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ISRAELE, IL CONFLITTO E LA PACE: RISPOSTE A DOMANDE

POSTE FREQUENTEMENTE
Novembre 2007

FAQ: ISRAELE, IL
CONFLITTO E LA
PACE
PROCESSO DI PACE / ISRAELE / TERRORISMO PALESTINESE / FRONTE ANTI-TERRORISMO /
SEPARAZIONE DA GAZA

Il Primo ministro israeliano Olmert e il Ministro per gli Affari Esteri Livni incontrano il Presidente Palestinese Abbas e l'Ex
Primo Ministro Qurel a Gerusalemme, 26 Ottobre 2007 (foto GPO)

Il Processo di Pace
• Come si può raggiungere la Pace?
• Qual é la posizione israeliana riguardo allo stato Palestinese?
• Come vede Israele la Mappa delle Vie?
• Quali sono i tre cerchi del Processo di Pace?
• Che effetto ha avuto la conquista di Gaza da parte di Hamas sulle possibilità per uno stato
palestinese?
• Può un governo d'unità Fatah-Hamas essere un partner per la Pace?
• Quale ruolo dovrebbe avere il mondo Arabo?
• Israele ha dei partner per la Pace nel mondo Arabo?
• Come l'istigazione danneggia la Pace?
• Perchè Israele è uno stato Ebraico?
• I Palestinesi hanno un "Diritto di Ritorno" giustificabile?
• Qual é lo stato di Gerusalemme?
• Qual é lo stato dei Territori?
• Gli insediamenti israeliani sono legali?

Come si può raggiungere la Pace?

Israele è sempre stata disposta a compromettersi e tutti i governi israeliani erano disposti a fare dei
sacrifici a favore della Pace. Tuttavia, per fare pace ci vogliono delle concessioni, oltre a delle misure
reciproche atte alla costruzione di fiducia tra le parti. Così come Israele è disposta a riconoscere i diritti
e gli interessi dei Palestinesi, ugualmente anche Israele ha dei diritti e degli interessi che dovrebbero
essere riconosciuti. La pace può essere raggiunta solamente attraverso dei negoziati atti a superare le
divergenze e risolvere le questioni di rilievo.

Israele crede di poter fare la pace con la moderata leadership Palestinese che ripugni il terrorismo.
Quando, in passato, Israele s'incontrò con dei leader arabi, come Sadat d'Egitto e Re Hussein della
Giordania, che parlarono il linguaggio della pace e furono disposti a fare dei passi concreti verso la
coesistenza, Israele raggiunse con loro degli accordi e la pace fu ottenuta. Israele è disposta a stare in
pace con tutti gli stati moderati della regione.

Affinché i negoziati si rendano possibili e affinché abbiano successo, il terrorismo e l'istigazione


Palestinese, supportato da paesi come la Siria e l'Iran, deve fermarsi. Le fazioni Palestinesi estremiste,
come Hamas, non sono disposte neanche a riconoscere lo stesso diritto d'esistere d'Israele e
continuano ad agire con violenza contro Israele, contro la leadership Palestinese moderata e contro il
Processo di Pace. Visto questo, non vi è posto per loro attorno al tavolo dei negoziati.

Lo smantellamento delle infrastrutture del terrorismo non è solamente il primo passo da fare secondo la
Mappa delle Vie, ma è un passo che sta alla base di ogni processo di pace. Per fare pace bisogna
costruire un'atmosfera positiva, che sia libera dal terrorismo e dall'istigazione e che promuove gli sforzi
per ottenere una comprensione reciproca. Israele ha agito in molte occasioni per aiutare a migliorare le
condizioni di vita dei Palestinesi e per riabilitare l'economia Palestinese. Israele ha già fatto – ed è
disposta a farlo ancora in futuro – gesti di buona volontà verso il campo Palestinese moderato, come
quello di rimuovere dei blocchi stradali per migliorare lo spostamento, trasferire i ricavi dalle tasse e
liberare dei prigionieri. Israele è pronta a fare molti gesti del genere ancora, a patto che la sicurezza
d'Israele non venga a mancare e che non sia corrisposta con il terrorismo.

I tentativi fatti dai Palestinesi e dai paesi Arabi d’imporre a Israele di accettare delle irresponsabili
richieste Palestinesi non porterà nessuno più vicino alla pace. È di estrema importanza che gli stati
Arabi non supportino le posizioni Palestinesi rigide, che renderebbero più duro ancora ai Palestinesi
stessi di attuare i necessari compromessi.

Passi positivi fatti dai paesi Arabi, potrebbero aiutare a generare un'atmosfera costruttiva, oltre ad
apportare dell'energia ai contatti multilaterali atti a promuovere la cooperazione regionale. Ulteriore
movimento e cooperazione in argomenti che riguardano la vita di tutti coloro che vivono in questa
regione, potrebbero contribuire psicologicamente ad affrontare le difficili questioni politiche che
andranno prese in considerazione e risolte.

Le risoluzioni 242 e 338 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, accettate da tutte le parti nella regione,
forniscono un'importante linea-guida per la conduzione di negoziati verso un accordo definitivo. Israele
ha anche proposto l'attuazione delle misure della Mappa delle Vie. La Mappa delle Vie però funzionerà
solamente se i Palestinesi manterranno i propri impegni, cosa che non hanno realmente iniziato a fare,
soprattutto per ciò che riguarda lo smantellamento delle infrastrutture del terrorismo e la cessazione
dell'istigazione, come richiesto nella prima parte della Mappa delle Vie.

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Qual è la posizione israeliana riguardo allo stato Palestinese?

Più e più volte, Israele ha dichiarato il proprio desiderio di vedere due stati – lo stato d'Israele e uno
stato Palestinese – vivere l'uno accanto all'altro in pace e sicurezza (come espresso nella Visione del
Presidente Bush negli USA, il 24 Giugno 2002). Israele crede che una vera risoluzione del conflitto
vedrà realizzarsi due stati nazionali: uno stato Palestinese per il popolo Palestinese ed uno stato
ebraico per gli Ebrei. Israele non ha alcun desiderio di dominare i Palestinesi e crede che uno stato
Palestinese veramente democratico, che sia in piena pace con Israele, permetterebbe una sicurezza a
lungo termine ed un benessere a Israele in quanto stato ebraico.

Israele non rifiuta l'idea della costituzione di uno stato Palestinese di per sé. L'unica questione è quale
tipo di stato Palestinese dovrebbe essere costituito. Sarà uno stato democratico di Legge ed ordine, che
Si astiene dal terrorismo, dalla violenza e dall'istigazione e che, quindi, può essere uno stato con il quale
Israele può vivere in pace? O forse sarà uno stato anarchico che continua sul sentiero della violenza e
del terrorismo, che non solo mette in pericolo Israele, ma anche la stabilità dell'intera regione?

Israele non può accettare la costituzione di uno stato terroristico lungo i propri confini. Gli sforzi verso la
costituzione di uno stato Palestinese devono prendere in considerazione i diritti e gli interessi vitali
d'Israele, specialmente in materia di sicurezza, così che possa esserci pace e stabilità nella regione.
Lo scopo d'Israele di essere uno stato democratico ebraico, che vive in pace ed armonia con i propri
vicini, l'ha portato ad abbracciare la visione di due stati per due popoli, come fu deciso dalle Nazioni
Unite nel Piano di Spartizione nel 1947. Israele si rese conto che i popoli del Medio Oriente sono dei
vicini il cui futuro è inevitabilmente legato. Non vi potrà essere una pace durevole che non prenda
questo in considerazione .

Ci sono voluti quasi 60 anni e molte guerre per far sì che questa visione fosse riconosciuta dai popoli
confinanti, i Palestinesi. Gli eventi che susseguirono la conquista di Gaza da parte di Hamas,
suggeriscono che il momento non fu mai più appropriato per realizzare finalmente questa visione.

La costituzione dello stato d'Israele diede risposta alle aspirazioni nazionali del popolo Ebraico – sia per
chi viveva nella Terra Santa o per chi fuggiva dagli orrori dell'Olocausto o deportato dalle terre Arabe. Il
futuro stato Palestinese dovrebbe adempiere allo stesso scopo per i Palestinesi. Deve rappresentare le
esigenze nazionali del popolo Palestinese – di chi abita in Cisgiordania e a Gaza, di chi abita i campi
profughi nei paesi Arabi confinanti e di chi abita nel resto del mondo.

Israele ha un sentito interesse, condiviso dai moderati di tutta la regione, per la creazione di uno stabile,
prosperoso e pacifico stato Palestinese. Come dimostrato dalla separazione da Gaza nel 2005, Israele
è pronto a fare dei passi dolorosi per promuovere questo obiettivo. Deve, però, sapere che i suoi partner
sono anch'essi pronti per un compromesso storico che porterà ad una pace durevole.

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Come vede Israele la Mappa delle Vie?

La Mappa delle Vie è un programma basato su compimenti, che è stato formulato dal Quartetto – gli
USA, l'Unione Europea, la Russia e l'ONU. Il 25 Maggio del 2003, il governo Israeliano ha accettato i
passi delineati dalla Mappa delle Vie, con la speranza che iniziativa aiutasse a raggiungere una pace
negoziata con i Palestinesi. Tuttavia, i Palestinesi non hanno rispettato i loro impegni appartenenti alla
prima fase della Mappa delle Vie, in primis "l'incondizionata cessazione della violenza".

Israele dà importanza alla Visione del come raggiungere la pace del Presidente Bush del 24 Giugno,
2004, come espresso anche nella Mappa delle vie. In quel discorso, il Presidente Bush sottolineò che
per realizzare la visione di due stati che vivono in pace l'uno accanto all'altro, sarà necessaria, come
primo passo critico, una riforma Palestinese che metta fine al terrorismo Palestinese.

L'accettazione da parte di Israele dei passi della Mappa delle Vie è un'ulteriore dimostrazione del
desiderio di Israele di porgere la propria mano per la Pace. E infatti, la decisione presa dal governo
rispecchia una prontezza a fare dei compromessi profondi atti a mettere fine al conflitto, a patto che
questi compromessi non mettano a rischio in alcun modo la sicurezza d'Israele. Inoltre, secondo la
condizione della sicurezza, Israele vuole contribuire al miglioramento della qualità di vita dei Palestinesi
e al risanamento dell'economia Palestinese.

Tuttavia, la Mappa delle Vie in se stessa e la disponibilità d'Israele di andare avanti richiede che anche i
Palestinesi rispettino i loro impegni in ogni fase. Estrema importanza veste la pretesa della prima fase
della mappa delle Vie, in cui i Palestinesi si assumono l'obbligo della "cessazione incondizionata della
violenza", smantellando le infrastrutture terroristiche, confiscando le armi ed arrestando e fermando
coloro che sono coinvolti nella conduzione e programmazione di attacchi violenti verso gli ovunque essi
siano. I Palestinesi devono anche mettere fine all'istigazione.

Accettando la Mappa delle Vie, i Palestinesi si sono assunti l'impegno di mettere fine al terrorismo e
all'istigazione, come richiesto dalla Mappa delle Vie.

Tuttavia, Israele scelse di non aspettare la conclusione della prima fase della Mappa delle Vie per
iniziare a Dialogare con la leadership Palestinese moderata. Comunque, la realizzazione di qualsiasi
accordo raggiunto tra Israele e i Palestinesi dipende dall'esecuzione della Mappa delle Vie.

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Quali sono i tre cerchi del Processo di Pace?

Nel processo politico, è facile riconoscere tre distinti cerchi di attori, ognuno dei quali è destinato a
supportare l'altro. Il primo cerchio, il più interno, contiene i negoziati diretti tra Israele e i Palestinesi; il
secondo è composto dal mondo Arabo; mentre il terzo, il più esterno, è quello della comunità
internazionale.

Nel cerchio più interno, quello degli Israeliani e dei Palestinesi, che sono il nocciolo del conflitto,
l'ostacolo maggiore alla pace sono gli elementi estremisti che si rifiutano di abbandonare il sentiero della
violenza ed impegnarsi per una risoluzione pacifica. Dall'altra parte vi sono i moderati, con i quali
sarebbe possibile raggiungere un accordo se fossero disposti a compromettersi, ma che avrebbero,
però, una dubbia capacità di mettere in atto qualsiasi accordo.

La strategia di Israele è una strategia di differenziazione, cioè affrontare diversamente Gaza, controllata
da Hamas, anziché l’Autorità nazionale palestinese più moderata, guidata dal Presidente Mahmoud
Abbas e il Primo ministro Salam Fayyad. Il nuovo governo Palestinese apparentemente ha accettato le
tre condizioni della comunità internazionale: la rinuncia alla violenza, il rispetto degli accordi precedenti
e l'accettazione del diritto d'esistere di Israele, ed é così diventato un potenziale partner per la pace.
Perciò, Israele sta cercando degli strumenti per appoggiare gli elementi moderati, compreso l'assistenza
finanziaria, la questione della sicurezza, il miglioramento delle condizioni di vita e la creazione di "un
Orizzonte politico", una visione di ciò che i Palestinesi potrebbero ottenere se rinunciassero alla violenza
e al terrorismo.

Nel cerchio intermedio si trova il mondo Arabo, che deve ora schierarsi riguardo a questa questione.
Tuttavia non si tratta più di scegliere tra Israele e i Palestinesi, ma piuttosto tra la parte della Autorità
nazionale palestinese moderata e quella degli elementi terroristici estremi. Il mondo Arabo dovrebbe
supportare gli elementi prammatici nel nuovo governo palestinese e ripugnare l'organizzazione
estremista di Hamas. Se dovesse farlo, il mondo Arabo potrebbe avere un ruolo significante nel
processo di pace.

In passato c'era una mancanza di coinvolgimento da parte dei protagonisti regionali costruttivi che
potessero partecipare alla creazione della pace Israeliana Palestinese. La proposta della Lega Araba
rappresenta un'opportunità per una partecipazione regionale positiva.

Il terzo cerchio – quello della comunità internazionale – ha già iniziato a recitare un ruolo positivo,
quando il Quartetto (gli USA, l'ONU, la Russia e l'EU) adottò le tre condizioni per il riconoscimento: la
rinuncia alla violenza, il rispetto degli accordi precedenti e l'accettazione del diritto d'esistere di Israele
(Israele crede che questo dovrebbe includere il diritto di Israele di esistere come uno stato ebraico). Ha
ulteriormente dimostrato il proprio impegno appoggiando l'incontro di Annapolis. La comunità
internazionale dovrebbe scegliere di schierarsi con la giusta parte del conflitto tra estremisti e moderati,
mantenendo la negazione della legittimazione di Hamas, promuovendo le relazioni con il nuovo governo
formato da Mahmoud Abbas ed anche fornendo ai Palestinesi un orizzonte economico, oltre
all'orizzonte politico al quale può provvedere Israele.

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Che effetto ha avuto la conquista di Gaza da parte di Hamas sulle possibilità per
uno stato palestinese?

Israele ha lasciato Gaza l'Estate del 2005 per poter creare un'opportunità di pace. Ha rimosso le proprie
forze armate, ha smantellato gli insediamenti civili, ha, però, lasciato le serre a favore degli agricoltori
Palestinesi, nella speranza che questo possa essere l'inizio di uno stato Palestinese pacifico. Ma,
anziché una pace fiorente, Israele si è trovata con un territorio ostile ai suoi confini: le cittadine
israeliane adiacenti a Gaza sono il bersaglio quasi quotidiano di attacchi di missili Kasam, attacchi
terroristici sono frequentemente tentati e l'infrastruttura del terrorismo sta crescendo con un ritmo
allarmante.
Nonostante questo continuo terrorismo di Hamas, Israele manterrà un continuo dialogo con i Palestinesi
moderati, affinché passi ai Palestinesi il messaggio che se fossero i moderati a rappresentare le loro
aspirazioni nazionali, potrebbero ottenere un loro stato.

Il principio guida d'Israele è quello della differenziazione tra moderati ed estremisti, tra coloro che sono
disposti e pronti a promuovere il processo di pace e coloro la cui ideologia è basata sull'estremismo e
sul fanatismo religioso e che trattano anche il proprio popolo con la peggiore brutalità. Israele spera che
prevalgano i primi, anche se alla fine, la scelta deve essere fatta dagli stessi Palestinesi.

I terroristi di Hamas continuando a bersagliare gli israeliani hanno recato tragedie anche ai Palestinesi.
Come hanno dimostrato gli eventi di Gaza, i terroristi pretendendo di promuovere i diritti dei Palestinesi
in realtà li hanno solamente danneggiati.

Va da sé che il futuro stato Palestinese non può essere uno stato terroristico. Per questa ragione, la
comunità internazionale ha insistito che il sentiero verso l'istituzione dello stato Palestinese passi
attraverso l'accettazione dei principi del Quartetto, compresa la rinuncia al terrorismo, il rispetto degli
impegni della Mappa delle Vie ed il riconoscimento del diritto d'esistere d'Israele. Questi sono i principi
fondamentali di una pace durevole.

Il ruolo del mondo Arabo in questo contesto, è determinante. In passato mancava il coinvolgimento di
protagonisti regionali costruttivi coinvolti nel promuovere il processo di pace. L'importantissima recente
decisione della Lega Araba rappresenta un'opportunità per una partecipazione regionale positiva.

Tuttavia, non bisognerebbe illudersi. I nemici di una buona convivenza, guidati dall'Iran attraverso
l’appoggio di Hizbullah e di Hamas, stanno cercando di fare tutto ciò che è in loro potere per sabotare
qualsiasi prospettiva di pace. Il governo di Taharan, con la sua dichiarata intenzione di "cancellare
Israele dalla mappa" ha fatto abuso dell'Islam, trasformandolo in un manifesto politico totalitario,
mascherato dalla religione. È deciso a perpetuare un conflitto che è risolvibile e portare verso un futuro
di disperazione. Anche la Siria sta ostacolando la riconciliazione Israeliana Palestinese attraverso il suo
appoggio a gruppi terroristici come Hamas e la (qui davanti alla parola Jihad mettono l’articolo
femminile: la Jihad. Però vedi tu) Jihad Islamica Palestinese, che hanno il proprio quartiere generale a
Damasco.

Non esiste un conflitto insormontabile tra Israele e i Palestinesi. Piuttosto, vi è denominatore comune
nel desiderio della pace, supportato da tutti i paesi moderati della regione che capiscono che la vera
minaccia alla pace deriva dagli stati estremisti che sostengono il terrorismo.

Ci sono dei moderatori nell'Autorità Palestinese che potrebbero essere i partner di Israele per la pace, i
quali credono che un futuro stato Palestinese deve basarsi sulla democrazia e sulla comprensione, a
differenza degli estremisti, la cui idea totalitaria di base è di privare altri dai propri diritti.

Fino a quando Israele dovrà continuare a proteggere la propria popolazione dal terrorismo di Hamas,
sarebbe fondamentalmente il ruolo delle forze moderate tra i Palestinesi ad affrontare Hamas.

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Può un governo d'unità Fatah-Hamas essere un partner per la Pace?

Quando il governo di Hamas ha inizialmente preso il potere, le dichiarazioni di Hamas, che incitavano
alla violenza, opponendosi alla soluzione di due stati e negando il diritto d'Israele di esistere, hanno
spinto il Quartetto internazionale (composto dagli USA, l'Unione Europea, la Russia e l'ONU) a fissare
tre condizioni davanti ad ogni governo Palestinese che desidera ottenere una legittimazione
internazionale e la cooperazione. Queste condizioni di base sono: riconoscere il diritto d'Israele di
esistere, rinunciare al terrorismo e alla violenza ed accettare i precedenti accordi ed impegni, compresa
la Mappa delle Vie.

La comunità internazionale ha richiesto che ogni governo Palestinese debba assumersi l'impegno verso
queste tre condizioni e che "non dovrebbe contenere un membro" che non ne sia impegnato. Perciò, un
governo d'unità che conterrebbe gli estremisti di Hamas, non può essere un partner per la Pace.
Le condizioni imposte dal Quartetto, che Hamas continua a respingere, non sono degli ostacoli per la
pace, ma anzi, sono le verifiche di base attraverso la quale la comunità internazionale potrebbe
determinare se un governo Palestinese è capace di essere una parte nei negoziati di pace.

Dovesse qualsiasi governo, che rifiuti di accettare questi tre principi di base per la pace, ricevere
supporto e legittimazione internazionale, ostacolerebbe gravemente i progetti di pace e tradirebbe i
moderati veri, appartenenti ad entrambe le parti del conflitto, che credono nei due stati come soluzione
del conflitto e cercano di realizzarli.

Lo scopo di qualsiasi processo di pace, cioè "due stati che vivono l'una accanto all'altra in pace e
sicurezza", non potrebbe mai realizzarsi se una delle parti dovesse continuare a sostenere l'uso del
terrorismo. Per questa ragione, il Quartetto ha ripetutamente insistito che qualsiasi governo Palestinese
debba rinunciare al terrorismo e alla violenza.

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Quale ruolo dovrebbe avere il mondo Arabo?

Israele desidera avere la pace con tutti i paesi Arabi. Fa differenza, però, tra gli stati Arabi moderati, che
hanno il potenziale di mantenere delle relazioni pacifiche con Israele, e gli stati estremisti, che non
hanno alcun interesse per la pace.

Gli stati Arabi moderati hanno le potenzialità per dare un contributo importante e positivo al processo di
pace, come anche cambiare l'aspetto della regione per il meglio.

Tuttavia, la politica di confronto con Israele dovrebbe essere rimpiazzata da una politica di dialogo. Man
mano che è fatto progresso nei negoziati tra Israele e i Palestinesi, diventa sempre più evidente il
bisogno di questo cambiamento.

Mentre non ci si illude che gli stati Arabi siano d’accordo con Israele riguardo a questioni specifiche in
disputa, si pensa che dovrebbero essere concordare sul fatto che la soluzione di queste questioni
richiederà dei compromessi a entrambe le parti. Non ci si può aspettare che Israele accetti degli
ultimatum o delle proposte del tipo "prendere o lasciare". Israele non starà agli ultimatum che dichiarano
che la pace può essere raggiunta solo se Israele dovesse sottostare a tutte le richieste e le condizioni
degli Arabi; i diritti e gli interessi di Israele non possono essere totalmente ignorati, né può essere
tralasciato il bisogno di fare dei compromessi per risolvere le questioni più importanti.

