione "trattrici agricole".
Questa dicitura, infatti, è prevista dal Codice dalla strada, (legge n. 207 del 26.4.1959 e decreto
legislativo del 30.4.1992 n. 285), nonché dalla legge n. 399 del 15.12.1990 che stabilisce i limiti
dimensionali di attrezzi e macchine portate.
Con il termine Trattore viene indicata una motrice per il traino stradale.
Il termine "trattore agricolo o forestale" è previsto dalla Legge n. 572 dell'8/8/1977, che ha dato il via al
recepimento di alcune direttive CEE (ove si usa sempre questa dizione).
In definitiva, oggi si tende ad utilizzare spesso la dizione al maschile “trattore”.

Potenza di una trattrice e forme di utilizzazione


La trattrice è un veicolo atto a sviluppare POTENZA da utilizzare a servizio delle MACCHINE
OPERATRICI (MO).
Traino. La potenza della trattrice può essere utilizzata sotto forma di traino di una macchina operatrice
applicata ad un organo di collegamento (potenza al gancio):
Dalla fisica meccanica, la potenza può essere sotto forma del prodotto fra una forza resistente F e la
velocità v del punto di spostamento della forza:
P=Fxv
Nella coppia formata dalla motrice e dalla operatrice, quest’ultima è applicata al gancio di traino vero e
proprio della trattrice oppure ad altra struttura atta al traino (come il sollevatore idraulico); pertanto,
con riferimento alla generica struttura di traino della trattrice, la generica potenza P diviene potenza al
gancio Pg, la forza resistente F è rappresentata dallo sforzo al gancio Fg e perciò si ha:
Pg = Fg x v
Storicamente, la trattrice nasce come “bue motorizzato”, ovvero come macchina da adibire al traino (di
aratri, rimorchi). Successivamente, la crisi del petrolio verificatesi negli anni settanta e la conseguente
impennata dei costi sia energetici che di produzione industriale, hanno indotto al continuo
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Capitolo IV – La trattrice

miglioramento del rendimento dei motori e alla riduzione dei pesi. La conseguenza è stata una
crescente utilizzazione della trattrice (sempre più potente, ma più leggera), come fonte di potenza sotto
forma di momento motore anziché come traino al gancio.
Presa di potenza meccanica. La potenza del motore può essere ceduta a talune MMOO anche attraverso
l’alberino della pdp, secondo la relazione valida per i moti rotatori:
P=Mxω
Ovviamente, molto frequenti sono i casi di azionamento misto (traino e pdp).
Potenza del motore, rendimento al gancio, bilancio dinamico della potenza. Occorre sottolineare che la
potenza disponibile al gancio della trattrice è certamente minore della potenza del motore Pm, con Pm
> Pg.
Pertanto, può essere individuato un rendimento al gancio ηg (η è la lettera greca eta):
ηg = Pg/ Pm
Forfetariamente, si stabilisce ηg = 0,65
Ne consegue che per sviluppare una Pg pari a 100 kW occorrerà una Pm = 100/0,65. O che una trattrice
con un motore Pm = 50 kW potrà disporre al gancio mediamente di Pg = 0,65 x 50.
Il destino della differenza Pm – Pg può essere evidenziato componendo il cosiddetto bilancio dinamico
della trattrice, nel quale si prende nota di tutti gli impieghi della potenza durante il funzionamento.
Infatti, durante il funzionamento, anche in postazione fissa, parte della potenza meccanica del motore
viene impegnata per l’azionamento degli organi di trasmissione e parte dissipata per vincere le
resistenze passive (attriti, con produzione di calore); a questi impieghi di potenza, durante il movimento
si aggiunge la quota parte di potenza impegnata per l’autodislocamento; inoltre, occorre considerare
anche le cessioni di potenza attraverso le varie prese di potenza (elettriche, idrauliche; mentre,
l’eventuale cessione di potenza attraverso la pdp meccanica, potendo raggiungere valori elevati, deve
essere conteggiata a parte).

