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17/10/2015

RELATIVISMOENUOVIPARADIGMIFILOSOFICIinXXISecoloTreccani

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RELATIVISMO E NUOVI
PARADIGMI FILOSOFICI
XXI Secolo (2009)

di Aldo Giorgio Gargani


Relativismo e nuovi paradigmi filosofici
Premessa
Il relativismo si originato nella cultura del continente europeo, ma oggi, allinizio del 21
sec., esso costituisce uno dei temi prevalentemente discussi e approfonditi nella cultura
anglofona, laddove risulta pi marginale nella letteratura filosofica continentale. Inoltre,
spesso il relativismo costituisce un argomento di discussione indotto direttamente dai
grandi mutamenti sociali e culturali prodotti dalla globalizzazione e dalle correnti
migratorie delle etnie, senza per ricevere unadeguata trattazione sul piano concettuale.
Queste circostanze pongono in luce il fatto paradossale che sovente nel dibattito
culturale europeo il relativismo una tesi o una tendenza senza un soggetto, ossia senza
un autore o fautore che lo asserisca, che lo argomenti, risultando invece un termine di
riferimento passivo, descritto, agito e parlato dagli altri, da tutti fuorch da s stesso,
senza per cos dire unagenzia autonoma e indipendente. Di conseguenza il relativismo
frequentemente risulta essere ci che gli altri lo fanno essere, anzich costituire la
descrizione di s stesso, della propria identit.
Relativismo: principio di relazionalit e razionalit scettica

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Questa situazione anomala e quantomeno peculiare responsabile della circostanza che


si mettano sotto un medesimo cappello cose assai differenti. Cose assai differenti sono
infatti, da un lato, il relativismo quale concezione che riferisce lassetto di una
costellazione di saperi e di valori a una struttura concettuale e teorica di riferimento o a
una forma antropologica di vita (Lebensform, form of life) e, dallaltro lato, il relativismo
quale concezione che livella ed eguaglia tutte le culture e tutti i valori considerandoli
altrettanto validi e buoni. Secondo questultimo criterio, il relativismo scivola verso forme
di scetticismo dalle quali il primo aspetto risulta immune. Infatti, come stato osservato
da Hilary Putnam, se diciamo che ogni cultura altrettanto buona di unaltra, non stiamo
definendo il valore buono, ma lo stiamo semplicemente distruggendo (Putnam 2002;
trad. it. 2004).
Di ben altra forza fornito il primo criterio. Anzitutto esso affonda le proprie radici e la
propria giustificazione nella cultura scientifica, fisico-matematica, pi avanzata che ci ha
resi consapevoli della circostanza che qualsiasi enunciato scientifico non legge la Natura
o non corrisponde in isolamento alla Natura in termini di diretta trasparenza, bens
soltanto nel contesto relativo a una struttura teorica e sperimentale. Per fare solo un
esempio, la nozione di simultaneit per s stessa priva di senso se non viene
relativizzata a un sistema di riferimento teorico, quale pu essere la concezione dello
spazio e del tempo assoluti di Isaac Newton oppure la teoria della relativit ristretta di
Albert Einstein.
Relativismo in questa accezione indica un fattore di relazionalit, e non un fenomeno di
scetticismo oppure di nichilismo teorico. Esso ha una vasta gamma di applicazioni se
consideriamo che il principio di composizionalit nella teoria semantica introdotta da
Gottlob Frege nelle Grundlagen der Mathematik (1884) stabilisce che una parola ha
significato soltanto nel contesto della proposizione, ossia relativamente a un contesto
organizzato e coerente di espressioni. Questa relativizzazione risulta ulteriormente
corroborata dalla consapevolezza che non esistono e non si danno dati osservativi
neutrali posseduti alinguisticamente, come hanno messo in luce Ludwig Wittgenstein,
Wilfrid Sellars, Norwood R. Hanson, e come, attraverso nuovi e ulteriori sviluppi teorici
della filosofia postanalitica, hanno mostrato Richard Rorty (1998; trad. it. 2003), Thomas
Kuhn (2000a, 2000b), Robert Brandom (2000; trad. it. 2002), Putnam (2002; trad. it.
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2004), ribadendo lo slogan che i dati osservativi sono carichi di teoria (theory laden). La
relativizzazione proposta in questa forma positiva e costruttiva trova unampia, decisiva
estensione in alcuni recenti testi di fisica teorica nei quali la relativit in termini di
relazione a un contesto costituisce la base di identificazione delle entit fisiche (Greene
1999; trad. it. 2000).
Concetti come massa o forza trovano la propria identit non in isolamento ma soltanto
nel contesto di relazioni quali: forza=massaaccelerazione. Ancora: neutrini ed elettroni
non sarebbero identificabili e pertanto risulterebbero indistinguibili se considerati al di
fuori del contesto fisico di relazioni in cui sono implicati con le particelle di Hicks. Questa
enfasi sul principio della relazione e del contesto allorigine del primato che la triade
Leibniz-Mach-Einstein riporta oggi fra i fisici rispetto allassolutismo del binomio NewtonKant.
Il relativismo antropologico
La relativizzazione dei concetti e delle teorie a un sistema di riferimento antropologico e
socioculturale coinvolge un nuovo e differente statuto che risulta assegnato alle nozioni
di verit e di certezza. Infatti, ricondotte a un contesto antropologico, a una forma di vita,
a una comunit sociolinguistica, le regole dei vari saperi non sono pi norme formali e
strutturali, astoriche e atemporali, ma manifestazioni dei modi di vita degli uomini.
Regole dunque che non hanno un fondamento epistemologico, logico o semantico, ma
che sono radicate nelle loro circostanze storiche, nelle istituzioni politiche, sociali,
giuridiche, economiche e religiose che definiscono un modulo desistenza, come
commentano Arnold Davidson e Frdric Gros (Michel Foucault. Philosophie, 2004, p. 14)
a questo riguardo: perch un sapere, prima di essere vero o falso, esiste, ossia esso
distribuisce, secondo modalit storiche (suscettibili di trasformazione) atteggiamenti
soggettivi, regimi doggetto, configurazioni concettuali e informa condotte dazione. In
questa specifica accezione il relativismo si riferisce a uno sfondo desistenza che
precede e che condiziona le regole dei molteplici e differenti saperi un regime
desistenza che non a sua volta vero o falso, ma che stabilisce le condizioni di
possibilit del vero e del falso, ossia dischiudendo il gioco linguistico del vero e del falso.
Questa matrice storico-antropologica ha mostrato un potere crescente di penetrazione

