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appello
26
maggio
2012:
le
resine
epossidiche,
il
trattamento
con
idrossido
di
bario,
la
pulizia
dei
monumenti,
la
fotodegradazione.
10)
LEGANTI
MINERALI
Leganti
aerei:
gesso;
calce
aerea;
affresco;
Leganti
idraulici:
Calce
idraulica;
cemento
Portland;
Presa
e
indurimento
del
cemento;
Problemi
relativi
alluso
del
cemento
Portland;
Analisi
e
test
sui
cementi
Degrado
dei
materiali
cementizi:
calcestruzzo
e
cemento
armato:
porosit;
Rapporto
acqua-
cemento;
Aggregati;
Carbonatazione,
solfatazione,
colorurazione
Malte
e
intonaci
11)
PRODOTTI
DI
TRATTAMENTO
DI
TIPO
CLASSICO
Leganti
organici
naturali
e
cere
Trattamento
alla
calce
Consolidamento
di
pietre
calcaree
con
idrossido
di
bario
fluosilicati
e
il
trattamento
Sanpaolesi
silicati
e
alchilsiliconati
alcalini
12)
CONSOLIDANTI
E
PROTETTIVI
SINTETICI:
POLIMERI
ORGANICI
DEL
SILICIO
Chimica
dei
composti
del
silicio
silani
silossani
Microemulsioni
siliconiche
in
acqua
Esteri
silicei
Mastici
per
giunti
di
dilatazione
La
riproduzione
di
oggetti
darte:
materiali
per
calchi;
Tecniche
di
riproduzione;
Materiali
per
la
riproduzione
13)LA
RIPRODUZIONE
DI
OGGETTI
DARTE
materiali
per
calchi
Tecniche
di
riproduzione
Materiali
per
la
riproduzione:Resine
acriliche
e
metacriliche
Polimerizzazione
dei
monomeri
acrilici
Resine
acriliche
in
soluzione
acquosa
14)POLIMERI
FLUORURATI
Perfluoropolieteri
Polifluorouretani
Fluoroelastomeri
Resine
acriliche
fluorurate
15)RESINE
EPOSSIDICHE
Materiali
termoindurenti
a
reticolo
tridimensionale
Formulazioni
e
additivi
speciali:Flessibilizzanti;
Accelleratori
di
reazione;
Diluenti
Fotodegradazione
e
autoinvecchiamento
Applicazioni
delle
resine
epossidiche
nella
conservazione
dei
monumenti
16)
DEGRADO
DELLE
RESINE
SINTETICHE
USATE
IN
CONSERVAZIONE
Autossidazione
Stabilizzazione
ossidativa:
antiossidanti;
decompositori
di
perossidi;
Fotodegradazione
ossidativa
Stabilizzazione
foto-ossidativa:
catturatori
di
radicali
liberi;
assorbenti
uv;quenchers
Apparecchiature
per
il
controllo
del
degrado
dei
polimeri
10)LEGANTI
MINERALI
I
leganti
minerali
classici
sono
distinti
in
leganti
aerei
che
sono
quelli
che
induriscono
unicamente
allaria
come
argilla,
gesso
e
calce
aerea
e
leganti
idraulici
che
hanno
la
capacit
di
indurire
sottacqua
in
assenza
di
aria;
ad
essi
appartengono
la
calce
idraulica
e
vari
tipi
di
cemento.
Leganti
aerei:
Gesso:
diffuso
come
solfato
di
calcio
biidrato.
Il
solfato
idrato
se
riscaldato
a
temperatura
di
400
perde
tutta
lacqua
di
cristallizzazione
e
si
ottiene
solfato
di
calcio
anidro,
ma
se
questo
riscaldamento
non
troppo
spinto
la
disidratazione
solo
parziale
e
temporanea
e
lacqua
pu
essere
di
nuovo
riacquistata.
su
questa
ultima
propriet
che
si
basa
limpiego
del
gesso
come
legante.
Il
riscaldamento
a
una
temperatura
a
160
porta
alla
formazione
di
solfato
di
calcio
semiidrato,
un
legante
capace
di
indurire
se
mescolato
con
acqua,
formando
gesso
biidrato.
Esso
indurisce
solo
allaria
perci
classificato
tra
i
leganti
aerei.
A
seconda
del
materiale
di
partenza,
delle
condizioni
di
cottura
e
della
sua
granulometria
esistono
vari
tipi
di
gesso.
Macinato
finemente
dopo
la
cottura
molto
adatto
per
stucchi
o
decorazioni
invece
macinato
in
maniera
pi
grossolana
utilizzato
sotto
forma
di
malta
per
intonaci
interni.
usato
come
rivestimento
di
sacrificio
per
proteggere
dal
fuoco
il
calcestruzzo
e
anche
elementi
metallici.
importante
per
la
regolazione
della
igrometria
degli
ambienti
in
quanto
capace
di
cedere
acqua
in
atmosfere
asciutte
e
assorbire
in
atmosfere
umide.
Il
suo
uso
inappropriato
per
intonaci
esterni
data
la
sua
sensibilit
alle
acque
piovane
e
inoltre
ha
una
scarsa
resistenza
meccanica
che
lo
rende
inutilizzabile
per
la
realizzazione
di
calcestruzzi
ma
utilizzato
come
malta
di
allattamento
per
mattoni
o
pietre.
Tra
i
vantaggi
possiamo
citare
il
suo
basso
peso
e
la
mancanza
di
ritiro
e
inoltre
un
materiale
che
si
lavora
e
si
dipinge
facilmente,
inoltre
ha
buone
propriet
igieniche,
termiche
e
acustiche.
I
suoi
svantaggi
sono:
la
sua
dilavabilit
allacqua,
la
scarsa
resistenza
meccanica
allurto
e
allusura,
la
sua
cattiva
adesione
su
superfici
che
mancano
di
aggrappi
meccanici.
Calce
aerea:
esistono
vari
tipi
di
calce:
calce
viva
che
lossido
di
calcio;
calce
idrata
o
calce
spenta
che
lidrossido
di
calcio;
grassello
che
lidrossido
di
calcio
contenente
un
eccesso
di
acqua;
calce
idraulica
che
idrossido
di
calcio
pi
silicati
e
alluminati
di
calcio.
La
calce
viva
si
ottiene
per
calcinazione
di
pietre
calcaree
a
una
temperatura
di
900-1100.
Questa
reazione
comporta
una
diminuzione
del
44%
in
peso
e
di
circa
il
20%
in
volume
dal
carbonato
originario
dovuto
alla
perdita
si
anidride
carbonica.
Lossido
di
calcio
che
si
ottiene
caratterizzato
da
una
grande
porosit
e
una
reattivit
in
presenza
di
acqua.
Lossido
di
calcio
per
essere
utilizzato
come
legante
deve
essere
quindi
idratato
tramite
un
procedimento
di
spegnimento.
Si
ottiene
una
poltiglia
lattiginosa
che
lasciata
raffreddare
e
sedimentare
si
trasforma
in
una
massa
bianca,
plastica
e
untuosa
che
prende
il
nome
di
grassello.
Lo
spegnimento
si
conclude
con
una
lunga
stagionatura
in
apposite
plastiche
in
cui
il
grassello
ricoperto
da
sabbia
per
ridurre
il
contatto
con
laria
e
la
susseguente
formazione
di
carbonato.
Il
grassello
cos
ottenuto
contiene
circa
il
65%
di
acqua.
Nel
caso
in
cui
lidratazione
durante
la
stagionatura
incompleta
essa
continua
quando
il
materiale
in
opera
provocando
rigonfiamenti
localizzati.
Il
grassello
di
calce
spesso
usato
come
legante
nelle
malte
per
il
restauro,
e
questo
sia
per
il
basso
contenuto
di
sali,
sia
perch
non
essendo
soggetto
a
un
veloce
ritiro,
permette
di
ottenere
sigillature
e
stuccature
prive
di
fessurazione
e
di
stacchi.
La
calce
idrata
in
polvere
si
ottiene
spegnando
la
calce
viva
con
una
quantit
stechiometrica
di
acqua
negli
idratori
in
cui
la
calce
frantumata
viene
spruzzata
con
acqua
necessaria
per
lidratazione.
La
calce
idrata
indurisce
solo
allaria
per
evaporazione
del
solvente,
poi
fissando
lanidride
carbonica
contenuta
nellaria.
Per
conferire
alla
calce
delle
caratteristiche
che
le
consentono
di
essere
utilizzata
come
materiale
da
costruzione
e
per
evitare
fessurazione
e
screpolamenti
deve
essere
mescolata
alla
sabbia
che
a
seconda
della
forma,
granulometria
e
impurezze
influisce
sulla
lavorabilit,
resistenza
meccanica
e
durabilit.
La
calce
utilizzata
negli
intonaci,
affreschi,
pitture
murali
e
malte
di
allettamento.
A
seconda
delle
impurit
presenti
nelle
calci
aeree
si
distinguono
in
calci
grasse
e
calci
magre.
Le
calci
grasse
costituite
da
grana
cristallina
fine
si
idratano
facilmente
invece
le
calci
magre
costituite
da
particelle
pi
grosse
si
idratano
con
maggior
difficolt.
I
meccanismi
di
degrado
in
atmosfera
urbana
sono
molto
veloci,
dovuti
alla
porosit
e
alla
facilit
di
penetrazione
degli
inquinanti.
Subiscono
attacco
solfatico.
Laffresco:
un
uso
della
calce
si
ha
nella
tecnica
pittorica
dellaffresco
in
cui
il
legante,
mescolato
con
acqua
e
con
altri
composti
minerali,
quali
sabbia
o
polveri
di
marmo,
costituiscono
un
sottile
strato
di
preparazione
su
cui
lartista
dipinge.
La
calce
asciugandosi
trattiene
e
fissa
le
particelle
di
pigmento
agendo
da
supporto
e
da
medium
legante
del
colore.
Lo
strato
portante
dellaffresco
costituito
da
un
muro
in
pietra
o
mattoni
ricoperto
con
larriccio,
uno
strato
di
intonaco
composto
da
una
parte
di
calcio
e
due
di
sabbia
di
fiume
lavata
e
asciugata.
Lo
spessore
dellarriccio
variabile
e
dipende
dalle
sconnetti
ture
e
dalle
fratture
del
muro
di
appoggio,
la
sua
superficie
ruvida
per
facilitare
la
carbonatazione
e
favorire
ladesione
del
secondo
strato
preparatorio.
Lo
strato
preparatorio
detto
pittorico
costituito
da
grassello
di
calce
addizionato
con
sabbi
pi
fine
di
quello
dellarriccio
e
ricoprir
un
area
pari
a
una
giornata
di
lavoro.
La
superficie
da
dipingere
completamente
liscia
e
compatta
pronta
a
ricevere
i
pigmenti
minerali
stabili
alla
calce.
La
gamma
cromatica
dei
pigmenti
abbastanza
limitata.
Gli
affreschi
resistono
bene
allinvecchiamento
e
hanno
una
grande
stabilit.
Le
alterazioni
riscontrate
di
frequente
sono:
distacco
dellintonaco,
cattiva
presa
della
calce,
cedimenti
dello
strato
pittorico
per
effetto
del
suo
proprio
peso.
La
cattiva
adesione
dei
successivi
strati
di
intonaco
pu
essere
anche
dovuta
a
una
insufficiente
spolveratura
o
umidificazione
del
supporto.
La
qualit
della
calce,
la
granulometria
della
sabbia
e
un
cattivo
rapporto
legante-inerte,
possono
dar
luogo
a
crepe,
ritiri
e
fessurazioni.
A
questi
difetti
legati
alla
natura
dellaffresco
se
ne
aggiungono
altri
legati
alla
umidit
delle
murature,
alla
presenza
di
sali
solubili,
allattacco
di
biodeteriogeni
oltre
ai
danni
provocati
da
interventi
maldestri
di
pulitura
e
restauro,
oltre
allapporto
di
inquinanti
esterni.
Leganti
idraulici:
Calce
idraulica:
legante
che
ha
la
capacit
di
far
presa
e
indurire
sottacqua.
Tale
propriet
per
le
calci
idrauliche
naturali
si
ottiene
per
la
calcinazione
di
calcari
contenenti
dall8
al
20%
di
argilla
mentre
nelle
calci
idrauliche
artificiali
per
miscelazione
di
calce
idrata
e
pozzolana.
La
fabbricazione
della
calce
idraulica
naturale
avviene
ad
una
temperatura
di
1000-1200,
in
cui
parte
dellossido
di
calcio
formatosi
reagisce
con
silice,
allumina
e
ossido
di
ferro,
mentre
lossido
di
calcio
residuo
viene
idratato
dallacqua.
Le
pozzolane
artificiali
sono
costituite
da
argilla
e
scaldate
a
temperatura
di
circa
800
e
rappresentano
gli
scarti
di
tegole
e
mattoni.
