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Sport e letteratura nella storia

Il genere della letteratura sportiva


Poeti e narratori nel corso dei secoli hanno descritto e illustrato l'esercizio fisico nei rispettivi
linguaggi, coltivando diverse concezioni dell'atletismo, descrivendo tecniche e strategie di sfide e
combattimenti, plasmando imprese e figure autentiche di campioni o creando eroi del tutto
immaginari, investigando aspetti positivi e negativi della passione agonistica. La letteratura legata
allo sport subisce nei secoli una costante metamorfosi, si trasforma seguendo i cambiamenti che
investono varie attivit atletiche, combattive e ludiche, risentendo congiuntamente delle mutazioni
dei sistemi e dei modi della comunicazione, a seconda delle epoche e delle civilt.
Un diverso modo d'intendere l'esercizio fisico e l'agonistica, a partire dalla fine dell'Ottocento e
lungo il primo decennio del Novecento, affiora in maniera sparsa, non organizzata e programmata
nell'opera di scrittori di varia formazione, lingua e cultura molti dei quali certamente 'non sportivi'
ma in qualche modo attratti dalla nuova realt rappresentata dagli sport moderni. Via via negli anni
si elabora il processo di sviluppo del complesso e organizzato sistema dello sport che diviene parte
integrante delle diverse sfere della societ, sia pure con modalit non omogenee nei diversi contesti
nazionali, e crescente appare l'interesse di scrittori e poeti verso il fenomeno sportivo. Il
giornalismo sportivo e la stampa specializzata sono ai loro primordi: nuove forme di scrittura e un
nuovo linguaggio iniziano ad affermarsi come strumenti di rappresentazione, di racconto e di
commento di gare ed eventi sportivi, affiancandosi dunque alla poesia, alla narrativa, alla
trattatistica le quali per secoli avevano illustrato caratteri e aspetti delle attivit psico-fisiche,
dell'educazione del corpo, del combattimento, del loisir.
Il legame stretto tra sport moderno e letteratura testimoniato dall'estesa produzione internazionale
di argomento sportivo, da antologie di scritti in prosa e in poesia, e da numerosi repertori
bibliografici dunque frutto di un processo evolutivo sviluppatosi soprattutto lungo il Novecento.
Oggi si pu affermare che non vi siano discipline sportive, n aspetti, risvolti, avvenimenti, contorni
e sfondi a esse collegati che non abbiano trovato espressione nella letteratura novecentesca la quale,
con diversi gradi di maturit stilistica, ha offerto spazio alla piena complessit delle implicazioni
sottese alla realt e al fenomeno sociale dello sport, nonch alla sua essenza psicologica,
emozionale, ideale.
Lo sport ha in effetti prodotto un genere letterario apparentemente classificabile come letteratura
sportiva analogamente a quanto si fa per altre forme di produzione letteraria (la letteratura di
viaggio, la letteratura fantastica, la letteratura poliziesca). Nel corso del Novecento fiorita una
produzione di studi, e soprattutto di antologie letterarie, entro la quale si fatto ricorso a questa
nozione di letteratura sportiva anche a proposito di opere e testi legati ad attivit atletiche,
combattive, ricreative e ludiche praticate nell'antichit greca e romana e nei secoli passati, epoca in
cui tali attivit possedevano caratteri e finalit precipui o erano fenomeni di costume assai diversi
rispetto a quelli attuali.
Nel definire il genere della letteratura sportiva occorre dunque preliminarmente sciogliere un
interrogativo di fondo sul significato da attribuire al termine sport, significato che non a caso
oggetto di alcuni studi dedicati all'analisi del rapporto tra sport e letteratura (Court 2001). Si tende
oggi, per es., a escludere dalla rosa delle attivit sportive la caccia e la pesca (Roversi 1998). Ci
estrometterebbe dal genere della letteratura sportiva un fittissimo repertorio letterario antico e

moderno, come testimoniano la Bibliografia delle opere italiane latine e greche sulla caccia, la
pesca e la cinologia (1969), le antologie I piaceri della pesca (1964) e I piaceri della caccia (1963),
curate da G. Cibotto, che raccolgono racconti e frammenti di romanzi di autori italiani di varie
epoche, il volume antologico Racconti di caccia (curato da G. Luti nel 1969) che comprende scritti
narrativi di autori italiani e stranieri dell'Ottocento e del Novecento. Sempre secondo questa
definizione, tra le attivit psico-fisiche 'non' sportive per quanto moderne e attuali rientrano anche il
body building e il jogging, poich basate sullo "sviluppo autonomo della corporeit" (Roversi, ibid.
p. 304). aperto il campo delle ipotesi relative all'esclusione dell'alpinismo (che invece al centro
di una folta serie di opere letterarie, in numerosi casi scritte dagli stessi protagonisti di grandi
imprese) e di quelle discipline (per es. la ginnastica artistica, i tuffi, il pattinaggio artistico, il
dressage e il volteggio a cavallo) certamente aperte alla competizione tra i partecipanti ma il cui
esito finale decretato "su base soggettiva dai giudici" (ibid. p. 304), compresa, secondo
quest'ultimo criterio, la boxe, che ha invece fornito innumerevoli spunti a opere letterarie.
Per definire il genere occorre dunque non solo precisare il campo delle attivit psico-fisiche da
considerare a tutti gli effetti 'sportive', ma anche tener conto della natura delle stesse alla luce del
processo di metamorfosi che le ha investite nei secoli, dovuto all'influsso esercitato da fattori e
fenomeni extra-sportivi, legati all'ambito storico, sociale e sociologico, ideologico e culturale.
Nell'et carolingia, per es., la cavalleria si consolida come istituzione a carattere universale, in
quanto milizia e in quanto costume; il combattimento con la spada o la sciabola si trasmette alla
letteratura cavalleresca come elemento costitutivo di un codice ideale e morale. Nell'et
rinascimentale, la tecnica e l'arte della scherma raggiungono un notevole sviluppo, sorgono 'scuole'
e si codificano tecniche: il Flos duellatorum (1410) il primo codice schermistico italiano, poi
seguito, nei secoli, da un ampio repertorio di trattati. Tra gli scritti pi significativi di questo genere
vanno menzionati l'Opera nova chiamata duello di Achille Marozzo (1536), il Trattato di scientia
d'arme (1553) di Camillo Agrippa, la Scherma illustrata (1670) di Nicoletto Giganti e il Trattato di
scherma (1847) di Alberto Marchionni. Nel Medio Evo e nel Rinascimento le giostre, i tornei, le
corse, le cacce al toro sono forme di vita sociale e mondana, passatempi giocosi dei nobili o del
popolo ricchi anche di elementi pittoreschi, come testimoniano le odierne manifestazioni
rievocative del Palio di Siena, della Giostra del Saracino, delle regate di Venezia, del Calcio
fiorentino, gioco di squadra diffusosi al tempo dei Medici (Bardi 1580). Ancora sul finire del
Cinquecento il culto della spada di rigore e sono 'spadisti' valenti artisti come Caravaggio,
Salvator Rosa, Benvenuto Cellini. L'esercizio fisico non solo inteso come addestramento alla
combattivit ma anche come 'arte' ovvero attivit umana basata sull'abilit individuale potenziata
dallo studio, dall'esperienza e dalle conoscenze tecniche: concezione che si riflette nel trattato di
Girolamo Mercuriale De arte gymnastica (1569) o ne L'arte del cavallo (1696) di Nicola e Luigi
Santapaulina. Questi concetti si trasmettono alla letteratura e all'arte coeve, con forme e linguaggi
diversi e con diverse finalit creative e artistiche.
La struttura e l'organizzazione interne ad alcune raccolte antologiche di scritti in versi e in prosa
rispondono evidentemente al tentativo di offrire una visione panoramica degli sviluppi storici
relativi al genere della letteratura sportiva. Un esempio ci offerto da Elogio olimpico. Antologia di
poesie sportive da Omero ai nostri giorni, curata dal poeta e studioso di poesia Gian Piero Bona
(1960), che accoglie un vasto repertorio di componimenti poetici tratti dalla letteratura greca e
latina e da quella italiana, da Dante agli autori del Novecento; terzine estratte dal XVI canto
dell'Inferno ("Qual sogliono i campion far nudi e unti, / avvisando lor presa e lor vantaggio, / prima
che sian tra lor battuti e punti") si accostano dunque ai versi di Folgore da San Gimignano, di Luigi
Pulci (Morgante), Lorenzo de' Medici (Il canottiere), Poliziano (La caccia a cavallo), Lodovico
Ariosto (Orlando Furioso), di Torquato Tasso (il duello di scherma fra Tancredi e Argante da La
Gerusalemme liberata). Il Canto di giuocatori di palla al maglio di Anton Francesco Grazzini detto

il Lasca, il Canto di giostranti a cavallo (di autore incerto) e il Canto di giuocolatori di schiena
(1559) di Giovanbatista dell'Ottonaio testimoniano il carattere popolare e ludico di alcune
competizioni. I versi estratti dal Giorno di Giuseppe Parini gettano luce sulla concezione educativa
e nello stesso tempo aristocratica dell'addestramento fisico, l'Ode al Signor di Montgolfier di
Vincenzo Monti parrebbe segnare l'irruzione della macchina e del volo tra le discipline 'sportive',
mentre A un vincitore nel pallone di Giacomo Leopardi consacra autorevolmente l'avvio della
fioritura poetica ispirata al gioco del calcio. Il Canto dei ciclisti di Vittorio Betteloni forse nella
cultura letteraria italiana tra i primi componimenti legati a una nuova realt del costume, la
bicicletta, cantata anche da Lorenzo Stecchetti. E via via, dalle parole in libert di Filippo Tommaso
Marinetti (Temperature del corpo del nuotatore) alle poesie di Umberto Saba (Cinque poesie per il
gioco del calcio), Eugenio Montale (Buffalo), Sandro Penna, Alfonso Gatto (La partita di calcio),
Giorgio Caproni, Vittorio Sereni (Inter-Juve del 1935; Ricordo di un amico calciatore e Mille
miglia), Gaio Fratini (Rugby all'Acqua Acetosa e Storia d'un welter), Luciano Erba (Aerostatica),
Roberto Roversi (Incontro di pugilato), Giovanni Giudici (La caduta del ciclista) e altri, il
florilegio di versi illumina realt nuove e antiche dell'esercizio fisico quanto l'eterno fascino
emanato dalla sfida agonistica.
Anche l'Antologia della letteratura sportiva italiana, apparsa per le cure di Giuseppe Brunamontini
nel 1984, ripropone un vasto e poliedrico repertorio di opere in poesia e in prosa dai tempi di
Omero agli anni Ottanta del Novecento, includendo anche autori provenienti dal mondo del
giornalismo, come Gianni Brera e Indro Montanelli, o scrittori in veste di inviati-speciali o
commentatori sportivi, come Orio Vergani, Dino Buzzati, Manlio Cancogni, Italo Calvino. I brani
narrativi e i testi poetici sono raccolti e suddivisi per capitoli secondo grandi nuclei tematici (per es.
L'atleta, La squadra, L'allenamento, Lo sport nelle giostre storiche e nei giochi popolari,
L'umorismo). Ci determina la compresenza, nella stessa sezione tematica, di scritti (slegati dal
contesto storico, culturale, artistico da cui traggono origine e soprattutto non ricondotti al portato
creativo individuale) molto eterogenei dal punto di vista non solo formale e stilistico ma anche e
soprattutto ispirativo.
Il volume antologico di Brunamontini ricalca l'impostazione di fondo sottesa all'antologia Scrittori
sportivi (1955) curata da Gigi Caorsi, che sotto la comune etichetta di 'scrittore sportivo' accostava
Omero e Virgilio, Petrarca, Walter Scott e Victor Hugo, Emilio Cecchi e Mario Praz, Ernest
Hemingway e Nino Nutrizio, Gino Bartali, Vittorio Pozzo e Leon Battista Alberti.
Senza dubbio pi coerente la ricca antologia di sport e letteratura Momenti di gloria, curata da
Antonio D'Orrico (1992), che accoglie e ripropone scritti estratti da opere di autori italiani e
stranieri dello scorso secolo e contemporanei: il vasto repertorio testuale ordinato anche in questo
caso per temi e motivi (per es. La sfida, Fausto, Finale di partita) e un indice degli sport consente
al lettore di rintracciare nell'antologia la rosa degli scritti dedicati a ogni singola disciplina.
Non sono da meno due celebri scrittori di sport, Nick Coleman e Nick Hornby (1996), che
interrogandosi sui destini della letteratura sportiva in Gran Bretagna, hanno selezionato brani e
scritti (di genere e natura diversi) sulla moderna realt dello sport, opera di numerosi narratori e
giornalisti del 20 secolo di lingua inglese tra i quali spiccano i nomi di Harold Pinter, Vidiadhar
Surajprasad Naipaul, Seamus Heaney, Martin Amis, Joyce Carol Oates, Norman Mailer.
Da un primo sondaggio degli scritti ripresi dalle antologie, si pu dunque constatare quanto vari e
mutevoli siano l'idea di sport coltivata e trasmessa dall'autore, il ruolo e la funzione che
l'immaginario o il fatto sportivo svolgono nel testo e soprattutto nel contesto complessivo dell'opera
dalla quale estratto un frammento narrativo o poetico, la natura e la finalit dello scritto stesso.

I tentativi di rigida classificazione del legame stretto tra sport e letteratura, in specie se rapportati
alla realt testuale, come nel caso delle raccolte antologiche, si infrangono di fronte all'obiettiva
difficolt di uniformare e omologare testi dissimili da un punto di vista non solo storico-letterario
ma anche tematico. Analogamente a quanto avviene per il termine sport, anche il termine letteratura
copre un vasto campo semantico; esso indica una pluralit di generi e di forme, dalla quale tuttavia,
in questo caso, occorre escludere quanto prodotto nell'ambito editoriale della manualistica e tecnica
sportiva, della letteratura medico-scientifica, della storia e cultura dello sport, del giornalismo
sportivo. Si scritto e si scrive di sport anche dopo l'avvento del cinema e dei nuovi sistemi di
comunicazione radiotelevisivi sotto la spinta di molteplici motivazioni e finalit, tali da
influenzare direttamente la tipologia dello scritto che potrebbe essere idealmente collocato in un
particolare sottogenere o filone, dalla cronaca al resoconto e al reportage sportivo, dal racconto
'fantastico' o immaginario di sport alla poesia e narrativa a tema sportivo, alla sceneggiatura filmica,
al saggio di critica dello sport, alla letteratura per ragazzi.
In una vasta campionatura di scritti letterari lo sport compie solo una fortuita od occasionale
'incursione' nel tessuto testuale, ma non per questo priva di significato ai fini di una ricostruzione
del rapporto tra sport e letteratura lungo il Novecento. Per proporre alcuni esempi, l'episodio della
partita di rugby cui partecipa, nel fangoso campo del college irlandese, Stephen Dedalus, in apertura
del celebre romanzo di James Joyce Portrait of the artist as a young man (pubblicato nel 1916, ma
elaborato tra il 1904 e il 1914), occupa uno spazio minimale nell'economia dell'intero racconto ed
tuttavia di grande importanza. Da un punto di vista storico, esso rivela che il gioco del rugby si
praticava nei college gi fin dalla met dell'Ottocento e, ai fini del ritratto (e insieme autoritratto)
dell'artista da giovane, riesce a esprimere la percezione da parte del protagonista della personale
inadeguatezza rispetto alla combattivit dei coetanei. L'episodio un tassello significativo: la
debolezza fisica e agonistica di Dedalus spia di un carattere precipuo della sua personalit, se pur
ancora allo stadio giovanile, segno della sua precoce 'diversit' rispetto ai compagni.
Nel fitto ordito di storie che compongono l'ampio affresco del romanzo di Georges Perec, La vie
mode d'emploi (1978), moderna 'commedia umana' sulle vicende degli inquilini di uno stabile di
Parigi, il cui arco temporale si estende dal 1833 al 1975, il piccolo tassello dedicato alle vicende
sportive di Albert Massy intorno al 1924 entra a far parte dell'intero puzzle costituito da
novantanove 'pezzi'. Eppure giova a rievocare, fondendo realt e invenzione, una certa epoca del
ciclismo e insieme uno spaccato di vita della piccola borghesia parigina: Massy, personaggio del
tutto immaginario, partecipa al Giro d'Italia e al Tour de France accanto a campioni reali come
Alfredo Binda e Ottavio Bottecchia; si dedica poi alle corse di stayers, conquista il record mondiale
dell'ora (sia pur non omologato), diviene pacemaker del giovane Margay (altro personaggio di
fantasia) che vince nei pi importanti velodromi d'Europa sino alla rovinosa caduta al Vigorelli di
Milano. Oltre a evocare e rappresentare una particolare stagione delle corse che ebbero in Francia
un grande successo di pubblico, la breve storia di Massy ripropone simbolicamente le innumerevoli
vicende di tanti campioni e dilettanti di una specialit sportiva, allora particolarmente in voga, che
coniugava perfettamente sport e industria (la bicicletta e la moto) e che segn l'ascesa e la fortuna
degli sport pi moderni, subito divenuti spettacolo per le folle domenicali di appassionati. E proprio
a una gara di stayers al velodromo parigino Buffalo sar ispirata la poesia di Eugenio Montale
Buffalo (1929) nella raccolta Le Occasioni (1939): "vidi attorno / curve schiene striate mulinanti /
nella pista".
Alla luce degli esempi, si comprende che vastissimo il campo dei riferimenti, delle risultanti, delle
testimonianze legate allo sport offerti, anche solo di scorcio, dalla letteratura novecentesca. Si tratta
sovente di presenze circoscritte o solo di tracce, non meno interessanti per, ai fini di un'indagine
esaustiva, di quelle offerte da opere a esclusivo tema sportivo, nelle quali, seppure apparentemente
centrale nell'economia dell'opera, lo sport comunque il pi delle volte un pretesto utile alla

