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INSTITUTUM PATRISTICUM AUGUSTINIANUM

ANNO ACCADEMICO 1993/4


PROF. ROBERT DODARO OSA
II SEMESTRE

PATROLOGIA FONDAMENTALE (SECOLO QUINTO).


N.B.: I presenti fogli costituiscono il frutto della sistemazione e rielaborazione degli appunti presi du rante le lezioni tenute dal prof. Dodaro, che sono stati inseriti nelle dispense fornite durante l'anno
1992/3 dal prof. Basil Studer. La completezza delle parti aggiunte (evidenziate mediante l'uso del
carattere diverso), perci, solo presumibile e comunque non garantita, in quanto questo elaborato
non stato rivisto dal Professor Dodaro. Si declina pertanto ogni responsabilit in proposito.
L'utilizzo di questi fogli consentito gratuitamente a chiunque (tra gli studenti dell'Augustinianum) ne
faccia richiesta ed unicamente con lo scopo di favorire lo studio personale. Ogni loro eventuale
altro impiego va concordato con il redattore.
Don Francesco Braschi,
Pont. Seminario Lombardo, Roma.
febbraio-giugno 1994

O. LA TEMATICA DEL CORSO.


Lo scopo del corso richiede di essere precisato. La sua intitolazione, infatti, non del
tutto chiara. Comunque, dato il fatto che i quattro professori non hanno gli stessi
interessi personali e comprendono forse diversamente la finalit della Patrologia
Fondamentale, bisogna che io precisi come intendo io lo scopo di questo corso.
A. L'IMPOSTAZIONE GENERALE DEL CORSO.
1. Descrizione.
Si tratta di presentare il contesto storico della letteratura cristiana del secolo quinto, di
definire l'orizzonte entro il quale si devono studiare gli autori cristiani di questo periodo,
di sensibilizzarsi nei confronti dei loro problemi e delle loro preoccupazioni teologiche e
pastorali. Sapere cos' il "mondo patristico". Il "Sitz im Leben". Le questioni biografiche
sono meno importanti. Forse bisogner fare qualche riferimento all'uno o all'altro caso,
come a modello: Cirillo, Agostino.
2. Divisione o presentazione analitica dei temi principali.
1) La vita esteriore della Chiesa Imperiale nella prima met del secolo quinto.
Rapporti fra Chiesa e Stato.
2) La vita interiore della Chiesa : organizzazione - legami - liturgia - ministero spiritualit.
3) Le preoccupazioni dogmatiche e teologiche degli autori cristiani, prendendo in
considerazione soprattutto i fatti nuovi : ortodossia - concili - argomentazione patristica.
4) Gli influssi della civilt greco-romana di quel tempo: influssi linguistici - retorica filosofia - arte.
3. Il carattere ausiliare del corso: iniziazione allo studio degli autori cristiani del
secolo quinto.

1) Sensibilizzare ai problemi: non si tratta di presentare informazioni complete e


definitive sulle singole questioni.
2) Indirizzo metodologico: Principi ermeneutici - consigli pratici - bibliografia.
Questo indirizzo pratico sar perseguito soprattutto nei SEMINARI che
completeranno i CORSI. Si far l'applicazione allo studio di un autore del tempo: Leone
Magno, appunto per motivi pratici.
B. L'articolazione del corso rispetto ad altre discipline (ad modum exclusionis).
1) Storia della Chiesa.
C' una uguaglianza nella documentazione. La Storia della Chiesa fondata anzitutto
sui testi patristici, su Eusebio e sui suoi successori.
C' anche una uguaglianza nell'argomento, in quanto l'attivit letteraria fa parte della
vita della Chiesa, ed essa viene studiata nella storiografia ecclesiastica ed ha dei suoi
manuali.
Ci sono per delle differenze :
primo: la Patrologia riguarda una parte sola della vita ecclesiale, cio il suo aspetto
prevalentemente letterario.
secondo: il metodo diverso. E' meno teologico. La Storia della Chiesa comporta una
ecclesiologia.
terzo: Non si tratta di capire cosa sia la Chiesa, ma cosa la letteratura cristiana e le
testimonianze della vita ecclesiale dicono nella luce della Storia della Chiesa. E' un corso
propedeutico, ausiliare.
2) Storia delle dottrine cristiane.
Ci sono tre tipi di presentazione delle dottrine cristiane:
il metodo positivo-scolastico, con le argomentazioni "ex Scriptura", "ex Traditione",
"ex Ratione";
la presentazione genetica delle dottrine cristiane, metodo proposto dal Vaticano II;
la reinterpretazione continua del Vangelo e della fede battesimale (ved. l'introduzione al
mio "Dio salvatore nei Padri della Chiesa, Roma 1986).
La differenza consiste nel fatto che la Patrologia fondamentale non espone in primo
luogo le dottrine, ma le testimonianze letterarie. Pi esattamente si tratta in essa del
contesto della letteratura cristiana, il quale costituisce senz'altro la testimonianza pi
importante dell'evoluzione dogmatica. Non si tratta pertanto di dottrine, ma di documenti
nel loro contesto.
3) Storia della teologia.
La storia della teologia la storia del lavoro o del metodo teologico, non la storia
delle dottrine stesse. La differenza con la Patrologia fondamentale consiste nel fatto che
questa non studia le caratteristiche della teologia dei padri, ma le condizioni del loro
lavoro teologico, come ce le fa capire la letteratura cristiana antica. Non in questione la
formazione dell'intellectus fidei, ma il contesto della letteratura, la quale attesta, fra
l'altro, la formazione della teologia. Ved. il mio "La riflessione teologica nella Chiesa
Imperiale, Roma 1989.
4) Storia della letteratura antica.

La storia della letteratura antica la storia della letteratura greco-latina, compresa


quella profana, o, se si vuole, solo cristiana. La differenza con la Patrologia fondamentale
consiste nel fatto che questa non riguarda 'tutta' la letteratura antica del periodo. D'altra
parte, fa molta attenzione al il contesto ecclesiale. Anzitutto possiede un oggetto formale
diverso che il suo orientamento teologico. E' una preparazione alla teologia sistematica.
Sceglie pertanto i suoi temi per interesse teologico.
C. I limiti cronologici e geografici.
1. Cronologia : dal 400 al 450.
L'anno 450 fissato per convenienza come la fine dell'et patristica. - Altri fissano la
data altrimenti.
2. Estensione geografica : l' Oikoumene. Le Chiese orientali non bizantine per non
vengono considerate. Per queste ultime si veda:
W.HAAG, Armenien: TRE 4(1979)40ss; C.MLLER - G.DETLEF, Geschichte der
Orientalischer National-Kirchen: Die Kirche in ihrer Geschichte I/D,2, Gttingen, 1981;
J.COMAN, Efforts et ralisations des Pres Armniens aux IVe et Ve sicles: Stud. Buc.
25 (1975) 5-11.

PARTE PRIMA: LA SITUAZIONE "ESTERNA" DELLE CHIESE NEL


SECOLO QUINTO
1. Introduzione
Non si tratta di presentare in questa sede tutta la situazione storica delle Chiese
cristiane nella prima met del secolo quinto. Dobbiamo lasciare questo compito alla
storiografia ecclesiastica. E' importante piuttosto rilevare i punti pi emergenti di quel
periodo storico in vista di uno studio approfondito della letteratura cristiana di quel
tempo e d'indicare nello stesso tempo come si portrebbe approfondire ulteriormente
questi aspetti fondamentali di quel periodo.
Per far capire ancora meglio lo scopo di questa prima parte, conviene premettere
qualche osservazione preliminare sui diversi approcci possibili nel presentare la
letteratura cristiana di questo periodo.
Questi approcci diversi saranno indicati nella bibliografia immediatamente seguente,
con studi dedicati all'epoca storica, affrontata con criteri diversi, e con studi dedicati al
problema dei criteri stessi con cui chiamare l'epoca.
Tali studi sono da raccomandare in modo speciale per una ricerca ulteriore.
1. I diversi approcci possibili.
Una presentazione del contesto della letteratura cristiana che ci interessa, pu mettere
l'accento
1) sugli sviluppi storici dell'Impero Romano, compresi gli aspetti culturali ed
economici.
2) Inoltre si pu prendere in considerazione particolare la civilt greco-romana, con gli
aspetti politico-militari che l'accompagnano.
3) Infine si pu guardare in primo luogo l'evoluzione della Chiesa in quanto
condizionata dai fatti politici e culturali dell'epoca, facendo magari pi attenzione allo
sviluppo della Chiesa Romana, ossia al Papato.
2. Osservazioni preliminari sull'Antichit tardiva.
3

a) Il concetto di "SPTANTIKE" o di "Basso Impero".


Il periodo che va dal 400 al 500 appartiene ad un'epoca che viene spesso circoscritta
come tempo del declino di Roma, come tempo in cui l'Impero Romano, arrivato alla sua
fine, si spento, ed in cui il Medio Evo ha preso il suo inizio. Questo concetto richiede
per qualche riserva, perch sembra troppo preoccupato da considerazioni determinate
dalla situazione politica.
1) Considerazioni troppo determinate dalle condizioni politiche.
Si fa attenzione soprattutto ai fenomeni seguenti: declino del potere politico
dell'Impero Romano, disorganizzazione dell' amministrazione statale, barbarizzazione. - Il
criterio che sottost a questa presentazione l'unit politica del primo e secondo secolo,
cio il criterio della scissione in due parti dell'Impero, della fine della monarchia
occidentale e l'apparizione dei Regni Germanici.
Tuttavia in questo periodo ci sono aspetti positivi che possono essere presi in
considerazione, se non usati come criteri: il terzo periodo della letteratura latina
(Brown); l'arte figurativa di Roma, Ravenna, Costantinopoli e Gerusalemme; la liturgia
(Marrou NHE 485-488).
Il giudizio storico su questo periodo risente di un radicato pregiudizio negativo (da
Gibbon, nel 1700). Dal punto di vista degli studi classici-storici, dopo il 1300 si parla di
un periodo di declino. La teologia patristica ha invece sempre considerato questo come
un periodo di grande interesse, diversamente dalle facolt di lettere classiche e storia.
Negli anni 60-70 si assiste ad una rinascita di interesse da parte di queste ultime. Per un
riassunto della problematica vedi: CRACCO RUGGINI (bibl.); S. D'ELIA, Il problema
della periodizzazione fra tardoantico e alto medio evo, in: La cultura in Italia fra
tardoantico ed alto medio evo, Roma, Herder 1981. D'Elia discute la letteratura degli
anni 60-70 sul tema della rinascita di interesse per il nostro periodo. Nella storiografia
moderna si studia soprattutto la socioeconomia: dopo il III secolo scompare la schiavit,
si afferma una forma prefeudale, abbiamo moti insurrezionali dal basso. Un altro filone di
studi (MOMMSEN et al.) si occupa del rinnovamento del quadro delle provincie tra i
secc. 2-3: i rapporti tra romanizzazione e resistenze locali, il mondo degli indigeni e
delle loro culture, la crisi dell'impero vista come risultato delle lotte di classe dei
contadini contro l'aristocrazia.
Noi oggi possiamo guardare il V secolo senza pregiudizi, oservando lo sviluppo dei
vari gruppi etnici e l'arrivo dei Germani. Parimenti assistiamo ad un interesse maggiore
degli studiosi "laici" per la letteratura cristiana del periodo, per il metodo dell'allegoria
teso a "sovvertire" il modo tradizionale di leggere un testo. I Padri vengono considerati
personaggi eccezionali non soltanto per l'aspetto religioso, ma anche per quello culturale
e letterario: il periodo aureo della patristica, che vede la nascita di nuovi generi letterari
(catechismo, confessiones), mentre declinano la politica e la cultura convenzionali. La
controversia donatista non viene pi vista solo a partire dagli aspetti sociali, ma anche da
quelli culturali ed ambientali.
2) Considerazione troppo influenzata dal punto di vista occidentale.
Infatti si possono vedere le cose da punti di vista differenti che non l'occidente. Per
l'Occidente e' la fine dell'Impero (l'ultimo Imperatore e' deposto nel 476) e l'inizio dei
Regni Germanici indipendenti. Ved. il Mommsen, che parla anche di inizio del Medio
Evo, per questa eta'.
Per l'Oriente e' l'inizio dell'Impero Bizantino, o meglio e' il passaggio organico
dell'Impero Romano a questo. Ved. il Beck. Ma non c'e' nessuna cesura. L'unita' politicoculturale continua fino al 1453. Ved. K.Christ, 253, ed anche J. Meyendorff, Byzanz:
TRE 7 (1980) 500-531.
3) Dal punto di vista ecclesiastico si parla addirittura di et d'oro.
4

Perci vi sono, per questo periodo, altre denominazioni meno negative, da preferire,
come: Sptantike, Bas Empire (Basso Impero), Antichita' tarda. L'origine di questi
concetti si deve riconoscere nella storia dell'arte e nel punto di vista ecclesiastico (vedi
pi sotto). Troviamo per ancora oggi le parole di "declino" e di "tramonto", ad esempio
in Mazzarino e in Vogt.
Queste spiegazioni sono fondamentali per la valutazione della storiografia rispettiva,
specialmente di quelle opere che intendono spiegare il "declino" di Roma con l'influsso
"nefasto" del Cristianesimo. Ved. specialmente GIBBON, History of the decline and fall
of the Roman Empire" (1776-1780).
b) I limiti cronologici divergenti dei fenomeni storici.
Nell'introduzione generale abbiamo gi detto che ogni ripartizione cronologica deve
essere necessariamente elastica. Questo vale anche nel senso che i fenomeni storici che
caratterizzano un periodo, n cominciano n finiscono con lo stesso periodo storico. Nel
caso nostro: separazione ufficiale fra Oriente e Occidente: 395 (dopo la morte di
Teodosio) - ultima reazione politica dei pagani, almeno a Roma: 390 - l'et patristica
grande : prima del 400 - lo Stato Bizantino : tempo di Giustiniano oppure tempo di
Costantino - distinzione fra Stato e Religione: Papa Gelasio (+ 496).

2. Le condizioni politiche.
I. La divisione dell'Impero Romano
Il fatto politico pi emergente la divisione definitiva dell'Impero, accaduta dopo la
morte di Teodosio I (395).
La divisione giuridica sotto Diocleziano (riforma dell'Impero), e le divisioni che durante
il quarto secolo si sono susseguite per ragioni diverse, con le amministrazioni e politiche
diverse, con sviluppi economici diversi (l'Oriente con i suoi centri commerciali e portuali,
pi forte che l'Occidente con la sua economia agricola), avevano certamente preparato
da molto tempo questa scissione. Per dal 395 in poi si sviluppata una opposizione
crescente tra le due parti.
Ved. H.I. Marrou, NHE 373: "... de 395 408 les deux moitis apparaissent non plus
seulement spares, mais antagonistes, voire en conflit ouvert. Aprs eux l'unit ne sera
jamais plus rtablie que de facon toute provisoire ou fictive". E sono da tenere presenti le
rivendicazioni del potere da parte dei Bizantini fino al settimo secolo.
II. Le invasioni germaniche
Il fatto della divisione da vedere in stretta connessione con le invasioni germaniche
del quarto e del quinto secolo.
Da una parte la divisione politica in se stessa ha condotto ad un comportamento
divergente nei riguardi dei popoli invasori. A Costantinopoli, ad esempio, non si prendeva
soltanto una posizione ostile verso i mercenari stranieri, dopo averli tollerati, se non
desiderati, ma si cercava pure di deviare verso l'occidente i popoli che stavano per
invadere il proprio territorio (Ved. Marrou 374; Christ, Untergang 5). Cos l'Oriente si
in qualche modo rifatto della sconfitta di Adrianopoli (378), che aveva iniziato una nuova
politica verso i Goti, poich essi poterono occupare le regioni tra il Danubio e le
montagne balcaniche come federati dell'Impero.
Se da una parte le invasioni (o immigrazioni) sono avvenute in conseguenza della
divisione dell'Impero, d'altra parte hanno confermato la sua divisione come una scissione,
5

creando situazioni politiche diverse soprattutto in Occidente (Ved. Grant: inizio di una
collaborazione; maggioranza per antigermanica).
Prima di tutto avvenuta l'occupazione di tante citt occidentali, come avvenuto per
la stessa "Urbe" nel 410. Poi seguita la distruzione del potere politico, con la
deposizione dell'ultimo Imperatore Romano, nel 476, da parte di Odoacre, ed insieme la
crezione di Stati indipendenti, sempre nelle regioni occidentali.
In Oriente l'Impero diventa "Bizantino", mentre la parte occidentale dell'Impero
sparisce completamente, cedendo ai nuovi Stati, che iniziano l'ordine politico tipico del
Medio Evo occidentale.
III. Le conseguenze culturali ed ecclesiastiche
1.La separazione culturale, iniziata gi nel quarto secolo, si rinforza.
I Greci, che non avevano mai tenuto in gran conto la cultura latina, eccetto che per i
campi giuridici, militari e tecnici, e non imparavano quindi la lingua latina se non
eccezionalmente, si distaccano ancora di pi.
I Latini dal canto loro creano una letteratura sempre pi indipendente. Non imparano
pi il greco (vedi i casi Ambrogio, Agostino, Leone, nonch la testimonianza di Orosius
sulla necessit d'interpreti: Lib.Apol.6,1). Esiste per in qualche parte un classicismo fino
al s.VI. In Oriente invece il latino come lingua ufficiale viene abolito nel 438.
Del resto da notare che in Occidente la civilt classica soffre, in genere, sotto le
invasioni germaniche, anche se con qualche diversit a seconda delle regioni e comunque
non ancora tanto gravemente come dopo il 450 (Marrou NHE 461-471).
2. Sul piano ecclesiastico la separazione crescente delle due parti dell'Impero favorisce,
in vari campi, sviluppi diversi, gi divergenti per altre ragioni:
- liturgia: sviluppo delle grandi liturgie, secondo le sedi principali
- teologia: orientamento teologico diverso, secondo la diversa mentalit, come ad
esempio per la Cristologia o per l'antropologia, con Pelagio
- gerarchia: l'organizzazione diversa a seconda della posizione diversa delle capitali di
Roma e di Costantinopoli; per il primato, vedi il Sinodo "Endemousa" ("residente") , ma
anche il ruolo dei vescovi diverso, perch gli occidentali sono costretti ad occuparsi, in
misura ben maggiore, di problemi civili (cfr. Bibl. par 3; il caso dell'audientia
episcopalis).
3. Le condizioni sociali e culturali.
Introduzione.
La situazione esterna delle Chiese del secolo quinto si distingue anche per il fatto che le
comunit cristiane costituiscono ormai un fattore sociale e culturale importantissimo, e
che d'altra parte esse stesse sono pi aperte agli influssi esteriori. La simbiosi della vita
ecclesiastica e di quella sociale e culturale quasi completa. In questo senso, malgrado la
divisione dell'Impero Romano, possiamo parlare a maggior ragione della "Chiesa
Imperiale". Diventa difficile determinare quale sia la frontiera Chiesa/Societ. Per noi
moderni assai difficile capire come, in questo secolo, per un semplice uomo (ma anche
per un vescovo!) fosse impossibile pensarsi al di fuori dell'impero romano (cfr. la
difficolt nell'abbandono totale dei riti pagani). La Chiesa imperiale non ancora
completamente formata (cfr. Aug., epp. 54-55), e la teologia politica assai povera
rispetto all'ideologia della Roma aeterna: mancano anche i gesti ed i simboli liturgici per
esprimere cristianamente il concetto della salus patriae.
6

I. La propagazione della fede cristiana


Nel quarto secolo la libert ufficialmente concessa alla religione cristiana ("religio
licita" sotto Galerio e poi sotto Costantino) ha indotto, come ben noto, ad una
propagazione pi diffusa della fede. Questa evoluzione non si effettuata nello stesso
modo in tutte le parti dell'impero:
In Occidente: l'attivit missionaria inizia generalmente pi tardi e si estende di meno.
Con Martino di Tours si ha la missione anche nella campagna. Da notare la parola
"paganus". A Roma l'aristocrazia si converte solo verso la fine del secolo quarto 1
(Dodaro non accetta in pieno questa affermazione, ed invita a distinguere tra la
cristianizzazione della citt di Roma e quella della classe senatoria).
In Oriente: l'attivit missionaria avviene pi presto ed pi generale. La Chiesa diventa
pi popolare, specialmente a Costantinopoli.2, e comprende pure molti centri di
campagna. Da tenere presente che l'Oriente molto pi popolato. 3.
Comunque, verso il 450, i cristiani sono in maggioranza in tutte le regioni dell'Impero.
Fuori dell'Impero non constatiamo nessuna attivit missionaria da parte dei cristiani
romani, eccetto che da parte dei Goti cristiani e delle chiese orientali 4.
Questa mancanza si spiega con due fatti: i Romani consideravano i non-romani come
barbari ed eretici, e le possibilit delle Chiese locali erano relativamente limitate.
Ugualmente da notare che non si fa nessun tentativo per convertire gli Ebrei. Si
polemizza piuttosto fortemente contro di loro, come fanno Crisostomo, Agostino,
eccetera. Tuttavia non sempre facile distinguere se la polemica diretta contro ebrei o
contro giudeo-cristiani. Da parte dei giudei stessi c' una attivit missionaria fino al
quinto secolo.
II. La reazione pagana
Il passaggio della Chiesa cattolica allo stato di religione statale (si veda anzitutto il
decreto dei tre Imperatori del 380), non avvenuto senza resistenza da parte dei pagani.
Questa reazione stata meno forte in Oriente: vedi Libanios ( + 393), Eunapios ( + 420),
la scuola di Atene (chiusa nel 529).
In Occidente invece incontriamo, prima del 400, una reazione assai forte da parte
dell'aristocrazia romana (famiglie senatoriali). In un primo momento si ebbe una azione
politica, il caso della statua della Vittoria nella Curia Romana e il contrasto fra Simmaco
ed Ambrogio. Dopo il 394 (sconfitta di Eugenio al Frigidus) si ebbe un atteggiamento pi
riservato, di "emigrazione spirituale", con la difesa dei valori tradizionali soprattutto
attraverso la letteratura5, con l'"Historia Augusta" e con la critica culturale dei cristiani6.
Questa reazione si spiega con motivi diversi:
1. i pagani perdono i loro privilegi ("Collegia sacerdotalia" eccetera), anzi vengono
proprio perseguitati da parte del potere ed anzitutto da parte dell'opinione pubblica7;
2. ostilit aperta da parte dei cristiani: vedi la distruzione dei templi e l'uccisione di
Ipazia, filosofa ad Alessandria, nel 415;
3. mancanza di interesse politico-militare di certi ceti cristiani, che si fanno vescovi o
monaci per sfuggire ai compiti civili, del resto spesso molto pesanti8;
1 Vedi PIETRI
2 Vedi BROWN
3 Vedi Mc SHANE, 12.
4 Vedi BAUS, 232 ss; PODSKALSKY
5 Vedi MACROBIO
6 Vedi l'Epistula Volusiani ad Augustinum, e Rutilus.
7 Vedi BAUS 225 ss.
8 Vedi GRANT, 223: sul servizio militare ,e 190-200: i monaci i monaci.

4. il tradizionalismo pagano: Roma aeterna. In Prudenzio continua questo locus


communis: vuole convertire l'ideologia politica, e questo avr conseguenze anche per la
teologia (Introduzione della festa dei SS. Pietro e Paolo, che offre lo spunto, ad es. in
Aug., per parlare in chiave cristiana della grandezza di Roma, presente anche nelle este
dei martiri romani).
III. La cristianizzazione della vita sociale
La cristianizzazione del mondo romano stato un processo lungo e complesso. Tra le
strutture della vita sociale constatiamo la formazione di gruppi sociali nuovi, di una certa
importanza:
- il clero, specialmente i vescovi, ai quali viene concessa la "audientia", la capacit
giuridica di far da arbitri in certe cause, e che ottengono nelle difficolt causate dalle
invasioni una posizione civile piuttosto elevata; non arrivano per ad essere "defensores
civitatis" (vedi pi sotto);
- i monaci, poich i monasteri divengono un fattore economico (vedi le polemiche
pagane contro il monachesimo, sostenute qualche volta da certi ambienti ecclesiastici).
Tuttavia, nell'insieme, le strutture sociali rimangono le stesse, compresa la schiavit,
con gli "ordines" e i "collegia". Gli influssi sulla legislazione in proposito sono poco
importanti.
Pi grandi invece sono gli influssi da parte della predicazione e del ministero pastorale,
sul matrimonio9, sul rapporto fra ricchi e poveri10 sulla frequenza al teatro. 11
Lettura di un testo di Agostino (de civ. dei 5,25)
Il tema di questo testo riguarda la responsabilit dei cristiani nel declino politico
dell'Impero. Il de civitate Dei viene scritto dopo che Agostino ha ricevuto la notizia del
sacco di Roma da parte di Alarico (410), in risposta alle critiche pagane che accusavano i
cristiani di aver indebolito il patriottismo romano.
V,24: Agostino presenta l'immagine dell'imperatore cristiano ideale, in un testo che sar
famoso per tutto il medioevo.
V,26: chiude la I parte con l'esempio di Teodosio, facendo uso del genere letterario del
panegirico. Per BROWN-MARCUS gli ultimi capitoli del V libro sarebbero tra i brani
pi scadenti del de civitate Dei, un panegirico abbozzato e superficiale, se paragonato ai
testi di Ambrogio e Prudenzio riguardanti il medesimo imperatore. Non possiamo
accettare la loro tesi, perch non si spiegherebbe come Agostino abbia potuto inserire
brani tanto scadenti alla fine del V libro, che di importanza fondamentale. Cerchiamo
dunque di porre le domande giuste al testo in questione.
Alla fine del suo panegirico, Agostino menziona la strage di Tessalonica del 390: "E che
cosa pi ammirevole della sua religiosa umilt? da alcuni a lui vicini era stato spinto a
punire Tessalonica, nonostante avesse promesso ai vescovi di essere clemente. Colpito da
censura ecclesiastica, fece penitenza con tale impegno, che il popolo ebbe pi dispiacere
per l'umiliazione della maest imperiale che timore per la sua ira..."
Agostino ridimensona l'ideale politico cristiano e rompe con quello rmano pi di
quanto sia stato finora notato. Egli include la penitenza fra le res gestae dell'imperatore,
anzi, la dichiara mirabilius delle alte sue imprese. La sensibilit classica qui si sente
subito a disagio: la penitenza non una virt imperiale. Agostino rompe con la forma
letteraria del panegirico classico: da questo punto di vista l'elogio non solo
un'esaltazione del vescovo cristiano a discapito dell'imperatore cristiano (quesa invece
9 Vedi BAUS, 411-418; Vedi PIETRI
10 Vedi BAUS, 424 ss.: organizzazione della carit lasciata alla Chiesa, anche PIETRI
11 Vedi BAUS, 423 ss.

la motivazione di Ambrogio, secondo BOWERSOCK, From Emperor to Bishop: The


Self-Conscious Transformation of Political Power in the Fourth Century A.D.,
"Classical Philology" 81 (1986) 298-307), bens costituisce un forte richiamo ad un
ideale politico alternativo a quello dell'epoca. La penitenza pubblica rivela la religiosa
humilitas dell'imperatore: cos Agostino rompe sia con l'ideale imperiale classico sia con
quello pelagiano.
Il testo va dunque letto:
- nel contesto dei panegirici classici
- nel contesto degli altri AA. classici (Prudenzio, Orosio,
Ambrogio, Quodvultdeus)
In seguito il testo va considerato dal punto di vista dell'antropologia pelagiana. L'opera
di cui stiamo analizzando un brano fu scritta tra il 411(12) ed il 428. Il libro V databile
al 415 ca., e sarebbe quindi contemporaneo alle prime opere antipelagiane: va dunque
analizzato insieme a tali scritti. Il rifiuto della gloria umana per Agostino in vista della
gloria Dei, mentre Pelagio insisteva sulla capacit dell'uomo di fare il bene ed evitare il
male, avendo cos il possesso ed il dominio delle virt cristiane e politiche.
Agostino accusa i pelagiani di autoesaltazione, ed anche nel de civ. Dei notiamo il tema
del rifiuto della gloria umana. Probabilmente, data la vasta diffusione degli scritti
pelagiani, egli intende opporsi anche ad un esplicito appoggio che l'etica pelagiana offriva
alla teologia imperiale.
La letteratura panegirica su Teodosio posteriore al fatto di Tessalonica. Prudenzio ed
Orosio mostrano una chiara tendenza a dimenticare la strage, per presentare Teodosio
come optimus princeps dell'ideologia politica romana (cfr. Cicerone). Agostino critica
questa visione, come pure le tesi di Cicerone, che ne l'ispiratore. Anche Ambrogio,
fonte di Agostino, si conforma alla tendenza a presentare Teodosio come exemplum
virtutum secondo lo schema della laudatio funebre. Per Agostino la penitenza indica una
mancanza di virt: imperatore cristiano ideale colui che si riconosce peccatore e prega
il Signore per ottenere il perdono dei propri peccati.
4. La chiesa e l'impero romano.
Introduzione.
Il rapporto tra la Chiesa e l'Impero Romano (Stato o potere politico), costituisce
senz'altro la caratteristica pi emergente della situazione esterna del Cristianesimo nel
secolo quinto. Ma forse anche la realt pi complessa. Non facile presentare in poche
pagine in quale misura la cosiddetta "et costantiniana" si sia sviluppata nelle intrecciate
vicende del nostro periodo. Per la prima volta dei vescovi romani, come Leone e
Gelasio, prendono posizioni di principio che annunciano gi il Medio Evo occidentale.
La nozione di stato non appartiene al mondo antico, ed in questo senso non si pu
parlare di un rapporto Chiesa/Stato: ci manca un vocabolario preciso per esprimere le
relazioni tra la res publica e l'ecclesia. Il concetto di res publica difficile da spiegare:
possiamo definirlo come sfera degli affari pubblici (cfr. studio di FRASCHETTI nella
bibliog. di Dodaro). Fraschetti sottolinea che tra il 4 ed il 5 sec. gli spazi politici sono
spesso uniti a quelli sacrali, e tende a respingere la tesi di Pietri che parla di una roma
cristiana. Per i pagani una cerimonia religiosa doveva avere anche un carattere pubblico,
e viceversa. Prima del sacco di Roma vi fu il tentativo di compiere dei riti pagani (come
gi avvenuto in Tuscia) per scongiurare il pericolo. Non abbiamo prove che papa
Innocezo accolse questa richiesta, e normalemnte si adduce l'argomento della proibizione
(380) di ogni rito pagano da parte di Teodosio. Ma in realt la situazione era pi
complessa. Papa Innocenzo avrebbe permesso che i riti pagani si svolgessero in segreto
perch voleva anteporre alla sua fede personale la salvezza di Roma: non era pagano, ma
poteva riconoscere la validit di uno spazio per il paganesimo. Secondo Fraschetti, il
fatto che s. Giovanni in Laterano fosse costruito fuori dal recinto sacro delle mura
9

significa che i cristiani riconoscevano una cert validit allo spazio civile/sacrale pagano,
e non volevano forzare la mano in questo senso. Non avrebbe dunque senso dire che il
cristiaesimo divenne religione ufficiale dell'Impero. Nella lettera 107 (403), Girolamo,
lontano da Roma da 20 anni, celebra come un trionfo del cristianesimo il fatto che i
luoghi pi rappresentativi della Roma pagana (Campidoglio, templi) venissero trascurati,
e che il centro dell'attenzione si spostasse sulle tombe dei martiri, ma per il Fraschetti il
Campidoglio ebbe ancora per molto tempo un'importanza rilevante, dato che la prima
chiesa romana costruita nel recinto sacro si ebbe solo alla fine del VI sec.
La posizione di Fraschetti va accostata all'episodio dell'ara della Vittoria: rimossa da
Graziano, ne venne richiesta la ricollocazione a Valentiniano II, e si ebbe (382-4)
l'intervento di Ambrogio contro Simmaco. Questo episodio non permetterebbe allora di
parlare di una Roma cristianizzata: nell'Urbe i valori e le espressioni della vita e della
cultura romano-pagana hanno sempre interagito. Secondo Dodaro dunque importante
la tendenza attuale a riesaminare la questione della Roma cristiana, accettando una
visione della storia pi problematica di quanto si ritenuto finora (cfr. anche gli studi sul
XVI libro del Codex Theodosianus).
In de civ. Dei I-X il tema del Christus sacerdos risponde e corrisponde all'idea del
sacerdote pagano, inseparabile dagli ambiti politico e religioso. l'opera di Aug vuole
rispodere alla concezione religiosa del tardo impero, ben diversa da quella dell'epoca
classica. Aug rifiuta il paganesimo classico, e non quello della sua epoca: il culto pagano
ha infatti continuato a sopravvivere nella mente delle persone, idealisticamente. La
polemica di Aug si rivolge allora al tentativo di retaurazione del paganesimo classico,
compiuto nel V secolo dai pagani pi colti.
I. La "Chiesa Imperiale"12
Sotto Teodosio (+ 395), la Chiesa cattolica, cio quella di Damaso di Roma e di Pietro
di Alessandria, diventa religione ufficiale. Questo il risultato della evoluzione avvenuta
durante il quarto secolo13. Tale sviluppo si spiega, da una parte con la credenza
nell'ordine divino, passato ormai dalla 'devotio' verso le divinit dell'Impero alla 'fides' nel
Dio dei cristiani; d'altra parte la Chiesa una organizzazione attraente, un fatto sociale
cui gli stessi imperatori non possono non prestare attenzione 14. Ma questo passaggio
dalla plebs romana alla plebs Dei non cos totale come dice l'approccio convenzionale a
questo periodo (fino circa al 1980). la situazione non cos ben delineata.
La convivenza stretta fra Chiesa ed Impero, che s'impone ormai nel quarto secolo,
significa concretamente che l'imperatore, rappresentante dello Stato, professa la fede
cattolica, convinto che il suo impegno cristiano gli assicura pure il successo sul piano
politico e militare. Privilegi ed aiuti sono prestati alle attivit ecclesiastiche, come edifici
di culto e di rappresentanza (cfr. l'esclusione delle confessioni non cattoliche nel codex
Theodosianus. Ma le attivit religiose dei non cattolici continueranno ascostamente per
tutto il V secolo, e l'epigrafia mostra tracce pagane fino al Vi secolo, periodo nel quale in
Africa il Donatismo continua anche sotto i Visigoti). Ci anzitutto nel secolo quarto. Nel
secolo quinto avverr a Ravenna. San Paolo di Roma. Sono escluse le confessioni noncattoliche, come i pagani, gli eretici, specialmente ariani e manichei, ebrei 15. La Chiesa,
dal canto suo, riconosce lo Stato concreto come il suo ambiente sociale, voluto da Dio.
Offre la preghiera, il sostegno morale e riceve una certa direzione nella legislazione e nei
"sinodi".
Rischi in questa coesistenza, ce ne sono e si vedono subito nei contrasti e nei confronti:

12 Per il concetto e la sua problematica , vedi: BAUS, II., 91 ss. MARTIN, J., "Reichskirche": LThK 8 (1963)
13 Vedi Mc SHANE, 61-68 o ancora meglio PIETRI
14 Vedi CHRIST, 252; Vedi KRAFT, H., "Vita Constantini".
15 Vedi il "Codice Teodosiano" in: KIRCH, 828.

10

nell'Occidente: Ambrogio16, prima del 400; Gelasio17, dopo il 450; nel nostro periodo
Papa Leone riconosce il potere statale, il diritto dell'imperatore di convocare il Concilio,
anzi cerca la collaborazione del potere civile nella lotta contro l'eresia (i manichei)18;
Agostino pi riservato nei confronti dell'Impero (gli Dei non assicurano n i beni
materiali n i beni spirituali), e non mancano critiche nel suo "De Civitate Dei",
nondimeno cerca l'appoggio dello Stato contro i Donatisti (dopo qualche esitazione 19), e
poi contro i Pelagiani.20 Come Aug ha inteso il confine autorit politica/autorit religiosa?
Mai egli chiese l'aiuto dello stato contro ebrei e pagani, ma non chiaro il suo
atteggiamento. Forse egli chiese l'intervento civile quando si trattava di discordie
intraecclesiali, ma allora quale era lo status delle autorit civili all'interno della Chiesa?
Per Aug anche il magistrato cristiano aveva una vocazione ecclesiale: il suo intervento
era allora inteso come intervento statale? La teoria della Chiesa imperiale andrebbe allora
ridimensionata: pu servire come modello, ma i testi possono offrirci nuove letture della
situazione storica concreta.
nell'Oriente: il potere imperiale prende un posto molto pi importante: si veda la
vicenda del Sinodo "endemousa", nei pressi della Corte; anche qui per ci sono le
reazioni, come nella vita di Giovanni Crisostomo.
II. La legislazione civile e canonica
Nel nostro periodo (429-438) avviene la codificazione del diritto civile, sotto Teodosio
II (fine del 438)21. Da notare che questa codificazione comprende anche leggi di carattere
religioso22. Nello stesso tempo sono avvenuti degli sviluppi importantissimi nel diritto
canonico:
Diritto sinodale, dal Concilio di Calcedonia23, dal Concilio di Orange I e II, con lettere
di vescovi riconosciute come canoniche, tipo quelle di Atanasio e di altri. Iniziano cos le
collezioni di diritto sinodale24.
Diritto decretale (=papale): da Damaso in poi, o, come tutti riconoscono, da Siricio in
poi, avviene uno sviluppo del diritto papale o decretale 25. 333-337 collezioni fine secolo
V. 334: due raccolte prima di Leone, come detto nell'epistola 4,5.
In tutto questo sviluppo del diritto ecclesiastico, sia sinodale che decretale, gli influssi
del diritto civile e della giurisprudenza civile sono ovvii. Lo si nota nei procedimenti dei
sinodi, nella composizione e nella diffusione degli atti sinodali, nella corrispondenza fra
Papa e Vescovi, nel modo di procedere, nella terminologia, nella struttura delle lettere,
eccetera. L'influsso del diritto romano sulla teologia dei PP andrebbe pi studiato (ad e.
termini come disciplina ecclesiastica, iuris peritus...). La teologia assume alcune
caratteristiche dell'ideologia imperiale, del tradizionalismo e del formalismo romano.
Notare anche il titolo cristologico Christus imperator.
III. L' ideologia politica della 'Roma aeterna'
Difendendosi contro gli influssi crescenti del Cristianesimo, l'arisrtocrazia romana,
molto conservatrice, sviluppa , verso la fine del quarto secolo, gli ideali del patriottismo
romano, la "Traditio maiorum", ed esalta anzitutto la grandezza di Roma, punto
culminante di ogni cultura, "Urbs sacra et aeterna".

