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LA VITA DEL SIGNORE NEI 4 EVANGELI 1.
Lo splendore evangelico
Si detto, si ripeter ancora e vi si insister, che la Chiesa venera
come autentico mirabile Dono gratuito di Dio per l'opera dello Spirito
Santo "le Sante Scritture", le accetta con amore, le studia e le "legge"
durante la celebrazione dei Misteri e delle Ore sante. Essa consapevole dell'insegnamento apostolico su questo, come quando Paolo esorta:
Tu per resta in quanto imparasti e ti fu affidato,
consapevole da chi imparasti,
e che dall'infanzia conosci le Sacre Lettere,
quelle che hanno la potenza di istruirti verso la salvezza
mediante la fede nel Cristo Ges.
L'intera Scrittura divinamente ispirata,
e utile alla dottrina (didaskalia),
ad argomentare, a raddrizzare,
all'istruzione (paidia) nella giustizia,
affinch perfezionato sia l'uomo di Dio,
reso idoneo ad ogni opera buona (2 Tim 3,14-17).
"Psa Graph thepneustos, l'intera Scrittura da-Dio-ispirata" e
resta la grande verit con tutte le sue conseguenze a valanga. Gi i rabbini del sec. 2 d.C. insegnavano, dietro l'esperienza di decenni passati
curvi sulla Trh e sul resto dell'A.T., che ogni minima parola biblica
ha un senso, che non deve andare perduto. Il N.T. con Ges stesso, e
poi con gli Apostoli, mostra che questa coscienza era la regola dell'interpretazione, dove non si deve perdere neppure la pi piccola lettera,
lo "iota" ebraico (cf. Mt 5,18).
E per gi la prima generazione post-apostolica, che si computa a
partire dalla cifra convenzionale dell'anno 100 (con la morte presuntiva
dell'ultimo Apostolo) aveva circondato le 4 memorie della Vita del Signore, nel loro genere letterario nuovo di euagglion, di un onore del
tutto speciale. Non che fossero pi ispirate e quindi pi sacre. Ma avevano il merito ineguagliato di parlare del Signore, come venne tra gli
uomini e visse con essi e mor per essi e fu resuscitato dalla Gloria del
Padre, lo Spirito Santo, per essi. Ancora oggi i critici, nell'attonito, singolare silenzio delle fonti storiche antiche che ignorano del tutto perfino l'esistenza di un "Ges di Nazaret", riconoscono che senza i 4
Evangeli, stando solo al N.T. ed anche alla rilettura che questo fa del160
TAVOLA
l'A.T., Ges Cristo sarebbe una figura senza un solido terreno storico e
geografico. Inoltre, a parte qualche graphon, i detti "non scritti" di
Ges conservati nel N.T. (ad esempio, da Paolo in At 20,35: " pi beato
donare che ricevere"), e che sono pochissimi, le parole del Signore non
sarebbero conosciute affatto. E che il resto del N.T. ne riporta in fondo
cos poche, uno degli indizi male considerati dell'alta antichit degli
Evangeli, che gli altri Apostoli non volevano ripetere. Vedi qui Gv
21,24-25.
Cos si hanno le prime citazioni evangeliche gi nel sec. 1, dai primi "Padri apostolici", come la Didach tn Apostln. Esse diventano
via via pi numerose nel sec. 2. Fino all'imponente riflessione dei Padri. Senza mai dimenticare che i 4 Evangeli troneggiavano sull'altare
durante la celebrazione della Chiesa, e troneggiavano poi nelle sante
Sinodi ecumeniche che via via si tenevano. Erano posseduti dal clero
che vi conduceva sopra la propria formazione. Ma i Padri spesso alludono al fatto che molti fedeli conservavano in casa i manoscritti evangelici per la "lettura divina" quotidiana.
Una splendida illustrazione di questo clima di speciale considerazione e venerazione degli Evangeli offerta da S. Ireneo di Smirne, che
verso il 180 scrive per confutare le perniciose ideologie della falsa gnosi, la quale in genere rigettava perch "storico" l'A.T, e di quanto conservava del N.T. (chi preferiva Giovanni, chi Paolo e Luca), dava interpretazioni che poco dire fantasiose e tendenziose nelle loro aperte
aberrazioni. Per la "grande Chiesa" che si difendeva dalle eresie, brillava la gloria della Santa Scrittura, ed in essa la maest dei 4 Evangeli,
che portavano il contenuto della fede viva, e della celebrazione della
Chiesa da cui proveniva ogni grazia.
Ecco una pagina di inaudito splendore.
E poi gli Evangeli non sono di numero pi di questi (ossia: 4), n viceversa si deve che siano meno (di 4). Poich (...) esistono 4 regioni
del mondo, nel quale noi stiamo, e 4 venti universali (i ed. "punti
cardinali"), e la Chiesa disseminata sulla terra intera, ma "colonna e saldezza" della Chiesa (1 Tim 3,15) l'Evangelo, e lo Spirito
della Vita (Gv 6,63), ne segue che ella (la Chiesa) abbia 4 Colonne,
dovunque spiranti l'incorruttibilit ed incendiando (anazpyrontas)
gli uomini (ad opera dello Spirito). Da essi (i 4 Evangeli) manifesto che il Verbo, l'Artefice di ogni realt, Colui che sta intronizzato
sui Cherubini (Sai 79,3) e che tutto contiene (cf. Ebr 1,3), il Manifestato agli uomini (1 Tim 3,16), don a noi l'Evangelo Tetramorfo (=
in 4 forme diverse), contenuto tuttavia dall'Unico Spirito. Come David, implorando la sua Venuta (Parousia), parla: "O Tu che troneggi
sui Cherubini, manifestati!" (Sai 79,3). Infatti i Cherubini sono di 4
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volti, ed i loro volti sono icone dell'Operazione storica (Pragmatia) del Figlio di Dio. "Ed il primo Vivente dice (la Scrittura)
simile a Leone (Ap 4,7), contrassegnante l'efficacia ed il comando e la regalit di Lui; "ed il secondo, simile a Vitello" (Ap 4,7),
mostrante (di Lui) l'Ordine sacrificale e sacerdotale; "ed il terzo
avente Volto di Uomo" (Ap 4,7), manifestissimamente descrivente
di Lui la Venuta (Parousia) secondo l'Uomo; "ed il quarto simile ad
Aquila volante" (Ap 4,7), evidenziante il Dono dello Spirito volteggiante sulla Chiesa. E gli Evangeli dunque sono consonanti con
questi (4 Viventi), sui quali sta in trono Cristo. Quello infatti "secondo Giovanni" narra di Lui la generazione dal Padre e condottiera
(ed efficace: dal testo latino) e gloriosa, parlando: "In principio sussisteva il Verbo, ed il Verbo sussisteva (rivolto) a Dio, e Dio era il
Verbo", e: "Tutto mediante Lui fu fatto, e senza Lui nulla fu fatto"
(Gv 1,1.3). (Perci questo Evangelo pieno di fede, poich tale la
Persona di Lui: dal testo latino). E quello "secondo Luca", poich
di carattere sacerdotale (hieratikn), cominci da Zaccaria il sacerdote offerente incenso a Dio (cf. Le 1,8-10). Gi infatti era preparato
il vitello ingrassato, che per il ritrovamento del figlio pi giovane
stava per essere immolato (Le 15,23). Matteo poi annuncia (krytt)
la generazione di Lui secondo l'Uomo, parlando: "Libro della generazione di Ges Cristo Figlio di David Figlio d'Abramo" (Mt 1,1),
e: "La generazione di Ges Cristo poi fu cos" (Mt 1,18). dunque
antropomorfo questo Evangelo (di Matteo), (perci, e per l'intero
Evangelo Egli conservato come Uomo dai sentimenti umili e mite: dal testo latino). Marco poi dallo Spirito Profetico che dall'Alto
viene sugli uomini, componeva l'inizio parlando: "Inizio dell'Evangelo di Ges Cristo come fu scritto (da Dio) in Isaia profeta"
(Me l,l-2a), mostrando l'immagine (eikn) dell'Evangelo come volante (e pennuto: dal testo latino). Per questo fu fatto l'annuncio
(kataggelia) compendiato e precorrente: infatti profetico il suo carattere. E lo stesso Verbo di Dio ai Patriarchi prima di Mos parla
familiarmente (homil) secondo il divino ed il glorioso (ma a quelli
secondo la Legge mostrava l'opera sacerdotale e di servizio: dal
testo latino); dopo questi fatti, poi, invi il Dono dello Spirito Santo
sulla terra intera, proteggendoci con le sue Ali. Quale dunque l'Operazione storica (Pragmatia) del Figlio di Dio, tale anche la forma dei (quattro) Viventi. E quale la forma dei Viventi, tale anche il
carattere dell'Evangelo. Di 4 forme infatti i Viventi, di 4 forme anche l'Evangelo e l'Operazione storica (Pragmatia) del Signore. E
per questo, 4 alleanze universali furono donate all'umanit: una del
diluvio di No, sotto l'arco (l'arcobaleno, Gen 9,14-16); la seconda
di Abramo, sotto il segno della circoncisione (Gen 17,1-14); la terza
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odiata di esattore delle imposte per i Romani occupatoli di certo lo aveva costretto a presentare minuti e motivati resoconti finanziari.
La prima redazione del materiale su Ges che un "Evangelo" si
pu chiamare bene il "Matteo ebraico". Di questo, in specie nella sua
traduzione in greco intorno all'anno 40 d.C, dovette tenere conto l'intera generazione apostolica, non escluso Paolo. Per cui si pu dare una
certa vicenda cronologica:
a) Pietro dal 43 al 49 d.C. aveva predicato ad Antiochia, e questa predi
cazione come contenuto pu identificarsi come l'"Evangelo d'Antio
chia"; dal 54 Pietro si stabilisce a Roma;
b)Paolo, come si riscontra nelle sue Epistole e nella narrazione su lui
negli Atti, predic da parte sua, in modo inconfondibile, il Signore; tale
contenuto si riconosce come 1'"Evangelo paolino";
e) Pietro d'altra parte predic anche i "detti e fatti del Signore" a Cesarea, prima del 50 d.C; tale materiale si identifica come 1'"Evangelo di
Cesarea" (detto anche "fonte Q", dal tedesco "Quelle", fonte); il riscontro qui portato anche sulle Epistole petrine.
Schematizzando tutto questo materiale, derivato dal "documento
originale", o "Matteoebraico", si ha questa sistemazione sinottica:
1) il Matteo greco attuale, verso l'anno 60 d.C, deriva dal "Matteo
ebraico" passato attraverso la sua traduzione greca, con l'integrazione
dell'"Evangelo d'Antiochia", e dell'"Evangelo di Cesarea";
2) Luca-Atti derivano dal "Matteo ebraico", integrato dall'"Evangelo
paolino" e dall'"Evangelo di Cesarea"; la datazione non oltre l'anno
62 d.C. Qui va riportato il fatto ben poco notato, che Paolo quando in
via Tito ai Corinzi per le logiai, le "collette per i Santi" di Gerusalem
me, gli associa Luca, di cui non fa il nome (2 Cor 8,18.22), ma di cui
tesse questo enorme elogio: "Con lui (Tito) inviamo anche il fratello
(Luca), il quale tutte le Chiese lodano per il suo Evangelo" (v. 18).
l'inizio dell'anno 57 d.C Si noti che di nessuno dei numerosi discepoli
di Paolo si parla del "suo Evangelo". Ora Luca non era troppo passato
per "tutte le Chiese", ma il suo scritto era di certo ampiamente circolato
tra le Comunit paoline, che provenivano pressoch tutte dal paganesi
mo; l'Evangelo di Luca era stato scritto proprio per queste;
3) Marco greco: Marco era stato discepolo prima di Paolo, poi di Pie
tro, che aveva seguito a Roma dopo l'anno 54 d.C; basandosi sulla
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predicazione orale di Pietro a Roma, Marco volle dare una certa armonia schermatica tra i grandi Evangeli circolanti di Matteo e Luca; perci trae materiale anche dall'"Evangelo di Antiochia" e dall'"Evangelo
paolino". La sua autorit enorme perch scrive mentre Pietro ancora
vivo. La datazione prima dell'anno 65 d.C.
Questo lavorio implica una minuziosa rassegna comparativa tra gli
Evangeli sinottici come si hanno adesso, e da una parte le Epistole di
Pietro, ambedue autentiche (anche comparate con quelle di Giacomo e
di Giuda, su cui influirono), con quelle paoline dall'altra, e anche con
l'Epistola agli Ebrei.
Il risultato che si ha, mostra in chiaro: Marco non precede tutti con
uno schema "semplice perch originario"; Matteo e Luca non ripresero
tale schema operandovi inserzioni, mutamenti, aggiunte e sottrazioni di
materiale, perch sono precedenti; Marco invece in alcuni punti fa inserzioni "secondarie", esplicative per i cristiani della paganit.
sostanzialmente confermata e precisata la pi antica Tradizione,
con i suoi dati laconici, adesso pi chiari.
Gli Evangeli sono quindi documenti risalenti addirittura alle origini
immediate della Chiesa. I Sinottici precedono comunque e di molto
l'anno 66, quando cominci la rivolta ebraica contro Roma, e l'anno
70, quando i Romani barbaricamente distrussero il tempio. Sarebbe stato un formidabile argomento di propaganda: la profezia di Ges avverata, la punizione divina abbattutasi. Ges fece una vera profezia su
Gerusalemme. Ma i Sinottici erano stati gi redatti e gi circolavano
per il mondo, quando essa si verific.
3. Una datazione del N.T.
possibile avanzare una proposta di datazione, che una "ridatazione", del N.T., secondo gli studi pi recenti. Si veda qui Ph. Rolland,
L'origine et la date des vangiles - Les tmoins oculaires de Jsus, Paris 1994, che si pu accogliere con fiducia. ovvio che vi sia qualche
incertezza ed oscillazione, ma sempre piuttosto a favore della data pi
remota che di quella pi recente.
Si ha cos questa tabella:
- prima del 40 d.C:
- prima del 43:
- anno 50:
- anno 56, primavera:
- anno 56, autunno:
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"portare una buona notizia". Cos per 10 volte il verbo indica una "notizia favorevole", attesa, che fa piacere. Si tratta di testi del sec. 6 a.C,
dall'inizio, con Ger 20,15; alla met, nell'"opera storica dei deuteronomisti", che sono missionari laici durante l'esilio, che raccolgono le antiche memorie storiche d'Israele secondo la dottrina del Deuteronomio
e di Geremia, per confortare i rimasti in patria: "la fedelt fa stare nella
patria; l'infedelt procura l'esilio; la conversione del cuore fa meritare
il ritorno e il ristabilimento della patria"; cos essi raccolgono l'enorme
compilazione dei libri di Giosu, Giudici, 1-4 Re (= 1-2 Samuele; 1-2
Re). Il verbo euaggelizomai in senso generico ricorre in 1 Re 31,9; 2 Re
1,20; 4,10; 19.20.26.31; 3 Re 1,42. Poi in 1 Cron 10,9, par. di 1 Re
31,9.
Tale significato generico hanno anche euaggelia (2 Re 10,20.22.27;
4 Re 7,9), ed euagglion (2 Re 4,10; 18,22.25). I due sostantivi traducono l'ebraico bsorh (bsrh), la "notizia favorevole".
Tuttavia verso la fine del sec. 7 a.C. il profeta Nahum aveva predetto
la caduta di Ninive (che avvenne nel 612 a.C), e, interessato alla restaurazione del regno settentrionale, aveva lanciato anche un messaggio al regno meridionale. La catastrofe degli Assiri, nemici del Signore
perch nemici del suo popolo, segner il tempo nuovo del favore divino e dello splendore religioso e spirituale:
Ecco sui monti i passi dell' evangelizzatore
e annunciatore di Pacel
Festeggia, Giuda, le feste tue,
rendi i voti tuoi,
poich non seguiteranno a traversarti:
in decrepitezza completa sta, fu tolto via! (Nah 2,1).
