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Andrea Pinotti
Piccola storia
della lontananza
Walter Benjamin
storico della percezione
Indice
Premessa
Sigle utilizzate
13
17
27
J7
49
59
5. Culto ed esposizione
87
6. Tecnica e preistoria
101
7. Tecnica e mimesi
121
137
ISBN 88-7043-096-0
1999 Raffaello Conina Editore
149
161
173
179
Premessa
lO
PREMESSA
PREMESSA
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12
PREMESSA
pio, comprendente cio la materialit del corpo proprio, nella sua concretissima relazione estesica con il
mondo, articolata secondo le categorie fondamentali
del vicino e del lontano, del tattile e dell'ottico: veri e
propri a priori corporei, trascendentali materiali dell' esperienza tout court.
Sigle utilizzate
Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit- Erste Fassung, redatta fra il settembre e l'ottobre del
1935 (in GS I-2, 431-469; note dei curatori in GS I-2, 9821063).
II
Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit- Zweite Fassung, redatta fra la fine dell935 e i primi di
febbraio dell936 (in GS VII-l, 350-384; note dei curatori in
GS VII-2, 661-690). Si veda la t r. it. di D. Maierna di due brani
(GS VII-l, 381, 369 e nota) con il titolo redazionale LA ricev'one distratta, e commento di F. Desideri, La verit mimetica, in
"Linea d'ombra", 131, marzo 1998, pp. 30-33.
Fr.
L:ceuvre d'art /'poque de sa reprodudion mcanise,:tr. francese di P. Klossowski, elaborata in collaborazione con lo stesso
Benjamin tra il gennaio e l'aprile dell936; pubblicata nella
"Zeitschrift fiir Sozialforschung", 5, 1936, pp. 40-66 (in GS I2, 709-739; note dei curatori in GS I-2, 982-1063, spec. 10061020). Questa versione fu l'unica edita quando Benjamin era
Ringraziamenti
Al professor Gabride Scaramuzza devo il generoso incoraggiamento a intraprendere questo lavoro. Agli amici Maddalena Mazzocut-Mis, Mauro Carbone, Markus Ophiilders i preziosi suggerimenti che lo hanno migliorato. Al professor Elio Frarizini il consiglio di dubitare della tesi che lo sottende.
ancora in vita.
III
Das Kunstwerk im Zealter seiner technischen Reproduzierbarkeit- Dritte Fassung, redatta fra la primavera dell936 e il
1939 (in GS I-2, 471-508; note dei curatori in GS I-2, 982-
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SIGLE UTILIZZATE
SIGLE UTILIZZATE
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IB
Br
TU W. Benjamin G. Scholem, Teologia e utopia. Carteggio 19331940, a c. di G. Scholem, t r. it. di A. M. Mari etti, Einaudi, Torino 1987.
l
"UN BREVE SCRITTO PROGRAMMATICO"
Il saggio r.:opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilit tecnica appare per la prima volta- nella versione
francese tradotta da Pierre Klossowski con il titolo
r.:ceuvre d'art l' poque de sa reproduction mcanisenel maggio del 1936 sulla rivista "Zeitschrift fiir Sozialforschung", organo dell'Istituto per le Scienze Sociali di Francoforte diretto dal 1931 da Ma x Horkheimer. La rivista era stata fondata nell932 e, in seguito
alla chiusura dell'Istituto detenninata dall'ascesa al potere dei nazisti nel 193 3, continuava ad essere pubblicata dall'esilio negli Stati Uniti, a New York; esisteva
per anche una sede parigina, con la quale Benjamin
collaborava.
Fino all97 4 -data di pubblicazione di GS I- si conoscevano soltanto due redazioni tedesche dyl saggio
sull'opera d'arte: una precedente e una succe:Ssiva alla
versione francese. Ma le notevoli modificazioni della F r.
rispetto alla I inducevano i curatori a sospettare che tra
il manoscritto della prima redazione e la traduzione
francese esistesse un'citeriore redazione dattiloscritta,
risttata dalle prime discussioni di Benjamin con
Horkheimer e posta alla base del lavoro di traduzione,
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che avrebbe apportato ulteriori cambiamenti: tale dattiloscritto era ritenuto in trova bile o perduto. Esso venne
poi fortunatamente ritrovato, nella forma di un dattiloscritto misto, che comprende anche riformulazioni e aggiurte di note (cfr. GS VII-2, 662), tra le carte dell'archivio Horkheimer alla Frankfurter Stadt- und Universitiitsbibliothek e pubblicato in GS VII-l. " il lavoroscrivono i curatori- nella versione che Benjamin voleva
vedere pubblicata per la prima volta" (GS VII-2, 661),
quel lavoro da lui chiamato Urtext.
dunque a questa seconda redazione che fanno riferimento la lettera di Benjamin ad Adorno del
7.2.1936 (A-B, 163-64), riguardante un primo dattiloscritto caratterizzato come il lavoro "finito, per cos dire, per la prima volta", e sottoposto a rielaborazioni e
aggiunte di note quali risultarono dalle conversazioni
avute con Horkheimer a Parigi "nel modo pi fecondo
e nell'atmosfera pi amichevole" 1, proprio prendendo
le mosse da alcuni spunti forniti alla discussione dallo
stesso Adorno.
Questi ricevette, come si pu evincere dalla lettera
accompagnatoria di Benjamin del27.2.1936, un esemplare dattiloscritto della seconda versione in tedesco
che riportava ancora i segni del lavoro di traduzione
condotto in collaborazione con KlossowskF ("La p rel. In tali conversazioni Horkheimer aveva anche manifestato l'intenzione di contribuire al miglioramento delle condizioni materiali di Benjamin.
In una lettera ad Adorno del 26.01.1936, Horkheimer scrive: Avevamo
parlato [sci!. a proposito dd saggio sull'opera d'arte] di 1000 franchi- in
delicato da parte mia ricordarLe questa cifra? Dal momento che egli [scii.
Benjamin] non pu guadagnare nulla di pi, anche facendo il pi possibile
economia, con meno a Parigi non ce la pu fare'" (cit. in A-B, 165 n.).
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evitando ogni riferimento diretto con la politica. Queste annotazioni, che non si riferiscono quasi mai a materiale storico, non sono molto ampie. Hanno unicamente un carattere di principio. Le vedrei benissimo
nella rivista. Naturalmente mi farebbe molto piacere
che fosse proprio Lei a pubblicare questo prodotto del
mio lavoro. Non intendo comunque farlo pubblicare
senza aver prima sentito il Suo parere in proposito" (L,
311-12).
Come mostra questa lettera, il lavoro al saggio sull'opera d'arte deve essere contestualizzato nell'ambito
delle vaste ricerche storiche che Benjamin andava conducendo sui passages parigini, di cui quel saggio doveva
costituire una sorta di nucleo teorico, in particolare di
teoria materialistica dell'arte, e di teoria immanente all'arte stessa ("dall'interno, evitando ogni riferimento
diretto con la politica"). Il tono di Benjamin piuttosto
apocalittico e l'accento temporale posto sul presente,
laddove l'indagine sui passages appare una ricostruzione storica del passato prossimo, l'arte ottocentesca. Il
saggio avrebbe dunque il compito di esporre con chiarezza qualcosa che altrimenti rimarrebbe nascosto o
implicito nell'opera maggiore.
Benjamin accenna al saggio anche in una lettera indirizzata a Scholem il23 ottobre 1935, sempre da Parigi: "Negli ultimi tempi questo [scil. il mio vero lavoro]
ha ricevuto un impulso decisivo da alcune concl,usioni
fondamentali [grundlegende Feststellungen] a cui sono
giunto nell'ambito della teoria dell'arte. Insieme allo
schema storico [historischen Schematismus] che ho svi
luppato circa quattro mesi fa, esse- come linee di fondo sistematiche [systematische Grundlinien]- costituiranno una sorta di reticolo [ Gradnetz] che dovr essere
arricchito di tutti i particolari. Queste riflessioni anco-
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dedicarmi all'altro lato della bilancia. Poich ogniconoscenza storica si pu rappresentare nell'immagine di
una bilancia in equilibrio, della quale un piatto caricato con il passato, e l'altro con la conoscenza del presente. Mentre sul primo piatto i fatti non potrebbero
mai venire raccolti in modo abbastanza modesto e abbastanza numeroso, sul secondo piatto possono stare
solo pochi pesi massicci. Sono questi pesi che mi sono
procurato negli ultimi due mesi attraverso delle riflessioni sulle condizioni di vita dell'arte [nel] presente.
Cos facendo, sono giunto a formulazioni straordinarie
e derivanti da concezioni e concetti del tutto nuovi. E
posso ora affermare, che la teoria materialistica dell'arte, di cui si era sentito molto parlare, ma che nessuno
aveva ancora visto con i propri occhi, adesso esiste"
(GS VI, 814; cfr. GS VII-2, 665).
Lo ribadisce una lettera a Kraft del 27 dicembre
193 5, in cui si annuncia la conclusione del saggio:
"Infine vorrei aggiungere che ho concluso un lavoro
programmatico sulla teoria dell'arte. Si intitola L'ope-
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na
to molti lettori. Essa sta davanti allibro come l'angelo con la spada fiammeggiante del concetto all'ingresso del paradiso della scrittura" {G. Scholem,
"Walter Benjamin" [1965], in Walter Benjamin e il ruo angelo, tr. it. di M. T.
Mandalari, Addphi, Milano 1978, p. 90}. Rispetto al mutamento di stile OC
corso dai primi scritti, caratterizzati da un rimuginare sull'incomunicabile,
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ne teorica ad un'indagine storica: ma al ruolo di tale introduzione sembrano aspirare due scritti. Come intendere il loro rapporto? Non certo, a quanto sembra, nel
senso di una sostituzione nel ruolo eli premessa metodologica del saggio sull'opera d'arte, ormai "datato",
da parte delle pi tarde Tesi. Benjamin torn infatti
sempre di nuovo a modificare, integrare, ritoccare il
saggio sull'opera d'arte, intendendolo, pi che come
un testo compiuto e concluso, come un vero e proprio
"work in progress" (cfr. GS I, 1035). In una lettera del
12.3 .3 8 a Karl Thieme egli scriveva eli aver trovato- o
cos almeno credeva- "una fondazione ricca eli conseguenze del concetto eli aura". E ancora tra il gennaio e
il febbraio del1940 (Benjamin, lo ricordiamo, si sarebbe tolto la vita nella notte fra il26 e il27 settembre dello stesso anno) andava raccogliendo citazioni e note
"Zum 'Kunstwerk im Zeitalter"' (cfr. Epilegomena: GS
VII-2, 67 3).
Verrebbe da pensare piuttosto al rapporto tra una
teoria della spazialit e una teoria della temporalit come indagini sulle condizioni di possibilit dell' esperienza della modernit, la cui "protostoria" sarebbe
stata tentata nel Passagenwerk. Se il saggio sull'opera
d'arte incentrato sull'analisi eli categorie spaziali come la distanza e la lontananza, e sulle prassi tatti!i e ottiche eli apprensione spaziale, le tesi sul concetto eli stoi
agli ultimi, ispirati da una "volont di trovare un accomodamento fra il suo
tipo di esperienza spirituale e una comunicazione pi vasta", Adorno indica
come esemplare dei primi Il compito del traduttore, dei secondi il saggio sull'Opera d'arte, che" descrive non soltanto i nessi storico-filosofici che dissolvono quell'demente [scii. non comunicativo], ma contiene segretamente
anche u,n programma per la stessa attivit letteraria di Bcnjarnin, cui poi cercano di obbedire il saggio Su alcuni motivi di Baudelaire e le tesi Sul conce/lo
di storia" ("Introduzione agli scritti di Benjamin" [1955), in Note per la /et
tera tura 1961-1968, tr. it. di E. De Angdis, Einaudi,1rino 1979, p. 254}.
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2
"UNA SORTA DI UBIQUIT"
Gi nell' esergo 1 al saggio veniamo introdotti immediatamente nel cuore della questione della storicit della percezione. In una lunga citazione da La conquete de
l'ubiquit- di Paul Valry, breve scritto del1928 in cui
l'autore si sofferma sulle profonde trasformazioni che
le innovazioni tecniche hanno prodotto nel concetto di
bello e di Arte, leggiamo tra l'altro che "n la materia
n lo spazio, n il tempo non sono pi da vent'anru in
qua, ci che erano da sempre". Tale trasformazione investe l'arte nella misura in cui "in tutte le arti si d una
parte fisica che non pu pi venir considerata e trattata
come un tempo, e che non pu pi verur sottratta agli
interventi della conoscenza e della potenza moderne"
(III, 18). Si accenna cos- anche se fugacemente- al
i
l. Nella Fr. manca; nella I e Il l'esergo costituito dalla citazione di Madame de Duras, "Le vrai est ce qu'il peut; le faux est ce qu'il veut (Il vero
quel che pu, il falso quel che vuole).
2. Pubblicato in De la musique avo n/ lou/e chore, ditions du Tambourinaire, Paris 1928; ripreso in tutte le edizioni di Pices sur l'art; cfc. "'La conquista ddl'ubiquit ",in P. Valry, Senili sull'arte, te. it. di V. Lamarque, postfazione di E. Pontiggia, Tea, Milano 1984, pp. 107109 (la citazione di
Benjamin si trova alla p. 107). Nel1936, a Parigi, Benjann aveva regalato
ad Adorno la terza edizione di Pices sur l'ari, apparsa proprio in quell'anno. A durevole ricordo dd giorni parigini dell'ottobre 1936" la dedica
che Benjamin appose al volume (cfr. AB, 200, n.d.C.).
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punto di ntersezione tra l'estetica come filosofia dell'arte e l'estetica come teoria della sensibilit: la "parte
fisiCa" presente in ogni arte appw1to quell'elemento
che si offre alla percezione sensibile e che si correla alle
modifibzioni della sensibilit.
Come risulter evidente dalla trattazione dello sviluppo dei rapporti percettivi tra uomo e mondo che
Benjamin condurr nei paragrafi successivi, il punto
cruciale qui appunto la questione della storicit dell'estetica, cio delle condizioni di possibilit dell'esperienza sensibile (materia, spazio, tempo), che non sarebbe plausibile porre come universali, cio sempre
uguali a se stesse in ogni tempo e in ogni luogo. Tale
storicit, come vedremo, verr per pensata da Benjamin in modo molto pi ampio rispetto a Valry, che si
limita in questo passo a considerare solo le trasformazioni degli ultimi vent'anni (cio dei primi due decenni
del Novecento), rispetto ai quali il "prima" visto come un blocco compatto e uguale a se stesso.
nella Premessa che Benjamin tenta di fondare dal
punto di vista del materialismo marxista il proprio metodo di indagine di tali trasformazioni storiche, operando una di quelle che Adorno chiamava "iniezioni
materialistiche" nel suo pensierol e che come tale dovette apparire a Horkheimer (vuoi per motivi di opportunit politica, vuoi per motivi interni al saggio) un
"corpo estraneo" 4 da eliminare nella versione francese,
3. Note per la letteratura, cit., p. 254. Adorno ricorda come Benjamin
abbia parlato occasionalmente del 'veleno materialistico' che era costretto
a mescolare al suo pensiero affinch sopravvivesse" (''Profilo di Wa.lter
Benjamin" [1950), in Prismi. Saggi sulla critica della cultura, te. it. di C. Mainoldi, Einaudi, 'l,'orino 1972, p. 240).
4. P. Pullega, Nota 1991, in OA, 175-76; Pullega ricorda la polemica
contro l'atteggiam~to prudente e in qualche misura cxnsorio di Horkhei
rner condotta da Ros:emarie Heise (t r. it. in "Carte segrete" ,.9, 1969, pp. 2337).
nel complesso molto pi moderata rispetto al testo tedesco per quel che riguarda i riferimenti politici e ideologici.
La premessa riguarda una questione centrale del
pensiero mandano, quella dei rapporti tra struttura
[Struktur] e sovrastruttura [Uberbau], cio dei rapporti tra le forze produttive (i mezzi della produzione e le
tecnologie e i sa peri che la rendono possibile) e le manifestazioni teoriche, ideologiche e culturali che vi corrispondono. Benjamin- che nel testo tedesco impiega i
termini Unterbau e Uberbau 5 -vuole prendere in considerazione le "tendenze dello sviluppo dell'arte nelle attuali condizioni di produzione".
n problema della relazione struttura-sovrastruttura
non certo inteso da Benjamin in senso deterministico
e causalistico (lettura contro cui del resto gi Marx aveva dovuto mettere in guardia), quanto piuttosto in senso espressivo: molto esplicito a questo proposito un
appunto del Passagenwerk, espressamente dedicato alla "teoria della sovrastruttura ideologica": "Se la strut5. Nella seconda Lettera da Parigi, del19}6, e, in modo leggermente pi
esplicito, nella recensione al libro di Gisle Freund, LA photographie en
Fra~ce au dixneuvime sicle. Essai de sociologie et d'esthtique, del1938,
BenJamin cos affronta la questione del rapporto fra opera e societ: scrive
l'aut~ce [scii. la Freund]: 'Quanto pi grande il genio dell'artista, tanto
meglio la sua opera riflette- e proprio in forza ddl'originalit della sua forma -le tendenze della societ a lui contemporanea' {p. 4). Ci che in questa
frase appare problematico non il tentativo di determinare la portata di ud
lavoro in rapporto alla struttura sociale dell'epoca in cui sorto problema-
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XIX secolo)".
~J' r_- -
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l'estetica occidentale, che Benjamin non esita a concepire in continuit con una teoria fascista dell'arte, e a
contrapporre a quei concetti che nel suo saggio "vengono introdotti per la prima volta nella toii.iiddl'~i:te"
e. che "~ono ~tilizzabili per la formulazione di esigenze
nvoluzwnane nella politica artistica" (III, 20; tr. mod.).
Sconcerta forse che il primo di tali concetti inediti a
venre introdotto nel primo paragrafo sia quello di "riproduzione" [Reproduktion, Nachbildung], dal momento che - come si evince dalla rapida ricognizione
o~ferta qui da Benjarnin- esso da sempre consustanztal~ all'opera d'arte stessa: "In linea di principio, l'opera d arte sempre stata riproducibile [reproduzierbar].
Una cosa fatta dagli uomini ha sempre potuto essere ri-
~atta da uon:in" (III, 20); ad esempio dagli allievi per
unparare dat maestri, da questi per diffondere le loro.
creazioni sul mercato, da terzi interessati al guadagno.
. Ma a qu~ta riproduzione [Nachbtldung], che . uri .
rifare e un npetere con la mano ci che la stessa o t.in;al-
tra mano ha fatto [bilden nach =formare secondo: .. ] ..
. Benjarnin contrappone la technische Reproduktion co-
me qualcosa di "nuovo, che si afferma nella storia a in- .
termittenza,
a ondate spesso lontane l'una dall'altra ,. e
.
.
tuttaVIa con una crescente intensit". importante os
s~rvare come la modalit tecnca di riproduzione non .
sta da Benjarnin limitata all'et moderna, ma sia considerata .~a modalit che si affacciata anche in un p~
sato ptu remoto sulla scena della "storia mondiale"
[weltgeschichtlich], e cio in modo i.ntermittente ma
crescente.