Dall'altra parte, gli stati estremisti del Medio Oriente devono cessare di sostenere le attività terroristiche.
Devono fermare l'istigazione e la propaganda antisemitica contro Israele, che non fa che generare
ulteriore odio e fornire un terreno fertile al terrorismo.

Le organizzazioni terroristiche Palestinesi ed altre nel Medio Oriente ricevono aiuto, compresi denaro ed
armi, dai paesi Arabi estremisti. Alcuni stati Arabi, tra i quali l'Iran e la Siria, appoggiano le
organizzazioni terroristiche più violente e pericolose come Hizbullah. La Siria ospita il quartiere generale
e le basi d'addestramento di alcune organizzazioni terroristiche Palestinesi, comprese Hamas e La
Jihad Islamica. Questo sostegno deve fermarsi, così che si può mettere fine al terrorismo. Solo allora,
gli sforzi per la pace potranno avere la possibilità di avere successo.

Negli ultimi anni, le forme estreme dell'istigazione anti israeliana hanno potuto fiorire nei paesi Arabi,
riportando la memoria di periodi antecedenti del conflitto arabo-israeliano. Vi è stata una proliferazione
di propaganda antisemitica nelle moschee e nelle scuole, nei mezzi di informazione dello stato e negli
istituti accademici. Questo materiale razzista, simile a quello usato in epoche passate contro il popolo
Ebraico – come per esempio le diffamazioni sul sangue e i cosiddetti "Vecchi di Sion" - genera ulteriore
odio e fornisce un terreno fertile al terrorismo.

I forum internazionali, come le Nazioni Unite, non dovrebbero essere abusati, come lo sono anno dopo
anno dai paesi Arabi che premono affinché siano adottate le solite risoluzioni anti israeliane unilaterali,
anziché cercare un modo nuovo e costruttivo per risolvere le differenze.
Il Presidente Anwar Sadat dell'Egitto e il Re Hussein della Giordania hanno dimostrata vera leadership
nel fare la pace con Israele. I paesi moderati del Medio Oriente potrebbero contribuire nel guidare la
strada per la pace attraverso delle relazioni cooperanti con Israele.

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Israele ha dei partner per la Pace nel mondo Arabo?

Il Medio Oriente fa da sfondo ad uno scenario di lotta tra estremisti ed elementi più moderati. L'insorgere
continuo di fazioni estremiste ha un impatto contemporaneamente positivo e negativo sul processo di
pace.

Da un lato, gli estremisti (che spesso rappresentano dei punti di vista che si basano sulla religione) sono
una notevole fonte di destabilizzazione nel Medio Oriente in generale, e per il conflitto israeliano -
Palestinese in particolare. L’Iran, che sostiene le organizzazioni terroristiche, non è solo una minaccia
per Israele, ma anche per la pace mondiale. Gruppi come Hamas, Hizbullah e la Jihad islamica
continuano il percorso della violenza e rifiutano tutti gli sforzi per la risoluzione del conflitto.

Dall'altra parte, l'insorgente minaccia degli estremisti ha spinto i più moderati stati Medi Orientali a
riconoscere la minaccia comune che gli estremisti, ed in particolare l'Iran, pongono. Ciò ha dato luogo
alla creazione di alleanze che sarebbero state considerate inconcepibili anche solo pochi anni fa e alla
ripresa del processo politico tra Israele e la maggior parte del resto del Medio Oriente.

Israele è pronta e capace di lavorare per la pace con gli altri elementi moderati del Medio Oriente, nella
speranza che insieme sia possibile tenere sotto controllo gli estremisti e mantenere la rotta del processo
politico.

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Come l'istigazione danneggia la Pace?

C'è un legame diretto tra l'istigazione anti-istaeliana e antisemitica ed il terrorismo. L'indottrinamento anti
israeliano estremo, che è tanto persuasivo nella società Palestinese, nutre una cultura di odio che, a
sua volta, porta al terrorismo.

Il sistema educativo Palestinese, i Media, la Letteratura, le canzoni, il Teatro ed il Cinema si sono


mobilitati verso l'indottrinamento anti israeliano estremo, che a volte sfocia nello sfrontato antisemitismo.
L'istigazione all'odio e alla violenza è persuasiva nella società Palestinese, in particolare nella Striscia di
Gaza controllata da Hamas. Esiste negli asili nido e negli asili, nei movimenti giovanili, nelle scuole,
nelle università, nelle prediche nelle moschee e nelle dimostrazioni per la strada. L'istigazione crea una
cultura di odio e di violenza, che a sua volta fa da terreno fertile al terrorismo e all'omicidio.

L'istigazione contro Israele ha molte facce. Inizia dall'ignorare totalmente l'esistenza stessa di Israele.
Le mappe nelle scuole e nelle università non contengono neppure il nome di Israele e neppure un gran
numero delle sue città e cittadine. Inoltre, gli istigatori esaltano i nomi ed i fatti degli attentatori-suicida,
dando il loro nome a squadre di calcio e presentano i terroristi come modelli da emulare. L'istigazione
comprende cartoni animati antisemitici, che utilizzano lo stesso tipi di motivi ed immagini che furono
usati contro gli Ebrei nel periodo Nazista.

Il fenomeno fa presagire il male alle nuove generazioni, educate ad ammirare i simboli di morte e di
distruzione. Bambini, come quelli della Striscia di Gaza controllata da Hamas, che sono stati istruiti fin
da giovanissima età ad odiare, ammazzare e distruggere sono una tragedia per il loro stesso popolo ed
un pericolo potenziale per altri.

La domanda che ci si deve porre è: che tipo di futuro offre l'industria dell'istigazione alla prossima
generazione, che cresce imparando ad odiare. Sarà capace questa giovane generazione a pensare in
termini di pace, di buona vicinanza, di tolleranza e di compromesso? Può la società Palestinese creare il
nuovo stato mentale necessario per la pace, che è molto di più che la firma di un trattato di pace?
La domanda che ci si deve porre è: che tipo di futuro offre l'industria dell'istigazione alla prossima
generazione, che cresce imparando ad odiare. Sarà capace questa giovane generazione a pensare in
termini di pace, di buona vicinanza, di tolleranza e di compromesso? Può la società Palestinese creare il
nuovo stato mentale necessario per la pace, che è molto di più che la firma di un trattato di pace?

Non è possibile ignorare l'intensità delle emozioni che esistono ai due lati del conflitto nel Medio Oriente.
Emozioni di rabbia profonda e di frustrazione esistono anche dalla parte israeliana. Ma c'è un'enorme
differenza tra il provare rabbia e frustrazione, da un lato, e il promuovere una cultura di odio, dall'altro.

A differenza della maggioranza della società Palestinese, la società israeliana vede nella pace l'obiettivo
più nobile, l'aspirazione più alta sia sul piano individuale che quello nazionale. Il desiderio della pace,
della calma e della normalizzazione della vita quotidiana sta al centro stesso dell'essere e della cultura
israeliana. A partire dall'istituzione dello stato sarebbero troppi da enumerare le migliaia di canzoni, libri,
lavori artistici ed articoli che sono stati scritti sulla pace in Israele. La Pace è un importante valore
centrale, il sogno più grande di ogni madre e padre, l'incarnazione dell'idea Sionista che contempla uno
stato d’Israele che vive in pace con tutti i suoi vicini.

Non vi è nessuna ragione legittima del perché i bambini israeliani imparano della pace e della
coesistenza nelle loro scuole, mentre allo stesso tempo, i bambini Palestinesi stanno imparando ad
onorare gli attentatori-suicida e la Jihad. Coloro che desiderano la pace, dovrebbero educare alla pace
e non promuovere l'odio e la violenza.

La veemente retorica anti israeliana dei Palestinesi ha avuto un impatto destabilizzante in tutta le
regione per ciò che riguarda gli sforzi per la pace. Questa intensa copertura del punto di vista
Palestinese degli eventi e l'istigazione da parte degli oratori Palestinesi ha infiammato dei sentimenti
anti israeliani nei paesi Arabi, spingendo anche molti stati Arabi pro-pace ad abbassare di grado i loro
rapporti con Israele. L' istigazione Palestinese porta a breve termine alla violenza, mentre a lungo
termine riduce le possibilità per la pace e la riconciliazione tra Israele ed i suoi vicini.

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Perchè Israele è uno stato Ebraico?

Lo stato d'Israele è prima di tutto uno stato Ebraico, nella visione del diritto che hanno gli ebrei ad avere
un unico proprio stato indipendente e grazie al legame storico e biblico tra il popolo Ebraico e la Terra
d'Israele (Eretz Israel). Non c’è un'altra terra nella quale il popolo Ebraico può pretendere in pieno un
proprio stato sovrano. Non c’è un altro stato dove il popolo Ebraico può pienamente realizzare la propria
vita in accordo con i propri costumi e credi, lingua e cultura, obiettivi e progetti per il futuro.

Nonostante il popolo Ebraico abbia anelato e pregato per 2000 anni di ristabilirvi la propria casa
nazionale questo diritto si realizzò solo verso la fine del 19° secolo in seguito al risveglio nazionale degli
ebrei. Il riaffiorare del nazionalismo Ebraico portò alla nascita del movimento Sionista. Il movimento
Sionista ottenne un primo importante riconoscimento nel 1917 con la Dichiarazione di Balfour in cui il
governo Britannico affermava di guardare “con favore alla creazione di una casa nazionale per il popolo
Ebraico”. Questo riconoscimento fu ufficialmente appoggiato nel 1922 dalla Lega delle Nazioni,
antesignana delle Nazioni Unite.

Il 29 Novembre 1947, l'Assemblea Generale del ONU, accettò la risoluzione 181, chiedendo la fine del
mandato Britannico in Palestina e la creazione in quel territorio di uno stato Ebraico ed uno stato Arabo.
La proposta – valida ancor oggi – era che avrebbero dovuto esserci due nazioni per due popoli. Mentre
la popolazione Ebraica celebrò questa decisione storica, i paesi Arabi rifiutarono la decisione dell'ONU e
iniziarono una guerra atta a distruggere il futuro stato Ebraico. Il 14 Maggio 1948, David Ben Gurion
dichiarò "l'istituzione di uno stato Ebraico in Eretz Israel, che sarà noto come lo stato di Israele". In tal
modo il popolo Ebraico poteva finalmente esercitare il proprio diritto di autodeterminazione in uno stato
proprio.

Israele fu fondata per fornire una tanto necessaria casa per il popolo Ebraico, che fu perseguitato in
altre terre attraverso i secoli. La Dichiarazione d'Indipendenza afferma esplicitamente che "lo stato di
Israele sarà aperto per l'immigrazione Ebraica e per radunare gli esiliati".
In accordo con la sua Dichiarazione d'Indipendenza, lo stato d'Israele fu fondato come stato
democratico che si basa sul principio della Separazione dei Poteri, la Libertà e totale eguaglianza di
fronte alla Legge per tutti i suoi abitanti, indipendentemente dalla religione, razza, genere e nazionalità.
Questi principi sono applicati anche oggi.

Poiché Israele si autodefinisce sia stato Ebraico che stato democratico, essa garantisce i diritti dei
cittadini non Ebrei. C’è una grande minoranza Araba in Israele, che consiste nel 20% della popolazione.
La minoranza Araba in Israele gode pieni diritti civili e politici, comprese la libertà d'espressione, di
religione e di culto. Vota alle elezioni in Israele e rappresentanti Arabi sono eletti al parlamento
israeliano. Tra gli Arabi Israeliani ci sono giudici, sindaci e impiegati statali. Attualmente, un Arabo-
israeliano è un ministro nel governo e un altro è il vice Ministro degli Esteri. Oltre all'Ebraico, anche
l'Arabo è una lingua ufficiale dello Stato. Anche se esistono ancora dei problemi in relazione alla piena
integrazione della minoranza Araba ed in particolare per ciò che concerne la sfera economica, questi
problemi sono comuni in molti paesi occidentali dove c'è una grande minoranza nella popolazione.

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I Palestinesi hanno un "Diritto di Ritorno" giustificabile?

Mentre i Palestinesi richiedono uno stato proprio, richiedono anche il "Diritto di Ritorno" alla terra
contenuta entro i confini pre-1967. Tuttavia, non esiste un'affermazione del genere nella Legge
Internazionale, nelle risoluzioni del ONU o negli accordi tra Israele e i suoi vicini Arabi.

A causa delle condizioni demografico – geografiche, l'affluenza di un grande numero di profughi in


Israele è decisamente impraticabile. Dato che la popolazione d'Israele conta circa 7 milioni (dei quali un
quinto sono Arabi-israeliani), l'affluenza di milioni di Palestinesi nello Stato d'Israele metterebbe a rischio
l'esistenza dello stato Ebraico di Israele, togliendogli l’identità di base di casa del popolo Ebraico e
rifugio per gli Ebrei perseguitati. Di conseguenza, la pretesa di vivere in Israele non è nient'altro che un
pretesto, una scusa, un modo per la distruzione demografica dello stato Ebraico.

Infine, la pretesa Palestinese di un'illimitata immigrazione in Israele è un complotto politico fatto da


coloro che non desiderano che Israele esista. È pericoloso che i Palestinesi richiedano
simultaneamente uno stato proprio e il diritto di immigrare liberamente in un altro stato ancora, Israele.
Richiedendo un diritto che, in effetti, negherebbe l'identità di base d'Israele, la leadership Palestinese
sta minando le prospettive di pace. Il risultato di un qualsiasi processo di pace dovrebbe essere di due
nazioni per due popoli, come prospettato dalle Nazioni Unite nel 1947, nel Piano di Spartizione.

Il problema dei profughi Palestinesi è rimasto irrisolto per circa 60 anni, causando sofferenza e
instabilità in tutto il Medio Oriente. Tuttavia, parallelamente agli aspetti sociali ed umanitari di questa
questione, è importante esaminare le cause del problema e le ragioni del perchè si perpetuino da sei
decadi.

L'origine immediata del problema dei profughi fu il rifiuto degli Arabi alla risoluzione 181 dell'Assemblea
Generale del ONU - che avrebbe spartito la zona del Mandato Britannico tra uno stato Arabo ed uno
stato Ebraico – e la susseguente guerra che iniziarono con la speranza di distruggere Israele. Molti
Arabi Palestinesi che vivevano dove si svolgevano le battaglie, abbandonarono le loro case, sia sotto la
richiesta dei leader Arabi, o come conseguenza della paura di vivere sotto il dominio Ebraico. Il
problema dei profughi non sarebbe mai venuto a crearsi se questa guerra non fosse stata imposta a
Israele dai paesi Arabi e dalla leadership Palestinese locale.

Israele non ha la responsabilità dell’origine o della protrazione del problema dei profughi Palestinesi.
Perciò, non può assumersi, neanche come un gesto, la responsabilità del problema.

Purtroppo, in quel periodo, innumerevoli profughi scappavano dalle guerre in molti parti del mondo.
Quasi tutti sono stati ricollocati e le loro vite si sono resi di nuove stabili. Unica eccezione rimangono i
Palestinesi, deliberatamente mantenuti nella condizione di profughi per scopi politici.

Il destino dei profughi Palestinesi è in forte contrasto con quello dei molti Ebrei che furono costretti a
scappare dai paesi Arabi nel periodo dell'istituzione di Israele, lasciandosi dietro una grande quantità di
averi. Nonostante le difficoltà, le centinaia di migliaia di profughi Ebrei furono inglobate in qualità di
cittadini dello stato d'Israele.

I paesi Arabi, con la sola eccezione della Giordania, hanno perpetuato il problema dei profughi con
l'intenzione di utilizzarlo come arma nella battaglia contro Israele. I profughi continuano a vivere in
campi affollati, in povertà e disperazione. Sono stati fatti pochi tentativi per integrarli nei numerosi paesi
Arabi nella regione. Questi profughi, i loro bambini, nipoti e pro-nipoti rimangono oggi in.molti paesi
Arabi senza nessun diritto politico, economico o sociale. Questa politica fu adottata per ottenere la
simpatia internazionale per la causa Palestinese, a spese dei Palestinesi stessi.

La comunità internazionale ha avuto anch'essa una parte nel perpetuare il problema dei profughi
Palestinesi. Ha evitato di fare degli sforzi per risistemare i profughi, come da norma internazionale.
L'alto commissionario dell'ONU per i profughi, responsabile di trovare case permanenti per tutti i gruppi
di profughi nel mondo, non lo fa per i Palestinesi. Invece, un'agenzia speciale è stata costituita per
occuparsi dei profughi Palestinesi. Questa organizzazione, l'Agenzia delle Nazioni Unite per l'Assistenza
e i Lavori (UNWRA), opera solo per mantenere e supportare i Palestinesi nei campi profughi.

La comunità internazionale ha ceduto alla pressione politica da parte dei governi Arabi e, infatti, ha
concesso ai Palestinesi l'eccezione dalla definizione di profugo, internazionalmente approvata nel
congresso ONU del 1951, che si riferisce allo stato dei profughi, e al protocollo del 1967, che non fa
cenno ai discendenti. Secondo questa eccezione – che non fu mai concessa a nessun altra popolazione
– tutte le generazioni dei discendenti degli originari profughi Palestinesi vanno considerati profughi
anch’essi. Questo significa che la vasta maggioranza dei profughi Palestinesi che chiedono di immigrare
in Israele, non hanno mai vissuto entro i confini di Israele. Inoltre, l'eccezionale definizione di profugo nel
caso Palestinese, include qualsiasi Arabo che abbia vissuto nella zona divenuta Israele anche per soli
due anni prima di partire. Queste esenzioni hanno incrementato il numero di profughi Palestinesi e negli
anni hanno permesso che si moltiplicasse dalle centinaia di migliaia ai milioni.

I Palestinesi affermano falsamente che il loro reclamo è basato su delle risoluzioni dell'ONU, più
specificatamente il paragrafo 11 della Risoluzione dell'Assemblea Generale 194 (Dicembre 1948).
Ciononostante, l'Assemblea Generale non è un organo che emette leggi e le risoluzioni dell'Assemblea
Generale sulle questioni politiche non creano degli obblighi legali.

Con riferimento alla Risoluzione dell'Assemblea Generale 194, un numero di altri punti sono pertinenti:

Gli stati Arabi hanno originalmente respinto la Risoluzione 194 e, quindi, non potrebbero basare i propri
reclami su questa risoluzione rifiutata.

La Risoluzione fu un tentativo da parte dell'ONU di portare le parti alla negoziazione, facendo delle
raccomandazioni riguardo a un numero di argomenti chiave (Gerusalemme, i confini, i profughi ecc.),
atti al raggiungimento di un "accordo definitivo riguardo a tutte le questioni in sospeso" tra le parti. Una
sola sezione della 194 (paragrafo 11) discute dei profughi. Il paragrafo non contiene un solo riferimento
a qualsiasi diritto, ma raccomanda solo che i profughi abbiano il permesso di ritornare. Sarebbe illogico
richiedere l'attuazione di una sola frase indipendentemente dal resto del documento.

Inoltre, la Risoluzione stabilisce delle specifiche precondizioni e limiti al ritorno, prima tra queste che i
profughi siano disposti a vivere in pace con i propri vicini. Il supporto della popolazione Palestinese
all'ondata di terrorismo che è iniziato nel Settembre 2000, come anche altre in volte nel passato, ha
finora precluso questa possibilità.

La Risoluzione utilizza nello specifico il termine generale "profughi" e non "profughi Arabi", e perciò
indica che la risoluzione parli di tutti i profughi, sia Ebrei sia Arabi. Bisognerebbe ricordare che in seguito
all'istituzione di Israele nel 1948, un almeno ugual numero di Ebrei residenti in paesi Arabi e residenti
Arabi in Israele furono costretti a diventare dei profughi.

La Risoluzione determina che la ricompensa per i profughi che dovessero decidere di non rientrare, la
cui proprietà fosse stata danneggiata o distrutta, dovrebbe essere fornita "dai governi o dalle autorità
responsabili". La pretesa di ricompensa non specifica il nome di Israele, ed è chiaro che l'utilizzo del
plurale (governi) preclude qualsiasi pretesa Palestinese che l'attuazione della risoluzione cada
esclusivamente su Israele.

La risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU 242 del 1967, ha aggiunto alla 194 e rinforzato la
posizione israeliana, togliendo ancora qualsiasi riferimento al "diritto di ritorno", o anche alla stessa
Risoluzione dell'Assemblea Generale 194. Invece, la 242 si limita ad affermare la necessità "di
raggiungere un giusto accordo per il problema dei profughi".

Per riassumere, i Palestinesi, dopo aver inizialmente respinto la Risoluzione, hanno ora selettivamente
reclamato degli elementi della Risoluzione 194, che offre dei benefici politici e retorici. Allo stesso
tempo, altri aspetti materiali delle questioni in vigore sono stati ignorati.

Nella Legge Internazionale, il principio di ritorno è discusso negli attinenti trattati per i Diritti Umani.
Tuttavia, il principio si riferisce solo agli individui (non ad un popolo intero) e come regola, i governi
hanno limitato il diritto di rientrare in uno stato agli originari di questo stato.

Nessuno degli accordi tra Israele ed i suoi vicini Arabi accenna a una pretesa di ritorno. Nel corso del
Processo di Pace, gli Israeliani e i Palestinesi stessi erano d’accordo che la questione dei profughi,
insieme con altri argomenti, potrebbe essere considerata come parte di un accordo permanente tra le
parti. Israele mantiene questo impegno.

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Qual é lo stato di Gerusalemme?

Gerusalemme è una città sacra per le tre religioni monoteistiche: l'Ebraismo, il Cristianesimo e l'Islam. È
proprio lo stato religioso di Gerusalemme che dona a questa città e a tutto ciò che vi avviene così tanta
importanza. Israele riconosce e garantisce i diritti di tutti i credenti e protegge nella città i luoghi a loro
sacri così come in tutto il paese. Oltre ad avere uno status speciale per causa della sua importanza
religiosa, Gerusalemme è anche la Capitale dello stato d'Israele.

Gerusalemme è "il cuore e l'anima" dell'identità spirituale del popolo Ebraico e delle bramosie nazionali.
Ogni volta che gli Ebrei furono un popolo indipendente nella Terra d'Israele, Gerusalemme fu la loro
capitale. Gerusalemme fu capitale storica del popolo Ebraico da quando il Re David la scelse nel 1004
a.c.. Gerusalemme rimase capitale fino alla sua distruzione per opera dei Romani nel 70 a.c. e la
conseguente perdita dell'indipendenza Ebraica.