costruzione di una trama 'non sportiva'. Ci accade in alcuni romanzi e racconti d'avventura o a
sfondo sentimentale (un esempio celebre quello offerto dal racconto del 1892 Amore e ginnastica
di Edmondo De Amicis) o in altri scritti di effusione o tensione lirica ove la realt rappresentata
dallo sport o dalla prestazione di un atleta svolge un ruolo metaforico della condizione e dei
sentimenti umani. E occorre infine ricordare che numerose opere di carattere o di taglio letterario
(biografie, autobiografie, racconti, romanzi, poesie) centrate sullo sport lungo il Novecento sono
prodotte anche al di fuori dei circuiti letterari e artistici: da giornalisti, da tecnici, da protagonisti o
appassionati dello sport.
Nella produzione letteraria si trasferisce in effetti una pluralit di concezioni, idee e immagini dello
sport. Muta costantemente la fisionomia degli scritti quanto l'essenza stessa di ci che si intende per
sport; mutano il punto di vista di chi scrive e l'orizzonte d'attesa dei lettori; muta infine anche la
funzione che l'uno (lo sport) e l'altra (la letteratura) esercitano nel contesto storico, culturale,
sociologico nazionale di riferimento.
L'attivit fisica e agonistica si consolida, lungo il Novecento, quale tema letterario universale. Come
tale possiede certamente radici antiche e resistenti, attraversa la letteratura di tutte le culture e
civilt, ma assume fisionomie sempre mutevoli e instabili, al pari per es. del tema e del genere
letterario di viaggio. Infatti nella letteratura a tema di sport si aggrega un'estesa variet di aspetti
legati all'essenza e alla natura tecnica di ogni specifica attivit sportiva, variet pari a quella
dell'esperienza emozionale e psicologica sottesa alla realt dello sport; in essa si assomma inoltre
una molteplicit di fattori relativi all'evoluzione della pratica sportiva e della cultura dello sport, al
ruolo e alle funzioni che esso esercita nelle sfere del sociale: lo sport oggi anche un fatto di
costume, un evento mediatico, un ingranaggio del mondo produttivo, tecnologico, economicofinanziario. La molteplicit dei valori, dei caratteri, dei fenomeni antichi e moderni sottesi al vasto
campo semantico del termine 'sport' si trasmette ai testi letterari e in tal senso ogni presenza del
tema o del soggetto sportivo (anche limitata od occasionale) in un testo letterario necessita di essere
rapportata al contesto da cui trae origine: alla coscienza creativa individuale e alle relative
dinamiche storico-culturali e storico-letterarie di riferimento.
Si potrebbe in effetti concludere tenendo conto delle pi recenti tendenze teoriche relative alla
definizione dei generi letterari che a proposito del genere della letteratura sportiva occorra far
riferimento a una nozione di 'genere' come "rete di relazione fra opere e serie di opere,
configurantesi come un sistema dinamico, elastico e di carattere evolutivo" (De Caprio 1996, p. 10),
parimenti a quanto avviene per il genere letterario di viaggio.
Occorre tuttavia una certa prudenza nei confronti di un fattivo orientamento metodologico, tipico
soprattutto dell'area anglo-americana, che tende a identificare come letteratura sportiva la scrittura
di sport: i repertori bibliografici pi diffusi (anche via Internet), i dizionari biografici degli scrittori
sportivi editi in particolare negli Stati Uniti, i soggettari delle biblioteche, le collane editoriali e le
antologie di scritti sportivi tendono a inglobare un groviglio di opere e testi, anche del pi basso
profilo editoriale, nel quale il legame tra sport e letteratura finisce per perdere una precisa identit e
gli stessi termini letteratura e sport sono in effetti svuotati di significato. Di fronte a una situazione
assai confusa, instabile e in continua evoluzione diventa necessario concentrare l'analisi su una serie
di testi esemplari dal punto di vista strettamente artistico e indicativi dei caratteri e dei meccanismi
operativi dominanti che regolano la storia e gli sviluppi della poliedrica e duttile letteratura ispirata
allo sport.
Caratteri del rapporto tra sport e letteratura

Veniamo ora a esaminare quali siano le problematiche che investono la natura del legame tra sport e
letteratura, tenuto conto che gli scritti in prosa a soggetto sportivo indipendentemente dalla
centralit acquisita dal soggetto nella dinamica testuale possono trarre ispirazione da un evento
reale o da un'individuale esperienza reale (a prescindere dalla forma che essa assume) o essere del
tutto immaginari. Nella prima categoria rientrano scritti che tendono al racconto obiettivo e
realistico di un fatto, di un episodio sportivo, o al tratteggio delle emozioni, reazioni e impressioni
dello spettatore o dell'atleta. Si potrebbe dunque affermare che il processo di scrittura viene incontro
alle esigenze dello sport, tentando di aderire il pi possibile alla sua dinamica realt, di fermare e
vincere la fugacit dell'impresa sportiva indipendentemente dall'aspetto formale che essa assume, di
investigarne gli aspetti tecnici quanto emozionali, offrendo il resoconto di un episodio, di una gara,
illustrando strategie e tattiche, raffigurando le reazioni del pubblico e dell'atleta. In questa categoria
rientrano diversi sottogeneri, ognuno dei quali presenta peculiari caratteristiche formali e stilistiche:
l'articolo giornalistico scritto 'a caldo', per es., mira a offrire la sintesi pi o meno ampia di una sfida
o di una competizione agonistica, assumendo le forme del resoconto fitto di dati tecnici, volto a
descrivere tattiche di gara o di gioco; il racconto di matrice letteraria invece frequentemente teso a
rievocare (a distanza di tempo pi o meno variabile) eventi o figure reali dello sport, lasciando
spazio anche al punto di vista, alle emozioni di chi scrive; la biografia di un campione tende a
illustrare gli aspetti pi nascosti della sua vicenda umana e professionale; l'autobiografia o le
memorie scritte da un 'eroe' o protagonista dello sport riflettono inevitabilmente il suo punto di
vista: le tappe di una carriera riemergono dai territori della memoria dell'autore.
La pluralit di forme assunte dalla letteratura legata allo sport come esperienza reale dovuta
principalmente al fatto che essa portatrice di un doppio principio di realt: la 'realt dello sport'
(indipendentemente dall'aspetto formale e sostanziale che esso assume) e 'lo sport reale', intendendo
con quest'ultima definizione non solo il vissuto presente nel ricordo dell'atleta-protagonista o/e in
quello del testimone-spettatore, ma anche il vissuto dell'uno e dell'altro come entit comunicabile.
Ci che in effetti viene trasferito negli scritti apparentemente fedeli alla realt di una sfida sportiva
o alla realt delle imprese di un atleta o di una squadra non la realt della competizione ma la
competizione reale, ovvero quella interiorizzata dallo scrivente, spettatore o protagonista che sia.
Questi (non importa quale sia la sua veste professionale), nel processo di scrittura della cronaca, al
termine della gara, per quanto possa avvalersi di appunti e note stesi durante l'incontro, formalizzer
la competizione reale, cio quella interiorizzata o attiva nella sua memoria.
I dati dell'esperienza, diretta o indiretta, nei racconti e nelle cronache documentarie di sport sono
dunque in qualche modo 'falsificati', ovverosia prima sottoposti a un inevitabile processo di
selezione e manipolazione pi o meno inconscia come tutti i dati relativi a un'esperienza
psicologica ed emozionale complessa e poi trasmessi al lettore. Ci determina che di un
medesimo episodio sportivo possano essere fornite versioni diverse a seconda del punto di vista e
dell'idea di chi scrive, nonch della sua identit: il protagonista, lo spettatore, il giornalista ecc. di
quell'evento sportivo forniranno ciascuno una propria, personale versione dei fatti. Non esiste
dunque, per es., una versione letteraria 'autentica', cio obiettiva e fedele, delle imprese di Fausto
Coppi, ma l''idea' delle imprese del campione, cos come interiorizzata da quanti hanno assistito,
non importa in che veste, alla tappa, alla scalata, al taglio del traguardo.
Nel gennaio del 1960 Manlio Cancogni, che seguiva come inviato il Giro d'Italia, rievoc in un
articolo l'apparizione di Coppi in una lontana tappa: "Vedendo avanzare quella sagoma potente
avevo provato una sensazione di vuoto allo stomaco, e come se una mano estranea avesse sospeso
le mie facolt vitali" (Cancogni in D'Orrico 1992, p. 257). Un'analoga impressione si riscontra nella
testimonianza di Alfonso Gatto edita nel 1950 in Giuochi e sports: "Lass, sul Pordoi, quelli che
come me avevano visto Coppi mordere vittorioso la strada inghiaiata e spiccare vivo nel salto per la
discesa si sentirono per un attimo sospesi nella vertigine" (Gatto 1950, p. 95). Il resoconto

dell'episodio relativo alla tappa di montagna risente sia del riemergere dal territorio della memoria
dell'emozione un tempo provata dall'autore sia pure, nel caso di Cancogni, dell'emozione destata
dalla prematura scomparsa di Coppi. Ma entrambi gli scritti presentano vistosi caratteri stilistici e
formali riconducibili al filone dell''epica del ciclismo' che trova le sue origini all'avvio della grande
stagione delle competizioni ciclistiche d'inizio secolo: filone caratterizzato dall'incisiva presenza di
un autore-narratore teso a celebrare l'individualit dell'eroe, in una prosa carica di pathos lirico o
drammatico, e legata ad alcuni momenti cruciali della sua carriera; nuovo surrogato dell'epica
classica, moderna chanson de geste ove la verit della storia si fonde all'inventiva dell'autore che
dal gesto sportivo, dalla tecnica di gara ricava elementi utili allo scavo psicologico e al tratteggio
della personalit del nuovo eroe.
Un esempio di reportage narrativo scritto 'a caldo' quello dell'incontro tra Joe Frazier e Cassius
Clay dell'8 marzo 1971, a opera dello scrittore americano Norman Mailer, una delle figure pi
rappresentative del vasto repertorio di scrittori di tutto il mondo 'contagiati' dalla boxe. Il reportage
di Mailer (pubblicato pochi giorni dopo l'incontro, nella traduzione italiana di Mario Soldati su
L'Europeo) si distacca decisamente dalla cronaca di taglio realistico pur illustrando da vicino le fasi
dell'incontro, i colpi, le tattiche ("Il suo jab di tanto in tanto atterrava su Frazier e cos dei destrisinistri, ma di scarsa conseguenza"); aspetti reali della sfida interpretati e descritti da Mailer come
estensioni ben concrete di un disegno tattico-strategico pi profondo, appartenente al campo
psichico o psico-fisico dei due pugili cos come percepito e immaginato dall'autore stesso: "E poi ci
fu un crollo della volont al di l della nostra conoscenza, quel crollo che sopravviene a un pugile
quando si accorge di essere gi stanco nei primi round [] e diventa consapevole che il
combattimento non arrivato neppure a un terzo e che ci sono ancora davanti tutti quei round e
nuove torture da affrontare, mentre i polmoni urlano nella prigione sotterranea dell'anima, e la gola
si riempie di una bolla calda che fino a poco prima era il fegato e le gambe stanno morendo"
(Mailer in D'Orrico 1992, p. 437). Nel reportage narrativo di Mailer ma numerosi altri si
propongono come validi esempi prevale l'intento di disvelare non solo il mistero della boxe da un
punto di vista tecnico e psico-fisico, ma anche particolari caratteristiche di natura umana e
ideologica relative alla diversa personalit dei due sfidanti. Per Mailer, Frazier era l'emblema del
campione di boxe di colore, amato per anche dai bianchi per il suo stile di vita; Cassius Clay
rappresentava invece l'incarnazione dello spirito ribelle di Harlem. La sfida sul ring, dunque, non
era solo tecnica, ma anche ideologica e ideale, extra-sportiva agli occhi di Mailer.
, questa, una caratteristica della concezione moderna dello sport che si trasferisce alla letteratura: il
campione, l'idolo, o la squadra divengono lungo il Novecento simboli, di volta in volta diversi, di
valori, idealit, ideologie, identit, vizi e virt locali o nazionali e persino razziali. Il giornalismo e
la letteratura contribuiscono a far gravitare sullo sport una messe di significati extra-sportivi: per
Gianni Brera, per es., "Faustin inventa il ciclismo moderno e Bartali l'epigono pi glorioso
dell'antico", ma Bartali anche un "semplice paladino di Santa Madre Chiesa" e Coppi "non
abbastanza abile da incoraggiare tutti i laici a fare il tifo per lui" (Brera 1982, p. 68). La realt dello
sport dunque plasmata dalla scrittura letteraria in modo sempre variabile e instabile in quanto essa
stessa comunica all'autore un insieme di valori, idealit, sentimenti, stati d'animo, pulsioni,
emozioni e reazioni, che hanno poi una inevitabile ricaduta sul testo.
A proposito della seconda grande categoria di scritti si potrebbe invece affermare che siano
l'inventiva e la creativit artistica a prevalere sulla realt dello sport, plasmando l'immaginario
sportivo, dando vita a campioni, 'eroi' o eventi sportivi di pura finzione: campo dell'immaginario
che riflette anche la personale concezione o 'idea' di uno sport coltivata dall'autore, il quale offre
dunque un'interpretazione soggettiva del fenomeno sportivo come attivit individuale o di squadra.

In questo caso, caratteri, aspetti e persino dettagli riconducibili alla realt della pratica e della
tecnica di una disciplina sportiva si trasferiscono allo scritto rendendolo in qualche modo realistico
e credibile: l'autore mosso a evocare e rappresentare il contenuto dei momenti che caratterizzano
la performance sportiva; la realt dello sport si fonde dunque all'immaginazione, il linguaggio
tecnico-sportivo innestato e intrecciato a quello pi propriamente letterario, teso a esprimere
l'alternanza delle percezioni passive e delle riflessioni d'ordine tecnico cos come si susseguono
nella mente del narratore-testimone. Da un brano del racconto di Francis Scott Fitzgerald, The
Bowl, trapela, per es., la personale esperienza dello scrittore americano come giocatore di football
negli anni della sua formazione universitaria: "Risult subito che sapevano fare parecchio.
Servendosi di efficaci zig-zag e di passaggi corti al centro, portarono il pallone per cinquantaquattro
yard fino alla linea delle sei yard di Princeton, ove lo perdettero con un fumble ricoperto da Red
Hopman" (Fitzgerald in D'Orrico 1992, p. 60).
L'intento di sceverare l'essenza insieme tecnica e psicologico-emozionale della prestazione di un
atleta spinge in molti casi l'autore a calarsi il pi possibile nella mente del protagonista del racconto
come testimonia, fra i tanti possibili esempi, un brano legato alle fasi del lancio del giavellotto
estratto da Cerchi dello scrittore e giornalista Franco Ciampitti: "L'attrezzo era partito come se si
fosse staccato dalla carne [] E l'atleta lo seguiva cogli occhi, lo spingeva nel volo con la
esasperazione della sua ansia, col suo sguardo, con la sua volont, tratteneva il respiro quasi che
cos avesse potuto ritardare la caduta, restava proteso con tutto l'essere suo, non vedeva pi nulla,
non sentiva pi nulla" (Ciampitti 1935, p. 113). In una cospicua serie di scritti di pura fiction, lo
sport diviene un tema portatore di messaggi e idealit 'extra-sportive': il caso dei racconti di boxe,
The night-born and other stories, di Jack London (1913), che pur legati alle imprese di un pugile
del tutto immaginario, il messicano Rivera, sono fitti di dati tecnici oggettivi e descrivono
realisticamente 'colpi', 'mosse', fasi dell'incontro, reazioni del pubblico; trasmettono dunque al
lettore un'idea o un'immagine della boxe credibile e aderente al reale. L'intento dello scrittore era
tuttavia quello di costruire con tocchi realistici la leggenda, il mito dell'uomo appartenente alle
classi sociali pi disagiate, per il quale la boxe un mezzo di lotta politica e di riscatto sociale. Il
tema pugilistico funzionale a far filtrare nei racconti un ben preciso contenuto e messaggio
ideologico, in questo caso extra-sportivo, come del resto caratteristico di tutta l'opera letteraria di
London. L'insistenza su certi aspetti violenti e brutali degli incontri di boxe (pur aderenti alla realt
delle sfide pugilistiche di un tempo) risponde innanzi tutto a un istinto narrativo volto a
rappresentare la violenza e la brutalit della lotta per la vita, ma condiziona l'immagine o l'idea della
boxe trasmessa al lettore.
Avendo gi visto come spesso racconti e reportage che traggono spunto dalla realt, veicolano
contenuti e messaggi extra-sportivi o colgono e descrivono in modo del tutto soggettivo aspetti
emozionali legati a imprese sportive, si pu concludere che le due grandi categorie di testi narrativi
entrano fra loro in relazione, interagendo, contaminandosi reciprocamente e svolgendo
pariteticamente un'analoga funzione, quella appunto di 'scrivere lo sport' sia pur scegliendo due
indirizzi ispirativi, strutturali, formali diversi.
Pi complessa appare l'analisi del legame simbiotico stretto tra poesia e sport lungo il Novecento e
non solo per l'ampiezza quantitativa della produzione in versi, del resto comparabile a quella della
produzione in prosa; il tema sportivo plasmato dalla poesia attraverso una pluralit di accenti, stili
e linguaggi che riflette innanzi tutto la variet delle occasioni ispirative scaturite o provocate dalla
poliedrica natura dello sport, che si offre dunque anche quale metafora della condizione umana con
il suo carico di vittorie e sconfitte, gioie e amarezze, tensioni e delusioni. un tema che sin
dall'antichit ha sempre esercitato una forte suggestione sull'immaginario poetico in quanto
portatore di valori, idealit e di sentimenti e proiezione di molteplici esigenze e istanze appartenenti
all'ambito della soggettivit.

