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DI
ELEMENTI DI MECCANICA
TEORICA ED APPLICATA
(prof. ing. R. Monastero)
II
III
Indice
Introduzione........................................................................................ ix
Suddivisione del corso ........................................................................ xi
Capitolo I - Richiami sui vettori liberi ................................................. 1
Capitolo II Vettori applicati
1 Momento di un vettore applicato ................................................ 7
2.- Momento di un vettore applicato rispetto ad una retta................. 9
3.- Sistemi di vettori applicati ......................................................... 10
4. - Asse centrale............................................................................. 12
5.- Trinomio invariante ................................................................... 14
6. - Momento minimo ..................................................................... 15
Capitolo III Equivalenza di due sistemi di vettori applicati.
1.- Definizione di sistemi equivalenti ............................................. 17
2.- Composizione e scomposizione di vettori ................................. 18
3.- Riduzione di un sistema di vettori ............................................. 21
4.- Equivalenza a zero..................................................................... 23
5. - Sistemi di vettori paralleli......................................................... 24
Capitolo IV Derivate di punti e vettori.
1.- Derivata di un punto .................................................................. 29
2.- Derivata di un vettore libero ...................................................... 30
3 - Formula di Fernet ...................................................................... 31
Capitolo V Nozioni fondamentali di cinematica.
1.- Posizione di un punto ................................................................ 34
2.- Velocit di un punto .................................................................. 35
3.-Accelerazione di un punto .......................................................... 36
4.- I moti rigidi................................................................................ 38
IV
VI
VII
VIII
IX
INTRODUZIONE
condizionare il moto relativo fra due corpi e di consentire fra loro la mutua
trasmissione delle forze.
Attraverso l'analisi di ci che accade in corrispondenza dei vincoli sar,
quindi, possibile trovare informazioni utili allo studio meccanico di una
macchina.
La possibilit di effettuare lo studio di una macchina, in senso
meccanico, presuppone l'acquisizione di quegli elementi teorici che permettono
di disporre degli strumenti atti allo scopo, ossia le leggi generali che governano
i fenomeni del moto e di quelli con esso connessi; con questi si potr affrontare
lo studio delle leggi fondamentali che regolano i movimenti relativi fra le
varie parti che compongono una macchina tenendo conto anche, sia della loro
conformazione, sia del modo in cui esse sono collegate.
La meccanica applicata studia ancora la natura delle forze agenti sulle singole
parti ed i problemi generali dell'equilibrio dinamico; tiene conto dei materiali
costituenti le varie parti della macchina, per quegli aspetti che possono avere
influenza sui fenomeni del moto e della trasmissione delle forze.
L'ampiezza del campo applicativo di una disciplina come la Meccanica
applicata si pu dedurre esaminando una classificazione delle macchine in base
alla loro funzione.
Si hanno:
macchine motrici (o motori) la cui funzione quella di trasformare una
energia, di qualsiasi forma, in energia meccanica; (motori a combustione
interna, motori oleodinamici, macchine a vapore, elettriche, a fluido, ecc.).
macchine generatrici la cui funzione inversa di quella dei motori, e quindi
trasformano energia meccanica in una diversa forma di energia; (pompe,
compressori, dinamo, alternatori, ecc.).
macchine operatrici che costituiscono la tipologia pi vasta ed a cui devoluto
il compito di realizzare specifiche operazioni, diverse dalla pura e semplice
trasformazione di energia; (macchine utensili, agricole, tessili, di sollevamento
e trasporto, confezionatrici, da ufficio, per la fabbricazione della carta, per la
stampa, armi, veicoli, elettrodomestici, manipolatori, macchine per il
movimento di terra, ecc.)
Altre macchine, che non hanno una utilit industriale diretta, si possono
classificare nel gruppo delle macchine trasmettitrici; sono macchine la cui
unica funzione di trasmettere solamente energia meccanica operando tuttavia
una trasformazione sui fattori costituenti il lavoro, ossia forze e spostamenti
(ingranaggi, trasmissioni a cinghia o a catena, sistemi articolati, camme, ecc.).
Queste consentono, una volta accoppiate fra loro, la realizzazione di una
qualsiasi altra macchina.
La Meccanica applicata consente sia l'analisi del funzionamento di tutte
queste macchine, sia la sintesi (progettazione di base) delle stesse basandosi
sulla conoscenza della meccanica del corpo rigido e, per certi versi, anche della
meccanica dei continui deformabili, siano essi solidi o fluidi.
duplice
funzione
di
una
macchina
(trasmissione
di
XI
XII
- il fatto che della macchina possono far parte corpi che presentano
caratteristiche di elasticit: questa produce, sotto l'azione delle forze in giuoco,
deformazioni del sistema variabili nel tempo e pertanto il suscitarsi di
vibrazioni.
Lo studio delle vibrazioni si prefigge il compito di ricercare le condizioni per le quali il moto vibratorio pu assumere un'ampiezza pericolosa
(risonanza), e di indagare sui mezzi per evitare, o quanto meno ridurre, tale
fenomeno salvaguardando, in taluni casi, la vita stessa della macchina.
1
RICHIAMI SUI VETTORI LIBERI
CAPITOLO I
SOMMARIO
1 - Somma o risultante di pi vettori
2 - Differenza di due vettori
3 - Differenza di due punti
4 - Somma di un punto e di un vettore
5 - Prodotto di un vettore per un numero
6 - Prodotto scalare di due vettori
7 - Prodotto vettoriale di due vettori
8 - Prodotto misto di tre vettori
9 - Doppio prodotto vettoriale
10 - Componente di un vettore secondo una direzione orientata
11 - Componenti cartesiane di un vettore
12 - Espressione cartesiana delle operazioni vettoriali
2
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Figura 2
La differenza di due vettori (fig.2) eguale alla somma del primo pi l'opposto del secondo.
&
& & & &
r = a b = a + ( b )
La differenza di due punti un vettore che ha origine nel secondo punto e secondo estremo nel primo.
&
(P - O) = a
&
P = O + a
Si ricorda che per le espressioni contenenti punti e vettori sempre lecito
operare formalmente con le solite regole dell'algebra, purch si badi a che
non si pervenga ad espressioni prive di significato vettoriale. E' quindi
3
RICHIAMI SUI VETTORI LIBERI
&
P = O +a
&
Q = O +b
& &
P-Q = ab
& &
s = axb = ab cos
& &
& &
ab = b a
&
& & & & & & & &
&
(a + b + c) u = a u + b u + c u
se l'angolo fra
& i due vettori, misu&
rato da a verso b .
Se il prodotto vettoriale fra due vettori
Figura 4
4
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
non nulli risulta nullo essi sono necessariamente paralleli fra loro.
Il prodotto vettoriale gode della propriet distributiva rispetto alla somma
ma non gode della propriet commutativa. E', in-fatti:
& &
& &
a b = ( b a )
Geometricamente il prodotto vettore rappresenta l'area del parallelogramma costruito sui vettori dati.
Il prodotto misto di tre vettori uno scalare il cui valore misura
il volume del parallelepipedo costruito sui tre vettori dati. Si definisce
come:
& &
a = a = a cos a
& &
v x = v i = v cos
& &
v y = v j = v cos
& &
v z = v k = v cos
Ne consegue l'identit:
&
&
&
&
& & & & & & & & &
v v x i + v y j + v z k = ( v i )i + ( v j ) j + ( v k ) k
Figura 5
5
RICHIAMI SUI VETTORI LIBERI
r x = a x + bx
r y = a y + b y
r = a + b
z
z
z
bx = na x
b y = na y
b = na
z
z
&
&
b = na
Prodotto scalare:
& &
a b = ax bx + a y by + az bz
Prodotto vettoriale:
&
k
az =
b y bz
&
&
&
= ( a y b z - a z b y ) i + ( a z b x - a x b z )j + ( a x b y - a y b x )k
&
i
& &
a b = ax
bx
&
j
ay
Prodotto misto:
cx
& & &
(a b ) c = a x
bx
cy
ay
by
cz
az =
bz
= ( a y b z - a z b y )c x + ( a z b x - a x b z )c y + ( a x b y - a y b x )c z
& &
&
(a b) c =
= ( a x c x + a y c y + a z c z )( bx i + b y j + bz k) +
( bx c x + b y c y + bz c z )( a x i + a y j + a z k)
6
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
7
VETTORI APPLICATI
CAPITOLO II
VETTORI APPLICATI
SOMMARIO
&
Se ad un vettore u , fig. 6, si
associa un determinato punto P, del
piano o dello spazio, si ottiene un
nuovo ente geometrico che si chiama
vettore applicato
e che si indica con
&
il simbolo ( u , P). Detto punto P allora il& punto di applicazione del vettore u , e la retta passante
per P ed
&
Figura 6
avente la direzione di u prende il nome di retta di applicazione del vettore.
Scegliendo ad arbitrio un qualsiasi& altro punto, Q, nello spazio,
si pu calcolare il momento del vettore ( u , P) rispetto a quel punto (o
polo) Q definito (fig.7) dal vettore:
&
&
M Q = ( P Q) u
(1)
8
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Supponiamo,
ora, di vo&
lere il vettore u applicato in un
altro punto qualsiasi P' che appartenga per alla sua stessa retta di applicazione; ci che equivale a spostare il vettore lungo la
sua retta di applicazione (fig. 8).
Calcolando di nuovo il momento
rispetto al punto Q, scriveremo:
&
&
M Q = ( P' Q ) u
(2)
Figura 7
(P - Q) = (P - P) + (P - Q)
sostituendo nella (2) otterremo:
&
&
&
&
M Q = ( P' P ) u + ( P Q ) u = ( P Q ) u
(3)
( P Q ) sen = 0
&
Supponiamo adesso di avere gi calcolato il momento di un vettore u rispetto ad un dato polo Q, ossia la (1), e di voler calcolare il momento
dello stesso vettore rispetto ad un altro polo qualsiasi Q.
Il nuovo momento sar dato da:
9
VETTORI APPLICATI
&
&
M Q' = ( P Q' ) u
(1)
&
&
&
&
&
M Q ' M Q = ( P Q ' ) u ( P Q ) u = (Q Q ' ) u
(4)
&
&
&
M Q ' = M Q + ( Q Q' ) u (5)
&
& &
M r = (P - Q) u k =
(6)
&
&
= MQ k
ma ha in pi la particolare
condizione che il polo Q
deve appartenere alla retta r
(fig. 10).
Il momento assiale,
che uno scalare, non varia
al variare di Q sulla retta r;
e ci evidente se si tiene
conto della definizione di
Figura 10
10
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
& &
& &
M 'r = M Q + (Q Q') u k = M Q k + (Q Q') u k
(7)
& Un insieme
& di vettori, ( u1 , P ) , ( u2 , P ) , ....,
&
( un , P ) , costituisce un sistema di vettori applicati; molto importante essere in grado di determinare un unico vettore, il
risultante, tale da poter
essere sostituito agli n vettori del sistema dato.
Di un sistema di
vettori applicati si ottiene
Figura 12
il risultante sommando
successivamente a due a due gli n vettori secondo quanto visto per i vettori liberi, ma solo a patto (fig.12) che le rette di applicazione presentino sempre un punto di intersezione.
1
1
VETTORI APPLICATI
&
R =
&
i=1
& &
&
= u1 + u2 ++ un
(8)
Il momento risultante di un sistema di vettori applicati rispetto ad un punto Q, il risultante dei vettori momento, dei singoli vettori
che costituiscono il sistema, rispetto allo stesso polo Q, e cio:
Quindi:
n
&
&
M Q = ( Pi - Q) ui
(9)
i=1
&
M Q' =
&
( P - Q) u
i
i=1
M Q ' = ( Pi - Q ) ui = ( Pi - Q + Q - Q ) ui =
i=1
i=1
i=1
n
&
&
( Pi - Q) ui + (Q - Q ) ui =
&
&
= M Q + (Q - Q) R
(10)
i=1
La (10) quindi ci mostra, che il momento risultante di un sistema di vettori applicati rispetto ad un polo Q' uguale al momento risultante di
quel sistema rispetto ad un polo Q pi il momento del risultante, applicato in Q, rispetto al polo Q'.
Dalla stessa (10) si deduce pure che se Q' appartiene ad una retta passante per Q e parallela ad R il secondo termine della somma risulta nullo, ossia MQ=MQ'; vediamo allora che il momento del sistema
sempre il medesimo se calcolato rispetto a tutti i punti di una qualsiasi
retta, parallela al risultante del sistema stesso.
12
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Mr
&
&
( P - Q) u k
i
(11)
i=1
&
&
& &
n
M r = ( Pi - Q) ui k = M Q k
i=1
(12)
4. - Asse centrale.
Si visto nel precedente paragrafo, e in particolare attraverso la
(10), come, dato un sistema di vettori applicati il cui risultante non sia
nullo, il momento risultante di tale sistema sia un vettore sempre diverso al variare della scelta, peraltro arbitraria, del polo. Data tale arbitrariet, si vuole, allora, cercare quel particolare polo Qo per cui si abbia:
&
&
M Qo R = 0
(13)
ossia un polo che dia come momento risultante del sistema di vettori
applicati un vettore che risulti parallelo al risultante dello stesso oppure
1
3
VETTORI APPLICATI
nullo.
Supponendo di avere gi calcolato, per lo stesso sistema, il momento
risultante rispetto ad un generico punto Q, per la (10), potremo scrivere:
&
&
M Qo R =
&
&
& &
&
& &
= M Q + (Q Qo ) R R = M Q R + (Q Qo ) R R =
&
&
& &
= M Q R + (Q Qo ) R R R 2 (Q Qo ) = 0
(14)
(Q Qo ) =
&
1 &
MQ R
2
R
(15)
&
(M
& &
R R= 0
&
&
14
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
&
&
&
MQ R &
M Qo = M Q + (Q Qo ) R = M Q +
R=
R2
&
&
&
& &
&
&
& R
1
2
= MQ + 2 MQ R R R MQ = MQ R 2
R
R
[(
] (
x0 =
M y Rz M z Ry
(16)
P = Q'+
&
1 & &
M
+
R
Q
R2
(17)
essendo P il generico punto dell'asse centrale e un parametro arbitrario proporzionale alla distanza da Q.
Un metodo analitico pi semplice per la
& determinazione
dellasse centrale quello di calcolare il momento M Q utilizzando come
& polo& un generico punto Q(x,y,z,) ed imponendo che la condizione
M Q R = 0 attraverso la proporzionalit dei componenti dei due vettori.
1
5
VETTORI APPLICATI
Q a Q.
Scriveremo:
&
&
&
& &
M Q ' R = M Q + (Q Q') R R
(18)
&
&
&
perpendicolare ad R , il suo prodotto scalare per lo stesso R d per risultato zero; pertanto la (18) ci dice che:
&
&
&
&
M Q' R = M Q R
(19)
&
&
T = MQ R
(20)
Il trinomio invariante
nullo per un sistema piano
di vettori, ossia costituito da
vettori giacenti tutti sullo
stesso piano: in tal caso infatti il risultante giacer certamente sullo stesso piano menFigura 15
tre il vettore momento risultante, calcolato rispetto ad un qualsiasi punto di quel piano, sar perpendicolare a questo; il prodotto scalare (20) sar quindi nullo.
Il trinomio invariante pure nullo per un sistema di vettori paralleli; infatti il risultante sar certamente parallelo alla direzione comune a tutti i vettori del sistema, e il momento risultante calcolato rispetto ad un polo qualsiasi sar necessariamente perpendicolare alla
medesima direzione; anche in questo caso quindi il prodotto scalare
(20) sar quindi nullo.
6. - Momento minimo.
La propriet principale dell'asse centrale quella di essere il
luogo dei poli rispetto ai quali il momento risultante di un sistema di
vettori applicati risulta minimo.
16
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
&
&
& & M Qo R &
T &
M Qo = M Qo =
R = 2 R
2
R
R
Figura 16
(21)
17
EQUIVALENZA DI SISTEMI DI VETTORI APPLICATI
CAPITOLO III
SOMMARIO
18
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
(22)
Gli angoli che la sua retta di applicazione forma con quelle degli altri
due saranno dati, nell'ordine, da:
19
EQUIVALENZA DI SISTEMI DI VETTORI APPLICATI
sen =
u2
sen
r
sen =
u1
sen
r
(23)
u1 = u
sen
sen
u2 = u
&
sen
sen
(24)
Figura 20
u1
sen
u2
20
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Il caso c) si pu agevolmente
risolvere graficamente con la
costruzione indicata in fig.21: si
traccia con centro nel
& primo estremo del vettore u un arco di
circonferenza di raggio pari al
modulo noto u1, e con centro nel
suo secondo estremo un secondo arco di circonferenza di raggio pari allaltro modulo noto
u2. Il punto di intersezione fra i
due archi risolve il problema.
Vale la pena di sottoliFigura 21
neare che, qui, la soluzione esiste solo se u<u1+u2; diversamente, come si pu rilevare dalla figura stessa, non potrebbe esistere alcuna intersezione fra i due archi tracciati.
In termini analitici, indicando
& con
& e gli angoli,
& incogniti,
formati rispettivamente dai vettori u1 e u2 con il vettore u , dovr essere:
u 2 + u12 u 22
cos =
2uu1
u 2 + u 22 u12
cos = #
2uu 2
(24)
(25)
&
e poi, trovato tale modulo, langolo formato dal vettore u1 con il vettore
&
u , si ricava, come nella (24), da:
21
EQUIVALENZA DI SISTEMI DI VETTORI APPLICATI
u 2 + u12 u 22
cos =
2 uu1
(26)
Il radicale che compare nella (25) ed i doppi segni che compaiono sia
nella (25) che nella (26) mostrano, come gi visto, che il problema non
ha una soluzione univoca.
22
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
23
EQUIVALENZA DI SISTEMI DI VETTORI APPLICATI
24
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
finito.
&
Infatti, l'essere nullo R , equivale a dire che uno dei tre vettori
deve essere uguale ed opposto al risultante degli altri due, e deve con
esso condividere la retta di applicazione affinch sia nullo il momento
rispetto al punto di intersezione delle rette di applicazione dei primi due;
se nullo il momento rispetto a tale punto , ovviamente, pure nullo il
momento rispetto a qualsiasi altro punto.
Se invece i tre vettori non fossero complanari potrebbe accadere che uno
&
dei tre, per es. u 3 , o giaccia su un piano parallelo al piano degli altri due
&
(fig. 27), oppure sia incidente a tale piano (fig. 28). In entrambi i casi u 3
avrebbe certamente un momento diverso da zero rispetto al punto, A, di
intersezione delle rette di appli-
&
& Figura 27
Figura 28
cazione di u1 e di u 2 mentre
questi, rispetto allo stesso
punto avrebbero momento nullo; n si potreb&
&
be nemmeno avere R = 0 perch la retta di applicazione di u 3 risulte&
&
rebbe sghemba rispetto alla direzione del risultante di u1 e di u 2 ; fa eccezione, sotto questo aspetto, nella situazione di fig. 28, il caso in cui la
&
retta di applicazione di u 3 passi proprio per A, ma tale eccezione lascia
&
comunque invariato il fatto che non si avrebbe M A = 0.
&
&
ui = ui
la cui retta di applicazione passa quindi per il punto allinfinito della loro direzione comune ed il cui risultante quindi il vettore:
25
EQUIVALENZA DI SISTEMI DI VETTORI APPLICATI
n
& n &
&
R = ui = ui
i =1
(27)
i =1
applicato in un punto G.
Ora,
& poich i vettori sono tutti fra loro paralleli (il punto allinfinito di
il punto di intersezione di tutte le rette di applicazione) per il momento risultante del sistema si pu applicare il teorema di Varignon.
Il teorema di Varignon afferma che se i vettori di un sistema hanno tutti
la medesima origine A il momento risultante rispetto ad un polo O uguale al momento del risultante del sistema applicato in quel punto A.
Che ci sia vero in generale si pu comprendere se si riflette
sul fatto che, se i vettori del sistema hanno tutti la medesima origine A, le loro rette di applicazione
passano tutte per tale punto; ciascun vettore del sistema pu farsi
scorrere, quindi, lungo la sua retta
di applicazione fino al punto A,
punto in cui risulter certamente
applicato il risultante del sistema.
Nel nostro caso, indicando
con G il punto in cui pensare applicato il risultante del sistema di
Figura 29
vettori paralleli, si pu quindi scrivere il teorema di Varignon nella forma:
&
MO =
( P O) u&
i =1
&
= (G - O) R =
&
&
= ui ( Pi O) = R(G - O)
(28)
i =1
&
( G O) =
u ( P O)
i =1
(29)
26
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
u1 (A - O) + u2 (B - O)
u1 + u 2
(G - O) =
(30)
Ora poich il punto O arbitrario, se si pone una volta OA ed una volta OB, otteniamo:
( G A) =
u2
u2
(B - A) =
d
R
u1 + u2
(31)
(G - B) =
u1
u1
(A - B) = d
R
u1 + u2
| AG|
u2
=
| BG|
u1
(32)
(G - O) =
u1 (A - O) - u2 (B - O)
u1 - u 2
(30)
27
EQUIVALENZA DI SISTEMI DI VETTORI APPLICATI
(G - A) =
u2
u2
(B - A) =
d
R
u1 - u2
(31)
(G - B) =
u1
u1
(A - B) = d
R
u1 - u2
da cui si vede che G sta ancora su AB e che esterno ad esso; star dalla
parte di A o di B a seconda se u1>u2 oppure u2>u1; anche qui infine:
| AG|
u2
=
| BG|
u1
(32)
28
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
29
DERIVATE DI PUNTI E VETTORI
CAPITOLO IV
SOMMARIO
1 - Derivata di un punto
2 - Derivata di un vettore libero
3 - Formula di Frenet
L'operazione di derivazione applicata a punti o a vettori ricorrente, nei calcoli della meccanica, in particolar modo quando tali enti
sono funzioni della variabile numerica tempo. La derivazione ci indica,
in questi casi, come varia il punto o il vettore al variare della grandezza
tempo.
&
&
&
P(t + h) P(t) = P
&
&
&
P( t + h) P( t ) dP
lim
=
h0
h
dt
30
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
dP
dx &
dy &
dz &
=
i +
j +
k
dt
dt
dt
dt
(33)
e la sua valutazione naturalmente legata alla conoscenza delle espressioni analitiche di x(t), y(t), z(t).
&
&
&
&
du
u (t + h) u (t )
= lim
dt h 0
h
&
&
u (t ) = u ( t )
(34)
&
ossia, pi chiaramente, che la sua variabilit del vettore u (t ) con il tempo discende dalla variabilit del modulo e non dal suo versore che invece rimane costante.
Avremo in tal caso:
&
du d
du (t ) &
&
= [ u (t ) ] =
dt
dt dt
(35)
&
&
u ( t ) = u ( t )
(36)
&
ossia che, rimanendo costante il modulo di u (t ) , il suo versore che varia nel tempo.
In questo caso dovremo scrivere:
31
DERIVATE DI PUNTI E VETTORI
&
&
du
d
=u
dt
dt
(37)
Il vettore che si ottiene un vettore perpendicolare al precedente. Infatti poich il versore un vettore di modulo costante dobbiamo
poter scrivere:
& &
2 = = cost
Tale espressione, derivata, d:
&
& d
=0
dt
&
&
u (t ) = u ( t ) (t )
(38)
&
ossia, che dipendono dal tempo sia il modulo di u (t ) che il suo versore.
Si avr, in questo caso, derivando:
&
&
du d
du (t ) &
d
&
+u
(39)
= [ u (t ) (t )] =
dt
dt dt
dt
ottenendo quindi un vettore che avr un componente avente ancora la
direzione del vettore non derivato ed un altro componente che risulta ad
esso perpendicolare.
3 - Formula di Frenet.
Come caso particolare di quanto visto nel caso b) del precedente consideriamo una generica curva la quale presenti in corrispondenza di un arbitrario punto P raggio di curvatura R; la posizione
di P sulla curva sia
& definita dalla coordinata curvilinea s. &
Indichiamo con il versore tangente alla curva in P e con n il versore
della normale in P positivo se orientato
verso il centro di curvatura O: cerchiamo
un'espressione per la derivata d
&
/ds.
Sia P il punto che sulla curva si trova a
distanza ds: in P il raggio& di curvatura
&
ancora R ma i versori ed n saranno ruotati di un angolo d tale che sia
ds=Rd.
Ne segue che si ha:
Figura 31
32
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
1 d
1&
d
=
= n
ds R d R
&
&
essendo, ovviamente, d = d n .
(40)
La precedente espressione la prima delle formule di Frenet e rappresenta il legame che esiste fra il versore tangente ad una curva in un punto ed il corrispondente versore normale.
33
NOZIONI FONDAMENTALI DI CINEMATICA
CAPITOLO V
SOMMARIO
1 - Posizione di un punto
2 - Velocit di un punto
3 - Accelerazione di un punto
4 - I moti rigidi.
5 - Formule di Poisson.
6 - Formula fondamentale dei moti rigidi. Asse del Mozzi.
7 - Moto composto di un punto
34
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
P = P( t )
(41)
x = x(t )
y = y ( t ) z = z( t )
(42)
che, per ogni valore della variabile tempo, t, danno il valore delle tre coordinate di P e quindi ne individuano la posizione (fig.1).
Le (42) intese come luogo dei punti dello spazio occupati dal
punto P al variare del tempo,
t, costituiscono la traiettoria
del punto considerato.
Ne segue, ovviamente, che
alla infinit dei punti che costituiscono un dato corpo corrisponde, durante il suo moto,
una infinit di traiettorie ciascuna identificata da una relazione come la (41) ossia un
sistema del tipo indicato in
(42).
Se si considera un
vettore avente il primo estreFigura 1
mo nell'origine della terna
cartesiana di riferimento ed il secondo estremo in P, la posizione di P,
all'istante t, identificata dal vettore posizione (P-O); se in un istante
successivo, t', il punto si portato in P', il vettore (P'-O) il vettore rappresentativo della nuova posizione del punto.
Il vettore differenza (P'-P) , allora, il vettore spostamento relativo al
moto di P fra gli istanti t e t'.
Identificata la traiettoria di un punto P, pu essere comodo introdurre una ascissa curvilinea s per identificare su di essa la posizione
di P attraverso la cosiddetta equazione oraria del moto:
s = s(t )
(43)
P = P( s)
(41)
relazione che, in analogia a quanto detto prima, corrisponde alle tre equazioni:
35
NOZIONI FONDAMENTALI DI CINEMATICA
x = x(s)
y = y(s) z = z(s)
(42)
Sostituendo la (43) nella (41'), o nelle (42), appare chiaro che la posizione di P si pu pensare come funzione del tempo attraverso l'ascissa
curvilinea s.
( v& )
P m
(44)
(45)
Ora, (fig.2), se la posizione del punto espressa in forma cartesiana attraverso le (42), le componenti cartesiane della velocit di P saranno
date da:
36
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
v x = x =
dx
dt
v y = y =
dy
dt
vz = z =
dz
dt
(46)
Se invece la traiettoria del punto stata espressa attraverso l'ascissa curvilinea s(t), la (45) si scrive:
dP dP ds
&
&
(47)
vP =
=
= s
dt
ds dt
&
avendo indicato con il versore dP/ds, versore che tangente alla
traiettoria di P e diretto, nel verso delle s crescenti se s > 0 (moto
progressivo), oppure nel verso delle s decrescenti, se s < 0 (moto retrogrado). La derivata s dell'ascissa curvilinea si chiama velocit scalare di P. Se poi fosse s = cost il moto di P sarebbe un moto uniforme.
3.-Accelerazione di un punto.
Se si esclude il caso di moto uniforme su traiettoria rettilinea, ad
ogni posizione di P lungo la sua traiettoria corrisponde un diverso vettore velocit, diverso per modulo, per direzione o per verso o per una
qualsiasi combinazione di tali caratteristiche.
Il vettore velocit di P quindi, in generale, un vettore variabile
al variare del tempo. Tale variabilit espressa dal vettore accelerazione di P, ossia da:
&
dv P
&
aP =
dt
(a )
P x
=
xP =
d 2x
dt 2
(a )
P y
=
yP =
d2y
dt 2
(a )
P z
=
zP =
d 2z
dt 2
(48)
Se consideriamo poi il caso in cui la traiettoria del punto sia espressa attraverso l'ascissa curvilinea s(t), possiamo definire, in modo
analogo a quanto visto per il caso della velocit, anche la accelerazione
scalare (
s t ) come derivata seconda dell'ascissa curvilinea s(t).
37
NOZIONI FONDAMENTALI DI CINEMATICA
&
&
&
d d ds
d
=
= s
dt
ds dt
ds
&
&
d
&
& 2 d
& s2 &
&
a P = s + s
= s + s
= s +
n
dt
ds
(49)
38
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
P O = ( O ) + ( P )
(50)
39
NOZIONI FONDAMENTALI DI CINEMATICA
&
&
&
&
&
&
P O = xo i + yo j + zo k + + +
) (
(51)
&
&
&
& d
&
&
d
d
&
v P = ( x o i + y o j + zo k ) +
+
+
dt
dt
dt
(52)
&
&
&
d
d
&
& d
v P = v +
+
+
dt
dt
dt
(53)
la quale mette chiaramente in evidenza che, se il rigido in moto, la velocit di un suo punto P dipende sia dalla velocit del punto quanto
dal moto del rigido nel suo insieme.
Questultimo& moto, legato alla variazione nel tempo della orientazione
&&
dei versori , certamente una rotazione che avverr secondo un
certo asse, con un certo verso e con una certa
& intensit: ci che basta
il
per definire un vettore velocit angolare, ; che descriver appunto
&
moto rotatorio del rigido nel suo insieme. Il verso del vettore definisce il verso della rotazione, oraria o antioraria, secondo la regola usuale della vite. &
&
I due vettori v ed ; sono i vettori caratteristici del pi generale moto
rigido nello
spazio che risulta, allora,
dalla composizione di una trasla&
&
traslatorio,
in
cui
&
&
&
& d 2
&
&
&
d 2
d 2
a P = xo i + yo j + zo k + 2 + 2 + 2
dt
dt
dt
40
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
d 2
&
&
d 2
d 2
a P = a + 2 + 2 + 2
dt
dt
dt
(54)
5. - Formule di Poisson.
La (53) del precedente pu essere scritta in modo pi sintetico
facendo comparire esplicitamente il moto del rigido
nel suo insieme; oc&
e
le
derivate temporali
corre disporre
di
una
relazione
tra
il
vettore
&&&
dei versori .
Le derivate rispetto al tempo di questi versori possono essere scritte, intanto, nelle loro componenti, come:
&
&
&
&
d d & & d & & d & &
=
+
+
dt dt
dt
dt
&
& & &
&
&
d d
dt
dt
dt& dt&
&
&
d d & & d & & d & &
=
+
+
dt
dt
dt dt
(55)
&
&
&
d &
d &
d &
=0
=0
= 0
dt
dt
dt
&
&
&
d d & & d & &
=
+
dt dt
dt
&
& & &
&
d d
d & &
=
+
dt
dt& dt&
&
d d & & d & &
=
+
dt
dt dt
& &
& &
& &
= 0 = 0 = 0
(54)
41
NOZIONI FONDAMENTALI DI CINEMATICA
&
&
d & d &
+
= 0
dt
dt
&
&
d & d &
+
=0
dt
dt
&
&
d & d &
+
= 0
dt
dt
e pertanto le (54) si possono ancora scrivere come:
&
&
&
d d & & d & &
=
dt dt
dt
&
&
&
&
d &
d
d & &
=
+
dt
dt
dt
&
& & &
&
&
d
d
d
&
=
dt dt
dt
(54)
&
&
&
& d & & d & & d & &
=
+
+
dt
dt
dt
(56)
&
&
& & d & & d
=
=
dt
dt
&
& & d
=
dt
(57)
Queste rappresentano le formule di Poisson le quali consentono, appunto, di esprimere, in modo sintetico, le derivate temporali dei versori della terna mobile utilizzando il vettore rotazione del rigido in moto.
42
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
&
&
&
v P = v + ( + + )
(58)
&
&
&
v P = v + ( P )
(59)
&
&
v P' = 0
(60)
& &
v
( P') =
2
(61)
Anche qui si pu verificare che tutti i &punti, e solo essi, appartenenti alla retta passante per P' e parallela ad soddisfano la (61); tale retta, cui
si d il nome di asse del Mozzi, gode della propriet di essere il luogo
dei punti le cui velocit hanno modulo minimo; come si deduce immediatamente dalla (59) sostituendo con P' (cfr. 6 Cap. II).
Se poi accade, in particolare, che la velocit di P' nulla, pure
nulla, di conseguenza, quella di tutti i punti dell'asse del Mozzi: latto di
moto del rigido in tal caso soltanto un atto di moto rotatorio e lasse
del Mozzi diventa l'asse di istantanea rotazione del rigido.
Per derivazione della (59) si pu ottenere una analoga espressione per la accelerazione dei P.
Si ricava:
&
& &
&
&
&
a P = a + (P ) + (v P v )
e questa, per la stessa (59), si pu scrivere:
43
NOZIONI FONDAMENTALI DI CINEMATICA
&
&
&
&
&
a P = a + (P ) + [ (P )]
Se poi facciamo intervenire il punto P dellasse del Mozzi, per il quale
verificata la (60), la precedente diventa:
&
&
&
&
&
a P = a + (P ) + [ (P P'+ P' )] =
&
&
&
& &
&
= a + (P ) + [ (P P' )] + v P ' =
&
&
= a + (P ) + 2 (P P')
(62)
in cui il risultato tiene conto che nello sviluppo del doppio prodotto vet&
tore, sempre per la (60), risulta nullo il termine contenente (P P ' )
giacch i due vettori sono ortogonali.
44
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
P O = ( O ) + ( P )
Utilizzando di nuovo come nella (51) le coordinate ,, le coordinate
di P nel riferimento mobile , e le coordinate xo, yo, zo di nel riferimento fisso,scriveremo:
&
&
&
&
&
&
P O = ( xoi + yo j + zo k ) + ( + + )
&
&
&
& d
&
&
d
d &
& &
&
+
v P = ( x o i + y o j + zo k ) +
+
+
) (63)
+ ( +
dt
dt
dt
dove i termini nelle prime due parentesi coincidono con la (52) del 4 e
quindi esprimono la velocit che avrebbe il punto P se fosse solidale al
corpo (A), mentre i termini della terza parentesi esprimono la variazione
delle coordinate di P nella terna mobile, e quindi la velocit che avrebbe
il punto P rispetto al corpo (A) se questultimo fosse fisso.
Possiamo pertanto definire una velocit di P nel moto relativo di (B)
rispetto ad (A) come:
&
& &
&
+
+
v P( r ) =
(64)
&
&
&
d
d
d
& (t ) &
+
+
v P = v +
dt
dt
dt
(65)
45
NOZIONI FONDAMENTALI DI CINEMATICA
&
&
&
&
v P = v P( a ) = v P( r ) + v P( t )
(66)
&
&
&
&
a P = (
x o i +
y o j +
zo k ) +
&
&
&
&
d
d
d
&
&
+
+ + +
+
+
+
dt
dt
dt
&
&
&
&
&
&
2
d
d
d
d
d2
d2
+
+
+
+
+
+
dt
dt
d t2
d t2
d t2
dt
e cio:
&
2
2 &
2 &
&
d
d
d
&
&
&
&
+
+
+
+
a P = a +
2 +
2 +
dt
dt
d t2
&
(67)
&
&
d
d
d
+ 2(
+
+
)+
dt
dt
dt
&
& &
&
+
+
a P( r ) =
&
&
&
d2
d2
d2
& (t ) &
a P = a +
+
+
d t&2
d t2
d t2
&
&
d
d d
&
a P( co ) = 2 +
+
dt
dt
dt
(68)
&
&
&
&
&
a P( a ) = a P = a P( r ) + a P( t ) + a P( co )
(69)
46
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
delle medesima terna ed i termini che tengono conto della variazione seconda nellorientamento dei suoi versori; poich la terna mobile solidale al corpo (A), questo termine descrive laccelerazione di (A), e pertanto corrisponde alla accelerazione che avrebbe il punto P se il corpo
(B) fosse solidale al corpo (A): prende perci il nome di accelerazione
di P nel moto di trascinamento di (B) da parte di (A). E identico, infatti, alla (54) e quindi alla (62).
&( )
- che il terzo termine, a Pco , che prende il nome di accelerazione complementare di P o accelerazione di Coriolis, risulta dalla combinazione delle derivate prime delle coordinate di P rispetto alla terna
mobile e delle derivate prime dei versori della terna mobile: una combinazione quindi della velocit di P nel moto relativo di (B) rispetto ad
(A) e del moto di (A) che per (B) il moto di trascinamento da parte di
(A).
La (69) rappresenta il teorema di composizione delle accelerazioni, in base al quale, in un moto composto, l'accelerazione di
un generico punto data dalla somma della accelerazione che esso
ha nel moto relativo, di quella che esso ha nel moto di trascinamento
e di quella di Coriolis.
47
MEMBRI, COPPIE, CONTATTI, MECCANISMI
CAPITOLO VI
SOMMARIO
48
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
49
MEMBRI, COPPIE, CONTATTI, MECCANISMI
3. - Le coppie.
Per poter avere trasmissione di lavoro fra due membri di una
macchina, questi devono essere innanzitutto a contatto; e lo sono, in generale, attraverso due superfici, sagomate in modo opportuno, che prendono il nome di superfici coniugate. L'insieme delle due superfici coniugate, fra le quali esiste moto relativo, ed attraverso le quali si trasmettono le forze, si definisce coppia.
In una macchina, le coppie
costituiscono elemento fondamentale per il suo studio: in generale,
infatti, tutte le informazioni a ci
utili si possono ricavare proprio in
Figura 1
corrispondenza di esse, punto di
transito sia per gli spostamenti che per le forze, elementi costitutivi del
lavoro che i membri si trasmettono. Ed per questo che, nelle schematizzazioni della cinematica, gli elementi di collegamento fra le coppie
non vengono caratterizzati.
Si definisce coppia cinematica quella che lascia a ciascun
membro un solo grado di libert,
ossia una sola possibilit di moto
relativo; se ci non accade, non
siamo in presenza di una coppia cinematica.
Una coppia (fig. 1) costituita da
uno stelo prismatico e dalla guida
Figura 2
in cui esso scorre una coppia cinematica; non coppia cinematica (fig. 2) quella costituita da uno stelo
cilindrico e dalla sua guida. In questo secondo caso, infatti, lo stelo oltre
a poter scorrere lungo il suo asse ha anche la possibilit di ruotare intorno ad esso; ha quindi due gradi di libert.
50
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Figura 3
- accoppiamenti di forza, (fig.3), in cui la geometria dei membri a contatto assicura solamente un vincolo unilaterale incompleto, ed in cui l'unico grado di libert si ha solo se esiste una forza e-sterna agente su uno
dei membri (forza di chiusura) che garantisca la permanenza del contatto o il verificarsi di particolari condizioni di moto.
51
MEMBRI, COPPIE, CONTATTI, MECCANISMI
(r)
(r)
(r)
&
v C( r ) = 0
Figura 5
mentre rimane diversa da zero la velocit di tutti gli altri punti di (B).
L'atto di moto , in tal caso, un atto di moto rotatorio intorno ad una
retta passante per il punto di contatto C.
A seconda della giacitura di tale
retta rispetto al piano tangente comune di contatto in C si pu avere:
rotolamento puro (fig.4), se l'asse
istantaneo della rotazione giace su
tale piano; prillamento puro
(fig.5) se l'asse istantaneo della rotazione disposto perpendicolarmente al piano tangente; rotolamento e prillamento (fig.6),
quando l'asse istantaneo della rotazione comunque inclinato rispetto
Figura 6
52
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
v C( r ) = v c( r ) vc( r ) 0
ossia che la velocit del punto di contatto C nel moto relativo dei due
membri (A) e (B) giace proprio sul
piano tangente comune (fig.7).
Discende da questa circostanza una caratteristica del contatto di
strisciamento puro: le velocit assoluFigura 7
te di due punti in contatto di strisciamento puro hanno la medesima componente lungo la normale di contatto.
Consideriamo, infatti, (fig.8) il punto di contatto C fra due membri (A) e
(B) che siano fra loro in moto relativo di strisciamento
&
& puro, e chiaC(A)
miamo v C ,( A ) e v C ,( B ) rispettivaC(B)
mente le velocit che ha il punto C,
nel moto assoluto dei due membri,
quando lo si considera appartenente una volta ad (A) ed una volta
a (B).
La velocit che avr il punto C nel
moto relativo, per es. di (B) rispetto ad (A), sar allora data da:
(r)
&
&
&
&
v C( r ) = v C ,( B ) v C .( A ) = v C( r )
(r)
Figura 8
&
(v
(r)
C
ossia:
[( v&
C ,( B )
e quindi:
) ]
&
& &
v C ,( A ) n n = 0
53
MEMBRI, COPPIE, CONTATTI, MECCANISMI
( v&
C ,( B )
&(
) (
&
&
v C ' = ( C 'C )
&
la quale presenta, lungo la normale di contatto, una componente v n diversa da zero e diretta verso l'ostacolo; tale componente, data la non
compenetrabilit dei corpi, deve annullarsi istantaneamente (il punto C'
diventa improvvisamente centro istantaneo di rotazione) e di qui l'urto.
54
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
In realt, poich
esiste sempre una certa deformabilit dei corpi,
&
l'annullarsi della v n si verifica in un intervallo di tempo finito e quindi
anche la forza che i due corpi si scambiano durante l'urto grande ma
anch'essa finita.
In relazione a ciascuno di questi tipi di contatto si possono fare
alcune considerazioni di natura dinamica.
Il contatto di rotolamento quello che richiede il minor dispendio di
energia, ma, per il fatto che esso avviene per punti o per linee, comporta il dover ricorrere a materiali con caratteristiche meccaniche elevate
poich nel contatto si manifestano carichi locali elevati.
Il contatto di strisciamento quello che richiede la maggior quantit di
&( )
energia in quanto la presenza nel contatto di una v Cr non nulla legata
al manifestarsi di fenomeni dissipativi pi o meno accentuati ma sempre presenti (attrito asciutto o mediato).
I contatti d'urto sono quelli in cui si manifestano forze e deformazioni
di notevole entit e sono quindi, generalmente, da evitarsi in quanto
pericolosi per la vita stessa della macchina; producono, fra l'altro, un rapido logoramento delle parti a contatto, vibrazioni, dispersioni di energia, ecc..
Ci non toglie, tuttavia, che esistono pure dei casi in cui i contatti d'urto
sono appositamente voluti, per es. in macchine come magli, battipalo, o
altre, laddove viene sfruttata proprio l'energia che, in seguito all'urto si
trasferisce dall'uno all'altro dei membri in contatto.
Conviene infine sottolineare che, poich il contatto d'urto d luogo ad un
accoppiamento istantaneo, esso da escludere ai fini della attuazione
di un moto relativo di tipo continuativo, ricorrendo esclusivamente,
per ci, a coppie che presentino contatti di rotolamento o contatti di
strisciamento.
55
MEMBRI, COPPIE, CONTATTI, MECCANISMI
a) coppia prismatica
b) coppia rotoidale
c) coppia elicoidale
Figura 11
2
1
1
2
1
Snodo sferico
Eccentrico
Figura 12
In tal caso le superfici a contatto sono ancora coniugate, ma sono diverse per forma e caratteri geometrici, e si toccano lungo linee variamente
distribuite.
Gli elementi che costituiscono una coppia superiore non possono essere
scambiati senza, generalmente, alterare la funzionalit della coppia stessa.
7. - Catene cinematiche.
Si dice catena l'insieme di due o pi membri cinematicamente
accoppiati fra loro; se gli accoppiamenti sono ottenuti tutti per mezzo di
coppie cinematiche e sono tali per cui, fissato uno qualsiasi dei membri
della catena, ne risulta un sistema ad un sol grado di libert, la catena
56
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
8. - Meccanismi.
Una catena cinematica chiusa un meccanismo quando uno dei suoi
membri ha funzione di telaio ossia un membro fisso.
In base alla disposizione degli assi di rotazione delle coppie i
meccanismi si possono suddividere in:
- meccanismi piani, quando gli assi di rotazione delle coppie sono tutti
paralleli fra loro;
- meccanismi sferici, quando gli assi di rotazione delle coppie sono
concorrenti in un punto;
- meccanismi spaziali, quando gli assi di rotazione delle coppie sono
comunque disposti nello spazio.
Il complesso di pi meccanismi collegati fra loro costituiscono una
macchina.
Il collegamento fra due o pi meccanismi pu essere realizzato in serie,
quando il cedente del primo anche movente del secondo; o in parallelo, quando i diversi meccanismi abbiano in comune un unico movente o
un unico cedente. Nel collegamento in parallelo, se si ha un unico movente il lavoro da esso trasmesso si ripartisce fra i cedenti dei diversi
meccanismi, mentre, se si ha un unico cedente, questo che raccoglie il
lavoro che gli perviene da ciascun meccanismo.
Due meccanismi diversi si dicono cinematicamente equivalenti quando entrambi i moventi ed entrambi i cedenti hanno lo stesso
identico moto.
57
MEMBRI, COPPIE, CONTATTI, MECCANISMI
g = 3m 2i s
Infatti ogni membro mobile avrebbe, nel piano, 3 gradi di libert, ogni
coppia cinematica inferiore toglie 2 gradi di libert al moto relativo fra
due di essi, mentre ogni coppia superiore ne toglie uno soltanto.
Particolare attenzione occorre prestare alle coppie di puro rotolamento le quali dal punto di vista del contatto andrebbero computate
fra le coppie superiori: la condizione che nel punto di contatto C vi sia
&( )
rotolamento puro implica l'ulteriore condizione che sia v Cr = 0 , e ci
riduce ad 1 i gradi di libert consentiti da questo tipo di coppia. Pertanto
possibile, dal punto di vista pratico, o computare direttamente una
coppia di puro rotolamento fra le coppie inferiori, oppure attenersi alle
definizioni date e decurtare poi il valore di g ottenuto di un numero pari
a quello delle coppie di rotolamento puro presenti nel meccanismo.
Il moto di un meccanismo con g gradi di libert definito quando assegnata l'equazione oraria di un numero di membri pari a g.
58
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
59
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE VELOCIT
CAPITOLO VII
(1 - LE VELOCITA')
SOMMARIO
Un sistema di punti materiali si definisce sistema rigido allorquando possibile ritenere che le mutue distanze fra gli stessi rimangono costanti nel tempo.
In tal caso, fra due punti qualsiasi di esso, A e B, dovr sussistere la relazione:
( B A) 2 = ( B A) ( B A) = cost
60
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
v A ( B A) = v B ( B A)
Questa, detta condizione di rigidit, configura la caratteristica cinematica fondamentale dei sistemi rigidi: "le velocit assolute di due punti
appartenenti ad uno stesso sistema rigido hanno la stessa componente
lungo la congiungente i punti stessi" (fig. 1).
Si definisce atto di moto di un sistema rigido la distribuzione
delle velocit dei suoi punti ad
un dato istante.
Riprendiamo in esame la (59)
del Cap. V:
&
&
&
v P = v + ( P )
&
&
&
v C = v + ( C ) = 0
61
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE VELOCIT
( C) =
Il punto C prende il nome di centro delle velocit del rigido, con la caratteristica, quindi, di avere istantaneamente velocit nulla.
L'esistenza del punto C, con tale caratteristica, ci pu far aggiungere a
quanto prima detto che l'atto di moto del rigido in definitiva un atto di
moto rotatorio intorno ad un particolare punto del piano mobile (che pu
anche non far parte fisicamente del rigido), il centro C appunto, (istantaneo o permanente se il moto avviene intorno ad un punto
fisso) ed
&
caratterizzato dal vettore (cursore) velocit angolare, , che ne definisce il moto d'insieme.
&
Se, come caso particolare, accade che il vettore nullo, in tal
caso, se almeno un punto del rigido ha velocit diversa da zero, si in
presenza di un atto di moto traslatorio: tutti i punti del sistema avranno,
in quell'istante, la stessa velocit, e si pu intendere che la rotazione del
sistema avviene intorno al punto all' della normale alla direzione del
moto.
In tal caso, almeno in un intorno di quella configurazione, il rigido si
muover mantenendosi parallelo a se stesso.
In virt di quanto visto, quando
sia nota la posizione del punto
&
C sul piano, e se noto il vettore , la velocit di un qualsiasi punto
A del rigido pu scriversi:
&
&
v A = ( A C)
(69)
&
&
v B = ( B C)
(69')
& &
&
&
&
v B v A = ( B C ) ( A C ) = ( B A)
62
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
e pertanto:
&
&
&
v B = v A + ( B A)
(70)
&
&
v BA = ( B A)
pu essere interpretato come la velocit che avrebbe B se il moto del
rigido avvenisse intorno ad A; la sua espressione, infatti, mostra che il
punto A assume, in tale ambito, la veste di centro della rotazione.
Si pu quindi concludere che "se due punti appartengono allo stesso sistema rigido, e siano essi A e B, la velocit di B pu essere ricavata aggiungendo alla velocit di A la velocit che avrebbe B se il moto del rigido avvenisse intorno ad A".
La (70) la formula fondamentale della cinematica dei sistemi
rigidi piani. Si pu notare che essa , e non poteva non esserlo, formalmente identica alla (59) del Cap. V; infatti il modo con cui stata ricavata la (70) di fatto sostanzialmente il medesimo di quello che ha consentito, nel 4-Cap.V, di ottenere la (59).
La (70), letta inversamente, mostra anche come la velocit di un
generico punto P di un sistema rigido in rotazione intorno ad un qualsiasi punto O pu essere sempre scomposta nella velocit che esso avrebbe in un moto rotatorio intorno ad un qualsiasi altro punto A dello
stesso rigido, ed in quella che questo avrebbe in una traslazione in direzione perpendicolare alla congiungente OA.
Infatti scritta la velocit di P:
&
&
v P = ( P O)
si pu avere:
&
&
&
&
v P = ( P O + A A) = ( P A) + ( A O)
e cio:
&
&
&
v P = ( P A) + v A
dove il vettore:
&
&
v A = ( A O)
proprio perpendicolare ad OA.