L'indipendenza Ebraica fu rinnovata nel 1948, con l'istituzione dello stato d'Israele. Poco più tardi, la
Knesset (il Parlamento di Israele) decise che Gerusalemme sarebbe stata la capitale dello stato
d'Israele. In seguito a questa decisione, gli istituti governativi si stabilirono a Gerusalemme, compresa la
residenza del Presidente, i Ministeri governativi, la Knesset e la Corte Suprema. Nel 1980, la Knesset
emanò la "Legge di Base: Gerusalemme, capitale di Israele", che coronò la decisione con una legge.

La maggior parte degli stati non ha rispettato il diritto sovrano di Israele di determinare la propria città
capitale e ha rifiutato di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele. Le ragioni perciò sono
essenzialmente politiche sono contrarie ai principi della Legge Internazionale. Israele dovrebbe godere
dello stesso diritto di base come qualsiasi altro paese nel determinare la scelta della propria capitale.

Nei secoli passati, nessuna nazione, oltre al popolo Ebraico ha scelto Gerusalemme come propria
capitale. Mentre per gli altri credi Gerusalemme sia importante, l'Ebraismo è l'unica religione che pone
Gerusalemme al centro della propria fede.

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Qual è lo stato dei Territori?

Il controllo della Cisgiordania e di Gaza passò a Israele nella Guerra di autodifesa nel 1967.
Successivamente per quasi un quarto di secolo, i Palestinesi rifiutarono ogni apertura israeliana,
mancando, opportunità dopo opportunità, di risolvere la disputa attraverso la negoziazione. Nel 2005,
Israele decise di lasciare unilateralmente Gaza, passando il controllo del territorio ai Palestinesi stessi,
nella speranza che lo utilizzerebbero per stabilirvi la base di un futuro, pacifico stato Palestinese.
Purtroppo, le speranze d'Israele svanirono.

Finché lo stato futuro della Cisgiordania sarà materia di negoziati, la pretesa israeliana di questo tanto
discusso territorio non è meno valida di quella dei Palestinesi. Il territorio fu la culla della civiltà Ebraica
in tempi biblici e vi furono comunità Ebraiche per migliaia di anni. La moderna Israele ha dei profondi
legami con i molti luoghi storici localizzati nella Cisgiordania. Però, la pretesa israeliana su questo
territorio non è basata solamente sugli antichi legami, i credi religiosi e le esigenze di sicurezza; è molto
radicata nella legge e nelle usanze internazionali.

La presenza israeliana in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza risale al 1967 e alla Guerra dei Sei
Giorni. È importante ricordare che il controllo israeliano sui Territori fu il risultato di una guerra di
autodifesa, disputata dopo che fu minacciata la stessa esistenza d'Israele. Il problema continuò grazie
alla intransigenza dei vicini Arabi d'Israele, che hanno costantemente rifiutato le molte proposte
israeliane di pace, compreso il messaggio post Guerra dei Sei Giorni che affermava che avrebbero
restituito la maggior parte dei Territori in cambio della Pace. Nel 1979, l'Egitto e nel 1994 la Giordania,
hanno entrambe firmato degli accordi di pace con Israele. Ma i Palestinesi devono ancora farlo.

È stato affermato che la presenza di Israele nei Territori violava la risoluzione del Consiglio di Sicurezza
dell'ONU 242 del 1967, una delle pietre d'angolo del Processo di Pace. Questa dichiarazione rinnega
sia il linguaggio che l'intento originale della 242. I padri di questa Risoluzione si sono resi conto che i
confini pre-1967 erano indifendibili, e hanno deliberatamente scelto di utilizzare il termine ritirarsi "da
territori" (e non "da tutti i territori", come la richiesta Palestinese) per indicare il bisogno di cambiare ogni
futuro confine.

Inoltre, la risoluzione 242 (e la Risoluzione 383 del 1973) pone degli impegni ad ambedue le parti. I
governi Arabi non possono richiedere che Israele si ritiri, mentre ignorano le loro responsabilità e il
bisogno di negoziazioni. Ignorano deliberatamente il fatto che la 242 chiama per "fine di tutte le pretese
e dello stato di belligeranza" e il "diritto di vivere in pace entro la sicurezza e dei confini riconosciuti,
liberi da minacce o da atti di forza".

La presenza israeliana nei Territori è spesso considerata erroneamente come "occupazione". Tuttavia,
sotto la Legge internazionale, l'occupazione avviene in territori che sono stati presi da una sovranità
riconosciuta. Il controllo giordano della Cisgiordania e il controllo egiziano sulla Striscia di Gaza dopo
1948 fu il risultato di una guerra d'aggressione mirata alla distruzione nell’appena istituito stato Ebraico.
I loro attacchi violarono apertamente la risoluzione 181 dell'Assemblea Generale dell’ONU del 1947
(nota anche come il Piano di Spartizione). Di conseguenza, la cattura dei territori da parte egiziana o
giordana non furono mai riconosciuti dalla comunità internazionale. Dato che nessuno dei Territori ha un
sovrano legale antecedente, per la Legge Internazionale, queste zone non possono essere considerate
come occupate e la loro definizione più corretta sarebbe quella di Territori in disputa.

I portavoce Palestinesi non solo affermano che il territorio è occupato, ma asseriscono pure che
l'occupazione è – per definizione – illegale. Tuttavia la Legge Internazionale non vieta situazioni di
occupazione. Piuttosto, essa tenta di regolarizzare situazioni del genere con degli accordi internazionali
e delle convenzioni. Quindi, affermazioni che la cosiddetta "occupazione" israeliana sia illegale, senza
riferimento alla sua causa o ai fattori che hanno portato alla sua continuazione, sono delle dichiarazioni
senza alcun fondamento per la Legge Internazionale.

Gli sforzi Palestinesi di presentare la presenza di Israele nei Territori come la causa primaria del
conflitto, ignorano la Storia. Il terrorismo Palestinese avvenne prima del controllo israeliano sui Territori
(ed anche l'esistenza dello stesso stato d'Israele). L'Organizzazione per la Liberazione della Palestina
(OLP) fu fondata nel 1964, tre anni prima che iniziasse la presenza d'Israele nei Territori. Inoltre, il
terrorismo Palestinese ha spesso avuto degli apici nei periodi in cui un accordo negoziato era a portata
di mano, sia nel corso del processo di Oslo negli anni 90, sia dopo le proposte di pace senza
precedenza di Israele a Camp David e a Taba nel 2000.

Alcuni affermano che se solo fosse possibile riportare l'orologio al 1967 (e cioè, al pieno ritiro israeliano
da tutti i Territori), il conflitto si sarebbe risolto e non ci sarebbe bisogno di risolvere nessuna questione
di confine. È importante ricordare che nel 1967 non c'era alcuna entità come lo stato Palestinese e che
non c'era alcun legame tra Gaza e la Cisgiordania. Però, ancora i vicini Arabi minacciarono Israele con
la distruzione. Ciò che viene chiesto a Israele è di creare una proposta completamente nuova, il cui
prodotto deve essere il risultato delle negoziazioni dirette tra le due parti.

La Cisgiordania può meglio essere considerato un territorio in disputa, per il quale ci sono delle
affermazioni opposte che dovrebbero essere risolte in negoziati di pace. Lo stato finale di questo
territorio in disputa può solo essere deciso attraverso dei negoziati. I tentativi di forzare una soluzione
attraverso il terrorismo sono etticamente indifendibili e possono servire solamente per incoraggiare
ulteriore violenza e terrorismo.

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Gli insediamenti israeliani sono legali?

Gli insediamenti israeliani nella Cisgiordania sono legali, sia per la Legge Internazionale che per gli
accordi tra Israele e i Palestinesi. Affermazioni del contrario non solo che tentativi di distorcere la Legge
per scopi politici. Tuttavia, qualsiasi sia lo stato dei Territori, la loro esistenza non dovrebbe mai essere
usata per giustificare il terrorismo.

I Palestinesi spesso affermano che l'attività degli insediamenti sia illegale e chiedono che Israele
smantelli ogni insediamento. In effetti, stanno chiedendo che tutti gli Ebrei lascino la Cisgiordania, una
forma di pulizia etnica. Al contrario, in Israele, gli Arabi e gli Israeliani vivono gli uni accanto agli altri;
infatti, gli Arabi israeliani, che sono all'incirca il 20% della popolazione d'Israele, sono dei cittadini
israeliani aventi eguali diritti.

La richiesta dei Palestinesi di rimuovere qualsiasi presenza di Ebrei dai territori in disputa non è solo
discriminatoria e moralmente reprensibile; non ha alcuna base sia per la Legge che per gli accordi tra
Israele e i Palestinesi.

I vari accordi raggiunti tra Israele e i Palestinesi dal 1993, non contengono alcuna proibizione alla
costruzione o all'allargamento degli insediamenti. Al contrario, segnalano specificatamente che la
questione degli insediamenti deve attendere i negoziati per lo stato permanente, che dovrebbero
avvenire nella fase concludente dei negoziati di pace. Le parti si sono espressamente accordati che
Autorità nazionale palestinese non ha alcuna giurisdizione o controllo sugli insediamenti o sugli
Israeliani, nella attesa della conclusione del accordo per lo stato permanente.

È stato affermato che la clausola contenuta nell’accordo ad Interim Israeliano-Palestinese, vietando dei
passi unilaterali che alterino lo stato della Cisgiordania implica una messa al bando dell'attività degli
insediamenti. Questa posizione è falsa. Il divieto delle misure unilaterali fu concepito per assicurare che
nessuna parte potesse fare dei passi che cambierebbero lo stato legale di questo territorio (come
l'annessione o la dichiarazione unilaterale di sovranità), nell'attesa dei risultati dei negoziati per lo stato
permanente. La costruzione di case non ha alcun effetto sullo stato permanente nell'insieme finale della
zona. Se questo divieto fosse applicato all’edilizia, porterebbe all'interpretazione non ragionevole perciò
non è concesso a nessuna delle parti di costruire delle case per provvedere ai bisogni delle rispettive
comunità.

Poiché la pretesa israeliana di questi territori è legalmente valida, è ugualmente legale per gli israeliani
costruire le loro comunità, come lo è per i Palestinesi costruire le proprie. Però, nello spirito del
compromesso, i successivi governi israeliani hanno indicato la loro disponibilità a negoziare la questione
e hanno adottato un congelamento volontario delle costruzioni di nuovi insediamenti come gesto di
fiducia.

Inoltre, Israele ha fondato i suoi insediamenti in Cisgiordania in accordo con la Legge Internazionale.
Sono stati fatti dei tentativi di mostrare che gli insediamenti violano l'articolo 49 della Quarta Assemblea
di Ginevra del 1949, che vieta ad uno stato di deportare o trasferire "parti della propria popolazione
civile dal territorio che occupa". Tuttavia, questa affermazione non ha una validità legale, visto che i
cittadini israeliani non sono stati né deportati né trasferiti nei Territori.
Anche se Israele si è volontariamente impegnata di mantenere gli impegni umanitari della Quarta
Assemblea di Ginevra, Israele sostiene che l'Assemblea (che ha a che fare con dei territori occupati)
non è applicabile al territorio in disputa. Visto che non c'è stato alcun riconoscimento di sovranità legale
né in Cisgiordania né a Gaza prima della Guerra dei Sei Giorni del 1967, essi non possono essere
diventati " Territori occupati, quando sono passati nelle mani di Israele.

Però, anche se la Quarta Assemblea di Ginevra dovesse essere applicata ai Territori, l'articolo 49 non
sarebbe attinente alla questione degli insediamenti Ebraici. L'Assemblea fu riunita subito dopo la
Seconda Guerra Mondiale, quando erano effettuati massicci e forzati trasferimenti di popolazioni. Come
conferma l'autoritario commentario della Croce Rossa all'Assemblea, l'articolo 49 (intitolato
"Deportazioni, Trasferimenti, Evacuazioni") aveva l'intento di prevenire il trasferimento forzato di civili, e
quindi proteggere la popolazione locale dallo sradicamento. Israele non ha forzatamente spostato i suoi
civili nel Territorio e l'Assemblea non pone dei divieti agli individui che volontariamente scelgono il
proprio luogo di residenza. Inoltre, con gli insediamenti non c’è l'intenzione di spiazzare gli abitanti
Arabi, né è fatto nella pratica. Secondo delle ricerche indipendenti, le zone edificate degli insediamenti
(escluse strade o adiacenti tratti disabitati) occupano circa il 3% del territorio totale della Cisgiordania.

L'uso che fa Israele del terreno degli insediamenti è in conformità con tutte le leggi e le norme della
Legge Internazionale. Terre di proprietà privata non sono confiscate per la costruzione di insediamenti.
Inoltre, tutta l'attività degli insediamenti avviene sotto la supervisione della Corte Suprema di Israele (nel
suo ruolo da Alta Corte di Giustizia) ed ogni abitante che si sente afflitto dei Territori, compreso i
residenti Palestinesi, può fare appello direttamente a questa corte.

La Quarta Assemblea di Ginevra non intendeva certamente impedire agli individui di vivere sulle loro
terre ancestrali o sulle proprietà che sono state portate via da loro illegalmente. Molti degli attuali
insediamenti israeliani sono stati costituiti in luoghi che sono stati le case di comunità ebraiche nella
Cisgiordania (Giudea e Samaria) in altre generazioni, esprimendo il profondo legame storico del popolo
ebraico con questa terra. Molti dei luoghi ebraici più antichi e sacri, compresi la grotta dei Patriarchi (la
tomba di Abramo, Isacco e Giacobbe) e la Tomba di Rachele, si trovano in queste zone. Comunità
ebraiche, come quella di Hebron (dove gli ebrei vissero fino al loro massacro nel 1929), esistevano per
secoli. Altre comunità, come il blocco di Gush Ezion nella Giudea, sono stati fondati prima del 1948,
sotto l'internazionalmente appoggiato mandato Britannico.

Il diritto degli Ebrei di stabilirsi in tutte le parti della terra di Israele, fu inizialmente riconosciuto dalla
comunità internazionale nel Mandato per la Palestina della Lega delle Nazioni nel 1922. Lo scopo del
Mandato fu quello di facilitare la costituzione di una casa nazionale ebraica nell'antica terra del Popolo
Ebraico. Infatti, l'articolo 6 del Mandato indicava il "fitto insediamento da Ebrei sulla terra, compreso le
terre statali non richieste per uso pubblico".

Per più di mille anni, l'unico periodo nel quale l'insediamento di Ebrei nella Cisgiordania fu vietato era
sotto l'occupazione Giordana (1948-1967), che era la conseguenza di un'invasione armata. In questo
periodo di dominio Giordano – che non fu mai riconosciuto internazionalmente - La Giordania eliminò la
presenza ebraica nella Cisgiordania (come ha fatto l'Egitto per la Striscia di Gaza) e dichiarò che la
vendita di terre agli ebrei sia un delitto capitale. È insostenibile che questo oltraggio possa invalidare il
diritto degli Ebrei di stabilire le loro case in queste zone, e seguendo questa linea, i titoli già acquistati in
precedenza rimangono validi fino a questi giorni.

In conclusione, l'affermazione spesso ripetuta riguardo all'illegalità degli insediamenti ebraici non ha
alcuna base legale o, di fatto, sotto qualsiasi Legge Internazionale o gli accordi firmati tra Israele e i
Palestinesi. Accuse del genere possono spiegarsi solamente come aventi dei motivi politici. Più
importante ancora, qualsiasi pretesa politica, compreso quella che riguarda gli insediamenti, non
dovrebbe mai essere usata per giustificare degli attacchi terroristici su dei civili innocenti.

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Israele

• Quali sono i principali obiettivi di Israele?


• Che cos'è il Sionismo?
• Che cos'è la Legge di Ritorno e perché esiste?
• Che cosa significa rinnegare l'Olocausto?
• La colpa europea durante l'Olocausto fu responsabile della costituzione di Israele?
• Che cos'è l'Antisemitismo?
• Tutta la critica verso Israele è da ritenere antisemitica?
• Israele è uno stato da Apartheid?
• Come fa il sistema legale israeliana a proteggere i Diritti Civili e le libertà di base?
• La comunità internazionale tratta Israele giustamente?
• Perché c'è stato un incremento numerico degli incidenti antisemitiche?

Quali sono i principali obiettivi di Israele?

La massima priorità di Israele è la sua stessa esistenza come uno stato che è contemporaneamente
una casa nazionale per il Popolo Ebraico ed uno stato democratico per tutti i suoi cittadini, sia Arabi che
Ebrei. Gli Israeliani vogliono vivere in un paese sicuro che vivi in pace con i suoi vicini.

Per rafforzare l'identità di Israele come stato Ebraico e democratico, Israele si rende conto che deve
promuovere un processo politico che porterà a due stati-nazioni, uno per gli israeliani ed uno per i
Palestinesi.

Lo stato d'Israele si vede come la casa nazionale per i cittadini israeliani che vivono qui e per gli Ebrei
che vivono altrove. Dal momento della sua costituzione, Israele ha fornito una soluzione al problema dei
profughi Ebraici che abbiamo dovuto lasciare forzatamente i paesi Arabi e l'Europa.

Il futuro stato Palestinese dovrebbe, in modo simile, fornire una piena ed esaustiva soluzione ai
Palestinesi, compreso quelli che attualmente risiedono nei Territori e quelli che siano andati via e
mantenuti deliberatamente da profughi per essere usati come merce da scambio nei negoziati.

Il futuro d'Israele come stato democratico ed Ebraico sarebbe meglio garantito attraverso una soluzione
pacifica al conflitto. Quando questa soluzione tanto sperata sarà finalmente raggiunta, la Pace porterà
dei benefici non soli ad Israele ma anche a tutti i suoi vicini.

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Che cos'è il Sionismo?

Il Sionismo è il movimento per la ricostituzione dell'autodeterminazione degli Ebrei nella loro Terra
Madre e la ripresa della sovranità ebraica sulla terra di Israele. In molti modi, il Sionismo può essere
considerato il movimento di liberazione nazionale del Popolo Ebraico.

Il desiderio degli Ebrei di ritornare alla loro Terra Madre iniziò circa 2000 anni fa. Nel 70 A., i Romani
distrussero il Tempio Sacro e rasero a terra la città di Gerusalemme, la capitale religiosa ed
amministrativa del Popolo Ebraico. Il terribile atto di distruzione mise fine all'indipendenza degli Ebrei e
negli anni che seguivano, la maggior parte degli Ebrei d'Israele furono mandato in esilio. Solo pochi
rimasero, così che nella Storia, ci fu sempre una presenza Ebraica nella Terra d'Israele.

Nonostante il loro esilio, la vasta maggioranza degli Ebrei non smisero mai di sperare di ritornare a
casa, e queste speranze costituivano parte essenziale delle loro preghiere e la loro Letteratura. Per
esempio, alla fine dell'annuale cena Pasquale, gli Ebrei di tutto il mondo ripetono sempre il giuramento
"l'anno prossimo a Gerusalemme", e nei matrimoni ebraici, lo sposo recita "se ti dimentico,
Gerusalemme, si paralizzi la mia destra" (salmo 137).

Il collegamento degli Ebrei con la Terra d'Israele non si manifestò solamente nelle preghiere. Nel tardo
Novecento, quando i movimenti nazionalistici in Europa si stavano formando e l'antisemitismo in questo
continente stava crescendo, un giornalista Ebreo Austriaco di nome Theodor Herzl, iniziò ad
organizzare il movimento nazionale del Popolo Ebraico – il Movimento Sionista. Lo scopo del Sionismo
era politico: la costituzione di uno stato indipendente per il Popolo Ebraico. Il luogo più naturale per
questo stato fu Sion, o la Terra d'Israele, la Terra Madre del Popolo Ebraico.
Herzl elaborò la sua visione nel suo libro "lo stato Ebraico". Egli visionò un paese sviluppato e vigoroso
nel quale tutti gli abitanti, Ebrei e non Ebrei potessero vivere in pace e tranquillità. Questa visione e la
sia realizzazione sono il Sionismo.

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Che cos'è la Legge di Ritorno e perché esiste?

Lo stato d'Israele fu costituito con lo scopo di essere la casa di tutti gli Ebrei, nella quale possono vivere
da cittadini liberi e paritari, senza la paura di essere discriminati in base alle loro credenze religiose o
sfondo etnico. Il bisogno di una casa per il Popolo Ebraico era apparente dopo centenni di trattamento
iniquo e persecuzione. Fu riconosciuto dalla comunità internazionale nel 1922, quando la Lega delle
Nazioni adottò il Mandato di amministrare la Palestina e nel 1947, quando l'Assemblea Generale del
ONU adottò la Risoluzione 181 (il Piano di Spartizione).

La Legge di Ritorno (1950), che afferma che "ogni Ebreo ha il diritto di immigrare in questo paese",
realizzò sia la volontà della comunità internazionale che lo scopo del Movimento Sionista.

Come affermò la Dichiarazione d'Indipendenza dello stato d'Israele, lo stato Ebraico doveva fondarsi in
virtù del "diritto naturale del Popolo Ebraico di essere il padrone del suo destino, come tutte le altre
nazioni, nel suo stato sovrano". La Dichiarazione affermò anche che "lo stato d'Israele sarà aperto per
l'immigrazione di tutti gli Ebrei e per riunire gli esiliati".

Applicare la Legge di Ritorno ai non Ebrei o a delle persone senza un parente Ebreo, sarebbe illogico e
starebbe in contrasto con lo scopo primario della costituzione del unico stato Ebraico nel mondo.

La Legge di Ritorno stabilì il diritto di ogni Ebreo di vivere in Israele, fornendo un rifugio ad ogni Ebreo in
fuga dalla persecuzione. Secondo questa legge, ogni Ebreo o Ebrea ha il diritto di ritornare alla propria
storica Terra Madre e radicarsi in lei. La Legge di Ritorno riconosce agli Ebrei il diritto di ritornare alla
loro casa, come in molti altri paesi, compreso le democrazie dell'Europa Occidentale che riconoscono
questo diritto a coloro che hanno legami storici od etnici con quei paesi.

Al contrario di molte affermazioni, La Legge di Ritorno non può essere considerata discriminatoria. Non
impedisce alle persone di origine non Ebraica dall'acquisire la cittadinanza in Israele; questa possibilità
esiste in Israele sotto altri leggi, come nelle democrazie Occidentali. La Legge di Entrata in Israele
(1952) e la Legge della Cittadinanza (1952) sono delle leggi di acquisizione di cittadinanza, simili a
quelli che esistono in altre democrazie Occidentali.

