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Turchia, lAkp di Erdogan dal pluralismo
allunanimismo autoritario
Arrivato al potere in Turchia nei primi anni Duemila come forza politica ostile
al nazionalismo autoritario kemalista e incline a difendere la libert
despressione e i diritti delle minoranze, lAkp si trasformato nel corso del
tempo in partito della stabilit e della nazione. Lo si visto bene nei mesi che
hanno preceduto le elezioni di novembre, segnati da un totale abbandono
delloriginaria retorica pluralista in favore di un unanimismo nazionalista che
respinge ogni alterit come fattore di disturbo e di pericolo.
di Lea Nocera
La Turchia non smette di avere gli occhi puntati addosso. uno sguardo
interrogativo, esplorativo, in cui si confonde un misto di paure e pregiudizi,
angosce e remote speranze. In un perenne gioco di distanze elastiche, agli
occhi dellEuropa la Turchia appare, come sempre, un paese vicino e lontano.
Passa da essere un affidabile interlocutore politico ed economico e qui la
distanza si riduce al minimo a un paese musulmano, attraversato da gravi
tensioni interne, e proteso in quel Medio Oriente dilaniato dai conflitti, che i
cittadini europei respingono nel loro immaginario in un territorio ben
lontano, nel tentativo ultimo di salvaguardare la propria tranquilla
ordinariet.
Negli ultimi mesi, lurgenza degli eventi non ha fatto che intensificare questa
costante, e contrastante, percezione della Turchia: con la crisi dei rifugiati e,
pi in generale, dei migranti, che altro non che una crisi delle frontiere
europee, il dialogo europeo, la cooperazione tra Ue e governo turco ha preso
nuovo slancio; allo stesso tempo, dopo gli attentati di Parigi e le misure
antiterrorismo prese in Francia e negli altri paesi europei, la paura della
guerra che arriva in casa e il rigurgito razzista e xenofobo contro lislam e i
musulmani in generale non molto diverso da quello che segu gli attentati
dell11 settembre la Turchia non potrebbe essere pi lontana dallEuropa,
per la sua popolazione musulmana, per i trascorsi ambigui con lIs, per il
confine che brucia.
Sono trascorsi giusto tredici anni da quando Recep Tayyip Erdoan salito al
potere. Quando il partito da lui fondato, insieme a Abdullah Gl, presidente
della Repubblica tra il 2007 e il 2014, vinceva le elezioni nel novembre 2002,
lEuropa fu attraversata da un brivido per il timore che fosse il segnale di una
radicalizzazione in senso religioso del paese. Bastarono pochi anni perch
invece la Turchia venisse considerata un modello per la regione, affermandosi
come sintesi riuscita tra democrazia e islam. Senza dubbio, i primi anni
Duemila sono stati decisivi per il rilancio del paese sullo scenario
internazionale. Forte di una ripresa economica, che di l a poco sar
ineguagliabile, e di una relativa distensione nel paese che segue a una serie di
riforme politiche e giuridiche, il governo dellAkp getta in quegli anni le basi di

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un successo che nel corso di oltre dieci anni sar per sempre pi criticato e
messo in discussione.
Negli affari esteri, la tanto declamata politica di zero problemi con i vicini,
che appariva come la carta vincente della nuova linea turca nelle relazioni
internazionali, ha dovuto fare i conti con una situazione divenuta via via
critica su pi fronti. La Siria, primo tra tutti. Allo stesso tempo lincapacit di
mantenere la neutralit che doveva essere alla base di quellapproccio, come
nel caso degli sviluppi in Egitto, ha mutato per un periodo la condizione del
paese in una preziosa solitudine, come laveva astutamente definita un paio
di anni fa il consigliere capo per gli Affari esteri di Erdoan. Eppure in questi
anni, grazie a una strategia di penetrazione economica sostenuta da un
insieme di strumenti utili ai fini di esercitare unegemonia culturale e politica,
la Turchia riuscita nel frattempo ad accrescere la propria influenza e a
veicolare unidea di s attraente.