16 Vedi PALANQUE
17 Vedi WINKELMANN, Gelasius I, Stuttgart 1982.
18 Vedi Mc Shane; Vedi STOCKMEIER e, per i Papi precedenti, PIETRI
19 Vedi FREND
20 Vedi O.Wermelinger, Rom und Pelagius, Stuttgart 1975.
21 Vedi CHRIST, 265 ss; Buon riassunto anche in Mc SHANE, 243 ss.
22 Vedi KIRCH ,280 ss; Vedi MIRBT; Vedi ALAND; Vedi DE GIOVANNI
23 Vedi KIRCH,941 ss.
24 Vedi ALTANER, paragrafo 63, su Marius Mercator, i canoni africani e gallicani, eccetera. E le edizioni del MUNIER: CCL
25 Vedi PIETRI; Mc SHANE; nonch QUASTEN, III, 564 ss. ...: Letter

11

Dopo l'estinzione del paganesimo i cristiani riprendono questo ideale, parlando della
"Roma Christiana", della gloria di Roma, garantita dalla presenza di Pietro e di Paolo,
anzi della "Roma recreata" (cos Papa Leone) 26. Incontriamo questo patriottismo romano
in Ambrogio, Prudenzio, anche in Gerolamo, con certe riserve in Agostino ("Theodosii
tempora christiana"), e finalmente in Leone Magno. Da notare che i cristiani riprendono,
assieme a questo ideale, anche l'antigermanesimo del tempo 27: la "barbariae", la
"gotonia".
Nell'Oriente incontriamo uno sviluppo simile. Costantinopoli diventa la "Nuova Roma".
Tuttavia due differenze considerevoli ci sono:
- la partecipazione stretta del popolo a tutta la vita della Corte 28,
- la presenza dell'Imperatore, considerato come "vicario di Cristo"29.
Dodaro condivide l'importanza del motivo della Roma aeterna nei PP occid., ma
sottolinea le differenze. Agostino (de Civ. Dei V,26) pone l'accento sulla penitenza
pubblica e la religiosa humilitas di Teodosio: cerca di distanziarsi da Ambrogio e
Prudenzio nell'esaltazione della figura del principe cristiano, ma nello stesso tempo
insiste sul patriottismo romano cristianizzato (Pietro e Paolo). Prudenzio, invece, esagera
quando parla di Teodosio come di un novello san Lorenzo, perch ambedue hanno
scacciato i demoni e gli idoli da Roma. Si rischia dnque di utilizzare acriticamente
l'ideologia della Roma aeterna per motivi apologetici: convincere pagani e cristiani della
continuit tra la Roma pagana e quella cristiana, per ricercare sicurezza e salus patriae
contro i barbari. Dalla corrispondenza tra Agostino e Volusiano si evince che i pagani non
erano convinti della capacit dei cristiani di governare l'impero; questi ultimi ribadivano
invece la loro possibilit di esprimere governanti in grado di curare la salvezza
dell'impero.
CONCLUSIONI GENERALI DELLA PRIMA PARTE
(Conseguenze per lo studio della letteratura cristiana)
Alla fine di questa presentazione molto schematica della situazione esterna della Chiesa
del secolo quinto, conviene rilevare brevemente l'importanza di questi fatti storici per la
letteratura cristiana di quel periodo in genere e per certi suoi campi particolari. In gran
parte queste conclusioni saranno da approfondire nei paragrafi rispettivi della nostra
iniziazione alla letteratura cristiana del secolo quinto, per non sar inutile mettere gi
adesso in evidenza le cause politiche, culturali e sociali di certi suoi aspetti, che cos si
possono suddividere:
1. Necessit di una apologetica anti-pagana.
Davanti alla resistenza del paganesimo morente, gli autori cristiani saranno costretti a
difendere la fede cristiana e a controbattere le accuse degli ambienti intellettuali pagani,
accuse in parte vecchie, riprese da Profirio e da altri, in parte nuove o sempre attuali
(sulla incarnazione e sulla resurrezione). Questo sar necessario anzitutto dopo il sacco
di Roma del 410, considerato dai pagani come castigo da parte degli Dei traditi.
Fra gli apologeti sono da ritenere in primo luogo Agostino, con il "De Civitate Dei", e
la lettera 137; Cirillo con il suo "Adversus libros athei Juliani"; Teodoreto con il suo
"Graecarum affectionum curatio", ma anche Orosio e Salviano, con le loro opere storiche
2. Necessit di una predicazione morale.
La fine del paganesimo ufficiale, ed anzitutto la trasformazione cristiana della vita
culturale e sociale, si sono realizzate con un processo lento e lungo. In questo contesto
incontriamo la predicazione morale dei Padri contro il teatro, i giochi (legati strettamente
al culto dell'imperatore), l'immoralit pagana, la superstizione, eccetera.
26 Vedi Mc SHANE ,105/7.
27 Vedi Mc SHANE, 27 ss.
28 Vedi BROWN
29 Vedi HAELING: pagani, tradizione pi religione spirituale.

12

3. Necessit di fornire una educazione cristiana.


E' ovvio che i pastori d'anime sono preoccupati anche della cultura cristiana dei fedeli.
Tuttavia le comunit cristiane non istituiscono scuole cristiane. Si fa resistenza contro gli
influssi dell'ambiente ancora pagano piuttosto con il catecumenato, con la predicazione, e
anche con circoli privati. Tutto ci da studiare nel tema: scuola e cultura.
4. L'impregnazione culturale ed ideologica.
Tutta la vita cristiana, la letteratura cristiana, ed in particolare la legislazione
ecclesiastica, sono impregnate dalle ideologie culturali e politiche dell'Impero Romano.
Basta riferire i fatti seguenti:
Il messaggio cristiano viene reinterpretato in chiave politica. Cos anzitutto la
Cristologia: "Christus Imperator"; e la soteriologia: "Salus perpetua" 30; cos dicasi per la
ecclesiologia31.
I documenti dogmatici e disciplinari vengono composti secondo le usanze politiche e
civili: "edicta", "canone", "dogma", "constitutiones", "decretales"32. E i termini:
"auctoritas", "hereditas", "principatus", "consuetudo".
Il comportamento dei vescovi e dei cristiani in gran parte determinato da criteri e da
idee politiche:
1) il patriottismo romano impedisce l'attivit missionaria, ed induce ad un certo
razzismo33.
2) Idee politiche stanno dietro le pretese delle grandi sedi episcopali, e hanno quindi un
grande influsso anche sulle controversie dogmatiche. - Questo vale in particolare per la
Chiesa di Roma, che, pur insistendo sul carattere apostolico del suo ruolo, s'ispira
nondimeno anche ad idee politiche, come "Roma aeterna", "principatus"34.
3) L'atteggiamento politico spiega anche la grande intolleranza verso le religioni e
confessioni non allineate35.
5. I contatti ridotti fra Oriente e Occidente.
La necessit crescente di traduzioni (vedi pi avanti), la difficolt sempre pi grande
nelle intese teologiche ed ecclesiali (vedi pi avanti la cristologia e il pelagianesimo ),
dicono tuttavia che ci sono ancora contatti molteplici, dovuti ai viaggi (Gerolamo,
Cassiano), ai rapporti che i monaci intrattenevano fra di loro, al commercio (ad esempio
tra Alessandria e Roma), ai sinodi comuni e alla corrispondenza fra vescovi (come fra
Leone ed Agostino), alla delegazione romana a Costantinopoli, eccetera.

PARTE SECONDA: LA SITUAZIONE "INTERNA" DELLE CHIESE NEL


SECOLO QUINTO
L'organizzazione della Chiesa locale(_ 5)
I rapporti tra le Chiese
La vita liturgica
La predicazione
(_ 8)
La spiritualit
Conclusioni

(_ 6)
(_ 7)
(_ 9)

30 Vedi STUDER, B., La soteriologia dei Padri, par.14 e 17.


31 Vedi PIETRI, Papa e principe; Vedi Mc SHANE
32 Vedi Mc SHANE, op.cit., 313 ss.: "La Chancellerie papale".
33 Vedi BROWN, che considera questo fatto come causa principale del declino di Roma.
34 Vedi PIETRI; Mc SHANE, con la bibliografia, nonch gli articoli sulle grandi citt in:RAC, TRE, DHGE ed in altri
dizionari.
35 Vedi Oekumenische Kirchengeschichte, 145 ss.

13

Introduzione
Dopo aver visto come le Chiese si sono inserite nel contesto politico, sociale e
culturale del secolo quinto, come cio sono diventate fattore sociale dell'Impero Romano
ed hanno nello stesso tempo subto gli influssi dell'ambito storico, dobbiamo prendere in
considerazione la situazione interna delle comunit cristiane, diventate la "Chiesa
Imperiale", dobbiamo cio studiare: la loro organizzazione locale, i legami fra di loro, la
loro liturgia, il ministero pastorale, gli ideali cristiani di quel tempo.

5. L'ORGANIZZAZIONE DELLA CHIESA LOCALE NEL SECOLO QUINTO


I. LA CHIESA DEL VESCOVO.
A. Il principio dell'unico vescovo
Il principio dell'unico vescovo in una citt (principio che si imposto anzitutto durante
il secolo terzo 1) viene sempre mantenuto. Un solo vescovo responsabile per le
ordinazioni, per l'ammissione di nuovi membri alla comunit, per la scomunica e la
riconciliazione, per la vita liturgica, l'amministrazione dei beni materiali. In una parola, il
vescovo il capo autocratico della Chiesa2.
Nel secolo quinto tale principio viene contrastato da due fatti: Da una parte, l'aumento
dei fedeli, nonch la fondazione di chiese e di oratori secondari, sia in citt che in
campagna, il che conduce ad una certa "decentralizzazione"; tuttavia, come si vede nel
caso di Roma, i "tituli" dipendono sempre, sia materialmente che liturgicamente, dal
vescovo, come dimostra, ad esempio, la consacrazione di Santa Sabina, fatta costruire da
un presbitero ma consacrata da Celestino I, ossia l'uso del "fermentum sacrum" 3.
Dall`altra, si incontra una certa contestazione teologica della differenza tra l'Ordine
episcopale e l'Ordine presbiterale; cos si legge in Ambrosiaster e in Gerolamo 4. Il fatto
stato importante anche per lo sviluppo ulteriore della dottrina sul carattere sacramentale
dell'episcopato, questione ancora discussa e poi risolta durante il Vaticano II.
B. La conferma della legislazione canonica
La legislazione canonica, concernente il governo della comunit, risale al Concilio di
Nicea (325), il quale ha sancito le consuetudini esistenti: consacrazione episcopale da
effettuare da almeno tre vescovi della Provincia (canone 4 5 ), rapporto del vescovo con
il metropolita e con il sinodo provinciale (da celebrare due volte all'anno: canone 4 e
seguenti), il rapporto con il vescovo di Alessandria secondo il modello di Roma (canone
6).
Nel nostro periodo questa legislazione concernente la Chiesa locale viene ulteriormente
precisata: condizioni necessarie per la fondazione di una nuova diocesi; obbligo della
residenza per il vescovo; divieto di trasferimento;, deposizione di un vescovo. Si pu
seguire questa evoluzione anzitutto attraverso gli atti dei sinodi (diritto sinodale),
specialmente quelli di Calcedonia (del 451; si vedano i canoni 2, 5, 5, 8, 9, 12, 22, 25,
28, 29), ma anche - e questo un fatto nuovo - nelle lettere papali (diritto decretale). Si
veda quanto dice Papa Leone riguardo all'elezione da parte della comunit6.
1 Per Roma, vedi DS 108 , ep... di Ce.... Per l'Occidente, vedi Cipriano.
2 Vedi JONES, II., 874 ss. Per Roma, vedi PIETRI, "La liturgie de l'veque", "Gouvernement piscopal et constitution du
clerg", "La socit des clercs". Per l'amministrazione, vedi ... 302. Per le grandi propriet, i delegati ...
3 Per la Cresima, si veda Innocenzo I, epistola 25, 5, 8. Per i particolari si veda PIETRI.
4 Vedi BAUS, 281 ss. GAUDEMET, 322 ss. ALTANER, 403.
5 Vedi HERMANN, ... : 7, almeo 3; Nicea: ... Per l'assistenza di tutti i vescovi della provincia Presenza "almeno" di "tre":
MANSI, II, 679.
6 Per le qualit che si richiedono in un vescovo, si veda HERMANN, 291 ff; "Ecclesia in Re Publica". HERMANN, 347f
tendenze di adattamento.

14

A proposito di questa legislazione, si notino quattro dettagli significativi: l'idea assai


diffusa del matrimonio tra vescovo e comunit7; l'istituzione del "corepiscopo" (vescovo
per la campagna) viene messa fuori uso o almeno molto ridotta 8; la cosiddetta "audientia
episcopalis", privilegio dato da Costantino, viene modificata (vedi Mounier su DPAC e
l'Augustinus-Lexicon)9. Il 23.6.318 Costantino istituisce e poi (323) precisa l'audientia
episcopalis come un ricorso al vescovo senza appello. Ma in Africa, nel V secolo, sembra
che i vescovi abbiano usato di questo diritto solo quando nella causa era coinvolta la
Chiesa. In effetti l'utilizzo della audientia episcopalis diminuisce ovunque dopo il 350.
Nel 376 Graziano riserva i casi criminali ai tribunali ordinari, lasciando al vescovo solo i
reati religiosi. Questo avviene anche in occidente (399). Con Arcadio (398) in oriente ed
Onorio (408) in occidente il ricorso al vescovo possibile solo su richiesta delle parti.
Tuttavia il prestigio sociale del vescovo locale non stato molto diminuito, anzi, nelle
zone nelle quali le invasioni germaniche avevano compromesso l'autorit dei magistrati
civili, esso piuttosto cresciuto 10. Titoli onorifici come "Pater populi", "Pater civitatis",
"Pater urbis", "Pater patriae", eccetera, sono frequenti11; i vescovi provenivano in
maggior parte dalle famiglie dei "Curiales" (notabili locali, privilegiati, ma anche caricati
di obblighi sociali assai pesanti). Non provenivano cio n dall'aristocrazia alta
(senatoriale), n da classi basse, ma, come diremmo oggi, dalla borghesia media, dai
"curiales" (era questo anche un modo per fuggire gli obblighi civili)12.
Un solo vescovo garantisce l'unit della fede, soprattutto nella difesa di Nicea e contro
gli ariani. Nella lettea 125 di Gerolamo a Rustico si parla dei presbiteri sottomessi a dei
vescovi sempre pi autocrati. Gerolamo difende l'uguaglianza dei due gradi, tranne che
per alcune funzioni. Nell'ep. 52 si chiede che all'obbedienza dei presbiteri corrisponda il
rispetto dei vescovi.
Nello stesso periodo si cerca di limitare il numero delle Diocesi e dei vescovi. Il can. 17
di Calcedonia permette la fondazione di una nuova Diocesi solo nel caso si abbia una
nuova citt. Geograficamente, notiamo che le Diocesi sono molte nell'Italia centromeridionale e nell'Africa (rispettivamente nel 430 circa 116 e 430). Al contrario, le
diocesi sono poche nel nord Italia, in Gallia, Spagna, nella zona del Danubio...
Non c' una procedura stretta per la scelta del vescovo: si pu avere la presentazione
dei candidati al clero locale ed ai fedeli, oppure la scelta tra tre candidati proposti dai
vescovi viciniori. Gi dal 314 (can. 14 di Ancira e 18 di Antiochia) si insiste perch tutti
si esprimano nella scelta. Cfr. anche l'ep. 4 di Celestino I (422-432) e l'ep. 14 di Leone
Magno. Secondo GAUDEMET la partecipazione dei laici diminuisce verso la prima met
del sec. V, ed difficile cogliere l'effettivo ruolo svolto dal popolo.
Il Papa il Metropolita d'Italia, ma non chiaro il suo ruolo nelle elezioni episcopali
fuori dalla penisola. Secondo BARTHELINK (in Concilium) l'assenso all'elezione dato
dal popolo riflette usanze pagane precedenti. Dall'epoca di Agostino in poi, anche
l'Imperatore ha un ruolo sempre pi importante, a volte decisivo, nelle elezioni,
soprattutto in Oriente (cfr. l'elezione di Nettario a Costantinopoli nel 381, con l'appoggio
determinante dell'Imperatore).
II. IL CLERO DELLA CHIESA LOCALE
Come ben noto, la distinzione fra clero e popolo ("plebs") risale ai primi tempi della
Chiesa. Cos infatti in "1 Clementis" e in Ignazio. La ripartizione ulteriore del clero
7 Vedi BAUS, 241.
8 Vedi JONES, II.,879. BAUS, 241 ss.
9 Vedi GAUDEMET, 230-240
10 Per non sembra giustificato voler equiparare i vescovi ai notabili dell'Impero: vedi BAUS, 295 ss., diversamente da
KLAUSER e ANDRESEN
11 Vedi BAUS, 296.
12 Vedi JONES, II., 920 ss. Per le funzioni civili vedi HERMANN, 306.

15

ugualmente molto antica. Nella prima met del secolo terzo incontriamo a Roma pure gli
Ordini minori13.
Nel nostro periodo per gli sviluppi concernenti le condizioni dell'ordinazione sono
considerevoli. Si insiste molto sulle richieste morali ed intellettuali14. A questo proposito
due fatti sono da notare:
La formazione del clero si faceva nelle parrocchie. I casi di Vercelli e di Ippona, dove
Eusebio ed Agostino se ne occupavano, sono piuttosto eccezionali. Dal quinto secolo in
poi certi monasteri, come Lrins, sono diventati "seminari" per futuri vescovi.
Per l'Occidente era d'obbligo la continenza per i chierici sposati15.
Sul piano giuridico da notare che nella Chiesa africana si insiste sulla non-reiterazione
degli Ordini. In Occidente, sotto l'influsso dei Papi, si impone il "Cursus Ordinum", la
carriera clericale secondo i modelli civili16. Tuttavia fa eccezione l'ordinazione episcopale
nella Chiesa romana. Infatti i vescovi provengono sia dall'Ordine dei diaconi (di grande
influsso per tutta la vita ecclesiastica), sia dall'Ordine dei presbiteri, incaricati del
ministero sia nei "titoli" sia nei cimiteri17.
Nella vita sociale il clero gode di un certo prestigio. Nonostante le classi siano
piuttosto chiuse, l'accesso agli Ordini libero 18. La legislazione civile stessa ha
aumentato tale prestigio: si ha l'esenzione dalle tasse (soppressa da Valentiniano III); gli
schiavi non possono entrarvi (vedi anche il Papa Leone); sono annoverati tra gli elettori
del "Defensor civitatis"19.
Fonti sulla vita clericale (vd. anche LECUYER in DPAC Ministeri-Ministri ordinati):
- AMBROGIO, De officiis ministrorum (389-390)
- GEROLAMO, ep. 52 ad Nepotianum
- CRISOSTOMO, De sacerdotio e Homilia 1
- TEODORETO DI CIRO, alcuni passi dei suoi commenti alle lettere pastorali
- AGOSTINO, epp. 21, 22, 29, 142, 208, 288; sermones 339, 340
- SULPICIO SEVERO, vita di S. Martino
- LEONE MAGNO, Sermoni 1-5
Si insiste soprattutto su una vita modesta (nella seconda met del IV sec. in oriente, e
un secolo dopo in occidente appare la tonsura). Vasta la letteratura sulle virt clericali
(aggiungi all'elenco AMBROGIO, de fuga saeculi). La necessit di una formazione
intellettuali origina scritti come il de doctrina christiana di Agostino. Costui incoraggia la
lettura dei classici per imitarne la metodologia (ma la sua posizione non da tutti
condivisa). Sul celibato e sulla continenza vedi Crouzel in DPAC e Gaudemet. Crouzel
(contro Schillebeecx) afferma che il celibato era diffuso nella Chiesa antica, e ne fornisce
le motivazioni. Lo status della legislazione sul celibato il seguente:
- Ancira, 310, can. 10: permette il matrimonio di un diacono celibe solo se ne stata
dichiarata l'intenzione prima dell'ordinazione.
- Neocesarea, 314-325, can 1: esclude dal clero il sacerdote uxorato.
- Elvira (300-303-307?): i membri del clero superiore sposati prima dell'ordinazione
devono osservare la continenza. Tale regola viene imposta a tutto l'occidente alla fine del
IV sec. con le decretali dei papi Siricio e Innocenzo, riprese poi dai Concilii. Ci sono

13 DS 109.
14 Vedi GAUDEMET, 128-136.
15 Vedasi GAUDEMET, 156-153;
JONES, II.,927 ss., ital. 394. BAUS, 287 ss., si riferisce al ruolo dei Papi, da Damaso in poi, e dei sinodi, e sottolinea il
motivo della purit cultica. Vedi anche le notizie interessanti in proposto in PIETRI circa le "iscrizioni".
SCHILLEBEECKS
16 Vedi BAUS, 279-282; JONES, II., 912.
17 Vedi PIETRI, 696 ss.: "La socit des clercs". Per quanto riguarda l'et si veda Zosimo in: BAUS,

283.

18 Vedi GAUDEMET, 136-140.


19 Vedi GAUDEMET, 315-320: "Les honneurs". JONES, II., 910 ss. HERMANN, 306.

16

diversit circa il problema della coabitazione con le mogli. In alcuni casi si decise per la
chiusura della sposa in monastero.
A proposito degli ordini minori: all'et della pbert i candidati devono scegliere per il
matrimonio o per la continenza: conc. di Cartagine (397, can. 19; poi ripetuto nel 419,
can. 16); Leone Magno: ep. 14,4 (446): celibato obbligatorio per i suddiaconi.
In Oriente la situazione meno rigida: chi si sposa prima dell'ordinazione pu
esercitare il ministero presbiterale, ma costretto alla continenza assoluta.
- Cartagine (390, can. 2; 401, can. 3): continenza assoluta per tutti i preti sposati.
A Roma la continenza assoluta richiesta per tutti i preti sposati. Tale norma si
diffonde in tutto l'occidente.
I PP. appoggiarono la legislazione: Ambrosiaster, Ambrogio (de officiis 1,50),
Gerolamo (epp. 22;52; Contra Iovinianum 1,13 del 392-93).
III. IL POPOLO DEI FEDELI
Dall'inizio della Chiesa incontriamo una certa distinzione fra dirigenti e fedeli. Nella "I
Clementis" questa distinzione appare esplicita: "presbiteri"-"laos" (pi tardi "plebs")20.
Nel nostro periodo la "plebs-populus Dei" comprende laici, vergini, vedove, monaci.
Il modo di ammissione alla comunit stato gi regolato nei dettagli durante il quarto
secolo. Per il nostro periodo sono da tenere in considerazione - ad esempio, nelle lettere
di Papa Leone - le nuove prescrizioni rese necessarie dalle condizioni create dalle
invasioni, tipo quelle relative al "baptismus incertus", eccetera.
Si constata anche una clericalizzazione sempre maggiore delle comunit. Da una parte
c' l'esclusione dei chierici dagli affari secolari: "Qui militat Deo, saeculo militare non
potest"; dall'altra avviene la riduzione dei diritti del popolo di Dio perch l'elezione del
vescovo riservata sempre di pi al clero, cio all'aristocrazia21.
Per la condizione dei laici nel V sec. bisogna riferirsi agli studi degli storici; ma bisogna
pure studiare i discorsi dei vescovi, gli scritti dei laici, la loro partecipazione alla missione
della Chiesa. FAIVRE (Statuta ecclesiae antiquae) riporta il divieto per i laici di
insegnare senza l'approvazione dei chierici o in loro presenza. Vi una tendenza delle
autorit civili a lomitare la presenza dei laici ai sinodi del V sec. (Marcellino a Cartagine
nel 411). Cfr. le lettere di Teodosio II e Valentiniano III sulla procedura dei Concilii di
Efeso (431) e di Calcedonia (451) che limitano il ruolo dei laici. GUANIERI fa notare la
presenza dei laici a Riez (439, can. 8), a Roma (495, sotto papa Gelasio I), a Tarragona
(516), Orange (529). Si tratta di laici esperti in diritto, la cui presenza, occasionale ed
episodica, legata a circostanze particolari.
IV. LA PROPRIETA' MATERIALE DELLE COMUNITA' LOCALI22
Il tema piuttosto difficile, a causa della documentazione scarsa23. Bisogna evitare le
generalizzazioni. I generi di entrate erano:
le offerte libere; si veda l'importanza delle offerte fin dai primi tempi, come
testimoniano Paolo e Giustino. Si tengano presenti anche i mosaici di Ravenna, per il
significato dei sette alberi e San Pietro 24.
le donazioni imperiali, che sono per meno frequenti nel quinto secolo25;
le donazioni del clero e dei fedeli per testamento: "titulum";
20 Secondo una organizzazione sinagogale. Vedi SCHILLEBEECKS
21 LThK 8 (1968) 60; JONES, II., 961 ss.BAUS, 291. Vedi anche gli studi recenti in proposito. Per le elezioni: HERMANN,
298ff, con un cenno al campo civile e la differenza tra canoni e prassi.
22 Si veda, in genere, JONES, II., 834 ss.,e per la situazione romana in particolare, PIETRI, II., 558 ss. II., cap.VII/3:
"L'tablissement chrtien", che riguarda i donatori e le donazioni, le collette e le donazioni clericali, le ricchezze romane, il
potere economico del vescovo. Per Antiochia, HERMANN, 302ff.
23 Vedasi quanto dice JONES, II., 898 904.
24 Vedi PIETRI.
25 Vedi PIETRI.

17

i diritti di propriet: proprietario dei beni ecclesiastici era il "corpus christianorum",


rappresentato dal vescovo26.
L'uso dei beni ecclesiastici:
erano destinati a mantenere il vescovo ed il clero, alla costruzione e manutenzione degli
edifici del culto e dei cimiteri, al sostegno dei poveri e dei bisognosi27
Cos i diritti dell'amministratore principale, cio del vescovo e dei suoi collaboratori,
erano assai bene circoscritti. Questi diritti sono ancor pi limitati nelle fondazioni
particolari che cominciano a diventare pi numerose, come le chiese secondarie, gli
ospedali, eccetera.
Le Chiese locali erano, in parte, assai ricche. Abbiamo informazioni sullo stato
economico della Chiesa di Roma, che possedeva case e terreni in quasi tutto l'Impero 28.
Tuttavia, come ha fatto vedere Pietri29, le famiglie senatoriali avevano entrate di gran
lunga superiori a quelle della Chiesa di Roma.30
CONCLUSIONI
1) Considerato il ruolo dominante dei vescovi nella vita ecclesiale, si comprende
facilmente che la letteratura del secolo quinto si presenta soprattutto come "letteratura
dei vescovi"31, infatti riflette in primo luogo le loro preoccupazioni pastorali, le
controversie dogmatiche, il ministero sacerdotale, l'azione sociale delle loro comunit.
Anche la predicazione era riservata ai vescovi. Uno studio di questa letteratura richiede
dunque una conoscenza approfondita della vita dei vescovi, della quale ci informano le
"Vite" di quel tempo (vedremo la "agiografia"), ed in modo speciale le loro lettere e
prediche.
2) Numerosi scritti, sia "Tractatus" che lettere, di quella letteratura , hanno a che fare
con l'ideale sacerdotale di quel tempo, e specialmente con la verginit religiosa. Da
notare gli scritti su questo tema di Gregorio di Nissa, Ambrogio, Crisostomo, Girolamo,
Agostino, eccetera32. Si torner in parte su questo argomento nel _ 9.
3) Risalta quanto sia importante conoscere il livello culturale della gente, chi siano i
lettori e gli uditori dei Padri33.

6. I RAPPORTI TRA LE CHIESE


I. I nuovi fatti del secolo quinto
Fin dall 'inizio della storia della Chiesa, incontriamo nella cristianit la coscienza
crescente di una comunione universale fra tutti i credenti e con tutte le comunit
cristiane. Lo attestano gli scritti dello stesso Nuovo Testamento, utilizzando il termine di
Ecclesia in un senso universale 34, e riferendosi alle azioni caritative dei primi cristiani (1
Corinti e Atti). Nel secolo secondo, questa coscienza universale ci appare notevolmente
sviluppata: si vedano le corrispondenze fra le comunit o fra i vescovi, nonch i viaggi di
26 Vedi SAUMAGNE, C., "Corpus Christianorum" in: RevIntDroits 7 (1960) 437-478 e 8 (1961) 35-82.
EHRHARDT, A., "Das 'Corpus Christi' und die Korporationen im sptromischen Recht", ZSRG.R 70 (1953) 299-347.
LEPELLEY, C.
27 Vedi JONES, PIETRI.
28 Vedi JONES, 904 ss. 387-394.
29 PIETRI, pp.567 ss.
30 HERMANN, 302 f, e 319 f, per quanto riguarda le ricchezze al di fuori della citt: le mura, gli acquedotti, i ponti, i castelli.
31 Vedi MARROU, NHE, 346 ss.
32 Si vedano i paragrafi rispettivi in: ALTANER o in un'altra Patrologia, nonch gli studi recenti e numerosi che riguardano il
celibato: CROUZEL, GRYSON eccetera.
33 Si veda VAN DER MEER e anche l'introduzione alle edizioni delle prediche.
34 Vedi in proposito: ThWNT e CERFAUX.

18

certe personalit, specialmente verso Roma, centro dell'Impero 35. Dalla fine del secondo
secolo in poi, le riunioni sinodali e l'uso di consacrare in modo collegiale i nuovi vescovi
dimostrano quanto vivo stato il senso di comunione e di solidariet reciproca 36.
Tuttavia non c' nessun dubbio che i legami fra le Chiese locali ed anzitutto fra le
Chiese regionali sono diventati pi manifesti e pi efficaci durante i secoli quarto e
quinto, cio da quando il cristianesimo diventato Chiesa Imperiale. Prima del 400 i
sinodi di Arles (314), Nicea (325), Serdica (342) e Costantinopoli (381) si sono gi
pronunciati nei loro canoni sull'organizzazione giuridica della Chiesa sia dell'Occidente
sia dell'Oriente. Nella prima met del secolo quinto, che ci interessa particolarmente, la
comunione delle Chiese si ulteriormente sviluppata, come vedremo nei fatti seguenti:
A. La formazione dei cinque "Patriarcati" o delle Chiese regionali 37
Durante il secolo quarto, appaiono le Chiese metropolitane, con confini che
corrispondono in gran parte a quelli delle Provincie dell'Impero secondo la riforma di
Diocleziano. E' da notare che le sedi di Roma e di Alessandria fanno eccezione, essendo
nello stesso tempo sedi metropolitane e sedi sopraprovinciali (Roma ha influenza
sull'Italia e sull'Africa del nord).
Altrettanto da considerare che questo ordine s'impone molto pi lentamente in
Occidente. In Gallia, ad esempio, solo verso la fine del secolo. Ved. il sinodo di Torino
nel 398.
Questi sviluppi dell'organizzazione gerarchica vengono attestati dai canoni 4 e 6 di
Nicea 38. Oltre che Roma ed Alessandria, si impongono quindi gradatamente anche
Antiochia, Efeso, Costantinopoli, Cartagine, Milano, Aquileia, come sedi
sopraprovinciali. Per Gerusalemme si veda il canone 7 di Nicea 39.
Nel secolo quinto invece cinque sedi ottengono una superiorit che si esprimer pi
tardi con il titolo di PATRIARCATO 40, e sono, nell'ordine, Roma, Costantinopoli (con
Tracia, Ponto, Asia), Alessandria, Antiochia, Gerusalemme. Bisogna ricordare per che in
questo tempo si formano pure Chiese indipendenti come quelle di Cipro e dell'Armenia.
Il Concilio di Efeso (431)41, e specialmente quello di Calcedonia (451) riflettono in modo
chiaro questa evoluzione di fatto, come nel secolo quarto i sinodi sopra menzionati
avevano gi cominciato a manifestare42.
B. Lo sviluppo del diritto sinodale
Il concilio di Nicea aveva gi legiferato sulla prassi sinodale. Seguendo la volont di
quella legislazione, le riunioni regolari dei vescovi si sono molto sviluppate, bench non
abbiano preso dappertutto la stessa importanza.
Il Sinodo Romano e il cosiddetto "Synodus endemousa" (permanente) di
Costantinopoli acquisiscono una importanza particolare43. Ora questi sinodi sono
diventati la fonte principale del diritto ecclesiastico scritto, che si aggiunge alla
consuetudo. Come gi dimostra il Concilio di Nicea, questo diritto comprende tutti i
campi della disciplina ecclesiastica, ed avr poi sviluppi posteriori nei Concili di Serdica,
Costantinopoli, Efeso, Calcedonia. Se consideriamo, ad es., gli atti dei concilii
35 G.BARDY, La thologie de l'Eglise de Saint Clment de Roma Saint Irne; 55-124: L'Eglise universelle.
36 G.BARDY, op.cit., vol. II; G.D'ERCOLE Communio-collegialit-primato ..., Roma 1964; J.A.FISCHER, studi diversi sui
sinodi nei primi secoli.
37 Si vedano nella Bibliografia per questo paragrafo gli studi sui "Patriarcati": GROTZ, BECK, e il Convegno del 1967
riportato in: OChP 181, sui Patriarcati nel primo Millennio.
38 Vedi SPEIGL, e la letteratura connessa, gi citata, sul primato; JONES, II, 883 ss. (in italiano 379 ss.) per i rapporti fra
le Chiese.
39 Vedi RENOUX, citato.
40 Il termine risale a Giustiniano. Vedi gli studi gi citati sui Patriarcati, e quelli sulla "PENTARCHIA".
41 Vedi il canone 8 Cipro ...
42 Vedi canoni 12, 25, e specialmente 28.
43 Vedi H.MAROT, H., Les conciles romains des IVme et Vme sicles et le dveloppement de la primaut: Istina 4 (1957)
435-462. Per il "Synodus endemousa" vedi JONES, "Visiting council"; J.HAJJAR, J., Le synode permanent dans l'Eglise
byzantine, Roma 1962.

19

cartaginesi, notiamo che i vescovi avevano una forte formazione giuridica, risultante
anche dalla frequentazione delle scuole occidentali di retorica. Il dibattito con i Donatisti
ebbe infatti un forte carattere giuridico. il diritto romano diventa cos una fonte
importante per la teologia occidentale e per la formazione dei vescovi.
C. Il Primato del Vescovo di Roma.
Il Concilio di Nicea aveva gi riconosciuto il fatto di una certa preminenza della sede
romana rispetto all'Occidente. Da Papa Damaso in poi invece incontriamo una pretesa
sempre pi netta di una moderatio episcopalis sedis apostolicae.
Questa sopraintendenza - che comprende il diritto d'appello, l'approvazione degli atti
sinodali per quanto riguarda le causae maiores, il regolamento delle elezioni dei vescovi
- si estende de facto, oltre che sulle diocesi suburbicarie, sull'Italia settentrionale, sulla
Gallia, la Spagna, l'Illyricum, ma non ancora - prima del 450 - sull'Africa settentrionale.
In quanto alla communio fidei la Sede Apostolica comincia a rivendicare il diritto della
prima sentenza 44.
La moderatio episcopalis sedis apostolicae appare anche in una legislazione che passa
oltre i limiti delle provincie suburbicarie: la legislazione decretale. Nei documenti
rispettivi constatiamo il fatto che Damaso e i suoi successori intervengono in virt
dell'autorit apostolica, confermandola per con l'autorit dei canoni di Nicea, cio con
la legislazione come stata ripresa dal Sinodo di Serdica (corpus romanum). Questo
riferimento al diritto sinodale ha almeno in parte il significato di dare alle decisioni
romane il carattere del diritto imperiale, cio del riconoscimento da parte dello Stato 45. I
papi fanno appello al diritto romano, che riconosceva diritti speciali ai pontifices maximi
pagani. Tali diritti vengono rivendicati dal papa e dai vescovi per quanto riguarda la
chiesa cattolica.
II. La riflessione teologica sulla communio fidei
Ai principi antichissimi di comunione ecclesiale (un battesimo, una fede, una tradizione
apostolica), si aggiunto nel secolo terzo il principio della collegialit episcopale, in cui
la missione universale della Chiesa sentita innanzitutto come solidariet di tutti i
vescovi. (ved.Cipriano).
Verso il 400 l'ecclesiologia della comunione, cio il principio di una comunione in cui
tutti i vescovi hanno quasi gli stessi diritti (ved. Basilio), viene completata da una
ecclesiologia del primato di certe Chiese, specialmente di quella romana, ma pure di
altre. Si potrebbe parlare di una ecclesiologia del principio di rappresentazione.
In questa evoluzione teologica ulteriore notiamo due orientamenti principali:
1) L'orientamento politico:
Il primato di Roma, ma anche di Costantinopoli, corrisponde alla situazione politica
delle sedi rispettive entro l'Impero Romano. Cos il canone 28 di Calcedonia: il
concetto della "Nuova Roma"46.
2) L'orientamento apostolico ossia petrino:
Lo incontriamo anzitutto nei documenti papali, ma anche altrove. I Papi stessi si
appoggiano a questo proposito in primo luogo sulla presenza di Pietro e di Paolo. Da
Siricio in poi la tendenza di riferirsi solo a Pietro. - Questo principio si annuncia gi nei
primi secoli: Prima Clementis, 1 Pt, 2 Pt, Ignazio, Dionigi di Corinto, eccetera, per
viene sviluppato molto nel quarto secolo, con la venerazione degli Apostoli e delle loro
reliquie. - I Papi, da Damaso in poi, giustificano la teologia papale con Mt 16,18 ss., ed
anche con Gv 21 e Lc 2247.
44 Leo I: "Custodia fidei et disciplinae". Ved.QUASTEN, III, 576.
45 Vedi SPEIGL, per gli interventi in Gallia: Epistola ad Gallos episcopos. In proposito vedi anche JONES, II, 887 (ital. 381);
ANDRESEN, 595 ss, e soprattutto PIETRI e Mc SHANE. - Per l'origine dell'Archivio Pontificio (scrinium), vedi PIETRI, 673677.
46 A questo proposito vedi GAUDEMET, 427 ss., PIETRI, I.,857 ss.