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nelle scienze umane. Nella sfera della filosofia del linguaggio ha assunto in questi anni
un ruolo decisivo il riferimento agli abiti e alle pratiche dei membri delle comunit
sociolinguistiche (Glock 2003).
La verit degli enunciati, dichiara ora Putnam, delegata a una comunit di ricercatori e
di interlocutori. Il passaggio che qui Putnam compie quello da una soggettivit privata e
incorreggibile allintersoggettivit. Lungo una tradizione metafisica risalente a Ren
Descartes, si era formata la convinzione che la conoscenza e la verit fossero insediate
nei processi privati e incorreggibili del singolo soggetto. Secondo Putnam, lidea di un
enunciato la cui asseribilit finale completamente a disposizione dello stesso
interlocutore prescindendo dal contesto, senza dare importanza a quello che accade,
oppure di un interlocutore che non ha bisogno n pu trarre sostegno dalle osservazioni
e dai dati degli altri, precisamente la tradizionale nozione di conoscenza di origine
cartesiana che risulterebbe privata e incorreggibile. La relativizzazione di intere classi di
espressioni, di interi linguaggi, a determinati scenari socioantropologici costituisce un
limite insuperabile nei confronti delle teorie sistematiche e formalizzate del linguaggio
che pretendevano di definire un universo totale di traducibilit. Come ha osservato Scott
Soames, che ne dellidea che potrebbe esservi un linguaggio il quale contiene
enunciati veri che non sono traducibili in inglese? Questa semplicemente lidea che
potrebbe esserci un linguaggio che esprime proposizioni vere che non sono espresse da
alcun enunciato di lingua inglese. Questa tesi non pi inconsistente della tesi che vi
siano proposizioni vere che non abbiamo mai incontrato (2003, 2 vol., p. 330). La
nozione di verit logica (nel senso di Alfred Tarski e di Donald Davidson) cessa cos di
essere lorigine e la matrice del significato delle espressioni. Al suo posto subentra il
riferimento, che relativizza la stessa verit allapprendimento e alla pratica del linguaggio
in cui veniamo addestrati e collocati entro la nostra forma di vita. Il riferimento
socioantropologico risulta cos coniugato con la concezione relativistica del linguaggio e
delle categorie semantiche quali senso, significato, referente, verit, denotazione. Quindi
la nostra nozione ordinaria di verit non linsieme delle anguste nozioni di verit alla
Tarski. Qual il contenuto della nostra nozione ordinaria di verit e come facciamo ad
acquisirla? Il quadro semplice. Impariamo un pezzo di linguaggio. Avendo imparato
qualche linguaggio veniamo introdotti alla nozione di verit usando il linguaggio che

