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Indice

6 La conservazione dei monumenti


6.1 Fasi storiche del trattamento lapideo
6.2 Trattamento della pietra: interventi e risultati
6.3 La rivalutazione della patina nobile nei materiali lapidei
7. Protezione e consolidamento lapideo
7.1 Adesione: aspetti chimico-fisici (forze primarie, secondarie e legami idrogeno).
7.2 Teorie sulladesione (adesione meccanica o di aggancio, adesione specifica: teoria della diffusione e
adsorbimento termodinamico).
7.3 Bagnabilit e tensione superficiale (Equazione di Young-Dupr).
7.4 Propriet dei polimeri impiegati nel trattamento della pietra (polimeri florurati, polimeri termoplastici,
equazione di Rideal-Washburn, agente di aggancio, additivi dei polimeri).
7.5 Criteri di scelta di un consolidante (trattamenti protettivi)
7.6 La reversibilit
7.8 Valutazione comparativa di consolidanti e protettivi
8. Applicazioni di protettivi e consolidanti ai materiali lapidei
8.1 Soluzioni ed emulsioni (MFT, emulsioni, viscosit emulsioni, PVC concentrazione del pigmento,
prodotti di trattamento puri)
8.2 Solventi (scelta del solvente, volatilit, parametro di solubilit, indice di formazione legami H, momento
dipolare, formazione di un film per evaporazione solvente, reversibilit di un adesivo, azione di un solvente
su polimero solidificato, strippers)
8.3 Tecniche dei prodotti di trattamento
9. La pulitura delle superfici esposte
9.1 La rimozione dello sporco dalla superficie dei monumenti
9.2 efficacia e sicurezza nelle operazioni di pulitura
9.3 tecniche e metodi di pulitura
9.4 metodi per leliminazione dei biodeteriogeni
9.5 macchie e graffiti
9.6 pulitura delle pitture murali
9.7 rimozione dei vecchi trattamenti
9.8 criteri di controllo delle tecniche di pulizia delle superfici lapidee

6 La conservazione dei monumenti: Nonostante luso della pietra come materiale da costruzione e come
elemento di decorazione abbia origini molto remote, il problema della sua conservazione, del suo
consolidamento e della sua protezione non mai stato affrontato in maniera sistematica fino al XIX secolo.
Tutto ci sia perch la pietra era considerata un materiale quasi indistruttibile capace di sopravvivere nei
secoli, sia la ricostruzione di aree danneggiate e la sostituzione di pietre alterate con pietre naturali nuove
non presentava nessun problema etico, di manodopera, di costi e di tempo. Inoltre era molto arduo lo
sviluppo di tecnologie di conservazione. In epoca greca e romana la manodopera era assicurata dagli schiavi,
anche nelle epoche successive la manodopera abbondava e le nozioni di tempo e costi non avevano un
interesse primario. La costruzione delle grandi cattedrali gotiche era affidata a scalpellini, carpentieri ed altri
artigiani tutti sotto la direzione di un capomastro che aveva conoscenze essenzialmente pratiche. Per secoli
non vennero prodotti trattati tecnici sullargomento, le cose cambiarono con Brunelleschi che per la
realizzazione della cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze inizi a considerare il problema della riduzione
dei costi. Tuttavia neanche del Brunelleschi esistono i suoi disegni personali, in quanto la conoscenza dei
cantieri era ancora tramandata oralmente. Solo nel Cinquecento in seguito alla diffusione della carta
stampata si ebbe unesplosione della comunicazione. Nei cantieri e nelle cave si usava un linguaggio
derivante dalla semplice osservazione ed estremamente qualitativo. Solo del XIX secolo la geologia inizi a
classificare geneticamente le rocce. Tuttavia nel settore della costruzione e del restauro continueranno e
protrarsi lempirismo e lapprossimazione fino a met del XX secolo quando si comincer a parlare di
tecniche conservative scientifiche e di controllo di qualit.
Nel passato la qualit di un intervento di conservazione o restauro era giudicata dalle cosiddette regole
darte che contenevano gli insegnamenti orali e scritti cui doveva corrispondere un lavoro per essere
considerato ben fatto. Si trattava di regole derivate dallesperienza e tramandate nel tempo soprattutto dalla
manodopera. Solo negli anni 80 lIstituto Centrale del Restauro di Roma ha iniziato la distribuzione di

raccomandazioni NORMAL sulle normative tecniche riguardanti gli edifici dinteresse storico-artistico.
Finalmente alle prove classiche sulla resistenza meccanica dei materiali, ai rilevamenti microclimatici, alle
analisi chimiche, petrografiche, mineralogiche e biologiche si sono affiancate altre tecnologie soprattutto non
distruttive quali: indagini microsismiche a bassa frequenza (per valutare sollecitazioni provocate dal traffico
stradale), indagini microsismiche ad alta frequenza (per la ricerca di discontinuit nei materiali), martinetti
piatti semplice e doppi (per determinare le caratteristiche tecniche e il modulo elastico delle murature),
indagini endoscopiche (per le zone altrimenti irraggiungibili), ricerche magnetometriche (per
lindividuazione di elementi metallici), rilievi georadar, analisi termografica (per evidenziare articolazioni
costruttive sotto lintonaco), fotogrammetria.
6.1 Fasi storiche del trattamento lapideo: Il problema della conservazione della pietra con specifiche finalit
consolidanti una preoccupazione piuttosto moderna, in passato lo scopo era estetico e non protettivo. Nel
Medioevo si accentua il gusto per le policromie che fu poi abbandonato nel Cinquecento quando si inizia a
cercare di proteggere la pietra delle piogge. Per solo nell800 si inizia un vero studi sulla protezione della
pietra.
6.2 Trattamento della pietra: interventi e risultati: Quando si parla di protezione della pietra i risultati a lungo
termine sono piuttosto leccezione che la regola. In epoca moderna si iniziarono a usare consolidanti (silicati
alcalini, sali di bario) per ottenere una rigenerazione strutturale della pietra attraverso mineralizzazione
indotta. Questi prodotti per hanno basso potere di penetrazione. Si inizia cos a pensare che le pietre
degradate vadano sostituite con pietre nuove. Con laumento dellinquinamento atmosferico le opere di
sostituzione diventano sempre pi richieste, aumentano cos i costi e la richiesta di manodopera
specializzata. Questo tipo di interventi viene allora abbandonato. Per evitare il degrado molte sculture
vengono portate nei musei. In questo modo si hanno effetti benefici sulla conservazione per si ha una
perdita di identit conseguente alla rimozione dal luogo dorigine. Anche nei musei le sculture hanno subito
dei danni a causa di tecniche di pulitura non adeguate. I monumenti architettonici per non possono essere
protetti portandoli in un luogo chiuso cos i restauratori utilizzano i polimeri sintetici. Per presto si scopre
che queste macromolecole sono soggette a rapido invecchiamento.
6.3 La rivalutazione della patina nobile nei materiali lapidei: Maestranze non specializzate sottoponevano le
superfici lapidee a sabbiature, spazzolature meccaniche e lavaggi con acidi e basi, questo causava ingenti
danni. Negli anni 70 si utilizzano tecniche nuove e si mette in dubbio lutilit stessa della pulitura. La patina
del tempo, ossia lo strato superficiale di spessore infinitesimo, molto bene aderente al supporto con cui forma
quasi un tutto unico di colore beige-bruno pi o meno intenso, che ricopre le superfici delle vecchie pietre
acquista unimportanza capitale nella conservazione: essa diventa la patina nobile che da prestigio al
monumento e gli conferisce una bellezza tutta particolare che neanche lautore era stato in grado di creare. Si
stabilisce quindi una netta distinzione tra la patina testimone del tempo e le spesse incrostazioni di polvere e
sporco generate da inquinanti di ogni genere e dallincuria delluomo. La patina nobile viene quindi
preservata perch svolge una funzione di auto protezione. Si fa cos ricorso a tecniche di pulitura molto
sofisticate (micro sabbiature, impacchi con argille speciali, laser).
7 Protezione e consolidamento lapideo: lo scopo comune della protezione del consolidamento della pietra
quello, di migliorare la resistenza allacqua, ridurre la penetrazione di gas e vapori e a rinforzare la resistenza
meccanica. La funzione primaria di un protettivo quello, di ridurre lingresso nel materiale lapideo
dellacqua piovana e di costruire una barriera contro gli inquinanti atmosferici. La protezione consiste
nellapplicare alla pietra sana un film che in qualche modo rappresenta una superfice di sacrificio. Il
consolidamento si rende necessario quando la pietra ha perso la sua coesione sia superficialmente che in
profondit.
7.1 Adesione: aspetti chimico-fisici: sia i protettivi che i consolidanti possono essere associati alla famiglia
degli adesivi, cio composti costituiti da un legante polimerico e da cariche di varia natura, per cui i loro
criteri di valutazione sono: affinit tra matrice polimerica e carica; compatibilit tra adesivo e substrato
lapideo; buona combinazione tra le propriet fisiche e meccaniche delladesivo e della pietra; buona
bagnabilit del substrato lapideo( questo parametro sar favorito da una buona pulitura della superficie
lapidea e da una bassa tensione superficiale del polimero); lindurimento deve aver luogo senza ritenzione di
aria che influenzerebbe negativamente ladesione, soprattutto durante i cicli termici; ph compreso tra 6-8 non
solo al momento dellapplicazione, ma anche che resti tale dopo invecchiamento; in caso di substrato poroso
ladesivo dovr avere una consistenza tale che gli permetta di penetrare verso linterno della pietra
sostituendo aria, acqua e vapore acqueo presenti nel reticolo capillare. Molti dei meccanismi coinvolti nel
trattamento della pietra sono in relazione agli aspetti chimici, fisici e meccanici delladesione e quindi