L'assenza della minaccia assira dunque vale per Giuda come la pace, la quiete dove il culto e la vita religiosa possono proseguire. La
"gradita notizia" portata di corsa dal messaggero, euaggelizmenos,
di sua iniziativa.
Per tra il 612 ed il 586 a.C. avvenuto un rovesciamento. Giuda ha
perso la pace, le feste e la possibilit di fare e sciogliere i voti pacifici. I
Babilonesi l'hanno devastato, distruggendo Gerusalemme, il luogo delle feste e dei voti, il santuario incendiato. L'esilio minacciato da Geremia e dal Deuteronomio una realt. La nazione appare senza pi
consistenza, e le sue reliquie in esilio e sulla terra appaiono senza pi
speranza.
Ma poco prima della met del sec. 6 a.C, il singolare Profeta che
il misterioso "Deutero Isaia", autore di Is 40-55 (teoria probabile), per
preannunciare l'infallibile ritorno dall'esilio, assume il verbo bisser168
euaggelizomai, caricandolo di enorme significato: il Signore stesso dona la sua Notizia buona, che decisiva. Si ha questo in due passi, che
stanno in progressione; il testo qui dei LXX:
-/^40,9:
Su un monte altissimo sali, evangelizzatore di Sion!
Innalza la forza della voce tua, evangelizzatore di Gerusalemme!
Innalzatevi, non temete!
Parla alle citt di Giuda:
"Ecco il Dio vostro"!,
e dunque il contenuto dell'Evangelo nuovo che il Signore dell'alleanza (Dio vostro - popolo suo) viene per riportare gli esiliati;
- Is 52,7, il testo fontale:
Quale bellezza sui monti!
Come i passi dell'evangelizzatore, dell'ascolto di Pace,
come Vevangelizzatore dei Benil
Poich Io far ascoltare la Salvezza tua
parlando a Sion:
"Regner il Dio tuo!"
Viene da qui l'evidente influsso sul "Trito Isaia" (fine sec. 6 - inizio sec. 5 a.C.?), il profeta o la scuola a cui si debbono Is 56-66:
- Is 60,6 (vedi poi il 6 Gennaio):
Mandrie di cammelli (verranno)...
e la Salvezza del Signore evangelizzeranno...
-Is 61,1, citato poi inLe 4,18-19:
Lo Spirito del Signore su Me! A causa
di questo Egli unse Me: per
evangelizzare ipoveri invi Me...
Non si sottrae all'influsso del Deutero Isaia un altro Profeta del ritorno dall'esilio, come Gioele, che annuncia la restaurazione della nazione religiosa per gli ultimi tempi, quando lo Spirito del Signore sar
effuso su ogni carne (Gioel 3,1):
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CAP. 8 L'EVANGELO
TETRAMORFO
La disposizione completa delle pericope bibliche in un sistema ordinato nella Divina Liturgia per una migliore comprensione dei testi richiede sempre una ricontestualizzazione. Nel commento che segue si
cercato sempre di farlo. Quanto segue perci sembra necessario per
avere dei quadri di riferimento precisi.
A. MAJTEO
Dalle origini, si pu dire, l'Evangelo di Matteo godette di un immenso prestigio ed interesse, e si deve dire, anche una certa preferenza
sugli altri Evangeli. Stava in suo favore la ricchezza dell'impianto, i
grandi discorsi e le numerose parabole, il che offriva un materiale inesauribile alla catechesi, alla mistagogia, all'omiletica, agli stessi commenti teologici.
1. Generalit su Matteo
Matteo si trova citato gi dopo la met del sec. 1 dall'incipiente
letteratura cristiana, come la Didach (circa anni 65-70 d.C). I primi
autori cristiani, e l'intitolatura unanime dei manoscritti (papiri e codici) attribuiscono questo scritto ad una persona storica ben conosciuta: a Matteo, uno dei Dodici discepoli scelti personalmente dal
Signore. Nell'ordine delle citazioni l'Evangelo di Matteo sempre
posto come primo. La Tradizione antica qui rifletteva precisi fatti
storici, come si vide.
Ora, questa persona, uno dei Dodici Apostoli, uno degli Evangelisti,
ha due bellissimi nomi ebraici. Il greco Matthios trascrive foneticamente Mattai, abbreviazione di Mattit-Jh, "Donato del Signore"; talvolta tradotto anche con l'omonimo Theodros; mattit participio
passivo da ntan, donare.
L'altro nome Leui(s) ho to Alphiou, Levi figlio di Alfeo, che rimanda ad uno dei Dodici Patriarchi, il terzo figlio di Giacobbe, Levi, il
terribile guerriero (cf. Gen 34), dai cui discendenti tribali il Signore
trasse i pacifici sacerdoti e leviti (Num 1-4).
Si tratta anzitutto di sapere se questo "Matteo", problema gi per gli
antichi, fosse l'Apostolo, uno dei Dodici. Egli nelle liste dei Dodici
sempre presente; chiamato singolarmente dal Signore alla sua sequela
(Mt 9,9), detto "Matteo il pubblicano" (Mt 10,3). E sembra essere il
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medesimo personaggio con il Levi "pubblicano", cos detto dai paralleli di Me 2,13-14 e Le 5,27-28. Tuttavia Clemente Alessandrino (e. 220)
e Origene (e. 253) distinguevano i due prsonaggi, come diversi autori
moderni. Il che crea altri problemi difficili, senza risolverne alcuno.
La seconda ed interessante questione il testo richiamato di Papia.
Era "in ebraico" (e tale denominazione non vuole indicare "in aramai
-co"). E quella "interpretazione come ciascuno poteva", con il verbo
tecnico hermnu, indica che il testo greco che Papia di certo conosceva, e sostanzialmente pervenuto a noi, era una "traduzione"
dair"ebraico" ormai canonizzata. Studi recenti, ben fondati filologicamente ed archeologicamente, sulla base comparativa di testi ebraici
dell'epoca di Ges, studiando il sottofondo semitico almeno di Marco,
Matteo e Giovanni, ritrovano agevolmente l'aramaico palestinese parlato da Ges, ed a noi ormai ben noto.
Ma per motivi letterari, Matteo scrisse in ebraico. Di fatto Matteo,
come lo abbiamo, un evangelo dal sottofondo semitico. L'analisi
del suo greco mostra che l'autore usa dei grecismi tipici non corrispondenti a nessun termine semitico, come parousia, paliggenesia,
ksmos; usa una sintassi greca abbastanza regolare; migliore di Marco, piuttosto pesante, nei passi paralleli; usa anche alcuni latinismi,
non tanto per come Marco. Infine, ha pochi termini semitici (ebraici,
aramaici), al contrario di Marco. La redazione ebraica originale porta
solo a notare che "Matteo" ha livellato pi che si poteva il sostrato
originale nel tradurre in greco; il che si spiega bene in un Ebreo, precisamente un giudeo-cristiano che ha ormai la preoccupazione della
diffusione dell'Evangelo del Signore fuori dei confini della Palestina;
come fu preoccupazione primaria, e di prima mano, di Luca, non
Ebreo, abile scrittore greco.
Tuttavia la retroversione di Matteo in ebraico, e ne esistono numerose, gi nell'antichit, e fino ad oggi, o anche in aramaico, fa ritrovare
molti semitismi: letterari, come il parallelismo (sinonimico, antitetico,
sintetico); l'inclusione letteraria (il medesimo termine ripetuto all'inizio ed alla fine di un brano, per indicare il medesimo contenuto, ad es.
Mt 5,3.10); i "termini gancio", che pongono in evidenza di richiamo un
brano; i doppioni (se ne contano decine, sia nei detti del Signore, sia
nelle sezioni narrative); il chiasmo (incrocio di termini significanti:
"chi vorr salvare la vita sua, la perder ma chi perder la vita sua
per amore di Me, la trover"), e finalmente quel chiasmo molto ampio,
detto "inviluppo", che abbraccia addirittura una sezione estesa.
Tra i semitismi poi, si individuano degli ebraismi biblici e degli aramaismi palestinesi, ossia detti tipici dell'epoca del Signore. Essi sono
molto numerosi, come "Padre celeste", "Padre nostro nei deli", "Re174
b) Fatti
-Mt1,1-2,23, l'Evangelo dell'Infanzia del Signore;
- Mt 9,27-31, la guarigione dei due ciechi;
-Mt 14,28-31, Pietro cammina sulle acque;
- Mt 17,24-27, il tributo per il tempio;
- Mt 27,19, la moglie di Pilato;
- Mt 27,24-25, Pilato si lava le mani;
- Mt 27,51-53, i risorti a causa della Croce;
- Mt 27,62-66, la guardia al sepolcro;
- Mt 28,2-4, l'Angelo al sepolcro;
-Mt28,9-10, le apparizioni del Resuscitato;
- Mt 28,11-15, la corruzione delle guardie del sepolcro;
- Mt 28,16-20, apparizione sul Monte della Galilea e invio dei discepoli.
Matteo costruisce il suo quadro geografico per ambientarvi la narrazione sul Signore: in Galilea, fuori della Galilea, a Gerusalemme. Luca
propone un altro quadro, teologicamente significante; vedi infra. Matteo per ha anche un quadro specifico, se si considera anche l'Evangelo
dell'Infanzia, e si ha allora il percorso Betlemme-Gerusalemme, e
Nazaret-Gerusalemme, ed anche questo ha un profondo significato
teologico.
Quanto alla cronologia propria a Matteo, mentre egli restringe la
narrazione da Cafarnao alla Resurrezione probabilmente in 1 anno (come gli altri Sinottici, contro i probabili almeno 3 di Giovanni), rispetto
a Marco segue i fatti meno da vicino, tuttavia li raggnippa in un ordine
pi compatto, pi sistematico. Cos Matteo ha pi materiale di Marco;
tuttavia nel materiale comune tra i due, Marco molto pi diffuso, poich venendo dopo ha dovuto esplicitare molti punti ai cristiani di Roma, o comunque a non Ebrei. Le annotazioni cronologiche di Matteo
sono teologiche, come nelle espressioni di 2,1, "al tempo del re Erode";
3,1, "in quei giorni"; 12,1, "in quel tempo". Si veda il metodo di Luca,
pi storiografico, nelle pagine che seguiranno.
2. Lo schema di Matteo
Per i 4 Evangeli in specie, come si detto e si insister ancora, il
modo teologico pi idoneo la "lettura Omega" che pervade del resto
l'intero N.T. Essa si svolge secondo la regola di ferro dell'osservazione
scientifica dei fatti: un fatto solo dalla sua completezza del tutto conosciuto, e solo cos si presta ad essere interpretato nella globalit e nei
particolari, dalla sua fine (completezza) al suo inizio (principio ed avvio), e da questo inizio alla sua fine, ormai conosciuta per intero.
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sto del N.T. quale proseguimento della Vita di Lui nello Spirito in
seno alla comunit nuova.
Questo quadro immane la rivelazione completa della "Vita del Signore". Se si considera attentamente, tutto il resto degli scritti apostolici
che formano il N.T., dunque gli Atti, le Epistole di Paolo, Giacomo,
Pietro, Giovanni, Giuda, YApocalisse, saranno un immenso completamento alla mistagogia sulla Vita del Signore tracciata dai 4 Evangeli.
Se poi si fa il dovuto discernimento dell'accurata, fitta rilettura apostolica dell' A.T., il quadro completo in tutti i particolari.
Come si visto sopra, nel Cap. 3, la comprensione di questo dipende anche dall'attitudine di fede e dalle disposizioni spirituali dei lettori
e degli ascoltatori di questa immensa massa di Realt divine. Tale impresa non pu avere fine se non al termine delle vicende della storia.
La comprensione della Vita del Signore infatti non conosce limiti.
Ma l'occhio fedele deve scorrere la realt dal generale al particolare,
per tornare sempre al generale, e di qui di nuovo al particolare. E cos
di seguito, avanzando sempre. Perci bene avere come riferimento lo
schema dell'Evangelo di Matteo.
SCHEMA GLOBALE DI MATTEO
1,1 - 2,23: "EVANGELO DELL'INFANZIA DEL SIGNORE"
3,1 -13,52: IIMINISTERO MESSIANICO IN GALILEA
13,53 - 18,35: IIMINISTERO MESSIANICO ITINERANTE
16,13- 17,27: INTORNO ALLA TRASFIGURAZIONE
19,1 - 20,34: LA "SALITA" A GERUSALEMME ATTRAVERSO LA PEREA E
GERICO
21,1 - 25,46: IIMINISTERO MESSIANICO A GERUSALEMME 26,1 27,66: LA PASSIONE E LA CROCE, LA MORTE, LA SEPOLTURA 28,1 20: LA RESURREZIONE, LE APPARIZIONI, L'INVIO DEI DISCEPOLI
SCHEMA PARTICOLARE
A. "EVANGELO DELL'INFANZIA DEL SIGNORE": 1,1 - 2,23
1,1-17: La "Genealogia di Ges Cristo"
18-21: l'Annunciazione a Giuseppe
22-25: la Nascita di Ges ed il suo "Nome"
2,1-12: i Magi adorano il Bambino a Betlemme
13-15: la "fuga in Egitto"
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- 20,34
o. l aseri e
a) La Resurrezione: 28,1-10
b) Le guardie subornate: 28,11-15
e) Ges sul Monte Galilea invia i discepoli al mondo: 28,16-20.
3. Teologia di Matteo
Un programma teologico grandioso, il prodotto che questo Ebreo,
Matteo, vuole trasmettere alle sue comunit, ed alle generazioni che
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parlando si annuncia: "Io sono" (ad es. Gv 8,58), che rimanda al Nome
divino rivelato a Mos dal Roveto ardente (Es 3,14); d) ma il "simbolo" o "segno" della Rivelazione, che dunque sempre immagine e parole, unificato per essenza dall'unica Rivelazione, cos che l'una non
si trovi senza l'altra; e) e nessun segno-simbolo si trova mai isolato,
bens sta sempre in connessione funzionale con altri segni-simboli; f)
dell'universo simbolico della Rivelazione, e della teologia simbolica
che lo ordina, Ispiratore ed Ermeneuta divino lo Spirito di Dio, Spirito Profetico, Sapienza divina eterna.
Matteo cos fa largo uso dell'universo simbolico biblico e della teologia simbolica. Al primo approccio, gli servono i numeri: 2, 3, 5, 7,
10, 40, e loro multipli, tutti biblicamente simbolici. Poi le parabole, alcune delle quali in comune con i Sinottici, altre proprie originali ed affascinanti. Ma soprattutto arricchisce la sua narrazione con il "mirabile" divino.
Che altro sono, infatti, se non i thaumsia to Theo la serie impressionante delle sue narrazioni? Nell'Evangelo dell'Infanzia narra di
Giuseppe e dei suoi 3 sogni divini (1,20-21; 2,13; 2,19); dei Magi stranieri lontani e discreti (2,12), con la Stella. Narra il mirabile in alcune
parabole "proprie" solo di lui: la zizania (13,24-30.36-43), il tesoro nascosto e la perla preziosa (13,44-46), la rete efficace (13,47-50), le 10
Vergini (25,1-12), il Giudizio finale (25,31-46). Mostra Ges sovranamente sulle acque (14,22-23). E Pietro che trova nel pesce lo statere
per il tributo al tempio (17,24-27). Da speciale enfasi all'ingresso messianico di Ges in Gerusalemme (21,1-11). E fa risaltare la Venuta del
Figlio dell'uomo, alla fine dei tempi, come la Folgore, e con "il Segno"
suo, la Croce fiammeggiante (24,27 e 29). Narra solo lui della morte di
Giuda (27,1-10; ma cf. anche Luca in At 1,16-20), come profeticamente
annunciata). Fa intervenire, sia pure invano, la moglie di Piiate che
sogna di Ges come il Giusto (27,19). Alla Morte del Signore pone una
teofania: il velo del tempio squarciato (27,5la), il terremoto (v. 51b), i
misteriosi resuscitati (vv. 52-53). E una teofania alla Resurrezione: il
terremoto (28,2a), l'Angelo della Luce (28,2b-3).