20

Questo orientamento prevalentemente teologico stato tuttavia rafforzato da una


ideologia che altrettanto politica48. Il ruolo di Pietro e dei suoi successori stato infatti
reinterpretato con concetti giuridici, come cura, auctoritas, principatus, successio,
haereditas, eccetera. Soprattutto la sollicitudo omnium ecclesiarum (2 Cor 11,28, da
Siricio in poi), alla quale pretendevano i Papi, stata compresa nel quadro ideologico
della Roma aeterna.
La teologia di Leone Magno costituisce senz'altro il punto culminante: il vescovo di
Roma successor ed haeres di Pietro, cos come lui lo stato in modo singolare di
Cristo49.
Aggiungiamo che la teoria della sedes apostolica e delle "sedi petrine" 50 stata ripresa
in un certo senso anche dalle Chiese orientali. Costantinopoli si richiamer al principio
apostolico, presentandosi come la Sede di Andrea.51 52
III. La valutazione storica
Conviene aggiungere una valutazione storica sui nuovi fatti della comunione
interecclesiale e sulla riflessione teologico-politica concernente questa comunione.
A. Un certo "patriottismo romano" 53
Per capire pienamente gli sviluppi dei rapporti fra le Chiese locali, si deve anzitutto
tenere conto della nuova situazione entro l'Impero Romano. Tale situazione include, da
parte dei cristiani, una certa identificazione tra destino della Chiesa e destino dell'Impero
Romano.
Incontriamo tale atteggiamento, positivo nei confronti di Roma, non soltanto a Roma,
ma anche a Costantinopoli e pure ad Alessandria, citt greco-romana. Non mancano
neppure testimonianze di una identificazione esagerata della storia del cristianesimo con
la storia di Roma, cio della "Chiesa" con l'"Oikoumene". Si visto in occasione della
presa di Roma nel 410. Soltanto la critica di Agostino poteva mettere a posto tali idee. E'
per prevalente la linea eusebiana, seguita anche da Orosio.
Il fenomeno si riflette in modo particolare nelle espressioni molto diffuse di pax
romana, urbs aeterna, romania (difesa della civilt romana contro la barbarie), nonch nel
confronto tra orbis terrarum ed ecclesia una et catholica.
B. La ricerca di un appoggio esterno.
Lo sviluppo dei rapporti intraecclesiali si spiega inoltre, in gran parte, per il bisogno
delle singole sedi di essere sostenute nelle loro rivendicazioni in opposizione ad altre
sedi. Notiamo soprattutto il fatto seguente: che la Chiesa romana si trova a far da arbitro
tra le Chiese rivali di Alessandria e di Costantinopoli. Ci avviene sia nei rapporti tra
Crisostomo, Teofilo, Innocenzo I, che successivamente tra Cirillo, Nestorio e Celestino.
La stessa necessit di un aiuto esterno ha determinato pure i rapporti fra il potere civile e
le Chiese, e questo un fattore importante per l'evoluzione anche interna della
comunione ecclesiale 54. Roma si riserva il diritto di appello ed il giudizio sulle elezioni
episcopali controverse.
C. L'influsso delle grandi personalit.
47 Vedi J.LUDWIG, Die Primatworte Mt 16,18 ss. in der altkirchlichen Exegese, Mnster 1952; G.G.BLUM, Apostel,
Apostolat: TRE 3 (1978) 445-466; R.PESCH, Petrus, Stuttgart, 1988.
48 Vedi ULLMANN, cit., per il legame fra Bibbia e ideologia
49 Vedi Mc SHANE e anche QUASTEN, III.
50 Vedi BATIFFOL; Mc SHANE, 267 ss.
51 Ved. BAUS, 248 ss. Inoltre PIETRI; Mc SHANE; STOCKMEIER; e anzitutto J.FELLERMAYR, Tradition und Sukzession
im Lichte des rmisch-antiken Erbdenkens. Untersuchungen zu den lateinischen Vtern bis zu Leo dem Grossen.",
Mnchen 1979, con bibliografia; K.S.FRANK, Vita apostolica: Festschrift H.TCHLE, Paderborn 1975, 20-41, specialmente
33 ss., su Leone Magno; H.J.SIEBEN, Sanctissimi Petri apostoli memoriam honoremus. Die sardicenischen Kanones im
Wandel der Geschichte: ThPh 58 (1983) 501-534; BRENNECKE, ZRGK 100 (1983) 15-45.
52
53 Ved. GAUDEMET, 21 ss; PIETRI.
54 Ved. JONES, II., 934.

21

Considerando l'evoluzione della comunione interecclesiale, non dobbiamo mai


trascurare il ruolo delle personalit che hanno dato una impronta caratteristica alla
posizione delle grandi sedi episcopali.
Ci vale naturalmente in primo luogo per i Papi che dalla fine del secolo quarto in poi
hanno determinato la politica ecclesiastica della Sede Apostolica: Damaso, Innocenzo,
Leone Magno, Gelasio 55.
Lo stesso fenomeno si ritrova per anche nelle altre sedi. Notiamo Crisostomo e
Nestorio per Costantinopoli. Teofilo, Cirillo e Dioscoro per Alessandria. Giovenale per
Gerusalemme 56.
D. La questione particolare del Primato Romano
E' ovvio che la valutazione dell'evoluzione storica del Primato universale del vescovo di
Roma particolarmente delicata 57. Per il nostro periodo si devono avere presenti
specialmente i criteri seguenti:
1. La distinzione delle sfere d'influsso.
L'affermazione della sollicitudo omnium ecclesiarum" e del principatus della Sede
Romana, sembra a prima vista riguardare sempre tutta la Chiesa universale. In realt
viene spesso fatta solo per giustificare o rivendicare i diritti di Roma nei confronti di
certe Chiese locali o certe regioni ecclesiastiche.
Bisogna avere presente, in ogni caso, che l'esercizio del Primato si effettua in una
maniera graduale, secondo le zone che sono in questione:
- l'Italia suburbicaria (nel senso politico di allora);
- l'Occidente, con l'Italia settentrionale, la Gallia, la Spagna da una parte e l'Africa
settentrionale dall'altra, con in pi il caso speciale dell'Illyricum;
- le Chiese Orientali, con la loro communio fidei universalis 58.
2. La distinzione fra rivendicazione e riconoscimento.
Non basta riferirsi alle affermazioni del Primato Romano da parte dei Papi. Bisogna
pure prendere in considerazione la receptio da parte delle altre Chiese, specialmente di
quelle Orientali, nonch da parte dello Stato 59.
3. La sparizione delle contestazioni interne.
Nell'evoluzione del Primato Romano durante il secolo quinto, ma anche prima e dopo,
c' da considerare anche il fatto che le contestazioni cessano, perch le Chiese rispettive
perdono d'importanza: Milano, Cartagine (fatto pi importante), Ravenna. D'altra parte
le rivalit fra Roma e le Chiese Orientali si riducono a quella fra la sede della Roma
antica e quella della Roma nuova, dato che la capitale imperiale dell'Oriente s'impone alle
altre sedi orientali. Si veda la storia del canone 28 di Calcedonia.
4. La prospettiva biblica.
Sotto l'aspetto propriamente teologico: gli sviluppi storici del papato sono da valutare
nella prospettiva (prolungamento) del Nuovo Testamento , come norma normans.
CONCLUSIONI
1) L'evoluzione della communio universalis che incontriamo nel quarto secolo e poi
specialmente nel quinto, si riflette, oltre che nella storiografia ecclesiastica di cui
55 GAUDEMET, 408 ss. e PIETRI, il quale si interessa particolarmente dell'origine sociale dei Papi e parla, fra l'altro, di una
"svolta damasiana".
56 Vedi JONES, II., 882-891.
57 Vedi B.STUDER, Papato: DPAC II,2638-2658. Inoltre le Storie del Papato, come C.FALCONI, Storia dei Papi e del
Papato. I. La nascita del papato nel declino dell'Impero, Roma 1967, ed anche il saggio di P.GRELOT, Pierre et Paul,
fondateurs de la primaut romaine: Istina 27 (1982) 226-268..
58 Ved. P.BATIFFOL, Sige Apostolique. Cathedra Petri, e Lon le Grand: DThC 9 (1926) 218-301; GAUDEMET, 445-451;
QUASTEN, III: Leone Magno; MC SHANE (non assai critico).
59 Oltre a JONES, II., 882, e gli altri studi citati sopra di DE VRIES e di LANGGRTNER. Inoltre W.MARSCHALL,
Karthago und Rom, Stuttgart 1971 (per i casi di appello); O.WERMELINGER, Rom und Pelagius. Die theologische Position
der rmischen Bischfe im pelagianischen Streit in den Jahren 411-432, Stuttgart 1975 (ved. la mia recens. Augustinianum e
quella di DE VEER in REtA); P.JOANNOU, Die Ostkirche und die Cathedra Petri im 4. Jh., Stuttgart 1972 (con documenti in
traduzione tedesca).

22

parleremo pi tardi, in una documentazione monumentale di carattere giuridico. Anche se


questi documenti canonici, sia di origine sinodale, sia di origine papale oppure imperiale,
non si pu proprio dire che siano di letteratura cristiana, ormai consuetudine parlarne
anche in Patrologia60. Del resto, anche per conoscere meglio la letteratura in senso
stretto, conviene spesso studiare questa documentazione canonica61.
2) Un'altra documentazione ugualmente legata allo sviluppo della communio fidei, ed
la corrispondenza teologica o polemica dei vescovi, comprese le lettere pasquali di
Alessandria. Perci non si studieranno mai queste testimonianze di carattere forse
nettamente dogmatico, senza prendere in considerazione la politica ecclesiastica, cio
tutte le imprese in favore dell'unica Chiesa di cui si trattato in questo paragrafo. Del
resto si noter bene la differenza fra le lettere dei primi secoli, ispirate dal tipo di lettera
di comunit giudea, e le lettere posteriori influenzate sia dalla letteratura antica, sia dalle
usanze della cancelleria imperiale.
3) Lo sviluppo dei rapporti fra le Chiese, nonch la nascita della legislazione canonica,
sinodale e decretale, costituisce finalmente anche un aspetto che distingue la teologia del
secolo quinto. Essa insiste tanto sull'unica fede ortodossa, fondata sul consensus e sulla
receptio da parte di tutte le Chiese del mondo62 63.

7. LA VITA LITURGICA DELLE CHIESE DEL SECOLO QUINTO


A. Lo sviluppo delle liturgie dei " Patriarcati" 64
Secondo Botte 65, i primi quattro secoli della storia della liturgia cristiana possono
essere caratterizzati come "priode d'improvisation liturgique". A quel periodo, nel quale
non si trova nessuna unoformit delle preghiere ma piuttosto una grande diversit,
succede il periodo della creazione di formulari. Ci avviene circa tra la met del secolo
IV e la fine del secolo VI.
In questo secondo periodo si ha la tendenza alla "codificazione": l'uso di composizioni
liturgiche scritte diventa generale. Agostino esprime apertamente il bisogno di escludere
preghiere mal composte, anzi, eretiche, e di non ammettere pi altro che preghiere
approvate dalle autorit competenti66. Oltre che alla preoccupazione per la retta fede, si
pu attribuire questa tendenza unificatrice anche all'influsso delle Sedi principali, le quali
si imponevano anche nel campo liturgico 67.
Comunque sia, incontriamo, nella seconda met del secolo quarto, e poi soprattutto
nel secolo quinto, un "raggruppamento regionale" delle liturgie, che corrisponde grosso
modo alle sfere d'influsso dei cinque "Patriarcati" e delle Chiese regionali:
- Liturgie di Antiochia, del tipo siro-orientale (Chiese separate dal secolo quinto in poi)
del tipo siro-occidentale (Antiochia, Costantinopoli, Gerusalemme, ecc.) 68
- Liturgie di Alessandria (copta/etiopica)
60 Vedi ALTANER _ 63; GAUDEMET, IV/V, 37 ss; STUDER, Letteratura papale: DPAC II,2664-2666.
61 Vedi ANDRESEN, 585: "Il diritto decretale una espressione giuridica dell'ecclesiologia papale".
62 Ved. A.GRILLMEIER, Konzil und Rezeption: TheolPhil 45 (1970) 321-352; A.LUMPE, Zur Geschichte der Wrter
'concilium' und 'synodos' in der antiken christlichen Latinitt: AHC 2 (1970) 1-21, e lo stesso, Zu 'recipere' als gltig
annehmen, anerkennen im Sprachgebrauch des rmischen und kanonischen Rechts: AHC 7 (1975)118-135.
63 Ved. A. DE HALLEUX, "Le Dcret chalcdonien sur les prrogatives de la Nouvelle Rome" EThL 64 (1988) 288-323, sul
canone 28 di Calcedonia e sull'intervento di Leone Magno circa la distinzione dei poteri .
64 Vedi ANDRESEN, 449 ss.
65 Citato in MARTIMORT, 5-33.
66 MARTIMORT, 36; DEKKERS
67 PIETRI trascura questo aspetto.
68 Diventer la liturgia "bizantina".

23

- Liturgie di Roma (romana69/gallicana; poi ispano-celtica e vecchio-gallicana milanese


con influssi dall'oriente)
Queste liturgie si distinguono per le caratteristiche seguenti70: anafore eucaristiche
diverse; uso diverso della Bibbia (2 o 3 letture) e degli inni; lingua 71. Non manca per
una certa unit: l'uso generico dell'anafora; l'idea generale del culto misterico72; la
rappresentazione del sacerdozio di Cristo; gli influssi del cerimoniale di corte.
Aggiungiamo che proprio gli autori del nostro periodo ci hanno lasciato le
testimonianze pi importanti su questo sviluppo della liturgia cristiana: Crisostomo,
Teodoro di Mopsuestia, Agostino, Leone Magno, Pietro di Ravenna.
I testi liturgici stessi per, anche se risalgono, come quelli romani, a questo periodo,
sono stati raccolti da compilatori posteriori. Il pi antico dei cosiddetti "sacramentari"
infatti quello "Veronense", che comprende le preghiere del tempo di Leone, ma del
sesto o settimo secolo 73.
B.Gli influssi sociali sulla liturgia
La nuova situazione delle comunit cristiane, diventate "Chiesa Imperiale", stata
decisiva anche per lo sviluppo della vita liturgica. Tale situazione caratterizzata da:
1) la conversione delle masse che ha richiesto la riorganizzazione del catecumenato 74 e
della penitenza pubblica, l'adattamento delle assemblee liturgiche che si facevano ormai in
edifici molto pi vasti, anzi rappresentativi, e nella piena libert75;
2) la trasformazione anche sociale della comunit con il bisogno di una
rappresentazione pi solenne della Chiesa anche in campo liturgico, specialmente nelle
citt imperiali come Roma, Costantinopoli, Milano, Ravenna, ma anche Gerusalemme.
Con ci promossa l'arte musiva, la retorica ufficiale, la musica, il cerimoniale della
corte. Il culto cristiano diventa dimostrazione sociale, "Spectaculum".
3) una certa intenzione apologetica: perch di fatto si sostituisce con le cerimonie
liturgiche il fasto delle societ pagana, del suo culto, del teatro, delle processioni.
4) l'introduzione delle feste stabili come la Domenica, la festa del 25 Dicembre,
"Natale", del 22 Febbraio, la "cattedra di San Pietro", eccetera 76. Due nuovi fatti in
particolare vanno ricordati:
a) l'altare diventa pi importante. Diviene fisso e unito sempre pi frequentemente a
una tomba di martiri. Diventa il centro dell'edificio. L'Eucarestia appare cos sempre pi
nettamente come "Sacrificio", come "atto del sacerdote" che rappresenta Cristo e che
compie un "mistero", e tutto ci con le forme del cerimoniale della corte: i ceri, l'incenso,
il baldacchino, eccetera77.
b) gli influssi della societ e specialmente della ideologia politica si affermano anche
nella lingua liturgica, sia nel "cursus" della liturgia romana78, sia nel vocabolario79.
69 Vedi PIETRI, articolo citato, in: "Concilium", con il riassunto:1) i luoghi sacri, 2) i tempi sacri, 3) lingua e gesti.
70 Vedi KRETSCHMAR.
71 Per la lingua liturgica, latina, dal 380 in poi, vedi PIETRI, cit., in "Concilium" cit., 72/75.
KLAUSER, Th., "Der Uberg..."
72 Vedi l'uso di 'mysterion' in senso cultuale: HOG IV, MySal
73 Vedi MARTIMORT, 281 ss.
ALTANER _ 92/11, con la letteratura.
BAUS 341.
74 Sul catecumenato: Werm 1064
75 Vedi ANDRESEN, PIETRI, "Concilium"
76 Cfr PIETRI.
STRASSLE, E., "Die Sonntags...", in: "Heilige..." 6 (1952) 49-52.
RORDORF, W., "Sabbat et Dimanche dans l'Eglise ancienne", Neuchatel 1972.
77 Vedi ANDRESEN, LThK 6 1087.
78 MARTIMORT, 341, specialmente V s.
79 Vedi: DURIG, W., "Pietas liturgica", Regensburg 1958
MOHRMANN, "Etudes", III, Roma 1965
PIETRI, "Concilium"
"Festschrift KOTTING", "Pietas", Mnster 1980.

24

C. La liturgia e la cristianizzazione della vita quotidiana.


La conversione alla fede cristiana, bench favorita da un ambiente ufficialmente
cristiano, stata una processo molto lungo. Le feste pagane di una volta, le usanze
religiose, i costumi morali e le pratiche superstiziose non si lasciavano sopprimere o
trasformare da un giorno all'altro 80. E' ovvio che in questa conversione lenta e difficile un
posto eminente conveniva alla liturgia cristiana, i cui riti e feste sono destinati a
santificare tutta la vita umana.
1) L'istituzione del catecumenato, riformato con una nuova iniziazione cristiana.81
Durante il secolo quarto la nuova situazione delle Chiese ha condotto fra l'altro
all'abuso di rimandare il Battesimo, di contentarsi cio di essere "iscritto" al
Cristianesimo, senza impegnarsi pienamente. I vescovi non mancavano di lamentarsi di
questi "cristiani di nome". Nello stesso tempo per cercavano di rimediare a questa
mancanza di zelo, riformando la modalit della incorporazione alla comunit. Si istitu un
catecumenato in senso stretto, in cui i "competentes" o "electi", durante un periodo di tre
anni, o anche di una sola quaresima, venivano preparati al Battesimo, conferito nella
notte di Pasqua (cfr. anche con i motivi della contr. pelagiana).
Questa preparazione comprendeva qualche rito, una vita ascetica, e soprattutto un
insegnamento sulla storia della salvezza, sugli impegni morali, sul simbolo, sulla
preghiera, e finalmente, dopo il Battesimo, sui Sacramenti. Si veda per questo la storia
della liturgia battesimale82.
Anche in questo campo, i grandi autori del nostro tempo, Crisostomo, Teodoro di
Mopsuestia (prima del 400), Agostino, Leone ed altri ci danno le testimonianze pi
eloquenti del loro insegnamento, con le "catechesi"83.
Da notare che la catechesi ufficiale si indirizzava esclusivamente agli adulti. Possedeva
dunque un carattere molto apologetico 84. Si veda su questo tema la teoria sulla catechesi
che aveva Agostino, espressa nel suo "De catechizandis rudibus". Esisteva per anche
una catechesi familiare, data a casa ai bambini85. Questa catechesi si venne imponendo
sempre di pi, poich diventava sempre pi frequente l'uso di battezzare i bambini86.
2) La penitenza canonica87
Si ha anche per questo Sacramento una situazione simile. La penitenza si svolgeva
assieme alla preparazione battesimale, durante la quaresima. Divenne ben presto
problematica anch'essa. Nonostante il lassismo crescente, le comunit mantennero il
principio rigido dell'unica penitenza. Di conseguenza si tendeva a rimandare anch'essa il
pi possibile, spesso fino alla fine della vita. Da notare che allora c'erano degli oneri
molto gravosi.
Con tutto ci non si era ancora passati alla soluzione della confessione "privata". Tutta
questa problematica si riflette nella predicazione quaresimale. Cos in Agostino, in Leone,
anche in Crisostomo come inizio88. Mancano degli studi sulla teologia della penitenza nel
IV secolo, durante il quale assistiamo ad una rivoluzione nella sua concezione. Per
80 Vedi BAUS, 342 ss.
81 ANDRESEN, 470 ff; Wermel, 106
82 Ad esempio in: STENZEL, A., e KRETSCHMAR, G., dove si trovano commenti sui "Sacramentari"
83 Vedi
DANIELOU, J., "La catechesi nei primi secoli", Torino 1969.
ANDRESEN
84 Risurrezione
85 BAUS, 319 4; Wermel, 108
86 ANDRESEN, 476;
GRAMAGLIA, P., "Il battesimo dei bambini nei primi 4 secoli", Brescia 1973.
DIDIER
87 BAUS, 309.
Cfr AA.VV., "Catechesi battesimale e riconciliazione nei Padri del IV secolo", Roma 1984.
GROSSI V.
CERESA - GASTALDI
88 BAUS, 312.

25

Ambrogio la penitenza un atto quasi legale dopo il quale si riceve il perdono divino; per
Agostino diventa invece il modo di vivere il perdono divino gi ricevuto, ovvero un
atteggiamento fondamentale di tutta la vita cristiana.
3) La cristianizzazione delle nozze.89
In questo campo i costumi pagani erano particolarmente persistenti. Erano legati alle
cerimonie di fecondit. Si cerc di dare anche ad esse un quadro liturgico. La
benedizione del matrimonio per non era di obbligo, eccetto che per il clero minore90.
4) Il culto dei morti.91
Si dovette dare il senso cristiano alla fine della vita, andare contro gli abusi dei
"refrigeria", e spiegare il significato della preghiera. Di tutto ci testimone anche
letterario Sant'Agostino, soprattutto nel "De cura mortuorum".
5) L' introduzione e l'evoluzione delle feste.92
Nascono in questo periodo le feste di Natale, dell'Epifania, dei Santi, i periodi liturgici
dell'Avvento e delle Quattro Tempora, e viene istituita la Domenica.
Contemporaneamente vengono criticati i costumi del Capodanno, come fa, ad esempio,
Massimo di Torino93.

8. LA PREDICAZIONE ED IL MINISTERO PASTORALE


I.La grande retorica
Nel secolo quarto e poi nella prima met del secolo quinto incontriamo i grandi
predicatori della antichit cristiana. Si tratta di vescovi colti, formati per la maggior parte
nelle grandi scuole di retorica di allora, come Crisostomo - il 'Demostene cristiano',
discepolo di Libanios di Antiochia - e come Agostino, che, prima della conversione era
professore di retorica a Roma e a Milano. Si aggiungano a loro Asterio di Amasea,
Massimo di Torino, Leone Magno, Pietro di Ravenna. Insieme con gli altri del quarto
secolo, Gregorio Nazianzeno ed Ambrogio, tutti questi rappresentano la grande
tradizione omiletica della Chiesa antica94.
Questi predicatori per non riprendono semplicemente la retorica classica, ma la
trasformano95. Esempio significativo di una tale trasformazione Ambrogio. Egli, nel suo
discorso funebre per l'Imperatore Teodosio, pur seguendo il genere classico dell'elogio,
esalta, fra le virt imperiali, l'umilt del defunto 96. Altri esempi: i modelli esegetici di
Agostino e di Leone97.
Comunque il contenuto principale di queste prediche obbligava di per s ad una
"cristianizzazione" del discorso. Infatti, quando non commentavano proprio i testi della
Bibbia, inserivano almeno tante citazioni bibliche. Infatti, cercavano d'introdurre i loro
fedeli nella fede cristiana, attestata anzitutto dai Libri sacri.
89 ANDRESEN, 482 ff
90 Vedi PIETRI, C., "Le mariage chrtien dans l'antiquit", dove per non tocca la questione dell'obbligo.
DE LUMEAU, J. (ed.), "Histoire" 1979.
DACQUINO, P., "Storia del matrimonio cristiano", Torino 1984, in: STUDER, B., ... ... 93 (1986).
91 ANDRESEN, 485 ff.
FEVRIER, P.A., "La mort chrtienne aux premiers sicles", cit.
92 ANDRESEN, 360-372, BAUS, 312; PIETRI.
9362 BAUS, 343.
94 Cos in: MARROU, 343 ss., ANDRESEN, 469, dove si trova l'elenco di tutti i predicatori, KLOCK, 123-134.
95 Soprattutto oggi si insiste sull'idea della loro cultura cristiana. Cos ad esempio KLOCK, quando parla di Gregorio di
Nissa e di Melezio.
96 Cos ANDRESEN, 468.
97 DE LUIS VIZCAINO, P., "Los hechos de Jsus en la predicacion de San Agustin", Roma 1983.
STUDER, B., "Die Einflsse der Exegese Augustins auf die Predigten Leos des Grossen", in: "Forma futuri", Torino 1975,
915-930.
FONTAINE J., Naissance de la posie dans l'Occidnet chrtien, Paris 1981 (creazione di un nuovo stile unico).
Auerbach, E., Literatursprache und Publikum in der lateinischen Sptantike und im Mittelalter, Bern 1958.

26

L'ultima osservazione ci conduce a distinguere certi generi nella predicazione


patristica98: le OMELIE o "Tractatus" che sono commenti alla Bibbia da una parte, i
SERMONI, di ispirazione pi o meno biblica dall'altra 99.
Tra i Sermoni distinguiamo un gruppo speciale: le CATECHESI, delle quali abbiamo
gi parlato, e che comprendono spiegazioni del simbolo, del Pater e dei riti sacramentali.
I Sermoni variano anche secondo l'occasione in cui venivano pronunciati: feste
dell'anno liturgico, con l'accento sui misteri della vita di Ges; feste dei santi, con
l'accento sulle virt e sulla imitazione di Cristo; altre occasioni, secondo le quali
prendono un carattere apologetico ("adversus paganos", "adversus judaeos", "adversus
haereticos") o dogmatico o morale.
II. Le collezioni delle prediche
Se noi possediamo ancora un numero tanto elevato di prediche del quarto e del quinto
secolo, lo dobbiamo, per la maggior parte, ai "notarii" o "stenografi" che, ascoltando in
Chiesa le prediche, ne hanno preso nota. Esistono anche omelie delle quali non siamo
sicuri se sono state pronunciate o semplicemente composte dagli autori stessi100. Per la
maggior parte delle prediche, sia di Crisostomo, sia di Agostino, sia di altri, stata
conservata grazie alle fatiche di quegli ascoltatori assidui.
Da questo fatto nasce un problema: astraendo dal fatto che non abbiamo la possibilit
di sentire le voci dei predicatori, come se fossero "registrate", e che solo con molta
difficolt possiamo immaginare l'ambiente in cui parlavano, non siamo certi di avere sotto
gli occhi proprio le parole dei predicatori. E' a causa di questo problema che si trovano
differenze stilistiche non piccole in certi sermoni di Ambrogio101 e di Agostino. Tuttavia
abbiamo la certezza dell'autenticit e della integrit dei testi conservati, quando gli autori
stessi avevano la premura di far raccogliere le loro prediche.
Cos le prediche di Sant'Agostino sono state conservate nell'Archivio di Ippona102. Non
meno famoso il caso di Leone Magno. Questo Papa ha fatto pubblicare una parte delle
sue prediche, in due serie: la prima con una intenzione antimanichea, prima dell'anno 449;
la seconda con una intenzione anti-eutichiana, dopo il 454103.
In genere per le collezioni delle prediche non sono state curate dagli autori stessi, ma
compilate da redattori posteriori, ad esempio i sermoni di Pietro di Ravenna, compilati
dal suo successore Felice104. Famoso pure il caso di Cesario di Arles che ha raccolto
sermoni di Agostino all`uso dei suoi sacerdoti.
Altri problemi di critica sono legati al fatto di queste collezioni, quello della intenzione
particolare che aveva il compilatore quando "componeva" l'omiliario o lo scritto
dogmatico-canonico, e quello della autenticit, poich spesso le prediche venivano fatte
passare sotto nomi di predicatori famosi, come di Agostino o di Crisostomo o di altri105.
III. Le attivit non liturgiche dei vescovi
Quello che conosciamo meglio senz'altro la predicazione, ivi compreso
l'insegnamento catechistico, dei vescovi. Questa attivit era strettamente legata alla
liturgia. E' un fatto da notare, anche nel senso che il ministero della parola ha permesso ai
predicatori di prendere contatto con i fedeli, preservandoli dal rischio dell'isolamento che
98 Tenendo presente che tale suddivisione soltanto moderna.
99 Vedi la spiegazione del termine "Tractatus" nella introduzione all'articolo omonimo in: BAug 71, 25-29, con bibliografia. Il
Sermone un insegnamento fatto nella Chiesa e edificante.
100 Ad esempio i "Tractatus in Joannem" 55-124 di Sant'Agostino, composti come scritti o come conferenze spirituali.
101 "De sacramentis": sono le prediche stenografate senza revisione; "de mysteriis": sono le prediche riviste dall'autore
stesso.
102 Ci sono in merito le indicazioni di Possidius, per la vita di Agostino. Si veda quanto dice ALTANER 102,11: Possidius
enumera nel suo "indiculus" 279 Sermoni, ma in realt il numero delle prediche autentiche sembra essere il doppio. Vedi
anche VERBRAKEN, P., "Etudes critiques sur les sermons authentiques de Saint Augustin", in: "Instrum. Patr:", 12,
Steenbrugge 1976, pagg.17 ss: i sermoni considerati autentici sono 544.
103 Vedi CHAVASSE, introduzione ai "Tractatus", ed. critica in CCL 138.
104 "Collezione Feliciana", dell'anno 715. Vedi ANDRESEN, 559.
105 Vedi ALTANER, BAUS, 318 e ClPatr. - Delle 3000 prediche trasmesse la met appartiene a Crisostomo e Agostino.

27

comportava forse la sacralit del rito. Comunque la predicazione non stata l'unica
occasione per entrare in contatto con la comunit. C'era anche l'amministrazione
economica e soprattutto la "audientia episcopalis" (vedi sopra). Le biografie dei vescovi
sono assai eloquenti in proposito 106.
Inoltre pi di un vescovo aveva a che fare con le comunit monastiche che avevano
fondate presso il vescovado, e naturalmente anche con il proprio clero 107.
Finalmente, e questo ci interessa di pi, c'era anche lo studio della Bibbia e dei Padri.
Ad esempio Agostino ci parla della lettura assidua che Ambrogio faceva; lo stesso
Agostino fece un ritiro di studio prima della sua ordinazione sacerdotale108, e ci parla dei
suoi studi d'archivio durante la controversia donatista.
Non possibile esporre in questa sede tutti i particolari di tale aspetto dell'attivit
pastorale dei nostri autori. E' chiaro per che chiunque desideri studiare il contributo
teologico o pastorale di un Padre della Chiesa non potr rinunciare a prendere in
particolare considerazione tutti gli aspetti della loro vita sacerdotale109.

9. LA SPIRITUALITA' CRISTIANA
I. La vita monastica
Gli inizi della vita monastica risalgono ai primi secoli della storia cristiana. Tuttavia
ben noto che lo sviluppo decisivo delle forme diverse della vita ascetica coincide in gran
parte con la storia della Chiesa Imperiale, cio con il quarto secolo per l'Oriente e con il
quinto e sesto secolo per l'Occidente. Durante il quarto secolo infatti la vita monastica si
impone ovunque110: appaiono celle di eremiti, laure, monasteri, in tutte le parti
dell'Impero Romano.
E' risaputo che tale sviluppo di vita religiosa molto intensa caratterizza in modo
particolare la storia della Chiesa di Egitto, ma non si pu dire che questa regione sia
stato il solo paese di origine del monachesimo. Nel nostro periodo, il secolo quinto,
l'evoluzione rapida, iniziata nel secolo IV, continua. Ritroviamo dappertutto le tre forme
di vita monastica: gli eremiti, le colonie di eremiti (Laure), i monasteri cenobitici.
In parte si tratta di fondazioni anteriori, che non cessano di fiorire, come il monastero
bianco di SCHENUTE in Egitto, le Laure di Eutimio in Palestina, i Conventi latini di
Gerusalemme o il monastero degli AKOIMETI a Costantinopoli111.
In parte non piccola per incontriamo nuove fondazioni, specialmente in Occidente: i
monasteri di Marsiglia e di Lrins in Gallia, che sono centri importanti di vita
ecclesiastica e "seminari" di vescovi112; i monasteri del Giura113; - qualche fondazione
papale a Roma, eccetera.
Le cause della evoluzione sono da ricercarsi in primo luogo nella attrazione della vita
monastica stessa. In essa sopravviveva l'ideale primitivo della vita battesimale pura,
dell'imitazione di Cristo nel martirio - martirio di coscienza114, e della "sanctitas
Ecclesiae"115, cio della santit che non pi di tutti i fedeli, e neppure dei vescovi, ma
106 Vedi VAN DER MEER, cit., il capitolo sul ministero quotidiano.
107 Idem, il capitolo sul clero e sugli asceti.
108 Epistola 21.
109 Vedi ad esempio la "Vita di Agostino" scritta da Possidius, in: ALTANER, 419, e QUASTEN, III., 328, dove sono
indicate le edizioni, e si vedano anche i diversi studi di PELLEGRINO su questa "Vita".
110 Per il tempo prima del 300 vedi la testimonianza di Eusebio, Demonstr.Evangl.I,8.
111 Vedi BAUS .
112 Vedi BARDY, G., "Les origines des coles monastiques en occident", in: SE 5(1953)86-104.
113 Vedi SChr, 142: "Vies des Pres du Jura", e anche SChr, 297.
114 Il primo esempio la "Vita Antonii".
115 Vedi ANDRESEN, 445.