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abbiamo imparato. Qualcuno ci dice che se uno dice o crede che la mamma sta
lavorando, e la mamma sta lavorando, allora ci che quel tale dice o crede vero
(Soames 2003, 2 vol., p. 329).
Il relativismo e il ritorno al mondo ordinario
A differenza di coloro che in passato hanno reagito contro il relativismo e lo scetticismo
in termini di argomentazioni e di inferenze logiche, come, per fare qualche esempio,
Davidson, Putnam e Crispin Wright, e, da un differente approccio, John Searle, Michael
Devitt, Thomas L. Haskell, Hartry Field, Gareth Evans, Philip Kitcher, si manifestata in
questi anni una interessante tendenza ad abbandonare la via della
controargomentazione rivolta a scettici e relativisti seguendo un percorso
completamente diverso nella consapevolezza che le controargomentazioni, quelle dirette
per es. a mostrare che il relativismo si autorefuta, non riescono a debellarne le tesi. Anzi,
vi chi, come Michael Williams (2001), ha cercato di mostrare che il relativismo e quello
che talvolta il suo naturale sbocco, ossia lo scetticismo, non sono allorigine del dubbio
e dellincertezza, bens sono, proprio allopposto, una conseguenza del tentativo
fondazionalista di fornire una dimostrazione allepistemologia e alletica, alla realt del
mondo esterno e alla sfera dei valori etici. Il relativismo sarebbe pertanto non lorigine,
ma al contrario la conseguenza del tentativo di dare un fondamento apodittico e
inconcusso alle certezze del senso comune. Ma Williams rileva come nella sfera della
vita quotidiana luomo non sia minimamente assalito dai dubbi e dalle perplessit alle
quali risulta invece esposto quando fa filosofia e argomenta contro il relativismo. Il
relativismo non sarebbe dunque altro che la conseguenza generata da un modo proprio
della filosofia di generare i suoi stessi problemi. Per questo, riecheggiando il titolo di una
sua precedente opera (Unnatural doubts. Epistemological realism and the basis of
scepticism, 1996), Williams definisce i dubbi del relativista e dello scettico dubbi
innaturali.
Nel corso della sua ampia e articolata analisi del relativismo e dello scetticismo, Stanley
Cavell (2002) pervenuto a una riformulazione complessiva della natura del lavoro
filosofico. Se la certezza la condizione spontanea e naturale della vita quotidiana, il
relativismo e i suoi esiti scettici sono il risultato delle strategie fondazionali della
filosofia. Siamo cos consegnati a due visioni della realt che non sono suscettibili di
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essere riconciliate, come avevano gi osservato tra gli altri Thomas Nagel, Barry Stroud e
Peter F. Strawson. Nel dibattito su realismo da un lato e relativismo e scetticismo
dallaltro, tra strategie fondazionali e antifondazionali, assume oggi una particolare
rilevanza la concezione che Cavell ha esposto nel suo Cities of words (2004). Anche se si
ammette che il moderno relativismo possa sostenere la tesi secondo cui lo sviluppo
scientifico e culturale contemporaneo avrebbe messo in crisi la legittimit di stabilire un
contatto del soggetto umano con la realt oggettiva del mondo esterno, si commette,
per, un errore quando si cerca di inferire dal fatto che il mondo non oggetto di una
conoscenza dimostrabile, fondata e oggettiva, che esso non sia reale. La realt del
mondo non qualcosa da conoscere, bens da riconoscere (recognize) e da accettare
(accept) da parte di un essere umano concepito (in analogia con Martin Heidegger) come
uomo nel mondo, soggetto dellesserci (Dasein). Con qualche affinit con Rorty e
Williams, Cavell ritiene che lo scetticismo sia una faccenda di esclusiva pertinenza
filosofica generata dallepistemologia fondazionalista a partire da Ren Descartes.
Ma listanza filosofica del fondazionalismo epistemologico ha la propria matrice
originaria nel 17 sec., quando relativismo e scetticismo filosofico fioriscono
contemporaneamente, e non casualmente, in concomitanza con lo sviluppo delle teorie
di Francesco Bacone, Galileo Galilei, Descartes e Thomas Hobbes, ossia nel contesto di
unautonomia acquisita dalle scienze fisico-matematiche e di una secolarizzazione della
cultura che infrange lunit, la coesione del cosmo medievale con il suo ordine universale
di verit e giustizia. William Shakespeare secondo Cavell il protagonista fondamentale
di questa svolta relativistica e scettica (Cavell 2003; trad. it. 2004); noi comprendiamo
cos bene Shakespeare perch Shakespeare ha fatto noi, ossia ha definito luomo
moderno. Il filosofo americano osserva che i personaggi shakespeariani non parlano pi
in nome di criteri universali e oggettivi, ma origliano s stessi, dando voce ai loro impulsi
personali di brama, di potere e di riconoscimento. Shakespeare appartiene alla
generazione precedente a quella di Descartes, ma se Descartes non si fosse appeso a un
gancio pendente dal cielo (fuor di metafora, se non si fosse appeso alla prova ontologica
dellesistenza di Dio) sarebbe stato anche lui un relativista e uno scettico. Il relativismo e
la sua estrema conseguenza, ossia lo scetticismo, secondo Cavell, sono la smentita di
quella ricerca di certezza secondo la quale possiamo salvare la nostra vita conoscendola,
sostituendo cio la conoscenza alla nostra presenza alla realt. Ma la presenza umana
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alla realt, il contatto degli uomini con il mondo che li circonda, risultano allora
consegnati non gi ad argomentazioni logiche ed epistemologiche, bens a un ritrovato
rapporto con il mondo della vita comune, con il quotidiano, radicato nei dintorni del
nostro agire e vivere giorno per giorno, in unesistenza che Cavell definisce uneventful,
senza eventi eccezionali o clamorosi. Conseguentemente Cavell ravvisa nella filosofia
del linguaggio ordinario del secondo Wittgenstein e nellopera di John L. Austin esenti
da impalcature teoriche sistematiche lultimo bastione valido contro il relativismo. Ma
si tratta di una strategia intellettuale che porta a una riqualificazione dello stesso lavoro
filosofico che, mentre esalta il significato degli elementi ordinari dellesistenza umana
quotidiana, incontra il mondo della poesia, della letteratura e la sfera emozionale della
vita quali tramiti autentici della relazione con il mondo. Ne sono figure esemplari, per
Cavell, Ralph W. Emerson, Samuel T. Coleridge e Henry D. Thoreau. Risulta in tal modo
riqualificato e ridefinito ab imis fundamentis il lavoro filosofico: richiamandosi alla
priorit del linguaggio ordinario, Cavell rinuncia al fondazionalismo in vista di una
filosofia che non avanza nemmeno pi tesi, che non avanza impianti teorici, che non
esposta al dilemma tra verit ed errore, che indaga il proprio essere, ossia il testo
filosofico, che definisce la propria autointerrogazione, scoprendo contenuti di pensiero
diversi, alternativi o inesistenti e comunque differenti da quei contenuti che il soggetto
filosofico dellepistemologia classica tradizionale riteneva di dover pensare.
La trasformazione del dibattito sul relativismo
Il dibattito sul relativismo nei primi anni del 21 sec. mostra di rimanere sospeso fra: a)
lesercizio di argomentazioni e controargomentazioni raffinate e sofisticate, al limite
della sottigliezza sofistica, contro il relativismo e talora lo scetticismo in cui riafforano le
problematiche in tal senso introdotte tradizionalmente da un lato da Descartes e
dallaltro da Hume, che hanno permesso di scrivere la storia della filosofia moderna; b)
limmissione di argomentazioni meno esigenti e conclusive quali le dottrine
contestualiste; c) argomentazioni per default (ossia, in mancanza di meglio, di argomenti
pi forti di quelli avanzati); d) il fallibilismo; e) il naturalismo nella variet delle sue
tonalit e dei suoi vincoli; f) il riferimento storico-antropologico, pi o meno naturalizzato
alla forma di vita (Lebensform, form of life), e allassetto di una morfologia sociale e di

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una comunit linguistica; g) linferenzialismo pragmatico radicato nelle pratiche


sociolinguistiche quale fonte di giustificazione delle credenze e matrice di asseribilit
garantita.
Di fronte allo scenario culturale delineatosi dal 2000 in avanti, sembra legittimo rilevare
lassenza della pretesa di confutare le tesi relativistiche e le loro conseguenze talora pi
o meno scettiche con argomentazioni risolutive e decisive. Questa evidentemente una
conseguenza dellattenuarsi della propensione a proporre registri teorici forti che induce
a controbattere il relativismo con argomentazioni meno cogenti e risolutive di quelle alle
quali si ambiva nei decenni precedenti. In sostanza due elementi o fattori appaiono di
importanza determinante. Uno dipende da una decisiva trasformazione dello scenario
filosofico e culturale a partire dal sopravvento dellorizzonte storico-culturale, del
linguistic turn (la filosofia analitica), ossia della svolta linguistica, della schiusura
linguistica (la filosofia ermeneutica e Heidegger), rispetto allepistemologia che da
Descartes e John Locke giunge sino a Immanuel Kant, alla filosofia neokantiana e alla
fenomenologia husserliana. Lo sfondo linguistico e storico-sociale che si anticipa
rispetto al soggetto cartesiano o kantiano in prima persona detronizza e ridimensiona la
figura del soggetto conoscente, del soggetto epistemico, punto archimedeo nella teoria
tradizionale della conoscenza. Il mondo, la realt esterna non sono pi variabili
dipendenti della funzione impersonata dal soggetto umano conoscente con le sue
facolt, con le sue batterie di concetti, intuizioni, notazioni canoniche e procedure
metodiche. Si tratta anche del tramonto di una certa forma di umanismo. La vivacit del
dibattito sul relativismo in questi anni non si spiegherebbe senza il riferimento a quella
svolta storico-culturale e linguistica. Ne un aspetto assai rilevante quel nuovo tipo di
storiografia filosofica che si sottrae al dibattito sul relativismo e sulle sue conseguenze
scettiche impostato nei termini tradizionali, mettendo in discussione la stessa posizione
del problema relativistico e respingendo la tesi del carattere inevitabile dei problemi
epistemici e del relativismo conseguente sulla base di una nuova visione che ravvisa
nella tradizione filosofica lorigine stessa del problema del relativismo. Relativismo e
scetticismo sarebbero la conseguenza del modo stesso in cui i filosofi hanno approntato
e hanno costruito i loro stessi problemi. Tali sono, come si visto in precedenza, i dubbi
innaturali di cui parla Williams; tale, ancora, lesito della pretesa filosofica di