Parti costituenti della trattrice


Si distinguono:
- Motore o propulsore
- Organi di trasmissione del moto (dal motore agli o. di locomozione)
- Organi di locomozione (ruote o cingoli)
- Dispositivi per l’azionamento delle MO (prese di potenza - pdp)
- Organi di collegamento alle macchine operatrici (MO)

I motori in dotazione
Usualmente, esse sono dotate di MOTORI ENDOTERMICI che seguono il ciclo “Diesel Veloce”
(detto anche Sabathè) a 4 tempi. Si tratta della stessa categoria di motori utilizzati per l’autotrazione,
contraddistinti da velocità di rotazione inferiori ai 5000 giri min-1. Nei motori in dotazione alle trattrici
agricole è raro che le velocità superino i 3000 giri min -1. I motori che seguono il ciclo Diesel
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Capitolo IV – La trattrice

propriamente detto erano in dotazione delle trattrici “a testa calda”, con velocità medie di 450 – 500
giri min-1; sono tutt’ora diffusi come motori di imbarcazioni.
Notazione terminologica. NON si dice “a Diesel” o “a Diesel veloce”, bensì “Diesel”, “Diesel veloce”,
se si vuole preceduti da “a ciclo”.
Perché durano di più i motori Diesel?
I motori Diesel sono motori che compiono meno giri al minuto e dunque si logorano di meno ed hanno
vita più lunga!
Organi di Locomozione
Gli organi di locomozione sono costituiti dalle ruote, motrici o di sostegno, solitamente pneumatiche, o
dai CINGOLI (metallici o in gomma).

Dispositivi per la trasmissione della potenza


In una trattrice sono presenti più prese di potenza: elettrica (per la cessione e la trasmissione di potenza
sotto tale forma attraverso appositi circuiti costituiti da cavi elettrici), idraulica (con circuiti formati da
condotte per l’alta pressione ove transita olio idraulico), meccanica (ove la potenza è ceduta attraverso
la presa di potenza (pdp), costituita da un alberino scanalato sul quale si innesta il doppio giunto
cardanico. Il sistema di comando (per l’innesto e il disinnesto) è azionabile dal posto di guida. Le pdp
elettriche e idrauliche sono presenti sulla trattrice noi siti ove sono previsti i collegamenti con le
attrezzature da azionare, e quanto meno posteriormente; anche la pdp meccanica, quando è una sola, è
situata posteriormente, ma possono esserne presenti altre: anteriormente, lateralmente, ventralmente. Il
concetto di “portattrezzi”, con pdp meccaniche e organi di collegamento ubicati in varie posizioni al
fine di azionare e portare più attrezzo in contemporanea,è sfruttato in particolare dalla casa costruttrice
tedesca Fortschrift. Il rovescio della medaglia è rappresentato dai costi degli attrezzi, che sono costruiti
apposta per questa trattrice.
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Capitolo IV – La trattrice

CLASSIFICAZIONE DELLE TRATTRICI

Le trattrici sono classificate:


 Per organi di locomozione;
 Per classe di potenza;
 Per ambiente di destinazione;
 Trattrici speciali;
 Per tipo di propulsione.

Per organi di locomozione


ORGANI DI LOCOMOZIONE

A CINGOLI ALTRO A RUOTE

METALLICI DI GOMMA DUE RUOTE


MOTRICI

QUATTRO RUOTE
MOTRICI
Fig. 4.1

Per classe di potenza


1 PICCOLA: Trattrici con Pm < 18 kW
2 MEDIA: Trattrici con 18 < Pm < 37 kW
3 GRANDE: Trattrici con Pm > 37 kW

Per ambiente di destinazione


L’ambiente di destinazione influenza le caratteristiche della trattrice. Infatti, quelle larghe e basse (più
stabili) possono essere destinate ad operare sui terreni in pendenza (trattrici da montagna), quelle
basse, strette e compatte possono operare fra i filari degli impianti arborei o sotto i tendoni della vite,
quelle più ampie e pesanti sono idonee alle operazioni di pieno campo.
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Capitolo IV – La trattrice

