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PRONTUARIO DELLE
COSTRUZIONI
ACCIAIO - CALCESTRUZZO ARMATO - LEGNO - MURATURA
2a Edizione - Ottobre 2013
a Bano Maset
Marco Boscolo Bielo nato a Sottomarina di Chioggia (VE) il 27 Luglio 1967. Si laureato
con lode in Architettura presso lo IUAV di Venezia nel 1993. Nello stesso anno inizia a collaborare
alla didattica nella Facolt di Architettura di Venezia in qualit di assistente per diverse aree
del settore della tecnica delle costruzioni. autore di numerosi articoli in riviste specializzate
nel settore dellArchitettura e dellIngegneria e si dedica alla stesura manuali tecnici e libri di
storia dellarchitettura tecnica. Ha partecipato a convegni a livello nazionale e internazionale
(IASS 96, XI-XII CTE, XVI BIBM, XV ANIDIS). Svolge attivit di libero professionista nel campo
della progettazione antisismica, architettonica, strutturale e nel restauro.
Ha effettuato numerose docenze in relazione alle norme tecniche antisismiche, al restauro conservazione manutenzione di materiali edilizi storici, presso Universit, Enti Pubblici e Privati,
Ordini Professionali e per conto di Legislazione Tecnica e ANIAI.
Per Legislazione Tecnica ha pubblicato inoltre:
Progettazione Strutturale - Significato e prassi della nuova normativa antisismica (2010);
Costruzioni antisismiche in muratura ordinaria e armata (2011);
Crollo e ricostruzione del Campanile di San Marco (2012);
Interventi su edifici esistenti Responsabilit dei progettisti, Diagnostica, Tecniche di
progettazione (2012).
Vulnerabilit sismica degli edifici industriali (2012);
Vulnerabilit sismica degli edifici storici (2013);
Progettazione antisismica con le NTC (2013).
Servizio Clienti
Tel. 06/5921743 Fax 06/5921068
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Shop: ltshop.legislazionetecnica.it
Il contenuto del testo frutto dellesperienza dellAutore, di unaccurata analisi della normativa e del contesto
tecnico e tecnologico. Le opinioni contenute nel testo sono quelle dellAutore, in nessun caso responsabile
per il loro utilizzo. Il lettore utilizza il contenuto del testo a proprio rischio, ritenendo indenne lAutore da
qualsiasi pretesa risarcitoria.
PRESENTAZIONE
Vorrei far brevemente risaltare due elementi che ritengo importanti per trarre
un giudizio immediato sullopera: lautore ed il titolo dellopera.
LAutore
Larchitetto Marco Boscolo Bielo, supportato da una solida preparazione di
base sullargomento derivante da una brillantissima carriera universitaria, dotato
di un non comune rigore nellanalizzare le problematiche costruttive e possiede
una poliedricit di interessi e conoscenze che lo fanno spaziare su molti campi
nelle materie architettoniche ed ingegneristiche. Unito al successo delle sue
precedenti opere, che costituisce dato oggettivo, posso aggiungere la notizia di
una capacit divulgativa, verificata sia attraverso le sue pubblicazioni, sia maturata
ed arricchita in numerose occasioni: in ambito universitario e con frequenti seminari
presso Ordini professionali e Master di aggiornamento per i professionisti; in tutte
queste occasioni si potuto verificare, prima ovviamente tramite un passa parola
consolidato nel tempo, e poi direttamente dai commenti dei partecipanti, la
generale soddisfazione degli auditori per la facilit di presentazione delle
problematiche e per il corretto indirizzo alla risoluzione dei problemi.
Il titolo
La dizione Prontuario delle costruzioni con i suoi sottotitoli Acciaio,
Calcestruzzo armato, Muratura, Legno necessita di una precisazione:
prontuario secondo un diffuso dizionario della lingua italiana viene definito come
Manuale contenente i dati o le nozioni pi importanti relativamente ad una
disciplina, ordinati in modo da renderne agevole la ricerca e la consultazione;
quanto cos definito si addice bene alla presente Opera, escludendo ci che in
questa definizione possa sembrare limitativo in relazione alla completezza dei
contenuti che invece spaziano tra le tipologie costruttive pi in uso, come
possibile evincere dalla sola lettura dellindice.
Ritengo quindi che un manuale del genere possa essere di grande ausilio
per ogni professionista del settore delle costruzioni, sia o meno dedito nella sua
attivit professionale alla progettazione delle strutture.
Sono certo che il Prontuario diverr un ausilio classico per professionisti
e studenti con la consapevolezza che lAutore, come sua intenzione, sar sempre
sensibile ad ulteriori suggerimenti.
Calcolo di ponte ferroviario in acciaio di luce 36 m e altezza del montante centrale di 4,5 m.
Da Camillo Guidi, Scienza delle Costruzioni - Teoria dei Ponti, Vincenzo Bona, Torino, 1943.
INDICE
INTRODUZIONE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
21
23
23
24
1.3 Massa
1.3.1
1.3.2
1.3.3
e forza-peso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Massa
Forza peso
Differenza fra massa e forza peso
25
28
30
49
49
49
2.3 I vincoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
52
55
57
64
70
71
2.8.1
2.8.2
La Bilancia di Archimede
2.9 Il momento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
74
76
77
3. SISTEMI ISOSTATICI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
81
81
3.2 Travi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
83
3.3 Triliti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
87
89
3.5 Archi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
90
94
97
La definizione
4.3.2
Il concetto
La definizione
4.4.2
Il concetto
4.5 La legge di Hooke alla luce dei concetti di tensione e deformazione . . . . 108
4.6 Il modulo di Young . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 110
4.6.1
La definizione
4.6.2
Il concetto
La definizione
4.8.2
Il concetto
Le ipotesi
5.2.2
Le deformazioni
5.2.3
5.2.4
5.2.5
Il concetto
6.2.2
Le ipotesi
6.6.2
6.6.3
Sezione rettangolare
6.8.2
Sezioni a T e a I
Il concetto
7.3.2
Le rotazioni
7.3.3
Gli abbassamenti
8.3.2
Pressoflessione e tensoflessione
8.4.2
Linstabilit a pressoflessione
Le linee isostatiche
9.3.2
9.3.3
9.4.2
9.4.3
10
11
12
13
14
15
16
17
18
19
INTRODUZIONE
Spesso mi trovo a sfogliare vecchi manuali di calcolo strutturale. I miei pensieri
vanno ai progettisti di alcuni decenni fa, i quali si trovavano dinnanzi alla necessit
di sviluppare manualmente gli algoritmi necessari alla verifica di manufatti, a volte
anche molto articolati. Penso ad esempio alla torre Eiffel o anche a meno note
costruzioni ma comunque degne di una qualche complessit, tipo grattacieli
newyorkesi di (ormai) due secoli fa, o ponti in acciaio costituiti da tralicci. In
qualche caso, i vecchi manuali ne pubblicano i calcoli: un foglio che si ripiega
su se stesso allinterno del volume e che ne contiene la soluzione, magari
mediante un cremoniano.