Le politiche culturali, luso dei media e, in particolare, dei canali satellitari,
quindi le soap opera, ma anche le organizzazioni umanitarie e gli aiuti allo
sviluppo, le scuole e le associazioni religiose hanno contribuito a rafforzare
unimmagine solida e strutturata del paese fuori dai confini nazionali, nei
Balcani, nella regione del Caucaso e in molti paesi arabi. Si parlato molto di
neo-ottomanismo: luso politico di una riscoperta del passato imperiale per
promuovere una visione odierna di supremazia. Il termine non mai stato
rivendicato dai dirigenti del partito al governo, ma evidente come oggi si stia
riscrivendo una narrativa di quella storia con la quale Mustafa Kemal, in
nome della modernizzazione, aveva stabilito una cesura netta.
Una riscrittura che avviene soprattutto per colpi ad effetto ed anche
letteralmente scenografici, come quando nella recente visita della cancelliera
Angela Merkel in Turchia, il presidente della Repubblica Erdoan lha invitata
a sedersi al suo fianco su un trono dorato in stile imperiale. Oppure quando,
in occasione dellincontro con il presidente palestinese Mahmud Abbas nella
gigantesca residenza presidenziale di Ankara, la loro stretta di mano
avvenuta sotto lo sguardo di una schiera di sedici guerrieri in costume, a
rappresentare gli imperi turchi precedenti la conquista dellAnatolia. Di questi
eventi piuttosto scenografici arrivano eco anche da noi in Italia, dove di
frequente viene ripreso il termine sultano un po per criticare le derive
autoritarie della politica di Erdoan, un po perch accattivante nella
costruzione mediatica di una differenza e di una lontananza e probabilmente,
nellinsistere sul carattere ridicolo, anche di una nostra supposta superiorit.
Il ricorso alla storia, ai simboli del passato, per quanto talvolta caricato di toni
nostalgici, appare per parte di una politica molto pi complessa e articolata,
che sta definendo il quadro ideologico di un nazionalismo turco riformulato.
Perch alla riscoperta dellimpero ottomano si accompagna anche una
riappropriazione dei simboli e dei motivi repubblicani. Cos, se funzionale alla
propaganda del partito Akp nella recente campagna elettorale stata la
cerimonia in pompa magna organizzata dal governo per lanniversario della
presa di Costantinopoli (la conquista di Istanbul in turco), alla quale in
relazione ai propri ruoli istituzionali hanno partecipato i maggiori esponenti
del partito, strumentale apparsa anche la scelta di organizzare, alla vigilia
dellanniversario della cosiddetta guerra dindipendenza, un importante
comizio elettorale proprio a Samsun, citt in cui Mustafa Kemal sbarc nel
1919 per dare inizio a quella stessa guerra dindipendenza, costitutiva del mito
fondatore della repubblica.
La rivalutazione del passato ottomano non si propone quindi in alternativa
alla storia nazionale repubblicana, ma appare pi che altro motivo di una

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grandeur da affermare sia nei confronti degli altri paesi nella regione, sia nei
confronti dellEuropa. Per questo motivo la contrapposizione spicciola tra laici
o kemalisti da una parte e islamisti dallaltro, a cui si ricorre spesso in Italia
per spiegare gli sviluppi politici del paese o manifestazioni di protesta appare
riduttiva e semplicistica. Alcuni analisti critici nei confronti dellAkp e di
Erdoan, come Mustafa Akyol, sottolineano anzi come di fatto lattitudine del
governo non si discosti molto dallautoritarismo di Atatrk. Lanalogia
favorita da una forte personalizzazione della politica, ancora molto
accentuata, che vede nella figura di Erdoan luomo forte che deve portare a
termine una missione nazionale, attraverso una trasformazione di costumi e
modi e una ridefinizione della storia e della lingua del paese (in tal senso
interessante la proposta di introdurre lottomano nelle scuole).