Nell'annuncio che Matteo vuole dare dell'Evangelo unico del Signore, occorre distinguere quanto di specifico egli sa apportarvi, e
quanto invece ha in comune, e perfino in "discordia concordante" con
gli altri due Sinottici, con Giovanni, con Paolo, con il resto del N.T.
Identit di visuali, ovviamente, ha anzitutto con Marco e Luca. Specialmente su Cristo, posto nella discrezione richiesta dal Mistero divino, ed
insieme additato nella sconvolgente rivelazione della sua maest sovrana; poi sul Regno di Dio, Regno dei cieli ossia del Padre, fattosi storicamente presente agli uomini in Cristo e nello Spirito Santo, e tuttavia
ancora misteriosamente atteso e venturo; poi sull'uomo, visto nella du187
plice realt inscindibile, ossia come , povero, avvilito, disperato, peccatore, e come deve essere secondo la Condiscendenza divina da una
parte, e la Grazia divina irresistibile dall'altra. E questa rende vana la
questione se Cristo e qui, l'Evangelo e i 4 Evangeli non predichi
ed esiga pretese impossibili da realizzare per ciascun uomo, oppure, se
non consigli queste pretese, lasciando d'altra parte l'uomo in una morale di circostanza, oggi diremmo "borghese", terra terra, senza slanci
verso l'Alto.
Certo, occorre tenere sempre bene presente tutto quello, ed il pi,
che Matteo nel suo Evangelo ha in comune con Marco e Luca ed i loro
Evangeli, ed anche con Giovanni bench sotto tutt' altra visuale; si
rimanda a quanto si dir tra poco degli altri Evangelisti. Per i quattro
Evangeli si rinvia al magnifico testo di S. Ireneo, presentato sopra.
Come avverte questo grande tra i Padri, noi abbiamo avuto un Dono
"tetramorfo", di quattro forme, i 4 Evangeli, non da fondere in un'unica narrazione, poich l'unico Evangelo quale Dono indicibile dello
Spirito Santo ci giunge cos, e solo cos, con tutto il complemento del
resto del N.T.
Ed in questo, occorre anche essere avvisati nel vedere quanto Matteo del materiale esistente ed a sua disposizione riordina e sistema, sceglie come originale (rispetto a Luca), in una sovrana libert verso tale
materiale, ed insieme in un immenso rispetto verso le "parole ed azioni" del Signore. Libert e rispetto che indicano una fede viva, da comunicare, con la base certa che la Storia del Signore e l'annuncio di Lui,
in consonanza all'annuncio profetico dell'A.T.
Anche Luca e Marco si rifanno incessantemente all'A.T. Tuttavia
Matteo inserisce nelle citazioni dell'A.T., che tipologicamente scandiscono la sua narrazione, le ed. "formule di adempimento" esplicite, almeno 12 volte: 1,22-23 (suIs 7,14); 2,15 (su Os 11,1); 2,17-18 (su Ger
31,15); 2,23 (incerta: Num 6,1-21, o Is 11,1, o Is 53,2); 3,3 (su Is 40,35); 4,14-16 (suIs 8,23; 9,1); 8,17 (suIs 53,4); 12,17-21 (suIs 42,1-4);
13,14-15 (su Is 6,9-10); 21,4-5 (su Is 62,11; Zac 9,9); 26,55-56 (su testo incerto); 27,9-10 (su Ger 32,6-9; Zac 11,12-13).
In 28 capitoli Matteo cita la Scrittura oltre 130 volte, di cui almeno
circa 43 volte con riferimento esplicito; e del resto tutto il suo tessuto
narrativo filigranato di riferimenti all'A.T., sia con allusioni, sia con
utilizzazioni verbali (frasi, termini).
Tipica difficolt qui trovare il testo da cui Matteo desume le citazioni. probabile che qui noi moderni come avviene infinite
volte quando leggiamo i Padri dobbiamo rinunciare al nostro modo di citare il testo biblico, con le virgolette ed il numero del capitolo
e del versetto. Gli antichi, e cos Matteo, citavano per lo pi a
memoria, rimandavano alla Scritura come totalit, e se indicavano
188
Due di tali "discorsi" si possono chiamare "della crisi", quello "ecclesiastico", quando, fallito il ministero del Signore che tentava di raccogliere molti missionari del Regno, si avvia alla "salita a Gerusalemme" dove deve compiersi comunque il Disegno divino; e quello "escatologico", quando tale Disegno ormai ha un nome: la Croce, la terrificante "crisi", il giudizio contro il peccato che porta la Grazia.
Per riprendere il bellissimo tratto comune ai Padri, si pu applicare
all'annuncio complessivo di Matteo ed al suo significato permanente
per noi, che "quanto l'A.T. profetizz nello Spirito di Dio, quanto
Cristo annunci, oper ed attu nello Spirito Santo, quanto gli Apostoli del Signore predicarono ed operarono nel medesimo Spirito,
quanto le Chiese di Dio fedelmente si trasmisero e ci trasmisero, sotto
la guida dello Spirito del Signore, quanto i Martiri testimoniarono
con la loro vita spinti dallo Spirito Santo", tutto questo l'Evangelo
di Matteo.
Matteo dunque tramanda i "detti e fatti" del Signore, e la sua riflessione sul Signore, due contenuti ottimamente riferiti ed articolati in un
unico contenitore. Talvolta, come in Giovanni anche se molto meno,
altres difficile distinguere quanto il Signore disse ed oper da quanto
Matteo pone di sua riflessione. Ma questo non costituisce una difficolt. La reale difficolt, per noi, in questa breve presentazione, sistemare a nostra volta quanto in Matteo organico ed esemplarmente redatto. Cos noi possiamo solo restringere il dettato ed alcuni tratti maggiori, sempre nella raccomandazione che essi servano solo per rileggere con qualche frutto l'intero Evangelo, che deve essere assiduamente
percorso in tutti i sensi come arando senza tregua un campo infinitamente fecondo di frutti.
a) Dio, Dio Padre
Come Ebreo, e come discepolo del Signore, Matteo ha uno straordinario senso della divina trascendenza, riferita anzitutto al Signore, il
Dio Vivente, rivelatosi come il Padre di Ges Cristo.
Gi i nomi divini servono a Matteo per dare il senso reale della
Maest divina: Dio, il Dio Vivente, il Padre, con varie apposizioni, il
Nome, l'Altissimo, i Cieli, il Regno dei cieli. Oppure attribuzioni divine, come YEudokia, il sovrano Compiacimento, o YExousia, l'infinita
Potest o Autorit. Al modo semitico comune all'A.T. ed al N.T., Matteo
ricorre anche a circonlocuzioni per evitare di nominare il Nome divino;
e cos usa il "passivo della Divinit", come "beati gli afflitti, poich
saranno consolati (da Dio)" (5,4); oppure allusioni pi ampie, come
"temete piuttosto Colui che (solo) pu perdere anima e corpo nella
gehenna" (10,28); oppure "il Re che fece le nozze al Figlio suo", "il
Convitante alle nozze" (22,2-3).
190
TAVOLA
sua esistenza umana posta sotto questo segno. Nella Tentazione iniziale fa questa Volont con l'aiuto dello Spirito. Predica la medesima
nel "discorso della montagna" e nel ministero messianico, per la potenza
dello Spirito. La "fa" attraverso la Passione e la Morte "nello Spirito"
battesimale, "secondo le Scritture", che sono il Disegno della Volont
del Padre. Si rivela qui come "il Servo" regale profetico sacerdotale
sofferente (16,21; 17,22), venuto solo "per servire" (20,28), Servo che
anche il Giudice "unto" dallo Spirito posto su lui (12,18-21, suIs 42,1-4,
il "1 carme del Servo del Signore"; cf. At 10,38-43).
Questa Volont infinita la Croce, che si presenta anche sotto i simboli reali del "battesimo da esserne battezzato e coppa da essere bevuta", e Lui solo (20,22), per la redenzione di tutti; deve essere pregata
affinch "sia fatta" sempre; ed anzitutto al momento supremo del Getsemani (26,42); e poi ancora sempre, "come nel cielo e sulla terra"
(6,10), dai discepoli, assimilati a Lui anche e soprattutto in questo.
E pregando ed operando, questa Volont "si fa" in modo tipico, ossia
"santificando il Nome" del Padre (6,9), dunque portando all'adorazione
tutti gli uomini che "vedono le opere buone" dei discepoli di Cristo
(5,16). Si fa accelerando cos "il Regno che viene" (6,10), anzi venuto
in potenza nel Figlio e nello Spirito Santo (12,28), e che tuttavia resta
ancora la mta da raggiungere. Si fa accettando di rimettere i debiti
(6,12) e di essere liberati dal Maligno (6,13; errata la versione ufficiale
"liberaci dal male", non ultima causa per cui si andato perdendo il
senso e la sensibilit della vita cristiana come grande lotta contro il
Nemico del Regno).
Nel "fare la Volont del Padre", e invitando i discepoli ad imitarlo,
dunque, Ges, che parte dalla propria esperienza intcriore, totale, in
specie visibile nella sua preghiera, sa di unire "il Cielo e la terra". E
questo gi in s, come Figlio, e poi nei discepoli.
E ai medesimi discepoli quale modello pu affidare, vitalizzante e
trasformante, se non il "Padre suo" con lo Spirito? Il Padre infatti
"l'Unico Buono" (19,17; cf. anche la parabola degli operai, 20,15);
"l'Unico Maestro, l'Unico Padre" (23,8-9). Ecco allora il supremo di
tutti i mandati di Cristo:
"Siate dunque voi perfetti
come il Padre vostro nei cieli Perfetto" (5,48),
con rimando esplicito a Lev 19,2 (e cf. Le 6,36, parallelo).
E questa perfezione donata dallo Spirito, ma anche acquisita collaborando con lo Spirito del Padre, svolta per intero come programma vitale nella carit del Figlio, porta ad essere "i benedetti del Padre", quelli che solo possiederanno "il Regno preparato dalla fondazione del
mondo", Regno preparato dal Padre ("passivo della Divinit", 25,33).
193
b) Lo Spirito Santo
Una dottrina completa sullo Spirito di Dio, Spirito Santo, si pu
avere solo dalla rilettura completa del N.T., che rivisiti accuratamente
l'A.T. Ogni autore biblico ne ha uno stralcio, pi o meno per noi soddisfacente. Tale stralcio occorre intanto percorrere.
Matteo nomina lo Spirito Santo con questo nome circa 15 volte. Ma
se si esplicita anche la dottrina che proviene da episodi e dunque da termini altri, come la Nube della Gloria alla Trasfigurazione, YExousia
battesimale, VEudokia battesimale, la Dynamis, Potenza divina, si ha
una documentazione pi ampia e completa.
Le citazioni esplicite intanto sono queste:
- 1,18: lo Spirito unica causa per cui Maria Vergine concepisce e par
torisce il Figlio di Dio;
- 1,20: asserzione ripetuta;
- 3,11 : promesso da Giovanni Battista con il Fuoco nel futuro battesimo;
- 3,16: battezza Egli stesso Cristo Signore;
- 4,1: e lo "conduce" (ang) nel deserto per esservi tentato dal demonio;
- 5,3: sono "beati i poveri nello Spirito";
- 10,20: parla nei discepoli quando sar il momento decisivo;
- 12,18: come promesso, sta permanentemente sul Servo (Is 42,1);
- 12,28: Cristo, che espelle i demoni con lo Spirito Santo, il Regno di
Dio venuto;
- 12,31: chi bestemmia contro lo Spirito non avr remissione;
- 12,32: n se si parla contro lo Spirito;
- 22,43: lo Spirito ispira le Scritture;
- 26,41: nello spirito umano di Ges, lo Spirito pronto, la sua carne
(ancora) no;
- 27,50: morendo, Ges emette il suo spirito umano, ma da rileggere
"nello Spirito", secondo l'evoluzione del concetto che va da Marco e
Luca fino al classico Gv 19,30; e cf. Ebr 9,14;
- 28,19: il mandato ultimo "battezzare nel Nome (Unico, che ) del
Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".
Ora queste citazioni, numericamente scarse sempre secondo le
nostre esigenze massimaliste, se ordinate dovutamente assumono un
aspetto di immensa importanza, in una completezza scarna ma singolare:
a) lo Spirito in s:
- 12,18: viene da Dio solo;
- 22,43: ispira le Scritture, l'A.T.;
- 28,19: dunque Dio in s;
194
grandi sintesi dogmatiche della Chiesa, ma oggi riconosciamo che questo non fu un bene.
Come il Signore che viene, Ges anche "lo Sposo" (9,15), quello
per cui il Padre prepara il Convito delle nozze (22,1-14), e che viene
per queste divine nozze (25,1-13). Anche tale titolo, molto vivace nella
riflessione del N.T. e della Tradizione antica, quasi scomparso dalla
nostra visuale teologica.
Finalmente, per concludere questo abbozzo, due titoli risaltanti sono
"il Re della Gloria", quella eterna, adesso rivelatasi, e "il Giudice sovrano" (cf. 25,31-34). Con questi, la riflessione della Chiesa del N.T.
ricorda tra l'altro che Cristo ha in mano la decisione iniziale, centrale e
finale del destino degli uomini, secondo il divino Disegno che solo lui
nello Spirito Santo venuto ad attuare.
Ma quest'ultima nota apre, in conclusione, su un aspetto tipico di
Matteo; ancora una volta va detto, non esclusivo di Matteo, per che
egli cerca di accentuare dovunque, con maggiore frequenza rispetto
agli altri evangelisti: la sovrana, divina, irraggiungibile maest di Cristo. Ora, proprio Matteo la sottolinea con mezzi letterari evidenti, anzitutto (ed in questo lo raggiunge in qualche modo anche Luca), omettendo rispetto a Marco alcuni lati che non ritiene confacenti con la presentazione che vuole dare; e dove pu concentra anche la narrazione. Cos
tace di alcuni lati umani di Ges, che indicano i suoi limiti creaturali,
come quando domanda per sapere; non dice che "carpentiere", ma
"figlio del carpentiere" (13,55); soprattutto per omette i moti umani e
psicologici del tutto naturali di Ges, come gli scatti d'ira, la sua sconvolgente paura della morte (al Getsemani), la sua eccessiva compassione, la sua meraviglia davanti a reazioni dei presenti, come la fede insorgente. E neppure riporta l'accusa dei suoi pi stretti parenti, che per difenderlo dal pericolo di accuse che possono portarlo a giudizio di morte,
affermano: "Usc fuori di s" (cf. Me 3,21), pazzo.
Matteo insiste insomma sull'augusta maest di Ges, gi dai nomi e
dai titoli insistiti (vedi qui sopra), in modo che da questo tuttavia nulla
sia tolto alla maest del Padre; ma anzi assimila a lui del tutto ed in tutto
il Figlio. E cos anzitutto le Scritture parlano di Cristo. E dunque solo
Lui sulla base delle Scritture annuncia il Disegno divino, che la
Volont paterna da Lui realizzata nella pienezza. Egli annuncia il principio, il centro, la fine, come solo Dio pu fare (cf. qui Is 41-45: solo
Dio conosce il futuro!). E Cristo come "il Signore" garantisce insieme
la Legge santa come immutabile, e quale Profeta divino, attraverso
l'insegnamento, le parabole, i discorsi, e non da lontano, ma sempre da
vicino, personalmente, ne mostra la realizzazione, quale Disegno irremovibile del Padre, e dona ai discepoli la missione di proseguire questa
realizzazione.