Negli ultimi anni la diffusione del calcolo automatico assistito da pc ha
profondamente cambiato il metodo di lavoro dei tecnici che si occupano di
progettazione edilizia. Ci che in epoca passata costituiva parte integrante
dellattivit del progettista, il calcolo, oggi demandato ad una macchina. Ci
che in epoca passata era contenuto in un foglio, la relazione di calcolo, e magari
disposto pure in modo da ottimizzare il consumo di carta, oggi disperso in
decine, se non centinaia, di A4 stampati su un solo lato. In pratica non esistendo
pi limiti di capacit di calcolo per gli elaboratori, per lo meno per quanto riguarda
le soluzioni della stragrande maggioranza delle costruzioni, si dato via ad un
abbondante utilizzo di questo mezzo e relativa stampante.
Dopo la recente entrata in vigore della nuova normativa tecnica per le
costruzioni, ovvero il DM 14.01.08, sembra che ormai lattivit di progettazione
strutturale non sia pi prescindibile dal pc.
Chi scrive ricorda la prima calcolatrice che giunse in famiglia. Fu nei primi
anni 70, credo arrivasse dal porto di Livorno e la port mio fratello. Nessuno
si fidava di quel sinistro mezzo molto piccolo e con i numeri addirittura luminosi,
per cui, presa carta e penna, controllavamo a mano i risultati delle operazioni
digitate. Oggi quella scena appare ridicola. Eppure non pi di tanto. A pensarci
bene la stessa cosa mi capita spesso quando osservo i risultati del mio programma
di calcolo strutturale che risolve migliaia e migliaia di equazioni in pochi secondi
e mi mette a disposizione una serie di dati. evidente che non c mente umana
in grado di operare un controllo su tutte le singole operazioni. Il problema allora
diventa di ordine filosofico: a partire da una serie di dati di input ci si
attendono una serie di risultati. Ma bisogna aver chiaro cosa ci si attende.
Ecco, questo libro nasce anche da questa esigenza: dare un contributo per
far s che lattesa di quei risultati sia quella giusta, e non correre il rischio
di accettare apaticamente tutto ci che esce dal nostro pc.
Credo che laspettativa dei risultati debba per forza essere ricondotta alla
comparazione con schemi semplici. Come del resto viene non soltanto suggerito,
ma reso obbligatorio da quanto contenuto allinterno del DM 14.01.08, nel
cosiddetto Giudizio motivato di accettabilit dei risultati che dovrebbe essere
riportato nelle relazioni di calcolo. Cita il Decreto: tale valutazione consister
nel confronto con i risultati di semplici calcoli, anche di larga massima, eseguiti
con metodi tradizionali e adottati, ad esempio, in fase di primo proporzionamento
della struttura.
21
Vorrei per fugare nel lettore lillusione che questa pubblicazione possa da
sola sostituire lo studio della manualistica classica in materia di Statica, Scienza
e Tecnica delle Costruzioni, della quale in bibliografia, per chi volesse approfondire,
si trova solo una piccola parte. Ma proprio per limmane disponibilit di testi
fondamentali e imprescindibili in materia, risulta impossibile raccoglierne una
summa in un unico volume che si prefigge lo scopo di costituire uno strumento
di agile consultazione tecnica nel settore della progettazione strutturale. Molto
modestamente mi sono limitato a concentrare in questa pubblicazione aspetti
teorici e pratici. I primi, mirati ad illustrare alcuni concetti fondamentali, i secondi,
atti ad evidenziarne lapplicazione. Il testo risulta dunque concettualmente
suddiviso in due sezioni che occupano uno spazio espositivo di eguale
consistenza.
La parte teorica viene condotta con criterio ed approccio semplificato, tenendo
in considerazione il fatto che il lettore possa essere un neofita della materia.
Per questo motivo molti passaggi liquidabili in due righe di linguaggio analitico,
in questo testo trovano ampia illustrazione e discussione mediante esemplificazioni
elementari, a volte anche di tipo intuitivo.
La parte applicativa recepisce il Metodo di Calcolo agli Stati Limite e ne
illustra ed esemplifica le procedure da eseguire per gli elementi strutturali in
acciaio, calcestruzzo armato, legno e muratura portante. In definitiva il testo mostra
come e perch applicare le Norme Tecniche per le Costruzioni, relative al
DM 14.01.08, e ne integra le carenze con le cosiddette norme di comprovata
validit costituite dalla Circolare 617/09, dagli Eurocodici, dalle Istruzioni
Ministeriali, dalle norme UNI e da quelle emanate dal CNR.
AVVERTENZA
Ove le formule, le foto e le tabelle sono tratte dal D.M. 14.01.08 Nuove Norme Tecniche
per le costruzioni e dalla Circolare 02.02.09, n. 617 Istruzioni per lapplicazione delle
Nuove norme tecniche per le costruzioni, viene riportata tra parentesi quadrata [ ]
la numerazione presente nelle due disposizioni con le abbreviazioni:
[NT] per le Norme Tecniche e
[CNT] per la Circolare delle Norme Tecniche
22
1.1 IL
CONCETTO DI FORZA
Un postulato fondamentale per lo studio dei fenomeni fisici il Principio di Inerzia, o Primo
Principio di Newton, il cui enunciato il seguente.
Un corpo permane nel proprio stato di quiete o di moto rettilineo uniforme finch non
agisce su esso una qualche causa esterna.
Moto e quiete sono concetti relativi. Qualcuno se ne sar reso conto dalla sensazione che si
prova osservando, dal finestrino di un treno, il movimento di un treno vicino. Per qualche
istante si rimane incerti su chi compia in effetti il movimento: cio se siamo noi che ci muoviamo
rispetto al treno vicino o, viceversa, se siamo noi fermi e il treno vicino si stia muovendo.
Lincertezza cessa quando si ha un punto di riferimento: ad esempio quando sullo sfondo ci
appare la stazione. In tal caso per ciascuno di noi facile trarre le conclusioni.
Daltro canto, se in questo momento stiamo comodamente seduti su di una sedia, e la nostra
posizione generalmente definita di quiete, non bisogna dimenticare che nello stesso istante
ci stiamo muovendo rispetto allasse terrestre e ancora rispetto al Sole. In particolare il moto
intorno allasse terrestre avviene, con buona approssimazione, a velocit costante; lo stesso
dicasi per il moto della Terra intorno al Sole.