I
componenti
attivi
della
calce
idraulica
sono:
silicati
e
alluminati
di
calcio
che
induriscono
con
lacqua
e
sottacqua;
idrossido
di
calcio
che
indurisce
allaria
per
carbonatazione.
Il
processo
di
indurimento
quindi
dovuto
alla
formazione,
per
idrolisi
colloidale,
di
un
gel
da
parte
dei
componenti
idraulici
e
alla
carbonatazione
della
componente
aerea.
Le
propriet
pi
o
meno
idrauliche
di
una
calce
sono
funzione
della
percentuale
di
argilla
presente
e
sono
caratterizzati
dallindice
di
Vicat
che
rappresenta
il
rapporto
tra
argilla
e
calce
ossia
tra
gli
ossidi
acidi
(silice,
allumine
e
ossidi
di
ferro)
e
quelli
basici
(ossido
di
calcio,
magnesio,
sodio
e
potassio).
In
base
a
questi
indici
abbiamo
una
classificazione
delle
calci
in:
calci
debolmente
idrauliche,
calci
mediamente
idrauliche,
calci
propriamente
idrauliche
e
calci
eminentemente
idrauliche
che
si
differenziano
per
il
tempo
di
presa
e
il
tempo
di
indurimento.
Le
fasi
di
fabbricazione:
1)La
cottura
a
1000-1200
durante
la
quale
una
parte
dellossido
di
calcio
ottenuto
per
decomposizione
del
calcare
reagisce
con
la
silice
e
lallumina
formando
silicati
alluminati
2)Lo
spegnimento
che
consiste
nellinnaffiare
la
calce
con
lacqua
per
avere
lidratazione
dellossido
di
calcio
residuo.
Tale
operazione
deve
assicurare
la
completa
trasformazione
della
calce
viva
in
idrossido
per
evitare
che
questa
reazione
avvenga
durante
la
presa
e,
che
un
eccesso
di
acqua,
dia
luogo
allidratazione
dei
silicati
e
alluminati
e
ad
un
loro
prematuro
indurimento
3)La
stagionatura
durante
la
quale
si
ha
la
riduzione
in
polvere
delle
calci,
permette
la
separazione
delle
impurit
e
uno
spegnimento
completo
delle
parti
meno
reattive.
La
resistenza
meccanica
funzione
diretta
dei
componenti
silicei.
Una
malta
a
base
di
calce
idraulica
ha
una
buona
lavorabilit
e
adesione,
isolamento
termico
e
fonico
e
scarsa
resistenza
meccanica,
poco
sensibile
alle
variazioni
climatiche,
la
resistenza
al
gelo
soddisfacente,
ha
un
buon
potere
ignifugo,
presenta
minore
effluorescenza
delle
malte
di
cemento,
ha
buone
propriet
disinfettanti
e
battericide,
mescolata
con
il
cemento
portland
costituisce
le
malte
bastarde.
Cemento
Portland:
un
legante
costituito
da
silicati
e
alluminati
di
calcio
e
da
piccole
quantit
di
gesso.
Si
ottiene
per
cottura
a
circa
1400
di
una
miscela
di
polvere
di
calcare
e
argilla
che
apporta
silice,
allumina
e
ossido
di
ferro.
Il
prodotto
di
tale
cottura,
detto
Clinker,
contiene
i
silicati
di
calcio
reattivi,
viene
raffreddato
rapidamente
e
sottoposto
a
una
finissima
macinazione
insieme
al
gesso.
I
silicati
sono
i
3)Finezza
della
polvere:
per
setacciamento
e
indirettamente
calcolando
la
superficie
specifica
con
il
metodo
di
Blaine.
4)Stabilit
del
volume:
osservazione
di
provini
fatti
con
paste
di
cemento
puro
in
specifiche
condizioni
e
controlli
di
rigonfiamenti
effettuati
con
gli
aghi
di
Le
Chantellier.
5)Prove
meccaniche:
resistenza
a
pressione
e
compressione
fatto
su
provini
normalizzati-
6)Ritiro:
in
relazione
alla
composizione
del
cemento
e
alla
sua
finezza.
7)Calore
di
idratazione:
esotermia,
da
informazione
sulla
composizione
mineralogica
e
finezza
dei
grani.
8)Esame
e
microscopio:
per
mettere
in
evidenza
la
presenza
di
celite,
alite,
belite
e
fase
ferrica.
-Degrado
dei
materiali
cementizi:
calcestruzzo
e
cemento
armato
Il
fenomeno
al
degrado
del
calcestruzzo
da
mettere
in
relazione
al
fatto
che
le
strutture
sono
diventate
sempre
meno
massicce
e
sottoposte
a
condizioni
climatiche
sempre
pi
severe
e
ad
atmosfere
industriali
particolarmente
inquinate.
Le
cause
del
deterioramento
del
calcestruzzo
sono
dovute
a
fattori
tecnici,
istituzionali
e
ambientali,
come
la
scarsa
qualit
dei
materiali,
il
cattivo
confezionamento
e
una
messa
in
opera
inadeguata,
errori
di
progettazione
e
di
calcolo,
lazione
di
fattori
esteri
di
origine
naturale
ed
antropica.
I
parametri
responsabili
della
qualit
e
della
durabilit
del
calcestruzzo
sono:
1)la
porosit
che
influenza
la
resistenza
allinvecchiamento
costituendo
una
facile
via
di
accesso
ad
aria,
liquidi
e
gas
nel
caso
di
una
struttura
fortemente
porosa
oppure
opponendo
una
efficace
barriera
alla
loro
diffusione
nel
caso
di
strutture
compatte.
Si
fa
distinzione
tra
porosit
costituzionale
(pori
della
pasta
di
cemento
e
inerti)
e
quella
indotta
(provocata
dai
rapporti
di
miscelazione
dalla
modalit
di
assestamento
o
prodotta
artificialmente
da
agenti
areanti).
2)Rapporto
acqua-
cemento
lacqua
aggiunta
allimpasto
ha
due
funzioni:
idratare
il
cemento
e
permettere
la
lavorabilit
del
calcestruzzo.
Un
eccesso
di
acqua
provocher
dei
vuoti
capillari
di
dimensioni
dei
pori
che
si
trovano
allinterno
del
gel.
Mentre
lacqua
di
idratazione
far
parte
integrante
della
struttura
e
non
sar
eliminata
dopo
lessiccamento,
quella
adsorbita
si
allontaner
lentamente
provocando
il
ritiro
della
pasta
cementizia.
Lacqua
capillare
evaporando
da
luogo
ad
una
porosit
capillare
con
mesopori
e
micropori
che
contribuiranno
considerevolmente
al
ritiro.
Il
rapporto
ottimale
da
una
parte
dar
una
completa
idratazione,
assicurate
una
buona
lavorabilit,
permettere
una
buona
compattazione
e
unalta
resistenza
meccanica
e
dallaltra
non
dovr
produrre
un
aumento
della
porosit
capillare.
3)Aggregati
la
composizione
granulometrica
del
calcestruzzo
ha
anche
una
notevole
importanza
sulla
permeabilit.
Se
si
vuole
ottenere
un
calcestruzzo
compatto
bisogna
tener
conto
della
natura
mineralogica
degli
aggregati,
della
loro
reattivit
chimica,
del
grado
di
pulizia,
della
morfologia
superficiale
e
della
forma.
La
sostituzione
di
una
parte
del
legante
con
degli
aggregati
dovrebbe
ridurre
il
ritiro
del
calcestruzzo
in
quanto
il
cemento
il
solo
componente
che
si
deforma
in
seguito
alla
variazione
di
umidit.
Non
si
pu
eccedere
a
tale
sostituzione
perch
c
il
rischio
di
formazione
di
una
macroporosit.
Nellinterfaccia
aggregati-legante
si
formano
delle
micro
fessure
molto
pi
ampie
dei
capillari
presenti
nella
massa
di
cemento,
che
possono
creare
delle
interconnessioni
tra
pori
con
conseguente
aumento
della
permeabilit
del
sistema.
4)Carbonatazione,
solfatazione,
colorurazione
un
degrado
pi
prettamente
chimico
causato
sul
calcestruzzo
da
anidride
carbonica,
anidride
solforosa,
cloruri
e
solfati.
La
diffusione
dellanidride
carbonica
contenuta
nellaria
e
nelle
acque
piovane
verso
linterno
del
calcestruzzo
provoca
una
reazione
di
carbonatazione.
Tale
reazione
abbassa
il
pH
del
cemento
armato,
in
questo
nuovo
ambiente
a
partire
da
un
pH
di
circa
9,
avviene
la
rottura
dellequilibrio
e
inizia
la
corrosione
dellacciaio
e
la
formazione
di
ruggine.
La
velocit
di
corrosione
dipender
essenzialmente
dalla
presenza
di
ossigeno,
umidit
e
temperatura.
Lacciaio
di
un
calcestruzzo
secco
si
corroder
lentamente
anche
se
il
cemento
completamente
carbonato;
la
corrosione
avanzer
rapidamente
invece
in
ambiente
umido
e
a
temperatura
elevata.
Lanidride
solforosa
uno
dei
principali
inquinanti
dellatmosfera
urbana
e
partecipa
insieme
allanidride
carbonica
allabbassamento
del
pH
allinterno
del
calcestruzzo.
Inoltre
lanidride
solforosa,
per
ossidazione
e
in
presenza
di
acqua
da
acido
solforico
che
reagisce
con
lidrossido
di
calcio
formando
gesso,
laumento
di
volume
di
questo
sale
provoca
delle
tensioni
meccaniche
sia
nella
porosit
che
nella
fessura
del
calcestruzzo.
Lazione
dei
solfati
contenuti
nelle
acque
marine
o
nelle
acque
freatiche
fortemente
disgregatrice
e
corrosiva
sul
calcestruzzo.
La
presenza
dei
cloruri
nel
calcestruzzo
pu
venire
da
particolari
inerti
ad
esempio
le
sabbie
marine
o
da
additivi
usati
come
acceleratori
di
presa.
Essi
provocano
sia
una
perdita
di
lavorabilit
che
effluorescenza.
Leffetto
corrosivo
dei
cloruri
sulle
armature
molto
violento
anche
in
calcestruzzi
non
carbonati
in
quanto
rendono
instabile
lossido
passivante
del
ferro
anche
a
valori
basici
propri
del
calcestruzzo.
-Malte
e
intonaci:
il
cemento
come
altri
leganti
minerali,
sono
usati
insieme
a
sabbia
e
agglomerati
vari
per
fabbricare
calcestruzzi
e
malte.
Nellintervento
di
restauro
le
malte
servono
per
riparare
fessure
o
parti
mancanti
della
pietra.
Una
malta
particolare
costituita
dagli
intonaci
che
hanno
funzioni
protettive
ed
estetiche
ai
quali
possiamo
anche
associare
gli
affreschi,
le
rifiniture
in
finta
pietra,
le
finiture
con
stucco
a
rilievo,
modanature
e
lesene.
Tutti
questi
parametri
murari
sono
la
parte
pi
esposta
di
un
edificio
in
quanto
subiscono
ogni
tipo
di
aggressione
atmosferica.
La
loro
efficacia
e
durabilit
legata
alla
qualit
dei
componenti
e
alle
tecniche
di
messa
in
opera.
Gli
intonaci
tradizionali
sono
formati
da
un
primo
strato
di
malta
denominato
rinsaffo,
costituita
da
cemento
e
sabbia
di
grossa
granulometria
sul
quale
viene
passato
lo
strato
di
arriccio
formato
da
cemento,
calce
e
sabbia
di
fiume,
lavato
con
molta
cura
e
a
consistenza
pastosa,
con
dosaggi
di
acqua
e
leganti
minori
rispetto
al
rinsaffo
per
garantire
buona
compattezza
e
scarsa
tendenza
alla
fessurazione.
La
sua
funzione
quella
di
assorbire
i
movimenti
del
muro
dovuti
allessiccamento
dello
strato
precedente
e
offrire
una
superficie
regolare
ma
abbastanza
ruvida
allo
strato
successivo.
Su
tale
strato
viene
deposto
lo
strato
di
finitura
di
minor
resistenza
e
maggiore
porosit
e
formato
da
una
micro
malta
a
base
di
cemento,
calce
e
una
piccola
parte
di
sabbia
polverizzata
o
da
legante
senza
carica.
Il
suo
spessore
deve
essere
il
minimo
possibile
per
evitare
le
fessurazione.
Si
lascia
asciugare
completamente
prima
di
passare
alla
tinteggiatura.