indispensabile rivedere quali sono le forza che prendono parte ad un tale processo e in quali condizioni si
sviluppano. I legami che permettono ladesione tra ladesivo e la rugosit del supporto solido sono costituiti
da forza intermolecolari che possono essere distinte in forze primarie, secondarie e legami idrogeno. Alle
forze primarie appartengono: legami ionici che si sviluppano tra elementi a bassa energia di ionizzazione ed
elementi ad alta affinit elettronica; legami covalenti dati dalla condivisione di una o pi coppie di elettroni
tra particelle elettricamente neutre. Forze secondarie: sono quelle di tipo van der Waals, che possono essere
viste come linfluenza del nucleo atomico carico positivamente, sul comportamento degli elettroni che
giacciono al dil del suo normale raggio dazione. A queste forze appartengono: le forze che si sviluppano
tra molecole in cui esiste un momento dipolare permanente e che includono le forze di orientazione di
Keesom e le forze dinduzione di Debye; le forze dinduzione di London provocate da momenti dipolari
istantanei che si creano in seguito alla casuale asimmetria della nuvola elettronica. Il legame idrogeno una
forma dinterazione con un legame dipolo-dipolo molto intenso. 7.2Teorie sulladesione: le due principali
teorie sulladesione sono: ladesione meccanica o di aggancio e ladesione specifica che include i legami
chimici, le teorie elettrostatiche, la diffusione e ladsorbimento termodinamico.
Ladesione meccanica o di aggancio: la forza del legame dipende tuttavia non solo dallaggancio meccanico
ma anche dalla specifica adesione e affinit tra polimero e substrato. Adesione specifica adesione specifica:
teoria della diffusione e adsorbimento termodinamico: la prima di queste due teorie si basa sul fatto che una
significativa diffusione si verifica tra adesivo e substrato con un intenso mescolamento molecolare. La teoria
della diffusione spiega ad esempio, il caso dellautoadesione, cio delladesione di due parti duno stesso
polimero o quando si ricorre alluso di un solvente per saldare due parti di una stessa resina termoplastica. La
teoria delladsorbimento termodinamico, implica che la distanza tra due superfici dassemblare siano
dellordine molecolare, per cui le forze di legami intermolecolari saranno predominanti e provocheranno un
forte adsorbimento. In tal caso la diffusione assume unimportanza secondaria rispetto alle forze interfacciali
che possono svilupparsi. Questo spiega ad esempio, la ragione per cui un polimero pu aderire anche su una
superficie in cui non c diffusione.

7.3 Bagnabilit e tensione superficiale: Ladesione pu essere ricondotta ad un fenomeno di bagnabilit ossia
la capacit delladesivo di spandersi sulla superficie la quale applicato. La tensione superficiale pu essere
anche vista come una forza che agisce lungo la superficie di separazione di un liquido e del mezzo in cui
esso a contatto, il suo effetto si traduce in uno stiramento della superficie che tende ad assumere una forma
curva.
Equazione di Young-dupr: Wa= lg (tensione superficiale gas/liquido)* (1+cos (angolo di contatto)
7.4 Propriet dei polimeri impiegati nel trattamento della pietra: la protezione della pietra nata in notevole
ritardi rispetto ad altri materiali, questo perch era considerata un materiale capace di sfidare gli effetti del
tempo con i suoi mezzi materiali. La scoperta della sua vulnerabilit ha rivolto lattenzione dei restauratori e
del mondo scientifico alla ricerca di consolidanti e di protettivi che ne potessero prolungare la vita. I polimeri
negli ultimi decenni hanno avuto un grande impiego nella protezione di quasi tutti i materiali da costruzione.
La loro durabilit piuttosto scarsa data la sensibilit che presentano a quasi tutti gli agenti e fenomeni
atmosferici. Tra le matrici polimeriche pi usate nella formulazione degli adesivi ci sono poliesteri ed
epossidiche, mentre consolidanti e protettivi sono a base di epossidiche, siliconi, fluorocarboni, acriliche,
metacriliche e uretaniche. La classe dei polimeri florurati presenta buone potenzialit di consolidanti per la
loro idrorepellenza, permeabilit, elevata resistenza allinvecchiamento, reversibilit, e il rispetto della
composizione e delle caratteristiche estetiche del supporto. Polimeri termoplastici quali PMMA riuniscono
buone caratteristiche di bagnabilit, resistenza meccanica, impermeabilit e bassa viscosit del monomero,
contro linvecchiamento non tanto buono in quanto manifesta dopo poco tempo ingiallimento e
microfessure. Un problema dei polimeri, il fatto che hanno molecole di grandi dimensioni che rendono
difficoltosa la loro penetrabilit in un corpo poroso. Bench non esista un modello analitico completamente
soddisfacente che descrive la penetrazione di un monomero in un materiale poroso, essa sembra essere
conforme allequazione di Rideal-Washburn: r cos = 2* * h2 /*t. r: raggio dei pori capillari, : angolo di
contatto tra monomero e substrato, : tensione superficiale del monomero, h: profondit di penetrazione, :
viscosit del monomero, t: tempo. Quindi, un monomero dovrebbe penetrare in un materiale poroso finch
lassorbimento capillare non controbilanciato dallevaporazione dellacqua o dallaria contenuta nella