Per quanto fin qui detto si pu comprendere che se nelluniverso esistesse un solo corpo, per
esso non avrebbe senso alcuno parlare di quiete o di moto, ma la circostanza pi interessante
che la presenza di un altro corpo altera reciprocamente lo stato di quiete o di moto di
entrambi i corpi. Cos tutti i corpi nelluniverso interagiscono fra loro modificando i propri
moti.
A seconda della velocit, il moto di un corpo pu essere di due tipi: uniforme, ovvero a
velocit costante, e vario, ovvero a velocit variabile. La variazione di velocit, accelerazione,
pu a sua volta essere costante nel tempo, in tal caso il moto si dice uniformemente accelerato.
Se, come si detto, la presenza nello spazio di pi corpi, altera reciprocamente il loro moto,
che per il Principio di Inerzia pu non esservi (caso di quiete), o essere rettilineo uniforme,
dobbiamo ammettere che esso provochi variazioni di velocit e quindi mutue accelerazioni.
Le cause della variazione del moto 1 sono dette Forze. Nellesperienza quotidiana, quando ad
esempio si sposta un oggetto da una posizione allaltra di un tavolo, si applica una forza in
quanto variamo, per il Principio di Inerzia, e rispetto al sistema di riferimento tavolo, la posizione
di quiete. Cos come se lasciamo cadere un corpo esso risulta soggetto alla forza gravitazionale
esercitata dallaccelerazione di gravit della Terra.
23
1.2 DEFINIZIONE
DI FORZA
(1.1)
La relazione sopra scritta, che equivale al Secondo Principio di Newton, costituisce la definizione di forza, che risulta cos una grandezza con dimensioni:
[F] [m] [a] [M] [L] [T]-2
(1.2)
dove:
[M] il simbolo usato per indicare le dimensioni della massa: il kilogrammo;
[L] quello utilizzato per indicare le dimensioni della lunghezza: il metro;
[T] rappresenta il simbolo utilizzato per indicare le dimensioni del tempo: il secondo.
Cio 1 unit di misura della forza = 1 unit di misura della massa x 1 unit di misura dellaccelerazione. Nel SI 2 lunit di misura della forza il newton e si indica con il simbolo
N. Si ha:
1 newton = 1 kg x 1 m/s2
(1.3)
Un newton lintensit di una forza che agendo su di un corpo di massa 1 kg gli imprime
unaccelerazione di modulo 1 m/s2.
La relazione (1.1) esprime anche la legge fondamentale della dinamica detta anche seconda
legge di Newton.
La forza anche una grandezza vettoriale. Esistono infatti due tipi di grandezze: le grandezze
scalari e quelle vettoriali.
Le grandezze scalari sono identificate da un solo parametro: il modulo (o intensit) che esprime
una quantit (un numero): appartengono a questa classe la lunghezza, il tempo, la massa ecc.
Le grandezze vettoriali invece sono identificate da tre parametri: modulo, direzione e verso.
Caratteristica grandezza vettoriale la Forza: Tentando di sostituire una determinata forza
con la pressione della sua mano (...), luomo ha acquistata la nozione di una certa qual gradazione nella intensit; ed ha dovuto anche convincersi che le forze non sono semplici grandezze
scalari, in quanto non affatto indifferente, dal punto di vista degli effetti che si producono,
che la pressione della mano sia applicata in un punto del corpo su cui si sperimenta piuttosto
che in un altro: in una piuttosto che in unaltra direzione 3. Quindi, per le forze, occorre
oltre che una informazione numerica relativa allintensit, anche uninformazione relativa alla
direzione (retta dazione) e al verso (destra, sinistra, alto, basso, ecc.): la Figura 1.1 riporta
la rappresentazione grafica di una entit vettoriale.
24
1.3 MASSA
E FORZA-PESO
1.3.1 Massa
Nella (1.1) stata introdotta la grandezza massa: nella formulazione del Sistema Internazionale
delle Unit di Misura viene definito il chilogrammo come la massa del prototipo internazionale
conservato al Pavillon de Breteuil (Svres). Il prototipo internazionale un cilindro di platino-iridio rispetto al quale vengono tarati per confronto mediante bilancia i campioni nazionali
con una incertezza valutabile in 2 x 10-9. Da questi ultimi, anchessi di platino-iridio, si ricavano
campioni di lavoro che possono essere di acciaio inossidabile o di altre leghe (Figura 1.2).
Figura 1.2 - Il campione italiano (n. 62) in lega di platino-iridio, per le misure di massa da 1 kg
conservato sotto una doppia campana di vetro. La copia del prototipo internazionale
conservato a Svres (Parigi)
In Italia i Laboratori Metrologici che conservano campioni primari sono il Ministero dellIndustria e Artigianato (Servizio Metrico) e lIstituto di Metrologia Gustavo Colonnetti del
CNR di Torino.
Vale forse la pena di dare qualche informazione sul concetto di massa.
La massa una propriet intrinseca dei corpi che determina un moto accelerato.
25
Questultima proposizione pu essere cos spiegata: supponiamo, per semplicit, di isolare due
corpi in modo che interagiscano esclusivamente tra di loro. Questa condizione ottenibile in
vari modi (vedi Figura 1.3): si pu verificare che essi producono una mutua attrazione e che
si origina un moto di tipo accelerato 4.
Figura 1.3 - Dispositivi di interazione fra due corpi. Quando due corpi interagiscono,
ad ogni istante le loro accelerazioni hanno versi opposti e i moduli stanno in rapporto costante
(ad esempio il rapporto ha lo stesso valore nei tre casi di interazione qui considerati)
Qualsiasi sia il modo scelto per farli interagire, una volta misurate le rispettive accelerazioni a1
e a2, risulta sempre a1/a2 = costante. Posto il valore di questa costante pari a m2 / m1 si ha:
a1 / a2 = m2 / m1
(1.4)
Evidentemente, scegliendo un campione di riferimento con valore della sua massa pari allunit,
cio con m1 = 1, si ottengono i valori di tutte le masse (mi) degli altri corpi che con questo
si comparano utilizzando la relazione (1.4), e cio:
mi = (a1 / ai) 1
(1.5)
Lunit di misura resta quella scelta per m1, poich le dimensioni delle grandezze a1 e ai si
semplificano. Ricordiamo infine che secondo il Sistema Internazionale la massa risulta una fra
le sette grandezze fondamentali.
26
Figura 1.4 - Se lasciassimo cadere due corpi notevolmente diversi fra loro per massa e forma, essi
raggiungerebbero il suolo nel medesimo istante spinti dalla propria forza-peso P = m x g
Secondo la definizione di forza data nella (1.1) si ha che il corpo soggetto ad un particolare
tipo di forza in relazione alla propria massa m e allaccelerazione gravitazionale g. Tale tipo
di forza detta forza-peso e in genere viene indicata con P. Dalla (1.1) segue subito:
P= m x g
(1.6)
a g
(1.7)
Lunit di misura della forza-peso dunque il newton, vedi anche la relazione (1.3).