Principali
tipi
di
intonaco:
1)a
base
unicamente
di
calce
aerea
(ha
il
vantaggio
di
avere
una
elevata
permeabilit
al
vapore
acqueo,
una
buona
deformabilit
alle
sollecitazioni
termiche,
poca
sensibilit
alle
variazioni
di
umidit
relativa
dellaria;
gli
svantaggi
sono
debole
resistenza
meccanica
e
forte
sensibilit
allacqua
e
alla
cristallizzazione
dei
sali);
2)a
base
di
sola
calce
aerea
(possono
essere
migliorati
con
laggiunta
di
calce
idraulica,
soprattutto
per
le
caratteristiche
meccaniche
e
di
resistenza
alle
intemperie);
3)intonaci
a
base
di
malte
bastarde
(presenti
due
leganti
quali
calcio
e
gesso
,
calce
aerea
e
calce
idraulica,
grassello
e
cemento);
4)intonaco
classico
(costituito
da
leganti
idraulici
quali
calce
e
cemento
che
con
opportune
modifiche
pu
essere
anche
usato
nel
restauro);
5)intonaci
speciali
e
intonaci
sintetici
(caratterizzati
da
additivi
organici
o
minerali,
e
da
leganti
o
inerti
di
natura
polimerica.
Classificati
come
intonaci
termoisolanti,
fonoassorbenti,
deumificanti,
impermealizzanti
e
consolidanti).
Il
degrado
degli
intonaci
provocato
da
vari
fattori:
6)interazione
di
vari
strati
componenti
lintonaco
stesso
quali
ritiro
e
dilatazioni
termiche
differenziali,
rigonfiamenti
dovuti
ad
assorbimento
dacqua,
incompatibilit
chimica
tra
i
vari
materiali;
7)azioni
connesse
al
supporto
murario
come
tensione
di
assestamento,
umidit,
effluorescenze,
fattori
che
provocano
in
genere
il
distacco
dellintonaco;
8)azioni
dovute
allaggressione
dellambiente
esterno,
come
erosione
meccanica
della
pioggia
e
dei
venti,
dilatazioni
e
contrazioni
dovute
a
sbalzi
termici,
gelo
condensazione
ed
evaporazione
dellacqua
in
seguito
a
variazioni
igrometriche,
atmosfere
aggressive,
attacchi
biologici.
Il
degrado
si
manifesta
con
perdita
di
coesione
superficiale,
spolvera
mento,
distacco
degli
strati
di
intonaco
luno
dallaltro
o
distacco
intonaco-
muratura.
11)I
PRODOTTI
DI
TRATTAMENTO
DI
TIPO
CLASSICO
-Leganti
organici
naturali
e
cere
I
leganti
organici
naturali
sono
sia
di
origine
vegetale
che
animale,esse
riuniscono
varie
famiglie
di
prodotti
quali
le
resine
terpeniche,
i
prodotti
proteici,
polisaccaridi,
gli
oli
siccativi.
-I
terpeni
sono
essudati
di
piante
derivanti
dallunione
di
pi
molecole
di
isoprene,
tra
i
pi
noti
abbiamo
olio
di
trementina
ambra,
dammar,
gommalacca,
balsamo
del
Canada,
rosine,
lacche
orientali.
-I
composti
proteici
hanno
un
certo
potere
legante
ma
sono
sensibili
ai
processi
idrolitici
provocati
da
microorganismi
e
da
variazioni
idrotermiche.
Sono
utilizzati
nei
dipinti
e
nelle
tecniche
di
restauro
pittorico
e
comprendono
caseina,
albumina
e
le
varie
colle
animali.
-I
leganti
polisaccaridi
comprendono
amidi,
cellulosa,
eteri,
esteri
e
gomme
polisaccaridiche.
-Gli
oli
siccativi
sono
esteri
della
glicerina
con
acidi
insaturi
grassi
che
essiccano
allaria
per
reazione
del
doppio
legame
con
O2
dellaria.
-Come
protettivo
per
pietre
stato
utilizzato
lossalato
di
ammonio
per
via
della
reazione:
CaCO3
+
(NH4)2C2O4+H2OCaC2O4*
H2O+2NH3+CO2+
H2O
che
porta
alla
produzione
di
patine
di
ossalati
di
calcio
dalla
notevole
resistenza.
Se
la
pietra
ha
subito
un
attacco
solfatico
il
solfato
di
calcio
trasformato
nel
pi
stabile
ossalato.
Le
cere
naturali
possono
essere
di
origine
animale,
vegetale
e
minerale,
tutte
hanno
un
basso
punto
di
rammollimento,
tendenza
allingiallimento
e
di
trattenere
lo
sporco,
inoltre
liniziale
idrorepellenza
delle
superfici
incerate
diminuisce
nel
tempo.
Le
cere
sono
applicate
in
soluzione
o
sottoforma
di
dispersioni
in
solvente
organico
oppure
sono
date
a
caldo
allo
stato
fuso.
Il
loro
potere
di
penetrazione
alquanto
basso
soprattutto
su
marmi
e
calcari
compatti.
Tra
le
cere
animali
abbiamo
la
cera
dapi
applicata,
disciolta
in
trementina,
su
superfici
levigate
di
sculture
conservate
in
ambienti
interni
in
quanto
esposta
allesterno
manifesta
scarso
potere
adesivo,
tendenza
a
diventare
appiccicosa
e
di
trattenere
impurezze
e
degrado
per
effetto
dellinquinamento
atmosferico.
Le
cere
derivate
dal
petrolio
includono
il
gruppo
delle
paraffine,
petrolati
e
il
gruppo
delle
ceresine
a
cui
appartengono
anche
le
cere
microcristalline
il
cui
uso
limitato
a
pietre
compatte.
Le
cere
microcristalline
sono
formate
da
cicloparaffine
sature,
isoparaffine
ramificate
e
paraffine
lineari.
La
lunghezza
della
catena
idrocarburica
dona
alle
cere
microcristalline
maggiore
flessibilit
a
basse
T,
una
migliore
adesione
e
un
buon
grado
di
idrorepellenza.
Le
principali
raccomandazioni
per
lapplicazione
sono:
1)le
superficie
da
trattare
deve
essere
pulita
e
le
eventuali
fessure
riparate;
2)la
superficie
della
pietra
deve
essere
riscaldata
prima
di
ricevere
la
cera
fusa
o
in
soluzione.
lapplicazione
va
ripetuta
pi
volte,
successivamente
la
pietra
va
nuovamente
riscaldata
allari
calda
ad
una
T
maggiore
del
punto
di
fusione
della
cera
e
leccesso
eliminato.
Le
cere
sintetiche
sono
formate
da
idrocarburi
polimerizzati,
idrocarburi
ossidati
ed
esteri,
hanno
il
vantaggio
di
essere
termicamente
stabili,
avere
maggior
resistenza
chimica
e
si
idrolizzano
pi
difficilmente.
-Trattamento
alla
calce
Il
Ca(OH)2
reagendo
con
la
CO2
dellaria
forma
il
CaCO3
insolubile,
che
dovrebbe
avere
propriet
fissative
sulle
parti
pi
friabili
della
roccia
e
un
effetto
isolante
contro
i
composti
solforati
dellatmosfera.
I
risultati
di
tale
trattamento
sono
dubbi
per
due
motivi:
si
ha
leffettiva
carbonatazione
della
Ca(OH)2
pi
superficiale
che
impedisce
la
penetrazione
della
CO2
pi
in
profondit
nella
pietra;
la
reazione
di
Ca(OH)2
con
la
SO3
forma
CaSO
4
pi
solubile
rispetto
al
carbonato.
Nonostante
ci
il
trattamento
alla
calce
uno
dei
metodi
tradizionali
pi
utilizzati
e
che
ricopre
tutte
le
fasi
della
conservazione
delle
pietre
calcaree:
pulitura,
consolidamento,
riparazione
della
superficie
lapidea
e
applicazione
di
uno
strato
protettivo.
La
calce
non
un
materiale
polimerico
con
intrinseche
propriet
adesive
ma
si
tratta
di
un
prodotto
inorganico
che
pu
avere
qualche
effetto
ristrutturante
solo
in
seguito
allo
sviluppo
di
cristalli
di
opportuna
dimensione
e
orientamenti.
-Consolidamento
di
pietre
calcaree
con
idrossido
di
bario
Sfrutta
la
formazione
di
BaCO3.
Lo
scambio
tra
Ca
e
Ba
possibile
data
la
piccola
differenza
di
raggio
atomico
tra
i
due
metalli
alcalino
terrosi.
Tale
scambio
utile
anche
per
trasformare
il
gesso
solubile,
se
presente,
in
solfato
di
bario
insolubile,
evitando
cos
fenomeni
di
efflorescenze
e
di
riprecipitazioni
secondo
le
reazioni:
Ba(OH)2+CaSO4
BaSO4+
Ca(OH)2
Ca(OH)2
+
CO2CaCO3
In
seguito
al
trattamento
si
sono
manifestati
scarso
consolidamento,
una
parziale
solubilizzazione
del
carbonato
di
calcio,
successivamente
riprecipitato
in
zone
diverse
di
quelle
originali
e
delle
esfoliazioni
dovute
alla
crescita
di
cristalli
anisotropi
di
carbonato
e
solfato
di
bario.
Il
meccanismo
di
consolidamento
ottenuto
con
una
soluzione
di
Ba(OH)2
,
urea
e
glicerina
comporta
prima
uno
scambio
tra
il
calcio
e
il
bario
sui
grani
di
carbonato:
CaCO3+
Ba(OH)2
BaCO3
+
Ca(OH)2
Quindi
una
crescita
dei
cristalli
di
BaCO3
che
assicurano
un
legame
permanente
ed
efficace:
Ba(OH)2+
CO2atmosferico
BaCO3+
H2O
La
carbonatazione
dei
silicati
alcalini
forma
acido
silicico
instabile
e
Sali
insolubili
quali
carbonato
di
sodio
e
potassio
che
danno
efflorescenze
sulla
superficie
lapidea.
Per
prevenirle
stata
suggerita
una
carbonatazione
artificiale
e
leliminazione
meccanica
superficiale
dei
cristalli
di
carbonato.
Verso
la
met
del
900
sono
stati
messi
a
punto
gli
alchilsiliconati
alcalini
solubili
in
acqua
e
alcool
che
possono
essere
applicati
anche
su
muri
umidi.
La
formula
generale
:R-Si(OH)2-OMe,
R
rappresenta
il
gruppo
CH3
o
C3H7
mentre
Me
Na
o
K
.
Il
sodio
metilsiliconato
si
ottiene
per
reazione
del
metiltriclorosilano
con
idrossido
di
sodio,
durante
lapplicazione
il
sodio
viene
neutralizzato
dalla
CO2
dellaria
formando
i
silanoli
che
a
loro
volta
reagiscono
o
con
i
componenti
della
pietra
o
condensano
in
una
catena
reticolata
polisilossanica.
Sebbene
questi
composti
presentano
un
effettivo
consolidamento
e
conferiscono
un
effetto
idrorepellente,
manifestano
lo
svantaggio
di
formare
dei
carbonati
alcalini.
I
composti
potassici
sono
preferiti
a
quelli
sodici
in
quanto
i
loro
Sali
hanno
un
volume
pi
piccolo.
12)CONSOLIDANTI
E
PROTETTIVI
SINTETICI:
POLIMERI
ORGANICI
DEL
SILICIO
la
famiglia
dei
siliconi
sono
polimeri
la
cui
catena
principale
costituita
da
atomi
di
silicio
e
atomi
di
ossigeno
alla
quale
sono
legati
gruppi
organici
di
vario
tipo.
Possiamo
raggruppare
i
siliconi
in
tre
principali
categorie:
1)Prodotti
idrorepellenti
che
permettono
la
protezione
delle
murature
senza
compromettere
la
diffusione
di
vapore
acqueo.
Sono
disponibile
in
varie
forme:
-leganti
a
base
di
resine
siliconiche
emulsionabili
in
acqua
che
presentano
una
buona
permeabilit
al
vapore
acqueo
e
un
basso
grado
di
assorbimento
dellacqua
liquida
e
un
a
elevata
durabilit.
-Additivi
per
emulsione
acquosa
che
migliorano
lidrorepellenza
e
la
resistenza
allacqua.
Sono
anche
incluse
nella
formulazione
di
barriere
impermeabili
e
sono
usate
per
ritardare
lessiccazione
delle
pitture
e
facilitarne
lapplicazione.
-Primers
a
base
di
microemulsione
acquosa
che
permettono
di
consolidare
il
substrato,
renderlo
asciutto
e
idrorepellente
e
costituisce
una
buona
preparazione
per
la
successiva
applicazione
di
una
pittura
o
di
un
intonaco.
-Impregnanti
idrorepellenti
per
materiali
lapidei
capaci
di
costituire
una
efficace
barriera
contro
lacqua
senza
per
impedire
il
passaggio
di
vapore
acqueo.
-Impregnanti
idro
e
olio
repellenti
a
base
di
silossani
e
resine
sintetiche
in
solventi
organici
per
il
trattamento
di
materiali
porosi
particolarmente
esposti
agli
effetti
degli
inquinanti
atmosferici.