200
L'accostamento totale al Padre sottolineato anche dal relativo distacco di Cristo da tutto e da tutti, abilmente redatto da Matteo. Questo
Ges che si fa presente sempre a tutti, in specie ai pi necessitosi, il
medesimo per non comparabile con nessuno. Neppure con le principali figure profetiche dell'A.T. Tantomeno con le autorit del suo tempo, sia romane sia ebraiche. N con le folle anonime, e neppure con i
discepoli nominati e scelti. Egli si pone come Colui che solo conosce il
Padre, e che solo il Padre conosce, e conosce solo Lui; e solo Lui fa conoscere il Padre a chi vuole.
Cos il Centro a cui tutto deve riferirsi: a) gi da Bambino si deve andare a Lui, ed adorato dai Magi (2,11); b) riceve la prostrazione adorante come Kyrios (ben 13 volte); e) la Meta, occorre sempre andare a lui, "accostarsi a lui"; Paolo dir poi "aderire a Lui" (cf.
1 Cor 6,17).
La sua Potenza divina tale, cos "facile", che opera con la sola
parola, e miracoli grandi, "subito", per cui "guarisce tutti". La sua anche Parola di comando, alla quale solo si obbedisce, da parte di tutti, in
cielo come in terra, e dunque dagli stessi demoni, e dalle folle, e dai
guariti da Lui, e tanto pi dai veri discepoli suoi.
E se gli si deve obbedire, allora si seguiranno i suoi itinerari anche
senza sapere il loro esito. La sola Guida allora Lui. Quanto da fare
dipende da Lui. Questo visibile in specie in relazione ai discepoli, dei
quali dispone. Dispone della loro vita in totalit, di quanto crederanno,
opereranno, spereranno, essi e la loro comunit. Quando li invia, trasmette ad essi la sua missione stessa, quella ricevuta in esclusiva dal
Padre; e mentre vanno li dirige, si rende ad essi sempre presente
(18,20; 28,20, testi esemplari). E li accompagna anche con l'esortazione divina suprema, che risuonava gi nell'A.T.: vigilare sempre per la
Venuta divina.
La sovranit della Parola divina di Cristo percepibile nella formula
ripetuta, anch'essa dell'A.T.: "Io parlo a voi". Dio che parla. Che
fonda sulle Scritture e sulla loro attuazione tutta la sua dottrina: insomma, sul Disegno eterno del Padre e su quanto Egli ritiene di spiegare ai
discepoli per la vita eterna. La sua dottrina deve cos essere letta in una
triplice visuale, molto difficile da essere afferrata come globalit e non
come tripolarit sconnessa: a) la pi forte radicalizzazione della Scrittura, dunque della Legge e dei Profeti, e della fede d'Israele nel suo Signore; b) per cui davanti alla lettura corrente della Scrittura, e la sua
messa in pratica umana, porta insieme continuit, rottura e superamento infinito; e) sempre nella disposizione continua di accettare, contemplare ed attuare la Volont del Padre.
Di necessit, allora, Cristo il centro dell'Economia del Padre, e lo
sempre con lo Spirito. In un parola, il Centro del Regno del Padre.
201
consiste anche nell'intelligenza e nella comprensione del Regno divinamente donata il Signore dona la Rivelazione e la sua interpretazione (cf. qui l'anticipo di Dan 2,19-23; e l'attuazione di Gv 14,16-17;
14,27; 15,26-27; 16,7-11; 16,13-15, le 5 volte simboliche (5 = totalit)
della promessa dello Spirito Rivelatore e Docente). La quale dovr essere vissuta, ed essenzialmente operata nel mondo.
La decisione finale da prendere di essere sempre vigilanti. Vigilare
attivo, operante febbrilmente, "come se il Signore non venisse (cf. il
suo "tardare" di 25,5) e come se il Signore venisse subito (cf. il suo
"venire come un ladro", improvvisamente, 24,42-44). I servi vigilantioperanti, che cercarono sempre il Signore senza mai trovarlo perch
non possono farlo da soli, debbono tuttavia "lasciarsi trovare" da Lui, e
durante le loro "opere della Giustizia" divina; tale anche la teologia
del Cantico dei Cantici.
Questi discepoli, questi "uomini nuovi" in senso reale, sono gli incaricati e portatori della missione del Signore. Meglio, incaricati di portare il Signore con la "sua" missione. Questo fatto si pu contemplare da
diverse visuali. Ma se noi qui abbiamo sempre privilegiato la "lettura
Omega" come la pi completa e vera, allora possiamo vedere come la
missione si svolga in due fasi:
a) a tutte le nazioni: 28,9, testo fondamentale, con richiamo plurimo
a Dan 7,13-14, il Figlio dell'uomo; a Is 42,1-4, il Servo con lo Spiri
to; Me 16,15 usa la formula analoga "l'Evangelo a tutta la creazio
ne". Alle nazioni immerse nella tenebra del paganesimo, i discepoli
porteranno:
- l'insegnamento del Signore, l'Evangelo annunciato, spiegato, che
"far discepole" le nazioni (verbo mathtu), discepole del Signore:
28,19a;
- il battesimo nel Nome Unico della Triade Santa: 28,19b;
- l'ulteriore insegnamento, "custodire quanto comand" il Risorto:
28,20a; e questa l'obbedienza finale, salvifica;
- tutto questo garantito dalla Presenza divina del Signore: 28,20b;
b) ad Israele solo: 10,5-6, da tramutare in popolo discepolo-missiona
rio dell'Evangelo. Si ritrovano i medesimi elementi:
- l'insegnamento del Signore: 9,35, l'Evangelo del Regno, spiegato dai
discepoli come i "profeti" da ricevere: 10,8;
- la preparazione al Regno, il cui inizio il battesimo: 10,8;
- l'ulteriore insegnamento: nella pace dell'ascolto: 10,13.24-27.32.4042; e questa l'obbedienza all'Evangelo ricevuto;
- tutto questo garantito dalla presenza divina del Signore, che adesso
si esplica come la medesima sua Exousia, l'Autorit divina che copre
209
con potenza tutto l'annuncio e tutte le opere dei discepoli se sono secondo il Signore: 9,35 e 10,1.
Lasciamo per ultima la nota dominante, quella che dopo la scelta e
la vocazione e la formazione sigilla finalmente tutti i veri discepoli del
Signore, proprio a partire dal loro nucleo, i Dodici, adesso Pietro e i
Dieci per la scomparsa di Giuda: l'annuncio della Resurrezione che essi
debbono continuamente ricevere dalle Donne fedeli: Mt 28,7; cf. Me
16,7; Le 24,8-10.
A tale Annuncio, l'unico Annuncio della salvezza avvenuta nella divina pienezza, sono destinati tutti i discepoli del Signore. Mediante essi, e per sempre, tutte le nazioni della terra.
e) "La m/tf Ekklsia"
La Comunit apostolica un problema moderno che in Matteo ansiosamente ricercato e discusso. Si parla facilmente di "Chiesa di Matteo". In sostanza, e semplificando forse troppo, si ipotizza poich
solo di ipotesi letterarie e storielle si tratta, scavando nell'archeologia
dei testi che la "Chiesa della storia" in Matteo non sia ormai pi
raggiungibile; si pu solo parlare di "Chiesa della fede", analogamente
all'irraggiungibile "Ges della storia", che ci fa contentare del "Cristo
della fede". La fede crea modelli della sua rappresentazione. Matteo
non poteva fare altrimenti; egli doveva dare la "sua" visione di Chiesa,
con sovrana trascuranza degli aspetti pi drasticamente storici, e risalenti al Signore. Per procedere a questo, alcuni, armati di ingegno e di
molta fantasia, e non curandosi delle enormi contraddizioni di ogni ultima teoria rispetto a tutte le altre, debbono postulare previamente che
anzitutto Matteo riflette lo stato di una comunit tardiva, comunque oltre l'anno 80; una comunit in crisi generazionale di fede e di fervidit di opere; Matteo, scegliendo il materiale della tradizione di cui disponeva, avrebbe scelto solo quello che avrebbe fatto risaltare tale stadio tardivo, e tale stato di malessere; la sua narrazione sarebbe quindi il
prodotto delle necessit "catechetiche" della comunit del suo tempo.
Alcuni tratti poi sarebbero in aperta polemica con Luca, e molto di pi
con Paolo.
Lasciamo le ipotesi alla loro elaborazione tuttora corrente, e forse
destinata a non raggiungere nessun vero risultato utile, come confessano molti studiosi, che denunciano la crisi della critica moderna. Restiamo ai dati sicuri.
Matteo dal suo scritto mostra l'inizio (anni 30-40) di una Comunit
fondata dal Signore, certamente di origine ebraica, che si usa definire
"giudeo-cristiana" in quanto ormai aderente per sempre al suo Fondatore. Diversi semitismi di Matteo sono riscontrabili, come si detto; an210
che diversi palestinismi, come lo splendido "le pecore perdute della casa
d'Israele" di 10,6. Una Comunit tuttavia dalla spinta conferita dal
Signore stesso, che ormai proiettata verso l'apertura universale, "tutte
le nazioni" (28,19). Questo la pone in una situazione drammatica verso
Israele. Essa ha coscienza che esista un "unico Israele di Dio", quello
dell'unico Disegno divino. Dunque con l'Israele storico forma una singolare unit, che frattura insieme, ed superamento. Esiste un'unica
lettura dell'A.T., un unico culto al Dio Vivente, un'unica speranza di
salvezza. Eppure la lettura avviene in due modi, quello dei rabbini e
quello degli Apostoli, quest'ultimo mediato ormai per sempre da Cristo
Risorto. L'unico culto dato da due assemblee dell'unico popolo, tra di
esse divise ed ormai alienate. La salvezza avviene o nell'attesa senza
nessuna certezza di evento finale, oppure nella radicale certezza storica
che l'Evento si ormai verificato per sempre in Cristo Risorto con lo
Spirito Santo. Si deve allora parlare in Matteo, precisamente come in
Paolo, di sostanziale continuit, rottura e superamento con Israele; non
far altrimenti l'epistola agli Ebrei; n Giovanni.
Questa Comunit appare dunque in Matteo gi bene ordinata, ed originariamente stabilita dal Signore. Essa dotata di strutture portanti ed
inderogabili, i Dodici e gli altri discepoli della prima vocazione. Tale
struttura valida perch portatrice della medesima exousia, l'autorit
di cui gode il Signore stesso per averla ricevuta dal Padre, e che il
Dono battesimale dello Spirito Santo disceso su Cristo. La Comunit si
mostra in atto mentre esercita un primo ministero insieme con il Signore: annuncio del Regno, guarigioni, profezia ed esorcismi contro il demonio (7,22).
Alla Comunit sono raccomandate le esigenze e le decisioni di cui
si trattato poco sopra. Essa sar autentica ed efficiente solo se rester sempre unita nel Nome del suo Signore (18,19), il quale promette di stare per sempre con essa (18,20). Dovranno essere evitati per ci egoismi, primati, scandali, divisioni; e l'accidia, che la demotivazione della spinta della fede. Si dovr parlare solo l'essenziale, ed
invece si dovr molto agire per il Regno. Del Regno si dovr custodire
la Legge santa, ma riletta con la Giustizia divina del tutto adempiuta
dal Signore (3,15, testo battesimale fondamentale), in un tutto inscindibile (5,17-20).
Dal "discorso ecclesiastico", che una piccola "somma" che determina il comportamento in atto della Comunit, appare che il pi grande
sar come un bambino (18,1-5); e tutti debbono essere bambini, anche i
meno perfetti ed i meno dotati; un bambino la pecora perduta che deve essere ritrovata (18,12-14). Nessun discepolo deve scandalizzare
questi bambini che sono la Comunit, non dovr disprezzarli (18,6-11).
I mezzi sovrani sono dati dal potere che la Comunit ha e possiede da
211
la ricompensa del Padre sar copiosa, sar l'Eredit divina stessa. Non
si opera per il Regno nel timore. Matteo qui tende a porre gli elementi
che corrono verso la maggiore responsabilizzazione di ogni discepolo.
Egli chiarisce che il discepolo che accetta di aderire al Signore fa parte
con il Signore, ed essendo il Signore con lo Spirito "il Regno", dunque
fa gi parte del Regno. Cos ogni opera per il Regno gi qui ha in se
stessa la sanzione positiva: operare gi essere ricompensato. Gli atti
salvifici gi sono salvezza, come gli atti della rovina gi sono rovina.
La fede, la speranza, la carit ormai gi in se stesse hanno aperto le
porte del Regno del Padre.
Grandioso come "Evangelo" di Dio, fascinoso come narrazione della
Storia salvifica vissuta dal Figlio d'Abramo, Figlio di David, figlio di
Maria, Figlio di Dio il Vivente, Matteo ebbe un immenso successo
nella tradizione di tutte le Chiese. Pi commentato del quasi relitto
Marco, ed in paragone anche pi di Luca e di Giovanni, esso impront
grande parte della catechesi viva della Chiesa di Dio, della sua predicazione, della sua esortazione morale. Tutto questo resta ancora oggi, pur
se il progresso e la diffusione delle scienze bibliche anche a livello deipopolo ci fanno comprendere che Matteo si dovr leggere con tutto il
N.T., con tutto l'A.T., con tutta la Tradizione della Chiesa. Allora produrr in noi, come Albero buono, il Frutto ottimo.
B. LUCA
L'autore dell'Evangelo che l'antica tradizione manoscritta fin dall'inizio ha posto sotto il nome di "Luca", si dichiara gi in apertura di far
parte non della prima generazione dei discepoli del Signore Ges Cristo Risorto, ossia quelli che dall'inizio parteciparono insieme con Lui
ai fatti salvifici della sua Vita storica, Lo videro ed ascoltarono di persona i suoi detti salvifici. Luca appartiene invece alla seconda generazione (per alcuni, ma non bene, alla "terza"). La quale, se cronologicamente successiva, tuttavia convive con la prima, le ossequiente,
"collabora" (verbo tecnico) con essa, ne diffonde l'azione, eventualmente le succede nei luoghi dove l'Evangelo stato predicato e dove la
Comunit del Signore stata impiantata.
1. Generalit su Luca
Luca il discepolo caro a Paolo, che lo menziona ripetutamente
(Col4,14; 2 Tim 4,11;Filem 24), se lo associa come "collaboratore" alle
fatiche apostoliche tra le nazioni pagane, e lo ammette a partecipare
anche alle numerose tribolazioni dell'Apostolo. Da questa situazione
215
2. Lo schema di Luca
Come si insistito a proposito di Matteo (cf. sopra), il modo pi
proprio di leggere l'Evangelo di Dio la "lettura Omega", quella che
parte dalla completezza dei fatti, e cos pu interpretarli nella globalit,
dalla fine al principio, dal principio alla fine conosciuta gi. Il materiale di Luca se si vuole un approccio anzitutto teologico va disposto
idealmente cos:
A) la Resurrezione: 24,1-12
il suo complemento: le apparizioni del Risorto e la Promessa che
lo Spirito Santo: 24,13-53
la sua promessa: la Croce: 22,1 - 23,56
B)il "discorso escatologico": 21,5-36
C)l'ultimo ministero a Gerusalemme: 19,28 - 21,4
D)il ministero in Galilea: 3,1 - 9,50
E) la "salita a Gerusalemme": 9,51 - 19,27
F) T"Evangelo dell'Infanzia del Signore": 1,5 - 2,52
G) il "prologo" storico: 1,1-4.