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dimostrare la realt del mondo esterno, anzich, come ribadisce Cavell, di realizzare il
riconoscimento e la presenza delluomo nel mondo al di fuori di argomentazioni
epistemologiche e speculative.
Ma un argomento affine, sebbene indipendente, quello dei neopragmatisti americani,
quali Rorty, Richard J. Bernstein, John Rajchman, Cornel West, i quali ora ravvisano nei
problemi del relativismo una conseguenza lineare di una impostazione di problemi che
non affatto necessaria. Lidea che solo se si legge Descartes e si accetta lidea che la
mente pu garantire soltanto s stessa e i propri contenuti interiori, si pu cominciare a
dubitare che esistano alberi, rocce, stelle, altri uomini, altre cose. soltanto la frattura
epistemologica cartesiana fra sostanze estese e sostanze pensanti che ha generato la
possibilit dello scetticismo moderno. La filosofia, secondo questa visione, non ha
scoperto problemi oggettivi n ha commesso errori, dal momento che gli oggetti di cui si
occupata per es., il rapporto fra universali e particolari in Aristotele, o il foro interiore
di Descartes e Locke, o lintenzionalit di Edmund Husserl, le costruzioni logiche di dati di
senso di Bertrand Russell, la mente di Gilbert Ryle sono oggetti inventati e non oggetti o
entit fraintese e misconosciute. In questi primi anni del 21 sec. il revival del
pragmatismo negli Stati Uniti testimonia di una svolta che sostituisce il dibattito sul
relativismo con il richiamo e il riferimento a una prassi linguistico-concettuale che non
deve riflettere le cose come esse sono in s stesse, out there, problema allorigine dello
spauracchio del relativismo, ma che deve elaborare modelli pi avanzati dellesistenza
umana, ossia dellessere uomo, sul piano etico ed estetico ai fini di una vita buona da
vivere. In questo senso un fraintendimento laccusa mossa ai neopragmatisti di essere
filosofi relativisti. I neopragmatisti sostituiscono infatti al dibattito sul relativismo e al
regime di equivocit che esso sembra suscitare lunivocit e la coerenza di scelte e
decisioni pragmatiche ordinate e finalizzate rispetto a valori, secondo il principio
teleologistico che risale a William James.
La presenza continua al mondo
Il tratto pi innovativo e anche pi distintivo e peculiare del recente dibattito sul
relativismo appare quello che si appella allistanza di ritrovare la presenza delluomo nel
mondo ordinario, nei dintorni del suo agire, nelle circostanze quotidiane della vita e
dellesistenza, rinunciando al progetto tradizionale di confutare il relativismo con gli
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strumenti dellargomentazione cogente; rinunciando al tentativo di produrre prove contro


il relativismo che inevitabilmente presuppongono ci che andrebbe dimostrato, ossia che
esiste un mondo l fuori, che percepiamo la realt e non stiamo sognando quando
consideriamo, pensiamo o percepiamo mattoni o numeri.
Ma il tema della presenza, il tema della continuous presentness delluomo al mondo
implica un approccio sensibile alla variet delle possibilit secondo le quali la realt pu
declinarsi, laddove lapproccio epistemologico persegue nel suo ostinato tentativo
logicizzante di irrigidire il flusso dellesperienza nelle maglie di un super-ordine apriorico,
astorico e atemporale di concetti. Per una sorta di trasformazione alchemica dei nostri
contenuti mentali, lepistemologo antirelativista assume che la conferma di una sua
previsione o la sua falsificazione dipendano dai suoi poteri intellettuali. Lespressione lo
sapevo! risuona alternativamente come complimento o come autocritica rispetto al
nostro approccio basato sul principio epistemico della certezza. Presenza al mondo in
questa svolta nel dibattito sul relativismo significa al contrario capacit di ascolto, ossia
capacit di, o attitudine a, riferire i contenuti della nostra vita mentale, intellettuale e
percettiva a una trama che non sia preventivamente definita dal regime di
unepistemologia prefissata e privilegiata, ma inserita nella (e integrata dalla) sfera degli
apprendimenti, delle pratiche, degli abiti, dei costumi, dellinformazione a cui sono
esposti i membri delle comunit storico-sociali. soltanto la perdita di una presenza
umana al mondo che ha leffetto di svuotare ed eliminare la costellazione di questi fattori
che costituiscono il radicamento degli uomini nelle loro forme di vita e di isolare il
tema epistemologico della certezza come relazione fondamentale rispetto alla quale gli
uomini deciderebbero sulla realt o irrealt del mondo che li circonda. Il relativismo (con
le sue derive scettiche) risulta paradossalmente, da un lato, unoperazione di
semplificazione e di astrazione rispetto alla complessit e alla variet delle situazioni
entro cui luomo si interroga sul mondo e sulla sicurezza del suo riferimento, dallaltro
lato, e proprio per le medesime ragioni, un sintomo del dubbio e dellinquietudine propri
delluomo che, di fronte a un mondo che ritiene di aver perso, cerca di recuperarlo con
argomentazioni centrate esclusivamente sulla certezza epistemica. Ma appunto le
risorse epistemiche, le procedure dellargomentazione, storicamente non sono riuscite a
debellare lo spauracchio, linquietudine suscitati dal relativismo. Le argomentazioni di
tipo logicizzante o il ricorso a esperienze percettive dirette non solo non sono risultate
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conclusive in quanto hanno riprodotto in un circolo vizioso la tesi relativistica che