A questo proposito le redazion divergono: la I, la II
e la Fr. prendono le mosse dalla xilografia, dall'incisione ?~ '!is.egno su. un bloc~o di legno come prirr{a m o-.
dali ta, di nprodl.IZIOne.temca della grafica. La III r:i.sale
32
33
34
1:
8. "In Film ali Kunst, pubblicato per_la ~rima volta in G~n;ania _nd
1932, Amheim svilupp una teoria della ncezJOne del film._ Qum . anru, o
piuttosto decenni, prima che la cosiddetta Reuptwnsasth~tlk :u~~ mven~a
la ricezione dd
E non fu certo per caso che le rinnovate edu:oru.~h Ftl'!'
fiim.
dJ
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d'arte massimamente perfettibile", constando di una
serie di immagini in successione sulle quali chi opera il
montaggio ha in ogni momento la possibilit di intervenire- Chaplin, ricorda Benjamin, per il suo J}optione
pubblica (1919) ha girato 125.000 metri di pellicola, per
conservarne solo 3.000. "E questa sua perfettibilit dipende dalla sua radicale rinuncia al valore di eternit.
Ci risulta dalla controprova: per i Greci, la cui arte era
assegnata alla produzione di valori di eternit, al vertice
delle arti stava quella meno perfettibile di tutte, e cio
la scultura, le cui creazioni sono letteralmente tutte
d'un pezzo [aus einem Stiick, contrapposto al film finito, che aus einem Wurf, di getto]. La decadenza della
scultura nell'epoca dell'opera d'arte monta bile inevitabile"(!, 446-47; II, 361-62; Fr., 719).
3
UNA LONTANANZA, PER QUANTO VICINA
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pera dalla sua sede originale (Benjamin nella III aggiunge in nota che ovviamente la storia di un'opera abbraccia altre questioni, ad esempio per la Monna Lisa,
qu;mte riproduzioni ne sono state offerte nel corso dei
secoli: III, 48, n. 2).
La storia di entrambi questi tipi di mutamento (descrivibile mediante esami chimico-fisici nel caso della
modificazione indotta nell'opera dal passare del tempo, mediante l'identificazione di una tradizione nel caso dei passaggi di propriet) non pu evidentemente
essere ricostruita prendendo a oggetto una riproduzione dell'opera stessa, ma solo ed esclusivamente l'opera
in carne ed ossa, l'originale [Origina!].
Ora Benjamin introduce due ulteriori elementi caratterizzanti ci che si sottrae alla riproducibilit, e
quindi l'esser-opera proprio dell'opera: l'autenticit
[Echtheit] e l'autorit [Autoritat]. Vediamo il primo
punto: "J; hic et nunc dell'originale costituisce il concetto della sua autenticit.[ ... ) J;intero ambito dell'autenticit si sottrae alla riproducibilit tecnica- e naturalmente non a quella tecnica soltanto", ma anche alla
riproducibilit manuale: in questo secondo caso, una
copia di un allievo o di un imitatore falsa rispetto all'originale autentico, come falsa una riproduzione
tecnica di un quadro come stampa o cartolina illustrata. Nel caso della riproduzione tecnica - aggiunge
Benjamin in una nota della III, particolarmente significativa se si pensa agli sviluppi novecenteschi della iterazione dell'immagine, ad esempio nella pop art, nella ripetitivit in un Warhol- il concetto stesso di autenticit ad essere colpito alle radici. Si prenda infatti la xilogralia: che cosa propriamente "originale" qui -la
matrice, la prima stampa, i primi dieci, cento esemplari
numerati? Si viene a creare una "differenziazione e una
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~r~~~azione .[?zfferenz:erung zmd Stufung] dell'autentlctta .e addlrlttura - CI che ancor pi pregnante nasce il concetto stesso di autentico, che semanticamente si determina solo a partire dalla correlazione con
il proprio concetto-cerniera, il concetto di copia o di
falso: "Un'effigie Wild] medievale della Madonna, al
momento in cui veniva dipinta, non era ancora autentt~
ca; diventa autentica nel corso dei secoli successivi e nel
modo pi pieno, forse, nel secolo scorso" (III, 49, n. 3 ).
t:f.a - e qui Benjamin introduce un primo aspetto
~oslttvo della riproducibilit tecnica, fin qui in ombra
nspetto alla predominante connotazione negativa di
distruzione dell'hic et nunc- la riproduzione tecnica
"pu, per esempio mediante la fotografia, rilevare
aspetti dell'originale che sono accessibili soltanto all'obiettivo, che spostabile e in grado di scegliere a piacimento il suo punto di vista, ma non all'occhio umano,
oppure, con l'aiuto di certi procedimenti, come l'ingrandimento o la ripresa al rallentatore, pu cogliere
immagini che si sottraggono interamente all'ottica naturale [natiirliche Optik] ". Questa funzione, che potremmo chiamare protesica, della tecnica amplia le
possibilit percettive dell'uomo, permettendogli di cogliere qualcosa dell'originale che la sua sola "ottica naturale" non gli consentirebbe, espandendo quindi l'esperienza dell'originalit e dell'autenticit stesse.
In secondo luogo, la tecnica permette di perfezi.onare progressivamente quella valryana "conquista dell'ubiquit" (la redazione francese non a caso recita a
differenza di quelle tedesche: "La reproduction m~a
nise assure l'originall'ubiquit dont il est naturellement priv": Fr., 711, c.vo mio) che avvicina il fruitore
all'opera, sia questa sonora (nel disco) sia questa visiva
(nella fotografia): "La cattedrale abbandona la sua ubi-
fm
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della storia. La Rivoluzione francese pretendeva di essere una Roma ritornata. Essa citava l'antica Roma
esattamente come la moda cita un abito d'altri tempi"
(CS, 45-47). Come si evince nella Tesi XVII -che in
modo molto significativo per il nostro discorso connette esplicitamente la storia alla storia della cultura (e
quindi anche dell'arte) -, questa citabilit2 permette al
materialista storico di "far saltar fuori una certa epoca
dal corso omogeneo della storia; cos fa saltar fuori una
certa vita dalla sua epoca, una certa opera dal corpus
delle opere di un autore. Il profitto del suo procedere
consiste nel fatto che in un'opera custodita e conservata tutta l'opera, nell'opera intera l'epoca e nell'epoca
l'intero corso della storia" (es, 53 )l.
Ecco ravvisato proprio nell'aspetto pi distruttivodella riproduzione tecnica dell'opera tradizionale da
un lato, e del linguaggio autonomo proprio della tecnica, il cinema, dall'altro- il momento pi positivo, pi
rivoluzionario e liberato rio: la liquidazione della tradizione, cio della storia; il che, nota Benjamin, tanto
2. Si veda altres "Che cos' il teatro epico?" [1939), in OA, 12535, in
particolare il paragrafo dedic_ato al ges~o citaf;ile, in cui l'tnterruzton~ dc:ila
rappresentazione nel teatro d1 Brecht vtenc;: nco!"'dotta al?punto alla clt,aziO
ne come a un "procedimento che travahca d~ molto il s<:ttore .d~ arte.
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pi evidente proprio nei grandi film storici: Cleopatra,
Ben Hur, Federico il Grande e Napoleone (come esemplifica la sola I, 439). Ed proprio uno dci primi teorici
del cinema, Abel Gance, a invitare inconsapevolmente
"a una liquidazione generale" 4 della tradizione quando
preconizza "una resurrezione nel film" di leggende, mitologie, religioni, letterature del passato.
La positivit della distruzione nei confronti della
tradizione era gi stata al centro di un breve e denso
scritto dell931, dedicato da Benjamin appunto al Carattere distruttivo: qui Benjamin non contrassegna il carattere distruttivo come semplicemente negato re della
tradizione, bens piuttosto come un suo differente veicolo: "Il carattere distruttivo sta nel fronte dei tradizionalisti. Mentre alcuni tramandano le cose rendendole
intangibili e conservandole, altri tramandano le situazioni rendendole maneggevoli e liquidandole. Questi
vengono chiamati i 'distruttivi"' 5 Come evidente, lo
schema corporeo della tattilit corrisponde all'atteggiamento distruttivo nei confronti di una tradizione
sottratta alla sua intangibile lontananza e resa maneggevole, cio in fondo citabile, disponibile ad esseremobilitata e attualizzata- e quindi liquidata in quanto tradizione.
A questa stessa maneggevolczza e mobilit Bcnjamin pensava quando, esaltando in Esperienza e povert
!
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ticipata nel paragrafo precedente con la descrizione del
venir-incontro [entgegenkommen] dell'opera al fruitore sotto forma di opera riprodotta dalla tecnica. essenziale al fenomeno dell'aura che ad apparire sia un
che di unico, che deve manifestarsi, anche se vicino,
come se fosse distante. Cos esemplifica Benjamin una
situazione auratica concernente oggetti naturali: "Seguire, in un pomeriggio d'estate, una catena di monti all'orizzonte oppure un ramo che getta la sua ombra sopra colui che si riposa- ci significa respirare [atmen]
l'aura di quelle montagne, di quel ramo" III, 25) 8
Se unicit e lontananza sono i due momenti costitutivi dell'esperienza auratica9 , quel che si definisce con
"decadenza dell'aura" [Verfall der Aura] consiste appunto nel venir meno di questi due momenti, prodotto
secondo Benjamin da un condizionamento sociale preciso: la crescente intensit dei movimenti di massa (la
Fr., 713, aggiunge a questa determinazione quantitativa anche una specificazione qualitativa: "la prise de
consdence accentue des masses"). infatti una duplice tendenza propria delle masse odierne quella di voler
UNA LONTANANZA. PER QUANTO VICINA
10. interessante a questo proposito la distinzione- operata da_Benjamin in alcune comunicazioni sull'cssen1..a dell'aura durante un esperunento
con l'hascisch ai primi di marzo dd 1930- tra il proprio,concc;to di au.r~a come :rodero" e la ~oncezi<?ne volgar_me~ltc _t~~ofca de~ aura: _Tutto c!? che
disst era in polemica con 1 teosof dt cui mtirntavano lmespenenza e ligno:
ranza. E - anche se certo schematicamente - contrapposi sotto tre aspet!l
l'aura reale alle rappresentazioni banali c convenzionali dei teos~fi. In pnmo luogo la vera aura si manifesta in tutte le cose. Non soltanto 1~ alcune,
come immagina la gente. In secondo luogo l'aura muta, e muta radicalmente, con ogni movimento della cosa di cui !:aura. In terz~ luogo 1~ vera at;r.a
non pu in alcun caso essere pensata come il leccato fascmo ra~.tan_tc ~p~~:
tualistico, secondo l'immagine e la descrizione che n~ danno t hbn mtsttct
volgari.
momento distintivo della vera aura piUttosto l'ornamento,
un'incamiciatura ornamentale nella quale la cosa o l'essenza calata come
in un fodero. Ddl'aura vera nulla ci d un'idea pi giusta dci tardi quadri di
47
t rassegno [Stgnatur] di una percezione la cui "sensibtlit
per ci che nel mondo dello stesso genere" 11 cresciuta
a un punto tale che essa, mediante la riproduzione, conquista anche ci che unico" (III, 25; tr.mod.).
Benjamin conclude il paragrafo osservando come
l'importanza delle masse si dia a vedere tanto nella sfera intuiti va [anschaulich], potremmo dire percettiva,
quanto nella sfera teorica sotto forma di statistica. Ma
la chiusa rimette in discussione quell'iniezione materialistica e deterministica di cui si diceva sopra: "L'adeguazione della realt alle masse e delle masse alla realt
un processo di portata illin1itata sia per il pensiero sia
per l'intuizione" (III, 25). Questa affermazione, a ben
vedere, non infatti pi perfettamente compatibile con
la concezione secondo cui i movimenti di massa sono la
causa che determina la modificazione della percezione
e quindi dell'immagine della realt: qui Benjamin sembra non avere in mente un modello univoco (dalle masse all'immagine della realt), ma piuttosto un modello
biunivoco o correlativo.
UNA LONTANANZA, PER QUANTO VICINA
van Gogh, ove tutte le cose- cos si potrebbero descrivere questi quadrisono rappresentate con la loro aura" {H, 88).
11. smn fiir das Gleichartige in der Welt", dtazione che solo la I, 440,
rimanda allo scrittore danese J ohannes V. J ensen ( 187 3-1950 ). Si veda il Ver.
baie di <>perimenlo con l'haJCisch dd 29 settembre 1928 a Marsiglia: Per
fortuna sul mio giornale trovo la frase: 'Con il cucchiaio si deve attingere l'uguale dalla realt'. Diverse settimane prima ne avevo annotata un'altra di
Johannes V.Jensen, che apparentemente esprime un concetto analogo: 'Richard era un giovane sensibile a tutto ci che vi di affme nd mondo':Questa frase mi era piaciuta molto" (H, 83; OC, 169; nd settembre dd 1928
Benjamin lesse le Exotisch< Novellen di Jensen: cfr. OC, 616). Si veda a tal
proposito}. Sdz, un'esperienza di Walter Benjamin" (1959]: n senti
mento deli'identit preoccupava molto Benjamin. [ ... ] Il termine iJentit
era d'altronde ben lungi dal soddisfa rio per designare, in certi casi, lo stato
di due cose simili, e per parlare dd fenomeno egli aveva inventato una parola francese, la parola mm1i. Sotto l'influsso ddl'hasdsch questa impressione che due cos~ diverse siano un'unica cosa era legata a una sensazione di felicit che egli gustava con cura delicata. Egli aveva annotato nd suo diario:
"Con il cucchiaio si deve attingere l'uguale dalla realt'" (H, 140-41).
51
52
to. Questo gesto estraneo a Proust pi che a ogni altro. E neanche egli pu
toccare il suo lettore, non lo potrebbe per nulla al mondo. Se si volesse rac
53
talmente in concetti che ne implicano la teoria: 'Certi
amanti del mistero vogliono credere che rimanga qualcosa, negli oggetti, degli sguardi che li hanno toccati'.
(E cio la capacit di ricambiarli)". Anche Valry offre
a Benjamin un pensiero che si muove in questa direzione: "Le cose che vedo mi vedono come io le vedo"
(AN, 124-25).
Rispetto alla possibilit di dotare una cosa della capacit di guardare, Benjamin precisa in nota: "Questa
dotazione una scaturigine della poesia. Quando l'uomo, l' aninlale o un oggetto inaninlato, dotato di questa
capacit dal poeta, alza gli occhi e lo sguardo, egli attratto lontano; lo sguardo della natura risvegliata sogna
e trascina nel suo sogno il poeta. Anche le parole possono avere la loro aura. Come l'ha descritta Karl Kraus:
'Quanto pi davvicino si guarda una parola, e tanto pi
lontano essa guarda"' (AN, 124-25, n. 3 ).
Qui Benjamin sembra fare ricorso, nel definire il
processo di costituzione dell'aura, a un classico procedimento dell' Einfiihlung o empatia1: la correlazione
cogliere la poesia intorno a questi due poli -la poesia che indica e qudla che
tocca-, il centro della prima sarebbe occupato dall'opera di Proust, qudlo
della seconda da Pguy" (A,R 38). h significativo che Benjamin abbia rac
colto un piccolo indice di luoghi proustiani utilizza bili in riferimento al saggio sull'opera d'arte ("ProuJistellen zum Kunstwerk im Zeitalttr": GS VII-2,
679): sono soprattutto esperienze delle nuove tecnologie, concernenti tra
l'altro il modo differente in cui l'automobile e il trenO si impossessano dd
terreno (All'ombra del/t fanciulle in fiore), la modificazione ddl'arte'-'attraver.;o la velocit (episodio automobilistico con Albertine in Sodoma t Gomorra), nonch l'auraticit della stazione ferroviaria (Sodoma e Gomorra) e
la magia dd telefono (GuermanleJ).
. 5. Commenta Habermas a proposito di questo passo: "'ll fenomeno au.
rat1co pu verificarsi solo nel rapporto intersoggettivo dell'io con il suo al
tro, con l'alter ego. Dove alla natura viene 'prestato' qualcosa per cui essa
spalanca gli occhi, l'oggetto si trasforma nell'altro che ci sta di fronte. L'animazione universale della natura~ il segno delle immaglni magiche dd mon~o, dove f!On _ ancora avvenuta la separazione fra la sfera di d che~ ogget
ttvato e d1 cui disponiamo in senso manipolativo, e l'ambito dell'intersoggettivo, dove ci incontriamo comunicando" (Cultura e critica, cit., p. 253).
54
55
BenJa~l~, di u_no sfrenat.o ~bbandono all'oggetto ... Adorno scrive: Facendosi il pensiero per cos1 due troppo dappresso alla cosa, questa diviene
56
Questa adozione del tutto problema ti ca di un implicito modello idraulico nell'empatia tra soggetto e oggetto, quale viene posta da Benjamin alla base della costituzione dell'aura come "capacit di guardare", diviene ancor pi problematica se si tiene conto della costante polemica che anim gli scritti benjaminiani nei
confronti dell'empatia tra soggetto e soggetto. Ricordiamo ad esempio, per quel che riguarda il procedimento empatico connesso alla critica d'arte, l'esclusione dell' Einfuhlung dalla "vera intuizione del bello":
questa "non si dischiuder mai alla cosiddetta "immedesimazione", e solo imperfettamente alla pi pura
contemplazione dell'ingenuo" (Le Affinit elettive
[1924-25], in AN, 2369). Ancora in Storia della letteratura e scienza della letteratura [1931], l'Einfuhlung viene annoverata fra le sette teste dell'"idra dell'estetica
scolastica": "Creativit, empatia, emancipazione dal
tempo, ricreazione, partecipazione all'esperienza interiore altrui, illusione c godimento estetico" (AR, 137).
Questo rifiuto dell'empatia nel metodo della critica
d'arte si connette all'esclusione del procedimento empatico tanto nella produzione quanto nella ricezione
dell'opera: questo un importante punto di concor10
danza con la drammaturgia non-aristotelica di Breestranea come qualunque oggetto della vita quotidiana visto~ micro~copio.
[ ... ] cambiato il modo di guardare, l'intera ottica. La tecmca ~.ell'mg_ran
dimento fa muovere l'irrigidito e fermare d che mosso.[ ... ] Lmtenz.tone
soggettiva viene ra.pprese!ltatil come dissolve~~esi nell'ogget_to. [... ] nPC?
siero incalza la cosa, quast volesse trasformarsttn ,un tastar;.~ ~n fiutare, m
un gustare. [ ... ] La riduzione della distanza dall ogge_tto ts~Itw~c.e nd ~an
tempo il rapporto con una prassi possibile, che in segutto gmdcra il penstero
di Benjamin" (Pnsmi, ci t., pp. 245-46).
.
9. Si veda, ndlo stesso saggio, la critica del Goethe dt Gundolf: .Invece
di ftltrare, da un'idea come qudla di destino, il contenuto vero medtante la
conoscenza, questo contenuto rovinato dal sentimentalismo che- col suo
fiuto- 's'immedesima' in essa" (AN, 203 ).