Esempio 1.1
Un uomo di massa 70 kg (Figura 1.5) esercita sulla superficie terrestre una forza-peso
pari a:
70 kg x 9,81 m/s2 = 686,7 kgm/s2 = 686,7 N 70 daN
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Nel Sistema Pratico, che un altro sistema di misura ancor oggi in largo uso, la forza
invece una grandezza fondamentale misurata in chilogrammi-forza e indicata in kgf. La relazione
fra chilogrammo-forza e newton la seguente:
1 kgf = 1 kg x 9.81 m/s2 = 9.81 N 1 daN
(1.8)
C da dire per che la Direttiva CEE n. 71/354 dellormai lontano 18 ottobre 1971 sanciva
che limpiego delle unit NON SI e dei relativi simboli dovesse cessare allinterno dei Paesi
della CEE al pi tardi entro il 31 dicembre 1977.
Tavola 1.I
1.4 CENNI
Nel caso della forza peso loperazione di somma vettoriale non presenta difficolt, in quanto
essendo ciascun vettore diretto verso il basso, la sommatoria di tutti i vettori (risultante) rappresenta ancora un vettore diretto verso il basso, la cui intensit data dalla somma algebrica
dellintensit dei singoli vettori.
28
Accade spesso che sia necessario conoscere la risultante di vettori aventi direzioni diverse.
Congiungendo il primo e lultimo vertice della spezzata ottenuta dalla disposizione in successione
dei segmenti orientati, se ne ottiene la risultante (Figura 1.6a). Analogamente si procede nel
caso di pi forze (Figura 1.6b).
Allo stesso risultato si perviene applicando la cosiddetta regola del parallelogramma (Figura
1.7) 6.
Ovvero analiticamente:
F = F1cos + F2 cos
(1.9)
Se i segmenti rappresentanti le quantit vettoriali sono disegnate in scala con una certa precisione,
si pu dedurne direttamente lintensit della risultante mediante misurazione diretta.
6 A rigore le grandezze vettoriali andrebbero indicate con un trattino al di sopra delle lettere che le rappresentano. Per motivi editoriali spesso si utilizza il grassetto senza la lineetta. Qualora invece si intenda
il modulo (o intensit) della grandezza vettoriale questo tipo di indicazioni possono essere omesse.
29
1.5 CARICHI
Nel nostro studio delle costruzioni uno dei punti di partenza la determinazione dei carichi agenti
sulle strutture. ovvio che ogni costruzione deve sostenere dei carichi, se non altro dovuti al peso
proprio, ebbene, per quanto fin qui detto risulta chiaro che ci si trova innanzi allazione di forze.
Si suole fare una prima distinzione fra carichi permanenti e carichi accidentali (o variabili).
I carichi permanenti sono quei carichi che si suppone non varino nel tempo, e sono dovuti
alla forza esercitata dalla massa degli elementi che costituiscono la costruzione, ad esempio
pilastri, travi, solai, pavimenti, soffitti, coperture ecc.; i carichi accidentali o variabili (detti
anche sovraccarichi), comprendono invece tutti quei carichi che non agiscono con continuit,
ma con intensit variabile nel tempo.
Questi ultimi comprendono i carichi utili che la costruzione destinata a sopportare come la forza
peso delle persone, dei mobili, delle attrezzature, dei macchinari, ma anche altri tipi di forze, come
quelle esercitate dalle azioni del vento, della neve, le azioni sismiche ecc.. Alcuni di questi, come
ad esempio le azioni del vento, sono di natura dinamica, nel senso che possono variare sensibilmente
nellunit di tempo. Tuttavia, le norme tecniche suppongono, al fine di semplificare le procedure
di calcolo, che esse siano di tipo statico, si ipotizzano, cio, invariabili nel tempo.
Le forze possono inoltre essere schematizzate come concentrate o distribuite a seconda che sia
lecito considerarle applicate in punti o parti estese delle superfici. Ad esempio il peso proprio
di una trave pu essere schematizzato come in Figura 1.8a, in quanto la forza peso agente su
ogni unit di superficie risulta la stessa su tutta la lunghezza della trave. Nella schematizzazione
piana i carichi risultano con dimensioni di forze per unit di lunghezza (N/m o kgf/m).
Agli effetti statici, lecito considerare la sola risultante del carico, data dalla somma di tutte
le singole forze agenti su ogni unit di superficie, applicata nel baricentro del sistema piano
di vettori rappresentanti le forze.
Allo stesso modo si procede nel caso di carico triangolare, dove la ricerca grafica del baricentro
risulta agevole in quanto effettuabile con le regole della geometria euclidea 7 (Figura 1.8b).
Altri esempi elementari sono riportati in Figura 1.9.
7 Deducibile dal seguente Teorema: In un triangolo le tre mediane passano per uno stesso punto (detto
baricentro del triangolo), che divide ciascuna mediana in due parti, di cui quella contenente il vertice
doppia dellaltra.
30
Figura 1.9 - Sostituzione dei carichi con la risultante, nel caso del carico distribuito a settore parabolico
1.6 NORMATIVA
31
I carichi permanenti strutturali sono valutati a partire dalle dimensioni geometriche delle membrature e dalla densit dei materiali. I valori di densit devono essere definiti a partire da
fonti riconosciute o dalle indicazioni tabellari. Generalmente i carichi permanenti strutturali
sono indicati con G1 o g1 a seconda se trattasi di carichi concentrati o unitari. I carichi permanenti
portati sono invece indicati con G2 o g2, sempre in riferimento al fatto che siano concentrati
o unitari.
Per la determinazione del peso proprio degli elementi costruttivi il progettista deve ricorrere
al DM 14.01.08 che riporta alcuni valori relativi alle densit di materiali frequentemente usati
nel campo delle costruzioni (Tabella 1.1).
Materiali
Calcestruzzi cementizi e malte
Calcestruzzo ordinario
24,0
25,0
14,0 20,0
28,0 50,0
Malta di calce
18,0
Malta di cemento
21,0
Calce in polvere
10,0
Cemento in polvere
14,0
Sabbia
17,0
Metalli e leghe
Acciaio
78,5
Ghisa
72,5
Alluminio
27,0
Materiale lapideo
Tufo vulcanico
17,0
Calcare compatto
26,0
Calcare tenero
22,0
Gesso
13,0
Granito
27,0
Laterizio (pieno)
18,0
Legnami
Conifere e pioppo
4,0 6,0
6,0 8,0
Sostanze varie
9,81
10,1
Carta
10,0
Vetro
25,0
Per materiali non compresi nella tabella si potr far riferimento a specifiche indagini sperimentali
o a normative di comprovata validit assumendo i valori nominali come valori caratteristici.