Allo stesso modo, la questione dei profughi Palestinesi non è legato alla Legge di Ritorno. Mentre si
tratta di un argomento che vada risolto all'interno di un accordo di pace, esso non ha alcun legame con
il diritto degli Ebrei a ritornare all'unico stato Ebraico del mondo.

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Che cosa significa rinnegare l'Olocausto?

L'Olocausto fu un tentativo deliberato e sistematico di sterminare l'Intero Popolo Ebraico. Tentativi


odierni di rinnegare o anche di sminuire questa tragedia, unica di questa scala, dissacrano la memoria
dei milioni delle sue vittime.

Nel 1933, Adolf Hiltler salì al potere in Germania ed istituì un regime nazista, all'interno del quale gli
Ebrei furono considerati degli "Untermenchen" (sub-umani), non facenti parte della razza umana.

Dopo che la Germania iniziò la Seconda Guerra Mondiale, nel 1939, Hitler iniziò a realizzare la sua
"Soluzione Finale" per annientare il Popolo Ebraico. Le sue forze concentrarono gli Ebrei nei Ghetti e
hanno costruito dei campi di lavoro, di concentramento e di sterminio, nei quali gli ebrei furono
trasportati. Milioni di Ebrei sono stati sterminati, mentre la maggior parte degli altri sono stati
deliberatamente lasciati a morire di fame e di malattie. L'obiettivo di Hitler fu quello di eliminare dalla
faccia della Terra tutti gli Ebrei nel mondo.
Nei sei anni della Guerra, 6,000,000 di Ebrei, compreso 1,500,000 di bambini, furono uccisi dai Nazisti.
Il deliberato annientamento degli Ebrei da parte di Hitler, eseguito con fredda efficienza, eliminò un terzo
della popolazione Ebraica del mondo. Questo genocidio fu unico nella sua misura, direzione ed
esecuzione. Mirava a distruggere un intero popolo, ovunque potesse trovarsi, per il mero fatto di essere
nati Ebrei. Per queste ragioni, gli fu dato un nome proprio: l'Olocausto.

Oggi, poco più di sessant'anni dopo, molti antisemiti negano che l'Olocausto sia mai accaduto o cercano
di sminuirne la tragedia, affermando che l'ordine di grandezza fu molto più ridotto. Alcuni razzisti
vogliono ripulire il Nazismo dalla sua macchia malvagia. Altri credono che lo Stato d'Israele fu costituito
per ricompensare gli Ebrei per l'Olocausto; rinnegando che sia mai accaduto, cercano di privare Israele
dal suo diritto di esistere. Questa è la ragione del perché quelli che rinnegano l'Olocausto trovano molto
supporto nei paesi Arabi. Infatti, alcuni leader Arabi supportarono durante la Seconda Guerra Mondiale i
piani Nazisti di annientare gli Ebrei e si sono fatte sentire alcune voci Arabe che si lamentavano che
Hitler non abbia finito il lavoro.

Negli ultimi anni, il rinnegare l'Olocausto ha assunto una nuova faccia. Alcune persone di cattive
intenzioni che odiano Israele, appartenenti sia all'ala destra sia all'ala sinistra dello spettro politico,
spesso paragonano gli Israeliani coi Nazisti ed i Palestinesi con gli Ebrei. Non solo si tratta di un'orrenda
calunnia atta a delegittimare la stessa esistenza di Israele, ma è anche un tentativo di minimizzare
l'Olocausto stesso. Paragonando le due situazioni, che non abbiano assolutamente niente in comune,
avviene contemporaneamente che Israele viene immoralmente condannata e la sofferenza delle vittime
dell'Olocausto viene resa marginale.

Rinnegare l'Olocausto, in tutte le forme, è un atto moralmente ripugnante che non dovrebbe mai essere
tollerato. Solo ricordando, documentando e commemorando l'Olocausto potremmo assicurarci che non
accadi mai più una cosa del genere, né agli Ebrei e né a nessun altro popolo sulla Terra.

Ritorna a Israele

La colpa europea durante l'Olocausto fu responsabile della costituzione di Israele?

L'Olocausto fu il nome dato al tentato sterminio del Popolo Ebraico per mano della Germania Nazista e i
suoi simpatizzanti nella Seconda Guerra Mondiale. Alla fine della Guerra, sei milioni di Ebrei (un terzo
della popolazione mondiale ebraica) era annientata.

Mentre è vero che gli orrori dell'Olocausto ha portato molti a provare simpatia per la sventura degli
Ebrei, sarebbe errato dire che la colpa Europea fosse la principale ragione per la costituzione di uno
stato Ebraico. Piuttosto, l'Olocausto potrebbe essere visto come l'acceleratore al processo della
costituzione di uno stato, una cosa che stava comunque già avverandosi.

Il Movimento Sionista partì nel centenario precedente, e già nel 1880' gli Ebrei stavano iniziando a
stabilirsi nella Terra d'Israele. Col tempo, hanno non solo costruito delle fattorie, dei villaggi e delle città,
ma hanno anche iniziato a mettere le basi per il futuro stato.

Una società fiorente, con un proprio governo in attesa, stava attivamente cercando di stabilire la propria
sovranità su quelle parti del paese riconosciutigli dai numerosi piani di pace del periodo antecedente
allo stato.

Il supporto internazionale per la causa del Movimento Sionista – la costituzione di una casa per il
Popolo Ebraico – iniziò molto prima della Seconda Guerra Mondiale. Infatti, il primo passo determinante
verso lo stato Ebraico accadde nel post Prima Guerra Mondiale, quando nel Luglio del 1922' la Lega
delle Nazioni ha dato alla Gran Bretagna il Mandato per la Palestina / la Terra d'Israele. In una
decisione presa dai 52 governi della Lega, il Mandato chiamava la Gran Bretagna di facilitare la
costituzione di una casa nazionale per gli Ebrei nella Terra d'Israele.

Il secondo passo determinante, fu la risoluzione 181 dell'Assemblea Generale del ONU del 1947, che
chiedeva la spartizione del Territorio del Mandato in due stati, uno Ebraico ed uno Arabo. Risulta chiaro
che questa risoluzione non mirava soltanto a fornire una casa per gli Ebrei, ma anzi, ad una soluzione
egalitaria del conflitto tra i due popoli.
Inoltre, mentre la maggior parte dei membri Europei del ONU votarono per la risoluzione, così fecero
anche i paesi dell'Europa del Est, del Sud America e dell'Africa. Bisognerebbe ricordare che nel 1947,
l'Impero Britannico stesse già iniziando il suo declino nel mondo e il processo di decolonizzazione
stesse già iniziando nella maggior parte del mondo in sviluppo.

Dati i dati specificati qui sopra, la domanda non dovrebbe, quindi, essere se sia la colpa Europea la
responsabile per la costituzione di Israele, ma piuttosto come mai non fu costituito in quel momento
anche uno stato per i residenti Arabi della Palestina. La risposta si trova nel rifiuto Arabo del Piano di
Spartizione e i loro attacchi sul nascente stato Ebraico. Tuttavia, la questione è largamente ignorata da
quelli che rimangono fedeli alla falsa causa della colpa Europea, visto che questa affermazione fa parte
del pacchetto di teorie presentate spesso da coloro che cercano di delegittimare la stessa esistenza di
Israele.

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Che cos'è l'Antisemitismo?

L'antisemitismo è il nome dato alla forma di razzismo praticato contro il Popolo Ebraico. Anche se
l'interpretazione letterale della parola apparirebbe di denotare ostilità a tutti i popoli Semiti, ma si tratta di
una vana credenza. Il termine fu cognato originalmente in Germania nel 1879 per descrivere le
campagne Europee contro gli Ebrei di quell'epoca, ed è presto divenuto il modo per definire la
persecuzione o la discriminazione contro gli Ebrei in tutto il mondo. Quindi, Gli Arabi che affermano di
non poter essere degli antisemiti perché sono "Semiti" loro stessi, stanno difatti cercando di offuscare la
questione e con ciò celare le loro stesse attitudini razziste. Questo tentativo di assolversi dall'accusa di
razzismo risulta particolarmente sfacciato, visto che forte antisemitismo esiste in molti paesi Arabi anche
oggi.

Nonostante le radici relativamente moderne del termine antisemitismo, l'odio verso il Popolo Ebraico è
un fenomeno antico. l'antisemitismo ha assunto varie forme e ha fatto uso di motivi diversi nella Storia.
Ai tempi moderni, esso fu promosso da delle ideologie nazionalistiche estreme ed anche razziste.
l'antisemitismo raggiunse un picco durante l'Olocausto. Più di sei milioni di Ebrei (un terzo della
popolazione Ebraica del mondo) furono brutalmente e sistematicamente massacrati durante la Seconda
Guerra Mondiale.

L'antisemitismo moderno in Europa, dopo essere stato represso per delle decadi in seguito
all'Olocausto, è di nuovo esploso con una rinnovata furia negli ultimi anni sotto una nuova forma: "anti-
Sionismo", o l'odio verso lo stato d'Israele. Questo avviene nonostante il fatto che il Sionismo sia il
movimento di liberazione nazionale del Popolo Ebraico, un'espressione della sua legittima aspirazione
all'autodeterminazione e all'indipendenza nazionale. Il Movimento Sionista fu fondato per dare a un
popolo antico uno stato sovrano proprio nella sua Terra antica. Israele è la moderna incarnazione
politica di questo sogno antico.

Lo scopo dell'anti-Sionismo è di minare la legittimità di Israele, negando così al Popolo Ebraico il suo
posto nella comunità delle nazioni. La denigrazione dello Sionismo è, quindi, un attacco sul diritto di
base d'Israele di esistere da una nazione uguale ad altre nazioni, in violazione di uno dei principi di base
della Legge Internazionale.

Allo stesso modo che l'antisemitismo nega agli Ebrei i loro diritti come individui in una società, così
l'anti-Sionismo attacchi il Popolo Ebraico da una nazione sul piano internazionale. Simile all'uso fatto de
"l'Ebreo" come il capo espiatorio per molti dei problemi della società, Israele è diventata il bersaglio per
la condanna unilaterale sproporzionale nell'arena internazionale.

L' anti-Sionismo è spesso manifestato sotto forma di attacchi su Israele alle Nazioni Unite ed altri forum
internazionali. Negli anni, molti eventi della comunità internazionale sono stati sfruttati come opportunità
per condannare Israele, al di là di quale fosse l'argomento o di quanto esile sia il legame tra questo e il
conflitto nel Medio Oriente.

Inoltre, non a caso la censura d'Israele nei forum internazionali o sui Media sia spesso stata
accompagnata da un acuto incremento d'incidenti antisemitici in molti parti del mondo.
Mentre la critica legittima di Israele è considerata parte integrante del processo democratico, la critica
che passi questo confine verso l'illegittimità - secondo la denominazione, l'uso di doppi standard o la
delegittimazione di Israele – dovrebbe essere considerata un'espressione del "nuovo antisemitismo".
Entrambe le forme tradizionali dell'antisemitismo, assieme alla sua nuova versione (nella quale Israele è
trattata come l'Ebreo della comunità internazionale), dovrebbero essere fortemente condannate.

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Tutta la critica verso Israele è da ritenere antisemitica?

È importante riconoscere che Israele, in quanto una democrazia, è aperta alla giusta e legittima critica.
Un'analisi valida, anche se negativa, delle politiche israeliane possa considerare razzista qualsiasi
critica verso un altro paese potesse risultare tale.

Tuttavia, le condanne d'Israele attraversano troppo spesso il confine che passi tra la valida critica alle
regioni di denigrazione che potrebbero essere considerate antisemitiche. Il termine generalmente
accordato per questo tipo di trattamento non equanime è "il nuovo antisemitismo". Esattamente allo
stesso modo che in passato gli Ebrei divenivano i capri espiatori di molti problemi, oggigiorno vi sono
dei tentativi di trasformare Israele nel paria internazionale.

La linea che separi la critica legittima e la critica appartenente al nuovo antisemitismo risulta per alcuni
spesso difficile da individuare. L'ex ministro Natan Sharansky, nel suo articolo del 2004 " Antisemitismo
a 3D", aveva specificato i parametri per definirne la linea di confine. I 3 D del nuovo antisemitismo sono:
Demonizzazione, Doppi standard e Delegittimazione.

Demonizzazione: allo stesso modo che gli Ebrei furono Demonizzati per secoli in quanto l'incarnazione
del male, così anche Israele è stata denominata un'entità maligna. Molta della critica appartenente a
questa categoria consiste nel paragonare gli israeliani ai Nazisti e i Palestinesi alle vittime Ebree
dell'Olocausto. L'inversione dell'Olocausto non è diffusa solo nei paesi Arabi, ma sta prendendo piede
anche in Occidente. La tecnica propagandistica risulta particolarmente viscida poiché non solo
rappresenti in modo distorto la lotta di Israele per difendere se stessa, ma sminuisce anche la
straordinaria sofferenza delle vittime dell'Olocausto, di per sé una forma di rinnegazione dell'Olocausto.

Doppi standard: l'esame da fare per individuare un doppio standard sarebbe quello di verificare se
Israele è giudicata secondo degli standard diversi di quelli di altri paesi in simili circostanze. Si possono
spesso trovare i doppi standard presso i forum internazionali, nei quali Israele fa ingiustamente
l'eccezione per ciò che riguarda la critica e deve mantenere degli standard che non siano applicati a
nessun altro paese. Contemporaneamente, un simile, o addirittura peggiore comportamento da parte di
altri paesi nelle stesse condizioni, è spesso ignorato. L'applicazione di Doppi standard si può spesso
riconoscere dall'irragionevole quantità, come anche qualità, della critica.

Un esempio significativo di doppi standard è visibile nelle richieste di boicottaggio di Israele. Se queste
richieste fossero parte di una campagna più ampia contro i molti governi che violano grossolanamente i
diritti umani in tutto il mondo, Israele argomenterebbe che la sua inclusione in questa campagna sia
illegittima. Tuttavia, quando solo Israele sia individuata per un boicottaggio, questa è chiaramente una
dimostrazione di un'attività antisemitica.

Delegittimazione: i nuovi antisemiti stanno cercando di delegittimare la stessa esistenza dello stato
Ebraico. Lo fanno sia minando diritto che aveva di essere costituito inizialmente, ma anche attraverso la
trasformazione dell'attuale Israele in uno stato paria, per esempio con l'utilizzare dei termini quanti
"Apartheid" o "violatore di diritti umani". Come ha scritto Natan Sharansky: "Mentre la critica verso la
politica israeliana potrebbe non essere antisemita, la negazione del diritto d'Israele di esistere lo è
sempre. Se altri popoli hanno il diritto di vivere in sicurezza nella loro Terra Madre, allora anche gli Ebrei
hanno il diritto di vivere in sicurezza nella loro Terra Madre."

Anche se la critica valida d'Israele non ha assolutamente alcun contatto con l'antisemitismo, una parte
dell'irragionevole condanna trova le sue radici nelle attitudini antisemitiche, spesso mascherate come
"Anti-sionismo". In quanto nazione che si dedica ai principi della Democrazia, Israele crede che la
critica, sia da parte di altre nazioni o dal suo popolo proprio, sia una forza notevole verso il
cambiamento positivo. Tuttavia, vi è una chiara distinzione tra i richiami legittimi al miglioramento e il
tentativo di delegittimare Israele attraverso l'utilizzo di remote analogie, tecniche di demonizzazione,
rendendola un'eccezione o demandando che rispetti degli standard non richiesti da altri stati. Questi tipi
di critica ignorano il contesto nel quale Israele cerca di sopravvivere di fronte dei violenti attacchi sui
propri cittadini e, troppo spesso, contro la sua stessa esistenza.

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Israele è uno stato da Apartheid?

Come la maggior parte delle democrazie Occidentali con una popolazione contenente una
considerevole minoranza, Israele avrebbe ancora molto da fare prima che l'assoluta eguaglianza sia
raggiunta. Tuttavia, la disparità tra la situazione degli Arabi-israeliani e quella che esisteva nel Sud-
Africa è talmente grossa che non ci si potrebbe fare alcun paragone. Infatti, quando sono fatti questi
paragoni, sono degli indicatori che segnano l'approccio verso Israele da parte di coloro che li fanno, più
di quanto lo sono per qualsiasi realtà in Israele.

Visto che non vi è alcuna giustificazione genuina per fare queste accuse, potrebbero esserci solamente
due possibili spiegazioni per spiegarle: o viene fatto da qualcuno che sia totalmente ignorante della
situazione in Israele, oppure viene fatto da qualcuno che coltivi tanto odio verso Israele. Inoltre, questo
paragone fa un grande disservizio per quelli che hanno realmente sofferto sotto l'Apartheid, sminuendo
sia l'agonia della loro situazione che negando i mezzi pacifici che hanno utilizzato per mettere fine a
questo regime orrendo.

Mentre lo stato degli Arabi-israeliani ha ancora molto spazio di miglioramento, molto è stato già ottenuto
nello scopo dell'assoluta eguaglianza. Basterebbe osservare semplicemente la crescita degli Arabi-
israeliani nella sfera pubblica per rendersene conto; gli Arabi-israeliani sono presenti nella Corte
Suprema, nella Knesset (parlamento), nelle posizioni d'ambasciatori, tra i sindaci ed anche nel Governo
(attualmente, Raleb Majadele è il Ministro delle Scienze, della Cultura e dello Sport nel governo e Majalli
Whbee è il vice Ministro degli Esteri). Importanti Arabi-israeliani si possono trovare in ogni sfera della
vita israeliana, compreso tra i calciatori della squadra Nazionale israeliana.

Infatti, uno degli ideali sui quali fu fondata Israele era quello dell'eguaglianza. LA Dichiarazione
d'Indipendenza d'Israele dichiara che lo stato d'Israele "assicurerà la totale eguaglianza dei diritti sociali
e politici a tutti i suoi cittadini al di là della loro religione, razza o sesso; garantirà la libertà di religione, di
coscienza, di lingua, di educazione e di cultura; salvaguarderà i luoghi sacri di tutte le religioni." Inoltre,
continua nell'appellarsi a "gli Arabi abitanti di Israele di preservare la pace e di partecipare nella
costruzione dello Stato sulle basi della piena ed uguale cittadinanza e la giusta rappresentazione in tutte
le sue istituzioni provvisorie e permanenti". Le seguenti legislazioni e decisioni giuridiche hanno
mantenuto questi principi.

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Come fa il sistema legale israeliana a proteggere i Diritti Civili e le libertà di base?

Tutti i cittadini israeliani - al di là della loro religione, razza o sesso – godono eguagli diritti e la stessa
protezione sotto la Legge. Questo principio risale al documento di costituzione della Israele moderna, la
Dichiarazione di Costituzione dello Stato d'Israele del Maggio, 1948. La Dichiarazione d'Indipendenza
dichiarò che lo Stato d'Israele si baserà sulla libertà, la giustizia e la pace come previdero i Profeti
d'Israele. Garantirà la totale eguaglianza dei diritti sociali e politici a tutti i suoi cittadini al di là della loro
religione, razza o sesso; garantirà la libertà di religione, di coscienza, di lingua, di educazione e di
cultura; salvaguarderà i luoghi sacri di tutte le religioni; e sarà leale ai principi della Carta delle Nazioni
Unite.

Anche se la Dichiarazione non è un documento di costituzione con obblighi legali, esso mantiene la sua
influenza dettando i principi guida nelle interpretazioni della Legge. La sua centralità è riconosciuta nella
Legge di Base del 1982 "Dignità umana e libertà", che attesti esplicitamente che i diritti umani inclusi
nella Legge saranno interpretati "nello spirito dei principi della Dichiarazione di Costituzione dello Stato
d'Israele.".
Come il Regno Unito, Israele non ha una formale costituzione scritta. Questo non significa, però, che i
diritti umani non saranno costituzionalmente protetti. Poco dopo la costituzione di Israele, la Knesset
iniziò ad approvare delle leggi di base che facciano riferimento a tutti gli aspetti della vita, che saranno
prima o poi messi assieme per formare una carta costituzionale. Oltre alle leggi che delineano le
questioni principali di governo, sono state approvate altre leggi che si occupano dei diritti fondamentali,
come la Legge di Base di Dignità e libertà umana.

In assenza di un pacchetto formale di diritti, il Sistema Giudiziario israeliano ha avuto un ruolo chiave
nella protezione della libertà civile e del governo della legge. Oltre alle Leggi di Base, un insieme di leggi
che proteggi le libertà civili è stato approvato negli anni. L'eguaglianza, la libertà di parola, la libertà di
riunione e la libertà di religione sono solo alcune dei diritti di base che sono considerati dei valori
fondamentali dal Sistema Legale israeliani. Il sistema costituzionale israeliano si basa su due principi
fondamentali: che lo stato sia democratico e che sia pure ebraico. Non esiste alcuna contraddizione tra i
due.

Oltre al suo contributo alla Giurisprudenza, la Corte Suprema ha un'altra funzione particolare. Nella sua
funzione da Alta Corte di Giustizia ed agendo da corte di prima ed ultima istanza, la Corte Suprema
ascolta le petizioni di individui che si rivolgono in appello contro con corpo od un agente governativo.
Questo significa che qualsiasi individuo che abiti in Israele o nei Territori, posa appellarsi direttamente
alla Corte Suprema del paese e richiedere assistenza immediata, se dovesse credere che i propri diritti
siano stati violati da qualsiasi ente governativo o dalla Forze Armate. Queste petizioni hanno un ruolo
importante nel garantire i diritti civili dell'individuo, sia per cittadini israeliani che per i Palestinesi.

Il sistema giudiziario israeliano – e per prima la Corte Suprema, il cane da guardia della democrazia
israeliana – ha avuto un ruolo importante nell'assicurarsi che tutti gli israeliani, Ebrei ed Arabi, godano lo
stesso livello di protezione dei diritti umani e libertà civili dei cittadini delle altre democrazie Occidentali.

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La comunità internazionale tratta Israele giustamente?