63
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE VELOCIT
2. - Applicazioni grafiche.
a). - L'applicazione in forma vettoriale della relazione fondamentale (70) mostra una propriet utile dal punto di vista del calcolo
grafico (fig.2): il triangolo delle velocit, BDE, simile al triangolo
ABC, in quanto il primo risulta formato da lati rispettivamente perpendicolari ai lati del secondo.
&
&
I vettori v A e v B sono, infatti, esprimibili anche come:
&
&
v A = ( A C)
&
&
v B = ( B C)
64
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Osserviamo adesso che il moto di un rigido, quando questo sia parte di un meccanismo, esiste in quanto
collegato ad altri membri, generalmente in movimento, i quali, attraverso i vincoli, impongono a ciascuno
dei suoi punti delle traiettorie obbligate. In tal caso sar possibile
calcolare la velocit di un punto P di
un rigido anche attraverso la conoFigura 4
scenza del raggio di curvatura della
sua traiettoria.
traiettoria.
Se Se
indichiamo
indichiamo
concon
O (fig.
O 4) il centro di curvatura della
traiettoria di P, la sua velocit pu esprimersi anche come:
&
&
&
v P = 1 ( P O)
&
&
&
v P = 1 ( P O) = ( P C )
&
&
Ora, trattandosi di moto piano, i due vettori ed 1 sono paralleli fra
loro e quindi dovranno pure essere paralleli fra loro i vettori (P-O) e
(P-C).
Se ne conclude quindi che il punto P, il centro di curvatura O della
sua traiettoria, ed il centro della rotazione istantanea C del rigido cui
P appartiene sono sempre allineati su un'unica retta. E questa anche
una conferma del teorema di Chasles.
3. - Profili coniugati.
Quando un membro rigido (A) in contatto con un altro membro (B),
fisso o mobile, ed ha, rispetto ad esso, un moto relativo di strisciamento
(n di puro rotolamento n di urto), le superfici a contatto costituiscono
nel piano del moto una coppia di profili coniugati, f, m (fig.5).
Poich siamo in presenza di strisciamento, la velocit del punto di contatto di (A), nel moto rispet-to a (B), deve avere la direzione della tangente comune ai due profili;
65
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE VELOCIT
e poich anche
per tale punto deve valere la relazione generale:
&
&
v P = ( P C)
se ne deduce che
il punto C deve
trovarsi sulla
& normale alla v P passante per P; pertanto
possiamo
Figura 5
affermare che il
centro della rotazione istantanea si trova sempre sulla normale comune ai profili coniugati.
Possiamo anche aggiungere che, poich la normale ai profili deve contenere anche i centri di curvatura Of ed Om, rispettivamente di f e di m,
su questa stessa retta troveremo: punto
di contatto fra i profili, i loro centri di
curvatura ed il punto C.
Anche per il caso in cui la coppia di profili coniugati sia costituita da
una retta e dal profilo da essa inviluppato nel suo moto oppure per quello in cui la coppia sia costituita da un
punto e dalla sua traiettoria (fig.6) vale
quanto sopra.
Sono i casi particolari in cui il profilo
mobile m ha raggio di curvatura , nel
primo caso, oppure raggio di curvatura
nullo, nel secondo.
Tuttavia la particolarit riguarda esclusivamente la geometria del sistema: infatti nella deduzione vista sopra non sono stati coinvolti i raggi di curvatura dei
profili a contatto e quindi dal punto di
vista cinematico non pu esservi nulla di
mutato.
Figura 6
Il punto e la sua traiettoria, possiamo affermare senz'altro, costituiscono una particolare coppia di profili coniugati, quello in cui il profilo mobile degenera in un punto (OmP). Analogamente, per la retta ed il suo inviluppo, caso in cui il raggio di curvatura del profilo mobile POm=.
66
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
v P( a ) = v P( r ) + v P( t )
(71)
67
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE VELOCIT
moto assoluto del membro rigido (B) cui appartiene, uguale alla
somma della velocit che ha P nel moto relativo [di (B) rispetto ad (A)]
e della velocit che ha P nel moto di trascinamento [di (B) da parte di
(A)].
Conviene
appena
sottolineare che, proprio per
quanto prima detto, per
ciascuno dei moti componenti (relativo e di trascinamento), come pure per il
moto risultante (assoluto)
esiste-r comunque il corrispondente centro della rotazione sia esso istantaneo o
Figura 8
permanente; e questo potr
essere trovato applicando opportunamente, nell'ambito di ciascun moto,
i criteri gi visti per il moto del corpo rigido.
Una relazione analoga alla (71) lega anche le velocit angolari
che competono a (B) nel moto composto.
Per ricavarla
& consideriamo (fig.8) un rigido (A) che ruota con velocit
angolare A intorno ad un punto fisso O, e che, in A collegato mediante una coppia rotoidale ad un secondo
& membro rigido (B) la cui velocit angolare, nel moto assoluto sia B .
Cerchiamo intanto quale sia la velocit di un punto P di (B) nel suo moto assoluto.
Poich i punti A e P appartengono allo stesso membro rigido (B), la velocit di P, nel moto assoluto di (B), pu essere ricavata, per la (70)
dalla velocit di A, scrivendo:
&
&
&
&
v P( a ) = v P = v A + B ( P A)
dove per la velocit di A possiamo sostituire:
&
&
v A = A ( A O)
Sar quindi:
&
&
&
(72)
v P = A ( A O) + B ( P A)
&( )
Sulla normale alla v Pa , si noti, dovr trovarsi C, il centro delle velocit
68
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
torno al punto O con la stessa velocit angolare del membro rigido (A),
&
&
B( t ) = A .
I vettori da legare nella (71) dovranno allora essere:
&
v P( t )
&
&
v P( r ) = B( r, )A ( P A)
&
&
= B( t ) ( P O) = A ( P O)
&
&
&
&
&
v P( a ) = v P( r ) + v P( t ) = B( r, )A ( P A) + B( t ) ( P O)
(73)
Ora, poich i vettori ottenuti con la (72) e con la (73) non possono che
essere identici, uguagliando le due espressioni abbiamo:
&
&
&
&
&
v P( a ) = A ( A O) + B ( P A) = B( r, )A ( P A) + B( t ) ( P O)
ovvero:
&
&
&
&
B ( P A) = B( r, )A ( P A) + B( t ) ( P O) A ( A O)
&( ) &
dove per , come visto, Bt = A ; allora, sostituendo:
&
&
&
B ( P A) = B( r, )A ( P A) + B( t ) ( P O A + O)
&( ) &
ossia, poich proprio Ba = B :
&
&
&
B( a ) ( P A) = B( r, )A ( P A) + B( t ) ( P A)
e cio:
&
&
&
B( a ) = B( r, )A + B( t )
(74)
&
&
&
(a) = (r ) + (t )
(75)
relazione analoga alla (71) e che lega fra loro le velocit angolari nel
moto composto.
Il teorema di Aronhold-Kennedy estremamente utile nella risoluzione della cinematica dei sistemi rigidi in moto piano: nel moto piano, infatti, i vettori velocit angolare sono, per definizione, tutti paralleli
fra loro, perpendicolari al piano del moto e in pi li possiamo pensare
"applicati" nei rispettivi centri di velocit; per essi devono quindi essere
valide le regole di composizione e scomposizione dei vettori applicati
paralleli.
&( )
Segue allora, (74), che il punto di applicazione del vettore Ba dovr
trovarsi sulla congiungente i punti di applicazione degli altri due; in al-
69
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE VELOCIT
tre parole il centro delle velocit nel moto assoluto di (B) dovr trovarsi
sulla congiungente il centro delle velocit nel moto relativo di (B) rispetto ad (A) e il centro del moto di trascinamento di (B) da parte di (A).
In generale: centro del moto assoluto, relativo e di trascinamento
stanno sulla medesima retta.
Nel caso di un membro rigido (B) che appartiene ad una catena cinematica, ed quindi collegato a due membri adiacenti, (A) e (C), possibile,
in generale, individuare due di tali rette, una considerando il collegamento di (B) con (A) e l'altra considerando il collegamento di (B) con
(C); il centro delle velocit nel moto assoluto di (B)dovr trovarsi sulla
intersezione delle due rette.
Tuttavia dalla (74) discende anche una propriet di carattere an&( ) &
cora pi generale; tenendo conto, come gi visto, che Bt = A , essa
pu essere scritta anche come:
&
&
&
B( a ) = B( r, )A + A( a )
da cui:
&
&
&
B( r, )A = B( a ) A( a )
(76)
cosa che mette in evidenza come il centro del moto relativo fra due
membri sta sulla congiungente i centri del loro moto assoluto. E poich
la validit della (74) non legata al fatto che i membri siano direttamente connessi si pu concludere anche che, dati due membri qualsiasi in
moto, anche non fisicamente a contatto fra loro, poich possono sempre
essere individuati i rispettivi centri di rotazione nel loro moto assoluto,
allora il centro del moto relativo fra i due sar sempre un punto comune ai rispettivi piani mobili situato sulla congiungente i centri del
moto assoluto.
Il teorema di Aronhold-Kennedy mostra chiaramente, quindi, come l'atto di moto relativo sempre dato dalla differenza di due atti di moto
assoluti; ne discende che, volendo determinare il moto relativo fra due
membri (A) e (B), [per esempio di (B) rispetto ad (A)], sufficiente sovrapporre a tutto il sistema un atto di moto eguale ed opposto a quello
del membro rispetto al quale si vuole il moto relativo [(A) in tal caso].
E ancora si pu riflettere sul fatto che stato definito moto assoluto di un membro (A) il suo moto rispetto ad un riferimento fisso e che,
contemporaneamente, stato definito come meccanismo quella catena
cinematica in cui uno dei membri funga da telaio (T), ossia sia fisso. Il
moto assoluto di un membro mobile che faccia parte di un meccanismo
, quindi, il suo moto rispetto al telaio.
Ma se il telaio fosse a sua volta in moto in quanto il meccanismo appartiene ad una macchina anch'essa in moto non per questo risulterebbe alterato il moto di (A) rispetto a (T).
70
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
B( r, )A = B( r,T) A( r,T)
oppure, ancora pi in generale, come:
&
&
&
B( r, )A = B( r,C) A( r,C)
(77)
e ci vuol dire che il centro del moto relativo fra due membri rigidi
piani sta sulla congiungente i centri del moto relativo degli stessi rispetto ad un terzo
membro (a prescindere dalla circostanza
che siano a questo
direttamente connessi).
La stessa relazione (75), allo
stesso modo, torna
molto spesso utile
nella determinazione
del verso da assegnare alle velocit angolari incognite del moto composto quando
Figura 9
ne sia gi nota una e
siano pure noti i tre centri delle rotazioni C(a), C(r), C(t); sar sufficiente
ricordare che se il centro C(a) interno al segmento che congiunge C(r) e
&( )
&( )
C(t) i vettori r ed t saranno concordi, mentre se C(a) esterno alla
&( )
&( )
congiungente C(r) e C(t) i vettori r ed t saranno discordi.
Una considerazione aggiuntiva occorrer per il caso in cui nota la ro&( )
tazione corrispondente ad a ed il punto C(a) esterno al segmento
C(r)C(t): il vettore somma di due vettori paralleli e discordi sta dalla parte
del vettore di modulo maggiore ed ha il suo stesso verso.
Per esempio (fig.9), ammettiamo di conoscere la rotazione corrispondente al moto di trascinamento, e sia essa oraria: quella corrispondente al moto relativo sar anch'essa oraria se C(a) interno al segmento C(r)C(t) , sar invece antioraria se C(a) esterno ad esso.
Casi particolari di questa analisi sono quelli in cui uno dei centri
di rotazione sia all': il& caso in cui uno dei moti una traslazione e
quindi nullo il vettore caratteristico di quel moto. Le conclusioni
in tal caso discendono direttamente dalla relazione (75) ponendo eguale
a zero il vettore velocit angolare del moto traslatorio.
71
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE VELOCIT
72
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
D( r,)A = D( a ) A( a )
e:
&
&
&
D( r,)A = D( r,)B A( r,B)
secondo le (76) e (77).
2. In fig. 11, il centro C(B) del moto assoluto dell'asta (B) dovr stare
sulla retta per A e per O , rispettivamente centro del moto relativo di (B)
rispetto ad (A), e centro del moto di trascinamento di (B) da parte di (A);
dovr stare anche sulla retta per B e per C, rispettivamente centro del moto
relativo dell'asta (B) rispetto alla rotella (D), e centro del moto di trascinamento di (B) da parte di
(D).
L'intersezione C(B) il centro
cercato. Inoltre, poich questo
esterno al segmento O1A, la
rotazione relativa di (B) rispetto ad (A) sar discorde dalla
rotazione di (A)& e quindi oraria,
se il verso di 1 quello indicato in figura,
& mentre sar concorde con 1 la rotazione di
(B) nel suo moto assoluto.
Per il medesimo motivo sono
discordi fra loro le rotazioni, di
(D) nel
Figura 11
suo moto assoluto, e quella di
(B) nel moto relativo a (D); la rotazione di (D) sar concorde&con la rotazione di (B) nel moto assoluto e quindi antioraria come 1 , mentre
quella di (B) rispetto a (D) sar di verso opposto e quindi oraria.
Secondo lo stesso procedimento visto nel caso precedente possiamo determinare il centro, C(AD), del moto relativo dell'asta (A) rispetto alla rotella
(D).
Esso dovr stare sulla retta per O1 e C, che sono rispettivamente centri del
moto assoluto del membro (A) e del membro (D); dovr anche stare sulla
retta per A e per B che sono rispettivamente i centri del moto relativo
C(AB) e C(DB). Inoltre, poich C(AD) risulta esterno alla congiungente
&( ) &( )
C(AB)C(DB), le corrispondenti rotazioni, Ar, B e Dr,B , sono discordi e pertanto quella che si ha nel moto relativo di (A) rispetto a (D) pure oraria.
73
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE VELOCIT
3. La
fig.12
mostra lo schema di
una camme circolare
eccentrica (B), fulcrata in O2, in contatto di rotolamento
e strisciamento con
un asta (A), fulcrata
in O1; assegnata la
velocit
angolare
della camme, con
verso di rotazione
Figura 12
antiorario. Il centro
del moto relativo fra i due membri, C(AB) , si trover sulla congiungente i
punti O1 ed O2 , rispettivamente centri di rotazione nel moto assoluto di
(A) e di (B); dovr stare, anche, sulla perpendicolare all'asta passante per il
punto di contatto: infatti asta e camme, nel loro moto relativo, sono profili coniugati ed il centro di tale moto deve stare quindi sulla normale comune di contatto.
Inoltre, poich O1 risulta esterno ad O2C(AB), la rotazione nel moto relativo
di (A) rispetto a (B) sar discorde da quella della camme e quindi oraria,
mentre quella dell'asta, nel moto assoluto, sar antioraria., dal momento
che O1 sta dalla parte di O2.
74
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
dente a ciascun Ci del rigido: l'insieme di questi altri punti sul piano di riferimento, nella successione imposta dallo svolgersi del moto d luogo ad
un'altra linea (anch'essa punteggiata) che prende il nome di polare fissa:
luogo dei punti del piano fisso che sono stati, sono, o saranno coincidenti con i centri della rotazione istantanea.
Ad ogni istante, quindi, un punto C della polare mobile trover il suo corrispondente sulla polare fissa; e in corrispondenza ad istanti diversi sar
diversa la coppia di punti che vengono a trovarsi sovrapposti.
Per distinguerli nella loro diversa appartenenza, chiameremo centro della
rotazione istantanea il punto C che appartiene alla polare fissa, pf, mentre chiameremo centro delle velocit, Cv il punto C che appartiene alla polare mobile, pm.
Ora poich le due linee appartengono una al piano fisso ed una al
piano mobile evidente che esiste un moto della polare mobile rispetto alla
polare fissa: questo moto un moto di puro rotolamento, ossia le due linee
rotolano l'una sull'altra senza strisciare.
Infatti se indichiamo con C* il punto di contatto fra le due linee, questo durante il moto della pm sulla pf percorre quest'ultima con una velocit che
sar da definire assoluta essendo la pf la sua traiettoria sul piano fisso. La
stessa velocit deve avere C*, se lo si considera nel moto composto: il moto relativo alla pm, ossia quello di C* che percorre la pm, ed il moto di trascinamento da parte della pm stessa; ma in quest'ultimo moto C* solidale
alla pm e quindi coincide con Cv la cui velocit nulla e quindi sar certamente:
&
&
v C( a*) = v C( r*)
La velocit di C* quindi la medesima se si considera il suo moto sulla
polare fissa oppure sulla polare mobile: tra le due linee, quindi, non c'
strisciamento.
75
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE VELOCIT
d = R f d f = Rm d m
se d f e d m sono rispettivamente gli angoli descritti dai raggi vettori
OfC ed OmC nello spostamento infinitesimo di C lungo la pf e la pm.
Tenendo conto del riferimento adottato, la rotazione della polare
mobile rispetto alla polare fissa sar data da:
d = d f d m =
1
d d 1
d
R f Rm R f Rm
e cio:
1
1
dt =
d
Rm
Rf
&
&
Ma poich anche v C = ( d dt ) , si ricava in definitiva:
&
&
v C = D
76
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
dove :
1
1
1
=
D R f Rm
Nel riferimento prefissato Rf
sempre positivo, mentre Rm
positivo o negativo a seconda
che il centro di curvatura Om
stia dalla stessa parte o dalla
parte opposta di Of rispetto alla tangente comune alle polari.
Ne segue: se Of ed Om stanno
da parti opposte sar sempre
D>0, mentre se stanno dalla
stessa parte sar, D>0 se
Rf<Rm, oppure D<0 se Rf>Rm.
Figura 14
Le possibili situazioni particolari sono esemplificate nelle figg. da 14 a 18.
a): i centri di curvatura delle due polari (fig.14), Of ed Om, sono da
parte opposta e pertanto Rf>0 mentre Rm<0. Sar allora:
1
1
1
=
+
>0
D R f Rm
e quindi:
R f |Rm| &
&
&
vC = D =
R f +|Rm|
b): i centri di curvatura delle
polari sono dalla stessa parte
(fig.15) ed Rf<Rm. In questo
caso Rf>0 ed anche Rm>0; per
il valore di D si avr quindi:
1
1
1
=
>0
D R f Rm
da cui:
R f Rm &
&
&
v C = D =
Rm - R f
Figura 15
77
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE VELOCIT
c): i centri di curvatura delle polari (fig.16) sono dalla stessa parte ma
Rf>Rm. In questo caso Rf>0 ed anche Rm>0; sar quindi:
1
1
1
=
<0
D R f Rm
e quindi:
Figura 17
Figura 16
R f Rm &
&
&
v C = D =
|Rm - R f |
d): la polare fissa una retta (fig.17) e pertanto Rf = . Sar allora:
1
1
=
>0
D Rm
e quindi:
&
&
&
v C = D = Rm
Figura 18
78
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
1
1
>0
=
D Rf
e poi:
&
&
&
v C = D = R f
&
&
&
v P = ( P C ) = PC
(78)
&
&
&
v Om = (Om - C) = Om C
(79)
come pure:
79
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE VELOCIT
trovarsi sulla Pf sia sulle polari che sta percorrendo, varier la sua distanza da P; possiamo quindi
considerare C come un punto
mobile di questa retta Pf.
La sua velocit assoluta, ossia
quella con cui percorre le polari, pu essere considerata,
pertanto, come risultante dalla
somma di una componente
nel moto di trascinamento da
parte della retta Pf, e di una
componente nel moto relativo
che ha luogo lungo la retta
stessa.
Figura 19
Questo componente di velocit nel moto di trascinamento sar:
&
&
&
v C( t ) = '(C - f ) = C f
(80)
&
&
&
v P = '(P - f ) = P f
(81)
Le (80) e (81) mostrano che queste due velocit sono proporzionali alla
distanza dei punti P e C dal centro f e pertanto si potr scrivere:
v(t)
C : C f = v P : P f
ossia:
v(t)
C =
C f
vP
P f
(82)
&
&
&
v C = vC cos = D cos
C f
P f
v P = D cos
C f
PC = D cos
P f
(83)
80
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
e si ha quindi:
C f
PC = D cos
P f
(84)
P f = C f + PC
e quindi la (84) diventa:
1
1
1
C f + PC
=
=
D cos C f CP
C f PC
In definitiva:
1
1
1
=
cos
D
C f CP
(85)
81
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE VELOCIT
1
1
1
=
cos
D
C f C m
(85')
strettamente analoga alla (85), e che conferma ancora una volta come il
punto e la sua traiettoria costituiscono una particolare coppia di profili
coniugati.
82
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
83
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE ACCELERAZIONI
CAPITOLO VIII
(2 - LE ACCELERAZIONI)
SOMMARIO
&
&
&
v P = v P
84
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
rato.
Se in tale istante la traiettoria di P presenta raggio di curvatura , l'accelerazione di P sar data da:
&
2
d
&
& v &
&
a P = v P + v P
= v P + P n
dt
&
con il versore n rivolto verso
(86)
[a& ]
P t
&
= v P
Figura 1
v P2 &
&
a
=
[ P]n n
orientato sempre verso il centro
di curvatura della traiettoria del
punto considerato.
Se un rigido (A) si muove di
moto piano intorno ad un punto
fisso O (fig.2) con velocit ango&
lare ed accelerazione angola&
re , l'accelerazione di un suo
punto P pu essere espressa in
funzione di tali vettori che sono
le caratteristiche cinematiche del
rigido nel suo complesso; in
Figura 2
questo caso particolare, infatti,
tutti i punti di (A) descrivono
traiettorie che sono circonferenze concentriche (=cost) intorno al centro
fisso O.
Considerato il generico punto P di (A), la sua velocit sar data da:
&
&
v P = ( P O)
85
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE ACCELERAZIONI
&
&
& &
&
&
&
a P = ( P O) + v P = ( P O) + [ ( P O)]
ossia, in definitiva:
&
&
a P = ( P O) 2 ( P O)
Si possono allora distinguere le singole espressioni del:
- componente tangenziale:
[a& ]
P t
&
= ( P O)
[a& ]
P n
= 2 ( P O)
&
&
&
a P = r 2 rn
il cui modulo :
aP =
[a ] + [a ]
2
P t
P n
= r 2 + 4
tan =
[a ]
[a ]
P t
P n
r
2 =
r
2
e tale rapporto evidentemente indipendente dalla distanza di P da O. Anche questo rapporto quindi un invariante per i vettori accelerazione di
tutti i punti del rigido. Essi vettori formano tutti il medesimo angolo rispetto alla congiungente il punto con il centro di curvatura della traiettoria.
Ripetendo le medesime considerazioni per un altro punto Q dello
86
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
stesso sistema rigido (fig.2), si desume allora che i triangoli OPM ed OQN,
e gli analoghi che si possono costruire per altri punti di (A), sono tutti fra
loro simili: infatti si ha comunque =cost ed inoltre sar sempre valida una
relazione del tipo:
a P : OP = aQ : OQ
Ci permette, noto il vettore accelerazione di un punto qualsiasi del rigido,
di costruire il vettore accelerazione di un altro punto dello stesso sistema
rigido.
Conviene qui notare che la distinzione dei due componenti di accelerazione, normale e tangenziale, ha senso in questo caso solo e in quanto si tratta di un rigido in moto intorno ad un punto fisso: la distanza OP
dal punto al centro del moto anche il raggio di curvatura della traiettoria
del punto stesso (costante nell'intorno della configurazione istantanea).
Con riferimento al medesimo caso, scriviamo, adesso le accelerazioni di due punti generici, P e Q.
Avremo:
&
&
a P = ( P O) 2 ( P O)
e
&
&
a Q = ( Q O) 2 ( Q O)
Se facciamo la differenza fra queste due accelerazioni abbiamo:
&
&
&
a P aQ = ( P Q) 2 ( P Q)
Troviamo, a secondo membro, ancora due componenti di accelerazione,
tangenziale il primo, normale il secondo, che insieme rappresentano l'accelerazione che avrebbe il punto P se il punto Q fosse un punto fisso. Tale
accelerazione si pu indicare sinteticamente come l'accelerazione di P rispetto a Q, scrivendo:
&
&
a PQ = ( P Q) 2 ( P Q)
da cui:
&
&
&
a P = a Q + a PQ
(87)
87
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE ACCELERAZIONI
2. - Applicazioni grafiche.
a). - La forma particolare che assume l'espressione del componente normale della accelerazione di un punto in moto lungo la sua
traiettoria rende agevole servirsi di alcune semplici costruzioni geometriche per calcolarne il modulo. Infatti, se v il modulo della velocit di un
punto e il raggio di curvatura della sua traiettoria, il componente normale della accelerazione , come si gi visto:
[a& ]
P n
v2
[& ]
cercato.
88
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Figura 4
e quindi:
2
v2
AD
= = AE = [ a P ] n
AB
AD2 = AB AE
ossia ancora:
2
v2
AD
= = AE = [ a P ] n
AB
&
3. - noto il vettore v A di A e la normale AB alla sua traiettoria con
89
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE ACCELERAZIONI
AD : AB = AE : AD
Ma poich AD=AD' ed AB= sar ancora:
2
AD = AB AE
e quindi:
2
v2
AD
= = AE = [ a P ] n
AB
v A : AB = v B : BC
che consente di ricavare il modulo della velocit di B come:
Figura 5
90
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
BC
vA
AB
vB =
&
&
&
&
v A = ( A C ) v B = ( B C)
&
&
&
&
a B = a A + ( B A) 2 ( B A)
che conviene, adesso, scrivere nella forma:
[a& ] + [a& ]
B t
B n
&
&
&
= a A + [a BA ] t + [a BA ] n
(88)
componenti a B
B t
BA n
BA t
[& ]
&
[a& ]
BA n
oppure:
= 2 ( B A)
&
[& ]
per mezzo della costruzione di fig.4,d , che in tal caso porta a scrivere:
v B2
v B2
&
[a B ] n = = BO
1
Inoltre dovr pure essere:
2
v BA
&
a
=
[ BA ] n AB
che potr ottenersi con la medesima costruzione grafica dopo aver ricavato, come mostra la fig.5, il vettore differenza:
&
&
&
v BA = v B v A
91
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE ACCELERAZIONI
[& ]
[& ]
sono noti e si pu
B n
[a& ] , ed, a partire dall'estremo 1, una retta avente la direzione del com&
ponente incognito [a ] ; l'intersezione, 2, di queste due rette fissa univoBA t
B t
&
&
&
&
&
&
a B = [a B ] n + [a B ] t = a A + [a BA ] n + [a BA ] t
In tal modo il problema che ci si era proposto risolto.
&
&
&
a BA = a B a A
ed il suo modulo :
a BA = AB 2 + 4
mentre l'angolo da esso formato con la direzione della congiungente AB dato da:
Figura 6
92
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
tan =
&
2
(89)
a BA : AB = a A : AO
e quindi:
AO
AO
AB 2 + 4 = a AO
a BA =
AB
AB
&
Inoltre, poich il vettore a A forma con la congiungente AO proprio l'angoaA =
&
&
a A = a AO
(90)
&
&
&
a A = a O + a AO
e se confrontiamo quest'ultima
con la (90) dobbiamo concludere che deve essere quindi:
&
aO = 0
Il punto O quindi il punto
che, all'istante considerato, ha
accelerazione nulla; tale punto, che generalmente viene indicato con K, prende il nome
di centro delle accelerazioni.
Ai fini della valutazione delle accelerazioni dei
punti di uno stesso sistema
rigido piano esso pu essere
considerato come un punto
fisso e pertanto, per un generico punto P di (A), si potr
Figura 7
93
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE ACCELERAZIONI
scrivere:
&
&
a P = ( P K ) 2 ( P K )
con:
a P = PK 2 + 4
I vettori accelerazione dei diversi punti del rigido formeranno lo stesso angolo con la congiungente ciascun punto con il centro K. Segue da ci
che facile individuare la posizione del centro delle accelerazioni (fig.7):
sufficiente tracciare, per due punti qualsiasi di cui siano note le accelerazioni, due rette ruotate dello stesso angolo rispetto
alla direzione dei vettori; il
punto K dovr trovarsi
nella loro intersezione.
Ci corrisponde, come
mostra la fig.8, al tracciamento di due circonferenze: l'una, c1, passante per il punto di intersezione, U, delle rette su
cui giacciono i vettori ac&
&
celerazione, a A ed a B , e
per l'origine degli stessi;
la seconda, c2, passante
ancora per il punto U e
per i secondi estremi degli
stessi vettori. La seconda
intersezione, K, delle due
circonferenze proprio il
centro
delle
accelerazioni; ed infatti gli
Figura 8
angoli KU e BKU
poich vedono lo stesso arco KU di c1 sono eguali e pari proprio a .
Inoltre sono uguali gli angoli A'KU e B'KU perch vedono lo stesso
arco KU di c2; sono uguali, di conseguenza, anche gli angoli A'KA e
B'KB.
Ne segue che sono simili i triangoli KAA' e KBB' e quindi deve essere:
AK : BK = AA : BB
come pure:
94
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
AK
BK
=
AA
BB
Ma ci equivale a stabilire la proporzionalit fra i moduli:
AK
BK
=
aA
aB
che insieme alla eguaglianza degli angoli , di cui si gi visto sopra, ci
conferma che il punto K trovato in questo modo proprio il centro delle
accelerazioni del rigido cui i punti A e B appartengono.
&
&
&
v C = D
1
1
1
=
D R f Rm
con Rf ed Rm i raggi di curvatura delle polari. Si trovato anche ( 6)
che nulla la velocit del centro delle velocit, Cv, ossia del punto del
rigido che, nell'istante considerato, coincide con C.
Poich, per tale punto, la condizione di velocit nulla una condizione istantanea esso dovr essere soggetto ad una accelerazione, e di
questa si vuole trovare l'espressione.
Con il teorema di Rivals scriviamo il legame fra l'accelerazione di un
generico punto P del rigido e quella del suo centro delle velocit.
Sar:
&
&
&
a P = a Cv + ( P Cv ) 2 ( P Cv )
(91)
&
&
v P = ( P C)
la stessa accelerazione pu essere ottenuta da quest'ultima relazione, derivandola rispetto al tempo.
Si ottiene:
95
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE ACCELERAZIONI
&
&
& & &
&
& &
a P = ( P C ) + ( v P vC ) = ( P C ) 2 ( P C ) vC
(&
&
dove la differenza v P v C il termine che tiene conto del moto relativo fra i punti P e C dovuto allo spostamento di C sulle polari.
Sar pertanto proprio:
&
&
v C = D
ed:
&
&
& &
&
v C = k D = 2 Dn
&
&
&
a P = ( P C ) 2 ( P C ) 2 Dn
(92)
Dal confronto della (91) con la (92), e tenendo conto che, geometricamente CCv , si pu dedurre che proprio:
&
& &
&
a Cv = v C = 2 Dn
Se ne conclude che l'accelerazione del centro delle velocit un vettore perpendicolare alla direzione della velocit di C e quindi orientato secondo la normale comune alle polari, e rivolto sempre verso il centro
di curvatura della polare mobile. Infatti il caso in cui D risulta negativo, corrisponde a quello in cui il centro di curvatura della polare mobile
sta dalla stessa parte di quello della polare fissa (cfr. 7 Cap. VII).
D'altra parte, che il vettore debba avere tale direzione e verso trova rispondenza (fig. 9) nel fatto che il punto Cv pur sempre un punto del
rigido ed il suo moto legato, quindi, al rotolamento della polare mobile
sulla polare fissa; la sua traiettoria, nell'intorno della configurazione in
cui esso assume la funzione di centro delle velocit, presenter una cuspide la cui tangente in Cv ha la direzione della normale comune alle polari.
Dal punto di vista cinematico, inoltre, l'accelerazione dovr essere tale da annullare la velocit che il punto possedeva in un istante
precedente il contatto in C, e
tale anche da restituirgli una
velocit diversa da zero nell'istante successivo a quel
contatto.
Appare chiaro, in conclusione, che, allorquando il punto
di cui si voglia esprimere
l'accelerazione appartiene ad
un rigido il cui moto non avviene intorno ad un punto fisFigura 9
96
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
so, si pu fare riferimento al centro Cv, come nel caso del calcolo delle
velocit, ma occorre prestare attenzione, in questo caso, al fatto che il
punto Cv un punto mobile e mettere in conto la sua accelerazione.
&
&
&
&
a P = a Cv + (P - Cv ) 2 (P - C v )
La congiungente PCv, che anche la normale alla traiettoria di P nell'istante considerato, forma con la normale comune alle polari un angolo
&
: su di essa indichiamo con un versore orientato verso il centro di
&
&
curvatura della traiettoria del punto, cosicch coincida con n quando
&
=0; indichiamo pure con un versore lungo la tangente alla stessa,
positivo nel verso per il quale ruotando in senso antiorario di 90 si so&
vrappone a .
& &
Nel riferimento con origine in P e di versori e , i componenti della
accelerazione di Cv sono:
( a&
Cv
& &
&
= D 2 cos
( a&
Cv
& &
&
= D 2 sen
( a&
( a&
PC v
PC v
&
&
essendo CvP il segmento orientato (<0 in figura) che rappresenta la distanza di P da Cv.
L'accelerazione di P pu, quindi, essere scritta come:
&
&
&
&
&
a P = D 2 cos D 2 sen 2 Cv P Cv P
oppure, raggruppando secondo i versori:
&
2
&
&
a P = Cv P + D
sen 2 ( Cv P + D cos )
(93)
97
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE ACCELERAZIONI
Figura 10
&
2 ( Cv P + D cos ) = 0
Per tali punti dovr, cio, essere:
Cv P = D cos
Al variare di P, e quindi al variare dell'angolo , questa relazione rappresenta, in coordinate polari, i punti di una circonferenza il cui diametro D: tale diametro, corrispondente al valore =0, sta, evidentemente,
sulla normale comune alle polari e dalla stessa parte in cui si trova il
centro di curvatura della polare mobile.
La circonferenza cos trovata prende il nome di circonferenza
98
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
dei flessi e definisce il luogo dei punti del rigido che all'istante considerato hanno accelerazione normale nulla.
Poich la caratteristica di avere accelerazione normale nulla pu competere solo ai punti la cui traiettoria, al dato istante, presenta raggio di curvatura =, evidente che a questa circonferenza apparterranno quei
punti la cui traiettoria presenti, in quell'istante, almeno un flesso (da cui
la denominazione): la loro accelerazione, di conseguenza avr direzione
coincidente con la tangente alla traiettoria e quindi perpendicolare alla
PCv ( con la normale alla traiettoria). Ne segue che, poich tali punti
stanno tutti sulla circonferenza di cui Cv l'estremo di un diametro, le
direzioni delle loro accelerazioni passeranno tutte per l'altro estremo di
quel diametro: per tale motivo il secondo estremo, J, del diametro passante per Cv prende il nome di polo dei flessi.
In particolare, l'accelerazione di J risulter perpendicolare a tale diametro ed il suo valore sar:
&
&
a J = D
come si pu ricavare dalla (93) ponendo =0 e Cv P = D ; inoltre la
sua velocit sar eguale a quella con cui C si sposta sulle polari, dovendo essere:
&
&
&
v J = ( J Cv ) = D
Ragionando in modo del tutto analogo si possono cercare anche
gli eventuali punti dello stesso rigido che, all'istante considerato, hanno
nullo il componente tangenziale dell'accelerazione, ossia che stanno descrivendo la loro traiettoria con moto circolare uniforme.
Saranno quelli per i quali risulter soddisfatta la condizione:
&
2
sen = 0
Cv P + D
Cv P = D
2
2
sen = D
cos +
2
99
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE ACCELERAZIONI
accelerazione solamente normale; i corrispondenti vettori accelerazione avranno la direzione della normale alla traiettoria ossia quella della congiungente PCv.
Salvo i casi in cui una delle due sia degenere, la circonferenza
dei flessi, cf, e la circonferenza di stazionariet, cs, hanno in comune, oltre al punto Cv, un secondo punto, il quale, per il fatto di appartenere
contemporaneamente ad entrambe le circonferenze, deve soddisfare alla
doppia condizione di avere nullo sia il componente normale che il componente tangenziale dell'accelerazione: sar quindi necessariamente un
punto privo di accelerazione, e pertanto proprio il punto K, centro
delle accelerazioni.
Cos come si gi visto al 3, il modulo del vettore accelerazione di un
qualsiasi punto del rigido sar dato da:
a P = PK 2 + 4
e la sua direzione former sempre l'angolo con la congiungente PK,
tale che sia:
tan =
2
Si pu verificare che ci vale anche, sia per i punti che appartengono alla circonferenza dei flessi che, infatti, proiettano i punti J e
K sotto il medesimo angolo , sia per i punti della circonferenza di stazionariet che proiettano sotto lo stesso angolo i punti K e Cv.
&
&
Infine (fig.10), poich le direzioni della a J e quella della aW sono fra
loro parallele, la retta congiungente detti punti passa per K, e la retta per
K e Cv risulta perpendicolare alla JW.
Una particolare attenzione merita ancora il punto Cv: esso pure
appartiene contemporaneamente alla cf ed alla cs, ma di esso non pu
dirsi che abbia accelerazione nulla; anzi se ne gi trovato il valore.
Tale apparente contraddizione pu essere spiegata in modo sintetico: l'appartenenza di un punto alla cf si pu esprimere vettorialmente
con la relazione:
&
&
vP aP = 0
che definisce il parallelismo fra velocit ed accelerazione del punto stesso, mentre l'appartenenza alla cs si pu esprimere definendo la perpendicolarit fra questi due vettori, ossia con la relazione:
& &
vP aP = 0
Ora, poich la velocit del punto K :
&
&
v K = ( K Cv )
100
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
[a& ]
P n
&
= 2 ( Cv P + D cos )
[a& ]
P n
&
&
= 2 ( PCv D cos ) = 2 PF
avendo posto:
PF = PCv D cos
Vediamo allora che il
punto F individua il
punto di intersezione
della normale alla
traiettoria di P con la
circonferenza dei flessi (fig.11). Esso prende il nome di punto
di flesso della normale (alla traiettoria
del punto).
D'altra parte, il punto
P, per effetto del moto
del rigido cui appartiene, descriver, con
Figura 11
101
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE ACCELERAZIONI
&
v P2 &
PC
&
a
=
[ P ] n = 2 v &
Eguagliando, possiamo quindi scrivere:
PCv
PF =
oppure anche:
2
PCv = PF PO
se O il centro di curvatura della traiettoria di P.
Restano quindi legate, lungo la normale alla traiettoria di un punto, le distanze
che da questo hanno il centro di curvatura, il centro
delle velocit ed il punto
di flesso della normale.
Si vede che, poich
il primo membro dell'ultima
relazione non pu essere
negativo, il punto F ed il
punto O devono trovarsi
dalla stessa parte rispetto
al punto P. Ne discende
immediatamente che, se il
punto P esterno alla circonferenza dei flessi il centro di curvatura della sua
traiettoria star, rispetto a P,
dalla stessa parte di Cv,
mentre se P interno il centro O star dalla parte opposta.
Se il punto P sta sulla cirFigura 12
conferenza dei flessi si ha
PF=0 ed allora, non potendo essere PCv2=0, si dovr avere di contro
PO==, e ci conferma quanto precedentemente detto circa la caratteristica dei punti della cf.
102
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
1
1
1
=
cos
D
C m
C f
(85')
1
1
cos
=
D C f
ossia a:
C f = D cos
dove , si ricordi, indica l'angolo formato dalla normale comune ai profili coniugati (in questo caso la normale alla retta passante per C) con la
normale comune alle polari.
Ora, poich Cf un segmento orientato con origine in C, questa rela-
103
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE ACCELERAZIONI
D cos = CF
In modo del tutto analogo si pu cercare il centro di curvatura di
un profilo che, durante il
suo moto, risulti sempre
tangente ad una retta del
piano fisso. Nella formula
di Eulero-Savary avremo
da porre, questa volta,
Cf= e troveremo:
C m = D cos
da cui si pu dedurre che,
in questi casi, il centro di
curvatura m sta sulla circonferenza dei flessi e
coincide con il punto di
flesso della normale.
Questo non un
risultato nuovo ma solo
una estensione della proFigura 13
priet della cf: nel 5 si
detto soltanto che i suoi punti avevano nell'intorno di quella configurazione una traiettoria rettilinea, ma si era prima detto, anche, ( 3
Cap.VII) che il punto e la sua traiettoria, la retta ed il suo inviluppo, non
sono che particolari casi di profili coniugati.
104
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
AC
AFA =
AA0
BC
BFB =
BB0
FA ed FB, cos trovati, insieme al punto C definiscono quindi la circonferenza dei flessi di cui immediato trovare il punto J, polo dei flessi:
poich i segmenti CFA e CFB sono corde della medesima circonferenza,
le perpendicolari a queste per FA e per FB si dovranno incontrare nel secondo estremo del suo diametro passante per C e quindi proprio nel polo
dei flessi J. Il segmento JC, diametro della circonferenza dei flessi, ha la
direzione della normale comune alle polari che quindi risulta pure definita cos come risulta di conseguenza definita anche la tangente ad esse
passante per C.
Il diametro della circonferenza dei flessi, D, moltiplicato per 2, il
modulo della accelerazione di Cv, vettore con origine in C e rivolto verso il polo dei flessi J.
105
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE ACCELERAZIONI
Figura 14
106
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Figura 15
&
&
&
&
a P( a ) = a P( r ) + a P( t ) + a P( co )
dove:
&( )
- il vettore a Pr l'accelerazione che il punto P avrebbe se il rigido cui
appartiene fosse dotato del solo moto relativo;
107
CINEMATICA DEI SISTEMI RIGIDI PIANI LE ACCELERAZIONI
&( )
&
&
&
d
d
d
& ( co )
a P = 2
+
+
dt
dt
dt
Questa, se si tiene conto delle formule di Poisson (57 7 Cap. V), e che
& & &
la terna , , solidale al rigido trascinante, si pu scrivere:
&
&
&
&
&
&
&
a P( co ) = 2 ( ( t ) ) + ( ( t ) ) + ( ( t ) )
ossia anche:
&
& &
&
&
+
) = 2& ( t ) v&P( r )
a P( co ) = 2 ( t ) (
+
&( )
L'accelerazione di Coriolis risulta nulla quando t = 0 (il moto di
108
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
109
I MECCANISMI PIANI
CAPITOLO IX
I MECCANISMI PIANI
Sommario
1 - Il quadrilatero articolato piano
2 - Il manovellismo di spinta
3 - La guida di Fairbairn
4 - Il meccanismo a corsoio oscillante
5 - Guida di Fairbairn modificata del I tipo
6 - Guida di Fairbairn modificata del II tipo
7 - Guida di Fairbairn modificata del III tipo
8 - Meccanismi con contatti di puro rotolamento
9 - Meccanismi con contatti di strisciamento
Come stato gi precedentemente detto, i problemi che si presentano nella cinematica applicata possono essere suddivisi in due distinte categorie: i problemi diretti (o di analisi), ed i problemi inversi (o
di sintesi).
Prendono il nome di problemi diretti quelli in cui il meccanismo da risolvere gi assegnato: da ritenere nota la sua geometria
(numero e dimensioni dei membri, tipo dei vincoli), assegnata l'equazione oraria di uno qualsiasi (o pi di uno se i suoi gradi di libert sono
pi d'uno) dei suoi membri; si vuole trovare la legge del moto di tutti
gli altri membri.
In generale l'equazione oraria di uno dei membri viene assegna&
ta attraverso la sua velocit angolare, , e la sua accelerazione angolare,
110
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
; trovare la legge del moto significa calcolare le conseguenti velocit
111
I MECCANISMI PIANI
Diversamente si tratter
sempre di un quadrilatero a
doppio bilanciere. Inoltre,
riguardo alla prima evenienza, se l'asta pi corta
2
funge da telaio si avr un
quadrilatero a doppia ma1
novella, mentre si avr un
2
1
quadrilatero a manovella e
1
2
bilanciere se funge da telaio
1
una delle aste adiacenti alla
pi corta. Se, infine, l'asta
Figura 2
pi corta la biella si avr
ancora un quadrilatero a doppio bilanciere.
Tali casi sono rappresentati nelle figg.1, 2, 3, nelle quali sono
state messe in evidenza gli archi di traiettoria possibili per gli estremi
delle aste r1 ed r2, nonch le configurazioni di arresto e inversione di
moto dei bilancieri.
Per un qualsiasi quadrilatero la verifica pu essere fatta rapidamente in
modo grafico considerando le possibili intersezioni fra la traiettoria teorica dellestremo dell'asta r1 (ed r2) con le
circonferenze di centro O2 (O1) e raggi rispettivamente
l+r2
2
(l+r1) ed l-r2 (l-r1).
1
2
Consideriamo
1
1
1
ora il quadrilatero ar2
ticolato di fig.4 ed ipotizziamo che l'asta
O1A si muova con ve&
locit angolare1 costante e proponiamoci
Figura 3
di trovare velocit ed
accelerazioni angolari delle altre aste mobili. Il dato assegnato sufficiente per la risoluzione del problema in quanto il meccanismo ha un solo grado di libert: infatti esso ha tre membri mobili e 4 coppie rotoidali
(inferiori) (v. Cap.VI 9).
&
La conoscenza di 1 consente immediatamente di ricavare la
velocit del punto A, estremo dell'asta O1A che ruota vincolata al
punto fisso O1; questo, pertanto, il centro del moto dell'asta ed anche il
centro di curvatura della traiettoria di A. Dovr essere pertanto:
&
&
v A = 1 ( A O1 )
(94)
112
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
Questo vettore risulta completamente noto poich sono noti sia 1 che
(A-O1), e lo stesso vettore, ovviamente, rappresenta la velocit di A
come estremo dell'asta AB.
Si pu ora ricavare la velocit del punto B di AB: trattandosi del
moto di un rigido di cui gi si conosce la velocit di un punto, si pu applicare la formula fondamentale dei moti rigidi, scrivendo:
&
&
&
v B = v A + ( B A)
(95)
Qui noto soltanto il primo addendo del secondo membro, mentre del
secondo membro, che rappresenta la velocit di B rispetto ad A, si conosce solamente la direzione, perpendicolare ad AB, imposta dal prodotto vettoriale. Per quando riguarda il primo membro si pu osservare
&
che il vettore v B deve necessariamente essere perpendicolare alla direzione di O2B in quando il punto B, appartenendo anche a quest'asta, ha
certamente una traiettoria circolare di centro O2.
La (95) presenta quindi un vettore noto ed altri due vettori noti solo in
direzione ed pertanto risolubile graficamente costruendo il triangolo
delle velocit come riportato nella stessa fig.4. Ricavati cos i due vetto&
ri incogniti si pu ottenere il vettore , velocit angolare della biella
&
AB, dalla v BA ed il vetto&
re 2 , velocit angolare
del bilanciere O2B, dal
&
A
vettore v B .
BA
Al medesimo riB
sultato si poteva giungere
A
anche per altra via: prenBA
dendo in considerazione
2
B
il centro della rotazione
1
istantanea della biella, C,
2
1
trovato come intersezione
Figura 4
delle rette prolungamento
della manovella e del bilanciere. Poich i punti A e B appartengono entrambi alla biella le loro velocit dovranno essere proporzionali, in modulo, alle distanze AC e BC, direzione perpendicolare ai corrispondenti
&
segmenti, e versi congruenti. Noto quindi il vettore v A immediato ri&
cavare v B con una costruzione di proporzionalit. La differenza fra que&
sti due vettori dar poi la v BA da cui ricavare poi la velocit angolare,
&
, della biella.
Il rapporto =2/1 fra le velocit angolari del bilanciere e dell'asta di ingresso, O1A, il rapporto di trasmissione del meccanismo
nella configurazione esaminata.
Tale valore pu anche essere ricavato immediatamente seguendo il seguente procedimento (fig.4).
113
I MECCANISMI PIANI
Si prolunghi la biella AB fino ad intersecare in H il telaio O1O2 e si conduca da O1 la parallela all'asta O2B fino ad intersecare in F' tale prolungamento. Restano cos individuati i triangoli O1F'H ed O2BH che sono
simili per costruzione. Possiamo quindi scrivere:
O1 F : O2 B = O1 H : O2 H
e quindi:
O1 H O1 F
=
O2 H O2 B
(96)
Ma, contemporaneamente, il triangolo AO1F' risulta pure simile al triangolo delle velocit ADF in quanto i suoi lati sono rispettivamente perpendicolari alle direzioni dei vettori velocit e quindi proporzionali ai
loro moduli. Quindi anche:
O1 F AF 2 O 2 B
=
=
O1 A AD 1O 1A
da cui:
O1 F 2
=
O 2 B 1
(97)
O1 H
2
=
=
O2 H
1
(98)
Ci significa che le velocit angolari dei due bracci O1A ed O2B sono
inversamente proporzionali alla distanza del punto H dalle
corrispondenti cerniere.
La conoscenza del punto H, come si vede dalla (98) consente la valutazione immediata del rapporto di trasmissione del meccanismo.
Esso rappresenta, d'altra parte, il centro della rotazione istantanea nel moto relativo dei due bracci.
Infatti esso sta sulla congiungente i centri del loro moto assoluto - i punti O1 ed O2 - e sulla congiungente i centri del moto relativo dei due bracci rispetto alla biella - i punti A e B. Tenendo conto del teorema di Aronhold-Kennedy ed interpretando O1H ed O2H come segmenti orientati, la sua posizione indica, pertanto, se le due rotazioni sono concordi o
discordi. Se esso cade all'interno del segmento O1O2 (O1H ed O2H sono
discordi) le due rotazioni sono discordi (<0), mentre se cade all'esterno
le due rotazioni sono concordi (>0). Infine sempre dalla (98) discende
che la velocit angolare maggiore compete al braccio la cui cerniera fissa risulta pi vicina al punto H.
114
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
a A = 12 (A O1 )
(99)
&
&
&
&
&
a B = a A + a BA = a B + ( B A) 2 ( B A)
(100)
&
&
a B = 2 ( B O2 ) 22 ( B O2 )
(101)
in cui, per gli stessi motivi visti per la (100), nota solo la direzione del
componente tangenziale dell'accelerazione, mentre ne completamente
noto il componente normale.