[NT Tab. 3.1.I]
32
$.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
$.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.1 CONCETTO
VON
ESCHENBACH
Gli elementi che compongono un sistema, ai fini dello studio dellequilibrio e qualsiasi sia la
loro forma, sono considerati corpi rigidi.
Si definisce corpo rigido un corpo costituito da infiniti punti collegati tra loro in modo tale
che le mutue distanze tra due qualsiasi di essi restino comunque immutate.
In altre parole ci significa che un corpo rigido mantiene inalterata la propria geometria, o
forma, qualora sia soggetto ad un qualche spostamento (Figura 2.1).
Figura 2.1 - Il corpo rigido. Nello spostamento dalla posizione 1 alla posizione 2,
la distanza AB per ogni coppia di punti appartenenti al corpo, rimane inalterata
2.2 TRASLAZIONI
La prima cosa da chiedersi quali siano le possibilit di movimento di un corpo nello spazio.
Questa domanda risulta relativamente complessa poich le tre dimensioni spaziali dnno origine
per un solo corpo a 6 possibilit di movimento. Il problema risulta semplificato se schematizziamo lo spazio in pi piani ognuno dei quali venga considerato separatamente (Figura 2.2).
49
Nel piano i movimenti possono essere di tre tipi, considerando la Figura 2.3 si ottengono:
Figura 2.3 - Spostamenti elementari nel piano: = traslazione orizzontale;
= traslazione verticale; = rotazione rispetto al polo A
50
Quindi si dice anche che nel piano un corpo rigido ha tre gradi di libert perch tre sono i tipi
di spostamento possibili: , , e . Qualsiasi movimento nel piano di un sistema rigido sempre
riconducibile a questi tre tipi elementari. Per rendersene conto si consideri lesempio di Figura
2.4 dove si ha che lelemento rigido si spostato dalla posizione AB alla posizione AB.
Lo spostamento risulta scomponibile secondo:
una traslazione orizzontale = AA = BB;
una traslazione verticale = AA = BB;
una rotazione corrispondente allo spostamento di B in B intorno al polo A.
51
$.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
$.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
10
LA LETTURA STRUTTURALE
ATTRAVERSO LE LINEE ISOSTATICHE
La strutturalit architettonica, la vitruviana firmitas,
la logica formale del discorso architettonico.
GIOVANNI KLAUS KOENIG
10.1 GENERALIT
Come ha osservato Eduardo Torroja: Laddestramento a studiare, interpretare ed utilizzare il
plesso tensionale 1, il miglior mezzo per portare un rapido giudizio qualitativo sullo stato
di tensione determinato in un solido dai carichi e dalle reazioni. (...) Tenendo conto [di questo]
(...) si pu, in molti casi, abbozzare una rappresentazione grafica approssimativa della soluzione
statica e dedurne delle indicazioni sulle modifiche da apportare alla forma del solido per
migliorarne le condizioni di resistenza. (...) Un buon maestro raccomandava agli allievi che
iniziavano lo studio dei problemi tensionali di portare sempre in tasca una gomma da cancellare
con disegnati sulle facce un reticolo ed una serie di circonferenze, onde poterne osservare le
deformazioni. Sollecitando la gomma, si vede come le circonferenze si trasformino in ellissi
e come le linee inizialmente perpendicolari si trasformino in un reticolo obliquo, a meno che
le direzioni del reticolo coincidano con le direzioni principali (Figura 10.1) 2.
Molti laboratori universitari sono attrezzati per eseguire indagini fotoelastiche 3 su modelli piani
di plexiglass, xilonite o altri materiali trasparenti. Tale metodo consente di fotografare o di
proiettare su di uno schermo landamento delle linee isostatiche che si ottiene facendo passare
un raggio di luce polarizzata attraverso il modello sottoposto ad una qualche sollecitazione.
Cosicch acquisire una certa familiarit con lo studio delle isostatiche risulta di notevole convenienza, tanto pi che oggigiorno si sono diffusi numerosi programmi che consentono di
ottenere gli stessi risultati con grafica computerizzata in un buon PC.
Figura 10.1 - Una gomma da cancellare, con disegnati sulle facce un reticolo e una serie
di circonferenze, un semplice mezzo per osservare le deformazioni subite dal reticolo
1
2
3
217
10.2 LEFFETTO
Torniamo a considerare lo schema dellandamento delle isostatiche relativo alla trave appoggiata
e caricata uniformemente. Come si pu notare in Figura 10.2 la famiglia delle isostatiche di
compressione pu interpretarsi come un arco allinterno dellelemento, essendo questa una forma
strutturale informata prevalentemente ad un funzionamento in compressione.
10.3 LARCO
E LA SPINTA
Si intende che per un numero infinitamente grande di carichi il poligono diventa una curva funicolare.
218
A questo punto utile ricordare che la fune risulta solamente tesa, ch daltra parte non potrebbe
assumere forma resistente alcuna se compressa: si pu anche dire che il poligono funicolare
la figura assunta naturalmente da una fune per sostenere carichi mediante sforzi di sola
trazione 5. Se per ipotesi pensassimo di invertire il verso di tutte le forze il sistema resterebbe
equilibrato 6, a patto di sostituire la fune con un materiale resistente a compressione (Figure
10.4c e 10.4d), otterremmo un arco soggetto a sola compressione, la cui forma resta individuata
dalla cosiddetta antifunicolare dei carichi o curva delle pressioni.
Se, parafrasando Pizzetti, il poligono funicolare offre un percorso delle forze assegnate di
pura trazione assimilabile ad una geometria resistente sicuramente ottimale poich lideale
figura strutturale che in tal modo otteniamo una figura resistente in ogni sua parte in pura
trazione 7, allora, quanto pi la geometria si discosta dalla curva delle pressioni tanto pi
larco si discosta dal regime di sola compressione con conseguente comparsa di taglio e momento
flettente.
5
6
7
M. Salvadori - R. Heller, Structures in Architecture, N.J. USA, Prentice Hall, 1963; tr. it. C.M. Tatti, Le
strutture in architettura, Milano, ETAS Libri, 1964, 2a ed. 1983, pag. 53.
Infatti loperazione equivale a moltiplicare per 1 le equazioni che identificano lequilibrio.