Non un caso che, al di l delle singole campagne elettorali, il progetto
politico complessivo dellAkp ruoti attorno a Obiettivo 2023: una lunga
serie di risultati ambiziosi in diversi campi economia, esteri, energia,
trasporti, occupazione, sanit, turismo solo per citarne alcuni che il governo
vorrebbe ottenere entro il centenario della repubblica. Un programma di
lungo periodo lanciato per le politiche del 2011 che non solo gi allora
esplicitava lintenzione del partito di governare il paese ben oltre il periodo di
una legislatura, ma che ancora oggi mostra la sua visione di trasformazione
generale del paese. La cosiddetta Nuova Turchia, per la quale gi pronto
un inno, che dovrebbe sorgere proprio al compimento dei cento anni della
repubblica, nel 2023 appunto.
In realt negli ultimi anni questo progetto a vasto raggio ha incontrato non
pochi ostacoli. Le proteste sindacali, le manifestazioni di piazza, le critiche che
giungono dagli ambienti intellettuali sono solo alcuni dei segnali. Dal punto di
vista politico il partito Akp ha anche registrato un calo di voti, sebbene in
parte recuperato allultima tornata elettorale. Le critiche si muovono contro
un modello che sembra sintetizzare uno sfrenato neoliberismo e una deriva
autoritaria. Le accuse contro il governo di reprimere la libert di stampa e di
espressione, di aggravare le disparit sociali, di frammentare la societ turca
accentuando e radicalizzando le differenze sono oramai allordine del giorno.
Nel momento in cui il consenso nel paese si rivelato molto meno unanime di
quanto propagandato, si cominciato a insistere sulla nazione. La retorica
dellunit nazionale, che deve essere compatta e forte, contro il terrorismo e
gli attacchi esterni, quindi entrata a far parte pienamente del discorso
politico dellAkp, dopo essere stata da sempre lasse portante del nazionalismo
kemalista, il motivo del ruolo forte dei militari, la ragione per contenere ogni
spinta di autonomia e rivendicazione da parte delle minoranze.
Ci accaduto in particolare a partire dal 2013, da quando il partito ha
attraversato momenti critici, sia per le proteste di Gezi, sia per lo scandalo di
corruzione, che oltre a costringere il governo a un rimpasto ha soprattutto
minato la credibilit dei suoi dirigenti e ha scomposto equilibri e alleanze
politiche. In un capovolgimento delle parti, ogni critica al governo si
trasformata in un tentativo di screditare il paese, di rallentare la crescita, di
frenare lo sviluppo e il successo. Dietro ogni voce dopposizione di fatto
pareva celarsi un cospiratore. Il nemico interno non era quindi uno solo ma ha
avuto, a seconda delle situazioni, il volto della sinistra e degli attivisti di Gezi,
dei seguaci del movimento islamista di Fethullah Glen, dei curdi.
Di fronte alle supposte minacce contro la nazione lAkp si sempre proposto
come unico rappresentante possibile dellinsieme del paese. Molto
significativo in tal senso stato uno spot preparato per la campagna elettorale
delle amministrative del 2014, poi vietato dalla Commissione nazionale dei

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servizi elettorali turchi (Ysk) per uso improprio a fini politici della bandiera
turca. Il video, della durata di tre minuti, era un breve filmato con riprese
aeree ed effetti speciali, in cui la voce fuori campo di Erdoan, riprendendo
passi dellinno repubblicano, chiamava la popolazione a una missione
nazionale: tenere alta la bandiera, che un non meglio identificato uomo vestito
di nero con i guanti di pelle, cercava di far ammainare rompendo un grosso
ingranaggio posto alla base dellasta gigantesca che la sorreggeva. Alla fine
lenorme drappo rosso con la mezzaluna e la stella sarebbe tornata a
sventolare con lappoggio di tutti, persone di tutte le et e appartenenza
sociale. La nazione non si piegher, la Turchia non sar sconfitta era lo
slogan di quello spot. In modo non molto diverso, per le ultime elezioni,
Erdoan e Davutolu sono tornati ad affermare: Una sola nazione, una sola
bandiera, una sola patria, un solo Stato, contro presunte accuse di
separatismo.