Lo Stato d'Israele è un membro attivo della famiglia delle nazioni e un partecipante dinamico nelle
organizzazioni internazionali. Israele diventò il 59° membro delle Nazioni Unite l'11 Maggio del 1949. Da
lì in poi, Israele ha partecipato ad una vasta gamma di attività dell'ONU e ha felicemente contribuito agli
organi ONU e alle agenzie internazionali, come quelle dedicate alla Salute, allo sviluppo, al cibo e
l'Agricoltura, all'Educazione e alla Scienza. Israele partecipa anche ai lavori delle organizzazioni non-
governativi che operano sotto l'ombrello dell'ONU e che si occupano di questioni che variano
dall'Aviazione all'Immigrazione, dalle Comunicazioni alla Meteorologia, dal Commercio allo stato delle
Donne.

Sfortunatamente, il desiderio d'Israele di partecipare pienamente negli affari internazionali non è stato
sempre corrisposto. Mentre le Nazioni Unite abbiano adottato delle risoluzioni che potrebbero servire da
piattaforma per promuovere la Pace tra Israele ed i suoi vicini, per la maggior parte del tempo, L'ONU
ha adottato un'attitudine parziale verso Israele.

L'ONU è stato spesso usato male e trasformato in un terreno di battaglia schierata nella campagna
politica che gli avversari d'Israele continuano a promuovere nella Regione ed altrove. I 21 stati Arabi,
con l'aiuto dei paesi Islamiche del Blocco dei Non-Allineati, formano un'automatica maggioranza per
delle iniziative ostili, assicurandosi la quasi automatica adozione di risoluzione anti israeliane
nell'Assemblea Generale ed altri forum dell'ONU.

Dalla fine della Guerra Fredda e col momentum creato dai processi di Pace Arabo-Israeliani negli anni
90, un approccio più bilanciato rispetto alle risoluzioni che riguardono il Medio Oriente iniziò a farsi
sentire nell'Assemblea Generale. Il ripudio dell'Assemblea Generale dell'infame risoluzione 1991 del
1975 che etichettò il Sionismo come Razzismo, n'è un buon esempio. Negli ultimi anni, è stato
permesso all'Israele di incrementare il suo coinvolgimento nelle attività della Nazioni Unite, vista la sua
limitata ammissione al gruppo regionale (nella Storia delle Nazioni Unite, la partecipazione ad un gruppo
regionale è stato negato solamente ad Israele).
Tuttavia, l'esplosione della violenza e il terrorismo Palestinese nel Settembre 2000, ed i seguenti anni
pieni di violenza e di tensione, hanno creato un'inversione di questa tendenza positiva. La Leadership
Palestinese, gli stati membri Arabi ed i loro sostenitori nell'ONU cercano di sfruttare la situazione
nell'arena internazionale a loro vantaggio. Come in passato, delle risoluzioni sfacciatamente unilaterali
contro Israele sono spesso proposte ed accettate. A volte, anche incontri internazionali, come ad
esempio la "Conferenza mondiale contro il Razzismo, la Discriminazione razziale, la Xenofobia e
l'Intolleranza relazionata" del 2001 a Durban, è stata deviata verso l'antisemitismo e colpi violenti contro
Israele.

Particolarmente irritante è lo sfruttamento dei forum ONU per i diritti umani, che sono utilizzati – spesso
da stati che sfacciatamente abusano i diritti umani – come piattaforme per degli attacchi unilaterali ed
oltraggiosi sulla reputazione d'Israele. Questo fenomeno è particolarmente sfortunato dato che il tempo
dedicato a condannare Israele porta via dell'attenzione che dovrebbe essere dedicata alle gravi
violazioni dei diritti umani in altri stati membri.

Bisognerebbe ricordare che alcune delle risoluzioni ONU sono state molto significative per Israele, tra le
quali ci sono le Risoluzioni 242 (del 22 Novembre 1967) e 338 (del 22 Ottobre 1973) del Consiglio di
Sicurezza, che fornivano una cornice di base accordata alla soluzione del conflitto Arabo- Israeliano.
Negli anni, l'ONU ha a volte contribuito a mediare sulla cessazione delle ostilità tra Israele ed i suoi
vicini Arabi, con la nomina di mediatori, l'estensione degli auspici ONU per la tregua e gli accordi di
armistizio, il posizionamento di forze ONU tra gli avversari e con il coinvolgimento nel Quartetto.

Tuttavia, la propensione anti israeliana troppo spesso espressa da parte dell'ONU getta un'ombra scura
sulla sua integrità e solleva seri dubbi sulla sua abilità di recitare un ruolo importante nel promuovere
una giusta e genuina pace tra Israele ed i suoi vicini Arabi.

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Perché c'è stato un incremento nel numero degli incidenti antisemitiche?

La campagna di delegittimazione contro Israele ha portato a un forte incremento di attacchi anti


israeliane ed antisemitiche in tutto il mondo. Contemporaneamente, la linea che separi la critica
legittima d'Israele e gli attacchi antisemitici su degli obiettivi Ebraici si sta sempre di più offuscando.

A partire dall'inizio della seconda Intifada, nel Settembre 2000, Israele sta subendo una campagna di
delegittimazione in tutto il mondo. È stata attaccata sui Media e nei forum internazionali e calunniata dai
leader politici ed intellettuali. Il suo stesso diritto di esistere è stato messo in dubbio, come anche il suo
dovere primario di difendere i suoi cittadini. Gli estremisti di Sinistra e di Destra si sono uniti insieme
nell'odio verso lo Stato Ebraico.

Questi attacchi vano oltre qualsiasi critica giustificabile, che Israele, in quanto una viva democrazia,
consideri parte del legittimo colloquio tra stati. Tuttavia, non è affatto legittimo censurare Israele in modo
talmente sproporzionato, isolarla e pretendere che mantenga degli standard impossibili, non richiesti da
nessun altro stato. Non è neppure legittimo demonizzare Israele o cercare di delegittimare la sua stessa
esistenza.

Le ragioni dietro a questo fenomeno crescente sono molte. È strettamente legato all'abilità che hanno i
Palestinesi nel vendere la loro immagine di vittime prive di potere. Hanno utilizzato questo concetto per
premere sui sentimenti di coloro che promuovono i diritti umani (mentre la Leadership Palestinese e i
terroristi violano i più basilari diritti umani di vittime israeliane innocenti e del loro stesso popolo).

Il giudizio negativo nei Media è stato anch'esso un fattore contribuente importante alla delegittimazione
d'Israele. Non c'è da stupirsi che le popolazione in occidente, che generalmente si fidano dei loro mezzi
d'informazione rimangono influenzati quando esposti a delle descrizioni unilaterali del conflitto.

Un altro tipo di condanna si basa di più sulle ideologie e viene spesso promosso da coloro che sono
disposti ad ignorare tutte le trasgressioni dei regimi totalitari, al di là di quanto siano eclatanti, ma
criticano qualsiasi passo difensivo preso dai paesi democratici.
Anche le attitudini antisemitiche tradizionali, spesso mascherate da posizioni anti-Sioniste, hanno
contribuito la loro parte.

Dato che ci sono coloro che non sono capaci, o non desiderano differenziare tra lo Stato Ebraico e le
comunità Ebraiche all'estero, questi attacchi sulla legittimazione di Israele sono stati accompagnati da
degli attacchi fisici su degli obiettivi ebraici nel mondo, compreso l'Europa. Incidenti antisemitici hanno
compreso le bombe presso le sinagoghe e le scuole Ebraiche, vandalismo e dissacrazione di cimiteri
Ebraici, minacce di morte e violenza contro individui Ebrei e degli assalti non provocati che sono arrivati
anche all'omicidio. Questi crimini dell'odio diretti contro dei singoli Ebrei e le istituzioni delle comunità
sono spesso mascherati da azioni "anti-Sioniste".

La situazione nel Medio Oriente è ancora peggiore. La virulenta retorica anti israeliana era già diffusa,
ma si è intensificata a partire dall'inizio della violenza nel 2000. Miti antisemiti ed anti israeliani, spesso
promossi da governi che seguono dei piani propri, vengono creduti da un largo percentuale della
popolazione locale. L'incessante flusso di accuse oltraggiose ed infondate che diffondono i
rappresentanti Palestinesi, ha contribuito fortemente alla crescente onda di antisemitismo. Una delle
conseguenze è stato l'incremento d'attacchi su degli obiettivi ebraici nel mondo Arabo. portando alla
morte di gente, come nel caso dell'attacco terroristico sull'antica sinagoga di Djerba, Tunisi, in Aprile
2002.

Israele è seriamente preoccupata dalla crescita significativa di antisemitismo che prende in mira le
comunità ebraiche in Europa ed altrove. Il crescente fenomeno dovrebbe destare la preoccupazione di
tutta la gente civilizzata. Israele chiama i governi dei paesi dove la minaccia d'antisemitismo si sta
spargendo di prendere tutte le necessarie misure per assicurare la vita delle comunità ebraiche e di
mandare gli esecutori di questi deplorevoli attacchi in giudizio. L'istigazione antisemitica – sia che venga
promossa da individui, da organizzazioni ed anche dai leader di certe paesi – dovrebbe essere
fortemente condannata ad ogni opportunità.

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17 Aprile, 2006 – Undici persone sono rimaste uccise e più di 60 ferite in un attentato suicida al Chiosco Scisc-chebab
Rosh-Ha'ir alla vecchia Stazione Centrale di Tel Aviv.

Un bambino di Sderot con un frammento di un missile che ha colpito un asilo nido – 21 agosto, 2007 (foto di Rafael Ben-Ari /
Chameleons Eye).

IL TERRORISMO PALESTINESE

• Cosa ha causato l'ondata di terrorismo che inizio nel Settembre 2000?


• Come si può fermare il terrorismo
• Cosa significano le tregue Palestinesi?
• Qual è la situazione umanitaria dei Palestinesi?
• Perché sono stati coinvolti dei bambini nella violenza?
• I Media sono stati giusti nel raccontare il conflitto?
• Il terrorismo Palestinese fa parte del terrorismo internazionale?
• Le operazioni mirate sono giustificabili?

Cosa ha causato l'ondata di terrorismo che inizio nel Settembre 2000?

A partire dal Settembre 2000, Israele ha sofferto da attacchi terroristici con un'intensità quasi senza
precedenti. I cittadini israeliani hanno dovuto convivere con la paura quotidiana morire per causa di un
attentato suicida o colpiti da una pallottola per mano di uno sparatore Palestinese. Più di 1100 Israeliani
hanno perso la loro vita e molti, migliaia e migliaia, sono rimasti mutilati o psicologicamente segnati a
vita.

L'ondata di terrorismo che iniziò nel Settembre 2000 è il risultato diretto della decisione strategica
Palestinese di usare la violenza – piuttosto che la negoziazione – come il mezzo primario per
promuovere il loro piano. Contrariamente alle loro dichiarazioni del contrario, la vera ragione della
violenza da parte dei Palestinesi non è la così detta "occupazione" dei Territori, visto che i negoziati
avrebbero potuto risolvere in modo pacifico tutti gli aspetti del conflitto Palestinese- Israeliano ben prima
dell'inizio della violenza.

Quando l'ondata di violenza e terrorismo era partito nel Settembre 2000, i Palestinesi avevano
inizialmente dichiarato che era stato una reazione spontanea alla visita dell'allora capo dell'Opposizione
Ariel Sharon alla Spianata del Tempio. Tuttavia, seguenti dichiarazioni da parte dei leader Palestinesi
ed i Media dei paesi della Lega Araba hanno contraddetto questa affermazione. Anche il rapporto
preparato dalla Commissione Mitchel, composta da leader americani ed europei, non ha dato supporto
a questa prima affermazione Palestinese. Di conseguenza, i rappresentanti Palestinesi cambiarono la
loro tattica ed hanno iniziato ad affermare che la violenza fu un responso alla "occupazione" israeliana
della Cisgiordania e Gaza.

Questa affermazione ignora gli eventi accaduti prima e dopo 1967 (quando Israele entrò in possesso dei
Territori durante una guerra d'auto-difesa) che provano che la "occupazione" non sia la vera causa del
terrorismo Palestinese. Il terrorismo Palestinese precede la presenza israeliana in Cisgiordania e Gaza;
ma non solo, ha spesso colpito brutalmente proprio nei momenti – come ad esempio tra il 1994 e il 1996
– in cui il processo di pace stava avendo il suo miglior progresso.

Il terrorismo da Gaza continuò anche dopo che Israele lasciò questo territorio, nel 2005. La storia del
terrorismo Palestinese dimostra chiaramente che i terroristi non si oppongono alla presenza d'Israele
nei Territori, ma piuttosto si oppongono a qualsiasi possibilità di fare pace con Israele.

Infatti, l'attuale ondata di terrorismo iniziò poco dopo che intensi negoziati ad alto livello furono tenuti
con lo scopo di trovare una risoluzione permanente al conflitto Israeliano- Palestinese.

Nel Luglio del 2000, fu tenuto un summit di pace a Camp David ospitato dal Presidente USA Bill Clinton,
con la partecipazione del Presidente dell'Autorità nazionale palestinese, Yasser Arafat e l'allora Primo
Ministro di Israele, Ehud Barak. Durante il summit, Israele ha espresso la sua disponibilità a fare dei
compromessi inauditi e senza precedenti affinché si potesse raggiungere un accordo praticabile a lunga
durata. Tuttavia, Yasser Arafat scelse di rompere i negoziati senza neanche presentare una proposta
sua. Di conseguenza, il summit si chiuse col Presidente Clinton che scaricò la colpa del fallimento su
Arafat.

Tuttavia, Israele continuo a ricercare una pace negoziata. Nei colloqui di Taba, nel Gennaio 2001, il
governo israeliano ha notificato ai Palestinesi la propria disponibilità di fare ulteriori compromessi per
ottenere la pace. I Palestinesi hanno inspiegabilmente rifiutato di nuovo una soluzione pacifica. Più
tardi, le affermazioni Palestinesi che cercavano di sminuire le proposte fatte a Campo David e a Taba,
sono state respinte dai più alti ufficiali americani coinvolti nei negoziati. Per esempio, nell'intervista
televisiva rilasciata il 22 Aprile 2002, l'ex inviato speciale americano, Dennis Ross, definì l'accusa che la
Cisgiordania sarebbe stata divisa in cantoni "assolutamente non vera", facendo notare che il territorio
proposto "sia tutto connesso".

Israele ha già dimostrato la propria disponibilità ad assumersi dei notevoli rischi per favorire la pace.
Come parte del trattato di pace on l'Egitto, Israele restituì la penisola del Sinai, una zona che ha fornito
all'Israele una notevole profondità strategica. Nei negoziati condotti a partire dal Settembre 1993, Israele
si è spinta lontano nel cercare di rispondere alle aspirazioni dei Palestinesi nella Cisgiordania e a Gaza.
Ha negoziato l'istituzione di un'Autorità Palestinese governante (AP) nei Territori, che man mano
estendesse la sua giurisdizione e i poteri. Infatti, dopo ampi ritiri fatti da Israele, l'AP amministrava una
porzione significante dei Territori ed il 98% della popolazione nella Cisgiordania e a Gaza.

Risulta chiaro che l'ondata di terrorismo Palestinese, che inizio dopo il fallimento del summit di Camp
David, non ha nulla a che fare con un'azione Palestinese atta a "resistere all'occupazione". La
Leadership Palestinese ha preso una decisione strategica di abbandonare il sentiero che porti alla pace
e di usare la violenza come tattica primaria per promuovere il proprio piano. Questa decisione minò alla
base il principio su cui si basa il processo di pace – la comprensione che una soluzione può essere
trovata soltanto attraverso il compromesso piuttosto che attraverso l'inflessibilità, attraverso la
negoziazione piuttosto che la violenza.

L'affermazione Palestinese che fosse la presenza israeliana nei Territori a causare il terrorismo, partì da
tentativo disperato per dirottare la critica rivolta ad Arafat dopo che respinse le proposte di pace
d'Israele. Ben presto diventò la scusa per l'inscusabile: l'indiscriminato omicidio di civili innocenti.

Gli attacchi terroristici non possono mai essere giustificati e diventano particolarmente tragici, quando le
questioni interessate potrebbero essere risolte attraverso dei negoziati. Tuttavia, il ramo d'Ulivo offerto
da Israele è stato incontrato con una gragnola di pallottole ed una raffica di attentati-suicida. Il più
grande ostacolo alla pace non è la mancanza di uno stato Palestinese, ma piuttosto l'esistenza del
terrorismo Palestinese.

Nonostante le intense affermazioni Palestinesi del contrario, la deliberata decisione della AP di usare la
violenza come uno strumento politico è la vera ed unica fonte dell'ondata di terrorismo che iniziò nel
Settembre 2000. È questa decisione che ha causato la morte di più di 1100 Israeliani e il duro colpo
inflitto ai sogni d'Israele di pace con i propri vicini Arabi.

Ritorna a terrorismo Palestinese

Come si può fermare il terrorismo

Pace vera e durevole può essere raggiunta soltanto attraverso un accordo negoziato. Tuttavia, affinché i
negoziati abbiano successo, il terrorismo Palestinese debba finire.

Dal Settembre 2000, Israele ha subito un'ondata di terrorismo che ha fatto morire più di 1100 e i
Palestinesi hanno approfittato di questo periodo di relativa calma per importare illegalmente enormi
quantità d'armi e munizioni e per ricostruire le infrastrutture del terrorismo.

Il governo Israeliano ha l'obbligo di proteggere la vita dei propri cittadini. Tuttavia, la guerra contro il
terrorismo pone un dilemma difficile per Israele. Essendo uno stato democratico, Israele deve battersi
per trovare il giusto equilibrio tra gli imperativi bisogni di sicurezza e i valori democratici, come quello
della libertà, che considera importanti. Non è mai facile, per qualsiasi democrazia che si trova sotto
fuoco, trovare questo equilibrio. Il compito si rende ancora più difficile, visto che i terroristi Palestinesi
non hanno alcun rispetto sia per la vita umana, sia per la Legge. Non prendono di mira solo i cittadini
Israeliani; si nascondono dietro la popolazione Palestinese civile, sicuri che Israele sarà incolpata per
qualsiasi infortunio inflitto ad un Palestinese, al di là di chi sia il colpevole.

Per lottare efficacemente contro il terrorismo, cercando di minimizzare il danno alla popolazione
Palestinese locale, Israele ha applicato una serie di misure difensive. Le misure di sicurezza passive,
che comprendono i blocchi stradali ed i coprifuochi, ma anche il recinto anti-terroristico, hanno lo scopo
di limitare il libero movimento di terroristi.

Sfortunatamente, la vita quotidiana dei Palestinesi è stata anch'essa intaccata da queste misure.
Tuttavia, le difficoltà causate dal recinto anti-terroristico o dai blocchi stradali, per quanto dispiacciono,
non potrebbe essere comparata alla perdita di vite dovuta al terrorismo.

Misure più attive contro i terroristi vengono adottate quando le misure passive non sono più sufficienti.
Anche in queste condizioni, Israele cerca di minimizzare il danno ai passanti. Israele ha costantemente
cercato di limitare l'uso della potenza militare. Ad esempio, Israele ha atteso ben 18 mesi prima di
iniziare le operazioni militari a grande scala contro il terrorismo. Sono iniziate dopo una quasi quotidiana
serie di attentati-suicida nel Marzo 2002, che culminarono nel massacro della sera della Pasqua
ebraica, che non le aveva lasciato scelta.

Non è mai facile per un paese democratico lottare contro il terrorismo. La missione si rende ancora più
difficile, quando questo paese è soggetto ad una pressione internazionale che le chiede di conformarsi
a degli standard impossibili. Quasi tutte le misure difensive prese da Israele – sia che si trattasse di
misure passive di sicurezza, sia che fossero atti legali o delle azioni militari proporzionate e necessarie,
hanno incontrato la critica internazionale. Israele continuerà a mantenere i propri valori democratici;
tutta via, deve anche proteggere la vita dei propri innocenti civili.

La critica ingiusta ed unilaterale d'Israele serve solamente per incoraggiare ulteriore terrorismo
Palestinese. Le probabilità di raggiungere la pace aumentano, quando la comunità internazionale
rispetta ilo diritto d'autodifesa d'Israele, man mano che si chiarisce ai Palestinesi la futilità del terrorismo.
Bisognerebbe attuare con forza una pressione internazionale diretta agli stati che promuovono ed
assistono il terrorismo Palestinese e tagliare completamente i fondi che sponsorizzano le organizzazioni
terroristiche. Solo quando i Palestinesi abbandoneranno finalmente il terrorismo e si impegneranno
davvero a risolvere le dispute politiche attraverso i negoziati, solo allora la pace diventerà possibile.

Ritorna a terrorismo Palestinese

Cosa significano le tregue Palestinesi?

I media internazionali hanno dichiarato in vari momenti che i Palestinesi stiano osservando la tregua con
Israele. Infatti, i Palestinesi hanno fatto la dichiarazione stessa delle tregua alla stampa in lingua
Inglese. Nella realtà dei fatti, queste tregue non s'avverano come si usa nel mondo Occidentale. Il
termine Arabo che si usa per descrivere questi momenti, non ha un corrispondente in Inglese, perché
rappresenta un concento diverso da quello conosciuto in Occidente. I Palestinesi considerano questi
periodi come tempo per riprendersi e riarmarsi e rappresentano in ogni caso una riduzione della
violenza ma non la sua cessazione. Infatti, è stato spesso affermato che in Medio Oriente, un "Cessate
il fuoco" è una situazione dove Israele mantiene il cessare ed i Palestinesi mantengono il fuoco.

Le due più famose "Cessate il fuoco" - l'Hudna che iniziò nel 2003 e l'iniziativa della Tahadiya che fu
proposta nel 2006 - hanno molto in comune. Ambedue iniziarono, quando i Palestinesi erano sotto una
gran pressione delle azioni difensive Israeliane, ed ambedue erano osservate solo parzialmente,
semmai, da parte dei Palestinesi.

La fase più recente, la Tahadiya, avrebbe dovuto iniziare dopo il ritiro da Gaza. I Palestinesi proposero
di fermare il fuoco di missili e razzi, ma questo periodo era caratterizzato sia da una continua raffica di
missili Kasam e di mortai sulla città Israeliana di Sderot, sia dal fatto che i Palestinesi hanno
approfittato di questo periodo di relativa calma per importare illegalmente enormi quantità d'armi e
munizioni e per ricostruire le infrastrutture del terrorismo.

