Vous êtes sur la page 1sur 400

APPUNTI PER LE LEZIONI DI DIRITTO

AMMINISTRATIVO
Dipartimento di Scienze Giuridiche - LUISS Guido Carli
A.A. 2011-2012
Prof. Marcello Clarich

CAP. I
INTRODUZIONE
1. Premessa; 2. Modelli di Stato e nascita del diritto amministrativo; 3.
Diritto amministrativo e scienze sociali. La scienza del diritto
amministrativo; 4. Il diritto amministrativo e i suoi rapporti con altre
branche del diritto; 5. I caratteri generali del diritto amministrativo; 6.
Piano dellopera. (pagg 3-37)
CAP. II
LA FUNZIONE DI REGOLAZIONE E LE FONTI DEL
DIRITTO
1. Premessa; 2. La Costituzione; 3. Fonti comunitarie e pubblica
amministrazione; 4. Fonti normative statali, riserve di legge, principio di
legalit; 5. Le leggi provvedimento e la riserva di amministrazione; 6. I
regolamenti governativi; 7. Cenni alle fonti normative regionali, degli enti
locali e di altri enti pubblici; 8. Atti di regolazione aventi natura non
normativa; 9. Gli atti amministrativi generali: a) i bandi di concorso e gli
avvisi di gara; 10. Segue: b) gli atti di pianificazione e di
programmazione; 11. Segue: c) le ordinanze contingibili e urgenti; 12.
Segue: d) le direttive e gli atti di indirizzo; 13. Segue: e) le norme interne
e le circolari; 14. Il riordino della legislazione: i testi unici e i codici; 15.
Sviluppi recenti. (pagg 38-71)

CAP. III
LA FUNZIONE DI AMMINISTRAZIONE ATTIVA
1. Le funzioni e lattivit amministrativa; 2. Segue: il potere, il
provvedimento, il procedimento; 3. Il rapporto giuridico amministrativo. I
diritti potestativi e il potere amministrativo; 4. Il potere amministrativo e
la norma dazione; 5. Il potere discrezionale; 6. Linteresse legittimo; 7.
Segue: linteresse legittimo oppositivo e pretensivo; 8. Diritti soggettivi e
interessi legittimi: criteri di distinzione; 9. Interessi di fatto, diffusi e
collettivi; 10. I principi generali. (pagg 72-122)
CAP. IV
IL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO
1. Premessa; 2. Il regime del provvedimento amministrativo: a) la
tipicit; 3. Segue: b) la cosiddetta imperativit; 4. Segue: c) Lesecutoriet
e lefficacia; d) linoppugnabilit; 5. Gli elementi strutturali dellatto
amministrativo. Lobbligo di motivazione; 6. I provvedimenti ablatori
reali, i provvedimenti ordinatori, le sanzioni amministrative; 7. Le attivit
libere assoggettate a regime di comunicazione preventiva.
La
segnalazione certificata di avvio dellattivit. 8. Le autorizzazioni e le
concessioni; 9. Gli atti dichiarativi; 10) Altre classificazioni: atti
collettivi, atti plurimi, atti di alta amministrazione, atti collegiali; 11.
Linvalidit dellatto amministrativo; 12. Lannullabilit: a)
lincompetenza; b) la violazione di legge; 13. Segue: c) leccesso di
potere; 14. La nullit; 15 Lannullamento dufficio, la convalida, la
ratifica, la sanatoria, la conferma, la conversione, la revoca, il recesso.
(pagg 123-186)
CAP. V
IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
1. Nozione e funzioni del procedimento amministrativo; - 2. Le leggi
generali sul procedimento e la l. n. 241/1990; - 3. Le fasi del
procedimento: a) liniziativa; - 4. Segue: b) listruttoria; - 5. Segue: c) la

fase decisionale; - 6. Procedimenti semplici, complessi, collegati. Il sub


procedimento; - 7. La conferenza di servizi e altre forme di
coordinamento; - 8. Tipi di procedimento. a) Lespropriazione per
pubblica utilit; 9. Segue: b) le sanzioni pecuniarie e disciplinari; 10.
Segue: c) le autorizzazioni. Il permesso a costruire; 11. Segue: d) I
procedimenti concorsuali. Laccesso agli impieghi pubblici; 12. Segue: e)
i contratti pubblici per laffidamento di lavori, servizi e forniture; 13.
Segue: f) laccesso ai documenti amministrativi. (pagg 187-236)
CAP. VI
I CONTROLLI E LA RESPONSABILITA
A) I CONTROLLI. 1. Premessa; 2. I controlli sugli atti e sullattivit; 3. I
controlli gestionali.
B) LA RESPONSABILITA. 4. Premessa; 5. Lart. 28 della Costituzione
e la responsabilit civile da comportamento illecito. 6. La risarcibilit del
danno da lesione di interessi legittimi; 7. La responsabilit nel diritto
europeo; 8. La responsabilit amministrativa. (pagg 237-262)
CAP. VII
LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
1. Nozione; 2. Cenni storici: a) la legge abolitiva del contenzioso
amministrativo; 3. Segue: b) la nascita del giudice amministrativo; 4. La
giustizia amministrativa nella Costituzione; 5. Listituzione dei Tribunali
Amministrativi Regionali e le riforme successive; 6. Il dualismo del
sistema italiano e il riparto di giurisdizione; 7. La giurisdizione
amministrativa di legittimit, esclusiva e di merito; 8. Le azioni nel
processo di cognizione, le azioni cautelare ed esecutiva; 9. Lo
svolgimento del processo amministrativo. I principi informatori; 10. I
ricorsi amministrativi; 11. Cenni alle giurisdizioni amministrative
speciali. (pagg 263-290)

CAP. I
INTRODUZIONE
1. Premessa; 2. Modelli di Stato e nascita del diritto amministrativo; 3.
Diritto amministrativo e scienze sociali. La scienza del diritto
amministrativo; 4. Il diritto amministrativo e i suoi rapporti con altre
branche del diritto; 5. I caratteri generali del diritto amministrativo; 6.
Piano dellopera.
1. Premessa.
Il diritto amministrativo pu essere inteso, in prima approssimazione,
come quella branca del diritto pubblico interno che ha per oggetto
lorganizzazione e lattivit della pubblica amministrazione. Esso
riguarda in particolare i rapporti che questultima instaura con i soggetti
privati nellesercizio di poteri ad essa conferiti dalla legge per la cura di
interessi della collettivit1.
Il diritto amministrativo si compone di un corpo di regole e di principi,
autonomo dal diritto privato, che si andato formando nellEuropa
continentale nel corso del XIX secolo in parallelo allevoluzione dello
Stato di diritto.
Rispetto alla tradizione millenaria del diritto privato, si tratta dunque di
un diritto recente. Le locuzioni administration publique e burocrazia
comparvero per la prima volta in Francia intorno alla met del XVIII
secolo e vennero riferite alla nascita e al consolidarsi di un potere
pubblico nuovo, dai tratti dispotici e autoritari. In epoca napoleonica si
1

Secondo una delle prime definizioni, proposta da Vittorio Emanuele Orlando nei Principii
di diritto amministrativo del 1891, il diritto amministrativo il sistema di quei principii
giuridici che regolano lattivit dello Stato per il raggiungimento dei suoi fini. Secondo
quella pi recente contenuta nel Trattato di diritto amministrativo francese di Andr de
Laubadre, il diritto amministrativo la branche du droit public interne qui comprend
lorganisation et lactivit de ce quon appelle couramment ladministration, cest--dire
lensemble des autorits, agents et organismes chargs, sous limpulsion des pouvoirs
politiques, dassurer les multiples interventions de lEtat moderne. Per quanto riguarda gli
Stati Uniti, secondo il manuale di Stephan Breyer e Richard Stewart, Administrative law and
regulatory policy, Administrative law consists of those legal rules and principles that define
the authority and structure of administrative agencies, specify the procedural formalities that
agencies employ, determine the validity of particular administrative decisions and define the
role of reviewing courts and other organs of government in their relation to administrative
agencies.

inizi a utilizzare lespressione droit administratif e il primo trattato di


diritto amministrativo fu pubblicato da Gian Domenico Romagnosi nel
1814, ma solo verso la fine del XIX secolo la disciplina trov un
inquadramento pi compiuto.
Del resto la distinzione, gi nota al diritto romano2, tra diritto privato e
diritto pubblico rimase in uno stato embrionale almeno fino in epoca
moderna.
Il diritto pubblico si ricollega infatti culturalmente al dibattito politico
e filosofico settecentesco sul fondamento e sulla legittimit del potere del
sovrano. Assunse poi la consistenza di una branca sviluppata del diritto
allorch giunse a maturazione lo Stato costituzionale di diritto
(Rechtsstaat, tat de droit), con tempistiche e modalit differenziate nei
singoli Stati, a partire dalla rivoluzione francese (1789). Le costituzioni
liberali ottocentesche (in Piemonte, lo Statuto albertino del 1848)
costituirono la base normativa a partire dalla quale la dottrina, soprattutto
tedesca (George Jellinek, Paul Laband, Otto Mayer), elabor i concetti
fondamentali del diritto pubblico (sovranit, Stato persona, diritti pubblici
soggettivi, ecc.).
Il diritto amministrativo pu essere avvicinato lungo una pluralit di
percorsi. In primo luogo, esso va colto in una prospettiva storica, dando
conto di due processi: lemergere di apparati amministrativi stabili posti al
servizio del sovrano e levolversi nel tempo della struttura della pubblica
amministrazione in relazione allampiezza delle funzioni assunte via via
come proprie dallo Stato; il progressivo assoggettamento della pubblica
amministrazione ai principi dello Stato di diritto e la formazione di un
diritto speciale ad essa applicabile. In secondo luogo, utile muovere
dalle scienze sociali che analizzano con i propri metodi il fenomeno delle
amministrazioni pubbliche e gettano le basi teoriche della teoria della
regolazione (regulation). In terzo luogo, occorre fissare le distinzioni e i
nessi del diritto amministrativo rispetto ad altre branche del diritto (diritto
costituzionale, diritto europeo, diritto privato). Infine, conviene prendere
in considerazione alcuni caratteri generali e le principali partizioni della
materia.
2. Modelli di Stato e nascita del diritto amministrativo.
2

Secondo la celebre definizione di Ulpiano, jus publicum quod ad statum rei Romanae
spectat, jus privatum quod ad singulorum utilitatem.

2.1. Stato amministrativo.


La presenza di apparati burocratici organizzati secondo criteri razionali
una costante nella storia. Fin dallantichit i grandi imperi, in Oriente e
in Occidente, si dotarono di strutture burocratiche stabili senza le quali
nessun sovrano sarebbe stato in grado di esercitare il proprio potere e
dominare territori talora assai estesi. Limpero romano fu uno degli
esempi pi perfetti di organizzazione burocratica volta a dare ordine e
tendenziale uniformit nelle strutture portanti del sistema di governo.
Ma gli esempi antichi non sono di aiuto per comprendere il fenomeno
amministrativo nella realt contemporanea. I presupposti culturali, sociali,
politici e costituzionali di epoche cos lontane sono troppo eterogenei
rispetto a quelli dellepoca moderna per rendere significativi i confronti.
Si pensi soltanto alla presenza della schiavit o alla divisione rigida delle
classi sociali.
Bisogna invece prendere le mosse dalla formazione degli Stati
nazionali in Europa a partire dal XVI secolo e dal graduale superamento
dellordinamento feudale. Questultimo era caratterizzato da
unorganizzazione politica policentrica e pluralistica, fondata su rapporti
personali di tipo pattizio (vassallaggio) e su ampie autonomie e privilegi
riconosciuti ad ordinamenti decentrati (comuni e citt, ceti e
corporazioni). Caratteristica era lassenza di un centro di potere unitario
effettivo. Tale non fu mai il Sacro romano imperatore, in perenne lotta
per la sovranit con il papato e con i feudatari. Per esercitare il suo potere
non disponeva di unamministrazione di tipo professionale al proprio
servizio.
Considerando come paradigmatico il caso francese, la nascita dello
Stato moderno, con lunificazione del potere politico in capo al re (Stato
assoluto), and di pari passo proprio con la formazione di apparati
amministrativi stabili, al centro e in periferia, posti alle dirette dipendenze
del sovrano (gli intendenti del Re) e contrapposti ai poteri locali.
Laccentramento burocratico, cio la formazione di uno Stato
amministrativo, costitu uno degli strumenti per ricondurre a unitariet, in
capo al sovrano legibus solutus, il potere politico e statuale3.

La nota affermazione di Luigi XIV --- Lo Stato sono io --- esprime in modo efficace la
riconduzione della sovranit, nelle sue varie espressioni, a un unico centro di imputazione.

Nellesperienza francese lo Stato assoluto si connotava gi dunque come


Stato amministrativo.
Era inoltre uno Stato che estendeva il suo raggio di azione a numerosi
campi. In Francia esso ebbe un ruolo propulsivo (mercantilismo,
colbertismo) che si esplic in interventi di direzione, regolazione e
gestione diretta di attivit economiche (per esempio, le manifatture reali
per la produzione di porcellane e di altri beni).
Nel corso del XVIII secolo lo Stato assoluto assunse i caratteri
dellassolutismo illuminato (per esempio, in Austria o in Prussia).
Emerse cio quello che va sotto il nome di Stato di polizia (Polizeistaat,
ove polizia va intesa nel significato originario di politeia, cio
attinente alla polis) che curava la convivenza ordinata e il benessere
della collettivit (Wohlfahrtstaat), offrendo, con visione paternalistica, ai
propri sudditi provvidenze di vario genere.
Presero anche corpo filoni di studi, come la scienza della polizia
(Polizeiwissenschaft), e la cameralistica, assimilabile per molti aspetti
alla scienza dellamministrazione e alla scienza delle finanze. Queste
scienze studiavano i metodi di buona gestione della cosa pubblica
nellinteresse delle finanze statali e per la cura dei bisogni generali.
Lespansione dei compiti dello Stato e lattribuzione di poteri
amministrativi ai funzionari delegati del sovrano e agli apparati
burocratici stabili portarono poco a poco allemersione della funzione
amministrativa come funzione autonoma, non pi inglobata in quella
giudiziaria.
In precedenza, in epoca medievale, soltanto la funzione legislativa
(imperium) e la funzione giudiziaria (jurisdictio) avevano assunto una
fisionomia sufficientemente definita. In Inghilterra, in particolare, i
giudici di pace (Justices of the peace) assommavano poteri giurisdizionali
e poteri che oggi definiremmo come amministrativi (come, per esempio,
le espropriazioni).
Il potere esecutivo acquis un profilo pi autonomo solo in seguito alla
formulazione della teoria della separazione dei poteri. E a lungo la
dottrina fece fatica a porre una definizione di attivit amministrativa e si
accontent di individuarla, in via residuale (o per sottrazione), come

lattivit dello Stato o di altri poteri pubblici diversa da quella normativa e


giurisdizionale (Walter Jellinek, Otto Mayer4).
Il modello dello Stato assoluto entr in crisi nella seconda met del
XVIII e nel XIX secolo. La rivoluzione francese del 1789 e le
costituzioni liberali approvate nei decenni successivi nellEuropa
continentale segnarono la nascita del modello dello Stato di diritto (o
Stato costituzionale).
2.2. Stato di diritto e Stato a regime di diritto amministrativo.
Lo Stato di diritto, che oggi uno dei principi fondanti dellUnione
Europea, insieme a quelli della dignit umana, della libert, della
democrazia, delluguaglianza e del rispetto dei diritti umani richiamati
dallart. 2 del Trattato sullUnione europea, si regge su alcuni elementi
strutturali che occorre richiamare sinteticamente. Essi costituiscono
infatti le precondizioni necessarie per sottoporre gli apparati
amministrativi alla signoria della legge e dunque per la stessa nascita di
un diritto amministrativo.
a) In primo luogo, lo Stato di diritto presuppone il trasferimento della
titolarit della sovranit dal rex legibus solutus (e legittimato in base al
principio dinastico) a un Parlamento eletto da un corpo elettorale,
dapprima ristretto poi sempre pi esteso (suffragio universale).
b) Inoltre, esso si fonda sul principio della tendenziale separazione dei
poteri, necessaria per rompere il monopolio del potere in capo al sovrano
assoluto, unita alla previsione di un sistema di pesi e contrappesi (check
and balance) volto a evitare abusi a danno dei cittadini. Secondo la
tripartizione dei poteri, teorizzata per la prima volta nel XVIII secolo da
Montesquieu, il potere legislativo spetta a un Parlamento elettivo, il
potere esecutivo al re e agli apparati burocratici da esso dipendenti, il
potere giudiziario a una magistratura indipendente.
Il potere esecutivo viene cos assoggettato alla legge, cio alla
supremazia del Parlamento, espressione della volont popolare. Per i suoi
caratteri di generalit e di astrattezza, la legge rappresenta la garanzia pi
efficace delleguaglianza e dei diritti di libert dei cittadini contro gli
arbitri e gli abusi dellesecutivo.

Secondo Otto Mayer, il concetto di amministrazione pu essere definito come lattivit


dello Stato che non n legislazione n giustizia (Ttigkeit des Staates, die nicht
Gesetzgebung oder Justiz ist).

c) Un terzo elemento strutturale dello Stato di diritto linserimento


nelle Costituzioni di riserve di legge. Queste escludono (riserva di legge
assoluta, come quella in materia penale) o limitano (riserva di legge
relativa, come quella in materia tributaria) anzitutto il potere normativo
del governo.
Il potere regolamentare dellesecutivo, come si vedr, infatti
ammesso esclusivamente nelle materie non assoggettate a riserva di legge
assoluta. Nelle materie coperte da riserva di legge relativa, esso pu
esplicarsi solo nel rispetto dei limiti e dei principi stabiliti dalla legge
(regolamenti esecutivi). Anche i poteri puntuali dellamministrazione che
si manifestano in provvedimenti volti a incidere sui diritti dei cittadini
(espropriazioni, ordini, sanzioni, autorizzazioni, licenze, ecc.) devono
trovare un fondamento nella legge e sono cos assoggettati al principio di
legalit. Questultimo si pone al centro dellintera costruzione del diritto
amministrativo.
d) Per rendere effettive la sottoposizione del potere esecutivo alla legge
e la garanzia dei diritti di libert, lo Stato di diritto richiede un quarto
elemento: che al cittadino sia riconosciuta la possibilit di ottenere la
tutela delle proprie ragioni anche nei confronti della pubblica
amministrazione innanzi a un giudice imparziale, indipendente dal potere
esecutivo.
In Francia e in altri paesi dellEuropa continentale, la giustizia
nellamministrazione venne realizzata, come si vedr, attraverso
listituzione verso la fine del XIX secolo di un giudice speciale, separato
dal giudice ordinario, che favor la nascita del diritto amministrativo. Il
Conseil dtat in Francia e il Consiglio di Stato in Italia, infatti, fin dalle
loro prime decisioni elaborarono un corpo di principi, autonomo rispetto
al diritto comune, che regolano lorganizzazione e lattivit
amministrativa. Lo Stato di diritto sfoci dunque nella variante costituita
dallo Stato di diritto a regime di diritto amministrativo.
Nei paesi di common law invece per lungo tempo si neg la presenza di
un diritto amministrativo. Il principio della rule of law implicava anche
che allamministrazione non fosse riconosciuto alcun privilegio e,
conseguentemente, che il giudice al quale il cittadino potesse rivolgersi
per far valere le proprie ragioni contro il potere esecutivo fosse quello
ordinario.
Lo Stato di diritto costituisce ad un tempo un modello, affermatosi
progressivamente soprattutto nel mondo occidentale, e un ideale sempre

perfettibile. Cos, per esempio, come si vedr, in Italia la Costituzione del


1948, la legge 7 agosto 1990, n. 241 sul procedimento amministrativo e il
Codice del processo amministrativo del 2010 hanno contribuito ad
avvicinarci sempre pi tale a ideale. Ulteriori sviluppi sono ancora
possibili.
2.3. Stato guardiano notturno, Stato sociale, Stato imprenditore, Stato
regolatore.
Il modello teorico dello Stato di diritto di per s neutrale rispetto alla
gamma e allampiezza delle funzioni assunte come proprie dai poteri
pubblici. Nel corso del XIX e XX secolo si sono succeduti, con tempi e
modalit differenziate nei vari Paesi, una pluralit di fasi e di esperienze.
Con la Rivoluzione francese si fecero strada le ideologie di impronta
liberista in campo economico (secondo la dottrina del laissez faire),
tendenti a ridurre al minimo gli interventi diretti dello Stato nei rapporti
economici e sociali. Ci come reazione ai mille lacci e laccioli e ai
regimi speciali e di privilegio che avevano ingessato la societ e frenato
lo sviluppo economico nel corso del medio evo. Labolizione dei corpi
intermedi tra Stato e cittadino, la generalit e lastrattezza delle leggi, il
principio di eguaglianza formale dei cittadini, il riordino e la
razionalizzazione del diritto comune in codici organici consentirono via
via di superare gli ordinamenti dellantico regime.
Emerse cos il cosiddetto Stato guardiano notturno, dominante per
buona parte del secolo XIX. Lo Stato assunse su di s principalmente due
compiti: la garanzia dellordine pubblico interno e la difesa del territorio
da potenziali nemici esterni. Assicurate le esigenze di sicurezza interna
ed esterna, spettavano dunque alla societ civile e al mercato la crescita
economica e la cura di altri interessi della collettivit (per esempio la
sanit). Venivano considerate con sfavore le aggregazioni sociali e i
corpi intermedi (associazioni, corporazioni, autonomie territoriali, ecc.)
tra Stato e individuo. In questo contesto la stessa presenza di apparati
amministrativi stabili era ridotta per dimensioni e personale addetto.
La visione liberista e liberale dello Stato entr in crisi, verso la fine del
XIX secolo e linizio del XX secolo, con laffermarsi sulla scena politica
e istituzionale di nuove ideologie e classi sociali (socialismo, operaismo,
cattolicesimo, ecc.). Lo Stato monoclasse, che rispecchiava cio
essenzialmente gli interessi della societ borghese, si trasform, dal punto
di vista sociologico, in pluriclasse, assumendo su di s lobiettivo di

10

rappresentare e mediare tra gli interessi differenziati e spesso contrapposti


di tutti gli strati sociali. Sulla scena politica comparvero movimenti e
partiti portatori di istanze di redistribuzione e socializzazione della
ricchezza nellinteresse delle classi meno abbienti.
Queste trasformazioni segnarono il trapasso a un modello di Stato che
va sotto i nomi in larga misura fungibili di Stato interventista, Stato
sociale o Stato del benessere (Welfare State). I primi interventi di
legislazione sociale (previdenza, assistenza, ecc.) furono promossi, in
particolare, nella Germania bismarkiana e nellItalia giolittiana. A livello
centrale, lamministrazione dello Stato si potenzi con la crescita
dimensionale e numerica dei ministeri e degli enti deputati a svolgere le
nuove funzioni. A livello locale, presero avvio esperimenti di socialismo
municipale, cio di assunzione da parte dei poteri locali di servizi pubblici
come lilluminazione pubblica, la costruzione e gestione di acquedotti,
listituzione di farmacie o di macelli comunali, ecc. Lo sforzo
eccezionale di mobilitazione di risorse e di conversione e accelerazione
della produzione industriale su impulso diretto dello Stato collegata alla
prima guerra mondiale contribu al superamento definitivo del modello
liberista.
La crisi economica degli anni Trenta, provocata dal crollo del mercato
borsistico del 1929, provoc fallimenti a catena dei maggiori gruppi
finanziari e imprenditoriali e richiese interventi di salvataggio da parte dei
pubblici poteri. Si accrebbe cos la presenza diretta dello Stato
nelleconomia e si afferm dunque il modello dello Stato imprenditore
o gestore diretto di aziende di produzione ed erogazione di unampia
gamma di beni e servizi. Interventi sottoforma di ausili e contributi
finanziari pubblici diretti o indiretti volti a sostenere particolari settori di
attivit diedero origine alla variante dello Stato finanziatore.
Proliferarono altres enti pubblici, imprese in mano pubblica, aziende per
la gestione diretta di attivit economiche.
In parallelo, linfluenza delle ideologie collettivistiche nel secondo
dopoguerra port allapprovazione di programmi di nazionalizzazione di
settori economici strategici. Emerse cos anche nelle democrazie
occidentali, in forma pi o meno accentuata, lo Stato pianificatore.
Questultimo si caratterizza per predisposizione a livello centrale di piani
e programmi settoriali (trasporti, sanit, energia elettrica, rete
commerciale, ecc.), volti a coagulare risorse pubbliche e private verso
obiettivi predeterminati. Liniziativa imprenditoriale dei privati viene

11

subordinata al rilascio atti autorizzativi in conformit alle previsioni di


piano.
La presenza diretta o indiretta dello Stato nelle attivit economiche e
sociali determin una crescita esponenziale della spesa pubblica. In molti
casi si rese necessario ripianare con fondi erariali i bilanci in perdita di
imprese pubbliche gestite in modo non efficiente o gravate di compiti
extra aziendali (salvaguardia di livelli di occupazione, politiche di
sviluppo delle aree economicamente depresse, ecc.). Nel lungo periodo
ci provoc una crisi finanziaria dello Stato, vista limpossibilit di
aumentare oltre certi limiti la pressione fiscale e lindebitamento.
La ripresa di ideologie antistataliste (neoliberismo) mise in crisi le
fondamenta dello Stato interventista.
A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, prese cos corpo,
dapprima in Gran Bretagna e successivamente in altri paesi europei, un
movimento nella direzione della riduzione del campo dazione dei
pubblici poteri. Furono avviate politiche di liberalizzazione, con la
soppressione di regimi di monopolio legale (privative o riserve di attivit
a favore dei pubblici poteri), e di privatizzazione di molte attivit assunte
direttamente dai pubblici poteri (cessione sul mercato di pacchetti
azionari di societ in mano pubblica).
Un siffatto processo venne promosso in Europa anche da numerose
direttive europee comunitarie di liberalizzazione (telecomunicazioni,
energia elettrica, gas, servizi postali, ecc.) volte a favorire lapertura dei
mercati alla concorrenza transfrontaliera allinterno del mercato unico.
Inoltre la Commissione europea inizi ad applicare in modo pi rigoroso i
divieti comunitari in tema di aiuti di Stato, cio di forme dirette o indirette
(finanziamenti diretti, contributi in conto capitale o interessi, garanzie,
ecc.) di sussidi alle imprese pubbliche o private tali da alterare la
concorrenza.
Lo Stato imprenditore si trasform cos via via, ad imitazione del
modello affermatosi, come si vedr, negli Stati Uniti, in Stato
regolatore. Questultimo rinuncia cio a dirigere o gestire direttamente
attivit economiche e sociali e si fa invece carico di predisporre soltanto
la cornice di regole e gli strumenti di controllo necessari affinch lattivit
dei privati, svolta per quanto possibile in regime di concorrenza, non vada
a ledere interessi pubblici rilevanti (tutela degli utenti e dei consumatori,
dellambiente, della salute, ecc.).

12

I compiti di regolazione, che non sono peraltro necessariamente meno


complessi di quelli della gestione diretta delle attivit, sono stati affidati
di norma ad autorit o agenzie indipendenti (o semi-indipendenti) dal
Governo (cio dallindirizzo politico), cos da sottolineare ancor pi il
ruolo tecnico, neutrale, non dirigista del regolatore pubblico.
Il modello dello Stato regolatore, con varianti pi o meno estreme,
ha costituito il paradigma di riferimento dellultimo trentennio.
La crisi finanziaria e la recessione economica mondiale che hanno
colpito nel 2008 anzitutto gli Stati Uniti, da dove si sono poi propagate
negli altri continenti, hanno messo in luce le carenze strutturali delle
concezioni economiche (il cosiddetto fondamentalismo di mercato)
sottostanti a tale modello.
Di fronte a una crisi paragonabile, secondo alcuni, a quella degli anni
Trenta del secolo scorso, sono state attuate, talora in condizioni di
urgenza al fine di evitare il crollo sistemico del sistema finanziario
internazionale, misure di intervento pubblico diretto (nazionalizzazioni di
istituzioni finanziarie) e indiretto (sussidi alle imprese e alle famiglie) con
la mobilitazione di volumi enormi di risorse pubbliche. Si parlato, a
questo riguardo, della rinascita dello Stato interventista (nella variante
dello Stato salvatore). E emersa ancor di pi la consapevolezza che i
processi di globalizzazione economica vanno governati con istituzioni e
meccanismi di regolazione anchessi globali.
A livello europeo, stato introdotto il Sistema europeo di vigilanza
finanziaria (SEVIF) con listituzione dellAutorit bancaria europea e
dellAutorit europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e
professionali e dellAutorit europea degli strumenti finanziari e dei
mercati (Regolamenti n. 1093, 1094 e 1095/2010 del Parlamento europeo
e del Consiglio del 24 novembre 2010). Le nuove autorit europee sono
titolari di poteri di impulso e di coordinamento delle autorit nazionali di
settore in modo tale da promuovere larmonizzazione delle regole e il
rafforzamento della vigilanza.
In definitiva, limpegno o il disimpegno dei poteri pubblici nelle
attivit economiche e sociali --- ovvero, con linguaggio ottocentesco,
lindividuazione dei limiti dellattivit dello Stato --- soggetto a moti
storici pendolari in relazione al mutare delle percezioni collettive e delle
ideologie. In parallelo allampliarsi e al ridursi del raggio di azione dello
Stato, si evolvono le tecniche di intervento dei pubblici poteri e dunque
larmamentario degli strumenti a disposizione dellamministrazione per

13

svolgere le proprie funzioni (come si vedr, autorizzazioni, concessioni,


sanzioni, sovvenzioni, atti di programmazione, ecc.)
2.4. Cenni agli ordinamenti anglosassoni: lInghilterra e gli Stati
Uniti.
Levoluzione sommariamente descritta nel paragrafo che precede
riguarda soprattutto lEuropa continentale. Diverso fu in parte il percorso
degli ordinamenti anglosassoni.
LInghilterra anzitutto non conobbe il fenomeno dellaccentramento
amministrativo che connot lesperienza francese. I poteri locali
mantennero ampi spazi di autonomia.
Fu mantenuta inoltre la tradizione della common law, cio un diritto
non codificato di derivazione giurisprudenziale. Un solo diritto,
lordinary law of the land, governava i rapporti di tutti i soggetti
dellordinamento, a prescindere dalla loro natura pubblica o privata. Un
unico sistema di corti giudiziarie era deputato a risolvere tutte
controversie. Le prerogative originarie della Corona, sottoforma di poteri
speciali e di immunit (come limmunit dalla responsabilit secondo il
principio the King can do no wrong), erano considerate come un
elemento eccezionale. Secondo Albert Venn Dicey, autore nel 1885 del
volume Introduction to the Study of the Law of the Constitution
destinato a influire sullimmagine della costituzione inglese per mezzo
secolo, la presenza di un diritto amministrativo sarebbe ontologicamente
incompatibile con la costituzione inglese fondata sulla sovranit del
Parlamento.
In realt, anche in Inghilterra, verso la fine del XIX secolo prese avvio
una legislazione di stampo sociale, che port allistituzione di apparati di
vario tipo (Commissions, Boards, Authorities) per la gestione dei
programmi di intervento. I poteri dellesecutivo furono rafforzati e
vennero istituiti, settore per settore, i cosiddetti tribunals, organi
amministrativi incaricati di dirimere in forme paragiurisdizionali
controversie in particolari materie (istruzione, provvidenze sociali,
edilizia, ecc.) le cui decisioni furono assoggettate al controllo
giurisdizionale delle corti ordinarie.
Solo a partire dalla seconda met del XX secolo, con lulteriore
sviluppo del Welfare State (teorizzato da William Beveridge) e
labbandono del principio dellimmunit della Corona (nel 1949), le Corti

14

inglesi presero coscienza dellesistenza di una distinzione tra diritto


pubblico e diritto privato e iniziarono a operare un sindacato
giurisdizionale pi intenso sullattivit dellesecutivo. Nel 1977 un
regolamento di procedura (Order 53) razionalizz e perfezion
lapplication for judicial review per tutte le questioni relative ai public
law rights. Nel 2007 il Tribunals, Courts and Enforcement Act oper un
riordino complessivo del sistema dei Tribunals, che svolgono una
funzione di filtro e di deflazione del contenzioso propriamente giudiziario
secondo il modello delle Alternative Dispute Resolution (ADR).
Il diritto amministrativo nellordinamento inglese peraltro non pu
essere equiparato ancora, per estensione e organicit, agli sviluppi degli
ordinamenti continentali. Campi come lorganizzazione e lattivit
contrattuale dellamministrazione fuoriescono in gran parte dal perimetro
del diritto amministrativo che resta limitato al judicial review of
administrative action, cio al controllo giurisdizionale sullattivit
amministrativa.
Allavanzata del Welfare State fino alla fine degli anni Settanta del
secolo scorso, fece seguito, come si accennato, una fase di ritirata dello
Stato dallintervento nelleconomia con le politiche di liberalizzazione e
di privatizzazione avviate dal primo ministro Margareth Thatcher.
Lorganizzazione dei dipartimenti ministeriali venne ripensata secondo il
modello dellagencyfication, cio con la costituzione di una serie di unit
operative autonome o semiautonome dagli apparati centrali e legate a
queste da relazioni di tipo contrattuale. Si afferm la scuola del New
Public Management volta a introdurre elementi di maggior efficienza e
managerialit nel settore pubblico prendendo come modello, con gli
adattamenti necessari, limpresa privata.
Anche negli Stati Uniti lo sviluppo dello Stato regolatore (Regulatory
State) e la comparsa del diritto amministrativo avvennero in epoca
relativamente recente.
Quanto allo Stato regolatore, esso rappresent una variante originale di
intervento pubblico che si svilupp proprio negli Stati Uniti, un Paese
che, a differenza di quanto accadde in Europa, respinse sempre interventi
diretti dei pubblici poteri nella gestione o nella socializzazione o
collettivizzazione di imprese.
La prima agenzia venne istituita nel 1887 con il compito di regolare le
tariffe praticate dai gestori privati delle linee ferroviarie (Interstate
Commerce Commission). Nel 1890, per combattere e i cartelli e i

15

monopoli, venne approvato lo Sherman Act, primo esempio di legge


antitrust, alla quale segu nel 1918 listituzione di unapposita agenzia (la
Federal Trade Commission).
Negli anni Trenta (allepoca del cosiddetto New Deal), in reazione alla
Grande Crisi del 1929, vennero istituite numerose autorit di regolazione
come, per esempio, la Security Exchange Commission, con funzioni di
vigilanza sulla borsa e sulle societ quotate, la Federal Communication
Commission, preposta al settore delle telecomunicazioni, il National
Labour Relations Board nel settore delle relazioni sindacali e della
contrattazione collettiva, la Tennessee Valley Authority per la promozione
dello sviluppo economico in quellarea anche attraverso investimenti in
opere pubbliche.
Vennero altres varati numerosi programmi di intervento pubblico in
campo economico e sociale, una tendenza proseguita, fino allinizio degli
anni Settanta del secolo scorso, in coerenza con la visione della Great
Society promossa dalle amministrazioni democratiche. Vennero istituite
molte altre agenzie di regolazione come la Environmental Protection
Agency, la Federal Energy Regulatory Commission o la Nuclear
Regulatory Commission.
Questo tipo di evoluzione comport una forzatura della Costituzione
americana. Questultima infatti non prevede che il Congresso possa
delegare poteri normativi e amministrativi cos ampi ad apparati
amministrativi indipendenti dal Presidente (cosiddetta non delegation
doctrine). Nel periodo del New Deal la Corte Suprema degli Stati Uniti
dichiar incostituzionali alcune leggi di stampo interventista, e in
particolare la legge istitutiva della National Recovery Administration con
funzioni di pianificazione economica e di fissazione autoritativa dei
prezzi. Ci determin uno scontro istituzionale con il presidente degli
Stati Uniti, che riteneva invece indispensabili gli interventi pubblici per
stimolare la crescita economica.
Un compromesso istituzionale fu raggiunto nel 1946 con
lapprovazione dellAdministrative Procedure Act che, come si vedr,
costituisce uno dei modelli principali di legge sul procedimento
amministrativo. Questa legge, per un verso, legittim e consolid il
modello delle agenzie di regolazione; per altro verso, assoggett la loro
attivit (rulemaking e adjudication) a una serie di regole procedurali e
sostanziali (diritti di partecipazione dei privati, distinzione tra funzioni
istruttorie e funzioni decisionali, standard di controllo sulla
discrezionalit da applicare in sede di judicial review delle decisioni

16

assunte) che costituiscono lossatura del diritto amministrativo negli Stati


Uniti.
A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, con la svolta reaganiana,
il modello dello Stato regolatore fu oggetto di un ripensamento. Furono
introdotte misure volte a controllare e limitare lattivit delle Agenzie e a
operare una sostanziale riduzione della quantit e intrusivit della
regolazione esistente (deregulation) promuovendo un ritiro dello Stato
dalle politiche interventiste (rolling back the State). In particolare, a
partire dal 1981 le Agenzie vennero assoggettate a un controllo
finanziario centralizzato e fu resa obbligatoria lanalisi costi e benefici
della regolazione (cost benefit analysis) finalizzata a dimostrare la
necessit e lopportunit delle singole misure da adottare in modo da
limitarle al minimo indispensabile.
I processi di liberalizzazione e privatizzazione non produssero sempre i
risultati attesi in termini di recupero di efficienza e di qualit delle
prestazioni e dei servizi. Negli Stati Uniti, per esempio, la gestione dei
servizi di sicurezza e controllo dei passeggeri negli aeroporti, affidata a
gestori privati, venne ripubblicizzata in seguito allattacco terroristico
dell11 settembre 2001. Anche la privatizzazione dei trasporti ferroviari
in Gran Bretagna stata oggetto di critiche poich non ha prodotto i
risultati sperati in termini di miglioramento del servizio.
In generale, si discute sempre pi frequentemente, quasi per simmetria
rispetto ai cosiddetti fallimenti del mercato, soprattutto in seguito alle
carenze nel sistema dei controlli pubblici sul sistema bancario e
finanziario emerse nel corso della crisi scoppiata a partire dal 2008 e che
travolse numerose imprese primarie (per tutte, la Lehman Brothers), di
fallimenti dello Stato. Per porre rimedio a questultimi, negli Stati
Uniti sono state attuate riforme incisive degli assetti istituzionali vigenti,
rafforzando in particolare il sistema della vigilanza sulle attivit
finanziarie e ponendo regole pi restrittive allattivit delle banche.
2.5. Levoluzione della pubblica amministrazione in Italia.
Lavanzata e la ritirata dello Stato e il succedersi dei diversi modelli
esaminati nel paragrafo che precede nel corso degli ultimi due secoli sono
stati accompagnati, come si accennato, da unevoluzione
dellorganizzazione e delle funzioni della pubblica amministrazione.

17

In Italia, in epoca cavouriana, fu adottato il modello


dellamministrazione per ministeri, con la concentrazione delle poche
funzioni pubbliche in capo a un nucleo ristretto di apparati organizzati in
base al principio gerarchico e rappresentati al vertice da un ministro
politicamente responsabile dellattivit complessiva nei confronti del
Parlamento.
Sul finire del secolo XIX, il governo Crispi var un primo programma
riformatore che port, in particolare, alla pubblicizzazione nel 1890 delle
cosiddette Opere pie, cio della costellazione di enti e strutture private
sorte spontaneamente dalla societ civile o per impulso delle
organizzazioni religiose e operanti nel campo dellassistenza sanitaria e
sociale. Le Opere pie furono riorganizzate e razionalizzate sotto forma di
enti pubblici (le cosiddette IPAB, Istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza) assoggettati a controlli penetranti da parte del ministero
dellInterno e, per esso, a livello locale delle prefetture.
Allinizio del XX secolo, in epoca giolittiana, furono potenziate le
strutture ministeriali e istituite le prime aziende ed enti pubblici nazionali
(Istituto nazionale delle assicurazioni - INA, Istituto nazionale per la
previdenza sociale - INPS). A livello locale, specie in seguito alla legge
del 1903 sulla municipalizzazione dei pubblici servizi, molti Comuni
costituirono aziende per la gestione di numerose attivit (trasporti,
illuminazione pubblica, macelli, farmacie, ecc.). Nel periodo bellico,
lamministrazione sub una riorganizzazione allo scopo di rispondere alle
esigenze eccezionali della mobilitazione e del coordinamento dellintero
sistema economico (consorzi obbligatori, ecc.).
La svolta autoritaria negli anni Venti e lideologia statalista e
corporativa affermatasi negli anni Trenta innescarono un processo di
pubblicizzazione di molte attivit economiche e sociali con listituzione di
numerosi enti pubblici (enti sportivi, organizzazioni professionali e
sindacali, ecc.). Nel 1942 venne emanata una legge urbanistica volta a
disciplinare in modo unitario e razionale lassetto del territorio attraverso
la pianificazione comunale e il rilascio di titoli abilitativi per lattivit di
edificazione.
La Grande Crisi determin lestensione della mano pubblica in
numerosi settori economici. Nel 1933 venne istituito lIRI (Istituto per la
ricostruzione industriale), ente pubblico economico al quale venne
attribuita la titolarit delle azioni di numerose imprese oggetto di
interventi di salvataggio. Nel 1936 venne approvata una legge bancaria,
rimasta in vigore fino allinizio degli anni Novanta del secolo scorso, che

18

riorganizz il sistema bancario secondo una visione pubblicistica e


pianificatoria dellattivit creditizia. Vennero cos attribuiti ad apparati
pubblici (la Banca dItalia, lIspettorato per il Credito e il Risparmio, un
comitato interministeriale) funzioni di controllo monetario e di vigilanza
sugli istituti di credito molti dei quali avevano assunto la veste giuridica
di enti pubblici economici (istituti di credito di diritto pubblico, casse di
risparmio).
Nel secondo dopoguerra le imprese di propriet pubblica vennero
riordinate nel sistema delle cosiddette partecipazioni statali. Questultimo
assunse una configurazione stabile attraverso listituzione di enti pubblici
nazionali con funzioni di holding finanziarie di controllo diretto o
indiretto delle imprese pubbliche (enti di gestione delle partecipazioni
statali, cio lIRI, lENI, lEFIM) e assoggettati ai poteri di direttiva e di
indirizzo politico governativo (Comitato interministeriale per la
programmazione economica e ministero delle Partecipazioni Statali).
Lespansione dei pubblici poteri continu negli anni Sessanta e
Settanta. Nel 1962 venne nazionalizzato il settore dellenergia elettrica e
istituito un ente pubblico economico (Enel) per la gestione in regime di
monopolio di tutte le attivit della filiera (produzione, trasmissione,
distribuzione, importazione, ecc.). Verso la fine degli anni Sessanta
venne approvato per legge un programma economico quinquennale che si
ispirava in qualche modo ai modelli pianificatori sperimentati nelle
economie non di mercato e che rimase poi in gran parte inattuato. Nel
1978 venne istituito il Servizio Sanitario Nazionale, ispirato a una logica
pianificatoria e di gestione prevalentemente pubblica dellassistenza
sanitaria incentrata su una rete di apparati pubblici che coprono lintero
territorio nazionale (oggi denominate Aziende sanitarie locali).
Negli anni Settanta, con lattuazione del disegno costituzionale del
regionalismo, vennero istituiti nuovi apparati burocratici a livello
regionale, anchessi articolati, secondo il modello ministeriale, in
assessorati con competenze riferite alle varie materie di spettanza
regionale, e in enti pubblici dipendenti (finanziarie regionali, ecc.)
In conseguenza di questi e altri interventi legislativi, ispirati alla logica
dello Stato interventista, imprenditore e pianificatore, lamministrazione
pubblica assunse la conformazione di una costellazione multilivello e
policentrica di enti pubblici che affiancano gli apparati ministeriali
centrali, anchessi aumentati di numero nel corso degli anni.

19

A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, anche in Italia lo Stato
imprenditore entr in crisi dati i suoi costi sempre meno sostenibili in una
fase di crisi della finanza pubblica. Vennero cos avviati processi di
liberalizzazione, imposti, come si accennato, da direttive comunitarie, e
di privatizzazione di imprese ritenute non strategiche. Si fece strada cos
lo Stato regolatore che comport un riassetto complessivo degli apparati
amministrativi.
Furono anzitutto soppressi il ministero delle Partecipazioni Statali e
alcuni comitati interministeriali. Quasi tutti gli enti pubblici economici
(preposti alla gestione di banche e di servizi pubblici nazionali) furono
stati trasformati in societ per azioni. Si attu cos la cosiddetta
privatizzazione fredda, cio della mera forma giuridica, unoperazione
propedeutica alla cosiddetta privatizzazione calda, cio alla dismissione
totale o parziale dei pacchetti azionari in man pubblica. Anche a livello
di enti locali le aziende municipalizzate che gestivano servizi pubblici
locali vennero trasformate in societ per azioni controllate in tutto o in
parte (societ miste) da uno o pi azionisti pubblici. Altri enti pubblici
non economici (musei, enti lirici) furono trasformati in fondazioni private.
I processi di liberalizzazione portarono allistituzione di autorit di
regolazione (Autorit per lenergia elettrica e il gas, Autorit per le
garanzie nelle comunicazioni, Autorit garante della concorrenza e del
mercato, ecc.) indipendenti dal potere esecutivo e dotati di poteri di
regolazione, di vigilanza e sanzionatori assai estesi.
Gli anni Novanta del XX secolo videro anche affermarsi una
concezione dello Stato che favorisce processi di decentramento e
valorizza le autonomie territoriali e funzionali. In particolare, le Regioni
e gli enti locali acquisirono nuove funzioni e spazi di autonomia
statutaria, organizzativa e finanziaria e fu operata una riforma dei
ministeri (in attuazione soprattutto delle cosiddette leggi Bassanini n. 59 e
n. 127 del 1997). Il processo culmin con la legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3 che ridisegn lassetto delle competenze legislative
dello Stato e delle Regioni e delle funzioni amministrative dei vari livelli
di governo (Stato, Regioni, Province e Comuni) in base al principio della
sussidiariet verticale.
Questultimo, come si vedr, privilegia
nellallocazione delle funzioni per quanto possibile le unit organizzative
pi vicine ai cittadini destinatari delle attivit e dei servizi. Unampia
autonomia organizzativa, della quale espressione anche la possibilit di
approvare un proprio statuto, venne attribuita anche a enti pubblici quali
le Universit e le Camere di Commercio. Nellambito della riforma

20

complessiva degli apparati pubblici, il rapporto di impiego dei dipendenti


pubblici venne in gran parte assoggettato a un regime privatistico.
Il processo di riforma della pubblica amministrazione sembra
comunque unoperazione mai conclusa. Negli ultimi anni si registra anzi
un nuovo attivismo legislativo con lobiettivo di migliorare la funzionalit
e accrescere lefficienza del sistema amministrativo (riforma del pubblico
impiego, degli enti pubblici, dei servizi pubblici locali, delluniversit,
semplificazione amministrativa, abrogazione di leggi inutili e riassetto
normativo con ladozione di codici e testi unici).
2.6. Cenni conclusivi.
Pur nella variet dei contesti e con percorsi legati alle specificit di
ciascuno Stato, lo sviluppo storico dal XIX secolo ad oggi stato
caratterizzato, schematicamente, da due tipi di fenomeni: un andamento
ciclico nellespansione e nella contrazione del campo di intervento dei
pubblici poteri secondo i vari modelli dello Stato via via succedutisi; il
consolidarsi degli apparati amministrativi e lemergere, anche nei paesi di
common law, di un diritto speciale per le pubbliche amministrazioni.
Come si vedr, il diritto amministrativo, con lampia gamma di
strumenti sperimentati nei vari settori di intervento, cerca di risolvere un
problema presente in ogni ordinamento ispirato al principio dello Stato di
diritto: conciliare lesigenza di curare i molteplici interessi della
collettivit (interessi pubblici) con quella di garantire al massimo grado le
libert dei singoli.
Poteri amministrativi e diritti dei cittadini
costituiscono due poli spesso in tensione, da far convivere trovando gli
opportuni punti di mediazione e assicurando le necessarie garanzie. La
dialettica autorit-libert (M.S. GIANNINI) permea lintera struttura del
diritto amministrativo.
3. Diritto amministrativo e scienze sociali.
amministrativo.

La scienza del diritto

3.1. Premessa.
Oggetto del diritto amministrativo , come si accennato,
lorganizzazione e lattivit della pubblica amministrazione e i principi
che le regolano. Precondizione necessaria per ricostruire correttamente

21

gli istituti del diritto amministrativo una conoscenza adeguata, sotto il


profilo fenomenico, della pubblica amministrazione.
Qualsiasi branca del diritto presuppone infatti una percezione esatta
degli oggetti ai quali si riferisce, cio dei fatti e degli interessi che stanno
alla base delle regole da porre (de jure condendo) e successivamente da
applicare e interpretare (de jure condito). La pubblica amministrazione,
in particolare, un concetto che non si presta a essere definito, ma
soltanto a essere descritto (Ernst Forsthoff) e la descrizione di un
fenomeno dipende dai diversi angoli di visuale dai quali si pone
losservatore.
Da qui la necessit di tener conto dei metodi e dei contributi di una
pluralit di discipline non giuridiche che prendono in considerazione
anche la pubblica amministrazione e gli strumenti di intervento di cui essa
dispone per la cura di interessi economici e sociali della collettivit.
In questa sede sufficiente qualche cenno ai principali settori delle
scienze sociali che si occupano della pubblica amministrazione.
3.2. La sociologia.
La sociologia analizza le relazioni fattuali di potere interne ed esterne
agli apparati burocratici e la variet dei bisogni e degli interessi della
collettivit di cui essi si fanno carico. Il potere un fenomeno sociale
prima ancora che giuridico presente in ogni collettivit un minimo
organizzata.
Va ricordata, in particolare, lanalisi di Max Weber dei tipi storici di
potere (costruiti come modelli o idealtipi), definito come la possibilit per
specifici comandi di trovare obbedienza da parte di un determinato
gruppo di uomini. Secondo il sociologo tedesco il potere si presta a
essere classificato in base a tre criteri di legittimazione: il potere
tradizionale fondato sul carattere sacro delle tradizioni (monarchie
ereditarie); il potere carismatico fondato sulla forza eroica o sul valore
esemplare di una persona (cesarismo, dispotismo); il potere razionale
fondato sulla legalit di ordinamenti statuiti (Stato di diritto).
Questultimo modello si connota, in particolare, per la presenza di
unamministrazione burocratica impersonale, preposta alla cura di
interessi entro limiti posti da regole giuridiche certe e caratterizzata da
unorganizzazione per uffici ordinati secondo i principi di competenza e
di gerarchia e da un corpo di funzionari di carriera e specializzati

22

(selezionati e promossi in base a criteri di competenza e di merito). Un


siffatto modello funzionale alleconomia capitalistica fondata sul
calcolo razionale: la stabilit delle regole (il principio della certezza del
diritto) e la prevedibilit dellazione dellamministrazione costituiscono
per le imprese un elemento essenziale per poter valutare la convenienza
delle scelte di investimento. Secondo Max Weber, ci che occorre al
capitalismo un diritto che possa venir calcolato al pari di una
macchina.
La sociologia studia anche la struttura degli apparati burocratici e del
personale che in essi opera (estrazione sociale, formazione, cultura, ecc.).
3.3. Le scienze politiche ed economiche. Fallimenti del mercato e
regulation.
Le scienze politiche analizzano il ruolo degli apparati burocratici
allinterno del circuito politico rappresentativo, cio come strumenti per
la realizzazione delle politiche pubbliche decise dal Parlamento, e pi in
generale i rapporti tra classe politica, burocrazia e potere economico.
Esse mettono anche in evidenza come la burocrazia non sia in realt un
attore neutrale nei processi decisionali, confinato a un ruolo di mera
esecuzione degli indirizzi politici (come una sorta di cinghia di
trasmissione tra la politica e i destinatari della regolazione e dei servizi),
ma assume spesso un ruolo attivo di elaborazione e di condizionamento (e
talora di freno) nelle politiche governative.
Le scienze politiche ed economiche (queste ultime ripartite al loro
interno in varie branche ed indirizzi) analizzano le situazioni nelle quali
giustificato lintervento dei pubblici poteri sottoforma di regolazione.
Soprattutto nel mondo anglosassone ha avuto impulso, con approccio
interdisciplinare, la teoria della regolazione pubblica (o regulation),
espressione con pluralit di significati, riferita allintervento dei poteri
pubblici in campo sociale ed economico. Essa stata definita, per
esempio, come controllo prolungato focalizzato esercitato da
unagenzia pubblica su attivit cui una comunit attribuisce una
rilevanza sociale (P. SELZNICK); oppure come la guida con mezzi
amministrativi pubblici di unattivit privata secondo una regola statuita
nellinteresse pubblico (B.M. MITNICK).
Si distinguono generalmente due modelli di regolazione pubblica, la
prima indirizzata a promuovere scopi sociali (social regulation) come, per

23

esempio, la tutela sanitaria o le provvidenze e le misure di inclusione


sociale a favore delle fasce pi deboli della popolazione; la seconda
indirizzata a massimizzare lefficienza economica e il benessere dei
consumatori (economic regulation).
La regolazione economica considera listituzione di apparati pubblici
come rimedio per le situazioni di insuccesso o di fallimento del mercato
(market failures) in relazione alle quali viene individuata una gamma di
interventi correttivi consistenti in misure di tipo autoritativo (o di
command and control).
Quanto ai fallimenti del mercato, si tratta di situazioni nelle quali il
mercato deregolamentato, cio retto esclusivamente dal diritto privato
(diritto dei contratti e della responsabilit civile, tutela giurisdizionale),
non in grado di tutelare in modo adeguato gli interessi della collettivit.
Si pensi per esempio ai danni da inquinamento ambientale che non
potrebbero essere contrastati in modo efficace facendo affidamento
soltanto sulla responsabilit civile dellinquinatore, attesa la difficolt, in
molti casi, di individuarlo con precisione, di provare il nesso di causalit,
di coordinare e aggregare le azioni di numeri spesso elevati di soggetti
danneggiati. Si pensi ancora allo squilibrio non superabile con i normali
strumenti negoziali tra unimpresa monopolistica in un determinato
mercato e i consumatori.
I principali casi di fallimenti del mercato che giustificano lintervento
dei poteri pubblici sono:
a)

I monopoli naturali come le infrastrutture non facilmente


duplicabili (per esempio, le reti di trasporto ferroviarie, porti e
aeroporti, reti di distribuzione dellenergia elettrica e del gas) che
pongono chi gestisce lattivit in una situazione di potere di
mercato che impedisce o altera lo sviluppo di un mercato
concorrenziale e che consentono extraprofitti dovuti alla rendita
di posizione. I rimedi pi frequenti consistono nel sottoporre
limpresa monopolista (o le imprese dotate comunque di notevole
forza di mercato) a una serie di vincoli, tra i quali, per esempio, il
controllo dei prezzi e tariffe applicate agli utenti, oppure
lobbligo di consentire laccesso delle proprie strutture (essential
facilities) a favore di altri operatori concorrenti in base a criteri di
non discriminazione.

b)

I beni pubblici, come la difesa esterna o lordine pubblico, dei


quali beneficia lintera collettivit, inclusi coloro che non

24

sarebbero disponibili a farsi carico di una quota proporzionale di


costi (cosiddetti freeriders) essendo impossibile o troppo costoso
escluderli dal godimento. Il mercato non incentivato a produrli
spontaneamente nella misura adeguata e dunque da sempre gli
Stati se ne sono fatti carico direttamente traendo dalla tassazione
le risorse necessarie.
c)

Le esternalit negative dovute per esempio a produzioni


industriali inquinanti i cui benefici vanno a vantaggio
dellimpresa (e dei suoi azionisti), ma i cui costi gravano
sullintera collettivit. Da qui limposizione di limiti massimi e di
regimi autorizzatori per le emissioni inquinanti, la previsione di
standard qualitativi minimi per gli impianti industriali;
lirrogazione di sanzioni amministrative in caso di violazione
delle prescrizioni.

d)

Le asimmetrie informative tra chi offre e chi acquista beni e


servizi circa le caratteristiche qualitative essenziali di questi
ultimi, come nei rapporti tra istituzioni finanziarie o imprese
quotate in borsa e piccoli risparmiatori non in grado di valutare i
rischi degli investimenti proposti. A tutela di questi ultimi
vengono cos istituiti sistemi di vigilanza sulle imprese con
lattribuzione ad autorit di regolazione di poteri di regolazione,
autorizzatori, prescrittivi, ispettivi e sanzionatori.

e)

Le esigenze di coordinamento per esempio relative al sistema dei


pesi e misure o al traffico stradale che richiedono la fissazione di
standard uniformi e di regole di comportamento al cui rispetto
sono preposte autorit pubbliche.

Le misure autoritative necessarie per prevenire e correggere i fallimenti


del mercato (command and control), delle quali si sono forniti sopra
alcuni esempi, si prestano a essere classificate secondo il criterio che
muove dalla maggiore alla minore intrusivit rispetto alla dinamica del
mercato: monopoli legali e concessione di diritti esclusivi, propriet
pubblica, pianificazioni settoriali, regimi autorizzatori, fissazione di
standard qualitativi, misure di controllo dei prezzi, sovvenzioni, sanzioni
pecuniarie e non pecuniarie, obblighi informativi, ecc.
Il principio che dovrebbe guidare il regolatore nella scelta degli
strumenti correttivi quello secondo il quale vanno preferiti, tra gli
strumenti astrattamente idonei a tutelare linteresse pubblico, quelli meno
restrittivi della libert di impresa (come si vedr, in base al principio di

25

proporzionalit emerso nel diritto dellUnione europea). Per esempio, se


per tutelare un certo interesse pubblico, sufficiente obbligare chi
intraprendere unattivit a comunicarlo a unamministrazione che poi
esercita un controllo ex post, va evitata lintroduzione di un regime di
controllo ex ante, sotto forma di autorizzazione o licenza preventiva. In
ogni caso, vanno preferiti, ove possibile, regimi di autorizzazione
preventiva vincolata a quelli che lasciano allamministrazione ampi spazi
di valutazione discrezionale e che dunque attribuiscono minori certezze ai
soggetti privati.
Gli strumenti di command and control sopra esemplificati danno
corpo, come si vedr, al nucleo pi caratteristico dei poteri attribuiti alle
pubbliche amministrazioni e assoggettati ai principi del diritto
amministrativo.
3.4. Cenni agli indirizzi della public choice e al modello principalagent.
Sempre nellambito delle scienze economiche, va menzionato
lindirizzo della cosiddetta public choice affermatosi negli Stati Uniti
nella seconda met del secolo scorso. Per spiegare il funzionamento
effettivo degli apparati pubblici errato muovere dallipotesi che gli
apparati pubblici (e i burocrati ad essi preposti) agiscano sempre e
necessariamente per il perseguimento di obiettivi di interesse pubblico
(public interest theory of regulation). E pi corretto invece considerare
che anche il loro comportamento animato, al pari degli attori privati, da
self-interest (potere, livello retributivo, reputazione, massimizzazione
delle risorse a disposizione del proprio ufficio, ecc.).
Questo indirizzo tende a porre in evidenza, accanto alle situazioni di
market failures, quelle di government failures, cio le inefficienze
strutturali e gli effetti negativi dellazione dei pubblici poteri. E sempre
incombente, per esempio, il rischio della cattura del regolatore da parte
dei soggetti regolati (capture theory): gli apparati amministrativi tendono
a essere influenzati nel loro agire da interessi soprattutto economici forti
(le varie lobby) deviando cos dalla loro missione di cura dellinteresse
pubblico generale. Da qui dunque la necessit di prefigurare un disegno
istituzionale atto a prevenire o, quanto meno, a limitare questo rischio.
Dal punto di vista macroeconomico, lo Stato nelle sue varie
articolazioni pu essere considerato come un meccanismo di gestione e
redistribuzione delle risorse alternativo al mercato. La regolazione

26

pubblica (e i suoi strumenti amministrativi), con limposizione ai privati


di obblighi comportamentali (e oneri economici) in funzione del
raggiungimento di interessi pubblici, costituisce uno strumento alternativo
alla tassazione per la realizzazione di obiettivi di politica economica.
La microeconomia elabora a sua volta una serie di strumenti
concettuali utili per inquadrare il fenomeno burocratico. In particolare, la
teoria del principal-agent (principale-agente o delegante-delegato) studia
i meccanismi e gli incentivi per far si che lattivit dellagente, delegato
dal principale a compiere una certa attivit, venga posta in essere
nellinteresse di questultimo e non venga piegata allinteresse egoistico
dellagente. In molti casi lagente ha a disposizione una quantit di
informazioni superiore a quella dellagente circa le caratteristiche
concrete dellattivit da svolgere (asimmetria informativa). E pertanto
tentato di svolgere questultima in modo non corrispondente agli interessi
del principale, assumendo comportamenti opportunistici sui quali il
principale non in grado di esercitare un controllo efficace (il problema
della cosiddetta azione nascosta o dellazzardo morale). Questo tipo di
analisi viene usualmente riferito alle organizzazioni private (nellimpresa
i rapporti tra azionisti e manager, tra i manager e il personale) o a
relazioni di tipo contrattuale.
Anche gli apparati burocratici possono essere considerati come agenti
del Parlamento che nella veste di principale attribuisce ad essi, per legge,
funzioni e risorse per la cura di interessi pubblici. Spesso peraltro gli
apparati burocratici perseguono fini propri (maggior potere, prestigio,
ecc.), che non coincidono con la massimizzazione dellinteresse pubblico
affidato alle loro cure, e rappresentano un freno al processo di riforma.
Allinterno dei singoli apparati pubblici, i dirigenti possono essere
considerati come agenti incaricati di svolgere la propria attivit in
funzione degli obiettivi individuati dai loro principali, cio i vertici
politici. Gli interessi e gli incentivi dei dirigenti pubblici peraltro non
coincidono necessariamente con quelli dei vertici politici: da qui la
perenne tensione tra politica e amministrazione. A loro volta i vertici
politici (ministri, sindaci, ecc.), scelti in base al metodo elettorale, sono in
qualche misura agenti dei cittadini elettori e occorre individuare strumenti
adeguati di responsabilizzazione in modo da evitare lautoreferenzialit
della classe politica. Un problema di agenzia si pone anche nei rapporti
tra dirigenti, ai vari livelli, degli uffici e i loro sottoposti. Questultimi
potrebbero essere tentati a sollecitare o accettare compensi non dovuti o
altri favori dai privati con i quali intrattengono rapporti in relazione ad atti

27

amministrativi e ad altri adempimenti (corruzione, concussione). La


regolazione pubblica dovrebbe dunque individuare gli strumenti (regole,
incentivi, sanzioni) per allineare gli interessi dellagente a quelli del
principale.
3.5. La scienza dellamministrazione.
La scienza dellamministrazione (Verwaltungslehre) ha una tradizione
che risale al XIX secolo, in Italia (Gian Domenico Romagnosi) e in
Germania (Lorenz von Stein). Essa si ricollega al filone di studi di
finanza pubblica, ragionieristici e aziendalisti avviati gi nel XVIII
secolo, cui si gi fatto cenno, ovvero alla cameralistica e alla scienza
della polizia (Polizeiwissenschaft).
La scienza dellamministrazione, in auge soprattutto verso la met del
secolo scorso, non ha mai assunto in realt uno statuto ben definito
allinterno delle scienze non giuridiche (sociologia, scienza politica,
economia aziendale, ecc.) che studiano la pubblica amministrazione. E
stato anzi affermato che i principi riuniti sotto il titolo di questa scienza
non costituiscono un ramo autonomo di conoscenza e vane sono le
ricerche intese a determinare il contenuto unitario (G. ZANOBINI). Si
tratta in ogni caso di una scienza in declino negli ultimi decenni.
3.6. La scienza del diritto amministrativo.
Se, come si visto, le discipline non giuridiche mirano a ricostruire la
sostanza dei fenomeni e degli interessi, alla scienza giuridica spettano
alcuni compiti specifici.
I fenomeni infatti devono essere colti nella loro dimensione giuridica,
devono cio essere inquadrati nel contesto delle norme vigenti (diritto
positivo). Spetta dunque al giurista anzitutto il compito di procedere a
una ricognizione delle fonti normative che disciplinano una determinata
materia. Il materiale normativo deve essere poi riordinato e organizzato
in modo sistematico tramite lelaborazione di categorie e concetti
giuridici.
Storicamente lapplicazione rigorosa del metodo giuridico al diritto
amministrativo risale in Italia alla fine del XIX secolo, seguendo
lesempio tedesco (Otto Mayer che nel 1886 pubblic la prima edizione
dellopera fondamentale Deutsches Verwaltungsrecht). Vittorio Emanuele
Orlando (1860-1952), uomo politico e giurista curatore del primo

28

monumentale Trattato di diritto pubblico, pose le basi della scienza del


diritto pubblico allinterno del quale si colloca, come si visto, anche il
diritto amministrativo.
Il criterio seguito fu quello, da un lato, di
espungere ogni elemento filosofico, storico e politico dallanalisi
giuridica e di intraprendere unopera non limitata alla mera esposizione
ed esegesi della legislazione amministrativa (secondo la tecnica invalsa
soprattutto in Francia); dallaltro, di costruire, attraverso classificazioni e
successi processi di astrazione, i concetti giuridici (secondo la tecnica
inaugurata nel diritto privato dalla pandettistica). Lelaborazione di
Orlando e dei suoi allievi (Federico Cammeo, Oreste Ranelletti, Santi
Romano, Guido Zanobini) domin la scienza giuspubblicistica nella
prima met del secolo scorso e contribu alla costruzione di un diritto
amministrativo coerente con una concezione liberale, statalistica e con
venature autoritarie dei rapporti tra Stato-cittadino.
In questa prima fase il diritto amministrativo concentr la propria
attenzione sullattivit amministrativa. Venne posto laccento soprattutto
sulle prerogative degli apparati pubblici, attraverso lelaborazione della
teoria dellatto amministrativo come espressione del potere unilaterale
attribuito dalla legge agli apparati pubblici e di un rapporto di sovra-sottoordinazione tra Stato e cittadino. Latto amministrativo venne inquadrato
inizialmente entro gli schemi del negozio giuridico di derivazione
privatistica.
Con levolversi dei rapporti politici e sociali e con lespandersi della
legislazione amministrativa specie a partire dagli anni Trenta del corso
del XX secolo, la scienza del diritto amministrativo estese la propria
analisi a fenomeni emergenti come lordinamento del credito, gli enti
pubblici e limpresa pubblica, ecc. Si deve soprattutto a Massimo Severo
Giannini (1915-2000) lampliamento della prospettiva, inclusa una
rinnovata attenzione alle scienze non giuridiche.
Anche la Costituzione repubblicana del 1948, aperta a nuovi valori e
che dedica alcune disposizioni fondamentali allordinamento
amministrativo, e le leggi di riforma dei decenni successivi (come, per
esempio, il decentramento amministrativo attuato in concomitanza con
listituzione delle Regioni, lintroduzione di un Servizio Sanitario
Nazionale nel 1978, la riforma delle autonomie locali del 1990, le leggi di
riordino dellorganizzazione e delle funzioni e dei procedimenti
amministrativi degli anni Novanta del secolo scorso, le liberalizzazioni e
privatizzazioni attuate sul finire dello stesso secolo) indussero la dottrina
a un ripensamento dellimpianto generale del diritto amministrativo.

29

Maggiore attenzione venne dedicata, per esempio, ai profili organizzativi


di unamministrazione sempre pi multilivello e alle tematiche dei diritti
di cittadinanza amministrativa. Emerse anche una prospettiva (il
cosiddetto diritto amministrativo paritario elaborato da Feliciano
Benvenuti verso la met degli anni Settanta del secolo scorso) tesa a
operare un riequilibrio nel rapporto tra Stato e cittadino con due modalit
principali: il potenziamento delle garanzie formali (soprattutto attraverso
la nozione di procedimento amministrativo) e sostanziali a favore di
questultimo; limpiego di nuovi moduli consensuali di regolamentazione
dei rapporti tra privati e pubblica amministrazione.
Gli anni Novanta del secolo scorso, segnati dallintroduzione della
legge 7 agosto 1990, n. 241 sul procedimento amministrativo e
dallinfluenza del diritto europeo specie nel settore dei servizi pubblici,
costituiscono idealmente una cesura tra una concezione pi autoritaria del
diritto amministrativo che privilegia il punto di vista dellamministrazione
e pone laccento sui poteri unilaterali attribuiti a questultima e un nuovo
paradigma interpretativo che valorizza lemancipazione della posizione
del cittadino, titolare ormai di unampia gamma di diritti e garanzie
allinterno del rapporto procedimentale, e lassoggettamento del potere al
principio di legalit inteso in senso pi rigoroso (attraverso lapplicazione
del parametro della proporzionalit e lassoggettamento a oneri di
giustificazione e motivazione delle scelte amministrative).
Il diritto amministrativo resta pur sempre, nel suo nocciolo essenziale,
il diritto dellautorit del potere pubblico per la cura degli interessi della
collettivit, ma ha perso progressivamente, anche in seguito allosmosi
con gli ordinamenti anglosassoni (specialmente gli Stati Uniti), i
connotati di un diritto autoritario. Nellepoca presente lo Stato ancora
uno Stato a regime amministrativo, anche se esso sempre meno
speciale e sempre pi giustiziale, consensuale, cooperativo, aperto alle
clausole generali del diritto comune (B. SORDI).
4. Il diritto amministrativo e i suoi rapporti con altre branche del
diritto.
4.1. Il diritto costituzionale.

30

Il diritto pubblico generale include le varie discipline giuridiche che si


occupano dellordinamento dello Stato e del complesso dei poteri
pubblici.
Ai nostri fini rileva soprattutto la distinzione tra diritto costituzionale e
diritto amministrativo5. Il primo riguarda i rami alti dellordinamento
(corpo elettorale, Parlamento, Governo, Corte Costituzionale,
magistratura, Regioni e poteri locali, ecc.), i diritti di libert dei privati
(libert personale, libert religiosa, di manifestazione del pensiero,
propriet, ecc.) e le fonti del diritto. Il secondo, i rami bassi e cio quel
complesso poliedrico di apparati pubblici che si sviluppato soprattutto
nel corso del XX secolo, ciascuno dei quali dotato di una gamma pi o
meno ampia di poteri.
Il primo trova fondamento e una disciplina positiva nelle Costituzioni
scritte e affonda le sue radici nella teoria contrattualistica dello Stato
elaborata dai filosofi politici dei secoli XVII e XVIII secolo (John Locke,
Jean Jacques Rousseau) e nella progressiva considerazione delle
Costituzioni non soltanto come un patto politico tra il sovrano e il popolo,
ma anche come la fonte suprema dellordinamento giuridico6.
Il secondo regolato in prevalenza da fonti normative subcostituzionali (leggi, regolamenti, statuti, ecc.) e dai principi di
derivazione giurisprudenziale.
Sussiste tuttavia un nesso stretto tra diritto costituzionale e diritto
amministrativo.
Secondo un primo punto di vista, infatti, il diritto amministrativo, per
riprendere lespressione di Fritz Werner, presidente della Corte
amministrativa federale tedesca verso la seconda met del secolo scorso,
non altro che il diritto costituzionale reso concreto (Verwaltungsrecht
als konkretisiertes Verfassungsrecht), cio colto nella sua effettiva
realizzazione nella legislazione e nella vita dellordinamento.
Cos, per esempio, il grado di tutela dei diritti di libert e dei diritti
sociali iscritti nella Costituzione vigente si misura non solo e non tanto
5

Droit administratif unespressione emersa in Francia in epoca napoleonica e il primo trattato


dedicato a questo ramo del diritto risale al 1814 ed opera di Gian Domenico Romagnosi.
6
A partire dal celeberrimo caso Marbury vs. Madison deciso dalla Corte Suprema degli Stati
Uniti nel 1801, le norme contenute nella Costituzione degli Stati Uniti del 1776 divennero
parametro giuridico per operare un sindacato di legittimit delle leggi. In epoca pi recente
listituzione delle Corti Costituzionali in molti paesi europei (in Italia con la Costituzione del
1948) ha contribuito a rafforzare lautonomia del diritto costituzionale.

31

dalla Costituzione, quanto piuttosto dalle leggi amministrative che attuano


il disegno costituzionale e dalla concreta applicazione che esse ricevono
ad opera principalmente degli apparati amministrativi. Il diritto alla
salute, definito dallart. 32 come fondamentale diritto dellindividuo e
interesse della collettivit, trova poi svolgimento e attuazione pratica
nella legislazione istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale e pi in
generale nella legislazione sanitaria. In modo ancor pi tangibile, il
livello delle prestazioni garantite dipende anche dalle risorse finanziarie
messe a disposizione direttamente o indirettamente in una determinata
fase storica (a questo riguardo si parlato anche di diritti
finanziariamente condizionati).
Del pari, il diritto a manifestare liberamente il proprio pensiero con la
parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione sancito dallart. 21 della
Costituzione condizionato dalla legislazione amministrativa sul sistema
radio-televisivo e sulla stampa che, come pi volte stigmatizzato dalla
Corte Costituzionale, non ha garantito un sufficiente grado di pluralismo.
Ancora, la libert di iniziativa economica privata (art. 41, comma 1,
della Costituzione) in molti casi subordinata al conseguimento di
concessioni o di altri titoli abilitativi discrezionali rilasciati da autorit
amministrative e ad altre limitazioni previste dalle leggi di settore. Solo a
partire dagli anni Novanta del secolo scorso ha trovato una pi completa
attuazione in molti settori (telecomunicazioni, energia elettrica e gas,
ecc.) per effetto del recepimento di direttive comunitarie di
liberalizzazione con lapertura dei mercati alla concorrenza.
Leffettivit della tutela giurisdizionale garantita in astratto dallart. 24
della Costituzione condizionata da carenze organizzative degli apparati
giudiziari (limitatezza delle risorse disponibili, vuoti di organico,
inefficienza nellorganizzazione) che non consentono la conclusione dei
processi in tempi ragionevolmente contenuti (giustizia ritardata equivale,
come si dice, a giustizia negata).
In linea generale, il corpo delle leggi amministrative, che nel loro
impianto essenziale risalgono in molti casi ad epoche ormai lontane,
rimasto per lungo tempo poco in linea con la Costituzione vigente. La
Corte Costituzionale ha provveduto, specie nei primi anni della propria
attivit, a dichiarare incostituzionali disposizioni contenute nelle leggi
amministrative di settore.
Ci accaduto in particolare per le
disposizioni di matrice illiberale contenute nel testo unico delle leggi di
pubblica di sicurezza del 1931.

32

Un secondo nesso tra diritto costituzionale e diritto amministrativo


riassunto dallaffermazione di uno dei maggiori giuristi tedeschi del
primo Novecento (Otto Mayer) secondo il quale il diritto costituzionale
passa, il diritto amministrativo resta (Verfassungsrecht vergeht,
Verwaltungsrecht besteht7). Essa mette in luce il disallineamento sotto il
profilo temporale dei mutamenti costituzionali rispetto alle riforme
amministrative.
Proprio perch incidono solo sui rami alti dellordinamento, i primi
possono verificarsi anche in modo repentino in seguito a moti
rivoluzionari, sconfitte militari e, pi in generale, rotture della
Costituzione. In Francia, dalla Rivoluzione del 1789 ad oggi, si sono
susseguite numerose Costituzioni talune rimaste in vigore per pochi anni.
Molti testi costituzionali hanno richiesto tempi di redazione assai brevi.
La legge fondamentale tedesca del 1948 (Grundgesetz) venne predisposta
nel secondo dopoguerra da una commissione di esperti in poche
settimane. Il processo costituente che sfoci nella Costituzione italiana
del 1948 dur circa due anni.
Le riforme amministrative, al contrario, mirano a modificare
lorganizzazione e il modo di operare di apparati burocratici caratterizzati
da strutture, personale, prassi operative e cultura istituzionale formatesi
lentamente, spesso per stratificazioni successive, e strutturalmente poco
permeabili al cambiamento.
In Italia, le strutture amministrative fondamentali dello Stato
sopravvissero con pochi aggiustamenti a cambiamenti di regime politico e
costituzionale, come nel passaggio dallo Stato liberale al regime
autoritario del ventennio fascista. Frequenti furono allepoca le lamentele
secondo le quali la burocrazia costituiva un ostacolo alla realizzazione
delle politiche perseguite dal nuovo regime. Allo stesso modo,
ladeguamento dellorganizzazione amministrativa al disegno della
Costituzione del 1948, improntato ai valori del decentramento e
dellautonomia richiese decenni. Anche listituzione delle Regioni nel
1970 e il trasferimento di funzioni amministrative, personale, strutture e
risorse finanziarie (anche tramite tributi propri) fu un processo lungo e
tormentato e che forse non si ancora concluso. Il riconoscimento di una

Lespressione contenuta nella premessa alla III edizione del Deutsches Verwaltungsrecht
pubblicata nel 1924 dopo il tracollo dellordinamento statuale emerso nel 1870 e lapprovazione
della Costituzione di Weimar del 1919, la prima Costituzione contemporanea che supera il
modello dello Stato liberale ottocentesco.

33

maggior autonomia agli enti locali avvenne solo a partire dagli anni
Novanta del secolo scorso.
La piena applicazione da parte della pubblica amministrazione di leggi
di riforma fondamentali come la l. n. 241/1990 sul procedimento
amministrativo, che, come si gi accennato, esprime un nuovo modello
di rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione in base a principi di
efficienza, trasparenza, partecipazione, coordinamento tra uffici e ricerca
del consenso con i destinatari, ancor oggi lungi da essere completata.
4.2. Il diritto europeo.
In generale il diritto pubblico un diritto intimamente connesso con la
struttura politica propria di ciascun ordinamento e regola istituti
direttamente collegati alla sovranit dello Stato. Esso costituisce cio la
branca del diritto che risente maggiormente della storia, della cultura e
delle tradizioni nazionali e che dunque pi resistente a innesti e trapianti
di istituti in vigore in altri ordinamenti. Ladozione di testi costituzionali
che ricalcano Costituzioni in vigore in altri Stati spesso produce esiti
concreti talora assai diversi rispetto a quelli attesi.
Anche il processo di integrazione degli ordinamenti nazionali
allinterno dellUnione europea sconta questa maggior resistenza del
diritto pubblico a influenze esterne e a spinte armonizzatrici.
Il diritto amministrativo italiano ha acquisito peraltro, anche per scelta
consapevole del legislatore nazionale, una dimensione europea sotto
quattro profili principali: lattivit, la legislazione amministrativa,
lorganizzazione, la tutela giurisdizionale.
In primo luogo, lart. 1, comma 1, della l. n. 241/1990 include tra i
principi generali dellattivit amministrativa (economicit, efficacia,
imparzialit, pubblicit) anche i principi generali dellordinamento
comunitario.
Questi ultimi sono ricavabili sia dai Trattati e dalle altre fonti del
diritto europeo, sia dalla giurisprudenza della Corte di giustizia
dellUnione europea (proporzionalit, tutela del legittimo affidamento,
ecc.). Lart. 5 del Trattato sullUnione europea enuncia, per esempio,
come criteri per lallocazione delle funzioni tra lUnione e gli Stati
membri (e dei livelli di governo interni agli Stati), il principio di
sussidiariet. Enuncia anche il principio di proporzionalit che costituisce

34

un principio rivolto sia al legislatore nazionale sia allamministrazione


allorch esercita poteri discrezionali.
La pubblica amministrazione menzionata anche nella Carta dei diritti
fondamentali dellUnione europea, ora incorporata come protocollo
allegato al Trattato di Lisbona e avente valore giuridico equiparato a
quello del Trattato. Lart. 41, rubricato Diritto ad una buona
amministrazione, garantisce infatti a ogni individuo nei rapporti con le
istituzioni europee il diritto di essere trattato in modo imparziale ed equo,
di essere ascoltato prima che venga adottato nei suoi confronti un
provvedimento che gli rechi pregiudizio, di accedere ai documenti del
fascicolo che lo riguarda, di ottenere una decisione motivata adottata
entro un termine ragionevole. Stabilisce inoltre che ogni persona ha
diritto al risarcimento da parte dellUnione europea dei danni cagionati
dalle sue istituzioni o dai suoi agenti nellesercizio delle loro funzioni.
Lart. 42 garantisce inoltre il diritto di accesso ai documenti delle
istituzioni dellUnione.
In secondo luogo, lart. 117, comma 1, della Costituzione stabilisce che
la potest legislativa dello Stato e delle Regioni deve essere esercitata nel
rispetto, oltre che della Costituzione, dei vincoli derivanti
dallordinamento comunitario.
Questo vincolo condiziona sempre di pi la legislazione amministrativa
settoriale nazionale che in molte materie ormai niente altro che la
trasposizione, con gli adattamenti e le integrazioni necessarie, delle
direttive comunitarie.
Per esempio, il Codice dei contratti pubblici, approvato con decreto
legislativo 12 aprile 2006, n. 163, che disciplina le procedure per
laggiudicazione degli appalti di lavori, forniture e servizi, recepisce due
direttive comunitarie che pongono gi una regolamentazione completa. In
materia di tutela dellambiente la legislazione nazionale si sviluppata fin
dallinizio negli anni Ottanta del secolo scorso con una forte impronta
comunitaria. Allo stesso modo, la legislazione nei settori delle
comunicazioni elettroniche o dellenergia elettrica e gas e in generale il
diritto pubblico delleconomia sono regolati anzitutto da fonti europee.
Nella materia antitrust, la legge 10 ottobre 1990, n. 287, che ha istituito
lAutorit garante della concorrenza e del mercato e ha posto una
disciplina organica a tutela della concorrenza, prevede che
linterpretazione delle norme contenute nel Titolo I della legge sia

35

effettuata in base ai principi dellordinamento delle Comunit europee


in materia di disciplina della concorrenza (art. 1, comma 4).
Un condizionamento nei confronti del legislatore nazionale deriva
anche dalla direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio
del 12 dicembre 2006 in tema di libera circolazione dei servizi. La
direttiva, recepita nellordinamento italiano ad opera del decreto
legislativo 26 marzo 2010, n. 59, pone, come si vedr, una serie di
prescrizioni sui regimi autorizzatori, allo scopo di evitare che essi
costituiscano ostacoli tali da limitare la libera circolazione dei servizi a
livello comunitario. Cos, per esempio, il rilascio delle autorizzazioni
deve essere subordinato, di regola, al possesso di requisiti vincolati (non
discriminatori, oggettivi, resi pubblici preventivamente, ecc.) evitando di
attribuire allautorit amministrativa spazi di valutazione discrezionale
(art. 10). La durata della autorizzazioni di norma illimitata (art. 11). Nel
caso in cui il numero delle autorizzazioni rilasciabili debba essere
contingentato a causa della scarsit delle risorse naturali o delle capacit
tecniche utilizzabili, occorre prevedere una procedura selettiva
competitiva trasparente alla quale sia data unadeguata pubblicit e che
presenti garanzie di imparzialit (art. 12).
Ogni procedimento
autorizzatorio deve concludersi entro un termine ragionevole prestabilito
e reso pubblico preventivamente e la mancata risposta entro il termine
equivale di regola a silenzio-assenso (art. 13). La stessa introduzione di
un regime di autorizzazione preventiva consentita solo l dove
lobiettivo di tutela di un interesse pubblico (motivo di interesse
generale) non pu essere conseguito attraverso un regime meno
restrittivo, in particolare sotto forma di controllo ex post.
In terzo luogo il diritto europeo condiziona lassetto organizzativo e
funzionale degli apparati pubblici. Cos numerose agenzie e autorit
indipendenti sono state istituite in Italia specie nellultimo ventennio in
attuazione di direttive comunitarie. Esse hanno dato origine in taluni casi
a una vera e propria rete di organismi paralleli istituiti in ciascuno Stato
membro che svolgono in modo coordinato la propria attivit in gran parte
allo scopo di curare lattuazione del diritto europeo in particolari materie.
Si pensi, per esempio, al Sistema Europeo delle Banche Centrali del quale
fanno parte in modo organico le banche centrali nazionali. Ma anche in
settori come quello dellenergia elettrica le autorit nazionali di
regolazione (in Italia, lAutorit per lenergia elettrica e il gas) operano in
integrazione stretta tra loro e soprattutto con lAgenzia per la

36

cooperazione dei regolatori nazionali - Acer -, istituita nel 2010). Si sono


gi richiamate le nuove agenzie europee in materia finanziaria.
A livello nazionale stato istituito un ministero per le Politiche
Comunitarie e molte Regioni si sono dotate di propri uffici a Bruxelles. I
procedimenti amministrativi vedono coinvolte sempre pi spesso
amministrazioni nazionali e amministrazioni comunitarie (per esempio
nella gestione dei fondi strutturali, cio di risorse comunitarie destinati ad
aree e settori economici particolari).
Infine, il diritto europeo esercita uninfluenza anche sul diritto
processuale amministrativo. Il Codice del processo amministrativo,
adottato con il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, stabilisce che la
giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva
secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo. Questa
espressione include anche i principi formatisi dalla giurisprudenza della
Corte europea dei diritti delluomo. Inoltre, nel settore degli appalti
pubblici, sono intervenute direttive europee che hanno anticipato, per
esempio, sviluppi del diritto nazionale in tema di tutela risarcitoria e di
possibilit di esperire particolari tipi di rimedi. La direttiva 2007/66/CE,
in particolare, ha imposto al legislatore italiano di prevedere un rito
speciale in materia di contratti pubblici che ha caratteri marcatamente
differenziati quanto a regole procedurali e ai poteri del giudice
amministrativo (ora contenute negli artt. 120-124 del Codice del processo
amministrativo).
Il diritto amministrativo si aperto non soltanto a una dimensione
europea, ma sta assumendo anche una dimensione ultrastatale (o globale)
collegata allo sviluppo a livello mondiale di un numero crescente di
organizzazioni internazionali (Banca Mondiale, Organizzazione mondiale
del commercio, Fondo monetario internazionale, ecc.) che producono
regole e standard che condizionano sempre pi direttamente e
indirettamente i diritti nazionali. La loro attivit assoggettata a principi
e istituti tipici del diritto amministrativo, come, per esempio, quelli del
giusto procedimento e della motivazione degli atti.
4.3 Il diritto privato.
I nessi tra diritto amministrativo e diritto privato possono essere
ricondotti a tre proposizioni principali: il diritto amministrativo un
diritto autonomo dal diritto privato; non esaurisce tutta la disciplina
dellattivit e dellorganizzazione della pubblica amministrazione che

37

attinge sempre pi a moduli privatistici; ha una capacit espansiva in


quanto si applica, a certe condizioni, anche a soggetti privati.
a) Lautonomia del diritto amministrativo.
Per tradizione, ogni branca del diritto si pone il problema della propria
autonomia.
Lautonomia del diritto amministrativo dal diritto privato emerge
indirettamente da un istituto disciplinato dalla l. n. 241/1990 e cio dagli
accordi stipulati tra amministrazione e soggetti privati e che disciplinano
lesercizio dei poteri discrezionali.
Lamministrazione pu infatti concludere con gli interessati accordi al
fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale,
ovvero, in sostituzione di questo (art. 11, comma 1, della l. n. 241/1990).
Lamministrazione, allorch la legge le riconosca margini pi o meno
ampi di scelta nelle soluzioni da adottare, anzich provvedere in modo
unilaterale e autoritativo, pu dunque negoziare con i soggetti destinatari
di un provvedimento il miglior assetto degli interessi da incorporare in un
accordo.
Quel che rileva in questa sede che a questo tipo di accordi di natura
pubblicistica si applicano, ove non diversamente previsto, i principi del
codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili
(comma 2).
Da questa disposizione si ricava dunque che il diritto amministrativo
un diritto in s completo e autosufficiente. Esso pu attingere talora al
diritto privato, ma in modo indiretto e selettivo: indiretto perch il rinvio
operato non gi alle disposizioni del codice civile, bens ai principi da
esse desumibili in via di interpretazione e ci crea gi un primo filtro;
selettivo, perch anche lapplicazione dei principi cos ricavati non
automatica, in quanto subordinata a un giudizio di compatibilit con i
principi del diritto amministrativo che dunque prevalgono su quelli del
diritto civile. Inoltre, lapplicazione del diritto privato pu essere esclusa
da norme speciali (ove non diversamente previsto).
Il diritto amministrativo e il diritto privato non si pongono dunque in
una relazione di regola-eccezione, nel senso che in assenza di una regola
speciale di diritto amministrativo, vale automaticamente la regola
generale del diritto comune. Essi si collocano invece in una relazione di
autonomia reciproca. Ciascuno dei due diritti in s completo, poich

38

eventuali lacune possono essere colmate facendo applicazione analogica


anzitutto di istituti e principi propri di ciascuna disciplina.
Negli ordinamenti anglosassoni, nei quali il diritto amministrativo ha
avuto uno sviluppo pi recente e meno completo, esso si pone rispetto alla
common law in termini di deroga o eccezione, piuttosto che di autonomia
e completezza.
Per tradizione (ma tra gli storici del diritto vi una disputa sul punto)
la nascita del diritto amministrativo come disciplina autonoma si fa
risalire in Francia al celebre arrt Blanco del 1873. Il Tribunal des
Conflits, in una causa per danni extracontrattuali proposta da un privato,
anzich applicare le regole civilistiche, statu che la responsabilit
dellamministrazione ne peut tre rgie par le principes qui sont tablis
dans le Code Civil pour les rapports de particulier particulier.
Aggiunse che essa non n generale n assoluta, ma assoggettata ses
rgles spciales qui varient suivant les besoins du service et la ncessit
de concilier les droit des ltat avec les droits privs. La specialit del
diritto amministrativo si giustifica dunque per la necessit di curare
linteresse generale attraverso un opportuno bilanciamento degli interessi
in gioco.
In materia di responsabilit civile, anche nel nostro ordinamento
lapplicazione delle regole del codice civile (art. 2043 e seg.) stata
oggetto, soprattutto in passato, di deroghe ed eccezioni poste dal
legislatore giustificate dallesigenza di salvaguardare le prerogative
dellamministrazione. Ancor oggi, per esempio, le autorit di regolazione
istituite nel settore finanziario sono responsabili solo per gli atti e
comportamenti posti in essere con dolo o colpa grave (art. 4, comma 3,
lett. d) del d.lgs. 29 dicembre 2006, n. 303). Pi in generale, come si
avr modo di vedere, i principi della responsabilit civile applicati al caso
della lesione di interessi legittimi da parte di provvedimenti
amministrativi illegittimi si discostano in alcuni punti da quelli del diritto
comune.
Lautonomia del diritto amministrativo sostanziale trova un parallelo
nellautonomia del diritto amministrativo processuale rispetto al diritto
processuale civile. Il Codice del processo amministrativo contiene
numerosi rinvii espressi al codice di procedura civile, ma lassenza di una
disciplina espressa non comporta lapplicazione automatica delle
corrispondenti disposizioni del codice di procedura civile. Queste ultime
si applicano solo in quanto compatibili o espressione di principi
generali (art. 39, comma 1, del Codice sul cosiddetto rinvio esterno).

39

b) I moduli privatistici dellattivit e dellorganizzazione delle


pubbliche amministrazioni.
Lattivit delle pubbliche amministrazioni regolata in parte da leggi
amministrative e in parte dal diritto privato.
Le pubbliche amministrazioni sono dotate anzitutto di soggettivit
piena nellordinamento giuridico e godono, al pari delle persone
giuridiche private, di una capacit giuridica generale, questultima intesa
come lattitudine ad assumere la titolarit di diritti e obblighi in
conformit alle norme del codice civile e delle leggi speciali.
Le pubbliche amministrazioni dunque possono instaurare relazioni
giuridiche con altri soggetti dellordinamento regolate dal diritto comune.
Lart. 1, comma 1-bis, della l. n. 241/1990 enuncia il principio secondo il
quale la pubblica amministrazione nelladozione di atti di natura non
autoritativa, agisce secondo le norme di diritto privato salvo che la legge
non disponga diversamente.
Il solo limite generale che sussiste per esse costituito dal fatto che la
capacit giuridica generale attribuita alle pubbliche amministrazioni per
realizzare le finalit di interesse pubblico affidate alla loro cura. Pertanto
esse non possono stipulare, per esempio, contratti aleatori.
La capacit generale di diritto privato delle pubbliche amministrazioni
viene integrata da una sorta di capacit speciale, attraverso lattribuzione
per legge di poteri amministrativi necessari per la cura di interessi
pubblici. Gi lart. 11 del codice civile riconosce che le persone
giuridiche pubbliche godono dei diritti secondo le leggi e gli usi
osservati come diritto pubblico, chiarendo cos che esse sono
assoggettate anche a un regime speciale diverso da quello comune.
Lesercizio dei poteri amministrativi, come si evince in negativo dalla
stessa formulazione dellart. 1, comma 1-bis sopra citato, si sostanzia
nelladozione di atti aventi natura autoritativa assoggettati al principio di
legalit e agli altri principi del diritto amministrativo.
Si discute se sussista una piena fungibilit tra il potere amministrativo
e la capacit generale di diritto privato. Se la legge attribuisce alla
pubblica amministrazione un potere da esercitare in presenza di situazioni
in essa indicate, lamministrazione non sembra, in realt, poter scegliere
liberamente di esercitare il potere conferitole dalla legge emanando un
provvedimento autoritativo o di far uso della capacit generale di diritto

40

privato attraverso un atto negoziale idoneo a realizzare il medesimo fine


(per esempio, la stipula di un contratto di locazione temporanea in
alternativa alla requisizione in uso di edifici per ospitare degli sfollati).
Lamministrazione cio tenuta a curare linteresse pubblico affidatole
privilegiando lesercizio dei poteri amministrativi ad essa conferiti.
Lutilizzo della capacit di diritto privato da parte della pubblica
amministrazioni pu dar luogo a intersezioni tra regimi giuridici.
Cos in materia di contratti della pubblica amministrazione per la
fornitura di beni e servizi e per lesecuzioni di lavori, convivono regole
pubblicistiche e regole privatistiche. Le prime sono contenute nel Codice
di contratti pubblici e riguardano soprattutto la formazione della volont
contrattuale della pubblica amministrazione. In particolare la scelta del
contraente avviene, come si vedr, secondo il modulo del procedimento
amministrativo, cio attraverso le cosiddette procedure a evidenza
pubblica. Questultime sono finalizzate a garantire limparzialit e la
parit di trattamento delle imprese che aspirano alla stipula del contratto
che danno origine a una sequenza di atti amministrativi (dal bando di gara
al provvedimento di aggiudicazione). Le regole privatistiche riguardano
la fase dellesecuzione degli obblighi contrattuali assunti.
La capacit di diritto privato ha consentito, come si vedr, alle
pubbliche amministrazioni, soprattutto negli anni recenti, di utilizzare con
frequenza il modello della societ di capitali in tutto o in parte a capitale
pubblico per lesercizio di servizi pubblici. Ci in luogo di moduli
organizzativi pubblicistici tradizionali come lente pubblico economico e
lazienda-organo (o azienda speciale), questultima costituente una unit
organizzativa dotata di autonomia contabile e gestionale che inserita
allinterno di un apparato pubblico (ministero o ente locale). Le azioni
delle societ in mano pubblica sono talora detenute in parte da soggetti
privati selezionati in base a procedure a evidenza pubblica (societ miste).
Molte leggi settoriali hanno per introdotto deroghe e limitazioni pi o
meno ampie alla disciplina del codice civile, dando origine al fenomeno
delle societ di diritto speciale (per esempio la Rai).
Ma anche al di l del contesto dei servizi pubblici, in conseguenza
della spinta alla privatizzazione che ha caratterizzato lultimo ventennio,
molti enti pubblici sono stati trasformati in enti privati anchessi
assoggettati al diritto comune, salvo le deroghe previste dalle leggi
speciali (fondazioni liriche, museali, universitarie, ecc.).

41

Il diritto privato penetra anche allinterno dellorganizzazione pubblica


sotto pi profili.
In primo luogo, non tutta lorganizzazione delle pubbliche
amministrazioni disciplinata da fonti giuridiche pubblicistiche e
assoggettata ai principi del diritto pubblico. Il decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, Norme generali sullordinamento del lavoro alle
dipendenze delle amministrazioni pubbliche opera infatti una distinzione
tra macro-organizzazione e micro-organizzazione.
La macro-organizzazione, cio le linee fondamentali di
organizzazione degli uffici, lindividuazione degli uffici di maggiore
rilevanza, i modi di conferimento della titolarit dei medesimi e le
dotazioni organiche, definita con atti organizzativi di tipo pubblicistico
adottati da ciascun ente secondo il proprio ordinamento (art. 2, comma 1).
La micro-organizzazione, invece, riguardante larticolazione degli
uffici e le misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro,
determinata dagli organi preposti alla gestione con la capacit e i poteri
del privato datore di lavoro (art. 5, comma 2), cio con atti organizzativi
di diritto privato.
Lassoggettamento a regole di diritto privato dellorganizzazione
pubblica pressoch integrale nel caso delle aziende sanitarie locali che
costituiscono la struttura organizzativa di base del sistema sanitario
nazionale. Le Asl sono aziende con personalit giuridica pubblica e
autonomia imprenditoriale.
La loro organizzazione e il loro
funzionamento sono disciplinati con atto aziendale di diritto privato,
approvato dal direttore generale, che individua le strutture operative
dotate di autonomia gestionale o tecnico professionale (art. 3, comma 1bis, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502).
In secondo luogo, negli anni Novanta del secolo scorso, il rapporto di
lavoro dei dipendenti pubblici, in precedenza assoggettato a un regime
pubblicistico (leggi, regolamenti dei singoli enti, atti amministrativi
unilaterali) stato ricondotto in gran parte al diritto comune.
Il d.lgs. n. 165/2001 sopra citato, infatti, prevede che i rapporti di
lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono disciplinati
dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro V del codice civile e dalla
legge sui rapporti di lavoro subordinato nellimpresa, fatte salve le
diverse disposizioni contenute nel presente decreto che costituiscono
disposizioni a carattere imperativo (art. 2, comma 2). Di regola si
applica il diritto comune, salvo le eccezioni previste dalla disciplina

42

speciale contenuta nello stesso decreto legislativo o in altre leggi


amministrative. A valle della normativa di rango primario, i rapporti
individuali di lavoro sono regolati da contratti collettivi e contratti
individuali (art. 2, comma 3).
Il regime privatistico non si applica a talune categorie di dipendenti,
quali per esempio i magistrati, il personale militare, le forze di polizia.
c) La tendenza espansiva del diritto amministrativo.
In presenza di determinate condizioni, anche soggetti formalmente
privati sono assoggettati, almeno in parte, a un regime di diritto
amministrativo.
Ci accade, in particolare, per i soggetti privati che in base a criteri
posti dalla normativa comunitaria e nazionale in materia di contratti
pubblici sono qualificati come organismi di diritto pubblico o imprese
pubbliche (art. 3, commi 26 e 28, del Codice dei contratti pubblici).
Come tali sono tenuti ad avviare procedure competitive ad evidenza
pubblica per la scelta dellimpresa fornitrice assoggettate al controllo
giurisdizionale del giudice amministrativo.
In termini pi generali, lart. 1, comma 1-ter, della l. n. 241/1990
stabilisce che I soggetti privati preposti allesercizio di attivit
amministrative assicurano il rispetto dei criteri e dei principi di cui al
comma 1 (in particolare quelli di imparzialit, pubblicit e trasparenza).
Inoltre, lart. 29, comma 1, della l. n. 241/1990 stabilisce che essa si
applica anche alle societ con totale o prevalente capitale pubblico,
limitatamente allesercizio delle funzioni amministrative.
Alcuni atti di soggetti privati hanno dunque natura di provvedimenti e
sono sottoposti al controllo giurisdizionale da parte del giudice
amministrativo. Il Codice del processo amministrativo, nel definire
lambito della giurisdizione amministrativa, infatti, fa riferimento anche
ai soggetti equiparati alle pubbliche amministrazioni o a quelli
comunque tenuti al rispetto dei principi del procedimento
amministrativo (art. 7, secondo comma).
Anche la normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi
ha un campo di applicazione che va al di l delle amministrazioni
pubbliche in senso stretto. Infatti, lart. 22, primo comma, lett. e) della l.
n. 241/1990 include nella definizione di pubblica amministrazione i
soggetti di diritto privato limitatamente alla loro attivit di pubblico

43

interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario, i quali,


almeno per una parte della loro attivit, sono tenuti a rispettare gli
obblighi in materia di trasparenza.
Infine, la costituzione di societ per azioni da parte di soggetti pubblici
regolate in linea di principio dal diritto privato non comporta sempre e
necessariamente che esse siano qualificabili come persone giuridiche
private. La giurisprudenza pi recente, infatti, in presenza di deroghe al
diritto comune introdotte da leggi speciali e in considerazione della
rilevanza pubblicistica della loro attivit, attribuisce ad alcune societ in
mano pubblica la natura giuridica di enti pubblici (per esempio, Poste
Spa, Enel Spa). E stata cos riscoperta la figura, per molti aspetti ibrida,
della societ per azioni-ente pubblico, gi emersa negli anni Trenta del
secolo scorso (in particolare a proposito dellAgip Spa).
In ogni caso, la privatizzazione formale (privatizzazione fredda) di
molti enti pubblici, cio la loro trasformazione in societ di diritto privato,
se non accompagnata da una privatizzazione sostanziale
(privatizzazione calda), attraverso la dismissione del controllo azionario
da parte dello Stato o di enti pubblici e la loro riconduzione al diritto
comune, non altera la sostanza pubblicistica delle societ, con la
conseguente applicazione di regole pubblicistiche (per esempio, il
controllo della Corte dei conti esercitato anche attraverso la presenza di
un magistrato nel consiglio di amministrazione). Nel caso delle
cosiddette societ in house, a partecipazione totalitaria pubblica e che
svolgono la parte prevalente della propria attivit per conto dei propri
azionisti e che dunque possono essere considerate, come si vedr, quasi
come articolazioni organizzative interne allamministrazione, leggi
recenti impongono il rispetto delle procedure a evidenza pubblica per la
stipula di contratti e il regime del concorso per le assunzioni di personale.
Va segnalato per completezza che anche il diritto privato in qualche
caso incorpora principi propri del diritto amministrativo. Cos, per
esempio, nel diritto societario, le societ facenti parte di un gruppo
possono assumere decisioni influenzate dallattivit di direzione e
coordinamento della societ capogruppo anche sacrificando linteresse
della societ a favore di quello del gruppo. Tuttavia le decisioni di questo
tipo, al pari degli atti amministrativi (art. 3 della l. n. 241/1990) devono
essere analiticamente motivate e recare puntuale indicazione delle
ragioni e degli interessi la cui valutazione ha inciso sulla decisione (art.
2497-quater cod. civ.). Nei rapporti tra compagnie di assicurazione
private e sottoscrittori di polizze di assicurazione nel settore della

44

responsabilit civile obbligatoria, questi ultimi possono esercitare il diritto


di accesso ai documenti detenuti dalle prime con modalit e esiti analoghi
a quelli previsti dalla l. n. 241/1990 per i rapporti tra cittadini e pubbliche
amministrazioni.
In conclusione, il diritto amministrativo non costituisce oggi n lunico
diritto applicabile alle pubbliche amministrazioni, n un diritto applicabile
solo ad esse. La distinzione tra attivit soggetta al regime di diritto
pubblico e di diritto privato non sovrapponibile in modo perfetto alla
distinzione tra soggetto pubblico e soggetto privato.
5. I caratteri generali del diritto amministrativo.
5.1. La natura giurisprudenziale del diritto amministrativo.
In sede introduttiva conviene dar conto di alcuni caratteri generali del
diritto amministrativo e delle principali partizioni della materia.
Come si gi accennato, la nascita del diritto amministrativo in
Francia e in Italia legata allistituzione di un giudice speciale per le
controversie tra cittadino e pubblica amministrazione. E ci spiega un
suo primo tratto distintivo, vale a dire di essere un diritto avente natura
essenzialmente giurisprudenziale.
Va dunque operato qualche
approfondimento anticipando alcuni temi esaminati nel Cap. VII.
In Francia la giustizia amministrativa si svilupp, senza soluzione di
continuit, dal sistema del contenzioso amministrativo allistituzione di
un giudice speciale. Come si vedr, il contenzioso amministrativo era dato
da quel complesso di ricorsi e rimedi amministrativi interni al potere
esecutivo (una sorta di giustizia domestica) gi presenti in epoca
antecedente la Rivoluzione del 1789 e conservati anche successivamente.
Il Conseil de Roi (organo di alta consulenza del Re per gli affari politici e
giuridici, poi trasformato in epoca napoleonica in Conseil dtat), in
particolare, aveva gi acquisito unesperienza specifica in materia di
contenzioso amministrativo. Formulava infatti i pareri sui ricorsi
amministrativi rivolti al sovrano, il quale emanava la propria decisione
recependo, nella quasi totalit dei casi, le indicazioni dellorgano
consultivo (cosiddetta giustizia ritenuta, cio imputata formalmente in
capo al sovrano). Nel 1872, al Conseil dtat venne attribuita in via
permanente (cosiddetta giustizia delegata, cio esercitata in proprio sulla
base di unattribuzione legislativa) la funzione di giudice del contenzioso

45

amministrativo e con ci il Conseil dEtat complet la propria


trasformazione in giudice in senso proprio.
Quasi in contemporanea, nel 1873, il Tribunal des Conflits, eman la
celebre pronuncia sullarrt Blanco, che, come si gi accennato, segna
convenzionalmente la nascita del diritto amministrativo. Stabilita
lautonomia del diritto amministrativo dal diritto comune, fu lo stesso
Conseil dtat a elaborare e ad adattare via via, con notevole libert,
pragmatismo e realismo (souplesse), i principi fondamentali di questo
diritto che dunque ha assunto e mantenuto nel tempo il carattere generale
di un diritto non codificato di natura essenzialmente giurisprudenziale.
In Italia, lesperienza in gran parte similare, con una sola variante. Lo
sbocco naturale del sistema del contenzioso amministrativo, gi presente
in varie forme da lungo tempo negli Stati preunitari, nellistituzione di un
giudice speciale in senso proprio sub una cesura in occasione della
riunificazione nazionale. La legge 20 marzo 1865, n. 2248 All. E abol il
contenzioso amministrativo, ritenuto non compatibile con una visione
liberale dello Stato, e attribu al giudice ordinario tutte le controversie tra
privati e pubblica amministrazione involgenti questioni relativi alla tutela
di diritti soggettivi (diritti civili o politici, nel linguaggio del legislatore).
Nel 1889, in seguito al sostanziale fallimento dellesperienza del
giudice unico, venne operata una correzione del sistema prevedendo un
nuovo rimedio finalizzato ad annullare gli atti amministrativi illegittimi.
Venne cos istituita la IV Sezione del Consiglio di Stato che fin dalle
sue prime decisioni si autoattribu la qualifica di giudice in senso proprio
e intraprese lopera di costruzione dei principi generali del diritto
amministrativo.
Cos per esempio, in assenza di una definizione legislativa delleccesso
di potere, il Consiglio di Stato chiar che esso doveva essere inteso come
vizio del provvedimento relativo alla legalit intrinseca (da contrapporre
alla legalit estrinseca, cio essenzialmente legata agli aspetti formali e
procedurali dellazione amministrativa) della funzione amministrativa.
Individu poi progressivamente, accanto alla figura principale dello
sviamento di potere, una categoria aperta di figure sintomatiche
delleccesso di potere (travisamento dei fatti, disparit di trattamento,
contraddittoriet o insufficienza della motivazione, ingiustizia manifesta,
ecc.). Il Consiglio di Stato elabor via via, in assenza di una disciplina
legislativa compiuta, i principi generali dellazione amministrativa (il
principio del contraddittorio nei procedimenti di tipo sanzionatorio, il

46

principio di ragionevolezza, ecc.), dellatto amministrativo (obbligo di


motivazione, revoca e annullamento dufficio, ecc.) e dellorganizzazione
(prorogatio degli organi scaduti giustificata dallesigenza di continuit
dellazione amministrativa).
La creazione da parte del Consiglio di Stato dei principi del diritto
amministrativo non riguard soltanto il diritto sostanziale, ma anche
quello processuale. Il Consiglio di Stato si fece cio carico di colmare
cos le lacune contenute nella disciplina positiva del processo
amministrativo. Cos per esempio, il Consiglio di Stato elabor nozioni
fondamentali come atto definitivo impugnabile, interesse legittimo e
interesse a ricorrere, principio della domanda, ecc. Gli stessi criteri di
riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo
diedero origine a contrasti giurisprudenziali e vennero fissati in modo
definitivo negli anni Trenta del secolo scorso, non gi dal legislatore,
bens ad opera di un concordato giurisprudenziale informale tra il
presidente della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato.
In definitiva, come ha chiarito da tempo lo stesso Consiglio di Stato, il
diritto amministrativo non composto soltanto da norme, ma anche da
principi che dottrina e giurisprudenza hanno elevato a dignit di
sistema (Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 1961).
Dal carattere giurisprudenziale del diritto amministrativo consegue
unaltra caratteristica che lo avvicina in qualche modo allesperienza della
common law e cio la sua elasticit e adattabilit al variare delle
situazioni e allemergere di nuove esigenze. Ci costituisce per alcuni
aspetti un vantaggio perch, entro certi limiti, consente al sistema di
evolversi e rinnovarsi anche quando il Parlamento ritardi a fornire
risposte legislative a problemi emergenti;
per altri aspetti, uno
svantaggio, perch i concetti specifici della materia hanno contorni pi
sfuggenti di quelli propri di altre discipline giuridiche e possono
disorientare coloro che non ne hanno una frequentazione assidua.
Il carattere giurisprudenziale del diritto amministrativo non
contraddetto dalla presenza di unamplissima produzione legislativa. Anzi
i difetti strutturali della legislazione amministrativa (molteplicit dei
centri di produzione normativa, frammentazione, stratificazione
temporale, instabilit, cattiva qualit dei testi) danno origine a incertezze
interpretative e favoriscono applicazioni difformi delle medesime
disposizioni da parte delle pubbliche amministrazioni. La giurisprudenza
amministrativa finisce cos per assumere un ruolo essenziale per
promuovere luniforme applicazione del diritto.

47

Per dirimere le questioni di principio pi controverse, che hanno dato


origine a orientamenti giurisprudenziali difformi, interviene lAdunanza
Plenaria del Consiglio di Stato, collegio allargato composto da giudici
provenienti da tutte le sezioni giudicanti (III, IV, V e VI). Essa svolge
una funzione nomofilattica, cio di promozione di unapplicazione del
diritto uniforme che stata rafforzata ancor pi dal Codice del processo
amministrativo. Infatti, nel caso in cui una singola sezione giudicante
ritiene preferibile uninterpretazione diversa da quella dellAdunanza
plenaria, non pu decidere, ma deve rimettere il caso alla decisione di
questultima e deve poi conformarsi al suo orientamento (art. 99).
La l. n. 241/1990, integrata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15 e
successive modificazioni, che contiene una serie di disposizioni generali
sul procedimento amministrativo e sul regime dei provvedimenti
amministrativi, non smentisce il carattere giurisprudenziale del diritto
amministrativo. Da un lato, infatti, essa non ha fatto altro che legificare
istituti e principi gi elaborati dalla giurisprudenza (per esempio,
lobbligo di motivazione o i principi in tema di annullamento dufficio o
di revoca degli atti amministrativi); dallaltro, essa non ha posto una
disciplina dellazione amministrativa comparabile per estensione e
organicit con quella posta da altri leggi generali sul procedimento
amministrativo
(per
esempio,
in
Germania,
il
Verwaltungsverfahrensgesetz del 1976).
In ogni caso, il diritto amministrativo non ha subito un processo di
codificazione analogo a quello del diritto civile. Nellesperienza italiana
recente, sono stati approvati, come si vedr, alcuni codici settoriali (in
materia di ambiente, di tutela della privacy, di contratti pubblici, ecc.), ma
questi corpi normativi (al pari dei Testi unici) hanno pi che altro la
funzione di raccogliere e riordinare le discipline speciali.
5.2. Il diritto amministrativo generale e speciale.
Il diritto amministrativo si caratterizza per la vastit del materiale
normativo e per lampiezza e variet delle materie incluse nel suo campo
di indagine. E emersa cos la distinzione tra diritto amministrativo
speciale e generale.
Il diritto amministrativo speciale costituito dai filoni legislativi che
disciplinano i vari campi di intervento delle pubbliche amministrazioni
(urbanistica, sanit, ambiente, beni culturali, ordinamento scolastico,
universitario, militare, sportivo, ordine pubblico, previdenza, ecc.). Il

48

corpo della legislazione di settore di fonte statale e regionale, ma spesso


anche, come si detto, di derivazione europea, imponente.
Allinterprete dunque richiesta una conoscenza completa e
aggiornata della legislazione vigente cos come applicata e interpretata
dalla giurisprudenza e la capacit di inquadrarla nellambito del diritto
amministrativo generale.
Il diritto amministrativo generale opera soprattutto della scienza
giuridica. Essa procede anzitutto alla rielaborazione del materiale
giuridico grezzo, costituito dal complesso delle norme giuridiche vigenti e
dalle sentenze dei giudici, attraverso unattivit di classificazione, di
individuazione di strutture portanti e di costanti. Interviene poi lattivit di
elaborazione dei concetti giuridici che costituiscono il nucleo essenziale
della dogmatica del diritto amministrativo. Il diritto amministrativo
generale ora in buona parte codificato nella l. n. 241/1990.
Diritto amministrativo generale e diritto amministrativo speciale si
condizionano reciprocamente e si evolvono di pari passo. Il mutare delle
discipline amministrative di settore ad opera del legislatore richiede uno
sforzo costante di adattamento delle categorie giuridiche e di ricerca di
nuovi paradigmi interpretativi.
Il diritto amministrativo generale, dunque, per propria natura non pu
aspirare a un inquadramento completo, coerente e definitivo del proprio
oggetto. Pu mirare soltanto a tracciare le coordinate principali e le
costanti (le cosiddette invarianti, secondo M.S. GIANNINI) volte a
inquadrare nel modo pi preciso i fenomeni analizzati. E questo nella
consapevolezza che i sistemi giuridici, cos come gli organismi viventi,
presentano necessariamente contraddizioni interne, tensioni tra opposti
principi, tra elementi caduchi ed elementi in pieno sviluppo, tra forze che
promuovono la stabilit e spinte che provocano instabilit.
Il diritto amministrativo generale costituisce comunque il nucleo
costitutivo della materia e come tale rappresenta la parte principale di
ogni elaborazione manualistica.
Il diritto amministrativo speciale invece oggetto di trattazioni
organiche, per lo pi a uso didattico o indirizzate agli interpreti pratici,
dedicate a uno solo dei sub-settori (diritto urbanistico, diritto
dellambiente, diritto sanitario, diritto dei contratti pubblici). Talvolta
condensato in capitoli o partizioni interne a trattati di diritto
amministrativo che mirino anche alla completezza dellesposizione.

49

Unesposizione esaustiva del diritto amministrativo speciale esula invece


dagli obiettivi di una introduzione generale al diritto amministrativo.
6. Piano dellopera.
Lesposizione del diritto amministrativo generale richiede un filo
logico con il quale annodare i vari istituti tradizionalmente inclusi nelle
trattazioni manualistiche.
A questo fine si pu partire dallinterrogativo su come nascono e a che
servono gli apparati amministrativi.
Come si visto, gli interventi pubblici nei rapporti sociali ed
economici con la previsione e la messa in opera di strumenti
amministrativi si giustificano allorch si ritenga, dato il grado di maturit
e consapevolezza di una collettivit in un dato momento storico, che la
societ civile e il mercato non si facciano carico in modo soddisfacente
della cura di interessi avvertiti come pubblici.
Da qui dunque la ragione fondamentale dellesistenza di apparati
amministrativi ad hoc la cui missione consiste proprio nel porre in essere
le attivit volte a correggere i fallimenti del mercato.
Nel momento in cui istituisce un apparato amministrativo, il legislatore
ne delinea le funzioni e in relazione a questultime specifica i poteri
amministrativi necessari per poter conseguire il fine pubblico. Lesercizio
di tali poteri avviene tipicamente attraverso il modulo del procedimento
amministrativo che si sviluppa, a seconda dei casi, in una sequenza pi o
meno articolata di atti e adempimenti e il cui esito finale consiste
nellemanazione di un provvedimento autoritativo che incide
unilateralmente nella sfera giuridica di un soggetto privato.
Una prima parte del volume, dunque, dedicata agli strumenti a
disposizione delle pubbliche amministrazioni per curare degli interessi
pubblici. In termini pi analitici, queste ultime esercitano tre tipi di
funzioni: la funzione di regolazione, che consiste nellattivit volta a
disciplinare sia i comportamenti dei privati in ambiti di attivit nei quali
emergono interessi pubblici da tutelare, sia, almeno in parte, la propria
organizzazione e lesercizio dei poteri di cui esse sono titolari; la
funzione di amministrazione attiva, che consiste nellesercizio dei poteri
conferiti dalla legge per la cura in concreto di interessi pubblici
instaurando rapporti giuridici con una o pi pubbliche amministrazioni;
la funzione di verifica del proprio operato attuata attraverso i poteri di

50

autotutela (annullamento dufficio e revoca degli atti amministrativi), i


poteri di controllo e i ricorsi amministrativi.
Fonti del diritto, inserite nellambito della funzione di regolazione, e
teoria dellatto e del procedimento amministrativo, raccordata alla teoria
delle situazioni giuridiche soggettive, costituiscono il primo blocco di
temi. Lattivit amministrativa va inquadrata sia dal punto di vista della
fisiologia sia da quello della patologia (nullit, annullabilit,
responsabilit).
Completa la prima parte del volume un capitolo sui principi della
giustizia amministrativa. Molti istituti e concetti del diritto amministrativo
sostanziale (vizi dellatto, discrezionalit, ecc.) possono essere compresi a
fondo solo se si ha presente il rilievo che essi assumono in ambito
processuale. Da qui la necessit di dar conto dei fondamenti della
giustizia amministrativa, anticipando anche gi in sede di trattazione degli
istituti del diritto sostanziale gli aspetti processuali di volta in volta
rilevanti. Resta fermo peraltro che il diritto processuale amministrativo
costituisce a fini didattici una disciplina autonoma della quale si occupano
manuali specialistici.
Le pubbliche amministrazioni non vengono istituite secondo un
modello unitario. Al contrario ciascun apparato pubblico o tipo di
apparato va ritagliato nella sua configurazione in relazione alle specifiche
funzioni che ad esso vengono attribuite. Da qui la necessit di esporre in
una seconda parte del volume i principi in tema di organizzazione
amministrativa e i principali modelli di pubbliche amministrazioni emersi
nel diritto positivo.
Ciascun apparato amministrativo, poi, cos come in generale ogni
persona giuridica privata, per poter svolgere in concreto le proprie
funzioni necessita di supporti organizzativi adeguati: personale da adibire
agli uffici; beni e servizi strumentali da acquistare sul mercato; risorse
finanziarie. La seconda parte del volume include anche il regime del
pubblico impiego, i beni pubblici, lattivit contrattuale della pubblica
amministrazione, nozioni di finanza e contabilit pubblica.