28

dei monaci. Tuttavia la crescita del fenomeno dovuta anche all'importanza di certi
personaggi, specialmente di grandi vescovi che si impegnavano a propagare e a difendere
questo ideale o che si mostravano almeno favorevoli ai monaci:
Schenute, Crisostomo, Sulpicio Severo (il biografo di San Martino), Girolamo, Rufino,
sono propagatori della vita monastica in Oriente, e cos Agostino, chiamato talvolta
"Padre del monachesimo latino", Giovanni Cassiano, che il teoretico della vita
monastica latina116.
Non mancavano per le resistenze contro la vita monastica e contro i monaci. Pagani,
cristiani, e persino vescovi, mettevano in questione una simile vita, incomprensibile per
molti, ridicola per altri, scandalosa o pretenziosa per altri.
Infatti, verso il 400, e anche dopo, autori cristiani come Girolamo, Ambrogio ed altri,
difendono la vita ascetica. Altri, come Agostino stesso, reagiscono contro le idee false
che gli stessi monaci117 potevano avere. Inoltre la campagna contro il Priscillianismo in
Spagna e Gallia non ancora finita118. La controversia origenista, che ha preso origine in
Egitto verso la fine del quarto secolo 119 , continua ancora ad agitare le menti. Esiste
anche il "Messalianismo"120.
Nel quinto secolo comincia anche la legislazione canonica e civile concernente i
monasteri ed i monaci.
II. Il culto dei martiri e dei santi121
Il fenomeno del culto dei martiri e dei santi molto complesso. Ci sono dei fatti storici,
come la venerazione che si aveva per quei cristiani che avevano seguito Cristo fino alla
morte, o anche la stima per i "confessores", dai quali i "lapsi", dopo la persecuzione,
chiedevano la riconciliazione122. C'era la convinzione cristiana della solidariet di tutti
coloro che hanno professato e professano ancora la fede123. C'era il nesso con il culto
degli antenati, come lo troviamo nelle famiglie dei nobili a Roma, e con il culto dei
defunti come lo coltivavano tutti, pure i poveri.
Avviene per una estensione di tale culto verso il 400: il culto per quelli che vivono in
Cristo comincia a comprendere, oltre ai martiri, anche altri santi, i Padri del deserto, i
santi vescovi (Martino, ad esempio). Nello stesso tempo appare anche il culto per la
Madonna124, e per gli angeli, specialmente Gabriele125. Nuove idee sono introdotte: i santi
vengono ormai considerati come "advocati" e "patroni", come intercessori nel cielo. Non
sono pi i vescovi o i "confessores", ma i santi, quelli che stanno come gli angeli davanti
al trono di Dio e vengono interpellati. Forse a questo periodo risale il "Communicantes"
del Canone Romano della Messa. Notiamo ancora l'uso, cominciato nel quarto secolo, di
seppellire i morti "ad sanctos"126, o anche quello di riunirsi "ad sanctum Petrum", per i
sinodi e le assemblee liturgiche.
Sarebbe falso considerare il culto dei martiri o dei santi come devozione popolare, non
ufficiale, della Chiesa. Faceva invece parte della pastorale dei vescovi127. Anche i grandi
vescovi di quel tempo manifestano la loro venerazione per questi eroi cristiani. Ne
116 Vedi H.I.MARROU, Nouvelle Histoire de l'Eglise, 345: sui Padri dell'"et d'oro".
117 "De opere monachorum", contro gli Euchiti.
118 Vedi PIETRI, VOLLMANN.
119 Vedi GUILLAUMONT, A., "Les 'Kefalaia Gnostica' d'Evagre le Pontique", Paris 1962.
120 BAUS, 386 ss; Per tutte queste controversie vedi
ANDRESEN, 441 ss., BAUS, 385, e PIETRI.
121 ANDRESEN, 490 ff.
122 Vedi Tertulliano, Cipriano.
123 ORIGENE parla della "intercessione" o "parresia".
124 Legato ad Efeso ?
125 BAUS, 337 ss.
126 BAUS, 336 ss.
127 ANDRESEN, 494.

29

abbiamo testimonianza, prima del 400, nei Cappadoci e in altri; dopo il 400, in
Crisostomo, in Paolino di Nola e nello stesso Agostino.
I vescovi predicano sui santi e ne propagano il culto in parte per sopprimere sostituendoli - i culti pagani128. Ormai i fedeli andavano da questi santi medici, per
cercare la guarigione delle loro malattie e sofferenze. Altrove andavano da Cosma e
Damiano, i nuovi "salvatores", "anargyroi", che, come una volta Asklepios, davano
gratuitamente la salute129.
Lettura dai sermoni di Agostino.
Note metodologiche.
Nella NBA si trova una tavola cronologica per la datazione, il luogo e le edizioni
esistenti. Prendiamo in considerazione i sermoni sui santi Pietro e Paolo.
Sermo 296 per la festa di Pt e Plo forse tenuto nel 411 (dopo il sacco di Roma).
L'occasione liturgica offre lo spunto per opporsi alla visione della Roma aeterna come
esaltazione della fede cristiana. Agostino medita sulla vita dei due apostoli per opporsi
alla visione teologico-politica del tempo. Il vangelo della festa Gv 21.
Pietro il primo tra gli apostoli, ma anche il debole che ha rinnegato Cristo: tam
amator quam negator. Contro la struttura del panegirico classico descrive come prima
delle res gestae la sua debolezza, contro i Pelagiani. Assistiamo ad un cambiamento
radicale rispetto al tema dell'imitatio Christi da parte dei martiri: il martire mostra anche
la paura della morte come conseguenza del P.O. Questa interpretazione si applica anche
alla citt di Roma, simbolo della societ umana: l'Urbe fu saccheggiata in segno di
partecipazione alla debolezza ed alla sofferenza dei martiri.
Par. 6ss: Roma fu saccheggiata nonostante la presenza in essa delle tombe dei martiri.
Ma Alarico non os toccare coloro che si rifugiavano su quei sepolcri. Nel rispondere
alla domanda sul perch Dio abbia permesso tutto questo, Agostino evita i luoghi
comuni, e supera il concetto di salus populi romani. Afferma che le memorie degli
apostoli non sono ancora nel cuore dei cristiani, che non si deve osare chiedere a Dio
perch abbia permesso tutto questo, e porta l'esempio di Cristo sofferente che obbedisce
al Padre (cristianizzazione del panegirico classico). Il passo di Gv 21, 18 viene preso da
Aug (dopo il 410) per esplicitare il tema della paura della morte in Pietro: ci anche
conseguenza della controversia pelagiana.
[III. Il culto delle reliquie e specialmente della Croce130
Insieme con il culto dei martiri e dei santi, si sviluppa il culto delle reliquie. E' un fatto
caratteristico proprio della Chiesa Imperiale. Dal secolo IV fino al secolo VI si
distinguono tre fasi di evoluzione:
culto privato delle reliqwuie a Roma, dalla seconda met del secolo quarto in poi,
seguendo la venerazione di certi martiri, che si faceva in circoli ristretti o in cappelle
private;
periodo delle "inventiones", del trasloco delle ossa di un martire dal cimitero in una
chiesa della citt. Sono famosi i traslochi di Gervaso e Protaso sotto Ambrogio a Milano;
e non meno famosa la "inventio Stephani" a Roma, nel 415;
il periodo della moltiplicazione quando il desiderio di avere qualche reliquia conduce
alla loro moltiplicazione; si ha la divisione del corpo, o, pi spesso, si ha la reliquia "per
contatto" 131.
I Papi mantengono un atteggiamento riservato su questo tema.
128 Cirillo di Alessandria trasforma il luogo della "Kyra - Isis", in un santuario dei martiri Ciro e Giovanni.
129 ANDRESEN, 497 ss.
130 BROWN, Praesentia sulle traslazioni.
131 Per Roma, vedi PIETRI, e anche
MAC CULLOH, J.M., "From antiquity to the Middle Ages", in: "Pietas", Miscellanea Ktting, 313-324, soprattutto per il sesto
secolo in poi.

30

La venerazione della croce e delle sue reliquie risale al quarto secolo. Sono famose le
testimonianze di Cirillo di Gerusalemme (circa il 350) e di Ambrogio (fine del secolo),
nonch di Egeria, della fine del secolo. Nel secolo quinto il Papa Leone, come un po'
prima di lui l'Imperatore Teodosio II, riceve una particella della Croce, per tramite dello
"Staurophilax", un ufficiale di Gerusalemme che aveva il compito della "custodia della
Croce"132.
Da ritenere ancora l'osservazione di Andresen, secondo la quale il culto delle reliquie
manifesta che la Chiesa Imperiale diventata una Chiesa del Popolo, ma che ci
includeva pure il pericolo di degenerare in devozioni nazionali. I santuari possono essere
centri di nazionalismo.
IV. I pellegrinaggi
Nel quarto e poi nel quinto secolo incontriamo un altro fenomeno anch'esso collegato,
almeno in parte, con il culto dei martiri e dei santi, cio i pellegrinaggi.
I luoghi pi famosi sono i santuari di quei "sancti-salvatores", come anzitutto il
santuario immenso di San Menna in Libia133, e poi le tombe dei Santi martiri e
specialmente dei "Principes Apostolorum" a Roma134, e finalmente i luoghi santi di
Gerusalemme e della Terra Santa. Questi ultimi, insieme a certi monasteri orientali,
attiravano grandi folle. Sull'argomento esiste una letteratura speciale, detta delle
"Pelegrinationes", o racconti di viaggio, e simili testimonianze. Non mancavano, anche a
questa espressione di religiosit popolare, certe critiche, come quella di Gregorio di
Nissa135.
CONCLUSIONI (per i paragrafi 7 e 9)
Le considerazioni sulla vita liturgica, la predicazione ed il ministero pastorale, nonch
sulla spiritualit e le devozioni del secolo V , ci conducono a certe conclusioni pi o
meno comuni:
1)GENERI LETTERARI NUOVI
I fenomeni segnalati in proposito vengono testimoniati in documenti numerosi, i quali
costituiscono rispettivamente parti speciali della letteratura cristiana antica, con generi
letterari nuovi:
- i Libri liturgici, cio le collezioni di preghiere, che, giunte a noi in redazione pi tarda,
risalgono per al nostro periodo136;
- collezioni di prediche137;
- la letteratura monastica, che comprende lettere, regole, biografie di santi monaci,
collezioni di "Apoftegmata" (parole e aneddoti dei Padri del deserto) 138;
- la letteratura agiografica, oltre a quella monastica, come la "Vita Martini" di Sulpicio
Severo, o quelle scritte su Agostino e Ambrogio139;
- gli "Itineraria", specialmente quello di Eteria140, ma anche il "Peristephanon" di
Prudenzio141 e certe lettere di Paolino di Nola, di Agostino, di Gerolamo142 e di altri.
132 ANDRESEN; si veda in proposito anche STUDER, B., "Soteriologia", paragrafo 17, e specialmente
STOCKMEIER, P., "Theologie und Kult des Kreuzes bei Johannes Chrysostomus. Ein Beitrag zum Verstndnis des
Kreuzes im 4 Jh.", Leiden 1967; THLAMON, F., "Paiens et Chrtiens au 4me sicle", Paris 1981.
13341 ANDRESEN
134 Vedi PIETRI, con letteratura ulteriore.
FASOLA, U., "Pietro e Paolo a Roma", Roma 1980.
135 Epistola 2 e 3. Vedi QUASTEN, II. (italiano), 284 ss, con commento ed estratti.
136 Vedi ALTANER, par. 64.
137 ALTANER nei paragrafi rispettivi per i singoli autori, come Crisostomo, Agostino, Leone, Crisologo, Massimo, eccetera.
Vedi anche ClPatrum, CPG II su Crisostomo.
138 ALTANER, par. 66, sui monaci dell'Egitto; par. 68,18, la "Vita Antonii"; par. 102,13, la Regola di Agostino ; par. 61,1, la
"Historia Lausiaca", "Historia Monachorum", "Apophtegmata Patrum"; par. 104,1, su Cassiano, eccetera.
Si vedano anche i "Tratatus de Virginitate", e altri autori come DESPREL, DE VOGUE.
139 ALTANER, par. 61 e par. 59,8.; RAC.
140 ALTANER, par. 62.
141 ALTANER e QUASTEN III.
142 Girolamo, lettera 108, in traduzione tedesca in OONNER, 146, 6-14.

31

2) L' INTERESSE PER LA VITA MONASTICA


una caratteristica specifica di gran parte della letteratura patristica - anche se non
strettamente monastica - di questo periodo. Ci dovuto al fatto che dappertutto l'ideale
della perfezione cristiana presente, non solo nelle prediche e nei "tractatus spirituales",
ma pure negli scritti dogmatici e filosofici143.
3) LA PREDICAZIONE LITURGICA (BIBBIA E LITURGIA)
Una gran parte della letteratura esegetica dei Padri da considerare come predicazione
liturgica. E' chiaro che questa parte non pu essere studiata senza una buona conoscenza
della liturgia stessa. Si veda la predicazione di Agostino sui Salmi, sul Vangelo di
Giovanni, sulla "Prima Joannis"144.
4) LA PASTORALE
Dato che la letteratura cristiana riflette in gran parte le preoccupazioni pastorali di
autori che erano vescovi, uno studio di questa letteratura suppone una buona conoscenza
dei metodi e dei problemi pastorali di quel tempo: catecumenato, catechesi,
cristianizzazione della vita quotidiana, eccetera.
5) I RAPPORTI FRA REGIONI DIVERSE
E' anch'esso un aspetto caratteristico di questo periodo - anche se non solo di questo perch ha avuto le sue espressioni nel fatto nuovo dei pellegrini e dei monaci viaggianti e
ha favorito in particolare i rapporti con la Terra Santa.]

PARTE TERZA: LA TEOLOGIA DELLE CHIESE NEL SECOLO QUINTO

INTRODUZIONE
E' ovvio che una iniziazione alla lettaratura cristiana antica deve considerare con
attenzione particolare la teologia nelle comunit cristiane dei primi secoli, poich la
teologia, intesa come approfondimento intellettuale del Vangelo di Ges Cristo,
costituisce senz'altro l' argomento principale degli scritti patristici. Infatti, quando i Padri
della Chiesa si mettevano a scrivere, lo facevano in primo luogo per commentare la
Bibbia, poi per difendere la "Regula fidei", trasmessa dalla tradizione apostolica, e infine
per rilevare il senso pi profondo delle verit cristiane, cio per fare teologia.
I patrologi si sono concentrati sulla teologia e cristologia dei PP trascurando altri testi
che ci danno i motivi nascosti di queste controversie, quale lo studio della teologia
cristiana della famiglia (nei sermoni...). I PP insistono sull'ortodossia cristologica nicena
nei discorsi al popolo sulla morte, sulla cura dei malati, sui discorsi spirituali ecc. In
quest'ottica vanno dunque lette le controversie dottrinali.
Tuttavia non si tratta qui di esporre la storia delle dottrine cristiane, n dei dogmi nel
senso stretto della parola, n delle posizioni teologiche sviluppate nel nostro periodo.
Intendiamo piuttosto mettere in evidenza i principi teologici che in quel tempo sono stati
elaborati, o che almeno caratterizzano il lavoro teologico di allora 1. Neppure sotto
questo aspetto prevalentemente metodologico la nostra esposizione sar completa.
Fermeremo la nostra attenzione su quegli aspetti che emergono pi degli altri, nel senso
che forse essi hanno pure condotto alla creazione di nuovi generi letterari nella
letteratura patristica.
Considerando dunque l'orizzonte teologico del secolo quinto, riguarderemo in modo
speciale
il principio di "Ortodossia"
143 MARROU, NHE I., 346 ss: i Padri dell'"et d'oro"; "Vedere Dio"
144 Si vedano le rispettive "Introduzioni" in SChr, 116 o in BAug 71 oer il "Tractatus in Johannem"; POQUE; ZWINGGI.
1 Vedi quanto gi detto nella Introduzione a proposito della differenza rispetto alla Storia della Teologia.

32

l'autorit teologica dei Concili


l'argomentazione patristica
l'origine dei florilegi patristici.
Completeremo finalmente questo studio del metodo teologico con qualche riferimento
all'esegesi del tempo, riguardando pi da vicino l'ermeneutica biblica di Cirillo di
Alessandria e di Agostino di Ippona.

10. LA PREOCCUPAZIONE FONDAMENTALE DELL' ORTODOSSIA.


Introduzione
Bibliografia
A. Le controversie dogmatiche principali: cristologica, pelagiana
B. Dogmi e anatematismi:
formulazione del dogma, esclusione degli errori
[Introduzione
La teologia cristiana della prima met del secolo quinto caratterizzata soprattutto dal
fatto di essere tanto preoccupata della fede ortodossa. Anche se la sollecitudine di
mantenere la purit della fede non era nuova - si ricordino le lettere pastorali di Ignazio
di Antiochia, e Ireneo, Tertulliano - ed anche se d'altra parte non ancora arrivata
all'integralismo della Chiesa sotto Giustiniano, nel secolo VI, non si pu non vedere
quanta premura gli autori del nostro periodo avevano nel formulare con esattezza la
giusta fede e nell' eliminare ogni eresia.
Questi due fatti non ci sorprendono, se consideriamo quanto i Padri siano stati
impegnati a spiegare sia il mistero dell' Incarnazione, sia quello della libert umana nella
grazia divina.
A. Le principali controversie dogmatiche
1. Le controversie cristologiche
Come ben noto, il problema dell'unico Cristo, Dio vero e uomo vero, domina,
specialmente in Oriente, le discussioni teologiche della prima met del secolo quinto. Vi
si distinguono due fasi principali: la controversia nestoriana (428-433), e la controversia
eutichiana (448-451).
In tutte e due le fasi si tratta in primo luogo di un antagonismo fra le due sedi di
Alessandria e di Costantinopoli, pi esattamente fra due correnti teologiche,
l'alessandrina e l'antiochena, con le rispettive implicazioni politiche e spirituali. Anche
altre Chiese si trovano impegnate in questa lotta secolare.
La Chiesa di Roma rappresentante delle Chiese latine, vi esercita continuamente un
ruolo di mediazione, anzi di un certo primato. Non ci sorprende dunque il fatto che al
Concilio di Calcedonia venga discussa anzitutto la proposta romana di una soluzione
difisita del problema cristologico, ed accettata finalmente una formula di fede che riflette
le tradizioni cristologiche principali di allora2.
Pi importante di queste considerazioni sulle correnti teologiche e sulle posizioni
politiche, il fatto che tali controversie teologiche non sono altro che la seconda parte
delle controversie ariane3.
Infatti la questione fondamentale della presenza di Dio in Ges, sollevata durante il
secolo III, e poi soprattutto all'inizio del secolo IV, non stata risolta con le discussioni
pure lunghe fra i sostenitori e gli avversari della fede nicena. Essendo l'impassibilit
divina supposta da tutte le parti, gli uni avevano insistito di pi sull'unit di Cristo,
secondo lo schema "logos-sarx", mentre gli altri avevano messo in evidenza la dualit
2 Vedi GRILLMEIER, A., "Jesus Christus", cit., 753-759, con le fonti della fede di Calcedonia.
3 Vedi PELIKAN, cit., I., 228.

33

divino-umana in Cristo, secondo lo schema "logos-anthropos". In fondo per nessuna di


questa tendenze - anche oltre la presentazione fatta in modo da semplificare il pi
possibile - ha spiegato in che senso il Verbo di Dio si fosse incarnato. Proprio questa
domanda invece richiedeva una risposta, se si voleva ammettere che quello che ci ha
salvati per mezzo della morte, sia stato veramente Dio4. Comprendiamo dunque
l'importanza dei testi pastorali e soteriologici dei PP. L'argomentazione non era spinta
solo dalla speculazione, ed importante ricercare la base filosofica dei vari autori. Anche
oggi c' il rischio che la teologia cattolica perda il senso dell'importanza di queste
dottrine e della loro urgenza pastorale. Viene qui coinvolto anche l'elemento politico, che
non si limita alle lotte fra le varie sedi. L'argomento bens di tipo antropologicopolitico: capire come il Verbo si fatto uomo importante per capire come l'uomo pu
reggersi. In questo senso, la controversia pelagiana strettamente legata alle
controversie cristologiche del tempo.
La problematica propriamente cristologica inclusa nelle discussioni trinitarie del secolo
IV appare specialmente nella distinzione fra "Filius Dei" e "Filius Hominis". Precisando il
rapporto tra Dio-Padre e Dio-Verbo per mezzo della categoria della generazione, si
cominciava ad opporre la generazione divina a quella umana, o la "natura divina" alla
"natura umana"5.
Si sentiva per subito che non si pu parlare di due figli, del Figlio di Dio e del Figlio di
Maria. Cristo senz'altro nato due volte, ma senza che in lui ci siano due figli, o, come si
diceva verso la fine del secolo IV, due "persone"6. Prima della controversia ariana si era
andati appena oltre la semplice esclusione di due figli o di due persone, eccetto Teodoro
di Mopsuestia7.
Quanto le discussioni cristologiche del secolo quinto siano state una continuazione
delle controversie ariane, appare anche nel fatto che portavano anzitutto alla
trasposizione della terminologia trinitaria al problema cristologico.
Infatti, da quando Apollinare di Laodicea aveva cominciato ad applicare al Verbo
Incarnato termini tecnici come "Homousios", "Physis", "Hypostasis", i teologi greci
sentivano il bisogno di chiarire l'uso cristologico di questo linguaggio ormai tradizionale
in campo trinitario. La loro discussione terminologica non sarebbe cessata prima che il
Concilio di Calcedonia non avesse sanzionato la distinzione cristologica fra "physis" e
"hypostasis"8. L'ipotesi di un nesso intimo fra la problematica anti-ariana del secolo IV e
le controversie cristologiche del secolo quinto viene confermata anche da due fatti
registrabili nell'ambito della teologia latina.
Da una parte anche gli autori occidentali, come Ilario, Ambrogio e Girolamo sono stati
costretti ad escludere ogni malinteso sorto a causa delle obiezione dei due figli o delle
due persone9, anzi, questa evoluzione ha condotto la teologia latina ad accettare senza
difficolt la doppia consustanzialit elaborata dai Greci10.
D'altra parte in Occidente le questioni lasciate aperte nelle discussioni ariane hanno
posto i teologi davanti al problema dell'unit di Cristo, come dimostra il caso di Leporio,
considerato nestoriano "ante litteram"11.
4 Vedi GRILLMEIER, A., "Jesus Christus", cit., 382-385.
LORENZ R., "Arius judaizans ?", Gttingen 1980.
SIMONETTI, M., "La crisi ariana...", con recensione di STUDER, B., in: FZThPh 24 (1977) 485 ss.
STUDER, B., "Una persona in Cristo": "Augustinianum" 25 (1985) 453-487.
KANNENGIESSER, Ch., "Athanase d'Alexandrie, vque et crivain" (Paris 1983) 338 ss.: "L'unit de sujet dans el Christ
par l'assomption de la chair dansl le Verbe".
5 Vedi l'esegesi di Isaia 53,8.
6 Vedi GRILLMEIER, "Jesus Christus", cit., 380 ss.: su Eudoxius, amico di Eunomio; e 538 ss.: su Gregorio di Nazianzo.
7 Vedi "Unigenitum", "Primogenitum".
8 Vedi GRILLMEIER, "Jesus Christus", cit., 679-682.
9 GRILLMEIER, cit., 577-594 .
10 Si veda l'articolo di STUDER in: REtAug 18 (1972) 87-115.
11 Vedi GRILLMEIER, cit., 661-665.

34

Proprio considerando bene il nesso fra le controversie trinitarie e quelle cristologiche


afferriamo meglio una delle caratteristiche pi notevoli della teologia del secolo quinto,
cio l'insistenza crescente sulla formulazione esatta del dogma.
Come vedremo meglio in seguito, la fede di Nicea viene riconosciuta da tutti i teologi
di quel tempo come misura di ogni ortodossia, sia per il contenuto delle affermazioni
teologiche, sia per la formulazione del "consostanziale". Ma nonostante le riserve contro
ogni nuova formulazione della fede, le discussioni - spesso acerbe - continuano, e
conducono ad una circoscrizione esatta della fede in Cristo. Il "simbolo d'unione", del
433, base della definizione che sar di Calcedonia, da valutare anzitutto come
compromesso terminologico che Cirillo ha accettato non senza sacrificare la propria
terminologia alla causa della pace12.
1bis. La controversia nestoriana.
1.Il primo Cirillo di Alessandria.
Secondo GRILLMEIER Cirillo, nella sua prima fase, sembra ignorare del tutto la
controversia cristologica che esistette da Atanasio fino ai soi giorni. La cristologia del
primo Cirillo nella linea Logos-sarx, i cui due esponenti classici sono Atanasio ed
Apolinare. Del primo, Cirillo modifica l'argomentazione, nel tentativo di renderla pi
accettabile, ma non la sostanza. Fino alla controversia nestoriana, dunque, Cirillo non
attribuisce importanza teologica all'anima di Cristo, non considerando in lui lo sviluppo
di una intelligenza umana. Il Logos la potenza spirituale dell'uomo Ges, ed il
progresso dell'uomo solo la graduale rivelazione della presenza del Logos in lui. Cirillo
non pensa di confutare le obiezioni ariane contro l'immutabilit del Logos riferendosi
all'anima di Cristo: riconosce le reali sofferenze della carne ma non quelle dell'anima;
perci la carne di Ges a ricevere santit e gloria. Cirillo dunque non attacca mai il
principio fondamentale degli Ariani, che facevano del logos l'anima di Cristo: solo ne
contesta le conseguenze che essi traggono a proposito della natura del logos stesso.
2. Teodoro di Mopsuestia (392-428): la cristologia antiochena classica.
E' indispensabile prestare attenzione all'atteggiamento di Teodoro verso la fede ed il
culto cristiano. Il quadro gnerale della sua fede ci aiuta a capire le sue idee specifiche in
campo cristologico.
Teodoro si basa soprattutto sulla tipologia, seguendo il suo schema delle due
katastaseis (presente e futura): l'opera di Cristo dice come tutta l'economia divina sia
orientata all'immortalit, dal momento che in lui Dio ci mostra i primi futti di essa. I
misteri della vita di Cristo ci mostrano la vita futura della Chiesa; nel Battesimo il
cristiano partecipa alla morte e resurrezione di Cristo, e con la filiazione adottiva
partecipa alla filiazione di Cristo. La filiazione per gli uomini ci viene proclamata in modo
unico da Cristo uomo, e la distinzione delle due nature ci permette di applicare a noi i
misteri della vita di Cristo.
Tutta l'economia divina resente nella celebrazione eucaistica, e ci fa partecipare al
mondo delle realt celesti, cos che la redenzione non solo una speranza futura, ma la
partecipazione attuale e interiore allo Spirito divino. Teodoro mira dunque, con la sua
dottrina sul Battesimo, a salvaguardare la trascendenza di Dio, parlando a proposito
dell'uomo non di una divinizzazione, ma di una congiunzione-obbedienza morale a
Cristo.
Per Teodoro la misura della nostra partecipazione alla vita divina realizzata nel
Battesimo Cristo, in cui l'Homo adsmptus si congiunge al Logos ed alla sua natura
divina. Il Logos fa partecipare l'Homo susceptus alla vita divina per mezzo della
synapheia (congiunzione), con la quale partecipa del Padre e dello Spirio perch il Logos
ad essi consustanziale. L'homo adsumptus ha gloria perch accettato come Figlio:
12 GRILLMEIER, cit., 682; H.J.VOGT, "Das gespaltene Konzil von Ephesus und der Glaube an deneinen Christus:
TrierThZ 90 (1981) 89-105; V.FERNANDEZ, , in EphemMarian 31 (1981) 349-364. (theotokos).

35

cos saremo anche noi, ma non come Cristo. Nell'eternit l'umanit di Cristo acquista
molta importanza, perch media questa unione.
Teodoreto ha una sola preoccupazione: impedire agli ariani di violare la trascendenza
divina, anche se egli ammette l'immanenza di Dio nella storia. Ma Teodoro sta molto
attento ad evitare qualunque confusione tra Dio e la natura: da qui il suo grande
probleme, ovvero la distinzione delle due nature in Cristo.
Un concetto centrale per lui quello della pericoresi, ovvero la metafisica del mutuo
scambio di doni tra le due nature.
In Teodoro, dunque, la profondit dell'unione tra Dio e l'uomo (sia in Cristo che in noi)
pu apparire un po' diminuita, ma tale diminuzione non preoccupa il nostro autore: egli
cerca piuttosto una spiegazione della partecipazione dell'uomo alle realt divine che
permetta una sintesi tra la trascendenza e l'immanenza di Dio, e nello stesso tempo salvi,
in Cristo, la divinit del Logos e la reale umanit di Ges.
Teodoro non uno speculativo, ma soprattutto un esegeta. Come liturgo fa esperienza
della presenza di Cristo nella Chiesa, e la sua teologia speculativa sussidiaria, lasciando
pure la filosofia nello sfondo. Interpreta cos l'unit Dio/uomo in Cristo secondo le linee
dell'unit corpo/anima. A differenza degli alessandrini, nega che l'immagine di Dio sia
nell'anima e possa essere migliorata per mezzo della conoscenza. Dio e le creature sono
due forme di essere diverse, e la loro unione si fa soprattutto con la volont e l'amore. La
redenzione si attua con l'unione delle volont divina e umana in Cristo, che toglie la
disobbedienza di Adamo. Il Logos si unisce all'umanit di un uomo preciso, la cui
obbedienza vince il peccato. Fin dal concepimento Ges fu unito da un atto della volont
divina al Logos, che gli conferisce una particloare sensibilit morale, capace di
permettere a Cristo una totale e volontaria obbedienza che mantiene l'unit con il Logos.
Punto di realizzazione perfetta dell'umanit la croce, e come premio di essa Dio d a
Cristo l'immortalit del corpo e l'immutabilit dell'anima, rendendolo causa e primizia
della salvezza.
Bench Teodoro condivida l'ortodossia nicena e sostenga il principo della guida divina
dell'uomo assunto, tuttavia spiega che l'azione umana costitutiva della redenzione di
Cristo e della partecipazione cristiana alla salvezza.
La cristologia di Teodoro si trova espressa soprattutto nelle sue omelie catechistiche.
Egli nega che si possa parlare di due Signori e di due Figli: le due nature sono unite
ineffabilmente ed inseparabilmente in un solo prosopon (= figura). L'unione non
distrugge la distinzione, e la distinzione non impedisce l'unit. Teodoro si sforza di
salvaguardare l'unit senza parlare di una integrit umana, ma ad un alessandrino la sua
terminologia e la spiegazione non chiara dell'unione appaiono insufficienti: lo stesso
termine prosopon si presenta meno impegnativo di "ipostasi".
Nel commento a Giovanni, Teodoro parla di Cristo uomo e Dio come di due soggetti:
la distinzione va ricercata nella physis-hypostasis, mentre l'unit garantita da un unico
prosopon. Certo l'impiego ed il contenuto di persona e natura sono ancora poco
delineati, ma il contributo di Teodoro importante: la discussione sull'interpretazione
della figura di Cristo data dagli Ariani e dagli apollinaristi trova in lui un grande
interlocutore, che oppone la cristologia Logos/anthropos a quella Logos/sarx. Si tratta,
in ultima analisi, dell'interpretazione del rapporto tra Dio ed il mondo.
Fin dai tempi di Giustino la teologia si era impegnata sul rapporto Logos/sarx; ora
l'umanit di Cristo viene presa in considerazione nella sua pienezza.
3. Nestorio.
Lo scontro decisivo tra le teorie dell'unione volontaria e dell'unione naturale arriva con
Nestorio (patriarca di Costantinopoli nel 428-431), che disapprova pubblicamente l'uso
dell'appellativo mariano di Theotokos. La cristologia antiochena vedeva in Maria solo la
madre dell'uomo Ges, ovvero la Christotokos. Cirillo interviene nella questione per

36

motivi politici e dottrinali: la rivalit tra Alessandria ed Antiochia, in base alla quale
Cirillo non voleva che un antiocheno sedesse sulla cattedra di Costantinopoli.
La seconda lettera di Cirillo a Nestorio e la risposta di quest'ultimo puntualizzano le
differenze tra le due cristologie. Della controversia entrambi avevano informato papa
Celestino, che senza approfondire la questione decide di appoggiare Cirillo (Concilio di
Roma dell'agosto 430), invitandolo ad esigere la ritrattazione di Nestorio. Cirillo informa
Nestorio della decisione papale solo in novembre, accompagnando la sua lettera con 12
anatematismi rispecchianti la tradizione alessandrina pi radicale: in essi si parla dell'unit
delle nature. Ma nello stesso tempo Nestorio chiede all'Imperatore di convocare un
concilio, che si apre ad Efeso il 12.6.431. Lo svolgimento dei lavori irregolare, non
senza colpa di Cirillo: i suoi sostenitori depongono Nestorio, e i partigiani di questo
rispondono sullo stesso tono. Teodosio approva le due deposizioni, e Nestorio si ritira in
un convento mentre Cirillo resta saldamente sulla cattedra di Alessandria.
Nestorio fu accusato di distinguere due Cristi e di concepire come solo esteriore
l'unione divinoumana; egli neg le accuse ed accus Cirillo di apollinarismo, ma delle sue
opere ci resta assai poco, impedendoci di comprendere se davvero la posizione di
Nestorio fosse eretica.
Nestorio si preoccupa di salvare l'integrit e la libert umana di Cristo, che era ridotta
dagli alessandrini a mero strumento passivo del Logos, e cos tiene distinti gli appellativi
delle due nature.
Per parlare dell'unione delle due nature Nestorio afferma una unit ineffabile, ma
preferisce il termine synapheia per evitare la mescolanza: si ripropone cos il problema
della pericoresi, ma Nestorio non pu accettare quella formulata da Cirillo. Egli usa la
terminologia antiochena, che sottolinea soprattutto la distinzione: uomo assunto dal
Logos, Tempio e dimora di Dio.
In base a questo interesse prioritario, Nestorio non pu accettare l'unione delle due
nature e delle ipostasi: per lui una natura non ha sussistenza reale se non anche una
ipostasi (ovvero una determinata persona). L'unione di nature ed ipostasi gli appariva
come una confusione dal sapore apollinarista: preferisce cos parlare di una unione per
condiscendenza (kat'eudokia), ed afferma ripetutamente un solo prosopon in cui si
uniscono le due nature, non precisando per il significato del primo termine.
Nel libro di Rachide, Nestorio parla di uno scambio di prosopon, per cui una delle due
nature siserve del prosopon dell'altra: alcuni interpretano questo concetto come
l'accettazione della communicatio idiomatum, rifiutata invece nella risposta alla II lettera
di CIrillo. E' comunque chiaro che Nestorio non riesce ad ovviare al rischio antiocheno
di separare le due nature.
4. Il secondo Cirillo.
Non soffre meno di Nestorio, ma non cerca di rispondere al problema distinguendo il
piano dell'unione da quello della distinzione. Afferma una sola natura del Logos
incarnato, ed dominato da un'intuizione su Gv 1,14 ed il Simbolo niceno, che eserciter
un forte influsso anche in futuro. Nestorio accentua la distinzione senza negare l'unit,
mentre Cirillo mette al primo posto l'unit, senza saper interpretare la distinzione.
Calcedonia sar la via media, che prende da Cirillo il fermo riconoscimento di un solo
Cristo, ma accentua pi nettamente in lui la distinzione. Il Concilio segue la via richiesta
dagli sviluppi, senza per esserne pienamente cosciente. Era necessario che a Calcedonia
si prendesse una decisione, ma ci non avvenne con sufficiente deliberazione: vi fu una
certa confusione fino alla controversia monotelita.
Questi sono i punti fondamentali della cristologia di Cirillo:
- le hypostaseis/physeis di Cristo non possono essere divise dopo l'unione;
- gli idiomata non possono essere divisi tra due persone, nature, ipostasi, ma devono
riferirsi all'unica ipostasi del Logos incarnato;

37

- il Logos unito alla carne assunta kath'hypostaseos: la natura del Logos un solo
Cristo, poich il Logos si unitp realmente ad una natura umana senza alcuna alterazione
o confusione.
5. Efeso (431)
(cfr la voce del DPAC)
I PP del sinodo non stabilirono n discussero alcuna nuova formula di fede. Il centro
dell'attenzione si rivel come un'idea dogmatica gi conosciuta e minacciata da Nestorio.
Per questa idea il concilio acquist importanza, eppure si pu parlare di un Credo di
Efeso, ovvero di una formula di fede (presentata in assenza di Cirillo) che doveva poi
modificarsi e diventare la formula di unione del 433, influenzando poi direttamente
Calcedonia. QUesta idea dogmatica la seguente: unico e il medesimo il Figlio
eterno del Padre ed il Figlio della Vergine Maria, nato nel tempo secondo la carne,
perci essa pu giustamente essere chiamata Madre di Dio.
Su questo punto si svolgeva la discussione contro Nestorio, pi che sul contenuto del
simbolo niceno. La formula del 433 insister su "unico e il medesimo", poi incluso nella
definizione di Calcedonia. Per i PP la seconda lettera di Cirillo a Nestorio era
l'espressione ufficiale dell'insegnamento niceno, e l'espressione ivi contenuta "enosis
kath'hypostasin" cre un precedente per l'accettazione a Calcedonia del termine nella
fede cristiana.
Noi non dobbiamo cercare una definizione filosofica di questo termine: la formula vuole
solo esprimere la realt dell'unione in Cristo, rifiutando un'unione solo morale od
accidentale (contro l'unione "kath'eudokian")
6. Dopo Efeso.
Il periodo della cristologia che va da Efeso a Calcedonia ha vari contrassegni:
a. Non si considera pi la cosa pi importante l'insistenza sulla completezza delle realt
divina ed umana nella persona di Cristo (IV sec.). Viene in primo piano la discussione
sull'unione ed il rapporto tra di esse.
b. Si cerca, da parte dei teologi pi "progressisti", di distinguere i livelli in cui cercare
realt e distinzione, ma questo movimento viene contenuto e deviato da Cirillo e dai
suoi.
c. Negli sforzi degli antiocheni essi vedono solo un rischio, cui contrappongono una
cristologia unitiva accentuata sull'unit del Logos; ma in tale cristologia gli avversari
scorgono un pericoloso ritorno dell'apollinarismo e dell'arianesimo.
d. Due modi distinti di porre il problema, uno moderno ed uno arcaico, stanno quindi di
fronte, ma difficilmente si scorge la differenza di impostazione necessaria per avviare il
dialogo. La formula di Calcedonia soddisfa le due esigenze, mentre Cirillo accentuava
solo il fatto dell'unit. Viene cos a precisarsi il contrasto cristologico
antiocheno/alessandrino.
e. Il kerigma viene cos imprigionato in un dogma di tipo ellenistico. Sembra che ci si
sia allontanati dalla Bibbia, ma il significato di "hypostasis" determinato da Eb 2,3.
1ter. La reazione antiochena a Efeso. La cristologia fino a Calcedonia.
1. Teodoreto di Ciro.
Nel novembre 430 gli inviati di Cirillo consegnarono a Nestorio le lettere di Celestio
(datate 11 agosto), accompagnate dai 12 anatematismi scritti dal patriarca alessandrino,
perch le firmasse. Secondo KELLY i 12 anatematismi riassumono la cristologia di
Cirillo, ed il loro contenuto si pu cos riassumere:
1. Maria Theotokos.
2. Il Verbo unito kath'hypostasin alla carne.
3. Rifiuta ogni separazione delle ipostasi dopo l'unione, e rifiuta ogni "associazione" per
dignit: sono insieme per un'unione naturale (enosis physik) tra Logos e carne. Per gli
Antiocheni questa affermazione era apollinarista, dacch avrebbe negato la distinzione tra
le due nature.
38