10. Il teatro brechtiano "si qualificava come teatro epico, e come tale si
contrapponeva a qudlo drammatico nel senso pi stretto, la eu~ teo~a ~ra
stata formulata per la prima volta da Aristotele. Brecht presento qumdt la
57
cht, l dove- come osserva lo stesso Benjamin, la peculiarit del suo teatro epico consiste nel fatto che "non si
fa quasi appello alla facolt di immedesimazione dello
spettatore", e "anche l'attore deve rinunciare all'immedesimazione" (OA, 130-31) 11
Ma non solo nell'ambito della teoria dell'arte e della sua storia 12 che Benjamin scaglia i suoi strali contro
l' Einfuhlung. Citiamo, introdotta da un esergo proprio
brechtiano, la VII Tesi Sul concetto di storia, in cui il
"Verfahren der Einfiihlung", il "procedimento di immedesimazione emotiva", caratterizzato come la cifra
BXCURJUJ, AURA ED EMPATIA
sua teoria come 'non aristotelica'- come Riemann aveva fondato una geometria 'non euclidea'. Riemann aboll il postulato ddle parallele; ci che
caduto in questa nuova teoria del teatro la 'catarsi' aristotdica, la scarica
degli affetti attraverso l'empatia, l'immedesimazione nd movimentato destino dell'eroe. Un destino che ha il movimento dell'onda, che trascina il
pubblico con s. (La famosa 'peripezia' la cresta ddl'onda, che rotola cadendo in avanti, fino a esaurirsi). Per parte sua il teatro epico avanza a scosse, e pu essere quindi paragonato alle immag_ini della pellicola cinematografica. La sua forma fondamentale quella dello choc con cui le ben distaccate situazioni singole del dramma si scontrano tra loro. I songs, le didascalie, le convenzioni gestuali degli attori staccano una situazione dall'altra. Si
determinano cos continui intervalli, che contrastano notevolmente all'illusione dd pubblico. Questi intervalli sono riservati alla sua presa di posizio
ne critica, alla sua riflessione. ( ... ]Talvolta il drammatico si accende come
un lampo al magnesio alla fine di uno sviluppo apparentemente idillico" (I/
paese in cui non si pu nominare il proletariato [A proposito della prima rappresentazione di otto atti unici di Brecht, 1938]: AR, 185).
11. Si veda in generale la teoria dello straniamento (Vet/remdung] in
Brecht (Scn.lli teatrali, tr. it. di E. Castellani, Einaudi, Torino 1962), e il suo
scritto critica dell'immedesimazione" in scnu; sulla lelleratura t sull'artt,
tr. it. di B. Zagari, introd. di C. Cases, Einaudi, Torino 1975, pp. 15354. Cfr.
al riguardo F. Masini, Brecht e Benfamin. ScienlJl della letteratura ed erlneneutica maten'alista, De Donato, Bari 1977.
12 "Come un malato che sconvolto dalla febbre e che ridabora tutte le
parole che riesce a percepire dentro le tumultuanti immagini dd delirio, lo
spirito dd tempo s'impadronisce di tutte le testimonianze di mondi spirituali passati e molto remoti per trarle a s e per incorpora de senza amore nd
suo fantasticare, che prigioniero di se stesso. [ ... ]A questa deprecabile e
patologica suggestionabilit, in virt della quale lo storico cerca di scivolare,
tramite 'sostituzione', al posto dell'artista, come se questi, precisamente perch l'ha fatta, fosse anche l'interprete della propria opera, stato dato il no
me di Einfiihlung (entropatia}, dove la mera curiosit esorcizzata e dissimulata stto il mantclluccio dd metodo" (DB, 34).
t
58
distintiva della storiografia storicistica, contro cui insorge il materialista storico: "La sua origine l'ignavia
del cuore, l'acedia, che dispera di impadronirsi dell'immagine storica autentica, che balena fugacemente". La
natura della tristezza cui tale acedia d luogo si chiarisce "se ci si chiede con chi poi propriamente s'immedesimi lo storiografo dello storicismo. La risposta non
pu non essere: con il vincitore" (CS, 29, 31). Nei materiali preparatori delle tesi un'annotazione precisa che
"l'immedesimazione con ci che stato serve in ultima
analisi alla sua attualizzazione". Ma tale attualizzazione, a differenza della citazione, "completa soppressione di tutto ci che ricorda la destinazione originaria
della storia come rammemorazione", "falsa vitalit"
che consiste nell'" espunzione dalla storia di ogni eco di
'lamento"' (CS, 99-100).
Ricordiamo infine la questione dell'Einfuhlung per
la merce, defmita nel Passagenwerk una "immedesimazione nel valore di scambio stesso" il cui virtuoso il
flaneur (PW, 582-83 ). Questa immedesimazione, come
precisa Benjamin in una lettera ad Adorno del9.12.38,
"si presenta come empatia con la materia inorganica"
(L, 375) tipica del feticismo, che soggiace cos al "sexappeal dell'inorganico" (PW, 11).
4
STORIA DELL'ARTE
E STORIA DELLA PERCEZIONE
60
periodi di decadenza, guadagnando ad una approfondita considerazione storica un'epoca, quella appunto
tardo-romana, convenzionalmente tacciata di imperfezione e di mancanza di originalit rispetto a quella greca classica, delle cui opere si sarebbe limitata a fornire
cop1e.
Ma Wickhoff e Riegl significano per Benjamin qualcosa di pi: questi storici gli forniscono gli strumenti
per indagare un nodo problematico cruciale, il nesso
fra la storicit dell'arte e la storicit della percezionenesso che (come si gi accennato a proposito dell'esergo valryano) costituisce il sigillo della prospettiva
estetica del saggio sull'opera d'arte, l dove confluiscono i due significati fondamentali del termine stesso di
"estetica" intesa da un lato come teoria dell'aisthesis,
come aisthesiologia e percettologia, come dottrina della conoscenza sensibile, dall'altro come teoria dell'arte.
In tale prospettiva non risulterebbe forse eccessivo
considerare Riegl e Wickhoff come i due numi tutelari
del saggio.
"Nel giro di lunghi periodi storici - incomincia
Benjamin -, insieme coi modi complessivi di esistenza
[gesamte Daseinsweise] delle collettivit umane [menschlichen Kollektiva, socit humaine; la I, 439 ha historischen Kollektiva], si modificano anche i modi e i generi della loro percezione" (III, 24); qui Benjamin
espone la tesi generale della storicit della percezione,
che procede a determinare cos: "li modo in cui si organizza la percezione sensoriale umana- il medium in cui
essa ha luogo -, non condizionato soltanto in senso
naturale [natiirlich], ma anche storico [geschichtlich] ".
italiane: Arte. lardoromana, a c. di L. Collobi Ragghianti, Einaudi, Torino
1959, e Industria artistica tardoromana, t r. it. di B. Forlati Tamaroe M. T. Ron-
61
"aut aut", 189190, 1982, pp. 21633; saggio poi ridaborato dallo stesso
Kemp in Fembilder. Benjamin und die Kunstwissenschaft .. , in B. Lindner
(Hrsg.), "Unkr hall< noch alles Iich zu enlriitseln ... ": Wa[ter Benjamin im
Kontexl, Syndikat, Frankfurt a.M.!978, pp. 22457. Si veda anche il bdsag
gio di E. Raimondi, "Benjamin, Riegl e la filologia" [1984], in
pietre del
62
La Wiener Genesis di Wickhoff -lavoro che per altro condivide con il saggio sull'Opera d'arte la questione dell'imitazione e della riproduzione degli originalioffriva innanzitutto a Benjamin una riflessione sulle
differenti modalit della narrazione per immagini, che
gli deve essere risultata particolarmente significativa, se
consideriamo quanta attenzione- ad esempio nel saggio dell936 su Leskov, da Benjamin stesso accostato al
saggio sull'opera d'arte proprio in riferimento alla perdita dell'aura - egli avrebbe riservato alla questione
della narrativit. nel primo capitolo che Wickhoff affronta il problema della narrazione figurale, convinto
che primaria sia la questione della modalit tipicamente romana di raccontare tramite figure, profondamente
diversa da quella greca. Per circoscriverne le caratteristiche, Wickhoff individua tre tipi o maniere narrative
della figurazione:
. .
l. maniera distintiva: "quella che sceglie smgole scene salienti, e le dispone una accanto all'altra, ognuna
distinta da una incorniciatura" 3; il modo puramente
ellenico, e anche quello che ci divenuto pi familiare,
addirittura esclusivo, e corrisponde al dramma;
2. maniera continua: tipica delle ultime opere dell'arte pagana e delle prime dell'arte cristi~na, compar~
tanto nelle miniature del codice della Wtener Genests
quanto in Michelangelo. In un unico l?aesaggi?, .senza
alcuna separazione, appaiono momenu.succ~slv1 dell.a
storia narrata, e i personaggi vengono npetutl. Tale sule narrativo non ha pi nulla a che vedere con il modo
ellenistico, romano, e corrisponde alla prosa storica;
rogno. Il moderno dopo il rublime, il Mulino, Bologna 1985, ~P 159-97; T.Y.
Levin, Walter Benjamin an d the Theory o/ Art H utory, m October., 47,
1988, pp. 77-83; H. Caygill, Walter Ben;amin. The Colour o/ Expenence,
Routledge, London-New York 1998, pp. 80-117.
3. F. Wickhoff, Arte romana, cit., p. 36.
63
65
Ma dallo scarso valore artistico che Wickhoff attribuisce alle copie rispetto agli originali si pu dedurre
una concezione certamente auratica dell'arte che deve
avergli suggerito una certa diffidenza per i mezzi antichi e moderni di riproduzione, ad esempio l dove stigmatizza "il copiare in massa" come un "isterilirsi della
fantasia artistica"- anche se riconosce che solo grazie a
queste copie possiamo avere un'idea di quelli che furono i capolavori della cultura greca; o l dove contrappone l'eterna monumentalit delle antiche immagini
all'"effimero settimanale illustrato"; o ancora l dove
afferma che "le opere d'arte illusionistica di prim' ordine si svelano solo ad una cerchia ristretta, poich possono essere godute soltanto nell'originale, essendone le
riproduzioni del tutto insufficienti. In esse, infatti, ci
che conta non la composizione, o per lo meno non in
modo preminente, ma la lotta dell'artista con i valori
dei colori, con le ombre e con la luce, lotta che crea appunto l'indescrivibile e specialissimo gioco che non
pu essere imitato. Chi copia, infatti, non pu penetrare nel corpo e nell'anima dell'artista per ripetere con
eguale vivacit i colpi di spada che si susseguono come
lampi, con i quali egli ha domato la natura" 8 ; o infin~ l
dove ammette la possibilit che vi sia arte solo nelle
creazioni originali dei grandi maestri, i soli capaci di
comprendere sempre pi profondamente la natura.
Se questa svalutazione wickhoffiana del momento
7. lvi, p.136.
8. lvi, pp. 8889.
66
67
68
commosso .
. d ll' E ..
Va rilevato, a integrazione della teona e rm~- allidung, clle Wl.ckhoff non manca di ammettere
l'
.. d l
neandosi a una consuetudine diffusa fra g l storiCI e Il. lvi, p. 170 (c.vi miei). Si vedano anche argomentazioni simili alle pp.
95 e 140.
69
l'arte suoi contemporanei -l'azione sugli stili delle differenze etniche e climatiche, n trascura, ci che pi
pregnante per il discorso benjaminiano, il ruolo svolto
dalle innovazioni tecniche e procedurali: "Ora, al principio del primo secolo a.C., che cosa aveva reso possibile che la pittra, la quale finora non aveva avuto favore come decorazione usuale di stanze, venisse invece
impiegata quasi esclusivamente per tale scopo? [. .. ]La
causa pu essere stata solo l'invenzione di un nuovo
procedimento, che rendeva pi rapida e quindi pi
economica l'esecuzione delle pitture" 12 , cio la tecnica
dell'affresco, molto pi veloce dd precedente procedimento ad encausto.
\
Questa attenzione per la tecnica, unita a quella per
le prassi anonime della Kunstindustrie, sembra un portato semperiano, che viene addirittura sviluppato in direzione di un influsso inconsapevole sull'in1maginario
figurativo dell'artista: "Si potrebbe supporre che abbia
esercitato un influsso involontario sull'elaborazione
delle forme la consuetudine dell'artista con tal uni procedimenti tecnici della glittica e della toreutica"IJ.
STORIA DELL'A mc E STORIA DELLA PERCEZIONE
70
stria artistica tardoromana;, orientale (egizio, greco, tardo-romano). Wickhoff anticipa quello che sar il Leitmotiv dell'argomentazione riegliana, e cio c~ e il modo
antico di rappresentare "nel dipingere sul ptan~, non
aveva mirato ad altro che ad escludere la terza dtmensione"14; questo principio- che tuttavia per Wickhoff
vale in pittura solo fino ad Apelle, ~io fmo ~l IV
sec.a.C.- viene esteso da Riegl alla stona delle art! spaziali nel loro complesso.
.
.
L'indagine di tali arti che Riegl conduce nel su?,!
scritti sembra avere esercitato un'influenza anche p!u
profonda di quella di Wickhoff nell'insiem,e deU'oper_a
benjaminiana. Scholcm, nella Stona dt un amtctzta, ncorda: "Dato che non me ne interessavo, parlammo ~s
sai poco di teoria estetica; rammento solo due eccezioni e cio la sua convinzione, cui rimase fedele per tutta
la 'vita, dell'importanza dell'opera di Alois Riegl, Arte
tardo-romana, e la sua predilezione per la Vorschule der
Asthetik [Propedeu~ica ~el!' estetica] di Jca~ Pa~;,chc
lesse in occasione del suo! studt sul romanticismo
Nella Berliner Chronik (frammento iniziato nel
1932, in parte rielaborato in Infanzia ~erlz:nese, c come
questa dedicato al figlio Stefan~ ~enJai_Dm rammenta
come, nel periodo intorno ai pnn11 ~ru della Grande
Guerra, avesse incominciato a scopnre, suUo sfond?
del mondo degli uomini, il mondo delle cose. In particolare nella casa di un antiquario berlinese, scovato dal
suo compagno di scuola A!fred Cohn, egli si ab?~nd~
nava alla rapita contemplazione di fibbie e mo?ili preistorici e longobardi, di collane tardoromanc, di mon_ete
medievali, di pcndagli, scudi e bracciali, "sotto l'1m-
. . , .. .
71
72
73
condo cui "il Kunstwollen come 'principio obiettivo
d~ll~ spieg~zione dello stile' non altro che la polarit,
dispiegata 111 uno sviluppo, delle possibilit psicologico-percettive dell'uomo"2o.
Quali sono queste possibilit? Fondamentalmente
quella tattile e quella ottica. Richiamandosi alle due
modalit percettive descritte da Adolf von Hildebrand
nel suo Il problema della /orma (1893 ), Riegl storicizza
lo schema hildebrandiano, proponendo una filosofia
della storia dell'arte che al tempo stesso una filosofia
della storia dell'estetica, cio del rapporto estesico tra
uomo e mondo, mediato dallo stile.
Hildebrand, appoggiandosi sull'ottica helmholtziana, aveva infatti distinto una visione ravvicinata, correlata ad un'immagine vicina [NahebiMJ e una visione a
distanza, correlata ad un'immagine lo;tana [FernbildJ:
nel prin1o caso, "avvicinandosi sempre di pi all'oggetto, lo spettatore avr maggior bisogno di movimenti e
l:a?p.arenza.t~tale si divider in tante apparenze parziali, 111 unmag1111 separate. [. .. ] Si pu dire che egli ha trasformato il vedere in un reale toccare". 21 Nel secondo
caso, l'occhio non procede pi palpando progressivamente l'oggetto, ma lo coglie in un atto percettivo simultaneo e globale, come un intero: "L'immagine lontana consiste proprio in un effetto d'insieme" 22 sul piano.
Tale duplice modalit eli apprensione "non si deve
necessariamente produrre con due organi separati/ il
corpo che tasta, l'occhio che vede, ma deve trovarsi gi
}l concetto d1
t alt n scntlt,
tr. it. di E. Filippini, introd. di G.D. Neri,Fdt;inclli, Milano 1988, pp. 157:
77. Quest'ultimo deve ammettere che ~~l .~nceptva.an~ora.pc:r mo_lu
generai~ sul :osiddctto "purovisibilismo" cfr. F. Scrivano, Lo spat.io ~ 1~ forme. Bast tronche _del vedere contemporaneo, Alinea, Firenze 1996.
22. A. von Hildebrand, Il problema della/orma, cit., p. 47.
PICCOLA STORIA DELLA LONTANANZA
74
riunita ncll'occhio" 23 : la tattilit di Hildebrand non
pertanto quella propria della mano o del corpo proprio, ma si configura purovisibilisticamente come. u~~
operativit possibile dell'occhio stess?, che per di p~u
viene normativamentc svalutata, costituendo per I-lildebrand la sola visione lontana un accesso alla vera artisticit.
Riegl tiene ferma l'intuizione .hil~e?randian~ ~el
nesso fra espressione artistica e mtuizionc sensibile,
che troviamo cos esposta nel Problema della forma:
"La configurazione artistica non pu prodursi che comc un ulteriore sviluppo della capacit di cogliere lo
spazio, la cui base sta gi nella nostra facolt eli vedere c
di toccare" 24 Lamenta per che Hildebrand avesse
"stabilito una legge fissa, vietando la possibilit eli una
"25
.
.
evoluzione all'interno della stessa , e mette m movimento la coppia immagine vicina-immagine lontana,
traduccndola in una filosofia della storia dell'arte che
procede dall'immagine vicina all'~m.aginc lo~tan~.
Egli pu cos sudd_ividere !'.arte ~Uc~ m ~na tn~ar;~
zione basata propno sulla elialetttca eli tattile e otuco .
La prima fase, corrispondente all'arte egi~ia, caratterizzata da un "grande rigore della concezwne puramente sensibile (possibilmente oggettiva) dell'in~vi
dualit corporea delle cose e in conseguenza masstmo
adeguamento del fenomeno corporeo al piano. Questo
23. lvi, p. 31.
24. Ibidem.
ddl.
" [ 9011 . .,.. .
25. A. Riegl, "Opere della natura e ?pere
.'ar:e
m Jeona e
prassi della comervo:done dei monumentt, antolog1a di scnttt1898-1905, a c.
di S. Se arrocchi a, Clueb, Bologna 1995, p. 152. . .
.
.
26. Ho cercato eli render conto di questa st~ncizzaZJone d_elle c~tego~te
hildebrandiane in Il corpo dello stile. Storia del/ arte come stona del/ estelt~a
in Semper, Riegl, Wo/ff/in, Aesthetica, Palermo 1998. A quest.o lavoro (t~
part. alle pp. 187-88) mi permetto di rinviare per un cenno su1 rapportt d1
Benjamin con Wolfflin.
J.
75
76
nanza e su cui essi anche si confondono con i loro contomi"31, ottenendo una resa "impressionistica". Tra gli
esempi architettonici si possono citare la basilica cristiana e gli edifici a pianta centrale, come il Pantheon, in cui
"al posto della superficie assolutamente calma dell'ideale artistico egiziano subentra la curva inquieta che cerca
profondit" 32 .
3!.lvi, p. 32.
32.M,p.3L
f dl
.
33. "'La natura procede con ogni singolo uomo come essa a n a spe~te
intera, dal tatto alla vista, dalla plastica alla pittura" Q.G. Herder, Plasttca
[1778],<d. it. a c. di G. Maragliano, Aesth<tica, Palerm_o 1994, p. 86) .. Cfr. al
riguardo E.H. Gombrich, Arte e illusione [1959], tr. lt. dt R. Fedenct, Et
n audi, Torino 1965, p. 22.
.
34. A. Riegl, IndUJtn'a artistica tardoromana, ctt., p. 25.
77
78
u;p"'Jdr
dd
79
81
82
83
oro un potenza. Ogru et ha avuto il suo stile e solo aUa nostra dovr essere
nega to uno stile? Per stile si intendeva l'ornamento. Dissi allora: non pian
~fte.1 G':'a~d~e, questo appunto costituisce la grandezza dd nostro tempo
a~to ctoe c e ess~ non sia in grado di produrre un ornamento nuovo. Noi
(fbtado s~perato l orn~mento, ~on f~ttca ci siamo liberati dell'ornamento.
uar .at~, ~momento st approsstma, il compimento ci attende. Presto le vie
della cma nsplenderanno come bianche muraglie'" (A Loos "O
e delitto" [1908], in Parole nel vuoto, tr. it. di S
1992, p.219).
.