La tregua precedente iniziò il 29 Giugno 2003, quando in seguito ai colloqui con l'Autorità nazionale
palestinese, le organizzazioni terroristiche dichiararono un "Hudna" – un termine che fu interpretato
all'estero come una tregua. Tuttavia, un'hudna è una pausa temporanea dei combattimenti atta a
guadagnare del tempo per raggrupparsi e riarmarsi. Circa due mesi più tardi, in seguito ad una serie
d'attacchi terroristici, le organizzazioni terroristiche Palestinesi dichiararono che l'hudna fu finita.

Nella prima fase della Mappa delle vie, i Palestinesi sono obbligati e mettere fine al terrorismo
attraverso lo smantellamento delle infrastrutture del terrorismo, la confisca degli armi illegali e l'arresto di
coloro che sono coinvolti nella programmazione e l'esecuzione di atti terroristici. L'Hudna, tuttavia, è
stata un accordo Palestinese interno che è stato usato dall'Autorità nazionale palestinese come un
mezzo per evitare i propri impegni dovuti alla Mappa delle vie per evitare la lotta al terrorismo.

L'hudna fu usata dalle stesse organizzazioni terroristiche, compreso Hamas e la Jihad islamica, come
una tattica per guadagnare del tempo e rafforzarsi prima della prossima ondata d'attacchi terroristici.
L'hudna servì da copertura alle organizzazioni terroristiche Palestinesi per pianificare nuovi attacchi
terroristici, scavare dei tunnel per importare illegalmente delle armi, aumentare il raggio dei missili
Kassam e per raggruppare ed allenare le proprie forze armate.

Mentre all'estero l'hudna fu interpretata come una tregua, il termine stesso fu concepito dai gruppi
terroristici Palestinesi ed i loro sostenitori nel mondo Arabo come una semplice tregua tattica in linea
con la Storia dell'islam. Nell'anno 628, quando il Profeta Maometto ha pensato che le sue forze sono
troppo deboli perché vincano le tribù rivali del Kutaysh, ha accordato una tregua di dieci anni (hudna),
ricordata come l'accordo Hudaybiya. Meno di due anni dopo, avendo consolidato il proprio potere, le
forze Musulmane hanno attaccato le tribù Kutaysh infliggendole una sconfitta e, quindi, permettendo a
Maometto di conquistare la Mecca.

Da lì in poi, i Musulmani hanno compreso l'hudna come una tregua tattica atta a permettere un cambio
in positivo dell'equilibrio del potere. Una volta ottenuta, la tregua può interrompersi. Non è stata, quindi,
una coincidenza che i gruppi terroristici abbiano accettato il termine hudna.

Hamas e la Jihad islamica avevano dichiarato che l'hudna sarebbe durata tre mesi. mentre il Fatah
dichiarò una hudna di sei mesi. Non hanno aspettato, però, neanche questo tempo, prima di ripartire
con il terrorismo. Da quando l'hudna fu dichiarata a fine Giugno 2003, ed anche prima dell'attentato
suicida della metà d'Agosto su un autobus a Gerusalemme, sei israeliani ed un forestiero furono uccisi
in attacchi terroristici, 28 civili furono rimasti feriti. Nell'insieme ci sono stati 180 attacchi terroristici,
comprese 120 sparatorie; altri 40 attacchi terroristici sono stati bloccati da Israele. La bomba
sull'autobus di Gerusalemme il 19 Agosto 2003 ha causato altri 23 morti, di cui 7 erano bambini, mentre
altre 136 persone erano rimaste ferite. Risultava chiaro che le organizzazioni terroristiche Palestinesi
non avevano mai in mente una vera tregua e di sicuro non intendevano mettere fine al terrorismo.

Solo attraverso l'adempimento agli impegni della Mappa delle Vie e agli accordi firmati dai Palestinesi, e
in pratica lo smantellamento delle infrastrutture del terrorismo e le organizzazioni, oltre a mettere fine
all'istigazione, i Palestinesi potranno adempiere ai propri obblighi ed impegni.

Ritorna a terrorismo Palestinese

Qual è la situazione umanitaria dei Palestinesi?

La decisione presa dalla Leadership Palestinese nel 2000 di utilizzare la violenza come uno strumento
politico, ha danneggiato la cooperazione economica Israeliana - Palestinese, causando un forte declino
nel benessere economico della popolazione Palestinese.

Israele faceva dei notevoli sforzi a partire dagli accordi di Oslo per facilitare nel contesto del processo di
pace. Risultava una forte espansione del Commercio Palestinese e dei posti di lavoro in Israele,
assieme ad altre forme di cooperazione economica dal 1994 all'esplosione della violenza nel Settembre
2000.

In cooperazione con l'Autorità Palestinese, Israele ha fatto una serie di azioni, a partire dal 1994, per
promuovere e migliorare il libero movimento di merci e di operai dalle zone dell'Autorità Palestinese
verso Israele. Inoltre, sono stati costruiti dei parchi industriali nell'Autorità Palestinese, coinvolgendo
molti investimenti ed incentivi economici israeliani. Queste azioni hanno avuto un impatto significativo e
positivo sull'Economia Palestinese.

Sfortunatamente, la violenza e il terrorismo hanno prodotto un forte declino dell'attività economica nella
zona, con delle ripercussioni sia per l'Autorità Palestinese che per Israele.

Il Governo Israeliano vorrebbe stabilizzare la situazione nei Territori e facilitare le condizioni per coloro
che vi risiedono. Israele non ha alcun desiderio di gravare sulla popolazione Palestinese civile che non
è coinvolta nel terrorismo e nella violenza.

Tuttavia, dovendo adempiere al suo dovere come stato sovrano nel difendere la vita dei propri cittadini,
e visto l'acuta minaccia alla sicurezza dovuta al terrorismo Palestinese, alcune misure risultano
inevitabili per Israele. È in via di costruzione un recinto anti-terroristico lungo la Cisgiordania, atto a
prevenire l'infiltrazione terroristica. Sono stati attuati delle restrizioni negli spostamenti per fermare i
terroristi dal raggiungere i loro obiettivi. Il passaggio di Palestinesi dalle zone della AP verso Israele è
stato anch'esso limitato, così da prevenire la diffusione di violenza e di terrorismo nelle città israeliane.
Queste misure insieme ad altre precauzioni, come per esempio i blocchi stradali, sono atte a fermare il
movimento di terroristi e d'esplosivi e, quindi, a salvare la vita d'innocenti.

Un'eccezione nelle restrizioni esiste per il movimento di merci commerciali, cibo, medicinali, personale
medico ed ambulanze, che continuano a circolare il più liberamente possibile (visto l'utilizzo Palestinese
di ambulanze per il trasporto ricercati e armi ed il coinvolgimento di personale medico Palestinese nel
terrorismo). Inoltre, sono state semplificate alcune procedure concernenti una rapida consegna di aiuti
umanitari, come ad esempio rifornimenti di medicinali, alla popolazione Palestinese.

Sfortunatamente, i terroristi hanno usato ogni tentativo israeliano di alleviare le restrizioni sulla vita
quotidiana dei Palestinesi come opportunità per rinnovare i loro attacchi su cittadini israeliani.

La politica israeliana vorrebbe distinguere più possibile tra coloro che mantengono, aiutano e dirigono le
attività terroristiche e la popolazione civile che non è coinvolta nel terrorismo.

Bisogna sottolineare che lo scopo delle precauzioni attuate per la sicurezza non è quella di produrre
delle difficoltà per la vita dei civili Palestinesi, ma piuttosto di assicurare la sicurezza dei cittadini
israeliani, che affrontano delle minacce quotidiane alla propria vita. La cessazione di queste restrizioni
dipende, come la pace stessa, dalla fine della violenza e del terrorismo.

Ritorna a terrorismo Palestinese

Perché sono stati coinvolti dei bambini nella violenza?

Anziché educarli alla pace, come fa Israele, gli estremisti Palestinesi hanno incoraggiato i propri giovani
ad assumersi un ruolo attivo nella violenza. Anziché fare ogni sforzo per proteggere i bambini. come fa
Israele, i terroristi Palestinesi hanno deliberatamente mirato a colpire dei giovani israeliani.

Israele si dedica ad educare i propri bambini alla tolleranza e alla coesistenza, insegnar loro di rispettare
tutti i popoli, in accordo con i valori democratici e gli ideali d'Israele. I bambini israeliani imparano nelle
scuole e attraverso i Media che la ricerca della pace è la più alta aspirazione. Israele crede che la
chiave per una vera e durevole pace sta nell'educare la prossima generazione, sia degli israeliani che
dei Palestinesi, a vivere gli uni accanto agli altri in pace.

Al contrario, gli estremisti Palestinesi hanno deliberatamente creato una cultura di odio che incoraggi i
giovani Palestinesi ad assumersi un ruolo attivo nelle attività violenti. Hanno allenato i giovani all'uso
delle armi e hanno creato un'atmosfera che li prepara a diventare degli attentatori-suicida. Molte delle
perdite nelle vite dei giovani Palestinesi sono dovute alla loro partecipazione diretta nella violenza, o
come risultato del confronto israeliano con i terroristi che cercano di nascondersi in mezzo alla
popolazione Palestinese. I Palestinesi non hanno cercato di badare ai bambini Palestinesi affinché non
si facessero del male. Anzi, hanno scelto di utilizzarli come uno strumento di propaganda.

Le scuole Palestinesi, i campi estivi, le moschee e i Media ufficiali, hanno tutti partecipato alla creazione
di questa cultura di odio. Il terribile utilizzo dei bambini come pedine del conflitto inizia con il sistema
educativo. Anziché educare i bambini alla pace, come fa Israele, i libri di testo Palestinesi insegnano
apertamente l'odio di Israele e del popolo Ebraico. I mezzi pedagogici vengono utilizzati per ispirare il
culto dell'eroismo degli attentatori-suicida, preparando i bambini Palestinesi psicologicamente a seguire
i loro passi. Ai bambini vengono date armi da portare nelle dimostrazioni anti- israeliane, oppure
vengono vestiti da attentatori-suicida. I movimenti giovanili e i campi estivi insegnano ai giovani come
diventare dei guerrieri santi, ma di fatti li allenano ad utilizzare le armi da fuoco.

La televisione Palestinese è un mezzo molto efficace nel diffondere il messaggio dell'odio, attraverso
programmi che istigano alla violenza, destinate a tutte le età a partire dai giovanissimi. Hamas ha
messo l'accento sulla produzione di programmi televisivi per bambini che istigano anche gli spettatori
più giovani.
Questo culto del martirio ha ispirato i bambini Palestinesi a prendere sempre più parte attiva nella
violenza. L'età media degli attentatori suicida e scesa ed attacchi eseguiti da adolescenti sono diventati
sempre più frequenti. Bambini giovani, alcuni poco più d'infanti, sono stati utilizzati per servire da
copertura per i trasportatori d'armi ed esplosivi. Altri sono stati feriti o addirittura morti mentre
riportavano i lanciarazzi dei missili Kasam.

La manipolazione Palestinese dei bambini, che è stata ampiamente documentata dai Media, costituisce
una condannabile violazione di tutti gli accordi e le convenzioni internazionali atti a proteggere i bambini
in situazioni di conflitti che coinvolgono le armi. L'atroce abuso di bambini è profondamente immorale,
oltre ad essere proprio illegale.

Anche la scelta dei bambini come obiettivi per gli attacchi terroristici viola le leggi e le norme
internazionali. Centinaia di bambini israeliani sono rimasti uccisi o feriti in numerosi attacchi terroristici
negli anni. Non erano vittime accidentali della violenza, ma ben sì le vittime prescelte e preferite dei
terroristi Palestinesi. I bambini israeliani sono stati deliberatamente presi di mira dai cecchini o dalle
bombe mese lungo le strade. Dei giovani sono stato colpiti a bastonate e con le pietre a morte dai
terroristi mentre cercavano un passaggio vicino alle loro case.

I terroristi Palestinesi hanno ucciso circa 120 bambini dal Settembre 2000' scegliendo di colpire in luoghi
dove i giovani usano incontrarsi: discoteche, fermate d'autobus, ristoranti Fast Food e centri
commerciali. Gli attentatori-suicida stavano proprio di fronte alle loro giovani vittime, compresi neonati,
prima di decidere di detonare i loro esplosivi. In uno degli attacchi più orrendi più orrendi - La bomba
sull'autobus di Gerusalemme il 19 Agosto 2003 – sette dei morti e 40 dei feriti erano bambini.

La sofferenza di ogni bambino è tragica e triste, e Israele crede che bisogna fare ogni sforzo per
proteggere tutti i bambini, Israeliani e Palestinesi, dalla violenza. Le scuole Palestinesi e i Media devono
smettere di istigare alla violenza e all'odio e unirsi all'Israele nell'insegnare alla prossima generazione di
vivere in pace.

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I Media sono stati giusti nel raccontare il conflitto?

La copertura del conflitto in Medio Oriente da parte dei Media è stata in molti casi ingiusto e pieno di
pregiudizi contro Israele.

I media elettronici devono, per la propria natura, fornire informazioni rapide e coincise. Tuttavia, questo
può portare a una descrizione assi semplicistica e superficiale delle realtà, che sono difatti complesse e
complicate, come quella che esiste in Medio Oriente. La contraddizione tra il bisogno di riferire della
realtà intricata del Medio Oriente ed il bisogno di comunicare notizie più velocemente e semplicemente
possibile, spesso risulta in una copertura distorta e sbilanciata delle questioni pertinenti ad Israele/.

I Media tendono in molti casi a rappresentare una situazione complessa attraverso degli stereotipi di
Bianco e Nero, all'interno dei quali Israele è dipinta nel ruolo del "Occupante" che sta pestando i diritti
degli "Occupati". Questo poi porta automaticamente ad una rappresentazione distorta di Israele
dipingendola come la radice di tutti i mali nel Medio Oriente.

Tuttavia, la realtà è ben più complicata di così. La giustizia vuole che si vada a verificare la ragione del
perché Israele è finita a controllare i Territori, come dovrebbe essere anche esaminato il fatto che dal
1948, il mondo Arabo Ha voluto la distruzione d'Israele con qualsiasi mezzo possibile. Sfortunatamente,
quest'insieme di circostanze, con le sue ampie e profonde ramificazioni, è difficile da trasmettere in un
reportage televisivo che duri dei secondi o al massimo pochi minuti.

Il reportage di notizie dal Medio Oriente normalmente fornisce una breve occhiata a eventi del
momento. La parte visuale fornisce immagini drammatiche, ma nella maggior parte di casi fornisce poca
visione profonda delle più ampie circostanze nelle quali l'immagine è posizionata e difatti, spesso
portano gli eventi fuori dal loro contesto.
L'immagine di un giovane Palestinese che sta affrontando un carro armato israeliano e una storia in una
notizia che smuove le emozioni degli spettatori televisivi – è una storia che si vende bene. Ma questa
visione crea una grande distorsione della realtà. Nella foto, il carro armato rappresenta "il potente e
crudele occupante", l'incarnazione del male che si presume sia la fonte del conflitto in Medio Oriente.
Tuttavia, la realtà è molto più complicata di un'immagine che catturi un singolo momento – è il prima e
dopo che lo spettatore ignori. Inoltre, l'immagine ed il reportage che l'accompagna dicono normalmente
poco o niente del continuo terrorismo Palestinese, che è poi l'unica ragione del perché il carro armato
sia lì in partenza. I media parlano poco dei terroristi Palestinesi che operano intenzionalmente
dall'interno dei centri urbani. Poco si fa vedere come i terroristi si mescolano con la popolazione
Palestinese civile, utilizzando cinicamente i bambini ed e altri civili come le loro pedine da gioco e scudi
dietro i quali loro lanciano i loro attacchi contro innocenti israeliani. Pochissimi, se non nulla, si parla del
fatto che le Forze Armate Israeliane fanno per evitare di colpire dei civili innocenti, anche a spese di
mettere in pericolo la vita dei soldati israeliani.

I media internazionali hanno severamente criticato Israele per il fatto che limiti la libertà di movimento
dei Palestinesi e per la sofferenza causata ai Palestinesi nei posto di blocco, che sono stati messi su
dalle Forze Armate Israeliane nei Territori dopo l'esplosione della violenza nel 2000. Le scene che si
vedono sugli schermi televisivi colpiscono davvero. Mostrano dei Palestinesi che attendono, spesso a
lungo, per i controlli di sicurezza nei posti di blocco.

Questi reportage descrivono una situazione che è solo parte del quadro generale e spesso ignorano il
contesto: che l'unica ragione per la quale ci sono i posti di blocco e di prevenire l'entrata in Israele degli
attentatori-suicida e fermarli dal colpire la popolazione civile. Viene ignorato anche l'obbligo che ha il
Governo Israeliano di difendere i propri cittadini da coloro che stanno per farsi esplodere ed uccidere
innocenti passanti nei caffé, nei bus, nei centri commerciali ed altri luoghi pubblici nelle città israeliane. Il
fuoco che mettono i Media sui blocchi stradali, prende in giusta considerazione anche il diritto dei civili
Israeliani di vivere liberi dalla minaccia del terrorismo e la morte violenta? La risposta è generalmente
No.

Uno degli esempi più spiccati dell'approccio ingiusto e pieno di pregiudizio che ha la maggior parte dei
Media, si poteva vedere nel trattamento della feroce battaglia tra soldati israeliani e terroristi Palestinesi
svolta a Genin, in Aprile 2002. Poco tempo dopo l'inizio della battaglia, la maggior parte dei Media
hanno abboccato per intera la versione che la propaganda Palestinese forniva dell'accaduto. Sono
giunti velocemente alle conclusioni, descrivendo la battaglia come un "massacro" dei Palestinesi da
parte degli Israeliani. Israele fu anche immediatamente accusata di aver distrutto la città di Genin.

Israele è stata processata e giudicata nei mezzi di comunicazione ben prima che i più basilari fatti si
sono resi noti. Se la Stampa internazionale avesse verificato i fatti, i Media avrebbero potuto sapere che
quello che fu descritto come massacro, fu invece una battaglia nella quale 56 Palestinesi (nella
maggioranza dei terroristi armati) erano morti, come anche 23 soldati israeliani. Quel che fu descritto
come "la distruzione di Genin", risultò essere una zona di battaglia molto ristretta (circa 100X100 metri),
una piccolissima frazione dell'intera città.

Un'altra ragione per la sbilanciata copertura giornalistica sta nel fatto che i giornalisti della parte
Israeliana lavorano all'interno di una società democratica ed aperta, nella quale la libertà di stampa e di
espressione sono garantite. La stampa internazionale in Israele ha accesso a tutte le fonti delle notizie e
ad ogni tipo d'opinione dello spettro politico democratico, come dovrebbe difatti essere.

Al contrario, la società Palestinese e le società della maggior parte del mondo Arabo non hanno la
libertà di espressione e nessuna libertà di stampa. L'opportunità di rapportare gli eventi
indipendentemente in queste società è virtualmente inesistente e, di conseguenza, possibilità della
stampa internazionale di fornire dei rapporti autentici, oggettivi e credibili è molto limitata. Fare dei
reportage da queste zone senza prendere questo fatto in considerazione, dimostra una mancanza di
chiarezza morale.

La situazione risultava chiaramente visibile nella copertura della Seconda Guerra in Libano. Da un lato,
alla stampa estera è stato dato accesso senza precedenti ai soldati Israeliani, mentre dall'altra parte c'è
Hizbullah che pone severi limiti dinnanzi ai reporter. Il risultato fu che nei Media Occidentali furono viste
poche, semmai, foto di terroristi dell'Hizbullah, né ci furono delle interviste con nessuno a parte un
piccolo nucleo di portavoce.
In passato, ci fu un numero di casi noti nei quali i Palestinesi minacciarono di colpire i giornalisti esteri
che intendevano rapportare eventi che avrebbero danneggiato gli interessi Palestinesi. La minaccia di
rapimento aleggia sopra la testa dei corrispondenti esteri nelle zone controllate dai Palestinesi.
Similmente, ci furono dei casi nei quali i Palestinesi consentirono qualche libertà in più alla stampa per
fare il proprio lavoro, a patto che poi i rapporti avrebbero corrisposto alle visioni e ai messaggi che i
Palestinesi desideravano trasmettere.

Nelle peggiori manifestazioni del pregiudizio da parte dei Media, in particolare in alcuni cartoni animati
politici e rubriche d'opinione, il linguaggio e i contenuti nei confronti d'Israele sono diventati estremi. La
stessa legittimità dell'esistenza d'Israele è messa in questione e a volte, sono usati degli stereotipi
antisemitici e dei simboli come quelli che erano usati in passato per attaccare il Popolo Ebraico.

Tuttavia, ciò che ha caratterizzato il pregiudizio dei Media internazionali è stato il doppio standard che è
usato nei confronti d'Israele. Mentre, in quanto stato democratico, Israele accetta volentieri la legittima
valutazione, i Media valutano inesorabilmente Israele, utilizzando degli standard sproporzionati rispetto
a qualsiasi altra democrazia Occidentale. Viene totalmente ed ingiustamente ignorato che Israele
affronti una minaccia alla propria esistenza da parte di una significativa porzione dei paesi della regione.
Questi stati, che non hanno ancora accettato l'esistenza d'Israele in quanto stato Ebraico, sono essi
stessi ancora ben distanti dallo stare agli standard più basilari di democrazia e libertà. Inoltre, mentre
facilmente criticavano qualsiasi cosa abbia fatto Israele nella lotta contro il terrorismo, i Media
internazionale hanno spesso ignorato il fatto che altre democrazie Occidentali abbiano utilizzato misure
simili od addirittura più forti, nel confrontarsi con le minacce alla propria sicurezza nazionale e quella dei
propri cittadini. La critica verso Israele ha raggiunto un tale livello dove qualsiasi azione fatta da Israele,
al di là di quanto sia di natura difensiva, al di là della minaccia che va affrontata, viene automaticamente
condannata.

Ritorna a terrorismo Palestinese

Il terrorismo Palestinese fa parte del terrorismo internazionale?

Col passare del tempo, risulta sempre più evidente che non si possa isolare il terrorismo Palestinese dal
mondiale. Visto che è diventato apparente che i terroristi Palestinesi siano più interessati della
distruzione d'Israele che della costituzione di uno stato Palestinese e che molti organizzazioni
terroristiche Palestinesi desiderano la costituzione di un'entità Islamica al suo posto, risulta chiaro lo
stretto legame tra il terrorismo Palestinese e le organizzazioni terroristiche dello Jihad.