-Barriere
isolanti
contro
la
risalita
capillare
dacqua
ottenute
con
metil
siliconati
solubili
in
acqua.
2)Consolidanti
per
pietre
alterate
a
base
di
silicati
capaci
di
ricostituire
un
legante
tra
i
minerali
disgregati,
aumentare
la
resistenza
meccanica
e
ridurre
lazione
distruttrice
degli
agenti
corrosivi.
3)Siliconi
vulcanizzabili
a
temperatura
ambiente
per
giunti
di
dilatazione
e
calchi
per
la
riproduzione
di
oggetti
darte.
-Chimica
dei
composti
del
silicio
Le
propriet
dei
siliconi
sono
in
relazione
con
lenergia
di
legame
silicio-ossigeno
che
molto
pi
forte
sia
del
legame
silicio-silicio
che
del
legame
carbonio-carbonio.
Silicio
e
carbonio
appartengono
entrambi
al
gruppo
4
e
presentano
4
elettroni
di
valenza
in
orbitali
ibridi
sp3.
Tuttavia
il
silicio
ha
un
guscio
elettronico
interno
in
pi
rispetto
al
carbonio
che
rende
difficoltosa
la
formazione
di
legami
silicio-silicio
mentre
favorisce
quella
dei
legami
carbonio-carbonio.
Sia
il
silicio
che
il
carbonio
reagiscono
con
lossigeno,
tuttavia
il
legame
silicio-ossigeno
pi
forte.
La
differente
tendenza
allossidazione
tra
silicio
e
carbonio
dimostrata
dal
fatto
che
il
silicio
non
si
trova
quasi
mai
in
natura
in
forma
non
ossidata
mentre
abbondantissimo
sottoforma
di
silicio.
Il
legame
carbonio-idrogeno
pi
forte
del
legame
silicio-idrogeno
e
mentre
esistono
migliaia
di
alcani,
sono
conosciuti
poco
i
silani.
Il
comportamento
inorganico
dei
siliconi
dipende
dalla
catena
polimerica
Si-O-Si-O-Si
da
cui
deriva
una
buona
stabilit
termica
e
una
buona
inerzia
chimica.
La
flessibilit
della
catena
dovuta
allapertura
di
160
dellangolo
Si-O-Si
e
al
legame
ibrido
Si-O.
ci
permette
allatomo
di
Si
e
ai
gruppi
atomici
ad
esso
legato
di
ruotare
liberamente
di
360
attorno
allatomo
di
ossigeno.
La
natura
polare
del
legame
Si-C
dovuta
al
fatto
che
latomo
di
Si
pi
elettropositivo
dellatomo
di
C.
tale
polarit
aumenta
in
funzione
dellelettronegativit
dei
sostituenti
dellatomo
di
C.
i
radicali
organici
pi
frequentemente
legati
alla
catena
principale
sono
i
gruppi
metilici
e
fenilici,
i
primi
responsabili
dellidrorepellenza
e
del
consolidamento
delle
superfici
trattate,
i
secondi
per
le
resistenze
al
calore
e
alle
contraenti
meccaniche.
La
tensione
superficiale
dei
siliconi
lineari
aumenta
con
il
grado
di
polimerizzazione,
il
carattere
idrorepellente
dovuto
in
parte
alla
bassa
tensione
superficiale
e
in
parte
allorientamento
delle
molecole
sulla
superficie
lapilea.
Silani
Sono
estremamente
reattivi
e
si
infiammano
spontaneamente
a
temperatura
ambiente.
Questa
propriet
fa
si
che
gli
atomi
di
silicio
si
leghino
tramite
legami
Si-O.
Silossani
Sono
molecole
che
contengono
il
legame
Si-O,
detti
silossani
o
siliconi,
la
cui
formula
generale
(R2SiO)n
dove
R
un
gruppo
alchilico
o
arilico.
Derivati
che
contengono
uno
o
pi
gruppi
ossidrili
sono
chiamati
silanoli.
I
siliconi
si
preparano
con
un
processo
diretto
sviluppato
da
Rochow
che
consiste
nel
far
reagire
un
cloruro
organico
con
il
silicio
a
temperatura
elevata
e
in
presenza
di
un
catalizzatore:
accanto
al
dimetildiclorosilicio
si
formano
anche
piccole
quantit
di
trimetilclorosilicio
e
di
metiltriclorosilicio.
Il
dimetildiclorosilicio
reagisce
a
sua
volta
con
lacqua
formando
il
dimetilsilandiolo.
Segue
una
reazione
di
condensazione
che
da
luogo
a
una
catena
siliconica
la
cui
lunghezza
pu
essere
controllata
introducendo
una
certa
quantit
di
trimetilclorosilicio
per
produrre
trimetilsilanoro
che
condensa
con
un
altro
gruppo
Si-OH
e
si
ha
linterruzione
della
catena.
I
siliconi
con
10
atomi
di
Si
sono
liquidi
metre
quelli
a
catena
pi
lunga
hanno
un
aspetto
ceroso.
Se
invece
si
introduce
una
certa
quantit
di
metiltriclorosilicio
si
ha
formazione
di
un
composto
reticolato
solido.
Infatti
il
metiltricolosilicio
con
acqua
da
metilsilantriolo
che
condensando
con
un
altro
gruppo
Si-OH
forma
tre
legami
SI-O-Si.
Da
un
punto
di
vista
chimico
i
siliconi
hanno
propriet
intermedia
tra
i
composti
organici
e
quelli
inorganici.
I
siliconi
a
differenza
degli
altri
polimeri
sintetici
hanno
una
buona
stabilit
termica
e
ossidativa,
grande
inerzia
verso
gli
agenti
atmosferici
e
qualit
dielettriche.
Sono
flessibili
ed
elastici
entro
un
largo
intervallo
di
temperatura.
La
loro
flessibilit
in
relazione
alla
facilit
con
cui
i
legami
della
struttura
molecolare
possono
flettersi,
la
mancanza
di
carica
elettrica
nei
gruppi
laterali
e
il
fatto
che
essi
non
sono
legati
a
tutti
gli
atomi
dello
scheletro
molecolare,
ma
solo
ad
atomi
alternati
determina
la
loro
grande
mobilit.
I
siliconi
hanno
una
grande
capacit
di
rendere
le
superfici
trattate
idrorepellenti
e
non
impermeabili.
Lidrorepellenza
descritta
in
termini
di
angolo
di
contatto
tra
la
superficie
solida
su
cui
sono
deposte
e
le
gocce
dacqua,
pi
grande
langolo
di
contatto,
minore
sar
il
lavoro
per
unit
di
area
richiesto
per
allontanare
lacqua
dalla
superficie
solida.
La
molecola
dei
silossani
formata
da
una
componente
non
polare
costituita
da
un
gruppo
alchilico
che
ne
determina
il
grado
di
idrorepellenza,
lefficacia,
la
durabilit
e
la
stabilit
e
da
gruppi
alcossilici
polari
che
per
idrolisi
formano
dei
silanoli
e
liberano
alcol.
I
gruppi
alcossilici
determinano
la
velocit
di
idrolisi
e
la
compatibilit
del
silossano
con
il
substrato
lapideo.
Di
conseguenza
controllano
la
velocit
di
penetrazione
del
protettivo
nei
pori
e
nei
capillari
del
supporto.
tra
gli
alcossisilani
uno
dei
pi
utilizzati
per
il
consolidamento
della
pietra
stato
il
metiltrimetossisilano
la
cui
reazione
di
polimerizzazione
procede
attraverso
reazioni
di:
idrolisi,
condensazione
alcolica
e
infine
disidratazione
e
condensazione.
Microemulsioni
siliconiche
in
acqua
Rivelatesi
efficienti
per
limpregnazione
di
facciate,
come
primers
per
le
pitture
e
per
la
realizzazione
di
barriere
impermeabili
contro
la
risalita
capillare
di
acqua
nelle
murature.
Le
emulsioni
formano
dei
films
per
coalescenza
delle
particelle
disperse
in
acqua
in
seguito
ad
evaporazione
del
solvente.
La
coalescenza
funzione
della
rigidit
e
della
tensione
superficiale
delle
particelle
polimeriche.
Le
microemulsioni
hanno
un
diametro
inferiore
del
diametro
medio
dei
pori
delle
pietre
naturali
e
questo
ne
aumenta
il
potere
penetrante.
Si
prestano
bene
come
prodotti
idrorepellenti
e
la
loro
penetrazione
anche
facilitata
da
un
processo
di
idrolisi
e
di
policondensazione
abbastanza
lento.
Le
microemulsioni
siliconiche
concentrate
sono
liquidi,
anidri,
esenti
da
solventi,
a
bassa
viscosit,
termo
dinamicamente
stabili
e
otticamente
isotropi.
Contengono
oltre
ad
un
emulsificante
anche
un
coemulsificante.
I
componenti
di
una
microemulsione
siliconica
sono
quindi:
una
fase
acquosa
che
costituisce
il
liquido
disperdente,
una
fase
oleosa
composta
da
silani,
silos
sani
e
polisilossani,
una
emulsificante
formata
da
polisilossani
con
gruppi
funzionali
di
acetato
dammonio,
un
coemulsionante
costituito
da
silani
e
silossani
a
basso
peso
molecolare.
Le
microemulsioni
concentrate
anidre
sono
stabili
per
lunghi
periodi,
laddizione
dacqua
le
rende
utilizzabili
in
un
lasso
di
tempo
ridotto
in
quanto
vengono
attivate
le
componenti
attive
che
provocano
la
condensazione
e
la
reticolarizzazione
delle
catene
polimeriche.
Lefficacia
delle
microemulsioni
siliconiche
quali
consolidanti
delle
pietre
notevolmente
influenzata
dalla
presenza
di
Sali
solubili,
in
particolare
solfati
e
nitrati
e
in
minor
misura
cloruri
e
carbonati.
I
Sali
provocano
la
rottura
dellemulsione
in
due
fasi
distinte:
una
ricca
di
resina
caratterizzata
da
una
elevata
viscosit
e
da
scarso
potere
di
penetrazione
e
unaltra
piuttosto
acquosa
con
scarsa
concentrazione
in
resina.
Questo
da
luogo
ad
un
deposito
di
resina
solo
superficiale
mentre
la
fase
acquosa
ha
tendenza
a
far
migrare
i
sali
solubili
verso
linterno
della
pietra
con
conseguente
occlusione
della
capillarit
e
diminuzione
di
resistenza
al
gelo
di
materiali
lapidei.
Esteri
silicei
Gli
alcossi
esteri
dellacido
silicico
sono
usati
specialmente
come
consolidanti
delle
pietre
per
la
loro
capacit
di
depositare
silice
colloidale.
Lesterificazione
dellacido
silicico
rappresenta
una
semplice
reazione
con
letanolo.
Industrialmente
la
sintesi
dellestere
tetra
silicico
si
ottiene
facendo
reagire
il
tetracloruro
di
silicio
con
etanolo.
Gli
esteri
silicei
sono
composti
molto
stabili
se
non
vengono
in
contatto
con
lacqua
o
con
prodotti
in
cui
presente
il
gruppo
ossidrile,
infatti
in
presenza
di
acqua
e
in
ambiente
neutro
letilsilicato
si
idrolizza
molto
lentamente
trasformandosi
in
silice
amorfa.
La
reazione
accelerata
da
catalizzatori
acidi
o
basici,
da
alcuni
solventi
o
da
sali
metallici.
da
evitare
luso
dellacido
cloridrico.
La
reazione
di
idrolisi,
oltre
a
dipendere
dalla
quantit
di
acqua
presente,
che
viene
fornita
in
parte
dallumidit
dellaria
e
in
parte
da
quella
della
pietra,
anche
parzialmente
influenzata
dalla
temperatura.
Una
reazione
troppo
rapida
porterebbe
alla
formazione
di
un
gel
poco
compatto
e
non
uniforme,
mentre
un
trasformazione
lenta
provocherebbe
una
perdita
parziale
di
tetraetilsilicato
per
evaporazione.
Il
meccanismo
di
trasformazione
dellestere
e
di
conseguenza
il
tipo
di
consolidamento
ottenuto
pu
avvenire
in
due
differenti
maniere
a
seconda
che
i
gruppi
ossidrilici
provengono
solamente
dalle
molecole
dacqua
o
se
sono
anche
parte
integrante
del
substrato
lapideo.
Nel
primo
caso
la
silice
formatasi
si
deposita
semplicemente
nella
sua
porosit
o
negli
spazi
intergranulari
aumentando
la
sua
resistenza
a
compressione
ma
senza
formare
un
vero
legame
tra
minerali
e
disgregati.