Uguagliando la (100) e la (101), quindi, si ottiene un'unica relazione
vettoriale in cui figurano tutti vettori noti ad eccezione di due noti solo
in direzione.
E' possibile quindi la soluzione grafica per mezzo della costruzione del
poligono delle accelerazioni indicata in fig.5; sono indicate in tratteggio le due direzioni di chiusura del poligono. I versi dei vettori incogniti si ricavano seguendo la sequenza delle due somme vettoriali (100)
115
I MECCANISMI PIANI
e (101).
Dallo stesso poligono si possono leggere, nella scala utilizzata per la co-
[& ]
struzione, i moduli di a BA
[& ]
=
[a ]
BA t
AB
2 =
[a ]
B t
BO2
i cui versi devono essere coerenti con i corrispondenti vettori pensati applicati in B.
Utilizzando il teorema di Rivals sar poi possibile calcolare l'accelerazione di un qualsiasi altro punto che sia solidale alla biella.
116
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
v A = 1 ( A O1 )
(102)
&
&
&
v B = v A + ( B A)
(103)
&
a A = 12 (A O1 )
(104)
117
I MECCANISMI PIANI
&
&
&
&
&
a B = a A + a BA = a B + ( B A) 2 ( B A)
(105)
&
&
in cui nota la a A , ed il componente normale della a BA ; del componente
[& ]
si potr ricavare il
118
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
manovella in un moto
(t)
oscillante del glifo:
P
(r)
(a) P
per lungo tempo, in
P
(t)
(a)
passato, stato l'eleA
(r)
A
P
P
(a)
(r)
mento di comando di
(t)
A
A
=cost
P
1
macchine
utensili
(t)
A
1
(per es. stozzatrici)
laddove, inoltre, era
(t)
(co)
A n
richiesta una dif2
A
(t)
2
ferente velocit di
A t
spostamento della ta(r)
(a)
A
A
vola di lavoro: come
2
2
si vedr pi avanti, al
Figura 8
glifo, competono due
differenti velocit angolari nella corsa di andata e in quella di ritorno. L'estremit P del glifo,
in utilizzi di tal genere, collegata alla tavola per il tramite di un ulteriore corsoio il cui asse del moto perpendicolare a quello del moto della
tavola stessa.
Per la risoluzione del
problema cinematico facciamo anche qui l'ipotesi che la
manovella si muova con velocit angolare 1= cost e
con il verso di figura; questo
dato consente di trovare, con
la (102), la velocit del punto
A, estremo della manovella.
Questo punto anche punto
del corsoio cui la manovella
collegata per il tramite della
coppia rotoidale e pertanto la
velocit di A, estremo della
manovella, non pu che esseFigura 9
re la medesima che compete
al punto A come punto del corsoio nel suo moto assoluto.
Ma il moto assoluto del corsoio, a sua volta, in quanto esso vincolato
al glifo che un membro mobile, dovr pure risultare dal moto composto: il moto relativo, traslatorio lungo l'asse del glifo, consentito dall'accoppiamento prismatico, e il moto di trascinamento da parte del glifo
stesso, rotatorio intorno alla cerniera fissa O2.
Per il punto A, allora, visto come punto del corsoio, deve essere valida
la legge di composizione delle velocit per i moti composti e deve quindi essere:
119
I MECCANISMI PIANI
&
&
&
v A( a ) = v A( r ) + v A( t )
(106)
&
&
&
&
a A( a ) = a A( r ) + a A( t ) + a A( co )
(107)
[a& ]
(t )
A n
= 22 ( A O2 )
[a& ]
(t )
A t
&
= 2 ( A O2 )
si conosce la direzione; si conosce pure la direzione del vettore accelerazione di A nel moto relativo, traslatorio lungo il glifo. E' perci possibile la costruzione del poligono delle accelerazioni da cui ricavare mo&
dulo e verso di 2 .
Con procedimento analogo a quello seguito per la velocit si pu ricavare, ora, la accelerazione di P, e poi quella della tavola.
Analizziamo, adesso, come variano velocit ed accelerazione
120
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
121
I MECCANISMI PIANI
&
&
v A = 1 ( A O1 )
(108)
&
&
&
v A( a ) = v A( r ) + v A( t )
(109)
&
&
v A = ( A C)
122
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
ma anche:
&
&
v P = ( P C)
si pu costruire sull'allineamento CP la proporzionalit fra questi vettori
ottenendo immediatamente il vettore incognito.
Le accelerazioni si ottengono, come nel caso precedente, applicando la
(104) e la (107). Anche qui, oltre ai vettori completamente noti, si conoscono le direzioni dell'accelerazione di A nel moto relativo dell'asta rispetto al corsoio, e del componente tangenziale nel suo moto di trascinamento: da quest'ultimo si ricava l'accelerazione angolare dell'asta AP
e dello stesso corsoio.
Figura 12
123
I MECCANISMI PIANI
&
&
v A = 1 ( A O1 )
(108)
&
&
&
v A( a ) = v A( r ) + v A( t )
(109)
ma con la differenza, questa volta, che la direzione che deve avere il vet&( )
tore v At non immediatamente nota in quanto il glifo non vincolato
ad un punto fisso. All'istante considerato esso ruoter, infatti, intorno al
suo centro delle velocit: questo punto, C, lo si trova sulla intersezione
del prolungamento della direzione della bielletta e della perpendicolare
alla guida fissa passante per il centro del corsoio in P. La direzione i&( )
stantanea della v At sar quella della perpendicolare alla congiungente
AC. Si pu ora costruire il triangolo delle velocit inerente alla (15) e da
&
questo ricavare modulo e verso della velocit angolare, 2 , del glifo.
&
Noto, adesso, 2 , immediato il calcolo della velocit dei punti B e P
che appartengono al medesimo membro rigido (il glifo). In particolare,
per il punto B, si scriver:
&
&
v B = 2 ( B C )
(110)
&
&
v B = 3 ( B O2 )
(111)
124
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
t che consente
di ricavare il vettore
cercato.
D'altra parte, essendo ormai nota
&( )
la v At , come pu&
re la v B , ci si poteva pure servire
della
formula
fondamentale dei
moti rigidi utilizzando come
centro del moto
il punto A oppure il punto B.
Figura 13
Per
quanto riguarda
il calcolo delle accelerazioni (fig.13), si osserva subito che, nota la velocit angolare della manovella, ed avendola supposta costante, l'accelerazione del punto A visto come estremo di questa, si riduce al solo componente normale:
&
a A = 12 ( A O1 )
Si gi osservato, poi, che il moto del corsoio risulta da un moto composto, per cui , se consideriamo di nuovo il punto A appartenente
ad esso, dovr essere:
&
&
&
&
a A( a ) = a A( r ) + a A( t ) + a A( co )
(112)
&
&
&
&
&
a A( t ) = a C + a AC = a C + 2 ( A C ) 22 ( A C )
(113)
125
I MECCANISMI PIANI
&
&
&
&
&
a C = a P + a CP = a P + 2 ( C P) 22 ( C P)
(114)
&
&
&
&
&
aC = a B + a CB = a B + 2 ( C B) 22 ( C B)
&
&
Se al posto di a P e di a B sostituiamo le accelerazioni di tali punti considerati appartenenti rispettivamente al corsoio in P ed all'estremo della
bielletta la (114) si scriver:
&
&
&
aC = a P + 2 ( C P) 22 ( C P)
&
&
&
aC = 3 ( B O2 ) 32 ( B O2 ) + 2 ( C B) 22 ( C B)
(115)
B n
B t
CB n ;
&
CB t
Si pu, per, osservare che di questi ultimi componenti i primi due hanno la medesima direzione, quella della perpendicolare alla CP, gli altri
due hanno anch'essi una direzione comune, quella della perpendicolare
alla BC. Ai fini della chiusura del poligono delle accelerazioni inerente
alle (115) , quindi, sufficiente la conoscenza di queste due direzioni
&
comuni; il vettore a C si ha come risultante di ciascuna delle due relazioni, cos come mostra la fig.13 (in alto a destra).
&
Un secondo modo per determinare il vettore a C quello di dedurlo dalla circonferenza dei flessi del glifo, ricordando che deve essere:
&
&
a C = D22 n
&
126
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
[& ]
( )
( )
vare la a Ar e la a At
&
[a& ] , [a& ] ,
CP t
CB t
e quindi, per
differenza
[a&B ] t ; da quest'ultimo si risale ad &3 .
&
&
Alternativamente, per il calcolo della a B e della a P , si pu anche ri-
&
aP, e
&
&
&
&
a P = a C + a PC
127
I MECCANISMI PIANI
&
&
v A( t ) = ( A C )
ed anche:
&
&
v B = ( B C)
(116)
&
&
v P = ( P C)
&( )
Il modulo della v At
&
a A = 12 ( A O1 )
La stessa dovr essere
l'accelerazione che compete al punto A centro del
corsoio nel suo moto
composto: il moto relativo, traslatorio, lungo l'asse del glifo, e il moto di
Figura 15
trascinamento insieme allo stesso glifo; di nuovo sar quindi da scrivere, per il teorema di Coriolis:
&
&
&
&
a A( a ) = a A( r ) + a A( t ) + a A( co )
&( )
relazione in cui per il vettore a At vale di nuovo la (113). Il problema ri-
solubile, analogamente, solo se si riesce a calcolare preventivamente l'accelerazione del centro della rotazione istantanea, C, del glifo.
&
In fig.16, a destra, riportata ancora la costruzione del vettore a C ottenuto
servendosi, come visto nel caso precedente, del teorema di Rivals: questa
volta, in questo poligono delle accelerazioni, compare un vettore in meno
128
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
129
I MECCANISMI PIANI
Figura 17
130
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
a telaio mediante una cerniera fissa in un suo punto O3 diverso dal centro
O.
Figura 18
&
&
&
v A( a ) = v A( r ) + v A( t )
in cui, qui, noto solamente il primo vettore a secondo membro; degli altri
sono note le direzioni, dovendo essere:
131
I MECCANISMI PIANI
&
&
v A( a ) = 2 (A O2 )
e:
&
&
v A( t ) = 1 (A O1 )
&
&
&
v B = 2 ( B O2 )
Figura 19
Pu essere calcolato
direttamente oppure, come in fig.19, si pu costruire la proporzionalit con
&( )
la v Aa .
In ogni caso questo anche il vettore velocit (assoluta) dello stesso punto
B quando lo si consideri come centro della rotella; ed allora, prendendo
in considerazione proprio la rotella, e considerando il suo punto di contatto, C, con la piastra, potremo scrivere:
&
&
&
&
&
v C = v B + v CB = v B + R ( C B)
(117)
Del secondo membro di questa equazione noto, quindi, il primo vettore, mentre del secondo si conosce la direzione. Per quanto riguarda il
&
primo membro, si deve osservare, che la v C , velocit assoluta di C punto
della rotella, deve essere la stessa velocit che compete a C per effetto
del moto composto della rotella nel suo vincolo con la piastra; per tale
moto dovr essere, di nuovo:
&
&
&
vC( a ) = vC( r ) + vC( t )
I moti componenti sono: il moto relativo della rotella sulla piastra, ed il
moto di trascinamento dell'insieme solidale rotella-piastra. Ma, poich
&( )
nelle ipotesi fatte la rotella rotola sulla piastra senza strisciare, la v Cr
nulla, e quindi si ha che del vettore a primo membro della (117) si conosce la direzione, dovendo essere:
&
&
&
vC( a ) = vC( t ) = 3 ( C O3 )
Anche l'equazione vettoriale (117) si pu allora risolvere concludendo
132
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
RB = R 2
&
&
&
r = R 3
&
&
&
a A( a ) = a A( t ) + a A( co )
&( )
&( )
in cui le incognite sono la [ a Aa ] t e la [ a At ] t che dipendono rispettiva&
&
mente da 2 e da. 1 . Il corrispondente poligono delle accelerazioni
In questa figura la rappresentazione dei vettori accelerazione a scala 1/4 rispetto alla
precedente.
133
I MECCANISMI PIANI
lit dei moduli con le rispettive distanze dei punti dalla cerniera fissa.
Il passo successivo riguarda l'accelerazione del punto C, come
punto appartenente alla rotella. Per il teorema di Rivals dovr essere:
&
&
&
&
&
aC = a B + aCB = a B + R ( C B) R2 ( C B)
(118)
&
&
&
&
aC( a ) = aC( r ) + a C( t ) + aC( co )
in cui nullo il componente dell'accelerazione complementare, in quan&( )
to, nel moto di rotolamento, la v Cr nulla; la precedente si riduce pertanto a:
&
&
&
&
&
aC( a ) = aC( r ) + aC( t ) = aC( r ) + 3 ( C O3 ) 32 ( C O3 )
[& ]
( )
in cui noto il componente a Ct
(119)
&
&
a C( r ) = Dr2 n
(120)
con:
1 1 1
= +
D R r
dal momento che i centri di curvatura delle due curve si trovano da parti
opposte. Si ha un vettore che ha la direzione della congiungente i centri
di curvatura dei due profili a contatto e come verso quello orientato da C
verso B. La (120) sostituita nella (119) risolve quindi completamente il
problema delle accelerazioni permettendo la costruzione del poligono
delle accelerazioni costituito, (fig.20), da quattro vettori noti e due direzioni ed il calcolo delle accelerazioni angolari incognite.
B)
Il sistema di fig.21 costituito da una puleggia di raggio r, vincolata a telaio, nel suo centro, con da coppia rotoidale; su di essa si avvolge una fune che si considera inestensibile ed il cui contatto, di perfet-
134
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Figura 21
135
I MECCANISMI PIANI
&
&
v* A = v C + ( A C )
in cui, dei tre vettori, noto il secondo che deve essere uguale, considerato in C il contatto di puro rotolamento, alla velocit di C punto della
puleggia; degli altri due si conoscono le direzioni: lungo la guida fissa,
per il primo, perpendicolare ad AC, per il terzo.
Il corrispondente triangolo delle velocit quello a tratto continuo riportato in fig.22.
Nel secondo caso, moto composto, si pu considerare il moto relativo
del tratto AC della fune rispetto alla puleggia - rotatorio intorno al punto
C - ed il moto di trascinamento da parte della puleggia stessa - rotatorio
&
intorno ad O - che avviene con la velocit angolare 1 . Per il punto A
dovremo allora scrivere:
&
&
&
v A( a ) = v A( r ) + v A( t )
(121)
in cui nota:
&
&
v A( t ) = 1 ( A O1 )
&(
136
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
& &
&
= ( r ) + 1
Le medesime due vie percorse per la risoluzione del problema
delle velocit si prestano anche alla trattazione del problema delle accelerazioni.
Alla prima via corrisponde il legame del teorema di Rivals fra i
punti A e C della fune; sar cio:
&
&
&
&
&
a A = a C + a AC = a C + ( A C ) 2 ( A C )
(122)
dove per, tenendo presente il moto relativo esistente tra fune e puleggia, il legame fra le accelerazioni dei due punti C a contatto deve essere
dato, per il teorema di Coriolis, da:
&
&
&
&
a C = a C( r ) + a C( t ) + a C( co )
(123)
&
a C( t ) = 12 ( C O)
mentre per il componente di accelerazione nel moto relativo si potr scrivere, per via del puro
rotolamento fra retta
e cerchio,:
&
&
a C( r ) = D ( r ) 2 n
1 1
=
D r
Figura 22
&
&
&
&
a A = a (Ar ) + a A( t ) + a (Aco )
137
I MECCANISMI PIANI
&
&
&
&
&
a A( r ) = a C + a AC = a C + ( r ) ( A C ) ( r ) 2 ( A C )
&( )
e ci consente di ottenere le due incognite rappresentate dalla a Aa e dal
[a& ] = [a& ]
AC t
(r )
AC t
138
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Osserviamo che, data la configurazione dei membri, la traiettoria del punto B sar certamente rettilinea: ai fini del moto delle due aste
sarebbe quindi indifferente se, invece che al disco, l'asta AB fosse vincolata ad un corsoio scorrevole su una guida parallela a quella gi esistente. Il sistema delle due aste corrisponde perci ad un manovellismo
di spinta.
Ne segue che i
procedimenti per
la determinazione
della velocit e
della
accelerazione del punto
B, nonch della
&
&
e della dell'asta AB, sono i
Figura 24
medesimi
visti
per quel meccanismo al 2. In fig.24 sono tuttavia riportate le costruzioni del triangolo
delle velocit e del poligono delle accelerazioni che risultano nel caso in
esame.
&
Resta solo da aggiungere, quindi, che per ottenere la 2 , velocit angolare del disco, poich il punto di contatto C il centro della rotazione
&
istantanea nel moto assoluto del disco, basta dividere il modulo della v B
per il suo raggio r.
&
Per ottenere la accelerazione angolare del disco, 2 , occorrer legare,
attraverso il teorema di Rivals, le accelerazioni dei punti B e C del disco. Deve, cio, essere:
&
&
&
&
&
a C = a B + a CB = a B + 2 ( C B) 22 ( C B)
139
I MECCANISMI PIANI
&
&
&
v C( a ) = v C( r ) + v C( t )
&( )
dove noto il vettore vCt e la direzione degli altri due vettori. Il corrispondente triangolo delle velocit tracciato in fig.25 sullo stesso punto
C.
140
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Si pu intanto notare che tale triangolo delle velocit simile al triangolo O1CC', avendo quest'ultimo i lati rispettivamente perpendicolari ai
tre vettori: Se ne pu concludere che il segmento O1C' rappresenta, a
&
scala 1 e ruotato di 90 nel verso della 1 , proprio la velocit della valvola. La conferma di ci si ha pure considerando che :
&
&
vC( r ) = 1 ( C C ')
&
&
vC( t ) = 1 ( C O1 )
e quindi :
&
&
&
vC( a ) = 1 ( C C ') + ( C O1 ) = 1 ( C ' O1 )
Analogamente, per il calcolo delle accelerazioni, scriveremo che
deve essere:
&
&
&
&
aC( a ) = aC( r ) + a C( t ) + a C( co)
(124)
&
aC( t ) = 12 ( C O1 )
(125)
in cui si conosce:
&
& &
&
&
a C( co) = 21 vC( r ) = 21 [ 1 ( C C ')] = 212 ( C C ')
(126)
&
&
&
&
a C( r ) = aC ' + aCC ' = aC ' 12 ( C C ')
(127)
141
I MECCANISMI PIANI
Le normali a C'F' per F' ed a C'F" per F" si intersecano nel polo dei
Flessi, J: il segmento C'J rappresenta a scala 12 il vettore:
&
a C' = 12 ( C ' J )
(128)
&
a C = 12 ( C ' J ) 12 ( C C ') 12 ( C O1 ) + 212 ( C C ')
ossia:
&
a C = 12 ( C ' J ) + ( C ' O1 ) = 12 ( J C ') + ( O1 C ')
Componendo i due vettori a fattore otteniamo:
&
a C = 12 ( F " C ') = 12 ( J F ') = 12 ( C ' O)
dove l'uguaglianza con l'ultimo vettore discende dalla simmetria dei
punti F" ed O rispetto a C'.
Concludiamo, allora, che il vettore (C'-O) rappresenta, a scala 12, l'accelerazione della valvola.
B) Camma e punteria.
Il meccanismo appena visto assume l'aspetto di quello mostrato
in fig.26, se il piattello della valvola viene sostituito da una punteria realizzando cos con la camma un contatto puntiforme. Mantenendo le stes-
Figura 26
142
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
C F =
C C 2
CO
(129)
143
I MECCANISMI PIANI
C) Eccentrico a leva.
E' un caso, simile ai precedenti, (fig.27) in cui il meccanismo
ancora costituito da un movente e da un cedente, ma il centro di rotazione istantanea di quest'ultimo, nel moto assoluto, al finito, il punto O2.
Di conseguenza, il centro di rotazione istantanea nel moto relativo dei
due membri, C', deve stare sulla congiungente O1O2 ed anche sulla normale comune ai profili coniugati OC.
Ipotizziamo ancora che l'eccentrico ruoti con velocit angolare 1=cost
&
&
e proponiamoci di trovare per il cedente 2 ed 2 .
Scegliamo di nuovo di considerare come moto relativo quella della leva
rispetto all'eccentrico di modo che sia di trascinamento, per la leva, il
moto dell'eccentrico ed assoluto il moto della leva intorno alla sua cerniera fissa.
In tal modo scrivendo:
&
&
&
v C( a ) = v C( r ) + v C( t )
&( )
risulta noto, in questa relazione, il vettore v Ct , mentre sono note le dire-
tracciato
(fig.27) sullo stesso punto di conFigura 27
tatto C, e questo
& (a)
&
consente di ricavare il vettore 2 dal modulo e dal verso di v C .
L'accelerazione dello stesso punto C di contatto definita ancora dal teorema di Coriolis, scrivendo:
&
&
&
&
a C( a ) = a C( r ) + a C( t ) + a C( co )
(130)
in cui a primo membro, dato il vincolo della leva, deve prevedersi sia il
componente normale che il componente tangenziale; avremo perci:
&
&
a C( a ) = 2 ( C O2 ) 22 ( C O2 )
(131)
144
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
&
&
a C( r ) = a C ' + a CC ' = a C ' + ( r ) ( C C ') ( r ) 2 ( C C ')
(132)
&( ) &
&
dove, ovviamente, r = 2 1 e dove il componente tangenziale
noto solo in direzione; poi:
&
aC( t ) = 12 ( C O1 )
(133)
&
& &
a C( co ) = 21 vC( r ) = 21 (2 1 )( C C ')
(134)
e, infine:
Ancora una volta, deve essere completamente determinata l'accelerazione del punto C', centro della rotazione istantanea nel moto relativo dei
due membri.
Volendo utilizzare ancora la circonferenza dei flessi, - nel moto relativo
della leva rispetto all'eccentrico, - vediamo che essa dovr passare senz'altro per il punto C'; gli ulteriori due punti si determinano facilmente
se si immagina che, nel moto relativo, ossia pensando di applicare a tut&
to il sistema una velocit angolare pari a 1 , l'eccentrico rimane fisso
mentre la leva ed il telaio sono in moto: la prima rotolando e strisciando
sull'eccentrico, il secondo ruotando intorno al centro fisso O1.
Ne segue che, in tale moto, il centro O dell'eccentrico appartiene alla
circonferenza dei regressi ed il suo simmetrico, F, alla circonferenza dei
flessi; il punto O1 il centro di curvatura dalla traiettoria di O2 e quindi
dovr essere:
2
O2 C '
O2 F ' =
O2 O1
(135)
145
I MECCANISMI PIANI
che deve stare sia sulla retta O1A che sulla normale comune ai due
profili coniugati, Cfm.
=cost
C'
a
f
m
s
f
Figura 28
&
&
v A = 1 ( A O1 )
D'altra parte per il punto di contatto C, considerato appartenente alla
sagoma mobile, dovr essere:
&
&
&
v C = v A + v CA
&
In questa relazione nota la v A , mentre degli altri due vettori sono note
&
le direzioni: la v C deve avere la direzione della tangente comune ai due
&
profili, la v CA quella della perpendicolare alla congiungente AC.
&
a A = 12 ( A O1 )
e per la accelerazione del punto C, della sagoma mobile:
146
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
&
&
a C = a A + a CA = a A + ( C A) 2 ( C A)
Qui, a secondo membro, noto il primo ed il terzo vettore, mentre il secondo noto in direzione.
Il vettore a primo membro, d'altra parte, considerando, come lecito,
che il punto C', essendo anche il centro delle velocit della sagoma mobile, ad essa solidale, si pu scrivere anche come:
&
&
&
&
&
a C = a C ' + a CC ' = a C ' + ( C C ') 2 ( C C ')
In quest'ultima relazione noto solo il componente normale
&
di a CC' ; del componente tangenziale si conosce solo la direzione, e deve quindi essere
completamente determinata la
&
a C' , determinazione cui si pu
giungere ancora attraverso la
circonferenza dei flessi.
Riconoscendo che si
conoscono i centri di curvatura della traiettoria di due
punti della sagoma mobile,
ossia il punto A la cui traiettoria ha centro in O1 ed il punto
m che descrive, nell'intorno
della configurazione data, una
traiettoria di centro f, si
possono trovare i punti Fa ed
Fb in modo tale che sia:
2
m C'
m Fa =
m f
Figura 29
2
AC '
AFb =
AO1
Le normali a C'Fa per Fa ed a C'Fb per Fb si incontrano nel polo dei flessi
J e la C'J, a scala 2, la accelerazione di C'.
&
La determinazione della a C' consente di chiudere il poligono delle ac&
celerazioni (fig.29) e di determinare poi 2 .
Si pu anche evitare la costruzione del poligono delle accelerazioni se, una volta tracciata la circonferenza dei flessi, si considera
&
che la a A , gi calcolata, anche l'accelerazione di un punto della sagoma mobile che, in questo caso, ha solamente accelerazione normale;
come tale deve quindi appartenere alla circonferenza di stazionariet, cs,
il cui centro deve trovarsi sulla tangente comune alle polari (la perpen-
147
I MECCANISMI PIANI
dicolare per C' a C'J): l'intersezione della perpendicolare alla AC' per A
(fig.28) intercetta, allora, la tangente comune alle polari nel punto H che
il secondo estremo del diametro della cs.
L'intersezione della cs con la circonferenza dei flessi, cf, fornisce il centro delle accelerazioni, K; trovato il quale, ed individuato l'angolo , fra
&
il vettore a A e la congiungente AK, immediata la costruzione del vet&
tore a C con il metodo dei triangoli simili.
Come corollario, in fig.28 mostrata la circonferenza per i punti C', K,
&
ed il secondo estremo del vettore a A (circonferenza tratteggiata) che,
&
con la sua intersezione con la congiungente C'J, individua il vettore a C' .
148
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
149
RUOTE DENTATE E ROTISMI
CAPITOLO X
SOMMARIO
1 - Ruote di frizione.
2 - Le ruote dentate piane ad evolvente.
3 - Le ruote piane a denti elicoidali.
4 - Le ruote coniche.
5 - Vite senza fine e ruota a denti elicoidali
6 - Rotismi ordinari.
7 - Rotismi epicicloidali.
8.- Applicazioni.
150
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Un
siffatto
2 1
meccanismo costituisce
una coppia di ruote di
2
frizione; la trasmissione
del moto assicurata
1
esclusivamente
dalle
1
condizioni di aderenza
1
che debbono verificarsi
2
nel contatto.
2
L'analisi cinematica mostra che, se in
1
C il moto relativo di
puro rotolamento, le ve2
locit di C come punto
Figura 1
appartenente alla ruota
1 oppure alla ruota 2 devono essere le medesime; deve essere quindi:
(136)
&
&
1r1 = 2 r2
=#
r1
2
=#
r2
1
1
1
(137)
2
2
2
ed costante.
I versi delle velocit angolari di (A) e di (B) sono di2
scordi se i membri (A) e (B) sono
Figura 2
disposti come in fig.1 e quindi
nella (137) vale il segno meno; sono invece concordi, e varr quindi il
segno pi, quando i membri (A) e (B) sono disposti come in fig.2 che
rappresenta il caso in cui una delle due ruote sia una ruota anulare, con
contatto, cio, interno.
Quando la realizzazione di un rapporto di trasmissione costante
deve essere realizzato fra assi concorrenti in un punto le superfici a contatto sono quelle di due coni a sezione circolare, (A) e (B), tangenti lungo una generatrice (fig.3), i cui assi di rotazione coincidono con gli assi
dei coni e formano fra loro un angolo =cost. Indicando rispettivamente
con 1 ed 2 le semiaperture dei due coni, si ha che la condizione di ro-
151
RUOTE DENTATE E ROTISMI
1
1
1
2
1
2
2
1
2
1
1
1
1
Figura 3
tolamento senza strisciamento nel moto relativo che per tutti i punti
della generatrice di contatto sia:
&
&
1 ( C O) = 2 ( C O)
(138)
ossia:
&
&
1OC sen 1 = 2 OC sen 2
Ne segue che il rapporto di trasmissione del meccanismo :
=#
sen 1
2
=#
sen 2
1
(139)
ed anch'esso costante.
L'effettiva utilizzazione delle ruote di frizione come meccanismi
atti a realizzare un rapporto di trasmissione costante confinato al campo della trasmissione di piccole potenze (coppie basse e basse velocit);
si comprende che la condizione di strisciamento nullo nel contatto realizzabile solo in presenza di un adeguato carico normale sufficiente a
generare la forza tangenziale d'attrito necessaria al funzionamento: tale
carico normale non potr essere troppo elevato per non generare deformazioni locali nel contatto ed elevate perdite per attrito nei perni delle
coppie rotoidali.
Le deformazioni del contatto d'altra parte renderebbero falsa la condizione che le primitive del moto siano le due circonferenze, nel caso di
ruote piane, o i due coni, nel caso di assi concorrenti, che assicuravano il
rapporto di trasmissione costante desiderato. In generale il rapporto di
trasmissione diventerebbe una funzione delle forze normali che i due
membri si scambiano.
152
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
153
RUOTE DENTATE E ROTISMI
154
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
passo.
Affinch due ruote ingranino correttamente devono avere
lo stesso passo, p, ed affinch il
loro funzionamento sia invertibile
i denti devono presentare profili
simmetrici rispetto ad un raggio
che sar quindi l'asse del dente.
Inoltre, perch le ruote possano
funzionare correttamente almeno
per una rotazione completa, il
numero dei denti, z, deve essere
intero.
Ora se p il passo della
dentatura, comune a due ruote
ingrananti fra loro, le relazioni
che legano il numero dei denti
alla lunghezza della circonferenza primitiva di ciascuna di esse saranno:
2r1 = pz1
A
A
2
1
B
B
Figura 7
2r2 = pz 2
(140)
da cui:
2r1 2r2
p
=m=
=
z1
z2
(141)
=#
r1
z1
2
=# =#
r2
z2
1
(142)
155
RUOTE DENTATE E ROTISMI
di 2 per valori compresi fra 12 e 24; di 3 per valori compresi fra 24 e 45;
di 5 per valori compresi fra 45 e 75.
Il valore del modulo ha un ruolo fondamentale nel proporzionamento della ruota (proporzionamento modulare) e per questo viene
comunemente indicato in mm: si fa l'addendum pari ad m, ed il dedendum pari a (7/6)m; l'altezza del dente risulter pertanto pari a (13/6)m.
Quando il dedendum ha un valore tale per cui il fianco del dente si estende fino all'interno della circonferenza fondamentale, il tratto del
fianco compreso fra la fondamentale e la troncatura di base radiale di
modo che, nel punto di attraversamento, il profilo del fianco del dente
abbia la medesima tangente.
Dalla (141) risulta che il diametro della primitiva di una ruota risulta
2r=mz, e, aggiungendo due volte l'addendum, il diametro del disco su
cui intagliare i denti (diametro della circonferenza di troncatura di testa)
risulta m(z+2). A parit di numero di denti, quindi, a moduli piccoli corrisponderanno ruote piccole, a moduli grandi ruote grandi.
Tuttavia, la scelta del valore da scegliere per il modulo di una
dentatura ha un ulteriore risvolto: fissato i diametri delle primitive, il
modulo determina il diametro delle circonferenze di troncatura di testa e
di conseguenza, sulla retta g (fig.7) i punti IA ed IB in cui avverr il primo contatto, in fase di accesso, (IA), fra il fianco di un dente della ruota
conduttrice e l'estremit della costa di un dente della ruota condotta, e
l'ultimo contatto, in fase di recesso, (IB), fra l'estremit della costa del
dente della ruota conduttrice ed un punto del fianco del dente della ruota
condotta. Si comprende allora che maggiore il modulo scelto per la
dentatura tanto pi lontano dal centro C si troveranno i punti IA ed IB e
tanto maggiore, di conseguenza la velocit di strisciamento (velocit relativa) fra i profili, e tanto maggiore, quindi, la potenza perduta nell'imbocco.
Una caratteristica delle ruote dentate con profilatura ad evolvente quella che il loro funzionamento risulta cinematicamente esatto anche se l'interasse di progetto, d, non viene esattamente rispettato (fig.8),
ovvero se, entro certi
limiti, esso viene volutamente alterato.
Se, infatti, l'interasse passa dal valore
1
2
2
d al valore d(1+), i 1
2
1
raggi delle primitive
diventano r1(1+) ed
r2(1+); i denti, tuttavia,
in
quanto
costruiti sulla base delle fondamentali origiFigura 8
narie, saranno ancora
156
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
rie, saranno ancora profili coniugati anche se le primitive risultano ampliate. Cambia invece l'angolo di pressione in quanto la retta g, dovendosi ancora appoggiare alle fondamentali, i cui centri sono diventati O1'
ed O2', assumer la posizione della g' il cui angolo rispetto alla tangente
comune alle primitive sar >.
Il rapporto di trasmissione fra due ruote il cui interasse sia stato maggiorato non cambia. Sar infatti:
(143)
mmax = r1 sen 2
(144)
157
RUOTE DENTATE E ROTISMI
z min =
2r1
2r1
2
=
=
2
mmax r1 sen sen 2
(145)
Dalla (144) e dalla (145) si osserva che, per dato , mentre il valore del
modulo massimo dipende dal diametro prescelto per il rocchetto, il numero minimo di denti che gli si pu assegnare dipende esclusivamente
dall'angolo di pressione.
Con l'usuale valore di =20 si avr mmax=0,11r1 e quindi zmin=18.
La forza mutua che si scambiano i denti ha come retta d'azione
la retta g, ed costante se la coppia costante.
Per l'equilibrio della ruota dovr essere:
Cm = Fn r cos
(146)
da cui:
Fn =
Cm
r cos
(147)
158
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
tan =
2 rp
(148)
pe
tan =
2 rf
pe
2 rp cos
pe
(149)
(150)
Nelle ruote con asse dente elicoidale si ottiene, proprio in virt di tale
disposizione, (fig.11), un aumento virtuale dell'arco d'azione: infatti,
durante una rotazione della ruota pari a corrispondente alla durata
del contatto fra due denti in presa, il contatto fra i denti si sposta lungo
un'elica, da Ca a Cb, portandosi dalla sezione frontale alla sezione posteriore; la rotazione
pu pensarsi risultante
b
dalla somma di due rotazioni distinte: una rotazione ', relativa alla
fase in cui il punto di
1
contatto sulla primitiva
a
passa dal punto Ca al
punto C' e corrispondente alla fase del contatto fra una coppia di
e
Figura 11
profili, misurata sulla
sezione frontale, (equivalente all'arco d'azione nel caso dei denti diritti), cui occorre aggiungere la rotazione ", relativa alla fase in cui il punto di contatto sulla
primitiva passa dal punto C' al punto C" e corrispondente alla fase che
159
RUOTE DENTATE E ROTISMI
porta fino al termine del contatto fra i denti sulla sezione posteriore che
spostata assialmente rispetto alla prima della lunghezza z del tronco
del cilindro.
La rotazione complessiva sar quindi:
= 1 + 2 =
essendo:
Ca C" = z tan
I vantaggi che si ottengono con tali tipi di ruote sono: la dolcezza di movimento, e quindi una maggiore silenziosit, in quanto il contatto e il distacco fra i denti non si realizza pi in modo istantaneo; una
maggiore robustezza dei denti, potendo utilizzare moduli minori senza
compromettere la continuit della trasmissione, ed ottenendo quindi
denti di altezza minore;
l'utilizzo di un modulo
pi piccolo fa s che di1
minuiscano anche le velocit massime di stria
sciamento risultando i
xy
contatti pi prossimi
allasse della rotazione
istantanea.
Affinch
due
f
ruote ingranino correttamente devono avere lo
Figura 12
stesso passo frontale e lo
stesso angolo di inclinazione dell'elica sul cilindro primitivo.
La normale al contatto fra i denti (fig.12) in questo caso dovr
essere una retta appartenente ad un piano m inclinato di rispetto al
piano tangente ai due cilindri primitivi ed inclinata di rispetto alla
normale all'asse di rotazione (deve essere, nel contatto, normale all'elica
sul cilindro fondamentale).
&
Pertanto, in assenza di attrito, la forza normale Fn che due denti si scambiano avr le due componenti:
Fxy = Fn cos
Fz = Fn sen
(151)
160
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Cm = Fn cos r cos
(152)
Cm
r cos cos
(153)
da cui:
Fn =
Fz = Fa =
Cm
C
tan = m tan
r cos
r
(154)
161
RUOTE DENTATE E ROTISMI
&
&
Fxy = Fn sen
&
&
Fz = Fn cos k
(155)
&
rispettivamente nel piano xy e secondo l'asse z. A sua volta la Fxy , dovendo essere perpendicolare alla OC avr le componenti:
&
Fx = Fxy sen
&
Fy = Fxy cos
&
&
i = Fn sen sen i
&
&
(156)
j = Fn sen cos j
&
Delle tre componenti trovate, solamente la Fz ha momento rispetto all'asse della ruota in quanto le altre due giacciono nel piano contenente
proprio quest'asse.
Per l'equilibrio della ruota dovr allora essere:
Cm = Fz rm = Fn rm cos
(157)
Fn =
Cm
rm cos
(158)
162
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
nenti, secondo i tre assi, della forza mutua che si scambiano i denti si
possono scrivere come:
Cm
tan sen
rm
C
Fy = m tan cos
rm
Cm
Fz =
rm
Fx =
(159)
e si pu da queste rilevare, per un verso, l'influenza della geometria della ruota sull'entit delle forze che si scambiano i denti, e, d'altra parte,
come tali tipi di ruote necessitino, nel montaggio, di adeguati sopporti
che reagiscano, durante il funzionamento, a ciascuna delle componenti
trovate.
163
RUOTE DENTATE E ROTISMI
tan =
pe
2rrm
(160)
con:
rm =
r1 + r2
2
pe = z1 pa
Figura 16
(161)
2 = 1 t
(162)
Nello stesso tempo t, per effetto del moto elicoidale, lo stesso punto C
si sar spostato di pe con velocit V; ossia:
164
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
p e = v C t
(163)
pe
2
=
1 v C
da cui:
vC =
&
La stessa velocit v C deve
pe
z1 pa
1 =
2
2 1
vC = 2 R
(164)
(165)
1
z 2 pa = 2 R
m
1
Figura 18
(166)
v C = 2
z 2 pa
2
(165')
2 z1
=
1 z 2
(167)
165
RUOTE DENTATE E ROTISMI
Fy = Fz tan
2
yz
y
z
m
xz
1
1
x
m
z
Figura 19
(168)
Fx =
Cm
= Fz tan
rm
(169)
rispettivamente per l'equilibrio della vite, e per dover essere la Fxz normale, nel piano (xz), all'elica media che inclinata di .
Da quest'ultima si ricava quindi:
Cm
rm
Cm 1
Fz =
rm tan
Fx =
(170)
Fy =
Cm tan
rm tan
(171)
Fn =
Cm
tan 2
1
1+
F +F +F =
+
2
rm
tan tan 2
2
x
2
y
2
z
166
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
ossia:
Fn =
Cm
1 + tan 2 + tan 2 = Fz 1 + tan 2 + tan 2
rm tan
(172)
167
RUOTE DENTATE E ROTISMI
Consideriamo ora un rotismo ordinario costituito da n ruote dentate, disposte secondo lo schema di fig.20, ciascuna delle quali avr zi
denti; in esso si avranno n/2 imbocchi per ciascuno dei quali definibile
un rapporto di trasmissione i .
Con riferimento allo schema, avremo:
1 =
2 z1
3 z3
4 z5
= ; 2 =
= ; 3 =
= ;
1 z2
2 z4
3 z6
(173)
Il rapporto di trasmissione del rotismo nel suo complesso sar dato dal
prodotto dei rapporti di trasmissione che si hanno nei singoli imbocchi.
E' infatti:
z1 z 3 z5
4
= 1 2 3 =
1
z2 z4 z6
(174)
4 z1 z3 z4 z1 z3
=
=
1 z2 z4 z5 z2 z5
(175)
Cm1 = Cr n
e quindi possiamo pure scrivere:
(176)
168
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
n Cm
=
1 Cr
(177)
169
RUOTE DENTATE E ROTISMI
Quando si voglia
ottenere la coassialit de4
gli alberi si pu ricorrere
1
4
ad uno schema come quello di fig. 23 che rappresenta un cambio con contralbero (o albero secondario)
ed una coppia sempre in
2
presa; in tale disposizione
3
3
i diversi rapporti di trasmissione vengono forniti
sempre dallimbocco fra
quattro ruote di cui due, z1
e z2 nello schema di figura, ingranano costanteFigura 23
mente fra loro mentre
possibile cambiare limbocco delle altre due.
Nello schema, il gruppo di ruote indicate con z4 e z4 pu essere
spostato sullalbero scanalato o verso sinistra ottenendo limbocco fra la
z3 e la z4, oppure verso destra ottenendo limbocco fra la z3 e la z4. I
rapporti di trasmissione che alternativamente si ottengono sono quindi
= z1 z 3 z2 z 4 e ' = z1 z ' 3 z 2 z ' 4 .
Sia lo schema di fig. 22 che quello di fig. 23, tuttavia, non soddisfano ad unaltra esigenza connessa allutilizzo di un cambio di velocit, in particolare se questo destinato alla trasmissione di un autoveicolo: quella di poter cambiare il rapporto di trasmissione utilizzato mentre gli alberi, movente e cedente sono in rotazione.
E chiaro che il problema sta nel fatto che, poich a diversi rapporti di
trasmissione corrispondono velocit angolari diverse dellalbero di uscita, le velocit periferiche
delle ruote montate su di
4
1
4
esso saranno pure diverse essendo diverso il loro
raggio di primitiva: sar
quindi abbastanza improbabile che, nel passaggio da un imbocco
allaltro, i denti della
ruota movente trovino il
loro posto nei vani della
cedente e ci, inevita2
3
3
bilmente, d luogo ad
urti fra i denti (grattata)
Figura 24
con conseguente usura,
170
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
171
RUOTE DENTATE E ROTISMI
Le velocit angolari
1
2
caratteristiche sono
2
3
quella della prima
1
3
ruota, 1, quella
dellultima ruota, 2,
e quella del braccio
portatreno, . Si
1
comprende che tale
4
4
meccanismo ha due
4
gradi di libert, e che
pertanto potr essere
Figura 26
utilizzato come sommatore se fatto funzionare con due moventi ed un cedente, o come differenziale se sar fatto funzionare con un movente e due cedenti.
In ogni caso, dal punto di vista cinematico, il suo moto non potr essere
univocamente definito se non imponendo il valore di una delle tre velocit angolari, oltre a stabilire la funzione di ciascun membro (movente o
cedente).
Si pu ancora osservare che qualora venga imposto proprio il valore
=0, il rotismo tornerebbe ad essere un rotismo ordinario.
Lo studio cinematico di un rotismo epicicloidale, ossia la determinazione del suo rapporto di trasmissione, diventa semplice se si
pone mente al fatto che il suo modo di funzionare non pu essere alterato da un cambiamento di riferimento, e quindi se la misura delle velocit
in gioco viene fatta in un riferimento mobile anzich in quello fisso i
moti fra le ruote che lo compongono restano inalterati.
Se si sceglie allora come nuovo riferimento proprio il braccio portatreno, le nuove velocit angolari saranno (1-) per la prima ruota, (2-)
per l'ultima ruota, (-)=0 per il portatreno che risulter fermo. Si ottiene cos quello che prende il nome di rotismo ordinario corrispondente.
E' lecito allora scrivere:
k=
z1 z 3
2
=
z2 z4
1
(178)
Questo viene chiamato rapporto costruttivo (o rapporto di Willis) e consente di legare agevolmente il rapporto fra il numero dei denti delle ruote che compongono il rotismo alle velocit angolari in gioco.
E' importante notare, nella (178), la presenza del doppio segno: sta ad
indicare che il valore di k potr essere positivo o negativo. Il cambio di
riferimento, che si ottiene, come visto, sovrapponendo a tutto il sistema
una velocit eguale e contraria a quella del braccio portatreno, potrebbe
avere come effetto, a seconda dei casi, una inversione del segno di una
172
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
delle , e di ci deve tenersi conto con il segno da attribuire al parametro k. In altre parole, nel passaggio dal rotismo epicicloidale al rotismo
ordinario corrispondente se una delle due differenze che compaiono nella (178) diventa negativa, k sar negativo. La valutazione di tale circostanza semplice: baster immaginare fermo il braccio portatreno e valutare se, assegnando ad arbitrio un verso di rotazione alla prima ruota,
risulta per l'ultima ruota un verso concorde o discorde con la prima; se i
versi sono concordi il segno sar positivo, sar negativo nel caso opposto.
Definito il valore assunto da k, e noto quali siano gli alberi moventi e quali i cedenti, possibile ricavare dalla stessa (178) l'espressione del rapporto di trasmissione che il rotismo epicicloidale realizza.
Infatti sviluppando si ha:
1
k
1
k 1
k 1 2
= k ( k 1)
1
1
2 1
k
2 =
=
1 k 1 1 k 1
1
k 1
3 =
=
2 k 1 2 k 1
1 =
(179)
8.- Applicazioni.
Consideriamo il rotismo di fig.27 costituito dalle quattro ruote
con numeri di denti z1, z2, z3, z4, in cui la ruota 1 solidale al telaio,
mentre la 2 e la 3, solidali fra loro, sono i satelliti calettati sul braccio
portatreno.
E' la disposizione del rotismo di Pickering o rotismo per contagiri.
Calcoliamo il rapporto di trasmissione nella ipotesi in cui sia movente il
braccio portatreno e cedente la ruota 4, ossia il valore di = 4 .
Il rapporto costruttivo vale:
173
RUOTE DENTATE E ROTISMI
k=
4 z1 z 3
=
1 z 2 z 4
k=
(180)
Figura 27
4
4
= 1
z2 z4 z1 z3
4
= 1 k =
z2 z 4
(181)
174
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
k=
z1
3
=
1
z3
(182)
Non compare il numero di denti della ruota 2 perch nel rotismo ordinario corrispondente essa una intermedia oziosa, ed il rapporto negativo in quanto, in quella condizione, risultano di verso opposto le rotazioni della ruota 1 e della ruota 3 ( vero che vi sono due imbocchi esterni ma la disposizione delle ruote coniche d luogo ad uno rotazione
di del vettore 3).
Tenendo conto che 3=0, il rapporto di trasmissione sar dato da:
z1
k
=
=
1 k 1 z1 + z 3
(183)
1
k
s
k 1
k 1 d
(184)
D'altra parte, l'uguaglianza delle ruote 1 e 3 implica che il rapporto costruttivo del differenziale :
175
RUOTE DENTATE E ROTISMI
k=
z3
s
= = 1
zd
d
(185)
s + d
1
1
= s + d =
2
2
2
(186)
V0
(R d)
R
V0
Ve = ( R + d )
R
Vi =
per cui le velocit angolari delle stesse ruote, ipotizzando che rotolino
senza strisciare, saranno:
s =
Vi V0
(R d)
=
rc rc R
d =
Ve V0
(R + d)
=
rc rc R
V0
V
s + d
(R d + R + d) = 0
=
2
2rc R
rc
(187)
176
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
s + d
2
Cm Cs s Cd d = 0
Cm Cs Cd = 0
(188)
Cm ( s + d ) 2Cs s 2Cd d = 0
Cm = C s + Cd
e poi:
2Cs s + 2Cd d ( Cs + Cd )( s + d ) = 0
da cui:
(C
Cd )(d s ) = 0
(189)
Si vede allora che anche quando le velocit angolari delle ruote siano
diseguali, dovendo essere necessariamente verificata la (189), dovranno
essere eguali le coppie alle ruote, mentre quando le velocit angolari
delle ruote sono eguali le coppie resistenti alle ruote possono anche essere diverse.
Ci implica che se 0 mentre, per es., nulla sia s che Cd, si avr
dalla prima delle (188) che d 0; ed allora, essendo d s, sar, per
la (189), Cs=Cd=0 con la conseguente impossibilit di far avanzare il
veicolo.
177
I FONDAMENTI DELLA MECCANICA
CAPITOLO XI
SOMMARIO
Le leggi che regolano il moto dei corpi prendono una forma particolarmente semplice quando il corpo, cui ci si riferisce, pu essere assimilabile ad un punto materiale.
Ci non costituisce comunque pregiudizio alcuno per la loro validit giacch un corpo esteso pu sempre essere pensato suddiviso in un
numero qualsivoglia grande di particelle, ciascuna delle quali assimilabile ad un punto materiale.
178
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
= 0 ).
traslatorio a (co)
P
Possiamo allora convenire di chiamare riferimento inerziale tanto uno
che sia fisso o immaginato tale, quanto uno che sia in moto rispetto al primo, ma che si muova di moto traslatorio uniforme.
Se una certa azione fisica si esercita su un punto P ad un dato istante t, tale punto per il postulato di cui sopra dovr acquistare una certa
accelerazione che sar caratterizzata da una certa direzione e da un certo
verso.
Questa azione fisica allora si distingue per unintensit, proporzionale all'entit di accelerazione provocata su P, ed anche per una direzione ed un
verso, quelli dell'accelerazione di P. Si tratta quindi di una grandezza vetto&
riale, F , che chiameremo forza agente su P all'istante t.
179
I FONDAMENTI DELLA MECCANICA
vero in base al postulato di Galilei che afferma che il modulo della forza
che agisce su un punto materiale proporzionale al modulo della sua accelerazione, e che il coefficiente di tale proporzionalit una costante caratteristica del punto P, indipendente dalla sua posizione, dalla sua velocit e dal tipo di forza agente.
Tale costante la massa, m, del punto materiale P, per cui possiamo scrivere:
&
&
F = ma
&
&
a = gn
D'altra parte possiamo anche scrivere per la forza peso agente sul corpo:
&
&
F = F pn
F p = mg
che ci dice come, in un dato luogo, il peso di un corpo proporzionale alla
sua massa.
&
E facile immaginare che se sul punto Q agisce una forza, FPQ , dovuta al
punto P questa cesser di esistere se il punto P viene rimosso, ossia se non
esiste pi il contatto fra i due punti. In casi come questo, e in casi analoghi,
l'esperienza ci dice che all'azione esercitata dal punto P sul punto Q corri-
&
sponde una forza (reazione), FQP , direttamente opposta esercitata dal pun-
180
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
to Q sul punto P.