Luca narra in ordine come il Signore stesso si presenta alle folle, ma
soprattutto ai discepoli che sceglie, chiama e raduna affinch Lo seguano. Anche lui, come Matteo (vedi qui sopra), per questi opera per cos
dire una catechesi "da zero" per quanto Lo riguarda: si presenta dapprima come il Profeta grande, promesso dall'A.T., ed atteso nei secoli, il
Maestro che insegna con autorit, l'operatore di prodigi potenti, umile
e mite, tenero verso i poveri ed i peccatori, l'annunciatore del Regno di
Dio che viene. Tuttavia, in salita ardua, con continui annunci di morte e
di resurrezione, in cui si presenta come la misteriosa figura del Figlio
dell'uomo, svela via via e per intero il Disegno del Padre; provoca cos
l'oscuramento del cuore, l'incompresione ed il rigetto ostinato, ed il
terrore e smarrimento dei suoi discepoli. Infine, il Disegno del Padre
appare in tutta la sua crudezza, nella sua fase preliminare, con la Croce,
dove il Signore appare come il Servo mansueto, il tipo assoluto del Servo sofferente, il supremo Testimone della Bont divina che si manifesta
"sotto specie contraria" alla logica degli uomini.
Dalla fase completiva, la Resurrezione, la prospettiva rovesciata,
da catechesi si fa "mistagogia": l'Evento adempiuto totalmente, adesso la spiegazione non pi preliminare ma completa; manca solo il
Dono dello Spirito ai discepoli. Perci il Signore Risorto, mistagogica219
a) Esordio: 3,1-4,13
3,1-6: Giovanni il Precursore inizia a predicare
7,14: le folle si fanno battezzare da lui 15-18:
preannuncia il "Pi Forte" di lui 19-20: Erode
cattura Giovanni il Battista
21-22: GES BATTEZZATO
a) In viaggio, e la missione dei discepoli: 9,51 - 10,24 9,5156: i Samaritani lo respingono perch va a Gerusalemme
a) La congiura: 22,1-6
22,1-6: Giuda congiura con il sinedrio
225
b) La Cena: 22,7-38
7-13: i discepoli preparano la Gena
14-20: il Signore istituisce l Gena, il Convito del Regno
21-23: annuncia che Giuda lo tradir
24-27: i discepoli questionano di nuovo sul pi grande
28-30: i discepoli saranno ricompensati
31-34: preannuncia che Pietro lo rinnegher
35-38: viene l'ora della lotta finale
e) Al Getsemani: 22,39-53
39-46: la preghiera al Getsemani
47-53: Ges catturato
d) Dal sommo sacerdote: 22,54a
54a: tradotto dal sommo sacerdote
e)Pietro lo rinnega: 22,54b-62
54b-62: Pietro lo rinnega tre volte
f) Al Sinedrio: 22,63-71
63-65: deriso colpito insultato
66-71 : processato e condannato dal sinedrio
g) Da Pilato: 23,1-25
23,1-25: processato, condannato e messo all'esecuzione da Pilato
h) La Croce: 23,26-49
26-32: verso il Calvario, incontra le pie donne di Gerusalemme
33: crocifisso
34a: "Padre, perdona ad essi...!"
34b: le vesti tirate a sorte
35-37: gli ultimi scherni, tentazione escatologica
38: il cartiglio della Croce
39-43: i due ladroni: "Oggi con me in paradiso!"
44-46a: agonizza, "Padre, nelle Mani tue..."
46b: GES MUORE
a) La Resurrezione: 24,1-12
24,1-4: risorto, appare alle Donne fedeli
5-10: le invia a portare l'annuncio ai discepoli
11: i discepoli increduli
12: Pietro corre al sepolcro e resta stupito
b) II Risorto appare ai discepoli: 24,13-43
24,13-32: appare ai due di Emmaus
33-35: i due tornano a Gerusalemme per portare l'annuncio ai discepoli, gi informati alle Donne fedeli 36-43: Ges appare anche ai
discepoli riuniti insieme 44-49: spiega le Scritture sul suo Evento, e
promette lo Spirito Santo
e) II Risorto benedice i discepoli ed ascende al cielo: 24,50-51
24,50: sul Monte li benedice 51: assunto al cielo
CONCLUSIONE: 24,52-53
b) Lo Spirito Santo
Si deve qui tenere presente il grande testo diAt 10,34-43. Cf. l'analisi del Battesimo del Signore, 6 Gennaio.
Lo Spirito riceve diversi nomi, indicato anche attraverso metafore,
come il Dito onnipotente di Dio con cui il Signore espelle i demoni (Le
11,20; cf. Mt 12,28, che esplicita "lo Spirito di Dio"). Il solo termine
pnuma da le seguenti presenze, 12, sufficienti ad avere una ricca dottrina sullo Spirito Santo in Luca, in rapporto a Cristo (altre 9 volte invece sta in rapporto ad altri personaggi del N.T., in specie neh""Evangelo dell'Infanzia"):
- 1,35: la Dynams di Dio, lo Spirito, nell'annuncio dell'Angelo a Ma
ria Vergine, fa nascere da lei il Figlio di Dio;
- 3,16: Giovanni il Precursore annuncia che Colui che viene battezzer
con Spirito Santo e Fuoco;
- 3,22: al Battesimo, lo Spirito discende per restare su Ges; testo fon
damentale;
-4,1: Ges "pieno di Spirito Santo"; l'aggettivoplrs indica non la
passivit di chi riempito, ma la condizione naturale, attiva, di chi
possiede la Pienezza dello Spirito Santo, che da Dio Lo permea per
intero, e ne fa l'unico Portatore dello Spirito gi prima della Resurrezione beata;
- 4,1: nel medesimo versetto si annota che Ges "era condotto dallo
Spirito nel deserto", per esservi tentato, e testimoniare cos la veridi
cit del Padre, la fedelt assoluta a Lui, la realt del suo programma
battesimale che Lo conduce nello Spirito alla Croce; il diavolo, con
sapevole, vuole impedirglielo;
- 4,14: dalla tentazione, e vittorioso, "torn Ges nella Dynamis dello
Spirito Santo in Galilea", per iniziare la sua missione messianica;
- 4,18: Ges dichiara la sua messianit in sinagoga, citando il testo di
Is 61,1-3 (con 58,1-11; 35,1-3): lo Spirito di Dio Lo unse per la sua
missione evangelizzatrice;
- 10,21: il Signore esulta nello Spirito Santo e proclama il "Giubilo
messianico";
- 11,13: nel contesto del "Padre nostro", con la "catechesi sulla pre
ghiera", il Signore invita a chiedere lo Spirito Santo, bench si sia
malvagi, come unico Dono del Padre;
- 12,10: la bestemmia contro lo Spirito Santo, al contrario di quella
contro il Figlio dell'uomo, non sar perdonata;
- 12,12: il Padre dar sempre lo Spirito Santo, unico Maestro per i di
scepoli del Figlio.
231
La documentazione interessante, ma vista da vicino anche impressionante. Il suo significato si pu riassumere cos:
a) lo Spirito precede Cristo: dall'A.T. all'annuncio a Maria;
b) accompagna sempre Cristo, in specie dal Battesimo alla Croce, e lo
resuscita dalla morte;
e) lo Spirito segue e sostituisce Cristo nella vita della Comunit nuova;
.le specificazioni abbondanti stanno negli Afri.
e) II Signore Ges Cristo
Le poche linee che seguono, anche tenendo conto di quanto precede, non possono dare se non una minima parvenza della ricchezza di
Luca, che incentra la sua narrazione sulla Persona del Signore, come
si detto.
Intanto numerosi e ricchi di senso sono i nomi che Luca tributa a
Lui. Si sa che nella sua Vita il Signore si riservato il solo nome di
"Figlio" e "Figlio dell'uomo". Gli altri nomi e titoli sono stati a lui attribuiti o dai genitori: Ges; oppure dalla Comunit che rifletteva sulla
Persona e sugli eventi a cui aveva assistito: il Kyrios, il Risorto e glorificato, la Gloria d'Israele, la Luce delle nazioni, il Figlio di David, il
Nuovo Adamo, l'Uomo vero, il Re, il Salvatore, il Servo, l'Orante, il
Profeta dello Spirito, il Maestro, e cos avanti.
Luca riporta tutti questi nomi, ed altri. Se ne da qui appena un
sentore.
Il titolo divino Kyrios, che traduce alla lettera il JHVH, il Signore il
Dio Vivente dell'A.T., il principale; ricorre ben 103 volte. Luca lo usa
di continuo, ma tipicamente lo riporta come riferito al Signore gi prima della Resurrezione, nella quale per s sola si ha la manifestazione
piena, da parte del Padre, della Sovranit divina del Figlio. Cos, gi all'annuncio a Maria Vergine: 1,35; ed alla Nascita: 2,11. pi che naturale ritrovare il titolo alla Resurrezione: 24,3.
La Gloria d'Israele e la Luce delle nazioni pagane sta nel Nyn
apolyeis di Simeone (2,32). Il secondo citazione del Servo (Is 42,6;
49,6), per cui si rimanda anche a questo titolo. Teso alla Gloria del Padre, il Signore tuttavia riceve a sua volta la gloria degli uomini (il Samaritano lebbroso: 17,18), e poi dalla sua Comunit per sempre.
Sul "Figlio" e "Figlio di Dio" si gi visto, in rapporto al Padre. Invece con il titolo misterioso di Figlio dell'uomo, che riconduce a Dan
7,13-14, colui che sta tutto sotto la Volont paterna (vedi anche sopra),
si fa risaltare il divino Disegno. Il Signore lo usa spesso, ma in modo
pi evidenziato nei preannunci della Croce e della Resurrezione (9,22;
9,43b-45; 18,31-34). I Profeti parlarono di Lui, infatti. Egli oggetto
del tradimento degli uomini, che Lo consegnano alla morte (22,22), ma
232
tolo divino, ed insegna della divinit usurpata. Luca usa spesso sia queto titolo, sia il verbo sz, salvare, sia il sostantivo seteria e strion,
strumento di salvezza. La dottrina della salvezza portata per Disegno
divino dal Signore con lo Spirito, con accentuazioni diverse, comune
a tutto il N.T. Luca sottolinea l'aspetto dell'universalit.
Se da una parte il Signore nella sua Vita narrata da Luca limita i suoi
rapporti con i pagani, e non esce dai confini della Palestina (al contrario per Marco), tuttavia la salvezza che deve giungere fino alle nazioni
pagane come l'apertura dell'Evangelo: 1,47.69.71.77; 2,11.30; 3,6, e
si apre nello scenario della storia universale con la genealogia (3,2338), dove con Adamo si abbraccia tutto il genere umano quale unico
"figlio di Dio" da riportare al Padre. Non solo. Luca riporta il detto del
Signore, che verranno le nazioni pagane dai quattro punti cardinali per
partecipare al Convito del Regno con Abramo, Isacco e Giacobbe
(13,29-30). E finalmente, la Promessa dello Spirito, che dona la conversione e la penitenza dai peccati, dopo la Resurrezione, consegnata
ai discepoli affinch la realizzino fino ai confini della terra (24,46-48).
Negli Atti poi Luca descriver singolari sviluppi del tema.
Ma la salvezza divina regale non opera pacifica e indolore, al contrario sar necessaria l'opera del Servo sofferente, altro titolo importante. Gi Simeone, additando nel Bambino la Luce delle nazioni, rimanda
al Servo: Is 42,6; 49,6. Al Giordano ed alla Trasfigurazione, il dono
dello Spirito e il titolo Eletto-Diletto rimandano ancora al Servo: Is
42,1. Nella Cena (22,37) Ges stesso cita Is 53,12, il Servo che deve
essere annoverato con i malfattori, confermato dall'abbandono alla
morte insieme ai due ladroni (23,25.33.39-43).
Tutto questo, per non avviene senza molto pregare. Il Signore la
figura perfetta dell'Orante. Tutta la sua vita non che una immensa, tesa, insistente preghiera al Padre nello Spirito: quando sale al tempio tre
volte l'anno nella vita nascosta; al Battesimo (3,21); quando sfugge alla
presa della folla per raccogliersi a pregare (4,42); cos ancora quando la
fama sua si diffonde (5,16); quando sceglie i Dodici (6,12); per la fede
di Pietro (9,18); alla Trasfigurazione (9,28 e 29); quando insegna il
"Padre nostro" (11,1); al Getsemani (22,32), sulla Croce (23,40-46). E
si potrebbe ancora ricordare la preghiera in sinagoga di sabato "come
era suo uso" (4,16), e la moltiplicazione dei pani e dei pesci (9,16), e di
nuovo il "Giubilo messianico" (10,21-22), e la Cena, e lo spezzare il
pane ad Emmaus.
Una particolare insistenza pone Luca nel presentare il Signore come
Profeta dello Spirito Santo. Con questo si raggiungono e si completano
la comprensione della figura e dell'opera del Signore. Se nella sinagoga di Nazaret proclamando Is 61,1, come si detto, egli si manifesta
come il Re messianico "unto dallo Spirito di Dio", in tale contesto il
234
de. L'insistenza sulla fede che sola salva: essa guarisce (5,12.20; 7,9,
un centurione pagano!; 8,48; 17,19; 18,42), toglie i peccati (7,50, la
peccatrice che ama), perfino resuscita (8,40-56, la figlia di Giairo). Insomnia, crea l'uomo nuovo.
Ma la vocazione che dona il Signore pone i discepoli in situazione al
limite delle possibilit umane, in condizioni di ripugnanza umana: la rinuncia per la sequela difficile (9,23-25), il cui distintivo la Croce
"ogni giorno" (9,23), perdere la propria anima per ritrovarla (17,33).
Rinuncia totale, fino ad odiare i propri parenti (14,26-27; l'espressione,
non avendo l'ebraico il termine che esprime "preferire di meno", va
spiegata) a causa del Regno di Dio. la stessa spoliazione totale del
Figlio di Dio e Dio da Dio, che si fa Uomo e Servo.
La povert uno dei temi principali che interessano Luca. Gi in
apertura, Cristo stesso quando nasce povero (2,6-18), riscattato con
il sacrificio dei poveri, tortore e colombi (2,24). povero totalmente
nella nudit della Croce. Nella sua vita non ha dove posare il capo
(9,58). E addita come esempio la povert del Battista (elogio: 7,24-30).
Nella predicazione del Signore, la povert il "segno" supremo.
L'Evangelo per i poveri (4,18; 7,22). I poveri sono beati (6,20, cf. vv.
24-25). Il Signore da una serie di "catechesi" sulla povert: a) come distacco: 12,13-15.16-21.22-31.33-34; b) come contrapposizione alla ricchezza: 16,10-12.13.14-15.19-31; e) come supremo elogio della vedova che dona tutto quello che possiede (21,1-4).
E tuttavia, paradossalmente, il Signore chiede ai suoi poveri di essere
larghi nella carit, nell'elemosina: l'appello nel deciso "Donate, e
sar (dal Padre, passivo della Divinit) donato a voi" (6,38). La radicalit del dono significata dalla radicalit dello spossessamento: "Vendete quanto possedete, e donatelo in elemosina" (2,33). questo anche
il segno della redenzione dei ricchi, peccatori per definizione, e cos
Zaccheo spontaneamente "restituisce" la met dei beni ai poveri, il
quadruplo a chi ha truffato, ed essendo titolare di una sudicia impresa,
quelle che oggi si chiamano "finanziarie" con altri aggettivi pittoreschi
e sigle barbariche, restituisce il quadruplo (ivi). Ma la vita della carit,
che dono e scambio con il fratello, vista dal Signore come un "convito" permanente, al quale invitare in permanenza i poveri (14,12-14).
Questo sta sotto il segno del "servire", diakon, come fa l'umile,
anonimo personaggio che la suocera di Pietro guarita dal Signore
(4,39), e cos le Donne fedeli che seguono Ges (8,3), la stessa Marta
(10,40). L'esempio della diakonia dato dal Signore stesso, nella parabola del ritorno del Padrone che servir i suoi servi buoni (12,7), e nell'insegnamento dall'esempio suo stesso, che "sta in mezzo ad essi come inserviente, diakonn", e vuole che chi nella Comunit comanda sia
solo un inserviente, diakonn (22,26-27, durante la Cena).
237
Anche nell'uso della Tradizione delle Chiese, Marco stato abbastanza accantonato, non facendo mai parte dei grandi "cicli di lettura"
liturgica, riservati agli altri 3 Evangeli. Il motivo abbastanza scoperto.