pietra. Spesso al polimero di base usato nella formulazione di un adesivo si aggiunge un cosiddetto agente
di aggancio che serve ad assicurare una pi grande compatibilit tra le varie fasi. Tra le principali
caratteristiche richieste allagente daggancio possiamo menzionare: miglioramento delle propriet fisiche,
buona stabilit nel tempo soprattutto nei confronti dellumidit e dei gas solubili, buona adesione tra le varie
fasi presenti.
Additivi dei polimeri: i principali additivi sono: le cariche inerti ed extenders, i primi usati nel ridurre il costo
dei manufatti, i secondi sono polveri bianche impiegate sia per modificare la densit o la viscosit del
polimero, sia per modificare la tonalit dei colori. I pi comuni sono: solfato di bario, silicato di calcio,
argilla, muscovite, silice, talco; gli stabilizzanti, destinati a combattere le cause e gli effetti del degrado
dovuto alla luce e al calore; i plastificanti, che rendono le materie plastiche meno fragili in un pi ampio
intervallo di temperatura; i coloranti, costituiti da pigmenti inorganici o organici; agenti antistatici ed
antifiamma; antifreezing and antifoaming agent, agenti di controllo della viscosit.
7.5 Criteri di scelta di un consolidante: la risposta di un materiale consolidato alla coppia sforzodeformazione anche dipendente dallo stato fisico che il polimero assume allinterno dei pori, ossia se
assume una consistenza cristallina, vetrosa o gommosa. Alti criteri a cui un consolidante deve rispondere
sono: peso molecolare piuttosto basso; configurazione ed orientamento casuale; non dare effetti
cromatografici durante la penetrazione nel reticolo capillare della pietra; assorbire energia durante le
deformazioni; riparare le micro e macro fessure, avere una pi bassa tensione superficiale del substrato
affinch abbia buone caratteristiche di bagnabilit. Trattamenti protettivi: per quanto riguarda i criteri di
valutazione dei trattamenti protettivi essi sono evidenziati dalle seguenti caratteristiche: effetti cromatici;
quantit di acqua assorbita per immersione e capillarit; velocit d evaporazione dellacqua assorbita;
permeabilit al vapore acqueo; idrorepellenza superficiale. Infine un parametro molto spesso trascurato il
controllo degli effetti biologici che i prodotti di trattamento provocano sulla pietra o sul supporto murario.
7.6 La reversibilit: importante tener presente che lintervento di restauro se non vuole costruire un fattore
supplementare di disordine dovrebbe avere come requisito irrinunciabile lattributo di reversibilit. Le forme
di alterazione che pi spesso si riscontrano sui trattamenti protettivi sono: alterazione delle propriet
meccaniche che si manifestano sotto forma di fessurazioni o perdita di elasticit; trasformazioni ottiche,
come ingiallimento, perdita di trasparenza; variazioni fisiche, quali perdita di adesione o alterazione delle
propriet viscoelastiche; cambiamenti chimici; fenomeni elettrici e superficiali; effetti microbiologici,
muffe, macchie ed incrostazioni.
7.8 Valutazione comparativa di consolidanti e protettivi: La commissione NORMAL ha elaborato una
metodologia per la valutazione dei protettivi prendendo in considerazione i seguenti test: Dati cromatici;
quantit di acqua assorbita per capillarit nel tempo; quantit di acqua assorbita per capillarit al tempo. Tali
valori sono utilizzati per la determinazione del rapporto di protezione E%: E%= (A1-A2/A1)*100. Dove A1 e
A2 rappresentano la quantit dacqua assorbita per capillarit al tempo t prima e dopo il trattamento; quantit
di acqua assorbita a bassa pressione nel tempo; quantit di acqua assorbita per immersione totale in funzione
del tempo; indice di asciugamento; permeabilit al vapore acqueo; idrorepellenza superficiale.
8. APPLICAZIONI DI PROTETTIVI E CONSOLIDANTI AI MATERIALI LAPIDEI
8.1 Soluzioni ed emulsioni: I consolidanti applicati ai materiali lapidei sono prevalentemente soluzioni in
solventi organici. Si cerca di sostituirli con lacqua per ridurre i costi ed inquinare meno. Lacqua,per mezzo
di emulsioni, forma films per evaporazione dellagente veicolante, che si essiccano e diventano insolubili. Il
film discontinuo (dipende dalla tensione superficiale delle particelle) perch la deposizione avviene al di
sopra di Tg (temp. Di transizione vetrosa). MFT: temperatura minima di formazione del film, >Tg per le
resine polari,<Tg per le resine non polari. Plastificanti e agenti di coalescenza: i primi sono liquidi o solidi
non volatili a basso punto di fusione, i secondi sono eteri glicolici con gruppi funzionali idrofili ed
idrofobici. Servono entrambi per ridurre la discontinuit dei films. Emulsioni: forte omogeneizzazione di
particelle (macro 1nm, 10 m / 10-80nm micro) stabilizzate da agenti emulsionanti. Generano film tramite
perdita di acqua e graduale formazione di un reticolo. Viscosit emulsioni: indipendente dalle dimensioni del
polimero e relativamente bassa a grandi concentrazioni. PVC concentrazione del volume del pigmento:
volume del pigmento rispetto al volume della resina legante, incide sullaspetto del film (permeabilit).
Prodotti di trattamento puri: si applicano se sufficientemente fluidi e poco viscosi, lindurimento dei
monomeri e degli oligomeri avviene per reazione di polimerizzazione = formazione di catene pi o meno
ramificate (olio di lino).
8.2 Solventi
Scelta del solvente: qualit, stabilit, non corrosivit, tossicit, infiammabilit, volatilit, parametro di
solubilit, densit, energia coesiva, indice di formazione legami H e momento dipolare.

Volatilit: velocit di evaporazione solvente, si esprime in relazione alletere etilico.