51

CAP. II
LA FUNZIONE DI REGOLAZIONE E LE FONTI DEL
DIRITTO
1. Premessa; 2. La Costituzione; 3. Fonti comunitarie e pubblica
amministrazione; 4. Fonti normative statali, riserve di legge, principio di
legalit; 5. Le leggi provvedimento e la riserva di amministrazione; 6. I
regolamenti governativi; 7. Cenni alle fonti normative regionali, degli enti
locali e di altri enti pubblici; 8. Atti di regolazione aventi natura non
normativa; 9. Gli atti amministrativi generali: a) i bandi di concorso e gli
avvisi di gara; 10. Segue: b) gli atti di pianificazione e di
programmazione; 11. Segue: c) le ordinanze contingibili e urgenti; 12.
Segue: d) le direttive e gli atti di indirizzo; 13. Segue: e) le norme interne
e le circolari; 14. Il riordino della legislazione: i testi unici e i codici; 15.
Sviluppi recenti.
1. Premessa.
La funzione regolatrice della pubblica amministrazione ha assunto un
ruolo crescente negli ultimi decenni in conseguenza della crisi della legge
come fonte di disciplina dei rapporti giuridici. A causa della velocit dei
cambiamenti tecnologici, economici e sociali nel mondo contemporaneo,
il Parlamento sempre meno in grado di elaborare testi legislativi
completi e di operare tempestivamente gli aggiornamenti necessari. Le
leggi diventano cos leggi dindirizzo poggianti su incerta prognosi o
meri programmi legislativi aperti che si limitano ad assumere
decisioni di metalivello che lasciano spazio a una amministrazione
autoprogrammantesi (J. HABERMAS).
In molti settori di intervento dellamministrazione, la legge si limita a
delineare i principi fondamentali della disciplina di una determinata
materia e delega agli apparati amministrativi il compito di porre in via
sub-legislativa, con atti normativi e con altri tipi di atti (linee guida,
circolari, norme tecniche, ecc.) le regole di dettaglio volte a disciplinare
anche i comportamenti dei privati.
La cosiddetta funzione regolatrice della pubblica amministrazione
attenua almeno in parte il principio della separazione dei poteri, in base al
quale la funzione normativa dovrebbe essere riservata al Parlamento, cio
alla legge generale e astratta, la funzione esecutiva al Governo e agli

52

apparati amministrativi e la funzione giurisdizionale alla magistratura. In


molti ambiti, la pubblica amministrazione ha sia il potere di porre le
regole, pur nei limiti stabiliti dalla legge, sia di applicarle nei singoli casi.
Questo fenomeno particolarmente evidente nel caso delle autorit di
regolazione istituite negli anni pi recenti per la vigilanza su settori
particolari di imprese (servizi pubblici nazionali, mercati finanziari, ecc.),
alle quali si gi fatto cenno e che, in base alle leggi istitutive, sono
investite di poteri normativi particolarmente ampi.
Le pubbliche amministrazioni, peraltro, prima ancora che soggetti
regolatori, sono soggetti regolati. In uno Stato di diritto esse sono infatti
assoggettate a un corpo pi o meno ampio di norme che ne disciplinano
lassetto organizzativo e funzionale.
Emerge qui dunque, descrittivamente, una distinzione --- non usuale
nelle trattazioni generali in tema di fonti del diritto, ma utile per cogliere
la collocazione istituzionale e il ruolo della pubblica amministrazione --tra fonti sullamministrazione e fonti dellamministrazione.
Le prime hanno come destinatarie le pubbliche amministrazioni che
diventano cos soggetti eteroregolati, sottoposti ai principi dello Stato di
diritto. Esse disciplinano lorganizzazione, le funzioni e i poteri di queste
ultime e costituiscono un parametro per sindacare la legittimit dei
provvedimenti da essi emanati. Le fonti sullamministrazione sono
costituite, in base al principio della riserva di legge relativa di cui allart.
97 della Costituzione, anzitutto da fonti normative di rango primario e in
secondo luogo da fonti normative di rango secondario (per esempio i
regolamenti governativi che disciplinano, in attuazione di disposizioni
primarie, un apparato pubblico).
Le seconde invece sono strumenti a disposizione delle pubbliche
amministrazioni sia per regolare comportamenti dei privati sia, nei limiti
in cui la legge riconosca ad esse un ambito di autonomia organizzativa,
per disciplinare i propri apparati e il loro funzionamento. Le fonti
dellamministrazione hanno sempre un rango sub-legislativo (regolamenti
dei singoli ministeri e di enti pubblici, statuti), essendo la funzione
legislativa riservata al Parlamento.
Esse includono sia fonti normative in senso proprio, sia atti di
regolazione aventi natura non normativa (atti di pianificazione e
programmazione, atti amministrativi generali, direttive, circolari, ecc.).
Come si vedr, se ci si pone dal punto di vista delleffettiva prescrittivit,
la distinzione tradizionale tra atti normativi e atti non normativi e tra atti

53

aventi efficacia esterna e interna tende a sfumare: la funzione di


regolazione della pubblica amministrazione include tutti gli strumenti,
anche informali, idonei a orientare e condizionare i comportamenti dei
privati.
Nella trattazione che segue viene data per nota la sistematica generale
delle fonti del diritto, cio del complesso degli atti (o fatti) abilitati
dallordinamento a creare diritto oggettivo (V. CRISAFULLI). Essa
oggetto di svolgimento completo da parte del diritto costituzionale specie
per quel che riguarda la tipologia delle fonti di rango costituzionale e
primario, nonch i criteri che regolano i rapporti tra fonti (gerarchia,
competenza, criterio cronologico). Tuttavia, per tradizione il tema viene
svolto anche nellambito del diritto amministrativo, allo scopo di
approfondire soprattutto le fonti secondarie che restano spesso relegate in
secondo piano nei manuali di diritto costituzionale. Nei paragrafi che
seguono verranno riprese solo le nozioni fondamentali, tenendo presente
che lobiettivo principale , per un verso, quello di mettere in luce come
le singole tipologie di fonti condizionano il modo di essere e di agire delle
pubbliche amministrazioni, per altro verso, quello di dar conto in modo
pi completo della funzione di regolazione della pubblica
amministrazione, cio delle fonti dellamministrazione.
2. La Costituzione.
La Costituzione, entrata in vigore nel 1948, costituisce, in base al
criterio della gerarchia, la fonte giuridica di rango pi elevato. In
particolare, essa il parametro in base al quale la Corte Costituzionale
esercita il proprio sindacato sulle leggi e sugli atti aventi forza di legge.
La revisione della Costituzione e delle altre leggi costituzionali
richiede un procedimento di approvazione da parte del Parlamento con
maggioranze qualificate (art. 138 della Costituzione). La Costituzione (a
differenza dello Statuto albertino del 1848) rientra dunque nel novero
delle costituzioni rigide, per le quali cio previsto un procedimento di
modificazione aggravato rispetto a quello delle leggi ordinarie. Ci al fine
di coinvolgere in scelte che possono avere un impatto di lungo periodo
per lintera comunit una cerchia di forze parlamentari pi ampia di
quelle che sorreggono il governo.
Da un punto di vista contenutistico, e per i riflessi che ne derivano per
la dimensione e le articolazioni della pubblica amministrazione, la
Costituzione del 1948 appartiene alle cosiddette costituzioni lunghe,

54

contrapposte a quelle brevi ottocentesche, introdotte a partire da quella di


Weimar del 1919, che riflettono il passaggio dallo Stato liberale allo Stato
interventista a vocazione sociale.
La Costituzione, infatti, non soltanto definisce i diritti di libert dei
cittadini e delinea lassetto generale dello Stato ordinamento (Stato,
Regioni, autonomie locali, Corte Costituzionale, magistratura, ecc.). Essa
individua anche unampia serie di compiti dei quali lo Stato, e per esso la
pubblica amministrazione, deve farsi carico nellinteresse della
collettivit (salute, istruzione scolastica e superiore, assistenza e
previdenza sociale, tutela del risparmio, ecc.). Essa segna il passaggio
verso lo Stato interventista e lo Stato sociale.
La Costituzione non tratta invece in modo diffuso dellassetto della
pubblica amministrazione. Anzi le basi costituzionali del diritto
amministrativo si incentrano su pochi principi essenziali in tema di
organizzazione (imparzialit e buon andamento enunciati nellart. 97), di
raccordi tra politica e amministrazione (art. 95 che pone il principio della
strumentalit dellamministrazione rispetto alla politica generale del
governo e il principio della responsabilit politica dei ministri in relazione
allattivit amministrativa), di assetto della giustizia amministrativa (artt.
103, 113, 125). Lo stesso principio di legalit dato per presupposto, ma
non esplicitato in disposizioni specifiche.
La Costituzione contiene una serie di disposizioni in tema di fonti del
diritto soprattutto di rango primario. La riforma del Titolo V della parte II
della Costituzione, ad opera della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.
3, che ha individuato un nuovo assetto dei rapporti tra Stato, Regioni,
Province e Comuni in base al principio di sussidiariet, ha ridefinito i
rapporti tra le fonti statali e regionali sulla base dei seguenti principi: la
equiordinazione tra competenza legislativa statale e regionale, che devono
essere esercitate nel rispetto della Costituzione e, come si gi accennato,
dei vincoli derivanti dallordinamento comunitario e dagli obblighi
internazionali (art. 117, primo comma); lattribuzione alle Regioni di
una competenza legislativa generale residuale, con indicazione tassativa
delle materie attribuite alla competenza legislativa esclusiva e concorrente
dello Stato (art. 117, commi 2 e 3).
Nel trattare il tema delle fonti del diritto conviene pertanto muovere
dallanalisi delle fonti dellUnione europea che condizionano lattivit
normativa dello Stato e delle Regioni. Successivamente vanno prese in
considerazione le fonti statali e le fonti regionali. Infine, in un
ordinamento costituzionale improntato ai principi di autonomia, occorre

55

esaminare le fonti degli enti locali e di altri enti pubblici autonomi.


3. Fonti dellUnione europea e pubblica amministrazione.
Nel capitolo precedente si gi analizzata, in generale, linfluenza del
diritto europeo sul diritto amministrativo. In questa sede, occorre
soffermarsi in modo pi specifico sui rapporti tra fonti dellUnione
europea e fonti interne.
La potest legislativa dello Stato e delle Regioni assoggettata, come
si visto, ai vincoli derivanti dal diritto comunitario (art. 117, comma
1).
Nella gerarchia delle fonti, le fonti dellUnione europea si pongono
dunque su un livello pi elevato rispetto alle fonti primarie. Vige anzi il
principio secondo il quale le norme nazionali contrastanti con il diritto
europeo devono essere disapplicate.
Questo principio vale sia per i giudici nazionali, ai quali, nellambito di
una controversia, spetta il compito di individuare la norma applicabile al
caso concreto (anche in base al principio jura novit curia); sia per le
pubbliche amministrazioni, quando esercitano un potere amministrativo
ed emanano un provvedimento. Per esempio, nel contrasto tra una
disposizione dettagliata di una direttiva europea e la legge nazionale di
recepimento, il giudice e lamministrazione sono tenuti a porre a base
della propria determinazione la prima.
Per la pubblica amministrazione, il vincolo derivante dal diritto
europeo addirittura pi stringente di quello che discende dalla
Costituzione. Essa infatti non pu disapplicare le leggi contrarie alla
Costituzione, n ha il potere attribuito ai giudici di sollevare in via
incidentale la questione alla Corte Costituzionale.
Il primato del diritto europeo si spinge invece fino al punto di vietare
alle pubbliche amministrazioni di dare esecuzione a un provvedimento la
cui legittimit sia stata affermata da una sentenza passata in giudicato,
allorch esso sia stato ritenuto contrario al diritto europeo dalla Corte di
Giustizia (sentenza della Corte di Giustizia 13 gennaio 2004, causa C453/00, Kuhne & Heitz).
In estrema sintesi, le fonti europee sono costituite anzitutto dai Trattati
istitutivi delle Comunit, pi volte modificati e integrati (da ultimo con i

56

Trattati di Amsterdam del 1997 e di Nizza del 2001 e di Lisbona del


20078), che in base allart. 11 della Costituzione hanno consentito
limitazioni della sovranit a favore delle istituzioni comunitarie. I
principi generali in essi contenuti (non discriminazione, legalit, certezza
del diritto, ecc.), insieme a quelli che la Corte di giustizia ha ricavato dai
principi generali comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri,
sono di diretta applicabilit negli ordinamenti nazionali. Per esempio, in
materia di contratti pubblici e di concessioni amministrative essi trovano
applicazione diretta anche in assenza di una disciplina espressa contenuta
in direttive comunitarie e in normative nazionali.
In aggiunta ai Trattati vanno considerate sia la Carta dei diritti
fondamentali dellUnione europea, sia la Convenzione europea per la
salvaguardia dei diritti dellUomo (CEDU) richiamate espressamente
dallart. 6 del Trattato UE e che hanno, alla luce della giurisprudenza pi
recente della Corte Costituzionale (sentenze n. 80, n. 113 e 236 del 2001),
sempre pi una rilevanza giuridica anche allinterno degli Stati membri.
I regolamenti, disciplinati dallart. 288 e seguenti del TFUE, hanno
portata generale e sono direttamente vincolanti per gli Stati membri e per i
loro cittadini. Non richiedono alcuna forma di recepimento da parte degli
Stati membri e non possono essere derogati da questi ultimi. A differenza
degli atti normativi nazionali, i regolamenti europei devono essere
motivati (art. 296 TFUE). Inoltre costituiscono un parametro diretto per
sindacare la legittimit degli atti amministrativi. Molti regolamenti vigenti
disciplinano materie che fanno parte del diritto amministrativo speciale.
Le direttive emanate dal Consiglio e dalla Commissione hanno per
destinatari gli Stati e sono vincolanti per quanto riguarda il risultato da
raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in
merito alla forma e ai mezzi (art. 288, terzo comma, del TFUE). Esse
dunque non sono, di regola, immediatamente applicabili e, al pari dei
regolamenti, devono essere corredate da una motivazione (art. 296 del
TFUE). Impongono agli Stati membri soltanto un obbligo di risultato e
non incidono sullautonomia di questi ultimi nella individuazione delle
modalit concrete e del tipo di atti che devono essere adottati per
raggiungere gli obiettivi. In base ai principi di sussidiariet e di

Il Trattato di Lisbona entrato in vigore a fine 2009 si compone di due testi: il Trattato
sullUnione europea (TUE) e il Trattato sul funzionamento dellUnione europea (TFUE). Il
primo corrisponde allincirca al TUE approvato nel 1992 e integrato nel 2004; il secondo
corrisponde al precedente Trattato CE, anchesso integrato nel 2004.

57

proporzionalit, le direttive devono essere preferite ai regolamenti e le


direttive quadro a quelle dettagliate.
Queste ultime, emanate sempre pi di frequente in settori rilevanti per
il diritto amministrativo, contengono anche prescrizioni puntuali
(autoapplicative). Una volta scaduto il termine di recepimento da parte
degli Stati membri, esplicano unefficacia diretta negli Stati
inottemperanti e possono costituire un parametro che condiziona la
legittimit degli atti della pubblica amministrazione.
Tra gli atti dellUnione europea si collocano infine le decisioni che
hanno un contenuto puntuale (art. 288, quarto comma, TFUE). Esse
applicano a fattispecie concrete norme generali e astratte previste da fonti
comunitarie. Sono vincolanti per gli Stati membri, ma non hanno
unefficacia diretta. Possono assumere una duplice forma (art. 34,
comma 2, TUE): decisioni-quadro adottate dal Consiglio per promuovere
il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati
membri (lett. b); decisioni che possono avere qualsiasi scopo coerente
con gli obiettivi del Trattato, escluso quello del riavvicinamento delle
disposizioni legislative e regolamentari nazionali (lett. c).
Il recepimento delle norme europee (ma anche delle sentenze della
Corte di Giustizia, specie di quelle che accertano uninfrazione
comunitaria da parte dello Stato italiano) disciplinato nel nostro
ordinamento dalla legge 4 febbraio 2005 n. 11. Lo strumento specifico
costituito dalla legge comunitaria annuale che modifica o abroga le
disposizioni statali vigenti contrastanti con il diritto europeo; attribuisce
deleghe legislative al Governo o prevede lemanazione di regolamenti
(nel caso di materie non coperte da riserva di legge assoluta); individua i
principi fondamentali ai quali le Regioni si devono attenere per dare
attuazione alle direttive comunitarie nelle materie attribuite alla loro
competenza legislativa concorrente.
4. Fonti normative statali, riserve di legge, principio di legalit.
La Costituzione pone una disciplina completa delle fonti statali di
rango primario (e subprimario) e cio in estrema sintesi: la legge,
approvata dalle due Camere e promulgata dal Presidente della Repubblica
(artt. 71-74); il decreto legge, che pu essere adottato dal Governo in casi
straordinari di necessit ed urgenza e che deve essere convertito in legge
dalle Camere entro sessanta giorni (art. 77); il decreto legislativo emanato
dal Governo sulla base di una legge di delegazione che definisce loggetto

58

e determina i principi e i criteri direttivi e il limite di tempo entro il quale


la delega pu essere esercitata (art. 76).
In seguito alle modifiche introdotte dalla legge costituzionale n. 3 del
2001, come si accennato, la potest legislativa statale non pi
generale, ma pu essere esercitata solo nelle materie tassativamente
indicate nellart. 117, commi 2 e 3 (potest legislativa esclusiva e
concorrente).
a) Le riserve di legge.
Meritano un approfondimento perch concorrono a definire i rapporti
tra Parlamento e potere esecutivo le cosiddette riserve di legge
individuate nella Costituzione e che, come si accennato nel capitolo
precedente, costituiscono uno degli elementi costitutivi dello Stato di
diritto.
Numerose disposizioni costituzionali prevedono che determinate
materie debbano essere disciplinate con legge (o con atti aventi forza di
legge) escludendo o limitando il ricorso a fonti secondarie e in particolare
a regolamenti governativi. Viene cio istituita una riserva di competenza a
favore del Parlamento.
Storicamente le riserve di legge sono state previste in funzione di
garanzia dei diritti di libert dei cittadini contro gli abusi del potere
esecutivo. Poich le leggi sono espressione della volont popolare
manifestata in Parlamento dai rappresentanti eletti dei cittadini, i vincoli e
le limitazioni ai diritti individuali in esse contenute sono assentiti, in
ultima analisi, dagli stessi cittadini e non sono rimessi allarbitrio degli
organi del potere esecutivo. La legge promuove inoltre leguaglianza dei
cittadini nella titolarit di diritti e doveri attraverso due suoi caratteri
tipici: la generalit, cio la sua riferibilit a classi pi o meno ampie di
destinatari; lastrattezza, cio la suscettibilit ad unapplicazione ripetuta
a casi presenti e futuri, anzich una tantum.
Si distinguono usualmente tre tipi di riserve di legge: assolute,
rinforzate e relative.
Le riserve di legge assolute, come per esempio quella in materia penale
(art. 25, secondo comma), richiedono che la legge ponga una disciplina
completa ed esaustiva della materia ed escludono lintervento di fonti sub
legislative. Sono ammessi soltanto i regolamenti di stretta esecuzione,
cio di mero svolgimento di precetti legislativi che gi hanno operato tutte

59

le scelte di una qualche rilevanza sostanziale.


Le riserve di legge rinforzate aggiungono al carattere dellassolutezza
il fatto che la Costituzione stabilisce direttamente taluni principi materiali
o procedurali relativi alla disciplina della materia che costituiscono un
vincolo per il legislatore ordinario. Esse sono previste soprattutto in
relazione ai diritti di libert. Per esempio, lart. 18 in tema di libert di
associazione esclude che possano essere istituiti regimi di autorizzazione
amministrativa. Lart. 17 garantisce ai cittadini il diritto di riunirsi
pacificamente e senzarmi e prevede che le autorit competenti possano
vietare le riunioni in luogo pubblico solo per comprovati motivi di
sicurezza o di incolumit pubblica.
Le riserve di legge relative, come per esempio quelle in materia
tributaria (art. 23) o di organizzazione dei pubblici uffici (art. 97),
prevedono che la legge ponga prescrizioni di principio e consentono
lemanazione di regolamenti di tipo esecutivo contenenti le norme pi di
dettaglio che completano la disciplina della materia. Non chiaro peraltro
quanto specifici debbano essere i principi posti direttamente dalla legge e,
per converso, quanto ampi siano gli spazi che possono essere rimessi alla
disciplina regolamentare.
La qualificazione di una riserva di legge come assoluta o relativa
dipende nei singoli casi da uninterpretazione letterale e sistematica delle
disposizioni costituzionali che la pongono. Per esempio la formula nei
soli casi e modi previsti dalla legge utilizzata in tema di libert personale
sta a indicare una riserva assoluta; quelle pi generiche in base alla
legge in tema di prestazioni imposte o secondo disposizioni di legge in
tema di organizzazione degli uffici pubblici connotano invece le riserve
relative.
La riserva di legge va distinta, anche se ha in comune la funzione di
garanzia dei soggetti privati nei confronti dellamministrazione, dal
principio di legalit.
b) Il principio di legalit.
Il principio di legalit costituisce uno dei principi fondamentali in
materia di attivit amministrativa. Esso richiamato dallart. 1 della l. n.
241/1990 secondo il quale lattivit amministrativa persegue i fini
determinati dalla legge. Il principio di legalit si ricava indirettamente da
disposizioni costituzionali. In particolare lart. 113 della Costituzione in

60

tema di giustiziabilit degli atti amministrativi presuppone che il giudice


trovi nella legge un parametro oggettivo rispetto al quale sindacare gli atti
impugnati. Il principio di legalit riceve un riconoscimento implicito
anche nei Trattati comunitari (art. 19 del TUE e art. 262 del TFUE). E
stato affermato dalla giurisprudenza comunitaria come principio, comune
a tutti gli Stati membri, inerente al sistema comunitario quale Comunit
di diritto.
Il principio di legalit assolve a una duplice funzione: di garanzia delle
situazioni giuridiche soggettive dei privati che possono essere incise dal
potere amministrativo (legalit-garanzia); di ancoraggio dellazione
amministrativa al principio democratico e agli orientamenti che emergono
allinterno del circuito politico-rappresentativo, nel senso che la legge,
espressione della sovranit popolare, funge da fattore di legittimazione e
da guida dellattivit amministrativa (legalit-indirizzo).
Il principio di legalit pu essere inteso in due accezioni.
a) In un primo senso, esso coincide con il principio della preferenza
della legge: gli atti emanati dalla pubblica amministrazione non possono
porsi in contrasto con la legge. La legge costituisce cio un limite
negativo allattivit dei poteri pubblici che, ove travalicato, determina
lillegittimit degli atti emanati.
Il principio della preferenza della legge risale alla prima fase dello
Stato di diritto incorporato nelle costituzioni liberali ottocentesche (come
lo Statuto albertino). Queste ultime erano improntate ancora ad una
concezione dualistica della sovranit, condivisa tra un Parlamento
elettivo, legittimato in base al principio democratico, e il Re legittimato in
base al principio dinastico. In questo modello il potere del Re, cio il
potere dellesecutivo (la cosiddetta prerogativa regia) aveva un
fondamento proprio, non presupponeva cio unattribuzione espressa in
una legge, ma non poteva porsi in contrasto con le leggi.
Il principio della preferenza della legge si desume da varie disposizioni
vigenti. In particolare, lart. 4, comma 1, delle disposizioni preliminari al
codice civile prevede che I regolamenti non possono contenere norme
contrarie alle disposizioni di legge. Inoltre, lart. 5 della l. n. 2248/ 1865
All. E di abolizione del contenzioso amministrativo stabilisce che le
autorit giudiziarie applicheranno gli atti amministrativi e i regolamenti
generali e locali in quanto siano conformi alle leggi e dunque impone al
giudice ordinario la loro disapplicazione quando si pongano in contrasto
con la legge.

61

b) In un secondo senso, quello oggi pi rilevante, il principio di


legalit richiede che il potere amministrativo trovi un riferimento esplicito
in una norma di legge. Questultima costituisce il fondamento esclusivo
(o limite positivo) dei poteri dellamministrazione: essa deve attribuire in
modo espresso alla pubblica amministrazione la titolarit del potere,
disciplinandone modalit e contenuti.
Questa concezione del principio di legalit emerse man mano che si
afferm la concezione monistica della sovranit, fatta propria ora nella
Costituzione gi allart. 1, secondo il quale la sovranit appartiene al
popolo. La pubblica amministrazione non gode dunque di una
legittimazione propria, ma i poteri da essa esercitati devono trovare un
ancoraggio nel circuito politico-rappresentativo, cio nella legge (votata
da un Parlamento eletto) che diventa, appunto, il fondamento e la misura
del potere.
In assenza di una norma di conferimento del potere, lamministrazione
pu far uso soltanto, come si visto, della propria capacit di diritto
privato. Il potere esercitato in assenza di una norma di conferimento
rende nullo latto emanato (come si vedr, per difetto assoluto di
attribuzione ex art. 21-septies della l. n. 241/1990).
Il principio di legalit inteso nel secondo senso ha a sua volta una
duplice dimensione: la legalit formale (estrinseca o in senso debole) e la
legalit sostanziale (intrinseca o in senso forte).
Per soddisfare la prima sufficiente la semplice indicazione nella
legge (da parte di una norma in bianco) dellapparato pubblico
competente a esercitare un potere normativo secondario o amministrativo
che risulta dunque indeterminato nei suoi contenuti. La seconda esige che
la legge definisca, sia pur in termini generali, una disciplina materiale del
potere amministrativo, definendone i presupposti per lesercizio, le
modalit procedurali e le altre sue caratteristiche essenziali. Il tema dovr
essere ripreso allorch verr analizzata la struttura delle cosiddette norme
dazione e posta la distinzione tra potere vincolato e potere discrezionale.
Per ora basta osservare che il massimo di legalit sostanziale si raggiunge
nel caso di poteri integralmente vincolati.
Tra le due concezioni la seconda appare pi rispondente alla
Costituzione e a una visione pi evoluta dello Stato di diritto. Ci se non
altro perch leffettivit della tutela giurisdizionale contro gli atti
dellamministrazione presuppone che il giudice possa disporre di

62

parametri legislativi che vadano al di l di una mera attribuzione di un


potere che resta indeterminato nei suoi elementi essenziali.
La Corte costituzionale ha fatto leva sul principio di legalit inteso in
senso sostanziale (oltre che sul principio della riserva di legge relativa)
per dichiarare illegittima una disposizione contenuta nel Testo unico degli
enti locali che attribuiva al sindaco un potere assai ampio di emanare
ordinanze per prevenire ed eliminare gravi pericoli per lincolumit
pubblica e la sicurezza urbana (art. 54, come sostituito dallart. 6 del d.l.
23 maggio 2008, n. 92 convertito in legge dallart. 1, comma 1, della
legge 24 luglio 2008, n. 125) senza predeterminare i parametri di
esercizio del potere (sentenza n. 115 del 2011). Secondo la Corte, infatti,
non sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un
bene o di un valore, ma indispensabile che il suo esercizio sia
determinato nel contenuto e nelle modalit, in modo da mantenere
costantemente una, pur elastica, copertura legislativa dellazione
amministrativa.
Il principio di legalit richiede unultima precisazione. I parametri che
lo integrano sono costituiti non soltanto dalle disposizioni di legge, ma
anche dai principi generali del diritto amministrativo elaborati via via
dalla giurisprudenza amministrativa e ora richiamati, come si vedr,
dallart. 1 della l.n. 241/1990. Tali principi hanno una valenza
prescrittiva e una rilevanza in sede di controllo giurisdizionale sullattivit
amministrativa analoga a quella dei precetti contenute nelle fonti
legislative.
Come anticipato, la riserva di legge relativa e il principio di legalit
inteso in senso sostanziale hanno alcuni elementi in comune poich
assolvono allanaloga funzione garantistica di delimitare il potere
esecutivo.
La riserva di legge relativa delimita il potere regolamentare del
Governo ed esige che la legge disciplini almeno in parte la materia e che i
regolamenti siano emanati nel rispetto della disciplina posta dalla legge.
Essa concorre dunque a definire i rapporti per cos dire interni al sistema
delle fonti normative.
Il principio di legalit prescrive che il potere dellamministrazione,
anche allorch si esplichi nellemanazione di norme secondarie, trovi un
fondamento nella legge e qui emerge una qualche sovrapposizione con il
principio della riserva di legge relativa. Il fondamento legislativo generale
dei regolamenti governativi, come si vedr, costituito dallart. 17 della

63

legge 23 agosto 1988, n. 400 sulla Disciplina dellattivit di Governo e


ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ne
individua le principali tipologie.
Tuttavia il principio di legalit si riferisce soprattutto ai provvedimenti
amministrativi. Esso postula che il fondamento (e il parametro della
legittimit) dei provvedimenti amministrativi sia costituito anzitutto da
norme di rango primario. Ma, secondo la giurisprudenza amministrativa,
le esigenze sottostanti al principio di legalit possono essere soddisfatte
anche da norme di rango secondario (regolamenti). Ci vale per esempio
anche nel caso delle sanzioni amministrative, assimilabili per certi aspetti
alle sanzioni penali assoggettate al principio del nullum crimen sine lege e
alla garanzia della riserva di legge assoluta. Il carattere di generalit e
astrattezza delle norme regolamentari garantisce comunque leguale
trattamento dei destinatari dellazione amministrativa.
Per essere
legittimo latto amministrativo deve essere conforme anche alle norme
secondarie.
Le riserve di legge relative, come si gi accennato, pongono il
problema di quanta parte della disciplina di una determinata materia
debba essere contenuta direttamente nella fonte primaria e quanto spazio
di intervento possa essere rimesso alla fonte regolamentare, cio al potere
esecutivo. Anche per il principio di legalit in senso sostanziale si pone
la questione analoga di quanto il contenuto del potere debba essere
predeterminato dalla legge (o anche, come si detto, da una fonte
regolamentare).
5. Le leggi provvedimento e la riserva di amministrazione.
In tema di rapporti tra Parlamento e potere esecutivo va esaminato
ancora il fenomeno delle leggi-provvedimento. Si tratta di leggi (statali,
ma anche regionali) prive dei caratteri della generalit e astrattezza, che
intervengono cio a porre la disciplina di situazioni concrete riferite talora
a ununica fattispecie. Come esempi possono essere menzionate le leggi
che rilasciano, prorogano o revocano concessioni amministrative,
costituiscono singole societ per azioni di interesse nazionale
introducendo deroghe al diritto comune (per esempio, la RAI), erogano
finanziamenti a una o pi imprese, approvano un atto di pianificazione,
assoggettano a vincoli beni determinati, sdemanializzano porzioni di
territorio.

64

La Costituzione non contiene un principio di riserva damministrazione


(o di funzione amministrativa) che metta al riparo il potere esecutivo per
cos dire da invasioni di campo ad opera del legislatore. Rientra dunque
nella discrezionalit del Parlamento la scelta se utilizzare lo strumento
della legge in luogo del provvedimento amministrativo, oppure se
attribuire allamministrazione, in termini pi astratti, il potere
corrispondente.
La prassi dellamministrare per legge, alla quale il Parlamento indulge
di frequente, stata stigmatizzata come una sorta di legalit usurpata
(F. MERUSI) perch il Parlamento invade spazi che in base al principio
della separazione dei poteri dovrebbero essere riservati al potere
esecutivo. Infatti secondo il modello teorico che risale alle Costituzioni
liberali la fase della posizione delle norme che definiscono in astratto i
poteri attribuiti allamministrazione (il cosiddetto previo disporre) va
tenuta distinta da quella dellesercizio concreto del potere in applicazione
delle norme (il concreto provvedere): la prima involge valutazioni di
tipo politico in ordine alla necessit di dotare lamministrazione degli
strumenti necessari per il perseguimento dei fini pubblici; la seconda
richiede laccertamento della situazione di fatto e, se il potere
discrezionale, la valutazione degli interessi in gioco allo scopo di
individuare la soluzione pi confacente.
Oltre che incoerente con il principio della separazione dei poteri, il
ricorso alla legge-provvedimento scardina le garanzie offerte al privato
dal regime dellatto amministrativo come in particolare il diritto di
partecipare al procedimento, lobbligo di motivazione e il diritto di
proporre ricorso giurisdizionale innanzi al giudice amministrativo per
ottenere lannullamento dellatto illegittimo. La legge-provvedimento
infatti pu essere censurata soltanto sotto il profilo della costituzionalit
con le forme, i limiti e i tempi propri di questo tipo di giudizio innanzi
alla Corte Costituzionale. Questultima pu dichiarare incostituzionali le
leggi-provvedimento solo nei casi di arbitrariet e manifesta
irragionevolezza.
6. I regolamenti governativi.
La legge costituzionale n. 3 del 2001 ha introdotto il principio del
parallelismo tra competenza legislativa e competenza regolamentare dello
Stato. Lo Stato cio titolare di un potere regolamentare esclusivamente
nelle materie che lart. 117 della Costituzione attribuisce alla sua

65

competenza legislativa esclusiva (art. 117, comma 6). Esso pu essere


delegato alle Regioni. Nelle altre materie la potest regolamentare spetta
alle Regioni. Lo Stato pu anche emanare regolamenti nelle materie
devolute alla potest legislativa regionale concorrente o residuale nelle
more dellapprovazione da parte delle Regioni delle norme di loro
competenza e in caso di inerzia di questultime. I regolamenti in
questione hanno carattere cedevole, nel senso che perdono efficacia
allentrata in vigore della normativa da parte di ciascuna Regione (art. 11,
comma 7, della legge n. 11/2005).
Il potere regolamentare del Governo richiamato anche nellart. 87
della Costituzione che, in materia di fonti, attribuisce al Presidente della
Repubblica il potere di promulgare le leggi e gli atti aventi forza di legge
e, appunto, di emanare i regolamenti.
A livello di fonti primarie, una disciplina generale contenuta nellart.
17 della l. n. 400/1988 che individua cinque tipi di regolamenti
governativi:
esecutivi, attuativi-integrativi, indipendenti, di
organizzazione, delegati o autorizzati.
a) I regolamenti esecutivi pongono norme di dettaglio necessarie per
lapplicazione concreta di una legge (ulteriore specificazione delle
fattispecie disciplinate, modalit procedurali, termini, adempimenti, ecc.).
Non necessario che la legge attribuisca di volta in volta al Governo il
potere di approvarli, poich la l. n. 400/1988 costituisce un fondamento
legislativo generale sufficiente a soddisfare il principio di legalit. Nelle
materie coperte da riserva di legge assoluta, come si gi osservato, sono
ammessi soltanto regolamenti di stretta esecuzione, che non operino
alcuna integrazione o specificazione delle norme materiali poste a livello
di fonte primaria.
I regolamenti di questo tipo possono essere emanati per dare
esecuzione a regolamenti europei e, nei casi in cui la legge comunitaria lo
autorizzi, anche a direttive.
b) I regolamenti per lattuazione e lintegrazione possono essere
emanati nelle materie non coperte da riserva di legge assoluta nei casi in
cui la legge si limiti a individuare i principi generali della materia e
autorizzi espressamente il Governo a porre la disciplina di dettaglio.
c) I regolamenti cosiddetti indipendenti possono essere emanati nelle
materie non soggette a riserva di legge l dove manchi una disciplina di
rango primario. Si dubitato della compatibilit con la Costituzione di un
potere normativo cos ampio e indeterminato, anche se in pratica sono

66

poche e marginali le materie nelle quali assente una qualsivoglia


disciplina legislativa.
d) I regolamenti di organizzazione costituiscono in realt una
sottospecie di regolamenti esecutivi e di attuazione poich disciplinano
lorganizzazione e il funzionamento delle pubbliche amministrazioni
secondo le disposizioni dettate dalla legge. Lart. 97 della Costituzione
pone una riserva di legge relativa in materia di organizzazione degli uffici
e dunque una disciplina di fonte primaria che ne delinei in termini
generali lassetto sempre necessaria.
Per lorganizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri, in
particolare, lart. 17 della l. n. 400/1988 opera una distinzione: gli uffici
di stretta collaborazione con i ministri e quelli di livello dirigenziale
generale sono disciplinati con regolamenti di delegificazione (di cui
appresso) nel rispetto dei principi posti dalla disciplina legislativa in
materia di rapporto di lavoro con le pubbliche amministrazioni; le unit
dirigenziali di livello inferiore agli uffici dirigenziali generali sono invece
disciplinati con decreti ministeriali aventi natura non regolamentare
(comma 4-bis).
e) I regolamenti delegati o autorizzati intervengono nelle materie non
coperte da riserva assoluta di legge e attuano la cosiddetta
delegificazione. Sostituiscono cio la disciplina posta da una fonte
primaria con una disciplina posta da una fonte secondaria. La loro entrata
in vigore determina infatti labrogazione delle norme vigenti contenute in
fonti anche di rango primario.
Lart. 17, comma 2, della l. n. 400/1988 pone alcune condizioni:
occorre una legge che autorizzi il Governo ad emanarli; la stessa legge
deve contenere le norme generali regolatrici della materia (la
delegificazione della materia non dunque totale); essa deve altres
disporre labrogazione delle norme vigenti rinviando il prodursi
delleffetto abrogativo al momento allentrata in vigore del regolamento.
La delegificazione, alla quale si fatto ricorso di frequente in anni
recenti, tende a contrastare la tendenza del Parlamento a disciplinare con
legge molte materie, ponendo anche regole di dettaglio che finiscono per
irrigidire (ossificare) la disciplina, visto che possono essere modificate
soltanto da una fonte primaria. Peraltro, la delegificazione non esclude
che leggi successive possano rilegificare in tutto o in parte la materia. Il
nostro sistema delle fonti non conosce la cosiddetta riserva di
regolamento.

67

I regolamenti sin qui menzionati sono attribuiti alla competenza del


Consiglio dei ministri.
f) I regolamenti ministeriali e interministeriali sono previsti dallart.
17, comma 3, nelle materie attribuite alla competenza di uno o pi
ministri. Questi regolamenti, possono essere emanati solo nei casi
espressamente previsti dalla legge e sono gerarchicamente sottordinati ai
regolamenti governativi. Essi devono essere comunicati prima della loro
emanazione al Presidente del Consiglio dei ministri ai fini del
coordinamento.
Sotto il profilo formale e procedurale i regolamenti recano la
denominazione regolamento e sono adottati previo il parere del
Consiglio di Stato (sezione consultiva per gli atti normativi), sono
sottoposti al controllo preventivo di legittimit e alla registrazione della
Corte dei conti e vengono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. Il
procedimento per la loro adozione non prevede la partecipazione dei
privati che anzi espressamente esclusa dalla legge sul procedimento
amministrativo (art. 13, ultimo comma, della l. n. 241/1990). Non
richiesta la motivazione (art. 3 della l. n. 241/1990).
Lart. 17 della l. n. 400/1988 non esaurisce la tipologia dei regolamenti
governativi in quanto numerose leggi speciali prevedono fattispecie
particolari che derogano alla disciplina generale. Una specie particolare di
fonti secondarie emersa nella prassi legislativa consiste nei regolamenti
emanati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. I decreti in
questione sono assunti talora previa delibera del Consiglio dei ministri e
senza seguire liter procedurale previsto per gli altri tipi di regolamenti.
Inoltre, in seguito alla legge costituzionale n. 3 del 2001 che, come si
accennato, ha limitato lambito dei regolamenti governativi e ministeriali
alle materie che rientrano nella competenza legislativa esclusiva dello
Stato, molte leggi recenti tendono ad aggirare il divieto autorizzando
lemanazione di non meglio precisati decreti ministeriali non aventi
valore regolamentare, che per contengono prescrizioni generali
analoghe a quelle proprie dei regolamenti. Questa tendenza contribuisce a
rendere ancor pi incerta la distinzione tra atti di regolazione normativi e
non normativi alla quale si accenner in seguito.
Il regime giuridico dei regolamenti, che sono atti formalmente
amministrativi anche se sostanzialmente normativi, in parte quello
proprio dei provvedimenti amministrativi (sia pur con le deroghe prima
richiamate in tema di partecipazione dei privati e di obbligo di

68

motivazione), in parte quello proprio delle fonti del diritto.


Dal primo punto di vista, ove risultino viziati perch contengono
disposizioni contrarie alla legge possono essere impugnati innanzi al
giudice amministrativo e conseguentemente annullati. Di regola, proprio
perch i regolamenti contengono norme generali e astratte, sotto il profilo
processuale, linteresse allimpugnazione sorge solo allorch
lamministrazione emana un provvedimento applicativo idoneo a incidere
nella sfera giuridica di un destinatario individualizzato.
Inoltre, in base al principio della preferenza della legge, come si
accennato, i regolamenti sono suscettibili di disapplicazione da parte del
giudice ordinario (art. 5 della l. n. 2248/1865, All. E). Secondo un
indirizzo giurisprudenziale recente, anche il giudice amministrativo pu
disapplicare una norma regolamentare in almeno due ipotesi: quando il
provvedimento impugnato viola un regolamento a sua volta difforme
dalla legge, oppure quando il provvedimento impugnato conforme a un
regolamento che per contrasta con una legge. In entrambi i casi il
giudice esercita il proprio sindacato valutando la legittimit del
provvedimento direttamente rispetto alla norma primaria: nella prima
ipotesi esso risulta legittimo (disapplicazione in malam partem in quanto
conduce al rigetto del ricorso), nella seconda ipotesi illegittimo
(disapplicazione in bonam partem in quanto conduce allaccoglimento del
ricorso). In definitiva il giudice pu disapplicare il regolamento e ci
anche quando questultimo non sia stato espressamente impugnato
(cosiddetta disapplicazione normativa).
Dal secondo punto di vista, e cio in quanto fonti del diritto, ai
regolamenti si applicano le norme generali sullinterpretazione contenute
nellart. 12 delle disposizioni preliminari al codice civile (interpretazione
letterale e logica; possibilit di ricorrere allanalogia legis e allanalogia
juris). Inoltre, vale per essi il principio jura novit curia, la loro violazione
pu costituire motivo di ricorso per cassazione (art. 360 cod. proc. civ.).
A differenza delle fonti primarie, non possono essere oggetto di sindacato
di costituzionalit innanzi alla Corte Costituzionale.
7. Cenni alle fonti normative regionali, degli enti locali e di altri enti
pubblici.
La Costituzione indica tre fonti normative regionali: gli statuti, le leggi
e i regolamenti. Modifiche rilevanti rispetto alle previsioni originarie del
1948 sono intervenute in seguito alle leggi costituzionali 22 novembre

69

1999, n. 1 e 18 ottobre 2001, n. 3, gi citata.


Lo statuto delle Regioni ordinarie determina la forma di governo e i
principi fondamentali di organizzazione e funzionamento (art. 123). La
sua approvazione avviene attraverso un procedimento aggravato che
prevede una duplice approvazione a maggioranza assoluta da parte del
Consiglio regionale e pu essere assoggettato a referendum popolare. Lo
statuto delle Regioni speciali approvato con legge costituzionale (art.
116).
Le leggi regionali sono approvate dal Consiglio regionale e promulgate
dalla Giunta (art. 121) nelle materie attribuite dallart. 117 della
Costituzione alla competenza concorrente (terzo comma) e residuale
(quarto comma, che fa riferimento a ogni materia non espressamente
riservata alla legislazione dello Stato) delle Regioni.
La giurisprudenza costituzionale ha peraltro ritenuto che anche nelle
materie di competenza regionale lo Stato possa, entro certi limiti,
intervenire. Da un lato, infatti, alcune materie attribuite alla competenza
legislativa esclusiva statale (in particolare la tutela della concorrenza)
hanno natura trasversale, e consentono dunque alle leggi statali di
introdurre disposizioni che non possono essere derogate dalle Regioni.
Dallaltro lato, in base al principio di sussidiariet (art. 118), che presiede
allallocazione delle funzioni amministrative dal basso verso lalto tra i
vari livelli di governo (Comuni, Province, Regioni e Stato), ove una
funzione richieda di essere esercitata in modo unitario a livello statale,
anche la funzione legislativa viene per cos dire attratta nellambito della
competenza statale (Corte Costituzionale, sentenza n. 303 del 2003).
I regolamenti regionali sono adottati dalla Giunta regionale (art. 121) e
possono essere emanati, secondo il principio del parallelismo tra funzioni
legislative e funzioni regolamentari, nelle materie attribuite alla
competenza legislativa concorrente e residuale delle Regioni. Prima della
legge costituzionale n. 3 del 2001 la potest regolamentare era attribuita
allo stesso Consiglio regionale competente a emanare le leggi e dunque
essa si sovrapponeva allo strumento legislativo di fatto utilizzato con
maggior frequenza. Per superare questo tipo di rigidit, era emersa la
prassi di attribuire alla Giunta il potere di emanare atti aventi natura
atipica, come linee guida, programmi, atti di indirizzo, ecc.
Una disciplina pi puntuale dei rapporti tra leggi regionali e
regolamenti rimessa agli statuti.
Le fonti normative di Comuni, Province e Citt metropolitane sono

70

essenzialmente gli statuti e i regolamenti.


I primi sono menzionanti nellart. 114, comma 2, della Costituzione
che qualifica gli Enti locali (insieme alle Regioni) come enti autonomi
con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla
Costituzione valorizzando cos il principio autonomistico gi enunciato
nellart. 5 della Costituzione secondo il quale la Repubblica riconosce e
promuove le autonomie locali.
Lart. 6 del Testo Unico delle leggi sullordinamento egli enti locali,
approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, prevede che lo
statuto sia approvato dal consiglio dellente locale a maggioranza di due
terzi, oppure, se una siffatta maggioranza non viene ottenuta, con delibera
approvata due volte dalla maggioranza assoluta dei consiglieri. Esso deve
contenere le norme fondamentali sullorganizzazione dellente
(attribuzioni degli organi, rappresentanza legale, ecc.), le forme di
garanzia e di partecipazione delle minoranze, le forme di partecipazione
popolare, il decentramento, laccesso dei cittadini alle informazioni e ai
procedimenti amministrativi.
Sotto il profilo della gerarchia delle fonti, lo statuto ha un rango
subprimario, posto al di sotto delle leggi statali di principio. Lart. 117,
comma 2, lett. p) prevede infatti una competenza legislativa esclusiva
dello Stato limitata agli organi di governo e funzioni fondamentali degli
enti locali e sembra dunque precludere lemanazione di una normativa
legislativa di dettaglio non derogabile dagli statuti.
I regolamenti degli enti locali sono menzionati dallart. 117, comma 6,
della Costituzione e disciplinati dallart. 7 del Testo Unico degli enti
locali sopra richiamato. Sono emanati nelle materie di competenza degli
enti locali nel rispetto dei principi fissati dalla legge e dallo statuto.
Disciplinano lorganizzazione e il funzionamento degli organi e degli
uffici e lesercizio delle funzioni.
I regolamenti comunali, approvati di regola dai consigli comunali,
costituiscono una fonte di utilizzo assai frequente perch, in base alle
leggi vigenti, intervengono in materie importanti come lurbanistica,
ledilizia, il traffico, il commercio, le pubbliche affissioni, rifiuti urbani,
ecc..
A partire dagli anni Novanta del secolo scorso, molti altri enti pubblici
hanno acquisito una maggior autonomia organizzativa e funzionale
(universit, camere di commercio, ecc.) che include, di regola, anche la
potest di dotarsi di un proprio statuto, nellambito dei principi stabiliti

71

dalla legge, e di regolamenti di organizzazione e di disciplina delle


funzioni. Anche le cosiddette autorit amministrative indipendenti,
istituite, come si vedr, per la vigilanza e regolazione di settori economici
particolari, in base alle leggi istitutive, sono titolari di poteri di
autorganizzazione e normativi assai estesi.
8. Gli atti di regolazione aventi natura non normativa.
Si gi osservato come la funzione di regolazione delle pubbliche
amministrazioni si esplichi anche attraverso atti aventi natura non
normativa.
A livello di teoria generale, la distinzione tra atti normativi e atti non
normativi fondata su criteri formali (per esempio, la denominazione di
regolamento prescritta dallart. 17 della l. n. 400/1988 gi citata) e
sostanziali che in realt non sono univoci e che rischiano di essere
tautologici.
Propri degli atti normativi sarebbero i caratteri della generalit,
dellastrattezza e della novit, intesa questultima come attitudine della
norma a sostituire, modificare o integrare norme preesistenti. Secondo
altre impostazioni sarebbero essenziali la connotazione eminentemente
politica dellatto normativo (criterio dello spessore politico), anzich il
carattere meramente esecutivo e specificativo di scelte effettuate da altri
atti normativi, oppure la finalizzazione a regolare in astratto rapporti
giuridici pi che a far fronte a bisogni pubblici concreti (criterio
teleologico). Questi e altri criteri non appaiono risolutivi nei casi concreti.
La giurisprudenza appare spesso oscillante e comunque tende a
qualificare come atti normativi atipici (o extra ordinem), in base a criteri
sostanzialistici, molti atti che dettano regole di comportamento a soggetti
esterni allamministrazione.
Peraltro, nellambito del diritto amministrativo, la distinzione tra atti
normativi e non normativi, riferita soprattutto ai cosiddetti atti
amministrativi generali di cui si dir in seguito, ha scarsa rilevanza pratica
poich il loro regime giuridico in massima parte coincidente.
In sede di teoria generale si ritiene infatti che dalla qualificazione di un
atto come normativo derivino, come si accennato, le seguenti
conseguenze principali: si applica il principio del jura novit curia, e
pertanto sotto il profilo probatorio la parte privata sottratta allonere di
allegazione e di prova delle norme applicabili al caso concreto, onere che

72

vale soltanto per i fatti; consentito il ricorso per Cassazione per


violazione o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dellart. 360
n. 3 del cod. proc. civ.; valgono i criteri interpretativi posti dallart. 12
delle preleggi.
Ebbene queste particolarit sfumano in gran parte se si considera il
regime sostanziale e processuale degli atti amministrativi, specie di quelli
a contenuto generale.
Infatti, quanto al principio jura novit curia, nel processo
amministrativo il ricorrente deve specificare nellatto introduttivo del
giudizio i motivi di ricorso (art. 40, comma 1, lett. c) del Codice del
processo amministrativo), cio i profili specifici di vizio sottoposti
allesame del giudice, e deve dunque indicare anche gli articoli di legge
o di regolamento che si ritengono violati (cos prevedeva lart. 6,
comma 1, del regolamento di procedura approvato con r.d. 17 agosto
1907, n. 642, abrogato dal Codice). Il giudice non pu dunque individuare
dufficio il parametro normativo in base al quale operare il proprio
sindacato.
Quanto alla ricorribilit in Cassazione per violazione o falsa
applicazione di norme di diritto, lart. 111, ultimo comma, della
Costituzione consente il ricorso per cassazione avverso le sentenze del
giudice amministrativo per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.
Pertanto non rileva a questi fini se il provvedimento amministrativo
impugnato sia illegittimo per violazione di una norma giuridica in senso
proprio o per violazione di una prescrizione contenuta in un atto
amministrativo generale o in una circolare. La tutela offerta infatti
identica in entrambi i casi poich comunque esclusa la ricorribilit in
cassazione avverso la sentenza del giudice amministrativo che offra
uninterpretazione ritenuta errata della norma giuridica invocata come
parametro di legittimit del provvedimento impugnato.
La violazione di legge invece elencata, insieme alleccesso di
potere e allincompetenza, tra i vizi del provvedimento amministrativo
indicati dallart. 21-octies della l. n. 241/1990. Tuttavia ciascuno dei tre
vizi assume una identica rilevanza ai fini dellannullabilit del
provvedimento. Cos, un provvedimento amministrativo potr essere
annullato in presenza sia di una violazione di legge (per esempio il
contrasto con un regolamento o altro atto normativo), sia di una figura
sintomatica delleccesso di potere (per esempio a causa del contrasto con
una circolare o con altra norma interna).

73

Quanto infine alle regole sullinterpretazione, gli atti amministrativi


sono assoggettati alla disciplina prevista dal codice civile per i contratti
(art. 1362 e seg.), ma non tutte le disposizioni codicistiche sono ritenute
compatibili con il carattere unilaterale e autoritativo dei provvedimenti.
Per esempio, non si ritengono applicabili i principi dellinterpretazione
delle clausole contro il loro autore (art. 1370), dellinterpretazione del
contratto in modo meno gravoso per lobbligato (art. 1371). Il regime
dellinterpretazione degli atti amministrativi finisce cos per coincidere in
gran parte con quello delle fonti normative di cui alle preleggi.
9. Gli atti amministrativi generali.
Di regola i provvedimenti amministrativi hanno un contenuto concreto
e si rivolgono a uno o pi destinatari determinati. Fissano cio
autoritativamente il modo di essere di un rapporto giuridico tra pubblica
amministrazione e privato in relazione alla specifica situazione di fatto e,
nel caso in cui si tratti di un potere discrezionale, allatteggiarsi degli
interessi pubblici e privati in gioco.
Tuttavia di frequente la pubblica amministrazione ha il potere di
emanare atti amministrativi aventi contenuto generale che sono
propedeutici a provvedimenti puntuali o che trovano svolgimento in
unattivit organizzativa degli uffici pubblici. Essi si rivolgono in modo
indifferenziato a categorie pi o meno ampie di destinatari e talora sono
suscettibili di essere applicati a una ripetuta serie di casi e dunque hanno
anche il carattere della astrattezza.
La tipologia degli atti amministrativi generali variegata e le
classificazioni proposte in dottrina hanno per lo pi una valenza
descrittiva. Tra gli atti generali vengono fatti rientrare usualmente i piani,
i programmi, le direttive, gli atti di indirizzo, le linee guida, le
autorizzazioni generali, i bandi militari, i provvedimenti che fissano in
modo autoritativo i prezzi e le tariffe, ecc. In alcuni casi controverso se
essi abbiano natura soltanto amministrativa o se abbiano unefficacia
propriamente normativa, ma comunque la loro portata regolatoria
indiscussa.
Alcuni di questi atti esprimono le scelte fondamentali di attuazione
dellindirizzo politico-amministrativo e per questo motivo sono emanati
dagli organi amministrativi correlati in modo pi diretto al circuito
rappresentativo. A livello statale la competenza attribuita al Governo al
quale spetta il compito di mantenere lunit dellindirizzo politico ed

74

amministrativo e di coordinare lattivit dei ministri (art. 95 della


Costituzione) o ai ministri ai quali spetta definire i piani, i programmi e le
direttive generali che trovano poi svolgimento nellattivit dei dirigenti
generali (artt. 3, 14 e 16 del d.lgs. n. 165/2001). A livello locale, i consigli
comunali e provinciali approvano, tra gli altri, i programmi (per esempio
quello relativo ai lavori pubblici), i piani territoriali ed urbanistici, gli
indirizzi alle aziende pubbliche e agli enti dipendenti, ecc. (art. 42 del
d.lgs. n. 267/2000).
Gli atti amministrativi generali sono soggetti a un regime giuridico che
deroga in parte a quello proprio dei provvedimenti amministrativi
contenuto nella l. n. 241/1990 e che ricalca quello degli atti normativi. In
particolare, non richiedono una motivazione (art. 3, comma 2, della l. n.
241); il procedimento per la loro adozione non prevede la partecipazione
dei soggetti privati (art. 13 della l. n. 241/1990); lattivit
dellamministrazione diretta alla loro emanazione esclusa dal diritto di
accesso (art. 24, comma 1, lett. c) della l. n. 241/1990). Per molti atti
amministrativi generali sono previsti obblighi di pubblicazione (per
esempio, gli atti elencati nellart. 26 della l. n. 241/1990) e ci accentua la
loro valenza regolatoria.
Di seguito verranno analizzate, in via esemplificativa, alcune tra le
specie pi note di atti amministrativi generali.
a) I bandi di concorso e gli avvisi di gara.
Tra gli atti amministrativi generali, privi del carattere di astrattezza e
dei quali dunque certa la natura non normativa, rientrano i bandi di
concorso per lassunzione di dipendenti nelle pubbliche amministrazioni
oppure i bandi o avvisi di gara per la selezione del contraente privato nei
contratti di fornitura, di lavori e di servizi stipulati dalle pubbliche
amministrazioni.
I bandi di concorso costituiscono latto di avvio del procedimento per
la selezione (assunzione o promozione) di personale delle pubbliche
amministrazioni. Essi specificano, in applicazione delle leggi, i requisiti
di partecipazione, le modalit e i termini per la presentazione delle
domande di partecipazione, lo svolgimento delle prove scritte e orali, i
criteri per lattribuzione dei punteggi. Hanno contenuto concreto poich
esauriscono i loro effetti al completamento della procedura, che avviene
con lapprovazione della graduatoria finale.

75

Analogamente, i bandi o avvisi di gara disciplinati dal Codice dei


contratti pubblici individuano loggetto del contratto, il tipo di procedura
per la scelta del contraente privato, i criteri per lammissione e per la
valutazione delle offerte, le modalit e i tempi per la presentazione delle
offerte, ecc. Il bando (insieme agli altri documenti di gara, come in
particolare la lettera dinvito, i capitolati tecnici, ecc.) costituisce la lex
specialis della singola procedura di gara e vincola pertanto la stazione
appaltante (che non pu disapplicarlo) e condiziona la legittimit degli
atti adottati.
10. Segue: b) Gli atti di pianificazione e di programmazione.
Una delle esigenze che presiedono allesercizio dei poteri
amministrativi che esso avvenga in modo ordinato e coerente con una
strategia complessiva. Pertanto in molte materie, a monte dellattivit di
emanazione di provvedimenti puntuali o dellattivit di erogazione di
servizi, la legge prevede unattivit di pianificazione o programmazione
con la quale, in termini generali, si prefigurino obiettivi, limiti,
contingenti, priorit e altri criteri che presiedono allesercizio dei poteri
amministrativi e allattivit degli uffici pubblici.
Cos, per esemplificare, il rilascio dei permessi di costruzione avviene
nel rispetto dei piani regolatori comunali; le autorizzazioni per lapertura
di esercizi commerciali sono rilasciate nel rispetto degli indirizzi regionali
per linsediamento delle attivit commerciali e dei criteri di
programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale; lallocazione
delle frequenze radio-televisive avviene sulla base del piano nazionale
delle frequenze; i permessi per laccesso al centro storico sono rilasciati in
base al piano urbano del traffico.
Lattivit di pianificazione e di programmazione serve anche a creare i
raccordi tra i diversi livelli di governo (Stato, Regioni, Comuni) secondo
il metodo della cosiddetta pianificazione a cascata. Cos, per esempio, in
materia sanitaria, lattivit di programmazione si articola nel piano
sanitario nazionale e, a livello regionale, nei piani sanitari regionali. In
materia di trasporti pubblici locali lo Stato predispone il piano generale
dei trasporti, mentre le Regioni emanano i piani regionali di trasporto ed
emanano gli indirizzi per i piani di bacino provinciali, definendo in
particolare il livello dei servizi minimi essenziali e le modalit per la
determinazione delle tariffe.
Anche in materia ambientale numerosi sono gli atti di pianificazione e

76

programmazione settoriale statale (piano generale di difesa del mare e


della costa marina dallinquinamento, piani di bacino idrografico
nazionale, ecc.) e soprattutto regionale (piani di tutela delle acque, di
gestione dei rifiuti, di bonifica di aree contaminate, di prevenzione e
risanamento dellaria, ecc.).
Molti atti di pianificazione e di programmazione pongono il problema
se essi rilevino essenzialmente allinterno dei rapporti organizzatori tra i
diversi livelli di governo (Stato, Regioni, enti locali), oppure se, ed
eventualmente entro quali limiti, contengano prescrizioni direttamente
vincolanti i soggetti privati. Da qui una ambiguit in qualche modo
intrinseca al modello.
Inoltre, come si gi accennato, dal punto di vista della teoria della
regolazione amministrativa, gli atti di pianificazione, introdotti molto
frequentemente nella legislazione nella seconda met del secolo scorso
(secondo il modello dello Stato interventista programmatore), sono
annoverati tra gli strumenti di intervento pubblico pi intrusivi della
libert di iniziativa privata, tali da determinare, in molti casi, effetti
distorsivi della concorrenza. Proprio per questo, in epoca recente, con
laffermarsi del modello dello Stato regolatore e in seguito alle politiche
di liberalizzazione di attivit economiche, molti atti di pianificazione sono
stati soppressi (per esempio, i piani commerciali comunali che
contingentavano il rilascio delle autorizzazioni per lapertura di nuovi
esercizi e costituivano cos barriere artificiali allaccesso al mercato).
Ancora, il modello della pianificazione a cascata che coinvolge i
diversi livelli di governo e delle pianificazioni settoriali si rivelato nei
fatti oneroso in termini di adempimenti e di difficile attuazione data anche
la difficolt operativa di raccogliere e razionalizzare tutte le informazioni
rilevanti necessarie per la formulazione dei contenuti del piano. E
accaduto cos che molti atti di pianificazione e programmazione previsti
per legge non siano poi stati mai emanati oppure si siano limitati a
introdurre prescrizioni generiche. Pertanto, in occasione del trasferimento
di numerose funzioni dallo Stato alle Regioni in attuazione del modello
del cosiddetto federalismo amministrativo (d.lgs. 31 marzo 1998, n.
112), molti strumenti di pianificazione previsti da leggi rimaste inattuate
sono stati soppressi (per esempio, in materia ambientale, il programma
triennale per la tutela dellambiente, il programma triennale per le aree
naturali protette, il piano generale di risanamento delle acque, ecc.).
In ragione della sua rilevanza, merita qualche considerazione pi
specifica il piano regolatore generale, previsto in origine dalla legge

77

urbanistica del 1942, che costituisce lo strumento principale di governo


del territorio da parte dei comuni.
Il piano regolatore suddivide anzitutto il territorio comunale in zone
omogenee (cosiddetta zonizzazione) con lindicazione per ciascuna di
esse delle attivit insediabili, in base a criteri e parametri definiti in modo
uniforme a livello nazionale (d.m. 2 aprile 1968, n. 1444): attivit
edificatoria a fini abitativi, industriale, agricola, ecc.
Il piano individua poi le aree destinate a edifici e a infrastrutture
pubbliche o a uso pubblico (cosiddetta localizzazione). Se la
localizzazione riguarda terreni di propriet privata, essa determina un
vincolo di inedificabilit di durata quinquennale (cosiddetta salvaguardia)
che decade se nel frattempo non interviene lespropriazione. Il piano
regolatore corredato dalle cosiddette norme tecniche di attuazione che
specificano, in particolare, le distanze, le altezze e le destinazioni duso
degli edifici.
Il piano regolatore generale si inserisce in un sistema articolato di
strumenti di pianificazione. E condizionato a monte dal piano territoriale
di coordinamento provinciale, dai piani paesistici e dai piani urbanisticoterritoriali previsti dalla normativa in materia di valori paesistici e
ambientali (bellezze naturali).
Costituiscono invece strumenti attuativi del piano regolatore: il piano
particolareggiato (di iniziativa pubblica per la realizzazione di interventi
di riqualificazione territoriale), i piani di zona per ledilizia residenziale
pubblica, i piani per gli insediamenti produttivi e i piani di lottizzazione
(di iniziativa privata e disciplinati da una convenzione con il Comune).
Il piano regolatore generale approvato allesito di un procedimento
aperto alla partecipazione dei privati. Infatti, il piano viene adottato dal
Comune (con delibera del consiglio comunale) e pubblicato per trenta
giorni al fine di consentire agli interessati di prenderne visione e di
presentare osservazioni. Viene poi sottoposto a una nuova delibera del
consiglio comunale che deve pronunciarsi sulle osservazioni presentate.
Il piano adottato sottoposto allapprovazione della Regione. Questa
esercita un controllo che non limitato alla mera legittimit, poich pu
proporre modifiche al fine di una miglior tutela degli interessi ambientali
e paesaggistici e di garantire la conformit al piano territoriale di
coordinamento provinciale. Le proposte di modifica sono comunicate al
Comune il quale con delibera del consiglio comunale pu approvare
controdeduzioni delle quali la Regione tiene conto in sede di

78

approvazione definitiva. La notizia dellapprovazione del piano regolatore


viene data nel Bollettino ufficiale della Regione. Il piano regolatore si
qualifica, in definitiva, come atto complesso che prevede il
coinvolgimento del Comune e della Regione con poteri propri.
Data la peculiarit della procedura di approvazione che richiede
usualmente tempi non brevi, il piano regolatore, fin dalla sua adozione
formale, produce leffetto di precludere il rilascio di permessi a costruire
non compatibili con le nuove prescrizioni (cosiddette misure di
salvaguardia).
E controversa la natura giuridica del piano regolatore. Si discute cio
se abbia natura essenzialmente normativa (regolamentare), tale da
condizionare soltanto ladozione dei piani attuativi, oppure di atto
amministrativo generale tale da produrre effetti giuridici immediati in
capo a destinatari ben individuati (i proprietari dei terreni soggetti ai
vincoli).
Prevale in giurisprudenza la tesi intermedia della natura mista dei piani
regolatori che da un lato, dispongono in via generale ed astratta in
ordine al governo ed allutilizzazione dellintero territorio comunale, e,
dallaltro, contengono istruzioni, norme e prescrizioni di concreta
definizione, destinazione e sistemazione di singole parti del comprensorio
urbano (Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 22 dicembre 1999, n.
24). Ne consegue che occorre valutare caso per caso i singoli contenuti
del piano, allo scopo di appurare se esso leda in via immediata posizioni
giuridiche di singoli proprietari e pertanto sia necessario impugnarlo
tempestivamente nel termine di 60 giorni, oppure se abbia una valenza
soltanto programmatoria e che pertanto solo lemanazione dei
provvedimenti attuativi determini una lesione delle situazioni giuridiche
soggettive tale da rendere necessaria la proposizione di un ricorso
giurisdizionale.
11. Segue: c) le ordinanze contingibili e urgenti
Gli ordinamenti statuali si dotano usualmente di strumenti per far
fronte a situazioni di emergenza imprevedibili che possono mettere a
rischio interessi fondamentali della comunit (incolumit pubblica, sanit,
ecc.), ma che non si prestano a essere tipizzate e disciplinate ex ante in
modo puntuale a livello di fonti primarie. Impostazioni teoriche risalenti
consideravano la necessit addirittura come fonte del diritto, tale da
giustificare e legittimare lalterazione delle competenze e ladozione di

79

misure extra ordinem.


Vigente lo Statuto Albertino, si ritenne per prassi che rientrasse nel
potere regio anche quello di emanare, nei casi di urgenza (ad esempio nei
periodi di chiusura delle camere), ordinanze anche in deroga alle norme
vigenti.
Con lavvento della Costituzione questo tipo di potere, che soprattutto
nel ventennio fascista venne esercitato con molta frequenza, stato
assorbito in gran parte dal potere attribuito al Governo, nei casi
straordinari di necessit e durgenza, di emanare decreti legge (art. 77
della Costituzione) contenenti disposizioni di rango primario.
A livello sub-costituzionale, numerose disposizioni di legge
attribuiscono ad autorit amministrative il potere di emanare ordinanze
contingibili e urgenti (nei settori dellordine pubblico, della sanit,
dellambiente, della protezione civile, ecc.) delle quali discussa la natura
amministrativa o normativa.
Tra gli esempi pi risalenti nel tempo vi anzitutto il potere del
prefetto nel caso di urgenza o per grave necessit pubblica () di
adottare i provvedimenti indispensabili per la tutela dellordine pubblico
e della sicurezza pubblica (art. 2 del Testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, approvato con r.d. 18 giugno 1931, n. 773).
Il sindaco, nella sua veste di ufficiale del Governo, pu adottare
provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare
gravi pericoli che minacciano lincolumit pubblica e la sicurezza
urbana (art. 54, comma 4 del Testo unico degli enti locali). Pu adottare
questo tipo di provvedimenti anche in caso di emergenze sanitarie o di
igiene pubblica in ambito locale (art. 50, comma 5), mentre poteri
analoghi sono attribuiti alle Regioni e allo Stato (in particolare i poteri di
ordinanza di competenza del ministro della Sanit (oggi Salute) ai sensi
dellart. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 istitutiva del Servizio
sanitario nazionale) nel caso di situazioni che interessino territori e
comunit pi ampie.
Poteri di ordinanza assai ampi al fine di evitare situazioni di pericolo
o maggiori danni a persone o a cose, con possibilit di derogare alle
norme vigenti (in particolare, nella prassi applicativa, alle norme relative
alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici e a quelle
urbanistiche ed edilizie), sono previsti anche dalla normativa in tema di
Protezione civile (art. 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225). Il loro
ambito di applicazione stato esteso (art. 5-bis del decreto legge 7

80

settembre 2001, n. 343) anche al di l delle emergenze naturali (terremoti,


alluvioni, ecc.) fino a includere, probabilmente in modo non giustificato
trattandosi di evenienze prevedibili, anche lorganizzazione dei cosiddetti
grandi eventi (per esempio, nel 2009, lorganizzazione del G8 alla
Maddalena).
Le leggi attributive di questo tipo di poteri si limitano di solito a
individuare lautorit amministrativa competente a emanarli, a descrivere
in termini generali il presupposto che ne legittima lemanazione e a
specificare il fine pubblico da perseguire. Pur rispettose del principio
della legalit formale, esse lasciano indeterminato il contenuto del potere
e i destinatari del provvedimento.
Lautorit competente dunque titolare di unampia discrezionalit sia
nel momento in cui apprezza in concreto se la situazione di fatto
giustifichi lesercizio del potere di ordinanza, sia nel momento in cui essa
individua le misure specifiche da adottare. E richiesta comunque una
motivazione adeguata.
Le ordinanze in questione operano in definitiva una deroga al principio
della tipicit degli atti amministrativi, in base al quale la norma attributiva
del potere deve definirne in modo sufficientemente preciso presupposti e
contenuti, e sollevano dunque un problema di compatibilit con il
principio di legalit inteso in senso sostanziale.
Esse pongono inoltre vari problemi di applicazione e di qualificazione.
E controverso in primo luogo se ed entro quali limiti i poteri di
ordinanza devono rispettare le leggi vigenti. La giurisprudenza anche
costituzionale ha da tempo chiarito (sentenza n. 8/1956) che, quanto
meno, esse non possono essere emanate in contrasto con i principi
generali dellordinamento giuridico e con i principi fondamentali della
Costituzione, che non possono essere derogati. Inoltre devono avere
unefficacia limitata nel tempo in relazione, devono essere motivate e
devono essere adequatamente pubblicizzate.
Inoltre, un limite interno costituito dal principio di proporzionalit,
nel senso che il contenuto delle ordinanze deve essere rigidamente
calibrato in funzione dellemergenza specifica che deve essere in concreto
fronteggiata. Da qui anche il carattere tendenzialmente temporaneo e
provvisorio delle misure introdotte.
Trattandosi di uno strumento in qualche modo extra ordinem, il potere
di ordinanza ha un carattere residuale, nel senso che non pu essere

81

esercitato in luogo di poteri tipici previsti dalle norme vigenti idonei a far
fronte a quel tipo di situazione. Per esempio, per far smantellare
unantenna per la telefonia mobile installata in modo non conforme alle
prescrizioni urbanistiche e sanitarie e che genera proteste nella
popolazione residente timorosa del rischio di inquinamento
elettromagnetico, il sindaco ha gi a disposizione i poteri di tipo
urbanistico, e dunque non pu esercitare il potere di ordinanza.
Quanto alla qualificazione giuridica, le ordinanze in questione hanno di
regola natura non normativa anche quando si rivolgono a categorie pi o
meno ampie di destinatari. Esse si riferiscono infatti ad accadimenti
specifici (come ad esempio uninondazione o un terremoto o
unepidemia), dunque hanno tendenzialmente un carattere concreto e una
efficacia temporalmente circoscritta.
Tuttavia ove la situazione di emergenza tenda a protrarsi, le ordinanze
acquistano necessariamente anche un carattere di astrattezza e perdono il
carattere della temporaneit. Specie nel caso delle ordinanze emanate dai
sindaci in materia di sicurezza urbana (contenenti misure contro il
commercio ambulante abusivo, la prostituzione, comportamenti contrari
al decoro, ecc.) esse finiscono cos per assumere caratteristiche simili ai
regolamenti comunali, intesi come atti normativi in senso proprio di
rango sublegislativo.
Le ordinanze contingibili e urgenti vanno distinte da altri atti
amministrativi che hanno come presupposto lurgenza, ma il cui
contenuto e i cui effetti sono predefiniti in tutto e per tutto dalla norma
attributiva del potere (i c.d. atti necessitati). Cos, per esempio, nel caso
in cui i lavori relativi alla costruzione di unopera pubblica siano
dichiarati indifferibili e urgenti, lautorit amministrativa competente pu
disporre loccupazione durgenza dei terreni interessati prima ancora che
si sia concluso il procedimento di espropriazione. In materia di contratti
pubblici, lurgenza pu giustificare una deroga al ricorso a procedure a
evidenza pubblica, giustificando la trattativa diretta con un solo fornitore.
In altri casi, lurgenza pu giustificare lemanazione di un atto da parte di
un organo diverso da quello competente in via ordinaria che si riunisce
con minor frequenza e che poi provvede alla ratifica. Per esempio, come
si dir anche nel Cap. IV, la giunta comunale pu esercitare in via
durgenza alcuni atti di competenza del consiglio comunale.
12. Segue: d) Le direttive e gli atti di indirizzo.

82

Affini agli atti di pianificazione, in quanto espressione della funzione


di indirizzo politico amministrativo, sono le direttive amministrative.
Caratteristico di questo tipo di atti il loro contenuto. Esso non
costituito, come accade tipicamente nel caso delle fonti primarie e
secondarie, da prescrizioni puntuali e vincolanti in modo assoluto, ma
limitato allindicazione di fini e obiettivi da raggiungere, criteri di
massima, mezzi per raggiungere i fini. Esse hanno dunque un certo grado
di elasticit e consentono ai loro destinatari spazi di valutazione e di
decisione pi o meno estesi in modo tale da poter tener conto in sede
applicativa di tutte le circostanze del caso concreto. Ove giustificato, i
destinatari possono anche disattendere in tutto o in parte le indicazioni
contenute nella direttiva per ragioni che devono essere espresse nella
motivazione.
Si distinguono generalmente le direttive che si inseriscono in rapporti
interorganici e le direttive che attengono a rapporti intersoggettivi. Solo in
questo secondo ambito esse possono assumere una rilevanza regolatoria
ove siano indirizzate a una pluralit di destinatari.
Nellambito dei rapporti interorganici le direttive sono uno strumento
attraverso il quale lorgano sovraordinato condiziona e orienta lattivit
dellorgano o degli organi sottordinati. L dove il rapporto interorganico
ha un carattere propriamente gerarchico, ove cio la competenza
dellorgano sovraordinato include e si sovrappone integralmente a quella
dellorgano sottordinato, la direttiva pu essere utilizzata talvolta in luogo
dellatto che pi caratteristico di questo tipo di relazione e cio lordine
gerarchico che ha un contenuto puntuale ed riferito a una situazione
concreta.
L dove invece lorgano sottordinato investito di una competenza
autonoma, cio non inclusa del tutto in quella dellorgano sovraordinato e
dunque il rapporto non pu essere qualificato come propriamente
gerarchico, la direttiva acquista contorni pi tipici e connota appunto un
rapporto organico, usualmente definito come rapporto di direzione.
Un esempio tra i pi rilevanti il rapporto di direzione che intercorre
tra ministro e dirigenti generali in base al principio della distinzione tra
indirizzo politico-amministrativo e attivit di gestione introdotto con la
riforma del pubblico impiego varata negli anni Novanta del secolo scorso
(oggi d.lgs. n. 165/2001). Al ministro preclusa ogni competenza
gestionale e amministrativa diretta e pu soltanto formulare direttive
generali per lattivit amministrativa e per la gestione (art. 4, comma 1,
lett. b) e art. 14, comma 1, lett. a) ed esercitare un controllo ex post. I

83

dirigenti generali sono titolari dei poteri di gestione e di emanazione degli


atti e provvedimenti, curano lattuazione delle direttive generali impartite
dal ministro e a loro volta definiscono gli obiettivi che i dirigenti a loro
sottoposti devono perseguire (art. 16, comma 1, lett. b). Linosservanza
delle direttive da parte di dirigenti generali, ove non giustificata da
ragioni oggettive, pu costituire un elemento di valutazione ex post
dellattivit del dirigente e costituire anche motivo di responsabilit
dirigenziale (art. 21). In ogni caso, a differenza di quanto previsto nel
caso di rapporto gerarchico, il ministro non pu avocare a s o sostituirsi
nella competenza del dirigente generale.
Le direttive che si inseriscono in rapporti intersoggettivi costituiscono
uno strumento attraverso il quale il ministro competente o la regione
esercitano il potere di indirizzo nei confronti di enti pubblici strumentali,
la cui attivit deve essere resa coerente con i fini istituzionali propri del
ministero di settore o della regione.
Storicamente, soprattutto nella seconda met del secolo scorso, esse
sono state previste di frequente dal legislatore nel campo del diritto
pubblico delleconomia. Secondo la visione programmatoria e di
intervento diretto o indiretto dello Stato nelle attivit economiche, interi
settori di imprese (per esempio le aziende di credito) o particolari
categorie di enti pubblici economici (gli enti di gestione delle
partecipazioni statali quali lIRI, lENI e lEFIM, la Cassa per il
Mezzogiorno, lENEL, ecc.) furono assoggettati a poteri di indirizzo
(oltre che di vigilanza) assai penetranti. La direttiva, con i suoi caratteri di
elasticit, tentava di conciliare lesigenza di mantenere un legame
istituzionale stretto con il versante della politica governativa con quella di
assicurare una certa libert di azione di soggetti in massima parte pubblici
ma operanti in regime in gran parte privatistico.
In anni pi recenti, con la riduzione della presenza pubblica diretta o
indiretta nelleconomia alla quale si fatto cenno nel capitolo precedente,
lo strumento della direttiva stato utilizzato con minor frequenza.
Allinizio degli anni 90 del secolo scorso stata anzi smantellata lintera
struttura di governo delle partecipazioni statali (comitati ministeriali, enti
di gestione). I nuovi apparati di regolazione istituiti verso la fine del
secolo scorso, cio le cosiddette autorit amministrative indipendenti, si
caratterizzano proprio per il fatto di non essere assoggettati a un potere di
direzione da parte del Governo.
Sono emersi per nella legislazione altri tipi di direttive a valenza
spiccatamente regolatoria. Per esempio, le autorit indipendenti preposte

84

ai servizi di pubblica utilit possono essere emanare direttive nei


confronti delle imprese erogatrici dei servizi per definire i livelli generali
di qualit di questi ultimi o la contabilizzazione separata dei costi delle
singole prestazioni (art. 2, comma, 12, lett. f) e h) della l. n. 481/1995).
La violazione di queste direttive da parte delle imprese destinatarie
comporta lapplicazione di sanzioni amministrative.
In occasione della riforma del Governo e degli apparati ministeriali
operata con il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, la direttiva stata
prevista per creare un raccordo tra il ministro di settore e le agenzie
istituite per lo svolgimento di particolari attivit a carattere tecnicooperativo (per esempio le agenzie fiscali) e dotate di ambiti di autonomia
funzionale e finanziaria (art. 8, commi 2 e 4 lett. d) oppure tra ministro
vigilante ed enti pubblici strumentali.
Una questione discussa attiene alleffettivit della direttiva, cio alle
conseguenze che possono derivare nel caso in cui il destinatario non si
attenga alle indicazioni in essa contenute. Esse infatti tendono a
condizionare lesercizio della discrezionalit dei destinatari i quali
mantengono dunque un ambito di valutazione autonoma. I poteri di
reazione in capo allorgano o al soggetto sovraordinato sono pertanto per
lo pi di tipo indiretto e si possono manifestare in interventi sullorgano
(scioglimento, mancato reincarico dei suoi titolari, ecc). Di rado, essi
includono poteri che incidono sulla validit degli atti adottati (revoca,
annullamento dufficio).
13. Segue: e) le norme interne e le circolari.
La funzione di regolazione delle pubbliche amministrazioni si esplica
in modo diverso a seconda che le norme emanate rilevino essenzialmente
allinterno di un determinato apparato amministrativo e servano a guidare
lattivit degli uffici, oppure siano dirette a orientare i comportamenti di
soggetti esterni. Gi trattando delle direttive emersa la distinzione tra
quelle che intervengono nei rapporti interorganici e quelle che rilevano
nei rapporti intersoggettivi.
In termini generali, si pu osservare che le organizzazioni complesse,
anche quelle private, si dotano di regole interne volte a disciplinare il
funzionamento e i raccordi tra le varie unit operative. Cos, per esempio,
le grandi imprese approvano regolamenti aziendali, manuali di procedure
e altri atti organizzativi.

85

Nel diritto pubblico, il tema delle norme interne si ricollega


storicamente alla ricostruzione dellordinamento della pubblica
amministrazione come ordinamento giuridico particolare (sezionale o
derivato) in qualche misura separato (e autonomo) dallordinamento
generale statuale. In linea di principio ci che avviene allinterno di un
siffatto ordinamento non ha una rilevanza nellordinamento generale.
Sono ammesse anche norme derogatorie rispetto a quelle applicabili alla
generalit dei consociati.
Cos, per esempio, gli impiegati pubblici assunti stabilmente
nellamministrazione di appartenenza acquisivano uno status particolare.
In passato essi erano assoggettati anche a norme
speciali che
comportavano la limitazione di diritti fondamentali (ad esempio,
liscrizione a partiti politici) e limposizione di obblighi (fedelt, decoro,
ecc.) che si estendevano anche a comportamenti assunti al di fuori delle
attivit di servizio in senso proprio e dunque condizionavano tutta la vita
privata. Analogamente, i militari o i condannati a una pena detentiva
entravano a far parte di ordinamenti speciali (militare o carcerario) con
limposizione di obblighi speciali e assoggettati a poteri coercitivi
comportanti limitazioni di diritti (non a caso era invalsa lespressione di
rapporti di supremazia speciale). Anche lordinamento scolastico, il
sistema del credito e del risparmio, gli ordini professionali, lordinamento
sportivo tradizionalmente sono stati ricostruiti secondo questo modello.
Gli ordinamenti sezionali si fondano su alcuni elementi costitutivi: la
plurisoggettivit, con la predeterminazione dei soggetti inseriti
nellordinamento settoriale sulla base di atti di ammissione, di iscrizione o
di attribuzione di status; unorganizzazione interna stabile con
attribuzione di ruoli e di competenze; la presenza di norme interne
emanate dagli organi preposti allordinamento speciale e rese effettive da
un sistema di sanzioni anchesse interne; listituzione di organi giustiziali
speciali (commissioni di disciplina, corti arbitrali sportive, ecc.).
Le norme interne possono assumere variamente la forma di
regolamenti interni, di istruzioni o ordini di servizio, direttive generali,
ecc. Come si accenner pi avanti, la forma usuale di comunicazione
delle norme interne costituita dalla circolare.
Il modello degli ordinamenti giuridici sezionali stato superato in
seguito allentrata in vigore della Costituzione che non sembra ammettere,
se non entro limiti assai ristretti, la rinuncia o la compressione dei diritti
fondamentali di coloro che a vario titolo entrano in contatto con la
pubblica amministrazione.

86

Le norme interne e i comportamenti assunti sulla base di esse finiscono


per assumere una rilevanza almeno indiretta nellordinamento generale.
Cos, per esempio, lillecito sportivo pu comportare lapplicazione non
soltanto delle sanzioni speciali previste dalle norme interne
allordinamento (per esempio, nel gioco calcio, lammonizione o
lespulsione dalla partita in seguito a un intervento falloso), ma anche di
quelle previste dallordinamento generale (per esempio, sanzioni penali
relative alle lesioni personali provocate a un giocatore).
Inoltre, lorganizzazione interna dellamministrazione, considerata in
origine irrilevante sotto il profilo giuridico e comunque oggetto di scarsa
attenzione negli studi di diritto amministrativo, stata fatta oggetto
sempre pi spesso di interventi normativi (anzitutto legislativi, in
attuazione del principio della riserva di legge relativa di cui allart. 97
della Costituzione, gi ricordato) che hanno via via superato la
separatezza e limpermeabilit dellordinamento amministrativo rispetto a
quello generale.
Anche la giurisprudenza amministrativa ha avuto un ruolo in questo
processo evolutivo. In una visione sostanzialistica, come si gi
accennato, essa tende a valutare le norme interne sotto il profilo della loro
attitudine a incidere effettivamente su situazioni giuridiche individuali,
ritenendo cos direttamente o indirettamente impugnabili una serie di atti
organizzativi in precedenza sottratti al sindacato giurisdizionale.
La distinzione tra norme interne e norme esterne si venuta cos
attenuando. A ci ha contribuito anche la l. n. 241/1990, che ha introdotto
un obbligo generalizzato di pubblicare, secondo le modalit previste per
le singole amministrazioni, le direttive, i programmi, le istruzioni, le
circolari e ogni atto che dispone in generale sulla organizzazione, sulle
funzioni sugli obiettivi, sui procedimenti di una pubblica amministrazione
ovvero nel quale si determina linterpretazione di norme giuridiche o si
dettano disposizioni per lapplicazione di esse (art. 26). Analogamente,
in materia di sovvenzioni, contributi e altri sussidi finanziari, le
amministrazioni competenti sono obbligate a predeterminare e a rendere
pubblici i criteri e le modalit alle quali esse si devono attenere
nellindividuare i singoli beneficiari (art. 12).
In molti casi le norme interne sono pubblicate anche nella Gazzetta
Ufficiale. Il Testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle
leggi, sulla emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle
pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana (d.p.r. 28 dicembre 1985,
n. 1092) prevede infatti che i ministri competenti possono richiedere la

87

pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale delle circolari esplicative dei


provvedimenti legislativi (art. 18, comma 4).
In definitiva, gli obblighi di pubblicazione delle norme interne, poich
le rendono conoscibili al di l della cerchia talora ristretta dei loro
destinatari diretti (in particolare, i titolari e gli addetti agli uffici interni ad
un apparato amministrativo), contribuiscono a far assumere a queste
ultime una rilevanza esterna. Quanto meno, fanno sorgere nella
generalit degli amministrati laspettativa che esse costituiranno una
guida dellazione amministrativa che si concretizza nelladozione di atti
che producono effetti diretti nei loro confronti.
Una rilevanza giuridica esterna indiretta delle norme interne
comunque da tempo acquisita. Infatti, se lamministrazione emana un
provvedimento amministrativo violando una norma interna, il giudice
amministrativo pu censurarlo, come si vedr, sotto il profilo delleccesso
di potere. Infatti, lo svolgimento ordinato dellattivit amministrativa
postula che gli uffici si attengano in modo scrupoloso alle norme interne.
Se ci non avviene nel caso concreto e il provvedimento amministrativo
non d conto nella motivazione delle ragioni particolari che giustificano
la mancata applicazione di tali norme, ci costituisce indizio di un cattivo
esercizio del potere amministrativo. La giurisprudenza ha cio ricostruito
la violazione delle norme interne appunto come figura sintomatica
delleccesso di potere (come si dir nel Cap. IV).
Una specie sui generis di norme interne costituita dalla prassi
amministrativa, cio dalla condotta uniforme assunta nel tempo dagli
uffici in relazione alle valutazioni compiute e alle decisioni assunte in
casi analoghi. Il principio di coerenza che presiede allesercizio
dellattivit degli uffici fa s che i precedenti, una volta consolidatisi,
acquistino in un certo senso una forza normativa. Infatti, essi devono
essere tenuti in considerazione in occasione di successivi casi di
svolgimento dellattivit e diventano vincolanti ove non sussistano
ragioni particolari che giustificano una diversa determinazione.
La prassi amministrativa si pu formare nel tempo in modo spontaneo
in conseguenza del continuo ripetersi di un determinato comportamento
unito al convincimento diffuso che esso sia conforme a una regola
operativa tacita. Essa non va comunque confusa con la consuetudine, che
vera e propria fonte del diritto dellordinamento giuridico generale.
Tuttal pi, seguendo la teoria dellordinamento giuridico sezionale, essa
pu acquisire una normativit interna. Una volta formatasi, la prassi viene
talora recepita a titolo ricognitivo, ed cos in qualche modo avallata e

88

rafforzata dalla stessa amministrazione, per mezzo di una circolare.


Secondo alcune ricostruzioni la prassi potrebbe anche essere indotta, in
relazione per esempio allapplicazione di normative nuove, da una
determinazione espressa dellamministrazione che preannunci quale sar
il comportamento assunto dagli uffici creando cos un legittimo
affidamento nei confronti dei soggetti esterni allamministrazione
(nellordinamento tedesco si parla in proposito di antizipierte
Verwaltungspraxis).
Il mezzo principale di comunicazione delle norme interne costituito,
come si accennato, dalle circolari. Nella vita quotidiana degli uffici esse
sono uno strumento di orientamento e di guida dellattivit
amministrativa, fino al punto da imporsi, sul piano delleffettivit, come
un vero e proprio diaframma tra le norme giuridiche anche di rango
primario e le pubbliche amministrazioni alle quali queste ultime sono
rivolte (ci vale specie per le circolari interpretative, di cui si dir qui di
seguito).
In origine, come ricorda ancora letimo del vocabolo, le circolari (o
lettere circolari) trovarono impiego nellambito dellorganizzazione
militare nella quale i porta-ordini diffondevano i dispacci dei comandi
alle varie unit impiegate nelle operazioni militari. La nozione di circolare
trov poi applicazione pi generale nellambito dellorganizzazione
amministrativa, anchessa per lungo tempo ordinata secondo un criterio
rigidamente gerarchico.
Secondo una definizione ormai classica (F. CAMMEO), le circolari
sono atti di unautorit superiore che stabiliscono in via generale ed
astratta regole di condotta di autorit inferiori nel disbrigo degli affari
dufficio. Le circolari, dunque, secondo le elaborazioni teoriche pi
risalenti costituiscono degli atti tipici aventi efficacia esclusivamente
interna.
Le ricostruzioni pi recenti offrono una visione pi articolata del
fenomeno delle circolari, prendendo anche atto dellevoluzione dei
modelli organizzativi della pubblica amministrazione che ha superato in
gran parte il principio gerarchico e ha portato alla moltiplicazione dei
livelli di governo e alla proliferazione di apparati amministrativi che
rompono la monoliticit e compattezza della struttura amministrativa.
Anzitutto, si constata che il contenuto delle circolari pu essere il pi
vario. Esse possono contenere infatti ordini, direttive, interpretazioni di
leggi ed altri atti normativi, informazioni di ogni genere e tipo. Le

89

circolari perdono cos il carattere di atto amministrativo tipico e finiscono


per conservare soltanto il significato di strumento di comunicazione di atti
ciascuno dei quali aventi una propria configurazione tipica (M. S.
GIANNINI).
Inoltre, le circolari acquistano in taluni casi una dimensione
intersoggettiva l dove vengono indirizzate a enti e soggetti non inclusi
nellorganizzazione dellapparato che li emette.
La fenomenologia delle circolari richiede dunque di operare una serie
classificazioni.
Una prima categoria di circolari costituita dalle circolari
interpretative. Esse costituiscono uno strumento volto a rendere
omogenea lapplicazione di nuove normative da parte delle pubbliche
amministrazioni. Queste circolari hanno un maggior grado di vincolativit
allorch vengono emanate nellambito di apparati strutturati in modo
gerarchico: linferiore gerarchico si deve attenere allinterpretazione
indicata dal superiore gerarchico negli stessi limiti entro i quali deve
ottemperare alle istruzioni e agli ordini emanati da questultimo. Al di
fuori di questo ambito, si ritiene generalmente che la circolare
interpretativa valga soltanto come unopinione pi o meno autorevole (in
ragione della collocazione dellorgano che la emana e dei rapporti di
dipendenza pi o meno stretta di chi la riceve) che per non
giuridicamente vincolante. Cos, per esempio, una circolare interpretativa
del ministero dellInterno che ha per oggetto norme applicate da enti
autonomi quali gli enti locali, non impedisce a questi ultimi, anche se ci
accade di rado, di far propria una diversa interpretazione.
E certo comunque che le circolari di questo tipo non vincolano
linterpretazione dei giudici.
Una seconda specie di circolari cosiddette normative ha la funzione di
orientare lesercizio del potere discrezionale degli organi titolari di poteri
amministrativi. Esse dunque non hanno per oggetto linterpretazione delle
norme da applicare, bens gli spazi di valutazione discrezionale rimessi
dalla legge allautorit amministrativa. Attraverso queste circolari, che in
molti casi non sono altro che manifestazione del potere di direttiva,
lorgano sovraordinato indirizza lattivit concreta degli organi
subordinati, specificando le finalit, indicando priorit, fornendo criteri,
ecc. Il destinatario deve tenerne conto in modo adeguato, ma pu anche
disattenderle purch fornisca una motivazione congrua.
Unaltra specie di circolari cosiddette informative costituisce uno

90

strumento con il quale vengono diffuse allinterno dellorganizzazione


notizie, informazioni e messaggi di varia natura e in questo senso possono
essere assimilate a bollettini e newsletter specializzate e a diffusione
limitata previste in molti contesti anche privati.
Si anche individuato talora il modello delle circolari-regolamento, atti
atipici volti a porre regole generali e astratte aventi per destinatari soggetti
esterni allamministrazione. Si tratta peraltro di una specie di circolare
controversa quanto ad ammissibilit e legittimit.
In conclusione, le circolari non danno origine a un fenomeno unitario. I
contenuti, il grado di cogenza e lattitudine a produrre effetti giuridici nei
rapporti interni ed esterni allamministrazione va verificata caso per caso
in relazione al contesto organizzativo in cui ciascuna di esse si inserisce.
14. Il riordino della legislazione: i testi unici e i codici.
Negli ultimi decenni la legislazione amministrativa si estesa e
ramificata in relazione ai nuovi compiti via via assunti dai pubblici poteri
in campo sociale ed economico.
Linflazione legislativa e il disordine normativo hanno nel nostro
ordinamento una dimensione patologica. Ci dovuto anzitutto al cattivo
funzionamento del Parlamento riconducibile a numerosi fattori collegati
alla forma di governo, quali linstabilit politica, la scarsa omogeneit e
coesione delle maggioranze di governo, linfluenza degli interessi
particolari, la farraginosit del procedimento legislativo.
Le leggi amministrative organiche frutto di un disegno coerente sono
poco frequenti. Prevalgono invece gli interventi normativi estemporanei,
limitati a modifiche puntuali, spesso mal coordinate, di testi legislativi
previgenti inseriti in leggi omnibus (specie in occasione della manovra
finanziaria annuale o delle leggi cosiddette mille proroghe) o in sede di
conversione di decreti legge.
Complessivamente lo stock di leggi amministrative vigenti, delle quali
controverso anche il numero (stimato di svariate migliaia), si presenta
come un insieme frastagliato, stratificato nel tempo (di rado le leggi
successive abrogano in modo espresso le leggi precedenti, utilizzando
tuttal pi la formula generica e ambigua dellabrogazione delle norme
incompatibili con le nuove disposizioni), e poco stabile.
A partire dagli anni Novanta del secolo scorso cresciuta la
consapevolezza della necessit di promuovere un riordino della

91

legislazione almeno nelle materie pi rilevanti. Si anzi cercato di


istituzionalizzare questo tipo di attivit con lintroduzione di un disegno
di legge per la semplificazione e il riassetto normativo da presentare al
Parlamento entro il 31 maggio di ogni anno (art. 20 della legge 15 marzo
1997, n. 59 come riformulato dallart. 1 della legge 29 luglio 2003, n.
229).
Lo strumento di riordino pi tradizionale costituito dai testi unici che
accorpano e razionalizzano in un unico testo normativo le disposizioni
legislative vigenti che disciplinano una determinata materia. Si
distinguono usualmente i testi unici innovativi e quelli di mera
compilazione.
I primi sono emanati sulla base di unautorizzazione legislativa che
stabilisce i criteri del riordino (cosiddetti testi unici autorizzati o delegati).
Essi sono fonti del diritto in senso proprio (di rango primario o
secondario, a seconda del tipo di autorizzazione legislativa) nel senso che
sono atti a innovare il diritto oggettivo e determinano labrogazione delle
fonti legislative precedenti.
I secondi, meno frequenti nella prassi, sono emanati su iniziativa
autonoma del governo (testi unici spontanei) e hanno soltanto la
funzione pratica di unificare in un unico testo le varie disposizioni
vigenti, rendendo cos pi semplice il reperimento.
I testi unici pi recenti hanno interessato principalmente le seguenti
materie: enti locali (d.lgs. n. 267/2000); edilizia (d.p.r. 6 giugno 2001, n.
380, il quale in realt un testo unico misto, che include cio nel testo
anche le disposizioni di rango regolamentare con lindicazione per
ciascun articolo o comma del tipo di fonte cui si riferisce); espropriazione
per pubblica utilit (d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, anchesso avente natura
mista); rapporto di lavoro nelle pubbliche amministrazioni (d.lgs. 30
marzo 2001, n. 165); documentazione amministrativa (d.p.r. 28 dicembre
2000, n. 445).
Negli ultimi anni si fatto ricorso soprattutto allo strumento del codice
(previsto ora come modalit ordinaria di riassetto dallart. 1 della legge 29
luglio 2003, n. 229, come modificato dalla l. n. 246 del 2005). Al di l
della diversit lessicale, il codice si differenzia dal testo unico per essere
concepito, oltre che per coordinare i testi normativi, anche per innovare in
modo pi esteso la disciplina e per essere incorporato in una fonte di
rango primario (cio in un decreto legislativo emanato sulla base di una
legge di delega).

92

Come esempi di codici (detti anche codici di settore) si possono


ricordare quelli in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e
forniture (d.lgs. n. 163/2006, pi volte modificato negli anni successivi);
di protezione dei dati personali (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196); di beni
culturali (d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42) che ha sostituito il precedente
testo unico approvato con d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490); di ambiente
(d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152); di comunicazioni elettroniche (d.lgs. 1
agosto 2003, n. 259).
Sempre negli ultimi anni, il Parlamento ha approvato una serie di
disposizioni volte ad abrogare le leggi pi risalenti (in particolare
anteriori al 1970 secondo la previsione contenuta nellart. 14, commi 14 e
15, della legge 28 novembre 2005, n. 246) e in particolare una
disposizione rubricata come Taglia leggi (art. 24 del d.l. 25 giugno
2008, n. 112, convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133) che ha portato
allabrogazione di circa 29.000 leggi approvate in epoche lontane e che
avevano esaurito i loro effetti.
In realt, le operazioni di riordino della legislazione, che pur hanno una
loro utilit, non garantiscono la stabilit e lorganicit della disciplina,
sempre esposte, come accade di frequente, al rischio di interventi
normativi successivi che introducono integrazioni, deroghe o altre
modifiche in modo poco coordinato.
15. Sviluppi recenti.
La funzione di regolazione si sta evolvendo lungo una serie di direttrici
che mettono in crisi le classificazioni tradizionali in tema di fonti
normative e di atti amministrativi.
Si gi visto come la distinzione tra fonti normative sublegislative a
efficacia esterna e interna divenuta meno netta. Anche la distinzione tra
fonti normative, vuoi esterne vuoi interne, e provvedimenti amministrativi
appare sempre pi dubbia.
a) Lo stesso principio di tipicit delle fonti e degli atti amministrativi
con valenza regolatoria diretta o indiretta, che costituisce una esplicazione
del principio di legalit, messo in discussione dalla diffusione, sulla scia
dei modelli anglosassoni e degli esempi nellordinamento comunitario,
della nozione di soft law. Questultima consiste nellinsieme di
strumenti, spesso informali, (inviti, segnalazioni, comunicazioni, note
informative, auspici, messaggi, ecc.) volti a influenzare i comportamenti

93

delle autorit amministrative e degli amministrati.


Cos, per esempio, alcune autorit di regolazione (Consob, Banca
dItalia) pubblicano nei loro bollettini o nei loro siti atti denominati
variamente come avvisi o messaggi, comunicazioni o note
amministrative con i quali vengono specificate modalit operative e
applicative di norme, impartiti indirizzi operativi, pubblicate risposte a
quesiti proposti dalle imprese, segnalate sentenze rilevanti della
magistratura ordinaria o amministrativa, ecc. A livello europeo, sta
emergendo la tendenza a rendere obbligatoria unattivit di guida
allinterpretazione delle normative di settore con atti definiti come
orientamenti interpretativi (per esempio, il 12 Considerando della
cosiddetta Direttiva Mifid 2004/39/CE in materia finanziaria prevede che
Le autorit di regolazione sono tenute a emanare orientamenti
interpretativi sulle disposizioni della presente direttiva).
La componente autoritativa-prescrittiva di questo tipo di fonti appare
via via recessiva rispetto a quella per cos dire persuasiva-sollecitatoria. Il
grado di effettivit della soft law dipende essenzialmente
dallautorevolezza dellorgano da cui promana. Per esempio, con
riferimento ai poteri attribuiti alla Banca dItalia nel settore del credito e
del risparmio, invalsa da tempo lespressione moral suasion, riferita
allattivit di indirizzo esercitata nei confronti degli istituti bancari in via
informale (ad esempio nel corso di riunioni periodiche con i vertici delle
maggiori banche), ma con un grado di effettivit assai elevato.
b) Una seconda linea direttrice dellevoluzione consiste nellemergere
di ipotesi nelle quali la funzione di regolazione cogestita dal regolatore
pubblico e da soggetti privati. Esse superano almeno in parte la
contrapposizione tra eteroregolazione pubblica e autoregolazione privata:
la prima include le fonti normative e gli altri atti di regolazione attribuiti
alla competenza di soggetti pubblici e che pongono una disciplina
autoritativa e unilaterale dei comportamenti privati; la seconda si riferisce
alle manifestazioni dellautonomia negoziale volte a porre una
regolazione su basi consensuali di attivit private (si pensi alle regole che
disciplinano i rapporti interni a unassociazione sportiva). La prassi
legislativa ha fatto emergere una serie di fattispecie nelle quali gli
elementi di unilateralit (autoritariet) sono temperati da elementi di
consensualit (o di coregolazione).
Come forma minimale di temperamento dellunilateralit del potere di
regolazione, leggi recenti, spesso di derivazione comunitaria, hanno
assoggettato i poteri normativi sublegislativi attribuiti alle cosiddette

94

autorit amministrative indipendenti a forme di partecipazione al


procedimento dei soggetti interessati. A questi ultimi attribuito il diritto
di presentare osservazioni sugli schemi di atti normativi predisposti e
successivamente approvati dallautorit. Il modello di riferimento quello
dellAdministrative Procedure Act del 1946, gi richiamata, che prevede
per gli atti normativi sublegislativi un procedimento di notice and
comment, articolato in una fase di pubblicazione di uno schema di atto
normativo e in una seconda fase di raccolta di osservazioni e proposte di
modifiche da parte dei soggetti interessati.
Un altro modello emerso anche in Italia quello della cosiddetta
autoregolazione monitorata (audited self-regulation). Essa prevista per
esempio nel Testo unico della finanza, approvato con decreto legislativo
24 febbraio 1998, n. 58 (artt. 61 e seg.) che definisce lattivit di
organizzazione e gestione dei mercati regolamentati di strumenti
finanziari come attivit di impresa che pu essere svolta da societ di
gestione del mercato, cio da soggetti privati. Questi hanno, tra gli altri, il
compito di predisporre un regolamento di disciplina del mercato. Il
regolamento approvato dalla societ di gestione poi assoggettato a un
controllo pubblicistico da parte della Consob che deve accertare, in sede
di autorizzazione allesercizio del mercato, la conformit del regolamento
alla disciplina comunitaria, ai criteri di trasparenza del mercato,
dellordinato svolgimento delle negoziazioni e della tutela degli
investitori. La Consob pu richiedere alla societ di gestione di introdurre
le modifiche necessarie. Le norme contenute nel regolamento hanno
natura privatistica e hanno come destinatari non soltanto gli operatori
professionali, ma anche la generalit degli utenti.
Momenti di autoregolazione e di eteroregolazione sono presenti anche
nei codici di deontologia e buona condotta in materia di tutela dei dati
personali (privacy). In particolare, il Codice in materia di dati personali
(art. 139) prevede che il Consiglio nazionale dellordine dei giornalisti
predisponga un codice deontologico relativo a dati personali sensibili,
come lo stato di salute e la vita sessuale, in modo da evitare il rischio di
diffusione di notizie che ledano il diritto alla riservatezza. Il codice
promosso dal Garante per la protezione dei dati personali il quale
interviene sia in fase di formazione del codice sia successivamente, in
cooperazione con il Consiglio nazionale dellordine dei giornalisti. Il
Garante pu prescrivere misure e accorgimenti che il Consiglio tenuto a
recepire. Il codice deontologico viene poi pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale. La violazione del codice legittima il Garante ad adottare

95

provvedimenti amministrativi che vietano il trattamento dei dati personali.


Un altro esempio di coregolazione rappresentato dai cosiddetti codici
di rete per la definizione delle condizioni tecniche di accesso alle reti
elettriche e del gas: lAutorit per lenergia elettrica e il gas definisce in
modo pi o meno dettagliato il modello, che spetta poi ai titolari di rete
ulteriormente specificare, sottoponendo la relativa proposta di codice
allesame dellAutorit.
Negli Stati Uniti dal 1996 previsto un modello avanzato di
regulatory negotiation. Lagenzia di regolazione competente, nei casi
in cui ritenga percorribile utilmente questa via, pu istituire un comitato
consultivo, composto da un numero limitato di esponenti di interessi
rilevanti e coordinato da un facilitator, che ha il compito di predisporre
un testo normativo condiviso.
c) Una terza linea direttrice dellevoluzione recente consiste
nellattenuarsi della distinzione (o nellemergere di una qualche
fungibilit) tra procedimenti normativi in senso lato e procedimenti
amministrativi che sfociano in provvedimenti di tipo individuale.
Cos, per esempio, lautorizzazione, definita, come si vedr, come atto
amministrativo che consente lesercizio di unattivit rimuovendo un
limite allesercizio di un diritto e che emanata su istanza della parte
interessata, acquista una dimensione regolatoria nei casi in cui la legge
consenta allautorit amministrativa il ricorso alle cosiddette
autorizzazioni generali.
Cos, in materia tutela della riservatezza, il Garante per la protezione
dei dati personali pu emanare autorizzazioni generali, che si considerano
rilasciate anche senza unistanza di parte a categorie di destinatari
predeterminate, contenenti norme sulle modalit di conservazione,
trattamento, comunicazione e diffusione dei dati personali. Queste
autorizzazioni generali sono in realt dei veri e propri regolamenti.
Nel settore delle comunicazioni elettroniche, la normativa comunitaria
(recepita nel Codice delle comunicazioni elettroniche) impone solo in
pochi casi a chi voglia offrire sul mercato i servizi in questione di
richiedere unautorizzazione individuale preventiva. Di regola
sufficiente lautorizzazione generale definita come quadro normativo
che garantisce i diritti di fornitura di reti o di servizi e stabilisce gli
obblighi ad essi applicabili e che viene rilasciata ai privati sulla base di
una semplice dichiarazione presentata al ministero competente, senza
necessit di un provvedimento formale da parte di questultimo.

96

Nel settore del credito, per regolare alcuni aspetti specifici dellattivit
delle banche (adeguatezza patrimoniale, contenimento dei rischi), la
Banca dItalia pu, indifferentemente, emanare provvedimenti individuali
nei confronti delle singole banche oppure disposizioni di carattere
generale (art. 53 del d.lgs. 1 settembre 1995, n. 385, Testo unico
bancario).
Anche i procedimenti di tipo sanzionatorio, quelli cio volti ad
accertare la sussistenza di un illecito amministrativo e ad applicare una
sanzione nei confronti di un determinato soggetto, si aprono in alcuni casi
a una dimensione regolatoria. Cos, lAutorit garante della concorrenza e
del mercato e altre autorit di regolazione (come, per esempio, lAutorit
per le garanzie nelle comunicazioni) allorch avviano procedimenti
sanzionatori nei confronti di unimpresa possono concluderli senza
accertare lillecito e irrogare la sanzione, accettando impegni proposti
dallimpresa stessa volti a rimuovere anche per il futuro le ragioni
sottostanti allapertura del procedimento sanzionatorio. Questi obblighi
comportamentali in alcuni casi sono assunti a favore di soggetti terzi (per
esempio, le imprese concorrenti, alle quali assicurato anche il diritto a
partecipare al procedimento in questione) e pertanto questo tipo di
impegni, avallati dallAutorit, assumono una dimensione regolatoria.
d) Unultima tendenza consiste nellintroduzione di strumenti volti a
promuovere la qualit della regolazione (better regulation) per perseguire
una pluralit di obiettivi: contenere liperregolazione (regulatory
inflation) dovuta alla vigenza di norme inutili o troppo dettagliate; ridurre
gli oneri (finanziari, organizzativi) che gravano sulle stesse pubbliche
amministrazioni e sui privati per adeguarsi alle nuove normative
(compliance costs); evitare che un'eccessiva quantit di regolazione
determini una riduzione della competitivit del sistema economico,
ingessato tra vincoli spesso con effetti anticompetitivi che scoraggiano gli
investimenti, e incrementi indirettamente i costi sociali (regulatory costs).
Uno degli strumenti, sperimentato da tempo nei paesi anglosassoni e a
livello comunitario, la cosiddetta analisi di impatto della regolazione
(regulatory impact analysis) introdotta nel nostro ordinamento alla fine
degli anni Novanta oggetto di numerose disposizioni legislative e
applicative (art. 5 della legge 8 marzo 1999, n. 50; direttiva del Presidente
del Consiglio dei ministri del 27 marzo 2000; art. 2 della legge 29 luglio
2003, n. 229; art. 14 della legge 28 novembre 2005, n. 246; d.p.c.m. 11
settembre 2008, n. 170).
Lanalisi di impatto della regolazione (AIR) obbliga le pubbliche

97

amministrazioni, prima di approvare un atto di regolazione, a operare una


valutazione di tutte le soluzioni astrattamente possibili (inclusa la
cosiddetta opzione zero, cio non approvare alcuna nuova norma)
valutando i costi e i benefici (cost-benefit analysis) di ciascuna di esse e
di esplicitarle in un documento che correda la proposta di atto normativo.
Una volta approvate, le norme devono essere assoggettate anche a una
verifica ex post che valuti in particolare i loro costi, le eventuali difficolt
applicative e i risultati effettivamente conseguiti rispetto alle attese. A
questo fine interviene la cosiddetta verifica dellimpatto della
regolamentazione (VIR), cio un processo valutativo, operato dopo il
primo biennio di applicazione delle norme e periodicamente a scadenze
biennali (art. 14, comma 4, della legge 28 novembre 2005, n. 246), che
pu sfociare nella proposta di perfezionare, modificare o abrogare le
norme emanate. A livello governativo, nellambito del Dipartimento per
gli affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio dei ministri
(DAGL) stato istituito un ufficio di livello dirigenziale generale
denominato Analisi e verifica dellimpatto della regolamentazione.
Entro il 30 aprile di ogni anno il Presidente del Consiglio dei ministri
presenta al Parlamento una relazione sullo stato di applicazione dellAIR.
Si tratta per ora di strumenti ancora in fase di sperimentazione e che quasi
soltanto nel caso delle autorit di regolazione (per esempio, nel caso
dellAutorit per lenergia elettrica e il gas) hanno trovato
unapplicazione pi puntuale.
In alcuni ordinamenti, per rendere pi cogente lattivit di valutazione
delle norme vigenti, sono stati sperimentati modelli di sunset
legislation (leggi tramonto), cio di leggi o di altri atti normativi per
cos dire a tempo, cio che perdono efficacia se non vengono confermati
da un nuovo atto normativo da emanarsi entro un termine prefissato.

98

CAP. III
LA FUNZIONE DI AMMINISTRAZIONE ATTIVA
1. Le funzioni e lattivit amministrativa; 2. Segue: il potere, il
provvedimento, il procedimento; 3. Il rapporto giuridico amministrativo.
I diritti potestativi e il potere amministrativo; 4. Il potere amministrativo e
la norma dazione; 5. Il potere discrezionale; 6. Linteresse legittimo; 7.
Segue: linteresse legittimo oppositivo e pretensivo; 8. Diritti soggettivi e
interessi legittimi: criteri di distinzione; 9. Interessi di fatto, diffusi e
collettivi; 10. I principi generali.
1. Le funzioni e lattivit amministrativa.
Illustrata, nel capitolo precedente la funzione di regolazione --- che,
nella classificazione proposta, costituita dallinsieme delle fonti
normative e non normative a disposizione dellamministrazione per
regolare i rapporti con i privati e la propria organizzazione (fonti
dellamministrazione) ---, ora possibile intraprendere lanalisi della
funzione di amministrazione attiva. Come gi accennato, essa consiste
nellesercizio, attraverso moduli procedimentali, dei poteri amministrativi
attribuiti dalla legge ad apparati pubblici al fine di curare, nella
concretezza dei rapporti giuridici con soggetti privati, linteresse
pubblico.
Per avvicinarci al tema, occorre introdurre e raccordare tra di loro
alcune nozioni generali, approfondite nei paragrafi che seguono, che
costituiscono la trama allinterno della quale possono essere inseriti i
singoli elementi che connotano il regime della funzione di
amministrazione attiva.
a) Le funzioni.
Conviene muovere dallosservazione secondo la quale la legge,
allorch istituisce un apparato amministrativo, ne delinea anzitutto le
funzioni correlate alle finalit di interesse pubblico.
Queste ultime concorrono a definire, con espressione atecnica, la
missione (mission) affidata a un soggetto pubblico che consiste appunto
nella cura in concreto di un determinato interesse pubblico individuato
dalla legge. Lesigenza di tutelare un interesse pubblico si afferma via via

99

nella coscienza sociale e ci si traduce di solito, come si accennato,


nella istituzione di un apparato pubblico che ha come scopo fondamentale
lo svolgimento delle attivit necessarie per curare tale interesse. Quanto
pi le finalit sono definite dalla legge in modo preciso e focalizzato (per
esempio, il fine della tutela della concorrenza affidato allAutorit garante
della concorrenza e del mercato), tanto pi efficace pu risultare lazione
posta in essere dallapparato e tanto pi agevole valutare ex post
loperato dellente.
Quanto alle funzioni amministrative, va anzitutto precisato che il
termine funzione ha una molteplicit di significati (anche atecnici). Si
gi fatto cenno nel secondo capitolo, per esempio, come criterio generale
per classificare lattivit degli apparati pubblici, alla distinzione tra
funzione di amministrazione attiva, di regolazione e di verifica del
proprio operato.
Nel contesto che qui rileva, per funzioni amministrative si intendono i
compiti che la legge individua come propri di un determinato apparato
amministrativo, in coerenza con la finalit ad esso affidata. In relazione
ad esse la legge conferisce agli apparati amministrativi i poteri necessari
(attribuzioni) e distribuisce la titolarit di questi ultimi tra gli organi che
compongono lapparato (competenze).
Di regola le funzioni amministrative vengono elencate in modo pi o
meno particolareggiato dalla legge o al momento dellistituzione di un
apparato amministrativo o in sede di modifica della legislazione di
settore o di riassetto complessivo degli apparati amministrativi.
Come esempio pu essere richiamata la legge istitutiva delle autorit di
regolazione dei servizi di pubblica utilit (legge 14 novembre 1995, n.
481). Dopo aver individuato le finalit generali della normativa
(concorrenza ed efficienza, livelli adeguati di qualit nei servizi, fruibilit
e diffusione omogenea sul territorio nazionale, tutela degli interessi degli
utenti e consumatori, ecc.) (art. 1), la legge elenca le funzioni attribuite
alle autorit di regolazione (artt. 2 e 3): il controllo delle condizioni e
delle modalit di accesso allattivit per i gestori dei servizi, la
definizione e laggiornamento della tariffa base per i servizi erogati dai
gestori, la definizione dei livelli generali di qualit e di altre regole di tipo
contabile e amministrativo, il controllo sullo svolgimento dei servizi, la
formulazione di osservazioni e proposte al Governo e al Parlamento, ecc.
Come esempio di legge di riordino complessivo pu essere preso il
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 che ha ridefinito i rapporti tra

100

centro (Stato) e periferia (Regioni ed enti locali). Il provvedimento mira a


realizzare una sorta di federalismo amministrativo (cio il massimo del
decentramento possibile consentito dalla Costituzione vigente prima della
riforma del Titolo V, Parte II) riferito a una serie ampia di materie
(artigianato, industria, territorio, ambiente, protezione civile, servizi alla
persona, ecc.). Per ciascuna di esse viene individuato un elenco tassativo
di funzioni che continuano ad essere attribuite allo Stato (in generale,
quelle di indirizzo e programmazione, di definizione di standard
omogenei, di monitoraggio, di coordinamento, di raccolta ed elaborazione
di dati, ecc.). Tutte le funzioni residue, anchesse talora specificate in
elenchi non tassativi, vengono trasferite alle Regioni e agli enti locali,
secondo il principio della sussidiariet verticale, che postula che le
funzioni siano allocate, per quanto possibile, al livello amministrativo pi
vicino al cittadino e allutente. Il decreto legislativo contiene anche
elenchi di funzioni soppresse, cio ritenute non pi utili (ad esempio,
alcuni atti di pianificazione settoriale o di tipo autorizzativo), e ci in
coerenza con lobiettivo di promuovere lo Stato leggero, ovvero lo
Stato che assume su di s solo i compiti strettamente necessari per la
tutela degli interessi pubblici.
b) Lattivit amministrativa.
Lesercizio delle funzioni amministrative comporta lo svolgimento da
parte dellapparato pubblico di una variet di attivit materiali e
giuridiche. Emerge qui la nozione di attivit amministrativa, la quale
consiste appunto nellinsieme delle operazioni, comportamenti e decisioni
(inclusi i singoli atti o provvedimenti amministrativi) poste in essere o
assunte da una pubblica amministrazione nellesercizio di funzioni
affidate ad essa da una legge. Lattivit amministrativa rivolta a uno
scopo o fine pubblico, cio alla cura di un interesse pubblico e, per
questo, dotata del carattere della doverosit. Il mancato esercizio
dellattivit pu essere fonte di responsabilit. E ci a differenza di
quanto accade nellambito dei rapporti di diritto comune, nei quali
lesercizio della capacit giuridica da parte dei soggetti privati di regola
libero.
Allattivit amministrativa fa riferimento lart. 1 della l. n. 241/1990
secondo il quale lattivit amministrativa persegue i fini determinati
dalla legge ed retta da criteri di economicit, di efficacia, di
imparzialit, di pubblicit e di trasparenza.