'
'
o
Gess~er Adelph7'MJ;~o
84
85
5
CULTO ED ESPOSIZIONE
Procedendo nel paragrafo 4 a interrogarsi sulle caratteristiche proprie dell'opera d'arte auratica, Benjamin afferma che la sua unicit [Eim:igkeit] "si identifica con la sua integrazione nel contesto della tradizione
[Tradition]" (III, 25). La tradizione certamente qualcosa di mobile, un contesto culturale che pu declinare
in direzioni anche opposte l'interpretazione di un'immagine: ad esempio una statua di Venere pu essere
per gli antichi greci oggetto di culto, per i cristiani medievali idolo funesto; eppure ad entrambe le tradizioni
si presentava la statua nella sua unicit, cio nella sua
aura 1
Questa modalit di esistenza auratica [auratische
Daseinsweire] dell'opera non ha in origine tanto a che
fare con una tradizione artistica, quanto innanzi~).lttO
con un rituale magico (viene qui anticipata la questione
della magia che, come vedremo, avr parte non margil. Si veda, in Di alcuni motivi in Baudelaire, la citazione dalla pagina
proustiana in cui Benjamin ravvisa un'implicita deftnizione dell'aura pro
prio in termini di tradizione: "'Essi [sdL certi amanti del mistero] credono
che i monumenti e i quadri si presentino solo sotto il velo delicato che hanno
tessuto intorno a loro l'amore e la devozione di tanti ammiratori nd corso
dei secoli" (AN, 125).
88
naie nel dispiegarsi dell'argomentazione), quindi religioso (con un fondamento "teologico", come si specif-
ca in I) e si esprime nel culto. In nota Benjamin chiarisce che la definizione precedentemente fornita dell'aura come apparizione unica eli una lontananza per quanto vicina la trasposizione "nei termini delle categorie
della percezione spazio-temporale" di questa natura
essenzialmente cultuale dell'opera: "La distanza il
contrario della vicinanza. Ci che essenzialmente lontano l'inavvicinabile [das Unahbare]. Di fatto l'inavvicinabilit una delle qualit principali dcll'in1maginc
cultuale. Essa rimane, per sua natura, 'lontananza, per
quanto vicina'. La vicinanza che si pu strappare alla
sua materia non elimina la lontananza che essa conserva dopo il suo apparire" (III, 49, n. 8).
su questo punto, cio sulla connessione eli auratico, magico e cultuale, che Adorno indirizza la prima
delle sue obiezioni alla II, espresse nella lunga lettera a
Benjamin del 18.3 .36. Sottolineando la fecondit di
quelle distinzioni operate da Benjamin in scritti precedenti (la separazione eli allegoria e simbolo nel Dramma
barocco, quella eli artistico e magico in Strada a semo
unico), Adorno stigmatizza il fatto che nel saggio sull'o,
pera d'arte tornino a confondersi "il concetto eli opera
d'arte come costrutto [Gebild]", il "simbolo della teologia" e il "tabu magico": "Mi risulta sospetto- e vi vedo un resto molto sublimato eli certi motivi brechtianiil fatto che Lei adesso trasponga in modo incondizionato il concetto dell'aura magica sull"'opera d'arte autonoma"2 c assegni nettamente quest'ultima alla funzione
2. Con il concetto di Autonomie der Kumt Adorno indica appunto il
processo di liberazione dell'arte dai propri condizionamenti teologici e mc-
tafisid.
CUI:I"O ED ESPOSIZIONE
89
90
(A-B,l71).
CULTO ED ESPOSIZIONE
91
92
storia dell'arte nel senso di questa seconda forma di feticcio commerciale: "li suo proposito era di restituire
all'opera d'arte la sua esistenza nella societ da cui era
stata staccata; staccata a un punto tale che il luogo in
cui egli la trovava era il mercato artistico, dove essa,
ugualmente lontana da coloro che l'avevano prodotta
come da coloro che erano in grado di comprenderla,
continuava a vivere ridotta a mera merce" (OA, 11213 ). L'ambito originario di tali oggetti un ambito anonimo, contrassegnato non da una grande individualit
creatrice, bens da una comunit coesa da un sentire
condiviso. In questo senso, il "pioniere" Fuchs potrebbe essere a buon diritto annoverato fra i rappresentanti
della cosiddetta "storia dell'arte senza nomi", di cui
Wickhoff, Riegl, Wolfflin sono stati maestri.
Ma proprio contro il formalismo di quest'ultimo,
espresso nella sua teoria secondo cui la modificazione
degli stili non pu essere spiegata in termini di modificazione dei contenuti, delle mentalit, dell'ideale di bellezza, ma solo in termini di autonoma modificazione
delle forme della visione, Fuchs obietta che tali forme
possono essere comprese solo se vengono ricondotte alle trasformazioni dell' aunosfera complessiva di un' epoca. Molto significativamente, Benjamin rileva la problematicit di questa obiezione fuchsiana: l'ipotesi formalistica di Wolfflin "suscita certo una reazione negativa
nel materialista storico. Tuttavia contiene anche elementi stimolanti; precisamente perch il materialista
non tanto interessato a far dipendere la modificazione
della visione artistica da una modificazione dell'ideale
della bellezza quanto da processi pi elementari- processi che vengono promossi dalle trasformazioni economiche e tecniche della produzione" (OA, 94). plausibile ritenere che anche qui Benjamin, con l'espressione
CULTO ED ESPOSIZIONE
93
"processi pi elementari" [elementarere Prozesse], stia
facendo riferimento- anche se in modo piuttosto implicito- a quegli strati fondamentali dell'esperienza percettiva pensati, come si visto nel commento al paragrfo 3, in correlazione con gli stili artistici e con la loro
evoluzione, e intesi qui sotto l'influenza di modificazioni storiche di carattere economico e tecnico.
appunto tale carattere tecnico, peculiare della riprqduzione meccanica dell'opera, ad essere ritenuto,
pi del passaggio dalla prassi cultuale alla prassi secolarizzata dell'arte (dall'arte come gesto magico-religioso
all'arte come gesto estetico o estetizzante), responsabile di una vera e propria rottura: "La riproducibilit tecnica dell'opera d'arte emancipa per la prima volta nella
storia del mondo quest'ultima dalla sua esistenza parassitaria nell'ambito del rituale. L'opera d'arte riprodotta diventa in misura sempre maggiore la riproduzione di un'opera d'arte predisposta alla riproducibilit"
(Ili, 26-27). Questa situazione chiarissima gi nel caso della fotografia, per cui, essendo possibile una serie
infinita di stampe della pellicola, "la questione della
stampa autentica non ha senso", ma massimamente
evidente nel cinema, arte che - come Benjamin aveva
gi anticipato nel paragrafo l - connessa al mezzo tecnico non come a una condizione estrinsceca di riproduzione e diffusione, bens come a una condizione in,
trinseca e costitutiva.
Venuta meno la questione dell'autentico, si trasf;rma secondo Benjamin anche la funzione sociale dell'arte nel suo complesso, che dalla fondazione nel rito passa alla fondazione nella politica. Naturalmente, come
viene specificato a proposito del film, tale politicit di
quell'arte che essenzialmente riproducibile non deve
essere automaticamente intesa in senso rivoluzionario,
CUl:t'O ED ESPOSIZIONE
95
96
PICCOLA STORIA DELLA LONTANANZA
le Lezioni sulla filosofia della storia quanto nelle Lezioni
di estetica, l dove afferma che nella sua dimensione
sensibile, cio esterna, la bellezza di un'opera d'arte in
qualche modo "fastidiosa" [storend] per la devozione.
A questa nota, presente sia nella II sia nella III, quest'ultima ne aggiunge di seguito un'altra, coerente con
la determinazione dei due valori come accenti polari
della ricezione e riguardante il generale decorso storico
della ricezione artistica come appunto segnato dal passaggio da una ricezione del valore cultuale a una ricezione del valore espositivo dell'opera. Ma questo andamento storico non impedisce che la polarit giochi all'interno di una singola opera e della storia della sua
particolare ricezione, addirittura invertendo la direzione generale dal cultuale all'espositivo, come accade
nell'esempio addotto da Benjamin della Madonna Sistina di Raffaello, commissionata come dipinto da collocare sulla bara di Papa Sisto in occasione dell'astensione pubblica della salma, e quindi originariamente cal'aura nell'arte". Habcrmas cita a tal riguardo il celebre passo in cui Hegel
ossetva che "'si pu, s, sperare che l'arte s'innalzi e si perfezioni sempre di
pi, ma la sua forma ha cessato di essere U bisogno supremo dello spirito. E
per quanto possiamo trovare eccellenti le immagini degli di greci, e vedere
degnamente e perfettamente raffigurati il Padreterno, Cristo e Maria, tutta-
CULTO ED ESPOSIZIONE
97
ratterizzata da un forte valore espositivo, c poi finitanonostante il rituale romano vietasse tale collocazione
per dipinti esposti durante i funerali- come oggetto di
culto sull'altare maggiore della cappella del convento
piacentino dei Frati Neri. L'originario valore espositivo
del quadro spiega tra l'altro anche il perch Raffaello
avesse dipinto il cielo fra due tendine dalle quali la Madonna si affaccia e si avvicina [nihert sich) alla salma: se
nella nota al precedente paragrafo Benjamin aveva de~!to la lontananza una trasposizione in termini percettlv! d~a cultualit, qui, completando l'altro polo della
coppia, pone una connessione essenziale fra esponibilit e vicinanza, investendo- come si vede- non solo il
piano della ricezione, ma anche quello della produzione, dal momento che gli scopi espositivi [Ausstel!ungszwecke) del quadro indussero Raffaello a una d et erminata scelta figurativa e compositiva del quadro.
Tornando al decorso storico dell'arte nel suo complesso - della sua produzione e della sua ricezione Benjamin lo descrive come un passaggio dal polo cul:
tuale al polo espositivo, che viene altres connotato nei
termini di uno spostamento dall'esistere di per s- ci
che in fondo conta per il primo tipo di immagini, che
sono al servizio del culto (della magia: I, II e Fr.) e che
addirittura vengono in alcuni casi tenute "nascoste"
[tin Verborgenen] alla vista e rese accessibili solo ai sacerdoti- all'esistere per il fruitore, cio dall'esistere all'esser-visto.
La situazione di impercettibilit e nascondimento
d~ll' opera si modifica progressivamente con il processo
di secolarizzazione cui va incontro l'arte, che via via si
emancipa dal rituale: ci va di pari passo con una crescente mobilit e mobilitazion.e dell'opera (ad esempio
nell'evoluzione che conduce dalla statua fissa al mezzo
98
99
q.uella espositiva, l'affmit va ravvisata nell'accentua~Ione unilaterale~ pressoch esclusiva dell'un polo sull altro, ~ccentuaZione che sortisce- anche se per motivi
opposti (motivi quantitativi che generano una modificazione qualitativa) -lo stesso effetto, e cio l'annullamento di ci che propriamente artistico nell'opera
d'~rt~ .. Se l'accen~ua~ione del polo cultuale nell'epoca
P~Im!Uva aveva significato una cancellazione dell'artistico. a tutto ~a vore del magico, e solo il progressivo regredire del ntuale nella secolarizzazione aveva permesso ~'emergere dell'opera d'arte in quanto tale, nell'csaltazwn~ del po.lo. ~spositi~6 quale si verifica nell'epoca
della nproduc1bilua tecnica (in prtim's n cl cinema e nella fotografia) l'artisticit dell'opera d'arte, faticosamente strappata al culto, alla lontananza e all'invisibilit
torner a perdersi, o perlomeno risulter "marginale';
("Ci che cos avviene- cita Berijamin in una nota della
III, proponendo un passo sulla mercificazione del!' arte
tratto dal Processo dell"'Opera da tre soldi" eli Brecht lo_
la modificher [sci!. l'arte] radicalmente, estinguer il
suo passato, a un punto tale che qualora il vecchio concetto dovesse venir ripreso- e lo sar, perch no?- non
susciter pi alcun ricordo della cosa che un tempo designava" (III, 51, n. 12).
Per mantenersi nelle categorie della percezione cui
spes~o ~enjamin ricorre per circoscrivere questi fenome?I, si potr allora dire che nell'opera d'arte ci che
assicura l'artistico una "giusta distanza" o una medielas .fra l_'invisi~ile lontananza del culto propria della
preistoria magica e l'immediata vicinanza resa accessibile dalla tecnica. Dalla tecnica, ma non solo da essa,
10. D! quest? testo dd 19} l cfr. la tr. i t. in B. Brecht, Scritti su/h letteratura e sul/ arte, eu., pp. 5}ll4.
busto, oppure dal mosaico all'affresco al dipinto su tavola), o se si vuole con la sua progressiva trasferibilit.
L'opera si inizia a sradicare dall'hic, dall'Hier, dalla sua
collocazione spaziale che avevamo visto essere determinante per la sua auraticit.
curioso riflettere oggi - come spettatori televisivi
ed eventualmente come fedeli che la domenica "vanno" in chiesa sul piccolo schermo, rimanendo comodamente seduti in poltrona- all'ormai anacronistica annotazione con cui Benjamin rileva la maggiore esponibilit della sinfonia rispetto alla messa, che oggi tramite
la TV possiamo ricevere tranquillamente a casa nostra
proprio come a casa nostra possiamo ascoltare la registrazione eli un concerto o un'incisione: "Se l'esponibilit eli una messa per natura non era probabilmente pi
ridotta eli quella eli una sinfonia, tuttavia la sinfonia
nacque nel momento in cui la sua esponibilit prometteva di diventare maggiore eli quella eli una messa" (III,
27 -28) 9 .
Ora, secondo un movimento del pensiero che ricorrente in Benjamin, lo scenario i per- tecnologicizzato
della modernit viene analizzato per comparazione con
quello della preistoria, con la quale il primo puntualmente esibisce tratti eli inquietante affinit: in questo
caso specifico del rapporto fra la polarit cultuale e
9. ancora Debray a offrire su questo problema uno spunto di riflessio-
100
Il. Il Kitsch
lato che la cosa volge al sogno" (SSU, 71), cosi come .
viene colto nell'tute surrcalista. Si veda al proposito anche il successivo Il
surrealismo. I: ultima istantanea sugli intellettuali europei, dd 1929 (in AR,
1126; in OC. 25368, seguito da (rle per "Il surrea/ismo', 26993). Sulla
qualit tattile dell'arte surrea.lista insiste molto opportunamente E. Tavani,
che in particolare osserva come il surrealismo assuma per Benjamin "il ruolo
di una guida alia leggibilit 'tattile' dd segno" ("Benjamin, Parigi e il surrea
lismo ", in Simbolo, metafora, linguaggi, a c. di G. Coccoli e C. Marrone, ed.
guteNberg, Roma 1998, pp. 143-56, qui p. 151). Sulla categoria benjaminiana di Traumkitsch dr. E. Bloch, "Wagner salvato dal colportage surrea.lista"
[1929], in EredtM del nostro tempo [1935), ed. it. a c. di L. Boella, ll Saggiatore, Milano 1992, pp. 311-19. Sulla gnoseologia surrcalista in Benjamin cfr.
J. Fi.imkas, Surrealmus als Erkenntnis: Walter Benjamm Wermarer Etn
bahmtrafie und Pariser Passagen, Metzler, Stuttgart 1988.
6
TECNICA E PREISTORIA
102
!U
ni (()C, 349-50).
' .
d 11
TECNICA E PRCISTOIUA
103
104
25-26); nonch il seguente appunto in PW, 829: "Sulla dottrina delle rivoluzioni come innervazioni dd collettivo: 'La soppressione della propriet privata ... la completa emancipazione di tutti i sensi umani. .. ; ma un'eman
dpazione siffatta ... perch i sensi e lo spirito degli altri uomini sono diventati la mia propria appropriazione. Oltre questi organi immediati si formano
quindi organi sociali ... per esempio, l'attivit che io esplico immediatamente in societ con altri ... diventata organo di una manifestazione vitale ed
TECNICA E Plffi!STORIA
105
4 cataz:'one
lt.
VII-2, 665-66).
106
impiega il meno possibile, puntando a una "progressiva liberazione dell'uomo dalla corve del lavoro" che
gli permette di ampliare in modo incommensurabile il
proprio campo d'azione (letteralmente- e preferibilmente, dato il continuo riferimento del contesto allo
Spiel- "spazio di gioco": Spielraum): "Di questo spazio
di gioco l'individuo non ancora informato [non sa ancora orientarsi, preferisce la F r.], ma gi gli presenta le
sue esigenze" (II, .360, n. 4).
La seconda tecnica riverbera dunque i suoi effetti
non solo sulle masse, ma anche sull'individuo singolo,
il quale, emancipato dai limiti che gli imponeva la prima tecnica, torna a porre con urgenza quelle questioni
vitali che tale tecnica aveva represso: l'amore e la morte: "L'opera di Fourier il primo documento storico di
questa esigenza" 7 (II, .360, n. 4).
7. Della figura del filosofo, economista e teorico della societ Charlcs
f'ouricr (1772-1837) Benjamin si intensamente occupato- riservandogli
ad esempio il primo capitolo (Fourier o le gallerie) dell' Expor dd 1935 Parigi. La a1pitale del XIX reco/o (PW, 5-8) e prevedendo per lui un posto d'onore nel Passagenwerk {cfr. i relativi appunti e materiali in PW, 791-~27). il
pensiero fourieriano consiste cssenzial~ente in una f~osofi~ d~a sto~~ quadripartita {eden primordialei degrada7.lone delle socaet, di cu1 la cns1 della
societ civilizzata l'ultima fase, e quella peggiore; societ armonica; morte
dell'umanit) e in un esperimento sociale volto a superare l'infimo momento
di infelicit corrispondente alla civilt sua contemporanea i~ direz~one de!la
societ armonica. Fra i punti ~ond~mentali dd pro?r~m':"a ~~ Founer trovtamo l'abolizione del commercto pnvato e della famtglia: il prtmo, sotto forma
di incontrollato libero scambio, la causa delle crisi economiche mondialii
la seconda, culla dell'egoismo, si basa sulla repressione ddla sessualit e della donna. Solo sottraendo alla morale le passioni, cio quegli impulsi originari dell'uomo che favoriscono la coesione sociale e la creativit, e lasciando loro libera espressione si potr pervenire alla perfetta fdicit, nonch alla trasformazione dd lavoro in lavoro attraente e giocoso. Cruciale in Fourier era
l'organizzazione delle comunit in "falangi" (gruppi di 1600 uomini e donne), residenti in unit urbanistiche denominate "falansteri" ("Fourier- scrive Bcnjamin- ha visto ndle gallerie il canone architettonico dcl falanstero":
AN,147-48) e dedite ad attivit agricole, artigianali e anche moderatamente
industriali, oltre che intellettuali e ludiche. Si veda la tr. it. parziale dd suo
Teona dei quatlro movimenti [1808t il nuovo mondo amoroso e altri sedili
su/lavoro, l'educazione e l'archite/tura nella societ d'Armonia, scelta e introd. di I. Calvino, tr. i t. E. Basevi, Einaudi, Torino 1971.
TECNICA E PREISTORIA
107
108
ni Trenta, ha visto il contributo- per non citare che alcuni tra i casi pi noti - di Spcnglcr (Uuomo e la
tecnica, 1931), di Husserl (La crisi delle scienze europee,
1936), di Jaspers (La situazione spirituale del nostro
tempo, 1931), di Huizinga (La crisi delta civilt, 1935),
di Friedrich Georg]linger (La perfezione della tecnica,
1939), del suo pi celebre fratello Ernst (La mobilitazione totale, 1930; Il lavoratore, 1932).