Al contrario di Matteo e di Luca, Marco non ha i grandi discorsi del Signore (ne ha qualche spunto), n ha molte parabole (solo 7, concentrate
nei cap. 4, 12 e 13), dunque sembrava non offrire materiale per una vasta omiletica. I criteri moderni sono del tutto diversi, Marco ha una
grande narrazione.
stato detto acutamente che Marco seguendo il maestro Pietro, ha
come unico criterio redazionale la Resurrezione del Signore come seguito della sua Passione, alla luce delle quali legge il resto dell'Evento.
Perci il suo Evangelo ha una "grande testa", i cap. 11-16, dedicati alla
Passione e Resurrezione, ed un "piccolo corpo", i cap. 1-10, dedicati
alla Vita storica del Signore.
Il vantaggio che Marco offre il suo schema semplificato, che comincia dal Battesimo del Signore, ha come cerniera molto evidente la
Trasfigurazione, e termina con l'Intronizzazione del Signore Risorto, e
dunque pu essere sempre un utile punto di riferimento per la contestualizzazione di molti episodi evangelici.
D'altra parte, quanto alla pi antica Tradizione, Marco mostra come
dopo la "generazione apostolica", la "seconda generazione" come
Luca godesse di prestigio pari, e di una singolare libert di scelta e
di elaborazione del materiale per comporre una memoria evangelica. Il
prestigio di Marco fu grande, oltre che a Roma, anche ad Alessandria
(Eusebio di Cesarea riferisce l'antica tradizione della predicazione di
Marco in quella metropoli, e del suo martirio glorioso nel "Campo del
toro"); in Occidente, ad Aquileia, da cui 1'"impresa di Marco", patronato e simboli, passarono a Venezia.
1. Generalit su Marco
Come la tradizione gi affermava all'inizio del sec. 2, "Marco" non
un "Apostolo", ma un "personaggio apostolico", indicato come discepolo di Paolo e poi di Pietro, e come colui che ha redatto il testo di
Marco nella forma finale. Ma per procedere a questo, come si visto,
egli disponeva di materiale a lui precedente, derivato sia dalla Tradizione
orale, ossia la predicazione del krygma apostolico a viva voce, sia da
altri testimoni visivi ed auricolari dei fatti della Vita storica del Signore:
Pietro, altri Apostoli e discepoli del Signore, in scritti a lui presenti,
ossia il duplice "Evangelo di Antiochia" ed "Evangelo paolino"; sia,
infine, il materiale da lui raccolto di persona, in specie se l'autore il
Marco-Giovanni attestato in diversi contesti del N.T.: At 12,12.25:
Giovanni detto Marco, la cui madre ha la casa in Gerusalemme; cos
240
questo Omega il materiale essenziale, nucleare, il krygma della tradizione pi antica: la Resurrezione e la Croce, con i fatti attinenti. Si
scopre allora uno schema singolare, che si pu delineare cos:
A) la Resurrezione: 16,1-8; 9-20, aggiunta finale;
la Croce: 14,1-15,47;
B) il discorso escatologico: 13,1-37;
C) l'ultimo ministero a Gerusalemme: 11,1 - 12,44;
D)la "cerniera": il ministero dalla Galilea a Gerusalemme: 8,27 10,52; al centro, la Trasfigurazione;
E) il primo ministero messianico in Galilea: 1,14 - 8,26;
nucleo propulsivo, il Battesimo, 1,9-11;
F) il titolo ed il "prologo": 1,1 e 2-15.
Il questo schema cos apparentemente semplice sta tutto il Mistero
divino rivelato, "donato" (4,11) nella sua pienezza agli autentici discepoli del Signore, a partire dal suo culmine, la Resurrezione del Crocifisso, e ripercorrendo l'adempimento delle Scritture, l'A.T., e postulando anche, di necessit, la lettura del resto del N.T. come totalit costitutiva con l'A.T. chiaro che Marco, membro integrante e vivente della
"Chiesa degli Apostoli", della quale conosceva a fondo la vita e la missione, rimanda silenziosamente, allusivamente al resto di tutti i fatti
della Vita del Signore: "quelli (gli Apostoli) usciti proclamarono il
krygma dappertutto, il Signore collaborante (con essi) e la Parola confermante attraverso i 'segni' accompagnanti" (16,20). Marco li vide e
ascolt e interrog. Allora ogni fedele lungo le generazioni deve informarsi, ed anzi essere informato dovutamente dagli Apostoli, sul krygma, sulla sua diffusione "dappertutto", a "tutta la creazione", sulla
"collaborazione" del Signore Risorto, sulla "confermazione" causata
dalla Parola rispetto ai "segni" prodigiosi che il Signore con la Parola
sua produce, e dona quale necessaria compagnia agli Apostoli. questa
la vita della comunit cristiana del N.T., e dopo.
La seconda ordinanza dei "fatti e detti" della Vita del Signore, correlativa alla prima, disposta secondo la visuale teologica che implica di
necessit una narrazione storica. Anche qui Marco segue Matteo e Luca. Gli eventi reali che nello Spirito il Signore ha vissuto e provocato,
sono narrati nell'ordine cronologico in cui si sono effettivamente svolti,
bench sempre con la teologia che guida la visuale: dal Battesimo nello
244
Spirito alla "confermazione" nello Spirito Santo in occasione della Trasfigurazione, fino alla Gloria dell'Ascensione ed alla Presenza parusiaca indefettibile ai discepoli inviati in missione. I discepoli di allora hanno "visto ed ascoltato" i "fatti e detti" del Signore in quell'ordine preciso. Allora si scopre anche l'altro dato decisivo, che il Signore con lo
Spirito Santo ha operato una unica e medesima rivelazione ai discepoli
di allora, ed a quelli che sono vissuti dopo di essi fino a noi, per in due
aspetti: uno "catechetico" e preparatorio, che corre dalla prima predicazione del Regno alla Croce, e l'altro "mistagogico" e definitivo, che
consiste nella visione della Resurrezione come "il Fatto" che da senso a
tutti gli altri Fatti.
Su questo si rimanda a quanto detto in proposito trattando di Matteo,
sopra.
Questa la Manifestazione divina completa.
Cos la narrazione evangelica come si ha adesso, e resta quale valida forma di "catechesi" per i catecumeni. Ma i battezzati sanno e debbono leggerla dalla sua pienezza. Tuttavia, sia i catecumeni, sia i battezzati debbono farsi e restare per sempre discepoli del loro Signore, ed
esercitarsi di continuo a seguirlo lungo la sua Vita storica, come gli
Apostoli di allora adesso, nel "continuo celebrativo" con tutte le sue
leggi. Di questo si gi parlato, tuttavia se ne dovr ancora parlare in
seguito.
Adesso va presentato lo schema di Marco secondo il testo attuale.
SCHEMA GLOBALE DI MARCO
1,1-15: PROLOGO
1,16 - 8,26: MINISTERO MESSIANICO IN GALILEA
8,27 - 9,50: INTORNO ALLA TRASFIGURAZIONE
10,1 - 15,47: MINISTERO DELLA CROCE
16,1 - 20: RESURREZIONE, GLORIFICAZIONE, INVIO IN MISSIONE
SCHEMA PARTICOLARE
PROLOGO: 1,1-15
15,15: flagellato
16-18: coronato di spine e rivestito di porpora
19: percosso, sputacchiato, schernito
20-22: verso il Golgota
23-25: crocifisso
26: il cartiglio della Croce
27-28: i due ladroni
29-32: la triplice tentazione escatologica
33-36: l'agonia "Eli, Elil", l'aceto
37: MUORE
42-46: sepolto
47: le Donne presenti alla sepoltura
D. LA RESURREZIONE, LA MISSIONE DEI DISCEPOLI, L'ASCENSIONE E LA
PRESENZA PERENNE AI DISCEPOLI: 16,1-20
16,1-8: Ges risorge, appare alle Donne fedeli e le invia ai discepoli 911: appare alla Maddalena 12-13: appare a due discepoli, cf.
Emmaus 14: appare agli Undici a mensa 15-18: invia i discepoli a
predicare l'Evangelo "dovunque a tutta la
creazione"
19: ascende alla Destra di Dio
20: promette la presenza perenne ai discepoli in missione: con la Parola, le opere, i "segni"
249
3. Teologia di Marco
Si possono qui suggerire solo alcuni spunti teologici su Marco, utili
ad illustrare poi il testo nella sua collocazione specifica lungo il Lezionario. chiaro che quanto segue deve essere riscontrato, e controllato,
sul testo integrale di Marco, specialmente, per chi in grado, sull'insostituibile originale greco. Avanzando, si tiene naturalmente conto di
tutto quello che stato esposto in precedenza.
Il primo punto che deve interessare, intanto, lo scopo di Marco
quando scrive, per tutto il mondo, il suo "Evangelo di Ges Cristo Figlio di Dio" (Me 1,1 titolo): tale scopo molteplice, e si rivolge anzitutto agli uomini. Si possono cos indicare 4 direttrici principali, ma
convergenti:
a) la celebrazione della comunit. Per la quale
-l'Evangelo proprio in quanto scritto, proviene suppone ed esige dopo
di s una rigorosa oralit. Esso certamente "uno scritto da leggere",
oggetto dunque di lettura e di letture diverse tra esse (fede, devozione, studio, interesse storico, interesse culturale, interesse letterario...),
ma destinato primariamente ad essere proclamato insieme alle
"Sante Scritture", ossia l'A.T., nella comunit credente, orante, operante nel mondo;
- infatti l'"Evangelo del Figlio di Dio", dunque Evangelo di Dio e della
sua grazia, anzitutto il krygma apostolico, la predicazione o annuncio che per definizione deve essere comunicato a viva voce: da
persona a persone. L'Evangelo riporta il krygma cristologico, e
questo, come si deve ripetere sempre, implica di rigore che si tenga
sempre in mano l'A.T., al quale fatto costante e sostanziale rinvio, e
che si conosca e si viva la vita della comunit apostolica, alla quale
sfocia;
- proclamato nella celebrazione della comunit, l'Evangelo deve essere
oggetto di necessaria omelia mistagogica celebrativa; questo si nota
gi nelle strutture globali del N.T.;
- esso deve provocare la comunit credente alla homologia, la confessione-professione di fede che riaffermazione continua del credere
vivo;
- e deve portare all'adorazione del Dio Vivente, il cui "segno" il Convito del Regno a cui partecipa il Signore Risorto, e alla dossologia
gioiosa al Padre mediante il Figlio pronunciata nello Spirito parlante
nei fedeli;
b) la mistagogia battesimale: bench non sia terminologia marciana:
- dairEvangelo i battezzati debbono essere istruiti nelle Realt che
hanno ricevuto con il battesimo nella fede, e tale istruzione la dida250
che, didaskalia, l'insegnamento dottrinale ricco, quello che poi i Padri chiameranno mystaggia, "condurre i mystai, gli iniziati" al Mistero. Il Mistero del Regno, ed portato sempre dall'Evangelo;
- ancora dall'Evangelo va tratta la continua esortazione alla vita di fe
de, laparklsis, ed alla vita in Cristo nello Spirito che "edifica", per
usare l'espressione paolina, la parinesisper la oikodom;
- da esso va tratta anche la apologia, la difesa della verit sul Signore e
le Realt che porta agli uomini, da esporre ai credenti, da opporre ai
meno credenti ed ai nemici della fede;
e) la catechesi battesimale, che prosegue quella ricevuta dai discepoli
di allora:
- 1'Evangelo materia immediata di istruzione e meditazione e preghie
ra, condotte sulla Vita terrena di Cristo battezzato e trasfigurato dallo
Spirito, morto e resuscitato ad opera dello Spirito; cos per mano della
comunit degli Apostoli del Signore, ma ad opera del medesimo Spi
rito, ogni credente e convertito sar battezzato, e preparato alle Realt
divine trasfiguranti del Regno. chiaro che tale catechesi deve com
prendere, nel suo ordine proprio, tutti i punti finora considerati;
d) la recezione-tradizione nella comunit dei discepoli del Signore:
- l'Evangelo sono le "parole e fatti", che nello Spirito il Signore ha
parlato ed operato, rivelando il Regno, manifestando la Volont del
Padre, e che seguita a donare ai suoi discepoli;
- il Signore dunque ha consegnato queste Realt, gr. paradidmi, da
cuipardosis, consegna, "tradizione";
- ed il suoi discepoli da lui hanno ricevuto, gr. paralambn, da cui
parlpsis, accettazione grata;
- dal Padre mediante il Figlio nell'opera dello Spirito, si forma cos per
il "comandamento di Dio" la catena "tradente", dalla quale i primi
discepoli, insieme, sono resi "accettanti" ed a loro volta "tradenti", e
cos per il futuro gi previsto. Marco conosce bene questa "tradizio
ne" del "comandamento di Dio", che oppone alle semplici "tradizioni
degli uomini" (7,8).
Tenendo presente tale quadro, si pu schematizzare qualche punto di
teologia.
a) Dio, il Padre
Nel pi rigoroso monoteismo dell'A.T., quello biblico ed ebraico,
che il Signore stesso ha insegnato esclusivamente, ed perci anche
cristiano ed apostolico il Simbolo battesimale di Nicea-Costantinopoli nell'originale greco dtta cos: "Io credo neffl Unico Dio, che il
251
Padre Onnitenente, Fattore del cielo e della terra, di tutte le realt visibili ed invisibili"; si confrontino qui eventualmente le inesatte, versioni
correnti... , Marco racchiude la Persona del Dio Invisibile gi dal v.
1,1: "Inizio dell'Evangelo di Ges Cristo Figlio di Dio" in corrispondenza con il v. 16,19, il penultimo dello scritto: "II Signore Ges, dopo
parlato ad essi (i discepoli), fu assunto al cielo e fu intronizzato alla
Destra di Dio"; i due ultimi passivi sono modi di dire per attribuire l'operazione a Dio con lo Spirito, tuttavia per sommo rispetto non nominandolo, tipico uso ebraico.
Ora, i vv. 1,1 e 16,19 formano l'imponente "inclusione letteraria"
che racchiude tutta la narrazione, ed esprime plasticamente che tutto
viene da Dio, anzitutto il Figlio con lo Spirito, e tutto torna a Lui, anzitutto il Figlio con lo Spirito.
Il Dio Unico adesso invia "il Figlio suo", l'Unico, "il Diletto". Con
questi titoli Lo battezza nello Spirito Santo, e Lo "conferma" nello Spirito Santo trasfigurandolo con la Luce eterna divina increata nella sua
Umanit, conferendogli e "confermandogli" cos la specifica missione
messianica e salvifica. Il contenuto di questo "l'Evangelo", che porta
in Cristo con lo Spirito "i tempi compiuti, il Regno venuto", ed esige la
conversione e la fede (1,14-15), quindi le opere del Regno. Per ristabilire i diritti di Dio, il Figlio con lo Spirito annuncia l'Evangelo ed attua
le opere dell'Evangelo. Dunque chiama i discepoli, li forma, li istituisce, insegna che ad essi il Padre "dona il Mistero del Regno" (4,11), li
invia. Prende possesso delle realt create del Regno (miracoli come sedare la tempesta, camminare sulle acque), espellendone l'Avversario
del Regno, il Nemico di Dio e degli uomini, il Maligno, guarendo ogni
male fisico e spirituale, dando cibo, resuscitando i morti. Rivela il Disegno antico di Dio per gli uomini suoi figli (ad esempio sul matrimonio: 10,1-12); che ha preparato il Regno per essi (i posti di onore:
10,40), l'Eredit divina che ormai trasmessa (12,1-12).
Rivela che Dio Dio dei viventi (12,18-27), l'Invisibile manifestatosi a Mos nel Roveto (ivi; cf. Es 3,1-14), e adesso nel Figlio Unico,
il Diletto, ultimamente e definitivamente. Egli va amato al di sopra di
ogni realt (12,28-30), ma insieme, e per cos dire, attraverso il prossimo (12,31-34).