Pi in generale, nel caso di un punto materiale vincolato, alla reazione che
esso subisce da parte del vincolo fa riscontro una forza esercitata dal punto
sul vincolo stesso.
Da questo tipo di osservazioni discende il principio di azione e
reazione (Newton): Tutte le volte che un punto materiale P soggetto al&
l'azione di una certa forza F , dovuta alla presenza di un altro punto materiale Q, ad essa fa riscontro, sia in condizioni di quiete che di moto, una
&
forza direttamente opposta (reazione) F esercitata dal punto materiale
P sul punto materiale Q.
Si noti che ci implica che, se i punti P e Q non sono a diretto con&
&
tatto, le due forze in questione (la F e la F ) debbono avere necessariamente come retta d'azione la congiungente i punti P e Q.
&
L = F (P" P )
(1)
& &
L = M
(2)
181
I FONDAMENTI DELLA MECCANICA
&
&
&
&
dL = F(t) dP
(3)
&
L=
&
F(t) dP
(4)
&
dL = F x dx + F y dy + F z dz
(5)
&
dP = v P (t )dt xdt + y dt + zdt
(6)
&
&
dL = F (t ) v p dt = (F x x + F y y + F z z )dt
Il rapporto fra il lavoro elementare dL ed il tempo dt in cui tale lavoro compiuto prende il nome di potenza, e sar:
W =
dL &
&
= F (t ) v P = F x x + F y y + F z z
dt
La potenza uno scalare che misura la rapidit con cui viene compiuto un
lavoro.
(*)
Continuiamo a riferirci solo alla forza per brevit, ma intendendo che i concetti valgono anche per le coppie mettendole in relazione con le corrispondenti
rotazioni.
182
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Sostituendo la (6) nella (4), e tenendo conto che la posizione P' sar occupata da P all'istante t' e la posizione P" all'istante t", avremo per il
lavoro compiuto dalla forza in un intervallo di tempo finito (t"-t'):
t
&
&
L = dL = F (t ) v P dt =
(F
x + F y y + F z z )dt
ossia la somma di tutti i lavori elementari compiuti dalla forza nei successivi tempuscoli dt.
Si deduce quindi anche, tenendo presente la propriet distributiva del prodotto scalare, che il lavoro della somma di pi forze applicate ad uno stesso punto uguale alla somma dei lavori delle singole forze.
Se il sistema costituito da un insieme di punti materiali Pi sogget-
&
dL =
&
(F dP )
i
e la potenza da:
W =
&
(F v& )
i
Pi
L=
& &
(F v )dt
t"
t'
Pi
&
F x = F x (s )
F y = F y (s )
F z = F z (s )
183
I FONDAMENTI DELLA MECCANICA
dx = xdt =
dz
dx
dy
ds ; dy = y dt =
ds ; dz = zdt =
ds ;
ds
ds
ds
L'espressione del lavoro, con l'opportuno cambiamento dei limiti di integrazione, sar pertanto:
L=
s"
s'
dz
dx
dy
Fx (s ) ds + Fy (s ) ds + Fz (s ) ds ds
(7)
Fx dx + Fy dy + Fz dz
e quindi all'integrale curvilineo:
[F dx + F dy + F dz ]
L=
&
Fx =
U
x
Fy =
U
y
Fz =
U
z
(8)
Allora accade anche che, nello spostamento del punto P da P' a P", il lavoro compiuto dalla forza risulta indipendente dalla traiettoria, mentre dipende solo dalle posizioni estreme del percorso; la forza si dir allora una forza conservativa.
Da tale definizione si deduce che se, nel suo moto, il punto P percorre una traiettoria chiusa (da P' a P" e poi da P" a P'), il lavoro compiuto nel percorrere il tratto da P' a P" sar uguale ed opposto al lavoro compiuto nel percorrere il tratto da P" a P', e pertanto il lavoro complessivo
sar nullo.
Sar quindi, per una forza conservativa:
(F
dx + F y dy + F z dz ) = 0
184
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
zioni:
Fx Fy Fx Fz Fy Fz
=
;
=
;
=
;
y
x
z
x
z
y
ed allora, volendo calcolare l'integrale (7), tenendo conto della (8), troveremmo:
L=
s"
s'
U dx U dy U dz
+
+
ds = U (P") U (P')
x ds y ds z ds
(9)
La funzione U(P) che compare nella (9) prende il nome di potenziale; risulta ovviamente definita a meno di una costante additiva, e gode della
&
propriet che il lavoro compiuto dalla forza conservativa F , quando il suo
punto di applicazione P passa dalla posizione P' alla posizione P", uguale
alla differenza che il potenziale assume nei due punti. Il legame fra potenziale della forza e sue componenti espresso dalle relazioni (8).
Per un sistema materiale si dir che le forze attive che agiscono sui
suoi punti, Pi, sono conservative in un dato dominio se per ogni punto Pi
&
conservativa sia la forza esterna attiva, F ( e ,a ) , che la forza interna attiva,
&
F ( i ,a ) , esercitata da un altro punto Pj, supposto fisso in quel dominio, che
agiscono su di esso.
In base a questa definizione si pu trovare, per esempio, il potenziale della forza elastica agente fra i due punti estremi P e Q di una molla
di rigidezza k.
Supponiamo che la lunghezza della molla indeformata sia l0 mentre l1 la sua lunghezza dopo la deformazione. La forza interna che si esercita sui due punti sar, in modulo:
F ( i ,a ) = k (l l0 )
e quindi il suo potenziale sar dato da:
l1
1
2
U = k (l l0 )dl = k (l1 l0 )
l0
2
(10)
FQ( i. P,a ) =
U
U
;
=
(P Q ) P
FP(,iQ,a ) =
U
= FQ( i. P,a ) ;
Q
ossia che dalla stessa (10) si pu ottenere sia il potenziale della forza conservativa interna che il punto Q esercita su P, sia quello della forza che il
185
I FONDAMENTI DELLA MECCANICA
punto P esercita su Q.
I=
x2
x1
f (x ) dx
Ora, poich il valore di detto integrale corrisponde al valore dell'area sottesa dalla f(x) sull'asse delle ascisse (positiva quando f(x)>0; negativa
quando f(x)<0) fra i limiti x1 ed x2, il problema potr essere risolto calcolando appunto il valore di tale area; data la variabilit con x della f(x) ci
potr essere fatto sommando le aree corrispondenti ad n strisce parallele
all'asse delle ordinate di opportuna larghezza x. In linea teorica l'approssimazione del calcolo sar tanto migliore quanto minore l'ampiezza delle
singole strisce, ma in pratica sufficiente, come si vedr, adeguarsi all'andamento della funzione integranda.
4
3
2
4
5
2
6
11
11
10
10
9
7
7
d
9
8
Figura 1
186
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
h1 AA
=
d
x
da cui:
h1x = I 1 = A' A d
Con analogo procedimento si opera sulla seconda striscia, riportando per
questa volta la parallela alla sua proiettante a partire dal punto A' fino in
B'; il segmento BB' , ovviamente proporzionale all'area somma della prima e della seconda striscia.
Procedendo in tal modo, l'area totale, e quindi l'integrale cercato
dato, a scala d, dal segmento
KK'.
I segmenti AA',
BB', CC', ..., rappresentano
il valore assunto dall'integrale quando calcolato fra
O ed il corrispondente punto
dell'ascissa. Generalizzando,
si conclude, allora, che ciascuna ordinata della curva
integrale fornisce, a scala d,
il valore dell'integrale (28)
calcolato fra l'origine e la
Figura 2
187
I FONDAMENTI DELLA MECCANICA
sua ascissa.
Osservando la fig.1, si pu notare come la curva integrale crescente fino
al punto F', in quanto l'area sottesa fra O ed F tutta positiva; poi decresce
da F' ad I',in quanto si viene a sommare l'area sottesa fra F ed I che negativa; infine ancora crescente in quanto positiva l'area da I a K.
Allorch le grandezze rappresentate in diagramma sono riportate a data
scala, il valore dell'integrale, gi calcolato come visto, va ancora moltiplicato sia per la scala delle ascisse che per quella delle ordinate.
In fig.2, riportato, a titolo di esempio, il calcolo del lavoro di una forza,
OB a scala , supposta, per semplicit, costante, per uno spostamento OA,
a scala .
Le misure indicate con mm* si riferiscono a misure sul grafico, le altre alle
misure reali. In termini dimensionali si avr proprio:
Kg mm
mm * = [Kg mm ]
*
*
mm mm
188
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
189
LE FORZE E LEQUILIBRIO DEI SISTEMI
Capitolo XII
SOMMARIO
190
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
& &
dL1 = F vdt = pSvdt
(1)
&
(2)
avendo indicato con la massa specifica (densit) del fluido, con Sl il suo
volume, e con dE la variazione di energia interna per unit di massa.
Poich tale massa m costante, derivando rispetto al tempo la sua espressione m=Sl, avremo:
dm
d
dl
=
Sl + S
= 0
dt
dt
dt
da cui possiamo ricavare:
1 d
1 dl
v
=
=
dt
l dt
l
(3)
(*)
E nullo solo il lavoro delle forze interne dei corpi rigidi, come ovvia conseguenza della ipotesi di rigidit.
191
LE FORZE E LEQUILIBRIO DEI SISTEMI
pvdt
p v dE
dL2 = Sl
+ dE = Sldt
+
l dt
e quindi, sostituendovi la (3):
p 1 d dE
p
dL2 = Sldt
+
= Sl 2 d + dE (4)
dt dt
Tuttavia, per il primo principio della termodinamica, nellipotesi che l'espansione sia adiabatica (dQ=0), e trascurando la variazione di energia cinetica della massa fluida, dovr essere d + dU = 0, e quindi nel nostro caso:
dL2 = Sl 2 d + dE = 0
192
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
193
LE FORZE E LEQUILIBRIO DEI SISTEMI
la direzione della tangente alla sua traiettoria (assoluta) nel punto occupato
da P nell'istante considerato; e in questo caso lo spostamento virtuale corrisponde allo spostamento effettivo.
Se invece la guida (A) non fissa (fig.6), tale corrispondenza non sussiste
pi: lo spostamento effettivo di P quello lungo la tangente alla traiettoria
assoluta, mentre lo spostamento virtuale P ancora quello lungo l'asse di
(A).
Alla nozione di spostamento virtuale va associato il concetto di lavoro virtuale delle forze che agiscono sui punti di un sistema.
Se un sistema soggetto alle forze Fi agenti sui suoi punti Pi, si dice lavoro
virtuale di tali forze relativo ad un dato istante, t, ed ad un dato spostamento virtuale, P, del sistema, il lavoro complessivo compiuto da quelle forze
per effetto di quel dato P. La corrispondente espressione sar:
L =
&
[
F
(t ) P ]
i
Secondo i casi, potr interessare calcolare il lavoro virtuale delle sole forze
attive o delle sole forze reattive.
194
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
A,B
&
Figura 8
&
&
L = A,B P = 0
& &
&
& &
&
L = A,B P = A,B u + A,B v 0
e questo lavoro sar nullo se
v=0, mentre sar positivo se
m
v0, ossia se lo spostamento tale da mantenere il contatto oppure no.
A,B
Particolare il caso
che si presenta se i due
membri (A) e (B) sono in
contatto di puro rotolamento.
Poich il contatto di puro rotolamento garantito proprio
da forze di attrito, non pi
Figura 9
lecito affermare che le forze
che essi si scambiano hanno la direzione della normale al contatto e quindi
la direzione della A,B pu essere qualsiasi. Sar invece nullo lo spostamento virtuale P dal momento che il moto di (B) rispetto ad (A) avviene
proprio intorno al punto P.
Si pu concludere, allora, che anche in questo caso sar:
&
&
L = A,B P = 0
Con tali premesse, possiamo ora cercare le condizioni cui debbono
soddisfare, in assenza di attrito, il risultante ed il momento risultante delle
195
LE FORZE E LEQUILIBRIO DEI SISTEMI
forze reattive nelle coppie cinematiche, laddove il contatto fra i due membri (A) e (B) un contatto di combaciamento.
Cominciamo con l'osservare che per lo spostamento virtuale di un qualsiasi
punto di (B) si pu scrivere:
&
Pi = v& Pi t = A + t (Pi A)
ossia:
Pi = A + (Pi A)
la rotazioessendo A un qualsiasi punto di (B) ed avendo indicato con
ne virtuale di (B).
&
Allora, il lavoro virtuale di tutte forze reattive, i , che (A) esercita su (B),
e che deve essere nullo, si potr scrivere come:
L =
&
i Pi =
&
i A +
&
(Pi A) i =0
i
&
=
&
;
&
= (P A) ;
&
M A( )
A,B
A,B
A,B
&
&
L = A + M (A ) = 0 (5)
Figura 10
e tale lavoro deve essere nullo essendo
il vincolo privo di attrito.
Pertanto se la coppia cinematica una coppia prismatica (fig. 10), di cui
&
&
&
& &
k = 0
il che implica che il risultante non pu avere componenti lungo l'asse della
coppia; in altre parole la coppia prismatica pu reagire solo con una forza
perpendicolare al suo asse e, giacch nessuna limitazione emerge per il
196
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
k il versore dell'asse ed A un punto del&
&
l'asse stesso, si avr A=0 e = k , e
quindi la (5) diventa:
&
&
L = M (A ) k = 0
& () &
MA k = 0
A,B
A,B
A,B
Figura 12
197
LE FORZE E LEQUILIBRIO DEI SISTEMI
&
&
Fi ( e ) + Fi ( i ) = 0
e per tutto il sistema:
&
Fi ( e ) +
&
Fi ( i ) = 0
Ma il sistema delle forze interne agenti in un sistema vettorialmente equivalente a zero e tale allora dovr pure essere il sistema delle forze esterne. Se ne pu concludere che: Se un sistema materiale qualsiasi, su cui agiscono delle forze, in equilibrio, il sistema di vettori applicati che rappresentano le forze esterne (attive e reattive) agenti sul sistema equivalente a zero.
Questa condizione di equilibrio si traduce nelle due equazioni vettoriali:
&
R=
& ( e)
&
&
= R(a) + R(v) = 0
&
&
&
M O = M (a ) + M (v ) = 0
&
&
198
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
statico e sono valide per ogni possibile sistema materiale preso nel suo
complesso e contemporaneamente per una parte di esso.
Tutte le volte che si studia l'equilibrio di una parte di un sistema, le
forze interne possono essere trattate come forze esterne. Infatti, si pu
sempre isolare il membro che interessa e sostituire nei punti che erano di
contatto con la parte restante del sistema le forze che quest'ultima esercitava su di esso.
Le equazioni cardinali, tuttavia, rappresentano condizione necessaria ma non sufficiente per l'equilibrio di un sistema, dovendosi sempre
verificare che l'equilibrio sussista anche per ogni sua parte (o punto).
Per stabilire le condizioni di equilibrio di un sistema qualsiasi per
mezzo delle equazioni cardinali sufficiente, in teoria, immaginare di sostituire in corrispondenza ad ogni vincolo la corrispondente reazione e imporre che siano contemporaneamente nulli risultante e momento risultante
delle forze attive (note) e reattive (incognite) ad esso applicate.
Ci, tuttavia, non generalmente sufficiente a risolvere il problema in
quanto, quasi sempre, il numero delle incognite da determinare superiore
al numero delle equazioni che si possono scrivere.
In taluni casi il problema si pu semplificare imponendo l'equilibrio dei
singoli membri che costituiscono il sistema dato, e introducendo quindi le
reazioni corrispondenti ai vincoli interni dello stesso: in virt del principio
di azione e reazione queste incognite potranno poi essere eliminate.
Il procedimento sar comunque tanto pi laborioso quanto pi alto il
numero di reazioni interne da eliminare; fortunatamente l'uso delle equazioni cardinali non rappresenta l'unica via per la risoluzione del problema
dell'equilibrio: nel caso in cui si abbiano vincoli privi di attrito soccorre egregiamente il principio dei lavori virtuali che consente in ogni caso l'eliminazione automatica delle reazioni.
Per il caso generale, occorre osservare che, se il sistema isostatico, ossia se il numero delle incognite da determinare pari al numero delle equazioni indipendenti che si possono scrivere per rappresentarne l'equilibrio, la determinazione delle condizioni di equilibrio si pu ancora ottenere dalla applicazione delle equazioni cardinali, [ossia imponendo che sia
nulla la somma di tutte le forze applicate al sistema
( M&
= 0 ].
Se invece il sistema iperstatico, ossia se il numero delle incognite maggiore del numero delle equazioni, occorrer ricorrere alla teoria della elasticit.
In altri casi, la teoria dell'usura, usura delle superfici in contatto
provocata dalla presenza dell'attrito, l'elemento essenziale per il calcolo
delle forze reattive.
199
LE FORZE E LEQUILIBRIO DEI SISTEMI
L( a ) 0
Sar uguale a zero quando lo spostamento virtuale reversibile, minore di
zero quando esso irreversibile.
Che tale condizione sia necessaria si deduce considerando che se
un sistema in equilibrio le accelerazioni di tutti i suoi punti Pi devono es-
&
sere nulle per cui deve essere, per il postulato di Galilei, F ' i = 0 ; ci vuol
dire, di conseguenza, che dovr essere nullo il risultante di tutte le forze
(attive e reattive) agenti su ogni singolo punto, ossia deve essere:
&
&
&
Fi = Fi ( a ) + i = 0
(6)
Il lavoro complessivo compiuto da tutte le forze in conseguenza dello spostamento virtuale Pi sar allora:
L =
&
Fi ( a ) Pi +
&
i Pi = 0
(7)
L( a ) =
& (a )
Pi 0
200
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
L'utilit del principio dei lavori virtuali nella risoluzione dei problemi di equilibrio sta proprio nel fatto che esso esprime una condizione
che non coinvolge le forze reattive agenti sul sistema; si presta quindi egregiamente in tutti i casi in cui (in assenza di attrito) si abbia necessit di
determinare il valore che debba avere una componente di una forza attiva
affinch il sistema in esame sia in equilibrio in una data configurazione.
Pi in generale, consideriamo anche che, poich le posizioni dei
punti Pi di un sistema possono, in generale, essere espresse in funzione delle coordinate lagrangiane qr, lo spostamento virtuale del generico punto
potr essere scritto come:
Pi =
Pi
q
r
q r
L( a ) =
&
P &
Fi ( a ) i qr = 0
qr
& (a)
Pi &
&
qr = Qr( a )qr = 0
qr
(8)
L( a ) =
Pi &
qr =
r
P q
r
U &
q q
r
=0
U
=0
qr
201
LE FORZE VINCOLARI IN PRESENZA DI ATTRITO
CAPITOLO XIII
SOMMARIO
Le forze che si scambiano le superfici coniugate di una coppia cinematica dipendono dalla natura dei membri accoppiati, ossia dall'essere
essi rigidi, deformabili, fluidi ecc.; dalla natura e dall'estensione del contatto (strisciamento, rotolamento; puntiforme, lineare, superficiale); dallo stato delle superfici (lisce o rugose); dalla forma dell'attrito (asciutto, lubrificato).
(& )
(& )
e vP
le velocit
202
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
&
dL = FAB ( v P ) B + FBA ( v P ) A dt = 0
(1)
&
&
&
&
&
&
&
FAB ( v P ) B FAB ( v P ) A = FAB ( v P ) B ( v P ) A = 0
ossia
&
&
FAB v P( r ) B , A = 0
&
&( )
Ci vuol dire che la forza FAB ortogonale al vettore v Pr
[ ]
(2)
[ ]
B,A
, e quindi
&
&
Figura 14
&
& (r )
FAB ( v P ) B , A < 0
&
Pertanto la FAB non sar pi diretta secondo la normale, ma potr assume-
re tutte le possibili direzioni interne ad un cono di vertice P (cono di attrito); la sua direzione pertanto , a priori, indeterminata.
Tuttavia, quando il moto relativo di strisciamento si &instaurato, e
quindi si in presenza di una effettiva velocit relativa, la FAB diretta
secondo una delle generatrici del cono di attrito ed in particolare secondo
la generatrice appartenente al piano perpendicolare al piano tangente co& (r )
mune nel contatto che contiene anche il vettore v P .
&
&
FAB
& (r )
203
LE FORZE VINCOLARI IN PRESENZA DI ATTRITO
Se l'angolo indipendente
& (r )
dalla direzione della v P , il
cono di attrito rotondo ed ha
per asse la retta per P di versore
&
n.
Da quanto sopra si pu
&
concludere che la forza FAB
che il membro (A) esercita in P
sul membro (B) pu essere
scomposta nelle due componenti, normale e tangenziale:
&
&
Fn = FAB cos
&
&
Ft = FAB sen
Figura 15
(3)
&
&
&
Ft = Fn tan = fFn
(4)
204
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
& (r)
dL p = FAB (v P )B , A dt = Ft v P( r ) dt = fFn v P( r ) dt < 0
(5)
Vediamo, allora, che la somma dei lavori compiuti, nel tempo dt, dalle forze che si scambiano due membri a contatto in un punto P, quando il con-
&
&
&
Figura 18
205
LE FORZE VINCOLARI IN PRESENZA DI ATTRITO
(v& )
(r)
M BA
&
= ( ( r ) )BA (M C ) v M( r ) = ( 2 + 1 )CM
&
dL p
dt
(6)
Si capisce da qui come conveniente dal punto di vista delle perdite man-
206
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
(v&C )B
&
= 2 Rk
Figura 20
&
(v&C )A = 1rm i
Nel moto relativo predetto sar allora:
&
& = ( & ) (v& ) = Rk&
2
1 rm i
v (r)
vC B
C
C A
207
LE FORZE VINCOLARI IN PRESENZA DI ATTRITO
&(
&
&
vC( r )
tan = & ( r )
vC
*
z
x
R
2 R
=
1 rm
rm
R=
z1 pa 1 pe 1
=
2 2
troviamo:
tan * =
pe
pe 1
=
= tan
rm 2 2 rm
Fn =
Cm 1
1 + tan2 + tan2 =
r m tan
= F z 1 + tan2 + tan2
ci vuol dire che la sua componente lungo la direzione dell'asse della
vite pu essere scritta anche come:
Fz = Fn
1
1 + tan + tan2
2
= F n cos
( F t )z = F t sin = f F n sin
( F n )z = F n cos
Solo queste due componenti possono partecipare all'equilibrio alla rotazione della ruota (B) intorno alla cerniera O2; dovr essere quindi:
208
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
C r + ( F t )z R - ( F n )z R = 0 C r = R[( F n )z - ( F t )z]
e quindi:
R = rm tan
1
2
si ricava:
Fn =
Cr
Cr
=
R( cos - f sin ) r m tan ( cos f sin )
(7)
D'altra parte l'equazione dei lavori nell'unit di tempo di tutte le forze applicate al sistema durante il funzionamento a regime ci permette ancora di
scrivere:
( )
Cm 1 Cr 2 F t vCr = 0
vC( r ) =
(v )
C A
cos
1rm
rm
=
cos cos 2
rm
cos 2
C m 1 = C r 2 + f
= C r 2 + f
rm
C r 2
=
cos rm tan (cos f sen )
Cr 2
=
sen (cos f sen )
f
= C r 2 1 +
(8)
209
LE FORZE VINCOLARI IN PRESENZA DI ATTRITO
cos
cos
tan 1 tan f
cos
cos
=
cos
cos
tan + f
tan + f
cos
cos
tan f tan 2
(9)
f*= f
cos
= f cos 1 + tan2 + tan2
cos
(10)
tan
tan( + * )
(11)
210
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
3 . - Coppie rotoidali.
Una coppia rotoidale, tipicamente un accoppiamento pernocuscinetto (fig. 21), rappresenta il caso caratteristico in cui la configurazione del sistema, da sola, non sufficiente a definire la posizione
del punto di contatto fra i membri della coppia, e di conseguenza nemmeno il punto di applicazione delle forze che si scambiano i membri collegati.
Saranno condizioni di equilibrio dinamico, in tal caso, a risolvere
il problema.
Consideriamo i due membri
(A) e (B) collegati dalla coppia rotoidale di fig. 21, in cui il perno (B)
sottoposto
& all'azione di un carico normale Fn . A causa dell'inevitabile
giuoco fra i due elementi della coppia, si potrebbe pensare che il contatto si instauri nel punto C appartenente
& alla retta di applicazione
della Fn , punto in cui il cuscinetto
&
211
LE FORZE VINCOLARI IN PRESENZA DI ATTRITO
&
Cm = F = Fr sen
dove r il raggio del perno.
Figura 22
Possiamo concludere che, pur non
essendo noto a priori il punto C, il
contatto si instaurer in quel punto per cui risulta l'equilibrio descritto: per
dato valore del coefficiente di attrito e quindi per dato angolo di attrito, ,
noto il valore di , raggio del cosiddetto cerchio di attrito: ad esso, in
condizioni di equilibrio risulta tangente la retta di applicazione della forza
che si scambiano i due membri a contatto. E tale tangenza dovr essere
dalla parte per cui risulti negativo il lavoro della forza che il cuscinetto (A)
esercita sul perno (B) nel moto relativo () di (B) rispetto ad (A).
Applichiamo quanto sopra al caso del quadrilatero articolato piano
di fig. 23, cercando quale debba essere, in presenza di attrito la Cm, applicata alla manovella, capace di equilibrare la coppia resistente Cr applicata
al bilanciere. Siano 1 ed 2 le rispettive velocit angolari delle due aste e
sia noto il coefficiente di attrito f.
Se non vi fosse attrito, la condizione di equilibrio
della biella, non sottoposta ad
alcuna azione esterna, impone
che la retta &di applicazione
&
delle forze, F1, 3 ed F2 ,3 , che
su di essa esercitano manovella e bilanciere abbia la direzione stessa dell'asta AB.
Per il principio di azione e reazione sul bilanciere dovr
quindi
agire,
in B, una
&
&
F3, 2 = F2 ,3 e, per l'equilibrio
alla traslazione, dovr agire in
Figura 23
212
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
O2, da parte del telaio, una FT , 2 = F2 , 3 ; quanto basta per poter scrivere la
condizione di equilibrio alla rotazione del bilanciere intorno ad O2: dovr
essere, infatti, Cr = Fb , essendo b la distanza, ormai nota, di O2 da retta di
&
applicazione della F3, 2 .
&
&
&
213
LE FORZE VINCOLARI IN PRESENZA DI ATTRITO
Figura 25
214
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
&
&
soluzione cercata sar quella per cui le reazioni nei punti di contatto, 1 e
&
2 , inclinate in modo da opporsi alla velocit del corsoio, diano come
&
risultante una che chiuda in modo corretto il triangolo di equilibrio del-
4. - Contatti di rotolamento.
Consideriamo (fig.26) il sistema costituito da un rullo (B) che pu
rotolare
& senza strisciare sopra il piano (A), e caricato da una forza di chiusura Fn la cui retta di applicazione passa per il punto di contatto, D.
215
LE FORZE VINCOLARI IN PRESENZA DI ATTRITO
Osserveremmo, sperimentalmente, che, applicando a (B) una coppia gradualmente crescente, da 0 verso valori non nulli, questo inizier a
rotolare solo quando la coppia Cm avr raggiunto un valore ben determinato. Fino ad un istante immediatamente precedente
allinizio del moto di (B),
quindi, la situazione delle
azioni applicate proprio
quella rappresentata nello
schema di figura; che non
rappresenta, tuttavia, una
condizione di equilibrio di
(B) in quanto la coppia Cm
applicata non trova riscontro in un'altra coppia equilibrante.
Figura 26
La disposizione delle forze
non pu quindi essere quella ivi rappresentata.
Dobbiamo invece dedurre che uno schema corretto pu essere
quello di fig. 27 in cui, pur ritenendo il contatto in D, la retta d'azione della
&
Fn risulti spostata in D' parallelamente a se stessa, di modo che la Cm
risulta equilibrata dalla coppia di reazione che emana dal vincolo; ossia:
Cm = F n DD = F n u
&
Analogamente a quanto visto per la Ft nel caso di attrito radente, si pu
dire che finche siamo in condizioni statiche la coppia di reazione pu assumere qualunque valore <Cm, raggiungendo
proprio il valore di Cm
non appena il rullo inizia il suo movimento.
&
Il braccio u della Fn
pensata spostata in D'
prende il nome di parametro di attrito volvente e, a differenza di
quanto si aveva nel caso
dell'attrito radente, in cui
Figura 27
il coefficiente di attrito f
era adimensionale, esso
ha, ovviamente, le dimensioni di una lunghezza.
Permane in ogni caso il fatto che il momento della coppia di reazione di (A) su (B) deve essere tale da opporsi al moto relativo del mem-
216
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
217
LE FORZE VINCOLARI IN PRESENZA DI ATTRITO
Figura 28
Analogamente deve
compiere lavoro negativo, in O2, la reazione
&
del telaio sul braccio, RTD ; per l'equilibrio alla traslazione, questa dovr
&
risultare parallela alla R BD , uguale in modulo e verso opposto.
Risulta cos individuato il braccio, b, della coppia
che far equili&
brio alla Cr e che permette di calcolare il modulo di RTD (= Cr/b), ossia an&
che della R BA . Quest'ultima, vettore noto, partecipa all'equilibrio della
&
camma insieme alla reazione del telaio sulla stessa, RTA , ed alla coppia Cm
218
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
che la retta di applicazione della RBH che dovr pure essere tangente al
cerchio d'attrito della coppia rotoidale di (B) dalla parte indicata in figura
&
219
LE FORZE VINCOLARI IN PRESENZA DI ATTRITO
&
&
&
&
&
&
della RBH e della RB determina il braccio della coppia che deve essere
equilibrata dalla Cm.
Anche in questo caso gli angoli formati dalle rette di applicazione della
&
&
R AH e della RBH con le corrispondenti normali al contatto (fra ruota e
piano) devono entrambi risultare per evitare il verificarsi di impuntamento e conseguente strisciamento della ruota.
Di quest'ultima affermazione si pu trovare la
motivazione riflettendo sul
modo in cui stato necessario operare, in entrambi i
casi illustrati, per definire
l'equilibrio della rotella
prima e delle ruote poi; modo che pu essere rivisto, in
modo pi semplice, con
l'ausilio della fig. 30a in cui
Figura 30
una ruota di dato raggio, montata su un supporto per il tramite di una coppia rotoidale debba rotolare senza strisciare su un piano con data velocit
angolare, come indicata.
Si cominci ad osservare che tra i dati del problema si ha sia il valore del
coefficiente di attrito, f=tan, che dipende dalle superfici e dai materiali a
contatto nella coppia rotoidale, sia il valore del parametro di attrito volvente, u, che dipende dalle condizioni esistenti nel contatto fra ruota e piano:
tali valori sono quindi indipendenti dalla geometria e dalla cinematica del
sistema che si ha allo studio.
*
D'altra parte l'inclinazione della retta di applicazione della rispetto alla
normale di contatto discende direttamente dal valore di u e dal valore del
raggio del cerchio d'attrito, ma sar diversa a seconda del valore del raggio
di curvatura di (B). Ci comporta che l'angolo da essa formato rispetto alla
normale di contatto pu anche risultare maggiore del valore effettivo di ;
il che non possibile, in quanto la retta di applicazione della forza che si
scambiano perno e ruota non pu trovarsi al di fuori del cono di attrito. Rispettando tale condizione (fig. 30b) la retta verr necessariamente a tro-
220
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
u (R - r) sin
221
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
Capitolo XIV
SOMMARIO
&
sultante di un sistema di azioni elementari dFn che non sono uniformemente distribuite su tutti i punti del contatto; infatti, le due superfici non
saranno n potranno, di fatto, essere assolutamente lisce ma presenteranno in ogni caso delle asperit casualmente distribuite che rendono le
azioni nel contatto diverse da punto a punto.
Dovremo pertanto affermare che deve essere dFn= f(P), ossia che l'azione elementare una funzione del punto in cui si esplica.
Se le superfici sono asciutte si pu ancora ammettere che il valore di tali azioni elementari scambiate tra i due membri soddisfino alle
leggi dell'attrito radente (Coulombiano), ma la legge della loro distribuzione lungo la superficie influenzata dalla deformabilit dei corpi,
dalla loro elasticit, e dall'usura delle superfici stesse.
La presenza delle asperit nelle superfici a contatto comporta il
dover senz'altro ammettere che esista un'area reale di contatto, (dA)r,
222
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
dFn = pr dAr = pr
dAr
dAa
dAa = p dAa
p = pr
dAr
dAa
dFt v Pr t = k dV t
ossia:
( )
f dFn v Pr t = k dAa t
e, in definitiva,
( )
f p dAa v Pr = k dAa
avendo indicato con dV il volume di materiale usurato in corrispondenza dell'elemento dAa, con f il coefficiente di attrito fra i materiali a contatto, con vP(r) la velocit del punto P nel moto relativo dei due membri,
con lo spessore del materiale usurato in dAa, con k un opportuno coefficiente di proporzionalit.
Da quanto sopra discende che per la legge di distribuzione delle pressioni al contatto si pu scrivere:
k
p = (r)
f vP
223
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
da cui si comprende che, nota la velocit dei punti a contatto, lo spessore del materiale asportato localmente per usura definisce univocamente la legge di distribuzioni delle pressioni nel contatto fra i due
membri ( e viceversa).
Occorre sottolineare, inoltre, che poich l'altezza del volume di materiale usurato esso va misurato, ovviamente, lungo la perpendicolare
alla superficie di contatto; d'altra parte, per il modo con cui stata ricavata la precedente espressione di p (si operata una divisione per il
tempo t), pu anche essere interpretato come la componente della
velocit del generico punto P lungo la direzione della normale all'area di
contatto, nel moto di accostamento di (A) verso (B) dovuto all'usura.
L'applicazione dellipotesi del Reye suole tuttavia essere fatta
introducendo due ipotesi semplificative ma comunque corrispondenti
alle situazioni reali:
a) che la forma delle superfici che vengono a contatto non si modifica
nel tempo per effetto del logoramento; e ci corrisponde alla circostanza, tecnicamente normale, che, dei due materiali a contatto, uno
pi tenero dell'altro, per cui l'usura avviene a spese di uno solo dei due
membri;
b) che il logoramento del membro di materiale pi tenero, (A), definito
dal moto relativo di accostamento all'altro, (B), e che questo moto sia
un moto rigido assicurato da una chiusura di forza della coppia cinematica.
224
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
= 0 cos
se 0 il valore di in corrispondenza del punto che sta sulla retta l e se
l'anomalia del punto di contatto, P, considerato .
Quindi la distribuzione delle pressioni lungo i punti del contatto avr
una legge del tipo:
k k 0 cos k 0
p = (r) =
=
cos = p0 cos
f v
f r
fr
(1)
dove p0, il cui valore dipende dalle costanti entro parentesi, rappresenta
comunque il valore della pressione massima, valore che si ha nel punto
di anomalia = 0 ossia nel punto situato sulla retta l.
Questa relazione, che teoricamente presenta la sua validit nel
campo in cui 2 2 , di fatto vale per 2 2 se si
indica con l'angolo di abbracciamento, ossia l'angolo che definisce
l'estensione del contatto fra (A) e (B).
Si vede, infine, che una circonferenza, il cui diametro sia pari al raggio
p0 del cilindro e che abbia il centro sulla retta l, si presta egregiamente a
rappresentare, sotto forma di diagramma polare, la legge di distribuzione delle pressioni ora trovata: ponendo che il suo diametro valga p0, per
ogni suo punto H sar proprio OH= p0cos.
L'esempio mostrato rappresenta, tuttavia, un caso estremamente
particolare giacch stato ipotizzato che il moto di accostamento di (A)
verso (B) fosse un moto traslatorio.
In effetti, nel caso pi generale, tale moto corrisponder ad una
rotazione intorno ad un asse passante per un certo punto C del piano
ed a questo perpendicolare: trattandosi di moto piano, sar cio:
&
&
= k
Vi potranno essere casi in cui i vincoli imposti ad (A) consentiranno la determinazione di C (accostamento rigido), ma anche casi
in cui il punto C non pu essere determinato a priori, ma solo in base a
condizioni di equilibrio dinamico (accostamento semilibero).
Quando il moto di accostamento di (A) verso (B) non sia traslatorio, ma sia invece rotatorio intorno ad un punto C del piano (fig.2),
appare chiaro che gli spostamenti effettivi dei punti di contatto di (A)
non hanno ununica direzione, e quindi, tale caso non immediatamente
riconducibile al caso della traslazione prima considerato. Tuttavia, se si
considera il punto O di (A) coincidente con il centro di (B), lecito
scrivere:
225
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
C k O + traslazione
ossia scomporre il moto di rotazione intorno a C, in un moto di rotazione intorno ad un altro punto, O nel nostro caso, ed in una traslazione
nella direzione perpendicolare alla congiungente OC.
Si visto infatti in Cinematica che :
v P = ( P C ) = ( P O) + ( O C ) = ( P O) + v O
Dei corrispondenti spostamenti (fig.2), quello dovuto alla rotazione intorno ad O non corrisponde ad un avvicinamento di (A) verso (B) e
quindi non da mettere in relazione con la valutazione dell'usura, e
quindi di : quindi, a tal fine, non da prendersi in considerazione; lo
spostamento dovuto alla traslazione nella direzione perpendicolare ad
OC avvicina, invece, (A) a (B) ed quello che individua la direzione
della retta di accostamento, l, che si cercava, definita quindi come la
retta per O perpendicolare ad OC.
Si cos ottenuto di eliminare dal moto effettivo di accostamento quella
parte che non pu avere relazione con la misura
dellusura e di ricondurre, ai
fini della valutazione di , il
moto di accostamento rotatorio ad un moto di accostamento puramente traslatorio nella
direzione di l.
Prendendo questa retta come
riferimento polare potremo
quindi dire che la distribuzione delle pressioni ancora
Figura 2
del tipo p = p0 cos e che
lungo la sua direzione si registrer il valore massimo della pressione al
contatto fra i due membri.
226
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
p = p0 cos( )
dS = a r d
&
&
dFn lungo la direzione normale ad essa deve essere nulla, mentre la
227
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
&
Fn .
In termini analitici, la prima condizione sar espressa da:
2
(2)
(3)
Lo sviluppo della (2), [v. App. A-a1] fornisce una relazione che consente di ricavare il valore di in funzione dell'angolo, , della retta di
accostamento e dell'angolo di abbracciamento, . Si avr cio:
tan = tan
sen
(4)
+ sen
La (4) mostra che, poich il numeratore certamente minore del denominatore, l'angolo sar sempre minore dell'angolo (fig.4); inoltre,
poich il numeratore certamente positivo ( > sen ) l'angolo e
&
Fn =
1
cos 1
sen
a r p 0 ( + sen )
= a r p 0 ( sen )
2
cos 2
sen
(5)
&
Fn , passer comunque per il centro
Figura 4
228
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
del contatto una pressione p che dia luogo ad una dFn effettiva; per la
validit dei risultati fin qui trovati, e per i successivi, dovr quindi sempre verificarsi che, in ogni punto, sia:
p = p0 cos( ) > 0
Poich la legge di distribuzione di tipo cosinusoidale, p sar positiva
per i punti in corrispondenza dei quali :
( ) < 2
ossia se:
< 2
Affinch il ceppo sia tutto attivo occorrer, quindi, che l'estensione del
ceppo sia tale da essere comunque:
2< 2
oppure anche:
< 2 2
Per il modo in cui stato definito l'angolo , il valore ()/2 fissa il
valore massimo, lim, per la posizione della cerniera fissa O1, e, attraverso la (4), anche il valore massimo, lim, per l'inclinazione della retta
&
&
&
nante, M f .
Imponiamo, a tale scopo, la condizione che il momento frenante
&
&
dFt ruotata di /2 rispetto a ciascuna dFn , certamente
&
nulla la somma di tutte le componenti parallele alla direzione di Fn e quindi
(*)
Essendo ciascuna
229
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
&
&
M f = Ft =
dF
r=
fdF
cos( )d =
r = a r p0 f
= ar 2 p0 f 2 cos sen( 2 )
&
= OE =
(6)
&
&
4 sen( 2 )
( + sen )
maggiore di 1 ed il
2 r* =
4 sen( 2 )
( + sen )
(7)
= 2 r * cos
(8)
&
Ft al variare della posizione della cerniera: di e quindi di . Poich ri-
&
&
230
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
Figura 5
&
Fn , e che con questa former
&
&
&
Sommando la Fn e la Ft si ottiene il vettore F , risultante di tutte le azioni agenti sul tamburo (fig. 6), ossia:
& &
&
&
&
&
F = Fn + Ft = Fn + fFn = 1 + f 2 Fn
La sua retta di applicazione risulter sbiecata dell'angolo di attrito, ,
&
&
231
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
sfruttare nei casi in cui il moto di accostamento del ceppo non avviene
intorno ad un punto noto a priori.
Gli elementi necessari alla valutazione del momento frenante so-
&
no adesso completamente definiti; esso sar il momento della Ft rispetto al centro O del tamburo, ossia:
M f = Ft OE = Ft = f Fn 2 r * cos
(9)
&
&
&
Q a Fn b Ft c = 0
da cui:
Q a = Fn (b + f c)
e quindi:
Fn =
Qa
b+ f c
(10)
( M f ) Sn = f Fn =
fQa
2 r * cos
b+ f c
Figura 7
(11)
&
Per ceppo sinistro si intende (v. Fig.8), con antioraria, quello la cui cerniera
fissa situata nel primo quadrante; per ceppo destro quello la cui cerniera fissa
situata nel secondo quadrante, ossia il simmetrico del primo rispetto ad una
retta parallela allasse delle y.
232
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
Ft , che il ceppo esercita sul tamburo deve ancora compiere lavoro nega-
tivo, ossia avere un momento rispetto al centro O del tamburo che si opponga alla rotazione del tamburo stesso, e quindi il risultante di tutte le
forze applicate al tamburo dovr essere ruotato, ancora dellangolo
dattrito ma in verso opposto rispetto al caso del ceppo di sinistra.
Stando cos le cose, la condizione di equilibrio del ceppo si scriver:
da cui:
e quindi:
Q a Fn b + Ft c = 0
Q a = Fn (b f c)
Fn =
Qa
b f c
(10)
( M f ) Dx = f Fn =
fQa
2 r * cos
b f c
(11)
Si vede dalle (10) e (11) che in questo caso, a parit di forza di chiusura della coppia e di geometria del freno si avr un maggior valore nel
componente normale delle forze agenti sul tamburo e di conseguenza un
maggior momento frenante.
233
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
&
&
&
portarla sulla retta di applicazione della Ft il braccio di questultima diventa nullo (c=0) e quindi lattrito non influenza pi lequilibrio del
&
&
&
&
&
quello della Fn e che quindi, per lequilibrio del ceppo, il momento del-
234
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
la forza di chiusura dovrebbe essere negativo. Di fatto, in queste condizioni, il ceppo risulta autofrenante e potr essere bene adottato come
dispositivo di sicurezza.
235
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
&
&
&
&
236
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
k
k
p = (r ) =
f v
f r
(12)
dove il rapporto entro parentesi sar costante nel funzionamento a regime e per tutti i punti del contatto.
In questo caso, quindi, la legge di distribuzione delle pressioni dipende
non soltanto dal valore locale dellaltezza, , del volume di materiale
localmente usurato, ma anche dalla distanza del punto di contatto considerato dal centro di rotazione del disco.
La determinazione di pu essere
fatta sulla base del moto di accostamento che i vincoli imposti al
pattino gli consentono del pattino
verso il disco.
Non avendo fatto alcuna ipotesi
sui vincoli che impongono il moto
di accostamento del pattino verso
il disco, si potr dire, come caso
pi generale possibile, che lo spoFigura 12
stamento che esso subisce per effetto dellusura, e sotto lazione della forza di chiusura della coppia, sia
quello corrispondente ad un atto di moto elicoidale intorno ad una retta
237
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
&
&
&
&
&
&
= 1 k + 2
&
&
&
= 1 k + 2
&
&
&
&
&
&
&
zione 2 .
&
&
238
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
= HP' 2 = 2 [ s + cos( )]
e quindi la (12) si dovr scrivere come:
k k 2 s + r cos( )
s + r cos( )
p= =
= p0
r
r
f r f
(13)
che definisce la legge di distribuzione delle pressioni al contatto fra pattino e disco.
Si vede dalla (13) che p=p0 quando s + r cos( ) = r , ossia quando
HP=OP: in corrispondenza di quei punti, cio, la cui distanza dal centro
del disco e dalla retta la medesima; sono i punti che si trovano sulla
parabola di cui il centro O il fuoco e la retta la direttrice, e di cui
la retta l, normale per O alla retta lasse.
Tale retta l allora analoga alla retta di accostamento gi individuata
per la coppia rotoidale portante; infatti, si vede sempre dalla (13), il valore massimo della pressione, pmax, a parit di r, si avr quando =
ossia quando il punto sta sulla normale alla retta . Per tali punti sar
allora:
s
pmax = p0 1 +
r
Infine, se si vuole che tutto il pattino sia attivo, ossia che sia p>0 per tutti i punti del contatto, deve essere verificato in ogni punto che sia
s + r cos( ) 0 , il che vuol dire anche che, per tutti i punti del pattino, deve essere comunque verificata la condizione:
s r cos( )
Ci vuol dire che la retta non deve tagliare il pattino in alcun punto.
Conviene esprimere la (13) separando i due termini della somma ed ammettere che punto per punto la pressione al contatto risulti dalla sovrapposizione di una doppia distribuzione di pressione:
s
r
p" = p0 cos( )
p' = p0
la prima che dipende esclusivamente dalla distanza, r, del punto dal centro, O, del disco; la seconda che dipende solamente dalla sua anomalia,
.
239
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
Il principio di sovrapposizione degli effetti consente di risolvere separatamente per ciascuna delle due distribuzioni di pressione e di sommare
dopo i risultati ottenuti.
&
golare in senso antiorario. A contatto con esso, e premuto da una for-
A = rm ( r2 r1 )
con:
rm = ( r1 + r2 ) 2 .
Supponendo, come deve essere, che tutto il pattino sia attivo, cerchiamo
le forze che il pattino esercita sul disco per effetto della distribuzione di
pressione indicata con p ed utilizziamo, allo scopo, un riferimento con
origine nel centro O del disco, asse x coincidente con lasse di simmetria del pattino, ed asse y ruotato di 90 in verso antiorario.
Per effetto della pressione p, su ciascun elemento dS=rddr dellarea di
contatto si eserciter unazione elementare data da:
s
dF ' z = p' dS = p' rddr = p0 rddr = p0 sddr
r
(14)
Si ha quindi una distribuzione di vettori tutti paralleli fra loro e perpendicolari al piano del disco.
Pertanto il risultante delle azioni normali dovuto alle p si otterr come:
2
r2
r1
F ' z = dF ' z = p0 s d dr = p0 s( r2 r1 )
A
oppure come:
(15)
240
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
F ' z = p0 s
A
rm
(15)
Tale risultante, essendo quello di una distribuzione di azioni normali elementari simmetrica rispetto allasse di simmetria del pattino, avr come punto di applicazione un punto Bz dellasse delle x, che si trover
ad una distanza bz da O tale per cui il suo momento, rispetto allasse
delle
& y, eguagli (teorema di Varignon) il risultante dei momenti delle
dF ' z . Pertanto, poich la distanza del generico punto P del contatto vale
x = r cos , dovr essere (v. App. B-1.2):
sen( 2)
2
e quindi si pu ricavare:
bz ' =
My'
Fz '
= rm
sen( 2)
2
(16)
La (16) mostra
(fig.14) che la posizione del punto di applicazione del
&
risultante F ' z dipende solamente dalla geometria del pattino e che, qualunque sia lestensione angolare del pattino stesso, esso si trover sempre ad una distanza minore del raggio medio, rm.
Consideriamo adesso le
azioni tangenziali
corrispondenti:
&
a ciascuna dF ' z corrisponder una
&
&
dF ' t = fdF ' z giacente nel piano
del disco ed avente la direzione
della perpendicolare in P alla congiungente OP e verso tale da op&
porsi al verso di . Di tale distribuzione
occorre trovare il risultan&
te F ' t .
A tale scopo conviene notare suFigura 14
bito che, per elementi dS simmetrici rispetto
allasse delle x, in virt della
&
& simmetria della distribuzione
delle dF ' z , le componenti di ciascuna dF ' t parallele allasse delle x sa&
ranno certamente eguali ed opposte. Ne segue che il risultante F ' t dovr
certamente essere parallelo allasse delle y, e che il suo modulo potr
&
essere determinato sommando solamente le componenti delle dF ' t
lungo tale direzione.
Sar cio:
241
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
Ft ' = Fy ' =
Risolvendo lintegrale e tenendo conto della (15), si ottiene (v. App. B1.3):
sen( 2)
(17)
2
&
Con lo stesso criterio utilizzato per la F ' z possiamo, ora, determinare il
&
punto, Bt, punto di applicazione della F ' t ; per i motivi di simmetria
prima evidenziati tale punto dovr trovarsi (fig.14) ancora sullasse delle
x ad una distanza bt da O tale per cui sia:
bt ' =
fFz ' rm
2
= rm
Ft '
sen( 2)
(18)
p" = p0 cos( )
e che questa una legge di distribuzione che presenta un asse di simmetria che proprio la retta l, inclinata dellangolo sullasse delle x.
A questa pressione corrisponder, punto per punto, su un elemento dS
dellarea di contatto, una azione normale elementare pari a:
242
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
sen( 2)
cos
(19)
2
&
e questa mostra che il modulo di F" z risulta via via minore man mano
Fz " = p0 A
che langolo cresce da 0 a /2, ossia man mano che la retta si allontana dalla direzione perpendicolare allasse delle x.
Per determinare il punto di appli-
&
essendo r sen( ) la distanza del generico punto P dalla retta in questione. Si trova di nuovo (v. App. B-2.2.1) che la relazione che lega
langolo allangolo :
tan =
sen
tan
sen
(20)
&
del disco debba essere uguale al risultante dei momenti di tutti i dF " z
rispetto alla stessa retta.