possibile affermare che in concomitanza con lascesa politica del partito
Hdp, una formazione che ha tanto una matrice originaria quanto una grossa
base curda ma che ingloba anche istanze della sinistra progressista, il partito
dellAkp ha cominciato a porre sempre pi laccento sullintegrit territoriale.
Certo si capisce come questo tema sia ritornato in auge con la minaccia dellIs
alle porte e la guerriglia curda che, dopo alcuni successi al confine, come a
Kobn, e gli attacchi dellesercito, tornata a combattere anche nel paese.
Il nazionalismo dellAkp, che sfodera tutto il repertorio classico del tema, in
contrasto con limmagine che il partito si costruito nel corso dei suoi primi
anni e alla quale deve anche parte del suo iniziale successo. Quando vinse le
sue prime elezioni politiche, il partito puntava molto sul riconoscimento dei
diritti individuali e delle minoranze, della libert di espressione; proponeva
limportanza di uno Stato di diritto e di una democrazia effettiva in
contrapposizione a un regime democratico sotto perenne tutela dellesercito.
Aveva trasformato in realt in programma politico unesperienza difficile di
marginalizzazione ed esclusione dallarena politica. Due partiti che possono
essere considerati gli antesignani dellAkp, il Partito del benessere (Refah
Partisi) e il Partito della virt (Fazilet Partisi) erano stati messi al bando dalla
Corte costituzionale in nome della laicit dello Stato. Lo stesso Recep Tayyip
Erdoan, che era stato gi sindaco di Istanbul nel 1994, aveva trascorso un
periodo in carcere e non aveva potuto ricoprire da subito la carica di primo
ministro perch interdetto dagli incarichi politici. La sua e quella del partito
era quindi la rivendicazione di una partecipazione politica che non di rado ha
assunto i toni di una rivalsa, in particolare nei confronti dellesercito, il cui
ruolo politico veniva progressivamente ridimensionato e in parte
neutralizzato. Nei primi tempi in realt lAkp intercettava un malcontento
generale, una stanchezza nella popolazione desiderosa di cambiamento, dal
punto di vista economico ma anche sociale, politico. Per quanto molti siano
scettici, la vittoria di questo partito sembra comunque introdurre un elemento
di discontinuit e aprire una possibilit di dibattito parlamentare.
Effettivamente, nei primi tempi la questione delle libert individuali appare
essere una priorit del governo. Le riforme stimolate dal processo di
adeguamento richiesto dai parametri europei non fanno che accentuare un
cambiamento nel paese. Nei primi anni Duemila si prova nel paese lebbrezza
di una ventata di nuovo: le femministe ottengono la riforma del codice penale,
viene abolita la pena di morte, si aprono i negoziati di adesione allUe, il Pkk
dichiara il cessate-il-fuoco, riconosciuta lesistenza di una questione curda.
La ripresa economica di questo periodo non fa che favorire il quadro generale.
Molti sono i cambiamenti, ma proprio latteggiamento nei confronti dei curdi
la cosiddetta apertura democratica si rivela di portata storica. Infatti,
nonostante la legge antiterrorismo del 2006 e una serie di misure successive
sembrano continuare ad avere di mira i media e le organizzazioni politiche

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curde, in questo periodo il discorso su un eventuale processo di pace entra a


far parte del linguaggio politico. Molto peso viene dato dallAkp in questi anni
al pluralismo, si parla di multiculturalismo e, anche se avviene in modo
retorico e spesso a ridosso degli appuntamenti alle urne, anche per accogliere
e fare proprie delle richieste della societ civile, ci contribuisce a un
mutamento delle categorie del lessico politico.