E unicamente di Dio, il Figlio ristabilisce i diritti. Drasticamente. Fino alla predisposizione del Disegno eterno, imperscrutabile per chiunque, ignorata dal Figlio stesso (nel "discorso escatologico", 13,1-37, cf.
il v. 32); testo difficile gi per la prima generazione, per i Padri, per noi
moderni; che subisce diverse interpretazioni possibili, ma resta paradossale perch tale il Figlio vuole che resti.
A Dio rende il culto il Figlio, pregando sempre, solitario, ma anche
nella comunit sinagogale, di sabato. Lui "benedice" nella Cena, sui
252
"segni" santi del pane e della coppa, posti cos in comunione con il Padre, che li riempie dello Spirito Santo suo e ne fa il Corpo e il Sangue
della sua Alleanza nel Figlio (14,22-25). Lui supplica epicleticamente
al Getsemani per l'allontanamento della Coppa fatale (14,39-42), con il
termine supremo, 'Abb'!, propriamente "Papa!" (14,36), che indica
l'amore totale e l'abbandono illimitato alla Volont paterna. A Lui si
affida come Oblazione integrale sulla Croce, ancora pregandolo, con il
Salmo della gioiosa speranza finale e del Convito futuro (15,24-39, al
v. 34, Sai 21,2, di cui non pronuncia solo le prime e laceranti parole
"Dio mio, Dio mio, perch mi hai abbandonato?", ma tutto il testo
cos i Padri antichi, cos la migliore esegesi moderna, come riscoperta
fondamentale).
Da Dio questo Figlio Unico, straziato dalla morte e sepolto, "fu resuscitato" (16,6: grth, da egir, risvegliare: "passivo della Divinit", indica Dio senza nominarlo).
A Dio, il Padre suo, finalmente torna, da Lui "assunto" per intronizzarsi nella Gloria del Regno (16,19).
Per il Padre, il Dio suo e Dio nostro, il Figlio Dio nello Spirito Santo
ha compiuto dunque per intero l'indicibile Economia della Grazia e
della Bont a favore di tutti gli uomini.
E per il Signore Ges, Dio Padre resta la fonte unica, il Centro totale, il Termine immancabile. E questo predica agli uomini. E questo noi
da Lui "riceviamo" e viviamo.
b) Lo Spirito Santo
Alcuni critici, pi reticenti, sono restii ad attribuire una pneumatologia vera e propria a Marco; tra gli altri argomenti, sta la relativa esiguit delle citazioni sullo Spirito Santo; tanto meno da Marco si potrebbe dedurre una dottrina trinitaria, sia pure in abbozzo.
Vediamo anzitutto le citazioni certe sullo "Spirito" in Marco":
-1,8 : Giovanni annuncia il futuro "battesimo nello Spirito Santo" portato da Cristo;
-1,10: "lo Spirito" discende su Ges al Battesimo del Giordano;
-1,12: "lo Spirito spinge subito" Ges nel deserto, in cui tentato;
- 3,29: irremissibile la "bestemmia contro lo Spirito Santo";
- 12,36: lo Spirito Santo ispira David a comporre il Sai 109;
- 13,11: nei fedeli perseguitati parla lo Spirito Santo;
- 9,7: va aggiunto di necessit, sulla base di paralleli, che la Nube della
divina Gloria, che "adombra" (episkiz, medesimo in Le 1,35 per lo
Spirito Santo che "adombra" Maria) Ges stesso e i discepoli alla
Trasfigurazione.
253
Sembra laconismo; si amerebbe una esplicitazione pi diffusa. E tuttavia, da questo "relativamente poco" marciano sullo Spirito Santo, si
pu dedurre facilmente la serie completa, imponente di fatti, che sulla
base di tutte le Scritture i Padri hanno solo codificato, ma felicemente,
cos: "Lo Spirito precede, accompagna e segue Cristo" (S. Gregorio il
Teologo):
a) precede Ges: ispira gli Autori sacri (qui: David) che nelle Scritture
Sante parlarono di Cristo;
b) accompagna Ges:
- Ges battezzato dallo Spirito nella Voce del Padre, e riceve titoli e
funzioni della sua investitura messianica, e la sua missione; la dimora
dello Spirito in lui permanente (esplicito: Gv 1,29-34);
- nello Spirito vince le tentazioni nel deserto;
- nello Spirito annuncia l'Evangelo (1,14-15) e opera le "opere del Regno" (1,16ss);
- dalla Nube dello Spirito, con la Luce e la Voce del Padre, "confer
mato", nell'investitura battesimale che conduce alla Croce imminen
te, al momento della Trasfigurazione;
- nello Spirito annuncia e manifesta l'Evangelo supremo, l'Opera su
prema del Regno: la Croce;
e) segue Ges:
- Cristo Risorto battezzer i discepoli "nello Spirito Santo", 1,7 che ri
chiama 16,16, dopo la Resurrezione, quando i discepoli battezzati di
ventano a loro volta annunciatori dell'E vangelo e battezzatoli per la
fede che susciteranno;
- da Cristo Risorto lo Spirito inabiter nei fedeli battezzati, e "parla in
essi" (cf. anche Gai 4,4-6; Rom 8,14-18, spec. 15, e 26-27), quando
inevitabilmente saranno perseguitati "a causa di lui e dell'E vangelo".
Cos Cristo appare anche come l'unico Pneumatoforo, Portatore dello Spirito del Padre, ed unico Battezzatore con lo Spirito.
Questi punti sono sufficienti per conoscere almeno l'opera determinante dello Spirito Santo nella Vita storica del Signore, e poi nella vita
dei suoi fedeli. Ma del resto buona norma in teologia biblica di non
fermarsi mai ad un solo testo, sia pure importante, poich "la Scrittura
si legge con la Scrittura", regola d'oro, completando cos tutto il quadro esegetico. Marco va letto con tutto il resto della Scrittura, senza apportare al suo testo violenza, ma avvertendo sempre l'esplicitazione ricavata da paralleli e da altri testi.
254
do l'Evangelo ed insegnandone i fatti, ed operando con potenza le mirabili opere del Regno.
Dietro l'apparente scarna severit di Marco, emerge invece riccamente e gioiosamente un ottimismo fondamentale. Nello Spirito gi il
Signore vince le tentazioni di satana (1,12-13), dove Adamo, gli uomini
erano caduti rovinosamente. La lotta in cui dopo la caduta fatale Dio ha
impegnato addirittura se stesso fino alla fine per il pieno recupero degli
uomini nel suo Regno di salvezza, raggiunge adesso la sua fase decisiva,
e viene il "parossismo", il culmine della Potenza divina, ma anche della
potenza del Male: la Prima affrontando la seconda e vincendola, perch
il Male, il Maligno impedirebbe lo stabilirsi del Regno, solo se lo
potesse. Ma proprio uno dei "segni" che "il Regno di Dio sta qui" (cf. i
paralleli Mt 12,28; Le 11,20), questa lotta serrata del Signore contro
ogni forma di male degli uomini, presente anche nella creazione: il
Male personificato nel Maligno, le malattie, la fame, la morte, gli
elementi creaturali violenti, ribelli, dannosi (la tempesta, come segno),
dove sta in azione il demonio, i demoni. Ma non solo i demoni riconoscono per primi il Figlio di Dio, il Santo di Dio (1,24.32-34; 3,712; 5,6-7), bens sono anche costretti, pur essendo come "l'uomo forte", a farsi depredare da lui (3,22-28). In Cristo i demoni conoscono solo
la loro impotenza intrinseca, e solo sconfitte definitive (1,21-28;
3,15; 5,1-20; 6,7-13; 7,24-30; 9,14-29.38). Cos il Risorto dalla morte
pu affidare ai discepoli, per sempre, la missione di proseguire la "sua"
vittoria: 16,17.
Nel "discorso escatologico" (13,1-37) tuttavia ogni discepolo
preavvertito e messo in guardia. Se in Cristo si avuto quel "parossismo", un altro dovranno subire i discepoli, per conformarsi con il loro
Signore. Il Male allora assumer anche la figura e la funzione dei "seduttori" (13,6), e dei pi temuti tra essi, "i falsi messia ed i falsi profeti" (13,21-22).
Nella vittoria del Signore, e poi in quella dei suoi discepoli, tuttavia
il Regno liberato da ogni impedimento, recuperato in tutti i suoi effetti, definitivamente possesso inalienabile "di Dio" e degli uomini.
la Realt, insomma, che finalmente con il Signore e lo Spirito Santo ha
riunito il Cielo di Dio e il mondo delle sue creature.
d) Gli uomini nuovi: la conversione, lafede, le opere
Marco presenta come dono divino primordiale, gratuito e trasformante la conversione e la fede, le quali provengono dall'ascolto della
Parola divina e dalla sua pratica operosa, in sostanza "seguire Ges".
L'origine e la base la stessa predicazione del Signore, che chiama
alla definitivit della conversione e della fede (1,14-15), gi predicazione di Giovanni il Battista, "il Precursore" (1,4). Per questo, come si
257
Infatti sono "conoscere", "comprendere", avere il cuore aperto, illuminato, disposto, accettare in pienezza l'Evangelo ed il Regno (1,15),
la parabola primordiale, base di ogni comprensione, quella del seme
della Parola (4,13), la luce della fede da porre sul candelabro (4,23-24),
il "comandamento di Dio" e non le "tradizioni degli uomini" (7,14).
Il Signore insiste nel proporre che la fede autentica unitiva, e si attua nella sequela fedele di Lui. Si sviluppa cos il grande tema dello
"stare con", oggetto di interessanti lavori moderni: del Signore con i
suoi, di questi con Lui (6,31). La fede cos pura grazia, gratuita e non
meritabile mai, della divina Presenza. Infatti solo il Signore chiama e
dona la vocazione (1,16-20, i primi discepoli; 2,14, Levi), a chi Egli
vuole, e come Egli vuole (3,13; cf. il parallelo di Gv 15,16!). Cos chi
riceve il dono di grazia deve seguirlo lasciando subito tutto (1,16-20;
2,14), irreversibilmente, "a causa di lui e dell'Evangelo" (cf. 10,28-31).
Non altrimenti anche le Donne fedeli (15,41).
La fede perci trasformante. Essa si mostra all'opera nell'uomo
nuovo, nell'insegnamento del Signore e nei fatti che compie. La fede anzitutto salva (2,5, il paralitico; 5,34, l'emorroissa; 10,52, il cieco di Gerico), e dopo la Resurrezione salva nel sigillo battesimale (16,16). Essa,
segno della santit totale e finale, intanto guarisce anche il corpo (2,5, il
paralitico; 5,29.34, l'emorroissa). Per la fede che trasforma il padre
(9,23-27), guarito il figlio epilettico (9,26), e con i verbi della resurrezione: il giovane "apthanen/, mor!", avevano detto i circostanti, ma il
Signore "geiren autri hai onste, lo risvegli e (lui) resuscit". La fede
ricostituisce l'uomo, gli infonde nuovo coraggio (5,28, alla emorroissa,
di toccare almeno il mantello di Ges che passa; 10,49, al cieco di Gerico, Bartimeo, di gridare ancora e pi forte a "Ges, Figlio di David!").
Ancora di pi. La fede onnipotente per chi crede, proclama il Signore (9,23, al padre dell'epilettico; 11,22-24, per gli stessi discepoli
nell'episodio del fico inaridito dal Signore), in quanto essa "la fede di
Dio" (11,22). Ecco perch occorre molto amore e rispetto verso "i piccoli
che credono", ai quali mai deve essere usata la violenza dello scandalo
(9,42). E della fede divina tessuto l'elogio, sia a parole, sia compensandola con un "segno" miracoloso (2,5, la fede dei barellieri del paralitico;
5,34, la fede dell'emorroissa; 10,52, la fede del cieco di Gerico). Anche
se non nominato il termine, come nella guarigione della figlia della Sirofenicia, che avviene "per questa parola (di fede) tua!" (7,29).
Tuttavia, occorre molto pregare per ottenere lafede da Dio (9,24; cf.
il parallelo Le 17,5: "accresci la fede nostra!"). E "pregare Dio nellafede di Dio" (11,22-24), tutto rimettendo a Lui, senza mai tentarlo chiedendogli prove, che non conceder mai (15,32).
La fede e la conversione, in sostanza, sono il supporto irremovibile
per l'Evangelo e per il Regno, il segno che "i tempi furono compiuti"
da Dio (1,14-15).
259
Esse trasformano dunque l'uomo vecchio nell'uomo "nuovo", dove questo aggettivo da intendersi come "ultimo", non esister altra
e maggiore qualit. il medesimo uomo, non "un altro", ma lui medesimo rigenerato, trasformato. La figura completa dell'uomo nuovo
in questo senso il "discepolo povero" del Signore. Povero in quanto
occorre lasciarsi fare poveri dall'Alto, e diventarlo cos per definizione. Poich il Signore invia per la sua missione esclusivamente discepoli poveri-impoveriti (6,8-9), quelli che da Dio si sono lasciati
spogliare volontariamente (8,34-37), e per il solo "servire" i fratelli
nel Regno (9,33-36; 10,41-45). Perci, cos nullificati agli occhi del
mondo, i discepoli riceveranno da Dio molta ricompensa, la vita
eterna, ma prima "con cento di persecuzioni" rispetto ai beni rinunciati (10,28-31). Si comprende solo qui la dura, irreformabile e irrimediabile condanna dei ricchi, i quali come tali, e finch siano tali,
"difficilmente" (semitismo, per dire "mai") entreranno nel Regno
(10,24-25).
Per tutti questi discepoli, il Signore pone in atto una cura particolare, una formazione specifica. Anzitutto mostra l'operazione primordiale, "stare con essi" (6,31, cf. sopra), formula ricorrente sotto vari
termini. Non trascurando gli altri discepoli, Egli in specie si occupa
dei "Dodici", ossia "quelli che Egli volle" (3,13), indicandosi cos
l'imperscrutabile scelta del Disegno divino; e "li fece Dodici", istituzione irreversibile del collegio apostolico, dove ciascuno e tutti insieme portano tutti i poteri del Signore (3,14-19), e li invia poi in missione (ivi); alla moltiplicazione dei pani e dei pesci fa raccogliere 12
ceste del "Pane spezzato", per indicare la prosecuzione di questo
grande miracolo moltiplicare "il Pane": della Parola, del nutrimento
del corpo, della Cena divina nella sua comunit futura, per ma- no
dei Dodici (6,43), davanti ai quali e mediante i quali opera il "segno".
Dopo la Resurrezione li convoca di nuovo. Senza alcun loro merito,
anzi (16,7). Li ritrova (16,14, gli Undici, perch Giuda mancato), e,
se saranno sempre credenti, inviandoli in forma definitiva (16,15-20),
li accompagna con la sua Presenza onnipotente ed indefettibile:
collaborazione, Parola, confermazione con i "segni" potenti (16,17.20).
L'istituzione dei Dodici contempla il futuro, anche lontano, non descritto di pi, ma accennato esplicitamente. I Dodici porteranno l'Evangelo, l'ascolto di conversione, la fede, le opere del Signore, per chiamare e formare altri ed altri discepoli fedeli, affinch "dappertutto,
pantacho", "tutta la creazione, psa ktisis" (16,15) abbia la Vita del
Padre mediante il Risorto con lo Spirito.
e) La Comunit del Signore
Marco non nomina mai la Ekklsia, la Chiesa; n il las, il popolo di
260
D. GIOVANNI
Dalla Tradizione, l'autore dell'Evangelo di Giovanni fu detto "ho
Theolgos, il Teologo" per eccellenza, non per diminuire gli altri Apostoli e gli altri Autori del N.T. o perfino dell'A.T., ma perch la sua
contemplazione del Dio Verbo Sapienza Luce Vita Creatore aveva portato ad altezze singolari del Mistero divino. Come tale, attraverso i secoli il suo Evangelo fu chiamato "spirituale", ossia massimamente trascendente, anche se la Tradizione pi antica, espressa da S. Ireneo di
Smirne (circa anno 180) dava a Marco il contrassegno di "Evangelo
spirituale" (vedi il testo all'inizio del Capitolo).