Ci sono sempre più evidenze del fatto che le organizzazioni internazionali dello Jihad stanno cercando
di prendere piede nei territori Palestinesi, ma in più, i metodi usati dai Palestinesi sono delle imitazioni di
quelli usati dai gruppi terroristici nel Medio Oriente ed altrove.

Per alcuni decenni, la violenza Palestinese ha avuto un ruolo importante nello sviluppo di forme ancora
più pericolose di terrorismo. Furono proprio i Palestinesi che erano i pionieri nell'usare il dirottamento
terroristico di aerei. Forse non furono i Palestinesi ad inventare gli attentatori-suicida, ma ne hanno di
certo raffinato la tecnica, creando un culto del martirio che promuove ancora più attentati-suicida.
Dall'altra parte, i Palestinesi stanno adottando delle tecniche utilizzate da altri organizzazioni
terroristiche, in particolare quelle di Hizbullah.

Prove di coinvolgimento internazionale nella causa Palestinese si possono trovare nel ruolo di Iran nel
conflitto. Il controllo dell'Hizbullah da parte dell'Iran – il rifornimento d'armi, d'allenamento e di
finanziamento di quest'organizzazione terroristica che non solo abbia attaccato Israele, ma addirittura
minacci la stabilità del Libano – è soltanto uno degli aspetti del suo coinvolgimento nel conflitto. L'Iran è
anche un'alleata dell'Hamas, un'organizzazione terroristica che continui ad attaccare Israele nonostante
i suoi raggiungimenti nel campo politico Palestinese.

Il conflitto Arabo-Israeliano è stato utilizzato da molti nel Medio Oriente per giustificare le loro attività
anti-americane ed ultimamente anti-occidentali. Il terrorismo, sia che si tratti del Medio Oriente, sia
altrove, prende spesso di mira le società democratiche. Studi effettuati sul terrorismo suicida hanno
mostrato che non sia motivato dalla disperazione, ma piuttosto è quasi sempre condotto come parte di
una campagna organizzata atta a guadagnare obiettivi politici i militari. Gli attacchi di El-Qaeda sugli
USA sono stati degli attacchi sugli ideali di libertà che gli Stati Uniti rappresentino. Erano parte dei piani
di Bin Laden per una Jihad atta a rimodellare il mondo secondo la sua interpretazione estremista
dell'Islam. Nonostante gli obiettivi di base di Bin Laden non siano legati a Israele, gli attacchi sul popolo
americano sono stati utilizzati dagli anti israeliani per promuovere i loro piani in Medio Oriente.

Nella sfera ideologica, la propaganda Palestinese cerca di offuscare la differenza tra gli atti di terrorismo
che prendono d mira gli innocenti e le contromisure difensive, atte a fermare i terroristi. È importante
rendersi conto che giustificare qualsiasi attacco terroristico danneggi lo sforzo mondiale di delegittimare
il terrorismo e coloro che lo sponsorizzino.

Non bisogna permettere al terrorismo Palestinese di aver successo. Fare questo non solo
incoraggerebbe ulteriori atti di violenza contro civili innocenti in Israele, ma farebbe aumentare le
probabilità che la nemesi del terrorismo continui a proliferare e mettere sempre di più in pericolo gli stati
democratici in tutto il mondo. Rinnegare gli obiettivi dei terroristi suicida è un importante passo avanti
nel fermare il fenomeno del terrorismo nell'insieme.

Qualsiasi guadagno politico ottenuto dai Palestinesi attraverso l; uso della violenza terroristica,
contribuirebbe alla proliferazione del terrorismo nel mondo. Premiare il terrorismo serve solo per invitare
altri nel Medio Oriente ed altrove per usare le stesse tattiche. Il successo del terrorismo Palestinese
incoraggerebbe un'ulteriore radicalizzazione delle popolazioni Arabe e Musulmane, divenute troppo
vulnerabili di fronte al estremismo per causa delle pessime condizioni socio-economiche nei propri stati
e delle ideologie che incoraggino odio e violenza.

Premiare il terrorismo Palestinese non metterebbe in pericolo solo Israele, ma minaccerebbe la stabilità
di tutta la regione e la sicurezza del mondo democratico. Premiare il terrorismo fa solo nascere più
terrorismo.

Ritorna a terrorismo Palestinese

Le operazioni mirate sono giustificabili?

Finché la Leadership Palestinese non avesse fatto qualcosa per fermare gli attacchi terroristici, Israele
non aveva scelta ma agire per prevenirli, compresi i mezzi di contro-terrorismo attraverso le operazioni
mirate. La Legge internazionale determina che individui che prendono parte attiva nelle ostilità
diventano degli obiettivi militari legittimi.

Negli accordi firmati con Israele, l'Autorità nazionale palestinese si impegno di fermare la violenza,
arrestare i terroristi, smantellare le infrastrutture terroristiche, raccogliere le armi illegali e mettere fine
all'istigazione alla violenza. Tuttavia, negli anni che seguirono gli Accordi d'Oslo del 1993' l'ANP ha fatto
nulla per aderire agli impegni presi, ma ha invece incoraggiato e supportato il terrorismo. Questo
terrorismo ha preso deliberatamente di mira i civili per ucciderli. L'inattività della Leadership Palestinese
rispetto al diffondersi dell'attività terroristica nelle zone sotto il proprio controllo, unita all'attivo supporto
della violenza, ha lasciato Israele senza alcun alternativa se non quella di fare le necessarie azioni per
prevenire gli attacchi terroristici.

Tuttavia, negli anni passati, le forze di sicurezza israeliane hanno affrontato un dilemma pesante: come
stare ai valori democratici d'Israele e le regole delle guerre armate mentre si sta lottando contro i
terroristi, disposti a violare qualsiasi norma di comportamento civile. Israele ha cercato disperatamente i
metodi per fermare in modo effettivo i terroristi che si nascondono in mezzo alla popolazione civile,
senza colpire innocenti Palestinesi.

Quando possibile, le operazioni israeliane sono dirette all'arresto dei terroristi e dei loro complici,
portandoli in giudizio. Nella piccola minoranza dei casi, gli arresti risultano impossibili, principalmente
per il fatto che i esecutori e i loro capobanda trovano rifugio nel cuore delle zone controllate dai
Palestinesi. Quando ciò accade e quando esiste una chiara minaccia terroristica, Israele non ha scelta
ma attuare delle misure preventive, atte a fermare i terroristi dall'eseguire gli attacchi.

La Legge internazionale, in generale, e la Legge dei conflitti armati, in particolare, riconosce che gli
individui che partecipano direttamente alle ostilità non potrebbero poi richiedere l'immunità. Iniziando e
partecipando negli attacchi armati, questi individui si sono designati da combattenti e hanno rinunciato a
questo tipo di protezione legale. In molte delle organizzazioni terroristiche, non c'è una vera distinzione
tra il cosiddetto braccio politico ed il braccio militare; leader da tutte le parti dell'organizzazione sono
attivamente coinvolti nell'ordinare e programmare attacchi terroristici e, quindi, possono essere
considerati legittimi obiettivi militare. Seguendo la stessa linea, un individuo che diventa un combattente,
è considerato tale fino alla fine delle ostilità e non soltanto nell'esatto momento in cui sta eseguendo un
attacco.

Dal Settembre 2000, sia civili sia soldati israeliani hanno dovuto affrontare migliaia d'attacchi violenti che
li hanno messo in pericolo di vita, dei quali solo un piccolo percentuale è stato riportato sui Media.
Questi attacchi hanno incluso attentati-suicida, sparatorie, dimostrazioni violente, linciaggi, esplosioni,
agguati, raffiche di fuoco e macchine-bomba diretti a degli obiettivi civili. I Palestinesi hanno cercato
anche – ma fallito fortunatamente – di portare a termine operazione di "mega-terrorismo", compresi
tentati attacchi contro il complesso di deposito di gas e benzina Pi Glilot, vicino a Tel Aviv e il camion
pieno di esplosivi che doveva far esplodere i più grandi grattacieli di Tel Aviv. Fino ad oggi, più di 1100
israeliani sono rimasti uccisi e molti migliaia di altri sono rimasti feriti come risultato di questa violenza.

Messe in queste difficili condizioni, le Forze di Difesa d'Israele hanno agito con la più gran circospezione
possibile, agendo solo nei casi in cui un'inazione da parte d'Israele avrebbe prodotto la perdita della vita
d'innocenti. Israele si batte sempre per usare la minima forza necessaria per prevenire il terrorismo,
agendo secondo i principi e la pratica di un conflitto armato. Sta attenta a prendere di mira solo coloro
che sono responsabili della violenza e fa qualsiasi sforzo per evitare di coinvolgerne innocenti civili.

I terroristi Palestinesi, al contrario, hanno deliberatamente preso di mira innocenti civili e hanno usato
delle armi disegnate per causare il numero maggiore di feriti e morti.

Il Governo Israeliano si dispiace per la perdita di qualsiasi vita in quest'ondata di violenza, sia si tratti di
un Ebreo che di un Arabo. Gli attacchi terroristici sono costati la vita d'innocenti e hanno gravemente
ferito il processo di pace. Il terrorismo rimane l'ostacolo maggiore alla pace ed è necessario che la
violenza finisca così che ambedue le parti possono ritornare ai negoziati costruttivi. Una giusta e
sostenibile soluzione potrebbe essere trovata solo attraverso il dialogo, non attraverso il conflitto
armato. Tuttavia, finché continui il terrorismo, Israele ha un'indisputabile responsabilità di agire per auto-
difesa e di proteggere i propri cittadini.

Alla fin fine, la Leadership Palestinese porta la responsabilità di tutte le perdite, perché ha dato inizio
alla violenza e si rifiuta di finirla. Dovessero finire la violenza e il terrorismo, Israele no avrebbe alcuna
ragione di agire con delle contro-misure di prevenzione.

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Foto: Ministero della Difesa


Recinto anti-terroristico

• Perché Israele sta costruendo un recinto anti-terroristico?


• Come avrebbe potuto l'Autorità nazionale palestinese evitare la costruzione del recinto anti-
terroristico?
• Si tratta di un "muro" o di un "recinto"?
• Il recinto prende in giusta considerazione i bisogni della popolazione Palestinese?
• Il recinto anti-terroristico non sta stabilendo dei fatti permanenti sul territorio?
• Perché il recinto anti-terroristico non è costruito solo lungo le linee antecedenti a Giugno 1967?
• Il recinto anti-terroristico è un ostacolo alla pace?
• Il recinto anti-terroristico non sta causando l'aumento dell'ostilità e dell'odio verso Israele?
• Il parzialmente costruito recinto anti-terroristico è servito a ridurre il numero d'attacchi terroristici?
• Il recinto anti-terroristico non è una manifestazione d'Apartheid e di Razzismo?
• Il recinto anti-terroristico non è un altro "Muro di Berlino"?
• Il recinto anti-terroristico non sta creando dei "Ghetto"?

Perché Israele sta costruendo un recinto anti-terroristico?

Più di 1100 persone sono rimaste uccise in attacchi eseguiti da t terroristi Palestinesi a partire dal
Settembre 2000. Altre migliaia di israeliani sono rimasti feriti, alcuni segnati a vita. I terroristi si
inflitravano nelle città e le cittadine israeliane e hanno portato a termine degli attacchi, spesso sotto
forma di attentato suicida, su degli autobus, in ristoranti, ai centri commerciali ed anche a case private.
Nessun'altra democrazia nel mondo ha docuto affrontare una così intensa ondata di terrore,
specialmente sotto forma di attentato suicida.

Nella grande maggioranza dei casi, i terroristi venivano dalle zone Palestinesi nella Cisgiordania.
L'assenza di una barriera ha reso la llro infiltrazione nelle comunità israeliane una missione
relativamente facile da eseguire per i terroristi. Le comunità israeliane sono spesso situate ad una breve
distanza, da poter coprire a piedi, dai centri Palestinesi del terrorismo. La leadership Palestinese stava
facendo nulla per fermarli ed anzi, li ha incoraggiati.

La decisione d'Israele di ereggere una barriera fisica contro il terrorismo fu presa soltanto dopo che
furuno provate altre opzioni, che però hanno fallito nel fermare attacchi mortali. L'opinione pubblica
israeliana ha fatto pressione affinché venga costruito un recinto che avrebbe fermato i terroristi
dall'entrare nei centri abitati israeliani. Bisognerebbe notare che per molti anni, nessun terrorista era mai
entrato in Israele dalla Striscia di Gaza, perché un recinto anti-terroristico elettronico vi esisteva già.

Il governo d'Israele ha l'obbligo di difendere i propri cittadini contro il terrorismo. Il diritto di autodifesa è
ancorato nella Legge internazionale. Il recinto anti-terroristico è un atto di autodifesa che salva vite. Fino
a quando i Palestinesi non agiranno per fermare il terrorismo, Israele deve fare le necessarie azioni per
difendersi.

Torna al recinto anti-terroristico

Come avrebbe potuto l'Autorità nazionale palestinese evitare la costruzione del


recinto anti-terroristico?

I Palestinesi non possono incolpare nessuno se non se stessi per il recinto anti-terroristico. La decisione
di costruire il recinto anti-terroristico fu presa soltanto dopo che furuno provate altre opzioni, che però
hanno fallito nel fermare attacchi mortali.

L' Autorità nazionale palestinese non ha mantenuto gli impegni che si era assunta di lottare contro il
terrorismo. Questi impegni erano contenuti negli Accordi di Oslo e gli accordi susseguenti, come pure
nella Mappa delle Vie, presentata alle parti nel Maggio 2003. Mentre il terrorismo stesso non è
permesso secondo questi accordi ed è illegale, l'uso di misure difensive, come quello del recinto è,
secondo la Legge internazionale, permesso.

I Palestinesi cercano di incolpare Israele, la vittima del terrorismo che sta semplicemente attuando delle
misure difensive. I Palestinesi ignorano le vittime innocenti uccise dal terrorismo Palestinese derivanti
dalla Cisgiordania.

Se non ci fosse il terrorismo, Israele non sarebbe stata costretta a costruire un recinto per proteggere i
porpri cittadini. I Palestinesi dovrebbero smantellare le organizzazioni terroristiche, confiscare le loro
armi, arrestare coloro che programmano ed eseguono gli atti terroristici, fermare l'istigazione e far
ripartire la cooperazione in materie di sicurezza con Israele. Tutti questi passi sono necessari secondo
gli impegni presi dai Palestinesi.

Torna al recinto anti-terroristico


Si tratta di un "muro" o di un "recinto"?

Nonostante le molte immagini che sono mostrate nei Media internazionali di un muro alto di cemento,
più del 92% dell'attualmente costruito recinto anti-terroristico è difatti una serie di recinti concatenate.

La parte maggiore del recinto anti-terroristico consiste in una fascia larga circa quanto una strada a
quattro corsie. Al suo centro vi è il recinto a catena che regge un sistema di rilevamento di intrusioni. Il
sistema, che è tecnologicamente avvanzato, è progettato a dare l'allarme contro le infiltrazioni, come lo
sono anche il sentiero "rivela passi" ed altri strumenti d'osservazione.

Meno del 8% del recinto è costruito di cemento. Le brevi sezioni di cemento sono atte non solo a
fermare i terroristi dall'entrare, ma anche a fermarli dallo sparare su delle macchine israeliane che
viaggino sulle principali autostrade che passano vicino alla linea del pre 1967, presso delle zone
residenziali Ebraiche od altri obiettivi. In alcuni casi, dovuto alle condizioni topografiche o alla densità
delle abitazioni od altre costruzioni nella zona, la costruzione di un recinto risulta impossibile e, quindi,
una barriera fatta di cemento diventa necessaria.

Torna al recinto anti-terroristico

Il recinto prende in giusta considerazione i bisogni della popolazione Palestinese?

Oltre agli sforzi che fa per garantire la sicurezza dei propri cittadini, Israele relega una notevole
importanza agli interessi dei residenti Palestinesi locali. Israele riconosce la necessità di trovare un
giusto equilibrio tra il comprovato bisogno di difendere i propri cittadini e i bisogni umanitari dei residenti
Palestinesi locali.

Per evitare di nusare terre private, Israele da priorità all'uso di terre pubbliche nel costruire il recinto anti-
terroristico. Quando ciò non è possibile, viene requisita, non confiscata, terrea privata che rimane, però,
di proprietà del suo proprietario. Attraverso delle procedure legali, ogni proprietario può presentare
un'obiezione all'uso della propria terra. Nel caso siano usate terre private, ai proprietari è offerta una
piena ricompensa secondo la Legge; questa ricompensa viene erogata sia con un pagamento unico che
pagamenti a base mensile.

La maggior parte dei Palestinesi rimaranno sul lato Est (Cisgiordania) del recinto. Avranno accesso alle
loro attività commerciali e ai centri urbani. Nessun Palestinese dovrà traslocare. Israele far` ogni sforzo
per evitare di causare delle difficoltà e delle interferenze con la loro vita quotidiana. Infatti, una volta
completo, il recinto permetterà ad Israele di rimuovere alcuni blocchi stradali attualmente posti per
prevenire l'accesso dei terroristi.

Decine punti di passaggio sono stati costruiti per permettere ilo movimento di gente e di merci. Il recinto
anti-terroristico è stato posizionato il più possibile su terre inutilizzate, per evitare di danneggiare
l'agricultura. I coltivatori Palestinesi avranno accesso ai loro campi, che raggiungeranno attraverso
cancelli speciali che vengono costruiti all'interno del recinto. Gli alberi che sono stati sradicati per causa
della costruzione del recinto verranno ripiantati.

Se non ci fosse una campagna organizzata ed orchestrata che mira alla morte di uomini, donne e
bambini israeliani, non ci sarebbe stato bisogno di un recinto anti-terroristico. La morte è un fatto
permanente, è irreversibile. Le incovenienze causate ai Palestinesi per causa del recinto anti-terroristico
sono temporanee. Una volta che si fermerà il terrorismo e si raggiungerà la pace, la situazione sarà
reversibile.

La libertà di movimento è importante. Ma non è più importante del diritto di vivere. Detto ciò, Israele farà
tutto ciò che può per ridurre le difficoltà e le inconvenienze dei Palestinesi cui vita è influenzata dal
recinto.

Torna al recinto anti-terroristico


Il recinto anti-terroristico non sta stabilendo dei fatti permanenti sul territorio?

L'iter del recinto è stato deciso secondo i bisogni di sicurezza e le condizioni topografiche.

Il recinto anti-terroristico non annetterà terre Palestinesi né altererà lo stato legale dei residenti
Palestinesi. Il recinto anti-terroristico è una misura difensiva temporanea, non un confine. Il confine
dovrebbe essere deciso attraverso noegoziati diretti tra Israele e i Palestinesi.

Il recinto è costruito in modo che, se necessario, le parti interessati possano essere riposizionate
altrove. In questo contesto, bisogna ricordare che quando Israele si ritirò dal Sud del Libano, in accordo
con la risoluzione 425 del Consiglio di Sicurezza, l'ONU delineò un confine tra Israele e Libano. In
quell'occasione, Israele

Spostò il recinto anti-terroristico, a volte di un solo metro o anche meno, in modo da adeguarsi al nuovo
confine. L'esperienza d'Israele con l'Egitto o la Giordania ha mostrato che i recinti non avevano mai
bloccato gli accordi politici e i trattati di pace; quando era necessario, i recinti erano spostati.

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Perché il recinto anti-terroristico non viene costruito solo lungo le linee


antecedenti a Giugno 1967?

L'unico scopo del recinto è fermare i terroristi dall'infiltrarsi nei centri abitati Israeliani. Costruire il recinto
lungo le linee del pre 1967 (l'antecedente "Linea Verde"), sarebbe un atto puramente politico che non ha
nulla a che fare con i bisogni di sicurezza dei cittadini Israeliani.

L'antecedente "Linea Verde" era la linea della tregua firmata tra Israele e Giordania negli anni 1949-
1967. Non si trattava del confine definitivo, che doveva essere deciso attraverso dei negoziati di pace.
La "Linea Verde" cessò di esistere in seguito alla minaccia all'esistenza d'Israele nella Primavera del
1967, che portò alla Guerra dei 6 Giorni nel Giugno di quell'anno. Gli autori della Risoluzione 242 del
Consiglio di Sicurezza dell'ONU del Novembre 1967, hanno riconosciuto che le linee del pre 1967 non
sono sicure e che dovrebbero essere ridefinite.

Mentre il confine tra Israele ed i Palestinesi dovrà essere deciso attraverso dei negoziati, l'iter del recinto
anti-terroristico è determinato solo dall'immediato e pressante bisogno di salvare le vite di Israeliani,
prevenendo l'accesso dei terroristi Palestinesi alla popolazione Israeliana. Il recinto viene, quindi,
costruito ovunque ciò possa essere ottenuto efficacemente. Costruire il recinto secondo qualsiasi linea
arbitraria, come ad esempio lungo la linea pre 1967, avrebbe nulla a che fare con la sicurezza e, quindi,
nulla a che fare con lo scopo stesso del recinto.

Nei casi in cui l'iter del recinto incontra i bisogni di sicurezza seguendo l'antecedente "Linea Verde", il
recinto viene costruito proprio lì. Infatti, parti del recinto vengono costruite lungo le linee pre 1967,
mantenendovi i requisiti della sicurezza.

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Il recinto anti-terroristico è un ostacolo alla pace?

Il terrorismo è un ostacolo mortale alla pace.

Lo scopo del recinto è di tenere i terroristi fuori e, quindi, salvare la vita di cittadini Israeliani, sia Ebrei
che Arabi.

Costituendo una barriera temporanea, passiva ed efficace al terrorismo, il recinto aiuterà a riportare la
calma alla regione e, quindi, aumenterà le possibilità di ottenere la pace. L'ondata di terrorismo che ha
causato la morte di più di 1100 Israeliani a partire dal Settembre 2000, ha minato il processo si pace e
l'ha portato ad un punto morto. La riduzione del terrorismo, anche attraverso il recinto anti-terroristico,
contribuirebbe notevolmente al rinnovo degli sforzi per la pace.
Anche se ancora incomleto, il recinto anti-terroristico ha già avuto dei sucessi iniziali nell'impedire gli
sforzi terroristici e nel ridurre il numero complessivo di attacchi terroristici portati al termine. Alcuni
attacchi terroristici programmati, sono stati fermati perché i terroristi non sono riusciti ad aggirare il
recinto. Una volta completato il recinto, i terroristi dovranno affrontare delle condizioni ben più difficili per
portare a termine le loro micidiali intenzioni. Questo può solamente contribuire alla causa della pace.