La concezione benjaminiana della tecnica- proprio
come quella relativa alla perdita dell'aura - oscilla in
modo caratteristico tra una visione sostanzialmente positiva, improntata come si accennato al Zusammenspiel, al gioco combinato di uomo e natura, c una visione pessimistica e negativa, incentrata sul concetto di
sfruttamento. A questo proposito, particolarmente significativa la Tesi XI Sul concetto di storia, che fa proprio esplicito riferimento a Fourier: lamentando l'ingenuit dei lavoratori tedeschi, illusi che lo sviluppo tecnico del lavoro avrebbe significato di per se stesso un
progresso politico, Benjamin afferma che un tale concetto del lavoro "vuoi tenere conto solo dei progressi
del dominio della natura, non dei regressi della societ.
Esso mostra gi i tratti tccnocratici che pi tardi s'incontreranno nel fascismo. A questi tratti appartiene anche un concetto di natura che contrasta malauguratamente con quello delle utopie socialiste prequarantottesche. n lavoro, come ormai viene inteso, ha per sbocco lo sfruttamento della natura, che viene contrapposto, con ingenua soddisfazione, allo sfruttamento del
proletariato. Confrontate con questa concezione posi- .
tivistica, le fantasticherie che tanto hanno contribuito
alla derisione di un Fourier, mostrano di avere un loro
senso sorprendentemente sano. Secondo Fourier, il lavoro sociale ben organizzato avrebbe avuto come conseguenza che quattro lune illuminassero la notte terre-
TECNICA E PREISTORIA
109
110
Dunque, la differenza tra cattiva tecnica (imperialistico "dominio della natura") e buona tecnica (''dominio del rapporto tra natura e umanit") dipende da un
radicalmente diverso intendimento della natura, l madre feconda, qui mera cosa utilizzabile. da un frammento del Passagenwerk che si pu evincere a quale
pensatore Benjamin fu debitore della sua concezione
materna e femminea della natura: "Anche in epoche di
relativo sottosviluppo delle forze produttive l'idea feroce dello sfruttamento della natura [ ... ] non stata affatto quella decisiva. Certamente essa non ebbe alcuno
spazio fintanto che l'immagine vigente della natura fu
quella della madre dispensatrice di doni, qual stata ricostruita da Bachofen per le societ matriarcali. Nella
figura della madre quest'immagine sopravvissuta a
tutti i mutamenti della storia. evidente per che essa
diviene ben pi sfocata in epoche in cui persino molte
madri si trasformano, rispetto ai loro figli, in agenti di
classe" (cit. inJJB, 33)Y
L'influenza del grande storico svizzero del diritto
J ohann J acob Bachofen sull'opera di Benjamin difficilmente sopravvalutabile. Nel saggio sul Simbolismo
funerario degli antichi, del1859, e pi sistematicamente
nel grande lavoro sul Matriarcato, del 1861D - lavori
che Benjamin tent problematicamente di "salvare"
111
'ITCNICA E PREISTORIA
dalle interpretazioni reazionarie degli anni Venti (Klages, il klagesiano Bernoulli, Baeumler)l 4 - Bachofen
espone una filosofia della storia incentrata sulla scoperta di una fase matriarcale, precedente a quella patriarcale e comune a tutte le culture.
Operando per coppie simboliche oppositive (Cielo
vs Terra; Giorno vs Notte; Luce vs Olllbra; Apollo vs
Demetra; Padre vs Madre; mondo olimpico-uranico vs
mondo tellurico-ctonio; diritto paterno vs diritto materno; diritto positivo vs diritto naturale; etica aristocratica della differenza vs promiscuit orgiastico-comunistica; Occidente vs Oriente; civilt degli Eroi vs
civilt delle Madri; spirito vs materia; purezza vs impurezza; destra vs sinistra), Bachofen propone uno schema diacronico dell'evoluzione dell'umanit in cui ogni
fase scaturisce per negazione della fase che la precede,
per bruschi rovesciamenti dei rapporti di forza che
vengono cos resi comprensibili: "Le caratteristiche peculiari di ogni stadio si fanno pienamente comprensibili solo quando vengono contrapposte" 15
n primo stadio l'eterismo o a/roditismo, caratterizzato da promiscuit sessuale e dominato dalla legge del
pi forte, quindi dalla violenza fisica esercitata dagli
uomini sulle donne (il matrimonio ancora non esiste).
nsuo "prototipo naturale" la flora palustre, dominata
dalla legge naturale della materia: lo ius naturale in cui
.'!
deck~'!g.,Jer Von.velt.
I 4. Si veda JJB, del1934; la recensione di J.]. Bachofen, Griechische Rrise, in OC, 40-41, e quella di C.A. Bernouilli,Johann Jakob Bacho/en un d dar
Naturrymbol, 1924, in GS lll, 43-45. Sulla riscoperta reazionaria di Bachofen cfr. G. Schiavoni, .. Rovine della 'Simbolica'. Su Creuzer, BachOfen e cultura di destra", in Risalire il Nilo. Mtio, /M ba, allegoria, a c. di F. Masini e G.
Schiavoni, Sellerio, Palermo 1983, pp. 349-70; F. Jesi, "Scienza dd nto e
'destra tradizionale'. Polemica di W. Bcnjamin verso qudla 'destra"', in Milo, Monda dori, Milano 1989, pp. 69-75.
112
si intrecciano putrefazione e procreazione. nel "contrasto fra l'agricoltura e la iniussa ultronea crea t io
[spontanea produzione della Madre Terra]" 16 tipica
della palude che si determina il passaggio alla fase demetrica, che regolamenta tramite il matrimonio i rapporti sessuali. Ci costituisce per al tempo stesso una
disobbedienza alla legge di natura, la cui ira doveva essere pacificata tramite una prostituzione sacra, contrappeso della conquistata monogamia. L'equilibrata
norn1a demetrica, definita entusiasticamente da Bachofen "la poesia della storia" 17 , garantisce pace, piet,
equit (in questa fase bachofeniana i marxisti salutarono un Urkommunismus).
Strettamente connessa all'eterismo palustre la fase
dell'amazzomsmo, uno stadio di imperialismo femminile ritenuto da Bachofen un "necessario" momento di
resistenza armata alla violenza maschile. Alla ginecocrazia amazzonica risponde il dionisismo, visto come
l"'irreducibile avversario della degenerazione innaturale in cui era caduta l'esistenza femminile" 18. Dioniso
divinit femminile e al contempo fallica: ambivalente
nel suo opporsi all' amazzonismo in favore della femminilit demetrica, per anche nell'innegabile legame tra
culto bacchico e sfrenatezza eterica, nonch per l'annunciarsi in esso del principio spirituale paterno: egli
costituisce il primo germe di quella che sar l'apollinea
rivoluzione patriarcale, per Bachofen "la svolta pi importante nella storia dei rapporti fra i sessi" 19 , definitivamente garantita dall'avvento dell'imperium virile romano.
16. lvi, p. 32.
17. lvi, p.19.
18. lvi, p. 36.
19. lvi, p. 44.
TECNICA E PREISTORIA
113
114
dd simbolo, prima ctonio e poi celeste, della cicala (CCRT, 245). Anche per
la trattazione delle pietre scpolcrali e dell'atteggiamento dei protagonisti nei
confronti dei defunti (CCRT, 186} Benjamin sembra aver tenuto ben presente l'orizzonte dischiuso dalla Sepulkralhermeneutik bachofeniana.
24. 'L'ottusit - scrive Baudelaire in uno dei suoi primi articoli -
spesso l'ornamento della bdlezza. grazie ad essa che gli ocd sono tristi e
trasparenti come i neri acquitrini, o hanno la calma oleosa delle palucli tropicali'. Se c' una vita ln quegli occhi, quella della bdva che si assicura dal
pericolo mentre guarda intorno in cerca di preda. Cos la prostituta, mentre
l'espressione luteae voluptates, di cui si serve Amobio' (AN, 295. Cfr. J.J.
Bachofen, Simbologia funeraria degli antichi, cit., p. 556). Per le categorie
bachofeniane impiegate da Benjamin nella sua interpretazione di Kafka mi
permetto di rimandare al mio Ridare voce alla palude silenziosa. Benjamin-
115
Ma a nostro avviso la riflessione bachofeniana sulla
Vorwelt fornisce a Benjamin gli strumenti categoriali
non solo per rilevare il riaffiorare eli tratti arcaici nell'era della tecnica, bens anche per circoscrivere lo statuto
dell'arte auratica e del suo valore cultuale, grazie al "significato metodologico dd confronto tra l'epoca di volta in volta trattata con la preistoria, come si trova sia nel
lavoro sul film (nella caratterizzazione del valore cultuale), sia nel lavoro su Baudelaire (nella caratterizzazione dell'aura)" (Materiali preparatori delle tesi: CS,
102-103 ).
Molto significativamente, nel saggio dedicato a Bachofen, Benjamin cita q__uesto passo dalla autobiografia
dello storico svizzero: "E con la pietra tombale che si
formato il concetto eli Sanctum, eli ci che immobile e
inamovibile. Quanto stabilito, vale in seguito anche per
i cippi confinari e le mura che, quindi, formano con le
pietre tombali l'insieme delle res sanctae" 26 (JJB, 44).
"Anche l'arte e 1' ornamentistica - scrive Bachofen in
quella stessa pagina -hanno avuto origine dalla decorazione delle tombe". Queste, assieme alle pietre confinarie e alle mura, sono partorite dalla stessa mad~e terra: "La terra ci reca dal suo grembo pietre tombali, pietre confinarie.e mura, facendole venire fuori l dove,
come elice Platone, esse prima dormivano" 27
Di tale originaria radice cultuale e sepolcrale dell' arte- compensata per certi versi dal riegliano "cultcr moderno dei monumenti" 28 - Benjamin descrive la paraTECNICA E PREISTORIA
26. Cfr.J.J. Bachofen, "Autobiografia", in Din"tto e storia. Sm~ti sul malri'arcato, l'antichit e l'Ollocento, a c. di M. Ghdardi e A. Cesana, Marsilio,
Venezia 1990, pp. 3-4}, qui p. 24.
27 lvi, pp. 24-25 (il riferimento platonico auggi, 7780).
28. Sul Denkmalkultus cfr. A. Riegl, Il culto moderno d monumenti. Il
suo cara l/ere e i suoi inizi [1903 ], a c. di S. Sc~rrocchia, Nuova Alfa editoriale, Bologna 1990, c il breve scritto di W. Kemp, Iknjamin e il culto dei mo-
116
boia discendente, che prima di inabissarsi completamente nel cinema si trattiene per un momento nei primi ritratti fotografici, la cui auraticit conservata dalla
lontananza del morto. Osservando infatti nel paragrafo
Gcome sia stata la fotografia a promuovere la progressiva sostituzione del valore espositivo al valore cultuale,
Benjamin nota che questo per resiste nelF"ultima
trincea, che costituita dal volto dell'uomo. Non a caso
il ritratto al centro delle prime fotografie" (III, 28).
la funzione cultuale- puntualmente connessa alla categoria di distanza (spaziale: i cari lontani; temporale: i
cari defunti) ad accomunare secondo Benjamin i ritratti dei quadri tradizionali e i primi ritratti fotografici:
"Nell'espressione fuggevole di un volto umano, dalle
prime fotografie, emana per l'ultima volta l'aura", che
viene soppressa dalla dominanza del valore espositivo
una volta che l'uomo esce di scena dalle fotografie. Ci
accade con Atget e con le sue fotografie di deserte strade parigine: "Molto giustamente stato detto che egli
fotografava le vie come si fotografa il luogo di un d eli tto", alla ricerca di tracce e indizi che vanno a costituire
"documenti di prova nel processo storico" (III, 29).
Ci costituisce secondo Benjamin la nascosta valenza
politica delle immagini di Atget, che per il loro carattere inquietante impediscono una ricezione contemplativa e divagante, tipica invece delle immagini tradizionali, e ci ingiungono di "cercare una strada particolare"
per poter accedere alloro senso. Ugualmente i giornali
illustrati non si limitano a offrire al lettore immagini,
ma dotano queste di didascalie (cosa del tutto differente dal titolo del quadro), proponendo chiavi di lettura,
nume.nti di Riegl", in S. Scarrocchia (a c. di), AloiJ Riegl: teoria e praH della
comervaz.ione dei monumenti, cit., pp. 417-19.
TECNICA E PREISTORIA
117
118
egli
confrontato con le Sue cose, Le: pu risultare dalla domanda che mi ha posto: qual il rapporto tra la Sua critica ddl'auratico e il carattere auratico dci
Suoi propri scritti. Se qualcuno si merita un esemplare in omaggio di Stradtz
a senso unico, quello certamente Schapiro" (lettera dd 2.8.38, in AB,
346).
32. Prismi, cit., p. 240. Sul gerogUfico cfr. anche E. Bloch, "Geroglifici
del XIX secolo", in Eredit del nostro tempo, cit., pp. 319-25: "La forma in
cui questo secolo ha imitato il sogno, ha copiato, mescolato e sostituito epo
che passate si cristallizza in geroglilici" (ivi, p. 320). Questo testo blochiano
fece insorgere in Bcnjamin sospetti di plagio a danno del Panagenwerk: .. Ai
miei colleghi letterati, e perfino agli amici, non faccio invece saper nulla di
questo lavoroj nulla di preciso. Attualmente in uno stadio in cui particolarmente esposto a ogni immaginabile ingiuria, non da ultimo a quella del
furto. Capirai che i Geroglifici del secolo XIX di Bloch mi hanno messo un
TECNICA. E PREISTORIA.
119
mento cultuale si cerca di recuperare la dimensione auratica, riallacciando il polo dell'estrema tecnologicizzazione al polo arcaico della ieratica espressivit egizia:
" molto istruttivo osservare come lo sforzo di far rientrare il cinema nell'arte costringa tutti questi teorici ad
attribuirgli, con una pervicacia senza precedenti, quegli elementi cultuali che non ha" (III, 30). Sembra qui
che venga ad essere esemplificata quella legge presentata nell'Expos del 1935, secondo cui "alla forma del
nuovo mezzo di produzione, che, all'inizio, ancora
dominata da quella del vecchio (Marx), corrispondono, nella coscienza collettiva, immagini in cui il nuovo
si compenetra col vecchio. Queste immagini sono
proiezioni del desiderio, in cui il collettivo cerca di eliminare o di abbellire l'imperfezione del prodotto sociale, come pure i difetti dell'ordinamento sociale della
produzione. Emerge insieme, in queste proiezioni, l'energica tendenza a distanziarsi ~all'invecchiato- e cio
dal passato pi recente. Queste tendenze rimandano la
fantasia, che ha tratto impulso dal nuovo, al passato antichissimo" (PW, 6-7).
Cos "un rivolgimento di portata storica mondiale
[weltgeschichtlich]" quale la riproducibilit tecnica dell'arte, responsabile dell'estinzione dell'"apparenza della sua autonomia", pot venire inquadrato nell'ambito
di una domanda in fondo mal posta: "Se gi precedentemente era stato sprecato molto acume per decidere la
questione se la fotografia fosse un'arte- ma senza the ci
si fosse posta la domanda preliminare: e cio, se attraverso la scoperta della fotografia non si fosse modificato
il carattere complessivo dell'arte-, i teorici del cinema
ripresero ben presto questa male impostata problematica" (Ili, 29-30), interrogandosi sull'artisticit o meno
del film piuttosto che sulle trasformazioni che esso provocava in seno al concetto stesso di "artisticit".
7
TECNICA E MIMESI
Per dar conto delle modificazioni dello statuto dell'arte, Benjamin si diffonde in interessanti considerazioni sul confronto tra riproduzione fotografica di un
dipinto e di una scena in uno studio cinematografico,
tra attore di teatro e attore di cinema, nonch in riflessioni sull'esperienza del test cos come si presenta durante le riprese di un flm, in gare sportive, alla q.tena
di montaggio e in colloqui attitudinali.
La riproduzione di un dipinto di un tipo diverso
dalla riproduzione di un evento fittizio preparato in
uno studio cinematografico: "Nel primo caso il riprodotto un'opera d'arte e la riproduzione non Io . Poich la performance del fotografo che opera con l' obiettivo tanto poco un'opera d'arte quanto lo quella di
un direttore che dirige un'orchestra sinfonica; nel migliore dei casi una performance artistica: Le cose vanno diversamente con le riprese in uno studio cinematografico. Qui gi il riprodotto non un'opera d'arte, e lo
naturalmente altrettanto poco, dal canto suo, la riproduzione, come non lo era una fotografia nel primo caso. L'opera d'arte nasce qui nel migliore dei casi solo
sulla base del montaggio. Nel fim essa riposa su un
122
montaggio, ogni singolo componente del quale lariproduzione di una scena che non un'opera d'arte in
s, n la produce nella fotografia" (II, 364).
Che cosa sono allora, si chiede Benjamin, questi singoli elementi costitutivi del film che non rappresentano
-se singolarmente presi- alcunch eli artistico- n in
s, n nella loro riproduzione nel fotogramma? La risposta va cercata nella particolare prestazione professionale dell'attore eli cinema il quale, a elifferenza dell'attore di teatro, non si trova a recitare di fronte a un
pubblico occasionale e contingente, bens eli fronte a
un comitato eli specialisti- direttore eli produzione, regista, operatore eli macchina, tecnico del suono o delle
luci ecc.- che hanno la possibilit eli intervenire in ogni
momento nella recitazione dell'attore, moelificandola.
Questa situazione, che Benjamin definisce un "inelice
sociale molto importante", accomuna il film alla prestazione sportiva e pi in generale all'esecuzione eli un
test. Il montatore infatti, trascegliendo dalle nwnerose
varianti eli una stessa scena- che viene infatti per lo pi
girata molteplici volte- istituisce una gerarchia fra esse
(una prima arrivata, un seconda, ecc.), cio un primato
o record. Con questa clifferenza: "Una scena rappresentata nello stuelio eli registrazione clifferisce dunque
dalla corrispondente scena reale come il lancio eli un
disco in un campo sportivo durante una gara clifferisce
dal lancio dello stesso elisco nello stesso luogo e sulla
medesima traiettoria, se ci accadesse per uccidere un
uomo. Il primo caso sarebbe l'esecuzione di un test, il
secondo no" (II,364).
Ma- precisa Benjamin -l'esecuzione del test propria dell'attore cinematografico eli carattere del tutto
particolare. Essa consiste nel superamento eli quei limiti
naturali posti dalla costituzione fisica umana allo sporti-
TECNICA E MI MESI
123
.
124
riempiono le sale cinematografiche, per esperire [erteben] come l'attore cinematografico si prenda per esse
la rivincita, nel momento in cui la sua umanit (o ci
che a loro appare tale) non solo si afferma di fronte all'apparecchio, ma pone questo al servizio del proprio
trionfo" (II, 365).
Se consideriamo invece la stesura della III, troviamo
al paragrafo 8 una trattazione della differenza tra attore
teatrale e attore cinematografico che riduce al minimo
l'analisi dello statuto di test della performance di quest'ultimo (Benjamin si limita a dire che, dato l'essenziale intervento dell'apparecchio durante le riprese, sotto
forma innanzitutto di movimenti e inquadrature della
cinepresa, "la prestazione dell'interprete viene sottoposta a una serie di test ottici [optische Tests]"), mentre
amplia la parte relativa alle differenti modalit della ricezione proprie del pubblico teatrale rispetto a quello
cinematografico.