Parametro di solubilit : miscela della forza attrattiva tra molecole (densit di energia coesiva), rappresenta
lenergia richiesta per vincere le forze intramolecolari, si esprime come quantit di energia di evaporazione
per cm3 di solvente. I polimeri amorfi sono solubili se il solvente ha compreso tra quello del polimero e +/1,8. Si gonfiano solo se differisce di +/- 3,2. Per i solventi alifatici compreso tra 5 e 23,4. Per un
liquido polare : s = [ (H RT)/PM]1/2
= densit; H=energia di evaporazione; PM=peso molecolare liquido; R=cost. gas; TC.
Per un liquido non polare : log s = 0.5logTb /PM+0.635, dove Tb la tC di ebollizione.
Per un liquido non volatile : s = * G/PM dove G=somma costanti attrazione molecolare.
Indice di formazione legami H: solventi con forti legami H (acqua, alcool, acidi carbossilici); solventi con
legami H intermedi ( chetoni, esteri, eteri); solventi con deboli legami H (idrocarburi, alogenati).
Momento dipolare : carica*distanza. Molecole simmetriche hanno =0 (benzene, metano), molecole non
simmetriche (alcool etilico) 1<<4 unit Debye. Formazione di un film per evaporazione solvente (3fasi): 1)
deposito solido con evaporazione solvente (che non deve essere n troppo lenta n troppo breve), aumento
viscosit e diminuzione del volume libero del film. Il film si essicca prima dellevaporazione tot del
solvente; 2) stabilizzazione, forma e consistenza; 3)invecchiamento, degrado termico ossidativo, perdita di
elasticit e colore. Reversibilit di un adesivo: ridi scioglimento polimero indurito tramite scelta di un
opportuno solvente. Correlazione del solvente, per esempio, con lo sforzo di taglio. Diminuisce lo sforzo di
taglio, si allontana il solvente, sforzo di taglio=W/ *d*t; W=peso per produrre la deformazione;
d=diametro; t=spessore del provino. Azione di un solvente su polimero solidificato: S=K/R* e-t/xr dove
S=potere solvente; K=coefficiente attivit solvente; R=resistenza penetrazione solvente; x=spessore solido;
t=tempo Strippers (rimozione vecchie pitture): solventi volatili (toluene, acetone) mescolati a sostanze
assorbenti (eteri di cellulosa) che rigonfiano e rammolliscono la resina che viene rimossa con spatole.
8.3 TECNICHE DI APPLICAZIONE DEI PRODOTTI DI TRATTAMENTO: Tecniche per il trattamento
della pietra variano in funzione di: Dimensioni oggetto o ampiezza superficie da trattare ,Stato di
conservazione materiale, Profondit di impregnazione richiesta, Viscosit consolidante, Volatilit solvente e
Pericoli per loperatore o lambiente. I metodi sono:
1) applicazione con pennelo o spray; 2)Tecnica delle saturazioni successive: un ciclo di 3 volte con intervalli
di 40 minuti in cui si applica un consolidante per far trascinare alle forze capillari la soluzione allinterno
della pietra,le applicazioni seguenti sono bagnato su bagnato e al termine si pulisce la superficie con solvente
puro per evitare eccessi di consolidante; 3)Metodo a contatto diretto: tamponi in cotone fanno scorrere un
flusso di soluzione sulla facciata del monumento, alla base dellarea trattata posta una grondaia che
raccoglie leccesso di prodotto e listallazione protetta con fogli di polietilene per evitare levaporazione
troppo rapida del solvente (esempio resine siliconiche); 4)Metodo Domaslowski: il monumento da
consolidare ricoperto con bande assorbenti di cellulosa per trasportare la soluzione polimerica contenuta in
un recipiente ed impregnare la pietra col consolidante epossidico, si usano sempre fogli di polietilene;
5)Metodo con carta giapponese: arenarie particolarmente alterate la cui superficie viene cosparsa con spray
di resina acrilica e siliconica, ricoperta con carta giapponese, fatta aderire alla pietra con un emulsione
acquosa di alcool polivilinico; si essicca il tutto e tramite una pressione le croste vengono sollevate e
risospinte contro la roccia nella loro posizione originaria; una volta evaporato il solvente, la resina indurita
e la carta giapponese rimossa per tamponamento con acqua; 6)Impregnazione sotto vuoto: statue e motivi
architettonici vengono puliti e posti in autoclave dove si fa il vuoto eliminando acqua e aria, si introduce la
resina consolidante e si raggiunge la pressione atm, dopo di che si elimina la resina; Hampel apport
modiche a questo metodo in laboratorio ricoprendo la struttura con bande di flanella e strato di latex per fare
uno strato impermeabile. Il sottovuoto realizzato in questo caso tramite 2tubi di polietilene, uno alla base e
laltro alla testa connesso con una pompa sottovuoto. La depressione che si crea tra la superficie e lo strato di
latex facilita laspirazione della resina. 7)Impregnazione totale: trattamento con resine acriliche, istallazione
costosa disponibile in Germania. Si costituisce di: camera di essicazione, recipiente in acciaio per
limpregnazione di circa 4x2,5 m, con possibilit di creare vuoti, una camera di refrigerazione in cui ci sono
12000L di monomero acrilico a 5C,compressore che crea vuoto e pressioni elevate, un generatore di azoto
alla pressione di 15-20 bar, una camera di controllo e una bilancia dalla portata di 4 ton. Limpregnazione
presenta 4 fasi: A)restauro delle parti danneggiate, pulitura, essiccatura sotto vuoto parziale a 80C; B)
raffreddamento, immersione delloggetto nel monomero sotto vuoto parziale che, una volta ricoperto,
aumenta la pressione a 15-20bar per favorire una completa impregnazione; C) si vuota il recipiente del
monomero e si elimina la resina in eccesso; D) polimerizzazione a 80C e, una volta terminata la reazione,
lavaggio delloggetto con acqua e vapore.