Una volta che finirà il terrorismo e si raggiungerà la pace, il recinto potrà essere tolto.

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Il recinto anti-terroristico non sta causando l'aumento dell'ostilità e dell'odio verso


Israele?

La causa dell'ostilità e dell'odio verso Israele è l'istigazione da parte dei Palestinesi e del mondo Arabo.
L'intensificazione dell'ostilità e dell'odio è dovuta alla continuazione dell'istigazione e non al recinto anti-
terroristico, atto a prevenire gli attacchi terroristici – un derivato mortale della campagna d'odio verso
Israele.

In alcuni paesi Arabi e nella società Palestinese, la battaglia contro Israele è protagonista e la chiamata
alla distruzione d'Israele era il nocciolo dell'ethos sociale – culturale – politico. In alcune società Arabe,
ancora oggi vige la stessa condizione. La veemente retorica anti-israeliana ha avuto un effetto
paralizzante in tutta la regione sugli sforzi fatti per ottenere la pace. L'intensa copertura del punto di
vista Palestinese sugli eventi e l'istigazione da parte dei portavoce Palestinesi, hanno infiammato i
sentimenti anti-israeliani nei paesi Arabi, spingendo anche degli stati Arabi propensi alla pace di ridurre i
loro legami con Israele. L'istigazione Palestinese ha portato, a breve termine, alla violenza, mentre a
lungo termine porterà alla riduzione della possibilità che ci sia pace e riconciliazione tra Israele ed i suoi
vicini.

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Il parzialmente costruito recinto anti-terroristico è servito a ridurre il numero di


attacchi terroristici?

I dati rivelano una chiara correlazione tra la costruzione del recinto e un calo nel numero d'attacchi
terroristici provenienti da quelle zone dove il recinto è già stato completato.

Nelle prime fasi della costruzione, i dati statistici mostravano un calo del 30% nel numero d'attacchi
terroristici accaduti nel 2003, paragonandoli a quelli accaduti nel 2002. Allo stesso modo, v'è stata
anche una diminuzione del 50% nel numero delle persone morte per mano dei terroristi nel 2003,
comparato al 2002.

Durante i mesi di Aprile fino a Dicembre 2002, ci sono stati 17 attacchi suicida dentro Israele, eseguiti
da terroristi provenienti dalla parte Nord (Samaria) della sponda Occidentale del Giordano. Da quando,
invece, è partita la costruzione del recinto anti-terroristico, in tutto il 2003, solo 5 attacchi suicida erano
di provenienza della stessa zona. Nella zona dove non è ancora iniziata la costruzione del recinto anti-
terroristico, e cioè la zona Sud della Cisgiordania, la Giudea, non sì è potuto vedere alcun calo nel
numero di attacchi terroristici. Man mano che veniva costruito il recinto, vi è stata una quasi totale
riduzione nel numero di attacchi terroristici portati a termine, provenienti dalla Cisgiordania.

Si aspetta che una volta completata la costruzione del recinto anti-terroristico, vi sarà un forte calo nel
nnumero complessivo di attacchi terroristici contro centri Israeliani abitati.

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Il recinto anti-terroristico non è una manifestazione di Apartheid e di Razzismo?

Quasi tutte le affermazioni Palestinesi utilizzano il termine "Apartheid" in riferimento al recinto. Ma il


conflitto Israeliano- Palestinese non ha nulla a che fare con la situazione che esisteva nel Sud-Africa ed
il recinto anti-terroristico non ha nulla a che fare con la separazione raziale, ma con il bisogno di
prevenire il terrorismo.

L'Apartheid fu un sistema di segregazione razziale atto a preservare lo status quo e di opprimere i neri
Sud-Africani, ai quali furono negati i diritti. Mescolarsi tra i gruppi etnici fu severamente vietato.

La propaganda Palestinese ignora completamente il fatto che il conflitto tra gli Israeliani e i Palestinesi
non è un conflitto razziale ma è un conflitto nazionale – territoriale tra due distinti popoli. Il recinto non è
stato progettato per separare questi popoli secondo la propria razza o religione, ma ben si di separare i
responsabili del terrorismo dalle loro vittime. Il recinto permetterà sia agli Israeliani che ai Palestinesi di
vivere gli uni accanto agli altri in pace, liberi dal conflitto dovuto al terrorismo.

Israele è fondamentalmente interessata al contatto tra Israeliani e Palestinesi. L'unica ragione del
perché l'entrata di Palestinesi in Israele sia stata limitata sarebbero i loro attacchi terroristici contro
Israeliani, attacchi che aumentavano ogni qual volta che Israele cercava di allentare la pressione.

Malgrado il desiderio d'Israele di avere contatti pacifici con i propri vicini, i Palestinesi non hanno alcun
diritto legale di entrare nello stato d'Israele. Non sono cittadini Israeliani. Contemporaneamente, gli
Arabi-Israeliani (che consistono del 20% della popolazione Israeliana) sono cittadini ed hanno uguali
diritti sotto la Legge.

Il tentativo di descrivere la costruzione del recinto anti-terroristico da parte d'Israele come legato in
qualche maniera al "Apartheid" è ridicolo. Ciò che la propaganda Palestinese omette di proposito è che
l'unica ragione per la costruzione del recinto da parte di Israele sia il terrorismo Palestinese.

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Il recinto anti-terroristico non è un altro "Muro di Berlino"?

Il tentativo Palestinese di paragonare il recinto anti-terroristico Israeliano e il Muro di Berlino, che fu


eretto dal governo della Germania dell'Est, non è che una propaganda da quattro soldi che non fa i conti
con la Storia.

Il Muro di Berlino fu progettato dal regime Comunista della Germania dell'Est per affermare e rafforzare
la divisione della città, mantenendo i cittadini della Germania dell'Est, che cercavano solamente la
libertà e la possibilità di contattare i propri parenti nella Germania dell'Ovest, chiusi dentro. Il Muro di
Berlino fu cistruito nell'aalto della Guerra Fredda da un regime totalitario impegnato in una battaglia
contro la Democrazia attuata nelle parti Occidentali della città e nella Repubblica Federale della
Germania.

Israele, in totale contrasto, sta costruendo il recinto anti-terroristico per un'unica ragione: tenere i
terroristi Palestinesi, che vogliono uccidere e ferire i cittadini Israeliani, fuori. Israele, una società`
democratica, sta costruendo il recinto per proteggere i propri cittadini da un attacco mortale e non dai
contatti pacifici che hanno con l'altra parte. È il terrorismo Palestinese, supportato da un regime
autoritario e dalle più pericolose organizzazioni terroristiche e stati che sponsorizzano terrorismo, che
sono la minaccia e gli istigatori del conflitto. Il terrorismo ha obbligato Israele di attuare delle misure
difensive come quella di costruire un recinto anti-terroristico.

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Il recinto anti-terroristico non sta creando dei "Ghetto"?

Riferendosi alla costruzione del recinto anti-terroristico utilizzando il termine "Ghetto", la propaganda
Palestinese sta cinicamente manipolando la Storia e la realtà. Le misure anti- terroristiche, come quella
del recinto, non ha nulla a che fare con i "Ghetto".

Abusando di questo termine, i Palestinesi hanno scelto di manipolare una parola legata ai periodi più bui
e più scuri della Storia Ebraica, in particolare l'Olocausto. In questo modo, i Palestinesi stanno cercando
altri mezzi per macchiare, ancora una volta, il nome d'Israele. Questo è un esempio classico del nuovo
antisemitismo, che fa uso di una sfrontata menzogna per riscrivere e falsificare la Storia e trasformare la
vittima in oppressore. Gli Ebrei furono costretti a richiudersi nei Ghetto affinché li si potesse opprimere e
discriminare, isolare ed infine, durante l'Olocausto, uccidere. Israele non sta costringendo i Palestinesi a
vivere dove vivono, ma è costretta a costruire un recinto di sicurezza per tenere i terroristi Palestinesi
via dalle comunità Israeliane.

Israele non sta cercando i isolare i Palestinesi. Israele non vorrebbe altro che vedere fiorire relazioni e
cooperazioni con i suoi vicini Palestinesi ed il mondo Arabo. Tuttavia, no si può dire lo stesso
dell'approccio dei Palestinesi e del mondo Arabo verso Israele.

I Palestinesi e gli stati Arabi hanno sistematicamente provato per molti anni di isolare Israele con ogni
mezzo possibile immaginabile, creando di fatti un "muro" attorno all'Israele per poterla, eventualmente,
distruggere. Hanno provato a fare questo attraverso boicottaggi economici ed assalti diplomatici
nell'arena internazionale. Hanno agito per fermare Israele dal partecipare in eventi culturali e sportivi.
Hanno fermato Israele dal partecipare ad eventi in Medio Oriente ed in Asia. Hanno fatto uso di diatribe
antisemite contro Israele, dello stesso tipo di quelle usate contro il popolo Ebraico in quei momenti della
Storia, quando gli ebrei erano costretti a rinchiudersi nei Ghetto. Se c'è qualcuno che stia cercando di
costruire i Ghetto, sono i Palestinesi e il mondo Arabo che stanno cercando di fare ciò contro Israele.

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Distruzione di case Israeliane Ganei Tal nella Striscia di Gaza (Portavoce FDI)
Il Distacco da Gaza

• Perché Israele si distaccò dalla Striscia di Gaza e dal Samaria Settentrionale?


• Qual era il costo umano per Israele del distacco da Gaza e dalla Samaria Settentrionale?
• Qual è la situazione post-distacco a Gaza?
• Quali pericoli hanno dovuto affrontare i cittadini Israeliani dopo il ritiro?

Perché Israele si distaccò dalla Striscia di Gaza e dal Samaria Settentrionale?

Nell'Agosto 2005, Israele si distaccò dalla Striscia di Gaza e dal Samaria Settentrionale (la parte Nord
della Cisgiordania), mettendoci fine alla presenza civile e militare lunga 38 anni. Israele sperava che
questa mossa avrebbe portato ad una realtà più stabile e meno violenta con i propri vicini e,
successivamente, ad un accordo di pace complessivo nel Medio Oriente. Israele considerò
quest'obiettivo talmente importante da essere disposta ad assumersi grandi rischi, a concedere di più e
addirittura disposta a creare un trauma sul piano nazionale a questo scopo.

Il ritiro doveva essere solo la prima fase di quel che sarebbe potuto sfociare nella nuova era del
progresso verso la pace, visto che il fuoco si era spostato dalla presenza Israeliana a ciò che i
Palestinesi erano pronti e capaci di fare con il territorio appena passato sotto il loro pieno controllo.

Ambedue le parti condividevano l'interesse di mettere fine alla violenza, migliorare la sicurezza ed il
benessere del proprio popolo e di vivere pacificamente in due stati democratici. Israele era convinta
che, una volta che i Palestinesi si sarebbero confrontati con una nuova realtà a Gaza, la logica di
cooperazione sarebbe risultata chiara ai loro leader.

Sfortunatamente, i Palestinesi hanno, ancora una volta, scelto il tragitto della violenza. Anziché
utilizzare la Striscia di Gaza come punto di partenza per il loro scopo di uno stato indipendente, l'hanno
usata come il punto di partenza per gli attacchi terroristici e in particolare per lanciare dei missili Kasam
sulla città Israeliana di Sderot.
Ritorna al distacco

Qual era il costo umano per Israele del distacco da Gaza e dalla Samaria
Settentrionale?

Raggiungere una decisione di attuare il distacco, anche se si trattava di un passo incredibilmente


supportato dall'opinione pubblica, necessitava trovare delle risposte ad alcune domande di estrema
difficoltà. Può Israele lasciare Gaza senza per questo lanciare un segnale d'apparente vittoria al
terrorismo? Il paese era pronto a sradicare dei cittadini che vivevano in quella zona già da decenni?
Dislocare vuol dire dare via un bene da negoziazione in cambio di nulla? Benché le questioni molto
emotive messe in campo, il dibattito pubblico era maggiormente pacifico, anche quando si trattava di
dimostrazioni con migliaia d'Israeliani da ambedue i lati della questione.

L'iniziativa prorompente del distacco era una manifestazione di fiducia nel possibile raggiungimento
della pace. Sulla base dell'attesa reciprocità da parte dei Palestinesi, avrebbe potuto segnare un passo
avanti verso l'obiettivo.

Il distacco dalla Striscia di Gaza e dalla Samaria Settentrionale (Nord della Cisgiordania) ha dimostrato
chiaramente che dietro le parole, Israele agisce con i fatti ed è pronta a pagare un grosso prezzo per la
pace.

È scopo fondamentale della tradizione Ebraica ed una dichiarata politica dello stato d'Israele
raggiungere la pace. Israele ha cercato a lungo di raggiungere la pace con i propri vicini ed in
particolare con i Palestinesi. Fare la pace è una sfida, poiché si tratta di un processo che, se va tutto
bene, non finisce appena dopo la cessazione delle ostilità tra gli ex nemici, ma da inizio ad una nuova
relazione di convivenza. L'obiettivo finale d'Israele è di istituire delle buone relazioni con il vicino stato
Palestinese.

Mentre sullo sfondo c'erano più di quattro anni di spargimento di sangue, Israele diede inizio al progetto
di distacco dalla Striscia di Gaza e la Samaria Settentrionale, sia per poter rafforzare la propria
sicurezza, sia per riavviare il processo di pace con i Palestinesi. Affinché questo progetto avesse la
possibilità di riuscire, esso richiedeva un considerevole sacrificio da parte dei 1700 coloni e le loro
famiglie, e in altre parole più di 8000 persone che hanno dovuto lasciare le loro case ed il modo di
vivere che avevano costruito per anni.

Sono proprio questi coloni che, nell'immediato, stanno pagando il prezzo maggiore della pace. Sono
loro che sono stati incoraggiati dai precedenti governi di insediarsi sulle nude colline e di trasformarle in
case, in giardini, in fattorie, con lo stesso spirito pionieristico che costruì lo stato d'Israele. Ma poi è stato
chiesto loro di rinunciare a tutto ciò che avevano costruito a favore del bene maggiore.

Molti di questi pionieri sono arrivati alla Striscia di Gaza, per esempio, da giovani coppie, trovandosi a
dover lasciare le loro case assieme ai propri figli e nipoti, per i quali Gaza era l'unica casa che
conoscevano. Le comunità che loro avevano coltivato si sono sciolte, e la perdita sul piano personale ed
il costo nella sfera nazionale sono stati alti.

La rimozione delle comunità Ebraiche dalla Striscia di Gaza e dalla Samaria Settentrionale aveva come
risultato:

• la chiusura di 42 centri diurni, 36 asili nido, sette scuole elementari e tre scuole medie
superiori;
• 5000 bambini hanno dovuto trovare nuove scuole;
• La chiusura di 38 sinagoghe;
• 166 agricoltori Israeliano hanno perso il loro sostentamento, ma anche circa 5000 Palestinesi,
loro lavoratoti.
• 48 tombe del cimitero di Gush Katif, compreso quelle di sei residenti uccisi da terroristi, sono
state spostate in Israele ed i corpi riesumati.
Il costo del distacco per Israele era di bilioni di Dollari. IL solo costo del trasferimento delle famiglie era
stimato ai tempi del distacco attorno al bilione di Dollari. Inoltre, le FDI hanno dovuto spendere centinaia
di milioni per spostare le basi militari e le attrezzature dalla Striscia di Gaza.

Nonostante tutti gli sforzi fatti, molte famiglie evacuate da Gaza non hanno ancora trovato una casa
permanente.

Ritorna al distacco

Qual è la situazione post-distacco a Gaza?

Quattro questioni importanti dovevano essere affrontate inseguito al distacco: la Diplomazia, la


Sicurezza, lo sviluppo economico e l'assistenza internazionale.

Nel processo diplomatico: un elemento chiave della Mappa delle Vie per la pace era l'impegno
Palestinese di mettere fine al terrorismo, compreso lo smantellamento delle infrastrutture e la
cessazione dell'istigazione che incoraggi la violenza. Assumendosi la piena responsabilità della Striscia
di Gaza, l'Autorità nazionale palestinese aveva la possibilità di dimostrare la propria abilità di governare
e di mantenere gli impegni assunti. Se avesse fatto questo, si sarebbe potuto ottenere un rapido
progresso ed un futuro brillante per tutti i popoli della zona.

Riguardo la Sicurezza: se i Palestinesi avessero mantenuto i loro impegni seguendo il progetto della
Mappa delle Vie di fermare gli attacchi terroristici su Israele, la pace avrebbe potuto trionfare.

Per ciò che riguarda lo sviluppo economico: Israele riconosce che è il suo ruolo mostrare ai Palestinesi
che vivrebbero meglio in condizioni di pace di quanto lo sono sotto la continua violenza. Per questa
ragione, Israele ha fatto ogni sforzo per facilitare l'aiuto, la cooperazione economica e il libero fluire di
merci, servizi e lavoro.

Infine, anche la comunità internazionale aveva un ruolo da svolgere nel dare il proprio aiuto, essenziale
per assicurare il successo del distacco, attraverso il rafforzamento delle forze moderate in campo e
l'indebolimento delle forze estreme. Israele ha anche sperato che i paesi adiacenti della regione
avrebbero colto l'opportunità per costruire cosi una regione di pace, stabilità e cooperazione.
Raggiungere una pace inclusiva tra Israele e il mondo Arabo è un obiettivo non meno importante della
pace da raggiungere tra gli Israeliani e i Palestinesi.

Israele ha sperato che i Palestinesi avrebbero colto l'incredibile opportunità presentata dal distacco per
intraprendere il tragitto verso la pace, ma queste speranze sono svanite velocemente. Anziché costruire
le fondamenta per una società pacifica, i Palestinesi hanno permesso che Gaza scivolasse verso
l'Anarchia. Missili Kasam continuavano a volare verso Israele; armi, munizioni ed armamenti di
contrabbando sono stati importati nella Striscia di Gaza in enormi quantità; attività terroristiche di ogni
genere avevano la libertà d'azione; e Hamas, un'organizzazione terroristica che si dedica alla
distruzione d'Israele è stato eletto per condurre il governo Palestinese.

Queste attività hanno avuto il loro picco il 25 Giugno 2006, attraverso il non provocato attacco su terra
Israeliana, nel quale sono morti 2 soldati del FDI e un terzo, caporale Gilead Shalit, è stato rapito.
Questa azione ha avuto un seguito nella violenta conquista della Striscia di Gaza da parte di Hamas.

Anche se la maggior parte dei missili lanciati contro i civili Israeliani non hanno, fortunatamente, causato
la morte o gravi danni alle proprietà, nessun altro paese nel mondo avrebbe tollerato per sempre degli
attacchi del genere sulla popolazione civile.

Il fatto che i missili Kasam fossero imprecisi, ha fatto sì che i media internazionali hanno smesso di
rapportarli e, di conseguenza, hanno avuto poco impatto sull'opinione pubblica. Di conseguenza,
l'argomento è stato trattato con poca serietà da parte di coloro che prendono le decisioni sul piano
globale. Proprio per questa ragione, quando Israele è costretta a rispondere, è facile che trovi accusata
di "aggressività" o di usare "forze sproporzionate" per fare fronte ad una minaccia di cui pochi si sentono
parlare.
Quando Israele lasciò la Striscia di Gaza nel 2005, l'ha fatto senza intenzione di ritornarvi.
Sfortunatamente, i Palestinesi hanno continuato ad utilizzare la Striscia di Gaza per lanciare degli
attacchi contro Israele.

Ritorna al distacco

Quali pericoli hanno dovuto affrontare i cittadini Israeliani dopo il ritiro?

Dal ritiro Israeliano dalla Striscia di Gaza nell'Estate del 2005, le organizzazioni terroristiche Palestinesi
hanno incrementato gli attacchi missilistici sulle comunità Israeliane nella parte Ovest del Negev. Inoltre,
i terroristi hanno migliorato il contrabbando di armi attraverso dei tunnel nella parte Sud della Striscia di
Gaza, importandovi decine di tonnellate di esplosivi. Questa attività di contrabbando si è solo
intensificata da quando Hamas ha assunto violentemente il controllo sulla Striscia di Gaza nel Giugno
2007.

Tra il distacco Israeliano da Gaza nell'Agosto 2005 alla conferenza di Annapolis nel Novembre 2007, più
di 1800 missili Kasam hanno colpito Israele dalla Striscia di Gaza. Questi missili comprendono armi
migliorati a lunga portata che potrebbero raggiungere la città porto d'Ashkelon, a più di 13 chilometri dal
confine di Gaza. Il lancio di questi missili mortali è aumentato notevolmente da quando Hamas ha preso
il controllo di Gaza nel Giugno 2007, tempo che, a partire dal quale e fino ad Annapolis, ha visto
lanciare più di 300 Kasam e circa 500 mortai.

Dopo il ritiro Israeliano dalla Striscia di Gaza nell'Estate del 2005, i gruppi terroristici Palestinesi hanno
continuato i loro tentativi di eseguire attacchi di gran portata contro i centri urbani Israeliani. Una delle
tattiche utilizzate è quella di abusare dell'umanitarismo Israeliano con l;infiltrazione di terroristi che
facciano finta di essere dei Palestinesi che entrano in Israele per ottenere supporto medico. Un'altra
tattica usata è l'abuso del pacifico confine tra Israele e l'Egitto nel Sinai per far infiltrare terroristi da
Gaza nel territorio Israeliano per eseguire degli attacchi suicida.

i tattica del utilizzare i civili Palestinesi come degli scudi umani lanciando i missili dai centri densamente
abitati, i terroristi Palestinesi stanno ora mobilizzando intensamente dei civili per proteggersi dalle
operazioni antiterroristiche Israeliane.

Un evento del genere accadde il 18 Novembre 2006, dopo che il FDI aveva avvisato ai cittadini di Beit
Lahiya che un colpo antiterroristico sarebbe avvenuto contro la casa di Muhammad Baroud,
comandante Delle operazioni Kasam nel PRC. Il FDI ha rilasciato l'avvertenza per evitare delle perdite
di civili durante l'attacco. Baroud ha velocemente richiamato a sé centinaia di Palestinesi, compreso
donne e bambini, e li ha fatto circondare l'edificio. L'operazione del FDI doveva essere cancellata, visto
la prossimità dei civili, dimostrando con forza che i Palestinesi sappiano bene che gli Israeliano
valorizzino la loro vita più di quanto lo fanno i terroristi Palestinesi.

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