101

Sotto il profilo giuridico, lattivit amministrativa assume una


rilevanza autonoma rispetto a quella dellatto o provvedimento
amministrativo. Essa si presta a qualificazioni che consentono di valutare
in modo globale e unitario (soprattutto da parte degli organi di controllo
come, per esempio, la Corte dei Conti) loperato delle singole
amministrazioni in termini sia di legalit, sia di efficienza, efficacia ed
economicit. Latto amministrativo, che costituisce un singolo episodio o
un frammento dellattivit posta in essere da un apparato, si presta invece
a essere valutato soprattutto sotto il profilo della conformit o meno
allordinamento (legittimit) e dellattitudine a soddisfare nel caso
concreto linteresse pubblico (opportunit o merito amministrativo).
A proposito dellattivit, in definitiva, pi che lamministrazione per
atti, rileva la cosiddetta amministrazione di risultato, nozione, come si
vedr, di recente e ancora incerta elaborazione dottrinale che tende a
cogliere la performance complessiva di un apparato.
Una questione interpretativa stabilire dove vada posta la linea di
confine tra attivit amministrativa e attivit di diritto privato in senso
proprio della pubblica amministrazione (cui si riferisce, come si visto,
lart. 1, comma 1-bis, della l. n. 241/1990). Infatti la giurisprudenza tende
a ritenere che lamministrazione svolge attivit amministrativa, non solo
quando esercita pubbliche funzioni e poteri autoritativi, ma anche
quando, nei limiti consentiti dallordinamento, persegue le proprie
finalit istituzionali mediante unattivit disciplinata in tutto od in parte
dal diritto privato (Corte di Cassazione, SS.UU., 22 dicembre 2003, n.
19667 a proposito della responsabilit amministrativa di amministratori e
dipendenti pubblici di enti pubblici economici). E emersa cos la
distinzione tra attivit amministrativa in forma privatistica e attivit
dimpresa di enti pubblici (Corte Costituzionale, 1 agosto 2008, n. 326).
La tendenza ad attribuire una connotazione pubblicistica ad attivit svolte
con moduli privatistici mira in realt a colpire il fenomeno, in crescita in
anni recenti, che vede le amministrazioni far ricorso a forme
organizzative e operative privatistiche (in particolare, societ di capitali
da esse controllate) al solo fine di sottrarsi al regime del diritto
amministrativo (assunzioni di personale senza concorsi, stipulazione di
contratti senza il ricorso a procedure ad evidenza pubblica, ecc). Anche se
pu apparire condivisibile lintento antielusivo, questa ricostruzione
introduce un elemento di ibridazione tra categorie pubblicistiche e
privatistiche che accresce lincertezza.

102

2. Segue: il potere, il provvedimento, il procedimento.


Come si accennato, lattivit amministrativa pu manifestarsi
nelladozione di atti o provvedimenti amministrativi che sono la
manifestazione e la concretizzazione dei poteri amministrativi previsti
dalla legge.
Pi in particolare, in relazione a ciascuna funzione e come
specificazione della medesima, la legge individua in modo puntuale i
poteri (ordinatori, autorizzativi, ablatori, sanzionatori, ecc.) conferiti al
singolo apparato.
a) Il potere.
I poteri amministrativi conferiscono agli apparati che ne assumono la
titolarit una capacit giuridica speciale di diritto pubblico. Essa si
aggiunge, integrandola, alla capacit giuridica generale di diritto comune,
intesa come attitudine ad assumere la titolarit delle situazioni giuridiche
soggettive attive e passive previste dallordinamento, di cui essi, al pari
delle persone giuridiche private, sono dotati. In questo senso il
linguaggio ottocentesco utilizzava lespressione poteri esorbitanti
(rispetto al diritto comune).
Va posta anzitutto la distinzione tra potere in astratto e potere in
concreto.
La legge (o, come meglio si vedr, la cosiddetta norma dazione)
definisce gli elementi costitutivi di ciascun potere (potere in astratto).
Ove manchi la norma attributiva del potere in astratto, si configura un
difetto assoluto di attribuzione che, come si vedr, determina la nullit del
provvedimento.
Ogni qual volta poi si verifica una situazione di fatto conforme alla
fattispecie tipizzata nella norma di conferimento del potere,
lamministrazione legittimata a esercitare il potere (potere in concreto o
atto di esercizio del potere) e a provvedere cos alla cura dellinteresse
pubblico. In virt del principio di doverosit che connota, come si
accennato, lintera attivit amministrativa, essa tenuta ad avviare un
procedimento che si conclude con lemanazione di un atto o
provvedimento autoritativo idoneo a incidere unilateralmente nella sfera
giuridica del soggetto destinatario e a porre una disciplina del rapporto
che sorge tra il privato e lamministrazione.

103

Emerge cos un elemento dinamico del potere, che dalla dimensione


statica della norma si traduce in un atto concreto produttivo di effetti
giuridici. In questo senso, volendo ricorrere a unimmagine, il potere pu
essere visto come unenergia giuridica che si sprigiona dalla norma, che
viene incanalata nel procedimento e che diretta a modificare la sfera
giuridica dei soggetti destinatari del provvedimento.
b) Latto e il provvedimento.
Nellordinamento italiano, a differenza di quanto accade in altri
ordinamenti9, manca una definizione legislativa di atto o provvedimento
amministrativo. Esso costituisce invece una nozione, elaborata
essenzialmente dalla dottrina e dalla giurisprudenza, che presenta contorni
in qualche misura imprecisi.
Alcune indicazioni si possono peraltro ricavare sia dalla Costituzione
sia da alcune leggi generali.
In particolare, lart. 113 della Costituzione stabilisce che: Contro gli
atti della pubblica amministrazione sempre ammessa la tutela
giurisdizionale (primo comma); la legge determina quali organi
giurisdizionali abbiano il potere di annullare gli atti della pubblica
amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge. Queste
disposizioni richiamano due aspetti del regime giuridico degli atti
amministrativi: la loro sottoposizione necessaria, costituzionalmente
garantita, a un controllo giurisdizionale, operato dal giudice
amministrativo e dal giudice ordinario; la loro annullabilit nei casi di
accertata difformit dei medesimi rispetto alle norme giuridiche.
Sul piano storico, la stessa nozione di atto amministrativo assunse una
rilevanza autonoma soprattutto allorch alla fine del XIX secolo, come si
gi accennato, venne istituito in Italia un giudice amministrativo,
distinto da quello ordinario, allo scopo di sindacare loperato delle
pubbliche amministrazioni che tendevano ad abusare dei propri poteri e a
commettere arbitri.
Il giudice amministrativo, il cui nucleo costitutivo era rappresentato
9

Per esempio, il par. 35 della legge tedesca sul procedimento amministrativo del 1976
(Verwaltungsverfahrensgesetz) definisce latto amministrativo come ogni provvedimento,
decisione o altra misura autoritativa che emanata da unautorit amministrativa per regolare
un caso singolo nel campo del diritto pubblico e che volta a produrre un effetto giuridico
diretto verso lesterno.

104

dalla IV Sezione del Consiglio di Stato istituita nel 1889, si pose subito il
problema di quali caratteristiche dovessero avere gli atti delle
amministrazioni per poter essere assoggettati al controllo giurisdizionale e
contribu cos, insieme con la dottrina, a elaborare la teoria dellatto
amministrativo.
A questo riguardo, lart. 26 del T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato,
approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1954, abrogato dal Codice del
processo amministrativo (d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104) e sostituito con
disposizioni sostanzialmente analoghe, stabiliva che il giudice
amministrativo pu decidere sui ricorsi per incompetenza, per eccesso di
potere o per violazione di legge, contro atti e provvedimenti di
unautorit amministrativa () che abbiano per oggetto un interesse
dindividui o di enti morali giuridici. Questa disposizione processuale
definiva cos le condizioni minime per poter accedere alla tutela
giurisdizionale amministrativa (impugnabilit o giustiziabilit dellatto
amministrativo). Doveva trattarsi cio di un atto emanato da unautorit
amministrativa, ritenuto illegittimo dal ricorrente (per incompetenza,
eccesso di potere o violazione di legge), che fosse lesivo di una situazione
giuridica soggettiva del privato (il cosiddetto interesse legittimo). Anche
il Codice del processo amministrativo menziona latto o il
provvedimento eventualmente impugnato tra gli elementi che devono
essere contenuti nel ricorso (art. 40, comma 1, lett. b)).
Altre disposizioni legislative rilevanti si ritrovano nella l. n. 241/1990,
come integrata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, che pone una
disciplina generale del procedimento amministrativo e dellatto
amministrativo.
Anzitutto, lart. 1, comma 1-bis, della l. n. 241/1990, introdotto dalla l.
n. 15/2005, stabilisce, come si visto, che la pubblica amministrazione
agisce di regola secondo le norme del diritto privato nelladozione di atti
di natura non autoritativa. Questi ultimi vanno dunque distinti dagli atti
aventi natura autoritativa, i quali, invece, sono assoggettati al regime
pubblicistico proprio degli atti amministrativi.
Inoltre, lart. 3 della l. n. 241/1990 stabilisce che ogni provvedimento
amministrativo deve essere motivato, indicando anche qui un elemento
formale tipico degli atti amministrativi che li differenzia dagli atti privati.
In relazione a questi ultimi, di regola, i motivi, cio lo scopo individuale
che induce il soggetto a porre in essere il negozio giuridico, sono
irrilevanti e non devono essere esplicitati nellatto.

105

Ancora, lart. 7 prevede che lavvio del procedimento deve essere


comunicato ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale
destinato a produrre effetti diretti e lart. 21-bis specifica che il
provvedimento limitativo della sfera giuridica dei privati acquista
efficacia nei confronti di ciascun destinatario con la comunicazione allo
stesso effettuata. Queste disposizioni richiamano implicitamente unaltra
caratteristica dei provvedimenti e cio la autoritariet (o imperativit)
intesa come attitudine a determinare in modo unilaterale la produzione
degli effetti giuridici nei confronti dei terzi. Viene posta, inoltre, la
distinzione tra provvedimenti ampliativi e provvedimenti limitativi o
restrittivi della sfera giuridica dei destinatari privati, sulla quale ci si
soffermer tra breve.
Infine, lart. 2, comma 1, della l. n. 241/1990 pone in capo
allamministrazione il dovere di concludere il procedimento avviato in
seguito a una istanza o domanda presentata alla pubblica amministrazione
da un privato oppure dufficio, cio per iniziativa di questultima
mediante ladozione di un provvedimento espresso.
Come emerge dalle disposizioni costituzionali e legislative ora
richiamate, i termini atto e provvedimento amministrativo vengono
utilizzati come sinonimi. In sede dottrinale, tuttavia, si cercato di porre
una distinzione tra atto amministrativo e provvedimento amministrativo.
Il primo, per riprendere una definizione classica (G. ZANOBINI),
include ogni dichiarazione di volont, di desiderio, di conoscenza, di
giudizio, compiuta da un soggetto dellamministrazione pubblica
nellesercizio di una potest amministrativa. Pertanto costituiscono atti
amministrativi, per esempio, quelli endoprocedimentali come i pareri, le
valutazioni tecniche, le proposte, le intimazioni, oppure le certificazioni
che spesso hanno una funzione strumentale o accessoria rispetto al
provvedimento amministrativo.
Questultimo, che costituisce la subcategoria pi importante degli atti
amministrativi, pu essere definito come una manifestazione di volont,
espressa dallamministrazione titolare del potere allesito di un
procedimento amministrativo, volta alla cura in concreto di un interesse
pubblico e tesa a produrre in modo unilaterale effetti giuridici nei rapporti
esterni con i soggetti destinatari del provvedimento medesimo (per
esempio, un decreto di espropriazione, unautorizzazione, una sanzione
amministrativa, ecc.).

106

c) Il procedimento.
La l. n. 241/1990 richiama gi nel titolo e poi in numerose disposizioni
la nozione di procedimento amministrativo. Essa stata elaborata dalla
dottrina amministrativistica (A. SANDULLI) verso la met del secolo
scorso e si affianca a quella di procedimento legislativo e di procedimento
giurisdizionale o processo.
Come si pi volte sottolineato, le leggi amministrative attribuiscono
alle pubbliche amministrazioni poteri finalizzati alla cura degli interessi
pubblici. Lesercizio del potere avviene secondo il modulo del
procedimento amministrativo, cio attraverso una sequenza, individuata
anchessa dalla legge, di operazioni e di atti (a partire dalla
comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati)
strumentali allemanazione di un provvedimento amministrativo
produttivo degli effetti giuridici tipici nei rapporti esterni.
Il procedimento assolve ad una pluralit di funzioni: assicurare il
coordinamento tra le pubbliche amministrazioni (alcune delle quali
deputate, per esempio, a esprimere nellambito del procedimento un
parere o una valutazione tecnica che lamministrazione competente ad
emanare il provvedimento deve tenere in considerazione); garantire la
partecipazione dei privati allesercizio del potere attraverso la
presentazione di memorie, di documenti e in taluni casi anche attraverso
laudizione personale, e ci a tutela dei propri interessi che sono
suscettibili di essere pregiudicati dallemanando provvedimento
amministrativo; consentire allamministrazione di acquisire informazioni
utili ai fini dellemanazione del provvedimento (o anche, nel caso delle
autorit indipendenti preposte a particolari settori di imprese, degli atti di
regolazione, colmando cos almeno in parte le asimmetrie informative tra
soggetto regolatore e imprese regolate).
La procedimentalizzazione costituisce, in realt, la modalit ordinaria
di esercizio di tutte le funzioni pubbliche corrispondenti ai tre poteri dello
Stato, in considerazione delle esigenze di accentuare la trasparenza (in
funzione di accountability, cio di controllo e di responsabilit) e di
garantire meglio la tutela dei soggetti interessati di fronte ad atti che sono
espressione diretta dellautorit dello Stato. La funzione legislativa
assume le forme del procedimento legislativo, disciplinato in gran parte
dai regolamenti parlamentari e finalizzato alla emanazione di atti con
forza o valore di legge; la funzione giurisdizionale assume la forma del
processo, la cui disciplina si ritrova nei vari codici processuali e si
conclude con una sentenza dotata dellautorit del giudicato; la

107

funzione amministrativa si esplica nel procedimento amministrativo, che


si conclude un provvedimento dotato di autoritariet o imperativit.
Nel diritto privato, invece, lattivit che precede ladozione di atti
negoziali tendenzialmente irrilevante per il diritto (anche se talora pu
dar origine a responsabilit precontrattuale ai sensi dellart. 1337 cod.
civ.) e resta relegata alla sfera interna del soggetto, sia esso persona fisica
o persona giuridica.
3. Il rapporto giuridico amministrativo. I diritti potestativi e il potere
amministrativo.
La funzione di amministrazione attiva pone la pubblica
amministrazione titolare di un potere in una situazione di tipo relazionale
con i soggetti privati nella cui sfera giuridica ricadono gli effetti del
provvedimento emanato. Peraltro, solo in epoca relativamente recente ha
trovato un riconoscimento, anche in giurisprudenza, la nozione di
rapporto giuridico amministrativo che intercorre tra la pubblica
amministrazione che esercita un potere e il soggetto privato titolare di un
interesse legittimo. Nella visione tradizionale, infatti, lo Stato era
concepito come unentit collocata in una posizione di sovraordinazione
istituzionale rispetto ai soggetti privati relegati nella posizione di
amministrati o di sottoposti (Untertan), tale da escludere la
configurabilit di vincoli giuridici bilaterali.
In una concezione meno autoritaria e pi conforme allideale dello
Stato di diritto, potere amministrativo e interesse legittimo possono essere
ricostruiti come i termini dialettici (ciascuno, allo stesso tempo, come si
vedr, attivo e passivo) di una relazione giuridica bilaterale.
Occorre per definire con pi precisione i caratteri di una siffatta
relazione che, come ogni relazione di vita riconosciuta dallordinamento
giuridico, costituisce, in unaccezione ancora generica, un rapporto
giuridico (A. TRABUCCHI).
Conviene muovere da alcuni concetti di base, usualmente esposti nei
manuali di diritto privato allo scopo di inquadrare la variet dei rapporti
giuridici di diritto comune.
I rapporti giuridici interprivati vengono ricostruiti, com noto,
partendo dalla coppia diritto soggettivo-obbligo, i cui termini si imputano
rispettivamente al soggetto attivo e passivo del rapporto. Secondo le
definizioni tradizionali, il diritto soggettivo consiste in un potere di agire

108

(agre licre), riconosciuto e garantito dallordinamento giuridico, per


soddisfare un proprio interesse. Il diritto soggettivo include in s una serie
di facolt che ne costituiscono lestrinsecazione (godimento della cosa,
jus escludendi alios, ecc.).
Alla titolarit del diritto soggettivo corrisponde, in capo al soggetto
passivo del rapporto giuridico, a seconda dei casi: un dovere generico e
negativo di astensione, cio di non interferire o turbare lesercizio del
diritto (diritti assoluti, come i diritti reali e della personalit); oppure un
vero e proprio obbligo giuridico, cio il dovere specifico e positivo di
porre in essere un determinato comportamento o attivit (prestazione) a
favore del titolare del diritto (diritti relativi, come i diritti di credito), cui
corrisponde dal lato del soggetto attivo una pretesa, cio il potere di
esigere la prestazione.
Accanto alla coppia fondamentale diritto soggettivo-obbligo, che
tipica dei rapporti di tipo paritario tra soggetti che agiscono nellesercizio
della loro capacit negoziale, il diritto privato conosce altri tipi di
situazioni giuridiche e di relazioni che ci avvicinano alla dinamica del
rapporto amministrativo, caratterizzato invece dalla sussistenza di una
relazione non paritaria (sovra-sottordinazione) tra la pubblica
amministrazione che esercita il potere e il titolare dellinteresse legittimo.
Per un verso, infatti, viene individuata una situazione giuridica
soggettiva attiva, la potest, che, a differenza di quanto accade per il
diritto soggettivo, attribuita al singolo soggetto per il soddisfacimento,
anzich di un interesse proprio, di un interesse altrui. Si tratta cio di un
potere-dovere, nel senso che il soggetto tenuto a esercitare la situazione
giuridica attiva secondo criteri non gi di pieno, bens di prudente
arbitrio e, nel farlo, deve perseguire la finalit della cura dellinteresse
altrui (nel diritto di famiglia, tipicamente, la potest genitoriale). Come si
gi accennato, anche il potere amministrativo finalizzato al
perseguimento di un fine pubblico etero-imposto dalla legge, che
diverso e distinto da quello proprio del soggetto agente. Da qui i caratteri
della doverosit e della non arbitrariet dellesercizio del potere.
Per altro verso, una particolare categoria di diritti soggettivi costituita
dal diritto potestativo, che consiste nel potere di produrre un effetto
giuridico con una propria manifestazione unilaterale di volont. Ci sul
presupposto di una prevalenza attribuita dalla norma allinteresse del
titolare del potere rispetto a quello del soggetto che subisce una
modificazione nella propria sfera giuridica. Questultimo si trova in uno
stato definito tecnicamente di soggezione, ovvero nella posizione di chi

109

subisce passivamente, cio indipendentemente dalla propria volont e


senza che gli sia richiesta alcuna attivit, le conseguenze della
dichiarazione di volont altrui.
Tra i casi pi tipici di diritto potestativo nei rapporti interprivati
possono essere ricordati il diritto di prelazione (art. 732 cod. civ. nei
rapporti tra coeredi), il diritto di recesso (art. 1373), il diritto di riscatto
nella compravendita (art. 1500 cod. civ.), la revoca del mandato (art. 1723
cod. civ.), il diritto di chiedere la comunione forzosa di un muro di
confine (art. 874 cod. civ.). Lunilateralit nella produzione degli effetti
costitutivi, modificativi o estintivi di una situazione giuridica altrui
costituisce una caratteristica anche dei poteri amministrativi.
Il diritto potestativo rappresenta una particolare tecnica o modalit di
produzione degli effetti giuridici nei rapporti intersoggettivi che vale, pi
in generale, anche per il potere amministrativo. Conviene pertanto
approfondire il tema tenendo conto anche delle elaborazioni di teoria
generale, soprattutto ad opera della dottrina processualcivilistica (A.
PROTO PISANI, S. MENCHINI, C. CONSOLO).
La produzione degli effetti giuridici segue usualmente lo schema
norma-fatto-effetto giuridico. Il modo di operare di un siffatto schema,
che tipico delle relazioni ricostruibili in termini di diritto soggettivoobbligo, pu essere cos delineato. La norma (definita usualmente norma
di relazione) individua in termini astratti gli elementi della fattispecie e
leffetto giuridico che ad essa si ricollega, ponendo direttamente essa
stessa la disciplina degli interessi in conflitto in relazione a un
determinato bene. Tutte le volte che nella vita economica e sociale si
verifica un fatto concreto che sussumibile nella fattispecie normativa si
produce, in modo automatico, un effetto giuridico.
Cos, per esempio, lart. 2043 cod. civ. individua gli elementi
costitutivi del fatto illecito dal quale consegue, come effetto giuridico, il
sorgere dellobbligo di risarcire il danno. Se nei rapporti di vicinato, il
proprietario di un appartamento causa un danno allappartamento
sottostante in seguito alla rottura di un tubo dellacqua questo
accadimento, che integra tutti gli elementi della fattispecie dellillecito
extracontrattuale, fa sorgere in capo allinvestitore lobbligo di risarcire il
danno. Parimenti, lart. 922 cod. civ. contempla, tra i modi tipici di
acquisto della propriet, loccupazione, definita a livello di fattispecie
dallart. 923 cod. civ.: se una persona si imbatte in una cosa mobile
abbandonata, il fatto in s del rinvenimento e dellapprensione determina
come effetto giuridico lacquisto di un diritto di propriet.

110

Il diritto conosce anche unaltra tecnica di produzione degli effetti che


segue lo schema norma-fatto-potere-effetto giuridico. Questa sequenza si
differenzia da quella sopra esaminata poich viene meno lautomatismo
nella produzione delleffetto giuridico. Infatti, il verificarsi di un fatto
concreto conforme alla norma (cosiddetta norma di azione) determina in
capo a un soggetto (il titolare del potere) la possibilit di produrre
leffetto giuridico individuato a livello di fattispecie normativa attraverso
una propria dichiarazione unilaterale di volont. Tra il fatto e leffetto
giuridico si interpone cio un elemento aggiuntivo, il potere, e il titolare
di questultimo pienamente libero di decidere se provocare con una
propria manifestazione di volont leffetto giuridico tipizzato dalla norma
(potere sullan). E questo lo schema proprio del diritto potestativo che
vale per gli esempi gi indicati.
La dottrina processualcivilistica ha elaborato questa controversa figura
di situazione giuridica soggettiva per inquadrare la tutela di tipo
costitutivo che si aggiunge a quella di accertamento e di condanna. Si
distinguono due tipologie di diritti potestativi: i diritti potestativi
stragiudiziali (Gestaltungsrechte, detti anche poteri formativi
stragiudiziali) e i diritti potestativi a necessario esercizio giudiziale
(Gestaltungsklagerechte, detti anche diritti potestativi ad attuazione
giudiziaria).
Nel primo caso la produzione delleffetto giuridico tipico discende in
modo diretto dalla manifestazione di volont del titolare del potere. Si
tratta dunque di un potere unilaterale e autosufficiente. Nel secondo caso
il prodursi delleffetto giuridico tipico presuppone un previo accertamento
giudiziale, in aggiunta alla dichiarazione di volont del titolare del potere,
che verifichi la sussistenza nella fattispecie concreta degli elementi
previsti in astratto a livello di fattispecie normativa.
Un esempio del primo tipo il potere del datore di lavoro di licenziare
un dipendente per giusta causa o per giustificato motivo (ai sensi della
legge 15 luglio 1966, n. 604); come esempio del secondo tipo, possono
essere richiamati la separazione giudiziale tra coniugi (art. 151 cod. civ.),
il disconoscimento della paternit (art. 244 cod. civ.), lannullamento del
contratto (art. 1441 cod. civ.).
A queste situazioni si riferisce lart. 2908 cod. civ. dedicato alla tutela
costitutiva, secondo il quale, nei casi tassativi previsti dalla legge,
lautorit giudiziaria pu emanare una sentenza volta a costituire,
modificare o estinguere rapporti giuridici con effetto tra le parti.

111

Anche per i diritti potestativi del primo tipo prevista una fase di
verifica giurisdizionale che, tuttavia, presenta due caratteristiche:
posticipata rispetto alla produzione delleffetto giuridico; liniziativa
processuale grava su colui nella cui sfera giuridica si prodotto leffetto
giuridico. Questa seconda peculiarit determina una inversione tra
posizione sostanziale e posizione processuale delle parti: il soggetto
passivo nel rapporto sostanziale (che si trova in uno stato di soggezione)
diventa parte attiva (nella veste di attore) nel rapporto processuale ed
dunque gravato dellonere di contestare il prodursi delleffetto giuridico
che altrimenti si consolida; viceversa, il soggetto attivo nel rapporto
sostanziale (titolare del potere) diventa parte passiva (nella veste di
convenuto) nel rapporto processuale.
Cos, nellesempio del licenziamento, il dipendente pu impugnare il
licenziamento entro sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione
allo scopo di far accertare lassenza della giusta causa o del giustificato
motivo e ottenere dal giudice una pronuncia di condanna del datore di
lavoro alla sua riassunzione o al risarcimento del danno (artt. 6 e 8 della l.
n. 604/1966).
La seconda tipologia di diritti potestativi, grazie al preventivo
accertamento giurisdizionale in contraddittorio tra le parti, tutela meglio
gli interessi di colui che subisce in modo passivo il prodursi nella propria
sfera giuridica delleffetto tipico. Ha per come controindicazione la
perdita di immediatezza nella produzione delleffetto giuridico dovuta al
tempo necessario per lo svolgimento del processo, determinando dunque
un maggior intralcio nei traffici giuridici. Spetta al legislatore calibrare
attentamente caso per caso quando prevalga luno o laltro interesse.
Il potere amministrativo pu essere ricondotto allo schema del diritto
potestativo del primo tipo. Infatti, la produzione delleffetto giuridico
discende in modo immediato dalla dichiarazione di volont
dellamministrazione che emana il provvedimento. Inoltre, laccertamento
giurisdizionale pu avvenire solo in via posticipata, cio in seguito alla
proposizione di un ricorso giurisdizionale innanzi al giudice
amministrativo su iniziativa del soggetto privato nella cui sfera giuridica
latto impugnato ha prodotto leffetto.
Nel caso del potere amministrativo questo schema trova giustificazione
nellesigenza, ritenuta prevalente, di garantire limmediata realizzazione
dellinteresse pubblico la cui cura affidata allamministrazione. Inoltre,
poich essa, in base alla l. n. 241/1990, tenuta ad ispirare la propria
attivit a criteri di correttezza, imparzialit e trasparenza e al principio di

112

partecipazione, la posizione dei soggetti destinatari del provvedimento


trova gi una qualche tutela nella fase procedimentale, cio prima che
leffetto giuridico si sia prodotto.
Sussistono tuttavia alcune specificit del potere amministrativo rispetto
allo schema del diritto potestativo e in particolare di quello stragiudiziale.
Anzitutto, nei rapporti interprivati, il diritto postestativo stragiudiziale
trova usualmente un fondamento consensuale di tipo pattizio. Cos, per
esempio, nella compravendita di regola il diritto di riscatto pu essere
esercitato solo se viene pattiziamente convenuto (art. 1500 cod. civ.).
Anche il potere di licenziamento trova un fondamento consensuale nel
contratto di lavoro che, almeno da un punto di vista strettamente
giuridico, entrambe le parti erano libere di stipulare. In definitiva,
lunilateralit e limmediatezza nella produzione delleffetto giuridico
trovano un temperamento nel fondamento in ultima analisi consensuale
del potere.
Inoltre, nei rapporti privati la fattispecie normativa che disciplina il
diritto potestativo determina in modo rigido leffetto giuridico che pu
essere prodotto attraverso la dichiarazione di volont del titolare del
diritto. Il potere e leffetto giuridico sono cio interamente vincolati. Il
solo ambito di scelta riconosciuto al titolare del diritto attiene al se
esercitarlo (potere sullan). E la norma stessa, pertanto, a porre in essere,
in termini astratti, la disciplina degli interessi e ad operare la
composizione tra i medesimi. Ne consegue, anticipando questioni che
saranno approfondite nella parte dedicata alla tutela giurisdizionale, che,
in presenza di una contestazione, il giudice potr operare una propria
valutazione autonoma sul se nella fattispecie concreta si erano verificati
tutti i fatti e le altre condizioni che la norma prevede come necessari
perch il potere sorga e possa essere legittimamente esercitato.
Il potere amministrativo, invece, per un verso, trova fondamento diretto
nella legge, cio nella norma di conferimento del potere, piuttosto che nel
consenso di colui nella cui sfera giuridica si produce leffetto, e senza che
sussista, di regola, un rapporto giuridico preesistente tra il soggetto
privato e la pubblica amministrazione. Ci risulta chiaro se si pensa, per
esempio, al potere di espropriazione o a quello di rilasciare una
concessione o altro titolo abilitativo, vicende nelle quali un primo contatto
con lamministrazione si instaura, come si vedr, rispettivamente con la
comunicazione di avvio del procedimento o con la proposizione
dellistanza. In ogni caso, solo in senso figurato si pu ritenere che la
legge abbia un fondamento in ultima analisi consensuale, per il fatto cio

113

che, nei regimi parlamentari democratici, essa approvata dai


rappresentanti degli elettori (ovvero, per quel che qui rileva, anche di
coloro sui quali possono ricadere gli effetti dei provvedimenti
amministrativi).
Per altro verso, il potere conferito dalla legge alla pubblica
amministrazione non sempre integralmente vincolato. Anzi, di regola,
allamministrazione sono attribuiti margini pi o meno ampi di
apprezzamento e valutazione discrezionale che, come si vedr, possono
determinare una modulazione degli effetti del provvedimento emanato.
La disciplina degli interessi in conflitto in ordine ai beni non posta,
dunque, integralmente e direttamente dalla norma, ma questultima
rimette almeno una parte della determinazione dellassetto finale degli
interessi al soggetto titolare del potere. Ne consegue, anticipando anche
qui temi di tipo processuale, che in presenza di una contestazione relativa
allatto di esercizio del potere, il giudice potr operare un sindacato pieno
soltanto per gli aspetti vincolati del potere e non potr sostituirsi al
titolare del potere nelloperare la valutazione discrezionale. Accertato che
il potere stato esercitato in modo non corretto, dovr limitarsi ad
annullare il provvedimento emanato rimettendo allamministrazione il
compito di emanare un nuovo atto, esente dai vizi riscontrati, che operi
una corretta composizione degli interessi.
4. Il potere amministrativo e la norma dazione.
Conviene a questo punto prendere in considerazione in modo pi
specifico il potere amministrativo esaminando anzitutto la struttura della
norma attributiva del potere (norma dazione).
La distinzione tra norma di azione e norma di relazione ha una lunga
tradizione nel diritto amministrativo (E. GUICCIARDI). Essa costituisce,
come si vedr, uno dei criteri tradizionali per distinguere linteresse
legittimo, tutelato dal primo tipo di norma, dal diritto soggettivo, che
trova riconoscimento nel secondo tipo di norma.
In attuazione del principio di legalit che, come si gi sottolineato,
costituisce il principio cardine nella teoria dellatto e del procedimento
amministrativo, la norma di azione individua, in termini astratti, gli
elementi caratterizzanti il particolare potere (potere in astratto) attribuito
ad un apparato pubblico: il soggetto competente; il fine pubblico; i
presupposti e i requisiti; le modalit di esercizio del potere e i requisiti di
forma; gli effetti giuridici.

114

a) Quanto al soggetto compente, in un sistema amministrativo


multilivello e articolato in una molteplicit e variet di apparati, ogni
potere amministrativo deve essere attribuito in modo specifico alla
titolarit di uno e un solo soggetto e, ove lorganizzazione di questo si
articoli in una pluralit di organi, a uno e un solo organo. La norma
dazione deve dunque individuarlo con precisione. Latto emanato da un
soggetto o organo diverso da quello previsto affetto da vizio di
incompetenza.
b) Il fine pubblico, correlato a quello che viene definito come
linteresse pubblico primario affidato alla cura dellapparato
amministrativo titolare del potere, costituisce un elemento che
specificato dalla norma di azione o che pu essere ricavato
implicitamente dalla legge che disciplina la particolare materia.
Lamministrazione
non libera di esercitare il potere per il
perseguimento di qualsivoglia finalit autodeterminata: il fine pubblico
eteroimposto dalla norma, nel senso che essa costituisce un vincolo che
orienta le scelte effettuate in concreto dallamministrazione e che
condiziona, in ultima analisi, la legittimit del provvedimento emanato.
Come si vedr, la violazione del vincolo del fine, cio il perseguimento da
parte del provvedimento emanato di un fine (pubblico o privato) diverso
da quello previsto dalla norma di azione, configura un vizio di eccesso di
potere per sviamento.
c) Un terzo elemento posto dalla norma dazione consiste nella
individuazione dei presupposti e dei requisiti sostanziali in presenza dei
quali il potere sorge e pu essere esercitato (fatti costitutivi del potere).
La loro sussistenza in concreto una delle condizioni per lesercizio
legittimo del potere.
Lespressione presupposti e requisiti di legge utilizzata in termini
generali dallart. 19 della l. n. 241/1990 ed riferita alle autorizzazioni
cosiddette vincolate che, come si vedr, sono sostituite dalla cosiddetta
segnalazione certificata dinizio di attivit (Scia), che consiste in una
semplice comunicazione effettuata dal privato allamministrazione
contestuale allavvio dellattivit.
Cos, per fare un esempio pi specifico, il Testo unico in materia
edilizia (d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380), a proposito del permesso di
costruire, indica come presupposti la conformit del progetto alle
previsioni degli strumenti urbanistici (in particolare il piano regolatore),
dei regolamenti edilizi e in generale della disciplina urbanistico-edilizia
vigente, nonch lesistenza delle opere di urbanizzazione primaria o

115

limpegno a realizzarle (art. 12). Inoltre, prevede come requisito


soggettivo che il permesso possa essere rilasciato a chi dimostri di essere
proprietario dellimmobile o di avere altro titolo per richiederlo (ad
esempio, la titolarit di un diritto di superficie) (art. 11).
Analogamente il Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 22
gennaio 2004, n. 42), a proposito della dichiarazione dellinteresse
culturale di cose mobili o immobili appartenenti a privati dalla quale
consegue un particolare regime vincolistico (art. 13), elenca in modo
specifico i tipi di beni (raccolte librarie, archivi, collezioni, ecc.) e per
ciascuno di essi individua le caratteristiche necessarie (in particolare cose
mobili e immobili che presentino un interesse artistico, storico,
archeologico o etnoantropologico particolarmente importante oppure
un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con
la storia politica, militare, della letteratura, dellarte e della cultura in
genere, ovvero quali testimonianze dellidentit e della storia delle
istituzioni pubbliche, collettive o religiose (art. 10, comma 3).
A proposito dei presupposti e dei requisiti sostanziali, la questione pi
delicata costituita dal grado di analiticit, pur nella necessaria
astrattezza della fattispecie normativa, richiesto nella individuazione del
loro contenuto. Infatti, a seconda delle espressioni linguistiche utilizzate,
il potere attribuito pu risultare pi o meno ampiamente vincolato o, per
converso, pi o meno ampiamente discrezionale. Ci lungo uno spettro
che si sviluppa lungo una direttrice delimitata da due estremi.
Al primo estremo si collocano i poteri integralmente vincolati. In
relazione ad essi lamministrazione non ha altro compito che quello di
verificare, in modo quasi meccanico, se nella fattispecie concreta siano
rinvenibili tutti gli elementi indicati dalla norma di azione e, nel caso
positivo, di emanare il provvedimento che produce gli effetti anchessi
rigidamente predeterminati dalla norma (per esempio, liscrizione a un
albo professionale oppure il rilascio di un permesso a costruire in
conformit alle prescrizioni del piano regolatore e del regolamento
edilizio). Come si vedr, si dubitato in dottrina (E. CAPACCIOLI, A.
ORSI BATTAGLINI)) che gli atti emanati nellesercizio di poteri
integralmente vincolati conservino la natura di atti autoritativi in senso
proprio. Essi potrebbero essere considerati come una mera applicazione
di una disciplina esterna, e dunque sarebbero inidonei ad imporre alcuna
prescrizione che non sia gi ricavabile dalla norma.
Al secondo estremo si pongono i poteri sostanzialmente in bianco
(per esempio, le cosiddette ordinanze di necessit e di urgenza gi

116

esaminate) che rimettono al soggetto titolare del potere spazi pressoch


illimitati di apprezzamento e di valutazione delle fattispecie concrete e di
determinazione delle misure necessarie per tutelare un determinato
interesse pubblico (ordine pubblico, sanitario, ecc.). Essi sembrano
derogare, come si gi accennato, al principio di tipicit dei poteri
amministrativi.
La discrezionalit emerge allorch la norma di azione autorizza ma non
obbliga lamministrazione a emanare un certo provvedimento. Ci accade
anzitutto quando il legislatore utilizza formule linguistiche come pu
oppure ha la facolt (contenuta, per esempio, nel r.d. 18 giugno 1931, n.
773 recante il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza) con
riferimento ai poteri ordinatori e di rilascio di licenze, come il porto
darmi) oppure aggettivazioni come opportuno, indispensabile,
conveniente e simili che rinviano a valutazioni necessariamente
soggettive dellinteresse pubblico.
In generale, gli spazi di valutazione dei fatti costitutivi del potere sono
tanto pi ampi quanto pi la norma dazione fa ricorso ai cosiddetti
concetti giuridici indeterminati (unbestimmte Rechtsbegriffe),
espressione che di recente ha trovato ingresso nella giurisprudenza
italiana. La norma definisce cio i presupposti e i requisiti con formule
linguistiche tali da non consentire di accertare in modo univoco il loro
verificarsi in concreto. Come esempi possono valere le espressioni
utilizzate dal legislatore quali: un interesse storico-artistico
particolarmente importante che legittima limposizione del regime
vincolistico (nellesempio tratto dal Codice dei beni culturali sopra
citato); oppure unintesa tra imprese che falsi il gioco della concorrenza
in maniera consistente e che comporti lapplicazione di una sanzione
(art. 2 della legge antitrust n. 287/1990); il carattere anomalo di
unofferta presentata nellambito di una procedura di gara per
laggiudicazione di un contratto che conduce alla esclusione della
medesima.
I concetti giuridici indeterminati possono essere suddivisi in due
categorie: i concetti empirici o descrittivi (empirische Begriffe) che si
riferiscono al modo di essere di una situazione di fatto (come, per
esempio, lintralcio alla circolazione, la pericolosit di un edificio
lesionato, il carattere epidemico di una malattia, ecc.) e i concetti
normativi o di valore (normative Begriffe o Wertbegriffe) che contengono
un ineliminabile elemento di soggettivit (come, per esempio, un film o
uno spettacolo adatto al pubblico dei minori, oppure una persona in

117

stato di bisogno, una condotta contraria alla moralit pubblica). I


primi involgono giudizi a carattere tecnico-scientifico e coprono, come si
vedr, larea delle valutazioni tecniche; i secondi involgono giudizi di
valore e coprono, come si vedr, larea della discrezionalit
amministrativa.
Con riguardo ai primi lindeterminatezza rende
problematica la sussunzione della fattispecie concreta nel parametro
normativo; con riguardo ai secondi , a monte, la stessa interpretazione
in astratto del parametro normativo a presentare margini di opinabilit
elevati.
In generale, si ritiene che i concetti giuridici indeterminati presentino
un nocciolo di certezza, perch in una determinata situazione concreta
non vi dubbio se essa possa essere sussunta o meno nel parametro
normativo, e un alone di incertezza, trattandosi di situazioni limite nelle
quali una siffatta opera di sussunzione assai incerta e opinabile.
Un esempio sul quale si appunt lattenzione di Walter Jellinek, uno
dei maggiori giuristi giuspubblicisti tedeschi della fine del XIX secolo,
ancora attuale per la sua nitidezza, quello di un regolamento di polizia
del Baden che vietava agli zingari di viaggiare in orde, senza che la
norma ponesse alcuna indicazione numerica. Lapplicazione di una
siffatta norma si scontra dunque con la difficolt di individuare in
concreto i casi che possono essere in essa sussunti. Se certo che una
famiglia di tre o quattro persone non integra mai la fattispecie (certezza
negativa), altrettanto certo che un gruppo di cinquanta o pi persone la
integrano sempre (certezza positiva). Il concetto giuridico indeterminato
presenta, quindi, un doppio limite negativo e positivo. La difficolt sta
per nellindividuare con precisione dove tali limiti vadano tracciati e,
dunque, dove si trapassa dal giudizio certo (di tipo assertorio) a quello
problematico.
Sorge cos il problema delicato di chi abbia il diritto di ultima
decisione (Letztentscheidungsrecht), e cio se ed entro quali limiti le
valutazioni compiute dallamministrazione in sede di interpretazione e di
applicazione dei concetti giuridici indeterminati possano essere sindacate
dal giudice. Non infatti scontato, come si vedr, quanto deferente
deve essere latteggiamento di questultimo rispetto alla prima ove si
rientri nellalone di incertezza o del dubbio possibile.
La tecnica normativa dei concetti giuridici indeterminati, nei limiti in
cui concedono allamministrazione spazi di valutazione e di decisione non
sindacabili, comporta inevitabilmente una caduta del valore della legalit
sostanziale. Invero, in un mondo ideale che realizzi al massimo grado lo

118

Stato di diritto, i poteri amministrativi dovrebbero essere integralmente


vincolati.
Tuttavia un siffatto ideale irraggiungibile perch presuppone
lonniscienza del legislatore e la sua capacit di intervenire in modo
tempestivo ad aggiornare le norme vigenti. In realt, di fronte alla
complessit crescente dei fenomeni economici e sociali e alla rapidit dei
cambiamenti, il Parlamento sempre meno in grado, come si accennato,
di porre un sistema completo e preciso di regole che definiscano per ogni
possibile evento futuro lassetto degli interessi. E dunque in qualche
misura costretto a delegare ad apparati pubblici, appunto secondo la
tecnica della norma dazione attributiva di poteri, ambiti pi o meno ampi
di valutazione di fatti e di interessi e di composizione dei conflitti tra
questi ultimi.
Anche in ambito civilistico, del resto, i codici hanno abbandonato da
tempo il metodo casistico, caratterizzato dalla definizione minuziosa delle
fattispecie10 e rivelatosi comunque incapace di disciplinare la variet
pressoch infinita delle fattispecie che si presentano nella vita economica
e sociale, per adottare quello pi elastico delle clausole generali.
d) La norma di azione prescrive anche i requisiti formali degli atti (di
regola la forma scritta) e le modalit di esercizio del potere, individuando
la sequenza degli atti e degli adempimenti necessari per lemanazione del
provvedimento finale che danno origine al procedimento amministrativo.
Questultimo stato definito (F. BENVENUTI) come forma o
manifestazione sensibile della funzione, cio della trasformazione del
potere in astratto in un atto produttivo di effetti nella sfera giuridica di un
determinato soggetto (potere in concreto). La struttura del procedimento
individuata, attraverso sequenze pi o meno complesse e articolate in atti
e in adempimenti, nelle singole leggi amministrative di settore e nelle
normative attuative, integrate con i principi generali posti dalla l. n.
241/1990.
Va anticipato altres che, ai sensi dellart. 21-octies della l. n.
241/1990, linosservanza delle norme sul procedimento o sulla forma
degli atti non determina in modo automatico lannullabilit del
provvedimento per violazione di legge, essendo richiesto di valutare se
essa abbia influito o meno sul contenuto dispositivo del provvedimento
adottato in concreto. Se questultimo, in assenza della violazione, non
10

Si pensi, ad esempio, ai 61 articoli sul regime delle pertinenze oppure ai 250 articoli in
tema di possesso contenuti nel codice prussiano del 1794.

119

avrebbe potuto essere comunque diverso, il provvedimento adottato non


annullabile.
e) La norma dazione pu disciplinare anche lelemento temporale
dellesercizio del potere e ci sotto due profili. Pu in primo luogo
individuare un termine per lavvio dei procedimenti dufficio. Cos, per
esempio, nei procedimenti sanzionatori, una volta accertata una
violazione, lamministrazione ha un termine di 90 giorni per notificare
latto di contestazione e il mancato rispetto del termine determina
lestinzione dellobbligazione di pagare la somma dovuta (art. 14 della
legge 24 novembre 1981, n. 689). In secondo luogo individua il termine
massimo entro il quale,
una volta avviato il procedimento,
lamministrazione deve emanare il provvedimento conclusivo. Come si
vedr, lart. 2 della l. n. 241/1990 pone un sistema di regole articolato
volta a individuare per tutti i tipi di procedimenti il termine in questione,
attuando cos il principio di certezza del tempo dellagire della pubblica
amministrazione.
La norma dazione (cio le singole leggi
amministrative) scandiscono talora anche i tempi per ladozione degli atti
endoprocedimentali. Cos, per esempio, la l.n. 241/1990 prevede che gli
organi consultivi dellamministrazione debbano rendere i pareri richiesti
entro un termine generale di venti giorni (art. 16) e che gli organi tecnici
debbano esprimere le valutazioni richieste entro novanta giorni (art. 17).
f) Infine la norma dazione individua in termini astratti gli effetti
giuridici che latto amministrativo pu produrre una volta emanato
allesito del procedimento.
I provvedimenti amministrativi, proprio perch correlati a poteri che
possono essere inclusi, come si visto, nella categoria generale dei diritti
potestativi stragiudiziali, hanno lattitudine a produrre effetti costitutivi,
cio possono costituire, modificare o estinguere situazioni giuridiche di
cui sono titolari i destinatari dei provvedimenti. Si tratta cio degli stessi
tipi di effetti indicati dallart. 2908 cod. civ. che disciplina le sentenze
costitutive correlate ai diritti potestativi a necessario esercizio giudiziale.
Si tratta anche degli stessi tipi di effetti che i soggetti privati possono
produrre attraverso un contratto, che appunto uno strumento negoziale
volto a costituire, regolare o estinguere () un rapporto giuridico
patrimoniale (art. 1321 cod. civ.).
Come esempi di provvedimenti con effetti costitutivi in senso stretto
possono essere richiamate le concessioni amministrative per luso
esclusivo di un bene demaniale (per esempio per linstallazione e la
gestione di uno stabilimento balneare) che attribuiscono in capo a un

120

soggetto privato un diritto soggettivo a svolgere una certa attivit.


Come esempi di provvedimenti con effetti modificativi possono valere
lirrogazione di una sanzione disciplinare di sospensione dalliscrizione
ad un albo professionale che impedisce per un tempo determinato lo
svolgimento dellattivit; oppure il provvedimento con il quale la Banca
dItalia, nelle sue vesti di organo di vigilanza sugli istituti di credito,
dispone la messa in liquidazione di una banca in relazione alla quale sia
accertato uno stato di insolvenza.
Come esempio di provvedimento con effetti estintivi pu essere
considerato il provvedimento di espropriazione che fa venir meno in capo
al proprietario del bene immobile il diritto di propriet la cui titolarit
viene trasferita alla pubblica amministrazione o ad altro soggetto in
favore del quale il procedimento di espropriazione stato attivato.
5. Il potere discrezionale.
Nel paragrafo che precede, analizzando la struttura della norma
dazione si introdotta la distinzione tra potere vincolato e potere
discrezionale. La discrezionalit, che pu essere riferita, oltre che al
potere, anche allattivit e al provvedimento amministrativo e che
costituisce la nozione forse pi caratteristica del diritto amministrativo, si
rinviene in realt anche in altri ambiti del diritto pubblico. Si parla infatti
comunemente di discrezionalit del legislatore (rilevante nellambito del
giudizio di costituzionalit delle leggi in base al parametro della
ragionevolezza delle scelte legislative in relazione al principio di
eguaglianza) e di discrezionalit del giudice (con riguardo soprattutto ai
cosiddetti poteri di giurisdizione volontaria e alla determinazione della
pena da parte del giudice penale).
a) La discrezionalit.
Nel diritto amministrativo la discrezionalit connota lessenza stessa
dellamministrare, cio della cura in concreto degli interessi pubblici.
Tale attivit presuppone che lapparato titolare del potere abbia la
possibilit di scegliere la soluzione migliore nel caso concreto. Anche a
livello intuitivo, un amministratore che, nella pubblica amministrazione
cos come anche nelle organizzazioni private (si pensi soprattutto ad
unimpresa), sia privo margini di manovra e di ambiti di decisione sotto la
propria responsabilit, quasi una contraddizione in termini. Com stato

121

detto in modo efficace, gouverner est choisir.


Emerge qui una tensione quasi insanabile con il principio di legalit
inteso in senso sostanziale che nella sua accezione pi estrema porterebbe
ad attribuire allamministrazione soltanto poteri vincolati.
Ma ci, oltre ad essere impossibile per le ragioni illustrate nel
paragrafo che precede, finirebbe per negare in radice la stessa ragion
dessere della pubblica amministrazione in quanto appunto esperta nella
cura e nella gestione dellinteresse pubblico.
Infatti, allorch il potere integralmente vincolato, a rigore, i soggetti
privati sono in grado di valutare da soli se una certa attivit o un certo
comportamento sono ad essi consentiti. Si spiega cos perch, come si
vedr, lart. 19 della l. n. 241/1990 abbia introdotto per molte
autorizzazioni vincolate (il cui rilascio dipenda esclusivamente
dallaccertamento dei requisiti e presupposti di legge) un regime di
liberalizzazione. La disposizione infatti sostituisce il regime del controllo
preventivo operato dallamministrazione nellambito del procedimento
autorizzatorio avviato su istanza di parte con il regime della segnalazione
certificata dinizio di attivit (Scia): il privato autovaluta se ha titolo per
svolgere una certa attivit, la intraprende sulla base di una semplice
comunicazione allamministrazione (corredata di unautocertificazione),
mentre il controllo da parte di questultima sulla conformit dellattivit
alla legge pu avvenire soltanto a posteriori.
Inoltre, se il potere vincolato, la stessa funzione dellatto
amministrativo cambia. Infatti si potrebbe sostenere che, allorch nella
vita economica e sociale si verifica un accadimento (o episodio della vita)
che integra gli estremi della norma di conferimento del potere, leffetto
giuridico sorge automaticamente, cio senza lintermediazione necessaria
di un atto amministrativo che accerti la sussumibilit della fattispecie
concreta nella fattispecie normativa astratta e determini il prodursi
delleffetto giuridico. Latto amministrativo avrebbe dunque natura
meramente dichiarativa e non costitutiva. Questa ricostruzione accolta
nel settore del diritto tributario nel quale si ritiene che lobbligazione
tributaria, ricollegata a presupposti vincolati, sorga a prescindere
dallemanazione di un atto di accertamento del tributo da parte
dellamministrazione finanziaria. Anche con riferimento alle sanzioni
amministrative pecuniarie la giurisprudenza della Corte di Cassazione
afferma, da tempo, che lobbligazione al pagamento della somma di
danaro non sorge per effetto dellemanazione del provvedimento che
irroga la sanzione (ordinanza-ingiunzione) e che il giudizio di

122

opposizione ha per oggetto non gi la legittimit del provvedimento e del


procedimento sanzionatorio, bens direttamente il rapporto sanzionatorio
e la pretesa creditoria dellamministrazione11.
Se dunque, per le ragioni sin qui esposte, i veri poteri sono quelli
discrezionali, sorge il problema teorico e pratico di come conciliare
lesigenza di attribuire allamministrazione quel tanto di discrezionalit
che consente la flessibilit necessaria per gestire i problemi della
collettivit con quella di evitare che la discrezionalit si traduca in
arbitrio.
E su questo punto emerge una differenza rispetto al diritto privato nel
quale lautonomia negoziale (art. 1322 cod. civ.) espressione della
libert dei privati di provvedere alla cura dei propri interessi. Ove si
mantengano nei limiti del lecito, le scelte dei privati non sono
assoggettate a regole e principi particolari volti a guidare la formazione
della volont e sono insindacabili. Basta cio che il soggetto privato sia
pienamente capace (art. 1425 cod. civ.) e che la sua volont non sia
affetta da vizi (art. 1427 cod. civ.). Il fine concretamente perseguito dal
soggetto privato relegato alla sfera interna di questultima ed
insindacabile. Se la scelta operata irragionevole, arbitraria, o anche
contraria ai suoi veri interessi, ci non inficia di per s il negozio posto in
essere.
Lamministrazione titolare di un potere invece ha un ambito di libert
pi ristretto, in quanto la scelta tra una pluralit di soluzioni pu
avvenire, non solo nel rispetto dei limiti per cos dire esterni posti dalla
norma dazione e dei principi generali dellazione amministrativa, ma
anche nel rispetto di un vincolo per cos dire interno consistente nel
dovere di perseguire il fine pubblico. Queste regole sono ora enunciate
nellart. 1 della l. n. 241/1990 secondo il quale, come si visto, lattivit
amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed retta, in
particolare, dai criteri di imparzialit, di pubblicit e di trasparenza.
E dunque superata, ormai da lungo tempo, la teoria ottocentesca di
origine francese che sottraeva integralmente lambito della discrezionalit
(acte discretionnaire ou de pure administration) al sindacato da parte del
giudice. Questultimo ha anzi sviluppato tecniche sempre pi sofisticate
di sindacato (in particolare, come si vedr, attraverso le figure
sintomatiche delleccesso di potere) in applicazione di principi quali la
11

Cfr. Cass. SS.UU. 28 gennaio 2010, n. 1786.

123

ragionevolezza, la proporzionalit, la par condicio, la tutela del legittimo


affidamento.
La discrezionalit amministrativa non trova una definizione legislativa,
anche se richiamata direttamente o indirettamente in alcune disposizioni
generali. Cos, lart. 11 della l. n. 241/1990, nel porre la disciplina degli
accordi tra lamministrazione procedente e i privati, specifica che essi
hanno per oggetto il contenuto discrezionale del provvedimento. Lart.
21-octies della medesima legge pone un limite allannullabilit del
provvedimento affetto da vizi del procedimento o della forma allorch
esso abbia natura vincolata (secondo comma).
Anche il Codice del processo amministrativo, a proposito del giudizio
avverso il silenzio della pubblica amministrazione (ovvero, come si vedr,
dellatteggiamento inerte dellamministrazione nei confronti di una
istanza o domanda del privato volta al rilascio di un atto amministrativo),
chiarisce che il giudice pu conoscere la fondatezza della pretesa del
ricorrente a ottenere un provvedimento favorevole richiesto solo quando
si tratta di attivit vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori
margini di esercizio della discrezionalit (art. 31, comma 3).
Questultima disposizione espressione della regola processuale,
coerente con il principio della separazione dei poteri, secondo la quale
nellambito del giudizio di legittimit il giudice non pu mai sostituire le
proprie valutazioni di merito a quelle dellamministrazione.
Volendo porre una definizione di discrezionalit amministrativa, essa
consiste, secondo una delle ricostruzioni pi note (M. S. GIANNINI), nel
margine di scelta che la norma rimette allamministrazione affinch essa
possa individuare, tra quelle consentite, la soluzione migliore per curare
nel caso concreto linteresse pubblico.
La scelta avviene attraverso una valutazione comparativa
(ponderazione) degli interessi pubblici e privati rilevanti nella fattispecie,
acquisiti nel corso dellistruttoria procedimentale. Tra di essi vi
anzitutto il cosiddetto interesse pubblico primario (corrispondente al fine
pubblico) individuato dalla norma dazione e affidato alla cura
dellamministrazione titolare del potere. Compito di questultima
massimizzare la realizzazione dellinteresse primario.
Tuttavia, poich gli interessi non vivono isolati nellordinamento,
linteresse primario deve essere messo a confronto e valutato alla luce dei
cosiddetti interessi secondari rilevanti.
In alcuni casi essi sono individuati direttamente dalle norme che

124

disciplinano il particolare tipo di procedimento, come, per esempio,


quando la legge prescrive che debba essere acquisito il parere di
unamministrazione diversa da quella procedente. Altri emergono nel
corso dellistruttoria.
Tra gli interessi secondari si annoverano non soltanto gli altri interessi
pubblici incisi dal provvedimento, ma anche gli interessi dei privati i
quali possono partecipare al procedimento proprio allo scopo di poter
rappresentare il proprio punto di vista con la presentazione di memorie e
di documenti che lamministrazione ha lobbligo di valutare (art. 10 della
l. n. 241/1990).
Cos, per esempio, per decidere e approvare il progetto di una tratta
ferroviaria ad alta velocit, lamministrazione deve tener conto, oltre che
dellinteresse primario alla viabilit, anche di quello relativo alla tutela
dellambiente (garantita attraverso la cosiddetta valutazione dimpatto
ambientale), agli oneri a carico della finanza pubblica, alla salvaguardia
di attivit industriali gi insediate, agli interessi delle comunit locali che
dalla realizzazione dellopera pubblica ritraggono soltanto svantaggi (da
attenuare con misure compensative), ecc. Nel rilasciare una concessione
per luso di un bene demaniale per linstallazione di uno stabilimento
balneare, di un campeggio o di un porto nautico, lamministrazione dovr
tener conto dellinteresse allo sviluppo del turismo, ma anche di quello
connesso ad altre attivit come, ad esempio, la pesca o le attivit
ricreative. Nel disporre la chiusura o limitazioni al traffico in un centro
storico, il Comune deve contemperare linteresse alla viabilit con quelli
dei residenti, dei titolari di attivit commerciali ivi presenti, della tutela
dellinquinamento, ecc. Nellautorizzare un corteo o altra manifestazione
il prefetto deve tener conto, oltre che dei diritti di chi promuove
liniziativa, dellinteresse alla tutela dellordine pubblico, alla libert
circolazione di chi non partecipa (i residenti o i lavoratori), alla tutela di
beni culturali o di privati contro il rischio di atti vandalici, ecc.
In definitiva, la scelta operata dallamministrazione deve contemperare
lesigenza di massimizzare linteresse pubblico primario con quella di
causare il minor sacrificio possibile degli interessi secondari incisi dal
provvedimento. Lamministrazione deve dar conto dellattivit di
ponderazione degli interessi nella motivazione del provvedimento, e ci
al fine di garantire la trasparenza nel processo decisionale.
La discrezionalit amministrativa incide su quattro elementi
logicamente distinti: a) sullan, cio sul se esercitare il potere in una
determinata situazione concreta ed emanare il provvedimento (per

125

esempio se ordinare lo scioglimento di un assembramento di persone che


mette a rischio lordine pubblico, oppure se annullare dufficio un
provvedimento illegittimo ai sensi dellart. 21-nonies della l. n.
241/1990); b) sul quid, cio sul contenuto del provvedimento che,
allesito della valutazione degli interessi, pone la regola per il caso
singolo (per esempio apponendo condizioni a unautorizzazione
ambientale volte a mitigare gli effetti negativi delle emissioni, imponendo
prescrizioni quanto ai materiali e ai colori utilizzati per la ristrutturazione
di un bene di interesse storico-artistico, o, nel caso di unordinanza
contingibile e urgente, individuando la misura concreta pi adatta per
fronteggiare la situazione; c) sul quomodo, cio sulle modalit da seguire
per ladozione del provvedimento, per esempio acquisendo un parere
facoltativo, pur sempre nel rispetto del principio del divieto di aggravare
il procedimento (art. 1, comma 2, della l. n. 241/1990); d) sul quando,
cio sul momento pi opportuno per esercitare un potere dufficio
avviando il procedimento e, una volta aperto questultimo, per emanare il
provvedimento, pur tenendo conto dei termini massimi per la conclusione
del procedimento (stabiliti in base allart. 2 della l. n. 241/1990). In base
alla norma dazione, un potere pu essere discrezionale o vincolato in
relazione a uno o pi di questi elementi.
Occorre ancora dar conto della distinzione tra discrezionalit in astratto
e discrezionalit in concreto. Allesito dellattivit istruttoria operata
dallamministrazione per accertare i fatti e acquisire gli interessi e gli altri
elementi di giudizio rilevanti e allesito della ponderazione di interessi
pu darsi che residui, secondo criteri di ragionevolezza e proporzionalit,
ununica scelta legittima tra quelle consentite in astratto dalla legge. Nel
corso del procedimento la discrezionalit pu cio ridursi via via fino ad
annullarsi del tutto (secondo la dottrina tedesca, Ermessensreduzierung
auf Null)12. In questo caso si parla di vincolatezza in concreto, da
contrapporre alla vincolatezza in astratto che si verifica, come si visto,
allorch la norma di azione predefinisce in modo puntuale tutti gli
elementi che caratterizzano il potere. Questa distinzione posta con
chiarezza nel Codice del processo amministrativo nellart. 30, comma 3,
sopra citato, riferito al giudizio sul silenzio della pubblica
amministrazione. La disposizione precisa infatti che il giudice pu
accertare la fondatezza della pretesa dedotta in giudizio (cio la spettanza
12

Questa espressione stata usata di recente anche dalla giurisprudenza amministrativa: cfr.
Tribunale regionale di giustizia amministrativa del Trentino-Alto Adige, Sez. Trento, 16
dicembre 2009, n. 305.

126

o meno di un atto amministrativo richiesto dal privato) solo quando si


tratti di attivit vincolata (vincolatezza in astratto) oppure quando
risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della
discrezionalit (vincolatezza in concreto, conseguente agli accertamenti
compiuti nellambito dellistruttoria procedimentale e nel corso del
giudizio).
Una riduzione dellambito della discrezionalit pu avvenire anche per
unaltra via, ovvero attraverso il cosiddetto autovincolo alla
discrezionalit. Di frequente tra la norma di conferimento del potere che
concede allamministrazione spazi di discrezionalit pi o meno ampi e il
provvedimento concreto assunto allesito della valutazione si interpone la
predeterminazione da parte della stessa amministrazione di criteri e
parametri che vincolano lesercizio della discrezionalit. Ci accade di
regola, per esempio, con riguardo ai giudizi valutativi espressi da
commissioni di concorso che specificano autonomamente i parametri di
giudizio gi previsti nella normativa di riferimento e nel bando. Lart. 12
della l. n. 241/1990 prevede in termini generali che la concessione di ogni
forma di contributo o ausilio finanziario subordinata alla
predeterminazione ed alla pubblicazione da parte delle amministrazioni
procedenti () dei criteri e delle modalit cui le amministrazioni stesse
devono attenersi.
Ci accresce loggettivit, la trasparenza e la sindacabilit delle
decisioni, perch i criteri cos predeterminati vincolano lattivit
dellamministrazione e la violazione dei medesimi sindacabile da parte
del giudice amministrativo in modo non dissimile dalla violazione di
norme giuridiche in senso proprio. Lautovincolo alla discrezionalit
costituisce in definitiva un tentativo di salvaguardare e di recuperare in
parte, sia pur in via sublegislativa, le esigenze sottese alla legalit
sostanziale necessariamente sacrificate attraverso la tecnica del
conferimento di poteri discrezionali.
In dottrina si discusso se la discrezionalit amministrativa consista in
unattivit meramente intellettiva e di giudizio (riconducibile
sostanzialmente ad unattivit di interpretazione, cio di concretizzazione
della norma dazione contenente concetti giuridici indeterminati), oppure,
al contrario, in unattivit volitiva e creativa dellamministrazione. In
realt, rispetto allattivit di pura interpretazione, nella discrezionalit
sembra
riscontrabile
un
elemento
aggiuntivo
costituito
dallindividuazione e imposizione della regola per il caso singolo che
rappresenta un quid novi atto a integrare in qualche modo, sia pur con

127

effetti limitati al singolo rapporto giuridico amministrativo, la norma


attributiva del potere.
b) Il merito amministrativo.
Individuata la nozione di discrezionalit amministrativa, occorre
mettere a fuoco quella per certi aspetti speculare di merito
amministrativo. Il merito ha una dimensione essenzialmente negativa e
residuale: esso si riferisce alleventuale ambito di scelta spettante
allamministrazione che si pone al di l dei limiti coperti dallarea della
legalit (cio dei vincoli giuridici posti dalle norme e dai principi
dellazione amministrativa). Se il potere integralmente vincolato (in
astratto o, come si chiarito, in concreto), lo spazio del merito risulta
nullo.
Il merito connota, in definitiva, lattivit dellamministrazione da
considerare essenzialmente libera. La scelta tra una pluralit di soluzioni
tutte legittime (ragionevoli, proporzionate, coerenti con il fine pubblico)
pu essere apprezzata cio solo in termini di opportunit o inopportunit
(o di altri parametri e giudizi di valore, comunque non giuridici) ed
insindacabile da parte del giudice amministrativo nellambito del giudizio
di legittimit.
Quella tra legittimit e merito costituisce una distinzione che rileva
anzitutto in sede di teoria dei controlli amministrativi. Questi ultimi si
articolano, come si vedr, in controlli di legittimit e in controlli di
merito, i primi finalizzati ad annullare gli atti amministrativi, i secondi a
modificare o sostituire latto oggetto del controllo e di tutela
giurisdizionale.
La distinzione rileva anche in sede processuale. Cos, il Codice del
processo amministrativo contrappone la giurisdizione di legittimit, che
quella di cui investito in via ordinaria il giudice amministrativo, dalla
giurisdizione con cognizione estesa al merito, nellesercizio della quale
il giudice amministrativo pu sostituirsi allamministrazione (art. 7,
comma 6). Il giudice amministrativo pu cio rivalutare le scelte
discrezionali dellamministrazione e sostituire la propria valutazione. Pu,
per esempio, modificare lammontare di una sanzione pecuniaria irrogata.
Proprio perch la giurisdizione di merito rompe il diaframma tra
giurisdizione e amministrazione (il giudice si fa, per cos dire,
amministratore), in deroga al principio della separazione dei poteri, essa
limitata a pochi casi tassativi (indicati nellart. 134 del codice del

128

processo amministrativo) ed tendenzialmente recessiva.


Il problema di tracciare i confini tra legittimit e merito emerge anche
in materia di responsabilit amministrativa cui sono soggetti i funzionari
pubblici in relazione al cosiddetto danno erariale, cio al danno provocato
allamministrazione stessa e che rientra nella giurisdizione della Corte dei
conti. La legge 14 gennaio 1994, n. 20, che disciplina lazione di
responsabilit da parte della procura della Corte dei conti in relazione a
fatti e omissioni del funzionario commessi con dolo o colpa grave che
arrecano
un
danno
allamministrazione,
pone
il
limite
dellinsindacabilit nel merito delle scelte discrezionali (art. 1, comma
1).
c) Le valutazioni tecniche.
La discrezionalit amministrativa va tenuta nettamente distinta dalle
valutazioni tecniche. Questultime si riferiscono ai casi in cui la norma
dazione, nel ricorrere alla tecnica dei concetti giuridici indeterminati di
tipo empirico, rinvia a nozioni di tipo tecnico-scientifico che in sede di
applicazione alla fattispecie concreta presentano margini di opinabilit (o
che consentono giudizi espressi solo in termini ipotetici o probabilistici).
Spesso le valutazioni tecniche sono espresse da organi appositi chiamati a
rendere il loro giudizio nellambito del procedimento. Lart. 17 della l. n.
241/1990 regola le modalit attraverso le quali il responsabile del
procedimento procede ad acquisirle e i rimedi in caso di ritardi.
Tra le valutazioni tecniche rientrano, per citare qualche esempio in
aggiunta a quelli fatti a proposito dei concetti giuridici indeterminati, i
giudizi medici aventi per oggetto lidoneit ad essere arruolati nelle forze
militari o di polizia o la riconducibilit di una determinata malattia alla
causa di servizio; quelli formulati dalle commissioni di concorso o
istituite per valutare le offerte presentate nellambito delle procedure per
laggiudicazione di contratti pubblici; le valutazioni ingegneristiche volte
ad appurare il grado di pericolosit di edifici lesionati in occasione di un
terremoto, oppure quelle veterinarie in ordine al carattere epidemico di
una malattia che ha colpito dei capi di bestiame, ecc. Nel mondo attuale
(nella cosiddetta societ del rischio) questo genere di giudizi sempre pi
frequente. Si pensi soltanto ai dibattiti scientifici sui rischi derivanti dalla
diffusione di organismi geneticamente modificati (Ogm) o
dallesposizione a onde elettromagnetiche (cosiddetto inquinamento
elettromagnetico).

129

Mentre la discrezionalit amministrativa attiene al piano della


valutazione e comparazione degli interessi, le valutazioni tecniche
attengono al piano dellaccertamento e della qualificazione di fatti alla
luce di criteri tecnico-scientifici.
Ricorrere a proposito delle valutazioni tecniche allespressione, ancor
oggi molto frequente, di discrezionalit tecnica non corretto proprio
perch in esse manca lelemento volitivo che caratterizza invece, come si
visto, la discrezionalit in senso proprio, cio quella amministrativa13.
Lutilizzo del medesimo sostantivo (discrezionalit) si giustifica
probabilmente per il fatto che, soprattutto in passato, il problema dei
limiti del sindacato del giudice amministrativo sulle valutazioni tecniche
era posto in termini analoghi al problema dei limiti del sindacato sulla
discrezionalit amministrativa.
Infatti, in entrambi i casi si riteneva precluso, a differenza di quanto
accade per i fatti semplici, un sindacato pieno che comporti una
valutazione autonoma del giudice che si sovrappone (e sostituisce) a
quella dellamministrazione. Lopinione del giudice necessariamente
altrettanto opinabile rispetto a quella dellamministrazione e dunque non
ci sarebbe ragione per preferirla. Pi correttamente, il giudice pu
soltanto ripercorrere dallesterno lattivit valutativa (sindacato estrinseco
o debole) per verificare se la valutazione affetta da vizi logici,
incongruenze o da altre carenze utilizzando le tecniche di rilevamento
delleccesso di potere.
Solo in epoca pi recente il giudice amministrativo (a partire dalla
sentenza del Consiglio di Stato, IV Sez., 9 aprile 1999, n. 601) ha
intrapreso, pur sempre con una certa prudenza, unopera volta a
differenziare e rendere pi intenso il proprio sindacato sulle valutazioni
tecniche. Esso infatti non pi soltanto estrinseco e si spinge a verificare
lattendibilit e la correttezza del criterio tecnico utilizzato. Va rilevato
che lattendibilit non coincide necessariamente con la
condivisibilit, nel senso che il giudice potrebbe ben ritenere una
valutazione tecnica come oggettivamente attendibile, cio formulata sulla
base di argomentazioni logiche e tecniche ben strutturate, pur non
condividendola pienamente.
Nel sindacare le valutazioni tecniche il giudice amministrativo
13

Il Codice del processo amministrativo ha aggiornato il linguaggio l dove richiama la


nozione di valutazioni che richiedono particolari competenze tecniche (art. 63, comma 4, in
tema di istruzione probatoria).

130

agevolato dal fatto di poter ricorrere allo strumento della consulenza


tecnica dufficio (art. 67 del Codice del processo amministrativo).
Levoluzione giurisprudenziale ancora agli inizi.
Nellordinamento tedesco il giudice amministrativo ritiene ormai da
tempo pienamente sindacabile lapplicazione nei casi concreti dei concetti
giuridici indeterminati di tipo empirico, anche se con alcune eccezioni
assai rilevanti come i giudizi su prove desame, le valutazioni demandate
dalla legge a collegi di esperti indipendenti o a portatori di interessi,
correlate ad attivit di pianificazione o con impatto politico rilevante, ecc.
Cos, per prendere uno degli esempi giurisprudenziali pi significativi, nel
caso di giudizio espresso da una commissione di esperti, allesito di un
esame organolettico, circa la presenza o meno di difetti relativi allodore,
sapore, colore e ad altri elementi qualitativi di un vino ai fini
dellattribuzione delletichetta di vino di qualit, il giudice amministrativo
ha ritenuto di non poter operare un sindacato pieno (sentenza del
Bundesverwaltungsgericht del 16 maggio 2007 - 3C 8.06). Ci perch la
legge sembra attribuire alla commissione di tecnici indipendente
dallamministrazione, il cui carattere collegiale garantisce una minor
soggettivit del giudizio e la cui composizione assicura la necessaria
professionalit ed esperienza, uno spazio di valutazione che
lamministrazione e in seconda battuta il giudice devono rispettare. La
valutazione tecnica pu essere sindacata solo se non stata effettuata in
base a presupposti, metodi e procedimenti obiettivi, se non abbia
accertato in modo pertinente e completo tutti i fatti rilevanti, o se siano
stati commessi altri errori (per esempio la scelta di un campione con un
difetto atipico, come il retrogusto di tappo).
Negli Stati Uniti la giurisprudenza mantiene un atteggiamento di
maggior deferenza (deference doctrine) nei confronti delle valutazioni
tecniche (al pari delle valutazioni discrezionali) dellamministrazione
limitandosi ad un sindacato di ragionevolezza. Questo principio stato
posto dalla Corte Suprema in un caso del 1984 (caso Chevron) nel quale
la Environmental Protection Agency era chiamata a interpretare il
concetto di fonte fissa di inquinamento, definita in modo ambiguo dalla
normativa federale sui limiti di emissioni nellatmosfera (Clean Air Act).
La legge non chiariva infatti se il concetto in questione dovesse essere
riferito a uno stabilimento industriale nel suo complesso, come ritenuto
dallagenzia, oppure a ciascuno dei dispositivi di emissione in atmosfera
in esso presenti, come preferito da unorganizzazione ambientalista
perch ci avrebbe comportato una riduzione dei livelli di inquinamento.

131

La scelta tra le due interpretazioni, entrambe compatibili con la norma e


ragionevoli, operata dallagenzia federale stata ritenuta non sindacabile,
in base al principio che le pubbliche amministrazioni, rispetto ai giudici,
hanno una maggior esperienza tecnica e hanno un collegamento pi
stretto con il circuito politico-amministrativo.
Valutazioni tecniche ed esercizio della discrezionalit amministrativa,
proprio perch riguardano momenti logici diversi (la prima attiene al
momento dellaccertamento del fatto, la seconda alla valutazione degli
interessi), possono coesistere in una stessa fattispecie (al riguardo si usa
talora lespressione discrezionalit mista, che in realt sarebbe preferibile
evitare). Tra gli esempi fatti pi di frequente si pu ricordare
laccertamento del carattere epidemico di una malattia e la successiva
scelta dei rimedi alternativi per contenere i rischi di propagazione;
oppure la fattibilit tecnica di un progetto di opera pubblica proposto di
propria iniziativa da un soggetto privato (il cosiddetto promotore) da
realizzare attraverso la tecnica della finanza di progetto e la valutazione di
conformit dellopera allinteresse pubblico. Le valutazioni tecniche
possono intervenire non solo nella fase di accertamento dei fatti
complessi, ma anche in quella di determinazione del contenuto (quid) del
provvedimento.
Le valutazioni tecniche vanno tenute distinte, oltre che dalla
discrezionalit amministrativa, anche dai meri accertamenti tecnici.
Questi ultimi si riferiscono a fatti la cui esistenza o inesistenza
verificabile in modo univoco, sia pure con limpiego di strumenti tecnici.
Non rileva a questo riguardo che si tratti di strumenti semplici (per
esempio, un termometro o il misuratore del grado alcolico di una
bevanda) o pi sofisticati (per esempio gli strumenti per la rilevazione
della presenza e della quantit di sostanze inquinanti in un terreno o per
accertare lestensione e lintensit di un campo elettromagnetico). A
differenza delle valutazioni tecniche, i meri accertamenti tecnici possono
essere sindacati in modo pieno dal giudice amministrativo nellambito del
giudizio di legittimit.
6. Linteresse legittimo.
Esaurita lanalisi del potere amministrativo, possibile passare a
considerare il termine passivo del rapporto giuridico amministrativo, cio
linteresse legittimo.
Si tratta di una situazione giuridica soggettiva che costituisce una delle

132

principali specificit del nostro sistema giuridico, posto che essa non
emersa in nessun altro ordinamento. Linteresse legittimo stato sempre
fonte di controversie in sede dottrinale e di incertezze in sede applicativa
tanto che si auspicato, specie negli ultimi tempi, la sua riconduzione al
genus del diritto soggettivo.
In realt, al pari di questultimo, linteresse legittimo trova un
riconoscimento costituzionale nelle disposizioni dedicate alla tutela
giurisdizionale (artt. 24, 103, 113) e costituisce dunque una situazione
giuridica soggettiva dalla quale non si pu prescindere.
La rilevanza della distinzione tra le due categorie di situazioni
giuridiche stata tradizionalmente duplice: assurta a criterio di riparto
della giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, il primo
investito della giurisdizione sui diritti soggettivi, il secondo della
giurisdizione sugli interessi legittimi; servita a delimitare lambito della
responsabilit civile della pubblica amministrazione che non includeva il
danno derivante da una lesione di interessi legittimi.
Questo secondo aspetto stato superato nel 1999 ad opera della
sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 500/1999 che ha
aperto la strada alla risarcibilit del danno da lesione di interesse legittimo
superando il precedente orientamento fatto proprio da una
giurisprudenza pietrificata.
Il primo aspetto mantiene ancora la sua attualit.
La Corte
Costituzionale, infatti, in una sentenza che pu essere considerata come la
pronuncia pi importante in materia di assetto della giustizia
amministrativa (sentenza n. 204 del 6 luglio 2004), ha sconfessato il
tentativo del legislatore della fine degli anni Novanta del secolo scorso
(d.lgs. n. 80/1998) di superare la distinzione tra diritti soggettivi e
interessi legittimi come criterio di riparto della giurisdizione del giudice
ordinario e del giudice amministrativo, introducendo il criterio dei blocchi
di materie omogenee (servizi pubblici, urbanistica ed edilizia). La Corte
ha affermato che la giurisdizione amministrativa ha al suo centro il potere
amministrativo correlato a situazioni giuridiche di interesse legittimo e
che ad essa pu essere devoluta la cognizione di diritti soggettivi solo
quando questultimi sono in qualche modo connessi e intrecciati a un
rapporto nel quale lamministrazione si presenta essenzialmente in veste
di autorit.
Il modo migliore per inquadrare linteresse legittimo quello di porsi
in una prospettiva storica.

133

Per dar conto della nascita dellinteresse legittimo occorre partire dalla
l. n. 2248/1865 All. E di abolizione del contenzioso amministrativo,
richiamata nel primo capitolo, che impresse una svolta al nostro sistema
di giustizia amministrativa adottando, sulla scorta del modello inglese e
belga, il modello del giudice unico. Venne cio attribuita al giudice civile
la giurisdizione in tutte le controversie tra il privato e la pubblica
amministrazione nelle quali si facesse questione di un diritto civile o
politico (art. 2), ossia di un diritto soggettivo, ancorch la controversia
fosse correlata allemanazione di un provvedimento amministrativo. Posta
questa regola di base, per tutte le altre situazioni nelle quali la posizione
giuridica del privato nei confronti dellamministrazione non fosse
ricostruibile in termini di diritto soggettivo, la legge del 1865 prefigurava
soltanto una tutela di tipo procedimentale e amministrativo
(partecipazione al procedimento, ricorsi gerarchici ai quali fa cenno lart.
3).
Nella prassi interpretativa il giudice civile, come si accennato,
dimostr una notevole timidezza nel sindacare loperato
dellamministrazione nellesercizio dei propri poteri discrezionali. Larea
delle situazioni non inquadrabili in termini di diritto soggettivo divenne
cos sempre pi ampia, creando in tal modo un vero e proprio vuoto di
tutela di fronte a numerosi casi di illegittimit e abusi da parte
dellamministrazione, rispetto ai quali il cittadino non trovava alcuna
protezione efficace.
Da qui lorigine della legge del 1889 istitutiva della IV Sezione del
Consiglio di Stato, che mirava a integrare la legge del 1865 introducendo
un nuovo rimedio volto a tutelare tutte le situazioni non qualificabili come
diritto soggettivo ai sensi dellart. 2 della legge abolitrice del contenzioso.
Fatto salvo lambito della giurisdizione del giudice ordinario, la IV
Sezione venne dunque investita del potere di decidere sui ricorsi per
incompetenza, eccesso di potere o violazione di legge contro gli atti o
provvedimenti amministrativi aventi per oggetto un interesse dindividui
o di enti morali giuridici (art. 26 del T.U. delle leggi del Consiglio di
Stato del 1924). In caso di accertamento di un vizio, la IV Sezione poteva
annullare il provvedimento impugnato.
La giurisprudenza e la dottrina si dovettero confrontare subito con il
problema di riempire di contenuto la formula generica di interesse,
posta dal legislatore come requisito per poter proporre il ricorso alla IV
Sezione. In buona sostanza, con una singolare inversione logica, la
previsione di una nuova forma di tutela processuale precedette

134

storicamente lindividuazione di una situazione giuridica soggettiva in


relazione alla quale la tutela poteva essere accordata. Da ci le
incertezze e le ambiguit dellinteresse legittimo.
a) il diritto fatto valere come interesse.
Inizialmente vi fu chi ritenne che la situazione giuridica soggettiva
assoggettati alla cognizione della IV Sezione fosse un normale diritto
fatto valere come interesse (V. SCIALOIA). Si ritenne cio che il
criterio per incardinare la competenza della IV Sezione fosse quello del
petitum, ovvero della richiesta formulata dal ricorrente di annullamento
del provvedimento emanato piuttosto che la richiesta del mero
risarcimento del danno, riservata al giudice ordinario. Era cos rimessa
alla libera scelta del privato, in funzione del tipo di tutela che intendeva
ottenere, la via giurisdizionale da perseguire, senza necessit di costruire
una nuova situazione giuridica soggettiva distinta dal diritto soggettivo.
Ma questa ricostruzione fu subito disattesa dalla giurisprudenza, che
invece ancor il riparto di giurisdizione al criterio pi oggettivo della
causa petendi, cio della situazione giuridica soggettiva fatta valere in
giudizio.
b) Linteresse legittimo come interesse di mero fatto.
Per lungo tempo, tuttavia, un filone dottrinale neg allinteresse
legittimo la consistenza di vera e propria situazione giuridica soggettiva
avente natura sostanziale, attribuendo ad essa soltanto un significato
processuale (E. GUICCIARDI). Linteresse legittimo fu cio considerato
come un interesse di mero fatto, tale per da far sorgere in capo al privato
un interesse processuale ad attivare la tutela innanzi alla IV Sezione
(linteresse a ricorrere).
c) Il diritto alla legittimit degli atti.
Secondo unaltra risalente ricostruzione, linteresse legittimo doveva
essere qualificato come un diritto alla legittimit degli atti della funzione
governativa (L. MORTARA), cio un diritto soggettivo avente per
oggetto esclusivamente la pretesa formale a che lazione amministrativa
sia conforme alle norme che regolano il potere esercitato.
d) Il diritto affievolito.
Unaltra interpretazione, che trova ancor oggi riscontro talora nella
giurisprudenza, consiste nella cosiddetta teoria della degradazione o
dellaffievolimento (O. RANELLETTI). Essa considera linteresse
legittimo come un diritto affievolito, cio come la risultante dellatto di

135

esercizio del potere amministrativo. Il provvedimento autoritativo (o


imperativo), ancorch illegittimo, idoneo a travolgere (appunto a
degradare) il diritto soggettivo trasformandolo in semplice interesse
legittimo. Tipico esempio di diritto affievolito il diritto di propriet che
pu essere inciso dal potere espropriativo.
La categoria dei diritti soggettivi affievoliti fa coppia con quella
simmetrica dei cosiddetti diritti soggettivi in attesa di espansione. Si
tratta di diritti, gi attribuiti in astratto alla titolarit di un soggetto
privato, il cui esercizio per condizionato allesercizio di un potere
dellamministrazione, nei confronti del quale il titolare del diritto pu
vantare un semplice interesse legittimo. Tipico esempio quello
dellautorizzazione ad aprire un esercizio commerciale.
Gli effetti pratici di questo tipo di ricostruzione furono quelli di
restringere larea del diritto soggettivo, ritenuto sempre cedevole di fronte
al potere amministrativo, nei rapporti tra i soggetti privati e la pubblica
amministrazione titolare di un potere amministrativo, attribuendo cos un
ruolo marginale al giudice ordinario. Questultimo divenne quasi
esclusivamente il giudice dei meri comportamenti della pubblica
amministrazione non collegati allesercizio del potere amministrativo
(inadempimenti contrattuali, illeciti extracontrattuali).
e) Linteresse occasionalmente protetto.
Per lungo tempo le ricostruzioni tradizionali dellinteresse legittimo
posero laccento sul fatto che linteresse privato posto in un secondo
piano e in una funzione subalterna e ancillare rispetto allinteresse
pubblico. Solo ove si sia in presenza di un diritto soggettivo infatti
linteresse del privato correlato a un bene della vita oggetto di una tutela
diretta e immediata da parte dellordinamento (cio, come si vedr, da
parte di una norma di relazione).
Questa impostazione emerge in unaltra fortunata definizione
dellinteresse legittimo come interesse occasionalmente (indirettamente)
protetto da una norma (la norma dazione) volta a tutelare in modo diretto
e immediato linteresse pubblico (A. SANDULLI). Secondo questa
visione le norme che disciplinano il potere hanno come scopo primario la
tutela di questultimo e il soggetto privato pu trovare in esse una qualche
protezione solo in via riflessa e indiretta.
Linteresse legittimo si distingue dunque dal diritto soggettivo proprio
per il fatto che lacquisizione o la conservazione di un determinato bene
della vita non assicurata in modo immediato dalla norma, che tutela in

136

modo diretto linteresse pubblico, bens passa attraverso lesercizio del


potere amministrativo, senza che peraltro sussista alcuna garanzia in
ordine alla sua acquisizione o conservazione. La presenza di un ambito di
discrezionalit esclude infatti che ex ante il soggetto titolare sia in grado
di prefigurare lassetto finale degli interessi posto dal provvedimento
emanato. Questultimo potrebbe, del tutto legittimamente, negare o
sacrificare lutilit (bene della vita) collegata allinteresse legittimo.
Cos, per esempio, chi partecipa a un concorso pubblico che si svolge
in modo regolare e tuttavia non si colloca nella graduatoria dei vincitori
allesito delle prove vede comunque soddisfatto pienamente il suo
interesse legittimo.
Linteresse legittimo fonda, dunque, in capo al suo titolare soltanto la
pretesa a che lamministrazione eserciti il potere in modo legittimo, cio
in conformit con la norma dazione. Il titolare dellinteresse legittimo
pu condizionare lesercizio del potere cercando di orientarlo in senso a
s pi favorevole attraverso la partecipazione al procedimento, fornendo
cio allamministrazione titolare del potere elementi che possono
orientare in tal senso la valutazione discrezionale.
La norma dazione offre in definitiva al titolare dellinteresse legittimo
una tutela strumentale, mediata attraverso lesercizio del potere, anzich
finale, come accade invece per il diritto soggettivo, nel quale la norma di
relazione attribuisce al suo titolare in modo diretto un certo bene della
vita o utilit.
Ove il potere sia stato esercitato in modo non conforme alla norma
dazione, il titolare dellinteresse pu proporre ricorso al giudice
amministrativo al fine di ottenere lannullamento del provvedimento
lesivo, cio la rimozione con efficacia ex tunc degli effetti da esso
prodotti.
f) Le critiche della dottrina.
Limpianto teorico tradizionale dellinteresse legittimo ha retto fino a
tempi recenti, nonostante le critiche della dottrina. Questultima ne ha
messo in luce la sua connotazione ideologica, collegata a una visione
autoritaria dei rapporti tra Stato e cittadino nella quale il primo, preposto
alla cura dellinteresse pubblico, si colloca in una posizione di
sovraordinazione (con lespressione efficace di A. ORSI BATTAGLINI,
il postulato di generale sovraordinazione della pubblica
amministrazione) rispetto al secondo tale da escludere, come si
accennato, che tra essi possa intercorrere un rapporto giuridico in senso

137

tecnico. Si anche criticata la tesi secondo la quale la norma dazione


tutela il privato solo in via indiretta e occasionale e si iniziato ad
attribuire allinteresse legittimo una connotazione sostanziale,
sottolineando che linteresse protetto comunque un interesse materiale.
Limpianto delineato entrato in crisi in seguito allemergere di una
nuova sensibilit, pi in linea con i valori espressi dalla Costituzione e
dallordinamento comunitario, che muove dallangolo di visuale dei diritti
di libert del cittadino e dallesigenza di offrire una protezione pi
completa delle situazioni giuridiche soggettive, pi che dalla prospettiva
dei poteri attribuiti allo Stato e agli apparati pubblici.
Nella nuova visione si sottolineato per esempio che la Costituzione
attribuisce ai diritti soggettivi e agli interessi legittimi una pari dignit e
che pertanto ad entrambi lordinamento deve assicurare una tutela piena
ed effettiva (art. 24 della Costituzione).
Sul piano del diritto sostanziale il primo vuoto di tutela da colmare era
collegato al principio dellirrisarcibilit del danno da lesione di interesse
legittimo.
La svolta giurisprudenziale avvenuta, come si visto, con la sentenza
della Corte di Cassazione SS.UU. n. 500/1999 che ha superato la
rilevanza della distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi ai fini
della risarcibilit. La Corte ha posto una linea di confine della
risarcibilit tutta allinterno dellinteresse legittimo in ragione della
rilevabilit, nella situazione concreta, di una lesione a un bene della vita
gi ascrivibile in qualche modo alla sfera giuridica del soggetto privato.
Nella ricostruzione dellinteresse legittimo il baricentro si sposta cos
dal collegamento con linteresse pubblico a quello con lutilit finale o
bene della vita che il soggetto titolare dellinteresse legittimo mira a
conservare o ad acquisire. Linteresse legittimo acquista cos una
connotazione sostanziale.
Laffrancamento dellinteresse legittimo dal ruolo subalterno e
servente rispetto allinteresse pubblico derivato anche dallevoluzione
legislativa e giurisprudenziale relativa alla tutela processuale
dellinteresse legittimo. Una volta che il legislatore ha attribuito al giudice
amministrativo il potere di conoscere, nellambito della sua
giurisdizione (art. 7 della legge 21 luglio 2000, n. 205, oggi ripreso
dallart. 7 del Codice del processo amministrativo), le azioni risarcitorie,
si posto infatti il problema di come ricostruire una siffatta azione di
condanna. E ci sotto due profili.

138

Il primo profilo se il risarcimento del danno costituisca un diritto


soggettivo distinto dallinteresse legittimo, ancorch a questo collegato,
nel senso che la lesione di questultimo ad opera del provvedimento
illegittimo fa sorgere in capo al suo titolare un diritto al risarcimento del
danno. Il secondo se lazione risarcitoria sia esperibile anche in via
autonoma oppure se la sua proponibilit sia condizionata dalla
proposizione in parallelo (o anche in un momento precedente) dellazione
di annullamento (cosiddetta pregiudizialit amministrativa).
Quanto al primo profilo, nella citata sentenza n. 204/2004 la Corte
Costituzionale ha ricostruito lazione risarcitoria non gi come volta a
tutelare un diritto soggettivo autonomo, bens in funzione rimediale
(dallespressione remedy), cio come tecnica di tutela dellinteresse
legittimo che si affianca e integra la tecnica di tutela pi tradizionale
costituita dallannullamento. Se linteresse legittimo incorpora anche una
pretesa risarcitoria, evidente che esso ha per oggetto un bene della vita,
che il titolare dellinteresse medesimo mira ad acquisire o a conservare,
sia pure tramite lintermediazione del potere amministrativo, e che
suscettibile di subire una lesione ad opera di un provvedimento
illegittimo.
Quanto al secondo profilo, dopo una fase di contrapposizione tra
giudice amministrativo, che difendeva il principio tradizionale della
cosiddetta pregiudizialit amministrativa, e giudice ordinario, che invece
negava detto principio, il legislatore ha previsto che il giudice
amministrativo possa conoscere anche delle azioni risarcitorie cosiddette
pure (art. 30 del Codice del processo amministrativo). Come si vedr, il
Codice prevede per questa azione un termine di decadenza assai breve
(centoventi giorni) e pone altre limitazioni che tendono di fatto a
scoraggiarla.
Il titolare dellinteresse legittimo dovrebbe essere libero scegliere il
tipo di tutela da richiedere al giudice amministrativo (di solo
annullamento, di solo risarcimento o entrambe le forme). Non si pu cio
gravarlo, come era implicito invece nella tesi a favore della pregiudizialit
amministrativa, dellonere di proporre sempre e comunque anche
lazione di annullamento, intesa quasi come una forma di collaborazione
alla tutela dellinteresse pubblico alla rimozione degli atti illegittimi
imposta al titolare dellinteresse legittimo. Per esempio, limpresa che
abbia partecipato a una procedura ad evidenza pubblica per
laggiudicazione di un appalto e che sia stata esclusa illegittimamente ben
potrebbe aver perso medio tempore linteresse a conseguire il bene della

139

vita, cio la stipula del contratto, e dunque potrebbe preferire la tutela


meramente risarcitoria rispetto a quella specifica, sotto forma di
annullamento degli atti della procedura finalizzato al conseguimento
dellaggiudicazione. Ci quasi sulla falsariga di quanto avviene nel diritto
privato nel quale, di fronte a un inadempimento contrattuale, la parte
libera di scegliere se richiedere ladempimento o la risoluzione del
contratto (art. 1453 cod. civ.). Lazione risarcitoria pura segna dunque sul
piano concettuale laffrancamento dellinteresse legittimo dalla posizione
di subalternit rispetto allinteresse pubblico. Va per segnalato che la
giurisprudenza amministrativa, anche successiva allemanazione del
Codice del processo amministrativo, come si vedr, propende ancora per
attribuire allazione risarcitoria un ruolo ancillare rispetto allazione di
annullamento (Cons. di Stato, Ad. Plen., n. 3 del 2011).
g) le ricostruzioni pi recenti dellinteresse legittimo.
Allesito dellevoluzione ora tratteggiata, --- ed questa la
ricostruzione che si ritiene preferibile --- si pu dunque affermare che la
norma di conferimento del potere (norma dazione) abbia la doppia ed
equiordinata funzione di tutelare linteresse pubblico (cos da consentirne
la cura in concreto da parte dellamministrazione, anche a costo del
sacrificio di interessi privati) e di tutelare linteresse del privato (che mira
ad acquisire o a conservare una utilit finale o bene della vita).
Linteresse pubblico non assorbe quello privato, n questultimo il primo.
Nellambito di un rapporto di sovra-sottordinazione secondo lo schema
del diritto potestativo --- figura generale che, come si visto, consente di
inquadrare il rapporto che intercorre tra lamministrazione titolare del
potere e il privato titolare di un interesse legittimo --- i vincoli posti dalla
norma dazione hanno una doppia funzione: per un verso, fungono da
guida e vincolo per lamministrazione nella realizzazione dellinteresse
pubblico, ponendo per esempio regole procedimentali che consentano un
miglior coordinamento tra amministrazioni che curano gli interessi
rilevanti (parere, intesa, ecc.); per altro verso, hanno una funzione di
garanzia della situazione giuridica soggettiva del privato.
Nella dinamica del rapporto giuridico amministrativo, da un lato,
lamministrazione titolare del potere cura in via primaria linteresse
pubblico (pur dovendo tener conto anche degli altri interessi pubblici e
privati rilevanti nella fattispecie); dallaltro, il titolare dellinteresse
legittimo mira esclusivamente al proprio interesse individuale, con libert
di scegliere le forme di tutela da attivare nel processo e prima ancora
nellambito del procedimento amministrativo.

140

In definitiva, volendo proporre una definizione sintetica, linteresse


legittimo la situazione giuridica soggettiva, correlata al potere della
pubblica amministrazione e tutelata in modo diretto dalla norma dazione,
che attribuisce al suo titolare una serie di poteri e facolt volti a influire
sullesercizio del potere medesimo allo scopo di conservare o acquisire un
bene della vita.
I poteri e le facolt in questione si esplicano principalmente, come si
accennato, allinterno del procedimento attraverso listituto della
partecipazione (art. 7 e seg. della l. n. 241/1990) che consente al privato
di rappresentare il proprio punto di vista (attraverso la presentazione di
memorie e di documenti e, prima ancora, mediante laccesso agli atti del
procedimento) in modo tale da orientare le valutazioni discrezionali
dellamministrazione in senso a s favorevole, oppure attraverso la
possibilit di stipulare con lamministrazione un accordo avente per
oggetto il contenuto discrezionale del provvedimento (art. 11 della l. n.
241/1990).
Siffatti poteri e facolt tendono a riequilibrare in parte la posizione di
soggezione nei confronti del titolare del potere. Linteresse legittimo --che pur costituisce il termine passivo del rapporto giuridico che intercorre
con lamministrazione se ci si pone dallangolo di visuale della
produzione degli effetti giuridici --- acquista cos una dimensione attiva.
Ad essa corrispondono in capo allamministrazione una serie di doveri
comportamentali nella fase procedimentale e nella fase decisionale
(buona fede, imparzialit, ragionevolezza, proporzionalit, esatta
rappresentazione dei fatti, acquisizione completa degli interessi rilevanti,
ecc.) che sono finalizzati anche alla tutela dellinteresse del soggetto
privato.
In ogni caso il titolare dellinteresse legittimo fa valere una pretesa nei
confronti dellamministrazione a che il potere sia esercitato in modo
legittimo e, per quanto possibile, in senso conforme allinteresse
sostanziale del privato allacquisizione o alla conservazione di un bene
della vita. La prestazione che viene cos richiesta allamministrazione
ha natura infungibile, in quanto il titolare dellinteresse legittimo potr
acquisire o conservare una certa utilit esclusivamente tramite lesercizio
o il mancato esercizio del potere da parte dellunica autorit competente
in base alla norma dazione.
Sulla base di tali considerazioni, emersa nella dottrina pi recente una
ricostruzione che dissolve linteresse legittimo nella figura pi generale

141

del diritto soggettivo (L. FERRARA). Infatti, a ben riflettere, il diritto


soggettivo, lungi dallessere una categoria unitaria, include anche figure
particolari di diritti (diritto a un comportamento secondo buona fede,
diritto di credito cui corrisponde unobbligazione di mezzi, anzich
unobbligazione di risultato) ai quali non correlato un obbligo di
prestazione in senso proprio (prestazione-risultato). Il titolare di questo
genere di diritti fa valere nei confronti dellobbligato una pretesa a un
comportamento conforme a certi standard (che si sostanziano anche in
quelli che la dottrina civilistica definisce doveri di protezione), senza
che vi sia alcuna garanzia di un risultato predeterminato (prestazionecomportamento). Questa categoria di diritti strutturalmente analoga
allinteresse legittimo, il quale, dunque, potrebbe essere ricondotto a una
figura particolare di diritto (di credito) avente per oggetto una prestazione
di natura complessa da parte dellamministrazione a favore del soggetto
privato.
In conclusione, linteresse legittimo ingloba in s sia una dimensione
passiva (situazione di soggezione, rispetto alla produzione degli effetti),
sia una dimensione attiva (pretesa a un esercizio corretto del potere alla
quale corrispondono una serie di poteri e facolt nei confronti
dellamministrazione da far valere nel procedimento o anche in sede
giurisdizionale). Questa duplice dimensione --- alla quale corrisponde
unanaloga duplice dimensione del potere: attiva, se riferita alla
produzione unilaterale delleffetto giuridico; passiva, se correlata ai
doveri di comportamento che gravano sullamministrazione --- costituisce
forse la cifra pi caratteristica dellinteresse legittimo che condiziona la
dinamica del rapporto amministrativo.
7. Segue: linteresse legittimo oppositivo e pretensivo.
Sotto il profilo funzionale gli interessi legittimi possono essere
suddivisi in due categorie: gli interessi legittimi oppositivi e gli interessi
legittimi pretensivi.
I primi sono correlati a poteri amministrativi il cui esercizio pu
determinare la produzione di un effetto giuridico che incide
negativamente e che restringe la sfera giuridica del destinatario,
sacrificando un interesse di questultimo. Si pensi, per esempio, al potere
espropriativo, allirrogazione di una sanzione amministrativa,
allimposizione di un vincolo di inedificabilit.
I secondi, al contrario, sono correlati a poteri amministrativi il cui

142

esercizio pu determinare la produzione di un effetto giuridico che incide


positivamente e che amplia la sfera giuridica del destinatario, dando
soddisfazione allinteresse di questultimo. Si pensi, per esempio, al
potere di rilasciare una concessione per luso di un bene demaniale o
unautorizzazione per lavvio di unattivit economica, oppure
alliscrizione a un albo professionale
Per riprendere una fortunata distinzione (E. FORSTHOFF), gli
interessi legittimi oppositivi sono correlati, di regola, alla cosiddetta
Eingriffsverwaltung, cio allamministrazione che sottrae o sacrifica
altrimenti i beni o altre utilit private. Gli interessi legittimi pretensivi
sono correlati, invece, alla cosiddetta Leistungsverwaltung, cio
allamministrazione per prestazioni che attribuisce beni o altre utilit ai
soggetti privati e che emersa soprattutto in seguito allaffermarsi nel
corso del secolo XX dello Stato interventista.
Negli interessi legittimi oppositivi il rapporto procedimentale assume
una dinamica di contrapposizione, nel senso che il titolare dellinteresse
legittimo oppositivo cercher di intraprendere tutte le iniziative volte a
contrastare lesercizio del potere che sacrifica un suo bene della vita. Il
suo interesse a evitare che si determini una compressione della propria
sfera giuridica soddisfatto nel caso in cui lamministrazione, allesito
del procedimento, si astenga dallemanare il provvedimento che produce
leffetto negativo (pretesa a un non facere da parte dellamministrazione).
Non rileva, peraltro, dal punto di vista del soggetto privato (ma non
dellinteresse pubblico), se lomessa emanazione del provvedimento sia
legittima o illegittima. Al titolare dellinteresse legittimo oppositivo
infatti interessa soltanto non veder sacrificata o compressa la propria sfera
giuridica, cio a conservare il bene della vita.
Negli interessi legittimi pretensivi il rapporto procedimentale assume
una dinamica pi collaborativa, nel senso che il titolare dellinteresse
legittimo pretensivo cercher di porre in essere tutte le attivit volte a
stimolare lesercizio del potere e ad orientare la scelta
dellamministrazione in modo tale da poter conseguire un bene della vita.
Il suo interesse a far s che si determini un ampliamento della propria
sfera giuridica soddisfatto nel caso in cui lamministrazione, allesito
del procedimento, emani il provvedimento che produce leffetto positivo
(pretesa a un facre specifico da parte dellamministrazione). Anche in
questo caso, non rileva, dal punto di vista del privato (ma non
dellinteresse pubblico), se lemanazione del provvedimento sia legittima
o illegittima. Al titolare dellinteresse legittimo pretensivo infatti interessa

143

soltanto poter veder ampliata la propria sfera giuridica, cio acquisire un


bene della vita.
I due tipi di dinamica si riflettono sia sulla struttura del procedimento,
sia su quella del processo amministrativo.
Nel caso degli interessi legittimi oppositivi il procedimento si apre
usualmente dufficio e la comunicazione di avvio del procedimento
instaura il rapporto giuridico amministrativo. Nel caso degli interessi
legittimi pretensivi il procedimento si apre in seguito alla presentazione di
unistanza o domanda di parte che fa sorgere lobbligo di procedere e di
provvedere in capo allamministrazione titolare del potere (art. 2 della l.
n. 241/1990) e instaura il rapporto giuridico amministrativo.
Anche il processo amministrativo e la tipologia di azioni in esso
esperibili presentano caratteri propri in funzione del diverso bisogno di
tutela.
Nel caso degli interessi legittimi oppositivi il bisogno di tutela
correlato allinteresse alla conservazione del bene della vita suscettibile di
essere sacrificato o compresso in seguito allemanazione del
provvedimento restrittivo della sfera giuridica del privato.
Lannullamento dellatto impugnato con efficacia ex tunc soddisfa in
modo specifico tale bisogno (fatti salvi gli obblighi restitutori e gli
eventuali profili risarcitori), poich il ricorrente viene reintegrato nella
situazione in cui esso si trovava prima dellemanazione del
provvedimento. Se dalla sentenza di annullamento deriva poi un effetto
preclusivo pieno, tale cio da impedire lemanazione, rebus sic stantibus,
di un nuovo provvedimento sostitutivo di quello annullato produttivo dei
medesimi effetti, linteresse legittimo oppositivo esce dalla vicenda
procedimentale e processuale addirittura rafforzato.
Nel caso degli interessi legittimi pretensivi il bisogno di tutela
correlato invece allinteresse allacquisizione del bene della vita per
mezzo dellemanazione del provvedimento ampliativo della sfera
giuridica del privato. Rispetto a tale bisogno lannullamento del
provvedimento di diniego o, nel caso di silenzio-inadempimento,
laccertamento dellinadempimento dellobbligo di concludere il
procedimento nel termine stabilito ex art. 2 l. n. 241/1990 con un
provvedimento espresso si rivelano insufficienti in quanto non
determinano in via immediata lacquisizione del bene della vita in capo al
titolare dellinteresse legittimo che passa attraverso ladozione da parte
dellamministrazione del provvedimento richiesto. Soltanto una sentenza

144

che accerti la spettanza del bene della vita e condanni lamministrazione


ad emanare il provvedimento richiesto risulta pienamente satisfattiva.
Lazione specifica che consente un siffatto risultato la cosiddetta azione
di adempimento (Verpflichtungsklage) ammessa dallordinamento
processuale tedesco nel caso di poteri amministrativi vincolati.
Tradizionalmente, nel nostro ordinamento, il processo amministrativo,
incentrato sullazione di annullamento, in grado di fornire una tutela
satisfattiva soltanto agli interessi legittimi oppositivi. Nellambito del rito
speciale sul silenzio stato ammesso che il giudice possa, oltre che
dichiarare lillegittimit del comportamento, inerte, anche conoscere la
fondatezza dellistanza (art. 2, comma 8, della l. n. 241/1990, come
modificato dalla l. n. 15/2005, e art. 31, comma 3, del Codice del
processo amministrativo). La bozza di Codice del processo
amministrativo, predisposta da una commissione tecnica istituita presso il
Consiglio di Stato sulla base di una delega legislativa per la riforma del
processo amministrativo (l. n. 69/2009), conteneva un articolo volto a
introdurre lazione di adempimento secondo il modello tedesco. La
proposta non stata recepita nel testo finale approvato, anche se, in via
interpretativa, sembra possibile ritenere, come ha gi chiarito la
giurisprudenza amministrativa (Adunanza plenaria del Consiglio di Stato
n. 3/2011), che essa risulti comunque incorporata, come si vedr, nella
sistematica delle azioni e delle pronunce contenuta nel Codice.
La condanna allemanazione del provvedimento richiesto presuppone
peraltro che nellambito del processo sia possibile accertare in modo
pieno e completo la fondatezza della pretesa sostanziale e non residuino
in capo allamministrazione spazi di discrezionalit. In questultimo caso,
la sentenza del giudice amministrativo non pu andare al di l
dellaccertamento dei profili vincolati del potere e della condanna a
provvedere sullistanza, perch altrimenti il giudice amministrativo
sconfinerebbe
dallambito
della
giurisdizione di legittimit
sovrapponendo il proprio ruolo a quello dellamministrazione titolare del
potere alla quale sono riservate le valutazioni propriamente discrezionali.
Comunque sia, dato il carattere infungibile del potere, lemanazione del
provvedimento in conformit alla sentenza del giudice spetta sempre
allamministrazione competente. Solo ove questultima non ottemperi alla
sentenza il giudice, in sede di giudizio di esecuzione, potr sostituirsi
allamministrazione (di regola tramite un commissario ad acta alluopo
nominato).
Passando a considerare la tutela risarcitoria, con riferimento agli

145

interessi legittimi oppositivi essa correlata ai danni derivanti dalla


privazione o limitazione nel godimento del bene della vita nel caso in cui
il provvedimento abbia trovato esecuzione. Per esempio, se dopo
lemanazione decreto di esproprio si avuta lesecuzione con lapprensione
materiale del terreno, una volta annullato il provvedimento, il proprietario
deve essere risarcito del danno correlato al mancato godimento del bene
nel periodo intercorrente tra lesecuzione del provvedimento espropriativo
e la restituzione del bene medesimo. In ogni caso la lesione del bene
della vita emerge in re ipsa per effetto dellaccertamento dellillegittimit
e dellannullamento del provvedimento.
Con riferimento agli interessi legittimi pretensivi la tutela risarcitoria
correlata ai danni conseguenti alla mancata o ritardata acquisizione del
bene della vita nel caso in cui sia stato emanato un provvedimento di
diniego o lamministrazione sia rimasta inerte (per esempio, il mancato o
ritardato avvio di unattivit commerciale assoggettata a un regime di
autorizzazione). La lesione del bene della vita non consegue
automaticamente dallannullamento del provvedimento di diniego o
dallaccertamento dellillegittimit del silenzio. Infatti, secondo i criteri
stabiliti dalla sentenza della Corte di Cassazione n. 500/1999, gi
ricordata, il giudice deve formulare un giudizio prognostico attraverso
una valutazione che tenga conto della normativa applicabile (maggiore o
minore discrezionalit attribuita allamministrazione) e di tutte le
circostanze di fatto (acquisite al procedimento). Solo se allesito di un
siffatto giudizio sia possibile concludere nel senso della riconducibilit
del bene della vita al patrimonio giuridico del titolare dellinteresse
legittimo (cosiddetto giudizio di spettanza), allora emerge la lesione di
tale interesse suscettibile di risarcimento del danno. Questultimo pu
essere pieno o soltanto commisurato alla cosiddetta perdita di chance nei
casi in cui non sia possibile accertare in termini di certezza assoluta, ma
soltanto di probabilit lacquisizione o la conservazione del bene della
vita in capo al titolare dellinteresse legittimo nel caso in cui il potere
fosse stato esercitato in modo legittimo. Cos, per esempio, in materia di
procedure di gara per laggiudicazione di un contratto, limpresa seconda
classificata che impugna e ottiene lannullamento dellammissione alla
procedura dellimpresa prima classificata, ottiene una sentenza che
accerta in modo univoco la pretesa a conseguire il bene della vita (il
contratto oggetto della procedura) in seguito allesclusione dalla
graduatoria dellimpresa prima classificata; se, invece, la medesima
impresa contesta lerronea valutazione tecnico-discrezionale della
commissione giudicatrice nellattribuzione dei punteggi riferiti ad

146

elementi qualitativi dellofferta e ottiene una sentenza che annulla la


graduatoria finale, la pretesa a conseguire il bene della vita pu essere
apprezzata solo in termini di chance, visto che non possibile prefigurare
in modo univoco lesito di una nuova valutazione delle offerte da parte
della commissione giudicatrice.
La bipartizione tra i due tipi di interessi legittimi consente di
inquadrare un particolare tipo di provvedimenti a doppio effetto
(Doppelwirkung), i quali producono ad un tempo un effetto ampliativo e
un effetto restrittivo nella sfera giuridica di due soggetti distinti. Si pensi
per esempio al rilascio di un permesso a costruire per realizzare un
edificio che impedir una vista panoramica al proprietario del terreno
confinante, oppure al rilascio di unautorizzazione ad avviare unattivit
commerciale in diretta concorrenza con un esercizio posto nelle
immediate vicinanze che subir una contrazione del proprio giro daffari.
Si pensi ancora al provvedimento di aggiudicazione di un contratto di
appalto che soddisfa linteresse pretensivo dellimpresa risultata prima in
graduatoria e che, ad un tempo, lascia insoddisfatto quello delle altre
imprese partecipanti.
In questi casi, la dinamica dei rapporti tra lamministrazione e i
soggetti privati titolari di un interesse legittimo pretensivo e oppositivo
diventa pi articolata, sia nellambito del procedimento, sia nellambito
del processo, proprio perch si instaura anche una dialettica che vede
contrapposti due interessi privati.
Nella fase procedimentale le parti private tenderanno infatti a
sottoporre allamministrazione gli elementi istruttori e valutativi che
inducano questultima a provvedere in senso conforme al proprio
interesse e contrario allinteresse dellaltra parte privata.
Nella fase processuale successiva allemanazione del provvedimento
che determina contestualmente un effetto ampliativo nei confronti di un
soggetto, restrittivo nei confronti di un altro, invece, accanto alla parte
ricorrente che impugna il provvedimento chiedendone lannullamento e
allamministrazione resistente, interviene come parte processuale
necessaria il controinteressato, cio la parte che ha tratto una utilit
dallemanazione del provvedimento e che affianca lamministrazione
nella difesa della legittimit del provvedimento emanato (negli esempi
fatti, limpresa aggiudicataria, il titolare del permesso a costruire o
dellautorizzazione commerciale).

147

8. Diritti soggettivi e interessi legittimi: criteri di distinzione.


La distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi ha affaticato da
sempre la dottrina e la giurisprudenza. In astratto, infatti, le due situazioni
giuridiche soggettive presentano caratteri distintivi precisi. Nella
concretezza delle relazioni che si instaurano tra lamministrazione i
soggetti privati e che sono disciplinate nelle leggi amministrative, invece,
spesso difficile orientarsi.
La dottrina e la giurisprudenza, specie quella delle Sezioni Unite della
Corte di Cassazione, investite di questioni attinenti al riparto di
giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo, hanno per
individuato alcuni criteri che possono essere di aiuto.
Un primo criterio si incentra sulla struttura della norma che regola il
rapporto tra il privato e lamministrazione. Rileva in proposito la
distinzione gi vista tra norma di relazione, alla quale correlato il diritto
soggettivo, e norma dazione, alla quale correlato linteresse legittimo.
Nella prima la produzione delleffetto giuridico avviene, come si
visto, in modo automatico sulla base dello schema norma-fatto-effetto.
Leventuale atto dellamministrazione che accerta il prodursi delleffetto
giuridico e dei diritti e degli obblighi posti in capo alle parti ha un
carattere meramente ricognitivo.
Si pensi, per esempio, nellambito dei rapporti di impiego alle
dipendenze della pubblica amministrazione esclusi dal regime della
privatizzazione, alla categoria dei cosiddetti atti paritetici costruita dalla
giurisprudenza gi negli anni Trenta del secolo scorso. Si tratta, come si
vedr, di atti attraverso i quali lamministrazione riconosce (o disconosce)
al dipendente unindennit di carica o un altro beneficio attribuito
direttamente da una norma di rango legislativo o sub legislativo, atti che
pertanto che hanno unefficacia meramente ricognitiva, anzich
costitutiva, dei diritti e degli obblighi del dipendente pubblico. Si pensi
ancora agli atti che accertano il carattere demaniale di un bene in base ai
criteri posti dal codice civile (art. 822 cod. civ.).
Il comportamento assunto in violazione della norma di relazione va
qualificato come illecito e lesivo del diritto soggettivo. Laccertamento
della illiceit (e leventuale condanna) spetta, di regola, al giudice
ordinario.
Nella norma di azione la produzione delleffetto giuridico avviene,
come si visto, secondo lo schema norma-fatto-potere-effetto. Il

148

provvedimento emanato dallamministrazione nellesercizio del potere


disciplinato dalla norma dazione ha un carattere costitutivo delleffetto
giuridico nella sfera giuridica del destinatario. Il provvedimento assunto
in violazione della norma di azione va qualificato, come si vedr trattando
dei vizi dellatto amministrativo, come illegittimo e lesivo di un interesse
legittimo. Lannullamento del provvedimento illegittimo spetta di regola
al giudice amministrativo.
Un secondo criterio consiste nella distinzione tra potere vincolato e
potere discrezionale. In presenza di un potere discrezionale la situazione
giuridica di cui titolare il soggetto privato sempre ed esclusivamente
linteresse legittimo. Ci perch la conservazione o lacquisizione del
bene della vita in capo al soggetto privato, lungi da essere garantita in
modo diretto dalla norma, rimessa alla valutazione dellamministrazione
titolare del potere. Di fronte al potere discrezionale il soggetto privato non
in grado di prevedere con certezza se la sua pretesa verr soddisfatta
dallamministrazione allesito del procedimento. Manca, dunque, la
possibilit di ascrivere in modo immediato e diretto un vantaggio o bene
della vita alla sfera giuridica del soggetto privato, ci che caratterizza
invece la struttura del diritto soggettivo.
Diversa la situazione, invece, nel caso in cui il potere sia vincolato in
tutti i suoi elementi dalla norma giuridica. In questo caso, il soggetto
privato, valutando autonomamente la situazione concreta in cui egli si
trova, in grado di prevedere con certezza ex ante se lamministrazione,
ove agisca in modo conforme alle norme applicabili, riconoscer o meno
il vantaggio o il bene della vita. Il cosiddetto giudizio di spettanza ha
cio un carattere univoco, ove la situazione di fatto e di diritto venga
ricostruita in modo corretto dallamministrazione. La situazione in cui
versa il privato in questo senso assimilabile a quella in cui si trova il
titolare di un diritto soggettivo.
In realt, mentre una parte della dottrina (A. ORSI BATTAGLINI, C.
MARZUOLI) instaura una correlazione biunivoca perfetta tra potere
vincolato e titolarit di un diritto soggettivo, la giurisprudenza
amministrativa, con il conforto di parte della dottrina, spezza una siffatta
correlazione introducendo unulteriore variabile.
Ammette cio
lesistenza di un diritto soggettivo soltanto nel caso in cui i vincoli
ricavabili dalla norma che disciplina il potere abbiano una funzione di
garanzia e di tutela diretta del soggetto privato. Ove invece essi siano
finalizzati principalmente alla tutela dellinteresse pubblico, deve essere
riconosciuta, anche a fronte di un potere vincolato, lesistenza di un

149

interesse legittimo. Secondo questa visione le norme dazione pongono


una serie di vincoli ai poteri dellamministrazione anzitutto allo scopo di
consentire uno svolgimento ordinato e misurabile in modo oggettivo, cio
sulla base di parametri certi, dellattivit amministrativa. Tali vincoli sono
funzionali a un interesse proprio di unorganizzazione complessa qual la
pubblica amministrazione, che, in aggiunta alle esigenze di
razionalizzazione tipiche anche dei grandi apparati privati, assoggettata
comunque al vincolo della legalit. In altri termini, il dovere di agire nel
rispetto delle norme che grava sullamministrazione non svolge sempre e
necessariamente in modo diretto una funzione di garanzia della posizione
soggettiva dei privati.
Peraltro, la necessit di stabilire se i vincoli posti allesercizio del
potere siano finalizzati alla tutela dellinteresse del soggetto privato o alla
tutela dellinteresse pubblico introduce un elemento di incertezza tale da
compromettere, almeno in parte, lutilit del criterio distintivo.
In definitiva, il criterio offre una soluzione certa solo quando il potere
ha natura discrezionale, ci che esclude in radice la possibilit di
ricostruire la situazione giuridica correlata in termini di diritto soggettivo.
Un terzo criterio tradizionale per distinguere il diritto soggettivo
dallinteresse legittimo, introdotto dalla Corte di Cassazione nella seconda
met del secolo scorso14, si fonda sulla diversa natura del vizio dedotto
dal soggetto privato nei confronti dellatto emanato.
Ove venga contestata la cosiddetta carenza di potere, cio lassenza di
un fondamento legislativo del potere (cosiddetta carenza di potere in
astratto) o una deviazione abnorme dallo schema normativo (cosiddetto
straripamento di potere), latto emanato dallamministrazione in realt
una parvenza di provvedimento, privo della idoneit a produrre leffetto
tipico nella sfera giuridica del destinatario (provvedimento nullo o
addirittura inesistente). La situazione giuridica soggettiva di cui
questultimo titolare, e in particolare il diritto soggettivo, resiste, per
cos dire, di fronte al potere e non subisce alcun affievolimento (o
degradazione) tramutandosi in un interesse legittimo.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha anche individuato
alcuni diritti soggettivi, che ricevono una tutela rafforzata nella
Costituzione (in particolare il diritto alla salute o allintegrit
14

La sentenza capostipite quella delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, 4 luglio
1949, n. 1657, in Foro.it. 1949, I, 926.