Nel
caso
in
cui
la
pietra
presenta
essa
stessa
dei
gruppi
OH
si
pu
avere
un
reale
effetto
consolidante
in
quanto
il
polimero
siliceo
formatosi
pu
stabilire
un
legame
tra
i
grani
disgregati
reagendo
con
i
gruppi
ossidrilici.
questa
una
delle
ragioni
in
cui
il
consolidamento
si
rivelato
efficace
per
le
arenarie
e
pietre
argillose
mentre
non
di
grande
utilit
per
marmi
e
calcari.
La
bassa
viscosit
dellestere
siliceo
permette
una
buona
penetrazione
del
prodotto
senza
ridurre
la
porosit
e
senza
compromettere
la
respirabilit
della
pietra.
Oltre
alla
reazione
di
idrolisi
gli
esteri
silicei
possono
anche
subire
delle
reazioni
di
policondensazione
che
sono
particolarmente
importanti
per
il
consolidamento
delle
pietre.
Mastici
per
giunti
di
dilatazione
I
mastici
siliconici
costituiti
principalmente
da
un
legante
siliconico
liquido,
da
inerti
inorganici
e
da
un
agente
di
reticolazione,
si
sono
rilevati
i
migliori
materiali
per
la
fabbricazione
di
giuntoi
di
dilatazione
in
quanto
presentano
delle
qualit
intermedie
elastoplastiche
capaci
di
assorbire
i
movimenti
dei
muri
oltre
ad
avere
una
buona
resistenza
allinvecchiamento.
I
mastici
siliconici
devono
la
grande
deformabilit
e
la
loro
capacit
di
recupero
allo
svolgimento
e
al
riavvolgimento
delle
singole
molecole.
La
rotazione
degli
atomi
della
catena
principale
attorno
ai
legami
esistenti
consente
il
cambiamento
di
configurazione,
lorientamento,
lallungamento
e
il
recupero
della
posizione
iniziale.
Unelevata
mobilit
rotazionale
si
ottiene:
a)Quando
sono
in
gioco
unit
monometriche
caratterizzate
da
sostituenti
laterali
che
presentano
la
minima
interazione
possibile,
cos
da
abbassare
lenergia
di
attivazione
della
rotazione
b)Quando
le
interazioni
intermolecolari
tra
macromolecole
diverse
sono
molto
limitate.
Queste
interazioni
sono
anche
ridotte
da
un
grande
volume
libero,
ossia
da
grandi
distanze
medie
tra
le
catene
molecolari.
I
siliconi
vulcanizzabili
a
temperatura
ambiente
si
trasformano
dallo
stato
liquido
in
una
massa
elastoplastica
per
addizione
di
un
agente
di
reticolazione
o
per
reazione
diretta
con
il
vapore
acqueo
dellaria.
I
siliconi
monocomponente
sono
molto
facili
da
applicare.
La
loro
reticolazione
avviene
per
reazione
di
idrolisi
con
lumidit
dellaria.
Per
non
avere
problemi
di
corrosione
dovuto
allo
sviluppo
di
prodotti
acidi
e
per
non
ricorrere
alluso
di
primers,
nel
caso
di
materiali
da
costruzione,
sono
da
preferire
i
mastici
a
reazione
basica
o
neutra.
Il
degrado
dovuto
principalmente
agli
effetti
dellacqua
e
dellumidit.
Lacqua
che
penetra
attraverso
la
massa
siliconica
o
allinterfase
polimero-substrato
provoca
delle
reazioni
di
idrolisi
che
portano
alla
rottura
della
catena
molecolare
principale
o
a
trasformazione
dei
gruppi
laterali
o
terminali.
13)LA
RIPRODUZIONE
DI
OGGETTI
DARTE
Materiali
per
calchi
Le
principali
propriet
che
si
richiedono
a
un
materiale
usato
per
calchi
sono:
controllo
della
velocit
di
vulcanizzazione
e
delle
caratteristiche
reologiche,
resistenza
alla
lacerazione,
durabilit,
facilit
di
distacco
dalloriginale,
assenza
di
migrazione
ed
interferenza
con
loriginale.
I
primi
calchi
erano
fatti
da
materiali
rigidi
come
gesso
e
argilla,
poi
si
pass
alluso
della
gelatina
ricavata
dalle
ossa
di
animale
che
permise
di
ottenere
calchi
elastici
e
flessibili,
inoltre
la
gelatina
poteva
essere
riutilizzata
pi
volte
per
successive
fusioni
e
raffreddamento.
Tra
i
maggiori
inconvenienti
di
questo
materiale
c
da
evidenziare
una
scarsa
resistenza
meccanica
e
la
facilit
alla
lacerazione.
Lavvento
della
gomma
suscit
interesse
anche
come
materiale
per
calchi
infatti
emulsioni
di
Latex
stabilizzate
con
ammoniaca
furono
spalmate
sulla
superficie
delle
sculture
da
riprodurre
dando
luogo
a
risultati
abbastanza
stupefacenti
per
si
deteriora
abbastanza
rapidamente.
Negli
ultimi
30
anni
sono
stati
messi
a
punto
dsei
materiali
sintetici
quali
le
gomme
polisolfoniche,
le
gomme
viniliche,
gli
elastomeri
poliuretanici
ed
epossidici.
I
polimeri
che
comunque
corrispondono
meglio
alle
richieste
dei
restauratori
sono
le
gomme
siliconiche
vulcanizzabili
a
temperatura
ambiente.
Le
principali
caratteristiche
dei
calchi
in
silicone
sono
la
stabilit
termica,
basso
ritiro
e
buona
facilit
di
distacco.
La
vulcanizzazione
si
ottiene
per
addizione
di
catalizzatori
a
base
di
sali
metallici,
ammine,
esteri
silicei
mescolati
con
composti
organo
stannici.
Tecniche
di
riproduzione
La
prima
fase
di
realizzazione
di
una
copia
consiste
in
una
buona
preparazione
e
protezione
delle
scultura
originale.
Quando
si
interviene
su
oggetti
molto
degradati
necessario
consolidarne
la
superficie
fissando
tutte
le
pareti
facilmente
asportabili.
indispensabile
una
buona
operazione
di
pulitura
per
eliminare
sporco,
polvere
e
residui
di
grasso.
Piccole
cavit,
fessurazioni
e
interstizi
vanno
riempiti
o
ricoperti
in
modo
da
eliminare
tutti
i
possibili
punti
di
ancoraggio
tra
silicone
e
modello.
Quindi
si
applica
alla
superficie
della
scultura
originale
una
sostanza
o
una
pellicola
che
impedisca
ladesione
del
materiale
di
calco
e
ne
faciliti
il
distacco-
se
la
superficie
del
modello
porosa
essa
va
protetta
con
un
sottile
film
o
con
un
reagente
non
reattivo
come
la
metilcellulosa
o
lalcol
polivinilico.
Se
esiste
il
rischio
che
il
silicone
possa
legarsi
chimicamente
alla
superficie
del
modello
si
fa
uso
di
prodotti
isolanti
a
base
di
cera,
vasellina,
paraffina.
Limpiego
del
protettivo
ha
diverse
funzioni:
impedire
al
silicone
stesso
la
penetrazione
nelle
asperit
della
pietra,
isolare
la
superficie
lapidea
da
eventuali
reazioni
acide
prodotte
durante
la
vulcanizzazione,
facilitare
il
distacco
del
calco
dopo
la
reticolazione
della
massa
polimerica.
Gli
agenti
di
distacco
utilizzati
sono
cere,
polimeri
fluorurati,
vernici
acriliche,
cere
polietileniche.
A
volte
la
superficie
del
modello
pu
inibire
lazione
vulcanizzante
del
catalizzatore
e
quindi
bisogna
ricorrere
a
film
di
paraffina
o
plastica
insolubile.
Materiali
per
la
riproduzione
I
pi
usati
sono
cera,
gesso,
cemento
bianco,
metalli
e
leghe
a
basso
punto
di
fusione,
resine
termoindurenti
come
poliesteri
insaturi
o
resine
epossiliche,
resine
e
mousse
poliuretaniche,
pi
raramente
resine
metacriliche.
Dopo
la
rimozione
del
calco
le
copie
hanno
bisogno
di
un
trattamento
di
finitura
che
pi
essere
una
semplice
pulitura,
oppure
luso
di
solventi
organici
o
sabbiatura.
Lultima
operazione
quella
di
verniciatura,
doratura
o
patinatura
della
copia
ottenuta.
-Cere:
usate
per
i
processi
a
cera
persa
cio
quando
si
ha
a
che
fare
con
riproduzione
in
metallo
con
punto
di
fusione
superiore
a
350
(bronzo).
Dal
calco
in
silicone
si
ricava
la
copia
in
cera
che
viene
usata
come
positivo
per
preparare
un
nuovo
calco
con
terra
refrattaria.
La
cera
viene
successivamente
eliminata
per
riscaldamento
e
fusione
e
del
metallo
fuso
introdotto
nel
negativo
in
terra.
-Gesso:
usato
per
stucchi,
decorazioni,
statue
destinate
ad
essere
conservate
allinterno.
-Cementi:
tutti
i
materiali
a
reazione
alcalina
possono
attaccare
il
calco
in
silicone,
che
rilascia
sul
positivo
un
deposito
biancastro,
quindi
si
ricorre
ad
agenti
isolanti
sintetici
che
presentano
buona
resistenza
allalcalinit.
-Resine
sintetiche:
mentre
possibile
fare
un
grande
numero
di
copie
con
poliesteri,
epossidiche
e
poliuretani
sempre
con
lo
stesso
calco,
difficile
ottenere
dei
buoni
risultati
con
i
calchi
in
silicone
quando
il
materiale
per
il
positivo
il
PMMA.
Le
resine
possono
essere
caricate
con
vari
additivi
a
seconda
degli
effetti
ricercati:
limitazione
del
marmo
ottenuta
con
polvere
di
marmo
e
sabbia
fine
insieme
a
resine
epossidiche
o
poliesteri;
la
segatura
pu
essere
utile
per
imitazioni
del
legno;
nel
caso
di
oggetti
in
bronzo,
della
polvere
di
metallo
spalmata
sulla
superficie
del
calco
prima
di
colare
la
resina,
mentre
per
aumentare
la
densit
si
usa
polvere
di
barite.
Resine
acriliche
e
metacriliche
I
films
ottenuti
da
soluzioni
acquose
sono
pi
sensibili
allumidit
per
cui
le
loro
applicazioni
sono
raccomandate
per
lavori
di
restauro
allinterno.
Anche
la
stabilit
dei
films
inferiore
in
quanto
presentano
una
maggior
tendenza
alla
discolorazione,
una
pi
bassa
resistenza
ai
solventi
e
una
tendenza
a
sviluppare
con
linvecchiamento
caratteristiche
acide.
Lesposizione
ai
raggi
UV-B
produce
un
aumento
della
durezza
e
un
brusco
abbassamento
dellelasticit,
da
mettere
in
relazione
con
una
scissione
ossidativa
delle
catene
polimeriche.
La
solubilizzazione
in
acqua
di
resine
acriliche
alcali-solubili
che
contengono
gruppi
acidi
carbossilici,
si
ottiene
per
neutralizzazione
con
una
soluzione
ammoniacale.
La
successiva
evaporazione
del
solvente
e
dellNH3
rende
il
film
polimerico
depositato,
insolubile
in
acqua.
Tale
trasformazione
reversibile.
I
gruppi
carbossilici
e
ossidrilici
presenti
nel
monomero
possono
anche
costituire
i
punti
di
aggancio
per
una
reticolazione
3D
con
altre
resine
o
con
composti
contenenti
ioni
metallici
bivalenti
come
il
Zn
2+che
d
luogo
ad
un
reticolo
con
legami
a
carattere
ionico.
14)POLIMERI
FLUORURATI
Classe
di
composti
a
cui
appartengono
prodotti
diversi
sia
per
composizione
chimica
che
per
limpiego
a
cui
sono
destinati.
Sono
tutti
caratterizzati
da
un
elevata
idrorepellenza
e
dalla
sostituzione
parziale
o
totale
di
atomi
di
H
con
quelli
di
F
nella
molecola
che
conferisce
al
composto
una
maggiore
stabilit
sia
chimica
che
fisica
in
quanto
il
legame
C-F
particolarmente
stabile.
I
composti
fluorurati
utilizzati
nella
conservazione
e
il
restauro
sono:
perfluoropolieteri,
polifluorouretani,
fluoro
elastomeri,
resine
acriliche
fluorurate.
Perfluoropolieteri
Sono
degli
oli
incolori
e
trasparenti
a
diversa
viscosit
a
seconda
del
peso
molecolare,
del
tipo
di
monomero,
e
della
presenza
o
meno
di
gruppi
funzionali
polari.
Vengono
sintetizzati
industrialmente
in
diversi
modi.
Tra
i
prodotti
pi
impiegati
come
protettivi
di
materiali
lapidei
ci
sono
i
Fomblin.