Lo sport, intersecando le pi diverse sfere della vita umana, assomma in s una pluralit di caratteri,
finalit, motivazioni tale da essere difficilmente riconducibile a un'unit stabile e univoca dal punto
di vista letterario e soprattutto poetico: anche perch lo sport lo "specchio della vita psicologica"
del Novecento come ebbe a definirlo Jean Cocteau e del nostro tempo.
La letteratura novecentesca coglie appieno questa realt e la traduce, attraverso una ricca variet di
stili e di linguaggi, in una complessiva esperienza letteraria che merita di essere valutata sia per il
suo valore testimoniale sia in quanto elaborazione artistica che trasmette una rappresentazione
pluralistica e pluridimensionale dello sport.
La produzione letteraria antica e moderna
Tra i caratteri degli sport moderni riflessi e attestati dalla letteratura contemporanea, quello relativo
al processo di 'secolarizzazione' che investe il sistema dello sport il primo che occorre mettere in
luce, anche perch, implicitamente, consente di ritornare alle origini delle funzioni svolte dalla
scrittura letteraria nel suo legame con l'attivit atletica e agonistica.
Nelle sue attestazioni letterarie pi antiche a partire dalla letteratura omerica l'atletismo si era
caratterizzato come esperienza umana riconducibile al divino. La letteratura greca antica, dall'Iliade
e dall'Odissea alle Odi di Pindaro, agli Epinici di Bacchilide, agli Idilli di Teocrito, alle liriche
raccolte nell'Antologia Palatina, offre un mosaico di risultanti di elevato spessore artistico e
creativo, legate a diverse discipline atletiche allora praticate, testimonianze del carattere religioso e
sacrale che la pratica dell'atletismo i Giochi Olimpici quanto gli Ateniesi, gli Istmici, i Nemei e
la figura stessa dell'atleta possedevano nel contesto culturale e ideologico della civilt dell'antica
Grecia: risultanti che, ai giorni nostri, gettano luce anche sugli aspetti 'tecnici' delle discipline allora
praticate e sulla lenta pervasivit dell'attivit atletica nella vita quotidiana del mondo antico, sul
fascino attrattivo che giochi e agoni, prima come feste sacre poi gradatamente anche come eventi
ludici, esercitavano sulla folla.
Lo stesso pu dirsi per la letteratura latina di epoca romana dalla quale si pu estrarre un vasto
repertorio di opere poetiche (dalla corsa di Eurialo e Niso e la gara al tiro con gli archi dell'Eneide,
ai versi di Orazio, Tibullo, Properzio per es.) o in prosa le quali, tra l'altro, riflettono la metamorfosi
subita dalla concezione dell'attivit atletica nella societ romana, con l'affermazione del culto
salutistico del corpo e di discipline atte a potenziare la combattivit del soggetto (la lotta, il
pugilato, il pancrazio) sino alla progressiva secolarizzazione della prestazione atletica. Occorre
mettere in particolare evidenza alcuni fra i caratteri e gli aspetti predominanti dello sport cos come
trasferiti alla scrittura letteraria della civilt greca antica e romana. Nel sistema ideologico e
culturale della Grecia antica, come noto, eroi e semidei erano plasmati come modelli di perfezione
corporea ma anche ideale, morale. L'esito della gara e la qualit della performance dell'atleta erano
determinati dal diretto intervento delle divinit, come testimonia, fra i tanti esempi possibili,
l'episodio della corsa con i carri per i giochi funebri in onore di Patroclo nel Libro XXIII dell'Iliade,
che disvela il carattere sacrale dell'agonismo nella societ tardo achea. L'atleta, nello svolgimen-to
delle sue prestazioni fisiche, si rifaceva dunque a una serie di modelli anche 'tecnici' dell'atletismo
codificati dalla tradizione mitica; ne testimonianza il combattimento pugilistico descritto da
Teocrito nell'Idillio XXII che vede impegnati nell'agone il dioscuro Polluce (figlio di Giove) e il
gigante Amico; il poeta rappresenta un celebre episodio mitico ma con vivaci tocchi realistici, quasi
da moderno reportage di boxe: "E, finti colpi, poi, d'ogni parte lanciando, Polluce / lo sconcert;
poi, quando lo vide smarrito, di sopra / il pugno spinse, sotto le ciglia, nel mezzo del naso, / e tutta
gli scopr, sino all'osso, la fronte[] e il capo fer del gigante col pugno, / sotto la tempia sinistra,
gravando la spalla sul colpo: / livido il sangue tosto sgorg dalla tempia squarciata".

Negli epinici, i componimenti volti a celebrare una vittoria nelle gare e nei giochi, il poeta
immortalava le gesta dell'atleta, elevava lodi alla sua citt, invocava la divinit protettrice e
soprattutto narrava un mito. La poesia vinceva dunque la fugacit dell'impresa agonistica legando
l'esperienza reale alla mitologia.
Aristagora di Tenedo pritane, Diagora di Rodi, Gerone siracusano cantati da Pindaro, il pugile
Pitagora di Samo celebrato da Teeteto, il lottatore spartano lodato da Damageto e altre figure di
campioni ormai lontanissime nel tempo erano atleti reali immortalati dai poeti e divenuti
nell'immaginario collettivo, grazie alla poesia, eroi e semidei al pari di quelli della tradizione mitica.
E infatti tra le funzioni svolte dalla letteratura per cos dire 'a vantaggio' dello sport, importante
quella di immortalare nei secoli volti, figure e prestazioni dell'atleta, trasformando la realt in 'mito'
se pur progressivamente svuotato nel corso dei secoli di ogni tensione al trascendente.
Il processo di secolarizzazione che investe l'attivit atletica gi nella societ romana trova
testimonianza nella scrittura letteraria. Di particolare interesse ai nostri giorni appare il repertorio di
scritti che documentano i fenomeni legati agli aspetti rituali e spettacolari dell'atletismo. Opere di
Seneca e di Plinio, il celebre passo delle Satire di Giovenale "duas tantum res optat: panem et
circenses" chiariscono la funzione esercitata dai ludi nelle consuetudini del popolo romano, l'uso
strumentale di gare e combattimenti messo in pratica dai vertici del potere politico, la faziosit del
pubblico (Plinio, Familiari, IX, 6), i disordini violenti scoppiati dentro e fuori le arene, la
degenerazione dei combattimenti nei ludi circensi (Saletta 1999). insomma il pubblico (e la sua
passione agonistica) ad affiancarsi come protagonista al personaggio principale della sfida, l'atleta.
Altra funzione dunque svolta sin dall'antichit dalla scrittura letteraria rispetto allo sport quella di
offrire risalto agli aspetti positivi e negativi dell'evento agonistico individuale o collettivo, di
registrare le articolazioni emozionali (e spesso irrazionali) della passione sportiva. Si potrebbero in
tal senso citare passi di scrittori antichi e moderni per cogliere sorprendenti analogie che
testimoniano come la passione del parteggiare non conosca confini temporali: Giovenale (nelle
Satire, XI, 196-98) commenta: "Un fragore mi colpisce l'orecchio; questo fragore mi fa capire che i
verdi hanno vinto. Infatti, se questa vittoria venisse a mancare, tu vedresti questa citt mesta e
abbattuta come quando furono vinti i consoli alla battaglia di Canne". E Massimo Bontempelli, in
un'antologia di scritti sportivi, ricorda la morte di tre tifosi del Napoli sugli spalti del Campo
Ascarelli "per la gran passione alla fine della partita": uno, in particolare, prima di spirare "ebbe la
forza di mormorare: Portatemi Attila", ovvero il centrattacco Attila Sallustro, "e alla vista di Attila
Sallustro, che chiamato accorse, con raggio di gioia negli occhi dolcemente spirava" (Bontempelli
1935, p.75).
La letteratura di sport dunque sin dalle origini ancorata al momento pratico dell'esperienza umana:
sport significa qualcosa di specifico in un tempo, in un luogo, in una societ, in una cultura
particolari. Ma sono certamente la gara, la sfida individuale o di squadra e la figura dell'atleta a
occupare una posizione centrale nella letteratura antica e moderna, fungendo da filo conduttore
interno a una vastissima pluralit di testi.
La centralit del calcio
Se si passa a esaminare la produzione pi recente legata allo sport si pu notare che, nonostante e
forse a causa della centralit acquisita dalla televisione quale strumento immediato, istantaneo di
comunicazione e trasmissione del momento pratico dell'esperienza agonistica, la scrittura di sport
sembra voler ritornare alle origini delle sue funzioni, recuperando modelli fissati dalla tradizione
pi antica: fioriscono nuovi canzonieri, come il fortunato La solitudine dell'ala destra di Fernando
Acitelli (1998), ben 185 componimenti in versi dedicati ad altrettanti campioni (italiani e stranieri)

di uno sport anzi, di un gioco, il calcio che per alcuni una 'scienza da amare', come recita il titolo
di un'altra raccolta di scritti e commenti di autori e intellettuali italiani Il calcio una scienza da
amare. Trentotto dichiarazioni d'amore al gioco pi bello del mondo, curata da Walter Veltroni
(1982).
La scrittura non viene meno alla sua tradizionale funzione di immortalare le gesta dell'eroe, di
creare un moderno repertorio mitologico di semidei sportivi: istanza che si infrange contro la realt
del calcio ormai trasformato in prodotto economico, di consumo e di mercato. I nuovi epinici
ispirati ai campioni del pallone non fanno altro che legittimare, con pretese artistiche, lo starsystem, i divi del calcio: i manifesti pubblicitari degli sponsor, gli striscioni delle tifoserie
inneggiano alla nuova 'religione' del calcio del tutto secolarizzata. Si tratta dunque di componimenti
che in qualche modo tentano di mantenere intatta una funzione della scrittura letteraria ormai messa
fortemente in crisi dalla civilt dell'immagine (anche pubblicitaria) da un lato e dalla pervasivit
della critica giornalistica dall'altro. Lo scrittore peruviano Mario Vargas Llosa in un articolo nota:
" un fatto che oggi numerosi linguaggi critici hanno la funzione di creare mitologie, inserire
l'irreale nella realt quotidiana, dare una dimensione immaginaria e fantastica dell'esperienza
umana. [] Anche la critica del calcio una formidabile macchina creatrice di miti, una favolosa
fonte di irrealt per la sete di fantasie che hanno le grandi folle" (Vargas Llosa 1982, p. 25).
Secondo questa prospettiva, in tempi a noi vicini n il calcio (o altri sport) n tanto meno la scrittura
letteraria producono in effetti miti; piuttosto l'efficiente sistema del giornalismo specializzato,
aperto al contributo di critici e opinionisti dello sport provenienti anche dal mondo intellettuale e
artistico, a creare il mito sportivo la cui essenza spesso irreale o comunque frutto di un processo di
manipolazione della realt che in qualche modo o amplifica a dismisura il fenomeno e il fatto
sportivo o coglie in essi significati, ideali e valori che vanno ben al di l della mera realt tecnicoagonistica.
La progressiva centralit acquisita dal calcio nel panorama mondiale delle discipline sportive lungo
lo scorso secolo testimoniata da una consistente produzione letteraria in prosa e in poesia; tra le
risultanti pi significative di respiro internazionale meritano di essere segnalate: La Oda a Platko,
celebre portiere del Barcellona, di Rafael Alberti (1928), Oda a Ricardo Zamora, altro celebre
portiere, di Pedro Montn Puerto, Futbol del poeta sovietico Nikolaj Zabolockij (1926) e, in tempi
pi recenti per quanto attiene l'area europea, il racconto umoristico dal suggestivo titolo Futbolt e
v krvta ni, "Il calcio nel nostro sangue" (1951) dello scrittore e poeta bulgaro Vladimir Baev,
Pan y ftbol (1961) di Angel Ziga, Undici racconti sul calcio (1963) del Premio Nobel per la
letteratura Camilo Jos Cela, Il centravanti stato assassinato verso sera (1991), Calcio, una
religione alla ricerca del suo Dio (1998) di Manuel Vsquez Montalbn, Putting the boot in (1985),
romanzo giallo ambientato nel mondo della terza divisione calcistica inglese, di Julian Barnes (ma
con lo pseudonimo di Dan Kavanagh), Febbre a 90 di Nick Hornby (1992) e l'intenso
componimento Football at slack (in Remains of elmet del 1993) del poeta Ted Hughes, e ancora La
solitudine del portiere. Prima del calcio di rigore (1982) dello scrittore austriaco Peter Hanke, La
vita un pallone rotondo (2000) dello slavo Vladimir Dimitrijevic. Particolarmente nutrito il
drappello di scrittori sudamericani, tra i quali l'argentino Osvaldo Soriano (Ftbol. Storie di calcio,
1998 e Pensare con i piedi, 1995), l'uruguayano Eduardo Galeano (Splendori e miserie del gioco
del calcio, 1997), il brasiliano Jorge Amado (La palla innamorata, 1999), il cileno Antonio
Skrmeta (Sognai che la neve bruciava, 1976) e il peruviano Mario Vargas Llosa (in un capitolo di
La zia Giulia e lo scribacchino, 1977).
Si tratta solo di qualche segnalazione, in quanto la produzione in poesia e in prosa certamente
molto estesa, e tra queste non va omesso l'intenso racconto lungo Porgess (1991) dello scrittore
ceco Arnot Lustig, legato alla drammatica realt dei campi di concentramento, in cui si palesa una
squadra di calcio certamente particolare, quella messa insieme dagli internati. In Italia, di recente,

spiccano interventi concentrati sulla letteratura di argomento calcistico promossi da scrittori, critici
e poeti o che investigano il rapporto tra calcio e letteratura: il saggio di Valerio Piccioni, Quando
giocava Pasolini (1996), il numero monografico e antologico Calcio della rivista quadrimestrale
Panta (1998), il capitolo Letteratura (con i contributi di Daniele Barbieri e Riccardo Mancini, Poeti
e narratori italiani e di Nicola Bottiglieri, Gli eroi non invecchiano mai) del Dizionario del calcio
italiano curato da Marco Sappino (2000) e infine Calcio e letteratura di Paolo Collo e Darwin
Pastorin (2002), e la recente antologia curata da Jorge Valdano Cuentos de ftbol (2002). di
interesse anche l'apparato dedicato al calcio della bibliografia curata da Riccardo Trani, Lo sport
nella cultura letteraria italiana del secondo Novecento (in Sport e Letteratura 2003).
Analizzando da vicino alcuni testi emerge chiaramente come il soggetto calcistico si imponga di
volta in volta nel tessuto testuale riflettendo le diverse funzioni che esso chiamato a svolgere nel
contesto della complessiva dinamica ispirativa e creativa. La poesia di Rafael Alberti, per es.,
ispirata alla finale del Campionato di calcio spagnolo del 1928, mirava da una parte a immortalare
le prodezze del portiere ungherese Platko che, pur ferito al capo e caduto davanti alla propria porta,
parava un tiro avversario, e dall'altra disvelava la passione sportiva del poeta. Da un episodio reale
Alberti traeva spunto creativo per affermare nuovi aspetti e caratteri della poesia spagnola
d'avanguardia e cantava il guardameta Platko quale moderno eroe che soppianta protagonisti e
modelli tradizionali della lirica spagnola (la donna amata, gli eroi mitologici) "per necessit, per
effusione lirica", come spiega Antonio Gallego Morell, ma anche "perch, non appena finita la
partita", alla quale il poeta ha assistito da spettatore, ma immedesimandosi al punto da aspirare a
essere lui stesso il protagonista, seppur in un altro campo, quello artistico, "i versi incominciano ad
uscire spontanei" (Gallego Morell 1994, p. 95). L'episodio calcistico trasposto in poesia funge, in
questo caso, da occasione per affermare un nuovo codice poetico e, insieme, un nuovo ritratto
d'artista proiettato in ogni ambito del vivere moderno.
"Assistere? Non assisto. Sto giocando" un verso di O momento feliz di Carlos Drummond de
Andrade, poesia ispirata alle imprese della Seleao brasiliana che disvela il processo di
immedesimazione del poeta nell'arte del gioco calcistico definita "Una geometria scaltra/ aerea,
musicale, di corpi sapienti [] membra polifoniche [] di un unico corpo, bello e sudato". Il
componimento teso a rilevare come la vittoria della Seleao sia "un momento puro di grandezza /
e affermazione nello sport" per un'intera nazione che ha dunque scambiato "la morte / l'odio, la
povert, la malattia, la triste arretratezza" per "qualche minuto di felicit". Il poeta mette dunque in
luce un aspetto non secondario del fenomeno calcistico o pi in generale dello sport: il suo divenire
nella societ contemporanea e soprattutto nei paesi pi travagliati, da un punto di vista economicosociale, un surrogato fattore di coesione dello spirito nazionale: "D'improvviso il Brasile si
ritrovato unito / contento di esistere" e Pel, "eterno re repubblicano / il popolo divenuto atleta nella
poesia / del gioco magico", incarna un moderno idolo di massa.
Lo sport diviene cos elemento costitutivo di un'identit nazionale e come tale anche indagato
(Marchesini 1998): il fenomeno si trasmette alla produzione letteraria che in alcune nazioni si
concentra maggiormente sullo sport pi popolare. Cos l'alto numero di scritti legati al baseball
prodotti negli Stati Uniti spia della centralit occupata da questo sport nella societ americana:
Fielder's choice: An anthology of baseball fiction, 1979, curato da J. Holtzman; On the diamond: A
treasury of baseball stories, 1987, curato da M.H. Greenberg; Taking the field: The best of baseball
fiction, 1990, di G. Bowering; Baseball's best short stories, 1995, di P. D. Staudohar, e Baseball
short stories: From Lardener to Asinof to Kinsella, nella rivista Culture, Sport, Society, 2, 2002;
The writers' game: baseball writing in America, 1996, di R. Orodenker. Nick Molise, per es.,
personaggio del racconto Was a bad year (1933) di John Fante, aspira a divenire campione di
baseball al fine di acquisire una piena identit americana e cancellare le sue origini italiane.