4. Non si possono distinguere le affermazioni su Cristo tra il Verbo e l'uomo.


5. Rifiuta la definizione di theoforos anthropos (uomo ispirato da Dio): Cristo vero
Dio perch la Parola diventata carne.
6. E' errato affermare che la Parola divina Dio o Signore di Cristo, che dopo
l'incarnazione simultaneamente Dio e uomo.
7. Nega che Ges-uomo fosse mosso dal Verbo o rivestito dalla gloria, come ci fosse
una distinzione.
8. Non si pu parlare di homo adsumptus che meriterebbe il culto insieme al Verbo
(Nestorio aveva affermato che "Dio accanto a lui"), perch cos si suggerirebbe una
separazione.
9. Lo Spirito Santo proprio di Cristo, e non un potere estraneo a lui, che gli permette
di operare miracoli.
10. Il nostro Sommo Sacerdote non un uomo distinto dal Verbo, ma il Verbo
incarnato stesso.
11. La carne del Signore la stessa carne del Verbo, e pu dare la vita.
12. Il Verbo realmente soffr, fu crocifisso e mor nella sua carne.
L'iniziativa di Cirillo fu assai criticata, poich il papa non aveva richiesto una nuova
definizione, e li aniocheni moderati (Teodoreto di Ciro, Andrea di Samosata) si
allontanarono.
Nestorio invi i 12 anatematismi a Giovanni di Antiochia, ed essi si rivelarono
problematici anche per chi aveva accettato gli esiti del Concilio di Efeso. Si innesca cos
una discussione fondamentale per la cristologia successiva. Giovanni d Antiochia affida a
Teodoreto di Ciro (vescovo dal 423) e ad Andrea di Samosata il compito di confutare i
12 anatematismi. La loro opera ci giunta parzialmente, con un terzo documento (in
traduzione latina) di autore ignoto, vicino a Teodoreto.
Teodoreto considera hypostasis e physis come sinonimi (= sostanza - natura), e la
mescolanza delle nature come monofisismo. Nella sua critica al terzo anatematisma
Teodoreto d l'impressione di accettare l'esistenza di due nature, e mostra che cirillo deve
accettare come complete e intatte le due ipostasi di Cristo. Cirillo condanna la divisione
delle ipostasi, ed allora Teodoreto parla di unione delle nature. C' un progresso
terminologico nel III Dialogo dell'"Eranistes seu Polymorphos" (437, vs. Eutiche), dove
prosopon e hypostasis sono virtualmente identici, ma Teodoreto non osa riconoscere una
sola ipostasi in Cristo, come voleva Cirillo. Eppure, alla luce del suo linguaggio
trinitario, Teodoreto non avrebbe dovuto avere difficolt a riconoscere in Cristo l'identit
di prosopon ed ipostasi, distinguendole da ousia e physis. Solo dopo il 430 Teodoreto
applicher alla cristologia il linguaggio trinitario, e solo a Calcedonia il termine
hypostasis acquister anche per lui un significato positivo, in base al contenuto di una sua
lettera in cui porta prove scritturistiche per l'uso del termine (anche se dagli scritti pi
tardi tale accettazione non risulta, fino a far dubitare dell'autenticit della lettera di cui
sopra).
Teodoreto fece un grande sforzo per chiarire il significato di hypostasis, e per creare un
legame tra Calcedonia e la teologia trinitaria; non ebbe per alcuna difficolt con i
termini physis ed ousia, che impiega per dire la costituzione in due realt di Cristo,
favorendo l'evoluzione teologica che porter a Calcedonia.
Nel simbolo antiocheno del 433, dovuto in buona parte a Teodoreto, vengono respinte
la enosis physik ed il mia physis di Cirillo. In una unione naturale, infatti, gli antiocheni
vedono una congiunzione necessaria di parti che sono sullo stesso piano ontologico. Ma
in Cristo c' una unit che completamente soggetta alla Grazia, e quindi alla libert ma
non alla necessit. Per Teodoreto, cio, con natura si intende qualcosa di necessario ed
indipendente dalla volont, mentre una unione di beneplacito non per lui
immediatamente da condannare perch solo "accidentale", poich Teodoreto non si
sottrae all'effettiva considerazione della realt dell'Incarnazione.
39

Ma Teodoreto non ha altri termini oltre a prosopon per dire l'unit: nel De Trinitate et
Incarnatione appare per la prima volta il concetto di un "prosopon misto" di Ges
Cristo. L'idea cristologica di Teodoreto rivela qualche insufficienza, ma non possiamo
cercare nei suoi scritti il significato ontologico che noi diamo a prosopon: per lui significa
ancora figura, aspetto. La debolezza della cristologia di Teodoreto si rivela allorquando
egli si sforza di arrivare ad una interpretazione interiore di Cristo: il suo concetto di
prosopon non gli permette di rilevare l'unicit dell'ipostasi del Logos, e lo spinge a dare
uno statuto ontologico quasi uguale al Logos ed all'umanit; da ci scaturisce un ritratto
del Cristo troppo simmetrico, e non imperniato sul Logos, che in Teodoreto non diventa
mai il soggetto comune di attribuzione delle asserzioni divinoumane. Fino al 448/49 ha
difficolt ad accettare il titolo Theotokos, e non arriva a distinguere l'unit personale da
quella naturale ,non vedendo il Logos come unico soggetto del Dio-Cristo.
Sembra comunque che la cristologia di Teodoreto si sia evoluta ancora; la lettera 46 del
449 mostra una sua interpretazione di prosoon come di unit del soggetto e della persona
in Cristo.
2. Sviluppi dopo il Concilio Efesino del 430.
Con la consegna degli anatematismi crilliani a Nestorio, e le conseguenti reazioni,
l'abisso tra le due parti pu sembrare incolmabile. Vi sono per dei segni di
avvicinamento.
Il 16.7.432 muore papa Celestino, e gli succede Sisto III, che cerca una riconciliazione
partendo dal riconoscimento pieno di Efeso. Gli ostacoli da superare sno i 12
anatematismi di Cirillo e la condanna di Nestorio. Si giunge alla fine ad un accordo:
Acacio di Berea ha un ruolo importante in questa fase. Cirillo dette una spiegazione del
suo insegnamento che escludeva la confusione delle due nature, ed allora da parte
antiochenafu inviata a Cirillo una lettera contenente affermazioni di Teodoreto che erano
state approvate ad Efeso nel 431. Questo acordo il simbolo di unione, nella lettera 38
di Giovanni di Antiochia a Cirillo. Vi si dichiara che Cristo Dio ed uomo perfetto,
dotato di anima razionale e corpo, frutto di due generazioni, consustanziale al Padre nella
divinit ed alla Madre nell'umanit. Dall'unione delle due nature abbiamo un solo Cristo,
Figlio e Signore, in un'unione senza conusione che permette di chiamare Maria
Theotokos. Le affermazioni dei Vangeli e di Ap si usano indifferentemente nei confronti
dell'unit della persona, o anche divise per le nature.
Con la lettera Laetentur coeli, Cirillo saluta queste formulazioni, ma sembra che faccia
concessioni agli antiocheni, lasciando in secondo piano gli anatematismi.
Cirillo accetta cos il linguaggio antiocheno (un solo prosopon), e vengono affermate
l'unit delle due nature dopo l'unione; il termine Theotokos, ma anche la definizione
come Tempio dell'umanit di Cristo.
Si convenne anche sulla condanna di Nestorio, e scomparve l'uso del termine synapheia
(congiunzione) in favore di enosis.
Tra il 433 e la crisi eutichiana del 448 non vi sono grandi sviluppi dottrinali in
cristologia, ma nessuno dei due partiti era totalmente soddisfatto del simbolo di unione.
Gli alleati estremisti di Cirillo non accettarono la dottrina delle due nature, e Cirillo fu
costretto a dimostrare che nonostante il linguaggio criticabile, perch antiocheneggiante,
la sua dottrina era rimasta immutata. Da parte antiochena, invece, gli estremisti della
Cilicia affermano che Cirillo eretico, mentre gli antiocheni moderati si pentivano per
aver accettato la condanna di Nestorio.
Nel Tomus ad Armenios del 435, troviamo un elenco di estratti di Teodoro di
Mopsuestia definiti eretici, il che prova l'intensificarsi della tensione. Alla morte di Cirillo
(434), che aveva tenuto a freno i suoi partigiani pi estremisti, si era fatto pi forte,
infatti, l'attacco alessandrino alla dottrina delle due nature. Il successore di Cirillo,
Dioscuro, si mise a capo del dissenso e volle riaffermare la dottrina della "mia physis",
secondo lui compromessa da Cirillo. Proclo, patriarca di Costantinopoli, sceglie una
40

posizione intermedia tra la terminologia alessandrina e quella antiochena, e attua una


importante decisione terminologica: in una omelia, afferma che c' un solo Figlio, e che le
due nature sono in una sola ipostasi. Proclo eredita l'uso di hypostasis forse da Cirillo,
ma da questi si allontana affermando la dualit delle nature.
Cos, quando nel 435 giunge un'ambasceria armena che chiede informazioni su Teodoro
di Mopsuestia, Proclo risponde con un documento moderato che evita gli estremismi. E'
ora comune l'accettazione di un solo Figlio, unica ipostasi del Verbo incarnato. Non si
parla pi di "mia physis tou logou sesarkomene", ma di "mia hypostasis tou logou
ensarkothentos. L'aggettivo "incarnato" non pi riferito alla natura, bens al Logos, e
Proclo chiarisce in senso ipostatico un termine (hypostasis, appunto), che Cirillo usava
pi in senso di "sostanza".
3. Eutiche.
Il successore di Proclo (+446), Flaviano, vide il riaprirsi delle dispute con Eutiche, che
divenne il punto di concentrazione di tutti gli oppositori dell'accordo del 433. L'8.11.448
Eutiche, archimandrita, fu denunciato come eretico da Eusebio di Dorileo. La
discussione formule cominci il 12 novembre, sotto la presidenza di Flaviano, il patriarca
locale, e dobbiamo notare che questi colse l'occasione per leggere una professione di fede
che conteneva una formulazione importante: Confessiamo che Cristo consiste di due
nature (ek dyo physeon) dopo l'incarnazione, confessando un solo Cristo, un solo Figlio,
un solo Signore in una sola ipostasi e un solo prosopon. Quantunque l'espressione da
due nature fosse sul punto di diventare il cavallo di battaglia del monofisismo, chiaro
che Flaviano l'usava per affermare che l'Incarnato aveva due nature. La sua
identificazione tra ipostasi e prosopon segnava un importante passo avanti verso
Calcedonia. Eutiche rifiut di comparire in questa sessione e quando lo fece, il 22
novembre, fu per udire la sua condanna. Il verdetto dei presenti, tutti sostenitori del
Simbolo di unione, fu che egli era un seguace di Valentino e di Apollinare e fu perci
deposto. Storicamente, considerato il fondatore di una forma estrema e virtualmente
docetica di monofisismo, poich insegnava che l'umanit del Signore era totalmente
assorbita dalla sua divinit. E' chiaro che tali idee erano allora in circolazione. Teodoreto,
I'anno prima, aveva rivolto il suo Eranistes contro coloro i quali, ritenendo che la divinit
e l'umanit di Cristo formassero una sola natura, insegnavano che la prima non era
realmerre derivata dalla Vergine e che era la seconda che aveva sofferto. Sembra che
secondo la loro teoria la natura divina rimane mentre l'umanit da essa assorbita. La
natura cos assunta non era annientata, ma piuttosto trasformata nella sostanza della
divinit. Per quanto non facesse nomi, quasi certo che Teodoreto si riferisse a Eutiche.
Quale fosse la vera dottrina di Eutiche non mai stato facile definirlo. A un primo
esame, di fronte agli inviati del Sinodo, egli dichiar che dopo la nascita del nostro
Signore Ges Cristo io adoro una sola natura, cio quella di Dio fatto carne e divenuto
uomo. Egli rifiutava nettamente l'ipotesi delle due nature nell'Incarnato, considerandola
non scritturale e contraria all insegnamento dei Padri. Tuttavia, riconosceva apertamente
che Ges era nato dalla Vergine ed era insieme Dio perfetto ed uomo perfetto. Negava di
aver detto che la sua carne era venuta dal cielo, ma rifiutava l'idea che fosse
consustanziale con noi. Interrogato davanti al Sinodo, ammise il punto che Cristo era di
due nature, per sostenne che lo era soltanto prima dell'unione: dopo l'unione, io
confesso una sola natura. Egli insist che Cristo aveva preso la sua carne dalla Vergine e
aggiunse che fu una incarnazione completa e che la Vergine era consustanziale con noi.
Allora Flaviano lo spinse ad ammettere che il Signore era consustanziale con noi. Eutiche
accett di ammetterlo, se il Sinodo insisteva. Tuttavia, spiegava che la sua riluttanza era
dovuta al fatto che considerava il corpo di Cristo come il corpo di Dio; ed esitava a
chiamare il corpo di Dio il corpo di un uomo (evidentemente, intendeva
consustanziale con noi riferito a un uomo singolo), ma avrebbe preferito parlarne come
di un corpo umano e dire che il Signore divenne incarnato nella Vergine. Questa
41

tuttavia era una osservazione marginale: egli torn presto all'affermazione monotona
delle due nature prima dell'incarnazione e di una sola natura dopo l'incarnazione.
E' chiaro che l'immagine tradizionale della dottrina di Eutiche si formata raccogliendo
alcune sue affermazioni e conducendole alla loro conclusione logica. Dal momento che
rifiutava il consustanziale con noi, se ne deduceva che l'umanit di Cristo era per lui
pura apparenza; perci doveva essere un docetista. Dalla sua affermazione delle due
nature prima e una sola natura dopo l'unione, si deduceva che le due nature dovevano
essere state fuse in un tertium quid oppure che l'umanit era stata assorbita dalla Divinit.
Sembra in effetti che Eutiche fosse un pensatore confuso e poco abile (multum
imprudens et nimis imperitus disse di lui papa Leone), impegnato ciecamente a difendere
l'unit di Cristo contro ogni tentativo di divisione. Non era per docetista, n
apollinariano: nulla era pi esplicito della sua affermazione della realt e concretezza
dell'umanit di Cristo. Le sue esitazioni a proposito del consustanziale con noi
nascevano dal suo sospetto esagerato di poter essere costretto ad accettare la concezione
nestoriana dell'umanit come quella di un uomo singolo assunto dalla Divinit. Se
rifuggiva dalla espressione due nature era perch, come molti alessandrini, intendeva
physis, o natura, nel senso di esistenza concreta. Ancor pi dello stesso Cirillo (del quale
gli mancava la profondit di pensiero e di intuizione), si era abbeverato alla letteratura di
provenienza apollinariana, che credeva pateticamente ortodossa, e si era afferrato alla
formula di Cirillo una sola natura, trascurandone la qualificazione essenziale: fatta
carne. Se la sua condanna deve essere giustificata, si deve farlo alla luce di considerazioni
pi ampie: la Chiesa della sua epoca stava cercando a tentoni la sua strada verso una
cristologia equi-librata. Il tipo di pensiero rappresentato da Eutiche era in certa misura
unilaterale; bench fosse possibile intenderlo in senso ortodosso, sforzandolo in quella
direzione si capovolgeva il necessario equilibrio: se non si insisteva sopra l'altro aspetto
implicito nella dottrina delle due nature, la cristologia poteva scivolare negli errori che le
attribuivano i suoi avversari.
Quantunque Eutiche fosse scomunicato e deposto, il tempo in cui rimase in disgrazia
non fu lungo. Scrisse al papa, ma la sua lettera non port il risultato sperato. Flaviano
aveva gi informato Leone della sua condanna e ora scrisse con maggiori particolari
definendo la sua eresia. Il risultato fu che il 13 giugno 449 Leone sped la sua famosa
Epistula dogmatica o Tomus a Flaviano, dimostrando chiaramente la sua ostilit per la
dottrina di una sola natura. Eutiche ebbe maggior successo con Dioscoro, che fin dal
principio aveva rifiutato di riconoscere la sua scomunica e con il suo aiuto convinse
Teodosio II a convocare un Concilio ecumenico. Il Concilio si riun ad Efeso nell'agosto
del 449 e fu dominato dalla rude efficienza di Dioscoro. Quantunque il papa avesse
mandato tre legati, essi non ebbero la possibilit di leggere il suo Tomus. Eutiche fu
immediatamente riabilitato e la sua ortodossia riaffermata. Il Simbolo di unione fu
formalmente abrogato, in quanto andava al di l delle decisioni del Sinodo di Efeso del
431, e l'affermazione delle due nature dopo l'unione fu anatemizzata. Flaviano ed
Eusebio di Dorileo, e insieme a loro Teodoreto e tutti gli esponenti della dottrina delle
due nature, furono condannati e deposti. Finito a questo modo, il Concilio rimase noto
come il Sinodo dei ladroni o Latrocinio efesino.
4. Leone Magno.
La cristologia del Tomus ad Flavianum non originale, ma riproduce e specifica le idee
dei predecessori:
a. La persona del Dio/uomo la stessa della Persona Divina. Descrive l'Incarnazione
come svuotamento, ma senza diminuzione della potenza del Verbo: non cede la gloria del
Padre.
b. Le nature umana e divina coesistono senza mescolanza n confusione, unendosi per
formare una sola persona, ciascuna conservando le proprie qualit naturali della sostanza.

42

La forma servi non diminuisce Dio e viceversa, e l'unico mediatore doveva poter morire
come uomo.
c. Le nature sono principi di operazioni separate, ma sempre in accordo tra loro: il
Verbo compie ci che del Verbo e la carne ci che della carne.
d. L'unit della persona rende legittima la communicatio idiomatum: il Figlio di Dio fu
crocifisso e sepolto; il Figlio dell'uomo discese dal cielo.
Qui gli antiocheni potevano riconoscersi nell'unit ed indipendenza delle due nature,
mentre gli alessandrini nell'identificazione tra l'identit della persona dell'incarnato e
quella del Verbo eterno: nelle due nature esiste l'unico e medesimo Figlio di Dio.
1quater. Calcedonia.
La morte di Teodosio II, che aveva sostenuto il latrocinio efesino, fu vista dagli
ortodossi come provvidenziale. Il successore Marcello simpatizza per la teoria delle due
nature, e propone un Concilio generale, che il Papa avrebbe voluto in Italia. Dopo varie
incertezze, fu scelta la sede di Calcedonia, ove si riunirono pi di 500 vescovi ed i legati
papali l'8.10.459.
L'imperatore premeva perch dal Sinodo scaturisse un'unica fede, ma i PP non volevano
un altro credo. I legati imperiali agirono per proporre una formula che tutti
sottoscrivessero.
Con la definizione di Calcedonia:
- si riafferma il Credo di Costantinopoli;
- si canonizzano le due lettere di Cirillo come condanne di Nestorio, e si canonizza il
Tomus Leonis ad Flavianum come condanna di Eutiche.
- si stabilisce una formale confessione di fede.
Tre passi del Tomus Leonis inquietavano i vescovi di Illiria e Palestina, ed i legati papali
dovettero convincerli che il papa non intendeva dividere Cristo, ma riconosceva le
conseguenze pratiche della divisione in nature. Il primo abbozzo del testo approvato
mancava di estratti del Tomus, e leggeva "ek dyo physeon" invece di "en dyo physein",
non affermando la sussistenza di due nature dopo l'unione.
Furono fatti al testo gli emendamenti necessari, e si discusse lungamente su ogni
paragrafo.
Nella sua forma definitiva, la definizione un mosaico dalle due lettere di Cirillo, dal
Tomus ad Flavianum, dal Tomus unionis e dalla professione di fede di Flaviano. In esso si
riconoscono parimenti unit e dualit di Cristo. Vediamo affermata l'identit con la
monotona ripetizione di "ton auton", e con l'insistenza sulla indivisibilit ed inseparabilit
di Ges Cristo, non costituito di due prosopa. Non si usa il termine "unione ipostatica",
ma si ammette il Theotokos.
Il lungo dibattito aveva provato che questa unit non poteva stare senza un
riconoscimento esplicito dell'umanit di Cristo, pena il rischio di monofisismo; si afferma
cos che il Verbo incarnato esiste in due nature complete e peculiarmente operanti,
rifiutando il concetto di unione naturale (alessandrini), e scegliendo i termini prosopon ed
hypostasis.
2. La controversia pelagiana.
Bench le Chiese occidentali fossero state anch'esse impegnate nella controversia
cristologica, soprattutto durante la seconda fase, cio prima e dopo il Concilio di
Calcedonia, le discussioni sull'unico Cristo, Dio e uomo, sono state vicenda
principalmente orientale. Tuttavia anche l'Occidente ha avuto le sue controversie
teologiche.
All'inizio del secolo quinto, infatti, la Chiesa africana veniva disturbata dai disordini
suscitati dal donatismo. Soltanto con grandi sforzi, teologici, e politici, Agostino
finalmente riuscito a superare questo scisma. Durante un intero secolo le comunit

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africane erano state divise13. Meno importanti sono state le controversie anti-manichee
alle quali i contemporanei univano anche la questione priscillianista, che disturbava le
regioni iberiche.
Tuttavia anche queste controversie sono da considerare, se vogliamo capire la
situazione politica della Chiesa. Essa cercava di risolvere questi problemi con l'aiuto del
potere civile, e cercava di conoscere pure le condizioni interne di certe comunit, come
soprattutto fece Leone Magno per quella di Roma, nei primi anni del suo pontificato 14.
Priscilliano.
Fu vescovo di Avila negli anni 381-385 (sec. Chadwick), dopo essere stato monaco in
Spagna ed Africa. Invita la Chiesa all'austerit ed alla disciplina penitenziale, dando una
grande importanza ai carismi dei laici e studiandi gli apocrifi altrimenti considerati eretici.
Gi da laico (370-5) predica un ascetismo rigido, che suscita l'ostilita di alcuni vescovi.
Nel 380 si celebra a Saragozza un concilio contro di lui. Viene accusato di negare la
possibilit di salvezza per chi sposato e di professare dottrine patripassianiste; di avere
una nozione doceta dell'Incarnazione (avrebbe negato la realt delle sofferenze di Ges),
di studiare gli apocrifi eretici e di praticare un miscuglio di manicheismo e magia.
Nonostante Priscilliano venga condannato, due vescovi lo ordinano pastore della Chiesa
di Avila. Nel frattempo i vescovi Idazio ed Itacio ottengono da Graziano un decreto
contro i manichei, che comprende anche i priscilliani pr non nominandoli direttamente
(Agostino, allora a Milano, sente parlare di quello che lui considera n provvedimento
unicamente antimanicheo).
Priscilliano, che era arrivato in Gallia meridionale, cerca in Italia l'appoggio di
Ambrogio, e riesce a far annullare il decreto. Dopo la morte di Graziano, Itacio accusa
Priscilliano presso Massimo, a Treviri. Ambedue vengono deferiti al concilio di Bordeaux
(384), che depone Itacio. Priscilliano allora appella a Massimo, ma Idazio ed Itacio
vanno a Treviri (385) e lo fanno condannare per magia, nonostante il parere contrario di
Martino di Tour.
Priscilliano viene cos decapitato. E' la prima condanna a morte di un eretico, e suscita
una enorme impressione fortemente negativa, concretizzata nelle proteste di Ambrogio e
Siricio. In ogni caso, i Priscilliani restano attivi nella Spagna del nord per gran parte del
V secolo.
La dottrina di Priscilliano (vd. Simonetti in DPAC e Quasten, III vol.). Nel 1889 venne
scoperto a Wrzburg il cosiddetto "corpus Priscillianum", ovvero una serie di testi
raccolti a scopo difensivo, che per Simonetti sono proprio di Priscilliano. Di tale corpus
fanno parte: il Liber apologeticus, che condanna le eresie astrologiche; il Liber de fide et
apocryphis, che afferma come non tutti i libri ispirati siano contenuti nel canone (vd
Chadwick e Crouzel).
La posizione attuale degli studiosi tende a vedere nella condanna di Priscilliano un fatto
politico, anche se non sono chiare tutte le fasi della vicenda. La ricerca attuale tenta di
rivedere dal punto di vista politico le controversie teologiche, notando come, nella lotta
contro i Priscillianisti ed i manichei, la Chiesa abbia cercato di battere gli eretici con
l'aiuto del potere civile.
Non c' dubbio che la controversia pi importante sia stata quella che viene chiamata
pelagiana. I suoi problemi sono:
battesimo dei bambini "in remissionem peccatorum";
peccato originale e redenzione universale;
natura e grazia;
13 Vedi FREND, W.H., "The Donatist Church", London 1952; lo stesso, Donatismo: DizPatr I,1014-1025; Bibl.Aug. 28-32:
"Traits anti-donatistes", con introduzioni e note.
CRESPIN, R., "Ministre et saintet", Paris 1965.
14 Vedi VOLLMANN, B., "Studien zum Priszillianismus", St Ottilien 1965, anche in: PWK Suppl. 14 (1974) 485-559. Vedi
anche PIETRI, Roma Christiana, Roma 1976. -CHAVASSE, A., in: CChL 138, CLXXVIII ss;; DECRET, F., "L'Afrique
manichenne", Paris 1978, anche in: BAug 17, con bibliografia.

44

libert e predestinazione.
Tali problemi non erano soltanto di una portata ben diversa rispetto agli altri, ma di
fatto impegnarono anche le Chiese orientali, che dovettero prendere posizione anch'esse,
prima in qualche sinodo palestinese, e poi finalmente al Concilio di Efeso (431)15.
La causa di questa controversia tipicamente occidentale era peraltro un problema
vecchio. Quasi dall'inizio i teologi cristiani si vedevano confrontati con i problemi della
libert umana. Avevano sempre preso posizione in favore della possibilit dell'uomo
libero. Adesso invece Agostino mette l'accento sulla trascendenza divina, cio sulla
iniziativa gratuita della grazia16.
Questo fatto si spiega anzitutto con la sua esperienza di conversione, con la quale
aveva pi profondamente compreso la trascendenza divina. Ma anche la fedelt verso la
tradizione ecclesiastica - cio l'uso di battezzare i bambini -, lo port a mettere in
evidenza la necessit di una redenzione che trasformasse intimamente gli uomini
peccatori. Cos Sant'Agostino insiste sul bisogno universale di redenzione, sulla gratia
praeveniens et interior, e quindi sulla predestinazione divina. Non si dimentichi l'affinit
del vescovo di Ippona con l'Apostolo, di cui le lettere avevano ottenuto, durante il secolo
quarto, un interesse crescente. Agostino evidenzia la necessit di una redenzione che
trasformi intimamente gli uomini peccatori, dacch nessuno pu fare il bene ed evitare il
male da solo. Il Battesimo dunque necessario perch la libert umana possa evitare il
male e scegliere il bene.
Al contrario, la vita ascetica, l'ideale antico della "lite", l'influsso della morale antica e
della paideia, nonch gli influssi della esegesi orientale, avevano condotto Pelagio ed i
suoi seguaci a difendere le possibilit dell'uomo libero17.
Se Giovanni Cassiano ha messo in rapporto le dottrine di Nestorio con il
pelagianesimo18, aveva senz'altro torto, dal punto di vista storico. Neppure i rapporti di
certi "pelagiani", specialmente Giuliano di Eclana, con Teodoro di Mopsuestia e con altri
teologi orientali, giustificano questa interpretazione. Tuttavia non sarebbe neppure giusto
voler limitare la problematica agli aspetti antropologici (peccato e giustificazione),
poich nella posizione di Agostino stesso l'aspetto cristologico veramente centrale.
Alcuni studiosi negano che la controversia pelagiana riguardi la cristologia, ma in questo
modo lasciano in ombra la riflessione di Agostino sul rapporto Grazia/natura umana nei
cristiani: l'Ipponate cerca di comprendere la differenza tra l'unione ipostatica, in Cristo, e
l'influsso della Grazia sulla natura umana.
All'inizio della controversia vi una lettera di Agostino contro Celestio (discepolo di
Pelagio) che nega la necessit del pedobattesimo (lettera 140: de Gratia novi testamenti).
Agostino afferma di non ritenere inutile la preoccupazione che l'ha portato a dare una
lunga spiegazione della Grazia della nuova Alleanza, poich essa ha degli avversari che
non vogliono attribuire a Dio il merito di essere buoni. Tali avversari non vanno
sottovalutati: sono asceti, pregano il vero Cristo, uguale e coeterno al Padre e fatto
veramente uomo (riprendono lo schema di Nicea, base dell'ortodossia). Dal punto di
vista del Simbolo, i pelagiani sono ortodossi, ma Agostino ugualmente turbato dalla
loro posizione. In effetti, all'inizio del V secolo la fede nicena non confessa pi solo
Cristo vero Dio coeterno al Padre, ma nelo stesso tempo la sua formulazione non
abbastanza sviluppata per rispondere alle esigenze antropologiche del V secolo. I
pelagiani aspettano il ritorno di Cristo, ma ignorano la giustizia di Dio e vogliono
stabilire la propria.
15 Vedi WERMELINGER, O., "Rom und Pelagius", Stuttgart 1975; SCIPIONI, L., "Nestorio e il Concilio di Efeso", Milano
1974.
16 Vedi PELIKAN, cit., I., 279 ss.
17 Vedi BROWN, P., "Religion and Society in the Age of Augustine", London 1972.
PIETRI, Ch., in: "Jean Chrysostome et Augustin" (Paris 1975), 283-305.
TRAPE, A., in: NBA 17/1 & 2.
18 Vedi GRILLMEIER, A., "In ihm und mit ihm" (Freiburg 1975), 245-282.

45

Agostino non voleva soltanto spiegare in che senso l'uomo dipendesse totalmente da
Dio, ma anche, e non meno, come l'opera di Cristo fosse pi che un exemplum: un
adiutorium19. Anche in questo caso la tendenza, allora esistente, a voler arrivare ad una
definizione della fede ortodossa, non da trascurare. E' senz'altro vero che Agostino si
dimostra piuttosto riservato rispetto a certi termini tecnici, come consubstantialis, o
persona"". Non si possono per non vedere i suoi sforzi per cercare di chiarire le
formule trinitarie e cristologiche20.
Allo stesso modo, non possiamo trascurare il fatto che a diverse riprese egli ha cercato
di riassumere la dottrina pelagiana in formule brevi21. Questo si deve dire ancor di pi dei
suoi discepoli, i quali, dopo la sua morte, avevano premura di definire esattamente la sua
dottrina, come lo attestano le Sententiae ex operibus Sancti Augustini delibatae, e poi
soprattutto i Capitula Caelestini (Indiculus")22. Del resto si ricordi anche la famosa
formula Roma locuta, causa finita"23, che dice la preoccupazione di possedere la fede in
formule ben precise.
3. L'autorit teologica dei Concili.
Secondo Eusebio, la chiesa antica si aspettava dai Concili la conservazione della fede,
l'espulsione degli errori e la disciplina ecclesiastica. Nicea, promulgando un simbolo,
esprime positivamente la fede ecclesiale. Questo fatto segna per pi di un secolo la storia
della teologia, e Atanasio ritiene il Simbolo ispirato al pari della Scrittura, dacch dopo
Nicea non c' bisogno di altre formulazioni. Dal 350 si parla cos, in Oriente, di
"autarchia della fede nicena", e verso il 400 iniziano ad apparire dei commenti al
Simbolo. Ad Efeso ambo le parti si appoggiano al Simbolo niceno, che costituisce il
criterio di discernimento. Da ricordare anche il can. 7 di Nicea, che proibiva ogni
ulteriore formulazione della fede.
Ma a Calcedonia, oltre al ripetersi iniziale del rifiuto di comporre altri simboli, il
riferimento il Simbolo niceno-costantinopolitano, ed il tomus Leonis appare sufficiente
per esprimere il consenso della fede secondo Nicea. Su insistenza della corte imperiale si
arriva ad una nuova formula, considerata per solo un'aggiunta al Simbolo niceno. Inizia
cos il pluralismo conciliare, che elimina il monopolio del simbolo preesistente. Nel
secolo VI il niceno-costantinopolitano acquista nella liturgia una posizione singolare, che
avr conseguenze a proposito del Filioque.
Il Concilio deve anche regolare la disciplina ecclesiastica ed il rapporto tra le grandi
sedi: si continua a rispettare l'autorit di Nicea, ma le condizioni disciplinariorganizzative mutate fanno s che le novit in campo disciplinare si ammettano pi
facilmente delle novit. I legati romani, appoggiandosi sul canone 6 di Nicea, si
oppongono al ca. 28 di Calcedonia.
I vescovi latini (Ilario ed Ambrogio in testa), riconoscevano Nicea come base di ogni
discussione teologica, pur relativizzandone l'importanza. Agostino si atteneva pi al
criterio dell'universalitas che a quello dell'antiquitas, ed era interessato pi ai contenuti
della fede che alle sue formulazioni. Contro Eutiche, Leone non si riferisce
immediatamente a Nicea, ma nel Tomus ad Flavianus ricorda il Simbolo Apostolico,
accorgendosi solo successivamente dell'importanza che gli Orientali attribuivano a Nicea.
I canoni niceni formarono il fondamento della legislazione sinodale.
19 Vedi MARROU, H.I., "Les attaches orientales du pelagianisme"; B.STUDER, in: RchAug 10 (1975) 87-141;
GEERLINGS, W., "Christus exemplum", Mainz 1978, con recensione di STUDER, B., in: "Augustinianum" 19 (1979) 539546. B.Studer, Grazia: DizPatr II,1678-1688.
20 "De Trinitate", 5-7. B.Studer, "La foi de Nice chez Saint Augustin": RchAug 19 (1984) 133-154; B.Studer, "Una persona
in Cristo": "Augustinianum" 25 (1985) 453-487.
21 Vedi WERMELINGER, cit., 278-282.
22 DS 238-249.
23 Nel "Sermo" 131,10, in espressione un po' diversa.