150

dellambiente), che di regola non possono essere incisi dal potere


amministrativo (i cosiddetti diritti non comprimibili o non degradabili) e
la cui tutela rimessa di conseguenza in via esclusiva al giudice
ordinario.
Ove invece il soggetto privato lamenti il cattivo esercizio del potere,
senza per contestarne in radice lesistenza, deducendo uno dei vizi tipici
del provvedimento (incompetenza, eccesso di potere, violazione di legge)
che possono comportare lannullabilit, la situazione giuridica fatta valere
nei confronti dellamministrazione ha la consistenza di un interesse
legittimo.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione ha incluso nella carenza di
potere anche la cosiddetta carenza di potere in concreto, ipotesi che si
verifica nei casi in cui la norma in astratto attribuisce il potere
allamministrazione, ma manca nella fattispecie concreta un presupposto
essenziale per poterlo esercitare (per esempio nel caso in cui
lespropriazione non sia stata preceduta dalla dichiarazione di pubblica
utilit oppure sia scaduto un termine perentorio previsto a pena di
decadenza). La carenza di potere in concreto stata oggetto di contrasti
tra il giudice ordinario e il giudice amministrativo anche in ragione delle
conseguenze che ne derivano in termini di ampliamento o restrizione dei
rispettivi ambiti di giurisdizione.
In questi anni in corso un ripensamento alla luce dellart. 21-septies
della l. n. 241/1990, disposizione introdotta nel 2005 che ha disciplinato
in termini generali la categoria della nullit. Tale nuova norma elenca le
ipotesi tassative di nullit, tra le quali figura anche il difetto assoluto di
attribuzione che pu essere fatto coincidere con la carenza di potere in
astratto. Di conseguenza, per implicazione negativa, la carenza di potere
in concreto sarebbe inquadrabile nella categoria generale della violazione
di legge e determinerebbe ormai, com gi affermato da un indirizzo
giurisprudenziale e dottrinale, soltanto lannullabilit del provvedimento
emanato.
Comunque sia, la nullit di un provvedimento sembra atteggiarsi in
modo diverso a seconda che il potere di cui esso espressione tenda ad
ampliare o restringere la sfera giuridica del destinatario. Nel secondo
caso, la nullit priva il provvedimento della sua forza imperativa e
pertanto della sua idoneit ad incidere sulle situazioni di diritto soggettivo
di cui titolare il privato, le quali, dunque, non subiscono alcun
affievolimento. Nel secondo caso, lemanazione di un provvedimento di
diniego, affetto vuoi da un vizio che comporti la nullit, vuoi da un vizio

151

che comporti lannullabilit, lascia comunque insoddisfatta la pretesa del


soggetto privato e non sembra influire sulla configurazione della
situazione giuridica soggettiva di base di cui questultimo titolare.
9. Interessi di fatto, diffusi e collettivi.
Le norme che disciplinano lorganizzazione e lattivit della pubblica
amministrazione possono imporre allamministrazione doveri di
comportamento, finalizzati alla tutela di interessi pubblici, in modo per
cos dire irrelato, cio senza che ad essi corrisponda alcuna situazione
giuridica o altro tipo di pretesa giuridicamente tutelata in capo a soggetti
esterni allamministrazione.
Ci si verifica non soltanto nel caso delle norme interne, sulle quali ci
si gi soffermati nel capitolo precedente, ma anche nel caso di norme
poste da fonti normative primarie o secondarie. Si pensi, per esempio,
alle norme che impongono alle amministrazioni di adottare atti di
pianificazione (urbanistici, del traffico, in materia ambientale,
paesaggistica, ecc.), di realizzare determinate opere infrastrutturali, di
contenere i livelli di spesa, di raggiungere determinati standard qualitativi
nellerogazione dei servizi o di dotarsi di modelli organizzativi e
funzionali particolari.
La violazione di siffatti doveri rileva, di regola, soltanto allinterno
dellorganizzazione degli apparati pubblici e pu dar origine, a seconda
dei casi, a interventi di tipo propulsivo (diffide) o sostitutivo da parte di
organi dotati di poteri di vigilanza, a sanzioni che colpiscono i dirigenti e
i funzionari responsabili della violazione o ad altre forme di
penalizzazione (finanziaria, divieto di assunzione di personale, ecc.).
I soggetti privati che possono trarre un beneficio o un pregiudizio
indiretto da siffatte attivit poste in essere dallamministrazione per la
cura di interessi pubblici possono vantare, di regola, un interesse di mero
fatto (o interesse semplice) in relazione al quale le norme in questione
offrono soltanto una tutela di tipo oggettivo.
I portatori di un interesse di mero fatto possono promuovere
losservanza da parte delle amministrazioni dei doveri, per esempio,
sollecitandole ad attivarsi (con segnalazioni, sollecitazioni) o attraverso
campagne di sensibilizzazione dellopinione pubblica o intraprendendo
azioni di tipo politico. Gli interessi di fatto non consentono per
lesperimento di rimedi giuridici e in particolare di azioni da proporre in

152

sede giurisdizionale, che sono previste soltanto per le situazioni


giuridiche soggettive in senso proprio.
Emerge cos la necessit di distinguere gli interessi di fatto dagli
interessi legittimi. I criteri sono essenzialmente due, anche se la loro
applicazione in concreto talora problematica:
il criterio della
differenziazione e il criterio della qualificazione. I
Quanto al primo criterio, perch possa configurarsi lesistenza di un
interesse giuridicamente protetto, occorre anzitutto che la posizione in
cui si trova il soggetto privato rispetto allamministrazione gravata da un
dovere di agire sia in qualche modo differenziata rispetto a quella della
generalit dei soggetti dellordinamento.
Pu essere rilevante a questo riguardo lelemento fisico-spaziale della
vicinanza (o vicinitas), che rende pi concreto il pregiudizio in capi a
taluni soggetti.
Cos, per esempio, il proprietario di un terreno che confina con il
terreno in relazione al quale stata rilasciata una concessione edilizia per
la costruzione di un edificio che impedirebbe una vista panoramica o
determinerebbe un altro tipo di pregiudizio si trova in una posizione
differenziata rispetto al proprietario di aree non contigue, poste magari a
grande distanza. Allo stesso modo, se un Comune si dota di un piano del
traffico che pone limiti irragionevolmente restrittivi allaccesso al centro
storico a veicoli privati, i residenti o i titolari di esercizi commerciali delle
zone interessate si trovano in una situazione differenziata, per esempio,
rispetto ai residenti dei comuni limitrofi.
Una volta appurato il carattere differenziato di un interesse rispetto a
quello della generalit dei soggetti, occorre valutare se tale interesse
rientri in qualche modo nel perimetro della tutela diretta offerta dalle
norme e, in particolare, da quelle che attribuiscono il potere (criterio della
qualificazione giuridica dellinteresse) e se, pertanto, il suo titolare possa
vantare una posizione qualificabile come interesse legittimo.
Nella casistica giurisprudenziale i due criteri appaiono strettamente
correlati nel senso che quanto pi differenziato in base a criteri oggettivi
risulta un interesse, tanto pi probabile che esso venga ritenuto anche
oggetto di una tutela giuridica da parte dellordinamento, e ci anche
senza che sia richiesta lindividuazione di una specifica disposizione
normativa espressamente finalizzata a proteggere linteresse del soggetto
privato.

153

Gli interessi di mero fatto possono avere una dimensione individuale o


superindividuale. E cos emersa in dottrina e in giurisprudenza
soprattutto a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, con il maturare
di una nuova consapevolezza sociale e con il moltiplicarsi dei bisogni e
delle aspettative dei cittadini anche nei confronti di beni immateriali, la
nozione di interesse diffuso.
Gli interessi diffusi possono essere definiti variamente come interessi
non personalizzati (o adespoti), senza struttura, riferibili in modo
indistinto alla generalit della collettivit o a categorie pi o meno ampie
di soggetti (consumatori, utenti, risparmiatori, fruitori dellambiente,
ecc.).
Il carattere diffuso dellinteresse deriva dalla caratteristica del bene
materiale o immateriale ad esso correlato che non suscettibile di
appropriazione e di godimento esclusivi (ambiente, paesaggio, patrimonio
storico-artistico, sicurezza stradale, concorrenza, ecc.). Con il linguaggio
degli economisti, si tratta in genere di beni pubblici non rivali e non
escludibili: non rivali perch il loro consumo o utilizzo da parte di
uno non ne impedisce la fruizione da parte di un altro; non escludibili,
perch, una volta fornito il bene, nessuno pu esserne escluso dalla
fruizione.
Gli interessi diffusi costituiscono una categoria dai confini incerti.
Essi, infatti, superano la dimensione individuale (in quanto sono riferibili
agli individui non in s, ma in relazione al loro status di consumatore,
utente, ecc.) e finiscono per sovrapporsi almeno in parte alla nozione di
interesse pubblico. Essi, inoltre, oscillano, nelle varie ricostruzioni
dottrinali proposte, tra lirrilevanza giuridica (e sono dunque qualificati
come interessi di mero fatto) e la riconducibilit a una situazione giuridica
soggettiva tipizzata (una sorta di tertium genus rispetto al diritto
soggettivo e allinteresse legittimo).
Lordinamento giuridico, tuttavia, ha iniziato a prendere in
considerazione gli interessi diffusi attribuendo ad essi una certa rilevanza
sia in sede procedimentale, sia in sede processuale.
Sotto il primo profilo lart. 9 della l. n. 241/1990 attribuisce la facolt
di intervenire nel procedimento a qualsiasi soggetto portatore di interessi
pubblici o privati nonch ai portatori di interessi diffusi costituti in
associazioni o comitati ai quali possa derivare un pregiudizio dal
provvedimento. Il diritto di partecipazione consente dunque di immettere
nel procedimento interessi riferibili alla collettivit (ad esempio la tutela

154

dellambiente) che non coincidono necessariamente con quello curato in


via istituzionale e dallamministrazione titolare del potere (per esempio
lamministrazione presposta alla realizzazione di unopera pubblica), la
quale dovr, quindi, tenerne conto in sede di valutazione e ponderazione
di tutti gli interessi rilevanti e di decisione finale.
Pi complessa la questione della tutela giurisdizionale degli interessi
diffusi che ha avuto oscillazioni notevoli in dottrina e in giurisprudenza.
Una via proposta in dottrina, che per non ha trovato un riscontro
positivo nella giurisprudenza, stata quella di individuare nella
partecipazione al procedimento amministrativo ai sensi della l. n.
241/1990 un elemento di differenziazione e qualificazione tale da
consentire limpugnazione innanzi al giudice amministrativo del
provvedimento conclusivo del procedimento. Tuttavia, a ben considerare,
diritto di partecipazione al procedimento e legittimazione processuale
hanno funzioni diverse. La partecipazione al procedimento assolve non
soltanto alla funzione di tutela preventiva degli interessi dei soggetti
suscettibili di essere incisi dal provvedimento, ma anche a quella di
fornire allamministrazione una gamma pi ampia di informazioni utili
per esercitare meglio il potere. Essa ha dunque un ambito pi ampio della
legittimazione processuale che pu essere riconosciuta soltanto al titolare
di una situazione giuridica soggettiva in senso proprio che ha subito una
lesione alla quale occorre porre rimedio.
Unaltra via stata, in talune ipotesi, quella di ampliare le maglie
dellinteresse legittimo fino a includervi, anche a costo di qualche
forzatura, situazioni nelle quali il ricorrente agisce in giudizio per tutelare
in realt un interesse superindividuale.
E stata posta in proposito la distinzione tra interessi propriamente
diffusi e interessi collettivi, cio interessi riferibili a specifiche categorie o
gruppi organizzati (associazioni sindacali dei lavoratori o imprenditoriali,
partiti politici, ordini e collegi professionali, ecc.). A questi organismi
stata riconosciuta in giurisprudenza una legittimazione processuale
autonoma, correlata a una situazione di interesse legittimo, allo scopo di
tutelare gli interessi non gi dei singoli appartenenti alla categoria
(legittimati ad agire in giudizio nel caso in cui subiscano una lesione
diretta nella loro sfera giuridica individuale), bens della categoria in
quanto tale. Cos un ordine professionale pu impugnare provvedimenti
amministrativi che legittimano soggetti diversi dai propri iscritti a
svolgere unattivit ritenuta rientrante nelle prerogative della categoria.
Nel 2010, gli organismi rappresentativi degli avvocati hanno impugnato il

155

regolamento governativo in tema di mediazione delle controversie civili


perch consentiva lesperimento della mediazione senza lassistenza degli
iscritti allalbo degli avvocati.
In materia di interessi diffusi intervenuto in settori particolari il
legislatore. Cos, per esempio, in materia ambientale lart. 18 della legge
8 luglio 1986, n. 349 attribuisce ad associazioni che abbiano ottenuto un
riconoscimento dal ministero dellAmbiente in base a certe caratteristiche
minime (dimensione nazionale o ultraregionale, finalit statutarie,
ordinamento interno democratico, continuit di azione) la legittimazione a
ricorrere al giudice amministrativo a tutela degli interessi ambientali. In
ambito civilistico, il Codice del consumo (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206)
conferisce alle associazioni di consumatori rappresentative a livello
nazionale e iscritte in un elenco presso il Ministero dello Sviluppo
Economico la legittimazione a proporre azioni in sede giudiziaria civile
a tutela degli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti.
Queste e altre analoghe previsioni legislative, lungi dal trasformare gli
interessi diffusi in situazioni giuridiche soggettive di interesse legittimo o
di diritto soggettivo in senso proprio, hanno una rilevanza prettamente
processuale finalizzata a individuare casi di legittimazione ad agire
straordinaria, cio non collegata alla titolarit di una situazione giuridica
soggettiva.
Dagli interessi diffusi e collettivi, che hanno una dimensione
superindividuale in senso proprio, vanno distinti gli interessi individuali
che hanno una dimensione collettiva solo per il fatto di essere comuni a
una pluralit o molteplicit di soggetti, ciascuno dei quali titolare di una
situazione giuridica soggettiva di tipo individuale (cosiddetti interessi
individuali omogenei o isomorfi). Si pensi, per esempio, al caso degli
utenti del servizio elettrico di una citt nella quale si verifica una
situazione di interruzione della fornitura di energia elettrica protratta nel
tempo.
In questi casi linteresse leso resta un interesse individuale e lelemento
di omogeneit e comunanza consiste nel fatto che la lesione deriva da
unattivit illecita o illegittima plurioffensiva.
La tutela di questo tipo di interessi individuali non diversa, in linea di
principio, da quella prevista per ciascun diritto soggettivo o interesse
legittimo di cui sono titolari i soggetti coinvolti, i quali possono agire in
giudizio autonomamente. Peraltro, in molti casi, come, per esempio, nel
settore dei rapporti di utenza nei servizi pubblici, si tratta di situazioni in

156

cui il danno provocato di entit limitata, tale da scoraggiare, in base a


unanalisi costi-benefici, lesperimento di unazione in sede
giurisdizionale (cosiddetti small claims).
Per questi interessi lordinamento prevede forme di tutela non
giurisdizionale semplificate, meno formalizzate e costose, innanzi a
organismi di mediazione o conciliazione, oppure innanzi alle stesse
autorit amministrative di regolazione (cosiddette ADR, alternative
dispute resolution, che includono vari tipi di reclami, ricorsi, ormai
disciplinate da numerose disposizioni legislative settoriali).
Di recente, il legislatore ha introdotto rimedi processuali particolari
ribattezzati, forse impropriamente, come azioni di classe (class actions)
nelle quali, nellesperienza statunitense, i diritti lesi dal comportamento
illecito sono dedotti in giudizio da un rappresentante dellintera classe
(salva la facolt dei singoli di dichiarare la loro non adesione: la
cosiddetta clausola di opt out).
In particolare, il Codice del consumo prevede unazione collettiva
risarcitoria da proporsi innanzi al giudice ordinario (art. 140-bis) in
relazione a comportamenti che ledono i diritti di una pluralit di
consumatori o utenti. Inoltre, nellambito delle riforme amministrative
pi recenti stato anche introdotto un ricorso per lefficienza delle
amministrazioni e dei concessionari di servizi pubblici da esperire innanzi
al giudice amministrativo (d.lgs. 20 dicembre 2009, n. 198).
Questultimo rimedio consente ai titolari di interessi giuridicamente
rilevanti ed omogenei per una pluralit di utenti e consumatori di adire
il giudice amministrativo in caso di accertata violazione di livelli e
standard di qualit predefiniti, per esempio, nelle carte dei servizi o di
ritardo nelladozione di atti amministrativi generali. Il ricorso non
consente una tutela risarcitoria, ma mira soltanto a ottenere una pronuncia
del giudice che ripristini il corretto svolgimento della funzione o la
corretta erogazione di un servizio pubblico e pu essere proposto, oltre
che dai singoli interessati, anche da associazioni o comitati costituiti a
tutela degli interessi degli interessati. Un esempio tratto dalla prima
giurisprudenza lazione proposta da unassociazione dei consumatori
per far valere la pretesa di far rispettare allorganizzazione scolastica lo
standard rappresentato dal numero massimo di alunni che possono
comporre una classe.
Entrambi i testi normativi da ultimo citati, in realt, apprestano uno
strumento processuale volto a favorire laggregazione di azioni seriali che

157

i singoli titolari delle situazioni giuridiche omogenee sarebbero comunque


legittimati a proporre autonomamente.
10. I principi generali.
Completata lanalisi del rapporto giuridico amministrativo conviene
ora rivolgere lattenzione ai principi giuridici che presiedono alla
funziona di amministrazione attiva.
Va premesso che nei manuali di diritto amministrativo il tema dei
principi trova una pluralit di collocazioni: come testa di capitolo
dellintera disciplina e allora si fa riferimento ai principi generali del
diritto amministrativo tout court; nellambito dellesposizione della teoria
dello Stato di diritto (principio della separazione dei poteri, riserva di
legge, principio di legalit, azionabilit in giudizio delle situazioni
giuridiche soggettive); a proposito dellassetto costituzionale della
pubblica amministrazione, sia sotto il profilo organizzativo (principi di
organizzazione) sia sotto il profilo funzionale (principi relativi
allattivit).
La scelta qui operata nel senso di trattare in questa parte soltanto i
principi relativi alla funzione amministrativa rinviando, per lanalisi dei
principi relativi allorganizzazione, alla parte relativa allassetto della
pubblica amministrazione. Si altres ritenuto preferibile svolgere in
modo unitario il tema a prescindere dal fatto che il singolo principio sia
ricavabile dalla Costituzione, che allart. 97 enuncia in particolare il
principio di imparzialit e di buon andamento della pubblica
amministrazione; dalla Carta dei diritti fondamentali dellUnione europea,
che allart. 41 disciplina il diritto ad una buona amministrazione, o dai
Trattati europei, dai quali si ricavano, per esempio, i principi sussidiariet,
proporzionalit, precauzione; dalla l. n. 241/1990, che pone i principi
generali dellazione amministrativa e del procedimento.
Il plesso dei principi costituzionali, europei e legislativi che riguardano
le funzioni amministrative infatti ormai strettamente interconnesso ai
vincoli derivanti dallordinamento comunitario sia attraverso il richiamo
contenuto nellart. 117, comma 1, della Costituzione, in tema di potest
legislativa statale e regionale, sia tramite il rinvio ai principi
dellordinamento comunitario operato dallart. 1, comma 1, della l. n.
241/1990, in tema di attivit amministrativa,.

158

Sotto il profilo sistematico, conviene distinguere anzitutto, da un lato, i


principi che presiedono allattribuzione e alla disciplina delle funzioni che
sono rivolti essenzialmente al legislatore (statale e regionale); dallaltro, i
principi che hanno come destinatarie dirette le amministrazioni e che
possono essere riferiti, con una scomposizione analitica che riprende i
concetti introdotti nel primo paragrafo del capitolo, allattivit
amministrativa, al procedimento, al provvedimento, allesercizio del
potere discrezionale. Caratteristica di alcuni di questi ultimi principi la
loro interdipendenza e circolarit, nel senso che, come si vedr, pur
essendo dotati di unautonomia concettuale e giuridica, sul piano
funzionale operano in modo interconnesso con un effetto di
rafforzamento reciproco. Alcuni principi hanno una valenza trasversale.
a) I principi sulle funzioni.
I principi che presiedono allallocazione delle funzioni sono rivolti al
legislatore statale e regionale allorch pongono una disciplina dei diversi
livelli di governo e sono enunciati anzitutto nella Costituzione. Lart. 118,
infatti, richiama i principi di sussidiariet, differenziazione e adeguatezza
che vanno a integrare e a rafforzare il principio del decentramento posto
dallart. 5.
Lart. 118 prevede che la generalit delle funzioni sia attribuita al
livello di governo pi vicino al cittadino e cio al Comune. Solo le
funzioni delle quali necessario assicurare un esercizio unitario che
supera la dimensione territoriale dei Comuni possono essere attribuite ai
livelli di governo via via pi elevati e cio alle Province, alle Citt
metropolitane, alle Regioni e allo Stato. Le funzioni amministrative vanno
dunque allocate tra gli enti territoriali secondo il criterio della dimensione
degli interessi (locale, regionale o nazionale).
Il principio di sussidiariet richiamato, come si accennato, anche
dallart. 4, comma 4, del Trattato sullUnione europea per quanto attiene
ai rapporti tra Stati membri e istituzioni dellUnione.
I principi posti dallart. 118 della Costituzione trovano svolgimento
nelle singole materie di legislazione amministrativa nel d.lgs. n.
112/1998, gi richiamato allinizio di questo capitolo, che costituisce il
tentativo di riordino delle funzioni pi organico operato in epoca recente.
Il decreto legislativo stato emanato sulla base della legge di delega n.
59/1997 che merita di essere analizzata in questa sede perch specifica e
sviluppa i principi enunciati nella disposizione costituzionale. La legge di

159

delega per il conferimento delle funzioni ai vari livelli di governo


definisce meglio il principio di adeguatezza, che si riferisce allidoneit
organizzativa dellamministrazione ricevente (le funzioni, nda), e il
principio di differenziazione, che mira a tener conto delle diverse
caratteristiche, anche associative, demografiche, territoriali e strutturali
degli enti riceventi (art. 4, comma 3, lett. g) e h)). Questi due principi
consentono di tener conto delle specificit di oltre 8.000 Comuni e di oltre
100 Province e sono volti anche a sollecitare lattivazione di forme di
collaborazione tra enti territoriali per lesercizio in forma associata di
talune funzioni.
La legge delega menziona altres, in particolare, i principi di efficienza
e di economicit, di responsabilit ed unicit dellamministrazione (con
lattribuzione a un unico soggetto delle funzioni e dei compiti connessi,
strumentali e complementari), di omogeneit, di copertura finanziaria e
patrimoniale dei costi per lesercizio delle funzioni, di autonomia
organizzativa e regolamentare (art. 4, comma 3).
Si fatto sin qui riferimento al principio della sussidiariet cosiddetta
verticale, che riguarda appunto la distribuzione delle funzioni allinterno
di unamministrazione pubblica multilivello. La Costituzione richiama
anche la sussidiariet cosiddetta orizzontale che attiene invece ai rapporti
tra poteri pubblici e societ civile. Lart. 118, comma 4, stabilisce, infatti,
che lo Stato e gli enti territoriali favoriscono lautonoma iniziativa dei
cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attivit di interesse
generale, sulla base del principio di sussidiariet. Questa disposizione
ha il valore simbolico, da un lato, di escludere che i poteri pubblici
detengano il monopolio nella cura degli interessi della collettivit, e,
dallaltro, di assegnare quasi un ruolo di primazia a forme di autoorganizzazione della societ civile.
I principi in questione, essendo rivolti al legislatore, sono soprattutto
principi e criteri di policy da fare valere nelle sedi politiche, pi che
principi giuridici che fondano pretese azionabili in sede giurisdizionale.
b) I principi sullattivit.
Passando a considerare i principi che presiedono allattivit
amministrativa, si gi richiamato lart. 1 della l. n. 241/1990 secondo il
quale lattivit amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed
retta da criteri di economicit, di efficacia, di imparzialit, di pubblicit
e di trasparenza () nonch dai principi dellordinamento comunitario.

160

Tali criteri, sebbene riferiti testualmente allattivit, possono valere anche


per il procedimento e latto amministrativo.
Poich, come si accennato, lattivit amministrativa si riferisce in
modo unitario al complesso delle operazioni, comportamenti e atti posti in
essere da un apparato amministrativo, anche lapplicazione dei criteri
enunciati nellart. 1 avviene attraverso un giudizio globale, da un lato, di
coerenza rispetto alla missione affidata dal legislatore e di conformit
complessiva, al di l della legittimit dei singoli atti, alle norme giuridiche
e ai principi cui assoggettato lapparato amministrativo, e, dallaltro
lato, sotto un aspetto essenzialmente qualitativo, di buon andamento, cio
di risultati positivi effettivamente conseguiti mediante luso efficiente
delle risorse disponibili.
A tal proposito, stata di recente elaborata, come si accennato, la
nozione di amministrazione di risultato che si correla a quella pi
tradizionale di buon andamento cui fa riferimento lart. 97 della
Costituzione. Si tratta di una nozione dai contorni sfumati che, per, tende
a mettere in luce come nellattuale fase evolutiva dellordinamento sia
cresciuta lattenzione nei confronti dellefficienza, efficacia ed
economicit dellazione amministrativa. E cos in via di superamento
limpostazione pi tradizionale che considerava lazione amministrativa
principalmente nel prisma della legalit formale ed era incline a ritenere
che il rispetto della legalit fosse di per s garanzia del buon andamento
della pubblica amministrazione.
Lamministrazione di risultato rende maggiormente autonomo questo
concetto, introducendo criteri di valutazione delle performance degli
apparati amministrativi di tipo aziendalistico. Di recente, il legislatore, nel
contesto di una riforma volta a promuovere lefficienza della pubblica
amministrazione, ha disciplinato il cosiddetto ciclo delle performance
che si applica anzitutto agli apparati amministrativi nel loro complesso
(d.lgs. 27 ottobre 2009, n. 150). Le fasi del ciclo delle performance sono
principalmente la definizione di obiettivi, lallocazione delle risorse, il
monitoraggio in corso di esercizio, la misurazione e valutazione della
performance organizzativa e dei singoli dipendenti, lutilizzo di sistemi
premianti. La performance organizzativa collegata, in particolare, al
grado di soddisfazione dei cittadini e degli utenti, allefficienza
nellimpiego delle risorse, nella quantit e qualit dei servizi erogati (art.
8).
Pi precisamente, in base alle scienze aziendali alle quali fanno rinvio
le norme giuridiche, il principio di efficienza, richiamato dallart. 1 della

161

l. n. 241/1990 attraverso il riferimento alleconomicit, pone in rapporto


la quantit di risorse impiegate con il risultato dellazione amministrativa
e pone laccento sulluso ottimale dei fattori produttivi. E efficiente
lattivit amministrativa che raggiunge un certo livello di performance
utilizzando in maniera economica le risorse disponibili e scegliendo tra le
alternative possibili quella che produce il massimo dei risultati con il
minor impiego di mezzi. Si distingue tra efficienza tecnica o produttiva
(che attiene al modo in cui i fattori sono utilizzati nel processo produttivo)
ed efficienza allocativa o gestionale.
Il principio di efficacia mette invece in rapporto i risultati
effettivamente ottenuti con gli obiettivi prefissati (livelli qualitativi di un
servizio, soddisfazione dellutenza, ecc.) in un piano o un programma.
I due principi operano in modo indipendente, perch pu anche darsi il
caso di un livello elevato di efficacia, raggiunto per con un impiego
inefficiente delle risorse. Inversamente pu anche darsi il caso di
unazione efficiente, perch non d luogo a sprechi, ma inefficace perch
non raggiunge con successo gli obiettivi prefissati.
Leconomicit si riferisce alla capacit di lungo periodo di
unorganizzazione di utilizzare in modo efficiente le proprie risorse
raggiungendo in modo efficace i propri obiettivi e, in qualche modo,
condensa gli altri due principi.
c) I principi sul procedimento.
Il terzo piano di analisi dei principi attiene alle modalit di esercizio
del potere amministrativo, cio al procedimento amministrativo, rispetto
al quale rilevano soprattutto due principi: il principio del contraddittorio e
il principio di pubblicit e di trasparenza.
Il principio del contraddittorio non trova un fondamento diretto nella
Costituzione, ma richiamato nella Carta dei diritti fondamentali
dellUnione europea secondo la quale ogni individuo ha diritto di essere
ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento
individuale che gli rechi pregiudizio (art. 41, comma 2) ed poi
sviluppato, come si vedr, nella l. n. 241/1990, che disciplina la
partecipazione al procedimento amministrativo (artt. 7 e seg.).
La stessa Corte di giustizia, da lungo tempo, qualifica tale principio
come principio di diritto amministrativo ammesso in tutti gli Stati
membri della Comunit e che risponde alle esigenze della giustizia e

162

della sana amministrazione (Corte. Giust. 4 luglio 1963 in causa C323/63). Del resto anche il Consiglio di Stato, nel silenzio della legge, fin
dalle sue prime decisioni lo fece proprio in quanto principio di eterna
giustizia che trova un fondamento ultimo nella legge di natura (Cons.
St., IV Sez., 29 novembre 1895, n. 423).
Anche il principio di pubblicit e di trasparenza enunciato nella Carta
dei diritti fondamentali dellUnione europea, secondo la quale ogni
individuo ha diritto di accedere al fascicolo che lo riguarda, nel rispetto
dei legittimi interessi della riservatezza e del segreto professionale (art.
41, comma 2). Nelle disposizioni generali del Trattato sul funzionamento
dellUnione europea precisato che Al fine di promuovere il buon
governo e garantire la partecipazione della societ civile, le istituzioni,
gli organi e gli organismi dellUnione operano nel modo pi trasparente
possibile (art. 15). Viene altres stabilito che le istituzioni, gli organi e
organismi dellUnione si basano su unamministrazione europea aperta
(oltre che efficace ed indipendente: art. 298), ispirandosi cos al
principio dellopen government in base al quale le determinazioni assunte
devono essere rese accessibili a chi vi ha interesse.
Il principio in questione rileva in due ambiti. Il primo, pi ampio, si
riferisce alla messa a disposizione della generalit degli interessati, con
modalit di pubblicazione predeterminate da parte dellamministrazione
(albi, bollettini, siti, ecc.), di una serie di informazioni riguardanti
lorganizzazione e lattivit dellamministrazione stessa. Lart. 26 della l.
n. 241/1990 impone allamministrazione lobbligo di pubblicare unampia
gamma di atti organizzativi e di regolazione. Lart. 12 della medesima
legge, gi richiamato a proposito della discrezionalit, prevede la
pubblicazione dei criteri generali per la concessione di sovvenzioni,
contributi e altre erogazioni finanziarie.
Il secondo ambito, pi specifico, si riferisce al diritto di accesso ai
documenti amministrativi che la l. n. 241/1990 definisce come principio
generale dellattivit amministrativa al fine di favorire partecipazione e
di assicurarne limparzialit e la trasparenza (art. 22, comma 2) e
regola sotto due profili.
In primo luogo, lo include tra i diritti attribuiti ai soggetti che possono
partecipare al procedimento (art. 10), instaurando cos un legame
funzionale tra principio di trasparenza (sotto forma di accesso al fascicolo
procedimentale) e diritto di partecipazione, che ne esce cos rafforzato
(partecipazione informata). In secondo luogo, nel Capo V intitolato
Accesso ai documenti amministrativi, lo disciplina come diritto

163

autonomo che pu essere esercitato dai soggetti interessati anche al di


fuori del procedimento.
La pubblicit e la trasparenza cos intese si ricollegano alla concezione
dellamministrazione come casa di vetro (F. TURATI), divenendo cos
un fattore volto a promuovere la verificabilit ex post e dunque, in
definitiva, limparzialit delle decisioni. Inoltre, poich consentono un
controllo diffuso per cos dire da basso, esse fungono anche da fattore di
legittimazione degli apparati amministrativi.
Un altro principio costituito dal principio di certezza e celerit. La
Carta europea dei diritti fondamentali attribuisce a ogni individuo anche il
diritto a che le questioni che lo riguardano siano trattate () entro un
termine ragionevole (art. 41, comma 1), diritto che la l. n. 241/1990
specifica nella disciplina volta a individuare per ciascun tipo di
procedimento un termine massimo entro il quale lamministrazione deve
emanare il provvedimento finale che conclude il procedimento
amministrativo (art. 2). La durata ragionevole del procedimento e il
rispetto dei termini massimi perseguono due obiettivi. In primo luogo,
tutelano gli interessi dei soggetti coinvolti, per i quali, in particolare, la
certezza del tempo dellagire dellamministrazione costituisce un fattore
essenziale per poter programmare le proprie attivit. In secondo luogo,
tendono a promuovere
lefficienza e lefficacia dellazione
amministrativa: lottimizzazione dei tempi dei procedimenti
amministrativi costituisce uno degli indicatori della performance
organizzativa (art. 8, lett. f) del d.lgs. n. 150/2009) e il rispetto del termine
un elemento di valutazione delloperato dei responsabili degli uffici.
Infine, la l. n. 241/1990 richiama il principio di efficienza, prevedendo,
in particolare, che lamministrazione non pu aggravare il procedimento
se non per straordinarie e motivate esigenze imposte dallo svolgimento
dellistruttoria (art. 1, comma 2).
d) I principi sul provvedimento.
Il quarto piano di analisi attiene ai principi che si riferiscono
specificamente al provvedimento amministrativo. Quello pi generale che
merita di essere richiamato in questa disamina introduttiva il principio
della motivazione. Anchesso desumibile dalla Carta dei diritti
fondamentali dellUnione europea laddove sancisce lobbligo per
lamministrazione di motivare le proprie decisioni (art. 41, comma 2) e,
come si vedr, dalla l. n. 241/1990 (art. 3). Poich attraverso la

164

motivazione il destinatario del provvedimento e il giudice amministrativo


sono messi in grado di ricostruire le ragioni poste a fondamento della
decisione il principio della motivazione pu essere messo in relazione con
il principio di trasparenza e, in ultima analisi, con quello dellimparzialit
della decisione.
Un altro principio quello di sindacabilit degli atti amministrativi (o
anche di azionabilit delle situazioni giuridiche soggettive nei confronti
della pubblica amministrazione) sancito dagli artt. 24 e 113 della
Costituzione: gli atti amministrativi che ledono i diritti soggettivi e gli
interessi legittimi sono sempre assoggettati al controllo giurisdizionale del
giudice ordinario o del giudice amministrativo.
e) I principi sullesercizio della discrezionalit.
Lultimo piano di analisi dei principi si riferisce allesercizio del potere
discrezionale. Tali principi fungono da guida per lamministrazione nei
casi in cui la norma di azione le conferisce ambiti di scelta tra una
pluralit di soluzioni tutte quante in astratto compatibili con la norma.
Va considerato, in primo luogo, il principio di imparzialit richiamato
dallart. 97 della Costituzione e dallart. 41 della Carta dei diritti
fondamentali Ue. Riferito allesercizio della discrezionalit, esso consiste
essenzialmente nel divieto di favoritismi (M.S. GIANNINI) o, con il
linguaggio frequente nella normativa europea, nel divieto di
discriminazione: lamministrazione, nel momento in cui opera la
ponderazione degli interessi in gioco, non pu essere indebitamente
influenzata nelle sue decisioni da interessi politici di parte, di gruppi di
pressione privati (lobby) o di singoli individui o imprese, magari per
ragioni di amicizia o di legami di famiglia. Il principio di imparzialit (o il
principio europeo di non discriminazione), cos inteso, posto a garanzia
della parit di trattamento (par condicio) e, in definitiva, delleguaglianza
dei cittadini di fronte allamministrazione.
Il principio di imparzialit introduce per le amministrazioni un vincolo
giuridico che assente nel caso dellagire dei soggetti privati, i quali ben
possono orientare le proprie scelte avvantaggiando gli uni e
svantaggiando gli altri a proprio piacimento, purch non vengano superati
i limiti generali o speciali dellautonomia negoziale (per esempio, in
materia successoria, con riguardo alla capacit testamentaria). Il principio
di imparzialit quello che permea maggiormente lattivit e, come si
vedr, anche lorganizzazione della pubblica amministrazione. Ad essa

165

sono funzionali altri principi (in particolare, come si visto, la pubblicit e


trasparenza, la motivazione e il principio di concorsualit nei contratti
pubblici o nellaccesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni).
Il principio di imparzialit pu entrare in tensione con il principio della
responsabilit politica delle amministrazioni volto a inserirle nel circuito
politico amministrativo (art. 95 della Costituzione). I vertici delle
pubbliche amministrazioni (ministri, presidenti di regioni, sindaci), che
costituiscono il punto di raccordo tra politica e amministrazione, sono
portati a perseguire obiettivi coerenti con le priorit della propria base
elettorale. E siccome gli apparati amministrativi sono i principali
erogatori di risorse e di altri benefici diretti o indiretti (assunzioni di
dipendenti, contratti, atti autorizzativi, ecc.) utili al fine
dellaccrescimento del consenso elettorale, i vertici politici tendono a
debordare dalla funzione di indirizzo politico-amministrativo che ad essi
propria, ingerendosi nella gestione e, dunque, cercando di condizionare le
scelte amministrative.
Un secondo principio che presiede allesercizio della discrezionalit
il principio di proporzionalit che trae origine dalla giurisprudenza
costituzionale e amministrativa tedesca (Verhltnismssigkeit) e che
stato poi fatto proprio dalla Corte di giustizia soprattutto in materia di
sanzioni, di aiuti di Stato, di introduzione di deroghe alle regole della
concorrenza, assurgendo cos a principio generale dellordinamento
comunitario. Esso enunciato anche nel Trattato sullUnione europea,
secondo il quale il contenuto e la forma dellazione dellUnione si
limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei
trattati (art. 5, comma 4).
Il principio di proporzionalit, che assume particolare rilievo nel caso
di poteri che incidono negativamente nella sfera giuridica del destinatario
(sanzioni, imposizione di obblighi, ecc.), richiede allamministrazione che
opera la valutazione discrezionale un giudizio guidato, in sequenza, da tre
criteri: idoneit, necessariet e adeguatezza della misura prescelta.
Lidoneit (Geeignetheit) mette in relazione il mezzo adoperato con
lobiettivo da perseguire. In base a tale criterio vanno scartate tutte le
misure che non sono in grado di raggiungere il fine. La necessariet
(Erforderlichkeit), detta anche la regola del mezzo pi mite (Gebot des
mildesten Mittels), mette a confronto le misure ritenute idonee e orienta la
scelta su quella che comporta il minor sacrificio possibile degli interessi
incisi dal provvedimento. Ladeguatezza (Angemessenheit) consiste nella
valutazione (Abwgung) della scelta finale in termini di tollerabilit della

166

restrizione o incisione nella sfera giuridica del destinatario del


provvedimento: gli inconvenienti causati non devono essere
sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti e se essi superano un
determinato livello va rimessa in discussione la scelta medesima.
In definitiva, per riprendere una nota immagine (W. JELLINEK), la
proporzionalit consiste nellaccertare se per sparare ai passeri si
impiegato un cannone.
Il principio di proporzionalit costituisce una specificazione di un
principio ancor pi generale, di natura in realt pregiuridica, costituito dal
principio di ragionevolezza. In base alla teoria delle scelte razionali,
infatti, anche la pubblica amministrazione, al pari degli operatori
economici (il cosiddetto homo economicus), da considerare come un
agente in grado di perseguire determinati obiettivi ponendo in essere
azioni logiche, coerenti e ad essi funzionali. Si pu ritenere infatti
illogico, prima ancora che sproporzionato, limpiego di un mezzo che
eccede per dimensione o intensit quello strettamente necessario per
raggiungere lobiettivo. Il principio di ragionevolezza ha una dimensione
pi ampia rispetto a quello di proporzionalit e assume rilievo generale
nellambito del sindacato di legittimit dei provvedimenti amministrativi
come figura sintomatica delleccesso di potere.
Il principio di proporzionalit, oltre ad essere criterio di esercizio della
discrezionalit, , anzitutto in base al diritto europeo, un parametro che
deve guidare il legislatore nel momento in cui disciplina i poteri delle
amministrazioni. Esso , per esempio, richiamato, come si vedr, nel
decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 di recepimento della direttiva
2006/123/CE relativa al mercato interno dei servizi. Infatti, la scelta se
istituire o mantenere un regime di autorizzazione preventiva piuttosto che
di semplice comunicazione allamministrazione dellavvio di unattivit
deve avvenire nel rispetto dei principio di proporzionalit (oltre che di
non discriminazione) (art. 14), valutando, come chiarisce la direttiva, se
lobiettivo perseguito non pu essere conseguito tramite una misura
meno restrittiva (art. 9, comma 1, lett. c)). Anche le condizioni che
possono essere previste per le autorizzazioni devono essere giustificate da
un motivo imperativo di interesse generale e commisurate allobiettivo di
interesse generale (art. 10).
Un altro principio che presiede allesercizio della discrezionalit,
anchesso di derivazione europea ed elaborato prima ancora nella
giurisprudenza tedesca (Vertrauensschutz) il principio del legittimo
affidamento. Esso mira a tutelare le aspettative ingenerate dalla pubblica

167

amministrazione con un proprio atto o comportamento. Nel diritto


europeo il principio ha trovato applicazione, per esempio, nella materia
degli aiuti di Stato, con riferimento alla quale la giurisprudenza ha
chiarito che lazione di recupero di aiuti concessi illegittimamente a
imprese esperibile dalla Commissione Ue senza alcun termine di
prescrizione incontra un limite nel legittimo affidamento solo quando
laiuto sia stato erogato nel rispetto delle norme comunitarie.
Nel diritto interno, in particolare, il principio del legittimo affidamento
interviene a proposito del potere di annullamento dufficio del
provvedimento illegittimo, per lesercizio del quale richiesta
allamministrazione una valutazione degli interessi dei destinatari del
provvedimento e una considerazione del tempo ormai trascorso (art. 21nonies della l. n. 241/1990).
Il principio della tutela del legittimo affidamento si ricollega a un
principio pi generale di diritto europeo che quello della certezza del
diritto, enunciato anchesso dalla Corte di giustizia, che mira a garantire
un quadro giuridico stabile e chiaro, essenziale in uneconomia di mercato
fondata, come si accennato nel Cap. 1, gi secondo Max Weber sul
calcolo razionale. Tale principio ha come destinatario anzitutto il
legislatore, ma implica che anche lagire dellamministrazione deve
essere prevedibile e coerente nel suo svolgimento.
Va menzionato, da ultimo, il principio di precauzione, espressamente
riconosciuto in materia ambientale nel Trattato sul funzionamento
dellUnione europea (art. 191) ed elevato dalla giurisprudenza
comunitaria a principio di carattere generale applicabile nei campi di
azione che involgono interessi pubblici come la salute e la sicurezza dei
consumatori. Il principio di precauzione comporta che, quando sussistono
incertezze giuridiche in ordine alla esistenza o al livello di rischi per la
salute delle persone, le autorit competenti possono adottare misure
protettive senza dover attendere che sia dimostrata in modo compiuto la
realt e la gravit di tali rischi. La giurisprudenza italiana ha iniziato a
utilizzarlo, per esempio, in materia di autorizzazione alla messa in coltura
di sementi geneticamente modificate (Ogm) o in materia di inquinamento
da elettromagnetismo.
Sul principio di precauzione intervenuta una Comunicazione della
Commissione (2 febbraio 2000 COM) che illustra i fattori che
giustificano il ricorso al principio
(identificazione degli effetti
potenzialmente negativi, valutazione scientifica, incertezza scientifica) e
le misure da adottare (decisione di agire o di non agire, adozione di

168

misure proporzionate, non discriminatorie, coerenti, che esaminano in


modo comparato vantaggi e oneri, ecc.).
Il principio di precauzione costituisce anzitutto un principio guida per
il legislatore, ma pu trovare applicazione, entro certi limiti, anche come
regola di esercizio della discrezionalit.

169

CAP. IV
IL PROVVEDIMENTO AMMINISTRATIVO
1. Premessa; 2. Il regime del provvedimento amministrativo: a) la
tipicit; 3. Segue: b) la cosiddetta imperativit; 4. Segue: c) Lesecutoriet
e lefficacia; d) linoppugnabilit; 5. Gli elementi strutturali dellatto
amministrativo. Lobbligo di motivazione; 6. I provvedimenti ablatori
reali, i provvedimenti ordinatori, le sanzioni amministrative; 7. Le attivit
libere assoggettate a regime di comunicazione preventiva.
La
segnalazione certificata di avvio dellattivit. 8. Le autorizzazioni e le
concessioni; 9. Gli atti dichiarativi; 10) Altre classificazioni: atti
collettivi, atti plurimi, atti di alta amministrazione, atti collegiali; 11.
Linvalidit dellatto amministrativo; 12. Lannullabilit: a)
lincompetenza; b) la violazione di legge; 13. Segue: c) leccesso di
potere; 14. La nullit; 15 Lannullamento dufficio, la convalida, la
ratifica, la sanatoria, la conferma, la conversione, la revoca, il recesso.

1. Premessa.
Nel capitolo che precede gi stata introdotta la nozione di
provvedimento che pu essere definito come la manifestazione del potere
amministrativo volta a disciplinare un rapporto giuridico intercorrente tra
la pubblica amministrazione e un soggetto privato e avente per oggetto un
bene della vita.
Si anche osservato che manca nel nostro ordinamento sia una
definizione legislativa di atto o provvedimento, sia una disciplina
organica delle sue caratteristiche strutturali e funzionali. Il suo regime
giuridico si ricava in parte dalle disposizioni contenute nella l. n.
241/1990, in parte dallelaborazione dottrinale e giurisprudenziale. Il
Capo IV-bis della l. n. 241/1990, aggiunto dalla l. n. 15/2005, disciplina
alcuni aspetti del regime del provvedimento, come lefficacia, linvalidit,
la revoca e lannullamento dufficio. Ma si gi accennato a come il
giudice amministrativo, partendo dalle scarne disposizioni della legge del
1889 istitutiva della IV Sezione del Consiglio di Stato, si fece carico di
costruire, tra le nozioni fondamentali del diritto amministrativo, quella di
atto impugnabile.
Nel Cap I, nellesaminare i casi principali di fallimenti del mercato,

170

si fatto cenno a varie misure di command and control (autorizzazioni,


imposizione di obblighi e prescrizioni, sanzioni, ecc.) attribuite alla
competenza dei pubblici poteri. Tali misure vanno ad integrare il diritto
comune che manca di strumenti idonei per curare in modo adeguato gli
interessi pubblici di volta in volta coinvolti.
Cos, per esempio, ove venga assunta la decisione di realizzare
uninfrastruttura pubblica, come una nuova tratta ferroviaria o
autostradale, lacquisizione dei terreni potrebbe certamente avvenire
tramite contratti di compravendita, l dove i proprietari fossero tutti
disponibili a cedere la propriet. Ma in mancanza del consenso di questi
ultimi lo Stato ha a disposizione uno strumento coattivo qual
lespropriazione per pubblica utilit.
Allo stesso modo, lo Stato ben potrebbe avviare una campagna di
sensibilizzazione a favore dellambiente o erogare contributi economici (o
concedere agevolazioni fiscali) alle imprese che utilizzano impianti meno
inquinanti. Ma in molti casi si rivela pi efficace il ricorso a misure
prescrittive (per esempio, limposizione di limiti massimi alle emissioni
inquinanti), a strumenti di controllo preventivo (autorizzazione
allinstallazione di fonti inquinanti) e a strumenti repressivi (sanzioni
pecuniarie per colpire comportamenti non conformi alle normative di
settore).
Ancora, i proprietari dei terreni di un Comune, almeno in teoria,
potrebbero raggiungere un accordo sullo sviluppo razionale e ordinato
delledificazione del territorio.
Ma poich allatto pratico ci
impossibile, a questo fine provvedono i piani regolatori comunali (e gli
altri strumenti urbanistici) e i permessi a costruire rilasciati ai singoli
proprietari.
Il decreto di espropriazione, la sanzione amministrativa,
lautorizzazione, il piano regolatore, il permesso a costruire costituiscono
esempi tipici di atti amministrativi per mezzo dei quali lautorit
amministrativa competente provvede alla cura in concreto dellinteresse
pubblico di cui essa tenuta a farsi carico in base alla legge.
Il provvedimento amministrativo costituisce dunque una
manifestazione dellautorit dello Stato. In un sistema costituzionale
improntato al principio della tendenziale separazione dei poteri latto
amministrativo, espressione del potere esecutivo, si colloca a fianco di
due atti tipici riconducibili agli altri due poteri dello Stato: la legge, che
espressione del potere legislativo attribuito a un organo elettivo (il

171

Parlamento) e che innova lordinamento giuridico, definendo in via


generale e astratta i diritti e gli obblighi dei cittadini (la cosiddetta forza
di legge); la sentenza, che espressione del potere giurisdizionale
attribuito a magistrature indipendenti e che risolve la controversia
sottoposta allesame del giudice imponendo alle parti coinvolte nella lite,
in modo definitivo e non pi discutibile (la cosiddetta autorit del
giudicato), la regola concreta del rapporto giuridico intercorrente tra esse.
Come si gi accennato, il provvedimento, cos come la legge e la
sentenza, assunto allesito di un procedimento atto a garantire
trasparenza e tutela degli interessi coinvolti.
2. Il regime del provvedimento amministrativo: a) la tipicit
Passando a considerare il regime e i caratteri dellatto amministrativo,
va richiamata anzitutto la tipicit. Essa si contrappone allatipicit dei
negozi giuridici privati enunciata dallart. 1322, secondo comma, cod.
civ., in base al quale lautonomia negoziale consente alle parti di
concludere contratti non appartenenti ai tipi disciplinati dallo stesso
codice civile, purch siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela
secondo lordinamento giuridico.
Il principio di tipicit uno dei corollari del principio di legalit (sul
quale ci si gi soffermati nel Cap. II) secondo il quale le pubbliche
amministrazioni possono esercitare soltanto i poteri che vengono ad esse
conferiti espressamente dalla legge. In mancanza, esse possono operare
avvalendosi esclusivamente della capacit di diritto privato.
I provvedimenti devono trovare dunque un fondamento espresso nella
legge (in questo senso si parla anche di nominativit dei provvedimenti
amministrativi) e corrispondono soltanto ai tipi previsti dalla legge. Come
si visto trattando della norma dazione, questultima deve predefinire in
modo pi o meno rigoroso, anche nel caso di attribuzione
allamministrazione di ambiti di valutazione discrezionale, i presupposti
per lesercizio del potere, il contenuto e gli effetti giuridici che si
producono nella sfera giuridica del destinatario.
Costituiscono uneccezione o quanto meno unattenuazione del
principio di tipicit le cosiddette ordinanze contingibili e urgenti che,
come si visto nel Cap. II, possono essere emanate solo nei casi previsti
dalla legge e sono dunque nominate, ma non sono tipizzate, poich la
legge lascia allorgano competente uno spazio assai ampio nella

172

determinazione del contenuto e degli effetti.


Il principio di tipicit esclude che si possano riconoscere in capo
allamministrazione poteri impliciti, anche se, secondo la giurisprudenza,
sufficiente in molti casi che le disposizioni legislative contengano un
fondamento generico del potere.
3. Segue: b) la cosiddetta imperativit.
Intuitivamente, dagli esempi fatti nel primo paragrafo si pu gi
ricavare che latto amministrativo si differenzia dai negozi di diritto
privato poich dotato di una particolare forza giuridica atta a far
prevalere, ove occorra, linteresse pubblico sugli interessi dei soggetti
privati. Le relazioni giuridiche tra lautorit titolare del potere e
competente a emanare latto amministrativo e il soggetto privato che ne
destinatario hanno un carattere per cos dire verticale e autoritario (o di
sovraordinazione).
Le relazioni giuridiche tra soggetti privati hanno invece, di regola, un
carattere per cos dire orizzontale e paritario (o di equiordinazione). I
negozi giuridici, in particolare, si fondano di regola sul consenso delle
parti, come nel caso di due soggetti che decidano di stipulare un contratto
per la regolamentazione dei propri interessi.
Emerge qui un secondo carattere del provvedimento amministrativo e
cio limperativit (o autoritariet, secondo lespressione deducibile,
come si visto, dallart. 1, comma 1-bis, della l. n. 241/1990).
Limperativit consiste nel fatto che la pubblica amministrazione
titolare di un potere attribuito dalla legge pu, mediante lemanazione del
provvedimento, imporre al soggetto privato destinatario di questultimo le
proprie determinazioni. Essa pu essere definita, pi tecnicamente, come
lattitudine del provvedimento a modificare in modo unilaterale la sfera
giuridica del soggetto privato destinatario senza che sia necessario
acquisire il suo consenso.
Nellesempio gi fatto dellespropriazione, latto conclusivo del
procedimento produce in via autoritativa lo stesso effetto traslativo del
diritto di propriet che potrebbe essere realizzato attraverso il contratto di
compravendita.
Quanto ai tipi di effetti che possono essere prodotti dal provvedimento,
trattando della struttura della norma di azione si gi operata la
distinzione tra effetti costitutivi in senso stretto, effetti modificativi ed

173

effetti estintivi di situazioni giuridiche dei soggetti privati.


La nozione di imperativit emerse in giurisprudenza nella seconda
parte del secolo XIX, per individuare lambito della giurisdizione del
giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione, limitato ai
cosiddetti atti di gestione (espressione della capacit di diritto privato),
da tener distinti appunto dagli atti di imperio.
Essa serv per lungo tempo a giustificare la degradazione (o
affievolimento) del diritto soggettivo in interesse legittimo ad opera del
provvedimento radicando cos la giurisdizione del giudice amministrativo.
A ben considerare, in una visione pi moderna, limperativit non altro
che lunilateralit nella produzione di un effetto giuridico che accomuna
ogni atto di esercizio di un potere in senso proprio (B. MATTARELLA).
Lespressione tuttavia ancora ben radicata nelluso.
Limperativit del provvedimento non presuppone la validit del
medesimo, cio la sua piena conformit alla norma attributiva del potere.
Anche latto illegittimo ha lattitudine a produrre gli effetti tipici che
potranno essere rimossi, insieme al provvedimento emanato, soltanto ove
questultimo venga caducato o in seguito a una sentenza di annullamento
allesito di un ricorso innanzi al giudice amministrativo (o in seguito
allannullamento pronunciato dalla stessa amministrazione in sede di
controllo o nellesercizio dei poteri di autotutela). Vale cio quello che
stato definito il principio dellequiparazione dellatto invalido allatto
valido (M.S. GIANNINI). Solo il provvedimento affetto da nullit ai
sensi dellart. 21-septies della l. n. 241/1990 non ha carattere imperativo e
dunque le situazioni giuridiche soggettive di cui titolare il soggetto
privato destinatario non sono incise e resistono di fronte alla pretesa
dellamministrazione.
Limperativit emerge con pi evidenza negli atti amministrativi che
determinano effetti ablatori o comunque restrittivi della sfera giuridica del
destinatario (ai quali corrispondono gli interessi legittimi oppositivi). La
volont eventualmente contraria del soggetto privato non preclude il
prodursi delleffetto giuridico. Il destinatario del provvedimento si trova
dunque in una posizione di passivit (pi tecnicamente di soggezione).
Ma, a ben vedere, la relazione giuridica con lamministrazione non
paritaria neppure nel caso degli atti amministrativi emanati su domanda o
istanza dellinteressato e che determinano un effetto ampliativo della
sfera giuridica di questultimo attribuendogli un diritto, una facolt o altra
utilit (ai quali corrispondono gli interessi legittimi pretensivi).

174

Infatti, la domanda o istanza del privato fa sorgere in capo


allamministrazione (ex art. 2 della l. n. 241/1990) un dovere di avviare il
procedimento (dovere di procedere) e di emanare allesito di questultimo,
ove il soggetto privato risulti in possesso dei presupposti e dei requisiti di
legge, il provvedimento richiesto (dovere di provvedere). La volont del
soggetto privato espressa nellistanza costituisce il fatto presupposto che
legittima lesercizio del potere. Essa per non si fonde con quella
dellamministrazione che emana il provvedimento, a differenza di quanto
accade invece nel caso dei negozi giuridici privati. Leffetto giuridico
ampliativo viene comunque prodotto in via unilaterale dal provvedimento
emanato.
Oltretutto, in molte fattispecie di provvedimenti ampliativi (per
esempio le autorizzazioni in materia ambientale), lamministrazione pu
imporre discrezionalmente nellatto rilasciato prescrizioni e condizioni, in
relazione alle quali il soggetto privato non ha prestato alcun consenso,
volte a rendere pi compatibile lattivit svolta dal privato con linteresse
pubblico da tutelare. Questo tipo di condizioni, che vanno qualificate,
sulla falsariga del negozio giuridico, come elementi accidentali del
provvedimento, fanno acquisire alle autorizzazioni discrezionali anche
una valenza prescrittiva autoritativa.
4. Segue: c) lesecutoriet e lefficacia; d) linoppugnabilit.
c) Una seconda caratteristica di molti provvedimenti amministrativi
la cosiddetta esecutoriet oggi disciplinata dallart 21-ter della l. n.
241/1990. Essa pu essere definita come il potere dellamministrazione
di procedere allesecuzione coattiva del provvedimento in caso di
mancata cooperazione da parte del privato obbligato, senza dover
rivolgersi preventivamente a un giudice allo scopo di ottenere
lesecuzione forzata.
Se limperativit (intesa come unilateralit) introduce una deroga al
principio generale che ricollega, nei rapporti paritari, il prodursi
delleffetto giuridico negoziale al perfezionamento dellaccordo tra le
parti, cio al consenso da esse raggiunto, lesecutoriet deroga al
principio civilistico del divieto di autotutela, cio di farsi giustizia da s.
Nei rapporti interprivati, lautotutela ammessa infatti solo in casi
eccezionali (diritto di ritenzione, eccezione di inadempimento, ecc.). La
regola generale invece che chi vuol far valere le proprie ragioni deve
rivolgersi a un giudice che nellambito di un giudizio di cognizione

175

accerti linadempimento degli obblighi nascenti dal negozio e che


successivamente, nellambito di un giudizio di esecuzione, disponga le
misure coattive necessarie per lesecuzione che vengono poste in essere
da un ufficiale giudiziario. Cos, per esempio, se il venditore non
consegna il bene immobile oggetto della compravendita, lacquirente non
potr impossessarsene, ma dovr far valere la sua pretesa esecutiva in
sede giurisdizionale.
La pubblica amministrazione ha invece la
possibilit di portare a esecuzione i provvedimenti con propri uomini e
mezzi. Cos, se il proprietario di un bene non coopera allesecuzione del
provvedimento con la consegna materiale del bene espropriato,
lamministrazione potr procedere direttamente ad apprendere il bene, se
necessario, anche con luso della forza.
Come ulteriore esempio di esecutoriet (o, secondo altra espressione,
di autotutela esecutiva) pu essere preso lordine di abbattimento di un
edificio abusivo. Se il proprietario dellimmobile non provvede
spontaneamente alla riduzione in pristino, potranno essere gli stessi
dipendenti del Comune o, come avviene pi frequentemente, unimpresa
privata alluopo incaricata, a porre in essere le attivit necessarie. Il
privato destinatario potr non collaborare, ma non potr opporsi
attivamente alle attivit esecutive, comportamento che potrebbe rilevare
addirittura in sede penale.
Anche lordine di polizia volto a sciogliere una manifestazione non
autorizzata in un luogo pubblico potr sfociare, in caso di inottemperanza,
nello sgombero coatto delle persone coinvolte. Infatti, per previsione
espressa del Testo unico della leggi di pubblica sicurezza, tutti i
provvedimenti dellautorit di pubblica sicurezza sono eseguiti in via
amministrativa e ove gli interessati non ottemperino, sono adottati,
previa diffida () i provvedimenti necessari per la esecuzione dufficio
incluso limpiego della forza pubblica (art. 5, r.d. 18 giugno 1931, n.
773).
In definitiva, mentre limperativit opera sul piano della produzione
degli effetti giuridici, lesecutoriet opera su quello, da tenere ben
distinto, delle attivit materiali necessarie per conformare la realt di fatto
alla situazione di diritto cos come modificata dal provvedimento
amministrativo. Entrambe, come si visto, connotano il regime del
provvedimento amministrativo in modo antitetico rispetto a quello dei
negozi privati.
A lungo, prima dellintroduzione dellart. 21-ter della l. n. 241/1990, si
discusso in dottrina il fondamento dellesecutoriet del provvedimento

176

amministrativo che stato rinvenuto in passato nella cosiddetta


presunzione di legittimit del provvedimento.
La giustificazione teorica di questultima venne variamente individuata
nella provenienza dellatto amministrativo da organi espressione della
sovranit, nellesigenza di assicurare un andamento regolare e sollecito
dellattivit dellamministrazione, nelle garanzie gi offerte dai metodi
concorsuali di selezione dei funzionari pubblici (i quali non perseguono
interessi personali) e dal sistema dei controlli amministrativi. Questi e
altri elementi portano a ritenere che, di norma, gli atti amministrativi
siano emanati in modo legittimo e dunque possono essere portati a
esecuzione dallamministrazione immediatamente. In realt, la
presunzione di legittimit aveva una forte connotazione ideologica che si
ricollegava a una visione autoritaria dei rapporti tra Stato e cittadino. La
dottrina (M.S. GIANNINI) ha dimostrato linconsistenza teorica di questo
principio che per continua talora a essere richiamato dalla
giurisprudenza.
Lart. 21-ter della l. n. 241/1990 pone una disciplina embrionale del
potere dellamministrazione di provvedere allesecuzione coattiva dei
propri provvedimenti. Essa ha soprattutto il valore simbolico di
confermare le conclusioni raggiunte dalla dottrina prevalente secondo le
quali lesecutoriet non una caratteristica propria di tutti i
provvedimenti amministrativi, ma deve essere di volta in volta prevista
dalla legge.
Il primo comma della disposizione precisa infatti che il potere di
imporre coattivamente ladempimento degli obblighi attribuito alla
amministrazione solo nei casi e con le modalit stabiliti dalla legge
(espressione che viene ripresa, forse in modo ridondante, anche nel
secondo periodo del medesimo comma).
Cos, oltre allesempio gi citato del Testo unico delle leggi di pubblica
sicurezza, lart. 823 del codice civile attribuisce allamministrazione la
facolt di procedere in via amministrativa alla tutela dei beni demaniali.
Questa disposizione peraltro ha dato origine alla disputa se essa fondi in
via generale un siffatto potere, oppure se essa si limiti a operare un rinvio
alle norme che prevedono in modo pi specifico lesecuzione forzata
amministrativa.
Lesecutoriet riferibile non soltanto agli obblighi nascenti dal
provvedimento, ma anche agli obblighi aventi fonte negoziale. Infatti, il
primo comma dellart. 21-ter richiama in termini generali ladempimento

177

coattivo degli obblighi nei loro confronti (nei confronti cio delle
pubbliche amministrazioni), includendo cos anche gli obblighi che
sorgono nellambito dei rapporti paritari. In proposito gi il r.d. 14 aprile
1910 n. 639 sulla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato
attribuiva allamministrazione il potere di procedere allesecuzione
forzata anche per i crediti di fonte non tributaria.
In relazione agli obblighi che sorgono per effetto di un provvedimento
amministrativo, questultimo deve indicare il termine e le modalit
dellesecuzione da parte del soggetto obbligato. Inoltre, lesecuzione
coattiva pu avvenire solo previa adozione di un atto di diffida con il
quale lamministrazione intima al privato di porre in essere le attivit
esecutive gi indicate nel provvedimento, concedendo cos al privato
unultima chance.
In definitiva, in base al primo comma dellart. 21-ter lesecutorit del
provvedimento si concretizza nellavvio di un procedimento dufficio in
contraddittorio con il soggetto privato.
Il secondo comma, infine, menziona in modo specifico lesecuzione
delle obbligazioni aventi ad oggetto somme di danaro, precisando che ad
esse si applicano le disposizioni per lesecuzione coattiva dei crediti dello
Stato. Anche questa disposizione opera pi che altro un rinvio alla
normativa vigente, cio principalmente alla disciplina della riscossione
esattoriale di cui al d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46 che, peraltro, precisa gi
che la riscossione mediante ruolo riguarda non solo le entrate dello Stato
ma anche quelle di enti pubblici diversi dallo Stato (art. 17).
Lesecutoriet del provvedimento presuppone che il provvedimento
emanato sia efficace ed esecutivo. La l. n. 241/1990 contiene due articoli
dedicati allefficacia e allesecutivit (o forse, pi correttamente,
eseguibilit) del provvedimento.
Secondo lart. 21-bis il provvedimento limitativo della sfera giuridica
dei privati acquista efficacia con la comunicazione al destinatario.
Emerge cos la distinzione gi operata nel capitolo precedente, tra
provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei privati e provvedimenti
ampliativi della sfera giuridica dei privati. I primi hanno la natura di atti
recettizi, la cui efficacia cio subordinata alla comunicazione
allinteressato. In passato si riteneva invece che anche i provvedimenti di
questo tipo (per esempio la revoca di una concessione) fossero in grado di
produrre immediatamente gli effetti.
Sono peraltro esclusi dallobbligo di comunicazione i provvedimenti

178

aventi carattere cautelare ed urgente che sono sempre immediatamente


efficaci. Inoltre, lart. 21-bis stabilisce che i provvedimenti limitativi non
aventi carattere sanzionatorio possono contenere una clausola motivata di
immediata efficacia.
Lart. 21-bis detta alcune disposizioni pi minute sulla modalit da
seguire per la comunicazione del provvedimento.
Lesecutivit del provvedimento disciplinata dallart. 21-quater,
secondo il quale i provvedimenti amministrativi efficaci sono eseguiti
immediatamente, salvo che sia diversamente stabilito dalla legge o dal
provvedimento amministrativo.
Allefficacia del provvedimento consegue dunque la necessit che
esso, in linea di principio, venga portato subito ad esecuzione, a seconda
dei casi, dalla stessa amministrazione che ha emanato latto, oppure dal
destinatario del medesimo l dove il provvedimento faccia sorgere in
capo a questultimo un obbligo di dare o di fare.
In realt non tutti i provvedimenti amministrativi pongono un problema
di esecutivit (o eseguibilit). Spesso infatti la produzione delleffetto
giuridico realizza appieno linteresse pubblico alla cui cura finalizzato il
provvedimento emanato senza bisogno di ulteriori attivit di tipo
esecutivo (provvedimenti autorizzatori o di attribuzione di uno status,
ecc.). In altri casi, invece, come per esempio lordine di abbattimento di
una costruzione abusiva, lirrogazione di una sanzione amministrativa
pecuniaria, lespulsione di uno straniero clandestino oppure la
concessione di un contributo finanziario, a valle dellemanazione del
provvedimento richiesta unattivit di tipo esecutivo da parte del
destinatario del provvedimento o dellamministrazione.
In base allart. 21-quater lesecuzione del provvedimento pu essere
differita o sospesa discrezionalmente dallamministrazione.
Nel complesso, le disposizioni in tema di esecutoriet e di efficacia del
provvedimento amministrativo contenute nella l. n. 241/1990 segnano un
nuovo passo verso il raggiungimento dellideale dello Stato di diritto, che
ha come pietra angolare il principio di legalit definito in modo sempre
pi rigoroso e garantista.
d) Unultima caratteristica generale del provvedimento amministrativo
consiste tradizionalmente nella cosiddetta inoppugnabilit (o, come
sarebbe meglio dire oggi, incontestabilit), che si ha allorch decorrono i

179

termini per contestarne la legittimit in sede giurisdizionale. In


particolare, lazione di annullamento innanzi al giudice amministrativo va
proposta nel termine di decadenza di 60 giorni (art. 29 del Codice del
processo amministrativo).
Lazione di nullit del provvedimento
assoggettata a un termine di 180 giorni e lazione risarcitoria correlata alla
lesione di un interesse legittimo pu essere proposta in via autonoma
(cio senza la parallela azione di annullamento) nel termine di 120 giorni
(rispettivamente art. 31, quarto comma, e art. 30, terzo comma del
Codice).
Esigenze di certezza e di stabilit dellassetto dei rapporti giuridici
conseguenti allemanazione di un provvedimento giustificano in
definitiva la previsione di termini decadenziali brevi per lesperimento dei
mezzi di tutela giurisdizionale.
Nei rapporti di diritto privato invece la tutela giurisdizionale pu essere
attivata, di regola (ma vi sono molte eccezioni), entro termini di
prescrizione molto pi lunghi (per esempio, cinque anni per lazione di
annullamento di un contratto ex. art. 1442 cod. civ.; dieci anni per i casi
di prescrizione ordinaria ex art. 2946 cod. civ.).
Linoppugnabilit non esclude peraltro che lamministrazione possa
rimettere in discussione il rapporto giuridico esercitando il potere di
autotutela (annullamento dufficio che pu essere disposto ai sensi
dellart. 21-nonies della l. n. 241/1990 entro un termine ragionevole o
revoca ai sensi dellart. 21-quinquies della l. n. 241/1990). Emerge qui un
ulteriore elemento di asimmetria tra le parti del rapporto giuridico
amministrativo: linoppugnabilit garantisce la stabilit del rapporto
giuridico amministrativo solo sul versante delle possibili contestazioni da
parte del soggetto privato.
Latto amministrativo pu diventare inoppugnabile anche in relazione a
un altro fenomeno, cio per lacquiescenza da parte del suo destinatario.
Essa consiste in una dichiarazione espressa o tacita (per facta
concludentia) di assenso alleffetto prodotto dal provvedimento. Si
discute se lacquiescenza abbia una rilevanza sostanziale, nel senso che
provochi unestinzione della situazione giuridica di cui titolare il
destinatario del provvedimento o se essa rilevi soltanto sotto il profilo
processuale, nel senso di precludere o di rendere comunque inammissibile
il ricorso giurisdizionale proposto. Nella pratica, una misura cautelativa
adottata dal destinatario del provvedimento che dia ad esso esecuzione
volontaria o che assuma un comportamento che potrebbe essere
considerato come incompatibile con la volont di contestare lillegittimit

180

del provvedimento consiste nel dichiarare che latto o il comportamento


non pu essere interpretato come acquiescenza al provvedimento.
5. Gli elementi strutturali dellatto amministrativo.
motivazione.

Lobbligo di

Come per tutti gli atti giuridici, anche per latto amministrativo
possono essere individuati alcuni elementi strutturali che consentono, di
volta in volta, di identificarlo e di qualificarlo in termini di conformit o
non conformit alle norme che lo disciplinano. Essi si ricavano sulla base
delle nozioni generali elaborate in sede di teoria generale degli atti
giuridici e sono essenzialmente il soggetto, la volont, loggetto,il
contenuto, i motivi, la motivazione, la forma.
Cos, assume rilievo anzitutto il soggetto, cio lorgano che, in base
alle norme sulla competenza e sullinvestitura, deputato ad emanare
latto. Di regola, si tratta di pubbliche amministrazioni, ma in casi
particolari, come si accennato, anche soggetti privati sono titolari di
poteri amministrativi e i loro atti sono qualificabili come amministrativi.
Si pensi, per esempio, al caso di unimpresa privata concessionaria di un
pubblico servizio che, in base al Codice dei contratti pubblici, sia tenuta a
esperire procedure a evidenza pubblica per lacquisto di beni e servizi
(art. 1, comma 1-ter, della l. n. 241/1990).
Un secondo elemento costituito dalla volont. Il provvedimento
amministrativo manifestazione della volont dellamministrazione,
anche se questultima va intesa non gi in senso psicologico (stato
psichico del dirigente o del titolare dellorgano che emana latto), bens in
senso oggettivato (volont procedimentale). I vizi della volont non
determinano, come accade invece per il negozio privato (art. 1427 cod.
civ.), in via diretta lannullabilit del provvedimento, bens rilevano
tuttal pi in via indiretta (indiziaria) come figura sintomatica delleccesso
di potere.
Un terzo elemento pu essere individuato nelloggetto del
provvedimento, cio nella cosa, attivit o situazione soggettiva cui il
provvedimento si riferisce (come per esempio il bene demaniale dato in
concessione o il terreno espropriato). Loggetto deve essere determinato
o quanto meno determinabile.
Un ulteriore elemento il contenuto del provvedimento che si ritrova
nella parte dispositiva dellatto e che, per riprendere una definizione

181

classica, consiste in ci che con esso lautorit intende disporre,


ordinare, permettere, attestare, certificare
(G. ZANOBINI). In
proposito, rileva soprattutto la distinzione tra contenuto vincolato e
discrezionale del provvedimento che va determinato sulla base della
norma di conferimento del potere.
Il contenuto necessario dellatto discrezionale pu essere integrato con
clausole accessorie che fissano condizioni e altre prescrizioni particolari
(cosiddetti elementi accidentali) che per non possono snaturare il
contenuto tipico del provvedimento e devono essere coerenti con il fine
pubblico previsto dalla legge attributiva del potere. Si gi fatto al
riguardo lesempio delle autorizzazioni in materia ambientale che
contengono prescrizioni volte a mitigare, per quanto possibile, limpatto
delle attivit che il privato intende svolgere. In alcuni casi, come in
quello dei titoli autorizzatori in materia di comunicazioni elettroniche, la
legge stessa individua in modo tassativo le condizioni che possono essere
apposte, sempre che esse siano obiettivamente giustificate, proporzionate
e non discriminatorie (art. 28, comma 1, del Codice delle comunicazioni
elettroniche) e ci al fine di ridurre la discrezionalit
dellamministrazione.
Tra gli elementi dellatto amministrativo, a differenza di quanto accade
per in negozi giuridici privati, non assume rilievo autonomo la causa,
intesa come funzione economico-sociale del negozio qualificabile in
termini di liceit (art. 1343 cod. civ.). Ci essenzialmente perch i poteri
amministrativi sono tutti riconducibili a schemi tipici individuati per
legge. Con riferimento allatto amministrativo ricorre invece pi
frequentemente la nozione di motivi dellatto, cio le ragioni di interesse
pubblico poste alla base del provvedimento15.
I motivi (le ragioni sostanziali) si desumono dalla motivazione dellatto
amministrativo, cio dalla parte del provvedimento che secondo la
definizione contenuta nellart. 3 della l. n. 241/1990 enuncia i presupposti
di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione
dellamministrazione in relazione alle risultanze dellistruttoria.
Lobbligo di motivazione, la cui violazione pu costituire una causa di
annullabilit, costituisce uno dei principi generali del regime degli atti
amministrativi che lo differenzia da quello sia degli atti legislativi sia
15

La giurisprudenza in proposito ha posto il principio per cui in caso di pluralit di motivi


del provvedimento sufficiente che uno solo di essi sia conforme alla legge per salvaguardarne
la legittimit: cfr., per esempio, Cons. St., V, 20 dicembre 1993, n. 1338.

182

degli atti negoziali. Esso , come si visto, una delle componenti del
diritto ad una buona amministrazione enunciato nella Carta dei diritti
fondamentali dellUnione europea (art. 41).
Per un verso, infatti, fin dallepoca della rivoluzione francese per gli
atti legislativi non richiesta una motivazione: la compenetrazione tra
legge, volont generale e sovranit esclude una necessit di
giustificazione delle scelte. Per altro verso, per gli atti dei privati, i
motivi del negozio sono irrilevanti e attengono alla sfera interna del
soggetto e, come si accennato nel primo capitolo, solo in casi del tutto
eccezionali richiesta una motivazione.
Per un altro verso, lobbligo di motivazione avvicina il regime del
provvedimento a quello degli atti giudiziari per i quali vi addirittura una
garanzia costituzionale (art. 111, sesto comma, della Costituzione, ripreso
anche dallart. 3, comma 1, del Codice del processo amministrativo). Le
pubbliche amministrazioni soffrono, anche se in misura minore rispetto ai
giudici, di un deficit di legittimazione democratica che richiede di essere
compensato attraverso un onere di giustificazione.
La motivazione adempie infatti a tre funzioni:
promuove la
trasparenza dellazione amministrativa;
rende pi agevole
linterpretazione del provvedimento amministrativo; costituisce una
garanzia per il soggetto privato che subisca dal provvedimento un
pregiudizio perch rende possibile un controllo giurisdizionale pi
incisivo sulloperato dellamministrazione.
Nella motivazione lamministrazione deve dar conto di tutti gli
elementi rilevanti, acquisiti nel corso dellistruttoria procedimentale, che
hanno indotto lamministrazione a operare una determinata scelta. In
particolare nella motivazione devono emergere le valutazioni operate
dallamministrazione sugli apporti partecipativi dei privati (art. 10, lett.
b), l. n. 241/1990). In ogni caso, dalla motivazione deve essere possibile
ricostruire in modo puntuale liter logico seguito dallamministrazione per
addivenire a una certa determinazione. La motivazione pu essere anche
per relationem, cio con un rinvio ad altro atto acquisito al procedimento
del quale si fanno proprie le ragioni (art. 3, comma 3, della l. n.
241/1990).
La motivazione assume particolare importanza nel caso di
provvedimenti discrezionali, mentre in quelli vincolati essa pu essere
limitata allenunciazione dei presupposti di fatto e di diritto che
giustificano lesercizio del potere. Essa infatti lo strumento principale

183

per sindacare la legittimit, in particolare in termini di ragionevolezza e di


proporzionalit, delle scelte operate dallamministrazione. A questo fine
la giurisprudenza da tempo ha elaborato, nellambito del vizio
delleccesso di potere, una serie di figure sintomatiche specifiche
(insufficienza, contraddittoriet, perplessit, non congruit delle
motivazione) che possono portare allannullamento del provvedimento.
In generale, tanto pi ampio lambito della discrezionalit tanto pi
stringente da ritenere lobbligo di motivazione.
Lart. 3, comma 2, della l. n. 241/1990 esclude dallobbligo di
motivazione gli atti normativi e quelli a contenuto generale. Tuttavia, la
legislazione recente, in particolare con riferimento alle autorit
amministrative indipendenti preposte alla vigilanza sui mercati finanziari,
ha introdotto un obbligo di motivazione con riferimento alle scelte di
regolazione e di vigilanza (art. 23 della legge sul risparmio 28 dicembre
2005, n. 262).
Sulla motivazione del provvedimento si riacceso di recente il
dibattito in seguito ad alcune novit introdotte dalle l. n. 15/2005 di
riforma della l. n. 241/1990 che sembrano indicare direttrici contrastanti.
Per un verso, il nuovo art. 10-bis sulla comunicazione dei motivi
ostativi dellaccoglimento dellistanza va nella direzione di valorizzare
listituto della motivazione. Infatti, prima di poter rigettare formalmente
listanza di un privato volta ad ottenere un provvedimento favorevole,
lamministrazione deve comunicare allinteressato i motivi per i quali la
domanda non pu essere accolta. In questo modo chi ha presentato
listanza pu formulare le proprie osservazioni delle quali
lamministrazione deve dar conto nella motivazione del provvedimento
finale nei casi in cui esse non vengano accolte. Nella stessa direzione,
lart. 6, comma 1, lett. e), della l. n. 241/1990 prevede ora che lorgano
competente ad adottare un provvedimento amministrativo, ove ritenga di
discostarsi dalle risultanze dellistruttoria condotta dal responsabile del
procedimento, deve indicare nella motivazione le ragioni.
Per altro verso, il nuovo art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241/1990
esclude che il provvedimento possa essere annullato per vizi formali o
procedurali ove il contenuto dispositivo del medesimo in ogni caso non
avrebbe potuto essere diverso. Si discute dunque se la motivazione abbia
perso almeno in parte la sua rilevanza e possa essere per cos dire
dequotata a vizio meramente formale. Ci che importa, in una visione
pi sostanzialista, che la decisione sia sorretta da ragioni valide, che
possono emergere magari anche nel corso del giudizio amministrativo

184

instaurato per sindacare la legittimit dellatto, pi che il fatto che esse


siano esternate nella motivazione. Si pone cos la questione di se ed entro
quali limiti sia superato il divieto tradizionale della integrazione della
motivazione nel corso del giudizio, enunciato dalla giurisprudenza
amministrativa, e dunque della ammissibilit della cosiddetta motivazione
successiva (o postuma). Il tema complesso e involge quello della
ricostruzione del processo amministrativo come un giudizio che si
incentra sul sindacato della legittimit di un atto amministrativo oppure
sullaccertamento del modo di essere dellintero rapporto giuridico
amministrativo, anche al di l dellatto impugnato.
Va richiamata infine la forma dellatto amministrativo. E richiesta di
regola la forma scritta (per gli atti degli organi collegiali prevista la
verbalizzazione). In taluni casi latto pu essere esternato oralmente
(ordine di polizia o impartito dal superiore gerarchico, la proclamazione
del risultato di una votazione).
In seguito al processo di
informatizzazione in corso negli ultimi anni, latto pu essere sottoscritto
con la firma digitale e comunicato utilizzando le tecnologie informatiche.
Latto amministrativo pu assumere, a determinate condizioni, la veste
formale di un accordo tra lamministrazione titolare del potere e il privato
destinatario degli effetti volto a determinare il contenuto discrezionale del
provvedimento. Lart. 11 prevede al riguardo i cosiddetti accordi
integrativi o sostitutivi del provvedimento per i quali comunque
prescritta, a pena di nullit, la forma scritta. In giurisprudenza emerge
talora anche la nozione di provvedimento implicito, che si ricava cio da
un altro provvedimento espresso del quale costituisca un presupposto
necessario.
Completata lanalisi degli elementi strutturali dellatto amministrativo,
va sottolineato che lart. 21-septies della l. n. 241/1990 contiene un
richiamo agli elementi essenziali del provvedimento la mancanza dei
quali costituisce una delle cause di nullit, analogamente a quanto
prevede per il contratto lart. 1418, comma 2, del cod. civ. Gli elementi
essenziali dellatto amministrativo non sono elencati in modo puntuale
dalla legge (come fa invece lart. 1325 cod. civ. per i requisiti del
contratto) e dunque essi vanno individuati in via di interpretazione.
Per identificare latto amministrativo e il suo contenuto dispositivo
soccorrono le regole dellinterpretazione che sono quelle previste in via
generale dal codice civile per linterpretazione dei contratti (art. 1362 e
seg. cod. civ.). La giurisprudenza ritiene peraltro che alcune di esse non
possano essere applicate ai provvedimenti. E questo il caso dellart.

185

1370 sullinterpretazione contro lautore della clausola, che finirebbe per


penalizzare sempre lamministrazione che emana in modo unilaterale
latto. Non pu trovare applicazione neppure lart. 1371, secondo il quale
nel caso di oscurit latto deve essere inteso nel senso meno gravoso per
lobbligato, poich prevale lesigenza obiettiva di garantire il
perseguimento dellinteresse pubblico.
Su un piano pi descrittivo, latto amministrativo indica
nellintestazione lautorit emanante, contiene nel preambolo i riferimenti
alle norme legislative e regolamentari che fondano il potere esercitato
(Visto lart. x della legge n. ..), richiama gli atti endoprocedimentali e
altri atti ritenuti rilevanti (Visto il parere ) e la motivazione
(Considerato che oppure Rilevato che ), enuncia nel dispositivo
la determinazione o statuizione finale.
Reca anche la data e la
sottoscrizione e menziona i destinatari e lorgano giurisdizionale cui
possibile ricorrere contro latto e il termine entro il quale il ricorso va
proposto.
6. I provvedimenti ablatori reali; i provvedimenti ordinatori; le sanzioni
amministrative.
Conviene ora dar conto della tipologia dei provvedimenti
amministrativi con lavvertenza che le classificazioni e subclassificazioni
hanno pi che altro un valore descrittivo di una realt che nella
legislazione amministrativa si presenta estremamente variegata, senza
cio che ad esse si ricolleghi una diversit di regime giuridico. Inoltre, i
provvedimenti amministrativi si prestano a essere ordinati secondo una
pluralit di criteri che possono essere usati anche in modo concorrente
(contenuto, oggetto, funzione, destinatari, ecc.). In ogni caso, le categorie
di provvedimenti si prestano a essere riferite, con poche varianti, anche ai
poteri (ove si focalizzi lattenzione sulla norma dazione) e ai
procedimenti (ove si focalizzi lattenzione sulle sequenze degli atti e
adempimenti relative allesercizio dei poteri). Cos, per esempio,
frequente parlare, in modo pressoch fungibile, di poteri, procedimenti e
provvedimenti ablatori, concessori o autorizzatori.
Nel capitolo che precede si gi sottolineato come la dinamica del
rapporto giuridico amministrativo si atteggi in modo diverso a seconda di
come il potere incide sulla situazione giuridica ad essa correlata. Si
posta cos la distinzione, da un lato, tra poteri il cui esercizio determina
effetti limitativi della sfera giuridica del destinatario ai quali sono

186

correlati gli interessi legittimi oppositivi e, dallaltro lato, poteri il cui


esercizio determina effetti ampliativi della sfera giuridica del destinatario
ai quali sono correlati gli interessi legittimi pretensivi. Emerge cos una
duplice macrocategoria di poteri e provvedimenti che trova ora un
riferimento nella l. n. 241/1990. Lart. 21-bis, infatti, stabilisce che i
provvedimenti limitativi della sfera giuridica dei acquistano efficacia nei
confronti dei destinatari con la comunicazione formale a questi ultimi,
qualificandoli cos come atti recettizi. La stessa disposizione individua
come subcategoria i provvedimenti sanzionatori che non possono
contenere mai una clausola di immediata efficacia.
Le principali subcategorie dei provvedimenti limitativi della sfera
giuridica dei destinatari sono i provvedimenti ablatori, gli ordini e le
diffide, i provvedimenti sanzionatori.
a) I provvedimenti ablatori reali.
Tra i provvedimenti ablatori (reali, personali, obbligatori) rientra in
realt unamplissima gamma di atti autoritativi che restringono la sfera
patrimoniale e personale del destinatario, estinguendo o modificando una
situazione giuridica soggettiva attraverso limposizione di prestazioni (per
esempio, le imposte e i tributi) o obblighi di fare o di non fare.
Tra i provvedimenti ablatori reali va ricordata soprattutto
lespropriazione per pubblica utilit, nella quale si manifesta al massimo
grado un conflitto tra linteresse pubblico e gli interessi privati. Tale
conflitto trova un punto di composizione, da un lato, nel consentire alla
pubblica amministrazione, allesito di un procedimento articolato, di
trasferire coattivamente il diritto di propriet dal privato
allamministrazione o al soggetto beneficiario dellespropriazione;
dallaltro, attribuendo al privato il diritto costituzionalmente garantito a
un indennizzo (art. 42, terzo comma, della Costituzione).
La disciplina sostanziale (tipologia di beni, indennizzo) e
procedimentale in materia contenuta nel Testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica
utilit (emanato con d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327) che unisce tutte le
disposizioni legislative (in primo luogo la legge 25 giugno 1865, n. 2359
e regolamentari previgenti).
Lindennizzo non deve coincidere necessariamente con il valore di
mercato, ma non deve essere comunque irrisorio. Su questo aspetto

187

intervenuta pi volte la Corte Costituzionale che ha posto il principio del


serio ristoro, in base al quale occorre far riferimento al valore del bene
in relazione alle sue caratteristiche essenziali, fatte palesi dalla
potenziale utilizzazione economica di esso, secondo legge (Corte Cost.,
30 gennaio 1980, n. 5). Pi di recente anche la Corte europea di diritti
delluomo ha censurato alcuni parametri legislativi che riducevano
lindennit a un ammontare eccessivamente basso rispetto al valore di
mercato (Cedu, Grande Camera, 29 marzo 2006, nel caso Scordino c.
Italia).
Tra i provvedimenti ablatori reali pu essere annoverata anche
loccupazione temporanea di un bene immobile. Le fattispecie pi
ricorrenti sono loccupazione temporanea preordinata allespropriazione
di opere dichiarate indifferibili e urgenti che consente cos la presa in
possesso e lavvio immediato dei lavori nelle more della conclusione del
procedimento espropriativo; la requisizione in uso di beni mobili e
immobili per periodi di tempo delimitati, che pu essere disposta per
gravi e urgenti necessit pubbliche militari o civili (per esempio, in
occasione di uninondazione o un terremoto la requisizione di strutture
alberghiere per ospitare temporaneamente gli sfollati) (art. 7 della l. n.
2248/1865, All. E ed art. 835 cod. civ.); limposizione di servit
pubbliche (militari, di elettrodotto, di acquedotto, di attraversamento di
fiumi, ecc.) disciplinate da leggi speciali e dal codice civile, che annovera
tra i modi di costituzione delle servit coattive, oltre che la sentenza
pronunciata a favore del privato titolare del diritto, un atto dellautorit
amministrativa nei casi specialmente determinati dalla legge (art. 1032,
primo comma, cod. civ.).
b) I provvedimenti ordinatori.
Tra i provvedimenti ablatori personali vanno collocati gli ordini
amministrativi e i provvedimenti che impongono ai destinatari obblighi di
fare o di non fare (divieti) puntuali.
Nelle organizzazioni improntate al principio gerarchico (per esempio,
lesercito e le forze di polizia e, entro certi limiti, i ministeri), lordine,
che indica un comportamento specifico da adottare in una situazione
concreta, lo strumento in base al quale il titolare dellorgano o
dellufficio sovraordinato impone la propria volont e guida allattivit
dellorgano o dellufficio sottordinato.
Esso pu intervenire sul
presupposto che lambito della competenza attribuito a questultimo sia

188

inclusa nellambito della competenza del primo.


Come precisa in termini generali il Testo unico degli impiegati civili
dello Stato (d.p.r. 10 gennaio 1957, n. 3), limpiegato deve eseguire gli
ordini impartiti dal superiore gerarchico (art. 16). Se lordine appare
palesemente illegittimo, limpiegato tenuto a farne rimostranza motivata
al superiore, il quale ha sempre il potere di rinnovarlo per iscritto. In
questo caso, limpiegato tenuto a darvi esecuzione, a meno che non si
tratti di un atto vietato dalla legge penale (art. 17). La mancata
osservanza dellordine impartito pu comportare ladozione di sanzioni
disciplinari in capo al titolare dellorgano o dellufficio sottordinato e pu
indurre il superiore gerarchico ad avocare a s la competenza.
Gli ordini amministrativi possono essere emanati anche al di fuori dei
rapporti interorganici e dunque riguardare rapporti intersoggettivi tra
lamministrazione titolare del potere e i soggetti privati destinatari.
Al riguardo vengono tradizionalmente in considerazione i cosiddetti
ordini di polizia emanati dalle autorit di pubblica sicurezza in base al
Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza approvato con r.d. 18 giugno
1931, n. 773. Tra di essi vi linvito a comparire dinanzi allautorit di
pubblica sicurezza entro un termine assegnato, la cui inosservanza
sanzionata anche penalmente (art. 15), oppure lordine di sciogliere una
riunione o un assembramento che metta in pericolo lordine pubblico
preceduto da un invito e da tre intimazioni formali (artt. 20-24). Esempi
di ordini aventi contenuto negativo (divieti) sono il divieto di svolgimento
di riunioni per ragioni di ordine pubblico, di moralit o di sanit pubblica
(art. 18) o di detenzione di armi, munizioni ed esplosivi impartito a
persone ritenute capaci di abusarne (art. 39). Gli ordini di polizia, al pari
degli altri provvedimenti dellautorit di pubblica sicurezza, sono dotati di
esecutoriet, cio possono essere eseguiti in via amministrativa (art. 5).
Leffettivit di questo genere di ordini garantita, sotto il profilo
penale, da una figura di reato che punisce chiunque non osservi un
provvedimento legalmente dato da unautorit amministrativa, emanato
per ragioni di sicurezza pubblica o di ordine pubblico (ma anche, con
riferimento ad altre ipotesi di provvedimenti ordinatori, per ragioni di
igiene e di giustizia) (art. 650 cod. pen.).
Limposizione di obblighi comportamentali, con atti che, al di l della
denominazione, hanno contenuto prescrittivo ordinatorio, prevista da
numerose leggi, specie nellambito di rapporti con autorit preposte alla
vigilanza di categorie di imprese o a controlli su attivit private,

189

assumendo in questo caso una valenza latu sensu regolatoria. Cos, per
esempio, in materia bancaria e creditizia, la Banca dItalia pu emanare
nei confronti delle banche vigilate provvedimenti specifici riguardanti
ladeguatezza patrimoniale, il contenimento dei rischi, lorganizzazione
aziendale inclusi il divieto di effettuare determinate operazioni o di
distribuire utili (art. 53, comma 3, lett. d) del d.lgs. 1 settembre 1993, n.
385). Essa pu anche emanare misure inibitorie nei confronti dei soggetti
vigilati nel caso in cui nellesercizio dei controlli emergano irregolarit
(art. 128-ter). Nel settore delle comunicazioni elettroniche, le imprese che
allesito di un particolare procedimento di analisi del mercato sono
designate come detentrici di un significativo potere di mercato (del quale
possono abusare nei confronti delle imprese minori) possono essere
destinatarie di un provvedimento dellAutorit per le garanzie nelle
comunicazioni volto a imporre obblighi specifici necessari per garantire
un equilibrio concorrenziale (art. 45 del Codice delle comunicazioni
elettroniche approvato con d.lgs. 1 agosto 2003, n. 259). Per esempio,
lautorit pu prescrivere di applicare tariffe agevolate per i consumatori
a basso reddito (art. 59, comma 2), oppure di concedere alle imprese
minori laccesso su basi non discriminatorie alla rete o di garantire
linterconnessione delle reti (art. 47) e di praticare nei loro confronti
prezzi orientati ai costi (art. 50).
In base al Codice del consumo (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206)
lAutorit garante della concorrenza e del mercato pu vietare dufficio o
su istanza di chi abbia interesse la continuazione di pratiche commerciali
scorrette eliminandone gli effetti (art. 27, comma 2). Le autorit di
regolazione dei servizi di pubblica utilit possono ordinare alle imprese
esercenti il servizio la cessazione di comportamenti lesivi dei diritti degli
utenti (art. 2, comma 20, lett. d) della l. n. 481/1995).
Questi ultimi esempi gi introducono unaltra tipologia di
provvedimenti ordinatori costituita dalla diffida, che consiste nellordine
di cessare da un determinato comportamento posto in essere in violazione
di norme amministrative, anche con la fissazione di un termine per
eliminare gli effetti dellinfrazione. La diffida pu essere accompagnata
da sanzioni di tipo amministrativo.
Un esempio di diffida pu essere preso dalla disciplina ambientale.
Lautorit competente al controllo degli scarichi di acque inquinanti pu
diffidare il titolare dellautorizzazione che non rispetta le condizioni in
essa contenute dal cessare dal comportamento entro un termine
determinato e, nel caso in cui si manifesti una situazione di pericolo per la

190

salute pubblica e per lambiente, pu contestualmente sospendere


lautorizzazione (art. 130 del Codice dellambiente approvato con d.lgs. 3
aprile 2006, n. 152). In materia antitrust lAutorit garante della
concorrenza e del mercato, ove accerti una fattispecie di intesa restrittiva
della concorrenza o di abuso di posizione dominante, fissa alle imprese e
agli enti interessati il termine per leliminazione delle infrazioni e nei
casi pi gravi irroga una sanzione pecuniaria (art. 15 della l. 10 ottobre
1990, n. 287). In materia di comunicazioni elettroniche, in caso di
inosservanza delle condizioni apposte allautorizzazione o ad altri
obblighi imposti a unimpresa
lAutorit per le garanzie nelle
comunicazioni pu intimare di porre fine allinfrazione, ripristinando la
situazione precedente, entro un mese invitando limpresa a presentare
memorie difensive; ove limpresa non ottemperi, lAutorit pu adottare
misure adeguate e proporzionate per assicurare losservanza degli
obblighi violati che, nel caso di violazioni gravi o reiterate possono
consistere anche nel divieto di fornire uno o pi (art. 32 del d.lgs. n.
259/2003). In materia di abusi di informazioni privilegiate e di
manipolazione del mercato, la Consob pu ordinare in via cautelare di
porre termine a condotte che facciano presumere lesistenza di violazioni
della normativa (art. 187-octies, comma 6, del Testo unico
dellintermediazione finanziaria).
In materia edilizia, nel caso di interventi di ristrutturazione e costruttivi
non assoggettati al regime del permesso a costruire ma soltanto a
denuncia dinizio di attivit (dal 2010 segnalazione certificata dinizio di
attivit), il responsabile dellufficio comunale competente, ove sia
riscontrata la mancanza delle condizioni previste, impartisce
allinteressato un ordine di non effettuare il previsto intervento (art. 23,
comma 6, del d.P.R. n. 380/2001). Questo tipo di provvedimento di
diffida , in un certo senso, simmetrico al diniego di autorizzazione
previsto nel caso di interventi edilizi assoggettati al regime del permesso a
costruire.
Pi in generale, nei casi di provvedimenti autorizzatori sostituiti dalla
segnalazione certificata dinizio di attivit, lautorit competente, ove
accerti che lattivit avviata non conforme ai requisiti di legge, adotta
provvedimenti di divieto di prosecuzione dellattivit e di rimozione degli
effetti (art. 19 della l. n. 241/1990).
c) Le sanzioni amministrative.

191

Le sanzioni amministrative costituiscono unaltra tipologia di


provvedimenti restrittivi della sfera giuridica del destinatario. Esse sono
volte a reprimere illeciti di tipo amministrativo e hanno dunque una
funzione punitiva afflittiva e una valenza dissuasiva. Esse sono previste
dalle leggi amministrative per garantire effettivit ai precetti in esse
contenuti o ai provvedimenti emanati dalle autorit amministrative.
In base alla teoria degli ordinamenti giuridici sezionali, le sanzioni
amministrative fungono anzi, insieme agli strumenti di giustizia
domestica (reclami e ricorsi amministrativi), da elemento di chiusura
dellordinamento sezionale (costituito, come si accennato, da norme
interne, apparati titolari di poteri nei confronti soggetti privati inclusi
nellordinamento) che ne connota in un certo senso la propria
autosufficienza e indipendenza dallordinamento generale.
Come esempio di sanzioni amministrative previste da disposizioni di
legge per sanzionare comportamenti illeciti, pu essere preso il Codice
della strada che contiene una serie minuta di regole comportamentali
assoggettate a unampia gamma di sanzioni pecuniarie e non pecuniarie
oppure il Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in
materia edilizia (d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380). Come esempio di sanzioni
amministrative correlate alla violazione di provvedimenti amministrativi,
pu essere preso il Testo unico degli enti locali (art. 7-bis, d.lgs. 18 agosto
2000, n. 267) che le prevede nel caso di violazione di regolamenti degli
enti locali o delle ordinanze contingibili e urgenti emanate dal Sindaco o
dal Presidente della Provincia; oppure il potere attribuito alle autorit di
regolazione dei servizi di pubblica utilit di irrogare sanzioni pecuniarie
di importo assai elevato (fino a 300 miliardi delle vecchie lire) nel caso di
inottemperanza ai provvedimenti regolatori e di tipo individuale da esse
emanati (art. 2, comma 18, lett. c) della legge 14 novembre 1995, n. 481).
In molti casi, la deterrenza delle sanzioni amministrative accresciuta
dalla previsione in parallelo, per gli stessi comportamenti, di sanzioni di
tipo penale. Cos, per esempio, nel settore del mercato mobiliare, labuso
di informazioni privilegiate costituisce a seconda della gravit dei
comportamenti tipizzati, un illecito penale o un illecito amministrativo
(artt. 184 e 187-bis del Testo unico della finanza approvato con d.lgs. 24
febbraio 1998, n. 58).
In realt, sussiste un certo grado di fungibilit tra sanzioni penali e
sanzioni amministrative, tanto da giustificare interventi periodici del
legislatore vuoi nella direzione di depenalizzare gli illeciti minori, vuoi
anche, con minor frequenza, nella direzione opposta. Entrambi i tipi di

192

sanzione hanno lanaloga finalit di prevenzione generale e speciale di


illeciti e ci spiega una certa affinit di regime.
Non a caso, dunque, la legge 24 novembre 1981, n. 689, che detta una
disciplina generale delle sanzioni amministrative, richiama una serie di
principi tipicamente penalistici. Tra di essi vi anzitutto il principio di
legalit, in base al quale nessuno pu essere assoggettato a sanzioni
amministrative se non in forza di una legge entrata in vigore prima della
commissione della violazione e secondo il quale leggi che prevedono
sanzioni amministrative si applicano soltanto nei casi e per i tempi in esse
considerati (art. 1). Un altro principio di tipo penalistico quello della
personalit, che si manifesta nelle disposizioni in base alle quali le
sanzioni possono essere irrogate soltanto nei confronti di chi abbia la
capacit di intendere e di volere (art. 2), nelle regole relative al concorso
di persone (art. 5), alla non trasmissibilit agli eredi (art. 7), alla
quantificazione in base a criteri che fanno riferimento anche alla
personalit del trasgressore (art. 11).
Le sanzioni amministrative sono riconducibili a pi tipi: le sanzioni
pecuniarie, che fanno sorgere lobbligo di pagare una somma di danaro
determinata entro un minimo e un massimo stabilito dalla norma; le
sanzioni interdittive che incidono sullattivit posta in essere dal soggetto
destinatario del provvedimento (ritiro della patente, sospensione da un
albo professionale); le sanzioni disciplinari. Talora lirrogazione di una
sanzione pu comportare anche lapplicazione di sanzioni cosiddette
accessorie, come, per esempio, la confisca amministrativa di cose la cui
fabbricazione, uso, detenzione o alienazione costituisce un illecito
amministrativo (art. 20).
Le sanzioni amministrative pecuniarie presentano alcune peculiarit.
Cos, lobbligazione pecuniaria grava a titolo di solidariet in capo a
soggetti diversi da colui che pone in essere il comportamento illecito (per
esempio lente del quale dipendente o rappresentante lautore
dellillecito: art. 6). Inoltre data la facolt di estinguere lobbligazione
tramite il pagamento di una somma in misura ridotta (oblazione) entro
sessanta giorni dalla contestazione della violazione, cio prima cha abbia
corso il procedimento in contraddittorio per laccertamento dellillecito
(art. 16).
Le sanzioni disciplinari si applicano a soggetti che intrattengono una
relazione particolare con le pubbliche amministrazioni (dipendenti
pubblici, professionisti iscritti ad albi, ecc.) e sono volte a colpire
comportamenti posti in violazione di obblighi speciali collegati allo status

193

particolare (doveri di servizio, codici deontologici, ecc.).


Esse
consistono, a seconda della gravit dellillecito, nellammonizione (o
censura), nella sospensione dal servizio o dallalbto per un periodo di
tempo determinato, nella radiazione da un albo o nella destituzione) Le
sanzioni disciplinari sono regolate sia per quanto riguarda la disciplina
sostanziale sia per quella procedimentale da leggi speciali e sono dunque
escluse dal campo di applicazione della disciplina generale delle sanzioni
amministrative posta dalla l. n. 689/1981 (art. 12).
Sotto il profilo funzionale va posta anche la distinzione tra sanzioni in
senso proprio, che hanno una valenza essenzialmente repressiva e
punitiva del colpevole, e sanzioni cosiddette ripristinatorie, che hanno
come scopo principale quello di reintegrare linteresse pubblico leso da
un comportamento illecito.
Queste ultime, secondo molte ricostruzioni, non vanno considerate
come sanzioni amministrative in senso stretto. Per esempio, in materia
edilizia, nel caso di esecuzione di interventi in assenza o in totale
difformit dal permesso a costruire, lamministrazione comunale ingiunge
al proprietario e al responsabile dellabuso la rimozione o la demolizione
assegnando un termine decorso inutilmente il quale larea acquisita di
diritto al Comune (art. 31 del d.P.R. n. 380/2001).
Le sanzioni amministrative sono applicate di regola soltanto nei
confronti della persona fisica del trasgressore e ci in coerenza con il
carattere personale delle responsabilit (art. 3). La persona giuridica pu
essere chiamata a rispondere solo a titolo di responsabilit solidale e, in
ogni caso, lente che paghi la sanzione pu esercitare lazione di regresso
nei confronti dellautore dellillecito (art. 6, terzo comma).
Di recente, stata introdotta una particolare forma di responsabilit
amministrativa per fatto proprio delle imprese e degli enti per gli illeciti
amministrativi dipendenti da reato (art. 1, comma 1, del d.lgs. 8 giugno
2001, n. 231). Questa responsabilit sorge direttamente in capo allente
per reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio (art. 5) dagli
amministratori e dipendenti. Tra questi reati figurano, per esempio, la
truffa in danno dello Stato, la concussione o il riciclaggio di danaro
sporco (art. 24 e seg.).
La responsabilit amministrativa degli enti comporta lapplicazione di
sanzioni pecuniarie e interdittive come, per esempio, la sospensione e la
revoca di autorizzazioni e licenze, lesclusione da agevolazioni e
finanziamenti pubblici, il divieto di contrattare con la pubblica

194

amministrazione (art. 9). Allapplicazione di questo particolare tipo di


sanzione amministrativa provvede il giudice penale competente a
conoscere dei reati corrispondenti. Lente pu sottrarsi a questo tipo di
responsabilit amministrativa solo se dimostra di aver adottando modelli
di organizzazione, gestione e controllo idonei a prevenire la commissione
da parte degli amministratori e dipendenti dei reati, introducendo regole e
procedure interne (obblighi informativi, protocolli per ladozione e
attuazione delle decisioni e per la gestione delle risorse finanziare,
sanzioni interne, istituzione di organi ai quali sia affidata la funzione di
vigilare sullosservanza di tali modelli) (artt. 6 e 7). In questo modo i
vertici degli enti sono sollecitati a dotarsi di unorganizzazione atta a
minimizzare il rischio della commissione di reati.
La responsabilit amministrativa degli enti un fenomeno che si
iscrive nella tendenza del diritto, in espansione nella fase storica attuale, a
penetrare pi in profondit nellorganizzazione interna degli enti privati.
7. Le attivit libere assoggettate a regime di comunicazione preventiva.
La segnalazione certificata di avvio dellattivit.
Laltra macrocategoria di provvedimenti amministrativi, correlata a
poteri il cui esercizio determina effetti ampliativi nella sfera giuridica del
destinatario, include anzitutto i provvedimenti di tipo autorizzativo.
Per avvicinarci a questa categoria di provvedimenti, occorre precisare
che lattivit dei privati, come regola generale, libera, nel senso che essa
assoggettata esclusivamente al diritto comune. Tuttavia, nei casi in cui
essa possa incidere su un qualche interesse della collettivit (per esempio,
nelle ipotesi gi esaminate nel primo capitolo di fallimenti del mercato),
le leggi amministrative assoggettano le attivit private a limiti e vincoli
pi o meno stringenti in modo tale da conformare lattivit allinteresse
pubblico.
Il rispetto delle norme poste dalle leggi amministrative assicurato in
un primo gruppo di casi esclusivamente attraverso unattivit di vigilanza
che pu portare allesercizio di poteri repressivi e sanzionatori. Si pensi,
per esempio, al pedone o al ciclista che non rispetti le regole poste dal
codice della strada, oppure a un residente che deposita i rifiuti domestici
in luoghi non consentiti, ai quali pu essere irrogata una sanzione
pecuniaria. In questi casi lattivit non richiede alcun contatto preventivo
con una pubblica amministrazione e pu essere considerata ancora come
libera, anche se entro i margini pi ristretti segnati dalle regole di tipo

195

amministrativo.
Per agevolare i controlli effettuati dallamministrazione, in un secondo
gruppo di casi di attivit libere nel senso ora precisato, la legge assoggetta
i privati a un obbligo di comunicare preventivamente a una pubblica
amministrazione lintenzione di intraprendere unattivit. Talvolta, la
comunicazione contestuale allavvio dellattivit; altre volte tra la
comunicazione e lavvio dellattivit previsto un termine minimo. Cos,
per esempio, lagricoltore che voglia vendere direttamente al dettaglio i
propri prodotti deve darne comunicazione al Comune (art. 4 del d.lgs. 18
maggio 2001, n. 228). Anche chi vuol intraprendere unattivit di affitta
camere in base alle normative regionali deve comunicarlo al Comune. I
promotori di una riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico devono
darne avviso al questore almeno tre giorni prima (art. 18 del Testo unico
delle leggi di pubblica sicurezza). In materia di privacy, chi vuol
raccogliere, elaborare e conservare particolari categorie di dati personali
(genetici o attinenti alla sfera della salute, alla situazione patrimoniale e
alla solvibilit economica, ecc.) deve notificare il trattamento al Garante
per la protezione dei dati personali (art. 37 del d.lgs. n. 196/2003)
fornendo una serie di informazioni previste in un modello standard. Il
Garante inserisce poi le notificazioni ricevute in un registro accessibile a
chiunque sia interessato a verificare che i dati raccolti siano conformi alla
disciplina della privacy, che attribuisce al Garante poteri ordinatori e
sanzionatori assai incisivi in caso di violazioni riscontrate.
La fattispecie delle attivit libere regolate da leggi di tipo
amministrativo e assoggettate a un regime di comunicazione preventiva
ora disciplinata in termini generali dallart. 19 della l. n. 241/1990. Questo
articolo, modificato pi volte negli anni, prevede, come si gi
accennato, listituto della segnalazione certificata dinizio di attivit
(cosiddetta, Scia, introdotta nel 2010 in sostituzione dello strumento
omologo della cosiddetta Dia, dichiarazione dinizio di attivit).
La Scia riconduce una serie di attivit, per le quali in precedenza era
previsto un regime di controllo preventivo sotto forma di
autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla
osta comunque denominato (comma 1), a un regime di controllo
successivo, effettuato cio dallamministrazione una volta ricevuta la
comunicazione di avvio dellattivit. Lavvio dellattivit pu essere
contestuale alla presentazione della dichiarazione. Il privato deve
corredare la segnalazione con una autocertificazione del possesso dei
presupposti e requisiti previsti dalla legge per lo svolgimento dellattivit

196

(anche con il ricorso ad asseverazioni e attestazioni di tecnici abilitati). In


caso di dichiarazioni mendaci scattano sanzioni amministrative e penali
(art. 19, commi 3 e 6). Lattivit viene cio intrapresa sulla base di
unautovalutazione della conformit dellattivit alla legge. In definitiva,
da un modello di controllo ex ante si passa a un modello di controllo ex
post meno intrusivo delle libert dei privati.
La Scia, a differenza di quanto accade per i regimi di tipo
autorizzatorio in senso proprio (anche di quelli assoggettati, come si
vedr, al silenzio-assenso ex art. 20 della l. n. 241/1990), non ha natura di
una istanza ex art. 2 della l. n. 241/1990 che d avvio a un procedimento
amministrativo volto al rilascio di un titolo abilitativo. Essa ha soltanto la
funzione di sollecitare lamministrazione a verificare se lattivit in
questione conforme alla norme amministrative, richiedendo se del caso
informazioni e chiarimenti.
In caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti previsti
dalla legge per lo svolgimento dellattivit lamministrazione, entro un
termine di sessanta giorni, pu richiedere al privato di conformare
lattivit alla normativa vigente entro un termine fissato e, ove ci non
avvenga, emanare un provvedimento motivato di divieto di prosecuzione
dellattivit e di rimozione dei suoi effetti. Lamministrazione esercita
cio un potere dufficio che pu portare a un provvedimento di tipo
ordinatorio che si inserisce in un rapporto giuridico amministrativo
strutturato secondo lo schema del potere e dellinteresse legittimo
oppositivo. Ci a differenza del regime autorizzatorio tradizionale nel
quale, come si visto, il rapporto giuridico amministrativo segue lo
schema del potere e dellinteresse legittimo pretensivo.
Le attivit assoggettate al regime della Scia restano dunque libere.
Non a caso il decreto legislativo di recepimento della direttiva servizi
(2006/123/CE), nel porre una definizione di autorizzazione, specifica che
la Scia (ex d.i.a.) non costituisce regime autorizzatorio (art. 8, comma
1, lett. f) del d.lgs. n. 59/2010).
Vero peraltro che anche dopo la scadenza del termine di sessanta
giorni per lattivit di controllo, lamministrazione pu esercitare i poteri
di vigilanza, prevenzione e controllo previsti da leggi vigenti (art. 21,
comma 2-bis) e persino, sia pur con alcune limitazioni, attivare il potere
di autotutela (annullamento dufficio e revoca) (art. 19, commi 3 e 4).
Ci inserisce un elemento di ambiguit perch, come si vedr, i poteri di
autotutela hanno per oggetto provvedimenti amministrativi in senso
proprio mentre nel modello della Scia non vi alcun atto di assenso

197

esplicito da parte dellamministrazione.


Il campo di applicazione della Scia non definito con precisione dalla
legge e ci costituisce una delle principali pecche dellistituto. Lart. 19,
che inserito nel Capo IV della l. n. 241/1990 dedicato alla
Semplificazione dellazione amministrativa si limita infatti a enunciare
il criterio generale in base al quale la Scia sostituisce di diritto ogni atto di
tipo autorizzativo il cui rilascio dipenda esclusivamente
dallaccertamento di requisiti e presupposti richiesti dalla legge, cio,
come si accennato, ogni atto di tipo vincolato. In presenza di una
discrezionalit, infatti, non concepibile che il soggetto privato possa
farsi carico di una valutazione e ponderazione degli interessi in gioco. In
secondo luogo deve trattarsi di atti autorizzativi per i quali non sia
previsto alcun limite o contingente complessivo o altri strumenti di
programmazione di settore, perch in questi casi occorre individuare
qualche criterio per selezionare gli aspiranti a svolgere lattivit e attivare
di conseguenza un procedimento comparativo incompatibile con lavvio
dellattivit sulla base di una semplice comunicazione.
Accanto a questi due criteri, lart. 19 prevede alcuni casi di esclusione
allorch entrino in gioco interessi pubblici particolarmente rilevanti
(ambiente, difesa nazionale, pubblica sicurezza, giustizia, finanze, ecc)
oppure si tratti di atti autorizzativi imposti dalla normativa comunitaria.
Nella formulazione vigente lart. 19 non rinvia per ad elenchi tassativi
completi di autorizzazioni incluse o escluse dallo strumento di
semplificazione redatti sulla base di un censimento completo delle leggi
amministrative statali e regionali che istituiscono regimi autorizzatori. In
questo modo, al di l dei casi menzionati da leggi settoriali che
espressamente richiamano lart. 19 della l. n. 241/1990 (per esempio, il
Testo unico delledilizia), molti sono i casi dubbi.
La Scia (ex Dia) ha dato origine a un dibattito dottrinale che si incentra
soprattutto sulla questione se essa attui una liberalizzazione delle attivit
in precedenza soggette a un regime autorizzatorio tradizionale, oppure se
essa rientri ancora in qualche modo allinterno di tale schema sia pur
rivisitato.
In particolare, secondo alcune ricostruzioni, la Scia sarebbe una forma
di autoamministrazione dei privati, resa possibile proprio dal fatto che
lo svolgimento dellattivit subordinato dalle leggi amministrative alla
presenza di presupposti e requisiti vincolati, la sussistenza dei quali, in
una fattispecie concreta, pu essere accertata in modo agevole dal

198

soggetto interessato a intraprendere lattivit che agisce dunque in


luogo dellamministrazione. Cos ricostruita la dichiarazione presentata
dal privato avrebbe natura provvedimentale. Come tale potrebbe essere
impugnata innanzi al giudice amministrativo da un soggetto terzo che
abbia interesse a contrastare lavvio dellattivit (per esempio, il titolare
di un esercizio commerciale contrario allapertura nelle vicinanze di un
altro esercizio in concorrenza).
Le ricostruzioni pi recenti, che hanno avuto anche lavallo della
giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, Ad. Plen, n. 15/2011)
riconducono la Scia allambito delle attivit libere, anche se conformate
dalle leggi amministrative, assoggettate a vigilanza da parte delle autorit
pubbliche.
Resta peraltro incerta la questione della tutela del terzo che affermi di
subire una lesione nella propria sfera giuridica per effetto dellavvio
dellattivit.
Infatti, mentre nel caso di autorizzazione espressa,
questultima costituisce certamente un atto impugnabile da parte del terzo
che vuole opporsi allavvio dellattivit, nel caso della Scia manca un
provvedimento che consenta il ricorso al giudice amministrativo da parte
del terzo.
Secondo alcune ricostruzioni la questione pu essere risolta nel senso
di attribuire al terzo il potere di proporre innanzi al giudice
amministrativo unazione di accertamento atipica volta a far dichiarare
che lattivit avviata non conforme alle norme amministrative e a
indurre, di conseguenza, lamministrazione ad esercitare i poteri
repressivi e interdettivi. In alternativa, la giurisprudenza pi recente
(Consiglio di Stato, Ad. plen. n. 15/2011) ha qualificato come atto
impugnabile la mancata emanazione del provvedimento di divieto di
prosecuzione dellattivit (una sorta di atto tacito di diniego). Da ultimo,
peraltro, il comma 6-ter dellart. 19 della l. n. 241/1990, aggiunto dallart.
6 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, come modificato dalla legge di
conversione 14 settembre 2011, n. 148, ha precisato che la Scia, la
denuncia e la dichiarazione di inizio di attivit non costituiscono
provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Ha chiarito poi che Gli
interessati possono sollecitare lesercizio delle verifiche spettanti
allamministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente
lazione di cui allart. 31, commi 1, 2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio
2010, n. 104 (cio, come si vedr nel Cap. VII lazione contro il
silenzio). In pratica, il terzo che desideri contrastare lavvio dellattivit
deve invitare lamministrazione a emanare un provvedimento che ne vieti

199

lavvio o la prosecuzione e se lamministrazione non provvede pu


rivolgersi al giudice per far accertare lobbligo di provvedere.