In tutti questi anni anche la sinistra, una compagine molto eterogena di
gruppi e individui che non si riconoscono, per niente o solo in parte,
nellopposizione kemalista, perch tradizionale e quindi refrattaria al
cambiamento, affina i propri discorsi politici, elabora nuove alleanze
trasversali e intergenerazionali. Quando scoppiano le proteste di Gezi, alla
fine di maggio del 2013, ci si manifesta in modo chiaro. In quelloccasione,
che si distingue come uno spartiacque nella storia turca, una serie di gruppi si
compatta nellopposizione e la critica al governo di Erdoan e dellAkp. Per la
prima volta le rivendicazioni di singole organizzazioni, associazioni
confluiscono in un unico discorso. In molti capiscono che bisognava superare
le frammentazioni e le battaglie specifiche per convogliare tutti gli sforzi in
una sola opposizione e in un progetto condiviso per laffermazione delle
libert di tutti. Anche la questione curda comincia cos a essere considerata
una questione collettiva, che non riguarda pi soltanto i diritti di una parte
della popolazione, ma il riconoscimento di una societ plurale, aperta.
Il partito Hdp lunica formazione che riesce in qualche modo a tradurre sul
piano della politica gli sviluppi di Gezi, anche se a livello generale tutta la
societ turca resta da allora pi politicizzata e pi sensibile rispetto
allattualit e a questioni sociali. LHdp fa proprio il lessico politico che si
rielaborato molto in quei giorni di protesta, lascia intravedere a molte persone
la possibilit politica di una terza via, oltre il kemalismo e il conservatorismo
religioso. Proprio per la sua capacit di allargare la base dellelettorato oltre ai
curdi, lHdp riesce in unimpresa che anche una sfida politica: il
superamento dello sbarramento elettorale del 10 per cento. Le elezioni di
giugno si concludono con un esito sorprendente: lAkp registra un calo netto,
lHdp entra con ben ottanta deputati e, soprattutto, necessario formare un
governo di coalizione. Il grande successo dellHdp viene festeggiato dalla
sinistra, da sempre molto fiduciosa nel sistema parlamentare. il successo di
una campagna elettorale costruita dal basso, che si basata tutta sui concetti
di pluralismo, di pace, di partecipazione e in cui lalleanza trasversale tra la
sinistra e i curdi si dimostra forte e virtuosa.
Ai tentativi da parte del presidente della Repubblica Erdoan e dellAkp di
screditare il partito denunciando connessioni con la guerriglia armata e
accusandolo di voler disseminare il terrore nel paese, lHdp, che ha non a caso
due leader, un uomo e una donna, reagisce con scaltrezza, pacatezza e
rinviando a unimmagine allegra e compatta, di grande solidariet. Persino
quando due giorni prima del voto un comizio del partito a Diyarbakr viene
attaccato con unesplosione e molti restano feriti, continua a rivendicare la
pace come progetto e strategia politica. LAkp perde molto con queste elezioni.
Innanzitutto, la possibilit di introdurre il regime presidenziale, primo
obiettivo della politica di Erdoan. E poi un freno per le riforme e una disfatta
in quello che era ed descritto come un percorso inesorabile di trionfi e
successi.