46

Si approda cos alla consapevolezza della necessit di completare il simbolo di Nicea, a


fronte di nuovi problemi. Dimostrazione di quanto affermato fu il disastro efesino del
449, che aveva cercato di attenersi strettamente alla lettera di Nicea.
Calcedonia prende una decisione di principio, componendo una nuova fede ma
appoggiandola alla fede nicena(-costantinopolitana), e dopo questo sinodo si afferma il
principio secondo cui ogni Concilio Ecumenico pu definire dogmi e formulazioni della
fede a fronte di nuove esigenze. In ogni caso, soprattutto in Oriente, Nicea mantiene un
posto privilegiato, soprattutto dopo il sec. IX.
In realt lo stesso Agostino fu spinto a sviluppare la dottrina delle due nature in Cristo
solo perch questa cristologia poteva rispondere alle esigenze antropologiche della
controversia pelagiana: la fede nicena, infatti, non bastava a a chiarire le differenze tra
l'azione della Grazia in Cristo e negli uomini. Dal 457 in poi, Leone mette sullo stesso
piano Nicea e Calcedonia, e precisa il rapporto giuridico fra sede Apostolica e Concilii
Ecumenici: a Roma tocca garantire a custodia fidei et canonum dei Concilii ecumenici,
ed un concilio non deve trovare nuove verit, ma solo rendere pi manifesta la verit
predicata dalla Sede Apostolica.
Leone suppone che la Chies di Roma possiede veramente la fede apostolica, e che un
Concilio pu solo confermareci ce Romaha sempre predicato. Cos Leone tradisce una
fiducia troppo grande nelle formule ed una non comprensione dello sviuppo delle
dottrine.
Agostino non ha la stessa posizione di Leone sul rapporto tra sede romana e concilio
ecumenico; per lui la pratica sinodale importante, e si dedica a studiare la storia dei
concilii, mantenendo per una certa libert nei confronti dei decreti disciplinari e della
lettera delle formule di fede.
Nel contesto della controversia donatista troviamo la concezione dei concilii di
Agostino. Egli afferma la superiorit della Bibbia rispetto ai Sinodi, poch i decreti
conciliari non sono mai definitivi come i testi biblici. Distingue poi tra sinodi generali e
locali, ed attribuisce una grande importanza al consensu omnium ecclesiarum, pi che
non all'antiquitas. Stabilisce che i sinodi precedenti particolari possono essere corretti da
quelli posteriori, locali o generali, e pare ammettere anche una possibilt di correzione
per i Sinodi generali.
Secondo Aug, l'auctoritas del Vescovo si concepisce sulla scia di Cipriano, ma con una
differenza importante: il legame stretto del'auctoritas con la potestas officii, e non con la
persona del vescovo (cfr. Ambrogio). Agostino riconosce una gerarchia delle
auctoritates, e si stacca dalla concezione ciprianea dell'autorit assoluta del vescovo nella
propria diocesi. Riconosce un valore indiscutibile alle tradizioni osservate in tutto il
mondo (ep. 54), utilissime per la salvezza e stabilite dagli Apostoli e dai concilii plenari.
Il concilio pu ridurre o superare l'autorit del singolo vescovo, cos come quella di un
conclio regionale, ma Agostino non pose mai il tema della supremazia della Sede
Apostolica sul Concilio ecumenico. Egli si rifer spesso a questi ultimi nei testi
antidonatisti, ma contro i pelagiani prefer appellarsi alla Sede Apostolica. Dopo aver
avuto risposta da papa Vincenzo circa i canoni del Concilio di Cartagine del 416, egli
afferma che la causa finita con i pronunciamenti sia sinodali che romano. La nozione di
concordia poi alla base della riflessione sul rapporto auctoritas/ratio.
4. Lettura del de Baptismo, III, 4.
Ai donatisti, che si appellavano a Cipriano per negare la validit del Battesimo conferito
dagli eretici, Agostino replica che l'autorit della Bibbia maggiore di quella dei vescovi,
e che le opinioni di questi ultimi possono essere confutate dalle autorit superiori e
persino dalla maggiore sapienza e capacit di altri vescovi.
Chi sono questi vescovi pi saggi? Sono coloro che nei Concilii esprimono pareri pi
solidi in base alle regole dell'argomentazione retorica allora vigenti.
5. L'organizzazione dei Sinodi.
47

I sinodi non derivano semplicemente dai Concilii provinciali civli, ma hanno con essi
forti analogie (senentiae, acclamationes, verbali sottoposti all'approvazione dell'autorit
superiore). Tecnicamente, il Concilium la riunione di cives romani per qualunque
motivo. Nel concetto insita una componente religiosa e sacrale, dacch si parla di
un'attivit pubblica. I concilii civili eleggevano ogni anno il sacerdos provinciae, con il
compito di organizzare il culto imperiale, ed erano diffusi in tutte le provincie tranne
l'Egitto. Avevano anche il compito di mediare un leame diretto tra le provincie e
l'imperatore, che a volte aveva anche compiti di controllo sui governatori. Quodvultdeus
(vescovo di Cartagine verso il 440) parla della seduta di un concilium provinciae del suo
tempo.
Ma tali concilii non ebbero mai poteri legislativi o fiscali, anche se il loro ruolo nel
promuovere il culto imperiale (depurato in seguito degli elementi pi propriamente
pagani) sopravvisse anche nel V secolo.
Si parla spesso dello stabilirsi di una chiesa imperiale nel IV secolo, ma lo studio di
CLAWBERT contesta tale dato, preferendo parlare di un inizio di cristianizzazione solo
all'inizio del V secolo. In ogni caso, l'uso dei Concilii provinciarum ne dimostra la
continuit, e tali concilii divengono una fonte di amministrazione per la Chiesa, anche se
l'imperatore ne sempre il capo formale. Secondo SILBEN (fonte di Studer), Leone
avrebe trovato nel rapporto tra imperatore e concilium un paradigma per il collegamento
dei vari Sinodi ecclesiastici al Papato: la figura del successore di Pietro viene cos ad
assumere connotato imperali (400-450). Alla base della disciplina conciliare troviamo i
principi della retorica forense.
Lo sfondo ideologico.
Due idee della teologia conciliare del IV secolo (consenso dei sinodali ed ispirazione
divina dei PP.) vengono riprese ed approfondite nel secolo V, come pure si sviluppa il
tema del "vox populi, vox Dei". I risultati dei Sinodi fissano per iscritto la Tradizione:
non sono sviluppo della verit, bens manifestazione dell'auctoritas e della veritas divine.
Il concetto di Padre nel contesto polemico.
Ha origine dalla vita fisica e spirituale, e si identifica con i maiores antiqui. I vescovi
sono chiamati in tale modo (cfr. trad. ebraica e romana). Dal secolo IV in poi si chiamano
Padri i 318 di Nicea, e le loro interpretazioni del Simbolo vengono chiamate "sententiae
patrum". Si iniziano a chiamare "beati patres" i grandi teologi passati, ed essi vengono
considerati ispirati. I loro argomenti vengono addotti ai Concilii, dove si insiste sulla
Tradizione delle Comunit Apostoliche. Il passo decisivo si compie con la controvesia
nestoriana: ambo le parti si appoggiano sul simbolo niceno, che va allora interpretato alla
luce di PP.
Cirillo ha diverse accezioni del termine Padre: i 318 di Nicea, vescovi distintisi per vita
e dottrina morti in pace con il Signore ed in unione intima con la Chiesa.
Il rischio insito nell'uso, generalizzatosi, dell'argomentazione patristica quello della
rigidezza. Ma VESSEY legge il Commonitorium sotto l'ottica del regionalismo che si
svilupa nel V secolo. La catholicitas richiede che la verit venga interpretata dalle
autorit regionali.
L'auctoritas patrum nella teologia di Agostino.
Contro i Donatisti, Agostino deve precisare l'autorit dei Concilii in rapporto alle tesi di
Cipriano nella sua disputa con Roma. Quella di Cipriano, in questo caso, non
un'argomentazione patristica in senso stretto, perch Agostino tratta la questione di una
singola sede episcopale cui contrappone l'autorit della Sede apostolica.
Solo dal 412 (controv. pelagiana) Aug. usa l'argomentazione patristica, ma manca
ancora uno studio esauriente su questo tema.
Con il Commonitorium, invece, abbiamo una vera e propria teoria dell'argomentazione
patristica, poich il criterio di ortodossia viene reperito nel consenso "ecclesiae antiquae
et universalis" sintetizzato nei tre avverbi "ubique, semper, ab omnibus".
48

Giovanni Cassiano, che attacca Giuliano d'Eclano con argomenti scritturistici e


patristici, ci mostra l'influsso della mentalit monastica, che considerava i PP maestri di
vita.
La letteratura dei Florilegia e delle Catenae.
Questi generi letterari nascono proprio dall'adozione del metodo dell'argomentazione
patristica. I Florilegia dogmatica sono raccolte di passi patristici cui vengono aggiunti
una breve introduzione ed una conclusione (cfr. il modello delle antologie pagane), ed
hanno lo scopo di dimostrare o illustrare una posizione teologica. Non vengono usati
solo per l'interpretazione biblica, ma anche per quella del Simbolo o per la dimostrazione,
da parte di un autore, della propria ortodossia. I Florilegia pi conosciuti sono quelli di
Cirillo Alessandrino (di cui il 4, diretto a papa Celestino, perduto), poi abbiamo quelli
di Teodoreto, di Andrea di Samosata, del monofisita Timoteo; quello antinestoriano di
Giovanni Cassiano, le due versioni del Florilegio cristologico di Leone Magno (ca. 450);
le Sententiae ex operibus Augustini di Prospero d'Aquitania, gli Excerpta Augustini di
Vinc. Lerin., gli estratti da Nestorio e Cirillo di Mario Mercatore; collezioni di sermoni
antimanichei ed antieutichiani di Leone M.
Abbiamo anche, dal sec. VII, florilegi spirituali, che riportano autori anche del sec. V,
nonch (verso il 500) gli Apophtegmata dei Padri del deserto.
Le catene bibliche sono commenti sui singoli libri formati da estratti dei grandi
commentatori (Orig., Eus., Didimo, Cirillo, Teod. Mops....). Si sviluppano nel VI secolo
(Procopio di Gaza edita la Catena sul Pentateuco), ma raccolgono molto materiale
anteriore. I problemi legati alle catene sono quelli delle false attribuzioni, delle citazioni
sommarie, delle indicazioni vaghe, degli estratti da altre catene...
L'origine dei florilegi patristici va cercata nelle controversie teologiche dei secc. IV-V.
Non sufficiente la Bibbia per risolvere i problemi, ed allora ci si appoggia anche alla
Tradizione della Chiesa. Abbiamo per anche dei Testimonia (gi in Cipriano) composti
non per ragioni polemiche, ma per illustrare la vita cristiana, o per commentare le norme
morali (Basilio - Moralia). Basilio e Greg. Naz. compongono la Filocalia, antologia
spirituale origeniana, e i discepoli di Aug. danno il via al genere dello "speculum" morale.
Gi prima di Cristo esistevano raccolte pagane che offrissero spunti per mostrare la
propria erudizione, ma il diffondersi delle antologie anche indizio di un periodo storico
segnato dalla mancanza di creativit.
B.Dogmi ed anatematismi.
1. La formulazione del dogma.
Non c' dunque nessun dubbio che le grandi controversie teologiche del secolo quinto
hanno provocato, o perlomeno contribuito, a rinforzare molto la tendenza a fissare
accuratamente la dottrina dogmatica della Chiesa. La fedelt ormai rigorosa alla lettera
del simbolo niceno24, e la ricerca di una terminologia cristologica esatta, sono fra le
caratteristiche principali delle controversie cristologiche.
Altrettanto dicasi per la premura di riassumere in poche proposizioni la dottrina sul
peccato originale e sulla grazia divina, nello svolgimento delle discussioni
antropologiche, nell'ambito della Chiesa latina. Non manca neppure una certa riflessione
teorica sulla necessit di fissare "in scriptis" il depositum fidei della tradizione
ecclesiastica, come vediamo nel Commonitorium di Vincenzo di Lrins25. Per conoscere
pienamente quanto i vescovi e i teologi del secolo quinto si sono sentiti obbligati a
definire esattamente la fede ortodossa, converrebbe studiare a fondo la terminologia

24 Vedi DOSSETTI, G.L., "Il simbolo di Nicea e di Costantinopoli" (Roma 1967), 283.
25 Vedi H.J.SIEBEN, "Konzilsidee", 148-170, specialmente 162. - Si veda l'edizione critica nuova del "Commonitorium" in:
CChL 64.

49

rispettiva, i termini cio come: orthodoxia, fides catholica, dogma, definitio, sententia,
magisterium, eccetera26.
Agostino, nella ricerca di una definizione del termine iustitia (de Civ. Dei II, 21),
ricorre ad una lunga disputatio: questo il metodo secondo il quale si deve scoprire ci
che non si pu immediatamente definire.
In questo studio laborioso si dovrebbero prendere in considerazione gli influssi del
linguaggio filosofico e soprattutto di quello politico-giuridico, poich chiaro che la
maniera di riassumere le opinioni filosofiche in capitula, kefalaia, ed ancor di pi la
precisione giuridica nella codificazione del diritto, non sono rimaste senza influsso nel
campo dogmatico. Qui si trattavano dottrine, e prescrizioni, o meglio dottrine
prescritte27.
Comunque ovvio che nelle discussioni teologiche ed in particolare in quelle sinodali,
la formulazione stava in primo piano, come interesse. Non si cercava tanto di capire i
principi fondamentali, le visuali assiali delle posizioni avversarie, quanto piuttosto di
paragonare formula con formula, di misurare cio le formule cristologiche sulla base
normativa della formula nicena. In occidente, invece, i PP non si rifanno meccanicamente
alle formule cristolgiche: Agostino non cita mai il Simbolo niceno nella sua completezza,
ma si riferisce ai suoi contenuti per approfondire il significato delle formule. Questo vale
in particolare, come sopra ricordato, per il problema cristologico; ma anche il problema
antropologico ha Nicea come unica base di discussione
E' vero che grandi teologi, come Cirillo, erano capaci di intuire il senso pi profondo
delle formule altrui, ed erano anche disposti a rinunciare alla propria terminologia. E'
anche vero che certuni, come Vincenzo di Lrin, si sono resi conto dei criteri di
discernimento dottrinale: antiquitas, catholicitas, consensus omnium, sono criteri ripresi
dalla filosofia e dalla giurisprudenza.
Tuttavia, il discernimento stesso dell'ortodossia stato ricercato in primo luogo sul
livello della formula dogmatica, cio dell'espressione ben definita della fede. Cos, per
essere ammessi alla comunione della fede, i nuovi vescovi dovevano dare dichiarazioni
soddisfacenti sulla loro ortodossia (i libelli28). Altrettanto dicasi per gli scomunicati o
accusati di eresia, che venivano obbligati ad accettare tale o tale formula di confessione o
a sottoscrivere tale o tale "libello" (vedi il termine di satisfactio in Leone Magno).
Tutto ci aveva del resto, in quel tempo, anche conseguenze civili, perch l'unica fede
era considerata come base della pubblica sicurezza e del bene comune 29. La
preoccupazione della formulazione esatta della fede appare senza dubbio gi prima del
400, e sar ancora pi esplicita nel secolo VI. E' per ben identificabile il modo con cui le
Chiese della prima met del secolo V si sono sentite obbligate alla fede ortodossa 30.
2. L' esclusione degli errori.
Pi che la formulazione della fede, la sollecitudine dell'ortodossia richiede l'esclusione
di ogni errore. Ci si aspettava infatti dai sinodi non tanto nuove formule dogmatiche, ma
piuttosto la condanna delle eresie, e questo soprattutto perch si considerava la fede
nicena come espressione sufficiente. La difesa della ortodossia, ormai accettata da tutti,
poteva rendere necessario e naturale l'esclusione di dottrine o opinioni contrarie alla fede.
Tale atteggiamento 'difensivo' caratterizza in modo particolare il Concilio di Efeso
(431), nel quale i padri sinodali ricusavano di presentare un nuovo simbolo,
accontentandosi della condanna di Nestorio31.
26 Si veda in proposito SLL, G., "Dogma und Dogmenentwicklung" = HDG I./5 (Freiburg 1971), specialmente 3-12, 23-30;
SIEBEN, H.J., "Voces. Eine Bibliographie zu Wrtern und Begriffen aus der Patristik. 1918-1978.", Berlin 1980, sotto le voci
rispettive.
27 Vedi il termine "Dogma": opinione o editto.
28 Vedi il termine nel Dizionario Patristico. "Libellus emendationis": CChL 64.
29 Vedi GAUDEMET, cit., IV/V, 393-397; STOCKMEIER, P., "Leo der Grosse", 93-100.
30 Vedi HANSON, R.P.C., "Dogma and Formula in the Fathers", specialmente 169-184.
31 DS 264 ss.

50

La presa di posizione negativa di fronte agli errori si esprime spesso in forma di


"anatema". Tale formula, di origine giudaica32, era stata adoperata gi nel Concilio
niceno33, e poi da altri sinodi del secolo IV (Laodicea, Gangra, eccetera). La formula,
minacciando di scomunica o condannando pure coloro che non accettano la fede
comune, costituisce una espressione negativa del dogma, la definizione per esclusione
del quadro dottrinale entro cui si deve fare l'esegesi o la riflessione teologica.
Famosi gli "anatematismi" di Cirillo. Composti nel 430 per riassumere le dottrine
nestoriane da condannare, bench non proprio approvati dal Concilio efesino, vi hanno
ottenuto valore canonico34.
Il modo negativo di formulazione della retta fede si trova pure nella predicazione e nei
trattati teologici. In queste occasioni gli autori mettono insieme tutta una serie di eresie,
insistendo sul fatto che l'ultima sarebbe la pi pericolosa, o paragonando certe eresie fra
loro, non senza forzare a volte un po' troppo questi raggruppamenti35. In simile contesto
sono da vedere anche gli scritti De haeresibus", che trovano ghrande interesse anche nel
nostro periodo. L'esempio pi conosciuto il 'catalogo' di Agostino, composto nel 428,
seguendo modelli anteriori (Epifanio, Filastrio)36.
Aggiungiamo che nel secolo V esiste anche una legislazione civile assai ampia contro gli
eretici e le eresie. Le misure repressive, in parte assai severe (esclusa per la condanna a
morte), testimoniano non soltanto la portata sociale e politica dell'ortodossia, ma anche
l'importanza che le discussioni sulla fede avevano, specialmente in Oriente, nella vita
quotidiana37. Le autorit ecclesiastiche approvavano in gran parte questi procedimenti,
anzi, come Agostino e Leone, chiamavano l'aiuto civile, persuasi che ogni autorit, sia
ecclesiastica, sia civile, deve reprimere l'errore in campo religioso38.
14. L'esegesi di Cirillo di Alessandria.
Bibliografia
Introduzione.
L'esegesi delle sacre Scritture sta al centro della teologia degli autori cristiani del secolo
V, come per tutti i Padri della Chiesa. Lo confermano i due scrittori pi eminenti di quel
tempo, Cirillo di Alessandria e Agostino, tutt'e due grandi esegeti. Forse sorprende che
abbia scelto come rappresentante dell'esegesi orientale Cirillo e non Teodoro di
Mopsuestia. Quest'ultimo ha meritato di essere chiamato addirittura "l'interprete", ed
stato realmente l'esegeta pi famoso della scuola antiochena. Ho preferito il primo perch
sul piano teologico ha avuto un'importanza pi grande, e perch il suo influsso ha
segnato di pi la Chiesa latina e bizantina39.
D'altra parte, trattando l'esegesi di Cirillo non si potr trascurare l'esegesi dei suoi
coetanei, quella degli antiocheni, ai quali viene opposta di solito la sua interpretazione
della Bibbia (si vedr invece che il suo lavoro esegetico non in realt tanto lontano
quanto certuni pensano da quello degli antiocheni).
32 Vedi Diz. Patr.: Anatema e Benedizione.
33 DS 126.
34 Vedi JOUASSARD, G., "Anathematismen": LThK 1 (1957) 495 ss., e anche altri articoli di Dizionari su questa voce.
35 Vedi Leone Magno, Sermones 24,5, 30,2; confronta con S.M.KLEHR, Leo der grosse in der Auseinandersetzung mit der
Hresie, Diss. Walberberg 1963, 60 ss; Agostino, Serm. 183; Cassiano, "Adversus Nestorium"; Arnobio Il Giovane,
"Conflictus cum Serapione".
36 Vedi ALTANER, _ 59,7c; RAHNER, K., "Ketzerkataloge": LThK 6 (1961) 130 ss; C.Gianotto, Eresiologi: Diz.Patr. I,
1194-1197.
37 Vedi GAUDEMET, IV/V, 597-623.
38 Vedi gli studi sul "coge intrare" in Agostino, da parte di BROWN ed altri. Vedi anche BAUS II./1, cap. 11, sul donatismo,
con la bibliografia.
39 Vedi TRE, 259.

51

I. Il contesto storico in cui vissuto Cirillo.


A. La citt di Alessandria.
Era il centro anche ecclesiastico dell'Egitto. Aveva una tradizione di scuola teologica.
Era un centro ellenistico e verso il 400 quasi tutta la citt era cristiana. Sotto i vescovi
Teofilo e poi anche Cirillo si trovavano ancora resistenze pagane.40
B. La scuola alessandrina e la scuola antiochena.
Il problema posto di sovente in termini sbagliati, cio come opposizione di metodi
esegetici, di impostazine antropologica, di cristologia, di filosofia. In realt, senza voler
escludere sfumature diverse (lo sfondo forse piuttosto greco da una parte e piuttosto
semitico dall'altra), da considerare bene l'orizzonte comune della formazione retorica e
letteraria di quel tempo. E' un problema da approfondire.
C. Le condizioni generali dell' esegesi cristiana verso il 400.
1. Il testo base.
Il testo di base usato allora era la versione detta dei LXX. Bisogna tenere in
considerazione la probabile presenza di altre versioni greche e forse del significato
particolare che avevano i nomi ebraici, spiegati da Origene e Eusebio.
Il testo greco della LXX viene considerato come ispirato, come parola di Dio41.
In Occidente la situazione era diversa. Con Girolamo si aveva una attenzione maggiore
al problema della traduzione e della "veritas hebraica". Agostino per contesta in parte la
posizione di Girolamo.
2. Lo scopo dell' interpretazione.
Nell'antichit si praticava l'interpretazione dei testi poetici, filosofici e storici con una
doppia prospettiva:
intenzione estetica , "delectare",
intenzione morale , "prodesse"42.
Ci secondo l'adagio antico, "delectare et prodesse", che rispondeva ai canoni della
retorica. Tale scopo appare chiaramente nell'uso e nel concetto di "allegoria", che serviva
sia per difendere la religione mitica come base della vita morale, sia per attrarre la
curiosit e l'ammirazione43.
Alla doppia intenzione comune all'area pagana, corrisponde, in campo cristiano, almeno
in qualche modo, l'interesse dogmatico e morale. L'esegeta cerca di far scoprire nei testi
sacri il mistero divino, le bellezze del "Logos", la "ratio sacramenti", e nello stesso tempo
di ricavarne un esempio di vita. In altre parole anche l'esegesi cristiana vuole "consolare"
ed "edificare". Secondo DODARO, una pi profonda comprensione dei termini delectare
et prodesse necessaria, e deve attingere al concetto di allegoria. L'allegoria sarebbe un
modo di criticare la cultura che va oltre la lettura culturalmente dominante di un testo.
Nelle epp. 54-55, Agostino parla del simbolismo contenuto anche nella sacra liturgia, che
deve essere in grado di attirare l'attenzione troppo sbilanciata sugli spettacoli profani. Lo
scopo quello di superare l'attrazione puramente visuale (cfr. le idee neoplatoniche).
Comunque si tratta sempre di interpretazioni molto interessate. Si cerca di difendere e
di chiarire la fede in Dio, il quale aveva parlato nei profeti, negli apostoli, e soprattutto in
Cristo. Anche l'aspirazione alla salvezza per mezzo della gnosi, era uno degli stimoli pi
importanti che spingeva alla meditazione della Bibbia.
E bisogna tenere presente anche il fatto pur banale che ogni lettura di libro,
specialmente religioso e sacro, "interessata", consiste almeno in parte in un voler
"attualizzare" il testo. Da questo punto di vista si capisce meglio anche la parentela fra
l'esegesi di ispirazione ellenistica e quella di ispirazione giudaica. Le tre forme pricipali di
40 Si vedano gli articoli rispettivi per tutti questi nomi nei Dizionari: RAC; DGHE; TRE; DPatr.
41 Vedi.SCHAUBLIN, cit., 123 ss; WILES, cit.: Cambr.Hist.Bibl. 492 ss. Vedi gli articoli sulla LXX, in particolare:
BARTHELEMY, D., in: "Mlanges Danilou", Paris 1972, 247-261, e la traduzione francese dei LXX.
42 Vedi SCHAUBLIN, cit., 163.
43

Per la tematica del "delectare et prodesse" ved. il mio art. "Delectare et prodesse. Zu einem Schlsselwort der
patristischen Exegese: Mmorial Dom J.Gribomont (Roma 1988), 555-581.

52

esegesi giudaica, Haggadah, Halakah, Pescher,includono ultimamente le due intenzioni di


cui sopra, si facevano come attualizzazione del testo per una situazione concreta in cui
vivevano i fedeli, la comunit.
3. Il metodo di interpretazione
Anche nel nostro periodo lo schema fondamentale d'interpretazione rimasto quello
della filologia antica:
"emendatio", "lectio", "interpretatio-enarratio", "iudicium"44.
Poich l'interpretazione dei testi deve arrivare al giudizio sia estetico sia morale, essa
non pu fermarsi alla lettera. Fatta per "attualizzare" il testo, cio per rilevare il suo "pro
nobis" ("propter nostram salutem", ovvero il motivo soteriologico sotteso alla lettura di
un testo, come dichiara espressamente Agostino nelle Enarrationes in Psalmos), si
estende naturalmente ad un senso "pi profondo", o, diciamo, almeno ulteriore, non
necessariamente inteso dall'autore umano dei libri sacri.
A questo scopo, nei primi secoli i "maestri" avevano applicato metodi diversi, metodi
che ritroviamo ancora, pi o meno, anche nel nostro periodo:
il metodo sinagogale dei "Testimonia" (la dimostrazione fatta grazie alle testimonianze
di persone autorevoli, le "auctoritates" o i "martyria" - in senso letterale - dell'ambiente
antico);
il metodo tipologico (il paragone tra due avvenimenti dei quali il secondo ripete in
qualche modo il primo)
il metodo di dimostrazione profetica (la ricerca del compimento ulteriore di una
predizione)
il metodo allegorico (la ricerca di verit generali sulla vita, sull'anima, sulla cosmologia,
dietro le affermazioni storiche o mitiche).
Non facile raggruppare sinteticamente questi metodi diversi. In Origene ad esempio,
troviamo il senso storico, il senso mistico, il senso morale come metodi di interpretazione
della Sacra Scrittura. Cos anche in Ambrogio. I moderni oppongono pertanto la lettera
ai sensi cristologico e antropologico. Comunque possiamo sempre distinguere in qualche
modo fra la lettera (il senso ovvio o inteso dall'autore umano), e lo spirito (il senso
nascosto, pi profondo, ulteriore), e quest'ultimo costituisce propriamente
l'"attualizzazione" del testo.
4. I generi letterari di esegesi
Sotto l'influsso della filologia classica, gli esegeti cristiani hanno sviluppato generi
letterari diversi, che ritroviamo anche nella prima met del secolo quinto: "Quaestiones et
responsiones", "Scholia", "Commenti" o "Hypomneumata".
a. "Quaestiones et responsiones".
Sono le risposte alle difficolt dei testi, rilevate forse da avversari della fede cristiana,
come avvenuto da parte di Celso e di Porfirio. Si trovano procedimenti e anche
tematiche simili sia in Origene sia nell'Occidente45.
b. "Scholia".
Sono spiegazioni brevi, non continue, scritte a margine delle colonne o delle pagine.
Cicerone testimonia per primo questo significatao di "scholion", come "osservazione",
"spiegazione".
c. "Commenti" o "Hipomneumata".
Sono invece le spiegazioni continuate, trasmesse in libri separati. Nell'et imperiale si
cominciava a fare estratti dai commenti antichi su poeti e filosofi, componendo cos
nuovi commenti.
Gli esegeti cristiani, da Origene in poi avevano ripreso questo genere letterario per la
spiegazione della Bibbia. Seguendo gli antichi, fanno precedere ai commenti qualche
44 SCHUBLIN ha studiato lo schema quadripartito in Teodoro di Mopsuestia, dunque in un antiocheno. Schublin si
appoggia su MARROU, che nei suoi studi sulla cultura antica si riferito invece piuttosto ad Agostino e ai latini.
45 Vedi SCHUBLIN, cit., 51-55 , ove fa un paragone fra Agostino e Diodoro/Teodoreto. Vedi anche BARDY, in RBib 41/2
(1932/3).

53

introduzione, in cui, secondo le regole comuni, trattano del titolo dell'opera,


dell'argomento, dello scopo che aveva l'autore, del numero dei libri, dell'ordine in cui la
materia era disposta, della sua utilit46.
Poi spiegano, frase per frase, anzi, parola per parola47. Tuttavia queste interpretazioni
molto analitiche vengono ogni tanto interrotte da qualche "excursus"48, di carattere
storico, letterario e soprattutto dogmatico-apologetico. Avviene anche la "ripresa" di
spiegazioni fatte gi in tempi precedenti (cos Girolamo e Cirillo), che diventeranno, pi
tardi (come abbiamo gi visto), le "Catenae".
d. Trattati metodologici.
Da Origene in poi, incontriamo pure opere di carattere teorico, come le introduzioni
all'esegesi, o discussioni sull'uno o sull'altro aspetto dell'ermeneutica.
Da autori greci del nostro periodo conosciamo i titoli di qualche scritto perduto:
DIODORO, "Sulla differenza fra theoria ed allegoria"49;
TEODORO di M., "Contro gli allegoristi" (contro Origene)50.
Riferimenti come questi servono per confermare la distinzione fra scuola alessandrina e
scuola antiochena. Ci pervenuto il testo di un trattato ermeneutico:
ADRIANOS, "Introduzione alle Scritture Sacre"51, che probabilmente risale alla prima
met del secolo V52. Adriano un esegeta di scuola antiochena, monaco e vescovo, di cui
ci d notizia Cassiodoro definendolo "introduttore alla parola divina. Costui parla delle
figure di pensiero e degli antropomorfismi, dell'uso delle parole e dei costrutti. La sua
opera (PG98, 1273-1312) molto originale, in quanto si presenta come un manuale di
retorica intessuto di esempi biblici. Nelle ultime tre colonne del testo troviamo una
interessante discussione a proposito della disciplina dell'esegesi, che secondo Adrianos
deve dare molta importanza allo studio dell'"aptum". E' un'operetta assai poco studiata.
e. Subsidia.
Come accadeva agli autori profani, gi da molti secoli, anche gli scrittori cristiani
avevano a disposizione dei lessici, cio dei glossari e dizionari di "realia". Ricorrendo a
questi dizionari, spiegavano le parole, i nomi di persone o di luoghi, la geografia, le
piante, gli animali, eccetera. Per la storia, ricorrevano alle opere di Josephus Flavius o di
Erodoto o di altri.
Al nostro periodo risale il cosiddetto "Glossario di Cirillo", ripreso poi in gran parte dal
dizionario di Esichio53.
II. La vita e le opere di Cirillo di Alessadria
Purtroppo non esiste una biografia di Cirillo che risponda alle esigenze della cristica
storica moderna54. Non si tratta qui di riempire tale lacuna. Ricordiamo soltanto gli
aspetti della sua vita che sarebbero da trattare, cos come dobbiamo fare per le altre
biografie dei Padri della Chiesa.
A. Le fonti della biografia cirilliana.
Innanzitutto vi sono le sue stesse opere: Homiliae Paschales, che sono datate e attuali;
la corrispondenza, in particolare le lettere 4, 17, 39, che sono lettere canoniche o
ecumeniche. Poi le "Historiae Ecclesiae Antiquae", di Socrate-Teodoreto-Sozomeno ed
altri55.
46 Vedi SCHUBLIN, cit., 66-72 .
47 Fanno cos la "collana di perle", come dice MARROU.
48 "Akolouthia", o "coerenza logica" del testo.
49 SUIDAS
50 QUASTEN, II., 561-581.
51 MG 98, 1273-1312 .
52 SCHUBLIN, cit., 138-222; BARDENHEWER, cit., IV., 254 ss.
53 Vedi Lexikon der Alten Welt, 1722-1726.
54 Vedi per gli articoli in RAC e TRE
55 QUASTEN, III (ed.francese), 745 ss: Socrate, parziale, a. 440.

54

B. Gli avvenimenti maggiori della vita di Cirillo.


1. Ci sono poche notizie sulla giovinezza. Nato ad Alessandria, nipote di Teofilo,
dunque con una formazione solida. Partecip alla campagna dello zio contro Crisostomo.
Conobbe la vita monastica.
2. Dal 412 al 429 successore dello zio Teofilo. Lotta in favore dell'ortodossia.
Combatte i pagani e i giudei: per questo ebbe difficolt con le autorit civili, in occasione
della espulsione degli ebrei nel 414 e dell'assassinio di Ipazia nel 415. Le sue attivit
politiche sono limitate all'Egitto. Invece la sua attivit letteraria ben pi importante,
soprattutto dall'anno 418 in poi: le sue opere esegetiche risalgono a questo periodo (vedi
dopo).
3. Dal 429 al 444 svolge un'attivit politico-religiosa universale, legata soprattutto alle
questioni cristologiche sollevate da Nestorio.
429: epistola 1 "ad monachos Aegypti"; omelia di Pasqua n.17. In questi testi tratta
dell'unit di Cristo, senza nominare Nestorio. Nestorio reagisce fortemente: epistola 2 a
Nestorio. Scrive anche a Roma, e manda i 12 anatematismi, che sono la condanna di
Nestorio.
431: Il Concilio di Efeso. Scrive molte lettere.
433: Accordo con gli antiocheni ("formula unionis").
Si giustifica di fronte ai propri seguaci, non senza difficolt, soprattutto nel
437/8 , quando Proclo richiese la condanna di Diodoro e di Teodoro. Cirillo,
interpellato da Giovanni di Antiochia, rifiut la condanna: Cos fin la sua vita nella
tranquillit.
Anche durante tutto questo periodo di controversie acerbe, Cirillo svolgeva una grande
attivit letteraria: scriveva lettere dogmatiche e trattati cristologici. Scrisse anche
un'opera apologetica in grande stile, il "Contra Julianum", che una difesa della fede
cristiana contro i pagani, nella quale adopera anche molto materiale dell'antichit56.
C. La cultura di Cirillo
Come nipote di Teofilo, vescovo di Alessandria, Cirillo ricevette una educazione molto
ampia. Il fatto confermato dalle sue opere, specialmente quelle composte prima del 429
e dal "Contra Julianum".
1. Formazione retorica.
Egli ebbe una formazione classica solida e completa. Conosceva il latino. Dominava
molto bene la lingua greca, specialmente il vocabolario, meno lo stile.57 Nei suoi scritti si
trovano molte citazioni classiche. Fa uso del genere letterario del dialogo. Solo tenendo
conto di questi fatti si possono valutare le sue invettive contro l'arte retorica.
2. Formazione filosofica.
Certi suoi giudizi negativi contro la filosofia, sono da considerare nel loro contesto
polemico: contro gli eretici e contro il fatalismo pagano. In parte si tratta di luoghi
comuni, ripresi dall'antichit stessa, ad esempio contro Epicuro o contro Aristotele.
D'altra parte in lui c' pure l'esaltazione della filosofia: Agar, come tipo di ancella; il
tema dei tesori riportati dall'Egitto. Ci sono dunque in lui posizioni simili a quelle nei
confronti della retorica. Dipendentemente dalle esigenze teologiche, fa uso pi frequente
della filosofia prima del 429 (nella polemica anti-eunomiana). Bisogna dunque dire che
Cirillo nell'uso della filosofia ha seguito Origene ed i suoi discepoli: ha attuato una
integrazione della filosofia, per principio. Nella pratica per l'ha usata solo per necessit
polemica.
3. Formazione teologica.
Ha ricevuto pochi influssi da Didimo, bench questo fosse il grande teologo di allora, in
Alessandria. Forse fu a causa dell'anti-origenismo di Teofilo, che aveva un'altra mentalit.
56 MALLEY, Contra Julianum. - Per la cronologia delle opere esegetiche, vedi DUPRE LA TOUR, A., "La 'Doxa' du Christ
dans les oeuvres exgtiques de S. Cyrille d'A.", Diss. Greg., Roma 1960, 25.
57 Giudizi a volte troppo negativi, ad es., in: TRE.

55

Ricevette un indirizzo monastico. I suoi interessi biblici sono rivolti soprattutto a Paolo e
a Giovanni; studi dei commenti biblici, che per non nomina.
Dopo il 429, studi intensamente i Padri, anche i non alessandrini. Non ebbe critica
sufficiente per riconoscere le falsificazioni apollinariste. Bisogna concludere che ebbe una
formazione teologica relativamente universale.
III. L'esegesi di Cirillo
Cirillo stato innanzitutto un teologo. Come tale sapeva adoperare tutti i mezzi tel suo
tempo: l'argomentazione scritturistica, filosofica, patristica. In questo fu un iniziatore.
Non ricorreva solo alla Bibbia per dimostrare le sue tesi teologiche, anche se, come tutti i
Padri, aveva premura di studiare la Bibbia come Parola di Dio. Cos fu anche esegeta del
Vecchio e del Nuovo Testamento.
A. Opere esegetiche di Cirillo
Vi sono tre serie di opere.
Prima serie:
"De adoratione et cultu in spiritu et veritate", libri 17. E' una interpretazione allegoricotipologica di testi del Vecchio Testamento. E' moraleggiante. Si tratta di prefigurazioni
della vera adorazione.
"Glaphyra", o 'commenti eleganti'. Sono interpretazioni tipologiche di passi scelti del
VT (secondo l'ordine dei libri). Si potrebbe chiamare: il mistero di Cristo prefigurato 58.
Seconda serie:
"Commenti su Isaia e sui Profeti Minori". Vi si trova la prefazione del commento su
Isaia, con lo scopo, la interpretazione secondo la storia e secondo lo spirito, e ci
seguendo le spiegazioni anteriori. Vi si trovano anche frammenti di altri commenti ...
Terza serie:
"Sulla Trinit", due scritti.
"Commento su Giovanni", di tendenza dogmatica, con confutazione di eretici ariani. La
cronologia dello scritto discussa. Forse del 425. Comunque di prima del 429.
Le opere esegetiche di C. appartengono dunque al primo periodo dell'attivit letteraria,
caratterizzata dalle polemiche contro ebrei, pagani ed ariani. Vi si trova quindi la difesa
del mistero di Cristo, cos come appare a partire dal VT; c' la confutazione delle
obiezioni contro il VT e la insistenza sulla vera divinit di Cristo, escludendo per la
teoria dei "due figli".
Due osservazioni particolari. L'esegesi di C. pi vicina a quella degli antiocheni che
non a quella di Didimo. Composte in una delle metropoli dell'Impero Romano, le opere
esegetiche attestano lo spirito "ecumenico" dell'autore. Come Eusebio e come Girolamo,
anche Cirillo si riferisce alle profezie compiute nella "Pax Romana"59.
B. I principi esegetici di Cirillo.
Alla base dell'esegesi di C. si trova la distinzione "historia" e "theoria". Essa
corrisponde alla distinzione tra interpretazione letterale e interpretazione spirituale.
A questo proposito C. utilizza una terminologia molto ricca: per la "historia" usa
espressioni come: terrestre, materiale, che dicono una qualit inferiore; per la "theoria"
invece usa espressioni come: vera, spirituale, che sottolineano la sua qualit superiore.
Alla base di questa distinzione stanno due modi di conoscere le cose, secondo lo
schema platonico: le cose sensibili e le cose intellettuali. L'interpretazione fatta secondo
la storia quella che corrisponde alla conoscenza sensibile, visibile, uditiva, ed
l'esperienza quotidiana. L'interpretazione spirituale quella riservata ai perfetti, agli
intellettuali, ed la conoscenza del mistero di Cristo 60. Anche se insiste sulla "theoria"
58 MG 69, 1317.
59 Vedi BARDY, cit.,: RHE 49 (1950) 5-24.
60 Vedi KERRIGAN, cit., 131.