La
loro
bassa
tensione
di
vapore
favorisce
la
distribuzione
del
prodotto
allinterno
dei
pori
della
pietra
ma
impoverisce
la
superficie
lapidea
di
quello
strato
idrorepellente
necessario
alla
protezione
dagli
inquinanti
veicolati
dallacqua.
La
necessit
di
eliminare
questi
inconvenienti
ha
portato
alla
sintesi
di
perfluoropolieteri
contenenti
uno
o
pi
gruppi
polari
per
molecola
capaci
di
interagire
con
il
substrato
lapideo(polare)
e
quindi
di
essere
meno
mobili.
I
gruppi
polari
che
si
possono
legare
alla
catena
perfluoropolieterea
sono
il
gruppo
carbossilico,
lestereo,il
fosfatico,
lammidico
e
lisocianato.
Il
gruppo
ammidico
derivante
dalla
condensazione
di
esteri
perfluoropolieterei
mono
e
bicarbossilici
con
ammine
alifatiche
primarie
porta
a
dei
polimeri
fluorurati
con
caratteristiche
di
stabilit
chimica,
resistenza
al
calore
e
alle
radiazioni
UV
analoghe
ai
perfluoropolieterei
non
funzionalizzati
ma
con
viscosit
tanto
superiore
quanto
maggiore
il
peso
molecolare
e
quanto
maggiori
sono
i
gruppi
amminici
in
ogni
molecola.
LH
amminico
responsabile
della
formazione
dei
legami
H
inter
e
intramolecolari
sia
con
le
molecole
del
polimero
stesso
che
con
i
gruppi
polari
del
supporto
lapideo.
Lefficacia
protettiva
stata
calcolata
mediante
misure
di
assorbimento
di
H2O.
Le
ammidi
perfluoropolieteree
sono
stabili
allossidazione,
al
riscaldamento,
alle
radiazioni
UV,
il
loro
punto
debole
risulta
essere
il
legame
C-N
nel
gruppo
ammidico
CO-NH-
e
in
quello
NH-CH2
in
al
carbonile,
questi
legami
sono
pertanto
soggetti
a
degradazione
termica,
ossidativa
e
allidrolisi.
La
degradazione
termica
avviene
a
T
relativamente
elevate
con
meccanismi
che
coinvolgono
la
scissione
del
legane
C-NH;
la
degradazione
ossidativa
in
ammidi
alifatiche
consiste
nelleliminazione
di
un
H
in
al
C=O
con
successiva
addizione
di
O2
e
degradazione
della
molecola;
la
reazione
di
idrolisi
porta
alla
formazione
dellacido
e
dellammina
corrispondenti.
Tutti
questi
prodotti
di
reazione
sono
indesiderati
sia
perch
possono
reagire
con
il
substrato,
sia
perch
possono
dar
luogo
a
variazioni
cromatiche.
I
perfluoropolieteri
sono
facili
da
applicare,
sia
a
spruzzo
che
a
pennello,
e
vengono
assorbiti
dal
supporto
senza
formare
dei
films
rigidi
o
impermeabili.
I
loro
difetti
sono:
lelevato
costo
e
la
solubilit
in
solventi
cloro
fluorurati
che
presentano
problemi
ecologici.
Polifluorouretani
Classe
di
prodotti
altamente
fluorurata
studiata
per
la
protezione
e
la
riaggregazione
del
materiale
lapideo.
La
stabilit
termica
e
la
resistenza
chimica
sono
migliori
per
leffetto
della
catena
perfluoropolieterea.
Questi
prodotti
sono
essenzialmente
dei
copolimeri
fra
un
diolo
perfluoropolietereo
e
un
di
isocianato.
A
seconda
delle
condizioni
di
copolimerizzazione
si
ottengono
prodotti
reattivi,
prodotti
non
reattivi
e
prodotti
resi
attivi
per
aggiunta
di
un
attivatore.
Nei
prodotti
reattivi,
la
reattivit
data
dal
gruppo
isocianato-N=C=O-,
il
quale
pu
reagire
con
se
stesso
o
con
la
pietra.
Nel
caso
dei
prodotti
non
reattivi
i
gruppi
isocianato
hanno
gi
reagito
con
i
gruppi
OH
del
segmento
perfluoropolietereo
e
ladesione
alla
pietra
garantita
da
legami
H
e
da
forze
di
Van
der
Waals.
Per
i
prodotti
che
necessitano
di
un
attivatore,
se
il
copolimero
presenta
ancora
gruppi
OH
terminali
reso
reattivo
per
laggiunta
di
isocianato
prima
dellapplicazione
su
pietra.
La
presenza
di
segmenti
di
perfluoropolieterei
nella
molecola
dona
stabilit
e
durevolezza
ai
processi
di
invecchiamento
causati
dagli
UV,
radiazione
solare,
variazioni
termo
igrometriche,
presenza
di
gas
inquinanti.
I
polifluorouretani
conferiscono
alla
superficie
lapidea
idrorepellenza
pur
mantenento
una
buona
permeabilit
al
vapore
acqueo.
Fluoroelastomeri
Sono
polimeri
ad
alto
peso
molecolare
con
buone
propriet
elastiche
ed
elevata
stabilit
chimica.
Si
differenziano
per
il
tipo
di
monomero
impiegato,
per
il
peso
molecolare
e
per
il
contenuto
di
fluoro.
La
presenza
di
H
nella
molecola
rende
questi
polimeri
solubili
in
solventi
organici
tradizionali
quali
acetone
o
chetoni
superiori
ed
esteri.
Inoltre
lidrogeno
nella
molecola
non
sembra
influenzare
la
stabilit
chimica
dei
fluoro
elastomeri.
Prove
di
stabilit
al
calore
e
allirraggiamento
UV
non
hanno
mostrato
n
variazioni
cromatiche
n
composizionali.
Di
questi
polimeri
sono
state
apprezzate
le
propriet
aggreganti,
infatti
non
avendo
un
elevato
potere
adesivo
non
possono
essere
annoverati
tra
i
consolidanti
ma
rispetto
a
questultimi
presentano
il
vantaggio
di
creare
una
struttura
non
rigida
attorno
ai
granuli
decoesi
della
pietra
evitando
le
tensioni
dovute
a
sbalzi
termici
e
a
differenti
coefficienti
di
dilatazione
termica
dei
diversi
materiali.
Sono
anche
degli
ottimi
idrorepellenti.
Tra
gli
inconvenienti
dei
fluoroelastomeri
c
la
loro
scarsa
penetrazione
allinterno
della
pietra
dovuta
al
loro
elevato
peso
molecolare,
per
cui
le
molecole,
spesso
di
dimensioni
maggiori
di
quelle
dei
pori
della
pietra,
tendono
a
disporsi
superficialmente
sotto
forma
di
film,
se
lapplicazione
viene
fatta
con
soluzioni
concentrate.
Su
questo
film
idrorepellente
e
rugoso
si
deposita
polvere
ed
in
breve
tempo
la
superficie
diventa
scura
e
sporca,
inoltre
riduce
la
permeabilit
al
vapore
acqueo
e
ai
gas
della
pietra
sottostante.
Resine
acriliche
fluorurate
Queste
resine
sono
dei
polimeri
derivati
dalla
polimerizzazione
degli
esteri
fluorurati
dellacido
acrilico
o
metacrilico
e
impiegate
come
protettivi
e
consolidanti
di
materiali
lapidei.
I
diversi
polimeri
sintetizzati
si
differenziano
per
peso
molecolare,
per
il
tipo
di
monomero
impiegato
che
possono
essere
sia
esteri
dellacido
acrilico
che
esteri
dellacido
metacrilico.
La
sintesi
di
questo
tipo
di
resine
acriliche
fluorurate
nasce
dallesigenza
di
coniugare
in
nuovi
composti
i
pregi
riscontrati
nelle
resine
acriliche
(buona
idrorepellenza,
buon
potere
adesivo,
basso
costo
e
facile
applicabilit)
con
lalta
stabilit
chimica,
termica
e
allirraggiamento
UV
proprie
dei
composti
florurati.
Il
polimero
parzialmente
fluorurato
deriva
dai
monomeri
contenenti
fluoro,
ottenuti
a
loro
volta
per
esterificazione
dellacido
acrilico
o
metacrilico
con
degli
alcoli
fluorurati.
La
polimerizzazione
condotta
in
condizioni
piuttosto
blande
porta
alla
formazione
di
prodotti
bianchi
o
incolori
con
T
di
transizione
vetrosa
variabile
e
dipendente
dalle
condizioni
di
reazione
e
dei
monomeri
di
partenza.
Esperienze
di
laboratorio
su
manufatti
lapidei
conservati
in
ambiente
interno,
mostrano
un
notevole
miglioramento
della
idrorepellenza
delle
superfici
lapide,
mentre
i
vari
accoppiamenti
polimerici
danno
risultati
pi
differenziati
per
quanto
riguarda
lassorbimento
capillare
e
la
permeabilit
al
vapore
acqueo.
15)RESINE
EPOSSIDICHE
Le
resine
epossidiche
si
sono
rilevate
di
grande
interesse
in
tutti
i
settori
della
conservazione
e
non
solo
in
quello
della
pietra,
grazie
alle
loro
non
comuni
caratteristiche
:
ottima
adesione
alla
maggior
parte
dei
materiali,
indurimento
a
temperatura
ambiente
con
un
ritiro
minimo
e
senza
sviluppo
di
prodotti
secondari,
eccellenti
propriet
meccaniche,
debole
sensibilit
allacqua,
buona
resistenza
chimica
agli
acidi,
alle
basi
e
ai
solventi
organici.
probabilmente
interessante
segnalare
anche
come
dei
composti
fluoroepossidici
si
siano
rivelati
promettenti
adesivi
per
le
resine
fluorurate
del
tipo
politetrafluoroetilene
(PTFE)
senza
nessune
trattamento
superficiale
preventivo.
noto
infatti
che
polimeri
come
il
PTFE
sono
sostanze
non
polari
e
insolubili,
con
unenergia
superficiale
molto
bassa.
Tali
propriet
le
rendono
chimicamente
inerti
e
incapaci
di
formare
nuovi
legami
senza
una
accurata
preparazione
della
loro
superficie.
Materiali
termoindurenti
a
reticolo
tridimensionale.
Le
resine
espossidiche
sono
polimeri
di
condensazione
lineari
liquidi
a
basso
peso
molecolare
e
si
preparano
generalmente
dalla
reazione
tra
lepicloridrina
e
fenoli
contenenti
almeno
2
gruppi
ossidrilici:
(n+1)
Fenolo
+
(n+2)
epicloridrina.
Il
valore
di
n
varia
tra
0
e
12
in
funzione
del
rapporto
epicloridrina/bisfenolo,
che
a
sua
volta
determina
il
peso
molecolare,
lequivalente
epossidico,
lequivalente
ossidrilico
e
le
propriet
fisiche.
La
loro
trasformazione
in
materiali
termoindurenti
tridimensionali
avviene
per
addizione
di
prodotti
polifunzionali,
detti
induritori
o
agenti
di
cure,
che
modificano
la
loro
struttura
chimica
e
le
loro
propriet
fisiche.
Gli
induritori
provocano
una
reazione
di
reticolazione
che
trasforma
irreversibilmente
la
struttura
lineare
della
resina
di
partenza
in
un
prodotto
solido
infusibile
e
insolubile.
Il
processo
di
cure
avviene
in
due
fasi:
una
detta
conversione
in
cui
la
resina
si
trova
ancora
in
uno
stato
termoplastico,
durante
questa
fase
si
ha
lapertura
dellanello
epossidico,
un
aumento
del
peso
molecolare
e
la
ramificazione
della
massa
reattiva
in
vari
punti;
nella
seconda
fase
di
reticolazione
invece
i
segmenti
molecolari
ramificati
si
combinano
tra
loro
per
formare
un
esteso
reticolo
tridimensionale.
Gli
agenti
di
cure
possono
essere
sia
di
natura
basica
che
acida,
i
primi
appartengono
alle
basi
di
Lewis
(idossidi
ainorganici,
ammine
e
ammidi)
mentre
i
secondi
agli
acidi
di
Lewis
(fenoli
e
anidridi),
e
la
maggior
parte
di
loro
costituisce
una
parte
integrante
della
struttura
del
prodotto
finito.
La
reazione
di
cure
pu
avvenire
a
temperatura
ambiente
quando
sono
usati
come
induritori
ammine
alifatiche
(etilendiammina,
dietilentriammina,
trietilentetrammina,
ecc.)
con
atomi
di
idrogeno
attivo
che
determinano
unelevata
reattivit
(compromesso
ideale
tra
durezza
e
flessibilit)
o
a
temperature
pi
elevate
con
ammine
aromatiche
(m
fenilendiammina,
4,4
metilendianilina,
ecc.)
(da
evitare
in
applicazioni
decorative
a
causa
della
loro
sensibilit
allirraggiamento
UV).