Dovremo cio scrivere:
Fz"bz " =
243
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
bz" = rp
+ sen
1
4 sen( 2) cos
(21)
con:
2
1 r
rp = rm 1 +
12 rm
La (21) rappresenta in definitiva la distanza del punto Bz da O sulla radiale inclinata di ; questa distanza
potr essere, di massima, minore o
maggiore del raggio medio rm a seconda della estensione angolare del
pattino e della sua larghezza. Infatti mentre rp certamente maggiore
di rm il fattore per cui deve essere
moltiplicato sempre minore
dellunit e tanto pi piccolo quanto pi cresce il valore di ; in effetFigura 16
ti risulter bz>rm quando il pattino
non troppo largo ed non troppo grande: condizioni queste in cui, peraltro, normalmente nella pratica si ricade.
&
Si pu osservare, daltra parte, che il risultante F" z , applicato
nel punto Bz, pu invece pensarsi (fig.15) applicato nel punto Bz*
dellasse di simmetria del pattino, e quindi sullasse delle x, aggiungendo il corrispondente momento di trasporto, che vale:
M x = rp
+ sen
+ sen
tan Fz" = p 0 Arp
tan cos
2
4 sen( 2)
M x = p 0 A rp
sen
sen
2
(22)
Nel caso in cui i vincoli effettivi del pattino siano tali per cui
lasse risulta parallela allasse delle y (fig.16), la retta l coinciderebbe
con lasse delle x e si avrebbe =0 ed anche (21) =0.
In tal caso cos=cos=1 e quindi la (20) e la (21) diventano:
244
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Fz " = p0 A
sen( 2)
2
(20)
bz" = rp
+ sen
(21)
4 sen( 2)
&
&
M x = p0 Arp
sen
2
(22)
&
&
La distribuzione delle dF " t = fdF " z una distribuzione di vettori ciascuno perpendicolare alla congiungente il punto con il centro O del disco e giacenti nel suo piano. Daltra parte, per quanto detto sulla distri-
&
&
&
Il risultante F" t sar pertanto dato dalla somma delle sole componenti
perpendicolari alla retta inclinata dellangolo , e cio (v. App. B-2.3.2)
da:
245
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
Ft" = fFz"
+ sen
1
4 sen( 2) cos
(23)
e si vede che il modulo del risultante delle forze tangenziali dovute alle
p, a parit di estensione angolare del pattino, diminuisce al diminuire
dellangolo : al di sotto di un certo valore di (<40) risulta anche inferiore al prodotto fFz, ossia si avrebbe un effetto equivalente a quello
corrispondente ad un coefficiente di attrito pi basso.
Il vettore, come forza agente sul disco, avr la direzione della perpendicolare alla retta inclinata di e verso tale da opporsi alla rotazione del
disco.
&
&
&
F" t , dovr allora essere:
bt " = rp
4 sen( 2)
cos
+ sen
(24)
OO* = rp
4 sen( 2)
+ sen
(25)
&
dua il punto Bt, punto di applicazione della F" t la cui direzione quindi
246
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
[ ]
Ft" = Ft"
= fFz"
+ sen
4 sen( 2)
(23)
&
&
&
risultante F" t sar dato dalla sola somma delle componenti delle dF " t
lungo la direzione dellasse delle x; e ci vuol dire:
2
A
A
Il calcolo (v. App. B-2.3.2.2) porta a trovare che :
[ ]
Ft" = Ft"
= fp0 A
+ sen
2
(23)
Dalla (24) si deduce poi che in questo caso sar Obt=0, risultato, peraltro, del tutto ovvio se si ricorda che il punto Bt si muove con la retta
inclinata di ma stando sempre sulla intersezione di questa con la circonferenza precedentemente individuata.
Si hanno a questo punto tutti gli elementi necessari alla valutazione del momento frenante che si avr come effetto delle azioni tangenziali tra pattino e disco, sia quelle dovute alla distribuzione p sia
quelle dovute alla distribuzione p.
Tenendo conto delle (17) e (18) e delle (23) e (24) si ha:
sen( 2)
M f = fp0 A s + rp
cos
2
(26)
247
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
&
complessivo, Fz , di tutte le azioni normali esercitate dal disco sul pattino (eguali ed opposte a quelle che il pattino esercita sul disco), e la re&
azione vincolare, , in O1.
Tuttavia il triangolo di equilibrio si pu chiudere solo a patto di cono&
scere la retta di applicazione di Fz . Questa dovr essere parallela alle
&
&
rette di applicazione di F' z e di F" z e, poich questi ultimi sono concordi, tagliare il pattino& in un& punto
& " Bz intermedio tra Bz e Bz.
'
Daltra parte, essendo Fz = Fz + Fz , dovr pure essere:
248
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
'
z
"
z
"
z
F
BB
b
= z' = =
F
Bz Bz a
p0 s
A
rm
sen( 2)
p0 A
2
s 2
rm sen( 2)
(27)
sen( 2)
2
(28)
a + b = bz" bz' = rp
+ sen
4 sen( 2)
rm
Poich le quantit che compaiono nella (27) e nella (28) sono tutte note,
in quanto dipendono solamente dalla geometria del pattino, le quantit a
e b possono essere determinate e quindi pure determinato il punto Bz e
&
la retta di applicazione di Fz .
&
&
&
s sen( 2)
= Fz
F + F = p0 A +
r
2
'
z
"
z
249
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
&
s sen( 2)
Fz = F + F = p0 A +
2
rm
'
z
"
z
(29)
Fz' b s 2
= =
Fz" a rm sen( 2)
(30)
sen( 2)
2
+ sen
b = bz" OH = rp
OH
4 sen( 2)
a = OH bz' = OH rm
250
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
p=
k
k
(r ) =
fv
fx
(31)
p=
k0 1 p0
=
f x x
Figura 19
(32)
che mostra una distribuzione di pressione al contatto di tipo iperboloidico con asse di simmetria lo stesso asse del perno.
Su ciascun elemento di area di contatto, dA=xddx, si avr, di conseguenza, una forza normale elementare pari a:
dFn = pdA =
p0
p0
dA =
xddx = p0 ddx
x
x
(33)
251
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
Fn = 2
Ap0
Ap0
=
R+r
rm
(33)
&
&
p0 =
Q
r
A m
1 Q rm
=
(34)
x A x
&
&
&
Ad ogni dFn , poi, corrisponde un dFt = fdFn giacente sul piano di conp = p0
(35)
M f = fp0 A = f
Q
r A = fQrm
A m
(36)
Leffetto delle azioni al contatto quindi quello di generare un momento frenante equivalente a quello che si avrebbe se il carico Q agisse
come forza tangenziale di attrito, a distanza dal centro pari al raggio
medio dellarea di contatto.
252
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
= 0 cos
e a questa corrisponder, per lipotesi del Reye, una distribuzione di
pressione del tipo:
p=
k 0 cos
k
1
= p0 cos
(r ) =
fv
f x
x
dA =
dx
xd
cos
(37)
1 dx
xd = p0 dxd
x cos
(38)
253
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
(39)
2
( R2 r 2 )
A=
xdx =
cos r
cos
(40)
Fn = Q = 2p0
A
cos2 R 2 r 2
= p0 cos2
rm
cos R + r
(41)
p0 =
Q
r
A cos 2 m
(42)
Qrm
f
Qr
=
2
A cos cos m
p=
k
= k '
fv ( r )
(43)
254
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
= 0 x
che, sostituita nella (43), d:
p=
k 0
x = p0 x
fv ( r )
(44)
Il diagramma delle pressioni sar quindi un diagramma lineare con pendenza p0, esteso fra le ascisse x1 ed x2.
E' poi, indicando con a la larghezza del pattino, dA = a dx per cui:
x2
A = dA = a dx =a( x 2 x1 )
S
x1
Il risultante delle forze normali agenti sul pattino quindi dato da:
x2
x1
1
p a( x 2 x12 )
2 0 2
x1 + x 2
1
= Ax m
a( x 22 x12 ) = a( x 2 x1 )
2
2
si pu scrivere come:
(45)
Fn = p0 Ax m
&
La retta di applicazione di Fn , perpendicolare al piano, si trover ad una
&
distanza da O tale che il momento di Fn uguagli il risultante dei
&
momenti di tutte le dFn , per cui sar:
255
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
x2
Fn bx = xdFn = p0 a x 2 dx =
S
x1
1
p0 a( x 23 x13 )
3
da cui:
1
1 3
2
p0 a( x 23 x13 )
( x2 x13 )
1 x
3
3
bx =
=
= x m 1 + = x p (46)
1
1 2
2
2
2
12 x m
p0 a( x 2 x1 )
x 2 x1 )
(
2
2
con x=x2-x1.
Si noti, infatti, che la forma della (46) identica alla espressione gi
trovata nell'analisi dei freni a disco
& (v. App. 2.2.2).
Il punto di applicazione della Fn si trova quindi ad una distanza maggiore dell'ascissa media &del contatto.
&
&
Poich a ciascuna dFn corrisponde una dFt = fdFn , sar anche
&
&
Ft = fFn , e, per l'equilibrio del pattino, si pu scrivere:
Fn =
Cm
Cm
=
bx hf x p hf
(47)
Il valore di Fn, ricavato dalla (47), sostituito nella (45), consente di ricavare il valore di p0 e di avere il diagramma vero delle pressioni al contatto.
La potenza perduta per attrito sar data da:
Pw = Ft v ( r ) = fFn v ( r ) =
fCm v ( r )
x p hf
(48)
256
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Fn =
Cm
x p + hf
(47')
ossia, a parit
& di coppia di chiusura, una Fn minore: infatti il
cambiamento
di verso che subi&
sce la Ft ha come effetto quello
di& far aumentare il braccio della
F rispetto all'asse della coppia rotoidale.
Anche la potenza perduta:
Pw = Ft v
(r )
= fFn v
(r )
Figura 22
fCm v ( r )
=
x p + hf
(48')
257
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
volta tramite la cerniera fissa O1, su cui agisce una coppia di chiusura
Cm. Restano identiche tutte le altre ipotesi fatte per il primo pattino.
Dato il tipo di vincolo, non qui possibile individuare a priori la
posizione del centro della rotazione istantanea nel moto assoluto del pattino che, per effetto dellusura, si accosta al piano di appoggio; lunica
considerazione possibile in proposito che il punto C dovr trovarsi (teorema di Kennedy) sulla retta per O1 e per A. La conseguenza immediata di tale circostanza che non pi nota la posizione del punto (x0),
traccia della retta , rispetto al quale valutare la distribuzione dei . Tuttavia il punto x0 dovr certamente trovarsi sul piano.
Fissato un riferimento come in figura, x0 sta quindi sullasse delle x e la
legge di distribuzione dellusura si potr scrivere come:
= 0 ( x0 x)
La legge di distribuzione delle pressioni al contatto sar data allora da:
p=
k 0
x = p0 ( x 0 x )
fv ( r )
La distribuzione delle pressioni ancora, quindi, di tipo lineare, e individuabile da una retta con origine nel punto x0 (incognito) ed inclinata di
p0 (pure incognito). Ad essa comunque dovr corrispondere, su ogni elemento di area del contatto, di lunghezza dx e spessore a, una azione
normale elementare:
l
1
= p0ax0 l p0 al 2 = p0 al x0
2
2
(49)
Quindi, tenendo conto che larea di contatto pari ad A = al , il risultante delle azioni normali si pu scrivere:
Fn = p0 A x 0
(50)
2
&
Il punto di applicazione della Fn pu, ora, essere trovato imponendo che
258
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
l
l
0
0
A
l
1 1
1
= ap0 x 0 l 2 l 3 = ap0 l 2 ( 3x 0 2l )
2
3 6
(51)
(51)
bx =
l 3 x0 2 l
3 2 x0 l
(52)
La (52), peraltro, deve pure essere lascissa del baricentro del trapezio
che rappresenta il diagramma delle pressioni al contatto(*) e le cui basi
saranno date da:
a * = p0 x 0
(53)
b* = p0 ( x 0 l )
&
Daltra parte alla risultante Fn deve corrispondere il risultante della a&
&
&
zioni tangenziali Ft = fFn che, sommata alla precedente dar la F totale; questultima, per lequilibrio del pattino, non soggetto ad altre forze,
deve avere retta di applicazione passante per A: la distanza bx quindi
nota e vale:
bx = c + h1 tan
Ci consente di determinare il valore, fin qui incognito, di x0: dalla (52)
si ottiene:
x0 =
l 3bx 2l
3 2bx l
(54)
&
Per lequilibrio del braccio O1A, invece, il modulo della F deve essere
tale che sia Fb=Cm, se si indica con b il suo braccio rispetto alla cerniera
O1. Si pu scrivere quindi, tenendo conto della (50):
Cm = F . b =
ap0 A( x 0 l 2)
Fn
b=
b
cos
cos
(55)
e da qui ricavare:
(*)
Si ricordi che la distanza del baricentro di un trapezio dalle basi non dipende dalla inclinazione dei lati obliqui.
259
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
p0 =
2Cm cos
aA( 2 x0 l )b
(56)
bx 2l 3
>0
bx l 2
Ora, poich
(57)
2l l
> , la (57) sar verificata solo se bx < l 2 oppure se
3 2
bx > 2l 3 e si avr x0>0; diversamente sar x0<0. Nei primi due casi, il
l 3b 2l
x0 l = x
3 > 0
3 2bx l
ossia:
l 3 bx
>0
bx l 2
(58)
bx = c + fh1
si comprende come, a parit di coefficiente di attrito, la distribuzione
delle pressioni al contatto dipende non solo dalla distanza (c) della cerniera mobile dal bordo del pattino ma anche dalla sua altezza (h1) sul
piano di appoggio.
La (55) mostra, inoltre, che, se la posizione della coppia rotoi-
260
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
dale A tale per cui risulta x0<l/2, si verifica, come gi visto nel caso
trattato in precedenza, la tendenza del pattino ad impuntarsi.
Se, infine, si fosse nel caso in cui la velocit relativa vr avesse
&
bx = c fh1
e questa differenza potrebbe risultare anche negativa a seconda della posizione della cerniera A. Se ci accadesse la (54) darebbe x0<0 e la (56)
una pendenza negativa per il diagramma
delle pressioni(*) .
&
Data la diversa inclinazione della F , inoltre, il braccio di questa rispetto
alla coppia rotoidale fissa O1 risulterebbe maggiore e, per la (56) e la
&
(*)
Nella (53) tuttavia sia a* che b*, come deve essere, rimarrebbero positivi.
261
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
APPENDICE
&
dF
/2
sen( ) = 0
e quindi:
/ 2
a p0r
cos( )
sen( ) d = 0
/2
sen 1 cos 1 =
1
sen( 1 + 2 ) + sen( 1 + 2 )
2
cos( ) sen( ) =
= sen( + )+sen( ) =
2
= sen( 2 )+sen( )
2
Sostituendo nell'integrale, avremo allora:
/2
=0
/ 2
ossia:
/2
/2
/ 2
/ 2
sen( 2 )d + sen( )d
=0
262
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
cos( 2 )
2
=
=
/2
+ sen( )
/2
/ 2
/ 2
1
[cos( ) cos( )] + sen( ) =
2
1
[cos( + + ) cos( )] + 2 sen( ) = 0
2
sen 1 cos 2 =
1
cos( 1 2 ) cos( 1 + 22 )
2
tan + tan
Se poi, a quest'ultima relazione, si applica una volta la regola del componendo, poi dello scomponendo, ed infine si fa il rapporto delle due
espressioni ottenute, si giunge a:
tan + tan
ossia, semplificando:
263
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
+ sen tan
=
sen
tan
Pertanto l'angolo che definisce la direzione del risultante delle forze normali si ricava da:
tan = tan
sen
+ sen
(1)
( sen )
cos
sen
= ( + sen )
sen
cos
(2)
( sen ) 2
2
cos =
= 1 + tan
( + sen ) 2
1 + tan 2
1
12
ossia:
e quindi:
cos2
( + sen ) 2 =
2
cos
cos
( + sen ) = 2 + sen 2 + 2 sen cos( 2)
cos
(3)
264
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
Fn = a p 0 r
cos( ) cos( ) d
/2
cos 1 cos 2 =
1
cos( 1 2 ) + cos( 1 + 2 )
2
cos( ) cos( ) =
cos + cos 2
(
)
(
)
ottenendo:
/ 2
1
Fn = a p 0 r [ cos( ) + cos(2 )] d
2
/2
1
Fn = a p 0 r cos( )
2
/ 2
/2
/ 2
sen(2 )
=
2
/2
1
a p r[ sen( ) sen( ) + 2 cos( )] =
4 0
1
a p r{sen[ ( + )] + sen[ + ( + )] + 2 cos( )}
4 0
Fn =
1
a p r[( + sen ) cos cos + ( sen ) sen sen ]
2 0
265
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
( sen ) = ( + sen )
tan
tan
(3)
( + sen ) = ( sen )
tan
tan
(4)
oppure:
=
Fn = a p 0 r
tan
(
)
2
+ + sen
sen sen
tan
1
sen 2 cos
= a p 0 r ( + sen ) cos cos +
2
cos
1
cos
( cos2 + sen 2 )
a p 0 r ( + sen )
2
cos
e quindi, in definitiva:
Fn =
1
cos
a p 0 r( + sen )
2
cos
(5)
Fn =
1
sen
a p 0 r( sen )
2
sen
(6)
Fn =
1
a p r [ 2 + sen 2 + 2 sen cos( 2)]
2 0
266
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
B) Freni a disco.
1.1 - Risultante , Fz' , delle forze normali dovute alle p'.
Si ha:
Poich : r2 r1 = A rm si ha:
F' z = p 0 s
A
rm
1.2 - Punto di applicazione, B'z , del risultante, Fz' , delle forze normali
dovute alle p'.
Deve essere:
F' z b' z = p 0 s
r cos drd = p
A
= p 0 s sen
2
2
r2
2
r2
r2
r1
cosd rdr =
= p 0 s 2 sen( 2 )
r1
r22 r12
=
2
1
( r r )( r + r ) = p0 s 2 sen( 2 )( r2 r1 )rm =
2 2 1 2 1
A
sen( 2 )
= p 0 s 2 sen( 2 ) = p 0 s A
= p 0 s 2 sen( 2 )
da cui si ricava:
1
sen( 2 )
b' z =
p0 s A
=
F' z
2
p0 s A
sen( 2 )
A
p0 s
rm
= rm
sen 2
267
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
= f p0s
- 2
fdF '
cos =
fp s cosdrd =
0
r2
r1
= f p 0 s 2sen( 2)( r2 r1 )
Se poi si tiene conto che :
r2 r1 =
A
rm
si pu scrivere:
F' t = f p 0 s 2sen( 2)
A
A sen( 2)
= f p0s
rm 2
rm
A
rm
= F' z
F' t = f F' z
sen( 2)
2
1.4 - Punto di applicazione del risultante, Ft ' , delle forze tangenziali dovute alle p'.
Deve essere:
2
r2
- 2
r1
r22 r12
= f p 0s
= f p 0s rm ( r2 r1 ) = f p 0s A = f F'z rm
2
da cui si ha:
268
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
b' t =
f F' z rm
2
r
=
m sen( 2 )
sen( 2 )
f F' z
1
f F' z rm =
F' t
r2
2
= p 0 sen( ) 2
2
r2
r1
r2
cos( )d r dr =
= p 0 [ sen( 2 ) + sen( 2 + )]
r1
1 2
( r r12 )
2 2
che, essendo r2 r1 rm =
A
,
1 2 2
(r r ) =
2 2 1
r2 + r1
= p 0 2 sen( 2 )cos ( r2 r1 ) rm
2
diventa:
A
sen( 2 )
cos
= p0A
A
sen( 2 )
= p 0A
A
=0
269
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
2.2 - Punto di applicazione del risultante, F"z, delle forze normali dovute alle p" (b"z=OB"z).
2.2.1 - Anomalia della retta baricentrica della distribuzione delle
p".
Deve essere:
e quindi:
cos( ) r dr d r sen( ) = 0
da cui:
2
p0
r2
cos( ) sen( ) d r
dr = 0
r1
ossia:
2
1
p0 ( r23 r13 ) cos( ) sen( ) d = 0
3
2
Dovr essere pertanto:
2
cos( ) sen( ) d
=0
sen
+ sen
F" z b" z = p0
r2
cos( ) cos( ) d r
r1
dr
270
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
/ 2
cos
/2
r1
dr =
1 3
r2 r13 )
(
3
Sar quindi:
F" z b" z = p 0
1
cos 1 3
( + sen )
( r r13 )
2
cos 3 2
dove, (2.1), :
F" z = p 0 A
sen( 2 )
cos = p 0 rm ( r2 r1 )
sen( 2 )
cos
Si pu ricavare, pertanto:
p0
b" z =
1
cos 1 3
r r 3
( + sen )
2
1
2
cos 3
=
sen 2
cos
p0 rm ( r2 r1 )
2
1
1 1 3
r r 3
( + sen )
1
2
cos 3 2
=
=
2
sen
1 2
r r12
2 2
2
1
1 1 3
r r 3
( + sen )
1
( + sen ) 2( r23 r13 ) 1
2
cos 3 2
=
=
=
2
2
cos
1 2
2
r
r
4
2
sen
3
(
(
)
2
1
r r1
2 sen 2
2 2
( + sen ) rp
=
4 sen( 2) cos
avendo posto:
rp =
2( r23 r13 )
3 ( r22 r12 )
2 2
2
2
2 ( r2 r1 )( r2 + r1 + r1r2 ) 2 r2 + r1 + r1r2
=
=
3
3 ( r2 + r1 )
( r2 r1 )( r2 + r1 )
271
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
1 3( r2 + r1 ) + ( r2 r1 )
1
2 ( r2 r1 )
=
= ( r2 + r1 ) +
=
r2 + r1
6
2
12 r2 + r1
2
= rm +
1 ( r )
12 rm
e quindi, in definitiva:
2
1 r
rp = rm 1 +
12 rm
( + sen )
4 sen( 2 )
rp
r2
1
r3
= p 0 sen d r dr =p 0 sen( 2 )
2 4
2 3
r1
2
2
r2
=
r1
272
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
1 1
1
r23 r13
= p 0 sen + sen
=
3
22 2
2 2
rp =
2( r23 r13 )
3 ( r22 r12 )
r23 r13
r +r
1
A
= rp ( r22 r12 ) = rp 2 1 ( r2 r1 ) = rp rm ( r2 r1 ) = rp
3
2
2
M x = p 0 A rp
sen( ) =
= f p 0 cos( ) r dr d sen( ) =
A
= f p0
r2
- 2
r1
cos( ) sen( ) d r dr
Essendo nullo il primo dei due integrali, come visto in 2.2.1, sar
F" t 1 = 0 .
2.3.1.1 - Se =0 sar anche =0 e quindi avremo:
[ F" ]
t 1
p
A
cos r dr d sen =
273
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
r2
2
1
2 r
= f p 0 cos sen d r dr = f p 0 sen 2 2
2
2
- 2
r1
= f p0
r2
=
r1
r22 r12
1
sen 2 ( 2) sen 2 ( 2)
=0
2
2
t y
sen( 2) =
= f p 0 cos( 2) r dr d cos =
A
= f
r2
r1
sen r dr d cos = f p 0
sen cos d r dr = 0
cos( ) =
= f p 0 cos( ) r dr d cos( ) =
A
= f p0
r2
- 2
r1
cos( ) cos( ) d r dr
[ F" ]
t 2
= f p0
= f p0
+ sen cos 1 2
( r r12 ) =
2
cos 2 2
+ sen cos r2 + r1
( r2 r1 ) =
2
cos
2
= f p 0 rm ( r2 r1 )
+ sen cos
2
cos
274
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
F" z = p 0 A
sen( 2)
2
cos
sostituendo si ha:
[ F" ]
t 2
= f
p 0A
F"
2
1
( + sen ) z
=
2
cos sen( 2) p 0 A
= f F" z
4( 2) sen( 2)
e quindi, in definitiva:
[ F" ]
t 2
+ sen
= f F" z
+ sen
4 sen( 2)
1
cos
1
cos
[ F" ]
t 2
= f F" z
+ sen
4 sen( 2)
cos( 2) =
= f p 0 cos( 2) r dr d sen =
A
r2
r2
1
= f p 0 sen d r dr = f p 0 sen( 2 )
2 4
- 2
r1
2 2
r2
= f p0
2
2
2
1
1 1
1
r r
sen + sen
=
2
22 2
2 2
1
1 1
r22 r12
= f p 0 sen + sen
=
2
2 2 2
2 2
= f p0
- sen
rm ( r2 r1 ) =
2
=
r1
275
AZIONI NEI CONTATTI DI COMBACIAMENTO
= f p 0A
- sen
2
2.4 - Punto di applicazione del risultante, F"t, delle forze tangenziali dovute alle p"; (b"t=OB"t).
Si ha:
F" t b" t =
fdF "
r = f p 0 cos( )r d dr r =
A
r2
r1
= f p0
cos( )d r 2 dr
F" t = f F" z
+ sen
4 sen( 2)
1
cos
p0
cos( )d = p
2 sen( 2) cos =
2 F" z
r22 r12
sostituendo, si pu ricavare:
b" t =
r
4 sen( 2) cos
2 F" 2
f 2 z 2 r 2 dr =
f F"z ( + sen ) r2 r1 r1
b" t = rp
4 sen( 2)
+ sen
cos
b" t = rp
4 sen( 2)
+ sen
276
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
b"t=0
277
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
CAPITOLO XV
SOMMARIO
278
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
n1 ( + )
279
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
mentre sullo strato successivo si potranno disporre n2 fili tale che sia:
n 2 ( + 3 )
Sar quindi:
n 2 n1 ( + 3 ) 2
ed allora:
n2 n1 2 6
Le funi a trefoli si ottengono avvolgendo a elica attorno all'anima
uno o pi strati di trefoli (funi spiroidali).
Gli avvolgimenti dei fili sia nei trefoli che nello stesso cavo possono essere
nello stesso senso (avvolgimento parallelo o concordante) oppure in senso
contrario (avvolgimento crociato o discordante) e ci dipende dalla destinazione d'uso del cavo stesso.
Le funi torticce si ottengono in modo analogo avvolgendo ad elica le funi a trefoli.
Figura 2
AB
l
(1)
=
cos cos
&
Se il cavo sottoposto alla forza di trazione T esso si allungher di una
*
l = AC =
280
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
l + l = l 1 + = l( 1 + c )
l
l* = l cos = CC"
(2)
l* *
*
*
1
+
=
+
= l (1 + * )
l
l l
*
l
l*
*
l cos l
= cos2 = c cos2
l
l/ cos
mostrando che :
c =
*
> *
cos 2
c=
T
= * cos
S
c < *
Il modulo di elasticit del cavo Ec=c/c pu essere ricavato da quello del
filo dovendo essere:
*
E =
1
* = c / cos =
Ec
*
2
3
c cos
cos
281
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
e quindi :
Ec =
c
* cos
*
= *
=
cos 3 = E * cos 3
c cos 2 *
Il modulo di elasticit del cavo quindi risulta molto minore del corrispondente modulo di elasticit del filo.
Se poi si vuol tener conto anche del fatto che il cavo sottoposto a
tensione subisce anche una contrazione laterale (riduzione del diametro), si
pu osservare che ad una variazione del raggio del cavo pari a r corrisponder una diminuzione dell'allungamento del filo pari a:
D" C"
*
2 r sin
l cos
2 r sin cos
=
l
2 r
sin )
= c cos ( cos
lc
2
* = c cos =
2 r
r
= 2
l c
l c
c cos
* =
=
*
c cos (cos sin )
1
= Ec
2
cos (cos sin )
e quindi:
2
*
E c = E cos (cos sin )
In tal caso allora il valore del modulo di elasticit del cavo risulta ancora
pi basso rispetto al valore di quello trovato precedentemente.
Il coefficiente di contrazione laterale, , dipende dal tipo di anima
impiegata nella costruzione del cavo: sar ovviamente maggiore se l'anima
282
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Mf =
Ec I
d
= Ec I
ds
R
essendo I=ji il momento d'inerzia della sezione del cavo con ji momento
d'inerzia della sezione del singolo filo.
Per aumentare la vita del cavo, la cui rottura generalmente dovuta alle sollecitazioni a fatica, preferibile aumentare l'estensione del contatto fra i fili di uno strato e del successivo, in modo da diminuirne la pressione. Per questo si preferisce avvolgere i fili di strati successivi con lo
stesso passo anzich con lo stesso angolo. Importante anche, sotto questo
aspetto, la lubrificazione dei cavi: sia per proteggerli dall'ossidazione sia
per migliorarne il mutuo scorrimento dei fili durante la flessione.
Altrettanto importante il rapporto fra il diametro della puleggia
ed il diametro della fune (o del cavo) che ad essa va accoppiata (fig.3.a),
cos come pure la forma della gola della puleggia. La gola deve essere tale
da evitare l'incuneamento
della fune e contemporaneamente consentire una
superficie d'appoggio convenientemente larga. Generalmente si ha un diametro della gola pari ad 1.06
volte il diametro della fu(a)
(b)
(c)
ne, mentre le guance formano fra loro un angolo di
Figura 3
40:-50.
Le cinghie possono essere a sezione rettangolare (generalmente
quelle di cuoio o di tessuto gommato) oppure a sezione trapezoidale se di
gomma. Quelle a sezione rettangolare (fig.3.b) si accoppiano con pulegge
la cui corona generalmente a botte per dare alla cinghia maggiore stabilit, ossia rendere pi difficile lo scarrucolamento.
283
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
&
&
&
sar T = T se il versore
tangente in P, positivo nel verso delle s crescenti.
Supponiamo adesso che il flessibile sia sollecitato da forze
esterne distribuite lungo la cur&
va funicolare e che sia F la
corrispondente forza per unit
di lunghezza: su un elemento
di fune di lunghezza ds si eser&
citer quindi una forza pari ad Fds .
L'equazione di equilibrio dell'elemento ds si scriver allora:
&
&
&
T(s + ds) - T(s) + Fds = 0
che, divisa per ds, d:
&
&
T(s+ds)-T(s) &
+F = 0
ds
Passando al limite si ottiene:
Figura 4
284
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
dT &
+F = 0
ds
(3)
che rappresenta in forma vettoriale lequazione di equilibrio del flessibile e che deve essere valida per tutti i suoi punti.
Supponiamo adesso che
&
la forza F sia solamente
quella dovuta soltanto al
peso proprio del flessibile stesso e consideriamo
che in queste condizioni
esso si disporr nel piano verticale contenente i
punti H1 ed H2.
Utilizziamo,
quindi,
proprio questo piano
come piano di riferimento xy con lasse delle y
positivo verso lalto (fig.
5); in questo riferimento,
Figura 5
indicando con q la massa
per unit di lunghezza del flessibile, la forza nel generico punto P si ri-
&
&
d dx
T
=0
ds ds
d dy
T
qg = 0
ds ds
(4)
dx dy
+ =1
ds ds
da cui ricaviamo:
(5)
285
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
dx
dy
1+
ds
ds
dx
=1
ds
e quindi:
dy
ds = 1 +
ds
dx
2
dx = 1 + m dx
ds
(6)
dx
= cos t = T0
ds
T=
T0
dx ds
dy
T
d 0 ds
ds dx
ds
d dy
qg = T0 qg = 0
ds dx
dm
1 + m2
qg
dx
T0
(7)
Questultima integrata ci d:
ln 1 + m 2 + m =
qg
x + cost
T0
(8)
286
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
1+ m + m = e
qg
x
T0
(9)
1+ m m = e
qg
x
T0
(9)
2
T0
qg
qg
(10)
ossia:
qg
dy = sinh
T0
x dx
y=
qg
T0
cosh
qg
T0
x + cost
ma anche dalla:
y=
qg
T0
cosh
qg
T0
(11)
se si trasla lasse delle x in modo che per x=0 sia y=T0/qg ed avere cos
nulla la costante di integrazione.
La (11) lequazione della catenaria, la curva quindi secondo cui si dispone un flessibile sospeso ai suoi estremi soggetto esclusivamente al
proprio peso.
Si pu adesso trovare lespressione che ci dia il variare della
tensione lungo i punti del flessibile.
E stato gi ricavato che deve essere:
T = T0
ds
dx
T = T0 1 + m 2
dove lespressione di m quella data dalla (10). Pertanto sar:
287
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
qg
T = T0 1 + sinh
T0
qg
x = T0 cosh
T0
T = qgy
(12)
Vediamo quindi che lungo la funicolare il valore della tensione proporzionale alla distanza del punto considerato dallasse delle x, posto a
distanza T0/qg dal punto pi basso del flessibile, e che prende anche il
nome di base della catenaria.
Riprendendo lo schema di fig. 5, possiamo concludere che la
differenza di tensione dovuta al dislivello fra i punti di sospensione del
flessibile sar:
TH 2 TH1 = qg y H 2 y H1
&
&
&
d (v )
dv
= qds
dF ' = qds
dt
dt
ed :
&
&
&
dv & v 2 &
d ds
d dv ds &
d (v ) dv &
= +v
=
+v
=v + n
ds
R
ds dt
dt ds dt
dt
dt
&
d 1 &
= n con R il raggio di curvatura del flessibile
essendo (Frent)
ds R
nel punto considerato.
Sostituendo, avremo quindi, per lunit di lunghezza del flessibile:
288
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
dv &
v2
dF ' = qv + q
R
ds
&
n
&
d (qv 2 ) &
v2
+q
dF ' =
R
ds
&
n
(13)
&
v2 &
dT & d (qv 2 ) &
+F
q n =0
R
ds
ds
(14)
Questa l'equazione di equilibrio del flessibile in moto: deve essere valida punto per
punto, ed una equazione (vettoriale) che
rappresenta una condizione necessaria e
sufficiente.
Prendiamo ora come piano di
riferimento il piano contenente la curva
funicolare del flessibile (fig. 6) e fissiamo in
corrispondenza del generico punto P, il
&
versore tangente, , nel verso delle s
crescenti, il versore della normale prin&
cipale, n , verso il centro di curvatura della
&
Figura 6
&
&
dT dT &
d dT & T &
+T
+ n
=
=
ds ds
ds ds
R
&
- per la forza esterna F :
&
&
&
&
F = Ft + Fn n + Fb b
Possiamo allora scrivere la (14), nelle sue componenti, nella forma:
289
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
2
& d (qv 2 ) &
&
&
&
dT & T &
v
+ n + F t + F n n+ F b b
q n=0
R
ds
ds
R
(15)
( )
dT
d qv 2
+ Ft
=0
ds
ds
T
v2
+ Fn q
=0
R
R
Fb = 0
che possiamo anche scrivere:
d (T qv 2 )
+ Ft = 0
ds
T qv 2
+ Fn = 0
R
Fb = 0
(16)
delle quali l'ultima ci dice che il piano osculatore alla curva funicolare, se il
flessibile in equilibrio, contiene interamente la forza esterna.
&
&
&
&
290
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Figura 7
C m - T 1 R1 + T 2 R 1 = 0
da cui:
T1 - T2=
&
Cm
R1
(17)
&
Poich Cm>0 sar anche T1 > T2 , e quindi, nel verso positivo delle s,
dT
<0 .
ds
Se analogamente consideriamo, poi, l'equilibrio alla rotazione
della puleggia condotta, sempre con lipotesi che sia 2 =cost, dovremo
scrivere:
*
C r + T 1 R2 - T 2 R2 = 0
da cui:
Cr
(18)
R2
&
&
ed, essendo ancora Cr>0, sar anche T2* > T1* , e quindi, sempre nel verdT
>0 .
so positivo delle s,
ds
*
T 2 -T1=
dinerzia che sollecita il flessibile: comprensibilmente, pu ritenersi quantitativamente trascurabile rispetto alle altre coppie. Lo stesso varr per lequilibrio
della puleggia condotta.
291
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
&
&
Ora, se sulla puleggia motrice T1 > T2 , e quindi se c una variazione di tensione lungo il tratto di flessibile che in contatto con la puleggia, presumibile che debba verificarsi scorrimento fra il flessibile, che
un elemento elastico, e la puleggia stessa; e ci dovr avvenire fra i punti
H1 ed H2 che sono gli estremi dellarco di contatto fra i due membri (arco
di abbracciamento).
Ragionando in modo analogo, la stessa cosa dovr dirsi per la puleggia
condotta con riferimento ai punti H1* ed H2* ed al corrispondente arco di
abbracciamento.
Per mezzo delle (16) possiamo cercare, allora, l'andamento delle tensioni
che sollecitano il flessibile nei due casi.
&
&
&
dovr avvenire con una velocit relativa (del flessibile rispetto alla puleg&
gia) v ( r ) > 0 per cui, nei punti del contatto dove ci avviene, ci deve esse-
&
Ft = - f | Fn |
(20)
d (T qv 2 )
f | F n |= 0
ds
scegliendo il segno superiore per la motrice, l'inferiore per la condotta.
Fatte queste premesse, avremo per la puleggia motrice, le due equazioni:
d (T q v 2 )
+ f | F n |= 0
ds
T q v2
+ Fn=0
R1
Dalla seconda di queste si ha:
(21)
292
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Fn = -
R1
(T - q v 2 )
Fn =
1
R1
(T - q v 2 )
d(T - q v 2 ) f
+ (T - q v 2 ) = 0
ds
R1
Ponendo T ' = T qv
ancora scrivere:
1 dT ' f
+ T'= 0
R1 d R1
Possiamo quindi integrare l'equazione:
dT '
+ fT = 0
d
(22)
dT '
= f d
T
ossia:
T'
ln T ' T2' = f H 2
1
T 2 - q v = - f
e
2
T1 - q v
(23)
293
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
(24)
che conferma invece come la tensione sia crescente nel verso positivo delle
s lungo il corrispondente arco di abbracciamento H 1* H 2* .
&
T 2 - q v = - f
e
2
T1 - q v
Cm = T1 T 2
R1
f( T 1 ,T 2 , P) = 0
(25)
T1 =
Cm
1
+ qv 2
f
R1 1 e
C m e f
T2 =
+ qv 2
f
R1 1 e
(25)
f( T 1 ,T 2 , P) = 0
e quindi se i valori di T1 e T2 sono gi definiti dalla terza equazione ci pu
294
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
q dl = q0 dl0
essendo dl0 il valore di dl quando T=0.
Ma, a sua volta, anche:
dl = dl0 (1 + c ) = dl0 1 +
Ec S
dl dl0
T
=
1 +
dt dt
Ec S
ossia:
v = v0 1 +
Ec S
Questo fa vedere che la velocit dei punti del flessibile cresce al crescere
della tensione nel punto; quindi poich la velocit dei punti sulla puleggia
&( )
si mantiene costante (R) avremo lungo il contatto una v r 0 e neces-
&
= 0 + *
(26)
Lungo l'arco 0, quindi la velocit del flessibile dovr essere uguale alla
velocit della puleggia.
Tale arco, sulla puleggia motrice ha inizio nel punto H1 dove, infatti:
- non pu essere v1> 1R1;
se cos fosse, infatti, la velocit relativa del flessibile rispetto alla puleggia
295
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
sarebbe v(r) = (v1-1R1) > 0, orientata quindi nel verso delle s crescenti, e si
avrebbe allora Ft<0 e di conseguenza dT/ds>0, ossia una tensione crescente nel verso positivo delle s.
Ci significherebbe che la v1, gi maggiore di 1R1 in H1, da quel punto in
avanti, con il crescere della tensione, crescerebbe ancora secondo il verso
delle s crescenti: si avrebbe quindi scorrimento globale lungo tutto l'arco di
abbracciamento; peraltro, contrariamente a quanto trovato prima, avremmo
T2>T1.
- non pu essere v1< 1R1;
se cos fosse, infatti, la velocit relativa del flessibile rispetto alla puleggia
sarebbe v(r) = (v1-1R1) < 0, orientata quindi nel verso delle s decrescenti;
si avrebbe allora Ft>0 e di conseguenza dT/ds<0, ossia una tensione decrescente nel verso positivo delle s.
Ci significherebbe che la v1, gi minore di 1R1 in H1, da quel punto in
avanti continuerebbe a diminuire lungo l'arco di abbracciamento restando
quindi sempre al di sotto del valore di 1R1; avremmo di nuovo scorrimento globale.
Non resta che concludere che la velocit del punto del flessibile a
contatto con la puleggia motrice in H1 sar:
T1
v1 = 1 R1 = v0 1 +
Ec S
(27)
v1 = 2 R2 = v0 1 +
Ec S
(28)
(29)
e quella delle tensioni sul flessibile avvolto sulla puleggia condotta come:
*
T2* q v 2
= e f
*
2
T1 q v
(30)
296
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
6. - Rapporto di trasmissione.
Se il flessibile non fosse deformabile avremmo c=0 e quindi, per
la (27) e per la (28), v=v0.
Ne seguirebbe:
v1 = v1* = v0 = 1 R1 = 2 R2
per cui il rapporto di trasmissione sarebbe semplicemente:
2 R1
=
1 R 2
v1* 2 R2 v H1*
=
=
v1 1 R11 v H1
T1
1
+
v0
Ec S
T1
v 0 1 +
Ec S
da cui:
*
T
1 + 1
S
= 2 = R1 E c
1 R2
T
1 + 1
Ec S
(31)
Per piccoli dislivelli fra i punti H2 ed H1*, ossia per trasmissioni corte o in
cui sia comunque trascurabile la variazione di tensione fra i capi del ramo
libero del flessibile dovuta ad una differenza di quota fra le due pulegge (v.
&
&
3), possiamo pure porre T1* T2 e scrivere di conseguenza:
&
&
essendo T2 < T1 .
T
1 + 2
S
R
= 2 = 1 E c < R1
1 R2
T R2
1 + 1
Ec S
(31)
297
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
7. - Rendimento.
Il rapporto fra potenza utile e potenza motrice equivale al rendimento della trasmissione.
Si potr scrivere pertanto:
T
1 + 2
C
C v R2 C r R1
Ec S
= r 2 = r
=
=
C m1 C m v1 R1 Cm R2
T
1
1 +
Ec S
*
1
T
1 + 2
(T T ) R1 E c S
= R2
R1 (T1 T2 ) R2
T
1 + 1
Ec S
*
2
*
1
ossia, semplificando:
T
1 + 2
S
( - )
= T T Ec
(32)
( T1 - T 2 )
T
1
1 +
Ec S
&
&
Si pu pure ammettere che sia T2* T1* (T1 T2 ) e quindi scrivere in
*
2
definitiva:
*
1
T
1 + 2
S
Ec
T
1 + 1
Ec S
&
&
(33)
&
&
298
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
& &
&
Ft = F = qg sin
&
& &
&
Fn = F n = qg cos n
d (T qv 2 )
qg sin = 0
ds
T qv 2
qg cos = 0
dT '
qg sin = 0
ds
T'
qg cos = 0
(34)
che sono del tutto analoghe alle equazioni di equilibrio (4) del flessibile
immobile e sollecitato solamente dal proprio peso.
Infatti, essendo ds = d , le (34) si scrivono:
299
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
dT '
= qg sin d
T'
= qg cos
dT '
= tan d
T'
che integrata d:
c
ln T ' = ln cos + cost = ln
cos
ossia:
dx
= T0
ds
dT '
dy
= qg sin = qg
ds
ds
che integrata d immediatamente la (12):
T ' = qgy
(35)
y0 =
T '0
qg
T 2 - T 1 = qg( y H *2 - y H 1 )
e per il ramo meno teso,
Figura 9
300
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
T 1 - T 2 = qg( y H *1 - y H 2 )
Sottraendo membro a membro le due relazioni precedenti si ha:
(T
*
2
[(
) (
T1* ) (T1 T2 ) = qg y H * y H * y H1 y H 2
2
)]
| ( T *2 - T *1 ) | | ( T 1 - T 2 ) |
(36)
9. - Sistemi di forzamento.
Per il calcolo vero e proprio delle tensioni esistenti nei singoli tratti del flessibile necessario prendere in considerazione il modo in cui viene generata nel flessibile la tensione di forzamento iniziale, quella che occorre a garantire la chiusura della coppia.
I modi per ottenere ci sono essenzialmente tre:
a) Puleggia a sopporto oscillante (fig. 10).
Una delle due pulegge,
per es. la motrice, montata su
un braccio che pu ruotare intorno alla coppia rotoidale fissa
O1 per effetto del peso complessivo mg supposto agente in
G.
Tale rotazione impedita dalla
presenza del flessibile avvolto
sulla stessa puleggia.
Possiamo
scrivere
lequilibrio del sistema sopporto+puleggia+flessibile+
Figura 10
motore (motore supposto soli*
dale al supporto ) sottoposto allazione delle forze mg, T1, T2, ed F, essendo questultima il risultante delle forze dinerzia che sollecita il tratto di
flessibile lungo larco di abbracciamento .
*
301
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
&
&
&
dalla somma delle componenti delle dFn ' aventi quindi la direzione di tale
asse di simmetria, essendo necessariamente nulla la somma delle componenti ad esso perpendicolari. Prendendo questo stesso asse come riferimento, scriveremo allora:
&
v2
'
F n = q R1
R1
cos d = qv 2 2 sin
(37)
&
Per quanto riguarda, invece, il risultante delle dFt ' , questo, risultando
dellordine di grandezza di v2-v1, pu essere trascurato in quanto quantitativamente piccolo rispetto al valore delle altre tensioni.
Allora, con riferimento alla fig. 9, lequilibrio alla rotazione di tutto il sistema intorno al punto O1 si scrive come:
mga T 1 b1 T 2 b2 F ' n b = 0
&
dove b il braccio del risultante Fn ' che vale:
b=
b1 + b2
2 sin 2
(38)
(39)
Infatti :
(b + BC )sin
(b AC )sin
2 = b2
2 = b1
mga T 1 b1 T 2 b2 + qv 2 (b1 + b2 ) = 0
(40)
Daltra parte, per l'equilibrio della puleggia con il suo tratto di flessibile avvolto, dovr sempre essere:
C m T 1 R1 + T 2 R1 = 0
Allora, risolvendo il sistema delle due equazioni (40) e (41):
(41)
302
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Cm
R1
(42)
si ha:
T1 (b1 + b2 ) =
Cm
b2 + mga + qv 2 (b1 + b2 )
R1
T2 = T1
Cm
R1
T 1 = mg
a
+ qv 2 + C m b2
b1 + b2
R1 b1 + b2
e quindi:
(43)
T 2 = mg
a
+ qv 2 C m b2
b1 + b2
R1 b1 + b2
T 2 q v = f *
e
2
T1 q v
2
(44)
303
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
- quello in cui la Cm rimane costante mentre cresce la velocit, v, del flessibile; in questo caso le T1 e T2 (43) crescono entrambe della stessa quanti2
2
t e resteranno costanti pertanto le differenze T1 qv e T2 qv : pertanto nella (44) il rapporto rimane costante e non varia quindi larco di
scorrimento elastico, *, che quindi risulta fissato solo dal valore di Cm.
Di fatto, lincremento contemporaneo della T1 e della T2 avr come conseguenza lallungamento di tutto il flessibile, allungamento che sar compensato da un incremento dellinterasse fra puleggia motrice e puleggia
condotta (il cui asse di rotazione fisso) per effetto della rotazione del
sopporto intorno ad O1.
Il limite di funzionamento per tale dispositivo dunque lo scorrimento
globale che si verifica superando il valore di coppia massima, oppure, ovviamente, linterruzione della trasmissione se la T1 dovesse raggiungere il
valore della tensione di rottura del flessibile prima del verificarsi dello
scorrimento globale.
b) Puleggia con rullo tenditore (fig.12).
Consideriamo l'equilibrio alla rotazione dellequipaggio mobile
che porta il rullo tenditore e che sottoposto allazione del carico esterno
(mg) ed alla reazione vincolare, T, nella coppia rotoidale mobile O, oltre
che alla reazione vincolare in O1; dovr essere:
Tb = mga
da cui:
T = mg
a
b
(45)
T 2 r - T2 r = 0
ed anche, per l'equilibrio alla traslazione:
(*)
(46)
304
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
T = T 2 sin
(47)
T = 2(T2 qv 2 )sin ( 2 )
(47)
T2 =
mga
+ qv 2
2b sin ( 2 )
(48)
Si trova pertanto che il valore di questa tensione indipendente dalla coppia motrice Cm mentre funzione solamente del carico esterno e della velocit del flessibile.
Inoltre, dovendo sempre essere per l'equilibrio della puleggia:
Cm = (T1 T2 )R1
immediato ricavare l'espressione dell'altra tensione:
T1 = T2 +
Cm
C
mga
=
+ qv 2 + m
R1 2b sin ( 2 )
R1
(49)
305
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
Figura 14
*
l0 = l + l0
l = l* + l
Sottraendo la prima dalla seconda si ottiene:
Figura 15
306
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
l - l 0 = l - l 0 = 0
e ci vero in quanto la lunghezza complessiva del flessibile in condizioni
di esercizio non pu essere diversa dalla lunghezza che raggiunge in condizioni di precarico.
Pertanto dovr essere:
l = l 0
(50)
2
l 0 = l 0 = T 0 (2h + 2 R ) = T 0 (h + R )
ES
ES
(51)
Supponiamo poi, che i tratti di flessibile avvolti sulle pulegge siano sottoposti ad una tensione media pari a (T1+T2)/2 [il che approssimato a
meno di termini in (f)3]; ed allora potremo scrivere:
l =
T1
T
T + T2
T + T2
(h + R )
2 R = 1
h+ 2 h+ 1
2 ES
ES
ES
ES
(52)
T1 + T2 = 2T0
(53)
e cio:
T0 =
T1 + T2
2
(54)
T1 T 2 =
Cm
R
(55)
Cm
2R
Cm
T2 = T0
2R
T1 = T 0 +
(56)
307
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
di proporzionalit.
Le variazioni di T1 e T2 per effetto di un incremento della coppia motrice
(fig. 16) avranno quindi un andamento simmetrico rispetto al
valore di T0 .
Ovviamente esse finiranno per
essere limitate dal verificarsi
dello scorrimento globale cos
come imposto dalla (44), anche in questo caso; purch, naturalmente, in quelle condizioni
il valore della T1 sia ancora al di
sotto del limite di rottura del
flessibile.