In Canada, lo sport nazionale l'hockey che alimenta una folta serie di scritti (J.P. April, Sportfiction: le hockey et la science-fiction qubcoise, 1996), ma l'hockey popolare anche nel mondo
ceco e slovacco ed al centro dei racconti dello scrittore ceco Ota Pavel, Dukla mezi mrakodrapy,
"Il Dukla tra i grattacieli" (1964) e Plu bedua ampansklio, "Una cassa piena di champagne"
(1967). In Italia si registra un romanzo ispirato a questo sport, Stecca d'oro di M. Corazza (1994).
Uno dei pi noti scrittori giapponesi, Yukio Mishima, in Vivere lo sport (testimonianza edita a pi
riprese nel quotidiano nipponico Jomiuri Shinbun nel 1964), pochi anni prima del suo clamoroso
suicidio (avvenuto nel novembre 1970), racconta la propria graduale dedizione al body building,
alla boxe e infine, al compimento dei trent'anni, al kend: "Da ragazzino ricorda Mishima
detestavo soprattutto quegli urli caratteristici del kend". Urli "indicibilmente volgari, selvaggi,
minacciosi, impudichi, profondamente fisici, incivili e incolti, irrazionali, animaleschi". A distanza
di anni, e praticando questa disciplina, "quell'urlo, sia mio o di un altro, mi d piacere" perch si
trasformato nell'urlo del Giappone, latente "nella profondit del mio spirito". dunque interpretato
da Mishima come l'urlo "degli strati profondi della coscienza di un popolo, che scorrono
segretamente anche nel fondo della superficiale civilt moderna. Quel mostruoso Giappone, oggi
incatenato, privo di nutrimento, si indebolito e geme, ma nelle palestre del kend, pu ancora
urlare per mezzo delle nostre bocche" (Mishima 1983, p. 131).
Quale elemento precipuo della societ, lo sport diviene anche strumento di mobilitazione politica
delle masse, come del resto testimoniano scritti a tema sportivo prodotti negli anni del fascismo o
all'interno dei vari regimi totalitari. In altre aree del mondo, per es. in Sudafrica, la straordinaria
"popolarit del calcio nella popolazione nera, maggioritaria, fece del football un terreno chiave nella
lotta politica contro l'apartheid" (Alegi 2003, p. 317). Fenomeno, quest'ultimo, che si riflette, sia
pur di scorcio, nel contesto del romanzo della scrittrice sudafricana Nadine Gordimer, Nobel per la
letteratura nel 1991, Burger's daughter, ambientato nel clima di aspra lotta politica degli anni
Settanta anche sulle ambivalenti problematiche insite nel rapporto tra sport e razzismo. "La
questione : tattica contro il razzismo nello sport o lo sport come tattica contro il razzismo?"
(Gordimer 1995, p. 149). Scelta strategica sulla quale pesa un'amara realt: "E se l'anno prossimo o
quello dopo, le squadre di calcio bianche giocheranno contro quelle nere o assumeranno giocatori
neri, i calciatori grideranno che non c' pi razzismo nello sport. Ma in ogni altro settore del paese
un nero sar sempre un nero. Qualunque altra cosa faccia, avr lavori da nero, istruzione da nero,
casa da nero" (ibid. p. 149).
Il calcio brasiliano visto invece come follia collettiva, droga per il popolo di un paese in perenne e
profonda crisi politica ed economica emerge quale specchio di un'intera societ nei racconti di
Edilberto Coutinho, Maracan, adeus: onze histrias de futebol (1980), che tratteggiano un quadro
a tutto tondo del mondo del football nell'America Latina, dal fanatismo che infiamma gli stadi alla
solitudine e all'oblio (e spesso alla nuova povert) che avvolgono gli eroi al termine della loro
carriera.
Anche Futbol di Nikolaj Zabolockij poeta a lungo perseguitato dal regime sovietico ha come
protagonista un calciatore che, nel ruolo di attaccante, "tende al massimo le proprie forze, esulta,
sembra avere in mano la vittoria", ma, secondo l'interpretazione di Efim Etkind, vorrebbe in realt
rappresentare Vladimir I. Lenin. Gli ultimi versi del componimento sono dedicati alla morte del
giocatore sul campo; un "semplice pallone di cuoio si trasforma nella sfera terrestre"; l'attaccante (in
inglese forward significa "avanti") "che sogna di determinarne il corso, cade vittima
dell'inevitabile" (Etkind 1990, p. 833). In questo caso il soggetto calcistico utilizzato quale
strumento di contestazione dell'illusorio e utopico romanticismo rivoluzionario, diviene amara
parodia della retorica di propaganda sbandierata, nel 1926, dal regime sovietico.

La letteratura che trae ispirazione dalla realt del calcio tenta anche strade differenziate rispetto a
quelle battute da altri mezzi di comunicazione che, dietro apparentemente innocenti documentari e
cronache fedeli alla realt, propagandano in effetti la nuova natura commerciale e la nuova etica
mercantile del calcio, la sua spettacolarizzazione che placa la sete non solo di fantasia ma di
protagonismo della folla. quanto pu evincersi da un frammento estratto da Undici racconti sul
calcio (1963) di Camilo Jos Cela, legato al fascino esercitato sui tifosi spagnoli dalla stampa
specializzata che dal luned, riportando cronache e risultati delle partite di campionato, diviene "il
pasto spirituale che servir loro da sostentamento per tutta la settimana". Se in apparenza il brano
illustra il carattere trainante del giornalismo sportivo, invece da leggersi come ulteriore tassello
della graffiante deformazione grottesca e sarcastica cui Cela sottopone ogni elemento dell'esistenza
e del vivere quotidiano. Il processo di mobilitazione delle masse attorno allo spettacolo e all'evento
calcistico, favorito anche dalla pervasivit del giornalismo sportivo, che colma vuoti di tutt'altra
natura, in realt per Cela un'ulteriore controprova della farsa che il vivere della societ
contemporanea: migliaia di lettori-tifosi "custodiscono il proprio cuore avvolto per tutta la vita" nel
quotidiano sportivo (Cela in D'Orrico 1992, p. 388). La funzione svolta dalla letteratura nel suo
rapporto con uno degli sport pi popolari nel mondo pu dunque essere anche quella di rilevare, in
modo disincantato e scettico, le caratteristiche negative o deteriori del fenomeno della sua
diffusione o di mettere criticamente a nudo alcuni fenomeni di corruzione come nel romanzo di M.
Ferreira Neves, Golpe de estdio: o romance da corrupo no futebol portugs (1996).
Di fronte al successo editoriale mondiale raggiunto dal romanzo di Nick Hornby Febbre a 90, si
lamentata l'assenza in Italia di un analogo best-seller addebitandola alla persistenza di una "frattura
mai colmata" tra calcio e mondo letterario italiano, afflitto, quest'ultimo, da una sorta di "incurabile
impotenza", come si legge nell'intervento di S. Ferrio, Il calcio sullo scaffale (Dizionario del calcio
italiano, p. 2001). Diagnosi eccessivamente critica ma che in fondo trova la sua spiegazione nelle
stesse prospettive che la sorreggono: senz'altro vero "che milioni di italiani tuffano
quotidianamente i loro occhi in pagine di giornali grondanti di gol, esoneri, contratti e veleni", come
afferma Ferrio, e che nell'arco di un anno "un'infima percentuale di questa massa acquista almeno
un romanzo, un saggio o un poemetto riguardante il gioco del pallone". Ma a questo punto verrebbe
da chiedersi se il tifoso-lettore di narrativa o di poesia in Italia non sia evidentemente affetto da una
inconscia saturazione nei confronti del calcio 'parlato', saggiato, analizzato, discusso e infine
rappresentato dai media.
L'aspetto autenticamente ludico dell'attivit sportiva e in particolare del ciclismo e del calcio non
invece sfuggito all'attenzione di uno tra i pi noti scrittori comici del Novecento italiano: Achille
Campanile. La letteratura a soggetto sportivo di Campanile (Giovanotti, non esageriamo, 1929;
Battista al Giro d'Italia, 1932; Campionato di calcio ovvero far l'amore non peccato, 1972)
imprime entro la produzione italiana tra le due guerre il segno e il senso degli elementi comici (se
non grotteschi) racchiusi nei grandi miti dello sport; tendenza aperta alla satira e all'ironia destinata
a essere una rarit in quegli anni per quanto attiene l'ambito letterario, trovando invece largo spazio
nel cinema, a cominciare dai film di Charlie Chaplin (Charlot e Fatty boxeurs del 1914; The
champion del 1915), di Max Linder o di Buster Keaton (Io e la boxe, 1926; College, 1927; Il
cameraman, 1928). Si ride o si sorride di sport nella letteratura per l'infanzia o per ragazzi, come
per es. nelle novelle sportive di Niccol De Bellis, Voglio fare il boxeur! (1930), o in una delle
poesie per bambini di Alfonso Gatto, La partita di calcio (Il sigaro di fuoco, 1946) ove lo
sprovveduto Boccaccio "Il gran portiere giallo / della squadra di quartiere. Stava all'erta come un
gallo" e, dopo aver preso quindici gol, finisce a fare il guardiaportone "col berretto e col gallone /
mani pronte e spazzolone". Pi recenti sono i racconti sportivi per ragazzi di Gianni Rodari,
L'arbitro Giustino (Il libro degli errori 1964) e I Maghi allo stadio (Novelle fatte a macchina
1973).

Sar invece il tifo calcistico degli ultr, sulla scia del rovesciamento in chiave comica e grottesca
del mito del pallone praticato da alcune trasmissioni televisive, a offrire spunti umoristici a Stefano
Benni in Bar Sport (1976) e in Bar Sport Duemila (1997).
Una verve comico-parodistica di altra natura pu esser colta in Dov' la vittoria di Vittorio
Sermonti (1983) che ricostruisce gli eventi della nazionale di calcio italiana nei Mondiali di Spagna
del 1982 attraverso un collage dei titoli, sottotitoli, brani e passaggi estratti dalle cronache e dai
commenti dei quotidiani sportivi italiani: ne risulta un pastiche linguistico ed espressivo da testo
dell'avanguardia Dada, infittito dagli artifici retorici, dai neologismi, dagli stratagemmi tipici del
linguaggio giornalistico sportivo.
Sport e ceto intellettuale
La letteratura recepisce, interpreta e plasma la poliedrica essenza del fenomeno sportivo, che a sua
volta svolge una serie di funzioni nel suo incontro con la cultura letteraria. Lo sviluppo del sistema
dello sport nella societ moderna comporta di conseguenza, come vedremo, un ampliamento del
campo dell'immaginario letterario, delle occasioni e istanze poetiche che traggono ispirazione dalla
realt umana e sociale, del repertorio di scorci, sfondi, ambienti relativo alla rappresentazione dello
spazio in opere in prosa e in versi: lo sport diviene elemento di produzione di racconti, romanzi,
poesie e saggi.
L'attuale pervasivit dello sport nella societ, nel mondo dell'informazione e della cultura, come si
gi sottolineato, frutto di un processo legato alla progressiva (non certo istantanea) affermazione
degli sport e della pratica sportiva dalla seconda met dell'Ottocento e lungo il Novecento. Aprirsi
allo sport significava effettuare una netta inversione di tendenza da parte del ceto intellettuale
europeo: innanzi tutto rappresentava una decisa valorizzazione del corpo, della fisicit rispetto al
campo dell'interiorit, dei sentimenti e della psiche (Braustein-Ppin 1999); significava interessarsi
a innovative tecniche competitive (si pensi solo alla realt degli sport pi moderni quali il ciclismo,
l'automobilismo, il volo) e soprattutto a giochi, passatempi, sfide e competizioni non pi praticate
esclusivamente dall'aristocrazia o dall'lite ma ove si affermavano uomini comuni, anche in larga
parte provenienti dal ceto popolare.
Negli Stati Uniti, invece, lo sport entrato a far parte della societ molto pi rapidamente:
fenomeno che ha trovato riflesso nella letteratura americana ove il tema dell'eroismo sportivo o la
figura dell'eroe sportivo si sono diffusi gi a partire dalla prima met dell'Ottocento (Messenger
1981).
Benedetto Croce sottolineava, non senza polemica, come dopo il 1870 fosse scemata in Europa la
meditazione "attiva delle cose morali e politiche"; la societ europea era pervasa dalla "infaticabile
attivit di imprese industriali e commerciali, di scoperte tecniche, di macchine sempre pi potenti,
di esplorazioni geografiche, di colonizzamenti e sfruttamenti economici"; ma soprattutto era
pervasa dalla tendenza all''avviamento' e all''ampliamento' conferiti "alle stesse ricreazioni e giuochi
sociali, a quel che si chiam lo sport, dalle biciclette alle automobili, dai canotti e dai yachts alle
aeronavi, dalla boxe al foot-ball e allo sky, che tutti in vario modo cospirarono a dare troppo larga
parte nel costume e nell'interessamento al rigoglio e alla destrezza corporale, scapitandone al
confronto le parti dell'intelligenza e del sentimento" (Croce 1932, pp. 339-40). Molte cose
aggiungeva Croce "si scrissero contro la furia dell'istintivo e dell'animalesco, contro il correre
diventato per s una passione", contro quel processo di despiritualizzazione o di Entseelung, "contro
lo sport che distruggeva ogni fine cultura [...] Ma il vento soffiava per quel verso" (ibid. p. 345).

La crescente affermazione dello sport incontr diffidenze se non ostracismi da parte della cultura
letteraria europea, soprattutto negli anni in cui essa affermava dapprima il ritratto dell'artista
decadente, solo nel suo distacco dalla societ, artista che si abbandona alla droga, all'alcool, alla
malattia, al suicidio per combattere il male oscuro che lo devasta; poi il personaggio anti-eroe del
romanzo novecentesco, incapace di affermare compiutamente la propria identit, generalmente
tormentato, malato, o caratterizzato dall'imbruttimento fisionomico, inetto a vivere o 'uomo senza
qualit'. Al mal du sicle, male di fede non solo religiosa, ma terrena, di fede in s stessi, al male di
vivere che permea tanta parte della letteratura primo-novecentesca si opponeva la realt fattiva,
dinamica, competitiva ma anche del tutto ludica dello sport. Fenomeno che dunque investe l'lite
intellettuale sotto le oppositive spoglie di un marcato interessamento al 'rigoglio fisico', alla
'destrezza corporale', come esperienza umana che 'distrugge' ogni 'fine cultura', come culto del
corpo contrastante il culto dello spirito.
Lo sport stato dunque oggetto di una certa discriminazione nei primi decenni del Novecento da
parte della cultura letteraria, fondata sul pregiudizio "che contrappone il serio al ludico, l'attivit
produttiva all'attivit evasiva o di divertimento" (Sirri 1986, p. 118). Un pregiudizio combattuto da
scrittori e artisti, appassionati cultori dello sport. Gli interventi di Miguel de Unamuno investigati
da Ivana Rota in Il dibattito tra sport e cultura nel primo novecento spagnolo (1994, pp. 36-41)
rivelano come egli, proteso a segnalare che l'eccessiva rivalit e l'irruenza campanilistica fomentate
dalle discussioni in merito agli incontri calcistici allontanassero le giovani generazioni dalle
preoccupazioni dello spirito, criticasse tuttavia non la sana pratica sportiva ma lo sport
'contemplativo', vissuto come puro spettacolo: fenomeno che finisce per alimentare, a giudizio di
Unamuno, la 'grottesca vanit' del professionista di sport. Secondo Massimo Bontempelli, invece, il
pregiudizio era indice della sopravvivenza di una vecchia mentalit per cui "leggere un libro e
andare ad assistere a una partita di calcio" sono cose incompatibili, e l'uomo di studio "un
animale speciale, dalle spalle arcuate, freddoloso [] un incapace fisicamente". (Bontempelli 1935,
p. 77). Antonio Baldini, nel 1950, in Giuochi e sports, sottolineava che non sempre gli uomini di
cultura hanno in sprezzo le attivit sportive e ci che a esse si connette. Yukio Mishima affronta il
tema nel gi citato articolo Vivere lo sport del 1964: "A un artista non sar necessario un corpo sano
per conservare con tenacia e profondit uno spirito malato, essenziale per la creazione artistica? Per
scavare un pozzo sempre pi profondo nell'umanit cos esecrabile, non saranno forse indispensabili
durissime pareti di marmo?".
Ancor pi resistente il preconcetto che investe l'intellettuale che si interessa a giochi di squadra
praticati o amati dalle classi subalterne: Nick Coleman e Nick Hornby, nell'introduzione a The
Picador book of sportswriting (1996) lamentano il perdurare di pregiudizi nei confronti dello
scrittore sportivo che in Inghilterra patria degli sport moderni si interessa di calcio e rugby,
tradizionalmente amati dalla classe media e popolare. In Italia, come abbiamo sottolineato, il
fenomeno ai nostri giorni appare rovesciato e intellettuali, politici, scrittori e artisti non celano la
propria passione per club o campioni calcistici. Nel Dizionario del calcio italiano (2000) si
ritrovano le testimonianze rilasciate da Giulio Andreotti (Roma, 1942), Fausto Bertinotti (Nordahl),
Armando Cossutta (Meazza), Sergio Cofferati (Cremonese. Il tifo? Pacatezza e ironia), Franco Loi
(Milan anni 40), Nando Dalla Chiesa (Inter anni 60), Walter Veltroni (Tardelli), Giorgio van
Straten (Platini), le interviste ad Antonio Bassolino (Napoli. Un Davide contro tanti Golia), Franco
Zeffirelli (Fiorentina 1956), Giuliano Montaldo (Genoa), Roberto Roversi (Bologna).
Coleman e Horbny rovesciano il detto che lo sport una metafora della vita reale e concludono
affermando che si scrive, si legge e si pratica lo sport affinch il resto della vita sia illuminato dal
suo particolare linguaggio allegorico, in quanto lo sport ha qualcosa da comunicare esattamente
come l'arte ed esiste non per essere esaltato ma per essere praticato (Coleman, Hornby 1996, p. 3).