Ragione di tali differenze il fatto che "la prestazione artistica dell'interprete teatrale viene presentata definitivamente al pubblico da lui stesso in prima persona; la prestazione artistica dell'attore cinematografico
viene invece presentata attraverso un'apparecchiatura"
(III, 31). Ci comporta in primo luogo che il fruitore
del film non percepisca la totalit dell'esecuzione compiuta dall'attore, ma solo quelle parti che sono state
prescelte nel montaggio dalle "prese di posizione"
[Stellungnahmen] del montatore. In secondo luogo,
che, non trovandosi difronte a un pubblico, l'attore del
film a differenza di quello di teatro non pu adeguare la
sua recitazione ai fruitori: "Il pubblico viene cos a trovarsi nella posizione di chi chiamato a esprimere una
valutazione senza poter essere turbato da alcun contatto personale con l'interprete. Il pubblico s'immedesi-
TECNICA E MIMESI
125
ma [fiihlt sich ... ein] all'interprete soltanto immedesimandosi [sich ... einfiihlt] all'apparecchio. Ne assume
quindi l'atteggiamento: fa un test" (III, 31-32). Ci elimina, conclude Benjamin, la possibilit che si possa intendere un'esperienza del genere come esprimente valori cultuali.
126
Come si visto, a tale uso non si sottraggono nel saggio sull'opera d'arte interpretazioni nostalgiche, conservatrici o reazionarie delle modifcazioni apportate
dalla tecnologia nel cuore stesso dell'arte, interpretazioni che Benjamin impiega in funzione descrittiva,
mutando ne il segno. quello che accade, nel paragrafo
9, con Luigi Pirandello. Proseguendo le riflessioni gi
avviate nel paragrafo precedente sul tema dell'attore,
Benjamin riconosce a Pirandello di essere stato - lui
'
drammaturgo- uno dei primi a rendersi conto che "al
film importa non tanto che l 'interprete presenti al pubblico un'altra persona, quanto che egli presenti se stesso di fronte all'apparecchiatura" (III, 32). Con una lunga citazione dal romanzo Si gira ... 4 , Benjamin riporta le
preoccupazioni che agitavano lo scrittore siciliano di
fronte all'attore cinematografico come uomo-macchina, esiliato dal proprio corpo vivente e ridotto a mera
immagine sullo schermo, "giuoco d'illusione su uno
squallido pezzo di tela". la macchina a farsi carico
della mediazione fra pubblico e attore, e questi deve limitarsi a recitare di fronte ad essa.
Ma la mediazione dell'in1magine cinematografica significa anche un venir-incontro della figura dell'attore
alle masse, un suo avvicinamento, una sua dislocazione
rispetto alla posizione del corpo proprio, cio del suo
hic et nune. Ed esattamente come accade all'oggetto artistico, ad esempio alla cattedrale o al coro (cfr. quanto
detto supra per il paragrafo 2), anche l'attore subisce
TECNICA 11 MIMESI
una deauraticizzazione: "Per la prima volta- ed questo l'effetto del film -l'uomo viene a trovarsi nella situazione di dover agire s con la sua intera persona vivente, ma rinunciando all'aura. Poich la sua aura legata al suo hic et nune. Non se ne d copia [Abbild] alcuna" (III, 33: tr. m od.). E la perdita di tale auraticit
duplice: investe tanto il rappresentante quanto il rappresentato, tanto l'attore quanto il personaggio.
n cinema viene cos nettamente contrapposto al teatro, come gi lo era stato alla scultura: 'T arte del presente
pu contare su tanta pi efficacia, quanto pi essa si imposta alla riproducibilit, dunque quanto meno essa pone al centro l'opera originale. Se fra tutte le arti quella
dran1111atica ad essere colpita nel modo pi palese dalla
crisi, ci dipende dalla natura stessa della cosa" (I, 452).
un passo dal testo di Amheim Film als Kunst a confermare questa opposizione: noto, osserva il teorico gestaltista dell'arte, che al cinema "si ottengono quasi sempre i
maggiori risultati quando si recita il meno possibile". Avviene una sorta di reificazione dell'attore, che trattatorileva Amheim- dal regista come un attrezzo o uno strumento messo al posto giusto nel momento giusto. Questo
aspetto, non che risultare negativo ed esecrabile a Benjamin (per nulla preoccupato del destino della soggettivit,
anzi fermamente convinto- come afferma Adorno- che
"la conciliazione dell'uomo con la creazione condizionata dalla dissoluzione di ogni essere umano che abbia affermato sestesso"J), positivo nel momento in cui pu ribaltarsi nel suo opposto: "Se l'attore diventa un attrezzo,
non di rado, d'altra parte, l'attrezzo funge da attore".
questo un orizzonte del cinema a parere di Benjamin
squisitamente materialistico, poich per la prima volta si
127
128
mostra come "la materia agisca [ma anche reciti: mitspielt] insieme con l'uomo" (III, 52, n. 19).
Ma non questo l'unico effetto della macchina da
presa sull'attore: Benjamin torna in questo paragrafo
sulla questione della immedesimazione o identificazione. Se in quello precedente aveva negato la possibilit
che il pubblico si immedesimasse direttamente nell'interprete cinematografico, essendo costretto a passare
prima per una immedesimazione nell'apparecchiatura,
qui Benjamin contesta la possibilit che l'attore stesso
possa identificarsi con la propria parte, il proprio personaggio: "L'attore che agisce sul palcoscenico si identifica [versetzt sieh] in una parte. Ci spessissimo negato all'interprete cinematografico" (III, 33 ). Troviamo
qui un preciso collegamento tra perdita dell'aura e perdita dell'Ein/iihlung. A causa della frammentazione
dell'azione, scomposta in numerose scene che per imotivi pi svariati (dalla disponibilit dei locali a quella
degli attori, da esigenze tecniche piuttosto che scenagrafiche) vengono girate separatamente e che non necessariamente stanno fra loro in un rapporto di consequenzialit logica e cronologica (rapporto che eventualmente verr recuperato solo in fase di montaggio),
l'attore non esperisce pi durante l'esecuzione della
sua performance quell'unit di senso che gli permetteva la trasposizione [Versetzung] 6 nel personaggio e nel
6_. Ricordi~mo a t~_Ie proposito il teorico dd teatro e regista russo Konstantm S. StamslawskiJ (pseudonimo di K.S. Alekseev, Mosca 18631938), il
Ct_ll
~lmc:nto pstcologtco e l'esaltazione ddle possibili affinit tra il mondo interiore del personaggio e quello dell'attore: l/lavoro dell'attore su u stesso
[1938), a c. di G. Guerrieri, Laterza, Roma. Bari 1991; l/lavoro dell'al/ore
Jul Pm?naggro [1957), a c. di F. Malcovati, pref. di G. Strehler, Laterza, Ro~a-~an 1993; s~ veda_ la celebre autobiografia La mia uita nell'arte [1926], tr.
tt. dt M. Borsellmo D1 Lorenzo, Einaudi, Torino 1963.
TECNIChE MIMESI
129
130
Tanto questo esempio quanto quello dello sparo evidenziano la natura astratta della recitazione cinematografica, che non si basa sull'immedesimazione ma su
una performance avulsa dal sostrato dell'esperienza
vissuta e dd suo contesto complessivo: su un test, appunto. questa esigenza di performance tecnica a costituire una profonda differenza tra la recitazione f!mica e quella teatrale, c a spiegare, secondo Benjamin, il
motivo per cui quasi mai le star cinematografiche sono
eccellenti attori teatrali, quanto piuttosto interpreti di
secondo o terzo rango, che ben di rado tentano il salto
dallo studio al palcoscenico, e quando lo tentano spesso vanno incontro a un fallimento. "Nulla mostra in
modo pi drastico- conclude Benjamin- come l'arte
sia sfuggita al regno della bella apparenza [schoner
Schein], cio a quel regno che per tanto tempo stato
considerato l'unico in cui essa potesse fiorire" (III, 34).
Viene qui meno dunque quella tradizionale caratterizzazione dell'opera d'arte come bella apparenza, che
Benjamin aveva indagato negli anni Venti, ad esempio
nel saggio dedicato alle Affinit elettive di Goethe
(CCRT, 245-48) e nella Premessa gnoseologica al Dramma barocco tedesco (DB, 7-8), in entrambi i casi con
esplicito rimando al Simposio platonico, e in connessione con la teoria della verit. utile a questo proposito
richiamare una pagina dedicata appunto a I.:"apparenza", manoscritto appartenente ai materiali riferiti al
saggio goethiano: "In ogni opera ed in ogni genere
d'arte- scrive Benjamin- presente la bella apparenza. [ ... ] Esistono diversi gradi della bella apparenza,
una scala, che non determinata dalla maggiore o minore bellezza in essa presente, ma dal suo carattere pi
o meno apparente. [. .. ] L'apparenza tanto maggiore
quanto pi si mostra vivente" (CCRT, 261-63 ).
TECNICA E MI MESI
131
TECNICA E MI MESI
133
r!siede per intero nella mimesi come fenomeno originano [Urphiinomen] 11 di ogni attivit artistica. Colui che
imita, solo apparentemente [scheinbar] fa ci che fa. Il
genere pi antico di imitazione conosce, in verit, solo
un'unica materia e cio il corpo stesso di colui che imita. La danza e il linguaggio, il moimento del corpo e
delle labbra sono le prime matfestazioni della mimesi.
Colui che imita, rende la sua cosa apparente
[scheinbar] " 12
La mimesi come fenomeno originario dell'artistico
dominata da una polarit: quella di apparenza [Schein]
e rappresentazione [Spiel], che si incarnano anche in ligure paradigmaticlie della storia dell'arteu. Al 'primo
polo Benjamin connette i procedimenti magici della
prima tecnica, al secondo polo i protocolli sperimentali
11. Ha sottolineato gli influssi goethiani su Benjamin Hannah Arendt in
Il pesOJiore di perle: Walter Benjamin (1892-1940), tr. it. di A. Carosso, A.
Mondadori, Milano 1993.
. 12. In "Linea d'ombra", 131, 1988, p. J2 (tr. mod.). Desideri, appog
g~andos.l a c;tu.esto pas;o, sosti~ne che_ l'interpretazione tradizionale del saggio benJanumano sull opera d arte- mcentrata suUe trasformazioni indotte
dalla riproducibilit tecnica, e volta a evidenziare l'oscillazione benjaminiana tra la nostalgia per l'aura e l'entusiasmo per i nuovi medi- non coglie il
punto fondamentale dello scritto: .. La novitas costituita dall'epoca della riproducibilit tecnica viene alquanto ridimensionata. La tensione tra la riproduzione tecnica c l'unicit-irripetibillt propria dell'opera d'arte pretecnologica risulta, insomma, una tensione assai meno problematica di quella tra il momento mimetico-riproduttivo del bdlo e l'oggetto {o piuttosto l'idea} che ad esso sempre si sottrae. Mettendo a giorno quello che l'arte
semp~e. s~ata! ossia _una variant~ della tecnica in 8enerale, l'epoca dcll.a riproduclbdua spmge piUttosto a chiedersi perch proprio in questo caso (n d caso d?Ja cosiddetta ."arte bella") il momento della mimesi e della riproduzio- '
ne s1a prev~ente nspetto a quello puramente produttivo e perfettivo ddle
altre lechnat. Forse appunto per il motivo che qui si tratta di produrre proprio l'irriproducibile" (La ven"t mimelica, ivi, p. JJ ).
13 ... Notoriamente Schiller nella sua estetica ha riservato alla rappresentazione una posizione decisiva, mentre l'estetica di Goethe determinata da un interesse appassionato per l'apparenza. Tale polarit deve trovar
posto nella defmizione dell'arte. L'arte, cosi dovrebbe essere formulata,
una proposta di miglioramento rivolta alla natura: un imitare [Nachahmen]
il ~ui n_udco n~scosto un mostrare [Vormachen]. L'arte , in altre parole,
mlmest perfezionante [vollendmde Mimesis]" (Para/ipomena aJla II: GS
VI!-2, 667-68).
134
TECNICA E MI MESI
1.35
A tale trasformazione sembra richiamarsi la I, l dove Benjamin propone una pregnante quanto fugace
contrapposizione di mimo e attore di cinema: considerando la peculiare natura del film, per cui pi in1portante che l'attore interpreti se stesso davanti all'apparecchiatura che non un altro personaggio davanti al
pubblico, come invece accade nel teatro, Be.njamin
scrive che "il tipico attore cinematografico recita solo
se stesso. Egli sta in opposizione al tipo del mimo. Tale
' condizione limita la sua utilizzabilit sul palcoscenico,
ma la amplia straordinariamente nel film. Poich la star
cinematografica corrisponde al suo pubblico soprattutto per il fatto che a ciascuno sembra schiudersi la
possibilit di "far parte a sua volta di un film". L'idea di
farsi riprodurre dall'apparecchiatura esercita sull'uo' mo odierno un'enorme for;za di attrazione" (I, 454; cfr.
simili argomenti svolti in III, 35, senza per riferimento
; almimo).
l
.
!
14. "ll dono di scorgere analogie altro non c.~e un pallido) ret_a~iorid~
l'antica coazione all'identificazione e alla mtmeSi (al!B, 54-~eJi SI neo
ucsto ro
tema
: corre~pon-
l. "
.
, defirure
come un 'esnl"'rtenza
ueste correrpondancer SI. puo
~"'~
, c e .cercaul
1 staa1 ,-teoria mimetica del linguaggio cfr. SuiLz lingua in generale~ sulla lingua del
al riparo di ogni crisi. Essa IJ?Ssibile solo ndl.. ambito c tu e. l'uomo [1916] (MG, 177-9}); Il romptlo del traduttore [1921] (CCRT, !57Quando esce da questo ambito, assume las~etto dd )>ello (ANd117). h l i 70), e Problemi de/14 rociologia del linguaggio [19}4-35] (CR, 223-51). Per
15 Sul delicato problema della mimes1 m BenJamm SI ve a anc e a ~ questo tema rimandiamo a W. Menninghaus, Walter B~njamins Theon~ der
Lehre ~om Ahnlchen (GS 11-1, 204-10), redatta nd febbraio 193}. Per la Sprachmagie, Suhrkamp, Frankfurt a. M. 1980.
~ilirsi
8
SPECCHI, MAGHI E CHIRURGHI
Questa rappresentazione dell'uomo da parte dell' apparecchiatura- procede Benjamin nel paragrafo 11
della I- ha significato s la sua autoestraneazione [Selbstent/remdung], ma anche una valorizzazione [Verwertung] massimamente produttiva: "Tale valorizzazione
si pu misurare dal fatto che lo stupore [Befremden]
dell'attore davanti all'apparecchiatura, cos come lo
descrive Pirandello, per sua natura della stessa specie
dello stupore dell'uomo romantico di fronte alla sua
immagine allo specchio- notoriamente un motivo prediletto diJean Paul. ora per questa immagine speculare diventata staccabile dall'uomo, e trasportabile. E
dove viene trasportata? Davanti alla massa (al pubblico, preferir la III, 34)" (I, 451) 1
Benjamin non manca di sottolineare la possibilit di
volgere in senso progressivo o reazionario questo stato
di cose. Se l'attore cinematografico sa - e non smette
mai un momento di sapere - che in ultima analisi egli
ha a che fare con la massa, " proprio questa massa che
l. Il tema dell'immagine speculare verr ripreso nella UI, 34, all'inizio
del 5 10, ma verr soppresso il riferimento ai romantici e aJean Pau,l: Benjamin l parler solo in termini generici di immagine speculare trasportabile.
i!
138
139
duzione tecnica provoca un passaggio dall'immediatezza del messaggio teatrale alla mediatezza del messaggio cinematografico, allo stesso modo in politica all'immediatezza tipica della democrazia, grazie a cui l'o
ratore o il governante si espone direttamente al suo
pubblico, il parlamento, subentra la mediatezza della
riproduzione sonora e visiva: "Si svuotano i parlamenti, contemporaneamente ai teatri" (II, 369, n. 11; III,
53, n. 20). Al culto della personalit cinematografica
viene cos a corrispondere il culto della personalit politica; entrambe davanti all'apparecchiatura si sottopongono a un test, esattamente come lo sportivo durante una gara: "Da questa selezione escono vincitori il
campione, il divo e il dittatore" (Il, 369, n. 11).
questo lo scenario dell'arte e della politica dominate dal capitale. Suo intento dunque quello di impiegare il cinema come strumento per il mantenimento dei
rapporti di forza; ci significherebbe un arresto del
processo e una fissazione sulla condizione di alienazione del soggetto, sia esso attore sia esso fruitore: "Maconclude la Fr.- la tecnica dd film p.reviene questo arresto: essa prepara il rovesciamento dialettico" (Fr.,
726). infatti peculiare alla tecnica stessa la promozione della partecipazione delle masse, fornendo a ciascuno "la possibilit di trasformarsi da passante in comparsa cinematografica. [ ... ] Ogni uomo contemporaneo pu avanzare la pretesa di venir filmato" (III, J 5) 4.''
Allo stesso modo, nel Novecento ogni lettore pu
avanzare la pretesa di scrivere grazie all'enorme espan-
del!8.3.1936,inAB, 173).
3. Si veda, in connessione a ci, il parallelo culto dd letterato: 1n Baudelaire il poeta rivendica per la prima volta un valore di mercato. Baudelaire
fu l'impresario di se stesso. La perle d'aurole colpisce innanzi tutto il poeta.
Di qui la sua mitomania" (Parco centrale: AN, 134).
140
sione dei mezzi eli comunicazione di massa, che prevede espressamente- ad esempio tramite la posta al direttore sui quotidiani - spazi per la manifestazione del
singolo: "il lettore sempre pronto a diventare autore"
(III, 36).
Se nel primo caso, quello del cinema, Benjamin descrive la possibilit di passare anche ex abrupto dal ruolo eli spettatore a quello eli protagonista (e si pensi a
quale enorme sviluppo andata incontro questa possibilit, ad esempio nella diffusione dei programmi della
cosiddetta TV-verit o, anche se ad un livello inconsapevole, delle candid cameras)- !ad dove per il ruolo eli
autore rimane nelle mani di un singolo: il regista -, nel
secondo, quello della scrittura, il passaggio consiste
piuttosto nell'abbandonare il ruolo di fruitore per assumere quello di autore.
Contestando l'interpretazione reazionaria di questo
fenomeno eli massilicazione dell'autorit [Autorschaft]
fornita da Aldous Huxley in Crociera d'inverno in America centrale, in cui si stigmatizza l'aumento progressivo
della "produzione di scarti" nell'ambito del "consumo
sproporzionato di materiale letterario, illustrativo e sonoro" (III, 54, n. 21), e opponendosi al potente "publizistischer Apparat" (I, 456)- ad esempio le carriere o la
vita amorosa delle star cinematografiche- con cui il capitale impedisce al soggetto fruitore di raggiungere una
conoscenza di s come singolo e della classe cui appartiene, Benjamin vi contrappone il caso dell'Unione Sovietica, in cui la letteratura che scaturisce dalla preparazione non umanistica, bens politecnica, mette a disposizione delle masse delle specifiche competenze
professionali e permette d'altro canto a ciascun singolo, se competente (anche eli una "funzione irrisoria"),
di diventare autore: "Nell'Unione Sovietica il lavoro
141
'!
142
Qui evidentemente Benjamin sta riprendendo la distinzione tra rappresentazione (o mimesi) immediata
della realt tramite il corpo nel teatro e rappresentazione mediata della realt tramite la tecnica nel cinema.