9.1 La rimozione dello sporco dalla superficie dei monumenti


Patina: alterazione limitata alle modificazioni naturali dei materiali; non sono collegate a fenomeni di
degradazione o come variazioni del colore originario del materiale.
Crosta: strato superficiale di alterazione del materiale lapideo o dei materiali utilizzati per eventuali
trattamenti. Spessore variabile, fragile e si distingue facilmente dalla parte sottostante per via del diverso
aspetto. Pu staccarsi spontaneamente dal substrato deteriorato.
Pellicola: strato di sostanze coerenti tra loro e differenti rispetto al materiale lapideo. Spessore ridotto e si
pu staccare dal substrato che di solito si presenta integro.
Scialbatura: sottile strato di finitura, granuloso, costituito da calce mista e polvere di marmo, travertino o
sabbia. Ci sono idee contrastanti riguardo la pulitura dei monumenti. C chi pensa che lo strato superficiale
rappresenti una sorta di prestigio e lustro dei monumenti antichi che conferisce pi autorevolezza ai
monumenti stessi. Altri invece pensano che sia una distorsione dellaspetto formale dei monumenti.
A FAVORE DELLA PULITURA DELLE CROSTE NERE:
- Le croste nere rappresentano una fonte pericolosa di Sali solubili che possono entrare nella pietra.
- Mantengono il contatto tra inquinanti e superficie lapidea.
- Accentuano leffetto delle variazioni termiche provocando deformazioni e anche esfoliazioni.
- Ricoprono le sculture e gli ornamenti annullando il gioco di ombre originali.
- Nascondono strati originariamente colorati.
CONTRO LA PULITURA DELLE CROSTE NERE:
- In ambienti particolarmente inquinati lo strato sporco, anche se eliminato, si riforma velocemente. Di
conseguenza la pulitura di questi monumenti deve essere effettuata di frequente ma deve avere delle
caratteristiche particolari per evitare il degrado del monumento:
. non deve alterare il colore della pietra
. non deve concentrarsi in superficie formando una crosta
. deve regolare la diffusione di vapor dacqua e acqua attraverso il muro
. deve costituire una protezione contro gli agenti atmosferici, la polvere, gli agenti biotici e lerosione
eolica.
. deve seguire i movimenti della pietra (espansione e contrazione), non deve essere corrosivo e tossico
per loperatore e lambiente
. deve avere un prezzo ragionevole
. deve poter essere applicato sulla pietra umida e asciutta
.deve resistere allinvecchiamento
. non deve reagire con la pietra per proteggerla
. deve avere caratteristiche antistatiche.
- La patina pu essere distrutta perdendo delle caratteristiche originarie dellopera
- Distrugge lo strato di pietra indurito per effetto degli eventi atmosferici (calcin) considerato un ottimo
strato protettivo.
- Distrugge le vecchie malte in calce
- Distrugge la modanatura degli ornamenti, soprattutto se sono gi degradati.
- Distrugge incrostazioni biologiche importanti a livello storico-artistico.
Recentemente per si arrivati alla conclusione che la pulitura dei monumenti necessaria per consentirne
una maggiore conservazione. La propriet principale che rende efficace una protezione superficiale
lomogeneit. La crosta nera che ricopre la pietra, invece, presenta caratteristiche fisiche, chimiche e
meccaniche molto diverse dal supporto lapideo.
Bromblet distingue tre diverse localizzazioni del gesso:
1. Nella crosta nera dove presente in forma microcristallina e ingloba sabbia d quarzo, cenere, sostanze
bituminose e particelle di origine eolica.
2. Sotto la crosta nera presente uno strato biancastro dovuto alla trasformazione epigenetica della calcite
in gesso.

3. A qualche millimetro dalla superficie lapidea il gesso si trova nelle fessurazioni, nelle cavit e negli
spazi intergranulari.
Per alcune sculture importante mantenere lo strato di gesso 2 in quanto parte integrante della pietra. Per
questo motivo importante assicurarsi di non utilizzare lacqua come mezzo di pulitura perch eliminerebbe
tutti gli strati di gesso. Le trasformazioni che subisce la superficie lapidea sono notevoli dopo lazione di
pulitura: influenzano lequilibrio tra lacqua presente allinterno della pietra e lumidit dellaria. A questo
equilibrio sono legati fenomeni di cristallizzazione salina, adsorbimento di van der Waals, migrazione idrica
e reazioni di ossidazione o carbonatazione.
9.2 Efficacia e sicurezza nelle operazioni di pulitura:
I due criteri pi importanti da considerare per la pulitura sono efficacia e sicurezza.
Lefficacia dipende dal metodo di pulitura, dalla perizia delloperatore, dal tipo di materiale da trattare e
dallo stato di degradazione e dallo sporco da eliminare. La sicurezza interessa non solo lo stato del
monumento ma anche la sicurezza delloperatore e dellambiente e dipende dagli stessi fattori esposti per
lefficacia. Lo scopo della pulitura quindi quello di rimuovere tutto quello che dannoso per il materiale
lapideo. Prima della pulitura deve essere effettuata unanalisi sullo stato di conservazione ma anche
unanalisi stratigrafica per individuare le successioni temporali e storiche delle trasformazioni indotte o
meno dalluomo. Ovviamente devono essere scartate le procedure aggressive, economiche e apparentemente
pi veloci. Tra queste tecniche rientra il trattamento con acidi come lacido cloridrico, lacido fluoridrico, ma
anche trattamenti con soda caustica e azioni meccaniche(lisciviazione con acqua calda e cenere, sabbiatura,
smeriglitura con frullini e spazzole metalliche). I metodi di pulitura devono essere valutati per ogni caso
individuale e spesso potrebbe essere necessario utilizzare pi tecniche contemporaneamente per rimuovere in
modo efficace lo sporco. Inoltre deve essere valutata anche limportanza storico-culturale dellopera e il
fattore costi e tempo, anche se per alcuni monumenti molto importanti, questi possono essere anche
trascurati.
9.3 Tecniche e metodi di pulitura
Metodi basati sullimpiego di acqua
1. Ruscellamento: Le superfici da pulire sono sottoposte a un ruscellamento di acqua il tempo necessario per
ammorbidire lo strato di sporco, seguito da spazzolatura e risciacquo.Viene utilizzata di solito acqua del
rubinetto oppure acque pi dure per calcari teneri e acqua demineralizzata per i graniti.
Presenta notevoli inconvenienti dato che viene utilizzata una grande quantit di acqua che pu dar luogo a
infiltrazioni e relativa alterazione di affreschi presenti nella parete interna. Proprio per questo motivo un
metodo non pi utilizzato.
2. Acqua ad alta pressione: Getti di acqua ad alta pressione ottenuti da delle idropulitrici che possono essere
portatili oppure degli apparecchi molto possenti sistemati su rimorchio. Lelevata pressione dellacqua, che
pu essere sia calda che fredda, porta alla demolizione e non a una pulitura controllata. Infatti in grado di
provocare asportazioni di porzioni di superficie, anche sane, causando forti abrasioni e buchi.
3. Spray di acqua a bassa pressione: Getto di acqua a bassa pressione rivolto verso le superfici lapidee per
un periodo variabile, gonfia lo strato di sporco, ammorbidendolo ed eliminando i prodotti solubili. Tale
operazione di solito non si effettua nei mesi freddi in quanto levaporazione molto lenta e potrebbe causare
fessurazioni a causa del ghiaccio che si pu formare. Per pulire le facciate di solito si parte dallalto per
andare verso il basso, in modo tale che il ruscellamento dellacqua ammorbidisca gli strati pi bassi di
sporco. Ovviamente la quantit di acqua deve essere ridotta quando si ha a che fare con superfici porose.
4. Acqua nebulizzata o atomizzata: Lacqua nebulizzata esercita principalmente unazione chimica in quanto
sciogli lentamente gesso e calcite di rideposizione. Si hanno risultati notevoli su pietre carbonatiche non
particolarmente incrostate, mentre non si hanno effetti su pietre quarzo-silicatiche. Inizialmente questa
tecnica era utilizzata solo per oggetti molto piccoli, adesso invece sono stati sviluppati apparecchi in grado di
pulire superfici pi ampie in quanto presentano un gran numero di ugelli, ottenendo n buon risultato con un
minimo consumo di acqua.
5. vapore acqueo: Vapore acqueo prodotto da un boiler, diretto sulla superficie da pulire utile per facciate
irregolari ma dimmobili commerciali e di nessun valore artistico in quanto lelevata temperatura provoca un
sicuro deterioramento della pietra. La superficie da pulire deve riuscire a sopportare il calore e non deve
essere molto porosi in quanto potrebbero apparire sulla pietra delle macchie scure.
Metodi meccanici
1. Sabbiatura a secco: Si basa sullazione abrasiva di alcune particelle che, con un geto di aria compressa,
incidono su una superficie, i fattori che influenzano questa tecnica sono: durezza e forma dei