G. Pizzetti - A.M. Trisciuoglio, op. cit., p. 172 e pagg. 198-199.
219
Figura 10.4 - La curva delle pressioni lo schema inverso del poligono funicolare
Per comprendere tale asserto basta considerare lesempio pi elementare di funicolare che
quello di un filo sospeso ad una estremit a cui sono applicate le forze F1 ed F2. Come mostra
la Figura 10.5, la funicolare rappresentata dalla configurazione assunta dalla fune nel caso
b). Se discostiamo la geometria del filo da questa configurazione, ad esempio, ritornando alla
posizione a), questo sar soggetto in un generico punto P, oltre che dallo sforzo normale
N = Fsen, anche da taglio T = Fcos e da momento M = Fd. Mentre nella configurazione
assunta dalla funicolare esso e soggetto a sola trazione F = F1 + F2.
Ne segue che, in tali condizioni, verremo a dar corpo nel piano o nello spazio, ad una
direttrice ideale attraverso la quale le forze date sono, questa volta, convogliate non solo per
sforzi normali, ma anche per momenti flettenti. Tali momenti flettenti (...), costituiscono in
ogni caso sollecitazioni pi impegnative da contrastare rispetto al puro sforzo normale, esse
infatti richiedono, a motivo delle pi vistose deformazioni cui possono dar luogo, un impegno
progettuale molto pi gravoso di quello richiesto dal puro sforzo normale in merito alla scelta
dei parametri di qualit e forma 8.
220
Figura 10.5 - Quanto pi la geometria si discosta dalla funicolare dei carichi, tanto pi ci si discosta
dal regime di sola trazione, con conseguente comparsa di taglio e di momento flettente
(10.1)
(10.2)
(10.3)
221
$.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
$.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
13
13.1 CONSIDERAZIONI
PRELIMINARI
Se consideriamo sotto laspetto del problema strutturale lazione del vento su di un albero
(Figura 13.1) ci accorgiamo che i termini della questione sono sostanzialmente 3:
1) Come schematizzare lazione del vento?
2) Come schematizzare il sistema strutturale albero?
3) Come schematizzare la sua capacit di far fronte allazione del vento?
Figura 13.1
Per rispondere alla prima domanda si potrebbe pensare di elaborare una statistica dei venti
caratteristici della zona in cui si trova lalbero e di assimilarne lazione a delle forze agenti
in un determinato modo. Occorrerebbe poi quantificare numericamente tali azioni e dunque
effettuare delle misurazioni.
La seconda domanda pone di fronte la questione del cosiddetto schema statico: ovvero di un
modello che riassume le caratteristiche dei vincoli, dellassimilazione del fusto ad unasta pi
o meno rettilinea, della caratterizzazione del suolo su cui si innestano le radici, ecc.
Infine, il terzo quesito, pone il problema relativo alla capacit dellalbero di far fronte allazione
del vento senza spezzarsi. Ci dipender dalle caratteristiche del materiale: ci saranno legni
pi o meno duri, pi o meno umidi, e via dicendo. Per avere unidea della resistenza dei vari
legnami occorrer dunque fare delle prove sui alcuni campioni che ne rappresentino le caratteristiche.
Ogni volta che ci troviamo di fronte a problemi del genere la sostanza della questione
sempre riconducibile ai termini di cui sopra (Figura 13.2).
255
Figura 13.2
Se indichiamo con F gli effetti delle azioni esterne agenti sul modello M, che rappresenta
una struttura, costituita da un materiale tale da garantire una capacit R di far fronte a tali
effetti (Figura 13.3), ci accorgiamo che tutte le schematizzazioni attuate per rappresentare la
situazione reale sono sempre approssimate.
In sostanza si tratta di accettare che sia lelaborazione delle misure che conducono a determinare
F ed R siano di tipo statistico, e dunque determinate da una certa probabilit di accadimento.
Per quanto concerne il modello strutturale M, o schema statico, occorre osservare che anchesso
sar affetto da un certo grado di probabilit che esso rappresenti significativamente la situazione
reale. Ovvero potr essere pi o meno affinato, ma non solo, ad esempio, nel passaggio di
scala tra un ponticello costituito da un asse di legno di 2 m che attraversa un ruscello, e
un ponte lungo 50 m appoggiato su spalle in calcestruzzo armato agli argini di un fiume, a
parit di schema statico di trave appoggiata, non detto che lapprossimazione di tale modello
con la realt sia la stessa. Altro esempio riguarda laffidabilit degli schemi statici di sistemi
iperstatici, dove la soluzione del sistema si fonda sulle cosiddette condizioni di congruenza e
sullipotesi di elasticit lineare dei materiali. Evidentemente tra uno schema isostatico, fondato
solo sulle condizioni di equilibrio, e uno iperstatico, al quale si aggiungono le condizioni di
congruenza, non possono essere attribuite le stesse probabilit di approssimazione.
256
Figura 13.3
Effettuare una determinazione dettagliata, ovvero una analisi probabilistica di tutte le circostanze
sopra citate, sarebbe un compito immane. Il cosiddetto Metodo Semiprobabilistico si definisce
tale, cio semiprobabilistico, in quanto rinuncia a una rigorosa analisi accontentandosi di
semplificare la procedura mediante lintroduzione di tre fattori che vanno ad alterare i
parametri che determinano F, R, M, e che sono rispettivamente:
F = coefficiente di amplificazione dei carichi, che sconta lapprossimata corrispondenza
tra le azioni misurate nelle indagini preventive atte a quantificare i carichi, rispetto
a quelle che realisticamente potranno verificarsi durante la vita della costruzione;
M = coefficiente di riduzione delle caratteristiche dei materiali, che interpreta lapprossimata
corrispondenza tra le misurazioni effettuate preventivamente in laboratorio sui provini
dei materiali e il reale valore di quelli eseguiti in opera;
0 = coefficiente del modello statico, che rappresenta la non perfetta affidabilit dello schema statico.
Per tali motivazioni il Metodo Semiprobabilistico agli Stati Limite anche detto Metodo dei
Coefficienti Parziali.
13.2 MODELLI
257
agente resistente
(13.1)
Tale metodo appunto detto delle Tensioni Ammissibili. La (13.1) rappresenta un confronto
fra uno stato tensionale agente che in generale pu venire rappresentato da 6 componenti spaziali
(x, y, x, xy, xz, yz), con uno stato tensionale resistente resistente determinato a partire da
prove monoassiali, per cui, per operare il confronto occorre dedurre dal primo membro della
(13.1) una cosiddetta tensione ideale, che riassuma le caratteristiche dello stato pluriassale in
modo da poter essere comparata con una tensione desunta da prove monoassiali 1.