andava refutata ma hanno denunciato lassenza di un mondo che era stato sul piano
della vita quotidiana delluomo ordinario pienamente assorbito e che ora nellisolamento
e nel vuoto dello spazio epistemico risulta irriconoscibile, irrecuperabile e perso per
sempre.
Questa tensione e questo squilibrio ripropongono una riflessione nuova e originale sui
compiti della filosofia e sulla sua stessa destinazione, ma risultano anche essere alla
base del conflitto che si riapre oggi tra filosofi di impostazione tradizionale (metafisica,
ontologica, ermeneutica) e analitica (nel senso di ricerca teorica sistematica e
formalizzata) da un lato e filosofi del linguaggio ordinario dallaltro. Tali considerazioni
inducono a prendere atto che, a partire dai preludi culturali di questo secolo, seppure in
assenza di nuove teorie sistematiche forti, si stia profilando un diverso orizzonte
intellettuale che abbandona lo sforzo secolare di rincorrere, adeguare ed eguagliare il
rigore e la certezza delle scienze fisico-matematiche per ritrovare il mondo ordinario che
era andato perduto perduto unicamente perch non era salvabile o riscattabile o
riconoscibile con gli strumenti della certezza epistemologica, dato lassunto di partenza
segnato da Descartes e da Locke e istituzionalizzato da Kant, secondo il quale nulla pi
vicino alla mente che la mente stessa e perci la certezza del mondo non pu che essere
scritta in una cifra epistemologica. Procedure argomentative, dimostrazioni e dati
sensoriali non potranno mai compensare la profondit, limportanza dellesperienza
vissuta del mondo quale filtrata ed esperita nelle circostanze e nellagire degli uomini
nel corso dellesistenza ordinaria.
In sostanza, in luogo di una prova o di una dimostrazione, il relativista potrebbe ottenere
una risposta ai propri dubbi e alle proprie angosce attraverso una ritrovata presenza nel
suo mondo, nel mondo esperito prima dellesercizio epistemologico, nella sfera
dellesperienza vissuta preanaliticamente da parte di un soggetto detrascendentalizzato,
non pi regista della costruzione epistemologica del mondo. Il soggetto umano che
appare predelineato nel dibattito culturale sul relativismo alla svolta del 21 sec. non un
interlocutore dotato di strumenti logici ed epistemologici pi potenti (come hanno
riconosciuto recentemente studiosi non scettici e non relativisti come Nagel, Stroud e
Strawson), ma un soggetto che cerca di ritrovare la sua presenza al mondo, in un mondo
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che non deve decidere o costruire, ma ascoltare per riconoscerlo e per accettarlo.
Lascolto, infatti, il luogo critico esposto a seconda dei casi al misconoscimento e al
fraintendimento. Ci che accade, ci che si rivela volta a volta nel corso dellesperienza
del mondo pu essere contingentemente una conferma o una falsificazione di una nostra
congettura o di una nostra aspettazione. tuttavia il nostro modo di ascoltare che decide
sia il senso sia la verit di tale evento. E questo pregiudica il sentimento o la convinzione
della nostra presenza al mondo.
Ossia, in altri termini, ci che accaduto non potr mai pi accadere qui e ora, ci che
accadr non qui e ora, ma potrebbe essere determinato da ci che sta accadendo qui e
ora nel corso dellevoluzione del tempo. La continua presenza del presente (Cavell 2004)
questo puntuale ascolto di ci che passato e di ci che sta per accadere senza
confonderli, senza assimilarli per effetto di un nostro schema epistemologico di qualche
tipo che ci induce erroneamente a stabilire che il passato ha determinato il presente o
che il presente determiner il futuro. Sia nelluno sia nellaltro caso, la tipica espressione
lo sapevo! rivelatrice di una manipolazione epistemica che operiamo sui dati
dellesperienza e sulle loro relazioni, nella misura in cui li ordiniamo sulla base di un
preventivo schema epistemologico che ci attribuisce straordinari poteri di previsione e di
spiegazione (sapevamo quale piega avrebbero preso gli eventi). Se le difficolt avanzate
dal relativismo in passato erano implicate nel destino di teorie della verit, di certezze
epistemologiche, di assunti semantici e di argomentazioni cogenti, emerge ora un nuovo,
specifico aspetto del relativismo quale atteggiamento critico che non attende una prova
argomentativa cogente e risolutiva per arretrare e dissolversi, bens dischiude il
riconoscimento di un nuovo modo di pensare e di vivere che restituisca agli uomini un
rapporto profondo con la realt del mondo che li circonda. Una presenza, appunto,
continua nel mondo, un mondo da riconoscere, da accettare, e non da dimostrare
attraverso la conoscenza e le procedure logico-epistemologiche.
Stili di pensiero
Al processo di riavvicinamento alle forme della vita ordinaria promosso dalle scienze
umane e dalla cultura filosofica sopra considerato, corrisponde un itinerario per certi
aspetti analogo nel campo specifico del dibattito sullepistemologia relativistica. Contro i
principi dellimpostazione tradizionale dellepistemologia classica del neorazionalismo e
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del neopositivismo, basati sul monismo metodologico, sullavalutativit della scienza,