Propriamente parlando, lo spettatore cinematografico
non colui che assiste alle riprese in studio, bens colui
che le fruisce in sala una volta tagliate e montate. Se la
natura illusionistica del teatro di primo grado, se cio
essa si allontana dalla realt di un ordine (l'attore sul
palcoscenico finge di essere R.iccardo III), nel cinema
questa illusione non viene prodotta immediatamente
sulla scena, ma necessita dell'intervento e della mediazione del montaggio, un passaggio ulteriore che ne determina il secondo grado o ordine di illusione. In altre
parole, lo spazio in cui si produce l'illusione di realtil luogo in cui gli attori interpretano i propri personaggi
-non ha la medesima funzione nel teatro e nel cinema:
se nel primo tale luogo, il palcoscenico, lo spazio in
cui la rappresentazione teatrale nella sua ili usoriet si
offre immediatamente alla percezione dello spettatore,
nel secondo questo spazio, Io studio cinematografico,
non viene mai percepito come tale dal fruitore, ma viene scomposto e ricomposto nel montaggio, e solo a
quel punto proposto alla percezione del pubblico: "La
vista sulla realt immediata diventata una chimera nel
paese della tecnica" (III, 37)- laddove per "realt immediata" [unmittelbare Wirklichkeit] si comprende
evidentemente anche la rappresentazione illusoria della realt stessa cos come avviene sulla scena teatrale.
te stato quanto poco sia d che viene effettivamente determinato dal montaggio e dalle novit dd progresso rispetto ~ qu~o che Lei fa ~mergcre;
_piuttosto la realt viene in tutto e per tutto rnJmetJcamcnte coJtrurta [au/ge:baut] in modo infantile e quindi 'fotografata' [abphotographi<rtl. Lei sotto
valuta la tecnidt dell'arte autonoma e sopravvaluta queUa ddl'arte dipendentej sarebbe questa- detto chiaro e tondo -la mia obiezione principale"
(lettera del18.3.1936, in A-B, 173 ).
143
Nella seconda parte del paragrafo 11 Benjamin passa ad un altro confronto, ancora pi rivelatore: quello
tra pittura e cinema. Il pittore viene paragonato al mago, l'operatore cinematografico al chirurgo: sono, questi, due poli opposti di un ordinamento, in cui implicitamente ammesso - proseguendo il parallelismo che il rappresentato corrisponda all'ammalato. Il mago
guarisce l'ammalato tramite l'imposizione delle maniquindi a distanza. Il chirurgo interviene nel corpo del
malato - quindi M vicino, addirittura dal di dentro.
Torna la coppia percettiva lontananza-vicinanza, cos
elaborata da Benjamin: "Il mago conserva la clistanza
[Distanz] tra s e il paziente; in termini pi precisi: lariduce- grazie all'apposizione delle sue mani- soltanto
cli poco e l'accresce- mediante la sua autorit [Autorit'!]- di molto. Il chirurgo procede alla rovescia: riduce la sua distanza dal paziente di molto - penetrando
nel suo interno-, e l'accresce di poco- mediante la
cautela con cl!i la sua mano si muove tra gli organi"
(III, 38).
Alla distanza tra mago e paziente, garantita dall'imposizione delle mani, corrisponde la "distanza naturale" [natiirliche Distanz] mantenuta dal pittore nei confronti cli ci che deve dipingere; alla penetrazione del
chirurgo nel corpo malato corrisponde invece la penetrazione del cameraman nel "tessuto della datit"; que-.
sta differenza nelle prassi operative determina la diffei"
renza dell'immagine che ne scaturisce, totale [total] nel
caso della pittura, frammentata [zerstiickelt] nel caso
del cinema: "Cos, la rappresentazione filmica della
realt perl'uomo oclierno incomparabilmente pi significativa, poich, precisamente sulla base della sua
intensa penetrazione mediante l'apparecchiatura, gli
offre quell'aspetto, libero dall'apparecchiatura, che
144
145
146
memoria [Gediichtnis], alla fruizione del romanzo, incentrata sulla reminiscenza volontaria [Eingedenken].
Queste due forme, ancora indistinte nell'epico, fondato nel ricordo [Erinnerung] come sapere della tradizione, si scindono nel momento in cui- in seguito ad una
trasformazione i cui ritmi sono paragonabili a quelli
geologici- dopo un lungo periodo di latenza il romanzo emerge, alle soglie dell'et moderna, come forma
letteraria specifica della borghesia in ascesa (cfr. AN,
262-63 ). La tecnica della stampa, che lo rese possibile,
minaccia nondimeno di estinguerlo, sostituendolo con
l'informazione: "Ci che trova ora pi facilmente
ascolto non pi la notizia che viene da lontano, ma
l'informazione che offre un aggancio immediato. La
notizia che veniva di lontano godeva di un prestigio
che le assicurava validit anche se non era sottoposta a
controllo. Ma l'informazione ha la pretesa di poter essere controllata immediatamente. Dove anzitutto essa
vuoi essere intelligibile di per s e alla portata di tutti" 8
(AN,253).
147
(A-B, 185). Come il saggio sull'opera d'arte, anche quello sul narratore
informato allo schema binario vicino vs lontano. Esso si apre con una rifles.
sione sulla distanza: "ll narratore- per quanto il suo nome possa esserci fa-
miliare- non ci affatto presente nella sua viva attivit. qualcosa di gi remoto e che continua ad allontanarsi. Presentare Leskov come narratore non
significa, quindi, avvicinarlo, ma_accres~ere la di_st_anza ~he da Iu_i c! separ~.
Considerati a una certa distanza,! grandi e semplici tratti che costltwscono il
narratore prendono in lui il sopravvento .. O, per_
meglio, ~ssi emergo_no in
lui come una testa umana o un corpo ammale s1 disvdano, rn una roccia, all'osservatore che si messo alla giusta distanza end giusto angolo visuale.
Questa distanza e questa prospettiva ci sono imposte da un'esperienza che
abbiamo modo di fare quasi ogni giorno. Essa ci dice che l'arte di narrare si
avvia al tramonto" (AN. 247). Distinguendo quindi fra due "tipi fondamentali" di narratori -l'agricoltore sedentario e il mercante navigatore -, Benjamin li caratterizza per un diverso rapporto con la distanza, temporale per il
primo tipo, spaziale per il secondo: dal canto suo, "Leskov a suo agio nella
lontananza dello spazio come in quella del tempo" (AN, 249).
8. Sull'essenza del giornalismo si veda il saggio benjaminiano del1931
dedicato a KArl Krous (in AR, 100-33). Se il giornalista un uomo che "segue
di:
.'i
le cose solo nei loro rapporti, soprattutto negli eventi dove si scontrano fra
loro", che quindi concentra tutta la sua sensibilit per il contatto tattile fra
gli avvenimenti, nessuno pi di Kraus "avrebbe potuto essere indotto in uno
stato di pi nera disperazione dall'incontro dell'evento con una data, un te
stimone oculare o una macchina fotografica [ ... ].Egli ha concentrato tutte
le sue energie nella lotta contro la frase fatta, che l'espressione linguistica
dell'arbitrio con cui, nd giornalismo, l'attualit si arroga il domi n) o sulle cose" (AR, 101). significativo che Benjamin descriva il Kraus impegnato ndlo "smascheramcnto dell'inautentico" come mimo" (AR,l12).
9
GNOSEOLOGIA DELLA DINAMITE
..
della magia bianca" (lettera a Scholem dd 5.8.37: TU, 232). Nel corso del
1937 lo studio della concezione junghiana ddl'inconscio collettivo e degli
archetipi in relazione alla preparazione dd Panagenwerk (cfr. PW, 507 29)
si precisa come un'ipotesi
di
'
l
150
l
ll
l
l
i
151
152
Dalla funzione conoscitiva della fotografia il discorso benjaminiano si allarga quindi a quella del cinema:
"Col primo piano si dilata lo spazio, con la ripres-a al
rallentatore si dilata il movimento" (III, 41). Diventano
cos percepibili aspetti ignoti del mondo quotidiano,
dettagli prima inavvertiti degli ambienti usuall di vita,
contrassegni solitamente trascurati di gesti e di movimenti3: questo ampliamento della nostra percezione
costituisce un incremento di conoscenza, cio per
Benjamin un maggiore "spazio di gioco (o di rappresentazione)" [Spielraum]: "Le nostre bettole e le vie
delle nostre metropoli, i nostri uffici e le nostre camere
ammobiliate, le nostre stazioni e le nostre fabbriche
sembravano chiuderci irrimediabilmente. Poi venuto
il cinema e con la dinamite dei decimi di secondo ha
fatto saltare questo mondo simile a un carcere; cos noi
siamo ormai in grado di intraprendere tranquillamente
avventurosi viaggi in mezzo alle sue sparse rovine4 "
(III, 41).
3. Emst ~Joch h~ sottolineato l'effetto spaesante della lente di ingrandimento, che rende il noto spesso estraneo, spesso grottesco, non di rado
perturbante. [. .. ] Tanto pi terrificante rimane per il mondo ingigantito
sotto la lente rafforzata, quando mosche sembrano demoni e la pelle umana
assomiglia a una porzione di territorio su un continente estraneo e non proprio rassicurante" . Al contrario "gli oggetti accelerati, visti cio attraverso la
lente che rimpicciolisce, hanno un effetto di umana vicinanza l'aura del piccolo qui pi umana" . Confrontando il rimpicciolimento e l'ingrandimento
dello spazio con l'accelerazione e il rallentamento del tempo egli individua
la seguente legge: "il rimpicciolimento dei processi temporali ha un effetto
perturbante,_ l'ingra~dimento ha un effetto piacevole, il rimpicciolimento
spazz~le degli oggetti al contrario li rende gradevoli, l'ingrandimento perturbanti" ("Accelerare, rallentare il tempo e il loro rapporto con lo spazio", in
Geographica [scritti degli anni '20 e '30], a c. di L. Boella, Marietti, Genova
1992, pp. 224-25).
4. Si veda - a richiamo di queste "sparse rovine", di queste weitverstreuten Triimmer che infrangono il continuum percettivo ed esistenziale della vita borghese- nella IX Tesi Sul concetto di storia la catastrofe che accumula
Triimmerau/Triimmer, macerie su macerie, cos come appaiono all'angelo
kleetano "l dove davanti a noi appare una catena di avvenimenti" (CS 3637).
'
153
155
tiva. Le enormi quantit di eventi grotteschi che vengono consumate nel film sono un indice drastico dei pericoli che minacciano l'umanit provenienti dalle rimozioni [repressioni: Verdr"ngungen] che la civilt porta
con s. I film grotteschi americani e i film di Disney
provocano un'esplosione terapeutica dell'inconscio [la
Fr., 732, preferisce "un dynamitage de l'incoscient",
riecheggiando la "dynamite des diximes de seconde"
di Fr., 730). [ ... ) In questo contesto trova posto Chaplin come figura storica" (II, 377 -78).
L'idea dell'immagine artistica come cuscinetto che
ammortizza l'impatto tra il soggetto e la realt ostileidea, assieme a non poche altre (non ultima quella,
goethiana, di polarit 6), condivisa da Benjamin con
Aby Warburg, che aveva preposto ai suoi frammenti di
psicologia dell'arte il motto "Du lebst und tust mir nichts" (vivi e non mi fai nienteF- ritorna nel paragrafo
6. " vero- aggiunge Benjamin- che un'~malisi generale di questi film
non dovrebbe tacere il loro senso antitetico. Essa dovrebbe prendere le
mosse dal senso antitetico di quegli stati di cose che agiscono in modo tanto
comico quanto terrifico. La comicit e il terr<,ne, come mostrano le reazioni
dei bambini, si trovano molto vicini fra loro. [ ... ] Quello che emerge alla
luce dei pi recenti film di Disney in effetti gi annunciato in alcuni film
pi vecchi: l'inclinazione ad accettare in modo affabile la bestialit e l'atto
violento come fenomeni concomitanti dell'esistenza. Cos viene ripresa
un'antica e non meno rassicurante tradizione; essa viene dagli hooli"gans
danzanti che troviamo ndle immagini medievali dei pogrom, e la 'gentaglia'
della fiaba dei Grimm costituisce la loro scialba e confusa retroguardia"
(ll,J77, n. 14).
-''
7. Cfr. E. Gombrich, Aby Warburg. Una biografia inte/leiiU4le [1970], tr.
it. di A. Dal Lago e P.A. Rovatti, Fdtrinclli, Milano 1983, p. 70. Sulle
profonde affinit tra l'approccio di Benjamin e quello di Warburg (nonch
sui tentativi dd primo di entrare in contatto ron il circolo che ruota va intorno alla KulturwiJJenschaftlich~ Bibliothek fondata dal secondo, in pn'mis
con Panofsky e Saxl) dr. innanzi tutto W. Kemp, Walter Benjamin e id sa'enza eJielica Il: Walter Benjamin e Aby Warburg, tr. it. di C. Tommasi, in aut
aut", 189-90, 1982, pp. 234-62; quindi M.Jesinghausen-Lauster, Die Suche
nach der symbolischen Form, Koerner Verlag, Baden Baden 1985, pp. 273309; R. Kany, Mnemosyne als Programm. Geschichte, Erinnerung und die
Andacht r.um Unbedeutenden im Werk uon Usener, Warburg und Benj'amin,
156
del
157
158
AR,86).
159
cittadina, a partire da un qualsiasi attraversamento della strada. Questi ritmi incalzanti inducono l'individuo
metropolitano a sviluppare un "organo di difesa" che
c?nsiste. sostanzialmente nella cessazione di ogni' reaZIOne. S1 produce cos l'individuo blas: "C essenza dell' essere blas consiste nell'attutimento della sensibilit
r~spetto alle differenze fra le cose. [ ... ]Le cose galleggiano con lo stesso peso specifico nell'inarrestabile corrente del denaro" 11 A tale adattamento autoconservativo agli stimoli dell'ambiente metropolitano, consistente nel reagire non reagendo, corrisponde nei rapporti umani la "riservatezza", che contrasta con il continuo contatto esteriore con centinaia di individui:
un'indifferenza, "ma, pi spesso di quanto non siamo
disposti ad ammettere, una tacita avversione, una reciproca estraneit, una repulsione che al momento di un
contatto ravvicinato, e a prescindere dall'occasione,
p_u capovolgersi immediatamente in odio e in aggressiOne". Cos, nel "brulichio della metropoli", "la vicinanza e l'angustia dei corpi rendono pi sensibile la
distanza psic)1ica" 12 Si sviluppa cos in alcuni casi
.quella degenerazione denominata "fobia del contatto"
[~~riihru_ngsangst], la paura di essere toccati troppo da
v1cmo, di essere consegnati "agli chocs e ai turbamenti
che derivano dalla prossimit immediata e dal contatto
con uomini e cose"H.
1~. G. Simmel,
metropoli t la vita dello spirtio [1903], tr. it. di,P.Jedlowski e.R Siebert, !"trod. di P.J~owski, Annando, Roma 1995, pp. 36,
37, 43. S1 veda, per l espenenza musicale, la seguente osservazione di Adorno: La fonna di reazione costituita dal jazz si talmente:: accumulata che
tutta un~ gi?,:e,nt~ ~ent~ ormai naturalmente, primariamente, a sincopi e
non coglie ptu l ongl!lano conllitto fra le sincopi ed il metro fondamentale"
(Mod4 senutempo. Suljav:, cit., pp.ll5-16).
12.lvi, pp.45 e 49.
. 13. G. Simmel, Filosofo d<i denaro [1900], a c. di A. Cavalli e L. Peruccht, Utel, Torino 1984, p. 668. Per questi temi cfr. M. Cacciati (a c. di), Metropoli s. Sagg1 sulla grande cill di Sombart, Enden Sche/f/er e Simm<i, Offi-
160
Come si colloca l'arte in questa costellazione metropolitana? Molto significativamente Simmel, come
avrebbe fatto poi Benjamin, caratterizza l'arte in termini di distanza e vicinanza e la correla alle nostre modalit percettive generali e "naturali": "Ogni arte trasforma il campo visivo in cui ci poniamo originariamente e
naturalmente di fronte alla realt. Da un lato essa ce
l'avvicina, ci pone in un rapporto pi immediato con il
suo senso pi vero e pi intimo [ ... ]. D'altra parte,
per, ogni arte comporta un allontanamento dall'immediatezza delle cose, arretra la concretezza degli stimoli e stende un velo tra noi e loro, simile al sottile vapore turchino che aleggia sui monti lontani" 14 Ora, se
il "principio vitale di ogni arte[. .. ] consiste nell'avvicinarci alle cose ponendoci ad una certa distanza da esse", vero per che "l'interesse estetico del tempo recente va verso l'aumento della distanza dalle cose" 15
offrendo - ricordiamo che queste pagine simmelian~
vengono pubblicate nel1900 - una possibilit di sollievo all'iperstimolazione quotidiana tramite una fuga nel
remoto, nel simbolico e nell'inattuale.
lO
TEORIA DEL PROIETTILE
Una situazione completamente ribaltata stava davanti agli occhi di Benjamin trent'anni dopo: cio dopo
che le avanguardie avevano invertito quella direzione
verso la lontananza in una scandalosa vicinanza.
Ne indice eclatante l'arte dei dadaisti, improntata
com' a un'intenzione distruttiva nei confronti dell'aura che si concretizza in una "radicale degradazione del
loro materiale" 1 (III, 42): tanto la loro letteratura (si cita come esempio una poesia di August Stramm), nel
confezionare "insalate di parole" spesso oscene e irriverenti nei confronti dei linguaggi tradizionali, quanto
la loro pittura ( Arp che qui Benjamin richiama), che
grazie al montaggio incorpora nel quadro rifiuti e scarti
1. A proposito della benjaminiana "teoria del dad.aismo", che t~.vava
Adorno pienamente concorde (dr. lettera del.18.3.36, m A-B, 175), Bu.rger
osserva: "La perdita dell'aura non VIene qui ncondotta alla trasformaZione
delle tecniche di riproduzione, ma a un mtento del cr~atore:,La trasfor_ma
zione dell"intera funzione dell'arte' in tal senso non VIene pm a essere il n
sultato di innovazioni tecnologiche, ma il prodotto del comporta~ento
cosciente di tutta una generazione di artisti. [ .. .] Si stenta a sottra;-;1 co~
pletamente all'impressione che solo in un secondo tempo BenJamiD abb1a
voluto fondare materialisticamente una scoiX;rta, 9uella d~a per?ita ddcll.
ra delle opere d'arte, che in realt doveva al suoi contatti con l arte
e
avanguardie" (P. Biirger, Teoria dell'avanguardia [1974] , ed. 1t. a c. d1 R Ru
schi, Bollati Boringhieri, Torino 1990, p. 36).
162
l'ed. della II GS vri.2, 664, avvertono che 'taktisch' per 'taktil' non sba.
gliato, bens' di uso del tutto corrente in saggi di teoria ~dl'arte ~meno nell' area linguistica austriaca". evidente che, al contra no, la t r. lt., l ad dove
ammette per taktisch .. tattico" invece di .. tattile" (Ili, 45), deve essere emendata.
163
al vissuto contemplativo di quest'ultimo, che tenderebbe- se potesse fissare l'immagine- a inserir! a nell' ambito delle proprie associazioni di idee. Come spesso
caratteristico di Benjamin, l'opinione di lli1 interprete
conservatore, che legge questo stato di cose in senso
negativo e reazionario, serve a confortare l'ipotesi di
partenza: "Duhamel, che odia il cinema, che non ha capito nulla del suo significato, per ha colto qualcosa
della sua struttura, definisce questo fatto nella nota che
segue: 'Non sono gi pi in grado di pensare quello che
voglio pensare. Le immagini mobili si sono sistemate al
posto del mio pensiero"' 3 (III, 43, tr. m od.).