8. Le autorizzazioni e le concessioni.
Come si visto, i regimi di comunicazione preventiva dellavvio di
determinate attivit restano ancora allinterno del modello
dellamministrazione titolare di poteri il cui esercizio determina effetti
limitativi della sfera giuridica del destinatario. Infatti la nascita di un
rapporto giuridico amministrativo con la pubblica amministrazione
titolare del potere di controllo solo eventuale e segue allavvio del
procedimento dufficio volto a contestare la violazione delle norme
amministrative che conformano lattivit ed eventualmente a inibire
lavvio o la prosecuzione dellattivit.
Con i regimi che subordinano lavvio dellattivit a un provvedimento
di assenso si passa invece al modello dellamministrazione titolare di
poteri il cui esercizio determina effetti ampliativi della sfera giuridica del
privato. Nellambito della teoria della regolazione amministrativa esso
considerato come maggiormente intrusivo nelle libert dei privati (A.
OGUS, a proposito del modello del prior approval).
La scelta da parte del legislatore tra i due modelli richiede dunque
unattenta valutazione caso per caso. Secondo il d.lgs. n. 59/2010 di
recepimento della direttiva servizi 2006/123/CE, come gi accennato, i
regime autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se
giustificati da motivi imperativi di interesse generale (art. 14) indicati in
un elenco tassativo piuttosto esteso (art. 8, comma 1, lett. h). Come
precisa ancor meglio il testo della direttiva, lautorizzazione preventiva
giustificata quando lobbiettivo della tutela dellinteresse pubblico non
pu essere conseguito tramite una misura meno restrittiva, in particolare
in quanto un controllo a posteriori interverrebbe troppo tardi per avere
reale efficacia (art. 9, comma 1, lett. c).
Del resto, la stessa Costituzione, per evitare limitazioni arbitrarie
nellesercizio di alcuni diritti fondamentali, come accadde nel ventennio
autoritario, pone il divieto di introdurre regimi autorizzatori che
condizionano il diritto di associazione e di stampa (art. 18, primo comma,
e art. 21, secondo comma) o prevede, nel caso delle riunioni in luogo
pubblico, che possa essere imposto solo un obbligo di preavviso (art. 17,

200

terzo comma).
Nellambito del modello del controllo preventivo sulle attivit dei
privati (prior approval) vanno considerate principalmente le
autorizzazioni e le concessioni.
Di esse conviene anzitutto proporre linquadramento della dogmatica
tradizionale, per poi introdurre qualche elemento di critica e alcuni spunti
ricostruttivi.
a) Secondo una definizione classica (O. RANELLETTI),
lautorizzazione latto con il quale lamministrazione rimuove un limite
allesercizio di un diritto soggettivo del quale gi titolare il soggetto che
presenta la domanda. Il suo rilascio presuppone una verifica della
conformit dellattivit ai parametri normativi posti a tutela dellinteresse
pubblico (funzione di controllo). Le autorizzazioni danno dunque
origine, come si accennato, al fenomeno dei diritti soggettivi in attesa di
espansione, diritti soggettivi il cui esercizio subordinato a una verifica
preventiva del rispetto dei presupposti e dei requisiti stabiliti dalla legge
in relazione allesigenza di tutela di un interesse pubblico. Rispetto a un
siffatto potere conformativo dellamministrazione, il soggetto privato
vanta una posizione di interesse legittimo (pretensivo) che fa coppia con il
diritto soggettivo preesistente.
La concessione invece latto con il quale lamministrazione
attribuisce ex novo o trasferisce la titolarit di un diritto soggettivo in
capo a un soggetto privato. Nel rapporto giuridico amministrativo che
con essa si instaura tra il soggetto privato che presenta listanza e
lamministrazione, il primo si presenta titolare di un interesse legittimo
(pretensivo) per cos dire allo stato puro. Solo in seguito allemanazione
del provvedimento concessorio sorge in capo al privato un diritto
soggettivo pieno (utilizzo di un bene demaniale, esercizio in regime di
monopolio di unimpresa, ecc.) che pu essere fatto valere anche nei
confronti dei terzi.
Sotto il profilo funzionale lautorizzazione uno strumento di controllo
da parte dellamministrazione sullo svolgimento dellattivit allo scopo di
verificare preventivamente che essa non si ponga in contrasto con un
interesse pubblico. Lautorizzazione spesso si esaurisce uno actu, senza
cio che si instauri una relazione stabile con lamministrazione che vada
al di l di una generica attivit di vigilanza da parte di questultima sulla
permanenza in capo al soggetto privato delle condizioni previste dalla

201

legge. La concessione instaura in molti casi un rapporto di lunga durata


con il concessionario caratterizzato da diritti e obblighi reciproci e da
poteri di vigilanza pi continuativa e talora anche di indirizzo delle
attivit poste in essere in base alla concessione (come nel caso dei servizi
pubblici o della costruzione e gestione di opere pubbliche). La
concessione costituisce spesso uno strumento attraverso il quale
lamministrazione, anzich provvedere con le proprie strutture alla
gestione di beni, attivit o prerogative proprie, laffida a soggetti privati.
La concessione pu avere dunque una valenza di tipo organizzativo.
Le concessioni si suddividono in due subcategorie, a valenza
essenzialmente descrittiva: le concessioni traslative e le concessioni
costitutive. Le prime trasferiscono in capo a un soggetto privato un diritto
o un potere del quale titolare lamministrazione. Un esempio la
concessione di un bene demaniale per linstallazione di uno stabilimento
balneare o di un pontile per lattracco di imbarcazioni da diporto, oppure
la concessione per lesercizio dellattivit di distribuzione dellenergia
elettrica o del gas a livello comunale. Le seconde attribuiscono al
soggetto privato un nuovo diritto (per esempio unonorificenza).
Quanto alloggetto, invece, le concessioni sono riconducibili a varie
specie.
Vi sono in primo luogo le concessioni di beni pubblici, come in
particolare i beni demaniali sui quali possono essere attribuiti diritti duso
esclusivi. Tra gli esempi si pu menzionare linstallazione di un chiosco
di giornali sulla pubblica via, di uno stabilimento balneare, lestrazione di
cave, lassegnazione di radiofrequenze, la derivazione di acque pubbliche
per alimentare una centrale elettrica, ecc.
Una seconda specie data dalle concessioni di servizi pubblici o di
attivit ancor oggi assoggettate, ai sensi dellart. 43 della Costituzione, a
un regime di monopolio legale o di riserva di attivit a favore dello Stato
o di enti pubblici, come per esempio, la trasmissione e distribuzione
dellenergia elettrica e del gas, i giochi e le scommesse, ecc.
Una terza specie data dalle concessioni di lavori (per realizzare per
esempio una tratta autostradale o un inceneritore) o di servizi nelle quali,
ai sensi del Codice dei contratti pubblici (d.lgs. n. 163/2006), predomina
laspetto contrattuale. Infatti, la sola differenza rispetto ai normali
contratti di appalto di lavori e di servizi, aggiudicati allesito di una
procedura ad evidenza pubblica, consiste nel fatto che nelle concessioni
di questo tipo il corrispettivo non a carico dellamministrazione

202

appaltante. Esso invece costituito esclusivamente nel diritto a gestire


lopera o il servizio applicando un prezzo o una tariffa agli utenti
(pedaggi autostradali, tariffe orarie o giornaliere per luso di un
parcheggio comunale, ecc.) (art. 3, nn. 11 e 12 del d.lgs. n. 163/2006) che
deve consentire il recupero dei costi per la realizzazione
dellinfrastruttura e la gestione. Esse perseguono lobiettivo di evitare
esborsi diretti in capo allamministrazione committente.
Rientrano infine nel fenomeno concessorio alcuni tipi di sovvenzioni,
sussidi e contributi di danaro pubblico erogati, spesso con criteri
discrezionali, per il perseguimento di interessi pubblici (sociali,
economici, culturali) alle quali fa riferimento, come si accennato
trattando del cosiddetto autovincolo alla discrezionalit, lart. 12 della l.
n. 241/1990.
b) Esaminata la ricostruzione dogmatica tradizionale delle
autorizzazioni e delle concessioni, possibile ora svolgere alcune
osservazioni critiche, lungo due direttrici.
In primo luogo, come emerge dalle definizioni e classificazioni sopra
riportate, la visione tradizionale stata condizionata in modo
preponderante da un elemento di contesto e cio dal dibattito in tema di
situazioni giuridiche soggettive.
In realt la bipartizione delle autorizzazioni e delle concessioni apparve
fin dallinizio troppo rigida e inadatta a inquadrare una realt molto pi
variegata e complessa.
Venne cos individuata, allinterno di ciascuna categoria, una serie di
subcategorie intermedie, di incerta consistenza.
In particolare, fu posta (M.S. GIANNINI) la distinzione tra
autorizzazioni costitutive, talune connotate da unampia discrezionalit e
in relazione alle quali dubbia la preesistenza di un diritto soggettivo in
capo al privato (per esempio, le autorizzazioni previste per le banche, le
assicurazioni, le attivit commerciali, o in materia di diritti reali, come,
allepoca, lattivit edilizia); autorizzazioni permissive, pi vicine al
modello classico, che operano come condiciones juris, cio come fatti
permissivi o ostativi allesercizio di una determinata attivit con funzione
talora di mero controllo di questultima, talaltra anche di programmazione
e direzione (panifici, vendita di alcolici e superalcolici); autorizzazioni
ricognitive volte in prevalenza a valutare lidoneit tecnica di persone o di

203

cose (le cosiddette abilitazioni, previste per esempio per i professionisti,


gli insegnati, i comandanti di nave, ecc.).
Tra le categorie ibride vanno menzionate le licenze (apertura di negozi,
caccia, pesca, ecc.) aventi due caratteristiche: riguardano attivit che non
ineriscono a preesistenti diritti soggettivi dei soggetti privati, come nel
caso delle autorizzazioni classiche, n a settori in dominio
dellamministrazione, come nel caso delle concessioni; il loro rilascio
subordinato a valutazioni di tipo tecnico o discrezionale o di coerenza con
un quadro programmatorio che ne comporti il contingentamento, previste
per esempio nei piani commerciali (A. SANDULLI).
In definitiva, tutte le incertezze che hanno da sempre pesato sul
dibattito in tema di situazioni giuridiche soggettive si sono ribaltate anche
sulla ricostruzione del fenomeno degli atti autorizzativi.
In secondo luogo, storicamente, le autorizzazioni e le concessioni
trovarono collocazione, anche a costo di qualche forzatura, allinterno
della teoria del provvedimento amministrativo, inteso come atto
dimperio, unilaterale espressione della sovranit dello Stato. Ci in
concomitanza con laffermarsi della visione panpubblicistica dei rapporti
tra Stato e cittadino che negava la possibilit di ricostruire le relazioni
giuridiche nel diritto pubblico in base a schemi privatistici.
Inizialmente, infatti, nella seconda met del XIX secolo, le concessioni
amministrative, un fenomeno allepoca in piena espansione (si pensi alle
concessioni ferroviarie, di sfruttamento delle miniere, di illuminazione
pubblica, ecc.), erano qualificate come normali contratti a prestazioni
corrispettive assoggettati alle norme civilistiche. Qualche decennio dopo,
per effetto della svolta della dogmatica italiana nella direzione
panpubblicistica, le concessioni vennero considerate come atti
amministrativi eminentemente discrezionali, modificabili e revocabili ad
nutum senza alcun obbligo di indennizzo. Venne cos enfatizzato in
qualche modo il significato originario settecentesco della concessione,
come atto di benevolenza del sovrano che accorda un privilegio o una
prerogativa (unonorificenza, il monopolio di una determinata attivit, o
anche lincorporazione di una societ commerciale con il beneficio della
responsabilit limitata).
Inoltre, alle autorizzazioni e alle concessioni venne riconosciuto il
carattere unilaterale e autoritativo: unilaterale, pur in presenza di una
volont del privato espressa attraverso la presentazione della istanza;
autoritativo anche nei casi di autorizzazioni integralmente vincolate, nelle

204

quali latto sembra avere, come si visto, una valenza meramente


ricognitiva di un effetto che scaturisce direttamente dalla legge.
Il tentativo di depurare le concessioni da ogni elemento privatistico e
paritario apparve ben presto una forzatura.
La dottrina e la giurisprudenza elaborarono infatti la nozione di
concessione-contratto (o di contratto accessivo al provvedimento) volta
ad attenuare il carattere unilateral-pubblicistico dellatto concessorio. Ci
si rese conto cio, soprattutto nei casi di affidamento della gestione di
servizi pubblici per periodi di tempo prolungati e richiedenti la
realizzazione infrastrutture molto onerose, che lunilateralit della
concessione era poco pi che una finzione. Nella realt i privati
concessionari pretendevano garanzie per investimenti di lunga durata e
altre certezze incompatibili con la concezione autoritaria tipica del
provvedimento amministrativo discrezionale.
Con la concessione-contratto il fenomeno concessorio si sdoppia cos
in due componenti: un provvedimento (inteso come atto di sovranit)
volto ad attribuire al concessionario il diritto a svolgere una certa attivit;
un contratto o convenzione volti a regolare su base paritaria i diritti e gli
obblighi delle parti nellambito di un rapporto di durata. Tra questi vi
tipicamente lobbligo di corresponsione di un canone concessorio (con i
criteri per il suo aggiornamento), lobbligo di effettuare investimenti, di
assicurare agli utenti determinati livelli di prestazione, di informazione, i
poteri di verifica sullandamento della gestione, i poteri di approvazione
di tariffe praticate agli utenti. Il contratto regola anche il diritto di recesso
e di riscatto subordinandoli a una serie di garanzie, incluso il pagamento
di un indennizzo secondo criteri predefiniti, e superando in questo modo
il principio della revocabilit ad nutum. Nelle fattispecie pi complesse il
momento contrattuale finisce per essere di gran lunga prevalente rispetto
al momento autoritativo, ridotto in taluni casi a un mero atto di
approvazione del contratto.
Di fatto, poi, nonostante la posizione formale di sovraordinazione
dellamministrazione che rilascia la concessione, la parte contrattualmente
pi forte finisce spesso per essere limpresa privata che gestisce il
servizio.
c) La distinzione tra autorizzazioni e concessioni ha richiesto un
ripensamento complessivo alla luce del diritto europeo, che non
attribuisce alcuna rilevanza alla distinzione tra diritti soggettivi e interessi

205

legittimi, e dellevoluzione interna del diritto amministrativo. Quel che


conta sia per le autorizzazioni sia per le concessioni, , alla fin fine, che in
mancanza di un atto di assenso preventivo dellamministrazione lattivit
non pu essere intrapresa.
Non a caso la direttiva servizi 2006/123/CE gi citata d una
definizione omnicomprensiva di regime autorizzatorio che include
qualsiasi procedura che obbliga un prestatore o un destinatario a
rivolgersi ad unautorit competente allo scopo di ottenere una decisione
formale o una decisione implicita relativa allaccesso ad unattivit di
servizio o al suo esercizio (art. 4, n. 6). Come precisa ancor meglio il
considerando n. 39, il regime di autorizzazione comprende tutte le
procedure per il rilascio di autorizzazioni, licenze, approvazioni o
concessioni, oltre che lobbligo di essere iscritto in un albo
professionale, in un registro ruolo o in una banca dati, di essere
convenzionato con un organismo o di ottenere una tessera professionale
.
Come impostazione generale, specie quando si tratti di attivit
economiche collegate al diritto dimpresa, il diritto europe sempre stato,
per cos dire, nemico della discrezionalit. Infatti, subordinare lesercizio
di unattivit a una valutazione discrezionale dellamministrazione
significa negare la possibilit di ricostruire la posizione giuridica
soggettiva del privato o dellimpresa in termini di diritto in senso proprio.
Proprio per questa ragione numerose direttive europee emanate
nellultima parte del secolo scorso hanno trasformato i regimi di
concessione discrezionale in regimi di autorizzazione vincolata (o anche,
con espressione ricorrente, di autorizzazione conforme al diritto
comunitario).
Uno dei primi casi riguard il sistema creditizio. La legge bancaria del
1936 subordinava lapertura di un istituto di credito al rilascio di una
concessione discrezionale della Banca dItalia. La stessa attivit bancaria
era definita come attivit di interesse pubblico e assoggettata a un sistema
di regole speciali, molte delle quali emanate e applicate dagli organi di
vertice del sistema (Comitato interministeriale per il credito e il risparmio,
Banca dItalia, Ministero del Tesoro), finalizzate non soltanto a garantire
la stabilit del sistema bancario contro il rischio di fallimenti a catena, ma
anche a dirigere lattivit degli istituti orientando le scelte di investimento
in funzione di obiettivi di politica economica e industriale. In questo
contesto il rilascio della concessione valeva come atto di ammissione
dellistituto richiedente in un vero e proprio ordinamento giuridico

206

settoriale (M.S. GIANNINI).


Negli anni Ottanta del secolo scorso il diritto europeo allo scopo di
aprire il mercato dei servizi bancari a un maggior grado di concorrenza,
pose il divieto di subordinare lavvio dellattivit bancaria a valutazioni
discrezionali e in particolare al criterio del cosiddetto bisogno di
mercato che consente allamministrazione pubblica di valutare in termini
di sufficienza o insufficienza la presenza di un numero adeguato di istituti
di credito secondo un criterio di equilibrio tra domanda e offerta di servizi
bancari e una logica programmatoria e pianificatoria. Il regime
concessorio venne cos trasformato in regime di autorizzatorio
espungendo
ogni
elemento
di
discrezionalit
propriamente
amministrativa.
Oggi il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (d.lgs. n.
385/1993), per un verso, precisa che lattivit bancaria ha carattere
dimpresa (art. 10);
per altro verso, subordina il rilascio
dellautorizzazione a una serie di condizioni oggettive (forma societaria,
capitale sociale minimo, requisiti di professionalit, onorabilit e
indipendenza degli amministratori, ecc.) che attribuiscono alla Banca
dItalia solo spazi di valutazione tecnica (in particolare in ordine al
programma di attivit che deve essere elaborato da chi presenta la
domanda) (art. 14) in modo tale da garantire la sana e prudente
gestione degli istituti vigilati che costituisce la finalit primaria
dellintera disciplina in materia bancaria (art. 5).
Le direttive di liberalizzazione emanate verso la fine del secolo scorso,
volte a eliminare i regimi di monopolio legale (o di riserva di attivit)
segnando, come si visto, il passaggio allo Stato regolatore, hanno
interessato i grandi servizi pubblici (energia elettrica e gas, comunicazioni
elettroniche, poste, trasporti ferroviari). Da qui la sostituzione dei regimi
concessori con regimi di autorizzazioni vincolate.
Cos, per esempio, il Codice delle comunicazioni elettroniche stabilisce
che lattivit di fornitura di reti o servizi di preminente interesse
generale ed libera (art. 3, secondo comma, e art. 25), mentre in
precedenza era assoggettata, in base al codice postale, a un regime
concessorio. Lavvio oggi subordinato, come si accennato, a un
regime di autorizzazione generale che prevede una semplice
comunicazione preventiva al Ministero delle comunicazioni (art. 14).
Allautorizzazione generale possono essere apposte condizioni
proporzionate, trasparenti e non discriminatorie individuate in un
elenco tassativo che non lascia spazio ad alcuna discrezionalit (art. 28).

207

Solo per lutilizzo delle frequenze radio, che costituiscono una risorsa
scarsa, il Codice prevede un piano nazionale di ripartizione, in modo
ridurre il rischio di interferenze, e la concessione dei diritti duso alle
imprese richiedenti, ma nel contesto di procedure pubbliche, trasparenti
e non discriminatorie (art. 27).
In termini pi generali, il decreto legislativo di recepimento della
Direttiva servizi gi citato, che si applica a un ambito assai esteso di
attivit economiche, nel porre alcune disposizioni guida in materia di
regimi autorizzatori rivolte soprattutto al legislatore, pone il principio che
laccesso e lesercizio delle attivit di servizi costituiscono espressione
della libert di iniziativa economica e non possono essere sottoposti a
limitazioni non giustificate o discriminatorie (art. 10, comma 1). La
libert in questione costituisce dunque un prius, che assunto quasi come
un dato naturale rispetto ai poteri pubblici conformativi, che richiedono
invece una giustificazione specifica caso per caso in base al principio di
proporzionalit.
Il decreto legislativo individua una serie di requisiti di accesso
allattivit considerati vietati in modo assoluto perch non giustificati o
discriminatori (art. 11). Sono discriminatori, per esempio, i requisiti che
richiedono al prestatore di servizi la cittadinanza o la residenza italiana.
Non giustificata invece lapplicazione caso per caso di una verifica di
natura economica che subordina il rilascio del titolo autorizzatorio alla
prova dellesistenza di un bisogno economico o di una domanda di
mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi
dellattivit o alla valutazione delladeguatezza dellattivit rispetto agli
obiettivi di programmazione economica stabiliti (art. 1, primo comma,
lett. e). Leconomia di mercato aperta e in libera concorrenza che ispira i
trattati comunitari incompatibile, come si detto, con ogni logica
dirigistica e pianificatoria.
Accanto ai requisiti vietati, il decreto legislativo enumera una serie di
requisiti che sono ammessi solo in presenza di un motivo imperativo di
interesse generale cos come definito dallo stesso decreto in un elenco
tassativo (ordine e sicurezza pubblica, sanit, tutela dei lavoratori,
ambiente, ecc.) e previa notifica alla Commissione europea (artt. 12 e 13).
Tra questi rientrano, per esempio, la previsione di tariffe obbligatorie
minime o massime, di restrizioni quantitative o territoriali, o di un numero
minimo di dipendenti.
Nei casi in cui il numero delle autorizzazioni deve essere limitato per
ragioni correlate alla scarsit delle risorse naturali o delle capacit

208

tecniche disponibili o per altri motivi imperativi di interesse generale, il


loro rilascio deve avvenire attraverso una procedura di selezione pubblica
sulla base di criteri resi pubblici, atti ad assicurare limparzialit (art. 16).
In definitiva, le condizioni alle quali i regimi autorizzatori subordinano
laccesso e lesercizio di unattivit di servizi devono essere, oltre che non
discriminatorie e giustificate da un motivo di interesse generale, chiare e
inequivocabili, oggettive, rese pubbliche preventivamente (art. 15).
Questa regola incorpora un principio generale in tema di autorizzazioni
conformi al diritto comunitario, che vale anche al di l dallambito dei
servizi oggetto della direttiva 2006/123/CE, e che privilegia, come si
sottolineato pi volte, il modello delle autorizzazioni vincolate.
Un ripensamento nella ricostruzione dogmatica delle autorizzazioni e
delle concessioni imposto, come si anticipato, anche dallevoluzione
interna del diritto amministrativo che ha portato alla perdita della
rilevanza pratica della distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi.
Si gi visto in particolare che, in seguito alla sentenza delle S.U. della
Corte di Cassazione n. 500/1990, essa non segna pi la linea di confine
della risarcibilit del danno conseguente a unattivit amministrativa
illegittima. Perde cos di significato, a fini risarcitori, in particolare nel
caso di diniego illegittimo del rilascio del provvedimento richiesto, la
distinzione tra concessioni e autorizzazioni fondata sulla preesistenza o
meno della titolarit in capo al soggetto privato di una situazione giuridica
di diritto soggettivo. Ai fini della risarcibilit entra in gioco, secondo la
sentenza n. 500/1999, soltanto il cosiddetto giudizio prognostico, cio una
valutazione oggettiva, sulla base della normativa applicabile e delle
caratteristiche della situazione concreta, della possibilit di conseguire il
bene della vita correlata al provvedimento illegittimamente negato.
Anche ai fini di questo giudizio diventa essenziale determinare lambito
di discrezionalit che attribuita o che residua (discrezionalit in astratto
o in concreto) in capo allamministrazione.
In conclusione, alla luce dellevoluzione del diritto europeo e del
diritto interno, la distinzione pi rilevante in materia di autorizzazioni e
concessioni, al di l della terminologia di volta in volta utilizzata dal
legislatore e delle subclassificazioni dottrinali, tra atti vincolati e atti
discrezionali, o com stato detto (A. ORSI BATTAGLINI), tra
autorizzazioni discrezionali costitutive e autorizzazioni vincolate
ricognitive. Secondo questa dottrina, ancora oggi peraltro minoritaria,
nelle prime latto amministrativo la fonte diretta delleffetto giuridico

209

prodotto, secondo lo schema gi visto della norma dazione, che ricollega


al verificarsi in concreto di un fatto sussumibile nella norma il potere
dellamministrazione di produrre con una propria manifestazione di
volont un effetto giuridico in capo a un soggetto terzo (secondo lo
schema norma-fatto-potere-effetto); nelle seconde leffetto giuridico, a
ben considerare, come si accennato, si ricollega direttamente alla legge,
cio al verificarsi in concreto di un fatto sussumibile nella norma, mentre
allautorit che emana latto riservato in via esclusiva il compito di
accertare la produzione delleffetto giuridico (cosiddetta competenza
esclusiva, nellimpostazione, gi esaminata, di E. CAPACCIOLI).
Lavvio dellattivit nel secondo tipo di autorizzazioni dunque precluso
in assenza dellatto amministrativo, non tanto perch il soggetto privato
non abbia gi acquisito nella sua sfera giuridica il diritto a esercitarla,
quanto perch, per ragioni di certezza delle relazioni giuridiche
lordinamento riserva, almeno in prima battuta, allamministrazione il
compito di verificare se sussistono in concreto i presupposti e i requisiti
richiesti dalla norma per svolgerla.
In ogni caso, anche se non si accoglie la distinzione ora posta, la
presenza o meno della discrezionalit assume un rilievo determinante ai
fini della tutela giurisdizionale. Infatti, come si gi accennato e come si
vedr meglio nei Cap. VI e VII, sia la possibilit di esperire con successo
lazione risarcitoria, sia la possibilit di conseguire una tutela specifica,
sotto forma di condanna dellamministrazione al rilascio del
provvedimento richiesto illegittimamente negato (la cosiddetta azione di
adempimento) sono condizionate dalla natura vincolata o discrezionale
del potere.
9. Gli atti dichiarativi.
Esaurita la trattazione delle principali tipologie di provvedimenti
amministrativi restrittivi e ampliativi della sfera giuridica del destinatario,
occorre dar conto di altri tipi di classificazioni elaborate dalla dottrina e
dalla giurisprudenza per cercare di razionalizzare una realt multiforme
che emerge nella legislazione e nella prassi amministrativa. Ci con una
duplice avvertenza e cio, da un lato, che lobiettivo non quello della
completezza della ricognizione, dallaltro, che si tratta in molti casi di
classificazioni non unanimemente accettate e talora riferite a fenomeni
eterogenei.
Una prima categoria include atti amministrativi dichiarativi, nei quali

210

cio il momento volitivo tipico dei provvedimenti generalmente assente


e ai quali va invece riconosciuta una funzione meramente ricognitiva e
dichiarativa finalizzata alla produzione di certezze giuridiche. In un certo
senso, gi le autorizzazioni vincolate ricognitive da ultimo esaminate
potrebbero essere incluse in questa categoria, ove si acceda alla tesi che,
trattandosi di atti vincolati, leffetto giuridico non sorge in seguito
allemanazione dellatto, ma discende direttamente dalla legge.
Pi tipicamente, nella categoria degli atti dichiarativi rientrano le
certificazioni, duso molto frequente nella vita pratica, che sono
dichiarazioni di scienza relative ad atti, fatti, qualit, e stati soggettivi
(art. 18 della l. n. 241/1990). Lamministrazione pubblica organizza,
elabora, verifica la correttezza e detiene stabilmente una gran massa di
dati e informazioni in registri, elenchi, albi, ecc. Si pensi per esempio ai
registri dello stato civile dei Comuni contenenti i dati anagrafici (data di
nascita, cittadinanza, stato civile), alle liste elettorali, ai registri
immobiliari, agli elenchi di acque pubbliche, al pubblico registro
automobilistico, ai registri giudiziari, ecc.
Le certificazioni si ricollegano concettualmente a una funzione che i
pubblici poteri da sempre hanno assunto come propria, quella cio di
certezza pubblica. Si pensi, per esempio alla disciplina dei pesi e delle
misure, della moneta, del computo del tempo, indispensabili per
lordinato svolgimento delle relazioni giuridiche.
Individuare luoghi e modalit istituzionalizzate per aggregare e
verificare la correttezza di dati una componente essenziale del ruolo dei
pubblici poteri in un sistema sociale ed economico che si regge sempre
pi sullacquisizione, sulla diffusione, sulla verificabilit dei dati.
La funzione di certezza pubblica si realizza attraverso due modalit: la
tenuta e laggiornamento di registri, albi, elenchi pubblici; la messa a
disposizione ai soggetti interessati dei dati in essi contenuti per mezzo di
attestazioni e certificazioni. Per liscrizione a certi tipi di albi e registri
(in particolare gli albi professionali) richiesto un accertamento, anche
attraverso prove selettive, del possesso dei requisiti prescritti.
Le certificazioni costituiscono la modalit tradizionale per dimostrare il
possesso di presupposti e requisiti richiesti ai privati per potere svolgere
molte attivit.
Esse vengono presentate, insieme alle altre
documentazioni necessarie, nellambito dei procedimenti autorizzatori.
La l. n. 241/1990 (art. 18) e il Testo Unico sulla documentazione
amministrativa (d.P.R. n. 445/2000) prevedono per due modalit

211

alternative, da preferire.
Da un lato, le pubbliche amministrazioni
dovrebbero scambiare tra di loro dufficio le informazioni rilevanti senza
gravare i soggetti privati dellonere di ottenere il rilascio dei certificati
rilevanti (art. 18, commi 2 e 3; art. 43 del d.P.R. n. 445/2000). Di
recente, proprio per obbligare le amministrazioni a fornirsi
reciprocamente i dati di cui sono in possesso, stato anzi introdotto il
principio secondo il quale i certificati non hanno alcun valore giuridico
nei rapporti con le pubbliche amministrazioni. Dallaltro, in molti casi le
certificazioni possono essere sostituite con lautocertificazione,
individuando i fatti, stati e qualit il cui possesso pu essere attestato
tramite una dichiarazione formale assunta sotto propria responsabilit dal
soggetto interessato.
Le cosiddette dichiarazioni sostitutive di certificazione possono avere
per oggetto per esempio la data, il luogo di nascita, la residenza, la
cittadinanza, liscrizione in albi, la qualit di studente o di pensionato,
ecc. (art. 46 del d.P.R. n. 445/2000). Cos, per esempio, la domanda di
partecipazione a un concorso pubblico o listanza per poter ottenere un
sussidio prevedono usualmente lautocertificazione del possesso dei
requisiti richiesti dal bando e dalle norme vigenti. Le dichiarazioni
sostitutive di atti di notoriet sono relative invece a stati, qualit personali
e fatti dei quali linteressato sia a conoscenza e che si riferiscono anche
ad altri soggetti (art. 47 del d.P.R. n. 445/2000).
Lamministrazione che utilizza il dato autocertificato nellambito di un
procedimento pu verificarne, almeno a campione, la correttezza e deve
farlo nei casi in cui sorgono dubbi sulla veridicit delle dichiarazioni (art.
71, comma 1). Se lautocertificazione falsa possono essere irrogate
sanzioni anche di tipo penale che, con riferimento particolare alla
segnalazione certificata dinizio di attivit, sono state di recente inasprite
(art. 19, comma 6, della l. n. 241/1990 e, in generale, art. 76, d.P.R. n.
445/2000).
Inoltre in caso di dichiarazioni mendaci e di false attestazioni, sempre
con funzione sanzionatoria, allinteressato negata la possibilit di
conformare lattivit alla legge sanando la propria posizione (art. 21 della
l. n. 241/1990) e viene disposta nei suoi confronti la decadenza dai
benefici eventualmente conseguiti dal provvedimento emanato in base
alla dichiarazione non veritiera (art. 75).
Il modello dellautocertificazione, introdotto gi da molto tempo (legge
4 gennaio 1968, n. 15, cui fa rinvio lart. 18, comma 1, della l. n.
241/1990), stenta a farsi strada nella pratica, perch la circolazione delle

212

informazioni tra pubbliche amministrazioni, a causa di carenze


organizzative croniche e nonostante gli sforzi recenti di introdurre la
cosiddetta amministrazione digitale, ancora difficoltosa.
Tra gli atti dichiarativi vanno inclusi i cosiddetti atti paritetici, ai quali
si gi fatto cenno. Si tratta di una categoria di atti elaborata dalla
giurisprudenza amministrativa allorch negli anni Trenta del secolo
scorso il legislatore attribu al giudice amministrativo in particolari
materie (anzitutto il pubblico impiego) la cognizione di diritti soggettivi
in aggiunta ai tradizionali interessi legittimi (cosiddetta giurisdizione
esclusiva). La figura dellatto paritetico, cio di un atto meramente
ricognitivo di un assetto gi definito in tutti i suoi elementi dalla norma
attributiva di un diritto soggettivo, serviva in quel contesto a superare la
regola della necessit di impugnare latto nel termine di 60 giorni,
consentendo che la pretesa del privato potesse essere fatta valere in sede
giudiziale nel normale termine di prescrizione. Cos, per esempio, se
lamministrazione nega un compenso o unindennit spettante a un
dipendente pubblico non privatizzato o erra nella quantificazione del
contributo correlato al rilascio di un permesso a costruire, la
comunicazione formale dellamministrazione non vale come
provvedimento amministrativo in senso proprio.
Unaltra specie di atti dichiarativi costituita dalle verbalizzazioni, che
consistono nella narrazione storico giuridica (M.S. GIANNINI) da
parte di un ufficio pubblico di atti, fatti e operazioni avvenute in sua
presenza.
Cos, per esempio, la polizia municipale, nellambito
dellattivit di vigilanza in materia edilizia, pu recarsi in cantiere e
constatare in un processo verbale la difformit delle opere gi realizzate
rispetto al permesso a costruire, oppure, nellambito dellattivit di
vigilanza sulle attivit commerciali, constatare il mancato rispetto degli
orari di apertura di un esercizio commerciale. Analogamente, i funzionari
della Banca dItalia o dellIsvap, in occasione delle ispezioni periodiche
condotte presso le banche e le assicurazioni vigilate, fanno constatare in
un verbale le operazioni compiute, i fatti accertati e le eventuali
dichiarazioni delle parti interessate.
Il processo verbale cos redatto pu essere poi incluso tra gli atti di un
procedimento in senso proprio volto per esempio a diffidare o sanzionare
il comportamento illecito sul piano amministrativo.
La verbalizzazione assume un rilievo particolare in relazione alle
attivit deliberative degli organi collegiali (consiglio o giunta comunale,
consiglio di amministrazione di un ente pubblico, la commissione di un

213

concorso, ecc.). Di regola essa affidata a un segretario non componente


del collegio che d atto della presenza dei membri del collegio al fine
della verifica del quorum costitutivo, dellandamento della discussione sui
punti allordine del giorno, riporta le eventuali dichiarazioni di voto e
lesito delle votazioni.
Ove redatto da un pubblico ufficiale il verbale fa fede delle operazioni
compiute e delle dichiarazioni ricevute (art. 155 cod. proc. civ.) e i suoi
contenuti possono essere contestati solo attraverso lesperimento di
procedimenti particolari (la querela di falso).
Tra gli atti amministrativi non provvedimentali vanno menzionati i
pareri e le valutazioni tecniche, che sono manifestazioni di giudizio da
parte di organi o enti pubblici contenenti valutazioni e apprezzamenti in
ordine a interessi pubblici secondari o a elementi di carattere tecnico
(valutazioni tecniche) che lamministrazione titolare del potere
amministrativo e competente a emanare un provvedimento amministrativo
deve tenere in considerazione (art. 16 e art. 17 della l. n. 241/1990). La
sede pi appropriata per darne conto quella relativa al procedimento
amministrativo.
10. Altre classificazioni: atti collettivi, atti plurimi, atti di alta
amministrazione, atti collegiali.
I provvedimenti amministrativi possono essere classificati anche in
base ad altri criteri.
a) Il criterio dei destinatari del provvedimento consente di operare una
serie di distinzioni e di individuare anzitutto la categoria degli atti
amministrativi generali gi esaminata nel capitolo precedente. Questi atti
si rivolgono, anzich a singoli destinatari, a classi omogenee pi o meno
ampie di soggetti (determinabili in concreto solo in un momento
successivo allemanazione dellatto) e proprio per questo sono
assoggettati a un regime simile per molti aspetti a quello dei regolamenti
amministrativi in senso proprio.
Dagli atti generali vanno tenuti distinti gli atti collettivi e gli atti
plurimi. Anche i primi si indirizzano a categorie, generalmente ristrette, di
soggetti considerati in modo unitario, i quali, per, a differenza degli atti
generali, sono gi individuati con precisione individualmente. Si pensi,
per esempio, allo scioglimento di un consiglio comunale che produce
effetti nei confronti dei singoli componenti dellorgano collegiale.

214

Gli atti plurimi (o a contenuto plurimo), invece, sono atti rivolti


anchessi a una pluralit di soggetti, ma i loro effetti, a differenza di
quanto accade per gli atti collettivi, sono scindibili in relazione a ciascun
destinatario. Si pensi per esempio al decreto che approva una graduatoria
di vincitori di concorso oppure un decreto che dispone nei confronti di
una pluralit di proprietari lespropriazione di una serie di terreni. La
distinzione rileva soprattutto in sede di tutela giurisdizionale poich, a
differenza di quanto accade per gli atti collettivi, limpugnazione proposta
da uno dei destinatari dellatto plurimo, proprio in virt della scindibilit
degli effetti, non pu andare a beneficio n intaccare la situazione
giuridica soggettiva degli altri destinatari.
b) In base al criterio della natura della funzione esercitata e
dellampiezza della discrezionalit stata elaborata la tipologia degli atti
di alta amministrazione. Questa fattispecie emersa allorch si posta la
questione di segnare i confini tra gli atti amministrativi e gli atti politici,
questi ultimi non assoggettati a regime del provvedimento
amministrativo. In particolare, il Codice del processo amministrativo, in
linea con le norme precedenti (art. 31 del Testo unico delle leggi sul
Consiglio di Stato), esclude limpugnabilit degli atti o provvedimenti
emanati dal Governo nellesercizio del potere politico (art. 7, comma 1).
La linea di confine tra atti politici e atti amministrativi sempre stata
incerta. Il giudice amministrativo ha via via ristretto la nozione di atto
politico, in particolare abbandonando la teoria del movente o dei motivi
soggettivi dellatto di origine francese che allargava troppo larea della
insindacabilit. Ha accolto invece una nozione oggettiva di atto politico.
In essa rientrano gli atti, che, a differenza di quelli amministrativi, sono
liberi nel fine e che sono emanati da un organo costituzionale (in
particolare il Governo) nellesercizio di una funzione di governo. E
questo il caso, per esempio, delle deliberazioni del Consiglio dei ministri
che approvano un decreto legge o un decreto legislativo, degli atti che
dispongono linvio di un contingente militare allestero nellambito di una
missione della N.A.T.O. o che pongono la questione di fiducia al
parlamento, o che provvedono alla nomina di un sottosegretario di Stato.
Altri atti del Governo, definiti atti di alta amministrazione, hanno
invece una natura amministrativa, anche se sono caratterizzati da
unamplissima discrezionalit. Tra di essi rientrano i provvedimenti di
nomina e revoca dei vertici militari o dei ministeri (prefetti, capi di
dipartimento) o dei direttori generali delle aziende sanitarie locali, i

215

decreti che autorizzano lestradizione, oppure il decreto di scioglimento e


commissariamento di un Comune o di un altro ente pubblico. Questi atti
operano un raccordo tra la funzione di indirizzo politico e la funzione
amministrativa. In quanto atti amministrativi essi devono essere motivati
e sono impugnabili innanzi al giudice amministrativo il quale per
esercita su di essi un sindacato meno intenso, limitandosi a rilevare le
violazioni pi macroscopiche dei principi che presiedono allesercizio del
potere discrezionale.
c) Un altro criterio di distinzione riguarda la provenienza soggettiva
del provvedimento. Accanto ai casi nei quali il provvedimento emanato
da un organo competente di tipo monocratico (un decreto del ministro o
unordinanza del sindaco di un Comune), si pongono i casi nei quali il
provvedimento espressione della volont di pi organi o soggetti e che
danno origine alla categoria degli atti complessi. Un esempio pu essere il
decreto interministeriale, espressione della volont paritaria e convergente
(con funzione di coordinamento) di pi ministri, oppure un decreto del
Presidente della Repubblica che controfirma latto del ministro
proponente.
Vanno menzionati anche gli atti collegiali nei quali il provvedimento
emanato da un organo composto da una pluralit di componenti designati
con vari criteri (elezione, nomina da parte di organi politici o in
rappresentanza di enti pubblici o privati o di organizzazioni di categoria).
Le delibere assunte dagli organi collegiali avvengono con modalit
particolari definite negli statuti o nei regolamenti dei singoli enti e
amministrazioni. Anzitutto, la riunione del collegio viene convocata
usualmente dal presidente e a ciascuno dei componenti comunicato in
anticipo lordine del giorno. Prima di procedere alla discussione e
allassunzione della delibera va verificata la presenza alla riunione del
numero legale (quorum costitutivo). La delibera validamente assunta
ove sia approvata dalla maggioranza (a seconda dei casi semplice o
qualificata) dei presenti (quorum deliberativo). La delibera riferibile
unitariamente allorgano collegiale, ma le eventuali responsabilit che
possano sorgere non ricadono sui componenti dellorgano assenti o
dissenzienti. Di tutte le operazioni, inclusa la votazione, d conto il
verbale della seduta, predisposto da un segretario verbalizzante e
approvato dallorgano collegiale nella seduta successiva.

216

11. Linvalidit dellatto amministrativo.


Nei paragrafi che precedono stata analizzata la fisiologia del
provvedimento amministrativo, esaminandone gli elementi strutturali e il
regime giuridico. Aspetti della patologia del provvedimento sono gi
emersi l dove, per esempio, si posto in evidenza che lefficacia del
provvedimento non condizionata dalla validit del medesimo. Si
richiamata anche la disposizione della l. n. 241/1990 che qualifica come
nullo latto che manca dei suoi elementi essenziali (art. 21-septies).
E giunto ora il momento di trattare in modo pi sistematico linvalidit
del provvedimento amministrativo. Essa trova una disciplina compiuta
nella l. n. 241/1990 in seguito alle modifiche introdotte dalla l. n. 15/2005
e, per i risvolti processuali, nel Codice del processo amministrativo.
Conviene muovere da alcune nozioni generali.
In sede di teoria generale viene operata una distinzione contenutistica
tra norme che regolano una condotta, imponendo obblighi o attribuendo
diritti, e norme che conferiscono poteri, come per esempio quello di fare
testamento, di contrarre un matrimonio o di porre in essere un contratto,
che regolano invece le procedure, i presupposti e i limiti allesercizio di
poteri (privati o anche amministrativi) volti alla produzione di effetti
giuridici (norme primarie e norme secondarie, secondo H.L. HART;
norme di condotta e norme sulla produzione giuridica, secondo N.
BOBBIO; norme di relazione e norme di azione, secondo la distinzione
gi esaminata).
I comportamenti che violano il primo tipo di norme sono qualificabili
come illeciti e contro di essi lordinamento reagisce attraverso
limposizione di sanzioni di varia natura (sanzioni penali, obbligo di
risarcimento, ecc.). Gli atti posti in essere in violazione delle norme del
secondo tipo sono qualificabili come invalidi e contro di essi
lordinamento reagisce disconoscendone gli effetti.
Linvalidit pu essere definita pi precisamente come la difformit di
un negozio o di un atto dal suo modello legale. Essa pu essere
sanzionata, in funzione della gravit della violazione, secondo due
modalit: linidoneit dellatto a produrre gli effetti giuridici tipici, cio a
creare diritti e obblighi o altre modificazioni nella sfera giuridica dei
soggetti dellordinamento (nullit); lidoneit a produrli in via precaria,
cio fin tanto che non intervenga un giudice (o un altro organo) che,
accertata linvalidit, rimuova con efficacia retroattiva gli effetti prodotti
medio tempore (annullamento).

217

Il regime dellinvalidit del provvedimento amministrativo si ispira a


(ma non coincide con) il modello dellinvalidit accolto dal codice civile,
che, nellambito della disciplina del contratto, distingue la nullit e
lannullabilit (art. 1418 e seg. e 1425 e seg. cod. civ.).
Nel diritto civile la nullit ha carattere atipico. Infatti, il codice civile
del 1942 ha abbandonato la logica della tipicit delle ipotesi nelle quali
essa comminata (cosiddetta nullit testuale cio limitata ai casi in cui
essa espressamente comminata da una norma), ma delinea uno schema
atipico sanzionando con la nullit tutti i casi di contrariet del contratto a
norme imperative (art. 1418, comma 1). Questa disposizione rimette
infatti allinterprete la valutazione caso per caso in ordine al carattere
imperativo o meno della norma violata (cosiddetta nullit virtuale).
La nullit del provvedimento amministrativo invece prevista, come si
vedr, solo in relazione a poche ipotesi tassative, mentre la violazione
delle norme attributive del potere viene attratta nel regime ordinario della
annullabilit (sotto il profilo della violazione di legge).
Questa differenza si spiega per il fatto che le norme in materia di
contratti hanno di regola carattere dispositivo, possono cio essere
derogate dalle parti.
Le norme imperative, un fenomeno
quantitativamente limitato, segnano invece in negativo i limiti
allautonomia negoziale a tutela di interessi generali, limiti che
lautonomia privata non pu giammai superare.
Nel diritto amministrativo, invece, in coerenza con la logica della
legalit e della tipicit, le norme attributive del potere, in quanto
finalizzate a garantire i soggetti destinatari del provvedimento e a tutelare
un interesse pubblico, hanno di regola carattere cogente (imperativo).
Esse non possono essere cio derogate o disapplicate
dallamministrazione. Sanzionare con la nullit ogni difformit tra
provvedimento e norma attributiva del potere costituirebbe una reazione
sproporzionata da parte dellordinamento. Nel corso delliter
parlamentare che port alle modifiche alla l. n. 241/1990 operate dalla l.
n. 15/2005 vi fu il tentativo di sostituire la formulazione classica del vizio
di violazione di legge con la contrariet a norme imperative, ma esso
venne accantonato proprio per la difficolt di applicare questa distinzione
in un contesto pubblicistico.
Ci spiega perch storicamente, come si accennato, si afferm il
principio che equipara il provvedimento amministrativo invalido a quello
valido ai fini della produzione delleffetto giuridico tipico (salva sua

218

successiva rimozione in seguito allannullamento). Questo principio


appare infatti pi rispettoso delle prerogative dellamministrazione e
dellesigenza di consentire la realizzazione immediata della cura in
concreto dellinteresse pubblico. Non venne accolto invece il principio,
seguito nellordinamento inglese, della inidoneit dellatto non conforme
al modello legale a produrre leffetto (dottrina dellultra vires). Un
siffatto principio improntato a una visione pi rigorosa del principio di
legalit e allesigenza di garantire al massimo grado la protezione dei
soggetti nella cui sfera giuridica ricadono gli effetti del provvedimento.
Inoltre, mentre nel diritto privato lannullabilit riferita a ipotesi
tassative (incapacit della parte e vizi del consenso), nel diritto
amministrativo le cosiddette figure sintomatiche delleccesso di potere,
frutto dellelaborazione giurisprudenziale, sono, come si vedr, una sorta
di catalogo aperto.
In definitiva, il regime dellannullabilit costituisce il regime ordinario
del provvedimento amministrativo invalido, mentre la nullit costituisce
un fenomeno marginale anche dopo linserimento nella l. n. 241/1990 di
una disciplina organica.
Sempre in sede di teoria generale, viene operata la distinzione tra
invalidit totale e parziale: la prima investe lintero atto, la seconda una
parte di questo, lasciando inalterata la validit e lefficacia della parte non
affetta dal vizio. Anche il provvedimento amministrativo pu essere
colpito da invalidit totale o parziale. Questultima evenienza si ha nel
caso di provvedimenti con effetti scindibili, come nel caso, gi esaminato,
degli atti plurimi. Pu essere preso come esempio latto di nomina di una
pluralit di vincitori di un concorso o di un giudizio di idoneit. Ha effetti
scindibili anche il piano regolatore con riferimento alle destinazioni
edificatorie delle singole aree: lillegittimit delle prescrizioni che si
riferiscono a una determinata area non invalida le prescrizioni riferite ad
altre aree.
In genere si ritiene applicabile al provvedimento il principio di cui
allart. 159 cod. proc. civ. secondo il quale linvalidit di una parte
dellatto si estende alle altre parti solo ove esse siano strettamente
dipendenti da quella viziata. Pu assumere rilievo anche il principio
civilistico relativo alla nullit di una parte o di una clausola del contratto
che comporta la nullit del contratto solo quando risulta che i contraenti
non lo avrebbero concluso senza quella parte (art. 1419 cod. civ.). Nel
caso degli atti amministrativi il problema si pu porre, per esempio, per le
clausole accessorie apposte a unautorizzazione o a una concessione.

219

Linvalidit di un provvedimento pu essere propria o derivata. Nel


primo caso assumono rilievo diretto i vizi dei quali affetto latto. Nel
secondo caso linvalidit dellatto discende per cos dire per propagazione
dallinvalidit di un atto presupposto. E questo, per esempio, il caso
dellillegittimit di un bando di gara o di concorso che si riflette sulla
validit dellatto di aggiudicazione o di approvazione della graduatoria
dei vincitori. Anche latto applicativo di un regolamento illegittimo
affetto da invalidit derivata.
Linvalidit derivata pu essere di due tipi: ad effetto caducante, nel
senso che travolge in modo automatico latto assunto sulla base dellatto
invalido; a effetto invalidante, nel senso che latto affetto da invalidit
derivata, per quanto a sua volta invalido, conserva i suoi effetti fin tanto
che non venga annullato. Leffetto caducante si verifica in presenza di un
rapporto di stretta causalit (o consequenzialit diretta e necessaria) tra i
due atti: il secondo costituisce una mera esecuzione del primo. Allorch
invece latto successivo non costituisce una conseguenza inevitabile del
primo, ma presuppone nuovi e ulteriori apprezzamenti, linvalidit
derivata ha soltanto un effetto viziante, con la conseguenza che essa deve
essere fatta valere attraverso limpugnazione autonoma di questultimo.
Cos, per esempio, linvalidit degli atti di ammissione dei singoli
candidati a una prova concorsuale si propaga agli atti successivi della
procedura e fino allapprovazione della graduatoria, ma questultima
affetta da uninvalidit derivata viziante e non caducante.
Si distingue ancora tra invalidit originaria e invalidit sopravvenuta.
In linea di principio trova applicazione anche nel diritto amministrativo il
principio del tempus regit actum, secondo il quale la validit di un
provvedimento si determina con riguardo alle norme in vigore al
momento della sua adozione.
Peraltro, poich lesercizio del potere avviene nella forma del
procedimento, cio di una pluralit di atti funzionalmente collegati e
strumentali alladozione del provvedimento finale, si pone talora la
questione delle conseguenze del mutamento delle norme vigenti sui
procedimenti avviati, ma non ancora conclusi. Cos, per esempio, se
successivamente alla presentazione di una domanda di concessione e
allavvio dellistruttoria interviene una normativa pi restrittiva, la
concessione non pu essere pi rilasciata. In altri casi il mutamento
normativo non incide sulle procedure gi avviate. Un esempio un
concorso pubblico in relazione al quale sia gi stato emanato il bando
(che costituisce la lex specialis del procedimento e che non pu essere

220

disapplicata dallamministrazione).
Si parla di invalidit sopravvenuta dei provvedimenti amministrativi
(ma questa nozione dibattuta in dottrina) nel caso di legge retroattiva, di
legge di interpretazione autentica e di dichiarazione di illegittimit
costituzionale. Nelle prime due ipotesi, la retroattivit della nuova legge
rende, ora per allora, viziato il provvedimento emanato in base alla norma
abrogata. Nella terza ipotesi, poich le sentenze di accoglimento della
Corte costituzionale hanno efficacia retroattiva, esse rendono invalidi i
provvedimenti assunti sulla base delle norme dichiarate illegittime e ai
rapporti giuridici sorti anteriormente, a meno che non si tratti di rapporti
esauriti.
Infine anche nel diritto amministrativo emersa, soprattutto in
giurisprudenza, la distinzione tra invalidit del provvedimento e mera
irregolarit, che, come si vedr, riferita a imperfezioni minori tali da non
incidere in modo rilevante sugli interessi tutelati dalla norma.
Conviene svolgere ancora due considerazioni generali sullinvalidit
del provvedimento.
La prima che la l. n. 241/1990 non ha fatto altro che razionalizzare le
acquisizioni giurisprudenziali e dottrinali. Come si gi accennato,
infatti, la teoria dei vizi dellatto amministrativo il frutto in gran parte
dellelaborazione giurisprudenziale a partire dalla legge del 1889
istitutiva della IV Sezione del Consiglio di Stato. Il giudice
amministrativo dovette cio riempire di contenuto le scarne disposizioni
che attribuivano alla sua competenza i ricorsi per incompetenza, per
eccesso di potere o per violazione di legge e stabilivano che in caso di
accoglimento del ricorso latto impugnato dovesse essere annullato (artt.
26 e 45 del Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato).
Cos, in primo luogo, la giurisprudenza interpret subito la formula
eccesso di potere, che riprendeva quella francese di excs de pouvoir,
non gi come straripamento di potere (dbordement de pouvoir, riferito
in origine agli sconfinamenti dellautorit giudiziaria nella sfera riservata
di altra autorit giudiziaria),
bens come sviamento di potere
(dtournement de pouvoir). Il primo si riferisce ai casi di macroscopico
sconfinamento dallambito di competenza da parte di unautorit
amministrativa (quella che poi venne denominata variamente carenza di
potere o incompetenza assoluta e ora, nellart. 21-septies, come difetto
assoluto di attribuzione); il secondo ai casi nei quali il potere viene
esercitato per un fine diverso da quello posto dalla norma attributiva del

221

potere (deviazione dellatto dalla sua dstination lgale) .


La IV Sezione del Consiglio di Stato fece cio ricorso alleccesso di
potere per sindacare la legalit intrinseca dei provvedimenti discrezionali
e non soltanto la loro conformit formale a disposizioni di legge (legalit
estrinseca). Cos in una controversia relativa a un decreto governativo
discrezionale di scioglimento di unopera pia, il Consiglio di Stato si
spinse sino a verificare che latto impugnato non contenesse nulla di
illogico e dirrazionale o di contrario allo spirito della legge (decisione
del 7 gennaio 1892, n. 3) aprendo cos la strada a un controllo sulle scelte
discrezionali dellamministrazione. In seguito, il giudice amministrativo,
allo scopo di accertare leccesso di potere inteso in questa accezione pi
ampia, elabor le cosiddette figure sintomatiche delleccesso di potere
rendendo cos sempre pi penetrante il sindacato sulla discrezionalit
amministrativa.
In secondo luogo, nel silenzio della legge, la giurisprudenza individu
ipotesi nelle quali il provvedimento affetto da deviazioni cos abnormi
dalla norma attributiva del potere o addirittura emanato in assenza di
una base legislativa tanto da non poter essere inquadrato allinterno del
regime dellillegittimit, che, come si sottolineato, non fa venir meno la
forza imperativa del provvedimento. Emerse cos una tipologia di vizi
pi gravi sussunti nella categoria della carenza di potere (in astratto e in
concreto) o anche della nullit (o talora inesistenza), in presenza dei quali,
come si gi accennato nel capitolo precedente a proposito della
distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi, il provvedimento
perde il carattere imperativo e dunque non in grado di travolgere
(degradare o affievolire) i diritti soggettivi. Gli atti assunti in carenza di
potere vennero cos attribuiti alla cognizione del giudice ordinario, mentre
gli atti con riferimento ai quali veniva contestato soltanto il cattivo
esercizio del potere restarono affidati alla cognizione del giudice
amministrativo.
Una seconda osservazione generale, gi introdotta da questultima
considerazione, che la teoria dei vizi del provvedimento nel nostro
ordinamento stata condizionata dalla questione del riparto di
giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo fondato sulla
distinzione tra le figure del diritto soggettivo e dellinteresse legittimo,
considerati nella loro interazione con il potere amministrativo.
La prospettiva in cui si sono poste la giurisprudenza e la dottrina stata
dunque quella dellincidenza del provvedimento invalido sulle situazioni
giuridiche soggettive.

222

In questo contesto stata elaborata anche la distinzione tra due tipi di


comportamenti patologici dellamministrazione.
Da un lato vi sono i meri comportamenti (o comportamenti senza
potere) assunti in violazione di una norma di relazione cio lesivi di un
diritto soggettivo e ascrivibili nella categoria della illiceit e dunque
qualificabili alla stregua di un qualsivoglia comportamento posto in essere
da un soggetto privato non conforme alle norme civilistiche (in
particolare ex art. 2043 cod. civ.). Si pensi per esempio a un incidente
stradale provocato da un mezzo dellamministrazione oppure al danno
subito da un autoveicolo privato a causa della cattiva manutenzione di una
strada (la cosiddetta insidia o trabocchetto). Dallaltro vi sono i
comportamenti nei quali il collegamento funzionale tra provvedimento
invalido e lattivit materiale esecutiva
posta in essere
dallamministrazione integra una violazione di una norma di azione e
dunque la lesione di un interesse legittimo, facendo confluire, in
definitiva, lintera fattispecie nellambito della giurisdizione del giudice
amministrativo.
Il settore nel quale sorta ed stata pi dibattuta la questione quello
dellespropriazione nel quale si contrappone la cosiddetta occupazione
usurpativa alla occupazione appropriativa. La prima si ha allorch il
terreno viene occupato in carenza di qualsivoglia titolo (in via di fatto o
in carenza di potere); la seconda allorch loccupazione avviene
nellambito di una procedura di espropriazione (a seguito della
dichiarazione di pubblica utilit) ancorch illegittima. In questo secondo
caso, come secondo la Corte Costituzionale (sentenza n. 191 del 2006), i
comportamenti costituiscono esercizio, ancorch viziato da illegittimit,
della funzione pubblica della pubblica amministrazione e pertanto sono
inclusi nella giurisdizione del giudice amministrativo. Al contrario i
comportamenti che danno origine a unoccupazione usurpativa vanno
qualificati come illeciti e sono attribuiti alla giurisdizione del giudice
ordinario. La Corte ha pertanto dichiarato lillegittimit costituzionale
dellart. 53, comma 1, del Testo unico sulle espropriazioni approvato con
d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, che attribuisce alla giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo le controversie in materia espropriativa, nella
parte in cui vi includeva anche le controversie relative a comportamenti
non riconducibili, nemmeno mediatamente, allesercizio del potere. In
aderenza a questa concezione, lart. 7 del Codice del processo
amministrativo include nel perimetro della giurisdizione amministrativa (i
cosiddetti limiti esterni), accanto ai provvedimenti, i comportamenti

223

riconducibili anche mediatamente allesercizio del potere.


In definitiva, la questione del riparto di giurisdizione ha reso
necessario, anche a costo di qualche forzatura, sfumare la distinzione tra
comportamento e atto di esercizio del potere amministrativo, attraendo la
fattispecie dei comportamenti riconducibili allesercizio del potere nella
categoria della illegittimit piuttosto che in quella della illiceit.
Un nesso tra illiceit del comportamento dellamministrazione e
illegittimit del provvedimento emerso in seguito alla svolta operata
dalla Corte di Cassazione con la sentenza delle Sezioni Unite n. 500 del
1999 che ha affermato il principio della risarcibilit del danno da lesione
di interesse legittimo ad opera di un provvedimento amministrativo
illegittimo. Il provvedimento illegittimo, infatti, va qualificato come uno
degli elementi costitutivi (insieme al danno, al nesso di causalit e
allelemento soggettivo) dellillecito extracontrattuale ai sensi dellart.
2043 cod. civ. cio alla stregua di un qualsivoglia comportamento
dellamministrazione assunto in violazione del principio del neminem
laedere. Come ha chiarito anche la giurisprudenza amministrativa, il
danno non cagionato dal provvedimento in s stesso, ma da un fatto,
ossia da un comportamento e assume dunque rilievo non gi una mera
illegittimit del provvedimento in s ma unilliceit della condotta
complessiva (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 23 marzo 2011, n.
3).
Esaurite le osservazioni preliminari, conviene individuare anzitutto le
disposizioni rilevanti in tema di invalidit del provvedimento contenute
nella l. n. 241/1990 e nel Codice del processo amministrativo. I due testi
normativi instaurano una corrispondenza tra disciplina sostanziale e
disciplina processuale dellinvalidit. Ci costituisce una novit sotto il
profilo sistematico rispetto alla situazione precedente nella quale, in
assenza di un corpo di disposizioni generali sul provvedimento, il regime
dei vizi veniva estrapolato da norme squisitamente processuali (anzitutto
il Testo Unico delle leggi sul Consiglio di Stato del 1924) o dalle
elaborazioni giurisprudenziali.
Lannullabilit disciplinata dallart 21-octies della l. n. 241/1990 e
dallart 29 del Codice. Entrambe le disposizioni riprendono la
tripartizione dei vizi di legittimit, e cio lincompetenza, leccesso di
potere e la violazione di legge posta, come si detto, gi dalla legge del
1889 istitutiva della IV Sezione del Consiglio di Stato. Rispetto al regime
precedente, il primo, come si vedr, riduce larea dellannullabilit
operando la cosiddetta dequotazione dei vizi formali. Il secondo conferma

224

limpianto tradizionale dellazione di annullamento.


La nullit disciplinata invece dallart. 21-septies della l. n. 241/1990,
che individua quattro ipotesi tassative, e dallart. 31, comma 4, del Codice
che disciplina lazione di nullit.
A livello europeo, lart. 263 del TFUE, nel disciplinare il ricorso alla
Corte di giustizia dellUnione europea, prevede che ove esso sia fondato
il giudice dichiara nullo e non avvenuto latto impugnato. Questa
disposizione viene interpretata nel senso che latto annullabile e lazione
promossa ha natura costitutiva e non meramente dichiarativa. Del resto la
giurisprudenza europea si ispira al principio che gli atti delUnione
europea si presumono validi finch non vengono annullati o revocati
dallistituzione che li emana o dal giudice. Quanto alla tipologia dei vizi
lart. 263, comma 2, prevede quattro fattispecie: lincompetenza, la
violazione delle forme sostanziali, la violazione dei trattati e di qualsiasi
regola di diritto relativa alla loro applicazione, lo sviamento di potere. In
definitiva, anche nel diritto europeo il regime ordinario dellinvalidit
quello dellannullabilit.
12. Lannullabilit: a) lincompetenza; b) la violazione di legge.
Per tradizione, latto amministrativo affetto da incompetenza, eccesso
di potere e violazione di legge viene qualificato come illegittimo (e
pertanto suscettibile di annullamento). La l. n. 241/1990 ricalca invece la
distinzione civilistica tra nullit e annullabilit. Lart. 21-octies sia nella
rubrica sia nel primo comma infatti fa riferimento soltanto a questultima.
Lart. 21-nonies usa invece ancora la terminologia provvedimento
amministrativo illegittimo prevedendo che essa possa essere annullato
dufficio. E di uso corrente anche lespressione vizi di legittimit, da
contrapporre ai vizi di merito che vengono riferiti alla contrariet
dellatto a norme o parametri non giuridici (di dubbia oggettivit) o a
canoni pi generici di opportunit o di convenienza.
In realt annullabilit e illegittimit sono vocaboli usati in modo
intercambiabile. Tuttavia, come si vedr, poich il secondo comma
dellart. 21-octies opera, come si anticipato, una dequotazione dei vizi
formali, non si pu pi ritenere che tutti gli atti illegittimi siano
annullabili. Latto non annullabile resta pur sempre illegittimo, cio
connotato da un disvalore maggiore rispetto alla semplice irregolarit.
La stessa tripartizione tradizionale dei vizi che possono essere causa di

225

annullabilit ha una rilevanza ridotta dopo che la Costituzione ha sancito


che la tutela giurisdizionale non pu essere esclusa o limitata a particolari
mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti (art. 113,
secondo comma).
Sono divenute cos incostituzionali le leggi
amministrative, emanate soprattutto nel ventennio autoritario, che
sottraevano al sindacato del giudice amministrativo alcune tipologie di
vizi o addirittura alcuni tipi provvedimenti. Come esempi di limitazione
alla deduzione di singoli vizi possono essere ricordati i ricorsi in materia
di dispensa di insegnanti per ragioni di servizio, oppure in materia
doganale e di leva militare.
Inoltre, le conseguenze dellannullamento, cio il venir meno degli
effetti del provvedimento con efficacia retroattiva (ex tunc), non
cambiano in relazione al tipo di vizio accertato (secondo G. GUARINO,
la cosiddetta teoria della eguale rilevanza dei vizi). Lannullamento
elimina comunque latto e i suoi effetti in modo retroattivo e
allamministrazione lobbligo di porre in essere tutte le attivit necessarie
per ripristinare, per quanto possibile, la situazione di fatto e di diritto in
cui si sarebbe trovato il destinatario dellatto ove questultimo non fosse
stato emanato (cosiddetto effetto ripristinatorio).
Ci che varia in funzione del tipo di vizio invece, come si vedr
meglio nella parte dedicata alla giustizia amministrativa, il cosiddetto
effetto conformativo dellannullamento, cio il vincolo che sorge in capo
allamministrazione nel momento in cui essa emana un nuovo
provvedimento sostitutivo di quello annullato. Da questo punto di vista
la distinzione pi rilevante tra vizi formali (non dequotabili) e vizi
sostanziali.
Infatti, se il vizio accertato ha natura formale o procedurale (error in
procedendo), come la mancata acquisizione di un parere obbligatorio o la
rilevazione del vizio di incompetenza, non da escludere che
lamministrazione possa emanare un nuovo atto dal contenuto identico
rispetto a quello dellatto annullato. Se al contrario, il vizio ha natura
sostanziale (error in judicando), come per esempio la mancanza di un
presupposto o di un requisito posto dalla norma dazione o un eccesso di
potere per travisamento dei fatti, lamministrazione non potr reiterare,
rebus sic stantibus, latto annullato.
Peraltro, la retroattivit dellannullamento, che costituiva fino a poco
tempo fa un principio consolidato, oggetto di un ripensamento nella
giurisprudenza amministrativa pi recente. In una controversia relativa
alla legittimit di un piano faunistico venatorio, il Consiglio di Stato,

226

nellaccogliere il ricorso proposto da unassociazione ambientalista, ha


ritenuto di stabilire che latto viziato continui a produrre i propri effetti fin
tanto che lamministrazione non provveda a modificarlo o a sostituirlo
entro un termine assegnato (Cons. St., Sez. VI, 10 maggio 2011, n. 2755).
E ci per evitare la conseguenza paradossale che, eliminati gli effetti del
piano, ritenuto dalla sentenza illegittimo a causa di un vizio procedurale,
riprendesse vigore il regime precedente ancor meno protettivo. Del resto,
lordinamento europeo gi prevede che la Corte di Giustizia ove reputi
necessario, precisa gli effetti dellatto annullato che devono essere
considerati definitivi (art. 264, secondo comma, TFUE).
Sul versante processuale, lart. 29 del Codice del processo
amministrativo conferma il regime tradizionale secondo cui contro il
provvedimento affetto da violazione di legge, incompetenza ed eccesso di
potere pu essere proposta lazione di annullamento innanzi al giudice
amministrativo nel termine di decadenza di 60 giorni. Lannullabilit non
pu essere rilevata dufficio dal giudice, ma, in base al principio
dispositivo, pu essere pronunciata solo in seguito alla domanda proposta
nel ricorso il quale deve indicare anche in modo specifico i profili di vizio
denunciati (motivi di ricorso).
Lart. 30 del Codice stabilisce inoltre che insieme allazione di
annullamento pu essere proposta anche lazione risarcitoria. Superato,
come si visto, il principio della pregiudizialit tra annullamento e
risarcimento, questultima, come si vedr, peraltro esperibile anche in
via autonoma, cio anche senza essere proposta in connessione con
lazione di annullamento, nel termine di decadenza di 120 giorni.
a) Lincompetenza.
Lincompetenza un vizio del provvedimento adottato da un organo o
da un soggetto diverso da quello indicato dalla norma attributiva del
potere. Si tratta dunque di un vizio che attiene allelemento soggettivo
dellatto. A ben considerare, anche lincompetenza una sottospecie
della violazione di legge, poich anche la distribuzione delle competenze
tra i soggetti pubblici e tra gli organi interni operata da leggi,
regolamenti e altre fonti normative pubblicistiche (statuti). Il rispetto di
queste norme funzionale allordinato svolgimento delle funzioni
amministrative e costituisce una garanzia per i destinatari dei
provvedimenti, specie nei casi in qui questi ultimi producono effetti
limitativi o restrittivi della sfera giuridica. Si spiega cos perch

227

lincompetenza si connota tradizionalmente per un maggior disvalore


rispetto ad altri vizi formali o procedurali.
Si distingue generalmente tra incompetenza relativa e incompetenza
assoluta. La prima si ha quando latto viene emanato da un organo che
appartiene alla stessa branca, settore o plesso organizzativo dellorgano
titolare del potere; la seconda, che determina nullit o carenza di potere
(difetto di attribuzione), si ha invece allorch sussiste una assoluta
estraneit sotto il profilo soggettivo e funzionale tra lorgano che ha
emanato latto e quello competente. Secondo la giurisprudenza,
lincompetenza relativa riguarda solo la ripartizione dei compiti e di
funzioni nellambito di un unitario plesso amministrativo (sia pure spesso
inteso, in senso ampio, come organizzazione anche di pi soggetti o enti
diversi, preposti ad una unitaria funzione) (Cons. St, Sez. V, 11
dicembre 2007, n. 6408). Al di l dei casi di scuola, la linea di confine tra
le due figure per spesso incerta. Il problema si posto per esempio nel
caso del decreto di espropriazione emanato dal presidente della Regione
anzich dal prefetto. In ogni caso, dalla casistica emerge che il vizio viene
qualificato usualmente come incompetenza relativa, mentre
lincompetenza assoluta un fenomeno piuttosto raro.
Sul piano meramente descrittivo il vizio di incompetenza si articola in
tre fattispecie principali: lincompetenza per materia, per grado, per
territorio.
Lincompetenza per materia attiene alla titolarit della funzione (per
esempio, le materie urbanistica e commerciale hanno ambiti di disciplina
contigui); quella per grado si riferisce allarticolazione interna degli
organi negli apparati organizzati secondo il criterio gerarchico
(organizzazioni militari o di polizia); quella per territorio attiene agli
ambiti nei quali gli enti territoriali o le articolazioni periferiche degli
apparati statali possono operare (per esempio le prefetture di due province
contigue).
Si fa riferimento talora anche alla competenza per valore, che assume
rilievo per lo pi allinterno di enti pubblici con riguardo alla ripartizione
tra i vari organi del potere di emanare provvedimenti che comportino
esborsi di spesa.
La specificit del regime giuridico dellincompetenza rispetto a quello
della violazione di legge ormai limitata a pochi profili ed comunque
oggetto di un ripensamento nella giurisprudenza pi recente. In primo
luogo, al vizio di incompetenza non si ritiene applicabile lart. 21-octies,

228

secondo comma, cio il principio della dequotazione dei vizi formali


volto a limitare lannullabilit degli atti vincolati e ci in relazione al
maggior disvalore collegato alla violazione delle norme sulla competenza.
Inoltre, almeno sotto il profilo logico, il vizio di incompetenza assume
una priorit rispetto ad altri vizi formulati nel ricorso, nel senso che il
giudice dovrebbe prenderlo in esame per primo e, nel caso in cui accerti il
vizio, dovrebbe annullare il provvedimento, senza esaminare, di regola,
ulteriori motivi di ricorso, rimettendo laffare allautorit competente
(cos prevedeva lart. 45 del Testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato
non riprodotto nel Codice). Infine, a differenza di quanto accade per i vizi
formali, si riteneva ammessa la convalida dellatto da parte dellorgano
competente anche in corso di giudizio. Tuttavia, lart. 21-novies, comma
2, della l. n. 241/1990 prevede in via generale la possibilit della
convalida del provvedimento annullabile ed dunque dubbio se
sopravviva ancora questa specificit del regime dellincompetenza.
b) La violazione di legge.
La seconda tipologia di vizi che possono dare origine ad annullabilit
costituita dalla violazione di legge. Essa considerata una categoria
generale residuale, nel senso che vi confluiscono tutti i vizi che non sono
rubricati come incompetenza o eccesso di potere.
Essa raggruppa tutte le ipotesi di contrasto tra il provvedimento e le
disposizioni normative contenute in fonti di rango primario o secondario
(leggi, regolamenti, statuti, ecc.) che definiscono i profili vincolati,
formali e sostanziali, del potere.
Si discute se la nozione di violazione di legge includa anche la
violazione dei principi generali dellazione amministrativa ai quali fa
esplicitamente o implicitamente rinvio lart. 1 della l. n. 241/1990
(imparzialit, proporzionalit, irretroattivit del provvedimento) in
passato sussunti nella categoria delleccesso di potere. Per esempio, la
disparit di trattamento pu essere concepita come una violazione degli
artt. 3 e 97 della Costituzione, oppure come una figura sintomatica dei
eccesso di potere. Allo stesso modo, il difetto di motivazione pu essere
considerato come una violazione dellart. 3 della l. n. 241/1990. In ogni
caso, il sindacato sulla discrezionalit amministrativa in applicazione di
un principio generale (per esempio, la proporzionalit, il legittimo
affidamento) comporta unoperazione ermeneutica pi complessa rispetto
allaccertamento di una difformit tra latto e una prescrizione normativa

229

che pone un vincolo puntuale.


La principale distinzione interna alla violazione di legge quella, gi
vista, tra vizi formali (errores in procedendo) e vizi sostanziali (errores in
judicando). Lart. 21-octies, secondo comma, della l. n. 241/1990
enuclea tra le ipotesi di violazione di legge la violazione di norme sul
procedimento o sulla forma degli atti, cio una subcategoria di vizi
formali (errores in procedendo) che, a certe condizioni, come si
accennato, sono dequotati a vizi che non determinano lannullabilit del
provvedimento.
La disposizione pone pi specificamente le seguenti condizioni: che il
provvedimento abbia natura vincolata; che pertanto sia palese che il
suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in
concreto adottato.
La prima condizione richiede allinterprete di valutare se il potere
esercitato sia un potere integralmente vincolato. Qui il richiamo alla
nozione, gi esaminata, di discrezionalit o vincolatezza in astratto, che
risulta da unanalisi della norma di conferimento del potere e in
particolare degli elementi che, in applicazione del principio di legalit
inteso in senso sostanziale, definiscono i presupposti e i requisiti vincolati
del potere.
Se si accerta che il potere integralmente vincolato, ne discende, come
conseguenza automatica, anche laltra condizione e cio che risulti
palese (cio evidente) che, anche in assenza del vizio formale o
procedurale rilevato (per esempio, lomessa acquisizione di un parere
obbligatorio o un vizio nella convocazione di un organo collegiale), il
contenuto del provvedimento sarebbe rimasto invariato. In questo caso il
provvedimento non pu essere annullato n dal giudice amministrativo
nellambito di un giudizio di impugnazione, n dalla stessa
amministrazione in sede di esercizio del potere di autotutela di cui allart.
21-nonies della l. n. 241/1990.
Il secondo periodo dellart. 21-octies, comma 2, della l. n. 241/1990
individua una ipotesi particolare costituita dallomessa comunicazione
dellavvio del procedimento disciplinata dallart. 7 e seg. della stessa
legge che assoggettata a un regime in parte uguale in parte diverso.
Eguale loperazione richiesta allinterprete e cio una ricostruzione di
quello che sarebbe stato lesito del procedimento ove tutte le norme sul
procedimento e sulla forma fossero state rispettate. Se la conclusione di
questa sorta di simulazione mentale che il contenuto del provvedimento

230

non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato, latto


non pu essere annullato. La disposizione presenta per due specificit:
manca il riferimento alla natura vincolata del potere; si richiede
allamministrazione che ha emanato latto di dimostrare in giudizio che
il vizio procedurale o formale accertato non ha avuto alcuna influenza sul
contenuto del provvedimento.
Quanto al primo aspetto, la disposizione include nel suo campo di
applicazione anche i poteri discrezionali (in astratto). Solo qualora risulti
ex post, tenuto conto di tutte le circostanze specifiche, che
lamministrazione non aveva altra scelta legittima se non quella di
emanare un atto con quel contento (vincolatezza in concreto), pu operare
il principio della non annullabilit per violazione delle norme formali e
procedurali.
Quanto al secondo aspetto, lonere della prova su questo punto grava
sullamministrazione nei confronti della quale sia stato proposto un
ricorso per lannullamento del provvedimento viziato. Ci comporta una
deroga alle regole processuali ordinarie che vietano allamministrazione
di integrare la motivazione nel corso del giudizio. Infatti, in questa
particolare fattispecie non solo ammesso, ma anche prescritto un
ampliamento delloggetto del giudizio agli elementi forniti
dallamministrazione per dimostrare che il vizio formale non ha inciso sul
contenuto del provvedimento impugnato. Poich, tuttavia, la prova
richiesta dalla disposizione una prova negativa (cio una probatio
diabolica), la giurisprudenza addossa sul ricorrente lonere di allegare in
giudizio gli elementi che sarebbero stati prodotti nellambito del
procedimento ove fosse stata effettuata nelle forme prescritte la
comunicazione di avvio del medesimo procedimento.
Lart. 21-octies, secondo comma, si inserisce nella tendenza del nostro
ordinamento a valorizzare il principio di efficienza ed efficacia
dellazione amministrativa (amministrazione di risultato) a scapito, entro
una certa misura, di quello del rispetto della forma e dunque della
funzione di garanzia assolta dalle norme relative al procedimento e alla
forma. Il regime della legittimit degli atti amministrativi si avvicina cos
a quello degli atti processuali per i quali vale il principio che la nullit
non pu mai essere pronunciata, se latto ha raggiunto lo scopo a cui
destinato (art. 156, terzo comma, cod. proc. civ.).
Lart. 21-octies, secondo comma, si colloca peraltro nella scia di altri
ordinamenti che da tempo hanno introdotto disposizioni analoghe. Cos
nellordinamento tedesco la legge sul procedimento amministrativo non

231

consente lannullamento di un atto assunto in violazione delle


disposizioni sul procedimento, sulla forma e sulla competenza territoriale
ove risulti in maniera palese che la violazione non abbia influito sul
contenuto della decisione (art. 46 del Verwaltungsverfarhensgesetz alla
quale ha tratto ispirazione, come risulta dai lavori preparatori, la l. n.
15/2005).
Anche nellordinamento francese il Conseil dtat ha operato una
distinzione tra formalits substantielles e formalits non substantielles,
emersa anche nel diritto europeo. Infatti, lart. 263, comma 3, del TFUE
assegna alla Corte di giustizia il potere di pronunciarsi sui ricorsi per
violazione delle forme sostanziali (oltre che per incompetenza,
sviamento di potere e per violazioni del trattato o di altra regola di
diritto). Tra le forme sostanziali, la giurisprudenza comunitaria ha
incluso per esempio le procedure di autenticazione di atti, lassunzione di
pareri obbligatori, la partecipazione al procedimento degli interessati.
Lart. 21-octies, secondo comma ha dato origine a dispute in dottrina e
a una cospicua giurisprudenza che per non ancora consolidata. Per
esempio, la giurisprudenza ha chiarito che la mancanza della motivazione
in un provvedimento integralmente vincolato non pu giustificare
lannullamento di questultimo, ma applica talora la stessa regola anche a
provvedimenti che presentano qualche margine di discrezionalit allorch
dagli atti del procedimento risultino in qualche modo le ragioni
sottostanti.
La disposizione pone numerose questioni interpretative.
E anzitutto dubbio se essa abbia valenza sostanziale, attenga cio al
regime giuridico del provvedimento, o soltanto processuale.
In questa seconda visione, lart. 21-octies, secondo comma rileva
soltanto ai fini dellaccertamento della sussistenza di uno dei presupposti
processuali costituito dallinteresse a ricorrere. Questultimo manca
appunto nei casi in cui il ricorrente in seguito allannullamento e alla
rinnovazione del procedimento non possa attendersi una decisione diversa
da quella gi emanata. Latto non pu essere dunque annullato dal
giudice, ma, sotto il profilo sostanziale, continua a essere affetto da
illegittimit che potrebbe portare lamministrazione a esercitare il potere
di annullamento dufficio.
Secondo unaltra interpretazione, la disposizione avrebbe tipizzato in
via legislativa una fattispecie di irregolarit non invalidante del
provvedimento.

232

Lirregolarit del provvedimento, ammessa da sempre dalla


giurisprudenza, pu essere definita come unimperfezione minore del
provvedimento che non determina la lesione di interessi tutelati dalla
norma dazione. Danno origine a irregolarit, per esempio, lerronea
indicazione di un testo di legge o di una data, oppure un errore
nellintestazione del provvedimento, oppure ancora lomessa indicazione
nellatto dellautorit alla quale pu essere proposto il ricorso e del
relativo termine, la sottoscrizione illeggibile o anche la mancanza di una
firma, un errore riconoscibile nella individuazione delloggetto del
provvedimento, ecc. Lirregolarit non rende invalido il provvedimento
ed suscettibile di regolarizzazione, attraverso la rettifica del
provvedimento.
In realt, il disvalore della violazione delle norme sulla forma dellatto
e sul procedimento previste dallart. 21-octies, secondo comma, sembra
essere maggiore, rispetto a quello di una mera irregolarit non lesiva di
alcun interesse pubblico apprezzabile, proprio per la funzione di garanzia
che pu essere riconosciuta agli aspetti formali. Sembra dunque
preferibile una terza interpretazione che mantiene la qualificazione di
illegittimo anche ai provvedimenti non annullabili ai sensi della
disposizione (al riguardo si parlato di atto meramente illegittimo per
differenziarlo da quello anche annullabile). Del resto, potrebbe sembrare
contraddittorio che la dequotazione dei vizi formali sia stata prevista da
una legge (l. n. 15/2005), che per altri aspetti introduce nuove garanzie
procedurali (come, in particolare, il cosiddetto preavviso di rigetto di
unistanza disciplinato dallart. 10-bis).
Lart. 21-octies, secondo comma, in definitiva, seguendo questultima
interpretazione, ha stabilito soltanto che per taluni atti illegittimi
lannullamento, vuoi da parte del giudice vuoi dufficio, costituisce una
reazione dellordinamento da ritenersi non proporzionata, visto che il
provvedimento risulta sostanzialmente legittimo.
Resta peraltro da appurare quali altri tipi di conseguenze possano
essere ricollegate ai vizi formali e procedurali. La tutela risarcitoria non
sembra percorribile poich difficile configurare un danno in capo al
privato da un atto il cui contenuto non sarebbe stato comunque diverso.
Ipotizzabile invece, a certe condizioni, una responsabilit di tipo
disciplinare nei confronti del funzionario al quale sia imputabile la
violazione formale o procedurale riscontrata.
De jure condendo, potrebbe essere valutata lopportunit di introdurre
una sanzione di tipo pecuniario a carico dellamministrazione,

233

analogamente a quanto gi dispone il Codice del processo amministrativo


in materia di contratti pubblici. In questultimo ambito, il giudice
amministrativo che accerta una violazione procedurale definita grave dal
diritto europeo (per esempio, la mancata pubblicazione del bando di
gara), non pu disporre sempre e automaticamente anche linefficacia del
contratto. Questultima evenienza gli preclusa quando sussistono
esigenze imperative connesse a un interesse generale che rendono
preferibile mantenere il vita il contratto aggiudicato illegittimamente. Il
giudice deve per irrogare alla stazione appaltante una sanzione
pecuniaria (art. 123). Anche nel caso dei vizi formali non invalidanti, il
giudice amministrativo potrebbe applicare una analoga sanzione, in luogo
dellannullamento del provvedimento.
13. Segue: c) leccesso di potere.
Leccesso di potere il vizio di legittimit tipico dei provvedimenti
discrezionali. Esso consente un sindacato che va oltre la verifica del
rispetto dei vincoli puntuali posti in modo esplicito dalla norma
attributiva del potere (aspetti vincolati del potere) e che pu spingersi
invece fino alle soglie del cosiddetto merito amministrativo.
Secondo la ricostruzione pi diffusa, leccesso di potere ha riguardo
allaspetto funzionale del potere, cio alla realizzazione in concreto
dellinteresse pubblico affidato alla cura dellamministrazione. Si spiega
cos perch si tratta di un vizio sostanzialmente sconosciuto nellambito
del diritto privato. Salvi i casi marginali di abuso del diritto, i negozi
privati, proprio perch i motivi ad essi sottostanti non hanno un rilievo
esterno al soggetto agente, sono assoggettati a un regime di invalidit che
consente solo un controllo di tipo estrinseco sulla capacit del soggetto
agente, sugli aspetti formali e procedurali, sul rispetto delle norme
imperative.
Delleccesso di potere sono state offerte in dottrina molte ricostruzioni
che lo ricollegano variamente a un vizio della causa, della volont, dei
motivi, del contenuto del provvedimento. Lelaborazione oggi prevalente
(F. BENVENUTI) definisce leccesso di potere come vizio della
funzione, intesa come dimensione dinamica del potere che attualizza e
concretizza la norma astratta attributiva del potere in un provvedimento
produttivo di effetti. In tale passaggio, allinterno cio delle fasi del
procedimento (istruttoria, fase decisionale), possono emergere anomalie,
incongruenze e disfunzioni che danno origine appunto alleccesso di

234

potere.
Si gi ricordato come la figura primigenia delleccesso di potere
costituita dallo sviamento di potere che consiste nella violazione del
vincolo del fine pubblico posto dalla norma dazione. Una siffatta
violazione si ha allorch il provvedimento emanato persegue un fine
diverso (non importa se pubblico o privato) da quello in relazione al quale
il potere conferito dalla legge allamministrazione. Talvolta il fine
pubblico non posto in modo espresso dalla legge, ma va ricavato in via
interpretativa.
Tra i casi classici di sviamento di potere, si possono ricordare il
trasferimento dufficio di un dipendente pubblico motivato da esigenze di
servizio (riordino degli uffici), che in realt ha una finalit sanzionatoria;
unordinanza del sindaco che impone un divieto di fermata degli
autoveicoli in alcune strade motivato in relazione allesigenza di evitare
intralci alla circolazione, che persegue in realt il fine di disincentivare la
prostituzione su strada; lo scioglimento governativo di un consiglio
comunale per ripetute violazioni di legge che sottende per una finalit
politica;
il provvedimento comunale che nega linstallazione di
unantenna di telefonia mobile per ragioni di tipo urbanistico-edilizio, ma
che in realt persegue il fine sanitario di minimizzare lesposizione dei
residenti allinquinamento elettromagnetico.
Nella pratica lo sviamento di potere difficile da provare, in quanto il
provvedimento, allapparenza, si presenta come perfettamente conforme
alle disposizioni normative che regolano quel particolare potere. Ci ha
indotto la giurisprudenza, come si accennato, a rilevare il vizio in via
indiretta, attraverso elementi indiziari del cattivo esercizio del potere
discrezionale costituiti dalle cosiddette figure sintomatiche delleccesso di
potere. Con una metafora, se leccesso di potere pu essere visto come
una malattia del provvedimento discrezionale, la diagnosi va operata
essenzialmente attraverso i sintomi, cio le manifestazioni
caratteristiche dellaffezione rilevabili dallosservatore.
Le figure sintomatiche costituiscono una categoria aperta, non tipizzata
dal legislatore. Alcune sono ormai consolidate nelle ricostruzioni
teoriche e nella prassi applicativa e si prestano a essere classificate
secondo vari criteri. Uno di essi pu essere di riferirle, in ordine logico e
cronologico, alle fasi del procedimento, distinguendo quelle che
riguardano la fase istruttoria e quelle che riguardano la fase decisionale.
Un altro criterio quello di distinguere tra figure sintomatiche intrinseche
che emergono direttamente dallanalisi del provvedimento e degli atti

235

procedimentali (per esempio la contraddittoriet della motivazione) e


figure sintomatiche estrinseche che invece emergono dal confronto tra il
provvedimento ed elementi di contesto esterno (altri atti emanati in
situazioni analoghe, direttive, circolari, criteri fissati in sede di auto
vincolo della discrezionalit). Prima di addentrarci nella ricostruzione
teorica delle figure sintomatiche conviene analizzarne pi da vicino le
principali fattispecie.
c1) Errore o travisamento dei fatti.
Se il provvedimento viene emanato sul presupposto, esplicitato
nellatto medesimo, dellesistenza di un fatto o di una circostanza che
risulta invece inesistente o, viceversa, della non esistenza di un fatto o di
una circostanza che invece risulta esistente emerge la figura delleccesso
di potere per errore di fatto (o anche travisamento dei fatti o falso
supposto in fatto).
Si possono richiamare come esempi limposizione di un obbligo di
bonifica ambientale di un terreno nel quale invece, gi in base alle
risultanze dellistruttoria e alla documentazione acquisita al
procedimento, non risultino presenti sostanze inquinanti, o comunque
esse non superino i valori massimi consentiti dalle norme vigenti; il
diniego di un permesso di costruire a causa di un vincolo paesaggistico
riferito alla natura boschiva del terreno che invece, ormai da molti anni,
tale solo in minima parte; un piano regolatore che non indichi nelle
planimetrie un edificio del quale certa la preesistenza.
Lerrore nella ricostruzione dei fatti, che spesso consegue a un'altra
figura sintomatica costituita dal difetto di istruttoria, pu emergere in sede
processuale sia in seguito alla produzione di prove da parte del ricorrente,
sia in seguito allesercizio dei poteri istruttori da parte del giudice
amministrativo che non incontra pi, come si riteneva in passato, alcun
limite giuridico ad un accertamento pieno dei fatti autonomo rispetto a
quello operato nel provvedimento impugnato. Non rileva se lerrore
inconsapevole o consapevole. Lerrore di fatto riguarda esclusivamente
la percezione oggettiva della realt materiale e non anche il momento
logico successivo della valutazione dei fatti da parte dellamministrazione
che invece rimessa al suo apprezzamento.
c2) Difetto di istruttoria.
Nella fase istruttoria del procedimento lamministrazione tenuta ad

236

accertare in modo completo i fatti, ad acquisire gli interessi rilevanti e


ogni altro elemento utile per operare una scelta consapevole e ponderata.
Ove questa attivit, posta in essere a cura del responsabile del
procedimento nominato ai sensi della l. n. 241/1990 (art. 4 e seg.), manchi
del tutto o sia effettuata in modo frettoloso, incompleto o poco
approfondito il provvedimento viziato sotto il profilo delleccesso di
potere per difetto di istruttoria. Lamministrazione, per esempio, non pu
prendere per buona la ricostruzione di fatti operata dalla parte privata
intervenuta nel procedimento, ma deve condurre le opportune verifiche;
deve acquisire dufficio tutti gli elementi rilevanti per far emergere
eventuali soluzioni alternative. Cos non pu essere pronunciata la
decadenza da una concessione di uso di un bene demaniale ove non risulti
appurato in modo univoco che lattivit del concessionario sia posta in
essere in violazione delle condizioni e limiti apposti nel provvedimento.
Un piano urbano del traffico comunale non pu porre limiti di accesso al
centro storico ove i flussi di traffico non dimostrino una situazione di
congestione. Non pu essere imposto un vincolo storico-artistico su
unarea nella quale non sono state condotte indagini sufficienti che
dimostrino lesistenza di reperti archeologici significativi.
A differenza dellerrore di fatto, nel caso del difetto di istruttoria non
pu essere escluso che il quadro fattuale posto alla base del
provvedimento risulti in effetti esistente e che dunque la scelta operata sia
quella corretta, ma lanalisi del provvedimento e degli atti procedimentali
lascia dubbi in proposito. Annullato latto e posta in essere una nuova
istruttoria, questa volta in modo corretto, lamministrazione ben potrebbe
adottare un atto con il medesimo contenuto.
c3) Difetto di motivazione
Nella motivazione del provvedimento lamministrazione, come si gi
detto, deve dar conto allesito della fase istruttoria, delle ragioni che sono
alla base della scelta operata. Per quanto sintetica, essa deve consentire
una verifica del corretto esercizio del potere, cio delliter logico seguito
per pervenire alla determinazione contenuta nel provvedimento traendo
le fila degli elementi istruttori rilevanti e operando la ponderazione degli
interessi.
Il difetto di motivazione ha varie sfaccettature. La motivazione pu
essere in primo luogo insufficiente, incompleta o generica, nel senso che
da essa non traspare compiutamente in modo percepibile liter logico

237

seguito dallamministrazione e dunque le ragioni sottostanti la scelta


operata. Cos, per esempio, per poter imporre un vincolo paesaggistico su
un bene lamministrazione deve illustrare perch esso abbia le
caratteristiche che consentano lapplicazione del regime protettivo e non
pu limitarsi ad affermazioni apodittiche.
Linsufficienza della
motivazione non si riferisce soltanto a un dato quantitativo, ma involge
anche un dato qualitativo, come per esempio, lomessa considerazione
specifica di un interesse acquisito al procedimento.
A questo riguardo la l. n. 241/1990 contiene alcune disposizioni che
specificano il contenuto minimo della motivazione.
Cos,
lamministrazione tenuta a valutare (e dunque a motivare) gli apporti
partecipativi di chi interviene nel procedimento (art. 10) e a dar conto
delle ragioni per le quali non accoglie le osservazioni presentate
dallinteressato al quale sia comunicato il preavviso di rigetto di
unistanza (art. 10-bis). Inoltre, lorgano competente ad adottare il
provvedimento finale, ove ritenga di discostarsi dalle risultanze
dellistruttoria condotta dal responsabile del procedimento, deve darne
conto nella motivazione (art. 6, primo comma, lett. e)).
In realt, non esiste un criterio univoco per determinare se una
motivazione supera il criterio della sufficienza. Si pu peraltro ritenere
che quanto pi ampia la discrezionalit concessa allamministrazione e
quanto pi gravosi sono gli effetti del provvedimento nella sfera
soggettiva dei destinatari, tanto pi elevato lo standard quantitativo e
qualitativo imposto alla motivazione. Per prassi, per esempio, i
provvedimenti delle autorit indipendenti (come lAutorit garante della
concorrenza e del mercato o lAutorit per lenergia elettrica e il gas), che
spesso hanno un impatto sui mercati regolati assai rilevante, sono emanati
con una motivazione particolarmente ampia, talora con rinvio a
documenti illustrativi degli aspetti tecnici e di mercato.
La motivazione pu essere inoltre illogica, contraddittoria o incongrua,
allorch essa contenga proposizioni o riferimenti a elementi incompatibili
tra loro. Pu essere infine perplessa o dubbiosa l dove non consenta di
individuare con precisione il potere che lamministrazione ha inteso
esercitare, come allorch essa enunci motivi disparati, riconducibili a
norme attributive di poteri diversi da esercitare ciascuno per un proprio
fine. Pu essere questo il caso di un provvedimento che ordina di
abbattere una costruzione ove non risulti chiaro se esso emanato
nellesercizio del potere di sanzionare un abuso edilizio o del potere di
prevenire pericoli allincolumit pubblica.

238

Anche nel caso del difetto di motivazione, non da escludere che, una
volta annullato il provvedimento, lamministrazione possa emanarne uno
di contenuto identico, emendato dal vizio rilevato. Peraltro, come gi
accennato, non consentito allamministrazione di integrare o emendare
la motivazione del provvedimento in sede di giudizio.
Nel caso in cui la motivazione manchi del tutto, il vizio pu essere
qualificato come violazione di legge, in quanto lobbligo di motivazione
ora previsto in modo dallart. 3 della l. n. 241/1990.
Una questione dibattuta se nel caso dei concorsi o delle procedure di
aggiudicazione di contratti pubblici lattribuzione dei punteggi riferiti alle
varie prove o ad altri parametri fissati dallamministrazione (per esempio,
i punteggi per la valutazione delle pubblicazioni o dei titoli di carriera nei
concorsi o per i singoli elementi qualitativi dellofferta presentata dalle
imprese che partecipano alla gara) assolva di per s allobbligo di
motivazione o debba essere ulteriormente specificata in forma discorsiva.
La giurisprudenza tende peraltro ritenere legittima la motivazione in
forma numerica qualora siano stati definiti a monte parametri molto
analitici, suddivisi magari anche in sub parametri, per lattribuzione dei
punteggi con lindicazione per ciascun parametro e subparamettro di un
numero massimo di punti attribuibili contenuto.
c4) Illogicit, irragionevolezza, contraddittoriet.
Si gi osservato trattando dei principi che presiedono allesercizio
della discrezionalit, che il diritto amministrativo assume, come principio
logico prima ancora che giuridico, che la pubblica amministrazione agisca
come un agente razionale. Pertanto, emerge un vizio di eccesso di potere
tutte le volte che il contenuto del provvedimento e le statuizioni del
medesimo (enunciate nel dispositivo) fanno emergere profili di illogicit
o irragionevolezza, apprezzate in modo oggettivo in base a canoni di
esperienza.
Per esempio, un provvedimento di diffida a cessare e a porre rimedio a
una violazione di una norma amministrativa non pu assegnare al
diffidato un termine troppo breve. Un bando di concorso per lassunzione
di dipendenti pubblici non pu richiedere il possesso di titoli che non
siano correlati alle mansioni che i vincitori saranno poi tenuti a svolgere.
Pu essere considerata come sottospecie
irragionevolezza
la
contraddittoriet
interna

239

dellillogicit
(intrinseca)

e
al

provvedimento.
Questa emerge, in particolare, se non vi
consequenzialit tra le premesse del provvedimento e le conclusioni tratte
nel dispositivo. Si pensi, per esempio, a un piano regolatore che prevede
la destinazione a servizi pubblici di unarea in cui insistono attivit
industriali, contraddicendo la relazione illustrativa che enuncia invece
lobiettivo di difendere e incrementare le attivit produttive. Pi in
generale
tutti
i
passaggi
delliter
argomentativo
seguito
dallamministrazione (ed esplicitato nella motivazione) devono essere
legati da un rapporto di consequenzialit logica.
La contraddittoriet pu essere anche esterna (estrinseca) al
provvedimento, cio essere rilevata dal raffronto tra provvedimento
impugnato e altri provvedimenti precedenti dellamministrazione che
riguardano lo stesso soggetto (se il soggetto diverso, si ha la figura
sintomatica della disparit di trattamento esaminata qui di seguito). Cos
affetto da questo tipo di contraddittoriet il provvedimento che esprime
una valutazione non positiva ai fini dellavanzamento di carriera di un
militare di alto grado che ha ottenuto una serie continua di giudizi
encomiastici in relazione ai servizi prestati nella sua carriera.
La contraddittoriet intrinseca o estrinseca costituisce una violazione
del principio di coerenza che deve presiedere allagire della pubblica
amministrazione.
c5) Disparit di trattamento.
Il principio di coerenza e il principio di eguaglianza richiedono anche
allamministrazione di trattare in modo eguale casi eguali.
Il vizio pu emergere sia nel caso in cui casi eguali siano trattati in
modo diseguale, sia nel caso in cui casi diseguali siano trattati in modo
eguale. Per stabilire in concreto se le situazioni da confrontare siano
identiche o differenziate va utilizzato il criterio della ragionevolezza. Il
vizio in questione emerge di frequente nella prassi nei giudizi
comparativi, nelle progressioni di carriera o nel riconoscimento di altri
benefici ai dipendenti pubblici, oppure nelle classificazioni dei terreni
contenute nei piani regolatori ai fini di individuarne le destinazioni duso.
Perch possa essere censurata la disparit di trattamento necessario
che il provvedimento sia discrezionale (il vizio non deducibile nel caso
di atti vincolati) e che la comparazione si riferisca a provvedimenti
emanati in modo legittimo. Lemanazione di un atto illegittimo a favore

240

di uno o pi soggetti non pu cio fondare la pretesa di un altro soggetto a


vedersi riconoscere, sempre illegittimamente, la stessa utilit. Per
esempio, il fatto che una sanzione amministrativa non venga irrogata, per
negligenza, lassismo o per altre ragioni, nei confronti di alcuni soggetti in
relazione a un divieto di sosta, a un abuso edilizio o alloccupazione non
autorizzata del suolo pubblico non pu essere invocato a giustificazione
da altri soggetti ai quali sia contestata unanaloga violazione e dunque
rendere viziato per disparit di trattamenti il provvedimento sanzionatorio
emanato.
c6) Violazione delle circolari e delle norme interne, della prassi
amministrativa.
Come si visto, lattivit della pubblica amministrazione deve essere
posta in essere non solo in conformit con le disposizioni contenute in
leggi, regolamenti e in altre fonti normative (rispetto alle quale pu
insorgere, come si visto, il vizio di violazione di legge), ma anche in
conformit con le norme interne contenute in circolari, direttive, atti di
pianificazione o di altri atti contenenti criteri e parametri di vario tipo
(anche posti in sede di auto vincolo alla discrezionalit) che hanno come
scopo quello di orientare lesercizio della discrezionalit da parte
dellorgano competente a emanare il provvedimento.
I principi di coerenza e di rispetto dellassetto organizzativo
dellamministrazione (articolazione in organi e uffici sovraordinati e
sottordinati) richiedono che lorgano titolare del potere, nel momento in
cui lo esercita emanando un provvedimento ed esercitando la
discrezionalit, tenga conto delle norme interne. Se ci non accade
emerge un sintomo delleccesso di potere. Per evitare di cadere in questo
vizio il titolare del potere deve esplicitare nella motivazione le ragioni per
le quali ha ritenuto di disattendere nel caso concreto le prescrizioni poste
dalle norme interne.
Una particolare specie di norma interna costituita dalla prassi
amministrativa che, come si accennato, si forma allinterno alle
amministrazioni attraverso una serie coerente di comportamenti e
decisioni in situazioni determinate. Anchessa crea un vincolo di
coerenza e di parit di trattamento e pertanto se lamministrazione
disattende in un caso particolare la prassi seguita in precedenza senza
motivare le ragioni che giustificano una siffatta deviazione latto affetto
da eccesso di potere.

241

c7) Ingiustizia grave e manifesta.


In qualche rara occasione la giurisprudenza, per ragioni essenzialmente
equitative, si spinge fino al punto di censurare provvedimenti
discrezionali il cui contenuto appaia in modo palese e manifesto ingiusto.
Il caso dal quale trasse origine questa figura sintomatica risale agli anni
Venti del secolo scorso e riguardava lesonero dal servizio per scarso
rendimento di un dipendente delle ferrovie. Questultimo in precedenza
aveva subito un grave incidente sul lavoro con effetti disabilitanti
permanenti e ci aveva indotto in un primo momento lamministrazione
ad adibirlo a mansioni meno impegnative, piuttosto che collocarlo subito
a riposo per inabilit dovuta a causa di servizio (Cons. St., Sez. IV, 5
giugno 1925, n. 565). A breve distanza di tempo il dipendente veniva
appunto esonerato per scarso rendimento. Il vizio stato rilevato anche in
casi di richiesta di restituzione di emolumenti erogati a un dipendente
pubblico dallamministrazione sulla base di uninterpretazione erronea
delle norme vigenti senza tener conto della sua situazione patrimoniale di
impossibilit di soddisfare i bisogni essenziali della vita.
Lingiustizia manifesta una figura sintomatica che si colloca al
confine tra il sindacato di legittimit e il sindacato di merito. Perch non
si debordi nel merito il carattere ingiusto del provvedimento deve essere
manifesto, cio di immediata evidenza per qualsiasi persona di
sensibilit media. Del resto, com stato osservato (E. CAPACCIOLI),
anche nel diritto privato il giudice pu dichiarare nulla la determinazione
delloggetto del contratto rimessa dalle parti a un terzo arbitratore ove
essa sia manifestamente iniqua o erronea (art. 1349 cod. civ.).
Accanto alle figure sintomatiche di eccesso di potere sin qui esaminate,
ve ne sono altre che hanno una configurazione pi dubbia. Talora in esse
vengono infatti inclusi anche i vizi della volont, la violazione dei
principi di proporzionalit e del legittimo affidamento. In particolare, il
principio di proporzionalit pu essere ricondotto, come si accennato, al
principio pi generale di ragionevolezza, visto che lutilizzo dei mezzi
eccendenti il fine non appare conforme a questultimo canone, secondo il
normale apprezzamento.
Pertanto la violazione del principio di
proporzionalit si presta a essere sussunto nella categoria delleccesso di
potere. Anche il disconoscimento del legittimo affidamento ingenerato
dallamministrazione pu essere visto come una violazione del principio
di coerenza dellazione amministrativa, a sua volta riconducibile al

242

canone della logicit. Questi principi generali peraltro, come si visto,


hanno ormai un fondamento legislativo tramite il rinvio allordinamento
comunitario contenuto nellart. 1 della l. n. 241/1990 e pertanto la loro
vincolativit e rilevanza sono ormai dirette e non necessitano pi di essere
qualificate come figure sintomatiche autonome.
In passato, veniva annoverata tra le figure sintomatiche delleccesso di
potere anche la violazione o elusione del giudicato, ora attratta nella
categoria della nullit. In prospettiva, potrebbero emergere anche nuove
figure, come per esempio, sulla scia dellordinamento francese, leccesso
di potere in relazione allerrata analisi costi-benefici della scelta operata
nel provvedimento, cio a una scelta discrezionale onerosa per
lamministrazione e i destinatari del provvedimento senza che essa sia
suscettibile di portare a risultati significativi in termini di conseguimento
dellinteresse pubblico.
La giustificazione teorica delle figure sintomatiche delleccesso di
potere controversa.
Secondo alcune teorie, esse rilevano essenzialmente come prove
indirette dello sviamento di potere e hanno una valenza essenzialmente
processuale. Possono cio essere ricondotte allo schema civilistico delle
presunzioni. Queste, secondo la definizione del codice civile (art. 2727)
sono le conseguenze (nel caso di specie, lillegittimit dellatto) che il
giudice ritrae da un fatto noto (nel caso di specie, la figura sintomatica, il
cui accertamento risulta pi semplice) per risalire a un fatto ignoto (nel
caso di specie leccesso di potere). Le singole figure sintomatiche sono
costituite cio da situazioni che, sulla base dellesperienza, consentono
di dubitare che si sia attuata la divergenza dellatto dalla sua finalit
(A. SANDULLI). Si discute se, una volta appurata lesistenza di una
figura sintomatica, sia ammessa in giudizio la prova contraria, se cio
lamministrazione possa dimostrare che, nonostante il sintomo, non
sussiste uno sviamento. In realt, una siffatta prova contraria non
compatibile con la struttura attuale del processo amministrativo che
ancora ispirato al principio del divieto di integrazione della motivazione
del provvedimento in corso di giudizio.
Secondo altre teorie, le figure sintomatiche hanno ormai raggiunto una
completa autonomia dallo sviamento di potere e hanno una valenza
sostanziale, prima ancora che processuale. Esse cio sono riconducibili a
ipotesi di violazione dei principi generali dellazione amministrativa e pi
precisamente dei principi logici e giuridici che presiedono allesercizio
della discrezionalit. Rilevano in particolare i principi, variamente

243

indicati nelle diverse ricostruzioni teoriche, di logicit, ragionevolezza


(proporzionalit, coerenza, congruit), di completezza dellistruttoria, di
parit di trattamento e imparzialit, di giustizia sostanziale, di
accettabilit, ecc.
In applicazione di tali canoni, il giudice ripercorre tutte le fasi
dellesercizio del potere discrezionale ripercorrendo liter procedimentale
e cio verificando la ricostruzione della situazione di fatto e
lacquisizione di tutti gli elementi rilevanti per la decisione (nella fase
istruttoria), la valutazione e ponderazione degli interessi acquisiti (come
espressa nella motivazione del provvedimento), la coerenza tra le
premesse e il dispositivo del provvedimento, gli altri elementi di contesto
(norme interne e prassi amministrativa, provvedimenti su casi analoghi,
ecc.).
In una siffatta verifica il giudice non entra nel merito delle scelte
discrezionali sostituendo la propria valutazione a quella effettuata
dallamministrazione, ma riesamina liter logico di formazione del
provvedimento amministrativo (F. MERUSI) cogliendone le
contraddizioni e le incongruenze e operando cos un sindacato sul
provvedimento dellamministrazione che pu essere anche molto
penetrante, ma che resta pur sempre esterno e indiretto e che pertanto non
deborda dal perimetro del sindacato di legittimit.
In definitiva, le figure sintomatiche delleccesso di potere, per quanto
consolidate nella prassi, hanno ancora uno statuto teorico incerto. Di
recente, nellambito di una rivisitazione critica pi generale delleccesso
di potere (C. CUDIA), esse sono state qualificate come clausole generali
(buona fede, imparzialit) che, analogamente a quanto accade nelle
relazioni giuridiche privatistiche, fanno sorgere obblighi comportamentali
nellambito del rapporto giuridico amministrativo intercorrente tra la
pubblica amministrazione e il cittadino.
La loro ricostruzione teorica oscilla dunque tra il tentativo di
individuare una matrice unificante (il principio di logicit e
ragionevolezza) e la loro riconduzione a singoli principi giuridici
dellazione amministrativa. Alla fin fine, esse potrebbero essere
considerate,
pi
semplicemente,
figure
retoriche
ormai
convenzionalmente accettate nella pratica argomentativa giudiziaria.
14. La nullit.

244

Si gi osservato che la nullit, categoria introdotta in via


giurisprudenziale per inquadrare le patologie pi gravi del
provvedimento, ha ormai un fondamento nel diritto positivo e una
rilevanza teorica equiparata allannullabilit, anche se nella pratica
costituisce un fenomeno quantitativamente marginale. La nullit del
provvedimento viene tenuta talora contrapposta allinesistenza (nei casi
nei quali manchino gli elementi minimi per identificare latto come atto
amministrativo), ma si tratta di una distinzione controversa in sede di
teoria generale e priva di effetti pratici significativi.
Lart. 21-septies della l. n. 241/1990 individua anzitutto quattro ipotesi
tassative di nullit: la mancanza degli elementi essenziali; il difetto
assoluto di attribuzione; la violazione o elusione del giudicato; gli altri
casi espressamente previsti dalla legge.
La mancanza degli elementi essenziali accomuna la nullit del
provvedimento a quella del contratto (art. 1418, secondo comma del cod.
civ.), anche se, come si accennato, la l. n. 241 del 1990 non li elenca in
modo preciso, rimettendo cos allinterprete il compito di individuare le
singole fattispecie.
Gli esempi che vengono talora fatti, come
lespropriazione di un edificio distrutto o di un bene demaniale,
costituiscono per lo pi casi di scuola.
Il difetto assoluto di attribuzione gi stato esaminato trattando della
carenza di potere (in astratto e in concreto) e dellincompetenza assoluta e
non richiede ulteriori svolgimenti. Esso corrisponde alla figura dello
straripamento di potere che, come si accennato, avrebbe potuto
costituire larchetipo delleccesso di potere.
La violazione o elusione del giudicato unipotesi particolare che
riprende e legifica gli orientamenti giurisprudenziali. Si ha elusione del
giudicato allorch lamministrazione in sede di nuovo esercizio del potere
in seguito allannullamento pronunciato dal giudice con sentenza passata
in giudicato emana un nuovo atto che si pone in contrasto con
questultima allorch essa ponga un vincolo puntuale e non lasci
allamministrazione alcuno spazio di valutazione. Il nuovo atto, cio,
ignora e palesemente trascura il sostanziale contenuto del giudicato ()
e manifesta il reale intendimento dellamministrazione di sottrarsi al
giudicato (Cons. St., Sez. IV, 10 gennaio 1961, n. 4).
Uno dei casi emblematici di questo filone giurisprudenziale riguardava
un concorso pubblico: il giudice amministrativo aveva riconosciuto a un
partecipante il diritto a ottenere un certo punteggio e aveva annullato

245

pertanto il provvedimento dellamministrazione, la quale successivamente


aveva confermato in un nuovo provvedimento il punteggio inferiore
(Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria19 marzo 1984, n. 6).
In un primo periodo la giurisprudenza riteneva che lelusione del
giudicato fosse causa di nullit e potesse essere dedotta nellambito del
giudizio di ottemperanza (cio in sede di giudizio di esecuzione). Al
contrario, la semplice violazione del giudicato, che si ha quando il nuovo
atto affetto da vizi non riconducibili in modo immediato al giudicato e
non appalesa un intento elusivo, rendeva latto annullabile e il vizio
andava fatto valere in un normale giudizio di impugnazione.
Questa distinzione, incerta nelle singole fattispecie, venne superata
negli anni Novanta del secolo scorso dalla giurisprudenza, che ha ritenuto
esperibile il giudizio di ottemperanza tutte le volte che il ricorrente faccia
valere una difformit dellatto sostitutivo emanato e accertamento
contenuto nella sentenza da eseguire. E questa la soluzione accolta
dallart. 21-septies.
La quarta ipotesi di nullit consiste in un rinvio alle disposizioni di
legge che qualificano come nullo un atto amministrativo (nullit testuale).
Di frequente, per esempio, in occasione delle leggi finanziarie annuali
viene disposta la nullit di atti di assunzione di dipendenti pubblici in
violazione di divieti o contingenti in esse previsti. In termini pi generali,
il Testo unico degli impiegati civili dello Stato (d.P.R. n. 3/1957)
comminava la nullit delle assunzioni senza concorso. La nullit talora
disposta per legge con riguardo a termini di conclusione di procedimenti
amministrativi posti dalla legge a pena di decadenza (termini perentori).
Unipotesi di nullit prevista per legge riguarda gli atti adottati da
organi collegiali scaduti, decorso il periodo di prorogatio di 45 giorni nel
quale possono comunque essere posti in essere solo gli atti di ordinari
amministrazione (legge 15 luglio 1999, n. 444). Un regime cos rigoroso
stato introdotto allo scopo di contrastare il fenomeno ricorrente
dellinerzia da parte degli organi titolari del potere di nomina che
ritardavano il rinnovo delle cariche per periodi patologici eludendo cos le
disposizioni sulla durata in carica degli organi.
Si discusso se unipotesi di nullit sia costituta dagli atti adottati
dallamministrazione in applicazione di norme nazionali contrastanti con
il diritto comunitario (invalidit comunitaria). In un primo periodo la
giurisprudenza amministrativa sembrava orientata, per un verso, a ritenere
disapplicabile la norma nazionale, per altro verso, a qualificare come

246

nullo o inesistente il provvedimento contrastante con


il diritto
comunitario. Successivamente prevalso lorientamento, fatto proprio
anche dalla dottrina prevalente, che lo qualifica invece soltanto come
annullabile, e ci in ragione dellesigenza di certezza dei rapporti giuridici
di diritto pubblico. Del resto, a livello comunitario, gli atti emanati da
organi comunitari in violazione del Trattato o di altre norme comunitarie
sono assoggettati, di regola, al regime dellannullabilit.
Sul versante processuale, lart. 31, comma 4, del Codice del processo
amministrativo introduce unazione per la declaratoria della nullit
(azione di accertamento) che pu essere proposta innanzi al giudice
amministrativo entro un termine di decadenza assai breve (180 giorni) e
ci in relazione, come si visto, allesigenza di garantire stabilit
allassetto dei rapporti di diritto pubblico. A differenza di quanto accade
per lannullabilit, la nullit pu essere sempre rilevata dufficio dal
giudice o opposta dalla parte resistente (pubblica amministrazione).
Inoltre, sempre sul versante processuale, lart. 133, comma 1, lett. a), n.
5 attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
(nellambito della quale il giudice conosce anche delle situazioni di diritto
soggettivo) le controversie relative alla nullit dellatto adottato in
violazione o elusione del giudicato. Il vizio va fatto valere, come si
detto, nella sede del giudizio dellottemperanza, cio del rito speciale
previsto nel caso di mancata esecuzione da parte della pubblica
amministrazione delle sentenze del giudice amministrativo e del giudice
ordinario. Il ricorso pu essere proposto nel termine di dieci anni dal
passaggio in giudicato della sentenza e il giudice ove accolga il ricorso
emana una sentenza che dichiara la nullit del provvedimento (art. 114,
commi 1 e 4 lett. c)).
15. Lannullamento dufficio, la convalida, la ratifica, la sanatoria, la
conferma, la conversione, la revoca, il recesso.
Esaurita la trattazione dei profili strutturali dellinvalidit, occorre ora
esaminare in modo pi sistematico le possibili reazioni dellordinamento
di fronte alla patologia del provvedimento. Vengono cos in
considerazione principalmente i cosiddetti procedimenti o provvedimenti
di secondo grado che hanno per oggetto atti gi emanati che
lamministrazione riprende in esame al fine di valutare se e quali misure
correttive adottare nei loro confronti.