Una sensibile propensione verso lo sport sostiene e caratterizza opere prodotte da scrittori 'sportivi',
ovvero praticanti lo sport anche solo a livello del tutto dilettantistico o amatoriale. Il caso pi
celebre forse quello di Ernest Hemingway, dilettante di boxe, appassionato di caccia, di pesca e di
corride, di corse ai cavalli e di baseball; passione che si riverbera in numerose sue opere nelle quali
tuttavia il mondo sportivo appare dominato "dall'inganno e dalla truffa" (Briasco 2003, p. 151),
affollato dalla figura dell'anti-eroe sportivo la quale "non fa che riproporre il patrimonio di conflitti,
di violenze e di egoismi che cresciuto come un'escrescenza sul sogno americano fino al punto di
trasformarlo in incubo" (ibid. p. 158). A un'attenta lettura, le pagine narrative di argomento sportivo
di Hemingway rivelano come esse tendano in realt a sottolineare l'assenza del "carattere collettivo
del mito sportivo" in un'America interpretata dallo scrittore come nazione "dell'individualismo e del
conflitto" (ibid. p. 156). Operazione di disvelamento effettuata da un profondo conoscitore e
appassionato di sport: "Alcuni dei racconti afferma la voce narrante di Lo strano paese si
riferivano al pugilato, altri al baseball e altri ancora alle corse di cavalli. Erano le cose che avevo
conosciuto meglio e alle quali mi sentivo pi vicino [] Scrivendoli avevo provato tutta l'emozione
che potevo provare per quelle cose e l'avevo immessa tutta nei racconti insieme a tutto ci che
conoscevo di quelle cose e che ero capace di esprimere e li avevo scritti e riscritti finch tutto era
entrato in essi e uscito da me" (Hemingway 1988, p. 381).
Non sempre, tuttavia, la personale pratica dello sport funge da dote indispensabile all'elaborazione
di un testo letterario che renda appieno, e artisticamente, l'idea dello sport o le emozioni che esso
genera: come sosteneva Paolo Monelli "Ci sono molti sportivi che scrivono ma non sono sportivi.
Vi sono molti scrittori che si sono occupati molto o poco di sport e hanno scritto pagine bellissime.
[] Due cose sono certe: che non basta a far lo scrittore sportivo l'allineare resoconti descrittivi di
gare di calcio o di corsa con pretese di competenza e di esattezza tecnica; e che molti buoni scrittori,
se si mettono a descrivere il mondo sportivo, gli casca l'asino" (in Prima antologia degli scrittori
sportivi 1935, p. X).
Sport e letteratura lungo il Novecento
Di fronte all'attuale realt dello sport, pur non priva di zone d'ombra, di qualche interesse
ripercorrere alcune tappe significative del rapporto tra sport e letteratura, e focalizzare l'attenzione
su quelli che appaiono come i principali snodi del rapporto da un punto di vista sia della storia dello
sport sia della cultura letteraria, privilegiando l'ambito italiano ma con opportune integrazioni
relative alle culture letterarie straniere.
In linea generale, si possono individuare alcune grandi fasi che contraddistinguono il rapporto tra
sport e letteratura lungo il Novecento: la prima, che coincide con il primo ventennio del secolo,
caratterizzata, per quanto attiene all'ambito culturale e della comunicazione, dal fiorire del
giornalismo sportivo e del cinema e dalla nascita dell'avanguardia futurista che propaga l'idea del
dinamismo, della velocit, del record, plasmando un nuovo linguaggio delle arti e riflettendo, al
tempo stesso, l'affermazione della moderna concezione competitiva dello sport. La seconda si pu
far coincidere con gli anni tra le due guerre che segnano una crescente espansione dello sport nelle
sfere del sociale, non esente, il caso dell'Italia, da una caratterizzazione in senso politico e
ideologico. La terza, segnata dalla ripresa delle Olimpiadi dopo la Seconda guerra mondiale (1948),
coincide con l'et del progressivo radicamento dello sport nel costume sociale, del coinvolgimento
sempre maggiore della massa nell'attivit sportiva, del nuovo legame tra sport ed economia, della
diffusione del mezzo televisivo; si affacciano alla ribalta del mondo letterario internazionale
autentici scrittori ormai avvezzi alle attivit sportive, come semplici praticanti, dilettanti e persino
come professionisti, o come intenditori e tifosi. Infine, nella fase pi recente, l'universalit sportiva
risente fortemente dell'incisiva influenza dei sistemi mediatici (Bonetta 2000).

I primi venti anni del secolo. - Il primo decennio del 20 secolo non certo caratterizzato dal
predominio dei mass-media: manca la televisione, la radio ai suoi albori; nascono tuttavia nei
quotidiani pagine sportive e i primi periodici sportivi; il cinema muto proietta immagini di acrobati,
forzuti e boxeur, delle prime competizioni di automobili da corsa. I ritratti dei campioni filtrati dalla
stampa e dalle foto d'epoca sono quelli di uomini comuni sfigurati dalla fatica, come Dorando Petri
nella maratona delle Olimpiadi di Londra del 1908, sporchi di fango e di polvere, come i ciclisti
Petit Breton e Luigi Ganna o l'ex meccanico della Fiat Felice Nazzaro. Sono figure che tuttavia non
offrono consistenti spunti ispirativi in Europa alla letteratura del tempo.
Nel campo culturale, due sono i fattori che contribuiscono alla crescente fortuna e diffusione dello
sport moderno: la nascita del giornalismo specializzato, fenomeno destinato a una crescente
espansione, e l'avvento del cinema. Relativamente al primo vanno ricordate alcune date
significative: nel 1856 Le Figaro inizia per es. la pubblicazione di una rubrica sportiva; nel 1863
nasce a Torino il Club alpino italiano, fondato da Quintino Sella, ed del CAI di Torino, nel 1865,
il primo bollettino 'sportivo' italiano. Nel 1890 esce il supplemento settimanale del quotidiano
romano La Tribuna ovvero La Tribuna illustrata diretta da Gabriele D'Annunzio, Giulio Aristide
Sartorio e Domenico Morelli con articoli dedicati allo sport. Nel 1892 (sull'onda del successo
popolare subito conquistato dal ciclismo anche grazie all'organizzazione curata dal Corriere della
Sera del primo giro Torino-Milano) nasce il settimanale sportivo Il Ciclo che nei due anni di attivit
vedr tra i suoi collaboratori anche Giovanni Pascoli e Olindo Guerrini. Nel 1907 il Corriere della
Sera invia Luigi Barzini al seguito del raid automobilistico Pechino-Parigi, organizzato dal
quotidiano francese Le Matin, testata che nel 1908 organizza in collaborazione con il Times il raid
New York-Parigi: come inviato di quotidiani italiani (La Stampa, Il Mattino) e stranieri (Daily Mail
e New York Times) partecipa alla competizione lo scrittore Edoardo Scarfoglio.
Per quanto riguarda l'avvento del cinema, il match fra Jack Cushing e Mike Leonard (1894) appare
in effetti la prima embrionale fiction legata alla boxe girata nel teatro di prosa newyorkese della
Edison, nucleo originario di un vero e proprio filone del cinema sportivo, quello pugilistico; il film
muto si avvale della presenza di vari atleti provenienti dal mondo del circo e di boxeur e lottatori
che sono in realt self-made men, appartenenti alle classi popolari e 'prestati' al cinema.
In Italia, Ginnasti della Societ Mediolanum di Italo Pacchioni, documentario girato nel 1896,
rappresenta un incunabolo di filmografia sportiva. Al fantasioso Le voyage Automobile Paris-Monte
Carlo di George Mlis (1905), ricco di trovate comiche e spettacolari, si accostano in Italia, la
ripresa filmica nel 1904 del raid Susa-Moncenisio e in seguito il reportage in pellicola di Luca
Comerio dell'edizione inaugurale della Targa Florio (1907).
L'affermazione dello sport come attivit competitiva sono gli anni in cui, dopo la ripresa delle
Olimpiadi nel 1896, si diffondono in modo crescente gare, campionati ed eventi agonistici in varie
discipline sportive a cominciare dal ciclismo e dall'automobilismo funge da traino all'espansione
della pratica sportiva, ma anche da fenomeno che condiziona dapprima il rapporto tra sport e
giornalismo e poi quello tra sport e letteratura. La nascita dell'epopea del ciclismo, per es., si deve
alle cronache veementi di entusiasmo dei primi Tour de France o Giri d'Italia edite nella Gazzetta
dello Sport da Emilio Colombo pi che alle 'passeggiate' in bicicletta descritte da Alfredo Oriani
(La bicicletta, 1902) o da Alfredo Panzini (La lanterna di Diogene, 1907). Quelle cronache
assunsero subito la forma del racconto legato al duello tra due campioni (Luigi Ganna e Lucien
Petit-Breton; poi Alfredo Binda e Costante Girardengo e in anni a venire Fausto Coppi e Gino
Bartali), creando un'epopea assai pi affascinante per le giovani generazioni rispetto alle imprese
degli eroi dell'epica classica. Come ricordava Curzio Malaparte: "Quando ero un ragazzo, gli
exploit di Gerbi, di Petit-Breton, di Ganna non mi lasciavano dormire. La prima epopea della
bicicletta fu la mia Iliade" (Malaparte 1967).

La pioneristica antologia Ciclismo e letteratura curata da Carlo Weidlich (1932) accoglieva un


ricco repertorio di scritti di letterati italiani (Stecchetti, Betteloni, Oriani, Tozzi, Cicognani, Panzini,
Linati, Soffici, Borgese, Moretti): repertorio che testimonia in effetti il carattere sempre pi
popolare acquisito dalla bicicletta come mezzo per trascorrere il tempo libero o come strumento di
semplice trasporto. La realt competitiva del ciclismo era invece esclusivamente rappresentata dai
brani autobiografici di Girardengo (Come divenni Gira) e Binda (Le mie vittorie, le mie sconfitte).
Le imprese legate all'annuale odissea del Tour de France (apertasi nel 1903) o del Giro d'Italia
(inaugurato nel 1909) non sollecitano in quegli anni l'intervento dei nostri letterati. La fondazione
dei primi club di football attorno al 1890 a Genova, Torino e Milano rappresenta in Italia
l'embrionale avvio dell'organizzazione calcistica: una eco significativa del carattere popolare del
gioco del calcio sul finire dell'Ottocento pu cogliersi in Gli azzurri e i rossi di Edmondo De
Amicis (1897).
Il mondo letterario italiano negli anni precedenti la Prima guerra mondiale resta in qualche modo
appartato rispetto allo sport. Come ricordava Orio Vergani nel 1929 (nell'introduzione ai racconti di
Emilio De Martino, Vita al sole, 1929, p. XII) "per i nostri padri, o per i fratelli maggiori [] lo
sport era una cosa da matti [] il caro popolo romano che passava le giornate aspettando la 'quarta'
dei giornali per leggere le ultime della crisi ministeriale, aveva preso l'uso di chiamare i podisti col
nome odoroso di puzzapiedi". Ma, secondo Vergani, grazie al giornalismo di sport la generazione
dell'ultimo decennio dell'Ottocento aveva potuto accostare alle imprese di fantasia degli eroi dei
romanzi di Emilio Salgari o di Jules Verne quelle compiute da protagonisti reali, da campioni
autentici: gli eroi dello sport. "In effetti in Italia, rispetto a tutti gli altri paesi europei, gli sport
arrivarono con qualche decennio di ritardo e si allocarono in luoghi sociali diversi. Ritenuti ad alto
potenziale di democraticit, contro il potere inibitorio e moralmente formativo delle attivit
ginniche, gli sport furono osteggiati dalle classi governative: ad essi fu preclusa la scuola ed ogni
altro luogo pubblico" (Bonetta 2000, p. 35).
La cultura letteraria europea, appena uscita dalla grande stagione del decadentismo, incline alle
esperienze rare, sottili, artificiose, al dandysmo, al gusto per l'esoterico, l'occulto e l'ascesi mistica,
scossa, tra i fermenti mondani della Belle poque, dall'avanguardia futurista. Il carattere e il
fenomeno competitivo degli sport moderni si riflettono infatti emblematicamente nelle teoriche e
nella produttivit artistica futurista: il movimento di Filippo Tommaso Martinetti riuscito a
stabilire un'incisiva connessione tra il campo delle arti e quello dello sport, rifiutando l'autonomia e
la separatezza del fatto artistico dalla societ moderna che, come affermava Marinetti in
Immaginazione senza fili e le parole in libert del 1913, grazie alle grandi scoperte scientifiche,
tecnologiche e industriali aveva una rinnovata 'sensibilit umana'. Marinetti individuava nelle
trasformazioni avvenute nel campo delle "diverse forme di comunicazione, di trasporto e
d'informazione" l'acme dell'influenza esercitata dalla scienza e dalla tecnologia sulla 'psiche' umana
e in questo processo di modernizzazione rientrava decisamente anche lo sport. "Passione, arte e
idealismo dello Sport. Concezione e amore del record" dichiarava Marinetti in un punto
programmatico del manifesto, che svela come il futurismo abbia centrato un concetto totalmente
moderno dello sport: il 'record', inteso quale superamento di un limite gi fissato, ansia di vittoria,
come affermazione del primato, e legato all'idea del progresso della societ e delle arti, ma anche
come continua competizione con s stessi o come sport 'estremo', diremmo oggi, e non a torto se il
futurismo celebra la competizione individuale con l'auto da corsa o l'aeroplano e se negli anni
Trenta in Futurismo si sviluppa una serie di articoli consacrati alle gare di 'carro-vela', al 'volo a
vela', al paracadutismo.
Alla miscela di aggressivit e dinamicit con la quale nel 1909 era confezionato l'ordigno lanciato
contro la tradizione e il passatismo artistico nel manifesto di fondazione del movimento, Marinetti
far ricorso nell'ottobre del 1913, stendendo il programma politico del futurismo edito in occasione

delle elezioni di quell'anno. Tra i punti programmatici il manifesto prevede: "Culto del progresso e
della velocit, dello sport, della forza fisica, del coraggio temerario e del pericolo contro
l'ossessione della cultura, l'insegnamento classico, il museo, la biblioteca e i ruderi".
Lo sport dunque inteso da Marinetti come uno degli elementi primari del culto del progresso e
della forza fisica in antagonismo alla sfera della cultura classica e tradizionalista. Tale antitesi era
stata riscontrata da Marinetti, acutissimo ricettore dei processi di metamorfosi allora in atto nella
societ europea del primo Novecento, e subito enfatizzata e utilizzata come strumento di
affermazione di una nuova teorica del teatro, rivolta al reale destinatario del prodotto artistico della
societ moderna: un nuovo pubblico, allargato, di massa, per il quale sono necessarie nuove forme
di intrattenimento. Il manifesto del Teatro di variet, edito nell'ottobre 1913, testimonia come
Marinetti punti a stringere sempre pi il legame tra performance atletica e spettacolo: il circo, le
fiere di paese, il teatro classico o piccolo borghese sono destinati a sparire, nelle intenzioni
marinettiane, per far posto al cinema e al teatro di variet, ricco, quest'ultimo, di eclettiche o
comiche sorprese che coinvolgono lo spettatore: l'acrobatismo, il salto della morte, il record
atletico, il looping the loop ("fare il giro della morte") in bicicletta, in automobile, a cavallo. Del
resto Marinetti consapevole, nel 1913, del fatto che i nuovi mezzi di comunicazione i quali
hanno 'rimpicciolito' la terra consentono anche all'uomo comune, all'abitante "pusillanime e
sedentario di una qualsiasi citt di provincia" di concedersi "l'ebriet del pericolo seguendo in uno
spettacolo di cinematografo, una caccia grossa nel Congo. Pu ammirare atleti giapponesi, boxeurs
negri, eccentrici americani inesauribili, parigine elegantissime, spendendo un franco al teatro di
variet". Il connubio tra sport e spettacolo acquisiva una valenza significativa nella sceneggiatura di
Vita futurista (1916), incunabolo del cinema futurista (non restano tuttavia copie della pellicola).
Scritta da Marinetti, Ginna, Settimelli, Corra e Balla, prevedeva una ripresa di "Ginnastica
mattutina Scherma e boxe Assalto futurista alla spada fra Marinetti e Remo Chiti Discussione
coi guantoni fra Marinetti e Ungari" e una 'Marcia futurista' scandita sul ritmo del 'passo
interventista' interpretata da Marinetti, Balla e altri artisti. Gli artisti diventano i protagonisti della
performance sportiva e dello spettacolo filmico.
Lo sport interpretato dal futurismo marinettiano non solo come elemento che sta entrando a far
parte, a vario livello, dei costumi di vita della societ contemporanea, quale specchio della tensione
verso la dinamicit, l'accelerazione, l'aggressivit interna al mondo moderno, come emblema del
legame tra arte e scienza (l'estetica della macchina), come strumento di affermazione delle qualit e
delle forze psico-fisiche dell'io, ma anche quale mezzo di intrattenimento e spettacolo. Il futurismo,
gi nel primo manifesto del 1909, plasma e afferma un nuovo ritratto d'artista intrepido, dotato
d'energia fisica e creativa, in grado di padroneggiare il moderno mezzo meccanico (salvo finire nel
fossato per l'imprevisto arrivo lungo la strada di due titubanti ciclisti emblemi del passatismo) e di
amare e praticare lo sport: ritratto che si diffonder nei circuiti dell'avanguardia artistica a livello
internazionale. Nella poesia spagnola, per es., "il tema sportivo nasce nella letteratura del ventesimo
secolo con la tendenza futurista" (Gallego Morell 1994, p. 92).
Nella produzione artistica futurista appare quasi scontato il diffondersi di opere letterarie e
figurative che trovano radici nell'estetica della macchina, con la conseguente esaltazione della
velocit, del dinamismo, dell'automobile da corsa: l'immaginario futurista recepisce i primi segnali
dell'avvento della civilt dell'auto e delle relative competizioni automobilistiche, ma non rinuncia a
porre in evidenza gli aspetti tecnici e scientifici, di contrasto e compenetrazione di forze legate
all'atto sportivo, come dimostrano, per es., alcune opere figurative quali Dinamismo di un footballer e Dinamica di un ciclista (1913) di Umberto Boccioni e Centri di forza di un boxeur (1913)
di Carlo Carr.