La coalizione non si riesce a formare. La popolazione richiamata al voto a
novembre. I mesi che intercorrono, per, sono lunghi e durissimi, e andranno
ad aggiungere nuove date alla lista nera degli eventi tragici e cupi che
costellano la storia repubblicana. Due attentati sconvolgono il paese. Il primo
avviene il 20 luglio a Suru, vicino al confine siriano e colpisce un gruppo di

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giovani socialisti diretti a Kobn per portare aiuti e materiali utili alla
ricostruzione della citt. Muoiono trentaquattro persone per un kamikaze che
si fa esplodere tra i ragazzi; lattentato rivendicato dallIsis. Quella sinistra
allegra e combattiva che meno di un mese prima aveva festeggiato il risultato
elettorale resta atterrita. Le accuse sono dirette al Palazzo, a Erdoan. Molti
denunciano le ambiguit del governo nei confronti dellIs, su cui del resto
molti giornalisti turchi si sono interrogati, subendo in seguito attacchi diretti e
minacce. Dopo qualche giorno per la Turchia stringe un accordo con gli Stati
Uniti e concede la base aerea di Incirlik, entrando a far parte a pieno titolo
nella coalizione anti-Is. Le operazioni militari dellaviazione turca si
concentrano soprattutto per contro le basi del Pkk, anche nel Nord Iraq. In
poco tempo si inasprisce lo scontro tra lo Stato turco e i guerriglieri curdi,
viene messo il coprifuoco in alcune citt del Sud-Est, la situazione si aggrava
di giorno in giorno.
In questo contesto viene organizzata una grossa manifestazione per la pace,
nella capitale Ankara. Qui, il 10 ottobre, avviene un attentato gravissimo che
lascia il paese sconvolto. Due kamikaze si fanno esplodere a distanza di pochi
minuti nei pressi della stazione centrale, punto di partenza della
manifestazione. Oltre cento i morti, centinaia i feriti. Anche in questo caso si
parla di membri turchi dellIs anche se lorganizzazione non rivendica
loperazione. la prima volta che un attentato avviene nel cuore del paese, nel
centro politico-amministrativo, e colpisce persone accomunate
dallappartenenza a questarea ampia ed eterogenea della sinistra turca che si
andata formando negli ultimissimi anni.
Il clima che precede le elezioni di novembre diventa tesissimo. La minaccia
dellIs a pochi chilometri dal confine, dopo gli attentati nel paese, trasforma la
campagna elettorale dellAkp in una campagna contro il terrorismo. Con la
situazione che si aggrava nel Sud-Est, dove il coprifuoco blocca cittadine per
settimane, per il governo il terrore per anche quello del Pkk. La strategia
contro il terrore legittima attacchi contro linformazione e nei primi mesi
autunnali si segnalano aggressioni a giornalisti, arresti, perquisizioni in
diverse sedi televisive.
Il voto di novembre, mentre molti ancora fanno pronostici su quale coalizione
sia possibile, consegna di nuovo la maggioranza allAkp. Un successo che si
spiega con la promessa del partito di stabilit. LHdp perde voti, rischia di non
superare la soglia, ma alla fine porta 59 deputati in parlamento, che
comunque un buon risultato. Se non fosse che a leggere bene lo scrutinio
emergono alcuni dati. Intanto chiaro come lHdp, rimasto intrappolato nella
questione curda, abbia relativamente perso quel carattere innovativo che era
stato capace di costruirsi ed tornato a rappresentare principalmente la
popolazione curda. Sullaltro fronte lAkp ha ottenuto una vittoria
promettendo stabilit e pugno duro, ribaltando completamente il discorso del
pluralismo. La fratellanza promossa a tambur battente dagli esponenti
dellAkp, in realt, legata a una nazione coesa e omogenea dove gli elementi
di alterit e differenza sono percepiti come fattori di disturbo, soggetti
pericolosi, promotori di instabilit, incertezza, pericolo. Ecco, quindi, che
dopo anni e cambiamenti la questione curda non solo continua a essere uno
dei temi centrali della politica turca e un grande irrisolto del paese, ma ci
avviene anche con il recupero di vecchi discorsi e dicotomie il cui
superamento non solo appariva e appare auspicabile, ma anche necessario.