sulla distinzione radicale tra fatto e valore, sulladozione di metodi statistico-induttivi e
nomologico-deduttivi, lepistemologia relativistica ha espresso quale suo assunto
fondamentale il pluralismo metodologico, ossia la variet dei modi di praticare le teorie
scientifiche, le componenti valoriali della scienza, infine il ruolo e il contesto degli assetti
storico-culturali.
Contrassegni distintivi dellepistemologia relativistica sono: a) lolismo semantico ed
epistemologico; b) lindeterminatezza della traduzione; c) lincommensurabilit delle teorie
scientifiche; d) la dottrina degli schemi concettuali. Il punto a) stabilisce che una teoria
scientifica viene confrontata nel suo complesso e nel suo insieme e non dunque
proposizione per proposizione con lesperienza. Il punto b) asserisce che ogni teoria
sottodeterminata rispetto allesperienza, per cui lenunciato di una certa lingua risulta
traducibile in modi differenti e alternativi nei contesti di linguaggi diversi, e pertanto le
traduzioni risultano inconfrontabili. Il punto c) sostiene che non vi sono n procedure
logiche n procedure empiriche per stabilire la priorit, la superiorit o la preferenza di
una teoria rispetto a unaltra (tesi dellegualitarismo epistemologico), dal momento che
ogni teoria una costellazione di problemi, assunti, paradigmi, concetti, valori, vocabolari
e procedure di controllo indipendenti da quelli di ogni altra, e per conseguenza il
passaggio da una teoria a unaltra una sorta di conversione e non gi una transizione
giustificata razionalmente. Il punto d), che si origina nella Kritik der reinen Vernunft (1781)
di Kant, assume che il soggetto umano conoscente filtra lesperienza attraverso uno
schema concettuale che organizza il flusso dellesperienza che lo circonda. Questi sono i
nodi problematici fondamentali che hanno generato lepistemologia e la filosofia della
scienza di ispirazione relativistica e che il 20 sec. ha trasmesso in eredit alla svolta del
terzo millennio.
Le tendenze che affiorano allinizio del 21 sec. sembrano inaugurare una nuova
prospettiva destinata a superare la dicotomia e lopposizione tra razionalismo oggettivo
e relativismo epistemologico. Tale superamento scaturisce dalla tesi che ravvisa nelluno
come nellaltro una forma di dogmatismo, per cui il relativismo culturale ed
epistemologico sarebbe generato da una forma di assolutismo che anche allorigine del
razionalismo epistemologico oggettivo, nel senso che mentre per il secondo esiste una
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razionalit scientifica univoca e universale, per il primo esiste invece una molteplicit di
teorie nessuna delle quali quella vera o pi vera delle altre. Si potrebbe dunque dire che
alla svolta del nuovo secolo le controversie sul relativismo epistemologico si stiano
placando. In The road since structure (2000) Thomas Kuhn ha riformulato la tesi
dellincommensurabilit in termini decisamente pi distensivi: le teorie scientifiche non
sono intrinsecamente incommensurabili e la possibilit del loro confronto dipende
dallapprendimento di nuove lingue, di nuovi vocabolari e delle loro modalit assertive
(per passare, per es., dalla fisica aristotelica a quella galileiana, oppure dalla nozione di
massa in Newton a quella di Ernst Mach e Einstein). Dunque le guerre kuhniane sui
paradigmi scientifici si stanno avviando a una conclusione e soprattutto i dibattiti sul
relativismo stanno assumendo una direzione che indica una nuova consapevolezza della
storicit delle teorie scientifiche. Se in precedenti versioni storicistiche e, in particolar
modo, nelle dottrine sociologiche esternaliste il riferimento agli sfondi culturali delle
teorie scientifiche costituiva un argomento a favore del relativismo e congiuntamente a
sfavore della razionalit scientifica oggettiva, nei pi recenti dibattiti sul relativismo si sta
manifestando un diverso atteggiamento analitico che tenta di coniugare insieme storicit
e razionalit del sapere scientifico.
Questa mediazione resa possibile dal passaggio da uno scenario epistemologico
centrato sulla nozione totalizzante di verit a quello caratterizzato dalla coppia o
dicotomia vero-falso. In sostanza, gli schemi concettuali da Kant ai neopositivisti fino a
Willard Van Orman Quine, Kuhn, Hanson e Paul K. Feyerabend erano modelli locali del
sapere scientifico, condizioni e fattori responsabili della costruzione delle teorie
scientifiche relative a determinate concezioni della verit scientifica (Aristotele, Galileo,
Descartes, Newton, James Clerk Maxwell, Einstein, Niels Bohr). In questi termini, avere un
paradigma scientifico o uno schema concettuale significava organizzare una versione
scientifica del mondo fisico sulla base di una certa, definita nozione di verit. Ciascuno
schema o paradigma adottato costituiva e definiva la verit di un orizzonte scientifico.
Applicare nel dibattito sul relativismo la nozione di verit non in una posizione privilegiata
e assoluta, bens nei termini della relazione bipolare vero-falso induce una nuova
prospettiva interpretativa del sapere scientifico. Una cosa infatti applicare uno schema
concettuale, una versione del mondo, un modello, un paradigma che fissa
preliminarmente, sulla base dei propri assunti, la verit di una teoria scientifica; unaltra
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cosa praticare uno stile di ragionamento che si articola e ruota intorno allalternativa
vero-falso. Uno stile di pensiero o di ragionamento un contesto di argomentazioni e di
inferenze soggetto alle alternative del vero e del falso, non gi alla definizione apriorica di
quello che viene descritto e prescritto come il mondo vero. Pertanto uno stile di pensiero
o di ragionamento un processo di pensiero-linguaggio che costituisce lunica fonte dei
significati delle asserzioni che proferiamo. Non sussiste, in altri termini, per alcuna teoria
scientifica una giustificazione precedente o comunque esterna a quello che Ian Hacking
e Alistar Cameron Crombie hanno definito uno stile di ragionamento. Lo stile di
ragionamento una costruzione storica, che affonda in un contesto di ragioni culturali,
che appartiene a una certa e ben definita tradizione di valori, criteri e di vocabolari
decisivi (Hacking 2002). Gli stili di ragionamento sono molteplici e differenti e sono
naturalmente consegnati alle loro vicissitudini e al loro destino storici. Essi si distinguono
dalle versioni del mondo (Nelson Goodman), dagli schemi concettuali (Quine), dai
paradigmi (Kuhn), dai modelli della scoperta scientifica (Hanson), dagli schemi di
accettabilit razionale (Putnam) ossia dalleredit delle pi influenti teorie
epistemologiche trasmesse dal 20 sec. in quanto, anzich descrivere la Natura nei
termini di una certa concezione della verit, attivano un processo riflessivo su ci che