Trattrici speciali
Fra queste si annoverano le trattrici snodate, le scavallatrici, i trampoli, le reversibili, quelle a
carreggiata variabile, i portattrezzi. Nelle snodate, lo snodo centrale facilita la svolta, pur rendendola
pericolosa per possibili danni alla caviglia del conducente distratto dovuti all’”effetto cesoia” e anche
per la perdita di aderenza della ruota anteriore esterna. Le scavallatrici e i trampoli passano a cavallo
dei filari delle colture erbacee o arboree. Le reversibili hanno il posto di guida (sedile, sterzo e
comandi) in grado di ruotare di 180°, accorgimento utile per la guida “in avanti” procedendo a marcia
indietro (serve per utilizzare certe raccoglitrici senza calpestare il prodotto con le ruote, per certe
trinciatrici, etc). Se più o meno tutte le trattrici possono variare la carreggiata mediante diverse opzioni
di fissaggio dei cerchioni, alcune sono dotate di variatori continui o sono contraddistinte dalla
possibilità di selezionare un gran numero di misure diverse. I portattrezzi, infine, costituiscono
l’esaltazione del concetto di trattrice come centrale mobile di potenza, in quanto su di essi possono
applicarsi numerose operatrici in contemporanea. Questa opzione, in realtà, è meno vantaggiosa di
quanto non appaia a prima vista, sia per il costo e la specificità attrezzi-motrice che riducono la
versatilità del sistema, ma anche dall’intralcio rappresentato da attrezzature fra loro diverse montate
nello stesso momento sulla trattrice.

Per tipo di propulsore


Per propulsore si intende il motore: eso od endotermico, 2 e 4 tempi, alimentato a benzina, petrolio, a
gasolio, a metano, etc. Attualmente pressoché la totalità delle motrici agricole (trattrici e semoventi) è
dotata di motore endotermico a 4 tempi, alimentato a gasolio, secondo il ciclo Diesel veloce o Sabathè.

Dispositivi per l’applicazione delle operatrici alla trattrice


Il gancio di traino. Può avere la forma di un vero e proprio gancio o può assomigliarvi. Il perno di
chiusura deve essere fornito di spina di sicurezza (non presente in figura). La macchina operatrice conì
connessa alla motrice si dirà trainata.

Fig. 4.2
Il sollevatore idraulico (in gergo spesso chiamato attacco a 3 punti) permette di applicare, trainare e
sollevare una macchina operatrice che vi venga applicata, tramite un telaio a forma triangolare con 3
punti di fissaggio (uno per vertice). Un circuito idraulico consente il sollevamento dei bracci e dunque
della macchina che vi è stata fissata. In ognuno dei 3 punti l’aggancio avviene con un perno forato ad
una estremità per permettere il fissaggio con spine di sicurezza che ne impediscono lo sfilamento.
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Capitolo IV – La trattrice

TERZO PUNTO O PUNTONE

TIRANTI INFERIORI O BRACCI PORTATTREZZI

Il PUNTONE, o 3° PUNTO è incernierato nella parte superiore della scatola del sollevatore. Esso è
telescopico in quanto allungabile tramite un sistema a vite azionato manualmente (come una sorta di
grosso tendifilo della biancheria) o mediante un pistone idraulico comandato dal conducente seduto in
cabina nei modelli più sofisticati.

Modalità di utilizzazione del sollevatore idraulico


I due bracci inferiori del sollevatore idraulico possono essere lasciati flottanti, ovvero liberi di muoversi
sul piano verticale. In questo caso l’accoppiamento si chiamerà semiportante e la macchina
semiportata. Questo è il caso di macchine che per essere lunghe e pesanti (es.: aratri polivomeri),
lavoreranno poggiate al terreno con una propria ruota.
Quando sui bracci inferiori del sollevatore viene esercitato un controllo attivo l’accoppiamento si dirà
portante e la macchina operatrice portata.
Si distinguono due casi:
1 i due bracci inferiori del sollevatore possono essere bloccati ad una certa quota (distanza dal
terreno): la modalità di uso del sollevatore si chiamerà con controllo di posizione. Viene
utilizzato con macchine come gli spandiconcime e in generale ove non sia necessario fare
riferimento alla resistenza del terreno, come per le macchine che operano all’esterno del terreno
2 il sollevatore viene monitorato mediante sensori capaci di rilevare lo sforzo di trazione
provocato dall’attrezzo ad esso applicato. In caso di aumento della resistenza del terreno questi
trasmettono in automatico il comando di sollevare i bracci, portando l’attrezzo verso la
superficie sino a quando la resistenza non ritorna ai valori impostati in precedenza. In caso di
diminuzione della resistenza, la profondità di lavoro aumenterà. Questa modalità di uso del
sollevatore si definisce con controllo di sforzo. Come si può comprendere, questa modalità di
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Capitolo IV – La trattrice

impiego è molto utile per evitare danni e contraccolpi sia al motore che all’attrezzo utilizzato
per la lavorazione del terreno.