I risultati delle politiche di novembre ha sorpreso tutti in Turchia, anche
perch nessuna previsione era andata in tal senso. Alcuni sono persino
arrivati a dire che sarebbe necessaria una riformulazione delle scienze sociali
nel paese visto che non sono in grado di leggere i cambiamenti, il profilo della

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nazione, gli orientamenti politici della popolazione. Sta di fatto che nella
sinistra lesito ha lasciato non solo amarezza ma anche sgomento. La fiducia
nellistituto democratico che sembrava essere stata premiata con le elezioni di
giugno, quando i risultati descrivevano un paese dalle diverse anime poste in
condizione di dialogare, ha subto un duro colpo. Non che a novembre il voto
non sia avvenuto in modo legittimo, ma ha seguito una campagna elettorale
basata sullaggressivit, la paura e la violenza. E molti hanno percepito che si
trattasse di un pugno forte pronto a schiacciare il desiderio di cambiamento.
In Turchia si vive in un clima di inquietudine, di circospezione, di sospetto.
Eppure mai come in questo periodo sembra avere preso nuovo slancio il
dialogo europeo. La situazione dei profughi siriani, circa due milioni in
Turchia, ha portato la cancelliera Merkel a fare visita a Erdoan, occasione per
stabilire un accordo sulla migrazione. Un accordo che di fatto, come stato
sottolineato da alcuni giornalisti turchi, Cengiz Aktar (politologo e giornalista,
esperto di politiche europee) primo tra tutti, non introduce nulla di nuovo
nelle trattative gi in corso tra Ue e Turchia e che, in sintesi, prevedono da
parte turca un maggiore controllo delle frontiere e la riammissione dei
migranti che provengono dal paese, in cambio di una legalizzazione dei visti,
un grosso sostegno economico e la riapertura dei negoziati. Nulla di nuovo sul
fronte europeo se non lappoggio dato a Erdoan e Davutolu in campagna
elettorale, come apparso a molti questo incontro. Tanto pi che la
pubblicazione del rapporto annuale sui progressi compiuti dal paese in vista
di unadesione allUe, annunciato per met ottobre stato pi volte rimandato
fino a essere reso pubblico solo un mese dopo, a risultati elettorali conclamati.
Il rapporto sottolinea come ci sia stato negli ultimi anni un peggioramento nel
rispetto delle libert di espressione e di riunione mentre nessun
miglioramento stato registrato nellimplementazione dello Stato di diritto.
Nella relazione lUe ritorna insistentemente su alcuni punti quelli relativi
alle libert individuali e collettive e al rispetto dei diritti umani che da
sempre sono una condizione per ladesione del paese. Eppure oggi non
appaiono questi come temi sensibili e anzi la Turchia, negli scambi
diplomatici che si susseguono per la questione dei rifugiati, alza la posta
chiedendo una riapertura di molti capitoli dei negoziati, anche di quelli su cui
Cipro ha posto il veto.
interessante come nel clima teso che oggi attraversa lEuropa, tra quella che
descritta come lemergenza profughi da un lato e la terribile minaccia del
terrorismo dallaltro, in una condizione in cui le esistenze e la quotidianit
sembrano dover essere necessariamente contenute in politiche securitarie, la
Turchia stabile e forte di Erdoan ritorni ad avere un ruolo importante nello
scenario internazionale e nelle relazioni con lEuropa; quella stessa Europa
che per una buona parte della popolazione della Turchia ha rappresentato a
lungo la possibilit di cambiamento in senso democratico del paese.
(3 dicembre 2015)
LEGGI ANCHE:

Crimini e misfatti: la Turchia di Erdogan


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di Angelo d'Orsi
Le elezioni stravinte grazie alle azioni terroristiche contro le opposizioni. Il
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del jet russo. Il "caso Matteotti" dell'eliminazione dell'avvocato Tahir Elci. Il

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bismarckismo iperautoritario di Erdogan procede con la silenziosa


acquiescenza delle "democrazie occidentali", complici del tiranno.

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