56

come senso superiore, Cirillo esige per che si ritenga il senso storico 61. C' per lui una
necessit del senso storico. Il modo con cui egli giustifica il senso spirituale, dimostra che
ha capito meglio dei precedenti alessandrini il valore della storia. Cos ricorda
l'evoluzione della storia di Israele e la spiritualizzazione progressiva della sua fede 62.
Per lui il senso letterale include anche il modo metaforico di parlare, cio le parabole,
gli enigmi, eccetera. Cirillo rileva pure lo scopo dell'autore, come ad esempio l'intenzione
religiosa del Pentateuco e dei singoli profeti63.
C. Le fonti dell' esegesi cirilliana
Interpretando le Sacri Scritture, Cirillo segue spesso altri esegeti. Secondo l'uso degli
antichi, non indica per i loro nomi. Ignoriamo quindi in gran parte le sue fonti. Tuttavia
in certi testi non troppo difficile rintracciare gli autori adoperati: Eusebio, Basilio,
Girolamo, Teodoreto. Non Didimo, che cita solo per rifiutarlo. Mette pure insieme
opinioni diverse64.
L'origine della "theoria" pi difficile da stabilire. L'ermeneutica di Cirillo infatti
molto complessa. Come nella visione "alessandrina" del mondo, il duplice senso della
Bibbia fondato per lui sulla distinzione fra le cose sensibili e le cose intellettuali, delle
quali le prime sono i segni. Vedi in questo Didimo. Con gli altri alessandrini, Cirillo
riferisce le istituzioni e gli eventi del Vecchio Testamento al mistero di Cristo, non per
intendendo i fatti singoli della vita di Ges. Diversamente da Origene, non considera tutti
i particolari del Vecchio Testamento come prefigurazioni. Con Clemente di Alessandria,
vede nel modo metaforico di parlare il frutto di una educazione specifica del popolo di
Israele.
Nella esegesi di C. si ritrovano per pure elementi non tipicamente alessandrini. Cos
insiste sullo scopo inteso dall'autore 65. Anzi ci sono alcuni elementi che Cirillo condivide
con Girolamo, come certe varianti del testo, il senso figurato della lettera, certe
conoscenze storiche, geografiche, rabbiniche. Forse queste rassomiglianze indicano
piuttosto lo stesso ambiente esegetico, che non una dipendenza diretta di Cirillo da
Girolamo, bench questa non possa essere esclusa.
IV. Valutazione della esegesi di Cirillo
A. Un alessandrino "progressista"66.
Cirillo ha il modo tradizionalmente alessandrino di vedere, con l'insistenza sull'esegesi
spirituale e il senso del mistero del Logos. Diversamente dagli alessandrini per non
considera tutti i particolari del Vecchio Testamento come prefigurazioni di Cristo o della
Chiesa. La "theoria" anche una visione profetica delle cose future (per non come per
gli antiocheni, per Girolamo e per Giuliano di Eclana). Ha pi interesse per lo scopo
avuto dall'autore e per le cose storiche. E' pi vicino agli antiocheni che non agli
alessandrini che lo hanno precedeuto. Dopo il 400 quindi, c' un grande accordo sul
metodo esegetico.
B. Il valore dell'interpretazione letterale67.
Riconosce la necessit del senso storico. In realt ha interpretazioni spesso poco felici,
ed troppo eclettico nei confronti delle spiegazioni altrui. E' per da giudicare secondo
lo stato della esegesi di quel tempo. Certamente meno critico di Girolamo e di
Teodoreto. Non ha la "veritas hebraica" come Girolamo. Usa molto l'allegorismo nella
spiegazione dei Profeti.

61 Vedi EnchPatr 2094, 2096.


62 Vedi KERRIGAN, cit, 134 , e MG 68, 521A ss.; 69, 452D.
63 Vedi KERRIGAN, cit., 95, 108.
64 KERRIGAN, cit., 351-361.
65 KERRIGAN, cit., 87-108: paragona Teodoro di Mopsuestia a Giamblico.
66 KERRIGAN, cit., 439.
67 KERRIGAN, cit., 444 ss.

57

C. Il valore della interpretazione spirituale68


E' ancora troppo allegorizzante. Per pi interessato che non gli alessandrini a lui
precedenti alla tipologia tradizionale, alla storia di Israele (per la spiritualizzazione
progressiva, per l'educazione), alla profezia.
Cirillo si distingue pi per la profondit della sua teologia che non per la sue esegesi. Si
veda il senso della maest divina nel suo commento ad Isaia, l'unit di Cristo nel
commento a Giovanni. E' nel campo teologico che Cirillo si aggiudicato i meriti pi
grandi (Vedi FATICA).
15. L' ESEGESI DI AGOSTINO.
BIBLIOGRAFIA
INTRODUZIONE
Non qui il luogo di mettere in evidenza quanto sia importante Agostino per la storia
del pensiero teologico e della spiritualit cristiana dell'Occidente. Conviene forse per
ricordare i due fatti che, oltre l'ingegno straordinario del vescovo di Ippona, ci spiegano
in modo particolare il suo posto eminente nella storia della Chiesa latina.
Il primo fatto che, erede della teologia africana e nello stesso tempo figlio spirituale
di Ambrogio, mediatore fra l'Occidente e l'Oriente greco, Agostino era in grado di riunire
in s due mondi di esperienze umane diverse, ma altrettanto profonde.
Il secondo che, collocato in un momento cruciale della Chiesa d'Occidente, tra la fine
dell'antichit e la nascita della civilt medievale, ha esercitato un influsso immenso sulla
vita e sulla teologia della Chiesa cattolica romana, anzi su tutte le Chiese occidentali.
Tutto ci va detto specialmente per l'esegesi latina del Medioevo, la quale ha ricevuto i
suoi impulsi pi decisivi da Agostino. E' quanto ci interessa, in questa sede, pi che gli
altri aspetti della sua teologia. Pur limitandoci al campo esegetico dell'opera agostiniana,
non ci per possibile esaurire questo argomento tanto vasto e del resto non ancora
studiato sufficientemente dalla pur ampia ricerca moderna. Infatti, per comprendere solo
le grandi linee dell'esegesi di Agostino, dovremmo prendere in considerazione tanti
aspetti della sua vita, tante opere non strettamente esegetiche, tanti punti della sua
teologia e del suo ministero pastorale, tanti problemi della cronologia delle sue opere,
che, nonostante le indicazioni preziose delle "retractationes", e delle lettere, rimangono
aperti. Quindi, pur limitandoci alla sola esegesi di Agostino, dobbiamo accontentarci
degli aspetti che sembrano essere i pi essenziali.
I. Il contesto storico della esegesi di Agostino
Nel "Sermo II" dell'"Enarrationes in Psalmos. 90" (EnPs), come in altri luoghi,
Agostino espone la sua dottrina sul "Christus totus", cio su Cristo e sulla Chiesa in tutta
la storia della salvezza. Dice fra l'altro
"Et de illa civitate unde peregrinamur, litterae nobis venerunt: ipsae sunt scripturae
quae nos hortantur ut bene vivamus"69.
Secondo questo testo, la Scrittura, insieme con l'Incarnazione, la via per la quale i
pellegrini del Signore tornano nella fede alla Citt eterna, anche attraverso le sofferenze
presenti nella storia. Con l'Incarnazione, la Scrittura l'esortazione a quella vita per la
quale Cristo riconduce gli uomini credenti all'unione con gli angeli di Dio. Da questo
passo famoso risulta quindi quanto Agostino tiene alla lettura ed all'intelligenza della
Bibbia, ma anche quanto il suo modo di leggere e di interpretare gli scritti sacri dipende
dalla sua intera visuale teologica.
La Bibbia domina tutta la teologia agostiniana.
68 KERRIGAN, cit., 446-461.
69 ML, 37, 1159; EP 1479.

58

Certamente, essa non assolutamente necessaria "ad salutem", poich appartiene allo
stato "post-lapsario". Senza il peccato di Adamo l'uomo avrebbe avuto, pure senza
scrittura, una visione diretta del Verbo, cos come l'avr una volta in cielo.
Anzi, neppure nella vita terrestre dei peccatori la Bibbia indispensabile, poich quello
che conta la fede, la speranza e la carit 70. Nondimeno abbiamo bisogno della Bibbia,
perch susciti in noi quelle virt per le quali perveniamo alla visione beata di Dio.
Tuttavia si vede subito, e questa una seconda conseguenza derivante dalla lettura
attenta di quel testo, che l'idea della necessit della Bibbia strettamente legata alla
prospettiva storica della teologia agostiniana.
Secondo Agostino, gli uomini che credono in Cristo, insieme con gli angeli,
costituiscono la Citt di Dio. Mentre quelli, godendo della verit eterna, stanno
aspettando il ritorno degli uomini, questi sono ancora pellegrini e si affaticano sulla terra.
Non rimangono per senza consolazione, poich appunto la Scrittura li invita a cercare
Dio, anzi, la Parola di Dio si fatta carne per essere la loro via verso l'eternit.
Tutto ci ben considerato, chiaro che non basta spiegare cosa Agostino abbia
insegnato sulla Bibbia, e come abbia cercato di interpretarla. Dobbiamo piuttosto
studiare la sua esegesi nel quadro di tutta la sua teologia, anzi, nell'insieme di tutte le sue
esperienze umane, cristiane e sacerdotali. Di questo parleremo dunque, almeno
brevemente, nel contesto storico dell'esegesi agostiniana.
Le esperienze di vita
Come per pochi autori cristiani, l'opera letteraria di Agostino intimamente inserita
nelle vicende della sua vita. Quasi tutti i suoi scritti riflettono le sue ansie e
preoccupazioni, le sue lotte continue e le sue conquiste. Anzi, si direbbe che la fase
cruciale della sua vita, la sua conversione alla fede in Cristo, Verbo Incarnato, fosse
rimasta efficace in tutta la sua opera 71. Ci vale in particolare per il suo lavoro esegetico.
1. La crisi
Dalla lettura dell'"Hortensius" di Cicerone Agostino trasse l'esortazione a ricercare la
saggezza, che si trova nella "beatitudo" della "veritas", non nella "voluptas". Ma in
questa opera Agostino trova delineata la separazione tra eloquentia et sapientia (dal
momento che Cicerone non conosce Cristo), la cui composizione vedr soltanto
nell'eloquenza di Ambrogio. La ricerca non fatta in Cristo, ma piuttosto nello studio
della filosofia di Aristotele. Viene deluso dalla troppa semplicit della Bibbia.
Avviene la sua "conversione" al manicheismo, caratterizzato dall'amore per Cristo, da
ideali spirituali ed umani, come la ricerca di una verit certa. Riceve ancora delusione
dagli antropomorfismi e dall'immoralismo presenti nella Bibbia. In fondo, rifiuta
l'autorit. Vive nel razionalismo manicheo e poi nello scetticismo72.
2. La conversione
L'incontro con il neo-platonismo milanese, la retorica e l'esegesi allegorica di
Ambrogio, la lettura di Paolo e di Giovanni, sono gli elementi che hanno contribuito alla
soluzione della crisi. Come risultato ne ebbe:
la "auctoritas fidei", come via di salvezza per tutti;
il valore dell'esegesi del Vecchio Testamento;
necessit della purificazione morale per mezzo di Cristo, secondo l'esempio
di Paolo73.
3. Il ministero sacerdotale
70 "De Doctrina Christiana", I,39,43.
71 LexAltWelt, 404.
72 Vedi LORENZ, cit., 56; FELDMANN, E., "Der Einfluss", cit.
73 Vedi SCHINDLER, A., cit.: TRE 4 (1979) 660 ss., con un "Exkurs" sulla ricerca moderna circa la conversione di
Agostino, questione risolta anzitutto da P.COURCELLE.
Nella BAug 13,161 ff., si leggono questi risultati della conversione: 1) Esegesi spirituale; 2) Simpatia per la fede 3) ... 4)
Necessit della salvezza per la fede; 5) Necessit della purificazione morale, "per Christum", secondo Paolo.

59

Dopo la conversione, avviene un approfondimento della filosofia della fede, nonch


degli scritti anti-manichei, ma anche lo studio della Bibbia e dei commentari biblici. Dal
388 in poi, Agostino usa citazioni bibliche. Un orientamento decisamente biblico tuttavia
si ha solo dopo la vocazione al sacerdozio74. Allora si d allo studio intenso della Bibbia e
forse anche dei commentari biblici di Ambrogio. C' comunque l'influsso di Ambrogio
sull'esegesi agostiniana75.
4. Il ministero episcopale
Durante l'episcopato, perfezion doppiamente lo studio biblico, con la predicazione
continua, con l'esegesi pratica e kerigmatica76. Si d anche alla ricerca teologica per
rispondere alle esigenze della polemica, in particolare contro i pelagiani, che lo
impegnavano di pi. Compie per anche una ricerca non polemica, come ad esempio la
composizione del "De Trinitate" (Dodaro non del tutto d'accordo su quest'ultima
affermazione). E' il tempo della maturit.
II. Le fonti
A. Formazione retorica
Dopo aver studiato la grammatica e la retorica, Agostino rimasto retore fino alla sua
conversione. Anzi, la sua formazione retorica (letteraria) caratterizza tutta la sua attivit
posteriore. Anche se, un anno prima del Battesimo, egli aveva rinunziato alla cattedra di
retorica di Milano, non ha mai cessato di essere un retore romano. E' un fatto che non
pu essere sottovalutato quando si studia l'esegesi agostiniana77.
Agostino applica continuamente metodi e procedimenti dei grammatici e retori latini
nella interpretazione della Bibbia. Anzi, nel "De Doctrina christiana", ne presenta proprio
una teoria cristiana. Quest'opera costituisce addirittura un trattato sulla cultura cristiana,
orientata ormai non pi ai classici antichi, ma alle Scritture Sacre78.
La pratica e la teoria dell'esegesi agostiniana comprendono i seguenti elementi:
1. Il campo di preparazione
Per l'interpretazione dei testi sacri sono utili: la filosofia (la dialettica), le artes ,
comprese le scienze, in particolare la conoscenza delle lingue, della storia, della
geografia. La retorica, nel senso di "ars dicendi", serve meno all'interpretazione che
all'esposizione di questa, nelle omelie e nei commenti.
2. La terminologia esegetica
La scienza biblica di Agostino piena di termini ripresi dalla retorica latina: "historia",
"ordo rerum", "gesta", "facta et dicta", "exemplum", "auctoritas", "persona", eccetera 79.
Anche in questo caso per non stato il primo ad introdurre questa terminologia
nell'esegesi cristiana, non tralasciando di ricordare che anche l'esegesi latina profana
dipende da quella greca, e che da quest'ultima dipendeva gi l'esegesi cristiana greca.
3. Il metodo di interpretazione
Segue lo schema di interpretazione classico:
"lectio", "emendatio", "enarratio", "iudicium"80.
L'attenzione ad ogni frase, anzi, ad ogni parola81, del resto un metodo che caratterizza
anche l'esegesi giudaica, con il suo letteralismo.
4. La conoscenza storica
Nell'interpretazione dei testi biblici A. ricerca sia la "cognitio verborum" sia la
"Cognitio rerum". Quest'ultima concerne in particolare le cose storiche. Questo fatto
74 Epistola 21, 3-4.
75 Vedi ROLLERO, cit.; PINCHERLE.
76 Vedi il capitolo di VAN DER MEER, cit., sulla predicazione.
77 Vedi la dissertazione di DE LUIS , cit.
78 Vedi MARROU, cit.
79 Vedi DE LUIS , cit.
80 Gi visto sopra. SCHUBLIN, cit.; MARROU, cit., 422 ss.
81 Gi visto, in: MARROU, cit., la "collana di perle".

60

da vedere nell'ambito dell'interesse dei romani, ma anche degli autori biblici per gli
"exempla". Altrettanto da notare che l'interesse storico comprende pure una certa
critica.
5. L'idea generale della Bibbia
Convinto come tutti i cristiani che la Bibbia la Parola di Dio, Agostino comprende
questa in senso retorico, come "discorso", che si svolge secondo le regole retoriche.
Torneremo sulle conseguenze di questo modo fondamentale di intendere la Scrittura.
Aug. presta grande attenzione all'aptum, notando come la Bibbia presenti la legge morale
in modo adatto agli interlocutori cui si rivolge. Con Ges, in particolare, viene elevata la
capacit morale delle persone.
A1. Esame del testo di Agostino dall'ep.140,25,62.
Questo testo ci aiuta a comprendere la dialettica terminologica di sacramentum ed
exemplum, che sar importate anche per Leone Magno e per la tradizione esegetica
latina posteriore.
La lettera 140 ha il titolo De gratia Novi Testamenti, ed uno dei primi scritti
contro i pelagiani, dei quali Agostino ha appena avuto notizia e che gi si trovano a
Cartagine. Agostino cerca qui di parlare dell'esegesi in rapporto alla polemica sulla
dialettica natura/grazia. Per noi esegesi e teologia sono campi assai differenti, entra
Agostino non lidistingue, come pure non contrappone filosofia e teologia. Quando fa
esegesi, dunque, Agostino parla anche di antropologia e di cristologia.
Il testo che prendiamo in esame ci mostra una chiave di interpretazione di
Agostino che riguarda sia l'esegesi che l'antropologia. Agostino inizia il suo esame
dandoci una figura della Croce che applica alla carit nelle opere dell'uomo. Le opere
buone sono compiute tramite la Grazia che viene da Dio, e che viene indicata con il
termine profonditas. L'uomo pu vedere e capire le sue opere buone, fissate sulla
croce trasversalmente, che si estendono in tutte le direzioni (caritas). La natura
longanime che sopporta la lunghezza della verit , ovvero la fede (parte mediana
della croce che va dal terreno fino all'intersezione con la parte trasversale), mentre
l'altitudo (parte dela croce che va dall'intersezione con l'asse trasversale fino al
culmine superiore), con l'immagine di Cristo che guarda in alto, la speranza. La
Grazia che aiuta a compiere le opere buone ed a perseverare in esse, la parte
invisibile dell'altitudo, ovvero la profonditas (la parte interrata dell'asta verticale della
croce). La radice della salvezza non sono dunque le opere buone, ma la Grazia che ci
viene da Dio, la sua volont salvifica che nascosta, non investigabile. Nel testo sacro
di Ef, allora, con la figura della croce Cristo ci d un exemplum che anche
sacramentum (= mysterium), nel quale comprendiamo come in noi fede speranza e
carit possono sorgere perch si fondano sulla radice profonda e nascosta della carit.
A questo punto, sul discorso antropologico Aug inserisce una riflessione
esegetica: tutto quanto vediamo della Croce exemplum (la parte visibile della croce),
ma tutto il testo della Bibbia mysterium. Noi possiamo capire bene l'exemplum, ci
che vediamo, ma ci sfugge il sensum Domini (la parte interrata della Croce). I
pelagiani pensavano che luomo potesse leggere la Bibbia e sapere cosa fare
concretamente senza bisogno di un maestro interiore, di un intervento della Grazia:
applicavano cos rigidamente lo schema retorico classico, che permetteva ogni
manipolazione del testo per cogliervi un senso.
Agostino invece stato capace di problematizzare la propria formazione retorica,
e quindi anche tutto un metodo di educazione.
In seguito, Agostino svilupper maggiormente il rapporto tra sacramentum et
exemplum sulla scorta delle sue teorie circa l'unit delle nature nella persona di Cristo:
approfondir cio il suo metodo ermeneutico in rapporto allo schema cristologico.
B. Lo sfondo neoplatonico

61

La visione neoplatonica del mondo, che aveva senz'altro favorito la conversione di


Agostino, rimasta fondamentale lungo tutto il corso della sua opera teologica, e
specialmente nella esegesi. Infatti dietro di questa troviamo quel modo di pensare che si
espresso pi chiaramente nei primi scritti, senza del quale per non comprendiamo
neppure le opere posteriori.
Nel Paradiso, l'uomo, creato ad immagine di Dio, godeva di una illuminazione
immediata di Dio. Aveva Dio come amico82. Il peccato della superbia tuttavia alien
l'uomo da Dio. Separato dal Verbo divino, egli si mise a cercare il proprio bene egoistico,
invece del bene comune ("corruptio naturae"), ed esercitava l'"extravisione" invece
dell'introspezione ("corruptio intellectus"), desiderava le cose inferiori invece di quelle
superiori ("corruptio voluntatis")83. L'uomo quindi non era pi in grado di guardare in
alto. L'occhio del suo cuore abbassava lo sguardo verso la terra. Il ritorno al Paradiso, al
mondo intellettuale, era pertanto chiuso a quest'uomo che si trovava ormai fuori
dell'illuminazione. Era necessario che l'autorit di Dio lo richiamasse all'intelligenza, sotto
una forma esteriore, cio per tramite dell'autorit di Criasto, della Scrittura e della Chiesa
(immagine della "nubes").
Oltre al Verbo Incarnato - segno pi alto delle cose divine -, l'autorit della Bibbia e
della predicazione della Chiesa, invitano dunque l'uomo a convertirsi versio se stesso, per
ritrovare, nel proprio cuore, la verit eterna. La Scrittura e la predicazione che la
propone e la spiega, generano e nutrono la fede, che, dal canto suo, operando la carit,
conduce la mente all'intelligenza.
Tale ascesa per, pur facendo progredire in una purificazione continua della mente, non
raggiunge mai su questa terra la sua meta. Soltanto in cielo, in unione con gli angeli,
l'uomo godr della visione della verit eterna. L'uomo dunque non perviene che per
mezzo della scienza alla sapienza, fino a che non sia purificato ed unito pienamente a
Cristo-Dio, verso il quale si avvia anche durante questa vita, per il tramite di CristoUomo.
La visione agostiniana della perfezione cristiana include pure una prospettiva sociale.
Non si tratta solo di una ascesa individuale. I singoli cristiani costituiscono piuttosto
tutto l'uomo, che viene ricondotto da Cristo-Uomo alla Citt di Dio, per unirsi agli angeli
e per formare l'unico popolo dei santi che adorano Dio.
La salita verso Dio non si fa per soltanto "per viam fidei" cio attraverso la fede
nutrita dalla Bibbia, ma anche "per viam rationis", cio per mezzo della ragione che
scopre la verit nelle tracce della creazione84. Agostino presenta dunque un doppio
ideale: "studium sapientiae, doctrina christiana"85
Ora, tutta questa visione della salvezza pu essere considerata come neoplatonismo
cristiano. Essa contiene elementi sia cristiani sia neoplatonici, o meglio elementi
neoplatonici "battezzati". Fra questi riteniamo i seguenti: introspezione o conversione a
se stesso; illuminazione della mente e del cuore; purificazione della mente o guarigione
degli occhi; ascesa verso la vita beata.
Invece gli elementi provenienti dalla tradizione cristiana:
Cristo che suscita l'ammirazione ed illumina la mente; Cristo unico maestro, sia interno
che esterno, nell'autorit della Chiesa, oppure nelle bellezze della creazione; Cristo che
aiuta con la grazia e che mostra la via dando l'esempio86.
Del resto chiaro che gli elementi platonici non sono stati ripresi da Agostino
necessariamente da fonti filosofiche. Erano presenti forse gi da molto tempo nella
82 Gen Man II, 4,5.
83 Vedi HOLTE, cit., 335. Cfr anche DOUCET, cit., nell' ordine invertito.
84 Vedi "De Trinitate", IX ss.
85 Vedi HOLTE, cit., 354 ss.
86 Vedi HOLTE, cit., 329-333.
Vedi "De Trinitate", IV., 3.

62

tradizione cristiana (vedi i contatti con lo gnosticismo, l'anti-gnosticismo, Origene,


Ambrogio, eccetera).
C. La Tradizione cristiana
Parlando delle esperienze della sua vita, nonch delle sue fonti filosofiche e retoriche,
abbiamo gi compreso in che misura inestimabile Agostino obbligato verso la tradizione
cristiana. Conviene per precisare il suo rapporto con questa, per quanto riguarda
l'esegesi. Vedremo il suo rapporto con Ambrogio, con Girolamo, Ticonio, i Padri, il
"paolinismo" del secolo quarto, la Bibbia stessa.
Gli influssi di Ambrogio e dell'ambiente milanese. E' stata la scoperta del senso
spirituale della Bibbia, ed il superamento dell'avversione nei confronti del Vecchio
Testamento. E' cominciata per lui l'interpretazione della Bibbia secondo le esigenze
dell'ermeneutica scientifica di allora, con il passaggio del testo da exemplum a mysterium.
Ha voluto dire anche l'entrare di pi nella visione neoplatonica del mondo, ed il contatto
con l'esegesi greca di Basilio, di Origene, di Didimo e altri87. Temi pi particolari in cui si
imbattuto: il Sermone della montagna, i Salmi, il Cantico, Giovanni88.
Gli influssi di Girolamo:
Nonostante i contrasti fra Agostino e Girolamo, dovuti all'essere uno filosofo d'ingegno
e pastore d'anime e l'altro filologo erudito e monaco, si svilupp tra di loro la
comprensione della Bibbia, ciascuno da punti diversi: la storicit (il caso dell'incidente di
Antiochia); la "veritas hebraica" (la LXX non ispirata). Cos Agostino ha imparato molto
da Girolamo, per le questioni filologiche e storiche, per la traduzione e per i nomi
biblici89.
Gli influssi di Ticonio:
Nel "De Doctrina christiana" Agostino si riferisce al "liber regularum" di Ticonio,
donatista, laico molto colto 90. Ne riprende anzitutto le regole ermeneutiche, secondo le
quali, nei testi del Vecchio Testamento, soprattutto nei Salmi, si distinguono le persone
che parlano, a seconda se si tratta di Cristo-capo o di Cristo-corpo. E l'idea delle "duae
civitates".
Il "paolinismo" del secolo quarto: Mario Vittorino, L'Ambrosiaster, Pelagio:
L'idea patristica fondamentale: "Deus auctor Scripturarum". Agostino stesso afferma e
difende ovunque questa dottrina, che la tradizione cristiana aveva ripresa dal giudaismo e
dalla tradizione apostolica, in particolare lo fa contro i manichei. Le conseguenze di
questa idea sono considerevoli pure per Agostino:
l'inerranza della Bibbia, per cui l'esegeta deve spiegare le difficolt e le
contraddizioni apparenti;
il "mistero" inscrutabile, per il quale bisogna"pulsare, et aperietur vobis", come
un principio universale, anzi, tutto quello che serve all'edificazione della carit
stato previsto da Dio, unico autore della Bibbia e della creazione91; non si pu
dunque formulare una volta per tutte un significato determinato per la Scrittura. La
comprensione dei testi sacri possibile solo se vi da parte dell'interprete una vita
sinceramente cristiana, con la coscienza della mediazione di Cristo. Tutto quanto
dipende dala caritas, invece, un mistero. La nostra comprensione affidabile per
quanto gi abbiamo capito, e questa affermazione va contro il fondamentalismo
degli eretici, che pretendono di aver compreso totalmente la Scrittura.
l'unit di tutta la Bibbia, per cui bisogna interpretare gli uni con gli altri testi. La
mancanza di senso storico compensata in Agostino da una conoscenza
ammirevole dei testi paralleli;
87 Vedi PRETE, cit.; PONTET, e altri.
88 Vedi ROLLERO; TAJA; BAug.
89 Vedi ALTANER e KELLY sui rapporti tra Girolamo ed Agostino.
90 Vedi BAug.
91 Vedi SINISCALCO, cit.

63

la Bibbia Parola di Dio, quindi esortazione alla fede ("auctoritas"), e via alla
conoscenza religiosa ("pistis", "gnosis", "agape").
III. Le linee direttrici dell' esegesi agostiniana
Fra i fattori che hanno determinato in modo decisivo l'esegesi di Agostino c' un fatto
che non caratterizza solo la sua formazione culturale, ma tutta l'evoluzione della cultura
antica, cio l'incontro fra cultura filosofica e cultura retorica. Infatti, se prendiamo in
considerazione che Agostino stato retore di formazione, ma filosofo d'ingegno 92, che
cio ha fatto pure lui dentro di s un confronto continuo fra le sue aspirazioni filosofiche
(suscitate dalla lettura dell'"Hortensius") e le impronte della sua cultura retorica, allora
capiamo in gran parte l'origine e lo sviluppo della sua esegesi.
Il riflesso di questo confronto quasi secolare e tanto fecondo in Agostino stesso, si
trova in primo luogo nel "De Doctrina christiana", ma anche nel "De utilitate credendi",
nel "De catechizandis rudibus", nei commenti sulla Genesi, nel "De Trinitate" 93, nonch in
certe lettere94. Si capisce pertanto che gli studiosi i quali si sono specialmente interessati
a questi scritti, forniscano le informazioni pi pertinenti su questa problematica e quindi
sul senso stesso dell'esegesi agostiniana95. Da queste ricerche risultano le linee direttrici
seguenti:
1. Il senso storico e il senso figurato
Nel "De Genesi ad litteram", il quinto tentativo di spiegare i primi capitolo della Bibbia,
Agostino, precisando le sue intenzioni, dichiara:
"In libris autem omnibus sanctis intueri oportet quae ibi aeterna intimentur,
quae facta narrentur, quae futura paenuntientur, quae agenda praecipientur
vel admoneantur. In narratione ergo rerum factarum quaeritur utrum omnia
secundum figurarum tantummodo intellectum accipianturan etiam secumdum
fidem rerum gestarum adserenda et defendenda sint" (GenLit , I., 1,1) 96.
Secondo questa dichiarazione di principio, e secondo altri testi del GenLit, nella
"narratio rerum" (nei racconti storici cio, non nei testi allegorici, come ad es. il
Cantico), si distinguono due significati: quello "secundum rerum gestarum
proprietatem"97, e quello "secundum figurarum intellectum", che pu essere "misterico"
("mysterium Christi et Ecclesiae") o "spirituale" (un insegnamento morale). Con questa
distinzione Agostino s'inserisce senz'altro nella tradizione patristica dei sensi della
Scrittura. Tuttavia, specialmente nel GenLit, Agostino fa vedere, forse pi chiaramente
dei suoi predecessori, che la "narratio rerum" possiede , sullo stesso piano della storicit,
un significatao pi profondo, quando si tratta di un "racconto di azioni divine".
Quando l'autore racconta un fatto divino, non si deve quindi comprendere in modo
umano, antropomorfico, questo fatto. Il principio vale in particolare per il primo
racconto della creazione, in cui, secondo Agostino, si tratta della prima creazione, per la
quale Dio ha creato tutte le cose in un solo istante, si tratta cio della creazione ideale98.
D'altra parte, Agostino pone il senso misterico in una prospettiva di "storia della
salvezza", in modo pi ampio di quanto non fosse stato fatto nella tradizione anteriore.
Egli comprende il "mysterium Christi" nel quadro della sua dottrina sul "Christus totus",
e delle "duae Civitates". La testimonianza pi eloquente di questa interpretazione si trova
nelle "Enarrationes in Psalmos".
2. res et signa

92 Cos MARROU.
93 Trin. XII/XIII.
94 Ad esempio epistola 55.
95 Vedi MARROU, STRAUSS, MAYER, ma anche LORENZ, SIEBEN, SINISCALCO, DE LUIS eccetera.
96 Vedi BAug 48, 32-50.
97 Vedi "Retractationes", II, 24,1.
98 Vedi BAug 48,45. "Deus creat, loquitur, ornat", eccetera.

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Il rapporto delle "res narratae" con la realt divina, ossia con il mistero di Cristo,
fondamentalmente un rapporto dal "signum" alla "res". Lo stesso passaggio dai "signa"
alle "res" costituisce la sostanza dell'interpretazione biblica. La rivelazione di Dio nella
storia, infatti, comprende "facta" e "dicta", ed consegnata nei "verba" della Scrittura.
"Facta"/"Dicta" sono in un certo senso una cosa sola con i "verba", per i quali vengono
espressi. Ora, poich quest'unica cosa "signum" che riferisce alla "res", tutta
l'interpretazione della Bibbia consiste nel passaggio dai "signa" alle "res": dobbiamo
quindi cercare il senso che parole e fatti della storia hanno, in quanto vengono espressi
dalla parola del racconto biblico. Le "res" si identificano con il binomio "gratia/charitas"
nel testo di Ef. che abbiamo visto. Ci si avvicina dunque alla res comprendendo i signa,
ma la comprensione della res non esaurisce la comprensione dei signa, come invece
pretendevano i Pelagiani. Non si pu dunque ridurre Dio ed il sensum Domini ai
signa/verba della Scrittura, ma il testo resta comunque l'unico modo per avvicinarsi a
Dio. Aug. mantiene dunque la tensione ermeneutica di derivazione neoplatonica tra
signum et res che si rivela per lui ineliminabile.
I concetti di figura e metafora, ripresi dalla tradizione retorica, hanno poi il significato
di permettere all'uomo di comprendere Dio che si rivela agli uomini nei verba, non
direttamente bens in figura, dal momento che Dio ineffabile. La figura retorica
dell'aenigma quella che si avvicina di pi al sacramentum del testo, ovvero alla forma
pi perfetta nella quale Dio si rivela agli uomini.
Questo un passaggio facile nel caso dei "signa aperta". Cos negli articoli della
"regula fidei", che non nient'altro che un riassunto delle verit chiaramente espresse
nella Bibbia e che dunque pu servire ad interpretare i testi meno chiari.
Il passaggio difficile nel caso dei "signa obscura", che sono "ignota" come nelle lingue
straniere, oppure "ambigua" come nel linguaggio metaforico. Nel primo caso si deve
stiduare le lingue; nel secondo caso si devono studiare i metodi dei grammatici e dei
retori. Ultimo criterio: la fede che deve operare per la carit99.
3. "Mundus sensibilis et mundus intellectualis"
Il rapporto letterario fra "signum" e "res", fra espressione e contenuto, con il quale
Agostino approfondisce la dottrina tradizionale sui significati della Bibbia, si capisce
ulteriormente sullo sfondo filosofico (neoplatonico) del contrasto fra "mundus sensibilis",
al quale i "signa" appartengono, ed il "mundus intellectualis" del quale le "res perfectae"
fanno parte. In campo esegetico questo contrasto include due problematiche.
La prima concerne l'impossibilit generale dell'uomo di raggiungere, con la sola "ratio",
Dio, il mondo intellettuale. C' una sola via per l'uomo, quella della "fides", che si affida
all'autorit divina, fede che include come fiducia l'amore, e fede che ha bisogno di essere
purificata in una vita di amore. Di fronte a questa difficolt generale della conoscenza
religiosa, Agostino indirizza tutto il lavoro esegetico verso l'amore di Dio e del prossimo.
L'esegesi deve essere "utilis", trovare quelle cose di cui sole dobbiamo godere ("frui").
Nessun criterio dunque pi importante che l'edificazione dell'amore100.
La seconda problematica, pi specificamente esegetica, riguarda il rapporto fra verit
eterna e parola scritta. Si pone cio la domanda di come la verit eterna e immutabile
possa esprimersi nei fatti e nelle parole della rivelazione temporale, e quindi nella parola
mutabile della Bibbia. Tentando di rispondere a questo problema, cruciale per la sua
impostazione platonica dell'esegesi, anzi per la impostazione platonica di tutta la sua
teologia, Agostino sviluppa la sua dottrina della "dispensatio temporalis":
l'autorit divina si resa presente in questo tempo, nella storia di Israele,
nell'Incarnazione, nella Bibbia, nella Chiesa (nella sua predicazione e nella sua liturgia),
cio si resa presente nel Cristo annunciato, incarnato e sempre presente. Poich Cristo,
99 Vedi STRAUSS, cit., 80 ss.; SIEBEN, cit.: la carit sulla base della fede ortodossa.
100 Vedi Cat.rud., 4,8; Doctr.christ. I,35ss., con i commenti di STRAUSS, SIEBEN, SINISCALCO.