Se, tenendo costante la Cm, si fa
Figura 16
aumentare il valore della velocit del flessibile si raggiunger ugualmente la condizione di scorrimento
globale. Si vede dalle (25), ponendo * al posto di , la T1 e la T2 si
incrementano della stessa quantit lasciando costante (55) la loro differenza; dovr pure restare costante (53) la loro somma. Il rapporto (44) si modifica indicando un aumento dellarco di scorrimento elastico.
Infatti, se poniamo X = qv 2 , possiamo scrivere:
Y =
*
T1 X
= e f
T2 X
T 'T '
Cm
dY
= 1 2 2 =
>0
2
dX (T2 X )
R (T2 X )
Si conclude quindi che la funzione Y(X) cresce al crescere della velocit
del flessibile e quindi deve crescere anche lampiezza dellarco di scorrimento elastico *.
308
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
M f = EI
1
d
= EI
ds
R
(57)
&
alcuna forza capace di produrre alcun momento; la T1 , lunica agente sulla fune, non ha momento rispetto ad H1 e quindi non in grado di far variare la sua curvatura.
Dobbiamo allora ammettere che il ramo interessato (fig.17) si scosti dalla
posizione ideale di una certa quantit a1, in modo tale che il contatto si porti asintoticamente nel punto H'1, spostato della quantit b1 rispetto ad H1.
Se si suppone che tale scostamento sia dovuto soltanto all'effetto della rigidezza elastica, la determinazione dei valori di a1 e di b1 pu essere fatta
considerando che allo scostamento a1 corrisponde un maggior lavoro
&
(perduto) che la T1 deve compiere pari a:
dLw = T1a1 dt
(58)
309
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
dLdef =
1
M f d
2
dove (57):
d =
Mf
EI
ds =
Mf
EI
Rd =
Mf
EI
R dt
dLdef =
2
1 Mf
R dt
2 EI
(59)
(60)
da cui:
a1 =
2
1 Mf R
2 EI T1
(61)
1 1 EI R 1 EI
a1 =
=
2 EI R T1 2 RT1
(62)
&
M f = T1 (a1 + b1 )
e quindi:
T1 =
Mf
a1 + b1
EI
R (a1 + b1 )
a1 + b1 =
EI
= 2a1
RT1
310
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
scita dalla puleggia: sottoposto alla T2 , esso si scoster dalla configurazione ideale di una quantit a2.
Poich le caratteristiche della fune sono le medesime, possiamo concludere, tenendo conto della (60), che sar:
T2 a2 = T1a1
(63)
T1 (R + a1 + c1 ) T2 (R + a 2 c2 ) = 0
311
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
ossia:
(T2 T1 )R (T1c1 + T2 c2 ) = 0
(64)
La stessa (64), se moltiplicata per dt, evidenzia i termini del lavoro motore: T2 R dt ; del lavoro resistente utile: T1 R dt , e del lavoro perduto
per effetto dell'avvolgimento e dello svolgimento della fune sulla puleggia:
(T1c1 + T2 c2 ) dt .
Questultimo termine si trova generalmente espresso anche come:
dL p
c
c
= (T1c1 + T2 c2 ) = R T1 1 + T2 2
dt
R
R
(65)
sotto forma, cio, di potenza perduta ed evidenziando i rapporti caratteristici dellaccoppiamento fune-puleggia.
Le quantit c1/R e c2/R sono di difficilissima deduzione teorica;
per i cavi pi comuni e nelle ordinarie condizioni di funzionamento vale
con buona approssimazione la formula sperimentale:
c1 = c2 = b
R R
D
(66)
c
3
= 0.56
R
D
312
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
a. Carrucola fissa.
La puleggia della carrucola
(fig 19) abbia raggio R e sia d il diametro del perno; sia poi f il coefficiente dattrito nella coppia rotoidale. Sia
infine Q il carico da sollevare e P la
forza da impiegare allo scopo.
Nella fase di sollevamento di Q, il verso di rotazione orario e quindi sar
QT1 e PT2.
Le forze agenti sulla puleggia sono, la
P, la Q, e la reazione vincolare tangente al cerchio dattrito in O1 e direzione parallela alle altre forze.
Lequilibrio alla rotazione della puleggia stessa, tenendo conto anche della (64), si scriver:
P (R c ) Q (R + c )
d
sin = 0
2
Figura 19
c
c
d
sin = 0
P 1 Q 1 + ( P + Q )
2R
R
R
Sar allora:
c
d
c
d
sin Q 1 + +
sin = 0
P 1
R 2R
R 2R
e quindi:
c
d
+
sin
2
R
R
P =Q
= KQ
c
d
1
sin
R 2R
1+
(67)
313
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
anche al rapporto geometrico dellaccoppiamento, assume valori che orientativamente possono oscillare fra 1.02 e 1.08 per funi vegetali, ma, per
funi dacciaio, il limite superiore pu crescere anche di molto specialmente
se si mantiene alto il rapporto d/R (K= 1.2 2.8 e oltre).
E immediato verificare che, in assenza di perdite (c=0; =0) si avr K=1,
e quindi P=Pi=Q.
Daltra parte, considerando il flessibile perfettamente aderente alla puleggia, pure immediato trovare la velocit di sollevamento di Q in funzione
della velocit di P.
vQ = v H 1 = R = v H 2 = v P
Quindi =1.
Lespressione del rendimento si pu pure ricavare facilmente.
Se si considera che in assenza di perdite (=1) Lu=(Lm)i e quindi si
pu scrivere:
(Lm )i
Lm
Pi
1
Q
=
=
P KQ K
b. Carrucola mobile.
In questo caso (fig. 20) uno dei due rami del flessibile fissato a
telaio, allaltro applicata la forza P di sollevamento; il carico Q applicato allasse di rotazione della puleggia.
Per la (67) la relazione fra le tensioni sulla fune data da:
P = K
mentre, per lequilibrio alla traslazione, deve
essere:
Q = P+
Sar quindi:
P (K + 1) = KQ
ossia:
P=
K
Q
K +1
(68)
Figura 20
314
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
v P = v H 2 = 2 vQ
e ci vuol dire che il carico si sollever a velocit dimezzata rispetto alla
velocit con cui si trae la fune.
Il rendimento si ottiene considerando che, in assenza di perdite (K=1),
dalla (68) si ha Pi=Q/2; quindi sar:
(Lm )i
Lm
Pi
Q 2
K +1
=
=
2K
P KQ (K + 1)
c. Paranco esponenziale.
E una combinazione di n carrucole mobili (fig. 21) disposte in modo che il
ramo di fune di trazione di ciascuna costituisca il carico da sollevare da parte della precedente.
A questa disposizione pu eventualmente aggiungersi, come in figura, una
(n+1)-esima carrucola fissa che consenta
di avere il tiro verso il basso.
Numerando le carrucole mobili dal basso
verso lalto, in base alla (68) si ha:
Tn =
K
Tn 1
K +1
K
Tn =
Q
K + 1
Per la presenza della carrucola fissa dovr
ancora essere (67):
K (n +1)
K
P = KTn = K
Q
Q=
(K + 1)n
K + 1
Figura 21
(69)
315
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
Analogamente, per quanto riguarda le velocit dei singoli rami, dovr essere:
v n = 2vn 1
e quindi, ancora per sostituzione,
e tenendo conto che v0=vQ e che
vP=vn, si ottiene:
v P = 2 n vQ
Considerando che, per K=1,
Pi=Q/2n, si pu pure scrivere il
rendimento che risulta:
Figura 22
Pi Q (K + 1) 1 (K + 1)
=
=
P 2 n K ( n +1) Q 2 n K ( n +1)
n
(70)
La struttura di questa espressione suggerisce che il numero delle carrucole mobili che si possono utilizzare in un dispositivo di questo tipo non
pu essere eccessivamente elevato: il rendimento decade rapidamente a
valori molto bassi, come mostra la fig. 22, dove
la (70) diagrammata per tre diversi valori di K.
d. Paranchi
Un paranco un dispositivo di sollevamento costituito da un bozzello superiore, fissato a telaio, di cui fanno parte una o pi carrucole
coassiali e folli sul loro asse, e di un bozzello
inferiore costituito in modo analogo,a cui viene
applicato il carico Q da sollevare. La fune, che
avvolge ordinatamente tutte le carrucole, ha un
capo che pu essere fissato indifferentemente al
bozzello superiore o al bozzello inferiore; laltro
capo destinato alla trazione.
A seconda della disposizione delle carrucole, la
trazione P sar esercitata in verso concorde
allazione del carico oppure in verso discorde.
In fig. 23 raffigurato un paranco con 6 carrucole, con trazione P concorde al carico Q ed il
ramo finale del flessibile fissato al bozzello
superiore.
Le tensioni nei diversi rami del flessibile che si
avvolgono sulle n carrucole sono esprimibili
Figura 23
316
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
come:
Ti +1 = KTi
con i=1n e con Tn+1=P.
Per cui :
P = K n T1
(71)
Inoltre per lequilibrio alla traslazione del bozzello inferiore deve essere:
n
Q=
T = (K
i
n 1
+ + K + 1)T1 =
Kn 1
=
T1
K 1
(72)
K n (K 1)
P=
Q
Kn 1
(73)
v 2i = 2R v2 i 1
mentre la velocit del carico Q analogamente:
vQ = R v2 i 1
Eliminando R si ha quindi:
v 2i = v2 i 1 + 2vQ
Daltra parte in ogni singola carrucola del bozzello fisso le velocit dei
due rami sono le stesse e quindi v 2 i 1 = v 2 i 2 .
Si pu allora scrivere:
v 2 i = v 2 i 2 + 2 vQ
con i=1n/2.
Tenendo presente che v1=0 e che vn+1=vP, si ricava:
vP =
n
(2vQ ) = nvQ
2
(74)
317
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
Pi =
1
Q
n
Pi Q K n 1 1
Kn 1
=
=
P n K n (K 1) Q nK n (K 1)
(75)
Figura 24
Figura 25
Q=
Ti + P =
Ti + K nT1 = (K n + + K + 1)T1 =
K n +1 1
T1
K 1
e si otterr pertanto:
P=
K n (K 1)
Q
K n +1 1
(73)
e poi:
Pi
Q K n +1 1 1
K n +1 1
= =
=
P n + 1 K n (K 1) Q (n + 1)K n (K 1)
(75)
318
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
T1 = KT ' 2
T1 + T ' 2 = Q
Figura 26
da cui si ricavano:
K
Q
K +1
1
T '2 =
Q
K +1
T1 =
(76)
Per la prima delle (25), in cui, data la bassa velocit di rotazione, pu essere
319
TRASMISSIONE CON ORGANI FLESSIBILI
si svolgono.
Dovremo invece scrivere, sia pure trascurando la T0, lequilibrio dei
momenti applicati al bozzello.
Avremo allora:
d
sin = 0
2
Ed essendo = P + T2 '+T1 :
c
d
c
d
sin + T2 ' R1 1
sin +
PR2 1
R2 2 R2
R1 2 R1
c
d
T1 R2 1 +
+
sin = 0
R2 2 R2
Ora, poich i raggi delle due carrucole non sono verosimilmente troppo
diversi fra loro, si pu pure ammettere di considerare uguali i coefficienti fra parentesi dei primi due termini, potendo cos scrivere:
PR2 + T2 ' R1 = T1 R2 K 2
ed anche:
PR2 + T2 ' R1 = T1 R2 K
se, essendo R1<R<R2, consideriamo pure che sia K2K.
In tal modo, sostituendovi le (76), si ottiene:
PR2 + QR1
1
K2
= QR2
K +1
K +1
e quindi:
R1
R2
Q
K +1
K2
P=
(77)
che d, appunto, la relazione fra il carico da sollevare ed il tiro da esercitare allo scopo.
In assenza di perdite, e cio per K=1, si avrebbe:
R1
R2
Q
2
1
Pi =
e pertanto, per il rendimento vale:
(78)
320
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
R1
P Q
R K +1 1 K +1
R2
= i = 1 1
=
2 K 2 R1
P 2
R2 K 2 R1 Q
R2
R2
1
(79)
vQ
vP
Pi
Q
vQ =
1
R
1 1 v P
2
R2
(80)
Figura 27
Figura 28
321
GEOMETRIA DELLE MASSE
CAPITOLO XVI
SOMMARIO
1 - Baricentro
2 - Calcolo del baricentro di un sistema continuo
3 - Momento d'inerzia
4 - Teorema di Huygens
5 - Ellissoide d'inerzia
6 - Momenti principali d'inerzia
1.- Baricentro.
Si definisce baricentro di un corpo un punto di esso in cui possibile supporre concentrata l'intera sua massa m; la conoscenza della sua
posizione di fondamentale importanza perch permette di semplificare
i problemi dinamici consentendo, per taluni aspetti, di trattare un corpo
esteso come se fosse un unico punto pesante avente appunto massa m.
322
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
(G O ) = V
dm(P O )
dm
dm(P O )
(1)
Se il punto O coincide con l'origine di un riferimento cartesiano, le coordinate di G saranno allora date da:
xG =
xdm ;
V
yG =
ydm
m
zG =
zdm ;
V
(2)
Le propriet di cui gode il baricentro sono, per quanto sopra, le medesime di cui gode un sistema di vettori paralleli.
In particolare:
- la posizione di G sempre interna alla superficie che delimita l'estensione del corpo: tutti i vettori elementari sono, infatti, concordi e quindi
il punto di applicazione del loro risultante non pu essere se non interno
ai punti di applicazione dei singoli vettori dm;
- la posizione di G dipende solamente dalla distribuzione della massa e
non dalla "qualit" del materiale da cui il corpo costituito: G non cambia se tutti i dm vengono moltiplicati per una costante;
- se la forma del corpo tale da poterla assimilare ad una superficie
(trascurandone lo spessore) il punto G star su quella superficie;
- se pu essere assimilata ad una linea G star su quella linea;
- se la forma del corpo ammette un piano di simmetria oppure un asse di
simmetria, il punto G si trover su quel piano oppure su quell'asse di
simmetria.
Quanto detto si pu applicare, in maniera del tutto analoga, anche a sistemi di pi corpi pervenendo, quando occorra, alla determina-
323
GEOMETRIA DELLE MASSE
m (G O ) m (G O )
(G O ) =
=
m
m
(3)
(G O ) =
dV (P O )
dV
dV (P O )
V
(1)
xG =
xdV ;
yG =
ydV ;
V
zG =
zdV ;
V
(2)
(G O ) =
dS (P O )
dS
V
e corrispondentemente:
dS (P O )
=
S
(1)
324
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
xG =
xdS ;
yG =
ydS ;
zG =
zdS ;
S
(2)
(G O ) =
ds (P O )
ds
ds(P O )
l
(1)
xG =
xds ;
l
yG =
yds ;
l
zG =
zds ;
l
(2)
325
GEOMETRIA DELLE MASSE
xG =
a
;
2
b
yG = ;
2
c
xG = ;
2
(3)
1
(x + x2 + x3 )
3 1
(4)
1
y G = ( y1 + y 2 + y 3 )
3
xG =
Figura 3
Il baricentro di un quadrangolo qualunque (fig.4) pu essere determinato come baricentro di due semimasse concentrate nei baricentri dei due
triangoli in cui esso diviso da una diagonale. Sia il quadrangolo ABCD
diviso dalla diagonale BD nei due triangoli ABD e BCD. Le mediane del
triangolo ABD si intersecano in G' e questo sar il baricentro di detto
triangolo; le mediane di BCD si intersecano in G" e questo sar il baricentro del secondo triangolo.
Possiamo quindi pensare a due masse, proporzionali alle rispettive aree di
ABD e BCD, concentrate in G e in G e concludere che il baricentro del
quadrangolo deve stare proprio sulla congiungente GG.
326
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
1
1
m' bh m" ah
2
2
mentre la massa totale del trapezio sar data da:
(5)
327
GEOMETRIA DELLE MASSE
1
m ( a + b) h
2
(6)
1
1
bh( G 'O) + ah( G " O) b( G 'O) + a( g " O)
2
GO= 2
=
1
a+b
( a + b) h
2
(7)
essendo O un punto qualunque del piano che possiamo pensare per comodit un punto qualsiasi della base maggiore.
Allora, se indichiamo con d1 la distanza dalla base maggiore di G, e indichiamo con d1 e d1 quelle dei punti G' G" che sono date rispettivamente da:
d '1 =
2
1
h d "1 = h
3
3
2
1
bh + ah 1 2b + a
3
d 1 = yG = 3
= h
a+b
3 a+b
(8)
1
2
d '2 = h d "2 = h
3
3
la (7) pu essere scritta come:
1
2
bh + ah 1 b + 2a
3
3
d 2 = h yG =
= h
a +b
3 a +b
(9)
1
d 1 2b + a b + 2 a
=
=
1
d 2 b + 2a
a+ b
2
il che giustifica la costruzione indicata.
(10)
328
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
J = md 2
(11)
J = mi d 12
(12)
i =1
J
2= =
m
m d
i =1
2
1
(13)
che rappresenta la distanza dalla retta r del punto in cui dovrebbe essere
concentrata tutta la massa m del sistema per dar luogo allo stesso momento
d'inerzia J.
Per un sistema continuo ed omogeneo la (12) diventa del tipo:
329
GEOMETRIA DELLE MASSE
J = r 2 dm
(12)
Le dimensioni di un momento dinerzia, come si deduce dalla stessa definizione, sono quelle di [Kgm2].
A seconda che la forma della massa, supposta omogenea, sia tale per cui
siano trascurabili due, una o nessuna dimensione, il momento dinerzia
si calcoler con una delle formule:
J = r 2 ds;
l
J = r 2 dS ;
S
J = r 2 dV ;
V
(14)
I = r 2 dS
S
(15)
330
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
r 2 = x2 + y2
ed il momento dinerzia rispetto alla
retta r, quindi, da:
Jr =
(x
+ y 2 )dV
(16)
Figura 7
J r' =
[(x d )
+ y 2 dV
(17)
J r ' = ( x 2 2dx + d 2 + y 2 ) dV =
V
= ( x 2 + y 2 )dV + d 2 dV + 2 d xdV
V
(18)
In questa lultimo termine certamente nullo per avere scelto il baricentro proprio sull'asse z (cfr. 2), mentre il primo proprio la (16).
Si ha allora che la (18) equivale a:
J r ' = J r + md 2
(19)
che rappresenta il teorema di Huygens per il quale il momento di inerzia di un sistema rispetto ad una retta r' uguale al momento di inerzia
rispetto ad una sua parallela r baricentrica aumentato del prodotto della massa totale del sistema per il quadrato della distanza fra le due rette.
331
GEOMETRIA DELLE MASSE
= xi2 + y i2 + zi2 ( xi + yi + z i )
(20)
Sviluppando si ottiene:
2
la quale, riordinata, e tenendo conto che +
mettere nella forma:
(20)
+ 2 = 1, si pu
2
2
2
2
2
2
2
ri = (1 )xi + (1 )yi + (1 )zi +
2 xi yi 2 xi z i 2 yi z i =
2 xi yi 2 xi z i 2 yi z i =
(20)
2 y i z i 2 x i z i 2 x i y i
Sostituendo questa espressione nella (12') si ottiene in definitiva:
(21)
332
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
A' = yi zi dm
A' = xi zi dm
A' = xi yi dm
(23)
( L O) 2 =
1
J
(24)
x = OL =
y = OL =
z = OL =
(25)
e sar quindi:
=x J
=y J
=z J
(26)
A x 2 + B y 2 + C z 2 - 2Ayz - 2B xz - 2C xy = 1
(27)
333
GEOMETRIA DELLE MASSE
A0 x 2 + B0 y + C 0 z 2 = 1
(28)
Gli assi dell'ellissoide, ossia gli assi di tale nuovo riferimento, si chiamano assi principali d'inerzia del sistema, ed i coefficienti A0, B0, C0
prendono il nome di momenti principali d'inerzia del sistema relativi
al punto O.
Se poi come punto O si sceglie il baricentro G del sistema si
parler di ellissoide centrale d'inerzia e di assi centrali d'inerzia del
sistema.
Occorre tuttavia aver ben chiaro che una terna di assi pu essere baricentrica ma non essere terna principale dinerzia; oppure pu essere terna principale dinerzia ma non essere terna centrale dinerzia.
Per le applicazioni pratiche bene tener presente le seguenti
propriet:
- se il sistema ammette un piano di simmetria ogni retta normale ad esso uno degli assi principali d'inerzia.
- se il sistema ammette due piani di simmetria ortogonali la retta loro
intersezione un asse principale d'inerzia; e due normali, uscenti da un
punto di tale intersezione e contenute dai due piani di simmetria sono
pure assi principali d'inerzia.
- gli assi principali d'inerzia relativi ad un punto O che appartenga ad
un asse centrale sono paralleli agli assi centrali dinerzia.
Se il sistema tale per cui due dei coefficienti della (28) risultano uguali, A0=B0, A0=C0, oppure B0=C0, l'ellissoide un ellissoide rotondo ed il sistema prende il nome particolare di sistema giroscopico.
334
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
x=
a
2
y=
b
2
z=
c
2
(29)
dm = dV = dxdydz m = abc
Le (22) si scriveranno allora:
A = ( y 2 + z 2 ) dm = ( y 2 + z 2 ) dxdydz
V
B = ( x + z ) dm = ( x 2 + z 2 ) dxdydz
2
C = ( x 2 + y 2 ) dm = ( x 2 + y 2 ) dxdydz
V
c2
b2
b2 + c2
A = dx dy ( y + z ) dz = m
12
a 2 b 2 c 2
2
B=
C=
a2
b2
c2
a 2
a2
b 2
b2
c 2
c2
a 2
b 2
c 2
( x 2 + z 2 )dz = m
a 2 + c2
12
dy ( x 2 + y 2 )dz = m
a 2 + b2
12
dx dy
dx
(30)
Per un cilindro circolare retto, di raggio R ed altezza h, il baricentro G, come visto, coincide con il punto medio della congiungente i
centri delle basi; tale congiungente asse di simmetria come pure sono
assi di simmetria due qualsiasi assi per G perpendicolari fra loro nel
piano ortogonale a detta congiungente. In virt di tali condizioni, fissata
una terna ortogonale con origine in G e asse z coincidente con l'asse del
cilindro, possiamo subito concludere, che i momenti centrali d'inerzia
rispetto agli assi x ed y saranno uguali.
Il calcolo, in tal caso, pi agevole utilizzando un sistema di
coordinate cilindriche , , z, legate a quelle cartesiane dalle relazioni:
x = r cos
y = r sin
z = z
335
GEOMETRIA DELLE MASSE
In tal modo il punto generico P risulta individuato dal piano, perpendicolare all'asse, parallelo allasse z, che lo contiene, e, su questo, dalla
sua distanza r dall'asse e dalla anomalia di detto raggio r.
Utilizzando tali coordinate si avr quindi per l'elemento di massa nell'intorno di P:
dm = dV = rddrdz m = r 2 h
Le (22) ci daranno in questo caso:
A = B = ( y 2 + z 2 ) dm = ( r 2 sin 2 + z 2 ) r dr d dz
V
C = ( x 2 + y 2 ) dm = ( r 2 sin 2 + r 2 cos 2 ) r dr d dz
V
e cio:
R
A = B = dr
R
C = dr
0
0
h2
h2
dz ( r
h 2
2
dz r
h 2
sin 2 + z 2 ) r d
(31)
r d
A=B=
m 2 h2
m 2
R + C = R
4
3
2
(32)
336
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
337
LE AZIONI DINERZIA
CAPITOLO XVII
LE AZIONI D'INERZIA
SOMMARIO
1 - Principio di d'Alembert.
2 - Risultante delle forze d'inerzia.
3 - Momento risultante delle forze d'inerzia.
4 - Azioni d'inerzia nel manovellismo di spinta.
5 - Equilibramento del monocilindro.
6 - Equilibramento dei pluricilindri.
7 - Applicazioni.
1. - Principio di d'Alembert.
&
&
F i = mi a i
(1)
(2)
338
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
(3)
Dalla (2) e dalla (3) derivano i due enunciati, equivalenti, del principio di
d'Alembert, che afferma che durante il moto di un sistema materiale si
fanno equilibrio, istante per istante, la forza attiva, la forza reattiva e la
forza d'inerzia che agiscono su ciascun punto del sistema, oppure anche
che, durante il moto di un sistema materiale si fanno equilibrio, istante per
istante, la forza esterna, la forza interna e la forza d'inerzia che agiscono
su ciascun punto del sistema,
L'importanza di tale principio sta nel fatto che unimpostazione
dinamica viene automaticamente ridotta ad unimpostazione statica, a patto
di avere preventivamente calcolato le forze d'inerzia.
Il calcolo del risultante delle forze d'inerzia, per un sistema di punti materiali, valendo per ciascuno di essi la (1), si riduce al calcolo della
somma:
&
F =
m a&
i
(4)
Alla (4) possibile dare anche una forma diversa, forma che consente una
semplificazione del calcolo.
Possiamo intanto definire per ogni punto materiale del sistema, il
prodotto della sua massa per la sua velocit, come quantit di moto:
&
&
Qi = mi v i
(5)
&
Q=
m v&
i
(6)
m (P O ) = m(G O )
i
(7)
339
LE AZIONI DINERZIA
&
m (v
i
&
&
&
vO ) = m(vG vO )
(8)
&
&
= mvG = Q
(9)
ossia:
&
m v
i i
&
&
F' =
&
m a
i
dt
&
m v
i i
(10)
&
d
F ' =
dt
&
&
&
dQ
d
= (mvG )
mi vi =
dt
dt
(11)
&
&
&
dvG
&
dQ
F' =
= m
= maG
dt
dt
(12)
340
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
M ' O = ( Pi O) F ' i = ( Pi O) mi ai
i
(13)
Definiamo ancora, per ogni punto del sistema materiale il momento della
quantit di moto, ossia:
i i
&
&
&
KO = ( Pi O) Qi = ( Pi O) mi vi
i
(14)
Derivando la (14) rispetto al tempo, nella ipotesi che sia m=cost, otteniamo:
&
d Ko
= (v&i v&O ) mi v&i + ( Pi O) mi a&i
dt
i
i
ossia:
&
d Ko
= v&o mi v&i + ( Pi O) mi a&i =
dt
i
i
&
&
= ( Pi O) mi a i v&o Q
(15)
&
&
&
d KO &
M 'O =
vO Q
dt
(16)
che l'espressione pi generale del momento risultante delle forze d'inerzia, peraltro, per la (9), esprimibile anche come:
&
d KO &
&
v O mv&G
MO =
dt
(16')
&
&
&
M 'O = M 'O1 + (O O1 ) F
(17)
341
LE AZIONI DINERZIA
&
&
&
K O = ( Pi O) Qi = ( Pi O) mi vi
i
&
&
&
KO = ( Pi O) mi vi = ( Pi O1 ) + ( O1 O) mi vi =
i
&
&
= ( Pi O1 ) mi vi + ( O1 O) mi vi =
i
(18)
&
&
= KO1 + ( O1 O) Q
Derivando rispetto al tempo si ottiene poi:
&
&
&
dKO dK O1
&
dQ
&
&
=
+ v O1 v O Q + ( O1 O)
dt
dt
dt
ossia:
&
&
dKO1 &
dKO &
& &
&
&
+ vO Q = M ' O =
+ vO1 Q + ( O O1 ) F '
dt
dt
&
dK G
&
&
+ (G - O) F
M 'O =
dt
(17')
Dalla (17) o dalla (17') si deduce che se la retta contenente i due poli
parallela al risultante delle forze d'inerzia si annulla il secondo termine
della somma a secondo membro e quindi il momento risultante delle
forze d'inerzia rimane invariato.
Ancora dalla (10) si deduce, in particolare, che, allorch si sce&
glie come polo un punto fisso, per il quale sar ovviamente vO = 0 , oppure si sceglie come polo il baricentro del sistema, per cui sar
&
&
vO = vG , il secondo termine della somma a secondo membro della 10
stessa (o della 10) sar nullo e lespressione del momento risultante delle forze dinerzia si riduce a:
&
&
dK O
M 'O =
dt
oppure a:
&
&
dK G
M 'G =
dt
342
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
& &
v i = v A + ( Pi A)
per cui, considerando la sommatoria estesa a tutti i punti del rigido, la (14)
pu essere scritta come:
&
&
&
&
K A = ( Pi A) mi vi = ( Pi A) mi v A + ( Pi A) =
&
&
= mi ( Pi A) v A + ( Pi A) mi ( Pi A)
e per la (7), e risolvendo il doppio prodotto vettoriale:
&
&
K A = m( G A) v A +
2
+ mi ( Pi A) & mi ( Pi A) & ( Pi A)
(19)
& & & Riferiamo adesso il moto del rigido ad un sistema di assi di versori
i1 , j1 , k 1 , e con origine in A.
&
&
&
& = pi 1 + q j 1 + r k 1
se p, q, r sono le componenti di questo rispetto ai versori della terna prescelta; e poi anche:
&
&
&
Pi A = xi i 1 + yi j 1 + zi k 1
m ( P A)
i
&
&
&
& = mi ( xi2 + yi2 + zi2 )( pi1 + qj1 + rk1 ) (20)
e per il secondo:
[ m ( P A) &]( P A) =
&
&
= m ( x p + y q + z r )( x i + y j
&
= m ( x p + x y q + x z r )i +
&
+ m ( x y p + y q + y z r ) j +
&
+ m ( x z p + y z q + z r )k
i
2
i
i i
i 1
i i
2
i
i i
i i
2
i
i 1
&
+ zi k1 ) =
(21)
343
LE AZIONI DINERZIA
m ( P A)
i
& mi ( Pi A) & ( Pi A) =
&
= mi ( yi2 + zi2 ) p xi yi q xi zi r i1 +
&
+ mi ( xi2 + zi2 ) q xi yi p yi zi r j1 +
&
+ mi ( xi2 + yi2 )r xi zi p yi zi q k1
2
[
[
[
]
]
]
(22)
A = mi ( yi2 + zi2 ) = ( y 2 + z 2 ) dm
B = mi ( x + z
2
i
2
i
) = (x
S
+ z 2 ) dm
A' = mi yi zi = yz dm
S
B ' = mi xi zi = xz dm
S
C ' = mi xi yi = xy dm
S
&
&
K A = m(G A) v A +
&
+ (Ap B q C r)i 1 +
&
+ (Bq C p Ar) j 1 +
&
+ (Cr Aq B p) k 1
(23)
344
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
&
K A = Api + Bqj1 + Crk1
(24)
&
&
K A = K A( r ) + m(G - A) v& A
(25)
&
&
K G = K G( r )
(25')
&
&
&
&
&
d K A( r )
di1
dj1
dk1
&
&
= Api
+ Bq
+ Cr
1 + Bqj
1 + Crk
1 + Ap
dt
dt
dt
dt
(26)
&
&
&
di1 & & dj1 & & dk1 & &
= i1
= j1
= k1
dt
dt
dt
e quindi anche:
&
&
&
&
di1
dj1
dk1 &
&
&
& &
Ap
+ Bq
+ Cr
= ( Api1 + Bqj1 + Crk1 ) = K A
dt
dt
dt
&
Indicando sinteticamente con K la parte relativa ai primi tre termini, la
(26) si pu pure scrivere come:
&
d KA
&
& &
= K A + K A
dt
(27)
345
LE AZIONI DINERZIA
&
&
& &
&
M ' A = K A K A + ( A G ) ma A
Ovviamente se si sceglie come polo il baricentro G si ha semplicemente:
&
&
& &
M ' G = K G KG
(27)
che corrisponde alla (16') quando vi si sia tenuto conto della coincidenza
di G con il polo O.
346
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
F = mm a&G
&
&
& &
M ' O1 = K O1 K O1
(28)
Possiamo subito concludere che sar certamente nullo il momento risultante delle forze d'inerzia: infatti nella seconda delle (28), scegliendo
come riferimento solidale al rigido il riferimento baricentrico con
& origi&
&
ne anch'esso in O1 e versori orientato come la manovella e k 1 k , si
avrebbe:
&
&
&
K O1 = Cr k 1 = C 1 k 1
e di conseguenza:
& &
&
&
M ' O1 = r k 1 1 k K = 0
(29)
Il primo termine nullo perch 1=cost, il secondo perch i due vettori risultano paralleli.
Per quanto riguarda il calcolo del risultante delle forze d'inerzia,
se si indica con rG la distanza del baricentro della manovella da O1, l'accelerazione del punto Gm data da:
&
&
a Gm = 12 r G
e quindi per la prima delle (28):
&
&
&
F = mm a Gm = mm 12 r G
(30)
ossia, secondo lo schema di fig.1, una forza disposta istante per istante
secondo la direzione della manovella stessa e quindi ruotante con essa.
Tuttavia se ipotizziamo, come di norma, che la manovella sia
staticamente equilibrata, ossia che la sua forma e quindi la sua distribuzione di massa sia tale per cui il baricentro stia sull'asse di rotazione, anche la (30) nulla, essendo rG=0.
b) Stantuffo (e masse connesse, in moto traslatorio)
Poich il moto della massa mm traslatorio sar comunque
p=q=r=0 e quindi sar comunque nullo, come ovvio, il momento risultante delle forze d'inerzia.
Il risultante delle forze d'inerzia sar dato da:
&
&
F = ms a&Gs = ms a& B = ms
x Bi
(31)
x B = r1 cos 1 + l cos
(32)
347
LE AZIONI DINERZIA
mentre anche:
l sin = r1 sin 1
(33)
sin = sin 1
(34)
x B = r1 cos 1 + l 1 2 sin 2 1
(35)
che lespressione esatta dello spostamento del piede di biella al variare dellangolo di manovella.
Unespressione pi comoda della (35) si ottiene sostituendo al radicale i
primi due termini del suo sviluppo in serie di Mac Laurin,(*) ottenendo,
in tal modo, lespressione in seconda approssimazione che pi semplice da trattare e la cui bont sar sufficiente se per lobliquit della biella
sar <1/3.
Con tale sostituzione sar:
l 1
x B = r1 cos 1 + 1 2 sin 2 1 =
r1 2
1 1
= r1 cos 1 + 1 2 sin 2 1
2
(36)
&
&
1
&
v B = x B i = r1 sin 11 + sin 211 i =
2
&
= r11 sin 1 + sin 21 i
2
(37)
e derivando una seconda volta, nella ipotesi che sia 1 = cost , si ha finalmente l'espressione dell'accelerazione del piede di biella che vale:
&
&
a B = r112 ( cos 1 + cos 2 1 )i
(38)
Il risultante delle forze d'inerzia che sollecita lo stantuffo sar allora dato da:
(*)
1
2 2
(1 x )
1 2
x +
2
348
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
F ' s = ms a B = ms r112 ( cos 1 + cos 2 1 )i
(39)
e quindi una forza disposta secondo la guida del moto, variabile nel
tempo secondo l'angolo di manovella 1.
A secondo membro della (39) compaiono due termini: uno in 1, l'altro
in 21; poich 1 = 1t l'espressione (39) corrisponde alla somma dei
componenti di due vettori rotanti, il secondo dei quali ruota con velocit
doppia del primo. Per questo ai due termini si d, al primo, il nome di
componente del primo ordine e componente del second'ordine, al
secondo.
c) Biella.
La biella ha un moto rototraslatorio ed il suo atto di moto, quindi, avviene, per ogni configurazione, intorno al punto C, centro della rotazione istantanea.
Per il calcolo del risultante delle forze d'inerzia, cerchiamo anzitutto l'accelerazione del baricentro. Per il teorema di Rivals deve essere:
&
& &
aG = a A + aG ,A
(40)
&
& &
a B = a A + a B,A
(41)
aG , A = l2 2 + 4
a B , A = l 2 + 4
&
&
con i due vettori a G , A e a B , A
paralleli fra loro, essendo allineati i punti A, G, e B.
E' lecito pertanto scrivere:
aG, A
AG l2
=
=
a B,A
AB l
&
&
e poich a G , A e a B , A sono paralleli vale anche:
l &
&
aG , A = 2 a B , A
l
Sostituendo la (42) nella (40) avremo, allora:
&
&
&
& l &
& l & &
aG = a A + aG , A = a A + 2 a B , A = a A + 2 ( a B a A )
l
l
Figura 2
(42)
349
LE AZIONI DINERZIA
ossia:
l & l &
& l & l &
&
&
aG = 1 2 a A + 2 a B = 1 a A + 2 a B = a ' G +a"G
(43)
l
l
l
l
&
La costruzione del vettore a G pu allora essere fatta, come in fig. 2 par&
&
&
&
tendo dai vettori a A e a B e costruendo i vettori proporzionali a 'G ed a "G
da sommare fra loro come nella (43).
Il risultante delle forze d'inerzia che sollecitano la biella, si potr
allora scrivere come:
l &
&
l &
&
&
F 'b = mb ( a ' G +a"G ) = mb 1 a A + mb 2 a B =
l
l
&
&
= ( m'b a A + m"b a B )
(44)
Si vede cio che, ai fini del calcolo del risultante delle forze d'inerzia, la
massa complessiva, mb, della biella pu pensarsi scomposta in due masse
ridotte, m'b ed m''b, proporzionali rispettivamente alle distanze del baricentro, G, da B e da A, ed applicate nei punti A e B.
&
&
2 &
Sostituendo nella (44) le espressioni di a A = r11 e di a B (v.
sopra), si ha:
&
&
&
F 'b = r112 m' b + m" b ( cos 1 + cos 2 1 )i
&
&
&
e, tenendo conto che = cos 1 i + sen 1 j :
&
[ F 'b ] x = r112 [mb cos 1 + m"b cos 2 1 ]i&
&
[ F 'b ] y = r112 m'b sen 1 &j
(44')
(45)
xG = r1 cos 1 + l 2 1 2 sin 2 1
2
l
l
yG = r1 sin 1 1 2 = r1 1 sin 1 = l1 sin 1
l
l
350
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Derivando due volte rispetto al tempo, sempre con lipotesi che sia
&
1 = cost , otteniamo:
&
= r112 cos 1 + 2 cos 21 i
l
&
&
2
[aG ] y = yG = l11 sen1 j
[a&G ] x = xG
(46)
l2
&
2
cos
cos
2
r
m
=
+
1 1
1
1 i
b x
b G
b
l
&
&
r
F ' b y = mb yG = mb 1 l112 sen1 j
l
[ ]
ossia:
[F&& ' ] = r [m
[F ' ] = r m'
b
2
1
2
1
&
]
cos
"
cos
2
m
i
+
1
1
b
b
&
b sen1 j
confermando il risultato gi
ottenuto partendo dalla forma
vettoriale.
Per quanto concerne
il momento risultante delle
forze d'inerzia scegliamo
(fig.3 ) come terna ausiliaria
un sistema di assi baricentrici
solidali &alla biella
stessa, di
&
versori i1 e j1 , con origine
per es. in A. Calcoliamo
quindi il momento rispetto al baricentro, G, della biella.
In tal modo si pu utilizzare la (27) scrivendo:
&
&
& &
M ' G = K G K G
(45)
Figura 3
(47)
&
&
&
K G = Crk1 = Jb k1
(48)
351
LE AZIONI DINERZIA
&
&
&
M 'G = K G = J b k1
(49)
Ora, per il calcolo della accelerazione angolare della biella calcolata, derivando la (34), avremo:
cos = 1 cos1
da cui:
cos1
cos1
= 1
cos
1 2sin 2 1
= 1
(50)
1 cos1
(51)
12 sen 1
(52)
&
&
M 'G = J b 12 sen 1 k1
(53)
&
[ ]
lun-
&
go la retta di applicazione della [ F 'b ] x , di modo che resti comunque
EG =
MG
[F' ]
b y
J b 12 sen 1
Jb
=
=
=
2
m'b r1
m' b r11 sen 1
J b lr1
Jb
=
=
mb l1lr1
mb l1
(54)
352
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
l * = EB * = BG + GE * =
Jb
2
= l1 +
= l1 +
mb l1
l1
(55)
Figura 4
Jb
mb
353
LE AZIONI DINERZIA
(56)
dove, di nuovo, si evidenziano i termini corrispondenti alle forze d'inerzia del I ordine (in cos1), e quelli corrispondenti alle forze d'inerzia del II ordine (in cos21).
Supponiamo, ora, di aggiungere, solidalmente alla manovella,
una massa (massa equilibratrice) me, tale che il suo baricentro si trovi
alla distanza re dall'asse di rotazione, e situata dalla parte opposta al bottone di manovella.
La sua presenza dar luogo sul manovellismo ad ulteriori forze d'inerzia;
l'accelerazione del suo baricentro vale, nel riferimento gi adottato:
&
&
a Ge = 12 r e
e quindi le componenti di forza d'inerzia che si aggiungono sui due assi
sono:
[F' ]
[F' ]
e x
= re12 me cos 1
e y
= re12 me sen 1
(57)
[ F '] x = r112 ms + mb
re
me cos 1 + ( ms + m"b ) cos 2 1
r1
r
[ F '] y = r1 m'b e me sen 1
r1
(58)
2
1
e da qui si vede che, assegnando opportuni valori ad me e ad re si possono modificare le componenti del I ordine, sia sull'asse x che sull'asse y;
se per esempio si pone:
me = ( ms + mb )
r1
re
le (58) diventano:
(59)
354
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
nore rispetto alla precedente, a seconda dei valori delle masse in giuoco(*) .
Se invece si pone:
me = m' b
r1
re
si ha dalle (58):
(59')
e si vede che si annulla la componente lungo l'asse delle y e rimane attenuata la componente del I ordine lungo l'asse delle x (m"b<mb).
In effetti, in tal modo, si annullata la componente di tipo centrifugo
quella che si evidenzia se si riscrivono le (56) separando il componente
&
della forza d'inerzia secondo la direzione della manovella di versore
&
da quello avente la direzione della guida del moto di versore i . Dalla
(39) e dalla (44') si ricava, infatti:
&
&
F ' c = r112 m' b
&
&
F ' a = r112 ( ms + m"b )( cos 1 + cos 2 1 )i
(60)
355
LE AZIONI DINERZIA
&
&
F ' c = r112 mc
&
&
F ' a = r112 ma ( cos 1 + cos 2 1 )i
(61)
&
356
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
[ F '] Ix = 0
357
LE AZIONI DINERZIA
cos
cos
+
+
+
1
1
2
=
[ F '] aI = r112 ma
+cos( 1 + ) + cos 1 + 3 2
cos 2 1 + cos 2 1 + 2 +
=0
[ F '] aII = r112 ma
+cos2( 1 + ) + cos2 1 + 3 2
Con questa disposizione, quindi, le componenti di tipo alterno, sia del I che
del II ordine, risultano perci automaticamente equilibrate.
D) Quattro cilindri in linea a quattro tempi (fig. 8).
L'angolo fra le manovelle
risulta ==4/4=, e quindi l'al-
Figura 8
358
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
cos 1 + cos( 1 + ) +
=
+cos( 1 + 2 ) + cos( 1 + 3 )
[ F '] aI = r112 ma
cos 2 + cos 2( + ) +
1
1
=
+cos2( 1 + 2 ) + cos2( 1 + 3 )
= 4r112 ma cos 2 1
Tutte equilibrate quindi le componenti del I ordine mentre quelle del II
ordine si sommano integralmente.
7.- Applicazioni.
A)
Si consideri una pala dell'elica di un elicottero (fig. 9) schematizzata per semplicit come una piastra rettangolare di massa m, di lunghezza
l, di larghezza b, e spessore
a; sia l'angolo di calettamento della pala sul
&
&
mozzo, e sia = k la sua velocit angolare. I momenti principali d'inerzia della pala, secondo i tre assi x1, y1, z1, sono rispettivamente:
2
m
m
l
A = (a 2 + l 2 )+ m = ( a2 + 4 l 2)
2 12
12
m 2 2
B=
(a + b )
12
2
m
m
l
C = (b2 + l 2 )+ m = ( b2 + 4 l 2)
2 12
12
(62)
La via pi semplice quella di scegliere come polo per il calcolo dei momenti il punto fisso O, di modo che l'espressione che d il momento risultante delle forze d'inerzia si riduce a:
359
LE AZIONI DINERZIA
&
&
& &
M O = KO KO
(63)
&
&
&
*
K O = Api1 + Bqj1 + Crk1
dove p, q, r, sono i componenti
del vettore secondo gli stessi assi, che quindi valgono:
p = sin
q=0
Figura 9
r = cos
&
&
&
= sin i1 + cos k1
e:
&
&
&
K O = A sin i1 + C cos k1
Avremo quindi:
&
i1
&
& K o = sin
A sin
&
j1
0
0
&
k1
cos =
C cos
(64)
&
= (C 2 sin cos - A 2 sin cos ) j 1
e quindi, in definitiva:
1
&
&
M o = (C - A) 2 sin 2 j 1
2
(65)
Qui il segno effettivo del vettore momento risultante delle forze d'inerzia
dipende, come si vede, dal segno della differenza (C-A) .
Ora, poich a<b, si ha:
b2 l 2
a2 l2 m
C - A = m + - m + = ( b2 - a 2) > 0
12 3
12 3 12
(66)
360
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
A= m r
2
B=C=
m
(3 r 2 + b2 )
12
(67)
R &
&
1 = i 1
r
(68)
R &
&
&
&
&
= 1 i 1 + k 1 = i 1 + k 1
r
talch, sugli assi principali d'inerzia, si hanno le componenti:
(69)
361
LE AZIONI DINERZIA
p = 1 =
q=0
r =
&
& &
& &
M G = K G K G = K G
(70)
&
&
&
&
&
&
K G = Api 1 + Bq j 1 + Cr k 1 = A 1 i 1 + C k 1
&
mentre il vettore della (37), che, si ricordi, rappresenta la velocit ango&
&
lare con cui ruota la terna mobile, sar espresso solamente da = k .
Avremo quindi:
&
i1
& &
KG = 0
A1
&
j1
0
0
&
k1
R &
&
= A1j1 = A 2 j1
r
C
&
R 2&
r2 R 2 & 1
&
M ' G = A j1 = m
j1 = mRr2 j1
2 r
2
r
(71)
&
&
&
&
&
M O = M O (G - O) ma G = M O +(G - O) F
(72)
dove :
&
&
&
&
F = ma& G = m( 2 R) i 1 = m 2 R i 1
Quindi F' risulta parallelo a (G-O) e quindi nullo il prodotto vettore a secondo membro della (72).
In effetti, se si fosse scelta la terna mobile con origine in O, anzich in G,
avremmo dovuto correggere i momenti d'inerzia B, e C che di fatto non
intervengono a formare
& il risultato ottenuto.
La coppia trovata, M ' G , prende il nome di coppia giroscopica e si manifesta per il moto di precessione regolare del disco sottoposto contemporaneamente a due rotazioni distinte secondo due assi concorrenti; ha come effetto quello di far aumentare il peso apparente del disco dal lato esterno,
362
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
363
DINAMICA APPLICATA
CAPITOLO XVIII
DINAMICA APPLICATA
SOMMARIO:
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
Equazioni cardinali.
Ricerca delle reazioni vincolari.
Energia cinetica.
Energia cinetica di un monocilindro.
Teorema dellenergia cinetica.
Equazione dellenergia.
Uniformazione.
364
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
fermano che, istante per istante, un sistema preso nel suo complesso, ma
anche ciascuna sua parte che da esso sia stata enucleata, deve essere in
equilibrio sotto l'azione di tutte le forze; ossia devono contemporaneamente essere verificate le equazioni:
&
&
&
F (a ) + F (v ) + F ' = 0
&
&
&
M o( a ) + M o( v ) + M 'o = 0
(1)
&
&
dQ
F'=
;
dt
&
dK o &
&
&
M 'o =
v o Q;
dt
&
& ( a ) & ( v ) dQ
F +F =
dt
(2)
&
& (a)
& ( v ) dK o &
&
Mo + Mo =
+ vo Q
dt
(3)
&
&
&
F (v) = F (a ) F '
&
&
&
M o( v ) = M o( a ) M ' o
(4)
si nota bene come una parte delle reazioni vincolari sia causata dalla
presenza delle forze attive, mentre una seconda parte (sollecitazione dinamica) sia dovuta alla presenza delle azioni dinerzia.
In tal senso, un
solo se nullo
& sistema si dir dinamicamente equilibrato
&
il risultante F' e contemporaneamente il risultante M ' o .
365
DINAMICA APPLICATA
&
&
&
F ( v ) = ( F ( a ) + F ')
&
&
&
M o( v ) = ( M o( a ) + M ' o )
(5)
Non
& ( a ) avendo
& ( a ) ipotizzato la presenza di azioni esterne sar senzaltro
F = M = 0 , ed inoltre poich il baricentro coincide con un punto
&
dellasse di rotazione (considerato indeformabile) sar anche a G = 0 e
&
di conseguenza F'= 0 .
Le (5) si ridurranno pertanto a:
&
F (v ) = 0
&
&
M o( v ) = M ' o
(6)
da cui emerge subito che il risultante delle reazioni vincolari sar nullo,
e che il momento delle reazioni vincolari sar causato esclusivamente
dal momento risultante delle forze dinerzia.
Ne segue che questultimo dar luogo, in O1 e in O2, a due forze eguali
ed opposte che costituiranno una coppia.
Che debba essere necessariamente cos si pu dedurre osservando che il sistema delle forze dinerzia cui risulta soggetta ciascuna delle
due met del disco tagliato, nel piano &di figura, dallasse
& di rotazione
&
&
pu essere ricondotto ai due vettori F '1 = m1 a G1 ed F ' 2 = m2 a G2 ,
applicati rispettivamente nei punti G1 e G2, eguali e di verso opposto;
inoltre poich i punti G1 e G2 non sono allineati sulla stessa perpendico-
366
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
& (v)
&
& &
M G = M ' G = K G + K G
(7)
Rispetto agli assi prescelti la velocit angolare del disco sar espressa
da:
&
&
&
= 1 cos i1 + 1 sen j1
p = 1 cos
q = 1 sen
r=0
che sono costanti essendo 1=cost e invariabile
l'angolo .