grani(generalmente forma sferica), loro dimensioni (0,1 mm), pressione del getto (0,5 Mpa), diametro
dellugello, distanza ugello-superficie, tempo di applicazione. Questa tecnica comporta notevoli danni sia
alla superficie lapidea sia alloperatore (rischio silicosi) e anche allambiente circostante a causa delle polveri
nocive e del rumore. Come abrasivo sin pu usare: sabbia silicea, olivina,allumina,microbiglie di vetro e
povere di pietra.
2. Sabbiatura idropneumatica o idrosabbiatura: In questo caso viene utilizzata una sospensione di acqua e
sabbia per la pulitura della superficie lapidea. Diversamente dalla sabbiatura a secco, lazione abrasive
limitata dallacqua che contribuisce anche alla dissoluzione dello sporco grazie alla sua azione solvente,
evitando la formazione di polveri nocive. Questa tecnica ha bisogno comunque di un risciacquo finale.
Lidrosabbiatura si rivelata efficace per pietre molto incrostate, ma naturalmente non deve essere utilizzata
su monumenti dinteresse artistico culturale in quanto pu provocare forti danneggiamenti.
3. Microsabbiatura e strumenti di micromeccanica: Principio simile alla sabbiatura ma in questo caso il
potere abrasivo diversificabile a seconda della superficie, sia a seconda dellabrasivo da utilizzare sia a per
quanto riguarda la pressione. Il propellente utilizzato pu essere azoto oppure aria disidratata. Il macchinario
costituito da un compressore accoppiato a un serbatoio di abrasivo e anche un aspiratore posto vicino
allugello per aspirare le poveri nocive. Si tratta di un metodo di alta precisione, in quanto insiste su unarea
di pochi centimetri, quindi richiede operatori altamente qualificati per presenta costi elevati e tempi molto
lunghi. Per i risultati sono assolutamente eccellenti per pietre tenere e fortemente alterate.
Altri strumenti utilizzati sono apparecchiature dentistiche quali frese, spazzole, bisturi o speciali dispositivi a
ultrasuoni che rimuovono lo sporco mediante leggere sollecitazioni prodotte da microonde trasmesse da un
piccolo spray di acqua.
Pulitura chimica: Richiede una massima cautela a causa della difficolt di controllo e della sua azione
corrosiva. Luso pertanto deve essere limitato a zone in cui le incrostazioni sono persistenti e deve essere
effettuata da operatori specializzati. Diversamente dalle altre tecniche, in questo caso si opera dal basso
verso lalto per evitare che ci possano essere reazioni aggiuntive e la formazione di macchie.
ACIDO CLORIDRICO: ha un basso prezzo e riesce a sciogliere facilmente le incrostazioni calcaree.
pericoloso in quanto molto corrosivo, ha unazione violenta e incontrollabile, forma macchie e
cambiamenti di colore, anche a distanza di anni dal trattamento, forma cloruri che sono la causa di ulteriori
danni essendo sali igroscopici.
ACIDO FLUORIDRICO E I SUOI SALI ACIDI: dopo il trattamento con questo acido la superficie lapidea
si ricopre di uno strato sottile di fluorite che, per alcuni, considerato come protettivo e consolidante della
pietra, mentre in realt causa numerose fessure che costituiscono dei cammini privilegiati per la penetrazione
di inquinanti atmosferici. Le applicazioni di questo acido comportano considerevoli pericoli per gli operatori
in quanto questo acido estremamente tossico e corrosivo.
HF agisce sulla silice e sui silicati trasformandoli in tetrafluoruro di silicio gassoso:
SiO2 + 4HF
SiF4 + 2H2O
Che reagisce a sua volta con lacqua dando acido fluosilicico:
3SiF4 + 3H2O
2H2SiF6 + H2SiO3
SODA CAUSTICA: bandita perch provoca efflorescenze, ma in grado di distruggere incrostazioni a base
di sostanze grasse provocando la loro saponificazione.
RESINE: in genere macromolecole sintetiche di forma sferica costituite da uno scheletro poroso con cariche
negative, compensato da un numero uguale di ioni sodio intrappolati al suo interno. Quando lacqua dura
passa attraverso la resina si ha una sostituzione degli ioni sodio con quelli calcio e magnesio. Queste resine
scambiatrici di ioni sono applicate per la pulitura della pietra sotto forma di impacchi che posso agire come
sostanze acide o basiche sciogliendo sia i carbonati che la silice e i silicati; per la loro azione lenta e non
sempre efficace.
TENSIOATTIVI E DETERGENTI: aggiunti allacqua di lavaggio per aumentare il potere detergente e
favorire la dissoluzione delle sostanze grasse e oleose e diminuire la tensione superficiale. Le caratteristiche
richieste per uneffettiva pulitura sono: potere dissolvente organico, potere bagnante, potere disperdente,
potere sciacquante, potere emulsionante, potere chelante e potere battericida. Lazione si sviluppa in tre
stadi:
-il detergente abbassando la tensione superficiale bagna lo strato di sporco
-lo sporco entra in sospensione: leffetto emulsionante impedisce la sua ridispersione sul substrato