vero e ci che falso che risulta convalidato dallo stile di ragionamento nel quale esso
viene costruito e formulato. Gli stili di ragionamento sono intrascendibili in quanto
costituiscono il contesto storico globale entro il quale il processo riflessivo viene
costruito. Gli enunciati non hanno pertanto unesistenza indipendente dalle modalit
contingenti e storicamente variabili degli stili di pensiero adottati. La prospettiva aperta
dalla dottrina degli stili di ragionamento si fa carico dello sviluppo di nuove possibilit
alternative generate allinterno di un certo stile di ragionamento (Hacking 20062). Se non
esiste una metaragione oggettiva e universale dal momento che ogni stile di
ragionamento non pu che riferirsi circolarmente ai propri interni criteri e vincoli, uno stile
di pensiero pu nondimeno raccomandarsi e storicamente assumere il sopravvento su
altri stili per la sua capacit di ampliare la sfera delle proprie possibilit e delle proprie
applicazioni, estendendo linduzione scientifica. In tal senso, per fare un esempio, la
meccanica statistica di Ludwig Boltzmann estende la meccanica classica newtoniana
inserendovi la sua teoria termodinamica. Se non possiamo trascendere lo stile di
ragionamento nel quale siamo necessariamente impegnati e dal quale esclusivamente
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generiamo i nostri enunciati, anche vero che sono proprio queste condizioni e questi
requisiti che in qualche misura ci mettono al riparo dalle minacce del relativismo estremo
e radicale cos come dalle sue derive scettiche. Se, infatti, da una parte il razionalismo
oggettivo e dogmatico teorizza una verit univoca e universale, dallaltra il relativismo
radicale ossia quello secondo il quale una teoria o una cultura buona quanto unaltra
pecca di egual dogmatismo assolutizzando lincertezza e lambiguit dei nostri saperi.
Il processo inferenziale e argomentativo di uno stile di ragionamento non predica una
certa verit come pi giustificata o fondata rispetto ad altre, ma articola le proprie ragioni
sulle possibilit delle nostre proposizioni di essere vere o false. Il relativismo allora,
anzich sanzionare il fallimento delle nostre imprese cognitive, mantiene il suo lato
positivo nel custodire il sospetto del fallibilismo, lallarme di fronte alla incauta e
dogmatica certezza apodittica e la consapevolezza della rivedibilit di ogni sistema
teorico.
Va notato che questa prospettiva deve la sua fecondit e anche il suo potere di
moderazione a una nozione di verit intesa come giustificazione, come spazio logico
delle ragioni e argomentazioni storicamente definite, anzich come rispecchiamento o
corrispondenza con la realt come essa sarebbe in s stessa. Ma non sono soltanto le
tradizionali teorie della verit come corrispondenza a essere in difficolt; anche le teorie
pragmatiste o strumentaliste non sono in grado di giustificare le teorie scientifiche
quando si limitano ad appellarsi al loro successo. Infatti il successo non la soluzione
del problema della valutazione delle teorie scientifiche, ma una parte del suo problema:
qualunque dato sperimentale come tale non sanziona una teoria come vera o valida o
confermata se non in un rapporto complesso a una costruzione teorica, peraltro storica e
contingente, ossia a una rete di inferenze e a una batteria di concetti entro una notazione
canonica, che rappresentano i fattori costitutivi di un determinato stile di ragionamento.
Razionalismo e relativismo in una nuova prospettiva storica
Il presente periodo storico testimonia un nuovo corso, un nuovo indirizzo culturale nel
quale razionalismo e relativismo non costituiscono pi due poli teorici avversi e
irriducibili, che si alimentano luno dellassolutismo e del dogmatismo dellaltro con un
segno rovesciato. Piuttosto si preannuncia un nuovo spazio culturale nel quale problemi,
inquietudini, istanze delluno di questi due poli si compenetrano con la consapevolezza e
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il riconoscimento dei problemi, delle inquietudini e delle istanze avanzate dallaltro polo.
Sono proprio lintroiezione e lassimilazione, da parte di ciascuno di questi due poli, delle
istanze avanzate dallaltro a spiegare il clima pi pacato e disteso che si sta diffondendo
nel dibattito sul relativismo, un clima inimmaginabile negli ultimi decenni del 20 sec.,
attraversato da irriducibili opposizioni e dalle accese guerre kuhniane nellepistemologia,
nella filosofia della scienza e nella cultura filosofica in generale. Ma attraverso questo
processo, entro il quale il razionalismo oggettivo e il relativismo si ricalibrano a vicenda
ammettendo luno anche le ragioni dellaltro, risulta profondamente cambiata la natura
dello stesso lavoro filosofico, risulta mutata la consapevolezza che lesercizio filosofico
pu o deve assumere nei confronti dei propri compiti e della natura del proprio discorso.
La disputa fra razionalismo e relativismo stata fino al 20 sec. anche una contesa sulla
questione se vi sia una verit oppure ve ne siano molte, se vi sia un solo metodo oppure
pi metodi filosofici e scientifici, anche se vi sia una sola teoria filosofica in posizione
privilegiata sanzionata come la pi vera o se invece occorra riconoscere lesistenza di pi
teorie filosofiche su un piano di parit. Ora, proprio dal mutuo riconoscimento delle
ragioni che motivano il razionalismo e il relativismo che scaturisce un nuovo modo di
considerare il lavoro filosofico. Alla luce della revisione degli assunti del razionalismo e
del relativismo che ne facevano in passato due avversari irriducibili, la filosofia oggi pu
rinunciare alla produzione e allesibizione di argomentazioni cogenti proprie di quella che
Robert Nozick (2001; trad. it. 2003) ha definito una razionalit costrittiva, evitando la
ricerca di prove irresistibili e perfino la ricerca di prove irresistibili che nelle prove
irresistibili c qualcosa di sbagliato. La conclusione che non pu essere la coazione,
sia pure esercitata mediante argomentazioni razionali, a generare la convinzione, cos
come non si pu costringere qualcuno a essere libero. provincialismo filosofico
consegnare le proprie convinzioni e le proprie credenze a una sola ed esclusiva dottrina
filosofica, e questa malattia pu essere curata mediante la conoscenza di alternative, di
possibilit differenti secondo le quali si pu guardare al mondo, alla Natura e alle stesse
questioni filosofiche e scientifiche. Lopzione nuova, allorigine di una svolta nel dibattito
su relativismo e filosofia negli anni in corso, allora in una visione complessiva che
consiste nel paniere delle visioni filosofiche, e in questo paniere ci stanno tutte le visioni
ammissibili (Nozick 2001; trad. it. 2003, pp. 36-7). Ma questo paniere non il segnale di