Lo sport penetra negli anni a venire anche nella produzione futurista legata alla danza, ovvero nelle
Danze sportive messe in scena dal Teatro della Pantomima Futurista a Torino nel giugno 1928, in
Football (su musiche di F.M. Hardil), con i costumi disegnati da Enrico Prampolini al quale si
devono anche i costumi per la Danza della boxe e la Danza del tennis di Silvio Mix.
Ancora nel 1933 il legame tra arte e sport resta al centro degli interessi del movimento: la rivista
Futurismo lancia quell'anno un concorso per il teatro sportivo, apre un dibattito sul tema arte e
sport; precedentemente, nel maggio 1930, Oggi e domani pubblicava una serie di interventi sul
tema: Simultaneit nello sport di Marinetti, Una partita di boxe di Virgilio Marchi e, nel dicembre,
gli articoli di Ugo Bernasconi, Gli intellettuali e lo sport.
Fra le due guerre. - Nel corso degli anni Venti, lo sport irrompe entro gli studi di letterati e artisti;
scrittori e poeti con sempre maggiore assiduit affollano le tribune degli stadi o dei campetti di
periferia, sono sotto le corde del ring (gi Gabriele D'Annunzio nei taccuini aveva riversato, per
frammenti quasi di 'diretta', le fasi salienti del celebre incontro di boxe fra Georges Carpentier e Joe
Jeannette, a Parigi il 21 marzo 1914), seguono il Tour de France e il Giro d'Italia, si affiancano ai
giornalisti sportivi e agli stessi campioni per commentare o raccontare eventi, partite, sfide.
Il salto di qualit nelle funzioni svolte dalla letteratura nel suo legame con lo sport coincide con la
progressiva espansione della stampa specializzata che vede lavorare fianco a fianco professionisti
del giornalismo e scrittori, poeti, artisti in veste di cronisti o commentatori di sport, o personalit a
proposito delle quali difficile individuare una linea di demarcazione netta tra letteratura e
giornalismo. La rapida affermazione del baseball negli Stati Uniti, per es., efficacemente
testimoniata da You know me, Al: A busher's letters (1916), raccolta di racconti che segna l'esordio
letterario di Ring Lardner, giornalista sportivo e narratore, poeta e scrittore teatrale americano,
come Damon Runyon che inizi la sua carriera come giornalista sportivo e autore di bozzetti e
cronache edite dal Saturday Evening Post nella raccolta Guys and dolls (1932), che hanno come
protagonisti anche giocatori di baseball sullo sfondo di sale scommesse e bookmakers di New York.
Nell'area italiana, per es., il giornalista sportivo Emilio De Martino stato anche autore di una vasta
serie di racconti e bozzetti ispirati a diverse discipline (Vita al sole, 1929; Fuori gioco: tre tempi di
calci comico-sentimentali, 1930; La freccia nel piede, 1934) e dei romanzi Il cuore in pugno (1930)
e La danza delle lancette (1935) da cui nel 1936 trarr spunto il film omonimo con la sceneggiatura
di Ivo Perilli e Cesare Zavattini, la regia di Mario Baffico e Alberto Lattuada come aiuto regista. Lo
scrittore Orio Vergani stato inviato speciale del Corriere della Sera e autore di reportage narrativi
di viaggio, ma anche corrispondente al seguito di grandi eventi sportivi e autore del romanzo Io,
povero negro (1929), ispirato alla vita del pugilatore senegalese Battling Siki e di raccolte di
novelle e 'bozzetti' sportivi (L'acqua alla gola, 1920; Fantocci del carosello immobile, 1926; Asso
piglia tutto, 1927; Soste del capogiro, 1926; Festa di maggio, 1940). Collaboratore del Messaggero
Verde, il supplemento letterario del quotidiano romano, accanto ai suoi maestri Luigi Pirandello e
Federigo Tozzi, Vergani apriva la sua attivit di inviato della terza pagina al Corriere della Sera
scegliendo di seguire l'incontro di boxe svoltosi a Barcellona tra Erminio Spalla e Paolino
Uzcudum.
Gli anni tra le due guerre vedono svilupparsi in Europa un ampio dibattito relativo alla concezione
dello sport e dunque anche al rapporto tra sport e letteratura: assumendo a campione d'indagine
significativo l'ambito letterario francese, si pu notare come l'edizione delle Olimpiadi di Parigi del
1924 gi al momento delle sue fasi preparatorie susciti un intenso dibattito che trova spazio
soprattutto nel periodico Nouvelles Littraires. Pierre Drieu La Rochelle, Benjamin Crmieux,
Henri de Montherlant, Jean de Pierrefeu mettono a punto varie definizioni dello sport che
rispecchiano punti di vista e concezioni diverse: al centro del dibattito la gamma dei valori da

attribuire allo sport. Drieu la Rochelle guarda allo sport in senso individualista e morale, coltivando
una concezione dello sport al tempo stesso sociale ed estetica, quale reazione legittima a ogni
eccesso dell'intellettualismo, come presa di possesso delle risorse proprie del corpo da parte dello
spirito, da parte della facolt immanente dello spirito che la volont. Montherlant vede nello sport
uno strumento indispensabile all'educazione del senso sociale, di rispetto per la gerarchia: l'ideale
atletico sostiene dunque un ideale tradizionalista, prolunga un sentimento bellicista. Paul Morand,
nella risposta a un'inchiesta su sport e letteratura promossa da Le Gaulois nell'aprile-maggio 1924,
afferma che praticare lo sport una necessit come bere e mangiare e che gli sport pi belli, a suo
giudizio, sono i pi semplici: la corsa, la lotta, il nuoto, la boxe e conclude affermando che lo sport
il grande piacere della vita. Passione che il narratore trasmette al personaggio del suo racconto
Lewis et Irne (1924). Per Benjamin Crmieux resta impossibile rintracciare nello sport una morale
o una regola di vita: esso si presta a servire una dottrina di pace quanto una dottrina di guerra, a
giocare un ruolo di regolatore quanto d'eccitatore degli spiriti. Ci si interroga, dunque, anche in
Francia sulla missione sociale e nazionale dello sport: quanto per es. trapela da un passaggio del
reportage di viaggio in Inghilterra di Pierre Mac Orlan Images sur la Tamise (1925), legato alla
tappa effettuata a Oxford, lungo la quale lo scrittore nota quanto diffusa sia la pratica sportiva tra i
giovani universitari, pratica che esige sacrifici e sottomissioni. Mac Orlan sottolinea al tempo stesso
che l'Inghilterra l'unica nazione europea a manifestare un sano ideale patriottico, nella quale
assai vivo il sentimento nazionale: i valori dello sport si irradiano alla coscienza nazionale. A
giudizio di Pierrefeu le aspirazioni democratiche si conciliano perfettamente con lo spirito sportivo
che non ammette differenze di classe tra gli individui, se non quelle dettate dalla 'classe' sportiva.
Narratori, critici e poeti francesi analizzano da diverse angolazioni le implicazioni ideologiche
connesse al fenomeno sportivo: Jean Giraudoux in Le sport (1928) coglie nei gesti rituali eseguiti
dai giocatori di rugby o di football a ogni punto segnato lungo la partita le movenze di una danza
propiziatoria salutare alla nazione (Pierron 1999, pp. 72-74). Il dibattito apertosi in quegli anni
all'interno del mondo letterario francese testimonia come in effetti si guardasse allora allo sport in
modo problematico, ovvero quale realt non secondaria che manifesta un complesso processo di
modificazione degli interessi e degli ideali all'interno della societ moderna (Wahl 1989). Lo sport e
il gioco sono esaminati quali elementi precipui dei cambiamenti che investono la mentalit
collettiva del 20 secolo: a tal riguardo Luis de Llera (1994, pp. 22-27) analizza 'un testo chiave' di
Jos Ortega y Gasset sullo sport e il gioco, El tema de nuestro tiempo (1923).
Come sottolinea Gaetano Bonetta si vanno in quegli anni caratterizzando "dal punto di vista geoculturale" due aree sociali dello sport: una, comprendente il mondo del nord-America e
dell'Inghilterra, di stampo socioeconomico, caratterizzata dal professionismo sportivo e dal
professionismo dei media legati allo sport, dunque fortemente connotata, soprattutto nel Nord
America, da un'enfatizzazione dei risvolti economici sottesi alla realt sociologica, ideologica e
psicologica dell'evento sportivo; l'altra, che comprende il bacino dell'Europa centrale e
mediterranea, all'interno della quale lo sport finisce anche per possedere spinte e motivazioni di
natura ideologica, nazionalista e in alcune nazioni ortodossa rispetto alle ideologie diffuse dai
regimi totalitari. Le Olimpiadi di Berlino del 1936, da un lato, e la particolare accezione assunta
dallo sport nel regime sovietico, dall'altro, ne sono un esempio (Bonetta 2000, pp. 75-79).
L'edizione francese dei Giochi Olimpici determin indubbiamente un'espansione della produzione
letteraria sportiva centrata sul tema della rinascita dello spirito olimpico e del mito dell'atletismo
cos come trasmesso alla letteratura classica, con la conseguente fioritura di romanzi, racconti e
poesie ispirati alla civilt dell'ellenismo, carichi di evocazioni degli antichi costumi e ideali sportivi
come Eutymos, vainquer olympique (1924) di Maurice Genevoix, romanzo in cui l'azione
ambientata nel 5 secolo a.C., o come i componimenti di Albert Erlande (Ode au pugiliste vainquer
e Ode l'Athlte poi in Festival, 1924) costruiti sul ricalco delle odi di Pindaro.

Di ben altro calibro letterario l'opera di Henry de Montherlant Les Olympiques (1926) che
raccoglieva, tra gli altri, Le Paradis l'ombre des pes e Les Onze devant la Porte dore (1924):
quest'ultimo celebre componimento (edito nella prestigiosa Nouvelle Revue Franaise), legato al
calcio e nato dalla personale esperienza di gioco nei campi di periferia, in squadre domenicali
improvvisate, avanza l'idea dello sport di squadra come scuola di abnegazione, di accettazione delle
regole, delle condizioni di gioco, degli errori dei compagni e della personale insufficienza fisica e
agonistica. Ma dall'armonia tattica del collettivo nasce un equilibrio superiore, ricco di implicazioni
ideali: la passionalit nel gioco, la tensione e lo sforzo costante, la messa in campo di tutte le
energie fisiche e psicologiche. Nel 1924, tuttavia, Montherlant avanza anche l'interrogativo che il
movimento verso lo sport non sia che una forma di scetticismo, di stanchezza, di diserzione in
massa rispetto alla pesantezza, alla severit della vita umana (Pierron 1999, pp.70-74). Nella
prefazione all'edizione del 1938 di Les Olympiques il dubbio tende ad accentuarsi; l'etica dello sport
professata dallo scrittore lungo gli anni Venti si trasforma in estetica: "Spesso io penso che se tutto
il bene che abbiamo veduto nello sport non stato che una pura illusione, se fosse vero, come alcuni
affermano, che rovina il corpo, diseduca il carattere, non ravvicina le classi, pure vi nello sport
qualcosa di dimostrato che nessuno pu smentire: le sue ore di poesia vissute nella grazia, nella
bellezza, talvolta, dei visi e dei corpi della giovinezza, nella natura e nella simpatia". E conclude:
"La poesia, forse qui il residuo dello sport".
Salutato da Ernst-Robert Curtius come l'autore che, con Les Olympiques, aveva simbolicamente
spalancato le finestre della camera ove spirava Proust, Montherlant apriva energicamente all'interno
della cultura letteraria francese una serie di questioni legate al significato e al ruolo dello sport nella
societ del tempo: una prospettiva che sorregge il saggio di Jean Prvost Plaisirs des sports. Essais
sur le corps humain (1925). Scrittore al pari di Montherlant effettivamente sportivo, praticante
di rugby, nuoto e boxe, Prvost guarda allo sport come mezzo di conoscenza di s, del proprio
capitale di forze e risorse interiori e alla boxe quale sport che lascia spazio al genio, al talento: ogni
errore pu essere fatale per il risultato della competizione e l'improvvisazione dell'atleta
costantemente sollecitata, al contrario di quanto accade nei giochi di squadra ove l'quipe
interpretata da Prvost come cellula della societ umana regolata sull'azione comune e sull'amicizia.
Lo sport dunque per Prvost un'attivit fisica integrata a un sistema di vita sempre mutabile ma
nato dal perfetto equilibrio tra spirito e corpo. Appaiono allora in Francia i primi studi sul rapporto
tra sport e letteratura contemporanea (Souchon-May 1924), raccolte di storie e aneddoti sul mondo
del ciclismo (Bauge 1925), racconti che daranno spunti al cinema, come Le roi de la pdale (1925)
di Henri Decoin e Paul Cartoux, da cui sar tratto il film, con la regia di Decoin, di impianto comico
e popolare incentrato sul ciclismo e sul Tour de France.
I caratteri e i risvolti pi moderni del legame fra sport e letteratura non investono del tutto la
produzione fiorita in occasione dei Giochi Olimpici di Parigi del 1924, ammantata, come abbiamo
visto, dalla retorica dell'olimpismo e da un ideale universalismo sportivo che in realt era destinato
a infrangersi contro le concrete tensioni nazionaliste che attraversano l'Europa negli anni tra le due
guerre.
L'espansione della produzione letteraria e artistica legata alle Olimpiadi era del resto favorita
dall'iniziativa mirata a potenziare il legame tra arte e sport, assunta gi in occasione dell'edizione di
Stoccolma del 1912, ovvero dai concorsi nelle discipline delle arti indetti per la celebrazione dei
Giochi. Il primo premio nella Letteratura fu allora assegnato a Ode allo sport di G. Hohrod e M.
Eschbach, in realt pseudonimo di Pierre de Coubertin. Alle Olimpiadi di Anversa (1920) la palma
d'oro spett a un italiano, Raniero Nicolai, con Italian rhythms (poi in Elogio della vita, 1920;
Nicolai, negli anni a venire, sar anche autore di studi sulle Olimpiadi: Storia delle Olimpiadi
moderne, 1942 e Palingenesi di Olimpia, 1944). La giuria del concorso indetto per i Giochi di
Parigi era composta, tra gli altri, da poeti di rilievo internazionale: Paul Valry, Jean de Pierrefeu e

Anna de Noailles. Il primo premio fu assegnato a Jeux Olympiques di Go Charles. In occasione


delle Olimpiadi di Amsterdam del 1928 risulter vincitore il poeta, narratore e saggista polacco (dal
1939 emigrato all'estero) Kazimierz Wierzyski con la raccolta Laur olimpijski (tradotto anche in
Italia, Lauro olimpico, 1929), il quale, tra il 1931 e il 1932, diriger il periodico sportivo Przegld
Sportowy ("La Rassegna sportiva").
Oltre la retorica olimpica iniziano ad affermarsi, in Francia e in altre nazioni europee, alcuni
caratteri dominanti della letteratura ispirata allo sport. Il primo prende corpo dalla presenza dello
sport come elemento del racconto e del romanzo d'avventura, filone letterario particolarmente
amato dal pubblico delle classi medie e soprattutto giovanile come nel romanzo di Pierre Giffard
Microbe, champion des sports (1925): l'eroe, tradizionalmente al centro della narrazione con
caratteri mutuati dal registro epico, romantico e avventuroso, sostituito dal personaggio-eroe dello
sport, come in Le champion des deux mondes (1925) di Gabriel Bernard. La trama dei romanzi
nasce dall'intreccio di episodi sportivi e sentimentali come in Blaise Putois, boxeur di Jacques
Mortane (1924) animati da personaggi per i quali la virt sportiva un dono naturale o diviene
strumento di elevazione sociale, racconti in cui lo sport in effetti un pretesto nell'architettura
complessiva della narrazione.
Il secondo carattere dominante si costruisce assumendo la forma del racconto o romanzo di
costume: lo sport divenuto parte integrante della societ e come tale indagato e descritto. Ai
tradizionali sfondi della narrativa naturalista e di analisi della realt sociale si sostituiscono lo
stadio, lo spogliatoio, il circuito ciclistico, il ring e il milieu dello sport, come in Le vainqueur di
Robert Dieudonn (1922) che sottopone ad analisi il mondo del ciclismo, mettendo a nudo le
rivalit tra corridori, ponendo al centro del romanzo un protagonista, Marcel Galland, che
abbandona le competizioni a causa della slealt di alcuni concorrenti, disgustato anche dal mutevole
atteggiamento del pubblico nei confronti delle alterne vicende che contraddistinguono l'esperienza
sportiva del campione.
Il terzo invece teso all'introspezione psicologica, a rendere le reazioni vitali e le emozioni pi
profonde dell'atleta: in '5000'. Rcit sportif (1924), Dominique Braga, attraverso l'uso del monologo
interiore, ricostruisce momento dopo momento le percezioni, le impressioni che si alternano nella
mente e nella psiche del corridore, espediente al centro anche del racconto di Louis-Henry Destel
10.000 mtres (1924). Lo scrittore tenta dunque di investigare e descrivere la sfera psicologicoemotiva della pratica e della tecnica sportiva, utilizza nuove strutture narrative per affermarsi non
gi come spettatore passivo ma come agente attivo nell'interpretazione della prestazione sportiva.
Il quarto carattere quello in cui l'incontro tra sport e letteratura perviene a una misura certamente
pi coerente, come nel caso dell'opera narrativa (apparsa postuma) di Louis Hmon, scrittore
francese emigrato in Canada, Battling-Malone pugiliste (1925). Il racconto ruota intorno alla figura
del pugile self-made man dotato di una istintiva e naturale forza fisica e combattiva, semplice e
ingenuo anche quando, giunto al successo, entra in contatto con l'aristocratica societ londinese
appassionata di boxe. Lontano dalla tentazione di rappresentare la fisicit del pugile secondo gli
schemi e i modelli della classicit, Hmon preferisce suggerire, piuttosto che analizzare, la vita
interiore del personaggio, descrivendo tuttavia con efficace realismo i vari combattimenti che
segnano la parabola della carriera del boxeur, dal successo alla caduta (Boinvin 1996). Spia del
grande successo di pubblico che circonda la boxe mondiale in quegli anni, il romanzo di Hmon
un esempio significativo della centralit acquisita dal tema pugilistico nella produzione letteraria
quanto filmica del Novecento, dai gi ricordati racconti di Jack London al saggio loge de la boxe
di Maurice Maeterlinck (in L'intelligence des fleurs del 1907), al racconto The chink and the child
dello scrittore inglese Thomas Burke (dal quale trarr spunto David Griffith per il suo film del 1919