La
reticolazione
delle
resine
epossidiche
richiede
come
ogni
altra
reazione
chimica,
una
certa
energia
di
attivazione
che
permetta
ai
reagenti
di
raggiungere
lo
stato
di
transizione
e
di
raggiungere
una
certa
velocit
di
reazione.
La
reazione
stessa,
tuttavia,
sempre
accompagnata
da
uno
sviluppo
di
calore
che
pu
dar
luogo
ad
un
considerevole
aumento
della
temperatura.
Temperatura
ambiente
e
temperatura
raggiunta
durante
la
reazione
hanno
una
notevole
influenza
sulla
reticolazione
e
sulle
caratteristiche
del
prodotto
finale.
Un
certo
aumento
della
temperatura
auspicabile
cos
da
abbassare
la
viscosit
della
massa:
una
maggiore
mobilit
molecolare
permette
ad
un
pi
ampio
numero
di
gruppi
epossidici
di
entrare
in
reazione
e
dar
luogo
ad
una
pi
estesa
reticolazione;
daltra
parte
per
una
temperatura
troppo
elevata
presenta
notevoli
problemi
come
una
riduzione
del
tempo
di
messa
in
opera
della
resina
o
il
rischio
di
ritiro
termico.
Formulazioni
e
additivi
speciali.
I
leganti
a
base
di
resine
epossidiche
si
prestano
a
svariate
formulazioni
applicabili
a
tutte
le
fasi
del
restauro.
Si
possono
ad
esempio
preparare
delle
malte
sintetiche
con
buone
propriet
meccaniche,
basse
tensioni
interne
ed
elevato
modulo
di
elasticit;
adesivi
capaci
di
legarsi
a
supporti
di
natura
differente
grazie
ai
gruppi
molecolari
ossidrilici,
eterei
ed
epossidici
presenti
nel
sistema,
riducendo
la
loro
viscosit
con
opportuni
diluenti,
le
formulazioni
epossidiche
possono
anche
essere
usate
per
iniezioni
e
impregnazione
di
supporti
degradati.
In
gneerale
di
pu
dire
che
le
resine
non
modificate
siano
quelle
che
presentano
la
migliore
resistenza
meccanica
e
chimica;
loro
punto
debole
invece
la
viscosit
elevata
e
la
scarsa
flessibilit.
Flessibilizzanti.
Le
resine
modificate
per
contro
hanno
una
pi
elevata
flessibilit
ottenuta
per
plastificazione
interna
o
esterna.
Tra
i
plastificanti
pi
usati
troviamo
lolio
di
pino,
il
D-Limonene
e
le
resine
idrocarburiche.
Bisogna
tuttavia
tenere
conto
che
questi
additivi
idrocarburici
riducono
la
reattivit
del
legante,
abbassano
la
resistenza
alla
compressione
e
il
modulo
di
elasticit
e
la
resistenza
chimica,
per
cui
le
loro
proporzioni
non
devono
superare
il
10-20%in
peso
rispetto
alla
resina
epossidica
di
base.
Accelleratori
di
reazione.
Oltre
agli
agenti
di
cure
di
cui
abbiamo
parlato
a
volte
si
fa
uso
nelle
formulazioni
di
sistemi
epossidici
di
acceleratori
di
reazione
che
sono
principalmente
di
tre
tipi:
1)ammine
terziarie,
la
loro
azione
comporta
una
migliore
resistenza
iniziale
della
resina
indurita
e
una
riduzione
della
flessibilit;
2)composti
fenolici,
come
ad
esempio
il
fenolo
o
il
bisfenolo
A,
i
cui
effetti
sono
di
aumentare
la
resistenza
iniziale
riducendo
tuttavia
la
resistenza
finale
alla
compressione
e
il
modulo
di
elasticit
finale;
3)gli
acido
salicilico,
benzoico
e
lattico,
i
quali
accelerano
lindurimento
della
resina
senza
influenzare
la
sua
resistenza
meccanica
e
chimica.
Diluenti.
Luso
di
resine
epossidiche
nellimpregnazione
delle
pietre
stato
limitato
oltre
che
per
la
loro
tendenza
allingiallimento,
anche
per
la
loro
viscosit
elevata.
Le
riduzione
della
viscosit
attraverso
lintroduzione
di
diluenti
nel
sistema
epossidico
se
da
un
lato
porta
ad
incrementare
la
capacit
penetrante
della
stessa
daltra
parte
pu
rendere
meno
omogenea
la
distribuzione
del
consolidante
nella
pietra.
La
scelta
del
diluente
deve
tener
conto
di
due
fattori:
essi
possono
influenzare
la
colorazione
del
sistema
epossidico,
a
seconda
della
loro
natura
chimica
influenzano
la
reazione
di
indurimento.
Oltre
ad
essere
usati
per
idurre
la
viscosit
dei
sistemi
epossidici,
i
diluenti
influenzano
anche
il
pot
life
(tempo
che
si
ha
a
disposizione
per
la
messa
in
opera
della
resina),
lesotermia
della
reazione
,
il
potere
bagnante
e
la
capacit
di
contenere
cariche
e
pigmenti.
Esistono
sia
diluenti
non
reattivi
che
diluenti
reattivi.
Nel
primo
caso
si
pu
parlare
di
veri
e
propri
solventi
come
chetoni,
eteri
glicolici,
alcoli
e
idrocarburi
aromatici,
oppure
composti
organici
ad
alto
punto
di
ebollizione.
Con
questi
prodotti
esiste
sempre
il
problema
che
restino
intreppolati
nel
prodotto
finito,
tuttavia
essendo
presenti
in
piccole
percentuali,
non
rischiano
di
influenzare
molto
le
caratteristiche
della
resina
indurita.
I
diluenti
reattivi
per
contro
sono
resine
epossidiche
a
basso
peso
molecolare
e
con
ridotta
viscosit,
le
loro
proporzioni
non
devono
superare
il
15-20%,
per
non
provocare
un
rallentamento
troppo
consistente
della
reazione
di
cure.
I
glicidil
eteri
aromatici
aumentano
il
tempo
di
messa
in
opera
della
resina
e
diminuiscono
solo
leggermente
la
resistenza
allacqua
e
alle
soluzioni
saline.
I
glicidil
eteri
alifatici
conferiscono
un
effetto
flessibilizzante
e
una
migliore
resistenza
ai
solventi
di
quelli
aromatici,
come
pure
delle
migliori
propriet
meccaniche
e
di
durabilit.
Le
cariche
usate
nei
sistemi
epossidici
hanno
funzioni
differenti:
controllare
la
viscosit
e
la
consistenza,
ridurre
il
coefficiente
di
dilatazione
termico,
abbassare
i
costi.
Nel
settore
della
costruzione
del
restauro
sabbia
e
polvere
di
quarzo
sono
particolarmente
usate
per
malte
ed
adesivi.
Esse
devono
possedere
buona
resistenza
meccanica,
devono
essere
calcinate
per
eliminare
eventuali
presenze
organiche
e
non
devono
contenere
nessuna
traccia
di
sali.
La
polvere
di
quarzo
deve
essere
aggiunta
in
quantit
non
superiore
al
10-25%
a
causa
del
suo
forte
potere
assorbente
nei
confronti
del
legante.
La
sabbia
di
quarzo
invece,
pu
essere
usata
anche
in
quantit
superiori
al
90%.
Un
miscuglio
ottimale
di
sabbia
e
polvere
di
quarzo
permette
di
ottenere
buone
resistenze
meccaniche
e
compattezza.
Un
miglioramento
allabrazione
pu
essere
ottenuto
con
carburo
di
silicio;
bentonite
e
aerosil
conferiscono
qualit
tissotropiche
e
si
comportano
da
inibitori
di
sedimentazione;
le
microbiglie
di
vetro
servono
per
ridurre
lattrito
interno
e
facilitare
la
messa
in
opera
delle
malte.
Nella
scelta
dei
pigmenti
bisogna
preferire
quelli
che
sono
chimicamente
inerti
nei
confronti
di
induttori
e
diluneti.
Fotodegradazione
e
autoinvecchiamento.
Le
applicazioni
dei
sistemi
epossidici
sono
sempre
state
limitate
a
casi
in
cui
non
entra
in
gioco
il
loro
aspetto
estetico,
questo
a
causa
dellingiallimento
e
delle
alterazioni
cromatiche
che
questi
polimeri
subiscono
non
solo
per
effetto
della
fotodegradazione
ma
anche
in
seguito
al
loro
naturale
invecchiamento.
Lorigine
dellingiallimento
ha
cause
molteplici:
Noskov
lo
ha
messo
in
relazione
alla
formazione
di
gruppi
carbonilici;
Lee
alluso
di
induritori
che
contengono
gruppi
amminici
accanto
ad
anelli
aromatici;
Tennet
al
ruolo
degli
additivi
nelle
formulazioni
epossidiche.
Essendo
lingiallimento
dovuto
ad
un
incremento
dellassorbimento
della
luce
nellintervallo
compreso
tra
il
blu-porpora
ed
il
vicino
ultravioletto,
per
lo
studio
del
fenomeno
si
sono
considerati
due
casi:
nel
primo
caso
linvecchiamento
prodotto
per
esposizione
di
1000
ore
ad
una
lampada
allo
Xenon
di
6500
Watt,
filtrata
in
maniera
tale
da
riprodurre
gli
effetti
delle
irradiazioni
solari
attraverso
i
vetri
delle
finestre;
nel
secondo
caso,
si
considera
linvecchiamento
naturale
al
buio
alla
temperatura
di
22C
per
3-4
anni.
I
risultati
del
primo
esperimento
hanno
portato
ad
una
catalogazione
dei
polimeri
in
base
alla
loro
resistenza
allingiallimento
in
4
classi:
A1
A2
(eccellenti)
per
i
quali
si
pu
fare
una
previsione
di
vita
superiore
ai
100
anni;
B
(intermedi)
con
durata
compresa
tra
20-100
anni;
C
(instabili)
durata
minore
di
20
anni.
Per
quanto
riguarda
linvecchiamento
al
buio,
considerata
la
componente
termica
del
fenomeno
di
ingiallimento,
i
sistemi
che
hanno
dato
i
migliori
risultati
sono
stati
le
resine
a
base
di
DGEBA
associate
a
un:
diluente
poliossipropilene
e
poliamine
alifatiche
come
induritore;
poliossipropilene
e
dicianamide;
poliossipropilene
e
poliammine
alifatiche
primarie,
ecc.
Linvecchiamento
prodotto
dalla
luce
si
notato
non
essere
una
funzione
lineare
del
tempo.
Si
possono
distinguere
4
tipi
di
ingiallimento:
a)
lineare;
b)autocatalitico
in
cui
lingiallimento
aumenta
con
il
tempo;
c)
plastiche
comportandosi
come
dei
catalizzatori
di
reazione.
Il
particellato
solido
sospeso
ha
unazione
abrasiva
delle
superfici
dei
manufatti
e
pu
innescare
processi
idrolitici
che
compromettono
la
stabilit
del
polimero,
oltre
a
provocare
la
proliferazione
di
colture
batteriche.
Autossidazione
Una
reazione
che
provoca
il
degrado
delle
macromolecole
innescata
dall
ossigeno
dellaria
con
un
meccanismo
autocatalico.
La
reattivit
dei
polimeri
varia
in
funzione
della
loro
struttura
e
dellenergia
richiesta
per
estrarre
un
atomo
di
idrogeno.
LH
sar
pi
facilmente
rimosso
se
si
trova
in
posizione
rispetto
ai
gruppi
funzionali
del
doppio
legame
C=C.
I
polimeri
saturi
sono
sensibili
alle
reazioni
di
autossidazione
a
T>100
gradi,
mentre
quelli
insaturi
reagiscono
anche
a
T
ambiente.
La
reazione
di
autossidazione
consiste
in
un
meccanismo
di
reazione
a
catena
di
tipo
radicalico.
Nello
stato
fondamentale
lO
un
biradicale
O-O
che
reagisce
con
i
radicali
liberi
dando
radicali
perossidi.
R.
+
O2
a
dare
ROO.
Il
radicale
perossido
estrae
un
idrogeno
dal
substrato
generando
un
idroperossido
e
un
altro
radicale
libero:
ROO.
+
RH
a
dare
ROOH
+
R.
Gli
idroperossidi
sono
la
principale
fonte
di
radicali
liberi
perch
si
decompongono
e
danno
inizio
ad
una
reazione
a
catena:
inizio
n
ROOH
a
dare
ROO.
,
RO.
Propagazione
ROO.
+
RH
a
dare
ROOH
+
R.
R.
+
O2
a
dare
ROO.
Qui
i
radicali
liberi
ROO.
Estraggono
nuovi
atomi
di
H
dalla
catena
polimerica
formando
radicali
liberi
alchilici
che
reagiscono
con
lO2.