247

a) Lannullamento dufficio.
Come si pi volte sottolineato, la misura specifica per reagire
allillegittimit del provvedimento costituita dallannullamento con
efficacia ex tunc dellatto emanato.
Lannullamento del provvedimento illegittimo pu essere pronunciato
oltre che dal giudice amministrativo in caso di accoglimento del ricorso
proposto dal titolare dellinteresse legittimo, anche in altri contesti e da
altri soggetti: dalla stessa amministrazione in sede di esame dei ricorsi
amministrativi (in particolare i ricorsi gerarchici);
dagli organi
amministrativi preposti al controllo di legittimit di alcune categorie di
provvedimenti; dal ministro con riferimento agli atti emanati dai dirigenti
ad esso sottoposti (art. 14, comma 3, d.lgs. n. 165/2001); dal Consiglio
dei ministri, a garanzia dellunit dellordinamento amministrativo, nei
confronti di tutti gli atti degli apparati statali e locali (art. 2, comma 4,
lett. p) della l. n. 400/1988 e, per gli atti degli enti locali, allart. 138 del
Testo unico degli enti locali). Il cosiddetto annullamento straordinario da
parte del Governo previsto dalle disposizioni da ultimo citate, di fatto
raramente disposto, rientra tra gli atti di alta amministrazione ampiamente
discrezionali. Un siffatto potere non pu essere esercitato nei confronti
degli atti delle Regioni, data la particolare posizione costituzionale di cui
godono.
Le ultime due specie di annullamento rientrano nel potere di
annullamento dufficio, ora disciplinato in termini generali dallart. 21nonies della l. n. 241/1990 sul quale occorre soffermare ora lattenzione.
Esso era gi stato previsto da disposizioni legislative particolari (come,
in aggiunta a quelle citate, lart. 20 della l. n. 241/1990 sullannullamento
dufficio del silenzio-assenso) ed disciplinato anche in molti altri
ordinamenti (come quello tedesco e francese). Nel nostro ordinamento
lannullamento dufficio un potere che la giurisprudenza ha riconosciuto
da sempre, anche in assenza di un fondamento legislativo espresso. Lart.
21-nonies rappresenta anzi uno dei casi emblematici di recepimento e
razionalizzazione di indirizzi giurisprudenziali consolidati ad opera della
l. n. 241/1990.
Anzitutto, dal punto di vista soggettivo, il potere di annullamento
dufficio pu essere esercitato dallo stesso organo che ha emanato latto
(cosiddetto autoannullamento) o da altro organo al quale sia attribuito per
legge (per esempio lannullamento gerarchico).
In secondo luogo, mentre lannullamento in sede di ricorsi

248

giurisdizionali e amministrativi e in sede di controllo consegue


automaticamente allaccertamento del vizio e ha dunque natura vincolata,
lannullamento dufficio operato dallamministrazione ha un carattere
discrezionale e costituisce una delle manifestazioni del potere di
autotutela della pubblica amministrazione.
Pi precisamente, affinch lamministrazione possa esercitare in modo
legittimo il potere di annullamento dufficio devono sussistere quattro
presupposti esplicitati dallart. 21-nonies della l. n. 241/1990.
Il primo che il provvedimento sia illegittimo ai sensi dellarticolo
21-octies, e dunque, come si visto, sia affetto da un vizio di violazione
di legge, di incompetenza o di eccesso di potere, ma non si deve ricadere
in una delle ipotesi del secondo comma dellarticolo in questione.
Devono inoltre emergere ragioni di interesse pubblico (sussistendone
le ragioni di interesse pubblico), rimesse alla valutazione
dellamministrazione, che rendano preferibile la rimozione dellatto e dei
suoi effetti piuttosto che la loro conservazione, pur in presenza di
unillegittimit accertata. Linteresse astratto al ripristino della legalit
violata non sufficiente, ma lamministrazione deve porre a fondamento
un altro interesse pubblico che deve essere presente al momento in cui
disposto lannullamento dufficio. Tale per esempio linteresse alla
concorrenza nel caso di affidamento di un contratto pubblico senza
esperire la procedura di gara (cio fuori dai casi tassativi nei quali ci
consentito), oppure linteresse a evitare lirrogazione di sanzioni per
violazioni del diritto comunitario.
Lannullamento dufficio richiede in terzo luogo, come chiarisce anche
lart. 21-nonies, una ponderazione di tutti gli interessi in gioco che deve
essere esplicitata nella motivazione.
Devono essere valutati,
specificamente, oltre allinteresse pubblico allannullamento, da un lato,
quello del destinatario del provvedimento, che per esempio ha ottenuto un
provvedimento favorevole (come unautorizzazione o una concessione)
che ha ingenerato una situazione di affidamento; dallaltro quello degli
eventuali contro interessati, come, per esempio, i proprietari di terreni
confinanti con quello in relazione al quale stato rilasciato un permesso a
costruire illegittimo.
Infine, la valutazione discrezionale deve tener conto del fattore
temporale. Lannullamento pu essere dispostoentro un termine
ragionevole, principio espresso anche dalla giurisprudenza comunitaria e
previsto anche in altri ordinamenti (in quello tedesco, par. 48

249

Verwaltungsverfarhensgesetz). Se infatti trascorso un lungo lasso di


tempo dallemanazione del provvedimento illegittimo prevale
tendenzialmente linteresse a mantenere inalterato lo status quo ante e a
tutelare laffidamento creato.
Se invece lamministrazione rileva
immediatamente lillegittimit del provvedimento emanato, magari prima
ancora che esso sia portato ad esecuzione, lamministrazione pu
procedere allannullamento dufficio senza dover valutare in modo
approfondito interessi diversi dal mero ripristino della legalit. Nel caso
di provvedimenti che comportano esborsi di danaro da parte
dellamministrazione, si ritiene generalmente che linteresse pubblico
allannullamento dufficio sussista in re ipsa, nel senso che non richiede
una particolare motivazione, data levidenza e la preminenza
dellinteresse erariale.
Il potere di annullamento dufficio deve essere esercitato nel rispetto
delle regole generali della l. n. 241/1990 in tema di comunicazione di
avvio del procedimento e di partecipazione dei soggetti interessati.
Attesa la natura discrezionale dellannullamento dufficio,
lamministrazione non tenuta a prendere in esame e a dar seguito a
segnalazioni ed esposti da parte di soggetti privati. Peraltro, in materia di
contratti della pubblica amministrazione, in seguito al recepimento della
normativa comunitaria, il legislatore nazionale ha previsto che limpresa
non aggiudicataria di un contratto che intenda proporre un ricorso
giurisdizionale comunichi allamministrazione interessata la propria
intenzione di farlo indicando i vizi della procedura rilevati.
Lamministrazione a quel punto tenuta a valutare se procedere
allannullamento dufficio e a comunicare allimpresa entro 15 giorni la
propria determinazione (art. 243-bis del Codice dei contratti pubblici). In
questo specifico ambito il legislatore ha dunque introdotto una sorta di
favor nei confronti dellannullamento dufficio, in modo tale da
deflazionare il contenzioso giurisdizionale in questa materia e rimuovere
gli ostacoli alla stipula e allesecuzione dei contratti pubblici.
Il mancato esercizio del potere di autotutela in seguito a una
segnalazione da parte del privato potrebbe rilevare pi in generale anche
in sede di giudizio di responsabilit per danni conseguenti alladozione di
un provvedimento illegittimo ai sensi dellart. 30, comma 3, del Codice
del processo amministrativo. Il giudice potrebbe ritenere contrario a
ordinaria diligenza un siffatto comportamento omissivo proprio perch
lannullamento dufficio, rimuovendo latto illegittimo elimina anche il
danno.
Il giudice potrebbe
dunque tenerne conto in sede di

250

quantificazione del danno.


b) La convalida.
In alternativa allannullamento dufficio, lart. 21-nonies, secondo
comma, prevede che lamministrazione possa procedere alla convalida del
provvedimento illegittimo, sempre in presenza di ragioni di interesse
pubblico ed entro un termine ragionevole. Il potere in questione
espressione del principio generale della conservazione dei valori giuridici,
che permea anche il diritto privato e che consiste nella eliminazione del
vizio del quale affetto il provvedimento amministrativo. A differenza di
quanto avviene nei rapporti interprivati, nei quali la convalida del negozio
costituisce una facolt del soggetto al quale spetta lazione di
annullamento (art. 1444 cod. civ.), la convalida del provvedimento
amministrativo operata dalla stessa amministrazione cui imputabile il
vizio rilevato. Si tratta comunuque di un istituto di applicazione poco
frequente e che ha comunque un ambito limitato, anche in conseguenza
del principio della dequotazione dei vizi formali di cui allart. 21-octies
della l. n. 241/1990.
c) La ratifica.
Se la convalida riguarda il vizio di incompetenza frequente nelluso
lespressione ratifica. Questultima pi propriamente riguarda le ipotesi
nelle quali allinterno di unamministrazione pubblica un organo pu
esercitare in caso durgenza una competenza attribuita in via ordinaria a
un altro organo, che poi chiamato a far proprio latto emanato. Negli
enti locali, per esempio, in caso durgenza molti atti attribuiti alla
competenza del consiglio comunale possono essere emanati dalla giunta,
salvo ratifica (art. 42, comma 4, del d.lgs. n. 267/2000 Testo unico degli
enti locali) .
d) La sanatoria.
Si parla talora anche di sanatoria (ma si tratta di un istituto
controverso) nei casi in cui latto emanato in carenza di un presupposto
e questultimo si materializza in un momento successivo, oppure nei casi
in cui un atto della sequenza procedimentale viene posto in essere dopo il
provvedimento conclusivo (ad esempio una proposta o un accertamento
tecnico intervenuti successivamente allemanazione dellatto).

251

e) La conferma e latto confermativo.


Ove allesito di un procedimento di riesame aperto su sollecitazione di
un privato o anche dufficio, lamministrazione perviene alla conclusione
che il provvedimento, nonostante i dubbi iniziali, non affetto da alcun
vizio, procede alla cosiddetta conferma. In sede giurisprudenziale, si
distingue tra conferma, che costituisce un provvedimento amministrativo
autonomo dal contenuto identico di quello oggetto del riesame, e atto
meramente confermativo. Con questultimo lamministrazione si limita a
comunicare al privato che sollecita il riesame (magari perch scaduto il
termine per proporre ricorso giurisdizionale contro latto emanato) che
non vi sono motivi per riaprire il procedimento e procedere a una nuova
valutazione. Latto meramente confermativo non pu essere considerato
dunque come un nuovo provvedimento suscettibile di essere impugnato.
f) La conversione.
Con riferimento ai provvedimenti affetti da nullit e da annullabilit, si
ritiene generalmente applicabile, anche in assenza di una disposizione
legislativa espressa, la conversione (ma anche in questo caso si tratta di
un istituto controverso), sulla falsariga del modello civilistico (art. 1424
cod. civ.).
g) La revoca.
Gli atti ai quali si fatto sin qui cenno sono assunti allesito di
procedimenti di secondo grado aventi per oggetto provvedimenti affetti da
invalidit. Ma anche i provvedimenti perfettamente validi ed efficaci
possono essere assoggettati a un riesame che ha per oggetto il merito
(opportunit), cio la conformit allinteresse pubblico dellassetto degli
interessi risultante dallatto emanato. Interviene qui uno degli istituti pi
caratteristici del diritto amministrativo, cio la revoca del provvedimento.
Il diritto privato infatti non ammette, di regola, uno jus poenitendi
riferito ad atti che abbiano gi prodotto effetti nella sfera giuridica di terzi
e ci in relazione al principio della stabilit e della certezza dei rapporti
giuridici. Un caso eccezionale quello della revoca della donazione per
ingratitudine o per sopravvenienza di figli (art. 800 cod. civ.) che
ricostruito, per riprendere la terminologia gi esaminata, come diritto
potestativo a necessario esercizio giudiziale. Diversa invece la

252

fattispecie della revoca del testamento, che si riferisce a un atto che non
ha ancora prodotto effetti nella sfera degli eredi e degli altri beneficati
(art. 679 e seg. cod. civ.), oppure quella della revoca della proposta
contrattuale che ammessa fin tanto che il contratto non concluso (art.
1328, secondo comma, cod. civ.).
Nel diritto amministrativo, invece, il potere di revoca
tradizionalmente considerato come una manifestazione del potere di
autotutela della pubblica amministrazione ammesso da sempre dalla
giurisprudenza. Tra i casi pi risalenti di revoca pu essere ricordato
quello delle concessioni di illuminazione a gas rilasciate a livello
comunale revocate in connessione al processo di elettrificazione del
Paese, oppure quello delle concessioni per il trasporto pubblico locale
con carrozze a cavallo revocate in seguito alla diffusione dei mezzi
meccanici.
Il potere di revoca giustificato dallesigenza di garantire nel tempo la
conformit dellassetto giuridico derivante da un provvedimento
amministrativo allinteresse pubblico, esigenza che ritenuta prevalente
rispetto a quella di tutela degli affidamenti creati. Esso d una
connotazione di precariet e instabilit al rapporto giuridico
amministrativo.
Lart. 21-quinquies della l. n. 241/1990 pone una disciplina generale
della revoca precisandone meglio i presupposti e gli effetti. Larticolo
stato introdotto dalla l. n. 15/2005 e ed stato poi integrato dai commi 1bis e 1-ter sulla quantificazione dellindennizzo (commi di analogo
contenuto aggiunti dal d.l. 31 gennaio 2007, n. 7 convertito in legge 2
aprile 2007, n. 40 e dallart. 12, comma 1-bis del d.l. 25 giugno 2008, n.
112 convertito in legge 6 agosto 2008, n. 133).
Lart. 21-quinques, primo comma, distingue, come gi veniva fatto in
precedenza, due fattispecie: la revoca per sopravvenienza e la revoca
espressione dello jus poenitendi.
Sono riconducibili alla prima fattispecie due ipotesi tipizzate dalla
disposizione e cio anzitutto la revoca per sopravvenuti motivi di
pubblico interesse, che interviene allorch lamministrazione opera una
rivalutazione dellassetto degli interessi alla luce di nuovi fattori ed
esigenze non presenti al momento in cui latto era stato emanato. Un
esempio pu essere la destinazione e lutilizzo di un tratto di spiaggia o di
uno spazio acqueo non pi ai fini della balneazione o della coltivazione di
mitili sulla base di una concessione demaniale, ma a riserva naturale.

253

Una fattispecie di revoca per sopravvenuti motivi di interesse pubblico


espressamente prevista dallart. 11, comma 4, della l. n. 241/1990 che
disciplina il recesso dagli accordi integrativi o sostitutivi del
provvedimento.
Alla revoca per sopravvenienza riconducibile anche quella per
mutamento della situazione di fatto, ipotesi peraltro sovrapponibile
allaltra. Infatti, lesigenza di rivalutare linteresse pubblico dipende
spesso da mutamenti della situazione di fatto, quali per esempio,
lemersione di nuove tecnologie (come nel caso gi ricordato della revoca
della concessione di illuminazione a gas), un incremento demografico,
una modifica della situazione di mercato, ecc.
La revoca jus poenitendi riguarda lipotesi di nuova valutazione
dellinteresse pubblico originario, che si ha nei casi in cui
lamministrazione matura successivamente la consapevolezza di aver
compiuto una ponderazione errata degli interessi nel momento in cui ha
emanato il provvedimento. Si tratta di unipotesi controversa che legifica
quasi un diritto allarbitrio o al capriccio in contrasto con il principio
del legittimo affidamento (G. CORSO) e di dubbia compatibilit con il
diritto comunitario.
Come nel caso dellannullamento dufficio, sotto il profilo soggettivo,
la revoca pu essere disposta dallo stesso organo che ha emanato latto
ovvero da altro organo previsto dalla legge. Nellequilibrio dei poteri
spettanti al ministro e ai dirigenti, il d.lgs. n. 165/2001 esclude
espressamente che il primo possa revocare gli atti emanati dai secondi e
prevede invece che possa annullarli dufficio (art. 14, comma 3).
A differenza dellannullamento dufficio, che ha efficacia retroattiva
(opera cio ex tunc), la revoca determina linidoneit del provvedimento
revocato a produrre ulteriori effetti (opera cio ex nunc).
La revoca ha tipicamente per oggetto provvedimenti a efficacia
durevole, come per esempio le concessioni di servizi pubblici. Ma il
comma 1-bis, nel disciplinare lindennizzo, fa riferimento anche ad atti
aventi efficacia () istantanea nei casi in cui incidano su rapporti
negoziali. Peraltro si ritiene generalmente che non sono suscettibili di
revoca i provvedimenti che hanno gi prodotto gli effetti o siano stati
interamente eseguiti. Per esempio, per ragioni logiche prima ancora che
giuridiche non pu essere revocato un ordine gi interamente eseguito.
Del pari, non sono suscettibili di revoca gli atti vincolati (per i quali non
si pu porre, per definizione, un problema di valutazione dellinteresse

254

pubblico) e pi in generale le certificazioni e le valutazioni tecniche.


Una novit introdotta dallart. 21-quinquies in materia di revoca la
generalizzazione dellobbligo di indennizzo se essa comporta pregiudizi
in danno dei soggetti direttamente interessati. Una siffatta previsione
introduce una remora allesercizio indiscriminato di questo istituto e a
non far gravare interamente sui soggetti privati le conseguenze
economiche di un provvedimento emanato pur sempre in modo legittimo
e che ha creato un affidamento.
In precedenza, lindennizzo era previsto per singole fattispecie
legislativamente previste. Per esempio, il r.d. 15 ottobre 1925, n. 2578 in
materia di servizi pubblici locali gi imponeva lobbligo di corrispondere
un equo indennizzo e dettava alcuni criteri per la quantificazione (art. 24).
Anche in materia di accordi integrativi e sostitutivi del provvedimento,
come si gi accennato, lart. 11 della l. n. 241/1990 prevede lobbligo di
indennizzo in caso di recesso.
I commi 1-bis e 1-ter dellart. 21-quinquies pongono alcuni criteri per
lindennizzo in caso di revoca di atti che incidono su rapporti negoziali
con nellobiettivo di limitarne limporto. Lindennizzo limitato al
danno emergente ed suscettibile di unulteriore riduzione anzitutto in
relazione alla conoscenza o conoscibilit da parte dei contraenti della
contrariet delatto oggetto di revoca allinteresse pubblico. Si tratta di
una disposizione di dubbia opportunit perch presuppone che sia onere
anche del soggetto privato operare una valutazione dellinteresse pubblico
che invece, nella dinamica del rapporto giuridico amministrativo, spetta
esclusivamente alla pubblica amministrazione. Una riduzione prevista
inoltre nel caso di concorso dei contraenti o di altri soggetti allerronea
valutazione della compatibilit di tale atto con linteresse pubblico
Anche questa disposizione criticabile anche perch non si vede per
quale ragione il comportamento di soggetti terzi possa incidere sulle
vicende di un rapporto giuridico amministrativo del quale non sono parte.
Le controversie relative alla quantificazione della revoca sono
attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (art.
133, comma 1, lett. a) n. 4) del Codice del processo amministrativo).
Sotto il profilo procedimentale, anche la revoca richiede lespletamento
di un procedimento che si apre con la comunicazione di avvio e che
aperto alla partecipazione dei soggetti interessati.
Al pari
dellannullamento dufficio, la revoca un provvedimento discrezionale
che richiede una motivazione adeguata.

255

La revoca disciplinata dallart. 21-quinquies va tenuta distinta dalla


cosiddetta revoca sanzionatoria (o anche decadenza) e dal mero ritiro. La
prima pu essere disposta dallamministrazione nel caso in cui il privato
al quale stato un provvedimento amministrativo favorevole
(autorizzazione, concessione, ecc.) non rispetti le condizioni e i limiti in
esso previsti (come per esempio il ritiro di un porto darmi in caso di
abuso), oppure non intraprenda lattivit oggetto del provvedimento entro
il termine previsto (come nel caso dellautorizzazione commerciale o del
permesso a costruire).
Usualmente nelle concessioni-contratto la
convenzione definisce le tipologie di violazioni che possono dar origine
alla revoca sanzionatoria che in taluni casi costituisce addirittura un atto
vincolato.
Il mero ritiro ha per oggetto atti amministrativi che non sono ancora
efficaci. Pu avvenire per ragioni di legittimit o anche di merito e non
necessita di una valutazione specifica dellinteresse pubblico e degli
interessi dei destinatari dei provvedimento, e ci proprio perch non ha
ancora inciso in modo diretto su situazioni giuridiche soggettive di
soggetti terzi. In questo senso il mero ritiro assimilabile alla revoca del
testamento o della proposta contrattuale al quale si fatto cenno.
h) Il recesso dai contratti.
Lart. 21-sexies della l. n. 241/1990 disciplina anche il recesso
unilaterale dai contratti della pubblica amministrazione prevedendo che
esso sia ammesso solo nei casi previsti dalla legge o dal contratto.
Secondo alcuni si tratta di una disposizione che riguarda lattivit
negoziale di diritto privato della pubblica amministrazione e che
ribadisce, forse in modo forse ovvio, che in questo ambito essa non gode
di alcun privilegio.
Tra le disposizioni legislative che prevedono in modo specifico il
recesso dai contratti vi quella in tema di comunicazioni e certificazioni
antimafia che lo prevedono nei casi in cui per esempio emergano, anche
seguito allassunzione di informazioni da parte della pubblica
amministrazione, tentativi di infiltrazione mafiosa (art. 4 del d.lgs. 8
agosto 1994, n. 490). Nel settore delle opere pubbliche la stazione
appaltante ha il diritto di recedere in qualunque tempo dal contratto previo
il pagamento dei lavori eseguiti, del valore dei materiali utili esistenti in
cantiere e di un utile di impresa determinato in modo forfettario nel 10%
delle opere non pi eseguite (art. 134, comma 1, del Codice dei contratti

256

pubblici che riprende lantica disposizione contenuta nellart. 345 della


legge n. 2248/1865 All. F sui lavori pubblici). Questa disposizione viene
richiamata spesso nella giurisprudenza anche ai fini della quantificazione
forfettaria del danno subito dalle imprese nellambito delle procedure a
evidenza pubblica per laggiudicazione dei contratti.

257

CAP. V
IL PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO
1. Nozione e funzioni del procedimento amministrativo; - 2. Le leggi
generali sul procedimento e la l. n. 241/1990; - 3. Le fasi del
procedimento: a) liniziativa; - 4. Segue: b) listruttoria; - 5. Segue: c) la
fase decisionale; - 6. Procedimenti semplici, complessi, collegati. Il sub
procedimento; - 7. La conferenza di servizi e altre forme di
coordinamento; - 8. Tipi di procedimento. a) Lespropriazione per
pubblica utilit; 9. Segue: b) le sanzioni pecuniarie e disciplinari; 10.
Segue: c) le autorizzazioni. Il permesso a costruire; 11. Segue: d) I
procedimenti concorsuali. Laccesso agli impieghi pubblici; 12. Segue:
e) i contratti pubblici per laffidamento di lavori, servizi e forniture; 13.
Segue: f) laccesso ai documenti amministrativi.

1. Nozione e funzioni del procedimento amministrativo.


Nel Cap. III gi stata introdotta la nozione di procedimento
amministrativo. Questultimo pu essere definito come la sequenza di
atti ed operazioni () tra loro collegati funzionalmente in vista e al
servizio dellatto principale (A. SANDULLI). Sono state individuate
alcune funzioni alle quali esso assolve (coordinamento, partecipazione dei
privati, acquisizione di informazioni utili allamministrazione) e
menzionati alcuni principi che ne caratterizzano il regime
(contraddittorio, pubblicit, trasparenza, certezza e celerit). E ora giunto
il momento di sviluppare il tema in modo pi sistematico.
Il procedimento amministrativo anzitutto una nozione di teoria
generale del diritto collegata alle modalit di produzione di un effetto
giuridico. Nello schema gi esaminato norma-fatto-effetto, leffetto
giuridico sorge in connessione, alcune volte con il verificarsi di un
singolo accadimento (fatto giuridico semplice o elementare); altre volte,
con il verificarsi di una pluralit di accadimenti (fatti complessi). Cos la
conclusione di un contratto richiede una duplice manifestazione di
volont convergente (proposta e accettazione, secondo lart. 1326 cod.
civ). Il compimento di un atto negoziale da parte di chi sottoposto a
regime di tutela richiede, oltre alla dichiarazione di volont del tutore, il

258

parere del giudice tutelare e lautorizzazione del tribunale (art. 375 cod.
civ.).
Nel caso di fatti complessi leffetto giuridico deriva dunque da una
combinazione di fatti (eventi, comportamenti o atti) che devono
verificarsi o essere posti in essere o contemporaneamente o secondo un
ordine previsto dalla stessa norma (fattispecie a formazione successiva).
Nella fattispecie a formazione successiva leffetto giuridico si
produce solo allorch la sequenza si integralmente realizzata secondo
lordine normativamente dato. Prima di tale momento possono sorgere
tuttal pi effetti preliminari o prodromici. Cos, per esempio, nel
contratto sottoposto a condizione (sospensiva o risolutiva), in pendenza di
questultima, cio gi prima che si produca leffetto giuridico in relazione
al verificarsi di un determinato avvenimento (futuro e incerto), sorge in
capo alle parti il dovere di comportarsi secondo buona fede in modo tale
da conservare integre le ragioni dellaltra parte (art. 1358 cod. civ.). Nella
vendita di cosa futura, leffetto giuridico traslativo si realizza allorch la
cosa viene ad esistenza (art. 1472 cod. civ.), ma in capo al venditore sorge
immediatamente lobbligo di non impedire che la cosa venga in essere.
Restano invece esterni alla fattispecie i cosiddetti presupposti, cio
fatti che non concorrono direttamente alla produzione delleffetto
giuridico, ma che si collocano per cos dire a monte della fattispecie e ne
condizionano loperativit. Cos, per esempio, lo stato di abbandono di
una cosa mobile il presupposto per lacquisto della propriet tramite
occupazione (art. 923 cod. civ.); la morte di una persona il presupposto
perch possa aprirsi la successione (art. 456 e seg. cod. civ.).
La nozione di fattispecie complessa a formazione successiva,
secondo alcuni, costituisce la matrice unificante del negozio giuridico
privato e dellatto amministrativo. In realt, nel diritto privato il
procedimento ha avuto uno sviluppo limitato. Nel diritto pubblico, al
contrario, come si visto, il procedimento la modalit ordinaria di
esercizio dei poteri dello Stato (legislativo, esecutivo, giurisdizionale)
proprio in relazione alle esigenze di trasparenza e di garanzia dei soggetti
interessati.
Nel diritto amministrativo, dopo una prima fase nella quale la
nozione di procedimento stata ignorata, a partire dalla seconda met del
secolo scorso essa ha assunto un rilievo crescente in dottrina e
giurisprudenza. Con la legge l. n. 241/1990 il procedimento assurto al
rango di istituto centrale della disciplina.

259

In origine, dopo la legge del 1889 istitutiva della IV sezione del


Consiglio di Stato, lattenzione della giurisprudenza e della dottrina si
concentr esclusivamente sullatto amministrativo. Il problema pi
immediato, correlato alla necessit di definire le caratteristiche del nuovo
rimedio processuale, fu infatti quello di distinguere tra atti impugnabili e
atti non impugnabili (come per esempio un semplice parere o una
proposta).
Inoltre, i tempi non erano maturi per far emergere la rilevanza
giuridica degli atti e delle operazioni prodromiche allemanazione del
provvedimento. In primo luogo, infatti, la procedimentalizzazione
dellattivit ai fini di coordinamento tra apparati e organi non era
unesigenza molto avvertita in unepoca in cui la struttura
dellamministrazione era compatta e ruotava intorno al modello
ministeriale: il criterio organizzativo gerarchico garantiva di per s il
coordinamento e lunitariet dellazione amministrativa. In secondo
luogo, lorganizzazione delle amministrazioni era ritenuta irrilevante per
il diritto, e pertanto tutto ci che accadeva a monte del provvedimento (gli
atti prodromici di competenza dei vari uffici) era relegato alla sfera
interna dellamministrazione: il solo punto di contatto tra gli apparati
pubblici e la sfera giuridica dei soggetti privati era rappresentato dallatto
produttivo di effetti autoritativi. Infine, la concezione autoritaria dei
rapporti tra Stato e cittadino poneva in secondo piano la necessit
garanzie a favore di questultimo, sotto forma di partecipazione alla
formazione dellatto imperativo.
Il procedimento trov ingresso nel diritto amministrativo negli anni
Trenta del secolo scorso come sviluppo delle acquisizioni della teoria
generale in tema di fattispecie. Venne cos elaborata anzitutto la nozione
di atto complesso, cio del provvedimento che il frutto della confluenza
di manifestazioni di volont provenienti da pi soggetti, tutte necessarie ai
fini della produzione delleffetto giuridico. Era questo per esempio il caso
di un decreto reale assunto su proposta di un ministro, oppure quello
dellatto emanato da un organo collegiale. Emersero via via distinzioni
pi sofisticate (atto composto, continuato, ecc.), anche in relazione
allomogeneit o disomogeneit e al carattere servente o primario delle
manifestazioni di volont (O. RANELLETTI). Fu avanzato anche il
concetto per molti aspetti ambiguo di atto-procedimento.
La prima elaborazione organica del procedimento amministrativo,
che risale al 1940 (A. SANDULLI), oper unanalisi formale e strutturale
degli atti e delle operazioni della sequenza procedimentale, la loro

260

scansione in fasi
dellefficacia).

distinte

(preparatoria,

costitutiva,

integrativa

Unaltra ricostruzione di qualche anno successiva colloc invece il


procedimento allinterno della dinamica del potere considerato come
funzione, cio come momento della concretizzazione del potere in un
atto (F. BENVENUTI). Se, per usare unimmagine, il potere (in astratto)
una fonte che sprigiona energia giuridica, questultima viene incanalata
e guidata in sequenze procedimentali tipiche. Da questo punto di vista, il
procedimento, che pu essere descritto come la storia causale dellatto,
non niente altro che la manifestazione sensibile della funzione, cio la
forma esterna del potere colto nel suo momento dinamico.
In questa visione emerge una prima funzione del procedimento,
concepito come uno strumento che consente un controllo sullesercizio
del potere (soprattutto da parte del giudice), attraverso una verifica del
rispetto puntuale della sequenza degli atti e operazioni normativamente
predefinite. La legalit assume cos una dimensione procedurale, oltre
che sostanziale.
Come sviluppo e integrazione dellapproccio formale e strutturale
emerse in dottrina (M.S. GIANNINI), una terza ricostruzione volta a
mettere in luce soprattutto la connessione con il fenomeno della
discrezionalit amministrativa. Per poter operare una scelta corretta, tutti i
fatti e gli interessi rilevanti devono essere, prima ancora che valutati e
ponderati, acquisiti dallorgano decidente allinterno del procedimento.
La sequenza delle operazioni e degli atti (pareri, valutazioni tecniche,
intese, partecipazione, ecc.) previsti dalle singole leggi che disciplinano i
poteri pubblici, serve dunque a immettere in modo stabile nel processo
decisionale gli interessi pi rilevanti (come si visto, i cosiddetti
interessi secondari). Ma anche al di l delle sequenze normativamente
prescritte, il responsabile del procedimento pu valutare caso per caso nel
corso dellistruttoria, se sia necessario acquisire qualche altro interesse
potenzialmente inciso dallatto da emanare (per esempio, attraverso
lacquisizione di un parere facoltativo). Si manifesta cos una seconda
funzione del procedimento, quella cio di strumento per far emergere e
dar voce a tutti gli interessi incisi dal provvedimento.
Questa funzione assume una connotazione particolare nei
procedimenti di regolazione. Va ricordato che ad essi non si applicano di
regola, come si accennato, le disposizioni sulla partecipazione previste
dalla l.n. 241/1990 (art. 13, comma 1), ma sempre pi spesso la
partecipazione imposta dal diritto europeo soprattutto con riguardo agli

261

atti di regolazione delle autorit indipendenti. Per i procedimenti di


regolazione di competenza delle autorit preposte ai mercati finanziari, la
legge sul risparmio prevede che esse devono consultare preventivamente
gli organismi rappresentativi de soggetti vigilati, dei prestatori di servizi
finanziari e dei consumatori (art. 13 della l. n. 262 del 2005). Acquisendo
il punto di vista di tutti gli interessati (imprese, associazioni di
consumatori, ecc.), da un lato, lamministrazione pu colmare le
asimmetrie informative che spesso sussistono soprattutto nei rapporti con
i soggetti regolati; dallaltro questi ultimi hanno la possibilit di esprimere
il proprio punto di vista. Peraltro lamministrazione deve vagliare
attentamente gli apporti dei privati e appurare che tutti gli interessi
coinvolti siano adeguatamente rappresentati. Pu accadere infatti che gli
interessi pi organizzati (le cosiddette lobby) riescano a sovrastare gli
altri, con il rischio di piegare a proprio favore le valutazioni
dellamministrazione (la cosiddetta cattura dei regolatori).
Nei procedimenti di tipo individuale nei quali la pubblica
amministrazione esercita un potere che determina effetti restrittivi o
limitativi della sfera giuridica del soggetto privato, e il rapporto giuridico
si connota dunque in termini di contrapposizione, emerge una terza
funzione del procedimento, quella cio di garanzia del contraddittorio
(scritto e talora anche orale) a favore dei soggetti incisi negativamente dal
provvedimento. Il contraddittorio connota in senso giustiziale il
procedimento (secondo il principio del due process of law). Fu la IV
Sezione del Consiglio di Stato che, nel silenzio della legge, fece quasi
subito applicazione ai poteri di tipo sanzionatorio della regola di diritto
naturale dellaudi et alteram partem.
Nei procedimenti di tipo individuale nei quali il rapporto giuridico
tra pubblica amministrazione e privato non si atteggia in termini di
contrapposizione, cio nei casi in cui il provvedimento determina effetti
ampliativi nella sfera giuridica del destinatario, la partecipazione del
privato al procedimento ha una quarta funzione prevalentemente
collaborativa, cio di ausilio allamministrazione in relazione alle
esigenze di completezza dellistruttoria e di assunzione di una decisione
ben informata possibilmente tale da attribuire al privato il bene della vita
al quale ispira.
Il contraddittorio procedimentale pu assumere una dimensione
verticale, orizzontale.
La prima emerge nei casi in cui il rapporto giuridico ha carattere
essenzialmente bilaterale e coinvolge lamministrazione titolare del potere

262

e il destinatario diretto delleffetto giuridico vuoi restrittivo


(provvedimenti sanzionatori, di imposizione di vincoli, ecc.) vuoi
ampliativo (provvedimenti autorizzatori). Nel contraddittorio verticale
lamministrazione, parte del rapporto giuridico bilaterale, deve essere
imparziale. Deve cio garantire ad un tempo la cura dellinteresse
pubblico di cui essa portatrice e la posizione della contrapposta parte
privata. Emerge qui una tensione nei casi in cui unamministrazione
troppo zelante tenda a considerare il contraddittorio come un impaccio
alla propria azione che rende meno rapida ed efficiente lazione
amministrativa.
La dimensione orizzontale del contraddittorio emerge nei
procedimenti nei quali i privati sono portatori di interessi contrapposti e
pertanto lorgano decidente chiamato a garantire la parit delle armi.
In alcuni casi il contraddittorio perfettamente paritario, come per
esempio nei procedimenti di tipo concorsuale (concorsi pubblici,
procedure di aggiudicazione di contratti pubblici o di concessioni) nei
quali gli aspiranti a una medesima utilit o bene hanno una eguale pretesa
a conseguirli; oppure nei procedimenti di tipo contenzioso attribuiti alla
competenza delle autorit di regolazione chiamate a pronunciarsi su
controversie tra consumatori e imprese che erogano il serivizo.
In altri casi il contraddittorio orizzontale non del tutto paritario,
come per esempio nei procedimenti sanzionatori antitrust nei quali
allimpresa sospettata di aver compiuto un abuso di posizione dominante
si contrappone limpresa che ha denunciato allAutorit garante della
concorrenza e del mercato o, come si vedr pi avanti, nei procedimenti
di rilevanza europea, alla Commissione Ue il comportamento illecito della
concorrente. Allimpresa denunciante sono riconosciuti alcuni poteri, ma
prevale lesigenza di assicurare allimpresa oggetto del procedimento
sanzionatorio una possibilit di tutelare pienamente la propria posizione
anzitutto nei confronti dellautorit procedente (rispetto alla quale il
contraddittorio mantiene la sua dimensione verticale).
Nel contraddittorio di tipo orizzontale di tipo paritario risulta pi
naturale per lamministrazione operare in modo imparziale mantenendo
una posizione di terziet.
Oltre a quelle gi esaminate, il procedimento assolve anche a una
quinta funzione di promuovere la democraticit dellordinamento
amministrativo costituendo un fattore di legittimazione del potere
dellamministrazione. Al riguardo, si gi osservato come la caduta della
legalit sostanziale, dovuta allimpossibilit del legislatore di prefigurare

263

in modo preciso tutte le situazioni che richiedono lesercizio del potere, si


presta a essere compensata, almeno in parte (e in modo certamente
imperfetto), dalla legalit procedurale. Il procedimento, aperto alla
partecipazione di tutti i soggetti interessati, diviene la sede nella quale si
procede a individuare e a precisare la regola per il caso concreto (che la
legge lascia in qualche misura indeterminata) da porre come contenuto del
provvedimento. Com stato detto (B. SORDI), la democrazia
procedimentale completa, anche se non soppianta, la democrazia
rappresentativa (il vincolo procedimentale integra il comando della
norma legislativa).
Una sesta funzione del procedimento quella di attuare il
coordinamento tra pi amministrazioni, ciascuna chiamata a curare un
interesse pubblico, nei casi in cui un provvedimento amministrativo vada
incidere su una pluralit di interessi pubblici. In un modello di
organizzazione amministrativa improntato a un ampio pluralismo
(amministrazioni statali, regionali, locali, agenzie, autorit indipendenti,
enti pubblici istituzionali, ecc.) questa funzione ha assunto un peso
crescente.
Accanto a modelli di coordinamento debole (tipicamente, il parere
obbligatorio, ma non vincolante), la legislazione amministrativa prevede
modelli di coordinamento pi forte (il parere vincolante, lintesa, il
concerto, il decreto interministeriale, ecc.). Allorch il coordinamento tra
interessi non sia possibile allinterno del singolo procedimento e, come
accade di frequente, lavvio di unattivit da parte di un privato sia
subordinata al rilascio di una pluralit di atti autorizzativi allesito di una
pluralit di procedimenti autonomi paralleli, il coordinamento pu
avvenire, come si vedr, con altre modalit (la conferenza dei servizi,
lautorizzazione unica).
In definitiva, il procedimento assolve a una molteplicit di funzioni
che sono spesso tra loro compresenti. In realt, di volta in volta, a
seconda del tipo di procedimento pu prevalere luna o laltra funzione.
Cos, nei procedimenti di tipo regolatorio, nelle ipotesi in cui ammessa,
la partecipazione al procedimento (la l. n. 241/1990 per, va ribadito, la
esclude ancora in generale per i regolamenti e gli atti amministrativi
generali), ha un ruolo primario la funzione di rappresentanza degli
interessi e quella conoscitiva. Nei procedimenti di tipo individuale rileva
soprattutto la funzione di garanzia del soggetto nella cui sfera giuridica
ricadono gli effetti del provvedimento. Nei procedimenti di tipo
contenzioso (per esempio, la risoluzione stragiudiziale di controversie tra

264

operatori economici o tra questi e gli utenti o clienti innanzi alle autorit
di regolazione) prevale la funzione di garanzia del contraddittorio
paritario. Nei procedimenti di tipo pianificatorio e progammatorio che
coinvolgono una pluralit di livelli di governo (statale, regionale, locale) e
di interessi pubblici, prevale la funzione di coordinamento.
2. Le leggi generali sul procedimento e la l. n. 241/1990.
Il procedimento amministrativo al centro del sistema del diritto
amministrativo in molti ordinamenti e ha trovato una disciplina organica
in leggi generali, nel contesto delle quali va collocata la legge 7 agosto
1990, n. 241 gi pi volte richiamata nei capitoli che precedono.
In una prospettiva di comparazione, conviene accennare soprattutto
a due esperienze straniere, quella austriaca e statunitense, che hanno
avuto influenza su molti altri Paesi.
Lesperienza austriaca fu per molti aspetti pionieristica. Gi nel
1875, la legge istitutiva del Tribunale amministrativo supremo attribu a
questultimo il potere di annullare gli atti dellamministrazione adottati
allesito di una procedura difettosa (Mangelhaften Verfahrens),
disposizione che indusse la giurisprudenza, in mancanza di ulteriori
specificazioni legislative, a riempire di contenuto il concetto di
difettosit. Pu essere considerato difettoso un procedimento quando
per esempio lamministrazione pone in essere gli atti della sequenza senza
rispettare lordine cronologico (come nel caso un parere postumo,
acquisito cio dopo aver assunto la decisione). Nel 1925 venne emanata
una legge generale sul procedimento, prima del genere nel panorama
degli ordinamenti occidentali, che sviluppava il cosiddetto modello
processuale del procedimento.
Questultimo venne infatti concepito come uno strumento per
tutelare la posizione del privato, in unottica giustiziale (o
paragiurisdizionale), cio per garantire gli interessi del cittadino nei
confronti di una pubblica amministrazione che incorporava in s, oltre che
il valore della legalit, anche quello della giustizia, in conformit al
principio della sicurezza del diritto (Rechtssicherheit). Larticolazione
del procedimento in atti formali volti a garantire la partecipazione
(Mitwirkung) e il contraddittorio mimava le forme processuali e anzi
aveva come funzione quello di anticipare la tutela offerta da questultimo.

265

Non a caso, ancor oggi, nellordinamento austriaco lelevato livello


delle garanzie procedimentali consente di semplificare i rimedi
propriamente giurisdizionali. In generale, si pu affermare che quanto
pi completa ed efficace la tutela degli interessi dei privati nellambito
del procedimento, tanto minore lesigenza di un sistema articolato di
garanzie giurisdizionali. In Italia una discussione di questo tipo sorta a
proposito delle autorit indipendenti che esercitano i propri poteri con
modalit paragiurisdizionali particolarmente garantiste e per le quali si
potrebbe ritenere non necessaria la previsione di un doppio grado di
giudizio (primo grado e appello) innanzi al giudice amministrativo.
La seconda esperienza quella degli Stati Uniti. In un sistema
costituzionale improntato a una separazione pi rigida dei poteri,
lattribuzione massiccia di poteri regolatori e amministrativi alle agenzie
federali negli anni Trenta (allepoca del New Deal) determin, come si
accennato nel Cap. I, un conflitto istituzionale tra Presidente e Corte
Suprema che dichiar incostituzionali una serie di leggi interventiste volte
a favorire il superamento della crisi economica. Il conflitto si ricompose
anche in seguito allemanazione nel 1946 dellAdministrative Procedure
Act che legittim il ruolo delle agenzie federali, ma le assoggett a regole
e a controlli stringenti.
La legge configura anzitutto un procedimento amministrativo aperto
a unampia partecipazione dei soggetti interessati secondo il modello del
public interest representation (R. STEWART). Nei procedimenti di
regolazione (rulemaking) la rappresentanza degli interessi viene
assicurata attraverso il modello gi illustrato del notice and comment.
Nei procedimenti di tipo individuale, per garantire il principio del
giusto procedimento (due process of law) vengono introdotte garanzie del
contraddittorio di tipo paraprocessuale (trial-type adjudication). Sul piano
organizzativo la legge prescrive una distinzione netta allinterno delle
agenzie tra i funzionari che curano listruttoria e lorgano collegiale che
assume la decisione. Cos anche nei procedimenti in cui il contraddittorio
ha una dimensione essenzialmente verticale si creano le premesse per una
decisione assunta da un organo, composto da membri definiti forse
impropriamente come administrative law judges, in qualche misura terzo
tra gli uffici istruttori e le parti private. Come si vedr, di recente questa
soluzione organizzativa stata introdotta nel nostro ordinamento, anche
se in modo meno perfetto, per le autorit di regolazione nel settore
finanziario.

266

In definitiva, lAdministrative Procedure Act assoggetta le agenzie


federali a regole procedurali stringenti. Il rispetto di queste regole, oltre
che dei limiti sostanziali del potere attribuito alle agenzie, assicurato dal
controllo giurisdizionale delle corti ordinarie (judicial review of
administrative action) teso verificare la correttezza delloperato
dellamministrazione (accertando se esso sia stato arbitrary, capricious,
an abuse of discretion).
Altri ordinamenti europei come quello tedesco (nel 1976) e quello
spagnolo (nel 1958 e poi nel 1992) si sono dotati di leggi generali sul
procedimento amministrativo molto analitiche. La legge tedesca, che
include anche una disciplina generale dellatto amministrativo e del
contratto di diritto pubblico, contiene una definizione di procedimento
che per il suo carattere generale pu servire a inquadrare il concetto in
termini di teoria generale. Il procedimento definito come attivit di
unautorit amministrativa avente rilevanza esterna che rivolta
allaccertamento delle condizioni, alla preparazione e allemanazione di
un atto amministrativo o alla conclusione di un contratto di diritto
pubblico (die nach auen wirkende Ttigkeit der Behrden, die auf die
Prfung der Voraussetzungen, die Vorbereitung und den Erla eines
ffentlich-rechtlichen Vertrages gerichtet ist, secondo il par. 9
Verwaltungsverfahensgesetz). Negli ordinamenti francese e inglese le
regole sullo svolgimento del procedimento continuano a essere di
derivazione prevalentemente giurisprudenziale.
Nellordinamento italiano, il primo tentativo di introdurre una legge
generale sul procedimento amministrativo risale al secondo dopoguerra e
in particolare a un progetto di legge elaborato tra il 1944 e il 1947 da una
Commissione presieduta da Ugo Forti, studioso di diritto amministrativo
tra i pi eminenti. Il progetto fu pi volte proposto e rielaborato in varie
legislature senza per essere approvato. Allinizio degli anni Ottanta del
secolo scorso fu intrapreso un nuovo tentativo ad opera di una
commissione presieduta da un altro eminente studioso di diritto
amministrativo, Mario Nigro. La Commissione elabor un testo che,
arricchito anche di una parte sulla disciplina del diritto di accesso ai
documenti amministrativi, ispir un decennio dopo la legge 7 agosto
1990, n. 241, recante Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi. Il
testo stato pi volte modificato e integrato sino ai giorni nostri,
soprattutto ad opera della l. n. 15/2005 che ha inserito nel suo corpo,

267

come si visto, una disciplina del provvedimento amministrativo (Capo


IV-bis).
Rispetto a leggi omologhe, la l. n. 241/1990 si caratterizza per il
fatto di essere una legge soprattutto di principi, molti dei quali gi
affermati dalla giurisprudenza amministrativa, senza la pretesa di porre
una disciplina esaustiva di tutti gli istituti del procedimento. Allinterno
della Commissione Nigro era prevalsa infatti lidea di non ingessare in
schemi generali troppo rigidi il procedimento che si presenta poi
concretamente nelle discipline di settore in una molteplicit di tipologie e
modelli.
La l. n. 241/1990 non contiene n una definizione generale di
procedimento, n una disciplina organica delle singole fasi in cui esso si
articola. Disciplina solo alcuni istituti fondamentali come il termine del
procedimento, la figura del responsabile del procedimento, la
partecipazione, alcuni istituti di semplificazione, il diritto di accesso. La
l. n. 241/1990 fornisce per una cornice generale che si sovrappone e
integra tutte le leggi amministrative che disciplinano, in modo pi o meno
articolato, anche con norme derogatorie o speciali, i singoli procedimenti.
Il campo di applicazione della l. n. 241/1990 individuato sulla base
di un criterio soggettivo e oggettivo.
Sotto il profilo soggettivo le disposizioni in essa contenute si
applicano alle amministrazioni statali, agli enti pubblici nazionali e anche
alle societ con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente alle
attivit che si sostanziano nellesercizio delle funzioni amministrative
(art. 29). Le disposizioni sul diritto di accesso hanno in campo di
applicazione ancor pi esteso e inlcude anche i gestori di pubblici servizi
(art. 23).
Inoltre, le Regioni e gli enti locali possono dotarsi di una propria
disciplina sulla base dei principi stabiliti dalla l. n. 241/1990. Peraltro, le
disposizioni
che regolano i principali istituti (partecipazione,
responsabile del procedimento, durata, accesso, ecc.) sono qualificati
come attinenti ai livelli essenziali delle prestazioni di cui allart. 117,
secondo comma lett. m) della Costituzione rientranti nella competenza
legislativa esclusiva dello Stato (art. 29, comma 2-bis). Pertanto gli spazi
per una disciplina regionale o locale difforme sono piuttosto limitati e in
ogni caso questa deve essere tale da prevedere garanzie non inferiori a
quelle assicurate ai privati dalle disposizioni statali, con espressa
previsione della possibilit di prevedere livelli ulteriori di tutela

268

(comma 2-quater). Ben potrebbe, per esempio, una Regione introdurre il


principio del contraddittorio orale non previsto, come si vedr, dalla l. n.
241/1990.
Sotto il profilo oggettivo, la l. n. 241/1990 si applica nella sua
integralit ai procedimenti di tipo individuale. Invece, come si detto pi
volte, le disposizioni sullobbligo di motivazione (art. 3, comma 2), sulla
partecipazione al procedimento (art. 13, comma 1) e sul diritto di accesso
(art. 24, comma 1, lett. c)) non si applicano agli atti normativi e agli atti
amministrativi generali. Alcune categorie di procedimenti come quelli
tributari non sono assoggettati alla l. n. 241/1990 bens alle regole
contenute nelle discipline speciali (art. 13, comma 2).
Prima di intraprendere unesposizione sistematica del procedimento
amministrativo alla luce della l. n. 241 del 1990, opportuno,
anticipandone alcuni contenuti, porre in risalto il nuovo modello di
rapporto tra pubblica amministrazione e cittadini ad essa sotteso e che
pi in linea con la sensibilit contemporanea.
La l. n. 241/1990 ha segnato infatti idealmente il punto di svolta
superando la visione autoritaria dei rapporti tra Stato e cittadino a favore
di una concezione che pone laccento sulle garanzie e sui diritti del
cittadino che entra in contatto con lamministrazione.
In questo senso, secondo alcuni, essa ha operato una sorta di
rivoluzione copernicana o di cambio di paradigma interpretativo. Essa
si presta infatti a essere considerata, atecnicamente, come una legge
attributiva di nuovi diritti di cittadinanza amministrativa (G. ARENA),
come quello a un termine certo per il rilascio di un atto amministrativo, di
interazione con il responsabile del procedimento, di partecipazione, di
accesso ai documenti amministrativi, di autocertificare il possesso di
determinati stati e qualit, di motivazione delle decisioni, ecc. Il diritto
amministrativo si presta cos a essere ricostruito attraverso il prisma dei
nuovi diritti, piuttosto che in quello tradizionale del potere.
In primo luogo, la l. n. 241/1990 colma la distanza e la separatezza
tradizionale tra amministrazione e soggetti privati che vedeva come unico
punto di contatto tra essi il provvedimento autoritativo emanato in modo
unilaterale.
Per un verso, infatti, i soggetti privati fanno ingresso per cos dire
nel procedimento attraverso gli strumenti di partecipazione consentendo
cos ad essi di esprimere un punto di vista che utile alla stessa pubblica
amministrazione in una visione, come si gi visto, di tipo collaborativo

269

oltre che di garanzia del contraddittorio. Per altro verso, la l. n. 241/1990


favorisce, per quanto possibile, il ricorso a strumenti consensuali in luogo
dellesercizio unilaterale per cos dire dallalto di poteri autoritativi.
Prevede infatti in termini generali che lamministrazione possa stipulare
accordi con gli interessati, anche su proposta di questultimi, per la
determinazione del contenuto discrezionale del provvedimento (art. 10).
Linterazione pi stretta tra pubblica amministrazione e cittadino e la
ricerca di soluzioni consensuali d sostanza alla concezione del diritto
amministrativo paritario teorizzata in dottrina gi negli anni Settanta del
secolo scorso (F. BENVENUTI). Il soggetto privato si fa in qualche modo
coamministratore.
In secondo luogo, la separatezza tra le stesse pubbliche
amministrazioni, ciascuna titolare di poteri autonomi, con scarsi canali di
comunicazione reciproca, viene vista con sfavore.
Sono invece
privilegiati strumenti consensuali di collaborazione paritaria per lo
svolgimento di attivit di interesse comune (accordi ex art. 11) e di
coordinamento tra procedimenti paralleli (conferenza dei servizi ex art. 14
e seg.).
In terzo luogo, la l. n. 241/1990 fa cadere il velo dellanonimato che
si frapponeva tra il cittadino e gli apparati amministrativi visti
dallesterno come un tutto indistinto spersonalizzato. La figura del
responsabile del procedimento (artt. 5 e seg.) personalizza e umanizza
infatti il rapporto con i soggetti privati e consente di attribuire in modo
pi certo le responsabilit interne a ciascun apparato.
In quarto luogo, la l. n. 241/1990 supera in gran parte il principio
del segreto dufficio sulle attivit interne allamministrazione che rendeva
imperscrutabile loperato dellamministrazione. La l. n. 241/1990 enuncia
infatti il principio di pubblicit e trasparenza (art. 1) e pone una disciplina
del diritto di accesso ai documenti amministrativi (Capo VI) che, come si
vedr, tutela la riservatezza di soggetti terzi, ma non riconosce una
riservatezza dellamministrazione. Lobbligo in capo ai dipendenti
pubblici di mantenere il segreto dufficio, cio di non divulgare
informazioni riguardanti lattivit amministrativa di cui limpiegato in
possesso, opera in via residuale, cio al di l fuori delle ipotesi e delle
modalit previste dalle norme sul diritto di accesso (art. 28), le quali
hanno dunque una priorit. Prevede inoltre lobbligo di rendere pubblici
tutti gli atti organizzativi interni (art. 26).
In quinto luogo viene attenuata la concezione individualistica e
atomistica dei rapporti tra Stato e cittadino propria della concezione

270

liberale ottocentesca. Infatti, il dialogo procedimentale aperto, non


solo ai singoli individui incisi dal provvedimento amministrativo, ma
anche a portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati
(art. 11 l. n. 241/1990). Lamministrazione si apre cio alle espressioni
della societ civile. Soprattutto nei procedimenti di tipo pianificatorio e
di programmazione ed esecuzione di grandi opere pubbliche che hanno un
grande impatto sulle comunit locali e su interessi come quello
ambientale un ampio confronto promosso dallamministrazione diventa
un fattore di legittimazione e di accettazione sociale delle scelte
amministrative.
In definitiva, la l. n. 241/1990 pu essere annoverata tra quelle pi
avanzate quanto a concezione generale. Si potrebbe anzi dire che, al
tempo in cui fu approvata, essa fosse addirittura in anticipo sui tempi e in
contrasto con le prassi e la cultura di una pubblica amministrazione in
realt ancora ispirata al vecchio modello. Ci spiega le resistenze in sede
attuativa o lo scarso impiego degli strumenti pi innovativi (come per
esempio gli accordi) che si registrano ancora dopo oltre due decenni. Un
ruolo importante stato svolto in questi anni dal giudice amministrativo
che ha reso effettivo, per esempio, il diritto di accesso ai documenti
amministrativi.
3. Le fasi del procedimento: a) liniziativa.
La sequenza degli atti e degli adempimenti nei quali si articola il
procedimento si presta a essere suddivisa in fasi distinte. La l. n. 241/1990
le richiama in varie disposizioni, ma non in modo organico, l dove, per
esempio, pone il principio del divieto di aggravamento del procedimento
se non per esigenze imposte dallo svolgimento dellistruttoria (art. 1,
secondo comma) o affida la responsabilit di questa fase al responsabile
del procedimento (art. 6, comma 1, lett. b)).
Il procedimento amministrativo viene usualmente suddiviso in tre
fasi: liniziativa, listruttoria, la fase decisionale.
a) liniziativa
La prima fase quella delliniziativa, cio dellavvio formale del
procedimento destinato a sfociare nel provvedimento finale produttivo
degli effetti giuridici nella sfera giuridica del destinatario.

271

Interviene qui una prima distinzione tra obbligo di procedere e


obbligo di provvedere, entrambi espressione del principio generale della
doverosit dellesercizio del potere amministrativo. Il primo involge la
questione di stabilire in presenza di quali condizioni lamministrazione
competente tenuta ad aprire il procedimento e a porre in essere le
attivit previste nella sequenza procedimentale propedeutiche alla
determinazione finale. Il secondo pone in capo allamministrazione, una
volta aperto il procedimento, di portarlo a conclusione attraverso
lemanazione di un provvedimento espresso.
I due obblighi si deducono dallart. 2 della l. n. 241/1990. Infatti, da
un lato, il primo comma fa riferimento allipotesi in cui il procedimento
consegua obbligatoriamente a unistanza e a quella in cui esso debba
essere iniziato dufficio, ponendo cos anche la distinzione tra
procedimenti su istanza di parte e procedimenti dufficio. Dallaltro il
medesimo comma pone il dovere di concludere il procedimento mediante
ladozione di un provvedimento espresso.
Lobbligo di procedere dunque sorge o in seguito a un atto di
impulso di un soggetto esterno allamministrazione titolare del potere o
per iniziativa di questultima.
Nei procedimenti su istanza di parte, latto di iniziativa consiste in
una domanda o istanza formale presentata allamministrazione da un
soggetto privato interessato al rilascio di un provvedimento favorevole (in
relazione al quale vanta, come si visto, un interesse legittimo
pretensivo).
Tuttavia non ogni istanza del privato fa sorgere lobbligo di
procedere. Infatti, questultimo sorge solo in relazione a sequenze
procedimentali tipiche, cio in relazione ai procedimenti amministrativi
disciplinati nelle leggi amministrative che disciplinano le varie materie.
Si pensi, per esempio, ai procedimenti autorizzativi previsti dalle leggi
che regolano le attivit economiche. Al di fuori di essi, le lettere,
richieste, istanze variamente formulate dai privati possono restare senza
alcun seguito o tuttal pi possono essere riscontrate con le cosiddette
lettere di cortesia, prive di efficacia provvedimentale.
In taluni casi il procedimento aperto su impulso di pubbliche
amministrazioni che formulano allamministrazione competente proposte.
Cos, per esempio, lamministrazione straordinaria o la liquidazione
coatta amministrativa di un istituto di credito viene disposta dal Ministero
delleconomia e delle finanze su proposta della Banca dItalia (artt. 70 e

272

80 del Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia). Questo


modello di avvio del procedimento involge peraltro pi che altro il tema
del coordinamento delle competenze tra pubbliche amministrazioni.
Nei procedimenti dufficio, lapertura del procedimento avviene per
impulso della stessa amministrazione competente a emanare il
provvedimento finale. I procedimenti dufficio riguardano per lo pi
poteri amministrativi il cui esercizio determina un effetto limitativo o
restrittivo nella sfera giuridica del soggetto privato destinatario (titolare di
un interesse legittimo oppositivo). Si pensi per esempio al procedimento
espropriativo o a quello di irrogazione di una sanzione.
Nei procedimenti dufficio si pone il problema di individuare con
pi precisione il momento in cui sorge lobbligo di procedere.
Infatti, in molte situazioni lapertura formale del procedimento
avviene allesito di una serie di attivit cosiddette preistruttorie, condotte
sempre dufficio, dai cui esiti possono emergere situazioni di fatto che
rendono necessario lesercizio di un potere (in relazione al principio di
doverosit, gi pi volte ricordato).
Tra le attivit preistruttorie previste dalle leggi amministrative va
annoverato il potere di ispezione attribuito dalla legge ad autorit di
vigilanza (come le soprintendenze dei beni culturali, la Banca dItalia, la
Consob o lIsvap) nei confronti di soggetti allo scopo di verificare il
rispetto delle normative di settore. Lispezione (che per pu essere
disposta anche nella fase propriamente istruttoria del procedimento)
consiste in una serie di operazioni di verifica effettuate presso un soggetto
privato, in contraddittorio con questultimo, delle quali si d atto in un
verbale. Lispezione pu concludersi con la constatazione che lattivit
conforme alle norme, oppure pu far emergere fatti suscettibili di
integrare una qualche violazione. Solo in questultimo caso, sorge in capo
allamministrazione lobbligo di aprire un procedimento dufficio volto a
contestare la violazione e che pu concludersi con ladozione di
provvedimenti ordinatori o sanzionatori.
Altre attivit preistruttorie includono, variamente in base alle
singole leggi amministrative, accessi a luoghi, richieste di documenti,
assunzione di informazioni, rilievi segnaletici e fotografici, analisi di
campioni e altre verifiche tecniche. Cos per esempio, la legge 24
novembre 1981, n. 689 in materia di sanzioni amministrative pecuniarie
attribuisce in termini generali agli organi addetti al controllo
sullosservanza delle discipline amministrative di settore il potere di

273

compiere una serie di atti di accertamento (art. 13) propedeutici


allapertura del procedimento sanzionatorio con la contestazione e la
notificazione delladdebito al soggetto che ha commesso linfrazione.
Lavvio dei procedimenti dufficio di tipo repressivo, inibitorio e
sanzionatorio (e lo svolgimento di attivit preistruttorie) pu avvenire
anche in seguito a denunce, istanze o esposti di soggetti privati. Tali
esposti tuttavia non fanno sorgere in modo automatico il dovere
dellamministrazione di aprire il procedimento nei confronti del soggetto
denunciato. Rientra invece nella discrezionalit dellamministrazione
valutarne la seriet e la fondatezza, al fine di darvi eventualmente seguito.
Solo in rari casi la giurisprudenza, in relazione a esigenze di giustizia
sostanziale e facendo leva sul dovere di correttezza e di buona
amministrazione, riconosce in capo al soggetto privato che richiede
allamministrazione di esercitare un potere dufficio nei confronti di un
terzo una pretesa giuridicamente qualificata.
A questultimo riguardo, si gi ricordato che la disciplina dei
contratti pubblici prevede che lamministrazione sia tenuta a dare un
riscontro alle istanze di autotutela volte a segnalare vizi della procedura
che si conclusa con laggiudicazione a un terzo soggetto e a indurre
lamministrazione ad aprire un procedimento di annullamento dufficio
nei confronti di questultimo.
Anche nel diritto europeo della
concorrenza, come si anticipato trattando del contraddittorio paritario, la
posizione dellimpresa che denuncia un illecito affinch la Commissione
apra dufficio un procedimento sanzionatorio nei confronti dellimpresa o
delle imprese concorrenti trova protezione sia nella fase di avvio del
procedimento, perch la Commissione deve motivare nel caso in cui
ritenga di non dar seguito allesposto, sia allinterno del procedimento
avviato, poich il denunciante ha diritto a parteciparvi. Il tema della
doverosit dellesercizio dei poteri dufficio su sollecitazione di un
soggetto privato dunque un ambito nel quale il diritto amministrativo
attraversa una fase evolutiva nella direzione di ridurre lapplicazione del
principio tradizionale della piena discrezionalit dellamministrazione.
Lamministrazione deve dare comunicazione formale dellavvio del
procedimento anzitutto (e soprattutto) al soggetto o ai soggetti destinatari
diretti del provvedimento, cio a coloro nei confronti dei quali il
provvedimento finale destinato a produrre effetti diretti (art. 7 l. n.
241/1990). La comunicazione viene inviata anche a eventuali altri
soggetti che per legge devono intervenire nel procedimento e, pi in
generale, a soggetti individuati o facilmente individuabili che possono

274

derivare un pregiudizio (da intendersi in senso generico come pregiudizio


anche di fatto) dal provvedimento, sempre che non sussistano ragioni
particolari di impedimento. Per questultimo gruppo di soggetti, la l. n.
241/1990 individua criteri piuttosto elastici.
La
comunicazione
deve
contenere
lindicazione
dellamministrazione competente, delloggetto del procedimento, del
nome del responsabile del procedimento, del termine di conclusione del
procedimenti, dellufficio in cui si pu prendere visione degli atti (art. 8).
Nei procedimenti dufficio che si concludono con provvedimenti
limitativi della sfera giuridica del destinatario la comunicazione di avvio
del procedimento strumentale alla garanzia del contraddittorio. Il
soggetto privato infatti, ricevuta la comunicazione, pu intervenire nel
procedimento per tutelare il proprio interesse. Nei procedimenti su
iniziativa di parte la comunicazione di avvio del procedimento interessa
principalmente i controinteressati, come per esempio il proprietario del
fondo confinante con quello in relazione al quale presentata domanda
per il rilascio di un permesso a costruire. Lomessa comunicazione di
avvio del procedimento rende annullabile il provvedimento finale, ma,
come si gi sottolineato, lart. 21-octies, comma 2, l. n. 241/1990 ha
ristretto notevolmente i casi in cui ci pu avvenire.
4. b) listruttoria
La fase istruttoria del procedimento include le attivit poste in essere
dallamministrazione per accertare i fatti e per acquisire gli interessi
rilevanti ai fini della determinazione finale.
I fatti da accertare si riferiscono, per riprendere le classificazioni gi
illustrate, ai presupposti e ai requisiti posti dalla norma di azione per
lemanazione del provvedimento. Rientra cio tra i compiti del
responsabile del procedimento valutare le condizioni di ammissibilit, i
requisiti di legittimazione ed i presupposti che siano rilevanti per
lemanazione del provvedimento (art. 6, comma 1, lett. a) della l. n.
241/1990).
Gli interessi da acquisire entrano in gioco esclusivamente nei
procedimenti correlati a poteri propriamente discrezionali, nei quali, come
si visto, linteresse pubblico cosiddetto primario, desumibile dalla
norma di azione, deve essere valutato e ponderato unitamente agli
interessi secondari, pubblici e privati.

275

La fase istruttoria retta dal principio inquisitorio. Infatti, secondo


lart. 7, comma 1, lett. b) l. n. 241/1990 lamministrazione procedente (e
per essa il responsabile del procedimento) accerta di ufficio i fatti,
disponendo il compimento degli atti alluopo necessari. Essa compie
dunque di propria iniziativa tutte le indagini necessarie per ricostruire in
modo esatto e completo la situazione di fatto, senza essere vincolata alle
allegazioni operate dai soggetti privati, ci tenuto conto che lesercizio
dei poteri avviene per curare interessi pubblici.
Al contrario di quanto accade nellistruttoria processuale,
caratterizzata da una tipizzazione per legge dei mezzi istruttori, nel
procedimento amministrativo lamministrazione pu compiere tutti gli
accertamenti necessari con le modalit ritenute pi idonee. Lart. 6,
comma 1, lett. b) menziona tra gli atti istruttori a disposizione del
responsabile del procedimento il rilascio di dichiarazioni, lesperimento di
accertamenti tecnici, le ispezioni e lordine di esibizioni documentali. Il
responsabile del procedimento pu anche compiere le verifiche necessarie
in relazione alla documentazione prodotta dalle parti e, in particolare, alla
veridicit dei dati autocertificati dallinteressato.
Nella scelta dei mezzi istruttori da utilizzare lamministrazione deve
attenersi a un principio di efficienza e di economicit, evitando, come si
accennato, di aggravare il procedimento al di l di quanto necessario (art.
1, comma 2, l. n. 241/1990).
Alcuni atti istruttori sono previsti talvolta dalle leggi che
disciplinano i singoli procedimenti amministrativi. questo il caso dei
pareri obbligatori (art. 16 l. n. 241/1990) e delle valutazioni tecniche (art.
17) di competenza amministrazioni diverse da quella procedente (organi
consultivi, apparati tecnici).
I pareri, espressione della funzione consultiva, possono essere
obbligatori o facoltativi. I primi sono previsti per legge in relazione a
singoli procedimenti e lomessa richiesta determina un vizio
procedimentale che rende illegittimo il provvedimento finale.
Lamministrazione cui vengono richiesti deve rilasciarli entro un termine
di venti giorni.
In caso di ritardo, lamministrazione titolare della
competenza
decisionale
pu
procedere
indipendentemente
dallespressione del parere (art. 18, comma 2, ma il comma 3 prevede una
serie di eccezioni). I pareri facoltativi, invece, sono richiesti ove
lamministrazione procedente ritenga possano essere utili ai fini della
decisione.

276

I pareri possono essere in casi non frequenti, oltre che obbligatori,


anche vincolanti: lamministrazione che li riceve non pu assumere una
decisione difforme dal contenuto del parere, neppure motivando le ragioni
in relazione alle quali essa ritiene di discostarsi (come pu avvenire
invece nel caso di pareri soltanto obbligatori). Il solo potere che residua
talora in capo allamministrazione procedente quella di rinunciare a
emanare latto finale.
Come gi osservato, la previsione nella sequenza procedimentale di
pareri obbligatori costituisce una modalit di coordinamento strutturale
tra amministrazioni che curano interessi pubblici distinti, ma con ambiti
di interferenza.
Le valutazioni tecniche richieste ad organismi dotati di particolari
competenze non giuridiche sono assoggettate a un regime che ricalca in
parte quello dei pareri (art. 17).
La tendenza pi recente dellordinamento in tema di adempimenti
istruttori di sgravare il pi possibile i soggetti privati da oneri di
documentazione e di certificazione, imponendo allamministrazione di
acquisire dufficio i documenti attestanti atti, fatti qualit e stati soggettivi
necessari per listruttoria (art. 18, comma 2, l. n. 241/1990). Ai privati
pu essere richiesta soltanto lautocertificazione, che, come si
accennato, consiste nella possibilit per i soggetti privati di dichiarare
sotto propria responsabilit il possesso di determinati stati e qualit. Si
addirittura stabilito per legge da ultimo che i certificati rilasciati da
unamministrazione non hanno valore se prodotti presso altre
amministrazioni e cio al fine di costringerle allo scambio reciproco delle
informazioni necessarie nellambito dei procedimenti.
Lattivit istruttoria pu essere effettuata anche con modalit
informali. Lart. 11 della l. n. 241/1990 prevede, per esempio, che per
favorire la conclusione di accordi integrativi o sostitutivi del
provvedimento pu essere predisposto un calendario di incontri ai quali
sono invitati, separatamente, o contestualmente, il destinatario del
provvedimento ed eventuali controinteressati (comma 1-bis). Inoltre,
qualora sia opportuno un esame contestuale dei vari interessi pubblici
coinvolti in un procedimento, lamministrazione procedente pu indire
una conferenza di servizi istruttoria (art. 14, comma 1) nella quale
ciascuna amministrazione interessata pu esprimere le proprie
valutazioni. Emerge da queste disposizioni una nuova visione di
unamministrazione dialogica, aperta a un confronto informale anche
orale con i privati e con altre amministrazioni.

277

Delle attivit istruttorie compiute e delle risultanze delle medesime


viene dato conto usualmente attraverso la redazione di verbali acquisiti al
procedimento. In quanto provenienti da unautorit amministrativa i
verbali fanno piena prova fino a querela di falso dei fatti che in essi
risultino menzionati.
La fase istruttoria aperta ad apporti dei soggetti che abbiano diritto
di intervenire e partecipare al procedimento (art. 10 della l. n. 241/1990).
Questi ultimi sono i soggetti ai quali lamministrazione tenuta a
comunicare lavvio del procedimento. Hanno facolt di intervenire anche
soggetti portatori di interessi pubblici o privati, nonch i portatori di
interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati, ai quali possa
derivare un pregiudizio dal provvedimento (art. 9). Queste disposizioni,
come si visto, aprono il procedimento ai contributi esterni
allamministrazione in funzione sia di garanzia del contraddittorio sia, pi
genericamente, di collaborazione con lamministrazione procedente che
pu cos acquisire informazioni e valutazioni utili per deliberare.
La partecipazione e lintervento si sostanziano concretamente in due
diritti. Il primo quello di prendere visione degli atti del procedimento
(cosiddetto accesso procedimentale) non esclusi dal diritto di accesso ai
sensi delle norme generali che saranno esaminate pi avanti (art. 10,
comma 1, lett. a)). Il secondo consiste nella possibilit di presentare
memorie scritte (cio documenti che illustrano il punto di vista del
soggetto interessato) e documenti (lett. b)). Nel loro insieme essi
concorrono a fondare il diritto alla partecipazione informata, poich
lesame della documentazione acquisita al fascicolo rende pi efficace il
contributo partecipativo del soggetto interessato.
Lamministrazione ha lobbligo di valutare i documenti e le
memorie presentate, ove pertinenti alloggetto del procedimento (lett. b) e
deve pertanto darne conto nella motivazione del provvedimento. Emerge
cos un collegamento tra contributi partecipativi e motivazione del
provvedimento, che, come gi visto, deve dar conto in modo adeguato
delle risultanze dellistruttoria (art. 3 della l. n. 241/1990).
Sotto il profilo organizzativo listruttoria affidata a un responsabile
del procedimento, assegnato di volta in volta dal dirigente responsabile
della struttura subito dopo lapertura del procedimento. Il suo nominativo
viene comunicato o reso disponibile su richiesta a tutti i soggetti
interessati (art. 5 l. n. 241/1990).

278

Come gi anticipato, la figura del responsabile del procedimento


costituisce una delle principali novit del nuovo modello di rapporti tra
pubblica amministrazione e cittadino sotteso alla l. n. 241/1990, perch
consente a questultimo di avere un interlocutore certo con il quale
confrontarsi e rende meno spersonalizzato il rapporto con gli uffici.
I compiti del responsabile del procedimento sono indicati nellart. 6
della l. n. 241/1990 e includono tutte le attivit propedeutiche
alladozione del provvedimento finale e ladozione di ogni misura per
ladeguato e sollecito svolgimento dellistruttoria (lett. b)).
In aggiunta a quelle gi menzionate relative allaccertamento dei
fatti, va ricordato il potere di chiedere la rettifica di dichiarazioni o
istanze erronee o incomplete (lett. b)). Traspare qui una funzione di
ausilio e supporto del responsabile del procedimento nei confronti del
soggetto privato che spesso sfornito delle conoscenze e dellesperienza
necessaria.
Nei procedimenti a istanza di parte il responsabile del procedimento
(o lautorit competente a emanare il provvedimento) tenuto ad attivare
una fase supplementare di contraddittorio nei casi in cui listruttoria
effettuata d esito negativo e porterebbe alladozione di un
provvedimento di rigetto dellistanza (art. 10-bis della l. n. 241/1990
aggiunto dalla l. n. 15/2005). Al soggetto che lha proposta, e che dunque
ha dato avvio al procedimento, deve essere data comunicazione dei motivi
ostativi allaccoglimento della domanda. Entro dieci giorni, linteressato
pu presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate da altri
documenti, nel tentativo di superare le obiezioni formulate
dallamministrazione. Leventuale provvedimento finale negativo che
rigetta listanza deve dar conto delle ragioni del mancato accoglimento
delle osservazioni eventualmente presentate.
Questo meccanismo si iscrive nella tendenza recente del legislatore
ad agevolare lavvio di attivit da parte dei privati e a superare, per
quanto possibile, gli ostacoli anche di tipo amministrativo: il diniego di
un atto autorizzativo concepito per cos dire come lextrema ratio.
Lart. 10-bis segna dunque un ulteriore passo avanti nella visione
collaborativa dei rapporti tra amministrazione e soggetti privati.
Di regola il responsabile del procedimento non adotta il
provvedimento finale, ma trasmette tutti gli atti, corredati usualmente da
una relazione istruttoria, allorgano competente a emanare il
provvedimento finale. Questultimo si deve attenere di regola alle

279

risultanze dellistruttoria. Pu discostarsene, ma deve indicare le ragioni


nel provvedimento finale (art. 6, comma 1, lett. e)). Queste regole
tendono a valorizzare la figura del responsabile del procedimento che non
pu essere sconfessato senza che la dialettica interna allamministrazione
emerga in modo formale nella motivazione dellatto. Questultima
suscettibile di un sindacato esterno, secondo le regole generali, da parte
del giudice amministrativo.
5. c) la fase decisionale.
Conclusa la fase istruttoria, lorgano competente a emanare il
provvedimento finale assume la decisione allesito di una valutazione
complessiva del materiale acquisito al procedimento, come si visto, o
per iniziativa del responsabile del procedimento o sotto forma di apporti
partecipativi. Se il potere esercitato ha natura discrezionale, la fase
decisoria include la comparazione e ponderazione degli interessi che
guida la scelta finale tra pi soluzioni alternative.
Lart. 2 della l. n. 241/1990, come si detto, pone in capo
allamministrazione lobbligo di concludere il procedimento mediante
ladozione di un provvedimento espresso produttivo degli effetti nella
sfera giuridica dei destinatari. Volendo ricorrere a unimmagine, se il
procedimento una sorta di catena di montaggio, il provvedimento il
prodotto finito. N il procedimento pu essere indebitamente sospeso,
rallentato o deviato dalla sua meta naturale, cio il provvedimento
amministrativo. Il cosiddetto arresto procedimentale legittimo solo in
casi eccezionali.
Il provvedimento finale pu essere emanato, a seconda dei casi dal
titolare di un organo individuale (come il sindaco o il prefetto) oppure da
un organo collegiale (giunta comunale o provinciale, consiglio di
amministrazione di un ente pubblico, ecc.).
In questultimo caso la determinazione viene assunta applicando le
regole sulla convocazione dellorgano (modalit di comunicazione,
termini minimi, ecc.), sulla fissazione di un ordine del giorno, sul quorum
costitutivo (necessario perch lorgano possa deliberare validamente) e
sul quorum deliberativo (necessario per stabilire se una certa proposta
approvata).
Accanto ad atti semplici (o monostrutturati) frequente nelle leggi
amministrative il ricorso ad atti complessi (o pluristrutturati). Tale per

280

esempio, specie nei rapporti tra ministeri, il decreto interministeriale nel


quale convergono la volont paritaria di una pluralit di amministrazioni.
Frequente anche il concerto nel quale il ministero competente ad
emanare il provvedimento (autorit concertata) deve prima inviare al
ministero concertante lo schema di provvedimento per ottenerne lassenso
o indicazioni di modifica. Latto finale sottoscritto da entrambe le
autorit.
Un'altra decisione pluristrutturata lintesa che interviene
soprattutto nei rapporti tra Stato e Regioni. Essa pu essere di tipo
debole, nel senso che il dissenso regionale pu essere superato dallo Stato
allesito del confronto e ci al fine di evitare effetti paralizzanti, oppure in
senso forte, nei casi in cui sia indispensabile il doppio consenso.
La determinazione finale, cos come ogni atto della sequenza
procedimentale, assunta sulla base delle regole vigenti al momento in
cui essa adottata. Al procedimento si applica infatti il principio del
tempus regit actum, in base al quale le modifiche legislative intervenute a
procedimento avviato trovano immediata applicazione, a meno che non si
sia in presenza di situazioni giuridiche ormai consolidate o di fasi
procedimentali gi del tutto esaurite. Per esempio, se in pendenza di una
domanda di autorizzazione interviene una legge che renda pi rigorosi i
presupposti per intraprenderla e il privato non ne sia in possesso,
lautorizzazione viene negata.
1. Il termine del procedimento
Il provvedimento deve essere emanato nel rispetto del termine
stabilito per lo specifico procedimento. Lart. 2 pone una disciplina dei
termini di conclusione dei procedimenti che generale e completa:
generale, perch essa si applica l dove manchino disposizioni legislative
speciali in tema di termini di conclusione del procedimento; completa,
perch lapplicazione della medesima include direttamente o
indirettamente tutte le fattispecie di procedimenti.
Essa rimette anzitutto alle pubbliche amministrazioni, nei casi in cui
il termine non sia gi stabilito per legge, lobbligo di fissare con propri
atti di regolazione e di rendere pubblici per ciascun tipo di procedimento
la durata massima. Di regola questa non deve superare i novanta giorni,
in ragione della sostenibilit sotto il profilo organizzativo, della natura
degli interessi pubblici coinvolti e della complessit del procedimento
(commi 3 e 4). Le amministrazioni conservano dunque una certa

281

discrezionalit nellindividuare la durata massima dei procedimenti di


loro competenza.
Se le amministrazioni non provvedono a porre una propria disciplina
dei termini, previsto un termine generale residuale di trenta giorni
(comma 2). La sua brevit funge da stimolo per le amministrazioni a
emanare una propria disciplina di termini di durata pi congrua.
Il termine pu essere sospeso per un periodo non superiore a trenta
giorni in relazione alla necessit di acquisire informazioni o certificazioni
(comma 7).
Accanto ai termine relativi alla conclusione del procedimento
individuati in base ai criteri posti dallart. 2 della l. n. 241/1990 (termini
finali), le leggi e i regolamenti che disciplinano i singoli precedimenti
prevedono talora termini endoprocedimentali relativi ad adempimenti
posti a carico dei soggetti privato o relativi ad atti attribuiti alla
competenza di altre amministrazioni (termini endoprocedimentali). Per
esempio i termini per lacquisizione di pareri e valutazioni tecniche sono
fissati in termini generali rispettivamente in venti e novanta giorni dalla
stessa l. n. 241/1990 (art. 16 e art. 17).
I termini finali ed endoprocedimentali hanno di regola natura
ordinatoria, nel senso che la loro scadenza non fa venir meno il potere di
provvedere, n rende illegittimo (o nullo) il provvedimento finale
emanato in ritardo. Solo nei casi in cui la legge qualifichi in modo
espresso il termine come perentorio e a pena di decadenza il
provvedimento tardivo considerato viziato. Cos, per esempio,
lAutorit garante della concorrenza e del mercato pu vietare
unoperazione di concentrazione tra imprese entro un termine di 45 giorni
dalla comunicazione, definito espressamente come perentorio (art. 16,
comma 4, della legge 10 ottobre 1990, n. 287). In materia di
espropriazione, la dichiarazione di pubblica utilit, che costituisce il
presupposto del decreto di espropriazione, indica un termine entro il quale
questultimo deve essere emanato (in mancanza di indicazione il termine
di cinque anni): il suo decorso determina linefficacia della
dichiarazione con effetti caducanti su eventuali atti del procedimento
emanati successivamente (art. 13, comma 6, del dpr 8 giugno 2001, n.
327).
Peraltro in alcune fattispecie di poteri che incidono negativamente
su diritti di soggetti privati, la natura perentoria del termine si ricava in
via interpretativa. E questo per esempio il caso, in materia di beni

282

culturali, del potere dello Stato di esercitare la prelazione allorch un


privato intenda vendere un bene culturale a un altro privato. Questo
potere deve essere esercitato nel termine di sessanta giorni dalla denuncia
dellatto di trasferimento del bene tra privati (art. 61 d.lgs. 22 gennaio
2004, n. 42).
I termini previsti per gli adempimenti a carico dei soggetti privati
nellambito del procedimento (come per esempio quello di dieci giorni
previsto dallart. 10-bis per controdedurre ai motivi ostativi) hanno invece
di regola natura pi cogente e il loro decorso fa decadere il soggetto
privato dalla facolt di porlo in essere o in caso di adempimento tardivo
consentono allamministrazione di non tenerne conto.
Il mancato rispetto del termine di conclusione del procedimento pu
provocare conseguenze di vario tipo. Pu far sorgere una responsabilit
di tipo disciplinare nei confronti del funzionario o una responsabilit di
tipo dirigenziale nei confronti del vertice della struttura (art. 2, comma 9,
della l. n. 241/1990). Pu costituire un elemento di valutazione al fine di
attribuire la retribuzione di risultato. Pu costituire motivo per lesercizio
del potere sostitutivo da parte del dirigente sovraordinato (art. 16, comma
1, lett. e) e art. 17, comma 1, lett. d) del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, un
potere che disciplinato ora anche nellart. 2 della l. n. 241/1990). Nei
casi pi gravi il ritardo pu essere fonte di responsabilit penale (art. 328
cod. pen. che disciplina il reato di rifiuto o omissione di atti dufficio).
Linosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del
procedimento pu anche far sorgere lobbligo di risarcire il danno a
favore del privato (cosiddetto danno da ritardo ex art. 2-bis della l. n.
241/1990). Questo tipo di responsabilit sorge per effetto della mancata
emanazione del provvedimento nel termine finale e prescinde del tutto
dalla legittimit o illegittimit di questultimo. Ci significa che il tempo
dellagire amministrativo costituisce un bene della vita autonomo da
quello correlato allesercizio del potere.
Per esempio, anche
unautorizzazione legittima ma rilasciata in ritardo pu provocare
allimpresa un danno correlato al mancato utilizzo delle proprie
attrezzature e maestranze per il periodo di tempo dalla data di scadenza
del termine per lemanazione dellatto e quella della sua effettiva
emanazione.
Pi in generale, decorso il termine, nei casi in cui non si applica il
regime del silenzio-assenso o del silenzio-diniego del quale si dir tra
breve, il privato interessato pu proporre unazione avverso il silenzioinadempimento dellamministrazione innanzi al giudice amministrativo

283

allo scopo di accertare lobbligo di questultima di provvedere ed


eventualmente la fondatezza della pretesa (art. 31 del Codice del processo
amministrativo).
Proprio per il suo carattere di completezza, la disciplina del termine
del procedimento amministrativo posta dallart. 2 della l. n. 241/1990 d
corpo al principio della certezza del tempo dellagire amministrativo.
Questo principio risponde sia allesigenza dellamministrazione alla cura
sollecita dellinteresse pubblico di cui portatrice, sia a quella dei
soggetti privati che devono poter programmare le proprie attivit facendo
affidamento sulla tempestivit nelladozione degli atti amministrativi
necessari per intraprenderla.
2. Gli accordi integrativi e sostitutivi.
Il provvedimento espresso emanato in modo unilaterale dallorgano
competente costituisce lesito normale e pi frequente del procedimento
amministrativo. Esiste tuttavia una modalit alternativa di conclusione
del procedimento che la l. n. 241/1990 tende a favorire e cio laccordo
integrativo o sostitutivo del provvedimento al quale si gi fatto cenno
nel primo capitolo (art. 11).
Si tratta di un istituto che privilegia per quanto possibile soluzioni
concordate atte ridurre il rischio di possibili contenziosi e che pone
lamministrazione su un piano pi paritario nei confronti del soggetto
privato. L dove occorra valutare e ponderare pi interessi di regola
preferibile la composizione negoziata a quella imposta (M.S.
GIANNINI).
Prima di essere disciplinato in termini generali dalla l. n. 241/1990
esso emerso nella prassi e successivamente nella legislazione speciale in
contesti particolari. Si pensi per esempio alle convenzioni urbanistiche
nelle quali linteresse perseguito dallamministrazione allordinato assetto
del territorio e quello dei privati che realizzano progetti di ampia portata
(le cosiddette lottizzazioni per ledificazione di parti significative del
territorio) hanno molti punti di convergenza e sussistono ampi spazi per
ricercare soluzioni concordate. In materia espropriativa la normativa
prevede, come si vedr, in alternativa allemanazione del provvedimento
unilaterale, laccordo di cessione volontaria del bene che garantisce al
proprietario un corrispettivo di importo superiore allindennit di
esproprio (art. 45 dpr 8 giugno 2001, n. 327). In ogni caso, non

284

inusuale che il provvedimento unilaterale sia il frutto di un qualche


contatto o negoziazione informale preventiva.
In base alla l. n. 241/1990, laccordo ha per oggetto il contenuto
discrezionale del provvedimento ed finalizzato a ricercare una miglior
composizione e mediazione tra linteresse pubblico perseguito
dallamministrazione procedente e linteresse del privato spesso
contrapposto al primo. I poteri vincolati, invece, non si prestano a essere
oggetto di accordi in quanto in essi manca il presupposto per una
negoziazione e cio un ventaglio pi o meno ampio di scelte. Laccordo
fa comunque salvi i diritti dei terzi che ben potrebbero contestarne i
contenuti proponendo unazione di annullamento innanzi al giudice
amministrativo secondo le regole ordinarie (art. 11, comma 1).
Laccordo pu essere promosso dal soggetto privato che pu
presentare a questo fine osservazioni e proposte in sede di partecipazione
al procedimento. Come si accennato, il responsabile del procedimento,
per favorire laccordo, pu organizzare anche incontri informali con i
soggetti privati interessati (comma 1-bis) instaurando veri e propri tavoli
di trattativa.
Sotto il profilo formale, gli accordi devono essere stipulati per atto
scritto, a pena di nullit, salvo che la legge disponga altrimenti (comma
2). Ad essi si applicano, come si gi sottolineato nel primo capitolo, i
principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto
compatibili. Data la matrice pubblicistica degli accordi, le controversie
relative alla loro conclusione ed esecuzione rientrano nella giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo (art. 133, comma 1, lett. a), n. 2) del
Codice del processo amministrativo).
Gli accordi sono di due tipi e cio integrativi o sostitutivi del
provvedimento. I primi servono solo a concordare il contenuto del
provvedimento finale che viene emanato successivamente alla stipula
dellaccordo e in attuazione di questultimo. Sul piano formale il
provvedimento mantiene la sua configurazione di atto unilaterale
produttivo di effetti. Gli accordi integrativi possono porre la questione
circa la rilevanza del mancato o parziale recepimento dei suoi contenuti
nel provvedimento finale.
Negli accordi sostitutivi gli effetti giuridici si producono in via
diretta con la conclusione dellaccordo, senza alcuna necessit di un atto
formale unilaterale di recepimento. Tuttavia, a garanzia dellimparzialit
e del buon andamento dellazione amministrativa, gli accordi devono

285

essere preceduti da una determinazione dellorgano che sarebbe


competente per ladozione del provvedimento che autorizza e stabilisce i
limiti della negoziazione. In questo modo, si recupera indirettamente, a
monte dellaccordo, un momento di unilateralit.
Un altro momento di unilateralit pu emergere anche dopo la
conclusione dellaccordo. Infatti, lamministrazione, per sopravvenuti
motivi di interesse pubblico, pu recedere dallaccordo (comma 4), e ci
anche se il recesso non sia espressamente previsto in questultimo. Il
potere di recesso ha cio fonte legale ed dunque espressione di un
potere in senso proprio e non pu essere confuso con il recesso dai
contratti disciplinato, come si visto, dallart. 21-sexies della l. n.
241/1990.
La necessit di consentire allamministrazione di curare linteresse
pubblico nel tempo rende infatti necessario uno strumento per consentire
a questultima di sciogliersi, senza limiti di tempo, dai vincoli sorgenti
dallaccordo. Il potere di recesso dunque riconducibile alla revoca per
sopravvenuti motivi di pubblico interesse ex art. 21-quinquies l. n.
241/1990. Ad esso si accompagna lobbligo di provvedere alla
liquidazione di un indennizzo in relazione a eventuali danni subiti dal
privato (comma 4).
Si discute in dottrina se gli accordi disciplinati dalla l. n. 241/1990
possano essere qualificati, sulla scia dellordinamento tedesco, come
contratti di diritto pubblico, accentuando cos la peculiarit del loro
regime rispetto a quello dei contratti di diritto comune, oppure come
contratti aventi a oggetto pubblico, nei quali cio la specialit discende
soprattutto dal fatto che si riferiscono al potere discrezionale, cio a un
bene di per s indisponibile.
Lamministrazione non tuttavia obbligata a concludere accordi
integrativi o sostitutivi con i privati e pu sempre prediligere (ed questa
ancor oggi la prassi di gran lunga prevalente) la via del provvedimento
unilaterale non negoziato. La possibilit di stipulare accordi attenua ma
non elide del tutto il carattere asimmetrico del rapporto tra pubblica
amministrazione e soggetti privati.
Pur con queste qualificazioni, la disciplina degli accordi ex art. 11
della l. n. 241/1990 ha, come si gi osservato, un valore simbolico di
proporre limmagine di unamministrazione pi aperta al confronto, al
dialogo, ai contributi propositivi dei soggetti privati. In estrema sintesi, si

286

potrebbe dire: il consenso sin dove possibile, il potere unilaterale dove


necessario.
Questa tendenza emerge in molti ambiti particolari del diritto
amministrativo. Si pensi per esempio ai procedimenti sanzionatori di
competenza dellAutorit garante della concorrenza e del mercato e di
altre autorit di regolazione, che possono concludersi, anzich con
laccertamento dellillecito e lirrogazione della sanzione, con
lapprovazione di impegni proposti dallimpresa alla quale stato
contestato lillecito volti a porre rimedio alle distorsioni concorrenziali
(art. 14-ter della legge 10 ottobre 1990, n. 287). Come esempio di
valorizzazione di un ruolo attivo dei privati, si pensi al Codice dei
contratti pubblici che consente a un soggetto privato (il cosiddetto
promotore) la presentazione di proposte di realizzazione di lavori pubblici
anche non previsti dagli atti di programmazione. Le proposte, ove
valutate positivamente dallamministrazione sotto il profilo della coerenza
con linteresse pubblico, possono essere oggetto di una procedura
competitiva a evidenza pubblica per la scelta dellimpresa che li realizza
(art. 153 del Codice dei contratti pubblici).
3. Il silenzio della pubblica amministrazione.
La conclusione del procedimento con lemanazione di un
provvedimento espresso (o con la conclusione di un accordo)
levenienza prevista come fisiologica dalla l. n. 241/1990. Tuttavia pu
accadere che lamministrazione non concluda il procedimento entro il
termine fissato per legge o stabilito dallamministrazione con le modalit
gi esaminate. Si pone cos la questione dellinerzia o del silenzio della
pubblica amministrazione.
Fino ad anni recenti il regime normale del silenzio della pubblica
amministrazione di fronte a istanze o domande presentate da soggetti
privati volti ad ottenere dallamministrazione un provvedimento
favorevole stato quello del cosiddetto silenzio-inadempimento (o con
terminologia pi risalente ed equivoca silenzio-rifiuto). In questi casi
linerzia protratta oltre il termine assume il significato giuridico di
inadempimento dellobbligo formale di provvedere posto dallart. 2 della
l. n. 241/1990, cio di concludere il procedimento vuoi con un
provvedimento di accoglimento dellistanza, vuoi con un provvedimento
di rigetto della medesima.

287

Linadempimento di tale obbligo non fa venir meno il potere-dovere


di provvedere, considerata, come si visto, la natura di regola ordinatoria
dei termini. Ci significa che lamministrazione pu emanare il
provvedimento di accoglimento o di rigetto dellistanza anche in ritardo,
ferma restando leventuale responsabilit (disciplinata, come si visto,
dallart. 2-bis della l. n. 241/1990) per il danno cagionato al privato che
aveva confidato nel rispetto del termine.
Per indurre lamministrazione a provvedere il privato ha a
disposizione, come si gi accennato, una specifica azione contro il
silenzio esperibile innanzi al giudice amministrativo (art. 31 del Codice
del processo amministrativo). Questa azione, in ultima analisi, pu
portare allemanazione del provvedimento, in via sostitutiva, ad opera del
giudice amministrativo (usualmente per mezzo di un commissario ad acta
nominato dal giudice). Tuttavia la tutela giurisdizionale contro il silenzio
si rivela in molti casi macchinosa, anche per i tempi e costi che il privato
deve sopportare.
Per tentare di ovviare a questa situazione e per venire incontro in
qualche modo al bisogno di certezza, nella legislazione amministrativa
sono stati introdotti per singole tipologie di procedimenti due regimi di
silenzio cosiddetto significativo, ora codificati dalla l. n. 241/1990: il
silenzio-assenso (o accoglimento) e il silenzio-diniego (o rigetto).
In entrambi i casi il decorso del termine di conclusione del
procedimento produce un effetto giuridico ex lege, nel primo caso di
accoglimento dellistanza, nel secondo caso di diniego della medesima.
In entrambi i casi il procedimento si conclude cio con un provvedimento
tacito.
Le fattispecie (non frequenti) di silenzio avente valore di diniego
sono tassativamente stabilite dalla legge. Per esempio la l. n. 241/1990 la
prevede a proposito del diritto di accesso ai documenti amministrativi.
Lart. 25, comma 4, stabilisce infatti che decorsi inutilmente trenta
giorni dalla richiesta, questa si intende respinta. Unaltra fattispecie
legislativa prevista in materia edilizia a proposito della domanda di
permesso a costruire in relazione alla quale, decorso il termine si forma
il silenzio-rifiuto (ove rifiuto va inteso in realt come rigetto o diniego)
(art. 20, comma 9, del dpr 6 giugno 2001. n. 380). Contro questo tipo di
atto tacito di diniego pu essere proposto ricorso in sede giurisdizionale
secondo le normali regole vigenti per il processo amministrativo.

288

Le ipotesi legislative di silenzio-assenso si sono moltiplicate nel


corso degli anni, in linea con la tendenza a rimuovere gli ostacoli alle
attivit dei privati. Una disciplina generale posta dallart. 20 della l. n.
241.
Prima delle modifiche introdotte nel 2005, larticolo in questione, in
ossequio al principio di tassativit, rimetteva a un regolamento
governativo di delegificazione lindividuazione dei casi di provvedimenti
amministrativi assoggettati a questo regime. Il testo vigente, invece,
abbandona il criterio della tassativit e fa assurgere il silenzio-assenso, in
luogo del silenzio-inadempimento, a principio generale in tema di
silenzio.
Il campo di applicazione del silenzio-assenso definito dallart. 20,
commi 1 e 3, definito in base ad alcuni criteri di tipo negativo. Il
regime non vale anzitutto nei casi di provvedimenti autorizzatori (di tipo
vincolato) sostituiti dalla segnalazione certificata dinizio di attivit di cui
allart. 19, assoggettati, come si visto, a un regime di liberalizzazione.
Non vale inoltre per i procedimenti che riguardano un elenco piuttosto
lungo di interessi pubblici (comma 4):
patrimonio culturale e
paesaggistico, ambiente, difesa nazionale, pubblica sicurezza, ecc. Non
vale in terzo luogo neppure nei casi in cui la normativa comunitaria
impone ladozione di un provvedimento formale. Il diritto comunitario,
infatti, come ha avuto occasione di chiarire anche la Corte di giustizia,
contrario a unapplicazione troppo estesa del meccanismo del silenzioassenso, soprattutto l dove entrano in gioco interessi pubblici ritenuti
prioritari (come per esempio lambiente) che potrebbero subire pregiudizi
a causa delleffetto automatico abilitante derivante dal mero decorso del
termine. Non vale in quarto luogo nei casi tassativamente previsti per
legge di silenzio-rigetto. Non vale infine per i procedimenti individuati
con decreto del presidente del Consiglio dei Ministri.
I casi di esclusione del regime del silenzio-assenso sono in definitiva
piuttosto ampi e, di fatto, molti procedimenti continuano a ricadere nel
regime del silenzio-inadempimento.
Lamministrazione pu evitare che si formi il silenzio-assenso non
soltanto provvedendo nel termine previsto, ma anche indicendo entro
trenta giorni dalla presentazione dellistanza una conferenza dei servizi
(comma 2). Pu essere questa una via agevole per lamministrazione per
guadagnare tempo.

289

Il silenzio-assenso ha, come si chiarito, valore provvedimentale.


Ci determina due conseguenze: pu essere oggetto di provvedimenti di
autotutela sotto forma di revoca e di annullamento dufficio (art. 20,
comma 3, che richiama gli artt. 21-quinquies e 21-nonies); pu essere
oggetto di impugnazione innanzi al giudice amministrativo, per esempio
da un soggetto terzo che vuol contrastare lavvio dellattivit da parte del
soggetto che ha presentato listanza allamministrazione.
Sotto il profilo procedurale, il soggetto che presenta la domanda
deve dichiarare sotto propria responsabilit la sussistenza dei presupposti
e dei requisiti di legge (art. 21, che si applica anche alla segnalazione
certificata dinizio di attivit). In caso di dichiarazioni mendaci possono
scattare una serie di sanzioni anche penali e comunque rimangono fermi i
poteri di vigilanza e di controllo anche dopo lavvio dellattivit.
In definitiva, il regime del silenzio-assenso non fa venir meno
lobbligo di provvedere in capo allamministrazione (di cui allart. 2 della
l. n. 241/1990), non altera la struttura del procedimento, ma incide solo
sulla fase decisionale, introducendo un incentivo al rispetto del termine.
A differenza di quanto accade con la segnalazione certificata dinizio di
attivit, resta fermo il modello del controllo ex ante sulle attivit private.
Il regime del silenzio-assenso presenta alcuni difetti strutturali.
In primo luogo, poich esso pu applicarsi anche a provvedimenti
discrezionali (quelli vincolati sono sostituiti di regola dalla segnalazione
certificata dinizio di attivit), la valutazione di interessi pubblici, di fatto,
nei casi di inerzia assoluta dellamministrazione, non viene operata. N
essa pu essere ovviamente demandata al soggetto privato che presenta
listanza al quale, come si visto, viene richiesto di autocertificare i
presupposti e i requisiti vincolati. Lamministrazione abdica cos al
proprio ruolo di cura dellinteresse pubblico.
In secondo luogo, dal punto di vista del soggetto privato che ha
presentato listanza il silenzio-assenso non soddisfa lesigenza di certezza
in relazione allo svolgimento di attivit assoggettate a controllo pubblico.
Infatti, il privato, formatosi il silenzio-assenso, non in grado di sapere se
dietro latteggiamento silenzioso dellamministrazione si celi uninerzia
assoluta degli uffici (magari, ipotizzando un caso limite, perch il
fascicolo si perso), oppure se una qualche istruttoria con esito
tendenzialmente positivo sia stata in realt compiuta, anche se
lamministrazione non stata in grado di provvedere nel termine. Pertanto
il rischio che lamministrazione intervenga in autotutela molto maggiore

290

nel caso del silenzio-assenso di quanto non sia il rischio che


lamministrazione annulli un provvedimento espresso positivo.
In definitiva, il silenzio-assenso una scorciatoia che non giova n
allinteresse pubblico n a quello privato e dunque non risolve il problema
dei ritardi nella conclusione dei procedimenti amministrativi. Del resto,
non a caso, anche la Corte Costituzionale ha individuato, in particolare in
materia urbanistica, limiti di ammissibilit del silenzio-assenso allo scopo
di contenerne lambito di applicazione (Corte Cost. n. 404 del 1997).
6. Procedimenti semplici, complessi, collegati. Il subprocedimento.
In base alle leggi amministrative di settore che li disciplinano, i
procedimenti possono avere una struttura semplice o complessa a seconda
delle caratteristiche proprie del loro oggetto, del numero e della natura
degli interessi pubblici e privati incisi e dunque della necessit di
coinvolgere una pluralit di amministrazioni.
Si spazia cos da procedimenti autorizzatori nei quali la sequenza
procedimentale consiste soltanto in una domanda o istanza presentata
dallinteressato, unistruttoria limitata a poche verifiche documentali e
una decisione affidata a ununica autorit, a procedimenti che richiedono
accertamenti fattuali, momenti partecipativi, acquisizione di pareri o di
valutazioni tecniche con il coinvolgimento di una molteplicit di
amministrazioni statali, regionali e locali (come per esempio la
localizzazione e lapprovazione di un progetto di unopera pubblica come
una nuova tratta ferroviaria o autostradale).
I procedimenti a struttura complessa sono spesso articolati
allinterno in subprocedimenti sequenziali luno rispetto ciascuno avente
una unit funzionale in qualche misura autonoma.
Talvolta i
subprocedimenti si concludono con atti suscettibili di incidere in via
immediata su situazioni giuridiche soggettive, in quanto produttivi di
effetti esterni che sono diversi e indipendenti rispetto alleffetto giuridico
primario riferibile al provvedimento assunto a conclusione dellintero
procedimento.
Cos, per esempio, come si vedr pi avanti, il procedimento per la
conclusione di un contratto pubblico prevede nelle procedure cosiddette
ristrette, cio su invito della stazione appaltante, una fase o
subprocedimento di prequalifica. Esso volto a individuare, in

291

applicazione di requisiti minimi di capacit tecnica e finanziaria definiti


dal bando di gara, le imprese poi ammesse alla fase successiva di
presentazione e valutazione comparata delle offerte che si conclude con
laggiudicazione. Inoltre, dopo la conclusione della fase di valutazione
delle offerta vi una fase di verifica delle eventuali offerte anomale (per
esempio perch troppo basse) che d origine a un subprocedimento in
contraddittorio che pu concludersi anche in questo caso con lesclusione
dallimpresa. La non ammissione alla presentazione di unofferta al
termine della fase di prequalifica e lesclusione dellimpresa che ha
presentato unofferta anomala a conclusione del subprocedimento di
verifica vanno considerati ad un tempo, a secondo dal punto di vista da
cui ci si pone, atti endoprocedimentali o provvedimenti autonomi:
endoprocedimentali, perch fanno parte della sequenza procedimentale
unitaria che dal bando di gara si sviluppa fino al provvedimento finale di
aggiudicazione e che ha per oggetto come esito finale complessivo la
conclusione di un contratto; provvedimenti autonomi, in quanto
producono effetti giuridici negativi immediati nella sfera giuridica del
loro destinatario e sono dunque suscettibili di impugnazione autonoma.
Nei procedimenti sanzionatori di competenza dellAutorit garante
della concorrenza e del mercato (art. 14-ter della legge 10 ottobre 1990, n.
287) limpresa inquisita ha, come si gi accennato, la possibilit di
proporre allAutorit che ha avviato il procedimento impegni formali atti
a rimuovere lillecito concorrenziale. Se lAutorit approva gli impegni,
attraverso un subprocedimento in contraddittorio aperto anche ad altre
imprese concorrenti e pi in generale a tutti i terzi interessati, il
procedimento si conclude senza ulteriori accertamenti istruttori e senza
lassunzione di un provvedimento sanzionatorio. Se lAutorit conclude il
subprocedimento rigettando gli impegni il procedimento prosegue fino
allemanazione di un provvedimento conclusivo che accerta o meno
lesistenza dellillecito e irroga, se del caso, la sanzione.
Il
provvedimento di rigetto degli impegni ha una rilevanza meramente
interna e non suscettibile di impugnazione autonoma da parte
dellimpresa che li ha presentati, la quale potr se mai censurare innanzi
al giudice amministrativo tale provvedimento unitamente al
provvedimento sanzionatorio eventualmente irrogato. Il provvedimento
di accoglimento degli impegni invece impugnabile da parte di imprese
concorrenti che ritengano, per esempio, che le misure non siano in realt
in grado di rimuovere la situazione anticoncorrenziale che le danneggia.

292

In realt, la distinzione tra procedimento e subprocedimento ha


carattere relativo e non va enfatizzata. Un punto fermo che lunitariet
del procedimento si ha solo l dove nessuno degli atti endoprocedimentali
suscettibile di produrre effetti giuridici autonomi esterni. Per il resto
lautonomia del subprocedimento che si conclude con lemanazione di un
atto idoneo a produrre effetti esterni (diversi da quello principale prodotto
dal provvedimento conclusivo) pu essere cos marcata da poter essere
preferibile ricorrere alla nozione di procedimenti autonomi ancorch
collegati.
In termini generali, si parla di procedimenti collegati (o connessi) in
tutti i casi in cui una pluralit di procedimenti, da avviare in parallelo o in
sequenza, sono funzionali a un risultato unitario.
Come esempio di processi collegati avviati in parallelo pu essere
presa la realizzazione e la messa in opera di un impianto industriale (come
un impianto chimico o una centrale elettrica) che presuppone
lottenimento di una molteplicit di atti autorizzativi previsti per garantire
la conformit alle norme urbanistiche, di sicurezza, sanitarie, ambientali,
paesaggistiche, ecc. Il collegamento tra questo tipo di procedimenti di
tipo funzionale, nel senso che la conclusione positiva di ciascuno di essi
necessaria per lavvio di una determinata attivit o lottenimento di un
certo risultato.
Un esempio di procedimenti collegati in sequenza lespropriazione
per pubblica utilit che si articola in una pluralit procedimenti connessi
sotto il profilo teleologico: la conclusione di quello antecedente con un
provvedimento autonomo condizione per lavvio di quello successivo in
vista del risultato finale consistente nel trasferimento coattivo del diritto
di propriet da un soggetto privato allamministrazione o a un altro
soggetto privato. Il Testo unico in materia di espropriazioni (d.P.R. 8
giugno 2001, n. 327) individua, come si vedr, le seguenti fasi:
lapposizione del vincolo finalizzato allesproprio che consegue
allapprovazione del piano urbanistico generale o a una variante; la
dichiarazione di pubblica utilit; la determinazione dellindennit di
esproprio; lemanazione del decreto di esproprio.
In aggiunta alle distinzioni sin qui fatte che si riferiscono ai profili
strutturali, cos come per i provvedimenti amministrativi, anche per i
procedimenti sono state proposte in dottrina varie classificazioni, aventi
per lo pi valore descrittivo.

293

Cos, per esempio, si possono distinguere i procedimenti di primo


grado e i procedimenti di secondo grado. I primi sono finalizzati
allemanazione di provvedimenti amministrativi con effetti esterni e alla
cura di un interesse pubblico (come una licenza, unautorizzazione, una
diffida).
I secondi hanno invece per oggetto provvedimenti
amministrativi gi emanati e hanno per scopo la verifica della loro
legittimit e compatibilit con linteresse pubblico.
Rientrano tra questi ultimi i procedimenti di autotutela, come
lannullamento dufficio o la revoca, e i ricorsi amministrativi (per
esempio, il ricorso gerarchico).
Possono essere inclusi tra i procedimenti di secondo grado anche i
controlli sugli atti amministrativi (di legittimit e di merito) affidati a
organi esterni allamministrazione (in particolare la Corte dei conti). In
taluni casi i controlli hanno carattere preventivo, nel senso che il loro
esito positivo condizione di efficacia del provvedimento oggetto del
controllo. In passato, questi controlli erano molto diffusi, sia per le
amministrazioni statali sia, soprattutto, per gli enti locali e sono stati via
via soppressi o limitati a pochi atti fondamentali man mano che il
principio di autonomia si fatto strada nel nostro ordinamento
amministrativo. Con riferimento a questo tipo di controlli preventivi, in
dottrina era frequente enucleare nella sequenza del procedimento una fase
eventuale, successiva a quella decisoria, definita come fase di
integrazione dellefficacia del provvedimento adottato.
Unaltra distinzione tra procedimenti finali e procedimenti
strumentali. Mentre i primi sono funzionali alla cura immediata di
interessi pubblici nei rapporti esterni con i soggetti privati, i secondi
hanno una funzione prevalentemente organizzatoria e riguardano
principalmente la gestione del personale e delle risorse finanziarie.
Unulteriore distinzione tra procedimento in senso proprio e
procedura interna allamministrazione. Il primo si riferisce essenzialmente
agli atti della sequenza procedimentale che trovano disciplina nella legge
o in una fonte normativa in senso proprio (regolamenti). La procedura
interna riguarda invece i passaggi procedurali interni allamministrazione
che sono disciplinati da regole di tipo organizzativo o per prassi
informali. Cos, per esempio, le istanze e domande presentate dai privati
vanno registrate in un protocollo interno che d certezza sulla data di
ricezione. La pratica viene poi inoltrata allufficio competente che cura
gli adempimenti istruttori. I vari uffici interessati, in base alle specifiche
mansioni e al livello gerarchico, danno il proprio apporto sotto forma di

294

visto, benestare, o annotazione interna. Laddove il provvedimento da


adottare comporta oneri finanziari previsto in genere un visto da parte
dellufficio di ragioneria o di bilancio.
7. La conferenza di servizi e altre forme di coordinamento.
I procedimenti complessi e i procedimenti collegati esaminati nel
paragrafo che precede pongono il problema del coordinamento degli
adempimenti e delle tempistiche relative alladozione dei vari atti
riferibili a una pluralit di uffici o di amministrazioni ciascuna titolare di
una propria competenza.
La legge n. 241/1990 individua come strumento principale di
coordinamento la conferenza di servizi disciplinata nel Capo IV rubricato
Semplificazione amministrativa con una serie di disposizioni pi volte
modificate e rese pi analitiche negli anni (articoli da 14 a 14-quinquies)
nel tentativo di promuovere la funzionalit dellistituto.
Alcune
fattispecie di conferenza di servizi, fenomeno emerso nella legislazione
amministrativa gi prima della l. n. 241/1990, sono disciplinate anche da
leggi speciali (specie in materia di opere pubbliche).
Da un punto di vista descrittivo, la conferenza di servizi consiste in
una o pi riunioni dei rappresentati degli uffici o delle amministrazioni di
volta in volta interessate che sono chiamate a confrontarsi e a esprimere il
proprio punto di vista e, nel caso di conferenza decisoria, anche a
deliberare.
Con la conferenza di servizi viene meno la sequenza lineare degli
atti endoprocedimentali attribuiti alla competenza di ciascuna
amministrazione. Per ricorrere a unimmagine, la catena procedimentale
composta da una pluralit di anelli intrecciati viene fusa in un unico
anello che sostituisce i singoli anelli. In sede di conferenza di servizi i
rappresentanti delle amministrazioni sono chiamati a un confronto e a
operare una valutazione dellinteresse pubblico affidato alla cura di
ciascuna di esse, non pi in modo isolato, ma in connessione con gli altri
interessi pubblici curati dalle altre amministrazioni. Si tratta di una
modalit operativa volta, oltre che a promuovere il coordinamento tra le
amministrazioni, anche a semplificare lo svolgimento del procedimento e
a ridurre i tempi dellemanazione dei provvedimenti.

295

La l. n. 241/1990 distingue tre tipi di conferenza di servizi:


istruttoria, decisoria, preliminare.
La conferenza di servizi istruttoria sempre facoltativa e ha la
funzione di promuovere un esame contestuale dei vari interessi pubblici
coinvolti in un procedimento singolo (art. 14, comma 1) o in pi
procedimenti amministrativi connessi riguardanti medesimi attivit o
risultati (conferenza di servizi interprocedimentale) (art. 14, comma 3).
Nel caso di procedimento singolo, la conferenza di servizi
istruttoria, che si conclude con la verbalizzazione delle varie posizioni
espresse, serve a raccogliere in un unico contesto e con il confronto di
tutti gli uffici interessati gli elementi istruttori utili che saranno posti poi
alla base della decisione finale adottata dallorgano competente a emanare
il provvedimento finale.
Nel caso di conferenza di servizi interprocedimentale la
convocazione operata di regola dallamministrazione che cura
linteresse pubblico prevalente. Anche questa conferenza funge da sede
per un confronto tra le amministrazioni preliminare allassunzione da
parte di questultime delle proprie determinazioni. E da ritenere peraltro
che le posizioni espresse in sede di conferenza non possano essere poi
disattese, almeno di regola, in base a un principio di coerenza, in sede di
emanazione dei singoli atti.
La conferenza di servizi decisoria un modulo precedimentale volto
a sostituire i singoli atti volitivi e valutativi delle amministrazioni
competenti a emanare intese, concerti, nulla osta o assensi comunque
denominati, che devono essere acquisiti per legge da parte
dellamministrazione procedente (art. 14, comma 2). Essa convocata
obbligatoriamente se questultima non riceve i singoli atti entro trenta
giorni dalla richiesta oppure quando una delle amministrazioni esprime il
proprio dissenso. La conferenza convocata dallamministrazione
competente ad adottare il provvedimento finale, anche su richiesta del
soggetto privato interessato nei casi in cui la conferenza abbia per oggetto
atti di tipo autorizzativo che condizionano lavvio di unattivit (comma
4).
La conferenza di servizi si conclude con un verbale nel quale sono
riportate le posizioni espresse da ciascuna amministrazione partecipante.
Sulla base del verbale, che, come ha chiarito la giurisprudenza pi
recente, ancora un atto a rilevanza interna non impugnabile,
lamministrazione procedente assume una determinazione motivata di

296

conclusione del procedimento che sostituisce a tutti gli effetti ogni


autorizzazione, concessione, nullaosta o atto di assenso comunque
denominato di competenza delle amministrazioni partecipanti (art. 14ter, comma 6-bis).
Sotto il profilo giuridico la conferenza di servizi non d origine a un
organo collegiale in senso proprio a composizione fissa deputato a
emanare una determinazione unitaria, ma ogni atto di assenso mantiene la
propria autonomia quanto a imputazione allamministrazione di
riferimento. Essa non inquadrabile neppure nella figura dellaccordo tra
pubbliche amministrazioni ex art. 15 della l. n. 241/1990 di cui si dir tra
breve.
I lavori della conferenza di servizi decisoria sono disciplinati da una
serie minuta di regole (non tutte ben coordinate), modificate
ripetutamente nel tempo sulle modalit di convocazione e di svolgimento,
sulla tempistica e sullassunzione della decisione (artt. 14-ter e 14quater).
Gli aspetti pi rilevanti della disciplina sono due.
Il primo riguarda la partecipazione obbligatoria di tutte le
amministrazioni invitate i cui rappresentanti devono essere muniti dei
poteri necessari per assumere determinazioni vincolanti. Lassenza alla
conferenza dei servizi regolarmente convocata determina un effetto di
silenzio-assenso (art. 14-ter, comma 6-bis) in relazione allatto attribuito
alla competenza dellamministrazione non partecipante. Pu far sorgere
per responsabilit di vario tipo e altre conseguenze negative a carico dei
responsabili.
Il secondo attiene al dissenso manifestato da una o pi
amministrazioni partecipanti alla conferenza di servizi. A partire dalle
modifiche introdotte dalla legge n. 15/2005 venuto meno il principio
dellunanimit dei consensi previsto nella formulazione originaria della l.
n. 241/1990, dati i suoi effetti paralizzanti. Infatti, in questo come in altri
contesti, questo principio attribuisce a qualsiasi decisore un potere di veto
insuperabile.
Si optato cos per la regola attuale in base alla quale la
determinazione finale motivata allesito della conferenza di servizi
adottata dallamministrazione procedente deve tener conto delle
posizioni prevalenti espresse in quella sede (art. 14-ter, comma 6-bis).
Questultima espressione va intesa in senso qualitativo e non invece in

297

quello quantitativo di voto a maggioranza dei partecipanti e consente


dunque di superare il dissenso espresso da singole amministrazioni.
Solo quando il dissenso espresso dai rappresentanti di
amministrazioni che curano interessi pubblici ritenuti di rango prioritario
(ambientale, paesaggistico, storico-artistico, salute, incolumit) non vale
questa regola. Infatti, per superare il dissenso la decisione finale viene
rimessa, in ultima analisi, alla sede decisionale di livello pi elevato nel
nostro ordinamento, vale a dire al Consiglio dei ministri, che in taluni
casi, per deve cercare di acquisire lintesa con le Regioni e gli enti locali
interessati (art. 14-quater, comma 2).
La conferenza dei servizi soprattutto uno strumento di
coordinamento tra pubbliche amministrazioni, ma in alcuni casi anche i
soggetti privati possono partecipare, senza peraltro diritto di voto (art. 14ter, comma 2-ter e art. 14-quinquies). Si tratta di unaltra tendenza che si
iscrive nella visione collaborativa dei rapporti tra privati e pubblica
amministrazione.
La disciplina della conferenza dei servizi decisoria incrina il
principio dellesclusivit delle competenze attribuite alle singole
amministrazioni, nessuna delle quali dunque in grado di opporre veti
assoluti. Si pone cos la questione se le amministrazioni dissenzienti
siano legittimate a tutelare le proprie prerogative impugnando innanzi al
giudice amministrativo il provvedimento che non tiene conto del loro
dissenso. In ogni caso gran parte delle difficolt che ha incontrato in
questi anni la conferenza di servizi decisoria dipendono dalla riluttanza di
tante amministrazioni a condividere con altre amministrazioni le proprie
competenze.
Il terzo tipo di conferenza di servizi quella preliminare (art. 14-bis)
che pu essere convocata su richiesta motivata di soggetti privati
interessati a realizzare progetti di particolare complessit o di
insediamenti produttivi. Il privato sottopone uno studio di fattibilit alle
amministrazioni competenti a rilasciare gli atti autorizzativi, i pareri e le
intese ancor prima di presentare formalmente le istanze necessarie.
Il testo unico sullordinamento degli enti locali disciplina uno
strumento generale di coordinamento analogo alla conferenza di servizi
decisoria costituito dallaccordo di programma (art. 34 d.lgs. 18 agosto
2000, n. 267) promosso, a seconda dei casi, dal presidente della Regione,
della provincia o del sindaco. Laccordo in questione, finalizzato alla
definizione e attuazione di opere, di interventi o di programmi di

298

intervento che coinvolgono una pluralit di amministrazioni, per retto


ancora dal principio del consenso unanime dei partecipanti (comma 4).
In termini ancor pi generali la l. n. 241/1990 prevede come
strumenti per disciplinare lo svolgimento in collaborazione attivit di
interesse comune gli accordi tra pubbliche amministrazioni (art. 15). A
questi accordi si applicano alcune delle regole previste per gli accordi tra
privati e pubblica amministrazione di cui allart. 11 della l. n. 241/1990
(forma scritta, rinvio al codice civile, ecc.). Loggetto di questo tipo di
accordi definito in modo volutamente generico (attivit di interesse
comune) e consente dunque di essere riferito, su base volontaria, a
unamplissima gamma di situazioni nelle quali le amministrazioni si
trovino a interagire.
Molti tipi di accordi (o protocolli dintesa) pi specifici sono previsti
nella legislazione amministrativa come strumento di coordinamento
bilaterale o plurilaterale paritario. Cos, per esempio, le autorit di
regolazione nel settore finanziario (Banca dItalia, Consob, Isvap, ecc.)
individuano forme di coordinamento sia attraverso protocolli dintesa sia
attraverso listituzione di comitati di coordinamento stabili, sia attraverso
una riunione annuale di tutte le autorit (art. 20 della legge 28 dicembre
2005, n. 262).
Nella legislazione recente sta emergendo un altro strumento per
attuare un coordinamento tra una pluralit di amministrazioni competenti
a emanare atti di assenso necessari per lo svolgimento di particolari
attivit. Si tratta del modello della cosiddetta autorizzazione unica, nella
quale confluiscono i singoli atti di assenso.
Un esempio di autorizzazione unica quello relativo alla
costruzione e allesercizio di impianti di produzione di energia elettrica
alimentati da fonti rinnovabili (art. 12 del d.lgs. 29 dicembre 2003, n.
387). Lautorizzazione unica attribuita alla competenza della Regione
(o della provincia su delega) la quale convoca una conferenza di servizi
entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione.
Lautorizzazione deve essere rilasciata nel rispetto delle normative vigenti
in materia di tutela dellambiente, del paesaggio, del patrimonio storicoartistico e pu costituire anche variante allo strumento urbanistico. Essa
rilasciata a seguito di un procedimento unico al quale partecipano tutte
le amministrazioni interessate (comma 4).
Pi in generale, nel corso dei vari tentativi di semplificazione e di
snellimento delle procedure attuati negli ultimi anni attribuendo al

299

Governo deleghe legislative assai ampie, si individuato come criterio


per ladozione dei regolamenti la riduzione del numero di procedimenti
amministrativi e accorpamento dei procedimenti che si riferiscono alla
medesima attivit (art. 20, comma 4, lett. d) della legge 15 marzo 1997,
n. 59).
Uno strumento organizzativo introdotto per rendere pi agevole il
coordinamento e semplificare i rapporti tra amministrazioni e soggetti
privati il cosiddetto sportello unico, cio in un ufficio istituito con la
funzione specifica di far da tramite tra questi ultimi e i vari uffici e
amministrazioni competenti a emanare gli atti di assenso, i pareri e le
valutazioni di volta in volta necessarie.
Cos, per esempio, lo sportello unico per ledilizia si rapporta con
tutti gli uffici comunali e con le altre amministrazioni competenti in
relazione allintervento edilizio in relazione al quale il privato ha proposto
la richiesta di permesso a costruire o presentato una segnalazione
certificata dinizio di attivit (art. 5 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380).
Lufficio in questione istituito a livello comunale provvede alla ricezione
della domanda del privato, a fornire tutte le informazioni necessarie in
ordine agli adempimenti richiesti, a esaminare le eventuali istanze di
accesso ai documenti amministrativi, a curare i rapporti con altre
amministrazioni, al rilascio del certificato di agibilit, previa acquisizione
del parere dellazienda sanitaria locale e dei vigili del fuoco, a convocare
la conferenza di servizi. Un altro esempio lo sportello unico per le
attivit produttive che ha la funzione di agevolare limpresa
nellottenimento di tutte le autorizzazioni necessarie (art. 25del d.lgs 31
marzo 1998, n. 112 e d.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447).
A livello comunitario, lo sportello unico previsto dalla direttiva
2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno come punto di
contatto mediante il quale i prestatori di servizi possono presentare tutte le
domande di autorizzazione e svolgere le altre formalit necessarie
(inserimento in registri, ruoli banche dati, ecc.) per poter intraprendere
unattivit (art. 6).
Per poter operare in modo efficace, il modello dello sportello unico
presuppone una riorganizzazione complessiva degli uffici e delle
amministrazioni che ponga al centro le esigenze del privato che si rivolge
per avviare uno o pi procedimenti collegati.
8. Tipi di procedimenti: a) lespropriazione per pubblica utilit.