Giglio infranto) al racconto Fifty Grand (in Men without women, 1927) di Ernest Hemingway, al
romanzo di Francisco Ayala El boxeador y un ngel (1929) e, in anni pi recenti, alla narrativa di
Ignacio Aldecoa (Neutral crner, 1962), di Norman Mailer (The fight, 1975), agli scritti di Hugh
McIlvanney (1982), di Julio Cortazar Le noble art (in D'Orrico 1992, p. 392) per citare solo
qualcuno tra i pi significativi scrittori stranieri diversissimi per indole, formazione, generazione,
attratti dal fenomeno della boxe (Besse 1996). In ambito italiano e in tempi recenti si segnalano
Franco Cordelli con il romanzo Le forze in campo (1979) e, tra la rosa dei giornalisti-scrittori,
Gianni Brera con Naso bugiardo (1977), ancora un romanzo ispirato a un nostrano self-made man
del pugilato. La centralit della boxe determinata da alcuni elementi che contraddistinguono la
realt e la pratica di quello sport e, pi in generale degli sport moderni, a livello internazionale: i
pugili provengono dal mondo dell'emigrazione e dei ghetti (come nei racconti di London) o dalle
classi sociali pi povere (come nel caso della narrativa di Hemingway o del pugile protagonista del
racconto di Pier Paolo Pasolini Storia burina da Al dagli occhi azzurri, 1965). Il successo sportivo
rappresenta una possibilit di affermazione economica e sociale; la sfida 'uomo contro uomo' si
offre quale spunto metaforico della lotta di vita e per la vita, come nell'intensa poesia di Mario Luzi
E adesso sul finire del round (in Per il battesimo dei nostri frammenti, 1985) o nei versi di Incontro
di pugilato di Roberto Roversi (in La raccolta del fieno, 1960). Il giro di scommesse, la corruzione
e le truffe gravitanti attorno al ring, ai campi di corsa dei cavalli fenomeni che forniscono fruttuosi
spunti al cinema americano si offrono, sul piano letterario, quali concreti simboli della
degenerazione apportata dal denaro a ogni 'nobile arte'. In questa prospettiva meritano di essere
analizzati due romanzi di boxe apparsi in Italia tra le due guerre: Io, povero negro di Orio Vergani
(1929) e Pugilatore di paese di Marcello Gallian, edito nel 1931. Il primo raggiunse una discreta
notoriet anche all'estero (fu tradotto negli Stati Uniti, in Brasile e in Gran Bretagna) e ruota intorno
alle vicende di un giovane di colore, emigrato per miseria in Europa, che durante una fase di crisi
sentimentale, quando ormai fuori dal giro degli incontri, ma ancora forte e prestante, contattato
da manager senza scrupoli che lo fanno salire sul ring per ingaggiare combattimenti truccati. Il
desiderio di riscatto lo spinge a vincere l'ultima sfida ribaltando un pronostico scontato; ma la
ribelle uscita dalla corruzione che circonda il mondo della boxe condurr il pugilatore alla pazzia.
L'esperienza del giornalista sportivo si trasmette al tessuto narrativo: senza concessioni al
sentimentale, Vergani costruisce un romanzo aderente alla realt agonistica della boxe e alla storia
di innumerevoli suoi protagonisti.
Il romanzo di Gallian si ispirava sotterraneamente alle sfortunate vicende del campione europeo dei
medio massimi (nel 1923), Erminio Spalla, primo italiano a conquistare un titolo europeo, sconfitto
nel 1927 da Bertazzolo. Gi nel suo saggio del 1928, Arpinati politico e uomo di sport, sulla
concezione etica dello sport di chiara matrice fascista (dello stesso anno era il suo volume La storia
dello sport italiano) Gallian si era soffermato a lungo su questo episodio pugilistico, interpretato
come una vera e propria 'sciagura' per la boxe italiana che " e dovr diventare uno sport
prettamente fascista" (p. 103), nel quale dunque "il destino non dovrebbe avere ragione mai, sulla
rilasciatezza momentanea o su quella presa allo sprovvisto passeggera di un uomo che abbia dato
prove grandi del suo valore". La nuova organizzazione atletica e sportiva giovanile promossa dal
regime, attraverso metodi di selezione, preparazione e allenamento era tesa, per Gallian, a evitare un
combattimento "alla cieca, sanguinario, feroce, ammutinamento della forza e della volont". Al
centro del romanzo la storia di Tom, pugilatore di paese assetato di vittoria e accecato dalla
violenza: la sua forza istintiva non alimentata tecnicamente n moralmente lo condurr alla morte in
combattimento.
Si gi sottolineato come la storia dello sport in una specifica area europea si vada sempre pi
intrecciando negli anni tra le due guerre alla politica, dunque alla storia sociale: come ricordava
Giorgio Bocca nell'articolo Sport e fascismo, edito nel giugno 1983 ne L'Illustrazione dello Sport,
"lo sport fascista nasce in un quasi deserto ed la prima, anche se modesta, esperienza di sport di

massa []. Lo sport di prima del fascismo schematicamente divisibile fra gli sport popolari che
costano niente e gli sport di lite che costano moltissimo e che sono riservati all'alta borghesia e
all'aristocrazia" (Provvisionato 1978). La nascita dello sport di massa incentivata da specifiche
iniziative di carattere politico-istituzionale che investono il mondo della formazione scolastica e
universitaria, dell'edilizia sportiva, delle organizzazioni giovanili e del dopolavoro ed supportata
da un'intensa opera di propaganda svolta a vario titolo dai media del tempo. Ci si riflette nella
fattiva promozione di un nuovo modo d'intendere il rapporto tra cultura letteraria e fenomeno
sportivo svolto, in particolare, dalla rivista 900 diretta da Massimo Bontempelli. 'Stupido e vano'
secondo Bontempelli ogni tentativo di chiusura e di ostilit da parte del mondo intellettuale e
artistico verso un fenomeno che soprattutto quale spettacolo va sempre pi calamitando l'attenzione
di grandi masse di pubblico. La 'pessima genia' dei letterati era chiamata, a suo giudizio, a riflettere
sulla nuova frontiera rappresentata dallo sport quale strumento di modernizzazione dell'industria
culturale: con il primo numero di 900 del dicembre 1928, incaricava Aldo Bizzarri di tenere sulla
rivista (aperta alla collaborazione di scrittori e artisti internazionali) una rubrica fissa di sport; le
pagine del periodico avrebbero ospitato scritti di pugili (Bosisio e Parboni), calciatori (Bernardini e
Baloncieri), campioni dell'automobilismo (Campari).
Per Bontempelli lo scrittore diveniva in quegli anni un produttore di ideologia: nel discorso di
inaugurazione dei Littoriali sportivi, Significato dello sport, dichiarava che "Lo spirito sportivo
moltiplica e combina e porta alla sua pi feconda espressione queste tre forze: disciplina, lealt,
conquista; le tre forze che costituiscono la grandezza morale cos degli stati come dei singoli".
L'intervento di Bontempelli apparve nel 1935 nella Prima antologia degli scrittori sportivi. Il
mosaico di testi raccolti nel volume offre una concreta panoramica delle diverse forme assunte in
Italia, tra gli anni Venti e il 1935, dalla scrittura di sport. Il legame tra letteratura, giornalismo e
sport si concretizza gi a partire dalla proficua collaborazione stretta tra il poeta, critico e saggista
Titta Rosa e il giovane Franco Ciampitti, collaboratore del Mezzogiorno Sportivo, membro del
Comitato centrale della Federazione di Ginnastica, ispettore della Federazione Giuoco Calcio e
autore del romanzo a tema calcistico Novantesimo minuto, vincitore, nel 1932, del primo concorso
indetto dalla FIGC per la migliore opera letteraria ispirata al calcio. Aspetto, quest'ultimo, da non
sottovalutare, tenendo anche conto di un'altra iniziativa assunta dalla Gazzetta dello Sport che aveva
creato una collana editoriale (la Biblioteca della Gazzetta dello Sport) mirata alla pubblicazione di
raccolte di cronache sportive quanto di racconti e romanzi liberamente ispirati allo sport.
In Novantesimo minuto Ciampitti utilizzava l'espediente del racconto in prima persona il cui asse
temporale era ristretto ai 90 minuti di gioco, fondendo al passo e allo stile tipico della cronaca
calcistica fitta di azioni, rimesse, parate, discese in area di centravanti, falli dei difensori la
descrizione di sentimenti, reazioni e stati d'animo dell'atleta in azione. Il romanzo di Ciampitti
appare ai nostri giorni di interesse soprattutto documentale in quanto fa luce su alcuni aspetti (anche
tecnici) del calcio dell'epoca, gi allora non privo di conflittualit extra-sportive tra club e giocatori,
alimentate anche dal mondo della stampa specializzata.
I testi raccolti nella Prima antologia degli scrittori sportivi si estendono dai contributi dei
protagonisti di imprese aviatorie (Italo Balbo, Vittorio Beonio Brocchieri, Mario Massai), ai
racconti di campioni-scrittori di sport, come Nedo Nadi, autore di Con la maschera e senza (edito
dalla Biblioteca della Gazzetta dello Sport nel 1933), di giornalisti sportivi come Adolfo Cotronei
(che nel 1931 aveva pubblicato per la stessa collana Atleti ed eroi, ritratti dei pi celebri campioni di
sport del nostro primo Novecento), di giornalisti ma anche scrittori di sport come Emilio De
Martino e Bruno Roghi (autore, nel 1932, del romanzo La palla della principessa e, nel 1933, di Re
pallone), di appassionati di sport come Romolo Moizo, magistrato a Piacenza e autore di La
disperata: romanzo sportivo (1933) e di Hansa Scrum: le memorie di un pallone di cuoio (1935), e
infine di scrittori e poeti intenditori di sport: Massimo Bontempelli, Achille Campanile, Ettore De

Zuani (autore di Le Olimpiadi, 1932), Bruno Fattori (del 1933 le sue liriche sportive Linee azzurre),
Marcello Gallian, Paolo Monelli, Curio Mortari (autore nel 1916 della lirica La pista scarlatta e nel
1930 del romanzo sportivo La pista del Sud), Raniero Nicolai (Elogio della vita, 1920), Alessandro
Pavolini (Giro d'Italia, 1928), Marco Ramperti, Umberto Saba e Orio Vergani.
La compresenza di autori, di testi, di stili e linguaggi estremamente diversificati spia delle
poliedriche modalit attraverso le quali lo sport si trasferisce alla letteratura, della caduta di ogni
barriera tra letteratura e giornalismo e tra letteratura sportiva e non sportiva secondo la prospettiva
segnata nella prefazione all'antologia: a giudizio di Titta Rosa e Ciampitti, per letteratura sportiva
era da intendersi "quella letteratura che dal sentimento, o dai sentimenti sportivi, riuscita a fare
materia d'arte, che ha assunto cotesti sentimenti nella sfera dell'espressione artistica [] E poich lo
scrittore non ha altro compito che quello di portare in luce dei sentimenti, sia in forme strettamente
liriche, di canto, o nelle forme narrative [] risulta evidente che lo scrittore cosiddetto sportivo, di
fronte alla propria materia, non opera diversamente da ogni altro scrittore" (p. VII). La letteratura di
sport coincide dunque, secondo questa prospettiva, con la letteratura dei sentimenti, delle passioni,
delle forze di natura sportiva: anche se legata alla realt, come nel caso dei racconti di taglio
autobiografico, sfugge per cos dire da ogni intento meramente cronachistico e documentario, per
inoltrarsi nelle regioni pi recondite dell'atto e del fenomeno sportivo. Alla luce di queste direttive,
meglio si comprendono i criteri di selezione degli autori e dei testi: dal mondo del giornalismo,
come nel caso di De Martino, sono selezionati brani di pura narrativa; di Bontempelli, per es.,
ripubblicato un saggio interessante, Tifo e tifi diversi, di analisi e interpretazione del tifo calcistico
nazionale su scala regionale; centrale appare la presenza di Campanile con Il miracolo di San Pi di
Leone, spassoso rovesciamento in chiave comica dei 'miracoli' calcistici; fra i testi di Vergani ripresi
nell'antologia spicca Sonno del vecchio boxeur (estratto da Fantocci del carosello immobile, 1926).
I testi poetici di Saba erano certamente transitati nella Prima antologia per il tramite di Titta Rosa,
allora redattore di Lirica alla quale aveva collaborato, nel 1934, il poeta triestino: anticipate tra il
novembre 1933 e il marzo 1934 nella Gazzetta del Popolo, poi confluite in Parole (1934), Squadra
paesana, Tre momenti, Tredicesima partita, Fanciulli allo stadio e Goal erano, come noto, ispirate
al successo della Triestina, alle prodezze dei giocatori rosso-alabardati. Con queste parole i curatori
dell'antologia motivavano la presenza delle poesie di Saba: "a qualche lettore di quintessenze
letterarie far stupore; ma stupir di pi la nettezza e freschezza e umanit di certi sentimenti
sportivi ch'egli riuscito a cogliere in queste brevi liriche" (p. XI). Ma i 'sentimenti' lumeggiati dal
repertorio antologico non erano del tutto esenti da una concessione alla retorica concezione fascista
dello sport allora dominante, come testimonia la presenza sia del discorso per l'inaugurazione dei
Littoriali di Massimo Bontempelli sia di Saluto al Duce di Adolfo Cotronei.
Per il fascismo, scriveva Lando Ferretti (1928, p. 47) "la societ sportiva superpolitica, militare
quasi, in quanto attraverso la disciplina e la lotta essa vuol fare dei giovani i cittadini e i soldati,
capaci di vivere e morire per un ideale". Lo sport consolida la propria presenza nella societ
italiana, funge da strumento di rappresentazione, anche a livello internazionale, delle conquiste e dei
valori dell'Italia fascista: non un caso che proprio un romanzo dello scrittore sportivo Romolo
Moizo, Questi ragazzi, risulti vincitore del 'Concorso per un romanzo del tempo fascista' indetto
dalla rivista letteraria Nuova Antologia nel 1936 (la giuria era composta da Antonio Baldini, Silvio
Benco e Arnaldo Bocelli). Nel romanzo il giovane Giampiero, campione di sport, incarna la figura
simbolo dell'italiano nuovo, rigenerato dal fascismo e dunque in grado di primeggiare in ogni
umana competizione. Il libro di Moizo solo uno degli esempi utili a illustrare come il particolare
connubio tra sport e ideologia si rifletta in alcuni scritti prodotti in quegli anni. La stampa
specializzata promuove un'intensa opera di propaganda del concetto di sport fascista, anche facendo
ricorso al 'mito' del Duce "che nell'esercizio fisico riconosce un mezzo potente per la salute del
popolo" essendo "egli stesso uno sportivo appassionato. La scherma, il nuoto, l'ippica ne rivelano
quotidianamente la straordinaria possanza fisica" ( la didascalia della foto di copertina che ritrae

Mussolini intento a nuotare sul primo numero del 3 dicembre 1936 de L'Illustrazione Sportiva
Italiana).
Al tempo stesso si registrano grandi successi sportivi, che negli anni vedono i successi di Ondina
Valla, Luigi Beccali, Learco Guerra, Costante Giradengo e Alfredo Binda, Achille Varzi, Nino
Farina, Tazio Nuvolari e Primo Carnera, le 37 medaglie conquistate alle Olimpiadi di Los Angeles
del 1932, le vittorie della nazionale di calcio guidata da Vittorio Pozzo ai Campionati del mondo del
1934 e del 1938 e alle Olimpiadi del 1936, le affermazioni anche internazionali di club calcistici
come il Bologna. Risultati certo lusinghieri e positivi enfatizzati dalla stampa sportiva del tempo al
punto tale da incentivare una vera e propria campagna contro 'l'idolismo', condotta soprattutto da
Arpinati come sottolineava Gallian gi nel 1928 nel suo saggio di etica sportiva: "La caduta degli
idoli, a qualunque campo appartengano, una vittoria e una speciale funzione nuova del Fascismo"
(Gallian 1928, p. 122). La stampa e la letteratura sportiva erano dunque chiamate a reprimere ogni
enfasi retorica nel documentare le vittorie degli sportivi italiani. Ma in realt il fenomeno del
divismo sportivo era inarrestabile e di fatto tollerato dallo stesso regime: la vittoria di Primo
Carnera su Jack Sharkey il 29 giugno 1929 a Long Island fu salutata dalla Gazzetta dello Sport
come "ultima grande conquista dello sport fascista". Il Corriere della Sera celebrava la vittoria del
campionato della Juventus con un articolo del 4 giugno 1935 che descrive l'accoglienza riservata
alla squadra: "la fanfara dei Giovani Fascisti che intona l'inno Giovinezza mentre al di fuori della
stazione la folla impaziente reclama i suoi idoli". Personaggi dello sport di quegli anni divengono
attori o sono 'prestati' al cinema italiano: l'ex-centravanti della Juventus, Piero Pastore, effettua la
sua prima comparsa sugli schermi in Ragazze non scherzate (1929); poi diviene protagonista, nei
panni di un operaio delle acciaierie e dilettante di ciclismo, nel 1933 di Acciaio, uno dei pi celebri
film dell'epoca prodotto dalla Cines, con soggetto di Luigi Pirandello e sceneggiatura di Emilio
Cecchi e Mario Soldati. Uno degli ultimi film muti italiani, Maratona (1929) di Nicola Fausto
Neroni, si giovava della partecipazione di atleti dell'epoca: Colella, Mancinelli, Natale e Pagliani.
Ancora in Stadio (1934) di Carlo Campogalliani, incentrato sul rugby, anzi sulla 'palla ovale', come
allora doveva essere definito in ossequio alla campagna contro l'esterofilia linguistica promossa dal
regime, partecipano in qualit di attori l'olimpionico Beccali, il campione di canottaggio Amante, lo
sciatore Censi. Anche Carnera, sulla scia di George Carpentier protagonista gi nel 1920 di The
wonder man di John Adinolfi, diviene, nel 1933, divo di Hollywood partecipando al film di Van
Dyke L'idolo delle donne, nel quale il gigante friulano si muove un po' impacciato tra le curve di
Myrna Loy.
Negli anni tra le due guerre si va dunque sempre pi consolidando in Italia una produzione
editoriale legata allo sport dal carattere poliedrico e in linea con le esigenze di un pubblico sempre
pi ampio che segue con interesse e passione i successi degli idoli dello sport nostrano: dalla
memorialistica, in cui rientrano, per es., Los Angeles 1932 di Emilio De Martino (1936) e il volume
legato alle imprese della nazionale di calcio guidata da Vittorio Pozzo, Tre volte campione del
mondo (1939), ma anche, di Leo Longanesi, Vecchio sport (1935), alla letteratura sportiva per
ragazzi, alla narrativa a tema sportivo che vede come autori giornalisti provenienti dalle colonne
della stampa specializzata. Si tratta per lo pi di una narrativa e di una saggistica che mettono in
luce la dimensione popolare raggiunta da alcuni sport e in particolare dal ciclismo e dal calcio: se da
un lato Ettore De Zuani, in uno scritto ripreso nella Prima antologia degli scrittori sportivi,
sottolinea una particolare accezione del miracolo calcistico ("Soltanto il gioco del calcio riuscito a
vincere la melanconia dei lunghi pomeriggi domenicali"), dall'altro racconti e romanzi fanno luce
sulla rapida espansione del calcio giovanile, giocato nei prati e sterrati che limitano le nuove
costruzioni cittadine, nelle campagne attorno a paesi di provincia. I bozzetti sportivi legati al Giro
d'Italia e al Tour de France di Orio Vergani (poi riediti in Festa di maggio, 1940) tratteggiano il
ritratto dei 'girini', corridori nostrani che arrivano al Giro "dal modesto paese della pasta e fagioli" e
si alimentano lungo le tappe con le uova fresche, un'ala di pollo, panini alloggiati nelle tasche della