Arresto
2R.
a
dare
R-R
R.
+
ROO.
a
dare
ROOR
2
ROO.
a
dare
ROOR
+
O2
La
reazione
di
arresto
determinata
dallincontro
di
due
radicali
liberi.
Lautossidazione
accelerata
dalla
presenza
di
gruppi
carbonilici
che
producono
radicali
liberi
per
assorbimento
di
luce
UV
Stabilizzazione
ossidativa
Si
pu
inibire
la
reazione
di
autossidazione
in
due
diverse
maniere:
prevenendo
la
formazione
di
radicali
liberi
con
catturatori
di
radicali,
o
interrompendone
la
propagazione
modificando
la
reazione
a
catena
con
decompositori
di
perossidi.
Nella
stabilizzazione
in
presenza
di
un
antiossidante
la
reazione
:
inizio:
n
ROOH
a
dare
ROO.
,
RO.
decomposizione
perossidica
RH
+
O2
a
dare
R.
+
HO2.
attacco
dellO
della
catena
polimerica
AH
+
O2
a
dare
A.
+
HO2.
attacco
dellO
allantioss
Propagazione
ROO.
+
RH
a
dare
ROOH
+
R.
R.
+
O2
a
dare
ROO.
Transfer
ROO.
+
AH
a
dare
ROOH
+
A.
A.
+
RH
a
dare
in
presenza
di
O2
AOOH
+
ROO.
Arresto
ROO.
+
A.
a
dare
ROOA
2A.
a
dare
A-A
2RO2.
A
dare
prodotti
non
radicalici
ROO.
+
R.
a
dare
ROOR
2R.
a
dare
R-R
ANTIOSSIDANTI:
quelli
maggiormente
utilizzati
sono
i
composti
fenolici
che
agiscono
con
meccanismi
di
stabilizzazione
piuttosto
che
avere
effetti
catalitici.
Sono
capaci
di
interrompere
la
propagazione
della
reazione
radicalica
perch
sono
in
capaci
di
estrarre
nuovi
atomi
di
H
dalle
molecole
del
polimero.
I
derivati
fenolici
sono
catturatori
di
radicali
liberi
che
reagiscono
con
i
gruppi
perossidici
e
alcossidici
formando
composti
stabili
a
causa
dei
forti
impedimenti
sterici
e
per
lesistenza
di
forme
di
risonanza.
Gli
antiossidanti
fenolici
sono
dei
buoni
stabilizzanti
termici,
ma
in
presenza
di
luce
si
riduce
la
loro
attivit
e
alcune
loro
trasformazioni
danno
prodotti
colorati.
Le
ammine
aromatiche
presentano
buone
caratteristiche
antiossidanti
ma
formano
prodotti
di
formazione
colorati.
DECOMPOSITORI
DI
PEROSSIDI:
i
composti
solforici
e
fosforici
esplicano
la
loro
azione
antiossidante
decomponendo
gli
idroperossidi
in
alcoli
con
un
processo
non
radicalico
R-S-R1
+
R2OOH
a
dare
R-SO-R1
+
R2OH
Fotodegradazione
ossidativa
Molti
polimeri
si
degradano
in
presenza
della
luce.
I
raggi
UV
sono
responsabili
della
rottura
dei
legami
chimici
primari.
Lintervallo
di
radiazioni
pericolose
compreso
tra
i
200
e
i
380
nm,
in
quanto
radiazioni
con
lunghezze
donda
pi
corte
sono
intercettate
dallatmosfera
e
dallo
strato
di
ozono.
La
fotodegradazione
un
fenomeno
di
superficie.
Lestensione
del
suo
effetto
agli
strati
pi
profondi
da
mettere
in
relazione
alla
capacit
penetrante
della
radiazione
elettromagnetica
che
influenzata
dalla
trasparenza,
dalla
diffusione
della
luce
nel
materiale
e
dalla
pigmentazione.
La
degradazione
della
luce
spesso
associata
agli
effetti
dellaria
e
quindi
dellO2
per
cui
si
parla
di
fotodegradazione
ossidativa.
Un
contributo
notevole
alla
formazione
di
sostanze
fotossidanti
nellaria
dovuto
anche
allemissione
da
parte
di
varie
sorgenti
naturali
e
antropogeniche
di
monossido
di
carbonio,
ossidi
di
azoto
NOx
e
VOC.
La
fotodegradazione
dovuta:
a
gruppi
fotosensibili
insiti
nella
struttura
della
macromolecola;
a
impurezze
che
si
formano
durante
la
fabbricazione
o
la
trasformazione;
ad
additivi
aggiunti
alla
formulazione
di
una
resina
quali
catalizzatori,
pigmenti
ecc.
Linterazione
tra
la
luce
e
il
polimero
avviene
solo
nel
caso
in
cui
un
quanto
di
luce
viene
assorbito
da
una
molecola
del
materiale
plastico.
Lassorbimento
di
energia
luminosa
che
porta
una
molecola
dal
suo
stato
fondamentale
a
uno
stato
eccitato,
la
prima
fase
di
una
serie
di
reazioni
che
conducono
la
molecola
al
suo
stato
fondamentale
o
la
trasformer
irreversibilmente
in
una
forma
dissociata.
Le
reazioni
sono:
X
+
h
a
dare
2R.
X
rappresenta
un
qualsiasi
gruppo
cromoforo
capace
di
assorbire
energia
solare
e
dissiparne
leccesso
con
formazione
di
radicali
liberi
R.
I
radicali
liberi
R.
possono
reagire
direttamente
o
indirettamente
con
lossigeno
dando
luogo
a
radicali
perossidici
ROO.
La
reazione
tra
due
radicali
perossidici
forma
prodotti
non
radicalici
quali
aldeidi
e
chetoni,
mentre
la
reazione
tra
i
radicali
perossidici
e
il
polimero
PH
d
idroperossidi
ROOH
e
nuovi
radicali
liberi.
Le
varie
fasi
di
degrado
dei
polimeri
sono:
-assorbimento
di
fotoni
di
un
data
energia
da
parte
dei
cromofori
che
diventano
elettricamente
eccitati
-reazioni
fotochimiche
nello
stato
eccitato
che
inducono
la
rottura
dei
legami
chimici.
Alternativamente
si
pu
avere
dissipazione
dellenergia
assorbita
tramite
un
processo
radiativo
o
non
radiativo
-reazioni
secondarie
associate
ai
prodotti
della
fotoreazione
come
ioni
o
radicali
liberi
Non
sempre
i
gruppi
cromofori
costituiscono
anche
i
siti
in
cui
si
sviluppa
la
reazione
di
degrado
fotoossidativo.
Essi
possono
trasferire
lenergia
di
eccitazione
ad
unaltra
molecola
o
ad
un
gruppo
atomico
della
stessa
specie
o
di
specie
differente.
Lenergia
pu
essere
trasferita
allaccettore
per
collisione
oppure
senza
collisione
con
un
meccanismo
in
cui
il
fotone
emesso
dal
donatore
assorbito
dallaccettore
ad
una
distanza
di
1nm.
Il
trasferimento
di
energia
pu
avvenire
con
un
meccanismo
intramolecolare
tra
una
molecola
elettronicamente
eccitata
D*
(donatore)
e
un
accettore
A;
oppure
con
un
meccanismo
intramolecolare
tra
segmenti
di
una
stessa
molecola.
Ci
sono
5
stadi
un
cui
si
verifica
il
trasferimento
di
energia:
1
Assorbimento
di
un
quanto
di
luce
da
parte
del
donatore
seguito
dalla
formazione
di
uno
stato
eccitato
2
se
lo
stato
eccitato
del
donatore
ha
un
E
vibrazionale
pi
alta
del
mezzo
in
cui
immerso,
si
verifica
un
trasferimento
termico
e
si
raggiunge
lequilibrio
3
quando
laccettore
vicino
il
donatore
eccitato,
si
verifica
il
trasferimento
di
energia
per
risonanza
o
per
scambio
4
quando
lo
stato
eccitato
dellaccettore
ha
unenergia
vibrazionale
pi
alta
del
mezzo
in
cui
immerso,
si
ha
la
rilassazione
termica
e
laccettore
cade
a
livelli
vibrazionali
pi
bassi
5
lo
stato
eccitato
dellaccettore
pu
essere
disattivato
da
processi
di
emissione
o
da
altri
processi
Stabilizzazione
foto-ossidativa
Sulla
base
dalla
loro
resistenza
alla
fotodegradazione,
i
polimeri
possono
essere
suddivisi
in
fotostabili,
moderatamente
fotostabili
e
fotostabili.
I
polimeri
reticolati
sono
pi
resistenti
alla
fotodegradazione
ossidativa
dei
polimeri
lineari.
I
prodotti
fotostabilizzanti
a
seconda
del
loro
meccanismo
dazione
si
distinguono
in:
catturatori
di
radicali
liberi,
assorbeni
UV,
quenchers.
Tutti
non
devono
essere
colorati,
avere
bassa
volatilit,
stabilit
ad
alta
T,
sufficiente
mobilit
ecc.
CATTURATORI
DI
RADICALI
LIBERI:
riducono
lestensione
della
reazione
di
ossidazione
nel
polimero
(ammine
stericamente
impedite
HALS)
ASSORBENTI
UV:
costituiscono
uno
schermo
contro
le
radiazioni
solari
e
sono
composti
organici
con
anelli
aromatici
con
sostituenti
carbonilici
e
ossidrilici.
Lenergia
radiante
assorbita
viene
trasformata
in
energia
termica
sfruttando
la
tautomeria
cheto-enolica.
QUENCHERS:
non
captano
le
radiazioni
direttamente
ma
sono
capaci
di
disperdere
lenergia
dei
cromofori
eccitati
in
una
forma
non
nociva.
Apparecchiature
per
il
controllo
del
degrado
dei
polimeri
I
test
disponibili
per
determinare
la
stabilit
e
la
durabilit
del
polimero
consistono
in
un
invecchiamento
naturale
oppure
in
un
invecchiamento
accelerato
con
apparecchiature
di
laboratorio.
Per
unesposizione
naturale
si
scelgono
generalmente
zone
ad
elevata
intensit
luminosa
con
climi
diversi.
Gli
svantaggi
di
una
tale
esposizione
sono
la
non
riproducibilit
dei
risultati
e
la
lunghezza
del
tempo
necessario
per
ottenere
complete
informazioni.
Per
risolvere
questi
problemi
sono
stati
messi
a
punto
apparecchi
in
grado
di
simulare
e
intensificare
le
condizioni
ambientali
esterne.
Lo
studio
del
degrado
dei
polimeri
richiede
tecniche
analitiche
diverse
e
complementari
tra
loro.
Lanalisi
per
volatilizzazione
termica
fornisce
indicazioni
sulla
velocit
di
formazione
dei
prodotti
gassosi
che
si
sviluppano
nella
degradazione
termica
di
un
sistema
mantenuto
sotto
vuoto.
Per
quantificare
gli
effetti
della
foto-ossidazione
si
ricorre
spesso
alla
spettroscopia
di
assorbimento
e
di
riflessione
UV-visibile
e
alla
spettroscopia
infrarossa
che
evidenziano
le
trasformazioni
chimiche
avvenute
nelle
molecole.
Le
possibili
sorgenti
artificiali
elettromagnetiche
non
ionizzanti
sono:
-lampade
ad
incandescenza:
le
comuni
lampadine
a
filamento
di
tungsteno.
La
maggior
parte
dellE
emessa
corrisponde
a
lunghezze
donda
del
visibile
e
IR;
gli
UV
vengono
intercettati
dallinvolucro
di
vetro
della
lampadina
-sorgenti
ad
arco
contenenti
gas:
involucro
al
quarzo
con
gas
allinterno
-archi
di
carbone
-lampade
a
vapori
di
mercurio:
lo
spettro
pu
essere
nellUV,
visibile
e
IR.
Lenergia
emessa
pu
essere
modificata
facendo
variare
la
pressione
del
vapore
di
Hg:allaumentare
della
pressione
si
hanno
lunghezze
donda
maggiori..
Ci
sono
lampade
a
bassa
e
ad
alta
tensione
-lampade
fluorescenti:
si
usano
lampade
a
vapori
di
Hg
a
bassa
pressione
con
involucro
ricoperto
con
sostanze
fluorescenti
o
fosforescenti
-lampade
metallo-alogene:
bulbo
ad
elevata
potenza
ed
involucro
in
quarzo
contenente
vapori
di
Hg
e
metalli
alogeni.
-lampade
a
xenon
-laser:
presentano
monocromaticit
ed
alta
intensit
Apparecchiature
combinate
per
linvecchiamento
artificiale
delle
materie
plastiche
-UVCON
con
lampade
fluorescenti
-fadeometer
-Weatherometer
e
xenotest
con
lampade
a
xenon
-Sepap
con
lampade
a
vapori
di
mercurio