Dispositivi di azionamento
Una volta applicate al gancio di traino o al sollevatore idraulico, le macchine possono essere soltanto
trainate, semiportate o portate. Sono però sempre più numerose le macchine operatrici che debbono
anche essere azionate. Questo azionamento si ottiene attraverso le prese di potenza: elettriche,
idrauliche, meccaniche.
La PRESA DI POTENZA (pdp) è sempre presente posteriormente al trattore ma si può trovare anche
anteriormente. Attualmente esistono quattro categorie di pdp, anche se le più utilizzate sono quelle che
hanno un regine di velocità normalizzato a 540 giri al minuto (ossia circa 54 rad/sec). Altra velocità di
rotazione piuttosto frequente è quella pari a circa 1000 giri al minuto ed è utilizzata per macchine
operatrici che non assorbono elevata potenza. Tali prese di potenza sono definite indipendenti (dal
cambio) in quanto derivate dalla catena cinematica a monte del cambio.
SI possono avere inoltre pdp definite SINCRONIZZATE o DIPENDENTI dal cambio, poiché
posizionate a valle del cambio.

Parametri dimensionali del trattore:

Hl
PASSO CARREGGIATA

 PASSO: è la distanza (misurata in m), fra l’asse anteriore e l’asse posteriore;


 CARREGGIATA: è la distanza (misurata in m) fra la mezzeria degli organi di locomozione;
 LUCE LIBERA DA TERRA (Hl): è la distanza (misurata in m) che intercorre da terra al
punto più basso della trattrice;
 INGOMBRO (trasversale e longitudinale): è l’ingombro massimo del mezzo, misurato
comprendendo le parti più sporgenti (specchietti, tubo di scappamento, etc). Questo è il
parametro che bisogna conoscere se si deve caricare il trattore su un rimorchio o se si deve
spedire per ferrovia.
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Capitolo IV – La trattrice

Rischi connessi all’impiego di una trattrice

Agronomici
Riguardano il costipamento del terreno, specie se umido, particolarmente grave per le colture arboree,
l’aggravamento della suola di lavorazione formata dal vomere nelle arature entrosolco, lo strappo di
frutti nel caso di lavorazioni tardive negli arboreti. Da ricordare inoltre gli incendi, anche gravi, di
campi di stoppie o di frumento maturo dovuti alla fuoriuscita di particelle incombuste e roventi (nelle
ore buie appaiono come scintille) dal tubo di scappamento.

Per gli operatori.


I rischi connessi all’uso delle trattrici sono molteplici: schiacciamento, durante le operazioni di
accoppiamento motrice – operatrice, avvolgimento, su parti rotanti impropriamente scoperte, ustione
per contatto con corpi caldi (marmitte), per inalazione dei gas di scarico, per respirazione di polveri,
ecc… Il rischio di danno per rumore è connesso alle emissioni prodotte dal motore e, in parte, dai
cingoli (per le trattrici equipaggiate con cingoli di metallo). Secondo le norme vigenti, la rumorosità
non può superare gli 85 dB(A) (Nota: il decibel è l’unità di misura della pressione sonora); per attutire
il rumore è molto importante l’insonorizzazione ottenuta con la cabina. Per quanto riguarda le
vibrazioni, prevalgono quelle a bassa frequenza (< 10 Hz) durante il movimento e ad alta frequenza (>
15 Hz) durante il lavoro sotto carico; ambedue risultano pericolose per il conducente in caso di
esposizione prolungata. La qualità dell’isolamento della cabina, ottenuto montandola su dispositivi atti
a smorzare le vibrazioni, risulta particolarmente importante.
Rischi particolarmente pericolosi possono verificarsi durante il lavoro in campo: l’IMPENNAMENTO
e il RIBALTAMENTO TRASVERSALE. Altri rischi sono propri delle trattrici speciali.