La Chiesa scelse Giovanni (Gv 1,1-17) per celebrare la Divina Liturgia che conclude la Veglia santa e grande della Resurrezione, folgorante Evangelo mattutino, riconoscendo a quell'Evangelo il singolare
prestigio.
Data la ricchezza e la complessit di questo testo, qui ci si limita a
presentare in generale, non strutturato, l'Evangelo di Giovanni, e ad indicare alcuni grandi temi teologici del medesimo, nella consapevolezza
di non poterne dare nessuna completezza.
1. Lo schema di Giovanni
Si preferisce qui dare una struttura indifferenziata, per i motivi che
saranno esposti subito dopo.
A. Il prologo: 1,1-18
B. La Vita pubblica: 1,19- 11,57
1,19-34: Giovanni il Battista precorre, profetizza, testimonia il Figlio
di Dio
- 1,35-51: Ges, l'Agnello di Dio (Is 53,7-8) e i discepoli del Precurso
re, che diventano discepoli di Lui
- 2,1-12: Ges e la Madre alle Nozze di Cana con i discepoli
- 2,13-25: Ges purificato il tempio, presenta se stesso quale Tempio
nuovo
- 3,1-21: l'incontro di notte con Nicodemo
- 3,22-30: l'ultima testimonianza del Precursore su Ges
- 3,31-36: riflessione dell'Evangelista sul Figlio di Dio
- 4,1-30: l'incontro a Sichar con la Samaritana; i Samaritani scendono
da Ges;
- 4,31-42: spiegazioni ai discepoli;
_ 4,43-45: Ges in Galilea;
- 4,46-54: Ges guarisce il figlio dell'ufficiale regio
-
263
D. La Cena: 13,1-17,26
- 13,1-20: lava i piedi ai discepoli e lo spiega
- 13,21-30: predice che Giuda Lo tradir
- 13,31-35: dona il "Comandamento nuovo" della carit fraterna
- 13,36-38: predice che Pietro Lo rinnegher
- 14,1-14: la Dimora nel Padre e del Padre
- 14,15-31: le prime 2 promesse dello Spirito Santo
-15,1-8: la Vite vera
- 15,9-17: il Comandamento della carit fraterna
- 15,18-25: l'odio del mondo
- 15,26-27: la terza promessa dello Spirito Santo
- 16,1-4: le persecuzioni per i discepoli
- 16,5-15: la quarta e quinta promessa dello Spirito Santo
- 16,16-23: il suo Ritorno e la gioia
- 16,24-25: la fiducia dei discepoli e la vittoria sul mondo
264
motivo della "vita di Cristo vita nello Spirito" (cf. ad es. Rom 5,5 e
8,9). La formulazione giovannea espressa in termini come "Io in voi e
voi in Me come Io nel Padre ed il Padre in Me", ad esempio nel
gruppo dei discorsi della Cena: 14,9-11 e 20; 15,1-11; 17,20-24. Cos i
discepoli dal Padre sono "perfezionati nell'unit" (17,23; grande motivo
ecclesiale ed ecumenico). Ed il risultato, anche da questa parte la
Dimora di Dio negli uomini e degli uomini in Dio, procurata dallo Spirito Santo, Operatore ed Ospite che precede il Figlio che porta il Padre
(oltre i testi citati per ultimi qui sopra, cf. in specie 14,15-21).
Questa Vita divina eterna sussistente si consegue gi nell'esistenza
terrena in forza del dono dello Spirito, che opera negli uomini la loro
adesione fedele al Verbo incarnato, Sapienza incarnata (vedi poi il grande
tema nuziale). I verbi che denotano questa operazione molto complessa
sono tra i principali: venire a Lui, ascoltare Lui, vedere-contemplare Lui,
credere in Lui, dimorare in Lui; parte del vocabolario della fede. Si aggiungono evidentemente verbi e sostantivi dell'amore di carit. E poi il
"mangiare e bere" la Carne di lui ed il Sangue di lui. E porre in attuazione il Comandamento di lui, dunque le "opere di lui" (cf. di nuovo 9,3).
L'aspetto "credere" per avere la Vita cos importante per Giovanni, che
scrive verso il 96-98 d.C, in epoca di evidente indebolimento della fede
(anche a causa della quasi fatale persecuzione di Domiziano, e. anno 96),
che egli come autore di straordinaria efficacia delinea i tipi del credente:
l'incipiente, il dubbioso, il sicuro e fermo, il desideroso, il fedele, l'apostata. Non male, per un controllo anche sulla situazione che oggi viviamo come fedeli del Signore, avere una lista di tali figure:
- Cana serve per la Gloria e per la fede nascitura dei fedeli: 2,1 -11 ;
- a Gerusalemme Nicodemo cerca la fede, di notte: 3,1-21
- al pozzo di Giacobbe la Samaritana esitante chiede e dubita: 4,1-26;
- ivi, i Samaritani vengono a Lui nella fede: 4,39-42;
- a Cana, l'ufficiale regio crede "con tutta la casa sua": 4,46-54;
- a Cafarnao, i discepoli abbandonano: 6,59-61.66;
- a Cafarnao, Pietro resta nella fede piena: 6,67-69;
- a Gerusalemme, il cieco nato crede subito: 9,37-38;
- a Betania Marta crede e vuole il Signore: 11,21-27;
- ivi, cos anche Maria: 11,28-32;
- ivi, di nuovo Maria nella fede unge il Signore: 12,1-8;
- a Gerusalemme i Greci "vengono per vedere" Ges: 12,26-36;
- nella Cena, Giuda tradisce: 13,21-30;
- nella Cena, gli altri discepoli sono dubbiosi, timorosi, ansiosi, deside
rosi: 13,1-16,33;
- nell'Orto, tutti abbandonano il Signore: 18,1-11, per allusione;
- nell'Orto, Pietro usa sfiduciato la spada: 18,10-11;
- nella corte del sinedrio, Pietro rinnega il Signore: 18,12-18.25-27;
273
E. GLIATTI
Si ritiene utile presentare qui di seguito anche lo schema generale degli Atti, considerando la sua importanza di libro che inaugura la lettura
annuale dlV Apstolos lungo il periodo privilegiato che corre dalla Domenica della Resurrezione fino alla Domenica della Santa Pentecoste.
274
275
13-38:aMileto
21,1-7: verso Cesarea
8-14: a Cesarea
2. La prigionia di Paolo: 21, 15 - 28,31
a) a Gerusalemme: 21,15 - 23,35
21,15-16: Paolo accolto dalla Chiesa
27-40: la cattura
22,1-29: il discorso di Paolo nel tempio
22,30-23,11: Paolo davanti al sinedrio
12-35: il complotto dei sicari
b) Paolo a Cesarea: 24,1 - 26,32
24,1-9: azione giudiziaria di Felice contro Paolo
10-21: difesa di Paolo
22-23: decisione di Felice
24-27: Paolo a colloquio con Felice e Drusilla
25,1-12: procedura di Festo
12: Paolo appella a Cesare
13-27: Festo consulta il re Agrippa
26,1-23: discorso di Paolo
24-32: reazioni di Festo e di Agrippa
e) verso Roma: 27,1 - 28,15
27,1-12: da Cesarea a Creta
13-26: la tempesta
27-44: il naufragio 28,1-10: a
Malta, lo svernamento
11-15: da Malta a Siracusa, Reggio e Pozzuoli
16-31: a Roma
16: l'arrivo
17-29: i primi contatti con gli Ebrei di Roma
30-31 : la prima predicazione ai pagani.
278
CAP. 9
STRUTTURE DEL "LEZIONARIO" BIZANTINO
DELLA DIVINA LITURGIA
1. Generalit
I Tesori della Santa Scrittura che largamente dispone la Divina Li
turgia provengono dall'A.T., limitatamente a qualche grande celebra
zione, dai 4 Evangeli e dall'Apstolos (esclusa YApocalisse). Si con
viene qui, come accennato, di chiamare "Lezionario" non un libro che
contenga i testi ordinati in pericope per tutto l'Anno liturgico, bens il
sistema di tali testi, che si possono comodamente racchiudere in tabel
le. In antico si preferiva mantenere integro il testo dell'A.T. e del N.T.,
annotando ai margini dei codici le pericope da leggere.
In pratica, si hanno due distinti Libri liturgici per le letture: il
Thion hai hiern Euagglion, il divino e sacro E vangelo, e VApstolos, che contiene anche i canti salmici interlezionari, ossia i
Prokimena e gli Alleluia ali'Evangelo, nonch gli altri canti salmici
che sono le Antifone.
II sistema delle Letture bibliche del Rito bizantino ha una storia lun
ga e complessa. Le sue strutture sono esemplate sul modo di proclama
re la Parola divina a Gerusalemme, a partire dalla fine del sec. 4, con
sviluppi diversi fino alla sistemazione finale, che si pu fissare intorno
al sec. 7, dove ebbero molto influsso gli ambienti monastici.
Nel sec. 7 S. Massimo il Confessore nella sua Mystaggia ancora
cita la lettura dell'A.T. nella Divina Liturgia. Non molto dopo l'A.T.
scompare, relegato alla celebrazione delle Ore sante. Si perdeva cos
un'inenarrabile ricchezza, che il popolo non avrebbe pi ascoltato.
Come sta in uso, il "Lezionario" bizantino va esaminato secondo
strutture molteplici. Anzitutto, in diacronia ed in sincronia:
a) struttura diacronica: come riportano V Euagglion e VApstolos, per
s la lettura ordinata si inizia nella Veglia del Sabato santo e grande,
con l'Evangelo della Resurrezione: Mt 28,1-20, per proseguire nella
Notte, dove nella Divina Liturgia si comincia a leggere, secondo l'una
nime tradizione delle Chiese, il libro degli Atti. Nella medesima Notte
si comincia a leggere Giovanni, fino alla Pentecoste. Dopo si leggono
Matteo e Luca; Marco interposto in alcuni periodi, ed presente nella
Quaresima. Il sistema degli Evangeli termina con il Venerd delle Sof
ferenze;
b) struttura sincronica: questa pone come su un piano, per una perce279
cronia", che il "continuo celebrativo" mai interrotto, n durante l'anno, n durante la storia della Chiesa, dalla Pentecoste alla Parousia.
Si danno qui alcune linee generali del "corso" delle Letture domenicali.
A) GliEvangeli
Come si accennato, i 4 Evangeli sono distribuiti ad iniziare dalla
principale celebrazione della Chiesa, la Domenica della Resurrezione,
che per s segna anche l'inizio vero dell'Anno liturgico. Il quale gi
nell'A.T. cominciava dall'inaugurazione del ciclo annuale delle letture
della Trh (cf. qui Dt 31,9-13, in occasione della grande festa delle
Capanne, in autunno).
1)Giovanni Si proclama dalla Domenica santa e grande della Pasqua
lungo le 8
Domeniche che portano alla Pentecoste, con l'eccezione della Domeni
ca 3"
Mirofore" (che proclama Matte). Questo periodo privile
giato tra tutti considera la Domenica come capo della settimana.
Giovanni inoltre si proclama: , ,
- la Domenica 1* & Quaresima, "dell Ortodossia ;
- la Domenica della Palme;
- nel rito della lavanda dei piedi, il Gioved santo e grande;
- alla festa della S. Croce e la Domenica che la precede;
- come 1, 2, 4, 9, 11 Evangelo "delle sante Sofferenze", il Venerd
delle Sofferenze;
2)Matteo
3) Luca
.
Si proclama dal luned che segue la Domenica l a dopo 1 taitazlone della
Croce per 15 settimane (ma anche qui, vedi rubriche), la 16ae s-sendo
sostituita secondo la data pasquale dalla Domenica IT 1 a ' teo, o
"della Cananea".
Il Periodo del Tridion prosegue con Luca nelle Domeniche del
Pubblicano e del Fariseo, e del Figlio dissoluto, mentre le successive
Domeniche di Carnevale e dei Latticini hanno Matteo.
. , , _ ,.
Dal luned della settimana 12a iLuca fino *& Domenica del Figlio
dissoluto, nelle ferie si legge Marco, ma il sabato ancora Luca.
L'Evangelo di Luca ricorre come 4, 5, 6 degli Euagglia
hethnd anastsima durante Vrthros domenicale.
Ricorre come 8 ed unico Evangelo del Venerd santo e grande.
4) Marco
Oltre le ricorrenzequisoprap resentate, Marco si proclama nelle
Domeniche 2\ 3a e 4a
il 6 e 10 degli Evangeli del Venerd santo e grande. E il
2 e 3 degli Euagglia hedthin anastsima.
Occorre qui una buona conoscenza delle rubriche, e la costante consultazione del Typikn. Infatti le tabelle evangeliche subiscono variazioni secondo diversi criteri: la data pasquale, e l'incontro con le feste
con le loro 5 classi. Inoltre, esistono anche legittimi usi locali.
Le tabelle evangeliche per le Feste vanno desunte dai Mnolgia.
Esistono anche elenchi delle celebrazioni "per circostanze varie".
B) L'Apstolos
La lettura de\YApstolos per le Domeniche non in genere raccordata "tematicamente" con l'Evangelo corrispondente, bens segue il
suo corso, ordinato dalle sue norme. Sono posti in successione gli Atti e
le Epistole.
a) Atti degli Apostoli
Si leggono dalla Domenica santa e grande di Pasqua fino a Pentecoste, anche durante le ferie settimanali.
b) Epistole apostoliche
Si leggono dal luned dopo la Pentecoste fino al Sabato santo e grande, distribuite in 5 "periodi":
menica IO &^a Pentecoste; 1 apertura data dall 'epistola mani;
Periodo 1: dal
luned dopo la Pentecoste alsabato prima
della Do- IO la Pentecoste; 1 apertura data dall ' epistola
aiRo282
tecnica, anche una possibilit di facilitare la mistagogia al popolo cristiano, posto subito di fronte al tema ed al periodo liturgico. Per tale
comprensione, l'iconologizzazione delle Domeniche nel Rito etiopico
resta un esempio preclaro.
Per il Rito bizantino, nelle edizioni dell'Evangeliario in genere si offrono le tabelle complete dall'uso dei 4 Evangeli, e ciascuna pericope
evangelica individuata dalle Hypothseis, i titoli contenutistici. Essi
sono talvolta molto sintetici. In questo volume, nell'Indice apposito, si
troveranno elencate le Domeniche piuttosto con il numero di serie,
quando occorra, per comodo di consultazione. Qui si elenca invece l'iconologizzazione delle Domeniche.
-
(Periodo di Matted)
Domenica 1 \ di Tutti i Santi; , . . . ,.
Domenica1\diTuttiiSanti;-Domenica 2a Sulla vocazione dei primi discepoli;
Domenica 3 a Su l D is cor so della montagna;
Domenica 4\ Sul Centurione;
Domenica 5\ Sui due indemoniati;
Domenica 6% Sul Paralitico;
Domenica 7 \ Sui due Ciechi;
Domenica 8 \ Sui cinque pani;
Domenica 9 \ Sul cammino sulle acque;
Domenica 10a, SulLunatico;
Domenica 11 \ Parabola sul debitore di 10.000 talenti;
Domenica 12% Sul ricco;
Domenica 13", Sulla vigna;
Domenica 14 \ Sugli Invitati alle Nozze;
Domenica 15 \ Sull'Espertodella Legge;
Domenica 16 a , Su i Recettor i dei talenti ;
Domenica 17 \ Sulla Cananea.
-
(Periodo di Luca)
- Domenica l a , S u lla ca ttu r a
284
,.
dei
es ci;
286