L'interruzione inaspettata e incontrollabile del flusso di pensieri nel fruitore determina l'effetto di choc
proprio del film. in particolare il suo essere basato su
un apparato tecnico a permettere di esibire il lato propriamente fisico dello choc, che ancora era avvolto da
lli1 "imballaggio" morale nella scandalosa arte dadaista. L'espressione tattile che colpisce [zustoflendJ tipica
del film distrugge l' auraticit che si nutre della lontananza ottica, quell' auratidt che si presenta sempre come llil' esperienza della distanza "per quanto vicina".
li rapporto fra arte dadaista e cinema offre a Benjamin Io spunto per delineare una filosofia della storia
dell'arte organizzata in tre momenti preceduti da lilla
premessa. Questa consiste nell'idea che ogni forma
d'arte gillilga, nella sua storia di sviluppo interno, a lli1
momento critico in cui pone determinate esigenze, solleva determinate questioni, aspira a raggillilgere certi
risultati cui puo pervenire solo una nuova forma d'arte
originata da lli1 ulteriore livello tecnico. Appoggiando}. G. Duhamd,Scnes de la uiefuture, II ed., Paris 1930, p. 52.
m.
4. In nota 26,
54-55; queste righe erano incluse nel corpo dd te~to
nel S 13 dclla l, 45657, e passarono gi in nota 15 della li, 378; mancano In
vece nella F r.
165
n.JO).
166
momento in cui si presenta come un complesso di forme artistiche (sostanzialmente pittura e letteratura) che
in un suo periodo critico mira a conseguire determinati
effetti che solo il cinema sapr garantire al proprio
pubblico nella pi spontanea naturalezza. caratteristico del dadaismo, cos come in generale degli stili delle cosiddette epoche di decadenza [Verfallszeiten], un
insieme di Extravaganzen und Krudititen contrassegnate da Barbarismen: non che essere elementi di negativit da condannare, tali aspetti costituiscono il vero
centro di forza di tali stili. Come evidente, qui Benja~
min tiene in filigrana Riegl e Wickhoff, con la loro storiografia artistica polemica nei confronti del concetto
di 'decadenza e il loro coraggioso recupero di periodi
stilistici tradizionalmente considerati "brutti", quale
appunto il tardo impero romano.
inoltre evidentemente l'impiego della coppia tattile/ottico a rivelare l'influenza dell'impianto riegliano.
Essa ricompare nel paragrafo successivo, il15, che prosegue nell'indagare la correlazione fra storia dell'arte e
storia della percezione, Cominciando con il definire la
massa una matrice (matrix) che rinnova l'atteggiamento usuale rispetto all'opera d'arte, Benjamin osserva come le modificazioni quantitative che essa apporta alla
partecipazione abbiano indotto delle trasformazioni di
carattere qualitativo, considerate in modo negativo e
svalutativo da critici reazionari. infatti ancora Duhamel a essere qui citato, in un passo in cui si stigmatizza
il cinema come "divertissement d'ilotes" (Fr., 735; cit.
da Scnes de la vie future, cit., p. 58), che offre una compensazione futile e passeggera ad una vita miserabile.
Ma ancora una volta proprio attraverso una caratteristica inversione della critica negativa di un fenomeno
artistico o sociale che Benjamin pu attingere gli stru-
167
menti analitici e descrittivi pi consoni al proprio intento. il divertissement che Duhamel e in generale i
commentatori conservatori contrappongono come degenerato atteggiamento distratto al serio raccoglimen:
to [Sammlung] preteso dall'opera diviene, in quanto dtstrazione [Zerstreuung], la cifra peculiare della ricezione filmica di massa.
Se il paragrafo precedente era stato impostato sull'opposizione tra sprofondamento [Versenk.ung] bo~
ghese e diversione [Ablenkung] dadaista, qmla coppia
Sammlung-Zerstreuung, a quella imparentata, por:a
Benjamin alla seguente formula.: "C?lui che racco?li~
[der sich Sammelnde] davanti ali opera d arte V1 s1
sprofonda [versenkt sich]; penetr~ nell'ope~a, come
racconta la leggenda di un pittore cmese alla v1sta della
sua opera compiuta. Inversamente, la massa distratta
[zerstreute] fa sprofondare in s [versenkt in sich] l'opera d'arte" (III, 44; tr. mod.) 6 .
.,
Di questo caso del pittore cinese Benjamin aveva g1a
trattato- e pi diffusamente- in "La Comarehlen", un
capitolo di Infanzia berlinese, i cui primi appunti risalgono all'autunno del1932. Riandando all'incanto che
la porcellana cinese esercitava su di lui quan~o. era
bambino, Benjamin riporta quella leggenda che Vlene
dalla Cina e narra di un vecchio pittore che mostrava
agli amici il suo ultimo dipinto. Vi si vedeva un giardino
s!
!ilm
169
168
me sono nate possono anche morire, l'architettura, dovendo rispondere a un bisogno necessario dell'umanit
(quello di ripararsi in un'abitazione), accompagna la
storia dell'uomo fin dai tempi preistorici e fintantoch
esister l'uomo non deve temere di scomparire.
Ora, nota Benjamin, due sono i modi di fruire dell'architettura: "Attraverso l'uso [Gebrauch] e attraverso la percezione [Wahrnehmung]. O, in termini pi
precisi: in modo tattile [taktisch] e in modo ottico ~op
tisch] ", precisando che "la fruizione tattile non aVViene
tanto sul piano dell'attenzione [Aufmerksamkeit]
quanto su quello dell'abitudine [Gewohnheit]. Nei
confronti dell'architettura, anzi, quest'ultima determina ampiamente perfino la ricezione ottica. Anch'essa,
in s, avviene molto meno attraverso un'attenta osservazione [gespanntes Au/merken] che non attraverso
sguardi occasionali [beilaufiges Bemerken]" (III, 45; tr.
mod.).
Vediamo qui Benjamin impiegare la coppia riegliana
tattilelottico, ma piegarla in direzione di una polarit
nelle modalit della ricezione che si determina in relazione ad una specifica forma d'arte. In altre parole, se
in Rieglla percezione tattile e quella ottica contrassegnavano ciascuna un periodo storico-artistico nel suo
complesso (senza tener conto delle differenze fra pittura, scultura, architettura, artigianato), in Benjamin l_a
percezione tattile diviene la cifra distintiva della fruizione di una determinata forma d'arte, l'architettura.
Ci non impedisce tuttavia a Benjamin di estender~
questa modalit all'epoca nel suo complesso; e anche di
pi: alla gestione del passaggio da un'epoca all'altra.
Per quel che riguarda questo secondo punto, ammettendo infatti che "in certe circostanze" questa modalit
di ricezione dell'edificio architettonico pu diventare
170
canonica, egli sottolinea che il nesso essenziale sussistente fra tattilit ed abitudine fa s che le modificazioni
percettive che avvengono nel corso della storia si svolgano fondamentalmente sulla base di una ricezione tattile: "I compiti che in certe epoche di trapasso [Wendezeiten] storico vengono posti all'apparato percettivo
umano non possono essere assolti per vie meramente
ottiche, cio contemplative. Se ne viene a capo a poco a
poco grazie all'intervento ddla ricezione tattile, all'abitudine" (III, 45).
Ma l'abitudine, oltre che correlarsi alla tattilit, si
connette alla distrazione: il soggetto distratto contrae
abitudini, e la sua capacit a svolgere certi compiti anche in condizioni distratte documenta l'abitudine da
lui contratta. L'occasione in cui si pu ottenere questa
documentazione offerta secondo Benjamin dall'arte:
"Attraverso la distrazione, quale offerta dall'arte, si
pu controllare di sottomano in che misura l'appercezione in grado di assolvere compiti nuovi. [ ... ]Laricezione ndla distrazione, che si fa sentire in modo sempre pi insistente in tutti i settori dd!' arte e che costituisce il sintomo di profonde modificazioni ddla percezione" (III, 46; tr. mod.), forgia l'apparato percettivo
dell'epoca, che quindi risulta configurarsi nel suo complesso come epoca tatti/e.
il cinema il mezzo pi potente di questa trasfor- ,
mazione percettiva; grazie ad esso il valore cultuale dell'arte recede, in quanto questa non pi oggetto di una
rispettosa contemplazione da lontano, ma viene sottoposta ad un esame, ad una perizia (qui Benjamin allude
nuovamente al parallelismo con il test sportivo), esige
quindi dallo spettatore una valutazione e una presa di
posizione da vicino, non per un comportamento attento (che sarebbe ancora caratterizzato dal rispetto
adorante dd!' auratico), bens distratto.
171
11
ESTETICA ED ESTETIZZAZIONE
comunismo, come per fedelt al suo p~posito di lanciare una puntata in favore di una teoria marxista dell'arte" (Pullega, loc. cit., p. 178), significherebbe forse sottovalutare eccessivamente gli echi marxiani che, c;:Ome si visto, pervadono tutto il saggio (anche se certlllllente non ne esauriscono gli
orizzonti), e non solo il suo alfa e omega, la Premessa e la Postilla (alla quale
Benjamin pare tenesse in modo particolare: si veda lo spezialerlaubnis", il
permesso speciale che Benjamin millantava di avere ricevuto da Horkhd.mer riguardo all'intoecabilit di questo paragrafo: cfr. GS 1-3, 988).
2. Nel suolJds Ornam~ntderMtuU, del1927, Kracauer analizzJ'oma-
174
rapporti di propriet. Anzi, la concessione di quell'espressione strategicamente intesa ad assicurare la conservazione di quei rapporti.
Benjamin non manca di segnalare l'aspetto tecnico
del problema: "Alla riproduzione in massa particolarmente favorevole [letteralmente: viene incontro,
kommt entgegen] la riproduzione di masse" (III, 56, n.
32). La progressiva massificazione, quale si d a vedere
nei cortei pubblici, nelle adunate oceaniche, negli spettacoli sportivi, nelle guerre, si offre in modo pi adeguato all'apparecchio di registrazione che non all'occhio umano. La possibilit di una prospettiva a volo
d'uccello che colga gli immensi movimenti collettivi s
accessibile all'occhio umano, ma viene pienamente sviluppata solo dalla macchina che ne permette ingrandimenti. Cos "la massa vede in volto se stessa" (III, 56, n.
32).
Questo sguardo viene filtrato in senso estetistico:
"Con D'Annunzio ha fatto il proprio ingresso in politica la decadenza, con Marinetti il futurismo e con Hier
la tradizione di Schwabing" (I, 467; II, 382). La propaganda totalitaria, coltivando il culto di un duce o Fiihrer, alimenta il valore cultuale della personalit: come
evidente, Benjamin qui si richiama al culto delle star cinematografiche come surrogato dell'aura (esposto al
paragrafo 10), ritradotto per in termini politici.
L'auraticizzazione del leader politico non del resto
l'unico compito dell'estetizzazione della politica; essa
anzi tende alla guerra come alla sua meta finale: la
guerra a "mobilitare" le grandi masse verso uno scopo,
gnifi:cativamente tra maJJa e popolo: Elemento portante delle figurazioni
ornamentali la massa. La massa, non il popolo~ infatti, quando Hpopolo a
creare figure, esse non vivono in una dimensione astratta, ma si sviluppano
dal seno della comunit" (ivi, p. 100).
ESlliTICA ED ESTEllZZAZIONE
175
ture tecnrche.
interessante confrontare la lettura benjaminiana
della mo~ilitazione militare delle masse con quanto
a~eva teotiZz~t~ pochi anni prima ErnstJ Gnger nel saggw apptJ?tO mtrtolato La mobilitazione totale, apparso
per la prima volta nel volume collettivo, curato daJGnger stesso, Guerra e combattenti, del1930: "L'immagine stess~ della guerr~ col? e azione armata- scriveJiing~r-finisce persfocrare m quella, ben pi ampia, di un
grga~tesco processo lavorativo. Accanto agli eserciti
che s~ ~contrano sui campi di battaglia nascono i nuovi
~~ercltl ~elle ~~munic~zion~, del vettovaglia mento, dell md,ust~Ia militare:. l esercito del lavoro in assoluto.
Nel! ultima f~se, gr adombrta verso la fine della
C?uerra mondiale, non vi pi alcun movimento- foss anche quello di una lavoratrice a domicilio dietro la
s~a macchina da cucire- che non possieda almeno indirettamente un significato bellico. In questo impiego
~ssolut<;> ~el!' e~ergia ~~tenziale, che trasforma gli Stati
r~dustnali belligeranti m fucine vulcaniche, si annuncia nel modo forse pi evidente il sorgere dell'et dcllavoro"J. ques.ta moJ:'ilitazione totale non si presenta solo.co~e il comvolgimento di ogni soggetto nell'econon~ra ~ guerr~ ma anche come l'estensione della minaccia di m.orte .anche al ~ambino nella culla"; i bombardamer:tr a~~e! ~otturru non fanno pi distinzione tra
soldat! e civili: C?me ogni ":ia;produce il genne della
pr?pna ~o~e, cosrla comparsa delle grandi masse racchiude !11 se un~ democrazia della morte". Ad uno
sguardo che coglie da un punto di vista estetico la mo'b .3. E. }Unger,_ "L~ mobilitazione totale", in Foglie~ pietre, tr. it. di F. Cu
n1 erto, Adelph1, Mi!JUlo 1997, pp.l!J-35, qui p.1!8.
176
bilitazione totale (percependone con un senso d~ "ebbrezza" lo "spettacolo" nel suo "esuberant~ d~sp1e~ar~
si", "con le sue aree produttive fumanti e scmtilla~tl ~
luci con la fisica e la metafisica del suo traffico, I suoi
mo;ori, aeroplani e metropoli bruli~anti di g~nte"),
Jtinger unisce anche un?, s~uar~o d est;~ al c congwnto a
un senso di "sgomento : Qui non c c un sol? atom?
che non sia al lavoro,[ ... ] questo processo delirante e,
in profondit, il nostro destino .. La Mobilitazione Tota~
le non una misura da esegUire, ma qualcosa che SI
compie da s, essa , in guerra come ~n pace? 1:espressione della legge misteriosa c inesorabile a c w ci consegna l'et delle masse c delle macchi?~ Succc?c. allora
che ogni singola vita tenda sempre pw mdiscuubilmen4
"
E..o;rrrncA ED ESH~llZZAZIONE.
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12
UNA VICINANZA, PER QUANTO LONTANA
Giunge cos alla fine questa piccola storia della lontananza che si fa sempre pi vicina 1 Per come l'ha raccontata il saggio sull'opera d'arte, essa si rivelata innanzitutto come un tentativo di elaborare una versione
moderna "di quella dottrina della percezione [Lehre
von der Wahrnehmung] che presso i Greci era chiamata
estetica" (I, 466). "Moderna" nel senso di una riflessione sulle condizioni di possibilit e sulle modalit dell'esperienza sensoriale nell'era della tecnica, cos come si
compie in primo luogo, ma non esclusivamente, nell' ambito delle nuove forme artistiche di massa.
Tale riflessione estesiologica sulla modernit e sui
suoi fondamenti esperienziali riposa sulla convinzione
che la percezione non sia qualcosa di "sempre uguale",
bens che si distenda diacronicamente in una storia:
una storia che procede dalla lontananza alla vicinanza,
1'
dall'ottico al tatti! e.
Di queste categorie, come si visto, Benjamin fu
principalmente debitore di Alois Riegl. Ma l'impiego
l. Sullo schema della vicinanza e della lontananza come paradigmatico
dello stile benjaminiano di pensiero cfr. D. Thicrkopf, Niihe und Ferne.
Kommenlare zu Benjamins Denkuer/ahren [1971], in '1xt + Kritik', 31-32,
19792, pp. 3-18.
180
che Benjamin fa di Riegl al tempo stesso un suo significativo ribaltamento 2 Lo storico viennese poteva descrivere lo sviluppo dell'arte antica come un movimento dalla tattilit egizia all'otticit tardoromana, passando per la cosiddetta "visione normale" dei greci, utilizzando cio un modello di progressiva otticizzazione o
de-tattilizzazione o soggettivizzazione. La cifra della
cosiddetta epoca di decadenza della spiitromische Kunstindustrie una qualit squisitamente ottica, un gioco
di luci e ombre, di chiaroscuri e di cromatismi, un impressionismo.
Dal canto suo Benjamin caratterizza invece la parabola dell'arte nel suo complesso come un passaggio
dall'ottico al tattile, dal lontano al vicino. Egli legge lo
stile tanto della letteratura e della pittura dadaiste
quanto del cinema, che ne porta a compimento le aspirazioni, come un ritorno del tattile e dell'elemento collettivo. Sembra quindi far agire sulle categorie riegliane
della percezione l'idea in fondo bachofeniana 3 - come
si visto gi impiegata nel saggio sulle Affinit elettive e
nel Ka/ka, e destinata a diventare centrale nella rifles2. "!.:apprezzamento da parte di Benjamin della teoria di Riegl non gli
imped di capovolgerla, cio rendendo la percezione moderna tattile o apti
ca piuttosto che ottica" (M. lversen, Alois Riegl: Art Hislory an d Theory,
ll1e MIT Press, Cambridge (Mass.) 199}, p. 16). Sul peculiare impiego dd.
le categorie di tattile e ottico da parte di Benjamin dr. anche F.J. Verspohl,
"Optische" und "takttle" Funklion von Kunst. Der Wandel des Kunstbegrilfs
im Zeita!Jer der massenha/ten Rez.eplion, in "Kritische Berichte", .3, 1975,
pp.25-4}.
3. forse degno di nota che, in un passo dd saggio dedicato a Bachofen,
Benjamin accosti proprio Wickhoff e Riegl allo storico di Basilea, in quanto
capaci, come quest'ultimo, di "'profezie scientifiche": "Uno di questi studiosi era Alois Riegl che- con il suo libro Arte tardoromtJna- rifiutava la pretesa
barbarie artistica dell'epoca di Costantino il Grande; l'altro, Franz
181
sione del Passagenwerk- di un riemergere di tratti arcaici (il tatti! e in Riegl proprio la modalit originaria,
primaria, della percezione che, lo si accennato, pu ritornare a dispetto dell'evoluzione atticizzante) nel cuore della modernit tecnologica.
la I a rivelare questo schema argomentativo, in un
passo poi espunto nelle redazioni successive: "E cos
[sci!. l'opera d'arte] si accingeva a recuperare per il presente quella qualit tattile che risulta la pi indispensabile per l'arte nelle grandi epoche di trasformazione
della storia. Il fatto che tutto ci che viene percepito,
che cade sotto i sensi sia qualcosa che colpisce- questa
formula della percezione onirica, che abbraccia al contempo anche il lato tattile della percezione artistica-
quello che il dadaismo ha di nuovo rimesso in circolazione" (l, 463-64; c.vi ns.). "La modernit -leggiamo
nell'Expos dcll935- cita continuamente la protostoria" (PW, 15): allo stesso modo il dadaismo e il cinema
hanno citato il primo momento percettivo riegliano,
quello aptico, che riemerge nel moderno, proprio
quando l'arte ottica e lontana sta per morire, nella decadenza dell'aura.
"Chaque poque rve la suivante", cita Benjamin da
Michelet. Anche Benjamin sogn l'epoca a lui successiva -l'epoca dell'ubiquit conquistata, della civilt dell'immagine, del visivo e del numerico, forse non a caso
detta l'era del "digitale". Ed essa gli apparve (come
sempre appare a chi la sogna ogni epoca futura) 11,"\escolata a elementi arcaici, quelli della percezione tatiile appunto, che riaffiorano dalla protostoria bachofeniana,
dall'Egitto riegliano. Ma questi elementi gli si erano gi
annunciati, cme "geroglifici del XIX secolo", in quelle tracce che si facevano incontro alfoineur, archeologo
metropolitano, che lo pressavano, per quanto lontane,
da vicino, sempre pi da vicino.
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/i
4. "Il concetto di traccia trov11la sua determinazione filosofica in opposizione a qudlo di aura" {L, 369).