Impennamento.
Tale rischio riguarda principalmente se non unicamente le trattrici a ruote. Nell’impennamento la
trattrice ruota sul piano verticale e longitudinale (cioè le ruote anteriori si distaccano da terra) facendo
perno sulle ruote posteriori. Può accadere nelle partenze accelerate con marce basse, oppure nelle
arature in salita (di solito non si fa) o nelle arature profonde, quando il vomere incontra un ostacolo;
altra condizione di pericolo si verifica durante l’impiego di attrezzi applicati al sollevatore, specie nelle
voltate, quando in pochi istanti il peso dell’operatrice anziché essere scaricato sul terreno viene caricato
sull’asse posteriore. Anche la marcia indietro può incrementare il rischio di impennamento. Per evitare
l’impennamento o per lo meno ridurne il rischio, il gancio posteriore deve trovarsi a quota inferiore
rispetto all’asse della ruota posteriore. Altro accorgimento, che ha il pregio di incrementare l’aderenza
delle ruote motrici anteriori, è quello di appesantire la trattrice anteriormente con ZAVORRE di ghisa.
Una trattrice può essere zavorrata sino al 10% del proprio peso complessivo.

Ribaltamento.
Spesso definito compiutamente ribaltamento laterale, esso consiste nella rotazione della trattrice sul
piano verticale trasversale (cioè si distaccano da terra gli organi di locomozione di uno stesso lato,
facendo perno sugli organi dell’altro lato). Può accadere nelle lavorazioni condotte secondo le linee di
livello di una pendice, quando l’inclinazione di questa raggiunge il cosiddetto angolo limite proprio di
ciascuna trattrice. L’angolo limite è l’angolo per il quale la verticale passante dal baricentro cade fuori
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Capitolo IV – La trattrice

dalla base di appoggio della trattrice. Esso dipende dalla quota del baricentro e dalla larghezza della
base di appoggio. Più la prima è bassa e la seconda è ampia e meno la trattrice è soggetta al
ribaltamento laterale. Per questa ragione le trattrici modello montagna si presentano basse e larghe. Per
evitare il ribaltamento bisogna lavorare a pendenze medie ben inferiori all’angolo limite; infatti, la
pendenza istantanea può sempre bruscamente aumentare a causa per esempio di una pietra sporgente
alla quale una ruota di monte sale sopra, oppure per un cedimento del terreno sotto le ruote di valle.
L’afflosciamento di uno pneumatico di valle ha lo stesso deleterio effetto: è come se la pendenza
aumentasse. Non è solo questa la ragione per la quale nei terreni montani è più sicuro l’uso delle
trattrici a cingoli; infatti, a parità di ingombro laterale, nelle trattrici cingolate il ribaltamento
avverrebbe facendo perno sul margine esterno del cingolo di valle; mentre, nelle trattrici a ruote il
ribaltamento si verificherebbe facendo perno nel centro delle ruote di valle. Pertanto, a parità di
ingombro laterale, le trattrici cingolate sono più sicure di quelle a ruote, dove la base di appoggio in
realtà è minore (occorre sottrarre alla misura della base di appoggio la misura dello spessore di mezzo
pneumatico). Nell’aratura a rittochino (cioè secondo le linee di massima pendenza), un momento di
grave pericolo può essere rappresentato dall’inversione del senso di marcia: per effettuarla in sicurezza,
occorre se necessario procedere ancora, verso monte o verso il fondo valle, sino a quando le pendenze
si addolciscono rendendo sicura la manovra.

Rischi delle motrici speciali.


Come è facile pensare, le trattrici a trampolo presentando il baricentro alto devono essere utilizzate solo
in terreni di pianura. Per quanto riguarda le trattrici snodate, l’avantreno e il retrotreno di queste si
avvicinano di molto durante una curva stretta; in questa circostanza possono dare luogo al cesoiamento
dell’arto del conducente se questo è incautamente lasciato penzolare fuori dalla pedaliera di appoggio.
Inoltre, sempre durante le curve strette, la ruota anteriore esterna alla curva tende a perdere aderenza e
addirittura a sollevarsi dal terreno,con conseguenti problemi di stabilità.

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