Figura 13.4
258
Nel caso del confronto fra sollecitazioni agenti e sollecitazioni resistenti, il percorso logico si
arresta alla determinazione dello stato di sollecitazione nella sezione SA, che in generale dipende
da N, T, M (vedi Figura 5.13b). A partire poi dalle caratteristiche del materiale il percorso
logico procede nel verso da destra a sinistra. Dallo stato tensionale nei punti della sezione si
risale alla sollecitazioni resistenti SR. In generale anche SR esprime una condizione composta
dalle singole Nx, Ny, Nz, Tx, Ty, Tz, Mx, My, Mz. Nel caso di elementi in cui una dimensione
predominante (elementi trave), con sistema di riferimento come fissato in Figura 13.5, queste
componenti si riducono a: Nx, Ty, Tz, Mx, My, Mz.
Figura 13.5
(13.2)
Posto che la grandezza SR dipende da pi parametri, anche in questo caso il confronto di cui
alla (13.2) va opportunamente istruito. Accade cos che vengano determinate le cosiddette frontiere di rottura, ovvero i luoghi di punti che rappresentano il limite teorico di rottura della
sezione in funzione delle componenti di sollecitazione. Nel caso di pressoflessione deviata, ad
esempio, ovvero di uno stato di sollecitazione determinato dalle componenti Nx, My e Mz
(sempre secondo il sistema di riferimento di Figura 13.5) il luogo di punti costituito da una
superficie di frontiera come evidenziato in Figura 13.6. La verifica risulta soddisfatta se il
punto, che rappresenta in tale diagramma lo stato SA, interno alla frontiera cos delimitata.
La frontiera pu rappresentare anche lo stato limite raggiungibile dalla sezione prima del verificarsi dellevento che tale stato rappresenta. Per tali motivi il metodo viene anche detto degli
Stati Limite, in quanto questi possono essere definiti e rappresentare condizioni limite di varia
natura (cfr. paragrafo 13.3).
259
La verifica mediante confronto tra carichi agenti e carichi resistenti, avviene deducendo dalle
caratteristiche dei materiali, il carico di resistenza del sistema strutturale (altrimenti detto portanza).
Il percorso logico, dunque, procede da destra a sinistra nella Figura 13.4c, e confronta questo
carico con il carico applicato. In simboli la verifica soddisfatta se risulta luguaglianza:
FA FR
(13.3)
Un esempio di tale procedura relativo alla determinazione del cosiddetto carico critico Euleriano, ovvero di quel carico di punta che determina il collasso, per perdita di equilibrio, di
aste soggette a compressione semplice.
evidente tuttavia, che lapplicabilit di questo metodo di verifica, con laumentare della complessit
del modello, e data la grande variabilit delle configurazioni di carico applicabili, presenta notevoli
difficolt applicative, a meno di non pervenire, anche in questo caso, a schemi semplificativi.
13.3 GLI
STATI LIMITE
260
robustezza nei confronti di azioni eccezionali: capacit di evitare danni sproporzionati rispetto
allentit delle cause innescanti quali incendio, esplosioni, urti.
Il superamento di uno stato limite ultimo ha carattere irreversibile e si definisce collasso. Il
superamento di uno stato limite di esercizio pu avere carattere reversibile o irreversibile.
evidente che la distinzione fra SLE e SLU sta proprio nel carattere irreversibile di questi ultimi.
13.3.3 Verifiche
Le opere strutturali devono essere verificate:
a) per gli Stati Limite Ultimi che possono presentarsi, in conseguenza alle diverse combinazioni delle azioni;
b) per gli Stati Limite di Esercizio definiti in relazione alle prestazioni attese.
Le verifiche di sicurezza delle opere devono essere contenute nei documenti di progetto, con
riferimento alle prescritte caratteristiche meccaniche dei materiali e alla caratterizzazione geotecnica del terreno, dedotta in base a specifiche indagini. La struttura deve essere verificata
nelle fasi intermedie, tenuto conto del processo costruttivo; le verifiche per queste situazioni
transitorie sono generalmente condotte nei confronti dei soli stati limite ultimi.
Per le opere per le quali nel corso dei lavori si manifestino situazioni significativamente difformi
da quelle di progetto occorre effettuare le relative necessarie verifiche.
261
13.4 LA
DM 14.01.08
Viste le considerazioni dei punti precedenti si pu passare alla trattazione delle valutazione
della sicurezza secondo quanto disposto dal DM 14.01.08 paragrafo 3.2, che di seguito cerchiamo
di parafrasare e commentare.
Per la valutazione della sicurezza delle costruzioni la norma dispone di adottare criteri probabilistici scientificamente comprovati quali il Metodo Semiprobabilistico agli Stati Limite
basato, come si visto, sullimpiego dei coefficienti parziali di sicurezza. Il Metodo viene
definito applicabile nella generalit dei casi e designato come metodo di primo livello. Nelle
opere di particolare importanza il DM dispone che si possano (e non debbano) adottare metodi
di livello superiore, tratti da documentazione tecnica di comprovata validit.
Nel metodo semiprobabilistico agli stati limite, la sicurezza strutturale va verificata tramite il confronto
tra la resistenza e leffetto delle azioni. Per la sicurezza strutturale, la resistenza dei materiali e le
azioni sono rappresentate dai valori caratteristici, Rki e Fkj definiti, rispettivamente, come il frattile
inferiore delle resistenze e il frattile (superiore o inferiore) delle azioni che minimizzano la sicurezza.
In genere, i frattili sono assunti pari al 5%. Per le grandezze con piccoli coefficienti di variazione,
ovvero per grandezze che non riguardino univocamente resistenze o azioni, si possono considerare frattili al 50% (valori mediani).
In sostanza una grandezza caratteristica definita da un valore vk il cui frattile inferiore sia del
5% relativa a una condizione per cui quel valore ha una probabilit del 5% di essere superato
in senso sfavorevole. Se fk = 25 N/mm2 la resistenza caratteristica di frattile 5 di un dato
materiale, significa che in una popolazione di 100 campioni di quel materiale, il valore di
resistenza ha solo la probabilit del 5% di essere inferiore a 25 N/mm2.
La verifica della sicurezza nei riguardi degli stati limite ultimi di resistenza si effettua con il
metodo dei coefficienti parziali di sicurezza espresso dalla equazione formale:
Rd Ed
(13.4)
dove:
Rd la resistenza di progetto, valutata in base ai valori di progetto della resistenza dei
materiali e ai valori nominali delle grandezze geometriche interessate;
Ed il valore di progetto delleffetto delle azioni, valutato in base ai valori di progetto
Fdj = FkjFj delle azioni, o direttamente Edj = Ekj Ej.
In pratica la (13.4) rappresenta la citata (13.2).
I coefficienti parziali di sicurezza, Mi e Fj, associati rispettivamente al materiale iesimo e allazione jesima, tengono in conto la variabilit delle rispettive grandezze e le incertezze relative
alle tolleranze geometriche e alla affidabilit del modello di calcolo.