-lo sporco fissato dal detergente allontanato dal substrato per risciacquo.
La rimozione dello sporco quindi dipende dalladsorbimento del tensioattivo allinterfaccia sporco/bagno,
substrato/bagno di detersione. I tensioattivi sono composti da molecole contenenti un piccolo gruppo polare
idrofilico e una lunga catena lipofila: queste molecole si orientano in modo tale da avere il gruppo polare
immerso in acqua e la parte apolare nella superficie sporca. Se in queste strutture, la catena idrocarburica
ramificata, la resistenza della molecola alla degradazione provocata dagli organismi biochimici molto alta e
provocano notevoli problemi dinquinamento.
I tensioattivi cationici sono Sali ammonici quaternari in cui la parte idrofoba ha una carica positiva associata
ad un atomo di azoto (R4N+Cl-). Buona azione antistatica, batteriostatica e antimicrobica.
I tensioattivi anionici: in acqua danno gruppi polari carichi negativamente del tipo COO-, -OSO3-, -SO3-.
Non possono essere utilizzati con i tensioattivi cationici in quanto hanno la tendenza a precipitare.
I tensioattivi non ionogeni: non hanno carica quando sono sciolti in acqua, anche se sono sempre composti
da una parte idrofila (polimero di ossido di etilene con una funzione idrossilica terminale e ponti ossigeno) e
da una parte idrofoba (catena satura grassa). Dato che non sono ionizzabili, sono compatibili sia con i
tensioattivi cationici che, con quelli anionici. Sono dei buoi emulsionanti e detergenti poco schiumogeni.
I tensioattivi anfoteri: contengono sia un gruppo basico amminico o a base di ammonio quaternario, e un
gruppo acido del tipo COO-, -OSO3- , -SO3- , si comportano da anioni o cationi a seconda del pH della
soluzione. Hanno un buon potere bagnante e detergente anche a basse temperature.
Impacchi assorbenti e argille speciali: Per evitare che i solventi dei composti chimici utilizzati per la
pulitura possano penetrare nelle pietra, di solito questi vengono mescolati con polveri assorbenti e applicate
sotto forma di compresse sulle superfici da pulire. Le sostanze assorbenti utilizzate di solito sono: polpa di
cellulosa, talco, metil cellulosa, silice colloidale e argille quali la bentonite, montmorillonite, sepiolite e
attapulgite. Alcune di queste sostanze fanno parte delle zeoliti che sono caratterizzati da una struttura aperta
che pu includere piccole molecole inorganiche e organiche (MO4). Sepiolite a attapulgite sono costituite da
fillosilicati idrati di magnesio e alluminio con struttura cristallina allungata, caratterizzati da una grande
superficie specifica. Lattapulgite molto utilizzata perch ha la capacit di assorbire oli e acqua,
caratteristica derivata dalla sua struttura tridimensionale. Limpacco di attapulgite deve essere applicato alla
pietra e mantenuto costantemente umido con fogli di polietilene che impediscono levaporazione dellacqua.
Un altro impacco molto usato costituito da: 25 g di urea, 10ml di glicerina, 500ml di acqua e sepiolite.
Questo particolare impacco sviluppa dei microrganismi che partecipano alleliminazione delle incrostazioni.
A fine trattamento, quindi deve essere utilizzato un fungicida per evitare eventuali aggressioni microbiche.
Un impacco consigliato per le pietre calcaree incrostate da solfati, particelle carboniose e depositi biologici,
chiamato dai restauratori con la sigli AB57 (1000ml di acqua, 30g bicarbonato di ammonio, 50g
bicarbonato di sodio, 25g EDTA, 10g Desogen, 50g carbossimetilcellulosa). In questa struttura ci sono 6
posizioni possibili di coordinazione della molecola organica dipendenti dalle propriet donatrici di 4 atomi di
ossigeno e 2 di azoto. Ci sono 5 anelli avvolti allatomo di calcio che attribuisce linsolita stabilit di questo
complesso. In particolare: LEDTA agisce come agente complessante facilitando la dissoluzione dei Sali di
calcio; i bicarbonati conferiscono alla soluzione un pH 7,5 che facilita lo scioglimento dei Sali; Il Desogen,
sale di ammonio quaternario agisce come surfattante e disinfettante; la carbossimetilcellulosa serve a dare
consistenza allimpacco e ne conferisce caratteristiche tossitropiche; limpacco deve agire per un tempo che
varia da una a 24 ore e deve essere eliminato lavando la superficie con acqua di rubinetto e con piccole
spazzole.
Pulitura a laser Si basa sullamplificazione della luce, sfruttando la capacit di alcune sostanze di emettere
radiazioni quando vengono eccitate. La luce laser ha monocromatica e ha un alto grado di collimazione e
direzionalit. Le caratteristiche proprie della luce laser sono la coerenza (singole emissioni stimolate sono in
fase tra loro sia in senso spaziale che temporale) e la brillantezza (potenza emessa per unit di superficie e
per unit di angolo solido). Il laser costituito da una sorgente di radiazioni che genera un raggio di luce
molto energetico capace di vaporizzare la crosta di sporco dei monumenti. La sua energia sviluppata in
maniera istantanea e il raggio di azione molto preciso e puntiforme. I vari tipi di laser si differenziano a
seconda del mezzo attivo impiegato: neodimio, olmio, erbio, vetro, YAG (laser stato solido), He-Ne, CO2
(laser stato gassoso) e a stato liquido, semiconduttori e chimici. Differiscono per la lunghezza donda e per la
potenza del fascio emesso. Per la propagazione delle radiazioni laser si possono impiegare sia bracci articolai
con specchi sia fibre ottiche: Laser commerciale a Neodimio: YAG lavora a due regimi di lavorazione: QSwitching ad impulso corto e modalit Normal Free Running con impulso lungo. Questi due regimi se usati
in modo scorretto, possono provocare danni di tipo meccanico e termico sulla superficie lapidea; Prototipo

laser a Neodimio: YAG detto SFR (short free running) con caratteristiche di emissione ottimizzate e
trasmissione a fibre ottiche; Laser a cristalli di tipo discontinuo e pu generare impulsi sia lungi che corti.
Quando il materiale scuro assorbente completamente eliminato, la superficie lapidea bianca riflette il laser
incidente e lemissione automaticamente interrotta. raccomandabile bagnare la superficie da pulire per
intensificare lassorbimento delle radiazioni sia perch, se fosse asciutta, produrrebbe una gran quantit di
residui dannosi per loperatore. Questa tecnica, soprattutto con impulsi lunghi, si rivelata efficiente per la
pulitura dei marmi banchi, invece non molto indicato per il marmo grigio dove lascia degli aloni scuri, ed
da evitare su marmi neri dove provocherebbe fessurazioni superficiali molto importanti.
9.4 Metodi per leliminazione dei biodeteriogeni: Leliminazione delle incrostazioni biologiche pu essere
effettuata meccanicamente con uso di spazzole e bisturi, che non provoca effetti secondari ed controllabile,
sempre se affidata a mani esperte, e pu essere ottenuta tramite biocidi di vario genere. Questi devono
presentare delle particolari caratteristiche: non deve agire chimicamente o fisicamente n direttamente n
indirettamente, sulle strutture archeologiche trattate; deve essere incolore e trasparente e deve contenere un
principio attivo chimicamente stabile e poco solubile in acqua; non deve lasciare aloni dopo lapplicazione;
deve essere degradabile nel tempo; non deve essere n acido n alcalino; deve avere uno spettro di azione pi
ampio possibile; non deve essere tossico; non deve essere inquinante per le acque superficiali e profonde;
deve essere registrato agli organi statali predisposti. I biocidi utilizzati non sono stati formulati proprio per la
conservazione dei monumenti, ma vengono utilizzati quelli che derivano dal campo medico e agrario.
Permanganato di potassio e acqua ossigenata insieme ai sali quaternari di ammonio sono tra i prodotti pi
usati. Ovviamente la devitalizzazione dei biodeteriogeni deve essere basata su analisi di laboratorio e non
solo su unosservazione superficiale.
PER I LICHENI: i licheni crostosi sono molto resistenti alla maggior parte dei biocidi, i licheni fogliosi e
squamosi sono pi sensibili ai trattamenti chimici. Vengono usati cloruri di zinco e magnesio in
concentrazione dell1,5%. ALGHE, FUNGHI E BATTERI: soluzioni acquose al 2% di pentaclorofenolo,
soluzioni di pentaclorofenolo in alcol metilico e solfonato di alchilbenzene in acqua. Ma anche formaldeide,
acido, cloruro disotiazolinone (battericidi). ALGHE, LICHENI E MUSCHI: derivati dellurea, amminiaca,
borati, Sali dellacido dimetiltiocarbamico, complessi di rame e idrazina. BATTERI AUTOTROFI E
ETEROTROFI su pietre calcaree e arenarie: poliossimetilene sorbitano monooleato (Tween 80), bromuro di
cetil trimetil ammonio (CTAB) e Triton X100. MACCHIE su pietre calcaree e arenarie: soluzione sbiancante
di ipoclorito di calcio al 5%.
9.5 Macchie e graffi: Prima di tutto bisogna identificare lorigine delle macchie e le cause che le hanno
provocate. Chi produce i danni maggiori il FERRO che si ritrova sotto forma di macchie di ruggine. Il ferro
non protetto si corrode rapidamente quando esposto ad unatmosfera umida con formazione di ossido ferrico
idrato di colore bruno. I fattori responsabili sono acqua e ossigeno. La ruggine si forma n seguito ad un
processo elettrochimico, in cui una parte delloggetto si comporta da anodo: Fe Fe 2+ + 2eGli elettroni si trasferiscono allinterno del metallo in una zona che funge da catodo dove lossigeno si riduce
in presenza di ioni H+
CO2 + H2O HCO3- + H+
O2 + 4H+ + 4e- 2 H2O
Il circuito di reazione completata con il passaggio di ioni attraverso lacqua che si trova sulla superficie die
Fe. La reazione totale quindi : 2Fe(s) + O2(g) + 4H+(acq) 2 Fe2+ (acq) + 2 H2O(l)
Il ferro ulteriormente ossidato trasformandosi in ruggine: 4Fe2+(acq) + O2(g) + 4H2O (l) 2 Fe2O3 (s) +
8H+(acq). Per ridurre la corrosione del ferro bisogna proteggerlo superficialmente o sostituirlo con acciaio
inossidabile. La protezione, per esempio, pu essere fatta con vernice contenente Pb3O4 oppure attraverso la
galvanizzazione. Le sostanze utilizzate per eliminare le macchie di ferro sono: soluzioni acide di fosfato
contenenti lo ione HPO4-; acido solforico neutralizzato poi con ammoniaca; acido orto fosforico e sale;
bisodico dellEDTA in acqua; miscuglio pastoso fatto da 1 parte di citrato di sodio, 6 di acqua, 7 di glicerina
e gesso; pasta a base di 15% di tartrato di Na e K, 35% di acqua, 50% di glicerina, tutto mescolato con gesso
in rapporto 1:4. I risultati sono comunque non molto soddisfacenti.
Altre macchie molto evidenti sulle superfici lapidee sono causate dal RAME dovute principalmente dal
dilavamento con acqua piovana delle statue di bronzo. La corrosione dovuta in ambiente umido, da acqua,
ossigeno e anidride carbonica: 2Cu(s) + H2O(l) + O2(g) + CO2(g) Cu(OH)2CO3(s)
Formando cos una patina verde di carbonato basico di rame. La rimozione di queste macchie stata