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che sapienza eterna, si fatto scienza, noi possediamo in lui la via sicura ed universale
per andare alla verit eterna101.
Se prendiamo ad esempio il Tractatus in Iohannem, 33 (episodio della donna
adultera), troviamo che Agostino commenta la frase di Ges (chi senza peccato...)
come la chiave ermeneutica per interpretare i testi del VT sulla lapidazione. La domanda
del Salvatore interpella tutti gli interlocutori, e li apre (quasi con un procedimento
platonico-socratico), per mezzo della caritas/iustitia Dei che rivela, ad una comprensione
pi profonda dell'AT, non negandolo ma facendoci meglio cogliere come i in esso fosse
presente la carias/iustitia di Dio. Ogni tentativo di chiudere il senso della Bibbia deve
dunque essere confrontato con Cristo, che ne la definitiva chiave ermeneutica. Ges,
dunque, non permette l'adulterio, ma nello steso tempo fa comprendere pi
profondamente le norme al riguardo contenute della Legge.
In questo contesto del Verbo fatto Scrittura (autorit temporale), comprendiamo pure il
modo con cui Agostino parla della inerranza della Bibbia, dell'accordo fra Vecchio e
Nuovo Testamento, del nesso intimo fra Bibbia e Tradizione ecclesiastica, e soprattutto
di come vede Cristo in tutta la Bibbia.
Poich Dio stesso ha parlato per mezzo del suo Verbo nella storia, possediamo un
punto sicuro di partenza. Non siamo privi di una base immutabile per raggiungere le cose
immutabili. Dio stesso, fattosi via, ci conduce alla Patria. Appoggiandosi sulla sua
autorit presente in questo tempo, cio attualmente, nella Scrittura spiegata dalla Chiesa,
siamo in grado di passare dalla mutabilit all'immutabilit.
Inoltre capiamo perch ci sono oscurit nella Bibbia. Da buon retore, Dio ha mescolato
la "perspicacitas", la chiarezza delle parole e dello stile, con gli "ornamenta", con le
metafore ed i "tropoi", per suscitare la nostra curiosit e per farci piacere, per condurci
alla "exercitatio mentis", per la quale viene purificata la nostra fede. Nello stesso tempo
comprendiamo la "velatio" per quelli che non sono predestinati, cio duri di cuore.
Infine, l'eloquenza singolare di Dio ci invita ad interpretare la Bibbia alla maniera dei
grammatici e dei retori. Come interpreti ben istruiti nelle regole ermeneutiche, non
dobbiamo cercare nient'altro che capire e far capire il discorso di Dio, nei suoi particolari
e nell'insieme. Dobbiamo passare dai "signa" alle "res", dalla parola scritta alla parola
eterna.
4. Quaedam eloquentia
Tutto ci si comprende ancora meglio se consideriamo che per Agostino la Bibbia un
discorso di Dio, "quaedam eloquentia" del pi grande retore. Infatti, l'idea del Dio che,
rivelandosi nella storia e consegnando la sua manifestazione alla testimonianza della
Bibbia, ha composto un discorso grandioso ed armonioso, questa idea ha aiutato
Agostino non soltanto a superare, almeno in qualche modo, il contrasto fra "mundus
sensibilis" e "mundus intellectualis", ma anche a spiegare tante caratteristiche particolari
della Bibbia.
IV. Valutazione conclusiva dell' esegesi agostiniana
1. L'orientamento pastorale.
Nell'insieme, l'opera esegetica di Agostino si svolta in una prospettiva pastorale. La
sua ricerca era in funzione della predica liturgica, del trovare risposte alle difficolt dei
fratelli, dell'andare incontro alla ricerca religiosa. Cos Agostino si lasciato condurre
anzitutto e ancora dai due principi: "delectare" e "prodesse": niente che sia indegno di
Dio ("delectare"), e tutto per l'edificazione della carit ("prodesse").
2. Difetti
Difetti nella teoria:
sono le difficolt della visione platonica, non superata completamente dalle insistenze
retoriche e bibliche sulla presenza di Dio nella storia.
101 Vedi FLASCH, cit., 125 f., 156-158: la svolta verso la storia; 264 f., 305-314: Bibbia, base della fede cristiana.
Vedi Gen.Litt., I., 1,1: "aeterna - facta - futura - agendo".

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Difetti nella pratica:


sono le mancanze linguistiche, l'ignoranza dell'ebraico e la conoscenza insufficiente del
greco (mentre invece aveva una padronanza ammirabile della propria lingua), e troppe
concessioni al'allegorismo.
3. I valori
Agostino ha una teoria abbastanza completa sulla interpretazione.
Ha anche regole precise sul canone della Bibbia.
Ha operato la trasmissione della ermeneutica antica, con un senso considerevole per la
filosofia della lingua. Ha una visione grandiosa dell'unit della storia della salvezza,
dell'unit della Bibbia, dell'unit dei due Testamenti.
[16. LA STORIOGRAFIA CRISTIANA
Introduzione
Nella letteratura cristiana antica c' una parte che viene a volte trascurata, bench sia di
importanza considerevole: la storiografia cristiana. Essa comprende le cronache, le Storie
della Chiesa, le presentazioni cristiane della storia, l'agiografia, e gli "itineraria".
Questo campo della letteratura cristiana merita il nostro interesse per quattro motivi:
1. Il grande numero degli scritti conservati.
2. La testimonianza singolare sulla vita della Chiesa che tale letteratura
rappresenta; dunque una testimonianza anche sulla vita e sul'ambiente degli autori
cristiani oggetto del nostro studio; una fonte quasi unica per i primi tre secoli
(ved. Eusebio, H.E.).
3. E`una caratteristica del secolo che stiamo studiando, il quinto secolo; eccetto
Eusebio di Cesarea, che il padre della storiografia ecclesiastica, tutti i grandi
storiografi dell'antichit cristiana appartengono al nostro periodo.
4. C' un nesso fra l'esegesi e la storiografia, a causa del modo di pensare la
Bibbia come una "narratio"102.
I. Le cronache cristiane della storia del mondo.
La prima forma della storiografia cristiana quella della "Cronaca". E' una
presentazione annalistica (per anni) degli avvenimenti e dei personaggi pi importanti dei
popoli. Spesso ordinata in colonne sinottiche. Tale genere letterario fu messo in opera
per la prima volta da autori cristiani all'inizio del III secolo. Il primo fu Giulio Africano 103;
poi Ippolito Romano104.
In una situazione storica in cui non si aspettava pi la parusia imminente del Signore,
questi due autori furono preoccupati di dimostrare per messo delle cronache, la antichit
della religione cristiana. Anche la cronaca aveva uno scopo apologetico.
Stesso intento apologetico si ritrova anche nella "Cronaca" di Eusebio di Cesarea, che
diventato il modello della storiografia cristiana105. Secondo quest'opera, conservata per
intero solo in una traduzione armena (ed anche in latino per la seconda parte), la storia
giudeo-cristiana superiore a quella degli altri popoli, e i suoi documenti - la Bibbia superano la storiografia antica106.
La versione latina della seconda parte della "cronaca" di Eusebio, dovuta a Girolamo,
non una semplice traduzione, ma una rielaborazione ed un completamento. Girolamo
l'ha completata giungendo fino al 378, e l'ha anche modificata, introducendo il sistema
102 Ved. B.Studer, Delectare - prodesse: Mmorial J.GRIBOMONT (Roma 1988), 555-581.
103 ALTANER, paragr. 56,1.
104 Ibid., paragr. 45,2.
105 QUASTEN, II., (it.) 315 ss.
106 Vedi MEINHOLD, cit., 84 ss., per la considerazione cristiana della storia.

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propriamente annalistico, al posto di quello "per Olimpiadi", ed aggiungendo notizie


romane. Composta verso il 380, a Costantinopoli, l'opera possiede un valore pi
propriamente legato al quarto secolo, specialmente del tempo dopo il 325, e si basa su
scritti romani107.
Un po' pi di vent'anni dopo, Sulpicio Severo pubblic un'altra cronaca. In essa
intendeva correggere gli errori annalistici delle copie della "cronaca" eusebiana, e la
complet fino all'anno 403. Pur distinguendosi per il senso critico e per lo stile classico
(voleva imitare Sallustio e Tacito), Sulpicio Severo perseguiva anche uno scopo
teologico: voleva dimostrare l'azione della provvidenza divina nella storia e ricondurre
cos tutto alla fonte principale, cio alla Bibbia. Secondo tale criterio, riconosce
l'esistenza di dieci persecuzioni, delle quali l'ultima, quella dell'Anticristo, sarebbe ancora
da aspettare. In tempo della pace, iniziato sotto Costantino, sarebbe quindi un peirodo di
prova della fede, prima dell'ultima persecuzione108.
Mentre da parte greca possediamo solo le notizie posteriori tramandateci da due
cronache composte all'inizio del secolo V, ci sono state conservate due cronache latine.
La prima di Prospero di Aquitania, cronaca che si presenta come un riassunto superficiale
di Girolamo e di altri, fino al 412. Dal 412 al 455 ha invece un valore diverso. La
seconda di Idacio, vescovo della Spagna, cronaca che completa anch'essa qiella di
Girolamo, dal 428 al 468109.
II. La storiografia ecclesiastica
Pi che nel campo della cronaca storiografica, l'iniziativa di Eusebio stata importante
la sua Historia Ecclesiastica (HE) inizio esemplare di tutta la storiografia ecclesiastica.
Egli riprese la documentazione ampia sulla storia sia profana che cristiana, adoperata
gi nella "Cronaca", e compose una "storia" dei primi tre secoli del tempo di Cristo, fino
alla "Pax Ecclesiae" (Libri I-VII, fino all'anno 303), e poi la storia da Diocleziano fino al
324 (Libri VIII-X). Eusebio interpreta la propagazione del Cristianesimo ed il suo
progresso verso l'Occidente, cio verso Roma, come la vittoria della causa buona sul
male. I suoi criteri sono quindi apologetici: Incarnazione e "Pax romana" - educazione
del Verbo - giudizio divino - vittoria della verit; realizzati per con principi storici
precisi: documentazione ampia - conferma con altri (Josephus) - critica delle fonti compimento delle profezie - norma apostolica.
Questa presentazione della Storia della Chiesa far scuola durante i secoli, specialmente
nel secolo quinto. Subito infatti Eusebio trov dei continuatori.
Gelasio dei Cesarea ( + 395)
Egli continu sicuramente l'opera del maestro, ma non sicuro quanto di lui resti
ancora negli ultimi due libri della versione latina della HE operata da Rufino, cos come a
noi pervenuta110.
Rufino di Aquileia (+410).
Seguendo il desiderio di Cromazio, egli tradusse l'opera di Eusebio in latino, dopo
l'anno 402. Nel suo lavoro di traduzione fece per anche una contrazione dei dieci libri
dell'opera in nove, e fece invece un'aggiunta di altri due libri per arrivare da Costantino
fino a Teodosio111.
Rufino fu pi riservato, davanti alla figura di Costantino, di quanto non lo fosse stato
Eusebio, e in genere i suoi criteri erano ben diversi: intendeva scrivere una storia che
fosse di consolazione, in un tempo difficile come quello delle invasioni gotiche. Inoltre,
107 Vedi QUASTEN, III., 216 ss.
108 Vedi MEINHOLD, cit., 90 ss., e anche QUASTEN, III., 510 ss.
109 QUASTEN, III., 525 ss.; 311-317.
110 Rufino di Aquileia: molti critici hanno lavorato per tentare di ricostruire le fonti di Rufino. Vedi THELAMON, cit., 18-21.
111 Secondo THELAMON (21-25) lo scopo di Rufino di mostrare la potenza di Dio, per consolare il popolo. Vedi anche la
ratio sacramenti in Leone.

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pur avendo una certa premura di appoggiarsi su una buona documentazione storica e non
soltanto su riflessioni teologiche, Rufino non ha raggiunto la qualit dell'opera
eusebiana112. Tuttavia ci ha lasciato una testimonianza storica ugualmente preziosa,
concernente la cristianizzazione dell'Etiopia, della Georgia, sui Saraceni e sullo stato del
paganesimo alessandrino, come sulla polemica anti-pagana del suo tempo. Il suo
concetto di storia : Historia sacra et magistra113
Da parte greca, tre grandi storiografi, tutti del secolo V, Socrate, Sozomeno,
Teodoreto, hanno continuato a modo loro l'opera di Eusebio114.
Socrate.
Ci ha lasciato la continuazione migliore (dal 305 al 439), con una buona
documentazione, composta con oggettivit. Egli distingue la storia profana dalla storia
ecclesiastica, nel senso che quest'ultima ha come oggetto le lotte interne della Chiesa.
Egli non considera pi - come Eusebio - la Chiesa come perseguitata e vittoriosa, ma la
Chiesa provata dai dissidi tra i vescovi, dissidi provocati specialmente dalle ambizioni di
Alessandria e di Roma (non di Costantinopoli). Per lui l'esposizione critica di questa
difficolt interne deve servire a valutare le controversie presenti al suo tempo, circa la
fede apostolica115.
Sozomeno.
Scrisse fra il 439 e il 450. Continu la storia del tempo post-Costantiniano, dipendendo
da Socrate, ma in modo critico. Egli porta nuovi documenti, in particolare sulla
legislazione religiosa. Considera la posizione di parzialit in cui erano composti i
documenti, la debolezza degli uomini, le aspirazioni politiche del clero o dei gruppi. Cos
Sozomeno arriva ad una presentazione dei fatti esteriori, ma non delle discussioni
teologiche. Parla anche delle Chiese non-Imperiali, e si interessa alla vita monastica116.
Teodoreto.
Pubblicata anch'essa fra il 449 e il 450, ripercorre pure circa gli stessi anni (323-428).
Egli ha una chiara tendenza apologetica: mostrare la vittoria sulle eresie, specialmente
sull'arianesimo. Usa molte fonti, ma la sua presentazione meno esatta. Parla della vita
monastica. Scopo della storia, per lui, quello di servire all'utilit ed al piacere, come
una pittura del passato 117.
Cassiodoro.
Dopo il 540, pubblic la Historia tripartia che comprende tutt'e tre le opere di Socrate,
Sozomeno e Teodoreto, tradotte e fuse in una sola opera da Epifanio Scolastico, che sar
la base di tutta la storiografia medievale118.
III. La storiografia profana dei cristiani
Le opere storiografiche di Eusebio hanno per molto tempo orientato la storiografia
cristiana, dandole un indirizzo sia nel senso della cronaca sia nel senso di un interesse per
la storia della Chiesa119. Troviamo per anche l'inizio di una nuova storiografia profana,
che deve il suo orientamento ad Agostino e al suo discepolo Orosio120.
112 Vedi MEINHOLD, cit., 111 ss.
113 THELAMON, cit., 465-472.
114 SINISCALCO, cit., 3322, nota inoltre Filippo di Side (434/9) e Filostorgio (arianizante), HE, che, composta nel 433,
comprende la storia fino al 425.
115 QUASTEN, II., 537 ss.
116 MEINHOLD, cit., 120 ss.; QUASTEN, II., 539-541.
117 MEINHOLD, cit., 123 ss., con riferimento all' introduzione, e QUASTEN, II., 554-557, con riferimento ad altri tre scritti:
la "Historia religiosa", la "Storia delle eresie", e "Sul Concilio di Calcedonia".
118 MEINHOLD, cit., 125 ss; SINISCALCO, Diz.Patr. 3323.
119 ANDRESEN , cit., 351 ss.
120 Ibidem. SINISCALCO, Diz.Patr. 3319, riferisce anche a Lattanzio, De mortibus persecutorum, come inizio di una
storiagrafia profana.

69

Agostino aveva trovato il suo modo particolare di vedere la storia umana nello studio
dei primi capitoli della Genesi, dove gli era necessario affrontare il concetto di tempo,
dell'origine del mondo, del peccato, eccetera. Elabor la sua interpretazione dei destini
dell'umanit prima di tutto nel "De Civitate Dei", opera eminentemente apologetica.
Come noto, l'occasione di questo scritto fu il sacco di Roma del 410, che provoc
nuove e pi forti obiezioni da parte dei pagani contro il cristianesimo. Tale avvenimento
disastroso non fu che l'occasione esteriore per Agostino di realizzare una gi precedente
intenzione, quella di spiegare cosa fossero i "tempora christiana"121.
Non questo il luogo per entrare in una discussione approfondita di quest'opera di
Agostino. Ne ricordiamo solo tre idee principali:
- la lotta fra i duo amores (fede e infedelt)
- il significato sociale di ogni azione storica
- le sei et del mondo.
Qui Agostino non propriamente storiografo. Rifiuta il paganesimo e la filosofia
platonica. Espone lo sviluppo e la fine delle due citt. Suppone dovunque una storia
umana, ma non fa proprio lo storiografo. Seguendo Varrone, descrive, nel quaddro della
Theologia tripartita,la storia e la religione dei romani. Ugualmente parla della
propagazione della religione cristiana dagli inizi, in Palestina, fino ai tempi di Costantino
e di Teodosio, in tutto il mondo conosciuto. Tuttavia non si interessa della presentazione
critica dei documenti, e neppure di una descrizione dettagliata ed oggettiva dei fatti.
Quello che importa a lui la interpretazione teologica della storia ( 122).
In quanto alla storia della Chiesa stessa, il suo contenuto si riassume in una sola frase:
la vita terrestre della Chiesa la rappresentazione storica della societ dei santi che
vivono l'amore di Dio. La storia della Chiesa un pellegrinaggio continuo sotto le
persecuzioni del mondo e sotto le consolazioni di Dio. Questa storia ha, da tutti i punti di
vista, un solo ed unico contenuto nuovo: una lotta fra la citt celeste e la citt terrena,
fino all'ultimo giorno123. Tale visione teologica della storia, del mondo e della Chiesa, non
sar fondamentale soltanto per la storiografia del medioevo e poi anche per la teologia e
la filosofia della storia dei tempi moderni. Ebbe un seguito immediato.
Indotto dallo stesso Agostino, Orosio, scrittore spagnolo, nel 417/18, scrisse i sette
libri delle Historiae adversus paganos 124, opera apologetica anch'essa, nella quale
l'autore intende completare il De Civitate Dei, e dimostrare cos nei particolari che il
mondo precristiano aveva sofferto ancor di pi di quanto non soffrisse l'umanit di allora
sotto le guerre e la miseria. Quindi la religione cristiana non poteva essere incolpata delle
tribolazioni che i contemporanei soffrivano.
A questo scopo Orosio riassume la storia del mondo da Adamo fino al 417,
dividendola, sullo schema di Daniele 7, in quattro periodi.
L'opera ha valore proprio e soltanto per gli ultimi quarant'anni. Nonostante il suo
carattere retorico, rappresenta una storiografia considerevole, tanto apprezzata durante
tutto il Medioevo.
Con uno spirito simile, Salviano di Marsiglia (+ dopo il 480) scrisse verso il 440 gli
otto libri del De gubernatione Dei, opera importante per la conoscenza dei tempi delle
invasioni barbariche. Per provare che Dio non ha abbandonato il mondo, Salviano mette
in evidenza che la giustizia punitiva di Dio non limitata al giudizzio finale, ma si
dimostra in tutta la storia. Descrive perci le condizioni miserabili dei cattolici e scusa
nello stesso tempo i barbari. Il declino dell'Impero appare dunque come giudizio divino
121 Vedi GUY, MARROU, MADEC, VAN OORT, STUDER.
122 Secondo l`opinione del Van Oort, condivisa da Madec, Agostino intendeva fare nel civ. una catechesi, cio promuovere
la conversione degli intellettuali pagani del suo tempo.
123 MEINHOLD, cit., 159-163.
124 QUASTEN, III., 469.

70

ben meritato, prova della Provvidenza di Dio. Salviano, con tutto ci, mostra di aver
indovinato l'importanza storica del mondo germanico125.
IV. La Agiografia cristiana.
Introduzione
Come dimostrano Sozomeno e Teodoreto, ma anche Sulpicio Severo ed altri, gli autori
del secolo V erano consapevoli della necessit di completare la storiografia ecclesiastica
con l'agiografia. Questa rappresenta comunque una parte singolare della storiografia
ecclesiastica antica (126).
Pur essendo scritta per l'edificazione spirituale, essa costituisce nondimeno una fonte
storica insostituibile per la nostra conoscenza della vita interiore delle comunit cristiane
di allora. Proprio avendo lo scopo di suscitare l'imitazione dei santi, di incoraggiare i
fedeli alla perseveranza per mezzo dell'esempio dei martiri e dei monaci, di condurre
forse anche ad un esame di coscienza, l'agiografia di quel tempo deve essere considerata
come espressione letteraria di quello che la Chiesa intendeva essere, non meno che tutta
la storiografia ecclesiastica.
Questa parte della storiografia cristiana merita pure un interesse speciale, poich in essa
appare nettamente in che misura la letteratura cristiana antica sia stata influenzata dalla
letteratura profana contemporanea. In essa infatti ritroviamo i generi biografici degli
antichi: l'Enkomion, il Bios, e anche gli ideali, come del Theios anr, o del saggio, cio le
aspirazioni antiche si riflettono chiaramente in questo campo storiografico.
A. La testimonianza dei martiri
Gi nei primi tempi della Chiesa, dal 150 fino al 350, sono stati composti gli Acta
Martyrum o Martyria 127. Questi scritti riferiscono generalmente in modo oggettivo e
documentato sulla fine dei martiri. Non si interessano della loro vita precedente, ma sono
della loro testimonianza suprema, forse anche in vista del culto al luogo e alla data
tradizionali.
Dal secolo IV in poi, appaiono le Leggende dei Martiri (passiones). Si tratta di una
letteratura simile a quella degli apocrifi del NT. Questi altri scritti, nei quali a volte
neppure i personaggi descritti e i loro nomi hanno valore storico, danno molta
importanza ai miracoli, alla descrizione della crudelt della morte, alle visioni, eccetera.
Di questo genere piuttosto leggendario sono anche gli scritti e le omelie sul martirio
che risalgono alla prima met del secolo V. Ricordiamo come esempio la Passio
Agauniensium martyrum composta da Eucherio di Lione (+ 450/455) 128, o le forme
diverse della leggenda di San Giorgio129.
Notiamo pure fra i cosiddetti martirologi, i cataloghi delle feste dei martiri. Ve ne sono
due famosi: il Martirologium Syriacum, scritto prima del 400 da un ariano greco, e
conservato solo in un manoscritto siriaco del 411/12, e il Martyrologium
Hieronymianum, composto verso il 450, sulla base di cataloghi romani ed italiani
precedenti130.
B. La vita dei monaci e dei santi131
L'esperienza storica delle comunit cristiane non si riferisce solo alla testimonianza dei
martiri, ma anche alla vita della fede quotidiana, dapprima dei monaci, poi di uomini e di

125 Ibidem, 503 ss.


126 Vedi la bibliografia speciale, in particolare l'art. Heiligenverehrung II nel RAC.
127 ALTANER, paragr. 26.
128 Ibidem, paragr. 104, 3.
129 Vedi BAUMEISTER, cit., 1.
130 Vedi ALTANER, paragr. 60.
131 Ibidem, paragr. 61.

71

donne eminenti. La biografia cristiana si sviluppata seguendo gli influssi della biografia
antica. Tuttavia deve la sua origine piuttosto all'esperienza propria dei cristiani.
Se si interessa in un primo momento dei monaci, ci avviene poich questi venivano
considerati come i successori dei martiri, come martiri senza sangue o martiri della
coscienza, come quelli che secondo l'esempio degli apostoli avevano condotto la lotta
contro i demoni e le eresie. Pi tardi, l'interesse della biografia cristiana si esteso a tutti
i cristiani esemplari, uomini o donne.
Le biografie intendono meno presentare gli avvenimenti storici, quanto piuttosto di
edificarecon gli esempi dei santi. Cos la biografia cristiana insiste su certi motivi: la lotta
ascetica, la comunione con gli angeli, la fede ortodossa, e prende pertanto facilmente i
tratti della leggenda. Modello della biografia cristiana la Vita Antonii.
Nel nostro periodo questa letteratura biografica stata molto fiorente. Ricordiamo gli
scritti monastici: Historia Lausiaca, pubblicata verso il 420 da Palladius e Historia
monachorum", anonima, tradotta in latino da Rufino (132).
Anche autori rinomati ci hanno lasciato biografie di santi: Girolamo (scritti pubblicati in
parte ancora nel secolo IV), Paolino di Nola (sotto forma di lettere), Sulpicio Severo (la
Vita Martini), Teodoreto ("Storia dell'amore di Dio") 133.
C. La vita dei santi vescovi
Nella biografia cristiana la presentazine dei santi vescovi prende un posto eminente.
Sono biografie che naturalmente hanno molto in comune con la Vita dei martiri e dei
santi: lo scopo parenetico, i tratti leggendari, la caratteristiche letterarie antiche, eccetera.
Meritano interesse perch presentano i vescovi come uomini della Chiesa e della retta
fede.
Sono anch'esse una fonte privilegiata per la storia della letteratura cristiana antica. Non
ci forniscono molte notizie sugli autori cristiani, ma ci danno qualche idea di quello che
gli stessi coetanei pensavano dei loro vescovi e dottori. Questo tipo di biografia risale al
III secolo, con le biografie di Cipriano e di Gregorio il Taumaturgo.
Nel secolo V una serie di biografie famose ha visto la luce: la vita di Crisostomo, scritta
nel 408 da Palladio134; la vita di Ambrogio, scritta da Paolino di Milano135; la vita di
Agostino , redatta da Possidonius, con un elenco delle sue opere 136.
Da aggiungere a queste vite il De viris illustribus di Girolamo137.
D. La poesia agiografica
L'agiografia cristiana ha trovato anche una espressione poetica, riuscita bene
particolarmente nella prima met del secolo V138. Dal punto di vista biografico le opere in
questione si distinguono poco dagli altri generi della biografia cristiana, poich condivide
con loro gli ideali spirituali e i tratti leggendari. Sotto l'aspetto di espressione letteraria
attestano in modo particolarmente eloquente la simbiosi avvenuta nel nostro periodo fra
cristianesimo e antichit.
Il rappresentante pi noto di questa agiografia poetica Prudenzio139. Morto dopo il
405 a Roma, compose otto libri di poesie. Quello sulle "Corone" (Peristephanon) esalta
la morte vittoriosa dei martiri spagnoli e romani (Vincenzo, Ippolito, Lorenzo e anche
Cirpirano). Ha avuto un grande influsso sull'agiografia e sulla iconografia posteriore.
Paolino da Nola dedic a San Felice i Carmina natalitia140.
132) Ed. critica a cura di E.Schulz-Flgel, Berlin 1990.
133 Vedi MEINHOLD, cit., 143 ss.
134 QUASTEN, II., 181 ss.
135 ALTANER, paragr. 97.
136 Ibidem, paragr. 102.
137 Ibidem, paragr. 2.
138 Vedi ALTANER, paragr. 101; QUASTEN, III., 243-321.
139 QUASTEN, III., 267-281. Vedi anche
PILLINGER, R., Die 'Tituli Historiarum', Wien 1980.
140 Vedi QUASTEN, III., 285-289.

72

E. Racconti di viaggi (itineraria)


In un certo senso anche i racconti di viaggi ed i pellegrinaggi fanno parte
dell'agiografia, poich riguardano anche il culto dei martiri e dei santi, pur partecipando
di altri temi svariati, come la liturgia, i monasteri, eccetera. Peraltro anche la Historia
monachorum potrebbe essere considerata come un racconto di viaggi, a causa della visita
a diversi monasteri di cui parla.
Quasi fin dall'inizio della vita della Chiesa incontriamo cristiani che visitano altre
comunit, interessandosi soprattutto a certi luoghi della Palestina, o anche di Roma. Nel
secolo IV per tali pellegrinaggi, specialmente quelli in "Terra Santa", hanno acquistato
pi importanza. Alcuni viaggiatori hanno descritto il proprio viaggio. I due Itineraria pi
famosi sono: Itinerarium di Bordeaux dell'anno 333; quello di Egeria (o Eteria) della fine
del secolo IV141. Si possono considerare Itineraria alcune lettere di San Girolamo, come
l'epistola 108,6-14 (Epitaphium S. Paulae). Altrettanto da notare Eucherio, ep. ad
Faustum presbyterum142
CONCLUSIONI
1) Uno studio della letteratura storiografica cristiana utile, anzi necessario, per la
conoscenza della storia della letteratura cristiana antica. E' una documentazione
importantissima.
2) Questo vale specialmente per la prima met del secolo V, poich per un verso tale
tipo di letteratura molto fiorente in questo periodo, e quindi proprio con esso abbiamo
modo di conoscere di pi la mentalit e la spiritualit della Chiesa Imperiale, cio di
quella simbiosi fra cristianesimo ed antichit, tanto caratteristica dell'inizio del secolo V.
23. L' ARTE MONUMENTALE E RAPPRESENTATIVA DELLA CHIESA DEL
QUINTO SECOLO

SOMMARIO
O. LA TEMATICA DEL CORSO.
...................................................................................................................
1
A. L'IMPOSTAZIONE GENERALE DEL CORSO.
.......................................................................................................
1
1. Descrizione.
............................................................................................
1
2. Divisione o presentazione analitica dei temi principali.
............................................................................................
1
3. Il carattere ausiliare del corso: iniziazione allo studio
degli autori cristiani del secolo quinto.
141 Vedi QUASTEN, III., 529-532, con bibliografia ampia. Da completare con WILKINSON, J., Egeria's Travels, London
1971; STAOWIEYSKI, M., Bibliografia egeriana: Aug 19 (1979) 297-318; ALW, 23 (1981)10-15; MARAVAL, P., Egrie.
Journal de voyage = SChr 298, Paris 1982.
142 Vedi H.DORNER; Pilgerfahrt ins Heilige Land. Die ltesten Berichte christlicher Palstinapilger (1.-7.Jh.), Stuttgart
1979.

73

............................................................................................
1
B. L'articolazione del corso rispetto ad altre discipline (ad
modum exclusionis).
.......................................................................................................
1
C. I limiti cronologici e geografici.
.......................................................................................................
2
PARTE PRIMA: LA SITUAZIONE "ESTERNA" DELLE CHIESE NEL
SECOLO QUINTO................................................................................................................
2
1. Introduzione
...................................................................................................................
2
1. I diversi approcci possibili.
.......................................................................................................
2
2. Osservazioni preliminari sull'Antichit tardiva.
.......................................................................................................
2
2. Le condizioni politiche.
...................................................................................................................
3
I. La divisione dell'Impero Romano
.......................................................................................................
3
II. Le invasioni germaniche
.......................................................................................................
3
III. Le conseguenze culturali ed ecclesiastiche
.......................................................................................................
3
3. Le condizioni sociali e culturali.
...................................................................................................................
4
Introduzione.
.......................................................................................................
4
I. La propagazione della fede cristiana
.......................................................................................................
4
II. La reazione pagana
.......................................................................................................
4
III. La cristianizzazione della vita sociale
.......................................................................................................
5
Lettura di un testo di Agostino (de civ. dei 5,25)
.......................................................................................................
5
4. La chiesa e l'impero romano.
74

...................................................................................................................
6
Introduzione.
.......................................................................................................
6
I. La "Chiesa Imperiale"
.......................................................................................................
6
II. La legislazione civile e canonica
.......................................................................................................
7
III. L' ideologia politica della 'Roma aeterna'
.......................................................................................................
7
CONCLUSIONI GENERALI DELLA PRIMA PARTE
.......................................................................................................
7
1. Necessit di una apologetica anti-pagana.
............................................................................................
8
2. Necessit di una predicazione morale.
............................................................................................
8
3. Necessit di fornire una educazione cristiana.
............................................................................................
8
4. L'impregnazione culturale ed ideologica.
............................................................................................
8
5. I contatti ridotti fra Oriente e Occidente.
............................................................................................
8
PARTE SECONDA: LA SITUAZIONE "INTERNA" DELLE CHIESE NEL
SECOLO QUINTO................................................................................................................
8
Introduzione
...................................................................................................................
8
5. L'ORGANIZZAZIONE DELLA CHIESA LOCALE NEL SECOLO
QUINTO
...................................................................................................................
8
I. LA CHIESA DEL VESCOVO.
.......................................................................................................
9
A. Il principio dell'unico vescovo
............................................................................................
9
B. La conferma della legislazione canonica
............................................................................................
9
II. IL CLERO DELLA CHIESA LOCALE
75

.......................................................................................................
10
III. IL POPOLO DEI FEDELI
.......................................................................................................
11
IV. LA PROPRIETA' MATERIALE DELLE COMUNITA'
LOCALI
.......................................................................................................
11
CONCLUSIONI
.......................................................................................................
11
6. I RAPPORTI TRA LE CHIESE
...................................................................................................................
12
I. I nuovi fatti del secolo quinto
.......................................................................................................
12
A. La formazione dei cinque "Patriarcati" o delle Chiese
regionali
............................................................................................
12
B. Lo sviluppo del diritto sinodale
............................................................................................
12
C. Il Primato del Vescovo di Roma.
............................................................................................
12
II. La riflessione teologica sulla communio fidei
.......................................................................................................
13
III. La valutazione storica
.......................................................................................................
13
A. Un certo "patriottismo romano"
............................................................................................
13
B. La ricerca di un appoggio esterno.
............................................................................................
13
C. L'influsso delle grandi personalit.
............................................................................................
14
D. La questione particolare del Primato Romano
............................................................................................
14
CONCLUSIONI
.......................................................................................................
14
7. LA VITA LITURGICA DELLE CHIESE DEL SECOLO QUINTO
...................................................................................................................
15
76

A. Lo sviluppo delle liturgie dei " Patriarcati"


.......................................................................................................
15
B.Gli influssi sociali sulla liturgia
.......................................................................................................
15
C. La liturgia e la cristianizzazione della vita quotidiana.
.......................................................................................................
16
1) L'istituzione del catecumenato, riformato con una
nuova iniziazione cristiana.
............................................................................................
16
2) La penitenza canonica
............................................................................................
16
3) La cristianizzazione delle nozze.
............................................................................................
16
4) Il culto dei morti.
............................................................................................
16
5) L' introduzione e l'evoluzione delle feste.
............................................................................................
16
8. LA PREDICAZIONE ED IL MINISTERO PASTORALE
...................................................................................................................
17
I.La grande retorica
.......................................................................................................
17
II. Le collezioni delle prediche
.......................................................................................................
17
III. Le attivit non liturgiche dei vescovi
.......................................................................................................
18
9. LA SPIRITUALITA' CRISTIANA
...................................................................................................................
18
I. La vita monastica
.......................................................................................................
18
II. Il culto dei martiri e dei santi
.......................................................................................................
19
[III. Il culto delle reliquie e specialmente della Croce
.......................................................................................................
19
IV. I pellegrinaggi
.......................................................................................................
20
77

CONCLUSIONI (per i paragrafi 7 e 9)


.......................................................................................................
20
PARTE TERZA: LA TEOLOGIA DELLE CHIESE NEL SECOLO QUINTO....................
20
INTRODUZIONE
...................................................................................................................
21
10. LA PREOCCUPAZIONE FONDAMENTALE DELL'
ORTODOSSIA.
...................................................................................................................
21
A. Le principali controversie dogmatiche
.......................................................................................................
21
1. Le controversie cristologiche
............................................................................................
21
1bis. La controversia nestoriana.
............................................................................................
22
1ter. La reazione antiochena a Efeso. La cristologia fino a
Calcedonia.
............................................................................................
25
1quater. Calcedonia.
............................................................................................
27
2. La controversia pelagiana.
............................................................................................
28
Priscilliano.
................................................................................
28
3. L'autorit teologica dei Concili.
............................................................................................
29
4. Lettura del de Baptismo, III, 4.
............................................................................................
30
5. L'organizzazione dei Sinodi.
............................................................................................
31
B.Dogmi ed anatematismi.
.......................................................................................................
32
1. La formulazione del dogma.
............................................................................................
32
2. L' esclusione degli errori.
............................................................................................
32
78

14. L'esegesi di Cirillo di Alessandria.


...................................................................................................................
33
Bibliografia
............................................................................................
33
Introduzione.
.......................................................................................................
33
I. Il contesto storico in cui vissuto Cirillo.
.......................................................................................................
33
A. La citt di Alessandria.
............................................................................................
33
B. La scuola alessandrina e la scuola antiochena.
............................................................................................
33
C. Le condizioni generali dell' esegesi cristiana verso il
400.
............................................................................................
33
II. La vita e le opere di Cirillo di Alessadria
.......................................................................................................
35
A. Le fonti della biografia cirilliana.
............................................................................................
35
B. Gli avvenimenti maggiori della vita di Cirillo.
............................................................................................
35
C. La cultura di Cirillo
............................................................................................
35
III. L'esegesi di Cirillo
.......................................................................................................
36
IV. Valutazione della esegesi di Cirillo
.......................................................................................................
37
A. Un alessandrino "progressista".
............................................................................................
37
B. Il valore dell'interpretazione letterale.
............................................................................................
37
C. Il valore della interpretazione spirituale
............................................................................................
37
15. L' ESEGESI DI AGOSTINO.
...................................................................................................................
37
79

BIBLIOGRAFIA
............................................................................................
37
INTRODUZIONE
.......................................................................................................
37
I. Il contesto storico della esegesi di Agostino
.......................................................................................................
37
1. La crisi
............................................................................................
38
2. La conversione
............................................................................................
38
3. Il ministero sacerdotale
............................................................................................
38
4. Il ministero episcopale
............................................................................................
38
II. Le fonti
.......................................................................................................
38
A. Formazione retorica
............................................................................................
38
A1. Esame del testo di Agostino
dall'ep.140,25,62.
................................................................................
39
B. Lo sfondo neoplatonico
............................................................................................
39
C. La Tradizione cristiana
............................................................................................
40
III. Le linee direttrici dell' esegesi agostiniana
.......................................................................................................
41
IV. Valutazione conclusiva dell' esegesi agostiniana
.......................................................................................................
42
[16. LA STORIOGRAFIA CRISTIANA
...................................................................................................................
43
Introduzione
.......................................................................................................
43
I. Le cronache cristiane della storia del mondo.
.......................................................................................................
43
80

II. La storiografia ecclesiastica


.......................................................................................................
43
III. La storiografia profana dei cristiani
.......................................................................................................
44
IV. La Agiografia cristiana.
.......................................................................................................
45
A. La testimonianza dei martiri
............................................................................................
45
B. La vita dei monaci e dei santi
............................................................................................
46
C. La vita dei santi vescovi
............................................................................................
46
D. La poesia agiografica
............................................................................................
46
E. Racconti di viaggi (itineraria)
............................................................................................
46
CONCLUSIONI
.......................................................................................................
47
23. L' ARTE MONUMENTALE E RAPPRESENTATIVA DELLA
CHIESA DEL QUINTO SECOLO
...................................................................................................................
47

81

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