300

Nel Cap. IV dedicato al provvedimento amministrativo stata posta


una distinzione tra due macrocategorie di provvedimenti amministrativi e
cio quelli produttivi di effetti limitativi della sfera giuridica del
destinatario e quelli produttivi di effetti ampliativi della sfera giuridica del
destinatario. Sono stati fatti alcuni esempi di provvedimenti rientranti
nelle due macrocategorie ponendo in evidenza il regime sostanziale.
Si anche osservato che nei procedimenti che si concludono con
provvedimenti del primo tipo il privato titolare di un interesse legittimo
oppositivo e la dinamica del rapporto giuridico amministrativo di
contrapposizione e assume rilievo preminente la garanzia del
contraddittorio; nei procedimenti che si concludono con provvedimenti
del secondo tipo il privato titolare di un interesse legittimo pretensivo e
la dinamica del rapporto giuridico amministrativo ha un carattere
collaborativo.
Il diverso tipo di dinamica si riflette sulla struttura del procedimento
perch il soggetto privato, in relazione ai provvedimenti del primo tipo,
tende a utilizzare la partecipazione al procedimento allo scopo di
contrastare lazione intrapresa dallamministrazione; in relazione ai
provvedimenti del secondo tipo, in sede di presentazione della domanda o
successivamente in sede di integrazione documentale, introduce nel
procedimento tutti gli elementi volti a indurre lamministrazione a
concludere il procedimento con lemanazione di un provvedimento
favorevole.
Pu essere a questo punto opportuno analizzare, allinterno della
casistica amplissima posta dalle leggi amministrative di settore, alcuni
esempi di procedimenti funzionali allemanazione di provvedimenti
rientranti nelle due macrocategorie, iniziando dalla prima.
Il procedimento espropriativo uno dei primi procedimenti che
storicamente stato assoggettato a una disciplina legislativa articolata.
Ci attesa la sua incidenza su uno dei diritti considerati pi rilevanti,
come quello di propriet e la conseguente necessit di circondare
lesercizio del potere di una serie di garanzie a favore del soggetto
privato. Inizialmente la disciplina generale venne posta nella legge 25
giugno 1865, n. 2359 Espropriazioni forzate per causa di utilit
pubblica emanata allindomani dellunificazione nazionale. Essa
richiamata costituzionale nellart. 42, terzo comma, della Costituzione che
pone lobbligo dellindennizzo. In epoca pi recente intervenne la legge

301

22 ottobre 1971, n. 865 che configurava, a seconda della competenza


statale o regionale e della tipologia dellopera, quattro diverse procedure
espropriative.
Oggi la materia stata riordinata nel Testo unico in materia di
espropriazioni (d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327) che ha operato una
unificazione dei procedimenti, prevedendo, come si fatto cenno, quattro
fasi necessarie: lapposizione del vincolo finalizzato allesproprio che
consegue allapprovazione del piano urbanistico generale o a una
variante; la dichiarazione di pubblica utilit; la determinazione
dellindennit di esproprio; lemanazione del decreto di esproprio. Il
Testo unico disciplina anche gli istituti della cessione volontaria del bene,
delloccupazione preordinata allesproprio e la retrocessione.
Il Testo unico enuncia anzitutto il principio di legalit precisando
che lespropriazione pu essere disposta nei soli casi previsti dalle leggi
o dai regolamenti (art. 2, primo comma).
Il potere espropriativo attribuito a tutte le amministrazioni (Stato,
regioni, comuni) competenti a realizzare unopera pubblica (art. 6). Il
potere in questione dunque un potere per cos dire diffuso (mentre in
passato esso era attribuito in termini generali al Prefetto e al Presidente
della Giunta Regionale) e accessorio (cio funzionale alla realizzazione
dellopera pubblica). In alcuni casi liniziativa pu partire anche da un
soggetto privato a favore del quale viene emesso il decreto di esproprio e
che, proprio per questo, tenuto al pagamento dellindennit.
Lapposizione del vincolo preordinato allesproprio instaura un
collegamento tra lattivit di pianificazione del territorio e il
procedimento espropriativo. Il vincolo pu sorgere allesito delle
procedure di pianificazione urbanistica ordinarie o speciali (per esempio
una variante al piano urbanistico) o in seguito allatto di approvazione di
un progetto preliminare o definitivo di unopera pubblica.
Lapposizione del vincolo circondata da alcune garanzie. E
infatti prevista la partecipazione dei proprietari ai quali deve essere
inviato con un congruo anticipo un avviso di avvio del procedimento
affinch essi possano formulare nei trenta giorni successivi le proprie
osservazioni (art. 11). Lavviso deve essere comunicato personalmente
agli interessati o, allorch il numero dei destinatari sia superiore a 50, la
comunicazione deve essere fatta mediante pubblico avviso da affiggere
allalbo pretorio dei Comuni e pubblicato su uno o pi quotidiani a

302

diffusione nazionale e locale e su siti informatici della Regione allo scopo


di garantire il massimo di pubblicit.
Il vincolo preordinato allesproprio ha la durata di cinque anni ed
entro questo termine deve intervenire la dichiarazione di pubblica utilit
(art. 9, comma 2). Esso costituisce gi un atto impugnabile innanzi al
giudice amministrativo in quanto gi produttivo di effetti giuridici nei
confronti dei proprietari.
La dichiarazione di pubblica utilit costituiva in passato una fase
fondamentale nel procedimento di esproprio essendo volta ad accertare la
conformit di una certa opera da realizzare allinteresse pubblico, cos da
legittimare il trasferimento coattivo del diritto di propriet dei terreni sui
quali prevista la costruzione dellopera. Molte leggi speciali hanno
tuttavia dequotato questa fase ritenendola per cos assorbita e inclusa in
altri atti. In molti casi infatti la dichiarazione di pubblica utilit
implicita, nel senso che costituisce uno degli effetti prodotti da alcuni atti
come lapprovazione del progetto definitivo di unopera pubblica oppure
lapprovazione di un piano particolareggiato o di lottizzazione (art. 12).
Si ritiene infatti che con questi atti risulti in re ipsa accertato linteresse
pubblico alla realizzazione dellopera. La dichiarazione di pubblica utilit
ha a sua volta unefficacia temporalmente limitata (cinque anni,
suscettibili di proroga, oppure il diverso termine apposto nella
dichiarazione) (art. 13) e prima della scadenza del termine deve
intervenire il decreto di esproprio. La scadenza del termine comporta
linefficacia della dichiarazione di pubblica utilit.
Il decreto di esproprio, che conclude il procedimento espropriativo,
determina il trasferimento del diritto di propriet dal soggetto espropriato
al soggetto nel cui interesse il procedimento stato avviato. A questo
effetto si aggiunge anche lestinzione automatica di tutti i diritti reali o
personali gravanti sul bene espropriato, salvo quelli compatibili con i fini
cui lespropriazione preordinata (art. 24). In base al Testo unico, che sul
punto innova rispetto al regime precedente, lefficacia del provvedimento
subordinata a due condizioni sospensive. Infatti, leffetto traslativo si
produce in seguito alla notifica e alla esecuzione del decreto che deve
avvenire nel termine perentorio di due anni mediate limmissione in
possesso del beneficiario dellesproprio (art. 23 lett. f) e art. 24).
Il decreto di esproprio deve indicare limporto dellindennit
determinato in via provvisoria. Questultimo quantificato allesito di
una fase in contraddittorio con gli interessati. Infatti, non appena sia
divenuta efficace la dichiarazione di pubblica utilit, il promotore della

303

procedura espropriativa formula ai proprietari unofferta (art. 20). Questi


ultimi, assistiti eventualmente anche da propri tecnici di fiducia, possono
indicare quale sia il valore da attribuire al bene ai fini della
determinazione dellindennit. Lautorit procedente, valutate le
osservazioni degli interessati, determina in via provvisoria la misura
dellindennit. I privati nei trenta giorni successivi possono comunicare
allautorit espropriante una dichiarazione irrevocabile di assenso rispetto
alla proposta. In questa ipotesi il beneficiario dellespropriazione e il
proprietario possono stipulare la cessione volontaria del bene, con il
pagamento immediato dellindennit concordata. Se il privato non accetta
la proposta o comunque decorsi inutilmente trenta giorni dalla notifica
dellatto che determina lindennit provvisoria, lautorit espropriante
emana il decreto di esproprio e deposita lindennit provvisoria rifiutata
presso la Cassa deposti e prestiti.
Da questo momento in poi il procedimento per la determinazione in
via definitiva dellindennit ha uno svolgimento autonomo, con
unulteriore fase di contraddittorio con il privato, anche con lausilio di un
tecnico di fiducia. Il procedimento prevede, in ultima battuta, lintervento
di una Commissione provinciale istituita presso lufficio tecnico erariale
che procede alla determinazione definitiva dellindennit (art. 21). A
questo punto il proprietario che intenda contestare questultima pu
avviare un procedimento innanzi alla Corte dAppello per ottenere una
determinazione in via giudiziale dellindennit, procedimento che deve
essere instaurato entro trenta giorni dalla notifica del decreto di esproprio
o della stima peritale (art. 54).
Il procedimento di esproprio espressione di un potere tipicamente
unilaterale. Tuttavia da sempre lordinamento tende a favorire soluzioni
consensuali attraverso listituto della cessione volontaria del bene.
Questultima configurata come un diritto soggettivo dellespropriando
nei confronti del beneficiario dellespropriazione che pu essere
esercitato fino alla data in cui eseguito il decreto di esproprio (art. 45). I
vantaggi per lespropriando sono essenzialmente di tipo pecuniario, visto
che il prezzo di cessione commisurato allindennit di esproprio con
alcune maggiorazioni. Laccordo di cessione produce gli effetti del
decreto di esproprio.
In definitiva, il procedimento di espropriazione si caratterizza per la
presenza in tutte le fasi in cui esso articolato di garanzie del
contraddittorio con gli interessati.

304

La vicenda espropriativa pu dar luogo al fenomeno, cui si fatto


cenno in precedenza, dei procedimenti collegati in parallelo. Infatti, una
volta avviato il procedimento di espropriazione e, pi precisamente,
subito dopo che sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilit e prima
della emanazione del decreto di esproprio, lamministrazione pu
acquisire immediatamente la disponibilit materiale del bene, allo scopo
di procedere subito ai lavori per la realizzazione dellopera pubblica.
Lamministrazione pu cio avviare un procedimento autonomo e,
appunto, parallelo, di occupazione durgenza (art. 22-bis).
Ci pu avvenire in tre ipotesi: allorch lamministrazione ritenga
che lavvio dei lavori rivesta caratteri di urgenza tale da non consentire il
perfezionamento del procedimento ordinario; in relazione ai progetti
delle grandi opere pubbliche previste dalla cosiddetta legge obiettivo
(legge 21 dicembre 2001, n. 443) per le quali lurgenza gi accertata per
legge; allorch la procedura espropriativa riguardi pi di 50 proprietari.
Anche il procedimento di occupazione durgenza si svolge in
contraddittorio con i proprietari interessati nella fase di immissione nel
possesso dei beni.
Un ultimo accenno va fatto alla retrocessione dei beni espropriati
prevista sin dallorigine dalla legge del 1865 e confermata dal Testo unico
in vigore come unulteriore garanzia del diritto di propriet nei confronti
di un uso inappropriato del potere espropriativo. Il fondamento
dellistituto che il diritto di propriet pu essere sacrificato solo nella
misura strettamente necessaria per conseguire le finalit di pubblico
interesse.
La retrocessione consiste infatti nel diritto del soggetto espropriato
di riacquistare la propriet del bene nei casi in cui lopera pubblica non
viene realizzata o non tutto il bene espropriato viene utilizzato. La
retrocessione totale pu avvenire nei casi in cui lopera pubblica non sia
stata realizzata o cominciata nel termine di dieci anni dallesecuzione del
decreto di espropriazione o anche prima allorch risulti limpossibilit
della sua esecuzione (art. 46). Lespropriato pu richiedere la restituzione
integrale del bene e il pagamento di una somma a titolo di indennit. La
retrocessione parziale pu essere richiesta per le parti del bene espropriato
che non siano state utilizzate una volta realizzata lopera pubblica (art.
47). Il Comune ha tuttavia un diritto di prelazione sullarea inutilizzata
che, ove esercitata, viene acquisita al patrimonio indisponibile dellente
territoriale (art. 48, terzo comma).

305

Il corrispettivo a carico del soggetto che richiede la retrocessione


determinato tra le parti e in caso di mancato accordo pu essere instaurata
la stessa procedura prevista per la determinazione dellindennit di
esproprio innanzi alla Commissione provinciale.
9. Segue: b) le sanzioni pecuniarie e disciplinari.
Nel Cap. III tra i provvedimenti restrittivi della sfera giuridica dei
destinatari sono gi stati individuati (e classificati) i provvedimenti
sanzionatori. Il procedimento per lirrogazione delle sanzioni, al pari di
quello espropriativo, caratterizzato dallattenzione particolare alle
garanzie del contraddittorio.
Il procedimento per lirrogazione delle sanzioni di tipo pecuniario
disciplinato in termini generali dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 che
distingue alcune fasi essenziali.
A monte dellapertura del procedimento, vi anzitutto la fase
dellaccertamento che consiste in unattivit di raccolta e di prima
valutazione di elementi di fatto suscettibili di integrare una fattispecie di
illecito amministrativo.
Questa attivit preprocedimentale, che pu
consistere in assunzione di informazioni, rilievi segnaletici, descrittivi e
fotografici, ispezioni di cose e luoghi (diversi dalla dimora privata) e altre
operazioni tecniche, effettuata a cura di agenti accertatori individuati
nelle normative di settore, come gli agenti e ufficiali di polizia giudiziaria
e gli organi amministrativi addetti al controllo sullosservanza delle
disposizioni per la cui violazione prevista una sanzione pecuniaria (art.
13).
In alcuni casi le attivit di accertamento avvengono in
contraddittorio. Cos, in particolare, nel caso di analisi tecniche di
campioni linteressato pu chiedere la revisione dellanalisi effettuata dal
dirigente del laboratorio indicando anche un proprio consulente tecnico
(art. 15).
Le attivit poste in essere e le risultanze delle medesime
confluiscono in un processo verbale redatto dallagente accertatore e che
fa piena prova fino a querela di falso in relazione agli elementi fattuali
oggettivi (non invece in relazione alle valutazioni preliminari operate
dallagente).

306

Sulla base dellaccertamento, lamministrazione procede alla


contestazione dellillecito al trasgressore. Ove possibile la contestazione
deve essere immediata e in ogni caso essa deve essere notificata nel
termine di novanta giorni dallaccertamento (art. 14), un termine avente
natura perentoria poich il suo decorso determina lestinzione
dellobbligazione del pagamento della somma dovuta. Limmediatezza o
il termine breve per la contestazione costituiscono una prima garanzia per
linteressato, perch il decorso di un lungo lasso di tempo pu rendergli
pi difficoltosa la ricostruzione esatta dei fatti e lindividuazione di
elementi a difesa.
La contestazione deve indicare con sufficiente precisione gli
elementi di fatto suscettibili di essere sussunti in una fattispecie
sanzionatoria, in modo tale che il contraddittorio instaurato risulti ben
focalizzato.
Entro trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione
della violazione, gli interessati possono presentare scritti difensivi e
documenti. Possono anche chiedere di essere sentiti personalmente
dallautorit amministrativa (art. 18, primo comma). La garanzia del
contraddittorio orale non invece prevista in termini generali, come si
visto, dalla legge n. 241/1990.
Lautorit procedente, ove ritenga accertata la violazione allesito
della valutazione di tutti gli elementi istruttori e delleventuale audizione
orale, emana unordinanza-ingiunzione, cio un provvedimento motivato
che determina lammontare della sanzione pecuniaria e ingiunge al
trasgressore il pagamento della medesima, insieme con le spese, entro un
termine di trenta giorni.
In caso contrario lautorit dispone
larchiviazione con ordinanza motivata comunicata allorgano che ha
redatto il rapporto (art. 18). Lordinanza-ingiunzione pu irrogare, a
seconda dei casi, anche sanzioni accessorie come, per esempio, la
confisca di cose il cui uso, porto, detenzione o alienazione costituisce
violazione amministrativa (art. 20) oppure la sospensione di una licenza
(art. 21, ultimo comma).
Il pagamento deve essere effettuato nel termine di trenta giorni dalla
notificazione del provvedimento. Lordinanza-ingiunzione costituisce
titolo esecutivo.
Contro lordinanza-ingiunzione pu essere proposta opposizione
innanzi al giudice ordinario (giudice di pace o tribunale) entro un termine
di trenta giorni dalla notificazione del provvedimento. La giurisdizione

307

del giudice ordinario si giustifica ove si ritenga che la situazione giuridica


soggettiva del soggetto nei cui confronti viene irrogata la sanzione abbia
la consistenza di un diritto soggettivo e che la vicenda sanzionatoria,
attesa la natura vincolata del potere, possa essere sussunta nella categoria
delle obbligazioni pubbliche ex lege, cio, per riprendere distinzioni
operate nel terzo capitolo, secondo lo schema norma-fatto-effetto
giuridico. Di conseguenza loggetto del giudizio innanzi al giudice
ordinario non consiste tanto nellaccertamento della legittimit
dellordinanza-ingiunzione, quanto nellaccertamento dei presupposti di
fatto e di diritto della violazione e, di conseguenza della sussistenza della
pretesa creditoria dellamministrazione e del correlato obbligo al
pagamento della somma di danaro in capo al trasgressore.
La legge n. 689/1981 sin qui considerata costituisce una legge
generale. Essa per subisce di frequente deroghe nelle discipline di
settore. Per esempio, molte di esse modificano la durata dei termini,
oppure non prevedono la garanzia del contraddittorio orale, escludono
lapplicazione dellistituto delloblazione, affidano le controversie alla
giurisdizione del giudice amministrativo (in particolare per le sanzioni
irrogate dalle autorit amministrative indipendenti).
La legge n. 689/1981 si pone in una relazione di specialit rispetto
alla l. n. 241/1990. Essa contiene cio un sistema organico e compiuto di
norme che autosufficiente, nel senso che non richiede integrazioni
esterne da parte della l. n. 241/1990.
Tra le norme speciali contenute nelle discipline di settore, merita di
essere richiamata la regola, caratteristica, come si accennato,
dellAdministrative Procedure Act statunitense, che impone una
distinzione di tipo organizzativo tra funzioni istruttorie e funzioni
decisionali. Esse devono essere affidate a uffici o organi distinti in modo
tale che lorgano compente ad assumere la determinazione finale si ponga
in qualche misura in posizione di terziet tra lufficio che istruisce il
procedimento sanzionatorio e il soggetto al quale si imputa lillecito.
Tutto ci come ulteriore garanzia del contraddittorio. Questa regola
stata introdotta per le Autorit amministrative indipendenti operanti in
particolare nel settore finanziario (Banca dItalia, Consob, Isvap) ed
stata attuata in una disciplina di dettaglio nei regolamenti approvati da
ciascuna di esse (art. 24 della legge sul risparmio 28 dicembre 2005, n.
262).
Una specie di sanzioni amministrative costituita, come si
accennato nel terzo capitolo, dalle sanzioni disciplinari previste anzitutto

308

per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, ma anche per altri


soggetti sottoposti a regimi speciali e poteri di vigilanza attribuiti ad
apparati pubblici (per esempio, il promotori finanziari vigilati dalla
Consob, oppure i professionisti iscritti ad albi o registri pubblici). Anche
i procedimenti per lirrogazione delle sanzioni disciplinari, ora in gran
parte assoggettati a una disciplina privatistica in tutti i casi in cui il
dipendente non rientri nelle categorie sottratte alla privatizzazione,
prevedono ampie garanzie del contraddittorio.
Cos, in particolare, il d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 recante Norme
generali sullordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche
amministrazioni prevede che il dirigente dellufficio o, per le sanzioni
pi gravi lufficio competente per i procedimenti disciplinari che vengano
a conoscenza di comportamenti illeciti di un dipendente pubblico devono
contestare per iscritto laddebito senza indugio e comunque non oltre
venti giorni (art. 55-bis, comma 2). Il dipendente convocato con un
preavviso di dieci giorni per esercitare il proprio diritto di difesa con
leventuale assistenza di un procuratore o di un rappresentante di
unassociazione sindacale (art. 55-bis, comma 2). Il dipendente pu
decidere di non presentarsi e pu inviare una memoria scritta.
Lamministrazione procede, ove necessario, a unulteriore attivit
istruttoria, per esempio assumendo informazioni anche presso altre
pubbliche amministrazioni o acquisendo documenti. Il procedimento si
conclude con larchiviazione o con lirrogazione della sanzione
(rimprovero scritto, sospensione temporanea dal servizio, licenziamento),
entro 60 giorni dalla contestazione delladdebito. I termini sopra indicati
hanno carattere perentorio, nel senso che il loro superamento determina la
decadenza dallazione disciplinare e per il dipendente dallesercizio del
diritto di difesa.
Le sanzioni disciplinari possono essere impugnate dal dipendente
davanti al giudice ordinario previo esperimento di un tentativo
obbligatorio di conciliazione presso un collegio di conciliazione istituito
presso la Direzione provinciale del lavoro o attraverso altre procedure
eventualmente previste nei contratti collettivi nazionali (art. 63 e seg.).
Nel caso di sanzioni irrogate a dipendenti esclusi dal regime di
privatizzazione, la giurisdizione del giudice amministrativo.
10. Segue: c) le autorizzazioni. Il permesso a costruire.

309

I provvedimenti autorizzatori sono disciplinati sotto il profilo


procedurale dalle singole leggi di settore.
Una disciplina avente un carattere pi generale prevista per le
autorizzazioni che ricadono nel campo di applicazione della direttiva
2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno alla quale si gi
fatto riferimento e che enuncia principi analoghi quelli posti dalla l. n.
241/1990.
La direttiva pone anzitutto il principio secondo il quale le procedure
e le formalit per laccesso a un attivit di servizi devono essere
sufficientemente semplici (art. 5). La Commissione europea pu anche
stabilire formulari armonizzati a livello comunitario. Gli Stati membri
devono istituire, come si accennato, sportelli unici presso i quali gli
interessati possono espletare tutte le procedure (art. 6) e acquisire tutte le
informazioni (art. 7). Deve essere garantita la possibilit di espletare gli
adempimenti a distanza e per via elettronica (art. 8).
Le procedure e le formalit devono essere chiare, rese pubbliche
preventivamente e tali da garantire ai richiedenti che la loro domanda
sar trattata con obiettivit e imparzialit (art. 13). Non devono essere
dissuasive e tali da complicare o ritardare indebitamente la prestazione
del servizio. Gli oneri che possono derivare per i richiedenti devono
essere ragionevoli e commisurati ai costi delle procedure di
autorizzazione.
La domanda di autorizzazione deve essere trattata con la massima
sollecitudine e comunque entro un termine di risposta ragionevole
prestabilito e reso pubblico preventivamente (art. 13, comma 3). La
mancata risposta entro il termine stabilito fa scattare il silenzio assenso
(art. 13, comma 4). Solo in presenza di un motivo imperativo di interesse
generale le leggi di settore possono escluderlo introducendo un regime del
silenzio-inadempimento.
Ogni domanda di autorizzazione deve essere oggetto di una ricevuta
inviata al richiedente e contenente una serie di informazioni relative al
termine di conclusione del procedimento, ai mezzi di ricorso esperibili,
alleventuale applicazione della regola del silenzio-assenso. Se una
domanda incompleta, i richiedenti sono informati quanto prima della
necessit di presentare ulteriori documenti.
Un esempio di procedimento autorizzatorio che merita di essere
preso in esame in modo pi particolareggiato quello relativo al rilascio

310

permesso a costruire disciplinato dal Testo unico in materia edilizia


approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (art. 20).
Il procedimento si apre con la presentazione allo sportello unico per
ledilizia del Comune di una domanda sottoscritta, di regola, dal
proprietario. La domanda deve essere corredata da unattestazione
concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali, da altra
documentazione tecnica (per esempio, la relazione relative alle strutture
in cemento armato). Nel caso in cui si tratti di un intervento di edilizia
residenziale richiesta anche unautocertificazione circa la conformit del
progetto alle norme igienico-sanitarie.
Entro dieci giorni lo sportello unico comunica al richiedente il
nominativo del responsabile del procedimento. Questultimo cura
listruttoria acquisendo i pareri degli uffici comunali, nonch altri pareri
come quello dellAzienda sanitaria locale e dei vigili del fuoco. Se sono
richiesti altri atti di assenso a cura di amministrazioni diverse il
responsabile del procedimento convoca una conferenza dei servizi. Tali
atti di assenso, includono variamente, a seconda dei casi, lautorizzazione
e certificazione regionale per le costruzioni in zone sismiche, lassenso
dellamministrazione militare per le costruzioni contigue a zone di
salvaguardia contigue a opere di difesa dello Stato, lautorizzazione del
Ministero dei Beni culturali per gli interventi su immobili vincolati (per
esso la Soprintendenza territorialmente competente),
il parere
dellautorit competente in materia di vincolo idrogeologico, ecc. (art. 5,
comma 4).
Allesito dellistruttoria, entro sessanta giorni dalla presentazione
della domanda, il responsabile del procedimento, valutata la conformit
del progetto a tutta la normativa applicabile al caso concreto (anzitutto
agli strumenti di pianificazione urbanistica e il regolamento edilizio),
formula una proposta al dirigente del servizio il quale nei successivi
quindici giorni rilascia il permesso a costruire. Della determinazione
dato avviso pubblico mediante affissione allalbo pretorio.
Decorsi i termini sopramenzionati si intende formato il silenziorifiuto (art. 20, comma 9). Linteressato pu a questo punto proporre un
ricorso in sede giurisdizionale. In alternativa pu richiedere, con
unistanza formale avente valore di diffida, che il dirigente si pronunci
entro quindici giorni. Decorso inutilmente anche questo termine,
linteressato pu richiedere alla Regione lesercizio del potere sostitutivo
con la nomina di un commissario ad acta che provvede nel termine di
sessanta giorni.

311

In materia edilizia, molti interventi di minor impatto sono


assoggettati a regimi semplificati di segnalazione certificata dinizio di
attivit (art. 22 e seg.).
11. Segue: d) I procedimenti concorsuali. Laccesso agli impieghi
pubblici.
Le pubbliche amministrazioni sono sempre pi spesso enti erogatori
di danaro e di altre utilit che vengono messe a disposizione dei soggetti
privati. Peraltro in molti casi le risorse e i beni attribuibili sono limitati.
Hanno cio, riprendendo il lessico degli economisti, il carattere della
scarsit: coloro che ambiscono ad acquisirli sono in numero superiore
rispetto alle quantit disponibili. Si pensi, per esempio, allassegnazione
di alloggi di edilizia economica popolare, alla concessione di uso
esclusivo di un bene demaniale (la spiaggia su cui insiste uno stabilimento
balneare, unarea pubblica su cui insediare un chiosco, ecc.),
allattribuzione di bande di radiofrequenze, allaccesso agli impieghi
pubblici, alle commesse pubbliche sotto forma di contratti di acquisto di
beni o servizi o per lesecuzione di lavori pubblici stipulati
dallamministrazione. In tutti questi casi la platea delle persone o imprese
potenzialmente interessate eccede di regola la disponibilit dei beni.
Si pone allora per lamministrazione il problema di come scegliere
tra pi aspiranti allo stesso bene o utilit. Alcune indicazioni provengono
gi dalla Costituzione e dal diritto comunitario.
Per laccesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e pi in
generale agli uffici pubblici, gli art. 51, comma 1, e art. 97, comma 3,
pongono rispettivamente il principio di eguaglianza e il principio del
concorso pubblico. Del resto, gi allepoca della rivoluzione francese,
lart. 6 della Dichiarazione dei diritti delluomo e del cittadino approvata
dallAssemblea costituente nel 1789 enunciava il principio di eguaglianza
e del merito per laccesso agli impieghi pubblici.
La direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno pi
volte citata dispone che quando il numero di autorizzazioni disponibili per
una determinata attivit sia limitato a causa della scarsit delle risorse
naturali o delle capacit tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano
una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti
garanzie di imparzialit e di trasparenza e preveda, in particolare,

312

unadeguata pubblicit dellavvio della procedura e del suo svolgimento


e completamento (art. 12). Lautorizzazione cos rilasciata deve avere
una durata limitata e deve escludere il rinnovo automatico, ci affinch
possa essere avviata una nuova procedura selettiva.
Sulla scorta delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE relative ai
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, il Codice dei
contratti pubblici approvato con D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 include tra i
principi generali quello secondo il quale le procedure per laffidamento
dei contratti devono rispettare i principi di libera concorrenza, parit di
trattamento, non discriminazione, trasparenza, proporzionalit, nonch
quello di pubblicit (art. 2).
Sempre in termini generali, la l. n. 241/1990, come si visto,
prevede che la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili
finanziari e lattribuzione di vantaggi economici di qualsiasi genere sono
subordinate alla predeterminazione e alla pubblicazione da parte delle
amministrazioni procedenti dei criteri e delle modalit cui esse devono
attenersi (art. 12).
In definitiva, i procedimenti di tipo competitivo o concorsuale hanno
la funzione specifica di selezionare gli aspiranti a una risorsa scarsa in
base ad alcuni principi generali: il principio di pubblicit, che consente a
tutti i potenziali interessati di aver notizia della procedura che sta per
essere avviata;
il principio di parit di trattamento (di non
discriminazione o della par condicio) che mira a porre sullo stesso piano
tutti gli aspiranti; il principio di trasparenza della procedura, che consente
un controllo sulla corretta applicazione dei criteri di selezione;
il
principio di oggettivit dei criteri, che fa prediligere, l dove possibile,
parametri di riferimento che non lasciano spazi di discrezionalit, o che
comunque tende a promuovere la non arbitrariet dei giudizi valutativi e
della formulazione delle graduatorie.
Un primo esempio di questa tipologia di procedimenti anzitutto il
concorso per laccesso agli impieghi pubblici che costituisce la modalit
principale per il reclutamento del personale alle dipendenze delle
pubbliche amministrazioni. La disciplina generale contenuta nellart. 35
del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 e per quanto riguarda i concorsi statali
nel regolamento approvato con d.P.R.9 maggio 1994, n. 487.
Le fasi del procedimento sono essenzialmente quattro: lavvio della
procedura; lammissione delle domande di partecipazione; la fase
istruttoria-valutativa; la fase decisionale.

313

Lavvio della procedura avviene a cura di ciascuna amministrazione


nellambito della programmazione triennale del fabbisogno di personale,
attraverso un provvedimento di indizione del concorso e la pubblicazione
di un bando.
Il bando di concorso contiene una serie di informazioni aventi per
oggetto i requisiti per la partecipazione, il termine e le modalit di
presentazione delle domande, la tipologia delle prove scritte, orali ed
eventualmente pratiche, il calendario delle prove, il punteggio minimo per
lammissione alle prove orali, i titoli di studio e professionali che danno
diritto a un punteggio o alla precedenza o preferenza in caso di parit di
punteggio ove si tratti di un concorso per titoli ed esami (art 3 del cit.
d.P.R. n. 487/1994). Il bando pubblicato di regola nella Gazzetta
Ufficiale e con altre modalit atte a garantire la massima diffusione della
notizia. Esso costituisce la lex specialis della procedura, che vincola
lamministrazione nelle fasi di svolgimento delle prove e della
valutazione e la cui violazione rende illegittimi gli atti adottati.
Le domande di partecipazione, redatte in carta semplice di frequente
sulla base di moduli allegati al bando, devono essere inviate o presentate
entro trenta giorni dalla pubblicazione del bando (art. 4). Le domande
vengono esaminate dallamministrazione che ha indetto il concorso allo
scopo di valutarne lammissibilit in relazione ai requisiti generali e
speciali richiesti dalla normativa e dal bando (per esempio, i titoli di
studio, i requisiti di et, ecc.). La mancata ammissione alla procedura
concorsuale costituisce provvedimento impugnabile dal singolo candidato
innanzi al giudice amministrativo. Ove venga richiesta e accolta la
domanda cautelare, il candidato escluso viene ammesso alla procedura
con riserva.
Allo scopo di garantire imparzialit e competenza,
lamministrazione affida la fase istruttoria-valutativa a una commissione
esaminatrice composta da tecnici esperti nelle materie oggetto del
concorso, scelti fra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei
alle medesime. Non possono comunque farne parte gli organi di
direzione politica dellamministrazione o chi ricopra cariche politiche o
sindacali (art. 9), ci a garanzia dellimparzialit e oggettivit dei giudizi.
La commissione pu essere suddivisa in pi sottocommissioni nel caso di
concorsi con numero elevato di candidati (oltre i mille).
La commissione preposta allo svolgimento delle prove scritte e
orali e alla valutazione dei titoli (se si tratta di concorso per titoli ed
esami). Prima delle prove, essa deve stabilire i criteri e le modalit di

314

valutazione al fine di assegnare i punteggi (art. 12), ci allo scopo di


autovincolare e rendere pi oggettivo possibile il giudizio valutativo. Le
prove si svolgono con modalit atte a garantirne la regolarit: segretezza
delle tracce stabilite dalla commissione per la prova scritta, sorteggio tra
le buste chiuse contenenti le tre tracce, divieto di comunicazione tra i
candidati, inserimento degli elaborati in buste chiuse anonime, ecc. (artt.
11-14). Talvolta, in presenza di un numero di candidati molto elevato, la
procedura prevede una preselezione sulla base di prove a risposte multiple
a correzione automatica finalizzata.
Di tutte le operazioni compiute la commissione d conto in un
processo verbale che riporta in particolare i giudizi valutativi (espressi in
numeri o in forma discorsiva). La commissione a conclusione delle
proprie attivit valutative procede a formulare una graduatoria di merito
in base ai punti della valutazione complessiva riportata da ciascun
candidato (art. 15).
La fase decisionale a cura dellamministrazione che ha indetto il
concorso consiste in un esame della regolarit della procedura e
nellapprovazione della graduatoria di merito formulata dalla
commissione con la indicazione dei candidati vincitori o comunque
idonei. La graduatoria dei vincitori, che deve considerare eventuali
riserve di posti a favore di particolari categorie di soggetti partecipanti e
dei criteri di priorit in caso di parit, pubblicata nel bollettino
dellamministrazione interessata e di essa viene data notizia nella
Gazzetta Ufficiale (art. 15). Il provvedimento che approva la graduatoria
conclude il procedimento concorsuale ed suscettibile di impugnazione
innanzi al giudice amministrativo.
Concluso il procedimento i vincitori vengono assunti in servizio con
un contratto di lavoro individuale o, nel caso dei dipendenti pubblici non
assoggettati al regime privatistico, con un provvedimento di nomina.
12. Segue: e) i contratti pubblici per laffidamento di lavori, servizi
e forniture.
Come si gi accennato, le amministrazioni pubbliche godono di
una capacit generale di diritto privato. In particolare esse possono
stipulare con fornitori privati contratti per lacquisto di beni e servizi e per
lesecuzione di lavori di cui esse hanno necessit per il perseguimento

315

delle finalit di interesse pubblico.


I contratti di questo tipo
rappresentano una delle voci principali della spesa pubblica e
costituiscono per le imprese una fonte rilevante di fatturato e sono dunque
molto appetiti.
A differenza dei privati che sono pienamente liberi di scegliere le
proprie controparti contrattuali, le amministrazioni pubbliche sono
assoggettate a regole speciali di natura pubblicistica volte a tutelare gli
interessi delle stesse amministrazioni e di garantire la par condicio tra i
potenziali contraenti.
La formazione della volont negoziale dellamministrazione e la
scelta del contraente avvengono cio attraverso un procedimento
amministrativo a evidenza pubblica di tipo competitivo.
Tale
procedimento si innesta e va a integrare le regole del diritto privato
relative allo schema proposta-accettazione di cui allart. 1326 del codice
civile.
In termini generali, il coordinamento tra regole di diritto pubblico e
di diritto privato avviene in base al seguente criterio: mentre la fase di
formazione del vincolo contrattuale retta essenzialmente dalle prime, la
fase di esecuzione del contratto retta essenzialmente dalle seconde.
I contratti a evidenza pubblica sono disciplinati nel Codice dei
contratti pubblici approvato con d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 che riordina
la materia unificando in un solo corpo normativo la disciplina delle
forniture, dei servizi e dei lavori pubblici, recependo due direttive
comunitarie (2004/17/CE e 2004/18/CE).
In origine, la disciplina era contenuta principalmente nella
normativa sulla contabilit dello Stato (r.d. 18 novembre 1023, n. 2440 e
regolamento approvato con r.d. 23 maggio 1924, n. 824). Essa assoggett
a procedure a evidenza pubblica (pubblici incanti) sia i contratti attivi
dello Stato, dai quali cio deriva unentrata (per esempio la vendita di un
immobile non pi utilizzato per finalit pubbliche), sia i contratti passivi,
che comportano cio unuscita (per esempio lacquisto di arredi e
computer per un ufficio). La collocazione della disciplina del
procedimento a evidenza pubblica allinterno delle norme sulla contabilit
si giustificava per il fatto che essa mirava principalmente ad assicurare il
conseguimento delle condizioni economiche pi favorevoli
allamministrazione e perseguiva soltanto come scopo riflesso quello di
garantire la par condicio dei partecipanti. Le due principali modalit di
selezione del contraente erano lasta pubblica aperta a tutti i potenziali

316

offerenti, oppure la licitazione privata, con la partecipazione delle


imprese invitate dalla stazione appaltante.
A partire dagli anni Ottanta del secolo scorso, soprattutto in seguito
al recepimento di una serie di direttive comunitarie (da ultimo con il
Codice), limpostazione della disciplina mutata nel senso di porre
laccento soprattutto sullesigenza di aprire il mercato degli appalti
pubblici alla concorrenza a livello nazionale ed europeo e pertanto di
introdurre regole volte a promuovere la pubblicit, la trasparenza e la par
condicio.
Il Codice dei contratti pubblici e il regolamento attuativo formano
un corpus normativo molto ampio e complesso. Esso definisce anzitutto
il campo di applicazione della normativa sotto il profilo oggettivo
(tipologia di contratti nei cosiddetti settori ordinari e speciali, contratti
integralmente assoggettati al diritto comunitario e cosiddetti contratti
sotto-soglia che fuoriescono dallambito di applicazione delle direttive
comunitarie, ecc.) e sotto il profilo soggettivo (amministrazioni
aggiudicatrici, organismi di diritto pubblico, imprese pubbliche, ecc.).
Regola poi le procedure di scelta del contraente e la fase esecutiva
soprattutto dei contratti per la realizzazione di lavori pubblici. Pone anche
una disciplina delle procedure speciali come il project financing e il
cosiddetto contraente generale. Il Codice prevede anche listituzione
dellAutorit di vigilanza sui contratti pubblici con il compite di
promuovere lapplicazione delle norme e di favorire lapertura del
mercato alla concorrenza.
In questa sede, dedicata alla esemplificazione dei procedimenti
amministrativi e in particolare di quelli concorsuali, interessa analizzare,
per linee generalissime, soltanto il procedimento per laffidamento dei
contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture. Esso si articola in
una pluralit di fasi (art. 11).
Anzitutto, le procedure di affidamento vengono avviate sulla base di
atti di programmazione volti a individuare le priorit anche in relazione
alle risorse finanziarie disponibili (per esempio, secondo lart. 128, il
programma triennale aggiornato annualmente per i lavori pubblici).
La prima fase quella di avvio del procedimento da parte delle
amministrazioni aggiudicatrici attraverso la cosiddetta delibera a
contrarre. Essa consiste in un atto unilaterale che individua gli elementi
essenziali del contratto e i sistemi di selezione dei contraenti. Segue di
regola la predisposizione e pubblicazione di un bando di gara (art. 64),

317

redatto secondo i modelli uniformati a livello europeo, che contiene tutte


le informazioni necessarie relative allo svolgimento della procedura
(documentazione da produrre, termini, criteri di selezione, punteggi, ecc.)
e alloggetto del contratto. Ad esso usualmente allegato uno schema di
contratto, un capitolato tecnico e, nel caso di lavori pubblici, il progetto (a
seconda del tipo di procedura, il progetto preliminare, definitivo o
esecutivo). Le modalit di pubblicazione del bando sono oggetto di una
disciplina particolareggiata volta a favorire la massima diffusione delle
informazioni e assicurare termini minimi per la presentazione della
domanda a favore delle imprese che intendano partecipare alla procedura
(art. 66).
Nella redazione del bando, che insieme agli altri documenti
predisposti dalla stazione appaltante costituisce la lex specialis della gara,
lamministrazione gode di ampia discrezionalit, che deve essere
esercitata secondo criteri di ragionevolezza, per esempio evitando di
prevedere requisiti di partecipazione sproporzionati e discriminatori. Per
esempio devono essere evitate prescrizioni tecniche riferite al bene
oggetto di una fornitura tali da restringere in modo irragionevole la
partecipazione a un numero ristretto di produttori di quel tipo di bene,
escludendo i produttori di beni sostanzialmente analoghi.
Il bando di gara non costituisce un atto immediatamente lesivo e
usualmente pu essere impugnato insieme allatto conclusivo del
procedimento cio allaggiudicazione definitiva. Ci a meno che esso
abbia un carattere immediatamente escludente, nel senso che dalla lettura
delle sue clausole emerga una discriminazione evidente a danno di
potenziali partecipanti tale da precludere la partecipazione. In questo
caso il bando deve essere impugnato subito.
La seconda fase del procedimento quella di selezione dei
partecipanti attraverso uno dei sistemi indicati nel bando tra quelli previsti
dal Codice (art. 54 e seg.). Questultimo individua tre tipi principali di
procedura: procedure aperte, ristrette e negoziate.
Le procedure aperte (corrispondenti al sistema tradizionale dellasta
pubblica) sono quelle nelle quali ciascun operatore economico interessato
pu presentare unofferta; le procedure ristrette (corrispondenti al
sistema tradizionale della licitazione privata e dellappalto concorso) sono
quelle alle quali ogni operatore economico pu chiedere di partecipare ma
nelle quali possono presentare unofferta soltanto coloro che vengono
invitati dalle stazioni appaltanti; le procedure negoziate (corrispondenti al
metodo tradizionale della trattativa privata), ammesse in via eccezionale

318

in una serie di casi tassativamente indicati dal Codice, sono quelle nelle
quali lamministrazione consulta, con modalit meno formalizzate, gli
operatori economici da loro scelti e negoziano con uno o pi di essi le
condizioni del contratto.
Le procedure negoziate sono a loro volta di due tipi a seconda che
sia richiesta o meno la pubblicazione di un bando (art. 56 e art. 57). Per
esempio, non richiesta la pubblicazione del bando quando per ragioni di
natura tecnica o artistica vi sia un solo fornitore sul mercato, oppure in
casi di estrema urgenza, dovuta a eventi imprevedibili per le stazioni
appaltanti. Il carattere eccezionale delle procedure negoziate si spiega per
il fatto che esse si svolgono in modo meno formalizzato e attribuiscono
allamministrazione una discrezionalit pi ampia, con il rischio di
rendere meno concorrenziale il mercato dei contratti pubblici.
Nelle procedure ristrette e in quelle negoziate previa pubblicazione
del bando la fase della valutazione delle offerte preceduta da una fase
cosiddetta di prequalifica nella quale le stazioni appaltanti selezionano le
imprese da invitare a presentare lofferta che siano in possesso di requisiti
minimi predeterminati tali da garantire la seriet del potenziale contraente
chiamato a partecipare alla gara. I criteri di questa selezione preliminare
sono indicati nel bando e devono essere oggettivi (per esempio, aver
svolto negli anni precedenti attivit analoghe per un ammontare di
fatturato non inferiore a una certa somma), non discriminatori e
proporzionati. In ogni caso il Codice prevede un numero minimo di
candidati da invitare in modo da assicurare una concorrenza effettiva (art.
62). Le imprese non ammesse a presentare le offerte possono impugnare
innanzi al giudice amministrativo il provvedimento e, se richiedono e
ottengono una misura cautelare, sono ammesse con riserva alla fase
successiva della procedura.
La terza fase quella della valutazione delle offerte che serve a
individuare, tra i partecipanti alla procedura, limpresa con la quale
lamministrazione stipuler il contratto. A questo fine il Codice individua
due criteri di selezione: il prezzo pi basso e lofferta economicamente
pi vantaggiosa (art. 81).
La scelta tra i due criteri, operata nel bando, avviene in relazione
alle caratteristiche delloggetto del contratto. Se questultimo si
riferisce a beni, servizi o lavori standardizzati pu essere scelto il criterio
del prezzo pi basso rispetto alla base dasta che assicura la massima
oggettivit nella valutazione, poich lofferta si sostanzia solo nella
indicazione numerica di un prezzo, escludendo cos ogni discrezionalit.

319

Si pensi, per esempio, allacquisto di carburanti o di materiale di


cancelleria.
Il criterio dell'offerta economicamente pi vantaggiosa va scelto
allorch loggetto del contratto richiede un apprezzamento anche di
elementi qualitativi come il pregio tecnico, le caratteristiche estetiche e
funzionali, le caratteristiche ambientali, il contenimento dei consumi
energetici e delle risorse ambientali, lassistenza tecnica, ecc. (art. 83)
che richiedono una valutazione tecnico-discrezionale. Il bando di gara
deve indicare gli elementi qualitativi e per ciascuno di essi deve
precisarne la ponderazione relativa espressa in un numero di punti da
attribuire. Ove necessario i criteri relativi agli elementi qualitativi
possono essere disarticolati in subcriteri con lindicazione di subpunteggi.
Quanto pi analitica la suddivisione in criteri e subcriteri e lindicazione
dei punteggi tanto pi oggettiva diventa la valutazione tecnicodiscrezionale.
Questultima affidata a una commissione giudicatrice, composta
da funzionari della stazione appaltanti o da esperti esterni, nominata dalla
stazione appaltante con criteri che ne assicurano la competenza tecnica e
lindipendenza dagli organi politici, in modo tale da garantire
lindipendenza del giudizio (art. 84). La commissione procede allesame
di ciascuna offerta e allattribuzione dei punteggi valutando dapprima gli
elementi qualitativi dellofferta (contenuti in una busta separata) e
aprendo da ultimo, in seduta pubblica, la busta contenente lofferta
economica (cio il prezzo), in modo tale da evitare che la commissione
possa essere influenzata nel suo giudizio sugli elementi qualitativi
dallesito della comparazione relativa alla componente del prezzo.
A conclusione dei propri lavori, commissione giudicatrice formula
una graduatoria finale e viene dichiarata laggiudicazione provvisoria a
favore dal miglior offerente (art. 11, comma 4). Prima
dellaggiudicazione definitiva viene espletata una fase di controllo sulla
regolarit delle operazioni di gara, risultanti dai verbali redatti dalla
stazione appaltante e dalla commissione. Essa si conclude con un atto di
approvazione della stazione appaltante che deve intervenire, di regola,
entro trenta giorni (art. 12) superati i quali si forma il silenzio-assenso.
Laggiudicazione definitiva non equivale ancora ad accettazione
dellofferta risultata prima nella graduatoria (art. 11, comma 7). Dal punto
di vista civilistico lofferta ha il valore di proposta contrattuale
irrevocabile per un termine predeterminato (mentre il bando di gara ha il
valore di un mero invito a offrire).
Lefficacia dellaggiudicazione

320

definitiva (cio, in termini civilistici, dellaccettazione dellofferta)


subordinata a un ulteriore controllo, riferito non pi alla correttezza della
procedura, bens al possesso effettivo da parte dellimpresa selezionata
dei requisiti di partecipazione autodichiarati in sede di presentazione della
domanda (in particolare i cosiddetti requisiti di ordine generale elencati
nellart 38, come per esempio di non trovarsi in stato di fallimento o di
non aver riportato determinate condanne penali).
Divenuta efficace laggiudicazione definitiva, lamministrazione
procede alla stipula del contratto entro un termine (di regola sessanta
giorni) decorso il quale laggiudicatario pu sciogliersi dal vincolo
contrattuale (art. 11, comma 9).
Il procedimento di aggiudicazione richiede talvolta lattivazione di
un ulteriore subprocedimento di verifica allorch la stazione appaltante,
nellesaminare comparativamente le offerte pervenute, individui,
applicando alcuni criteri matematici indicati dal Codice, una o pi offerte
anormalmente basse. La stazione appaltante ha infatti interesse a
selezionare offerte che abbiano il carattere della seriet, nel senso che
abbiano un senso economico minimo per limpresa contraente (anche in
termini di un minimo di utile atteso).
Il subprocedimento di verifica avviene in contraddittorio con
limpresa sospettata di aver presentato unofferta fuori mercato.
Limpresa infatti inviata a presentare giustificazioni scritte relative alle
voci di prezzo o altri elementi incongrui presenti nellofferta (artt. 86-89).
Le giustificazioni
devono cercare di dimostrare che nonostante
lapparente anomalia lofferta presentata ha una congruit complessiva,
per esempio perch limpresa in grado di utilizzare soluzioni tecniche o
procedimenti di fabbricazione del prodotto o di prestazione del servizio
particolarmente efficienti.
La valutazione delle giustificazione pu
essere deferita a una commissione appositamente istituita. Ove esse non
risultano convincenti la stazione appaltante, prima di escludere lofferta,
convoca lofferente in unaudizione invitandolo a indicare ogni elemento
utile. Il provvedimento di esclusione deve essere congruamente motivato
e costituisce un atto che pu essere impugnato immediatamente
dallofferente esclusa.
In definitiva, il procedimento per laffidamento dei contratti pubblici
costituisce un esempio di procedimento complesso strutturato in modo
tale da assicurare al massimo grado la par condicio e la trasparenza (e
verificabilit) delle operazioni. Ad integrazione della minuta serie di
regole poste dal Codice, la giurisprudenza amministrativa (il contenzioso

321

in questa materia assai consistente) ha sviluppato una serie ulteriore di


principi volti a rendere ancor pi effettivi questi valori.
13. Segue: f) laccesso ai documenti amministrativi.
Nel Cap. III, nel paragrafo dedicato ai principi del procedimento
amministrativo, si gi accennato al diritto di accesso ai documenti
amministrativi. Laccesso ai documenti amministrativi definito dalla l.
n. 241/1990 come principio generale dellattivit amministrativa al fine
di favorire la partecipazione e di assicurare limparzialit e la
trasparenza (art. 22, comma 2).
In conformit a questa duplice finalit, il diritto in questione rileva
in due ambiti.
In primo luogo, rientra, come si visto, tra i diritti attribuiti ai
soggetti che possono partecipare a un determinato procedimento
amministrativo in modo da consentire ad essi di tutelare meglio le loro
ragioni avendo cognizione di tutti gli atti e documenti acquisiti al
procedimento che lo riguarda (accesso procedimentale, ex art. 10 l. n.
241/1990). In secondo luogo, costituisce un diritto autonomo che pu
essere esercitato anche al di fuori dal procedimento da chi ha interesse a
esaminare documenti detenuti stabilmente da una pubblica
amministrazione (accesso non procedimentale ex artt. 22 e seg. della l. n.
241/1990). Un controllo capillare dellattivit amministrativa per cos
dire dal basso rende appunto trasparente lamministrazione e promuove
limparzialit.
In questa sede interessa soffermarci su questultimo tipo di accesso
che d origine a un tipo particolare di procedimento ad iniziativa di parte
disciplinato oltre che dalla l. n. 241/1990, anche dal regolamento attuativo
approvato con Dpr 12 aprile 2006, n. 184.
Preliminarmente va precisato che il diritto di accesso consiste nel
diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di
documenti amministrativi (art. 22, comma 1, lett. a) della l. n. 241/1990).
Secondo linterpretazione giurisprudenziale ormai prevalente, non si tratta
di un diritto soggettivo in senso proprio, ma esso va inquadrato, al di l
del nomen utilizzato dalla legge, nella categoria dellinteresse legittimo
anche perch esso, come si vedr, involge in taluni casi valutazioni di tipo
discrezionale. Pertanto leventuale diniego costituisce un provvedimento

322

in senso proprio impugnabile nel termine di decadenza ordinario,


piuttosto che nel termine di prescrizione ordinario previsto per i diritti
soggettivi.
Sono titolari del diritto di accesso tutti i soggetti privati, compresi i
portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto,
concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente
tutelata e collegata al documento al quale chiesto laccesso (art. 22,
comma 1, lett. c) l. n. 241/1990).
Laccesso non dunque unazione popolare attribuita a chiunque:
non basta, come ha precisato la giurisprudenza, la semplice curiosit. E
necessario invece che la richiesta di accesso sia correlata a un interesse in
qualche modo differenziato e alla titolarit di una posizione
giuridicamente rilevante (non necessariamente un diritto soggettivo o un
interesse legittimo in senso proprio, ma anche una situazione giuridica
soggettiva ancora allo stato potenziale). Si tratta peraltro di un criterio
che presenta margini di ambiguit.
La richiesta di accesso deve essere motivata, comprovando
linteresse specifico del richiedente. Uneccezione prevista per legge si ha
in materia di ambientale nella quale laccesso alle informazioni
consentito a chiunque ne faccia richiesta senza necessit di dichiarare un
proprio interesse (art. 3 del d.lgs.19 agosto 2005, n. 195 di attuazione
della direttiva 2003/4/CE). A livello di amministrazioni locali, i
consiglieri comunali e provinciali hanno diritto a ottenere dagli uffici tutte
le informazioni utili allespletamento del mandato e sono tenuti al segreto
(art. 43, comma 2, del d.lgs. 16 agosto 2000, n. 267).
La richiesta di accesso pu riferirsi soltanto a documenti ben
individuati e gi formati: ben individuati, perch il diritto di accesso non
uno strumento di controllo generalizzato delloperato delle pubbliche
amministrazioni (art. 24, comma 4, della l. n. 241/1990); gi formati,
perch lamministrazione non tenuta ad elaborare dati in suo possesso
al fine di soddisfare le richieste (art. 3, comma 2, Dpr n. 184/2006).
Sotto il profilo soggettivo, la richiesta pu essere rivolta alla
pubblica amministrazione, nozione che include tutti i soggetti di diritto
pubblico e i soggetti di diritto privato limitatamente allattivit di
pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale e comunitario (in
particolare i gestori anche privati di pubblici servizi (art. 22, comma 1,
lett. e) e art. 23 della l. n. 241/1990).

323

Sotto il profilo oggettivo, laccesso escluso in una serie tassativa di


casi e cio in relazione ai documenti coperti dal segreto di Stato, a quelli
relativi a procedimenti tributari o a procedimenti per ladozione di atti
amministrativi generali, ai documenti contenenti informazioni di carattere
psicoattitudinale di terzi (art. 24, comma 1, della l. n. 241/1990. Altri casi
di esclusione possono essere individuati tramite regolamento di
delegificazione l dove sussista il rischio di una lesione di interessi
pubblici quali, per esempio, la sicurezza e difesa nazionale, la politica
monetaria e valutaria, la riservatezza di persone fisiche, gruppi, imprese e
associazioni, ecc. (lelenco completo previsto dallart. 24, comma 6,
della l. n. 241/1990).
Deve essere comunque garantito ai richiedenti laccesso ai
documenti la cui conoscenza sia necessaria per curare e difendere i
propri interessi giuridici (art. 24, comma 7, della l. n. 241/1990).
Lamministrazione deve dunque operare una comparazione tra linteresse
allaccesso e il contrapposto interesse (in particolare la riservatezza di
terzi) e valutare se laccesso ha il carattere della necessariet (da
distinguersi dalla semplice utilit) e ci fa emergere un ambito di
valutazione discrezionale in capo allamministrazione. Per esempio, chi
partecipa a un concorso pubblico pu accedere agli elaborati concorsuali
e ai giudizi formulati nei confronti di altri candidati, al fine di accertare
eventuali irregolarit.
Laccesso non pu essere negato quando possa essere sufficiente far
ricorso al potere di differimento nei casi in cui vi il rischio di lesione di
un interesse pubblico o comunque quando laccesso possa
compromettere, specie nella fase preparatoria dei provvedimenti, il buon
andamento dellazione amministrativa (art. 24, comma 4, della l. n.
241/1990 e art. 9, comma 2, del d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184). Anche qui
vi spazio per una qualche valutazione discrezionale. Un caso
importante di differimento previsto espressamente per legge riguarda
laccesso ai documenti nei procedimenti per laffidamento di contratti
pubblici, in relazione allesigenza di non compromettere la regolarit
della procedura (art. 13 del. Codice dei contratti pubblici, che per esempio
vieta lacceso allelenco dei soggetti che hanno presentato lofferta fino
alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte).
Sotto il profilo procedurale il d.P.R. n. 184/2006 cit. distingue due
modalit di accesso, formale e informale. Laccesso informale si pu
avere quando non vi siano soggetti controinteressati per i quali si ponga
un problema di riservatezza e in questo caso la richiesta pu essere anche

324

verbale. (art. 5). Essa esaminata immediatamente e senza formalit ed


accolta senza ladozione di un particolare atto, ma, pi semplicemente,
mediante lesibizione del documento o lestrazione di copia.
Laccesso formale necessario nei casi in cui lamministrazione
riscontri lesistenza di potenziali controinteressati, ovvero quando
sorgano dubbi sulla legittimazione del richiedente sotto il profilo
dellinteresse o sulla accessibilit di un documento in relazione alle
norme sullesclusione e in altre ipotesi che richiedono una valutazione pi
approfondita (art. 6, comma 1). La richiesta deve essere presentata per
iscritto e deve indicare gli estremi del documento o gli elementi che
consentano di individuarlo e deve essere motivata sotto il profilo
dellinteresse connesso alloggetto della richiesta. Il procedimento
prevede anche una fase di contraddittorio nei casi in cui
lamministrazione individua soggetti controinteressati. Infatti essa
tenuta a dar comunicazione a questultimi della richiesta presentata con
lassegnazione di un termine di dieci giorni per leventuale presentazione
di una opposizione motivata (art. 3).
Il procedimento di accesso deve concludersi entro trenta giorni dalla
richiesta. Decorso il termine si forma un silenzio-diniego, nel senso che
la richiesta si intende respinta (art. 25, comma 4, della l. n. 241/1990).
Il provvedimento che rifiuta, limita o differisce laccesso deve
essere motivato (art. 25, comma 3, della l. n. 241/1990). Latto di
accoglimento della richiesta indica lufficio e il periodo di tempo (almeno
quindici giorni) concesso per prendere visione o per ottenere copia dei
documenti (art. 7 del d.P.R. n. 184/2006).
Laccesso gratuito e consiste nellesame dei documenti presso
lufficio con la presenza, ove ritenuta necessaria, di personale addetto.
Laccesso effettuato dal richiedente o da persona da lui incaricata. E
consentito prendere appunti oppure trascrivere in tutto o in parte i
documenti presi in visione. La copia dei documenti rilasciata dietro il
pagamento, di regola, del solo rimborso del costo di riproduzione (art. 25,
comma 1, della l. n. 241/1990 e art. 7 del d.P.R. n. 184/2006).
Contro il diniego espresso o tacito dellaccesso pu essere proposto
un ricorso giurisdizionale entro trenta giorni innanzi al giudice
amministrativo (investito di giurisdizione esclusiva). Il processo segue un
rito speciale accelerato che si pu concludere con una sentenza di
condanna che ordina lesibizione dei documenti richiesti (art. 25, comma

325

4, della l. n. 241/1990, art. 116 e artt. 133, comma 1, lett. a) n. 6 del


Codice del processo amministrativo).
In alternativa al ricorso giurisdizionale, la l. n. 241/1990 prevede, in
prima battuta, un ricorso di tipo amministrativo esperibile, a seconda dei
casi, innanzi al difensore civico o alla Commissione per laccesso ai
documenti amministrativi istituita presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri (art. 25, comma 4 e art. 27) che si devono pronunciare entro
trenta giorni. Decorso inutilmente questo termine, il ricorso si intende
respinto e pu essere proposto ricorso in sede giurisdizionale. Se
ritengono illegittimi il diniego o il differimento dellaccesso, il difensore
civico o la Commissione lo comunicano allautorit amministrativa. Se
questultima non emana un provvedimento confermativo motivato entro
trenta giorni, laccesso consentito, cio si forma un silenzio-assenso.
Il d.P.R. n. 184/2006 contiene una disciplina pi particolareggiata
del ricorso innanzi alla Commissione (contenuto, modalit, termini, ecc.),
prevedendo in particolare che esso debba essere notificato anche agli
eventuali controinteressati.

326

CAP. VI
I CONTROLLI E LA RESPONSABILITA
A) I CONTROLLI. 1. Premessa; 2. I controlli sugli atti e sullattivit; 3.
I controlli gestionali.
B) LA RESPONSABILITA. 4. Premessa; 5. Lart. 28 della Costituzione
e la responsabilit civile da comportamento illecito. 6. La risarcibilit del
danno da lesione di interessi legittimi; 7. La responsabilit nel diritto
europeo; 8. La responsabilit amministrativa.

A) I CONTROLLI
1. Premessa.
In qualsiasi organizzazione o organismo complesso emerge, superato
un certo stadio di sviluppo, la funzione di controllo volta a monitorare
lattivit primaria posta in essere dalle strutture operative. Si tratta di una
funzione accessiva e strumentale, che si pone cio al servizio di una
funzione principale.
In termini generalissimi i sistemi di controllo, naturali o artificiali,
volti a garantire che una certa quantit variabile si conformi a uno
standard prescritto, sono diffusi nel mondo fisico. Si pensi ai congegni
per verificare che un processo di produzione rispetti certi criteri
qualitativi, o, negli organismi viventi, ai sistemi di stabilizzazione
(temperatura, pressione sanguigna, ecc.).
La vita quotidiana
caratterizzata dalla presenza di meccanismi di controllo di ogni genere e
tipo.
Il diritto, che di per s uno strumento di controllo della vita
consociata, conosce numerosi modelli e strumenti di controllo.
Cos, secondo il codice civile, la societ per azioni annovera tra gli
organi essenziali, accanto allassemblea e al consiglio di amministrazione,
un organo di controllo interno e cio il collegio sindacale che vigila
sullosservanza della legge e dello statuto e sul rispetto dei principi di
corretta amministrazione (art. 2403 cod. civ.). Inoltre il controllo
contabile sulla societ affidato a un revisore contabile o a una societ di

327

revisione esterna iscritta nel registro presso il Ministero della giustizia


con il compito di verificare la regolare tenuta della contabilit sociale e la
corrispondenza tra bilancio di esercizio e tenuta della contabilit sociale e
di esprimere in una relazione un giudizio sul bilancio (art. 2409-bis cod.
civ.). Per alcuni tipi di societ, in particolare quelle che svolgono attivit
bancaria, il collegio sindacale e il soggetto incaricato della revisione
comunicano eventuali irregolarit ad apparati di controllo esterni come la
Banca dItalia, che esercitano in via continuativa unattivit di vigilanza
con poteri molto incisivi su questa tipologia di imprese (art. 52 del Testo
unico delle leggi bancarie e creditizie). Varie leggi settoriali impongono
poi listituzione di organi preposti a controlli specifici come, per esempio,
lorganismo preposto alla prevenzione di reati compiuti da amministratori
e dipendenti che possono far sorgere una responsabilit amministrativa
dellente (art. 6 della d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231); il responsabile del
trattamento dei dati personali preposto a vigilare sul rispetto della
normativa sulla privacy (art. 29 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196); il
responsabile per la sicurezza sui luoghi di lavoro (d.lgs. n. 626 del 1994).
Nel settore del non profit, lamministrazione delle fondazioni
assoggettata al controllo e alla vigilanza dellautorit governativa, dotata
del potere di annullare le delibere contrarie a norme imperative, allatto di
fondazione allordine pubblico o al buon costume e di nominare un
commissario straordinario (art. 25 cod. civ.).
Non deve pertanto stupire il fatto che anche le pubbliche
amministrazioni siano assoggettate a un sistema articolato di controlli che
involge tutta la loro attivit. La funzionalizzazione dellattivit al
perseguimento di interessi pubblici e la stessa sottoposizione degli
apparati pubblici al principio di legalit richiedono infatti la previsione di
sistemi di verifica particolarmente penetranti. Le stesse pubbliche
amministrazioni svolgono spesso, in base alle normative di settore,
funzioni di controllo nei confronti di soggetti privati al fine di proteggere
interessi pubblici messi a rischio dalle attivit di questi ultimi.
Procedendo in modo pi sistematico, anzitutto, il vocabolo controllo,
nel linguaggio comune ha molti significati talvolta generici. In ambito
giuridico il controllo pu essere definito come verificazione di regolarit
di una funzione propria o aliena o come un giudizio di conformit a
regole, che comporta in caso di difformit una misura repressiva o
preventiva o rettificativa (M.S. GIANNINI).
Questa accezione cos ampia abbraccia unampia fenomenologia di
controlli costituzionali (per esempio nei rapporti tra Stato e regioni aventi

328

per oggetto anzitutto lattivit legislativa), controlli parlamentari, controlli


giurisdizionali, controlli attribuiti ad autorit di vigilanza e regolazione
(autorit indipendenti), controlli amministrativi.
I principali elementi costitutivi del controllo sono: il soggetto titolare
del potere di controllo; il destinatario del controllo; loggetto del
controllo; il parametro o standard di valutazione; le misure che possono
venire adottate allesito del controllo. Al variare di qualcuno di essi varia
la tipologia del controllo.
Quanto al soggetto titolare del potere di controllo principio generale
che esso deve porsi in una posizione di indipendenza e terziet rispetto al
destinatario del controllo. Spesso richiesta anche una particolare
qualificazione tecnica correlata allo standard del controllo. A livello
statale, in particolare, lorganismo di controllo di rango istituzionalmente
elevato la Corte dei conti, cio un organo giurisdizionale che esercita il
controllo preventivo di legittimit sugli atti del Governo e anche quello
successivo sulla gestione del bilancio dello Stato e partecipa al controllo
sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via
ordinaria (art. 100, comma 2). Questorgano, inserito dalla Costituzione
tra gli organi ausiliari del Governo (Parte II, Tit. III, Sez. III) e composto
da magistrati assunti in massima parte per concorso, riferisce direttamente
alla Camere sul risultato del riscontro eseguito.
Talvolta il soggetto titolare del potere di controllo posto in una
posizione di sovraordinazione rispetto al destinatario del controllo. La
funzione di controllo inclusa, per esempio, tra quelle proprie del
superiore gerarchico. Di regola per lorgano titolare della funzione di
controllo si colloca al di fuori della catena di comando in senso proprio ed
considerato, per alcuni tipi di controllo interno, titolare di una funzione
di supporto ausiliaria allorgano decisionale.
Quanto ai destinatari del controllo, questi ultimi possono far parte
della medesima organizzazione nella quale incardinato lorgano di
controllo e in questo caso si parla di controllo interno (per esempio, il
collegio dei revisori di un ente pubblico), oppure pu appartenere a un
soggetto diverso e in questo caso si parla di controllo esterno (la Corte dei
conti nei confronti delle amministrazioni statali, la Consob nei confronti
delle societ quotate in borsa).
Destinatari dei controlli esterni di tipo amministrativo possono essere
sia soggetti pubblici sia soggetti privati che svolgono determinate attivit.
Si parla spesso in proposito in senso pi generico di funzione di vigilanza

329

che attribuita in via continuativa da organi e apparati appositamente


istituiti (Aziende sanitarie locali, vigili del fuoco, agenzia regionale per la
protezione dellambiente, ispettorato del lavoro, autorit indipendenti,
ecc.). La funzione di vigilanza include una serie pi o meno ampia di
poteri istruttori (accessi, ispezioni, richiesta di documenti e informazioni)
e decisori (ordini, sanzioni, commissariamento degli organi, scioglimento
e messa in liquidazione dellente). In qualche caso alla funzione di
controllo pu cumularsi anche una funzione di indirizzo e di direzione.
Quanto alloggetto del controllo, la distinzione principale risiede nel
fatto che loggetto pu essere costituito da singoli atti emanati
dallamministrazione (controllo sugli atti), oppure dal complesso
dellattivit posta in essere da un apparato e dai risultati conseguiti
(controllo sullattivit).
Quanto al parametro o standard di valutazione, questultimo pu avere
natura tecnica (controlli tecnici) o natura giuridica. Come esempio del
primo tipo pu essere preso il controllo sulle scritture contabili di un ente
che deve essere effettuato in conformit con regole, spesso elaborate a
livello internazionale, elaborate dalle scienze ragioneristiche e aziendali,
oppure i controlli sulla sicurezza di impianti produttivi. Nel diritto
amministrativo la distinzione forse pi rilevante quella gi incontrata tra
controllo di legittimit e controllo di merito: il primo ha come riferimento
norme e principi giuridici che presiedono allattivit delle
amministrazioni pubbliche; il secondo involge un apprezzamento diretto
del grado di soddisfazione dellinteresse pubblico.
Quanto alle misure che possono essere emanate allesito del controllo
esse possono essere le pi varie e includono ordini di adeguamento o di
ripristino dello standard violato, annullamento o riforma di atti, interventi
di tipo repressivo e sanzionatorio, interventi di tipo sostitutivo,
scioglimento dellorgano, ecc.
Come esempio di potere sostituivo nel caso di violazione di obblighi
derivanti dallappartenenza allUnione europea o di grave pregiudizio agli
interessi nazionali pu essere ricordato il potere attribuito al Presidente
del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente, di
assegnare alla regione o allente locale un termine per provvedere e la
successiva nomina di un commissario che pone in essere latto in luogo
dellente inadempiente (art. 4 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112). Come
esempio di scioglimento e sospensione di organi pu essere ricordato il
potere attribuito al Ministro dellInterno di rimuovere e sospendere il
sindaco, il presidente della provincia e altri amministratori locali, nel caso

330

in cui compiano atti contrari alla Costituzione o gravi e persistenti


violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico (art. 142 del
Testo Unico degli enti locali approvato con d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267).
I controlli nei quali presente una funzione collaborativa possono
concludersi con suggerimenti e indicazioni per migliorare lattivit.
I controlli amministrativi danno origine a un sistema complesso e
variegato la cui ricostruzione completa richiederebbe unanalisi molto
dettagliata. Ci si limiter ad approfondire solo alcuni aspetti pi tipici.
2. I controlli sugli atti e sullattivit.
Nel paragrafo precedente si gi fatto cenno alla distinzione tra
controllo sugli atti e sullattivit.
Il controllo sugli atti consente una forma di monitoraggio capillare
molto condizionante loperativit di un ente.
Esso pu essere preventivo o successivo a seconda che venga
esercitato prima o dopo che latto abbia prodotto i suoi effetti. Pu essere
di legittimit o di merito, a seconda che lorgano di controllo faccia
riferimento a parametri normativi e a principi giuridici (la legittimit
dellatto va peraltro apprezzata in relazione a tutta la tipologia dei vizi
incluso leccesso di potere nelle varie figure sintomatiche).
In passato il controllo di merito era previsto in modo molto esteso a
livello locale. Si pensi per esempio, al controllo del prefetto, in quanto
massimo esponente del Governo in sede locale, nei confronti delle
cosiddette Opere pie o Ipab, Istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza istituite a fine Ottocento in epoca crispina pubblicizzando un
ampio numero di organismi privati operanti nel settore non profit. Si
parlava a questo riguardo di tutela, proprio per alludere al ruolo
subalterno dellente controllato, da contrapporre a vigilanza, il cui
parametro di riferimento la legittimit degli atti sia pur intesa in
unaccezione estesa.
In caso di esito negativo il controllo di legittimit preclude allatto di
produrre i suoi effetti, se si tratta di controllo preventivo; comporta
lannullamento dellatto con la rimozione degli effetti ex tunc, se si tratta
di controllo successivo. Se il controllo esteso al merito lautorit che
esercita il controllo pu riformare direttamente latto oppure indirizzare
allautorit emanante una richiesta di riesame.

331

Il controllo preventivo di legittimit sugli atti delle amministrazioni


statali e locali stato stato molto in voga fino ad anni relativamente.
La stessa Costituzione prevedeva, accanto ai controlli sugli atti del
Governo affidati alla Corte dei conti ai quali si fatto cenno (art. 100,
comma 2), un controllo di legittimit sugli atti amministrativi delle
Regioni esercitato in forma decentrata da un organo dello Stato (art. 125
Cost.) e un controllo di legittimit sugli atti delle Province e dei Comuni
attribuito a un organo regionale (art. 130 Cost.).
Peraltro un siffatto sistema non pienamente compatibile con
unimpostazione autonomistica dellordinamento che valorizza il
principio di autoresponsabilit. Inoltre, data la mole degli atti che devono
essere singolarmente scrutinati (milioni solo a livello statale), il controllo
preventivo di legittimit costituisce un fattore di appesantimento e
rallentamento dellattivit amministrativa.
Ancora, il controllo sugli atti, adottato nellambito del modello
tradizionale di amministrazione per atti, nel quale ci che conta
essenzialmente la conformit alla legge piuttosto che la capacit di
erogare prestazioni e servizi di elevata qualit ai cittadini e utenti, ha
subito un ripensamento complessivo con laffermarsi della cosiddetta
amministrazione di risultato, nella, come si gi accennato, molto pi
avvertita lesigenza di assicurare i valori dellefficienza, delleconomicit
e dellefficacia.
Per queste e altre ragioni, in occasione della riforma del Titolo V della
Costituzione attuata con la legge costituzionale n. 3 del 2001 il controllo
preventivo di legittimit degli atti venuto in gran parte meno e ad esso
sono subentrate altre forme di controllo di tipo soprattutto finanziario e
gestionale.
A livello statale, il controllo preventivo di legittimit attribuito alla
Corte dei conti ormai limitato a un elenco tassativo limitato di atti (art. 3
della legge 14 gennaio 1994, n. 20) tra i quali possono essere ricordati,
per esemplificare, i provvedimenti emanati con delibera del Consiglio di
ministri, le piante organiche, il conferimento degli incarichi dirigenziali,
gli atti normativi a rilevanza esterna, gli atti di disposizione del demanio e
del patrimonio immobiliare.
Il procedimento di controllo deve
concludersi entro 60 giorni dalla ricezione dellatto (salvo sospensione in
caso di richieste istruttorie). In caso di esito negativo del controllo, il
ministro pu chiedere al Consiglio dei ministri che latto abbia comunque
corso e che venga ammesso al cosiddetto visto (o registrazione) con

332

riserva: latto acquista cos efficacia nonostante lillegittimit rilevata


dalla Corte dei conti che per ne d comunicazione al Parlamento.
Il controllo successivo su singoli atti ormai quasi del tutto superato.
A livello statale, la Corte dei conti pu per deliberare motivatamente che
singoli atti di notevole rilievo finanziario siano sottoposti al suo esame
per un determinato periodo di tempo. La Corte pu richiedere
allamministrazione entro 15 giorni il riesame degli atti adottati, richiesta
che non son sospende lesecutivit dei medesimi (art. 3, comma 3, della l.
n. 20/1994).
Il controllo sullattivit ha per oggetto la gestione di un apparato
considerata nel suo complesso e mira a valutarne i risultati globali. Per
sua natura si tratta di un controllo di tipo successivo (o ex post) che pu
avere una variet di oggetti, come, in particolare, la regolarit contabile e
finanziaria della gestione e lefficienza, lefficacia e leconomicit.
A livello centrale, in attuazione dellart. 100, comma 2 della
Costituzione gi citato, la Corte dei conti svolge il controllo successivo
sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni
pubbliche. Verifica cio la legittimit e la regolarit delle gestioni,
accertando la rispondenza dei risultati dellattivit amministrativa agli
obiettivi stabiliti dalla legge e valuta comparativamente costi, modi e
tempi dello svolgimento dellattivit amministrativa (art. 3, comma 4,
della l. n. 20/1994). La Corte valuta anche il funzionamento dei controlli
interni a ciascuna amministrazione, creando cos un legame tra controlli
interni e controlli esterni.
Pi in particolare, il controllo successivo sulla gestione del bilancio
dello Stato ha per oggetto gli andamenti generali della finanza pubblica e
consiste nellesame del rendiconto generale dello Stato presentato dal
Governo alla Corte di conti entro il 31 maggio successivo a quello di
chiusura dellanno finanziario. Il rendiconto viene messo a raffronto con
la legge di bilancio e nel caso di accertata concordanza viene emanato un
giudizio di parificazione inviato, insieme a una relazione, al Parlamento
entro il 30 giugno di ogni anno.
A livello decentrato, la Corte dei conti, tramite le sezioni regionali,
esercita un controllo successivo sul rispetto da parte di Regioni ed enti
locali della normativa sul cosiddetto Patto di stabilit e ai vincoli derivanti
dallappartenenza dellItalia allUnione europea. Verifica anche la sana
gestione finanziaria il funzionamento dei controlli interni. I revisori degli
enti locali, che costituiscono il principale organo di controllo interno,

333

inviano alle sezioni regionali della Corte una relazione sul bilancio di
previsione e sul conto consuntivo di ciascun ente, redatta secondo criteri e
linee guida predisposte a livello nazionale della Corte stessa. Allesito
del controllo le sezioni regionali riferiscono agli organi rappresentativi
dellente e vigilano sulladozione da parte dellente locale delle misure
correttive per assicurare il rispetto dei vincoli e obiettivi. Analoghi
controlli sono previsti nei confronti delle aziende sanitarie locali, che
gestiscono la maggior parte delle risorse disponibili a livello regionale.
Allesito di questo controllo le sezioni regionali della Corte inviano una
segnalazione alla Regione per lassunzione di provvedimenti conseguenti.
La Corte esercita un controllo esterno, mediante un esame dei rendiconti,
anche nei confronti di enti pubblici e privati ai quali lo Stato contribuisce
in via ordinaria e in particolare alle universit.
Questo tipo di controllo esercitato dalla Corte di conti ha una valenza
essenzialmente collaborativa nei confronti delle amministrazioni
interessate e lestensione del controllo dalle amministrazioni statali in
senso stretto alle amministrazioni regionali e locali ha comportato un
riposizionamento della Corte dei conti che sempre di pi un apparato al
servizio, non solo del Governo, bens dello Stato-comunit.
3. I controlli gestionali.
I controlli gestionali, che costituiscono la specie principale di controlli
interni alle pubbliche amministrazioni, hanno acquistato un peso
crescente in parallelo al declino del controllo preventivo sugli atti,
fenomeni entrambi correlati a un ripensamento del ruolo delle
amministrazioni, a partire dagli anni Novanta del secolo scorso,
ripensamento che, come si accennato, ha posto in primo piano, pi che il
principio della legalit formale, quello del conseguimento di obiettivi e
risultati collegati alle finalit di interesse pubblico perseguite.
La disciplina generale contenuta nel d.lgs. 30 luglio 1999, n. 286
emanato in attuazione di una delega legislativa contenuta nella legge 15
marzo 1997, n. 59 (cosiddetta legge Bassanini) nellambito di una riforma
dellorganizzazione delle amministrazioni pubbliche volta ad attuare il
massimo di decentramento compatibile con lassetto costituzionale.
Il d.lgs. n. 286 individua quattro tipi di controllo interno che devono
essere introdotti in tutte le pubbliche amministrazioni statali e non statali.

334

Il primo tipo di controllo quello di regolarit amministrativocontabile volto a garantire la legittimit, regolarit e correttezza
dellazione amministrativa (art. 1, comma 1, lett. a)). Questo tipo di
controllo affidato, a seconda del tipo di amministrazione, agli uffici di
ragioneria (ministeri), agli organi di revisione (enti locali), ai servizi
ispettivi di finanza. La composizione di detti organismi prevede la
presenza maggioritaria di componenti iscritti allalbo dei revisori
contabili (art. 2).
Questo tipo di controllo ha carattere preventivo e avviene sulla base di
parametri costituti dai principi generali della revisione aziendale
asseverati dagli ordini e collegi professionali operanti nel settore.
Il secondo tipo di controllo il controllo di gestione ed volto a
verificare lefficacia, efficienza ed economicit dellazione
amministrativa al fine di ottimizzare, anche attraverso tempestivi
interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati (art. 1, comma 1,
lett. b)). Questo tipo di controllo viene effettuato da un organismo
istituito a supporto dei dirigenti che possono utilizzare tale strumento per
poi organizzare meglio la loro attivit.
Ciascuna amministrazione deve pertanto definire le unit organizzative
da sottoporre al tipo di controllo menzionato; stabilire le procedure per la
determinazione degli obiettivi gestionali con lindividuazione dei soggetti
responsabili; individuare linsieme dei prodotti e delle finalit dellazione
amministrativa riferiti allintera organizzazione o a singole unit
organizzative; definire le modalit di rilevazione e ripartizione dei costi
tra le unit organizzative e di individuazione degli obiettivi per cui i costi
sono sostenuti; elaborare gli indicatori specifici per misurare efficacia,
efficienza ed economicit; stabilire la frequenza di rilevazione delle
informazioni (art. 4).
Il terzo tipo di controllo riguarda la valutazione della dirigenza
pubblica (art. 1, comma, 1 lett. c)). Esso effettuato con periodicit
annuale e consiste nella valutazione delle prestazioni dei dirigenti e delle
competenze organizzative, anche sulla base dei risultati del controllo di
gestione. Nelle amministrazioni dello Stato la valutazione effettuata dal
livello dirigenziale via via superiore rispetto al dirigente interessato e per i
capi di dipartimento esso spetta direttamente al Ministro, sulla base degli
elementi forniti dallorgano di valutazione e controllo strategico (art. 5).
Questo tipo di controllo funzionale a far valere la responsabilit di tipo
dirigenziale che costituisce una particolare forma di responsabilit
(diversa da quella disciplinare) alla quale soggiacciono le figure

335

dirigenziali e che pu determinare, a seconda dei casi, il mancato rinnovo


dellincarico, la revoca del medesimo collocando il dirigente a
disposizione, il recesso dal rapporto di lavoro (art. 21 del d.lgs. 30 marzo
2001, n. 165). Queste misure sono disposte avendo assunto un parere
conforme di un comitato di garanti.
Il quarto tipo di controllo consiste nella valutazione e controllo
strategico preordinati a valutare ladeguatezza delle scelte compiute in
sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di
determinazione dellindirizzo politico, in termini di congruenza tra
risultati conseguiti e obiettivi predefiniti (art. 1, comma 1, lett. d)).
Lorgano deputato al tipo di controllo in esame riferisce in via riservata
allorgano di vertice competente a impartire le direttive e gli altri atti di
indirizzo politico. Il controllo mira a verificare leffettiva attuazione delle
scelte indicate in questo tipo di atti e si concretizza nellanalisi della
congruenza o degli eventuali scostamenti tra le missioni affidate, le scelte
operative effettuate, le risorse umane, finanziarie e materiali assegnate,
identificando gli eventuali fattori ostativi, le responsabilit e i possibili
rimedi (art. 6).
Linsieme dei controlli interni, da esercitare in modo integrato, tende a
migliorare lazione amministrativa e ha prevalentemente una funzione
collaborativa. I controlli interni, sperimentati da molto tempo nelle
organizzazioni private, hanno fatto fatica ad attecchire nel contesto delle
pubbliche amministrazione e testimoniano il tentativo di introdurre
allinterno di queste ultime una visione aziendalistica della gestione dei
poteri pubblici.

B) LA RESPONSABILITA
4. Premessa
Nel Cap IV si osservato che la violazione di una norma di relazione
causata da un comportamento della pubblica amministrazione lesivo di un
diritto soggettivo d origine a un illecito ex art. 2043 del cod. civ. La
violazione di una norma di azione causata da un provvedimento
amministrativo illegittimo lesivo di un interesse legittimo, invece, per
lungo tempo, fino alla svolta operata dalla Corte di Cassazione con la
sentenza delle Sezioni Unite n. 500 del 1999 pi volte citata, non
costituiva un illecito. Anzi, la distinzione diritto soggettivo-interesse

336

legittimo costituiva il criterio per tracciare la linea di confine della


responsabilit civile della pubblica amministrazione.
Conviene ora svolgere il tema della responsabilit della pubblica
amministrazione e dei funzionari in modo pi sistematico.
Da un punto di vista storico, la responsabilit dello Stato collegata a
comportamenti o ad atti illeciti dei suoi agenti costituisce lesito di una
evoluzione che muove dal principio della immunit del sovrano sancito in
tutti gli ordinamenti in epoca antecedente allo Stato di diritto. Di essa si
ha uneco nel detto inglese secondo il quale The King can do no wrong.
Ancora a fine Ottocento la dottrina italiana (G. MANTELLINI)
sosteneva che lidea stessa della responsabilit dello Stato fosse
incompatibile con il perseguimento di fini pubblici da parte da parte degli
apparati pubblici e con il carattere etico dello Stato. Lesigenza di
tutelare gli interessi pubblici giustificava il sacrificio a carico dei soggetti
privati. Tuttal pi chiamato a rispondere poteva essere il funzionario.
Con laffermarsi dellideale dello Stato di diritto limmunit della
pubblica amministrazione venne via via erosa a favore di un
assoggettamento sempre pi pieno al principio di responsabilit. Cos, nel
nostro ordinamento, gi prima della Costituzione si afferm la tesi
secondo la quale la pubblica amministrazione responsabile nei confronti
di terzi in relazione ai cosiddetti atti di gestione (da contrapporre ai
cosiddetti atti di imperio) in quanto in questo ambito essa opera su un
piano di parit con i soggetti privati.
Il punto di arrivo del percorso delineato, con varianti significative nei
singoli Stati europei, enunciato simbolicamente nellart. 340 del Trattato
sul Funzionamento dellUnione Europea. Il secondo comma stabilisce
che in materia di responsabilit extracontrattuale lUnione deve risarcire
di danni cagionati dalla sue istituzioni o dai suoi agenti nellesercizio
delle loro funzioni conformemente ai principi generali comuni ai diritti
degli Stati membri. Questultima disposizione d per assunto che a
livello europeo la pubblica amministrazione sia assoggettata a un regime
di responsabilit per danni cagionati a terzi.
Semplificando molto, due sono i modelli prevalenti di responsabilit
della pubblica amministrazione affermatisi a livello europeo. Il primo,
adottato in Gran Bretagna, si fonda sul principio della responsabilit
personale del dipendente pubblico nei confronti dei terzi danneggiati,
responsabilit che entro certi limiti viene estesa dalla legge agli apparati
al servizio dei quali opera il dipendente. Il secondo modello, adottato in

337

Germania, si fonda sul principio opposto della responsabilit oggettiva


indiretta dellapparato, nella sua veste di datore di lavoro del dipendente
che ha posto in essere lillecito (sul modello dellart. 2049 cod. civ. sulla
responsabilit dei padroni e committenti).
In ogni caso, quale che sia il modello adottato, la responsabilit
dellamministrazione e dei suoi funzionari richiede un bilanciamento tra
varie esigenze: reintegrare pienamente per equivalente i privati dei danni
subiti; prevenire comportamenti illeciti da parte dei dipendenti pubblici
ponendo un incentivo per innalzare il grado di diligenza nei
comportamenti degli agenti pubblici e di rispetto degli standard legali;
evitare il rischio di un eccesso di deterrenza (overdeterrence), nel senso
che il timore della responsabilit personale del dipendente possa costituire
un freno allattivit delle amministrazioni posta in essere per perseguire
interessi pubblici e ne comprometta dunque lefficacia. Questultima
esigenza particolarmente rilevante poich i funzionari pubblici hanno
generalmente un atteggiamento di avversione al rischio. Lesposizione ad
azioni risarcitorie induce a comportamenti opportunistici che tendono
variamente a rinviare le decisioni, a scegliere tra pi soluzioni possibili
quella pi sicura anzich quella che massimizza linteresse pubblico, a
coinvolgere nella decisione altri funzionari o apparati in modo da rendere
pi difficile laccertamento della responsabilit, ecc. Lanalisi economica
del diritto ha in proposito analizzato il sistema degli incentivi e
disincentivi discendente dai vari modelli di responsabilit della pubblica
amministrazione e dei funzionari, in modo da ricercare soluzioni ottimali
volte a massimizzare il benessere collettivo.
5. Lart. 28 della Costituzione e la responsabilit civile da
comportamento illecito.
La responsabilit della pubblica amministrazione in Italia trova
fondamento nellart. 28 della Costituzione. La disposizione stabilisce che
i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono
direttamente responsabili secondo le leggi penali, civili e amministrative
degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilit
civile si estende allo Stato e agli enti pubblici. Il richiamo alle leggi
civili rinvia alle norme codicistiche sulla responsabilit contrattuale,
extracontrattuale e precontrattuale.

338

A prima vista, lart. 28 sembra porre in primo piano la responsabilit


personale del dipendente e solo in via subordinata (per estensione) la
responsabilit dellapparato.
Pi precisamente questultima sembra avere carattere sussidiario e
parallelo: sussidiario, nel senso che il danneggiato deve proporre lazione
per danni in prima battuta nei confronti del dipendente pubblico e pu
agire contro lamministrazione solo nei casi in cui questultimo non abbia
un patrimonio capiente; parallelo nel senso che pu sorgere se e solo se
sussista una responsabilit personale del dipendente. Linterpretazione
dellart. 28, come si vedr di seguito, stata invece nel senso di ritenere
che la responsabilit del dipendente e dellamministrazione abbia natura
solidale e non sia necessariamente parallela.
In realt, lart. 28 fu il frutto della riformulazione non felice di un
articolo che i costituenti volevano introdurre per rafforzare la tutela dei
diritti di libert sanciti dalla Costituzione. Lidea originaria era cio di
introdurre una nuova responsabilit di rango costituzionale e non a caso
larticolo chiude il Titolo primo della parte Prima della Costituzione
dedicato ai diritti fondamentali. Gli emendamenti via via introdotti
snaturarono la portata dellarticolo la cui formulazione finale diede subito
adito a un dibattito circa la sua portata effettiva. Linterpretazione
giurisprudenziale ricondusse la portata della disposizione al modello di
responsabilit, gi affermatosi nei decenni precedenti, che pone in primo
piano la responsabilit dellapparato.
Gi prima della Costituzione, infatti, la responsabilit degli apparati
pubblici derivante da comportamenti illeciti venne ricostruita come
responsabilit diretta che sorge in base al cosiddetto rapporto organico (o
di immedesimazione organica) intercorrente tra lagente e
lamministrazione di appartenenza. A questultima si imputano
direttamente gli effetti dellattivit del primo, sia che essa si esprima in
provvedimenti amministrativi sia che essa si esprima in comportamenti.
Ci perch, in base alla ricostruzione richiamata, da un punto di vista
formale, non il dipendente pubblico che opera, ma lente stesso che
agisce e vuole (E. CASETTA). Pertanto in caso di attivit illecita posta
in essere dal dipendente nellambito delle mansioni alle quali adibito, la
responsabilit sorge esclusivamente in capo alla pubblica
amministrazione, la quale peraltro pu rivalersi sul dipendente in base ai
principi della responsabilit amministrativa, cio, come si vedr, di una
responsabilit di tipo interno.

339

Solo per alcune categorie particolari di dipendenti pubblici (giudici,


cancellieri, ufficiali giudiziari, conservatori dei registri immobiliari, ecc,)
leggi speciali antecedenti alla Costituzione avevano introdotto una
responsabilit personale del dipendente con esclusione della
responsabilit dellapparato.
Lassoggettamento della pubblica amministrazione ai principi di diritto
comune in tema di responsabilit sub peraltro inizialmente numerose
deroghe. Da un lato, varie leggi speciali riferite a particolari tipi di attivit
connesse a servizi pubblici ponevano limiti alla responsabilit del gestore.
Per esempio, esentavano da ogni responsabilit lamministrazione postale
in caso di perdita o di manomissione di lettere raccomandate o il gestore
dei servizi telefonici in caso di interruzione colposa del servizio.
Dallaltro lato, interpretazioni giurisprudenziali ritennero incompatibile
lapplicazione di alcune regole civilistiche alla pubblica amministrazione.
Cos, per esempio, per lungo tempo la giurisprudenza ritenne che a
questultima non potesse trovare applicazione lart. 2050 cod. civ.
secondo il quale chi provoca un danno nello svolgimento di attivit
pericolosa responsabile se non prova di aver adottato tutte le misure
idonee a evitare il danno. Infatti, mentre i privati svolgono tali attivit a
scopi di lucro, lamministrazione lo fa per esigenze della collettivit (si
pensi alle esercitazioni militari). Inoltre, il controllo da parte del giudice
sullidoneit delle misure adottate per evitare il danno comporterebbe
unintromissione inammissibile nella sfera delle scelte discrezionali
dellamministrazione.
Anche lapplicazione ai beni demaniali dellart. 2051 cod. civ. in
materia di responsabilit da cose in custodia (per esempio le strade
pubbliche) venne a lungo esclusa. Lo stesso art. 1337 cod. civ. in tema di
responsabilit precontrattuale venne ritenuto non applicabile ai contratti
della pubblica amministrazione. Ci perch lindagine sulla lealt del
comportamento dellamministrazione nella fase delle trattative con il
privato comporterebbe un sindacato sullesercizio del potere
discrezionale.
La giurisprudenza ha via via superato molte posizioni volte a
riconoscere alla pubblica amministrazione aree di immunit. Ha per
esempio applicato lart. 2050 cod. civ. allattivit di gestione di linee
elettriche ad alta tensione. Ha affermato che la responsabilit ai sensi
dellart. 2051 cod. civ. per danni da omessa o insufficiente manutenzione
delle strade pubbliche esclusa solo quando vi unoggettiva
impossibilit di esercizio di un potere di controllo a causa della notevole

340

estensione del bene e delluso generalizzato da parte di terzi. Ha


affermato che viola lart. 1337 cod. civ. la condotta dellamministrazione
che ha avviato e concluso una procedura a evidenza pubblica, ma che
abbia poi revocato laggiudicazione per mancanza di copertura
finanziaria, cio della disponibilit delle somme necessarie per far fronte
agli impegni contrattuali.
Anche la Corte Costituzionale intervenuta in pi occasioni a
dichiarare incostituzionali le leggi che riconoscevano esenzioni dalla
responsabilit a favore dellamministrazione. In definitiva, levoluzione
normativa e giurisprudenziale nel nostro ordinamento stata nella
direzione di assoggettare sempre di pi al diritto comune la responsabilit
della pubblica amministrazione.
Il legislatore ordinario, avallando linterpretazione dellart. 28 della
Costituzione tesa a metterne in luce gli elementi di continuit con il
sistema precedente, ha introdotto alcune delle prescrizioni generali negli
artt. 22 e seg. del Testo Unico sugli impiegati civili dello Stato approvato
con d.P.R. gennaio 1957, n. 3 (ancor oggi in vigore in questa parte),
Allesito di questa complessa evoluzione, il modello della
responsabilit della pubblica amministrazione e dei suoi agenti riferita a
meri comportamenti, cio condotte non ricollegabili allesercizio di un
potere e allemanazione di un provvedimento, pu essere cos ricostruito.
In primo luogo, la responsabilit del funzionario e
dellamministrazione per danni provocati a terzi una responsabilit
diretta di tipo solidale. Il danneggiato pu scegliere liberamente se agire
contro il dipendente, contro lamministrazione o contro entrambi. Lart.
22 del Testo Unico, rubricato Responsabilit verso i terzi, prevede
infatti, da un lato, che limpiegato che cagioni ad altri un danno ingiusto
personalmente obbligato a risarcirlo; dallaltro lato che lazione di
risarcimento nei suoi confronti pu essere esercitata congiuntamente
con lazione diretta nei confronti dellAmministrazione. Per prassi,
tenuto conto che lamministrazione un debitore patrimonialmente molto
pi solido del dipendente, lazione risarcitoria viene esperita soltanto nei
confronti dellamministrazione, salvo che sussistano ragioni di ostilit e
acrimonia particolari,.
In questo modo si evita il rischio di
overdeterrence.
In secondo luogo, il perimetro della responsabilit della pubblica
amministrazione pi ampio di quello della responsabilit del dipendente.
Infatti, la responsabilit personale di questultimo per danni provocati

341

nellesercizio delle funzioni alle quali preposto limitata ai casi di dolo


e colpa grave (art. 23 del Testo Unico). In caso di colpa lieve, lazione
risarcitoria pu essere proposta solo nei confronti dellamministrazione e
viene dunque meno il principio del parallelismo. Inoltre, limpossibilit
pratica di identificare il dipendente pubblico che ha posto in essere il
comportamento dannoso non esclude la responsabilit della pubblica
amministrazione, purch sia accertato che la condotta sia riferibile a un
dipendente di quellamministrazione. Anche questa ipotesi esclude il
principio del parallelismo delle responsabilit.
In terzo luogo, lamministrazione che abbia risarcito il terzo del danno
cagionato dal dipendente pu esercitare unazione di regresso contro
questultimo secondo i principi della responsabilit amministrativa (art.
22 del Testo Unico). Si tratta di una responsabilit per cos dire interna al
rapporto tra dipendente e amministrazione che include tutti i danni
derivanti da violazioni di obblighi di servizio (art. 18 del Testo Unico).
La responsabilit amministrativa, come si vedr, ha caratteristiche
particolari ed accertata attraverso un giudizio innanzi alla Corte dei
conti (art. 19). Questo tipo di responsabilit assolve in modo efficace la
funzione di prevenire comportamenti illeciti da parte dei dipendenti
pubblici. Di fatto questi ultimi temono la responsabilit per danno erariale
azionata, come si vedr, dalla procura della Corte dei conti, molto pi di
quella civile azionata dai terzi danneggiati.
Fin qui ci si occupati del modello generale di responsabilit della
pubblica amministrazione e dei suoi agenti scomponendo la relazione
trilaterale che la caratterizza nelle sue componenti essenziali: il rapporto
tra terzo danneggiato e il dipendente pubblico che ha posto in essere il
comportamento illecito; il rapporto tra il terzo danneggiato e la pubblica
amministrazione nella quale incardinato il dipendente pubblico; il
rapporto per cos dire interno tra dipendente e amministrazione di
appartenenza.
Occorre ora prendere in considerazione gli elementi strutturali
dellillecito civile ex art. 2043 cod. civ. Va posta anzitutto la distinzione
tra illecito riferito ai meri comportamenti degli agenti della pubblica
amministrazione e illecito conseguente allemanazione di provvedimenti
amministrativi illegittimi. Questultimo ambito, divenuto attuale solo
dopo la sentenza n. 50/1999, presenta alcune peculiarit che verranno
messe in evidenza dopo aver trattato lambito dei meri comportamenti
(non collegati in alcun modo allesercizio del potere).

342

Rientrano in tale ambito, tipicamente, lincidente stradale causato da


un automezzo militare; il danno subito da uno scolaro non sorvegliato
adeguatamente dallinsegnante; il danno provocato a un autoveicolo a
causa della difettosa manutenzione di una strada (la cosiddetta insidia o
trabocchetto); il danno causato da un incendio della sterpaglia presente
sulle sponde di un fiume lasciate negligentemente in stato di abbandono.
In estrema sintesi, in base alla disposizione codicistica, per essere
risarcibile il danno deve essere riconducibile a una condotta colposa o
dolosa dellagente; deve essere qualificato come ingiusto; deve
sussistere un nesso di causalit tra condotta ed evento pregiudizievole.
Per quanto riguarda la condotta, in conformit ai principi generali, la
responsabilit del dipendente e della pubblica amministrazione pu
sorgere sia quando lillecito consegua al compimento di atti od
operazioni, sia quando lillecito consista nellomissione o nel ritardo
ingiustificato di atti od operazioni al cui compimento limpiegato
obbligato per legge o per regolamento (art. 23, comma 2, del Testo
Unico). La proposizione dellazione risarcitoria deve essere preceduta in
questo caso da un atto formale di diffida (art. 25 del Testo Unico).
Inoltre, nel caso in cui la condotta consista in atti od operazioni
compiute da organi collegiale, tutti i membri del collegio sono
responsabili in solido. La responsabilit esclusa solo per coloro che
abbiano fatto verbalizzare il proprio dissenso (art. 24 del Testo Unico).
Infine, la condotta illecita deve essere imputabile allagente in base
allart. 2046 del cod. civ., che esclude limputabilit in caso di incapacit
di intendere e volere al momento in cui la condotta stata posta in essere.
Deve essere inoltre riferibile allamministrazione in base al rapporto di
immedesimazione organica. Questultimo pu spezzarsi (cosiddetta
frattura del rapporto organico) solo nei casi in cui il dipendente agisce per
finalit personali ed egoistiche al di fuori delle proprie incombenze.
Tuttavia non vi automatismo, come si riteneva in passato, tra
condotta dolosa, qualificabile o meno come reato e frattura del rapporto
organico. Infatti secondo la giurisprudenza pi recente, in presenza di
una condotta dolosa non si ha frattura allorch sia rinvenibile comunque
un nesso di occasionalit necessaria tra attivit illecita e mansioni del
dipendente. In concreto, occorre verificare se il comportamento doloso o
costituente reato dellagente sia comunque riconducibile in ultima analisi,
a un interesse dellamministrazione. In particolare va stabilito se lo
specifico comportamento dellagente, pur costituendo un abuso volontario

343

o riconducibile a una prassi distorta, si inserisca in unattivit complessiva


comunque rivolta al perseguimento dei fini istituzionali dellente. Solo se
manca tale nesso, come per esempio quando il comportamento illecito
dellagente costituisca un reato il cui soggetto passivo la stessa pubblica
amministrazione, responsabile solo il dipendente. Cos, per esempio,
sussiste il nesso di occasionalit necessaria nel caso di un carabiniere che
ferisce con la pistola dordinanza un commilitone nella camerata di una
caserma scaricando la pistola dordinanza in violazione del divieto di
tenere larma carica; non sussiste invece tale nesso nel caso di un
carabiniere, in libera uscita in un locale pubblico, ferisce un amico con
larma in dotazione mentre per scherzo, quasi per vanteria, la maneggia
incautamente.
Passando a considerare il requisito della colpa, un aspetto particolare
riguarda il nesso tra colpa e discrezionalit. In passato la giurisprudenza
riteneva che fosse precluso al giudice laccertamento della colpa perch
esso si sarebbe risolto in un giudizio sulla discrezionalit della pubblica
amministrazione non consentito in base alla legge 20 marzo 1865, n. 2278
All. E che, come si accennato, individua lambito della giurisdizione del
giudice ordinario. Progressivamente la giurisprudenza ha superato questa
chiusura affermando invece il principio, oggi pacifico, secondo il quale il
potere discrezionale dellamministrazione incontra un limite, non soltanto
nelle disposizioni di legge e di regolamento che prescrivono determinate
modalit di comportamento, ma anche nelle comuni regole di diligenza e
prudenza. In altre parole, lamministrazione nelloperare le scelte
discrezionali tenuta al rispetto del principio generale del neminem
laedere.
Su questo tema rileva la distinzione tra scelta discrezionale dei mezzi
pi idonei per soddisfare gli interessi pubblici (per esempio, le modalit
organizzative di un servizio pubblico) e attivit di realizzazione e messa
in opera dei mezzi prescelti. Con riguardo a questultima non sorge tanto
un problema di sindacato sulla discrezionalit, quanto un problema di
valutazione di un comportamento del dipendente che abbia attuato in
modo difettoso, con negligenza, imperizia o imprudenza, la scelta. Cos,
per esempio, il giudice non potrebbe censurare la scelta organizzativa del
proprietario e gestore della rete ferroviaria di lasciare incustodito un
passaggio a livello, ma ben potrebbe invece valutare se gli strumenti di
segnalazione del passaggio a livello incustodito non abbiano funzionato
correttamente a causa di una cattiva manutenzione dei medesimi.