maglia. Dai racconti di Vergani prendeva corpo l'immagine reale del pubblico delle corse
ciclistiche, con la folla e le scolaresche in attesa dei corridori al traguardo, lungo le strade polverose
che si inerpicano entro i passi di montagna: piccoli paesi, frazioni, citt di provincia che per qualche
ora, grazie al passaggio del Giro, escono dall'anonimato e conquistano spazio nelle colonne dei
quotidiani.
Dal secondo dopoguerra
A partire dal secondo dopoguerra la produzione letteraria italiana e straniera cresce in modo
consistente; gli scrittori escono sempre pi allo scoperto, rivelando passioni sportive giovanili a
lungo sottaciute: Vittorio Sereni, per es., affida Inter-Juve (risalente al 1935 e allora inedita)
all'antologia poetica curata nel 1960 da Gian Piero Bona Elogio Olimpico; Vasco Pratolini ritorna,
nel 1950, a una domenica fiorentina "della tarda adolescenza" passata sul tetto in un capannone
industriale per ammirare i goal di Meazza in "una delle sue prime partite da nerazzurro titolare":
testimonianza raccolta nel volume Giuochi e sports (p. 120), illustrato da sei disegni originali di
Mino Maccari e comprendente riflessioni e racconti di personali esperienze sportive di numerosi
autori italiani, da Baldini a Buzzati, Gadda, Savinio e Stuparich. Giansiro Ferrata consegna
all'ultimo numero del 1959 della rivista L'Approdo letterario, Uno scrittore allo stadio,
testimonianza, anche, della sua passione per il Milan.
Si consolida sempre pi, a partire dal secondo dopoguerra, il drappello di scrittori 'prestati' al
giornalismo sportivo: Vasco Pratolini nel 1947 (poi ancora nel 1955) segue come inviato del Nuovo
Corriere di Firenze il Giro d'Italia (le corrispondenze sono riunite nel volume Cronache del Giro
d'Italia (maggio-giugno 1947), 1995). Gli accanto Alfonso Gatto, inviato de L'Unit e
successivamente del Giornale del Mattino di Firenze al Giro e al Tour de France del 1958 e del
Giro d'Italia l'anno seguente (le cronache sono raccolte in Sognando di volare. Alfonso Gatto al
Giro e al Tour di L. Giordano, 1984). Dino Buzzati segue il Giro d'Italia del 1949 per il Corriere
della Sera (Dino Buzzati al Giro d'Italia, curato da C. Marabini, 1981); ma di Buzzati sono stati
ripubblicati anche gli scritti legati all'alpinismo apparsi tra il 1932 e il 1971 nel volume dal titolo Le
montagne di vetro (curato da E. Camanni, 1969). Italo Calvino inviato dell'Unit ai Giochi
Olimpici di Helsinki del 1952. Gli articoli anche sportivi di Luciano Bianciardi editi tra il 1952 e il
1971 per varie testate sono raccolti in Chiese escatollo e nessuno raddoppi. Diario in pubblico
1952-1971 (1995). Il fenomeno destinato a intensificarsi negli anni a venire: Giovanni Arpino
segue per La Stampa i Mondiali di calcio di Germania del 1974: dall'occasione trae spunto Azzurro
tenebra (1977); Mario Soldati inviato del Corriere della Sera a quelli di Spagna (Ah! Il Mundial,
1986). Lungo gli anni Novanta Alessandro Baricco, per La Stampa, a consegnare, tra gli altri,
anche articoli legati allo sport poi raccolti in Barnum. Cronache dal Grande Show (1995) e Barnum
2. Altre cronache dal Grande Show (1998). Sul terreno della produzione in versi apparsa in Italia si
segnalano Zona Cesarini di Giovanni Raboni (da Nel grave sogno, 1982), e'82. Scirea di Roberto
Mussapi (da La polvere e il fuoco, 1997): un folto repertorio anche di testi inediti raccolto nel
numero del giugno 1999 della rivista di cultura poetica Poesia, curata da Franco Buffoni e Giuliano
Donati. Alla pattuglia di narratori e poeti si affianca quella dei giornalisti-scrittori: Gianni Clerici
esordisce come narratore con il romanzo Fuori rosa (1966) analogamente a Antonio Ghirelli
(Gianni mezz'ala, 1974) e a Gianni Brera (Addio bicicletta, 1964) e Aldo Biscardi, con il romanzo
calcistico Il gioco delle ombre (1977).
La funzione svolta dalla letteratura di raccontare e interpretare la vita, la condizione umana e la
realt trova nello sport un punto di passaggio quasi obbligato. In ambito italiano Pier Paolo Pasolini
in Ragazzi di vita e Una vita violenta descrive le partite giocate dai ragazzi nei campetti
dell'estrema periferia romana. Il mondo del sottoproletariato della periferia industriale di Milano dei
racconti di Giovanni Testori animato dalla presenza di umili dilettanti locali, il pugile Cornelio o

il ciclista di Roserio (Il dio di Roserio, 1954). Nel 1963 Luigi Meneghello, nel romanzo ricco di
spunti autobiografici Libera nos a Malo offre spazio al calcio giocato in un piccolo paese di
provincia. Giorgio Saviane con Le due folle (1957) esordisce come narratore sbozzando la storia di
un giovane calciatore che soffre di fobia per la folla. Anche in Sei stato felice, Giovanni, romanzo
d'esordio di Giovanni Arpino, filtra la sua passione per lo sport attraverso la descrizione di una
corsa ciclistica. Manlio Cancogni consacra a un cavallo da corsa il suo romanzo La carriera di
Pimlico (1956) e nel 2000 ritorna al calcio amatoriale degli anni del fascismo con Il Mister. La
partita a tennis scandisce e suggella la dolorosa storia de Il giardino dei Finzi Contini di Giorgio
Bassani. Mario Tobino in Le tre giornate (nella raccolta Sulla spiaggia e al di l dal molo, 1966)
descrive l'agonismo campanilistico di un lontano calcio di provincia giocato tra la squadra della
Lucchese e quella del Viareggio.
Fuori d'Italia, il romanzo d'esordio dello scrittore americano d'origini ebree Bernard Malamud, The
Natural (1952) ruota sulle vicende umane e sportive del battitore di baseball Roy Hobbs, figura che
inaugura il repertorio dei personaggi 'sofferenti', uomini e donne di modesta condizione economica
e sociale, dolorosamente soccombenti che affolleranno negli anni la sua produzione narrativa.
David Malcom Storey, romanziere e drammaturgo britannico, mette a frutto la sua esperienza
sportiva come professionista nel Leeds Rugby League Club in This sporting life (1960), il romanzo
d'esordio concentrato anche in questo caso sulle inquiete vicende sportive ed esistenziali di un
giocatore di rugby. Alan Sillitoe affronta il tema della lotta di classe e del mondo operaio inglese
gi al centro del suo primo romanzo (Saturday night and Sunday morning del 1958) in The
loneliness of the long-distance runner (1959) che d il titolo alla raccolta di novelle, ponendo al
centro del racconto un adolescente proveniente dal sottoproletariato e rinchiuso in un carcere
correttivo che dimostra una forte integrit morale rifiutandosi di vincere una gara di corsa in cambio
di un trattamento di favore. Un forte accento di critica sociale permea Brot und Spiele ("Pane e
giochi"), il romanzo sportivo pubblicato nel 1959 dallo scrittore tedesco Siegfried Lenz.
Con sempre maggiore intensit il campo dell'immaginario sportivo diviene frammento integrato
all'ossatura di romanzi caratterizzati da una dinamica complessit dell'orchestrazione narrativa: nel
romanzo di Robert Coover, The universal baseball association. Inc. J. Henry Waugh Proprietor
(1968) il baseball entra a far parte di una trama dall'originale architettura: sulle regole e tattiche di
questo sport che si basa il gioco tipo 'Monopoli' che diviene unica ragione di vita del protagonista,
mondo artificiale del tutto privato, sintomatico simbolo dell'alienazione insita nella societ
contemporanea. Nell'intreccio di storie che compongono la fitta trama del romanzo La zia Giulia e
lo scribacchino (1977), di Mario Vargas Llosa, il sedicesimo capitolo si concentra sulla microstoria di Joaqun Hinostroza Bellmont, arbitro di calcio per vocazione sin dall'infanzia e alcolizzato,
stroncato sul campo alla vista del corpo della sua amata uccisa dalla polizia durante i disordini
scoppiati nello stadio di Lima in occasione della finale del Campionato sudamericano. Il calcio
come dato della realt entra a far parte della dimensione fantastica venata anche d'ironia e di
umorismo. Mentre quasi di fantascienza appare lo scenario in cui ambientato il recente megaromanzo (1400 pagine) di David F. Wallace, Infinite jest (1999), la cui storia si dipana in
un'accademia di tennis del futuro.
Non sfugge, soprattutto alla sensibilit dei poeti, la nuova realt rappresentata dallo sport mediatico,
lo sport trasmesso dallo schermo, sezionato e manipolato dalla moviola, osservato dall'occhio delle
telecamere: nella poesia Calcio nel vuoto di Valentino Zeichen (in Poesia e sport: antologia, 1999)
appare un diretto riferimento alle 'partite alla TV'. L'intenso componimento del poeta portoghese
Carlos de Oliveira Salto em altura (in Entre duas memrias, 1971) si costruisce in fotogrammi
successivi del film che "analizza, / al rallentatore, ciascuno dei suoi salti", metafora del "sogno che
si scompone; /si riproduce". Il poeta Valerio Magrelli, in un articolo del 1994 poi ripreso nel

numero monografico Calcio (1998, p. 491) di Panta, riflette sulle conseguenze del processo di
'visualizzazione' del calcio.
Un altro fenomeno prende consistentemente corpo: la letteratura di argomento o a tema sportivo,
spesso considerata un genere 'minore', raccolta in antologie e insieme analizzata dal punto di vista
critico-letterario, diviene oggetto di studio al pari di altri generi letterari e soprattutto indagata sul
piano scientifico al fine di porre in luce sviluppi, aspetti e caratteri della cultura e civilt dello sport
in singole aree nazionali.
Oltre a opere gi segnalate, per quanto attiene l'ambito italiano, sono importanti le antologie di
narrativa di autori italiani curate da Giuseppe Brunamontini: Racconti dello sport (1972), Racconti
del calcio (1975), Racconti di ciclismo (1977), Racconti fantastici di sport (1980), La vita una
gara (1982). Aperta anche a scritti in prosa di autori stranieri la raccolta curata da G. Goggioli e
B. Pegolotti, Racconti dello sport (1960). Del 1979 il volume Le parole e lo sport; letteratura
sportiva del novecento, curato da U. Colombo. Un ricco repertorio di poesie e prose di argomento
sportivo di autori italiani contemporanei presentato in Letteratura e sport. Il Novecento, a cura di
Marziano Guglielminetti e Attilio Dughera (1985). Accuratissima la recente bibliografia curata da
R. Trani Lo sport nella cultura letteraria italiana del secondo Novecento (2003).
Non sono mancati in Italia convegni scientifici che hanno affrontato il tema del legame tra sport e
letteratura da diverse angolazioni, come Letteratura e sport. Atti del Convegno di Foggia, 22-23
maggio 1985 (a cura di C. Di Donna Prencipe, Bologna, 1986). Il Convegno internazionale sul tema
Sport e letteratura promosso e organizzato nell'aprile 2001 dall'Istituto Universitario di Scienze
Motorie di Roma in collaborazione con le Universit del Lazio ha inteso far luce, grazie agli
interventi di scrittori, poeti, giornalisti e studiosi italiani e stranieri, su un fenomeno o legame
simbiotico che ha caratterizzato la storia e l'evoluzione dello sport quanto la storia e l'evoluzione
della letteratura. Gli atti del Convegno (2003), curati da Nicola Bottiglieri, autore di una
interessante introduzione, si articolano in tre sezioni che individuano altrettante prospettive di
analisi del rapporto tra sport e letteratura. All'interno della prima sezione, Scrittori che scrivono di
sport, si segnalano i contributi di Franco Buffoni sulla poesia italiana contemporanea a tema
sportivo; quelli di Antonio Franchini (Acqua, sudore, ghiaccio. Alcune ragioni contemporanee per
raccontare lo sport), di Thomas Le Clair (Two on one: The universal basketball zone), attento
indagatore del romanzo di Robert Coover e di End Zone (1986) di Don De Lillo; seguono i
contributi di Darwin Pastorin (Premi Nobel e calcio) e di Gian Paolo Porreca (Il ciclismo come
metafora sottilissima della vita). La seconda sezione, Sport e letteratura, accoglie una nutrita serie
di saggi, alcuni inerenti l'ambito italiano: alla documentata analisi di Giorgio Brberi Squarotti
incentrata su scritti prevalentemente poetici di autori italiani di diverse generazioni e correnti
(Marinetti, Saba, Sereni, Montale, Maurizio Cucchi, Sanguineti, Caproni, Giudici, Loi per citare i
pi noti) fa seguito La performance sportiva nella narrativa italiana tra Ottocento e Novecento di
Lia Fava Guzzetta; completano la rosa degli studi relativi alla cultura letteraria italiana Lo sport nel
romanzo italiano contemporaneo: cinque modelli di Gian Carlo Ferretti; e Atleti ed eroi nel cinema
e nella letteratura sportiva in Italia (1900-1935) di Francesca Petrocchi. Ampia la rosa di
interventi di respiro internazionale: il saggio di Cristina Giorcelli William Carlos Williams: At the
Ball Game indaga entro un testo poetico consacrato al baseball ma di alta valenza metaforica;
Soriano 4 di Vanni Blengino si concentra sulla narrativa calcistica del noto scrittore argentino;
chiudono la sezione Winner takes nothing: Ernest Hemingway e lo sport di Luca Briasco e il
contributo Sport, structure and the narrative di William Brown. La terza sezione, infine, Miti rituali
e linguaggi sportivi, accoglie, tra l'altro, l'originale analisi di Christian Bromberger Les rituales du
sport, volta a sondare il rapporto tra le grandi manifestazioni sportive e i rituali religiosi e Ayrton
Senna ovvero l'Achille Australe di Claudio Rolle, dedicato al vero e proprio 'mito' di Senna in
Brasile. L'articolo di Gianni Spallone (Calcio e causeries: la Babele dei linguaggi) fa luce

sull'universo linguistico legato al commento parlato e scritto sul calcio, mentre Giorgio Triani ha
inteso investigare un aspetto centrale degli spettacoli agonistici, Lo stadio luogo di identit della
citt. Tra realt e scenari televisivi.
In ambito francese sono da segnalare il volume Anthologie des textes sportifs de la littrature,
curato da G. Prouteau (1948); gli studi raccolti in Regards neufs sur le sport (1950); il numero 80
del maggio 1986 della rivista Autrement dal titolo L'amour foot con i contributi di J. Baudrillard, C.
Klotz e M. Samson; Allez! (1986) che raccoglie racconti e testimonianze sullo sport di scrittori
francesi contemporanei; Realits sportives, fictions romanesques: bibliographie 1870-1989,
ricchissimo repertorio bibliografico edito nel 1989 e curato da J.C. Lyeire e H. Le Targat, che
include anche titoli di antologie di letteratura sportiva e a tema sportivo, di saggi e studi sui rapporti
tra letteratura e sport editi in Francia. Ma di interesse sono anche Le sport dans la littrature et au
cinma di J. Sagnes (in Le sport dans la France contemporaine, 1996, pp.105-19); Le sport dans la
littrature de jeunesse di A. Rabany, E. Boutoute, J. Perrot (in Revue lire et savoir, 1996, 3, pp. 7480); l'ampio studio di S. Laget, Sport et littrature (1998).
Imponente il repertorio di antologie, bibliografie, saggi e studi apparsi negli Stati Uniti: di M.
Oriard, Dreaming of heroes: American sports fiction (1982); di G. Burns, The sports pages: a
critical bibliography of twentieth-century American novels and stories (1987); di Christian K.
Messenger Sport and the spirit of play in American fiction (1981) e il successivo studio Sport and
the spirit of play in contemporary American fiction (1990). Utili documentazioni sugli scrittori
sportivi americani possono essere estratte dai dizionari curati da R. Orodenker Twentieth-century
American sportswriters (1996) e American sportswriters and writers on sport (2001). Raccoglie
testi legati alla boxe l'antologia curata da Bill Hughes e Patrick King, Come out writing: a boxing
anthology (1991).
Per quanto attiene l'ambito della Spagna, di grande rilievo il volume di A. Gallego Morell,
Literatura de tema deportivo (1969) e gli studi di Jess Castan Rodrguez, Creacin literaria y
ftbol (1991) e di P. Checa Fajardo, P. Merino Daz, Deporte y literatura (1993). Per il Portogallo
si segnalano il volume di Jos do Carmo Francisco completato da una ricca antologia di testi O
desporto na poesia portuguesa (1989) e la recente antologia Contos de futebol (2002) e per la
Germania, Kinderund Jugendliteratur zu Sport und Spiel: eine kommentierte Bibliographie (1995)
di Rolf Gessmann, che accoglie anche la bibliografia relativa alle sole opere a tema sportivo e
ludico per ragazzi edite tra il 1800 ed il 1994. Nel 1986 ha visto la luce Sport und Literatur di
Nanda Fischer, seguito da Sport, Literatur und Theater di Edith Hall (1998). Ma interessante anche
il volume che accoglie gli atti del Convegno tenutosi a Berlino nel maggio 1998 dal titolo
ffentlicher Sport: die Darstellung des Sports in Kunst, Medien und Literatur (1999); altrettanto
esaustivi sono i volumi curati rispettivamente da Mario Leis, Sport in der Literatur: Einblicke in
das 20. Jahrhundert (2000) e da Jrgen Court, Was ist Sport?: Sportarten in der Literatur (2001).

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