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una ricaduta in una forma di relativismo o addirittura di scetticismo; infatti le varie


concezioni filosofiche verranno valutate in modo distinto e differenziale e al tempo
stesso nessuna di loro assurger a una posizione esclusiva e privilegiata.
Un tale processo di articolazione e di contestualizzazione relazionale delle dottrine
filosofiche dispensa conseguentemente dallascrivere al lavoro filosofico il compito di
essere una disciplina fondazionale che inferisce conclusioni apodittiche da proposizioni
o principi che sarebbero evidenti di per s stessi. Dispensa egualmente dal miraggio a
lungo inseguito dalla filosofia tradizionale, quello di eguagliare il rigore delle
dimostrazioni contenute nelle teorie fisico-matematiche. Infatti, possiamo domandarci:
che ne del destino o del valore di questo miraggio oggi, quando siamo abbastanza
esperti da sapere che le teorie scientifiche sono accompagnate indistintamente da
anomalie, che non escludono ipotesi alternative, che difettano di una corroborazione o
verificazione o conferma sperimentali complete ed esaustive, che sono dunque valide
soltanto fino a nuovo ordine (come solevano dire perfino Einstein e Max Planck)?
Questa concezione temperata e moderata che calibra le istanze del razionalismo e della
ricerca in qualche modo della verit, da un lato, e le istanze del relativismo e del
contingentismo storico, dallaltro, trova conferma nella seguente tesi (corroborata da una
procedura tecnica e formalizzata): se invece di essere gli esseri umani che ci sembra di
essere, fossimo privi di corpo e fossimo cervelli in una vasca, immersi in una soluzione
nutritiva connessa al software di un computer che emette impulsi elettro-chimici che ci
fanno credere di essere gli uomini normali che abbiamo sempre creduto di essere, noi
non saremmo in grado di distinguere o discernere tra la percezione di un cervello in una
vasca e la percezione di un essere umano normale. qui allopera il concetto e
lesemplificazione di paniere delle visioni filosofiche nel senso che la indiscernibilit fra
quello che il nostro stato percettivo e la nostra realt una condizione epistemica che
legittima sia una componente razionalistica veridica (non tutto falso, non vero che
non sappiamo nulla e simili, molte credenze sono veridiche e numerose conoscenze
sono autentiche), sia il dubbio relativistico e perfino il sospetto scettico sulloggettivit
delle nostre conoscenze. Come ha osservato Joseph Margolis (20072), realismo e
relativismo non sono incompatibili.
Letica e il relativismo
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Se nellambito scientifico e filosofico tesi relativistiche avevano messo in discussione il


monismo metodologico e lavalutativit della scienza che risalivano allempirismo logico
di Rudolf Carnap e al razionalismo critico di Karl R. Popper, la svolta del 21 sec. vede
laffacciarsi di uno scenario nuovo nellambito delletica in cui emerge il rifiuto di
unimpostazione centrata sullanalisi puramente formale, oggettiva e razionale del
linguaggio della morale, dunque su una metodologia metaetica chiaramente ispirata dai
criteri e dalle regole di rigore scientifico propri della filosofia analitica, anzich sulle sue
componenti sostantive connesse allazione morale, alle disposizioni e agli abiti della
razionalit pratica nei confronti dellagire individuale e delle istituzioni storico-sociali. A
tale impostazione si erano opposte sullo scorcio del secondo millennio quelle concezioni
(come per es. quella di J.L. Mackie) che, richiamandosi a meccanismi sociali diffusi con i
loro effetti di pressione sugli individui e che storicamente si trasformano in valori eticosociali oggettivi, avevano denunciato lillusoriet di questo presunto rigore oggettivo del
discorso morale, considerando i giudizi di valore enunciati falsi e introducendo
conseguentemente una visione relativistica delletica. Alla svolta del millennio si delinea
una prospettiva che cerca di oltrepassare la dicotomia o il contrasto fra una componente
puramente fattuale, descrittiva e cognitiva del discorso morale da un lato e unascrizione
di valore, una motivazione e un criterio direttivo dellagire morale dallaltro. Sono David
Wiggins e John McDowell che hanno introdotto questa prospettiva nel discorso morale
inteso come una costellazione di valori, sentimenti, affetti che non possono essere
considerati dallesterno, al di fuori cio dei soggetti umani, secondo un presunto punto di
vista neutrale e oggettivo, estraneo agli interessi di tali soggetti. Le motivazioni morali, in
tale prospettiva, assumono non una qualit naturale, oggettiva, n una qualit non
naturale, di tipo platonizzante, ma sfuggendo alle insidie e alle obiezioni del relativismo
costituiscono una sfera concettuale in cui risultano radicati gli interessi, le motivazioni,
le aspirazioni, le propensioni affettive degli uomini nel loro agire pratico. Lungo questa
prospettiva lelemento pi significativo e innovativo costituito dal progetto di filosofia
etica delineato da Cora Diamond (2006), che, sulla base di queste premesse, avanza ed
elabora unintegrazione dei fattori sostantivi che contribuiscono al discorso e alla
condotta morale. Unintegrazione che connette i momenti della riflessione, larticolazione
concettuale in cui hanno parte lemozione, la sfera degli interessi e delle finalit umani, le
scale valoriali delle motivazioni, le memorie. Esemplare, in questo senso, per la
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Diamond la storia di Scrooge (il personaggio di Charles Dickens) che da uomo avaro,
insensibile e miserabile si trasforma in uomo generoso e amabile dopo una notte di
sogni e di incubi nel corso della quale recupera la memoria della sua infanzia, che gli
restituisce un positivo rapporto con i bambini che aveva umiliato e scacciato. Il
relativismo risulta essere messo in discussione da unattitudine etica che tematizza il
soggetto umano come un essere umano che si riappropria di sentimenti, di memorie, di
immaginazioni, di propensioni valoriali dei quali era stato deprivato. Il segno distintivo del
discorso etico coincide con questa restituzione delluomo intero; si tratta infatti di
restituire allessere umano quei concetti che egli aveva smarrito.
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