344

Quanto al requisito dellingiustizia del danno, come gi pi volte


accennato, la giurisprudenza costante (per i critici monolitica o
pietrificata), prima della svolta operata dalle Sezioni Unite della Corte
di Cassazione con la sentenza n. 500/1999, riteneva che poteva essere
definito come ingiusto ai sensi dellart. 2043 cod. civ. il danno
conseguente alla lesione di un diritto soggettivo e non anche quello
conseguente alla lesione di un interesse legittimo.
Veniva cos esclusa la risarcibilit dei danni conseguenti causati da
provvedimenti amministrativi illegittimi, mentre essa era ammessa con
riguardo a tutta larea dei meri comportamenti degli agenti della pubblica
amministrazione. Questi ultimi, ove posti in essere contra jus,
determinano una lesione di una situazione giuridica soggettiva di diritto
soggettivo in senso proprio in capo al soggetto danneggiato.
Peraltro, gi prima della sentenza n. 500/1999 la giurisprudenza aveva
esteso lambito della responsabilit della pubblica amministrazione a
fattispecie nelle quali emergeva un collegamento almeno indiretto con
lesercizio di poteri amministrativi che incidono negativamente sulla sfera
giuridica del destinatario ai quali corrispondono, come si visto, i
cosiddetti interessi legittimi oppositivi.
Lesempio pi significativo era quello delloccupazione di un terreno
operata dalla pubblica amministrazione in esecuzione di un
provvedimento di espropriazione illegittimo. Infatti il proprietario leso in
un suo interesse legittimo ad opera del provvedimento di esproprio poteva
proporre unazione di annullamento innanzi al giudice amministrativo. In
caso di accoglimento del ricorso, con conseguente annullamento del
provvedimento di esproprio, la retroattivit dellannullamento ripristinava
e faceva riespandere il diritto soggettivo in capo al proprietario privato.
Pertanto lavvenuta occupazione del terreno, valutata a posteriori,
diventava abusiva, cio priva di un titolo dei legittimazione. La posizione
dellamministrazione era dunque del tutto assimilabile a quella di un
soggetto privato che si fosse impossessato del terreno del vicino, un
comportamento certamente illecito ai sensi dellart. 2043 cod. civ.
tutelabile innanzi al giudice ordinario.
Analogamente, la revoca illegittima di una concessione amministrativa
attributiva a un soggetto privato il diritto soggettivo a svolgere una
determinata attivit poteva costituire un illecito risarcibile una volta che il
provvedimento fosse stato annullato dal giudice amministrativo. Il danno
da risarcire era quello correlato al mancato esercizio dellattivit oggetto

345

della concessione nel periodo di tempo intercorrente dalla revoca


allemanazione della sentenza di annullamento.
Attraverso questo meccanismo, un po macchinoso poich comportava
la necessit di instaurare due giudizi dapprima innanzi al giudice
amministrativo per tutelare linteresse legittimo e poi innanzi al giudice
ordinario per tutelare il diritto soggettivo, tutta larea degli interessi
legittimi oppositivi (o, per usare unaltra terminologia gi menzionata, dei
diritti affievoliti) era potenzialmente in grado di far sorgere una
responsabilit a carico dellamministrazione.
La giurisprudenza aveva invece negato in modo netto possibilit di
richiedere il risarcimento del danno nel caso di diniego illegittimo di un
provvedimento favorevole che preclude lo svolgimento di unattivit e
dunque lesercizio di un diritto. Ed proprio sul versante dei cosiddetti
interessi legittimi pretensivi che la sentenza n. 500/1999 ha introdotto le
innovazioni maggiori.
6. La risarcibilit del danno da lesione di interessi legittimi.
Con la sentenza n. 500/1999 emerso in primo piano il tema della
responsabilit da provvedimento illegittimo.
La Corte di Cassazione ha abbattuto la barriera della irrisarcibilit del
danno da lesione di interesse legittimo, dimostrandosi sensibile alle
critiche quasi unanimi della dottrina e cogliendo alcune sollecitazioni
provenienti dal diritto comunitario che non conosce la distinzione tra
diritti soggettivi e interessi legittimi.
La Corte ha operato una nuova interpretazione della nozione di danno
ingiusto ex art. 2043 cod. civ. A questo fine ha anzitutto qualificato lart.
2043 cod. civ. non pi come norma (secondaria), volta a sanzionare una
condotta vietata da altre norme (primarie), bens come norma (primaria)
volta ad apportare una riparazione del danno ingiustamente sofferto da
un soggetto per effetto dell'attivit altrui.
In altre parole, per la sua applicazione lart. 2043 cod. civ. non richiede
che si rinvengano altre norme primarie recanti divieti e costitutive di
diritti, ma pone direttamente il criterio per stabilire se il danno possa
essere qualificato come ingiusto. Non ha pi un rilievo determinate la
qualificazione formale della situazione giuridica soggettiva del
danneggiato in termini di diritto soggettivo, ma sufficiente che in capo
al danneggiato sia riscontrabile la lesione di un interesse giuridicamente

346

rilevante. E ingiusto cio il danno che lede un interesse giuridicamente


rilevante e ci a prescindere dalla qualificazione di questultimo in
termini di diritto soggettivo o di interesse legittimo.
Diventa allora cruciale stabilire in quali casi un interesse
giuridicamente rilevante e a questo fine la Corte precisa che occorre
operare un giudizio di valutazione e comparazione tra interessi in
conflitto alla stregua del diritto positivo, accertando con quale consistenza
e intensit lordinamento assicura tutela allinteresse del danneggiato.
In base a questo criterio non tutti gli interessi legittimi sono risarcibili.
Occorre infatti appurare se per effetto del provvedimento illegittimo
risulti leso linteresse al bene della vita al quale linteresse legittimo si
correla. Nel caso degli interessi legittimi oppositivi la correlazione al
bene della vita, cio la conservazione del bene o della situazione di
vantaggio di fronte a un provvedimento che mira a sacrificarlo o a
limitarlo, per cos dire in re ipsa.
Nel caso degli interessi legittimi pretensivi, in relazione ai quali la
sentenza n. 500 introduce, come si gi detto, le innovazioni maggiori, la
cui lesione pu derivare dal diniego illegittimo del provvedimento
favorevole richiesto sia dal ritardo ingiustificato nelladozione di
questultimo, il collegamento con il bene della vita meno automatico e
richiede una valutazione pi complessa.
Questultima implica infatti un giudizio prognostico da condurre in
riferimento alla normativa di settore, sulla fondatezza o meno della
istanza onde stabilire se il pretendente fosse titolare non gi di una mera
aspettativa, come tale non tutelabile, bens di una situazione suscettiva di
determinare un oggettivo affidamento circa la sua conclusione positiva, e
cio di una situazione che, secondo la disciplina applicabile, era
destinata, secondo un criterio di normalit, ad un esito favorevole, e
risultava quindi giuridicamente protetta.
Scomponendo e sviluppando questo passaggio centrale della sentenza
n. 500/1999 nei sui passaggi logici, ne deriva che: il giudizio prognostico
ha per oggetto la fondatezza o meno dellistanza del privato volta a
ottenere il provvedimento favorevole e dunque tende ad appurare se
allesito del procedimento il bene della vita o lutilit che il privato mira a
conseguire gli deve essere riconosciuto; esso richiede un esame della
normativa di settore che disciplina quel particolare tipo di procedimento e
ci soprattutto per stabilire se e quanti margini di discrezionalit sono
riconosciuti allamministrazione, atteso che la sussistenza della

347

discrezionalit esclude la spettanza del bene della vita; esso va condotto


secondo un criterio di normalit, cio prefigurando, anche alla luce della
situazione concreta di fatto, landamento e lesito del procedimento;
allesito del giudizio pu risultare alternativamente, in caso di prognosi
negativa, che il privato titolare di una semplice aspettativa non tutelata
(una sorta di mera speranza a ottenere il provvedimento favorevole), in
caso di prognosi positiva, che egli si trovi in una situazione di oggettivo
affidamento, giuridicamente protetto, a conseguire il bene della vita ad
opera di un provvedimento favorevole.
Solo in questultimo caso, che coincide sostanzialmente con i
provvedimenti vincolati, negli interessi legittimi pretensivi sussiste un
collegamento diretto con il bene della vita tale da renderli risarcibili.
In definitiva, secondo la Corte di Cassazione, la linea di confine tra
risarcibilit e irrisarcibilit non tracciata pi dalla distinzione tra diritto
soggettivo e interesse legittimo, ma costituita pi semplicemente dalla
esistenza o meno della lesione di un bene della vita accertata attraverso il
giudizio prognostico.
La sentenza n. 500/1999 fornisce altri criteri per stabilire se un
provvedimento illegittimo della pubblica amministrazione sia o meno
riconducibile allo schema dellart. 2043 cod. civ.
In particolare, precisa che laccertamento dellillegittimit del
provvedimento non integra in modo automatico (in re ipsa) il requisito
della colpa. E richiesta invece un indagine ulteriore che vada a
verificare se la lillegittimit riscontrata derivi dalla violazione delle
regole di imparzialit, di correttezza e di buona amministrazione alle quali
deve ispirarsi lesercizio della funzione amministrativa e che si pongono
come limiti esterni alla discrezionalit. Il giudice deve cio valutare le
ragioni che hanno determinato lillegittimit.
In secondo luogo, la colpa va riferita, pi che al funzionario agente,
allapparato nel suo complesso, andando a sindacare se vi sia stata una
disfunzione complessiva che ha determinato lillegittimit, per esempio a
causa di una cattiva organizzazione del personale, dei mezzi e delle
risorse dellufficio.
Sul requisito della colpa, la giurisprudenza amministrativa ha
introdotto una serie di precisazioni tese soprattutto a semplificare lonere
probatorio in capo al danneggiato. Il punto di arrivo di questa evoluzione
sembra essere nel senso di utilizzare a favore di questultimo le
presunzioni semplici di cui agli artt. 2727 e 2729 cod. civ. in base ai quali

348

esse sono rimesse al prudenze apprezzamento del giudice e devono essere


gravi, precise e concordanti. In pratica, per assolvere al proprio onere
probatorio, il danneggiato pu invocare la stessa illegittimit come indice
presuntivo della colpa allegando anche altre circostanze idonee a
dimostrare che non si trattato di un errore scusabile quali, per esempio,
la chiarezza e univocit della norma da applicare, il carattere vincolato del
potere, la mancata considerazione da parte dellamministrazione
dellapporto partecipativo del privato. A questo punto per superare la
presunzione di colpa, spetta allamministrazione allegare elementi
indiziari che viceversa consentono di qualificare lerrore come errore
scusabile, quali, per esempio, la novit assoluta della norma applicata,
contrasti giurisprudenziali in ordine alla sua interpretazione, la
formulazione incerta della norma, il comportamento non corretto del
danneggiato che ha tenuto nascosto circostanze rilevanti o abbia prodotto
nel procedimento dichiarazioni inesatte, ecc. In presenza di una
illegittimit macroscopica e plateale il danneggiato, per far scattare la
presunzione di colpa, pu limitarsi ad allegare questultima, gravando poi
sullamministrazione il compito di fornire elementi volti a dimostrare
lassenza di colpa.
Si tratta di un tipo di verifica molto simile, come si vedr, a quella
operata dalla giurisprudenza comunitaria per valutare la gravit della
violazione commessa dallamministrazione, gravit che viene apprezzata
in base a parametri quali il grado di chiarezza e precisione della norma
violata, la presenza di una giurisprudenza consolidata sulla questione
esaminata, la novit della questione, ecc.
La sentenza n. 500/1999 e la giurisprudenza amministrativa prevalente
inquadrano il fenomeno della responsabilit per danno da lesione di
interessi legittimi allinterno degli schemi della responsabilit
extracontrattuale ex art. 2043 del cod. civ.
Tuttavia sono emerse in dottrina e in giurisprudenza ricostruzioni
alternative del modello di responsabilit, ricondotta piuttosto agli schemi
della responsabilit contrattuale o precontrattuale.
Si osservato infatti che nella vicenda procedimentale conclusasi con
lemanazione di un provvedimento illegittimo, il privato danneggiato non
pu essere equiparato al chiunque o al semplice passante con il quale
il danneggiante non ha alcuna relazione preesistente, che il contesto nel
quale pu sorgere tipicamente la responsabilit extracontrattuale.
Viceversa il contatto procedimentale tra il privato e la pubblica
amministrazione si presta ad essere inquadrato pi propriamente nello

349

schema del rapporto obbligatorio o del contatto sociale qualificato. Ci


perch si tratta di un rapporto che lungi dallessere slegato da qualsivoglia
regolamentazione, impone alle parti una serie precisa di obblighi
comportamentali di correttezza e buona fede. Del resto, gi nel Cap. III si
utilizzata lespressione rapporto giuridico amministrativo e si
accennato alle tesi dottrinarie pi recenti che riconducono linteresse
legittimo allinterno dello schema del rapporto obbligatorio.
Riconoscere natura contrattuale o precontrattuale alla responsabilit
per danno da provvedimento illegittimo avrebbe come conseguenza
lapplicazione del relativo regime (termini di prescrizione, onere
probatorio, danno risarcibile, ecc.).
In realt, la questione rimane ancora aperta e in ogni caso qualche
adattamento rispetto agli schemi civilistici puri sembra inevitabile.
Questopera di affinamento del regime giuridico della responsabilit
reso pi agevole dal fatto che a partire dal 2000 e ora con il Codice del
processo amministrativo (art. 7, comma 4), la giurisdizione in tema di
azioni risarcitorie per lesione di interessi legittimi affidata al giudice
amministrativo. Questultimo cos in grado di elaborare con maggior
autonomia il regime della responsabilit, atteso che la Corte di cassazione
non pu esercitare la funzione nomofilattica uniformante sulla
interpretazione delle norme civilistiche, poich il sindacato della Corte
sulle sentenze del Consiglio di Stato limitato alle questioni di
giurisdizione (art. 111, comma 8, Cost.). Il rischio, segnalato in dottrina,
dunque che giudice ordinario e giudice amministrativo sviluppino i
principi in materia di responsabilit in direzioni non coincidenti.
Unipotesi particolare di responsabilit dellamministrazione collegata
allesercizio del potere amministrativo il cosiddetto danno da ritardo. Si
tratta cio dei casi nei quali lamministrazione, in violazione dellart. 2
della l. n. 241/1990 non conclude il procedimento avviato entro il termine
previsto.
Lart. 2-bis stabilisce che le pubbliche amministrazioni sono tenute al
risarcimento del danno in giusto in conseguenza dellinosservanza
dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento. La
disposizione precisa poi che il diritto si prescrive in cinque anni e che le
relative controversie sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo. Da questa disposizione sembra emergere che il
tempo costituisce un bene della vita autonomo suscettibile di
risarcimento a prescindere dalla legittimit o illegittimit a del
provvedimento emanato. Ottenere o veder negata unautorizzazione entro

350

un termine certo costituisce unutilit apprezzabile di per s sotto il


profilo economico. Il ritardo nel rilascio di un provvedimento favorevole
pu determinare immobilizzazioni di materiali e attrezzature o di risorse
finanziarie e mancati introiti relativi allattivit da intraprendere.
Possono infatti darsi in astratto tre fattispecie. La prima che
lamministrazione abbia emanato nel termine un provvedimento di
diniego (per esempio, un diniego di autorizzazione) impugnato e
annullato dal giudice amministrativo e che essa abbia poi rilasciato il
provvedimento favorevole in esecuzione della sentenza. In questo caso il
ritardo nellavvio di attivit causato in modo diretto dal primo
provvedimento di diniego e si tratta dunque di responsabilit da
provvedimento illegittimo. La seconda che lamministrazione abbia
rilasciato il provvedimento favorevole in ritardo, mentre la terza che
lamministrazione abbia negato legittimamente il provvedimento richiesto
sempre in ritardo. In queste due ipotesi il danno da ritardo non causato
direttamente dal provvedimento, che anzi in entrambe risulta pienamente
legittimo, ma soltanto dalla mancata conclusione del procedimento nel
termine previsto. In esse emerge dunque la questione del ritardo allo stato
puro (o mero ritardo), disancorato dalla legittimit o meno del
provvedimento. In passato queste due ipotesi avevano dato origine a
oscillazioni giurisprudenziali sia sulla spettanza del risarcimento, sia in
ordine al giudice investito della giurisdizione che ora dovrebbero essere
superate dallart. 2-bis che rafforza il principio della certezza del tempo
dellagire amministrativo.
Sotto il profilo processuale, lazione per il risarcimento del danno da
lesione di interesse legittimo rientra ormai, come si gi accennato, nella
giurisdizione del giudice amministrativo (art. 7, comma 4 del Codice del
processo amministrativo). Inoltre essa pu essere proposta insieme
allazione di annullamento o anche in modo autonomo (art. 30 del
Codice). Si supera cos il precedente contrasto giurisprudenziale tra
giudice ordinario propenso ad ammettere lazione risarcitoria autonoma (o
pura) e il giudice amministrativo fermo a sostenere il cosiddetto principio
della pregiudizialit amministrativa, cio del collegamento necessario tra
azione di annullamento e azione di risarcimento.
Come gi accennato, peraltro, il Codice assoggetta lazione risarcitoria
a un termine di 120 giorni, molto pi breve del termine ordinario di
prescrizione quinquennale delle azioni risarcitorie innanzi al giudice
civile e consente al giudice amministrativo di tener conto in sede di
quantificazione del danno del comportamento del privato danneggiato

351

escludendo in particolare il risarcimento dei danni che si sarebbero


potuti evitare usando lordinaria diligenza, anche attraverso
lesperimento degli strumenti di tutela previsti (art. 30, comma 3).
Lonere di diligenza in questione, che richiama quello posto in termini
generali dallart. 1227, comma 2, cod. civ., include, come ha chiarito la
sentenza dellAdunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 2011,
quello di proporre lazione di annullamento. Si parlato in proposito di
pregiudizialit mascherata, perch il rischio di veder azzerato il danno
costituisce un incentivo molto forte a non proporre lazione risarcitoria
pura.
In ogni caso la materia ancora fluida in quando pende un ricorso alla
Corte costituzionale e comunque da pi parti si sollecita un intervento
legislativo che renda pi lungo il termine e che eviti penalizzazioni
eccessive allazione risarcitoria pura.
Un ultimo accenno va dedicato alla responsabilit contrattuale della
pubblica amministrazione in base agli artt. 1218 e seg. cod. civ. Essa
stata sempre riconosciuta alla pubblica amministrazione nei casi in cui
agisca nella sua capacit di diritto privato nei rapporti con i terzi. In
passato si riteneva peraltro che essa fosse assoggettata ad alcuni principi
speciali, in particolare per quanto riguarda il carattere liquido ed esigibile
dei crediti pecuniari. Si riteneva cio che la normativa sulla liquidazione
delle somme dovute dallo Stato ai creditori contenuta nella legge sulla
contabilit prevalesse sul codice civile. Cos fin tanto che la stessa
amministrazione non emetteva il mandato di pagamento il credito non
poteva essere considerato liquido ed esigibile, non decorrevano gli
interessi di mora e non poteva essere intrapresa la procedura esecutiva. A
partire dalla fine degli anni Settanta del secolo scorso, prevalsa la tesi
che le norme di contabilit hanno un carattere essenzialmente
organizzativo interno e che pertanto lo Stato equiparato in tutto e per
tutto a un debitore comune.
Anche i principi della responsabilit precontrattuale, come si gi
accennato, trovano ormai piena applicazione nei confronti delle
amministrazioni pubbliche.
7. La responsabilit nel diritto europeo.
La responsabilit della pubblica amministrazione nel diritto
europeo pu essere analizzata sotto due profili principali: la
responsabilit degli organi dellUnione europea nei confronti dei

352

terzi in relazione allattivit giuridica posta in essere in contrasto con


il diritto europeo; la responsabilit degli Stati membri nei confronti
dei terzi in relazione alla violazione del diritto europeo.
Il primo profilo trova una disciplina espressa nel Trattato sul
Funzionamento dellUnione Europea. Il secondo ha origine
essenzialmente giurisprudenziale.
La disposizione fondamentale lart. 340 del TFUE gi citato. Il
primo comma disciplina la responsabilit contrattuale della Comunit
e si limita ad operare un rinvio alla legge nazionale applicabile al
contratto in causa. Il secondo comma regola invece la responsabilit
extracontrattuale della Comunit e prevede, come si gi accennato,
che lUnione deve risarcire, conformemente ai principi generali
comuni ai diritti degli Stati membri, i danni cagionati dalle sue
istituzioni o dai suoi agenti nellesercizio delle loro funzioni.
Questa disposizione ha acquistato una forza espansiva tale da
costituire il fondamento della responsabilit degli Stati membri.
Il quarto comma dellart. 340 stabilisce infine che la responsabilit
personale dei dipendenti dellUnione nei confronti di questultima
regolata dalle disposizioni sul loro stato giuridico.
Quanto ai profili processuali, lart. 268 del TFUE attribuisce alla
Corte di giustizia la competenza a conoscere le controversie relative
alla responsabilit extracontrattuale della Comunit di cui allart. 340
secondo comma sopra citato. Con listituzione del Tribunale di primo
grado, spetta a questultimo la cognizione in prima istanza delle
domande risarcitorie proposte da persone fisiche e giuridiche.
I presupposti sostanziali della responsabilit delle istituzioni
comunitarie deducibili dallart. 340, comma 2 del TFUE sono
essenzialmente tre: un comportamento contra jus riferibile a
unistituzione comunitaria; lesistenza di un danno; il nesso di
causalit. Ciascuno di essi richiede un breve commento.
In primo luogo nella nozione di comportamento contra jus
imputabile alla Comunit rientra sia la nozione di comportamento o
fatto materiale (omissivo o commissivo) sia quella di atto giuridico,
normativo o amministrativo.
Circa il carattere grave e manifesto della violazione, questa
condizione contribuisce ad attribuire carattere eccezionale alla
responsabilit delle istituzioni comunitarie in settori nei quali il potere

353

normativo esercitato assume connotati di ampia discrezionalit


(sentenza 25 maggio 1978, in cause riunite C-83 e 94/76, C-4, 15 e
40/77, Bayerische HNL e altri c. Consiglio e Commissione e sentenza 19
maggio 1992, in cause riunite C-104/89 e C-37/90, Mulder e altri. c.
Consiglio e Commissione,).
Il carattere grave e manifesto della violazione pu essere ricavato in
via sintomatica, come si gi accennato, da una serie di indici: il
grado di chiarezza e di precisione della norma violata, il carattere
intenzionale o involontario della trasgressione commessa o del danno
causato, la scusabilit di un eventuale errore di diritto, laccertamento
dellinadempimento contestato da parte di una pronuncia giudiziale,
ecc. (cfr. sentenza 5 marzo 1996, in cause riunite C-46/93 e C-48/93,
punto 56, Brasserie du pcheur-Factortame).
Affinch sorga la responsabilit extracontrattuale non richiesto
invece che la violazione della norma derivi da una condotta dolosa o
colposa, elemento soggettivo invece richiesto in molti ordinamenti
nazionali. Il danno risarcibile deve essere effettivo, cio certo e
attuale. Pu trattarsi di danni presenti o futuri, ma non meramente
ipotetici. Il danno risarcibile include non solo il danno emergente, ma
anche il lucro cessante, peraltro raramente riconosciuto in concreto
(sentenza 3 febbraio 1994, in causa 308/87, Grifoni).
Ai fini della quantificazione del danno, la giurisprudenza applica il
principio generale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati
membri secondo il quale la persona lesa, per evitare di doversi
accollare il pregiudizio, deve dimostrare di aver agito con
ragionevole diligenza onde limitare lentit del danno (cfr. sentenza
19 maggio 1992, citata, punto 33, Mulder e altri. c. Consiglio e
Commissione).
Passando ora a considerare la responsabilit degli Stati membri, la
sentenza capostipite la sentenza Francovich (19 novembre 1991, in
cause riunite C-6 e 9/90) sulla quale si ormai formata unampia
letteratura.
Il caso riguardava il mancato recepimento da parte della
Repubblica italiana entro il termine prescritto di una direttiva
comunitaria (80/987/CEE).
Due giudici nazionali, richiesti di
pronunciarsi sul diritto di alcuni lavoratori a ottenere direttamente
dallo Stato italiano i benefici previsti dalla direttiva sottoponevano
alla Corte di giustizia dellUnione europea in via pregiudiziale

354

alcune questioni interpretative tendenti ad accertare se i singoli


possano far valere direttamente nei confronti dello Stato i benefici
previsti dalla direttiva risultanti da disposizioni sufficientemente
precise e incondizionate e comunque richiedere allo Stato il
risarcimento del danno subito in relazione alle disposizioni della
direttiva che non abbiano tali caratteristiche.
Appurato che la direttiva in questione non sufficientemente
precisa e incondizionata e dunque non consente agli interessati di far
valere i diritti da essa attribuiti ai lavoratori direttamente nei
confronti dello Stato membro, la Corte di giustizia ha esaminato la
questione della responsabilit dello Stato per danni derivanti dalla
violazione degli obblighi ad esso derivanti in forza del diritto
comunitario.
La motivazione della sentenza dapprima si sofferma in astratto sul
fondamento della responsabilit dello Stato, poi passa a definire le
condizioni in presenza delle quali pu sorgere una siffatta
responsabilit.
Sul primo punto, afferma che il principio della responsabilit
dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto
comunitario ad esso imputabili inerente al sistema del Trattato
(punto 35). Un fondamento specifico pu essere ritrovato, secondo la
Corte, gi nellobbligo degli Stati membri di adottare tutte le misure
atte ad assicurare lesecuzione degli obblighi comunitari (oggi art. 4,
comma 3, Trattato sullUnione Europea), compreso quello di
eliminare le conseguenze illecite di una violazione del diritto
europeo.
La sentenza enuncia tre condizioni in presenza delle quali pu
sorgere una siffatta responsabilit: che la direttiva implichi
lattribuzione di diritti a favore dei singoli; che il contenuto di tali
diritti possa essere individuato sulla base della direttiva stessa; che
esista un nesso di causalit tra la violazione dellobbligo a carico
dello Stato e il danno subito dai soggetti lesi.
La sentenza Francovich, secondo gran parte dei commentatori,
segna una tappa fondamentale nella costruzione del sistema europeo
come ordinamento autonomo, un ordinamento che costruisce al
proprio interno i propri principi e che in grado di imporli anche agli
Stati membri. Nel caso di specie, la responsabilit degli Stati membri
non pi retta solo dai principi del diritto nazionale, ma anche dai

355

principi autonomamente formatisi (anche in via giurisprudenziale)


nel diritto europeo.
La Corte di giustizia ha ripreso e sviluppato i principi enunciati
nella sentenza Francovich.
La sentenza Brasserie du pcheur-Factortame del 5 marzo 1996,
gi richiamata, ha chiarito che gli Stati membri possono essere tenuti
a risarcire i danni cagionati da violazioni del diritto comunitario da
parte del legislatore nazionale. I casi sottoposti alla Corte
riguardavano, per un verso, un divieto di importazione in Germania
di birra francese prodotta in modo non conforme ai requisiti di
genuinit prescritti dalla legge fiscale tedesca sulla birra in
violazione dellart. 34 TFUE; per altro verso, la previsione contenuta
nella legge inglese sulla navigazione mercantile di taluni requisiti
restrittivi di nazionalit, residenza e domicilio per i proprietari e gli
esercenti di pescherecci prescritti ai fini delliscrizione in un
apposito registro e ci in violazione dellart. 49 TFUE. Le
disposizioni europee violate dal legislatore nazionale in entrambi i
casi erano tali da conferire direttamente ai singoli diritti in senso
proprio.
La sentenza Lomas del 23 maggio 1996, in causa C-5/94, ha sancito
il principio secondo il quale la responsabilit dello Stato pu sorgere
non solo in relazione a un atto normativo, bens anche a un atto
amministrativo adottato in violazione del diritto comunitario. Il caso
riguardava un diniego di una licenza di esportazione di animali da
macello destinati alla Spagna da parte del Ministero dellAgricoltura,
della Pesca e dellAlimentazione britannico, giustificato dal fatto che i
mattatoi spagnoli utilizzavano tecniche di macellazione contrastanti
con la direttiva comunitaria 74/577/CE relativa allo stordimento degli
animali prima della macellazione, La Corte ha sottolineato che nel
caso di diniego della licenza di esportazione, diversamente da quanto
accade normalmente nel caso di attivit normativa, il Ministero inglese
non dispone di margini di discrezionalit significativi e pertanto la
semplice trasgressione del diritto comunitario pu essere sufficiente
per accertare lesistenza di una violazione sufficientemente grave e
manifesta (punto 28).
La Corte ha poi precisato che la responsabilit dello Stato membro
per violazione del diritto comunitario sorge qualunque sia lorgano di
questultimo la cui azione od omissione ha dato origine alla
trasgressione. I casi pi rilevanti hanno riguardato il Land del Tirolo

356

(sentenza 1 giugno 1999, in causa C-302-97, Konle), nel quale stato


precisato che uno Stato membro non pu sottrarsi alla responsabilit
invocando la ripartizione interna delle competenze derivante dalla sua
struttura federale, e un ente previdenziale pubblico (la cassa di
malattia dei dentisti tedesca) (sentenza 7 aprile 2000, in causa C-42497, Haim).
Da ultimo si affermato anche che la responsabilit dello Stato pu
sorgere in conseguenza di pronunce di organi giurisdizionali (sentenze
30 settembre 2003, in causa C-224-01, Koebler; 13 giugno 2006, in
causa C-173-03, Traghetti del Mediterraneo). Non possono costituire
un impedimento a riconoscere questo tipo di responsabilit, come
chiarisce la sentenza Koebler, n il principio dellautorit del
giudicato poich il giudizio inteso a far dichiarare la responsabilit
dello Stato non ha lo stesso oggetto e non implica necessariamente le
stesse parti del procedimento che ha dato luogo alla decisione che ha
acquisito lautorit della cosa definitivamente giudicata (punto 39;
n il principio dellindipendenza del giudice, poich assume rilievo
non la responsabilit personale del giudice, ma quella dello Stato
(punto 42).
8. La responsabilit amministrativa.
Si gi esaminata nel secondo paragrafo unipotesi particolare di
responsabilit amministrativa che si ha quando la pubblica
amministrazione, condannata a risarcire un terzo del danno provocato
dal comportamento illecito del proprio dipendente, agisce in via di
regresso nei confronti di questultimo. La somma corrisposta al terzo
costituisce un danno per lerario del quale lamministrazione di rivale
sul proprio dipendente (danno erariale cosiddetto indiretto). Ma, al di
l di questa fattispecie, la responsabilit amministrativa riguarda ogni
genere di danno causato allamministrazione dal proprio dipendente
che determini un decremento patrimoniale o un mancato introito nelle
casse dello Stato (danno erariale diretto).
Gli esempi pi tipici di danno erariale sono i danni arrecati ad
attrezzature e macchinari dellamministrazione, consulenze non
necessarie affidate a professionisti esterni, contratti stipulati a condizioni
sfavorevoli per lamministrazione, spese superflue degli amministratori di
enti o non legate strettamente allattivit di servizio, ecc.

357

La responsabilit amministrativa involge il rapporto interno tra


dipendente pubblico e amministrazione di appartenenza e in questo senso
costituisce, concettualmente, una sottospecie della responsabilit del
lavoro subordinato nei confronti del proprio datore di lavoro che nasce in
conseguenza della violazione dei doveri di diligenza (art. 2104 cod. civ.).
Tuttavia il regime giuridico della responsabilit amministrativa molto
diverso da quello del diritto comune e si caratterizza per avere un
carattere ibrido, a met strada tra la responsabilit contrattuale ed
extracontrattuale. Essa ha una finalit essenzialmente risarcitoria, ma in
alcune fattispecie particolari emerge anche una finalit sanzionatoria.
Le fonti normative della responsabilit amministrativa sono costituite
dal Testo unico delle leggi sulla Corte dei conti approvato con r.d. 12
luglio 1934, n. 1214, che risale, quanto a impostazione, alla legislazione
di contabilit approvata allepoca dellUnit dItalia, e soprattutto dalla
legge 14 gennaio 1994, n. 20, pi volte modificata.
Quanto al campo di applicazione, sotto il profilo soggettivo, questo
tipo di responsabilit vale per i funzionari, impiegati, agenti pubblici e
amministratori delle amministrazioni pubbliche statali e non statali e di
enti pubblici (aziende sanitarie locali, enti parastatali, ecc.). Nel corso del
tempo il novero delle figure incluse nella nozione si ampliato fino ad
abbracciare anche, negli anni Novanta, gli amministratori di enti pubblici
economici. Possono essere chiamati a rispondere anche soggetti esterni
allamministrazione, ma comunque legati ad essa di un rapporto di
servizio, come per esempio, in materia di lavori pubblici finanziati con
fondi erariali, il progettista, il direttore dei lavori e il collaudatore anche
se sono liberi professionisti non dipendenti di una pubblica
amministrazione. Infatti queste figure svolgono compiti che includono
lesercizio di poteri autoritativi nei confronti dellimpresa appaltatrice e
sono inseriti, sia pure solo temporaneamente e funzionalmente,
nellapparato organizzativo della pubblica amministrazione.
In anni recenti, la giurisprudenza della Corte dei conti aveva esteso
lambito della responsabilit amministrativa anche agli amministratori e
dirigenti delle societ per azioni in mano pubblica, assoggettando cos
questi ultimi a un doppio regime di responsabilit, cio alla responsabilit
in base al diritto societario (art. 2393 e seg. cod. civ.) e a quella per danno
erariale. La preoccupazione della Corte era che attraverso il ricorso (e
talora allabuso) dello strumento della societ per azioni in mano pubblica
si volessero eludere i vincoli pubblicistici. Da ultimo, peraltro, la Corte di
Cassazione (Sezioni Unite 19 dicembre 2009, n. 26806) ha posto un

358

limite a questo tipo di estensione, affermando che in linea di principio le


societ pubbliche non rientrano nel perimetro della responsabilit
amministrativa e, se mai, per le perdite derivanti dalla cattiva gestione
societaria possono rispondere per danno erariale i responsabili dei
ministeri e delle amministrazioni pubbliche titolari delle azioni per aver
svolto in modo corretto il loro ruolo di azionista.
Solo le societ
pubbliche (come per esempio la RAI) che in virt delle numerose deroghe
legislative allassetto di diritto comune sono assimilabili per molti aspetti
a pubbliche amministrazioni rientrano pienamente nel regime della
responsabilit amministrativa.
La responsabilit ha natura personale. Quando il fatto dannoso
causato da pi persone, ciascuna risponde solo per la parte di sua
competenza. Tuttavia nel caso in caso di dolo o quando le persone
coinvolte hanno conseguito un illecito arricchimento la responsabilit
solidale (art. 1, comma 1-quater e comma 1-quinquies della l. n.
20/1994).
Inoltre, nelle deliberazioni degli organi collegiali la
responsabilit si imputa esclusivamente a coloro che hanno espresso il
voto favorevole (art. 1, comma 1-ter, della l. n. 20/1994). Per attenuare il
rischio dei vertici istituzionali delle amministrazioni previsto che se si
tratta di atti che rientrano nella competenza propria di uffici tecnici o
amministrativi, la responsabilit non si estende ai titolari degli organi
politici che li abbiano approvati in buona fede ovvero abbiano autorizzato
o consentito lesecuzione.
Sotto il profilo oggettivo, la responsabilit sorge in relazione ai fatti
ed alle omissioni commessi con dolo e colpa grave (art. 1, comma 1,
della l. n. 20/1994). Lesclusione della responsabilit nel caso di colpa
lieve mira a evitare di sovraccaricare i dipendenti pubblici del rischio di
essere chiamati a rispondere di attivit che comunque perseguono
linteresse pubblico.
Se il danno deriva da un provvedimento, resta ferma comunque
linsindacabilit delle scelte discrezionali (art. 1, comma 1, della l. n.
20/2004). Ci significa che se il provvedimento legittimo, la Corte dei
conti non pu sostituire le proprie valutazioni in ordine alla convenienza o
non convenienza di una determinata scelta amministrativa. Altrimenti ne
verrebbe penalizzata, con effetti paralizzanti, la managerialit degli
amministratori pubblici che devono assumere decisioni spesso in
condizioni di incertezza in ordine agli esiti delle medesime. Va
comunque verificato che lattivit sia stata posta in essere nel
perseguimento dei fini pubblici e il sindacato della Corte di conti, al pari

359

di quello del giudice amministrativo, pu riguardare tutti i profili di


legittimit incluso leccesso di potere nella molteplicit delle sue figure
sintomatiche.
In relazione al danno, rileva non soltanto il danno provocato
allamministrazione in cui incardinato il dipendente, ma pi in generale
il danno cagionato ad amministrazioni o enti diversi da quelli di
appartenenza (art. 1, comma, 4 della l. n. 20/1994). In questultimo caso
si ha il cosiddetto danno obliquo che pu emergere nel caso di un
dipendente pubblico distaccato o comandato presso unaltra
amministrazione oppure il componente di un consiglio di amministrazione
di un ente pubblico nominato da un ministero o altro ente. Il danno
obliquo non si presta a essere inquadrato nello schema della
responsabilit contrattuale tra dipendente e proprio datore di lavoro, ma
coerente con una visione che tende a tutelare linteresse erariale
considerando, sotto questo profilo, il settore pubblico come un unico
comparto.
Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni dalla data
in cui il fatto si verificato, ovvero, in caso di occultamento doloso del
danno, dalla data della sua scoperta (art. 1, comma 2, della l. n. 20/1994)
e ci avvicina il regime della responsabilit amministrativa a quello
extracontrattuale per il quale il termine di prescrizione quinquennale
(art. 2947 cod. civ.).
In tema di quantificazione del danno erariale, esso si sostanzia nel
decremento patrimoniale o in una mancata entrata da parte
dellamministrazione. Al danno patrimoniale si aggiunge in alcuni casi il
danno allimmagine dellamministrazione, per esempio nel caso di
percezione di tangenti da parte di amministratori per il compimento di atti
in violazione dei doveri dufficio. Il danno va diminuito tenendo conto
dei vantaggi comunque conseguiti dallamministrazione di provenienza
o da altra amministrazione, o dalla comunit amministrata (art. 1,
comma 1-bis della l. n. 20/1994).
Cos, per esempio, se un
amministratore di un ente assume fuori dalla pianta organica e violando le
regole dipendenti a tempo determinato, il danno commisurato alle
retribuzioni versata va depurato delle utilit che lente e gli amministrati
hanno ricavato grazie alle attivit poste in essere dagli assunti. Nel caso
di realizzazione di lavori non previsti dal capitolato, ma comunque utili
per lamministrazione, occorrer tener conto di questo beneficio. Questa
sorta di compensatio lucri cum damno, operata con criteri sostanzialmente

360

equitativi, non pu tuttavia portare a un azzeramento totale del


risarcimento.
Una particolarit del regime della responsabilit amministrativa
consiste nel cosiddetto potere riduttivo previsto allart. 52, comma 2 del
Testo unico, in base al quale la Corte pu porre a carico dei responsabili
tutto o parte del danno accertato o del valore perduto. Questo potere
consente di modulare la somma a carico delle finanze personali del
dipendente (spesso non floridissime) rispetto allenormit dei danni
potenziali allamministrazione. Si pensi al caso di un militare che per
imperizia distrugga un aereo o un mezzo blindato. Secondo alcuni (G.
CORSO), questo potere risente di una concezione paternalistica del
rapporto dello Stato con i propri dipendenti, nei confronti dei quali
vengono usati il bastone della responsabilit amministrativa e la
carota del potere riduttivo.
Sotto il profilo processuale, come si accennato, la responsabilit
amministrativa viene accertata in un giudizio innanzi alla Corte dei conti.
Liniziativa processuale, allesito di indagini che gi prevedono un
momento di contraddittorio con linteressato, spetta alla Procura regionale
della Corte dei conti competente. La Procura agisce dufficio o anche su
denunzia dei direttori generali e dei capi servizio che vengono a
conoscenza di fatti suscettibili di costituire un illecito erariale (art. 53 del
T.U.).
Complessivamente, per effetto delle modifiche normative intervenute
soprattutto negli ultimi anni, la responsabilit amministrativa sembra
soggetta a un regime non omologabile ai modelli di responsabilit del
codice civile e in essa sembra prevalere la funzione di dissuasione dalla
commissione di illeciti, senza per questo provocare un rischio di
overdeterrence.

361

CAP. VII
LA GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA
1. Nozione; 2. Cenni storici: a) la legge abolitiva del contenzioso
amministrativo; 3. Segue: b) la nascita del giudice amministrativo; 4.
La giustizia amministrativa nella Costituzione; 5. Listituzione dei
Tribunali Amministrativi Regionali e le riforme successive; 6. Il
dualismo del sistema italiano e il riparto di giurisdizione; 7. La
giurisdizione amministrativa di legittimit, esclusiva e di merito; 8. Le
azioni nel processo di cognizione, le azioni cautelare ed esecutiva; 9. Lo
svolgimento del processo amministrativo. I principi informatori; 10. I
ricorsi amministrativi; 11. Cenni alle giurisdizioni amministrative
speciali.

1. Nozione
Nei capitoli precedenti si accennato pi volte a questioni di tipo
processuale muovendo dalla osservazione, fatta nel Cap. I, che il diritto
amministrativo si sviluppato in stretta correlazione con listituzione nel
1889 di un giudice amministrativo speciale, distinto dal giudice ordinario.
Molti istituti del diritto amministrativo sostanziale poi si colgono appieno
solo se si tiene conto delle implicazioni di tipo processuale. Si per
esempio sottolineato come i bisogni di tutela correlati agli interessi
legittimi pretensivi sono molto diversi da quelli correlati agli interessi
legittimi oppositivi.
E ora necessario operare una trattazione pi organica della giustizia
amministrativa, a conclusione della parte dedicata allattivit
amministrativa. Si limiter lanalisi alle strutture portanti del sistema,
rinviando ai manuali di giustizia amministrativa o di diritto processuale
amministrativo per lesposizione pi compiuta dei singoli argomenti.
L'espressione giustizia amministrativa, nellaccezione pi ampia,
include tutti i mezzi predisposti da un ordinamento giuridico per
assicurare la conformit dell'azione amministrativa alla legge e il miglior
perseguimento dell'interesse pubblico nel caso concreto. Questa accezione
abbraccia anche i controlli amministrativi di legittimit e di merito, le
garanzie procedimentali, l'autotutela cosiddetta decisoria (annullamento
d'ufficio, revoca, ecc.), il difensore civico, ecc. Essa riflette la cosiddetta

362

concezione oggettiva della tutela, pi risalente nel tempo, che pone in


primo piano linteresse generale a garantire con ogni mezzo il rispetto dei
limiti giuridici e non giuridici imposti allazione amministrativa.
Laccezione pi ristretta corrisponde invece alla concezione soggettiva
della tutela. Questa trova fondamento negli artt. 24 e 113 della
Costituzione, i quali pongono in primo piano lesigenza di una tutela
piena ed effettiva dei diritti soggettivi e degli interessi legittimi.
Laccezione pi ristretta della giustizia amministrativa include dunque
soltanto gli istituti volti ad assicurare la tutela delle situazioni giuridiche
dei soggetti che entrano in contatto con la pubblica amministrazione
allorch questa pone in essere atti e comportamenti non conformi alle
leggi e ai principi generali dell'attivit amministrativa.
Essi consistono in rimedi propriamente giurisdizionali, da esperire
innanzi al giudice ordinario e innanzi al giudice amministrativo e in
rimedi non giurisdizionali (ricorso gerarchico, ricorso in opposizione,
ricorso straordinario al Presidente della Repubblica).
La concezione soggettiva ora pienamente sviluppata nel Codice del
processo amministrativo approvato con d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, che
costituisce oggi la fonte generale di disciplina del processo
amministrativo.
Sotto il profilo storico e culturale gli istituti della giustizia
amministrativa, e in particolare i rimedi di tipo giurisdizionale, vanno
collocati nel contesto del costituzionalismo moderno e dellaffermarsi
progressivo dello Stato di diritto nei secoli XVIII e XIX .
Come si gi osservato nel Cap. I, l'ideale dello Stato di diritto infatti
non pu dirsi compiutamente realizzato in assenza di alcune condizioni,
tra le quali rientra una tutela giurisdizionale completa ed effettiva del
cittadino nei confronti della pubblica amministrazione.
In Italia il sistema della giustizia amministrativa si svilupp a
partire dalla seconda met del XIX secolo fino al Codice del processo
amministrativo in modo empirico e graduale, cio per tentativi, innesti
e perfezionamenti successivi ad opera del legislatore e della
giurisprudenza amministrativa, piuttosto che secondo un disegno
preordinato.
2. Cenni storici: a) la legge abolitiva del contenzioso amministrativo.

363

Le tappe essenziali dell'evoluzione della giustizia amministrativa nel


nostro ordinamento possono essere cos schematizzate: il contenzioso
amministrativo negli Stati italiani preunitari; il sistema del giudice unico
(autorit giudiziaria ordinaria) sperimentato tra il 1865 e il 1889;
l'istituzione del giudice amministrativo nel 1889 e gli assestamenti fino
alla Costituzione del 1948; l'attuazione del disegno costituzionale e le
riforme pi recenti
Il contenzioso amministrativo abbraccia quel complesso di organi,
commissioni e tribunali speciali separati dai tribunali ordinari competenti
a dirimere le liti tra i privati (consiglio del re, intendenti di finanza,
camera dei conti, giurisdizione delle acque e delle foreste, comitato
contenzioso delle finanze, ecc.) istituiti a livello centrale e periferico dal
sovrano (e da questo dipendenti) per risolvere, in relazione a determinate
materie, le controversie in cui fosse interessato il potere esecutivo. Si
trattava di organismi dipendenti dal sovrano (amministrazione
contenziosa), per quanto separati in qualche misura dagli organi di
amministrazione attiva, e dunque non potevano essere considerati giudici
in senso proprio.
In Francia un siffatto sistema venne introdotto in epoca antecedente
alla Rivoluzione del 1789 e venne da questa confermato e perfezionato.
Fu adottato in numerosi Stati europei (Spagna, Portogallo, Grecia,
Romania, ecc.). In Italia, dove erano gi state sperimentate forme anche
non rudimentali di tutela giustiziale (in particolare la Regia Camera della
Sommaria operante da oltre tre secoli nel Regno di Napoli), il sistema del
contenzioso amministrativo prese piede soprattutto in seguito
all'occupazione napoleonica.
Con l'unificazione nazionale proclamata nel 1861, si pose il problema
di riordinare la materia della giustizia amministrativa organizzata in modi
diversi negli Stati preunitari. Il contenzioso amministrativo, nel quale la
tutela del cittadino era affidata in realt alla stessa pubblica
amministrazione, sia pur con qualche garanzia a favore di questultimo,
non sembrava in linea con la nuova visione dello Stato di diritto. In
questultimo la giustizia non pu essere elargita, per cos dire, per grazia
del sovrano, ma deve essere assicurata da un giudice in senso proprio. Il
modello ritenuto pi conforme ai principi dello Stato liberale fu quello
della devoluzione al giudice ordinario delle controversie tra cittadino e
pubblica amministrazione, gi previsto dalla Costituzione belga del 1831
ad imitazione dell'esperienza inglese della common law.

364

La legge fondamentale 20 marzo 1865, n. 2248 Allegato E, gi


richiamata nel Cap. I e che definisce ancor oggi il fondamento e i limiti
della giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica
amministrazione, abol i precedenti sistemi del contenzioso
amministrativo e attribu la tutela dei diritti civili e politici dei cittadini
al giudice ordinario (art. 2), ma pose limiti rigidi ai poteri decisori di
questultimo in ossequio al principio della separazione dei poteri.
L'art. 4, comma 2 prevede infatti che l'atto amministrativo non potr
essere revocato o modificato se non sovra ricorso alle competenti
autorit amministrative. Il giudice ordinario non pu cio emanare
sentenze costitutive sotto forma di annullamento, revoca, modifica,
sospensione di un atto amministrativo e, pi in generale, di sostituzione
diretta o indiretta della volont espressa dall'amministrazione con l'atto
amministrativo (per esempio, di condanna a emanare un determinato
provvedimento o a svolgere un'attivit che consista nell'esercizio di una
potest pubblica).
L'art. 5, prevede invece che le autorit giudiziarie applicheranno gli
atti amministrativi ed i regolamenti generali e locali in quanto siano
conformi alle leggi. Attribuisce cio al giudice la possibilit di emanare
soltanto sentenze dichiarative (o di mero accertamento) che conducono
alla disapplicazione del provvedimento lesivo del diritto soggettivo che
sia in contrasto con la legge, disapplicazione limitata alla singola
controversia di cui il giudice investito.
La legge del 1865 segn dunque una svolta forse troppo radicale che
port, nellapplicazione pratica, a una situazione paradossale nella quale il
cittadino si trov ancor meno tutelato nei suoi rapporti con
l'amministrazione. Ci a causa di una pluralit di fattori: l'incerta
determinazione dell'ambito di cognizione del giudice ordinario unita a una
certa timidezza di questultimo nei confronti dellamministrazione; la
mancanza di strumenti efficaci per indurre l'amministrazione a
conformarsi al giudicato del giudice ordinario; l'assenza di strumenti di
tutela giurisdizionale per interessi individuali diversi dai diritti soggettivi
che in precedenza potevano essere fatti valere, almeno in parte, all'interno
del sistema del contenzioso amministrativo.
Determinante fu soprattutto la ricostruzione dei rapporti tra atto
amministrativo e diritto soggettivo. Infatti, la giurisprudenza civile
ritenne che latto amministrativo, ancorch illegittimo, fosse comunque
imperativo, cio idoneo a produrre gli effetti nella sfera giuridica del
destinatario e in particolare a incidere sul diritto soggettivo. E se

365

questultimo era destinato a soccombere di fronte al potere


amministrativo, il privato non era pi in condizione di rivolgersi al
giudice civile affermando la lesione di un diritto soggettivo ad opera
dellamministrazione. In definitiva, secondo la giurisprudenza civile, solo
per i cosiddetti atti di gestione, cio gli atti emanati nellesercizio della
capacit di diritto privato, poteva incardinarsi la giurisdizione del giudice
ordinario. Al contrario, i cosiddetti atti di imperio, correlati a un potere
dellamministrazione in senso proprio, restavano del tutto sprovvisti di
una tutela giurisdizionale.
3. Segue: b) la nascita del giudice amministrativo.
Si apr cos un dibattito politico e dottrinale (MANTELLINI,
MINGHETTI, SPAVENTA) che sfoci nella legge 31 marzo 1889 n.
5992 istitutiva della IV Sezione Consiglio di Stato. La IV Sezione, che si
aggiungeva a quelle gi istituite con funzioni consultive nei confronti del
Governo, era investita della competenza a decidere sui ricorsi per
incompetenza, per eccesso di potere o per violazione di legge contro atti e
provvedimenti di un'autorit amministrativa o di un corpo amministrativo
deliberante, che abbiano per oggetto un interesse d'individui o di enti
morali giuridici, quando i ricorsi medesimi non siano di competenza
dell'autorit giudiziaria, n si tratti di materia spettante alla giurisdizione
od alle attribuzioni contenziose di corpi o collegi amministrativi (art. 3).
Questa formulazione delinea i caratteri essenziali del nuovo rimedio
del quale peraltro rimase incerta, in origine, la natura propriamente
giurisdizionale. Si trattava cio di un ricorso volto a contestare la
legittimit di un provvedimento lesivo di un interesse del ricorrente
(linteresse legittimo) e finalizzato a rimuovere latto e i suoi effetti
(annullamento con effetto retroattivo), cio a ripristinare la situazione di
fatto e di diritto esistente prima dellemanazione dellatto illegittimo.
Peraltro, la legge del 1889 oper, non gi un superamento completo,
bens unintegrazione del sistema di tutela giurisdizionale delineato dalla
legge del 1865, che non venne abrogata. Si diede cos origine a un
sistema dualistico di giustizia amministrativa, che permane tuttoggi,
fondato su due giudici: il giudice ordinario, preposto alla tutela dei diritti
soggettivi; il giudice amministrativo, preposto alla tutela degli interessi
legittimi.
Molte disposizioni della legge del 1889, che delineano l'ossatura del
processo amministrativo concepito essenzialmente come processo di

366

annullamento di provvedimenti amministrativi illegittimi vennero riprese,


con poche variazioni, nel testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato del
1924 (r.d. 26 giugno 1924, n. 1054) e nella legge 6 dicembre 1971, n.
1034, istitutiva dei Tar. Solo il Codice del processo amministrativo
delinea un processo, come si vedr, con una struttura di azioni e di mezzi
di tutela molto pi articolato, ma che comunque ha al suo centro la
tradizionale azione di annullamento dei provvedimenti illegittimi.
La legge 7 marzo 1907, n. 42 sanc in modo definitivo la natura
giurisdizionale del procedimento innanzi al giudice amministrativo e
istitu la V Sezione del Consiglio di Stato, alla quale venne deferita la
cosiddetta giurisdizione di merito. Nellambito di questultima il giudice,
sostituendosi allamministrazione, pu esercitare un controllo che va oltre
la verifica della legittimit del provvedimento e che pu concludersi con
una pronuncia che modifica e riformare latto impugnato. Va ricordato
anche il regolamento per la procedura dinanzi al Consiglio di Stato in
sede giurisdizionale 17 agosto 1907 n. 642 rimasto in vigore fino al
Codice.
Il r.d. 30 dicembre 1923, n. 2840 istitu la cosiddetta giurisdizione
esclusiva in alcune materie (impiego pubblico, riconoscimento e
trasformazione di enti pubblici, recupero delle spese di spedalit, ecc.)
nelle quali l'intreccio inestricabile tra diritti soggettivi e interessi legittimi
creava una situazione di incertezza e consigliava dunque la devoluzione
della loro tutela al giudice amministrativo. La tutela di alcuni diritti
soggettivi veniva cio affidata al giudice amministrativo, creando per
negli anni successivi problemi di adattamento delle regole processuali
(mezzi di prova, tipologia di azioni, termini per proporre il ricorso) a una
situazione giuridica soggettiva strutturalmente diversa dallinteresse
legittimo. Le disposizioni sul processo amministrativo furono accorpate e
riordinate nel citato t.u. n. 1054/1924 delle leggi sul Consiglio di Stato.
4. La giustizia amministrativa nella Costituzione.
Il sistema della giustizia amministrativa non fu oggetto di particolare
attenzione in sede di Assemblea costituente. La Costituzione non ha fatto
altro che confermare il sistema gi vigente limitandosi ad elevare i suoi
principi a norme di ordine costituzionale (G. ZANOBINI) e ha
consolidato i lineamenti del sistema quali risultano dalle leggi del 1865 e
del 1889 (M. NIGRO).

367

In primo luogo, la Costituzione conferma il dualismo dei giudici e delle


situazioni giuridiche delle quali possono essere titolari i soggetti privati
nei rapporti con le amministrazioni. I diritti soggettivi e gli interessi
legittimi trovano infatti una collocazione parallela e paritaria negli artt.
24, comma 1, e 113, comma 1, Cost..
L'art. 103, comma 1, stabilisce poi che Il Consiglio di Stato e gli altri
organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei
confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in
particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi. Il
giudice amministrativo si conferma pertanto come il giudice per cos dire
naturale degli interessi legittimi.
Il giudice amministrativo pu conoscere anche di situazioni giuridiche
di diritto soggettivo (giurisdizione esclusiva), ma solo in particolari
materie indicate dalla legge.
La Corte Costituzionale, nella
fondamentale sentenza 6 luglio 2004 n. 204, gi citata, ha chiarito come
debba essere interpretata la formula particolari materie: deve trattarsi
di materie nelle quali la pubblica amministrazione agisce comunque come
autorit, cio come titolare di un potere amministrativo in senso
proprio, e nelle quali dunque la tutela dei diritti soggettivi ancillare
rispetto a quella degli interessi legittimi.
La Corte ha dunque escluso che per radicare la giurisdizione
amministrativa sia sufficiente che la controversia involga una parte
pubblica, cio una pubblica amministrazione, (criterio seguito per
esempio in Germania) oppure interi blocchi di materie (come il criterio
del servizio pubblico adottato in Francia). La Corte ribadisce cos il
criterio della titolarit della situazione giuridica soggettiva lesa come
criterio generale del riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice
amministrativo.
L'art. 113, comma 2, prevede che la tutela giurisdizionale non pu
essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per
determinate categorie di atti e ci per evitare che, comera accaduto nel
precedente regime autoritario, possano essere sottratte per legge intere
materie o tipologie di atti al controllo giurisdizionale.
L'art. 113, comma 3, infine stabilisce che La legge determina quali
organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica
amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge. Questa
disposizione evita cio di costituzionalizzare il divieto di annullamento

368

degli atti amministrativi previsto dall'art. 4, comma 2, l. n. 2248/1865,


All. E.
La Costituzione regola alcuni aspetti organizzativi della giustizia
amministrativa. Anzitutto definisce il Consiglio di Stato come organo di
consulenza giuridico-amministrativa e di tutela della giustizia
nellamministrazione (art. 100). Questa disposizione consolida il
duplice ruolo del Consiglio di Stato come organo di alta consulenza del
Governo e come organo di vertice (cio come giudice di appello) della
giurisdizione amministrativa. Attualmente, quattro sezioni del Consiglio
di Stato svolgono le funzioni giurisdizionali (III, IV, V e VI), mentre le
altre (I, II, Sezione atti normativi), svolgono le funzioni consultive.
Lart. 125, secondo comma Cost. prevede listituzione in ciascuna
Regione di organi di giustizia amministrativa di primo grado.
Infine lart. 111, ultimo comma della Costituzione, precisa che contro
le pronunce del Consiglio di Stato pu essere proposto ricorso in
Cassazione per i soli motivi inerenti alla giurisdizione. Questa
disposizione assegna alla Corte di Cassazione (a Sezioni Unite) il compito
di definire i limiti della giurisdizione amministrativa soprattutto rispetto a
quella ordinaria e fonda, come si dir, un sistema dualistico non paritario
della giustizia amministrativa.
La Costituzione non determin nell'immediato mutamenti significativi
del quadro legislativo in materia di giustizia amministrativa. Furono
soltanto istituiti nel 1948 la Sesta sezione del Consiglio di Stato con
funzioni giurisdizionali e, come riconoscimento dellautonoma speciale
della Regione siciliana, il Consiglio di giustizia amministrativa, che
costituisce un organo distaccato del Consiglio di Stato con funzioni
consultive nei confronti del governo regionale e funzioni giurisdizionali
(oggi come giudice di appello).
5. Listituzione dei Tribunali Amministrativi Regionali e le riforme
recenti.
A distanza di un quarto di secolo dalla Costituzione, la l. n. 1034/1971
istitu i Tribunali amministrativi regionali (insediati effettivamente nel
1974) e diede attuazione allart. 125, comma 2, della Costituzione. Non fu
colta peraltro loccasione per porre una disciplina organica e compiuta del
processo amministrativo.

369

La novit pi rilevante fu aver qualificato i Tar come organi generali di


giustizia amministrativa di primo grado, attribuendo al Consiglio di Stato
la configurazione di giudice essenzialmente d'appello (art. 28, comma 2).
Inoltre la l. n. 1034/1971 ampli le materie devolute alla giurisdizione
esclusiva del giudice amministrativo includendo quella relativa ai rapporti
di concessione di beni o di servizi pubblici, ad esclusione delle
controversie concernenti le indennit e i canoni di concessione che
restavano attribuite alla competenza del giudice ordinario e quelle dei
tribunali delle acque pubbliche (art. 5, l. n. 1034/1971). Attribu al giudice
amministrativo, nelle materie devolute alla propria competenza esclusiva
e di merito, il potere di emanare sentenze di condanna, limitate peraltro al
pagamento delle somme delle quali l'amministrazione fosse debitrice (art.
26, comma 3, l. n. 1034/1971).
Infine, reimpost i rapporti tra ricorso giurisdizionale e ricorsi
amministrativi, oggetto di una disciplina generale organica ad opera del
quasi coevo d.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199 emanato sulla base
dellart. 6, legge delega 28 ottobre 1970, n. 775. L'art. 20 pose cio il
principio della facoltativit del previo esperimento del ricorso gerarchico,
cio della non necessariet dellesperimento degli strumenti di tutela
amministrativa come condizione per instaurare il processo
amministrativo. In precedenza, il ricorso giurisdizionale era ammesso
solo contro gli atti definitivi, quelli cio gi oggetto del ricorso
gerarchico. Laccesso alla tutela giurisdizionale divenne cos pi diretto,
senza filtri intermedi.
La legge 27 aprile 1982, n. 186, tuttora vigente, contiene una serie di
disposizioni organizzative e di funzionamento del Consiglio di Stato e dei
Tar (articolazione dei Tar in pi sezioni anche distaccate, composizione
dei collegi giudicanti, istituzione del Consiglio di presidenza come organo
di autogoverno, nomina, status e carriera dei magistrati e del personale di
segreteria, ecc.).
Negli anni successivi alla l. n. 1034/1971 il legislatore oper una serie
di interventi minori. Per esempio estese la giurisdizione esclusiva ad altri
casi, introdusse riti speciali accelerati (per esempio, per la tutela del
diritto di accesso ai documenti amministrativi ai sensi della l. n.
241/1990). Il d.lgs. n. 80 del 1998 trasfer al giudice ordinario la
cognizione delle controversie relative ai rapporti di lavoro con le
pubbliche amministrazioni privatizzati allinizio degli anni Novanta,
controversie devolute in precedenza alla giurisdizione esclusiva del
giudice amministrativo. In parallelo, il d.lgs. n. 80 ampli i casi di

370

giurisdizione esclusiva a interi blocchi di materie (urbanistica, edilizia,


servizi pubblici), un ampliamento che la Corte Costituzionale con la
sentenza n. 204 del 2004 ritenne non compatibile con lart. 103 della
Costituzione.
Una riforma strutturale del processo amministrativo venne operata con
la legge 21 luglio 2000, n. 205 con due obiettivi principali: disciplinare
lazione risarcitoria per danni da lesione di interessi legittimi prendendo
atto della svolta operata dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con
la sentenza n. 500/1999; accrescere leffettivit della tutela prevedendo
alcuni riti accelerati, ridisegnando la tutela cautelare, disciplinando il
giudizio sul silenzio, rafforzando i poteri istruttori e decisori del giudice
amministrativo e ampliando le materie devolute alla giurisdizione
esclusiva. Le novit introdotte dalla legge n. 205 del 2000 sono state poi
trasfuse nel Codice del processo amministrativo.
Conviene soffermarsi su un solo aspetto della legge n. 205 e cio
quello relativo allazione risarcitoria. La sentenza n. 500/1999 attribu la
cognizione delle controversie risarcitorie al giudice ordinario,
argomentando in base ai principi generali e cio ricostruendo il
risarcimento del danno come un diritto soggettivo sia pur nascente da un
provvedimento amministrativo illegittimo. Il giudice ordinario poteva
conoscere dellillegittimit del provvedimento in via incidentale, cio
nellambito dellaccertamento degli elementi costitutivi dellart. 2043
cod. civ. e ai soli fini risarcitori.
In questo modo il giudice
amministrativo perdeva per cos dire il monopolio nella cognizione della
legittimit del provvedimento amministrativo e si alterava lequilibrio con
il giudice ordinario. Lart. 7, comma 4, delle legge n. 205/2000 pose
rimedio a questa situazione stabilendo che lazione risarcitoria relativa
alla lesione di interessi legittimi rientra nella giurisdizione del giudice
amministrativo aggiungendosi cos e integrando la tradizionale azione di
annullamento. Lazione risarcitoria consente anche la reintegrazione in
forma specifica. La legge n. 205 sanc dunque, con scelta confermata dal
Codice del processo amministrativo, la trasformazione del giudice
amministrativo da giudice dellannullamento degli atti amministrativi
illegittimi a giudice anche del risarcimento del danno da lesione di
interessi legittimi.
Il Codice del processo amministrativo costituisce il punto di arrivo di
una evoluzione del processo amministrativo che nel corso dei decenni, e
in special modo a partire dagli anni Novanta del secolo scorso, ha assunto
una struttura pi articolata con la previsione di una gamma pi ampia di

371

azioni e con una tipologia pi variegata di riti e di strumenti di tutela.


Esso stato emanato sulla base di una legge di delega che attribuiva a una
commissione tecnica istituita presso il Consiglio di Stato con il compito di
elaborare una bozza di articolato.
Il Codice unifica per la prima in un solo corpo normativo la disciplina
del processo amministrativo abrogando tutte le norme precedenti (All. 4,
recante Norme di coordinamento e abrogazione). Il Codice ha per una
struttura snella (137 articoli) e contiene molti rinvii espressi a singole
disposizioni del codice di procedura civile. Inoltre, come si gi
anticipato nel Cap. I, rinvia, per quanto non disciplinato dal Codice, alle
disposizioni del codice di procedura civile compatibili o espressione di
principi generali (art. 39 rubricato Rinvio esterno).
6. Il dualismo del sistema italiano e il riparto di giurisdizione.
Come si accennato, una specificit del sistema di giustizia
amministrativa italiano consiste nella presenza di una duplicit di giudici,
ordinario e amministrativo, competenti a dirimere le controversie tra
cittadino e pubblica amministrazione.
Il criterio generale di riparto della giurisdizione tra i due ordini
giudiziari tuttora, come si detto pi volte e com stato riaffermato
dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 204 del 2004, quello delle
situazioni giuridiche soggettive fatte valere in giudizio: diritti soggettivi,
devoluti alla giurisdizione del giudice ordinario; interessi legittimi,
devoluti alla giurisdizione del giudice amministrativo.
Lart. 7, primo comma, del Codice, riprendendo in ci lart 103, primo
comma, della Costituzione, attribuisce infatti in termini generali alla
giurisdizione amministrativa tutte le controversie nelle quali si faccia
questione di interessi legittimi, escludendo cos implicitamente che esse
possano attribuite al giudice ordinario. Questa formulazione simmetrica
a quella contenuta nellart. 2 della legge del 1865 che attribuisce al
giudice ordinario le controversie nelle quali si faccia questione dun
diritto civile o politico (cio di un diritto soggettivo).
Inoltre, deve trattarsi di controversie riguardanti provvedimenti, atti,
accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente allesercizio
del potere. Questa formulazione si ispira al criterio indicato dalla
sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 gi citata che connota

372

la giurisdizione amministrativa come una giurisdizione che ha per oggetto


il potere dellamministrazione, ovvero lamministrazione-autorit.
Lart. 7, primo comma, esclude peraltro dal perimetro della
giurisdizione amministrativa gli atti o provvedimenti emanati dal
Governo nellesercizio del potere politico, disposizione gi contenuta
nella legge del 1889 che pone allinterprete la necessit di distinguere tra
atti politici e atti amministrativi. I primi sono retti dalle regole e dai
meccanismi della responsabilit politica (rapporti elettore-eletti, rapporto
di fiducia tra Governo e Parlamento) e in quanto tali non sono sindacabili
da alcun giudice.
Il riparto di giurisdizione ha creato molte incertezze proprio perch la
distinzione tra diritti soggettivi e interessi legittimi appare spesso incerta.
Come si accennato nel Cap. III, la giurisprudenza della Corte di
cassazione ha elaborato nel corso del tempo tre criteri empirici: la
distinzione tra norma di relazione e norma di azione; quella tra potere
vincolato e potere discrezionale; quella tra carenza di potere e cattivo
esercizio del potere.
La giurisprudenza della Corte di cassazione ha inoltre individuato
allinterno dei diritti costituzionalmente garantiti una categoria di diritti
soggettivi incomprimibili (o non degradabili) da parte del potere
amministrativo, la cui tutela resta comunque attribuita al giudice ordinario
anche in presenza di provvedimenti amministrativi (diritto alla salute,
allambiente salubre, diritti elettorali).
Fino ad anni recenti, le due giurisdizioni ordinaria e amministrativa
venivano ritenuti incomunicabili. Lerrore sulla giurisdizione era in molti
casi fatale atteso che la pronuncia sul difetto di giurisdizione interveniva
spesso dopo che era prescritto il diritto soggettivo o si era prodotta una
decadenza, precludendo cos al titolare della situazione giuridica
soggettiva di avviare un nuovo giudizio innanzi al giudice dotato di
giurisdizione. Il Codice del processo amministrativo, in conformit agli
indirizzi pi recenti della Corte di cassazione e della Corte costituzionale,
supera questo genere di problemi introducendo il principio della
translatio judicii. Infatti, se la giurisdizione declinata dal giudice
amministrativo in favore del giudice ordinario e viceversa, sono fatti
salvi gli effetti processuali e sostanziali della domanda se il processo
riproposto innanzi al giudice indicato nella pronuncia che declina la
giurisdizione entro il termine di tre mesi dal suo passaggio in giudicato
(art. 11, secondo comma).

373

Sul riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice


amministrativo decide in ultima istanza la Corte di cassazione (a Sezioni
Unite), in base allart. 111, ultimo comma, della Costituzione. Poich la
Corte di cassazione rappresenta la struttura di vertice dell'ordine
giudiziario ordinario, il dualismo del sistema di giustizia amministrativa
italiano non pu definirsi perfettamente paritario, ma a prevalenza
istituzionale del giudice ordinario. Ci a differenza del sistema francese
nel quale la parit istituzionale tra giudice ordinario e giudice
amministrativo garantita dal fatto che sul riparto di giurisdizione si
pronuncia il Tribunal des Conflits, composto in misura paritaria da
giudici ordinari e giudici amministrativi.
Lart. 111, ultimo comma, della Costituzione, peraltro, nel definire i
rapporti tra i due ordini giudiziari, esclude che la Corte di cassazione
possa sovrapporsi al giudice amministrativo nellinterpretazione delle
leggi che questultimo applica. La disposizione costituzionale preclude
dunque la cosiddetta funzione nomofilattica che la Corte esercita nei
confronti di tutti i giudici ordinari. Cos, per esempio, in tema di
risarcimento del danno ex 2043 cod. civ., come si visto, la
giurisprudenza amministrativa sta facendo proprie interpretazioni non del
tutto in linea con quelle della giurisdizione ordinaria.
Il dualismo che caratterizza l'ordinamento italiano rappresenta un
unicum nell'esperienza occidentale, che registra invece la prevalenza di
sistemi monistici, di sistemi cio nei quali le liti tra cittadino e pubblica
amministrazione vengono devolute tendenzialmente a un solo giudice:
giudice ordinario, nel Regno Unito, negli Stati Uniti, in Belgio; giudice
amministrativo, in Francia, Germania, Austria e nella gran parte dei paesi
dell'Europa continentale.
La giurisdizione del giudice ordinario nei confronti della pubblica
amministrazione include anche una serie di fattispecie nelle quali il
legislatore gli attribuisce espressamente la giurisdizione sul presupposto
che si tratti di materie che involgono soltanto diritti soggettivi. Tra i casi
pi importanti va ricordato il giudizio di opposizione alle sanzioni
amministrative pecuniarie (legge 24 novembre 1981, n. 689), le
controversie di lavoro riguardanti i dipendenti pubblici privatizzati (d.lgs.
n. n. 165/2001), gli accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori, i
provvedimenti di espulsione di stranieri, i provvedimenti del Garante per
la tutela dei dati personali.
Nelle controversie attribuite alla sua giurisdizione che coinvolgono la
pubblica amministrazione (in particolare quelle riguardanti i cosiddetti

374

meri comportamenti della pubblica amministrazione), il giudice ordinario


pu emanare in linea di principio tutte le pronunce previste dal codice di
procedura civile che siano in grado di offrire una tutela piena del diritto
soggettivo.
Nel corso del tempo il giudice ordinario ha superato alcune restrizioni
ritenendo per esempio di poter emanare sentenze costitutive ex art. 2932
cod. civ. nel caso in cui lamministrazione si sia obbligata a concludere
un contratto e non abbia provveduto a farlo, ammettendo azioni di
condanna e possessorie in un numero pi ampio di casi, consentendo
lesecuzione forzata a valere su somme di danaro della pubblica
amministrazione.
7. La giurisdizione amministrativa di legittimit, esclusiva e di merito.
Prima di procedere allanalisi delle specificit della giurisdizione
amministrativa conviene premettere alcune classificazioni elaborate dalla
teoria generale del processo.
In primo luogo, va richiamata la distinzione tra tutela dichiarativa,
tutela cautelare e tutela esecutiva. Nella prima viene sottoposto allesame
del giudice un determinato rapporto giuridico intercorrente tra le parti
(processo di cognizione); la tutela cautelare consente alla parte che
promuove il giudizio di ottenere dal giudice misure adottate durgenza
volte a impedire che nelle more del giudizio di cognizione, si verifichino
danni gravi e irreparabili tali da rendere inutile o da ridurre lutilit della
sentenza che conclude il giudizio (processo cautelare); la tutela esecutiva,
a valle della pronuncia emanata in sede di cognizione, mira a conformare
la situazione di fatto a quella di diritto nei casi in cui la parte soccombente
non provveda spontaneamente a porre in essere le attivit esecutive
(processo di esecuzione).
In secondo luogo, le azioni proponibili nel processo di cognizione sono
astrattamente riconducibili a tre tipi: di accertamento, di condanna,
costitutiva.
Lazione di accertamento (o dichiarativa) mira a stabilire, in presenza
di una contestazione, il modo di essere di un determinato rapporto
giuridico e si conclude, in caso di accoglimento, con una sentenza che si
limita a constatare la piena conformit della situazione di fatto alla
situazione di diritto. Un esempio pu essere la sentenza che in una lite tra
proprietari confinanti stabilisce che il limite delle rispettive propriet

375

coincide perfettamente con la recinzione esistente.


esecutiva richiesta a valle della sentenza.

Nessuna attivit

Lazione di condanna, accertata invece una difformit tra situazione di


fatto e situazione di diritto, impone alla parte soccombente di porre in
essere unattivit volta a rimuovere tale difformit. Riprendendo
lesempio della lite tra proprietari confinanti, la sentenza di condanna,
stabilito il limite delle rispettive propriet in base ai titoli di acquisto,
ordina alla parte soccombente di rimuovere lattuale recinzione che
include una porzione di terreno di propriet della parte vincitrice. La
sentenza di condanna include un momento di accertamento, ma a questo
si aggiunge anche un elemento di tipo ordinatorio. La condanna pu
avere ad oggetto un facre specifico (per esempio il pagamento del
corrispettivo dovuto in base a un contratto) o anche il risarcimento del
danno.
Lazione costitutiva volta a costituire, modificare o estinguere una
situazione giuridica soggettiva. Essa correlata ai cosiddetti diritti
potestativi a necessario esercizio giudiziale dei quali si parlato nel Cap.
III. A differenza delle sentenze di accertamento e di condanna, la
sentenza costitutiva opera anzitutto una modifica nella configurazione del
rapporto giuridico intercorrente tra le parti e a valle di tale modifica, ove
necessario, richiede un adeguamento della situazione di fatto al nuovo
modo di essere del rapporto giuridico. La sentenza di annullamento di un
atto amministrativo rientra tipicamente in questo schema.
Passando ora a esaminare la giurisdizione del giudice amministrativo e
in particolare il processo di cognizione, il Codice del processo
amministrativo, in continuit con lassetto precedente, distingue tre tipi di
giurisdizione (art. 7): la giurisdizione generale di legittimit; la
giurisdizione esclusiva; la giurisdizione di merito.
La prima, certamente ancor oggi la pi importante, ha natura generale,
perch si incardina direttamente in base allart. 7, comma 4, senza
necessit di un'ulteriore previsione legislativa caso per caso. Essa
interviene cio ogniqualvolta si tratta di una controversia relativa ad atti,
provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni lesivi di
situazioni giuridiche di interesse legittimo.
La generalit della competenza sta altres a significare che la
competenza attribuita alle altre giurisdizioni amministrative (Corte dei
conti, Tribunale superiore delle acque pubbliche) va considerata come
speciale e dunque derogatoria rispetto alla prima.

376

Gli altri due tipi di giurisdizione hanno carattere speciale, aggiuntivo e


parallelo: speciale, perch si riferiscono esclusivamente alle fattispecie
tassativamente individuate dal legislatore; aggiuntivo, in quanto l'ambito
di cognizione e i poteri decisori vanno a cumularsi e a integrare quelli
caratteristici della competenza generale di legittimit; parallelo, perch
esse possono cumularsi in relazione alla singola fattispecie (competenza
esclusiva di merito).
La giurisdizione esclusiva, cui fa riferimento, come si visto, anche
lart. 103, primo comma, della Costituzione, consente al giudice
amministrativo di conoscere anche delle controversie nelle quali si
faccia questione di diritti soggettivi (cos lart. 7, comma 5 del Codice).
Lelenco delle materie devolute alla giurisdizione esclusiva contenuto
nellart. 133 del Codice.
La cognizione dei diritti soggettivi nell'ambito della competenza
esclusiva non peraltro integrale. Restano infatti riservate all'autorit
giudiziaria ordinaria le questioni pregiudiziali concernenti lo stato e la
capacit dei privati e la risoluzione dell'incidente di falso (art. 8, secondo
comma, del Codice).
Inoltre, poich la cognizione dei diritti soggettivi aggiuntiva (o per
sommatoria) rispetto a quella degli interessi legittimi, la giurisdizione
esclusiva finisce per avere un carattere composito. Infatti, se il ricorrente
fa valere nel ricorso soltanto un interesse legittimo, il processo segue le
regole proprie della competenza generale di legittimit. Se invece il
ricorrente fa valere un diritto soggettivo cambia, oltre che la causa
petendi, il petitum (domanda di accertamento o di condanna) e viene
meno la necessit di impugnare entro il termine decadenziale di sessanta
giorni gli atti cosiddetti paritetici.
La giurisdizione di merito richiamata dallart. 7, comma 7, del
Codice che rinvia allart. 134 per lindividuazione dei casi tassativi in cui
essa prevista. Nella giurisdizione di merito il giudice amministrativo
pu sostituirsi allamministrazione. Il caso da sempre pi rilevante (tra i
cinque indicati dallart. 134) costituito dal cosiddetto giudizio di
ottemperanza, cio dal giudizio di esecuzione che, come si vedr, pu
essere instaurato per ottenere l'adempimento dell'obbligo dell'autorit
amministrativa di conformarsi alle pronunce del giudice amministrativo e
del giudice ordinario emanate nei confronti dellamministrazione (art. 112
del Codice). Di un certo rilievo anche la fattispecie relativa alle
sanzioni amministrative pecuniarie, che consente al giudice oltre che di
annullare anche di modificare lentit della sanzione irrogata.

377

La giurisdizione di merito appare nel complesso recessiva perch


rischia di sovrapporre e confondere il ruolo del giudice con quello
dellamministrazione.

8. Le azioni nel processo di cognizione, le azioni cautelare ed


esecutiva.
Nel processo di cognizione pu possono essere proposti pi tipi di
azioni.
In primo luogo, vi lazione di annullamento del provvedimento
illegittimo (art. 29). Essa ha natura costitutiva e storicamente, come si
detto pi volte, lazione principale per la tutela degli interessi legittimi
lesi da un provvedimento amministrativo illegittimo.
Lazione va proposta entro 60 giorni e ha lo scopo di verificare se
latto amministrativo impugnato sia viziato per violazione di legge,
incompetenza ed eccesso di potere. Se lazione viene accolta il giudice
annulla in tutto o in parte il provvedimento impugnato (art. 34, comma
1, lett. a)).
La sentenza di annullamento, nellinterpretazione giurisprudenziale che
ha recepito lelaborazione della dottrina (M. NIGRO), produce tre tipi di
effetti: di annullamento, ripristinatorio e conformativo.
Leffetto di annullamento rimuove latto impugnato e i suoi effetti
retroattivamente. Esso, per cos dire, ripristina la situazione di diritto, nel
rapporto giuridico amministrativo tra amministrazione che esercita il
potere e titolare dellinteresse, preesistente allemanazione dellatto. Dal
punto di vista strettamente giuridico come se latto non fosse mai stato
emanato. Leffetto di annullamento esprime il carattere propriamente
costitutivo della sentenza.
Leffetto ripristinatorio mira a ricostruire per quanto possibile la
situazione di fatto e di diritto nella quale si sarebbe trovato il ricorrente al
momento dellemanazione della sentenza in assenza dellatto
amministrativo illegittimo. Si pensi per esempio alla restituzione di un
bene occupato illegittimamente o alla ricostruzione della carriera di un
dipendente dichiarato decaduto. Leffetto ripristinatorio va per cos dire a
integrare quello di annullamento: alleffetto demolitorio di questultimo,

378

aggiunge le attivit necessarie per elidere ogni pregiudizio subito dal


soggetto privato nel periodo in cui latto ha prodotto i suoi effetti. Ove
non sia possibile raggiungere questo risultato in presenza di situazioni
irreversibili, pu trovare spazio la tutela risarcitoria.
Leffetto conformativo, particolarmente rilevante nel caso degli
interessi legittimi pretensivi, crea un vincolo in capo allamministrazione
nel momento in cui essa emana, ove possibile, un nuovo provvedimento
in sostituzione di quello annullato. In ossequio al principio della
doverosit dellesercizio dei poteri, lamministrazione tenuta, di regola,
ove permangano le esigenze di tutela dellinteresse pubblico che stavano
alla base del provvedimento impugnato, a emanare un nuovo
provvedimento.
Lampiezza delleffetto conformativo si determina in funzione dei
motivi di ricorso dedotti in giudizio e posti alla base della sentenza di
annullamento. In generale, laccertamento di un vizio di natura
sostanziale (assenza di un presupposto di legge necessario per
lemanazione dellatto, sviamento di potere) pu determinare talvolta una
preclusione assoluta alla reiterazione del provvedimento emanato (effetto
preclusivo). Per esempio, se viene annullata una sanzione amministrativa
perch il soggetto nei cui confronti essa stata irrogata non ha commesso
il fatto, la sanzione non pu essere reiterata. Laccertamento di un vizio
di natura formale o procedurale (mancata acquisizione di un parere
obbligatorio, incompletezza o carenza di motivazione) lascia invece
aperta la possibilit per lamministrazione di emanare un nuovo atto
avente il medesimo contenuto di quello annullato.
Una seconda azione lazione di condanna al risarcimento del danno
provocato da un atto amministrativo illegittimo che lede un interesse
legittimo. Essa pu essere proposta o in collegamento con lazione di
annullamento o in modo autonomo.
In primo luogo lazione deve essere proposta entro un termine di 120
giorni dal fatto o dalla conoscenza del provvedimento che ha provocato il
danno (art. 30, comma 3). Molti commentatori hanno ritenuto che si tratti
di un termine troppo breve. Infatti, nel diritto civile lazione per danni
pu essere proposta usualmente entro termini molto pi lunghi (il termine
quello quinquennale di prescrizionale).
In secondo luogo, il Codice contiene una disposizione molto
controversa volta a penalizzare il ricorrente che scelga di proporre
lazione di risarcimento senza proporre insieme (o aver proposto prima)

379

lazione di annullamento.
Infatti, nel momento in cui determina
lammontare del risarcimento, il giudice amministrativo deve escludere i
danni che si sarebbero potuti evitare usando lordinaria diligenza,
anche attraverso lesperimento dei mezzi di tutela previsti (art. 30,
comma 3, ultimo periodo).
Questultima dizione, che rinvia
implicitamente allart. 1227, secondo comma, del codice civile, gi stata
interpretata dalla giurisprudenza nel senso che si riferisce anche alla
mancata richiesta dellannullamento dellatto illegittimo (Cons. St.,
Adunanza plenaria, 23 marzo 2011, n. 3).
In definitiva, questultima disposizione sembra assegnare una priorit
allazione di annullamento, poich lazione di risarcimento del danno
vista come unazione complementare alla prima, cio riguardante
esclusivamente i danni ai quali, come si visto, lannullamento del
provvedimento amministrativo non riesce a porre rimedio.
Viene accolta cos una soluzione molto vicina a quella fatta propria dal
giudice amministrativo, in contrasto con il giudice ordinario. Da un lato,
questultimo aveva ritenuto in alcune pronunce del 2006 e del 2008 che il
privato fosse libero di scegliere se proporre lazione di risarcimento in
modo autonomo o in connessione con lazione di annullamento
(ordinanze delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione 13 giugno 2006,
nn. 13659, 13660, 13911 e sentenza delle Sezioni Unite della Corte di
Cassazione 23 novembre 2008, n. 30254).
Dallaltro il giudice
amministrativo aveva negato questa possibilit di scelta ammettendo che
potesse essere proposta lazione di risarcimento solo se fosse stata
tempestivamente proposta lazione di annullamento (la cosiddetta
pregiudizialit amministrativa) (Cons. St., Adunanza plenaria 26 marzo
2003, n. 4 e 22 ottobre 2007, n. 12).
Questa seconda tesi volta a limitare gli esborsi economici a carico
dello Stato in conseguenza dellincremento prevedibile delle azioni di
risarcimento del danno. Essa pi conforme alla visione tradizionale
dellinteresse legittimo come strettamente legato e in qualche misura
servente rispetto allinteresse pubblico, tanto da giustificare lonere in
capo al ricorrente di impugnare latto illegittimo anche che nei casi in cui
tale forma di tutela non soddisfa il suo interesse effettivo. Si pensi al caso
di unimpresa che impugna lesclusione da una procedura di gara ad
evidenza pubblica, che sarebbe risultata vincitrice ove questa si fosse
svolta in modo legittimo e che, per qualsivoglia ragione, non abbia pi
interesse a stipulare il contratto e preferisca ottenere soltanto il
risarcimento del danno.

380

Il conflitto interpretativo tra giudice ordinario e giudice amministrativo


esploso dopo la riforma del 2000 che, come si visto, ha attribuito al
giudice amministrativo il potere di condannare lamministrazione al
risarcimento del danno, stato risolto in modo compromissorio. Infatti,
come detto, lart. 30, da un lato, consente lazione risarcitoria autonoma
(o pura), dallaltro prevede una restrizione (termine breve) e una
penalizzazione (sotto il profilo dellammontare del risarcimento liquidato)
entrambe di dubbia costituzionalit. La Corte Costituzionale gi stata
investita della questione di costituzionalit del termine di 120 giorni
stabilito dallart. 30, comma 5, per la proposizione dellazione di
risarcimento dopo il passaggio della sentenza i annullamento.
Accanto allazione di condanna al risarcimento del danno si posta la
questione se siano ammissibili nel processo amministrativo anche altri tipi
di azione e in particolare lazione di condanna allemanazione di un atto
amministrativo richiesto (cosiddetta azione di adempimento). Infatti, il
progetto di Codice elaborato dalla commissione istituita presso il
Consiglio di Stato conteneva una disposizione sullazione di
adempimento, cio allazione volta a ottenere la condanna
dellamministrazione a emanare un atto amministrativo dal contenuto
determinato.
Essa riprendeva il modello tedesco della
Verpflichtungsklage, prevista, ormai da molti decenni, nei casi in cui alla
conclusione del processo amministrativo avverso un provvedimento di
diniego o contro linerzia il giudice accerta che lamministrazione, stante
lassenza di discrezionalit, tenuta a emanare latto richiesto. In questo
caso, oltre allannullamento dellatto di diniego del provvedimento, la
sentenza ordina allamministrazione di emanare latto.
Nel Codice non figura pi un articolo specifico sullazione di
adempimento. Tuttavia alcune disposizioni consentono di ritenere di
ritenere che ammessa anche questa particolare azione di condanna.
Infatti, in particolare, lart. 34 che disciplina i tipi di sentenze che possono
essere emanate a conclusione del processo attribuisce al giudice
amministrativo anche il potere di condannare lamministrazione ad
adottare le misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva
dedotta in giudizio. Il Codice non ha cio accolto il principio della
tipicit e dunque il giudice pu emanare, su richiesta della parte, ogni tipo
di sentenza, a seconda dello specifico bisogno di tutela. Ci ha consentito
alla giurisprudenza di ritenere ammessa anche lazione di adempimento
(Ad. plen. n. 3/2011 e Tar Lombardia Milano, Sez. III, 8 giugno 2011,
n. 1428).

381

Lazione di adempimento pu essere proposta insieme allazione di


annullamento del provvedimento di diniego. In questa fattispecie,
laccertamento della illegittimit del diniego e lannullamento di
questultimo costituiscono il presupposto logico perch il giudice possa
procedere allesame dellazione di adempimento. Nel caso invece di
inerzia della pubblica amministrazione protrattasi oltre il termine per la
conclusione del procedimento, lazione di adempimento pu essere
proposta insieme allazione avverso il silenzio illustrata qui di seguito. In
entrambi i casi si realizza un cumulo di domande (art. 32).
Nel processo di cognizione sono esperibili altre due altre azioni:
lazione avverso il silenzio, proponibile cio in caso di mancata risposta
da parte dellamministrazione di fronte alla richiesta di un provvedimento
amministrativo presentata da un privato (art. 31, commi 1, 2 e 3);
lazione di accertamento della nullit di un provvedimento amministrativo
(art. 31, comma 4).
Lazione avverso il silenzio pu essere proposta fin tanto che perdura
linerzia dellamministrazione e comunque entro il termine di un anno. Se
nel frattempo lamministrazione emana un atto che nega la richiesta, esso
pu essere impugnato con la normale azione di annullamento.
Lazione volta anzitutto ad accertare linadempimento dellobbligo di
provvedere enunciato dallart. 2 della l. n. 241/1990, un obbligo, come si
visto, di natura meramente formale che pu essere adempiuto con
lemanazione entro il termine di un provvedimento espresso, o di
accoglimento o di diniego dellistanza del privato.
Ove richiesto il giudice pu anche pronunciare sulla fondatezza della
pretesa dedotta in giudizio (art. 31, terzo comma) e cio sul se il
provvedimento richiesto dal privato debba essere rilasciato
dallamministrazione, ma ci solo quando si tratti di attivit vincolata o
quando risulta che non residuano ulteriori margini di discrezionalit,
espressione che include, come si gi osservato nel Cap. III, sia la
vincolatezza in astratto sia la vincolatezza in concreto. Il giudice non pu
conoscere della fondatezza della pretesa neppure nei casi in cui siano
necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti
dallamministrazione. Se il giudice accerta che lamministrazione non
ha discrezionalit e che dunque lemanazione dellatto richiesto dovuta,
pu condannare lamministrazione ad adottare latto in questione.
Lazione per la declaratoria della nullit del provvedimento in
relazione ai vizi di cui allart. 21-septies della l. n. 241/1990 pu essere

382

proposta entro 180 giorni. Scaduto questo termine, il giudice pu


comunque dichiarare la nullit dellatto anche ex ufficio, cio, per
esempio, nel corso di un giudizio nel quale la parte privata ponga alla
base della sua azione un atto amministrativo. Ci potrebbe accadere,
volendo fare un esempio estremo, nel caso di un concessionario di un
servizio pubblico che si rivolga al giudice amministrativo per ottenere un
aggiornamento del canone corrisposto dagli utenti del servizio. Di fronte
a questa pretesa fondata sul contratto di servizio accessivo alla
concessione, lamministrazione convenuta in giudizio potrebbe eccepire
la nullit della concessione. In realt i casi di nullit dellatto sono poco
frequenti nella prassi concreta.
Il Codice non contiene, al di l del riferimento allazione di nullit, un
articolo che disciplini in termini generali lazione di accertamento,
contemplata invece nel progetto di codice predisposto dalla Commissione
istituita presso il Consiglio di Stato. Stabilisce soltanto che In nessun
caso il giudice pu pronunciare con riferimento a poteri amministrativi
non esercitati e neppure pu conoscere della legittimit degli atti che il
ricorrente avrebbe dovuto impugnare con lazione di annullamento (art.
34, secondo comma). E cos esclusa la possibilit di esperire unazione,
diversa da quella contro il silenzio, tesa ad accertare in astratto come un
potere debba essere esercitato, sia unazione che accerti lillegittimit di
un provvedimento con finalit diverse da quelle del suo annullamento.
Tuttavia, al di l di questa esclusione, il principio di atipicit delle
azioni, ribadito dalla giurisprudenza anche successiva al Codice, consente
di esperire un azione di accertamento ove essa corrisponda al bisogno di
tutela correlato a una situazione giuridica soggettiva. In ogni caso, ove
sia proposta unazione di annullamento, ma nel corso del giudizio
lannullamento non risulta pi utile per il ricorrente, il giudice accerta
lillegittimit dellatto se sussiste linteresse a fini risarcitori (art. 34,
comma 3).
Unazione particolare, peraltro non inclusa nel Codice, la speciale
azione per lefficienza della pubblica amministrazione, alla quale si
fatto cenno nel Cap. III, correlata alla violazione di livelli e standard di
qualit previsti per le prestazioni agli utenti (d.lgs. 20 dicembre 2009, n.
198). Essa mira a costringere lamministrazione a raggiungere o a
ripristinare i livelli delle prestazioni stabiliti in atti amministrativi
generali.

383

Completata lanalisi
amministrativo, occorre
questultimo.

delle azioni esperibili nel processo


soffermarsi brevemente sulloggetto di

Il tema stato sempre molto dibattuto in dottrina. In origine e per


lungo tempo, il processo amministrativo stato ricostruito come
processo sullatto, visto che la sola azione esperibile era quella di
annullamento di un provvedimento amministrativo illegittimo. Loggetto
del processo veniva variamente individuato nel potere di provocare
lannullamento dellatto, nella questione di legittimit dellatto
impugnato, nellinteresse alla legittimit dellatto, ecc. In ogni caso, al
centro del processo si collocavano latto impugnato e i motivi di ricorso.
Del tutto minoritaria in dottrina era la ricostruzione del processo
amministrativo come processo sul rapporto (A. PIRAS), cio
direttamente sul rapporto giuridico intercorrente tra lamministrazione e il
cittadino prescindendo dunque dal provvedimento.
La concezione originaria del processo amministrativo come processo
sullatto entrata in crisi per una pluralit di ragioni. Il processo
amministrativo si anzitutto aperto a una gamma di azioni diverse
dallazione costitutiva di annullamento. Anche in questultima, poi,
stato individuato un contenuto di accertamento e un effetto conformativo
che tende, pi che a censurare il modo in cui il potere amministrativo
stato esercitato, a stabilire la regola dellazione amministrativa, cio se e
come lamministrazione possa esercitare nuovamente il potere,
sostituendo latto annullato con un nuovo provvedimento. Inoltre,
linteresse legittimo, soprattutto una volta riconosciuta la sua risarcibilit,
ha acquisito, come si visto, una connotazione sostanziale pi precisa
sotto forma di collegamento a unutilit o un bene della vita che il suo
titolare mira a conservare o ad acquisire.
La giurisprudenza pi recente giunta cos ad affermare che nei casi di
provvedimenti vincolati il giudizio ha per oggetto direttamente il rapporto
amministrativo controverso (Cons. St., Ad. Plen. n. 3/2011 cit.).
Questa concezione sembra essere fatta propria anche dal Codice che
contempla almeno due azioni, cio quella risarcitoria pura e quella
avverso il silenzio, nelle quali il ricorrente non impugna e non richiede
lannullamento di alcun provvedimento amministrativo.
Lazione
risarcitoria pura ha come oggetto laccertamento di un illecito ex art. 2043
cod. civ., mentre lazione avverso il silenzio ha come oggetto
laccertamento dellinadempimento dellobbligo di provvedere ed
eventualmente laccertamento della fondatezza della pretesa. Anche

384

lazione di adempimento ha per oggetto laccertamento della fondatezza


della pretesa come presupposto logico per la pronuncia di condanna
dellamministrazione al rilascio del provvedimento richiesto.
Queste ultime due azioni sono anche slegate dalla deduzione specifica
di vizi del provvedimento che caratterizza invece lazione di
annullamento e hanno invece per oggetto direttamente la spettanza o
meno di un determinato bene della vita.
In definitiva, volendo proporre una definizione pi aderente allattuale
disciplina processuale, loggetto del processo amministrativo pu essere
individuato nella pretesa a conservare o conseguire, in forma specifica o
per equivalente, lutilit o il bene della vita correlato allinteresse
legittimo fatto valere in giudizio. Lannullamento del provvedimento non
si colloca pi al centro del processo amministrativo, ma esso sempre
solo strumentale allaccertamento della spettanza o meno di un bene della
vita. E ci sia nel caso in cui lamministrazione abbia emanato un
provvedimento di diniego su una istanza, in quanto, come si detto,
lannullamento di tale provvedimento costituisce presupposto logico per
poter accertare la fondatezza della pretesa; sia pi in generale in quanto
anche nella sentenza di annullamento rileva, come si accennato, pi che
leffetto demolitorio, il contenuto di accertamento e leffetto
conformativo o preclusivo.
Lart. 40 disciplina il contenuto del ricorso prendendo atto di questa
evoluzione. Stabilisce infatti che il ricorso deve contenere lindicazione
delloggetto della domanda, ivi compreso latto o il provvedimento
eventualmente impugnato, dove lavverbio eventualmente sta proprio a
indicare che ormai loggetto del processo non ruota sempre e
necessariamente attorno al provvedimento amministrativo.
Due altri tipi di azione (o di processi) completano le tutele sin qui
esaminate, riferite al processo di cognizione: lazione cautelare e lazione
esecutiva.
Lazione cautelare, che d origine a una fase autonoma nellambito del
processo di cognizione, consente di richiedere al giudice provvedimenti
interinali nei casi in cui vi la necessit di evitare danni gravi e
irreparabili che si potrebbero produrre in attesa della sentenza definitiva.
Questo tipo di azione era gi prevista fin dalla legge del 1889 e fu
rafforzata notevolmente in via giurisprudenziale e poi ad opera della
legge n. 205 del 2000 e del Codice (artt. da 55 a 62),

385

Anzitutto le misure cautelari che possono essere richieste gi nel


ricorso principale o in qualsiasi momento successivo allinstaurazione del
giudizio spaziano dalla sospensione degli effetti dellatto impugnato (per
esempio, di un ordine di demolizione di un edificio) al pagamento in via
provvisoria di una somma di danaro. Il Codice attribuisce cio ampia
discrezionalit al giudice nellindividuare il rimedio pi efficace per
prevenire il danno (principio dellatipicit delle misure cautelari). Nella
prassi giudiziale sono emerse per esempio fattispecie di ordinanze
cosiddette propulsive (che ordinano allamministrazione il riesame di
un provvedimento di diniego) o che ammettono con riserva a un concorso
un candidato ritenuto privo dei requisiti di partecipazione,
L'accoglimento della domanda cautelare legato all'accertamento di
due presupposti: il fumus boni juris, interpretato dalla giurisprudenza in
modo non uniforme, talora come probabilit di accoglimento del ricorso,
talaltra, in modo meno rigoroso, come minimo di attendibilit o non
manifesta infondatezza del ricorso; il periculum in mora, inteso come
pregiudizio grave e irreparabile che deriverebbe in capo al ricorrente nelle
more della conclusione del grado di giudizio, danno che va valutato,
bilanciandolo, anche con l'interesse dell'amministrazione. L'ordinanza
deve essere motivata sia in ordine al pregiudizio allegato, sia in ordine ai
profili che a un sommario esame inducono a una ragionevole previsione
sullesito del ricorso.
In presenza di fatti sopravvenuti la domanda cautelare respinta pu
essere riproposta o pu essere proposta domanda di revoca o
modificazione della misura concessa. La fase cautelare pu concludersi,
se il giudice ritenga di avvalersi di questa possibilit, anzich con
unordinanza, con una sentenza in forma semplificata, nei casi in cui
siano accertate la completezza del contraddittorio e dellistruttoria (art.
60).
In caso di inottemperanza da parte dellamministrazione alle misure
cautelari disposte, la parte interessata pu chiedere al giudice, investito
dei poteri previsti nellambito del giudizio di ottemperanza, le opportune
disposizioni attuative (art. 59). E ammesso il ricorso in appello entro 30
giorni dalla notificazione dellordinanza ovvero di 60 giorni dalla
pubblicazione dellordinanza (art 62).
Di regola la richiesta di tali misure viene rivolta al Collegio che poi
decide la causa nel merito in tempi piuttosto brevi (art. 55). Nei casi di
estrema gravit e urgenza le misure cautelari possono essere chieste al
presidente del Collegio o a un suo delegato che provvede

386

immediatamente, anche inaudita altera parte, con una pronuncia


provvisoria (decreto cautelare) che poi essere confermata o non
confermata in occasione della prima riunione del collegio (art. 56). Le
misure cautelari possono essere richieste, in casi eccezionali di urgenza,
anche prima che sia proposto il ricorso principale (tutela cautelare ante
causam) (art. 61). Questultimo deve essere proposto entro 15 giorni
dalla concessione delle misure che altrimenti decadono automaticamente.
Dopo la proposizione del ricorso le misure devono essere confermate dal
collegio.
Lazione esecutiva, che d origine al cosiddetto giudizio di
ottemperanza, pu essere proposta a valle del processo di cognizione nei
casi in cui lamministrazione non esegua una sentenza del giudice
amministrativo (ma anche, in base allart. 112, una sentenza del giudice
civile o un lodo arbitrale emessi nei confronti di una pubblica
amministrazione).
Va premesso che spesso la sentenza di annullamento emanata
nellambito del processo di cognizione autoesecutiva, nel senso che non
richiede alcuna attivit da parte dell'amministrazione soccombente (per
esempio, l'annullamento di un ordine di demolizione di un edificio).
Talora, specie se il provvedimento annullato gi stato eseguito,
l'amministrazione tenuta a compiere un'attivit materiale e giuridica
tesa, per quanto possibile, a ripristinare la situazione di fatto e di diritto
cos come essa si presentava al momento dell'emanazione del
provvedimento impugnato e ad adeguarsi al contenuto ordinatorio della
sentenza (si tratta dei menzionati effetti ripristinatorio e conformativo ).
Nel caso di mancata esecuzione della sentenza, il ricorrente pu
esperire il cosiddetto giudizio di ottemperanza.
Oggetto del giudizio la verifica se la pubblica amministrazione abbia
o meno adempiuto all'obbligo nascente dal giudicato. L'inadempimento
pu consistere, oltre che nell'inerzia totale o parziale, nell'adozione di atti
amministrativi elusivi del giudicato.
Nel giudizio di ottemperanza il giudice amministrativo esercita una
giurisdizione di merito che gli consente di sostituirsi allamministrazione
rimasta inadempiente. Cos in particolare, se in seguito alla sentenza
lamministrazione tenuta a emanare unautorizzazione o a riconsegnare
un terreno espropriato, il giudice pu prescrivere allamministrazione le
modalit esecutive o addirittura provvedere direttamente o tramite un
delegato (il cosiddetto commissario ad acta) (art. 112). Lazione pu

387

essere proposta entro dieci anni dal giorno in cui si formato il giudicato
(art. 114, primo comma).
Il giudice pu anche condannare
lamministrazione al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata
esecuzione della sentenza e al pagamento di una ulteriore somma di
danaro per ogni giorno ulteriore di ritardo da parte dellamministrazione
(le cosiddette astreintes).
discussa in dottrina la natura del giudizio di ottemperanza e in
particolare se esso debba essere ricostruito come un giudizio avente
natura di esecuzione pura oppure natura mista di cognizione e di
esecuzione e finanche come prosecuzione del giudizio amministrativo, in
quanto solo a conclusione del giudizio di ottemperanza si perviene a un
assetto definitivo degli interessi.
9. Lo svolgimento del processo. I principi informatori.
Come si accennato, il processo amministrativo muove dalla
concezione soggettiva della tutela giurisdizionale. Il Codice infatti pone
in primo piano la situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio
(di regola linteresse legittimo), i bisogni di tutela del titolare di
questultima (espressi nella variet delle azioni previste dal Codice), la
sentenza del giudice. Il principio di effettivit della tutela giurisdizionale,
richiamato dallart. 1 del Codice, che rinvia ai principi della
Costituzione e del diritto europeo, esprime questa concezione: il
processo serve ad assicurare al ricorrente una tutela piena ed effettiva
delle situazioni giuridiche soggettive (cosiddetta strumentalit del
processo, gi teorizzata da G. CHIOVENDA).
In coerenza con questa impostazione, il processo amministrativo retto
in primo luogo dal principio della domanda, corrispondente al brocardo
nemo judex sine actore, formulato in termini generali dallart. 99 cod.
proc. civ. e richiamato in varie disposizioni del Codice. In particolare,
lart. 34, comma 1 stabilisce che in caso di accoglimento del ricorso, il
giudice emana la sentenza, tra quelle elencate nella disposizione
(annullamento, condanna, ecc.), nei limiti della domanda.
In applicazione di questo principio rientra tra le
ricorrente, non solo limpulso processuale (proposizione
anche lindividuazione delloggetto della domanda e
comma, lett. b)) attraverso lindicazione del
eventualmente impugnato, lesposizione sommaria

388

prerogative del
del ricorso), ma
(art. 40, primo
provvedimento
dei fatti, la

formulazione dei motivi, lindicazione dei mezzi di prova e dei


provvedimenti chiesti al giudice (lett. c)).
Nel processo di impugnazione di un provvedimento i motivi sono i
profili di illegittimit dedotti nel ricorso e devono essere enunciati in
modo specifico, cio con il riferimento preciso alla norma o al principio
violato e al tipo di vizio (motivi specifici (lett. c)). I motivi formulati in
modo generico sono dichiarati inammissibili. In base al principio della
corrispondenza tra chiesto e pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.), il
giudice, da un lato, non pu pronunciarsi dufficio su motivi non
specificamente dedotti; dallaltro lato, ha il dovere di pronunciare, di
regola, su tutti i motivi formulati nel ricorso di modo che la sentenza
abbia un contenuto di accertamento il pi ampio possibile e vincoli in
modo pi puntuale lazione amministrativa successiva al giudicato (in
relazione, al cosiddetto effetto conformativo al quale si fatto cenno).
Scaduto il termine per la presentazione del ricorso (60 giorni per
lazione di annullamento), il ricorrente pu proporre soltanto i cosiddetti
motivi aggiunti, cio nuove ragioni a sostegno delle domande gi
proposte, ovvero domande nuove purch connesse a quelle gi proposte
(art. 43). Per esempio, pu dedurre profili di vizio del provvedimento
impugnato emersi in un momento successivo, che il ricorrente non era in
grado di dedurre nel ricorso originario perch rilevabili solo in seguito al
deposito di documenti in giudizio da parte dellamministrazione oppure di
vizi legati allemanazione da parte dellamministrazione di un ulteriore
provvedimento connesso a quello gi impugnato. La proposizione di
motivi aggiunti determina un ampliamento delloggetto del processo e
dunque delloggetto della cognizione del giudice.
Il processo amministrativo un processo retto, in secondo luogo, dai
principi della parit delle parti, del contraddittorio e del giusto
processo (art. 2).
Questi principi sono particolarmente rilevanti se si considera che, sul
versante sostanziale, cio nel rapporto giuridico amministrativo, le parti
non sono poste su un piano di parit, e anzi la relazione potere-interesse
legittimo colloca lamministrazione in una posizione di sovra ordinazione
rispetto al soggetto privato. Tuttavia, almeno allinterno del processo, le
parti sono poste su un piano di parit, nel senso che ad esse sono
riconosciute le medesime garanzie.
Nel processo amministrativo trovano ingresso le parti necessarie e le
parti eventuali.

389

Le parti necessarie, nel senso che tutte quante devono essere evocate in
giudizio in modo tale che la sentenza sia emanata a contradditorio integro,
sono, in aggiunta al ricorrente, lamministrazione resistente e il
controinteressato.
Muovendo lanalisi dal ricorrente, spetta a questa parte, come si
detto, proporre lazione formulando le domande e delimitando loggetto
del giudizio.
Per presentare ricorso il titolare della situazione giuridica soggettiva
deve dimostrare la legittimazione e linteresse a ricorrere. Si tratta di due
filtri processuali, elaborati dalla dottrina processualcivilista, che a
seconda delle varie classificazioni sono riconducibili ai cosiddetti
presupposti processuali o, come appare preferibile, alle condizioni
generali dellazione, la cui sussistenza necessaria per proporre lazione.
La loro assenza preclude al giudice di pronunciarsi sul merito del ricorso
e il processo si conclude con una sentenza di rito (inammissibilit o
improcedibilit secondo lart. 35, comma 1, lett. b) e c)).
La legittimazione a ricorrere (legitimatio ad causam attiva) individua il
soggetto legittimato a far valere in giudizio una determinata situazione
giuridica soggettiva. Essa serve cio a stabilire quale debba essere la
posizione di un soggetto affinch questi possa chiedere, in nome proprio,
al giudice la tutela di una situazione giuridica soggettiva. Questa
posizione consiste nella affermazione da parte del ricorrente della
titolarit di un interesse legittimo o di un diritto soggettivo del quale si
chiede tutela e sancisce la normale correlazione tra titolarit di una
situazione giuridica soggettiva e titolarit del diritto dazione. Nessuno
pu agire in giudizio per la tutela di situazioni giuridiche altrui.
La questione della legittimazione a ricorrere si posta nel processo
amministrativo, soprattutto, come si gi accennato, con riguardo agli
interessi superindividuali (diffusi e collettivi). In relazione a questi, in
ambiti particolari (ambiente, tutela del consumatore, ecc.), stata
riconosciuta per legge la legittimazione a ricorrere a favore di
associazioni ed enti privati.
Da ultimo, essa stata attribuita anche a favore dellAutorit garante
della concorrenza e del mercato che pu impugnare innanzi al giudice
amministrativo i provvedimenti generali e individuali e i regolamenti di
tutte le pubbliche amministrazioni che violano le norme a tutela della
concorrenza e del mercato (art. 21-bis della l. n. 287/1990 aggiunto dal
d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in l. 22 dicembre 2011, n. 214).

390

E stata cos introdotta una sorta di azione pubblica a tutela di un interesse


pubblico, sganciata dalla titolarit di una qualsivoglia situazione giuridica
soggettiva. Ci reintroduce per una colorazione oggettiva al processo,
nel quale, in questi casi, riemerge la funzione di controllo delle legalit
dellazione amministrativa.
Linteresse a ricorrere, che corrisponde nel processo civile allinteresse
ad agire (art. 100 cod. proc. civ.), ha nel processo amministrativo una
rilevanza teorica e pratica pi marcata. Esso consiste nel beneficio o
utilit effettiva che il ricorrente potrebbe conseguire ove il ricorso fosse
accolto. Linteresse deve avere i requisiti della personalit, della
concretezza e della attualit (non basta, per esempio, il mero pericolo di
una lesione). Deve inoltre permanere per tutta la durata del processo: se
esso viene meno il processo di conclude con una sentenza che dichiara la
carenza sopravvenuta di interesse (art. 35, comma 1, lett. c)).
In base a questi criteri, manca linteresse a ricorrere, per esempio, nel
caso di un candidato a un concorso pubblico non incluso nella graduatoria
dei vincitori il quale lamenta unattribuzione errata dei punteggi in
relazione alla mancata valutazione di un titolo di studio che per,
quandanche fosse stato correttamente valutato, non avrebbe comportato
comunque un incremento di punteggio tale da modificare la graduatoria.
Nel caso dei regolamenti e degli atti amministrativi generali illegittimi
linteresse al ricorso di regola sorge (e acquista attualit) solo nel
momento in cui vengono emanati gli atti applicativi. Il ricorrente pu
dunque rinviare limpugnazione dellatto generale al momento in cui
propone ricorso contro questultimi. Cos, per esempio, i criteri generali
per lerogazione di contributi finanziari usualmente possono essere
impugnati solo insieme al provvedimento che respinge la domanda di
contributo: solo in questo caso diventa attuale, di regola, linteresse a
contestare la legittimit dei criteri generali. Un altro esempio pu essere
il bando di gara per laggiudicazione di un contratto pubblico che pu
essere impugnato insieme al provvedimento di esclusione di unimpresa
concorrente. Solo in pochi casi, come per esempio quello di un bando che
prevede requisiti di ammissione arbitrari con effetti escludenti immediati,
latto generale pu essere impugnato senza attendere lemanazione degli
atti applicativi.
Spetta anche al ricorrente provvedere sia alla notifica del ricorso, a
pena di inammissibilit, allamministrazione resistente e ad almeno uno
dei controinteressati (art. 41), sia al deposito del ricorso notificato entro
trenta giorni presso la segreteria del giudice (art. 45). Il giudice pu

391

ordinare lintegrazione del contraddittorio nel caso in cui individui


ulteriori controinteressati (art. 49).
Lamministrazione resistente e gli eventuali controinteressati ai quali
stato notificato il ricorso si possono costituire in giudizio presentando
memorie, formulando istanze, indicando i mezzi di prova e i documenti a
sostegno della loro posizione (art. 46). Il processo amministrativo,
peraltro, non conosce listituto della contumacia, cio di quellinsieme di
regole particolari che trovano applicazione nel caso in cui la parte
intimata non si costituisce in giudizio.
Parte resistente lamministrazione che ha emanato il provvedimento.
Controinteressato il soggetto la cui posizione giuridica soggettiva
sarebbe intaccata dallaccoglimento del ricorso e si individua in base a
unanalisi degli effetti del provvedimento impugnato. Cos, per esempio,
se viene impugnato un permesso a costruire, controinteressato il
soggetto che ha chiesto e ottenuto il provvedimento che lo abilita a
edificare; se viene impugnata laggiudicazione di una procedura per
laffidamento di un contratto pubblico, controinteressata limpresa
risultata prima nella graduatoria.
In definitiva, il controinteressato interviene in giudizio a fianco
dellamministrazione per difendere la legittimit del provvedimento e
linfondatezza delle altre domande (per esempio, dellazione di
adempimento). A questo fine lamministrazione e il controinteressato
possono esporre nelle proprie memorie e nelludienza di discussione le
ragioni per le quali il ricorso deve essere respinto per ragioni di rito o
ragioni di merito.
Il controinteressato ha tuttavia uno strumento in pi rispetto
allamministrazione.
Pu cio proporre un ricorso incidentale
impugnando lo stesso provvedimento (o anche altro provvedimento) e
proponendo motivi che, ove accolti, farebbero venir meno linteresse del
ricorrente a ottenere una pronuncia sul ricorso principale (art. 42). Cos,
nellesempio dellimpugnazione dellaggiudicazione di un contratto
pubblico da parte del secondo classificato, laggiudicatario
controinteressato potrebbe proporre un ricorso incidentale censurando
lammissione alla procedura di gara del ricorrente principale perch
carente dei requisiti richiesti dal bando o dalla lettera dinvito. Ove fosse
accertata la fondatezza di questultima censura, il ricorrente principale
non avrebbe pi un interesse qualificato a ottenere una pronuncia sul
ricorso poich, sia pure ex post, egli sarebbe equiparabile al quisque de
populo. Il ricorso incidentale amplia loggetto del processo e, in base

392

agli indirizzi giurisprudenziali pi recenti (Ad. Plen. n. 4/2011 cit.), deve


essere esaminato dal giudice per primo, proprio perch il suo
accoglimento determina un effetto paralizzante il ricorso principale (che
viene dichiarato inammissibile per carenza di interesse).
In aggiunta alle parti necessarie, nel processo amministrativo possono
trovare ingresso parti cosiddette eventuali, cio gli intervenienti volontari
ad adiuvandum e ad opponendum (art. 50). I primi affiancano il
ricorrente e possono integrare le difese di questultimo, ma non proporre
motivi di ricorso ulteriori tali da ampliare loggetto del processo. Un
esempio pu essere costituito da unassociazione di categoria che
interviene a supporto del ricorso proposto da uno dei suoi iscritti. Non
pu peraltro intervenire ad adiuvandum colui che avrebbe potuto proporre
ricorso autonomo in quanto titolare di una situazione giuridica soggettiva
identica. Linterventore ad opponendum affianca lamministrazione
resistente.
Un altro principio del processo amministrativo, che riguarda
listruzione probatoria, il principio dispositivo che trova applicazione
con alcune attenuazioni (principio dispositivo con metodo acquisitivo,
secondo la definizione classica di F. BENVENUTI).
Infatti, da un lato, vige la regola generale propria del processo civile
secondo la quale le parti devono individuare e allegare i fatti rilevanti e
fornire la prova dei medesimi (principio dellonere della prova di cui
allart. 2697 cod. civ. richiamato anche dallart. 63, primo comma, del
Codice). Secondo lart. 64 del Codice, infatti,Spetta alle parti lonere di
fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilit riguardanti
i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni.
Dallaltro lato, il giudice pu disporre dufficio, cio anche a
prescindere dalle domande istruttorie formulate dalle parti, i mezzi
istruttori ritenuti necessari (il cosiddetto metodo acquisitivo). E tuttavia
necessario che le parti (in particolar modo il ricorrente), che in molti casi
non hanno a disposizione la prova di tutti i fatti che invece
lamministrazione ha acquisito nel corso del procedimento
amministrativo, forniscano almeno un principio di prova.
Quanto ai mezzi istruttori, il giudice pu anzitutto chiedere alle parti
chiarimenti o documenti, pu ordinare anche a terzi di esibire in giudizio
documenti, pu disporre ispezioni, pu ammettere la prova testimoniale
(acquisita per solo in forma scritta e di fatto assai raramente) e pu

393

assumere tutti i mezzi di prova previsti dal codice di procedura civile


esclusi linterrogatorio formale e il giuramento (art. 63).
Nel caso in cui laccertamento dei fatti o lacquisizione di valutazioni
richiedono particolari competenze tecniche, il giudice pu ordinare
lesecuzione di una verificazione o, se indispensabile, pu disporre una
consulenza tecnica. (art. 63, comma 4). La verificazione (attraverso
accessi, misurazioni, esperimenti, accertamenti, ecc.) effettuata a cura di
un organismo verificatore individuato dal giudice (in genere una pubblica
amministrazione dotata delle necessarie competenze tecniche), il quale
defnisce i quesiti e fissa un termine per il deposito della relazione
conclusiva (art. 66). La consulenza tecnica ha una funzione analoga e si
connota soprattutto per la previsione di maggiori garanzie di
contraddittorio. Infatti le parti possono nominare propri consulenti tecnici
che assistono a tutte le operazioni del consulente tecnico dufficio
(nominato dal giudice e che assume lincarico prestando giuramento) e
possono formulare osservazioni allo schema di relazione predisposto da
questultimo (art. 67).
Il giudice amministrativo ha dunque un accesso autonomo e diretto al
fatto e pu sindacare se esso sia stato ricostruito in modo corretto nel
provvedimento (attraverso la figura sintomatica delleccesso di potere, gi
esaminata, dellerrore o travisamento dei fatti). Inoltre, soprattutto
attraverso la consulenza tecnica il controllo del giudice amministrativo
sulle valutazioni tecniche divenuto pi penetrante. Il giudice infatti pu
infatti verificare, come si accennato nel Cap. III, lattendibilit delle
valutazioni tecniche effettuate dallamministrazione. Il giudice non pu
per sostituire la propria opinione, formatasi anche in base agli esiti della
consulenza tecnica, sovrapponendola a quella dellamministrazione.
Lattendibilit di una valutazione tecnica non presuppone
necessariamente la sua condivisibilit.
Altri principi del processo amministrativo sono quelli della
concentrazione, della collegialit e delloralit.
Larticolazione del processo amministrativo molto pi semplice
rispetto a quella del processo civile. Essa incentrata sulludienza
collegiale di discussione nella quale le parti possono discutere
sinteticamente (art. 73), preceduta eventualmente da unudienza
cautelare nella quale sono sentiti oralmente i difensori che ne facciano
richiesta (art. 55, comma 7). Non prevista necessariamente una fase
istruttoria, atteso che in molti casi (in relazione soprattutto allazione di
annullamento) il deposito del provvedimento impugnato unitamente agli

394

atti procedimentali a cura dellamministrazione (art. 46, comma 2) di


regola sufficiente per poter appurare lesistenza dei vizi dedotti nel
ricorso. La massima concentrazione si ha allorch il giudice ritenga di
procedere alla definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata
assunta allesito della fase cautelare (art. 60). La collegialit vale sia per
la fase di merito, sia per la fase cautelare, atteso che qualora sia stata
concessa una misura cautelare monocratica, il decreto cautelare perde
efficacia se non confermato dal collegio in camera di consiglio (art. 56,
comma 4).
Un altro principio quello del doppio grado di giudizio enunciato gi
dallart. 125, comma 2, della Costituzione, attuato, come si visto, dalla
legge del 1971 istitutiva dei Tribunali amministrativi regionali, previsto
ora dallart. 100 del Codice.
Si discusso in dottrina e in giurisprudenza se lappello nel processo
amministrativo sia da considerare un mezzo di gravame in senso proprio
(rinnovatorio o sostitutivo della sentenza di primo grado), oppure un
mezzo di impugnazione meramente eliminatorio (cassatorio) della
sentenza di primo grado.
Sembra preferibile la prima concezione. Infatti lappello pu essere
proposto senza alcuna limitazione di motivi e il Consiglio di Stato, di
regola, se accoglie il ricorso decide della controversia senza limitarsi ad
annullare la sentenza di primo grado rimettendo la questione al Tar
competente (art. 105 del Codice che prevede la rimessione solo in casi
eccezionali tassativi come nel caso in cui sia mancato il contraddittorio).
La parte appellante (soccombente nel giudizio di primo grado)
individua nel ricorso in appello i capi di sentenza oggetto di
impugnazione e con riferimento ad essi deve dedurre specifiche censure
(art. 101, primo comma del Codice).
Deve inoltre riproporre
espressamente le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non
esaminate nella sentenza di primo grado che altrimenti si intendono
rinunciate (art. 101, secondo comma). Un onere analogo grava sulle altre
parti.
Nel giudizio di appello non possono essere proposte nuove domande,
n nuove eccezioni non rilevabili dufficio. Non sono ammessi nuovi
mezzi di prova o nuovi documenti, salvo che il collegio li ritenga
indispensabili o la parte dimostri non averli potuti proporli o produrli nel
giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile (art. 104). Il
cosiddetto effetto devolutivo dellappello, che consiste nella riemersione

395

in sede di appello del materiale di cognizione e probatorio del giudizio di


primo grado in modo tale che il giudice di appello possa conoscere della
controversia con la stessa pienezza del giudice di primo grado, subisce
dunque molte limitazioni.
Anche nel giudizio di appello prevista una fase cautelare nel caso in
cui la parte appellante chieda la sospensione dellesecutivit della
sentenza impugnata ove dalla sua esecuzione derivi un danno grave e
irreparabile (art. 98).
In virt del cosiddetto rinvio interno, il processo di appello si svolge,
salvo deroghe espresse, secondo le regole del giudizio di primo grado (art.
38).
Oltre allappello il processo amministrativo prevede altri mezzi di
impugnazione e cio la revocazione, lopposizione di terzo e il ricorso per
cassazione (artt. 106-111).
Per questultimo il Codice riprende il principio costituzionale, gi
ricordato, per cui il ricorso ammesso per soli motivi inerenti alla
giurisdizione (art. 100) e prevede che la sospensione cautelare della
sentenza oggetto del ricorso in cassazione pu essere disposta, in caso di
eccezionale gravit ed urgenza, dallo stesso Consiglio di Stato (art. 111).
Completata la ricostruzione dei principi informatori del processo
amministrativo, sufficiente rammentare che il Codice dedica alcuni
articoli alle questioni di giurisdizione, disciplinando in particolare il
cosiddetto regolamento preventivo di giurisdizione (art. 10), pone alcune
regole per individuare il Tribunale amministrativo regionale fornito di
competenza (art. 13 e seg.), regola numerosi altri istituti processuale
(astensione, ricusazione, patrocinio, ecc.). Prevede inoltre, accanto al rito
ordinario (al quale dedicato il Libro Secondo, Titolo I), una serie di riti
speciali. Essi sono previsti in particolare, in materia di accesso ai
documenti amministrativi (art. 116), in relazione elenco tassativo di
controversie per le quali il legislatore ritiene che sussistano esigenze
particolari di una definizione pi rapida dei giudizi (art. 119 e seg.), in
relazione alle procedure di affidamento di lavori pubblici, servizi e
forniture (art. 120 e seg.), in relazione al contenzioso elettorale (art. 126 e
seg.). La disciplina del rito ordinario e dei riti speciali, nonch quella di
altri istituti processuali, viene esposta in modo pi puntuale nei manuali
di diritto processuale amministrativo.

396

10. I ricorsi amministrativi.


I ricorsi amministrativi possono essere annoverati tra i cosiddetti
procedimenti di secondo grado, cio tra quei procedimenti che hanno ad
oggetto altri procedimenti. Pi specificamente essi hanno natura di
procedimenti di riesame ad iniziativa di parte (contrapposti a quelli
d'ufficio, come per esempio la revoca) con funzione giustiziale.
La disciplina generale dei ricorsi amministrativi contenuta nel d.P.R.
n. 1199/1971 che individua tre tipi fondamentali di ricorso: il ricorso
gerarchico, il ricorso in opposizione e il ricorso straordinario al Presidente
della Repubblica.
Quanto al ricorso in opposizione, presentato cio allo stesso organo che
ha emanato l'atto, l'art. 7 si limita a porre il principio della tassativit e a
rinviare alle disposizioni del Capo I che disciplinano il ricorso gerarchico.
Carattere tassativo (o eccezionale) ha anche il cosiddetto ricorso
gerarchico improprio, che pu essere cio proposto al di fuori di un
rapporto di gerarchia, in particolare avverso gli atti di organi collegiali
(art. 1, comma 2).
Carattere generale hanno invece i due tipi principali di ricorso, cio il
ricorso gerarchico, esperibile nei confronti degli atti non definitivi (art. 1,
comma 1), e il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica,
esperibile nei confronti degli atti definitivi (art. 8, comma 1).
Il ricorso gerarchico esperibile entro 30 giorni innanzi al superiore
gerarchico che cura l'istruttoria e assume la decisione (art. 4). Pu essere
proposto anche per motivi di merito (art. 1, comma 1). Il superiore
gerarchico pu annullare o riformare latto impugnato e la sua decisione
deve essere motivata (art. 5). Se la decisione non interviene entro 90
giorni il ricorso si intende respinto (art. 6).
Il ricorso straordinario, da proporre entro 120 giorni, costruito come
un rimedio parallelo e alternativo rispetto al ricorso giurisdizionale:
parallelo, perch offre una tutela molto simile a quella giurisdizionale;
alternativo, perch il ricorrente, una volta proposto il ricorso
giurisdizionale non pu proporre il ricorso straordinario e viceversa.
Il ricorso straordinario pu essere proposto esclusivamente per motivi
di legittimit (art. 8, comma 1). E ammessa la tutela cautelare e sono
previste adeguate garanzie del contraddittorio (sia pur soltanto in forma
scritta).

397

Il ministero competente cura listruttoria e trasmette tutti gli atti al


Consiglio di Stato che esprime il suo parere. Il parere del Consiglio di
Stato vincolate, non pu essere cio superato, come accadeva in passato,
con una delibera motivata del Consiglio dei ministri. La decisione finale
adottata con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del
ministro competente.
I controinteressati possono proporre opposizione al ricorso
straordinario chiedendo che il ricorso sia trasposto nella sede
giurisdizionale, innanzi al Tar competente (art. 10). Il Codice disciplina il
procedimento per la riassunzione conseguenze allopposizione (art. 48).
In conseguenza delle modifiche legislative pi recenti, il ricorso
straordinario al Presidente della Repubblica ormai assimilabile in gran
parte a un ricorso giurisdizionale. I suoi pregi consistono nel fatto di
essere assoggettato a un termine per la proposizione pi lungo del termine
di 60 giorni previsto per il ricorso giurisdizionale e per essere meno
costoso, non essendo richiesta la difesa tecnica di un avvocato.
In epoca recente, il legislatore ha cercato di introdurre rimedi di tipo
non giurisdizionale in modo di deflazionare il contenzioso giurisdizionale
(le cosiddette ADR, alternative dispute resolution) che oggi registra gravi
problemi di arretrato e di lunghezza dei processi. Per esempio, in materia
di diritto di accesso ai documenti amministrativi, lart. 25 della l. n.
241/1990 prevede la possibilit di un ricorso al difensore civico o alla
Commissione per laccesso ai documenti amministrativi in alternativa al
ricorso in sede giurisdizionale (disciplinato dallart. 116 del Codice come
rito speciale che pu concludersi con lordine di esibizione dei documenti
richiesti).
11. Cenni alle giurisdizioni amministrative speciali.
L'art. 100, comma 2, Cost. include la Corte dei conti tra gli organi
ausiliari dello Stato e le attribuisce funzioni di controllo preventivo di
legittimit sugli atti del Governo, di controllo successivo sulla gestione
del bilancio dello Stato e di controllo sulla gestione finanziaria degli enti
ai quali lo Stato contribuisce in via ordinaria.
Accanto alle funzioni di controllo, tra le quali assumono un rilievo
istituzionale crescente i controlli di efficienza ed efficacia a scapito del
controllo preventivo sugli atti recessivo nella legislazione recente, la
Corte dei conti esercita funzioni propriamente giurisdizionali nelle

398

materie di contabilit pubblica e nelle altre specificate dalla legge (art.


103, Cost.).
La giurisdizione della Corte dei conti riguarda i seguenti settori: a) la
responsabilit amministrativa e contabile dei pubblici funzionari, che
rappresenta la funzione giurisdizionale pi rilevante sul piano politicoistituzionale; b) il contenzioso in materia pensionistica; c) i giudizi di
conto; d) i giudizi a istanza di parte in materia contabile (essenzialmente
ricorsi proposti da esattori, tesorieri e agenti contabili).
Merita qualche considerazione pi specifica il giudizio in materia di
responsabilit amministrativa e contabile la sorge, come si visto nel
Cap. VI, a carico dei propri dipendenti in relazione ai danni causati
allerario nellesercizio delle loro funzioni.
Come si accennato, il giudizio di responsabilit promosso dalla
procura regionale nel termine di prescrizione di cinque anni. Prima di
emettere il decreto di citazione in giudizio, il procuratore invita il
presunto responsabile a presentare entro un termine non inferiore a trenta
giorni deduzioni e documenti (art. 5 della l. n. 19/1994). Questi pu
chiedere di essere sentito personalmente. Il procuratore titolare di poteri
istruttori dufficio molto estesi (esibizione e sequestro di documenti,
ispezioni, audizioni personali, accertamenti, perizie, consulenze).
Scaduto il termine per le deduzioni a difesa, il procuratore emette entro un
termine perentorio di 45 giorni latto di citazione oppure dispone
larchiviazione. Latto di citazione notificato al convenuto dopo che il
presidente ha fissato ludienza e assegnato il termine per il deposito di
scritti difensivi. La fase dibattimentale avviene davanti alla sezione
regionale della Corte dei conti, la quale pu disporre lacquisizione di
ulteriori elementi probatori. Contro le decisioni delle sezioni regionali
ammesso lappello alle sezioni giurisdizionali centrali. La proposizione
dellappello sospende lesecuzione della sentenza impugnata.
Hanno natura di giudici amministrativi speciali le Commissioni
tributarie provinciali e regionali disciplinate dal decreto d.P.R. 31
dicembre 1992, n. 545. Le Commissioni in questione sono composte da
magistrati e da altre figure professionali (avvocati, dipendenti pubblici
laureati, ufficiali della Guardia di Finanza cessati dal servizio, ragionieri e
perititi con esperienza specifica, ecc.) iscritti in appositi elenchi (art. 9).
Le controversie devolute alla cognizione delle Commissioni tributarie
sono individuate in modo tassativo dall'art. 2, d.lgs. 31 dicembre 1992, n.
546 (imposta sui redditi, imposta sul valore aggiunto, imposta comunale

399

sull'incremento di valore degli immobili, imposta di registro, ecc.). Le


controversie non incluse nell'elenco rientrano invece, in base ai criteri
generali, nell'ambito della competenza del giudice amministrativo o del
giudice ordinario.
Va considerato come giudice amministrativo speciale il Tribunale
superiore delle acque che composto da magistrati amministrativi e
ordinari e da tecnici e che esercita una competenza generale sui ricorsi
giurisdizionali contro i provvedimenti amministrativi in materia di acque
pubbliche e una competenza speciale di merito in materia di
contravvenzioni e di altri provvedimenti di polizia demaniale (art. 143,
r.d. 11 dicembre 1933, n. 1775 contenente il testo unico delle leggi sulle
acque e sugli impianti elettrici).
Il t.u. contiene un elenco delle controversie devolute in primo grado ai
Tribunali regionali (artt. 140 e 141): demanialit delle acque, limiti dei
corsi d'acqua e bacini; diritti relativi alle derivazioni e utilizzazioni delle
acque pubbliche; indennit e risarcimenti per occupazioni ed
espropriazioni di fondi per la esecuzione e manutenzione di opere
idrauliche; risarcimento dei danni derivanti da opere idrauliche eseguite
dalla pubblica amministrazione; ricorsi in materia di indennit di
espropriazione dei diritti esclusivi di pesca nelle acque demaniali; appello
contro le sentenze relative alle azioni possessorie.

400

Vous aimerez peut-être aussi