Come si vede, la sostanza ci che abbiamo riportato nel paragrafo 13.1, e tuttavia bisogna
rilevare che il DM 14.01.08 trascura la possibilit di applicare un coefficiente 0 che tenga
conto dellaffidabilit del modello statico.
13.5 CARATTERIZZAZIONE
Nel DM 14.01.08 la definizione probabilistica delle azioni elementari, cio carichi di esercizio,
neve, vento, variazioni di temperatura, sisma, ecc. (in generale tutte quelle azioni definite nel
capitolo 1 viene effettuata mediante i cosiddetti valori caratteristici.
Si definisce valore caratteristico Qk di unazione variabile il valore corrispondente ad un frattile
pari al 95% della popolazione dei massimi, in relazione al periodo di riferimento dellazione
variabile stessa. Il periodo di riferimento un intervallo di tempo nel quale vengono effettuate
262
le valutazioni statistiche. Il frattile del 95% garantisce che i valori caratteristici attribuiti alle azioni
abbiano una probabilit di accadimento del 95% nel periodo di riferimento, ovvero che solo nel
5% dei casi si abbiano condizioni di superamento di tali valori in senso sfavorevole. Ad esempio
se prendiamo la Tabella 13.1 che riporta i valori caratteristici dei carichi di esercizio dei fabbricati,
troviamo che per ambienti ad uso residenziale il valore del carico di esercizio da applicare sui
solai di 2,00 kN/m2. Dal punto di vista statistico significa che, in un solaio di un edificio a
destinazione residenziale, la probabilit che tale valore di 200 daN/m2 sia superata del solo 5%.
Nel caso in cui non siano disponibili valori caratteristici delle azioni elementari, si pu assumere
il valore nominale.
In generale sono indicati con pedice k i valori caratteristici; senza pedice k i valori nominali.
Tabella 13.1 - Valori dei carichi di esercizio per le diverse categorie di edifici
Cat.
Ambienti
qk [kN/m]
Qk [kN]
Hk [kN/m]
2,00
2,00
1,00
Uffici.
Cat. B1 Uffici non aperti al pubblico
Cat. B2 Uffici aperti al pubblico
2,00
3,00
2,00
2,00
1,00
1,00
3,00
4,00
2,00
4,00
1,00
2,00
5,00
5,00
3,00
4,00
5,00
4,00
5,00
2,00
2,00
6,00
6,00
1,00*
Rimesse e parcheggi.
Cat. F Rimesse e parcheggi per il transito di automezzi di peso
F-G a pieno carico fino a 30 kN
Cat. G Rimesse e parcheggi per transito di automezzi di peso
a pieno carico superiore a 30 kN: da valutarsi caso per caso
2,50
2 x 10,00
1,00**
Coperture e sottotetti
Cat. H1 Coperture e sottotetti accessibili per sola manutenzione
0,50
1,20
1,00
secondo categoria di
appartenenza
263
13.6 COMBINAZIONI
DI CARICO
Pi azioni elementari possono esercitare il loro effetto su di una costruzione. In tal senso la
norma prevede gli algoritmi con i quali queste possano essere combinate, ovvero le condizioni
di presenza contemporanea di pi azioni elementari (vento, neve, carichi di esercizio, ecc).
Nella definizione delle combinazioni delle azioni che possono agire contemporaneamente, i
termini Qkj rappresentano le azioni variabili della combinazione, con Qk1 azione variabile dominante e Qk2, Qk3, azioni variabili che possono agire contemporaneamente a quella dominante.
Le azioni variabili Qkj vengono combinate con i coefficienti di combinazione 0j, 1j e 2j,
i cui valori sono forniti nella Tabella 13.2, per edifici civili e industriali correnti.
Con riferimento alla durata percentuale relativa ai livelli di intensit dellazione variabile, il
DM definisce:
valore quasi permanente 2j x Qkj: la media della distribuzione temporale dellintensit;
valore frequente 1j x Qkj: il valore corrispondente al frattile 95% della distribuzione
temporale dellintensit e cio che superato per una limitata frazione del periodo di
riferimento;
valore raro (o di combinazione) 0j x Qkj: il valore di durata breve ma ancora
significativa nei riguardi della possibile concomitanza con altre azioni variabili.
0j 1j
2j
0,7
0,5
0,3
Categoria B Uffici
0,7
0,5
0,3
0,7
0,7
0,6
0,7
0,7
0,6
0,9
0,8
0,7
0,7
0,6
0,7
0,5
0,3
Categoria H Coperture
0,0
0,0
0,0
Vento
0,6
0,2
0,0
0,5
0,2
0,0
0,7
0,5
0,2
Variazioni termiche
0,6
0,5
0,0
Categoria/Azione variabile
In sostanza il DM introduce ulteriori 3 coefficienti 0j, 1j e 2j, detti coefficienti di partecipazione dei carichi, i quali modellano statisticamente le probabilit di presenza contemporanea dei carichi.
Ai fini delle verifiche degli stati limite si definiscono le seguenti combinazioni delle azioni.
Combinazione fondamentale, generalmente impiegata per gli Stati Limite Ultimi (SLU):
G1 G1 + G2 G2 + P P + Q1 Qk1 + Q2 02 Qk2 + Q3 03 Qk3 +
(13.5)
[NT 2.5.1]
(13.6)
[NT 2.5.2]
264
(13.7)
[NT 2.5.3]
Combinazione quasi permanente (SLE), generalmente impiegata per gli effetti a lungo
termine:
G1 + G2 + P + 21 Qk1 + 22 Qk2 + 23 Qk3 +
(13.8)
[NT 2.5.4]
Combinazione sismica, impiegata per gli Stati Limite Ultimi e di Esercizio connessi
allazione sismica E:
E + G1 + G2 + P + 21 Qk1 + 22 Qk2 +
(13.9)
[NT 2.5.5]
Combinazione eccezionale, impiegata per gli Stati Limite Ultimi connessi alle azioni
eccezionali di progetto Ad:
G1 + G2 + P + Ad + 21 Qk1 + 22 Qk2 + ...
(13.10)
[NT 2.5.6]
Nelle combinazioni per SLE, si intende che vengono omessi i carichi Qkj che danno un contributo
favorevole ai fini delle verifiche e, se del caso, i carichi G2.
Altre combinazioni sono da considerare in funzione di specifici aspetti (p. es. fatica, ecc.).
Nelle formule sopra riportate il simbolo + vuol dire combinato con; P il valore di presollecitazione nei cavi di elementi in c.a.p..
I valori dei coefficienti parziali di sicurezza Gi e Qj sono dati al paragrafo 13.7, Tabella 13.3.
Le verifiche agli stati limite devono essere eseguite per tutte le pi gravose condizioni di
carico che possono agire sulla struttura.
13.7 AZIONI
265