effettuata con un impacco di sodio bisodico dellacido etilendiamminotetracetico, una soluzione tampone
formata da cloruro di ammonio e ammoniaca, e polvere assorbente in modo da avere una consistenza
pastosa. Esistono altri tipi di macchia come: macchie dinchiostro su marmi chiari(impacchi di acqua
ossigenata o ipoclorito di sodio); macchie dinchiostro su marmi scuri (solventi organici a base di acetone o
cloruro di metile); macchie oleose (impacchi di soda o cloruro di metile); macchie di natura organica
(impacchi di acqua ossigenata e ammoniaca oppure impacchi con solventi quali acetone, toluene o xilene.
Disegni, iscrizioni o pitture con determinate vernici, risultano difficili da eliminare soprattutto quando la
pietra porosa. Generalmente per eliminarle si utilizzano idrocarburi clorurati come il cloruro di metilene,
percloroetilene e tricloroetilene, alcoli come metanolo, etanolo, isopropanolo, chetoni quali acetone e
metiletilchetone o qualche volta esteri e acqua ragia.
9.6 Pulitura delle pitture murali: Particolare attenzione richiesta per la pulitura delle pitture murali come
affreschi, mezzo fresco, pittura a secco, encausto e graffito. La prima operazione una spolveratura con
pennelli e spazzole per rimuovere polveri di varia natura e il nerofumo. Per eliminare le sostanze organiche
si usa carbonato di ammonio e a volte anche bicarbonato di ammonio. Limpacco di carbonato di ammonio
con acqua e pasta di cellulosa viene disteso sul dipinto precedentemente ricoperto di carta giapponese che
funge da protettivo per lo strato pittorico. Questo stesso impacco viene utilizzato per pitture murali
completamente coperte da uno strato chiamato scialbo a base di idrato di calcio. Operatori esperti riescono
anche a rimuovere lo sporco per mezzo di bisturi o con dei martellini per provocare il distacco
dellimbiancatura.
9.7 Rimozione dei vecchi trattamenti: Oltre allo sporco, di solito si devono anche rimuovere i vecchi
trattamenti che oramai non svolgono pi la loro funzione o che addirittura si trovano in uno stato peggiore
del substrato che ricoprono. Il solvente utilizzato per la rimozione di questi strati deve avere determinate
caratteristiche, quali: capacit di rammollire e far rigonfiare il protettivo; potere di estrazione delle parti
solubili; diffusione nel film da rimuovere.
Solventi a forte azione rigonfiante sono: il cloruro di metilene, il cloruro di etilene, il tricloroetilene, il
cloroformio, il tetraidrofurano e il cicloesanone. Mentre solventi a media azione rigonfiante sono lacetone,
il benzene, il tetracloruro di carbonio, invece gli alcoli sono a basso potere rigonfiante.
La diffusione di un solvente in uno strato di resina naturale o sintetica pu essere interpretata in funzione
della legge di Fick:
!
!!

=K

!
!

Dove Q e Q sono rispettivamente la quantit di solvente assorbito nel tempo t e allequilibrio, mentre l lo
spessore del film e K una cosante di diffusione. La velocit di diffusione del solvente dipende dalla sua
viscosit e dal suo volume molecolare. Levaporazione del solvente, invece ha una velocit minore rispetto a
quella di diffusione. Dopo lestrazione della parte solubile della resina, il volume del film diminuisce
progressivamente fino a raggiungere dimensioni inferiori rispetto a quelle di partenza. Dopo levaporazione
del solvente il film risulta pi denso e fragile e tender a staccarsi dal supporto. Alcune pitture vecchie o
rivestimenti polimerici diventati insolubili, vengono eliminati con sverniciatori, costituiti da solventi molto
volatili mescolati a sostanze assorbenti e agenti di consistenza.
9.8 criteri di controllo delle tecniche di pulizia delle superfici lapidee: Sono stati indicati dei test per valutare
e quantificare lefficacia e i pericoli potenziali derivati dai metodi di pulizia. Rispetto al grado di pulizia e i
risultati estetici difficile stabilire dei criteri standard soprattutto perch non dipendono da parametri
tecnologici ma dipendono molto dalle filosofie del restauro e dalla sensibilit del soprintendente alle opere
darte. Una valutazione dei pericoli potenziali delle tecniche utilizzate pu essere invece basata sulla
reattivit, sul potere solvente, sullusura meccanica, sulla discontinuit superficiale o sulla formazione di
prodotti secondari indesiderati.

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