&
&
&
&
&
K G = Api1 + Bqj1 + Crk1 =
&
&
&
&
= A1 cos i1 + B1 sen j1 = 1 ( A cos i + B sen j1 )
&
i1
&
&KG = 12 cos
A cos
&
j1
sen
B sen
&
k1
0 =
0
& 1
&
= 12 ( B sen cos A sen cos ) k1 = 12 ( B A) sen 2 k1
2
&
&
&
1
& &
M G( v ) = M ' G = K G = 12 ( B A) sen 2 k 1
2
(8)
367
DINAMICA APPLICATA
A=m
r2
;
2
r 2 h2 m
B = C = m + = ( 3r 2 + h 2 )
4 12 12
e quindi :
m 2
r2 m 2
2
B A = ( 3r + h ) m = ( h 3r 2 )
12
2 12
Quindi la (8) in definitiva:
&
&
&
m 2
& &
( h 3r 2 )12 sen 2 k1
M G( v ) = M ' G = KG =
24
(8')
Il verso del vettore momento dipende dal segno della differenza (h2-3r2)
e quindi dalla geometria del disco.
Si deduce, in particolare, che il verso del vettore momento sar positivo
o negativo a seconda se rispettivamente h > 3 r oppure h < 3 r ;
in altre parole, il momento risultante delle forze dinerzia, per un cilindro di piccolo
Figura 2spessore rispetto al raggio (disco), tender ad annullare langolo , mentre
per un cilindro di grosso
spessore (rullo) tender
ad esaltarlo.
D'altra parte, in virt
dellipotesi di indeformabilit dell'asse di rotazione, gli assi delle coppie rotoidali in O1 ed O2 coincidono con l'asse
stesso e le reazioni vincolari quindi staranno in piani perpendicolari a
questo; per cui :
&
&
M G( v ) k1 = l k1
se indichiamo con l la lunghezza dell'albero e con il modulo della reazione vincolare; quest'ultima sar comunque un vettore rotante (fig. 2)
&
con la stessa velocit angolare 1 del disco.
Dalla (8') avremo quindi, nel riferimento fisso:
368
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
&
& m 2 2
&
1 ( 3r h 2 ) sen 2 cos(1t ) j
O1 j = O2 j =
24l
&
&
&
& m 2 2
&
1 ( 3r h 2 ) sen 2 sen(1t ) k
O1 k = O2 k =
24l
e ci mostra come, in definitiva, si generino sui sopporti delle sollecitazioni variabili nel tempo con legge sinusoidale capaci, quindi, di indurre
delle vibrazioni.
3. - Energia cinetica.
Se una massa puntiforme m dotata di una velocit assoluta
&
v 0, si attribuisce ad essa, istante per istante, lenergia cinetica:
T=
1 2
mv
2
(9)
T = Ti =
i
1
mi v12
2 i
T=
&
1 2
v dm
2S
(10)
1
1
T = mv 2A + ( Ap 2 + Bq 2 + Cr 2 2 A' qr 2 B' pr 2C ' pq ) +
2
2
(11)
&
&
+ m( G A) ( v A )
La (11) mostra come lenergia cinetica del rigido in questione risulta
composta da tre termini: il primo addendo rappresenta lenergia cinetica
che il rigido avrebbe se la sua massa fosse tutta concentrata in un punto
369
DINAMICA APPLICATA
A del rigido e si muovesse del solo moto traslatorio di questo; il secondo addendo rappresenta quella che il rigido avrebbe se A fosse fisso ed
&
il moto avvenisse intorno ad esso con velocit angolare ; il terzo addendo un termine aggiuntivo che dipende contemporaneamente sia dal
moto di A che dalla rotazione intorno ad A.
Se, tuttavia, nel calcolo di T, invece di un generico punto A, si
sceglie, come punto cui riferire il moto, proprio il suo baricentro G, oppure un punto A che sia fisso, il terzo addendo sar nullo e la (11) diventa:
T=
1 2 1
mv + ( Ap 2 + Bq 2 + Cr 2 2 A' qr 2 B' pr 2C ' pq ) (12)
2 G 2
T=
1 2 1
mv + ( Ap 2 + Bq 2 + Cr 2 )
2 G 2
(13)
Sia per la (12) che per la (13) vale, infine, la forma ancora pi sintetica
che si ottiene ricordando lespressione della quantit di moto e del momento della quantit di moto per un rigido e che p, q, ed r sono le com&
ponenti della rotazione del rigido. Si potr scrivere:
T=
1&
1 & & & &
&
v G ( mv G ) + ( pi + qj + rk ) K G =
2
2
& & &
1 &
= ( v G Q + KG )
2
(14)
370
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
T =
1
a q q + bh q h + T0
2 h ,k hk h k
h
(15)
Nel caso particolare in cui si abbia a che fare con un sistema i cui vincoli siano indipendenti dal tempo, tutte le bh e la T0 sono nulle, e
lespressione precedente si riduce solamente a:
1
a q q
2 h ,k hk h k
T =
(16)
che una funzione quadratica omogenea delle qh definita positiva (essendo T>0).
Dalla espressione della energia cinetica di un sistema qualsiasi
possibile ricavare una importante propriet.
Se si deriva rispetto al tempo lenergia cinetica scritta per un sistema di
masse puntiformi, si ottiene:
dT 1 d
& &
& &
mi vi vi = mi a i vi
=
dt 2 dt i
i
&
&
ed allora, poich : Fi ' = mi ai , dalla (17) si ricava:
& &
dT = Fi 'vi dt = dL'
(17)
(18)
dT
& &
&
&
&
= mi a i vi = mi ai v O + ( Pi O) =
dt
i
i
& &
& &
= mi a i v O + mi ai ( Pi O)
dT
& &
& &
= mi a i v O + mi ai ( Pi O) =
dt
i
i
& &
& &
= mi a i v O + ( Pi O) mi a i =
i
i
&
&
& &
&
& &
& dQ & dK O &
= F 'v O M ' O =
vO +
+ vO Q
dt
dt
371
DINAMICA APPLICATA
& &
&
&
dT = F 'v O dt M ' O dt = dL'
(19)
Se poi, invece che al generico punto O, si fatto riferimento al baricentro G, la (19) sar da scrivere come:
& &
&
&
dT = F 'v G dt M ' G dt = dL'
d T T
L'i =
qh
dt qh qh
(20)
Q'i =
d T T
L'i
=
qh
dt qh qh
(21)
372
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
di moto alterno. Per quanto detto, lenergia cinetica del meccanismo sar data dalla somma delle energie cinetiche dei singoli membri e pertanto sar:
T = Tm + Tb + Ts
(22)
Tm =
1 2 1
2
Cr = I m 1
2
2
(23)
Tb =
1
1
mb v G 2 + I b 2
2
2
(24)
1
ms v B2
2
(25)
1
1
1
1
2
2
2
I m 1 + mb vG + I b 2 + ms v B
2
2
2
2
(26)
Ts =
La (22), allora, si scriver:
T=
xG = r1 cos 1 + l2 cos
yG = r1 sen 1 l2 sen
e quindi, ricordando che:
sen = sen 1
(27)
373
DINAMICA APPLICATA
x G = r1 cos 1 + l2 1
sen 2 1
2
2
l sen 2 1 =
x G = 1r1 sen 1 1
2 2
l2
sen 2 1
= 1r1 sen 1 +
2l
l1
y G = l1 1 cos 1 = 1r1 l cos 1
ed allora:
v G 2 = x G 2 + y G 2 =
2
l2
2 l22
2
sen 1 sen 2 1 +
sen 1 +
2 sen 2 1
l
4l
= 12 r12 2
l1
2
+ cos 1
l2
(28)
cos 1
d
= 1
1 cos 1
dt
cos
(29)
2
2
2
2
2 2 1
2
1 cos 1 1 r1 2 cos 1
l
Allora, ricordando che si gi posto m'b = mb l1 l ; m"b = mb l2 l , la
+ I b 2 cos2 1
(30)
374
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
2
ed, elevando al quadrato, sostituire nella (31), ottenendo:
2
1
2
Ts = ms r1 sen 1 + sen 1 sen 2 1 +
sen 2 2 1 12
2
4
(31)
T=
1
a(1 )12
2
(32)
in cui :
1 2
1
( I b + mb l12 ) + r12 ( mb + ms ) + 4 ( l22 mb + ms l 2 )
2
8
1
1
A1 = r12 ( m"b + ms );
A2 = 2 ( I b + mb l12 ) r12 ( mb + ms )
2
2
1
1
A3 = r12 ( m"b + ms );
A4 = 4 ( l22 mb + ms l 2 )
2
8
A0 = I m +
Si noti che la (32) proprio della forma della (16), come doveva essere.
Infatti il monocilindro ha vincoli indipendenti dal tempo, ed inoltre, ha
un solo grado di libert la cui coordinata lagrangiana q1 = 1 con
q1 = 1 .
La componente lagrangiana delle forze dinerzia pu essere
quindi calcolata direttamente dalla (32), essendo:
T
T
=
= a( 1 ) 1
q1 1
T
T 1 d a( 1 ) 2
1
=
=
q1 1 2 d 1
Da qui, se si suppone che sia 1=cost, si ha:
da ( 1 ) d 1
da ( 1 ) 2
d T da ( 1 )
1 =
1 =
=
dt q 1
dt
d 1 dt
d 1 1
375
DINAMICA APPLICATA
e pertanto:
d a ( 1 ) 2 1 d a ( 1 ) 2
1 d a ( 1 ) 2
1
1 =
1
Q' =
2 d 1
2 d 1
d 1
dq1
dL'
dT
1 da ( 1 ) 2 d 1
1 da ( 1 ) 3
1
1 =
(33)
= Q'
=
=
dt
dt
dt
dt
2 d 1
2 d 1
Se invece non 1=cost, dovr essere:
da( 1 )
da( 1 ) 2
d T
1 =
+ a( 1 )1
= a( 1 )1 +
dt q 1
dt
d 1 1
e quindi, per la componente lagrangiana delle forze dinerzia:
d a ( 1 ) 2
1 d a ( 1 ) 2
1 + a ( 1 )1
1
Q'=
2 d 1
d 1
ossia:
1 da ( 1 ) 2
Q'= a ( 1 )1 +
2 d 1 1
d 1
dL'
dT
1 da ( 1 ) 2
1 1 =
= Q'
= a ( 1 )1 +
dt
dt
dt
2 d 1
(34)
&
&
&
Fi ( a ) + i( v ) + F 'i = 0
376
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
&
&
& &
&
&
Fi ( a ) vi dt + i( v ) vi dt + F 'i vi dt = 0
dL( a ) + dL(v ) = dT
(35)
dU = dT
ovvero:
d (T + U ) = 0
Si ottiene allora:
(36)
377
DINAMICA APPLICATA
T + U = cost = E
(37)
6. - Equazione dellenergia.
Consideriamo un& sistema meccanico qualsiasi, cui siano appli( )
cate delle forze esterne F e e che possegga una energia interna (elastica, termica, ecc.) complessivamente pari ad U.
A detto sistema possiamo fornire dallesterno una certa quantit di energia E, di qualsiasi tipo.
Nellintervallo di tempo dt, le forze esterne applicate al sistema
compiranno allora il lavoro elementare dL(e) e la sua energia interna varier di dU; nello stesso tempo, lenergia cinetica del sistema subir una
variazione dT.
Per il principio di conservazione dellenergia dovr essere:
dE + dL( e ) = d (T + U )
(38)
dQ = dL( e) + dU
b)
Daltra parte, se il sistema meccanico costituito soltanto da
membri rigidi, o che comunque possono essere considerati incomprimibili, dE=dU=0, dovr comunque essere per il teorema dellenergia cinetica:
dL( e) + dL(i ) = dT
(i)
(39)
378
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
oppure anche:
dL( e ) + dL(wi) = d ( T + U * )
(40)
()
dL( e) + dLU(i ) = dU
dalla (40) si ha d(T+U)=0 e quindi lintegrale primo dellenergia per i
sistemi conservativi:
T + U = cost
c)
dE + d ( T + U * ) dL(wi) = d ( T + U )
e cio:
dE = dL(wi) + d (U U * )
(41)
Ci mostra che se si apporta energia dallesterno ad un sistema meccanico, per il quale risulti gi verificato il teorema dellenergia cinetica,
essa non andr ad incrementare lenergia cinetica del sistema stesso ma
andr ad incrementare solamente lenergia dissipata e ad aumentare il
livello di energia correlato a forze interne di varia natura, con esclusione
di quelle che ammettono potenziale.
Nello studio dinamico delle macchine possibile avere
lequazione pura del moto attraverso lapplicazione dellequazione
dellenergia solo se il sistema di cui si vuole studiare il moto ha un solo
grado di libert e se i vincoli sono indipendenti dal tempo e privi di attrito.
Tra queste condizioni, generalmente le prime due sono facilmente soddi-sfatte, mentre la terza una semplice astrazione.
Solo quando si abbia a che fare con attrito di tipo viscoso, esprimibile con una relazione a coefficienti noti in funzione della velocit
relativa fra i punti di contatto, possibile pervenire ugualmente alla equazione pura del moto.
In questo caso, infatti, si potr scrivere per il lavoro elementare dissipato
per attrito:
2
dL(wi ) = ( q )qdt
= q dt
379
DINAMICA APPLICATA
( )
dL(me ) = Qm dq = Qm qdt
dL(ue ) = Qu dq = Qu qdt
(42)
dL(Ui) = dU * = Q * dq = Q * qdt
(43)
T=
1
a( q )q 2
2
e quindi:
dT dT
1 da( q ) 2
q = a( q ) q +
q q
=
dt dq
2 dq
Qm q + Qu q + Q*q q 2 = Q' q =
dT
q
dq
(44)
ossia:
Qm + Qu + Q * q =
dT
1 da( q ) 2
q
= a( q ) q +
dq
2 dq
(45)
380
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
7. - Uniformazione.
Consideriamo un motore monocilindro (fig.4) in cui la pressione
agente sullo stantuffo, di
superficie S, sia (p-pe), e
sia Cr la coppia resistente
(utile) applicata allalbero
di manovella, mentre si
considera nullo lattrito
negli accoppiamenti ed assente qualsiasi altra causa
di perdita.
Il sistema ha un solo grado
di libert e scegliamo coFigura 4
me coordinata lagrangiana
q langolo di manovella
1; sia p che Cr sono quindi funzioni di 1; sar cio p=p(1) e
Cr=Cr(1).
Calcoliamo le componenti lagrangiane delle forze attive.
La forza motrice agente sullo stantuffo sar da scrivere come:
&
&
Fm i = ( p pe ) S i
(46)
& &
diretta lungo lasse delle x e tale che sia comunque Fm x > 0 .
dL(me)
dx S
Qm =
= ( p pe ) S
dq
d 1
dL(ue)
C r d 1
Qu =
=
= Cr
dq
d 1
Ed allora, essendo:
dx s dx s d 1 dx s
=
=
dt
d 1 dt
d 1 1
(47)
381
DINAMICA APPLICATA
dx s v B
=
= r1 sen 1 + sen 2 1
d 1 1
2
(48)
2
Qu = Cr ( 1 ) = Cr
(49)
T=
1
a ( 1 )12
2
dT 1 d
a( 1 )12
=
d 1 2 d 1
(50)
Qm + Qu =
dT
1 d
a( 1 )12
=
d 1 2 d 1
ed osservando che sia Qm che Qu dipendono soltanto da 1, si pu scrivere lequazione del moto:
2Q( 1 ) d 1 = d a( 1 )12
(51)
20 Q( 1 )d 1 = a( 1 )12 a( 0)02
1
dove:
a( 0) = A0 + A1 + A2 + A3
il valore assunto dalla a(1) per 1=0.
(52)
382
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
( 1 ) =
2
1
2 Q( 1 )d 1
0
a( 1 )
a (0) 2
f ( 1 )
a ( 1 ) 0
(53)
t=
d 1
(54)
1 ( 1 )
che consente infine di avere la legge di variazione della velocit angolare in funzione del tempo.
Ora, fin qui non stata fatta nessuna ipotesi circa il modo di variare delle funzioni (p-pe) e della Cr e quindi non pu dirsi nulla su quale possa essere landamento, nel tempo, della funzione 1(1).
Ci che per certo che, se la macchina a regime, la sua velocit angolare, o dovr essere costante oppure dovr variare ma in modo periodico, ossia in modo tale da riassumere sempre il medesimo valore dopo
una data rotazione che si pu indicare con : dovr cio essere, necessariamente, o 1=cost oppure 1 1 = 1 1 + .
Tuttavia pi verosimile la seconda ipotesi dal momento che
tutte le funzioni che concorrono a determinare la variazione di 1,
[p( 1 ) , Cr( 1 ), a( 1 )], sono generalmente periodiche.
Affinch la 1( 1 ) sia periodica, dalla (53) discende che, al termine di
una rotazione della manovella, deve essere:
( )
a (0) 2
a( ) 0
12 ( ) =
e perch ci sia possibile, dal momento che la a( 1 ) sicuramente periodica, dovr essere:
Q( )d
1
=0
(55)
ossia:
Q ( )d = Q ( )d
m
(56)
383
DINAMICA APPLICATA
cio che, nel periodo angolare il lavoro compiuto dalle forze motrici deve essere uguale al lavoro compiuto dalle forze resistenti.
Verificato ci, si avr anche:
d 1 2d 1 3 d 1
= = == t
1
1
1
2
0
I=
max min
m
(57)
m =
max + min
2
(58)
essendo:
Lespressione (58) valida se, come nel caso in questione, lo scarto fra le ve-
1
(1 )d1
0
384
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
1
1
T = a( 1 )12 ( 1 ) = Q( 1 )d 1 + a (0)02
2
2
0
(57)
1
T = a( 1 )12 ( 1 ) = F ( 1 )
2
avendo posto:
1
1
F ( 1 ) = Q( 1 )d 1 + a( 0)02
2
0
(58)
385
DINAMICA APPLICATA
tan =
F( P) 1 2
= ( P)
a( P ) 2 1
(59)
Se si indicano con max ed min i valori degli angoli delle rette che, uscendo da O, risultano tangenti alla curva, rispettivamente nella parte
pi alta e nella parte pi bassa, si avr ovviamente:
1 2
1 max
2
1
= 12min
2
tan max =
tan min
(60)
I=
=
2
2
max min 2( max min ) 2( max min )
=
=
=
m
max + min
(max + min ) 2
2( 2max 2min )
sar anche:
I =
=
=
(61)
386
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
s1 = a tan min =
1 2
a
2 min
(60)
s2 = a tan max =
1 2
a
2 max
(60)
ne segue che lordinata del punto medio Pm del segmento P1P2 sar:
sm =
s1 + s2 1
= a( 2max + 2min )
2
4
1
a(2max 2min )
s2 s1
2max 2min
2
=
= 2
1
2 sm
max + 2min
2 a( 2max + 2min )
4
(61)
2 max = m ( 2 + I )
2 min = m ( 2 I )
e poi:
I
max = m 1 +
2
I
min = m 1
2
Pertanto, elevando al quadrato, si
ha:
Figura 6
387
DINAMICA APPLICATA
2
max
I2
= 1 + I + m2 (1 + I )
4
2
min
I2
= 1 I + m2 (1 I )
4
2
m
(61)
2
m
e quindi:
s2 s1
2 sm
b)
Il problema del calcolo del momento dinerzia Jv da assegnare al
volano per ottenere il grado di irregolarit periodica, I, desiderato, si risolve facilmente quando si tiene presente che il calettamento sullalbero
di rotazione della macchina di una massa con un momento di inerzia costante modifica la funzione a(1) in una:
a ' ( 1 ) = a( 1 ) + J v
(62)
1
1
T = a( 1 ) + J v 12 ( 1 ) = Q( 1 )d 1 + [a ( 0) + J v ]02
2
2
0
(63)
Indicando, allora, con T0 lenergia cinetica della macchina priva del volano, ossia:
1
1
1
T0 = a( 1 )12 ( 1 ) = Q( 1 )d 1 + a (0)02
2
2
0
(63')
T =
1
J 2
2 v 0
ossia la (63) :
T = T0 +
1
J v 12 ( 1 )
2
388
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
1
1
1
F ' ( 1 ) = Q( 1 ) d 1 + a( 0)02 + J v 02 = F ( 1 ) + J v 02 (64)
2
2
2
0
incrementandosi quindi di una quantit costante che, ovviamente, non
avr alcuna influenza sulla forma del diagramma delle forze vive tracciato per la macchina senza
volano.
Si comprende allora che la
(63), di fatto, rappresenta
ancora lo stesso diagramma
polare delle forze vive ma
(fig.7) tracciato in un sistema di assi la cui origine O
traslata della quantit Jv
sulle ascisse e T sulle ordinate.
Si pu calcolare, allora, la
(63') con un valore arbitraFigura 7
rio 0n della velocit angolare iniziale (per esempio la
velocit angolare media nominale della macchina), ossia come:
1
1
1
T0 = a( 1 )12 ( 1 ) = Q( 1 ) d 1 + a (0)02n
2
2
0
(63")
2max 2m (1 + I )
2min m2 (1 I )
(65)
389
DINAMICA APPLICATA
(66)
Jv =
T =
2
m
(1 + I 2 )( x 0m x 0 M )
4I
(68)
T = T T0 =
1
1
1
J v 12 ( 1 ) = [ a( 0) + J v ]02 a( 0) 02n =
2
2
2
1
= [a( 0) + J v ]02 a( 0)02n
2
(69)
02 =
2 T + a( 0)02n
a( 0) + J v
(70)
390
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
391
DINAMICA APPLICATA
Appendice
T=
1
mi v12
2 i
si consideri che per ciascun punto Pi, per la formula fondamentale dei moti rigidi, si pu scrivere:
& &
&
vi = v A + ( Pi A)
Si avr allora:
] [
&
[ ( P A)]
& &
&
&
&
&
vi2 = vi vi = v A + ( Pi A) v A + ( Pi A) =
2
&
&
= v 2A + ( Pi A) + 2v A
(1)
&
Se, ora, si indicano con u, v, w, le componenti della velocit v A secondo un riferimento Axyz con origine in A e direzioni degli assi invariabili rispetto al riferimento fisso, e se si indicano con p, q, r, le componenti della velocit angola&
re del rigido rispetto al medesimo riferimento, nella (1) si ha:
v 2A = u 2 + v 2 + w2
(2)
e poi:
[& ( P A)]
(3)
e infine:
&
&
&
&
v A ( Pi A) = ( Pi A) ( v A ) =
= xi ( vr wq ) + yi ( wp ur ) + zi ( uq vp)
392
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
T=
+
1 2
v dm +
2 AS
1 2
1
1
p ( y 2 + z 2 )dm + q 2 ( x 2 + z 2 ) dm + r 2 ( x 2 + y 2 )dm +
2 S
2 S
2 S
A = ( y 2 + z 2 ) dm;
B = ( x 2 + z 2 )dm;
C = ( x 2 + y 2 ) dm;
A'= yzdm;
B' = xzdm;
C ' = xydm;
&
&
&
m( G A) = xdmi + ydmj + xdmk
S
la (1) diventa:
1
1
T = mv 2A + ( Ap 2 + Bq 2 + Cr 2 2 A' qr 2 B' pr 2C ' pq ) +
2
2
(4)
&
&
(
)
+ m G A (v A )
393
DINAMICA APPLICATA
T =
1
a q q + bh q h + T0
2 h ,k hk h k
h
(5)
Pi = Pi ( q1 , q 2 , q 3 ,... q n ; t )
e a ciascun punto compete una velocit data da:
&
vi =
Pi
q
h =1
q h +
Pi
t
(6)
1 s & & 1 s n Pi
Pi n Pi
P
T = mi vi vi = mi
qh +
q k + i =
2 i =1
2 i =1 h =1 qh
t k =1 qk
t
=
2
n
n
1 s n Pi
Pi
Pi
Pi Pi
m
q
q
q
2
q h t t
2 i =1 i h =1 qh h k =1 qk k
h =1
h
a hk = mi
i =1
To =
Pi Pi
;
qh qk
1 s Pi
m
2 i =1 i t
bh = mi
i =1
Pi Pi
;
qh t
394
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
1
I 2 +
2 m 1
mb r12 sen 2 1 + m"b r12 sen 1 sen 2 1 +
3
1
2
2
r1l2 m"b sen 2 1 + 12 +
+ +r1l1 m'b cos 1 +
2
4
+ I 2 cos2
1
b
T=
(7)
2
1
sen 2 2 1 12 =
+ ms r12 sen 2 1 + sen 1 sen 2 1 +
2
4
1
a( 1 )12
2
ed , raggruppando i coefficienti:
2
3
2
2
+
r1l2 m"b +ms r1
sen 2 1 =
4
4
= I m + r12 ( mb + ms ) sen 2 1 +
(I
+ mb l12 ) cos2 1 +
(8)
(l
2
2
mb + ms l 2 ) sen 2 1 cos2 1 =
b0 = r12 ( mb + ms );
( I + m l );
= ( l m + m l );
b1 =
b3
2
b 1
2
2
(9)
a( 1 ) = I m + b0 (1 cos2 1 ) + b1 cos2 1 +
(10)
395
DINAMICA APPLICATA
n
n
cos( n) = cosn sen 2 cos n 2 + sen 2 cos n 4 ....
2
4
per cui :
1
(cos 2 + 1)
2
1
cos3 = ( cos 3 + 3 cos )
4
1
cos4 = ( cos 4 + 4 cos 2 + 3)
8
cos 2 =
(11)
a( 1 ) = I m + b0 + b2 cos 1 +
1
(b b + b )(cos 2 1 + 1) +
2 1 0 3
1
1
b2 ( cos 3 1 + 3 cos 1 ) b3 ( cos 4 1 + 4 cos 2 1 + 3) =
4
8
1
3
3
= I m + b0 + (b1 b0 + b3 ) b3 + b2 b2 cos 1 +
2
8
4
1
1
1
+ ( b1 b0 + b3 b3 ) cos 2 1 b2 cos 3 1 + b3 cos 4 1 =
2
4
8
1
1 1
= I m + b0 + b1 + b3 + b2 cos 1 +
2
4 4
1
1
1
+ ( b1 b0 ) cos 2 1 b2 cos 3 1 b3 cos 4 1
4
8
2
Infine, tenendo conto delle (9), i coefficienti della funzione a(1) saranno:
A0 = I m +
A1 =
1 2
1
( I b + mb l12 ) + r12 ( mb + ms ) + 4 ( l22 mb + ms l 2 )
2
8
1 2
r ( m"b + ms );
2 1
A2 =
1 2
( I b + mb l12 ) r12 ( mb + ms )
2
396
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
1
A3 = r12 ( m"b + ms );
2
1
A4 = 4 ( l22 mb + ms l 2 )
8
Uniformazione
In generale, la (51) si pu integrare facilmente se si pu porre la componente
lagrangiana delle forze attive, nella forma:
Q( ) = f 1 ( ) 2 + f 2 ( )
(12)
2[ f 1 ( ) 2 + f 2 ( )] =
d a( ) 2
d 2
+ a( )
d
d
2 2 f 2 ( )
d 2
1 d a( )
(
)
f
2
+
1
= a( )
d a( ) d
(13)
oppure, sinteticamente:
d 2
+ g1 ( ) 2 = g2 ( )
d
avendo posto:
g1 ( ) =
1 d a( )
2 f 1 ( )
a( ) d
2 f ( )
g2 ( ) = 2
a( )
(14)
12 = e
g1 ( ) d
0
g1 ( ) d
2
0
+ g ( )e
d
0
2
(15)
397
DINAMICA APPLICATA
[ f ( )
1
2
1
+ f 2 ( )]d = 0
Nel caso particolare in cui nella (12) sia f1()=0, nella (14) si avr:
g1 ( ) =
1 d a( )
a( ) d
e nella (15):
a( )
1 d a( )
d a( )
d =
= log
( )
( ) d
a( 0)
0 a
0 a
g1 ( )d =
0
12 =
=
a( 0) 2
f 2 ( ) a( )
d =
2
0 +
( ) a( 0)
a( )
0 a
a( 0) 2
2
f 2 ( )d =
+
0
a( )
a( 0) 0
a( 0) 2
2
+
=
f ( )d
a( ) 0 a( ) 0 2
398
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
399
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
CAPITOLO XIX
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
SOMMARIO
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
Introduzione.
Richiami di cinematica del moto armonico.
Moti periodici non armonici.
Composizione di moti armonici.
Lavoro di una forza in un moto armonico.
Le caratteristiche elastiche e la loro combinazione.
Vibrazioni libere senza smorzamento.
Vibrazioni di masse su sopporti elastici.
Vibrazioni di sistemi ad un grado di libert.
Vibrazioni libere con smorzamento viscoso.
Vibrazioni forzate senza smorzamento.
Vibrazioni forzate con smorzamento di tipo viscoso.
Isolamento dalle vibrazioni.
Vibrazioni di sistemi su sopporto mobile.
Sismografi e accelerometri.
1. - Introduzione
Lo studio delle vibrazioni, nella meccanica applicata, costituisce quel particolare capitolo della dinamica che tratta essenzialmente
del moto vibratorio di sistemi meccanici di vario tipo (organi di macchine o macchine nel loro complesso).
Affinch sia possibile che si manifesti un moto vibratorio necessario che del sistema faccia parte almeno un membro cui sia possibile attribuire caratteristiche elastiche, e che al sistema sia applicata
almeno una forza (o una coppia) non costante, variabile nel tempo con
legge periodica.
La caratteristica elastica (solo nell'ambito della validit della
legge di Hooke) pu essere individuata nella elasticit propria del mate-
400
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
riale che costituisce il sistema o uno dei suoi membri, oppure in quella
di un singolo elemento del sistema stesso (per es. una molla); talvolta
tale caratteristica surrogata dal manifestarsi, durante il moto, di particolari forze che tendono (come nel caso del pendolo) a riportare il sistema nella configurazione di equilibrio statico.
In generale tale caratteristica pu sempre essere sintetizzata (nell'ambito
della validit della legge di Hooke) in una costante elastica, indicata di
solito con la lettera k, che identifica o un legame forza/spostamento
(misurata in kg/m 9.81N/m) o un legame momento/rotazione (misurata in mkg 9.81 Nm).
Quando si ha a che fare con sistemi reali necessario tener conto anche di una caratteristica dissipativa ossia il destarsi, con il moto,
di forze che si oppongono al moto stesso ed il cui effetto quello di limitare l'ampiezza del moto oscillatorio del sistema (smorzatori).
Il pi comune lo smorzatore di tipo viscoso in cui le forze che si oppongono al moto sono proporzionali alla velocit.
In tal caso la caratteristica dissipativa del sistema viene sintetizzata in
un coefficiente di smorzamento viscoso, (effettivo o equivalente) che
si indica, in genere, con la lettera c [kg s/m 9.81 Ns/m], e che rappresenta appunto un legame forza/velocit.
Si possono avere, tuttavia, anche smorzatori di tipo particolare
in cui la forza che si oppone al moto dipende dal quadrato della velocit.
Costituisce una caratteristica dissipativa anche la presenza dell'attrito asciutto negli accoppiamenti fra i vari membri di una macchina,
come pure l'effetto del verificarsi di cicli di isteresi nel materiale (smorzamento strutturale).
In ogni caso, insieme agli elementi con caratteristica elastica ed,
eventualmente, a quelli con caratteristica dissipativa, devono ritrovarsi,
nel sistema, anche uno o pi elementi massivi (come per un qualsiasi
problema di dinamica).
A tutti questi elementi, masse, molle, smorzatori, si d genericamente il nome di parametri del sistema.
I sistemi reali sono, generalmente, molto complessi in quanto
risultano costituiti da membri diversi con caratteristiche dinamiche per
lo pi diverse fra loro. Solo la conoscenza di queste caratteristiche consente di operare quella idealizzazione che prende il nome di modello
matematico.
La scelta di procedere ad una analisi dinamica pi approfondita
pu anche imporre di tener conto della circostanza che i membri di un
sistema, considerati membri rigidi nell'ambito dell'analisi cinematica, di
fatto sono deformabili; e ci implicher il dover sostituire lo studio di
un sistema a parametri concentrati (o sistema discreto) con lo studio
di un sistema a parametri distribuiti (o sistema continuo). Ne conse-
401
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
gue che i gradi di libert del sistema non possono pi essere quelli previsti dalla cinematica dei sistemi rigidi: per ogni sistema continuo si dovranno considerare infinite masse elementari opportunamente vincolate
fra loro e in moto relativo; inoltre, mentre i sistemi discreti sono descritti da equazioni differenziali ordinarie, i sistemi continui sono descritti,
generalmente, da equazioni differenziali alle derivate parziali.
Comunque il sistema sia costituito, si potr dire che esso soggetto a vibrazione quando almeno uno dei suoi punti presenta un moto
nell'intorno di una data configurazione di equilibrio, moto che si ripete con le medesime caratteristiche dopo un intervallo di tempo ben
definito; tale intervallo di tempo prende il nome di periodo [T] della
vibrazione, e, nel caso pi semplice, l'intervallo di tempo in cui si
compie una oscillazione completa.
Frequenza della vibrazione [f = 1/T] il numero delle oscillazioni complete per unit di tempo e si misura in Hertz (Hz); pi in generale il numero di volte in cui il moto del sistema si presenta con le
medesime caratteristiche in un prefissato intervallo di tempo.
Il moto vibratorio di un sistema dipende, in generale, da due particolari
valori di frequenza: la frequenza naturale (o frequenza propria) [fn]
che la frequenza con cui vibra un sistema che ha soltanto caratteristiche elastiche e non soggetto a forze esterne attive del tipo f(t); la frequenza eccitatrice (o frequenza forzante) [ff] che quella dell'azione
esterna, f(t), (quando esiste) che agisce sul sistema con variabilit periodica.
Quando i valori di tali frequenze coincidono (ff = fn) si ha la condizione
di risonanza, cui pu corrispondere una esaltazione dell'ampiezza del
moto vibratorio con possibile pericolo per la integrit del sistema.
Si comprende, quindi, l'importanza della determinazione della frequenza naturale in un sistema vibrante.
Una classificazione delle vibrazioni porta a distinguere fra vibrazioni libere e vibrazioni forzate: si dicono vibrazioni libere quelle
di un sistema che, allontanato, in qualche modo, dalla sua configurazione di equilibrio statico, viene lasciato libero di oscillare in assenza di
azioni eccitatrici esterne; si dicono vibrazioni forzate quelle di un sistema sottoposto invece all'azione di azioni eccitatrici esterne.
Si definiscono, infine, vibrazioni transitorie quelle la cui ampiezza varia nel tempo, o fino ad annullarsi, nel caso di vibrazioni libere, ovvero
fino a raggiungere l'ampiezza della vibrazione permanente, nel caso di
vibrazioni forzate. Il transitorio legato alla presenza, nel sistema, di
caratteristiche dissipative (per es. smorzatori), e pertanto esso una caratteristica di tutti i sistemi reali, siano essi in vibrazione libera o forzata..
402
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
x = X cos( t )
(1)
atta a rappresentare (fig. 1) uno spostamento x(t) il cui valore oscilla fra
gli estremi X e -X (X ampiezza della vibrazione) con un periodo angolare, di 2.
In termini di unit di tempo, allora, il periodo del moto oscillatorio descritto da una tale funzione sar:
T=
Figura 1
f =
1
=
T 2
Si pu ancora osservare che una funzione cos scritta assume che il valore del tempo t si sta misurando da un istante t0 in cui lo spostamento
presentava il suo valore massimo (per t0 = 0; x(t)=X); poich del tutto
arbitrario il modo di fissare l'origine dei tempi, la forma pi generale di
rappresentazione del moto armonico sar:
x = X cos( t + )
(2)
dove (angolo di fase) sta a indicare che l'origine dei tempi spostata
di un t = / rispetto all'istante in cui era x(t) = X, ossia che trovere-
403
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
Figura 2
x = X sen(t + ) = X cos( t + + 2)
e ci mostra come la velocit sia sfasata di /2 (sia in quadratura) rispetto allo spostamento: la velocit risulta nulla quando lo spostamento
pari all'ampiezza massima, risulta massima quando il punto attraversa
la posizione di equilibrio (x=0); l'accelerazione, data da:
f (t ) = A0 + A1 sen(t + 1 ) + A2 sen( 2t + 2 ) +
+ An sen( nt + n )
404
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
somma di n armoniche, dove i coefficienti A1, A2, ..., An sono le ampiezze delle singole armoniche componenti, e 1, 2, ..., n le rispettive
fasi.
Il primo termine della serie, A0, una costante e rappresenta, evidentemente, il valore medio della funzione f(t) durante un periodo: sar
quindi nullo tutte le volte che la f(t) sar simmetrica rispetto all'asse dei
tempi; i termini successivi costituiscono la prima armonica, la seconda,
..., la n-esima armonica.
Inoltre, poich possibile scrivere:
An = a n2 + bn2
tan n = bn a n
con:
an =
f (t ) sen nt dt ;
0
bn =
f (t ) sen nt dt ;
0
Queste ultime consentono, evidentemente, di calcolare le ampiezze delle singole armoniche che compongono la f(t).
405
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
x1 (t ) = X 1 cos t
x 2 (t ) = X 2 cos( t + )
se si fa riferimento alla rappresentazione vettoriale, il vettore somma X
avr come modulo la diagonale AC del parallelogramma ABCD la quale vale (teorema di Carnot):
AC = X =
X 12 + X 22 + 2 X 1 X 2 cos
Figura 5
tan =
X 2 sen
X 1 + X 2 cos
406
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
x (t ) = X cos(t + )
Allo stesso risultato, ovviamente, si perviene procedendo analiticamente
(v. Appendice A). Il moto risultante, in ogni caso, quello rappresentato nella fig.5.
Particolarmente interessante il caso in cui il moto di un punto
risulta dalla composizione di due moti oscillatori che non hanno la
medesima frequenza, cio dalla sovrapposizione di due frequenze diverse:
x (t ) = X 1 cos(1t + 1 ) + X 2 cos(2 t + 2 )
Si ha cos il fenomeno della modulazione (di ampiezza, di frequenza,
di fase); il moto risultante dipende fondamentalmente dai valori di 1
ed 2: se il loro rapporto non un rapporto razionale il moto risultante
non periodico.
In fig. 6 riportata, a titolo di esempio, l'oscillazione risultante da due
moti con particolari valori di frequenza, il cui rapporto non un numero
Figura 6
= 2 1
= 2 1
x (t ) = X (t ) cos(1t + )
con:
407
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
Figura 7
X (t ) =
X 12 + X 22 + 2 X 1 X 2 cos( t + )
e:
tan =
X 1 sen 1 + X 2 sen( t + 2 )
X 1 cos 1 + X 2 cos( t + 2 )
e ci mostra come, sia l'ampiezza che la fase del moto risultante, variano col tempo e con una frequenza pari alla differenza delle frequenze
dei moti componenti.
In fig. 8 sono messi a confronto tre casi in cui i moti componenti, pur avendo frequenza diversa, hanno la stessa ampiezza ma fase diversa (fig. 8,a), stessa fase ma ampiezza diversa (fig. 8,b), stessa
ampiezza e stessa fase (fig. 8,c).
Figura 8,a
408
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Figura 8,b
x1 (t ) = X cos(1t + 1 )
x 2 (t ) = X cos( 2 t + 2 )
si ottiene un moto risultante ancora del tipo:
x (t ) = X (t ) cos(t + )
Figura 8,c
in cui :
X (t ) = 2 X cos( t + )
=
409
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
x (t ) = X cos( t + )
pu essere rappresentata dalla parte reale della funzione complessa:
x (t ) = Xei ( t +)
essendo, come noto:
ei = cos + i sen
Sar cio:
x (t ) = [ x (t )]
F = F0 sen(t + )
il cui punto di applicazione abbia un moto del tipo:
x = x 0 sent
Lo spostamento elementare del punto di applicazione della F sar dato
da xdt e pertanto il lavoro compiuto da F durante un ciclo, in cui t varia fra 0 e 2, e quindi t varia fra 0 e 2/, sar dato da:
410
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
L/ c =
Fxdt =
1
F0 x 0 cos sen 2t d (t ) + F0 x 0 sen cos 2 t d (t )
2
0
0
L/ c = F0 x 0 sen
Tale risultato mostra che in definitiva il lavoro della forza. F dato
solamente da quella componente che risulta in fase con la velocit
del suo punto di applicazione.
Se la forza con pulsazione non fosse di tipo armonico il suo lavoro
nel ciclo, per uno spostamento armonico di pulsazione n del suo punto
di applicazione, sarebbe soltanto quello della componente della sua nesima armonica che risulta in fase con la velocit del punto stesso; il lavoro di tutte le altre componenti risulta nullo.
411
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
La convenienza di
poter disporre di un modello
matematico sufficientemente
agevole da gestire suggerisce
generalmente la ricerca di
uno schema semplificato del
sistema in esame; e uno dei
casi pi ricorrenti quello in
cui in uno stesso sistema sono
presenti pi elementi elastici
con costanti diverse. In tal
caso, nella equazione differenziale del moto, possibile
sostituirli con un unico elemento elastico equivalente di
costante keq il cui valore pu
essere definito a seconda di
come gli elementi originari
sono collegati fra loro.
Quand'anche gli elementi elaFigura 9
stici fossero in numero considerevole, il problema pu
sempre essere risolto per passi successivi ricercando via via il valore di
costanti elastiche parziali che andranno poi opportunamente combinate
fra loro; il valore di ciascuna di esse dipender dal fatto che il gruppo di
"molle" cui si riferisce siano collegate in serie oppure in parallelo (fig.
9).
Nel caso di un collegamento in serie di n molle (a), qualunque
sia l'allungamento x1, x2, ..., xn di ciascuna di esse, per il principio di
azione e reazione, dovr essere:
F1 = k 1 x1 = F2 = k 2 x 2 = = Fn = k n x n
ossia:
F = Fi = k i x i
e contemporaneamente l'allungamento complessivo della serie sar:
x = x1 + x 2 ++ x n
La molla da sostituire dovr avere una costante elastica (keq)s tale da reagire con una
F = F1 = F2 = = Fn
quando viene deformata di x, ossia:
412
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
( )
F = k eq
( ) (x
x = k eq
+ x 2 ++ x n )
Potendo scrivere:
x=
1
F1 F2
F
1
1
+
++ n = F + ++
k1 k 2
kn
kn
k1 k 2
1
( k eq ) s
1
1
1
+ ++
k1 k 2
kn
e pi in generale:
1
( k eq ) s
=
i =1
1
ki
Fi = k i x
La molla da sostituire dovr avere, in questo caso, una costante elastica
(keq)p tale da reagire, per l'allungamento x con una forza:
n
i =1
i =1
F = Fi = x ki = ( k eq ) p x
Se ne deduce che dovr essere:
n
( k eq ) p = ki
i =1
Agli identici risultati si giunge anche nel caso in cui si considerino barre di torsione in serie (c), o in parallelo (d): baster sostituire
i momenti alle forze e le rotazioni agli spostamenti e ripetere le analoghe considerazioni.
Un caso particolare di collegamento in serie, interessante perch corrisponde a casi frequenti nelle applicazioni, quello in cui i due
elementi elastici, siano essi molle ad elica o barre di torsione, non sono
collegati direttamente ma attraverso un dispositivo che impone ai loro
punti di connessione un dato rapporto di trasmissione.
Un tale dispositivo pu essere rappresentato schematicamente da una
leva, nel caso di molle ad elica, o da un accoppiamento dentato, nel caso di barre di torsione.
Nello schema di fig. 10 le due molle ad elica di rigidezza k1 e k2
413
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
FA = k1 x1
FB = k 2 x2
mentre, per l'equilibrio alla
rotazione della leva, deve
pure essere:
Figura 10
FA l1 = FB l2
ossia:
FA = FB = F
con
=l2/l1
xB x A x
=
=
l2
l1 l1
e quello complessivo del punto D, punto di applicazione della forza F,
sar:
x = x B + x2 = x1
l2
+ x2 = x1 + x2
l1
2 1
F
FA FB
= x = x1 + x2 =
+
= F +
k eq
k1 k 2
k1 k 2
e in definitiva:
1 2 1
= +
k eq k1 k 2
Ad analogo risultato si perviene nel caso di fig. 11 in cui le due
barre di torsione di rigidezza k1 e k2 sono collegate fra loro per mezzo
di una coppia dentata costituita dalle ruote A e B, e che realizza il rap-
414
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
porto di trasmissione:
z A C A rA B
=
= =
z B CB rB A
Indicando con 1e 2 le rotazioni relative fra le sezioni estreme delle due barre, per effetto della deformazione elastica, le loro condizioni di equilibrio si possono scrivere:
C A = k11 = k1 A
CB = Cm = k 2 2 = k2 ( B )
Figura 11
C A A = CB B
ossia:
C A = CB
B
= CB = Cm
A
= B + 2 = 1 + 2
Potremo allora scrivere:
2 1
Cm
C
C
= = A + B = Cm +
k eq
k1 k 2
k1 k 2
e quindi ancora:
1 2 1
= +
k eq k1 k 2
415
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
P k = 0
Figura 12
(3)
P
k
&
& &
F + F'= 0
&
&
F = P k ( x + )
&
&
F ' = ma G = mx
mx + kx = 0
che l'equazione differenziale del moto del corpo.
Dividendo quest'ultima per m, e ponendo:
n = k m
416
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
si avr:
Figura 13
x + 2n x = 0
(4)
2
x (t ) = X cos(n t + )
(5)
fn =
1 k
1
n
=
=
2 2 m 2
kg
1
=
P 2
Le tre forme in cui possibile esprimere la frequenza naturale del sistema mettono in evidenza che questa dipende esclusivamente dai parametri che caratterizzano il sistema (la molla e la massa) e pertanto
sufficiente la conoscenza di questi valori per arrivare alla sua determinazione; la pi significativa la terza, per la quale la lettura dell'allungamento della molla sotto l'azione del peso P del corpo in condizioni
statiche sufficiente per la determinazione della frequenza naturale del
sistema.
Si osserva in ogni caso come la frequenza naturale del sistema aumenta
al crescere della rigidit della molla, mentre diminuisce al crescere della
massa (o del carico).
La risposta effettiva del sistema dipende dal valore fissato per le
condizioni iniziali.
Se si abbandona il corpo con velocit nulla, ossia se, per t=0,
x=x0 e x = 0 , si ottiene:
417
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
x0 = X cos
0 = Xn sen
da cui si ottiene:
X = x0
= 0
e quindi:
x (t ) = x0 cos( n t )
Se invece all'istante iniziale si imprime al corpo una velocit v0
in corrispondenza ad una posizione x=x0, si avr:
x0 = X cos
v0 = Xn sen
e quindi una risposta del tipo (5) con:
X=
1
n
x02n2 + v02
(6)
v
= atan 0
n x0
mentre se la velocit v0 viene impressa in corrispondenza della posizione di equilibrio statico, x0=0, si avr:
0 = X cos
v0 = Xn sen
da cui:
X=
v0
;
n
3
;
2
x (t ) =
v0
sen( n t )
n
Le risposte corrispondenti a queste tre diverse condizioni sono rappresentate in fig. 13; si ipotizzato un sistema massa+molla la cui frequenza naturale risulta pari a 13,19Hz.
Si osserva chiaramente come il valore della velocit iniziale v0, oltre a
determinare il manifestarsi dello sfasamento, influenzi in modo determinante l'ampiezza della risposta.
418
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Il valore delle (6) dipende anche dal valore della frequenza naturale del
sistema; la fig. 14 mostra come il valore della velocit iniziale v0, che
Figura 14
419
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
k eq =
Pl 3
;
=
3EJ
k eq = 3
EJ
;
l3
n =
3EJg
;
Pl 3
n =
48 EJg
;
Pl 3
Pl 3
;
=
48 EJ
k eq = 48
EJ
;
l3
7 Pl 3
;
=
768 EJ
k eq =
768 EJ
;
7 l3
n =
768 EJg
;
7 Pl 3
1 Pl 3
;
192 EJ
k eq = 192
EJ
;
l3
n = 192
EJg
;
Pl 3
Per poter fare un confronto a parit di distanza del carico dai vincoli ha
senso considerare i valori che si ottengono nel caso a) per una lunghezza l0 = l 2 , ossia:
- a')
1 Pl03
1 Pl 3
;
=
=
3 EJ 24 EJ
k eq = 24
EJ
;
l3
n = 24
EJg
;
Pl 3
420
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
P r = k 0 b
L'allungamento
0
della molla equivale
ad una rotazione 0
della puleggia, tale
che sia 0b0, considerando 0 suffiFigura 16
cientemente piccolo
da confondere lecitamente l'arco con la sua tangente.
In tale ipotesi la condizione di equilibrio statico espressa dalla relazione:
P r = kb 2 0
(7)
& &
F + F'= 0
&
&
M + M'= 0
rappresentano le condizioni di equilibrio dinamico del sistema.
Conviene applicare tali equazioni separatamente, una volta alla massa m
ed una volta alla puleggia, pensando il sistema scomposto come indicato in figura.
Per il moto della massa m vale la prima delle due equazioni, in cui, indicando con T2 la tensione nel filo che sostiene la massa, :
421
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
F = P T2
F ' = my
che d:
P T2 my = 0
mentre per il moto della puleggia vale la seconda equazione in cui :
M = T2 r T1b
M'= J
0
e che d:
= 0
T2 r T1b J 0
Quindi il moto dell'intero sistema sar determinato attraverso la risoluzione del sistema:
my P + T2 = 0
J 0 + T1b T2 r = 0
in cui figura la reazione elastica della molla, T1.
La molla, in corrispondenza ad una rotazione della puleggia di valore
pari a (0+), subisce un allungamento che, con le ipotesi fatte precedentemente, pari a:
= b( 0 + )
e quindi la sua reazione elastica data da:
T1 = k = kb( 0 + )
y , pu essere
Nella prima equazione la accelerazione della massa,
espressa in funzione della accelerazione angolare della puleggia, in
.
y = r
quanto
Con queste sostituzioni il sistema di equazioni va scritto:
P + T = 0
mr
2
2
+ kb ( + ) T r = 0
J 0
0
2
Questo pu essere ridotto ad un'unica equazione eliminando la tensione
T2 del flessibile; dalla prima delle due equazioni si ha:
T2 = P mr
che sostituita nella seconda d:
422
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
+ kb 2 ( + ) ( P mr
) r = 0
J 0
0
ossia:
(J
+ kb 2 + kb 2 P r = 0
+ mr 2 )
0
(J
+ kb 2 = 0
+ mr 2 )
+
kb 2
=0
J 0 + mr 2
kb 2
J 0 + mr 2
n =
(t ) = cos( n t + )
con e da ricavare in base alle condizioni iniziali.
Ipotizzando che all'istante t=0 sia = 0 e = 0 si trova:
= 20 + ( 0 n ) ;
2
0
= atan
;
0 n
y+
kb 2
y=0
J 0 + mr 2
423
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
meq =
J 0 + mr 2
b2
M=
GI p
l
d 4
Ip =
32
La caratteristica elastica dell'albero sar allora:
M t GI p
d 4
k=
=
=G
l
32l
Data la disposizione della massa volanica evidente che nella configurazione di equilibrio statico l'albero non soggetto ad alcun momento
esterno; per tale configurazione, quindi, si ha: Mt==0.
Quando il disco, dopo essere stato ruotato dell'angolo 0 viene abbandonato a se stesso, devono valere le condizioni di equilibrio dinamico, e
in particolare dovr essere:
&
&
M + M'= 0
424
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
con:
M = k
M'= J
0
+ k = 0
J 0
che, ove si ponga:
n =
k
J0
si pu scrivere:
+ 2 = 0
n
formalmente identica alla (4).
La soluzione sar pertanto del tipo (5), ossia:
(t ) = cos( n t + )
con:
= 20 + ( 0 n ) ;
2
0
= atan
;
0 n
C).
Due masse volaniche di momento di inerzia J1 e J2 sono collegate tra loro da un albero elastico di lunghezza L e diametro d e ruotano
con la medesima velocit angolare 0 costante (fig. 18).
Ipotizzando che ad un dato istante una causa esterna qualsiasi abbia
provocato una rotazione relativa fra le due masse si vuole studiare, cessata detta causa, il conseguente moto relativo.
Detto t0 l'istante in cui sul sistema non agisce pi la causa che ne ha
provocato la deformazione, nella condizione di equilibrio dinamico:
&
&
M + M'= 0
425
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
1 + J 2
2 =0
J 1
1 ed
2 le rispettive accelerazioni angolari.
essendo
Poich il moto d'insieme del sistema, con velocit angolare 0, non pu
avere influenza sul moto relativo, nell'integrazione di quest'ultima, si
possono ipotizzare anche, come condizioni iniziali, 1=2=0; avremo
allora:
J1 1 + J 2 2 = 0
da cui:
2 =
J1
1
J2
Tale risultato mostra che in tale sistema le velocit angolari delle due
masse sono inversamente proporzionali ai loro momenti d'inerzia, e, in
particolare, il segno negativo indica che, in qualsiasi istante, esse saranno discordi.
Si pu allora concludere che dovr esservi di conseguenza una sezione
dell'albero (sezione nodale) che non subir alcuna rotazione relativa e
rispetto alla quale ciascun volano si muover certamente di moto oscillatorio.
Allora dovr esservi pure un unico valore per la pulsazione naturale del
sistema e quindi per il periodo: se cos non fosse, infatti, dopo un certo
tempo 1 avrebbe lo stesso segno di 2 contraddicendo la precedente
relazione.
Che tale conclusione non dipende dalle condizioni iniziali ora
ipotizzate si deduce scrivendo separatamente le condizioni di equilibrio
dinamico di ciascuna delle due masse del sistema; dovremo scrivere:
1 + k ( 1 2 ) = 0
J1
2 + k ( 2 1 ) = 0
J 2
(8)
con:
k=
GI p
L
Gd 4
32 L
1 = 0 t + A cos(n1t 1 )
2 = 0 t + B cos(n 2 t 2 )
(9)
426
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
1 = n21 A cos( n1 t 1 )
2 = n2 2 B cos( n 2 t 2 )
(10)
1
k ( 2 1 ) = J1
2
k ( 2 1 ) = J 2
e quindi:
1 = J 2
2
J1
la sostituzione in queste ultime delle (10) d:
A J2
=
B J1
e quindi le (9) diventano:
1 = 0t + A cos(n t 1 )
2 = 0t + A
J1
cos(n t 1 )
J2
da cui:
J
1 2 = A1 1 cos( n t 1 )
J2
Le (9') derivate una volta danno:
(9')
427
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
1 = 0 An sen(n t 1 )
2 = 0 + A
J1
sen( n t 1 )
J2 n
da cui:
J
2 0
= 1
J2
1 0
e questo il risultato che giustifica le condizioni iniziali poste all'inizio.
Operando nelle (10) le stesse sostituzioni utilizzate nelle (9), si ha poi:
1 = n2 A cos( n t 1 )
2 = n2 A
J1
cos(n t 1 )
J2
(10')
J
J12n A cos( n t 1 ) + kA1 + 1 cos( n t 1 ) = 0
J2
ossia, semplificando:
J
J12n + k 1 + 1 = 0
J2
Da qui si ricava il quadrato della pulsazione naturale dei due volani:
2n = k
1 1
J1 + J 2
= k +
J1 J 2
J1 J 2
Questa stessa espressione pu essere ricavata in modo pi immediato dalle stesse (8) introducendo, per il moto relativo, la nuova va =
2
1.
riabile =2-1, cui corrisponde =2-1, e quindi
Seguendo tale via, basta moltiplicare la prima delle (8) per J2 e la seconda per J1 ottenendo:
1 kJ2 ( 2 1 ) = 0
J1 J 2
2 + kJ1( 2 1 ) = 0
J1 J 2
Sottraendo la prima dalla seconda si ha:
2
1 ) + k ( J1 + J 2 )( 2 1 ) = 0
J1 J 2 (
dalla quale, sostituendo la nuova variabile:
428
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
+k
J1 + J 2
=0
J1 J 2
in cui chiaramente:
2n = k
J1 + J 2
J1 J 2
E' possibile a questo punto determinare la posizione della sezione nodale considerando che se, come si gi trovato, n=n1=n2, le stesse
pulsazioni naturali, n1 ed n2, devono aversi per i semisistemi costituiti da uno dei due volani e dal tratto di albero compreso fra questo e la
sezione nodale, la quale proprio per essere tale pu essere considerata
come un incastro.
Se chiamiamo con x1 la distanza della sezione nodale dal volano di momento di inerzia J1, e con x2=(L-x1) la distanza della stessa dall'altro volano, le costanti elastiche dei due semialberi saranno rispettivamente:
k1 =
k2 =
GI p
x1
GI p
L-x1
GI p
x2
e ci implica:
k1 x1 = k 2 (L-x1 )
Inoltre, possiamo scrivere per le pulsazioni naturali:
2n1 =
k1
k
= 2n2 = 2
J1
J2
J 1 k1 L x1 L
x
=
=
= 1 = 2
J 2 k2
x1
x1
x1
ossia:
J
J + J2
L
= 1+ 1 = 1
x1
J2
J2
e infine il valore di x1 che risulta:
(11)
429
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
x1 = L
J2
J1 + J 2
x 2 = x1
J1
J 2 J1
J1
=L
=L
J2
J1 + J 2 J 2
J1 + J 2
1 + k e ( 1 2 ) = 0
J1
2 + k e ( 2 1 ) = 0
J 2
(12)
k1 =
GI p1
k2 =
l1
GI p 2
l2
G d 14
l1 32
G d 24
l 2 32
Figura 19
l
1
1 1
32 l1
4 + 24
= +
=
k e k1 k 2 G d 1 d 2
ossia:
430
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
ke =
l1l 2
G
4
32 l 2 d 1 + l1d 24
Dalle (12), allo stesso modo di come stato visto nel caso C), si ottiene
il valore della pulsazione naturale del sistema la cui espressione rimane
formalmente identica; si ha cio:
2n = k e
1
J1 + J 2
1
= ke +
J1 J 2
J1 J 2
Per la ricerca della posizione della sezione nodale deve ancora essere
valida, ovviamente, la condizione che le pulsazioni naturali dei due sottosistemi che risultano, uno a destra ed uno a sinistra di questa, devono
essere entrambe eguali ad n; bisogna per, questa volta, tener conto
del fatto che la sezione nodale pu cadere sull'uno o sull'altro dei due
tronchi che costituiscono l'albero di collegamento dei due volani e pertanto, le rigidezze elastiche delle due parti risultanti, ke1 e ke2, avranno
espressione diversa in relazione a quale delle due condizioni si verifica.
In ogni caso la condizione n1=n2=n si traduce nella condizione:
k e1 k e2
J + J2
=
= ke 1
J1
J2
J1 J 2
Indicando con x la distanza della sezione nodale dalla sezione dell'albero in cui si ha la discontinuit, i due casi possibili si sviluppano nel modo seguente:
a) se la sezione nodale cade sul tronco di diametro d2, ossia al di l della
sezione di discontinuit, si ha:
x
1
32 l1
4 + 4
=
k e1 G d 1 d 2
1
32 l 2 x
=
k e 2 G d 24
e quindi:
k e1 J 1 l 2 x d 14 d 24
d 14 (l 2 x )
=
=
=
ke2 J 2
d 24 l1d 24 + xd 14 l1d 24 + xd 14
Da qui si ricava:
x=
J 2 l 2 d 14 J 1l1d 24
d 14 (J 1 + J 2 )
431
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
1
32 l1 x
=
k e1 G d 14
x
1
32 l 2
4 + 4
=
k e 2 G d 2 d 1
e quindi:
k e1 J 1
d 4 l d 4 + xd 4 l d 4 + xd 24
=
= 1 2 1 4 4 2 = 2 41
k e 2 J 2 l1 x d 1 d 2
d 2 (l1 x )
Da qui si ricava:
x=
J 1l1d 24 J 2 l 2 d 14
d 24 (J 1 + J 2 )
Ora, avendo definito x come distanza, il suo valore dovr essere comunque positivo; e sar cos solamente se :
- nel caso a):
ossia
J1 d14 l1
<
J 2 d 24 l2
ossia
k1 k 2
>
J1 J 2
ossia
J1 d14 l1
>
J 2 d 24 l2
ossia
k1 k 2
<
J1 J 2
432
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
E)
Due masse volaniche di momento di inerzia J1 e J2 sono calettate su due alberi elastici
di rigidezza k1 e k2 collegati tra loro da una
coppia di ruote dentate
A e B che realizza il
rapporto di trasmissione
= z A zB .
Si vuole determinare la
pulsazione naturale del
Figura 20
sistema e la posizione
della sezione nodale,
nella ipotesi che siano trascurabili i momenti d'inerzia delle ruote dentate rispetto a quelli dei due volani e che gli alberi siano puramente elastici.
Con riferimento alla fig. 20, siano 1 e 2 le rotazioni assolute dei corrispondenti volani e siano A e B le rotazioni assolute delle corrispondenti ruote dentate.
Le condizioni di equilibrio dinamico dei due volani sono espresse dalle
relazioni:
+ k ( ) = 0
J1
1
1
1
A
+ k ( ) = 0
J 2
2
2
2
B
mentre, se si indica il rapporto di trasmissione della coppia con
= z A z B = B A = C A CB , l'equilibrio delle due ruote dentate
espresso dalla relazione:
k1 (1 A ) + k 2 ( 2 B ) = 0
ossia:
k1 (1 A ) = k 2 ( A 2 )
e da questa si pu ricavare:
A =
Si avr pertanto:
k11 + k 2 2
k1 + 2 k 2
433
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
k1 1 + k 2 2 2 k21 k 2 2
=
=
k1 + 2 k 2
k1 + 2 k 2
k 2
=
( 1 2 )
k1 + 2 k 2
1 A = 1
e poi:
k11 + k 2 2
=
k1 + 2 k 2
k k
k1
= 1 2 2 1 1 =
( 1 2 )
k1 + k 2
k1 + 2 k 2
2 B = 2 A = 2
k1 k 2
( 1 2 ) = 0
k1 + 2 k 2
k 1 k 2 ( ) = 0
J 2
2
1
2
k1 + 2 k 2
+
J1
1
k1 k 2
( 1 2 ) = 0
k1 + 2 k 2
k1 k 2
J
J1 J 2
( 1 2 ) = 0
2
1
k1 + 2 k 2
+ J 2
J1 J 2
1
2
e, sottraendo, si ottiene:
) + ( J + J 2 )
J1 J 2 (
1
2
1
2
k1 k 2
( 1 2 ) = 0
k1 + 2 k 2
=
, si ha l'equazione diffePonendo = 1 2 , e quindi
1
2
renziale del moto relativo:
+ ( J + J 2 )
J1 J 2
1
2
k1 k 2
=0
k1 + 2 k 2
ossia:
J 1 + J 2 2 k1 k 2
+
=0
J1 J 2 k 1 + 2 k 2
434
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
oppure:
1
2
+
+ J1 J 2 = 0
2 1
+
k1 k 2
in cui , chiaramente:
2 1
+
J1 J 2
2 1
2
= k eq
+
n = 2
1
J1 J 2
+
k1 k 2
Confrontando questo risultato con l'analogo trovato per il caso C), si
vede che la pulsazione naturale equivale a quella che si otterrebbe se il
2
primo volano del sistema avesse momento di inerzia pari a J1 e la
2
rigidezza del tronco d'albero cui esso collegato fosse pari a k1 ; tale
circostanza trova la sua logica spiegazione nel fatto che il rapporto di
trasmissione della coppia dentata non solamente il rapporto tra le rotazioni ma anche rapporto (inverso) fra i momenti che si trasmettono
lungo il collega mento fra i due volani.
Per quanto concerne la determinazione della posizione della sezione nodale, una volta identificato il sistema equivalente, il procedimento del tutto analogo a quello del caso precedente.
P = k
435
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
Figura 21
& &
F + F' = 0
P k ( x + ) cx mx = 0
Semplificando in base alla precedente condizione di equilibrio statico e
cambiando di segno si ottiene l'equazione differenziale del moto nella
forma:
mx + cx + kx = 0
(13)
la quale, una volta integrata, ci dar la legge del moto del corpo in esame.
Conviene, tuttavia, prima di procedere alla integrazione, modificarne la
forma in modo pi opportuno, introducendo sia il coefficiente di smorzamento critico, cc , il cui significato sar chiarito appresso, sia il fattore di smorzamento, d.
Chiameremo critico il coefficiente di smorzamento quando esso avr il
valore:
cc = 2 km = 2 m n
essendo, come sempre, n = k m la pulsazione naturale del sistema;
e si noti subito come il valore del coefficiente di smorzamento critico
dipende esclusivamente dalla costante elastica e dalla massa del corpo.
436
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Chiameremo fattore di smorzamento il rapporto d = c cc , che si configura quindi come un numero che indica se il valore del coefficiente di
smorzamento, c, del sistema maggiore, eguale, o minore del valore critico, cc, prima definito.
Per introdurre tali parametri, dividiamo per m la (13) ottenendo:
x+
c
k
x + x = 0
m
m
2
Poich k m = n , ed inoltre:
c c 2 n
c
c
=
=2
n = 2 n = 2 d n
m m 2 n
cc
2m n
possiamo ancora scrivere:
x + 2dn x + 2n x = 0
(14)
x = A1e 1t + A2 e 2 t
(15)
2 + 2 d n + n2 = 0
Il discriminante di questa equazione :
d 2 2n 2n = 2n ( d 2 1)
e la sua forma mette subito in evidenza come il numero ed il tipo delle
radici della equazione caratteristica dipendono essenzialmente dall'essere d maggiore, eguale, o minore dell'unit, ossia dall'essere c maggiore,
eguale, o minore di cc; e si pu prevedere che a questi tre casi corrisponderanno tre tipi di moto diversi per il corpo.
- caso: d > 1 c > cc
Le radici della equazione caratteristica, reali e distinte, sono:
(
1 = ( d +
)
1)
1 = dn + n d 2 1 = n d d 2 1
2 = dn n d 2
d2
(16)
437
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
x = A1e 1 t + A2 e 2 t
(17)
= d n
= n d 2 1
1 = +
2 =
la soluzione della (14) si pu mettere nella forma:
x = e t ( A1et + A2 e t )
(18)
et + e t
e t e t
x = e A
+B
2
2
ossia:
x = e t [ A ch(t ) + B sh(t )]
(19)
x0 = A1 + A2
v0 = (1 A1 + 2 A2 ) = ( ) A1 + ( + ) A2
da cui:
A1 =
x0 ( + ) + v0
x ( ) v0
; A2 = 0
2
2
x0 = A; v0 = A + B
e quindi:
(20)
438
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
A = x0 ; B =
v0 + x0 v0 + x0 n d
=
n d 2 1
(21)
Pertanto la legge del moto del corpo potr essere indifferentemente espressa dalla:
x=
e t
2
{[ x (+ ) + v ]e + [ x ( ) v ]e }
0
(18')
oppure dalla:
v 0 + x 0 n d
(
)
x = e t x 0 ch( t ) +
t
sh
n d 2 1
(19')
Figura 22
439
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
Si pu notare che,
mentre il variare del
fattore di smorzamen-
Figura 25
Figura 23
v0 =
k
x0 = n x0
m
440
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
x = ( A + Bt ) e t = ( A + Bt ) e n t
(22)
x0 = A
v 0 = B A n
e quindi:
A = x0
B = v0 n x0
La funzione che riproduce la risposta del sistema sar quindi data da:
x = x 0 + ( v 0 + n x 0 ) t e n t
(23)
441
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
Figura 26
Figura 27
1 = d n i n 1 d 2 = n d i s
2
2 = d n + i n 1 d = n d + i s
(24)
avendo posto:
s = n 1 d 2
La soluzione dell'equazione differenziale sar allora del tipo:
x = e n t ( A1 e ist + A2 e ist )
la quale ponendo:
B
1
A1 = A +
i
2
B
1
A2 = A
i
2
si pu scrivere:
B
B
1
x = e dnt A + e ist + A e ist =
i
i
2
2
e ist + e ist
e ist e ist
= e dn t A
+B
=
2
2i
(25)
442
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
x = Xe dn t cos( s t + )
(26)
x0 = X cos
v0 = X ( dn cos s sen )
da cui:
2
0
X= x +
(v
+ x0 dn )
2s
v
d
e = atan 0 +
x0s
1 d 2
La forma della risposta (fig. 28 e 29) che si ottiene mostra che, in questo caso, il moto del corpo effettivamente di tipo vibratorio; la sua
ampiezza tuttavia, per la presenza a fattore dell'esponenziale con espo-
Figura 28
443
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
Figura 29
Nelle fig. 30 e 31 sono mostrate le variazioni dovute, rispettivamente, a velocit iniziali diverse ed a differenti valori della frequenza
naturale del sistema, a parit dei restanti parametri.
Si possono ripetere considerazioni analoghe a quelle fatte nei casi precedenti.
Qualunque siano i valori prefissati per le condizioni iniziali, i valori
massimi (e minimi) della oscillazione della massa si hanno per i valori
di t per cui si verifica:
Figura 30
Figura 31
cos( s t ) = 1 d 2 =
s
n
444
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
mentre quando :
cos( s t ) = 1
la (26) risulta (fig. 32) tangente alle curve:
x ' = Xe d n t
x" = Xe d n t
Xe dnt cos( s t )
x1
= ln = ln d ( t + T )
x2
Xe n s cos s ( t + Ts )
Figura 32
e dnt
e dn t e dn Ts
= ln d ( t + T ) = ln
= ln( e dnTs )
dn t
n
s
e
e
e quindi :
= d n Ts =
d
2 d n
= 2
s
1 d 2
445
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
d=
+ 42
n = d n nTs = 2n
d
1 d 2
e quindi:
d=
n
+ ( 2n )
2
n
s =
d
2
2n
= n 1 d 2 = n 2n = n
2
Ts
n
2n + ( 2n)
da cui:
s n2 + ( 2n )
n2 + ( 2n )
n =
=
nTs
2n
2
E ancora:
2n + ( 2n )
c = cc d = 2mn d = 2md
nTs
da cui:
c = 2m
2n + ( 2n)
2n + ( 2n )
2mn
=
nTs
nTs
2
n
2
446
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
F = F0 cos( t )
La condizione di equilibrio dinamico del corpo pu esprimersi per mezzo delle equazioni cardinali, e in particolare per mezzo della:
&
& &
F + F'= 0
P k ( x + ) + F0 cos( t ) mx = 0
che, tenendo conto che in condizioni di equilibrio statico sempre
P = k , riordinando, si scrive:
447
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
mx + kx = F0 cos( t )
(27)
x +
F0
k
x=
cos(t )
m
m
k m , ed il rapporto
F0 F0 k
=
= 2n F0
m
k m
Il fattore F0=F0/k, la cui dimensione una lunghezza, corrisponde all'allungamento che subirebbe la molla se la forza F agisse staticamente
con il suo valore massimo F0; con tale significato lo si pu definire come "
statico".
Con tali posizioni, la forma canonica della (27) diventa allora:
x + 2n x = F0 cos( t )
(28)
che una equazione differenziale del secondo ordine, completa, a coefficienti costanti: come tale, la sua soluzione sar data dalla somma della
soluzione generale, gi ricavata al 7, che si ottiene dalla omogenea associata, e di una soluzione particolare che possiamo ipotizzare essere
ancora di tipo sinusoidale.
La soluzione completa avr quindi la forma:
x = X 0 sen(n t + ) + X cos(t )
(29)
x p = X cos(t )
(30)
dovr essere:
x p = X sen(t )
xp = 2 X cos(t )
Sostituendo nella (28) si ottiene:
X (2n 2 ) = n2 F0
Introducendo la frequenza ridotta, r = n , rapporto fra la frequenza
448
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
X (1 r 2 ) = F0
da cui:
X=
F0
1 r2
(31)
xp =
F0
cos( t )
1 r 2
x = X 0 sen( n t + ) +
F0
cos(t )
1 r 2
(32)
F0
x
=
+ X 0 sen
0
1 r 2
v0 = n X 0 cos
da cui si ricava:
2
F0 v0
X 0 = x0
+
1 r 2 n
F0
n x0
1 r 2
tan =
v0
Osservando la (32) nel suo complesso si vede chiaramente che il moto
risultante della massa descritto dalla composizione di due vibrazioni
con frequenze (quella naturale e quella della forzante) e fasi diverse.
Pertanto, tale composizione (v. Appendice B) dar luogo ad un moto del
tipo:
x = X * ( t ) cos[t + ( t )]
un moto, cio, in cui sia l'ampiezza che la fase non sono pi costanti ma
variabili nel tempo.
449
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
Figura 34
X *(t ) =
X 02 + X 2 + 2 XX 0 sen( t + )
tan ( t ) =
X 0 cos( t + )
X + X 0 sen( t + )
A=
X
1
=
F0 1 r 2
450
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
x + 2n x = 2n F0 cos( n t )
(33)
xr = X r t sen( n t )
(34)
Ne segue:
[
]
x = X [ cos( t ) + cos( t ) t sen( t )] =
= X [ 2 cos( t ) t sen( t )]
xr = X r sen( n t ) + n t cos( n t )
r
2
n
2
n
2 X r cos( n t ) = n F0 cos(n t )
da cui:
Xr =
1
n F0
2
La soluzione completa dell'equazione del moto, in condizioni di risonanza, sar data, quindi, da:
1
xr = X o sen( n t + ) + F0n t sen(n t )
2
In tal caso, per le condizioni iniziali, si ha:
451
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
Figura 36
v
x + 0
n
2
0
tan =
n x0
v0
m2 cos(t )
Indicando con M la somma
M'+ m, l'equazione di equilibrio alla traslazione si scrive allora:
kx + m2 cos( t ) Mx = 0
Figura 37
452
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
ossia:
Mx + kx = m2 cos( t )
Dividendo per M, ed introducendo la costante x*=
m/M, che ha ovviamente le
dimensioni di una lunghezza, si ha la forma:
Anche in questo caso si pu
ipotizzare per la soluzione
particolare di questa equazione una forma del tipo:
Figura 38
x p = X cos( t )
ottenendo per:
x + 2n x = x *2 cos( t )
e quindi:
X (2n 2 ) = x *2
2
X (1 r 2 ) = x *r 2
da cui il fattore di amplificazione:
A* =
X
r2
=
x* 1 r 2
La funzione A*(r) avr ora un andamento diverso da quello visto nel caso a); la presenza a numeratore del termine r2 dar il diagramma di fig.
38, che, come prima rappresenta di fatto la funzione |A (r)|.
I valori significativi per le ascisse di questa funzione sono, questa volta:
r=0 in cui A=0;
r=1 in cui |A|=;
r = 1 2 in cui |A|=1;
r= in cui A=0
ed inoltre:
|A|<1 per 0 < r < 1 2
|A|>1 per r > 1 2
In corrispondenza al valore r=1, per il quale |A| =, si verifica ancora il
fenomeno della risonanza.
Per tale valore, ripetendo le medesime considerazioni fatte, circa l'ampiezza della risposta in condizioni di risonanza, nel caso a), si ottiene, in
453
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
modo analogo:
Xr =
1 *
x n
2
F = F0 cos( t )
l'equazione di equilibrio alla traslazione si scrive:
Figura 39
x = A1e 1t + A2 e 2 t + X cos( t + )
La risposta in transitorio avr una delle tre forme gi trovate al 10, in
dipendenza del particolare valore assunto dal fattore di smorzamento,
ed inoltre abbiamo visto che, comunque, dopo un tempo pi o meno
lungo, la sua influenza sar nulla.
Per quanto concerne, invece, la risposta a regime la ricerca della solu-
454
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
e it = cos( t ) + i sen(t )
si pone che la forza eccitatrice esterna sia la parte reale di una forma
complessa F = F0 eit ossia F = F . Ne segue che anche per la soluzione particolare si pu porre:
x = x = X eit
in cui :
x = Xe i ( t +) = Xe i e it = Xe it
Partendo da tali presupposti avremo allora:
x = Xe it
x = iXe it
x = 2 Xe it
e quindi, sostituendo nella (35),
X ( 2 + 2idn + n2 ) e it =
F0 it
e = 2n F0 e it
m
X ( 2 + 2idn + 2n ) = 2n F0
2
X [(1 r 2 ) + i 2dr ] = F0
da cui:
X = Xei =
F0
(1 r ) + i 2dr
2
X = Xe i =
F0
(1 r )
2 2
+ ( 2dr )
[(1 r ) i 2dr]
2
X=
F0
(1 r )
2 2
+ ( 2dr )
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
F0
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
455
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
e la fase:
2dr
= arctg
1 r 2
(36)
F0
xp =
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
cos(t + )
A regime, quindi, l'ampiezza della risposta del sistema alla sollecitazione esterna, cos come il valore dello sfasamento, dipende adesso, sia
dal rapporto delle frequenze, r, sia dal fattore di smorzamento, d.
Tale dipendenza si evidenzia esaminando (fig. 40 e 41) le variazioni che
subisce, al variare di r, il fattore di amplificazione:
A=
xp
F0
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
e la fase (36).
L'analisi dei punti caratteristici della funzione |A(r,d)|, ci dice
(v. Appendice D) che :
A = 1 per r = 0
indipendentemente dal valore di d
A = 0 per r =
Poi ancora:
r = 2(1- 2d 2 )
A = 1 per
0< d 1 2
mentre se d > 1
456
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Inoltre, ancora nel campo in cui 0 < d 1 2 , la funzione A(r,d) presenta un valore di minimo in corrispondenza al valore r=0 con A=1
come gi visto, ed un massimo in corrispondenza dell'ascissa:
rp = 1 2d 2
e di ordinata:
Ap =
1
2d 1 d 2
Si vede quindi che al crescere di d in tale intervallo i valori di picco della funzione si spostano nel senso delle r decrescenti, e con valori via via
decrescenti fino ad A=1, seguendo la legge data da:
Ap =
1
1 r4
Figura 40
Figura 41
457
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
Figura 42
Figura 43
La fig. 42 mostra tale diagramma su cui sono riportate sia le curve a fattore di smorzamento (d) costante (in linea continua), sia le curve a frequenza ridotta (r) costante (in punteggiata).
La lunghezza del segmento che congiunge l'origine del riferimento con
458
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Figura 44
Figura 45
un punto della curva del valore di d prefissato da' il valore del fattore di
amplificazione che si ottiene in corrispondenza al valore di r relativo
alla curva ad r costante che passa per lo stesso punto; la direzione dello
stesso segmento mostra il valore dell'angolo di fase per le medesime
condizioni.
Per quanto riguarda la risposta completa del sistema le figg. 43,
44, e 45 mostrano tre diverse situazioni corrispondenti al caso in cui ci
si trova, rispettivamente, al di sotto della risonanza, in risonanza o al di
sopra della risonanza, e avendo scelto, in ciascuna, valori di fattori di
smorzamento tali da avere, in transitorio, condizioni ipercritiche, critiche
o ipocritiche.
Si pu rilevare, per ciascun caso, il differente tempo necessario affinch
la forma dell'oscillazione assuma la forma sinusoidale corrispondente
alla situazione di regime.
b)
Supponiamo adesso, in analogia a quanto gi ipotizzato al 11 b), che il
sistema, con molla e smorzatore di tipo viscoso (fig. 46), sia sollecitato
da una forza (inerziale) del tipo:
F = m2 cos( t )
Se, anche qui, si indica con M la somma M'+m, ossia la massa totale del
459
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
(37)
La soluzione particolare di
questa equazione differenziale pu ancora essere una forma del tipo:
x p = X cos( t + )
dove, per, l'espressione di X,
seguendo il medesimo procedimento
visto in a), , questa volta:
X=
x *r 2
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
Figura 46
A* =
X
=
x*
r2
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
A = 0 per r = 0
A* = 1 per r =
*
Figura 47
460
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
1
r
=
A* = 1 per
2(1- 2d 2 )
0< d 1 2
mentre se d > 1
rp =
1
1 2d 2
di ordinata pari a:
Ap* =
1
2d 1 d 2
461
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
Si vede quindi che al crescere di d in tale intervallo i picchi della funzione si spostano, questa volta, nel senso delle r crescenti, con valori,
tuttavia, ancora decrescenti fino ad A=1, seguendo la funzione:
*
( )
A rp =
r2
r4 1
Figura 48
462
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
ta di -90, diversa risulta invece la disposizione delle curve ad r costante, come del resto era prevedibile riflettendo sul fatto che
A*(r)=A(r)r2.
x = X cos(t + )
(38)
Figura 49
463
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
in cui le espressioni di X e di sono quelle gi trovate nei precedenti. La risultante delle forze agenti sul basamento sar la somma di quella
trasmessa dalla massa vibrante attraverso le molle e di quella trasmessa
attraverso lo smorzatore.
Potremo quindi scrivere:
Ft = kx + cx
Se dividiamo per m, abbiamo:
Ft
= n2 x + 2dn x
m
oppure:
Ft k Ft 2
= = 2n x + 2dn x
k m k n
Se sostituiamo in questa
espressione quelle di x e
di x& che si ricavano dalla
(38) otteniamo:
Ft 2
= X [n2 cos( t + ) 2dn sen(t + )]
k n
Figura 50
Ft
= X [cos(t + ) 2dr sen(t + )]
k
Vediamo subito che la forza complessiva trasmessa al basamento costituita da due componenti in quadratura: la reazione della molla, infatti,
massima quando la velocit nulla (ed massimo lo spostamento),
mentre la resistenza viscosa massima quando massima la velocit
(ed nullo lo spostamento).
La somma di queste due componenti dar quindi:
Ft
2
= X 1 + ( 2dr ) cos(t + )
k
con dato dalla somma algebrica delle fasi:
2dr 3
= + arctg( 2dr ) = arctg
2
2
1 r + ( 2dr )
Se il moto della massa generato dalla presenza di una forzante del tipo
464
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
(F )
t
max
= X 1 + ( 2dr ) = F0
1 + ( 2dr )
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
da cui:
(F )
t
max
( Ft ) max k ( Ft ) max
1
=
=
k
F0
F0
F0
ossia:
(F )
t max
F0
1 + ( 2dr )
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
rp =
1 + 8d 2 1
4d 2
e la corrispondente ordinata:
rp =
4d 2
( 2d ) 4 8d 2 2 1 1 + 8d 2
465
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
min
= arctg
2 3
(1 4d )
3 3d
rmin =
r <1
1 4d 2
per poi crescere gradualmente fino al valore =-90 per r=, e ci indipendentemente dal valore di d.
Se , invece, d0,5, il valore di decresce gradualmente da 0 a -90.
I punti di minimo delle diverse curve si trovano sui punti dati dalla funzione:
r2 r2 3
2
min ( r ) = arctg
466
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Figura 52
b)
Analizziamo, infine, il caso analogo a quello visto al 12 - b), in cui la
forza eccitatrice dipende da 2 (fig. 53).
In queste condizioni, come si visto, la risposta del sistema ancora del
tipo:
x = X cos(t + )
ma l'espressione della ampiezza X data da:
X=
x *r 2
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
dove x*=m/M.
Sar questa, quindi, l'espressione di X da sostituire
nella espressione della forza
trasmessa al basamento ossia
nella:
Ft
2
= X 1 + ( 2dr ) cos(t + )
k
Figura 53
467
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
(F )
t max
=x
r 2 1 + ( 2dr )
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
ossia:
(F )
t max
m
=
M
r 2 1 + ( 2dr )
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
(F )
t max
r 2 1 + ( 2dr )
2
n
= m
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
= ( F0 ) n
r 2 1 + ( 2dr )
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
avendo indicato con (F0)n il modulo massimo che assume la forza eccitatrice quando r=1.
In questo modo potremo scrivere, in forma adimensionale:
(F )
=
(F )
t max
0 n
r 2 1 + ( 2dr )
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
468
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
Figura 54
Per valori di r sufficiente mente grandi i valori di * possono anche raggiungere livelli superiori di quelli di picco.
Tale comportamento sembrerebbe mostrare uno smorzatore che diventa
via via pi rigido al crescere di r: in effetti il modulo della sollecita-
Figura 55
469
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
470
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
y = a0 cos( t )
(39)
Cominciamo con l'analisi del moto relativo del corpo rispetto al supporto, indicando con z la corrispondente variabile, mentre con la variabile x si far riferimento al suo moto assoluto.
Tenendo presente che le forze agenti sul corpo sono (prescindendo dal
peso) la reazione elastica della molla e la reazione dello smorzatore, che
dipendono dal moto relativo, e il risultante delle forze d'inerzia che dipende dal moto assoluto, l'equilibrio del corpo si scrive:
kz cz mx = 0
(40)
x = z+ y
x = z + y
x =
z +
y
(41)
y = a 02 cos( t )
Sostituendo, e cambiando di segno, si ha quindi dalla (40):
m(
z +
y ) + cz + kz = 0
e cio:
z + 2dn z + 2n z = a 02 cos( t )
(42)
Questa allora l'equazione del moto relativo ed del tutto simile alla
(37), ricavata per i sistemi con forzante dipendente da 2; pertanto la
soluzione a regime sar data dalla funzione:
z = Z cos( t )
con:
Z=
a0 r 2
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
come modulo, e:
2dr
= arctg
1 r 2
(43)
471
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
come fase.
I diagrammi del fattore di amplificazione Z/a0 e della fase sono quindi
ancora quelli delle vibrazioni con forzante inerziale delle fig. 47 e 41.
Per ottenere, invece, la risposta del sistema nel suo moto assoluto sufficiente sostituire nella (39) le coordinate del moto assoluto
ricavate dalla (42), ottenendo:
mx + c( x y ) + k ( x y ) = 0
dove sempre:
y = a0 cos( t )
e quindi:
y = a0 sen(t )
Pertanto, sostituendo ed ordinando, si ha:
(44)
Per quanto riguarda l'espressione a secondo membro, questa si pu considerare come discendente [v. Appendice A], da una forzante del tipo:
f (t ) = F cos( t + )
in cui sia:
F = ma0n2 1 + ( 2dr )
ed
= arctg( 2dr )
La (44), infatti, si pu anche scrivere come:
(45)
x = X cos(t + )
con:
(46)
472
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
X=
a0 1 + ( 2dr )
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
= a0
e:
2dr 3
= arctg( 2dr ) = arctg
2
2
1 r + ( 2dr )
Queste, infatti, sono esattamente le espressioni trovate per il coefficiente di trasmissibilit, , e quindi valgono i diagrammi di fig. 50 e 51 per
la rappresentazione del fattore di amplificazione, X/a0 e dellangolo di
sfasamento, , del moto del corpo rispetto al moto del sopporto.
Dalla (40) si pu desumere che la sollecitazione cui il corpo
soggetto, durante il moto, da parte del sopporto, e quindi da parte della
molla e dello smorzatore, eguale al risultante delle forze d'inerzia,
mx ; sar quindi, dalla (46):
Ft = m2 X cos( t + )
Sostituendo l'espressione di X, prima trovata, l'ampiezza di questa funzione data da:
(F )
0 t
= m2 X = a0 m2 = a0mn2 r 2 = a0 k r 2
15 - Sismografi e accelerometri.
Un sismografo ed un accelerometro sono entrambi strumenti di
misura che possono schematicamente essere ricondotti al sistema di fig.
57. La loro differenza sta nel fatto che i parametri strutturali (massa,
molla, smorzatore) sono scelti in modo che, attraverso il moto relativo
della massa, sia possibile, con il primo, la misura dello spostamento del
sopporto, con il secondo, la misura della sua accelerazione.
Ci significa che, nel caso del sismografo, il valore della costante elastica, del coefficiente di smorzamento e della massa (massa sismica),
devono essere tali che l'ampiezza dello spostamento di questa ultima,
nel moto relativo al sopporto, sia proporzionale all'ampiezza dello spostamento nel moto di trascinamento; nel caso dell'accelerometro, lo spo-
473
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
Z=
a0 r 2
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
Z=
a0
2
1
2d
2 1 +
r
r
a0
1 r 2 << 1 e 2d/r<<1.
Questa condizione equivale ancora a quella
che sia n molto piccolo, e ci si pu ottenere
con una massa di valore molto elevato su una
sospensione
elastica
molto
flessibile
(m>>k).
Nelle stesse condizioni
si ha che la fase, la cui
espressione :
Figura 58
474
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
2dr
= arctg
1 r 2
diventa:
2d r 2
arctg
=
2
1 r 1
Si pu quindi concludere dalla prima delle (41) che in tali condizioni si
avr anche:
x = z + y a 0 cos(t ) + a 0 cos(t ) 0
e che quindi, nel suo moto assoluto, la massa sismica risulter immobile.
Ci che pi conta tuttavia, trattandosi di strumenti di misura, che il
rapporto di amplificazione si mantenga costante al variare della frequenza della eccitazione esterna, ossia al variare di r.
Per ottenere questa condizione sufficiente adottare un coefficiente di
smorzamento tale che sia d = 1 2 = 0, 707 ; si vede infatti, dal diagramma di fig. 58, che in corrispondenza a tale valore di d, il rapporto
di amplificazione sempre pari all'unit se r>>1; si pu ritenere sufficiente che sia r>6.
In fig. 59 riportato l'andamento delle curve di fase nello stesso campo
di variazione di r e per i corrispondenti valori del fattore di smorzamento: per valori di r>6 lo sfasamento della risposta varia di circa 8 nell'intorno dei -170.
b) Accelerometro
Con un siffatto strumento, si detto, si vuole che lo spostamento della massa sismica, nel moto relativo
al sopporto, sia proporzionale alla accelerazione di quest'ultimo.
Ci si pu ottenere se
lo stesso sistema di
fig. 57 si trova a funzionare con un valore
di r<<1.
Figura 59
Infatti, se r<<1, nella:
475
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
Z=
a0 r 2
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
1
2
2 ( a 0 )
n
Il
corrispondente
fattore di amplificazione, il rapporto
Z/(a02), nel campo
0r1, riportato
Figura 60
in fig. 60, dove si
pu osservare che
ancora
per
d = 1 2 = 0, 707 esso si
mantiene praticamente pari all'unit se r<0,2.
Per lo stesso valore di d,
come si pu rilevare dalla
fig. 61, lo sfasamento
quasi proporzionale ad r.
Figura 61
Se si volesse imporre la
effettiva proporzionalit si dovrebbe scegliere un valore di d tale da lasciare costante, al variare di r, il rapporto d/dr, ossia che sia d2/dr2=0.
Si avrebbe allora:
d
=
dr
2d (1 + r 2 )
2d (1 + r 2 )
1
=
2 2
2dr (1 r 2 ) 2
(
) + ( 2dr ) 2
r
1+
2
1 r
e poi:
4d 2 (1 r 2 )( 3 + r 2 )
d 2
dr
4
=
2
dr 2
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
r 4 + 2r 2 ( 3 4 d 2 ) = 0
476
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
d 3 2 0, 866
In pratica viene scelto un valore intermedio fra i due, con un errore che
sar tanto minore quanto pi basso sar il valore di r prescelto.
In fig. 61 riportata con linea punteggiata, a scopo comparativo, la retta =-90r che da' un'idea degli scostamenti delle diverse curve dal caso
ideale.
L'ipotesi che sia r<<1 corrisponde di fatto ad un dimensionamento del
sistema con un n molto grande: e questo si ottiene con una massa sismica molto piccola ed una sospensione molto rigida.
477
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
478
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
APPENDICE
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
x1 ( t ) = X 1 cos(t )
x 2 ( t ) = X 2 cos( t + )
i moti componenti dei quali si vuole ottenere il risultante:
x( t ) = x1 ( t ) + x 2 ( t ) = X cos(t + )
Si scriver:
x1 ( t ) + x 2 ( t ) = X 1 cos(t ) + X 2 cos( t + ) =
= X 1 cos t + X 2 ( cos t cos sen t sen ) =
= ( X 1 + X 2 cos ) X 2 sen t sen
mentre anche:
x( t ) = X cos(t + ) =
= X cos cos t X sen sen t
Dovr allora essere:
X cos = X 1 + X 2 cos
X sen = X 2 sen
e quindi, sommando le due componenti:
X 2 = ( X 1 + X 2 cos ) + X 22 sen 2 =
2
479
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
X=
X 12 + X 22 + 2 X 1 X 2 cos
tan =
X 2 sen
X 1 + X 2 cos
x1 ( t ) = X 1 cos( 1t + 1 )
x 2 ( t ) = X 2 cos( 2 t + 2 )
i moti componenti dei quali si vuole ottenere il risultante:
x( t ) = X 1 cos(1t + 1 ) + X 2 cos( 2 t + 2 )
Sviluppando si ha:
Posto:
= 2 1
= 2 1
si ha:
480
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
sen 1t =
( sen t sen + cos t cos ) sen 1
= [ cos( t + ) cos 1 sen( t + ) sen 1 ] cos 1 t +
Sostituendo si ottiene:
[ X + X cos( t + )] cos +
1
2
1
cos 1t +
x (t ) =
X 2 sen( t + ) sen 1
[ X + X cos( t + )] sen +
1
2
1
sen 1 t
+ X 2 sen( t + ) cos 1
Poniamo:
X 2 sen( t + ) sen 1
+ X 2 sen( t + ) cos 1
481
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
Quadriamo:
X 22 sen 2 ( t + ) sen 2 1 +
+ X 22 sen 2 ( t + ) cos2 1 +
X 2 = [ X 1 + X 2 cos( t + )] + X 22 sen 2 ( t + ) =
2
= X 12 + X 22 cos2 ( t + ) + 2 X 1 X 2 cos( t + ) +
+ X 22 sen 2 ( t + ) =
= X 12 + X 22 + 2 X 1 X 2 cos( t + )
Quindi sar:
X (t ) =
X 12 + X 22 + 2 X 1 X 2 cos( t + )
Inoltre :
+ X 2 sen( t + ) cos 1 =
X 2 sen( t + ) sen 1 =
482
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
tan =
X 1 sen 1 + X 2 sen( t + 2 )
X 1 cos 1 + X 2 cos( t + 2 )
x1 ( t ) = X cos(1t + 1 )
x 2 ( t ) = X cos(2 t + 2 )
Il moto risultante sar dato da:
x( t ) = X cos(1t + 1 ) + cos( 2 t + 2 )
+
cos
2
2
si pu scrivere:
1t + 1 + 2 t + 2
t + 1 2 t 2
=
x( t ) = 2 X cos 1
+ cos
2
2
cos( t + )
t+
= 2 X cos
2
2
in cui :
= 2 1; = 2 1 ; =
1 + 2
+ 2
; = 1
;
2
2
x (t ) = X (t ) cos( t + )
in cui :
;
X (t ) = 2 X cos
t+
2
2
= ;
483
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
A=
(D.1)
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2 = 1
Sviluppando si ha:
1 2 r 2 + r 4 + 4d 2 r 2 = 1
ossia:
[r
2(1 2d 2 ) r 2 = 0
r1 = 0
r2 = 2(1 2d 2 )
d 1
solo se
r ( r 2 + 2d 2 1) = 0
(D.2)
ossia quando :
(rp )1 = r1 = 0;
oppure:
(rp ) 2 = 1 2d 2
solo se
d 1
d2 A
2 <0
dr r=0
se
d >1
d2 A
2 >0
dr r=0
se
d <1
e poi:
d2 A
<0
2
dr r=rp2
se
0<d <1
- se :
0<d <1
- se :
d >1
2
2
un minimo per r = 0
2
un massimo per r = 1 2d
un massimo per r = 0
484
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
(A )
(A )
p
=1
=
1
2d 1 d 2
d 2 = (1 r 2 ) 2
e lo si sostituisce nella (D.1), si ottiene:
( A) max =
1
1 r4
che la curva lungo la quale si dispongono i valori massimi della A(r) per ogni
valore del fattore di smorzamento.
A* =
r2
(E.1)
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2 = r 4
Sviluppando si ha:
1 2 r 2 + r 4 + 4d 2 r 2 = r 4
ossia:
2r 2 (1 2d 2 ) = 1
Sar quindi A*=1 per:
r=
1
2(1 2d 2 )
solo se
d 1
r ( 2d 2 r 2 + 1 r 2 ) = 0
(E.2)
485
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
ossia quando :
(r )
(r )
p
= 0;
=
oppure:
1
solo se
1 2d 2
d 1
d 2 A*
2 > 0
dr r=0
e poi:
d 2 A*
2
<0
dr r=rp2
0< d <1
se
- un massimo per r = 1 1 2 d 2
- un minimo per r = 0
se :
0< d <1
qualunque sia d
( A*) = 0
( A*) = 2d
p
1
1 d 2
d2 =
r2 1
2r 2
( )
A*
max
r2
r4 1
che la curva lungo la quale si dispongono i valori massimi della A*(r) per ogni valore del fattore di smorzamento.
486
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
1 + ( 2dr )
(1 r )
2 2
(F.1)
2
+ ( 2dr )
Si ha =1 quando:
1 + ( 2dr ) = (1 r 2 ) + ( 2dr )
2
ossia quando:
r 2 ( r 2 2) = 0
lim = 0
r
qualunque sia d.
Inoltre sar:
d
=0
dr
quando
2
r ( 2d ) r 4 + 2( r 2 1) = 0
( 2d ) 2 r 4 + 2( r 2 1) = 0
(F.2)
ossia per:
r2 =
1 + 8d 2 1
( 2d ) 2
(F.3)
1 + 8d 2 1
2d
(F.4)
Sar quindi:
r2 =
d 2
> 0 e quindi per tale valore la funzione avr un minimo per
2
dr r = 0
Inoltre
487
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
p =
( 2d ) 2
( 2d ) 4 2( 2d ) 2 2 1 1 + 2( 2d ) 2
(F.5)
2(1 r 2 )
( 2dr ) =
r2
2
max =
1 r4
2dr 3
= arctg
2
1 r 2 + ( 2dr )
(F.6)
Il rapporto entro parentesi, qualunque sia d, vale 0 per r=0, mentre tende a -
per r, e quindi il valore di varier sempre fra 0 e -90.
Inoltre sar:
d
=0
dr
quando
r r 2 ( 4d 2 1) + 3
(F.7)
r2 =
Inoltre per r=r1=0
3
1 ( 2d )
ma solo se
1
2
(F.8)
d 2
d 3
0
,
ma
=
< 0 per cui la funzione decrescente
dr 2
dr 3
min
= arctg
2 3
(1 4 d )
3 3
488
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA
La curva lungo la quale si spostano i minimi si ottiene ricavando dalla espressione in (F.7):
d=
r2 3
2r
r2 r2 3
(r ) min = arctg
2
In particolare, si noti ancora che quando in (F.8) si pone d=1/4 si ha r2=2 e, con
tali valori nulla la derivata prima (F.7).
* =
r 2 1 + ( 2dr )
(G.1)
(1 r 2 ) 2 + ( 2dr ) 2
*
lim =
r
qualunque sia d.
Se poi si pone in (G.1)
del parametro d.
Si ha *=1 quando:
r 4 1 + ( 2dr ) = (1 r 2 ) + ( 2dr )
2
ossia quando:
4 d 2 r 6 ( 4d 2 2) r 2 1 = 0
(G.2)
d*
Inoltre sar
= 0 quando:
dr
2
2
2
2
r ( 2d ) r 6 + 2( 2d ) ( 2d ) 2 r 4 + 2 2( 2d ) 1 r 2 + 2 = 0 (G.3)
quindi, certamente, per r1=0, valore per il quale positiva la derivata seconda;
489
LE VIBRAZIONI MECCANICHE
( 2d ) 2 y 3 + 2( 2d ) 2 [( 2d ) 2 2] y 2 + 2[2( 2d ) 2 1] y + 2 = 0
si vede che questa ammette due radici reali e positive quando :
0d
2
4
Le due radici daranno quindi, la prima, l'ascissa del massimo relativo e l'altra
quella del minimo.
In particolare si ha che per d=0,25 una soluzione della (G.3) si ha per r=2, e
questa la stessa coppia di valori soluzione della (F.7).
Le ordinate corrispondenti ai massimi e ai minimi della funzione * si possono
ottenere ricavando da (G.3):
2( 2d ) r 6 + ( 2d ) r 2 ( r 4 4r 2 + 4) 2( r 2 1) = 0
4
l'espressione:
( 2dr ) 2 =
1
2
Qr ( r 2 2)
4
con
Q = r 6 8r 4 + 24 r 2 16
che, sostituita nella (G.1), da' la curva:
* (r ) =
]
4 )]
r 2 r Q r ( r 2 4)
r Q + r ( 3r 2
490
ELEMENTI DI MECCANICA TEORICA ED APPLICATA